Opera Omnia - Francesco Antonio Marcucci
Opera Omnia - Francesco Antonio Marcucci
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<strong>Opera</strong> <strong>Omnia</strong><br />
di <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong><br />
II III<br />
3.2
“Agli amanti di Maria”<br />
nel 150° anniversario delle apparizioni<br />
di Maria Immacolata a santa Bernardetta<br />
e nel 20° della “Mulieris Dignitatem”<br />
di sua santità Giovanni Paolo II<br />
Dino Ferrari, Apparizione dell’Immacolata a santa<br />
Bernardetta, olio su tavola, 1962, Ascoli Piceno, Chiesa<br />
dell’Immacolata delle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie Concezioniste,<br />
lato sinistro dell’abside.<br />
Istituto Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione<br />
MARCUCCIANA OPERA OMNIA<br />
Sezione 1. storico-letteraria<br />
2. biblico-teologica<br />
3. mariologica<br />
4. filosofica<br />
5. omiletica<br />
6. varie<br />
7. epistolare<br />
PIANO GENERALE<br />
VOLUMI PUBBLICATI<br />
1.1 Artis Historicae Specimen. Riflessioni sopra di alcuni precetti più importanti dell’Arte<br />
Istorica, 2002<br />
1.2 De Asculo Piceno. De Inscriptionibus Asculanis. Delle Sicle e Breviature, 2004<br />
3.1 Sermoni per il triduo e per la festa dell’Immacolata Concezione, 2004<br />
3.2 Sermoni per le feste Mariane, 2008<br />
IV V
Stemma di mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong>, scelto nel<br />
1741 quando diventa sacerdote. Egli utilizza lo stemma<br />
della sua famiglia, riportato sulla metà a destra, dove sono<br />
raffigurati tre monti, simboli delle virtù della giustizia,<br />
della clemenza e dell’equità; la stadera rafforza il simbolo<br />
della giustizia. Sulla parte sinistra, introduce l’immagine<br />
dello Spirito Santo e dell’Immacolata “delizia del suo cuore<br />
e scala per salire al cielo”.<br />
Lo stemma fu mantenuto per tutta la vita. Il cappello al di<br />
sopra dell’ovato fu aggiunto quando divenne Vescovo.<br />
La croce con due aste trasversali indica la carica di Patriarca<br />
di Costantinopoli, ricevuta nel 1781.<br />
FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI<br />
Sermoni<br />
per le Feste Mariane<br />
(1746-1789)<br />
A cura di Suor Maria Paola Giobbi<br />
Istituto Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione<br />
VI VII
In I di copertina<br />
Anonimo, La Madre di Dio con il Bambino Gesù, olio su tela, sec. XVII, dipinto appartenente<br />
all’antica famiglia <strong>Marcucci</strong>, oggi nella Casa Madre dell’Istituto.<br />
In IV di copertina<br />
Medaglione della Beata Vergine Maria che le Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione,<br />
fino agli anni sessanta del Novecento, portavano sul petto, cucito sullo scapolare; oggi l’immagine<br />
è stata sostituita da una medaglia appesa ad una catenina.<br />
SI RINGRAZIANO<br />
Suor Maria Giuditta Mosca, Don Benito Masci, Maria Gabriella Mazzocchi,<br />
Massimo Papetti, Don Vincenzo Catani, Sara Paolini.<br />
IN PARTICOLARE<br />
PER LE TRASCRIZIONI: Suor Maria Vanessa Hilario ed Elvezia Di Girolamo.<br />
PER LE TRADUZIONI DAL LATINO: Pietro Alesiani.<br />
PER AIUTO REVISIONE E CONFRONTO MANOSCRITTI: Elvezia Di Girolamo.<br />
FOTO: Domenico Oddi ed inoltre Enzo Morganti.<br />
© 2008 – Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione<br />
Via S. Giacomo, 3 - 63100 Ascoli Piceno<br />
E-mail: casamadr@libero.it<br />
Casa generalizia, via Cosimo Tornabuoni, 12 - 00166 Roma<br />
Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo volume può<br />
essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in alcuna forma e con<br />
alcun mezzo elettronico, in fotocopia, in disco o in altro modo,<br />
senza l’autorizzazione scritta dell’Editore<br />
Stampa: Croma Group srl - Grottammare (AP)<br />
Indice<br />
Presentazione di Madre Daniela Volpato, Vicaria Generale XIX<br />
Presentazione di Mons. Silvano Montevecchi, Vescovo di Ascoli Piceno XXI<br />
Introduzione di P. Stefano de Fiores XXIII<br />
Nota redazionale XXIX<br />
Ricetta per fare il vero e buono Inchiostro XXXIII<br />
Descrizione dei manoscritti XXXIV<br />
Criteri di trascrizione dei manoscritti XXXVIII<br />
CAP. I SERMONI ED INNI MARIANI DEL 1746<br />
Abbozzo di panegirico in onore della SS.ma Annunciazione della Gran<br />
Madre di Dio Maria sempre Vergine, Ascoli Piceno databile 1746.<br />
Abbozzo di panegirico dei dolori della SS.ma Vergine Immacolata nel venerdì<br />
della domenica di Passione, Ascoli Piceno 1746.<br />
Istruzione sopra il sacro scapolaretto o sia abitino ceruleo, o vogliamo dirlo torchino<br />
dell’Immacolata Concezione di Maria sempre Vergine, 1746, stampato<br />
in Ascoli, per Niccola Ricci.<br />
Sopra i privilegi di Nostra Immacolata Signora. Canzonetta sull’aria<br />
marcuccina, Ascoli Piceno databile 1746.<br />
Volgarizzamento poetico dell’Ave Maris Stella, Ascoli Piceno 17 marzo 1746.<br />
Breve sermone sopra la gloriosa Assunta di Nostra Signora, Ascoli Piceno<br />
databile 15 agosto 1746.<br />
Sacro discorsetto sopra l’Aspettazione del Parto di Maria Vergine SS.ma,<br />
Ascoli Piceno databile 1746.<br />
CAP. II SERMONCINI PER OGNI SABATO DELL’ANNO 1752<br />
Il solennizzare e celebrare il sabato con varie divozioni in onor della<br />
Vergine è di suo gran piacere e vien da lei molto ben ricompensato,<br />
Ascoli Piceno 1 gennaio 1752.<br />
VIII IX<br />
6<br />
23<br />
35<br />
39<br />
41<br />
47<br />
51<br />
60
La tenera divozione verso la SS.ma Vergine è di gran giovamento per ravvivar<br />
la nostra fede verso il SS.mo Sacramento, Ascoli Piceno 8 gennaio<br />
1752.<br />
La divozione della SS.ma Vergine è di giovamento grandissimo per fare una<br />
buona confessione sacramentale, Ascoli Piceno 15 gennaio 1752.<br />
Quanto riesca di gradimento alla SS.ma Vergine la nostra divozione verso di<br />
lei e quanto le sia di dispiacere la mancanza di nostra fedeltà, Ascoli Piceno<br />
22 gennaio 1752.<br />
La divozione professata da San <strong>Francesco</strong> di Sales verso la SS.ma Vergine, e<br />
le finezze della Vergine usate verso S. <strong>Francesco</strong> di Sales, risvegliar debbono e<br />
la nostra diligenza in fedelmente servir la stessa Regina del Cielo e la nostra<br />
fiducia in esser da lei protetti, Ascoli Piceno 29 gennaio 1752.<br />
Quanto dispiaccia alla SS.ma Vergine il Carnevale, Ascoli Piceno 5 febbraio<br />
1752.<br />
La divozione verso la SS.ma Vergine riesce di gran conforto nella morte,<br />
Ascoli Piceno 12 febbraio 1752.<br />
La divozione verso il gran padrone e patriarca San Giuseppe è un mezzo<br />
efficacissimo per ottenere la protezione e il patrocinio di Maria SS.ma,<br />
Montalto Marche 18 marzo 1752; Ascoli Piceno 8 aprile 1752.<br />
La gran Regina del Cielo ha un mirabile potere nel difendere i suoi divoti da<br />
tutti gli assalti del nemico infernale, Ascoli Piceno 15 aprile 1752.<br />
Il concorrere e portarsi nelle Chiese a venerar le sacre Immagini di Maria,<br />
è un bel mezzo per essere da Lei protetti, Ascoli Piceno 22 aprile 1752.<br />
L’intercessione di Maria SS.ma è molto efficace per placar l’ira divina,<br />
Ascoli Piceno 29 aprile 1752.<br />
La divozione verso Maria SS.ma rende buona la nostra speranza e ce la ravviva<br />
ed accresce, Ascoli Piceno 13 maggio 1752.<br />
Maria SS.ma impetra ai suoi divoti la pienezza dello Spirito Santo, Ascoli<br />
Piceno 20 maggio 1752.<br />
Il ringraziare la SS.ma Trinità delle Grazie concesse alla SS.ma Vergine,<br />
ed il congratularsi con la Vergine per la gloria ed onore dato alla SS.ma<br />
Trinità esser deve l’esercizio più frequente dei veri divoti di Maria, Ascoli<br />
Piceno 27 maggio 1752.<br />
Il concorrere alle fabbriche o al mantenimento delle Chiese dedicate a Maria<br />
SS.ma, viene da Lei molto ben ricompensato anche in questa vita, Ascoli<br />
Piceno 10 giugno 1752.<br />
65<br />
71<br />
76<br />
81<br />
90<br />
95<br />
103<br />
110<br />
116<br />
123<br />
129<br />
135<br />
141<br />
149<br />
Quanto gradisca la SS.ma Vergine l’esser salutata con l’Ave Maria, Ascoli<br />
Piceno 17 giugno 1752<br />
Essendo stato San Giovanni Battista così caro a Nostra Signora, non vi è<br />
mezzo più proprio per ottenere la protezione di questa, che interporvi l’intercessione<br />
di quello, Ascoli Piceno 24 giugno 1752.<br />
Il reputarsi indegno di ricevere le dolcissime Visite di Maria SS.ma e nel tempo<br />
stesso far quel che si deve per ottenerle, è il gran segreto per sicuramente riceverle,<br />
Ascoli Piceno 1 luglio 1752.<br />
Chi vuol grazie dalla Vergine ricorra a Lei con fiducia e con perseveranza<br />
nelle sue Chiese, Ascoli Piceno 8 luglio 1752.<br />
L’essere ascritti al sacro abitino del Carmine ed il portarlo con divozione,<br />
impegna Maria SS.ma a proteggerci singolarmente in questa vita e nell’altra,<br />
Ascoli Piceno 15 luglio 1752.<br />
L’Amore che la Maddalena portò a Maria SS.ma deve essere il modello del<br />
nostro amor verso la Vergine, Ascoli Piceno 22 luglio 1752.<br />
La divozione del Santo Rosario è così cara alla Vergine, che l’ha impegnata<br />
sempre mai ad operar maraviglie, anche in favore di chi solamente lo ha portato<br />
indosso, Ascoli Piceno 29 luglio 1752.<br />
L’averci posti il nostro gran Padre e protettore Sant’Emidio, tosto dopo il suo arrivo,<br />
sotto la protezione e tutela di Maria SS.ma, fu la gloria del suo apostolato e la<br />
sorgente di tutte le nostre fortune, Ascoli Piceno 5 agosto 1752.<br />
L’apparecchiarsi a celebrar con divozione la festa della gloriosa Assunta di<br />
Nostra Signora la impegna ad esercitar verso di noi l’uffizio che ella ha di<br />
Rifugio dei Peccatori, Ascoli Piceno 12 agosto 1752.<br />
Sotto la similitudine del cedro si dimostra essere stata Maria SS.ma nella sua<br />
gloriosa Assunta e di stupore al mondo e di allegrezza e maraviglia al cielo e di<br />
giovamento a tutti, specialmente ai peccatori, Ascoli Piceno 15 agosto 1752.<br />
CAP. III SERMONCINI PER OGNI SABATO DELL’ANNO 1753<br />
Il vero divoto della Vergine deve procurar di avere buona memoria, miglior<br />
ingegno ed ottimo giudizio, sì per maggiormente promuovere il culto di Lei,<br />
che per ottenere più efficace il suo patrocinio, Ascoli Piceno 12 maggio 1753.<br />
Per ricevere, per conoscere e per eseguire gli impulsi dello Spirito Santo non vi<br />
è il più bel mezzo che farsi divoto di Maria SS.ma, Ascoli Piceno 9 giugno<br />
1753.<br />
X XI<br />
155<br />
160<br />
167<br />
174<br />
179<br />
184<br />
190<br />
196<br />
203<br />
208<br />
220<br />
227
Godendo molto la Vergine che da sua parte si ringrazi la SS.ma Trinità, deve<br />
ognuno aiutarsi a farlo come essa stessa insegnò e desidera, Ascoli Piceno<br />
16 giugno 1753.<br />
Nella festa della visitazione, siccome si ravvivano più che mai le nostre speranze,<br />
così deve più che mai risvegliarsi la nostra divozione, Ascoli Piceno<br />
2 luglio 1753.<br />
Sermoncino per la SS.ma natività di Maria, Ascoli Piceno 8 settembre 1753.<br />
Per ottener una vera felicità non vi è più bel mezzo che esser divoto del SS.mo<br />
nome di Maria, Ascoli Piceno 15 settembre 1753.<br />
Essendo il SS.mo nome di Maria un nome ricolmo di virtù, benedizioni e di<br />
grazie, non può esser mai da noi invocato senza nostro grandissimo utile e vantaggio,<br />
Ascoli Piceno 22 settembre 1753.<br />
Il nome augustissimo di Maria essendo di grande efficacia e virtù per ben morire,<br />
pronunziato nelle ultime agonie dai suoi divoti, impegna il gran protettore<br />
dei moribondi l’Arcangelo San Michele, di cui oggi celebriamo, ad assisterci con<br />
più premura in quel punto tremendo, Ascoli Piceno 29 settembre 1753.<br />
CAP. IV SERMONCINI ABBOZZATI SOPRA LA SACRA LITURGIA<br />
DELLA SANTA MESSA RECITATI NEI SABATI<br />
(16 NOVEMBRE 1753 - 14 SETTEMBRE 1754)<br />
Sermoncino I. Quanto piaccia a Maria SS.ma il considerar l’istituzione ed i<br />
misteri della S. Messa, Ascoli Piceno 16 novembre 1753.<br />
Sermoncino II. Vuole la Vergine che tutti i cristiani si mostrino grati con la<br />
rimembranza del sacrificio fatto per loro dal suo Divin Figlio, Ascoli Piceno<br />
24 novembre 1753.<br />
Sermoncino III. L’assister con somma divozione e riverenza alla S. Messa, è lo<br />
stesso che impegnar la Vergine a farci singolari finezze, Ascoli Piceno 1<br />
dicembre 1753<br />
Sermoncino IV. La gran premura che ha la Vergine che noi ascoltiamo divotamente<br />
la S. Messa ci prova esser la Messa di un gran valore per noi, Ascoli<br />
Piceno 12 gennaio 1754.<br />
Sermoncino V. Il soccorrer le anime benedette del purgatorio ad onor di Maria<br />
col mezzo della S. Messa, sia lo stesso che impegnar Maria SS.ma a soccorrerci<br />
particolarmente in vita e dopo morte, Ascoli Piceno 19 gennaio 1754.<br />
229<br />
231<br />
234<br />
236<br />
237<br />
239<br />
244<br />
247<br />
249<br />
250<br />
252<br />
Sermoncino VI. Si spiega il significato degli abiti sacerdotali e dell’apparecchio;<br />
e particolarmente dell’entrata in Sagrestia che fa il Sacerdote e del lavarsi le<br />
mani e delle orazioni preparatorie, Ascoli Piceno 16 febbraio 1754.<br />
Sermoncino VII. Uno tra gli ottimi apparecchi per udir con profitto la<br />
S. Messa è il ricorrer con calde preghiere alla gran Vergine Nostra Signora,<br />
Ascoli Piceno 23 febbraio 1754.<br />
Sermoncino VIII. Per degnamente assistere alla S. Messa si richiede una gran<br />
fede e bisogna far divoto ricorso alla Gran Vergine, che della fede è maestra,<br />
Ascoli Piceno 2 marzo 1754.<br />
Sermoncino IX. Quanta ricompensa Maria dia a chi ad onor suo assiste divotamente<br />
alla Messa, Ascoli Piceno 15 giugno 1754.<br />
Sermoncino X. L’umile confessione ed il pentimento sincero di nostre colpe,<br />
innanzi alla Vergine; e l’umile invocazione del suo Aiuto; è un gran mezzo per<br />
ottenere il perdono, Ascoli Piceno 22 giugno 1754.<br />
Sermoncino XI. Quanto abbiam bisogno e in tempo di Messa e fuori di Messa<br />
della Intercessione di Maria (Kyrie eleison), Ascoli Piceno 6 luglio 1754.<br />
Sermoncino XII. Sopra il Gloria in excelsis Deo, il Dominus vobiscum che<br />
segue e l’oremus prima dell’Epistola. Ascoli Piceno 13 luglio 1754.<br />
Sermoncino XIII. Dell’Epistola e graduale e il trasferir del Messale. Ascoli<br />
Piceno 20 luglio 1754.<br />
Sermoncino XIV. Evangelio e Credo. Ascoli Piceno 27 luglio 1754.<br />
Sermoncino XV. Si ripete il Credo. Ascoli Piceno 3 agosto 1754.<br />
Sermoncino XVI. Ascoli Piceno agosto 1754.<br />
Sermoncino XVII. Il Lavabo, Offerimus, Orate fratres, Ascoli Piceno<br />
31 agosto 1754.<br />
Sermoncino XVIII. Segrete e Prefazio, Ascoli Piceno 14 settembre 1754.<br />
CAP. V SERMONCINI PER LA FESTA DI MARIA SS.MA ASSUNTA<br />
(1754-1769)<br />
Iddio con il darci la sua Madre per nostro rifugio, ci ha dato un mezzo assai<br />
sicuro per eternamente salvarci, Ascoli Piceno 15 agosto 1754.<br />
Sopra la gloriosa Assunta di Nostra Signora, Ascoli Piceno 15 agosto 1758.<br />
XII XIII<br />
254<br />
256<br />
259<br />
261<br />
264<br />
267<br />
271<br />
275<br />
278<br />
280<br />
283<br />
283<br />
284<br />
290<br />
296
Refugium meum es tu, Ascoli Piceno 15 agosto 1759.<br />
Breve discorso sopra la gloriosa Assunta di Nostra Signora. Supra modum<br />
Mater mirabilis, Ascoli Piceno 15 agosto 1759.<br />
Abbozzo del discorsetto sopra l’Assunta di Nostra Signora, Ascoli Piceno 15<br />
agosto 1768.<br />
Per la gloriosissima Assunta di Nostra Signora, Ascoli Piceno 15 agosto 1769.<br />
CAP. VI SERMONCINI FAMILIARI RECITATI NEI SABATI<br />
E IN VARIE FESTE MARIANE (1756-1764)<br />
Sermone familiare sopra la Presentazione di Nostra Signora, recitato in<br />
sedia alle piissime Religiose Benedettine di S. Egidio di questa città<br />
di Ascoli, 22 novembre 1756.<br />
Missus est Angelus Gabriel a Deo in Civitatem Galileae, cui nomen<br />
Nazareth, ad Virginem, Ascoli Piceno 10 dicembre 1756.<br />
Spiegandosi di chi fosse figlio il patriarca San Giuseppe, si conchiude dimostrando<br />
quanto sia efficace il patrocinio di San Giuseppe per ottener le grazie<br />
da Maria Santissima, Ascoli Piceno 31 dicembre 1757.<br />
Descrivendosi la nobile parentela di Maria SS.ma, si conchiude esser essa<br />
nostra parente in primo grado di adozione spirituale, cioè nostra amantissima<br />
Madre, Ascoli Piceno 7 gennaio 1758.<br />
Dilucidandosi, se quando avvenisse il purissimo sacro sposalizio tra la Vergine<br />
e S. Giuseppe, si conchiude con l’esaminare il modo, come possiamo contrarre uno<br />
spirituale sposalizio con la suddetta Regina del Cielo, Ascoli Piceno 14 gennaio<br />
1758.<br />
Incominciandosi a spiegar il capo secondo di San Matteo, si pone in chiaro, in<br />
che tempo nacque Gesù Signor nostro e quali prodigi principali accompagnarono<br />
la sua SS.ma nascita; conchiudendosi con una Congratulazione alla<br />
SS.ma Vergine per la sua maternità, Ascoli Piceno 21 gennaio 1758.<br />
Ponendosi in chiarezza maggiore i due singolarissimi privilegi di Maria, cioè<br />
la sua verginità perpetua e la sua maternità di Dio, si conclude che l’onorar<br />
questi due privilegi è il più bel modo di acquistarsela benevola avvocata e protettrice,<br />
Ascoli Piceno 28 gennaio 1758.<br />
Dilucidandosi la venuta e l’offerta dei Santi Re Magi, di cui favella<br />
San Matteo, si conchiude quanto Iddio gradisca i doni, che gli si danno per le<br />
mani della sua SS.ma Madre, Ascoli Piceno 4 febbraio 1758.<br />
300<br />
305<br />
310<br />
314<br />
320<br />
331<br />
336<br />
343<br />
353<br />
365<br />
375<br />
386<br />
Spiegandosi la fuga nell’Egitto, memorata da San Matteo, si esalta la sofferenza<br />
e insieme la prudenza di Maria SS.ma e se ne raccomanda l’imitazione,<br />
Ascoli Piceno 11 febbraio 1758.<br />
Dilucidandosi la Strage degli Innocenti, di cui ci parla San Matteo, si viene<br />
a dedurre quanto dispiaccia a Maria SS.ma il perseguitar gli Innocenti,<br />
Ascoli Piceno 4 marzo 1758.<br />
Maria SS.ma è un rifugio sicuro senza chiederlo e pronto senz’aspettarlo,<br />
Ascoli Piceno 31 aprile 1764.<br />
La custodia e protezione di Maria è sicura, pronta e durevole a favor di chi le<br />
vive ossequioso tra le sue mistiche vigne, Ascoli Piceno 4 aprile 1769.<br />
CAP. VII SERMONI PER IL TRIDUO<br />
ELAFESTA DI MARIA BAMBINA (1767-1769)<br />
La bellezza di Maria Bambina, Ascoli Piceno 5 settembre 1767.<br />
La bontà di Maria Bambina, Ascoli Piceno 6 settembre 1767.<br />
La beneficenza di Maria Bambina, Ascoli Piceno 7 settembre 1767<br />
Maria Bambina, essendo nata Regina dell’Universo, stando ancor nella<br />
culla, esercita la sua mirabile potenza in Cielo, in Terra e nell’Inferno, Ascoli<br />
Piceno 8 settembre 1768.<br />
Sopra la SS.ma natività di Nostra Immacolata Signora, Ascoli Piceno 8<br />
settembre 1769.<br />
CAP. VIII SERMONI PER LE FESTE MARIANE RECITATI<br />
NELLA CATTEDRALE DI MONTALTO E NELLE<br />
CHIESE DELLA DIOCESI (1771-1789)<br />
Sopra la gloriosa Assunta di Nostra Immacolata Signora, Montalto 15<br />
agosto 1771.<br />
Sopra la purificazione di Nostra Immacolata Signora. Ai tre miracoli che nel<br />
giorno della sua purificazione veder ci fece Maria Santissima, cioè di ubbidienza,<br />
di umiltà e di edificazione, molti e molte ardiscono di contrapporre tre<br />
altri prodigi, cioè di ostinazione, di superbia e di scandalo, Montalto 2 febbraio<br />
1772.<br />
XIV XV<br />
388<br />
389<br />
398<br />
403<br />
417<br />
426<br />
433<br />
442<br />
455<br />
462<br />
467
Sermone della gran Misericordia di Maria SS.ma. La SS. Vergine impegna<br />
il suo divin Figlio ad aspettare i peccatori con pazienza, a ricercarli con premura<br />
e ad accoglierli con amorevolezza: così essa usando verso dei peccatori la<br />
sua grande misericordia, Castignano 16 agosto 1772.<br />
Pastorale della SS.ma natività di Maria. L’allegrezza universale che la Gran<br />
Vergine arrecò a tutto il mondo col suo nascimento, Force 8 settembre 1772.<br />
Sermone nella purificazione di Maria. La doppiezza intanto è sì comune in<br />
oggi tra noi Cristiani, in quanto passa quasi comunemente tra noi per una<br />
lodevole accortezza di tratto e non si apprende per quel vizio, com’è, sì abominevole<br />
agli occhi di Dio e sì pregiudizievole al prossimo ed a noi stessi,<br />
Montalto 2 febbraio 1773.<br />
Per la purificazione di Maria SS.ma, Montalto 2 febbraio 1774.<br />
Omelia della gloriosa Assunta di Nostra Immacolata Signora. L’amore dimostrato<br />
a noi da Maria SS.ma nel suo felicissimo transito da questa all’altra<br />
vita, ci vien perpetuato nella Assunta sua gloriosa in Cielo, Montalto 15<br />
agosto 1776.<br />
Omelia della natività di Nostra Signora. Non sente gaudio nella natività di<br />
Maria chi non comprende l’infinito bene, che da Maria ne ridonda,<br />
Montalto 8 settembre 1776.<br />
Sermone della natività di Nostra Signora. Non sente gaudio nella natività di<br />
Maria chi non comprende l’infinito bene, che da Maria ne ridonda, Montalto<br />
8 settembre 1776, mandato alle Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata di Ascoli.<br />
Omelia per l’Assunta di nostra Signora, Montalto 15 agosto 1786.<br />
Morale omelia. Benedicta sit Peccatorum Refugium, Christianorum<br />
Auxilium, necnon Prædicatorum Præssidium, Deipara Virgo Maria, Quæ<br />
Et Dicentis Verba complevit Et Audientium corda contrivit. Impleti sunt dies<br />
Purgationis Maria, Montalto 2 febbraio 1787.<br />
Omelia per l’Assunta di nostra Signora, Montalto 15 agosto 1787.<br />
Omelia per la SS.ma natività di nostra Signora, Montalto 8 settembre 1788.<br />
Omelia della gloriosa Assunta di Nostra Signora. Impercettibili essendo i sorprendenti<br />
trionfi di Maria nella sua gloriosa Assunta, si dimostra il trionfo<br />
della sua materna clemenza e misericordia, come più adattato al nostro<br />
Umano Intendimento, Montalto 15 agosto 1789.<br />
473<br />
475<br />
477<br />
494<br />
496<br />
502<br />
509<br />
512<br />
518<br />
524<br />
530<br />
535<br />
CAP. IX DIALOGHI PER LE FESTE MARIANE MANDATI<br />
DA MONTALTO ALLE RELIGIOSE DELL’IMMACOLATA<br />
CONCEZIONE DI ASCOLI (1772-1786)<br />
Dialogo sopra l’apparizione del Redentore risorto alla sua SS.ma Madre,<br />
e sopra la doppia Alleluja della Pasqua, Montalto 18 aprile 1772.<br />
Dialogo della Santa Casa di Loreto, tra Timesia, Filomata e Critesio,<br />
Montalto 3 maggio 1772.<br />
Dialoghetto in quattro educande per la Festa della Presentazione di Maria,<br />
Montalto 21 novembre 1786.<br />
Indice dei nomi notevoli di persone 567<br />
Repertorio di persone menzionate nell’opera 573<br />
Bibliografia generale 595<br />
Bibliografia del repertorio 597<br />
XVI XVII<br />
546<br />
554<br />
562
Presentazione<br />
Madre Daniela Volpato, Vicaria Generale<br />
Ascoli Piceno 11 Febbraio 2008, festa della Madonna di Lourdes<br />
sono l’Immacolata Concezione”: con queste parole la “bella<br />
Signora” si è definita apparendo alla giovane Bernardetta Soubirous<br />
“Io<br />
150 anni fa a Lourdes.<br />
Stiamo quindi vivendo un anno speciale, un anno giubilare che intende<br />
celebrare la memoria di quelle importanti apparizioni che si possono leggere<br />
come una conferma della proclamazione del dogma dell’Immacolata<br />
Concezione di Maria avvenuta quattro anni prima, ossia nel 1854.<br />
Ci sembra, quindi, non casuale il fatto che, proprio in quest’anno venga<br />
dato alla stampa questo nuovo volume dell’<strong>Opera</strong> omnia di Mons. <strong>Marcucci</strong>:<br />
“Sermoni per le feste mariane”.<br />
È una raccolta delle sue omelie che vuole dimostrare come Egli abbia<br />
voluto cogliere tutte le occasioni per onorare Colei che amava chiamare<br />
“Nostra Immacolata Signora” già più di cento anni prima che il dogma<br />
venisse ufficialmente proclamato.<br />
Mons. <strong>Marcucci</strong>, fervente innamorato di Maria proprio sotto il titolo di<br />
“Immacolata Concezione”, non lasciava infatti passare sotto silenzio nessuna<br />
ricorrenza mariana, anzi di ciascuna di esse sapeva approfittare per diffondere<br />
il culto e la vera devozione all’Immacolata e questo Egli ha trasmesso alle<br />
Sue Figlie, le Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione, perché continuassero<br />
sul suo esempio.<br />
Questo è sicuramente il motivo che ha spinto Suor M. Paola Giobbi a<br />
impegnarsi perché venisse pubblicata tale opera proprio in questo anno<br />
giubilare, che, oltre a ricordare come già detto l’anniversario delle apparizioni<br />
a Lourdes, per noi Pie <strong>Opera</strong>ie ricorda anche i 151 anni dalla visita<br />
effettuata nella nostra Casa Madre ad Ascoli Piceno dal Papa Pio IX,<br />
dal quale è stato proclamato appunto il dogma dell’Immacolata<br />
Concezione di Maria.<br />
XVIII XIX
Suor M. Paola, quindi, ha voluto onorare in questa circostanza la Vergine<br />
Immacolata: per questo a lei va il ringraziamento di tutta la Congregazione<br />
e anche di coloro che, dopo essersi accostati alla conoscenza di Mons.<br />
<strong>Marcucci</strong>, ne hanno compreso tutta la portata culturale e spirituale e desiderano<br />
sempre più approfondirla sotto ogni aspetto, ma soprattutto desiderano<br />
rafforzare la loro fede nel mistero dell’Immacolata Concezione di Maria.<br />
Un ringraziamento sincero e profondo va anche al Reverendo Padre<br />
Stefano De Fiores che, pur tra i suoi mille impegni, si è prodigato con la sua<br />
competenza e con il suo caratteristico entusiasmo a curare l’introduzione al<br />
volume, manifestando ancora una volta l’apprezzamento e la stima per il<br />
nostro Fondatore, ma anche per l’intera nostra Congregazione.<br />
A tutti colo che avranno l’opportunità di prendere in mano questo volume<br />
auguriamo di crescere sempre più nella vera devozione all’Immacolata<br />
Concezione, dalla quale imploriamo per tutti le più grandi benedizioni, affidando<br />
ciascuno all’intercessione del Servo di Dio Mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong><br />
<strong>Marcucci</strong>, che desideriamo vedere presto elevato agli onori degli altari.<br />
XX<br />
Presentazione<br />
Mons. Silvano Montevecchi, Vescovo di Ascoli Piceno<br />
Ascoli Piceno 25 Febbraio 2008,<br />
267° anniversario dell’ordinazione sacerdotale del Servo di Dio mons. F. A. <strong>Marcucci</strong><br />
con il quale le Pie <strong>Opera</strong>ie della Immacolata Concezione<br />
stanno conducendo gli studi e le dovute attività per favorire nel più<br />
L’impegno<br />
breve tempo possibile l’auspicata beatificazione del loro fondatore<br />
Mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong>, è connotato anche dall’impegnativo<br />
programma di consegnare al pubblico la “<strong>Marcucci</strong>ana <strong>Opera</strong> <strong>Omnia</strong>” nella<br />
varie sezioni: storica, letteraria, biblico-teologica, mariologica, filosofica,<br />
omiletica, oltre al ricco epistolario.<br />
Il volume, che viene posto nelle mani del lettore, presenta temi dedicati<br />
alla sezione mariologica. Sono prevalentemente meditazioni o sermoni e poesie<br />
dedicati ai momenti della vita della Beata Vergine verso la quale il<br />
<strong>Marcucci</strong> nutriva un affetto tenerissimo. In calce alla “Istruzione sopra il sacro<br />
scapolaretto o sia abitino ceruleo o vogliam dire torchino dell’Immacolata Concezione<br />
di Maria sempre Vergine”, il nostro si firma “Abate don <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong><br />
<strong>Marcucci</strong>, detto dell’Immacolata Concezione, Sacerdote Secolare di Ascoli e<br />
Missionario Apostolico”.<br />
La firma ci aiuta a intravedere le caratteristiche della sua personalità: egli<br />
è un sacerdote ascolano che nelle sua produzione letteraria offre uno spaccato<br />
della vita e della religiosità popolare dell’amata città e del suo carattere<br />
mariano “con cui da secoli si truova a presentare tutta umile ai sacratissimi piedi<br />
della eccelsa Immacolata Regina un annuo tributo, e sotto quello i cuori dei cittadini”<br />
(cfr Orazione per l’Immacolata Concezione…1760). Una caratteristica, questa,<br />
che permane ancora viva tra noi.<br />
Egli ama essere definito “dell’Immacolata Concezione”. Il nostro autore<br />
in tutti i suoi scritti ha sempre l’intento di essere di utilità al popolo e di formarlo<br />
nella crescita spirituale. È convinto che la conoscenza e la devozione<br />
verso la Madonna sia la via maestra per la trasmissione della fede. D’altra<br />
parte i suoi Sermoni sono costruiti come le grandi chiese barocche nelle quali<br />
XXI
la mobilità delle forme e la convergenza verso l’altare esprime il desiderio<br />
dell’anima di essere condotta alla devozione attraverso la ricchezza delle citazioni<br />
bibliche, la profonda semplicità della riflessione teologica, la dolcezza<br />
delle indicazioni ascetiche pratiche e i riferimenti di ordine devozionale.<br />
Attraverso i Sermoni alla Madonna vengono passati in rassegna tutte le<br />
grandi verità dell’esperienza cristiana.<br />
Infine sottolinea di sentirsi “Missionario Apostolico”. E come non pensare<br />
alla sue giovani esperienze allorché a piedi scalzi si recava nei paesi a predicare<br />
al popolo, ispirandosi al grande modello di S. Leonardo da Porto<br />
Maurizio.<br />
Ma fu mosso da intento missionario anche la istituzione di una famiglia<br />
religiosa dedicata alla educazione delle fanciulle.<br />
Dalla lettura del volume si potrà conoscere la delicatezza di questa anima<br />
sacerdotale e l’influenza che i suoi scritti hanno avuto nella storia della città.<br />
La nostra Diocesi ha avuto dalla Divina Provvidenza il dono di questa<br />
grande personalità e la gioia di custodire le sue spoglie mortali proprio nelle<br />
chiesa dove tante volte parlò delle virtù della Vergine e dei doni riservati ai<br />
suoi fedeli.<br />
Ringrazio cordialmente le brave suore, e particolarmente suor Maria<br />
Paola Giobbi, per l’impegno di far conoscere il pensiero del <strong>Marcucci</strong> non<br />
solo agli studiosi, ma anche ai ragazzi delle scuole, perché sia apprezzato e<br />
venerato.<br />
XXII<br />
† Silvano Montevecchi<br />
Introduzione<br />
Stefano De Fiores<br />
Ascoli Piceno 2 Febbraio 2008<br />
Saluto questo nuovo volume dell’<strong>Opera</strong> <strong>Omnia</strong> di <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong><br />
<strong>Marcucci</strong> che raccoglie i Sermoni per le Feste Mariane (1746-1789) e<br />
mi congratulo con le Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata, in particolare con<br />
Suor Maria Paola Giobbi, per l’intelligenza e l’amore con cui hanno curato<br />
l’edizione.<br />
L’apertura di un altro scrigno contenente ulteriori espressioni di culto e<br />
di dottrina concernente la Madre di Gesù da parte di un testimone convinto<br />
e di un maestro illuminato come il servo di Dio <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong><br />
<strong>Marcucci</strong>, rappresenta per la Chiesa un arricchimento e uno sprone.<br />
Trarre dall’oblio i manoscritti che conservano i Sermoni per le Feste Mariane<br />
pronunciati dal <strong>Marcucci</strong> negli anni 1746-1789 (98 componimenti omiletici),<br />
è un’opera meritoria, che si risolve in una maggiore risonanza del pensiero<br />
del Fondatore nell’immenso areopago del nostro tempo e in un argomento<br />
supplementare per affrettare il riconoscimento della santità e dottrina<br />
del servo di Dio.<br />
La prima impressione alla lettura dell’elenco degli argomenti trattati è<br />
che essi offrano uno spaccato della vita religiosa di Ascoli, nonché dell’inserimento<br />
in essa della Vergine Maria con una funzione educativa, etica e spirituale.<br />
È una conferma del carattere mariano della città - come la descrive<br />
mons. <strong>Marcucci</strong> -<br />
sì cospicua non meno per l’antichità immemorabile delle sue vaste mura [...]<br />
e per la nobiltà de’ suoi cittadini, [è] molto più illustre per l’amor singolare,<br />
con cui da secoli vincolata si truova a presentar tutta umile ai sacratissimi<br />
piedi della eccelsa immacolata Regina un annuo tributo, e sotto quello i cuori<br />
tutti de’ cittadini 1 .<br />
1 F. A. MARCUCCI, Orazione per l’Immacolata Concezione di Maria sempre Vergine, recitata in<br />
Ascoli agli 8 di dicembre del corrente 1760, Ascoli 1760, 30.<br />
XXIII
CARATTERE LITURGICO<br />
Si tratta di una vita ritmata dalle feste liturgiche mariane mediante le<br />
quali la parola di Dio s’inserisce nella quotidianità, sia che riguardi il parto,<br />
il carnevale o la morte 2 . Il <strong>Marcucci</strong> valorizza le ricorrenze dedicate a Maria<br />
dall’Aspettazione del parto, alla natività, al Nome di Maria, all’annunciazione,<br />
alla visitazione, alla purificazione, all’Addolorata e all’Assunta, dedicando<br />
ad ognuna di esse un’omelia appositamente composta, includente un riferimento<br />
concreto all’impegno cristiano.<br />
I Sermoni qui pubblicati contengono riferimenti di ordine devozionale,<br />
come l’indossare l’abitino del Carmine o quello ceruleo dell’Immacolata, ma<br />
la loro stragrande maggioranza riguarda la liturgia, segno del primato attribuita<br />
a questa nella prassi della vita devota del settecento ascolano.<br />
In tale contesto si spiega la sequenza di Sermoncini abbozzati sopra la sacra<br />
liturgia della santa messa recitati nei sabati (16 novembre 1753 - 14 settembre<br />
1754), in cui mons. <strong>Marcucci</strong> svolge una catechesi accurata sia circa<br />
l’Istituzione ed i Misteri della S. Messa, e il modo devoto di parteciparvi<br />
(allora si diceva assistervi), sia circa il significato degli abiti sacerdotali delle<br />
varie parti della Messa: dal Gloria in excelsis Deo, all’epistola, al vangelo, al<br />
Credo... fino al prefazio.<br />
ISPIRAZIONE BIBLICA<br />
Nelle feste mariane, dovendo commentare gli eventi biblici o misteri di<br />
Cristo in cui è presente Maria, il <strong>Marcucci</strong> mette a diretto contatto con la<br />
Parola di Dio e con i suoi contenuti vitali e storico-salvifici. Così egli snoda<br />
dinanzi ai nostri occhi i brani evangelici proclamati nelle varie celebrazioni<br />
in onore di Maria, con un’esegesi analitica ed insieme sintetica, cioè fedele al<br />
testo e nello stesso tempo ricca di risonanze dell’Antico e del Nuovo<br />
Testamento. Insomma un’esegesi unitaria e spirituale basata sull’unicità dell’autore<br />
divino di tutti i testi ispirati.<br />
2 Cf. nel presente volume: Sagro discorsetto sopra l’Aspettazione del Parto di Maria Vergine<br />
SS.ma. Desiderium meum audiat Omnipotens. In Giobbe al capo trentesimoprimo, databile 1746;<br />
Quanto dispiaccia alla SS. Vergine il Carnevale, Ascoli Piceno 5 febbraio 1752; La devozione<br />
verso la SS.ma Vergine riesce di gran conforto nella morte, Ascoli Piceno 12 febbraio 1752.<br />
La sua esegesi è certamente inculturata ed espressa nel linguaggio allora<br />
corrente, come appare per esempio dal seguente brano:<br />
Spedito questi dall’augustissima Triade alla picciola stanza, dove stavasi allora<br />
ritirata la Divina Donzella, assorta in altissima contemplazione del gran Mistero,<br />
che una Vergine concepir dovea senza umana operazione, Ecce Virgo concipiet; e<br />
appena giunto, con profonda riverenza la inchina, graziosamente la saluta, e con<br />
ogni più umile ossequio le espone la cagione della sua venuta, com’ella era stata<br />
già eletta per Madre di Dio, Ecce concipiet con quel che siegue nel sagro Testo.<br />
Similmente il <strong>Marcucci</strong>, al contrario di certi presbiteri che fanno l’omelia<br />
all’insegna dell’improvvisazione, prepara e struttura i suoi discorsi secondo<br />
le norme dell’oratoria che prevedono il prologo, le varie parti e l’epilogo.<br />
Al di là della struttura colpisce la formazione teologica dell’autore che<br />
presenta Maria non già come una monade chiusa in se stessa, ma come una<br />
persona in relazione con la Trinità e con le singole persone divine. Egli la<br />
saluta: Ave figlia di Dio Padre, ave Madre di Dio Figlio, ave Sposa dello Spirito<br />
Santo, ave o Tempio della SS.ma Trinità. E non manca di rimandare al<br />
Magnificat per lodare Dio unitrino con Maria:<br />
Voglio che soltanto l’altezza della gloria ed onore che la Gran Vergine diede<br />
alle tre Divine Persone lo ricaviate da quel ch’essa medesima ne disse nel suo<br />
mirabilissimo Cantico con quelle sole misteriose parole, Magnificat Anima mea<br />
Dominum. Attenti Uditori, giacchè in così alto Mare dolcemente ci troviamo<br />
ingolfati. Disse dunque la Vergine, l’Anima mia rende grande Iddio, gli dà una<br />
gran gloria, un grande onore, Magnificat Anima mea Dominum 3 .<br />
POESIA E DRAMMATIZZAZIONE<br />
Infine il <strong>Marcucci</strong> non disdegna le composizioni poetiche e drammatiche<br />
ma le utilizza a lode della Vergine. In questo egli s’inserisce in una tradizione<br />
ascolana collaudata almeno da un secolo:<br />
3 Sermoncino decimo quinto recitato nel Sabato della SS.ma Trinità a’ 27 di Maggio del corrente anno<br />
1752.<br />
XXIV XXV
Le celebrazioni delle ricorrenze mariane offrivano spesso pretesto per pubblicazioni<br />
di carattere poetico-devozionale, quali la Publica supplicatio di<br />
Giuseppe Lenti, edita nel 1621 4 , la raccolta di Tullio Lazzari, pubblicata a<br />
Macerata nel 1698 5 , e gli Affetti di compunzione di Angelo M. Lenti, stampata<br />
a Fermo nel 1692 6 , dove troviamo una composizione dal significativo titolo<br />
Imperatrice del Cielo, e Regina Immacolata degli Angioli 7 , nella quale viene esaltato<br />
l’«Illibato Mistero». 8<br />
In questa scia di utilizzazione della poesia non sorprende il fatto che il<br />
volume ora editato contenga un Volgarizzamento Poetico dell’Ave Maris Stella<br />
(1746), un Dialogo sopra l’apparizione del Redentore risorto alla sua SS.ma Madre<br />
(1772), un Dialogo della Santa Casa di Loreto, tra Timesia, Filomata e Critesio<br />
(1772) e infine un Dialoghetto in quattro Educande per la Festa della<br />
Presentazione di Maria (21 novembre 1786). Sono componimenti che destano<br />
il desiderio di conoscerli, per ammirare la fantasia inventiva del <strong>Marcucci</strong> e<br />
il messaggio sempre vitale che contengono.<br />
In tutti i discorsi il servo di Dio lascia trasparire l’immagine di Maria<br />
impressa nel suo cuore: una Maria biblica che vive il mistero di Cristo con<br />
atteggiamento di fede sia nella sofferenza che nella gioia, ma anche una<br />
Maria vivente che assunta in cielo non depone la sua missione di salvezza.<br />
Il <strong>Marcucci</strong> non nasconde la sua pietà e intensa devozione verso la Madre<br />
di Cristo, divenuta nostra Madre, e a lei dirige numerose preghiere, tra cui<br />
la seguente:<br />
4 G. LENTI, Publica suplicatio Argentea Virginis Asculi celebrata, Ascoli 1621.<br />
5 T. LAZZARI, Le pompe festive celebrate alli 2 luglio 1698 dalla ven. Compagnia di Maria delle<br />
Grazie dell’ill.ma città di Ascoli, Macerata 1698.<br />
6 A. M. LENTI, Aff.etti di compunzione in poesie sacre divise a canti in ottava, che contengono morali<br />
e sostanziosi ammaestramenti estratti capo per capo dal p. Tomaso da Kempi, per frutto spirituale<br />
dell’anime devote, Fermo 1692. Si tratta della trasposizione in versi (ottave) dell’Imitazione<br />
di Cristo e di altre opere di T. da Kempis.<br />
7 Ibid., 3-4.<br />
8 A. ANSELMI, «Mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong> e la devozione al “Gran Mistero”<br />
dell’Immacolata nel contesto ascolano», in F.A. MARCUCCI, Orazione per l’Immacolata concezione<br />
di Maria sempre Vergine, Riproduzione anastatica dell’edizione del 1760. Studi storicomariologici<br />
di Andrea Anselmi e Stefano De Fiores, Edizioni monfortane, Roma 1998, 69.<br />
XXVI<br />
Vergine amabilissima, [...] volgetevi verso di noi con occhi misericordiosi.<br />
Sollevateci dagli affanni di questa misera vita;<br />
fortificateci contra tutti gli assalti de’ nostri Nemici visibili ed invisibili;<br />
otteneteci il pieno perdono di tutte le nostre colpe e la grazia di non più commetterle;<br />
dateci un cuore, una fedeltà da vostri figli e da amantissimi figli;<br />
e fate in fine, che siccome, anche vostra mercè, fummo redenti,<br />
così col vostro favore siam fatti in eterno tutti salvi.<br />
O allora sì che giungeremo a conoscere perfettamente quanto Amore<br />
vi portò quel Dio, che s’impiegò tutto in farvi grande;<br />
e quanto amore voi portaste a noi in impiegarvi tutta in tanto beneficarci;<br />
e così dando anche noi il tributo di ringraziamenti e di lodi e a Dio e a voi,<br />
vi ameremo, vi benediremo, vi godremo<br />
con tutti i Santi e Angeli del cielo per tutta l’eternità.<br />
Amen. 9<br />
9 Abbozzo di Panegirico in onore della SS.ma Annunciazione della Gran Madre di Dio Maria sempre<br />
Vergine.<br />
XXVII
XXVIII<br />
Nota redazionale<br />
Suor Maria Paola Giobbi,<br />
Pia <strong>Opera</strong>ia dell’Immacolata Concezione<br />
Ascoli Piceno 31 Marzo 2008, solennità dell’Annunciazione di Maria SS.ma<br />
Con il Volume Sermoni per le feste mariane si conclude la pubblicazione<br />
della sezione mariologica dei manoscritti del Servo di Dio, mons.<br />
<strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong>.<br />
Con ammirazione, ci riappropriamo della predicazione popolare mariana di<br />
due secoli fa del nostro territorio Piceno, con l’auspicio che essa possa continuare<br />
ad illuminare la mente e a riscaldare il cuore dei contemporanei e dei posteri.<br />
Ringrazio i miei superiori per la fiducia che mi hanno dato e il professor<br />
P. Stefano de Fiores per la guida cordiale ed esperta nella cura di questo volume<br />
e di quello precedente, Sermoni per il Triduo e per la Festa dell’Immacolata<br />
Concezione (1739-1786), stampato a Dolo, Venezia nel 2004.<br />
Ringrazio Sua eccellenza il vescovo Silvano Montevecchi che accompagna<br />
sempre con la sua parola calda e illuminata ogni pubblicazione su mons.<br />
<strong>Marcucci</strong>; presiede le numerose manifestazioni che la Congregazione propone<br />
per far conoscere ed amare sempre più un grande testimone della fede,<br />
della carità e della cultura e, come vigile Pastore, interpreta il desiderio suo<br />
e delle Diocesi Picene, di veder presto riconosciuti dalla Madre Chiesa i<br />
meriti di mons. <strong>Marcucci</strong>.<br />
Ringrazio, infine, tutti quelli che mi hanno incoraggiato, compreso ed<br />
aiutato a realizzare la pubblicazione, in particolar modo la signora Elvezia Di<br />
Girolamo che con costanza, entusiasmo e competenza ha dedicato molto del<br />
suo tempo libero.<br />
Il volume raccoglie 98 brani di predicazione mariana popolare tratti da<br />
varie miscellanee autografe dell’Autore e presentati in ordine cronologico;<br />
a volte, a questo criterio, è prevalso quello della omogeneità dei destinatari<br />
o del luogo dove i brani sono stati scritti o recitati.<br />
XXIX
Per facilitare la lettura, ogni brano è preceduto da una breve introduzione<br />
come pure ogni capitolo.<br />
Le immagini che accompagnano i testi sono riferite a temi trattati e ai<br />
luoghi dove si è svolta la predicazione. Gran parte di esse sono state commissionate<br />
dall’Autore stesso.<br />
Che la Vergine Santa, nel 150° anniversario delle sue apparizioni a<br />
Bernardetta Soubirou, con il titolo di Immacolata, ci tenga sotto la sua speciale<br />
protezione e ci renda sempre più graditi a Gesù, suo divin Figlio.<br />
XXX<br />
XXXI
XXXII<br />
Pagine manoscritte<br />
Pag. XXXI - Frontespizio dell’<strong>Opera</strong> ASC 23.<br />
Pag. XXXII - Prima pagina del Sermoncino Ventesimo in ASC 23, trascritto<br />
a pag. 166. Si notano due numerazioni in alto a destra, entrambe successive<br />
all’Autore, apposte al momento della rilegatura dei vari fascicoli che<br />
compongono il volume. La grafia dell’Autore è regolare e chiara.<br />
La buona conservazione dei manoscritti dipende dalla qualità della carta<br />
e dell’inchiostro.<br />
In terza di copertina di un libro conservato nella biblioteca antica<br />
dell’Istituto n. 553, leggiamo la seguente nota autografa che ci fa comprendere<br />
la cura dell’Autore nel preparare l’inchiostro.<br />
Ricetta per fare il vero e buono Inchiostro<br />
Per fare il vero e buon Inchiostro da scrivere ci vogliono tre libre di Vino,<br />
tre once di Galla, mezz’oncia di Gomma, e due once di Vetriolo.<br />
La Galla va pistata fina, e passata per setaccio, e poi si mette in infusione nel<br />
Vino dentro una pignatta, o altrove; e così si fa stare per nove dieci giorni,<br />
col mescolarla una volta al giorno.<br />
La Gomma pur si mette in infusione in un poco di Vino, levato da quelle tre<br />
libre; e si fa star così in una Tazza, o altrove, senza mescolarla, per nove dieci<br />
giorni.<br />
Passati poi i nove giorni, si cola il Vino Gallato, e anche l’altro Vino<br />
Gommato, e si mescola insieme; e ci si pone il Vetriolo, che deve essere pur<br />
passato per setaccio. E così si fa subito il vero e buono Inchiostro da scrivere.<br />
XXXIII
Descrizione dei manoscritti<br />
Il presente volume raccoglie 98 componimenti omiletici per le feste<br />
mariane, provenienti da vari volumi o miscellanee conservate<br />
nell’Archivio delle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione della<br />
Casa Madre di Ascoli Piceno, che verranno indicati con la sigla ASC e nella<br />
biblioteca antica dello stesso Istituto che verranno indicati con la sigla BSC.<br />
Di seguito, vengono descritti i singoli volumi nelle loro caratteristiche<br />
particolari.<br />
Il volume ASC 10 contiene solo un brano autografo della raccolta, composto<br />
il 5 febbraio 1752, misura cm 13,50x20. La copertina è in cartoncino con<br />
decorazioni a piccole stelle di color ruggine e paglierino, lacera ai bordi e lungo<br />
la linea centrale; misura 14x21. Il dorso è rilegato in pergamena con fregi dorati,<br />
in alto compare il titolo manoscritto “<strong>Marcucci</strong> Ms Miscellanea”. Il volume è<br />
composto di 13 fascicoletti cuciti con filo di refe contenenti un numero variabile<br />
di fogli, a seconda del contenuto. La numerazione è originale in alcuni brani;<br />
quella progressiva è di altra mano e va dai numeri 1-272. Un fascicolo contiene,<br />
in fondo, varie pagine bianche non contate nella numerazione progressiva.<br />
La carta utilizzata è resistente e comune a molti altri volumi dell’Autore.<br />
La grafia è chiara e leggibile. Lo stato di conservazione del volume è discreto.<br />
Il volume ASC 22 contiene 5 brani autografi della raccolta, composti<br />
tutti nel 1752 , misura cm 14x20. La copertina in pergamena, decorata con<br />
delicati fregi dorati, misura cm 16x23; sul dorso si legge il titolo Sermoni dei<br />
santi. Il volume è composto di 18 fascicoletti cuciti con filo di refe contenenti<br />
un numero variabile di fogli, a seconda del contenuto.<br />
La numerazione è originale solo in alcuni brani; quella progressiva è di<br />
altro mano e va dai numeri 1-279.<br />
La carta utilizzata è resistente e comune a molti altri volumi dell’Autore.<br />
La grafia è chiara e leggibile. Lo stato di conservazione del volume è buono.<br />
Il volume ASC 23 contiene 35 brani autografi della raccolta, composti<br />
tra il 1746 e il 1769, misura cm 14x20.<br />
La copertina in pergamena, decorata con delicati fregi dorati, misura cm<br />
16x23; sul dorso si legge il titolo Sermoni sopra la SS.ma Vergine. Il volume è<br />
composto di 31 fascicoletti cuciti con filo di refe contenenti un numero<br />
variabile di fogli, a seconda del contenuto.<br />
XXXIV<br />
La numerazione è originale solo in alcuni brani; quella progressiva è di<br />
altro mano e va dai numeri 1-306.<br />
La carta utilizzata è resistente e comune a molti altri volumi dell’Autore. La<br />
grafia è chiara e quasi sempre ben leggibile. Lo stato di conservazione è discreto.<br />
Il volume ASC 33 contiene sette brani autografi della raccolta, recitati<br />
nella cattedrale di Montalto tra il 1773 e il 1789, misura cm 19,5x27. La<br />
copertina è in cartoncino leggero di colore grigio, messa successivamente; il<br />
dorso è decorato con linee verticali di colore bleu. Sul frontespizio si legge il<br />
titolo manoscritto “Omelie e discorsi (1756-1794)”. Il volume è composto<br />
di 21 fascicoletti liberi, ognuno dei quali contiene un’omelia recitata a<br />
Montalto, tranne quella del 1756 sul 1 Libro dei Maccabei, cap. 3.<br />
Il frontespizio dei fascicoli riporta il titolo, la data e piccoli fregi<br />
dell’Autore. La numerazione è originale in tutti i brani; quella progressiva è<br />
di altra mano e va dai numeri 1-217. La carta utilizzata è filigranata, proveniente<br />
dalla cartiera di Ascoli. La grafia è chiara e ben leggibile; pochissime<br />
le cancellature. Lo stato di conservazione del volume è buono.<br />
Il volume ASC 35 contiene 21 brani autografi della raccolta, composti tra<br />
il 1752 e il 1756, misura cm 14x20. La copertina in pergamena, decorata con<br />
delicati fregi dorati, misura cm 16x23; sul dorso si legge il titolo Prediche pel<br />
Sacro Avvento. Il volume è composto di 12 fascicoletti cuciti con filo di refe<br />
contenenti un numero variabile di fogli, a seconda del contenuto.<br />
La numerazione è originale solo in alcuni brani; quella progressiva è di<br />
altro mano e va dai numeri 1-276.<br />
La carta utilizzata è resistente e comune a molti altri volumi dell’Autore.<br />
La grafia è abbastanza chiara e leggibile. Alcuni fogli, di formato leggermente<br />
più grande degli altri, sono consumati nella parte inferiore ed alcune parole<br />
sono illeggibili. Lo stato di conservazione del volume è discreto.<br />
Il volume ASC 37 contiene 8 brani autografi della raccolta, composti tra<br />
il 1757 e il 1758, misura cm 14x20. La copertina in pergamena ha i bordi<br />
decorati con delicati fregi dorati, al centro è ben visibile uno stemma papale,<br />
misura cm 16x23; sul dorso si legge il titolo Sermoni sul Nuovo Testamento.<br />
Il volume è composto di 7 fascicoli cuciti con filo di refe contenenti un<br />
numero variabile di fogli, a seconda del contenuto.<br />
La numerazione è originale, ma il volume non è impaginato in modo progressivo;<br />
il titolo si trova dopo la p. 124. Il volume contiene 171 pagine più<br />
alcune bianche.<br />
XXXV
La carta utilizzata è filigranata e proviene dalla cartiera di Ascoli. La grafia<br />
è chiara e ben leggibile; pochissime le cancellature. Lo stato di conservazione<br />
del volume è buono.<br />
Il volume ASC 47 contiene due brani autografi della raccolta, composti<br />
nel 1746 e misura cm 13x20. La copertina, cm 14x20,50, è in cartoncino,<br />
ricoperto da carta decorata a righe e palline di colore ruggine. Il dorso è rilegato<br />
in pelle con fregi dorati; è lacero in basso e forato in vari punti; il titolo,<br />
a caratteri dorati, “Miscella(nea)” è inserito dentro una cornice anch’essa<br />
con fregi dorati. Il volume è composto di 19 fascicoletti cuciti con filo di refe<br />
contenenti un numero variabile di fogli, alcuni dei quali bianchi. La numerazione<br />
è originale in alcuni brani; manca quella progressiva.<br />
La carta utilizzata è resistente e comune a molti altri volumi dell’Autore.<br />
La grafia è chiara e leggibile. Lo stato di conservazione del volume è discreto.<br />
Il volume ASC 51 contiene sermoni ed omelie per il triduo e la festa<br />
dell’Immacolata Concezione, pubblicati nel 2004, in <strong>Marcucci</strong>ana <strong>Opera</strong><br />
omnia, vol. III. L’unico brano che si distacca dal tema è quello sulla Natività<br />
di Maria, dell’8 settembre 1753, che viene pubblicato nella presente raccolta;<br />
esso è costituito da un foglio, rilegato con filo di refe nel volume, alle pp.<br />
299-301 (19-21) e misura cm 13x20. La copertina, in pergamena, decorata<br />
con fregi dorati, misura cm 15,4x22,3; sul dorso, si legge Sermoni sopra l’Imm.<br />
Concezio. La numerazione progressiva è di altro mano e va dai numeri 1-334.<br />
La carta utilizzata è resistente e comune a molti altri volumi dell’Autore. La<br />
grafia è chiara e leggibile. Lo stato di conservazione del volume è discreto.<br />
Il volume ASC 63 contiene unicamente i quattro brani, in onore di<br />
Maria Bambina, inseriti nella raccolta, scritti nel 1767-1768; misura cm<br />
13,5x19,5.<br />
La copertina è in cartoncino decorato a fiorellini color paglierino su sfondo<br />
ruggine sfumato. Sul dorso c’è un’etichetta successiva all’Autore con il<br />
titolo manoscritto “Discorsi sopra la S. Bambina”; misura cm 14x20,50. Il<br />
volume è composto da tre fascicoletti cuciti con filo di refe contenenti un<br />
numero variabile di fogli, alcuni dei quali bianchi, numerati dall’Autore.<br />
Manca la numerazione progressiva.<br />
La carta utilizzata è resistente, la grafia è chiara e leggibile con qualche<br />
cancellatura. Lo stato di conservazione del volume è buono.<br />
Il manoscritto ASC 92 non fa parte di nessuna raccolta; è uno autografo<br />
del 21 novembre 1786 formato da due fogli cuciti al centro che formano<br />
XXXVI<br />
otto facciate di cui tre bianche, con numerazione originale, di cm<br />
13,50x19,50. Sulle pagine bianche ci sono alcuni appunti e cancellature di<br />
altra mano. La carta utilizzata è uguale a quella di altre raccolte; la grafia è<br />
un po’ affaticata. Lo stato di conservazione è discreto.<br />
Il manoscritto ASC 141 non fa parte di nessuna raccolta; è uno autografo<br />
giovanile, scritto su un foglio di quattro facciate, con numerazione originale,<br />
databile 1746; misura cm 14x20.<br />
È custodito in una cartellina di colore celeste sul cui frontespizio si legge<br />
il titolo “Sacro discorsetto sopra l’aspettazione del parto di Maria”.<br />
La carta utilizzata è resistente, la grafia è chiara e leggibile. Lo stato di<br />
conservazione è discreto.<br />
Il Volume BSC 1519 è una miscellanea che si trova nella Biblioteca delle<br />
Suore Concezioniste della Casa Madre di Ascoli Piceno e contiene dieci brani<br />
autografi della raccolta, recitati a Montalto tra il 1771 e il 1776; misura cm<br />
18,5x26,5. La copertina è in cartone, ricoperto da carta decorata con fiorellini<br />
gialli e foglie verdi su sfondo color paglierino, misura cm 19x28. Il<br />
dorso è rilegato in pelle con fregi dorati; è lacero e forato in vari punti; il<br />
titolo, a caratteri dorati, è inserito dentro una cornice anch’essa con fregi<br />
dorati, ma illeggibile perché deteriorato. Sul frontespizio interno si legge il<br />
titolo “Opuscoli in parte dell’abate <strong>Marcucci</strong> ascolano, in parte di mons.<br />
<strong>Marcucci</strong>, dall’anno 1768 sino al 1784, parte seconda”. Il volume è composto<br />
di 28 fascicoli cuciti con filo di refe contenenti un numero variabile di<br />
fogli, alcuni dei quali bianchi. La numerazione è in parte originale e in parte<br />
apposta da altra mano; manca quella progressiva. La carta utilizzata è filigranata<br />
e proveniente dalla cartiera di Ascoli. La grafia è per lo più chiara e leggibile.<br />
Lo stato di conservazione del volume è discreto.<br />
XXXVII
Criteri di trascrizione dei manoscritti<br />
La trascrizione è sostanzialmente fedele all’originale. Sono state<br />
apportate soltanto alcune modifiche per adeguare il testo alla forma<br />
ortografica corrente, ad esempio si è ritenuto opportuno omettere<br />
l’apostrofo dopo l’articolo un, davanti ad un nome maschile iniziante per<br />
vocale, oppure dopo alcune particelle, ad esempio n’è è stato reso ne è.<br />
Alcune parole tronche, sono state completate con la vocale, ad esempio:<br />
sen’, è stato reso con se ne; alcune forme verbali molto antiquate sono state<br />
aggiornate, come negli esempi:<br />
Troveressimo = troveremmo<br />
Vedrassi = si vedrà<br />
Debbe = deve<br />
Alcuni sostantivi con la doppia sono stati resi come negli esempi:<br />
Sabbato = sabato<br />
Davidde = Davide<br />
Saulle = Saul.<br />
L’uso delle maiuscole è stato lasciato come nell’originale; per quanto<br />
riguarda la punteggiatura, sono state omesse le virgole prima della e congiunzione;<br />
le sottolineature sono state rese graficamente con il carattere corsivo<br />
per rendere il testo più leggibile.<br />
Le note con numerazione alfabetica sono dell’autore; quelle con numerazione<br />
araba sono della curatotrice.<br />
L’abbreviazione “ver. gr.” che spesso si incontra nel testo significa “per<br />
esempio”.<br />
XXXVIII<br />
Scorcio della Casa Madre dell’Istituto delle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione<br />
costruita da mons. <strong>Marcucci</strong>. Sullo sfondo la Chiesa ottagonale dell’Immacolata e la torre<br />
campanaria.<br />
1
CAP. I<br />
SERMONI E INNI MARIANI<br />
DEL 1746<br />
2 3
4<br />
Introduzione al capitolo<br />
Questo primo capitolo raccoglie quattro brani di predicazione giovanile di don<br />
<strong>Marcucci</strong> dell’anno 1746, dedicati a Maria SS.ma.<br />
Sono meditazioni sui momenti della sua vita: l’Annunciazione, l’attesa del parto,<br />
il dolore del venerdì santo, l’Assunta, i suoi privilegi.<br />
L’autore attinge i contenuti dei suoi discorsi alla Sacra Scrittura, alla dottrina dei<br />
Padri della Chiesa e al magistero, che conosce già in modo ampio ed approfondito.<br />
La sua esposizione chiara, scorrevole ed organizzata secondo le regole dell’arte retorica,<br />
mira a scaldare il cuore degli ascoltatori e muovere la loro volontà verso una<br />
devozione mariana sincera, fondata sulla totale fiducia in lei e sulla imitazione delle<br />
sue virtù.<br />
Nel capitolo sono stati raccolti anche due inni mariani tradotti dal latino e musicati<br />
dall’Autore per renderli più piacevoli ai fedeli ed un testo riguardante la devozione<br />
al sacro abitino, legato alla festa della Madonna del Carmine, già stampato<br />
nel 1746.<br />
I testi di meditazione sono raccolti nelle miscellanee ASC 23 e ASC 141; mentre<br />
gli Inni nella miscellanea ASC 47.<br />
5
Abbozzo di Panegirico in onore della SS.ma Annunciazione<br />
della Gran Madre di Dio Maria sempre Vergine<br />
Il testo è senza data. Il confronto con altri scritti datati 1746 e collocati nella<br />
stessa miscellanea che presentano le medesime caratteristiche: la calligrafia, la struttura<br />
dei paragrafi, le frasi iniziali “Dio ti salvi” e conclusive “Laus Deo…”, e il<br />
formato, inducono a pensare che anche questo scritto possa essere datato nel 1746. È<br />
dunque uno scritto giovanile dell’Autore. I destinatari non sono indicati: potrebbero<br />
essere le Religiose dell’Immacolata e/o i fedeli della parrocchia di don <strong>Marcucci</strong>,<br />
Santa Maria Inter Vineas, dove era solito predicare, o di qualche altra chiesa della<br />
città.<br />
Il panegirico, pur considerato dall’Autore un abbozzo, è organizzato in modo<br />
ampio e completo. È diviso in due parti: la prima si apre con una introduzione e si<br />
sviluppa in 12 paragrafi; la seconda parte, più breve, si sviluppa nei paragrafi<br />
13-16 e si conclude con una fervente preghiera alla Vergine.<br />
L’argomento del panegirico è un commento al brano evangelico di san Luca sull’annunciazione<br />
di Maria. Don <strong>Marcucci</strong> si propone di dimostrare che Maria è stata<br />
la più amata da Dio tra tutte le pure creature, Colei che più ci ama e di conseguenza<br />
la più degna di essere da noi riamata.<br />
Nella prima parte vengono spiegati i primi due punti; nella seconda parte l’ultimo.<br />
La richiesta di Dio a Maria per avere il suo consenso a diventare la Madre del<br />
suo Figlio è segno dell’amore speciale di Dio per Lei. Egli si fa “dipendente dalla<br />
risposta della SS.ma donzella”. Dio aveva preparato questo mirabile colloquio amandola<br />
più di tutte le sante donne dell’Antico Testamento: Anna, Ester, Giuditta e<br />
Rachele, l’aveva ricolmata di doni e di bontà. La sua bellezza era stata paragonata<br />
all’orto chiuso dei sacri Cantici, alla fonte sigillata di Gioele, alla porta orientale<br />
vista in spirito da Ezechiele, al vello rugiadoso di Gedeone, alla torre di David,<br />
all’arca dell’Antico Testamento, alla verga sacerdotale senza nodi e corteccia ed ancora<br />
alla rosa e al giglio, al cedro e alla vite, al platano e al cipresso, alla palma e<br />
all’ulivo, all’aurora e al sole, alla luna e alle stelle.<br />
Maria, così amata da Dio, rispose sì alla sua proposta di diventare Madre di<br />
Gesù suo divin Figlio e in questo modo dimostrò all’umanità il suo amore. Il consenso<br />
di Maria a Dio, afferma don <strong>Marcucci</strong>, fu un atto eroico di magnanimità e di fortezza.<br />
Infatti, “ben arricchita da Dio della più nobile scienza infusa, pienamente consapevole<br />
delle Divine Scritture, da lei tante e tante volte meditate e lette, Ella sapeva<br />
molto bene quante amarezze, dolori e affanni doveva patire la Madre del Messia”.<br />
6<br />
Nella seconda parte del panegirico, l’Autore invita i suoi ascoltatori a ricambiare<br />
l’amore grande di Maria verso l’umanità che rese possibile ed “affrettò” la nostra redenzione<br />
e conclude con una fervente preghiera rivolta alla Vergine amabilissima per ringraziarla<br />
del suo amore, chiederle di ottenerci la forza contro il male e darci un cuore di<br />
figli amatissimi e fedeli per godere poi con Lei e con tutti i santi il premio eterno.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 145-165.<br />
Bartolomeo Vitelli, Annunciazione, affresco, 1751, Ascoli Piceno, Casa Madre, lunetta<br />
nel locale della prima Chiesa a piano terra, oggi utilizzato come sala di ricevimento.<br />
Dio ti salvi, Maria, ecc.<br />
Missus est Angelus Gabriel a Deo ad Virginem ... et illa dixit:<br />
Ecce Ancilla Domini; Fiat mihi secundum Verbum tuum 1<br />
(Lc. 1, 26-38)<br />
Il proporre ad una Creatura, che si reputa la più vile di quante sieno al Mondo,<br />
una dignità la più sublime, che dopo Dio dar si possa, egli è un porre, se non<br />
m’inganno ad un cimento il più grande, una virtù la più eroica. Iddio, che come<br />
ben dice San Giacomo Apostolo, intentator malorum est, pure si compiace talora<br />
1 Fu mandato da Dio l’Angelo Gabriele ad una Vergine… ed Ella disse: Ecco la serva del<br />
Signore, sia fatto a me secondo la tua Parola.<br />
7
di provarci su questa Terra, affin si scopra anche agli altri, se noi veramente lo<br />
amiamo. Tentat vos Dominus Deus vester, così abbiamo dal sagro Testo, ut palam<br />
fiat, utrum diligatis eum, an non 2 (Deut. 13,7). Quindi troviamo, che il Patriarca<br />
Abramo, tra gli altri, fu provato da Dio più volte, non già perché l’Altissimo<br />
non sapesse, anche senza prova veruna, quanto riprometter si poteva dalla fedeltà<br />
del suo servo, sino al confronto del paterno Amore, che invano avrebbe fatti<br />
i suoi sforzi nel duro comando di sacrificare il suo Figlio Isacco, ma volle così<br />
provarlo, affin di far conoscere al Mondo chi era Abramo, vale a dire, quanto<br />
giusto, quanto amante, quanto fedele, fecit eum cognoscere, così Agostino, quod<br />
timebat Deum 3 . Per ugual modo io mi figuro, R(iveriti) U(ditori), che in questo<br />
dì felicissimo facesse Dio con la Gran Vergine; mentre nello spedirle in suo<br />
Nome l’Arcangelo Gabriele ad annunziarle il mistero inneffabile<br />
dell’Incarnazione del Divin Verbo, pare che provar volesse l’umiltà di Lei, non<br />
già perché egli non sapesse di qual tempra fossero quelle impareggiabili sublimissime<br />
virtù, di cui era ben adorna questa Divina Donzella; ma acciocché<br />
conosciuta fosse nel Mondo chi Ella era. Che però, dovend’io in questa mattina,<br />
con sommo giubilo del mio cuore, parlarvi sopra l’Annunziazione a Lei fatta,<br />
aderendo a’ disegni amabilissimi del cuor di Dio, nel modo, onde all’umana<br />
debolezza e specialmente alla mia, ragionar sopra sì gran Signora si permette, vi<br />
additerò chi ella sia, col farvi riflettere e al modo, che Dio tenne nello spedirle<br />
la solenne ambasciata; e al modo che tenne l’Angelo in eseguirla e alla risposta<br />
che diede la stessa Vergine al Messaggiero Celeste. Così, fattavi una divota parafrasi<br />
alle misteriose parole, missus est Gabriel Angelus a Deo ad Virginem ... et illa<br />
dixit, Ecce ancilla Domini, fiat secundum Verbum tuum, vedrete, come la Nostra<br />
Immacolata Signora, Maria SS.ma fu tra tutte le pure Creature la più amata da<br />
Dio e la più amante di noi e in conseguenza la più degna di essere da noi riamata.<br />
Favoritemi di benigna attenzione. E son da capo.<br />
1. Che dal modo, che Dio tenne nello spedire alla Gran Vergine l’ineffabile<br />
annunzio e dal modo che l’Angelo tenne in eseguirlo, possa conoscersi<br />
come la Gran Signora tra tutte le pure Creature era la più amata<br />
dall’Altissimo, chiaro apparisce, se ben si considera lo stile tenuto anche<br />
2 Il vostro Signore Dio vi mette alla prova perché sia manifesto se lo amate o no.<br />
3 Lo fece conoscere che temeva Dio.<br />
8<br />
nel Mondo da gran Personaggi nelle spedizioni di rimarco. Noi pur sappiamo,<br />
che nel Mondo, dalla dignità del Personaggio, che spedisce gli<br />
Ambasciatori, dalla nobiltà di questi e dal modo con cui essi si portano,<br />
argomentasi la stima, che si ha di quella persona, alla quale siffatta spedizione<br />
è diretta e con la stima si deduce anche l’amore che se le porta.<br />
Ed essendo così, o come incomincia bene a scoprirsi l’Amor grande, che<br />
Dio manifestò alla Gran Vergine in questo felice Giorno, in cui con istupore<br />
dei cieli si vidde il Creatore spedire ad una Creatura e spedirle uno<br />
tra i più nobili Principi della sua Celeste Corte e spedirlo per un’opra così<br />
eccelsa e sublime, che tra le Opre Divine ad extra era la più gloriosa!<br />
Poteva, non può negarsi, Dio manifestare a Nostra Signora i suoi voleri in<br />
mille modi, o facendole udir la sua Voce, come fece con Samuele, o illustrandole<br />
la mente, come praticò con Profeti, o parlandole da solo a solo<br />
al Cuore, come stilò con la sagra sposa de’ Cantici. Ma no: volle servirsi<br />
di una solenne ambasciata fatta per mezzo di un Arcangelo, acciocché il<br />
Mondo, riflettendo alla Maestà infinita di chi spediva e alla nobiltà grande<br />
di chi era spedito, risapesse quanto era amata al sommo da Lui Maria<br />
SS.ma, alla quale tale spedizione era inviata.<br />
2. Io ben so, che gran contrassegno di Amore fu quello, che Iddio diede ad<br />
Abramo nel manifestargli alcuni de’ suoi segreti, prima di porli in esecuzione,<br />
Numquid celare potero Abraham quae gesturus suum? 4 Ma che han<br />
che fare i segreti palesati ad Abramo col sublimissimo Arcano<br />
dell’Incarnazione del Divin Verbo, promessa, è vero, da Dio tanti secoli<br />
avanti, però quanto al tempo, in cui dovea effettuarsi, tenuta sempre<br />
segreta anche ai più Cari, fuorché alla Vergine; la quale in tutta la<br />
discendenza di Adamo fu la prima a risapere da Dio, com’era giunto<br />
quel Felicissimo Giorno, in cui il Figliuol Divino voleva discender dal<br />
Cielo in Terra a prender carne umana nel purissimo di Lei Ventre per<br />
virtù dello Spirito Santo? Che però, chi non vede, che bel contrassegno<br />
di amore debba dirsi questo, di essere stata Nostra Signora la prima ad<br />
esser partecipe de’ segreti del Cuor di Dio in una Opra così sublime, ed<br />
ineffabile e cosìpure, quanto al tempo, nascosta?<br />
4 Forse che potrò nascondere ad Abramo ciò che io sto per fare?<br />
9
3. Ma piano. Vi è ancor di vantaggio. Iddio non solamente manifestò in tal<br />
giorno a Maria SS.ma un segreto, quanto al tempo, a niuno degli<br />
Uomini palesato, ma di più tal manifestazione la fece con un modo sì<br />
singolare, che non si legge con veruno del Genere Umano praticata.<br />
Date di grazia un’occhiata alle divine Scritture e ditemi semmai<br />
l’Altissimo nel palesare i suoi Voleri ai Profeti, o ad altri suoi servi,<br />
volesse dipendere dalla loro volontà in eseguirli? Voi nol troverete. Lo<br />
rinverrete bensì molto bene, qualor si tratta della Gran Vergine, come<br />
creatura da Lui la più amata. Avea Dio insin dall’eternità stabilita nella<br />
sua Mente la grande Opra dell’Incarnazione e sin da secoli eterni avea<br />
pur determinato di eleggere questa Divina Donzella a vestirlo nel<br />
tempo prefisso, nel di lei illibato seno di Umana Carne. Or l’aver poi<br />
egli spedito a Lei per averne il Consenso in un’Opra già da lui decretata<br />
che altro fu, se non un voler dipendere dai Voleri di Lei? Sì, si R(iveriti)<br />
U(ditori) ecco quanto fu amata da Dio la Nostra Immacolata<br />
Signora, che non volle farsi uomo nel purissimo seno di Lei senza il di<br />
lei consenso. Poteva egli, chi può negarlo? Senza saputa della Vergine<br />
penetrare in quel Sagrosanto Seno, di cui mostrossi vago per lo spazio<br />
de’ secoli sempiterni e in cui, per usar la bella frase di San Pier Damiani,<br />
doveano esser le sue delizie, Non est locus voluntatis, nisi uterus Virginis 5 ,<br />
ed ivi senza di lei volere, per virtù del Divin Paraclito assumer umana<br />
carne, Potuit ex ea carnem assumere, non dante ipsa 6 . Pure, benché potesse,<br />
non volle; ma da lei aspettò il consenso con formule espresse; e fattosi<br />
dipendente dalla risposta della SS.ma Donzella, a Lei inviò il<br />
Messaggero celeste, affinché fosse, diciam così, l’esploratore della volontà<br />
di Lei. O stupori, o maraviglie non più udite! Che il Figlio di Dio,<br />
fatto Uomo, rimirasse poi sempre la Vergine, come la più cara Pupilla<br />
degli occhi suoi e a lei volesse esser soggetto, Erat subditus illi 7 , s’intende<br />
perché gli era madre: che insin sulla croce, tra le più dolorose agonie,<br />
ne mostrasse una cura sollecita con raccomandarla a Giovanni, Ecce<br />
Mater tua, si capisce, perché gli era Madre: che poi assunta in Cielo la<br />
5 Non si tratta di volontà, ma del seno della Vergine.<br />
6 Avrebbe potuto assumere la carne da Lei, se Ella non l’avesse concessa.<br />
7 Era soggetto a Lei.<br />
10<br />
volesse assisa alla sua destra, Astitit Regina ad dextris tuis 8 , arbitra di una<br />
Onnipotenza partecipata, si penetra bene perché gli era Madre. Ma che<br />
prima di essergli Madre attuale, mostrasse di lei tanta stima sino a<br />
dipender dai di lei voleri e rimettere alla libera elezione di lei l’esecuzione<br />
della grande Opra dell’Incarnazione, o questo sì che fu un eccesso<br />
del suo infinito Amore, con cui palesar volle al Mondo quanto gli<br />
fosse cara e quanto da lui fosse amata tra tutte le Creature.<br />
4. Ma come non esser la più amata, se era la più bell’Opra uscita dalle sue<br />
mani? Ed oh, cari U(ditori), potess’io ingolfarmi in sì bel mare, dove il<br />
far naufragio egli è una somma felicità, come non esser la più amata;<br />
vorrei dirvi; s’ella nella mente di Dio era stata la prediletta e la prescelta<br />
da tutta l’eternità ad essergli madre, chiamata perciò con ragione da<br />
San Bernardo, il bel Lavoro di tutti i secoli, Negotium omnium seculorum? 9<br />
E se intorno a lei venne Iddio, in un certo modo di dire, ad impoverirsi<br />
dei suoi Tesori e se gradite la frase del Venerabil Beda; sino ad impiegare<br />
tutta la sua Onnipotenza, Sapienza ed Amore in arricchirla e in<br />
santificarla in tal guisa, che sin nell’istante solo dell’Immacolata di Lei<br />
Concezione superò di gran lunga la santità, che avean acquistata tutti gli<br />
Angioli e Santi insieme nel colmo de’ loro meriti, come fondatamente<br />
registrò l’esimio Suarez? Ma via, che questo sarebbe un uscir fuori del<br />
mio assunto: onde, non senza mio dolore, son costretto a tacerlo, con<br />
quel molto di più che dir potrei in prova dell’infinito Amor di Dio verso<br />
di lei; e son forzato a rimettermi sulle leggi, se meglio nol direi, sulle<br />
angustie del mio argomento e farvi riflettere al modo, che tenne<br />
l’Arcangelo Gabriele nell’eseguire l’incarico di Messaggero.<br />
5. Spedito questi dall’augustissima Triade alla picciola stanza, dove stavasi<br />
allora ritirata la Divina Donzella, assorta in altissima contemplazione del<br />
gran Mistero, che una Vergine concepir dovea senza umana operazione, Ecce<br />
Virgo concipiet 10 ; e appena giunto, con profonda riverenza la inchina, grazio-<br />
8 La Regina si assise alla sua destra.<br />
9 Il lavoro di tutti i secoli.<br />
10 Ecco la Vergine concepirà.<br />
11
samente la saluta e con ogni più umile ossequio le espone la cagione della<br />
sua venuta, com’ella era stata già eletta per Madre di Dio, Ecce concipiet con<br />
quel che siegue nel sagro Testo. Io non so, cari U(ditori), se avete fatta mai<br />
riflessione alla maniera, con cui espresse l’Evangelista San Luca questa spedizione<br />
Angelica. Noi pur sappiamo, che San Gabriele era Arcangelo, vale<br />
a dire uno tra i più nobili serafini del Cielo; eppure egli non così lo chiamò,<br />
ma lo intitolò col semplice nome di Angelo, Missus est Gabriel Angelus. Ve<br />
ne dirò la cagione. Appunto, fu perché Gabriele, nel salutar la Vergine,<br />
depose ogni maestà di Arcangelo, si considerò come umile servo dinanzi<br />
alla sua Gran Regina: e così convenivasi, giacché al cospetto di sì eccelsa<br />
Signora, ogni più alto e nobile Serafino appena meritar poteva di semplice<br />
Angelo il Nome; in quella guisa, che vediamo accadere nel Mondo, che<br />
quei principi, i quali nelle private Città riscuotono i primi onori, qualora si<br />
portano innanzi al loro Monarca, par che non sieno più quei di prima; sembra<br />
che spariscano, come le stelle innanzi al sole.<br />
6. Gran cosa! Io osservo nelle Sagre Scritture, che qualora gli Angioli su<br />
questa Terra sono apparsi anche a’ personaggi celebri in Santità, han<br />
sempre ritenuto, come Ministri dell’Altissimo, un certo contegno di<br />
maestà. Osservate se io dica il vero. Appare a nome di Dio un Angelo a<br />
Mosè nel misterioso roveto e ode questi intuonarsi, che non si accosti a<br />
calpestar quel Terreno santificato dalla sua presenza se non col piede<br />
ignudo, solve calceamenta de Pedibus tuis 11 . Presentasi un altro Angelo a<br />
Giacobbe, e perché questi nella misteriosa lotta non volea lasciarlo, egli<br />
lo sgrida con voce imperiosa, lo atterrisce, lo abbatte: Tetigit femur eius,<br />
et emarcuit 12 . Scende di tanto in tanto un altro Spirito celeste nel tempio<br />
di Salomone e riscuote molti ossequi dall’innumerabile Popolo ivi<br />
adunato. Alberga Abramo tre Angioli in forma di pellegrini e presta<br />
loro umili adorazioni. Ne appare un altro all’Apostolo Pietro, qualor<br />
trovavasi tra dure catene e lo percuote nei fianchi, Percusso latere Petri<br />
excitavit eum 13 . Conduce un altro Angelo in ispirito l’Evangelista<br />
11 Sciogli i calzari dai tuoi piedi.<br />
12 Toccò il suo femore e lo atrofizzò.<br />
13 Avendo toccato il fianco di Pietro, lo svegliò.<br />
12<br />
Giovanni, egli parla con voce simile a un tuono. Ma con la gran Vergine<br />
tenne forse lo stesso modo, lo stesso portamento l’Arcangelo Gabriele?<br />
No certamente! Vedeste mai, U(ditori), quei fiumi reali, che ovunque<br />
passano vanno orgogliosi ed alteri ed allagano, con terrore di chi li mira<br />
e le campagne e i prati; giunti poi al mare, par che non sieno più quei,<br />
ma fatti tutti umili gli offrono ubbidienti il loro tributo dell’acque.<br />
Così l’angelico messaggero con la Vergine, la quale era un mare di grazia,<br />
vestitosi di affabilità, di umiltà e di sommo rispetto, a lei si umiliò<br />
e si inchinò, lei salutò e con tutta la riverenza da servo le espose la solenne<br />
ambasciata. Or se egli è vero, come verissimo, che dal rispetto, col<br />
quale si portano gli Ambasciatori verso quel Personaggio, cui vengon<br />
mandati, argomentasi la stima e l’amore di chi gli invia; quale Amore<br />
non dovrà dirsi, che portasse Iddio a Nostra Signora, se con tanta umiltà<br />
e riverenza volle che con lei si portasse uno tra i più nobili Serafini,<br />
destinatole per suo Messaggero?<br />
7. Ma udite maraviglie maggiori. Al felicissimo ricevuto annunzio della<br />
Divina Maternità, Maria SS.ma, come nell’Umiltà e nella Verginità non<br />
avea pari, si turbò alquanto, Turbata est in sermone eius 14 . Ripeteva seco<br />
stessa, se qual novità di saluto egli era mai questa della pienezza di<br />
Grazia, Ave Gratia plena, e qual fecondità mai di seno misteriosa, Ecce<br />
concipies et paries 15 ; considerava, aver ella sin dall’utero materno consagrato<br />
a Dio il vaghissimo fiore di sua sovrangelica purità verginale; perciò<br />
alquanto rimase turbata, Turbata est. Non già, R(iveriti) U(ditori),<br />
che ella dubitasse punto nel credere a Dio e alla sua divina Virtù e onnipotenza;<br />
perciocché esercitò anzi allora un atto di fede così eroica, che<br />
con questa diede l’ultima disposizione all’esser di Madre di Dio, come<br />
ben divisò Agostino: Singulari fide subnixa, Dei Filium, Filium suum<br />
fecit 16 , chiamata perciò con molta ragione beata da Santa Elisabetta,<br />
beata, quae credidisti 17 . Non dubitò dunque, no; ma volle con somma<br />
14 Ella si turbò alle sue parole.<br />
15 Ecco tu concepirai e partorirai.<br />
16 Sostenuta da singolar fede, fece il Figlio di Dio suo Figlio.<br />
17 Beata te che hai creduto.<br />
13
prudenza sentir le maniere, com’ella dovea esser Madre e a tal fine<br />
rispose all’Annunciatore, Quomodo fiet istud? 18 E qui, cari Ascoltanti, vi<br />
sovvenga il modo come si portarono gli Angioli nel rispondere alle<br />
interrogazioni fatte loro da altri. Annunziò un Angelo alla Consorte di<br />
Manuel la nascita di Sansone, ma se le diede a vedere con un volto ripien<br />
di terrore, Terribilis nimis 19 ; e interrogato altra volta da Manuel a voler<br />
palesare il suo nome, l’Angelo fu sì lontano di secondar queste brame,<br />
che anzi lo riprese in dicendo, che non era decente esser consapevole di<br />
un Nome del tutto mirabile, Cur quaeris nomen meum, quod est mirabile? 20<br />
Annunziò un Arcangelo e fu lo stesso Gabriele, al sommo sacerdote<br />
Zaccaria la concezione del Gran Battista suo Figlio e perché alquanto si<br />
mostrò restio nel dargli fede, lo fece restar muto senza parola. Ma, qualor<br />
si trattò di rispondere alle giustissime dimande della Vergine,<br />
Quomodo fiet istud? Osservate con che di rispetto, con che di affabilità<br />
egli si portò; con qual piacevolezza si fece a discacciarle il timore, a raddoccirle<br />
il turbamento, animandola e confortandola, Ne timeas, ne timeas<br />
Maria: invenisti Gratiam apud Deum 21 .<br />
8. Quindi io mi figuro, che le spiegasse parte a parte il profondo senso di<br />
queste misteriose parole; e le dicesse: Non temere, o eccelsa Signora,<br />
mia Sovrana Regina della propostavi divina Maternità. Sappiate che<br />
Iddio per farvi sua degna Madre vi preservò e dalla colpa di Adamo e dal<br />
debito prossimo di contrarla e vi ricolmò poi l’Anima di tanta Grazia,<br />
che non vi è tra le pure creature chi vi avanzi, anzi neppure chi vi uguagli.<br />
Gli furono care, è vero, le Anne, le Ester, le Giuditte e le Racheli,<br />
ma voi siete la più cara a lui, la sua diletta, la sua colomba, la sua illibata<br />
Sposa. Di voi egli disse appunto ne’ Sagri Cantici, Adolescentularum<br />
non est numerus, una est columba mea, una est 22 . Egli perciò vi fece tanto<br />
bella, che della vostra bellezza disse, che gli avea ferito il suo Divino<br />
18 Come avverrà questo?<br />
19 Troppo terribile.<br />
20 Perché cerchi il mio nome che è mirabile?<br />
21 Non temere, non temere, Maria: hai trovato grazia presso Dio.<br />
22 Non c’è numero delle adolescenti, una sola è la mia colomba, una sola è.<br />
14<br />
Cuore, Vulnerasti Cor meum 23 . Per tal fine vi fece profetizzare da tanti<br />
oracoli, adombrare in tante figure. Essendo appunto voi quell’orto chiuso<br />
de’ Sagri Cantici, quel fonte sigillato di Gioele, quella Porta orientale<br />
veduta in ispirito da Ezechiele, quel vello rugiadoso di Gedeone quella<br />
torre di David, quell’arca del Testamento, quella verga sacerdotale senza<br />
nodi e corteccia. Essendo voi quella per la vostra bellezza e bontà che<br />
foste paragonata or alla rosa e al giglio, or al cedro e alla vite, or al platano<br />
e al cipresso, or alla palma e all’ulivo, or all’aurora e al sole, ed or<br />
alla luna e alle stelle. E però, non temete, torno a ripetere, mia eccelsa<br />
Signora, state pur di buon animo, Ne timeas, ne timeas, Maria. Così mi<br />
figuro, U(ditori), che le dicesse l’Angelo.<br />
9. Ma voi stupite ed io più di voi stupisco. Voleva Maria SS.ma, come udiste,<br />
sentire la maniera com’ella dovea esser Madre, Quomodo fiet istud?<br />
Ma l’Angelo, stimandosi indegno di essere Maestro e illustratore di<br />
quella gran Mente, che sol da Dio dovea ricevere i lumi, rimise la spiegazione<br />
del profondo arcano allo Spirito Santo, per virtù di cui dovea eseguirsi<br />
nell’utero verginale di lei la grande Opra dell’Incarnazione del<br />
Divin Verbo; onde le disse, Spiritus Sanctus superveniet in te, et virtus<br />
Altissimi obumbrabit tibi 24 . Quasi dir le volesse, io già so, o mia gran<br />
Regina che voi diverrete Madre del nostro Dio, senza operazione di<br />
uomo, ma per sola virtù divina; onde sarete e Madre e Vergine nel<br />
tempo istesso: ma pure, non convenendo a me, vostro umile servo, in<br />
ciò illuminarvi, ecco che lo Spirito Santo discenderà in voi, da lui sarete<br />
a pieno informata; e quella sua divina Virtù, di cui sarete ripiena e per<br />
cui sarete Madre ammirabile del nostro Creatore, vi sarà degna illuminatrice<br />
e Maestra. A me basta trattanto, che fatto estatico in contemplar<br />
e la più che celeste bellezza del vostro modestissimo volto e l’eccellenza<br />
molto grande del vostro altissimo merito e l’altezza impareggiabile<br />
della vostra dignità infinita, mi basta, dico, che rimanga genuflesso ai<br />
vostri SS.mi piedi ad aspettare il tanto sospirato vostro consenso di<br />
quell’ammirabile Fiat, che sarà la gioia di tutto il Paradiso, la consola-<br />
23 Hai ferito il mio cuore.<br />
24 Lo Spirito Santo verrà su di Te e la virtù dell’Altissimo ti adombrerà.<br />
15
zione e salvezza di tutto il Mondo. O Dio, cari U(ditori), che maraviglie<br />
son queste! Or vada pure chi vuole, ricercando altri motivi per<br />
dedurre della gran Vergine il merito sublimissimo e singolare e il grande<br />
Amore di Dio verso di lei; che quanto a me e dal modo che Dio tenne<br />
nello spedirle il Messaggero celeste e dal modo che tenne questi nell’eseguire<br />
l’incarico, stimo già dedursi ad evidenza. Sì, sì ad evidenza,<br />
perciocché Dio tenne un modo, il qual convenivasi tenere con la sua<br />
Madre. L’Angelo si portò, come dovevasi, verso chi era stata eletta alla<br />
Divina Maternità. E così nell’una ed altra maniera si mostrò chi era<br />
Maria SS.ma, cioè che era eletta in Madre di Dio, vale a dire, che era<br />
stata innalzata ad una dignità, che non poteva darsi maggiore; e in conseguenza<br />
che era amata con un Amore senza pari. E siccome in questo<br />
giorno riseppe il Mondo, che ella era stata destinata alla Maternità divina,<br />
perciò ebb’io ragion di asserire che in questo giorno appunto fece<br />
Iddio conoscere che ella era da lui la più amata tra tutte le creature.<br />
10. Restandomi ora dar l’ultima mano al discorso, contentatevi, R(iveriti)<br />
A(scoltatori), che io vi additi brevemente come la nostra Immacolata<br />
Signora con la risposta che diede all’Angelo, Ecce Ancilla Domini; fiat<br />
mihi secundum Verbum tuum 25 , si diede a conoscere la più amante di noi.<br />
Se io vi dicessi, che ella, in accettando di essere Madre di Dio, esercitasse<br />
un atto di magnanimità e di fortezza il più eroico, voi forse rimarreste<br />
ammirati. Eppure tanto avvenne. Era la Vergine, come ben arricchita<br />
da Dio della più nobile Scienza infusa, pienamente consapevole delle<br />
Divine Scritture, da lei tante e tante volte meditate e lette. Sapeva molto<br />
bene quanto di amarezze, di dolori e di affanni dovea patire quella fortunatissima<br />
Verginella, che del venturo Messia dovea esser la Madre.<br />
Quindi io mi figuro che prima di dare il suo consenso le venisse tosto<br />
alla mente il discorrere così seco stessa: “Io dunque dovrò vedere il mio<br />
Divin Figlio, il mio dolce Gesù, il mio caro Dio straziato da mani barbare<br />
con tanto scempio, coronato di pungentissime spine e poi lacero,<br />
ignudo ed esangue morire su di una croce? Non avrò, è vero, verun dolore<br />
nel partorirlo, ma questo dolore mi si riserva al tempo dei suoi pati-<br />
25 Ecco la serva del Signore; avvenga a me secondo la tua parola.<br />
16<br />
menti. Io dunque lo partorirò, non so se più mi dica, alla vita o alle pene<br />
o alla morte? Avrò sì il contento di alimentarlo col mio purissimo latte,<br />
ma nel tempo istesso m’intorbiderà la gioia del cuore il funesto pensiero<br />
che quella divina bocca ha da essere un giorno amareggiata dal fiele.<br />
Vagheggerò quel volto, in cui desiderano di specchiarsi i Serafini, ma<br />
questo contento rimarrà affocato dalla funesta memoria che questo volto<br />
medesimo sarà un giorno vilipeso con gli sputi e percosso con gli schiaffi.<br />
Godrò in udirmi chiamare col dolce nome di Madre; ma, o Dio, e questo<br />
Figlio così amabile e grazioso, avrò un giorno ad accogliere estinto<br />
tra le mie Braccia; misero avanzo della giudaica empietà”?<br />
11. Così m’immagino, ripiglio, U(ditori), che ella seco stessa dicesse, pria di<br />
dare il consenso: anzi che pur nella sua mente venisse, come ella avrebbe<br />
goduto di tenerlo ben nove mesi nel verginale seno, ma che ogni momento<br />
le sarebbe parso un martirio, perché veduto avrebbe avvicinarsi quell’ora<br />
di partorirlo in paese straniero, in Betlemme, tra le miserie di una diruta<br />
Grotta e appena nato sarebbe stata costretta a condurlo in disastrosa fuga<br />
sino all’Egitto, per sottrarlo dallo sdegno dell’empio Erode. Come pure che<br />
l’avrebbe osservato adagiato a ciel sereno sovra pochi cespugli, che gli sarebbon<br />
serviti di duro letto. Così, che l’avrebbe veduto languir di sete là ne’<br />
deserti arenosi di Bersabea ed ella non già avrebbe tentata la fuga, come<br />
Agar, la quale per non veder morire di sete il suo pargoletto Ismaele fu in<br />
procinto di abbandonarlo, ma sarebbe andata correndo anelante per i vicini<br />
monti ad implorar pietà da quei duri sassi e ad incontrar qualche benigno<br />
fonte, onde dissetar il suo Bene. Tutto ciò e altro molto di più, cred’io che<br />
si presentasse alla Mente della Gran Vergine, prima di deliberar circa la sua<br />
volontà; e sono a persuadermi, che poi soggiungesse: “Ed io adunque dovrò<br />
dare il consenso a sì grande Opra che mi renderà, è vero, la Madre più beata,<br />
ma insieme la più dolente, sino a farmi piu che martire, anzi Regina dei<br />
Martiri? Ah, che non ho cuore di reggere a tanti affanni! Altra intrepidezza!...<br />
Ma e il Genere Umano (notate che amore verso di noi, amati Uditori)<br />
e il genere umano avrà più da gemere sotto la barbara schiavitù del demonio,<br />
senza riavere la sua perduta libertà? Ed io poi avrò cuore, per non sottopormi<br />
alle pene, vedere tante Anime nel Seno di Abramo prive della bella<br />
faccia di Dio, senza muovermi a pietà di tanti sospiri di tanti figli di<br />
Adamo? Ah no; si spezzino pure le dure catene infernali, si consolino tante<br />
17
lagrime, si soccorrano tanti Miseri! Venga pure il Promesso da tanti secoli,<br />
il desiderato da tutte le Genti, piovano le nubi il Giusto, stillino i Cieli<br />
quella Divina rugiada, venga pure il Figlio di Dio a salvare il Mondo! E<br />
giacché egli vuole servirsi di me, vuol prender carne umana nel mio<br />
Verginal Ventre e richiede su di ciò il mio consenso, la mia volontà, eccomi<br />
pronta, prontissima, Ecce Ancilla Domini! Patirò è vero, un martirio sì<br />
atroce, che non potrà mai esprimersi appieno; ma non curo: Ecce Ancilla<br />
Domini! Saremo due ad offrire all’eterno Padre il sacrificio per l’uomo perduto.<br />
Il mio Figlio col sangue che spargerà dal suo corpo ed io col sangue<br />
che spargerò dal mio cuore per il vivo ed intenso dolore. E l’unico conforto<br />
che avrò nel mio gran patire sarà il riflesso di vedere al Genere Umano riaperte<br />
le porte del Paradiso. Eccomi adunque pronta ad offrire all’Eterno<br />
Padre ubbidienza da figlia; all’Eterno Figlio il Verginal grembo di Madre;<br />
all’Eterno Spirito Santo il Cuore di Sposa”. E appena ciò ebbe detto,<br />
Uditori, che uniformandosi perfettamente al divino Volere, proferì quelle,<br />
diciam così, onnipotenti parole, Fiat mihi secundum Verbum tuum. Parole che<br />
se diedero a Dio tanto di gloria, recarono ancor a noi tanto di bene. Il fiat<br />
proferito una volta da Dio creò tutto il mondo; pronunziato poi in questo<br />
giorno da Maria diede la vita all’istesso mondo. Senza quel primo fiat il<br />
mondo non sarebbe stato: senza questo secondo fiat, non sarebbe redento.<br />
12. O amore adunque sopra ogni amore di Maria SS.ma verso di noi!<br />
O viscere di Madre veramente amante e di pietà sovraumana! Vergine<br />
gloriosissima, chi può far di meno di non ammirar, estatico per la gioia e<br />
per lo stupore, l’eccesso di quel tenerissimo amore che ci mostraste in<br />
questo Giorno! In cui, se Dio fece conoscere al mondo, che voi eravate la<br />
creatura la più amata da lui; voi faceste altresì conoscere che eravate di noi<br />
la più amante. O Dio, o Dio! Il mio povero cuore si sente struggere di<br />
tenerezza e di amore! Ecco quel dì lieto da segnarsi a caratteri d’oro nei<br />
fatti dell’eternità, in cui tutte e tre le Divine Persone acquistarono per<br />
voi, o SS.ma Signora, una nuova particolar gloria accidentale ed estrinseca:<br />
l’eterno Padre fatto Signore del suo umanato Figlio, Dixit Dominus<br />
Domino meo 26 ; l’eterno Figlio fatto Redentore; l’eterno Spirito Santo fatto<br />
26 Disse il Signore al mio Signore.<br />
18<br />
fecondo. Quel dì lieto, dissi, nel quale voi foste innalzata ad una dignità<br />
di cui dopo Dio non può darsi maggiore. Quel glorioso giorno, ripiglio,<br />
in cui il Paradiso si riempì di giubilo; la Terra vide vicina quell’ora del<br />
suo salvamento e l’Inferno tremò da capo a piè per lo spavento e per il<br />
cruccio delle sue perdite. Onde io sopraffatto da un eccesso di allegrezza<br />
e di amore, ringraziandovi col cuor sulle labbra di tanto amore a noi<br />
dimostrato e rallegrandomi di tante vostre grandezze, darò fine al mio<br />
dire in esclamando, Bella Figlia del più gran Padre; bella Madre del più<br />
degno Figlio; bella Sposa del più sagrosanto Sposo! O dignità sublimissima!<br />
O mistero ineffabile! O incomprensibile amore! Riposiamo.<br />
SECONDA PARTE<br />
13. Maria SS.ma adunque è la Creatura più amata e stimata da Dio?<br />
Dunque ella è la più amabile, cioè la più degna di essere da noi amata<br />
dopo Dio. Maria SS.ma è di noi la più amante? Dunque dev’esser da noi<br />
la più riamata. Se lei non si ama da noi, essendo la più amabile, si fa<br />
gran torto al suo altissimo Merito. Se non si ama poi, essendo la più<br />
amante, si fa grande affronto al suo grande amore. Cari Uditori, adunque<br />
che facciamo? Voi pur udiste quanto dobbiamo a sì amabile ed<br />
amantissima nostra Madre! Ella fu che con i suoi accesi sospiri affrettò<br />
la nostra Redenzione: onde di lei ebbe a dire Isaia che il Messia sarebbe<br />
nato da una Terra sitibonda e ardente, Sicut radix de Terra sitienti, idest<br />
come chiosa Ugon Cardinale, idest de Maria 27 , la quale con i suoi sospiri<br />
e con i suoi intensissimi affetti, non solamente trasse il Divin Verbo<br />
dal seno dell’eterno Padre, ma lo rapì, come disse San Bernardino da<br />
Siena: anzi fu in un certo modo da lei comprato col prezzo della sua<br />
umiltà profondissima, della sua purità sovrangelica e delle altre virtù<br />
sue singolarissime, Illud quodammodo emit a Patre, uditelo da Riccardo di<br />
San Lorenzo, praetio humilitatis, virginitatis, et aliarum virtutum 28 .<br />
Sentiste pure, Ascoltanti miei cari, se a costo di quali pene ella accettò<br />
27 Come radice da terra assetata, cioè da Maria.<br />
28 In certo qual modo lo comprò dal Padre, a prezzo dell’umiltà, della verginità e delle altre virtù.<br />
19
per nostro amore la Divina Maternità; di sorta tale che potè scrivere San<br />
Bernardo che ella fu crocifissa nel concepir quegli che per nostro amore<br />
esser dovea crocifisso, crucifixa crucifixum concepit 29 ; ed ella stessa poi<br />
ebbe a dire a Santa Brigida vedova, che fu molto ripiena di dolori e di<br />
affanni sin da quando accettò l’esser di Madre del Divin Verbo, Ego fui<br />
plena tribulatione, et dolore a conceptione Filii mei 30 , sino a meritarsi dai<br />
Santi Padri il bel titolo di Corredentrice del Genere Umano, come la chiamò<br />
in particolare Sant’Antonino Arcivescovo di Firenze; e come ella<br />
medesima pur palesò alla memorata Santa Brigida, Ego, et Filius meus<br />
redemimus mundum quasi uno corde 31 .<br />
14. Aggiungete poi, che la Nostra Immacolata Signora col divenir Madre<br />
del Redentore divenne anche Madre di tutti noi redenti. Però<br />
l’Evangelista San Luca disse, che ella partorì il suo Figlio primogenito:<br />
Peperit Filium suum primogenitun 32 ; non già che la Vergine avesse, secondo<br />
la natura, altri figli secondo e terzogeniti; no, perché ella fu sol<br />
Madre naturale del suo unico Figlio Gesù, vero Dio e vero Uomo; ma<br />
pure fu chiamata Madre del Figlio primogenito, perché secondo lo spirito<br />
e la Grazia fu Madre spirituale di tutte le Anime redente, che furono<br />
come sue secondogenite: Virgo Maria, così i sacri espositori, et si carnaliter<br />
genuit unicum Filium, tamen spiritualis effecta est Mater multitudinis<br />
Viventium, quorum primogenitus est Christus 33 . Sicché, voi ben vedete,<br />
Uditori, se da quanti titoli nascono le nostre somme obbligazioni verso<br />
una Madre così benefica, così amante e così cara.<br />
15. Dov’è adunque la nostra gratitudine, la nostra corrispondenza? O Dio,<br />
o Dio! Quanti son pochi coloro, che verso di Lei si portano da veri figli,<br />
vale a dire, da figli amanti e fedeli! Io mi ricordo di aver letto di un<br />
29 Ella crocifissa concepì il Crocifisso.<br />
30 Io fui piena di tribolazione per il dolore derivante dal concepimento di mio Figlio.<br />
31 Io e mio Figlio abbiamo redento il mondo per così dire con un sol cuore.<br />
32 Partorì il Figlio suo primogenito.<br />
33 La Vergine Maria sebbene generò nella carne un unico Figlio, tuttavia nello spirito diventò<br />
Madre della moltitudine dei viventi dei quali Cristo è il Primogenito.<br />
20<br />
certo Giovine che milantando di esser divoto di Nostra Signora, ogniqualvolta<br />
passava innanzi alla sagra Immagine di lei, la salutava con<br />
dirle, Mostrati mia Madre, Monstra te esse matrem 34 ; mi ricordo, dico, che<br />
un giorno Nostra Signora gli rispose, Se vuoi, che io ti sia Madre,<br />
mostrati mio Figlio, monstra te esse filium 35 . Or vogliam dire che tra voi<br />
non vi sia chi, pensando di esser divoto di sì gran Madre, meriti giustamente<br />
un tal rimprovero? Ed a cui ella potesse dire, dov’è quel l’orrore<br />
al peccato, se tu dici di amarmi? Dov’è quella purità, quell’umiltà che<br />
io tanto gradisco di vedere ne’ figli miei? Amati Uditori, credetelo a<br />
me, giacché vi amo molto. La gran Madre di Dio una cosa in particolare<br />
vuol da voi, consimile a quella che richiese il re Davide dai suoi valorosi<br />
Guerrieri. Combattete, disse questi loro, sedate i miei Ribelli, ma<br />
non mi toccate il mio caro Figlio Assalonne, Servate mihi puerum<br />
Absalom 36 . Così ella a voi fa sentire, nelle vostre operazioni, nelle vostre<br />
parole, nei vostri pensieri, non offendete il mio caro Figlio Gesù, servate,<br />
servate mihi Puerum Jesum 37 ; ed allora vedrete, toccherete con mani, se<br />
quali benedizioni, quali favori pioverò io sopra di voi, io come vostra<br />
Madre amantissima, io come Tesoriera delle Grazie, come Regina di<br />
misericordia; che quasi non per altro godo di vedermi tanto amata da<br />
Dio, sino ad esser l’arbitra dei suoi Tesori e del suo Divin Cuore, se non<br />
per mostrarmi di voi amante la più benefica, se non per arricchirvi, per<br />
salvarvi, come miei cari figli, come miei fedeli servi ed amanti: Ego in<br />
altissimis habito, ut ditem diligentes me 38 . Udiste, udiste, cari Ascoltatori?<br />
Dunque le mani all’opra! Ed io trattanto, lasciate che rivolto con affetto<br />
a sì gran Signora, a nome vostro e mio le dica:<br />
16. Vergine amabilissima, noi ci rallegriamo grandemente di quella Gloria<br />
singolarissima che riceveste in questo giorno, coll’esser fatta Madre di<br />
Dio: e vi ringraziamo infinitamente di quel grande Amor, che ci portaste.<br />
Ah per pietà, a contemplazione dell’una e dell’altro, volgetevi verso<br />
34 Mostra di essere Madre.<br />
35 Mostra di essere Figlio.<br />
36 Conservatemi il Fanciullo Assalonne.<br />
37 Conservatemi, Conservatemi il Fanciullo Gesù.<br />
38 Io abito in luoghi altissimi per arricchire coloro che mi amano.<br />
21
di noi con occhi misericordiosi, Illos tuos misericordes oculos ad nos converte!<br />
39 Sollevateci dagli affanni di questa misera vita; fortificateci contra<br />
tutti gli assalti de’ nostri Nemici visibili ed invisibili; otteneteci il<br />
pieno perdono di tutte le nostre colpe e la grazia di non più commetterle;<br />
dateci un cuore, una fedeltà da vostri figli e da amantissimi figli;<br />
e fate in fine, che siccome, anche vostra mercè, fummo redenti, così col<br />
vostro favore siam fatti in eterno tutti salvi. O allora sì che giungeremo<br />
a conoscere perfettamente quanto Amore vi portò quel Dio, che s’impiegò<br />
tutto in farvi grande; e quanto amore voi portaste a noi in impiegarvi<br />
tutta in tanto beneficarci; e così dando anche noi il tributo di ringraziamenti<br />
e di lodi e a Dio e a voi, vi ameremo, vi benediremo, vi<br />
godremo con tutti i Santi e Angioli del cielo per tutta l’eternità. Amen.<br />
Il Fine<br />
Laus Deo, eiusque Matri Virgini sine labe conceptae 40 .<br />
39 Volgi a noi i tuoi occhi misericordiosi.<br />
40 Lode e Dio e alla sua Madre Vergine, concepita senza macchia.<br />
22<br />
Abbozzo di Panegirico dei Dolori della SS.ma Vergine Immacolata<br />
Ignoto, Addolorata, Olio su tela, sec.<br />
XVII. Dipinto appartenente all’antica<br />
famiglia <strong>Marcucci</strong>, oggi nella Casa<br />
Madre.<br />
Venerdì della Domenica di Passione, 1° Aprile 1746<br />
L’argomento del panegirico è un commento<br />
al brano evangelico di san Giovanni 19,25 e si<br />
propone di dimostrare che il dolore è figlio dell’amore,<br />
cioè ad esso strettamente legato.<br />
Esso fu recitato qualche giorno dopo quello<br />
sull’Annunciazione di Maria, nel venerdì di<br />
passione dell’anno 1746. L’Autore si rivolge ai<br />
destinatari come a “riveriti ascoltatori” e “cristiani<br />
miei”, anche se non ci dice esattamente chi<br />
siano; sono probabilmente i fedeli della Chiesa<br />
parrocchiale di Santa Maria Inter Vineas o di<br />
qualche altra Chiesa della città.<br />
Lo scritto, pur considerato dall’Autore un<br />
abbozzo, è organizzato in modo ampio e completo.<br />
È diviso in due parti: la prima, molto più ampia<br />
della seconda, si apre con una introduzione e si svi-<br />
luppa a sua volta in tre sezioni: nella prima, dai paragrafi 1-5, don <strong>Marcucci</strong> spiega come<br />
l’amore dei genitori per i figli sia il più forte e dunque quello più sottoposto al dolore.<br />
Nella seconda sezione, ai paragrafi 6-7, offre una meditazione sul dolore di<br />
Maria in quanto Madre di Gesù. “Ella amava Gesù con amore che supera ogni umano<br />
ed angelico intendimento: lo amava più di quello, che giunger potrebbe ad amare un<br />
suo figlio una donna che nel suo cuore avesse accolto l’amore di tutti i cuori delle madri<br />
che siano vissute nell’universo”. Il vederlo dunque soffrire gli strazi della passione fu<br />
per lei un dolore del cuore senza confini che sopportò con fortezza e senza lamenti.<br />
Nella terza, ai paragrafi 8-11, l’Autore si sofferma a contemplare il dolore di Maria<br />
durante la passione del Figlio e di questi nel pensare al dolore della Madre: “Languiva la<br />
Vergine perché pativa Gesù:, pativa Gesù perché languiva la Madre: e questo stesso patire<br />
del Figlio nel vedere languire la Madre era a questa nuova cagione di tormento”.<br />
Per questo Ella è invocata come Vergine dolorosissima e grande Regina dei martiri.<br />
La seconda parte del panegirico, più breve della prima, si sviluppa nei paragrafi<br />
12-14 e si conclude con una fervente preghiera alla Vergine addolorata. Per<br />
rendere più partecipi gli ascoltatori del dolore di Maria e suscitare in loro gratitudine,<br />
l’Autore ricorda che il motivo di tanti dolori sopportati dalla Vergine Santa<br />
23
furono e sono i nostri peccati. Ella, per salvarci, patì volentieri per noi tante pene.<br />
Per questo motivo i santi Padri la chiamano corredentrice del genere umano.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 269-285<br />
(55-71).<br />
Dio ti salvi<br />
Stabat iuxta crucem Jesu Mater eius<br />
(Joan. 19, 25)<br />
Io non so, cari Uditori, se con facilità troverò subito credito presso di voi in<br />
questa mattina col dirvi, che il dolore è figlio dell’Amore; tantochè quanto<br />
più questo è grande, tanto più quello è forte e sensibile. Ma pure converrà<br />
che mi crediate, non solo sulla parola del grande Agostino che dice: Omnis<br />
dolor fundatur in amore 41 , ma ancor se riflettete, come avendo per proprietà<br />
l’amore di formare di due cuori un solo e di legar due Anime con uno strettissimo<br />
vincolo fa che chi ama isperimenti come propri i dolori e le pene dell’oggetto<br />
amato: come pur lo disse il Filosofo, habet Amator easdem contristationes<br />
Amati, quia anima magis est ubi amat, quam ubi animat 42 . Che perciò<br />
dovendo io stamane esporre alla vostra pietà, Uditori miei stimatissimi, la<br />
serie dolorosa di quei martiri e pene, che si unirono a tormentar crudelmente<br />
il sagro Cuore di Nostra Immacolata Signora nella Passione del suo Divin<br />
Figlio, per formar di questi dolori un concetto adeguato, converrebbe che io<br />
vi mostrassi di qual’altra e nobile tempra fosse il suo Amore. Ma oimè! Chi<br />
mai potrà concepir l’Amor di Maria verso Gesù? Chi varrà mai ad esprimerlo?<br />
Se io mi rivolgo all’Evangelista Giovanni, trovo che egli per palesar gli<br />
eccessi dell’incomparabile amor di Lei, altro non dice, se non che ella era<br />
Madre, Mater eius 43 . Me però fortunato, che con sì poco, disse tanto, che non<br />
poteva dirsi di più dell’Amor della gran Vergine, perché fu un Amor di<br />
Madre e di così gran Madre e di Madre verso un così gran Figlio: Mater eius.<br />
E in così dicendo, chi non vede, quanto mirabilmente il Santo Evangelista<br />
espresse in poco la grandezza dei dolori di Lei, i quali furono grandi, perché<br />
dolori di Madre; maggiori, perché dolori di così gran Madre; massimi, perché<br />
41 Ogni dolore è fondato sull’amore.<br />
42 Chi ama ha le medesime tristezze dell’amato poiché l’anima sta più dove ama che dove opera.<br />
43 Sua Madre.<br />
24<br />
dolori di Madre di così gran Figlio: Stabat iuxta crucem Jesu Mater eius 44 .<br />
E queste appunto, contentatevi, che sieno le tre circostanze da cui e voi ed io<br />
possiamo cavar motivi di cordiale compatimento alle pene di Nostra Gran<br />
Signora. Di grazia, datemi campo di elucidarle. Ed incomincio.<br />
1. L’amor dei Genitori verso i Figli fu con grande accortezza chiamato dal<br />
Crisostomo gran tirannia della Natura, Grandem naturae tyrannidem, perché<br />
con tirannica crudeltà si rende assoluto padrone dei loro petti, sospingendo<br />
violentemente i loro cuori ad affetti stranissimi. Quindi non mi si rende<br />
difficoltoso il creder per vero ciò che disse il Filosofo, essere ugualmente<br />
cara ai Genitori la Vita dei Figli, che la lor propria, anzi più che la propria:<br />
tanto vero, che quest’amore strano fa che maggior dolore essi sentano in<br />
veder la lor prole tra le pene, di quello che sentirebbero se a tali tormenti<br />
essi stessi fossero sottoposti; come ben lo disse il Crisostomo, Gravius est<br />
Parentibus videre Filios suppliciis offici, quam si ipsi forent iisdem obnoxii 45 .<br />
2. Or tutto questo fortissimo amore e tenerissimo affetto noi dobbiam<br />
concedere e credere nel sagro Cuor di Maria verso di Gesù Signor nostro.<br />
Ella l’amava con amore di Madre e tanto basta per venire in cognizione<br />
che essa lo amava più che se medesima e che assai più di dolore le avrebbe<br />
recata ogni pena del figlio, che qualunque proprio tormento. Pensate<br />
dunque, Uditori miei cari, quanto fossero grandi i suoi dolori, per le<br />
pene atrocissime che pativa il suo caro e amato Figlio, flagellato, schiaffeggiato,<br />
coronato di spine, strascinato, straziato in mille guise ed insin<br />
barbaramente crocifisso in mezzo a due Ladroni in un duro tronco di<br />
Croce? O Dio, o Dio! Povera Madre, dolentissima Madre e chi mai<br />
potrà concepir appieno la vivezza dei suoi affanni?<br />
3. Si aggiunga poi di più che a tante inaudite pene del suo Divin Figlio fu<br />
costretta trovarsi essa stessa presente e vedere con i propri occhi, contemplarle<br />
con i propri sguardi. Stabat iuxta, ecc. Chi c’è tra voi, Uditori, che<br />
44 Stava in piedi presso la croce di Gesù la Madre.<br />
45 È più grave per i genitori vedere i figli essere colpiti da supplizi che essi stessi fossero soggetti<br />
ai medesimi.<br />
25
non sappia avere il dolore vari modi di ferire un cuore amante? Or può<br />
farlo per mezzo dell’orecchio in facendogli udire i tormenti del suo diletto,<br />
benché lontano: ma questa ferita per altro può aver qualche sollievo dal<br />
dubbio. Or per mezzo del pensiero; ma la mente può divertirsi. Ed or<br />
finalmente può saettar per mezzo degli occhi; e questa ferita senza fallo è<br />
la più atroce: perciocché qual conforto mai può avere un’anima, che è spettatrice<br />
dell’unica cagione del suo gran dolore? Dicendo saggiamente<br />
Erodiano, che Multo magis misericordiam provocant quae oculis usurpantur 46 .<br />
L’infelice Agar, voi di già ne siete informati, allorché si trovò nelle solitudini<br />
di Bersabea col suo unico pargoletto Ismaele, che fece per non vederselo<br />
morir di sete innanzi agli occhi? Risolvette di abbandonarlo e così con<br />
la fuga scemar la grandezza del suo dolore; che sempre più si sarebbe accresciuta<br />
col vederselo con i propri occhi spirare innanzi: onde tutta afflitta<br />
sull’allontanarsi andava mischiando con le lagrime, le parole, dicendo, no<br />
che non voglio veder io morire il mio caro Figlio, no, non mi dà il cuore,<br />
non mi dà l’animo, Non videbo morientem Filium meum 47 .<br />
4. Quando adunque la gran Vergine non si fosse trovata presente alla Passione<br />
del Figlio, ma l’avesse solo udita distintamente narrata dall’Evangelista<br />
Giovanni, ditemi, non sarebbe stato questo bastevole a recarle un tormento<br />
capace a privarla mille volte di vita, nonché una sola? E qual è quel cuor<br />
di una Madre che non resti sopravvinto dal dolore all’udire la morte di un<br />
suo unico amato Figlio ucciso? Multum dolet Mater, così il Devoragine,<br />
Si horribili morte Filium audit fuisse occisum 48 . Come? Avrebbe detto tra<br />
gemiti e sospiri la Vergine (seppure l’atrocità del dolore accordato le avesse<br />
o il piangere, o il favellare) come? Il mio caro Divin Figlio così straziato,<br />
così empiamente ucciso? Quel giglio eletto? Quell’Agnello innocente<br />
e immacolato? Ah crudeli carnefici, ah inumani! Ed è possibile che tra le<br />
Turbe niuno si rammentasse di tanti miracoli, di tanti benefici? Niuno a<br />
pietà si movesse di tanto sangue, di tante ferite, di tanti tormenti? ...<br />
Sì, così mi figuro, che detto avesse, se dal memorato Evangelista gliene<br />
46 Molto di più suscitano pietà quelle cose che vengono percepite dagli occhi.<br />
47 Non vedrò morire mio figlio<br />
48 Molto si duole la madre se sente che il figlio è stato ucciso con una morte terribile.<br />
26<br />
fosse giunta notizia. Ma no: per maggior dolore di Lei le toccò di esserne<br />
spettatrice e vedere con i suoi propri occhi uno spettacolo così fiero, cioè<br />
di un Figlio, che agonizzava in una doppia morte della sua vita e del suo<br />
onore, deriso dalla plebe stolta, straziato da mani barbare.<br />
5. Estinta già la figlia della donna cananea si portò tosto tutta affannosa dal<br />
Salvatore; e udite, come gli disse: Miserere mei Fili David 49 . Che parlare<br />
è mai questo? Invece di dire, Signore abbi misericordia della defunta mia<br />
figlia, gli dice, abbi misericordia di me. Eppur tanto accadde, perché,<br />
come nota il Crisostomo, l’aver la madre innanzi agli occhi morta la<br />
figlia, le era un tormento troppo eccessivo, avendo perciò maggior bisogno<br />
di conforto la madre, che la figlia di vita: Miserere mei, così chiosa il<br />
sopraccitato dottore, Spectatricis miseriae meae 50 . Che se tanto a questa fu<br />
di affanno il vedere una figlia estinta, di quanto maggior dolore, dovrà<br />
dirsi, che fosse a Maria SS.ma il trovarsi presente a tanti strazi ferali, fatti<br />
al suo caro dilettissimo Figlio? O che dolore, che affanno penosissimo!<br />
II<br />
6. A meglio intendere però la maggiore gravezza di questo dolore, giova<br />
molto, Uditori miei, riflettere particolarmente qual Madre ella fosse, voglio<br />
dir quanto amante. Amava ella Gesù con amore che supera ogni Umano ed<br />
Angelico intendimento: lo amava più di quello che giunger potrebbe ad<br />
amare un suo figlio [una] donna, che nel suo cuore avesse accolto l’amore di<br />
tutti i cuori di quante Madri siano vissute nell’Universo. Insomma non vi<br />
fu mai al Mondo Madre più amante di Lei perché non vi fu mai al mondo<br />
Figlio più amabile del suo. Onde al vederlo sospeso ad un tronco di croce,<br />
come gelsomino che langue sul proprio stelo, lacero, sanguinoso, denudato,<br />
dovette al certo dolersi in estremo, perché in estremo vide penare il suo<br />
Figlio. E sebbene stette taciturna a piè della croce, dolendosi ma senza<br />
sfogo, senza lamenti, con fortezza più che virile ed insieme con angoscia<br />
piucchè mortale, solo fu perché non volle neppure quel conforto che recato<br />
le avrebbe il palesare ad altrui la sua gran pena. Del resto la tenerezza, la<br />
49 Abbi pietà di me Figlio di Davide.<br />
50 Abbi pietà di me spettatrice della mia miseria.<br />
27
28<br />
simpatia, l’amore fortissimo, onde scambievolmente si riguardavano, rendevano<br />
del tutto comuni le angoscie loro penosissime. Che perciò se il dolore<br />
si misura dall’amore, ebbe ragione Girolamo di asserire che la Vergine fu<br />
di tutti la più tormentata, perché fu la più amante Plus omnibus doluit, quia<br />
plus onmibus dilexit 51 : insomma siccome essa nell’amore non ebbe pari, così<br />
nel dolore non ebbe esempio. E qui, se mi sia lecito il dirlo, io aggiungerò<br />
che il dolore interno di tal Madre fu maggiore dei dolori esterni del Figlio;<br />
perciocché, essendo verissimo, che patì ella nel cuore, quanto Gesù patì nel<br />
corpo, <strong>Omnia</strong> et singula vulnera per eius corpus sparsa in suo corde sunt unita 52 ,<br />
come osservò San Bonaventura, o come disse il Crisostomo, quod Filius eius<br />
in corpore, illa sustinebat in corde 53 , tra i dolori suoi e quei del Figlio vi fu questa<br />
differenza, cioè che tutto quel che Gesù patì sparso nel corpo, ella lo patì<br />
unito nel cuore. Onde uniti, noi miriamo, nel bel cuor di Maria, tutt’i i<br />
dolori, le spine, i flagelli, i chiodi, le agonie della croce e quanto altro di<br />
penoso soffrì il suo Figlio. Quindi, miei cari Uditori, non ci si deve render<br />
difficile il darci a credere per vero ciò che disse il Serafino da Siena, cioè che<br />
se il dolor della Vergine si dividesse fra tutte le creature dell’Universo,<br />
sarebbe valevole a privarle tutte di vita, Inter omnes creaturas distributus, omnes<br />
simul perimeret 54 . Dica pur dunque la nostra Immacolata Signora alla sua<br />
diletta Brigida che essa patì più di tutte le creature del Mondo, Plena fuit<br />
tribulatione, et dolore super omnem creaturam 55 ; e dica, che tutti i dolori di Gesù<br />
furono suoi propri, perché il cuore del Figlio era il cuor suo, dolor eius erat<br />
dolor meus, quia cor eius erat cor meum 56 , che ne ha ben giusta ragione. Ma noi<br />
nel frattempo, compassionando molto i suoi atrocissimi dolori, confessiamoli<br />
pur così grandi, che siano, come già sono, impercettibili dal nostro<br />
basso intendimento. Imperciocchè sinché non giungasi a capir bene qual<br />
Madre ella fosse, non potrà mai intendersi appieno quanto acerbi fossero i<br />
suoi dolori.<br />
51 Più di tutti si dolse perché più di tutti amò.<br />
52 Tutte e singole le ferite sparse attraverso il suo corpo sono unite nel suo cuore.<br />
53 Ciò che il Figlio sopportava nel corpo, Ella lo sopportava nel cuore.<br />
54 Distribuito il dolore tra tutte le creature le farebbe perire tutte contemporaneamente.<br />
55 Fu piena di tribolazione e dolore sopra ogni creatura.<br />
56 Il suo dolore era il miio dolore perché il suo cuore era il mio cuore.<br />
7. Ma pure per isforzarci a più in dentro penetrarli per quanto ci è possibile,<br />
basta ridursi alla mente, che la Vergine fu una Madre anche obbligata<br />
a vivere in seno alla morte. Ed ecco qual Madre ancor ella fosse. Non<br />
avrebbe essa al certo potuto resistere a tante pene, se non fosse stata sostenuta<br />
in vita con gran miracolo, come notò Sant’Anselmo, Vere quidem interiisset<br />
quae magnitudine doloris, nisi fuisset mirabilius preservata 57 . Sì, sì Iddio<br />
diè vigore alle naturali forze di Lei, facendo un gran prodigio: ma, oimè,<br />
che questo prodigio non fu ad altro, che affin più lungamente durasse il<br />
Martirio di lei. Quell’amore, sì quell’amore con cui Gesù amò sempre la<br />
Madre lo violentò dolcemente a sostenerla in vita, per non privarsi, cred’io,<br />
di chi era la più cara pupilla degli occhi suoi. Santo amore, tu fosti<br />
in tal caso, se mi sia lecito il dirlo, troppo pietosamente crudele. Ecco, che<br />
il cuor di Maria fa naufragio in un gran mare di pene, capaci a privarla<br />
mille volte di vita, non che una sola, e tu gli impedisci il morire? Ad un<br />
cuore, che langue tra martiri ed affanni l’unico sollievo è la morte e tu gli<br />
prolungasti la vita? Ed oh Amor SS.mo, giacché il prolungar la vita in tal<br />
caso è lo stesso che prolungare il martirio, lascia pur di essere così pietoso,<br />
che sarai meno crudele. Vergine addolorata, in quali angustie, io mi<br />
figuro trovarsi dovesse il vostro afflittissimo spirito, costretto a vivere in<br />
braccio alla morte! Or sì che intendo, come il vostro diletto vi pose:<br />
Desolatam, tota die merore confectam 58 ; tantochè non potendo voi più reggere<br />
a tante pene, arrivaste a mandare [lacrime] dai vostri purissimi occhi<br />
vivi di sangue, come diceste a S. Brigida, Ex oculis meis erumpebant lachrymae,<br />
sicut sanguis e venis 59 . E così, cari Uditori, siccome Gesù sparse acqua<br />
dal suo sagro Costato, per non aver più sangue, Maria sparse dagli occhi<br />
il sangue per non aver più lagrime: ond’ebbe ragione di affermare<br />
Arnoldo, Unum holocaustum pariter offerebant Deo, Christus in sanguine carnis,<br />
Maria in sanguine cordis 60 .<br />
57 Certamente sarebbe morta per la grandezza del dolore se non fosse stata alquanto mirabilmente<br />
preservata.<br />
58 Desolata tutto il giorno colpita dal dolore.<br />
59 Dai miei occhi sgorgavano lacrime come sangue dalle vene.<br />
60 Un solo olocausto parimenti offrivano a Dio, Cristo nel sangue della carne; Maria nel sangue<br />
del cuore.<br />
29
III<br />
8. Ed oh! Io mi credeva, che il sin qui detto fosse stato della Vergine il massimo<br />
dei dolori: eppure non è cosi; imperciòcchè il massimo apparisce, se<br />
si rifletta, com’ella pena al sommo, perché Madre di così gran Figlio.<br />
Ed infatti, se vi fu tra le pure Creature chi arrivasse a conoscere appieno<br />
chi fu Gesù, voglio dir, quanto caro e amabile per ogni verso, questa fu al<br />
certo la sua SS.ma Madre. Or se è pur troppo vero, che qui addit scentiam,<br />
addit dolorem 61 , come disse il Savio, deducete voi al presente, Uditori miei,<br />
quanto da queste vive e piene cognizioni dovette in nostra Signora crescere<br />
il dolore, in veder poi un sì Divino e amabilissimo Figlio così straziato<br />
crudelmente in mille guise. O Dio, che acutissimo dolore! Dolore, che<br />
io non saprei esprimerlo con termini più adeguati di quei di San<br />
Bernardo, qualor disse, Tantum fuisse credamus, quantum unquam dolere<br />
potuit de tali Filio talis Mater 62 . Aggiungasi poi, che questi le era un<br />
Figlio, in cui andavano a terminare tutti i suoi affetti. Le altre Madri, voi<br />
di già lo sapete, per quanto amino teneramente i loro figli, non possono<br />
però amarli con tutto il loro amore; imperciocchè essendo tenute ad<br />
amare Iddio di sopra ogni cosa, sono necessitate a divider l’affetto loro con<br />
Dio e con la prole; anzi a dare a questa la minor parte. Nella Vergine però<br />
non accadde così; perciocché amando essa il suo Figlio, veniva ed amare<br />
il suo Dio; ed amando il suo Dio, amava il suo Figlio; onde Egli era il solo<br />
oggetto di tutto il suo Amore, di tutto il suo cuore. Or pensate voi ora,<br />
quanto dovette essere atroce il suo dolore, in vederlo poi morir tutto lacero<br />
dal capo sino alle piante [piedi], con una morte la più barbara e allor<br />
la più obrobriosa, tra mille derisioni e abbandonamenti, senza conforto,<br />
senza sollievo, senza soccorso! O che dolori, che acutissimi dolori!…<br />
9. Sì; ma questi ancor si accrescono dallo stesso infinito amore che le portava<br />
un tal Figlio. Quell’amore immenso che Gesù portava alla Madre, l’obbligava<br />
a compatir molto tutte le pene grandi di lei, anzi a sentirle come sue<br />
proprie: e ciò conoscendo bene la Madre, penava maggiormente per l’affli-<br />
61 Chi aggiunge consapevolezza, aggiunge.<br />
62 Vogliamo credere che il dolore fosse così grande quanto mai potè dolersi di un tal Figlio<br />
una tale Madre.<br />
30<br />
zione che di lei aveva il caro Figlio. O Dio, o Dio! ... Languiva la Vergine<br />
perché pativa Gesù: pativa Gesù, perché languiva la Madre: e questo stesso<br />
patir del Figlio in veder languire la Madre, era a questa, nuova cagion di<br />
tormento, Ipsa enim dolebat Christum de suo dolore affligi, et dolere 63 , come<br />
osservò l’erudito A. Lapide. La mira Gesù dalla croce, ove langue e par che<br />
le dica: “Cara Madre, se vuoi che io più non languisca, lascia di compiangere<br />
le mie pene”; ed essa: “Caro Figlio, e se voi volete che io più non peni,<br />
cessate di compatirmi”. E così ripercotendosi insieme nei loro SS.mi Cuori<br />
il dolorosissimo strale, veniva a straziare più il Figlio e a tormentar più la<br />
Madre. O incomparabile tormento addunque, o crudele scambievolezza di<br />
pene! Crudelis reciprocatio, lasciate che esclami col mellifluo, Crudelis reciprocatio<br />
64 ! Vi basti sol sapere, che Gesù per alleggerir la Madre da tanti affanni,<br />
si affrettò a morire, Matrem doloribus tumulatam aspiciens, così S. Lorenzo<br />
Giustiniano, properabat ad mortem 65 .<br />
10. Ma, o Dio! Fosse cessato almeno col morir di tal Figlio il dolor di tal<br />
Madre! Da quella lancia crudele, che aprì il costato a Gesù, ne ebbe egli la<br />
piaga, ma non il dolore, perché già morto: ferì quella però al vivo il cuor<br />
di Maria; che avendolo poi estinto tra le illanguidite braccia, o Dio che<br />
acuti dolori si accrebbero al suo afflittissimo cuore! Di fatto, quanto pianse<br />
David il suo, benché ribelle Assalonne, ripetendo tra mille gemiti quelle<br />
dolenti parole, Absalom fili mi! Quanto Giacobbe il suo creduto morto<br />
Giuseppe! Quanto Iefte l’unica sua! Quanto Rachele i suoi parti! Ma che<br />
han da far questi pianti col dolor della Vergine? In quali lagrime di amarissimo<br />
pianto non sciolse essa allora gli occhi dolenti in vedersi prender<br />
dalle sue braccia il suo caro estinto Unigenito? “Questo è quel capo, diceva,<br />
che tante volte appoggiato al mio seno prendeva dolce sonno ed ora trafitto<br />
lo miro da tante spine? Questo è quel volto amabile, che innamorava<br />
il Cielo ed ora offuscato lo veggo da pallori di morte? Questi i begli occhi,<br />
che rapivano ogni alma ed ora estinti li ravviso? Queste son quelle Carni,<br />
candide più de’ gigli ed or tutte lacere e illividite? Queste le mani che<br />
63 Ella infatti si rattistava che Cristo si affliggesse del suo dolore e se ne dolesse.<br />
64 Crudele reciprocità.<br />
65 Vedendo la Madre ricoperta da dolori si affrettava a morire.<br />
31
lavorarono i Cieli? Questi i piedi che andavano in cerca delle anime, or traforati<br />
li miro da’ duri chiodi?” In somma, osservando or in questa ed ora<br />
in quella parte del sagratissimo Corpo, per tutto trovava nuova materia di<br />
lutto, nuova cagione di pena: e pena talmente atroce, che al suo confronto<br />
perde quasi il nome di pena quanto si è mai patito da tutti i Martiri insiememente<br />
uniti: Quidquid crudelitatis inflictum est corporibus martyrum, così<br />
Sant’Anselmo, leve fuit, aut potius nihil, comparationi tue passionis, o Virgo 66 .<br />
11. O quanto adunque vi compassiono, o Vergine dolorosissima, gran<br />
Regina dei martiri! Vinceste voi veramente nel vostro martirio l’umanità:<br />
mentre quel dolore, che non avrebbe potuto soffrir tutto insieme<br />
il Genere Umano, come ben disse il B. Amedeo, voi sola soffrir lo poteste.<br />
O adunque dolore sopra ogni dolore, pena sopra ogni pena! Tant’è,<br />
cari Uditori; e se voi al riflesso de’ grandissimi dolori, che patì la Nostra<br />
Gran Signora come Madre, come tal Madre, e come Madre di tal Figlio,<br />
voi non vi movete a pietà, io dirò, o che voi non siete umani, o che racchiudete<br />
nei vostri petti cuori di bronzo. Riposiamo.<br />
SECONDA PARTE<br />
12. Per darvi poi qualche particolar motivo di compatir maggiormente i<br />
dolori di Nostra Signora e di mostrarvi grati a tante sue pene, io qui non<br />
saprei oprar meglio, se non rammentarvi della cagione di tanti suoi tormenti.<br />
Sapete voi, Cristiani miei, qual fu la cagione di tante pene? Quella<br />
appunto che fu della Passione e morte del Figlio. Furono insomma i<br />
nostri peccati. Oltre che riflettete che la SS.ma Vergine non solamente<br />
patì per noi tante pene, ma le patì volentieri: perciocché se il suo addolorato<br />
cuore poteva esser capace di qualche conforto, questo era appunto il<br />
ricordarsi della nostra eterna salute, Non tam spectabat pignoris mortem, uditelo<br />
da Sant’Ambrogio, quam mundi salutem 67 . Onde, considerando i Santi<br />
66 Tutta la crudeltà che fu inflitta ai corpi dei martiri fu lieve o anzi niente in confronto alla<br />
tua passione o Vergine.<br />
67 Non tanto mirava alla morte del pegno quanto la salvezza del mondo.<br />
32<br />
Padri quella prontezza, con cui essa offrì il suo Divin Figlio alla morte e<br />
se stessa alle pene, la chiamarono col bel titolo di corredentrice del Genere<br />
Umano; come la intitolò Sant’Antonino; e com’essa medesima disse a<br />
S. Brigida, Ego et Filius meus redemimus mundum, quasi uno corde 68 . Chi non<br />
vede adunque quanto le siamo obbligati?<br />
13. Eppure, ci è veramente tra di noi chi spesso si ricorda de’ suoi atrocissimi<br />
dolori? Ci è chi la compatisca, la ringrazi? Io ben so, che essa stessa<br />
querelandosi un giorno con S. Brigida della umana ingratitudine,<br />
disse, che andava in cerca di questi tali, ma che pochi ne trovava: respitio<br />
si forte sint aliqui, ecc. 69 . Deh, non sia mai egli vero, Uditori miei, che<br />
tra di noi ci sia veruno, di cui lamentar si possa la Vergine, rimproverandolo<br />
come ingrato, o come spietato traditore, che aggiunga i suoi<br />
dolori con nuove colpe! No, non sia mai! Anzi tutti protestiamoci, ecc.<br />
L’esempio, ecc.<br />
Allora poi ci fu data per Madre, ecc. Omnis qui est discipulus Christi, così<br />
S. Bernardino, est Virginis Filius constitutus a Christo, et sic dixit ad discipulum,<br />
non ad Joannem. E Tertulliano dice, Traditionem esse Apostolorum<br />
omnium christianum verum esse filium Mariae 70 .<br />
Ah Vergine dolorosissima, vi chiediamo mille volte perdono dei nostri falli,<br />
che furono la cagione di tante vostre pene. Voi intanto in memoria dei<br />
vostri dolori, imprimeteci nel cuore le piaghe del vostro divin Figlio; e così<br />
feriti sarem sicuri di amarlo. E giacchè io, più di ogni altro, ho peccato, concedetemi<br />
una stilla delle vostre Lagrime, una parte dei vostri dolori, Fac me<br />
tecum pie flere, crucifixo condolere, donec ego vixero 71 . E giacchè sempre errai per<br />
il passato, sempre pianga di vero cuore le mie colpe in avvenire.<br />
Laus Deo, deiparaeque Virgini Reginae Martyrum 72 .<br />
68 Io e il mio Figlio abbiamo redento il mondo con un solo cuore.<br />
69 Vedo se per caso ci siano alcuni…<br />
70 Ogni discepolo di Cristo è costituito da Cristo figlio della Vergine e così disse al discepolo,<br />
non a Giovanni. E Tertulliano dice: È tradizione di tutti gli apostoli che il cristianovero<br />
è figlio di Maria.<br />
71 Fammi piangere piamente con te dolermi con il Crocifisso.<br />
72 Lode a Dio e alla Vergine Madre di Dio, Regina dei Martiri.<br />
33
34<br />
Ignoto, L’Assunta contemplata da San Filippo Neri (sinistra) e da San Andrea<br />
Avellino, (destra), olio su tela, sec. XVIII, Ascoli Piceno, Casa Madre.<br />
San Filippo Neri (Firenze, 1515 - Roma, 26 maggio 1595). Fondò<br />
l’Oratorio che da lui prese il nome. Fu catechista e guida spirituale di straordinario<br />
talento, diffondeva attorno a sé un senso di letizia che scaturiva<br />
dalla sua unione con Dio. Fu anche grande devoto della Vergine Santa.<br />
Sant’Andrea Avellino fu un teatino, canonizzato da Clemente XI nel 1712.<br />
Certamente il giovane sacerdote <strong>Marcucci</strong> commissionò la tela di cui sopra<br />
per onorare santi devoti dell’Immacolata. Inoltre, poiché i Teatini e tutti<br />
gli ascritti alla devozione del sacro abitino si erano impegnati a raccomandare<br />
ogni giorno alla Vergine Immacolata la conversione dei peccatori, don<br />
<strong>Marcucci</strong> espone questa immagine il giorno dell’Assunzione di Maria nella<br />
chiesetta dell’Immacolata del monastero, oggi parlatorio, con il titolo di<br />
Rifugio dei peccatori.<br />
Istruzione sopra il sacro scapolaretto o sia abitino ceruleo<br />
È un testo stampato ad Ascoli per Niccola Ricci, Stampatore Camerale e con licenza<br />
dei Superiori nel 1746 per diffondere la devozione all’Immacolata Concezione ed ottenere<br />
i benefici spirituali concessi dai Papi a cominciare dal 1671. Essa fu introdotta<br />
dai Padri Teatini in Spagna e da loro stessi diffusa privatamente tra i fedeli; visto poi<br />
l’entusiasmo degli stessi, i Religiosi ottennero “dalla Santa Sede la facoltà di poterlo<br />
benedire e dispensare ai fedeli dell’uno ed altro sesso”. Don <strong>Marcucci</strong> lo stampa ad Ascoli<br />
per diffondere e coinvolgere quanti più fedeli possibili nella devozione all’Immacolata.<br />
Nel frontespizio della pagellina, accanto alla sua firma, egli aggiunge due lemmi:<br />
“Detto dell’Immacolata Concezione” e “missionario apostolico”. Il primo a conferma<br />
della notorietà della sua consacrazione all’Immacolata Signora, a motivo anche della<br />
fondazione del monastero delle Religiose dell’Immacolata Concezione, avvenuta ad<br />
Ascoli Piceno l’8 dicembre 1744; l’altro, di missionario apostolico, era il riconoscimento<br />
che Papa Benedetto XIV gli aveva concesso nel 1742, all’età di 25 come approvazione<br />
delle missioni popolari predicate nel territorio Piceno ed Aprutino.<br />
Istruzione sopra il sagro scapolaretto<br />
o sia abitino ceruleo o vogliam dirlo torchino<br />
dell’Immacolata Concezione di Maria sempre Vergine,<br />
proposta a tutti quei Fedeli, che bramano ascrivercisi,<br />
dall’Abate Don FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI,<br />
Detto dell’Immacolata Concezione, Sacerdote Secolare di Ascoli,<br />
e Missionario Apostolico.<br />
I. Il Sagro Scapolare o sia ABITINO CERULEO o torchino<br />
dell’IMMACOLATA CONCEZIONE di Maria sempre Vergine ebbe la sua<br />
antica origine nella Spagna, e la riconosce dai RR. PP. Teatini: i quali,<br />
comecchè spezialmente ossequiosi verso l’adorabile Mistero accennato,<br />
affinché maggiormente ne crescesse ne’ Popoli la divozione, incominciarono<br />
ad introdurre, e a distribuire, benché privatamente, il sudetto Abitino<br />
ceruleo, ammettendo alla partecipazione di tutto il Bene spirituale della<br />
loro Religione Teatina tutti quei, che ricevevano il sagro Scapolaretto menzionato<br />
e promettevano nel tempo stesso di raccomandar quotidianamente<br />
a Dio, e alla di lui Madre Immacolata la Conversione di tutti i Peccatori.<br />
35
II. Vedendo in progresso di tempo i detti Padri, che questo Abitino veniva<br />
universalmente abbracciato con molto vantaggio delle Anime, procurarono<br />
di ottener dalla Santa Sede la facoltà di poterlo benedire e<br />
dispensare ai Fedeli dell’uno ed altro sesso: e difatti la ottennero per<br />
Breve del Sommo Pontefice Clemente Decimo, segnato sotto il dì 30 di<br />
Gennaio del 1671; ma non però con tutte quelle Indulgenze che si<br />
esprimevano in quel Libricino dell’Abitino Ceruleo, stampato in<br />
Verona nel 1711, già proibito dalla S. Congregazione dell’Indulgenze,<br />
ecc. con decreto sotto i 22 di Febbraio del 1712, in cui asserì non esservi<br />
altre Indulgenze per l’Abitino Ceruleo, che quelle concedute dal<br />
Sommo Pontefice Clemente Undecimo per Breve de’ 17 Maggio 1710.<br />
III. Ottenutasi pertanto da’ RR. PP. Teatini la suddetta facoltà Apostolica,<br />
non può esprimersi il felicissimo progresso, che mediante il loro zelo,<br />
fece il sagro Abitino quasi in tutta l’Europa, sì per la quantità delle<br />
Anime, che per la qualità ancora di molti Personaggi, che ne vollero<br />
esser decorati: tantochè si mossero i zelantissimi Padri a supplicar la<br />
Santità di Clemente XI, allor Regnante, affinché si degnasse aprire i<br />
Tesori di Santa Chiesa in favore di chiunque ascritto si fosse all’Abitino<br />
Ceruleo dell’Immacolata Concezione. Alle quali suppliche benignamente<br />
condiscendendo il Pontefice, con un Breve, che incomincia<br />
Coelestium munerum thesaurus, segnato sotto i 17 Maggio 1710, concesse<br />
molte Indulgenze a favore degli Ascritti al detto sagro Abitino (che<br />
sono le vere ed autentiche che qui si frappongono), approvò il Rito e<br />
Formula propria di benedirlo e dispensarlo, e diede maggiormente a<br />
conoscere al Mondo qual’era la tenerezza di devozione, che egli portava<br />
all’Immacolata Concezione, esprimendosi nel breve, ch’egli ardeva di<br />
desiderio, che il culto verso il sagrosanto Mistero da giorno in giorno<br />
vieppiù crescesse e si dilatasse, Nos, ecco le dilui tenere ed auree parole,<br />
Nos laudahilem Christi fidelium erga Mysterium Conceptionis Beatae Mariae<br />
Virginis Immaculatae devotionem magis, magisque in dies augeri, et propagari<br />
cupientes.<br />
IV. Ecco poi il catalogo di tutte quelle Indulgenze, che furono concedute<br />
dal menzionato Pontefice a tutti quei Fedeli, che si fossero ascritti al<br />
detto sagro Abitino Ceruleo dell’Immacolata Concezione. I. Concedette la<br />
36<br />
plenaria Indulgenza e remissione di tutti i peccati nel Giorno in cui ricevessero<br />
l’Abitino, purchè si fossero confessati e comunicati. II. La medesima<br />
Indulgenza plenaria, se in articolo di morte si confessassero e comunicassero<br />
o non potendo ciò eseguire, se contriti invocassero il<br />
Santissimo Nome di GESÙ con la bocca, o almeno col Cuore. III.<br />
La stessa Indulgenza plenaria, se nella Festa dell’Immacolata Concezione<br />
(da intendersi da’ primi Vespri della Vigilia sino alla prim’Ave Maria<br />
della sera del Giorno festivo) confessati e comunicati, visitassero qualche<br />
Chiesa o Cappella o Oratorio della Congregazione Teatina ed ivi<br />
pregassero Dio per l’unione e pace fra Principi Cristiani per l’estirpazione<br />
dell’Eresie e per l’essaltazione di Santa Madre Chiesa. IV. Finalmente<br />
l’Indulgenza di sette anni e altrettante Quarantene, se in ogni Festa della<br />
Santissima Vergine, confessati e comunicati visitassero qualche Chiesa,<br />
Oratorio o Capella come sopra e pregassero, come poc’anzi si è detto.<br />
V. Fu incredibile il giubilo di tutta la Religione Teatina per un Breve sì<br />
santo e favorevole al culto dell’Immacolata Concezione, per mezzo del<br />
predetto Abitino; e per vieppiù animare i Fedeli a riceverlo anch’ella si<br />
estese a concedere a tutti gli Ascritti la particolar partecipazione di tutto il<br />
Bene Spirituale e di tutte le opere meritorie, che col Divino ajuto si sarebbono<br />
fatte sì da essa Religione Teatina, che dalle Monache Teatine Romite. Così per<br />
Beneplacito Apostolico e per opera de’ mentovati fervorosissimi Padri<br />
fu propagata e semprepiù si propaga pel Mondo Cattolico la devozione<br />
dello Scapolare Ceruleo di Nostra Immacolata Signora, con utile grandissimo<br />
delle Anime Cristiane, stanti le Conversioni mirabili di molti che<br />
con questo mezzo si son vedute, le liberazioni da fulmini e da cento e<br />
mille altre disgrazie: parendo, che la Regina del Cielo siasi con modo<br />
particolare impegnata a proteggere in vita e massimamente in Morte,<br />
tutti quei, che devotamente portano la Livrea o sia Abito della sua<br />
Immacolata Concezione che sia in eterno adorata, glorificata e benedetta.<br />
Amen.<br />
VI. Sono adunque premurosamente invitati tutti i Divoti di questa nostra<br />
Città a farsi benedire e ad ascriversi in questo Sagro Abitino Ceruleo, in<br />
occasione che Chi sì premurosamente gl’invita ritrovasi già provveduto<br />
delle necessarie facoltà: tantopiù che chiunque vi è ascritto non è tenu-<br />
37
to a lunga recita di Orazioni; bastando solamente che reciti ogni giorno sei<br />
Ave Marie e altrettanti Gloria Patri in onore dell’Immacolata Concezione,<br />
partitamene in tre volte, cioè due nella mattina, due nel dopo pranzo, e due nella<br />
sera, pregando Nostra Signora, in onore di questo suo Mistero, per la<br />
Conversione de’ Peccatori; e che qualche volta nella mattina, nel dopopranzo,<br />
e nella sera dica devotamente quella Giaculatoria, Benedetta sia la<br />
Santa ed Immacolata Concezione della Beatissima Vergine Maria, in cui, per<br />
ogni volta che si dica, vi sono cento Anni d’Indulgenza, conceduti dal<br />
Sommo Pontefice Gregorio XV, al 13 di Aprile del 1621 e confermati da<br />
Clemente XII nel mese di Novembre del 1731.<br />
Viva l’Immacolata Concezione di Maria!<br />
Rame della SS.ma Vergine del Carmine con custodia in carta, commissionata da mons.<br />
<strong>Marcucci</strong> nel 1777 al costo di 1 scudo. Il cliché veniva usato per stampare il sacro abitino e<br />
diffonderne la devozione tra le suore e tra i fedeli.<br />
38<br />
Sopra i Privilegi di Nostra Immacolata Signora<br />
Canzonetta sull’Aria della <strong>Marcucci</strong>na<br />
Il testo non datato, per le ragioni sopra esposte, si presume possa appartenere<br />
all’anno 1746. L’aria della <strong>Marcucci</strong>na, dal nome del compositore, potrebbe essere<br />
quella della Sacra Lode che il <strong>Marcucci</strong> musicò nel 1739 per i fedeli della sua parrocchia<br />
di Santa Maria Inter Vineas con un aria ben orecchiabile e facile da impararsi;<br />
essa veniva cantata nella ricorrenza dell’Immacolata.<br />
La canzonetta è incompleta: si interrompe alla terza strofa, lasciando solo indicato<br />
il numero della successiva, inoltre il contenuto del titolo è appena accennato.<br />
Il componimento, pur discostandosi in parte dagli schemi tradizionali, da un<br />
punto di vista stilistico, segue le modalità ed i procedimenti retorici dell’oratoria sacra<br />
del tempo e, nel suo metro senario a rima ABBC, si rifà a modelli metrici molto diffusi<br />
tra il 1600 e il 1700.<br />
Il testo è stato trascritto dall’autografo ASC 47, pp. 25 r-v.<br />
1. Cedan’il Sol, la Luna,<br />
Le Stelle, i Fiori grati,<br />
Le Gemme, i Prati<br />
Cedano alla beltà.<br />
Di chi in se stessa aduna<br />
Ogni beltà creata.<br />
Beata pur beata,<br />
Che in se macchia non ha!<br />
2. Questa è l’eccelsa Donna<br />
Vergine e Madre insieme,<br />
Che preme preme<br />
L’altero capo ognor<br />
Del serpe: ed è colonna<br />
Forte di chi la onora,<br />
Ed adora, adora<br />
Con tenero buon cuor.<br />
39
3. In quel primiero Istante<br />
In cui fu Lei Concetta,<br />
Diletta diletta<br />
Al caro Dio sì fu,<br />
Che tante grazie e tante<br />
Versò in quel Cor beato,<br />
Immacolato;<br />
Che non si può dir più.<br />
4. 73<br />
73 Si interrompe qui la canzonetta.<br />
40<br />
Volgarizzamento Poetico dell’Ave Maris Stella<br />
Il testo, datato 17 Marzo 1746, è una traduzione poetica nella lingua corrente<br />
dell’inno mariano Ave Maris Stella.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> traduce l’inno a Musciano (TE) dove sta svolgendo una missione<br />
popolare 74 e lo invia alla superiora Madre Tecla Relucenti della neo congregazione di<br />
Religiose dell’Immacolata Concezione di cui si dichiara essere “indegnissimo primo<br />
Servo”. È un dono spirituale a Tecla e alle altre Religiose per aiutarle a comprendere<br />
e godere uno scritto antico della Liturgia mariana. Il testo è scritto con una grafia<br />
molto curata su un foglio piegato in due. Sulla 4ª facciata l’Autore raccomanda di<br />
conservare il testo “con pulizia” ed aggiunge: “Inver la povertà sempre mi piacque, ma<br />
non la sordidezza; poiché la candidezza del cuor seco non è, né mai vi giacque<br />
(San Bernardo).<br />
Pulizia per chi ne tien bisogno”.<br />
Il testo è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 47, pp. 22-24.<br />
I Ave Maris Stella,<br />
Dei Mater alma,<br />
Atque semper Virgo,<br />
Felix Coeli porta.<br />
Ave Maris Stella,<br />
Lucida Stella di oro,<br />
Che in questo Mar del Mondo<br />
Ci guidi al Ciel giocondo,<br />
Umil ti adoro.<br />
Dei Mater alma,<br />
Madre, chiamar ti dei,<br />
Grande, perché di Dio,<br />
Del caro Gesù mio<br />
Tu fosti, e sei.<br />
74 Essa si svolse dal 6 al 19 maggio 1742.<br />
41
Atque semper Virgo,<br />
Vergine al tempo stesso<br />
Fu sempre il tuo bel Seno.<br />
O Dio, che vengo meno<br />
A tal riflesso!<br />
Porta del Ciel ti chiami<br />
Felice, perché il tieni<br />
In Man, e a dar lo vieni<br />
A chi ben ti ami.<br />
Prendi, Madre di Amore,<br />
Quel grato, e bel saluto,<br />
Che ti è dal Ciel venuto<br />
Dal tuo Signore.<br />
Per via di un Messaggiero,<br />
Qual fu Gabriel beato,<br />
Che a te fece svelato<br />
Il Gran Mistero.<br />
Tu che bel Trono eletto<br />
Di Pace sei chiamata,<br />
Di tal Pace beata<br />
Empi il mio petto.<br />
Felix Coeli porta<br />
II Sumens illud ave<br />
Gabrielis ore;<br />
Funda nos in pace,<br />
Mutans Hevae nomen.<br />
Sumens illud ave,<br />
Gabrielis ore;<br />
Funda nos in pace,<br />
Mutans Hevae nomen.<br />
S’Eva nel Paradiso<br />
Madre fu ben del pianto;<br />
Tu il nome suo trattanto<br />
Mutast’in riso.<br />
42<br />
Tra ceppi, e tra catene<br />
Afflitti Rei gemiamo:<br />
Deh fa, che sciolti siamo<br />
Da sì gran pene!<br />
Un raggio di tua luce<br />
Concedi a nostre menti,<br />
E questo a te contenti<br />
Ben ci conduce.<br />
Tutt’i pensieri vani,<br />
I Mali, che ad ogni ora<br />
Ci affliggon, deh Signora<br />
Tieni lontani.<br />
Giacché tu in Ciel comandi,<br />
Ed hai tutti gli onori;<br />
I Beni, i tuoi favori<br />
Sopra noi spandi.<br />
III Solve vincla Reis,<br />
Profer lumen Caecis,<br />
Mala nostra pelle,<br />
Bona cuncta posce.<br />
Solve vincla Reis,<br />
Profer lumen Caecis,<br />
Mala nostra pelle,<br />
Bona cuncta posce.<br />
IV Monstra te esse Matrem,<br />
Sumat per te praeces<br />
Qui pro nobis natus<br />
Tulit esse tuus.<br />
Monstra te esse Matrem,<br />
Figli pur tuoi già siamo,<br />
A te ci diè il gran Padre;<br />
Mostrati nostra Madre:<br />
A te ci diamo.<br />
43
Fa tu le nostre veci;<br />
Per le tue Man dilette,<br />
Sieno care, e accette<br />
Le nostre preci,<br />
A chi con tanto amore<br />
Nascer volle per noi,<br />
E volle insiem con voi<br />
Rubarci il Cuore;<br />
E col nascer grazioso<br />
Mostrossi vostro Figlio;<br />
E noi dal gran periglio<br />
Scampò pietoso.<br />
Vergine singolare,<br />
Tuo pregio, ugual non ha,<br />
Né simil si potrà<br />
Giammai trovare.<br />
Tra tutti la più mite,<br />
La più dolce, e pietosa,<br />
La più cara, e graziosa.<br />
Cieli, che dite!<br />
Da nostre colpe sciolti<br />
Fa’ che noi siam; e poi<br />
Lodi daremo a voi,<br />
A voi rivolti.<br />
44<br />
Sumat per te praeces<br />
Qui pro nobis natus<br />
Tulit esse tuus.<br />
V Virgo singularis,<br />
Inter omnes mitis,<br />
Nos culpis solutos,<br />
Mites fac, et castos.<br />
Virgo singularis,<br />
Inter omnes mitis,<br />
Nos culpis solutos,<br />
Reprimi il nostro sdegno,<br />
E fa’ che miti siamo;<br />
Che casti ancor viviamo<br />
Ad alto segno.<br />
Mites fac, et castos.<br />
VI Vitam praesta puram,<br />
Iter para tutum,<br />
Ut videntes Jesum<br />
Semper collaetemur.<br />
Vitam praesta puram,<br />
Pura la nostra Vita<br />
Sia, e di macchia priva;<br />
Del che a te, Madre Diva,<br />
Chiediamo aita.<br />
Il nostro gran Viaggio<br />
All’eterne maggioni,<br />
A noi, per Te, si doni<br />
Senza dissaggio:<br />
Affin dopo sto essiglio,<br />
Vedendo in Ciel l’amato<br />
Gesù glorificato,<br />
Il vostro Figlio,<br />
Iter para tutum,<br />
Ut videntes Jesum<br />
Sempre collaetemur<br />
Sotto il vostro bel Manto,<br />
Sempre in grande allegrezza,<br />
Sempre in Mar di dolcezza<br />
Viviamo in canto.<br />
45
VII Sit laus Deo Patri,<br />
Summo Christo decus,<br />
Spiritui Sancto<br />
Tribus honor unus.<br />
Amen.<br />
Al Padre, al Figlio sia,<br />
Al Santo Spirito Amore,<br />
Lode, gloria, ed onore,<br />
Per te, o MARIA.<br />
Così sia.<br />
Il Fine<br />
Qui non soggiungo altro, se non che la lascio nel sagro Cuor di Gesù e di<br />
Nostra Immacolata Signora.<br />
46<br />
Di V(ostra) M(adre) R(reverendissi)ma<br />
Musciano 17 Marzo 1746.<br />
Indeg.mo primo Servo<br />
F(rancesco) A(ntonio) M(arcucci) D(ominus)<br />
D(ella) I(mmacolata) C(concezione)<br />
Breve Sermone sopra la gloriosa Assunta di nostra Signora<br />
Il testo non datato a motivo della grafia si presume possa appartenere all’anno<br />
1746. Non conosciamo il luogo e i destinatari del Sermone; l’Autore si rivolge ad essi<br />
come a “riveriti ascoltatori”. Introduce l’argomento con la sua solita sensibilità pedagogica,<br />
partendo dall’esperienza degli uditori: è risaputo che i sovrani nel giorno<br />
anniversario della loro elezione usano dispensare favori ai loro sudditi, a maggior<br />
ragione Maria SS.ma è premurosa nel beneficare e proteggere le anime che ossequiano<br />
la sua gloriosa Assunta.<br />
Ma quale tipo di ossequio e devozione gradisce Maria? Certamente “sono buoni i<br />
rosari, sono ottimi i digiuni e le visite delle chiese, i tridui e le novene”, purchè uniti<br />
alla devozione del cuore che consiste nel mantenersi lontani da ogni peccato, esercitarsi<br />
nella pazienza e nelle altre virtù. Questa fu la devozione che ebbero tutte le anime<br />
sante beneficate da Maria e che don <strong>Marcucci</strong> cita con esattezza storica perché siano<br />
di esempio e di incoraggiamento.<br />
Il Sermone si conclude con una breve preghiera rivolta alla stessa Regina del Cielo<br />
per invocare la sua protezione.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 176-179.<br />
Bonifazio Nardini, Assunzione di Maria al cielo, affresco, 1751, Ascoli Piceno,<br />
Casa Madre, lunetta nel locale della prima Chiesa a piano terra, oggi utilizzato<br />
come sala di ricevimento.<br />
47
1. Sogliono i Monarchi della Terra nel Giorno anniversario della loro<br />
assunzione al Trono dispensar vari favori e grazie a quei Sudditi, che rallegrandosene<br />
con essi, ne fan loro dimanda in contemplazione dell’assunto<br />
Real diadema e comando. E ciò avviene, a mio giudizio, perché la<br />
rimembranza delle prosperità avute rallegrando molto i cuori di chi le<br />
godette e a goderle pur segue, gli sprona a beneficar a larga mano quei<br />
che delle dette prosperità se ne congratulano. Or se tanto spesse fiate<br />
accade nel Mondo, altrettanto, e molto più, R(iveriti) U(ditori), succede<br />
sempre nel cielo. I Santi nel giorno della lor festa, giorno della loro<br />
assunzione all’alto trono della Gloria, sogliono dispensar a gran copia le<br />
Grazie ai loro divoti, che con vari atti di pietà cristiana ne hann fatte<br />
con essi le loro congratulazioni, le dimostrazioni di giubilo: tanto essi<br />
godono di una tal gloriosa rimembranza. Ma che dissi i Santi, la Regina<br />
medesima dei Santi, Maria SS.ma, non ha forse usato e non usa anche<br />
questo? Sì per certo. Anzi essa, siccome trapassa tutti i Santi nella gloria,<br />
così supera tutti i Santi nel beneficar quei suoi Divoti, che con vari<br />
apparecchi e tenerezze di affetto, si congratulano con Lei di qualche sua<br />
eccellente prerogativa, di qualche suo singolar privilegio. Ed eccovene<br />
la conferma, Uditori. Osservate com’essa abbia beneficato a larga mano<br />
quelle Anime, che con particolari ossequi di pietà han festeggiata la<br />
ricorrente festa della sua gloriosa Assunzione in Anima e in corpo in<br />
cielo, festa in cui ella fu assunta sopra tutti i cori degli Angioli alla<br />
destra del Figlio e fu con mille pompe, applausi e giubili di tutta la<br />
corte celeste, incoronata Regina del Paradiso, Signora e padrona<br />
dell’Universo. Vostra sia la pazienza in ascoltarmi, mia l’incombenza di<br />
mostrarvi quel che vi ho proposto.<br />
2. E qui sulle prime mi si presenta innanzi l’Istoria di Giovanni Re di<br />
Portogallo. Avete mai, Uditori stimatissimi, considerata la cagione per<br />
cui questo piissimo Re nella vigilia dell’Assunzione gloriosa di Nostra<br />
Immacolata Signora, disfece tanti Nemici, distrusse tante contrarie<br />
Armate e riportò tante Vittorie? Chiedetela al Tursellino Istorico (lib. 2,<br />
cap. 26) e udirete, che appunto fu, perché tutto lo studio di questo<br />
Monarca era di onorar con mille ossequi la Festa che celebriamo: per cui<br />
fu tanto grato alla Vergine, che insino nella detta Vigilia volle condurselo<br />
al cielo, come piamente si crede. Per questi medesimi ossequi in<br />
48<br />
onor dell’Assunta, consolò la Regina del cielo nell’anno 1338 i Padri<br />
Minori della città di Parigi, facendosi loro veder tutt’allegra col Santo<br />
Bambino in braccio, mentre cantavano in coro in questo giorno. Per tal<br />
motivo pur fu degna Santa Geltrude di veder in questa festa<br />
l’Immacolata Signora, vestida ed ornata di rose e di gigli, denotanti,<br />
come spiegò, le varie opere pie fatte dai suoi Divoti in affettuoso apparecchio.<br />
3. Ma chi può ridire i favori straordinari che altri ottennero per essere stati<br />
particolari ossequiatori dell’Assunzione di Maria? Leggete, leggete, di<br />
grazia, le sagre Istorie, miei Riveriti Ascoltanti e stupirete in vedere<br />
tanto impegnata la gran Madre di Dio in beneficare a larga mano i<br />
Divoti della sua Assunta gloriosa. Ah se qui fosse un San Giacinto<br />
Domenicano, udireste da lui quel grato racconto, come ei vidde calar<br />
dal Cielo vaga nuvoletta, dentro cui era la sua eccelsa Signora, la quale<br />
dopo averlo confortato con mille contentezze di paradiso, lassù in quella<br />
Patria Beata se lo condusse in questo glorioso giorno. E quasi lo stesso<br />
attestar vi potrebbero, se qui si trovassero, il Beato Sovore Fondatore<br />
dell’Ospedale di Siena, Sant’Arnolfo Vescovo Svesionense, Santo Stefano<br />
re di Ungheria, Santo Stanislao Kosca della Compagnia di Gesù e cento<br />
e mille altri con loro.<br />
4. Io quanto a me, vi confesso, Uditori miei stimatissimi, che rimanendo<br />
quasi fuori di me per la maraviglia non ho più lena di addurvi altri<br />
esempi in valida prova dell’assunto mio intrapreso. Vi prego soltanto,<br />
non già a considerar le finezze di amore che gustò la Beata Agnese di<br />
Montepulciano coll’aver avuto tra le braccia il Santo Bambino Gesù<br />
nella notte di questa festa, non già quelle che esperimentò la gran Serva<br />
di Dio Suor Cecilia di Palermo, o Suor Rosa Maria di Sant’<strong>Antonio</strong> con<br />
altre molte Anime fortunatissime; no, no, perché se a tutto questo<br />
aggiunger anche si dovesse la considerazione di quanti furono liberati<br />
da fiere tentazioni e malattie, quanti da strani pericoli e accidenti,<br />
quanti … ma a che tanto allungarmi in una cosa, che non avrebbe per<br />
ora fine, se aggiunger, dico, anche ciò dovesse, la vostra considerazione,<br />
Uditori, non sarebbe per aver termine dentro i limiti di poco tempo;<br />
vi prego dunque soltanto a riflettere a quel che vide e udì in questa festa<br />
49
la Beata Cristina dell’Ordine Cistercense. Stava questa tutta assorta in<br />
alta contemplazione, quando osservò che la granVergine calava dal<br />
Cielo una catena d’oro con una pietra molto preziosa, in cui eravi scolpito<br />
il SS.mo Nome di Maria unitamente co’ nomi di alcuni suoi<br />
Divoti; e sentì dire da Nostra Signora così, Come oggi son io nella mia<br />
Gloria, così tutti questi saranno meco in eterno. E questo sol vi basti per farvi<br />
rimaner persuasi, quanto sia premurosa Maria SS.ma in beneficare e<br />
proteggere le Anime ossequiose alla sua gloriosa Assunta.<br />
5. Ed essendo ciò verissimo, come dunque possiamo noi aver cuore in<br />
petto senza le ardenti fiamme di Amore verso una sì potente<br />
Benefattrice e Avvocata? Come non ci sentiamo riempiti di un desiderio<br />
grande di essere suoi veri Divoti e in particolare dell’Assunzione sua<br />
al Cielo? Ma che credete voi, in che consista questa vera divozione?<br />
Sono buone le corone e i rosari, ottimi sono i digiuni e le visite delle<br />
chiese fatte in suo onore e così pur sono i Tridui e le novene. Al certo<br />
piacciono molto alla gran Vergine, chi può negarlo? Ma se a tutto ciò<br />
non stia unita la nostra divozione del cuore, la divozione non sarà<br />
buona, non sarà vera. Quel mantenere il cuore e l’anima lontana da ogni<br />
peccato per amor di Maria, quell’esercitarsi nella pazienza e nelle altre<br />
virtù a suo riguardo, questo, questo fa che la divozione sia buona e vera,<br />
sia di cuore e sia gratissima alla suddetta Regina del Paradiso. E questa<br />
appunto fu la divozione principale che ebbero tutte quelle Anime<br />
Sante, che furono tanto beneficate, come udito avete. A questa adunque,<br />
appigliatevi, cari uditori. E voi, o Vergine gloriosissima, degnatevi<br />
di porgerci il vostro potentissimo aiuto, affinché con tal cuore ossequiandovi<br />
in questo mondo, possiamo poi giunger felicemente a godervi<br />
e glorificarvi nel Cielo. Amen.<br />
50<br />
Sacro discorsetto sopra l’Aspettazione del Parto<br />
di Maria Vergine SS.ma<br />
Il testo non datato, a motivo della grafia, si presume possa appartenere all’anno<br />
1746. Il discorsetto viene recitato di sera ad “Ascoltanti devotissimi”, in prossimità<br />
della solennità del santo Natale.<br />
L’argomento, sviluppato in cinque punti, è una meditazione sui sentimenti di attesa<br />
e di desiderio vissuti dalla SS.ma Vergine Maria dal momento dell’Annunciazione<br />
alla nascita del suo suo divin Figlio. Don <strong>Marcucci</strong> li paragona a quelli di Giobbe,<br />
espressi al capitolo 31 del libro omonimo. Ella desiderava con gli angeli la nascita di<br />
Gesù Salvatore perché finalmente fossero risarcite le loro cadute, come pure quelle dell’intero<br />
genere umano.<br />
E se gli angeli sono infinitamente grati a Maria SS.ma per il dono di Gesù,<br />
altrettanto dobbiamo esserlo noi e considerarla nostra Corredentrice.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> conclude il discorsetto invitando gli ascoltatori “a voler da qui in<br />
poi essere tutti di Maria con umili ringraziamenti, con ardentissimo amore, con servirla<br />
costantemente e voler ricevere Gesù Bambino nel nostro cuore per mezzo di una<br />
buona Confessione, e di una vera mutazione di vita”.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 141, pp. 1-4.<br />
Desiderium meum audiat Omnipotens 75<br />
(Giobbe cap. 31)<br />
Desideri, senza difetto alcuno d’impazienza, ma bensì con gran cumulo di<br />
meriti e di grazie, voglio, o Ascoltanti divotissimi, in questa sera dimostrarvi<br />
nella gran Regina del Cielo Maria V. SS.ma. Ella sin da quel felicissimo<br />
Giorno, in cui l’Arcangelo Gabriele le arrecò la felice ambasciata, che doveva<br />
esser Madre del Figlio di Dio, incominciò a sperimentare i dolci tormenti<br />
dei desideri per la sua Nascita. Questi furono quegli affanni beatissimi che<br />
la facevano esclamare e ripeter con le pazienti speranze di Giobbe: Desiderium<br />
meum audiat Omnipotens! E tai desideri erano di veder nato al Mondo questo<br />
suo Divin Figlio per la Redenzione del Mondo. Dalla quale Redenzione<br />
principalmente risultar poi ne dovea e la Riparazione degli Angioli e la mani-<br />
75 L’Onnipotente ascolti il mio desiderio.<br />
51
festazione della divina misericordia a pro del Genere umano. Pertanto, non siavi<br />
discaro, se bramate sapere quali fossero i desideri della gran Vergine, udir le<br />
incessanti brame di lei per i due suddetti Benefici. Incominciamo.<br />
1. Dolcissimi tormenti che affliggono con decoro gli affetti in Maria<br />
Vergine, sono i desideri della Nascita del suo amabilissimo Unigenito, del<br />
suo caro Gesù. Desideri veramente eccelsi, perché nati in Lei da questa<br />
riflessione, cioè che dalle sue purissime viscere uscir dovea il Riparatore<br />
delle cadute degli Angioli col redimere il Genere umano. Quindi è che<br />
l’Angelo Gabriele annunziandola, la pregò istantemente, come riflette<br />
S. Bernardino, a voler prestare il consenso di essere Madre dell’Eterno<br />
Verbo e la prega per parte di tutti gli Angelici cori, affinché fossero riempite<br />
quelle loro sedie, che erano vuote per la deplorabile caduta di Lucifero<br />
e dei suoi seguaci. Ed essa, che sopra tutti quei Cori si vedea in quel punto<br />
eletta, come loro Regina, s’immagini chi può, con qual veemenza di desideri<br />
sospirava il termine dei nove mesi della sua Verginale Gravidanza e<br />
quell’ora felicissima della Nascita Divina del suo caro Figlio. Dal vedersi<br />
Maria ossequiata, venerata e servita da quegli Spiriti celesti, che servono a<br />
Dio in Cielo, le pareva ogni istante antecedente alla Divina Nascita, un<br />
lungo intervallo di più secoli, perocchè ognuno di quegl’istanti si frapponeva<br />
alle sue brame di veder consolate le Angeliche Schiere.<br />
2. O beati adunque o Desideri sagrosanti di Maria sempre Vergine! Voi nel<br />
di lei cuore introduceste tutte le fiamme dei Serafini! Voi nel di lei purissimo<br />
Cuore ardeste il Divin fuoco dello Spirito Santo! Voi precorreste la<br />
Venuta del Verbo Incarnato, facendo sapere agli Angioli, per mezzo delle<br />
vostre vampe, che nell’Utero Verginale di Maria cresceva il loro<br />
Riparatore! Gli Angioli poi, che tutto ciò udivano non si partivano mai<br />
dalla loro Regina, ma standole sempre assistenti, pareva in un non so che<br />
modo, che anch’essi con i loro desideri uniti a quei della gran Vergine<br />
Madre procurassero di affrettare la nascita del loro Creatore. Sicchè le<br />
brame di Maria sembravano desideri degli Angioli e i desideri degli<br />
Angioli sembravano brame di Maria. Or riflettete al presente divoti<br />
Uditori in quali celesti vampe di brame divine si disfaceva il Sagro Cuore<br />
della nostra Immacolata Signora, desiderosa che creature sì nobili, quali<br />
sono gli Angioli, vedessero finalmente il risarcimento alle loro cadute.<br />
52<br />
3. Ma non erano questi soli i desideri dell’Imperatrice dei Cieli. Bramava<br />
essa di dar presto alla luce il suo Divin Figlio, affinché ancora si manifestasse<br />
la divina misericordia a pro di noi tutti, a pro di tutto il Genere<br />
umano. Portava la nostra eccelsa Signora un Cuor tale nel suo sagro<br />
Petto, che quanto più si avvicinava il tempo del suo purissimo Parto,<br />
tanto più bramava di darlo alla luce: Cruciabatur, ut pareret 76 (Apoc. 12).<br />
E ciò non per altro, se non per veder noi tutti con il restante de l’uman<br />
Genere, tolti dalle misere catene della schiavitù del peccato, incorsa per<br />
la disubbidienza del nostro primo Padre Adamo: tanto era bramosa<br />
della manifestazione della Divina Misericordia verso di noi. Rifletteva<br />
nelle sue contemplazioni al nostro estremo bisogno e lo compassionava;<br />
vedeva di aver nel proprio seno il Liberatore delle nostre afflizioni e<br />
desiderava di consegnarcelo col partorirlo o che crucis beatissimi! O che<br />
ardentissimi desideri!<br />
4. Se voi nol sapete, Uditori, erano le nostre colpe giunte a tal eccesso, che<br />
non si poteva arrecar loro rimedio, se questo non era infinito. Depositò<br />
la Misericordia Divina questo infinito rimedio dentro le purissime<br />
viscere di Maria Vergine, nascondendo sotto umana spoglia il Figliuol<br />
di Dio. E la gran Vergine, che dentro di sè il portava, tutta piena di<br />
desideri di partorirlo, in quali dolcissime smanie non lasciava cadersi il<br />
suo Cuore? O felicissimo San Giuseppe, che più volte ascoltò gli affannosi<br />
desideri di Lei, ora disciolti in copiose Lagrime, ora compartiti in<br />
infuocati sospiri, ora esalati in amorosi colloqui! Noi, noi, Uditori miei,<br />
giacevamo nelle più dense tenebre, che giammai produrre potesse la<br />
colpa; e Maria Vergine, la nostra cara Signora, che portava nel Sagro<br />
Ventre il vero Sole di Giustizia, immaginatevi se intensamente bramava,<br />
che uscisse fuora del suo Verginal Seno. Ella che fu predetta Madre<br />
di santo Amore, di bella dilezione: Mater pulchrae dilectionis 77 , come non<br />
dovea essere ancora Madre di tenera compassione? Ecco quanto siamo<br />
obbligati a Maria SS.ma! Ecco quanto le siam tenuti!<br />
76 Soffriva per il parto.<br />
77 Madre di amore santo.<br />
53
5. E se gli Angioli in cielo non fanno altro che adorarla, ringraziarla e<br />
amarla come loro Riparatrice, perché dunque anche noi qui in terra non<br />
l’adoriamo, non la ringraziamo, non l’amiamo come Apportatrice della<br />
nostra salute, come nostra Corredentrice? Se il Beneficio è uguale, perché<br />
uguale non deve essere la Gratitudine? Ella partorisce Gesù<br />
Bambino per noi, per porcelo nel nostro cuore; e noi perché vogliamo<br />
esser tant’ostinati, tanto ingrati col non riceverlo? Ah dunque, non più<br />
ingratitudine, non più ingratitudine verso una sì cara nostra Madre!<br />
Siccome essa desiderò la nostra salute, così noi desideriamo la sua<br />
Gloria: siccome essa ci amò come teneri figli, così noi riamiamola come<br />
tenera Madre: siccome essa ci diede con Amore il suo caro Bambino,<br />
così noi con amore riceviamolo per sempre nel nostro cuore. Su via, facciamo<br />
questa sera questo santo proposito, di voler da qui in poi esser<br />
tutti di Maria con umili ringraziamenti, con ardentissimo Amore, con<br />
servitù costantissima. Facciamo questo santo proposito, di voler ricevere<br />
Gesù Bambino nel nostro cuore per mezzo di una buona Confessione<br />
e di una vera mutazion di vita. Sì, si, Uditori cari, queste son pur le<br />
Brame della Regina del Cielo e noi dobbiamo compiacerla a tutto costo,<br />
perché non meno le sono obbligati gli Angioli per la loro Riparazione,<br />
di quel che le siamo noi obbligati per la nostra Redenzione. Ci ha concepito<br />
Gesù: ci ha partorito Gesù: ci ha donato Gesù. E tanto basta.<br />
54<br />
Viva Gesù e Maria,<br />
a cui sia Lode ora e sempre per tutti i secoli dei secoli.<br />
Amen<br />
Il Fine.<br />
Ignoto, quadretto dell’Immacolata che il Servo di Dio teneva a capo del letto, olio su rame,<br />
sec. XVIII, Ascoli Piceno, Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />
55
56<br />
CAP. II<br />
SERMONCINI<br />
PER OGNI SABATO<br />
DELL’ANNO 1752<br />
57
58<br />
Introduzione al capitolo<br />
I Sermoncini per i sabati dell’anno 1752 sono 25 e furono proposti da don<br />
<strong>Marcucci</strong>, dal 1 gennaio al 15 agosto dello stesso anno, festa dell’Assunzione di<br />
Maria al cielo, ai fedeli e alle Religiose dell’Immacolata, nella chiesetta omonima,<br />
ricavata l’anno precedente dalla ristrutturazione di un fondaco del monastero.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> realizzava così il desiderio di ripristinare un’antica tradizione<br />
della Chiesa romana della devozione dei sabati mariani, proponendo alla riflessione<br />
dei presenti un tema mariano, durante l’esposizione del SS.mo Sacramento che si concludeva<br />
con il canto delle litanie alla Vergine Santa.<br />
Al Vescovo di Ascoli Piceno mons. Tommaso Marana, così il Servo di Dio comunicava<br />
l’iniziativa: “Affin di far partecipare al vicinato del Monistero qualche Bene<br />
della Parola di Dio, giacché le Persone povere di quei contorni di rado la sentono, ho<br />
incominciato già, secondo il concertato, a raccontar ogni Sabato a sera in pubblica<br />
Chiesa un esempio della SS.ma Vergine e poi o recito, o fo recitare le Litanie. La gente<br />
vi concorre ed io vi vado frammischiando anche qualche cosa della dottrina o della<br />
confessione o Santa Messa, secondo che più vedo caderci a proposito” 1 .<br />
I Sermoncini sono trattazioni brevi, in stile familiare, volte a promuovere la santità<br />
di vita, fulcro della devozione mariana, attraverso l’esempio di tanti devoti di Maria.<br />
L’argomento viene sviluppato in sei o sette punti circa; è sempre introdotto da un proemio<br />
per motivare i fedeli all’ascolto e renderlo più interessante e si conclude spesso con una fervente<br />
preghiera rivolta alla SS.ma Vergine per impetrare il suo aiuto e la sua protezione.<br />
Quando il sabato coincide con la vigilia di grandi feste liturgiche o di santi significativi,<br />
don <strong>Marcucci</strong> unisce con grande abilità l’argomento mariano con il tema dettato<br />
dalla circostanza. Le suddette composizioni sono uno dei frutti più concreti della<br />
grande e convinta devozione mariana di don <strong>Marcucci</strong> e dello zelo costante e tenace nel<br />
diffonderla come il bene più grande per tutti.<br />
Pur nella loro semplicità stilistica e di linguaggio esse costituiscono un prezioso esemplare<br />
della migliore oratoria sacra del tempo, ricca di sana dottrina mariologica e teologica,<br />
ancorata alla Sacra Scrittura, alla dottrina dei Padri della Chiesa e della Tradizione.<br />
La maggior parte dei sermoncini 19 su 25 fanno parte della miscellanea n. 23;<br />
4 su 25 riguardanti la devozione di alcuni santi con la Madre di Dio, fanno parte<br />
della miscellanea n. 22 ed infine uno, riguardante la SS.ma Trinità in rapporto a<br />
Maria, fa parte della miscellanea n. 35.<br />
1 FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI, Relazione o sia Ragguaglio annuale dello stato temporale e<br />
spirituale della Congregazione e Convitto delle Religiose dell’Immacolata Concezione di Ascoli del<br />
1752 a Mons. Marana Vescovo, ASC 111, p. 58.<br />
59
SERMONCINO PRIMO<br />
Recitato il primo dell’anno 1752, ricorrendo il giorno del Sabato<br />
Con animo grato alla Vergine Santa e pieno di confidenza nel suo aiuto,<br />
don <strong>Marcucci</strong> comunica agli ascoltatori la sua gioia di poter iniziare, nella piccola<br />
chiesa dell’Immacolata posta sotta la sua cura, la devozione dei sabati mariani, da<br />
tempo desiderata; essa consiste nel recitare con stile familiare “qualche esempio devoto”<br />
di chi già l’ha praticata, per essere motivati a fare altrettanto; gli esempi vengono<br />
tratti dall’opera “Affetti scambievoli” del gesuita P. Auriemma.<br />
L’Autore si premura di esporre i motivi del perchè la tradizione abbia scelto il<br />
giorno di sabato per onorare la Vergine; anzitutto per ricordare la sua costanza nel<br />
credere che Gesù, morto nel giorno antecedente, sarebbe risorto, poi per partecipare al<br />
suo grande dolore per la perdita del Figlio divino ed infine, secondo alcuni studiosi,<br />
perché lo Spirito Santo dispose che la sua purissima Sposa, fosse concepita senza macchia<br />
originale in giorno di sabato.<br />
L’argomento del primo sermoncino dell’anno 1752 cade il primo gennaio ed è:<br />
“Il celebrare il sabato con qualche particolare divozione ad onor della Vergine, è una<br />
cosa di suo gran piacere e vien da lei molto ben ricompensata”. Viene sviluppato in sei<br />
punti con una introduzione.<br />
La funzione si conclude con la recita o con il canto delle litanie.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 1-6.<br />
Argomento<br />
Il solennizzare e celebrare il Sabato con varie divozioni in onor della Vergine<br />
è di suo gran piacere e vien da Lei molto ben ricompensato<br />
Ave Maria<br />
Quel lodevole ed antichissimo uso, praticato da tanti e tanti, di riverir con<br />
particolari ossequi la Gran Vergine, nostra Immacolata Signora, nel venerando<br />
Giorno a Lei dalla Chiesa consagrato, voglio dire nel SABATO, fu sempremai,<br />
Uditori miei stimatissimi, quella cosa, che al mio povero cuore<br />
apportò singolar gioia e contento. Ma cio chè più mi innamorò fu il risaper<br />
che in tante Città cattoliche e specialmente in Roma, si era sì lodevolmente<br />
introdotto di contar ogni Sabato al Pubblico un qualche esempio e miracolo<br />
della predetta Regina del Cielo, affin maggiormente la sua divozione nei<br />
60<br />
Cuori dei fedeli crescesse da giorno in giorno e si dilatasse. Ed oh quante le<br />
volte una tal gratissima rimembranza esclamare mi ha fatto, ed oh potessi<br />
pur io in questa mia diletta Patria aver il comodo di una benchè piccola chiesa,<br />
dedicata alla Vergine, quanto ben volentieri ne assumerei l’incarico di<br />
recitare ogni Sabato in stile famigliare qualche esempio divoto! Ma lodi pur<br />
mille e mille siano all’Immacolata Signora che consolarmi si degnò. Ecco di<br />
fresco qui aperto ad onore e titolo dell’Immacolata sua Concezione un nuovo<br />
sacro Tempio: ed essendosi degnata di darne a me la cura; mi ha dato anche<br />
il modo di adempiere i miei desideri, di eseguir le mie brame. Pertanto,<br />
riponendo in Lei tutta la mia confidenza, sin da questo giorno (giorno sì<br />
memorabile, perchè primo dell’anno ed insieme di sabato) vo(glio) porre in<br />
pratica il da tanto tempo premeditato disegno. Udite adunque su di che in<br />
questa prima volta ho ideato di favellarvi: Il celebrare il Sabato con qualche particolare<br />
divozione ad onor della Vergine, egli è una cosa di suo gran piacere e vien da<br />
Lei molto ben ricompensata. Favoritemi di attenzione; ed incomincio.<br />
1. Chiunque il pensiero rivolge sopra il motivo per cui il Giorno del sabato<br />
sia stato consagrato da Santa Chiesa alla Gran Vergine, non proverà<br />
molta fatica in rimaner tosto persuaso che riesca di gran piacer della<br />
stessa il celebrarlo con qualche particolare ossequio ed affetto. Vogliono<br />
alcuni Santi Padri ed in particolar San Bernardo (a), che anticamente<br />
fosse questo giorno dedicato alla Vergine ed onorato da’ suoi Divoti, in<br />
memoria della costanza, con la quale essa stette ferma nella fede, indubitatamente<br />
credendo ed aspettando che il suo Divin Figlio, già morto<br />
nel giorno antecedente, risorger dovea e verificar si dovevano tutte le<br />
sue Divine Promesse. Aggiungono altri, che un altro motivo fu per far<br />
rimembranza de’ dolori acerbissimi, nei quali ella stette, senza il suo<br />
caro Divin Figlio, immersa in questo Giorno. Ed altri finalmente son di<br />
parere, che una delle cagioni, per cui lo Spirito Santo dispose, che il<br />
Sabato fosse consagrato alla sua purissima Sposa, fu perchè in tal giorno<br />
ella fu concetta senza macchia originale, onde senza menomo neo di<br />
colpa unita fu l’Anima sua SS.ma col suo purissimo corpo (b).<br />
(a) S. Bernardo, De Passione c. 2.<br />
(b) Ven. Maria de Agreda, lib. 2. Myst. Civv. c. 15. num. 220.<br />
61
2. Ciò presupposto, senza che andiam rintracciando altri mille motivi che<br />
si potrebbero addurre e come adunque non riuscirà di gran piacere di<br />
Nostra Signora l’onorare il suo Sabato, se appunto in questo giorno,<br />
come fu detto, si onora la sua fede costante, si rammemorano i suoi acerbi<br />
dolori, si glorifica l’Immacolata sua Concezione? Gradisce molto la<br />
Vergine, chi può negarlo, che questi suoi misteri siano con ossequi particolari<br />
divotamente onorati; e perciò gradisce molto la celebrazione<br />
divota del Sabato; perchè appunto ogni ossequio fattole in questo giorno,<br />
ad onor dei predetti suoi cari Misteri viene diretto.<br />
3. Chi può qui ridire pertanto se con quanta liberalità una copiosa ricompensa<br />
essa dare si degna? Udite. Eravi in Sardegna una fanciulla di<br />
dodici anni di età, la quale essendo esortata dalla Madre a recitare ogni<br />
giorno la Corona alla Vergine e a digiunarle ogni Sabato, si mostrò<br />
ubbidiente circa la corona, ma non già quanto al digiuno del sabato;<br />
adducendo a quante mai d’istanze facevale la buona Madre, adducendo,<br />
dissi, mille scuse e con un finto non posso ricoprir, cercava il vero non<br />
voglio. Alla fine, ecco che una notte si sentì la fanciulla chiamar per<br />
nome: si desta, guarda chi la chiama e vede essere una bellissima e<br />
risplendente Signora; e sente dirsi così: Ubbidisci a tua Madre, digiuna il<br />
mio Sabato: e sel farai, io ti sarò di aiuto in tutti i tuoi bisogni. Si arrese tosto<br />
la figliuola, promise di farlo, e lo fece e perseverò per trent’anni nel suo<br />
Digiuno e nella sua Divozione del Sabato. Ma e la ricompensa, mi direte?<br />
Eccola e datene fede al P. Auriemma Gesuita, che nel to(mo) I. dei<br />
suoi Affetti scambievoli lo accenna (c), cioè sperimentò sempre mai in<br />
tutte le sue necessità di Anima e di Corpo un pronto aiuto di Maria<br />
SS.ma e particolarmente nel Sabato; che chiamar lo poteva Giorno del<br />
suo Soccorso e delle sue ricchezze.<br />
4. Bramate udirne altre ricompense? Interrogatene un poco<br />
quell’Assassino Capo dei Banditi, riferito da Giovanni Evolto (d) e vi dirà<br />
che pel Digiuno fatto nel sabato ad onor di Maria, questa non permise<br />
(c) P. Auriemma, Tomo I. cap. 17.<br />
(d) G. Erolto, Il Prato fior. lib.3. cap.7. esemp.2. (e) P. Auriemma, Tomo I, cap.17.<br />
62<br />
che morisse senza una buona confessione, allorchè da certi suoi Nemici<br />
gli fu tagliata la testa; mentre quel capo reciso dal busto gridò sempre<br />
confessione, sinchè non corse un Sacerdote a confessarlo; e a cui raccontò<br />
questa sua divozione.<br />
5. Dimandatene di vantaggio a San Gerlaco Romito in Fiandra e ditegli chi<br />
fu che gli mandò in punto di morte San Servazio sacerdote ad assistergli<br />
in quell’estremo su di quanto aveva bisogno? Se non la gran Madre di<br />
Dio in premio di quella visita che le faceva in ogni Sabato, portandosi<br />
dal suo Romitorio a piedi scalzi a visitarla nel Tempio di Aquisgrana,<br />
lontano da lui tre miglia (e). Su su Uditori, richiedetene ancora il Beato<br />
Ambrosio Domenicano ... ma a che più dimandarne, quanto già ne son<br />
ripiene le storie di tante singolarissime grazie e strepitosi miracoli oprati<br />
dalla Regina del Cielo in comprova di quanto le sia gradita la celebrazione<br />
ed onoranza del suo prediletto Sabato.<br />
6. Deh rivolgete piuttosto gli animi vostri a fermamente risolvere di prender,<br />
anche voi da qui innanzi, la divozione del Sabato ad onoranza della<br />
Nostra Immacolata Signora che sì lo gradisce. In più modi potete in tal<br />
giorno onorarla. Primieramente col far tal giorno in quaresima e col<br />
digiuno alla sera. Per altro i Santi con più rigore ancora lo digiunarono.<br />
La Beata Giovanna Carmelitana lo digiunava in pane ed acqua. Così pur<br />
facevano ad onore di Maria la Beata Dorotea vedova, San Nicola da<br />
Tolentino, San Diego Francescano, Santa Elisabetta Regina di Portogallo,<br />
Santa Giuliana Falconieri e tanti altri. Potreste anche onorar il Sabato<br />
con visitar qualche chiesa dedicata alla Vergine. Così si portava San<br />
Gerlaco, di cui sopra favellammo; così il piissimo Cardinal <strong>Francesco</strong><br />
Toledo in Roma, che in ogni Sabato si portava a piedi a visitar Santa<br />
Maria Maggiore; nè potevan trattenerlo o cocenti raggi di sole, o grossi<br />
nembi di pioggia. Finalmente celebrar potreste il Sabato con far<br />
limosine ai Poveri o con esercitarvi in altre opere di cristiana pietà. Così<br />
operava Giovanni Chetelio mercante, che in ogni Sabato si vestiva di<br />
misero panno di lino e si portava ad esercitar gli uffizi più vili e fatico-<br />
63
64<br />
si in qualche Luogo alla Vergine grato. Si cingeva di cilizio Santa<br />
Elisabetta Regina di Ungheria. Serviva ai lebbrosi in tal giorno Santa<br />
Radegonda Regina. Ed altre molte pie opere esercitate troviamo dai<br />
Santi in questo giorno a Maria dedicato. Aiutatevi pur voi da qui<br />
innanzi a far quanto potete per dar gusto alla Vergine; e poi vedrete per<br />
isperienza in voi stessi, quanto le sia grata la divozione del Sabato e con<br />
qual liberale munificenza la ricompensi. Ho finito. Noi per dar principio<br />
a qualche ossequio, le reciteremo ora divotamente le sue Laudi o<br />
sieno Litanie: che poi in ciascun Sabato a sera, dopo il Sermòncino, recitar<br />
seguiteremo.<br />
SERMONCINO SECONDO<br />
Recitato l’otto Gennaio 1752<br />
Il secondo sermoncino si sviluppa in sette punti e una introduzione. L’argomento<br />
“La tenera devozione verso la SS.ma Vergine è di gran giovamento per ravvivar la<br />
nostra fede verso il SS.mo Sacramento” è motivato dalla decisione di cominciare a svolgere<br />
la funzione dei sabati mariani alla presenza del SS.mo Sacramento esposto.<br />
Nella introduzione don <strong>Marcucci</strong> riconosce che sarebbe più opportuno parlare di<br />
Gesù anziché della Madre, giacché Egli viene esposto alla pubblica adorazione, ma<br />
sapendo “benissimo che l’onore del Figlio ridonda tutto ad onore della Madre e che gli<br />
elogi che si fanno della Madre sono tutti elogi del Figlio”, si “ingegnerà ad accoppiare<br />
un succinto discorso su dell’uno e dell’altra” perché siano entrambi più glorificati e<br />
lo fa attingendo all’insegnamento dei Padri della chiesa e attraverso l’esempio di tanti<br />
devoti di Maria che da essa furono aiutati ad onorare meglio l’Eucarestia.<br />
Le correlazioni tra Maria e Gesù sono tante afferma l’Autore. Secondo i Padri<br />
greci, fu la stessa Vergine Santa ad ottenere dal suo divin Figlio l’istituzione del<br />
Sacramento dell’Eucarestia, prefigurato nel miracolo delle nozze di Cana. Ella è<br />
anche paragonata “ad una ricca nave, che da lontano ci ha recato nel mondo il suo e<br />
nostro Pane Celeste”.<br />
Nell’Eucarestia c’è in qualche modo la carne di Maria avendo Ella generato Gesù<br />
nella carne; inoltre quando riceviamo la santa Comunione, possiamo ricorrere alla<br />
Madre che con tanta riverenza lo accolse e lo portò nel suo seno per nove mesi.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, 7-14.<br />
Argomento<br />
La tenera divozione verso la SS.ma Vergine è di gran giovamento<br />
per ravvivar la nostra Fede verso il SS.mo Sacramento<br />
Ave Maria<br />
Non so, Uditori riveriti se poteasi dare per me cosa più difficile, quanto è<br />
quella che mi si presenta in questa sera, cioè di dovervi favellar della Gran<br />
Vergine, a tenor della nostra già incominciata divozione del Sabato, quando<br />
in questa sera appunto si incomincia in questa Chiesa a far l’esposizione<br />
dell’Augustissimo Divin Sacramento; che in avvenire ogni ottavo Giorno di<br />
ciascun Mese si seguiterà. Ogni ragion vorrebbe che io, dispensandomi per<br />
questa volta dal favellar della Madre, discorressi solo del Figlio; il quale<br />
65
appunto comparir sull’Altare sotto i veli del Pane alla pubblica adorazione si<br />
degna, affine di riscuotere da noi più umili gli ossequi, più fervorosi gli<br />
affetti, la divozione più cordiale e sincera. Ma pure, sapendo io benissimo che<br />
l’onore del Figlio ridonda tutto ad onore della Madre e che gli elogi che si<br />
fan della Madre son tutti elogi del Figlio, sono a persuadermi senz’altro che<br />
non sarà discaro al Figlio, se a maggiore sua gloria, vi parlerò della Madre.<br />
Ciò nonostante, ingegnar mi vo(glio) in questa sera di accoppiar un succinto<br />
discorso su dell’uno e dell’altra; e far che parlandovi di Maria resti più<br />
glorificato Gesù; e favellandovi di Gesù resti più glorificata Maria. A noi pertanto.<br />
Eccovi il mio assunto. La Divozione verso la SS.ma Vergine ravviva molto<br />
la nostra fede ed il nostro ossequio verso Gesù Sacramentato. Alcune poche ragioni<br />
ed alcuni succinti esempiucci vi mostreranno la verità dell’assunto, se avrete<br />
la bontà di ascoltarmi. Diamo principio.<br />
1. La grande e maravigliosa correlazione che passa tra la Gran Vergine ed<br />
il SS.mo Sacramento fa chiaramente vedere quanto sia propria, anzi<br />
necessaria la devozione della prima per esser’ossequiosi ed amanti dell’altro.<br />
Lo credereste, Uditori? Noi questo ricco Tesoro che abbiamo<br />
del Divin Sacramento, dobbiamo pur riconoscerlo per mille titoli da<br />
quella beneficentissima Mano e da quell’amorosissimo Cuore di Nostra<br />
Immacolata Signora. Essa fu, al parer de’ Santi Padri Greci, che dal suo<br />
Divin Figlio l’Istituzione di così gran Sacramento richiese per beneficio<br />
comune e ne ottenne; allorchè nelle nozze di Cana con la dimanda<br />
della prodigiosa mutazione dell’Acqua in Vino, la miracolosa mutazione<br />
ancora del Pane in Corpo e del Vino in Sangue del suo Divin Figlio,<br />
allo stesso richiese, come i Padri predetti ce ne assicurano; e come dalla<br />
stessa misteriosa risposta che Gesù le diede del Nondum venit hora mea 2 ,<br />
può a meraviglia dedursi. Quindi a gran ragione del Savio è somigliata<br />
Nostra Signora ad una ricca Nave, che da lontano ci ha recato nel<br />
Mondo il suo e nostro Pane Celeste, Facta est quasi Navis Institoris, de<br />
longe portans Panem suum 3 . Onde ne viene, che noi qualor con i segni di<br />
gratitudine abbiam fregiato il cuore nel petto, non possiam, per dir<br />
2 Non è ancora venuta la mia ora.<br />
3 Ella è diventata per così dire una nave che da lontano porta il suo Pane.<br />
66<br />
così, o portarci ad adorare Gesù Sacramentato, o pascerci delle sue Divine<br />
Carni, senza far memoria della sua SS.ma Madre, per cui mezzo tanto<br />
Bene ci venne. Che perciò tutto il giorno noi osserviamo e ne restiam’istruiti<br />
dall’uso lodevolissimo e comune di Santa Chiesa, che quante<br />
le volte si faccia l’esposizione dell’augustissimo Sacramento, prima di<br />
riceverne la santa benedizione, si fa la commemorazion della Vergine<br />
col dolce Canto delle sue Lodi o Litanie, come dir le vogliamo: volendoci<br />
così istruir la stessa Chiesa nostra Maestra, che per degnamente<br />
onorar Gesù Sacramentato, per più ossequiarlo, per ravvivar la nostra<br />
fede verso di lui, altro mezzo più proprio non si trova, se non ricorrere<br />
alla sua amantissima Madre, se non invocar la sua protezione, il suo<br />
aiuto. Onde avrebbe pur avuto da sentir ben grande ribrezzo (e ciò sia<br />
detto come episodio) chi con tanta franchezza disapprovò nei suoi Libri<br />
l’uso delle sacre Lodi di Maria in occasione dell’esposizione del SS.mo<br />
Sacramento (a).<br />
2. Ma facciam ritorno al nostro proposito. Come la divozion della Vergine<br />
non esser un efficacissimo mezzo per più ossequiar Gesù Sacramentato, se<br />
oltre all’obbligo che ci corre di riconoscer da Lei così gran benefizio,<br />
abbiam di più la bella sorte di venerar le sue Carni e di pascercene ancora,<br />
qualor divotamente ci comunichiamo. Mi spiego. Caro Christi caro<br />
Marie 4 , dice il grande Agostino. La Divina Carne di Gesù è Carne preziosa<br />
di Maria. Non già che nel Divin Sacramento vi sia il Corpo purissimo<br />
di Maria: no, perchè ciò credere, sarebbe un’orrenda eresia: sapendo<br />
noi di certo per fede, che solamente vi è in realtà e sostanza il<br />
Divinissimo Corpo di Gesù Cristo. Ma è verissimo bensì che, siccome<br />
questo corpo Sacrosanto di Gesù fu formato per virtù dello Spirito Santo<br />
dal Sangue purissimo di Maria, perciò nel Divin Sacramento ancorchè<br />
non vi sia, nè vi possa essere il Corpo di Maria, pure vi è un corpo adorabile<br />
formato dal suo Sangue; onde in qualche modo può dirsi, come lo<br />
disse Agostino, che la carne di Gesù è carne preziosa di Maria. Quindi<br />
noi o prostrati avanti il SS.mo Sacramento, oppur ascondendolo nel<br />
(a) Lamindo Pritanio, nella sua Regolata Divozione.<br />
4 Carne di Cristo Carne di Maria.<br />
67
nostro petto, dir possiamo con tutta verità, ecco, o Gran Vergine che io<br />
adoro, ecco che io tengo quello stesso vero Corpo Divino che dal vostro Sangue<br />
purissimo fu formato: adoro il vostro Figlio; tengo quelle Carni Divine che<br />
vostre pur sono!<br />
3. Aggiungete di vantaggio, cari miei Uditori, che noi o accogliendo con<br />
umili e divoti affetti il Sacramentato Signore, o tenendolo con tutta<br />
divozione e riverenza dentro di noi, veniamo ad assimigliarci in qualche<br />
modo, mi sia qui lecito il dirlo, alla Gran Madre di Dio; la quale<br />
con profonda riverenza ed umiltà lo accolse nel suo purissimo Seno e<br />
con atti eroici ed inesplicabili di finissimo Amore nelle sue Viscere<br />
Verginali lo tenne. Così ebbe la sorte di udirlo da un Angelo un dì<br />
della Comunione il B. Samuele Domenicano: Samuele, gli disse, la tua<br />
Comunione è stata in certo modo somigliante al maraviglioso congiungimento che<br />
fece il Divin Verbo nell’Utero purissimo di Maria: onde tu sei divenuto in qualche<br />
parte a Lei simile; inperocchè la Carne Divina di Gesù si è molto intimamente<br />
congiunta al Cuor tuo (b). Dal che raccorre possiamo che non essendo<br />
possibile venerare o ricevere Gesù Sacramentato, senza far rimembranza<br />
della sua SS.ma Madre per le tante correlazioni che passano tra<br />
Lei ed il Sacramentato Signore; perciò non vi sia mezzo più efficace<br />
per venerare questo con più di affetto divoto, che ricorrere a quella ed<br />
ossequiarla.<br />
4. In maggior comprova di ciò, più e più volte la stessa Regina del Cielo<br />
si è degnata palesar ciò ai suoi Divoti ed esserle essa medesima mezzana<br />
e maestra. Bramava Santa Geltrude di comunicarsi degnamente e<br />
pensando non potersi trovare mezzo più efficace che ricorrere alla SS.ma<br />
Vergine, a questa fece ricorso, pregandola caldamente che le insegnasse<br />
il modo di venerar Gesù Sacramentato e di ben riceverlo. Pronta la Gran<br />
Signora le apparve e consolandola con un buono ammaestramento, le<br />
disse che offerisse al suo caro Divin Figlio quelle accoglienze che ella gli<br />
fece nel riceverlo entro il suo Verginal Seno e tutte le sue virtù: e le pose<br />
poi in petto un vago gioiello, tempestato di sette preziose gemme, in<br />
(b) P. Marches. in Diar. Sacr.<br />
68<br />
significato dell’Amore e di sette principali virtù con cui essa lo accolse:<br />
onde la Santa con sì nobile ornamento più disposta si rese a venerare e<br />
ricevere Gesù Sacramentato. Il che avendo Geltrude insegnato alle sue<br />
Religiose, vide che nel mentre ciascuna si comunicava, la Vergine la<br />
ricopriva col suo Manto e diceva al Divin Figlio, Causa mei hanc aspice,<br />
dulcissime Fili 5 : A mio riguardo, o mio dolcissimo Figlio rimira con<br />
occhi benigni costei che con le mie virtù viene a riceverti (c).<br />
5. Vide nella mattina del S. Natale sopra l’Altare un grazioso Fanciullo<br />
grondante di vivo sangue un santo Monaco Cistercense, detto Gereone e<br />
fortemente temendo di detta Visione, stimandosi indegno di accostarsi<br />
alla Sacra Mensa, lasciò di comunicarsi. Ma siccome Gereone era molto<br />
divoto di Maria SS.ma, fu questa pronta a consolarlo con la sua presenza,<br />
a levargli il timore e ad istruirlo col dirgli che in avvenire non<br />
lasciasse più di comunicarsi per timore d’indegnità, perchè niuno veramente,<br />
per gran Santo che fosse, ne era degno: ma che si disponesse con<br />
la purità di coscienza e con l’esercizio delle virtù e si comunicasse: ed<br />
essa gli sarebbe stata in aiuto. Onde il Santo Monaco ne rimase molto<br />
consolato e contento (d).<br />
6. Si trovava un Sacerdote, per tacer di altri mille esempi, molto tentato<br />
dal demonio circa la verità del SS.mo Sacramento; e siccom’era molto<br />
ossequioso verso di Nostra Signora, a lei ricorreva continuamente con<br />
molte lacrime. Dopo qualche tempo di prova, celebrando egli una mattina,<br />
appena consacrato, sparir si vide dagli occhi la sacra Ostia. Pensi<br />
ognuno come egli rimanesse e con qual misto di dolore e spavento.<br />
Ricorse tosto alla consolatrice degli Afflitti; e questa pronta apparendogli<br />
e portando tra le Braccia il suo SS.mo Figlio, Ecco, Figlio, gli disse<br />
quello che veramente e realmente sotto quelle specie di Pane e di Vino si contiene.<br />
Ricevilo con somma riverenza; accoglilo con grande amore; trattalo con vera<br />
divozione. Ed in così dicendo glielo pose sopra il Corporale: ed il Divino<br />
5 Per me guarda Costei o dolcissimo Figlio.<br />
(c) In vita S. Gertrude, et P. Marches, par. I, Diar. Sacr. 20, Januar.<br />
(d) P. Marches, par. I, Diar. Sacr. Tomo 3, die 1 Augusti.<br />
69
Fanciullo ritornò come prima sotto le specie dell’Ostia. Quanto rimanesse<br />
compunto e consolato il pio Sacerdote, ciascun lo consideri.<br />
Non sapeva saziarsi di adorare e benedir nel tempo stesso e la Maestà<br />
del Divin Figlio e la benignità della Madre (e).<br />
7. Tanto serve di aiuto la divozione della Vergine per ravvivar la nostra<br />
fede, i nostri ossequi, gli affetti nostri verso l’augustissimo Sacramento.<br />
Se adunque noi, non già per una pietà di supererogazione e di elezione,<br />
ma per divozione di obbligo e di indispensabile professione cristiana,<br />
esser dobbiamo ossequiossimi verso il Sacramentato Signore; chi vi sarà<br />
tra di noi che a tale effetto non ricorrerà alla Regina del Cielo, che non<br />
sarà da qui in poi con più di premura suo divoto, suo Servo? O che non<br />
fecero, che non studiarono i Santi! San Giovanni Crisostomo fece porre<br />
nella sua Liturgia o sia Rituale per la Messa, una divota preghiera da<br />
farsi alla Nostra Signora prima della S. Comunione (f). San Carlo<br />
Borromei, non può esprimersi, se con quali affetti ricorreva a Maria<br />
SS.ma dopo di essersi comunicato (g). Lo stesso praticava San Pasquale<br />
Baylon, come può vedersi nella sua vita. Chi può ridire quali e quanti<br />
fossero gli ossequi fatti alla gran Madre di Dio da Santa Metilde affin la<br />
facesse degna di Gesù Sacramentato? Non si accostava mai alla mensa<br />
degli Angeli, se prima non si gettava ai Piedi della Vergine. Così stilarono<br />
ancor, per finirla, tanti altri Santi; che tutta quella vivezza di fede<br />
e tenerezza di affetti ch’ebbero verso il SS.mo eucaristico Sacramento,<br />
dalla singolar divozione verso la Regina del cielo la riconobbero. E la<br />
riconosceremo ancor noi per esperienza, cari Uditori, se nel nostro cuore<br />
vincerà sempre l’Amore di Maria; come io in tutti desidero e a tutti caldamente<br />
raccomando. Diceva.<br />
(e) G. Erolto, Il Prato fior. lib. 1, cap. 2. esemp. 3.<br />
(f) P. Marches, Diar. Sacr. Tomo 1, die 5 feb.<br />
(g) Diar. Sacr. loc. cit.<br />
70<br />
SERMONCINO TERZO<br />
Recitato Sabato 15 Gennaio 1752<br />
Il terzo sermoncino si sviluppa in cinque punti. Nell’introduzione don <strong>Marcucci</strong><br />
riprende dalle visioni di Santa Teresa un’immagine molto forte per affermare che moltissimi<br />
cristiani vanno all’inferno a motivo di una cattiva confessione; il loro numero<br />
si può paragonare ai fiocchi di neve che d’inverno cadono sulle nostre montagne.<br />
Il rimedio a tanto male costituisce l’argomento del Sermoncino: “La devozione della<br />
SS.ma Vergine è di giovamento grandissimo per fare una buona confessione sacramentale”.<br />
A sostegno dell’argomento porta gli esempi del Domenicano Enrico de Castro, a<br />
cui apparve la Vergine Santa per raccomandargli di fare bene la confessione e di una<br />
devota Matrona che, nonostante le sue numerose opere buone, morì senza aver confessato<br />
un peccato della giovinezza. La Vergine Santa le ottenne di ritornare in vita per<br />
confessarsi bene e così essere in eterno salva.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 23-30.<br />
Argomento<br />
La divozione della SS.ma Vergine è di giovamento grandissimo<br />
per fare una buona Confessione Sacramentale<br />
Ave Maria<br />
Egli è così necessario il ben confessarsi, voi lo sapete, Uditori carissimi, che<br />
senza la buona sacramental Confessione non vi è nè perdono, nè Grazia, nè<br />
Cielo. Quindi non fia maraviglia se dei Cristiani se ne dannano tanto e poi<br />
tanti, che piomban giù all’Inferno in quella foggia che nei nostri Monti a<br />
gran copia cade la Neve, come diceva Santa Teresa; perchè appunto tanti e<br />
tante son quelle che si confessano malamente e con sacrilegio: dal che ne<br />
ridonda al demonio una messe così copiosa di Anime Cristiane; come segue<br />
a dire la Santa predetta. Osservate di grazia s’è così. Molti e molte mancano<br />
nell’esame di coscienza; perchè trovandosi talora con l’Anima aggravata<br />
di colpe gravi, non pongono quasi studio veruno in ricercarle con un<br />
diligente esame; onde lasciandole nella accusa, è come se a bella posta le<br />
tralasciassero; perchè la loro dimenticanza può dirsi per loro volontaria.<br />
Moltissimi poi e moltissime sono manchevoli nel pentimento e dolore vero<br />
e sincero delle lor colpe commesse e nel fermo ed efficace proposito di non<br />
più farle; portandosi però alla confessione come per uso, senz’animo vero<br />
71
di far pace perpetua con Dio. Altri poi ed altre difettano nell’accusa dei<br />
peccati, o tralasciandone dei gravi talora per ripugnanza, o scusandosi con<br />
ridare tutta la colpa ad altri, o tacendo le occasioni cattive che frequentano.<br />
Alcuni ed alcune per finirla mancano ancora nell’adempier la Penitenza<br />
imposta loro dal Confessore e talor grave, o non facendola in conto veruno<br />
o strapazzandola. Tantochè egli è pur troppo vero, che eziandio il ben confessarsi<br />
sia così necessario, quanto lo è il salvarsi, pure da tanti e tante vien<br />
sì trascurato che per questa trascuratezza vien di Anime a riempirsi<br />
l’Inferno. Che rimedio adunque, direte voi, può apprestarsi per risarcire ad<br />
un tanto disordine? Due ve ne suggerirò, l’uno a voi lo rimetto ed è disporsi<br />
meglio e far dal suo canto quanto si può per ben confessarsi: l’altro, e di<br />
questo oggi vi parlerò, è il raccomandarsi di cuore a Nostra Immacolata<br />
Signora affin ci impetri da Dio lume per conoscer le nostre colpe, contrizione<br />
vera per piangerle e mutarsi e grazia per ben confessarsi. Perciocchè,<br />
dovete voi sapere, ed eccovi l’Assunto, che la Divozione verso la SS.ma<br />
Vergine è di giovamento grandissimo per fare una buona Confessione Sacramentale.<br />
Uditelo da alcuni esempi: e do principio.<br />
1. Ottimo e comune stile dei Santi e degno mille volte di essere da noi<br />
imitato, è stato quello di ricorrer con calde preghiere alla Gran Madre<br />
di Misericordia e sicuro Rifugio dei Peccatori, prima di portarsi ai piedi<br />
del confessore. L’esempio di Santa Maria Egiziaca, di Santa Margherita<br />
di Cortona e di altri innumerabili, ci contestano quanto mai di giovamento<br />
ritraessero da sì lodevole pratica. E per parlarvene di uno.<br />
Singolarissimo era nella tenera divozione di Maria un venerabile<br />
Religioso dell’Ordine illustrissimo Domenicano, chiamato Errigo del<br />
Casto Fiammingo (a). Questi alla Vergine tutti i suoi pensieri ed affetti<br />
dirigeva, alla Vergine i suoi studi, le sue fatiche, i suoi patimenti, i suoi<br />
impieghi; alla Vergine insomma consacrava più volte al giorno tutto se<br />
stesso. E particolarmente poi, qualora avea da confessarsi, chi può qui<br />
ridire le calde suppliche che alla Celeste Signora faceva; chi può spiegar<br />
gli affetti, le lacrime, i sospiri che innanzi al suo Altare o alla sua Sacra<br />
immagine tramandava, affin si degnasse di dargli lume per conoscer le<br />
(a) P. Marches. Tomo 4, Diar. Sacr., 17 ottobre.<br />
72<br />
sue colpe, contrizion gli impetrasse per piangerle amaramente e maniera<br />
per saperle ben accusare al Confessore (ah, Uditori, tanto facevano i<br />
Santi, sia detto per breve digressione e noi che facciam che siamo sì peccatori?).<br />
Giudicate voi qui se che speciale assistenza poteva al suo diletto<br />
Errigo prestare la Vergine? Ricavatelo sol da questo. Gli comparve un<br />
giorno, mentr’egli a confessarsi era disposto, e dopo avergli dati alcuni<br />
ammaestramenti intorno alla buona confessione, Accusati, Figlio, gli<br />
soggiunse, che ti sei trattenuto più tempo di quel che dovevi, ragionando alla<br />
Porta co’ Secolari; e di poi dicesti la Messa con poco fervore. Da’ quali grazie<br />
Errigo del Casto divenuto sempreppiù grato verso la sua Celeste Maestra,<br />
si studiò di insinuare ad altri ancora questo lodevole uso di riccorrere a<br />
Lei divotamente per ottenere una buona confessione. E ciò avendo<br />
appreso tra gli altri un Religioso dello stesso Ordine; allorchè questi si<br />
trovava agitato dall’ultima malattia (Udite maraviglia maggiore); tosto<br />
Nostra Signora ad Errigo comparve, dicendogli, Va va, mio Diletto; portati<br />
ad ascoltar la confessione di quel Religioso che me invoca in aiuto; digli,<br />
rammentagli i tali e tali peccati (e glieli nominò) da lui dimenticati; acciocchè<br />
possa io favorirlo di mia assistenza nel passaggio, che ei farà da questa vita.<br />
2. Or che ve ne sembra, Uditori? Ah che è pur vero, che per fare una buona<br />
Confessione la divozion verso la Vergine egli è di un grandissimo aiuto.<br />
Lo credereste? S’impegna talora la gran Madre di pietà di metter mano<br />
a stupendi Miracoli, affin di ritoglier dalla Morte e dalle fiere spaventevoli<br />
zanne de’ dragoni infernali, qualche Anima che a Lei continuamente<br />
per una confessione ben fatta ebbe ricorso. Un solo celebre e<br />
maravigliosissimo fatto, narrato da un altro Errigo, cognominato Gran,<br />
nel suo Specchio degli esempi, potrà vederne buona testimonianza.<br />
Rinnovatemi l’attenzione. Vi fu una nobile vedova Matrona, tutta dedita<br />
alla pietà; alla divozione, all’esemplarità tutta intenta; e quel che è<br />
più per la pia educazione di un’unica sua figliuola tutta premurosa e<br />
zelante. L’ossequio poi verso la gran Madre di Dio lo professava talmente,<br />
che giornalmente le offriva corone e rosari; a suo riguardo dispensava<br />
limosine: e bene spesso innanzi ad un Altare della suddetta Regina<br />
del Cielo con molte lacrime e calde preghiere ore ed ore se la passava.<br />
Una sola cosa aveva di male; ma che dissi di male, quando di peggio e<br />
di pessimo per lei potea io nominarla, a motivo che a lei rubava il valo-<br />
73
e ed il merito di tutto il ben che faceva. La deplorabilissima cosa era<br />
che sin dalla sua gioventù si confessava dimezzatamente e sacrilegamente;<br />
perchè un certo peccato in quell’età giovanile da lei commesso, non<br />
potè mai indursi per motivo di erubescenza a chiaramente confessarlo.<br />
Ai rimorsi continui di sua rea coscienza ella talor si risolveva di mutar<br />
Confessore ed uno trovarne straniero a cui senza tanto ribrezzo aprirsi<br />
potesse. Ma giunta anche ai piedi di questo; oimè, riserbava per ultimo<br />
quel che sulle prime palesar si doveva: onde a quell’estremo ridotta,<br />
vinta pur da ripugnanza, con un nuovo sacrilegio le sue reitadi accresceva;<br />
e sempreppiù nuovi chiodi al suo cuore, nuove spine al suo spirito<br />
calcando andava. Misera, infelicissima donna! E che prò caverai da tante<br />
tue Orazioni, da tante tue Lacrime, da tante tue Opere di Cristiana<br />
pietà; che giovamento, che utile, quando nell’essenziale tu manchi?<br />
3. Udite, e stupite Ascoltanti miei riveriti. Tuttochè a questa sfortunata<br />
Signora, la sua divozione e pietà nulla serviva di merito, le serviva non<br />
di meno per muover la Madre di Misericordia, tanto da Lei giornalmente<br />
implorata, ad usarle qualche finezza con impetrarle da Dio lume per<br />
ravvedersi, forza per vincersi, vittoria per emendarsi. Benchè, oimè,<br />
cedendo essa sempre alle sue ripugnanze e non corrispondendo agli<br />
influssi benefici che dal Ciel della Vergine continuamente le grondavano<br />
sopra, persister volle sino alla morte con la sua ritardanza, con l’erubescenza<br />
sua troppo ostinata. Ma, e l’Imperadrice dell’Universo che farà,<br />
che fece? Eh via, ch’ella non è già Rifugio dei Peccatori ostinati e protervi:<br />
Rifugio è sol dei Peccatori convertiti o efficacemente a convertirsi<br />
disposti; come essa medesima lo disse a S. Brigida, Ego sum Refugium<br />
Peccatorum paenitentiam agentium 6 . Non vuol già essa esser tentata a<br />
Miracoli contra l’ordine giustissimo delle Sante Leggi ordinarie: non<br />
vuol già che sotto la speranza di sua Protezione si prenda aura, baldanza,<br />
sicurezza eccedente. Eh, che chi suo rischio vuol, suo rischio pianga!<br />
4. Eppure, lo pensereste mai, Uditori? La Regina de’ Cieli per questa volle<br />
che si dispensasser le Leggi, per questa si dasse mano a stupendi mira-<br />
6 Io sono rifugio dei peccatori che fanno penitenza.<br />
74<br />
coli. E come? Eccolo. Appena spirata la misera donna, nel mentre che<br />
accorrono tutti festosi a rapirla gli Spiriti di Abisso, pronta si fa loro<br />
incontro la Celeste Regina: “Olà, lor dice, olà, che ardire mai è il vostro,<br />
porre le Mani in quest’Anima, quando essa per esser liberata da voi a<br />
me ricorre? Si ha essa stessa, è vero, procacciata con le sue Confessioni<br />
sacrileghe questa morte infelice; ma pure sapete voi molto bene quante<br />
suppliche a me ha fatte, quante lacrime innanzi al mio Altare ha essa<br />
sparse per impetrar Grazia di una buona Confessione. Olà adunque, ho<br />
ben io tutta l’autorità dal Divino mio Figlio: riportate quest’Anima nel<br />
suo Corpo: torni essa in vita: abbia spazio di ben confessarsi: e voi, audaci,<br />
maligni, Nemici giurati del comun bene, partitevi di qui e veloci<br />
tornate a piombare negli Abissi”. O portenti, o Miracoli, o prodigi della<br />
Protezion di Maria!<br />
5. Tanto infatti avvenne alla fortunata Matrona. Tornò essa in vita.<br />
Raccontò tutto il successo alla sua unica Figlia, che intorno al suo Letto<br />
tutta bagnata di Lacrime singhiozzando sen stava; e a tutti gli Astanti,<br />
che in parte atterriti, ed in parte sopraffatti da maraviglia, con un profondo<br />
silenzio le facevan corona. Indi chiamato un Confessore, con<br />
molte lacrime di pentimento sincero del suo tanto tempo taciuto peccato<br />
fece prima l’accusa; poi di tutte le sue Confessioni e Comunioni<br />
malfatte e di tutta la vita sua scolpata si volle. Infine ricevutane l’assoluzione;<br />
tra mille benedizioni, tra mille cordiali ringraziamenti che<br />
dava alla sua potente Liberatrice, tornò ad esalare il suo Spirito, si riposi<br />
con pace: lasciando a noi un bellissimo documento, non già di tentar<br />
la Vergine a far tali miracoli, ma bensì di raccomandarci a Lei continuamente<br />
per la Grazia di ben confessarci. Mentre e dal presente esempio,<br />
e dall’altro sopramemorato e da cento e mille altri che contar se ne<br />
potrebbero, uniti a mille ragioni, si cava esser vero, verissimo, che la<br />
Divozione verso la SS.ma Vergine è di giovamento grandissimo per fare una<br />
buona Confessione Sacramentale. Diceva.<br />
A tal’effetto adunque, per ottener anche noi tal grazia, le reciteremo ora<br />
divotamente le Litanie.<br />
75
SERMONCINO QUARTO<br />
Recitato Sabato 22 Gennaio 1752<br />
Il Sermoncino è sviluppato in otto punti ed una introduzione e si propone di dimostrare<br />
che la SS.ma Vergine gradisce molto la nostra devozione, nonostante i nostri<br />
demeriti e le dispiace la nostra infedeltà. Come Madre tenerissima, Avvocata,<br />
Tesoriera e dispensatrice dei divini tesori, ella gradisce ogni gesto d’amore a lei rivolto<br />
e soffre di ogni trascuratezza o infedeltà. Dimostra l’argomento con l’esempio di<br />
quel giovane che stava godendo la sua giovinezza tra giochi e frivolezze. Un giorno<br />
entrò in chiesa per mettere al riparo il suo prezioso anello, ma colpito dallo sguardo di<br />
un’immagine della Vergine, le chiese se poteva essere suo Sposo e fece cenno di donarle<br />
il suo anello. La Vergine in segno di condiscendenza prese l’anello e se lo infilò nel<br />
dito. Uscito fuori però il giovane dimenticò il suo speciale sposalizio, allora gli apparve<br />
la Vergine santa per ricordarglielo ed egli, tutto confuso, cambiò finalmente vita e<br />
visse con fedeltà la promessa fatta alla Vergine santa.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 15-22.<br />
Argomento<br />
Quanto riesca di gradimento alla SS.ma Vergine<br />
la nostra divozione verso di Lei<br />
e quanto le sia di dispiacere la mancanza di nostra Fedeltà<br />
Ave Maria<br />
L’eterna, adorabile, Divina Provvidenza, che a tutte le create cose una disposizione<br />
sì giusta diede, sì ordinata, sì bella, dispose ancora ab eterno, che<br />
Colei, la quale vestir dovea nel tempo per opra Divina di umana Carne il<br />
Divin Verbo, fosse e dei Cieli e della Terra l’Arbitra, la Signora,<br />
l’Imperadrice: onde a Lei soggettar si dovessero umili e riverenti e quante<br />
mai di SS.me pure Creature accoglie l’empireo; quanti mai di viventi contiene<br />
il Mondo; e quanti mai ancora di Spiriti traditori e ribelli asconde<br />
l’Abisso. Ammirando noi dunque, Uditori, con profonda riverenza queste<br />
adorabili disposizioni della Provvidenza Divina e riconoscendo in sì sublime<br />
posto di Padrona universale e Regina l’Immacolata nostra Signora Maria<br />
SS.ma; chi vi ha tra di noi che nel tempo stesso non scorga l’estremo<br />
bisogno che abbiamo del suo Patrocinio potente ed in conseguenza la gran-<br />
76<br />
de necessità di esserle buoni e fedelissimi Servi, umili e veri Divoti?<br />
Tutti i Cattolici già chiaramente ciò ravvisano e a pieni voti lo accordano ed<br />
ancor lo confessano. Ma il punto sta, che non tutti poi se ne servono per professar<br />
quella servitù e divozione, che sì necessaria conoscono. Mi direte: Ah,<br />
la gran maestà della Vergine, la Dignità e Santità sua ineffabile, chi sa, se<br />
permettale abbassarsi tanto ad ascoltar nostre povere suppliche, gradir nostre<br />
misere offerte? Felici noi, se del suo gradimento fossimo degni, ed alla sua<br />
servitù fossimo ammessi! O Dio, che dite, che dite, Uditori? E che? Credete<br />
voi forse che la Vergine, perchè si vede elevata in posto sì sublime sdegni i<br />
nostri ossequi, le nostre offerte? Eh via! Anzi essa gode molto di esser sì<br />
sublimata, appunto perché vede aver mille modi di rimunerar la nostra divozione<br />
verso di Lei. Credetemi pure pertanto e vi serva per argomento del mio<br />
succinto discorso che riescono di molto suo gradimento i nostri osssequi che le facciamo;<br />
laddove tralasciando di farglieli, le diamo gran dispiacere. Ne bramate<br />
ragioni, ne desiderate esempi? Uditemi attentamente e soddisfatti sarete.<br />
1. Che l’immenso onnipotente Iddio, ripieno perfettamente in se stesso di<br />
ogni perfezione, di ogni ricchezza; senza punto aver bisogno di noi, vilissime<br />
e miserabili sue Creature; pure tutto giorno lo vediamo e lo sperimentiamo,<br />
cortese e benigno in ricolmarci di mille grazie, beni e favori;<br />
non è già tanto, Uditori, un effetto delle nostre suppliche, delle nostre<br />
divote offerte; quanto egli è al certo un prodigio della somma sua liberalità,<br />
della sua misericordia infinita. Perciocchè, se Iddio rimirar sempre<br />
volesse la qualità della nostra divozione ed il peso dei meriti nostri;<br />
miseri, infelicissimi noi, che trovandoci tanto indivoti e tanto per ogni<br />
verso colpevoli; altro che fulmini, ed altri mille furori della Giustizia<br />
Divina, aspettar ben potessimo e meritarci. E perciò, che fa egli, il clementissimo<br />
Dio? Senza badar talora ai nostri demeriti si fissa solo e si<br />
fonda nella sua infinita Bontà e misericordia; come degnamente riflette<br />
l’Angelico S. Tommaso; si ricorda che ci è Padre, che ci è Redentore e<br />
che da lui solo può venirci ogni bene: ed una tal ricordanza lo muove, un<br />
tal riguardo lo spinge a gradir nostre suppliche e ad usarci pietà.<br />
2. Lo stesso, dite voi con proporzione, Uditori carissimi, succede rispetto<br />
al gradimento che dei nostri umili ossequi aver si degna la Vergine.<br />
Non è già che ella si muova a gradirli e ad accettarli perchè in noi un<br />
77
gran fondo di virtù e di pietà riconosca, oppur un gran cumulo di meriti<br />
ritrovi (ed oh pur al ciel piacesse, che tanto capitale avessimo in noi!):<br />
si muove bensì e così dobbiamo noi persuadercelo, dal rammentarsi che<br />
ella fa, che ci è Madre, che ci è Avvocata e di tutte le grazie ne è la<br />
Tesoriera, la dispensatrice benefica.<br />
3. Ed essendo già tale, come dubitar dunque che non riescano di molto suo<br />
gradimento i nostri ossequi, che le facciamo, se come Madre, con una<br />
tenerezza cordialissima ci ama e di un invincibile amore verso di noi,<br />
suoi cari figli, il suo purissimo Cuore continuamente pur arde? Come<br />
Avvocata poi, chi esprimer può le premure che ella conserva delle nostre<br />
sostanziali fortune, delle nostre vittorie? E per finirla, come Tesoriera dei<br />
divini Tesori e dispensatrice, son io pure ad assicurarvi che tutte le sue<br />
più grandi allegrezze, qualor ci benefica, le isperimenta, qualor ci ricopre<br />
di Beni, qualor ci ricolma di Grazie. Un cuore pertanto sì amante,<br />
sì premuroso, sì benefico, com’è quel di Maria, sdegnar nostri ossequi,<br />
ricusar nostre offerte, non gradir nostri servigi? Eh via, Uditori, eh via!<br />
Saper anzi dovete, che stante questo suo Cuore, di sommo dispiacere<br />
sarebbe, qualor noi o suoi ossequiosi non fossimo, o per nostra trascuratezza<br />
dalla sua divozione ci ritirassimo.<br />
4. Potrei ben qui con varie altre ragioni sì il gradimento, che il suo dispiacer<br />
dimostrarvi: ma per maggiore chiarezza vo(glio) che queste cedano<br />
ad un mirabile fatto, che qui in comprova l’ho pronto. Udite di grazia!<br />
Uno spiritoso e gentil Giovanetto, così dedito alle vanità giovanili si<br />
trovava, come il Bellovacense riporta (a), che tutti i suoi pensieri ed<br />
affetti ad una nobil, ma stolta Donzella avea rivolti. E questa per vieppiù<br />
impegnarlo ad una stretta e malconsiderata corrispondenza, di un<br />
bell’anello fatto gli avea il dono. Avvenne un dì, che trovandosi il<br />
Giovane obbligato con alcuni suoi Amici al divertimento della palla,<br />
affin di non correre rischio o di rompersi, o di smarrirsi il sì stimato<br />
anello, se ne entra in una Chiesa vicina dedicata alla Vergine, con intenzione<br />
d’ivi riporlo per tutto il tempo del gioco. Or quivi appunto lo<br />
(a) Vincent. Bellov. in Special. Historial. lib. 8, cap. 7.<br />
78<br />
aspettava la misericordiosa Regina del cielo. E siccome in quella Chiesa<br />
una bellissima e divota statua della predetta Nostra Signora si conservava;<br />
a questa rivolse gli occhi il Giovane; e sentendosi a tal vista come<br />
rapire il cuore dal petto, “Vergine sacrosanta, esclamò, o quanto siete<br />
bella, o quanto degna siete di essere amata! Voi m’innamorate, rapite i<br />
miei affetti, tutto il cuor mi rubate. Ora sì che risolvo di abbandonare<br />
per sempre ogni affetto terreno e di consacrarmi all’intutto al vostro<br />
dolcissimo Amore. Ah foss’io pure sì felice, così a dir seguitava il ravveduto<br />
Giovane, pur felice deh fossi, che voi degnar vi voleste di accettarmi<br />
per Sposo; come io sin da questo punto vi giuro e vi prometto di<br />
accettarvi per Sposa: e se il mio ardire tanto eccedente non fosse, nè a<br />
voi discaro, in segno della mia fedeltà questo anello medesimo, che<br />
prima tenevo sì caro, vorrei porvi nel dito”.<br />
5. Ma piano, direte voi, Uditori; era egli questa un’audacia somma il pretender<br />
con i soli quattro sospiri, con quattro semplici divote parole, con<br />
una misera offerta di un avanzo di mondo, com’era l’anello, il pretender,<br />
dico, dalla Vergine gradimenti e finezze tali; che chi sa, se avessero<br />
avuto cuor di desiderarle, nonché di aspettarle, Anime pure, innocenti<br />
e sante. Eppure, lo credereste? Gradì nostra Signora prontamente le<br />
suppliche del Giovane, accettò le promesse e l’offerta: ed in contrassegno<br />
più chiaro, nel mentre che egli si accostò all’Altare per porre riverente<br />
l’anello nel sacro dito della Statua della Vergine; questa distese la<br />
mano e ricevuto l’anello nel dito, tostamente la stessa mano restrinse:<br />
dando con ciò a di vedere al Giovane, che bagnato di lacrime e ripien di<br />
stupore, estatico era rimasto; e a tutti gli altri, che alle esclamazioni del<br />
Giovane erano accorsi; dando, dissi, a divedere, che ella non voleva che<br />
quell’anello le fosse mai stato ritolto e che notamente divenissero le<br />
ricevute promesse dal suo Sposo novello.<br />
6. O prodigi della benignità di Maria! Ma non ve lo dicevo io, cari miei<br />
Ascoltatori, che riescono alla Regina del Cielo di molto gradimento gli<br />
ossequi, i doni e le promesse che le facciamo? Vuole essa, è vero, che<br />
affin le siano più grati, facciam ogni sforzo di presentar le nostre offerte<br />
con animo puro, innocente e santo: ed in ciò dobbiamo sempre porre<br />
ogni studio. Ma pure, se per nostra somma disgrazia senza bontà, senza<br />
79
virtù ci troviamo, non per questo rattener ci dobbiamo dal farle ossequi<br />
riverenti e divoti. Si ricorda ben essa che ci è Madre, che ci è Avvocata<br />
e che per suo mezzo aver possiamo ogni Bene: una tal gioconda ricordanza<br />
la fa talora dimenticar de’ nostri demeriti, la fa esser verso di noi<br />
tutta misericordiosa e benigna: e con tanta premura, che assolutamente<br />
non vuole che tralasciamo di ossequiarla, che le manchiam di parola:<br />
riuscendo ciò di un sommo suo dispiacere.<br />
7. Lo stesso così aggraziato Giovane, di cui favellavamo poch’anzi, seguirà<br />
a darvene il contesto. Egli, passato qualche tempo, fattosi dimentico del<br />
suo contratto Sposalizio con la Gran Vergine, precipitando da tepidezza<br />
in tepidezza, giunse l’ingrato, il traditore a segno tal di sfacciataggine;<br />
che riattuato l’affetto ad una vana donzella, con questa gli sponsali contrasse.<br />
Sua buona sorte, però fu, che se egli all’intutto spensierato viveva<br />
della Sposa Celeste, questa dimenticata non si era del suo, benchè ingratissimo<br />
Sposo. Quindi tutta sdegnata gli comparve una notte; e mostrandogli<br />
quell’anello che una volta in caparra di costante fedeltà aveva da<br />
lui ricevuto, “Ingrato, gli disse, vedi, che ancorchè ora son da te ricusata,<br />
pure il tuo anello io conservo e con esso le viscere ancor di Madre e<br />
l’amor puro di Sposa ritengo. Torna a te stesso; che fai? Abbandona il<br />
Mondo: salva l’Anima tua: mantieni le fatte promesse. Via su, risolviti:<br />
non voler disgustarmi con le tue mancanze, con le tue infedeltà, con le<br />
tue tepidezze”. Tanto gli disse la Vergine; e poi disparve. Ed il Giovane,<br />
ai suoi sensi tornato, tutto confuso, umiliato e compunto; dopo aver<br />
chiesto perdono ben mille e mille volte alla sua Celeste Sposa e Signora;<br />
dopo averle col cuor sulle labbra resi mille ringraziamenti; ripigliando<br />
con tutto fervore una vita distaccata dal Mondo, timorata e divota, puntualmente<br />
la ubbidì; con sequestrarsi dal Secolo ed entrare in una<br />
Religione osservante; ove con molta esemplarità e con una tenera divozione<br />
verso la Vergine, tirò tutto il corso restante di sua ottima Vita.<br />
8. Da tutto il cui celebre fatto, apprender dunque noi dobbiam, Uditori,<br />
che se con molta fiducia prestar dobbiamo alla Vergine i nostri ossequi,<br />
sapendo che si degna gradirli: con altrettanta diligenza dobbiam fedelmente<br />
seguitarli, sapendo che il raffreddarsi e mancarle di parola, le<br />
danno grave disgusto.<br />
80<br />
SERMONCINO QUINTO<br />
Recitato Sabato 29 Gennaio 1752,<br />
ricorrendo la Festa di S. <strong>Francesco</strong> di Sales<br />
Il Sermoncino è sviluppato in dodici punti ed una introduzione e tratta della devozione<br />
di San <strong>Francesco</strong> di Sales verso la Vergine Santa e delle finezze di cui Ella lo<br />
ricambiò. Questo rapporto di amore può essere un esempio per gli ascoltatori. L’Autore<br />
fonda il suo argomento, come al solito, sugli esempi perché questi, come dice Seneca,<br />
muovono la volontà meglio di ogni ragionamento.<br />
Benché la bontà di Dio sia infinita verso ogni sua creatura, Egli ne predilige<br />
qualcuna; secondo don <strong>Marcucci</strong>, San <strong>Francesco</strong> di Sales fu una di queste anime predilette<br />
ed anche per questo egli lo aveva scelto per suo protettore. San <strong>Francesco</strong> di Sales<br />
visse, fin dall’infanzia, nella devozione verso la Vergine santa; nella giovinezza le<br />
fece dono perpetuo della sua verginità e lo rinnovò più volte in particolare nei due<br />
Pellegrinaggi che fece con tanto fervore al Santuario di Loreto.<br />
San <strong>Francesco</strong> di Sales faceva ogni cosa per piacere a Maria e, secondo la testimonianza<br />
della Santa di Sciantàl, non commise mai nessuna colpa grave e sempre si<br />
guardò da quelle veniali. Quale amante di Maria, egli la invocava spesso e talvolta<br />
andava in estasi, recitava ogni giorno il suo Ufficio, più di un rosario al giorno ed<br />
il sabato digiunava in suo onore. Diventato vescovo di Ginevra, fece crescere e fiorire<br />
con la parola e con gli scritti, presso ogni ceto di persone, la pietà e la devozione verso<br />
l’Immacolata Concezione di Maria; istituì e fondò in suo onore l’ordine delle Religiose<br />
della Visitazione di Santa Maria ed ancora, in sua devozione, indossò sempre la corona<br />
della Vergine, pendente alla cinta.<br />
La Vergine Santa che, come afferma San Pier Damiani, ci ama di amore invincibile,<br />
ricambiò grandemente l’amore che il suo devoto le dimostrava. Anzitutto lo<br />
salvò dal pericolo di morte che corse appena nato e durante i primi mesi di vita, gli<br />
donò poi “un cuore dolce e mansueto, caritatevole e pacifico; un intelletto aperto, nobile<br />
ed ingegnoso, un sembiante modesto, gioviale ed allegro”. In seguito, lo liberò da<br />
tanti pericoli e lo provvide in ogni bisogno.<br />
Il Sermoncino si conclude con una preghiera rivolta al Santo per chiedergli di<br />
impetrarci la protezione della Vergine Santa, maggiore fiducia in Lei e il desiderio di<br />
essere suoi veri amanti.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 22, pp. 225-237.<br />
81
Argomento<br />
La Divozion professata da San <strong>Francesco</strong> di Sales verso la SS.ma Vergine<br />
e le finezze della Vergine usate verso S. <strong>Francesco</strong> di Sales,<br />
risvegliar debbono e la nostra diligenza in fedelmente servir<br />
la stessa Regina del Cielo e la nostra fiducia in esser da lei protetti<br />
Per risvegliare in noi un certo appetito, dirò così, di appigliarci ad una giovevole<br />
impresa, o di evitarne qualche altra come dannosa; e per muovere la<br />
nostra volontà a darne le sue ultime deliberazioni; non tanto sono valevoli ed<br />
efficaci le ragioni, voi lo sapete Uditori, quanto lo sono gli esempi: tantochè<br />
e il sentimento comune dei Savi e l’esperienza medesima a confessare ci sforza<br />
con Seneca (a), che plus ex moribus, quam ex verbis trahimus. E ciò o sia perché<br />
dagli esempi altrui siamo fatti più animosi ad eseguir quel che in altri<br />
osserviamo possibile e praticabile: oppure perché il nostro Cuore allora venga<br />
anche spronato dalla forza dei sentimenti esterni; ovvero, perché gli esempi<br />
s’insinuano alla volontà per una via più corta, secondo che fu di parere il<br />
mentovato Morale Filosofo, longum iter est per praecepta, breve et efficax par exempla<br />
(b); sfuggendo quella lunghezza di tempo, che nelle ragioni richiede il<br />
nostro Intelletto, per rimaner egli prima illuminato e poi far le sue proposte<br />
alla Volontà, come suo Ministro: o sia per altro qualsivoglia motivo riesce<br />
sempre verissimo, che più siamo noi eccitati e mossi dagli esempi altrui che<br />
dalle ragioni e parole. Ed essendo così, lodi pur mille siano all’Altissimo, che<br />
bramando io in questa sera destar di nuovo in voi, cari miei Ascoltanti, una<br />
tenera pietà verso la gran Regina del Cielo, una bella occasione mi presenta<br />
dell’annua ricorrenza della gloriosa memoria dell’inclito Vescovo e<br />
Taumaturgo, San <strong>Francesco</strong> di Sales. Questi che della Gran Vergine fu un sì<br />
tenero e zelantissimo Amante, che per lei languì ed arse continuamente di<br />
amore, si esercitò in tanti esercizi divoti e si impiegò tanto per propagarne<br />
il culto; questi, ripeto, risparmiando a me ogni persuasiva, sarà valevole ed<br />
efficace col suo nobile esempio ad accendervi maggiormente nella divozion<br />
della Vergine. Altro dunque far non voglio stasera che esporvi, benché alla<br />
sfuggita, sotto degli occhi, gli affetti scambievoli che passarono tra la Nostra<br />
(a) Seneca, Epistulae 6.<br />
(b) Loc. cit.<br />
82<br />
Immacolata Signora e San <strong>Francesco</strong> di Sales. Onde voi e dal veder quanto fece il<br />
Santo per la Vergine, vi accendiate di maggior zelo e premura; e dall’osservar<br />
quanto operò la Vergine pel Santo, acquistiate maggior fiducia. Do principio.<br />
1. Benché il Cuore amorosissimo di Dio Signor nostro far gustare si degni<br />
le sue beneficenze alle Anime tutte; talchè per tutte e per ciascuna di<br />
loro abbia egli oprato tanto, sino ad incarnarsi e a dar tutto il suo preziosissimo<br />
Sangue in un tronco di Croce; onde per quanti mai vissero<br />
nel Mondo, vivono e vivranno, stette e sarà sempremai aperto il Tesoro<br />
inesausto delle Divine Grazie e dei Divini lumi e soccorsi; da’ quali ciascuno<br />
di bastevole aiuto ritrae, quanto gli è necessario per condurre la<br />
vita sua in verità di credenza, in bontà di costumi ed in eterna salvezza;<br />
senza che in ciò possa mai darsi parzialità ed accettazion di Persone<br />
presso la giustissima amorosa Divina Provvidenza: venendo perciò ella<br />
nel Vangelo paragonata ad un chiarissimo Sole, che i suoi splendidi<br />
raggi spande, ed i suoi benefichi influssi, tanto sopra dei monti, che<br />
nelle valli e pianure: pure, certi straordinari soccorsi, certe particolari<br />
finezze, senza far torto od ingiustizia a veruno, le tien Dio riserbate e le<br />
usa a favore di chi la sua infinita Sapienza esser proprie conosce.<br />
2. Or una di queste Anime predilette, appunto fu l’inclito nostro<br />
Protettore San <strong>Francesco</strong> di Sales; il quale dalla Bontà Divina sperimentò<br />
sì particolari finezze, che può dirsi che con le benedizioni di dolcezza<br />
prevenuto egli fosse. E siccome una di queste benedizioni dolcissime,<br />
con le quali Dio previene le Anime sue dilette, è l’infonder loro una particolarissima<br />
divozione verso la gran Regina del Cielo: con questa divozione,<br />
non so se io dica, il nostro Santo nascesse, oppur l’avesse anche<br />
prima di giungere a quella età, nella quale l’uomo di sua Ragione incomincia<br />
a far’uso. Quel ch’io posso dire, egli è, che dopo nato, le prime<br />
sue parole furono queste, Iddio e mia Madre mi amano molto: dando con<br />
ciò a divedere, che in quel picciolo cuore, ancor tenero da Bambino,<br />
incominciavano già a sentirsi que’ mirabili effetti, che e l’Amor di Dio,<br />
e della Gran Vergine, nostra Celeste Madre, cagionar suole; onde dalla<br />
gran copia dell’amor infuso di Maria, forzata fosse la Lingua, come<br />
ministra del cuore a sciogliersi nelle lodi della Madre Celeste, anche<br />
prima di aver appreso di favellare la maniera e l’uso.<br />
83
3. Pervenuto poi il nostro eroe ad un’età di maggiore cognizione e discernimento,<br />
chi ridirci può, Uditori, quanto giornalmente crescesse nell’amor<br />
di Maria? Conobbe egli esser molto grato ed odoroso alla<br />
Vergine il bel giglio della Purità: tanto bastò per far che sin nell’età più<br />
giovanile gliene facesse un dono con un voto perpetuo di Verginità; che<br />
poi in altre occasioni rinnovò nelle mani della stessa Regina del Cielo:<br />
ed in particolare nei due Pellegrinaggi che fece con tanto fervore al<br />
Santuario di Loreto; ove liquefatto, dirò così, in lagrime, ed in sospiri,<br />
poco mancò che per la veemenza e molteplicità degli affetti entro quelle<br />
adorabili mura dalla Presenza real della Vergine consacrate, non<br />
lasciasse la Vita.<br />
4. Sebbene, questa gran tenerezza di amore del Salesio verso Nostra<br />
Signora un picciol preludio possiam chiamarla, rispetto a quel gran<br />
fondo di soda pietà e divozione che possedette. Aveasi egli proposto di<br />
non tralasciar mai cosa, che far potesse, purchè fosse per piacere a<br />
Maria: e siccome avea ben’appreso, che la prima cosa che vuol la<br />
Vergine dai suoi veri Divoti, egli è il guardarsi da ogni offesa Divina:<br />
da questa, più che dalla morte, si guardò con tal diligenza <strong>Francesco</strong>, che<br />
per attestato comune dei suoi Confidenti e della Beata di Sciantàl, non<br />
solo non commise mai colpa grave in tempo di sua Vita; ma ancora da<br />
ogni colpa veniale per quanto da lui dipendette, con cautela si guardò.<br />
5. Ma ciò non bastò per appagare il suo cuore, che tutto il suo godimento<br />
nell’amor di Maria tenea riposto. Sapeva ben’egli, che i veri Amanti<br />
della Vergine conservan di Lei continua memoria, a Lei aspirano spesso,<br />
Lei di frequente invocano. Che perciò sì fissa era in <strong>Francesco</strong> la rimembranza<br />
della Regina del Cielo, che talvolta lo alienava da’ sensi, ed estatico<br />
rimanere lo faceva: onde voi l’aveste veduto, Uditori, or tutto<br />
bagnato di Lagrime di tenerezza, desiderar che dalla Gran Vergine gli<br />
fosse tolto il cuore; ed or con amorosi sospiri e dolci aspirazioni invocarla,<br />
benedirla, ringraziarla e chiamarla spessissimo col caro nome di<br />
Madre e di Madre la più amabile, la più amante e la più amata. Ma siccome<br />
Nostra Signora, non solamente l’affetto dai servi suoi richiede, ma<br />
ancor l’affetto e l’opra gradendo ella che fatichino per amor suo e che ne<br />
promuovan l’onore e la gloria. O qui sì che il nostro Santo si segnalò<br />
84<br />
talmente, che siccome nell’affetto non ebbe chi l’uguagliasse ai suoi<br />
tempi, così chi lo superasse nell’effetto non lo vide. Egli nella sua<br />
Gioventù, oltre altre molte orazioni e divozioni che avea, in ogni giorno<br />
con attenzione e compostezza maravigliosa recitava ad onor della<br />
Vergine il suo Officio: diceale di più la corona; che poi per quaranta anni<br />
continui puntualmente lo eseguì. Così in tutta la sua vita di digiunarle<br />
il Sabato ebbe il buon uso; e di consacrare a Lei i suoi studi, le sue<br />
fatiche, le sue pene, i suoi viaggi, la sua Predicazione e quanto mai egli<br />
fece. In occorrenza poi delle feste di Maria SS.ma, oh li divoti apparecchi<br />
di digiuni, penitenze e Novene che premetteva! Oh le virtù, gli<br />
esercizi divoti che praticava! Mutava sino sembiante, comparendo con<br />
un volto da Angelo; tanta era la gioia, che in tali occorrenze sperimentava,<br />
la tenerezza, il contento.<br />
6. Che se bramaste udir di più quanto egli si adoprò per promuovere alla<br />
Gran Vergine il Culto, io non ho lingua a ridirlo. Parlino pure in mia<br />
vece la Francia, l’Italia e la Savoia: parlino le corti dei Principi, le<br />
Religioni, gli Ecclesiastici, i Cavalieri, le dame ed ogni ceto di Gente;<br />
ed in particolare parlino la sua vasta diocesi di Ginevra, di cui era SS.mo<br />
Vescovo; la gran provincia dello Sciablè, di cui fu prodigioso<br />
Missionario ed Apostolo; e la fortunata Città di Annesì, che come città<br />
di sua ordinaria Residenza, lo godette per tanti e tanti anni: parli<br />
insomma tutto il Cattolico Mondo e vi ridica se quanto crescesse e fiorir<br />
si vide dappertutto per opra del dolce Santo di Sales la pietà e divozion<br />
della Vergine ed in particolar dell’Immacolata Concezione; di cui<br />
n’era tanto devoto. Vi basti solo sapere, che egli a tal’effetto, oltre le<br />
Lettere che ne scriveva ai suoi Amorevoli, le Prediche ed i privati<br />
discorsi, che ne faceva, benespesso ancor ne trattava nei suoi dottissimi<br />
e mirabili Scritti; come da tutte le opere sue può vedersi: a tal fine eresse<br />
in Annesì la compagnia dell’Immacolata Concezione; a tal’effetto istituì<br />
e fondò il SS.mo ordine di Religiose della Visitazione di Santa Maria: e per<br />
finirla, a tal fine pensò ancora di farsi veder sempre con la corona della<br />
Vergine, pendente alla cinta; e di farsi consagrar Vescovo in un giorno<br />
alla stessa Celeste Sovrana consagrato, che il giorno fu dell’Immacolato<br />
di Lei Concepimento, affin ciascuno ne ritraesse esempio da lui, di non<br />
risparmiare e tralasciar mezzo veruno, che giovar potesse a tesser coro-<br />
85
ne di gloria alla Regina del Cielo. Tanto, anzi molto più che tralascio,<br />
fece San <strong>Francesco</strong> di Sales per la gran Vergine. Rimane ora il dare un’occhiata<br />
a quant’oprasse la Vergine in pro del Santo.<br />
7. Quell’eccelso sublimissimo posto, che sovra tutti i Santi gode Nostra<br />
Signora, come ci insegna la Santa Cattolica Fede, non solo è per rapporto<br />
della Dignità e della Gloria, che ella ha sovra tutti; ma ancor per<br />
riguardo de’ meriti e delle virtudi che sovra tutti possiede. Quindi con<br />
tutto fondamento e ragione giova a noi di dedurre, che un solo atto di<br />
Virtù della Vergine, in peso e qualità sia, comeppur fu sempremai,<br />
superiore, non solo a qualunque virtuoso atto eroico di qualsivoglia<br />
gran Santo, ma eziandio dei Santi tutti insiememente uniti: ond’essa<br />
negli affetti scambievoli con i suoi divoti, non si faccia, anzi far non si<br />
possa mai uguagliare e molto meno vincere; per esser sempre la sua<br />
beneficenza, ed il suo Amore inarrivabile ed invincibile; come ben disse<br />
San Pier Damiano, Maria amat nos amore invincibili.<br />
8. Ciò presupposto, come certissimo: se grande fu l’amor di San Franceco di<br />
Sales verso Maria; assai maggior senza verun paragone fu quello di<br />
Maria verso del Santo: se molto egli oprò per lei; molto più di gran<br />
lunga convien dir che ella per lui operasse. Osservate se io dica il vero<br />
coi fatti. Da nobil generosa antica prosapia nacque <strong>Francesco</strong>, ma nella<br />
nascita sua si incominciarono tosto ad osservar di Maria le finezze: perciocché<br />
se nato egli fosse nel termine comune di nove mesi, secondo che<br />
io raccolgo, non sarebbe nato in un tempo da qualche solennità della<br />
Vergine consagrato: che fece dunque Nostra Signora? Volle che ei<br />
nascesse di sette mesi; e così farlo nascer entro l’ottava dell’Assunta sua<br />
gloriosa (finezza che dal Santo medesimo poi con varie dimostrazioni di<br />
gratitudine fu ben notata). Appena nato, parve per attestato de’i medici<br />
che per il solo sepolcro avvenuto ciò fosse, tanta era la sua dilicatezza<br />
e malcilenza: così vero che per più e più mesi, affin di non piagarlo,<br />
non potè mai fasciarsi, venendo sol sostenuto in vita entro una picciola<br />
cuna di bambagia ripiena. La Regina del Cielo però, che ne avea tutta<br />
la cura, pensò a mantenerlo; e contra l’aspettativa comune farlo divenir<br />
ben complesso e robusto. Divenuto poi grandicello, chi fu che istillò in<br />
quell’Anima un grande aborrimento ad ogni sorta di vizio ed una tota-<br />
86<br />
le propensione ad ogni qualità di esercizi divoti? Chi fu, che gli diede<br />
un cuor tutto dolce e mansueto, caritatevole e pacifico; un Intelletto<br />
così aperto, nobile ed ingegnoso; un sembiante tutto modesto, gioviale<br />
e allegro? Se non la Vergine, ch’essendo sua amantissima madre, esercitava<br />
anche con lui per via d’interni lumi l’ufizio di premurosa Maestra.<br />
9. Ma a me non dà l’animo, Ascoltanti miei riveriti, andarvi minutamente<br />
scifrando tutti i particolari avvenimenti, in cui veder si può quanto<br />
amore portasse Maria verso il Salesio e quanto per lui operasse.<br />
Vi dirò in succinto quanto basti per ben capirlo: in quella guisa che<br />
esperto cosmografo, pone innanzi agli occhi tutto l’orbe Terraqueo sotto<br />
corte linee e pochi punti ristretto. Patì in Parigi <strong>Francesco</strong> di orrida<br />
disperazione, tentazioni fierissime; e sorpreso da funeste angosce e<br />
timori, infermatosi a morte, a lasciar ci volle la vita. Ma dopo la prova<br />
della sua fedeltà, pronta accorse la Vergine a liberarlo, ed a riempirlo<br />
nella Divina Pietà di una confidenza ben grande. Si aiutano in Parigi,<br />
ed in Padova maliziosi Scolari a far perdere al Salesio l’onestà e l’innocenza,<br />
portandolo sotto apparenti convenienze alla visita di una femmina<br />
rea: ma egli assistito dalla sua Liberatrice invocata, salvo da ogni<br />
periglio ed innocente riesce. Si studia il demonio prepargli una fiera<br />
tempesta nel nostro Mare Adriatico, allorché egli dal Porto di Ancona<br />
partir dovea per far ritorno alla Patria: ma tutta l’orditura va a vuoto,<br />
perché la sua Protettrice preservato e libero lo rende.<br />
10. Non accade che gli eretici dello Sciablè tentino di avvelenarlo e di ucciderlo<br />
quei di Ginevra, perché la Regina del Cielo le loro trame ed insidie<br />
inutili rende. Che in Savoia altri l’infamino e perseguitino, lo<br />
minaccino altri con pugnali ed altri un colpo di pistola scarichino contra<br />
di lui: il tutto riesce invano, attesochè la potente sua Signora, nelle<br />
cui Mani riponeva sempre ogni sua causa, pensa a riporlo in maggior<br />
credito e stima, a calmar ogni animo contra lui adirato e da ogni mortal<br />
colpo sottrarlo. Risolve <strong>Francesco</strong> di propagare a costo di qualunque<br />
travaglio e fatica il culto di Maria; e perciò a fondare intraprende in<br />
onor della Visitazione di Lei l’Ordine novello di pie Religiose, ed in<br />
onor dell’Immacolato di Lei concepimento una Compagnia di timorati<br />
Signori: e poi e con la voce e con scritti e con opere e con viaggi, qua e<br />
87
là da ogni parte a propagarne la divozione si accinge. E Maria? Maria<br />
SS.ma vuole star sempre al di sopra; e a tal’effetto a tutto potere s’impegna<br />
a mandargli sufficienti soccorsi e mezzi opportuni. Affin la fondazion<br />
si esegua, si riempia di Anime fervorose e zelanti e si dilati: e di<br />
più si conosca se chi sia il suo servo, con aiutarlo nella conversione d’innumerabili<br />
Peccatori e di settantadue mila eretici; nella prodigiosa liberazione<br />
di ottocento ossessi; nel ridar la vita a diciotto Morti; nella predizione<br />
delle cose venture per via di profezie: e così con ricolmarlo di<br />
mille e mille altri doni sovrannaturali e divini. E quasi ciò non bastasse<br />
per coronar in vita il Santo di mille glorie ed onori; volle la sua<br />
Celeste Signora far rivelare ad un’Anima, che egli avea ricevuto per<br />
custode, non già un semplice Angelo, ma un Serafino del Cielo. E di<br />
questo neppur paga, essa stessa la Vergine, volle farsene Panegirista,<br />
canonizzandolo per Santo di sua propria bocca, in occasion che comparve<br />
ad una nobile e divota donzella in Lion di Francia, mentre <strong>Francesco</strong><br />
ivi si tratteneva. Aggiungete poi, che…<br />
11. Ma via, tralasciamo ogni ulteriore racconto; giacchè sarebbe un non mai<br />
finirla, se proseguir io più avanti volessi. Serva per chiusa e per corona<br />
di ogni prova di quanto mai di stupendo oprò Nostra Signora per contraccambiare<br />
al Salesio la sua gran divozione e pietà verso di Lei. Nel dì<br />
dell’Immacolata Concezione, facendosi egli consagrar Vescovo, come altrove<br />
fu divisato, si vide in quell’atto, tutta gloriosa, dolce e benigna, venir<br />
incontro la Imperatrice del Cielo; la quale confortandolo con la sicurezza<br />
di sua continua assistenza, lo ricoprì col suo Manto e così, qual tenero<br />
amato Figlio, sinchè la funzione fine non ebbe, se lo tenne: dando con<br />
ciò a diveder molto bene, che in ricompensa di quanto il suo fedel servo<br />
avea fatto per Lei, lo avea dichiarato il suo caro, il suo familiare, il suo<br />
diletto; e che essa per lui pronta impiegava il suo Braccio, il suo Cuore,<br />
la sua Protezione, la sua Assistenza, il suo Poter, il suo Affetto.<br />
12. Ah sì sì, così avvenne, felicissimo Eroe, fortunatissimo San <strong>Francesco</strong> di<br />
Sales. Godeste pur voi giustamente il frutto della vostra grande divozione,<br />
il contraccambio dell’Amor vostro ardentissimo verso la Gran<br />
Madre di Dio. Deh per pietà, ora che di tutto godendo vieppiù la nobile<br />
e gloriosa corona; ora che più da vicino amate e glorificate la Celeste<br />
88<br />
Regina, impegnatela a pro di noi, suoi e vostri divoti; e fate che dall’aver<br />
noi risaputo quanto essa oprò in favor vostro, acquistiam verso di<br />
Lei maggior fiducia; e dall’aver osservato quanto voi per Lei operaste, ci<br />
accendiamo a vostro esempio di un gran zelo e premura di esserne veri<br />
Amanti. Tanto speriamo dalla clemenza dell’Imperadrice del Cielo per<br />
vostra intercessione; e tanto ancor dal vostro Cuore dolcissimo a contemplazion<br />
della Vergine stessa, ad onor di cui vi preghiamo. Diceva.<br />
Ignoto ascolano, L’Immacolata tra S. Emidio e S. <strong>Francesco</strong> di Sales,<br />
olio su tela, sec. XVIII, Ascoli Piceno, Oratorio della Casa Madre<br />
Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata.<br />
89
SERMONCINO SETTIMO<br />
Recitato nel Sabato antecedente alla Sessagesima, 5 Febbraio 1752<br />
Il Sermoncino Sesto non è stato inserito perché non tratta un argomento mariano.<br />
In prossimità del Carnevale di cui don <strong>Marcucci</strong> aveva sperimentato gli inganni<br />
e dai quali subito si era ritratto 7 , si propone di presentare agli ascoltatori quanto esso<br />
dispiaccia alla SS.ma Vergine. L’argomento è sviluppato in sette punti.<br />
In quanto Madre e colonna della religione cattolico-cristiana la Vergine Santa ha<br />
in orrore il Carnevale, giunto a noi dai pagani con la differenza che, mentre gli antichi<br />
che ancora non avevano ben sviluppato il lume della ragione lo celebravano in un<br />
solo giorno, nei giorni odierni, dove la ragione ha fatto molti progressi, viene celebrato<br />
in più giorni. L’accostamento è chiaramente ironico.<br />
L’Autore porta poi vari esempi, tratti dalle visioni della Vergine a Santa Brigida<br />
e a Santa Geltrude che mostrano il suo impegno ad evitare nei cristiani i pericoli e gli<br />
abusi del carnevale che tanto dispiacciano a Maria SS.ma.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 10, pp. 241-246.<br />
Argomento<br />
Quanto dispiaccia alla SS.ma Vergine il Carnovale<br />
La diabolica e sempremai pessima consuetudine introdotta in questo lagrimevolissimo<br />
tempo nel Mondo di festeggiar con tutta pompa e vanità di maschere,<br />
conversazioni, balli, commedie, ed altre mille Gentilesche invenzioni il<br />
maledetto Carnovale, fu e sempre sarà un ben forte motivo di dolore e di pianto<br />
a quanti con seria riflessione ne ponderarono i danni ed i mali innumerabili<br />
di Anima, di Corpo, di Stima, di Robba che ne derivano. Quindi quei giudiziosi<br />
e timorati Cristiani che tali funestissime conseguenze ebbero innanzi<br />
agli occhi, oltre all’aver con tutto lo zelo armate le loro dotte penne e le loro<br />
sante Lingue contra sì detestabili e diaboliche usanze, posero ogni diligenza<br />
per viverne sempre alieni ed ogni sforzo pur fecero per ritirarne gli altri, che<br />
alla cieca, come stolte pecore al bagno, a tal precipizio se ne correvano. Io poi,<br />
che benché giudizioso e timorato intitolar con verità non mi possa, pure dei<br />
giudiziosi e timorati dovendo farmi seguace; per porre presso voi in discredito<br />
7 Cf. ROSSI-BRUNORI ARCANGELO, La vita e la istituzione di Mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong><br />
dell’Immacolata Concezione, Ascoli Piceno 1917, pp. 7-10.<br />
90<br />
il maledetto Carnovale con tutti i suoi abominevoli abusi e per ritirarvi, o pur<br />
preservarvi da ogni cieca aderenza; tralasciando di esporvi tutti i mali che seco<br />
portan sì diabolica consuetudine; di altro mezzo servir non mi voglio, se non<br />
che porre alla vostra considerazione quanto mai dispiaccia alla Gran Vergine<br />
Nostra Signora il festeggiar il Carnovale.Questo sol, mi persuado, basterà a voi,<br />
come a quei che sì divoti son della Vergine, a far avere un orrore continuo di<br />
sì detestabili feste. Non vi rincresca l’udirmi. Sono a servirvi.<br />
1. Quell’amor indispensabile e grande che la Regina del Cielo, come<br />
Colonna, Madre e Maestra della nostra Santa Religione Cristiana<br />
Cattolica, al viver giusto ed illibato secondo gli adorabili insegnamenti<br />
del Vangelo porta e dimostra, fa che necessariamente abbia in odio<br />
sommo ed orrore tutto ciò che al viver cristiano si oppone e ne senta<br />
gran dispiacere. Quindi poco ci vuol, Uditori, a ben capire quanto odiate<br />
sien dalla suddetta Nostra Signora le feste Carnovalesche e qual<br />
dispiacimento cagionino a Lei; qualor si rifletta ben bene essere queste<br />
feste appunto all’intutto contrarie al santo Vangelo, all’intutto disdicevoli<br />
ai Cristiani, all’intutto pregiudiziali al viver timorato.<br />
2. Osservate se è così. Le feste Carnovalesche, voi lo saprete, inventate<br />
furono dai Gentili, o per dir meglio dal demonio col mezzo de’ Gentili,<br />
suoi ciechi adoratori e confederati. Solevano questi nel primo di<br />
Gennaio celebrar le feste a loro ridicolo e favoloso Nume Bacco, sopra<br />
alcuni Monti vicini a Tebe; ove adunandosi e uomini e donne travestite<br />
e mascherate, facevansi degli urli, balli, mangiamenti, giuochi e si<br />
commettevano tante laidezze e sacrileghe superstizioni, che io non ho<br />
cuore a ridirle (a). Queste poi, circa il tempo di Tazio Re dei Sabini,<br />
furono introdotte presso gli antichi Gentili Romani; e plauso ebbero<br />
ancora ed aderenza presso tutta l’altra cieca Gentilità. E siccome, feste<br />
erano dedicate a Bacco, ch’essi con altro nome di Libero e Dionisio intitolavano;<br />
perciò feste Baccanali, Libere e Dionisie venivan da loro<br />
appellate (b); ed ora dalla nostra stoltezza Carnovalesche.<br />
(a) Tito Livio, lib. 39, cap. 8; Thomassinus lib. 2, De festis, cap.8.<br />
(b) Facciolati in Lexic. v. Bacchanalia.<br />
91
3. Or pare a voi, Ascoltanti, che feste così empie e profane, inventate dal<br />
demonio, discese addirittura dal Gentilesimo, aver possano mai coerenza<br />
veruna con le Massime sacrosante del Vangelo e col viver Cristiano e<br />
timorato? Come possibile? Ed in conseguenza, come è possibile, che<br />
dalla Regina e Madre della Cristiana Religione, voglio dir da Maria,<br />
non vengano odiate al sommo ed aborrite? O come la Vergine sacrosanta<br />
rinnovati si vede i suoi atroci Dolori in questi profanissimi giorni del<br />
Carnovale dai suoi medesimi figli (giacchè di tutti i Cattolici ella è pur<br />
Madre)! Li rimira ben’essa con occhi dolenti, quasi dimenticati dell’esser<br />
di Cristiani, voltar le spalle al Vangelo, alle Chiese, alle Orazioni, ai<br />
Sacramenti e dichiararsi apertamente seguace dei riti gentilizi; e con<br />
tanta maggior mostruosità, quanta è l’osservare, che alla fine i Gentili<br />
erano privi del Lume dell’eterne veritàdi e consistevano quelle lor feste<br />
in un sol Giorno dell’Anno; ed i Cristiani, fatti degni del Lume Divino<br />
e perciò più tenuti ad abominar feste così profane, pure con tanta audacia<br />
le tirano per giorni e giorni e settimane ancor replicate. Chi può<br />
esprimer però quanto gran dispiacere ne provi la Vergine?<br />
4. Ah che essa medesima un giorno di questi calamitosissimi tempi palesar<br />
lo volle alla sua diletta Brigida la santa; allorché comparendole tutta<br />
mesta e addolorata, Figlia, le disse, ecco come mi trattano i Cristiani<br />
con le loro libertà, con le loro vanità e colpe: al mio Divin Figlio rinnovan<br />
tutto il giorno le Piaghe e a me i Dolori!<br />
5. Che se bramaste ulteriori riprove di quanto dispiacciano a Nostra<br />
Signora le feste solite a farsi nel Carnovale, ricavatelo da alcuni fatti, che<br />
sono qui succintamente a contarvi. Giocavano e danzavano con varie<br />
immodeste parole e vari atti scomposti, alcuni Giovani in Duaco (c), e<br />
trovandosi innanzi ad una Statua della Vergine suddetta; questa, per<br />
correggerli del loro mal oprare e per dimostrar il dispiacer che ne aveva,<br />
alzò all’improvviso il suo Sacrosanto Braccio in atto di percuoterli: onde<br />
tutt’intimoriti i Giovani, lasciando e giuochi e danze, sen corsero a<br />
darne conto ai Parenti: e questi con altra Gente concorsi ammirar tutti<br />
(c) P. Auriemma, par. 2, Aff., cap. 2.<br />
92<br />
tremanti il miracoloso successo, per otto giorni continui con gran divozioni<br />
e frequenza si portarono processionalmente a chiederne ivi perdono<br />
all’Imperadrice del Cielo e a placarla pel dispiacer grande datole da<br />
quei Giovinastri.<br />
6. Più strepitoso però fu quel che avvenne nell’anno mille secento undici<br />
nel Monte Vergine ai confini della Campagna felice nel Regno di<br />
Napoli (d). Concorsavi era in quel Monte un giorno per una Sagra della<br />
gran Gente; e tra questa molti uomini ve n’erano mascherati e travestiti<br />
da donne e molte donne da uomini: vi si ballò una buona pezza del<br />
Giorno, vi si cantò; e oltre a mille giuochi, crapole ed ubriachezze, altre<br />
libere danze e mostruosità vi si commisero; ne più, ne meno che se quel<br />
giorno a Bacco fosse dedicato e di un licenzioso Carnovale fosse il giorno<br />
più grasso. Accade, che moltissime rimasero anche la notte in quel<br />
Monte a compier le feste del giorno in un grande Albergo che era ivi<br />
costrutto. Quando sulla mezzanotte, da cinque persone, che per loro<br />
buona sorte fuori dell’albergo erano rimaste, fu veduta scender dal Cielo<br />
Maria SS.ma con un volto tutto severo e sdegnato; e portando nelle<br />
mani due torce accese fu osservata essa stessa dar fuoco all’Albergo; ed<br />
in meno di un’ora e mezza lo atterrò tutto con tanta strage di coloro che<br />
vi si erano ricoverati, che più di mille e cinquecento rimasero morti,<br />
parte tra le fiamme, parte tra le rovine. Fatto pure stupendo fu …<br />
7. Ma che serve, Uditori, più dilungarci con i fatti. È indubitato, che le<br />
danze, i balli, le maschere, le scorrette commedie, le libertadi, in<br />
somma e le feste Carnovalesche sono di un sommo dispiacer della<br />
Vergine; son da Lei odiate ed aborrite. Che far dunque dovrebbero i<br />
Cristiani tutti, come Figli di sì Gran Madre, odiarle anch’essi, astenersene,<br />
detestarle per non disgustar Colei, da cui, dopo Dio, ogni Bene<br />
deriva. Mi direte, eppur tutti non lo fanno. Senza invidia, rispondo,<br />
senza invidia. Al punto della lor morte li rivoglio. Badiamo noi a quel<br />
che far si debbe e non a quel che altri fanno. Procuriamo almeno noi<br />
tenerci a caro l’amicizia della Gran Vergine: guardiamoci con diligenza<br />
(d) P. Segneri in Christ. Instr. par. 3, Ser. 21, n. 22.<br />
93
94<br />
dal darle dispiacere e disgusto: e piuttosto facciamo ogni sforzo di darci<br />
in questo tempo alla ritiratezza, alle orazioni, a far mortificazioni e a<br />
pianger le nostre ed altrui colpe. Così, alleggeriremmo i Dolori che in<br />
tali Giorni alla nostra Madre Celeste dai Peccatori piucchè mai son rinnovati.<br />
Beati noi, se così ci porteremo; e faremo ogni sforzo che altri<br />
ancora si portino. Chi può ridir le care finezze che otterremo dalla<br />
nostra eccelsa Signora? Questo è il tempo per mostrarsi a Lei fedele ed<br />
il tempo per ottener da Lei qualunque favore. Santa Geltrude in un’estasi<br />
vide che Gesù scriver faceva a caratteri di oro tutte le buone opere, le<br />
mortificazioni e le divozioni che si facevano da’ buoni Cristiani nel<br />
Carnovale, per rimunerarle a peso di oro con grandi e spezialissime<br />
Grazie. Molta maggior rimunerazione possiamo noi sperare, qualor per<br />
noi in questi tempi s’impegni ad aiutarci presso il suo Divin Figlio la<br />
Vergine Sagrosanta. Animo adunque maledetto sia sempre il Carnovale<br />
con tutti i suoi diabolici abusi; lontano sempre sia da noi. Esso dà gran<br />
dispiacer a Maria: questo basti, per farcelo sempre aborrire e detestare.<br />
Amen.<br />
SERMONCINO OTTAVO<br />
Recitato Sabato 12 Febbraio 1752<br />
Il Sermoncino è sviluppato in otto punti. Nell’introduzione don <strong>Marcucci</strong> prepara<br />
gli ascoltatori alla spiegazione del suo argomento e cioè come “la devozione verso la<br />
SS.ma Vergine sia di grande conforto nel momento della morte”.<br />
Porta gli esempi di vari devoti di Maria che da Lei furono assistiti e consolati nel<br />
momento della morte. Conclude con una accorata preghiera di totale fiducia nella sua<br />
Immacolata Signora e nella misericordia divina di essere assistito e soccorso nel<br />
momento della morte, quando il demonio scatena tutte le sue astuzie, “non vi scostate<br />
da me, altrimenti perderete in eterno un figlio, che benchè tanto infame e ingrato, pure<br />
si protestò sempre e si protesta di voler vivere e morire vostro Divoto”.<br />
Chiede alla Vergine, davanti ai suoi ascoltatori, di concedergli nella sua bontà,<br />
per il giuramento fattole di difendere sempre la sua Immacolata Concezione, di morire<br />
nella vigilia o nella festa della sua Immacolata Concezione, nella sua città, anzi<br />
nella stessa chiesa dell’Immacolata Concezione dove desidera ardentemente essere sepolto,<br />
affinchè vivo e morto appartenga sempre alla sua Immacolata Concezione.<br />
Conclude ricordando alla sua “fedelissima amorosa Signora” che Ella ha promesso<br />
di non negare grazie a chi gliele chiede con umile perseveranza. E ciò si è avverato<br />
perché mons. <strong>Marcucci</strong> è stato sepolto davanti l’altare maggiore della chiesa<br />
dell’Immacolata ad Ascoli sua città, che egli farà costruire in suo onore e benedirà il<br />
13 settembre 1795 8 .<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 31-40.<br />
Argomento<br />
La divozione verso la SS.ma Vergine riesce<br />
di gran conforto nella morte<br />
Se vi ha cosa nel Mondo, cui apparecchiarsi convenga con tutta la più grande<br />
serietà ed attenzione dell’Animo nostro, egli è, Uditori, senza fallo la<br />
morte. Tanto di mille triboli e di mille e mille pericoli è intrigato quel passo<br />
da questa all’altra vita; che se consideriamo i dolori del corpo, che allor si<br />
8 DANIELE DI FLAVIO in Guida al Museo Biblioteca “<strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong>” al convento e<br />
alla chiesa dell’Immacolata a cura di MARIA PAOLA GIOBBI - FRANCO LAGANÀ, Ascoli Piceno<br />
2006, pp. 159-169.<br />
95
sperimentano, i rimproveri della coscienza, le tentazioni dei nemici e gli spaventi<br />
e minacce del demonio, possiam pur chiamarlo un punto il più spaventoso,<br />
il più pericoloso, il più terribile. Non giovano allora Nobilitadi o<br />
Ricchezze; non servono Amicizie e corrispondenze; non porgon sollievo<br />
quante mai di speranze somministrar possa questo Mondo traditore e fallace.<br />
O quanti in quel passo tremendo bramarono di non esser mai stati su<br />
questa misera Terra! Quanti desiderarono di non aver avuti mai onori, ricchezze<br />
ed amicizie! Quanti sospirarono l’aver fatta una vita tutta penitente,<br />
mortificata e divota! I peccatori, o quanti in quel punto disperati sen piombarono<br />
all’Inferno! I Giusti, o quanti atterriti, poco mancò che non uscissero<br />
da ogni speranza di loro eterna Salvezza! Che perciò, cari miei Uditori, chi<br />
esprimer può quanto grande esser debba la nostra premura per disporci a far<br />
una buona e felicissima morte e per trovarci confortati e soccorsi in quel tremendo<br />
estremo passaggio da cui un’eternità di gloria dipende ovver di tormenti?<br />
Io, quanto a me, vi confesso, che trovandomi per quel terribile punto<br />
più di voi spaventato, non saprei a qual mezzo appigliarmi, per rendermi in<br />
qualche modo sicuro per ben passarlo. Già so e voi pur lo sapete che per chi<br />
è stato Peccatore, come me, darsi ad una vita contrita e divota abbisogna per<br />
far una buona morte. Ma il timor che mi sovrasta con quel chi sa se il mio<br />
pentimento sia vero, chi sa se in quel punto starò forte agli assalti, oh come<br />
mi fa sospirar talora, oh come di gran tremor mi ricolma! Vergine<br />
Sacrosanta, sicuro e possente Rifugio de’ miseri Peccatori, io non so ove volgermi,<br />
se non alla vostra clemenza, alla vostra misericordia per ricever conforto,<br />
aiuto ed assistenza particolare per far santamente quell’estremo sì pericoloso<br />
passaggio. A voi perciò ora per allora con tutto il cuor mio ricorro, ora<br />
sotto l’alta vostra tutela mi pongo, ora per sempre di essere vostro vero e<br />
fedele divoto costantemente risolvo. Nè invan mi opposi, Uditori, perciocchè<br />
la divozione verso la SS.ma Vergine è un ottimo mezzo appunto per fare una santa<br />
morte. In questa sera sì una grande attenzione richieggo. L’assunto è di troppa<br />
importanza. Eccone pronte le prove.<br />
1. L’esser stata Maria SS.ma, a piè della Croce dichiarata dal suo Divin<br />
Figlio per Madre del diletto Giovanni ed in persona di questi, per<br />
Madre ancor di tutti i Cristiani, fu cagione, Uditori, che ella con tenerezza<br />
e premura maggiore sotto la sua cura e protezione tutti noi<br />
pigliasse; e che a pro di noi avesse sempre viscere pietose di Madre e di<br />
96<br />
Madre la più amante, la più sollecita, la più graziosa e benigna. Or siccome<br />
tutto lo sforzo dell’amor delle tenere Madri allor principalmente<br />
apparisce, qualor si tratti di dar soccorso ai figli che bisognosi, languidi<br />
e tremanti si ritrovano in qualche estremo e grave pericolo; chi può<br />
ridire perciò quali e quanti siano gli sforzi e le premure che usa la nostra<br />
Celeste amantissima Madre in soccorrer in mille guise quei cristiani,<br />
che con la lor divozione si mostrarono suoi buoni figli, allorchè nell’estremo<br />
e tremendo pericolo della morte si trovan ed agonizzano?<br />
2. Essa primieramente sapendo ed osservando che in quel terribile punto<br />
fa tutto il possibile sforzo il demonio e con orride apparizioni e con tentazioni<br />
gagliardissime o di infedeltà o di superbia, o di disperazione, o<br />
di mille altre infamitadi e sciagure, contra dei miseri Moribondi; come<br />
quei che sa molto bene da qual punto dipendere o il perderli per sempre,<br />
oppure guadagnarli; cosa fa la nostra eccelsa Signora? Divenuta<br />
tutta fortezza e vigore in favor dei suoi divoti agonizzanti figli, si fa<br />
tosto incontro al Tentatore Infernale; e a guisa di invitta ed invincibile<br />
forte e generosa Guerriera, per loro combatte contra di lui, lo supera, lo<br />
atterra, lo discaccia. Indi tutta amorosa volgendosi ai suoi Moribondi<br />
divoti, col suo Volto benigno li rasserena, con le sue dolci parole li conforta,<br />
li incoraggia; e con le sue celesti istruzioni va lor insinuando quegli<br />
atti che efficaci ben sono per fare santamente quel sì periglioso passaggio.<br />
E di ciò neppur pago quel suo Materno affettuosissimo Cuore,<br />
oh quante le volte essa medesima, la gran Madre di Dio, diminuir loro<br />
gli stessi dolori del corpo si degna; asciugar loro i sudori; e farli poi dolcemente<br />
spirar tra le sue SS.me Braccia, tra mille sfinimenti di soavissimo<br />
contento ed amore! Felice adunque e cento e mille volte beato,<br />
lasciate pure che con ragione qui esclami, Uditori, beato chi è divoto di<br />
Maria! Beato in vita sì, ma in morte o quanto più mille volte beato!<br />
3. Vagliano alcuni esempi, che qui pronti mi cadono, per porre più in<br />
chiaro la cosa. Carlo figlio di Santa Brigida, allevato dalla Madre sin da<br />
teneri anni con una grande divozione verso la SS.ma Vergine, con quella<br />
anche nella sua più florida giovanile età si mantenne talmente, che<br />
ogni occasione cercava per servire la sua Celeste Signora; a cui solito era<br />
sfogar bene spesso i suoi affetti con dire, che avrebbe pur volentieri per<br />
97
lei sacrificata la vita (a). Avvenne, che applicatosi lo spiritoso Giovane<br />
alla vita militare, dagli strapazzi delle Guerre fu sul verde fiore degli<br />
anni ad una infermità mortale ridotto. Ed ecco che nel mentre Carlo<br />
agonizzante se ne stava, vede scatenarsi tutto l’Inferno contro di lui e<br />
già a piena carriera tutto mostruoso e spumante venirsi incontro<br />
Lucifero. Povero Giovane, che farà mai? Era egli sì spiritoso nelle battaglie<br />
del Mondo; ma oimè nella giornata campale con l’Inferno perde<br />
lo spirito, il vigore e tremante all’aspetto sol dei Nemici sen resta. Non<br />
volle però la sua amata Signora, che egli sì intimorito restasse, nè che<br />
di combattere si esponesse al cimento. Pronta essa accorse nella stanza<br />
di Carlo, si accostò al suo Letto, al suo Capo; l’animò a confidar nella<br />
Misericordia Divina e che non temesse. Indi rivolta al demonio, olà, traditore,<br />
con voce imperiosa gli dice, che audacia è mai la tua tentar in<br />
questo punto chi è mio divoto? Va, maligno; vatti a sprofondare negli<br />
Abissi. Sparì tosto il Nemico. Ed ella rimasta a consolare il suo Divoto;<br />
sino all’ultimo respiro di vita seco star volle. O Beato chi è divoto di<br />
Maria lo ripeto di nuovo, beato in vita, ma molto più poi nella morte!<br />
4. Non minor favore di questo fu quello che isperimentò Adolfo Conte di<br />
Alsazia. Questi, nonostante che Principe di Altezza, considerando un dì<br />
quanto è pieno di lacci il mondo e di inganni, risolvendo di dargli un<br />
calcio, rinunzia generosamente il Trono, le grandiosità, le ricchezze;<br />
abbandona tutti gli stati; ed a riserrarsi in un chiostro col sacro Abito<br />
Francescano sen corre. Quivi ad apparecchiarsi a ben morire si pone, ed<br />
a servir con molta tenerezza di affetto la Regina del Cielo. Dopo vari<br />
anni venne anche per lui quel giorno, che onninamente è determinato<br />
per tutti, voglio dir della morte. Or chi di voi, Ascoltanti miei, crederebbe,<br />
che un Uomo, che avea di buon cuore lasciato tutto per Iddio, che<br />
avea fatte tante penitenze e che con tenerezza ed amor così grande servita<br />
avea la Gran Vergine, non si fosse trovato in quel punto in un mar<br />
di pace e di gioia? Eppure l’indovinereste? Adolfo ridotto a quel punto,<br />
incominciò a tremar tutto, rappresentandoglisi molto al vivo il rigore<br />
del Divino Giudizio. Ahi misero Adolfo, tra sospiri e tremori ansando<br />
(a) Turlot. p. 2. Tomo. 2, Doctr. Christ. cap. 8, lect. 8.<br />
98<br />
esclamava, misero Adolfo, che ne sarà di te? Come innanzi al supremo<br />
Giudice or or comparirai? Ahi chi ora aiuto ti porge, chi ti soccorre! La<br />
Vergine, che ben vedeva e sentiva le angosce del suo Divoto, contener<br />
più non volendo le viscere materne di sua amorosa misericordia, se le fa<br />
tosto vedere tutta gioviale e benigna, con un corteggio fiorito di<br />
Angeli; e con gli amorosi suoi Sguardi, con la sua gioconda Presenza gli<br />
rasserena prima il Cuore; poi riprendendolo dolcemente, Figlio, gli<br />
dice, Adolfo carissimo perchè temi, perchè tanto paventi? Non sei tu<br />
forse mio? E se mio sei, perchè temi la morte? Vieni, vieni pure sicuro,<br />
perchè il mio Divin Figlio, cui tu hai fedelmente servito, preparata ti<br />
tiene la corona di Gloria (b). La consolazione, la gioia, il contento, con<br />
cui restasse il fortunato Adolfo non ho lingua a ridirvelo: saper solo vi<br />
basti, che egli di tal contentezza soavemente morì. O Beato chi è Divoto<br />
di Maria, perdonatemi se a replicarlo ancora son costretto, Beato in<br />
vita, ed assai più nella morte!<br />
5. Notatelo ben bene, Uditori, da quest’altro non meno celebre e giocondissimo<br />
fatto. All’estremo di sua vita giunto era un Giovane nobile,<br />
memorato da <strong>Antonio</strong> Balingo (c), che, tuttochè immerso nel libertinaggio<br />
vissuto fosse, pure di digiunare in pane ed acqua le vigilie tutte<br />
di Nostra Signora ebbe in buon uso. Poco pensava egli all’Anima; e siccome<br />
raffidato nella sua Gioventù stoltamente vivea, era egli l’ultimo a<br />
persuadersi di quella morte, verso cui a gran passi correva. Veruno dei<br />
suoi Parenti e buoni Amici era riuscito nel capacitarlo che egli di accomodar<br />
sollecitamente le partite dell’Anima sua col mezzo di una buona<br />
confessione tenea bisogno. Ci riuscì molto bene però la pietosissima<br />
Vergine; la quale a tal effetto gli mandò un suo divotissimo Religioso<br />
Domenicano (d), acciocchè l’inducesse a confessarsi con pentimento sincero<br />
ed a ricever divotamente gli altri Sacramenti. Si arrese puntualmente<br />
il Giovane e con molte lacrime di vera contrizione eseguì il tutto<br />
e si dispose a morire. Ma a questo gran passo poi non si contentò Nostra<br />
(b) Turlot. Tomo 1, Doctr. Christ. p. 2, cap. 8, lect. 8; et Ap. Auriem. par. 1, Aff. cap. 1.<br />
(c) Calend. 1 feb.<br />
(d) Era il B. Errigo da Castro.<br />
99
Signora che lo assistesse altri in suo nome; gelosa del suo compunto ed<br />
appien ravveduto Divoto, volle degnarsi di venir essa stessa in Persona<br />
ad assisterlo, in compagnia di molte sante che seco dal cielo condusse.<br />
E qui divenuta sua amorosa confortatrice e Maestra, oh i bei atti di fede,<br />
di speranza, di carità, di contrizione, che suggerendo gli andava! E con<br />
tal dolce efficacia, che di veemente contrizione ed amor perfetto morir<br />
lo fece; e con le sue SS.me Mani accolse la bella di lui Anima e seco<br />
all’eterno riposo se la condusse. O fortunatissimo Giovine, che avesti<br />
ancor tu la bella sorte di servirci con l’esperienza per comprova, che per<br />
fare una Santa Morte egli è un validissimo mezzo la divozione verso la<br />
Regina del Cielo!<br />
6. Ma io Ascoltanti miei riveriti, di tai fatti tesser qui ve ne potrei un ben<br />
lungo catalogo. Non vo(glio) però più abusare della vostra sofferenza in<br />
udirmi. Serva per tutti quel che la Vergine stessa di sua propria bocca a<br />
San Giovanni di Dio a tal proposito disse. Trovavasi il Santo all’estremo<br />
del vivere e travagliato da dolori del corpo e da timori dell’Animo,<br />
mandava dalla fronte copiosi freddi sudori. In questo mentre per alleggerirgli<br />
le pene, gli si fece vedere tutta amorosa la gran Madre di Dio;<br />
e dopo avergli con un fino panno asciugati i sudori, così a nostra comun<br />
consolazione gli disse, Non est meum, Joannes, in hac hora meos devotos destituere<br />
(e): non è mio stile Giovanni, lasciare abbandonati in quest’ora<br />
della morte i miei Divoti.<br />
7. Non comportano, adunque, o Maria SS.ma, le vostre materne Viscere di<br />
abbandonar i vostri divoti Figli nella lor morte? O quanto mi riempie<br />
di gioia e di fondata speranza di ben morire un tal graditissimo annunzio!<br />
In altro caso, misero me infelicissimo, come mi troverei? Vi confesso,<br />
Immacolata mia Signora, che se la Misericordia ed il Sangue del<br />
vostro Divin Figlio e la materna vostra Protezione, non mi soccorre in<br />
quel punto tremendo, io quanto a me son disperato. Io non ho forze per<br />
resistere alle fiere battaglie dell’Infernale Nemico; non ho petto da reggere<br />
all’orrende sue visioni; non ho cuore da stare saldo ai rigori del<br />
(e) P. Auriem. p. 1, Aff. cap. 1.<br />
100<br />
vicino particolare Giudizio; non ho bontà, che contrapporre possa alle<br />
mie innumerabili enormi scelleratezze. E perciò, non mi lasciate mai<br />
per pietà in quel punto, mia Gran Signora; non vi scostate da me, altrimenti<br />
perderete in eterno un figlio, che benchè tanto infame e ingrato,<br />
pure si protestò sempre e si protesta di voler vivere e morire vostro<br />
Divoto. Lo so, e voi meglio di me lo sapete, o eccelsa Regina, che io non<br />
merito e non potrò mai meritare né in vita e molto meno in morte, la<br />
vostra amorosa assistenza per le mie continue e gravissime infedeltà a<br />
voi usate: e perciò non ardisco chiederlo per giustizia, ve ne prego per<br />
Grazia, per pura vostra finezza. Si attribuirà ad un eccesso, ad uno strepitoso<br />
Miracolo della Materna vostra pietà e misericordia, è vero; ma<br />
così comparirete voi più gloriosa e benigna quando si risaprà dal<br />
mondo, che voi usaste in morte mille finezze ad un perverso Peccatore,<br />
che meritava ben mille volte l’Inferno. Io adunque, clementissima<br />
Madre, se vi ho da palesar qui in pubblico il mio cuore, che voi già sapete,<br />
affinchè altri si impegnino con le orazioni presso di voi per ottenermi<br />
con le loro suppliche quel che io valevole non son ad ottenerlo con<br />
le mie: lo farò volentieri. Trovandomi così gran Peccatore e così sfornito<br />
di virtù, di buoni abiti, di forze e di meriti; non può darsi al Mondo<br />
Uomo che pel punto della morte, resti più di me timido e sbigottito.<br />
Che perciò, che sarebbe a voi, potentissima Signora, a dispensarmi da<br />
ogni agonia, da ogni combattimento, da ogni penosissimo pericoloso<br />
affanno? Potreste voi degnarvi di farmi con qualche mezzo sicuro, e non<br />
sospetto, consapevole del tempo che a Dio piacerà sprigionarmi da questa<br />
vita; darmi Grazia di santamente dispormi e poi tra le vostre materne<br />
Braccia, morir di subitanea morte. Sarebbe un gran Miracolo, lo so,<br />
una straordinaria Grazia: ma Miracoli appunto e Grazie straordinarie ci<br />
vogliono per salvare un vostro figlio così scellerato e indegno. Ma perdonatemi,<br />
Signora mia, neppure ciò mi basta: so che tutto voi potete,<br />
qualor vogliate. Voi sapete, che io porto nel cuor da voi impresso un<br />
tenero affetto alla vostra Immacolata Concezione: di questa intitolarmi mi<br />
glorio; di questa difendere ho insino il legame del giuramento: ed in<br />
questa per finirla tutte le mie contentezze ritrovo e godimenti. Non<br />
sarebbe dunque tanto disdicevole, che la vostra Misericordia s’impegnasse<br />
a far seguir la mia morte nella Vigilia o nella festa della vostra<br />
Immacolata Concezione; adorando e benedicendo la vostra Immacolata<br />
101
Concezione; ed in questa mia Patria, anzi in questa stessa chiesa della<br />
vostra Immacolata Concezione: ove ardentemente bramo e voglio restin<br />
sepolte le mie povere ceneri; affinchè e vivo e morto sempre io sia della<br />
vostra Immacolata Concezione. Sarebbe eccesso del vostro finissimo amore,<br />
lo so, il così consolarmi. Ma di questi eccessi ho io estremo bisogno: e<br />
questi eccessi appunto vi chiedo, non per mio riguardo, perchè io non<br />
potrò mai meritarli, ma a riguardo vostro e della medesima vostra<br />
Inmacolata Concezione: in riverenza di cui ve ne supplico caldamente e ve<br />
ne supplicherò sinchè durerà questa mia misera vita. Rammentatevi, o<br />
mia fedelissima amorosa Signora, che voi avete promesso di non negare<br />
mai Grazie che in riverenza di questo vostro caro Mistero dimandate<br />
con umiltà vi vengano, e con perseveranza.<br />
8. Supplicatela, dunque, miei cari Uditori, anche voi caldamente, e continuamente<br />
in riverenza del suddetto mistero per la mia buona morte,<br />
come io la desidero; che spero non esservi poi ingrato. E tenete sempre<br />
fisso alla mente a vostro ed altrui vantaggio, che la divozione verso la<br />
SS.ma Vergine è un ottimo mezzo per fare una Santa Morte.<br />
102<br />
SERMONCINO NONO<br />
Recitato nel Sabato in Albis, 8 Aprile 1752<br />
Don <strong>Marcucci</strong> riprende la predicazione dei sabati mariani dopo l’interruzione<br />
della quaresima durante la quale ha accettato di sostituire a Montalto l’assenza del<br />
missionario. Per non interrompere però la devozione dei sabati mariani nel monastero<br />
dell’Immacolata si fa sostituire, come annota alla fine del sermoncino ottavo del 12<br />
febbraio 1752: “In assenza del missionario in tempo di Quaresima sono stati recitati<br />
sette Sermoncini dai suoi amici nei sette sabbati di Quaresima” 9 .<br />
L’argomento del Sermoncino vuole dimostrare che la devozione a San Giuseppe, di<br />
cui da poco si è celebrata la festa, è un mezzo efficacissimo per ottenere la protezione<br />
di Maria SS.ma” 10 . Il testo, sviluppato in sei punti, è lo stesso recitato dall’Autore a<br />
Montalto, Sabato 18 Marzo dello stesso anno, a conclusione del Settenario di San<br />
Giuseppe e vigilia della sua festa.<br />
Nell’introduzione egli ricorda il bisogno che tutti gli uomini hanno della protezione<br />
di Maria e quanto importante sia cercarla e trovarla come hanno fatto i santi. San<br />
Giuseppe, quale sposo purissimo di Maria, può aiutarci ad ottenerla in forza della<br />
purissima ed intima unione di cuore che ci fu tra di loro. Maria desiderava solo far<br />
contento Giuseppe ed adempiere i suoi santi voleri, viceversa Giuseppe nei confronti<br />
della sua Sposa. Vengono portati vari esempi di devoti di San Giuseppe che, attraverso<br />
lui, ottennero una speciale tenerezza e protezione di Maria.<br />
L’Autore conclude raccomandando la devozione a San Giuseppe; suggerisce a tal<br />
fine vari mezzi: la recita quotidiana della Coroncina dei suoi sette dolori ed allegrezze;<br />
la confessione e santa comunione nel giorno della sua festa, la visita al suo Altare,<br />
l’affidamento al suo patrocinio di case, averi e famiglie, come usava fare ogni anno<br />
Santa Teresa che ne fu largamente ricompensata. Infine, un ossequio gratissimo a San<br />
Giuseppe sarebbe fare in suo onore qualche elemosina ai poveri, in particolare per chi<br />
ne avesse possibiltà offrire nel giorno della sua festa un pranzo a tre poveri, in onore<br />
alla Sacra famiglia.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 22, pp. 55-62.<br />
9 Cf. ASC 23, p. 40.<br />
10 Cf. ASC 23, p. 71.<br />
103
Argomento<br />
Il Patriarca San Giuseppe gran Protettore<br />
per ottenere la Protezione di Maria SS.ma.<br />
L’eterna, adorabile, Divina Provvidenza, che a tutte le create cose una disposizione<br />
sì giusta diede, sì ordinata, sì bella, dispose ancora ab eterno, che Colei, la<br />
quale goder dovea la bella singolarissima sorte di vestir nel tempo per opra<br />
Divina di Umana Carne il Divin Verbo, fosse e de’ Cieli, e della Terra l’Arbitra,<br />
la Signora, l’Imperadrice: onde a Lei sogettarsi dovessero umili e riverenti e<br />
quante mai di SS.me pure Creature accoglie l’Empireo; quanti mai di Viventi<br />
contiene il Mondo; e quanti mai ancora di Spiriti traditori e ribelli asconde<br />
l’Abisso. Ammirando noi dunque, Uditori, con riverenza profonda queste adorabili<br />
disposizioni della Provvidenza Divina; e riconoscendo in sì sublime posto<br />
di Padrona universale e Regina l’Immacolata Nostra Gran Signora, MARIA<br />
SS.ma; chi vi ha tra di noi, che nel tempo medesimo non scorga l’estremo bisogno<br />
che abbiamo della sua Protezione potente e Patrocinio. Ed oh, noi cento e<br />
mille volte felici perciò se tra tante nostre miserie stendess’ella verso di noi la<br />
sua benefica Mano e gli Occhi suoi pietosi su di noi poverini ella volgesse! Un<br />
atto solo di sua graziosa clemenza, un solo Sguardo suo amoroso, basterebbe<br />
purtroppo a renderci temporalmente ed eternamente beati: dicendo ottimamente<br />
Sant’Anselmo (a), che siccome non può in conto veruno ripromettersi di<br />
sua salute chi avrà per Nemica la Gran Regina del Cielo; così aver può ogni fondata<br />
speranza di esser salvo chi la gran sorte godrà di averla per Amica e di esser<br />
da Lei riguardato con dolci Sguardi di Avvocata e di Madre: sicut impossibile est,<br />
ut ii, a quibus Maria averterit oculos suos, salventur; ita impossibile est, ut ii, ad quos<br />
ipsa converterit Oculos suos, pro eis advocans, damnentur 11 . Ah perciò con quanta ben<br />
grande ragione andavano impazziti, diciam così e giorno e notte i Santi tutti per<br />
dar sul genio alla Celeste Sovrana; e tentavano mille mezzi, usavan mille maniere<br />
per rendersela cara, amorosa, benigna! Or sì che intendo perché di continuo<br />
ne sospiravano tanto il Patrocinio e la Protezione chiedevan con mille lagrime<br />
tanti Peccatori ravveduti e compunti. E mi sovviene pure al presente, o mia<br />
(a) La nota è solo indicata, ma non ha contenuto.<br />
11 Come è impossibile che coloro dai quali Maria abbia allontanato i suoi occhi si salvino,<br />
così è impossibile che coloro ai quali ella abbia rivolto i suoi occhi facendo invocazioni<br />
per essi, si dannino.<br />
104<br />
Celeste Immacolata Signora, perché il mio povero Cuore, tuttoché di un<br />
Peccator si perverso qual’io ben sono, a voi aspira e ricorre, voi invoca, per voi<br />
sospira, in voi si abbandona e su di voi tutte le sue speranze ripone, tutti i suoi<br />
contenti ritrova. Ah ah, quante volte Signora mia, o pure esclamato, ed esclamo,<br />
Protezion di Maria dove sei? Patrocinio di Maria, dove abiti? Amor della<br />
mia Immacolata Signora dove dimori? Se tu sei nel Cielo, or lassù mi slancio di<br />
volo: se di là dai Mari, ora mi getto nell’acque: se sotto Terra, or laggiù mi profondo.<br />
Ah, mille volte beato chi vi serve di cuore e vi ama; chi da voi è patrocinato<br />
e protetto! Or se è così, cari i miei Uditori, che la Protezion di Nostra<br />
Signora tanto è necessaria per noi e vantaggiosa; come faremo poi per ottenerla?<br />
Ma buon per noi, che la dolce rimembranza ricorre del suo purissimo Sposo<br />
Giuseppe. A questi dunque premuroso ricorso facciamo per impetrarla; per esser’egli<br />
appunto un Grande Avvocato per ottener la Protezione di Maria. Per chiusa di<br />
questo sacro Settenario tanto dimostrarvi mi impegno. Attendete. Incomincio.<br />
1. Quella sacra, purissima ed intima Unione dei Cuori che il Santo Patriarca<br />
Giuseppe ebbe con l’Imperadrice del Cielo Maria, per mezzo dell’ineffabile<br />
Divino Sposalizio, che tra i Gigli illibati di Purità Verginale con Lei<br />
contrasse e sempre inalterabilmente mantenne, fece pur che la Vergine lo<br />
rendesse in alto grado partecipe dei suoi più teneri affetti; lo riguardasse<br />
come suo caro Nutrizio e Custode; e da umile divotissima Suddita, come<br />
a suo amato Superiore, gli si sogettasse ancor e l’ubbidisse. Chi può ridir<br />
pertanto quanto possenti ed efficaci siano presso di Nostra Signora le preghiere<br />
del suo Purissimo Sposo, se presso Lei ordini tutti sono e rispettosi<br />
comandi? Non brama altro Maria che dar sul genio a Giuseppe; ed in<br />
adempier i suoi santi Voleri tutta la gioia ella pruova, tutto il contento.<br />
O quanto ben lo chiamò adunque il suo tenero divoto Gersone (b), un possente<br />
ed efficace Avvocato presso la sua purissima Sposa, potentem, et imperiosum<br />
Patronum apud Sponsam suam! Ed o con quanta ragione ancora dalla<br />
Ven. Suor Maria di Agreda troviamo noi scritto, essere stato a Lei rivelato<br />
dal Cielo (c), che col mezzo della divozione verso il Santo Patriarca<br />
Giuseppe si otteneva sicuramente la Grazia e Protezion di Maria!<br />
(b) Ser. De S. Joseph.<br />
(c) Tomo 3, Myst. Civ. § 892.<br />
105
2. Tutto ciò molto bene sapendo il Beato Ermanno, Canonico dell’Ordine<br />
Premostratense, siccome altra mira non aveva, altra premura, se non di<br />
rendersi propizia ed amante la gran Sovrana del Cielo, si appigliò perciò<br />
con calore ad ossequiar grandemente il Santissimo Patriarca<br />
Giuseppe. E tanto vi volle, affin si movesse la Vergine ad usargli ben presto<br />
le più care finezze, che ella mostrar potesse su questa Terra ad un suo<br />
prediletto Divoto; voglio dire col farsi sua Sposa. Perciocché ritrovandosi<br />
Ermanno una notte ad orar nella Chiesa, si vide apparir corteggiata<br />
dagli Angeli la Celeste Regina; la quale con la sua sacra Destra prendendo<br />
quella di lui, fece da un Angelo dirgli nel tempo stesso, Questa<br />
purissima Vergine, o Ermanno, ti vien conceduta in Isposa, come già fu sposata<br />
a San Giuseppe; affinché tu per tale Sposalizio prendi il nome di lui; ed in poi<br />
Giuseppe ti chiami (d). Ma non finirono qui le finezze di Maria verso di<br />
Ermanno. Ah, egli pur fortunato! Il Santo Patriarca perorava continuamente<br />
per lui. Quindi un’altra notte, trovandosi il divoto Religioso in<br />
orazione, fu favorito di nuovo dalla gran Madre di Dio, che seco in<br />
Braccio teneva il suo Divin Pargoletto; e consegnandoglielo nelle Mani,<br />
Tieni, gli disse, porta il mio Divin Figlio, come portato fu dal mio purissimo<br />
Sposo Giuseppe. Tanto è vero, Uditori, che per far acquisto sicuro della<br />
Grazia e Protezion di Maria non ci è mezzo più proprio ed efficace, che<br />
quello del nostro potentissimo Santo.<br />
3. E come no, se la Vergine stessa non altro brama se non che glorificato<br />
sia il suo Sposo, riverito venga da noi ed ossequiato; e si protesta esser<br />
questo il bel modo per divenir partecipi delle finezze più tenere del suo<br />
amorosissimo Cuore? Mentisco io forse? No no, di certo. E Santa Teresa<br />
me ne fa cento e mille attestati. Ognuno sa con quanto calore si operasse<br />
la Santa in promover e in voce e in Lettere per tutta la Spagna e dir<br />
possiamo ancor in tutta l’Europa, la tenera divozione verso il suo prediletto<br />
Protettor San Giuseppe. Or quali ricompense poi non ne ottenne<br />
dalla Gran Vergine? In una Visione la ringraziò grandemente di tanto<br />
zelo e fervore avuto per l’onor del suo Sposo (e). In un’altra apparizione<br />
(d) Surius, Tomo 7, De Vit. SS., die 8 April., P. De la Crux in Nortulo Mariam., Ave pl. 3,<br />
cap. 1, pag. 130.<br />
(e) S. Teres. in Vit., cap. 33.<br />
106<br />
la vestì di un candido Manto, le rinnovò la dimostrazione del gran contento<br />
che avea nel vederla tutta divota del SS.mo Patriarca e le pose al<br />
collo una collana di oro con una bella Croce pendente (f). Ed in poi<br />
quando Teresa ricorreva per qualche grazia alla suddetta Regina del<br />
Cielo; questa la rimandava al suo caro Sposo Giuseppe per conseguirla;<br />
come racconta essa stessa la Santa.<br />
4. Grandi furono pur le espressioni di tenerezza che a tal proposito alla sua<br />
diletta Suor Maria di Agreda la gran Vergine fece, quando apparendole un<br />
giorno (g), Per l’avvenire, le disse, procurerai di avanzarti nella divozione del<br />
mio santo Sposo Giuseppe. In tutte le tue necessità hai da valerti della sua<br />
Intercessione: movendo alla divozione del Santo quanti ne potrai; e molto più le tue<br />
Religiose, acciocché si avvanzino in essa. Che non ne disse poi Nostra Signora<br />
al suo divoto Religioso Baldassarro Alvarez, stato Confessor tanto tempo<br />
di Santa Teresa? Trovavasi egli in Vagliádolid, quando apparendogli un<br />
dì la Regina del Cielo e predicendogli una grave malattia che avea tra<br />
poco a soffrire, comandogli che di buon cuore al suo Sposo Giuseppe ei<br />
ricorresse (h). Or potea darci sicurezze maggiori la Vergine per farci capire,<br />
che per incontrare il suo genio, il suo gradimento, per goder della sua<br />
Protezione, del suo Patrocinio, amar conveniva il suo Sposo purissimo<br />
esserne vero Divoto e il culto ancor propagarne con tutto lo zelo?<br />
5. E qual fine, credete voi, Uditori, se non questo, essere stato quello di<br />
Maria SS.ma in comparir tante e tante le volte a’ suoi Divoti in compagnia<br />
di San Giuseppe? Ah che l’Immacolata Signora volea ben’innamorarli<br />
del suo Sposo con far loro veder l’impareggiabile di lui bellezza,<br />
con far loro ascoltar le voci di lui amabilissime! Così di fatto ne accrebbe<br />
l’Amore a Santa Teresa, allorché col Santo Patriarca le apparve e la<br />
vestì di quel bianchissimo Manto, che poc’anzi dicemmo. Così alla Ven.<br />
Suor Francesca del SS.mo Sagramento, vera Imitatrice e figlia di S. Teresa,<br />
allorquando ed una e due volte gli portò il purissimo di Lei Sposo a con-<br />
(f) S.Teres. cap. 2, Fundat. Monast. Abul.<br />
(g) Tomo 3, Mist. Civ., §. 894.<br />
(h) Grassetti Jesuit., lib.1, c. 13, pag. 194.<br />
107
fortarla nei suoi gravi dolori di una malattia penosissima (i). E per finirla,<br />
così ossequioso rese di San Giuseppe insino uno schiavo etiope in<br />
Napoli, qualor insiem col suo Sposo gli apparve, lo ridusse alla fede e<br />
di Giuseppe il nome glorioso gl’impose (k). Non andiam più cercando<br />
adunque ulteriori testimonianze, di grazia, avanzando purtroppo le sin<br />
qui addotte, affin di rimaner persuasi, che il mezzo per sicuramente<br />
goder la Grazia della Nostra Celeste Sovrana è di farsi divoto di San<br />
Giuseppe; attesochè e questa divozion del suo Sposo le ruba il Cuore e<br />
questo Sposo ottien da Lei quel che vuole.<br />
6. Deh se è così, Ascoltanti miei cari, io in questa sera col cuor sulle labbra<br />
a consacrarvi agli ossequi di questo SS.mo Patriarca vi scongiuro e<br />
vi prego. Ogni sera la divota recita della sua Coroncina dei sette suoi<br />
Dolori ed Allegrezze raccomandata vi ho con calore; ma in questa sera<br />
vi supplico di ben nuovo a non mai tralasciarla in tutto il vostro rimanente<br />
di vita. Altre divote pratiche ancora in onor suo, per maggiormente<br />
impegnarlo presso la Nostra comune Signora a vostro vantaggio,<br />
voi far da quando in quando potreste. Primieramente confessarvi divotamente<br />
e comunicarvi dimani, ch’è la sua gloriosissima festa, visitare<br />
il suo Altare e passarvela una buona parte del giorno in recitare orazioni<br />
a suo onore, in dedicarvi per suoi e dedicargli ancor sotto il suo<br />
Patrocinio le vostre Case, i vostri Averi, le vostre Famiglie: e ciò rinnovarlo<br />
con puntualità fervorosa in ogni anno. Così stilava Santa Teresa e<br />
ne fu sì largamente ricompensata. Secondariamente, provvedervi di una<br />
sua divota Immagine e tenerla a capo dell’Inginocchiatoio o del Letto,<br />
per riverirla mattina e sera, o tra giorno; e così rinnovare ogni tanto<br />
verso di lui i vostri teneri affetti; e a lui pronti ricorrere in tutti i vostri<br />
bisogni; come la poc’anzi memorata Santa praticare soleva. In terzo<br />
Luogo, quando possibilità aveste, potreste nelle vostre più urgenti<br />
necessità di soccorso, far celebrar, in onor suo qualche Messa, come<br />
usava la detta S. Teresa ed in suffragio di quei Defunti, che quando vissero,<br />
furono i più divoti di lui: o almeno sentirne qualcuna a tal’effetto.<br />
(i) Lanuzza in vit. Lib. 1, c. 2, n. 12.<br />
(k) Massi exempl.77.<br />
108<br />
In quarto luogo potreste far dentro l’anno nove Comunioni a sua gloria,<br />
precedenti alla sua festa i nove giorni che corrispondessero alla qualità<br />
del Giorno in cui la festa sua celebrata esser debba: conforme per ordine<br />
medesimo del Santo stilò di fare la Ven. Giovanna degli Angeli<br />
Orsolina, sua molto cara e divota (l). Finalmente, un ossequio gratissimo<br />
al S. Patriarca sarebbe il fare in suo onore una qualche limosina ai<br />
poverelli e in particolare chi di voi possibiltà si trovasse, potrebbe in<br />
ciascun’anno nel Giorno di dimani fare un pranzo a tre Poveri, voglio<br />
dire, ad una povera Donna con un fanciullo e ad un povero Vecchio, ad<br />
onor di Maria, di Gesù e di Giuseppe. In Roma ed in tante altre parti<br />
viene ciò praticato da vari Divoti; e con tanto vantaggio che potrebbe<br />
ridircelo quel sì pio Mercatante; il qual con una Morte dolcissima e con<br />
una eternità di beatissima Gloria dal nostro gran Santo di tale atto di<br />
pietà la ricompensa ne ottenne (m). Insomma o l’uno, o l’altro di questi<br />
ossequi o tutti, praticar voi potreste. O allora sì impegnato sempre<br />
vedreste, ve l’assicuro, il SS.mo Patriarca in vostro favore presso la sua<br />
possente purissima Sposa in tutti i vostri bisogni! Allora, chi più di voi<br />
fortunati, godreste le più tenere finezze del Patrocinio e Protezion di<br />
Maria; la quale, non solo, a contemplazion del suo Sposo, vi feliciterebbe<br />
in questa vita; ma insiem col suo Sposo vi farebbe eternamente beati.<br />
Amen.<br />
(l) Barius in Alim. Pietat.<br />
(m) S. Vinc. Ferr., Ser. De Nativ. Domine.<br />
109
SERMONCINO DECIMO<br />
Recitato Sabato 15 Aprile 1752<br />
Il Sermoncino sviluppa l’argomento in sette punti ed una introduzione. Si propone<br />
di dimostrare la cura della gran Vergine nel difendere i suoi devoti dai continui ed<br />
insidiosi assalti del demonio.<br />
I Padri della Chiesa riconoscono a Maria SS.ma tutto il potere concessole da Dio<br />
contro il demonio. Esso è stato sperimentatato da tanti devoti e dunque possiamo confidare<br />
anche noi di sperimentarlo.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 71-74; poi<br />
riprende a p. 91-94.<br />
Argomento<br />
La gran Regina del Cielo ha un mirabile potere nel difendere<br />
i suoi Divoti da tutti gli assalti del Nemico Infernale<br />
La spaventevole ed irreparabile caduta del superbo ed orgoglioso Lucifero e<br />
dei suoi protervi seguaci (a), fu senza fallo, Uditori, non meno a lui di un indicibile<br />
precipizio, che a noi ed al Mondo tutto di una ben grande e lacrimevole<br />
rovina. Perciocchè vedendosi egli con i suoi fautori discacciato dal Cielo,<br />
mutato in orribil demonio e condannato ad eterni supplizi, pigliarsela non<br />
potendo direttamente contra il suo tremendo ed onnipotente Giudice supremo,<br />
pensò di sfogar la sua rabbia contra di noi miseri mortali e verso noi volger<br />
tutti i suoi più furibondi ed inesplicabili sdegni. Che perciò, prevedendo<br />
ben tutto questo l’evangelista Giovanni, compassionando tali nostre sventure,<br />
guai alla misera Terra, al Mare, all’Universo tutto, ad esclamare si pose,<br />
perchè su di voi discende, precipitato dall’empireo, Lucifero spumante di rabbia,<br />
Vae Terrae, et Mari, quia descendit Diabolus ad vos, habens iram magnam (b) 12 .<br />
Di fatto, quali mai effetti del suo furor noi non isperimentiamo tutt’ora?<br />
Tentazioni di mille sorti, insidie ed inganni di mille specie, dispetti e danneggiamenti<br />
di mille guise son le occupazioni sue continue, sempre intente<br />
(a) Apoc. 12, 9.<br />
(b) Apoc. 12, 12.<br />
12 Guai alla terra e al mare perché discende a voi il diavolo con una grande ira.<br />
110<br />
alle nostre rovine. Ora ci combatte apertamente ed or alla nascosta: or con<br />
pessime suggestioni ed or sotto apparenza di bene: senza che mai si riposi e<br />
giorno e notte; o che condoni a fatiche, o si sgomenti per perdite. Non la perdona<br />
nè alle Anime nostre, nè ai nostri Corpi, nè ad Averi, nè a case: non la<br />
risparmia nè ai Giovani, nè ai Vecchi, nè ai Peccatori, nè ai Giusti: anzi contro<br />
di questi alza le batterie più potenti, muove battaglie le più vigorose:<br />
insomma come ben disse il poc’anzi Santo memorato Giovanni, seducit<br />
Universum orbem (c) 13 ; e sempre infierito, come un affamato rabbioso Leone, va<br />
girando ogni strada, ogni luogo, per minimo che sia, per fare luttuosissima<br />
strage di ogni Anima, di ogni Persona, di ogni Mortale: conforme il Principe<br />
degli Apostoli San Pietro ce ne diede l’avviso, tamquam Leo rugens circuit, quaerens<br />
quem devoret (d) 14 . Miseri dunque, infelicissimi noi, Ascoltanti miei cari,<br />
destinati a vegliar continuamente sulle trame di un Traditor così scaltro e<br />
maligno; a combatter di frequente con un Nemico sì infierito e possente!<br />
Come faremo mai per non imbatter nei suoi Lacci, per non dar nelle sue reti,<br />
per rigettar i suoi colpi, per resister alle sue battaglie? Egli è vero, che la<br />
Scrittura ci ammonisce a star sempre perciò vigilanti (e) e a non fidarci delle<br />
sue lusinghe, a non badare alle sue minacce, a non atterrirci dei suoi assalti ed<br />
a fortificarci con la bontà dei costumi e con le orazioni contro dei suoi combattimenti<br />
(f). Ma con tutto questo, o quanto pur siamo costretti a star del<br />
continuo con palpitazioni di cuore! Lodi però siano all’Altissimo Iddio, che<br />
provveder ci ha voluti di uno Scudo così forte, di un Riparo così inespugnabile,<br />
voglio dir della sua SS.ma Madre e Nostra Immacolata Signora, Maria<br />
SS.ma. Udite di grazia, se che mirabil potere Ella abbia in difendere i suoi Divoti<br />
da tutti gli assalti del Nemico Infernale. Incomincio.<br />
1. Che la nostra eccelsa Signora di un dominio e Poter così alto, singolare,<br />
maraviglioso, arricchita fosse da Dio; talchè sin dal primo felicissimo<br />
Istante dell’Immacolata di lei Concezione ottenesse la Monarchia<br />
(c) Apoc. 12, 9.<br />
13 Seduce tutto il mondo.<br />
(d) 1 Pet. 5, 8.<br />
14 Come un leone ruggente circuisce cercando chi divorare.<br />
(e) S. Bern. Sen., Tomo 4, co. 61, ar. 1, cap. 7.<br />
(f) Greg. de Valent., Tomo 4, p. 3, d. 3, q. 1, pun. 2.<br />
111
dell’Universo ed una plenipotenza meritasse all’intutto mirabile sovra del<br />
Cielo, su della Terra e dell’Inferno; egli è, Uditori, una verità così certa,<br />
che non solo dai Santi ci si addita ed in specie da San Bernardino da Siena<br />
(g), ove dice In primo instanti suae Conceptionis Monarchiam promeruit Maria<br />
totius, et obtinuit Universi 15 ; ma eziandio dalla stessa ragione ci si dimostra.<br />
Perciocchè, siccome l’altissimo Dio, avendo sin da secoli sempiterni prescelta<br />
la Gran Vergine per sua Madre e per Arbitra e Padrona di tutto, la<br />
considerò ancora ed la onorò per tale in ogni istante nella pienezza dei<br />
tempi; così fu duopo secondo le adorabili e giustissime Leggi della<br />
Provvidenza Divina, che al sublime, singolare e degnissimo posto e pregio<br />
di sì gran Signora tutte le altre nobili sue Prerogative corrispondessero<br />
e specialmente il Potere, di cui sì riccamente fu adorna. Quindi supera<br />
di gran lunga la sua Potenza quanta mai ne posseggon gli Spiriti tutti<br />
dell’Abisso, gli uomini e potentati tutti della Terra, gli Angeli e Santi<br />
tutti del Cielo. E qualora al suo Potere o l’imperfezione ed indecenza,<br />
oppur la contraddizione non si opponga, non ha esso limite. Che lo termini,<br />
non misura che lo circoscriva, non intelligenza creata che lo comprenda:<br />
perchè è un Poter di Madre dell’Onnipotente; come riflette San<br />
Bernardo, non deest Mariae potestas, quia Mater est Onnipotentis 16 ; a cui solo,<br />
allo scriver del Suarez, è riserbato il comprenderlo: giacchè Dio solo supera<br />
il poter della sua Madre; e come una partecipazione dell’Onnipotenza<br />
sua divina lo riconosce: potentia Virginis, così Gregorio di Valenza, potentia<br />
Dei (h) 17 . Onde io non sono punto a farmi maraviglia, Uditori, se il<br />
Dottor Serafico a chiamar Nostra Signora si pose col titolo di<br />
Onnipotente, Domina nostra onnipotens post Dominum (i) 18 : e se la Chiesa<br />
santa, come ammaestrata all’intutto e guidata sempre dallo Spirito Santo,<br />
per antonomasia con ragione la chiama Vergine potente, Virgo potens.<br />
(g) S. Bern. Sen., Tomo 4, co. 61, ar. 1, cap. 7.<br />
15 Nel primo istante della sua Concezione Maria meritò e ottenne la monarchia di tutto<br />
l’universo.<br />
16 Non manca la potestà di Maria perché è Madre dell’Onnipotente.<br />
(h) Greg. de Valent., Tomo 4, p. 3, d. 3, q. 1, pun. 2.<br />
17 Potenza di Maria, potenza di Dio.<br />
(i) San Bonav. in Psalm.<br />
18 La nostra Signora onnipotente dopo il Signore.<br />
112<br />
2. E quanto sia essa potente, ben lo sa il Principe delle Tenebre a suo marcio<br />
dispetto, ben lo sa tutto l’Inferno. Rammentasi ben egli Lucifero e spumante<br />
di sdegno freme tutt’ora ed arrabbia delle sue totali sconfitte che la<br />
nostra possente Signora gli diede sin dal primo Immacolato momento di<br />
sua Concezione: avendo egli allora sperimentato il formidabile peso di<br />
quella divina minaccia, Ipsa conteret caput tuum (k) 19 . Se ne rammenta sì, sì,<br />
lo ripeto; e tutto giorno i deplorabili effetti ne prova. Perciocché se la vede<br />
il demonio a scorno e danno suo, sempre armata per combatterlo e trionfare<br />
di lui, a guisa di un terribil vittorioso esercito di una ben’ordinata<br />
Soldatesca e valorosa, Terribilis, ut Castrorum acies ordinata (l) 20 ; ed è pur forzato<br />
il Superbo a confessare che la potente Regina del Cielo manda in aria<br />
tutte le mine e gli stratagemmi di lui; essa rovina tutte le sue macchine ed<br />
artifizi; essa taglia tutte le sue trame ed orditure maligne; essa atterra tutte<br />
le sue tentazioni e gli sforzi; gli toglie le più care e veterane conquiste; gli<br />
annulla ogni qualunque padronanza e dominio e a viva forza lo caccia;<br />
come egregiamente disse il sapientissimo Idiota (cioè il Beato Raimondo<br />
Gìordano che sul principio del secolo X visse), Maria jugum diaboli extrudit<br />
(m) 21 . Insomma, che essa è la rovina, il terror di tutto l’Inferno, come scrisse<br />
San Bonaventura, Virgo Beata terror demonum 22 ; e che al solo Nome sacrosanto<br />
di Maria va sottosopra in tremor tutto l’Abisso, urlano di spavento<br />
i demoni e si caccian precipitosi entro le più profonde sotterranee caverne<br />
della loro penosissima Carcere.<br />
3. Sì, sì, tutto ciò, a gloria maggiore del mirabile ed altissimo Poter della<br />
Vergine, è purtroppo forzato il demonio a confessarlo. Che se voi ne bramaste,<br />
Uditori, di qualche fatto il contesto, vel dia qui sulle prime quel vago<br />
gentil Giovanetto del Messico, che avendo valorosamente rigettati gli assalti<br />
di una donna impudica e venendo poi fieramente tormentato dal<br />
(k) Gen. 3.<br />
19 Ella schiaccerà il tuo capo.<br />
(l) Cant. 3, 6.<br />
20 Terribile come esercito schierato.<br />
(m) Idiot. ap. lib.3, Bibl. SS. PP.<br />
21 Maria allontana il giogo del diavolo.<br />
22 La beata Vergine, terrore dei demoni.<br />
113
Traditore Infernale con le laide e vive rappresentanze della sua Assalitrice;<br />
appena fatto ricorso al gran poter della Vergine, che tosto cedette confuso il<br />
demonio; ed al divoto Giovine una specie così orrida fu infusa di quella rea<br />
donna, che a guisa di una furia d’Inferno ad occhi aperti la ravvisò e continuamente<br />
la abborrì (n). Un altro contesto vel porga quella famosa e tanto<br />
rinomata Penitente Aleide della città di Bona in Alemagna. Questa, come<br />
voi ben saprete, fattasi Religiosa, era divenuta il bersaglio, direm così, di<br />
Lucifero: tanto la travagliava giorno e notte e con fiere tentazioni e con visioni<br />
spaventose e con orribili minacce. Molti sacri rimedi le furono consigliati,<br />
ma le eran di giovamento per allora soltanto e poi si trovava sempre ai<br />
soliti cimenti. Una Religiosa vi fu che consigliolla un giorno, che qualora<br />
tornato fosse il Maligno a molestarla, dicesse essa tosto ad alta voce Ave<br />
Maria. Tanto eseguì Aleide: e tanto vi volle, affinchè il demonio tutto tremante<br />
si ritirasse, dando mille maledizioni a chi così consigliata l’aveva (o).<br />
4. Chi fu mai, Uditori, che dalle zanne del Principe delle tenebre preservò<br />
quell’altra divotissima donna, memorata dal De Voragine (p), cui<br />
essendo sortita la disgrazia di imbattersi in un Marito sì empio; aveva<br />
questi patteggiato col demonio di portargliela in un certo sito e consegnargliela<br />
in dono? La nostra eccelsa Signora fu quella che col suo<br />
Potere ed in Persona a dar pronto soccorso alla sua divota si mosse: perciocché<br />
pigliando la forma ed il sembiante di colei, si fece portar innanzi<br />
a Lucifero nel destinato sito; e colà giunta, fulminando quel Mostro<br />
di Abisso subbissare lo fece; e riprendendo severamente quel Maluomo<br />
a penitenza lo ridusse. Tanto egli è grande il potere della Vergine in<br />
difendere i suoi divoti da tutti gli assalti del Nemico Infernale.<br />
5. Ne bramate altri contesti? Su, su, parli il Beato Angelino Carmelitano e<br />
vi ridica, se con qual mezzo egli si difendesse da Satana, allorché in sembianza<br />
di fier Leone gli apparve, in atto di volerlo sbranare? Ed udirete,<br />
che col solo stender la Corona di Nostra Signora che egli fece verso<br />
(n) Auriem., Tomo 1, Af. cap. 16, prop. fin.<br />
(o) Cesarius in Spec. exempl.2.<br />
(p) Non è indicato nulla.<br />
114<br />
l’orrida bestia, tra mille ruggiti in precipitosa fuga lo pose (q). Parli il<br />
divoto Vincenzo Andria Francescano e vi conti se con qual’arte egli si<br />
difese dal demonio, qualor, permettendolo Dio, lo tirò fuori del letto,<br />
lo trascinò pel dormitorio e lo caricò di percosse? E sentirete ridirvi<br />
esser’egli scampato con l’invocazion di Maria; la quale, accorrendo, fece<br />
provare gli effetti del suo gran Potere e al suo divoto col liberarlo e al<br />
suo Nemico col farlo partir tosto vinto, svergognato e confuso (r). Parli<br />
ancora il celebre ... Ma che accade cercar altri contesti; se la stessa esperienza,<br />
che abbiamo anche noi forse più e più volte goduta del potente<br />
Patrocinio di Nostra Immacolata Signora, ci fa anche toccar con mani<br />
di qual peso sia la sua possanza contro il nostro comune Nemico.<br />
6. Rimane solo adunque, Uditori, che noi, giacché ai continui assalti di<br />
Nemico sì implacabile, sì astuto, sì fiero siamo esposti tutt’ora, gettiamo<br />
con tutto il cuore nella potentissima Vergine tutte le nostre speranze,<br />
facciamo Lei condottiera e regolatrice delle nostre battaglie; a Lei<br />
ricorriamo sovente con viva fiducia: e a guisa di suoi buoni e fedelissimi<br />
soldati, cresciamo sempre più nel suo tenero amore, nel suo puntuale<br />
servizio; e così ci manteniamo costantemente sino alla morte.<br />
7. O allora sì, o mia potente Immacolata Signora, si scateni pur contra noi<br />
tutto l’Inferno, ci combatta pure, ci assalti a suo talento: qualor voi combatterete<br />
per noi, qualor il vostro eccelso potere teniate a favor nostro<br />
impiegato, qualor come vostri fedeli servi e cari figli ci sosteniate; tante al<br />
certo saranno a gloria vostra le vittorie, quante saran le battaglie. Ah per<br />
pietà, adunque, per la vostra Immacolata Concezione, non ci abbandonate<br />
mai, mia Gran Signora; tenete sempre impiegato il vostro Braccio potente<br />
in nostro aiuto e difesa; e fate, che a confusione eterna del vostro e comune<br />
nostro Nemico, possiamo anche noi esclamar tutti giulivi, come fecero<br />
tanti vostri divoti, che ora han la bella sorte di godervi in Cielo, Si Maria<br />
pro nobis, quis contra nos? Ipsa nos adiuvante, salvi erimus 23 . Amen.<br />
(q) Sandeus. Hist. lib. 8.<br />
(r) Auriem. Tomo 2, Affect. cap. 8.<br />
23 Se Maria è a nostro favore chi contra di noi? Se Ella ci aiuta, noi saremo salvi.<br />
115
SERMONCINO UNDECIMO<br />
Recitato Sabato 22 Aprile 1752,<br />
nella Chiesa Prepositurale di San Giacomo Apostolo<br />
Don <strong>Marcucci</strong> recita questo Sermoncino nella vicina chiesa di San Giacomo 24<br />
“in occasione che ivi, secondo il solito giro, si trovava collocata ed esposta alla pubblica<br />
adorazione la miracolosa immagine di Maria SS.ma, detta la Madonna del<br />
Clero” 25 . Ad ascoltarlo ci saranno state le religiose dell’Immacolata e i fedeli, soliti<br />
alla devozione dei sabati mariani che si svolgeva nella vicina chiesa dell’Immacolata.<br />
Nell’introduzione l’Autore prepara i fedeli all’esposizione dell’argomento. Trae<br />
spunto dall’Apostolo San Giacomo a cui è dedicata la Chiesa; secondo la tradizione<br />
storica, il santo predicò il Vangelo per cinque anni in Spagna. Un giorno, mentre si<br />
trovava a Saragozza, le apparve la Vergine Santa e gli chiese di farle costruire una<br />
Chiesa dove sarebbe accorsa tanta gente a venerarla ed Ella avrebbe preso sotto la sua<br />
speciale protezione quella parte della Nazione.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> si propone di dimostrare che il concorrere e portarsi a venerare<br />
nelle Chiese le sacre immagini di Maria è un bel mezzo per essere da Lei protetti.<br />
Ricorda la lotta che durante alcuni secoli è stata fatta contro le immagini sacre,<br />
ma, “nonostante tante menzogne e bestemmie, il venerare le sacre immagini è cosa<br />
degna di lode, necessaria, santa e di indicibile giovamento a chiunque devotamente<br />
la pratica”.<br />
Conclude con una preghiera alla Vergine Santa per chiederle, con accenti di vero<br />
innamorato, di concedere ai presenti i favori promessi alla Spagna per mezzo di<br />
San Giacomo ed invita gli ascoltatori a ripetere con lui: “O mia Immacolata Signora,<br />
prendi sotto la tua tutela e protezione questa città e tutti i suoi abitanti”.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 113-120.<br />
24 La costruzione della chiesa parrocchiale di san Giacomo apostolo risale al 1100. Nella sua<br />
prima costruzione ebbe la facciata anteriore ad occidente della Piazza, di fronte all’ingresso<br />
del monastero delle Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione (Cf. CIANNAVEI GIUSEPPE<br />
IGNAZIO, Compendio di Memorie Istoriche, 1797, ristampa con note e indici di Giannino<br />
Gagliardi, Ascoli Piceno 1995, pp. 64-78).<br />
25 Cf. ASC 23, 113.<br />
116<br />
Argomento<br />
Il concorrere e portarsi nelle Chiese a venerar le sacre Immagini<br />
di Maria è un bel mezzo per essere da Lei protetti<br />
Non vi sembri strano, Uditori miei Riveriti, se da un piccolo sacro Tempio alla<br />
Nostra Immacolata Signora dedicato, ad un altro più sontuoso e magnifico, ove<br />
di presente la sua sacrosanta miracolosa Immagine alla pubblica venerazione, in<br />
ricco Altare collocata, ed esposta si adora, io, seguitando la solita divozione del<br />
Sabato, faccio in questa sera passaggio. Quella stessa ragione, per cui voi mossi<br />
vi siete ad intervenirvi, quella stessa, ripeto, a così risolver mi ha mosso. La tenera<br />
divozion della Vergine e la premura della sua maggior gloria, vi ha qui al certo<br />
portati. Lo stesso dite di me; che (benché nella divozione effettiva son senza fallo<br />
da voi superato, non così però crederei, almen nel buon cuore e nell’affetto) conoscendo<br />
da questo Luogo potersi ampliar maggiormente il Culto e le Glorie di<br />
Nostra Signora stante il numero maggiore che avrei goduto di pii e divoti<br />
Uditori, a sceglier questo sacro Tempio perciò risoluto mi sono. Sebbene, cosa<br />
mai potrò dirvi stasera, che alla maggior<br />
Gloria della Vergine ridondi e al<br />
merito vostro ed alla vostra pietà<br />
adattato riesca? Su; lo stesso Apostolo<br />
San Giacomo il maggiore ci suggerisca<br />
intorno a ciò qualche ottimo insegnamento,<br />
giacché entro le Sacre Mura a<br />
lui consacrate noi or ci troviamo. Ed<br />
appunto egli, che fu tra gli Apostoli<br />
così ossequioso verso la Gran Madre<br />
del suo Divino Maestro, con un fatto<br />
a lui accaduto, ce ne porge già pronto<br />
un bel documento. Voi ben saprete,<br />
Uditori, come il Santo Apostolo per<br />
attestato, dirò così, comune degli<br />
Storici e della stessa Chiesa nelle sue<br />
lezioni, si portò a predicar nella<br />
Spagna (ove si trattenne cinque anni).<br />
Fermatosi nella Città di Saragozza in<br />
Aragona, vicino al tanto celebre<br />
Facciata della Chiesa di San Giacomo apostolo<br />
di Ascoli Piceno, sec. XIII.<br />
117
fiume Ebro, gli apparve sopra una Colonna di Giaspido, che ivi era, Maria SS.ma;<br />
e gli ordinò che ivi in onore di Lei fabbricasse una Chiesa (la quale fu la prima<br />
nella Spagna, che sino ad oggi si conserva sotto il titolo di Nuestra Señora del<br />
Pivar); e gli aggiunse la Vergine, che ivi sarebbe concorsa molta Gente a venerarla<br />
e che perciò ella sin da allora prendeva quella parte della Spagna sotto la sua<br />
Protezione e Tutela; et ego usque modo hanc Hispaniae partem sub mea tutela suscipio<br />
ac protetione (a) 26 . Questo è il fatto, avvenuto a San Giacomo Apostolo. Eccone<br />
l’epifonema, il documento. Il concorrere e portarsi a venerare nelle Chiese le sacre<br />
Immagini di Maria, è un bel mezzo per esser da Lei protetti. Bramate rimanerne più<br />
certiorati? Favoritemi di attenzione. Sarò a soddisfarvi.<br />
1. Tuttochè con cento e mille diabolici raggiri e con esecrande bestemmie si<br />
aiutassero quasi sul principio del Secolo ottavo a discreditare e togliere<br />
affatto il culto dovuto alle Sacre Immagini, gli orientali eretici Iconomaci o<br />
Iconoclasti, come vogliam chiamarli; allorché nel settecentoventitre diede<br />
loro l’origine l’iniquissimo Giudeo Tiberiadiano, nominato Savantapeco; e<br />
prestò loro tutto il braccio, con tanta strage delle Sacre Immagini e de’ pii<br />
Cattolici, prima il Re dei Saraceni Gezido e poco dopo il Mostro dell’empietà<br />
Leone Isaurico Imperador dell’Oriente e l’infame Costantino Copronimo<br />
suo successore e figlio; insieme col perverso Anastasio Vescovo di Frigia, ed<br />
altri 338 Vescovi Greci, tutti empi iconoclasti (b): e per quanto mai si<br />
armassero con inaudite crudeltà a danno delle Immagini Sacre nel nono<br />
Secolo gli altri non meno iniqui Imperadori orientali Leone Armeno, Michele<br />
Balbo e Teofilo; come pur nel Secolo decimoquarto l’Eresiarca Giovanni<br />
Uriclefo Inglese; e nel Secolo decimo quinto il diabolico Lutero, Calvino,<br />
Dalleo suo Discepolo, coloro iniqui Settatori (c): nulla di meno ad onta e<br />
confusione di tutte le loro barbarie, menzogne e bestemmie, fu e sarà sempre<br />
mai vero in eterno, che il prestar gli ossequi, la venerazione e il culto<br />
alle Sacre Immagini, è una cosa di mille lodi ben degna, necessaria, santa<br />
e di indicibil giovamento a chiunque divotamente la pratica.<br />
(a) Villegas in Festo S. Jacob., die 25 Julii; et alii.<br />
26 Ed io sin d’ora prendo questa parte della Spagna sotto la mia tutela e protezione.<br />
(b) Baron. in Ann., et Graveson, Tomo 3, Hist. Eccl. Nov. Test. Saec. 7, colloq. 3, fol. mihi<br />
49-50 ss.<br />
(c) Graveson, loc. cit.<br />
118<br />
2. Questa gran verità ci additarono le Divine Scritture e nell’Esodo (d) con que’<br />
due Cherubini d’oro, collocati per ordine del medesimo Dio sopra il<br />
Propiziatorio; ed in altri luoghi (e). Ce la decretarono tanti Sommi Pontefici<br />
ed in particolare Gregorio II e Gregorio III che con tutto zelo si opposero<br />
all’Isaurico e al Copronimo. Ce la decisero tanti Sacrosanti Concili, il Romano<br />
sotto il mentovato Gregorio III; il Niceno Secondo, ove nel settecentottantuno<br />
ebbero la totale sconfitta gli Iconomaci od Iconoclasti; e tralasciando altri<br />
Concili a tale effetto convocati nel Secolo ottavo in Roma, ed in Francia, il<br />
Costanziense, in cui fu condannato Uriclefo e il Tridentino (f). Ce la insegnarono<br />
tanti Santi Padri, tra i quali basti far menzione di San Germano<br />
Patriarca di Costantinopoli; San Giovanni Damasceno e Santo Stefano il<br />
Giovine, martire e Vescovo di Antiochia, che furono i tre forti antemurali<br />
del culto e del giovamento delle Sacre Immagini contra i due primi<br />
Imperatori iconoclasti (g). Ce la contestarono tanti stupendi Miracoli ed in<br />
specie quello dell’essersi dalla Regina del Cielo restituita la Mano al suo<br />
Difensor San Giovanni Damasceno nel giorno dopo che gli era stata recisa (h);<br />
quello di aver con una Sacra Immagine di Maria restituita Santo Stefano il<br />
Giovane la perfetta salute ad un soldato che perduta avea mezza vita, sugli<br />
occhi dell’empio Imperador Copronimo (i); quello per finirla, di aver confessato<br />
forzatamente lo stesso perverso Imperadore, che pel male del fuoco,<br />
con cui fu punito dal Cielo, esso per sentenza della Vergine era ancor vivo<br />
condannato al fuoco eterno (k). Ce la contesta ancora per finirla la ragion<br />
naturale, che accordando l’onor dei ritratti ad Uomini illustri, ci dimostra<br />
che qualor quei venissero spregiati, tutto il dileggio a questi ridonderebbe:<br />
così appunto, col porsi il poc’anzi detto Santo Stefano una Moneta<br />
dell’Imperador Copronimo sotto i piedi, con la stessa naturalezza lo convinse,<br />
benché non con altro frutto che col riportarne il glorioso martirio (l).<br />
(d) Exod. 25.<br />
(e) 3 Reg. 6.<br />
(f) Trid. sess. 25; Graveson, loc. cit.<br />
(g) Graveson, loc. cit.<br />
(h) Graveson, loc. cit.<br />
(i) Baron in Annal.<br />
(k) Baron in Annal.<br />
(l) Baron in Annal.<br />
119
3. Quindi da tanti monumenti e dall’antico, universale, lodevolissimo<br />
uso (m) di nostra Santa Madre Chiesa Cattolica di prestare il culto alle<br />
Sacre figure ed Immagini, noi veniam ad essere più che certi, Uditori<br />
riveriti, su di quanto a noi sia necessario e vantaggioso riesca il venerarle<br />
e quelle particolarmente della Nostra eccelsa Signora, Maria<br />
SS.ma. Si aggiunga, che siccome la venerazione e l’onore che noi<br />
diamo alle sacre figure, nol prestiamo già a quel pezzo di tela, o carta,<br />
o legno, o pietra, né ivi il nostro culto si ferma (n), quasi che ivi qualche<br />
intrinseca virtù o divinità risiedesse (come scioccamente a creder<br />
si davano i ciechi Gentili ed empiamente gli eretici a rimpoverarci si<br />
aiutano); ma il nostro culto e venerazione al prototipo passa, voglio<br />
dir lodiamo a quel Mistero, o Santo in quella Figura ed Immagine<br />
rappresentato; conforme egregiamente dice il Pontefice San Gregorio<br />
(o), Imagines non adorantur, sed quod per imagines repraesentatur 27 : venerando<br />
perciò noi le Sacre Immagini di Maria, veniamo a prestare a Lei<br />
medesima gli omaggi, le servitù e divozione nostra. Onde allora rinnoviamo<br />
la nostra fede intorno a Lei, credendola nostra Regina e fatta<br />
da Dio di mille onori ben degna, aumentiamo la nostra Speranza,<br />
rammentandoci essere essa nostro Rifugio; esercitiamo il nostro<br />
Amore, considerandola degna di tutta la nostra stima ed affetto. Che<br />
però non può essere a meno, che ella, vedendo ben dal Cielo e ricevendo<br />
nelle sue Immagini, come in Persona, tali nostri ossequi; non può<br />
essere a meno, ripeto, che il suo Cuore tutto grazioso e benigno non<br />
si muova a ricompensarci con la sua Protezione amorosa e col prenderci<br />
sotto la sua potente Tutela.<br />
4. Or benché ciascuno riprometter si possa di tanto, nel venerare in qualunque<br />
Luogo le Sacre Figure ed Immagini di nostra Signora; un più<br />
valido mezzo però è quello di concorrere e portarsi nelle Chiese a venerarle.<br />
La ragione si è, che essendo le Chiese Luoghi destinati al Sacro<br />
(m) Graveson, Tomo 1, Hist. Eccl. Nov. Test. Saec. 4, coll. 3, pag. 125-126.<br />
(n) Trid., sess. 25. De Invoc. SS.ma.<br />
(o) San Greg. in Registr.<br />
27 Non si adorano le immagini ma ciò che tramite le immagini è rappresentato.<br />
120<br />
Culto e Santuari di favori e di grazie; come le Divine Scritture ci insegnano<br />
(p); quivi però più gradisce la Vergine gli omaggi e da più larga<br />
mano i favori dispensa: tanto più che nelle Chiese più rimane esaltata la<br />
sua Gloria, più vi risplende l’onor suo, più vien mossa la sua<br />
Misericordia dal divoto concorso di tanti, dalle ferventi preghiere di<br />
molti. Quindi da cento e mille fatti dell’ecclesiastiche storie noi risappiamo,<br />
che qualora la Regina del Cielo si sia voluta glorificar maggiormente<br />
in qualche sua immagine, questa tosto o è stata collocata alla<br />
pubblica venerazione nelle Chiese, o la Vergine stessa ha ordinato che<br />
nuovo sacro Tempio vi si erigesse in suo onore. Segni tutti manifesti,<br />
che il più bel mezzo per goder le sue Grazie, la sua Protezione, alle<br />
Chiese convien portarsi e concorrere a venerar le sue Immagini.<br />
5. Servano alcuni succinti esempi per contesto e per chiusa. Il Sommo<br />
Pontefice San Gregorio VII, essendo ancor Cardinale, si portava spesso a<br />
visitar nella sontuosa Basilica di San Pietro una divota Immagine della<br />
Gran Madre di Dio. Avvenne che da suoi Malevoli fu calunniato gravemente<br />
presso del Papa. Buon per lui, che mentre ardeva la calunnia alla<br />
solita Visita si ritrovava: perciocché, in ricompensa, la Vergine medesima<br />
da quella Sacra Immagine gliene diede prima l’indizio col pianto; e<br />
poi con la giovialità del sembiante lo assicurò della difesa che avea presa<br />
di lui e dell’Innocenza scoperta (q). Qual fu mai il mezzo, con cui il<br />
piissimo Cardinal <strong>Antonio</strong> di Santa Croce ottenne nel 1531 sopra di sé e<br />
della città di Bologna, in cui era Legato, oppressa da fiera pestilenza, la<br />
protezion della Vergine e con essa dal contagio lo scampo? Se non col<br />
portarsi scalzo insieme col Popolo a visitare e prestar gli omaggi e le<br />
suppliche all’Immagine di Nostra Signora del Rosario (r). Non accade<br />
però il riportar qui altri fatti, mentre noi medesimi e la nostra città<br />
tutta, ne facciam aperta testimonianza, che qualor sperimentar vogliamo<br />
della Vergine i singolari favori, basta che nelle Chiese, ove la sua<br />
Sacra Immagine giace esposta, a riverirla e supplicarla corriamo.<br />
(p) Psal. 20; Isaia 11, 10; Psal. 1, 8.<br />
(q) Auriem. part. I, cap. II.<br />
(r) Auriem. loc. cit.<br />
121
Aggiungo solo cosa di gran maraviglia, che la Regina del Cielo in attestato<br />
maggiore del mio Assunto, ha fatti godere i frutti della sua<br />
Beneficenza agli stessi Nemici suoi, qualor ravveduti a venerarla ne’<br />
Sacri Tempi se ne corsero. Così un eretico Calvinista, trovandosi un dì<br />
nella Chiesa di Nostra Signora in Dola e burlandosi dei nostri Riti;<br />
punito con fiera paralisi, ed in sè rientrato: si gettò innanzi ad una divota<br />
Immagine di Maria, qui vi chiese soccorso, pianse le sue colpe, ne<br />
ottenne la salute del corpo e nel tempo stesso dell’Anima con l’abiura<br />
del Calvinismo (s) e col farsi Cattolico.<br />
6. Giudicate ora voi, Uditori miei cari, quante e quali finezze voi potete<br />
aspettarvi dalla clementissima Vergine, voi, dissi, che sì premurosi vi<br />
mostrate in venirla a riverire in questa Chiesa e nelle altre, nella sua<br />
Immagine sì miracolosa e divota. Seguitate pur di buon animo e con<br />
perseveranza sì lodevole uso. Sperate ogni soccorso, chiedete ogni<br />
Grazia e particolarmente per il sodo bene dell’Anima; e vedrete poi in<br />
pratica quanto sia vero, quel che io vi dicea, cioè che il concorrere e portarsi<br />
a venerare nelle Chiese le Sacre Immagini di Maria, è un bel mezzo per<br />
esser da Lei protetti.<br />
7. Tanto speriamo da voi, Vergine Sacrosanta: e siccome per gli ossequi,<br />
che dovevano a voi prestarsi nella Spagna, prometteste a quella fortunata<br />
Monarchia, per mezzo dell’Apostolo San Giacomo, la vostra singolare<br />
Protezione e Tutela, con quelle dolci parole, da me sul principio rammentate,<br />
Hanc Hispaniae partem sub mea Tutela suscipio et protectione: così<br />
per gli ossequi, che a voi abbiam noi prestato e a costo ancora della Vita<br />
e in pubblico ed in privato a tributarvi per sempre siam pronti, degnatevi<br />
per intercessione dello stesso Apostolo di pigliar anche noi e questa<br />
nostra Città tutta sotto l’alta vostra Tutela e Patrocinio. Ripetete<br />
anche per noi, o mia Immacolata Signora, Hanc Civitatem, et omnes<br />
Habitantes in ea sub mea Tutela suscipio, et Protectione 28 . Amen.<br />
(s) Auriem. loc. cit.<br />
28 Prendo sotta la mia tutela e protezione questa città e tutti i suoi abitanti.<br />
122<br />
SERMONCINO DUODECIMO<br />
Recitato Sabato 29 Aprile 1752<br />
Il Sermoncino si sviluppa in nove punti. Don <strong>Marcucci</strong> constata che molti confidano<br />
nella misericordia di Dio ma continuano ad offenderlo, così si attirano i suoi<br />
castighi. Il rimedio è il pentimento dei peccati e il fare penitenza, ma occorre anche<br />
l’intercessione di Maria SS.ma, così come per mitigare lo sdegno di qualche personaggio<br />
occorre un intercessore appropriato che possieda almeno tre qualità: cioè le belle<br />
maniere, la grazia e il merito.<br />
Spiega in che modo e perché Maria SS.ma possiede queste tre qualità e conclude con<br />
una preghiera fiduciosa verso nostra Immacolata Signora per ottenere da Dio per sé e<br />
per gli ascoltatori il totale perdono delle sue colpe, la vera conversione, la santità della<br />
vita e la felicità della morte.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 75-82<br />
Argomento<br />
L’intercessione di Maria SS.ma è molto efficace<br />
per placar l’Ira Divina<br />
Non so, Uditori, se dar si possa perniziosa stupidezza maggiore di quella, di<br />
cui si trovan ripieni certi miserabili ciechi Peccatori, che vivono tutti riposati<br />
e sicuri della loro eterna salvezza, quasi che avessero essi quel ricco capitale<br />
della Grazia Divina e delle buone operazioni, di cui provvedute ben sono le<br />
Anime giuste e timorate. Quello che io so è che il sapientissimo tra tutti i<br />
Mortali, voglio dir Salomone, a chiamar giunse una tale sicurezza dei Peccatori<br />
per una delle più solenni e perniziose follie e stoltezze che fossero sopra la<br />
Terra: Sunt Impii, qui ita securi sunt, quasi Justorum facta habeant, uditelo come si<br />
esprime, sed et hoc vanissimum judico (a) 29 . Dicono essi e tutto il giorno per la<br />
bocca lo hanno, che la Misericordia di Dio è grande, senza misura, senza fine;<br />
ed in conseguenza, eziandio che seguitino ad offenderla, ad oltraggiarla, avrà<br />
compassione di loro, rimetterà loro tutta la moltitudine delle colpe. Questa è<br />
la solenne pazzia appunto, di cui li rimprovera Salomone: et ne dicas, facendo a<br />
(a) Eccl. 8, 14.<br />
29 Ci sono degli empi che sono talmente sicuri come se compissero le opere dei giusti, ma<br />
anche questo io reputo molto stolto.<br />
123
ciascun di loro sentire, et ne dicas, Miseratio Domini magna est: multitudinis peccatorum<br />
meorum miserebitur (b) 30 . Eccone la ragione. Quello stesso Dio che è sommamente<br />
Misericordioso è ancora sommamente Giusto: infinita è la sua<br />
Misericordia, ed infinita pur è la sua tremenda Giustizia: e sì l’una, come l’altra<br />
di un subito, in un istante, può venire all’esecuzion dei suoi atti: ma verso<br />
dei Peccatori attuali però tien sempre pronti i suoi fulmini la Divina Giustizia;<br />
e tutti i suoi più terribili furori e tremendi castighi pendono ogni momento<br />
sopra degli empi. Misericordia enim, et Ira cito proximant a Domino, a dir segue il<br />
Savio, o per meglio esprimermi, lo stesso Dio per bocca del Savio; et in<br />
Peccatores respicit Ira illius (c) 31 . Quindi, se noi siam Peccatori, cari miei<br />
Ascoltanti, chi vi ha ora tra voi che non vegga di qual’alto e santo timore imbever<br />
ci dobbiamo della Giustizia Divina, irritata sì lungamente e gravemente<br />
da noi e contra noi sì giustamente adirata? Ah, di grazia, detestando perciò<br />
ogni vana e presuntuosa sicurezza, diamoci giù piuttosto con tutta l’attenzione<br />
e premura a placar l’Ira divina, a rattener la Divina Giustizia, affin non ci<br />
fulmini, non ci disperda, non ci danni, come meriteremmo purtroppo. Il sincero<br />
pentimento delle nostre reitadi commesse, la vera mutazione di costumi,<br />
la vita penitente, è l’unico mezzo per placare lo Sdegno Divino, voi lo sapete.<br />
La Chiesa ce ne dà infallibile l’attestato, ove dice a Dio, Deus, qui culpa offenderis,<br />
paenitentia placaris (d) 32 . Sebbene, credete voi, che con tutto questo noi soli<br />
come da noi, potremo placar perfettamente l’Ira di Dio? No, dice Davide,<br />
Homo non dabit Deo placationem suam (e) 33 . Dobbiam noi pentirci sì della nostra<br />
mala vita, pianger le nostre colpe e farne penitenza qua in Terra; ma teniam<br />
anche bisogno nel tempo stesso di chi efficacemente per noi perori ed interceda<br />
nel Cielo. Chi mai però può con efficacia farci un tal’ufizio? Eccola,<br />
(b) Ecclesiastic. 5, 6.<br />
30 E non dire la misericordia del Signore è grande: avrà compassione della moltitudine dei<br />
miei peccati.<br />
(c) Ecclesiastic. 5, 7.<br />
31 La misericordia infatti e l’ira si susseguono subito da parte del Signore e la sua ira si riversa<br />
sui peccatori.<br />
(d) In Orat. post Psal. Paenitential.<br />
32 O Dio che vieni offeso dalla colpa, sei placato dal pentimento.<br />
(e) Psal. 48, 8.<br />
33 L’uomo non placherà Dio.<br />
124<br />
l’Immacolata nostra Signora, Maria SS.ma. Su dunque, uniamo col nostro pentimento<br />
una tenerissima divozione verso di Lei; gettiamoci all’intutto nelle sue<br />
misericordiose Braccia; lasciamo fare a Lei; perciocché la sua Intercessione è molto<br />
efficace a placar l’Ira Divina. Mi impegno a mostrarvelo, se favorirete di ascoltarmi.<br />
Incominciamo.<br />
1. Il placare un Personaggio, un Giudice sdegnato, non altro importa che<br />
mitigare il suo sdegno, il raddolcirlo, il chetarlo e farlo divenir tutto<br />
pacifico ed amorevole. Or tuttoché per ottener tanto la stessa ragion<br />
naturale ci insegna esservi duopo una qualche mezzanità ed<br />
Intercessione; l’esperienza medesima però ci dimostra non esser valevole<br />
a tanto ogni qualunque Intercessore; ma solamente quei, che almeno<br />
tre qualità possegga, cioè la bella maniera, la grazia presso il Giudice ed<br />
il merito.<br />
2. Ciò accordato, o quanto chiaro appare l’efficacia impareggiabile<br />
dell’Intercessione di Maria per placar l’Ira del Giudice Supremo contra<br />
noi giustamente sdegnato. Perciocché chi più di Lei gode in Cielo delle<br />
belle maniere, della grazia, del merito? E per alquanto posarci sulla<br />
prima sua dote, le sole voci della Gran Vergine sono così dolci e grate<br />
alle Orecchie Divine, che appena udite da Dio, non può farsi a meno che<br />
tutto raddolcito e pacificato non resti. Quindi nel libro dei Sacri Cantici<br />
espressa ci viene la delizia del Cuore Divino in sentir i soavi accenti<br />
della Celeste Regina, talché egli stesso a favellar la invita, a perorare la<br />
sprona: Sonet vox tua in auribus meis: vox enim tua dulcis (f) 34 .<br />
3. Che diremo poi della Grazia che gode Nostra Signora presso il Divin<br />
Giudice? Non vi è in tutto il Mondo Anima quanto siasi Santa, né in<br />
tutto l’Empireo vi è Spirito, o Beato, che amato sia da Dio quanto la<br />
Vergine: anzi se voi, Uditori, da un canto considerate tutte le Anime<br />
buone della Terra e gli Angeli tutti e Santi del Cielo; e dall’altro canto<br />
poniate l’occhio alla Vergine sola; troverete esser questa sola assai più<br />
(f) Cant. 2, 14.<br />
34 Risuoni la tua voce nelle mie orecchie, infatti, la tua voce è dolce.<br />
125
cara all’Altissimo, che tutto il rimanente dei Santi insieme uniti e compresi:<br />
come con tutto il fondamento disse il Suarez: Deus plus solam<br />
Virginem amat, quam reliquos sanctos omnes 35 . Vi basti sapere che è tanto<br />
diletta a Dio, che in Lei trovò sempre tutto il suo contento, tutte le sue<br />
delizie sin da secoli sempiterni; e l’averla sempre innanzi agli occhi suoi<br />
Divini fece che Egli con tanto di piacere desse mano alla creazione e<br />
perfezione del Mondo; vedendola sempre presente, delineata<br />
nell’Aurora, nella Luna, ne’ fiori e in tante altre Figure; e considerandola<br />
tutta amabile, tutta dilettevole, tutta graziosa: onde di Lei disse il<br />
Savio, Cum eo eram cuncta componens ... delectabar per singulos dies, ludens<br />
coram eo omni tempore (g), ludens in orbe Terrarum 36 .<br />
4. Chi potrà parlar poi del suo altissimo Merito che ha presso Dio? O questo<br />
sì, non vi è lingua Angelica, non che Umana, che possa ridirlo. Il<br />
solo pensar, che Maria fu dal Monarca de’ Cieli considerata di tanta<br />
virtù, che la fece sua Madre e se la soggettò come Suddito, Erat subditus<br />
illi (h) 37 , è il più grande Panegirico che su dell’incomprensibile<br />
altezza del Merito suo possa farsi.<br />
5. Alto, Uditori. Se dunque quegli solo è valevole ed efficace Intercessore<br />
per placare un Giudice sdegnato, che abbia delle belle e grate maniere,<br />
che goda la pregevole di lui grazia ed amore, che sia di gran merito;<br />
sapendo già noi e per raziocinio e per fede, essere appunto Nostra<br />
Signora quella, che tutte le suddette tre qualità e doti in grado altissimo<br />
gode presso il supremo Giudice Divino, come dunque non esser<br />
efficacissima la sua Intercessione per placarlo e renderlo tutto dolce,<br />
pietoso e benigno? Ah sì sì, basta che essa parli un tantino a favor nostro<br />
ed ecco sedato lo sdegno, rattenuti i castighi e cambiata l’Ira Divina in<br />
Pietà graziosa, in amorosa Misericordia.<br />
35 Dio ama di più la sola Vergine di tutti gli altri santi.<br />
(g) Prov. 8, 30.<br />
36 Con lui io componevo tutte le cose… ogni giorno mi dilettavo, scherzando dinanzi a lui<br />
ogni momento scherzando sulla faccia della terra.<br />
(h) Luc. 2, 51.<br />
37 Era sottomesso a Lui.<br />
126<br />
6. Quindi io non so dar altro che cento e mille ragioni al Serafico San<br />
Bonaventura e a San Bernardino da Siena, qualora dissero, il primo, che<br />
la Vergine non poteva mai patir ripulsa da Dio, per esser per ogni verso<br />
di rimaner esaudita ben degna, Maria tanti apud Deum est meriti, ut non<br />
possit repulsam pati, cum sit digna in omnibus exaudiri (i) 38 : ed il secondo,<br />
che le preghiere della gran Regina passano nel Divin Tribunale per<br />
tanti imperiosi comandi, Accedit ad Divinum Tribunal non rogans, sed<br />
imperans 39 . Onde Santa Brigida attesta aver’ella udito il Redentore<br />
Divino, che favellando alla Madre, così le disse, egli è impossibile che<br />
io non esaudisca ogni tua dimanda, Nulla erit petitio tua in me, quae non<br />
exaudiatur (k) 40 .<br />
7. Contestiamolo con alcuni fatti, se pur vi aggrada, Uditori. Ed il primo<br />
sia quello tanto celebre, avvenuto nel 1624 nelle Indie Orientali ad una<br />
Cristiana Indiana e riferito da Lorenzo Grisogono (l). Si trovava questa<br />
misera donna con molte confessioni mal fatte, sì per mancamento di<br />
dolore, che per difetto di accusa di alcuni gravi peccati. Irato giustamente<br />
Iddio, ecco pone mano ai castighi, la priva di sensi, di respiro, di<br />
vita. Vien portata la donna al Divin Tribunale; la riguarda con occhi<br />
tremendi il Divin Giudice; l’accusa il Demonio; rimane essa confusa,<br />
atterrita, convinta. Già si sta per pronunziar contro di lei l’eterna,<br />
amara irrevocabil sentenza. In questo mentre, si alza la Regina del Cielo<br />
ivi presente: rappresenta al Divin Figlio una Limosina fatta per amor<br />
suo da quella donna ad un Povero; lo supplica di placarsi, di farla tornar<br />
in vita per tre giorni, affin pianga le colpe, se ne confessi e si salvi.<br />
Non appena ciò uditosi dal Supremo Giudice, si placa, si pacifica e<br />
quanto gli vien chiesto benignamente accorda a riguardo della Madre,<br />
a ravvedimento e salvazion della Rea: la quale tornata in vita narrò il<br />
(i) S. Bon., Tomo 3. Ser. 3, De Virg.<br />
38 Maria è presso Dio di così grande merito che non può soffrire un rifiuto essendo Ella<br />
degna di essere esaudita in tutto.<br />
39 Si accosta al tribunale divino non pregando ma comandando.<br />
(k) Lib. 1, Revel. cap. 50.<br />
40 Non ci sarà alcuna tua petizione a me rivolta che non sia esaudita.<br />
(l) Auriem. par. 2, cap. 17, fol. 230.<br />
127
tutto, fece una buona confession generale; ed in capo a tre giorni, assistita<br />
dalla sua celeste Avvocata, lo Spirito rese a Dio con placidezza<br />
indicibile. O Intercession di Maria quanto sei dunque efficace per placare<br />
lo sdegno Divino!<br />
8. Ma uditene fatto più di rimarco, e stupendo, raccontato da Giovanni<br />
Erolto (m). Vi fu un Sacerdote di SS.ma vita, che orando un giorno per<br />
la conversion dei Peccatori e per la riforma di tutto il Mondo, che compiangeva<br />
in vederlo tanto rilasciato; vide in alto supremo Tribunale<br />
assiso Gesù Signor nostro, da Giudice severo, in atto di voler fulminare<br />
onninamente e subbissar tutto il Mondo. Osserva di fatto, che il<br />
Giudice comanda ad un Angelo che suoni una spaventosa sonora<br />
Tromba: ed al cui suono, sente il pio Sacerdote venire scossa con orribile<br />
tremuoto tutta la Terra. Appena finito, ode comandarsi di nuovo un<br />
altro tocco di Tromba: ma la clementissima Regina del Cielo, conoscendo<br />
che a questo secondo suono doveva già tutto il Mondo rimaner subbissato,<br />
si alza dal suo Trono, si getta ai piedi del Figlio, lo prega per la<br />
sua Passione, per l’Amor che le porta, a sospender il fiero castigo, a placare<br />
il giusto sdegno, ad aver pietà e misericordia. Tanto disse, tanto<br />
perorò, supplicò tanto, che ottenne alla fin quanto volle: ed a suo solo<br />
riguardo, a gloria della sua Intercessione efficacissima ebbe il Mondo<br />
tutto lo scampo, il tempo, la vita.<br />
9. Ed io, o mia Immacolata Signora, a vostro solo riguardo e a vostra gloria,<br />
pure spero il pieno e totale perdono di tutte le mie gravissime ed<br />
innumerabili colpe; con le quali ho tanto irritata contro me la Divina<br />
Giustizia; spero la vera conversione, la Santità della vita, la felicità della<br />
morte: spero ogni Bene per me e per tutti. Intercedete voi per me, parlate<br />
a mio favore: io sarò salvo. Lo stesso dite di voi, miei cari Uditori.<br />
Confidate molto nell’Intercession di Maria e vedrete poi per esperienza<br />
quanto efficace pur sia per placar l’Ira Divina.<br />
(m) Prat. fior. par. 1. lib. 3, cap. 8.<br />
128<br />
SERMONCINO DECIMO TERZO<br />
Recitato Sabato 13 Maggio 1752<br />
Don <strong>Marcucci</strong> spiega che nel sabato precedente, 6 maggio, non ha potuto offrire ai<br />
fedeli la sua riflessione, per prestare assistenza “ad una religiosa ridotta all’estremo”;<br />
si tratta di Suor Maria Agnese Desio (1732-1810) che guarirà per intercessione<br />
della stessa Vergine Santa. Vengono, tuttavia cantate le litanie.<br />
Il Sermoncino si sviluppa in sette punti. Nell’introduzione Don <strong>Marcucci</strong> prepara<br />
gli ascoltatori all’argomento constatando che tutti gli uomini sperano, ma non tutti<br />
lo fanno in modo esatto perché in molti la speranza è ingiusta, in molti temeraria, in<br />
molti difettosa e mancante. Essa deve essere invece giusta, umile e soda confidando<br />
nella misericordia di Dio e nell’intercessione di Maria SS.ma. La devozione verso di<br />
Lei, infatti, rende buona la nostra speranza e soprattutto ce la ravviva ed accresce.<br />
L’Autore dimostra l’argomento citando vari esempi di santi e di devoti che sperimentarono<br />
il soccorso di Maria per la salute del corpo e dell’anima, infine ripropone<br />
la suggestiva visione delle due scale avuta da fra Leone, compagno di san <strong>Francesco</strong>.<br />
Conclude con una preghiera dove ricorda alla SS.ma Vergine di essere stata dichiarata<br />
da Dio “scala della misericordia”, attraverso la quale egli vuole che noi ascendiamo<br />
al cielo, non potendo percorrere, a motivo delle nostre colpe, la scala della giustizia.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 83-94.<br />
Argomento<br />
La Divozione verso Maria SS.ma rende buona la nostra Speranza<br />
e ce la ravviva ed accresce<br />
Essendo la Speranza una Virtù dataci da Dio, per la quale con certa confidenza<br />
noi aspettiamo i Beni della nostra Salute e la Vita eterna; ogni cristiano<br />
crede di averla, come ne è già tenuto; ogni Uomo spera: eppure non<br />
ogni Cristiano spera bene, non ogni Uomo a questa necessaria virtù teologica<br />
sodamente e giustamente si appoggia. Lo Spirito Santo in vari luoghi<br />
delle Scritture Divine ce lo attesta, ove chiama or con termini di vacua la<br />
speranza di molti, Vacua est spes illorum (a) 41 ; ed or d’inutile, Spes impiorum<br />
(a) Sap. 3, 11.<br />
41 È vacua la loro speranza.<br />
129
perivit (b) 42 . La ragione n’è chiarissima, perché in Molti la Speranza è ingiusta,<br />
in molti temeraria, in molti difettosa e mancante. È ingiusta in molti,<br />
perché tengono per certa di fede la loro fiducia di salvarsi, onde credono<br />
indubitatamente di esser predestinati alla Gloria: e questi sono gli eretici.<br />
È temeraria in altri, perché presumono di salvarsi, nonostante la moltitudine<br />
e gravezza delle loro colpe, senza emendarsene e farne penitenza: e questi<br />
sono vari, anzi moltissimi Peccatori. Alla per fine è la speranza in altri<br />
difettosa e mancante, perché disperano della Divina Misericordia e diffidano<br />
di ottener da Dio il perdono della lor vita malvagia: e tali Peccatori, tuttoché<br />
non siano molti, pure non ve ne son tanto pochi, come si crede.<br />
Quindi affin la nostra Speranza sia per noi giovevole e buona, potete voi<br />
ora dedurlo, Uditori miei riveriti e conchiudere, che essa deve essere giusta,<br />
umile e soda. Dissi giusta cioè che la fiducia e confidenza di salvarci non<br />
è certa quanto a noi di fede, ma di sola fondata Speranza; voglio intendere,<br />
ch’è sempre congiunta col timore della nostra debolezza ed istabilità;<br />
benché quando a Dio ella sia certissima. Inoltre, dissi umile, cioè non elevata<br />
a temeraria presunzione, ma accompagnata sempre col nostro pentimento<br />
delle colpe commesse e con la nostra buona vita. Sotto nome di<br />
Speranza soda poi qui a divedere dar volli, che essa non deve mai vacillare,<br />
nonostante che i peccati tutti del Mondo fossero stati raccolti in noi; ma<br />
deve essere stabile e ferma, confidando pienamente e totalmente<br />
nell’Onnipotenza e Misericordia infinita di Dio (che sono le due fortissime<br />
basi della nostra Speranza) e nel prezioso Sangue di Gesù Cristo (che è il<br />
Lavacro delle Anime nostre), che noi otterremo il pieno perdono, se lo<br />
chiediamo davvero e di cuore; e ci salveremo, se ci daremo ad una Vita cristiana,<br />
timorata e divota. Or chi dunque, cari miei Uditori, ci porgerà dell’aiuto<br />
per acquistare e possedere questa buona Speranza, questa<br />
Confidenza giusta, umile e soda? Appunto l’Immacolata Signora nostra<br />
Maria SS.ma. A lei dunque ricorriamo, diamoci sempre più ad esser suoi<br />
teneri e veri divoti: giacché la divozione verso di Lei rende buona la nostra<br />
Speranza; e vieppiù ce la ravviva ed accresce. Non vi sia discaro il soffrirmi per<br />
breve tempo; e lo vedrete.<br />
(b) Prov. 10, 28.<br />
42 Perì la speranza degli empi.<br />
130<br />
1. Da tre monumenti principalmente, pare a me, possiamo noi ricavare,<br />
Uditori, che Maria SS.ma renda buona la nostra Speranza e vieppiù ce la<br />
ravvivi ed accresca. Primieramente dalla sua efficacia maravigliosa presso<br />
Dio Signor nostro. Secondariamente dalla sua amorosa premura del nostro<br />
Bene e della nostra eterna Salvezza. In terzo luogo dalla sua gran Ricchezza.<br />
Quanto al primo, siccome i fondamenti e le basi della Speranza nostra sono<br />
l’Onnipotenza e la Misericordia di Dio, ditemi, chi più della Vergine può<br />
muover la prima ad oprar a pro nostro, ed eccitar la seconda ad usarci pietà?<br />
Certo è, che Iddio, se dalle nostre colpe vien bene spesso rattenuto dal ricoprirci<br />
di Grazie; dall’efficace intercessione di Maria viene ancor benespesso<br />
tirato a compartirci mille favori di sua pietosa Misericordia. Onde, come<br />
ben’udì un giorno Santa Brigida, che la gran Vergine chiedendo al suo<br />
Divin Figlio Misericordia e soccorso per noi miseri Peccatori, disse pronto<br />
Gesù, che a suo riguardo tanto a loro si concedeva; Per Te o Mater, omnes qui<br />
petunt Misericordiam ... habebunt (c) 43 ; onde si dassero pure all’emenda della<br />
lor vita e ravvivassero pure la loro Speranza.<br />
2. Quanto al secondo, voglio dir, l’amorosa premura che conserva di noi la<br />
Celeste Sovrana, chi può spiegarla, se al dir di San Gregorio VII, è una<br />
premura superiore a quella di qualunque sollecita tenerissima Madre<br />
del Mondo. Quindi non può esprimersi quanto ella si aiuti ad eccitare<br />
in noi una buona Speranza, or con ravvivarci la fede delle felicitadi a noi<br />
promesse; or con spronarci al pentimento di nostre colpe ed alla buona<br />
vita, affin di preservarci da uno sperar presuntuoso; or con farci comprendere<br />
l’infinito Potere ed il buon cuore di Dio, affin di non farci mai<br />
disperar del perdono: e così con altri mille mezzi ella si adopra, acciocché<br />
giusta, umile, soda e viva sia la nostra Speranza: dovendo noi, dopo<br />
Dio da Lei riconoscerla, a Lei ascriverla con ogni ragione; come ben disse<br />
San Bernardo, Si quid spei, si quid salutis, si quid gratiae in nobis est, a<br />
Maria noverimus redundare (d) 44 .<br />
(c) Revel. lib. 1, cap. 50.<br />
43 Per Te o Madre tutti quelli che chiedono misericordia… l’avranno.<br />
(d) San Bern. Serm. de Nat. Virg.<br />
44 Se in noi c’è un po’ di speranza, un po’ di salvezza, un po’ di grazia, sappiamo che pro-<br />
131
3. Che dirò poi, Uditori, della sua incomprensibil Ricchezza, con la quale<br />
ancor accresce molto tutte le nostre Speranze? Udite un nobil pensiero.<br />
Quando la Vergine Nostra Signora fu fatta Madre ineffabile del Divin<br />
Verbo e Sposa purissima dello Spirito Santo fu da questi dotata, non solo<br />
col farla Regina del Mondo, ma di tutto il Paradiso ancora: ond’essa non<br />
solo la Terra, ma il Cielo tutto riconosce in sua dote e in suo pieno dominio.<br />
Quindi, quei che o con la Innocenza, o con la Penitenza, divengono<br />
suoi figli divoti, possono sicuramente sperare non tanto ogni Soccorso in<br />
Terra, ma ancora di giungere al Paradiso, come dote della lor Madre e<br />
Sovrana. Se vi piace un tal gentilissimo e ben fondato pensiero, datene<br />
elogi a Sant’Epifanio che fu il primo ad averlo ed all’Angelico San<br />
Tommaso e a San Bernardino da Siena che vi si sottoscrissero.<br />
4. Ed ora ben capirete, Ascoltanti miei, se con quanta proprietà e ragione<br />
ci fa sentire la Celeste Signora per bocca del Savio, che in Lei trovar noi<br />
possiamo ogni fondata e buona Speranza di acquistar le virtù su questa<br />
Terra e l’eterna Vita nel Cielo, In me omnis spes vitae et virtutis (e) 45 : e che<br />
essa è appunto della Santa Speranza, la Madre, ego Mater sanctae spei (f) 46 ;<br />
e come chiosa Riccardo di San Vittore, idest firmae spei: e se quanto<br />
aggiustatamente la santa Chiesa per antonomasia Nostra Speranza la<br />
chiami, Spes nostra salve. Quindi, che maraviglia se i Santi tutti una<br />
dolce eco alle Scritture Divine ed alla Chiesa facendo, rivolti a sì eccelsa<br />
ed amorosa Signora, chi la chiamava nostra stabile e permanente<br />
Speranza, Spes nostra solida es, come San Bonaventura; chi, di tutti i<br />
Popoli afflitti il Sollievo e la Speme, Spes omnium Populorum adversis casibus<br />
afflictorum 47 , come Sant’Efrem; e chi per finirla, si protestava, come<br />
San Giovanni Damasceno, che in Lei tutte le sue speranze avea con tutto<br />
il cuore riposte, In te spem meam totam collocavi ex anima 48 .<br />
(e) Eccles. 24, 25.<br />
45 In me ogni speranza di vita e di virtù.<br />
(f) Eccles. 24, 24.<br />
46 Io sono la Madre della santa speranza cioè di ferma speranza.<br />
47 Speranza di tutti i popoli colpiti colpiti da avversità.<br />
48 Il te ho riposto tutta la mia speranza per la mia salvezza. (g) Auriem. par. 2, cap. 7, fol. 347.<br />
132<br />
5. Ma per darvi, Uditori, un più evidente contesto del mio Assunto, contentatevi<br />
che di alcuni fatti mi serva; e primieramente riguardo alla Speranza<br />
circa la salute del corpo. Nella Spagna (g), nella Città di Caravacca vi fu<br />
un Pittor molto celebre e molto divoto di Nostra Signora. Avea questi<br />
dipinti vari quadri bellissimi di sacre Immagini in un Luogo, ove fu chiamato:<br />
e siccome, quando si trattava della dipintura delle Immagini di<br />
Maria, solito era rilasciar per amor di Lei qualche somma del patto già<br />
stabilito, rilasciò in quel Luogo cinquanta Scudi; sperando che la Regina<br />
del Cielo lo avrebbe rimunerato con la sua Protezione in questo Mondo e<br />
nell’altro. Tanto gli avvenne. Uditene il come. Parte il buon Pittore dal<br />
Luogo per far ritorno a Caravacca sua Patria. Per strada, forse per invidia,<br />
o per altro, eccolo assalito da certi Malviventi: gli sono sopra, lo pestano<br />
e lo caricano di ventiquattro mortali ferite con tal barbarie, che su di un<br />
osso restò rotta una punta, non so se di pugnale o di spada. Maria,<br />
Speranza mia, soccorrimi, gridava trattanto il misero assalito divoto.<br />
Accorre della Gente alle grida, lo compiange, lo solleva dal suolo ove<br />
intriso nel suo proprio sangue giaceva; e così, mezzo morto, all’ospedale<br />
lo conduce. Corrono a folla Medici e Chirurghi; lo mirano, tentano di<br />
curarlo; ma trovando particolarmente quattro di quelle ferite troppo sfondate,<br />
lo giudicano incurabile, lo dichiarano spedito, gli intimano a<br />
momenti la Morte; e con poca semplice fasciatura lo lasciano e si ritirano.<br />
Si aiutava intanto il Pittore a riporre in Maria tutte le sue Speranze. Mia<br />
celeste Signora, le andava col cuor dicendo, vana affatto è la Speranza che<br />
si pone negli Uomini, non è vana però, ma ben sicura quella che in voi si<br />
ripone. Io già a morte sentenziato pur sono, disperato è umanamente il<br />
mio male. Voi non di meno potete ben tutto, se volete. Tanto ei disse; e<br />
la Vergine, che mostrar gli volle che essa era la Madre della Speranza e che<br />
sulla fiducia i disperati stessi riporre poteva, gli voltò un semplice suo<br />
benigno sguardo ed in un subito da tutte le ferite lo sanò: come egli stesso<br />
la mattina seguente, alzandosi sano da Letto, raccontò a Chirurghi ed<br />
a quanti accorsero a folla alla novità del Miracolo; che fu poi con autentiche<br />
testimonianze ai Posteri reso fuor di ogni dubbio.<br />
133
6. Che se per la salute del Corpo si è mostrata Maria SS.ma il più sicuro conforto<br />
delle nostre Speranze, pensate quanto più ella sia tale in riguardo alla<br />
salvezza dell’Anima, che è cosa di tanto maggiore rimarco e di maggiore<br />
premura. Io non so, Uditori, se avete fatta mai seria riflessione su quella<br />
stupenda Visione, che si legge, avuta dal gran Servo di Dio Fra Leone, uno<br />
dei più cari compagni di San <strong>Francesco</strong>. Uditela e finisco. Vid egli un giorno<br />
una gran pianura, ove rappresentandosi il Giudizio Universale, vi era<br />
adunata gran moltitudine di Gente ed si udiva un rimbombo roco e lugubre<br />
di Trombe. Osservò in tal mentre, che apertosi il Cielo, furono di lassù<br />
calate due Scale, una di color vermiglio, rappresentante la Scala della<br />
Giustizia, alla cima di cui stava poggiato Gesù Signore e Giudice nostro;<br />
l’altra Scala era di color bianco, figurante la Scala della Misericordia, alla cima<br />
della quale poggiava Maria SS.ma, Speranza nostra. Sul più bello di tal<br />
visione, ecco che il Servo di Dio sentì una voce dal Cielo, che invitava la<br />
Gente a salire per le Scale e vide che molti, anche di vita perfetta, incominciarono<br />
a salir quella di vermiglio colore, cioè quella della Giustizia; ma giunti<br />
chi al terzo, chi al quarto, chi al decimo gradino, cadevano precipitosamente<br />
all’indietro. Ciò avvenendo, fu udita un’altra voce dal Cielo, che<br />
diceva, andate alla Scala di color bianco, cioè della Misericordia, salite e sarete<br />
soccorsi. Moltissimi tosto lo fecero; e Nostra Immacolata Signora, che<br />
tutta pietosa alla cima se ne stava, li veniva animando con le sue voci, veniva<br />
loro porgendo soccorso, ed alla fine stendendo loro le sue SS.me Mani,<br />
con somma facilità e gioia dentro il Cielo li conduceva (h).<br />
7. Vergine Sacrosanta, già di questa celebre Visione ne intendo il Mistero.<br />
Dunque lo stesso vostro Divin Figlio vi ha costituita Madre della nostra<br />
giusta, umile, soda, viva e perfetta Speranza: egli stesso vi ha dichiarata<br />
per noi Scala della Misericordia; per cui vuol che ascendiamo al Cielo,<br />
non potendo per quella della Giustizia, giacchè abbiamo purtroppo irritato<br />
quel Giudice tremendo che posa sulla cima di essa. A voi dunque<br />
oggi più che mai ricorro; in voi ripongo tutta la mia fiducia pel pieno<br />
perdono delle mie colpe e per la vera mutazione di vita: in voi colloco<br />
tutta la mia Speranza per la mia eterna Salvezza. Amen.<br />
(h) Auriem. par. 2, cap. 7.<br />
134<br />
SERMONCINO DECIMO QUARTO<br />
Recitato nel Sabato di Pentecoste, 20 Maggio 1752<br />
Il Sermoncino è sviluppato in sei punti. Per l’argomento don <strong>Marcucci</strong> si ispira<br />
alla festa liturgica della Pentecoste che dal greco vuol dire cinquantesimo giorno.<br />
Si augura che, come nella legge ebraica l’anno cinquantesimo era l’anno del giubileo<br />
in cui gli schiavi ottenevano la libertà e tutti rientravano in possesso dei loro beni,<br />
nella legge cristiana, la venuta dello Spirito Santo possa essere il giorno di remissione,<br />
di favori e di grazie in cui noi ritorniamo alla perduta libertà della grazia ed<br />
amicizia di Dio e rientriamo in possesso dei preziosissimi doni dello Spirito Santo i<br />
quali, come dice San Tommaso, sono quei mezzi efficaci e necessari che ci permettono<br />
di conseguire la vita eterna.<br />
Per essere degni di tanta grazia, l’Autore porta varie prove, riprese anche dall’insegnamento<br />
dei Padri della Chiesa, per dimostrare che è importante chiederla per<br />
mezzo della sua purissima e dilettissima sposa, l’Immacolata Vergine Maria.<br />
Conclude con una preghiera di affidamento fiducioso alla Celeste Sovrana perché mandi<br />
su ognuno la consolante presenza dello Spirito Santo e ci aiuti a riceverlo degnamente.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 63-70.<br />
Argomento<br />
Maria SS.ma impetra ai suoi Divoti la pienezza dello Spirito Santo<br />
La solennità gloriosissima di Pentecoste, di cui oggi la Vigilia ricorre, non può<br />
farsi a meno, R(iveriti) U(ditori), che non si attivi in questa sera tutto l’anino<br />
mio, affin di farvi sopra qualche ponderazione e discorso. Pentecoste è una voce<br />
Greca, che in nostro linguaggio significa cinquantesimo: onde Festa di Pentecoste<br />
non altro importa, secondo il suo significato, che festa del cinquantesimo Giorno.<br />
E come gli Apostoli ricevettero lo Spirito Santo cinquanta giorni dopo la<br />
Risurrezione del Divin Redentore; perciò quel cinquantesimo Giorno così per<br />
loro e per il Mondo tutto glorioso ed avventurato, lo intitolarono Festa di<br />
Pentecoste; come se avessero detto, festa del Giorno cinquantesimo in cui venne lo<br />
Spirito Santo visibilmente sopra di loro. Or questo numero di cinquanta nella Sacra<br />
Scrittura è un numero di Giubileo e di remissione; come può vedersi nel sacro<br />
Libro del Levitico (25,10); talché può dirsi con verità, che la festa del nostro felicissimo<br />
cinquantesimo Giorno, che appelliam Pentecoste, sia il Giubileo dello Spirito<br />
Santo. In quella guisa, che nella Legge vecchia ebraica l’anno cinquantesimo era<br />
135
l’anno del Giubileo, in cui gli Schiavi ottenevano la libertà e tutti rientravano in<br />
possesso de’ loro Beni, benché li avessero prima impegnati o venduti; così nella<br />
nuova Legge Cristiana il cinquantesimo Giorno in cui venne lo Spirito Santo, sia il<br />
Giorno del Giubileo, cioè di Remissione; di Favori e di Grazie; in cui noi miseri<br />
Peccatori, schiavi per l’addietro del Demonio, ritorniamo alla perduta libertà<br />
della Grazia ed Amicizia di Dio; e rientriamo in possesso dei Beni, purtroppo<br />
da noi prima alienati, cioè dei preziosissimi Doni dello Spirito Santo; i quali,<br />
come dice l’Angelico San Tommaso (a), sono quei mezzi efficcaci e necessari, che<br />
ci portano al conseguimento degli altri Beni che sempiterni saranno nell’altra<br />
Vita. O felice pur dunque quell’Anima Cristiana, che in questa sacra festa di<br />
Pentecoste, disposta si troverà ed apparecchiata a ricevere lo Spirito Santo! Che<br />
prezioso Giorno di Giubileo e di Grazie sarà per Lei! Se essa era cieca, lo Spirito<br />
Santo sarà il suo Illuminatore: se povera, lo Spirito Santo sarà la sua Ricchezza: se<br />
desolata ed afflitta, lo Spirito Santo sarà il suo Consolatore e Refrigerio. Se debole,<br />
in lui troverà la Fortezza; in lui il Fervore, se arida; in lui il Riposo, se affaticata;<br />
in lui la Purità ed il Lavacro, se sordida: in lui il totale Perdono, se colpevole.<br />
Insomma nello Spirito Santo troverà ogni Grazia, ogni Aiuto, ogni Bene,<br />
ogni Conforto. Deh s’è così, o Spirito Divinissimo, che siete l’eterno sostanziale<br />
Amore del Padre e del Figlio, e dall’uno e dall’altro procedete ab eterno ed unitamente<br />
con l’uno e con l’altro siete unico mio Dio, Creatore, Santificatore e<br />
Tutto; Spirito Santo, ripeto, giacché io vostra vil Creatura son pur quello che tra<br />
mille miserie mi trovo e bisognosissimo sono della vostra Onnipotenza, Bontà,<br />
Misericordia ed Amore, scendete pure, vi prego e venite a purificarmi l’Anima<br />
tutta, ad illuminarmi la Mente, a fortificarmi lo Spirito, ad infiammarmi il<br />
Cuore! Veni Sancte Spiritus, reple cor meum, et tui Amoris in me ignem accende 49 !<br />
Vengano in me i vostri altissimi Doni, i vostri maravigliosissimi Frutti, le<br />
vostre dolcissime Grazie! ... Ma, oimè, Uditori, troppo noi siamo indegni di<br />
tanta sorte; inefficaci son troppo le nostre preghiere. Poniamoci di mezzo perciò<br />
la sua purissima e dilettissima Sposa, voglio dir, l’Immacolata Signora<br />
nostra, Maria SS.ma; a Lei ricorriamo con tutta la premura ed affetto: giacché<br />
essa è quella che impetra ai suoi Divoti la pienezza dello Spirito Santo. Osservate se<br />
con qual fondamento ciò vi propongo. Incomincio.<br />
(a) S. Tho. 1, 2, qu. 68, art. 1, ad. 2.<br />
49 Vieni Spirito Santo, riempi il mio cuore e accendi in me il fuoco del tuo amore.<br />
136<br />
1. Quella ineffabile Divina Unione, che Nostra Signora ebbe con lo Spirito<br />
Santo; e quella pienezza di Grazia e di Amore di lui che sempremai possedette,<br />
sin dal primo sagratissimo Istante di sua Immacolata Concezione, come<br />
ben dice San <strong>Francesco</strong> di Sales (b); è un forte argomento, Uditori, il quale<br />
a chiare note ci addita il bel modo che abbia la Vergine di ottener dal suo<br />
Divinissimo Sposo la dovizia dei Doni e delle Grazie in pro dei suoi umili<br />
ed affettuosi Divoti. Il Divin Paraclito, che sin dai secoli sempiterni avendola<br />
predestinata e prescelta ad esser sua Sposa purissima ed illibata, creandola<br />
poi nella pienezza dei tempi, allorché l’Anima di Lei SS.ma infuse<br />
nel purissimo Corpo, la arrichì nell’istante medesimo di tal pienezza di<br />
Santo perfettissimo Amore, che tosto tutto il Cuor le rapì e con maravigliosa<br />
intima spirituale Unione in sacrosanto Divino Sposalizio a sé la congiunse,<br />
Totam sibi rapuit Spiritus Sanctus 50 , come egregiamente disse San<br />
Pier Damiani (c): ed allor egli fece, lo Spirito Santo, che non solo apparisse<br />
lo sforzo della sua Onnipotenza in impiegar per arricchir la sua Sposa di<br />
tutti i suoi immensi Tesori; ma ancor comparisse in trionfo lo sforzo del<br />
Divino Amore, con renderla tra tutte le pure Creature la più amata, la più<br />
cara, la prediletta, la delizia del Cuor suo, il bellissimo suo Tempio animato,<br />
il suo Sacrario, il suo Riposo: conforme con cento e mille ragioni la intitolò<br />
Andrea Cretense, Animatum Templum Spiritus Sancti, Spiritus Sancti<br />
Sacrarium, Nova Dei Arca in qua Spiritus Dei requiescit 51 .<br />
2. Or pare a voi, Uditori, che essendo dunque la nostra Immacolata<br />
Signora così al sommo grata al suo Divinissimo Sposo e con lui sì perfettamente<br />
unita, possa egli poi mostrarsi ritroso in secondar le brame<br />
e voleri di Lei? Eh via! Se Iddio si protestò prontissimo di secondar i<br />
voleri di ogni altra Anima a lui cara, tuttoché di gran lunga inferiore<br />
alla Vergine, Voluntatem timentium se faciet 52 ; come disse il Profeta: quanto<br />
più dovrà dirsi che prontissimo sia di dar sul genio a Colei, che è<br />
(b) Ser. 4, De Purific. Virg.<br />
50 Lo Spirito Santo la rapì tutta per sé.<br />
(c) Ser. De Annunc.<br />
51 Tempio animato, sacrario dello Spirito Santo, nuova arca di Dio nella quale riposa lo<br />
Spirito di Dio.<br />
52 Farà la volontà di coloro che lo temono.<br />
137
l’oggetto delle sue Divine Delizie e che con lui ha un Cuor solo, per dir<br />
così, un solo volere? Basta però, che il Divino Sposo, non dico senta le<br />
suppliche, ma i desideri conosca soltanto delle sua purissima Sposa,<br />
intenti tutti al nostro vantaggio; che tosto ecco questo Spirito<br />
Consolatore. tutto propenso, a riguardo di Lei e pronto a comunicarsi<br />
con i suoi Lumi e Doni celesti, con le sue fiamme di Amor vivo, ai<br />
nostri Cuori, alle nostre Menti, alle Anime nostre.<br />
3. Aggiungasi di vantaggio, che lo stesso Spirito Santo è quello che si compiace<br />
dispensare i suoi Doni e la pienezza dell’Amor suo per mezzo di questa<br />
sua amatissima Sposa? Onde tanto sia l’esser veri divoti ed ossequiosi Figli<br />
di Maria, quanto l’esser disposti e fatti degni di ricevere i Doni e la Grazia<br />
dello Spirito Santo. Udite se con qual fondamento. Predisse Davide che la<br />
Colomba aveva già trovato il suo Nido, il suo Ricetto, ove posar potesse se<br />
stessa ed i suoi piccioli figli, Turtur invenit nidum sibi, ubi ponat pullos suos<br />
(d) 53 . La Colomba, esser figura dello Spirito Santo, che sotto tal sembianza<br />
al Precursore Giovanni veder si fece, voi già lo sapete. Qual sia questo<br />
Nido e Ricetto, dalla Divina Colomba trovato, nol cercate, perché esso è<br />
Maria. Sentitene Riccardo di San Vittore (e). Maria nidus columbae; idest<br />
receptaculum Spiritus Sancti 54 . Chi siano poi questi piccioli figli in sì sacro<br />
Nido collocati, siam noi, che per creazione; e per adozione siamo Figli<br />
dello Spirito Santo, da lui consegnati alla cura materna della sua purissima<br />
Sposa. Che ne risulta da ciò? Cosa mirabile, gioconda e vera. Se noi adunque<br />
sarem veri divoti di Maria e con una costante divozione ed affetto ci<br />
manterremo sotto la sua Cura materna, ove dallo Spirito Santo siam collocati;<br />
ci riconoscerà ben’egli per suoi cari ed amati figli: e come tali, chi non<br />
vede, che per mezzo della Gran Vergine questo Spirito Consolatore ci illustrerà<br />
con i suoi splendidissimi raggi, ci purificherà e santificherà con la<br />
sua Grazia, ci fortificherà con i suoi doni e ci stemprerà il Cuore in vive<br />
fiamme di santo dolcissimo Amore.<br />
(d) Psal. 83.<br />
53 La tortora trova il nido per sé dove porre i propri figli.<br />
(e) Lib. 10.<br />
54 Maria nido di colomba cioè ricettacolo dello Spirito Santo.<br />
138<br />
4. Ed ora sì aperta vieppiù mi viene la Mente a capire il Mistero del perché<br />
San Luca negli Atti Apostolici, descrivendoci l’Adunanza degli<br />
Apostoli, fatta nel Cenacolo di Gerosolima, dopo l’Ascenzione del<br />
Signore, per aspettar la venuta dello Spirito Santo, dice che in mezzo di<br />
loro trovavasi Maria SS.ma: Erant perseverantes unanimiter in oratione cum<br />
Maria Mater Jesus (f) 55 . L’intendo sì, l’intendo. L’amabilissima Presenza di<br />
Nostra Signora, che come Madre e Maestra presiedeva a quella sacra fortunata<br />
Adunanza, per una parte conferì molto all’unanime perseveranza<br />
degli Apostoli nelle Orazioni e Preghiere e dispose maggiormente i loro<br />
Cuori a rendersi capaci di ricever la pienezza dello Spirito Santo; e dall’altra,<br />
operò essa, come io penso, che lo Spirito Santo medesimo accellerasse<br />
la sua Venuta visibile e la facesse sì maravigliosa sotto forma di tante vive<br />
fiammelle di soavissimo Fuoco. Perciocché siccome di queste vive fiamme<br />
ne era la Vergine come una Officina ed una Fornace, ove tutte accese<br />
stavan conservate e raccolte; dicendola perciò San Bernardino da Siena,<br />
Fornax et Officina Spiritus Sancti 56 non poté farsi a meno che Ella tutta la<br />
premura non ne facesse al suo Sposo Divino, affin a guisa, di soavi e prodigiose<br />
fiamme scendesse sopra gli Apostoli ed accendesse i loro Cuori,<br />
illustrasse le loro Menti, infuocasse le loro Lingue come Cuori, Menti e<br />
Lingue, dei suoi amati Figli alla materna di Lei cura commessi.<br />
5. Sicché chiaro rimane per ogni verso, miei cari Uditori, che i veri Divoti di<br />
Maria sono i fortunati, i prescelti dallo Spirito Santo, a ricever la pienezza dei<br />
suoi Lumi e Doni celesti; e che essi sono quei ai quali Nostra Signora impetra<br />
la pienezza di Grazia e di Amore del suo Divinissimo Sposo. Serva per<br />
comprova un esempio. Bramava ardentemente Santa Metilde ricever la pienezza<br />
dello Spirito Santo; e perciò in un anno, più che in altri, ad apparecchiarsi<br />
premurosamente si pose in questi Santi Giorni con varie orazioni e<br />
pratiche virtuose e devote: or siccome sapeva ben’essa, che una tanta Grazia,<br />
ottenerla poteva per mezzo della Regina del Cielo, a questa rivolse i suoi<br />
sospiri, le sue calde preghiere. Avvenne, che nel Giorno appunto di domani,<br />
(f) Luc. 1, 14.<br />
55 Erano perseveranti unanimemente nella preghiera con Maria Madre di Gesù.<br />
56 Fornace e officina dello Spirito Santo.<br />
139
che è di Sacra Pentecoste, stando la Santa tutta raccolta e divota aspettando<br />
la tanto sospirata venuta dello Spirito Santo, le comparve Maria SS.ma, tutta<br />
riccamente alla Reale vestita con un Abito messo ad oro e tempestato di<br />
alcune piccole sfere che si andavan continuamente rivolgendo (g). Capì<br />
Metilde che sotto la Figura dell’Abito tutto di oro, le veniva significata la pienezza<br />
del perfettissimo Amore, di cui lo Spirito Santo riempì la Gran Vergine;<br />
e sotto figura di quelle piccole sfere, in continuo moto agitate, le veniva spiegato<br />
l’incessante continuo desiderio, che nutriva la stessa Vergine di vedere<br />
così vestite tutte le Anime dei suoi cari ed affettuosi Divoti. E tanto vi volle,<br />
affin Metilde, presa confidenza maggiore, si slanciasse tosto tra le amorose<br />
Braccia di Maria; la quale l’accolse benignamente, la strinse con amore<br />
materno e le ottenne tal pienezza di Spirito Santo; che d’indi in poi arse continuamente<br />
la Santa di un acceso soavissimo Amore.<br />
6. Deh se è così, ecco che tutti, o Celeste Sovrana, a voi ricorriamo umilmente<br />
ed interamente ci gettiamo nelle vostre amorosissime Braccia. Voi pur<br />
vedete le nostre estreme miserie, i nostri bisogni gravissimi. Teniam duopo<br />
di lume, di forza, di grazia e di amore. Qualora si degni lo Spirito Santo scender<br />
su di noi, avremo tutto. Ma a voi spetta, come a sua purissima Sposa di<br />
muoverlo ad avere di noi pietà e a consolarci con la sua dolce e graziosa<br />
venuta. A voi, ancor tocca, come a nostra Madre, di aiutarci affin a degnamente<br />
riceverlo siamo tutti disposti... Veni, adunque, veni Sancte Spiritus!<br />
Scendi dall’alte sfere;<br />
Eterno Amore, deh scendi!<br />
Vieni, o Spirito Santo, nelle nostre Menti, nei nostri Cuori, nelle Anime<br />
nostre! La tua Sposa diletta così desidera: la nostra amatissima Madre e<br />
Signora così vuole. E noi, a nome suo, a suo riguardo, benché all’intutto<br />
immeritevoli, così ardentemente bramiamo ed incessantemente<br />
siamo a pregarti.<br />
7. Confidenza pertanto, Uditori. Rammentiamoci esser Maria SS.ma<br />
quella che impetra ai suoi Divoti la pienezza dello Spirito Santo; e tanto ci<br />
basti per ricolmarci di ogni sicura Speranza di ottenerlo.<br />
(g) In vit. S. Metild.; Marches. Tomo 2, Diar. Sacr., pag. 432.<br />
140<br />
SERMONCINO DECIMO QUINTO<br />
Recitato nel Sabato della SS.ma Trinità, 27 Maggio 1752<br />
Il Sermoncino viene recitato la vigilia della festa della SS.ma Trinità e, in nove<br />
punti, sviluppa il seguente argomento: “L’esercizio frequente dei veri devoti di Maria<br />
deve essere ringraziare la SS.ma Trinità per le Grazie concesse alla Vergine e congratularsi<br />
con Lei per la gloria e l’onore che Ella ha dato alle Divine Persone. Il più grande<br />
privilegio che la divina Trinità concesse a Maria fu quello “di esser’ella Figlia<br />
dell’Eterno Padre, Madre dell’Eterno Figlio e Sposa dell’Eterno Spirito Santo”.<br />
La Vergine gradisce molto riceverne le congratulazioni dai suoi devoti perché le<br />
rinnova la gioia che provò nel corrispondere a Dio con tutte le sue forze.<br />
Il suo sì permise a Dio di incarnarsi nel suo castissimo seno e così essere conosciuto<br />
ed amato in tutto il mondo come Signore, Redentore e Santificatore. Conclude proponendo<br />
di salutare la sua Immacolata Signora con le parole del suo diletto Servo<br />
Simone Garzia dell’Ordine dei Minimi: Ave figlia di Dio Padre, ave Madre di Dio<br />
Figlio, ave Sposa dello Spirito Santo, ave o Tempio della SS.ma Trinità.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 218-227.<br />
Argomento<br />
Il ringraziare la SS.ma Trinità delle Grazie concesse<br />
alla SS.ma Vergine ed il congratularsi con la Vergine per la gloria<br />
ed onore dato alla SS.ma Trinità,<br />
esser deve l’esercizio più frequente dei veri Divoti di Maria<br />
Chi vi ha tra di noi, Uditori, che sapendo ricorrer dimani la solennità gloriosissima<br />
del più alto, del più venerabile e sacrosanto tra tutti i Misteri,<br />
voglio dir quello della SS.ma Trinità; chi vi ha tra di noi, ripeto, che non si<br />
senta in quest’oggi eccitato ad apparecchiarvisi con atti della più umile e<br />
profonda adorazione e del più vivo ed affettuoso rendimento di grazie? Per<br />
ravvivare appunto la nostra Fede e risvegliare i nostri doverosissimi ossequi<br />
verso l’augustissima Trinità Sagrosanta, pensarono alcuni Cristiani dei secoli<br />
più antichi, che accenna il Micrologo (a), di celebrarne privatamente in un<br />
Giorno a parte la Festa; sinchè poi nel secolo nono, secondo che alcuni<br />
(a) Microl. cap. 6.<br />
141
sostengono (b) fu dal Sommo Pontefice Gregorio IV circa l’835 istituita; ed<br />
in Roma dopo Alessandro III nel duodecimo secolo solennizata (c); e da<br />
Giovanni XXI (detto XXII) circa l’anno 1440 ordinata in tutto il Mondo<br />
Cattolico (d): affinchè, come riflette il Durando (e), siccome la Santa Chiesa<br />
nel giro dell’anno avea a ciascuna delle tre Divine Persone assegnato un giorno<br />
particolare, come giorno di sua propria particolar festa, in cui da noi le<br />
umili adorazioni ed ossequi se le prestassero; all’Eterno Padre il Giorno di<br />
Natale, nel quale nacque al Mondo il suo Divin Unigenito, fatto Uomo per<br />
noi; all’Eterno Figlio il Giorno di Pasqua, in cui tutto glorioso dalla Morte<br />
risorse; all’Eterno Spirito Santo il Giorno di Pentecoste, in cui apparve visibile<br />
sopra gli Apostoli: così alle glorie di tutte e tre insieme le Persone Divine<br />
un giorno particolare ancor consagrato vi fosse, nel quale noi a tutte tre nel<br />
tempo stesso riattestare potessimo la nostra ferma, verissima, ed infallibile<br />
fede e la nostra umilissima servitù, adorando, credendo e glorificando l’unichissima<br />
indivisibile eterna Unità dell’Essenza Divina nella Trinità delle<br />
Persone; e le tre reali, distinte, eterne Persone Divine nell’Unità dell’essenza.<br />
Aggiungete poi, che siccome l’altezza e profondità di questo incomprensibil<br />
Mistero oltrepassa ogni Angelico, non che Umano nostro intendimento, che<br />
fece la Chiesa, nostra saggia e provvida Madre? Ne assegnò la Festa<br />
nell’Ottava appunto di Pentecoste, che è dimani; vale a dire, dopo la solennità<br />
della Venuta dello Spirito Santo: appunto, come degnamente pensa San<br />
Ruperto Abate (f), perché dopo disceso visibilmente nel Mondo lo Spirito<br />
Santo fu incominciato tosto a credersi e a predicarsi l’altissimo, eterno, infallibil<br />
Mistero della Trinità Sagrosanta: ed io aggiungo, perché ancora apprendessimo<br />
noi a ricorrer al dator di ogni lume per ottenere ed esercitar quella<br />
vivezza di Fede e quella divota, umile e profonda venerazione, che vi abbisogna<br />
per onorarlo. Sebbene, siccome ogni qualunque adorazione, lode ed<br />
onore dato da noi all’augustissima Trinità, sempre è difettoso e manchevole,<br />
perciò io stimerei ottimo l’aggiungere il ricorrere all’Immacolata Nostra<br />
(b) Auctor Libri Lignum vitæ Lib. 5.<br />
(c) Cap. Quoniam de feriis.<br />
(d) Pisanella verb. feria, §. 3; Graveson Tomo 5, Hist. nov. Test. sec. 15.<br />
(e) Durand. lib. 7, cap. 4.<br />
(f) Lib. II. cap. 1.<br />
142<br />
Signora Maria SS.ma e far con Lei un patto, cioè che essa si degni ringraziar<br />
per noi in Cielo la Trinità Sagrosanta per gl’i infiniti benefici e favori a noi<br />
compartiti; mentre noi la ringrazieremo incessantemente per Lei quaggiù in<br />
Terra. Su, Uditori, facciamo tal patto con la gran Vergine; anzi si abbia per<br />
fatto: e per vieppiù impegnarvici, contentatevi che io vi dimostri, come<br />
l’esercizio frequente dei veri Divoti di Maria deve essere appunto il ringraziar la<br />
SS.ma Trinità per le Grazie concesse alla Vergine; ed il congratularsi con la Vergine<br />
per la gloria ed onore da Lei dato alla SS.ma Trinità. Attendete. Do principio.<br />
1. Che i veri e saggi Amanti non altre premura abbiano, che di dar sul<br />
genio al buono oggetto da loro saviamente amato; ed in quelle cose si<br />
esercitino, nelle quali il maggior di lui gradimento veggan consistere:<br />
è, Uditori, una verità così potente, che e la stessa Naturalezza e<br />
l’Esperienza si uniscono a dimostrarcela. Che dunque i veri Divoti ed<br />
Amanti di Maria esercitar si debban di frequente in ciò che alla loro<br />
Celeste Signora è più grato, resta così chiaro, che non ha bisogno di<br />
prova.<br />
2. Or qual, credete voi, sia la cosa che alla Gran Vergine possa esser più<br />
grata nei suoi veri Divoti? Quella primieramente al certo di rendere essi<br />
affettuose ed incessanti grazie in suo nome alla SS.ma Trinità per le singolarissime<br />
Grazie e Privilegi a Lei compartiti. Eccone la ragione. La<br />
gratitudine, che è una virtù la quale di sua natura tende continuamente<br />
a trovar modi per ricompensare un cortese Benefattore, fa che il maggior<br />
piacere che aver possa un Cuor grato, nel trovar aiuto consista in<br />
prestar gli ossequi e le amorose rimostranze verso chi lo ricolmò di<br />
benefizi. Quindi possedendo la Vergine in grado sì perfetto ogni Virtù<br />
e spezialmente la gratitudine, non può farsi a meno che ella estremamente<br />
non gioisca e non si dichiari persino obbligata ai suoi Divoti nel<br />
vederli continuamente impiegati in aiutarla a ringraziar da sua parte la<br />
Trinità Sagrosanta per li singolarissimi Privilegi ed innumerabili<br />
Grazie, che in ogni tempo ha sopra di Lei a larga mano piovuti.<br />
3. Ed oh se sapeste, Uditori, il peso e la misura dei Privilegi e Grazie, di<br />
cui le tre Divine Persone ricolmarono Nostra Immacolata Signora,<br />
v’impegnereste al certo con più di premura e fervore ad aiutarla: non<br />
143
già perché ella abbia punto bisogno del nostro aiuto, ma per maggiormente<br />
incontrar il suo genio, il suo gradimento. Le sue Grazie e suoi<br />
Privilegi, se nol sapeste, sono di tal nobile e singolarissima tempra,<br />
che il comprenderli bene, non è cosa che riuscir possa all’Angelico,<br />
non che Umano basso nostro intendimento. Uditene il perché.<br />
La Regina del Cielo o venga considerata nei suoi Doni naturali, o nei<br />
suoi Doni di Grazia, o in quei di Gloria, si troverà sempre aver impiegata<br />
l’Eterno Padre tutta la sua Onnipotenza in arricchirla; l’Eterno<br />
Figlio tutta la sua Sapienza in glorificarla; l’Eterno Spirito Santo in santificarla<br />
tutto nel suo Amore; e tutte e tre le Persone Divine aver fatto<br />
tutto lo sforzo in privilegiarla sopra tutti i Santi, sovra tutti gli<br />
Angioli, in somma sovra tutto il creato. Onde essendo essa un’Opra<br />
di Dio così nobile, singolare e perfetta, a Dio solo riservato resta il pienamente<br />
conoscer la misura ed il peso della Perfezione di Lei: come<br />
tutto attonito disse il Suarez, Mensura Privilegiorum Virginis est Potentia<br />
Dei: e S. Bernardino da Siena Tanta est perfectio Virginis, ut soli Deo<br />
cognoscenda reservatur 57 .<br />
4. Nulladimeno nel modo cui è permesso alla nostra bassezza il formar<br />
de’ concetti e discorsi di sì eccelsa Signora, un solo suo singolarissimo<br />
Privilegio, come fonte e centro di tutti gli altri, tentar vo(glio) qui di<br />
esporvi; cioè quello di essere ella Figlia dell’Eterno Padre, Madre<br />
dell’Eterno Figlio e Sposa dell’Eterno Spirito Santo. L’Eterno Padre adunque<br />
la scelse per sua dilettissima Figlia: ma non senza sforzo della sua<br />
onnipotenza. Affin la Vergine fosse tale, compartir le volle una parte,<br />
direm così, dell’onor suo stesso Divino, facendola con stupore dei Cieli<br />
Madre naturale per temporal generazione di quel medesimo Divino<br />
Unigenito, di cui egli per Generazione eterna era natural Padre: e così,<br />
siccome il suddetto Unigenito era ed è, come Dio, uguale in tutto al<br />
Padre, immenso, eterno, infinito, onnipotente; in simil guisa fosse,<br />
come Uomo, della medesima Umanità della Madre, passibile, finito e<br />
mortale. L’Eterno Figlio poi, che appunto nel purissimo Ventre di<br />
57 Misura dei privilegi della Vergine è la potenza di Dio. Così grande è la perfezione della<br />
Vergine che è riservata al solo Dio la sua conoscenza.<br />
144<br />
Vergine così eccelsa prender voleva per noi Umana Carne, osservate se<br />
come tutta l’infinita sua Sapienza impiegò in costituirsela sua degna<br />
Madre. La arricchì di doni e di una dignità tale, che non potesse mai<br />
uscir dalle mani dell’Onnipotenza e Sapienza Divina una Madre più<br />
degna della sua; come fondatamente furon di sentimento l’Angelico<br />
San Tommaso e San Bonaventura. Onde può ben dar l’essere Iddio, qualor<br />
ei voglia, ad innumerabili Cieli ed infiniti Mondi e può farli più<br />
grandi, più bei di questo unico che ha fatto: non può far però una<br />
Madre più degna di Maria SS.ma. Che dirò poi della pienezza delle<br />
singolari prerogative, di cui la riempì lo Spirito Santo, che per sua prediletta,<br />
illibatissima Sposa l’avea prescelta? Da un atto solo voglio che<br />
deduciate lo sforzo che egli fece del suo infinito Amore verso di Lei.<br />
Avea lo Spirito Santo sino ab eterno decretato l’ineffabil Mistero<br />
dell’Incarnazione del Divin Verbo, che solo per virtù sua effettuar si<br />
dovea nel Verginal purissimo Ventre di Maria: onde qualor giunse<br />
l’ora beatissima da lui decretata, non avea punto bisogno per eseguirlo,<br />
di spedir alla Vergine un Angelo per ottenerne ed aspettarne il consenso<br />
di Lei. Poteva il Divin Paraclito operar di sua assoluta potenza.<br />
Eppur non volle. Anzi per dimostrar l’alta stima che facea della<br />
Vergine e l’Amor infinito che le portava, volle, per dir così, a Lei soggettarsi,<br />
dipender dal volere di Lei ed aspettarne il consenso per farla<br />
sua dilettissima e purissima Sposa.<br />
5. Dal sin qui detto argomentate ora voi, Uditori, se di quali Grazie, Doni<br />
e Privilegi singolarissimi sì di Natura, che di Grazia, che di Gloria,<br />
dotata fosse dalla SS.ma Trinità la Nostra Immacolata Signora: ed in<br />
conseguenza, se qual godimento estremo ella abbia in vedere i suoi<br />
Divoti impiegati in dare in suo Nome alle tre Divine Persone milioni di<br />
Benedizioni e di Grazie; e se qual ricompensa larghissima loro conceda.<br />
Io dir vi posso in contesto, che la Vergine stessa raccomandò con premura<br />
un tal divoto esercizio alle sua dilette Santa Metilde (g) e Francesca<br />
Vacchinia Domenicana (h); e disse loro anche il modo, come ringraziar<br />
(g) in Vita lib. 1. c. 46.<br />
(h) in Vita.<br />
145
dovevano da sua parte l’Augustissima Triade, particolarmente per averla<br />
preservata all’intutto dalla colpa originale: ed un’altra volta apparendo<br />
ad un suo Divoto, Sappi, gli disse, esser molto a me caro e sommamente<br />
accetto l’aiutarmi a render grazie alla SS.ma Trinità dei Doni incomprensibili,<br />
che mi ha dati: ed a chiunque ciò farà prometto la mia particolar Protezione<br />
e qualunque Grazia purchè ridondi in sua eterna salvezza (i). Onde io, che<br />
per mia buona sorte mi trovo di aver posto alla fine del mio Libro stampato<br />
dei Dodici Privilegi un Rendimento di Grazie alle tre Divine Persone<br />
per tutti i Privilegi concessi a Nostra Signora, spezialmente nella sua<br />
Immacolata Concezione; quanto mi fo animo per un verso a raccomandarne<br />
il divoto esercizio; altrettanto ne tripudio sulla viva speranza del gradimento<br />
della stessa mia eccelsa Signora.<br />
6. Quello però che ancor molto gradisce la Vergine è il riceverne nel<br />
tempo stesso le congratulazioni dai suoi Divoti, particolarmente per la<br />
gloria ed onore da Lei scambievolmente dato alla Triade sagrosanta. La ragione<br />
si è, perché un tal congratularsi, rinnovando alla Vergine quel gran<br />
contento che ebbe in corrispondere a Dio con tutte le sue forze, viene<br />
ad essere ancora nei suoi Divoti un gran contrasegno ed esercizio di<br />
Amore verso di Lei. Or quale stimate voi, Uditori, fosse la Gloria ed<br />
onore che alla SS.ma Trinità diede Nostra Signora? Chi può abbastanza<br />
comprenderlo? Io non vi parlo di quelle sue sublimi ed eroiche virtudi<br />
e di quegli esercizi di Santo Amor perfettissimo, con i quali superò<br />
di gran lunga in perfezione tutta la Corte Celeste insieme unita e<br />
diede a Dio una gloria ed un piacer così grande, che al dir del Serafino<br />
da Siena, l’obbligò a scender nel purissimo di Lei Ventre e lo trasse dal<br />
Cielo, anche prima del tempo. Di ciò, ripiglio, non vi favello, come di<br />
cosa a voi tutti già nota. Voglio che soltanto l’altezza della gloria ed<br />
onore che la Gran Vergine diede alle tre Divine Persone lo ricaviate da<br />
quel che essa medesima ne disse nel suo mirabilissimo Cantico con<br />
quelle sole misteriose parole, Magnificat Anima mea Dominum. Attenti<br />
Uditori, giacchè in così alto Mare dolcemente ci troviamo ingolfati.<br />
(i) Una tal Rivelazione con la sua Pratica sta in un Libriccino già noto di poche carte.<br />
146<br />
7. Disse dunque la Vergine, l’Anima mia rende grande Iddio, gli dà una<br />
gran gloria, un grande onore, Magnificat Anima mea Dominum. E qui<br />
non tanto intender bisogna, che lo magnificasse sommamente in se stessa,<br />
cioè con le sue Virtù e con la sua perfetta corrispondenza; come<br />
pocanzi dicemmo; ma che lo magnificasse sommamente anche negli<br />
altri. Mi spiego. Prima che Iddio si incarnasse nel castissimo di Lei<br />
Verginal Seno, era soltanto conosciuto ed adorato in un angolo della<br />
Terra, voglio dir nella Giudea, come dicea Davide, Notus in Judea<br />
Deus 58 . Dopo però che ella lo vestì di Umana Carne, divenne in breve<br />
notissimo all’Universo tutto: crescendogli così per mezzo della Madre<br />
un grande onore, una gloria grande. Ma io ho detto poco. Giunse<br />
Nostra Signora a render grande Iddio e magnificarlo persino, starei<br />
quasi per dire, in lui medesimo. Non già che Iddio ricever possa aggiunta<br />
alla sua essenziale perfezione e grandezza infinita; mentre non sarebbe<br />
Dio se di un minimo che di perfezione idear si potesse bisognoso e<br />
mancante. Nulladimeno, quasi per ripeter sarei, che la SS.ma Trinità<br />
magnificata fosse e glorificata in se medesima dalla Vergine; perché da<br />
Lei le fu data quella grandezza e quella gloria che prima non avea.<br />
Eccomi a scifrarvi il tutto: e finisco.<br />
8. L’eterno Padre era stato sì ab eterno Padre del Divin Figlio; ma non potè<br />
però mai suo Signore chiamarsi e suo Dio; se non dopo che Uomo si fece<br />
nel Ventre purissimo di Maria: onde essa fu che la grandezza e l’onore<br />
gli diede di Signore e Dio dello stesso suo Umanato Unigenito. L’eterno<br />
Figlio era stato sì ab eterno consostanziale al Padre, Creatore, Signore<br />
unico unichissimo insiem col Padre; ma non valse mai intitolarsi<br />
Redentore del Mondo, se non dopo che prese Umana Carne: quindi la<br />
Madre fu, che da Redentore lo ingrandì. L’eterno Spirito Santo poi era<br />
stato sì ab eterno insiem col Padre e col Figlio dalla stessa unica Sostanza<br />
ed essenza Divina, Creatore e Santificatore unico, unichissimo, insiem<br />
col Padre e col Figlio; ma non potè mai chiamarsi Autore dell’<strong>Opera</strong><br />
Divina più eccelsa, che ad extra esser mai vi potesse, voglio dir Autore<br />
dell’Incarnazione del Divin Verbo: solo dopo che nel Ventre Verginal di<br />
58 Dio è conosciuto in Giudea.<br />
147
Maria fu eseguita, potè gloriarsene. Quindi può quasi dirsi, che Nostra<br />
Immacolata Signora della SS.ma Trinità fosse il compimento; conforme<br />
giunse a chiamarla Esìchio con quell’elogio, Tu Trinitatis complementum 59 ;<br />
dandole quella grandezza, gloria ed onore, che prima non avea, come<br />
dissi; all’eterno Padre la grandezza di Signore e Dio del Divin Figlio<br />
Umanato, Gesù Signor nostro; all’eterno Figlio l’onor di Redentore;<br />
all’eterno Spirito Santo la gloria di Fecondo.<br />
9. Chi dunque potrà ora vantarsi di esser divoto di Maria e non sentirsi<br />
eccitato a congratularsi infinitamente con Lei di tutta la gloria ed onore<br />
che essa diede e che dà alla Trinità sagrosanta. Animo pertanto, cari<br />
miei Uditori. Concludiamo. Il ringraziar la SS.ma Trinità per le Grazie e<br />
Privilegi concessi alla Vergine; ed il congratularsi con la Vergine per la gloria<br />
ed onore da Lei dato alla SS.ma Trinità, sia da qui in poi il nostro più premuroso<br />
e frequente esercizio. Io quanto a me così di buon cuore risolvo:<br />
ed in attestato, rivolto alla mia Immacolata Signora, passo a salutarla<br />
col cuor sulle labbra con quel bel saluto del suo diletto Servo Simone<br />
Garzia dell’Ordine dei Minimi, Ave Filia Dei Patris, Ave Mater Dei<br />
Filii, Ave Sponsa Spiritus Sancti, Ave Templum SS.mæ Trinitatis 60 .<br />
59 Tu, complemento della Trinità.<br />
60 Ave figlia di Dio Padre, ave madre di Dio Figlio, ave Sposa dello Spirito Santo, ave o tempio<br />
della SS.ma Trinità.<br />
148<br />
SERMONCINO DECIMO SETTIMO<br />
Recitato Sabato 10 Giugno 1752<br />
Si consacrano Chiese a Maria affinché le protegga, offra a Dio tutte le orazioni e<br />
preghiere che ivi si fanno ed ancora perché “la Chiesa a lei dedicata sia come uno specchio<br />
delle sue sublimi virtù” che i fedeli possono contemplare e imitare.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> elenca vari nomi di persone pie che hanno costruito e dedicato Chiese<br />
alla Vergine Santa e ricorda con dolcezza e gratitudine l’opportunità che anche lui ha<br />
avuto di poter erigere, ad onore dell’Immacolata, la medesima Chiesa ove ora si trovano.<br />
E poichè molti dei presenti lo hanno aiutato a realizzare l’opera e tuttora la<br />
sostengono, in segno di gratitudine verso di loro, tratterà brevemente, in cinque punti,<br />
l’argomento, cioè “Il concorrere alle fabbriche o al mantenimento delle Chiese dedicate<br />
a Maria SS.ma viene da lei molto ben ricompensato anche in questa vita”.<br />
Come esempio, racconta l’episodio accaduto al cittadino San Cristanziano che vide<br />
centuplicata miracolosamente la sua offerta quotidiana di un anno per la costruzione<br />
della nuova Chiesa di Santa Maria Inter Vineas. Conclude con l’invito “a fare ogni<br />
sforzo per formare del nostro cuore un sacro tempio a Maria, ove essa possa abitare in<br />
perpetuo con la sua grazia ed il suo amore”: questa sarà la più preziosa ricompensa<br />
che noi possiamo avere in questa vita.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 95-105.<br />
Argomento<br />
Il concorrere alle Fabbriche o al mantenimento delle Chiese dedicate a<br />
Maria SS.ma, vien da Lei molto ben ricompensato anche in questa vita<br />
Ave Maria<br />
L’eriger le Chiese e dedicarle ad onor di Maria, sebbene fu più volte empiamente<br />
chiamato dagli eretici un atto della più abominevole superstizione;<br />
pure a loro eterna confusione e rimprovero fu e sarà sempre mai un atto più<br />
sacrosanto della nostra Religione purissima, autorizzato da’ Concili e da’<br />
Padri, tramandato a noi sin da secoli più antichi e a maraviglia sostenuto da<br />
mille congruenze e fondate ragioni. È verissimo, chi può contraddirlo?, che<br />
a Dio solo propriamente e direttamente si possono e debbono eriger le<br />
Chiese, dedicare gli Altari, offerire i Sacrifici e vadasi discorrendo: perché<br />
appartenendo tutto ciò al sovrano culto Divino, da Teologi chiamato di<br />
149
Latria, a Dio solo offerir si può e consacrarsi. E tuttociò appunto noi<br />
Cattolici intendiamo di fare, anche quando ad onor di Maria o dei Santi,<br />
ergiamo le Chiese, dedichiamo gli Altari e simili: e non possiam rattenerci<br />
dal compianger nel tempo stesso la cecità maliziosa de’ nostri Emuli ostinati,<br />
che sotto finto pretesto dell’Onore Divino e di ridicola Riforma di<br />
Religione, tolgono e a Dio e alla sua Madre ed ai Servi suoi ogni culto; non<br />
essendo valevoli ad altro, che a diroccar sacri Tempi, distrugger Altari, vilipender<br />
Sacrifizi ed ogni altro Sacro Rito; per vivere appunto empiamente<br />
senza pietà, come già bestialmente e liberamente vivono senza Fede e senza<br />
Legge. A Dio solo adunque, ritorniam donde partimmo, a Dio solo intendiam<br />
noi Cattolici di ergere e dedicare le Chiese, anche quando le dedichiamo<br />
all’onor della sua SS.ma Madre e col sacrosanto Nome di Lei le intitoliamo.<br />
Perciocché questa dedica di sacri Tempi fatta ad onor di nostra Signora<br />
(lo stesso dite voi, R(iveriti) U(ditori), con proporzione di ogni altro Santo)<br />
non altro importa, se non che noi raccomandiamo quel sacro Luogo a Maria<br />
SS.ma ed a Lei lo consacriamo, affin particolar cura ne abbia e protezione: di<br />
più, acciocché essa si degni di offerire a Dio tutte quelle Orazioni e Preghiere<br />
che nel Tempio di Lei si fanno e ne ottenga dal suo Divin Figlio un favorevol<br />
rescritto: di vantaggio, affinché la Chiesa a lei dedicata, sia come uno<br />
Specchio delle sue sublimi Virtù, donde i Fedeli contemplar le possano e<br />
copiar in se stessi; e sia come una fornace, donde cavar si possa un amore<br />
ardente ed una viva ed accesa divozione verso sì gran Signora. Cose tutte, che<br />
non solo non ripugnano punto all’onor sovrano di Dio (e possono sino i ciechi<br />
vederlo), ma che riescono anzi di sua maggior gloria e decoro. Quindi,<br />
siccome il Re Salomone per suo decoro maggiore fabbricar fece a parte un<br />
sontuoso Palaggio per la sua Regina (a); così il gran Monarca dei Cieli volle<br />
e dispose, per sua maggior gloria, che a parte sotto il titolo e protezion della<br />
sua Madre SS.ma, Regina nostra, si fabbricassero Chiese, si ergessero Tempi<br />
ed Altari: affin credo io ancora, di contraccambiarle quella gloria che gli<br />
diede, allorché con tanta purità ed amore nel purissimo di Lei Seno, come in<br />
un prezioso Tempio animato, per nove mesi lo tenne. Che perciò, non sia stupore,<br />
Uditori, se noi troviamo che sino al tempo degli Apostoli, fossero stati<br />
eretti degli Oratori e delle Chiese ad onor di Maria, essendo ancor vivente.<br />
(a) 3 Reg. 7, 8.<br />
150<br />
Così l’eressero i discendenti di Elia Profeta nel Monte Carmelo e furono i<br />
primi; come ce lo dice il Breviario Romano (b): così pur fece nella Spagna<br />
San Giacomo Maggiore; e ce lo contestano il Beutero, il Vigliegas ed il<br />
Ribadeneira (c): e non mancano gravi Autori che ci contano così pur aver<br />
fatto gli Apostoli San Pietro e San Giovanni (d). Tantochè dai primi secoli<br />
della cristianità sino al presente, quando più, quando meno, rinveniamo<br />
essersi sempre per tutto il Cattolico Mondo eretti degli Oratori privati e<br />
dedicate delle pubbliche Chiese alle Glorie Immortali di Nostra Signora. Io<br />
poi, a tal dolce rimembranza, non posso dispensarmi dal congratularmene<br />
con Lei e ringraziarla vivamente di essersi degnata di aver data a me miserino<br />
tanta sorte di erigerle sì di fresco ad onore della sua Immacolata Concezione<br />
questa medesima Chiesa, ove noi or siamo. Ma siccome, a dire il vero, più<br />
voi con altri Benefattori, che io, siete concorsi ad erigerla e concorrete a mantenerla;<br />
perciò in attestato di mia gratitudine e per vostra consolazione,<br />
voglio in questa sera succintamente mostrarvi, come il concorrere alle fabbriche,<br />
od al mantenimento delle Chiese dedicate a Maria SS.ma, vien da Lei molto ben<br />
ricompensato, anche in questa vita. Lo caverete da alcuni fatti. Incomincio.<br />
1. Non vi ha sinora nel Mondo persona, che una qualche picciola cosa ad<br />
onor della Vergine con buon cuore operasse, che da questa liberalissima<br />
Signora, la quale sta rigorosamente sul punto di non farsi mai vincere<br />
in cortesia e gentilezza, non rimanesse a larga mano ricompensata,<br />
anche in questa vita. Così ci attestava San Bernardo, sino ai suoi<br />
tempi: e così cento e mille autentici fatti, sino ai giorni nostri ce lo<br />
contestano. Pensate ora voi, Uditori, se quanta potrà esser la ricompensa<br />
che dalla clementissima Regina del Cielo aspettar si può chi con<br />
cuor divoto concorre alle fabbriche o al mantenimento delle Chiese a<br />
Lei dedicate. Ogni sacro Tempio alla gran Vergine consagrato può<br />
chiamarsi un bel Teatro aperto, ove si fanno spiccar le sue glorie; ed<br />
una Scuola, ove si insegna quanto necessaria ed utile sia la tenera divozione<br />
verso di Lei: onde chi a tanto Bene concorre può dir con verità di<br />
(b) Brev. Rom., die 16 Jul.<br />
(c) Beuter. lib. 1, Chron. Aragon. c. 23; Vigliegas p. 1, Hos SS. In vit. B. V., cap. 23, Ribad.<br />
In vit. S. Jacob. Apost.<br />
(d) Auriem. par. 2, cap. 1.<br />
151
esser lo strumento dell’onor di Maria, il propagator delle sue Glorie,<br />
della sua Divozione; ed in conseguenza non ha che dubitare di vedersela<br />
seriosamente impegnata a rimunerarlo, eziandio in questo Mondo,<br />
con mille finezze.<br />
2. Ce lo può ridire tra gli altri Giacomo I, re di Aragona. Questi, come<br />
molto divoto e zelante dell’onor della Vergine, ispirato da Lei, affin di<br />
ottenere il potente Patrocinio sopra di sé e del suo Regno, allora vessato<br />
da tanti Nemici, tutto l’animo suo rivolse ad edificar per tutta<br />
Aragona dei Sacri Tempi alla sua Celeste Sovrana dedicati. Quanti, credete<br />
voi, fabbricar ne facesse? Duemila Chiese appunto fabbricar fece; e<br />
tutte, affin avessero il decoroso mantenimento, le dotò. Queste furono<br />
del Re Giacomo I i fortissimi Castelli, che a costo dei suoi Tesori piantò<br />
in difesa contro i suoi Nemici: e queste gli portarono tante palme e<br />
tante vittorie, che lo resero sempre glorioso nelle Guerre; e gli diedero<br />
il soprannome di Giacomo il Vincitore (e). Era un bel vedere al certo, il<br />
pio Monarca tutto intento a dilatar le glorie di Maria con gli edifizi e<br />
con le doti delle sue Chiese; e Maria SS.ma tutta premurosa in innalzar<br />
le glorie del suo divoto con le continue Vittorie.<br />
3. Ma non solo da Nostra Signora ebbero larga ricompensa, anche in questa<br />
Vita, quei che con donativi copiosi concorsero e con ricche limosine<br />
all’edifizio e mantenimento dei suoi sacri Tempi; ma coloro eziandio<br />
che con cuore divoto fecero picciole offerte, secondo le loro tenui<br />
forze. Vaglia per tutti il celebre autentico fatto, forse non a tutti voi<br />
ben noto, avvenuto in questa nostra stessa Città, circa l’anno 418, nell’erezione<br />
che fu fatta della nostra Chiesa oggi Parrocchiale, ed anticamente<br />
Colleggiata, sotto il titolo di Sancta Maria Inter Vineas (f).<br />
Scopertasi adunque, circa 1234 anni sono, tra le Vigne di questi nostri<br />
contorni, in un muro vecchio, una Immagine miracolosa della Gran<br />
Madre di Dio col suo Divin Figlio in braccio, fu dalla divozione de’<br />
nostri antichi Ascolani processionalmente trasferita qui dentro la città,<br />
(e) Auriem. par. 2, cap. 1.<br />
(f) Appian. In Vita S. Emygd, cap. 22; Lazzar. In Ascol. In prospet., cap. 29.<br />
152<br />
affin d’innalzarle una Chiesa, come fu fatto. Mentre pertanto se ne gettavano<br />
le fondamenta, vi fu uno zelante sacro oratore, che per affrettarne<br />
al possibile l’edifizio, andò inculcando che chi concorreva con limosine<br />
a quella pia fabbrica, avrebbe dalla Regina del Cielo ottenuta,<br />
anche in questo Mondo, la centuplicata ricompensa. Si trovò presente<br />
al fervoroso Sermone, che nel dì dell’Assunta appunto cadde, un<br />
Funaio, il quale del nostro illustrissimo Martire Cittadino portava il<br />
nome, voglio dir di Cristanziano; e mosso dall’affetto alla Vergine e<br />
dalle promesse dell’Oratore, diè principio in quel giorno medesimo a<br />
porre un danaio, corrispondente ad un baiocco dei nostri tempi, in un<br />
cassettino, che esposto nel Duomo tenevasi a tal’effetto; con animo di<br />
proseguir per un anno tal limosina in ciascun giorno; come già fece.<br />
Venuto pertanto nel seguente anno il dì della gloriosa Assunta, si portò<br />
pronto Cristanziano a compiere la sua offerta nel cassettino. Ma, oimè!<br />
Ecco si avvede essergli stata tolta, tra la calca di Gente, da un incognito<br />
Ladro una ricca borsa; ove tenea conservate certe monete, che al<br />
valor rispondevano di cento scudi alla nostra, poco prima ritratti da una<br />
sua mercanzia. Le smanie, le grida, le lacrime del pover’uomo, lascio a<br />
voi considerarle. Posso soltanto ridirvi, che fatto fuor di se stesso, Ah<br />
Maria SS.ma, ad esclamar si pose, questo dunque è il centuplo già promesso<br />
dal vostro Panegerista? Ho fatta ben’io la Limosina per la vostra nuova<br />
Chiesa e voi soffrite che altri mi rubino ed assassinino? Indi con un misto di<br />
duolo e di sconfidenza, uscito tutto sconsolato di Chiesa, se ne va alla<br />
sua povera casa a terminare quel giorno e passar la sera e la notte in<br />
continuo pianto: sinchè sopravvinto da funeste riflessioni e precipitosi<br />
pensieri, risolve di terminar disperatamente i suoi guai con l’appiccarsi.<br />
Quindi, provvedutosi di un capestro, esce da Città, entra in un<br />
Bosco vicino, sale su di un albero e da se stesso si accomoda l’infame<br />
patibolo.<br />
4. Io qui mi figuro, Uditori, che voi rattener più non possiate le smanie<br />
vostre con dirmi, e dove poi fu veramente per Cristanziano il guidernone,<br />
il centuplo delle sue Limosine, fatte per la Chiesa novella a<br />
Maria dedicata? Sarei per dirvi, che indegno troppo se ne mostrò il<br />
Misero col suo disordinato attacco ad un vile interesse e col suo precipitoso<br />
e disperato consiglio. Pure, anche questa di lui Indegnità<br />
153
superar volle la clementissima Vergine, affin più strepitosa apparisse<br />
la grazia e più stimabile la ricompensa. Udite come. Nel mentre che<br />
Cristanziano su di quell’albero si affaticava a legar bene il capestro,<br />
ecco vi scopre un’apertura con entro un involtino nascosto: spinto da<br />
curiosità venturosa lo prende, lo apre e con stupore vi vede gran quantità<br />
di monete. Rientrato in se stesso dal pessimo risoluto partito,<br />
scende tutto festoso dall’albero, conta il danaio e trova esser 365 scudi<br />
appunto per la centupla ricompensa di 365 baiocchi da lui dati in<br />
limosina ad onor di Maria. Le feste che Cristanziano fece; i ringraziamenti,<br />
le benedizioni che diede a nostra Signora; il pentimento che<br />
ebbe della sua inconsiderata disperazione, potete voi considerarlo. Ma<br />
non finì qui il miracolo. Volle la Vergine dare un degno castigo al<br />
Ladro, che ebbe ardimento di porre mano al suo Divoto. Perciocché<br />
egli fuggendo dalla Città, ed entrando a nascondersi in quel medesimo<br />
Bosco, da cui pocanzi partito era Cristanziano; e vedendo in quell’albero<br />
accomodato il capestro, ivi salì precipitoso e disperatamente<br />
da se stesso si appiccò.<br />
5. Or che ve ne pare, Uditori, di sì bel fatto? Vedete se quanto è vero quel<br />
che io vi diceva, che il concorrere alle fabbriche, o al mantenimento delle<br />
Chiese dedicate a Maria SS.ma, vien da Lei molto ben ricompensato anche in<br />
questa Vita. Speratene dunque anche voi la ricompensa di tante<br />
Limosine fatte a questa Chiesa novella dell’Immacolata Concezione; mentre<br />
io sono ad assicurarvene che l’otterrete. Ed intanto, pensiamo tutti<br />
a fare ogni sforzo di concorrere a formare dal nostro Cuore un sacro<br />
Tempio a Maria, ove essa abitar possa in perpetuo con la sua Grazia ed<br />
Amore; che sarà la più preziosa rimunerazione, che aver noi possiamo in<br />
questa vita.<br />
154<br />
SERMONCINO DECIMO OTTAVO<br />
Recitato Sabato 17 Giugno 1752<br />
Il Sermoncino si sviluppa in sei punti e vuole dimostare che l’Ave Maria è il saluto<br />
più gradito alla Vergine Santa come Ella stessa rivelò a Santa Metilde. Ciò a<br />
motivo della dignità di chi le ha rivolto per prima questo saluto e per il suo contenuto<br />
stesso. La preghiera dell’Ave Maria contiene infatti le parole di saluto che le rivolsero<br />
l’angelo Gabriele, Santa Elisabetta e, nell’ultima parte, quelle stabilite dalla<br />
Chiesa durante il concilio di Efeso, quando le riconobbe il titolo di Madre di Dio ed<br />
avvocata del genere umano.<br />
La preghiera dell’Ave Maria contiene anche i titoli più belli che possiamo rivolgerle:<br />
piena di grazia, benedetta tra tutte le donne, Madre di Dio e nostra. Ci rimane<br />
l’impegno di recitare spesso e con il cuore questa preghiera.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 77-82 (293-298).<br />
Argomento<br />
Quanto gradisca la SS.ma Vergine l’esser salutata con l’Ave Maria<br />
Ave Maria<br />
Lodi pur mille siano al Beato Alberto Magno, che eccitar volendo i fedeli alla<br />
tenera divozione verso la Regina del Cielo, diede loro questo ricordo, cioè che<br />
la salutassero di frequente, Salutemus eam frequenter (a) 61 . Perciocché essendo il<br />
saluto, non solamente un segno di benevolenza verso il soggetto che si saluta,<br />
ma ancora un attestato di stima verso di Lui e talora di rendimento di grazie<br />
alle sue dispensate cortesie; ne segue, che noi salutando frequentemente di<br />
buon cuore la Vergine, veniamo ad acquistar sempre più una tenera divozione<br />
verso di Lei; atteso che col frequente divoto saluto le attestiamo nel tempo stesso<br />
il nostro amore, la nostra venerazione, la gratitudine nostra. Quindi, osserviamo<br />
già noi, che la Santa Chiesa, nostra provvida Madre, premurosissima di<br />
vederci tutti ossequiosi verso di Maria SS.ma, stabilir ci ha voluto il salutarla<br />
tre volte al giorno; cioè nella Mattina e nella Sera; secondo che dispose<br />
Gregorio IX, Sommo Pontefice (b); e nel Mezzogiorno, conforme ordinò<br />
(a) Luc. 1.<br />
61 Salutiamola frequentemete.<br />
(b) Calend. Marian. 4 Decemb.<br />
155
Giovanni XXII o come altri vogliono, Callisto III (c). Tra le orazioni però, con<br />
le quali vien dai suoi Divoti salutata Nostra Signora, qual credete voi, Uditori,<br />
sia quella che a Lei riesca più grata? Quanto a me, tengo certo sia l’Angelica<br />
salutazione che comunemente intitoliamo l’Ave Maria. Osservate di grazia,<br />
quanto la gradisca: mentre tanto ho ideato mostrarvi in questa sera, per più animarvi<br />
a dar gusto alla Vergine. Favoritemi di attenzione. Mi fo’ da capo.<br />
1. Per due capi principalmente può riuscir grato un saluto, o per riguardo<br />
degli elogi che esso contiene o per rapporto di chi lo fa. Favellando del<br />
primo, come non esser molto grato a Nostra Immacolata Signora il<br />
sacro saluto dell’Ave Maria, se questa orazione contiene gli elogi più<br />
nobili, più alti e più divini; che a Lei dare si possano? In essa si esprime<br />
la pienezza di Grazia che la Gran Vergine sempre mai possedette; il<br />
singolar privilegio di esser benedetta fra tutte le donne; la dignità infinita<br />
di esser Madre di Dio; e la gran prerogativa di essere Avvocata di<br />
tutto il Genere Umano e spezialmente de’ poveri Peccatori. Certo è,<br />
Uditori, che ogni elogio di questi riesce grato alla Vergine: or come un<br />
serto di tutti non riuscirle gratissimo?<br />
2. Che se all’altro capo, per cui è gradito un saluto, cioè per rapporto di<br />
chi lo fa, volger vogliamo il pensiero; chi vi ha tra di voi, che non sappia<br />
essere stato fatto e composto il sacro saluto, di cui favelliamo, da<br />
Personaggi in santità molto celebri; e per conseguenza molto cari alla<br />
Regina del Cielo? L’Arcangelo Gabriele fu il primo a pronunziarlo con<br />
tutto l’ossequio e ad esserne dei tre primi elogi l’Autore; allorché<br />
annunziando alla comune Signora l’ineffabil Mistero dell’Incarnazione<br />
del Divin Verbo, la salutò dicendo, Dio ti salvi, piena di Grazia; il Signore<br />
è teco; Benedetta tu fra le Donne (d). Santa Elisabetta poi dell’elogio quarto<br />
fu l’Autrice, allorquando visitata dalla predetta Madre di Dio, rattener<br />
non volendo il giubilo, di cui il cuor le inondava, ad esclamare si<br />
pose, Benedetto il frutto del Tuo Ventre (e). Finalmente la Chiesa, aggiun-<br />
(c) Auriem. p. 1, cap. 5.<br />
(d) Luc. 1.<br />
(e) Luc. 1.<br />
156<br />
ger volendo a sì nobile e degno saluto anche gli elogi suoi; in occasione<br />
che nell’anno 431 fu convocato il tanto celebre Concilio Efesino, nel<br />
quale condannato fu l’empio eresiarca Nestorio, che con sacrilega ostinatezza<br />
negar ardiva alla Vergine l’altissimo pregio di esser Madre di<br />
Dio; a confusione di sì temerario e diabolico Menzognero, a gloria maggiore<br />
di Nostra Signora e ad istruzione del Cristianesimo tutto, ordinò<br />
che in aggiunta dell’Ave Maria si dicesse, Santa Maria, Madre di Dio,<br />
prega per noi Peccatori, con quel che segue sino alla fine (f). Or un saluto<br />
adunque sì sacrosanto da Personaggi sì celebri fatto, come possibile non<br />
esser dalla Vergine oltremodo gradito?<br />
3. Vero è, non lo nego, che la sola nostra freddezza ed indegnità serve di<br />
grande impedimento. Ma pure io sostengo, che benché l’indisposizione<br />
nostra in recitando l’Ave Maria serve alla Vergine di molto dispiacere;<br />
nulladimeno, e per riguardo degli altissimi elogi, che una tale Orazione<br />
contiene, e per rapporto dei suoi Santi Istitutori, non possa farsi a meno<br />
che non rechi per se stessa un gran godimento a Nostra Signora e che<br />
non l’ascolti volentieri da chiunque divotamente la recita: come ben<br />
diceva Tommaso da Kempis, Salutate Mariam Angelica Salutatione, quia<br />
vocem hanc audit valde libenter (g) 62 . Anzi, fondato sugli stessi riguardi,<br />
ad aggiunger mi fo’ con l’asserire per certo, che se le altre orazioni divote<br />
alla Regina del Cielo sono pur grate, questa dell’Ave Maria sia tra le<br />
preghiere tutte la più gradita; ed il più caro ed accetto tra tutti i sacri<br />
saluti, che a Lei dare si possano.<br />
4. Sottentri alle ragioni di alcuni esempi il contesto. Santa Metilde (che<br />
dell’Amor di Maria sì grandemente ardeva, talché esclamava bene spesso<br />
di desiderare in sé raccolti i Cuori di tutte le creature, affin di amarla<br />
con i Cuori di tutti), Santa Metilde, ripeto, supplicando bene spesso<br />
la Vergine, affin si degnasse istruirla su di un qualche sacro saluto, che<br />
le fosse più grato e che migliore trovar non si potesse, restò un dì con-<br />
(f) Calend. Marian. 22 Jun.; Auriem. p. 1, cap. 5.<br />
(g) Ser. 21 Ad Na.<br />
62 Salutate Maria con il saluto angelico poiché ascolta molto volentieri questo saluto.<br />
157
solata in tal guisa (h). Le comparve Nostra Signora, portando scritta a<br />
caratteri d’oro sovra del Sacro Petto l’Ave Maria; e a Lei rivolta, Sappi,<br />
le disse, che non potrà veruno salutarmi meglio che con questo Saluto. Lo stesso<br />
udì dirsi dalla Regina del Cielo la Beata Eulalia Monaca Cistercense;<br />
la quale anche riseppe che quelle parole Dominus tecum erano alla<br />
Vergine di grandissimo gusto (i). Lo stesso, per finirla fu rivelato alla<br />
Beata Giovanna di Francia (k). Tanto è vero, Uditori, che l’Angelica<br />
salutazione riesce così grata a Maria SS.ma, che tra tutte le Preghiere,<br />
che a Lei si fanno, questa le è più accetta e più cara.<br />
5. Noi dunque, Ascoltanti miei cari, che tutta la grande premura aver<br />
dobbiamo di dar sul genio alla nostra Celeste Sovrana, quale studio ed<br />
attenzione dobbiamo porre in così salutarla di frequente? Io ben so, che<br />
voi tutti tra giorno più e più volte riverite la Vergine con l’Ave Maria:<br />
onde parrebbe superfluo il raccomandarvi un tale ossequio. Ma vogliam<br />
credere, che tutti poi la recitiate con attenzione e con affetto? Piacesse<br />
pure al Cielo che così fosse! Ah che alcuni, o per esser con semplicità<br />
troppo carichi di divozioni e di recite, o per esser troppo tiepidi ed indivoti,<br />
salutano Nostra Signora con tal fretta e con tali storpiature di Ave<br />
Maria, che neppur si accorgono di quel che dicono, di quel che lasciano,<br />
di quel che imbrogliano. Per altro, io stimo, non esser questi in<br />
verun modo saluti, Preghiere ed Orazioni; ma piuttosto Ciance e quasi<br />
starei per dirle, villanie ed improperi; da muover sino alle risa lo stesso<br />
demonio; come appunto fecesi beffe una volta di certe precipitose ed<br />
indivote Ave Maria, che recitava un Giovinastro. Semmai, Uditori,<br />
qualcuno di questo taglio si trovasse tra voi, si muti.<br />
6. Ecco pertanto il bel modo di dar gusto alla Regina del Cielo col saluto<br />
dell’Ave Maria. Recitarla da quando in quando con tutta l’attenzione e<br />
divozione a noi possibile. Così stilava ed ai suoi Religiosi raccomandava<br />
caldamente San Dionisio Cartusiano dicendo, Salutationem Angelicam<br />
(h) Auriem. par. 1., Affet. Scarab., cap. 5.<br />
(i) Maracci In Lib. Marian. pag. 28.<br />
(k) Maracci loc. cit.<br />
158<br />
quanto frequentius, tanto attentius, affectuosiusque dicamus (l) 63 . Anzi la<br />
Vergine stessa una dolce ammonizione ne fece alla sua diletta Eulalia<br />
Cistercense, di cui poc’anzi favellammo. Era solita la divota Religiosa<br />
recitar moltissime Ave Maria e giorno e notte; e siccome per vari impieghi<br />
che aveva, non poteva arrivare a recitarle sempre tutte con pausa ed<br />
attenzione, si dava alle volte fretta in recitarle. Quando in una notte<br />
comparir si vide Nostra Signora, che così dolcemente la ammonì,<br />
Eulalia, se mi vuoi dar contento, e giovar più all’Anima tua, quando mi saluti<br />
con l’Ave Maria, non la dire così all’infretta (m). Dal che prontamente si<br />
emendò la Santa, ed ammaestrata rimase, che qualora accoppiar non si<br />
potevano con gli impieghi del proprio Stato numerose e lunghe Recite<br />
divote, era meglio usarne più poche e dirle bene; che usarne molte e<br />
strapazzarle. Serva ciò anche per nostro ammaestramento in tutte le<br />
nostre orazioni e particolarmente in questa dell’Ave Maria; la quale,<br />
essendo con divozion recitata, rapisce il cuore alla Vergine, tanto le riesce<br />
accetta e gradita; come io vi diceva.<br />
(l) Ser. 6 In Annunc.<br />
63 Recitiamo l’Ave Maria quanto più frequentemente tanto più attentamente e affettuosamente.<br />
(m) Maracci In Lib. Marian., pag. 28.<br />
159
SERMONCINO DECIMO NONO<br />
Recitato Sabato 24 Giugno 1752,<br />
ricorrendo la festa della Natività del gloriosissimo Precursore S. Giovanni Battista<br />
L’argomento del Sermoncino, sviluppato in sette punti, mette in relazione la festa liturgica<br />
della natività di San Giovanni Battista con la tematica mariana dei sabati.<br />
Nell’introduzione don <strong>Marcucci</strong> afferma di non essere all’altezza di parlare dei<br />
privilegi del santo. Si soffermerà invece a trattare gli effetti che la visita di Maria a<br />
Santa Elisabetta ha prodotto nel figlio Giovanni. Egli crede che l’abbraccio di Maria<br />
alla cugina Elisabetta abbia donato al bimbo l’uso perfetto di ragione, la cancellazione<br />
della macchia originale e la pienezza dello Spirito Santo.<br />
L’Autore crede con Sant’Ambrogio che San Giovanni ricevette dalla Vergine il<br />
battesimo di Spirito Santo prima della sua nascita e divenne suo primo figlio spirituale.<br />
Ella volle donare al piccolo anche l’esempio del servizio e della dolce carità trattenendosi<br />
con sua madre per tre mesi. Se dunque Maria SS.ma amò tanto San<br />
Giovanni Battista, questi ci otterrà volentieri la protezione di Maria.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 22, pp. 259-265<br />
Argomento<br />
Essendo stato San Giovanni Battista così caro a Nostra Signora,<br />
non vi è mezzo più proprio per ottenere la Protezione di questa,<br />
che interporvi l’Intercessione di quello<br />
Ave Maria<br />
Non aspettaste già, Riveriti Uditori, che in questa ricorrente antichissima<br />
Festa, celebrata con molta solennità sin sulla fine del secolo quarto, ai tempi<br />
di S. Agostino e di S. Massimo, voglio dir della Natività di S. Giovanni<br />
Battista; non già aspettaste, ripeto, che io esporre vi volessi tutte le<br />
Prerogative del SS.mo Precursore e farvi considerare quanto singolari esse fossero,<br />
nobili ed eccellenti: atteso che un tale assunto, stimando io riuscire<br />
anche difficoltoso a chi un Angelico intendimento avesse, od una Celeste<br />
facondia; molto più lo ravviso impossibile ad essere intrapreso e sostenuto<br />
dalle mie deboli forze. E come no? Se io vi dicessi essere stato il Battista, grande<br />
in virtù e perfezione, sarebbe poco; perciocchè egli non solo comparve<br />
Grande presso degli Uomini, ma sino al cospetto di Dio, innanzi a cui per<br />
160<br />
altro ogni più smisurata grandezza sparisce, erit magnus coram Domino (a) 64 .<br />
Se ve lo mostrassi Profeta, nulla direi; atteso che il Redentore medesimo lo<br />
disse più che Profeta, Plusquam Propheta (b); e lo nominò sino Angelo suo<br />
Precursore, Hic est, de quo scriptum est, Ecce mitto Angelum meum ante faciem tuam,<br />
qui praeparabit viam tuam (c) 65 . Insomma, se io ve lo predicassi Patriarca,<br />
Apostolo, Dottore, Innocente, Vergine, Confessore, Penitente, Martire e<br />
Santo di alta sfera, che mai ve ne direi, se lo stesso Gesù di sua propria Bocca<br />
a più sublime posto, lo innalzò allorquando lo canonizzò per Maggiore tra<br />
quanti mai nati eran da donna? Non surrexit inter Natos Mulierum Major Joanne<br />
Baptista (d) 66 . Lungi adunque dalla vostra aspettativa, U(ditori) e dal mio<br />
pensiero sia il raggiuger o il novero o l’altezza delle eccellenti sue Prerogative.<br />
Vi basti l’udirne una sola; la quale, se mi riuscirà di esporvela almeno come<br />
in abozzo, spero risveglierà maggiormente in voi quell’alto concetto, che del<br />
Gran Battista già avete. Bramate saper qual sarà questa singolar Prerogativa?<br />
Eccola. L’essere stato San Giovanni Battista molto amato dall’Immacolata Signora<br />
nostra Maria SS.ma, ed a Lei molto caro. Favorite di ascoltarne attentamente le<br />
prove: e confido che allor da voi medesimi capirete, non esservi mezzo più<br />
proprio per ottener la Protezione della Vergine, che interporvi l’efficacissima<br />
Intercessione del Battista. Diamo principio.<br />
1. Una delle ragioni per cui resta chiaro, che San Giovanni Battista fosse<br />
molto caro alla Vergine e da Lei molto amato è, Uditori, l’essere egli<br />
stato suo stretto Parente. Ognun sa, quanta possanza abbia di suscitare<br />
in un Cuore un tenero giustissimo affetto la stretta Parentela: giacchè la<br />
Natura medesima ha stampato in ciascuno un tal documento. Quindi è<br />
che se Nostra Immacolata Signora dalla sua Benignità incomparabile e<br />
Misericordia viene, dirò così, costretta ad amare noi tutti teneramente;<br />
(a) Luc. 1, 15.<br />
64 Sarà grande dinanzi al Signore.<br />
(b) Luc. 7, 27.<br />
(c) Luc. 7, 28.<br />
65 Costui è quello di cui è stato scritto, ecco io mando il mio angelo davanti al tuo cospetto,<br />
che ti preparerà la strada.<br />
(d) Matth. 11, 11.<br />
66 Non sorse tra i figli di donne uno più grande di Giovanni Battista.<br />
161
nell’Amor tenero però verso il Battista obbligata si trovò doppiamente,<br />
perché vi concorse anche il vincolo stretto di Sangue ad obbligarla.<br />
Notatene di grazia la Genealogia. Che la Vergine fosse Parente di Santa<br />
Elisabetta, Madre di San Giovanni, è così indubitato, che è un articolo di<br />
fede; dicendoci espressamente il Vangelo, che le era Cognata, Ecce<br />
Elisabeth cognata tua (e). Ben so, che non mancano sacri Espositori che,<br />
giusta lo stile quasi ordinario nelle Scritture di intitolarsi Cognato,<br />
Fratello o Sorella qualunque Parente, intendono quel Cognata tua per un<br />
titolo generico di Parentela e Cognazione, senza individuarne il grado: e<br />
voi vederlo potete presso il Toleto, che diffusamente ne scrive (f). Ma io,<br />
appoggiato sull’autorità del Menologio Greco (g), sulla Storia di<br />
Niceforo (h) e sulla sentenza del celebre Lirano e di altri molti (i), intendo<br />
quel passo del Vangelo così, cioè che Nostra Signora fosse nel tempo<br />
stesso e vera Cognata Cugina di Santa Elisabetta e sua Sorella Cugina.<br />
Cognata Cugina per riguardo del Patriarca San Giuseppe, suo purissimo<br />
Sposo; il cui Padre, chiamato Giacobbe e la Madre di Santa Elisabetta,<br />
chiamata Sobe, eran carnali; amendue figlie di Mathan della discendenza<br />
di Abramo e della stirpe Reale di Davide. Fu poi Sorella Cugina per<br />
riguardo della gloriosa Sant’Anna, sua SS.ma Madre; la quale era Sorella<br />
Carnale di Sobe, Madre di Santa Elisabetta e di Giacobbe Padre di<br />
S. Giuseppe e figlia anch’essa di Mathan. Onde per ogni verso appare e per<br />
ciascun grado, che Nostra Signora fosse Zia cugina del gran Battista.<br />
Argomentate ora voi qual tenero singolarissimo amor gli portasse: giacchè<br />
la stessa sua frettolosa partenza da Nazareth per andare a santificarlo<br />
sin nel Ventre Materno, di un finissimo Amore ve ne dà sempre più<br />
chiaro argomento.<br />
2. Sebbene lo stretto vincolo di Sangue non è la sola cagione, da cui dedurre<br />
noi possiamo l’Amor grande che Maria SS.ma portò a San Giovanni.<br />
Vi è un altro motivo più rilevante, cioè di essere stato il Battista suo<br />
(e) Luc. 1, 36.<br />
(f) Tolett. In Luc. 1; annot. 108.<br />
(g) Men. Graec., Die 8 settembris.<br />
(h) Nicephor., Lib. 2, Hist. cap. 3.<br />
(i) Tirin. In scriptur. Tomo 1, Tab. 4 in fol.<br />
162<br />
primo Figlio Spirituale; come egregiamente il De Voragine scrisse,<br />
Joannes Baptista fuit Virginis Mariae spiritualis Filius (k) 67 . Possiamo noi<br />
dire, tre figli avev avuti la Vergine, cioè uno Naturale e fu Gesù Signore<br />
nostro; un altro adottivo e fu San Giovanni Evangelista, che per comando<br />
del suo Divino Unigenito se lo adottò a piè della Croce; un altro spirituale<br />
e questo fu San Giovanni Battista. Il primo Figlio, cioè l’unico naturale<br />
che ebbe, lo amò infinitamente sopra tutte le cose con tutto il suo Cuore,<br />
come suo caro Dio. Il secondo, cioè l’adottivo, lo amò la Vergine teneramente.<br />
Il terzo, poi cioè lo spirituale, non solo lo amò con tenerezza, ma<br />
eziandio con prodigio. Concepito era stato il Battista, come gli altri<br />
discendenti di Adamo, con l’originale peccato; e già da più mesi così<br />
privo di Grazia sen giaceva racchiuso nel Seno Materno. Pronta Nostra<br />
Signora vi accorse; ed appena giunta, non così tosto ebbe dato il dolce<br />
saluto ed abbraccio alla sua Cugina, che subito infonde al racchiuso<br />
Pargoletto l’uso perfetto di ragione, lo ricolma di gioia e di giubilo, lo<br />
monda dall’originaria macchia, lo riempie di Spirito Santo: Ad salutationem<br />
Mariae exultavit Infans in Utero, odasi Sant Ambrogio, repletus est<br />
Spiritu Sancto (l) 68 . Onde può dirsi, che la Vergine in un certo modo lo battezzasse<br />
prima della di lui nascita; e che il Battista in virtù del Saluto della<br />
sua potentissima Zia Cugina ricevesse il Battesimo di Spirito Santo; conforme<br />
degnamente riflette il De Voragine, Virtute Verbi Virginei Baptismum<br />
recepit Spiritus Sancti (m) 69 ; e così primo Spirituale suo Figlio divenisse.<br />
Or può darsi Amor più tenero ed insieme più prodigioso di questo?<br />
3. Ma notatene alcune più particolari finezze. Maria SS.ma che sin di allora<br />
incominciò ad amarlo come suo prediletto spirituale Figliuolo, come<br />
tale volle anche istruirlo nelle più eroiche sublimi virtudi, mi spiego.<br />
Si trattenne Nostra Signora nella casa di Santa Elisabetta, quasi per tre<br />
(k) De Vorag. Ser. 4. De S. Joan Bapt.<br />
67 Giovanni Battista fu figlio spirituale di Maria Vergine.<br />
(l) S. Ambr. in Luc. lib. 3.<br />
68 Al saluto di Maria esultò il bimbo nell’utero… fu ripieno di Spirito Santo.<br />
(m) De Vorag., Ser. 4, De S. Joan. Bapt.<br />
69 In virtù del saluto della Vergine ricevette il Battesimo dello Spirito Santo.<br />
163
mesi, Mansit autem Maria cum illa quasi Mensibus tribus (n) 70 . Or di questo<br />
suo trattenimento, non solo il contento e vantaggio della sua<br />
Cognata ne fu la cagione, come osserva Sant’Ambrogio; ma ancora il<br />
profitto che al suo amato Nipote ne ridondava, Sed etiam tanti Viri profectus<br />
(o) 71 . Vedeva molto bene il picciol Giovanni, ancor che imprigionato<br />
nell’Utero Materno, come appien dotato di uso di ragione e di<br />
lume Profetico; vedeva, disse, molto bene tutte le eccellenti Virtù praticate<br />
dalla SS.ma Zia, sentiva tutti i divini discorsi ed ammaestramenti<br />
di Lei; e così, al dire di Ambrogio, andava in sè copiando la perfezione<br />
ed approfittandosi di tale Scuola Divina. E la Vergine, che tutto ciò<br />
ben sapeva, chi esprimer può, se con qual tenerezza di affetto la Santità<br />
comunicando gli andava?<br />
4. Or che vi sembra, Uditori? Tutti questi addotti motivi non son forse<br />
tutti validi fondamenti, dai quali manifesto rimane esser stato il<br />
Battista molto caro a Maria e da Lei molto amato? Eppure, se ho da dirvela,<br />
penso che da un’altra ragione resti più chiaro il mio Assunto.<br />
Notate. Ciascuno ama il simile a se stesso; come la Scrittura ci dice (p):<br />
atteso che, al fondato scriver dell’Angelico (q), la similitudine è, propriamente<br />
parlando, la cagione dell’Amore, Similitudo, proprie loquendo,<br />
est causa Amoris 72 . Ciò presupposto, chi giunger varrà mai a comprendere<br />
l’amore finissimo ed ineffabile di Nostra Signora verso San Giovanni<br />
Battista, se tanto simile a sè lo vide per mille capi? Udite e stupite.<br />
L’Argangelo Gabriele annunziò a San Giovacchino la Concezione e la<br />
Nascita di Maria SS.ma, come con l’antico Germano Costantino<br />
Politano ce lo attestan mille altri (r). Lo stesso Arcangelo annunziò a<br />
San Zaccaria la Concezione e la Nascita di San Giovanni. I Nomi glorio-<br />
(n) Luc. 1, 56.<br />
70 E Maria rimase con lei quasi tre mesi.<br />
(o) S.Ambr. in Luc. lib. 3.<br />
71 Ma anche di un così grande uomo il profotto.<br />
(p) Ecclesiast. 13, 19.<br />
(q) 1. 2 q. 27, av. 3 in c.<br />
72 La similitudine è propriamente parlando la causa dell’amore.<br />
(r) Ger. De encom. Virg., Fulbertus Episcopus Carnotens., Ser. De Nat. Virg.<br />
164<br />
sissimi di amendue annunziati furon dall’Angelo e molto coerenti furon<br />
nel lor significato di Grazia. Sì l’una, che l’altro generati furon per<br />
miracolo da sterili vecchi Genitori. Nella Nascita poi ebbero tal somiglianza,<br />
che Santa nacque la Vergine e la sua Natività apportò una grande<br />
allegrezza a tutto il Mondo; come c’insegna la Chiesa; e Santo ancor<br />
nacque il Battista e col suo nascer un gaudio grande recò ed alla sua casa<br />
ed ai Popoli tutti di quei contorni. Vergine fu sempre Maria; così pur<br />
Vergin si mantenne Giovanni. E se Nostra Signora, come Madre di Dio,<br />
fu la Regina dei Santi; il Battista, come Precursore del Divin Verbo<br />
Umanato, fu tra i Santi il maggiore. In Cielo Grande Imperatrice è la<br />
prima: colassù Gran Principe è l’altro. O che bella somiglianza, che<br />
convenienza maravigliosa! Or se questa appunto è il proprio costitutivo<br />
di un forte tenerissimo Amore: che più evidenti prove di queste<br />
vogliamo, Uditori, per toccar con mano, che San Giovanni Battista fosse<br />
in altissimo grado caro a Maria e da Lei teneramente amato?<br />
5. Giacchè adunque purtroppo ne restiam persuasi; chi esser vi può ora tra<br />
noi sì grossolano, che da se medesimo non intenda, non esservi dunque<br />
mezzo più proprio per ottener la tanto necessaria e sospirata Protezione<br />
della Vergine, che interporvi l’efficacissima Intercessione del Battista.<br />
Qui non fan duopo ragioni: bensì, per promuoverne la pratica, vi bisognano<br />
esempi. Sentitene alcuni, che succintamente sono a contarvi: e<br />
finisco.<br />
6. Paolo Diacono di Aquileja, poi Monaco Cassinese, Scrittor così celebre<br />
e pio, al Mondo tutto già noto e così stimato dall’Imperador Carlo<br />
Magno, Paolo Diacono, dico, travagliato trovandosi da una fiera raucedine,<br />
per quanti mai rimedi umani adoperasse, non fu mai possibile<br />
ne sperimentasse sollievo. Cresceva ogni giorno il male; ed egli afflitto<br />
tutto per vedersi preclusa ogni strada di impiegarsi per la gloria di<br />
Dio, alla Regina del Cielo, di cui era molto devoto, fece più volte<br />
ricorso. Parendogli però che l’eccelsa Signora muover punto non si<br />
volesse ai suoi bisogni, si rivolse a pregar San Giovanni Battista, a cui<br />
singolar affetto portava. Oh, disse, a Voi tocca, Santo mio potentissimo<br />
e grazioso, di ottenermi da Dio e dalla sua Madre SS.ma la guarigione<br />
da questa così imperversata ed inasprita raucedine, che mi tra-<br />
165
vaglia! Tanto disse Paolo Diacono con viva fiducia e tanto ottenne per<br />
Intercessione del Santo, rimanendo miracolosamente guarito. Della<br />
qual grazia memore egli e grato, volle confessarla ai Posteri sul principio<br />
di quel bellissimo Inno, che noi sino ad ora diciam nell’Uffizio,<br />
Ut queant laxis resonare fibris 73 , che poi, circa la fine del secolo ottavo,<br />
ad onore di San Giovanni, in bei versi Saffici con l’aggiunta<br />
dell’Adonico ad ogni strofa, compose (s).<br />
7. Cosìppur, quanto valida fosse l’Intercessione del Battista presso Nostra<br />
Signora, sperimentarono nell’anno 1490 i Cavalieri Gerosolimitani<br />
ossien di Malta. Intrapresero essi coraggiosamente una fiera battaglia<br />
Navale contra dei Turchi. Dubbia ancor era la Vittoria per ambe le inferocite<br />
Parti: e sino i Venti e le Onde, pareva che concorressero a renderla<br />
incerta, con l’imperversare or contro degli uni ed or contro degli altri.<br />
Imploravano intanto per l’ottimo esito i coraggiosi e Pii Cavalieri il<br />
Patrocinio dell’Imperadrice del Cielo ed il soccorso del loro Tutelare e<br />
singolare Protettore della loro Religione San Giovanni Battista. Quando<br />
eccoti all’improvviso apparir loro Maria SS.ma insieme col Santo<br />
Precursore: e tosto li anima al combattimento, li ripara da colpi nemici,<br />
li rinvigorisce negli assalti; e pone alla fine nelle loro mani la gloriosa<br />
Vittoria (t). Tanto fu efficace per loro l’Intercession del Battista presso<br />
della Gran Vergine. E tanto, credetelo a me, sarà sempre efficace<br />
anche per noi, miei cari Uditori, in tutti i nostri bisogni; se lo porremo<br />
sempre per Mezzano affin di goder la Protezione potente di Nostra<br />
Immacolata Signora. E come no? Rammentatevi sempre, essere stato<br />
San Giovanni Battista molto a Lei caro, ed amato da Lei teneramente: e tanto<br />
vi basti per ravvivarvi la fiducia e per spronarvi alla pratica.<br />
73 Perché possano risuonare con pieno trasporto.<br />
(s) Gavant. in Comment. Rubr. Brev., Sect. 7, cap. 8, n. 24.<br />
(t) Marches. in Diar. Sacr., die 24 junii.<br />
166<br />
SERMONCINO VENTESIMO<br />
Recitato Sabato 1 Luglio 1752<br />
Il Sermoncino, sviluppato in sette punti, viene recitato nella vigilia della festa<br />
della visita di Maria a Santa Elisabetta. L’Autore si dilunga un po’ sull’introduzione<br />
per rispondere ad alcune domande che le circostanze della festa pongono. Dopo<br />
un accenno alle sublimi virtù dell’umiltà e della carità, praticate dalla Madre di<br />
Dio in questa circostanza, spiega l’origine storica della festa.<br />
Essa fu istituita nel 1359 dal Sommo Pontefice Urbano VI per implorare l’aiuto<br />
di Maria SS.ma, Madre dell’unione e della pace, contro lo scisma dell’Antipapa<br />
Clemente VII. Alcuni secoli prima la festa, promossa dai Francescani, veniva celebrata<br />
privatamente.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> sostiene con Sant’Ambrogio ed altri Padri della Chiesa che la<br />
Vergine avesse circa 14 anni e che impiegasse almeno tre giorni per giungere dalla<br />
cugina. La data della festa, due luglio, non è verosimile perché se si celebra la natività<br />
di San Giovanni il 24 giugno e dal Vangelo sappiamo che Maria si trattenne<br />
tre mesi con la cugina, prima della nascita del Precursore, la festa della visitazione<br />
dovrebbe cadere intorno al 28 marzo, subito dopo l’Annunciazione, ma a motivo delle<br />
feste pasquali la Chiesa la sposta a questa data.<br />
L’argomento del Sermoncino è di carattere morale e mira a preparare l’animo degli<br />
ascoltatori alle dolcissime visite di Maria SS.ma. La condizione più importante è la<br />
vera umiltà di cuore, cioè fondata sulla propria pochezza e piena di opere buone per<br />
far piacere a Dio e all’Immacolata sua Madre. Questo è l’esempio che ci hanno lasciato<br />
la stessa Vergine Santa, Santa Elisabetta ed altri.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 249-256 (37-44).<br />
Argomento<br />
Il reputarsi indegno di ricevere le dolcissime Visite di Maria SS.ma<br />
e nel tempo stesso far quel che si deve per ottenerle,<br />
è il gran segreto per sicuramente riceverle<br />
Ave Maria<br />
In questa sera sì, R(iveriti) U(ditori), che sarà pur gentile e curiosa! Voi qui<br />
adunati, mi persuado, con gran desiderio di sentirmi favellar sopra la SS.ma<br />
Visitazione di Nostra Immacolata Signora, fatta a Santa Elisabetta, nella cui<br />
Vigilia già siamo, sull’aspettativa starete di udir forse da me cose grandi su<br />
167
del ricorrente sacrosanto Mistero: ed io, che estatico a pien son rimasto dalla<br />
considerazione delle ineffabili Virtù sublimissime e spezialmente dell’Umiltà<br />
e Carità, praticate in questa Visita dalla Gran Madre di Dio, ed ammirate<br />
insino con ben’alto stupore da tutti gli Angeli e Serafini del Cielo; costretto<br />
a venerarle con un profondo silenzio, sono appunto salito su questa Cattedra<br />
al fin di pregarvi a dispensarmi dal farvene in questa sera discorso.<br />
Sintantochè qualche storica notizia bramaste intorno alla antichità di detta<br />
Festa, pure: ve ne darei di buon cuore quella contezza vorreste, col dirvi essere<br />
stata ella istituita nell’anno 1389 dal Sommo Pontefice Urbano VI (a), per<br />
implorare aiuto dalla Madre dell’Unione e Pace, Maria SS.ma, contro lo<br />
Scisma XXVI, che allor regnava ostinato dell’Antipapa Clemente VII<br />
Genevrino contro il legittimo memorato Successor di San Pietro: e per l’effetto<br />
medesimo nell’anno appresso, cioè nel 1390 essersi pubblicata dal<br />
Pontefice Bonifacio IX. Anzi sarei ad assicurarvi di più esser stata solennizzata<br />
tal Festa, anche alcuni secoli innanzi, privatamente da qualche particolare<br />
Adunanza divota; come appunto sin dall’anno 1263, essersi celebrata dai<br />
Francescani, nei loro Annali si legge. Così se vorreste qualche altro istorico<br />
lume, ver. gr., dell’Età che allora avea la Vergine, quando dalla Città di<br />
Nazareth intraprese il lungo e disastroso viaggio per le montagne della<br />
Giudea sino alla città di Giuda, vicino a Gerusalemme, ove Santa Elisabetta<br />
abitava, vi direi, che dovendosi onninamente riggetar come bizzarra la poco<br />
accorta sentenza del Gaetano, cioè che fosse nostra Signora allora di anni<br />
diciannove, oppur ventiquattro di età (b), vi direi, ripeto, che secondo il comune<br />
e più fondato parere dei Sacri Scrittori (c), era allora la Vergine di anni<br />
quattordici non ancor compiti. Insomma, Uditori, qual sarebbe mai quella<br />
notizia da voi bramata, alla dichiarazione di cui non mi soggetterei volentieri<br />
per esser da voi esentato dal favellarvi dell’ineffabil Mistero? Purché per<br />
dispensato mi abbiate, vi esporrò eziandio quel tanto non meno grato, che<br />
ricercato dubbio, cioè se veramente la Visitazione di Nostra Signora avvenne<br />
nel giorno di domani, al 2 di luglio; oppur se in altro dì, perché dimani se ne<br />
solennizzi la Festa? Certo è che al 2 di luglio non potè mai succeder la<br />
(a) Gavant. in Comment. Rubr. Brev. sect. 7, cap. 9, n. 2; Auriem. par. 1, cap. 24.<br />
(b) Caiet. Luc. 1.<br />
(c) Graveson Tomo 1, De Ann. Christ, dissert. 2, fol. 23.<br />
168<br />
Visitazione della Vergine a Santa Elisabetta: perciocché essendo essa avvenuta<br />
dopo l’Annunciazione, come dice il Vangelo (d), la quale successe ai 25 di<br />
marzo, ne viene che l’arrivo di Nostra Signora in casa della sua Cognata e<br />
Cugina pochi dì dopo seguisse, cioè circa lì 28 di marzo. Eccone la ragione.<br />
Partì la Vergine poco dopo essere stata annunziata, come dal Vangelo si cava<br />
e tutti i Santi Padri ci affermano; aggiungendo anzi Origene, Sant’Ambrogio<br />
e San Beda (e), che nello stesso giorno dell’Annunciazione partisse. Il viaggio<br />
veramente fu montuoso ed incomodo e lungo sopra miglie cinquanta, conforme<br />
nota S. <strong>Francesco</strong> di Sales e di circa sessanta, allo scriver dei Viaggiatori<br />
di Terra Santa (f): quindi creder si può, che Nostra Signora, così delicata e<br />
tenera di anni quattordici, facendo anche un tal disastroso viaggio a piedi,<br />
tuttoché frettolosamente andasse, ci mettesse circa tre giorni; onde giungesse<br />
alla Casa della sua Cugina circa al 28 di marzo; come si disse; e non già al 2<br />
di luglio: tanto più che essendo nato San Giovanni al 24 di giugno, se si<br />
ammettesse essere succeduta la Visitazione nel giorno di domani, si direbbe<br />
avvenuta dopo nato il Battista: il che sarebbe eresia, perché contra il Vangelo<br />
(g). Che se dunque la Visitazione accadde circa il 28 di marzo, perché dimani<br />
al 2 di luglio vien celebrata? Vi dirò. La Santa Chiesa l’ha trasferita al giorno<br />
di domani, sì perché negli ultimi giorni di marzo sta per lo più occupata<br />
nella rimembranza dolorosa della Passione di Gesù Signor Nostro (h); e sì<br />
ancora perché nel giorno di domani finì la Visita della Vergine partendo dalla<br />
sua Cognata per far ritorno a Nazareth, come nota l’Azorio (i). Ne volete di<br />
più, Uditori, per esentarmi dal formarvi discorso sopra il suddetto Mistero<br />
della Visitazione? Mi è pur costato un Proemio più lungo di un Panegirico.<br />
Contentatevi adunque: e datemi libertà che io piuttosto in questa sera, per<br />
rapporto del memorato Mistero, una Proposizione morale vi additi e succintamente<br />
vi esponga, cioè che il riputarsi indegno di ricever le dolcissime Visite di<br />
Maria SS.ma e nel tempo stesso far quel che si deve per ottenerle, è il gran segreto per<br />
sicuramente riceverle. Volete vederlo? Attendete.<br />
(d) Luc. 1.<br />
(e) Carthagena, hom. 1.<br />
(f) P. Ant. de Hadria. in Medit. de vit. Christ.<br />
(g) Luc. 1.<br />
(h) Viglieg., par. 2, Flos. SS.; 2 jul.<br />
(i) Azor. p. 2, lib. 2, c. 23, q. 2.<br />
169
1. Sono le Visite di Nostra Immacolata Signora così dolci benefiche e doviziose<br />
di mille grazie e favori (come le sperimentò appunto nel ricorrente<br />
Mistero tutta la casa fortunatissima di Zaccaria), che non vi ha al<br />
certo Anima Cristiana al Mondo, la quale estremamente non le desideri<br />
e caldamente non le dimandi. Eppure, tuttoché Maria SS.ma di sua<br />
benigna Natura sia assai più pronta a dare, di quel che a chiedere noi<br />
siamo; eppure, ripiglio, il veder tutto giorno, che non tutti delle sue<br />
dolcissime Visite sono partecipi, voglio dir, delle sue straordinarie illustrazioni<br />
e grazie, dei suoi favori speziali, del suo tenero amore; da altro,<br />
penso, non derivar loro tal disgrazia, se non dal non servirsi essi di quel<br />
gran segreto, da me divisato, cioè di riputarsi indegni di riceverle e far<br />
nel tempo stesso quel che si deve per ottenerle.<br />
2. Questo è un segreto, Uditori, così efficace ed isperimentato, e così fondato<br />
su di valide e convincenti ragioni, che temere non può di non riceverne<br />
sicuro l’ottimo effetto chiunque a servirsene porge pronto la<br />
mano. Osservate se io punto mi allontani dal vero. Egli è un decreto già<br />
uscito dalla Sapienza Divina negar voi non lo potete che le Celesti finezze,<br />
le esaltazioni, i favori, le grazie non si dispensano all’Uomo per altro<br />
canale, che per quello dell’Umiltà vera di cuore: Qui se humiliat exaltabitur<br />
(k). Deus Superbis resistit, humilibus autem dat gratiam (l) 74 . Questo<br />
decreto, voi pur lo sapete, dalla Madre della Sapienza Divina che fu<br />
ancor sottoscritto: avendo pur essa detto, Dispersit superbos ... et exaltavit<br />
Humiles (m). Or questa Umiltà pertanto, che è la sola apportatrice delle<br />
sovrane celesti dolcissime visite al nostro Cuore, affin sia tale, aver deve<br />
necessariamente due inseparabili qualità, cioè che sia di cuore e vera.<br />
3. L’Umiltà è allora di cuore, quando rientra e s’interna nella propria viltà,<br />
reputandosi affatto indegna di esser onorata con visite, arricchita di grazie,<br />
decorata con celesti favori. Allora poi è vera, quando è operativa,<br />
(k) Luc. 18, 14.<br />
(l) Jhac. 4, 6.<br />
74 Chi si umilia sarà esaltato. Dio resiste ai superbi, ma dà la grazia agli umili… Disperse i<br />
superbi ed esaltò gli umili.<br />
(m) Luc. 1.<br />
170<br />
cioè che nonostante il riputarsi indegnissima, pure fa ed opera nel<br />
tempo stesso tutto il Bene che può e che deve per dar gusto a Dio ed<br />
all’Immacolata sua Madre. Alto, Uditori. Se adunque l’Umiltà vera di<br />
cuore è quella, che ruba il cuore alla Vergine ed ottien da Lei le più care<br />
visite delle sue amorose finezze: datemi un Umile vero di cuore, cioè<br />
che si reputi indegno e che operi nel tempo stesso; e poi negatemi, se<br />
potete, non aver esso il grande segreto per esser sicuramente visitato da<br />
Nostra Signora.<br />
4. Ma io voglio ancora provarvelo con un’altra forte ragione, tanto mi<br />
trovo impegnato per la verità del mio Assunto. Il riputarsi indegno di<br />
ricever le visite dolcissime di Maria e nel tempo medesimo far quello<br />
che si deve per ottenerle, è il gran segreto per sicuramente riceverle;<br />
appunto perché chi così si porta, si fa imitator fortunato del mondo,<br />
come si portò la Vergine per esser visitata dal Cielo; ed in conseguenza<br />
la sprona a rimirarlo con occhi benigni, vedendolo fatto a sè alquanto<br />
conforme; ed a visitarlo da vicino con le sue amorose finezze; come dice<br />
Bernardo, Prope est Virgo invocantibus se praesertim iis, quos videt conformes<br />
sibi factos in humilitate (n) 75 . Or notate, come si portò Maria. Era ella<br />
sulla fine del quattordicesimo anno, quando un dì in altissima contemplazione<br />
assorta, ammirando trovavasi su quel Passo del Profeta Isaia,<br />
Ecce Virgo concipiet et pariet 76 , chi mai esser dovea tra la Real Discendenza<br />
di Davide quella Vergine, la quale tanta singolarissima sorte godrebbe<br />
di concepir nel suo casto Ventre, per virtù sola Divina, il venturo<br />
Messia, Figlio di Dio. Guardi, che Nostra Signora in contemplando tal<br />
passo, volgesse mai il pensiero sopra di sé, talché credesse ella poter’essere<br />
quella. Si riputava anzi tanto indegna, che andava esclamando (o),<br />
esser’ella fortunatissima se avesse potuto servire in qualche modo la<br />
venturata Madre del Salvatore promesso e baciar quel Terreno da Lei<br />
(n) S. Bern. Ser. sup. Salv. Reg.<br />
75 La Vergine è vicina a coloro che la invocano, specialmente a quelli che vede essere divenuti<br />
conformi a sé nell’umiltà.<br />
76 Ecco la Vergine concepirà e partorirà.<br />
(o) In Vita B.M.V., vide Vigliegas, aliosque Scriptores.<br />
171
calpestato. Ecco l’eroica profondissima Umiltà di cuore di Nostra<br />
Signora. Osservatene l’Umiltà vera. Tuttoché indegna riputavasi di<br />
tanta sorte, non cessava però di esercitarsi del continuo in virtù sublimissime<br />
e andar crescendo ad ogni istante nella più alta perfezione, che<br />
trovar mai si potesse tra tutte le pure Creature qua in Terra: non già<br />
affine di meritar la Maternità Divina, perché questa neppur le cadeva in<br />
pensiero, tanto si stimava vile; ma affin di dar sempre più gusto a Dio,<br />
così degno di esser’amato e servito. Così appunto si portava la Vergine;<br />
quando ecco nel mentre sì indegna si credeva di esser Madre di Dio e sì<br />
perfettamente operava nel tempo stesso; ecco, all’improvviso la visita<br />
l’Angelo, le annunzia esser ella la Vergine alla Divina Maternità destinata;<br />
e tale alla fine diviene. O prodigi dell’Umiltà vera di cuore! A noi<br />
Uditori. Chi così adunque si porta, ad imitazion di Maria per rapporto<br />
de’ favori del Cielo, come possibile non esser da Lei visitato e favorito,<br />
se suo fedele Seguace lo vede? Lo disse pur Sant’Ambrogio (p),<br />
Quicumque sibi Mariae optat praemium, imitetur exemplum 77 . Che è quanto<br />
a dire, l’imitar Maria SS.ma, lo stesso è che impegnarla a dar singolari<br />
premi e favori.<br />
5. Testimonia esser ce ne può la medesima Santa Elisabetta le cui fortune sin<br />
da oggi ricorrono. Che essa umile vera di cuore già fosse, indegna si riputasse<br />
dei doni celesti e nel tempo medesimo operasse molto perfettamente,<br />
non vi può esser punto di dubbio, descrivendocela il Vangelo per una gran<br />
Santa. E buon per Lei, che sì gran segreto ebbe per esser sicuramente favorita<br />
da Nostra Signora, quando meno lo pensava. Le giunge improvvisa la<br />
Vergine: la osserva Elisabetta e reputandosi indegna di riceverla, grida,<br />
esclama, “E dove mai ho io meritata tanta fortuna di essere visitata dalla<br />
Madre del mio Dio e Signore?”. Unde hoc mihi, ut Mater Domini mei veniat<br />
ad me (q) 78 ? Ma vieppiù meritando con questo la benevolenza della Gran<br />
Vergine, questa la ricolmò di mille benedizioni Celesti. Tanto dunque è<br />
(p) S. Ambr., lib. 2, De Virg.<br />
77 Chiunque desidera per sé un premio di Maria, ne imiti l’esempio.<br />
(q) Luc. 1.<br />
78 Donde viene a me questo, che la Madre del mio Signore venga a me? (r) Auriem. par. 1, cap. 25 in fin.<br />
172<br />
fuor di ogni dubbio, Uditori, che il riputarsi indegno di ricever le dolcissime<br />
Visite di Maria e, nel tempo stesso, far quel che si deve per ottenerle,<br />
è il gran segreto per sicuramente riceverle.<br />
6. E con tal mezzo appunto le ricevette ancora (e finisco) il B. Cedonio<br />
Servita, che essendo nato nel giorno di domani, fu egli poi divotissimo<br />
della Visitazion di Maria. Con umiltà vera di cuore si credeva indegno<br />
di esser favorito dalla Vergine; ma non cessava nel mentre stesso di fare<br />
in onor della Vergine quanto bene poteva. Tanto bastò per le sue fortune.<br />
Poiché Maria SS.ma si impegnò talmente in visitarlo di continuo<br />
con i suoi Favori, che appunto nella Festa della Visitazione si aprivan a<br />
pro di Lui gli erari tutti del Paradiso. Ed in più chiaro contrassegno,<br />
essendo egli nato alla vita e rinato alla Grazia nel Giorno della<br />
Visitazione; nella festa ancor della Visitazione volle Nostra Signora che<br />
nell’Ordine dei Servi suoi si facesse Religioso; nel dì della Visitazione<br />
che professasse; e celebrasse la prima Messa; e per finirla, nel Giorno<br />
della Visitazione dell’anno 1526, tra le amorose di Lei Braccia morisse<br />
(r) per dargli eternamente quel premio agli Umili veri di cuore infallantemente<br />
preparato e promesso.<br />
7. Se noi dunque, Uditori, tali amorose visite bramiamo di Nostra<br />
Signora, ne abbiamo già il gran segreto; che or per chiusa ripeto, cioè il<br />
reputarci indegni di esser da Lei favoriti e far nel tempo stesso quanto<br />
possiamo per darle gusto ed onore.<br />
173
SERMONCINO VENTESIMO PRIMO<br />
Recitato Sabato 8 Luglio 1752<br />
In otto punti l’Autore sviluppa l’argomento di quanto sia utile frequentare le<br />
Chiese dedicate a nostra Immacolata Signora. I suoi ascoltatori che già praticano ogni<br />
sabato questa devozione non ne avrebbero bisogno, ma egli li invita a farlo anche “ogni<br />
giorno, visitando questa o qualche altra Chiesa o cappella di nostra Immacolata<br />
Signora”. Questo perché la Chiesa è come un tesoro aperto di grazie che Dio ci dona<br />
attraverso Maria.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp.127-133.<br />
Argomento<br />
Chi vuol grazie dalla Vergine ricorra a Lei<br />
con fiducia e con perseveranza nelle sue Chiese<br />
Ave Maria<br />
La vostra, dirò così, diligente pietà, con la quale vi portate ogni Sabato a sera<br />
in questa Chiesa, dedicata alle glorie di Nostra Immacolata Signora, ad udir<br />
le sue Lodi, pare che dispensar mi dovesse dal raccomandarvi, Uditori, il frequentar<br />
divotamente le visite delle Chiese alla Regina del Cielo consacrate.<br />
Ma pure, essendo tanta la premura, che ho dell’onor della Vergine ed ancor<br />
de’ vostri vantaggi, esentarmi non posso, non già per offuscar punto la singolare<br />
pietà vostra, ma per aumentarla piuttosto; dispensarmi, dico, non<br />
voglio dal premurosamente esortarvi il frequentar, non solo ogni Sabato, ma<br />
ogni giorno le Visite o a questa, o a qualche altra Chiesa o Cappella di Nostra<br />
Immacolata Signora. Eccone il forte motivo. Perché so, che il visitar devotamente<br />
le Chiese dedicate alla Vergine, è un valido mezzo per ottenere da Lei molte<br />
Grazie. Volete ben saperlo anche voi? Onoratemi con la vostra attenzione; e<br />
soddisfatti sarete.<br />
1. Il grande, misericordiosissimo Iddio, benché in ogni luogo, ed in ciascuna<br />
parte del Mondo faccia continuamente provare a noi miseri Mortali<br />
gli effetti della sua Benignità infinita e Beneficenza; pure è certo,<br />
Uditori Riveriti, che avendosi egli scelti certi particolari Luoghi per<br />
Case e Troni della sua Maestà Divina, destinati al suo culto, che noi e<br />
174<br />
Chiese e Templi sacri chiamiamo; quivi perciò più che altrove si degna<br />
egli glorificarsi col ricolmarci a larga mano di benefizi: conforme si protesta<br />
egli medesimo, Domum maiestatis meae glorificabo (a) 79 . Quindi ogni<br />
nostra Chiesa, ogni sacro Tempio, non vi ha dubbio, può chiamarsi un<br />
Tesoro aperto ed un Banco Celeste, in cui si dispensano gratis le Grazie<br />
e Misericordie Divine a chiunque vi concorre divotamente a dimandarle<br />
e riceverle: come ce lo contesta il Reale Profeta, Suscepimus, Deus,<br />
Misericordiam tuam in medio Templi tui (b) 80 .<br />
2. Lo stesso, dite voi, aver Iddio saggiamente disposto per riguardo<br />
all’Immacolata sua Madre. Questa, tuttoché in ogni luogo, ed in ciascuna<br />
parte del Mondo eserciti continuamente l’uffizio, commessole<br />
da Dio, di graziosa Dispensatrice delle Grazie Celesti; tantochè non vi<br />
sia parte in tutta la vastissima mole dell’Universo, che da Lei rimasta<br />
non sia beneficata e tutt’ora non venga; come egregiamente San<br />
Bernardo lo disse (c): pure nelle Chiese o Cappelle a Lei dedicate, ella<br />
si è sempre mostrata in modo particolare graziosa e benefica: quivi ha<br />
sempre con più di liberalità tenuti aperti gli erari de’ suoi singolari<br />
favori: quivi, insomma, come da un sontuoso Trono ha data la nostra<br />
eccelsa Regina pubblica udienza a tutti coloro che ad esporre i propri<br />
bisogni accorsi vi sono. Onde può dirsi con verità, che il visitar divotamente<br />
le sue Chiese o Cappelle sia un valido mezzo per ottener da<br />
Lei molte Grazie.<br />
3. Che se di ciò qualche altra ragione gustar ne vorreste; basta che voi,<br />
cari U(ditori), riflettiate per un verso esser nelle sue Chiese la Vergine<br />
con più particolarità riverita ed onorata dai suoi divoti, che in altri<br />
Luoghi; e da un altro canto, i Divoti ancora esser maggiormente disposti<br />
a ricever le Grazie, perché nelle Chiese più raccolti, più compunti,<br />
(a) Isai. 60, 7.<br />
79 Glorificherò la casa della mia maestà.<br />
(b) Psal. 47, 10.<br />
80 Abbiamo ottenuto, Dio, la tua misericordia in mezzo al tuo Tempio.<br />
(c) S. Bern., Ser. De Assumpt.<br />
175
più umiliati si mostrano alla loro eccelsa Signora: talché per l’uno ed<br />
altro verso voi vedete, che il visitar le Chiese di Nostra Signora, ed ivi<br />
divotamente pregarla, lo stesso è che l’impetrar da Lei favorevol<br />
rescritto in tutti i nostri bisogni e potente grazioso soccorso in tutti i<br />
nostri travagli.<br />
4. È così chiara la cosa, che non vi abbisognano ulteriori ragioni per<br />
dimostrarla. Mi vaglio solo pertanto di alcuni esempi, affin maggiormente<br />
infervorati voi ne restiate. Avvenne adunque nell’anno 1601 che<br />
nella Città di Messina un divoto giovane studente si trovava; il quale<br />
ogni giorno, finita la Scuola, a visitar si portava la Chiesa della<br />
Madonna, detta colà del Peliero (d). Molte erano le preghiere, che ivi alla<br />
Celeste Signora ogni giorno faceva il buon giovine: due però erano tra<br />
le altre le più ferventi, cioè che la Vergine dalle lingue calunniose e<br />
mordaci lo liberasse e da una morte cattiva. Non andarono invano le<br />
suppliche. Sentite come. Abitava vicino alla Chiesa un certo Uomo,<br />
che poco curante dell’onor suo e della sua famiglia, ne trascurava molto<br />
la buona educazione; talché affrontato ne restò in petto di una sua<br />
figlia sfrontata, ingannata e delusa. Dando il Padre sulle furie a tal<br />
funesto avvenimento e pensando esser sortito l’inganno per opra del<br />
pio studente che ogni giorno si portava alla chiesa vicina; senza punto<br />
riflettere se validi erano i fondamenti di sì strano pensare, se ne corre<br />
dal Giudice, lo accusa per colpevole, ne chiede soddisfazione, ne<br />
dimanda rigorosa giustizia.<br />
5. Avvisatone il buon giovine, non mancarono suoi buoni Amici, che a<br />
fuggire e scansar le prime furie lo consigliarono. Ma egli, che col<br />
testimonio della sua buona coscienza aveva ancora una confidenza ben<br />
grande nella sua Liberatrice Celeste; invece di fuggire, a frequentar<br />
più che mai con premura si pose la sua solita quotidiana visita alla<br />
Chiesa predetta di Nostra Signora; raccomandandone a Lei tutto il<br />
buon esito. Incominciasi intanto con tutto il bollore il Giudizio, si<br />
cercano con calore indizi sufficienti, prove, testimonianze, amminnic-<br />
(d) Auriem. par. 2, cap. 1.<br />
176<br />
coli contro l’accusato studente: ma dopo tanti esami e ricerche non<br />
trovandosi nulla contro di Lui, ne riconosce il Giudice l’innocenza e<br />
come Innocente lo dichiara e lo assolve. Ecco una grazia, riportata<br />
dalla visita divota della Chiesa dedicata a Maria. Sentitene un’altra<br />
più strepitosa.<br />
6. Il Calunniatore vedendo nulla aver profittato contro dell’innocente giovane<br />
con le sue accuse ed istanze, chiamandosi offeso dal Giudice, giura<br />
di farsi da se stesso giustizia, risolve di farne vendetta. Sapeva il crudele<br />
essere solito il pio giovine, portarsi in una cert’ora alla Chiesa; chiama<br />
perciò altri del suo diabolico partito in aiuto, si pone con loro in<br />
agguato ad un certo sito, talché il giovine passando, non avesse potuto<br />
sfuggire una barbara morte. O chi avesse saputo e potuto farne avvisato<br />
il pio studente! Vergine Sacrosanta, voi almeno che il tutto sapete da<br />
Dio ed il tutto potete, deh inviate dal Cielo un Angelo al vostro divoto,<br />
affin salvo si renda: o almeno almeno dispensatelo con interno lume<br />
in tal congiuntura dal portarsi alla Chiesa a voi consacrata! Ma no; la<br />
Vergine nulla far volle di questo: anzi non vi fu mai giorno, in cui il<br />
giovane più si sentisse internamente mosso a portarsi alla solita visita,<br />
quanto che in quel dì, non so se io ora lo dica, per lui fortunato, od infelice.<br />
Trovandosi dunque egli innocente, né sospettar nulla potendo della<br />
mortale congiura, si avvia verso la Chiesa: e giunto nel sito appunto,<br />
ove e dal suo indemoniato rivale e da altri era aspettato, si accorge il<br />
meschino esser già dato nella rete e ne’ lacci. Oimè! Il fuggire non gli<br />
era permesso: il difendersi gli riusciva impossibile. Si ferma alquanto<br />
tutto tremante, pensa che far debba: ma illustrato da un lume superiore,<br />
si riempie di confidenza, di coraggio, d’intrepidezza. Olà, dice a se<br />
stesso, non son’io inviato alla Chiesa della Regina del Cielo? Essa penserà<br />
ad aiutarmi, se vuol che vivo vi giunga: in altro caso, vi sarò almeno<br />
portato morto; e tanto la mia visita adempirò; e data avrò la mia vita<br />
allora per amor della Vergine. Ella vi pensi: nelle sue Mani tutto me<br />
stesso rimetto.<br />
7. Così dunque facendosi cuore, segue il suo cammino. E oh miracolo<br />
portentosissimo! Passa in mezzo dei suoi armati rivali: e questi, divenuti<br />
tutti immobili, come di sasso, appena tanto di vigore si sento-<br />
177
no, quanto possan guardarlo: lo lascian pertanto passare: ed egli,<br />
tutto coraggioso, se ne va alla Chiesa; ivi rende mille Grazie alla sua<br />
potente Liberatrice del Salvocondotto da Lei ricevuto per venire a<br />
visitarla nella di Lei Casa; e ne rinnova le più forti promesse di sua<br />
fedel servitù e costante divozione. Intanto, toccati anche nel cuore i<br />
suoi rivali, si portano tutti compunti a trovarlo; ed ivi nella Chiesa di<br />
Nostra Signora depongono gli odi, si pentono degli eccessi, risolvono<br />
l’emenda; e sperimentano e confessano tutti ad una voce, che il<br />
visitar devotamente le Chiese di Maria è un valido mezzo per ottenere da Lei<br />
molte Grazie.<br />
8. Così pur lo confessarono tanti altri (dei quali forse altra volta sarò a<br />
favellarvene), che sperimentarono le Visite divote fatte alle Chiese di<br />
Nostra Signora aver loro fruttati mille beni sì nell’Anima, che nel<br />
Corpo. E lo confesseremo e sperimenteremo ancor noi se con tutta divozione<br />
ci appiglieremo a tal mezzo.<br />
178<br />
SERMONCINO VENTESIMO SECONDO<br />
Recitato Sabato 15 Luglio 1752,<br />
ricorrendo la Vigilia della Madonna del Carmine<br />
L’Argomento del Sermoncino, sviluppato in cinque punti, trae spunto dalla circostanza<br />
della festa liturgica di nostra Signora del Carmine.<br />
I Carmelitani riconoscono la loro origine dai due gran Profeti dell’Antico<br />
Testamento Elia ed Eliseo che abitarono nel Monte Carmelo in Palestina.<br />
L’origine dello scapolare o pazienza risale all’anno 1240 circa, quando nostra<br />
Signora apparve al beato Simone Stoch Inglese, generale dell’Ordine Carmelitano e gli<br />
diede lo scapolare, come livrea e contrassegno della sua divisa. Da allora i<br />
Carmelitani sempre più infervorati nella devozione e nel servizio di Maria, vedendosi<br />
da Lei tanto protetti, cominciarono a dilatare le sue glorie per mezzo del sacro scapolaretto<br />
o sia Abitino, che fu intitolato del Carmine, la cui devozione fu approvata<br />
nel 1673 da papa Clemente X con concessione di moltissime indulgenze.<br />
Come i sovrani riconoscono e proteggono i sudditi che indossano la loro livrea, così<br />
la Vergine del Carmelo protegge in vita e dopo morte i devoti che indossano il suo scapolaretto<br />
o Abitino.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 261-267 (48-54).<br />
Argomento<br />
L’essere ascritti al sacro Abitino del Carmine<br />
ed il portarlo con divozione impegna Maria SS.ma<br />
a proteggerci singolarmente in questa vita e nell’altra<br />
Ave Maria<br />
Eccoci, Uditori, alla vigilia della Festa di Nostra Signora del Carmine. E voi<br />
che qui ad udirmi in questa sera siete concorsi, ne aspettate senz’altro, mi persuado,<br />
qualche notizia e racconto. Ma siccome favellarsi non può di Nostra<br />
Signora sotto questo titolo glorioso del Carmine, senza toccar le glorie di tutto<br />
il sacro Ordine Carmelitano; io perciò per servirvi e dell’una e dell’altro succintamente<br />
mi porrò a favellarvi. I Carmelitani adunque, uditene la storia,<br />
riconoscono la loro origine da due gran Profeti dell’Antico Testamento, Elia ed<br />
Eliseo, che abitarono nel Monte Carmelo in Palestina; e come i loro discendenti<br />
furono nominati Carmelitani. Questa loro sì antica e gloriosa origine, tuttoché<br />
sia stata non poco combattuta da vari Critici; nulladimeno chiara ed<br />
179
indubbia rimane dagli attestati dei Sommi Pontefici Sisto IV, San Pio V e Sisto<br />
V (a); ed anche dalla relazione che Santa Chiesa ce ne dà nel Breviario. Potrei<br />
qui rammentarvi in comprova quei validi autentici monumenti, che ne registrarono<br />
Tritemio, il Mireo, il Lezana e tra molti altri con più di accuratezza<br />
Filippo della SS.ma Trinità, nelle loro opere. Ma siccome una semplice relazione<br />
della Chiesa ha sopra tutti autorità maggiore perciò su di questa fondato, io<br />
risò da Lei (b) essere stati i Romiti del Monte Carmelo (così allora si chiamavano)<br />
o sieno i Carmelitani, discendenti di Elia, quei che alla predicazion del<br />
Santo Vangelo fatta dagli Apostoli, dopo la Pentecoste, in Palestina, tosto si<br />
arresero; e si fecero Cristiani; quei che ebbero la sorte di trattar famigliarmente<br />
Maria SS.ma e sentir dalla divina Bocca di Lei vari Documenti Celesti; quei,<br />
che sortiron la fortuna di esser posti sotto la sua protezione, di dedicarsi al suo<br />
servizio, sin con erigerle una chiesolina nel Monte Carmelo, onde il titolo<br />
ottennero di Romiti o fratelli di Santa Maria del Monte Carmelo. Che se ne bramate<br />
altra notizia, risappiamo ancora di certo, che in quei primi secoli della<br />
Cristianità ed in altri appresso, fiorirono nella Palestina ed in altre parti della<br />
Siria e dell’Egitto moltissimi Carmelitani, celebri in Santità e Dottrina; come<br />
i due Santi Cirilli, un Giovanni Patriarca Gerosolimitano e tanti e tanti altri:<br />
tra i quali basti il citarvi il Beato Alberto Patriarca di Gerusalemme, che circa<br />
l’anno 1210 diede ai Carmelitani della Palestina una succinta Regola. La quale<br />
dopo il passaggio, che essi dall’Oriente fecero nel 1220 nel nostro Occidente e<br />
nella nostra Europa, fu confermata dal Sommo Pontefice Onorio III nel 1226,<br />
per avviso datogli in una Visione dalla Vergine stessa: e poi tal Regola fu mitigata<br />
da molti rigori ed accresciuta di nuove costituzioni da Innocenzo IV nel<br />
1248. Circa poi la divisa o sia abito, che i Carmelitani Orientali portavano,<br />
abbiamo noi dagli storici, che essi usavano un Pallio o sia Cappa di panno bianco<br />
rigato di color fosco o sia Terreo; e tale la portarono anche dopo venuti nella<br />
nostra Europa, sino all’anno 1285; nel quale il Pontefice Onorio IV concedette<br />
loro la Cappa tutta bianca e Bonifacio VIII nel 1295 la confermò (c). Bramate<br />
ancora notizia circa il loro Scapolare o sia Pazienza? Essi ne stettero senza sino<br />
all’anno 1240 in circa: ma in tale anno essendo apparsa Nostra Signora al Beato<br />
(a) Graveson, Tomo 5, Hist. Eccl., saec. 23. colloq. 6, pag. 211.<br />
(b) Eccles. in Festo B. V. de Monte Carmelo, 16 Julii.<br />
(c) Graves. loc. cit.<br />
180<br />
Simone Stoch Inglese, Generale allora di tutto l’Ordine Carmelitano, gli diede<br />
di sua mano lo Scapolare, come per contrassegno di sua Livrea e divisa (d). Dal<br />
che i Carmelitani sempre più infervorati nella divozione e servizio di Maria,<br />
vedendosi così a Lei cari e da Lei protetti, si diedero a dilatarne le glorie col<br />
mezzo del sacro Scapolaretto o sia Abitino, che fu intitolato del Carmine, sinché<br />
ne ottennero l’approvazione Apostolica nel 1673 con Breve di Clemente X<br />
e con concessione di moltissime Indulgenze (e). Ond’essi in memoria di tanti<br />
favori ricevuti dalla Regina del Cielo, ed in attestato di gratitudine, ne istituirono<br />
col beneplacito e conferma della Santa Sede una Festa a parte, col titolo<br />
della Madonna del Carmine, nel giorno appunto di domani, 16 del corrente; per<br />
essere stato il giorno nel quale la Vergine diede lo Scapolare o sia Pazienza al<br />
predetto Beato Simone (f). Ed eccovi appagati con una succinta Istoria, mista<br />
tutta di glorie e della Vergine, come singolar Protettrice dei Carmelitani e dei<br />
Carmelitani come figli benaffetti alla Vergine. Che ne caveremo pertanto a<br />
nostro vantaggio? Eccolo: una grande venerazione a sì Santo Istituto e nel<br />
tempo stesso una tenera divozione circa il sacro Abitino del Carmine, a cui<br />
tutti vi suppongo già ascritti. Contentatevi perciò ve ne formi un Assunto.<br />
Uditelo. L’essere ascritti al sacro Abitino del Carmine, ed il portarlo con divozione,<br />
impegna Maria SS.ma a proteggerci singolarmente in questa vita e nell’altra. Volete<br />
vederlo? Attendete: e con poche parole sarò a soddisfarvi.<br />
1. Che la Vergine resti impegnata a protegger singolarmente chiunque è<br />
ascritto al suo sacro Abitino del Carmine e con divozione lo porta, resta<br />
chiaro da una ragione tanto naturale, quanto è quella che ogni Principe<br />
ed ogni Signore impegnato si trova a protegger chi la sua Livrea e divisa<br />
porta con riputazione e decoro. Livrea e divisa appunto della Regina<br />
del Cielo è il Sacro Scapolare o Pazienza del Carmine; perché dato da Lei<br />
al suo diletto Beato Simone, come vi accennai, in contrassegno di distinzione<br />
di tutti quei che sotto il suo glorioso stendardo e servizio arruolati<br />
si fossero. Onde appare qual debba essere il suo impegno in proteggerli<br />
in tutti i loro non meno spirituali che temporali bisogni.<br />
(d) Graves. loc. cit.<br />
(e) Graves. loc. cit.<br />
(f) Diar. Sacr. Marches., die 16 Julii.<br />
181
2. Si aggiunga che la stessa Nostra Immacolata Signora di tal singolare<br />
protezione un indizio manifesto ne diede al predetto Beato Simone,<br />
allorché stendendogli la Pazienza o sia Scapolare, gli disse così, Prendi,o<br />
figlio, questo segno di Amore e di Pace (g). Adunque se contrassegno di pace<br />
e di amore è, per attestato della Vergine, il suo sacro Abitino del<br />
Carmine; beato al certo chi divotamente lo porta; perché può dirsi<br />
godere una moral sicurezza di star con pace con Maria e di esser amato<br />
da Lei; ed in conseguenza di esser da Lei singolarmente protetto.<br />
3. Innumerabili prodigi e miracoli si son sempre mai veduti in comprova<br />
di quanto vi ho sin qui divisato. Uno tra tanti ne scelgo per raccontarvelo;<br />
accaduto in persona di un certo Alfiere di armata, che per<br />
sua buona sorte si trovava ascritto al sacro Abitino del Carmine, ed<br />
indosso non senza gran fede e venerazione il portava (h). Assalito fu<br />
questi un giorno da alcuni suoi Nemici; i quali con armi di fuoco alla<br />
mano, gli minacciarono tosto la morte. Poco divario vi fu tra le<br />
minacce e l’effetto: perciocché dato uno di mano ad un moschetto e<br />
voltatolo verso l’Alfiere tutto impallidito e tremante, senza punto<br />
dargli di tempo, se non quanto invocar poté più col cuor, che con le<br />
labbra, in soccorso la Madonna del Carmine, scaricò verso del petto l’orribile<br />
colpo. Misero Alfiere, direte voi, precipitato con una morte sì<br />
spaventevole e violenta! Piano, Uditori, non precipitate voi nel dar la<br />
sentenza. La Vergine, che ad incarico ed impegno suo aveva di protegger<br />
specialmente chi con divozione portava il sacro Abitino; volle<br />
anche in favor di questo Alfiere mostrarlo. Onde, permise sì che lo<br />
scarico egli lo avesse nel petto; ma non volle che la palla infuocata<br />
ardire avesse di ferirlo: quindi senza recarle minimo danno, cadde,<br />
direm così, tutta umile a terra, ai piedi di Colui, che avrebbe naturalmente<br />
ucciso; affin col vederla, riconoscesse egli stesso maggiormente<br />
il singolar Patrocinio che ha la potente Signora di chi con la Livrea<br />
di Lei sen va vestito. Vi sono degli Autori, che aggiungono, che questo<br />
Alfiere si trovava per sua mala sorte in peccato mortale e che nel-<br />
(g) Marches. in Diar. Sacr. 16 Jul.<br />
(h) Marches. loc. cit.<br />
182<br />
l’atto dello scarico contro Lui minacciato, pregasse la Vergine a non<br />
farlo morire in quel misero stato. Se ciò fosse vero, maggiormente<br />
spiccherebbe il gran Poter della Vergine e la sua special protezione a<br />
riguardo del sacro Abitino; mentre anche sopra chi ne era all’intutto<br />
immeritevole avrebbe per sua sola clemenza mostrato in tal’occasione<br />
l’impegno.<br />
4. Ma non solo Maria SS.ma si è mostrata impegnata in difender gli ascritti<br />
al sacro Abitino in questa vita, ma ancora e maggiormente, nell’altra;<br />
voglio dire in Purgatorio. Perciocché dopo che Nostra Signora disse al<br />
più volte citato Beato Simone queste parole, chi divotamente porterà<br />
quest’Abito, potrà sperare di ottener dal Signore la Vita Eterna (i); è comune<br />
opinione che la Vergine si degni liberar presto dal Purgatorio, chi trovandosi<br />
ascritto al suo sacro Abitino, andato vi fosse: e la Chiesa, facendo<br />
buon passaporto a tal pia credenza, così si esprime, Filios in scapularis<br />
societatem relatos…, dum igne Purgatorii expiantur… in coelestem Patriam<br />
obtentu suo quantocius pie creditur efferre (k) 81 . Onde si crede ciò avvenire<br />
nel primo Sabato.<br />
5. Molti e poi molti sarebbero gli esempi, che al proposito contar qui vi<br />
potrei in conferma; ma per non più abusarmi della vostra sofferenza li<br />
tralascio, rimettendovi ai Libri che trattano di Nostra Signora del<br />
Carmine: bastandomi intanto, che persuasi restiate a vostro profitto di<br />
quanto io vi proposi, cioè che l’essere ascritti al sacro Abitino del Carmine,<br />
ed il portarlo con divozione, impegna Maria SS.ma a proteggerci singolarmente<br />
in questa vita e nell’altra.<br />
(i) Marches. in Diar. Sacr. 16 Jul.<br />
(k) In Festo, 16 Julii.<br />
81 I figli iscritti alla Confraternita dello scapolare… mentre espiano il fuoco del<br />
Purgatorio… si crede piamente che Ella quanto prima per suo intervento conduca nella<br />
Paria celeste.<br />
183
SERMONCINO VENTESIMO TERZO<br />
Recitato Sabato 22 Luglio 1752,<br />
ricorrendo la Festa di Santa Maria Maddalena Penitente<br />
Don <strong>Marcucci</strong> per l’argomento si ispira come altre volte alla festa liturgica che<br />
coniuga in rapporto a Maria. In questo caso, vigilia della festa di santa Maria<br />
Maddalena, si propone di dimostrare il grande amore della santa per la Madre di<br />
Gesù e di additarlo come esempio per noi. Sorvola la questione se la Maddalena 82 fosse<br />
una sola persona, due o tre ed entra subito nell’argomento. Maria Maddalena amò<br />
davvero Maria SS.ma, infatti “tra mille lagrime e dolori la seguì nel Pretorio, nel<br />
Calvario e fin sotto la croce” e rimase immobile con Lei, “abbracciata a quel caro<br />
Tronco su cui la sua cara Vita pendeva”.<br />
Maria Maddalena fu soprattutto molto cara alla Madre di Dio perché ella amò<br />
con tutto il cuore e con tutte le forze Gesù e ciò le meritò il privilegio di poter seguire<br />
Gesù, insieme ai discepoli, durante la sua predicazione.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 22, pp. 111-118.<br />
Argomento<br />
L’Amore che la Maddalena portò a Maria SS.ma<br />
deve essere il modello del nostro Amor verso la Vergine<br />
Ave Maria<br />
Ecco, Riveriti Uditori, il dì gloriosissimo, in cui trionfando la Divina<br />
Misericordia e l’Amore Divino di Santa Maria Maddalena Penitente, dal<br />
deserto di Marsiglia in Francia, dov’ella trasportata stette in una più celeste<br />
che terrena vita per trent’anni continui, come sentono gravi Autori, fu a forza<br />
di soavissimi svenimenti amorosi in mezzo ad un Angelico Coro sciolta dal<br />
Corpo; e da quegli Spiriti beati tra mille cantici e feste portata alla Gloria.<br />
Ragion vuole pertanto, che di sì gran Santa qualche cosa in questa sera io vi<br />
ridica. Non voglio qui però tentar sulle prime di sincerarvi essere stata real-<br />
82 Don <strong>Marcucci</strong> riprenderà successivamente lo studio sulla Maddalena: Cf in BSC 1518,<br />
Dell’unità della Maddalena Controversia. Rediviva ed indi redimorta in Ascoli nel Settembre e<br />
Ottobre del 1764, Ascoli Piceno, Settembre e Ottobre 1764 e in ASC 54, Dell’unità della<br />
Maddalena, controversia rediviva, ed indi redimorta, Ascoli Piceno 6 Ottobre 1764.<br />
184<br />
mente una sola la Maddalena, cioè quella stessa che Sorella fu di Lazzaro e di<br />
Marta; quella medesima che fu peccatrice; e che poi, ferita di amore, tutta<br />
dolente ai Piedi si gettò del Redentore Divino; mentre non vi suppongo tanto<br />
bizzarri, che una sola creder non la vogliate, dopo che una sola essere stata vari<br />
Concili e la stessa Chiesa Romana ci insegnano; e moltissimi Santi Padri ce la<br />
contestano, come un Agostino, un Ambrogio, un Gregorio Papa, un Beda, un<br />
Leone Pontefice e tanti e tanti altri: i quali ci fanno appieno conoscer l’abbaglio<br />
e di Teofilatto che disse tre essere state le Maddalene; e di Origene, del<br />
Crisostomo e di Girolamo, che essere state due sostennero. Stimerei ancora un<br />
perditempo, se io trattener vi volessi con l’esporvi la nobiltà e le ricchezze di<br />
Siro e di Eucaria, Genitori di Lazzaro, di Marta e di Santa Maria Maddalena,<br />
che era la più Giovane; e farvi vedere, come nella divisione tra il fratello e tra<br />
le due sorelle, al primo vennero in sorte vari Poderi, vicini a Gerosolima; a<br />
Marta il feudo della picciola Città di Betania; ed a Maria toccò il Castello di<br />
Maddalo, dal cui Luogo Essa come Signora il cognome ne trasse di Maddalena,<br />
tuttoché per lo più nella Città di Gerusalemme abitasse. Vi parlerei piuttosto<br />
della sua pronta e generosa Penitenza, tosto che i suoi falli conobbe; e di tutti<br />
quei cordialissimi umili atti di pentimento sincero, che in pubblico senza<br />
alcuno umano rispetto ai Piedi dell’amabile Redentore ella fece: vi favellerei<br />
di buon cuore ancora di quella Piacevolezza somma, con la quale il Redentore<br />
la accolse e la trattò mai sempre sino a pigliarne più volte le sue difese, ad<br />
encomiarla e ad ordinare che le singolari virtù di Lei per tutto il Mondo ridette<br />
fossero e palesate (a); e sino a farle goder la di lui Presenza prima di tutti<br />
dopo la sua Risurrezion gloriosa e a destinarla Apostola sua prediletta per<br />
recarle l’avviso agli stessi Discepoli (b). Ma siccome tutto questo non sarebbe<br />
cosa da potersi restringere dentro le angustie di poco tempo, che a me vien<br />
concesso; tutto tralascio: e per ridirvi alcuna cosa di sì gran Santa, vi parlerò<br />
soltanto del singolare Amore suo per rapporto di Nostra Immacolata Signora,<br />
a cui fu tanto familiare ed amica. Eccovene dunque l’Assunto: l’Amore che la<br />
Maddalena portò a Maria SS.ma, deve essere il modello del nostro Amor verso la<br />
Vergine. Favorite ascoltarmi; e lo vedrete.<br />
(a) Matth. 26, 13.<br />
(b) Joan. 20, 17-18.<br />
185
1. Tosto che la Maddalena il suo grave errore conobbe ed ai Piedi adorabili<br />
del Divin Redentore con le lagrime lavò le sue macchie, seguace si<br />
fece della Gran Madre dello stesso suo Divin Maestro. E qui, o come<br />
subito giunse al grado di Amor più perfetto; o quanta intrinsichezza e<br />
familiarità seco lei prese; o quali dolci ferite riceveva nel cuore dalle<br />
parole soavi della Gran Madre di Amore; o quali tenerezze di sacro<br />
purissimo affetto tra loro scambievolmente seguirono! Si degnò Maria<br />
SS.ma di accoglierla con tutta benignità; ed a guisa di sua prediletta<br />
Figlia e Discepola seco lei in sua compagnia la ritenne. Rapita la<br />
Maddalena da tante sovra celesti finezze, facendola da Amante generosa<br />
e sincera di sì gran Signora, a Lei si dedicò tutta di cuore; e come<br />
Serva fedele non la abbandonò giammai. Gran modello egli è questo,<br />
U(ditori), dell’amor che dobbiamo alla Regina del Cielo.<br />
2. Ed oh se trovati ci fossimo a quei fortunatissimi tempi e potuto avessimo<br />
contemplare il Cuor della Vergine tutto dolce ed amorevole verso la<br />
Maddalena, ed il Cuore di questa tutto ferito dell’Amor della Vergine;<br />
grandi scoperte al certo avessimo fatte in materia di Santo perfettissimo<br />
Amore. Che se al dir del Filosofo l’Amor quando è vero ha una tal forza, che<br />
uscir fa un Amante fuori di sé, e tutto estatico viver lo fa con l’affetto, e con<br />
il pensiero più nella Persona che ama che non in se stesso, Extasim facit<br />
amor… quia Anima magis est ubi amat, quàm ubi animat: avremmo ben allor<br />
ravvisata Santa Maria Maddalena tutta estatica fuor di se stessa, abitar con<br />
la mente e con il Cuore nel sacro Cuor della Gran Madre di Dio; quivi fissando<br />
i suoi più seri pensieri; quivi dirigendo i suoi più infuocati sospiri;<br />
quivi depositando i suoi più teneri affetti. O che bella Scuola di Amore.<br />
3. Ma Amanti nunquam satis, dice il Filosofo; sempre a chi ama par poco di<br />
far ciò che faccia; né mai di quel che ha fatto si appaga. Non si contentò<br />
perciò la Maddalena di amar Nostra Signora con un semplice amor<br />
affettivo e tenero; amare ancora la volle con un amore operativo e sodo.<br />
Quindi sua indivisibil Compagna esser volle non tanto tra le consolazioni<br />
o delle Visite del suo Divin Figlio pria che morisse, o della<br />
Ascensione gloriosa di Lui dopo risorto, o della venuta dello Spirito<br />
Santo (nelle cui occasioni sempre con la Vergine stette); ma ancor tra le<br />
pene più dure, tra i dolori più gravi, tra i martiri più atroci. E se<br />
186<br />
l’Amico vero e l’Amor si conosce ne’ travagli e bisogni, chi Amica più<br />
vera e più fedele Amante verso di Maria SS.ma esser potè della<br />
Maddalena, se tra mille lagrime e dolori la seguitò nel Pretorio, nel<br />
Calvario e sin sotto la Croce con lei immobile stette, abbracciata a quel<br />
caro Tronco, su cui la sua cara Vita pendeva. O che bello esemplare del<br />
vero Amore verso la Regina del Cielo!<br />
4. Sebbene non fu già questo il colmo dell’amor della nostra gran Santa<br />
per rapporto della Gran Madre di Dio! Volete udirlo? Attendete.<br />
Non vi ha cosa che più sia grata alla Vergine quanto l’amor che si porta<br />
al caro suo Divin Figlio. Chi questi ama con tutto il cuore e con tutte<br />
le forze, può dir di esser giunto alla perfezione dell’Amore verso Nostra<br />
Signora. Ed essendo così, ceda pure Chiunque alla Maddalena nell’Amor<br />
di Maria, mentre nell’amor di Gesù non solo essa non ebbe chi superar<br />
la potesse, ma starei per dire, che neppur ebbe pari.<br />
5. Lo stesso Redentore Divino, allorché qual cerva di amor ferita, o di<br />
limpide acque sitibonda, venir se la vide tutta dolente, compunta,<br />
amorosa a suoi Piedi Divini, la canonizzò per un’Anima molto amante,<br />
Dilexit multum (c) 83 . Disse di Lei che a forza di amore cancellate avea<br />
tutte le sue Macchie: Remittuntur ei peccata, quoniam dilexit multum 84 :di<br />
Lei sentenziò, che già ascritta era nel numero dei Predestinati e che<br />
pure in pace vivesse (d): Fides tua te salvam fecit: vade in pace 85 . Eppure<br />
si trovava allor la Maddalena sulle prime mosse della sua Conversione<br />
amorosa. Pensate qual fosse il suo Amore, qualor nella via della<br />
Perfezione fortemente si incaminò. Ricavatelo sol da questo che a dir<br />
giunse l’Evangelista Giovanni, cioè che la Maddalena molto amata<br />
veniva da Gesù Signor nostro, Diligebat Jesus Mariam (e) 86 . Quindi egli<br />
(c) Luc. 7, 47.<br />
83 Ha molto amato.<br />
84 Le vengono perdonati i peccati poiché ha molto amato.<br />
(d) Luc. 7, 50.<br />
85 La tua fede ti ha salvato, vai in pace.<br />
(e) Joan. 11, 5.<br />
86 Gesù amava Maria.<br />
187
le permise che insieme con i suoi Discepoli nella sua Predicazione alcune<br />
volte lo seguisse; come ci conta San Luca (f). Non sapeva ella staccarsene<br />
mai con la presenza; come non se ne partiva mai con la memoria.<br />
Osservatelo da un altro fatto.<br />
6. Corsero i Discepoli al Sepolcro per vedere Gesù, dopo che era sepolto<br />
e risorto; ma non trovandocelo, se ne fecero tutti mesti ritorno. Corse<br />
essa amore saucia 87 , come dice la Chiesa; ma se gli altri tornarono, essa<br />
come di tutti più amante, vi stette ferma, immobile, piena di angosce,<br />
di dolori, di spasimi, perché non trovava il suo Bene. Insomma,<br />
amaron Gesù le altre Donne seguaci, lo amaron i Discepoli sì, non<br />
può negarsi: ma che accade? La Maddalena optimam partem elegit(g) 88 ;<br />
giunse all’ottimo, al superlativo grado di amore. Alto, Uditori. E siccome<br />
ella così al sommo amò Gesù; al sommo ancor amò Maria<br />
SS.ma, cui l’Amor verso il Figlio tanto preme e desidera dai suoi veri<br />
Amanti e Divoti.<br />
7. Eccovi pertanto quanto amore portò a Nostra Immacolata Signora<br />
Santa Maria Maddalena. E se l’Amor suo esser deve per noi il modello,<br />
su poniamo all’opra le mani per imitarla. Tanto la stessa Vergine<br />
disse a S. Caterina da Siena. Desiderosa questa un giorno più che mai<br />
di fare gran passi nella strada del Santo Amore, alla Regina del Cielo<br />
ebbe ricorso. Le apparve ella tutta graziosa insieme con Santa Maria<br />
Maddalena Penitente e con brevi sì ma molto pesanti parole le disse,<br />
Caterina, ti assegno Maddalena per Maestra del Divino Amore (h).<br />
Or immaginiamoci, Uditori, che a ciascun di noi così pure dica<br />
Nostra Signora. Onde noi sotto la scorta ed esempio di tanta Maestra<br />
apprendiamo bene una volta, che l’Amor verso la Regina del Cielo<br />
Maria SS.ma consister deve:<br />
(f) Luc. 8, 3.<br />
87 Ferita d’amore.<br />
(g) Luc. 10, 42.<br />
88 La Maddalena ha scelto la parte migliore.<br />
(h) In vita S. Cathar.<br />
188<br />
I. in dedicarsi prontamente e generosamente di cuore al suo Servizio.<br />
II. in esserle fedeli col non abbandonarla giammai.<br />
III. col depositar nel di lei sacro Cuore tutti i nostri pensieri, ed affetti,<br />
col tenerli in continuo esercizio a sua maggior gloria.<br />
IV. Col mostrarle la nostra inviolabile fedeltà, particolarmente in tempo<br />
di tentazioni, angustie e travagli.<br />
V. in amar fortemente e costantemente sopra tutte le cose il suo Divin<br />
Figlio.<br />
8. Sì, sì, cari miei Uditori. Tale esser deve il nostro vero e sincero Amor<br />
verso Maria. Tale ce lo insegnò con la pratica Santa Maria Maddalena<br />
nostra Maestra: giacchè l’amor, che ella portò alla Gran Madre di Dio, esser<br />
deve il modello del nostro Amor verso la Vergine: come io vi diceva.<br />
Ignoto, L’apparizione di Gesù risorto alla Maddalena, olio su tela, sec. XVII, dipinto appartenente<br />
all’antica famiglia <strong>Marcucci</strong>, oggi nel Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />
189
SERMONCINO VENTESIMO QUARTO<br />
Recitato Sabato 29 Luglio 1752<br />
Il sermoncino è sviluppato in otto punti e si propone di dimostrare quanto sia gradita<br />
alla Vergine la devozione del santo Rosario che la impegna a compiere meraviglie<br />
anche in chi solo lo indossa.<br />
La rosa è il simbolo della vaghezza e delle prerogative eccellenti di Maria SS.ma;<br />
dal nome di questo fiore è derivata la devozione del santo Rosario che vuol dire serto<br />
di rose.<br />
Questa devozione fu introdotta nella Chiesa da San Domenico. Un giorno, mentre<br />
pregava con grande fervore pensando come combattere gli eretici Albigesi, gli<br />
apparve Maria SS.ma corteggiata da tre regine, ciascuna delle quali aveva un seguito<br />
di cinquanta verginelle. La prima regina era vestita di bianco e rappresentava i<br />
misteri gaudiosi; la seconda, vestita di rosso e vermiglio, alludeva ai misteri dolorosi<br />
e la terza, con vesti dorate, rappresentava i misteri gloriosi.<br />
Con questa visione Nostra Signora chiese al santo di istituire il Rosario e di propagarlo<br />
per tutto il mondo per impetrare la divina misericordia, abbattere le eresie e<br />
promuovere le virtù cristiane.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> conclude raccomandando anche lui ogni giorno la recita di una<br />
terza parte del santo rosario, di portarlo sempre devotamente e soprattutto di vivere nel<br />
timore di Dio perché ciò impegna Nostra Immacolata Signora a portarci, dopo questo<br />
esilio, alla patria beatissima del Paradiso.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 299-306 (83-90).<br />
Argomento<br />
La divozione del Santo Rosario è così cara alla Vergine<br />
che l’ha impegnata sempre ad oprar maraviglie,<br />
anche in favore di chi solamente lo ha portato indosso<br />
Ave Maria<br />
Cessino pure i favolosi Poeti e quanti mai bizzarri Scrittori il Gentilesimo<br />
ebbe, di tessere encomi alla Regina dei fiori, voglio dire alla Rosa.<br />
Altro essi non fanno che deturparne piuttosto le belle sue qualità, di quel<br />
che illustrarle. La chiamino sì l’onor della Primavera ed aggiungano pure,<br />
che questa tutta la cura amorosa ripone a produrre il bello, il brio e la<br />
maestà della Rosa; come disse quel Greco spiritoso Poeta, Rosa cura<br />
190<br />
amorque veris 89 : la descrivano sì la delizia delle Muse, la vivezza dei colori,<br />
la delicatezza di tutti i profumi, la bellezza dei campi, la gloria dei giardini<br />
per la porpora che la circonda e per l’oro che la incorona; e giungano<br />
persino a chiamarla fiore celeste, diletto dei Mortali e delle Grazie decoro;<br />
conforme Anacreonte la disse, Rosa flos, odorque Divum, Hominumque<br />
voluptas, et decus Gratiarum 90 . Ma che serve? Quando poi la deturpano in<br />
un tratto col decantarla un fiore in modo particolar consagrato e gratissimo<br />
per la soavità e bellezza alla più lasciva di tutte le loro ridicole e<br />
bugiarde Deità, voglio dir Venere (a). Noi sì, qualor a tesser’encomi a sì<br />
vago odorifero fiore invitati pur fossimo, potremo ben onorarlo col descriverlo<br />
Simbolo della vaghezza e delle Prerogative eccellenti di Nostra<br />
Immacolata Signora Maria SS.ma; la quale assimigliar appunto si volle<br />
alla Rosa, allorché di sé disse per bocca del Savio, Ego quasi plantatio rosae<br />
in Jerico (b) 91 : ed un tal fiore ebbe sempre sì caro, che del suo nome e<br />
misterioso significato servir si volle per istituir un mistico serto e corona,<br />
con cui incoronata ella poi venisse da tutto il Cattolico Mondo, e specialmente<br />
da’ suoi Divoti; voglio dir con la divozione del SS.mo Rosario.<br />
Ma se non vi è chi ad encomiar la Rosa c’inviti; vi ha però chi della mistica<br />
corona di Rose, o sia del Santo Rosario, a favellare ci sproni; ed è il risaper<br />
noi di certo quanto sia grato alla Vergine e quanto giovevole a noi.<br />
Contentatevi adunque, R(iveriti) U(ditori), che di questa materia stasera<br />
io succintamente vi parli. Eccovene un Assunto: La Divozione del Santo<br />
Rosario è così cara alla Vergine, che l’ha impegnata sempre ad oprar maraviglie,<br />
anche in favore di chi solamente lo ha portato indosso. Onoratemi con la vostra<br />
attenzione e lo vedrete.<br />
1. Facilissimo riesce a rimaner persuaso di quanto sia cara a Nostra<br />
Immacolata Signora la Divozion del Santo Rosario chiunque il pensier<br />
seriamente rivolge agli alti misteri, con i quali questo mistico Serto di<br />
Rose viene intrecciato e dai quali viene composto. Ivi commemorazio-<br />
89 La rosa premura e amor di primavera.<br />
90 La rosa fiore e profumo degli dei e diletto degli uomini e decoro delle grazie.<br />
(a) Facciolat. Verbo Rosa.<br />
(b) Ecclesiast. 24.<br />
91 Io quasi pianta di rosa in Gerico.<br />
191
ne si fa e si contemplano le opere più sacrosante e Divine che l’amabilissimo<br />
ed amantissimo Dio fece e per glorificare la sua Madre e per salvare<br />
noi tutti. Onde quando altra prova non si adducesse che questa per<br />
dimostrare il Rosario esser molto grato alla Vergine, pur basterebbe per<br />
dimostrarlo tale ad evidenza. Ma io, che in sì vasto mare non ho tempo<br />
di ingolfarmi, né modo; affin di contenermi dentro i limiti di un parlar<br />
breve e succinto, mi riporto ad un’altra ragione.<br />
2. Il Santo Rosario, non vi ha dubbio veruno, fu dalla Vergine stessa istituito,<br />
allorché al Santo Patriarca Domenico essa comparendo in Ispagna,<br />
lo istruì del modo di recitarlo insieme e propagarlo. E checché in contrario<br />
ne dican con le loro bugiarde e sacrileghe lingue gli eretici; noi e<br />
da varie Bolle dei Sommi Pontefici e dall’universale consenso della<br />
Cattolica Chiesa per tanti secoli avuto, e da una infinità di stupendi<br />
Miracoli, ne siam più che certi della verità della cosa e persuasi. Uditene<br />
pertanto il modo, come la Istituzione ne avvenne; ed al Pontefice San<br />
Pio V, ed al Beato Alano, ambedue figli del suddetto gran Patriarca,<br />
abbiatene del racconto tutta la fede (c). Pregava un dì San Domenico più<br />
che mai con fervore per li bisogni di Santa Chiesa, vessata allora dagli<br />
eretici Albigesi e dal libertinaggio. Ecco all’improvviso apparire si vede<br />
tutta gloriosa l’Imperatrice del Cielo Maria SS.ma, corteggiata da tre<br />
Regine; ciascuna delle quali avea di seguito cinquanta Verginelle. La<br />
prima Regina era con tutto il suo seguito vestita di bianco, rappresentante<br />
i gaudiosi Misteri; la seconda di color rosso e vermiglio, allusivo ai<br />
dolorosi; la terza vestita era con tutta la sua Schiera con vesti dorate, allusive<br />
ai gloriosi Misteri. Indi accostandosi Nostra Signora al Santo, tutta<br />
graziosa e premurosa insieme, gli dice, Rosarium institue 92 . Hai veduto,<br />
mio diletto Domenico, ne hai scoperto il significato? Questo è un bel<br />
modo di orare, che mi incorona di mistiche Rose e perciò Rosario lo<br />
chiamo; e tu va, istituisci questo Rosario, predicalo, propagalo per tutto<br />
il Mondo: Rosarium institue.<br />
(c) Odesc., disc. 12; Auriem. p. I, cap. 7.<br />
92 Istituisci il rosario.<br />
192<br />
3. Or come dunque, Uditori, non esser gratissima alla Vergine la<br />
Divozion, del Santo Rosario, se essa medesima sì premurosa Istitutrice<br />
ne fu e con tanto zelo la propagazione ne ordinò? Argomentatelo ora voi<br />
stessi, giacché al vostro retto e divoto discernimento mi appello.<br />
Sebbene non vo(glio) che molto vi affatichiate neppure in questo.<br />
Lo attesti essa stessa Nostra Immacolata Signora e di sua propria bocca<br />
lo dica. Di fatto, qualora al Santo Patriarca la riferita Istituzione del<br />
Rosario impose con quel Rosarium institue; immediatamente seguì a dirgli,<br />
Hoc genus orandi est Filio meo, mihique gratissimum 93 : questo modo di<br />
orare, o Domenico, io ti assicuro, che molto grato al mio Divin Figlio,<br />
ed a me certamente riesce. Ne bramate, Uditori, pruova maggiore di<br />
questa? Io darvela non oserei al certo, se la Vergine medesima data non<br />
ce l’avesse. Udite e stupite.<br />
4. Qual comprova più grande può darsi, di grazia, per far vedere esserci<br />
molto cara una cosa, se non mostrarsi sempre impegnati con tutto lo<br />
sforzo a sostenerla. La ragion naturale stessa ci spronerebbe allora purtroppo<br />
a crederla ben radicata nel nostro cuore. Or tale comprova<br />
appunto ne diede Maria SS.ma per rapporto del Santo Rosario. Essa si<br />
impegnò così fortemente col Santo Patriarca, che avrebbe in pro di tal<br />
divozione oprate tante e tali maraviglie; che giunse a dirgli, che ciascuno<br />
avrebbe confessato e veduto, che la divozion del Santo Rosario sarebbe<br />
stata l’unico, per dir così, e grande soccorso della Chiesa, il mezzo<br />
efficace per implorar la Divina Misericordia sopra di tutto il Mondo,<br />
per abbatter le eresie, per estinguere i vizi e per promover le Cristiane<br />
virtudi: Hoc erit unicum ad evertendas haereses, ecco le sue proprie parole,<br />
vitia extinguenda, virtutes promovendas, et Misericordiam Dei implorandam,<br />
magnum in Ecclesia praesidium 94 . Or vedete voi, se quanto il Santo Rosario<br />
le è caro.<br />
93 Questo genere di preghiera è molto grato a mio Figlio e a me.<br />
94 Questo sarà l’unico grande presidio nella Chiesa per distruggere le eresie, estinguere i<br />
vizi, promuovere le virtù e implorare la misericordia di Dio.<br />
193
5. Chi può spiegare pertanto gli effetti continui di tal maraviglie dalla<br />
Gran Vergine oprate ed i frequenti strepitosi miracoli; tutti chiari<br />
testimoni dell’amor suo incomparabile e del suo fortissimo impegno<br />
in pro del Santo Rosario? Io non vo(glio) qui neppur toccarvi di passaggio<br />
quel che Nostra Signora ha fatto per protegger chi divotamente<br />
lo recitava: ma solo di quel che ha fatto in favore di chi solamente<br />
lo ha portato indosso: affin argomentar voi possiate che sperar<br />
possa chi divotamente lo reciti. Serva un sol fatto per mille; e<br />
finisco.<br />
6. Nel Regno del Cile, nelle Indie Orientali, una Donna Cristiana vi fu<br />
che stando al servizio di una divota Signora, era anche la Pietra sua di<br />
paragone, come suol dirsi; tante erano le stravaganze e le libertà con<br />
le quali, ad onta degli avvisi continui della sofferente Signora, viveva.<br />
Avvenne, che dopo una vita così rilasciata e dopo molti anni di confessioni<br />
e comunioni sacrileghe che fece, cadde la misera sfortunata<br />
donna gravemente inferma a morte (d). Il parlarle solo di ben confessarsi<br />
in quel punto, era per Lei un linguaggio non solo sconosciuto,<br />
ma irritante a mille atti di disperazione esecranda. Si aiutò quanto<br />
poté la buona sua Signora a persuaderla; ma vedendo vano ed infruttuoso<br />
ogni discorso, la abbandonò. Ed eccoti all’improvviso, comparire<br />
all’Inferma, molti spaventosi demoni, tutti in atto di soffocarla e di<br />
rapirla seco loro all’Inferno. Dà la misera in altissime grida: vi accorre<br />
la Padrona; e trovandosi anch’essa mezzo smarrita, dà di piglio al<br />
Santo Rosario e frettolosamente all’inferma indosso lo pone. O prodigi<br />
del SS.mo Rosario! Fuggono tosto i demoni tutti rabbiosi e spaventati.<br />
Scende dal Cielo un raggio di luce su della disperata<br />
Agonizzante; ed illuminandole prima l’Intelletto la riscuote dalla sua<br />
mortal cecità; indi toccandole il cuore, la compunge, le spreme dagli<br />
occhi un profluvio di lagrime di pentimento e dolore. Grida perciò la<br />
ravveduta Inferma, Confessione! Vi accorre tosto un buon Confessore.<br />
Si confessa da lui interamente con molta contrizione. Indi baciando e<br />
ribaciando quel Santo Rosario, che era stato il mezzo della sua Vita e<br />
(d) Auriem. par. I, cap. 7.<br />
194<br />
della sua salute; e dando mille benedizioni alla Regina del Cielo, che<br />
per mezzo del Santo Rosario così si era impegnata a favor suo; lasciò,<br />
morendo, una fondata speranza di sua eterna salvezza. Tanto è vero,<br />
Uditori, che la divozione del Santo Rosario è così cara alla Vergine, che l’ha<br />
impegnata sempre ad oprar maraviglie, anche in favore di chi solamente lo ha<br />
indosso portato.<br />
7. Apprendiamo noi dunque di appigliarci con tutto fervore alla divozione<br />
del Santo Rosario; non solo col portarlo sempre divotamente, ma<br />
ancor con divotamente recitarne la terza parte ogni giorno: e quel che è<br />
più con accoppiar una vita molto timorata, affin questa divozione riesca<br />
sempre per noi valevole ed efficace; ed impegni maggiormente la<br />
Nostra Immacolata Signora ad oprar quella singolar maraviglia di portarci,<br />
dopo questo misero esilio, alla Patria beatissima del Paradiso.<br />
Amen.<br />
195
SERMONCINO VENTESIMO QUINTO<br />
Recitato Sabato 5 Agosto 1752,<br />
ricorrendo la Festa del nostro gloriosissimo Protettore<br />
e primo Vescovo e Martire Sant’Emidio.<br />
Ancora una volta la devozione del sabato mariano si incontra con una importante<br />
festa liturgica di cui la sensibilità di don <strong>Marcucci</strong> non può non tenere conto.<br />
Questa volta la coincidenza è con l’amato e gloriosissimo Patrono Sant’Emidio, martirizzato<br />
nel 309, all’età di 30 anni nella città di Ascoli.<br />
Fra i numerosi pregi che il Santo Patrono ha avuto, l’oratore del Sermoncino considera<br />
il grande ossequio che egli professò alla Nostra Immacolata Signora.<br />
Affronta l’argomento in sette punti.<br />
Sant’Emidio venne da Treveri in Italia per predicare il Vangelo e, come i primi<br />
apostoli, si pose sotto la protezione di Maria e pose Ascoli e tutti i suoi cittadini sotto<br />
la sua tutela. Fu questa “la sorgente di tutte le nostre fortune”, anzitutto della<br />
costanza nella fede in tanti secoli di storia e il riconoscimento di tutto il vescovado<br />
Ascolano di essere sotto la tutela di Santa Maria Maggiore e di Sant’Emidio.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 22, pp. 271-279.<br />
Argomento<br />
L’averci posti il nostro gran Padre e Protettor Sant’Emidio,<br />
tosto dopo il suo arrivo, sotto la Protezione e Tutela di Maria SS.ma,<br />
fu la gloria del suo Apostolato e la sorgente di tutte le nostre fortune<br />
Tra tante pompose feste ed acclamazioni di giubilo e di gioia, nelle quali doverosamente<br />
ritrovasi oggi questa nostra fortunata Città di Ascoli per la solenne<br />
ricorrenza della gloriosa preziosissima Morte, che il nostro primo Vescovo e<br />
Martire e principal Protettor Sant’Emidio in Giorno di Giovedì sostenne nel trentesimo<br />
anno dell’età sua e nel 309 del Nascimento del Salvadore; è ancora dovere,<br />
Riveriti Uditori, che noi pure in questa sera ne diamo qui a parte contrassegni<br />
di tenerezza, col ridir alcune cose in lode di sì gran Santo; a cui della vera<br />
Fede, delle nostre Vite e di tutti i Beni nostri ogni obbligazione ne abbiamo.<br />
Sebbene, che potrò mai io ridirvi di Emidio? Sono tali e tante le maraviglie da lui<br />
oprate, ed è così straordinaria e sublime la sua Santità, che al suo riverbero, io<br />
stimo, ogni qualunque più acuto creato Intelletto, nonché il mio di penetrazione<br />
sì corta, rimarrebbe offuscato; e balbuziente resterebbe ogni più sciolta ed eru-<br />
196<br />
dita Lingua, non che la mia rozza.<br />
Osservate se è così. Il suo fedele<br />
Diacono ed indivisibil Compagno e<br />
Martire San Valentino, al comando<br />
avutone da San Melchiade Papa di<br />
registrarne le gloriose Gesta, così<br />
pavido e sbigottito ne restò, che tuttoché<br />
ubbidisse con scriverne una<br />
succinta fedelissima Storia, pure non<br />
potette contenersi dall’incominciar<br />
con quel doloroso lamento, cioè che<br />
non era da lui porre mano ad<br />
un’<strong>Opera</strong> tanto difficile e ardua quale<br />
era quella di registrar la Vita di<br />
Emidio, poiché inserta di tante maraviglie<br />
e stupori: Opus perarduum et non<br />
mearum virium, o Pater optime, aggredi<br />
iubes (a) 95 . Pure se entro un sì gran<br />
Santuario fissare gli sguardi conceduto<br />
mi fosse, ve ne ridirei che Emidio<br />
col suo Nome medesimo esprimesse<br />
la sua gran Santità e il suo gran Potere. Perciocché se noi rintracciam del suo<br />
Nome l’etimologia e l’origine, troverem non a caso poter ella derivar da due<br />
Greche Voci, cioè Emi, che vuol dir mezzo, e Theos che val Divino; onde Emidius<br />
sit quasi emitheos idest Semidivinus 96 ; cioè che Emidio fosse un Uomo per dir così<br />
mezzo Divino; atteso che Iddio costituir lo volle un Santo così portentoso e mirabile<br />
che più del Divino avesse, che dell’Umano. Ma tralasciando tal’ingegnoso<br />
argomento e riservandolo ad altra occasione opportuna che di encomiar sì gran<br />
Santo mi si presentasse; voglio che in questa sera lo consideriamo unicamente<br />
per rapporto di quel suo grande ossequio, che sempre professò alla Nostra<br />
Immacolata Signora. Eccovene perciò il mio Assunto: L’averci posti il nostro gran<br />
(a) S.Valentin. in Prolog. Vit. S. Emygd.<br />
95 O ottimo Padre tu mi comandi di compiere un’opera molto difficile e non delle mie forze.<br />
96 Onde Emidio sia, per così dire, semidio, cioè semidivino.<br />
Carolus Ram (…) I.F., Vergine con il Bambino,<br />
S. Emidio e S. <strong>Francesco</strong>, olio su tela, 1739, Ascoli<br />
Piceno, Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />
197
Padre e Protettor Sant’Emidio, tosto dopo il suo arrivo, sotto la Protezione e Tutela di<br />
Maria SS.ma, fu la gloria del suo Apostolato e la sorgente di tutte le nostre<br />
fortune. Animatemi al Discorso con l’attenzione vostra, Uditori: e do principio.<br />
1. Allorché il Redentore Divino gli Apostoli suoi destinò alla Predicazione<br />
del Vangelo, affin di manifestar per loro mezzo la sua Onnipotenza, vietò<br />
loro il portarsi vitto, danaio, ed ogni altra qualunque mai provvigione,<br />
che l’umana ingordigia, non sazia mai di comodi e di averi, somministrare<br />
avesse loro potuto e suggerire: imponendo bensì a Ciascuno il portar<br />
seco soltanto una Verga o Bastone, su cui le stanche e debilitate<br />
membra appoggiare e riposare potesse: Praecepit eis ne quid tollerent in via,<br />
nisi Virgam tantum (Marc. 6, 8) 97 . Sul cui misteriosissimo passo, riflettendo<br />
il gran Riccardo di San Lorenzo (b), esser la Vergine simboleggiata presso<br />
Isaia Profeta sotto nome di Verga prodigiosa (c), ci lasciò scritto un bel<br />
Commento, dicendo essere appunto Maria SS.ma la Verga ed il sostegno<br />
della Predicazione Apostolica, che sola vien concessa a portarsi da tutti<br />
quei che il Ministero Apostolico esercitano, affin su di essa appoggiati<br />
ricuperino le forze smarrite e così rinvigoriti operino maraviglie e prodigi:<br />
Maria est Virga praedicationis ac doctrina, uditelo di grazia, quae sola<br />
datur Praedicatoribus ac Doctoribus ad portandum in Via 98 . Perciocché, segue<br />
a dire egli chi aver potesse per compagna nel suo Apostolato questa<br />
mistica prodigiosissima Verga non gli mancherebbe certo né Dottrina,<br />
né Grazia, né cosa veruna necessaria per l’ottima riuscita del suo<br />
Apostolico impiego: Qui enim habere posset hanc Virgam comitem, non deesset<br />
ei Gratia, non Doctrina, non aliquid necessarium 99 .<br />
2. Or tanto adempirono puntualmente gli Apostoli, perché spogliati di<br />
quanto avevano, o potevano avere, con quel solo sostegno alla Mano, e<br />
97 Comandò loro di non prendere alcunché per strada se non solo un bastone.<br />
(b) Libr. 12, De Laod. Virgin.<br />
(c) Isai. 11, 1.<br />
98 Maria è il bastone e la dottrina della predicazione, che sola viene data ai predicatori e ai<br />
dottori per portarli sulla strada.<br />
99 Infatti chi potesse avere per compagno questo bastone non gli mancherebbe la grazia, né<br />
la dottrina né alcunché di necessario.<br />
198<br />
molto più nel cuore, voglio dir con la Protezione della Gran Madre del<br />
loro Divino Maestro, operaron tante maraviglie, che atterrando da ogni<br />
parte e Idoli e Idolatria e movendo guerra al Gentilesimo tutto, ne<br />
riportaron la gloriosa vittoria col disseminar per ogni parte il Santo<br />
Vangelo e piantar la vera Fede nell’Universo.<br />
3. In simil guisa il nostro inclito Padre e gran Protettore si portò. Emidio,<br />
che sulla sua età incominciata del ventesimo terzo anno, abominando<br />
quanto mai nelle Scuole di Pitagora, di Platone e di altri ciechi Filosofi<br />
appreso aveva di più sofistico e raffinato Gentilesimo e non curando né<br />
Parentadi cospicui, né ricchezze copiose, né sublimi cariche, che procacciate<br />
gli avevan i suoi nobili Genitori, abbracciato aveva di buon cuore<br />
per mezzo del Santo Battesimo la vera Fede; sentendosi tosto chiamato<br />
con Angelica voce all’Apostolico ministero della conversione e santificazione<br />
delle Anime, abbandonò la cospicua Città di Treveri sua Patria<br />
e senza verun soccorso, né provvedimento, che di tre suoi fedeli<br />
Compagni, Euplo, Germano e Valentino, alla nostra bella Italia, che era il<br />
Teatro destinatogli a far la comparsa di Apostolo, diritto se ne venne.<br />
4. Ma buon per lui, che eseguendo a puntino il precetto Vangelico, diede<br />
tosto di piglio nel suo viaggio a quella mistica Verga, che gli servì di<br />
maraviglioso sostegno; poiché gettando subito tutte le sue premure nell’ossequiar<br />
la Regina del Cielo e nella Protezione di Lei riponendo le sue<br />
speranze, questa lo assistette con tanto impegno, che del suo Apostolato<br />
la singolar gloria divenne. Non gli mancò mai grazia e facondia nel predicare,<br />
confutare e convincere anche i più ostinati; non gli mancò mai<br />
assistenza Divina in far dei più stupendi miracoli: non mai cosa insomma<br />
gli mancò, che risultar potesse a costituirlo un Apostolo Santo,<br />
dotto, potente, prodigiosissimo. Tutto gli ottenne Maria SS.ma, tutto<br />
ella prontamente gli somministrò. Habuit enim hanc Virgam comitem 100 ,<br />
qui ripeterebbe Riccardo di S. Lorenzo, ideo non defuit ei Gratia, non<br />
Doctrina, non aliquid necessarium.<br />
100 Infatti egli ebbe per compagno questo bastone per cui non gli mancò grazia, né dottrina,<br />
né alcunché di necessario.<br />
199
5. Io però non vo(glio) già qui ridirvi quel che operasse Emidio sostenuto su<br />
di questa mistica Verga, anche prima di uscir di Treveri sua Patria, allorché<br />
a forza rapito nel profano Tempio di Giove, con uno strepitoso<br />
Tremuoto mandò tosto in rovina e Idolo e Tempio. Tralascio quel che fece<br />
poi in Milano, ove ordinato Sacerdote da San Materno, si trattenne per tre<br />
anni, convertendo alla Fede innumerabile Gente e sempre operando prodigi.<br />
Passo sotto silenzio le sue gran maraviglie oprate in Roma, ove dal<br />
Pontefice San Marcello fu consacrato Vescovo; mentre lo stesso sacrilego<br />
Tempio, Altare, ed Idolo di Esculapio, ridotto da lui in cenere; la conversione<br />
de’ Sacerdoti Idolatri e di altre 1660 Persone, oltre le innumerabili<br />
donne coi loro fanciulli, che da lui ricevettero il Santo Battesimo; e la<br />
miracolosa liberazione di tanti ossessi e di altri mille disperati Infermi;<br />
son cose tutte che da se medesime vi enunziano qual fosse di Emidio la<br />
santità ed il potere sotto la protezion di Maria. Neppur far vi voglio parola<br />
di quel che facesse nell’antica, ed ora diroccata Città di Pitino, ove avendo<br />
mandati per forieri del suo arrivo i Tremuoti, giunto poi la liberò da’<br />
demoni e dopo la guarigion prodigiosa di 150 Infetti di Lebbra e di altri<br />
malori, in pochi giorni la ridusse tutta alla Fede. Tralascio ancor per finirla<br />
tutto l’altro stupendo da lui oprato in Fermo, in Atri, in Teramo ed in<br />
altri moltissimi Luoghi, ove ei passò: e solo di quel che in questa nostra<br />
Città fortunata, ove egli era destinato, operasse sotto gli auspici<br />
dell’Imperadrice del Cielo, favellar succintamente vi voglio.<br />
6. Al primo suo Ingresso, non vi fu in questa Città allor cieca, feroce ed idolatra,<br />
non vi fu, dico, Idolo che con tremendi muggiti non urlasse, non vi<br />
fu casa che scossa non venisse da orribil Tremuoto. Pone egli il Piè sacrosanto<br />
entro delle nostre mura ed osservandovi sparsi per la Città da più di<br />
quaranta pubblici Tempi profani, al suo imperioso comando in virtù di<br />
Gesù, e di Maria ecco tosto ventidue ne vanno in precipizio e rovina.<br />
Corrono tutti tremanti quegli antichi Ascolani a ritrovarlo ed egli accogliendoli<br />
grazioso fa loro la prima fervorosa Predica; e con questa ne riduce<br />
tosto tanti alla Fede, che bastarono a diroccar subito dodici altri Tempi<br />
profani, unitamente col principale, che era quello alla favolosa Ancària,<br />
Protettrice allor primaria della cieca città, consegrato. Ben si accorgeva<br />
Emidio, che tutti questi prodigi per mezzo di quella sì benefica e potente<br />
Mano venivano, che sempre l’avea sostenuto; voglio dir di Maria SS.ma:<br />
200<br />
onde e in attestato di gratitudine e per maggiormente ampliarne le glorie<br />
e per sempre più impegnarla a proteggerlo con tutta la Cristianità sua<br />
novella, eresse tosto in onore di Lei, come pure fece in Pitino, una sontuosa<br />
Basilica e fu il secondo sacro Tempio da lui dedicato alla Vergine: Tres<br />
Basilicas Sanctus Vir dedicavit, così di lui S. Valentino, primam in honorem<br />
Sancti Salvatoris, secundam Sanctae Mariae 101 : così avendoci posti, sin dal<br />
suo arrivo, sotto l’alma protezione e tutela di sì eccelsa Signora; ciò sempre<br />
più poi in gloria ridondò del suo sì maraviglioso Apostolato.<br />
Posciachè col favor di Maria, ubbidienti poi si vide a suoi cenni gli elementi<br />
tutti e l’Acqua in specie con lo scaturir da duri macigni: arresa<br />
tosto a suoi Piedi si mirò cercando il Battesimo la grande Polisia, figlia<br />
del Prefetto Polimio; e con Lei altre mille e settanta Persone: e così, sempre<br />
più mostrandosi il Cielo a favor suo impegnato, in poco tempo di<br />
veder la Città quasi tutta, convertita alla Fede e divenuta Suddita della<br />
Regina del Cielo ebbe il contento. Che se il Tiranno Polimio restar volle<br />
ostinato e di far recidere il capo ad Emidio tanto animo ebbe, ciò non fu<br />
che per far spiccare più glorioso l’Apostolato del nostro Santo; perciocchè<br />
raccogliendo con le sue Mani il suo capo reciso, per trecento passi lo<br />
portò: restando presso tutti indeciso se morto Emidio allor fosse, oppure<br />
vivo. Lo risappiam bensì noi, che Emidio non era allor morto, perché tutto<br />
in Maria egli viveva e Maria SS.ma in lui; la quale non volle mai da lui<br />
scompagnarsi, per render sempre più glorioso l’Apostolato di un sì fedele<br />
e zelante suo Servo.<br />
7. Resterebbe a vedere, Uditori, come l’averci il nostro Santo posti, tosto<br />
dopo il suo arrivo, sotto la protezione e Tutela di Maria SS.ma, fu ancor<br />
la sorgente di tutte le nostre fortune. Ma siccome ciò non è cosa da trattarsi<br />
a diffuso entro le angustie di sì poco tempo, che mi vien conceduto,<br />
mi restringo ad accennarvene i soli motivi; e sono:<br />
I. per la costanza della vera Fede, in cui per lo spazio di 1443 anni è<br />
stata sempre ferma ed immobile la Città nostra; come quella che dal<br />
suo Apostolo fu posta sotto la Madre e Maestra della fede Maria.<br />
101 Il santo uomo dedicò tre basiliche, la prima in onore di san Salvatore, la seconda di Santa<br />
Maria.<br />
201
II. per l’amorosa premura, con la quale sempre ci ha protetti e ci protegge,<br />
per intercessione del nostro Santo sì potente Signora: essendo<br />
appunto da ciò derivato, che non solamente la nostra principale<br />
Chiesa sotto il glorioso titolo e la potente tutela fosse di Santa Maria<br />
Maggiore insieme e di Sant’Emidio; ma insino così denominato e riconosciuto<br />
venisse tutto il Vescovado nostro Ascolano; come appare dal<br />
Pontificio Diploma di Leone IX spedito a Bernardo II, Vescovo di<br />
questa Città, ove si dice Ecclesia et Episcopatus Sanctae Dei Genitricis<br />
Virginis Mariae, et Beatissimi Martyris Emygdii 102 . Lascio al vostro<br />
sagace e retto discernimento il rifletter ora se dagli addotti due<br />
motivi risultar possa la sorgente di tutte le nostre fortune, come io diceva;<br />
e questa riconoscer si debba, o no dall’averci posti il nostro gran<br />
Padre e Protettor Sant’Emidio, tosto dopo il suo arrivo, sotto la Protezione e<br />
Tutela di Maria SS.ma.<br />
102 Ove si dice, la Chiesa e l’Episcopato della Santa Vergine Maria Madre di Dio e del beatissimo<br />
martire Emidio.<br />
202<br />
SERMONCINO VENTESIMO SESTO<br />
Recitato Sabato 12 Agosto 1752,<br />
in occasione che si incominciava il Sacro Triduo in apparecchio alla Festa<br />
della gloriosa Assunta di Nostra Signora, ed insieme dell’altra sua Festa<br />
sotto il titolo di Rifugio dei Peccatori, che cade ai 15 di Agosto<br />
Don <strong>Marcucci</strong> sviluppa il Sermoncino in sei punti e si propone di aiutare i fedeli<br />
a prepararsi devotamente alla festa dell’Assunzione di Maria al cielo. Essa si può<br />
paragonare a quella dell’elezione di un sovrano. In quel giorno si dispensano grazie<br />
ai sudditi, si concede il perdono e la libertà. Molto di più accade nell’anniversario<br />
dell’Assunzione al trono dei cieli di Maria SS.ma. Possiamo dunque sperare che quel<br />
giorno otterremo il perdono di tutte le nostre colpe, il proscioglimento da tutti i vizi e<br />
il ristabilimento alla preziosa libertà della grazia.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> stabilisce che nel giorno dell’Assunzione, nella Chiesa del suo<br />
monastero si celebri anche la festa della Vergine sotto il titolo di Rifugio dei Peccatori,<br />
tenendo esposta alla pubblica venerazione la miracolosa immagine da lui usata<br />
durante le sacre missioni (vedi pag. 34).<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 134-141.<br />
Argomento<br />
L’apparecchiarsi a celebrar con divozione la Festa della gloriosa Assunta<br />
di Nostra Signora la impegna ad esercitar verso di noi<br />
l’uffizio che ella ha di Rifugio dei Peccatori<br />
Ave Maria<br />
Le due vicine gloriosissime Feste di Nostra Immacolata Signora, le quali da<br />
qui a tre giorni, cioè a’ 15 del corrente, sarem noi col favor Divino a celebrare<br />
qui in questo Sacro Tempio di Maria, cioè una universale e solenne a tutta<br />
la Cattolica Chiesa, che sarà quella della sua gloriosa Assunta, l’altra particolare<br />
a questo Tempio, che sarà quella della sua Miracolosa Immagine, che con<br />
me ho portata e porto nelle Sacre Missioni, sotto il glorioso titolo di Rifugio<br />
dei Peccatori (la quale Immagine miracolosa in ciascun anno qui si esporrà alla<br />
pubblica adorazione nel Giorno dell’Assunta); queste due vicine Feste, ripeto,<br />
hanno richiamato dal profondo del mio Spirito un vivo desiderio di invitarvi<br />
questa sera, miei Riveriti Uditori, ad incominciar sin da oggi a prepararvi<br />
per divotamente celebrarle; e mi ha fatto risolvere a discorrervi appun-<br />
203
to su di un tale Apparecchio. Ben so per altro, che ad Anime amanti di<br />
Nostra Signora, come voi siete, e già forse da più giorni impiegate in qualche<br />
fervorosa particolar Novena in preparamento alla principal Festa, non<br />
accadrebbe che io parlassi di Apparecchio divoto: pure affin questo sia fatto<br />
con più di fervore e con maggior confidenza, dispensarmi non posso dal farvene<br />
motto. Senza dunque spender più tempo in preamboli, vengo<br />
all’Assunto. Uditelo, se vi sia a grado: l’apparecchiarsi a celebrar con divozione<br />
la Festa della gloriosa Assunta di Nostra Signora la impegna ad esercitar verso di<br />
noi l’uffizio che ella ha di Rifugio dei Peccatori. Favoritemi di attenzione.<br />
Do principio.<br />
1. Fu sempre lodevole piissimo uso de’ divoti di Maria SS.ma il prepararsi<br />
per vari antecedenti giorni con molti esercizi di pietà a celebrar<br />
divotamente le sue Feste. E se la Vergine per sua somma benignità<br />
si sia sempre degnata di gradir questi divoti Apparecchi, bisogna<br />
però confessare che in favore di chi si preparò a celebrar la sua<br />
Assunta, aprisse con particolarità grande gli erari della sua<br />
Misericordia. Io non saprei, Uditori, darvene ora altra ragione, che<br />
quella dell’esser questa solennità molto cara alla Vergine, ed in conseguenza<br />
molto grati riuscirle gli ossequi che in preparamento di tal<br />
Festa si fanno.<br />
2. Di fatto, nella sua gloriosissima Assunta in Cielo restò Nostra Signora<br />
glorificata più che in altro qualunque tempo; attesochè allora fu, che<br />
salita sopra tutti i Cori degli Angeli, e collocata alla Destra del suo<br />
Divin Figlio, da tutta la Triade sacrosanta venne ad essere incoronata<br />
Regina de’ Cieli e della Terra e dichiarata Arbitra e Tesoriera dei Divini<br />
Tesori, Conforto e Fortezza dei Giusti, Speranza e Rifugio dei miseri<br />
Peccatori. Onde chi a festeggiar nel Mondo si prepara così grande<br />
Solennità, viene a ricordare alla Vergine ed a congratularsi con lei con<br />
più tenerezza ed affetto, di tutte quelle Allegrezze e Grandiosità<br />
immense, che ella nella sua gloriosa Assunta ricevette e nella sua ineffabile<br />
Incoronazione. Quindi che maraviglia che un tal divoto<br />
Apparecchio più di qualunque altro la impegni ad esercitar verso di noi<br />
la sua misericordia ed in particolare l’uffizio datole da Dio di essere essa<br />
Rifugio di noi miseri Peccatori?<br />
204<br />
3. SS.ma Fede! E non è forse vero, che avvien ancora tra di noi quaggiù nel<br />
Mondo, che nell’Assunzione dei Grandi al Trono e nella loro pubblica<br />
Incoronazione si dispensano le grazie ai sudditi; e particolarmente ai<br />
Rei, sciogliendoli da ceppi e catene, concedendo loro il perdono e la<br />
libertà loro accordando? Or quanto maggiormente giova a noi credere,<br />
che molto più ciò succede nell’Anniversario dell’Assunzione al Trono<br />
dei Cieli e della Incoronazione della Nostra Gran Signora Maria SS.ma?<br />
Eh sì, sì, che milita a favor nostro ogni ragione di benignità e di clemenza,<br />
per sperare con tutto il fondamento che quel Giorno glorioso<br />
sarà piucchè mai per noi il Giorno del pieno perdono di tutte le nostre<br />
colpe, del nostro proscioglimento da tutti i vizi e del nostro ristabilimento<br />
alla preziosa libertà della Grazia. Che perciò, o quanto bene dunque<br />
in quel giorno si fa ricorrere in questa Chiesa anche la Festa della<br />
Vergine sotto il titolo di Rifugio dei Peccatori, col tenere esposta all’adorazione<br />
pubblica la sua Miracolosa Immagine delle nostre sacre<br />
Missioni.<br />
4. Apparecchiamoci pertanto, cari miei Uditori, a celebrar con particolare<br />
divozione l’Assunta di Maria; e lasciamo poi a Lei tutto l’impegno, in cui<br />
si trova, dimostrarsi nostro benigno Rifugio. Uditene al proposito un<br />
fatto e vi servirà di comprova di quanto sinora inteso avete. Riferisce<br />
Santa Brigida (a) nelle sue autentiche Rivelazioni, che vi fu un Giovine<br />
di vita molto libera e scellerata. Questi però tra tante sue malvagie cecità<br />
pur conservava un barlume per far qualche opera buona, che gli servisse<br />
almeno a disporlo alla vera conversione. Il bene che egli faceva era<br />
il festeggiare con qualche specie di divoto Apparecchio tutte le Solennità<br />
di Maria SS.ma ed in particolar la gloriosa Assunta di Lei in preparazion<br />
della quale cantava le sue Lodi, recitava l’Uffizio, ne digiunava ancor la<br />
Vigilia. Ma che pro? Era per lui una divozione, può dirsi, materiale.<br />
Tanto con tutto questo si tornava al vomito primiero; come suol dirsi.<br />
La Vergine, che pur avrebbe voluto premiarlo in ricompensa degli ossequi<br />
da lui fatti nelle sue feste ed in particolar dell’Assunta, trovando che<br />
il giovine scostumato sempre vi frapponeva degli ostacoli con la sua libe-<br />
(a) Lib. Revel. cap. 39, 40.<br />
205
a vita; volle provarci a ravvederlo con l’Infermità e con la morte. Udite<br />
e stupite. Si inferma pertanto gravemente il Giovine; ed in un subito<br />
sente dirsi al cuore che tosto si confessasse bene per tempo, perché il suo<br />
male era mortale. Si spaventa egli, ed invece di tosto accomodar con Dio<br />
le partite della sua Coscienza, va prolungando la confessione da giorno<br />
in giorno; resiste agli impulsi della Vergine; agli inviti dei buoni Amici;<br />
sinchè perduta con la parola le forze, si pone il Misero in Agonia. Or che<br />
più far poteva Maria SS.ma per rimunerar quest’Ingrato dagli<br />
Apparecchi da lui fatti alla Festa dell’Assunta? Ma giacché rimunerazione<br />
non curò e non volle, vada pure senza rimunerazione in eterno disperso.<br />
Ma no; che la Vergine avea l’impegno di mostrarsi per lui Rifugio dei<br />
Peccatori. Quindi, che fece Ella? Or notate. Gli impetrò dal suo Divin<br />
Figlio in quegli estremi un atto interno di vera Contrizione prima che spirasse.<br />
Morto che fu appena, eccoti pronto il Demonio con un gran libraccio<br />
alla mano, intitolato Inobedientia, che conteneva sette altri libri di<br />
peccati mortali. Lo accusa tosto al Divin Giudice. Vi accorre pronta<br />
Maria SS.ma; ordina che si apran li Libri e tutti cancellati si trovano dal<br />
vero Atto di contrizione da Lei impetrato al suo divoto. Parte confuso il<br />
Nemico Infernale e tutto spumante di rabbia se ne piomba agli Abissi.<br />
Viene portato il divoto in Purgatorio. Ma Nostra Signora volendo pienamente<br />
esser suo potente Rifugio, gli ottiene anche dal Divin Figlio de plenitudine<br />
potestatis la condonazione di tutta la pena; e lo porta seco ad esser<br />
di gloria coronato nel Cielo.<br />
5. Che ne dite, Uditori, di fatto così mirabile? lo non voglio già qui inferire,<br />
che dunque possiamo pur viver come ci piace: no, perché oltre che<br />
sarebbe troppo mostruosa ingratitudine, sarebbe ancor troppo temeraria<br />
presunzione il pretender di salvarsi a forza di strepitosi Miracoli.<br />
Voglio dir solo, che qualora noi procuriam dal nostro canto vivere cristianamente,<br />
possiamo col mezzo di questo Apparecchio divoto che<br />
farem alla solennità dell’Assunta di Maria SS.ma, possiam, dico, sperar<br />
con tutto il fondamento, che essa ci rifuggerà sotto la sua potente Tutela<br />
e ci farà sperimentar la sua amorosa Misericordia: giacché l’ho detto e<br />
lo replico, che l’apparecchiarsi a celebrar con divozione la Festa della gloriosa<br />
Assunta di Nostra Signora, la impegna ad esercitar verso di noi l’uffizio che<br />
ella ha di Rifugio dei Peccatori.<br />
206<br />
6. Veniam, se è così, alla chiusa. Che farem dunque per questo divoto<br />
Apparecchio? Io non voglio già proporvi o i lunghi rigorosi Digiuni che<br />
facevan precedere a questa gran Festa San Pietro Celestino V, San <strong>Francesco</strong><br />
di Assisi, Santa Elisabetta Regina di Portogallo e Santa Francesca Romana;<br />
oppure quelle grosse Limosine che ai Poveri dispensavano in onor di<br />
Maria SS.ma, Leone IV Sommo Pontefice ed il Cardinal Errigo di Evora:<br />
no, non voglio così spaventarvi, lasciando ciò alle forze e qualità di ciascuno<br />
di voi. Voglio soltanto, che qui in questa Chiesa facciate un<br />
Triduo divoto, incominciando sin da questa sera a praticarlo. Questo<br />
consisterà:<br />
I. in recitar divotamente tre Pater e Gloria Patri in rendimento di Grazie<br />
alla SS.ma Trinità per li favori concessi alla Vergine nella sua Assunta<br />
gloriosa.<br />
II. in recitar poi tre Ave Marie alla Vergine stessa in congratulazione<br />
della sua Assunta, pregandola di esser nostro Rifugio.<br />
III. in recitar divotamente le sue Litanie, ripetendo tre volte quel caro<br />
elogio Refugium Peccatorum, ora pro nobis. Ecco quanto da voi richieggo<br />
in divoto Apparecchio all’Assunta: lasciando tutto l’altro alla<br />
vostra pietà, che so esser molto liberale verso Nostra Signora.<br />
207
SERMONCINO VENTESIMO SETTIMO<br />
Recitato Martedì 15 Agosto 1752,<br />
ricorrendo la Festa della gloriosa Assunta di Nostra Signora<br />
L’Autore teme di approfittare della disponibilità dei suoi fedeli che, oltre il sabato,<br />
devono ascoltare le sue lodi a Maria anche in una festa infrasettimanale. Il ricordo<br />
dell’esempio del Beato Errigo lo motiva a farlo. Egli, infatti, una volta fu rimproverato<br />
dalla Vergine perché si era rifiutato di parlare di Lei nel giorno di una sua<br />
festa, rassicurato dal fatto che l’avrebbero fatto predicatori più bravi di lui.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> non può fare questa omissione confessa ai suoi ascoltatori, perché è<br />
troppo tenuto alla sua Immacolata Signora, “sapere vi basti -ricorda- che della vita<br />
del corpo e dell’anima le vivo obbligato, né altro modo ho di compensarla se non con<br />
l’impiegar la mia rozza lingua in acquistarle adoratori col pubblicar le sue lodi”.<br />
Tratterà in dieci punti l’argomento.<br />
Con la similitudine del cedro dimostrerà in che modo Maria SS.ma nella sua gloriosa<br />
Assunta è stata di stupore al mondo, di allegrezza e meraviglia al cielo e di giovamento<br />
a tutti, specialmente ai miseri peccatori.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 166-173.<br />
Argomento<br />
Sotto la similitudine del Cedro si dimostra esser stata Maria SS.ma<br />
nella sua gloriosa Assunta e di stupore al Mondo e di Allegrezza e<br />
Maraviglia al Cielo e di giovamento a tutti,<br />
specialmente ai Peccatori<br />
Ave Maria<br />
Salgo stasera tutto confuso su questo alto Luogo, miei Riveriti Uditori, a favellarvi<br />
della Solennità ricorrente della gloriosissima Assunta di Nostra<br />
Immacolata Signora; e vi confesso, che io starei per darvi non una, ma cento e<br />
mille ragioni, se mi chiamaste tedioso e se non basta, ardito. Come? Dir voi mi<br />
potreste: non è forse valevole il solo Sabato, per appagar le tue brame, che vuoi<br />
ancora in altri Dì porre a cimento la nostra gran sofferenza? E poi, in questo<br />
festosissimo Giorno, in cui altri sacri Oratori assai più di te degni sciolgon le<br />
loro Lingue erudite in formar serti di glorie alla Regina del Cielo? Onde ripeter<br />
mi potreste con l’eccellente nostro Poeta Teologo, voglio dire con Dante (a).<br />
208<br />
Or tu chi sei che vuoi sedere a scranna?<br />
Ma pure, tuttoché con non poco rossore io qui mi presenti a voi innanzi, mi<br />
fo animo addurvene una scusa, che vi prego ora ad udirla, ristretta su di un<br />
celebre fatto, riferito dal Bollando nella vita mirabile del Beato Errigo Susone<br />
Domenicano. Professava Errigo molte obbligazioni alla Vergine; ed in attestato<br />
di gratitudine procurava bene spesso con i discorsi infervorarne alla<br />
Divozione la Gente, particolarmente nelle feste alla Gran Vergine dedicate.<br />
Accadde un anno, che in questa festa dell’Assunta, osservando egli predicarsi<br />
da tanti Oratori le Glorie di Maria, stimandosi indegno di noverarsi tra loro,<br />
tralasciò di farlo. Nel giorno appresso, elevato trovandosi in altissima estasi,<br />
vide aperto il Cielo; e bramoso di veder lassù l’immensa Gloria della sua<br />
amata Signora, cercò tosto di entrarvi: ma arrestato sulle prime da un Angelo,<br />
Piano, questi gli disse, che la nostra Regina è teco sdegnata, perché ieri lasciasti di<br />
predicar le sue Lodi: e sebbene le predicarono altri, pure le era molto grato che anche tu<br />
mostrassi il tuo zelo con predicarle. Prometti dunque l’emenda in avvenire; e farai pace<br />
con la tua celeste Signora. Tanto promise subito Errigo con molte lacrime: e restituito<br />
poi ai sensi, non lasciò mai più di predicar le glorie di Maria nelle sue<br />
Feste. Or che vi sembra, Uditori umanissimi? Non è questa una valida scusa<br />
che ancor me giustificar può presso voi? Sono io assai più del B. Errigo tenuto<br />
alla mia Immacolata Signora: saper vi basti, che della vita del corpo e dell’anima<br />
le vivo obbligato: né altro modo ho di compensarla alquanto, se non<br />
con l’impiegar la mia rozza lingua in acquistarle Adoratori col pubblicar le<br />
sue Lodi. Dubitar non posso della sua somma Benignità in gradir che così io<br />
la serva. Or vorreste voi, che io non lo facessi e che dopo averla io disgustata<br />
innumerabili volte con tante mie empietà, le aggiungessi anche con questa<br />
mancanza altri disgusti? Mi guardi il Cielo dal solo idearlo. Sicché e voi<br />
abbiate anche oggi la sofferenza in udirmi (come ve ne prego sin da ora ad<br />
averla in ogni altra sua festa, ancorché fuori di sabato); e lasciate pure che<br />
ancor altri sacri Oratori nel tempo stesso esaltino Nostra Signora, che io dietro<br />
le loro orme mi terrò per imitarli: e particolarmente in questa sera, in cui<br />
per farvi un tantino ammirare, come di passaggio, le sue ineffabili Glorie,<br />
avute nella sua Assunta; affin non vi resti abbagliato e disperso il pensiero al<br />
riverbero di tante Grandiosità, ve le restringerò sotto la sola similitudine del<br />
(a) Parad. 19.<br />
209
Cedro: onde voi fissi su di questa comparazione, vedrete con più agio esser stata<br />
Maria SS.ma nella sua gloriosa Assunta e di stupore al Mondo e di allegrezza e<br />
maraviglia al Cielo e di giovamento a tutti, specialmente ai miseri Peccatori.<br />
Ecco, mi accingo all’impresa. Non altro che attenzione io chiedo.<br />
1. Qualora la nostra Celeste Sovrana, compassionando il nostro bassissimo<br />
e limitato intendimento sovra l’Assunta sua gloriosa ed esaltazione<br />
all’Empireo, indicantene un saggio si compiacque, affin di adattarsi al<br />
nostro corto modo di intendere, dichiarar ce la volle sotto figura del<br />
Cedro, che tra gli Alberi tutti giocondo di vista, maraviglioso di altezza,<br />
grato di odore e di virtù prodigioso spicca colà in gran copia nel<br />
Monte Libano in Palestina: ond’essa al cedro assimigliandosi, ci lasciò di<br />
sè detto per bocca del Savio (b). Quasi Cedrus exaltata sum in Libano 103 ;<br />
secondo che col senso accomodatizio della Chiesa gravi Espositori spiegano<br />
egregiamente tal passo (c). Quindi noi dalle proprietà e virtù del<br />
Cedro del Libano (che è molto diverso da quello che nell’Italia nostra germoglia),<br />
raffigurar potessimo i singolarissimi Privilegi ch’ella ebbe in<br />
occasione della sua Assunta; e principalmente di essere stata di stupore al<br />
Mondo tutto.<br />
2. Osservate di grazia se è così. La prima e maravigliosa proprietà del Cedro<br />
è di conservar sempre nelle sue frondi una fresca e gioconda verdura, qualora<br />
sia vivo, ad onta di quanto mai lo combattan o gli Acquiloni con la<br />
loro rigidezza, o le Nebbie e le Manne con i loro cattivi effetti, o la Terra<br />
con la sua siccità: che se a sorte reciso venga dal suolo, incorrotto sempre<br />
si mantiene, senza che ardir abbia verme o tignola un menomo ricovero<br />
trovar su di esso, Cedrus, uditene il gran Maestro ed Investigator delle cose<br />
naturali, voglio dir Plinio, Cedrus, arbor est perpetuo virens, quae a tinea<br />
immunis est, et corruptionem non sentit (d) 104 .<br />
(b) Eccles. 24, 17.<br />
103 Sono stata esaltata per così dire come cedro del libano.<br />
(c) De Vorag. Ser 6. De Assumpt.; Lhoner in Bibl. Annual. V. Hyperd. n. 37.<br />
104 Il cedro è un albero perennemente verdeggiante che è immune dalla tignola e non è soggetto<br />
a corruzione.<br />
(d) ex Plinio, lib. II, c. 40.<br />
210<br />
3. Or tutte queste stupende proprietà ammirò attonito il Mondo sulla fine<br />
della vita mortale di Nostra Signora. Essa, che in tutti quegli adorabili<br />
sessantadue anni che visse, come vuol San Giovan Damasceno, tra<br />
tanti martirii di pene atrocissime e di acuti dolori, quasi Cedrus perpetuo<br />
virens, sì intrepida, forte e costante si mantenne, e sempre uguale a se<br />
stessa; giunta poi all’ultimo del Viver suo, quasi Cedrus a tinea immunis,<br />
non fu no soggetta ai fieri assalti e voraci morsi di morte: non avendo<br />
questa avuto tanto cuor di assalirla, né di dar mano alla sua falce fatale<br />
per reciderle la preziosissima Vita. Non già con ciò dir voglio, Uditori,<br />
che la Vergine realmente non morisse (attesochè la sua Morte e dall’antica<br />
Tradizione e dalla Chiesa medesima (e) ci viene posta fuor di ogni<br />
dubbio). Ma intender voglio soltanto, che la sua Morte non può col terribile<br />
nome di Morte appellarsi, ma bensì, come fu, di un dolcissimo<br />
Sonno amoroso, di un soave e potente Rapimento di Amore, che con<br />
estrema dolcezza per la gloriosa e gioconda Presenza del suo Divin<br />
Figlio, che maestosamente corteggiato da tutte le Angeliche schiere era<br />
dal Ciel disceso in persona ad invitarla al possesso del suo Regno beato,<br />
separò quell’Anima SS.ma dal suo purissimo Corpo sapendo noi benissimo<br />
dalle Divine Scritture non esser meno valevole ed atta la Morte a<br />
troncar con i suoi furori il corso alla Vita, di quel che sia coi suoi dolci<br />
rapimenti l’Amore, Fortis est ut Mors dilectio (f) 105 . Onde i Padri Greci<br />
saggiamente tutti d’accordo non chiamaron con altra espressione il<br />
Passaggio di Nostra Signora, che con quella soltanto graziosa di dolce<br />
Dormizione o Sonno; e di Sonno di più che fregiata aveva di miracoli, e<br />
di maraviglie la medesima Morte; se vi piace il pensiero del Damasceno<br />
(g): avvalorato ancor da quel che la Vergine stessa a Santa Brigida disse,<br />
Ego quasi obdormivi in separatione Animae et Corporis; et evigilavi in gaudio<br />
perpetuo (h) 106 .<br />
(e) Ecclesia in Orat. Secret. Missae.<br />
(f) Cant. 8, 6.<br />
105 L’amore è forte come la morte.<br />
(g) S. Damasc. orat. 2, De Assumpt. Virg.<br />
(h) S. Brigit., lib. 4, Revel. cap. 13.<br />
106 Io, nella separazione dell’anima e del corpo, per così dire mi addormentai e mi destai in<br />
un gaudio perenne.<br />
211
4. Ma non finirono qui gli stupori del Mondo in ammirar in Maria una<br />
Morte all’intutto diversa da quella del restante del Genere Umano; ma<br />
crebbero a dismisura le sue maraviglie, qualor si avvide che tosto essa<br />
divenne come il Cedro incorrotta, Quasi Cedrus a tinea immunis, et corruptionem<br />
non sentiens. Io saziarmi non voglio, Uditori, ve lo confesso, di<br />
encomiare il gentilissimo garbo, con cui San Giovan Damasceno, tutto<br />
estatico anch’egli, esprime la maraviglia degli Apostoli e di Gerosolima<br />
tutta nell’avvedersi della Incorruttibilità, con la quale il Sacro Corpo<br />
della Gran Vergine, a guisa di Cedro, fu rivestito. Uditene il suo racconto<br />
(i); che egli attesta fondato su di vera antichissima Tradizione.<br />
Nell’avvicinarsi il soave Passaggio di Nostra Signora, gli Apostoli, la<br />
cui maggior parte assente trovatasi, e ripartita in vari Regni e<br />
Provincie, furon di un subito da Mano Celeste portati in Gerosolima a<br />
far corona alla loro gran Regina e Maestra. Eccoti una maraviglia. Ma<br />
tosto a questa una maggiore ne segue. Giunti, o per meglio dire, portati,<br />
ecco al cospetto di tutti scendere a mille schiere e mille gli Spiriti<br />
Celesti con il loro monarca e Riparadore Gesù Signor nostro, sciogliendo<br />
intanto le loro Angeliche Lingue in cantici soavissimi di lode in onor<br />
della loro Sovrana. Quindi stupefatti tutti quei SS. mi e sapientissimi<br />
Uomini, se la veggon spirare innanzi agli occhi a forza di estrema Gioia<br />
e contento. Trasferiscono essi quel sacratissimo Corpo in Getsemani in<br />
un decente Sepolcro; ma qui vengon raddoppiati gli stupori<br />
dall’Angelica Melodia, che per tre giorni continui udir si fece. Indi al<br />
terzo dì tornano tutti ad aprir la Sacra Urna; ed eccoli alla massima di<br />
tutte le maraviglie ingolfati. Non più rinvengono quel caro Divin<br />
Pegno ivi depositato: lo cercano, ma invano; lo sospiran, ma indarno.<br />
Onde eius obstupefacti miraculo, come il Damasceno nobilmente conchiude;<br />
si avveggo essere stata la loro Regina, tamquam Cedrum Libani incoruptibilitate<br />
dotatam 107 , e con il Corpo non men che con l’Anima al Ciel<br />
trasferita ed assunta.<br />
(i) S. Damascen., orat. 2, De Dormit. Virg. sub fin.<br />
107 Essi, stupefatti per quel suo miracolo, si avvedono essere stata la loro Regina come cedro<br />
del Libano dotata di incorruttibilità.<br />
212<br />
5. Sebbene, a dire il vero, non tanto sorprender ci deve se la Vergine esaltata<br />
a guisa del Cedro, fosse nella sua Assunta di stupore al Mondo. Non<br />
era alla fine mai ancor assuefatta la Terra veder tra le pure Creature<br />
mistici Cedri incorrotti esser dal Libano di questo Mondo interamente<br />
trasportati ed eternati nel Cielo. Quel che tutto mi sorprende, Uditori,<br />
è che alle maraviglie del Mondo un’eco più sonora facessero le maraviglie<br />
del Cielo. Angeli santi, beatissimi Spiriti e qual novità è mai questa<br />
dei vostri stupori nell’Assunta della vostra Sovrana in andar tra di voi<br />
richiedendo chi essa sia? E quali mai fastosi Apparecchi siano quei che<br />
per il suo pomposo Ingresso all’Empireo si fanno? Quae est ista, quae<br />
ascendit de deserto deliciis affluens (k) 108 ? Sapevate pur voi, che essendo ella<br />
paragonata al Cedro, esser doveva come il Cedro esaltata, quasi Cedrus<br />
exaltata. E se il Cedro, inter ceteras arbores maiestate excellens, altitudine<br />
eminet 109 , non era forse dovere che per Lei si apparecchiasse Incontro il<br />
più maestoso, Trono il più bello ed il Posto più alto lassù sopra di voi<br />
nel Cielo? Ma stolto me! Lo sapevan pur bene gli Angeli tutti, ma pure<br />
idear non si potevano tanto: onde sorpassando le feste e gli Apparecchi<br />
la loro aspettativa, a dar negli eccessi di maraviglia furono costretti.<br />
6. E come no? Al portar che essi facevano Nostra Signora al Cielo, ecco<br />
all’approssimarsi alla Luna, veggon tosto correr questa sotto i beati<br />
Piedi di Lei a servirle tutta umile di sgabello e riposo, Luna sub Pedibus<br />
eius (Apoc. 12) 110 . Si avvicinano indi al Sole e lo miran vestito di insoliti<br />
più purgati e lucenti splendori per circondarla ed abbellirla d’intorno<br />
con gli aureati suoi raggi, Amicta Sole. Si approssimano al<br />
Firmamento ed ecco staccarsi le Stelle più luminose e brillanti per formarle<br />
sul Capo un ricco prezioso Diadema, In Capite eius Corona<br />
Stellarum 111 . Giungon finalmente all’Empireo, e veggon il Re dei Re e<br />
gran Monarca dei Cieli venirle tutto festoso insieme e grazioso all’in-<br />
(k) Cant. 8.<br />
108 Chi è Costei che ascende dal deserto piena di delizie?<br />
109 E se il cedro primeggiando per maestà tra gli altri alberi sovrasta in altitudine…<br />
110 La luna sotto i suoi piedi.<br />
111 Sul suo capo una corona di dodici stelle.<br />
213
contro, Surrexit Rex in occursum eius (3 Reg. 2) 112 . Entrano in quella<br />
Patria beata ed ivi risuonando tutta di Evviva, di Cantici e di Inni, l’osservano<br />
sulle prime innalzata di gran lunga sovra de’ Cori più alti dei<br />
Serafini; indi collocata in altissimo Trono alla destra del Divin Verbo<br />
Umanato, Astitit Regina a dextris 113 ; poi incoronata dalla Triade sacrosanta,<br />
dall’eterno Padre come Regina di Potenza ed Arbitra dei Tesori<br />
Divini; dall’eterno Figlio come Regina di Sapienza e fida Interprete dei<br />
Divini Arcani; dallo Spirito Santo come Regina di Amore e<br />
Dispensatrice delle Divine Grazie; e da tutte e tre le Divine Persone<br />
come Imperadrice e Sovrana del Cielo, della Terra e di tutto il Creato.<br />
7. Ora pensate voi, se far poteva a meno il Cielo tutto spettatore di tanta Gloria<br />
e Grandezza di Maria, non riempirsi di gran maraviglia. Che perciò di nobile<br />
e gentil sentimento fu il Damasceno, qualora disse, che intanto il<br />
Redentore Divino nella sua Ascensione non condusse seco la Madre, appunto<br />
affin la Corte Celeste vedendola tanto simile a Lui nella bellezza e nella<br />
maestà della Gloria, non rimanesse titubante se a chi de’ due far doveva accoglienze<br />
maggiori, se alla Madre, se al Figlio: Ideo Matris in Coelum dilectus<br />
ascensus, ne forte coelesti curiae veniret in dubium cui potius occurreret, così gentilmente<br />
il Santo, Domino videlicet, vel Dominae ascendenti (De Excell. Virg. c. 7) 114 .<br />
8. Da tante maraviglie pertanto nacquero lassù nell’Empireo tutte quelle<br />
indicibil gioie ed allegrezze, di cui l’Assunta ed esaltazione sì gloriosa<br />
della Vergine lo fece ricolmo. Quindi non mancaron dotti Scrittori, che<br />
dissero, ed in specie Sant’Idelfonso, che la Festa dell’Assunta più propriamente<br />
chiamarsi potrebbe festa degli Angeli, che nostra, per esser<br />
stata l’origine di tanta loro Allegrezza.<br />
9. Ma non è però, Uditori, che ancor festa nostra noi non possiamo con tutta<br />
ragione chiamarla. Perciocché se la nostra Sovrana, per attestato suo esal-<br />
112 Sorse il re per incontrarla.<br />
113 Stette la regina alla destra.<br />
114 Perciò fu cara l’ascesa al cielo della Madre, perché non venisse in dubbio alla celeste curia<br />
a chi piuttosto dovesse andare incontro: cioè al Signore o alla Signora ascendente.<br />
214<br />
tata fu a guisa del Cedro, Quasi Cedrus exaltata sum: questo, allo scriver di<br />
Dioscoride (lib. 1, c. 86) essendo un albero assai vasto e grande, latissime<br />
ramos diffundit, spande i suoi odoriferi e benefici rami in grande distanza.<br />
Così essa nell’Assunta sua gloriosa fu a Tutti di giovamento e specialmente a noi<br />
miseri Peccatori. Quindi Santa Chiesa a riempirci anche noi di gaudio, non<br />
meno che gli Angeli, tutta festosa ci invita, Hodie Maria Virgo Coelos ascendit:<br />
gaudete 115 (Antiph. ad Magnif. in 2 vesp.) e ce ne adduce la ragione,<br />
dicendo perché essa ha col suo Divin Figlio il beatissimo Regno: gaudete,<br />
quia cum Christo regnat in aeternum. Che arcano egli è mai questo, Uditori?<br />
Giacché il tempo per fuggirmi ha impennate troppo veloci le ali, ve lo dica<br />
per me l’Angelico San Tommaso e ve lo spieghi per chiusa del mio<br />
Discorso. Allorché Nostra Signora fu Assunta in Cielo, divise il suo Figlio<br />
Divino quel Regno Beato; e la metà per lui ne ritenne come Re di<br />
Giustizia, l’altra metà ne cedette alla Madre come Regina di Misericordia:<br />
così essa, come Arbitra, fosse a tutti di giovamento e ai Giusti per aiutarli<br />
a salir nel Regno della giustizia ed ai Peccatori compunti per porger loro<br />
la Mano e tirarli nel Regno della misericordia. Hodie, dunque, Maria Virgo<br />
Coelos ascendit: gaudete, lasciate che io con la Chiesa a vostra e mia gran consolazione<br />
lo ripeta, gaudete, quia cum Christo regnat in aeternum.<br />
10. Sì, sì, già pieni di giubilo ricrearsi si sentono i nostri Spiriti, o eccelsa<br />
nostra Signora; già i nostri Cuori dal tripudio dilatati pur sono. Dunque<br />
voi, essendo nella vostra Assunta, esaltata come il Cedro del Libano, foste di stupore<br />
a tutto il Mondo, di maraviglia ed allegrezza a tutto il Cielo ed a Tutti di<br />
giovamento, specialmente a noi miseri Peccatori? O siano pur mille benedizioni<br />
al grande Iddio ed a voi mille congratulazioni ed evviva! Speriamo noi<br />
dunque, vostra mercè, avere un giorno la bella sorte di goder con la presenza<br />
tutte le vostre esaltazioni e grandezze, che or così ci ricreano con<br />
la sola memoria. Ma intanto ci sia almen da voi permesso con voi abitar<br />
col cuore lassù nel Cielo. Sì, sì, Trahe nos post Te, o Sancta Mater 116 , conchiuderò<br />
col vostro diletto Giovanni Leonardo: Madre del mio Gesù e del<br />
mio Dio, tirate al Ciel con voi anche il cuor mio. Amen.<br />
115 Oggi la Vergine Maria sale al cielo: rallegratevi perché con Cristo regna in eterno.<br />
116 Traeteci dietro di Te o santa Madre.<br />
215
CAP. III<br />
SERMONCINI FAMILIARI<br />
PER OGNI SABATO<br />
DELL’ANNO 1753<br />
217
218<br />
Pietro Alemanno, Madonna delle Grazie o del Clero che veniva e viene esposta<br />
a turno nelle varie parrocchie della città, tempera su tavola, 1480-1490,<br />
Ascoli Piceno, Cattedrale.<br />
Introduzione al capitolo<br />
I Sermoncini per i sabati dell’anno 1753 sono 11 e furono proposti dal 12 maggio<br />
al 1 dicembre con l’interruzione del mese di ottobre, perché vacanza. I primi otto<br />
sono abbozzati secondo lo stile dell’anno precedente, con un argomento ben definito,<br />
l’introduzione e i vari punti; questi ultimi sono quasi sempre proposti in forma schematica.<br />
Lo stile si mantiene chiaro e familiare e rimane vivissima la finalità<br />
dell’Autore di promuovere e diffondere la devozione mariana.<br />
Dal 16 novembre fino al 14 settembre dell’anno successivo i Sermoncini trattano<br />
la spiegazione delle varie parti della santa Messa ed il rapporto di Maria con i Santi<br />
Misteri.<br />
Per non interrompere la trattazione tematica, gli ultimi tre Sermoncini dell’anno<br />
1753 vengono inseriti con quelli dell’anno successivo. In questo modo il gruppo di<br />
quelli dell’anno 1753 è costituito da otto composizioni. La maggior parte di esse 5/8<br />
fanno parte della miscellanea n. 23; 2/8 fanno parte della miscellanea n. 35; infine<br />
uno sulla natività di Maria fa parte della miscellanea n. 51, che raccoglie le omelie<br />
per il triduo e la festa dell’Immacolata.<br />
219
SERMONCINO FAMILIARE SOPRA LA SS.ma VERGINE<br />
Recitato Sabato 12 Maggio 1753<br />
nella Chiesa Prepositurale di San Giacomo Apostolo,<br />
in occasione della miracolosa Immagine della SS. Vergine,<br />
detta del Clero, ivi, secondo il giro, esposta<br />
Il Sermoncino è sviluppato ampiamente in dieci punti, anche se l’ultimo si interrompe<br />
con l’indicazione di un esempio da portare; nel fascicolo seguono poi pagine<br />
bianche. È stato abbozzato dall’Autore in sei ore 1 e recitato nella chiesa di San<br />
Giacomo, vicina all’Istituto, come l’anno precedente, in occasione della venuta della<br />
miracolosa immagine della SS.ma Vergine che si tratteneva esposta alla devozione dei<br />
fedeli, per una settimana, nelle Chiese parrocchiali o più grandi della città. Questa<br />
bella tradizione continua fino ad oggi.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> propone un argomento che definisce un po’ spiritoso e cioè: “Per onorar<br />
la Vergine e per impetrare da Lei le grazie, si richiede buona memoria, miglior<br />
ingegno ed ottimo giudizio”.<br />
Inizia spiegando il significato dei termini memoria, ingegno e giudizio e le cause<br />
naturali e volontarie da cui dipendono.<br />
La “buona memoria” per il vero devoto di Maria consiste nel conoscere i continui<br />
favori che la celeste Signora gli concede, ricordarsene spesso e mostrarle gratitudine;<br />
il “migliore ingegno” consiste nell’inventare sempre nuovi mezzi, ossequiarla e farla<br />
sempre più ossequiare da altri. “L’ottimo giudizio” consiste nello scegliere con prudente<br />
riflessione e consiglio i mezzi più propri, più cari alla Vergine e più profittevoli per<br />
raggiungere l’intento.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> porta poi le prove al contrario, cercando di immaginare con esempi<br />
concreti gli atteggiamenti di chi, pur essendo stato beneficato dalla Vergine santa,<br />
lo dimentica.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 103-112.<br />
1 Così si legge tra parentesi accanto al titolo.<br />
220<br />
Argomento<br />
Il vero Divoto della Vergine deve procurar di avere buona Memoria,<br />
miglior Ingegno ed ottimo Giudizio, sì per maggiormente promuovere<br />
il culto di Lei, che per ottenere più efficace il suo Patrocinio<br />
Inerendo agli alti, sapientissimi, amorosi disegni della Provvidenza<br />
Divina in ordinare e disporre nella Chiesa Cattolica le funzioni sacre, ed<br />
in particolare i gloriosi Trasporti dei divoti Simulacri processionalmente<br />
da un Tempio in un altro; sono io in questa sera, come nell’anno scorso,<br />
a recitar qui tra voi ed alla vostra presenza, Uditori Riveriti, il mio solito<br />
famigliare Ragionamento del Sabato; tuttoché, come voi ben sapete,<br />
per altro Luogo esser destinato doveva. Or buon per me, che vedendomi<br />
stasera onorato con un assai più numeroso Uditorio, con un numero maggiore<br />
ancor m’imbatto di Animi divoti e sagaci; che per poco io loro proponga<br />
le cose, già mi precorrono con l’intendimento, ed ogni mia aspettazione<br />
prevengono. Perciocché chi vi è mai tra voi, Ascoltanti, che non<br />
sappia aver Iddio nella sua Chiesa disposto sin da’ secoli primi della<br />
Cristianità le traslazioni divote processionalmente fatte o delle sacre<br />
Reliquie, o delle sacre Statue ed Effigie, non con altro disegno, se non<br />
affin il Culto ed onor suo rimanesse quaggiù tra noi maggiormente esaltato;<br />
ed i pii Fedeli per tal mezzo vieppiù di favori e di grazie ricolmati<br />
venissero? I Dottori tutti al certo a gran ragione concordano che i divini<br />
disegni in funzioni tali siano, ob maiorem Dei Cultum promovendum, et ob uberiores<br />
a Deo gratias obtinendas 2 . Cosicché e voi ed io dedurre con tutto fondamento<br />
possiamo, che intanto in questi giorni codesta sacra veneratissima<br />
Effige di Nostra eccelsa Signora Maria SS.ma si trovi processionalmente<br />
trasportata, ed in ricco Altare esposta in questo sacro Tempio,<br />
appunto, ob maiorem Deiparae cultum promovendum, ac ob uberiores a Deipara<br />
gratias obtinendas. La Vergine, insomma, qui ora si trova e per la sua maggior<br />
gloria e per il nostro maggior bene. Questi sono i suoi alti Disegni e<br />
del suo Divin Figlio. Vuole esser Ella vieppiù onorata; e vuol che noi<br />
impetriamo da Lei più segnalati favori. Or per aderire a tali amorosi ed<br />
ineffabili disegni, che mai potrò dirvi io in questa sera, Uditori? Sentite<br />
2 Per promuovere maggior culto di Dio e per ottenere da Dio grazie più copiose.<br />
221
un mio pensiero. So, lo chiamerete sulle prime spiritoso, vivace e bizzarro<br />
piuttosto, che divoto. Ma pure uditelo e riponete alla fine il censurarlo.<br />
Eccolo. Per onorar la Vergine e per impetrar da Lei le Grazie, si richiede<br />
buona Memoria, miglior Ingegno, ottimo Giudizio. L’attenzione non la chiedo,<br />
giacché una curiosità innocente che nel vostro stesso sembiante io ravviso,<br />
già da sé la riscuote. Incomincio pertanto.<br />
1. E qui affin di sfuggire ogni oscurità ed abbaglio, è duopo che sveli sulle<br />
prime con ogni più possibil chiarezza cosa io intenda sotto nome di<br />
Memoria, d’Ingegno e di Giudizio. Per Memoria dunque denotar qui<br />
voglio soltanto quella cognizione e ricordanza che noi abbiamo delle<br />
cose già conosciute altre volte, con la riflessione bensì ed avvertenza che<br />
già altre volte le conoscemmo. Per Ingegno intendo quella perspicacità e<br />
sottigliezza o sia acutezza e vivacità della Mente nostra nell’intender e<br />
capire le cose e nell’inventar dei nuovi pensieri, dei nuovi mezzi, delle<br />
nuove ragioni. Per Giudizio poi intender voglio quel saper sceglier tra<br />
le cose le migliori, le più proprie, le più profittevoli: il che si dice<br />
appunto da noi Italiani Buon Gusto.<br />
2. Or nel sentirmi che per onorar la Vergine e per impetrar da Lei le Grazie,<br />
si richiede buona Memoria, miglior Ingegno ed ottimo Giudizio, veruno<br />
aspetti da me, Uditori, che dettare io voglia un qualche gentile e<br />
curioso Trattato di Animistica, e spiegare le cagioni per cui talora si<br />
abbia Memoria cattiva, Ingegno debole, Giudizio guasto; oppur decifrare<br />
i rimedi ed i mezzi per aver Memoria pronta e tenace, Ingegno vivace<br />
e sottile, e Giudizio sano e prudente. Non è questo il mio Assunto,<br />
la mia meta, lo scopo. Potrei sì non lo nego, per soddisfare ad una<br />
vostra innocente curiosità, come per digressione dimostrarvi, fondato<br />
su di sode ragioni e di osservati esperimenti, come le qualità della<br />
Memoria, dell’Ingegno e del Giudizio, talora da naturali cagioni e talora<br />
da volontarie cause dipendono. Da naturali cagioni, cioè dai nostri<br />
temperamenti, più o meno atti ad abilitare, o impedire gli uffizi<br />
delle nostre spirituali Potenze. Perciocché chi è di temperamento<br />
tardo o sia pigro e pituitoso o sia flemmatico, è naturalmente di buona<br />
Memoria, ma di tenue Giudizio e di debolissimo e grosso Ingegno. Chi poi<br />
è di temperamento sanguigno, ardente e vivace, possiede di sua natu-<br />
222<br />
ra Ingegno grande, Memoria mediocre, Giudizio scarso. Onde non errò chi<br />
disse di quell’Uomo acutissimo di Caramuele, che egli ebbe Ingenium<br />
ut octo, Memoriam ut quatuor,Judicium ut unum 3 . E lo stesso dir si<br />
potrebbe del celebre Giovanni Pico della Mirandola, del nostro Cecco di<br />
Ascoli e di tanti altri, che al formidabile naturale Ingegno, accoppiarono<br />
una sola passabil Memoria e sì poco Giudizio. Chi poi è di temperamento<br />
malinconico ed umido, è naturalmente di Mente confusa e di<br />
fantasia assai viva e gagliarda, facile però a dar nel fanatismo ed a creder<br />
per visioni i suoi sogni e deliri. Un misto poi di qualità di<br />
Memoria, d’Ingegno e Giudizio possiede chi è di un misto temperamento,<br />
tuttoché sempre penda al suo predominante temperamento.<br />
3. Tutto ciò ripiglio, dimostrar vi potrei, come per episodio; ed aggiungervi,<br />
che anche le volontarie cagioni influiscono, e forse forse con più di<br />
efficacia, sulle qualità buone o cattive della Memoria, dell’Ingegno e<br />
Giudizio. Al certo, chi con l’Orazione e con l’esercizio la Memoria coltiva e<br />
l’Ingegno, a sufficienza almeno, eziandio il temperamento gli sia contrario,<br />
sempre ne possiede: laddove la pigrizia, l’ozio e l’ignoranza ingrossano<br />
e l’una e l’altro, e per dir così le inabilitano, ancorché naturalmente<br />
fossero di grado eminente. Così chi con la scelta di buoni Metodi, di ottimi<br />
Condottieri e Maestri, di ben ponderate e spassionate riflessioni regolasse il<br />
suo Giudizio e molto più col chieder lume dal celeste Datore di ogni<br />
Bene; al certo, benché ogni temperamento gli fosse contrario, di un ottimo<br />
Giudizio si troverebbe fornito. Ma quis est hic? 4 Converrebbe certamente,<br />
che siccome l’Uomo è assai pronto a rimediar i mali temperamenti<br />
col beneficio dei naturali ripari, consistenti nella qualità dei cibi,<br />
dell’aria e somiglianti: così prontissimo vièppiù fosse a riparar le volontarie<br />
storture e svogliatezze con i rimedi poc’anzi accennati. Ed allora<br />
ognuno al certo possederebbe, se non in eminenza, a sufficienza almeno,<br />
una buona Memoria, un Ingegno acuto, un sodo e prudente Giudizio.<br />
3 Ebbe un ingegno come fossero otto, la memoria come quattro, il giudizio come uno solo.<br />
4 Chi è costui?<br />
223
4. Ma io, lo ripeto, non voglio su di ciò far parola. Non è questo il mio<br />
Assunto. Chi tra voi è erudito, lo veda da sé presso i filosofi moderni,<br />
che sono in ciò senza fallo i più purgati, i più esperti, i più saggi.<br />
Il solo celebre <strong>Antonio</strong> Genovese, ancora vivente e stupore, per dir così,<br />
del secolo nostro, può nella sua Logico-Critica darne a tutti una lezione<br />
maestrale.<br />
5. Rientriamo sulla meta. Col proporvi io dunque, che per onorar la Vergine<br />
e per impetrar da Lei le Grazie si richiede buona Memoria, miglior Ingegno,<br />
ottimo Giudizio, altro intender non volli, se non che il vero Divoto di<br />
Maria conoscer doveva i continui favori che dalla Celeste Signora gli<br />
venivano concessi e con ricordarsene spesso mostrargliene la<br />
Gratitudine. Ecco la buona Memoria. Inoltre, che per mostrarsele grato,<br />
andar doveva ripensando ed inventando dei nuovi mezzi per più ossequiarla<br />
e per farla più ossequiare da altri. Ecco il miglior Ingegno.<br />
Finalmente, per eseguire il tutto, doveva con prudente riflessione e consiglio<br />
considerare e sceglier i mezzi più propri, più cari alla Vergine, più<br />
profittevoli per sé e per altrui, affin la Vergine rimanesse vieppiù onorata<br />
e servita. Ed ecco l’ottimo Giudizio. Chi vi ha dunque ora tra voi,<br />
Uditori Riveriti, che non accordi con me per molto proprio il mio<br />
Assunto, che cioè per onorar la Vergine, come dissi, e per impetrar da Lei le<br />
Grazie, si richiede buona Memoria, migliore Ingegno, ottimo Giudizio.<br />
6. Deducetelo voi stesso a contrariis 5 e poi alla vostra giustizia mi appello.<br />
Fingete un Cristiano, ricoperto continuamente di favori dalla Regina<br />
del Cielo (come già ricopre ciascuno) e poi ingrato, sconoscente, non<br />
facesse mai rimembranza costui di sì cortese Benefattrice e di più neppur<br />
da Lei tante finezze riconoscesse. Qual mai onore, di grazia, darebbe<br />
alla Vergine un Uomo di sì cattiva Memoria? Quali favori da Lei<br />
aspettar più potrebbe? Anzi qual dispiacere a Lei non darebbe e quali<br />
castighi non si meriterebbe tuttora? Fingete di vantaggio, che tuttoché<br />
alla fine conoscesse il suo obbligo, pure tutto freddo, pigro ed istupidito,<br />
non sapesse risolversi, né tentar qualche esercizio divoto per glorifi-<br />
5 Da argomenti contrari.<br />
224<br />
care e servire la Celeste Signora; onde così neghittoso e di grossolano<br />
rustichissimo Ingegno se la passasse tuttora: ditemi, che più stomachevole<br />
Uomo di questo agli occhi della Gran Madre di Dio, dar si potrebbe?<br />
Finalmente fingete, che alla fine pensati e ripensati vari mezzi per<br />
mostrarsi divoto, scegliesse o i meno efficaci, come sono certe semplici<br />
Recite, fatte Dio sa con quale Anima e con qual cuore; oppure i meno<br />
durevoli, come sono certi impetuosi trasporti di eccessive penitenze o di<br />
lunghissime ed innumerabili orazioncine: favoritemi, di quale scarso,<br />
anzi storto e bistorto Giudizio non sarebbe costui? Di quali Grazie potrebbe<br />
mai ripromettersi, qualor la sua semplicità ed il suo buon cuore non<br />
lo scusasse ed insiem non l’aiutasse? Deducetelo dunque voi stessi,<br />
Uditori, ripiglio, argomentando a contrariis, quanto sia vero che per onorar<br />
la Vergine e per impetrar da Lei le Grazie, si richiede buona Memoria,<br />
miglior Ingegno, ottimo Giudizio. Quanto a me, per non offender punto<br />
l’alto vostro discernimento in apprender sì felicemente il molto dal<br />
poco; non volendone formar più raziocinio, passo a darvene con un bel<br />
fatto il contesto: e del successo abbiatene tutta la fede ad Errigo Gran,<br />
che nel suo Specchio Istoriale, alla nona distinzione, ed all’esempio centesimo<br />
decimo terzo lo riporta.<br />
7. Ispirato da Dio un buon Giovane, domandò l’Abito santo della sacra<br />
Certosa. Non aveva egli a suo favore per essere ammesso certe Lettere,<br />
che si dicono di Raccomandazione, voglio dir Lustro di Natali, di facoltà<br />
di sapere. Era nato bassamente, povero e rozzo. Onde altro capitale<br />
non si ritrovata, se non quello da noi desiderato, per rapporto della<br />
Divozion della Vergine, cioè una molto buona Memoria, un miglior<br />
Ingegno, un ottimo Giudizio. E ci par poco? Disse ai suoi Monaci, tosto<br />
che se ne avvide il Priore allor vivente della Gran Certosa, chiamato<br />
Guidone; e ci par poco? Anzi questo è il più gran capitale che aver possa,<br />
non dico un Giovinetto Secolare, ma un Religioso provetto. Via su, si<br />
ammetta pure per nostro Converso. Così accettato fu ed ammesso, nell’anno<br />
appunto di Nostra Salute 1082.<br />
8. Io non voglio star qui, Uditori, a raccontarvi diffusamente la vita virtuosa<br />
ed esemplarissima in tutto di questo fortunato Certosino. Vi dirò<br />
solo in sommario che egli aveva talmente impressi nella mente i favori<br />
225
di Maria SS.ma, e così spesso gliene rendeva le grazie, che voi quasi del<br />
continuo trovato lo avreste genuflesso avanti una divota Immagine di<br />
Maria e bagnato per tale effetto di copiose lagrime. Qualora poi, passava<br />
camminando innanzi a qualche sacra di Lei effigie, i ringraziamenti<br />
erano i primi suoi affetti e sospiri, che alla Gran Regina del Cielo inviava.<br />
O che buona Memoria, che Memoria pronta, tenace, felicissima!<br />
Inoltre, siccome per quanto mai di fedele e puntuale servizio alla sua<br />
Signora prestava, non si trovava mai pago e soddisfatto (giacché il proverbio<br />
non falle, Amanti numquam satis 6 ), pensava sempre altri modi,<br />
inventava altri mezzi, tentava nuove vie per più servirla. O che felice<br />
Ingegno, che Ingegno sottile, nobile ed elevato! Per finirla, trovati i<br />
mezzi, procurava sempre di sceglier quei che più onorevoli alla Gran<br />
Vergine le sembravano; quei che più propri alle sue forze, al suo stato;<br />
quei che da’ più savi e giudiziosi maestri di spirito gli venivan lodati ed<br />
approvati. O che ottimo Giudizio, che Giudizio sano, nobile e prudentissimo!<br />
9. Pensate ora voi, Uditori, se con sì eccellente capitale di Memoria,<br />
d’Ingegno e di Gudizio, quanto restar glorificata dovesse Maria SS.ma<br />
da codesto suo divoto Converso; e quanti mai favori continuamente a<br />
larga mano gli dispensasse. Troppo vasto sarebbe il campo che qui mi<br />
si aprirebbe, se di tutto favellar vi volessi. Uditelo da un sol fatto;<br />
che nel tempo stesso condurrà e me alla chiusa del mio discorso e voi<br />
alla fine del tedio in ascoltarmi.<br />
10. Fremendo il demonio delle fortune di codesto buon Certosino, né<br />
ammirare e tollerar più potendo da lungi quel suo gran fondo di pietà<br />
e di divozione verso l’Imperadrice del Cielo; giurò di fargli perdere ad<br />
un tratto ogni felicità di Memoria, di Giudizio e d’Ingegno. Quindi<br />
mentre il buon monaco se ne stava una notte nel suo camerino a<br />
coltivar con l’Orazione la sua Mente e il suo Cuore, eccoti tutto<br />
improvviso.<br />
6 Per chi ama non è mai abbastanza.<br />
226<br />
SERMONCINO<br />
Recitato nel Sabato di Pentecoste 9 Giugno 1753<br />
Il Sermoncino sviluppa l’introduzione ed indica in cinque punti lo schema della<br />
trattazione dell’argomento. L’Autore ricorda quello trattato l’anno precedente nella<br />
stessa occasione della vigilia di Pentecoste e si propone di approfondirlo presentando<br />
aspetti nuovi in stile ancor più familiare.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 214-215.<br />
Argomento<br />
Per ricevere, per conoscere e per eseguire gli impulsi dello Spirito Santo<br />
non vi è il più bel mezzo che farsi divoto di Maria SS.ma<br />
La ricorrenza delle Feste solenni, ognun lo sa, essere stata istituita e affin<br />
Iddio sempre più resti in esse da noi glorificato; ed affin noi sempre più<br />
acquistiam in quelle maggior divozione e maggiori grazie. Or ecco uno<br />
de’ Fini, per cui sin dagli Apostoli e poi sempre dalla Cattolica Chiesa,<br />
ordinata venne in ciascun’anno, nel cinquantesimo giorno dopo Pasqua,<br />
la Pentecoste o sia la rimembranza gloriosa della Venuta dello Spirito Santo.<br />
Appunto, affin e lo Spirito Santo, ecc. e noi, ecc. Or se nello scorso anno vi<br />
parlai in tale occasione sopra come Maria SS.ma impetrava ai suoi Divoti<br />
la pienezza dello Spirito Santo, acciocché procurasse di crescer vieppiù<br />
nella divozione verso sì eccelsa Signora: voglio ancor in questa sera, con<br />
un modo però più famigliare, affin maggiormente v’impegniate ad esser<br />
veri Ossequiosi della Vergine, voglio, dissi, mostrarvi come per ricevere,<br />
ecc. Attenti di Grazia all’esposizione del mio Assunto, ed incomincio.<br />
1. Cosa s’intendano per Impulsi, ecc., cioè illustrazioni di mente, ed eccitamenti<br />
buoni di cuore, ecc. Tre sono le principali Grazie che far suole lo<br />
Spirito Santo alle Anime, che trova disposte o almen che si mostrano<br />
grate col corrispondere; cioè il donare, l’illuminare, l’infiammare, ecc.<br />
E tre gradi ancor vi sono di corrispondenza per parte delle Anime, cioè<br />
ricevere, conoscere, eseguire gli Impulsi, ecc.<br />
227
2. Grazia singolarissima, non può negarsi, è il donare, ecc. ed il ricevere, ecc.<br />
Qui si spieghino gli Impulsi generali ecc. e particolari ecc. Maggiore il<br />
conoscere, ecc. Massima l’eseguire, ecc.<br />
3. Or notate, come Maria SS.ma, ecc.<br />
4. Esempio di quel Predicatore malvagio convertito, ecc.<br />
5. Nella Perorazione dir gli Impulsi di cose di obbligo, ecc. e di cose di<br />
consiglio, ecc.<br />
228<br />
SERMONCINO FAMIGLIARE<br />
Recitato Sabato 16 Giugno 1753,<br />
Sabato precedente alla Festa della SS.ma Trinità<br />
L’Autore ricorda nell’introduzione il tema svolto l’anno precedente nella stessa circostanza<br />
della vigilia della SS.ma Trinità e, per non ripetersi, tratterà un argomento<br />
affine, non però in modo oratorio, bensì istruttivo e cioè come dobbiamo ringraziare<br />
la SS.ma Trinità per i benefici concessi a Maria SS.ma e quale ricompensa possiamo<br />
sperarne.<br />
Viene indicato uno schema di cinque punti per trattare l’argomento. Il motivo del<br />
nostro ringraziamento alla SS.ma Trinità è per la grande Potenza, la somma<br />
Sapienza e l’immenso Amore che concedette alla Regina del cielo.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 210-212.<br />
Argomento<br />
Godendo molto la Vergine che da sua parte si ringrazi<br />
la SS.ma Trinità, deve ognuno aiutarsi a farlo<br />
come essa stessa insegnò e desidera<br />
In un giorno, come oggi, in cui si incomincia a far memoria della solennità<br />
gloriosissima, che dimani ricorre, della SS.ma Trinità; al certo ogni vero<br />
Divoto di Nostra Immacolata Signora, incominciare ancor deve con più di<br />
fervore a ringraziar da parte della medesima Signora nostra le tre augustissime<br />
Divine Persone per li tanti favori ad lei compartiti. Ben io mi ricordo,<br />
R(iveriti) U(ditori), avervi nell’anno scorso da questo Luogo e con ragioni e<br />
con esempi dimostrato quanto era e sia grato alla Vergine il ringraziar da sua<br />
parte la Triade Sacrosanta. Onde in questa sera, affin di non ripetervi lo stesso,<br />
basterà a voi ed a me che altro non vi additi se non il modo come far noi dobbiamo<br />
questo Ringraziamento; e qual ricompensa sperar ne possiamo. Il discorso<br />
sarà, non oratorio, ma tutto istruttivo. Onde maggior attenzione richiede si<br />
da voi in udirlo, che da me in farlo. Incominciamo.<br />
1. A tre Capi ridurre si possono tutti i Favori e tutte le Grazie, per cui<br />
dobbiamo noi ringraziar di buon cuore a nome della Gran Vergine la<br />
Trinità Sacrosanta; cioè alla Potenza, alla Sapienza, all’Amore o sia Carità.<br />
229
Perciocché per attestato della Vergine stessa ad un suo Divoto, di queste<br />
tre Virtù fu singolarmente molto arricchita da Dio; e su di queste<br />
tre Virtù può dirsi esser racchiuse tutte le altre Grazie singolarissime<br />
che ricevette. Onde ne viene che il più bel modo che tener noi possiamo<br />
in ringraziar la SS.ma Trinità da parte di Nostra Signora, è il renderle<br />
grazie della Gran Potenza, della Somma Sapienza, dell’immenso<br />
Amore che le concedette.<br />
2. Ed oh, Uditori, che altissimi Misteri io ravviso sotto queste tre Virtù<br />
sublimissime, Potenza, Sapienza ed Amore, concesse a larga mano alla<br />
Vergine.<br />
Primo, io vi ravviso le ineffabili operazioni e gli eccessi di finezze del<br />
donatore. Perciocché, siccome favellando noi dei Divini Attributi, la<br />
Potenza si attribuisce all’Eterno Padre, ecc., la Sapienza all’Eterno Figlio,<br />
ecc.; l’Amore all’Eterno Spirito Santo, ecc.; perciò noi ringraziando, ecc.<br />
Secondo, vi ravviso ancora le perfezioni singolarissime dell’Anima di<br />
Maria, ecc. La Potenza e l’Amore denotano l’efficacia e santità della sua<br />
Volontà nell’amare e servire a Dio: la nobiltà ed eccellenza del suo illuminato<br />
Intelletto e Divina Memoria nell’altezza delle cognizioni, ecc.<br />
Terzo ravviso la nobiltà e l’altissimo grado delle sue eroiche virtù, ecc. Fede,<br />
ecc., Potenza, ecc., Speranza, ecc., Sapienza, ecc., Carità, ecc., Amore, ecc.<br />
3. Io trovo, che la Vergine disse a S. Metilde, ecc. che ringraziasse, ecc. per<br />
la Potenza, ecc. nella sua Immacolata Concezione, ecc. Ad un suo divoto poi<br />
ecc. nella sua Assunzion, ecc.<br />
4. Onde ecco il modo, ecc. così l’insegnò la Vergine a S. Metilde (che ogni<br />
giorno lo faceva, ecc.); e ad un suo divoto, ecc.<br />
5. Il Proemio, ecc. L’esempio, ecc. di S. Lutgarda.<br />
230<br />
SERMONCINO FAMILIARE<br />
Recitato il 2 Luglio 1753,<br />
ricorrendo la Festa della SS.ma Visitazione di Nostra Signora a Santa Elisabetta<br />
Il Sermoncino per il sabato mariano, che cade nella festa della Visitazione di<br />
Maria a Santa Elisabetta, offre all’Autore lo spunto dell’argomento. Tale festa,<br />
infatti, ravviva le nostre speranze di avere dalla Vergine efficace rimedio e riparo a<br />
tutte le nostre sventure perché si degna in persona di effettuare le promesse fatte di visitare<br />
e confortare i suoi servi.<br />
Vengono annotati in modo schematico, negli ultimi punti del Sermoncino, vari<br />
nomi di persone che furono consolate dall’aiuto della Vergine santa.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC; 23, pp. 257-259<br />
(45-47).<br />
Bonifazio Nardini, Visita di Maria a Sant’Elisabetta, affresco, 1751, Ascoli<br />
Piceno, Casa Madre, lunetta nel locale della prima Chiesa a piano terra, oggi utilizzato<br />
come sala di ricevimento.<br />
231
Argomento<br />
Nella Festa della Visitazione, siccome si ravvivano più che mai le nostre<br />
Speranze, così deve più che mai risvegliarsi la nostra Divozione<br />
A Persone, come noi siamo, misere albergatrici di questa Valle di Lagrime,<br />
soggette a mille disgrazie e di Anima e di Corpo, ricolme di imperfezioni e<br />
difetti senza numero, travagliate poi del continuo da passioni sconcertate e<br />
sconvolte e da innumerabili tentazioni; a Persone tali, ripeto, come non<br />
siamo, io non so, Uditori, se possa loro presentarsi un Giorno più lieto e più<br />
proficuo, quanto è quello, in cui abbiam forte motivo di ravvivar più che mai<br />
le loro troppo languide e quasi abbattute Speranze? Or ecco quel Giorno<br />
appunto, Uditori, dedicato alla SS.ma Visitazione di Nostra Immacolata<br />
Signora, fatta a S. Elisabetta; Giorno in cui le Speranze nostre ravvivate vengono<br />
talmente di aver noi dalla Vergine pronto ed efficace rimedio e riparo<br />
a tutte le nostre sventure; onde io, favellar dovendovi della suddetta festa,<br />
dispensarmi non posso dal formarvene questo Assunto, cioè In questa festa<br />
della Visitazione ravvivandosi più che mai le nostre Speranze, deve più che mai risvegliarsi<br />
la nostra Divozione. Favorite di ascoltarmi: e poi decidete della verità<br />
dell’Assunto.<br />
1. Essendo la Speranza una Virtù che si fonda sulla verità e certezza delle<br />
ricevute Promesse, ne viene che quanto più sono certe e sicure le<br />
Promesse; e quanto più fermamente si tengono e si credono; tanto più<br />
la Speranza è ben fondata e ben viva. Or certe ed infallibili son senza<br />
fallo, Uditori, tutte le Promesse che Iddio ci ha fatte sì per quel che<br />
riguarda l’Anima, che il corpo; sì il temporale, che l’eterno. E lo stesso<br />
dite voi per quel che riguarda la Vergine Nostra Signora, che appunto<br />
è intitolata Mater Sanctae Spei 7 . Onde per tal verso son le nostre Speranze<br />
assai bene e fortemente fondate.<br />
2. Così pur fossero sempre vive e non bene spesso quasi titubanti e languide.<br />
Questa vivezza però tuttoché dipenda da noi, mediante l’unir che<br />
7 Madre della Santa speranza.<br />
232<br />
facciamo alla certezza delle avute Promesse una ferma e viva credenza,<br />
ed una vita divota e fervorosa; non è però che talvolta Iddio e la sua<br />
Madre SS.ma non si degnino ravvivarcela con l’oprar maraviglie in comprova<br />
delle date assicurazioni e promesse.<br />
3. Or io per me, vi assicuro, Uditori, che se in tutti i misteri della gran<br />
Vergine le speranze nostre hanno sempre per mille versi un forte motivo<br />
di una grande vivezza; in questo però della Visitazione, bisogna pur<br />
confessare, che vengano più che mai ravvivate. Uditene la ragione, il<br />
fondamento. In tutti gli altri Misteri di Maria, contempliamo noi sì ed<br />
ammiriamo le sovra eroiche sue virtù, le sue ineffabili Grandezze; e sperimentiamo<br />
sempre, nol nego, gli effetti misericordiosi della sua liberalissima<br />
Beneficenza. Ma l’osservare di più in questo mistero della<br />
Visitazione essa medesima la Gran Signora dell’Universo degnarsi in<br />
Persona di effettuar le Promesse fatte di visitare e confortare i suoi<br />
Servi; o questo sì, che è un animarci molto a porre in Lei tutta, tutta la<br />
nostra confidenza; ed è un risvegliare in noi tutte le più vive Speranze.<br />
4. Lo provò sì S. Elisabetta, ecc.<br />
5. Ma non solo essa: ma altri innumerabili ancora; e tra gli altri le due<br />
Pastorelle di Fiesole in Toscana, ecc.; quel Giovane di nazione Francese, cui<br />
tagliata era stata la Lingua, ecc. L’altro giovane Engelberto Imeléo attratto<br />
nelle membra e deforme come un mostro, ecc.; la B. Veronica di<br />
Binasco, ecc. (vedi Auriemma).<br />
6. Che se questo Giorno dunque, ecc., deve anche in esso più che mai risvegliarsi<br />
la nostra divozione. L’esempio di Paola Centurioni, ecc., e del B.<br />
Gualtero di Birbach Monaco di Cistercio, ecc. (vedi Auriemma).<br />
233
SERMONCINO PER LA SS.ma NATIVITÀ DI MARIA<br />
Recitato a braccio Sabato 8 Settembre 1753<br />
Il Sermoncino, annota l’Autore, è “tirato a braccio” e sviluppato in due punti.<br />
Egli si propone di esporre l’argomento “con familiarità e chiarezza”, dimostrando con<br />
varie prove che la nascita della Vergine Santa, poiché può chiamarsi un giorno di pace<br />
tra Dio e l’uomo, così deve essere un giorno di conversione dell’uomo a Dio.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 51, pp. 299-301(19-21).<br />
Non aspetti veruno di voi in questo Festosissimo Giorno, Uditori, che io<br />
discorrer voglia della ineffabile e maravigliosa Natività di Nostra<br />
Immacolata Signora; talché io per appunto salito sia su questa Cattedra per<br />
ridirvene o la gran dovizia della Grazia che ella ebbe nel suo Nascimento o<br />
la propensione dell’Amore e delle altre eccelse Virtù o la sontuosità delle<br />
pompe che ne fecero gli Angeli o la grande allegrezza e gioia che Iddio stesso<br />
con vari segni ne mostrò. Lascio tutto ciò ad altri Oratori di me più esperti<br />
e facondi; giacché a me che privo son di fervore e di eloquenza, e in questo<br />
Luogo ancora a parlar famigliarmente sol destinato, tanto competer non<br />
può e non conviene. Vi dirò dunque solo in riguardo alla Festa presente<br />
quanto basti per risvegliare in voi un più tenero ossequio verso Nostra<br />
Signora e verso questo suo gran Mistero, che veneriamo in quest’oggi.<br />
Eccovene pertanto un Assunto: la Natività di Maria siccome può chiamarsi il<br />
Giorno della pace tra Dio e l’Uomo, così deve essere il Giorno della vera conversione<br />
dell’Uomo a Dio. L’Assunto ve lo esporrò con ogni familiarità e chiarezza, se<br />
della vostra attenzione a favorirmi sarete.<br />
1. Quel misericordioso ed amorosissimo Iddio, che con tanto buon cuore<br />
creò dal nulla tutte quante le Cose, creò anche l’Uomo, affin di riscuotere<br />
da questi quegli omaggi che eran si doverosi di amore, di servitù,<br />
di ubbidienza; e così poter godere con lui una pace perpetua e trovar in<br />
lui le delizie tutte del cuor suo divino. Ma l’Uomo, appena venuto<br />
all’essere, vedendosi adornato di un’Anima nobile e di libero arbitrio;<br />
quasi parendogli che anche senza Dio regger si potesse e oprar gran cose<br />
senza di Lui; poco curando la divina Amicizia e la Pace col suo supremo<br />
Signore, mostruosamente la ruppe; e poi vieppiù con l’aggiunta di<br />
nuove colpe ingratissimamente sempre l’avrebbe: donde nacque poi<br />
234<br />
quella deplorabile disunione tra Dio e l’Uomo: Iddio col tener sempre<br />
armata la destra di fulmini per atterrar l’Uomo; e l’Uomo sempre carico<br />
di mille sventure, castigato meritamente da Dio.<br />
1. Una molto esprimente figura tra mille di quanto sinora vi ho detto, noi<br />
la ritroviamo nella Sacra Scrittura in persona del Patriarca Giacobbe. Si<br />
trovava egli all’aperto in una notte, ed eccoti all’improvviso apparirgli<br />
un Giovane, quanto nobile di aspetto, altrettanto snello, forte e robusto:<br />
era egli un Angelo, ecc.<br />
In Nativitate Virginis facta est pax, et cessavit lucta: ideo dixit Angelus ad<br />
Jacob: dimitte me: jam ascendit Aurora, noctem peccati finiens, et dies gratiae<br />
inchoans 8 , così Zenone.<br />
Bartolomeo Vitelli, Natività di Maria, affresco, 1751, Ascoli Piceno, Casa Madre,<br />
lunetta nel locale della prima Chiesa a piano terra, oggi utilizzato come sala di<br />
ricevimento.<br />
8 Nella natività della Vergine fu fatta la pace e cessò la lotta: pertanto disse l’Angelo a<br />
Giocobbe: - Lasciami andare, già sale l’aurora che fa terminare la notte del peccato e incominciare<br />
i giorni della grazia.<br />
235
SERMONCINO FAMILIARE<br />
Recitato Sabato 15 Settembre 1753 sopra il SS.mo Nome di Maria<br />
L’Autore si propone di parlare dell’ineffabile nome di Maria per più sabati, lo<br />
farà infatti per altri due successivi, scegliendo un argomento comune. Qui spiega, in<br />
tre punti appena abbozzati, in che cosa consista la vera felicità e alcune qualità del<br />
nome di Maria. Conclude, come al solito, con alcuni esempi.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, p. 289 (73).<br />
Assunto<br />
Per ottener una vera Felicità non vi è più bel mezzo<br />
che esser divoto del SS.mo Nome di Maria<br />
Il Proemio si tiri su di quanto si vive impegnato di favellar di tal augustissimo<br />
Nome; del quale, tuttoché sia ineffabile, pure se ne discorrerà per più<br />
sabati, si propone un assunto generale, ecc.<br />
L’orazione sia tirata:<br />
1. spiegando in che consista la vera nostra Felicità, cioè qualora a nostro<br />
pro sia impiegata l’Onnipotenza e la Misericordia di Dio, ecc.;<br />
2. che il SS.mo Nome di Maria è un Nome potentissimo e misericordioso,<br />
ecc.;<br />
3. l’esempio di S. Filippo Benizi, ecc.; di quel Priore Agostiniano Romano,<br />
ecc.; di quel novello Cristiano Giapponese, ecc. vedi il P. Moscati sopra<br />
il Nome SS.mo di Maria;<br />
4. si conchiuda con S. Bernardo, In periculis, ecc. Mariam cogita, Mariam<br />
invoca, ecc. 9<br />
9 Nei pericoli pensa a Maria, invoca Maria. Sull’architrave della porta dell’oratorio della casa<br />
madre delle Pie <strong>Opera</strong>ie, Don <strong>Marcucci</strong> fa scrivere: “Mariam cogita” come invito a pensare<br />
a Maria.<br />
236<br />
SERMONCINO FAMILIARE<br />
Recitato Sabato 22 Settembre 1753<br />
pure sopra il SS.mo Nome di Maria<br />
L’Autore ricorda agli ascoltatori il tema del sabato precedente circa le qualità del<br />
Nome di Maria: “ripieno di potenza e di misericordia e come tale apportatore della<br />
vera felicità” a chiunque ne sia devoto.<br />
Vorrebbe ancora trattenersi su di esso, ma poiché resta solo un sabato, prima delle<br />
vacanze di ottobre, cercherà di proseguire con l’argomento generale 10 . Avvalendosi<br />
della dottrina di San Pier Damiani e di San Girolamo, enumera tre cause della<br />
potenza del nome di Maria e conclude con alcuni esempi.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 289-291(73-75).<br />
Assunto<br />
Essendo il SS.mo Nome di Maria un Nome ricolmo di Virtù,<br />
di Benedizioni e di Grazie, non può esser mai da noi invocato<br />
senza nostro grandissimo utile e vantaggio<br />
Il Proemio si può tirar con far veder quanto siano bene concatenate tra<br />
di loro le virtù, ecc., ver. gr. incominciando, sono sì bene concatenate tra<br />
loro, ecc. Lo stesso accade a me in favellar dovendovi delle Virtù all’intutto<br />
mirabili del Nome augustissimo di Maria, ecc. Ve lo mostrai appena<br />
nel sabato scorso un Nome ripieno di Potenza e di Misericordia, e<br />
come tale apportatore della vera felicità di chiunque ne era ossequioso e<br />
divoto; ed eccoti, che per via di una concatenazione indissolubile di mille<br />
e mille altre virtù e prerogative, mi si apre un campo vastissimo di palesarvi<br />
altre nuove maraviglie di tal Nome augustissimo. Ma perché un<br />
altro Sabato solo a parlarvi mi resta su di questo Luogo (entrando le<br />
imminenti vacanze di ottobre), voglio in questa sera tentar di epilogarvi<br />
in poco una gran parte, ecc. Eccovi pertanto l’Assunto: essendo il<br />
SS.mo Nome di Maria, ecc.<br />
10 Nel mese di ottobre si sospendevano anche le scuole.<br />
237
1. Che l’augustissimo Nome di Maria sia un Nome ricolmo di Virtù, di<br />
Benedizioni e di Grazie, da tre cause ed origini noi possiamo provarlo<br />
a priori, come parlan le Scuole e a maraviglia ricavarlo; cioè<br />
a. dalla Potenza di Dio che lo nominò e lo impose (così S. Pier Damiano<br />
e ne mandò l’avviso a S. Giovacchino, ecc., così S. Girolamo, ecc.);<br />
b. dalla dignità infinita di Madre di Dio, che con tal nome doveva<br />
nominarsi;<br />
c. dai meriti infiniti di Gesù Cristo, che in un modo maraviglioso riconoscano<br />
in esso Nome vari dottissimi Autori, ecc.<br />
2. Onde a gran ragione disse S. Metodio, Tuum, Dei Genitrix, nomen divinis<br />
benedictionibus et gratiis et omni parte refertum 11 , ecc. Quindi che maraviglia<br />
se non possa mai mensionarsi sine mentionantis utilitate 12 , come dice<br />
S. Bonaventura. Sì, sì, da che si udì risuonare la prima volta in Cielo,<br />
ecc. crebbe ineffabilmente nel Paradiso l’Allegrezza degli Angeli, ecc.:<br />
dopo che fu dal Cielo comunicato alla terra e si nominò, ecc., respirò il<br />
Mondo un’aria di Paradiso e già incominciarono a dileguarsi le tenebre,<br />
che entro il buio della colpa e dei mali lo tenevano oppresso, ecc.: non<br />
vi è alcun altro Nome, dopo quello di Costei, come dice S. Dionisio<br />
Cantusiano, che tanto ci incoraggia, ci compunga, ci fortifichi, ci<br />
infiammi, quanto quello di Maria.<br />
3. Ma per discorrer del nostro particolar utile, ecc. La promessa fatta da<br />
Gesù alla sua Madre alla presenza di S. Brigida, ecc. Insin si sperimenta<br />
l’utile da chi si trovava per sua disgrazia in man del demonio; come<br />
a S. Brigida rivelò la Vergine, ecc. L’esempio di quel Religioso, quasi<br />
disperato per le colpe commesse quando era soldato, ecc., vedi il<br />
P. Moscati sopra il SS.mo Nome di Maria.<br />
11 Il tuo nome o Madre di Dio è pieno di divine benedizioni e grazie in ogni parte.<br />
12 Senza utilità del menzionante.<br />
238<br />
SERMONCINO<br />
Recitato Sabato 29 settembre 1753<br />
Il Sermoncino è appena abbozzato e mette in relazione, come altre volte,<br />
l’Argomento mariano con il riferimento al santo di cui si celebra la festa, Michele<br />
Arcangelo.<br />
Il santo protettore dei moribondi può infatti impetrarci con efficacia la grazia di<br />
pronunciare il nome di Maria per ben morire nelle sue braccia.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, p. 292 (76).<br />
Assunto<br />
Il Nome augustissimo di Maria essendo di grande efficacia e virtù<br />
per ben morire, pronunziato nelle ultime agonie dai suoi divoti,<br />
impegna il gran Protettor dei Moribondi l’Arcangelo San Michele,<br />
di cui oggi celebriamo, ad assisterci con più di premura<br />
in quel punto tremendo<br />
1. Il proemio si tiri su del problema se sia meglio stare all’impegno di<br />
favellar del Nome di Maria; oppur discorrer di San Michele Arcangelo,<br />
ecc. Si dica di voler unir e l’uno e l’altro, ecc.<br />
1. L’Orazione si tiri… (incompleto).<br />
239
CAP. IV<br />
SERMONCINI ABBOZZATI<br />
SOPRA LA SACRA LITURGIA DELLA SANTA MESSA<br />
RECITATI NEI SABATI<br />
(16 NOVEMBRE 1753-14 SETTEMBRE 1754)<br />
240 241
242<br />
Prima Chiesa della Casa Madre dell’Istituto, a piano<br />
terra, oggi utilizzato come sala di ricevimento.<br />
Introduzione al capitolo<br />
Dopo la predicazione dei sabati mariani, svolta per un anno, su vari argomenti,<br />
don <strong>Marcucci</strong> decide di proporre un tema unico riguardante la Sacra Liturgia della<br />
Santa Messa e di cogliere, di volta in volta, la relazione che Maria SS.ma ha con il<br />
divino sacrificio.<br />
Tra il 16 novembre 1753 e 14 settembre 1754, l’Autore tratta l’argomento in<br />
18 Sermoncini da lui stesso definiti “abbozzi”, infatti, dopo un proemio ben sviluppato,<br />
si presentano in forma schematica; risultano, tuttavia, indicate le fonti usate e<br />
vari esempi, portati per sollecitare la devozione dei fedeli.<br />
Alla fine del Sermoncino recitato nel sabato 2 Marzo 1754, l’Autore annota che<br />
a motivo della malattia da lui sofferta 1 , lo sostituì sul tema degli Abiti sacerdotali,<br />
il Signor Abate Ferrucci, suo cugino.<br />
Egli riprende la predicazione sabato 15 Giugno 1754, ottava del Corpus<br />
Domini, sul tema dell’introito della Messa e della ricompensa che Maria SS.ma dona<br />
a chi assiste devotamente e in suo onore alla santa Messa.<br />
Tutti i brani sono conservati nella miscellanea ASC 35.<br />
1 Il protrarsi dei molteplici impegni minarono le condizioni di salute del <strong>Marcucci</strong> e ne rallentarono<br />
l’intensa attività, sino ad annullarla per alcuni mesi, agli inizi del 1754, quando<br />
fu colpito da una malattia che lo rese inabile fino a tutto maggio (Cf CONGREGATIO DE<br />
CAUSIS SANCTORUM, Positio super Vita, fama sanctitatis et Virtutibus di Mons. <strong>Marcucci</strong>,<br />
Asculana in Piceno, in 2 voll., Roma 2003, pp.428-429).<br />
243
SERMONCINO I<br />
Recitato Sabato 16 Novembre 1753<br />
Don <strong>Marcucci</strong> introduce l’argomento dei sermoncini familiari per il sabato sulla<br />
Liturgia della santa Messa spiegando la differenza tra devozione necessaria e devozione<br />
di supererogazione.<br />
La prima è necessaria per la salvezza ed ha come oggetto Dio e di conseguenza la<br />
gran Vergine; la seconda, di supererogazione, è quella che ci offre gli aiuti per la salvezza,<br />
come l’orazione e le devozioni varie che si fanno senza l’obbligo di qualche voto.<br />
La devozione per eccellenza è quella che dobbiamo al SS.mo Sagramento<br />
dell’Altare ed al SS.mo Sacrificio della Messa. Don <strong>Marcucci</strong> tratterà appunto di<br />
quest’ultima mostrando quanto ciò sia gradito a Maria SS.ma.<br />
Segue lo schema della trattazione in cinque punti.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp.135-139.<br />
Argomento<br />
Quanto piaccia a Maria SS.ma<br />
il considerar l’Istituzione ed i Misteri della S. Messa<br />
(Cena e significato di Messa)<br />
Cosa molto degna di lode, non può negarsi, è quella di promuover nel Cuor<br />
dei Fedeli or una divozione, ed ora un’altra; e tanto è più degna di lode,<br />
quanto più l’intenzione di chi la promuove è pura, cioè lontana da ogni proprio<br />
interesse e da ogni fine mondano e solo diretta a glorificare Iddio ed a<br />
coadiuvar i fedeli per eternamente salvarsi. Pure, se tra divozione e divozione<br />
si facesse dai sacri Oratori quella distinzion che si deve; e sapessero essi<br />
far discernere al Popolo Cristiano qual è divozione necessaria, e qual è di supererogazione;<br />
e quale quella di necessità assoluta e quale di necessità consecutiva; oh<br />
quanta più soda e più regolata pietà si vedrebbe tra i Cristiani e quanta maggior<br />
premura si osserverebbe in loro in quelle divozioni che sono necessarie, le<br />
quali son talora troppo dimenticate forse per attender a quelle arbitrarie di<br />
supererogazione. Io per me, tuttoché tanta abilità non abbia, pure in premessa<br />
a questo mio Sermoncino famigliare aiutar mi voglio, Uditori, a farvi discerner<br />
la differenza che verte tra divozione e divozione. Quella dunque è divozion<br />
necessaria, senza la quale un Cristiano adulto o non può in alcun modo salvarsi,<br />
e molto difficilmente si salverà. Quella poi è divozion di supererogazio-<br />
244<br />
ne, con la quale uno avrà più soccorsi, ma senza la quale uno anche facilmente<br />
può conseguir l’eterna salute. Della prima specie è quella divozione che<br />
dobbiamo a Dio ed a Gesù Cristo Signor nostro, ed anche alla gran Vergine;<br />
ma con questa distinzione, che quella divozione e culto che a Dio e a Gesù<br />
Cristo si deve é divozione di una necessità assoluta, senza la quale in niun<br />
conto, ecc.; quella poi che si deve alla Vergine, è di necessità consecutiva, senza<br />
la quale pur si potrebbe, ma molto difficilmente, ecc.<br />
Della seconda specie poi, cioè di supererogazione, è quella divozione ed orazione,<br />
che noi facciamo, non già per necessità o per obbligo di qualche Voto o<br />
Penitenza ricevuta, ecc., ma per pura divozione nostra, ver. gr. il dire il<br />
Rosario, il fare una Novena, ecc.<br />
Or la buona regola e la regolata divozione di un Cristiano richiede che le<br />
nostre maggiori premure siano tutte dirette a quelle divozioni che sono necessarie<br />
e principalmente a quelle che sono di necessità assoluta.<br />
Una tra queste, ce lo insegna la Fede e tutti voi già lo sapete, è quella divozione<br />
ed ossequio che dobbiamo all’augustissimo Sagramento dell’Altare, ed al<br />
SS.mo Sacrificio della Messa. La divozion delle divozioni, ecc. Di questa dunque<br />
voglio io incominciare a favellarvi in questa sera è spiegarvi l’Istituzione<br />
sua, ed il primo Mistero che rappresenta (la Cena, ecc.): e per più animarvi a<br />
riaccender nel vostro cuore la tanto necessaria divozione, vi mostrerò quanto<br />
piaccia a Maria SS.ma che noi consideriamo l’Istituzione ed i Misteri della Santa<br />
Messa. Favoritemi e mi fo da capo.<br />
1. Si entri con la ragione, dicendo che avendo la Vergine un sol cuore col<br />
Figlio, non può farsi a meno che non desideri e si compiaccia, ecc.<br />
2. Or una tra le cose più ammirabili, divine e sacrosante che fece il suo<br />
Divin Figlio, fu l’istituir la S. Messa: essendo articolo di fede che fu<br />
istituita, ecc.<br />
3. È una rinnovazion della cena, ecc., fu celebrata dagli Apostoli, ecc.<br />
4. Si chiama Messa, per significare, ecc. I greci la dissero or Telete cioè<br />
Mistero; or Prosfora cioè Oblazione; or Misiagogia cioè Sommo ministero;<br />
or Jerurgia cioè Cerimonia Sacra; e più comunemente Liturgia cioè<br />
Cerimonia pubblica, ecc.<br />
245
5. Considerate dunque quanto se ne compiaccia la Vergine. Ce ne diede<br />
essa il primo esempio. Perciocché tutto che non si trovò nella stanza<br />
della Cena, stava però nella casa, contemplando, ecc. come dicono rivelato<br />
a Suor Maria di Agreda, ecc.<br />
246<br />
SERMONCINO II<br />
Recitato Sabato 24 Novembre 1753<br />
Don <strong>Marcucci</strong> ricorda agli ascoltatori che ha promesso loro di parlare per un anno sul<br />
tema della Santa Messa. In questo sabato si soffermerà a spiegare che essa, come afferma<br />
S. Paolo, è una vera rappresentazione della passione e morte di Gesù Cristo.<br />
Egli tratterà l’argomento parlando di Gesù e della sua Madre. Segue lo schema<br />
articolato in quattro punti.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp.139-140<br />
Argomento<br />
Vuole la Vergine che tutti i Cristiani si mostrino grati<br />
con la rimembranza del Sacrifizio fatto per loro dal suo Divin Figlio<br />
Che la S. Messa sia il più alto divino Mistero e la Funzione più sacrosanta della<br />
nostra S. Chiesa Cattolica: che essa sia stata istituita da Gesù Cristo medesimo<br />
nella sua ultima Cena con gli Apostoli; e che sia una vera Rinnovazione di quella<br />
ultima Cena e Convito; già l’udiste nel Sabato scorso, Uditori; e come cose<br />
tutte di fede, non vi è veruno tra voi, che punto ne dubiti. Udiste dunque molto<br />
intorno alla S. Messa, sì, ma non udiste il tutto, anzi la minor parte. Che perciò,<br />
volendo io osservar a puntino la promessa fattavi di favellarvene per un anno,<br />
sono oggi a proporvene un’altra verità, pur di fede, che ci insegna S. Paolo, cioè<br />
che la S. Messa sia inoltre una vera Rappresentazione della Passione e Morte di Gesù<br />
Cristo. E siccome, stante il nostro Istituto, non dobbiam dal discorso del Figlio<br />
separar quello della Madre, eccovi in unione di amendue il mio argomento ed<br />
assunto: vuole la Vergine che tutti i Cristiani si mostrino grati con la rimembranza del<br />
Sacrifizio fatto per loro dal suo Divin Figlio. Favoritemi di attenzione; e lo vedrete.<br />
1. Se tra tutte le pure Creature non meno Umane, che Angeliche, vi fu chi<br />
senza (…) 2 giungesse a pienamente conoscere l’alto mistero della<br />
Redenzione del Mondo, fatta a costo del Sangue Prezioso e del Sacrificio<br />
di Morte dolorosissima di Gesù Signor nostro; certo che sopra ogni altra<br />
Creatura lo conobbe la Vergine, ecc. E perciò essa, tuttoché addolorata,<br />
ecc., sarebbe stata ben pronta, ecc.<br />
2 Parola illeggibile perché logora.<br />
247
2. Or avendoci Gesù di questa sua Passione e Morte, in una parola di questo<br />
suo Sacrifizio, lasciata una vera e viva memoria nella S. Messa, ecc.,<br />
considerate qual volere e desiderio abbia la Vergine, ecc.<br />
3. Questa gratitudine può mostrarsi con la considerazione e divozione, ecc.<br />
4. Circa la Considerazione, ecc. venendo Gesù nell’Ostia, ecc. si offre, ecc.;<br />
e rinnova, ecc.: con questa sola differenza, ecc. incruento e cruento, ecc.<br />
che perciò tutta la Sacra Liturgia della Messa, tutta è misteriosa, allusiva<br />
alla Vita, Passione e Morte di Gesù Cristo, ecc. Queste orazioni, ecc.<br />
ed ordine che si tien nella Messa, il primo ad istituirle fu S. Pietro<br />
Apostolo, come lo attestano S. Clemente suo discepolo e S. Isidoro, ecc.<br />
Egli celebrò la Messa la prima volta in Gerosolima nel Cenacolo di Sion,<br />
nel giorno di Pentecoste in Pane azimo (in cui gli Ebrei offrivano la<br />
missula, ecc.). E benché nei Sacri Canoni si dica essere stato S. Giacomo<br />
minore, che celebrò la prima, ecc.; ciò s’intende, che S. Pietro prescrisse<br />
l’ordine e S. Giacomo lo divulgò, ecc. (vide Gavantum in Rubr. De Miss.<br />
p. 1 in primo esempio di quel Capo di Casa, caduto schiavo, ecc.).<br />
248<br />
SERMONCINO III<br />
Sabato 1 Dicembre 1753<br />
Don <strong>Marcucci</strong> sviluppa l’argomento in quattro punti di cui presenta solo lo schema.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 140-141.<br />
Argomento<br />
L’assistere con somma divozione e riverenza alla S. Messa<br />
è lo stesso che impegnar la Vergine a farci singolari finezze<br />
Parrebbe superfluo, che dopo che la S. Fede Cattolica l’ha Iddio così universalizzata,<br />
ibusorata e con tanti indubitabili motivi ed incontrastabili fondamenti,<br />
si ponesse un Sacro dicitore a proporre ai Fedeli, che la professano<br />
varie ragioni, e ad addurre vari motivi che la risvegliassero molto viva ne’<br />
loro Cuori. Sì, sì, parrebbe ciò superfluo e sarebbe quasi non molto plausibile<br />
il farlo; se tutto giorno non si vedesse, che talora molti di quegli stessi<br />
fedeli che professan una fede così ibusorata, autenticata ed infallibile, non<br />
fossero poi i primi a disonorarla con la languidezza della loro credenza, con<br />
la freddezza della loro divozione e talora con la malizia della lor vita. Uno<br />
degli articoli certi della fede è che la S. Messa sia stata istituita, ecc., sia una<br />
rinnovazione, ecc. eppure, chi il crederebbe che i Cristiani non la ascoltassero,<br />
e ad essa non assistessero con tutta divozione, ecc. Eppure è così? ecc.<br />
Orsù, dovere è dunque, che io in questa sera per risvegliare in voi tutti, ecc.,<br />
vi proponga, come l’assister, ecc. Favoritemi, ecc.<br />
1. Sempre la Vergine è pronta a farvi le grazie, ecc., questo è il suo ufizio,<br />
ecc. perciò, si chiama dalla Chiesa Mater Gratiae, Mater Misericordiae,<br />
Auxilium Christianorum, Refugium Peccatorum, ecc.<br />
2. Non sempre però ci s’impegna, ecc. solo allorché in suo onore si adempie<br />
da noi gli obblighi, ecc.<br />
3. Le parti della Messa, ecc. Anche gli Assistenti offrono, ecc.<br />
4. Esempio di quella Zitella franzese, che avea la Cappella in sua Casa, e<br />
nel dì della Purificazione, ecc.<br />
249
SERMONCINO IV<br />
Sabato 12 Gennaio 1754<br />
Don <strong>Marcucci</strong>, prima di riprendere la spiegazione del tema della Santa Messa<br />
dopo le feste Natalizie, ricorda in breve i temi trattati, quindi propone il nuovo che<br />
sviluppa in sei punti.<br />
Anche se, come al solito, il Sermoncino si presenta in modo schematico, risultano<br />
chiari i vari passaggi, le citazioni e le fonti di supporto.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 142-144.<br />
Argomento<br />
La gran premura che ha la Vergine che noi ascoltiamo divotamente<br />
la S. Messa ci prova esser la Messa di un gran Valore per noi:<br />
come l’esser la Messa di un gran valore ci dimostra<br />
che meritamente la Vergine ha una grande premura, ecc.<br />
Se la già passata ricorrenza delle S. Natalizie Feste fu la cagione, Uditori, per<br />
cui sospeso restò ogni promesso nostro discorso sopra la S. Messa; ora che<br />
libero ci si ridona il tempo a seguitarlo, ogni dovere richiede che alla sacra<br />
Liturgia sopra quel sacrosanto Divino Sacrifizio facciam ritorno. Ed affin di<br />
riprenderne il filo, udiste già essere la S. Messa istituita da Gesù Signor<br />
nostro; come pure essere una vera rinnovazione e rimembranza di quell’ultima<br />
Divina Cena fatta dal Redentor con gli Apostoli; e di quel cruento<br />
Sacrifizio da lui fatto per nostro Amor sulla Croce. Udiste ancora esser tre le<br />
parti principali ed essenziali della Messa, cioè Oblazione, che noi diciamo<br />
ancora Offertorio, Consecrazione e Comunione: e come non solo il Sacerdote in<br />
nome suo offriva a Dio il Sacrosanto Sacrifizio, ma in nome ancor di tutti gli<br />
Assistenti; onde anche questi facevano insiem con lui la divina Offerta.<br />
Tuttociò fu spiegato e come ben vi rammenterete; e da ogni capo risultò<br />
ancora, se quanto gradiva la Vergine che a sì tremendo Sacrifizio avessimo<br />
data tutta la più divota ed ossequiosa assistenza. Or in questa sera, Uditori,<br />
in continuazione della stessa materia, son risoluto favellarvi sopra l’alto<br />
Valore della S. Messa. Ed affin abbia una qualche relazione alla Gran Vergine,<br />
eccovene l’Assunto, tirato a foggia di un contrapposto, le cui parti servano<br />
l’una di comprova dell’altra. Uditelo, se vi piaccia. La gran premura, ecc.<br />
Favoritemi di attenzione; e lo vedrete.<br />
250<br />
1. Iddio non opera, e non può mai operare a caso; altrimenti non sarebbe<br />
Dio. Quindi tutto ciò ch’egli opera, sempre è secondo gli eterni suoi<br />
altissimi e giustissimi fini e disegni. Quindi è, che qualora egli nelle<br />
Divine Scritture ci fa sentir le sue premure su di qualche cosa o da farsi,<br />
o da fuggirsi; convien sempre dire, che ciò non sia a caso, ma con alto<br />
fine o del suo divino onore, o del nostro grande utile e vantaggio. Mi<br />
sia qui lecito in consimil guisa argomentare della gran Vergine,<br />
Uditori, supposta però sempre la debita disparità che passa tra Lei e<br />
Dio. Qualora la gran Vergine adunque dimostra tanta premura, ecc.,<br />
come io vi provai negli altri miei sermoni sopra la Messa, che noi, ecc.;<br />
bisogna pur conchiudere e dire, che ciò sia perché, ecc.<br />
2. Or qual credete voi, sia il valor della S. Messa? ecc. Vedi Turlot to 2,<br />
par. 4 fol. 641 e vedi i miei Manoscritti sopra la Messa nella dottrina,<br />
ecc. ove si spiega valore illimitato, e limitato; e questo diviso in generale,<br />
speziale e spezialissimo, ecc.<br />
3. I buoni ne partecipano, ecc. Ai cattivi giova, ecc. (è vero che non è stato<br />
istituito per conferire la Grazia e santificare i Peccatori, come sono stati<br />
istituiti i Sagramenti; ma bensì per dare onore a Dio, ecc. Vedi Turlot<br />
loc. cit. fol 639): con tutto ciò aiuta molto l’uomo a santificarsi, in<br />
quanto placa la Divina Giustizia e ancora la Divina Misericordia, ecc.<br />
(qui si ripetano i quattro fini, ecc.).<br />
4. Le Indulgenze che vi sono, ecc.; e il merito, ecc.<br />
5. Il modo di udirla, ecc. attenzion virtuale o sia morale presenza ed assistenza,<br />
ecc.<br />
6. Esempio di quel divoto di Maria di Bisanzone, raccontato dal P.<br />
Auriemma, par. 2 cap. 6.<br />
251
SERMONCINO V<br />
Sabato 19 Gennaio 1754<br />
L’Autore prepara i suoi ascoltatori all’argomento, che sviluppa schematicamente in<br />
tre punti, ricordando l’esempio della Donna citata nel II libro dei Re la quale, non<br />
solo si preoccupava della salute corporale dei suoi figli, ma anche di quella eterna; così<br />
fa la Vergine Santa con le anime del Purgatorio che Ella gradisce aiutare anche<br />
attraverso di noi con la partecipazione alla Santa Messa.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp.145-146.<br />
Argomento<br />
Il soccorrere le Anime benedette del Purgatorio ad onor di Maria<br />
col mezzo della S. Messa, sia lo stesso che impegnar Maria SS.ma<br />
a soccorrerci particolarmente in Vita e dopo Morte<br />
Resta, donna cotanto rinomata nelle Divine Scritture, ci vien descritta nel<br />
secondo Libro de’ Re (cap. 22) per una Madre così amante dei propri Figli,<br />
che non contenta di aver loro assistito in vita con una premura veramente<br />
materna, anche qualora succedeva la morte dei Figli, tutta anziosa della loro<br />
salvezza, se ne stava sopra i loro corpi, sinchè dal cielo non stillasse un po’ di<br />
rugiada o di acqua benefica sopra di loro, donec stillaret aqua super eos de coelo 3 .<br />
Una figura molto viva può esser questa, miei Riveriti Uditori, dell’amorosa<br />
premura che ha di noi Cristiani la nostra benignissima Madre delle misericordie,<br />
Maria SS.ma. Non contenta essa di tanto assisterci e proteggerci in<br />
vita, ecc., si mostra ancor tutta sollecita dopo la morte, ecc., sintanto che,<br />
ecc. Ma siccome sa essa molto bene, che noi con le nostre buone operazioni<br />
e divozioni, possiam molto soccorrer quelle Anime benedette del Purgatorio,<br />
ed in particolar con la S. Messa, perciò (e servirà per mio Assunto) può dirsi<br />
pur francamente che il soccorrer le Anime benedette del Purgatorio ad onor di<br />
Maria col mezzo della S. Messa, sia lo stesso che impegnar Maria SS.ma a soccorrerci<br />
particolarmente in Vita e dopo Morte.<br />
3 Finchè stillasse acqua dal cielo sopra di loro.<br />
252<br />
1. Si dimostri l’amore e la compassione che ha la Vergine a quelle Anime,<br />
ecc., e come si dichiari obbligata a chi le soccorre, ecc. Esempio del<br />
Ximenez, ecc.; esempio del P. Girolamo Carraglio (Auriem. par. 2, fol.<br />
325). Quel che disse a S. Brigida, ecc. (Auriem fol. 330).<br />
2. Quanto s’impegneranno appo la Vergine le stesse Anime liberate, ecc.<br />
3. Perché più con la S. Messa, che con altri mezzi? Non già perchè anche<br />
con altri, ecc. (vedi Manoscritti dottrin.). Vedi infine del Messale dei<br />
Morti i testi dei SS. Padri, ecc.<br />
253
SERMONCINO VI<br />
Sabato 16 Febbraio 1754<br />
Dopo aver spiegato il significato della Santa Messa, la grande riverenza che le si<br />
deve e i benefici che da essa vengono per i vivi e i defunti, don <strong>Marcucci</strong> presenta ai<br />
suoi ascoltatori la spiegazione dell’entrata del Sacerdote in sagrestia, prima di celebrare;<br />
della sua preparazione per la Messa e del lavarsi le mani prima di vestirsi<br />
degli abiti sacerdotali.<br />
Ciò deve servire per stimare sempre più la Messa e per parteciparvi con una grande<br />
disposizione devota.<br />
L’argomento viene sviluppato in sei punti, in modo più ampio del solito.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 146-149.<br />
Argomento<br />
Si spiega il significato degli Abiti Sacerdotali e dell’apparecchio;<br />
e particolarmente dell’entrata in Sagrestia che fa il Sacerdote<br />
e del lavarsi delle mani e delle orazioni preparatorie<br />
Dilucidati ormai abbastanza e spiegati almeno in generale tutti i principali<br />
Divini Misteri della S. Messa ed il suo gran valore sì a pro dei Vivi che<br />
a giovamento dei buoni Fedeli defunti; ed accennata la gran riverenza che<br />
si deve a sì Sacrosanto Sacrifizio e la stima grande che deve farsene da<br />
ognuno: è pur’ora, Uditori, d’incominciare a discendere al particolare e<br />
così farvi parte a parte riflettere agli alti misteriosi significati di tutte<br />
quelle cose e cerimonie sacre che precedono la S. Messa, che l’accompagnano<br />
e che la seguitano. Ed affin di non cagionarvi confusione, ma di proceder<br />
con tutto l’ordine, contentatevi che per oggi io mi contenga sulla spiegazione<br />
di tre sole cose, cioè dell’entrata del Sacerdote in Sagrestia affin di<br />
celebrare; della sua Preparazione per la Messa; e del suo Lavarsi le mani<br />
prima di vestirsi degli Abiti Sacerdotali. Mi direte, non esser queste di<br />
quelle cose che a tutti voi appartengono, spettando solo a noi Sacerdoti il<br />
farle. Vi rispondo, a noi tocca farle realmente, a voi poi, che tanta parte<br />
avete nel Santo Sacrifizio a cui assistete, a voi, dico, tocca farle spiritualmente<br />
per cavar profitto dalla S. Messa. Eccovi pertanto l’Assunto:<br />
L’entrata del Sacerdote per celebrar la sua Preparazione e il suo lavarsi delle<br />
mani prima di vestirsi, con tutti quei Misteri che rappresentano tali<br />
254<br />
Cerimonie, debbono servir a tutti e di motivo per far semprepiù una grande stima<br />
della Messa e per ascoltarla con una grande disposizione divota. Chi sarà divoto di<br />
Maria SS.ma ben capirà quanto ciò sia vero. Vediamolo intanto; ed attendete.<br />
1. Le cose, a parlar con giusta proporzione e con relazione adeguata, le<br />
cose, dico, quanto più sono nobili e preziose, o di rimarco, tantopiù<br />
riscuotono anche nel mondo un nobile apparato ed accompagnamento.<br />
L’Incoronazione di un Re, a cagion di esempio, per esser cosa di sì alta<br />
stima e dignità nel Mondo; perciò grandiosi apparati le precedono; e di<br />
tutto ciò che in apparecchio a tal funzione si premette, minima cosa si<br />
stima a caso; ma tutto con alto e buon’ordine ha il suo significato allusivo<br />
alla funzione solenne e nobilissima da farsi.<br />
2. Or se ciò accade nelle cose e funzioni del Mondo, molto più, Uditori,<br />
succede nelle funzioni senza paragone di gran lunga più nobili, quali<br />
son quelle celesti, ecc. Or la S. Messa, voi lo sapete, è la principale e più<br />
degna funzione, ecc., istituita, ecc. Sicchè tutte le Cerimonie che la precedono,<br />
od acompagnano, ecc, non sono state inventate a caso, ecc., ma<br />
con alta Divina Provvidenza, ecc.<br />
3. Ma per discorrer solo del principio di tali cerimonie e delle prime tre<br />
cose che occorrono, ecc. ecco che l’entrata del Sacerdote in Sagrestia, od in<br />
altro sito della Chiesa per celebrare, rappresenta l’entrata di Gesù Cristo in<br />
questo Mondo, cioè quando si incarnò per noi, ecc. per andare poi a celebrar<br />
egli stesso quel Sacrifizio che fece di sé sull’Altar della Croce, ecc.<br />
4. La Preparazione, ecc. significa quell’apparecchio che Gesù fece<br />
nell’Orazione dell’Orto di Getsemani, ecc. Il Lavarsi delle mani denota<br />
che quell’Agnello Divino che da se stesso andava ad offrirsi, era tutto<br />
Puro, Santo ed Immacolato, ecc.<br />
5. Questo è il senso allegorico che serve per la stima, ecc. veniamo al<br />
Tropologico. L’Entrata, ecc. significa entrar con attenzione, ecc. e non svagato.<br />
La Preparazione, esser tutto raccolto, ecc. Il Lavarsi, netto di<br />
coscienza, ecc. Il che serve per accostarsi con disposizione, ecc.<br />
6. Esempio del Sacerdote di Lovanio, ecc. (Auriemma, par. 2, fol. 159).<br />
255
SERMONCINO VII<br />
Sabato 23 Febbraio 1754<br />
Don <strong>Marcucci</strong> si sofferma a riflettere sulla preghiera che il sacerdote rivolge alla<br />
Vergine Santa, invocata come Madre di pietà e di misericordia, prima della celebrazione<br />
eucaristica per chiedere la sua assistenza. Anche i fedeli devono ricorrere con<br />
tutto l’affetto alla Vergine per partecipare con grande profitto alla Santa Messa.<br />
L’Autore sviluppa l’argomento in cinque punti.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 149-154.<br />
Assunto<br />
Uno tra gli ottimi apparecchi per udir con profitto la S. Messa<br />
è il ricorrer con calde preghiere alla gran Vergine Nostra Signora<br />
Dato già di piglio alla spiegazione della Sacra Liturgia o sien Cerimonie<br />
Sacre della Messa e dilucidate le tre prime cose, che fa il Sacerdote prima<br />
che dei Paramenti Sacri si vesta, cioè l’Ingresso nella Sagrestia, la<br />
Preparazione e la Lavanda delle mani; ogni dover vorrebbe che io in questa<br />
sera a scifrarvi incominciassi gli alti Misteri, che sotto i Paramenti Sacri si<br />
ascondono. Ma, siccome nella Preparazione sola, tuttoché in gran parte<br />
spiegata, varie altre cose nuove da dilucidarsi vi restano; contentatevi che<br />
io anche di questa vi favelli in questa sera. Or dovete voi sapere, che tra le<br />
divote orazioni e suppliche, che la Santa Chiesa ha per modo di consiglio<br />
e di doverosa pietà prescritte a noi Sacerdoti nell’Apparecchio o sia<br />
Preparazion che facciamo per celebrare, una ve ne ha divotissima e molto<br />
tenera, diretta alla Gran Vergine Nostra Immacolata Signora, che incomincia<br />
con una dolce Invocazione O Mater pietatis et Misericordiae, Beatissima<br />
Virgo Maria, ego miser et indignus peccator ad te confugio toto corde et affectu, che<br />
vale a dire o Madre di pietà e di misericordia, Maria V. Beatissima, ecco<br />
che io miserabile ed indegno Peccatore a te ricorro con tutto l’affetto del<br />
mio cuore, affin mi assisti in sì tremendo Sacrifizio. Alto, Uditori. Che<br />
vuol dir questo? Vuol dir, che siccome per noi Sacerdoti uno dei migliori apparecchi<br />
per la S. Messa è il ricorrer con tutto l’affetto alla Vergine; così lo deve esser<br />
per voi affin di udirla degnamente e con grande profitto. Questo sarà l’Assunto<br />
di questa sera, se favorirete con la vostra attenzione darmi campo di dimostrarvelo.<br />
Incominciamo.<br />
256<br />
1. Che una delle migliori preparazioni e degli efficaci apparecchi, in<br />
riguardo a noi Sacerdoti per degnamente celebrar la S. Messa ed in<br />
riguardo a voi Laici per degnamente udirla, sia il raccomandarsi di buon<br />
cuore ed il ricorrer con tutto l’affetto alla Gran Vergine, è, Uditori miei,<br />
così evidente; che chiunque a rifletter si pone a quel gran Sacrifizio<br />
della Croce, che nella S. Messa si rappresenta, non potrà non conoscer<br />
chiaro quanto io vi proposi.<br />
2. Voi lo sapete, che mentre lassù nel Calvario in sù la Croce stava Gesù<br />
pendente ed agonizzante per noi, sacrificando se stesso all’eterno Padre<br />
per la salute di tutto il Mondo, la più vicina alla Croce, la più divota ed<br />
ossequiosa Assistente a quel Sacrifizio cruento fu la Gran Vergine: stabat<br />
juxta, ecc. Or se la S. Messa è una viva e vera rappresentanza di quel<br />
Sacrifizio, bisogna pur dire, che la Vergine tra tutte le pure Creature più<br />
di ogni altra assista a quei Sacerdoti, che a nome del suo Divin Figlio,<br />
a nome loro e di tutta la Chiesa fanno il Sacrifizio suddetto. Quindi il<br />
pregarla con tutto il cuore e con tutto l’affetto della sua speziale<br />
Assistenza, non è altro che un supplicarla a rinnovar quell’Assistenza<br />
che ella fece al suo caro Figlio; e per conseguenza averla tutta pronta,<br />
tutta fedele, tutta benigna e premurosa all’aiuto.<br />
3. E tale appunto è il motivo, che pone la Chiesa per muover la Vergine<br />
ad assisterci in occasion della Messa in quella Orazione da me pocanzi<br />
citata. Uditelo: Ut sicut dulcissimo Filio tuo in cruce pendenti adstitisti, ita<br />
mihi... clementer assistere digneris 4 , ecc.<br />
4. Quindi, a che querelarci talvolta noi Sacerdoti delle distrazioni, del<br />
poco fervore e profitto? ecc. A che lamentarvi voi Laici del poco frutto<br />
in udirla? ecc. Eccone uno dei motivi. Non ricorriamo alla Vergine, non<br />
la preghiamo di cuore, ecc.<br />
4 Perché come hai assistito il tuo dolcissimo Figlio pendente in croce così ti possa degnare<br />
di assistere me pietosamente.<br />
257
5. Del resto se la pregassimo, ecc., chi potrebbe ridire le care assistenze, ecc.<br />
Lo dica S. Bernardo, che indispensabilmente prima di celebrare divotamente<br />
ricorreva alla Vergine con una Supplica molto divota, ecc. Lo dica<br />
S. Idelfonso Arcivescovo di Toledo, ecc. (a cui dalla Vergine fu data una<br />
ricca Pianeta). Lo dica S. <strong>Francesco</strong> di Sales, che prima di celebrar recitava<br />
ed esortava a recitar o l’Ave Maris Stella, o altra Orazione, ecc. E così<br />
tanti e tanti altri. Ma per tutti serva il celebre fatto ed esempio del B.<br />
Gondisalvo Arcivescovo di Toledo, che vivea nel secolo duodecimo.<br />
Questi era visitato dalla Vergine prima di celebrare, ecc. Ricevette una<br />
Pianeta Bianca nella mattina dell’Immacolata Concezione e la Rivelazion<br />
del mistero, ecc. Vedi i Dodici Privilegi al Privilegio 3, n. 10.<br />
258<br />
SERMONCINO VIII<br />
Sabato 2 Marzo 1754<br />
Don <strong>Marcucci</strong> comincia a spiegare il significato delle vesti che il sacerdote indossa<br />
per celebrare la santa Messa. Il primo indumento è l’ammitto che, nel suo significato<br />
mistico-allegorico, rappresenta il lino o velo con il quale fu coperto il capo e il<br />
volto di Gesù nel pretorio di Pilato. L’ammitto, in senso mistico-tropologico, ossia<br />
morale, ci ricorda che dobbiamo armarci e coprirci con la santa Fede che è l’elmo della<br />
salute per degnamente assistere al santo Sacrificio. Poiché la Madre di Dio è maestra<br />
della fede, dobbiamo ricorrere a Lei per ben partecipare alla Santa Messa.<br />
L’argomento viene sviluppato in tre punti, presentati in forma schematica.<br />
Alla fine del Sermoncino l’Autore annota che per la malattia da lui sofferta, sino a<br />
tutto maggio, il Signor Abate Ferrucci, suo cugino, seguitò i sermoncini sopra gli<br />
Abiti sacerdotali.<br />
Anche l’anno precedente, a motivo della predicazione del Quaresimale a Montalto,<br />
don <strong>Marcucci</strong> affidò quella dei sabati mariani ad alcuni amici. Ciò mostra il suo<br />
interesse per la continuità di questa iniziativa culturale-devozionale, presa con tanta<br />
convinzione e zelo e della sua capacità di coinvolgere altri.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 154-156.<br />
Argomento<br />
Per degnamente assistere alla S. Messa si richiede una gran Fede<br />
e bisogna far divoto ricorso alla Gran Vergine, che della Fede è maestra<br />
Lodi pur siano al Pontefice S. Gregorio. Questo illuminato dottore del<br />
Cristianesimo, riflettendo alle opere Sacrosante e divine fatte in sua vita da<br />
Gesù Signore nostro, pensò e fondatamente pensò e disse, che il divin<br />
Redentore con le opere sue divine insegnar sempre ci volle, non solo il fatto<br />
che ai nostri occhi appariva, ma ancor qualche mistero e significato che a pro<br />
di noi sotto quel fatto ei teneva recondito ed intendeva. Aliud ipse nos docet<br />
rebus, aliud sensu 5 . Serva, a cagion di esempio, il fatto obbrobrioso che il<br />
Redentore Divino per noi soffrir volle di farsi dai manigoldi coprire e velare<br />
il Volto nel Pretorio di Pilato. Due cose con questo egli insegnar ci volle; una<br />
5 Egli ci insegna una cosa con i fatti, un’altra con il significato.<br />
259
cioè che egli quella obbrobriosa copertura e velatura di volto soffrir volle,<br />
(e questo si dice fatto, Istoria o Senso Letterale); l’altra cosa è, che così ancor<br />
noi dovevamo volentieri a suo riguardo velarci gli occhi ed il volto con la<br />
S. Fede, credendo a lui fermamente senza curarci di ragioni e di prove (e questo<br />
è il mistero e si dice Senso Mistico - Allegorico). Or una consimil ragione<br />
milita, R(iveriti) U(ditori), nei fatti e nelle Cerimonie di Chiesa Santa:<br />
aliud ipsa nos docet rebus, aliud sensu. Quel che essa ci presenta agli occhi, quegli<br />
Abiti, quei Riti che ci fa vedere, non solo ci rappresentano quel fatto e<br />
quell’eterna azione; ma qualche altra cosa mistica ed ascosa cosa significa.<br />
E giacché della S. Messa seguitar dobbiamo la spiegazione e racconto e sulla<br />
Liturgia dei Paramenti Sacri Sacerdotali siam giunti; prendete voi per esempio<br />
la prima cosa che il Sacerdote si pone in parandosi, voglio dire il Sacro<br />
Ammitto. Con questo tre cose c’insegna la Chiesa; cioè primo, che il Sacerdote<br />
così deve incominciarsi a vestire, ecc.: e questo è il puro fatto. Secondo, che<br />
quell’Ammitto rappresenta quel Lino o Velo col quale fu coperto il Capo e il<br />
Volto sacro di Gesù Cristo dai manigoldi nel Pretorio di Pilato: e questo è il<br />
Senso Mistico-Allegorico. Terzo, che così dobbiam armarci e coprirci con la<br />
S. Fede, che è l’elmo della Salute, per degnamente assistere al S. Sacrifizio: e<br />
questo è il Senso Mistico-Tropologico o sia morale. Or fermiamoci qui in<br />
questa sera: e formiamone un Assunto. Giacché per degnamente assistere alla<br />
S. Messa si richiede una gran Fede e bisogna far divoto ricorso alla Gran Vergine,<br />
che della Fede è maestra. Attenti e lo vedrete.<br />
1. Si provi che la Fede è necessaria per la S. Messa, ecc.<br />
2. Che la Vergine è la Maestra della Fede, ecc.<br />
3. Il vantaggio di chi a Lei abbia fatto ricorso, ecc.<br />
(Vedi Auriemma, ecc., Prato fiorito, ecc.)<br />
260<br />
SERMONCINO IX<br />
Sabato 15 Giugno 1754<br />
Dopo la lunga malattia, durante la quale è stato sostituito nella predicazione sul tema<br />
degli abiti che indossa il sacerdote per celebrare la Santa Messa, don <strong>Marcucci</strong> riprende il<br />
tema, nell’ottava del Corpus Domini parlando dell’introito della Messa e della ricompensa<br />
che Maria SS.ma dona a chi vi assiste devotamente e in suo onore.<br />
L’argomento è sviluppato in modo completo in sette punti.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 157-161.<br />
Argomento<br />
Quanta ricompensa Maria dia a chi ad onor suo assiste divotamente<br />
alla Messa (uscita del Sacerdote, introito, ecc.)<br />
Mille e ben mille ragioni voi avreste, Uditori miei Riveriti, di querelarvi di me,<br />
se dopo la tante volte ratificata promessa di spiegarvi a minuto tutto ciò che<br />
riguarda il S. Sacrifizio della Messa; alla fine, dopo sì lungo, benché forzato,<br />
silenzio tenuto su di tal Mistero, non ridassi principio una volta a favellarvene.<br />
Certo è che pare che il Cielo stesso e tutta la Chiesa Cattolica si uniscano in questi<br />
tempi ed a risvegliare i pii desideri vostri, ed a rammentare a me le mie<br />
obbligazioni con l’occasione dell’amorosa e sacrosanta Ottava che ora in tutto il<br />
Cattolico Mondo si celebra del SS.mo Sagramento. Per soddisfarvi adunque,<br />
richiamando prima alle vostre menti, quanto negli scorsi mesi udiste sopra la S.<br />
Messa, e cioè come essa era una viva Rappresentazione e Rinnovazione della ultima<br />
Cena fatta dal Redentore agli Apostoli, e di quel Sacrifizio che egli fece di se<br />
stesso sulla Croce per la Redenzione di tutto il Mondo: ed inoltre, che essa era<br />
di un sommo valore sì per li Vivi, che per li pii fedeli Defunti: e che non solo il<br />
Sacerdote era quegli che offriva a Dio il Sacrifizio; ma gli Assistenti tutti l’offrivano<br />
insiem con Lui, tanta era la parte che essi ci avevano: e rammentandovi<br />
anche quanto da me, ed in mia mancanza udiste dagli altri sopra i Sacri Abiti<br />
Sacerdotali: eccomi finalmente che ripigliando in quest’oggi la Sacra Liturgia,<br />
do principio a favellarvi sopra l’uscita del Sacerdote per celebrare e sopra l’Introito<br />
della Messa. La gran Regina del Cielo e Nostra Immacolata Signora assister si<br />
degni e voi e me in questo famigliare discorso: tanto più che voi vedrete quanta<br />
ricompensa essa dia a chi ad onor suo assiste divotamente alla Messa ed io m’ingegnerò<br />
di mostrarvelo succintamente. Incominciamo.<br />
261
1. Vestito pertanto dei Paramenti Sacri il Sacerdote, ecco tutto raccolto<br />
(almeno così succeder dovrebbe) parte dal Luogo ove si apparecchiò e si<br />
vestì; e s’invia verso il Sacro Altare; ed ivi giunto si apparecchia ad incominciare<br />
l’Introito o vogliam dire Entrata della Messa.<br />
2. Io per me, Uditori, lo confesso che al rifletter su di questo sol fatto, non<br />
so come il Sacerdote estatico tutto di Amore non si trovi in tal congiuntura;<br />
e non capisco, come voi ogni qualvolta vi assistete, non vi troviate<br />
a tal vedere tutti bagnati di lacrime per la gran tenerezza. Voi già<br />
sapete, che tutte le funzioni sacre che o precedono, o accompagnano, o<br />
seguono la S. Messa; sono tutte cose misteriose, allusive alla Vita,<br />
Passione e Morte del nostro Signor Gesù Cristo. Or quali misteri, credete<br />
voi che da questa uscita del Sacerdote parato e da questa sua andata<br />
all’Altare, si rappresentino? Ve li dica per me Ugone di S. Vittore<br />
(in Spec. cap. 7). Uditelo di grazia: Procedit Sacerdos ad Altare: hic admirare<br />
Verbum Divinum Passioni destinatum, quod egreditur de Sinu Patris 6 .<br />
E vuol dire a chiare note, ecco, o Cristiani, qualora vedete voi uscire<br />
parato il Sacerdote e portarsi al Sacro Altare per ivi dir Messa, riempitevi<br />
di alto stupore e di una molto tenera maraviglia; poiché questo vi<br />
rammenta come il Verbo Divino ab eterno generato dal divin Padre,<br />
giunto il tempo da lui determinato, dal Seno del Padre discese nel Seno<br />
della Gran Vergine; e come già Vittima volontariamente destinata alla<br />
Croce per la Redenzione del Mondo, diede principio al suo Sacrifizio.<br />
Cosicché alla vista del Sacerdote che si porta all’Altare dovete pur dire<br />
voi, Uditori miei, ecco che il mio Gesù per me si porta a sacrificare se<br />
stesso al suo Divin Padre per ottenermi il perdono e col perdono tutti i<br />
Beni e l’eterna salvezza.<br />
3. Dispostesi poi dal Sacerdote o da altri in sua vece, le cose per il<br />
Sacrifizio; egli disceso a piè dell’Altare, fatta la debita riverenza, oppur<br />
genuflessione, dà con il Segno di Santa Croce e con alcuni Sacri Versetti,<br />
del Salmo 42, dà, dissi principio all’Introito ossia entrata della Messa.<br />
6 Procede il Sacerdote verso l’altare: qui ammira il Verbo Divino destinato alla passione<br />
che esce dal seno del Padre.<br />
262<br />
Qui fermiamoci alquanto in questa sera, Uditori. E siccome desidero<br />
che minutamente intorno alla Messa restiate istruiti; qui sono a rammentarvi,<br />
che la S. Messa, quanto alle sue tre Parti essenziali, cioè<br />
Oblazione, Consecrazione e Comunione, fu istituita dal nostro Signor Gesù<br />
Cristo; e ciò è di fede. Quelle Orazioni e funzioni sacre poi che la precedono,<br />
o la accompagnano, o la seguono, furono istituite in parte dagli<br />
Apostoli, e in particolar S. Pietro e da S. Giacomo minore; ed in altra<br />
parte dai Sommi Pontefici e da altri Santi Vescovi. Tanto vero, che noi<br />
sappiamo dall’Epistola che S. Gregorio Papa scrive a Giovanni Vescovo di<br />
Siracusa, che ai tempi degli Apostoli alle tre Parti sopraddette essenziali<br />
della Messa non si aggiungeva altro che la divota Recita del Pater<br />
Noster. In progresso poi di tempi, furono aggiunte dalla Chiesa le altre<br />
Preghiere e Cerimonie Sacre.<br />
4. Bene, direte voi, s’è così; chi dunque vi aggiunse e vi stabilì l’Introito, di<br />
cui favelliamo? Rispondo, che volendo noi seguitar la Cronologia<br />
Liturgica del Bellarmino, l’Introito fu aggiunto e stabilito circa l’anno<br />
425 da S. Celestino Papa; e si raccoglie dalla Vita dello stesso S. Pontefice.<br />
5. Incomincia pertanto il Sacerdote a dire col segnarsi, In Nome del Padre,<br />
ecc. Io mi presenterò all’Altare di Dio. Risponde il Servente a nome suo e<br />
vostro, Di quel Dio, che mi empie di allegrezza e di robustezza tale, come se<br />
mi ringiovanisse. Ripiglia il Sacerdote, dicendo a Dio che sia suo Giudice,<br />
che lo liberi dalla Gente non santa e dalle Persone inique e fraudolenti.<br />
E così a vicenda col Servente, va supplicando Iddio, or che lo illumini,<br />
or che lo conforti ed animi; or che lo riempia di Speranza, così tirando<br />
sino al Confiteor (che tralasceremo per altro Sabato).<br />
6. E voi intanto all’udir ciò che fate? Io mi figuro che nei secoli antichi,<br />
quando i Cristiani tutti intendevano il Linguaggio della Messa, ecc.<br />
Ma voi forse, perché, ecc.<br />
7. E su ricorrete alla Vergine, ecc. Il B. Pietro Cisterzio che con grande<br />
divozione assisteva a molte Messe in onor di Maria; fu veduto dopo<br />
morte da un S. Monaco, circondato di grande splendore tra i cittadini<br />
del Cielo (March., Diar. Sacr., 11 Genn.).<br />
263
SERMONCINO X<br />
Sabato 22 Giugno 1754<br />
Nel X Sermoncino, don <strong>Marcucci</strong> spiega in sette punti la preghiera del Confiteor<br />
che definisce una devota ed umile confessione di tutti i nostri peccati dinanzi a Dio,<br />
alla Vergine, agli angeli, ai santi e ai presenti. Essa fu introdotta nella Santa Messa<br />
circa l’anno 233 dal Sommo Pontefice San Ponziano martire che probabilmente compose<br />
egli stesso.<br />
Il sacerdote, che pure rappresenta Gesù, la recita per imitare la sua umiltà nel<br />
farsi uomo e nell’addossarsi tutte le nostre colpe. La preghiera del Confiteor nella<br />
Messa e fuori della Messa cancella i peccati veniali.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 161-164;170.<br />
Argomento<br />
L’umile confessione ed il pentimento sincero di nostre colpe,<br />
innanzi alla Vergine; e l’umile Invocazione del suo Aiuto;<br />
è un gran mezzo per ottenere il perdono<br />
(Confiteor con l’altro rimanente dell’Introito)<br />
Se ne stava presso all’Altare uno dei Sommi Sacerdoti del vecchio<br />
Testamento, chiamato dagli Ebrei Jehosciúah, che noi diremmo Jesúa,<br />
Figliuolo di Josedecco. E se ne stava, come lo vidde il Profeta Zaccaria,<br />
vestito tutto di abiti sordidi e bersagliato e tentato dal demonio, che a lui<br />
vicino, anzi posto alla sua destra, non cessava di affliggerlo e molestarlo.<br />
Quando alla fine il Sommo Sacerdote, alzando insiem con gli occhi il Cuor<br />
tutto umiliato e compunto al Cielo, confessando sinceramente le colpe sue,<br />
ed implorando e di Dio e degli Angioli santi il soccorso; ecco che lo stesso<br />
Profeta Zaccaria vide, che tosto un Angelo, spogliandolo di quelle sordide<br />
vestimenta, rivestir lo fece di nobili e ricche e coronare ancora con un<br />
diadema di molto vivi ed illuminati splendori: talchè così degnamente<br />
offrire a Dio potesse i suoi Sacrifizi (Zach. 3, 23). Figura ancor fu questa,<br />
Uditori riveriti, di quel che tuttodì avvenir suole e a noi Sacerdoti e a voi<br />
assistenti al divin Sacrifizio, qualor con la debita divozione a tanto Mistero<br />
ci andiam preparando con quella general Confessione, che noi Confiteor<br />
diciamo; e che oggi, come vi promisi, spiegar appunto vi voglio. Da cui<br />
poi caveremo, che il Confessar le nostre colpe con grande compunzione innanzi<br />
264<br />
alla Vergine e l’invocarne calorosamente il suo aiuto, riesce di grande efficacia per<br />
impetrarne, sua mercè, dal suo Divin Figlio il perdono. Non mi mancate di<br />
attenzione; e do principio.<br />
1. Animatisi e sempre più isperanzatisi vicendevolmente ai piedi<br />
dell’Altare il Sacerdote ed il Popolo o sia il Servente, con quelle<br />
Orazioni dell’Introito, spiegatevi nel Sabato scorso; appena dettosi dal<br />
Sacerdote, che egli spera e crede che tutto l’aiuto per degnamente offrire<br />
il Sacrifizio tremendo ha da venir dalla parte di Dio; Adiutorium<br />
nostrum in nomine Domini 7 : ed appena udito ciò ratificarsi dal Servente,<br />
che a nome suo e del Popolo tutto assistente, gli risponde, dicendo, sì,<br />
sì, per certo: ha da venire il nostro aiuto dalla parte di quel Dio onnipotente,<br />
che di nulla ha fatto il Cielo e la Terra, Qui fecit Coelum et<br />
Terram 8 . Appena ciò avvenuto, ripeto, ecco che il Sacerdote passa alla<br />
umile e divota Recita del Confiteor.<br />
2. È questo Confiteor una divota ed umile Confession generale, come voi<br />
sapete, che noi facciamo di aver peccato con i pensieri, con le parole e<br />
con le opere; Confessione che facciamo innanzi a Dio, innanzi alla<br />
Vergine, innanzi agli Angeli, ai Santi tutti ed al cospetto ancor di<br />
chiunque ci si trova presente: ed uniamo sempre a questa Confessione<br />
una divota Preghiera alla Vergine, agli Angeli, ai Santi tutti e a tutti<br />
gli Astanti che preghino caldamente Iddio per noi, per il perdono delle<br />
nostre colpe commesse.<br />
3. Fu ordinato ed aggiunto al principio ed Introito della S. Messa questo<br />
Confiteor circa l’anno 233 di Nostra Salute, dal Sommo Pontefice San<br />
Ponziano Martire: e siccome noi non abbiamo dalle Istorie Ecclesiastiche<br />
memoria, che una tal Confessione o Confiteor si fosse mai recitata dai<br />
Cristiani antichi prima di S. Ponziano, perciò convien pur asserire, che<br />
egli ne fosse ancora il primo Autore che la componesse e che poi ne<br />
ordinasse la Recita nella Messa, come già fece.<br />
7 Il nostro aiuto è nel nome del Signore.<br />
8 Che ha fatto cielo e terra.<br />
265
4. Dice dunque il Sacerdote a capo chino, tutto umiliato, divoto e compunto<br />
(così almeno esser dovrebbe), Io confesso a Dio onnipotente, ecc.<br />
Indi risponde il Popolo e a nome del Popolo il Servente, Abbia misericordia,<br />
ecc.<br />
5. Ma come, direte voi, come mai il Sacerdote recita il Confiteor? Non fa<br />
egli la figura di Gesù Cristo? ecc. Rispondo, a gran ragione lo recita e<br />
come rappresenta la Persona, ecc.; e come riconosce se stesso per<br />
Peccatore, ecc. Come rappresenta la Persona di Gesù Cristo, perché la<br />
Recita del Confiteor, come degnamente riflette il Durando lib. 4, cap. 7,<br />
significa l’abbassamento del Verbo Divino nel farsi Uomo e pigliar la<br />
forma di Peccatore; e, come aggiunge dottamente il piissimo Cardinal<br />
Corsi Vescovo di Rimini, significa ancora quell’addossarsi che fece sopra<br />
di sè tutti i peccati del Mondo, affin di pagarli a costo di tanto Sangue<br />
e della sua Vita su nel calvario.<br />
6. Lo recita poi per se stesso il Sacerdote, perché dovete voi sapere che è<br />
certissimo ed indubitato che la divota Recita del Confiteor, cancella i<br />
Peccati veniali. Essendo appunto a tal’effetto stata istituita ed ordinata<br />
la Recita sì nella Messa, che fuori della Messa. Onde il Sacerdote per<br />
purgarsi, ecc. (vedi Murat. Regol. Divoz., fol. mihi 207).<br />
7. Or da qui argomentar voi potete ancora quanto giovi confessar innanzi<br />
alla Vergine, ecc. Esempio di quel Soldato, che andando per sfogar, ecc.,<br />
ed entrato in una Chiesa della Vergine, ecc.<br />
266<br />
SERMONCINO XI<br />
Sabato 6 Luglio 1754<br />
Don <strong>Marcucci</strong> spiega in otto punti ben sviluppati il significato allegorico e morale<br />
dell’invocazione greca Kyrie eleison. Gli storici pensano che essa sia stata introdotta<br />
nella Santa Messa al tempo di S. Iginio I Papa e Martire, di nazione Greca, che<br />
morì nella metà del secondo secolo circa. L’insistente richiesta della misericordia di<br />
Dio con il Kyrie è un bisogno dell’uomo dopo il peccato di origine che ha colpito l’intero<br />
universo.<br />
I fiori percepiscono il danno subito con la presenza delle spine e perfino il sole con<br />
le sue macchie. Dio ha però promesso nella pienezza dei tempi la salvezza attraverso<br />
il Figlio che si incarna in Maria, ecco perché abbiamo tanto bisogno della sua intercessione,<br />
durante e fuori la Santa Messa.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 165-170.<br />
Argomento<br />
Quanto abbiam bisogno e in tempo di Messa<br />
e fuori di Messa della Intercessione di Maria<br />
Kyrie eleison<br />
Peccò l’incauto nostro Progenitore Adamo e con lui anche noi tutti peccammo.<br />
E da questo peccato riconobbe tosto il Mondo tutte le sue sciagure, sino<br />
i fiori le loro spine, sino il Sol le sue macchie. Più di tutti però le riconobbe<br />
l’Uomo col vedersi esiliato dal diritto della Patria beata, ricolmato di infiniti<br />
guai, ridotto misero schiavo dell’Infernale Dragone. Grazie bensì al misericordiosissimo<br />
Iddio, che appena Adamo ebbe peccato, pubblicò colà nel<br />
Paradiso Terrestre gli alti suoi eterni disegni di volersi, in un giorno nella<br />
pienezza dei tempi vestir di Umana Carne, e così redimer l’Uomo da tanti<br />
gran mali. Ciò palesò ad Adamo, anzi sino allo stesso Serpente. Ciò promise<br />
al Patriarca Abramo, divisandogli sino la stirpe, da cui nascer dovea: ciò rinnovò<br />
con tutti gli altri Patriarchi e Profeti dell’antico Testamento. Or da<br />
questa infallibil promessa, da questa certissima Rivelazione avuta e continuata<br />
per più migliaia di secoli, nacquer, Uditori miei, quei sì vivi ed infocati<br />
desideri della Venuta del Messia e Redentore promesso, che ebbero mai<br />
sempre tutti i Santi Padri della Legge vecchia e che noi non senza tenerezza<br />
udiam talora dal sacro Testo. Or siccome di tutto ciò che riguarda la venuta,<br />
267
e la vita e morte di Gesù Cristo vero ed unico Redentore e Messia, di tutto<br />
ripeto, ne abbiam e facciam la Memoria, nella S. Messa; perciò anche di questo<br />
vivo ed acceso desiderio dei Padri, viva figura e memoria è l’Introito ed<br />
entrata della Messa; che perciò dal Sacerdote si replica due volte, cioè una<br />
volta ai piè dell’Altare, ed un’altra volta in diversa maniera, salito<br />
sull’Altare, qualor segnandosi incomincia a legger il Messale: due volte,<br />
dico, si replica, per meglio esprimer le vive brame e gli accesi desideri dei<br />
Padri intorno alla Venuta del Redentore Divino. Mi trovo io già di avervi<br />
spiegato l’Introito, che benché replicato, gode il significato medesimo: e vi<br />
ricordo avervi divisato, significar esso non solo il desiderio dei Padri, ma la<br />
stessa Venuta ed entrata di Gesù Cristo nel Mondo, mediante l’ineffabil<br />
mistero della sua divina Incarnazione nel purissimo Ventre di Maria.<br />
Contentatevi dunque, che io in questa sera dal secondo Introito passi a quel<br />
che immediatamente segue, cioè al Kyrie eleison: e vi assicuro, che da lì poi<br />
capirete quanto abbiam bisogno e in tempo di Messa e fuori di Messa della<br />
Intercession di Maria. Di grazia attendete. Incomincio.<br />
1. Dettosi dunque dal Sacerdote l’altro Introito nel messale, se ne passa<br />
divotamente in mezzo all’Altare e dice a vicenda col Popolo, rappresentato<br />
dal Servente, il Kyrie eleison,Christe eleison; replicandosi ciò nove<br />
volte vicendevolmente insieme. Ed eccovene il significato, l’istoria e il<br />
mistero. Attenti.<br />
2. Quanto al significato. La voce Kyrie è una voce puro Greca, che significa<br />
Signore. Così eleison pure è voce tutta Greca, che vuol dire abbi misericordia<br />
di noi, ecc.<br />
3. Quanto all’Istoria, ecc. se vogliamo andar rintracciando chi fossero gli<br />
Inventori del Kyrie, non si pone in dubbio che non fossero i Padri Greci;<br />
e che essi fossero i primi che l’aggiungessero nella S. Messa. Io qui non<br />
voglio porre già in questione se la S. Messa fosse prima detta dai<br />
Sacerdoti Cristiani in Lingua Greca, o in Lingua Latina. Mentre, siccome<br />
è certo che tutto il nuovo Testamento fu dagli Apostoli ed<br />
Evangelisti scritto in Lingua Greca (eccettuandone l’Evangelio di<br />
S. Matteo, che fu scritto in Ebraico): essendo a quei tempi la Lingua<br />
Greca molto capita e parlata non solo nell’Oriente, ma insino nel nostro<br />
268<br />
Occidente, ed insino in Roma, ove da quaranta e più mila Greci erano<br />
impiegati chi su di un Magistero e chi su di un altro: così pare fuor di<br />
ogni dubbio, che le prime Orazioni che recitasse la Cristianità, ver. gr.<br />
il Pater Noster, il Credo, l’Ave Maria, le recitasse in Greco: e poi col<br />
tempo; essendo tradotte in Latino, fossero anche in Latino recitate,<br />
come oggi.<br />
4. Quindi lo stesso può e deve dirsi della S. Messa, che prima fosse stata<br />
dagli Apostoli e dai loro Successori recitata in Lingua Greca; indi trasportata<br />
in Lingua Latina. Ciò chiaramente appare dallo stesso Kyrie<br />
eleison, che se vogliam credere al Durando lib. 2, cap. 13, si ritrova nella<br />
Sacra Liturgia Greca, che S. Marco ordinò in Alessandria e S. Giacomo<br />
minore in Gerosolima.<br />
5. Il più forte istorico appoggio si è che noi troviamo che i Santi Vescovi<br />
e Padri Greci accomodarono e stabilirono le orazioni e le loro cerimonie<br />
della S. Messa (non già a tempo di Adriano I Pontefice, come forse<br />
per abbaglio disse il Gavanti), ma bensì al tempo di S. Iginio I Papa e<br />
Martire, di nazione Greca e che ordinò il canto della Messa e morì circa<br />
la metà del secondo Secolo della Chiesa. Onde al detto S. Pontefice<br />
Iginio attribuir si deve l’aggiunta del Kyrie nella Messa in Lingua<br />
Greca.<br />
6. Ai tempi poi di S. Silvestro Papa, cioè circa un Secolo e mezzo dopo, fu<br />
dallo stesso Sommo Pontefice (cioè da Silvestro) aggiunto il Kyrie nella<br />
Messa in Lingua Latina e abbracciato da tutta la Cristianità latina. Vero<br />
è però che eziandio sin di allora si incominciò a dire il Kyrie nella Messa<br />
Latina, non si ripeteva se non una o due volte. S. Gregorio Magno Papa<br />
poi, che morì sul principio del Secolo settimo, stabilì che tra il<br />
Sacerdote e il Popolo o sia Servente si replicasse nove volte, cioè tre volte<br />
all’eterno Padre, tre volte all’eterno Figlio Umanato, e tre volte all’eterno<br />
Spirito Santo; come poi ce lo spiegò Innocenzo III Sommo Pontefice<br />
e dopo di lui l’Angelico S. Tommaso. Eccovi l’Istoria.<br />
7. Passiamo al misterioso significato della Recita del Kyrie eleison nella<br />
Messa. Significa:<br />
269
I. (senso allegorico) le Orazioni e le calde Preghiere degli antichi<br />
Patriarchi e Profeti, i quali chiedevano a Dio Misericordia sopra di<br />
loro e di tutto il Mondo, con il mandare il promesso e tanto sospirato<br />
Messia, ecc.<br />
II. (senso morale) significa il bisogno che ha il Sacerdote e il Popolo<br />
della divina Misericordia per celebrar ed offrir degnamente sì santo<br />
Sacrificio, ecc.<br />
III. significa il bisogno che abbiamo che Iddio ci usi pietà sempre e<br />
venga spiritualmente con la sua S. Grazia nell’Anima nostra, ecc.<br />
8. Or da qui argomentate voi, Uditori, il gran bisogno che abbiamo<br />
dell’Intercessione di Maria SS.ma per essere esauditi nel Kyrie eleison, ecc.<br />
270<br />
SERMONCINO XII<br />
Sabato 13 Luglio 1754<br />
Don <strong>Marcucci</strong> continua con tenacia ed accuratezza la spiegazione della santa<br />
Messa che qui affronta in modo approfondito in dieci punti. Paragona la vastità dell’argomento<br />
al Continente americano; ricorda lo stupore dei suoi ascoltatori quando,<br />
all’inizio della trattazione della santa Messa, disse loro che avrebbe impiegato un<br />
anno a spiegare l’argomento, un po’ come accadde a Cristoforo Colombo che, dopo aver<br />
scoperto l’America, ci vollero tanti altri navigatori per esplorarla e conoscerla.<br />
L’argomento del Sermoncino è la spiegazione del Gloria in excelsis, del Saluto<br />
Dominus vobiscum, dell’Oremus prima dell’Epistola e del rapporto che esse hanno con<br />
Maria SS.ma.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 171-177.<br />
Argomento<br />
Sopra il Gloria in excelsis, il Dominus vobiscum che segue<br />
e l’oremus prima dell’Epistola<br />
Allorché il grande e sempre memorabile piissimo Cristoforo Colombo, Gloria<br />
della nostra Italia e particolarmente di Genova sua Patria, allorché, dissi, verso<br />
la fine del secolo decimoquinto, propose a Ferdinando V Re di Spagna ed alla<br />
Regina Donna Isabella, la scoperta di una nuova gran parte del Mondo, che<br />
appellarsi poteva un Mondo nuovo: vi furono al certo in Toledo ed in altre parti<br />
della Spagna, chi stupefatti di tale proposta, la stimarono falsa non solo, anziché<br />
impossibile. Ma poi quando il Colombo la pose in effetto con i suoi Viaggi e<br />
con le sue nuove Scoperte; tutti si arresero e confessarono che il Colombo solo non<br />
bastava a raggiugner e scoprir sì gran parte del Mondo; ma vi volle il grande<br />
Americo ancora pur Italiano e Fiorentino: e tanti e tanti altri Viaggiatori, che tuttodì<br />
scoprono nuove Isole e nuove Terre delle Indie Americane. Un consimil<br />
successo, mi sia qui lecito suggerirvelo, è avvenuto sul sacro nostro Fatto della<br />
Santa Messa. Qualor io vi proposi di volervene favellar per un anno intero, vi fu<br />
al certo chi tra voi restò sopraffatto, dicendo cosa mai costui vorrà dir sempre di<br />
nuovo intorno alla S. Messa. Ma ora che ci siamo ingolfati in sì vasto mare ed<br />
andiamo scoprendo sempre più Misteri nuovi: e voi ed io, è duopo, che confessiamo,<br />
che se non per un anno, ma per tutta ancor la mia Vita discorrer ve ne<br />
volessi; non finirei: e neppur finirebbero quanti mai altri vi fossero, che seguis-<br />
271
sero le mie pedate. Nulla di meno, mi protesto che per esser breve al possibile,<br />
varie cose tralascio; ed altre che vi ridico, voi lo vedete, se quanto succintamente<br />
ve ne favello. Or in questa sera vi discorrerò di tre cose, cioè dell’Inno Gloria<br />
in excelsis, del Saluto Dominus vobiscum che segue e dell’Oremus che viene appresso,<br />
prima della Epistola.<br />
Da tutte e tre le cose vedrete quanta parte abbia Maria SS.ma nella S. Messa<br />
e quanta necessità abbiam noi del suo soccorso. Di grazia attendete e do<br />
principio (si raccomandi infine la frequenza e la premura, ecc.).<br />
1. Affine di non modificare l’ordine altre volte tenuto, cioè di spiegarvi<br />
prima il significato delle Parole, poi la storia, indi il Mistero; eccomi al<br />
significato. Dettosi pertanto dal Sacerdote in mezzo all’Altare il Kyrie<br />
eleison qualor non sia Messa Votiva o di Requie, o altra eccettuata nelle<br />
Rubriche, dice egli immediatamente l’Angelico Inno Gloria in excelsis<br />
Deo, poi dà il sacrosanto Saluto del Dominus vobiscum, indi si porta al<br />
Messale a recitar l’Oremus di una o più Orazioni.<br />
2. Quale sia il significato delle Parole dell’Inno Gloria in excelsis Deo et in Terra<br />
pax hominibus bonae voluntatis, voi tutti facilmente lo raffigurerete, giacché<br />
più volte avrete tutti udito, aver così cantato gli Angeli nella Notte del S.<br />
Natale, come ci assicura il Vangelo; ed aver detto, Sia glorificato Dio in Cielo<br />
ed abbiano pace in Terra gli uomini di buona volontà. Sin qui dissero gli Angeli;<br />
e perciò da noi vien chiamato Angelico Inno. Quelle Lodi poi e glorificazioni<br />
che vi aggiunge la Chiesa, cioè Laudamus te, benedicimus te con quel che<br />
segue sino al fine, essendo così chiare ed intelligibili da ognuno che vi stia<br />
attento; mentre ognuno intende che ivi si danno lodi, benedizioni, adorazioni<br />
e ringraziamenti a Gesù Cristo; e che si prega replicate volte che abbia<br />
pietà e misericordia di noi, essendo egli solo il Santo, egli solo il Padrone,<br />
egli solo l’Altissimo insieme con lo Spirito Santo nella Gloria di Dio Padre.<br />
Quindi basta lo starci attento per parte del Popolo ed il recitarlo con posatezza<br />
e divozione per parte del Sacerdote, affin che sia già da tutti capito.<br />
3. Finito il Gloria rivolgendosi il Sacerdote al Popolo, lo saluta col<br />
Dominus vobiscum, cioè a dire il Signore sia con voi; rispondendo il<br />
Servente a nome del Popolo et cum spiritu tuo, cioè sia ancora nel tuo<br />
Spirito. Il che si fa più volte dal Sacerdote nella Messa:<br />
272<br />
I. Per rinnovar e ricordar con tal saluto l’attenzione a tutti gli<br />
Assistenti;<br />
II. Per ricordare a tutti che per cavar profitto dalla S. Messa, si richiede<br />
l’assistenza del Signore e perciò convien disporsi a riceverla con la<br />
contrizione e divozione.<br />
4. Indi passa il Sacerdote al Messale e dice al Popolo tutto, Oremus, cioè facciamo<br />
Orazione, preghiamo Iddio invitando con ciò il Popolo a dimandar<br />
insieme con Lui le Grazie da Dio per li meriti infiniti del Sangue di Gesù:<br />
terminando perciò sempre l’Orazione dell’Oremus, con quel Per Jesum<br />
Christum Dominum nostrum. Or questa Orazione che il Sacerdote dice in<br />
quest’Oremus si chiama col nome di Colletta, appunto perché tale Orazione<br />
si fa dal Sacerdote anche da parte del Popolo colletto, cioè radunato insieme,<br />
come spiega Alcuino; ed anche si dice Colletta per significare che il<br />
Popolo se debet colligere, ut oret, come dice S. Bonaventura, cioè deve star<br />
tutto raccolto, affin d’implorar da Dio quel che dal Sacerdote a Dio si chiede<br />
in quella Orazione. E ciò sia detto quanto al significato delle Parole del<br />
Gloria, del Dominus vobiscum e dell’Oremus o sia Colletta seguente.<br />
5. Passiamo brevemente alla Storia, vedendo per erudizione chi aggiunse<br />
alla Messa le tre cose suddette. Il Gloria in excelsis Deo fu aggiunta alla<br />
S. Messa circa 130 anni dopo la Nascita di Gesù Cristo, da S. Telesforo<br />
Papa, di Nazione Greco: così ci attesta Innocenzo III nel suo Libro 2<br />
De Mysteriis Missae, al capo 20; e lo ricaviamo anche dall’Epistola 1 scritta<br />
dallo stesso Santo Pontefice Telosforo e fu quel Papa che ordinò tre<br />
Messe nel dì del S. Natale: onde a Lui deve ascriversi tutto ciò che segue<br />
al Gloria, cioè che egli compose Laudamus te, benedicimus te, ecc. sino al<br />
fine; ma lo compose in Greco; e perciò per la Messa in Lingua Greca.<br />
Al tempo poi di S. Ilario Vescovo Pictaviense, cioè di Poitiers in Francia,<br />
cioè circa il 350, essendo stato dallo stesso Santo tradotto in Latino il Gloria<br />
intero, vi fu aggiunto nella Messa in Lingua Latina; come dice il Bovio.<br />
6. Circa il Saluto del Dominus vobiscum, essendo antichissimo sino ai tempi<br />
dei Profeti, non vi ha dubbio che ai tempi degli Apostoli si usasse.<br />
Possiamo noi ascrivere a S. Celestino I, cioè a quello che stabilì l’Introito,<br />
averlo inserito nella Messa.<br />
273
7. Che dirò poi intorno all’Oremus cioè all’Orazione o sia Colletta? Certo è<br />
che anche gli Apostoli recitavano nella Messa alcune Orazioni o<br />
Collette; come ce ne assicura Origene Hom 11 in Jevem . Questi Oremus<br />
e queste Orazioni e Collette che ora sono nella Messa in Lingua Latina,<br />
siccome sono varie; così vari ne sono stati gli Autori, sempre però con<br />
l’approvazion dei Pontefici e della Chiesa. Molti Oremus e molte<br />
Orazioni e Collette del Messale, furono composte da S. Ambrogio e<br />
disposte da S. Gelasio Papa. Altre varie ne compose e dispose il<br />
Pontefice San Gregorio Magno. E ciò quanto alla Istoria.<br />
8. Veniamo ai Misteri delle tre cose suddette. Il Gloria in excelsis ci rappresenta<br />
la Nascita di Gesù Cristo: il Segno di Croce, infine del Gloria, ci<br />
figura la sua Circoncisione: il Dominus vobiscum la manifestazione che Gesù<br />
fece di sé ai Santi Re Magi: l’Oremus con l’Orazione e Colletta ci rappresenta<br />
le Orazioni fatte in tempo che Gesù dalla sua SS.ma Madre fu presentato<br />
al Tempio nelle Braccia del Vecchio Simeone. Così c’insegnano<br />
vari Pontefici e moltissimi Sacri Dottori. O quanti adorabili Misteri!<br />
Chi non stupisce, chi non rimane perciò estatico nella S. Messa? ecc.<br />
9. Vedete dunque, Uditori, se quanta gran parte ha Maria SS.ma nella<br />
S. Messa, ecc. Ben ciò lo conobbero gli antichi Cristiani. Prima che il<br />
Sommo Pontefice S. Pio V riformasse il Messale Romano, io trovo in<br />
gravi Autori (Gavant. Rubr. De Missal, part. 1, tit. 8, prop. fin.) che in<br />
fine del Gloria nella Messa in onor della Vergine si diceva dai Sacerdoti<br />
antichi, Tu solus sanctus Mariam sanctificans; tu solus Dominus Mariam<br />
gubernans: tu solus Altissimus, Mariam coronans 9 , ecc.<br />
10. L’esempio di S. Lorenzo Giustiniano, divotissimo della Vergine, che<br />
celebrando nella Notte del S. Natale, vide il S. Bambino, ecc.<br />
9 Tu solo il Santo che santifica Maria; Tu solo il Signore che governa Maria; Tu solo<br />
l’Altissimo che incorona Maria.<br />
274<br />
SERMONCINO XIII<br />
Sabato 20 Luglio 1754<br />
Il sermoncino è sviluppato in 11 punti e si sofferma a spiegare il significato<br />
dell’Epistola, del Graduale e dello spostamento del Messale, quando e perché entrarono<br />
in uso.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp.178-180.<br />
Argomento<br />
Dell’Epistola e Graduale e il trasferir del Messale<br />
Se mai ho da voi bramata, Uditori, l’attenzione, oggi sì, ecc. Io vi spiegherò:<br />
i misteri che nell’Epistola, nel Graduale e nella traslazione del Messale da<br />
una parte all’altra, si contengono. E da ciò vedrete ancora sempre più la grande<br />
efficacia del Patrocinio di Maria.<br />
1. Recitatesi pertanto dal Sacerdote nel Messale quella Orazione (o<br />
Orazioni), chiamata Colletta, come dicemmo nello scorso Sabato. Si passa<br />
da Lui alla recita della Epistola. Indi, rispostosi dal Servente Deo Gratias,<br />
si recita il Graduale composto di alcuni versetti dei Salmi o di altro Libro<br />
della Scrittura. Poi cessa il Sacerdote di leggere e si porta a recitar inchinato<br />
in mezzo all’Altare alcune orazioni sotto voce, ed intanto il Servente<br />
trasferisce il Messale da una parte all’altra dell’Altare, ecc.<br />
2. Qui, Uditori, vi protesto, che tuttoché il mio stile sia di spiegarvi<br />
prima il senso delle Parole dal Latino in Italiano, indi contarvene<br />
l’Istoria, poi discifrarvene il Mistero; non posso in questa sera soddisfarvi<br />
quanto al primo, cioè al tradurvi in nostra Lingua l’Epistola e il<br />
Graduale, perché non sempre si leggono e corrono le medesime Epistole<br />
ed i Graduali medesimi. Onde lasciate che io venga alla storia.<br />
3. Che l’Epistola si fosse introdotta nella Messa sino ai tempi degli Apostoli nei<br />
primi secoli della chiesa, non mancano classici Autori che ce lo testificano,<br />
per certo ed indubitato. Vero è non di meno, che sul principio del secondo<br />
secolo della chiesa Sant’Alessandro Papa e Martire stabilì che sempre nella<br />
Messa si recitasse l’Epistola; forse perché prima or si recitava, ed or no.<br />
275
4. Il quesito, Epistola vuol dir Lettera, ecc. Or se nella Messa non solo si<br />
leggono le Epistole, ma ancor le Lezioni dei Libri Sapienziali, dei<br />
Proverbi, dei Cantici, dell’Ecclesiastico, ecc.; come allora si può chiamar<br />
Epistola? R. Perché quando fu introdotta l’Epistola, si leggevano<br />
solo le Epistole di S. Paolo; sul principio poi del quinto secolo, dopo<br />
S. Anastasio Papa e Martire, furono incominciate a leggere anche le<br />
Epistole di altri Apostoli e le Lezioni di altri Libri della Sacra<br />
Scrittura.<br />
5. Quanto al Deo Gratias, cioè sia ringraziato Iddio, fu incominciato ad<br />
usare ai tempi di S. Agostino, cioè circa il quarto e quinto secolo:<br />
avendo allora questo in uso tutti i Monaci e Religiosi e Cristiani di<br />
così salutarsi quando si incontravano. Anticamente però, quando<br />
l’Epistola era di S. Paolo, invece di Deo gratias, si rispondeva Pax<br />
tecum cioè la Pace sia con voi, come ci racconta S. Agostino nella sua<br />
Lettera 163.<br />
6. Quel che il Sacerdote poi dice dopo l’Epistola vien chiamato Graduale vi<br />
fu aggiunto da S. Celestino I Pontefice circa l’anno 428; fu detto<br />
Graduale, perché talora si cantava dagli Assistenti nel primo ed infimo<br />
gradino dell’Altare; talvolta vicino ai Gradini dell’antico Ambone che era<br />
una specie di Pulpito. (In tempo però Pasquale si lascia il Graduale ed<br />
in sua vece si dicono soltanto due Sacri Versetti). Vi si aggiunge poi<br />
l’Alleluja dopo il Graduale; fuorché nei tempi lugubri, come di<br />
Settuagesima, ecc., invece dell’Alleluja si dice il Tratto, aggiuntovi da<br />
S. Celestino Papa e così detto perché anticamente si cantava con voce<br />
tratta cioè contratta, mesta, lugubre.<br />
7. Veniamo alla spiegazione dei Misteri. L’Epistola che si dice al Corno<br />
sinistro o alla sinistra parte dell’Altare, significa la Predicazione di<br />
S. Giovanni Battista, che invitava gli Uomini a Penitenza e così a prepararsi<br />
con la Penitenza a ricevere e seguitare il Nostro Signore Gesù<br />
Cristo, vero ed unico Messia e Redentore del Mondo.<br />
8. E qui, Uditori, dite su, a quante Messe, ecc.? Or ogni volta vi è stata<br />
predicata la Penitenza, ecc. e voi, ecc.?<br />
276<br />
9. Il Graduale significa il pianto e le Lagrime dei Giudei e degli altri<br />
Peccatori convertiti da S. Giovanni Battista. Vedete, se mai ha significato,<br />
Uditori, le vostre Lagrime, ecc. Dopo il Graduale segue immediatamente<br />
l’Alleluja, Voce Ebraica composta, che ha molti significati, uno<br />
dei quali è Nobiscum Deus, Sii con noi, o Signore; ed è anche come una<br />
Intersezione di allegrezza, significando l’allegrezza degli Angeli e di<br />
tutto il Cielo per la conversione dei Peccatori.<br />
10. Finalmente il trasferir del Messale da una parte all’altra denota, che non<br />
avendo voluto gli Ebrei riconoscere ed accettar Gesù Cristo, sono stati<br />
abbandonati da Dio e lasciati nel loro errore e nella loro ostinata perfidia;<br />
e fu trasportata l’evangelica predicazione al Popolo Gentile, ecc.<br />
11. (Sopra la Madonna SS.ma, ecc.; quanto necessario il suo Patrocinio, affin<br />
ci arrendiamo, ecc. e facciam penitenza; ed otteniamo il perdono, ecc.).<br />
277
SERMONCINO XIV<br />
Sabato 27 Luglio 1754<br />
Il sermoncino si presenta come schema sviluppato in 8 punti; si sofferma a spiegare<br />
il significato della lettura del Vangelo e della proclamazione del Credo. Per comprendere<br />
e vivere bene il Vangelo e le verità di fede occorre l’assistenza di Maria.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 181-182.<br />
Argomento<br />
Evangelio e Credo<br />
Pare strano, Uditori, a prima vista, che ai Cristiani seguaci del S. Vangelo,<br />
predicar si debba il Vangelo medesimo, ecc. Vi spiegherò i misteri che nel<br />
S. Vangelo e nel Credo si contengono; da cui caverete quanto sia necessaria<br />
l’Assistenza di Maria, ecc.<br />
1. E per ripigliare il solito stile di spiegare il senso, l’istoria ed i misteri, ecc.<br />
Finita dunque l’Epistola ed il Graduale, passa il Sacerdote nel mezzo<br />
dell’Altare a prepararsi per la pubblicazion del S. Vangelo, pregando il<br />
Signore a mondarlo, farlo degno, benedirlo ed assisterlo, ecc. Indi passando<br />
al corno destro, alquanto rivolto al Popolo, lo saluta col Dominus,<br />
ecc. Poi seguita Sequentia, ecc. e si segna. Indi dice il Vangelo. Risponde<br />
il chierico Laus tibi. Indi lo bacia, ecc. Il Popolo in piedi, ecc. Indi passa<br />
a recitare il Credo, che è il Simbolo del Concilio Costantinopolitano I.<br />
Indi dice Dominus, ecc.<br />
2. Istoria, ecc. Anche gli Apostoli leggevano il Vangelo nella Messa. Lo confermò<br />
poi con decreto circa il principio del 2 secolo S. Alessandro I,<br />
Pontefice e Martire.<br />
3. Il Simbolo, ai tempi degli Apostoli si diceva il loro, come ci conta<br />
S. Dionisio Aeropagita. S. Marco Papa, successor di S. Silvestro, decretò<br />
la recita del Simbolo Niceno. Quello poi che oggi si dice, cioè il Simbolo<br />
Costantinopolitano, lo decretò S. Damaso circa il secolo quarto.<br />
278<br />
4. Il Mistero, ecc. (Evangelium vox greca, idest bonum nuntium, ecc.); il<br />
Vangelo significa la Predicazione di Gesù Cristo, ecc.<br />
5. Segna il Sacerdote sopra il Messale e si segna sulla fronte, bocca e petto,<br />
per denotar che a faccia scoperta, con la Lingua e con il cuore deve predicare<br />
e confessar Gesù Cristo crocefisso e la sua S. Fede. E così far deve<br />
ogni fedel Cristiano.<br />
6. Si alza il Popolo in piedi per significar la prontezza in ubbidirlo e difenderlo<br />
(cioè il Vangelo, ecc.).<br />
7. Si dice immediatamente il Credo, per denotar che il frutto, ecc. è la confession<br />
dei Misteri ed Articoli: ed il Credo significa la conversion degli<br />
Apostoli e dei Discepoli; e la promulgazione fatta della S. Fede.<br />
8. Or quanto dunque sia necessaria l’assistenza di Maria, ecc. un esempio,<br />
ecc.<br />
279
SERMONCINO XV<br />
Sabato 3 Agosto 1754<br />
Don <strong>Marcucci</strong> riprende la spiegazione del Credo iniziata il sabato precedente, non<br />
per esaurirne la spiegazione perché ciò richiederebbe troppo tempo, ma soltanto per aiutare<br />
i fedeli a recitarlo con più fede e devozione. Ciò è molto gradito alla Santa<br />
Vergine, definita da San Idelfonso “signaculum fidei”.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 182-185.<br />
Argomento<br />
Si ripete il Credo<br />
Non lo abbiate a discaro 10 , Uditori, se avendovi io già ultimamente favellato<br />
in generale del Simbolo o sia Credo, in questa sera, dispensandomi da<br />
ogni altra spiegazione della Messa, ridia mano al Credo stesso per favellarvene<br />
a parte. Essa è un’orazione di troppa importanza, che dovrebbe essere<br />
al certo spiegata parte a parte su di ogni Articolo. Ma lasciando ciò all’incarico<br />
dei Parrochi e dei Catechisti, a me basta in questa sera dirvene a<br />
parte tanto, quanto basti per farvelo in avvenire o sentir con più riverenza,<br />
o recitar quel che sapete con più divozione. Dal mio discorso poi caverete<br />
se quanto gradisca la Vergine, recitato sia il Credo con viva fede e con gran<br />
riverenza, come già esser deve recitato. Basta mi favoriate di attenzione: e<br />
lo vedrete.<br />
1. E qui non aspettiate da me, che io seguendo il mio stile, voglia stare a<br />
recitarvi e tradurvi in nostra Lingua volgare quel Simbolo o sia Credo, che<br />
per ordine e decreto del Pontefice San Damaso, noi Sacerdoti nei giorni<br />
non impediti recitar dobbiamo nella Messa. No, non aspettate questo:<br />
perciocché sapete già voi tutti in Lingua anche volgare quel Simbolo<br />
o Credo, composto dagli Apostoli, che in sostanza è lo stesso che quello<br />
che diciam noi nella Messa.<br />
10 Non abbiatelo a male.<br />
280<br />
2. Neppur aspettar potrete da me la spiegazione del Mistero che vien contenuto<br />
nella recita del Credo nella Messa, giacché altra volta vi dissi,<br />
significar la Conversione fatta dagli Apostoli in tutto il Mondo; a<br />
significare ancora, come in noi il sentire il S. Vangelo e la Parola di Dio,<br />
deve tosto produrre il prender una Vita a tenor del Vangelo medesimo.<br />
3. Contentatevi adunque che ve ne dia qualche notizia istruttiva ed istorica<br />
e poi qualche documento.<br />
Quel che noi adunque chiamiamo comunemente il Credo, dai Sacri<br />
Concili e dai Santi Padri fu detto Simbolo. Questa voce Simbolo è voce<br />
Greca, che in nostra Lingua direbbe Segno, Indizio, Regola: onde Simbolo<br />
della Fede non vuol dir’altro che Segno della Fede, o Regola della Fede e del<br />
nostro Credere. Or quando gli Apostoli incominciarono a predicar la<br />
S. Fede di Gesù Cristo, siccome i Cristiani novelli non potevano ritener<br />
a mente tutti in una volta gli articoli che dovevano credere; e di più<br />
venivano inquietati e dagli ebrei e dai Gentili, chi con impugnare una<br />
cosa, chi con il trasentire un’altra; che fecero gli Apostoli; convenuti<br />
insieme prima di prepararsi tra loro alla predicazione, ecc.; composero<br />
una Regola, dove racchiusero tutta la Fede in dodici Articoli, ecc.; la<br />
quale servisse per Norma stabile, immutabile e certa della Fede in tutto<br />
il Cattolico Mondo. E questa Norma, questa Regola la dissero Simbolo<br />
ecc. Così ci attesta S. Leone Papa, S. Agostino e gli altri Padri tutti.<br />
4. Essendo poi insorte contro la S. Fede e la S. Chiesa Cattolica varie empie<br />
eresie, particolarmente dell’empio Ario, ecc., nel concilio Niceno I nell’anno<br />
325, sotto San Silvestro Papa, fu fatto un altro Simbolo, non già<br />
diverso da quello degli Apostoli; ma in difesa di quello degli Apostoli,<br />
ecc. Ma siccome vari empi eresiarchi, come Marcione, Fotino, Apollinare,<br />
Macedonio ed altri, avevan disseminate varie altre eresie, contra il Simbolo<br />
Niceno, stiracchiandolo chi in un modo e chi in un altro; perciò lo stesso<br />
Simbolo Niceno fu più chiaramente spiegato dal Concilio Costantinopolitano<br />
I., sotto San Damaso Papa: ed è quello che noi diciam nella Messa, ecc.<br />
5. Ma siccome nell’Oriente, andavan sossopra le cose, per la malignità<br />
degli Ariani, che accusavano Sant’Atanasio, come loro Partitante, ecc.;<br />
perciò egli fece in un foglio volante un Simbolo sopra il Mistero della<br />
281
SS. Trinità e della Persona di Gesù Cristo nell’anno 360, che è quello<br />
da noi recitato nell’Uffizio a Prima, ecc. così riconosciuto da S. Gregorio<br />
Nazianzeno, da Eugenio IV, da S. Tommaso e dalla Chiesa nella Rubrica,<br />
ecc. Altri lo attribuiscono a Vigilio Tappense, ecc.: ma è del secolo V, ecc.<br />
6. Onde tre sono i simboli, uno ad Instructionem, alterum ad defensionem,<br />
alterum ad explorationem, ecc.<br />
7. Dev’esser recitato con viva fede e con grande riverenza, ecc. Perciò deve<br />
esser ben saputo in Lingua volgare. Così si usava nei primi secoli della<br />
Chiesa, ecc. Recitato così con fede viva e riverenza giova contro le tentazioni,<br />
ecc.; fa fuggire i demoni, ecc.; fortifica, ecc.<br />
Gli esempi di quel Nobile raccontato da Cesareo, ecc., di S. Pietro<br />
Martire, ecc.; di quella buona donna, ecc.<br />
La Vergine detta signaculum fidei da S. Idelfonso.<br />
282<br />
SERMONCINO XVI<br />
Agosto 1754<br />
ASC 35, p. 185 11<br />
SERMONCINO XVII<br />
Sabato 31 Agosto 1754 12<br />
Argomento<br />
Il Lavabo, Offerimus et Orate fratres<br />
ASC 35, p. 185<br />
11 Solo titolo.<br />
12 Il Sermone ha soltanto i titoli seguenti della trattazione: Il Lavabo ecc., Offerimus ecc.,<br />
Orate fratres ecc.<br />
283
SERMONCINO XVIII<br />
Sabato 14 Settembre 1754<br />
Il XV Sermoncino è l’ultimo sull’argomento della Santa Messa iniziato da vari<br />
mesi. L’Autore sceglie di concludere il tema benché ricorra la vigilia liturgica della<br />
festa del nome di Maria di cui ha parlato l’anno precedente.<br />
L’esposizione si snoda su cinque punti in modo molto schematico, come la maggior<br />
parte dei Sermoncini di questa serie.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp.185a (137-138).<br />
Argomento<br />
Segrete e Prefazio<br />
Si dica nel Proemio, che correndo la vigilia dell’augustissimo Nome di<br />
Maria, non si sa se debba parlarsi di tal Nome, oppur ripigliar il filo della<br />
S. Messa; si conchiuda, che avendo nell’Anno scorso detto molto del primo,<br />
è più proprio dir della seconda: tanto più che in tal’occasione cade anche in<br />
acconcio commemorarsi dell’augustissimo Nome, ecc.<br />
1. Dettosi dunque dal Sacerdote l’orate fratres, ed aspettatosi che si risponda<br />
dal Servente, ecc., passa egli sotto voce a recitar certe orazioni, che<br />
appunto dal dirsi segretamente, vengon chiamate Segrete. Indi nella lor<br />
chiusa Per dominum nostrum, dicendola pur segreta, alza la voce al Per<br />
omnia saecula saeculorum, ed incomincia il Prefazio, ecc.<br />
2. Queste orazioni Segrete sono antiche e di numero son tante, quante son<br />
quelle della Colletta, in principio, ove dice l’Oremus prima dell’Epistola,<br />
ecc.<br />
3. Prefazio, idest Praelocutio, cioè è un parlare che si fa al Popolo, un Canto<br />
prima d’incominciare il SS.mo canone.<br />
Al certo è antichissimo. Undici sono i Prefazi, ovvero il Prefazio è di<br />
undici parti, secondo le feste. Nove dei quali sono i più antichi, cioè<br />
quello di Pasqua, dell’Ascensione, di Pentecoste, del Natale (che si dice<br />
anche nel Corpus Domini), dell’Epifania, della SS. Trinità, della Croce,<br />
degli Apostoli e della Quaresima: e tutti e nove, come molto antichi<br />
284<br />
furono numerati ed approvati dal Pontefice Pelagio II, circa gli Anni<br />
585. Prima di questi nove ve ne è uno, il più antico, ed è il comune, istituito<br />
ed approvato da S. Leone Papa I circa l’Anno 450. L’ultimo, cioè<br />
l’undecimo, è quello della Madonna SS.ma, aggiunto ed istituito da<br />
Urbano II circa il 1095 di Nostra Salute.<br />
4. (Si spieghi il Prefazio, ecc.) Si conchiude sempre il Prefazio con l’Inno<br />
o sia Trisagio Angelico Sanctus, ecc.; conchiudendosi poi sotto voce, con<br />
il Tripudio dei fanciulli ebrei Benedicans qui venit 13 , ecc.<br />
5. Il Mistero, ecc. Le Segrete rappresentano i Negoziati che facevano gli<br />
ebrei occultamente contro il Redentore.<br />
Il Prefazio significa l’entrata solenne ed il Trionfo di Gesù in<br />
Gerusalemme nel Giorno delle Palme ed il Canto dei fanciulli con<br />
Hosanna, ecc. (Innocens III lib. 2 cap. 61).<br />
13 Benedetto colui che viene.<br />
285
CAP. V<br />
SERMONCINI<br />
PER LA FESTA DI MARIA SS.MA ASSUNTA<br />
(1754-1769)<br />
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Introduzione al capitolo<br />
Il capitolo raccoglie sei brani sulla festa dell’Assunta conservati tutti nella miscellanea<br />
ASC 23. Il primo sermone del 1754, fu recitato nel monastero delle Vergini,<br />
mentre gli altri nella chiesetta dell’Immacolata delle Religiose omonime.<br />
L’Autore prepara l’uditorio all’ascolto del racconto della gloria di Maria in cielo<br />
con vari esempi. Immagina che Gesù le venga incontro e la porti al trono del Padre<br />
dove è incoronata regina degli angeli, dei santi e nostra. Ella è nostra Avvocata,<br />
Madre e Rifugio presso il trono della divina misericordia!<br />
Spesso don <strong>Marcucci</strong> conclude il sermone con una preghiera di lode a Maria e di<br />
invito agli ascoltatori perché si affidino alla sua dolce intercessione.<br />
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SERMONCINO FAMILIARE<br />
Recitato nel venerabile monastero delle Vergini<br />
nella festa della SS.ma Vergine detta del Rifugio (il 15 Agosto) 1754<br />
Il Sermoncino, scritto in bella e chiara grafia dal <strong>Marcucci</strong>, fu recitato da una religiosa<br />
dell’Immacolata Concezione “dentro il venerabile monistero delle Vergini, nel 1754” 1 .<br />
Un bell’esempio di promozione della donna consacrata e di comunione tra Istituti religiosi.<br />
Fin dall’inizio della fondazione, don <strong>Marcucci</strong> aveva scritto omelie, sermoncini e catechesi per<br />
le sue Religiose Pie <strong>Opera</strong>ie che poi esse proclamavano ai vari destinatari 2 .<br />
Il Sermoncino, dopo il proemio, si sviluppa in sette punti e si propone di spiegare come<br />
“Iddio con il darci la sua Madre per nostro Rifugio, ci ha dato un mezzo assai sicuro per<br />
eternamente salvarci”, Ella è infatti definita Rifugio dei peccatori.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> già dal 1752 aveva deciso di celebrare questa festa il giorno<br />
dell’Assunzione di Maria 3 . Possiamo dunque dedurre che l’attuale sermoncino venga recitato<br />
il 15 agosto.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 49-56.<br />
1 Il monastero di santa Maria delle Vergini ad Ascoli Piceno confinava con quello di Sant’Egidio<br />
e si trovavano, lungo Corso Mazzini. Nel 1774 mons. <strong>Marcucci</strong>, mentre era Vicegerente di<br />
Roma, ricevette dal papa Clemente XIV l’incarico di delegato apostolico per quietare i due<br />
monasteri, entrati in attrito a motivo di una costruzione. Le monache di Santa Maria delle<br />
Vergini volevano erigere una sacrestia nella proprietà delle monache di Sant’Egidio, fuori della<br />
clausura. Queste ultime rifiutarono di dare il permesso perché ciò avrebbe tolto molta luce al<br />
loro refettorio. Mons. <strong>Marcucci</strong> difese i diritti delle monache di sant’Egidio, bloccando la<br />
costruzione (Cf. MARIA PAOLA GIOBBI in Il Palazzo <strong>Marcucci</strong> ad Ascoli Piceno, dal XVI al XX<br />
secolo, Ascoli Piceno 2007, pp. 78-79).<br />
2 Il Triduo e sermone per la festa dell’Immacolata Concezione del 1747, scritti dal Fondatore, furono recitati<br />
rispettivamente, Suor Maria Giacoma del SS.mo Sacramento, Suor Maria Rosa dell’Amor di<br />
Gesù, Madre Tecla dell’Immacolata Concezione e Suor Maria Dionisia dello Spirito Santo<br />
(Cf. FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI, Sermoni per il triduo e la festa dell’Immacolata Concezione<br />
(1739-1786), <strong>Marcucci</strong>ana <strong>Opera</strong> <strong>Omnia</strong>, vol. III, Dolo-VE, 2004, pp. 22-40).<br />
3 F. M. MARCUCCI, Sermoncino ventesimosesto, sabato 12 agosto 1752, in occasione che incominciavasi<br />
il Sacro Triduo in apparecchio alla Festa della gloriosa Assunta di Nostra Signora, ed insieme dell’altra sua<br />
Festa sotto il titolo di Rifugio de’ Peccatori, che cade ai 15 di agosto (Cf. ivi pag. 203).<br />
290<br />
Argomento<br />
Iddio con il darci la sua Madre per nostro Rifugio,<br />
ci ha dato un mezzo assai sicuro per eternamente salvarci<br />
È così grande il combattimento che vien cagionato al mio povero cuore da<br />
due affezioni troppo vive e contrarie, voglio dir dal dispiacere e dal contento,<br />
che in me ora provo; che vi assicuro, Ascoltatrici mie stimatissime, mi<br />
fanno star titubante senza potermi appieno risolvere, se in quest’oggi tacere,<br />
oppur favellare io vi debba. Se per un verso io rifletto a quanto misteriosa e<br />
degna sia la Solennità ricorrente dell’eccelsa e gran Regina del Cielo sotto il<br />
glorioso Titolo di Nostro Rifugio; io sopravvinta me ne resto da un dispiacer<br />
molto vivo, che a me di doverne parlare toccata sia l’incombenza. Una<br />
Festività così degna, che abbaglia insino, per così dire, le Serafiche Menti e<br />
le Angeliche Lingue ammutolisce; come mai da una d’intendimento sì corto<br />
e di eloquenza sì scarsa, come appunto son io, potrà essere con i suoi vivi<br />
colori rappresentata? Che se poi dall’altro verso io penso a quanto gradisca la<br />
benignissima Vergine, che insin le più semplici lingue ed inette promulghino<br />
le alte glorie sue e ne ridican le lodi; io vi confesso, che sento di un indicibil<br />
contento e piacere il mio cuore ripieno, in vedermi destinata a consacrar<br />
per la prima volta la mia eziandio rozza lingua con il ridirvi di Maria<br />
Nostro Rifugio le glorie e le grandezze. Ma intanto a qual verso e partito volger<br />
mai mi dovrò ad appigliarmi? Eh ceda pure per questa volta il dispiacere<br />
al contento! Sì, sì, voglio sì favellarvi, al miglior modo che io possa, su<br />
della Solennità che ricorre. Eccovi pertanto un Pensiero che ne ho formato.<br />
Iddio con il darci la sua Madre per nostro Rifugio, ci ha dato un mezzo assai sicuro<br />
per eternamente salvarci. La vostra benigna attenzione accompagni il mio breve<br />
Ragionamento. Ed incomincio.<br />
1. Il grande e sempiterno Iddio, che dopo aver creato l’Uomo ad<br />
Immagine sua, se ne mostrò tanto invaghito, sino a chiamarlo l’oggetto<br />
delle sue delizie, Deliciae meae esse cum Filiis Hominum 4 ; non una no,<br />
ma mille volte e mille si degnò di tener impiegato a pro dell’Uomo il<br />
suo amorosissimo Cuore. Voi osservar ciò potreste, Riverite Ascoltanti,<br />
4 È mia delizia stare con i figli degli uomini.<br />
291
in mille fatti accaduti all’antico Israelitico Popolo il qual’era appunto<br />
nel Testamento vecchio il Popolo eletto da Dio per le sue Divine delizie.<br />
Quanto a me, un solo di tanti avvenuti successi è bastante per rappresentarvi<br />
la Provvidenza di Dio amorosissima. Giunta l’Ebraica<br />
Gente al tanto sospirato possesso della Terra di Canaan ossia Terra<br />
Promessa (che noi diciam Palestina o Terra Santa); e ripartitesi ivi le<br />
dodici Tribù o sieno Generazioni, in cui era diviso tutto l’innumerabile<br />
Popolo; ordina Iddio con premura, che affin il governo ne sia fatto<br />
sempre con tutta equità, ed abbia tra tanta Gente il suo vigor la<br />
Giustizia; ordina, ripeto, che vi sieno eletti dei rettissimi Giudici ed<br />
aperti dei regolatissimi Tribunali. Oimè, miseri infelicissimi Rei! Ecco<br />
non solo a voi doverosamente tolta ogni baldanza e sfrenatezza di vivere;<br />
ma di più rigorosamente preclusa ogni strada di sospender con la<br />
fuga ogni sdegno dei Giudici e di sfuggire i rigori del meritato castigo.<br />
Sì, diciamo noi in tal guisa; ma non così però disse il clementissimo<br />
Iddio. La sua infinita clemenza e misericordia anche verso dei miseri<br />
Rei fece volger l’occhio benigno. Pertanto impose che tra vari<br />
Luoghi e le tante Cittadi di quel vasto Paese, erette e stabilite ve ne<br />
fossero alcune, le quali non sol si chiamasser, ma in realtà divenissero<br />
Città di Rifugio; e così a chi di tanto Popolo la mala sorte avvenisse di<br />
cader in qualche reità, facile si desse lo scampo, se lo volesse, dalla<br />
Giustizia; e tempo si concedesse con il porsi in sicuro nella Città di<br />
Rifugio di aggiustar la sua Causa e di muovere gli animi irritati dei<br />
Giudici alla clemenza.<br />
2. Or le stesse, anzi molto più amorose finezze ha voluto mostrar la<br />
Divina Misericordia sopra di noi Cristiani, che siam’ora il caro e<br />
prediletto Popolo del Testamento nuovo. Si è pur degnato<br />
l’Altissimo di stabilir anche per noi una Città di Rifugio, non già<br />
però vile e materiale come qualcuna delle antiche Cittadi, ma bensì<br />
una Città viva ed animata, rispettata dal Mondo tutto non solo ma<br />
ancor da tutto l’Empireo. Richiamate di grazia, Ascoltatrici mie,<br />
alle menti vostre quel che in ispirito previde e predisse della Regina<br />
del Cielo il Reale Profeta. Previde ben’egli che il grande Iddio<br />
sarebbe un giorno disceso ad abitar personalmente per nove mesi nel<br />
purissimo Ventre di Lei; e perciò con bella allegoria chiamar la volle<br />
292<br />
con il titolo di sontuosa ed animata Città di Dio: Gloriosa dicta sunt<br />
de te, Civitas Dei 5 . E questa appunto è quella bella ed animata Città<br />
rispettabile, che ha stabilita il Gran Padre delle Misericordie per<br />
nostro sicuro Rifugio; conforme tutta gioliva la decanta la Chiesa<br />
Refugium Peccatorum.<br />
3. Che se è così, chi vi ha tra voi che non scorge chiarissimo, che avendoci<br />
Iddio assegnata per Rifugio la sua medesima Madre, ci ha dato<br />
ancor un Mezzo assai sicuro per eternamente salvarci? Abbia la ragione<br />
il suo Luogo. È certo presso tutti i Teologi che la sapientissima<br />
Provvidenza Divina qualor addossa ad un Anima prediletta un qualche<br />
uffizio ed incarico, la fornisce nel tempo stesso di tutte quelle<br />
cose che le son necessarie, affin riuscir possa felice nell’eseguirlo. Or<br />
avendo addossato alla Vergine il grande incarico di far da nostro<br />
Rifugio, cioè a dire, di far come da Mediatrice e Mezzana per placarci<br />
la Divina Giustizia, per imploraci la Divina Misericordia, per<br />
impetrarci il perdono, la pace e la salvezza: chi vorrà dir mai, che<br />
Iddio non l’abbia nel mentre stesso fornita di tutto ciò che vi era<br />
duopo, affin questa mezzanità riuscisse dal canto suo valevole, efficace<br />
e assai sicura?<br />
4. Due cose indispensabilmente erano necessarie alla gran Vergine affin<br />
fosse per parte sua nostro valevol Rifugio e Mezzo assai sicuro per la<br />
nostra salute; cioè a dire, le era necessario un gran potere, ed un pronto<br />
volere o sia un Cuor molto amoroso, che val lo stesso. Or chi può mai<br />
qui ridirvi, Ascoltanti, quanto sia grande il Poter di Maria? Se io qui<br />
vi ridicessi in succinto, quanto mai attoniti e stupefatti i Santi Padri<br />
tutti ne dissero; voi al certo ne udireste gran cose; ma pure ne udireste<br />
il minimo. Se io vi assicurassi, che anche di Nostra Signora può<br />
ripetersi con la debita proporzione quel che del suo divin Figlio sta<br />
scritto, Data est illi omnis potestas in Coelo, et in Terra 6 : e di più, che le<br />
sue Preghiere in Cielo, non sono suppliche no, ma tanti imperiosi<br />
5 Di te sono state dette cose stupende, o città di Dio.<br />
6 Le è stato dato ogni potere in cielo e in terra.<br />
293
comandi: voi all’udir ciò, udireste molto, ma non anche il tutto.<br />
E perciò affin entriate più addentro nel gran Potere di Maria, figuratevi<br />
questo per altro impossibile caso, cioè che uniti da una parte gli<br />
Angioli tutti, ed insiem con lor quanti mai di innumerabili Abitatori<br />
accoglie in seno il Paradiso; uniti così, ripeto, dimandassero a piene<br />
voci e con calorose istanze dal Trono della Divina Giustizia l’eterna<br />
mia dannazione: ma che dall’altro canto, figuratevi, che la Vergine<br />
sola, come mio potente Rifugio, chiedesse per me pietà al Trono della<br />
divina Misericordia: credete pure per certo che io già mi terrei per<br />
sicura e per salva. O Poter altissimo dunque di Maria e chi potrà mai<br />
comprenderti!<br />
5. Ma su, che a questo gran Potere un egual pronto volere in Lei va sempremai<br />
unito. Lo credereste? Non così tenera affezionatissima Madre è<br />
pronta a prestare soccorso ad un suo unico amatissimo Pargoletto,<br />
com’è pronta Maria SS.ma a somministrare a noi il suo efficacissimo<br />
aiuto. Così con San Gregorio VII e con San Pier Damiano tutti gli altri<br />
Santi Padri ce la descrivono; e con tutta la ragione e fondamento.<br />
Perciocché l’amor siasi tenero quanto si voglia di tutte le Madri del<br />
Mondo, può chiamarsi un amor da nulla rispetto all’Amor di Maria<br />
verso di noi. Onde ne viene esser’ella così sollecita della nostra Salute,<br />
che è assai essa più pronta ad aiutarci e rifugiarci con il suo Patrocinio<br />
potente, di quel che noi stesse pronti siamo a fare a Lei umile e confidente<br />
ricorso.<br />
6. Alto, Ascoltanti. Se Iddio adunque si è degnato di darci un Rifugio ed<br />
un Mezzo di sì gran Potere e di sì pronto amoroso volere: confessiamola<br />
pure, che è purtroppo vero che ci ha dato ancora un mezzo assai sicuro<br />
per eternamente salvarci.<br />
7. Deh s’è così e che più angustiarci tra tante nostre miserie? Che più avvilirci<br />
fra tante nostre imperfezioni? Che più perderci di animo tra tante<br />
passioni sconvolte? Su su, coraggio! Al nostro potente e amoroso<br />
Rifugio facciam pronto ricorso. A Lei presentiamo pure le nostre lagrime;<br />
a Lei esponiamo i nostri bisogni: nelle sue Mani riponiamo i nostri<br />
buoni e risoluti propositi. A Maria, nostro Rifugio i nostri pensieri;<br />
294<br />
a Maria i nostri affetti, i nostri Cuori e tutte noi stesse. Essa vi penserà:<br />
essa ci rifugerà: essa ci salverà. Procuriam noi con tutto lo sforzo esserle<br />
fedeli divote: e non dubitiamo che ci manchi di fedeltà in proteggerci<br />
ed aiutarci.<br />
8. Sì, si, così teniam di certo, Vergine gloriosissima: e speriam senza altro,<br />
che dopo di aver noi goduto e celebrato il vostro potente ed amoroso<br />
Rifugio quaggiù in Terra, giungeremo un dì ad encomiarlo nel Cielo.<br />
Amen.<br />
Dino Ferrari, L’incoronazione di Maria in cielo, tempera,<br />
1965, Ascoli Piceno, ovato nel soffitto del parlatorio della<br />
Casa Madre.<br />
295
SERMONCINO FAMILIARE<br />
SOPRA LA GLORIOSA ASSUNTA DI NOSTRA SIGNORA<br />
Recitato in sedia nel giorno della sua festa,<br />
Martedì 15 Agosto 1758, nella Chiesa dell’Immacolata<br />
L’Autore prepara l’uditorio all’ascolto dell’argomento, immaginando i sontuosi<br />
festeggiamenti dell’illustre concittadino ascolano Ventidio Basso, a Roma, in occasione<br />
della gloriosa vittoria riportata comtro i fieri ed ostinatissimi Parti, popoli della<br />
Siria. Certamente, ancora più emozionanti e sontuosi saranno stati i festeggiamenti<br />
riservati a Maria SS.ma nel giorno della sua gloriosa Assunzione al cielo.<br />
“L’eterno Padre la rivestì di sua onnipotenza, il divin Figlio della sua sapienza, lo<br />
Spirito Santo del suo amore”. In quel giorno, Maria fu incoronata di dodici stelle,<br />
Regina per sempre degli apostoli e dei profeti, tra le acclamazioni e le meraviglie degli<br />
angeli e dei santi; il suo trono fu collocato alla destra di Dio.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 121-126.<br />
Ave Maria<br />
1. Non vi è chi non brami di essere spettatore di un eroe che trionfa; perciocché<br />
le magnificenze di un eroe trionfante sorpassano di qualsivoglia spettatore<br />
ogni credenza. Il sempre grande Agostino, che nella vincita di se stesso<br />
e nel disprezzo del mondo, divenne sì glorioso maestro; nulla di meno<br />
(lo credereste mai, Uditori?) era così sorprendente l’idea, che dell’antico<br />
Trionfo cùrule o sia maggiore di Roma, in solamente leggendolo, si era formata;<br />
che a confessare si fece, che tra le cose, di cui avess’egli a desiderare<br />
di essere spettatore su questa terra, una sarebbe stata, il trovarsi cioè una<br />
volta presente alle grandiosi feste di Roma nel glorioso ritorno di qualche<br />
suo capitano supremo, che sopra carri superbi trionfali faceva trionfante e<br />
vittorioso in quella gran dominante l’ingresso. Sebbene, cosa mai di grazia<br />
avrebbe egli alla fine osservato? Avrebb’egli veduto, a cagione di esempio,<br />
il più sontuoso dei Trionfi Romani, che fu quello del nostro illustre concittadino<br />
P. Ventidio Basso, per la gloriosa vittoria dai fieri ed ostinatissimi<br />
Parti, popoli della Siria, con tanto onor riportata (a). E quindi avrebb’egli<br />
sulle prime osservato spedirsi al nostro vittorioso duce cospicui ambascia-<br />
(a) Appian. Alex., lib. 5, De Bell. civil.; Sigon. in Fast. de P. Ventid. (b) ex Chamborj v. Trionfo, Tomo 8.<br />
296<br />
dori dall’augusto Senato a portargli il glorioso titolo di Imperadore Romano<br />
ed all’approssimarsi poi di Ventidio, moversi i Senatori tutti, di bianche toghe<br />
maestosamente vestiti, per fargli l’onorevole incontro. Indi veduto avrebbe<br />
l’Imperadore novello, coperto di ricca Porpora, tutta ricamata ad oro, con varie<br />
figure rappresentanti le segnalate sue imprese e conquiste, aver nelle gambe i<br />
suoi borzacchini o sieno stivaletti, guarniti di grosse perle; portare una imperial<br />
corona di oro sul capo; ed impugnar nella destra il gran baston di comando<br />
ed un bel ramo di alloro nella sinistra; assiso poi alla cima di un maestosissimo<br />
carro trionfale, ornato tutto di avorio e di lamine di oro, tirato da due<br />
leoni riccamente bardati (b). Ed inoltre circa la bella ordinanza di un siffatto<br />
trionfo, osservato egli avrebbe proceder alle prime un folto stuolo di scelti<br />
musici e sonatori con belle corone in capo, facendo risuonar l’aria delle lodi<br />
del trionfatore glorioso. In seguito, venir vari vaghissimi carri, ripieni di<br />
città e provincie conquistate, lavorate tutte in rilievo. Indi, seguir i carri di<br />
tutte le spoglie, tende, macchine ed altre robe prese ai nemici. Poscia venire i<br />
Re prigionieri e tutti gli altri Duci soggiogati e vinti. In appresso, proceder<br />
tutti in gala sfarzosa i Capitani dell’Esercito Romano vincitore, con ricche<br />
corone in capo e con la spade denudate e risplendenti alla destra. Dopo questi,<br />
comparire il maestosissimo carro trionfale dell’Imperadore Ventidio;<br />
davanti a cui venivasi spargendo di fiori tutto il terreno. Dietro al maestoso<br />
carro, avrebbe veduto venir tutto pomposo l’augusto Senato. Indi tutti<br />
quei Cittadini Romani, che dal trionfatore erano stati alla libertà ridonati.<br />
Alla fine, i Flamini o sieno gran Sacerdoti con la vittima principale del bue<br />
bianco, che sacrificar si doveva nel Campidoglio. Ed intanto, osservati anche<br />
avrebbe aperti e ben addobbati tutti i Templi di Roma; gli Altari carichi<br />
tutti di incensi e di offerte; e le Piazze e le Strade ripiene di giuochi festosi<br />
e di allegrie. Giunto poi al Campidoglio il gran carro e discesone il gran<br />
Ventidio, veduti avrebbe i Senatori tutti, in mezzo a suoni di spiritose trombe<br />
ed agli evviva d’innumerabile popolo, passar seco delle congratulazioni<br />
più tenere ed obbliganti; ed insiem con lui della vittima principale eseguire<br />
l’offerta. Tuttociò, ripeto, osservato avrebbe Agostino, se a seconda dei<br />
suoi desideri trovato si fosse presente al maggior Trionfo di Roma. Eppure<br />
non sarebbe stato alla fine spettatore di altro, che di un Trionfo di poche ore<br />
297
e di pochissimo conto, perché formato dalla debole industria dell’uomo e<br />
dalla fievol potenza di questa misera terra. Io per me, avrei piuttosto bramato,<br />
Uditori, di vedere un altro Trionfo di una assai più nobile e sontuosa<br />
magnificenza e di un’eterna durata. M’intenderete, già credo. Ecco quel<br />
dì glorioso, in cui la gran Vergine, essendo Assunta in cielo, vi fece l’ingresso<br />
con il più maestoso Trionfo che mai dir si possa e così trionfante, coronata<br />
perpetuamente ne restò. In perpetuum, così ce lo rammenta tutto festoso<br />
il Savio (Sap. 4, 2), in perpetuum coronata triumphat. A questo sì, oh quanto<br />
di buona voglia mi sarei pur trovato! O allora al certo in questo dì festivo,<br />
qualora mi fosse stato promesso, avrei potuto contarvene delle gran cose.<br />
Sebbene di questo Mariano Trionfo, le lingue ancora di tutti i comprensori<br />
beati non sarebbero bastevoli, allo scriver di Girolamo, di pubblicarne le<br />
glorie. Troppo in eccesso fu esso mirabile, magnifico, glorioso. Ed a costituirlo<br />
in tal guisa vi concorse Iddio, la Vergine, il Cielo ed il Mondo: Iddio con<br />
la sua onnipotenza e sapienza infinita, la Vergine con le sue virtudi e conquiste,<br />
il Cielo con le sue acclamazioni e meraviglie, il Mondo con le sue umiliazioni<br />
e preghiere. Pertanto, di un Trionfo così ineffabile, siccome indarno vi affatichereste<br />
voi per comprenderne tutte le magnificenze, così invano aspettereste<br />
da me sentirne dilucidate le circostanze. Basti a voi di creder sempre più<br />
grande il Trionfo di Maria in questo dì glorioso, di quanto mai alto pensar<br />
ne poteste. E basti a me di proporvene succintamente un abbozzo di tutte<br />
quelle grandezze, di cui a pura creatura veruna favellar pienamente non lice.<br />
2. E senza perder punto di tempo, ecco come concorse Iddio con la sua<br />
Onnipotenza e Sapienza infinita a costituir mirabile, magnifico e glorioso<br />
il Trionfo di Maria in questo giorno del suo ingresso nel Cielo. Non<br />
vi ha dubbio, che all’ingresso di ogni anima gloriosa in quella Patria<br />
beata, spicca talmente l’Onnipotenza e Sapienza di Dio nel costituire<br />
magnifico e sontuoso il di lei Trionfo, che ogni Anima vien costretta<br />
a confessar con Davide, esser opera della sola mano di Dio la sua esaltazione<br />
e Trionfo: Dextera Domini exaltavit me 7 (Psal. 117,16). Di ciò ne fu<br />
dato un saggio all’evangelista Giovanni: Vidi Jerusalem novam<br />
7 La destra del Signore mi ha esaltato.<br />
298<br />
descendentem a Deo 8 . Ma queste sono vie ordinarie ed ordinari Trionfi con<br />
la Madre sua tener volle lo straordinario, ecc. Fecit potentiam in brachio suo 9 .<br />
Non suole il Re muoversi dalla sua Reggia all’incontro: ma qui si mosse:<br />
Surrexit rex in occursum eius 10 (2 Reg.), a guisa che Salomone fece con<br />
Bersabea. Volle che la sua veste fosse quomodo intuar illa? (Cant. 5), tutta<br />
nuova, tutta singolare, non mai più veduta. Mulier amicta sole 11 . L’eterno<br />
Padre la rivestì di sua onnipotenza, il divin Figlio della sua sapienza, lo<br />
Spirito Santo del suo amore. Mulier amicta sole. Quanto poi al luogo, al<br />
Trono, positus est Thronus mei Regis, quae sedit ad dexteram eius 12 (2 Reg.).<br />
3. Ineffabile già il trionfo per l’incontro, per l’abito, per il trono; vediamo<br />
ora di qual corona venga Ella coronata. In capite eius corona stellarum duodecim,<br />
Regina Apostolorum, Prophetarum 13 .<br />
4. Le acclamazioni e maraviglie del cielo, quae est ista quae ascendit sicut<br />
aurora consurgens, pulchra ut luna et cantabant canticum novum: Assumpta est<br />
Maria in coelum gaudent angeli, laudantes 14 . Visione del B. Giovanni<br />
Menesio sopra San Michele Arcangelo.<br />
5. Il mondo con le sue umiliazioni e preghiere: Luna sub pedibus eius 15 , ecc.<br />
Accede, adiunge te ad currum ipsum, et Elia 16 , ecc.: così a san Filippo Benizi,<br />
a S. Arnolfo vescovo di Scippon, ecc. San Bernardo: Praecessit nos Regina nostra<br />
et tam gloriose suscepta est, ut fiduciosi sequantur Dominam servuli, clamantes:<br />
Trahe nos post te, in odorem unquentorun tuorum currimus 17 , ecc.<br />
8 Vidi la nuova Gerusalemme discendere da Dio.<br />
9 Dio fece meraviglie con il suo braccio.<br />
10 Si alzò il Re in suo aiuto.<br />
11 Una donna vestita di sole.<br />
12 Fu posto il trono della mia Regina che siede alla sua destra.<br />
13 Nel suo capo una corona di dodici stelle, Regina degli Apostoli, dei Profeti.<br />
14 Chi è Costei che sale come aurora che sorge, bella come la luna e cantavano un cantico<br />
nuovo: Maria è stata assunta in cielo godono gli angeli e inneggiano.<br />
15 La luna sotto i suoi piedi.<br />
16 Avvicinati, accostati al carro ed Elia…<br />
17 Ci ha preceduto la nostra Regina ed è stata innalzata tanto gloriosamente che i servi fiduciosi<br />
seguono la Signora esclamando: Attiraci dietro di te, corriamo al profumo dei tuoi unguenti.<br />
299
REFUGIUM MEUM ES TU<br />
[15 Agosto] 1759<br />
L’Autore si rivolge alle religiose Concezioniste che chiama “mie divotissime<br />
Madri”, nel giorno della festa di Maria SS.ma, sotto il titolo di “nostro rifugio” che<br />
sappiamo don <strong>Marcucci</strong> aveva stabilito di celebrare nella chiesa del suo monastero, nel<br />
giorno dell’Assunzione di Maria al cielo, tenendo esposta alla pubblica venerazione<br />
la miracolosa immagine da lui usata durante le sacre missioni 18 . Da questa informazione,<br />
possiamo dedurre che l’attuale sermoncino venga recitato il 15 agosto dell’anno<br />
indicato.<br />
Nel proemio l’Autore prepara gli ascoltatori con efficaci e poetiche similitudini<br />
prese dal mondo della natura.<br />
Come la lepre corre velocissima a rintanarsi quando si accorge di essere inseguita<br />
dal cacciatore e la timida rondinella ritorna al suo nido quando vede il falco affamato,<br />
a maggior ragione noi, dotati di ragione e di fede, ci affidiamo nei pericoli a<br />
chi può salvarci. La Chiesa nella festività odierna propone come nostro rifugio la gran<br />
Regina dei cieli, Maria SS.ma, a motivo della sua maternità divina.<br />
Dio ha voluto, come afferma san Bernardo, che noi ricevessimo ogni grazia per<br />
mezzo di Maria. Ella è Madre di misericordia, di clemenza e di amore senza misura.<br />
L’Autore vuole “con il cuore sulle labbra ringraziare vivamente” Maria SS.ma<br />
perché lo voglia “fra le rifugiate aggregato”, cioè fra le sue religiose ed abbia anche a<br />
lui “diretti i suoi dolcissimi inviti”.<br />
Conclude con una intensa preghiera alla Vergine per ringraziarla, a nome di<br />
tutte, per essere “nostro caro e sicuro rifugio”. Si propone di ripetere continuamente alla<br />
Vergine santa “Refugium meum es tu” e giunto in cielo, per sua intercessione, di far<br />
festosamente rimbombare a sua gloria queste care espressioni del suo cuore.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 57-62.<br />
18 Cf. ivi pagg. 203; 209.<br />
300<br />
Nel Salmo trentesimo<br />
Non vi è chi non brami, Riveritissime Madri trovar nelle sue traversie il conforto<br />
e nei pericoli suoi lo scampo ed il rifugio. A questo non tanto il bisogno<br />
ci sprona, ma lo stesso amore innato che, della nostra salvezza in noi si annida,<br />
continuamente ci porta e dirò così, non poco ancor ci violenta.<br />
Velocissima corre a rintanarsi la lepre, allorché inseguita dal cacciatore; e la<br />
timida rondinella al suo nido ritorna, qualor attorno si veda l’affamato sparviero;<br />
ed ambedue non mai si credono sicure, sinchè a quel bramato rifugio<br />
non si veggono giunte. Che se tanto in creature, prive pur di ragione, l’amor<br />
del proprio salvamento è sì possente; che sarà mai in chi e la ragione non solo<br />
soggiorna, ma ancor vi regna la fede? Qualora mosso a pietà l’Altissimo, assegnar<br />
volle agli Ebrei varie città di rifugio, ove fuggito chiunque di reità si trovasse<br />
incolpato, restasse dall’umana giustizia sicuro; non si videro città più<br />
popolate di quelle, perché più di quelle non si trovaron città più ricercate. Se<br />
vi ha nel mondo persona, che di non esser soggetta agli assalti infernali, né di<br />
esser punto in nulla colpevole, gloriare si possa; avrà ben motivo di non aspirare<br />
a qualche rifugio; perché questo a chi non soggiace a colpe o a pericoli,<br />
non fa punto bisogno. Ma se persona tale, non accade cercarla; a che dunque<br />
andar rintracciando, se chi non brami il suo scampo, esser vi possa? Ah che di<br />
questo sicuro Rifugio ne va pure in cerca ciascuno, perché utile ciascun lo<br />
conosce e necessario. Sebbene, mie riverite Madri, dove poi il trovarlo, lo ottenerlo<br />
mai dove? Io per me, se lo sguardo della mente quaggiù nel basso<br />
mondo rivolgo, non saprei dove posarmi; perciocché pericoli ed assalti e malori<br />
da ogni parte li vedo; sicurezza però io non la trovo. Alti dunque i pensieri,<br />
altronde si volgano pure le nostre ricerche. Ah che lassù in cielo ha collocato<br />
l’Altissimo il nostro Rifugio e di lassù solamente accordata ci viene la<br />
sicurezza. Ma chi sarà questa nostra sicurezza, questo nostro Rifugio? Quella<br />
appunto, che col glorioso encomio di universale Rifugio onorata viene da<br />
Santa Chiesa ed oggi specialmente da noi nella solennità ricorrente, voglio<br />
dire, la gran Regina dei cieli, la nostra Immacolata Signora, Maria SS.ma.<br />
Favorite non di altro, che di ascoltarmi benignamente; e mio sarà l’incarico di<br />
palesarvi, se con quanta ragione la chiamiamo sicuro Rifugio.<br />
1. Che la gran Vergine sia nostro sicuro ed universale Rifugio, non ci vuol<br />
molto a capirlo, perché e il cielo e in terra e le creature tutte si aiutano<br />
concordemente a dimostrarlo. Da che essa eletta fu per Madre del<br />
301
Divino Unigenito acquisrò la plenipotenza sopra tutto il creato ed<br />
Angeli ed uomini e bruti e stelle e pianeti, unitamente con tutto l’altro,<br />
che dal nulla ebbe il suo essere dal l’Onnipossente Potenza di Dio,<br />
furono soggettati a Maria; perché Maria fu di ogni cosa dichiarata<br />
signora, arbitra, imperatrice, regina. Si stende il poter suo sopra tutto<br />
l’empireo, si spande su tutto il mondo e giunge sino al più basso dell’inferno;<br />
a motivo che nell’inferno, nel mondo e nell’empireo eseguiti<br />
vengono i suoi voleri e riveriti ossequiosamente i suoi comandi.<br />
2. Unita al gran potere, chi vi è tra noi che non sappia, mie riverite Madri,<br />
posseder anche la Vergine una uguale clemenza? Divise con Lei il suo<br />
Divin Figlio, come ad esprimer si fece l’angelico San Tommaso; divise,<br />
ripeto, il beatissimo regno dei cieli e serbandosi per se stesso quella<br />
parte, ove signoreggiava tutta gloriosa la divina giustizia, donò l’altra<br />
alla Madre ove risplendeva benigna e clemente la divina Misericordia.<br />
In quel che riguardava il dare al mondo il giusto e meritato castigo, egli<br />
solo intitolar si volle Re di giustizia il Divin Redentor. In ciò che poi<br />
concerneva l’usare delle grazie e delle gratuite non meritate finezze,<br />
volle che la sua Madre, regina di misericordia, ne fosse e di clemenza.<br />
Quindi in faccia a tutto il cielo non solo, anzi che al mondo tutto, a protestare<br />
si fece, come dice Bernardo, che veruno da lui presumesse di<br />
ottener grazie e favori, se non per mezzo sol di Maria, che benigna<br />
dispensatrice n’era stata prescelta: omnia nos habere voluit per Mariam 19 .<br />
3. Pari alla clemenza trovasi in Lei verso di noi l’amore. E qui per troppi<br />
titoli ella è forzata ad amarci. Sì perché sin dalla croce ci fu dal<br />
Redentore donata per Madre. Sì ancora perché si vede nel sacro petto un<br />
cuore, sopra le pure creature tutte il più amoroso. Ami pur teneramente<br />
Sara il suo piccolo Isacco; ami Rebecca il suo prediletto Giacobbe;<br />
Anna il suo Samuele; ed ogni altra amatissima madre i suoi teneri figli.<br />
Ma cedano tutte all’amor di Maria verso di noi; perché appunto noi,<br />
sopra di tutte ci ama.<br />
19 Volle che noi avessimo tutto attraverso Maria.<br />
302<br />
4. Or se per essere universale e sicuro Rifugio in tutti i travagli, in tutti i<br />
malori, in tutti i bisogni e in tutti i tempi, egli è duopo in chi lo sia e<br />
potenza senza pari e clemenza senza limiti ed amore senza misura; trovatemi<br />
voi, Ascoltatrici, se vi dà l’animo, in terra o in cielo persona,<br />
dopo il Divin Verbo umanato, più potente di Maria e più di Lei clemente<br />
ed amorosa, od almeno a Lei uguale; che io di buona voglia cederò<br />
qui pronto al mio assunto. Che se con voi le creature tutte si uniscono<br />
a confessarla, sopra tutte di gran potere ricolma, di clemenza e di<br />
amore; ed unitevi pure anche voi con tutto il creato a riconoscerla e<br />
pubblicarla per unico nostro, caro, sicuro, ed universale Rifugio.<br />
5. Io per me vi confesso, Riverite che mi ascoltate, che ogni qualvolta mi<br />
si ravvolge alla mente quel che la Vergine stessa, per fugar da noi ogni<br />
dubbio e timore, saper ci fa per mezzo del suo prediletto servo San<br />
Giovan Damasceno, stento molto a rattenere le lagrime di tenerezza.<br />
Olà, dice Maria, fatevi pure innanzi o anime giuste, ma che pusillanimi<br />
siete nel mio servizio; e voi pure o anime peccatrici, che risolute già<br />
di emendarvi, disperate quasi di implorare il perdono; fatevi pure<br />
innanzi, ripete, rifugiatevi in me di buona voglia, senza tanto timore e<br />
con piena fiducia: Ego refugium iis, qui ad me confugiunt; accedite 20 . Su, su,<br />
venite venite, a dir segue tutta premurosa e benigna, io, io sono costituita<br />
il vostro caro Rifugio, io il vostro sicuro Rifugio, io il vostro universale<br />
Rifugio, ego Refugium. Che temete, se io posso tutto per voi, se<br />
per voi sono tutta clemenza, se per voi ardo di amore? Ego Refugium.<br />
Deh, via su, accostatevi francamente: accedite. Dite su, alla vostra benigna<br />
Avvocata, alla vostra potente Signora, alla vostra amatissima<br />
Madre, dite su, che bramate? Volete il perdono? Chiedetelo pur di cuore<br />
e ad impetrarvelo già me n’impegno. Volete la grazia di trionfare in<br />
avvenir di voi stesse e del tentatore nemico? Siate voi vigilanti, vi do<br />
parola, l’avrete. Accedite, et gratiarum dona affluentissime haurite 21 . Via,<br />
via, ripiglia la graziosa Signora, accostatevi a me, fidatevi pure del mio<br />
dolcissimo cuore. Io vi darò il soccorso nei mali del corpo, io vi assiste-<br />
20 Io sono il rifugio per coloro che a me si rifugiano, venite.<br />
21 Venite e attingete abbondantemente i doni delle grazie.<br />
303
ò nei bisogni dello spirito; io prenderò la cura della vostra vita. Io assumerò<br />
la gran causa della vostra felicissima morte. Basta che voi mi<br />
amiate: basta che mi serviate di cuore: basta che dal vostro canto fedeli<br />
a tutto costo mi siate sino alla morte. Del resto, non vi affliggete più,<br />
non paventate no, non temete: ego refugium; accedite, et gratiarum dona<br />
haurite. O poter di Maria! O clemenza ed amor di Maria!<br />
6. Guardimi pure il cielo, mie divotissime Madri, che ora voglia pur io<br />
aggiunger menomo che di parola, per provar di vantaggio, che la gran<br />
Vergine è l’unico nostro universale e sicuro rifugio. Deh che farei troppo<br />
torto alle sue care esibizioni ed indubitate promesse, se l’ardire avessi<br />
io di più favellarne. Voglio piuttosto con il cuor sulle labbra vivamente<br />
ringraziarla, che me ancora fra le rifugiate aggregata mi abbia ed<br />
a me pure diretti i suoi dolcissimi inviti.<br />
7. Sì, sì o gran Regina del cielo, io son qui ai piedi vostri SS.mi umiliata;<br />
ed a nome, non tanto mio, che di tutte, mille grazie vi rendo, che<br />
degnata vi siate di essere nostro caro e sicuro rifugio. O quanto giubila<br />
e tripudia il mio povero cuore il ripetervi: Refugium meum es tu. Ah che<br />
da qui in poi ve lo dirò cento e mille volte in ogni mia occorrenza, in<br />
ogni mia angustia, in ogni mio bisogno! Refugium meum es tu. Voi il mio<br />
caro rifugio in vita: voi il mio potente rifugio in morte: voi il mio glorioso<br />
rifugio ancor dopo la morte. Refugium meum es tu. Ed oh avess’io le<br />
lingue degli angeli tutti, per poter pubblicare al mondo intero, che voi<br />
caro siete il nostro rifugio! Refugium meum es tu. Avess’io sì i cuori di<br />
tutti i serafini del cielo, per potervi amare tanto e poi tanto in ricompensa<br />
che siete il mio dolce, il mio amato, il mio grazioso rifugio.<br />
Refugium meum es tu. Ah, che prima fugga dal mio petto il cuore, parta<br />
pure dal corpo quest’anima, muoia pure io prima; che abbia mai più a<br />
partire e ad allontanarvi da voi, rifugio mio amabilissimo. Refugium<br />
meum es tu. Spero sì e lo spero, che giungerò un giorno; e sarà quel giorno,<br />
in cui vostra mercè sarò salva; spero, dissi, di far festosamente rimbombar<br />
a vostra gloria per tutto il cielo, queste care espressioni del mio<br />
cuore: Refugium meum es tu, Refugium meum.<br />
304<br />
BREVE DISCORSO SOPRA LA GLORIOSA ASSUNTA<br />
DI NOSTRA SIGNORA, 1759<br />
L’Autore descrive con tocchi poetici lo stupore e l’allegrezza che l’Assunzione della<br />
beatissima Vergine Maria suscita sulla terra e in cielo.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> crede che Dio abbia dato alla SS.ma Vergine la possibilità di scegliere<br />
“di morire, oppure di volare all’Empireo” e che Maria scegliesse di morire, per<br />
imitare il suo Divin Figlio. La sua morte, però, avvenne senza dolore e, per opera dello<br />
Spirito Santo, “fu l’effetto di un vivo sforzo di amore”.<br />
Secondo la narrazione di san Giovanni Damasceno gli Apostoli portarono il corpo<br />
di Maria a Gerusalemme e lo posero in un decoroso sepolcro. Rimasero lì tre giorni<br />
continui, raccolti in preghiere di lode a cui furono udite si aggiunsero le voci degli<br />
angeli. Il terzo giorno gli Apostoli aprirono con riverenza la sacra urna e, con grande<br />
meraviglia, si accosero che il corpo di Maria era stato miracolosamente assunto in<br />
cielo. I serafini e gli angeli nel vederla giungere in cielo si chiedevano: “Chi è mai<br />
costei, chi è, che così di delizie, di grazie e di privilegi ricolma, sen viene dal basso<br />
mondo a regnar così gloriosa sopra i nostri cori qui in cielo?”.<br />
Questo interrogativo, posto sulla bocca dei serafini, è una finzione poetica per esprimere<br />
lo stupore che essi provarono nel vedere lo stesso Monarca divino venirle incontro<br />
festante.<br />
Ciò è motico di gioia per tutti, anche per i peccatori: Maria è nostra Avvocata,<br />
Madre e Rifugio presso il trono della divina misericordia!<br />
L’Autore conclude con una preghiera molto sentita dove ringrazia la SS.ma<br />
Vergine e le rinnova l’affidamento, anche a nome di chi lo ascolta, per poter un giorno<br />
contemplare le sue glorie.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 193-200.<br />
Supra modum Mater mirabilis<br />
(Nel secondo dei Maccabei al settimo)<br />
1. Arrecar maraviglia al mondo, è cosa da poco. Ogni novità, ogni insolito<br />
avvenimento è da tanto, che seco trae la maraviglia di ognuno. Il punto<br />
sta di potere, che il cielo ancora resti talor stupefatto. O qui sì, non saprei<br />
chi mai con ragione gloriar si possa di tanto. Gentilissimi Uditori lo credereste?<br />
La gran Vergine sola è pur quella, che a gloria sua singolare<br />
ascriver può di aver fatto stupire e terra e cielo. Degli altri suoi maravi-<br />
305
gliosissimi pregi ne taccio. Chiamo in testimonio soltanto quell’augusto<br />
e glorioso mistero, che ossequiosi veneriamo in quest’oggi, della sua<br />
Assunta. Di questa sì, mostrar vi voglio gli stupori, le meraviglie. Ed<br />
eccovene l’argomento. La Vergine fu in questo dì felicissimo di stupore<br />
alla terra e al cielo ed a tutti di universale allegrezza. Supra modum Mater<br />
mirabilis 22 . Se favorirete di prestarmi benignamente la vostra attenzione,<br />
spero che soddisfatti sarete. Incominciamo.<br />
2. I primi stupori che ebbe il mondo in questo ricorrente mistero<br />
dell’Assunzion di Maria, fu per il modo meraviglioso, com’ella da questa<br />
all’altra vita fece passaggio. Pose Iddio in mano della gran Vergine<br />
la libertà di morire, oppure di volare all’Empireo senza che gustasse la<br />
morte. Scelse ben ella, nol niego, il morire, per imitar da vicino il suo<br />
Divin Figlio: ma pure, se morir volle prima di essere assunta, non fu la<br />
sua morte cagionata da eccessivi dolori, come avviene in ogni altro; ma<br />
bensì fu un forte effetto di un vivo sforzo di amor santo e divino.<br />
3. Risappiamo pur noi dalle Divine Scritture, che l’amore celeste quando<br />
regna assoluto in cuore, si fa così forte e possente, che è valevol non solo<br />
a separare il cuore dal mondo, ma a troncar dal corpo questa misera vita:<br />
fortis est ut mors dilectio 23 . Or tanto accadde nella Regina del cielo, allorché<br />
sulla fine del viver suo trovossi. Lo Spirito Santo, che con la pienezza<br />
del Divino Amore fermata avea la sua sede nel sacro cuor di Maria,<br />
le accrebbe talmente l’incendio in quegli estremi, che convenne alla<br />
Vergine ceder alla forte veemenza di amore, e così dolcemente morire:<br />
fortis est, ut mors dilectio.<br />
4. Ma non finirono qui gli stupori del mondo. Morta la Vergine, ed adunati<br />
gli Apostoli in Gerosolima, trasportaron quel divinissimo corpo in<br />
Getsemani in un decente sepolcro, come distintamente ci narra<br />
San Giovan Damasceno. Tre giorni continui vi stettero a celebrar con<br />
sacri inni di lode sì felice maraviglioso passaggio, ed il cielo emulando<br />
22 Madre oltremodo mirabile.<br />
23 L’amore è forte come la morte.<br />
306<br />
a gara il tenero canto dei SS.mi Apostoli sopra il sepolcro della Vergine,<br />
far eco ne volle con una angelica melodia, che per quei tre dì continuamente<br />
da tutti udir si fece. In capo al terzo giorno tornan gli Apostoli<br />
ad aprir riveriti la sacra urna; ma con maraviglia maggiore, non rinvenendovi<br />
più quel sagro Pegno ivi depositato; obstupefacti miraculo 24 ,<br />
come il Damasceno precitato conchiude, si avvidero che in un coll’anima<br />
beatissima glorificato, era stato lassù nell’empireo miracolosamente<br />
trasferito ed assunto. O prodigi non mai veduti! O meraviglie!<br />
5. Sebbene, Uditori, non fu la gran Vergine di stupor solamente alla terra<br />
in questo dì glorioso; ma al cielo stesso cagionò dell’ammirazione oltre<br />
grande. Gli Angeli tutti ed insino i Serafin più alti di quella celeste<br />
magione, sapevano pur troppo quanto ricca di santità e di grazia, superiore<br />
ad ogni altra di pura creatura, fosse mai sempre dotata la loro<br />
Regina. Sapevano eziandio, non lo nego, quanto sublimata di gloria<br />
sopra tutte le celesti gerarchie, esser ella doveva. Ma pure, perché ancora<br />
così all’eccesso gloriosa veduta mai non l’avevano; al comparir ch’ella<br />
fece all’empireo, così glorificata a larga mano da Dio, talché da se sola<br />
costituiva un bel paradiso a parte; attoniti gli Angeli, i Cherubini<br />
ammirati e stupefatti i Serafini ancora, quasi più non la ravvisassero tra<br />
quell’oceano immenso di luce, di splendore e di gloria; ad interrogarsi<br />
vicendevolmente si fanno, Quae est ista, quae est ista, quae ascendit de deserto<br />
deliciis affluens? 25 Chi è mai costei, chi è, che così di delizie, di grazie<br />
e di privilegi ricolma, se ne viene dal basso mondo a regnar così gloriosa<br />
sopra i nostri cori qui in cielo? Quae est ista, quae est ista?<br />
6. Che se avessi io avuta la bella sorte a trovarmi presente a tali angeliche<br />
ammirazioni, deh beatissimi spiriti, avrei loro detto, ed è possibil, che<br />
raffigurar non possiate chi sia costei, che è divenuto l’oggetto dei vostri<br />
stupori? Ma e non foste voi quei, che fin dal primiero istante<br />
dell’Immacolato suo Concepimento insino all’ultimo respiro di sua<br />
SS.ma vita laggiù in terra, a gara faceste sempre di ossequiarla e di ser-<br />
24 Stupefatti per il miracolo.<br />
25 Chi è Costei che sale dal deserto piena di delizie?<br />
307
virla? Non foste voi, che pocanzi sollevandola in aria, tra mille soavi e<br />
sovraumani concerti, qualor passaste vicino al ciel della luna, vedeste<br />
questa spiccarsi e correr tosto a porsi sotto i beati piedi di lei, per goder<br />
la sorte di aver servito una volta per suo sgabello e riposo? Luna sub pedibus<br />
eius 26 . Voi pur eravate, sì con essolei, qualora giunta più in alto al<br />
cielo del sole, vedeste questo, spander folgoreggiante tutti i suoi raggi,<br />
per vestirla da capo a piè del suo vago splendore: Mulier amicta sole 27 . E<br />
per finirla, allorché sollevandola più in alto al firmamento, osservaste<br />
pure spiccarsi tutte brillanti le stelle per formarle intorno al divino capo<br />
una preziosa corona: in capite eius corona stellarum 28 . Che più! E non foste<br />
ancor voi spettator, quando all’ingresso nel beatissimo regno, lo stesso<br />
gran Monarca celeste le venne incontro tutto festoso? Surrexit Rex in<br />
occursum eius 29 .<br />
7. In tal guisa, ripeto, mi sarei fatto a ridire agli Angelici spiriti; ma senza<br />
profitto. Perciocché la gloria, con cui Nostra eccelsa Signora, fu in ciel<br />
sublimata nella sua Assunta; sino ad esser colassù collocata alla destra<br />
stessa del Figlio: Astitit Regina a dextris 30 , fu una gloria così sorprendente,<br />
che abbagliate ne rimasero per lo stupore le angeliche stesse pupille.<br />
8. Non fia ammirazione adunque, se la gran Vergine, che di maraviglia servì<br />
sì alla terra, che al cielo, fosse ancor nella sua Assunta di universale, comune<br />
allegrezza. Perciocché in questo dì glorioso tripudiarono gli Angeli,<br />
perché con la presenza bellissima della loro Regina, viddero accrescersi un<br />
altro nuovo paradiso nel paradiso stesso. Riempissi di gioia ancor tutto il<br />
mondo, a motivo che in questo giorno fu coronata come Regina di<br />
Misericordia la sua potente ed amorosa Avvocata. O quanto dunque,<br />
Uditori, con gran ragione a rallegrarci in questo dì ci invita tutta festosa<br />
la chiesa, Hodie Maria coelos ascendit, ci dice, gaudete quia cum Cristo regnat<br />
26 La luna sotto i suoi piedi.<br />
27 Una donna vestita di sole.<br />
28 Nel suo capo una corona di stelle.<br />
29 Si levò il Re in suo aiuto.<br />
30 Si assise la Regina alla sua destra.<br />
308<br />
in aeternum 31 . Che è quanto a dire, facciano pur festa quest’oggi le anime<br />
giuste, perché in cielo tien per loro apparecchiata la sede la lor amatissima<br />
Madre. Gaudete. Si facciano pur animo e si rallegrino le anime penitenti e<br />
convertite, perché al trono della Divina Grazia implora per loro la lor premurosa<br />
Avvocata. Gaudete. Non disperin giammai le anime ancor peccatrici,<br />
ma risolute all’emenda, perché al trono della divina misericordia sta<br />
supplichevole per loro il lor potente Rifugio. Gaudete.<br />
9. Ah se è così, o grande Imperadrice dei cieli, Maria SS.ma, in questo<br />
giorno delle vostre glorie e delle nostre fortune, ci rallegriamo vivamente.<br />
Ci rallegriamo con voi, perché foste al cielo di stupore e di meraviglia<br />
alla terra. Ci rallegriamo con noi, perché essendo voi divenuta<br />
nostra Avvocata, Madre e Rifugio, ci riempiste il cuore di una ben grande<br />
allegrezza. Compite voi dall’empireo i nostri contenti, col fare, che<br />
siccome in quest’oggi celebriamo divoti le vostre glorie, così dopo la<br />
nostra morte possiamo contemplarle eternamente nel cielo. Amen.<br />
31 Oggi Maria sale nei cieli, rallegratevi perché regna in eterno con Cristo.<br />
309
ABBOZZO DEL DISCORSETTO<br />
SOPRA L’ASSUNTA DI NOSRA SIGNORA<br />
Lunedì 15 Agosto 1768<br />
Nell’esperienza umana, osserva don <strong>Marcucci</strong> le lacrime e la mestizia precedono<br />
sempre la gioia. Anche nel solennissimo giorno della gloriosa Assunzione di Maria il<br />
cuore fu prima rattristato per la sua morte e solo dopo godette la gioia nel vederla glorificata<br />
nel cielo.<br />
Tuttavia Maria SS.ma allontanandosi da noi per andare in cielo scelse “il meglio<br />
e l’ottimo” per se stessa e per noi; è bene dunque congratularsi con lei che, nella sua<br />
somma clemenza, guarda sempre alle nostre bassezze e miserie per aiutarci.<br />
Il discorsetto, nell’ultima parte è solo abbozzato come dice il titolo ed è elaborato<br />
con un linguaggio piuttosto retorico e con parole troche che sono state riportate all’uso<br />
odierno della lingua italiana.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 180-188.<br />
È uso troppo antico nel mondo rimaner gli occhi prima offuscati dalle tenebre,<br />
che rischiariti dalla luce; ed il cuore prima oppresso dalla tristezza, che<br />
dilatato dall’allegria. Prima leggiam vesperi, indi mane (mattino) nella creazione<br />
e disposizione dell’universo (Gen. 1); e son primi gli occhi a versar<br />
amare lagrime nel nascere, che non son le labbra a dimostrarne il riso. Gran<br />
cosa! Neppur in questo solennissimo giorno della gloriosa Assunzion di<br />
Maria potè schivarsi di entrar nel cuor umano prima la mestizia, per aver<br />
perduta il mondo Maria SS.ma, che non la gioia in contemplarla tutta gloriosa<br />
nel cielo. Le dolorose querele del mondo ci vengono a meraviglia simboleggiate<br />
nell’odierno Vangelo dalle querele di Marta per vedersi abbandonata<br />
da sua sorella Maddalena: Soror mea reliquit me solam 32 (Lc. 10, 40).<br />
Così appunto in quest’oggi tutta l’umana natura riconoscendosi sorella di<br />
Maria SS.ma (perché anch’essa creatura umana), si querela amorosamente<br />
con Dio, perché se portando egli al cielo la sua Madre, l’abbia in questa<br />
valle di miserie lasciata derelitta e sola: Soror mea reliquit me solam.<br />
Segue perciò tutta sollecita, come Marta, a porger suppliche, affin si degni<br />
ordinarle, che non sia di noi dimenticata, ma che tutta benigna ci aiuti:<br />
32 Mia sorella mi ha lasciato sola.<br />
310<br />
Dic ergo illi, ut me audiuvet 33 . Tanto ci si dipinge sott’occhi dal corrente<br />
Vangelo. Querele invero e suppliche furono queste sì vigorose, che mossero<br />
il Redentore a dare il rescritto con quella sì misteriosa risposta: Maria optimam<br />
partem elegit, quae non auferetur ab ea 34 . Questa risposta, voglio, Uditori,<br />
che devotamente riflettiamo stasera e vediamo, se in noi sia più ragionevole<br />
la mestizia o l’allegrezza per l’abbandono, che ha fatto Maria del mondo<br />
coll’andarsene al cielo. Attendete. Incomincio.<br />
1. Se ne giace Elia profeta tutto angoscioso e ramingo nel deserto di Bersabea<br />
e giunto alla spelonca di Horeb, non altro conforto brama, che vedere il<br />
bel volto divino. Determina Iddio di compiacerlo e permettendo un dolce<br />
zeffiretto, gli dà indizio, che era per far passaggio innanzi ai suoi occhi:<br />
Ecce Dominus transit 35 (3 Reg. 19). Elia, eccoti che all’apprestarsi Iddio, invece<br />
di aprir gli occhi, abbassa il volto e di più se lo copre col lembo del pallio:<br />
Operuit vultum suum pallio 36 . Ma di grazia, si era forse pentito Elia di<br />
veder la bella faccia di Dio? Deh no, no ardeva anzi Elia di desiderio di<br />
vedere Iddio; ma l’aver l’avviso, che lo perderebbe appena visto, perché di<br />
sol passaggio: Ecce Dominus transit, più gli cagiona duolo ed amarezza che<br />
non gioia e contento: Operuit pallio. Bramavan gli Apostoli e quanti mai la<br />
bella sorte ebbero di conoscer la gran Vergine Madre, bramavano certamente<br />
di vederla cinta di quella immensa gloria, bastante a costituir da sé sola<br />
un paradiso; e tutta l’umana natura di tali desideri ardeva. Ma il rifletter<br />
poi, che con il passaggio di Maria all’Empireo, avean da perderla, oimè,<br />
questo, era un forte motivo di abbassar piuttosto le pupille piene di lagrime,<br />
che alzar le voci piene di giubilo e di contento. Questo, Uditori, è il<br />
raziocino umano. Ma pure, convien che egli ceda ad una forte ragione, a cui<br />
replicar non si puote, ed è quella addotta dal Redentore, cioè che Maria:<br />
optimam partem elegit 37 . Maria SS.ma coll’allontanarsi da noi e volarsene in<br />
anima e in corpo tutta gloriosa all’Empireo, scelse il meglio e l’ottimo:<br />
33 Dille dunque che mi aiuti.<br />
34 Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta.<br />
35 Ecco il Signore passa.<br />
36 Coprì il suo volto con il mantello.<br />
37 Ha scelto la parte migliore.<br />
311
optimam partem elegit. Scelse il meglio non solamente per sé, ma ancor per noi.<br />
Sì, convien ben capirlo: optimam partem elegit, facendo con la sua lontananza,<br />
che migliorassimo piuttosto di condizione e di vantaggio, di quel che perdessimo:<br />
onde la nostra mestizia dar si dovesse per vinta dall’allegrezza.<br />
2. Ed invero, Uditori, se la nostra gran felicità pur consiste, conforme ad una<br />
voce insegnano i Padri tutti, nel vero ossequio e rispetto alla Gran<br />
Vergine Madre, certamente più conferisce la lontananza, che la presenza<br />
a far crescere il profondo rispetto ed il vero ossequio. È un trito dogma di<br />
politica: maior ex longinquo reverentia 38 ; la distanza dagli occhi è madre<br />
della riverenza, laddove la vicinanza è risvegliatrice piuttosto di un tenero<br />
affetto. Or per onorar Maria, come si deve, vi vuol profondo rispetto<br />
ed ossequio sodo e tenero. Dunque, stia pur essa da noi lontana, assisa in<br />
cielo gloriosa alla destra del Figlio, quando tal sua lontananza ingeneri nei<br />
nostri cuori un rispetto più umile e più filiale. Intenerita la Sacra Sposa<br />
dei Cantici verso il suo Diletto presente, lo invita, lo prega ad accostarsele:<br />
veni dilecte mi 39 (Cant. 7). Ma poi, conoscendo, che la presenza dello<br />
Sposo Divino coll’ingenerar troppa tenera confidenza, poteva scemarle il<br />
rispetto e l’ossequio, si risolve a supplicarlo, che si allontani e se ne fugga:<br />
Fuge, dilecte mi, fuge 40 . Congratuliamoci dunque con la nostra Diletta<br />
Regina, che in questo dì se ne salisse a regnar gloriosa sopra tutti i cori<br />
degli Angeli; e congratuliamoci non solo, perché ciò fu il meglio per Lei;<br />
ma anche perché è il meglio per noi, per vieppiù crescer nella sua devozione<br />
ed ossequio. Ah sì, sì, io bramerei di averti presente per amarti con<br />
più tenerezza, o dolcissima Madre: Veni, dilecta mea 41 . Ma siccome non<br />
altro bramo, non altro voglio, che sinceramente ossequiarti ed esser tuo<br />
umile e rispettoso divoto, perciò Fuge, Dilecta mea, fuge: giacchè è pur<br />
vero, che con la tua Assunta e con la tua lontananza, optimam partem<br />
elegisti 42 per te e per noi.<br />
38 Maggiore riverenza proviene da persona lontana.<br />
39 Vieni o mio diletto.<br />
40 Fuggi o mio diletto, fuggi.<br />
41 Vieni o mia diletta.<br />
42 Hai scelto la parte migliore.<br />
312<br />
3. Ma piano, che io scopro un altro vantaggio per noi col veder Maria salita<br />
sino al più sublime posto nell’empireo. Mi direte, e quale? Quello<br />
cioè, che sempre più interessata si dichiara e propensa a soccorrerci in<br />
tutti i nostri bisogni. Non ha già la gran Vergine potuto mutar cuore<br />
col mutare stato di viatrice in comprenditrice. Deh no, anzi ha acquistato<br />
una infinità di pregi tutti amorosi per il nostro bene. Il salire in<br />
alto posto e il dimenticarsi di chi resta al basso, egli è proprio del<br />
mondo, ma non del cielo. Benché la Vergine, salita sia sul più sublime<br />
dell’empireo ed incoronata si vegga, come Sovrana Imperatrice<br />
dell’Universo, non isdegna però tener sempre fissi gli occhi della sua<br />
somma clemenza sulle nostre bassezze ed estreme miserie; né la dimenticanza<br />
può mai entrar in quella mente sua così al sommo glorificata.<br />
Anzi tanto più essa gode di vedersi così sublimata, quanto più conosce<br />
di aver modo di sollevare ad ogni cenno i nostri bisogni.<br />
4. Osservatelo di grazia in una bella figura. Vedendosi gli Israeliti inferiori<br />
di forze e di spirito ai Filistei, risolvettero di portar l’Arca tra loro.<br />
Ma che? Ne morirono trentamila e fu presa l’Arca. Ma fece tale scempio<br />
dei Filistei: Fiebat manus Domini per singulas civitates 43 (1 Re, 4). Così<br />
non mai si allontana Maria, benché sembri così lontana.<br />
5. E poi, ben’essa si rammenta, che per noi è salita a quell’alto posto, cioè<br />
per esser l’unico nostro rifugio. Da un’Arca all’altra cioè a quella<br />
di Noè: Multiplicatae sunt acquae et elevaverunt Arcam in sublime, ecc. 44 .<br />
San Bernardino da Siena: salvando quei che la presero per asilo.<br />
6. Nox auferetur ab ea, ecc. Gloria et honore coronasti eam, ecc. 45 .<br />
7. (Per la perorazione). Che diranno, ecc. Mosè, ecc. Exd. 32.<br />
43 E la mano del Signore era in tutte le singole città.<br />
44 Si moltiplicarono le acque e innalzarono l’Arca.<br />
45 La notte sarà tolta da lei… L’ha incoronata di gloria e di onore.<br />
313
PER LA GLORIOSISSIMA ASSUNTA DI NOSTRA SIGNORA<br />
Riflessioni Devote recitate Martedì 15 Agosto 1769<br />
Il Brano viene definito dall’Autore “riflessioni devote”; è infatti composto soltanto<br />
da un proemio ed è sviluppato in due punti. Si evince che esso sia stato proposto ai<br />
fedeli durante la liturgia della santa Messa pomeridiana, infatti rivolgendosi agli<br />
ascoltatori usa l’avverbio “stasera” e, per la riflessione, utilizza il passo<br />
dell’Ecclesiastico, cap. 24, riportato dalla liturgia odierna.<br />
Come al solito, don <strong>Marcucci</strong> cerca di attirare l’attenzione degli ascoltatori con<br />
qualcosa che è vicino alla loro esperienza, prima di elevarli alla contemplazione dei<br />
grandi misteri. Egli nota che, qualora in “un fatto si accoppiano la novità, la magnificenza<br />
e la specialità dell’amore, è tanta la maraviglia e la tenerezza” che procura<br />
che non è possibile sostenerle senza l’aiuto divino.<br />
Questo ci fa comprendere quanto maggiore sia stato il miracolo dell’onnipotenza<br />
divina che sperimentarono gli apostoli e tutti i discepoli di Maria SS.ma, nel vederla<br />
improvvisamente rapita in cielo con grande gloria. Don <strong>Marcucci</strong> chiede alla<br />
SS.ma Vergine di ravvivare “stasera” nei presenti la fede e l’amore filiale verso di Lei<br />
e di donare loro tanta forza, affinché come gli Apostoli la seguirono in tal giorno con<br />
gli sguardi fino all’empireo, loro possano seguirla con alcune pie riflessioni fino alla<br />
sua glorificazione, alla destra del Figlio.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> immagina con vive raffigurazioni la visita della Vergine ad ogni<br />
coro dei beati e le loro suppliche a rimanere tra essi.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 189-192.<br />
Qualora in un fatto si accoppiano la novità, la magnificenza e la specialità<br />
dell’amore, è tanta la maraviglia e la tenerezza che ne risulta, che se una forza<br />
sovrumana non vi concorra, non è possibile che regger vi possa chi vi si trova<br />
presente e ne è a parte.<br />
Attribuisco io perciò a gran miracolo, che un Eliseo regger potesse in vita<br />
nel vedersi improvvisamente rapito verso il cielo il suo maestro Elia, sì teneramente<br />
da lui amato e rapito entro un carro di fuoco; e non so, come aver<br />
potesse tanto di forza a gridar tra mille amare lagrime: Pater mi, Pater mi, currus<br />
Israel, et Auriga eius 46 (4 Reg., 2). Da qui certamente comprender voi<br />
46 Padre mio, padre mio, carro di Israele e sua auriga.<br />
314<br />
potete, o signori, se quanto maggiore fosse il miracolo della onnipotenza<br />
divina, che sperimentarono quest’oggi gli Apostoli e tutti i cari prediletti<br />
Discepoli di Maria SS.ma, nel poter reggere in vedersela improvvisamente<br />
rapita, piena di maestà e di gloria, entro un gran carro trionfale dal ciel<br />
disceso; e rapita con un corteggio di tutte le angeliche gerarchie sino<br />
all’Empireo. Posso io ben ridirvi, che essi rimasti tutti attoniti, immersi in<br />
un mar di tristezza insieme e di giubilo, seguirono la loro cara Divinissima<br />
Madre, Maestra e Regina e con gli sguardi e con i sospiri, credo io, sino alle<br />
beate porte del Paradiso; e ben videro gli ossequi che sin lassù le fecero sopra<br />
la regione dell’aria e la luna e il sole e i pianeti e le stelle e le altre tutte creature,<br />
come a gran Madre del lor Creatore. Del rimanente, che gli Apostoli e<br />
i Discepoli a tanti stupori, a tante magnificenze, a tante tenerezze, regger<br />
potessero in vita, non fu opra di valore umano, ma di puro sforzo divino.<br />
E credetemi pure, cari miei Uditori, che se pur noi conservassimo in petto<br />
una fede viva e un cuor veramente filiale e amoroso verso di Maria, non vi<br />
sarebbe modo in quest’oggi di scoglire la lingua al discorso, neppur forse<br />
delle sue lodi (tanto ci troveremmo estatici nella considerazione di sue celesti<br />
grandezze); od almeno non potessimo rammemorarle, senza dolci lagrime<br />
di tenerezza. Or ravvivi in noi stasera Maria SS.ma e la fede e l’amore filiale<br />
verso di Lei e ci dia tanto di forza, che se gli Apostoli la seguirono in tal dì<br />
con gli sguardi sino all’Empireo, possiam noi seguirla con alcune pie riflessioni<br />
lassù dentro l’Empireo e tenerle dietro gli sguardi sino alla salita sull’altissimo<br />
trono, ove fu collocata alla destra del Figlio. Via su, ravviviam la<br />
fede, riaccendiamo l’amore. Incominciamo.<br />
1. Che in cielo vi siano vari gradi, vari ordini, vari posti di gloria tra i<br />
beati, non può dubitarsene punto, senza dare un’empia negativa a tutte<br />
le divine Scritture. Gli Angeli si trovan con mirabile ordine distinti e<br />
divisi in tante gerarchie e in tanti cori. E qualora nell’Ascensione del<br />
Redentore aperte furono le porte del Paradiso, ivi entrando l’innumerabile<br />
stuolo dei Patriarchi, Profeti, Confessori, Vergini,<br />
Martiri e tutti gli altri, che salvi erano del Vecchio Testamento, da<br />
Adamo sino a quel tempo, ebber lassù in quella Patria beata vari gradi<br />
di gloria, vari posti, vari cori, tutti corrispondenti ai meriti, agli uffizi,<br />
ai patimenti sofferti ed alle opere sante, fatte qui in terra sinché l’eccelsa<br />
Nostra Signora Maria SS.ma, qualora fu in questo dì portata a pren-<br />
315
der possesso di quel suo beatissimo regno, come Regina, non vi ha dubbio,<br />
che non vi trovasse glorificati tanti Patriarchi, Profeti, Martiri,<br />
Confessori, Vergini ed altri senza numero, disposti con ordine maraviglioso<br />
in tanti cori e gradi di gloria. Or voglio, che facciam qualche pia<br />
riflessione intorno alla visita, che la gran Vergine fece ad ogni coro dei<br />
beati, nel passare tra di loro; ed introno alle suppliche di ciascun coro<br />
dei beati nel supplicarla a rimanere tra essi.<br />
2. Per procedere con ordine, pigliam per guida tutto quel passo dello<br />
Ecclesiastico (cap. 24), di cui oggi si serve la Chiesa, dove lo Spirito<br />
Santo fa menzione dell’esaltamento glorioso della Gran Vergine: Quasi<br />
cedrus exaltata sum in Libano 47 , con quel che segue.<br />
Quasi cedrus: il coro delle Vergini;<br />
Quasi cypressus: il coro dei Confessori;<br />
Quasi palma: il coro dei Martiri;<br />
Quasi plantatio rosae: il coro degli Apostoli;<br />
Quasi oliva: il coro dei Patriarchi;<br />
Quasi platanus: il coro dei Profeti;<br />
Quasi ficus cinnamomum: prima Gerarchia, Angeli, Arcangeli, Virtù;<br />
et balsamum 48 : la seconda Gerarchia, Potestà, Principati, Dominazioni;<br />
Quasi myrra electa 49 : la terza Gerarchia, Troni, Cherubini, Serafini.<br />
47 Sono stata esaltata come cedro nel Libano.<br />
48 Come cinnamomo e balsamo.<br />
49 Come mirra scelta.<br />
316<br />
CAP. VI<br />
SERMONCINI FAMILIARI<br />
RECITATI NEI SABATI<br />
E IN ALTRE FESTE MARIANE<br />
(1756-1769)<br />
317
Introduzione al capitolo<br />
In questo capitolo sono raccolti dodici sermoncini per varie festività mariane, compresi<br />
tra il 1756 e il 1769. I primi due, riguardano rispettivamente le feste mariane<br />
della Presentazione di Maria al Tempio, recitato, il primo, da don <strong>Marcucci</strong> alle<br />
Religiose Benedettine di S. Egidio di Ascoli (ASC 23) e l’altro, qualche giorno dopo,<br />
alle suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione, in occasione della festa della<br />
Madonna di Loreto (ASC 35).<br />
Un secondo gruppo di otto sermoni, definiti dall’Autore familiari, fa parte della<br />
miscellanea ASC 37 e tratta di Maria e Giuseppe alla luce del mistero natalizio: del<br />
loro rapporto di parentela, del loro sposalizio, della nascita di Gesù, del privilegio<br />
della maternità divina di Maria, della sua verginità perpetua, della visita dei Magi<br />
alla santa famiglia, della loro fuga in Egitto a motivo della strage degli innocenti.<br />
Le composizioni di questo gruppo sono elaborate in modo ampio e curato; di un sermoncino<br />
è indicato solo il titolo.<br />
Gli ultimi due sermoni trattano della premura che ha Maria SS.ma nel soccorrerci<br />
e proteggerci senza che neppure glielo chiediamo; sono conservati entrambi nella<br />
miscellanea ASC 23. L’ultimo sermone è stato recitato nella chiesa parrocchiale di<br />
Santa Maria Inter Vineas.<br />
318 319
SERMONE FAMILIARE<br />
SOPRA LA PRESENTAZIONE DI NOSTRA SIGNORA<br />
Il Sermone fu recitato da Don <strong>Marcucci</strong> “in sedia alle piissime Religiose<br />
Benedettine di S. Egidio” di Ascoli, il 22 novembre 1756. L’Autore aveva uno stretto<br />
rapporto con il monastero anche perché la zia paterna, donna Cecilia, era lì vissuta<br />
dal 1696 fino alla morte, avvenuta l’8 settembre 1731.<br />
Benché Don <strong>Marcucci</strong> abbozzi il Sermone “in otto ore consecutive, tra giorno e notte<br />
a gloria di Maria SS.ma” 1 , esso è sviluppato in modo ampio ed articolato in ben 17<br />
punti, oltre il proemio.<br />
Viene anzitutto ricordato che Maria, fin dal primo istante della sua vità, “avanzò<br />
tutti gli angeli e serafini nell’amore e nell’offerta a Dio di tutta se stessa”; si mantenne<br />
poi “immutabile fino alla morte” in questo amore, tanto che nessuno potrà mai<br />
superarla. Per questo è modello esemplare di tutte le virtù cristiane.<br />
Nella presentazione al Tempio, Maria ci ricorda quattro virtù. Anzitutto l’umiltà;<br />
Ella, infatti, non aveva bisogno di ritirarsi al Tempio per essere educata.<br />
La seconda virtù che Maria vuole insegnarci è la “cautela”, cioè la cura ad usare tutti<br />
i mezzi possibili per orientare bene la vita fin dall’infanzia. Qui don <strong>Marcucci</strong> sottolinea<br />
320<br />
Bartolomeo Vitelli, Presentazione di Maria al tempio, affresco, 1751,<br />
Ascoli Piceno, Casa Madre, lunetta nel locale della prima Chiesa a piano<br />
terra, oggi utilizzato come sala di ricevimento.<br />
1 Cf. MARIA PAOLA GIOBBI in Il Palazzo <strong>Marcucci</strong>, cit. pp. 77-78.<br />
la sua convinzione che in tenera età si educa meglio. Chi ha comunque superato questa fase<br />
può supplire con la semplicità cristiana, il fervore, il coraggio, la rinnovazione di spirito.<br />
La terza virtù che Maria vuole insegnarci nella festa della sua presentazione al<br />
Tempio è la viva confidenza in Dio e il coraggio. Nel viaggio di sette miglia che Ella<br />
fece per giungere al Tempio, camminò in parte da sola e in parte fu portata in braccio<br />
dai suoi genitori, san Gioacchino e sant’Anna. Questo ci ricorda che nelle difficoltà del<br />
cammino, anche noi siamo portati in braccio da Dio Padre e da Maria stessa.<br />
La quarta virtù che Maria vuole insegnarci nella festa della sua presentazione al<br />
Tempio è l’offerta totale di sé a Dio. Don <strong>Marcucci</strong> suggerisce alle monache di rinnovare<br />
il tal giorno la loro totale consacrazione a Dio, come le Religiose dell’Immacolata<br />
Concezione fanno nella mattina della festa della Concezione Immacolata.<br />
Conclude con una fervente preghiera alla Vergine Santa per chiederle il dono<br />
della fedeltà generosa e totale a Dio.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 227-247 (17-36).<br />
Argomento<br />
La Presentazione di Maria, da noi ben considerata,<br />
è molto efficace per farvi ripigliare il Divino Servizio con tutto fervore,<br />
per farci in somma rinnovar nello spirito<br />
In un giorno così lieto, così tenero e così caro della Presentazione al Tempio della<br />
Divina Fanciulla e Nostra prediletta Signora, che mai potrà dirvi mia rozza<br />
Lingua, mie stimatissime Madri, che ridondar possa a maggior gloria della Gran<br />
Vergine ed a maggior vostro vantaggio? Già il Cattolico Mondo tutto, oggi è in<br />
festa per onorare Maria; già è in attenzione per apprender da sì Divina Maestra<br />
il modo nobile e singolare di presentare a Dio delle grate offerte. E voi medesime,<br />
che con tanto buon’animo qui vi siete raccolte per sentirmi favellare di sì<br />
tenero mistero, siete anche cagione di farmi restar’estatico di gioia e di maraviglia.<br />
Cosicché io, fatto quasi fuori di me per la tenerezza che provo per ogni verso,<br />
non saprei a che applicarmi, o al restarmene in silenzio tutto raccolto a contemplar<br />
il tenero e caro ricorrente Mistero della Presentazione; oppure a tentare di<br />
ridirvene, tuttoché rozzamente, qualche cosa per più accenderci nel dolce Amor<br />
di Maria e per più spronarci alla imitazion di Maria. Ma via, che già v’intendo,<br />
le mie buone figliuole, qua mi avete bramato non per tacer ma per favellarvi; non<br />
per contemplar meco stesso, ma per ridirvi della Divina Fanciulla le virtù e le<br />
glorie. Mi assista pur essa per sua Bontà, come assistette in questo Giorno al<br />
321
Santo Patriarca Germano di Costantinopoli; qualor di lei raggionava; essa m’ispiri<br />
quel che io dir debba di questo suo Mistero, come lo suggerì a Santa Isabella<br />
vostra Benedettina; che io di buona voglia vi ubbidirò. Eccovi pertanto il mio<br />
Assunto: La Presentazione di Maria, da noi ben considerata è molto efficace per farvi<br />
ripigliare il Divino Servizio con tutto fervore, per farci in somma rinnovar nello Spirito.<br />
Favoritemi di amorevole attenzione e lo vedrete.<br />
1. Tutta l’adorabile Vita di Maria SS.ma, se noi ben la consideriamo, non<br />
fu altro che uno Specchio tersissimo senza menomo appannamento,<br />
senza menoma ombra di difetto e di macchia; come di Lei disse il suo<br />
Divino Sposo Speculum sine macula. Tutto il viver suo SS.mo fu un continuo<br />
esemplare ottimo e nobilissimo della più eroica Perfezione,<br />
Perfectionis exemplar. Tutto il suo Divino operare e conversare, ogni pensiero,<br />
ogni respiro, ogni sospiro, ogni occhiata, ogni parola, ogni passo,<br />
ogni minimo gesto di Nostra Signora fu al certo tutto ripieno di virtù<br />
eroiche, di Grazia copiosissima; come ben osservò il suo diletto<br />
Bernardino da Siena, Tota eius conversatio et vita omni refulgebat gratia et<br />
virtute. Gli Angeli stessi, sì, gli Angeli del Cielo che a folte schiere tutti<br />
umuli ed ossequiosi la corteggiavano, rimanevano attoniti ed estatici in<br />
contemplarla; e confessavano non esservi neppure in cielo tra’ più alti<br />
serafini chi uguagliar mai la potesse in menoma cosa.<br />
2. Osservate di grazia, mie care Madri. Sin dal primo momento in cui la<br />
gran Vergine fu da Dio creata, sin dal primo Istante della sua<br />
Concezione Immacolata, fu essa riempita di Grazia, ebbe infuse tutte le<br />
virtù ed ebbe infuso l’uso perfettissimo di ragione; talché sin da quel<br />
primo beato momento, in cui fu concetta, conobbe essa pefettamente il<br />
suo Dio e con uno slancio di sommo perfettissimo Amore subito allora<br />
tutta, tutta a Lui si consacrò e si offrì con tutto il cuore; come a mille<br />
prove insegna l’esimio Suarez, il dolcissimo San <strong>Francesco</strong> di Sales e tanti<br />
altri innumerabili dotti e pii Scrittori. Or chi l’avrebbe mai pensato,<br />
che quel primo atto di Santo amore e di Santa unione con Dio, che la<br />
Nostra Immacolata Signora fece in quel solo primo Istante in cui fu<br />
concetta, fosse stato tanto alto di grado e tanto perfetto? Eppure udite<br />
che dicono il poc’anzi citato Suarez ed il Santo di Sales, superò la Vergine<br />
allora con quel solo suo primo Atto di Amore, superò, dissi, di gran<br />
322<br />
lunga tutto l’Amore di tutti gli Angeli insieme e di tutti i Serafini del<br />
cielo: talché sin da allora dall’Immacolato suo concepimento divenne<br />
nell’Amore e nell’Unione Divina la gran Maestra ed il perfetto<br />
esemp1are di tutti gli Spiriti Celesti.<br />
Ma ciò fu poco. Ecco il singolarissimo Privilegio di Nostra Signora sopra<br />
tutte le pure Creature; cioè ch’essa non solo in quel beato Istante avanzò<br />
tutti gli Angeli e Serafini nell’Amore e nell’offerta a Dio di tutta se stessa;<br />
ma di più, fu poi sempre immutabile e perseverantissima fino alla<br />
morte; con l’andar da momento in momento vieppiù accrescendo, raddoppiando<br />
e moltiplicando l’ineffabile altissima sua Santità: tanto vero che<br />
giunse tanto alto, che quanti mai beati sono in cielo, quanti mai Dottori<br />
furono e sono in Terra, non possono e non potranno giunger mai a comprender<br />
l’altezza inaccessibile della sua Perfezione. Quel Dio solo, che in<br />
privileggiarla ed arricchirla impiegò tutta la sua Onnipotenza, Sapienza ed<br />
Amore; Dio solo, dico, può giungere a penetrare gli alti inaccessibili meriti,<br />
virtù e perfezioni di Maria; come tutti i Padri e Teologi unitamente con<br />
il serafino da Siena confessano. Tanta est perfectio Virginis, ut soli Deo cognoscenda<br />
reservatur. Tanto è certo, che tutta l’adorabile vita della gran Madre<br />
di Dio è una nobilissima Scuola di tutte le Virtù ed è il perfetto esemplare<br />
e modello della Cristiana perfezione; da cui possiamo e dobbiamo noi<br />
ritrarne ogni fervore, ogni rinnovazione di Spirito, ogni virtù.<br />
3. E qui, già vi leggo in fronte, dilettissime Madri, il vivo desiderio di<br />
risaper’ora da me se che di profitto e d’imitazione ricopiar noi possiamo<br />
e ritrarre dal ricorrente Mistero della sua Presentazione al Tempio. O Dio,<br />
da un così profondo ed insieme caro e tenero mistero di Maria, qual’è<br />
anzi quel Bene, quel fervore, quel profitto che noi non ne possiamo<br />
ritrarre? E chi vi ha tra voi, mie carissime figliuole, che non riconosce<br />
Maria SS.ma divenuta nostra gran Maestra di molte virtù eccellenti in<br />
questa sua dolce e tenera festa?<br />
4. Io non vi dico, che andiate rintracciando con la vostra mente tutto<br />
quanto essa operò e fece in tal congiuntura; perché ciò neppure alle<br />
Angeliche menti sarebbe permesso. Vi prego soltanto a considerarne<br />
con me quattro sole cose; tutte tenere, tutte amabili e care. La prima, che<br />
ella volle presentarsi e ritirarsi al Tempio di Gerusalemme in educazio-<br />
323
ne, senza che punto avesse bisogno di tal Ritirata. La seconda, che andò<br />
a presentarsi al Tempio nella sua più tenera età, essendo Fanciulla di tre<br />
soli anni; come ci attestano quasi tutti i Santi Padri. La terza, che nel far<br />
quel viaggio da Nazareth a Gerusalemme, di circa sette miglia, fu essa<br />
un poco portata in braccio dai Santi suoi Genitori e un poco lo camminò<br />
ella stessa con i suoi adorabili Piedini. La quarta che essa si offrì<br />
tutta, tutta a Dio senz’alcuna riserva di se medesima. O Dio, mie buone<br />
Madri, queste sole quattro cose nella Presentazion di Maria, ci ammaestrano<br />
tanto che non più e son sufficienti ad infervorarci talmente con<br />
la loro cara dolcezza; che io vi confesso, che tuttoché così duro peccatore,<br />
pure a tal pensiero mi sento liquefare il cuore per tenerezza.<br />
5. Di fatto, se vogliamo un tantino posarci sulla prima cosa; come possibile<br />
di grazia di non ricoprirci di confusione per tanta nostra superbia,<br />
come non umiliarci di cuore, come non infervorarci, se vediamo l’eccelsa<br />
nostra Signora presentarsi e ritirarsi al Tempio di Gerusalemme in<br />
educazione, senza che avesse punto bisogno di tal Ritirata? Si era ben<br />
essa, come dicemmo, sin dal primo momento di sua vita, sin dal primo<br />
Istante immacolato in cui fu concetta erasi, dico, tutta a Dio consecrata,<br />
tutta a Dio pienamente donata ed offerta; e tutta con Dio sì strettamente<br />
e perpetuamente unita, che non potè mai interrompere o variare<br />
in menomochè questa così forte ed indissolubile Divina Unione.<br />
Quindi non aveva punto bisogno di ritirarsi al Tempio e di rinnovar<br />
allora pubblicamente quest’offerta, giacché la vita sua era già tutta continuamente<br />
in Dio trasformata: né poteva essa punto temere, che<br />
restando in Nazareth con i suoi Genitori, così Santi, quali furono San<br />
Giovacchino e Sant’Anna, potesse patir distrazioni; o che gli oggetti<br />
esterni e le creature tutte potessero tantino divertirla mai dalla dolce ed<br />
intima Unione con Dio; giacché sin dal primo momento di sua beata<br />
concezione era stata con singolar privilegio, non solamente riempita di<br />
Grazia e di perfettissimo Amore, ma di più era stata resa impeccabile e<br />
confermata in quella Grazia ed Amore che aveva ricevuto.<br />
6. Eppure, tuttoché non avesse alcun timore e bisogno, volle presentarsi e<br />
ritirarsi al Tempio per insegnarci, a guisa di buona Madre e Maestra, la<br />
grande cautela, con la quale noi (che siam così variabili e tanto sogget-<br />
324<br />
ti alle passioni ed alle mutazioni e che non abbiamo un sodo e stabile<br />
fondo di Perfezione) viver dobbiamo: insegnar ci volle in somma con il<br />
suo esempio, che dovevamo viver molto cauti e circospetti, ed usar tutti<br />
i mezzi possibili per stabilir bene la nostra buona Vita e per conservare<br />
e mantener fedelmente i nostri buoni Propositi o voti fatti e le nostre<br />
sante risoluzioni ed offerte. Oh come, Madri mie dilettissime, oh come<br />
al rimirarci in questo tersissimo Specchio del sacro Ritiro e<br />
Presentazion di Maria, ci troviamo difettosi e pien di macchie di presunzione,<br />
di superbia, di disattenzione e di pigrizia! Gran cosa! Siam<br />
così tepidi, siam così fragili, siam così volubili e mutabili: ogni passione<br />
risentita ci sconvolge, ogni vento di tentazione ci atterra, ogni<br />
oggetto esteriore ci distrae e ci dissipa: eppure ci rifidiam tanto di noi,<br />
che francamente talora ci esponiamo ai pericoli; non ci curiamo di orazione,<br />
né di raccoglimento, né di silenzio, né di ritiro. O maledetta<br />
superbia donde mai sei nata in Creature sì misere, come siam noi!<br />
7. Eppure sappiamo, che un San Bernardo vostro, tuttoché Uomo così dotto,<br />
così circospetto e così Santo; sappiamo, che qualora, uscito dal suo Ritiro,<br />
gli conveniva trattar di vari affari; piangeva poi il povero Santo le intere<br />
giornate, perché mille distrazioni lo perturbavano, penando molto a poter<br />
ripigliare il solito suo Raccoglimento ed interno Ritiro. Sappiamo il<br />
memorabil successo di quella Religiosa di Cistercio detta Beatrice; la quale<br />
tuttoché donna di molta santità e di miracoli, pure per la poca cautela di<br />
se stessa e per la troppa rifidanza di frequentar le grate e trattar giornalmente,<br />
alla fine divenuta tutta dissipata e poi accecata, obbrobriosamente<br />
se ne fuggi dal Monastero: e vi volle solo uno strepitoso miracolo di Nostra<br />
Signora per farla ritornare dopo dodici anni di una vita scandalosissima e<br />
per farla dare ad una penitentissima Vita; in cui poi morì, lasciando ottime<br />
speranze di sua vera conversione fatta e di sua eterna salvezza.<br />
8. Ecco pertanto, come la gran Madre di Dio con l’esempio della sua<br />
Presentazione e Ritirata corregge la nostra troppa presunzione, la troppa<br />
nostra rifidanza: ecco come ci istilla al cuore sentimenti di profonda umiltà<br />
e diffindenza di noi e ci fa rinnovar con più fervore i buoni propositi di<br />
viver più raccolti in avvenire, più attenti, più cauti, più circospetti. Sia<br />
pur mille volte benedetta la nostra così cara e benigna Madre e Maestra.<br />
325
9. Ma su, che in altre cose più nobili ed eccellenti ella di ammaestrarci si<br />
degna, con la sua Presentazione, se riflettiamo ch’essa nella età sua più<br />
tenera, fanciulla essendo di soli tre anni, andar volle al Tempio a ritirarsi<br />
(ch’è la seconda cosa che a considerar vi proposi). E qui, io già tutte<br />
meste dir vi sento, mie buone Madri e Figliuole e come noi potremo in<br />
ciò imitar Nostra Signora, se ci troviamo chi più, chi meno, fuori dalla<br />
tenera età, ed avanzate negli anni? Forse potremo tornare più fanciulle?<br />
Forse tempo trasandato si riacquista di nuovo? Ma deponete pure la<br />
vostra mestizia. Io non niego, che veramente è molto grande la felicità<br />
di coloro, che si son dedicate a Dio fin dalla loro fanciullezza, come una<br />
Santa Geltrude, una Santa Caterina da Siena, una Santa Teresa. Ma pure<br />
consoliamoci. Anche ora (benché tardi invero), anche in questa nostra<br />
avanzata età, è tempo di ritornar fanciulle. La Santa Semplicità cristiana<br />
e religiosa è sufficiente a far tornare fanciulli sino i più decrepiti e<br />
senili di età: il fervore, il coraggio, la rinnovazione di spirito, sono tutti<br />
atti a farci divenire come di anni più teneri.<br />
10. Qando la Sacra Sposa de’ Cantici disse allo Sposo Celeste, Signore il tuo<br />
amabile Nome è appunto come un olio balsamico ed odorifero, che<br />
sparso getta un odore soave, oleum effusum Nomen tuum; e perciò le<br />
Giovanette, le Fanciulle, tirate da tale vostra soavità, vi hanno amato e<br />
seguitato, ideo, Adoloscentulae, dilexerunt te: credete voi, Madri mie, che<br />
essa intendesse di parlare delle Fanciulle di età? No certamente. Parlava<br />
di Anime avanzate negli anni, ma che per il loro nuovo fervore, per il<br />
loro nuovo coraggio, per la loro rinnovazione di spirito, per la loro amorevole<br />
mansuetudine e semplicità di cuore, erano tornate ad esser santamente<br />
Fanciulle e Giovanette. Quel rifarsi ogni tanto coraggiosamente<br />
da capo nella via del Signore; quel viver con mansuetudine, accomodandosi<br />
caritatevolmente con tutte, facendosi giovani con le giovani,<br />
gioviale con le allegre, seria con le serie, inferma con le inferme; quell’essere<br />
e farsi santamente tutta di tutte, come faceva il prediletto San<br />
Paolo e San <strong>Francesco</strong> di Sales; quel camminar con santa semplicità,<br />
pigliando ogni cosa in buon verso, scusando, soffrendo, mostrandosi<br />
sempre umile, dolce, pieghevole nelle cose doverose, gioviale, caritatevole:<br />
quel forzarsi in somma a ripigliar uno Spirito fervido, dolce, semplice<br />
e buono da fanciulle: questo, questo, mie carissime figliuole, egli<br />
326<br />
è il ritornar all’età tenera da Bambina; questo è quello che ci venne<br />
tanto raccomandato dal Redentore Divino con quel suo misterioso dire<br />
Nisi efficiamini, ut parvulus iste; e questo è quello che ci vien proposto da<br />
imitarsi con il suo esempio da Nostra Immacolata Signora con quel suo<br />
dedicarsi al Tempio, fanciulla di soli tre anni. Su dunque, coraggio!<br />
Santo nuovo fervore, santa risoluta rinnovazione di Spirito, santa semplicità<br />
di cuore, oggi da noi a tutto sforzo si riprenda: ed eccoci tornati<br />
alla tenera età fanciullesca, che tanto piace a Dio, che ruba il cuore<br />
all’Immacolata sua Madre.<br />
11. Sebbene, che sforzo non farà qui il demonio, ed insiem con lui la nostra<br />
abituata pigrizia ed irresolutezza? Ah che io sento le loro obiezioni e difficoltà<br />
che sotto varie rappresentanze ci oppongono. Oh, dicono e quanto<br />
durerà? Si è ciò tante volte principiato, e poi? E chi potrà durarla con<br />
tanta attenzione, con tanto rinnovamento di Spirito, con tanta semplicità?<br />
Figliuole, vi dirò. Il demonio è disperato ed il padre dei disperati; e<br />
siccome vede per lui non esserci più rimedio e riparo, perciò cerca almeno<br />
aver compagnia al suo irremediabile male. Ma sia pur egli disperato in<br />
eterno; che per noi non è, e non sarà così al certo. La nostra pigrizia poi<br />
ed il nostro Amor proprio si misurano sempre con le sole loro proprie<br />
forze. Ridicoli che sono. E noi, faremo a loro dispetto quanto potremo per<br />
rinnovarci e ringiovanirci nello Spirito oggi, ed ogni tanto; ma tutta la<br />
nostra rifidanza non la riporremo mai nelle forze nostre; ma nella certa,<br />
sicura ed infallibile assistenza di Dio e della sua purissima Madre.<br />
12. Richiamate, richiamate di nuovo il pensier vostro, mie care Madri (e<br />
fate pure un cuor grande) alla Scuola che ci apre la Regina del Cielo in<br />
altre molte guise in questa sua amabile Presentazione. Mio caro Dio, io<br />
mi sento strugger di tenerezza al ripensare alla terza cosa che vi proposi.<br />
Qualora dalla città di Nazareth partì in questo giorno la Divina<br />
Fanciulla con i suoi Genitori per portarsi in Gerusalemme a presentarsi<br />
e ritirarsi in educazione al Sacro Tempio, ov’erano le altre Fanciulle;<br />
in quel viaggio di circa sette miglia, parte fu portata in braccio or da<br />
San Giovacchino, or da Sant’Anna; e parte camminò ella stessa con i<br />
suoi piccioli adorabili Piedi, ma sempre aiutata e tenuta per mano dai<br />
suoi Parenti. Perciocché qualora questi incontravano qualche sentiero o<br />
327
strada scabrosa, subito se la pigliavano dolcemente in braccio: quando poi<br />
si abbattevano in qualche pianura, allora la posavano in terra per farla<br />
camminar qualche poco, per il grande piacer che prendevano in vederla<br />
formare i suoi piccioli Passi con tanta grazia, che gli Angeli tutti del<br />
Cielo rapiva di stupore, giacché a folla eran discesi per contemplarla. Ma<br />
allora, qualor camminava questa Divina Infante, recava tenerezza il vederla<br />
alzar con tanta premura le sue picciole Mani per tenersi forte ai suoi<br />
Genitori per timore di non far qualche indoveroso Passo. O Dio, quanti<br />
misteri, quanti amabili insegnamenti si ascondono sotto questo dolce<br />
cammino di Nostra Signora per andare ad offrirsi al Tempio.<br />
13. Nella rinnovazione del nostro Spirito, nel fervoroso cammino per giungere<br />
al mistico Tempio della Perfezione, ci anima e ci incoraggia la<br />
Vergine con il rammentarci, che nei passi scabrosi di gagliarde tentazioni<br />
non volute, di passioni scatenate, di infermità, di persecuzioni, di<br />
patimenti, siam portati in braccio e dal Sommo nostro Padre celeste e<br />
da Lei nostra amantissima Madre: e lo vediam per esperienza, mentre se<br />
così portati non fossimo spesso, mai faremmo tutt’i più gran mali del<br />
Mondo e saremmo peggiori di Giuda e di tutti i demoni d’Inferno.<br />
Nelle cose poi a noi più facili ed agevoli, volendo Iddio che noi dal<br />
canto nostro in ciò che non è sopra le nostre forze ci aiutiamo a fare i<br />
nostri piccioli passi, egli però non ci lascia affatto, ma continuamente<br />
ci tien per la mano, facendoci camminare con il suo aiuto. Or chi mai<br />
dunque si perderà di coraggio? Basta che noi qualor camminiamo con i<br />
nostri piccioli passi, stiamo sempre con grande avvertenza di tenerci<br />
forti al nostro Divin Padre Iddio ed alla nostra clementissima Madre<br />
Maria. O qui sì, Madri mie, ci vuol confidenza viva e coraggio!<br />
14. E che vi resta pertanto affin di porre le mani all’opra? Resta di imitar l’ultima<br />
cosa, che io vi proposi, fatta da Maria SS.ma nella sua Presentazione,<br />
cioè di essersi offerta tutta, tutta a Dio, senza alcuna riserva di se medesima;<br />
come ben essa lo rivelò a Santa Isabella o Elisabetta, come altri la dicono,<br />
vostra Benedettina. Rinnovò in tal giorno Nostra Signora l’offerta e la<br />
donazione irrevocabile a Dio del suo cuore con tutti i suoi voleri ed affetti;<br />
dell’Anima sua con tutti i suoi Atti e Potenze; di tutto il suo corpo con tutti<br />
i suoi sentimenti ed operazioni: rinnovò i suoi fervidi e stabili Propositi e<br />
328<br />
Promesse: e senza punto riserbarsi nulla, di ben nuovo si donò e consecrò<br />
interamente a Dio con quanto mai essa aveva, ed era: e diede al caro Dio<br />
una intera e totale irrevocabile offerta, tal quale egli da Lei desiderava. Or<br />
animo grande, mie care Sorelle; ecco l’ultimo compimento dell’opera; ecco<br />
che dobbiamo oggi (ed ogni tanto) far noi ad imitazione e con l’aiuto di<br />
Maria. Diamoci in tutto e per tutto al caro Dio, rinnoviamogli le promesse<br />
ed i buoni propositi; offriamogli tutto il corpo, doniamogli tutta l’Anima<br />
e per le Mani dell’Immacolata sua Madre, consecriamogli irrevocabilmente<br />
tutto il cuor nostro. Nel principio della Chiesa stilavano quei novelli fervorosi<br />
Cristiani di fare ogni anno nel giorno anniversatio ricorrente del loro<br />
Battesimo, stilavano, dissi, di rinnovar l’offerta a Dio che di loro fecero nell’esser<br />
battezzati e di far con tutto fervore la rinnovazione del loro Spirito.<br />
Noi tal cosa far la possiamo in quest’oggi. Le pie Religiose dell’Immacolata<br />
Concezione hanno per regola nella mattina della festa della Concezione<br />
Immacolata, dopo le Sante Divozioni, di rinnovar comunemente la loro<br />
Professione, i loro Voti e di far la Rinnovazione dello Spirito, in unione di<br />
quella prima Offerta che di sé fece a Dio Maria SS.ma nel primo Istante del<br />
suo Immacolato Concepimento; recitando la Superiora la formula e ripetendola<br />
divotamente le altre; né si termina tal funzione senza lagrime. Le amabili<br />
Religiose poi della Visitazione, degne figlie del caro Santo di Sales,<br />
hanno per loro Istituto di fare in comune tale offerta e rinnovazione di spirito<br />
in questo Giorno medesimo della Presentazione al Tempio, in unione<br />
di quella offerta che di se stessa rinnovò l’eccelsa Nostra Signora.<br />
15. Su pertanto, a tali e tanti esempi divoti, infervoriamoci anche noi, mie<br />
care Figliuole, ed in unione della graditissima offerta che la Gran<br />
Vergine fece di tutta se stessa a Dio, offeriamoci tutti anche noi. Sì, si,<br />
Gesù mio, in Unione dell’accettabile offerta e donazione della tua<br />
Madre, eccovi tutto il cuore nostro: sì, Gesù mio, eccovi il cuore: Gesù mio,<br />
eccovi l’Anima: Gesù mio, eccovi tutto! Mio caro Dio, io ben so che il Cuor<br />
mio è ripieno di mille lordure, di mille difetti, di mille peccati. Ma e<br />
per questo cesserò forse di offrirvelo e di donarvelo?<br />
16. Ah no, mie amate Figliuole. E non sapete voi, che tutto ciò che si ripone<br />
nelle mani di Dio, si converte in bene? Quando Iddio creò Adamo,<br />
prese un poco di terra e di fango. Ma che? Questa terra e questo fango<br />
329
nelle mani di Dio si convertì in un Uomo vivo. Eh su dunque, doniamo<br />
pure a Dio il nostro cuore com’è. Egli così lo vuole. Penserà egli a<br />
convertirlo in buono e farlo tutto puro, tutto vivo, tutto santo. Dunque<br />
io lo ripeto con più viva fiducia, Gesù mio, eccovi il cuore: Gesù mio, eccovi<br />
l’Anima: Gesù mio, eccovi tutto!<br />
17. Vergine gloriosissima e mia prediletta Immacolata Signora, giacché in<br />
unione della vostra adorabile Presentazione e per le vostre Mani noi facciamo<br />
in questo Giorno questa irrevocabile Donazione ed offerta del<br />
nostro Cuore e di tutti noi stessi al vostro Divin Figlio; non possiam<br />
dubitare al certo che gradita al sommo non sia ed accetta. Ed essendo<br />
purtroppo vero, anche per isperienza, che l’amabile vostra Presentazione<br />
è molto efficace per farci ripigliar da capo con maggior fervore il Divino<br />
Servizio e di farci di tutto proposito rinnovar nello Spirito; sia vostra<br />
cura di stenderci sempre la pietosa mano in questo nuovo più risoluto<br />
cammino che a vostra gloria abbiam intrapreso in quest’oggi. Noi dal<br />
nostro canto vi terrem sempre forte sino agli ultimi respiri di nostra<br />
vita; affin così rinnovati di spirito amandovi e servendovi fedelmente in<br />
questo Mondo; possiamo poi ardentemente amarvi, lodarvi e godervi in<br />
Paradiso. Intanto in caparra della vostra certa e sicura assistenza, di cui<br />
non dubiteremo giammai, degnatevi in onor della vostra Presentazione<br />
di darci dal Cielo la vostra Santa Benedizione. Amen.<br />
ESEMPIO<br />
Quel gran Divoto di Maria Domenico Valesio della Compagnia di Gesù, da<br />
un gran tempo si sentiva stimolato, chiamato ed invitato a darsi giù di<br />
proposito all’orazione, alle virtù ed alla perfezione. Non sapeva per altro<br />
vincer la propria pigrizia e tepidezza. Un altro giorno, diceva, bisognerà<br />
farlo; ma intanto se la passava con sole parole; parendogli troppo arduo e<br />
difficile il cammino che far doveva. Di ciò non di meno si accusava bene<br />
spesso avanti una sacra Immagine di Nostra Signora, di cui ne era assai<br />
divoto. Passato così qualche tempo, stabilì un anno di celebrar con più<br />
divozione questa Festa della Presentazione di Maria. Si pose perciò a seriamente<br />
considerar l’esempio di Nostra Signora. Chi lo crederebbe! Tanto<br />
bastò, affin di farlo dar giù di proposito alla rinnovazion del suo Spirito ed<br />
alla Perfezione, a cui attese.<br />
330<br />
SERMONE V FAMILIARE<br />
Nel Venerdì dopo la Seconda Domenica dell’Avvento,<br />
in occasione della Festa della Madonna SS.ma di Loreto (10 Dicembre 1756)<br />
Il Sermone è sviluppato in sette punti, preceduto da un proemio dove l’Autore ricorda<br />
il mistero dell’annunciazione raccontato dall’evangelista Luca e la misteriosa traslazione<br />
della santa casa a Loreto, segno, quest’ultimo, della predilezione di Maria<br />
per la Terra Marchigiana.<br />
Dunque, “l’Amor singolarissimo mostrato a noi dalla Vergine col trasportar qui<br />
tra noi la sua Santa Casa, ci obbliga ad aprirle il nostro cuore per darle ricetto”.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 87-92 (31-36)<br />
Argomento<br />
Missus est Angelus Gabriel a Deo in Civitatem Galilae,<br />
cui nomen Nazareth, ad Virginem 2 (Luc. 1, 26)<br />
Ave Maria<br />
Chi vi ha tra voi in quest’oggi, mie riverite Madri, che non ammira gli<br />
eccessi del grande Amor di Maria verso di noi? Giunge già il fortunato<br />
tempo, in cui l’Onnipotenza e Volontà Divina vuol porre mano a<br />
quell’Opra ineffabile dell’Incarnazione del Verbo, decretata già ab eterno<br />
nella Mente di Dio. Si spedisce perciò dal Cielo nella Città di Nazareth<br />
l’Angelico Messaggero in casa della gran Vergine Nostra Signora: Missus est<br />
Angelus Gabriel, ecc.; ed ecco che Nostra Signora uniformandosi tutta umile<br />
ai Divini Voleri, accetta la Maternità Divina; e nella sua propria Casa si<br />
adempie l’ineffabil Mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio Gesù Signor<br />
nostro. Che ne viene in appresso? Questa Casa natalizia di Maria, così consacrata<br />
e dalla sua Presenza e molto più dalla reale presenza del Divin<br />
Figlio Umanato, non essendo dovere che resti in Galilea nella Città di<br />
Nazareth, già caduta sotto dei barbari Saraceni, sotto dei ciechi Infedeli, si<br />
leva di pianta da quella misera Città e da Angeliche Mani si porta per aria<br />
giù dall’Oriente in quassù verso di noi. O Dio, e quale mai sarà quella for-<br />
2 Fu mandato l’angelo Gabriele da Dio in una città della Galilea che aveva nome Nazareth,<br />
ad una Vergine.<br />
331
tunatissima Terra, quel felice Luogo, dove si depositerà un tanto Tesoro?<br />
Ah fortunata Dalmazia, tu sei fatta degna di averlo! Sì, mie buone Madri,<br />
ivi la collocarono gli Angeli la prima volta, di là dalla sponda del nostro<br />
Mare Adriatico. Ma poi, non piacque alla Regina del Cielo ivi fermarsi. Su<br />
su, intona agli Angeli, si porti di nuovo in aria la mia Casa, si passi<br />
l’Adriatico Golfo; e colà in un Campo detto Lauretano, nella Provincia della<br />
Marca, quivi si collochi, quivi si posi, quivi si fermi: mentre quivi ho poste<br />
le mie mire; quivi ho scelto il mio Popolo eletto; quivi sparger voglio in<br />
gran copia i miei favori. E così avvenne. Onde nell’anno 1294 di Nostra<br />
Salute, vale a dire 462 anni sono, nel Pontificato di S. Celestino Quinto,<br />
nel giorno di oggi, per eccesso di amore di Maria SS.ma verso di noi<br />
Marchegiani, fra noi la sua SS.ma Casa fu collocata e si fermò. Né possiam<br />
noi dubitare se sia quella stessa sua Casa ove il Figlio di Dio si fece Uomo<br />
per noi; dopo che tante Pontificie Bolle ce ne assicurano, tanti continui<br />
strepitosi miracoli ce lo confermano e la celeberrima venerazione di tutto il<br />
Cattolico Mondo ce lo contesta. O Amore dunque singolarissimo della gran<br />
Regina del Cielo verso di noi o Amore finissimo e incomparabile! Ah che<br />
ora ben lo comprendo il gran fine che ebbe in ciò la gran Vergine. Uditelo,<br />
e servirà per Assunto del mio presente discorso. L’Amor singolarissimo<br />
mostrato a noi dalla Vergine col trasportar qui tra noi la sua Santa Casa, ci obbliga<br />
ad aprirle il nostro cuore per darle ricetto. La cortese vostra attenzione mi<br />
assista; e sarò a dimostrarvelo.<br />
1. Vantavasi e a gran ragione, il Santo Profeta Davide che la sola sua<br />
Nazione Ebrea ed Israelitica fosse stata da Dio prescelta per la sua gloria<br />
tra le Nazioni tutte del Mondo. E a chi mai, diceva il Profeta, ha<br />
Iddio palesate le sue Idee, a chi ha mostrati i suoi voleri, a chi ha usate<br />
tante finezze e della vera fede o di tanti prodigi, se non alla sola ebraica<br />
Nazione? Non fecit taliter omni Nationi, et judicia sua non manifestavit<br />
eis 3 (Psal. 147, 20).<br />
2. Or con una consimile enfatica esclamazione possiamo anche noi santamente<br />
vantarci, mie stimatissime Madri, per rapporto del singolarissi-<br />
3 Così non ha fatto con nessun altro popolo.<br />
332<br />
mo Amor di Maria; noi, dico che abbiamo avuta la sorte di abitar questa<br />
Provincia così prediletta della Marca. Ama la Vergine, non vi ha<br />
dubbio, la Cristianità tutta, giacché di tutti i Cristiani Cattolici Ella<br />
fu destinata dallo stesso suo Figlio per amatissima Madre: Ecce Mater<br />
tua: e perciò dei Cristiani tutti essa si gloria di esser Protettrice ed<br />
Ausiliatrice benigna: Auxilium Cristianorum. Risappiamo pur noi da<br />
veridiche storie aver’essa più volte fatte espressioni molto tenere a certi<br />
particolari Regni suoi divoti, a certe sue più ossequiose Provincie del<br />
Cristianesimo. Così noi leggiam aver Ella detto a San Giacomo<br />
Apostolo che avrebbe sempre rimirata con occhio amorevole la sua<br />
dilettissima Spagna. Così troviamo ancora aver’ella scritto ai Messinesi<br />
che sarebbe stata particolar Protettrice di quella città e della Sicilia<br />
tutta. E così di tante altre Cattoliche Provincie potremmo anche farne<br />
il racconto.<br />
3. Ma che ha che fare mai questo amore con le finezze tutte singolari ed<br />
incomparabili, mostrate a noi Marchegiani e a questa nostra prediletta<br />
Provincia? Vuol la Regina del Cielo sbarbicar la sua Divinissima Casa<br />
dal suolo degli Infedeli; le preme molto, le sta molto a cuore: vuol collocarla<br />
e depositarla in un Luogo, ov’essa sià più onorata, più encomiata,<br />
ed ove spander possa più a larga mano le sue grazie. Le è cara la<br />
Spagna, nol nego, ma non per questa è serbato sì ricco Tesoro: Le è cara<br />
la Sicilia, è vero, ma non è per essa una Casa così sagrosanta. Le son care<br />
tante altre Provincie, tanti altri Regni del Cattolico Mondo; ma vi è un<br />
Luogo, una Provincia più cara di tutte, vi sono Popoli sopra gli altri più<br />
prediletti. E chi mai saranno? Viva Maria SS.ma! Noi, noi Marchegiani,<br />
pur siamo quei fortunati, la nostra sola Marca è quella tra tutte le altre<br />
più cara e prediletta. Qui tra noi essa con sicurezza rifida un sì caro suo<br />
Pegno, tra noi lo deposita, tra noi lo ferma. O finezze singolari<br />
dell’Amor di Maria! Sì, sì Non fecit taliter omni Nationi, possiamo noi<br />
pure con verità ripetere, sicut et nostrae fecit 4 .<br />
4 Come ha fatto anche con il nostro.<br />
333
4. E qui contentatevi, mie riverite Madri, che io mi fermi alquanto ad<br />
individuar qualche particolarità di questo Amore finissimo della gran<br />
Vergine verso di noi dimostrato con il darci la sua Santa Casa.<br />
Primieramente ci ha voluti dichiarare apertamente al cospetto di<br />
tutto il mondo per suo caro Popolo prediletto. Vide l’evangelista<br />
Giovanni in spirito scender dal cielo, come una vaga Città e posarsi su<br />
questo basso Mondo; e nel mentre che tutto estatico a rimirar se ne<br />
stava un tal prodigiosissimo fatto, udì una gran voce che disse, Ecco il<br />
Tabernacolo di Dio posto fra gli uomini. Essi saranno il Popolo prediletto<br />
di Dio e Iddio sarà tutto di tal Popolo eletto: Ecce tabernaculum<br />
Dei cum hominibus... et ipsi Populus eius erunt, et ipse Deus cum eis 5 (Apoc.<br />
21, 3), ecc. Or così, ecc. Quel che la Vergine SS.ma disse dei<br />
Cisterciensi: Ii qui sunt de Cistercio, ii sunt filii mei, ecc. Haec requies mea<br />
in saeculum; hic habitabo quoniam elegi eam 6 (Psal. 31), ecc. Elegis vos prae<br />
ceteris, ut operis mei, ecc. 7 .<br />
5. Secondariamente ci ha voluto dichiarare per suo caro Popolo il più beneficato.<br />
Non vi è Luogo sopra la Terra, dove la Vergine non dispensa le<br />
Grazie. Ma niuno però ne ha in deposito la Miniera, il Tesoro, l’Erario.<br />
Solamente noi, ecc. Allorché l’Arca del Signore fu levata dai Filistei,<br />
mille castighi tremendi si tiraron sopra gli Azoti e i Betsamiti: ma<br />
posta nella Casa di Abinadab in Gabaa, mille grazie giornalmente, ecc.<br />
(1 Reg. 6 et 7). Così, ecc. Exaltasti super Terram habitationem meam 8<br />
(Eccles. 51, 13), ecc. Domum majestatis meae glorificabo 9 , ecc. Ci ravviva<br />
la Fede e la Speranza, ci riaccende la Carità, ecc. Ci dà un Paradiso.<br />
O dunque Amore finissimo di Maria, ecc.<br />
5 Ecco il Tabernacolo di Dio tra gli uomini… Essi saranno suo popolo e lo stesso Dio sarà<br />
con loro.<br />
6 Coloro che sono del Cistercio sono miei figli… Questo sarà il mio riposo per sempre;<br />
qui abiterò poiché l’ho scelto.<br />
7 Vi scelse tra gli altri affinché foste opera mia.<br />
8 Hai esaltato sulla terra la mia abitazione.<br />
9 Glorificherò l’abitazione della mia maestà.<br />
334<br />
6. Or Ella con tutto questo vuol obbligare il nostro Cuore ad amarla sopra<br />
tutte le altre Nazioni; vuol che glielo apriamo per darle ricetto, ecc.<br />
È dovere, è giustizia, ecc. Cognovi, quoniam voluisti me 10 , ecc. (Psal. 40)<br />
Studeas policite ad amandum, quantum potes, quia multum es amata 11 , disse<br />
la Vergine a S. Brigida, ecc. Su dunque, come la Sacra Sposa: Surrexi, ut<br />
aperirem dilecto meo…Pessuluta (la stanga dell’uscio) ostii mei aperui dilecto<br />
meo 12 (Cant. 5, 5-6).<br />
7. L’esempio di quel Pellegrino, a cui fu aperto il petto e cavato il cuore,<br />
ecc., raccontato dal Torsellino e dal Rozzi, ecc.<br />
Apostrofe, ecc.<br />
10 Ho conosciuto poiché mi hai voluto.<br />
11 Cerca di amare per quanto puoi poichè sei stata molto amata.<br />
12 Mi sono alzata per aprire al mio Diletto… ho aperto la stanga dell’uscio al mio Diletto.<br />
335
SERMONE VI FAMILIARE<br />
Recitato Sabato 31 Dicembre 1757<br />
Il Sermone è sviluppato in due parti: la prima, comprende un proemio e nove punti;<br />
la seconda due punti.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> mette a confronto il testo di San Luca con quello di San Matteo<br />
riguardo la genealogia di San Giuseppe, sposo di Maria. Secondo San Luca (Lc. 3,<br />
23), San Giuseppe era figlio di Heli, discendente di Natan, mentre per San Matteo<br />
(Mt. 1, 16) San Giuseppe discende da Salomone, figlio di Davide.<br />
Poiché le fonti storiche sono state incendiate nella distruzione di Gerusalemme, da<br />
parte dei Romani e ambedue gli Evangelisti dicono il vero, don <strong>Marcucci</strong> si propone<br />
di investigare quale sia la “maniera più verosimile” per conciliare le posizioni dei due<br />
Evangelisti.<br />
Dopo aver analizzato il parere di vari illustri padri e dottori della Chiesa, egli<br />
giudica più probabile la spiegagazione che Giulio Africano, vissuto poco dopo gli stessi<br />
Evangelisti, dà nella sua Epistola ad Aristide riportata da Eusebio di Cesarea.<br />
Egli afferma che Giacobbe ed Heli erano figli di una medesima madre. Heli, infatti,<br />
morì senza successione e sua moglie vedova fu presa dal fratello uterino Giacobbe<br />
da cui nacque San Giuseppe, il quale risulta essere figlio naturale di Giacobbe e figlio<br />
legale di Heli.<br />
Maria SS.ma amò ed onorò moltissimo il suo purissimo sposo e fece sempre il<br />
suo volere. Sono dunque beate le anime che ricorrono alla protezione di san Giuseppe<br />
perché avranno certamente anche quella della sua Sposa.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 37, pp. 53-62.<br />
Argomento<br />
Spiegandosi se di chi fosse Figlio il Patriarca San Giuseppe,<br />
si conchiude dimostrando quanto sia efficace il Patrocinio di<br />
San Giuseppe per ottener le Grazie da Maria Santissima<br />
Ave Maria, ecc.<br />
Se nella Divina Scrittura si incontra bene spesso qualche Passo così misterioso<br />
ed alto, che faccia a noi toccar con mano quanto sia grande la nostra<br />
ignoranza e che tutta l’Umana Scienza non è altro che una stoltezza al<br />
cospetto di Dio; il Passo appunto, che in questa sera a considerar ci presenta<br />
l’Evangelista Matteo, è un di quei senza fallo. Chiudendo il Santo la sua<br />
336<br />
Genealogia di Gesù Cristo, così dice Jacob autem genuit Joseph Virum Mariae 13<br />
(Mat. 1, 16), che è lo stesso, Giacobbe fu Padre di Giuseppe Sposo di Maria.<br />
Ma sento qui chi mi dice e qual mai difficoltà appare in questo Testo? Dicesi<br />
pur ivi a lettere chiare e rotonde da intendersi da ciascuno, che il Patriarca<br />
San Giuseppe fosse Figlio naturale di Giacobbe e che questo Giacobbe fosse il<br />
vero e natural Padre di San Giuseppe.<br />
Vincenzo Civita, San Giuseppe con il Bambino concede<br />
grazie ai Santi Beatrice De Silva, Chiara,<br />
<strong>Antonio</strong> da Padova e <strong>Francesco</strong> d’Assisi, olio su<br />
tela, 1795, Ascoli Piceno, altare sinistro della<br />
Chiesa dell’Immacolata.<br />
13 Giacobbe generò Giuseppe, Sposo di Maria.<br />
Tutto bene, rispondo; ma se a questo infallibile<br />
Testo di San Matteo corrispondesse<br />
pur chiaramente l’altro Testo pur<br />
infallibile dell’Evangelista San Luca,<br />
ove parla di San Giuseppe, direste<br />
voi pur bene. Ma udite che ne dice<br />
San Luca, Joseph, qui fuit Heli (Luc.<br />
3, 23), Giuseppe Sposo di Maria fu<br />
figlio di Heli. Aggiungete di più,<br />
che San Matteo fa discender San<br />
Giuseppe da Salomone figlio di<br />
Davide; e San Luca, tutto all’opposto,<br />
lo fa discender da Natan, altro<br />
figlio dello stesso Davide. Come va<br />
dunque? Di chi sarà figlio San<br />
Giuseppe? Di Giacobbe come vuol<br />
San Matteo; oppur di Heli, come<br />
vuole San Luca? Da chi mai<br />
discenderà? Da Salomone, come ci<br />
assicura il primo Evangelista;<br />
ovvero da Natan, come ce ne assi-<br />
cura il secondo? Che Antilogia<br />
spinosissima è mai questa! Che<br />
fracasso mai non fece per questo<br />
con quella bocca d’Inferno l’iniquissimo<br />
Fausto (S. Aug., Lib. 2,<br />
337
ca. Faustum.), capo degli empi Manichei? Quali bestemmie non vomitaron<br />
perciò contra l’infallibilità dei Santi Evangelisti gli scellerati Anabattisti<br />
dell’empio manicheismo innovatori (Graves., Tomo 1, De Myst. Christ. pag.<br />
LX)? Ma ereticacci così perversi, che non seppero mai umiliarsi e confessare<br />
schiettamente la loro gran cecità ed ignoranza alla vista dei raggi troppo<br />
possenti del Divino Sole del Santo Vangelo; della loro temerità e superbia<br />
ne furono già appieno convinti e svergognati dal sempre grande Agostino e<br />
da altri Padri della Cattolica Chiesa. Noi pertanto, che Grazie al Sommo<br />
Iddio, Cattolici siamo, crediamo pur fermamente, che ambedue gli<br />
Evangelisti, circa il Padre di San Giuseppe e la sua discendenza, dicono l’infallibile<br />
e vero; adoriamone pure con profonda umiltà e riverenza i misteri;<br />
e vediamo soltanto, se possa riuscirci in questa sera di conciliare insieme<br />
questi due Testi all’intutto, secondo l’apparenza, discordi; cioè che il<br />
Patriarca San Giuseppe, sia Figlio di Giacobbe e discendente di Salomone, come<br />
S. Matteo ci dice; e nel tempo stesso sia Figlio di Heli, e discendente di<br />
Natan, come c’insegna San Luca. Di qui poi caveremo, quanto efficace sia il<br />
Patrocinio di San Giuseppe per ottener grazie dalla Regina del Cielo.<br />
Attendete di cortesia; ed incomincio.<br />
I<br />
1. Se ai tempi posteriori ai Santi Evangelisti e massimamente ai nostri<br />
tempi, fosse stata a tutti nota la Genealogia degli Antenati di Gesù<br />
Cristo, come Uomo; in quella guisa che era a tutti notissima ai tempi<br />
dei Santi Evangelisti, sì perché erano viventi vari attenenti a quella<br />
Genealogia e sì anche perché nel Tempio si tenevano esposte le Tavole<br />
Genealogiche di tutti i discendenti della Tribù di Giuda e della famiglia<br />
di Davide (Grav., Tomo 1, Diss. 4, pag. 59); certamente, Uditori,<br />
né si sarebbero tanto affaticati i Santi Padri, né suderemmo tanto noi,<br />
a capire e conciliare i due Evangelisti circa l’origine del Patriarca San<br />
Giuseppe.<br />
2. Ma essendo decorsi tanti Secoli ed essendosi disperse ed incendiate<br />
tutte le Tavole Genealogiche nella distruzione di Gerusalemme, fatta<br />
dalle Armi vittoriose Romane, sotto l’impero di Vespasiano e Tito;<br />
non accade più sperarne, se non fosse per rivelazione Divina, di rintracciar<br />
il modo certo e giusto per conciliar i due Evangelisti e per poter<br />
338<br />
dire, Ecco infallantemente quello che intendono e come si accordano. Ci resta<br />
dunque soltanto di andare investigando una maniera più verisimile di<br />
tale conciliazione: giacchè ambedue gli Evangelisti necessariamente<br />
sono infallibili, sì S. Matteo col far San Giuseppe Figlio di Giacobbe e<br />
discendente di Salomone; quanto S. Luca col farlo Figlio di Heli, e<br />
discendente di Natan.<br />
3. Varie pertanto sono le sentenze dei Santi Padri, molti su di ciò sono i<br />
pareri dei Sacri Scrittori. Primieramente riferisce l’Angelico San<br />
Tommaso (S. Tho., 3 p., qu. 31, art. 3), che vi furon certuni sacri<br />
Interpreti, che sbrigare volendosi da questa difficoltà, dissero francamente,<br />
che Giacobbe Padre di San Giuseppe, secondo San Matteo, era la<br />
stessa Persona che Heli, di cui parla San Luca; tantochè il Padre di San<br />
Giuseppe avesse due nomi, uno di Giacobbe, come lo chiama San<br />
Matteo, l’altro di Heli, come San Luca lo nomina. Ma chi non vede che<br />
questa opinione è all’intutto falsa e non sussiste? Perciocché se Giacobbe<br />
ebbe Antenati diversi da quelli di Heli, come consta dal Vangelo: ed in<br />
oltre se Giacobbe discende da Salomone, ed Heli discende da Natan; come<br />
mai possibile, che fossero ambedue nomi di una sola persona? Onde<br />
meritamente lo stesso San Tommaso tal sentenza rigetta. Sicchè siamo<br />
pure all’oscuro.<br />
4. Tiriamo innanzi. Il dottissimo Ugone Grozio poi la discorre diversamente<br />
e dice che così deve intendersi, che Giacobbe, ed Heli fossero<br />
ambedue Padri di San Giuseppe (Grot., cap. 3, Luc.); cioè Giacobbe, ed<br />
Heli fossero fratelli carnali; che Heli fosse vero Padre naturale di San<br />
Giuseppe; e che Giacobbe morendo senza figli, lasciasse tutta la sua eredità<br />
al suo Nipote San Giuseppe, il quale, come erede dello zio, si chiamasse<br />
pur col nome di figlio suo, cioè ereditario. Onde San Matteo<br />
chiamasse San Giuseppe figlio di Giacobbe, cioè erede di Lui; e San Luca<br />
lo chiamasse figlio di Heli, come vero di Lui natural figlio. Ma sia<br />
detto in buona pace del Grozio, Uomo per altro di acutissimo ingegno,<br />
egli qui volle farla più da Poeta, che da Interprete Sacro. E chi mai gli<br />
aveva detto, che Giacobbe, ed Heli erano Fratelli carnali? Donde mai<br />
veva egli ricavato che Giacobbe morisse senza prole? Poteva pur’egli<br />
riflettere, che San Matteo non l’avrebbe posto allora in conto veruno<br />
339
nella Genealogia di Gesù Cristo; eppur ce lo pone, come Padre vero e<br />
naturale di San Giuseppe: Jacob autem genuit Joseph; nella guisa stessa<br />
che pone Abramo per vero Padre d’Isacco e Davide per vero Padre di<br />
Salomone.<br />
5. Dal che si deduce ancora in quale abbaglio caddero il Possino, il<br />
Bollando, il De Marca ed il Lamy (Grav., Tomo 1, Diss. 4, pag. 62); i<br />
quali pur dissero che Giacobbe fu solamente Padre legale ed adottivo di<br />
S. Giuseppe, ed Heli poi Padre naturale e vero. Onde sinora neppur si è<br />
toccata la difficoltà; e ci troviam di bel nuovo da capo.<br />
6. Non mancò poi, per finirla, dotto Autor Franzese anonimo, che seguendo<br />
l’autorità dei Menologi Greci, procurò così conciliar tra loro i due<br />
Evangelisti (Grav. loc. cit. pag. 63. Tirin. in Mat. 1, 16; Petr. 2); dicendo<br />
doversi intendere in tal guisa, cioè che San Giuseppe fosse vero e naturale<br />
Figlio di Giacobbe, come dice San Matteo; ma fosse ancora Genero<br />
di Heli che è lo stesso che San Giovacchino, Padre di Nostra Signora:<br />
onde Heli e Giovacchino sia uno stesso nome; come si prova a maraviglia<br />
dalla frase ebraica. Quindi siccome i Generi si chiamano anche figli dei<br />
loro Suoceri; perciò San Luca disse, che san Giuseppe era figlio di Heli,<br />
cioè Genero di S. Giovacchino Padre di Maria SS.ma. E così ambedue gli<br />
Evangelisti dicono il vero.<br />
7. Confesso anch’io, che tra tutte le opinioni dette, questa è la più plausibile:<br />
e ad essa mi soscriverei anch’io, se non vi trovassi tre grosse difficoltà.<br />
La prima, che in tal caso San Luca avrebbe descritta la<br />
Genealogia, non di S. Giuseppe, ma bensì di Maria SS.ma; il che non<br />
pare, che dovesse farlo; mentre era contro lo stile delle Scritture, il tesser<br />
l’Albero e Genealogia degli Uomini per mezzo delle donne. L’altra<br />
difficoltà è che allora ne verrebbe, che Maria SS.ma e Gesù Cristo, non<br />
sarebber discesi da Davide per la linea di Salomone; come dovea discendere<br />
per attestato comune dei SS. Padri; ma bensì per la Linea di<br />
Natan, altro figlio di Davide e che non è da ammettersi. La terza che<br />
allora San Giuseppe e Nostra Signora, non sarebbero stati della stessa<br />
famiglia, ma solamente della stessa Tribù: il che è contro la tradizione<br />
dei Padri tutti.<br />
340<br />
8. Sicchè, odo chi mi ripete, giacchè tutte queste opinioni non corrono,<br />
cavate un poco fuori la vostra? Rispondo, che io non sono da tanto a<br />
poter generare opinione in un affare sì alto, che ha fatto sudare Uomini<br />
i più dotti ed eruditi. Vi posso addurre solamente la sentenza di un<br />
antichissimo Padre, che visse poco dopo gli stessi Evangelisti, cioè dell’incomparabile<br />
Giulio Africano. Questo Padre antichissimo, dico, nella<br />
sua Epistola che scrive ad Aristide e che vien riportata da Eusebio<br />
Cesariense nel libro 1 della sua Storia Ecclesiastica al capo 7; dice appunto<br />
così, cioè che Giacobbe, di cui parla San Matteo, fu vero e natural Padre<br />
di San Giuseppe; Heli poi, di cui favella San Luca, fu Padre legale solamente.<br />
Imperciocchè essendo Giacobbe, ed Heli tra loro fratelli uterini,<br />
cioè figli di una medesima Madre, Heli morì senza successione e la sua<br />
moglie Vedova fu presa dal suo fratello uterino Giacobbe (a tenor dell’antica<br />
Legge, Deut. cap. 25), e ebbe San Giuseppe. Or voleva l’antica legge,<br />
come può vedersi nel libro del Deuteronomio (Deut. 25), che quando<br />
un fratello prendeva per Moglie la Vedova dell’altro fratello defunto,<br />
allora i figli che ne aveva si chiamassero legalmente figli del defunto,<br />
tuttoché naturalmente fossero propri. Pertanto San Matteo dicendo che<br />
Giacobbe discendente da Salomone fu Padre di San Giuseppe, parla del<br />
Padre naturale e vero. San Luca poi scrivendo che Heli discendente da<br />
Natan fu Padre di San Giuseppe, favella del Padre legale, cioè che il Santo<br />
Patriarca nacque dalla Vedova di Heli, maritata con Giacobbe. Ed ecco,<br />
come ambedue i santi Evangelisti dicono la verità; né in veruna maniera<br />
uno all’altro si oppone.<br />
9. Rendiamo a Dio mille grazie, che siam giunti al porto bramato con<br />
questa sì giusta sentenza dell’antichissimo Giulio Africano; il quale<br />
avendo trattato con vari discepoli degli Apostoli e degli Evangelisti,<br />
confessa ed attesta averla da loro appresa ed imparata: Cognati enim<br />
Servatoris nostri, ecco le sue parole, haec nobis tradiderunt 14 . Io ben so,<br />
quanto il Possìno con altri si aiuti per gittare a terra questa sì giusta sentenza,<br />
affine di stabilire la propria. Ma o voglia egli, o no, questa sentenza<br />
di Giulio Africano, come ottima e giusta, fu sempre riconosciuta<br />
14 I parenti, infatti, del nostra Salvatore ci hanno tramandato queste cose.<br />
341
ed abbracciata, non solo da Eusebio Cesariense e dagli altri Padri Greci<br />
(Grav., Tomo 1, pag. 60, 63; Tirin. In Mat. 1, 16; Petr. 2); ma ancor da’<br />
Latini, come da San Girolamo, da S. Ambrogio, da Sant’Agostino e da<br />
altri. Onde resta fuor da ogni dubbio, che da me e da ogni altro ancora<br />
debba costantemente abbracciarsi.<br />
II<br />
10. Or questo SS.mo Patriarca Giuseppe, adunque, natural figlio di Giacobbe<br />
e figlio legale di Heli, fu quello, come voi sapete, che tra tutti gli antichi<br />
Patriarchi ebbe la bella sorte di essere purissimo Sposo della gran<br />
Madre di Dio Maria sempre Vergine Nostra Signora: Joseph Virum<br />
Mariae (Mat. 1, 16). Ed essendo così, chi può qui ridire di quanto valore<br />
sia il suo Patrocinio e la sua Intercessione appresso la sua illibatissima<br />
Sposa? Certo è, che San Giuseppe nonostante che in merito e in<br />
dignità fosse assai meno della gran Vergine; nulladimeno la Vergine lo<br />
riguardò sempre con molta umiliazione come suo Superiore e Capo:<br />
onde al dire del divotissimo Gersone, anche nel chiamarlo, lo intitolava<br />
come suo Signore, Maria vocabat Joseph Dominum suum 15 . Che se tanto<br />
l’onorò e l’amò in Terra, vorrem poi dire, che anche in Cielo non lo<br />
ricolmi di onore? Eh che è duopo pur confessare, che se Iddio dispensa<br />
le Grazie tutte per le Mani della sua SS.ma Madre; questa le dispensi<br />
per le mani del suo purissimo Sposo. Basta, che Giuseppe voglia; che<br />
tutto gli accorda e gli concede la Regina del Cielo. O felici pure quelle<br />
Anime, le quali godono la protezione del Santo Patriarca Giuseppe:<br />
beate quelle che ne sono divote e che a Lui con gran fiducia e costanza<br />
ricorrono in tutti i loro bisogni, ecc.<br />
11. Qui il fatto di S. Teresa, che chiedendo una grazia alla Regina del Cielo;<br />
questa la mandò da S. Giuseppe, ecc.<br />
15 Maria chiamava Giuseppe suo signore.<br />
342<br />
SERMONE VII FAMILIARE<br />
Recitato Sabato 7 Gennaio 1758<br />
Il Sermone è sviluppato in due parti: nella prima, comprendente venti punti, don<br />
<strong>Marcucci</strong> si propone di spiegare la genealogia di Maria SS.ma; nella seconda, sviluppata<br />
in quattro punti, l’Autore spiega il grado di parentela che Maria ha con noi.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> vuole anzitutto dimostare, attraverso un elaborato percorso argomentativo,<br />
fondato sulle affermazioni dei Padri della Chiesa, quale fosse il grado di<br />
parentela che univano Maria e Giuseppe. Secondo la legge ebraica, infatti, si potevavo<br />
sposare soltanto coloro che erano della stessa stirpe e della medesima Tribù.<br />
Riguardo alla parentela che Maria ha con noi, don <strong>Marcucci</strong> fa sua l’affermazione<br />
di Giovanni Gersone il quale crede che “la Vergine è a noi parente in ogni<br />
genere di parentela”. Ella è nostra sorella, benché senza colpa, come discendente da<br />
Adamo e,in quanto Madre di Gesù, è nostra nostra amantissima Madre spirituale.<br />
Ci rimane, dunque, il dovere di amare e di onorare questa Madre stupenda ed<br />
amorosissima.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 37, pp. 63-77.<br />
Argomento<br />
Descrivendosi la nobile Parentela di Maria SS.ma,<br />
si conchiude esser essa nostra Parente in primo grado<br />
di adozione spirituale, cioè nostra amantissima Madre<br />
1. Che Maria SS.ma, nostra Immacolata Signora, fosse della Discendenza di<br />
Abramo, della Tribù di Giuda, e della famiglia e stirpe reale di Davide,<br />
non vi può esser dubbiezza; sì perché il cattolico dogma così c’insegna<br />
con la comune dei Padri; e sì ancora perchè benespesso, nelle solennità<br />
della Vergine, la stessa Chiesa è premurosa di ricordarcelo; dicendo<br />
Gloriosae Virginis Mariae, ex semine Abrahae, ortae de Tribu Juda, clara ex<br />
stirpe David 16 (Antiphon ad Laud. in Fest. Imm. Conc., et Nat. B.M.V.).<br />
Or l’Evangelista San Matteo, in due modi principalmente ci presenta<br />
questa gran verità. Primieramente quella Genealogia, che da Abramo,<br />
16 Della gloriosa Vergine Maria della discendenza di Abramo, nata dalla Tribù di Giuda,<br />
dalla illustre stirpe di Davide.<br />
343
Giuda, Davide, Salomone ed altri, tira sino al Patriarca San Giuseppe,<br />
egli la chiama Genealogia di Gesù Cristo, Liber Generationis Jesu<br />
Christi 17 (Mat. 1, 1). Certamente, come c’insegna la Fede, Gesù Cristo<br />
non fu figlio naturale di San Giuseppe, né per opera sua fu concepito;<br />
ma per sola virtù dello Spirito Santo fu concepito e nacque da Maria<br />
sempre Vergine, senz’alcuna umana cooperazione. Sinchè essendo di<br />
Fede, che Gesù Cristo nacque dalla discendenza di Abramo, dalla Tribù<br />
di Giuda e dalla Reale Stirpe di Davide (Hebr. 7): ed essendo anche di<br />
Fede, che non poteva appartenere ad Abramo, né a Giuda, né a Davide,<br />
per via di San Giuseppe, di cui non era vero e naturale Figlio. Resta,<br />
come ottimamente conchiude il grande Agostino contra l’empio Fausto<br />
eresiarca Manicheo (Lib. 23, cap. 9), resta, dico, che egli il Redentore<br />
Divino appartenesse, come Uomo, a quella Genealogia, in quanto fu<br />
vero e natural figlio di Maria Vergine: la quale perciò, chi non vede, che<br />
necessariamente esser doveva della discendenza di Abramo, della Tribù<br />
di Giuda e della famiglia e stirpe di Davide (Grav., Tomo 1, De Myst.<br />
pagg. 48-50): come ancor chiaramente la chiama San Luca De domo et<br />
Familia David 18 (Luc. 1, 27; 2, 4).<br />
L’altro modo poi, con cui San Matteo una tal verità ci presenta, è qualora<br />
dice, esser stata nostra Signora data in purissima Sposa a San<br />
Giuseppe: Cum esset desponsata… Maria Joseph 19 (Mat. 1, 18).<br />
Perciocché, com’io in altra occasione accennai (Ser. III, n. 11), nel capo<br />
36 ed ultimo del Libro dei Numeri, aveva Iddio espressamente comandato,<br />
che niuno accasar si potesse se non con Persona della stessa sua<br />
Tribù e Famiglia: Omnes viri ducent uxores de Tribu et cognatione sua 20 .<br />
E da questa Legge ne era eccettuata la sola Tribù Sacerdotale di Levi, i<br />
cui discendenti accasar si potevano con chiunque di altre Tribù fosse<br />
loro piaciuto: e così veniva pure eccettuata qualunque Zitella, purchè<br />
non fosse stata ereditaria di tutta la roba di sua casa (Grav. loc. cit.,<br />
pagg. 50-51); attesochè allora non poteva maritarsi se non con Persone<br />
17 Libro della genealogia di Gesù Cristo.<br />
18 Della Casa e della famiglia di Davide.<br />
19 Essendo stata Maria promessa sposa a Giuseppe.<br />
20 Tutti gli uomini prenderanno moglie dalla propria Tribù e parentela.<br />
344<br />
della stessa sua Tribù e Agnazione: appunto, come fu Maria SS.ma, che<br />
fu l’unica Figlia ed ereditiera tuttoché di poche sostanze, di San<br />
Giovacchino suo Genitore. Cosicché, essendo certo per Fede, che San<br />
Giuseppe discese da Abramo, da Giuda e da Davide (Mat.1; Luc. 3, 24,<br />
ecc.); ed essendo egli obbligato ad osservar la Legge; non poteva sposarsi<br />
con Maria SS.ma, né questa con Lui; se ambedue stati non fossero<br />
della stirpe e famiglia stessa e della medesima Tribù e Discendenza<br />
(Grav. loc. cit., pag. 48).<br />
Bisogna pur confessare pertanto che la gran Vergine ed il Patriarca San<br />
Giuseppe fosser tra loro Parenti ed Agnati in grado molto prossimo e<br />
stretto; come dicono i Santi Padri.<br />
Ma, direte voi, in qual grado? O qui sta il punto. Il Santo Vangelo non<br />
ne parla. I Sacri Interpreti e Scrittori son di vario parere; tra la varietà<br />
dei quali non sapreste a quale positivamente appigliarvi. Or via vi dirò<br />
su di ciò il debol mio sentimento: e da questo familiare ragionamento<br />
sopra la nobilissima Reale Parentela di Nostra Signora, vedremo se in<br />
qual modo e in qual grado ci sia essa Parente e possiam noi per tale sempreppiù<br />
riconoscerla.<br />
I<br />
2. Ponendosi l’eruditissimo Ugone Grozio (in cap. 3, Luc.) a considerar la<br />
Parentela che vi era tra Nostra Immacolata Signora ed il Patriarca San<br />
Giuseppe, prima del Divino loro Sposalizio; è di sentimento, che San<br />
Giuseppe fosse fratruele o Fratello Cugino del Bisnonno di Maria<br />
SS.ma, che si chiamò Barpantere mentre suppone che il Padre di questo<br />
Barpantere e di San Giuseppe fossero Fratelli carnali. Onde così fa<br />
discender la Vergine; cioè Barpantere di Lei Bisnonno fu Padre di<br />
Pantere; Pantere di Lei Nonno fu Padre di San Giovacchino; e questo fu<br />
Padre di Nostra Signora. Che perciò conchiude il sopraccitato Grozio,<br />
la Vergine era Pronipote del Cugino di San Giuseppe. Affin poi il<br />
Grozio di mostrare che ciò non è capricciosa sua invenzione, cita in<br />
suo favore San Giovanni Damasceno (lib. 4, De fid. Orehod, cap. 15); il<br />
quale dice chiaramente che il Padre di San Giovacchino si chiamò<br />
Pantere, ed il Nonno si nominò Barpantere: i quali due vengono pigliati<br />
da altri Autori per Matath, e per Heli, nominati da San Luca<br />
(Bolland. Possin.)<br />
345
3. Ma sia detto in buona pace del Grozio ingegnosissimo, non possono mai<br />
ammettersi queste sue inezie nella spiegazione del Sacrosanto Vangelo<br />
(Grav., Tomo 1, De Myst., pag. 61) Primieramente se San Giuseppe fosse<br />
stato cugino del Bisnonno della Vergine aver doveva per lo meno cento<br />
e più anni, qualora contrasse il purissimo Sposalizio con Lei Giovinetta<br />
di circa quindici anni: il che, non avendo punto di piede, non può fingersi<br />
al certo. Inoltre facendo egli Barpantere, e Pantere discendenti da<br />
Nathan, ne verrebbe che la Vergine per parte del Padre non sarebbe<br />
discesa da Salomone, come il suo Sposo Giuseppe e non sarebbe stata<br />
della stessa sua Famiglia. È vero che San Giovanni Damasceno nomina<br />
Pantere, e Barpantere, come Padre e Nonno di San Giovacchino e come<br />
discendenti da Nathan: ma non dice mai che Barpantere fosse Cugino di<br />
San Giuseppe; come finge il Grozio. Cosicché è duopo far passaggio a<br />
considerar gli altrui sentimenti.<br />
4. Con assai maggior fondamento è quello, che noi troviam registrato nei<br />
Menologi Greci agli 8 di Settembre, sopra la Parentela di Maria SS.ma<br />
con il suo purissimo Sposo. Leggesi ivi, che la Vergine, per riguardo della<br />
Madre, fosse Sorella cugina di San Giuseppe; tanto che Giacobbe Padre di<br />
San Giuseppe e Sant’Anna Madre di Nostra Signora, fossero fratello e<br />
sorella carnale, ambedue Figli di Mathan, di cui parla San Matteo.<br />
Questa opinione dei Menologi Greci, fu ancor seguitata dal Galatino,<br />
dal Gaetano, dal Lirano e da altri moltissimi; e particolarmente da<br />
Cristoforo de Castro (Tirin. In Chr. Tab. IV).<br />
5. Formano dunque essi l’Albero così. Mathan della Tribù di Giuda, e discendente<br />
da Davide per la linea di Salomone, ebbe per Consorte una certa<br />
Maria della stessa Tribù di Giuda; e ne ebbe quattro Figli, cioè tre<br />
Femmine e un Maschio, e con tal’ordine, cioè Maria, Sobe, Giacobbe ed Anna.<br />
6. Da Sant’Anna che fu maritata con San Giovacchino pur della stirpe<br />
Davidica, ma per linea di Nathan, nacque Maria Vergine Nostra Signora.<br />
7. Giacobbe poi fratello carnale di Sant’Anna, ebbe due Maschi, cioè Cleofa<br />
o sia Alfeo e San Giuseppe Sposo della gran Vergine, la quale perciò, come<br />
fu detto, veniva ad essere sua Cugina.<br />
346<br />
8. Da Sobe, Sorella di Sant’Anna e di Giacobbe e Zia della Vergine, nacque<br />
Santa Elisabetta, che fu maritata con San Zaccaria della Tribù Sacerdotale<br />
di Levi e fu Madre di San Giovanni Battista. Onde Santa Elisabetta veniva<br />
ad essere pure Cugina di Maria SS.ma e di San Giuseppe.<br />
9. Dalla prima Sorella poi di Sant’Anna e di Giacobbe, nominata Maria di<br />
Mathan, come fu detto sopra, e maritata con lo stesso suo Nipote Carnale,<br />
cioè con Cleofa o sia Alfeo, fratello di San Giuseppe, nacquero sei figli,<br />
vale a dire due femmine, cioè Salome e un’altra Maria, e quattro Maschi,<br />
cioè San Giacomo Minore, un altro Giuseppe nominato nel Vangelo, San<br />
Giuda Taddeo e San Simeone di Nazareth, successore di San Giacomo<br />
Minore, suo Fratello, nel Vescovado di Gerosolima (Mat. 27, 56; Marc.<br />
15, 40; Marc. 6, 3). Onde i due Apostoli San Giacomo Minore e San Giuda<br />
Taddeo, venivano pure ad esser cugini di Nostra Signora e del suo purissimo<br />
Sposo; e nel tempo stesso Nipoti: poiché se la loro Madre era zia carnale<br />
della Vergine e di San Giuseppe; il loro Padre Cleofa però era fratello<br />
carnale di San Giuseppe e cugino di Nostra Signora.<br />
10. Finalmente da Salome qui sopradetta, prima figlia di Cleofa e maritata con<br />
Zebedeo, nacquero gli altri due Apostoli San Giacomo Maggiore e San<br />
Giovanni Evangelista il prediletto: i quali venivano ed esser Nipoti terzi della<br />
Vergine e di San Giuseppe; a motivo che la loro Madre Salome era figlia di<br />
Cleofa o sia Alfeo, Cugino della Vergine e carnale di San Giuseppe.<br />
11. E questo è l’Albero di tutta la Sacra Famiglia di Gesù Cristo, che da<br />
Santi Padri Greci e Latini ha raccolto e compilato con somma diligenza<br />
e studio l’incomparabile Cristoforo de Castro nel suo bel Libro<br />
dell’Istoria della Vergine (cap. 1).<br />
12. So bene, che varie cose si potrebbero opporre intorno a tal’Albero; e la<br />
principale si è, che nel capo 1 di San Luca apertamente si dice, che Santa<br />
Elisabetta fu della Tribù di Levi, o che vale lo stesso, fu discendente da<br />
Aronne: De filiabus Aaron Elisabeth 21 (Luc. 1, 5). Laddove se essa fosse stata<br />
figlia di Sobe Sorella di Giacobbe Padre di San Giuseppe, come vogliono<br />
21 Elisabetta delle figlie di Aronne.<br />
347
quegli Autori sopraccitati, sarebbe stata, almeno per parte di Madre, della<br />
Tribù Reale di Giuda. Or questa obiezione peraltro è di poco momento,<br />
poiché appunto San Luca parla del Padre di Santa Elisabetta, che fu della<br />
Tribù Sacerdotale di Levi e di Aaron, come lo fu il suo Marito San Zaccaria.<br />
Quindi Santa Elisabetta, come nota San Tommaso (in 3 p. , q. 31, ar. 2, ad.<br />
2) per parte del Padre (di cui sinora non si sa precisamente il nome), fu<br />
della Sacerdotale Tribù di Levi; per parte poi della Madre, fu della Tribù<br />
Reale di Giuda. E ciò, non senza disposizione misteriosa del Cielo, come<br />
osserva San Gregorio Nazianzeno (in Carmin. De Geneal. Christ): perciocché<br />
era ben dovere che Gesù Signor nostro, come Sommo Re e Sommo<br />
Sacerdote, nascesse, come Uomo, da Stirpe nobilissima Regia, illustrata<br />
ancora dalla stretta Parentela con l’altra nobilissima Stirpe Sacerdotale.<br />
13. Un’altra obiezione si è. Se Santa Elisabetta dunque era figlia di Sobe, zia<br />
carnale della Vergine e di San Giuseppe, sarebbe stata senz’altro Cugina<br />
di Maria SS.ma. Eppure San Luca la dice chiaramente Cognata di Nostra<br />
Signora: Ecce Elisabeth Cognata tua 22 (Luc. 1, 36). Converrà dunque dire,<br />
che piuttosto fosse Sorella Carnale di San Giuseppe. Rispondo, che anche<br />
così presa, sarebbe stata nel tempo stesso Cognata e sorella Cugina; atteso<br />
che San Giuseppe, come figlio di Giacobbe, fratello carnale di Sant’Anna,<br />
era Cugino della Vergine; come fu detto. Ma la verità si è, che la voce<br />
Cognata in San Luca, non s’intende presa in rigore, come noi oggi prendiamo<br />
la voce di Cognato; ma s’intende in più largo senso, cioè per Parente.<br />
Or siccome Sant’Anna era Sorella Carnale di Sobe, Madre di Santa<br />
Elisabetta, conforme altrove dicemmo (n. 5, 8), e come attesta ancora nella<br />
sua Storia Greca Niceforo (lib. 2, cap. 3) con l’autorità dell’antichissimo<br />
Ippolito Martire, perciò sotto nome di Cognata s’intende Cugina.<br />
14. Lodato Iddio, sento qui chi ad esclamar si pone, dunque resta conchiusa<br />
la stretta Parentela dell’esser Cugini tra loro la Vergine e San Giuseppe,<br />
per essere stata Sant’Anna Sorella Carnale di Giacobbe, Padre del Santo<br />
Patriarca. Certamente, rispondo; così dicono i Greci Menologi e tutti<br />
quei classici e dotti Scrittori, che ho poc’anzi citati.<br />
22 Ecco Elisabetta tua parente.<br />
348<br />
15. Ma, e voi, Padre (odo chi mi ripiglia), non ne giudicate pure in tal<br />
guisa? Or che volete, che io vi risponda? Vi parlo chiaro, ne dubito.<br />
Mi spiego. Io non dubito punto, che Nostra Signora e San Giuseppe fossero<br />
stretti Parenti: anzi con ogni fondamento giudico che fosser Cugini<br />
tra loro. Ma dubito solo, se ciò fosse per via di Sant’Anna o per via di<br />
San Giovacchino.<br />
16. Ma come? Direte voi. Dunque quell’Albero, poc’anzi riferito della Sacra<br />
Famiglia di Gesù Cristo e con tanta esattezza da Scrittori così dotti ed<br />
accorti compilato, per voi non sarà di autorità veruna? Dio mi guardi,<br />
rispondo, da tanta audacia. Io presto anzi ad esso tutta la venerazione e<br />
stima e gli confido ogni mia credenza ancora, salvo, che in alcune cose;<br />
nelle quali mi sembra più verisimile l’opinione di molti altri eccellenti<br />
Scrittori. Udite.<br />
17. Dove fu detto, che Mathan, Nonno di San Giuseppe, ebbe quattro<br />
figli, cioè Maria, Sobe, Giacobbe, ed Anna (vid. n. 5); leverei Sant’Anna<br />
e ci porrei in sua vece San Giovacchino, che lo farei fratello carnale di<br />
Giacobbe, Padre di San Giuseppe; e così farei San Giovacchino della<br />
stirpe di Davide, non già per la Linea di Nathan, come vuole San<br />
Giovanni Damasceno ed il Grozio (vedi n. 3), ma bensì per la Linea<br />
di Salomone, come credono altri molti con maggior fondamento.<br />
Sant’Anna poi, invece di farla sorella carnale di Sobe, Madre di Santa<br />
Elisabetta, la farei piuttosto sorella carnale del Padre della suddetta<br />
Santa Elisabetta e della Tribù, non già Reale di Giuda, come San<br />
Giovacchino ma bensì Sacerdotale di Levi. Onde quel testo di San<br />
Luca Ecce Elisabeth Cognata tua, l’intenderei così, cioè che Santa<br />
Elisabetta fosse Cugina della Vergine, in quanto che era Nipote di<br />
Sant’Anna sorella carnale di suo Padre; come appunto altri Sacri<br />
Interpreti spiegano questa Cognazione e Parentela della Vergine con<br />
Santa Elisabetta.<br />
18. Tutto bene, Padre, sento chi soggiunge; a noi piace più in quell’altro<br />
modo l’Albero fatto della Sacra Famiglia, senza mutarvi nulla.<br />
Ottimamente, rispondo: e tenetelo pure, perché in verità è all’intutto<br />
verisimile ed assai ben fondato. Ma ricordatevi che noi pur convenia-<br />
349
mo insieme. Voi dite che San Giuseppe fu Cugino di Maria SS.ma; ed<br />
io replico ed attesto lo stesso. Voi tenete, che Sant’Elisabetta fosse<br />
Cugina della Vergine; ed io lo stesso tengo e confesso. E in tutto l’altro<br />
poi anch’io lodo, approvo ed abbraccio l’Albero sopraccennato della<br />
Sacra Famiglia.<br />
19. Sì (odo replicarvi), ma noi con l’autorità dei Menologi Greci, dell’antico<br />
Galatino, del Gaetano, del Lirano e di altri dotti Scrittori moltissimi,<br />
teniamo, che Sant’Anna fosse della Tribù di Giuda, Figlia di<br />
Mathan e Sorella di Giacobbe, Padre di San Giuseppe, ed in conseguenza<br />
zia carnale del suddetto Santo Patriarca; e voi invece e nel luogo di<br />
Sant’Anna porre ci volete San Giovacchino, anche contro l’autorità del<br />
Damasceno, che lo pone nell’altro ramo di Giuda e di Davide per via di<br />
Natan.<br />
20. È verissimo, rispondo; ma se io ripongo San Giovacchino per figlio di<br />
Mathan, per fratello carnale di Giacobbe e per zio carnale di San Giuseppe,<br />
credete voi, che a far ciò io mi muova senza autorità molto gravi?<br />
Uditele adunque. Di tal mia opinione fu Eusebio Cesariense, che assai<br />
prima di San Girolamo visse; di tal parere furono ancora San Giustino<br />
Martire antichissimo, Sant’Ambrogio, Teofilato, Eutimio, il Ven. Beda<br />
ed altri, riferiti dal dottissimo Salmerone (Tomo 3, Tract. 28, part. 1).<br />
Nulladimeno, ripeto, o sia più fondata e verosimile la vostra, o più sia<br />
la mia; a noi bastar deve tra tanto di esser giunti a scoprire se in qual<br />
grado era, tra la Vergine e San Giuseppe, quella stretta Parentela, che dal<br />
Vangelo e dai Santi Padri, veniva comunemente asserita.<br />
II<br />
21. Così ben capire sapessimo a nostro vantaggio la Parentela strettissima,<br />
che la gran Vergine con noi ancora aver si degna. Su di questo<br />
secondo punto del mio familiare Ragionamento, è degno di nostra<br />
osservazione ciò che ne scrive quel Santo Gran Cancellier di Parigi<br />
Giovanni Gersone: Maria, dice egli (Tr. S. in Ma.), nobis affinis est in<br />
omni genere affinitatis; cioè a dire, è la Vergine a noi Parente in ogni<br />
genere di Parentela. Certamente, segue a dire egli, come Discendente<br />
da Adamo, tuttoché senza contrarne la colpa, essa è nostra Sorella,<br />
350<br />
Est Soror ab humana Specie 23 : come Madre poi di Gesù Signor nostro, si<br />
è degnata di adottarci tutti per Figli e di esser per regenerazione spirituale,<br />
nostra amantissima Madre. Per questo, non senza profondo<br />
mistero, l’Evangelista Matteo, favellando del Divino Parto della<br />
Vergine, disse: Peperit Filium suum primogenitum 24 (Mat. 1, 25). È di<br />
fede, che Gesù Cristo fu l’unico Figlio, che per Divina Virtù fu concepito<br />
e partorito da Maria SS.ma, la quale siccome fu sempre Vergine<br />
avanti il Parto e nel Parto purissimo, così sempre Vergine ancora fu<br />
dopo il Parto. Onde qualor San Matteo chiamar volle Gesù con il titolo<br />
di Primogenito, invece di nominarlo Unigenito, fu come avvertono i<br />
Santi Padri, perché il Santo Evangelista ben sapeva, che se la gran<br />
Vergine avea avuto per Virtù Divina un sol Figlio naturale, che fu<br />
Gesù Cristo; aveva nondimeno altri innumerabili figli spirituali, che<br />
siam noi Cristiani; dei quali tutti essendo capo Gesù Cristo, perciò in<br />
riguardo all’esser di figlio della Vergine, lo chiamò Primogenito, alludendo<br />
che noi i Secondogeniti di Maria eravamo.<br />
22. E questo appunto fu quello, che lo stesso Redentore Divino confermar<br />
volle su nella Croce; qualora rivolto alla sua Santissima Madre, le consegnò<br />
Giovanni per figlio e sotto nome di Giovanni, come notan gli<br />
Interpreti, le assegnò tutti noi, Ecce Filius tuus: ed indi a Giovanni ed a<br />
noi tutti rivolto, destinar ce la volle per Madre, Ecce Mater tua (Joan. 19,<br />
26-27).<br />
23. Che se dunque così stretta Parentela qual è quella di Madre coi Figli,<br />
passa tra la Vergine e noi; perché dunque, Uditori, non poniam ogni<br />
studio e premura di riconoscerla sempre per nostra amorosissima<br />
Madre, di amarla come Madre e di servirla e trattarla sempre da Madre?<br />
Ah sì, che Maria SS.ma dal canto suo esegue a puntino verso di noi di<br />
premurosa Madre l’Uffizio; come, non meno l’autorità dei sacri Dottori<br />
ce ne assicura, ma l’esperienza medesima ce lo contesta. Noi però ci portiam<br />
forse così verso di Lei? Dov’è il rispetto e l’ossequio amoroso da<br />
23 È sorella della specie umana.<br />
24 Partorì il suo Figlio primogenito.<br />
351
Figli? Dove lo zelo, la diligenza, la fedeltà e la premura? Deh confondiamoci<br />
pure; confessiamo la nostra ingratitudine somma, pentiamocene<br />
pur di buon cuore; e davvero proponiam in quest’oggi l’emenda.<br />
24. L’esempio sia di quel Giovine, che intepidito nella divozion della<br />
Vergine, passando un dì innanzi ad una Sacra Immagine di Maria e<br />
salutandola con quel Versetto: Monstra te esse Matrem 25 , udì rispondersi<br />
con tuono imperioso, Monstra te esse Filium 26 : onde spaventato si ravvide,<br />
ecc.<br />
25 Dimostra di esser Madre.<br />
26 Dimostra di essere figlio.<br />
352<br />
SERMONE VIII FAMILIARE<br />
Recitato Sabato 14 Gennaio 1758<br />
Il Sermone è articolato in tre parti: nella prima, sviluppata nei punti 1-11, don<br />
<strong>Marcucci</strong> si propone di spiegare la divinità dello sposalizio contratto tra la gran<br />
Madre di Dio e San Giuseppe; nella seconda parte, sviluppata nei punti 12-25, viene<br />
risolto il quesito di quando avvenne tale sposalizio: se prima o dopo l’annunciazione;<br />
nella terza parte, nei punti 26-29, l’Autore spiega in che modo anche noi possiamo<br />
diventare sposi di Maria SS.ma.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> si sofferma anzitutto a riflettere sulla probabile età dei due giovani<br />
quando contrassero il loro divino matrimonio e, dopo aver esaminato accuratamente<br />
varie interpretazioni dei Padri della Chiesa, ritiene probabile che Maria SS.ma<br />
avesse circa 15 anni e San Giuseppe 40.<br />
Riguardo all’età di quest’ultimo, don <strong>Marcucci</strong> rifiuta di pensare che San<br />
Giuseppe fosse un vecchio di 80 anni, come alcuni ritengono, perché in età così avanzata<br />
non sarebbe stato in grado di custodire né la giovane Sposa né il Figlio. La giovane<br />
età di San Giuseppe serve poi, soprattutto, a dimostrare la sua singolarissima<br />
saggezza e prudenza e la sua illibatissima castità. Don <strong>Marcucci</strong> crede anche, insieme<br />
al Gersone, al Suarez e a molti altri, che lo Sposo di Maria, al pari di San<br />
Giovanni Battista, fosse stato santificato nel ventre materno e confermato in grazia.<br />
Riguardo al quando sia avvenuto il santo matrimonio, se prima o dopo l’annunciazione,<br />
l’Autore ritiene, insieme alle maggiori personalità della Chiesa, “che Maria<br />
SS.ma, prima fosse sposata con S. Giuseppe e poi fosse annunziata dall’Angelo e concepisse<br />
per virtù dello Spirito Santo il Figlio di Dio”.<br />
Riguardo a se e come noi possiamo essere sposi di Maria, don <strong>Marcucci</strong> risponde<br />
che ciò può avvenire se noi uniamo la nostra mente, il nostro cuore e la nostra volontà<br />
a quella di Maria. Conclude poi con una fervente preghiera per chiedere a Maria<br />
SS.ma di accettarci come figli e di trattarci per sempre come fedelissimi suoi Sposi fino<br />
agli ultimi respiri della nostra Vita.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 37, pp.78-94.<br />
353
Argomento<br />
Dilucidandosi, se quando avvenisse il purissimo Sacro Sposalizio<br />
tra la Vergine e San Giuseppe, si conchiude con l’esaminare il modo,<br />
come possiamo contrarre uno spirituale Sposalizio<br />
con la suddetta Regina del Cielo<br />
Dilucidata la Genealogia del Patriarca San Giuseppe e della Vergine<br />
Immacolata e spiegata la stretta Parentela, che tra loro passava; seguitando<br />
ora il medesimo ordine dei Misteri, che tien l’Evangelista Matteo nel suo<br />
primo Capo, duopo è, Uditori, trattare in questa sera del sacro purissimo<br />
Sposalizio, che tra la gran Madre di Dio, ed il Santo Patriarca, fu divinamente<br />
contratto.<br />
San Matteo così misteriosamente ne favella, Cum esset desponsata Mater eius<br />
Maria Joseph, antequam convenirent, inventa est in utero habens de Spiritu Sancto 27<br />
(Mat. 1, 18); cioè a dire, essendo stata sposata Maria Madre di Gesù con<br />
Giuseppe, innanzi che convenissero, fu trovato che aveva concepito per virtù<br />
dello Spirito Santo. Or su di questo Divinissimo Sposalizio tre osservazioni<br />
faremo. Primieramente vedremo di quanti Anni erano questi ineffabili Sposi.<br />
Secondariamente, se tale Sposalizio fosse fatto prima dell’Annunciazione<br />
dell’Arcangelo Gabriele, ovver dopo. Finalmente, se vi sia qualche modo di<br />
far che la Gran Regina del Cielo Sposa anche nostra divenga. Favoritemi di<br />
attenzione: ed incomincio.<br />
I<br />
1. Che la Vergine, essendo fanciulla, fosse stata dai Santi suoi Genitori,<br />
presentata al Tempio in Gerosolima; ed ivi lasciata in educazione nel<br />
chiostro che entro il recinto del Tempio vi era a bella posta per le<br />
Verginelle, sotto il magistero di pie Madrone e sotto la cura del Sommo<br />
Sacerdote: egli è tanto certo per attestato dei Santi Padri, contra certuni<br />
moderni sfacciati Critici; quanto è certo che Santa Chiesa, sin dai<br />
secoli più antichi, ne celebrò e tuttora ne celebra ai 21 di Novembre la<br />
festa (Graves., Tomo 1, De Myst. diss. 1, pagg. 3-4). Di quanti anni poi<br />
27 Sua Madre Maria essendo stata promessa sposa a Giuseppe, prima che abitassero insieme,<br />
fu trovata incinta per opera dello Spirito Santo.<br />
354<br />
fosse la Divina Fanciulla, quando al Tempio fu presentata; nonostante<br />
che Sant’Anselmo inavvertentemente scrivesse, essere stata allora la<br />
Vergine di anni sette; nulla di meno la sentenza comune dei Santi Padri<br />
sì Greci, che Latini, è che fosse di soli tre anni; e che al Tempio stesse<br />
per lo spazio di anni undici; sintanto che sposata non fu con San<br />
Giuseppe (Auriem, part.1, c. 22; Grav. loc. cit., pag. 4).<br />
2. Quindi la più comune Sentenza tiene che Maria SS.ma sul principio de’<br />
quindici anni dell’età sua contraesse il sacro Sposalizio Divino con il<br />
SS.mo Patriarca. Di San Giuseppe sì, non è così facile il risapere se di<br />
quanti anni allora egli mai fosse.<br />
3. Come, Padre? Sento qui chi mi dice; e non è forse comune tradizione,<br />
che San Giuseppe allora era già vecchio ottagenario? Sin da quando eravamo<br />
per dir così Bambini ci raccontavano i nostri Antenati, che San<br />
Giuseppe essendo vecchiarello di anni ottanta e Vedovo della prima<br />
Consorte; da cui avea avuti dei Figli; portatosi a caso con un bastoncello<br />
alla mano nel Sacro Tempio, dal bastoncello uscirono vari fiori e ne<br />
uscì ancora una colomba; la quale postasi sopra il capo del Santo<br />
Patriarca, servì per dar segno al Sommo Sacerdote, che quello era l’eletto<br />
al Sacro Sposalizio con Maria Vergine; onde, tuttoché egli ricusasse<br />
molto, atterrito nulladimeno dal Sommo Sacerdote con varie minacce,<br />
condiscese alla fine.<br />
4. Tutta questa narrativa, rispondo, è appunto una tradizione del volgo<br />
ignorante ed è una favoletta inventata in parte dagli antichi Eretici ed<br />
in parte dalla semplicità di vecchiarelle incapaci; registrata è vero in<br />
più Libri, ma apocrifi, falsi e favolosi; e meritamente insiem con la<br />
citata favoletta rigettati dai Santi Padri e da tutti i dotti e giudiziosi<br />
Scrittori dell’Ecclesiastica Istoria (vedi Graves., Tomo 1, De Myst.<br />
Christ., Diss. I pagg. 4-5).<br />
5. Di fatto, se esaminar la vogliamo parte a parte come credibile mai, primieramente,<br />
che San Giuseppe benedetto, qualor contrasse con la gran<br />
Vergine lo Sposalizio purissimo, fosse in età di ottant’anni? È certo, che<br />
uno dei motivi, per cui Iddio volle che la sua purissima Madre fosse<br />
355
sposata ad un Uomo santissimo, fu affin questo le servisse di sollievo,<br />
di sostegno e di aiuto in tutte le sue occorrenze. Or qual mai di sollievo<br />
le sarebbe stato e nella fuga in Egitto e in tante altre contingenze,<br />
un vecchio di età decrepita, come nella favoletta si finge? È dunque<br />
assai più convenevole ed anche più conforme al Vangelo, il credere che<br />
allora il SS.mo Patriarca fosse piuttosto di età matura sì, ma vigorosa,<br />
come di Giovane di anni quaranta. E così lo credono i più dotti e prudenti<br />
Scrittori (Graves. loc. cit.).<br />
6. Che si chiamava e si dipinge vecchio; ciò è per due motivi. Primo, per<br />
dimostrar la singolarissima saviezza e prudenza del Santo Patriarca.<br />
Secondo, per significare la sovrangelica illibatissima sua Castità, che in<br />
ogni tempo ebbe, anche nell’età sua giovanile.<br />
7. Quanto poi all’altro, che empiamente dalla favoletta si aggiunge, cioè<br />
che San Giuseppe fosse vedovo della prima Consorte, da cui avea avuti<br />
dei Figli: o questo sì, che altro che da penna ereticale in quegli apocrifi<br />
e bugiardi libri può essere aggiunto. Perciocché è certo che il massimo<br />
San Girolamo scrivendo contra l’eresiarca Elvidio; e San Pier Damiani<br />
(opusc. 17), costantemente sostengono, che San Giuseppe, non solamente<br />
fosse sempre castissimo, ma ancor sempre Vergine; come piamente<br />
ancor lo crede la Chiesa, al notar del Bollando (ad diem 19 Marzo): anzi<br />
allo scriver del dotto Gersone, di questa perpetua Verginità illibatissima<br />
ne ebbe il Santo Patriarca il Dono infuso da Dio, sin da quando era<br />
nel Ventre Materno; in cui al pari del Gran Battista fu santificato e confermato<br />
in Grazia; come il citato Gersone e l’esimio Suarez con altri<br />
molti sostiene.<br />
8. Riguardo poi all’improvviso prodigioso fiorire del suo bastoncello ed al<br />
riposarsi sul capo suo la Colomba, tuttoché disdicevol non fosse ad avvenire<br />
ad un Patriarca sì Santo (Graves. loc. cit. pag. 4, colonna 2); nulladimeno<br />
non ha punto del verosimile che gli avvenisse; appunto perché<br />
nella favoletta si finge che portasse il bastoncello da vecchio, quando già<br />
tale non era, come osservammo; e perché nella storiella si aggiunge, che<br />
tanto i fiori comparsi, quanto che la Colomba, furono per dar segno al<br />
Sommo Sacerdote che Giuseppe era lo scelto Sposo tra tanti; quando è<br />
356<br />
certissimo, che tali segni non ci occorrevano, perché egli solo, come il<br />
più prossimo della stirpe e famiglia della Vergine, fu secondo la Legge<br />
destinato ad uno Sposalizio sì sacrosanto.<br />
9. Mi direte, se perché poi sia stato quasi sempre dipinto San Giuseppe col<br />
bastoncello fiorito in su la cima? Rispondo, siccome si dipinge vecchio, non<br />
perché così fosse, ma per denotar la sua prudenza e castità singolarissima;<br />
così si dipinge col bastoncello fiorito, per significare la sua grande<br />
autorità, mentre ai cenni suoi si mostrava ossequiosa la Regina del Cielo<br />
ed insino lo stesso Creatore dell’Universo. Ma siccome egli questa sua<br />
autorità di Capo di Famiglia, l’univa sempre con una profonda umiltà<br />
e con altre mille virtù sovraeroiche; perciò il suo bastone era necessariamente<br />
di vaghi fiori ricolmo. Così qualora dipinto si veda con la colomba<br />
sopra il suo Capo, denota la Grazia e l’Amore dello Spirito Santo, di<br />
cui fu sempre ripieno.<br />
10. Circa poscia alla chiusa della favoletta, cioè che egli fosse dal Sommo<br />
Sacerdote con minacce atterrito ed allo Sposalizio sacro fosse forzato;<br />
inezie son da donne e da vecchierelle. Certamente San Giuseppe vien e<br />
dal Vangelo chiamato giusto e questa somma sua Santità e giustizia<br />
viene appunto encomiata da tutti i Santi Padri, perché per ubbidire alla<br />
santa Legge di Dio non ricusò punto di collegarsi in Sposo purissimo<br />
con la Regina delle Vergini (Graves. loc. cit.); risoluto sempre di osservar<br />
rigorosamente perpetua Verginità e Modestia anche dopo lo<br />
Sposalizio contratto; come già fece con somma puntualità e diligenza.<br />
11. Rigettata pertanto ogni favola, ritornando al nostro proposito, sì la<br />
Vergine, che Giuseppe, amendue eseguendo gli alti voleri di Dio, contrassero<br />
insieme il purissimo Sposalizio; Maria SS.ma trovandosi sul<br />
principio dell’anno suo quindicesimo; e sul quarantesimo in circa dell’età<br />
sua il SS.mo Patriarca.<br />
II<br />
12. Quando poi avvenisse questo Sposalizio Divino tra Nostra Signora e San<br />
Giuseppe, cioè se prima che fosse la Vergine dall’Angelo annunziata,<br />
ovvero dopo seguita l’Annunciazione e l’Incarnazione del Divin Verbo;<br />
357
non convengon tra loro i Santi Padri, né gli altri Scrittori sacri moderni<br />
si accordano in questo. Alcuni a tutta possa sostengono che Maria<br />
SS.ma prima fosse annunziata dall’Angelo e concepisse nel suo Verginal<br />
seno il Figlio di Dio umanato e poi fosse sposata con San Giuseppe.<br />
Altri poi insegnano tutto il contrario, dicendo che prima fosse sposata<br />
e poi annunziata. Il Santo Vangelo parla in un modo, che sembra or favorire<br />
ad una ed or ad un’altra Sentenza. Mi direte, e voi Padre, che ne<br />
dite? Quanto a me, vi addurrò i fondamenti di ambedue le opinioni; e<br />
poi vi discifrerò la mia.<br />
13. Sant’Ilario pertanto (in cap. 1 Matth.), San Basilio (hom. De hum. Chr.<br />
Gener.) e Sant’Epifanio (Haeres. 78), sono di uniforme costantissimo sentimento,<br />
che la SS.ma Vergine fosse prima annunziata dall’Angelo e concepisse<br />
per virtù Divina il Verbo Incarnato e poi contraesse lo Sposalizio<br />
con San Giuseppe. Del sentimento medesimo sono stati Alfonso Tostato,<br />
il Cardinal Baronio, il Cardinal Gaetano e vari altri; ed in particolare ai<br />
tempi nostri i due dottissimi Scrittori Sorbonici Bernardo Lamy` (cap. 3<br />
et 8 in Harm. Evang.), ed Agostino Calmèt (in Com. Litt. in Matth.).<br />
14. In tal guisa pertanto la discorrono essi in valida prova della loro sentenza.<br />
San Matteo descrivendo questo Sacro Sposalizio tra la Vergine e San<br />
Giuseppe, dice così: Cum esset desponsata Mater Jesu, Maria, Joseph, antequam<br />
convenirent, inventa est in utero habens de Spiritu Sancto (Mat. 1, 18).<br />
Il qual Testo non può esporsi ed interpretarsi meglio di questo, cioè<br />
essendo stata promessa per Sposa Maria SS.ma a San Giuseppe, prima che<br />
convenissero ad abitare insieme, già essa era stata annunziata ed avea concepito<br />
per virtù dello Spirito Santo il Figlio di Dio, nella propria Casa<br />
paterna.<br />
15. Non vi ha dubbio, aggiungono, che anche nella Legge Vecchia presso gli<br />
Ebrei si stilava di prometter la Sposa, come ai nostri tempi si fa con i<br />
Capitoli; e poi dopo qualche tempo, celebrar gli Sponsali con lo Sposo e<br />
condurla alla Casa di Lui. Ciò supposto la Vergine era soltanto promessa<br />
a S. Giuseppe, ma non era con lui effettivamente sposata, quando fu<br />
annunziata dall’Angelo. E San Matteo lo dice chiaro, che avvedutosi<br />
San Giuseppe futuro Sposo, che la sua promessa Sposa era già incinta, non<br />
358<br />
sapendo ancora il Mistero che era in Lei avvenuto, né giudicar volendo sinistramente<br />
di una sì santa Vergine, pensò piuttosto di fuggirsene di nascosto,<br />
senza trasportarla e condurla in sua propria Casa: Joseph autem Vir ejus cum esset<br />
justus, et nollet eam traducere, voluit occulte dimittere illam 28 (Mat. 1, 19).<br />
16. Si aggiunga poi di più, seguono a dire, che ciò ad evidenza costa da quel<br />
che siegue in San Matteo, cioè che comparendo un Angelo di un subito<br />
a San Giuseppe, gli levò tosto il timore e gli disse, non temere o<br />
Giuseppe di accettare Maria in tua Consorte; perciocché quel che essa<br />
ha concepito nel suo Verginal Ventre, è per sola virtù dello Spirito<br />
Santo, Joseph, noli timere accipere conjugem tuam: quod enim in ea natum est,<br />
de Spiritu Sancto est 29 (Mat. 1, 20).<br />
17. Cosicché, conchiudono i sopraccitati Padri e Dottori, per quel che<br />
riguarda il Vangelo, si deduce a maraviglia essere stata la Vergine prima<br />
annunziata dall’Angelo e poi dopo essere stata effettivamente sposata con<br />
San Giuseppe. Per quello poi che riguarda le ragioni e le congruenze, ve<br />
ne sono tante, che non più (Graves. loc. cit. pag. 12). Primieramente è<br />
sentenza comune di S. Agostino, di S. Gregorio Nisseno, di San Beda,<br />
di S. Bernardo e di altri, che Nostra Signora sin dalla sua Fanciullezza,<br />
per impulso particolare dello Spirito Santo, si era a Dio obligata con<br />
voto perpetuo di illibata Verginità. Or come dunque la Vergine avrebbe<br />
mai dato il suo consenso allo Sposalizio con un uomo tuttoché<br />
SS.mo, se prima non fosse stata annunziata dall’Angelo e non avesse<br />
inteso da Lui, com’essa sarebbe rimasta sempre Vergine in tutta la vita<br />
sua? Risappiamo pur noi, con quanta circospezione all’Angelo stesso<br />
rispose e come a minuto voll’esser prima informata del come doveva<br />
esser Madre di Dio, innanzi che desse il suo Consenso. Or pensate se<br />
consentir voleva a sposarsi con un Uomo, qualor prima non fosse stata<br />
istruita dall’Angelo? Eh via, pare a voi.<br />
28 Giuseppe poi suo sposo essendo giusto e non volendo ripudiarla, volle nascostamente<br />
rimandarla.<br />
29 Giuseppe, non temere di accogliere la tua Sposa poiché ciò che in Lei è nato proviene dalla<br />
Spirito Santo.<br />
359
18. E poi, siccome tra gli Ebrei allora si stilava, che per più mesi ancora dopo<br />
promessa, si tratteneva la Zitella futura Sposa, nella casa paterna: come lo<br />
attesta Maimónide (Tr. De Connub. Hebr.). Quindi avvenisse, che dopo che<br />
Nostra Signora era stata promessa in Sposa, fosse annunziata dall’Angelo<br />
nella propria Casa del Padre, come la più comune già tiene, (Graves. loc.<br />
cit. pag. 14); ed indi dagli stessi Parenti portata subito a visitar la sua<br />
Cugina Elisabetta, con Lei si trattenesse tre mesi (come già si trattenne);<br />
e nel ritorno poi, cioè tre mesi dopo annunziata, trovandosi già incinta del<br />
Divin Verbo, sposata fosse a Giuseppe e nella sua Casa condotta.<br />
19. Ed in siffatta guisa con altre ragionevoli congruenze si aiutano il Lamy`,<br />
il Calmèt, il Baronio e tutti i sopradetti Padri e Dottori, a porre bene in<br />
chiaro questa loro assai fondata sentenza.<br />
20. Al contrario poi Sant’Ignazio Martire antichissimo a tempi degli Apostoli<br />
(in Epist. ad Ephes.), San Girolamo (in Matth. cap. 1), Sant’Ambrogio (lib. 2<br />
in Luc.), San Bernardo (hom. 2 sup. Missus est), l’Angelico San Tommaso (in<br />
3 p., q. 29, art. 1), ed altri molti sì antichi, che moderni Sacri Scrittori,<br />
ed in particolare l’eruditissimo Gravesòn Dottor Sorbonico (Tomo 1,<br />
De Myst. Chr. Diss. 1, pag. 6), a tutto potere sostengono con molte sode<br />
ragioni, che Maria SS.ma fosse stata prima effettivamente sposata con San<br />
Giuseppe e poi fosse stata annunziata dall’Angelo e concepito avesse il<br />
Divin Verbo, ed insieme con San Giuseppe si fosse portata all’amorevole<br />
visita di Santa Elisabetta sua Cugina.<br />
21. E ciò è tanto vero, dicono questi, che l’Evangelista San Luca lo dice a<br />
chiare note, che Iddio mandò l’Angelo alla Vergine già Sposata con San<br />
Giuseppe, Missus est Gabriel Angelus…ad Virginem desponsatam Joseph 30<br />
(Luc. 1, 27). E che sotto nome di Sposa intendesse San Luca l’effettivo<br />
Sacro Sposalizio seguito e non già solamente la promessa; egli stesso<br />
l’Evangelista lo dà a divedere in altro luogo, dove dicendo che<br />
San Giuseppe andò con la Vergine in Betlemme per farsi descrivere, a<br />
tenor dell’editto di Cesare Ottaviano Augusto, anche allora la chiama<br />
30 Fu inviato l’amgelo Gabriele da Dio in una citta della Galilea che aveva nome Nazareth.<br />
360<br />
Sposa (Luc. 2, 5). Ed in questo senso ancora deve intendersi San Matteo,<br />
qualora chiama la Vergine Sposa del Santo Patriarca, cioè dell’effettivo<br />
Sposalizio Sacro seguito: nominando perciò amendue i Santi Evangelisti<br />
col titolo di Marito in quei passi il glorioso San Giuseppe, come può<br />
osservarsi da ognuno, che senza impegno li legge (Matth. 1, 18-20; Luc.<br />
1, 27). Onde si vede che tanto da San Matteo, quanto che da San Luca,<br />
risulta esser prima seguito il Sacro Sposalizio, che l’Angelico Annunzio<br />
ed il Divino Concepimento del Verbo Umanato.<br />
22. Quindi resta pur chiaro, che l’Annunciazione seguì nella Casa di San<br />
Giuseppe: attesochè, come attesta Filone Ebreo e con Lui Pietro<br />
Coméstore, era stile degli ebrei nella Legge Vecchia di condurre, subito<br />
eseguito lo Sposalizio, la Donzella Sposa in Casa dello Sposo. E poi è<br />
di fede, che la Vergine SS.ma fu annunziata dall’Angelo nella città di<br />
Nazareth nella Galilea: Missus est Angelus Gabriel a Deo, così parla il<br />
Vangelo, in Civitatem Galilaeae, cui nomen Nazareth (Luc. 1, 26).<br />
Or appunto San Giuseppe aveva la sua Casa ed abitava nella predetta<br />
Città di Názaret della Provincia di Galilea; come ce ne assicura San<br />
Luca: Joseph a Galilea de Civitate Nazareth 31 (Luc. 2, 4).<br />
23. A quella gran ragione poi, che la parte opposta adduceva, cioè che la<br />
Vergine sin dagli anni più teneri si era a Dio consegrata con voto di<br />
Verginità perpetua, talchè non avrebbe dato mai il suo Consenso a sposarsi<br />
con Uomo quantosivoglia Santissimo, se prima non fosse stata annunziata<br />
ed istruita dall’Arcangelo Gabriele: a tal ragione fortissima, ripeto,<br />
San Bernardo (hom. 4 sup. Missus est), e dopo lui San Tommaso risponde (in<br />
3 p., qu. 28, art. 4), dicendo, che Maria SS.ma per impulso e rivelazione<br />
dello Spirito Santo già sapeva, che da codesto sacro suo Sposalizio con San<br />
Giuseppe, non avrebbe in nulla patito detrimento veruno la Verginità sua<br />
illibatissima con sì rigoroso e perpetuo voto giurata: in altro caso, neppure<br />
avrebbe mai prestato il suo consenso alla semplice promessa di esser<br />
futura Sposa di un Uomo. E così ancora la stessa Regina del Cielo di sua<br />
propria Bocca a Santa Brigida disse (Lib. 7, Revel. cap. 25).<br />
31 Giuseppe dalla Galila dalla città di Nazareth.<br />
361
24. Sciolte dunque tutte le obiezioni avversarie, si portano i Padri e Dottori<br />
di questa sentenza e particolarmente San Girolamo e l’Angelico San<br />
Tommaso (in 3 p., qu. 29, art. 1), a conchiuder tal loro fondatissimo sentimento<br />
con questa ragione; dicendo che, una delle cause, per cui Gesù<br />
Cristo nascer volle da una Vergine sposata con un Uomo Santissimo, fu<br />
per provvedere all’onor della Madre; affinché gli ebrei ed altri non consapevoli<br />
ancora dell’alto mistero, non l’avessero lapidata, come Donna<br />
di mala vita. Questo è sentimento comune dei Santi Padri. Or posto ciò;<br />
se Maria Vergine fosse stata sposata effettivamente con San Giuseppe<br />
dopo l’Annunciazione dell’Angelo e dell’Incarnazione del Verbo, anzi<br />
dopo il ritorno da Santa Elisabetta, che vale a dire, dopo tre mesi che<br />
già era divinamente incinta di Spirito Santo; come mai sarebbe stato<br />
provveduto e riparato il suo Onore? Che non ne avrebbero bestemmiato<br />
i Giudei e l’altra Gentaglia maligna? Non mica tutti sarebbero stati<br />
degni gli Ebrei, come furono San Zaccharia e Santa Elisabetta, di risaperne<br />
dallo stesso Spirito Santo il Mistero? Adunque ogni ragion vuole<br />
(così essi conchiudono) e le più forti autorità della Scrittura e dei Santi<br />
Padri richiedono, che onninamente si dica, che Maria SS.ma, prima<br />
fosse effettivamente sposata con S. Giuseppe; e poi fosse annunziata<br />
dall’Angelo e concepisse nel suo Verginal Ventre per virtù dello Spirito<br />
Santo il Figlio di Dio fatt’uomo, Gesù Signor nostro.<br />
25. Padre, sento qui chi mi dice, che ne deducete voi ora? Rispondo; io ne<br />
deduco, che questa seconda sentenza sia la più verisimile e la più fondata;<br />
e questa è quella, che quasi con la comune degli Scrittori e dei<br />
Padri, costantemente io tengo.<br />
III<br />
26. Ma passiamo, se vi è in grado, giacché tanto abbiam favellato del Sacro<br />
Sposalizio della Regina del Cielo; passiamo, dissi, a succintamente<br />
vedere, se vi possa esser modo, che la Gran Vergine, Sposa anche nostra<br />
divenga. Non è già essenziale al vero e rato Sposalizio l’unione corporea;<br />
ma basta l’unione indissolubile degli animi e degli affetti, la comunione<br />
del vitto e degli averi, la fedeltà del reciproco innocente amore;<br />
come insegna, dopo il grande Agostino (lib. De Nupt. cap. 11),<br />
l’Angelico San Tommaso (in 3 p., q. 29, art. 2). Di fatto ci insegna il<br />
362<br />
Vangelo e la Fede, contra gli empi e sfacciati eresiarchi Gioviniano,<br />
Bonoso ed Elvidio, che Maria SS.ma siccome fu sempre illibatissima<br />
Vergine, prima dello Sposalizio con San Giuseppe, così sempre Vergine<br />
purissima si mantenne dopo lo Sposalizio Sacro, sino alla sua Morte<br />
SS.ma (Grav. loc. cit., pag. 17). Eppure il suo Sposalizio fu uno<br />
Sposalizio vero e rato con San Giuseppe; come sostengono S. Agostino<br />
e S. Tommaso (loc. cit.): a motivo che se amendue i divini Sposi si mantennero<br />
sempre intatti fra candidissimi gigli di una perpetua Purità<br />
Verginale; nulladimeno, dopo il Divino contratto che vi fu tra loro, vissero<br />
sempre indissolubilmente uniti di mente, di cuore, di volontà e di<br />
convitto, con una reciproca fedeltà costantissima e inalterabile.<br />
27. Pertanto, per esser ora Sposo della Regina del Cielo, a me sembra necessario<br />
che v’intervengan tre cose; cioè:<br />
1. il contratto reciproco tra essa Vergine e noi; voglio dir, se Ella degnar<br />
si voglia di accettarci per suoi Sposi e se noi risoluta mente accettar<br />
la vogliamo per nostra amabile Sposa;<br />
2. l’unione delle nostre Menti e dei nostri Cuori col suo Cuore purissimo;<br />
3. la fedeltà di questa sacra unione indissolubile.<br />
Or quanto a Nostra Signora, Ella è prontissima dal canto suo, ce ne assicura<br />
S. Bernardo (Ser. 98); dicendoci, esser per tutti aperte e patenti le<br />
amorevolezze misericordiose della Gran Vergine, Omnibus Misericordiae<br />
sinum aperuit Maria 32 ; affinchè dalla pienezza dell’Amor suo prenda ciascuno<br />
quello che brama, Ut de plenitudine eius accipiant universi. Sicchè,<br />
che pretendiam noi stasera da sì amorevole Signora? L’esser fatti suoi<br />
cari Sposi, l’unirci con il Cuor suo Divino, l’esser fedeli e costanti in<br />
questa sacra Unione amorosa? Su, ricorriamo pur con fiducia alle viscere<br />
della sua Misericordia; Omnibus misericordiae sinum aperuit: ma ricorriamoci<br />
tutti dolenti e pentiti delle colpe commesse; e tutti animosi e<br />
risoluti di non più disgustarla. E dopo che così ci troviam umiliati<br />
innanzi al suo Trono; via su dimandiam con fiducia quel che vogliamo.<br />
32 Maria aprì a tutti il seno della sua misericordia, perché dalla sua pienezza tutti attingano.<br />
363
28. Deh sì, che io a nome mio e di tutti, o gran Madre di Misericordia, vi<br />
chiedo e lo voglio; che oltre all’esser vostri schiavi e servi perpetui, ci<br />
accettiate e ci teniate sempre per vostri Figli. Ma non basta. Vogliamo<br />
ancora, che vi degnate di accettarci e trattarci per sempre come vostri<br />
fedelissimi Sposi. A voi consagriamo in perpetuo le Menti nostre, affin<br />
di ricordarci di continuo di voi e delle vostre Grandezze. Voi dunque<br />
conservatecele a voi unite. A voi tributiamo irrevocabilmente i nostri<br />
Cuori, per amarci grandemente sino alla morte. Voi dunque teneteli a<br />
voi indissolubilmente incatenati. A voi per finirla consacriam quanto<br />
abbiamo, quanto siamo e la medesima Vita, affin di servirvi fedelmente<br />
sino agli estremi. Voi dunque abbiateci sempre sotto la vostra amorosa<br />
tutela. Certamente, che questa Unione sacra scambievole di Sposi,<br />
siccome farà, che noi siam sempre in avvenire tutti vostri; così che voi<br />
per sempre in nostra custodia pur siate.<br />
29. Vergine graziosissima, se il Beato Alano meritò da voi ricever un<br />
vaghissimo Anello di oro, in contrassegno dello Sposalizio Divino, che<br />
con Lui contraeste; e meritò udirsi dire da voi, Diletto mio Sposo, non mi<br />
creder più da qui in poi da te lontana; nè di doverti tu più da me separarti.<br />
(B. Alan. p. 2, cap. 4, pag. 100). Noi, lo confessiamo, non meritiamo<br />
già tanto. Ci basta la Grazia vostra, il vostro Amore, la vostra benigna<br />
Tutela ed il dono di esservi da qui in poi fedelissimi Servi, Figli e Sposi,<br />
sino agli ultimi respiri di nostra Vita. Amen.<br />
Il Fine.<br />
364<br />
SERMONE IX FAMILIARE<br />
Recitato Sabato 21 Gennaio 1758<br />
Il Sermone è articolto in tre parti: nella prima, introdotta da un proemio e sviluppata<br />
nei punti 2-14, don <strong>Marcucci</strong> spiega la nascita di Gesù secondo il racconto<br />
dell’Evangelista san Matteo; nella seconda parte, sviluppata nei punti 15-20, viene<br />
spiegato quando avvenne l’Incarnazione e la nascita di Gesù; nella terza parte, nei<br />
punti 21-22, l’Autore invita gli ascoltatori a congratularsi con Maria SS.ma per il<br />
grandissimo privilegio di essere stata scelta per Madre di Dio.<br />
La nascita di Gesù avvenne nell’anno quattromila circa dalla creazione del<br />
mondo, mentre Erode Ascalonita era re della Giudea e Cesare Ottaviano Augusto era<br />
imperatore del Sacro Romano Impero. Questa interpretazione si ricava dalla Volgata<br />
e la Chiesa la ritiene la più verosimile e giusta benché ne permetta anche altre.<br />
Riguardo l’Incarcazione, essa avenne, nel ventre purissimo di Maria Vergine, il 25<br />
Marzo, nell’equinozio di Primavera, in giorno di domenica. Dopo nove mesi, il 25<br />
dicembre, nel solstizio d’Inverno, in giorno di domenica, circa la mezzanotte nacque<br />
Gesù, mentre tutto il mondo era in pace.<br />
Nella terza parte l’Autore invita gli ascoltatori a congratularsi con cuore umile<br />
ed affettuoso con la Vergine Madre per il singolarissimo e prodigiosissimo privilegio<br />
avuto della divina Maternità unita alla Verginità illibatissima ed incomparabile.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 37, pp. 95-108.<br />
Dino Ferrari, Natività di Gesù, tempera, 1965, Ascoli Piceno, lunetta nel parlatorio<br />
della Casa Madre dell’Istituto.<br />
365
Argomento<br />
Incominciandosi a spiegare il Capo secondo di San Matteo,<br />
si pone in chiaro, se in che tempo nacque Gesù Signor nostro<br />
e quali prodigi principali accompagnarono la sua SS.ma Nascita;<br />
conchiudendosi con una Congratulazione alla SS.ma Vergine<br />
per la sua Maternità<br />
1. Al sagro Sposalizio purissimo di Nostra Signora con San Giuseppe<br />
seguì l’Angelico Annunzio, come dicemmo. All’Annunciazione poi<br />
seguì immediatamente la graziosa Visita, che la Vergine far alla sua<br />
Cugina Elisabetta si degnò: indi il ritorno da Montana in Nazareth: e<br />
finalmente, pria della Nascita del Redentore, avvenne la partenza della<br />
Madre da Nazareth a Betlemme, per ivi farsi descriver con il suo purissimo<br />
Sposo, a tenor dell’Editto di Cesare Augusto. Questo è l’ordine dei<br />
Misteri, è vero: ma io chiedo scuse, Uditori, se in questa sera mi vien<br />
vietato il seguirlo. L’impegno mio è di spiegarvi primieramente di San<br />
Matteo il Vangelo. Or questo Evangelista, lasciando a San Luca l’incarico<br />
di far menzione degli altri Misteri, egli dopo il racconto del Sacro<br />
Sposalizio, passa a discorrer della Natività del Signore. Tal’ordine adunque<br />
anch’io necessariamente tenendo, passerò nel tempo stesso dal primo<br />
al secondo Capo del sovracitato Vangelo: nel cui principio appunto si<br />
favella della seguita Nascita del Redentore: proseguendosi ivi poi a parlare<br />
della Venuta dei Magi, della Strage degli Innocenti, della Fuga in<br />
Egitto e del Ritorno. Vedremo pertanto, primo in che tempo nacque<br />
Gesù Signor Nostro: secondo, quanti e quali prodigi (almeno i principali)<br />
accompagnarono la sua SS.ma Nascita, comprovando a maraviglia<br />
che egli era il vero Figlio di Dio fatt’ Uomo, ed il vero Messia promesso:<br />
terzo faremo una divota apostrofe alla Vergine, congratulandoci della<br />
sua Divina Maternità. La materia in se stessa richiede una grande attenzione.<br />
Da voi la spero. Incomincio.<br />
I<br />
2. Circa il tempo in cui avvenne la Nascita di Gesù Redentor nostro, due<br />
cose abbiam noi di certo dal sacrosanto Vangelo. La prima è, che il<br />
Redentore nacque nel tempo, che Erode era Re della Giudea. Ce ne assicura<br />
San Matteo, dicendo Cum natus esset Jesus in Bethleem Juda in diebus<br />
366<br />
Herodis Regis 33 (Mat. 2, 1). L’altra è, che nel tempo stesso reggeva il<br />
vasto Impero Romano Cesare Ottaviano Augusto. Ce ne fa indubitata fede<br />
San Luca, ove dice, Exiit edictum a Caesare Augusto, ut describeretur universus<br />
orbis 34 , con quel che segue al capo secondo.<br />
3. Tutto bene, sento qui chi mi dice; ma in quale anno del Regno di<br />
Erode e dell’Impero di Augusto, nacque Gesù Cristo? Quanto primieramente<br />
ad Erode vi dirò: Quattro furono i Re Erodi nella Giudea. Il<br />
primo Re si chiamò Erode Ascalonita, di nazione non già ebreo, né<br />
discendente dalla stirpe ebrea; ma bensì Gentile ed Iduméo, figlio di<br />
Antipatro e nato nella Città di Ascalona, che era una Città dei Filistei:<br />
e divenne Re della Giudea per forza; mentre aiutato dal Senato<br />
Romano prese con le armi Gerusalemme, soggiogò tutti gli ebrei; e<br />
fu confermato ivi per Re tributario a Roma da Cesare Augusto.<br />
Or sotto il Regno di questo primo Erode, detto Ascalonita, avvenne la<br />
Natività del Redentore Divino e la Strage degli Innocenti (Tirin. in<br />
Cronic. c. 45, in princip.).<br />
4. Il secondo Re Erode, fu chiamato Erode Antipa, stato per lo innanzi<br />
Tetrarca di Galilea e figlio del primo Erode ed anche fratello di<br />
Archelao, altro Tetrarca. E questo Erode Antipa fu quegli, che decollar<br />
fece San Giovanni Battista e innanzi al cui tribunale fu Gesù Signor<br />
nostro portato nella sua Passione (Tirin. loc. cit. sub. med.).<br />
5. Il terzo Erode fu detto Erode Agrippa seniore, nipote del primo Erode e<br />
pronipote del secondo. Egli fu, che imprigionar fece San Pietro ed<br />
uccider San Giacomo Maggiore Apostolo. (Tirin. loc. cit.). Finalmente<br />
il quarto Re Erode, chiamato fu Erode Agrippa giuniore, figlio del qui<br />
sopradetto terzo Erode; e che incestuoso visse con l’empia sua sorella<br />
Berenice (Act. 25, 13); e che cercò, ma senza frutto, di persuadere agli<br />
Ebrei suoi sudditi di non ribellarsi contra l’Impero Romano: per la<br />
33 Essendo nato Gesù in Bethelem di Giuda al tempo del re Erode.<br />
34 Uscì un editto da parte di Cesare Augusto perché venisse fatto un censimento in tutto il<br />
mondo.<br />
367
cui ribellione successe poi quella totale distruzione data a<br />
Gerusalemme ed agli Ebrei, dagli Imperatori Vespasiano e Tito. Or<br />
questo è quell’Erode Agrippa, a cui il celebre Istorico Giuseppe Ebreo<br />
dedicò l’Istoria sua Giudaica.<br />
6. Ma tornando al primo Re Erode, cioè all’empio Erode Ascalonita, usurpatore<br />
straniero della Giudea (Tirin. In mat. 2, 1); correva l’anno trentesimo<br />
sesto del Regno suo, cioè il penultimo della sua pessima vita, quando<br />
nacque Gesù Cristo; come concordemente dicono gli Storici (Grav.,<br />
Tomo 1, De Myst., fol. 93-94, ecc.). Dell’Impero poi di Cesare Augusto,<br />
al più esatto computo dei Critici moderni, correva il quarantesimo anno;<br />
che vale a dire settecento quarantanove anni dopo Roma fondata.<br />
7. Dunque Padre, odo chi mi ripiglia, quante migliaia di anni erano, che<br />
Iddio aveva creato il Mondo, quando degnar si volle di farsi Uomo e<br />
nascer quaggiù fra noi? Rispondo, che eziandio siavi un’acerrima questione<br />
e disparità tra gli stessi Santi Padri ed i Sacri Scrittori, intorno a<br />
tal quesito (Tirin in Chr., c. 47); nulladimeno vi dico francamente, che<br />
io costantemente tengo, che Gesù Cristo nacque negli anni quattromila o<br />
poco più del Mondo creato (Grav. loc. cit., pag. 75; 93).<br />
8. Oh Padre, qui sento dirmi, voi sbagliate troppo all’ingrosso. Il Martirologio<br />
Romano, di cui si serve la Santa Chiesa, parlando del Giorno del Santo<br />
Natale dice, esser nato Gesù Cristo negli Anni cinque mila cento novantanove<br />
dopo la Creazione del Mondo. Cosicché voi col riporre tal Nascita nel quattromila<br />
o poco più, venite a far lo sbaglio grossissimo di mille e più anni.<br />
9. Rispondo, che non avendo su di ciò la Santa Chiesa voluto nulla decidere,<br />
ha lasciato intorno a ciò la libertà ai Sacri Scrittori di manifestare<br />
il loro computo cronologico circa gli Anni del Mondo, in cui nacque il<br />
Salvatore Divino. Quindi in tre classi noi ritroviam divisi su di ciò gli<br />
Scrittori e i Padri (Menochius, Tomo 2 in Suppl. Tab. 1 pag. 368).<br />
Alcuni dicono e sostengono esser nato il Salvatore circa il quattro mila<br />
del Mondo creato. Di tal sentimento è il massimo San Girolamo, il<br />
Lirano, Alfonso Tostato, il Bellarmino, lo Scaligero, Sisto Senese,<br />
Cornelio a Lapide, il Petavio e più di cento altri, che costantemente<br />
368<br />
seguitano la Cronologia della Sacra Scrittura della nostra Edizione Volgata<br />
(Graves., Tomo 1, pag. 74-75; 93, ecc.). Questa ancora è la sentenza<br />
comune di tutti i Critici moderni. E quel che fa più maraviglia, i Rabbini<br />
stessi non meno antichi, che moderni, secondo il computo loro ebraico,<br />
son di parere, che il Messia nascer doveva circa gli anni quattromila del<br />
Mondo. (Tirin., Tomo 1, tab. Chr., c. 48). Quindi pare anche a me, questa<br />
sia l’opinione più verisimile e giusta (Morosin in Via Fid., Tomo 1).<br />
10. Altri poi, crescendo nel computo circa mille anni, vogliono onninamente,<br />
che Gesù Cristo sia nato circa il cinque mila del Mondo. E se volete,<br />
questa è la sentenza più antica, insegnata e raccolta da Origene e poi da<br />
Eusebio Cesariense: indi sostenuta ancora da S. Agostino, da S. Isidoro<br />
Pelujota, da San Beda, dal Cardinal Baronio e da un’altra ventina di<br />
classici Autori (Menoch., Tomo 2 in Suppl., pag. 368), che seguitano la<br />
Cronologia della Scrittura secondo la Versione Greca dei Settanta: ch’è<br />
stata ancor seguitata dal Martirologio Romano, di cui si serve la Chiesa.<br />
(Grav., pag. 74).<br />
11. Altri poscia per finirla, crescendo il computo cronologico Scritturale<br />
della Versione dei Settanta, aggiungono circa altri mille anni e sostengono<br />
esser avvenuta la Natività del Signore circa sei mila anni dopo la<br />
Creazione dell’Universo (Menochius, Tomo 2, in Supplem., tab. 1, pag.<br />
368). Così vogliono San Cipriano, San Clemente Alessandrino, Niceforo<br />
Callisto, Lattanzio Firmiano, Isacco Vossio ed un’altra quindicina di<br />
bravi Scrittori.<br />
12. Mi direte, se da che mai sia derivata tanta varietà e considerabile discrepanza<br />
di computo cronologico tra Santi Padri e Scrittori antichi e<br />
moderni? (Graveson, Tomo 1. Dis. 5, pag. 74). Vi dirò, e credetemi<br />
pure, da una sola cagione; cioè dalla diversità di numerar gli anni della<br />
prima, e seconda Età del Mondo, vale a dire, dal modo diverso che si è<br />
tenuto nel computar gli anni dei Patriarchi che vissero sì prima, che<br />
dopo il Diluvio. Ecco l’unica Origine di sì considerabili dispareri. La<br />
sola Sacra Scrittura del Testamento Vecchio, pigliata nel suo Testo originale<br />
ebraico, toglier poteva tutte queste gran differenze e determinar precisamente<br />
gli anni del Mondo in cui nacque il Divin Redentore. Ma sicco-<br />
369
me il Testamento Vecchio fu per ordine di Tolomeo Filadelfio, Re di<br />
Egitto, tradotto la prima volta dall’Ebreo linguaggio in Lingua Greca dai<br />
Settantadue bravi Interpreti (Tirin. in Chr., cap. 39), che a sua richiesta gli<br />
furon mandati da Eleazaro, allora sommo Sacerdote in Gerusalemme:<br />
quindi ne venne, che discordando la Versione o sia Traduzione Greca dal<br />
Testo originale Ebreo nella computazione degli Anni de’ Patriarchi,<br />
aggiungendo i Greci sopra di anni mille dal computo degli Ebrei (Grav.,<br />
Tomo 1, De Myst., Dis. 5, pag. 74): perciò quei Santi Padri e quegli<br />
Scrittori che han seguitato la Cronologia del Testo originale Ebreo, come<br />
San Girolamo, il Lirano e più di cento altri, han riposta la Nascita del<br />
Redentore negli Anni circa quattro mila del Mondo creato: quegli altri<br />
poi che han tenuto la Cronologia della Versione Greca de’ Settanta, l’han<br />
collocata chi circa il cinque mila e chi sino circa il sei mila della Creazione<br />
del Mondo.<br />
13. E a quali dunque, voi dir mi potrete, di questi due Sacri Codici<br />
Scritturali star si deve? All’originale Ebreo, oppure alla Versione Greca?<br />
(Grav. loc. cit., pagg. 75-76). Vi rispondo, che senza dubbio star si deve<br />
all’originale Ebreo, come più puro, più certo e più sincero. Di fatto la<br />
Santa Chiesa Cattolica a quello unicamente aderisce. Perciocché nel<br />
Sacro Concilio di Trento ha riconosciuta ed approvata soltanto per vera<br />
e legittima Sacra Scrittura del Testamento Vecchio quella Versione<br />
Latina, chiamata Edizione Volgata che dall’originale Ebreo fu fatta da San<br />
Girolamo per ordine di San Damaso Papa.<br />
14. Soggiungerà forse qualcuno, dicendo, che se è così, perché poi la Chiesa<br />
seguita nel suo Martirologio Romano la Cronologia Greca dei Settanta,<br />
riponendo la Natività del Signore, non già nel quattro mila, ma bensì<br />
sopra il cinque mila del Mondo creato? Rispondo, che ancorché la Chiesa<br />
sia tutta aderente alla Cronologia del Testo Sacro Ebraico (Graves., loc.<br />
cit., pag. 83), fedelmente trasportato nella nostra Versione Latina -<br />
Volgata; nulladimeno ha lasciata nel Martirologio correr la sentenza del<br />
Computo Greco, in venerazione dell’antica Chiesa Greca e dei Santi<br />
Padri Greci, che la tennero e la dilatarono anche per le Chiese particolari<br />
del nostro Occidente (Malvenda, lib. 2, De Anticristo, cap. 16).<br />
Onde non essendo cosa che riguarda il dogma di Fede, né il buon costu-<br />
370<br />
me, ma la sola Cronologia dei Tempi; perciò la Chiesa Cattolica correr<br />
la permette nel suo Martirologio. Del resto, il sentimento più fondato,<br />
più verisimile e giusto, è quello dell’originale Ebreo e della nostra<br />
Volgata; da cui si raccoglie ad evidenza esser Gesù Cristo nato negli anni<br />
quattromila dopo la creazione del Mondo; come io vi diceva; e conforme<br />
ora vi mostrerei, computandovi gli anni delle sei età del Mondo, qualora<br />
dover non fosse di far passaggio al secondo punto, giacché in questo<br />
primo allungarmi più del dovere mi è convenuto.<br />
II<br />
15. Il Figlio di Dio pertanto, che ai 25 di Marzo, nell’Equinozio di<br />
Primavera, in Giorno di Domenica spirante, circa la mezzanotte, si era<br />
degnato di incarnarsi e farsi Uomo per noi nel Ventre purissimo di<br />
Maria Vergine, (Tirin., in Chr., c. 48), in quel punto medesimo che in<br />
quella Divina Notte fu annunziata dall’Angelo; dopo il giro di nove<br />
mesi si volle degnare ancora di nascer per noi ai 25 di Decembre nel<br />
Solstizio d’Inverno, in Giorno pur di Domenica, ma entrante, cioè circa<br />
la mezza notte passata (Sarnel., in Evang., Lect. 5, cap. 5). Ma notate,<br />
Uditori, quanti e quali furono i miracolosi prodigi, almeno i principali,<br />
che precedendo o accompagnando o seguendo la sua SS.ma Nascita,<br />
contestarono a maraviglia, che egli solo era il vero Messia promesso, egli<br />
l’unico vero Figlio di Dio fatt’Uomo.<br />
16. Non voglio far io qui menzione di quei prodigi, che tuttodì si raccontano<br />
comunemente da certuni e si leggono anche presso di alcuni<br />
Interpreti ancor moderni; cioè che nella Notte del Santo Natale si aprisse<br />
da se stesso in Roma il famoso Tempio della Pace (Grav., Tomo 1, pagg.<br />
140-141): poiché ciò è favoloso, mentre in Roma innanzi la Natività del<br />
Signore, non vi fu mai tal Tempio, come ben dimostra il Baronio; ma<br />
bensì vi fu fabbricato dall’Imperator Vespasiano dopo l’eccidio di<br />
Gerosolima. Così, che la Sibilla facesse vedere per aria a Cesare Augusto<br />
una Vergine con un Bambino in braccio (Grav., loc. cit.); attesochè anche<br />
questo ha dell’improbabile, come siegue a dimostrare il Baronio; perciocché<br />
ai tempi di Augusto veruna delle dieci Sibille era viva; e l’ultima<br />
che fu, cioè la Sibilla Cumana, fu in Roma ai tempi del Re Tarquinio<br />
Superbo, che vale a dire 573 anni prima di Augusto. Comeppure, che tra i<br />
371
idicoli Oracoli dei Gentili, quello di Delfo in Roma, rispondesse ad<br />
Augusto, che da indi in poi non venisse più consultato, perché la Nascita di un<br />
Bambino Ebreo lo aveva obbligato a tacere per sempre (Grav., loc. cit., pag.<br />
141), e che perciò Augusto facesse fabbricar nel Campidoglio un grande<br />
Altare in onor del nato Dio Bambino, con questo motto Ara primogenita<br />
Dei: essendo anche ciò così in dubbio, quanto è certo che verun degli antichi<br />
Padri menzione ne fece mai; e che anche per vari secoli dopo venne pur<br />
consultato dagli Imperatori gentili Romani nel Tempio stesso di Apollo il<br />
Delfico Oracolo. Così, che nella Notte di Natale sorgesse in Roma, una<br />
copiosa fonte di olio (Graves., loc. cit., pag. 142); e che nella mattina fosse<br />
veduto un parelio prodigioso di tre lucidissimi Soli: quando per altro sì<br />
Eusebio Cesariense, che il Baronio, attesta esser ciò avvenuto da circa quarant’anni<br />
prima della Nascita di Gesù Cristo. E così andate voi discorrendo<br />
di quell’essere stato chiuso lungo tempo in Roma il celebre Tempio di<br />
Giano in contrassegno di pace (Grav., loc. cit.); ed in simil guisa di altri o<br />
favolosi o mendicati portenti; dei quali non ha punto bisogno il Figlio di<br />
Dio fatto Uomo per esser come tale riconosciuto.<br />
17. Guardimi il Cielo pertanto di favellar di cose che non meritano attenzione<br />
veruna. Eh, che vi sono i veri e certi Prodigi che il Vangelo ci insegna<br />
e gli Storici tutti concordemente, ad onta dei Nemici di nostra Fede cattolica,<br />
ce li contestano. Primieramente l’avveramento ed adempimento<br />
insieme di tutte le Profezie, che per migliaia di anni prima, erano state<br />
pubblicate intorno la Venuta e la Natività del vero Messia promesso.<br />
18. Notate. Trovandosi vicino a morte il Patriarca Giacobbe, convocati a sé<br />
tutti i dodici Figli suoi, per dar loro con la benedizione paterna gli ultimi<br />
buoni Ricordi, venendo a Giuda suo quarto Figlio, gli profetizza che<br />
nella sua Tribù risiederà lo scettro e la corona Reale; e poi conchiude, che<br />
allora il Popolo Giudaico e la Tribù di Giuda perderà affatto il Regno,<br />
quando verrà il tanto aspettato vero Messia: Non auferetur Sceptrum de<br />
Juda…donec veniat qui mittendus est 35 (Gen. 49, 10). Questa Profezia, da<br />
circa 1800 anni prima della Nascita di Gesù Cristo, fu fatta (Grav., Tomo<br />
35 Non sarà tolto lo scettro da Giuda finchè non venga chi deve essere mandato.<br />
372<br />
2, in Chr. Aetat., 3). Ed invero, ecco che nasce il Salvatore, in tempo<br />
appunto che nel Regno di Giudea non vi era più veruno della Tribù e stirpe<br />
Giudaica, che regnasse; ma bensì vi era uno straniero, di nazione pagana,<br />
qual fu Erode Ascalonita. Così ce ne assicura il Vangelo: Cum natus esset<br />
Jesus in diebus Herodis Regis (Mat. 2, 1). Senza che mai più, per quanto si<br />
aiutassero, potessero gli Ebrei riporre in piedi il loro Regno e lo Scettro<br />
già per sempre perduto. O questi sì sono prodigi veri, infallibili e potenti,<br />
che ad evidenza comprovano essere stato Gesù Cristo il Figlio vero di<br />
Dio, promesso al Mondo e profetizzato da tanti Secoli innanzi.<br />
19. Osservate di più. Profetizza Balaam, da mille e seicento anni prima che,<br />
nella venuta del vero Messia si sarebbe per contrassegno veduta in Cielo<br />
una nuova Stella: Orietur Stella ex Jacob 36 (Num. 24, 17). Ed ecco puntualmente<br />
nella Notte del Santo Natale appare nell’Oriente la nuova<br />
Stella; come ce ne fa indubitata fede San Matteo, Vidimus Stellam eius in<br />
Oriente 37 (Mat. 2, 2). Da circa mille anni prima aveva profetizzato Davide<br />
e poi lo aveva confermato anche Isaia (Psal. 71, 10), che nato in Terra il<br />
Figlio di Dio, sarebbero tosto venuti da lontano alcuni Re Orientali ad<br />
adorarlo e ad offerirgli ricchi Doni (Isaia 60, 7). E già, pochi giorni<br />
dopo nato il Santo Bambino vennero ad ossequiarlo con adorazione e<br />
con donativi i Santi Re Magi: Ecce Magi ab Oriente venerunt (Mat. 2, 1).<br />
Predisse Isaia tra le altre cose, da circa settecento anni prima, che il venturo<br />
Messia, Dio Uomo, avrebbe apportata la pace, come Principe di<br />
Pace (Isaia 9, 6). Ed infatto, appena egli nasce, che molti cori di Angeli,<br />
dopo datone l’annunzio ai Pastori, annunziano al Mondo la Pace, in<br />
Terra pax (Luc. 2, 14); trovandosi allora in pace il Mondo tutto.<br />
20. Ma io tralasciar voglio ogni altro meraviglioso portento. Il massimo tra<br />
i prodigi tutti fu quello dal poc’anzi citato Isaia profetizzato, cioè che<br />
il gran segno, che aver poteva il Mondo della venuta del vero Messia e<br />
che questo Messia era Dio abitante con noi, sarebbe stato, che lo avrebbe<br />
per virtù Divina onnipotente concepito e partorito una purissima<br />
36 Sorgerà una stella da Giacobbe.<br />
37 Abbiamo visto la sua stella in Oriente.<br />
373
Vergine: Ecce Virgo concipiet, et pariet Filium 38 (Isaia 7, 14). Or questo<br />
solo, che a puntino si verificò nella SS.ma Vergine Nostra Signora, con<br />
l’essere stata Madre di un Dio Uomo (Luc. 1, 35), senza punto patire<br />
minimo detrimento l’illibatissima sua Verginità; questo solo, ripeto,<br />
come il massimo tra i prodigi tutti dell’Onnipotenza Divina, bastar può<br />
per comprovar ad evidenza che Gesù Cristo fu il vero ed unico Figlio di<br />
Dio, ed il Messia unico e vero da tanti secoli promesso e per tante<br />
migliaia di anni con sospiri aspettato.<br />
III<br />
21. Fermiamoci qui pertanto, Uditori; non cerchiam’altro. Ma piuttosto<br />
con cuor umile ed affettuoso voltiamoci alla Gran Vergine Madre, congratulandoci<br />
con Lei del sommo singolarissimo e prodigiosissimo<br />
Privilegio avuto della Divina Maternità unita sempre con una Verginità<br />
illibatissima ed incomparabile. O quanta Dignità ha arrecato a Nostra<br />
Signora questo suo Privilegio; al certo una Dignità immensa ed infinita:<br />
e tale, che Iddio con tutta l’Onnipotenza sua, come giustamente<br />
riflette l’Angelico San Tommaso, non può fare una Madre più degna<br />
della sua Madre (S. Th., In I. p., q. 28, art. 2). Aggiungete poi quante<br />
mai immense ricchezze e prerogative singolari le ha ancora apportate.<br />
Immacolata e Santa nella sua Concezione; ma perché? Perché Madre di<br />
Dio. Impeccabile e perfettissima sopra gli Angeli tutti, perché Madre<br />
di Dio. Regina insomma dei Santi tutti, Signora e Padrona del Cielo e<br />
della Terra, perché Madre di Dio. Oh quanto gode Maria SS.ma, che i<br />
suoi divoti si rallegrino seco e le chiedan le Grazie in riverenza della sua<br />
Divina Maternità e Verginità. O quanto le piace, che a nome suo se ne<br />
rendano continue Grazie alla SS.ma Triade.<br />
22. L’esempio di Santa Metilde, a cui disse la Regina del Cielo, che seco si<br />
congratulasse della Maternità Divina e Verginità illibata; e ne ringraziasse<br />
la SS.ma Trinità, ecc. Così fece la Santa con tanto buon’animo e<br />
ne fu largamente ricompensata, ecc. Così pur facciamo anche noi miei<br />
cari Uditori. Via su, ecc.<br />
38 Ecco la Vergine concepirà e partorirà un Figlio.<br />
374<br />
SERMONE X FAMILIARE<br />
Recitato Sabato 28 Gennaio 1758<br />
Il Sermone è articolto in tre parti: nella prima, introdotta da un proemio e sviluppata<br />
nei punti 2-10, don <strong>Marcucci</strong> spiega il privilegio della verginità di Maria,<br />
prima, durante e dopo il parto; nella seconda parte, sviluppata nei punti 11-15, viene<br />
spiegata la maternità divina di Maria; nella terza parte, nei punti 16-17, l’Autore<br />
invita gli ascoltatori a congratularsi con Maria SS.ma per il grandissimo privilegio<br />
della sua perpetua verginità e maternità divina.<br />
Viene poi narrato come esempio il fatto del B. Egidio che, in ricompensa della sua<br />
tenera devozione alla perpetua Verginità ed alla Maternità divina di Maria, fu assistito<br />
contro molte tentazioni e liberò da una fiera tentazione un Teologo domenicano.<br />
Questi vide fiorire un giglio, mentre percuoteva tre volte in terra un bastoncello, ripetendo:<br />
“Virgo ante partum,Virgo in partu e Virgo post partum”.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC, 37, pp. 109-124.<br />
Argomento<br />
Ponendosi in chiarezza maggiore i due singolarissimi Privilegi<br />
di Maria, cioè la sua Verginità perpetua e la sua Maternità di Dio,<br />
si conclude che l’onorar questi due Privilegi<br />
è il più bel modo di acquistarsela benevola Avvocata e Protettrice<br />
Ave Maria, ecc.<br />
1. Allora quando Iddio metter volle la Mano sua Onnipotente alle Opre<br />
sue Divine ad extra e dare l’essere ed il principio a tutte queste cose da<br />
Lui create dal nulla; tuttoché far lo potesse in un solo istante; nulladimeno<br />
mostrar volendo, che l’Onnipotenza sua dalla sua infinita sapienza<br />
non andava, nell’oprare, mai disunita; nel dare perciò a tutte le create<br />
cose l’essere loro e la loro disposizione mirabile, impiegar vi volle sei<br />
giorni.<br />
Nel principio, cioè prima di tutte le altre cose, creò il Cielo, vale a dire<br />
l’Empireo ed insieme gli Angeli tutti; e creò la Terra, voglio dire tutto<br />
questo Universo o sia sensibile Mondo, insieme con i quattro elementi principali,<br />
che lo compongono, cioè Terra, Acqua, Aria e Fuoco (Gen. 1, 1;<br />
Conc. Later., cap. Firmis). Tutto questo ce lo manifestano quelle Divine<br />
375
parole, In principio creavit Deus Coelum, et Terram 39 ; così sempre mai intese<br />
e spiegate comunemente dai Santi Padri e dalla Cattolica Chiesa<br />
(Gen. 1, 1 et ibi Corn. a Lap., Tirin et Menoch.). Così incominciar volle<br />
Iddio il primo Giorno, che corrisponde appunto alla nostra Domenica. Ma<br />
siccome piacque all’infinita sua Sapienza di non dare in quel punto<br />
disposizione ed ornamento all’Universo creato (Gen. 1, 2); quindi è che<br />
la Terra giaceva all’intutto sepolta fra le Acque; e queste occupando uno<br />
spazio vastissimo e quasi immenso, dalla Terra giungevano sino<br />
all’Empireo: e tutto questo grande Abisso di cose ricoperto giaceva di foltissime<br />
Tenebre (Gen. 1, 2); senza che vi fosser né Luce, né Pianeti, né<br />
Stelle; né erbe, né piante; né pesci, né uccelli, né animali, né Uomo.<br />
In siffatta guisa pertanto piacque all’Onnipotente Signore di far rimaner<br />
le cose per qualche tratto di tempo in quel primo Giorno. Sinchè circa<br />
quell’ora, che noi diciam Mezzodì, come raccolgono dal Sacro Testo<br />
alcuni dotti Interpreti, si degnò di creare la Luce; cioè a dire un Corpo<br />
lucido o una lucida nube (Gen. 1, 3; Menochius, ibi v. 9), che girando a<br />
guisa del Sole, bastasse per allora ad illuminare alquanto l’Universo e<br />
formar con la sua presenza il giorno e con la sua lontananza ed assenza la<br />
notte (Gen.1, 3-4). Questa dunque fu tutta l’opra che far volle Iddio nel<br />
primo Giorno, corrispondente, come dissi, alla nostra Domenica.<br />
Proseguendo indi l’opre sue maravigliose, creò nel secondo Giorno il<br />
Firmamento, dividendo la vastissima mole delle Acque (Gen. 1, 7-8); la<br />
metà delle quali facendola restar congelata e cristallizzata sopra il<br />
Firmamento sino all’Empireo; e l’altra metà per allora la lasciò sotto del<br />
Firmamento (Sarnel in Gen. lect. 4). E questo tal Firmamento è appunto<br />
quello, che noi ancor diciamo Cielo e che di un bel vivo colore azzurro<br />
ci comparisce.<br />
Nel terzo Giorno congregò Iddio le Acque insieme a parte e fece i Mari;<br />
e così facendo apparire la Terra arida, creò tutte le erbe, tutti gli Alberi<br />
e tutte le Piante (Gen 1, 9-12).<br />
Nel quarto Giorno creò il Sole, la Luna e le Stelle con tutti i Pianeti.<br />
Nel quinto Dì creò i Pesci e gli Uccelli (Gen. 1, 13-15, ecc.). E final-<br />
39 In principio Dio creò il cielo e la terra.<br />
376<br />
mente nel sesto Giorno, che al nostro Venerdì corrisponde, creò prima<br />
tutti gli Animali terrestri; indi creò l’Uomo, cioè Adamo; da una costola<br />
di cui poi creò Eva, che fu la prima Donna e Madre di tutti i<br />
Viventi (Gen. 1, 20-27, ecc.).<br />
Or in tutte queste grand’Opre così belle e maravigliose, che Iddio nel<br />
giro di giorni sei compir egli volle; non crediate mai, Uditori, che nella<br />
Mente Divina altro allora non si ravvolgesse che il semplice fabbricar il<br />
Cielo, la Terra e tutto l’altro, a cui l’esser pur diede. Eh pensate voi! La<br />
prima grande Opra ineffabile, che Iddio sin da secoli eterni, prevista e<br />
preordinata prima di ogni altra qualunque, ebbe nella sua Divina<br />
Mente; voi pur lo sapete, fu l’Opra Divinissima dell’Incarnazione del<br />
Verbo nel Ventre purissimo di Maria. Cosicché a Gesù Cristo eran dirette,<br />
in simbolo ed in figura, tutte le altre <strong>Opera</strong>zioni Divine; le quali or<br />
in un modo, or in altro; or per una ragione ed or per un’altra; rappresentar<br />
potessero quel tanto, che questo Verbo Divino Umanato avrebbe<br />
avuto o avrebbe fatto o avrebbe patito o con cui sarebbe rimasto glorificato.<br />
E siccome Maria SS.ma, come Madre di Gesù Cristo, fu insieme<br />
col suo Divin Figlio ab eterno prevista e preordinata (ex Suarez); così non<br />
può negarsi, che anch’essa nelle Opre Divine non venisse bene spesso ad<br />
esser figurata sotto mille simboli ed adombrata sotto mille fatti e avvenimenti:<br />
essendo stata anch’essa il grande negozio di tutti i secoli; come<br />
la chiamò con ragione San Bernardo: Negotium omnium Saeculorum (Prov.<br />
8, 27-30, ecc.). Quindi, se tuttociò che la Scrittura Divina ci attesta di<br />
Gesù Signor nostro, che fosse in mille guise figurato nella fabbrica<br />
dell’Universo e che a tutte le cose si trovava presente nella Mente<br />
Divina del suo Divin Padre e che gli serviva di un gran diletto nella<br />
creazione del Tutto: se tuttociò, dico, applicano ancora gli Interpreti<br />
Sacri a Maria SS.ma; voi lo vedete, se quanto grande ne abbiano il<br />
Fondamento. Ah sì, sì, attesta con altri mille Cornelio a Lapide:<br />
Ab inizio Mundi Mariam in variis figuris… Deus delineavit 40 (Corn. a Lap.<br />
in Prov. 8, 23 ecc.). Sì, che la sua Purità e Verginità, segue a dir egli, fu<br />
figurata negli Angeli; la sua Integrità ed illibatezza nei Cieli; la sua<br />
40 Dall’inizio del mondo Dio rappresentò Maria in varie figure.<br />
377
Bellezza nel Sole, nella Luna e nelle Stelle; la pienezza della sua Grazia<br />
nei Mari e nelle Acque; la sua vaghezza nei Fiori e nei Prati; la sua<br />
Divina Fecondità negli Alberi e negli Animali; la sua stabilità e fermezza<br />
nella Terra; il suo Potere e Dominio nell’Uomo: e così le altre sue<br />
eccellenti Prerogative in tante altre cose; in quibus, come conchiude il<br />
dottissimo A Lapide, Deus, delineando prima tantae fabbricae fundamenta,<br />
praeludebat 41 .<br />
Che se tanto gioiva Iddio nell’andar delineando nella Creazione<br />
dell’Universo le Virtù e le Prerogative singolarissime della sua SS.ma<br />
Madre; voglio che anche noi, Uditori, in questa sera siamo un tantino<br />
a parte di questo Divin godimento, per quanto licer può a sì misere<br />
Creature, col rifletter ben bene, non già a tutti i Privilegi di Nostra<br />
Signora (che ciò neppur alle Angeliche Menti possibil fassi); ma a due<br />
soli; voglio dire alla sua perpetua Verginità, ed alla sua Maternità di Dio.<br />
Alcuni sacri Testi del Vangelo di San Matteo, che a certi deboli ed<br />
indemoniati Cervelli parver contrari alle due predette Prerogative<br />
della Regina del Cielo, mi necessitano intorno a ciò raggirare in questa<br />
sera il famigliare discorso. Sarò, dopo sì lungo Proemio, sarò, dissi,<br />
succinto e breve più di quel che pensate. Favoritemi di attenzione.<br />
Ed incomincio.<br />
I<br />
2. Favellando primieramente della perpetua Verginità di Maria, cioè che<br />
essa, come c’insegna la Cattolica Fede, fosse sempre illibatissima Vergine<br />
prima del Parto, Vergine nel Parto e Vergine perpetua dopo il suo Parto<br />
Divino: favellando, dissi, di questo suo primo Privilegio singolarissimo;<br />
certo è, che a dispetto e confusion degli Ebrei e degli empi eresiarchi<br />
Ebione e Cerinto, costa ad evidenza dalle Divine Scritture, che Maria<br />
SS.ma fu primieramente Vergine avanti il Parto e che Gesù Cristo Signor<br />
nostro non fu già concepito per opera di Uomo e nel modo umano; ma<br />
bensì fu concepito nel purissimo Ventre della Vergine per sola Virtù<br />
Onnipotente Divina, attribuita in modo speciale allo Spirito Santo.<br />
41 Nelle quali cose Dio delineando i primi fondamenti di una così grande costruzione<br />
preludeva.<br />
378<br />
Così lo avea profetizzato Isaia: Ecce Virgo concipiet (Isaia 7, 14): e così<br />
necessariamente avvenne; come ce ne fa fede San Matteo: Inventa est in<br />
Utero habens de Spiritu Sancto (Matth. 1, 18); e ce lo contesta a chiare note<br />
San Luca: Spiritus Sanctus superveniet in Te, et Virtus Altissimi obumbravit<br />
tibi 42 (Luc. 1, 35).<br />
3. Oltre a che, ogni ragione e convenienza voleva, che la Generazione del<br />
Figlio di Dio, fatto Uomo per toglier i peccati del Mondo, fosse una<br />
Generazione distinta, che non avesse parte veruna con la concupiscenza<br />
del Mondo (Turlot, Tomo 1, p. 1, c. 4, lect. 2). E poi, siccome il primo<br />
Adamo era stato formato di una terra Vergine per sola virtù di Dio; così<br />
molto più era dovere, come ben riflette Sant’Ireneo, che il secondo<br />
Adamo, cioè Gesù Cristo, formato fosse di un purissimo Sangue<br />
Vergine, per sola Divina Onnipotenza (S. Iren., lib. 3, Cont. Haeris.,<br />
c. 31-33).<br />
4. Invano adunque gli empi Ebioniti e Cerintiani; indarno i perfidi Giudei,<br />
si aiutarono unitamente a dare stiracchiate e bugiarde interpretazioni<br />
alla gran profezia d’Isaia, che abbiam commemorata di sopra (vid. Grav.<br />
Tomo 1, pagg. 17-19). Certamente che essi vennero in ciò a mostrarsi<br />
più empi e più ciechi dello stesso, per altro perverso, Maometto; il quale,<br />
tuttoché con la sua bocca esecranda vomitasse mille bestemmie contro<br />
Gesù Signor nostro; pure confessò apertamente nel suo Alcorano, che<br />
Maria Madre di Gesù fosse Vergine avanti il Parto, e che senza umana operazion<br />
concepisse (vid. Graves. loc. cit., pag. 17).<br />
5. Che se da questa illibata Verginità avanti il Parto che godette Nostra<br />
Signora, alla sua Verginità che ancor ebbe nel Parto far vogliamo passaggio;<br />
al vederla così chiaramente predetta ed enunciata nelle Divine<br />
Scritture (Turlot, loc. cit., pag. 79), e confessata e creduta per infallibile<br />
da tutti i Santi Padri comunemente e da tutto il Cattolico Mondo<br />
(Graves., loc. cit., pagg. 20-21); deh si arrossisca pure l’infame eresiar-<br />
42 Lo Spirito Santo verrà sopra di Te e la virtù dell’Altissimo ti adombrerà.<br />
379
ca Gioviniano ed ogni altro suo maligno seguace, se con quella linguaccia<br />
d’Inferno di temerariamente negarla ardire egli ebbe (S. Amb., S.<br />
Aug., S. Bern., apud Grav., loc. cit., pag. 20). Certo che<br />
quell’Onnipotente Iddio, che nel farsi Uomo, non violò minimamente<br />
il purissimo Claustro Verginale della sua Madre; così neppure lo violò<br />
e l’offese nel nascere. Così lo simboleggiò il misterioso Roveto ardente<br />
senza diminuzione veruna da Mosè osservato (Exod. cap. 3). Così lo profetizzò<br />
Ezechiele: Porta haec clausa erit, et non aperietur 43 (Ez. cap. 44).<br />
Così lo predisse Isaia, dicendo non solo: Ecce Virgo concipiet, ma ancora:<br />
Virgo pariet Filium 44 (Is. cap. 7). Onde nell’Apostolico Simbolo della<br />
Fede, non solo dicesi, Conceptus est de Spiritu Sancto, in pruova che Maria<br />
fu Vergine avanti il Parto; ma si aggiunge subito, Natus ex Maria Virgine,<br />
in attestato che fu Vergine anche nel Parto. In quella guisa appunto, che<br />
Gesù Cristo per Virtù sua Divina uscì nel suo Risorgimento dal<br />
Sepolcro, nonostante che chiuso e sigillato (Catechis. Conc. Trid. in<br />
Symbol); e nel modo che il Sole penetra con i raggi suoi il vetro o il<br />
Cristallo senza offenderlo punto (Grav. pag. 20): così Gesù per virtù sua<br />
Onnipotente, quand’egli nacque, uscì dal Ventre purissimo della sua<br />
Madre, senza di offender punto l’intatta ed illibata sua Verginità; e<br />
senza che la Madre sua purissima ne patisse minimo dolore o detrimento<br />
(Grav., pagg. 25-26). Quindi meritamente San Girolamo, come favole<br />
diaboliche ed esecrande detesta certune novelle ai tempi suoi da<br />
Giovinianisti sparse, che sacrilegamente asserivano, esservi accorse delle<br />
ostetriche assistenti al suddetto Parto Divino di Nostra Signora.<br />
6. Viva dunque Maria SS.ma Vergine nel Parto! Passiam’ora, Uditori, alla<br />
sua perpetua Verginità dopo il Parto (Grav., pag. 21). O contro di questa<br />
sì, si credeva il diabolico eresiarca Elvidio di aver conchiuso gran cosa,<br />
qualora oppose tre Testi del Santo Evangelista Matteo; cioè uno, ove<br />
dice: Antequam convenirent, inventa est in Utero habens de Spiritu Sancto 45<br />
(Mat. 1, 18); l’altro, ove sta scritto: Et non cognoscebat eam, donec peperit<br />
43 Questa porta sarà chiusa e non verrà aperta.<br />
44 La Vergine partorirà un Figlio.<br />
45 Prima che venissero ad abitare insieme fu trovata incinta per opera dello Spirito Santo.<br />
380<br />
Filium suum primogenitum 46 (Mat. 1, 25); il terzo finalmente, ove si legge:<br />
Nonne Mater ejus dicitur Maria, et fratres ejus Jacobus, et Joseph, et Simon, et<br />
Judas; et Sorores ejus, nonne omnes apud nos sunt 47 ? (Mat. 13, 55-56). Onde<br />
a questi sacri Testi dando Elvidio una spiegazione di mille bestemmie<br />
ripiena, vedete, diceva con quella bocca d’Inferno, se lo stesso Vangelo<br />
c’insegna, aver Maria dopo il Parto di Gesù avuti altri Figli e Figlie da<br />
Giuseppe.<br />
7. Ma viva pure il massimo San Girolamo, che dando all’eresiarca perverso<br />
una solenne mentita, confessar ben gli fece la sua somaraggine somma<br />
su del vero e legittimo senso del sacrosanto Vangelo (Grav., pagg.<br />
21-25). E lo stesso fecero in difesa della perpetua Verginità di Maria<br />
dopo il Parto (Turl., pag. 79, Tomo 1) il sempre grande Agostino, San<br />
Basilio, Sant’Ambrogio, Sant’Epifanio, in una parola, tutti i Santi Padri<br />
e la Cattolica Chiesa, che stabilì anche di fede essere stata Maria SS.ma<br />
perpetua Vergine dopo il suo Parto Divino (S. Tho., p. 3, q. 28, art. 3).<br />
8. Il vero e legittimo senso pertanto di quei Testi di San Matteo, è, che ove<br />
dice: Antequam convenirent, ed ove non cognoscebat eam, donec peperit, il<br />
Santo Evangelista parla solo di quel che avvenne prima del Parto di<br />
Maria Vergine, dicendoci ivi San Matteo, che San Giuseppe non ebbe con<br />
Maria SS.ma commercio veruno (Grav., pag. 23). Tutto ciò, e non altro,<br />
importano quelle particelle antequam e donec, come appare in altri sacri<br />
Testi delle Divine Scritture (Tirin in Mat., cap. 1, v. 25). Né da ciò può<br />
dedursi, che dopo il Parto Divino fosse qualche commercio seguito;<br />
com’empiamente bestemmiava Elvidio.<br />
9. Che poi nel Vangelo si chiami Gesù Primogenito della Vergine, ivi la voce<br />
Primogenitus è la stessa che Unigenito ed unico: avendo noi altri esempi<br />
nella Sacra Scrittura di esser così chiamati gli unigeniti (Grav. pag. 24;<br />
Tirin, loc.cit.). Finalmente che nel Vangelo siano nominati i Fratelli e<br />
46 E non la conosceva finchè non partorì il Figlio suo primogenito.<br />
47 Non si chiama forse sua Madre Maria e i suoi fratelli Giacomo e Giuseppe e Simone e<br />
Giuda e le sue sue sorelle non sono tutte presso di noi?<br />
381
le Sorelle di Gesù Cristo, ciò altro non significa, se non che erano Parenti<br />
della stessa Cognazione e Famiglia e discendenza della Vergine: e ciò è<br />
il solito stile delle Divine Scritture. Tanto vero, che nello stesso Vangelo<br />
viene spiegata Maria di Salóme, che era Madre di alcuni di quei chiamati<br />
Fratelli del Redentore (Marc. cap. 15).<br />
10. E poi, chi mai tanto sfacciato ardirebbe di sospettare, che Maria SS.ma,<br />
la quale fu tanto circospetta con l’Angelo nel Divino Annuncio e che confessando<br />
essa stessa che era purissima Vergine, non avrebbe neppur consentito<br />
ad esser Madre di Dio, se avesse avuto a perder l’illibata sua<br />
Verginità: Quomodo fiet istud, quoniam virum non conosco? 48 (Luc. 1, 34).<br />
Avesse poi voluto perderla, per esser Madre di altri Uomini? Eh via, che<br />
oltre all’essere un tal sospetto un mostro di orrenda eresia, sarebbe anche<br />
di una somma ingiuria ed alla gran purità della Vergine ed alla gran<br />
Santità di Giuseppe (Graves., pag. 21); come degnamente riflette<br />
l’Angelico San Tommaso (S. Tho. in 3 p., q. 28, art. 3). Muoia dunque la<br />
perfidia Giudaica e perisca l’empietà di Ebione, di Cerinto, di<br />
Gioviniano, di Elvidio e di ogni altro lor Settatore ignorante e perverso:<br />
e viva in eterno la perpetua Verginità di Nostra Immacolata Signora,<br />
Vergine avanti il Parto, Vergine nel Parto e sempre Vergine dopo il Parto.<br />
II<br />
11. Che se dalla Verginità all’altro singolarissimo Privilegio della Maternità<br />
Divina, che ebbe Maria, dar vogliamo di sol passaggio anche un’occhiata;<br />
al certo, Uditori, se mille encomi meritaron tra gli altri San Girolamo<br />
e Sant’Agostino per aver così bene difesa la prima; elogi infiniti pur<br />
merita San Cirillo Patriarca Alessandrino per aver contra l’empio eresiarca<br />
Nestorio (S. Cirill. lib., De rect Fid., cap. 6), con sommo zelo e<br />
sapere sostenuta l’altra e difesa, cioè che la Vergine veramente e propriamente<br />
era Madre di Dio: come pure per tale la sostennero tutti gli altri Santi<br />
Padri Greci e Latini e la Cattolica Chiesa poi nel Concilio Efesino lo<br />
dichiarò anche di Fede (Grav., pag. 39).<br />
48 Come avverrà questo poiché non conosco uomo?<br />
382<br />
12. Ma notate, Uditori, se che somaraggine ed empietà di quel maligno<br />
Patriarca Costantinopolitano, voglio dire Nestorio. Il Vangelo, diceva<br />
egli, non chiama la Vergine Madre di Dio, ma solo la dice Madre di Gesù.<br />
Oltredichè la Vergine (seguitava l’empio) non generò la Divinità, non<br />
fu già e non potè essere una Dea; come dunque esser potè Theótocos, o<br />
Deípara, o vera Madre di Dio? (Graves., pag. 39). E così pensava l’ignorantissimo<br />
e maligno eresiarca di aver provato molto, col toglier empiamente<br />
alla gran Vergine il suo più glorioso e più giusto titolo di vera<br />
Madre di Dio.<br />
13. O sia pur benedetta la gran Madre di Dio, che imputridir fece e marcir<br />
con mille vermi la Lingua a siffatto Nemico suo bestemmiatore, in<br />
compruova delle esecrande bugie che vomitava (Auriem, pag. 1, car.<br />
195). Imperciocchè vari sono i Luoghi del Vangelo e della Scrittura,<br />
dove espressamente la Vergine vien chiamata Madre di Dio, e il Figlio di<br />
Dio vien chiamato suo vero Figlio. In S. Matteo si attesta verificata in<br />
Maria SS.ma la Profezia di Isaia, ove si dice, che la Vergine sarebbe stata<br />
Madre di Colui, che si chiamava Emmanuele, cioè a dire, Iddio con noi (Matt.<br />
1, 23). In San Luca abbiamo, che l’Angelo stesso disse alla Vergine,<br />
ch’essa era destinata Madre di un Figlio, che era insieme Filius Dei (Luc.<br />
1, 35-43); e Santa Elisabetta la chiamò con il giusto titolo di Madre di<br />
Dio: Mater Domini mei. E per finirla l’Apostolo San Paolo, scrivendo ai<br />
Gálati (Gal. 4), disse chiaramente, che dal Sangue purissimo della<br />
Vergine era stato fatto il Figlio di Dio Umanato, Misit Deus Filium suum,<br />
factum ex muliere 49 . E ciò quanto al Vangelo ed alle Scritture, da cui costa<br />
la Maternità Divina di Nostra Signora.<br />
14. Quanto poi all’altro, convien sapere, che la Chiesa Cattolica crede e<br />
dice, essere stata la Vergine veramente e propriamente Madre di Dio<br />
(Grav., pag. 39), non già perché essa fosse una dea, o generar potesse la<br />
Divinità, o guardici il Cielo da tali favole del Gentilesimo dall’empio<br />
Nestorio sognate. Ma bensì fu vera e propria Madre di Dio, perché fu vera<br />
e propria Madre di Gesù Cristo, ch’era vero Uomo insieme e vero Dio.<br />
49 Dio inviò suo Figlio fatto da donna.<br />
383
Fu Gesù Cristo una sola Persona Divina, come c’insegna la Fede contra<br />
lo stesso Nestorio. Ebbe non di meno due Nature, cioè la Natura Divina<br />
e la Natura Umana, la quale, nello stesso istante che egli fu concepito<br />
nel purissimo Ventre di Maria, unì sostanzialmente ed ipostaticamente alla<br />
sua Divina Persona. Tuttociò pur è dogma di Fede contro il predetto<br />
Nestorio e contra l’altro somarone eresiarca Eutíche contro dei quali si<br />
portò con tanto zelo e sapere nell’anno 451 Lucenzio terzo Vescovo<br />
nostro di Ascoli, allorché a nome di S. Leone I Papa presidette al<br />
Concilio di Calcedonia. Quindi è che, o la Vergine concorresse effettivamente<br />
e fisicamente a questa Unione Ipostatica dell’Umanità col Divin<br />
Verbo (Strugl., Tomo 2, pag. 416), o vi concorresse soltanto istrumentalmente<br />
(giacché vi è questione tra gli stessi Teologi Cattolici): il vero è,<br />
che tale Unione Ipostatica di due Nature fu fatta nel suo puro Ventre,<br />
nel punto che Ella concepì Gesù Cristo (Becan. p. 3, c. 209, q. 6).<br />
Onde avendo essa veramente e propriamente concepito e partorito un<br />
Uomo-Dio; ciò basta, come conchiude San Cirillo Alessandrino, per essere<br />
stata veramente e propriamente Madre di Dio.<br />
15. In quella guisa appunto, come segue a dir San Cirillo, che le altre<br />
Madri, ancorché esse non generino le Anime dei Figli loro, ma i soli<br />
Corpi; pur nondimeno si dicono vere Madri dei loro Figli animati<br />
(Graves. pag. 39). Così eziandio Maria SS.ma non concepisse, né generasse<br />
la Divinità di Gesù Cristo, ma la sola Umanità sacrosanta: nulladimeno<br />
perché questa Umanità nell’istante stesso, che fu generata, fu<br />
unita ipostaticamente e personalmente alla Divinità; talchè ne risultò<br />
quella Persona Divina che fu Dio ed Uomo nel tempo stesso; perciò venne<br />
ad esser la suddetta Vergine vera Madre di Dio; cioè vera e propria<br />
Madre, secondo l’umanità, di quella Persona che era insieme vero Dio e<br />
vero Uomo.<br />
III<br />
16. Siano dunque mille lodi, e mille congratulazioni alla Regina del Cielo,<br />
per aver in sé accoppiati questi due Privilegi così ineffabili e singolari,<br />
che riescono e saranno sempre, di un’eterna gioconda maraviglia a tutto<br />
il Paradiso; cioè a dire di aver con la perpetua Verginità illibata, la<br />
Maternità di Dio ancor unita. Miei cari Uditori, quanto goda la Vergine<br />
384<br />
in veder ossequiati da noi questi due suoi Privilegi; e quanto propensa<br />
e premurosa si mostri in proteggerne gli ossequiosi; siccome ve ne dissi<br />
qualche cosa nel Sabato scorso; perciò per non tediarvi mi astengo qui<br />
dal ripeterlo. Vi basti solo questo esempio, avvenuto in persona del<br />
Beato Egidio, discepolo di S. <strong>Francesco</strong> di Assisi e riferito dal Surio nella<br />
sua Vita (Surio, Tomo 2, Vit. SS., die 23 August.).<br />
17. Qui dunque si narri il fatto del B. Egidio, come per la sua tenera divozione<br />
alla perpetua Verginità ed alla Maternità divina di Maria, fu assistito<br />
contro molte tentazioni e liberò da una fiera tentazione quel<br />
Teologo domenicano, con il percuoter tre volte in Terra un bastoncello e<br />
ad ogni percossa nacque un Giglio, nel mentre che il Santo percuotendo<br />
diceva: Virgo ante partum, e nella seconda percossa: Virgo in partu, e nella<br />
terza: Virgo post partum 50 , ecc.<br />
50 Vergine prima del parto, durante il parto e dopo il parto.<br />
385
SERMONE XI FAMILIARE<br />
Recitato Sabato 4 Febbraio 1758<br />
Il Sermone presenta un proemio ben articolato, ma si interrompe dopo la presentazione<br />
dello schema. L’Autore paragona la nostra ricerca del Paradiso Terrestre a<br />
quella dei Magi che cercano la Grotta di Betlemme. Si propone poi di spiegare chi<br />
fossero i Magi, come videro la Stella, quanto cammino fecero, quali doni portarono<br />
al Santo Bambino ed infine quanto siano a Dio graditi i doni offertigli per le mani<br />
di Maria SS.ma.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 37, pp. 125-127.<br />
Argomento<br />
Dilucidandosi la Venuta e l’offerta dei Santi Re Magi,<br />
di cui favella San Matteo, si conchiude quanto Iddio gradisca i doni,<br />
che gli si danno per le Mani della sua SS.ma Madre<br />
Ave Maria, ecc.<br />
1. Questione molto amena è quella, che verte tra molti Santi Padri e<br />
Scrittori, cioè se il Paradiso Terrestre, ove fu collocato il nostro<br />
Progenitore Adamo, vi sia anche adesso nel Mondo, oppur fosse distrutto<br />
nell’universale diluvio? Checchè altri ne sentano; a me sempre è piaciuta<br />
quella sentenza, che tiene, trovarsi ancor di presente il Paradiso<br />
Terrestre, né essere stato dal diluvio punto guasto e distrutto: e tantopiù<br />
mi muovo a sostenerla, quanto che leggo nella Divina Scrittura, che<br />
dopo esserne stati discacciati i nostri Progenitori, Iddio vi pose in guardia<br />
un cherubino, affinché lo custodisse e non vi lasciasse più entrare<br />
chiunque (Gen. 3, 24): quasi che riporre solo volesse e serbare tale<br />
Luogo, deliziosissimo per altre da Lui prescelte Persone (Pinel.,<br />
Tratt. de al vit. p. 2, cap. 9, dub. 7). Di fatto una tale opinione, non solamente<br />
viene insegnata da S. Giustino Martire, da Sant’Ireneo, da<br />
Sant’Atanasio, da Sant’Agostino e dall’Angelico San Tommaso (S.Tho.<br />
in 3 p., q. 49, art. 5); ma di più son di parere questi gran Santi, che<br />
appunto nel Paradiso Terrestre facesse Iddio trasportare Enòc ed Elia, e<br />
che ivi ora abitino e vivano da Viatori.<br />
Mi direte, Uditori, se dove ed in che parte di Mondo sia o almeno fu,<br />
codesto Paradiso Terrestre deliziosissimo? Due cose di certo risponder vi<br />
386<br />
posso. La prima è, che codesto Paradiso Terrestre fu piantato da Dio a<br />
principio (Gen. 2, 8), come dice la nostra Volgata, cioè a capo<br />
dell’Oriente, ad Orientem, come tradussero i Settanta; e come si tiene<br />
comunemente con l’Angelico San Tommaso (S. Tho. in I p., q. 102, art.<br />
1, ad. 2). L’altra cosa è, che in mezzo a questo Paradiso Terrestre fece<br />
Iddio un copioso fonte di acque; da cui ebbero origine i quattro grossissimi<br />
fiumi, cioè il Fisone o sia il Gange, il Geóne o sia il Nilo, il Tigri<br />
e l’Eufrate (Gen. 2, 10-14).<br />
Dunque, direte voi, chi trovar potesse la bella sorgente di questi quattro<br />
fiumi, ritroverebbe il Paradiso Terrestre? Tant’è, Uditori. Ma a<br />
ritrovarla sta il punto e tutto l’intoppo. Io dir vi posso, che le scaturigini<br />
dei quattro fiumi suddetti sono già state da molto tempo scoperte<br />
(Tirin. in Genes. 2, 8). Il fiume Gange nasce nelle Indie dal Monte<br />
Cáucaso: il Nilo da un Lago del Regno del Congo: il Tigri poi e l’Eufrate<br />
dai Monti di Armenia. Eppure il Paradiso Terrestre, come guardato dal<br />
cherubino, non è stato per anche trovato, né giammai si scoprirà.<br />
Quindi a che i sacri Interpreti tengono col grande Agostino (S. Aug.<br />
lib. 8, de Gen., cap. 7) , aver è vero l’origine i quattro fiumi da quella<br />
copiosa Fonte del Paradiso Terrestre; ma questa Fonte poi, irrigato il<br />
Paradiso, sprofondandosi sotto terra, vada per sotterranei meati e canaletti<br />
ad uscire, dove le sorgenti degli accennati quattro fiumi sono state<br />
scoperte (Tirin in Gen. 2, 8).<br />
A che, a che perder pertanto inutilmente il tempo nell’andar senza frutto<br />
rintracciando quel Paradiso in Terra, che non vuol più Iddio che si<br />
trovi? Un altro bel Paradiso Terrestre, ed infinitamente più vago, più<br />
degno e più eccellente dell’altro, ci propone in questa sera l’evangelista<br />
Matteo (Matt. 2, 1); ed è la santa Grotta di Gesù Bambino in Betlemme.<br />
Or questo Paradiso sì, perché Dio voleva che ritrovato fosse, non solo da<br />
Pastori vicini, ma insino dai più remoti Orientali; fece perciò apparire<br />
in alto una nuova Stella in segno, affin servisse di fedel guida ai Magi,<br />
che tanto bramavano di poter ritrovare questo nuovo Paradiso Terrestre.<br />
Or su di ciò in questa sera discorreremo, vedendo primo, chi erano i Magi,<br />
come videro la Stella, e quanto cammino fecero. Secondo quali doni tributarono<br />
al Santo Bambino. Terzo, dal significato dei doni apprenderemo<br />
quanto siano a Dio grati quei doni che gli si offrono per le Mani di Maria<br />
SS.ma. Favoritemi della solita attenzione: ed incomincio.<br />
387
SERMONE XII FAMILIARE<br />
Recitato Sabato 11 Febbraio 1758<br />
Dall’autografo originale in ASC 37, pp. 139.<br />
Argomento<br />
Spiegandosi la Fuga nell’Egitto, memorata da S. Matteo,<br />
si esalta la sofferenza insieme e prudenza di Maria SS.ma,<br />
e se ne raccomanda l’imitazione<br />
Ave Maria<br />
Ignoto, La fuga in Egitto, olio su tela, sec. XVII, dipinto appartenente all’antica famiglia<br />
<strong>Marcucci</strong>, oggi nel Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />
388<br />
SERMONE XIII FAMILIARE<br />
Recitato Sabato 4 Marzo 1758<br />
Il Sermone è sviluppato in tre parti. Nel proemio l’Autore riflette sulla crudeltà<br />
della natura umana che, dopo Caino, continua a perpetrare delitti nella storia come<br />
la strage degli innocenti narrata dall’Evangelista Matteo (2, 16-18).<br />
Nella prima parte, ai numeri 2-4 viene narrata la strage degli innocenti, avvenuta<br />
un anno dopo circa la Nascita di Gesù, il 28 dicembre.<br />
Nella seconda parte, ai numeri 5-9, l’Autore presenta alcune delle ipotesi più attendibili<br />
riguardo al numero dei bambini uccisi, immagina la crudeltà della stage ed infine<br />
si chiede a quale titolo questi bambini possono considerarsi martiri se non hanno<br />
l’uso di ragione. Conclude con la risposta di san Tommaso il quale afferma che “come<br />
nei bambini il Santo Battesimo conferisce la grazia e l’eterna vita per i meriti di Gesù<br />
Cristo, senza quelli propri; così negli stessi bambini la morte avuta, a riguardo di Gesù<br />
Cristo, è sufficientissima per conceder loro la laurea del glorioso Martirio”.<br />
Nella terza parte, ai numeri 10-16, don <strong>Marcucci</strong> si pone l’ardua questione del<br />
perché Dio possa permette stagi come quella degli innocenti e risponde che attraverso<br />
sua Madre, Maria SS.ma Egli trova il modo di difendere e proteggere gli innocenti e<br />
punire i peccatori.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 37, pp. 153-171.<br />
Argomento<br />
Dilucidandosi la Strage degli Innocenti, di cui ci parla San Matteo,<br />
si viene a dedurre quanto dispiaccia a Maria SS.ma<br />
il perseguitar gli Innocenti<br />
1. Che un Uomo irritato ed eccitato internamente si senta a perseguitare un<br />
Nemico, effetto è della nostra Natura dal peccato scompigliata e corrotta.<br />
Quindi avviene a ciascuno, che a forza di valorose ripressioni continue la raffreniamo,<br />
per dar luogo alla Grazia ed ubbidire a quel Dio, che ad onta della<br />
nostra ripugnante Natura, vuol che amiam i Nemici e che del bene facciamo<br />
a chi ci offese. Ma che poi un Uomo a perseguitare si muova un<br />
Innocente e a lapidare si aiuti chi non mai l’offese; o questo sì che non solo<br />
è trasgredire la santa Legge di Grazia, ma è un correr bestialmente contro<br />
ai dettami della Natura medesima. Eppure, appena, per dir così, agli anni<br />
della discrezione giunge il primogenito di Adamo, voglio dir Caino (Gen.<br />
389
4) che rinunziando qual mostro di crudeltà ad ogni sentimento di umanità,<br />
ad ogni retto dettame della Natura, si empie di sdegno contro il suo<br />
minore fratello Abele; e senza che questi o l’avesse mai irritato, o disgustato;<br />
senza causa, senza ragione, senza motivo, lo assale un giorno e tuttoché<br />
innocente, innocentissimo, non ha ribrezzo di percuoterlo, di straziarlo, di<br />
ucciderlo. Fosse almeno stato l’ultimo mostro di barbarie Caino, giacché<br />
volle l’empio la gloria di esserne stato il primo. O quanti inumani Caini ha<br />
da quando in quando veduti sopra di sè la Terra e tuttogiorno pur vede! Tra<br />
le tante migliaia, uno di Caino ancora più empio ed inumano ci presenta in<br />
questa sera il Santo Evangelista Matteo (Matt. 2, 16-18). Dopo aver’egli<br />
raccontata la fuga, che misteriosamente Gesù Bambino fece con la sua Madre<br />
in Egitto; a narrare si pone la non mai prima sentita crudeltà del Re Erode<br />
Ascalonita; il quale dato sulle furie per non vedere il ritorno a sé dei Re<br />
Magi, stimandosene offeso e deluso, pensò contro ogni legge di Natura sfogar<br />
la sua rabbia, coll’ordinare in tutta la Città di Betlemme e in tutto il<br />
suo Distretto, una barbara persecuzione e strage di tutti i Bambini di età di<br />
due anni in sotto, col pensiero di coglierci tra tante migliaia d’Innocenti<br />
l’Innocentissimo ancora Gesù Bambino. Di tanta empietà erodiana, se il<br />
Vangelo medesimo non ce ne desse sicurezza infallibile, credibil non parrebbe<br />
l’ordine uscito. Or, su di questa crudelissima Strage degli Innocenti sarà<br />
in questa sera, Uditori, il nostro spirituale trattenimento. Vedremo, primo<br />
in che tempo fu eseguita questa barbarie e dove; secondo, quanti Bambini<br />
innocenti restarono martirizzati; terzo qual condegno castigo poi ne ricevette<br />
il crudelissimo Erode. E da qui passando a dimostrar quanto dispiaccia<br />
alla Vergine il perseguitare i suoi divoti, massime se sono innocenti, conchiuderemo,<br />
che tanto è il perseguitare un vero Divoto di Maria, quanto è tirarsi<br />
sopra la terribile sua Indignazione. Diamo principio.<br />
I<br />
2. Seguì, adunque, la strage crudelissima dei Bambini innocenti per ordine<br />
dell’empio Re Erode ed in odio di Gesù Signor nostro, nella città di<br />
Betlemme ed in tutto il vasto suo Distretto: Herodes… ratus…occidit<br />
omnes Pueros qui erant in Bethlehem, et in omnibus finibus eius 51 (Mat. 2, 16);<br />
51 Erode adirato… uccise tutti i fanciulli che erano in Bethlehem e in tutti i suoi territori.<br />
390<br />
seguì tale strage, ripeto, nel Giorno appunto, in cui da Chiesa Santa di<br />
tali Santi Innocenti se ne solennizza il glorioso Martirio; voglio dire, ai<br />
ventiotto di Dicembre, il quarto Giorno dal Santo Natale del Redentore<br />
Divino.<br />
3. Ma piano, sento qui chi mi dice che vi è di una insuperabile antilogia,<br />
di uno inestrigabile intoppo. È certo di Fede che la strage degli<br />
Innocenti seguì dopo la partenza e ritorno dei Santi Re Magi (Mat 2,<br />
1); comeppure dopo la Presentazione del Divino Bambino al Tempio<br />
(Lc 2, 21), anzi dopo la sua misteriosa Fuga in Egitto (Mat 2, 13). Or<br />
la venuta de’ Re Magi avvenne ai sei di Gennaio, la Presentazione al<br />
Tempio, o sia Purificazion della Vergine, successe giorni quaranta dopo<br />
il Santo Natale, cioè ai due di Febbraio; alcuni mesi dopo accadde la Fuga<br />
in Egitto; dicendo alcuni gravi Istorici che avvenisse questa Fuga di<br />
Giugno. Che se dunque, dopo tutto questo furono martirizzati gli<br />
Innocenti, come avrà poi da dirsi che la loro crudelissima strage nel<br />
quarto Giorno di Natale ed ai ventotto di Dicembre seguisse?<br />
4. Non nego esser questa una grande difficoltà; ma non tanta però che inestrigabile<br />
sia! Lo stesso Vangelo la scioglie, qualora ci assicura aver<br />
l’empio Erode ordinato che si uccidessero tutti i Betlemiti Bambini che<br />
si trovavano in età di sotto a due anni: A bimatu et infra (Mat 2, 16). Che<br />
segno è questo? Segno certamente che la Strage suddetta non fosse fatta<br />
nell’anno stesso che nacque Gesù Cristo; ma nell’anno seguente (che<br />
l’ultimo fu ancora dell’empio Erode). Tosto che il Tiranno vide che i<br />
Magi non più tornavano a Lui, com e si era già persuaso; diede, è vero,<br />
in smanie furiose e pensò di vendicarsene barbaramente con il sangue di<br />
tanti Innocenti. Ma bersagliato dagli affari suoi domestici e dalla<br />
costernazione in cui lo avevano posto i Figli ed il Fratello, gli convenne<br />
differire ad altro tempo più opportuno l’esecrando disegno. Quindi<br />
nel venturo anno, sedate alquanto le discordie domestiche, da Giuseppe<br />
ebreo descritte; fec’egli il conto da quel che udito avea dai Magi, secondo<br />
che ne attesta il Vangelo: Secundum tempus, quod exquisierat a Magis 52 ;<br />
52 Secondo il tempo che aveva chiesto ai Magi.<br />
391
e raccogliendo che il Santo nato Bambino aver potea poco più di un<br />
anno; diede con barbarie inaudita l’esecuzione all’ordine già dato dello<br />
sterminio totale di tutti i Betlemiti Bambini di sotto a due anni.<br />
Ed ecco, conciliate le difficoltà insorte, come si verificò la strage avvenuta<br />
ai 28 di Dicembre dell’anno dopo la Nascita del Salvadore.<br />
II<br />
5. E qui, per far passaggio all’altro punto, cioè al numero sorprendente dei<br />
martirizzati Bambini, egli è duopo restiate prima informati che secondo<br />
la relazione di Giuseppe Istorico Ebreo, era la Giudea ed in particolare<br />
la Città di Betlemme con tutto il suo Distretto, popolatissima.<br />
Quindi figuratevela pure quanto mai ripiena di Bambini e Fanciulli<br />
biennali che le vostre idee sempre si appoggeranno al vero.<br />
6. Escono pertanto da Gerusalemme per espresso ordine rigoroso di Erode da<br />
tre in quattro mila Soldati, dei più fieri e dei più scelti nella barbarie; affine<br />
la natural compassione in veder tanto sangue innocente, ed in udir tante<br />
smanie e tanti urli di migliaia di misere e non colpevoli Madri, non avesse<br />
fatta lor mitigare l’inumana ferocia. E giunti all’improvviso sullo spuntare<br />
del giorno, chi entro la Città e chi per li vicini Villaggi; denudate le spade,<br />
impugnati crudelmente i pugnali danno alla strage principio. Urlano e stridono<br />
a tutta possa le infelicissime Madri; ma a nulla serve. Vagiscono e<br />
smaniano i tenerelli Bambini, ma a nulla giova. Si sentono inconsolabili<br />
pianti ed altissime grida di smanie e di duolo in tutta Betlemme e nei suoi<br />
Contorni; come predisse Geremia dal Vangelo stesso citato: Vox in Rama<br />
audita est ploratus, et ululatus multus 53 (Mat. 2, 18); ma di tutto tripudiano<br />
gli empi Carnefici. Quindi per ogni parte, per ogni casa, in ogni angolo, in<br />
ciascun vicolo, tagliando, uccidendo, depezzando; senza perdonare a qualità,<br />
né a numero; ne straziarono dalla mattina alla sera, sinchè ne trovaron<br />
pur uno; piuttosto mancando le vittime al loro furore, di quel che mancasse<br />
l’avidità di strage maggiore al loro sdegno inumano.<br />
53 Una voce fu udita in Rama, pianto e molto lamento.<br />
392<br />
7. Non ci ha voluto ridir San Matteo il numero degli innocenti Bambini<br />
depezzati dalla furia di Erode e sono a persuadermi fosse un dei motivi la<br />
molta tenerezza che ne provava il piissimo Cuore del Santo. Lo risappiamo<br />
bensì dal Menologio dei Greci e dalla Liturgia degli Etiopi che il<br />
numero de’ martirizzati Bambini fosse di quattordicimila (Graves., Tomo<br />
1, De Myst.Christ., pag. 154). Io ben so, parere un tal numero troppo esorbitante<br />
e favoloso al P. Bollando (Tomo 1, Maii., pag. 57): ma in sua buona<br />
pace, a me piuttosto molto scarso egli pare. E sarei per dire, che quei 144<br />
mila Innocenti, che l’Evangelista Giovanni commemora nella sua Apocalisse<br />
e li chiama nel loro Martirio divenuti primititiae Deo et Agno 54 (Apoc. 15,<br />
3-4), cioè le prime vittime a Dio offerte; sarei, dico, per asserire che appunto<br />
compissero il preciso numero dei Santi Bambini in Betlemme ed in<br />
tutto il suo popolato distretto, dall’empio Erode svenati.<br />
8. Ma checché sia di tal numero dei Santi Innocenti, vorrei, ci spiegaste,<br />
odo qui chi mi replica, se con qual fondamento questi Innocenti vengono<br />
e dai Santi Padri e dalla Chiesa medesima chiamati Martiri. Certo è<br />
che Martiri son quei, che conoscendo e confessando Gesù Cristo, per amor suo<br />
danno il Sangue e la Vita. Or essendo stati quei Bambini in età molto<br />
tenera uccisi, assai prima che all’uso di ragione giungessero; come mai<br />
conoscere e confessar potevano Gesù Cristo; e dar volentieri il Sangue<br />
per lui ed esser in conseguenza Martiri veri?<br />
9. Per distrigarsi da tale domanda, vi furono alcuni, al riferir dell’Angelico<br />
S. Tommaso (2. 2 qu. 124, art. 1 ad 1), i quali risposero che per speciale<br />
Divino privilegio fu accelerato a quei Bambini e donato l’uso di<br />
ragione perfetta e del libero arbitrio; ed in conseguenza conobbero<br />
molto bene il Messia vero venuto, lo confessarono e per lui sacrificarono<br />
di buon cuore la Vita e Martiri veri divennero. Ma io, tuttoché ciò<br />
non lo stimi in verun conto impossibile, anzi minimamente improbabile:<br />
nulladimeno, non vedo esservi necessità alcuna di supporre un<br />
miracolo tale, per dichiararli Martiri veri: tanto più, che Santa Chiesa<br />
54 Primizie per Iddio e per l’Agnello.<br />
393
di loro canta che essi non confessarono Gesù Cristo con le parole e con<br />
la voce, ma bensì con la vita e con il sangue: non loquendo, sed moriendo<br />
confessi sunt 55 : che è lo stesso, che dire, che se essi non furono Martiri con<br />
la cognizione e con l’uso della volontà e della ragione; furono bensì veri<br />
Martiri con la Morte avuta in odio di Gesù Cristo e per riguardo suo<br />
ricevuta. Imperciocchè, come conchiude l’Angelico, siccome nei<br />
Bambini il Santo Battesimo conferisce la Grazia e l’eterna vita per li<br />
meriti soli di Gesù Cristo, senza i meriti loro propri; così negli stessi<br />
Bambini la Morte avuta, a riguardo di Gesù Cristo, è sufficientissima<br />
per conceder loro la laurea del glorioso Martirio.<br />
III<br />
10. Ma se passio placuit, come scrisse Tertulliano dei Santi Martiri, actio<br />
displicuit: se così accetta fu e grata al Signore la passione ed il Martirio<br />
dei Santi Innocenti; altrettanto però fu abominevole e di un sommo<br />
dispiacere a Dio l’azione tirannica ed inumana dell’empio Erode persecutore.<br />
Onde non fia maraviglia, se dopo averlo tanto tempo aspettato<br />
ed anche temporalmente prosperato, affine di ottenerne la conversione<br />
e l’emenda (giacché expectat Dominus, ut misereatur 56 , come la Scrittura ci<br />
attesta, et per prospera vocat 57 , come soggiugne S. Gregorio Papa); alla<br />
fine, ostinato vedendolo e sempre più inumano, con un fiero condegno<br />
castigo recider gli volle la vita; facendogli anche di qua pagare quel fio;<br />
che poi con eterni incredibili cruciati pagar dovea nell’Inferno.<br />
11. E uditene il come. Correva del Regno di Erode l’anno trentesimo settimo<br />
e della età sua il settantesimo (Poteva Dio più aspettarlo?). Pochi<br />
mesi già erano dalla crudelissima Strage (ex Sarnel in Br., cap.16).<br />
Eccoti gli sopraggiunge improvviso un gravissimo morbo. Gli si gonfiano<br />
i piedi; gli nasce un bollicume per tutto il corpo. E dandosi un<br />
male con l’altro la mano; gli sopraggiungono con la febbre vari svenimenti<br />
e languori: indi una fiera disperatissima colica: in seguito gli si<br />
55 Confessarono non con parole, ma con la morte.<br />
56 Il Signore aspetta che si penta.<br />
57 E lo chiama attraverso eventi prosperi.<br />
394<br />
incancrenisce il basso ventre, mandane fuora vermi puzzolentissimi.<br />
Smania il disperato e s’imperversa, ma senza vantaggio: tenta di darsi la<br />
morte con un coltello, per finir tante pene; ma non gli riesce il colpo.<br />
Quindi contorcendosi, divincolandosi e dando segni di un anticipato<br />
Inferno ch’egli provava, mandò fuori, a mille stenti, fra un foltissimo<br />
stuolo di orrendi demoni, la scelleratissima Anima. Così l’Innocenza<br />
depressa e straziata seppe alla fine vendicarsi della crudeltà e malizia<br />
cotanto baldanzosa una volta e superba. Che se il Sangue innocente di<br />
un solo Abele (Gen. 4), che gridava tutt’ora vendetta al cospetto di Dio,<br />
contra l’empio Caino, fu di Lui e della sua discendenza il totale sterminio:<br />
pensate, Uditori, quanto mai perorare ed ottenere potesse da Dio,<br />
contro di Erode, il Sangue di tante migliaia di Bambini innocenti?<br />
12. Io ve lo accennai e ve le replico ancora, che tanto è il perseguitare e<br />
tiranneggiare un Innocente, quanto è il tirarsi sopra, o presto, o tardi,<br />
l’indignazione tremenda del Sommo Iddio e della Immacolata sua<br />
Madre. E di questa in particolare or favellando e che credete voi, che la<br />
Vergine, perché talora permette dei molti travagli e persecuzioni ai suoi<br />
Divoti, forse li abbandoni a discrezione dei tiranni Persecutori e non ne<br />
abbia più cura? Eh voi sbagliate all’ingrosso, se così stoltamente pensate.<br />
Non manca, né può mai mancare alla Regina del Cielo potenza e<br />
modo di soccorrere e liberare i suoi divoti, anche dalle tirannie di un<br />
intero mondo; perché è Madre dell’Onnipotente medesimo: Non deest<br />
Mariae potestas, ce lo rammenta Bernardo, quia Mater Onnipotentis est 58 .<br />
E neppur le manca no, né mancar mai le può il buon cuore e la volontà<br />
di aiutarli, perché della Misericordia appunto è Madre: non deest illi<br />
auxiliandi voluntas, segue il mellifluo, quia Mater Misericordiae est 59 .<br />
13. È vero, non lo nego, che essa vedendo talora tra mille bersagli un suo<br />
divoto, par che non si curi di Lui, così renitente si mostra ad esaudirlo.<br />
Ma che vuol dir mai tutto questo? Eccolo. Passio placuit, piace alla<br />
Vergine di veder tra le pene il suo servo, perché tra le pene si umilia,<br />
59 Non manca la potestà di Maria poiché è Madre dell’Onnipotente.<br />
59 Non le manca la volontà di aiutare piochè è Madre di Misericordia.<br />
395
tra le persecuzioni divien più cauto, tra i travagli diventa più diligente<br />
e divoto: passio placuit. Ma che però, actio displicuit 60 : non si glorii no il<br />
tiranno; non si vanti il persecutore; non tripudii il maligno; perché<br />
l’operar suo vien dalla Vergine condannato; ed egli sotto l’indignazione<br />
terribile si trova della gran Madre di Dio: Actio discplicuit; e cave ab ira<br />
Columbae 61 , lo disse pur Salomone. O presto, o tardi, si vedrà di chi sarà<br />
l’aspra vendetta e chi canterà la vittoria; chi ne riporterà il trionfo.<br />
14. Vaglia un breve fatto in comprova, rapportato da Silvano Razzi nel libro<br />
secondo della sua Raccolta (Mirac.18). Perseguitata a morte trovavasi una<br />
pia Donna e molto divota di Nostra Signora. Suo fiero persecutore era un<br />
suo più stretto Parente; il quale non contento di averla intaccata nella fama<br />
con mille calunnie e di averle dilapidata la robba con mille ladronecci; non<br />
si quietò mai, sinchè non risolse di darla in mano della Giustizia con quest’orrido<br />
stratagemma. Ritrovavasi la pazientissima Donna sotto la sua<br />
educazione un figliuolo di un onorato Soldato. Che fece il maligno<br />
Parente? Se ne va di notte tempo; coglie il fanciullo a letto, tutto sopito<br />
nel sonno e barbaramente lo scanna; e poi sen fugge. Alquanto dopo,<br />
accortasi la pia donna dell’orrido caso, né sapendone il come, a gridare si<br />
pone ad alta voce piangendo, convoca il vicinato tutto, chiede aiuto, soccorso.<br />
Ciascuno corre, ciascuno esclama e mille frottole inventa ciascuno.<br />
Accorre il Padre dell’ucciso figliuolo: si dà conto del tutto alla Giustizia:<br />
si chiama la Corte: e la misera innocente Donna, condotta alle carceri; si<br />
esamina alla rinfusa, le si intimano tormenti i più squisiti, se nega; le si<br />
prepara una morte la più obbrobriosa, se convinta ne resti.<br />
15. Misera donna, che farà mai senza veruno che la assista, che la consigli, che<br />
in favor suo perori? Tutti ad una voce la voglion bruciata viva; ed il suo<br />
più stretto Parente persecutore è quello, che più degli altri si sbraccia a<br />
condannarla per degna di cruda morte. Mi direte, Uditori, ma e la gran<br />
Vergine poi non si muove a soccorrer la sua innocente Divota? State zitti.<br />
Sin ora passio placuit. Date tempo e verrà in luce l’actio displicuit.<br />
60 È piaciuta la sofferenza… l’azione è dispiaciuta.<br />
61 Stai attento all’ira della colomba.<br />
396<br />
16. Di fatto, eccoti all’improvviso, sul più bello che dal Giudice si esaminava<br />
in pubblico la misera supposta Rea, si affaccia in Tribunale una veneranda<br />
Madrona con un bellissimo Pargoletto in braccio. Olà, dice con voce imperiosa<br />
al Giudice, olà, è dovere che giustizia retta si faccia a questa povera<br />
Donna. Per scoprir quanto sia rea, si porti qui presente l’ucciso fanciullo.<br />
Ed indi da questo mio Bambino che porto in braccio si farà l’esame e si<br />
scoprirà la verità del fatto. Tutti a tali voci attoniti restando, ecco ordina il<br />
Giudice il trasporto dell’ucciso fanciullo al Tribunale. Ed ivi portato tra la<br />
folla di molta gente concorsa; quel Bambino che stava tra le braccia della<br />
veneranda Madrona, chiama a nome il morto fanciullo; e questo con stupor<br />
di tutti vivo risorge e risponde. Indi ricevendo altro comando, che<br />
trovi il suo Uccisore; eccolo là, rispose, accennando col dito verso quell’empio<br />
Persecutore della pia donna, il quale allo spettacolo era anch’egli accorso<br />
per goderne il buon’esito. Ciò avvenuto, disparve la veneranda Madrona<br />
col suo Figliuolo in braccio; che fu Maria SS.ma. Il Giudice fece tosto<br />
prendere il vero Uccisore e fattolo legare alla coda di un cavallo, così fatto<br />
fu strascinare, sinchè così stentatamente morisse. L’innocente Donna poi<br />
non solo fu libera; ma di più cresciuta in tanto credito, fu ben provveduta<br />
di Beni ancor temporali, sinchè fu viva. Il Fanciullo risorto, fu restituito ai<br />
Parenti con indicibile gioia e contento. Così appunto la Vergine sa difendere<br />
i suoi divoti, protegger sa gli Innocenti e verso poi i Persecutori piover<br />
sa i condegni castighi del suo terribile sdegno.<br />
397
SERMONCINO<br />
Sabato 31 Aprile 1764<br />
Il sermoncino è sviluppato in due parti, ciascuna di sei punti. l’Autore, come al<br />
solito, prepara le sue ascoltarici, “Madri e Signore gentilissime”, all’ascolto con<br />
appropriati esempi.<br />
Al tempo della dominazione Assira, fu una grande sorpresa per il Popolo eletto<br />
poter usufruire dell’intervento della profetessa Debora e della coraggiosa Giaele.<br />
A maggior ragione il soccorso, il patrocinio, il rifugio di Maria Immacolata è sicuro<br />
e pronto senza neppure chiederlo.<br />
Solitamente, nota don <strong>Marcucci</strong>, Dio ci concede le grazie che gli chiediamo, eppure ce<br />
ne sono altre, doni gratuiti della sua amorevolezza, che non possiamo meritare. Viene portato<br />
come esempio la scala misteriosa che Giacobbe vede in sogno come àncora di salvezza.<br />
Ciò sta a dire che l’infinita provvidenza di Dio e la benignità di Maria operano anche<br />
verso le anime assonnate, pigre, peccatrici, immeritevoli.<br />
Come Gioacobbe costruì un altare di pietra nel luogo dove ricevette il sogno, così<br />
l’Autore invita le sue ascoltatrici a costruire a Maria un altare, sia pure con cuori di<br />
pietra e, come segno di gratitudine a donarglieli in perpetuo, perché sia nostro rifugio<br />
anche al momento della morte.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp 41-48.<br />
Maria SS.ma è un Rifugio sicuro senza chiederlo<br />
e pronto senz’aspettarlo<br />
1. Una delle avventure più felici per chi vive in grave bisogno, è senza<br />
fallo, Madri e Signore mie gentilissime, il trovar sicuro il soccorso<br />
senza dimandarlo e pronto ancora senza aspettarlo. Non mai forse più<br />
fortunati si stimaron gli Israeliti al tempo dei Giudici, che qualora<br />
trovandosi per tanti anni oppressi dalla tirannia di Jabin re Cananeo,<br />
e di Sisara di lui capitano, videro all’improvviso alzarsi tra loro una<br />
Debora profetessa ed una Giaele coraggiosa, destinate da Dio a liberarli<br />
da tante barbarie ed a conquidere ed estirpare i crudeli insuperbiti<br />
nemici. Ed oh, esclamarono tosto, donde mai sì opportuno rimedio<br />
a nostri mali? Donde sì sospirato soccorso ai nostri bisogni?<br />
Donde sì possente Rifugio in sì calamitose disgrazie? Noi pur felici,<br />
e pur troppo avventurati! Una, non dico simigliante, ma assai mag-<br />
398<br />
giore fortuna è la nostra, Ascoltatrici mie riverite, se riflettiamo<br />
all’impareggiabil clemenza e premurosa sollecitudine, che ha rispetto<br />
a noi, quella gran Donna Reale e possente Signora, che si è degnato<br />
darci l’Altissimo per nostra Madre e Avvocata. Già m’intendete di<br />
chi io favelli, dir voglio, di Maria Immacolata. Il suo soccorso, il suo<br />
Patrocinio, il suo Rifugio è sicuro senz’ancor chiederlo, e pronto senz’ancora<br />
aspettarlo. Arduo a prima occhiata vi parrà il mio assunto, non lo<br />
nego. Ma se la vostra gentilezza favorirà di ascoltarne attentamente le<br />
prove, confido ne riuscirò con onore. Diamone di grazia un saggio.<br />
Ecco incomincio.<br />
2. Benché le preghiere siano gli ordinari mezzi per ottenere le grazie, pure<br />
vi son certe grazie che da Dio clementissimo si dispensano senza preghiere<br />
e senza meriti precedenti. Quel che è puro dono gratuito e che<br />
unicamente dipende dalla mera liberalità della misericordia divina, non<br />
può mai cadere sotto il merito nostro, come per esempio è il perdono,<br />
la grazia di Dio, la perseveranza, la santa morte. Queste però, se non<br />
cadono sotto il merito, perché non vi è chi possa mai meritarle; cadono<br />
bensì sotto delle orazioni e preghiere, perché vuole Iddio, che si dimandino<br />
e suol’egli concederle a chi con umiltà e fiducia incessantemente<br />
le chiede.<br />
3. Vi son però delle altre grazie, che prevengono non solo i meriti, ma<br />
le preghiere medesime; atteso che il gran Dator di ogni bene si<br />
degna accordarle di sua pura amorevolezza e cortesia, senza esserne<br />
richiesto. Così è avvenuto l’essere state noi da Dio create e redente;<br />
l’esser nate in grembo della cattolica Chiesa; l’esser nudrite con<br />
santi sagramenti per sola bontà divina istituiti; e così dicasi di tutti<br />
quei lumi ed aiuti celesti, che prevenendoci ci eccitano e ci risvegliano<br />
al bene.<br />
4. Ciò presupposto, mirate, mie buone Madri, come il soccorso e rifugio<br />
di Maria è per noi un rifugio sicuro senz’anche chiederlo; e cade sotto la<br />
categoria di quelle grazie, che sono state da Dio dispensate senza precedente<br />
preghiera. È certo, che allora noi e tutta la cattolica Chiesa avemmo<br />
la Gran Vergine per nostro rifugio, quando ci fu essa destinata per<br />
399
Madre. Questo è un sentimento comune di tutti i fedeli. Ed allora ci fu<br />
destinata per Madre, quando il suo Divin Figlio sulla croce, prima che<br />
egli spirasse per noi, avendo di noi pietà, si degnò dichiararla per tale.<br />
Abbiamo il Vangelo per testimonio.<br />
5. Or mi sapreste voi dire, se chi mai allora dei mortali ne supplicasse il<br />
Figlio, o la Madre di tanto dono? Pensate pur quanto volete, nol troverete<br />
di certo. Rinverrete bensì, che il mondo allora sul colmo delle sue<br />
indegnità si trovava; talché fece orrore al sole stesso, che si coprì per non<br />
vedere l’esecrando sacrilego deicidio, che stavano gli uomini allor commettendo,<br />
col dare una morte crudele al suo Creatore e trafigger di<br />
acuti dolori la di lui Genitrice. Eppure allora sì, allora per l’appunto e<br />
il Divin Figlio decreta che la Vergine ci sia Madre e questa gradisce e<br />
accetta l’uffizio col pigliarci per figli. O amore liberalissimo di Gesù!<br />
O liberalità amorosissina di Maria! Madre, dunque Ella ci fu senza esser<br />
da noi supplicata; ed in conseguenza rifugio di noi miseri si dichiarò<br />
senza neppur esser richiesta.<br />
6. Questo è un titolo sempiterno, credetemi pure, Signore mie, di cui<br />
Maria SS.ma non può perderne la memoria; ed è un impiego, del quale<br />
non può certamente spogliarsi. Egli è sicuro, sicurissimo. Che se la sua<br />
amorevol bontà glielo fece accettare, senza esser pregata; argomentate<br />
ora voi, se come la sua connaturale clemenza glielo farà esercitare, qualor<br />
richiesta ne venga e supplicata.<br />
II<br />
7. Felice pur dunque potrà chiamarsi quell’anima, che raffidata su questo<br />
sicuro rifugio, ne sta con viva fede aspettando i suoi pronti e mirabili<br />
effetti. Ma che dissi aspettando? Io vi proposi, che un tal sicuro rifugio<br />
è anche pronto senza aspettarlo. Soddisfo all’impegno. Non vi è chi non<br />
veneri Maria per suo gran rifugio, perché non vi è chi non speri di sperimentarlo,<br />
non vi è chi non lo aspetti. Tutti aspettiamo dalla sua misericordia<br />
la protezione e la difesa. Sin qui va bene, anch’io lo confesso;<br />
ma dubito molto, che non bene intendiamo il mirabile del patrocinio<br />
della gran Regina del cielo. Imperciocchè il suo maraviglioso non è già<br />
l’esser da noi aspettato; ma bensì il non essere aspettato.<br />
400<br />
8. Un dono può essere e non essere aspettato. Deve aspettarlo la fiducia,<br />
perché a questa si concede. Non deve aspettarlo la giustizia, attesochè<br />
questa non merita. Esser Maria Avvocata e Rifugio con chi merita il suo<br />
soccorso, è certamente una misericordia molto bene aspettata. Ma divenirlo<br />
con chi demerita a tutta possa i suoi favori, è una clemenza non<br />
giustamente aspettata. Per la qual cosa, se Maria usa tutto giorno pietà<br />
con i peccatori e di questi ne diviene rifugio, voi lo vedete, Ascoltatrici,<br />
che il grande, il portentoso del suo patrocinio non sta nell’essere, ma<br />
bensì nel non essere aspettato.<br />
9. Osservate se è così. Il Patriarca Giacobbe, allorché giovinetto fuggendo<br />
lo sdegno di Esaù infuriato fratello, se ne andava ramingo per le campagne<br />
di Canaan verso Mesopotania, si addormentò tutto stanco sul<br />
delizioso Monte di Betel. Ed eccoti sul più profondo del sonno gli<br />
mostra Iddio in visione una scala lunghissima misteriosa, che da terra<br />
poggiando sul cielo, reggeva numerosi Angeli, chi in atto di scendere,<br />
e chi di salire. Il più bello però fu, che a capo della scala vide starsene<br />
appoggiato Iddio stesso; che così gli diceva: Dormi pur riposato, mio<br />
prediletto; non temere i furori di tuo fratello; va pure in Mesopotamia<br />
contento, che io sarò il tuo protettore e custode: Ero custos tuus 62 ; e qui<br />
ti ricondurrò sano e salvo: Et reducam te in terram tuam 63 .<br />
10. Destasi tutto meravigliato e intenerito Giacobbe, o divina bontà, esclama<br />
con le lagrime agli occhi, o misericordia infinita di Dio! Tu sei ora meco,<br />
ed io punto non ci pensava. Mi offri il tuo gran patrocinio, senza che io<br />
lo aspettassi con tal sicurezza! Quindi in attestato di gratitudine, in riconoscimento<br />
di così gran beneficio, aduna alla meglio che può delle pietre<br />
e vi erge un altare a perpetua memoria e riconoscenza: Tulit lapidem, erexit<br />
titulum 64 . Trovatosi Giacobbe addormentato, non pensava allora, né<br />
aspettava il Patrocinio Divino. E questo fu che maggiormente lo spinse a<br />
mostrarsi grato ad un sì liberale e cortese benefattore, che senza essere<br />
richiesto ed aspettato gli fa sperimentare le sue care amorose finezze.<br />
62 Sarò il tuo custode.<br />
63 E ti ricondurrò nella tua terra.<br />
64 Portò una pietra, eresse un monumento.<br />
401
11. Già siamo, Signore riverite, al nostro caso. La scala misteriosa di<br />
Giacobbe, che fosse figura di Maria SS.ma, ce ne assicurano tutti i<br />
Padri. Gli Angeli furono simboli dei favori continui, che per tale<br />
mezzo ci colmano il cuore. Era la scala ferma in terra, e vale a dire,<br />
sopra di noi che quaggiù viviamo. Poggiava tutta volta in cielo ed<br />
aveva Iddio a capo; appunto, perché di lassù dalla divina clemenza<br />
una tale scala ci è data per salire a salvamento. Il più mirabile però,<br />
il più grande, il più portentoso si è, che ci vien donata tal mistica<br />
scala, qualora addormentati e spensierati noi siamo. O infinita provvidenza<br />
amorosa di Dio, o singolar benignità di Maria, che anche<br />
verso di anime assonnate, tepide, pigre, peccatrici, immeritevoli,<br />
offre il soccorso, il patrocinio, il sicuro rifugio! Tanto è vero,<br />
che questo rifugio è sicuro anche senza richiederlo, è pronto anche senz’aspettarlo.<br />
12. Deh s’è così, che facciam dunque noi, mie divotissime Madri, per<br />
corrispondere a tanto amor di Maria? Giacobbe eresse per gratitudine<br />
un altare di pietra, per denotare la fermezza e stabilità del cuor<br />
suo, tutto a Dio consacrato. E noi, facciam lo stesso a Maria. Se i<br />
nostri cuori fossero ancor di pietra, di questi ancora si ha da formare<br />
un altare in ossequio di Maria. Un amor così cortese e liberale, com’è<br />
il suo, in offrirci il suo aiuto, anche quando men noi lo meritiamo;<br />
in farsi nostro rifugio, anche in tempo di nostra insoffribile sonnolenza;<br />
si merita pure la nostra gratitudine, si merita pure i nostri cuori.<br />
Ah sì, sì, Vergine amorosissima, caro rifugio mio, ecco qui ai vostri<br />
piedi queste vostre serve e figlie. Dite su, che volete da noi? Volete i<br />
cuori? Eccoli tutti in perpetuo nelle vostre mani. E giacché vi siete<br />
degnata di farvi nostro rifugio senza esser pregata, ed aspettata;<br />
degnatevi maggiormente ad esserci tale in vita e in morte, ora che<br />
con tutto il cuore caldamente ve ne preghiamo e con grande fiducia<br />
lo aspettiamo. Amen.<br />
402<br />
SERMONE<br />
Recitato nella Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Intervineas<br />
nel Martedì sera del 4 Aprile 1769<br />
Il Sermone viene recitato nella Chiesa di Santa Maria Inter Vineas, parrocchia<br />
di don <strong>Marcucci</strong> 65 . Nel proemio egli si chiede perchè la Regina del cielo volle che questa<br />
Chiesa fosse a lei intitolata con l’appellattivo di “tra le Vigne” e perché nell’anniversario<br />
del giro della sua immagine miracolosa, la prima sosta sia in questa<br />
Chiesa. Alla prima domanda risponde rifacendosi a fonti storiche sicure; mentre alla<br />
seconda, in mancanza di queste, risponde con una sua ipotesi.<br />
L’appellativo di Santa Maria tra le vigne deriva da una sacra effigie di nostra<br />
Signora, in tavola, rinvenuta appunto tra le vigne della zona di Parignano; ciò avvenne<br />
nell’anno 488, mentre era vescovo di Ascoli San Quinziano, il quale la trasportò<br />
nel luogo dove fu fatta costruire, in suo onore, la chiesa di Sancta Maria Inter Vineas.<br />
Riguardo alla seconda domanda don <strong>Marcucci</strong> dà questa interpretazione: siccome<br />
le vigne richiedono una continua custodia; “perciò la benignissima Vergine col farsi<br />
trovare tra le vigne e fermare la sua prima stazione tra le vigne, ci voleva indicare<br />
che essa per sua sola bontà si dichiarava speciale custode di questa Chiesa e parrocchia<br />
e di tutti coloro che qui tra le vigne si portano a venerarla”.<br />
Nella prima parte, ai numeri 2-5 l’Autore dimostra con quanta premura e prontezza<br />
Maria ha cura di noi e lo fa rifacendosi all’immagine delle vigne riportata nei<br />
brani scritturali del Cantico dei Cantici, nei Profeti e nel Vangelo stesso. I Padri<br />
della Chiesa, infatti, hanno applicato il passo del Cantico dei Cantici al capitolo 3,<br />
versetto 1, alla tenera cura e singolare custodia che la beata Vergine ha di noi per<br />
volere della SS.ma Trinità.<br />
Nella seconda parte, ai numeri 6-9, l’Autore spiega la “prontezza” di Maria nel<br />
custodirci e se a volte dovesse tardare a risponderci, ciò è per il nostro bene; tuttavia<br />
nella sua materna bontà, Ella previene anche le nostre richieste.<br />
Nella terza parte, ai numeri 10-15, don <strong>Marcucci</strong> spiega in che modo la protezione<br />
di Maria è costante e durevole nei nostri confronti. Occorre dunque contraccambiare<br />
la sicurezza con cui Ella ci custodisce e protegge con la sincerità; la sua prontezza<br />
e diligenza con la nostra costante fedeltà nel servirla.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 205-220.<br />
65 Cf. MARIA PAOLA GIOBBI in Il Palazzo <strong>Marcucci</strong> ad Ascoli Piceno, cit., pp. 26; 62-64.<br />
403
Argomento<br />
La Custodia e la Protezione di Maria è sicura, pronta e durevole<br />
a favore di chi le vive ossequioso tra le sue mistiche vigne<br />
1. Non si poteva certamente, o Signori, combinar meglio la circostanza<br />
del luogo e del tempo in mio vantaggio, quanto che questa volta in cui<br />
mi si presenta l’onore di favellarvi delle glorie di Maria; attesochè assai<br />
proprio ed opportuno lo ritrovo per comunicarvi un dubbio, che lungamente<br />
mi ha tenuto cogitabondo e per conseguenza bramoso di soggettarlo<br />
al saggio vostro esame e discernimento. Perché mai (andavo meco<br />
cercando), perché mai si volle la gran Regina del cielo in questa sua<br />
Chiesa intitolar tra le Vigne? Sancta Maria Inter Vineas? 66 Perché mai<br />
nell’anniversario del giro della Immagine sua miracolosa si degna di far<br />
sempre qui tra le nostre vigne la prima sua stazione e dimora? Lo so<br />
anch’io (seguitavo a dir meco stesso), lo so dalla Storia Ascolana, come<br />
sulla fine del secolo V dell’era<br />
comune e propriamente nel 488,<br />
in tempo del nostro quinto<br />
Vescovo San Quinziano, venne<br />
scoperta tra le antiche vigne di<br />
Parignano fuor delle nostre<br />
mura, sopra del Tronto, la sacra<br />
Effigie in tavola di Nostra<br />
Signora, intitolata perciò sin da<br />
allora Sancta Maria Inter Vineas.<br />
Mi è noto inoltre, come tantotosto<br />
con processione solenne San<br />
Quinziano predetto la trasferì in<br />
questo luogo ove ora siamo ed<br />
indi dalla pietà dei nostri antenati<br />
fabbricata ci fu questa anti-<br />
chissima Chiesa (che ben conta<br />
dodici secoli e mezzo), ed eretta<br />
66 Santa Maria tra le vigne.<br />
404<br />
Facciata e campanile della Chiesa di Santa<br />
Maria Inter Vineas di Ascoli Piceno, sec. XIII.<br />
una Collegiata insigne; ridotta poi nei secoli bassi ad una illustre<br />
Pievania con il titolo sempre costante di Sancta Maria Inter Vineas, conforme<br />
sino ad oggi la abbiamo. Or siccome (io soggiungeva), or siccome<br />
l’oprare a caso, per essere un effetto di precedente ignoranza, non si<br />
può in conto veruno nella Gran Madre di Dio immaginare; così per<br />
indispensabile deduzione assegnar conviene in Maria qualche altro<br />
recondito fine da Lei ideato e voluto nel farsi ritrovar tra le vigne, intitolar<br />
tra le vigne e nell’annuo suo solenne giro far sempre qui tra le<br />
vigne la prima sua stazione e dimora. Ma qual mai sarà questo fine di<br />
Maria ideato e voluto? Ecco il forte dubbio, o Signori, che io bramava<br />
proporvi. Semmai per altro anziosi vi ritrovaste ascoltar prima il debole<br />
mio sentimento, sono a servirvi. Direi pertanto, che siccome le vigne<br />
richiedon di lor natura una continua custodia; talché tanto sia piantare<br />
e coltivare una vigna, quanto obbligarsele in perpetuo custode; perciò<br />
la benignissima Vergine col farsi trovar tra le vigne, intitolar tra le<br />
vigne e fermar la prima sua stazione tra le vigne, indicar ci volesse, che<br />
essa per sua sola bontà si dichiarava speciale custode di questa Chiesa e<br />
Parrocchia e di tutti coloro, che qui tra le vigne si portano a venerarla:<br />
onde riputar per noi dovessimo la sua custodia e protezione come sicura,<br />
come pronta, come durevole. Seppur gradite, che io ve ne abbozzi<br />
qualche ragione, favorite di alquanto pazientarmi ed incomincio.<br />
I<br />
2. Da due capi principalmente può chicchesia dedurre la sicurezza di aver<br />
quel che brama, cioè e dalla ferma irrefragabil parola di chi promette e<br />
dall’ufficio di lui, ogni qualunque volta seco abbia inseparabilmente<br />
annesso quel che promette. Stia pur certa e sicura Bersabea di veder sul<br />
trono d’Israele Salomone suo figlio, perciocché la ferma parola data dal<br />
santo vecchio Davide ed il suo indispensabile ufficio di destinare per il<br />
regno un saggio suo successore, farà senz’altro che Salomone impugni<br />
lo scettro reale, conforme accadde.<br />
3. Egli è dunque ben da riflettere, Signori miei, se mai per buona sorte si<br />
trovi in favor nostro imparolata la Regina del cielo e se l’ufficio che<br />
riguardo a noi intraprese, ci possa render sicuri e certi della sua special<br />
protezione e custodia. A me sembra senz’altro di sì e lo deduco princi-<br />
405
palmente dall’essersi, non a caso, ma con alto fine e mistero, fatta trovar<br />
Maria tra le nostre Vigne, intitolar tra le Vigne e qui tra queste nostre<br />
Vigne dall’aver sempre prescelta la prima sua stazione nell’annuale suo<br />
giro. Noi ben sappiamo l’amorosa sollecitudine che tante e poi tante<br />
volte si è degnata la provvidenza divina di mostrare verso le anime nostre<br />
sotto la vaga allegoria delle Vigne e nei Cantici e nei Profeti e nel sacrosanto<br />
Vangelo. Che altro dunque importa l’aver Iddio collocata<br />
l’Immacolata sua Madre con tante particolarità fra queste nostre Vigne,<br />
se non averla con singolari finezze dichiarata nostra custode ed averle<br />
addossato un ufficio che dalla premurosa custodia di noi è inseparabile.<br />
E ciò parrà forse a voi che non basti per rendercene fondatamente sicuri?<br />
4. Tralasciam se è così le semplici, tuttoché ragionevoli congetture e<br />
veniamo a quel che di se stessa precisamente ha di sua bocca confessato<br />
la medesima Vergine per più assicurarci. Tra i veri mistici sensi, dallo<br />
Spirito Santo intesi nei Sacri Cantici, entra ancor propriamente Maria,<br />
per sentimento comune della Chiesa e dei Padri. Si fa pertanto la<br />
Vergine a manifestarci tutta graziosa il racconto del ritrovarsi dalle tre<br />
Divine Persone destinata Custode delle Vigne: Posuerunt me custodem in<br />
Vineis 67 (Cant. 1, 6). Ne commette al suo servo Ruperto di ogni recondita<br />
allegoria una spiegazione più chiara: Deus plurimas Vineas idest<br />
Animas custodiendas Virgini est elargitus 68 . Segue indi ad impegnare la sua<br />
fede soggiungendo: E giacché fu in piacer dell’Altissimo collocarmi tra<br />
le Vigne alla loro custodia, giuro e prometto ogni mia più tenera e sollecita<br />
vigilanza in custodirle e proteggerle, senza perdere mai di vista e<br />
di premura:Vinea mea coram me est 69 (Cant. 8, 12). Su di che, fatto pien<br />
di stupore Onorio prete Augustodunese, O mistiche Vigne fortunate,<br />
esclama, anime pur felici alla cura di Maria commesse: teneram ipsa Virgo<br />
Beata de vobis curam habet ac singularem custodiam 70 .<br />
67 Mi posero custode nelle vigne.<br />
68 Dio concesse alla Vergine di custodire più vigne cioè anime.<br />
69 La mia vigna è davanti a me.<br />
70 La stessa Vergine beata ha tenera cura e singolare custodia di voi.<br />
406<br />
5. Non così certamente affettuoso e sollecito giardiniere nell’andar del continuo<br />
ed a minuto i fiori, gli erbaggi e le piante in su e in giù osservando<br />
del suo giardino, si porta or ad innaffiar con gentilezza le più aride e<br />
bisognose, or a troncar con man delicata i tralci superflui, or con arte a<br />
sveller le erbe nocive ed or contro degli animali o dei landroncelli a<br />
vegliare si pone. Non così certamente, come e molto più farò io, dice la<br />
Vergine, in riguardo a voi mistiche figlie mie predilette, a me affidate,<br />
alla mia special custodia commesse. Giacchè posuerunt me costodem in vineis,<br />
giacchè piacque alla devotissima Triade che io tra le vostre vigne mi trovassi,<br />
tra le vigne m’intitolasse, tra le vigne ancor mi fermassi, siatene<br />
pur certi, vivetene pur sicuri della mia speciale protezione e custodia:<br />
vinea mea coram me est, sì, sì, coram me est e tanto vi basti. Miei cari Uditori,<br />
siccome delle parole di Maria non vi è che dubitare, così alle parole di<br />
Maria non vi è che aggiungere, se non che rammentarvi, di esser riguardo<br />
a noi, non solamente sicura la sua custodia, ma ancor ben pronta.<br />
II<br />
6. La prontezza nel dispensar benefici non può, a mio debol giudizio, darsi<br />
meglio a dimostrare che quando conosciutosi di qualcuno il bisogno,<br />
venga non pur sollecitamente, ma inaspettatamente ancora beneficato,<br />
voglio dire, senza che preventivamente con replicate istanze lo richieda<br />
il bisognoso, anziché no, senza che, minimamente lo aspetti. O allora<br />
sì, che la prontezza, non solamente è reale, ma racchiude un nonsochè<br />
dell’eroico e del divino. Se ne stia pur tutto tranquillo fra duri ceppi<br />
imprigionato in Egitto il casto ed innocente Giuseppe, che vi è in cielo<br />
chi ha custodia premurosa di lui. Vedrà quando meno se lo crede, se di<br />
qual nobile tempra sia quella prontezza con cui verrà dalla carcere liberato.<br />
Sia dimentico pure di lui il coppiere di Faraone, che poco importa.<br />
Giungerà tempo che all’inaspettata moverà l’Altissimo il cuore di<br />
quel monarca ad aprirgli le porte; conforme accadde: Ad Regis imperium<br />
eductus de carcere Joseph 71 . Ecco in trionfo il bel carattere di una pronta<br />
custodia senza l’affannosa molestia o di replicatamente richiederla o di<br />
lungamente aspettarla.<br />
71 Giuseppe condotto dal carcere all’impero del Re.<br />
407
7. Or io non nego, o Signori, che benespesso per nostro virtuoso esercizio e<br />
per maggior nostro vantaggio, non soglia Iddio e la sua Divinissima<br />
Madre, farci, dirò così, sospirar certe grazie e meritarle con suppliche ben<br />
lunghe e replicate. Dir voglio soltanto che qualora la Vergine con tanta<br />
parzialità di affetto si è degnata di assicurarci della sua special protezione<br />
e custodia, ci dà in mano tutto il fondamento ancor di credere, che<br />
ella in certi nostri più urgenti e più particolari bisogni si mostrerà così<br />
pronta e sollecita in custodirci e soccorrerci, talché assai sovente prevarrà<br />
le stesse nostre aspettazioni e preghiere trionfando più la prontezza di lei<br />
in beneficarci, che non la nostra risolutezza in supplicarla dei benefici.<br />
8. Vaglia una sola ragionevole riflessione per mille e ditemi, Signori miei,<br />
se il ciel vi salvi, se dove mai alla fine battano tutte le mire della speciale<br />
custodia, che aver si degna di noi Maria SS.ma? Egli è la meta senz’altro<br />
che questa nostra mistica vigna a Lei commessa fiorisca di cristiane<br />
virtù e di opere pie e devote. Ce lo esprime essa stessa con quelle parole<br />
nei Cantici: Videamus si floruit vinea, si flores fructus parturiunt 72 . Or in<br />
quella guisa, che qua e là per le vigne vanno come tante ladroncelle saltellando<br />
e scorrendo le picciole volpi, in una parte rodendo i germogli<br />
più odoriferi, in un’altra scavando le radici più tenere e così poco a poco<br />
rovinando tutte le viti; per tal maniera appunto fanno tra di noi le piccole<br />
dissenzioni, le frodi leggere, le incallite tiepidezze, insomma le continue<br />
veniali cadute; le quali rodendoci il midollo della virtù e della<br />
pietà, vanno insensibilmente a rovinarci alla perfine tutta la vita timorata<br />
e divota. Oh che mali son questi di funestissime conseguenze, per cui<br />
ogni diligenza è manchevole, ogni sollecitudine è scarsa, ogni risolutezza<br />
è tardiva! Eppure, cari miei Uditori (ed è cosa da piangersi a calde<br />
lagrime) ecco quei mali, che noi stimiamo da nulla, dalla cui estirpazione<br />
meno si pensa ed assai meno la guarigion poi ne aspettiamo.<br />
9. Ben vince niente di meno la insensataggine nostra e la previene con la sua<br />
amorosa prontezza la nostra vigilante Custode e Protettrice sovrana.<br />
Ci scuote con le sue voci dal torbido sonno e senza che da noi richiesta ne<br />
72 Vediamo se è fiorita la vigna, se i fiori danno frutti.<br />
408<br />
venga, alza le grida e ci intona: Deh togliete, dicendo, togliete una volta<br />
risolutamente da voi codeste sì numerose picciole voci delle continue e<br />
malabituate veniali cadute: Capite nobis vulpes parvulas 73 (Cant. 2,15) e<br />
come commenta Bernardo: idest torpores et defectus 74 : imperciocchè le mistiche<br />
vigne delle anime vostre alla mia custodia commesse van senza pietà<br />
devastando: Capite nobis vulpes parvulas, quae demoliuntur vineas 75 . Alto qui,<br />
Uditori. Se tal’amorevole scuotimento da noi sì inaspettato e molto meno<br />
richiesto, non è un contrassegno manifesto della singolar prontezza di<br />
Maria nel custodirci e guardarci dai mali di lor natura leggeri, ditelo ora<br />
voi qual sarà mai? Argomentate al presente di qui, se quanto più sollecita<br />
dovrà esser la sua prontezza or nel preservarci o liberarci dai mali maggiori<br />
ed or in ottenerci nei più urgenti nostri bisogni a lei ben noti quei<br />
soccorsi più propri e più opportuni. Lascio a voi il seriamente rifletterlo;<br />
mentre io per non tanto abusarmi di vostra pazienza in udirmi, me ne<br />
passo a vieppiù rassodarvi nella viva fiducia in sì amorosa Signora, col<br />
richiamarvi a memoria che la sua speciale protezione e custodia rispetto a<br />
noi, non meno è sicura e pronta, come vi dissi, ma durevole ancora.<br />
III<br />
10. Può la durevolezza considerarsi o in riguardo alla sua natura o per rispetto<br />
a qualche necessario aggiunto che abbia. Nel primo modo considerata<br />
ha la inincorruttibilità per sua essenza; attesochè il solo incorruttibile<br />
è di sua natura durevole. Riguardata poi nell’altro modo ha la inseparabilità<br />
di suo proprio; poiché quel che non può separarsi, ha necessariamente<br />
a durare nell’unione. Non tema, no Israele di più soggiacer<br />
nel deserto ad una sete rabbiosa, da che l’Onnipotenza Divina ha destinata<br />
una pietra che prodigiosamente di continuo sgorgando dalle acque<br />
perenni gli sia inseparabil compagna in tutto quel lungo e disastroso<br />
viaggio. Ecco come l’ufficio inseparabilmente aggiunto a tal pietra di<br />
esser perpetua consocia dispensatrice del Popolo eletto, le dà per proprietà<br />
una durevo1ezza maravigliosa nel dispensar benefici.<br />
73 Prendete per noi le piccole volpi.<br />
74 Cioè torpori e difetti.<br />
75 Prendete per noi le piccole volpi che distruggono le vigne.<br />
409
11. Or noi ben risappiamo, Uditori, dall’Apostolo Paolo che a tenor del principale<br />
allegorico senso era quella pietra una molto espressiva figura delle<br />
benefiche operazioni del Divin Redentore al popolo suo prediletto cristiano<br />
a larga mano incessantemente dispensate: Petra autem erat Christus 76<br />
(1 Cor. 10). Non è però, che sotto l’allegoria medesima, in un senso men<br />
principale, intender veramente non si sia potuta dai Padri anche Maria.<br />
Deh sì, sì che la gran Vergine gode pur la durevolezza nel custodirci e beneficarci,<br />
non solamente di sua proprietà per l’inseparabile ufficio che ha di<br />
nostra custode senza limitazione alcuna di tempo: Posuerunt me indefinitivamente<br />
custodem in vineis, ma la gode inoltre di sua natura, atteso il cuor<br />
suo che è affatto immutabile e invariabile nella dilezione, di cui ne è Madre:<br />
Ego Mater dilectionis 77 (Eccl. 24, 24). Come dunque dubitar mai, che mancare<br />
o raffreddar alquanto si possa verso di noi la sua amorosa custodia, se<br />
questa in Maria è troppo essenzialmente e propriamente durevole?<br />
12. Quell’Aio premuroso e zelante che abbia da Dio sovrano un amato di lui<br />
figlio ricevuto in custodia per un lungo e pericoloso viaggio, vedeste mai,<br />
o Signori, se lasci passare, non dico i giorni, ma neppure le ore, senza invigilare<br />
attorno a quel affidatogli pegno; ma bensì persister costante con una<br />
invariabil durevolezza nell’usargli ogni attenzione possibile sino al compimento<br />
del prestabilito viaggio. E vorrem dir poi, che da meno esser possa<br />
l’amorosissima Vergine; talché noi, sue predilette mistiche vigne, a lei dal<br />
pietosissimo Dio affidate sino alla fine di questo nostro terreno pellegrinaggio,<br />
possiam un dì trovarci miseramente derelitti? Eh via di grazia, che<br />
né il cuor di Maria può ammetterlo, né comportarlo il suo ufficio. Essa,<br />
giacché sì amorosamente si addossò l’incarico di esser di queste vigne la<br />
premurosa e zelante custode ad incarico ancor suo intraprese di perpetuarci<br />
sino alla nostra morte la sua possente custodia. Super custodiam meam, così<br />
per il Profeta ce lo contesta, Super custodiam meam stabo 78 (Habacuc 2, 2). Io<br />
non parto, ci dice, dalle vostre vigne con la mia protezione speciale e col<br />
mio tenero amore: stabo. Qui tra le vigne ho fissato la mia dimora: stabo e<br />
intorno a queste Vigne sta fermo e immobile il Cuor mio amoroso: Stabo:<br />
76 E la pietra era Cristo.<br />
77 Io Madre d’amore.<br />
78 Io starò sulla mia custodia.<br />
410<br />
talché la mia protezione e custodia non solamente per voi è sicura e pronta,<br />
ma sarà inoltre sempre durevole. Sì, sì: Posuerunt me custodem in vineis?<br />
Or bene: Vinea mea coram me est. Super custodiam meam stabo 79 . Udiste, o<br />
Signori? Non oso dopo sì pesanti espressioni di Maria, non oso, dissi proferire<br />
più parola in persuasione di quant’io vi proposi.<br />
13. Vergine sacrosanta e tra le pure creature la più potente, la più amante, la<br />
più graziosa, che farem dunque noi che con tanta sicurezza, con eguale prontezza<br />
e con pari durevolezza siam da voi per sola bontà vostra protetti e<br />
custoditi? Eccoci qua risoluti onninamente stasera di contraccambiare<br />
tante amorose finezze del vostro bel cuore. Dite su dunque, eccelsa nostra<br />
Sovrana che volete in contraccambio da questa vostra mistica vigna, con<br />
tanto impegno coltivata da voi e custodita? Che richiedete da noi? Quali<br />
sono mai le vostre mire, il genio vostro? Ma via, che già sentir ci fate nei<br />
sacri Cantici i vostri adorati voleri: Descendi, son vostre parole, ut inspicerem,<br />
si floruisset vinea ... flores fructus parturiunt 80 (Cant. 6,10; 7,12). Venni tra le<br />
vostre vigne, ci dite, me ne dichiarai coltivatrice e custode e feci tra voi<br />
ritorno, descendi, affin di vedere, se mai tante mie premurose e continue<br />
fatiche nel coltivarvi e sollecitudine nel custodirvi, avesser prodotti i fiori<br />
di virtù cristiane che in voi bramo: ut inspicerem, si floruisset vinea e partorite<br />
le frutta delle opere sante che da voi richiedo: si flores fructus parturiunt.<br />
14. Deh sì, o gran Regina del cielo che ben paga sarete voi rimasta nell’osservar<br />
tutta fiorita e bella questa vostra Mistica vigna. Sì, sì vinea nostra floruit 81<br />
(Cant. 2, 15). Codesto altar maestoso, dove voi risiedete: il sontuoso apparato<br />
di tutto questo Tempio a voi consacrato: le Funzioni decorose, l’affollato<br />
Concorso divoto, non son forse e frutta e fiori a seconda del vostro bel cuore?<br />
Vinea nostra floruit, si, sì floruit, floruit. Sebbene, oimè, voi, per quanto vi<br />
sento, non ancor soddisfatta vi dimostrate. Ci riconvenite anzi dicendo:<br />
flores mei, fructus honoris et honestatis 82 (Eccl. 24, 23). Gradisco sì, ci dite, gli<br />
estremi ossequi con retto fine a me fatti e li ricevo, come fiori e frutti di<br />
79 La mia vigna è davanti a me. Starò sulla mia custodia.<br />
80 Sono sceso per vedere se era fiorita la vigna… se i fiori portano frutto.<br />
81 Se la nosta vigna è fiorita.<br />
82 I miei fiori, frutti di onore ed onestà.<br />
411
onore: Flores mei, fructus honoris. Non bastano tuttavia per appagarmi.<br />
Ci voglio aggiunti fructus honestatis, quelle frutta, dico, che consistono in una<br />
vita tutta timorata e divota a mio riguardo intrapresa. Questi sono i fiori e i<br />
frutti degni della mia custodia che ho di voi sicura, pronta e durevole.<br />
15. Se è dunque così, per quanto fiorita appare questa nostra vigna, non ci fermiam<br />
di grazia, cari miei Uditori, nel solo culto esterno verso Maria. Non<br />
è questo l’intero contraccambio che dar possiamo alle amorose finezze<br />
della protezione e custodia che essa ha di noi. La sicurezza con cui ci custodisce<br />
e protegge contraccambiar si deve con la sincerità nell’amarla;<br />
la sua prontezza con la diligenza in farle ossequi: e la ferma sua durevolezza<br />
con la nostra costante fedeltà nel servirla. Ecco i degni fiori, ecco le degne<br />
frutta, che da queste nostre mistiche vigne la gran Regina del cielo e<br />
nostra Custode giustamente in contraccambio richiede. Diceva.<br />
412<br />
Pietro Alemanno, Madonna col Bambino,<br />
affresco staccato, 1490 circa, Ascoli<br />
Piceno, altare maggiore della Chiesa di<br />
Santa Maria delle Grazie, detta l’Icona,<br />
oggi chiesa del Crocifisso.<br />
CAP. VII<br />
SERMONI<br />
PER IL TRIDUO E LA FESTA<br />
DI MARIA BAMBINA<br />
(1767-1769)<br />
413
414<br />
Introduzione al capitolo<br />
Il capitolo raccoglie cinque sermoni, quattro dei quali recitati nella Chiesa di<br />
Sant’Angelo Magno officiata dai Padri Olivetani, sulla Natività di Maria Bambina.<br />
Si tratta del Triduo in preparazione alla festa (5-7 settembre 1767) e dell’orazione<br />
per il giorno della festa dell’anno successivo, 8 Settembre 1768, conservati nel volumetto<br />
ASC 63. L’ultimo sermoncino del capitolo fu recitato l’8 settembre 1769 nella chiesa<br />
dell’Immacolata delle suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata ed è conservato nella miscellanea<br />
ASC 23.<br />
Il triduo tratta il tema della bellezza, della bontà e della benificenza di Maria<br />
Bambina che l’Autore affronta utilizzando i simboli della natura: l’aurora, il sole,<br />
gli astri, le gemme, i prati, i fiori, i mari e l’insegnamento dei Padri della Chiesa dai<br />
quali prende in prestito definizioni di Maria SS.ma come: casa e maestra di tutte le<br />
virtù, acquedotto divino, Madre di celeste beneficenza e dispensatrice di tutte le grazie.<br />
Il sermone per la festa del 1768 descrive i privilegi di cui fu adornata la Santa<br />
Bambina in vista della sua missione di Madre di Gesù, mentre quello dell’anno successivo<br />
riprende le tematiche precedenti.<br />
I brani sono sviluppati in modo ampio e accurato. Quello che tuttavia colpisce e<br />
conquista di più è l’amore convinto e totale dell’Autore verso Maria SS.ma alla quale<br />
si affida totalmente con una preghiera al termine di ogni sermone.<br />
Particolare del chiostro del Convento di Sant’Angelo Magno di Ascoli Piceno.<br />
415
Manifattura del sec. XVIII, Maria Bambina, cera e altri materiali, Ascoli Piceno, terzo altare<br />
di destra nella Chiesa di Sant’Angelo Magno.<br />
416<br />
Triduo per la Festa di Maria SS.ma Bambina<br />
in occasione del santo suo Nascimento<br />
Recitato nella Chiesa di S. Angelo Magno dei Reverendi Padri Olivetani<br />
ad Ascoli Piceno<br />
SERMONE PRIMO<br />
Sabato 5 Settembre 1767<br />
L’Autore ha ormai 50 anni, conosciuto ed apprezzato in città, viene invitato dall’abate<br />
della comunità dei Padri Olivetani P. Valeriano Malaspina di Ascoli 1 a predicare<br />
nella loro Chiesa di sant’Angelo Magno 2 , il triduo in preparazione alla festa<br />
di Maria Bambina.<br />
Si rivolge agli ascoltatori dicendo che farà del suo meglio per far loro comprendere<br />
la Bellezza, la Bontà e la Benificenza di Maria Bambina affinché ella possa<br />
rapire i loro cuori per lasciarli “nella sacra culla di sì amabile Pargoletta”.<br />
Nella prima sera del triduo don <strong>Marcucci</strong> spiega la bellezza di Maria<br />
Bambina. Immagina che nel sabato della sua nascita, la natura sfoggi una inusuale<br />
bellezza per simboleggiare quella della divina Bambina. L’aurora splende con<br />
raddoppiato chiarore; la luna sembra essere diventata la regina dei pianeti; il sole<br />
spunta dall’orizzonte con il luminoso corteggio di due Pareli, secondo la descrizione<br />
di Eccl. 43, 4.<br />
La bellezza di Maria è perfetta e totale anche nella culla perché è piena di grazia,<br />
di santità e di perfezione. Dopo quella di Gesù non ce n’è una maggiore né in<br />
cielo né in terra. Con l’audacia di un innamorato l’Autore invita gli ascoltatori a<br />
dargli i loro cuori per portarli con il suo alla cara Bambina, li incoraggia a non<br />
cedere ad altra bellezza umana, come fece Sansone con la Filistea che Dio gli aveva<br />
destinato.<br />
1 Cf. CARLA ROSSI, Un monastero: Sant’Angelo Magno ad Ascoli nella prima età moderna (Tesi di<br />
laurea in storia moderna), Università degli studi di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia,<br />
A. A. 1994-’95, p.177.<br />
2 La costruzione della chiesa è anteriore al 986 ed era abitata da un ceto di monache benedettine.<br />
Quando nel 1460 esse furono cacciate vi giunsero i monaci Olivetani che vi rimasero<br />
fino alla soppressione del 1860 (Cf. CIANNAVEI GIUSEPPE IGNAZIO, Compendio di<br />
Memorie Istoriche, 1797, pp. 250251).<br />
417
La conclusione è una promessa d’amore. “Si strappi prima il Cuore da questo<br />
petto… l’Anima da me stesso, che abbia a strapparsi e partire da voi, o mia bellissima<br />
reale Bambina, il mio sincero amore ed ossequio”.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 63, pp. 1-14.<br />
La Bellezza di Maria Bambina<br />
1. Se non vi è cosa, o Signori che più diletti, quanto il favellar di Maria,<br />
come ogni Cuore divoto ben lo capisce; non vi è Assunto però che più<br />
spaventi un Dicitore, conforme asseriva Bernardo, quanto è quello<br />
dei Pregi di sì eccelsa Signora. È la grandezza e magnificenza di<br />
Maria, come atterrito confessava Agostino, più alta dei Cieli per<br />
l’immensa sua Dignità e più cupa ancor dell’Abisso per li profondi<br />
Misteri che in sè contiene. Gli stessi Evangelisti assai succintamente<br />
ne registraron gli elogi, perchè, al rifletter del Santo Arcivescovo di<br />
Villanova, son più atti ad ammirarsi, che a descriversi. Nella gran<br />
Vergine, esclama attonito l’Aquila degli ingegni, si muta e si perde<br />
tutta la Logica; perciocchè se in questa non vale tale argomento: Può<br />
essere, dunque è, vale bensì in Maria, a motivo che essa sola ben fu,<br />
quanto potè essere. Sembra soltanto che nella ricorrente solennità del<br />
Santo Suo Nascimento, in ravvisarla noi qual tenera Bambinella sulle<br />
fasce e graziosa Pargoletta nella sua Culla, quanto c’innamori dall’un<br />
canto il suo bel Volto, altrettanto ci faciliti il poter sciogliere la<br />
Lingua alle sue lodi. Così sembra; ma la Chiesa, che di tal Bambina<br />
ben ne ravvisa tutti i pregi singolarissimi, si fa subito a presentarcela,<br />
come un oggetto di sovraumana maraviglia. Ce la fa vedere, è<br />
vero, in sulla Culla come Bambina: Nativitas est hodie Sanctæ Mariæ<br />
Virginis 3 ; ma nel tempo stesso c’intona, esser nata tal Pargoletta,<br />
come un bel Melagrano con sua Corona in capo qual Regina di tutto<br />
l’Universo, attesochè sin dalla culla ella è destinata Madre del<br />
Creatore del tutto: Nativitas tua, Dei Genetrix Virgo 4 . Che stupori da<br />
far innarcare le ciglia ai più alti serafini dell’Empireo! Maria giacer<br />
3 Oggi è la natività di Santa Maria Vergine.<br />
4 La tua natività, Vergine Madre di Dio.<br />
418<br />
nella Culla ed esser quella Bambina sin ab eterno preeletta e predestinata<br />
da Dio per sua Madre: quella Pargoletta perciò, che nella pienezza<br />
dei tempi con maniera unica e singolare fu concetta nel ventre<br />
materno senz’alcuna macchia di colpa e che piena di grazia e dotata<br />
di uso perfettissimo di ragione al Mondo nacque. Che prodigi non<br />
mai più uditi! Maria Bambina, ma la sua Culla esser adombrata in<br />
tante figure, vaticinata da tanti oracoli, sospirata da tanti secoli, che<br />
al dir del Damasceno (Orat. De On. Vir.). Facevano a gara ad ottener<br />
il vanto di averla: Certabant secula, quodnum ortu Virginis gloriaretur 5 .<br />
Che maraviglie non mai vedute! Maria Bambina, ma nella culla esser<br />
l’Arca del nuovo Testamento: Bambina, ma Trono del vero pacifico<br />
Salomone: Bambina, ma Tempio vivo per sé prescelto dalla Triade<br />
Sacrosanta: Bambina, ma insiem Madre di Dio: Nativitas tua, Dei<br />
Genitrix Virgo 6 . Ditelo voi pertanto, o Signori, se, essendo proprietà<br />
dello stupore precluder alle labbra ogni favella, dovrebb’essere piuttosto<br />
per codesta Pargoletta Divina miglior Panegirista un rispettoso<br />
silenzio? Nientedimeno, invitandoci la Chiesa a celebrarne le lodi<br />
con cuor coraggioso ed allegro, per quanto lo comporta la nostra fievolezza:<br />
Nativitatem eius cum gaudio celebremus 7 , non deve dunque, s’è<br />
così, o mia celeste Sovrana Bambina, rattenermi dai vostri elogi nè la<br />
debolezza mia estrema, né la vostra eminente Grandezza: perciocchè<br />
tal voi vi siete, che se cerco nella vostra Culla la Maestà che chicchesia<br />
sgomenta, m’incontro prima nella Benignità e Clemenza che a<br />
tutti pronto porge il soccorso; e se fissando in voi le pupille, vi ravviso<br />
nata, come un bel Sole splendente che abbaglia, vi trovo nel<br />
tempo stesso come un Sole benefico che riscalda ed illumina. Dirò<br />
dunque, Uditori, di Maria Bambina in queste tre sere di Sacro apparecchio<br />
alla sua Festa quel che potrò: e quel che potrò sarà tutto indirizzato<br />
a farvi concepire al miglior modo quanto sia la sua Bellezza,<br />
la sua Bontà, la sua Benificenza. Vorrei con tal’assunto rapirvi in questo<br />
Triduo i cuori per depositarli e lasciarli nella sacra culla di sì<br />
5 I secoli gareggiavano quale mai di essi potesse gloriarsi della nascita della Vergine.<br />
6 La tua nascita, Madre di Dio Vergine<br />
7 Celebriamo la sua nascita con gioia.<br />
419
amabile Pargoletta; ma non so, se la mia fievolezza ne otterrà poi<br />
l’intento. La singolar tenerezza che voi professate a Maria e mi riempie<br />
di fondata speranza, e mi accerta di vostra attenzione divota,<br />
senza che pur io ve ne prieghi. Incomincio.<br />
2. Tre cose, al parer di Agostino e di Tommaso, rendono amabile un<br />
oggetto, cioè Bellezza, Bontà, Beneficenza. Alletta la prima ogni cuore,<br />
lo rapisce l’altra, l’ultima lo costringe. Basta vedere il Bello per invaghirsene,<br />
gustare il Buono per innamorarsene, sperimentar il Benefico<br />
per restarne vincolato. Imperciocchè la Bellezza riscuote con la vista<br />
l’amore, la Bontà con il gusto, la Benificenza con lo sperimento.<br />
L’inganno può soltanto consistere nella prescelta. Si piglia talora per<br />
Bello il Brutto, per Buono il Cattivo, per Benefico chi è cagion di ogni<br />
male. Del resto, si dia un oggetto che abbia una vera Bellezza e l’occhio<br />
lo miri; una vera Bontà e il cuore lo provi; una vera Beneficenza e la vita<br />
lo sperimenti; ed io vi dirò francamente con Agostino, che non può tale<br />
amabile Oggetto non essere amato.<br />
3. Me dunque e tre e quattro volte felice, o Signori, che affin di rapirvi i<br />
cuori e depositarli nella sacra culla di Maria, sull’impegno mi trovo di<br />
farvi vedere, tuttochè per un lampo, quanto sì eccelsa Bambina sia<br />
bella, quanto sia buona, quanto sia benefica. Riserbando le due seconde<br />
alle sere seguenti, mi appiglio stasera alla prima, cioè alla sola Bellezza;<br />
giacchè questa sola, allo scriver di Agostino; è bastevole a guadagnarsi<br />
ogni cuore: Non amamus, nisi pulchrum 8 . In quel Sabato fortunato pertanto,<br />
in cui nacque Maria, splendette l’Aurora con raddoppiato chiarore;<br />
parve la Luna divenuta dei Pianeti Regina, tanto si mostrò luminosa;<br />
al Sole poi non bastando far solo in quel dì la sua sfarzosa comparsa,<br />
spuntar volle dall’Orizzonte col luminoso corteggio di due<br />
Pareli, comparendo un Sol triplicato per solennizzare tal giorno festivo<br />
con triplicato spendore, come lo vide il Savio: Tripliciter Sol 9<br />
8 Non amiamo se non ciò che è bello.<br />
9 Un sole in tre forme.<br />
420<br />
(Eccl. 43, 4). Ma perché, forse voi chiederete, in tanta gala non mai<br />
più veduti il Sole, la Luna, l’Aurora? Eccolo. Perché della impareggiabil<br />
Bellezza di Maria Bambina esser dovevano i simboli più<br />
espressivi e le più vive figure.<br />
4. Osservatelo. Nasce Maria e tutte le beate Figlie della Celeste Sion,<br />
voglio dir le Angeliche schiere, scendono a corteggiar la sua culla.<br />
Attoniti insino i più alti Serafini, l’un altro mirandosi, oh quanto è mai<br />
bella questa Real Pargoletta, vanno esclamando oh quant’è mai bella!<br />
Non apparve mai tra noi nell’Empireo veruna consimil creata Bellezza.<br />
Io per me, dice uno, la rassomiglio ad una nascente lucida Aurora:<br />
Progreditur quasi Aurora consurgens 10 (Cant. 6, 9). Ed io, quanto a me, un<br />
altro Serafino soggiuge, paragono la sua bellezza a quella della Luna,<br />
quand’è pienamente dal Sole investita: Pulchra, ut Luna 11 . Anzi a me<br />
pare, ripiglia un altro, che essa sia tanto bella, che raffiguro nel Sole<br />
istesso una immagine della sua lucente bellezza: electa, ut Sol 12 . Ebbero<br />
ben dunque ragione, o Signori, e l’Aurora, e il Sole, e la Luna nel dì<br />
beato del Nascimento di Maria a far la comparsa in gala oltre all’usato<br />
sfarzoso, perché rappresentar dovevano per Oracolo Angelico la singolare<br />
Bellezza della Real Pargoletta. E dissero ancor molto, non lo nego,<br />
quegli Spiriti Beati, qualor con sì vive figure la espressero, ma non dissero<br />
tutto. Potevan ben anche asserire con verità che l’eccelsa Bambina<br />
superava di gran lunga in Bellezza il sole stesso. Ciò tacquero, cred’io,<br />
gli Angeli, perché forse riseppero voler con sì magnifico elogio encomiar<br />
la Bellezza della Bambina sua Sposa lo Spirito Santo.<br />
5. Ecco pertanto cosa egli ne dice nel settimo della Sapienza: est hæc speciosior<br />
Sole 13 : assai più bella del Sole è la mia prediletta: speciosior Sole.<br />
Mostra il sol le sue macchie; ma no la mia Sposa Bambina, per averla<br />
io formata bella all’intutto e senza macchia: speciosior Sole: Tota pulchra<br />
10 Avanza come Aurora che sorge.<br />
11 Bella come la luna.<br />
12 Eletta come il sole.<br />
13 Costei è più bella del sole.<br />
421
est, et macula non est in ea 14 . Soggetto è il Sole agli ecclissi ed a restar dalle<br />
nubi ottenebrato: ma no Maria, in cui non sunt tenebræ, non umbra 15 (Job.<br />
34, 22), per cui restar mai possa per un solo istante ecclissata. Speciosior<br />
Sole. Tiene il Sole tra l’ordine delle creature l’infimo luogo, come creatura<br />
insensata: ma la Sposa mia Pargoletta, dice Iddio, nell’ordine delle<br />
pure creature anche più nobili e più sublimi ha, come loro Regina, il<br />
primo posto. Super hæc mulier immaculata computabitur 16 . Sicchè ceda il<br />
Sole con tutti i suoi splendori alla sovrana Bellezza di Maria Bambina,<br />
giacchè essa è infinitamente più bella del Sole: speciosior Sole. Al più, al<br />
più, si accordi al Sole raffigurar lo splendore delle sue fasce; Mulier amicta<br />
Sole 17 : ma non ardisca mai garreggiar coll’impareggiabil Bellezza della<br />
di lei Persona: che è all’intutto speciosior Sole.<br />
6. Ed invero poggia tanto alto, o Signori, la Bellezza di Maria, anche ravvolta<br />
tra le sue fasce, che io con la scorta di Sacri Espositori la trovo in<br />
vari passi delle Scritture misticamente chiamata bella e bellissima non<br />
solo, ma la stessa Bellezza. Di fatto con il nome astratto di Bellezza la<br />
dice il Reale Profeta, su cui tenga Dio fissi i suoi sguardi: Pulchritudo in<br />
conspectu eius 18 (Psal. 95). Bellezza ancor la predisse Geremia e Bellezza<br />
tale, che più decorosa fa spiccar la sua santità e giustizia: Fæmina circumdabit<br />
virum…Pulchritudo justitiæ 19 (Jer. 31). Ma piano, odo chi qui ripiglia,<br />
per esser la stessa Bellezza ci vuole un Bello perfetto, totale, intero,<br />
cui nulla manchi: Ad pulchritudinem requiretur integritas seu perfectio<br />
totius 20 , insegna l’Angelico, quæ enim diminuta sunt, hoc ipso turpia sunt 21<br />
(Gen. 12). Dicasi pur troppo bella e Sara e Rachele, pulchra nimis 22 ;<br />
ma no la stessa Bellezza, mentre di questa, alcuna cosa lor manca. Si<br />
14 È tutta bella, e in lei non vi è macchia.<br />
15 Non ci sono tenebre, non c’è ombra.<br />
16 Sopra queste cose sarà ritenuta donna Immacolata.<br />
17 Donna vestita di sole.<br />
18 La Bellezza al Suo cospetto.<br />
19 La donna cingerà l’uomo… la bellezza di giustizia.<br />
20 Per la bellezza è richiesta l’integrità o la perfezione del tutto.<br />
21 Quelle cose a cui è tolto qualcosa, perciò stesso sono brutte.<br />
22 Troppo bella.<br />
422<br />
chiamino ancor assai belle Giuditta ed Ester, pulchra valde 23 (Esth. 1);<br />
ma no la Bellezza medesima, perché non vi ha nel Genere Umano<br />
Persona, di cui qualche particella non sia difettosa o nella proporzione<br />
e chiarezza del corpo, o nella integrità e perfezion dello spirito. Sì,<br />
Uditori; ma non entra un tal filosofare riguardo a Maria, che con la<br />
sua Bellezza trascende ogni pura beltà creata e giunge a quella perfezione,<br />
cui qualsivoglia pura nobile Creatura non mai arriva. Essa perciò<br />
gode il titolo nei Sacri Cantici di bellisima tra le più belle:<br />
Pulcherrima mulierum 24 (Cant. 1). Ecco l’impareggiabile privilegio<br />
della nostra Real Pargoletta che tra tutte le pure Creature e Celesti ed<br />
Umane gode l’ammirabile vanto di poter esser chiamata col nome<br />
della perfezione medesima di qualche suo pregio. Ecco, che non tanto<br />
dicesi Vergine, ma la stessa Immacolata Verginità: Sancta et<br />
Immaculata Virginitas 25 : non solo misericordiosa, ma la stessa<br />
Misericordia, anzi Madre di Misericordia: Mater misericordiæ 26 . Così in<br />
pari guisa, non solo essa è bella, bellissima sopra tutte: Pulcherrima<br />
mulierum; ma è la stessa Bellezza: Fæmina…Pulchritudo. Ed oh che bellezza<br />
è quella di Maria ancor nella Culla! Bellezza intera, cui nulla<br />
manca nella proporzione e chiarezza del gentilissimo sacro suo corpicciuolo.<br />
Bellezza perfetta e totale, in cui concorre ogni pienezza di<br />
Grazia, di santità e di perfezione. Bellezza insomma, cui dopo quella<br />
del Divin Verbo Umanato, non può trovarsi eguale in Terra e in Cielo,<br />
né idearsi maggiore: tantovero che non solamente tiene incantate<br />
tutte le Angeliche Gerarchie, che su questa Bellezza di Maria, anche<br />
tra le fasce ristretta, ritrovano un Paradiso a parte; ma quel che è sommamente<br />
stupendo, giunge a far che lo stesso Iddio se ne mostri invaghito<br />
e se ne dichiari di grande Amore impiagato: Vulnerasti Cor<br />
meum, Soror mea Sponsa, vulnerasti Cor meum 27 (Cant. 4). O Bellezza<br />
dunque ineffabile, unica, singolarissima!<br />
23 Molto bella.<br />
24 La più bella tra le donne.<br />
25 Santa ed Imacolata verginità.<br />
26 Madre di misericordia.<br />
27 Mi hai ferito il cuore, sorella mia sposa, mi hai ferito il cuore.<br />
423
7. Deh se è così, e chi mai, cari miei Uditori, ritener più si potrà il Cuore<br />
nel petto che non corra tantotosto a tributarlo a Maria nella sua Culla.<br />
Ed oh mortali, mortali, che dietro a vane, apparenti e caduche bellezze<br />
incauti tuttodì ve ne correte, quasi lupi affamati dietro lo strascino delle<br />
carogne, deh aprite gli occhi una volta e mirate se quanta e quale<br />
Bellezza voi vi perdete!<br />
Spunti, se è così, spunti pure una volta, amabilissima Bambinella<br />
Celeste, un raggio di vostra sovraumana impareggiabil Bellezza nelle<br />
nostre offuscate menti e ne dilegui le tenebre: spunti un raggio del<br />
vostro Divin Bellissimo Volto nei nostri Cuori e ne sciolga il gelo e la<br />
durezza. Ah, Maria, Maria, se la vera Bellezza basta che vedere si faccia,<br />
deh fate, vi prego, che noi da qui in poi chiudendo gli occhi a tutte le<br />
transitorie ed apparenti bellezze terrene, li teniam sempre aperti a<br />
vagheggiar la vostra vera, durevol, perfetta Bellezza, Bellezza superiore<br />
agli Astri e Pianeti; Bellezza incantatrice degli Angeli e dei Serafini,<br />
Bellezza di cui ferito si chiama Iddio stesso.<br />
8. Qua dunque, stasera, Uditori, datemi qua i vostri Cuori che io portar li<br />
voglio, insiem col mio, alla sacra culla di Maria per tributarglieli in<br />
dono. Che se mai altro oggetto con apparente bellezza vi si presenti<br />
innanzi per rapirvi gli affetti, deh su, io tutti coraggiosi e risoluti vi<br />
voglio, come Sansone. Aveagli Dio destinata una Filistea. Ciò non<br />
sapendo i suoi Genitori lo distoglievano ad ogni passo. Saldo e forte<br />
Sansone nel suo proposito, altra ragion non adduce, che quella spedita<br />
e risoluta: Placuit oculis meis 28 . Piacque agli occhi miei, ferì il mio cuore<br />
e tanto basti: Placuit oculis meis. Così, così per l’appunto, Cuor mio, hai<br />
tu coraggioso e risolutamente a rispondere: Lungi, lungi da me, e dai<br />
miei pensieri e dai miei affetti altre Bellezze. Una sola mi piacque, una<br />
sola ne prescelsi, ad una sola totalmente e irrevocabilmente consacrai<br />
me stesso e questa altro non è che Maria tra le fasce ravvolta: Placuit oculis<br />
meis: e questa unica, io voglio e questa unica sia dopo Dio di tutti gli<br />
affetti miei l’unico oggetto: Placuit oculis meis. Si svelgano dunque piut-<br />
28 Piacque ai miei occhi.<br />
424<br />
tosto per man di Tiranni le viscere da questo mio Corpo, si strappi<br />
prima il Cuore da questo petto, parta piuttosto l’Anima da me stesso,<br />
che abbia a svellersi, strapparsi e partire da voi, o mia bellissima Reale<br />
Bambina, il mio sincero Amore ed ossequio. Deh, sì che tutto il cuor<br />
mi rapì il vostro bellissimo Volto, o Maria! Deh sì che troppo mi obbligò<br />
ad amarvi la vostra impareggiabil Bellezza! Placuit oculis meis.<br />
Oh quanto siete bella, non posso io saziarmi dal ripeterlo col cuor sulle<br />
labbra, oh quanto siete pur bella!<br />
Don Tommaso Nardini, Immacolata Concezione, affresco,<br />
1716, Ascoli Piceno, volta della Chiesa di Sant’Angelo<br />
Magno.<br />
425
SERMONE SECONDO<br />
Domenica 6 settembre 1767<br />
Nella seconda sera del triduo don <strong>Marcucci</strong> spiega la bontà di Maria Bambina.<br />
Secondo san Tommaso la bontà si vede all’esterno anche se è una qualità interiore;<br />
essa può essere un dono della natura o, insieme a questo, un prodotto della virtù e<br />
della ragione. Certamente in Maria Bambina, oltre alla bontà naturale, come afferma<br />
san Giovanni Damasceno, c’è anche e soprattutto quella morale e intellettuale e<br />
non in modo passeggero e transitorio, bensì stabile e permanente.<br />
Come predestinata Madre di Dio, Maria ricevette tutte le virtù, anche quelle<br />
morali, in sommo grado sin dalla sua Concezione. Quindi essa fin dal primo momento<br />
dell’essere suo si trovò con perfetta cognizione e prontezza rispetto ad ogni virtù ed<br />
incominciò ad esercitarle in modo meraviglioso tanto da essere definita dal Damasceno<br />
“casa e maestra di tutte le virtù”.<br />
Don <strong>Marcucci</strong> conclude chiedendo alla santa Bambina di farlo partecipe della sua<br />
bontà perché sia capace di amarla; Le dona con fiducia il suo cuore senza più riprenderlo;<br />
vivrà senza cuore, ma felice di averlo fatto rapire alla “Bontà amabilissima,<br />
singolare e meravigliosa della graziosa Bambina”.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 63, pp. 15-27.<br />
La Bontà di Maria Bambina<br />
1. È più atta la Luce che non il Sole, s’io non m’inganno, ad esser figura<br />
del Nascimento di Nostra eccelsa Signora. Nacque Maria, come<br />
ognun sa, qual Primogenita dell’Altissimo fra tutte le pure Creature,<br />
così preeletta sin dai secoli eterni nella Mente Divina: Ego ex ore<br />
Altissimi prodivi Primogenita ante omnem creaturam 29 (Eccl. 24, 5).<br />
Or nel principio del Mondo non vi fu il Sole, perché essendo venuto<br />
all’essere nel quarto giorno, non ebbe la sorte di chiamarsi il<br />
Primogenito tra le cose create: cosicchè gli mancava questo pregio per<br />
divenire un abbozzo di Maria Primogenita. Ben godette un tal vanto<br />
la Luce, perché prescelta essa per Primogenita, ricevette nel primo<br />
giorno l’imperioso Divino comando a saltar fuori dal suo nulla:<br />
29 Io dalla bocca dell’Altissimo avanzai primogenita davanti ad ogni creatura.<br />
426<br />
Fiat Lux 30 . Eccovi il più vivo simbolo, esclama il grande Apostolo<br />
Valenziano San Vincenzo Ferreri, del Nascimento di Maria: Fiat lux,<br />
idest benedicta generatio Mariæ 31 (Ser. 2., De Nat. Virg.). Or una sola<br />
proprietà della Luce si fa ad encomiare il sacro Testo, perché in quella<br />
sola si racchiude quanto mai in sua lode dir si potrebbe. Encomia,<br />
non già i suoi raggi e splendori, ma bensì la sua Bontà; attesochè non<br />
è proprio delle Scritture alzar Cattedra di ottica, ma Scuola di Amore.<br />
Dice perciò il sacro Testo, che la Luce era dotata di Bontà e che lo stesso<br />
Dio in vederla così buona ne avea dimostrato compiacimento: Vidit<br />
Deus Lucem, quòd esset bona 32 (Gen. 1). Gran misteri qui si ascondono.<br />
Chiamasi buona la Luce tuttochè insensata; ma non tanto dicesi buona<br />
in se stessa, quanto per quella Bontà che rappresentare dovea. Or questa,<br />
già l’intendete, o Signori, è l’impareggiabil Bontà, che ebbe Maria<br />
sin dal primo istante dell’Esser suo e che spiccò maggiormente nella<br />
sua Nascita e nella sua Culla. Di tale Bontà debbo io succintamente<br />
favellarvi stasera. Pregarvi di attenzione è un offendervi. Sicchè senza<br />
più ritardo incomincio.<br />
2. È la Bontà nell’Uomo, secondo la dottrina dell’Angelico, una certa qualità<br />
maravigliosa che in lui si scorge, che basta osservarne il portamento e il<br />
tratto per invaghirsene. Non già, che negli atti esteriori la Bontà principalmente<br />
consista: deh no, attesochè bonum hominis, come il precitato<br />
Dottore ne avverte, consistit principaliter in interioribus actibus 33<br />
(2, 2, qu. 27, ar. 6 ad 3). Ma dir s’intende, che essa nei portamenti esteriori<br />
riluce e si fa vagheggiare. Osservate, o Signori. S’incontran talora certe<br />
indoli dolci e così bene disposte, certi geni così docili e graziosi, certi cuori<br />
così affabili ed amorevoli che al solo osservarli rapiscono, al sol trattarli si<br />
tirano dietro gli affetti tutti dell’animo. Che Bontà amabile invero!<br />
Eppure, altro questo non è che un bel dono della Natura, non già un prodotto<br />
della virtù e della Ragione. È insomma una sola Bontà naturale.<br />
30 Sia fatta la luce!<br />
31 Sia fatta la luce, cioè la benedetta nascita di Maria.<br />
32 Dio vide che la luce era buona.<br />
33 Il bene dell’uomo consiste principalmente negli atti interiori.<br />
427
3. Sembra in verità troppo basso il pensiero, se una Bontà di tal’infimo grado<br />
contemplar si voglia in Maria tra le fasce ravvolta. Nientedimeno il gran<br />
Damasceno per dimostrar, che niun grado di Bontà nella Reale Bambina era<br />
mancante, si accosta ossequioso alla Culla e siccome la truova per Celeste<br />
dispensa di uso perfettissimo di Ragione dotata, ne considera da vicino gli<br />
sguardi pietosi dei suoi begli Occhi lucenti, le graziose Labbra della sua<br />
ridente Bocca, i moti ben composti del suo adorabile Capo, il Genio,<br />
insomma, l’Indole, gli Accenti, ed insino i Sospiri. Quindi fatto estatico di<br />
amore, oh Dio, esclama, che vedo! In codesta sola Divina Bambinella si racchiude<br />
quanto mai di Buono, di Grazioso, di Amabile è sparso in tutta<br />
l’Umana Natura: In hac sacratissima Infantula, totius Naturæ venustas 34 .<br />
Che Bontà stupenda! Che attrattiva amabile! Che amabilità graziosa!<br />
4. Ma poggiam più alto, Uditori, il discorso. La Bontà naturale, a dire il<br />
vero, sembra non meritar di Bontà il nome, qualor, all’altra che dalla soda<br />
virtù deriva, si paragoni. L’imbattersi talvolta in Persone, che al buon<br />
Naturale hanno accoppiato un maraviglioso complesso di prudenza e<br />
moderazione, di umiltà e mansuetudine, di temperanza e modestia, di<br />
liberalità e misericordia, di fedeltà e schiettezza, di ubbidienza e rispetto,<br />
di pietà e religione; talchè vengono ad essere una Scuola vivente, un<br />
emporio dovizioso di morali virtudi; oh queste sì che rapiscono il cuore<br />
ed obbligano chicchesia ad amarle. Che Bontà amabilissima da innamorar<br />
anche cuori di sasso! Sebbene, o Signori: noi siam pur sulla terra.<br />
È questa una Bontà morale che dai confini non esce per se medesima di<br />
una Bontà mezzana e terrena. Se l’esempio del gran Damasceno prelodato<br />
non mi eccitasse ad appressarmi alla Culla della nostra Celeste Sovrana,<br />
non mi arrischierei, ve lo confesso, di considerar nella Pargoletta Divina<br />
una Bontà di tempra sì bassa. Se la Bontà morale adunque negli atti nobili<br />
e virtuosi consiste e dell’Intelletto e della Volontà, e qual mai, esclama<br />
qui il Damasceno, è quella virtù Intellettuale e Morale, che io non scorgo<br />
in voi, o Maria Bambinella, come in propria sede e domicilio collocata?<br />
Tu virtutum omnium domicilium 35 .<br />
34 In questa santissima bambina c’è la bellezza di tutta la natura.<br />
35 Tu domicilio di tutte le virtù.<br />
428<br />
5. Che se di questo sì pesante domicilium penetrar vi aggrada l’arcano, vi<br />
sovvenga, o Signori, che per quanto sfoggio mai facciano in altri le virtù<br />
Intellettuali o Morali, possono sempre paragonarsi a quelle splendide<br />
vivande, memorate dal Savio, gustate in casa altrui senza domicilio e<br />
fermezza: Epulæ splendidæ in peregre sine domicilio 36 (Eccl. 29, 29). E perché<br />
ciò? Eccolo. Son’esse sempre involte in qualche imperfezione e ben<br />
soggette a perdersi da uno all’altro momento: peregre sine domicilio.<br />
Saggia e prudente quanto mai fu Giuditta, forse di animo, temperata,<br />
circospetta, modesta: talchè lo stesso Eunuco e Mastro di Camera di<br />
Oloferne ebbe a chiamarla piena di bontà singolare: bona Puella 37<br />
(Judith. 12). Umile, rispettosa e divota fu anche Ester, accorta e sagace:<br />
bona Puella. E per tacer di altre, non meno ossequiosa fu Ruth, paziente,<br />
fedele, sincera: bona Puella. Nientedimeno tutte queste gran virtù<br />
potean in loro riputarsi come pellegrine e senza permanente domicilio,<br />
perché imperfette e capaci ad essere espulse: Peregre sine domicilio. Nella<br />
sola gran Vergine Bambina pertanto ebbero le Virtù tutte e Intellettuali<br />
e Morali la lor fissa sede, il loro stabile domicilio: Tu virtutum omnium<br />
domicilium 38 ; perché perfettissime per ogni verso, perché permanenti<br />
per ogni tempo: Tu virtutum omnium domicilium.<br />
6. Che se anche di ciò la ragion ne bramate, chiedetela al Serafino da Siena,<br />
chiedetela al gran Salesio, chiedetela all’esimio Suarez; giacchè non è da<br />
tanto la mia rozza lingua a decifrarvi arcani sì portentosi. Tuttochè le<br />
Morali ed Intellettuali Virtudi, essi dicono, dicansi di lor natura acquistate;<br />
ebbe ciò nonostante Maria, come destinata Madre di Dio, questo<br />
singolar privilegio di riceverle infuse insiem con l’uso di Ragione dalla<br />
Mano stessa dell’Onnipotenza Divina sin dall’Istante primiero di sua<br />
Concezione. Quindi essa insin dal primo momento dell’essere suo trovandosi<br />
con le spirituali Potenze arricchite per infusione celeste di una<br />
perfetta cognizione e prontezza rispetto ad ogni virtù, incominciò sin da<br />
quel punto ad esercitarle in un modo così maraviglioso, che eziandio pic-<br />
36 Splendidi banchetti in casa di un pellegrino senza domicilio.<br />
37 Buona ragazza.<br />
38 Tu domicilio di tutte le virtù.<br />
429
ciola Pargoletta quanto al tenero sacro suo Corpicciuolo, era ben grande<br />
e perfetta nella Bontà morale e virtuosa, incominciandone la carriera con<br />
una perfezione di gran lunga maggiore a quella, con cui i più gran Santi<br />
nel colmo dei loro acquisti ebbero a terminarla. O prodigi non più uditi<br />
da tutti i secoli! Maria Bambinella e nelle Virtù gran Dottoressa: Maria<br />
Pargoletta e nella Bontà eccellente Maestra. Ora sì ben intendo, se perché<br />
il Damasceno volle anche con questo nuovo titolo onorarla: Tu virtutum<br />
omnium domicilium et magistra 39 . O Bontà dunque impareggiabile di<br />
Maria Bambina, Bontà ammirabile e graziosa, Bontà singolare, perfetta,<br />
amabilissima! Chi non ti servirà di vero cuore? Chi non si sentirà rapito<br />
a teneramente e fortemente amarti? Oh Dio, cento e mille cuori io pur<br />
avessi, come ben volentieri… Ma piano, che non siamo ancor giunti al<br />
più sublime della Bontà della Real nostra Bambina.<br />
7. Qual sia, Uditori, il sommo della Bontà dell’Uomo, voi ben lo sapete.<br />
È la Bontà sopranaturale di Grazia e di Amore, Bontà tutta Celeste che<br />
innamora gli stessi Serafini, Bontà essenziale e vera che da tutto il<br />
Paradiso viene ammirata. Consiste questa, conforme insegna l’Angelico,<br />
nell’Unione dell’Umano Intelletto con Dio per via di Fede viva ed operante;<br />
nell’Unione del Cuor umano con Dio per via di Amore filiale e<br />
forte; nell’Unione di tutta l’Anima con Dio per via di Grazia e di stretta<br />
cordiale Amicizia: Bonum hominis consistit in coniunctione eius ad Deum 40<br />
(1. 2. qu. 98, ar. 5 ad 2). Iddio, che è somma ed infinita Bontà per essenza,<br />
Fonte e Centro di ogni Bontà partecipata, da cui ogni altra Bontà deriva<br />
ed a cui ogni vera Bontà ritorna, quanto più seco stringe un Cuore, col<br />
farlo simile al suo, tanto più lo fa buono; quanto maggiormente partecipa<br />
ad un’Anima la sua Divina Bontà, tanto maggiormente la fa amabile,<br />
santa e perfetta. Bonum hominis consistit in coniunctione eius ad Deum.<br />
8. O qui sì, non avend’io formule atte ad esprimer quanto mai sublime e<br />
perfetta fosse la Bontà sopranaturale che sin dalla Culla ebbe Maria,<br />
invito a scender dall’Empireo i Serafini e far presso voi le mie veci.<br />
39 Tu, domicilio di tutte le virtù e maestra.<br />
40 Il bene dell’uomo consiste nella sua unione con Dio.<br />
430<br />
Ma oimè, che trovandosi per la gran maraviglia ammutoliti, ne van essi<br />
pure cercando la nobile tempra: Quæ est ista? 41 Ditecelo almen voi, o<br />
Pargoletta Celeste, quanto fosse perfetta la vostra Bontà, quanto alta<br />
l’Unione con Dio. Ma che ascolto? Anch’essa non ci fa sentir altro, se<br />
non che di aver in lei oprate gran cose l’Onnipotenza Divina: Fecit mihi<br />
magna qui potens est 42 . Ah sì, ben’ora capisco quel che insegnò il Serafino<br />
da Siena, che poggia tanto alto la Bontà e Perfezione sovranaturale di<br />
Maria che a sé solo ha Dio riserbato il pienamente conoscerla: Tanta est<br />
perfectio Virginis, ut soli Deo cognoscenda reservatur 43 . Deh s’è così, riconcentrato<br />
io nel mio nulla al vostro Divino Cospetto, Onnipossente<br />
Facitore del tutto, mi fo ardimentoso a pregarvi di svelarci, quanto mai<br />
cara vi fosse codesta vostra Sposa Bambina, quanto mai buona, santa,<br />
perfetta. Or viva la Divina Clemenza, eccoci esauditi. Miratela, dice<br />
egli e contemplatene prima l’esterne sue dilicate Fattezze; ed ecco che<br />
picciola Pargoletta la rinverrete: Soror nostra parva est (Cant. 8). Ma<br />
notate nel tempo stesso qual Gigantessa sia mai nelle interne sue<br />
Perfezioni di Grazia, di Giustizia, di Amore: In abundanti iustitia virtus<br />
maxima est 44 (Prov. 15, 5). Se io sono, segue Iddio, l’immensa Luce eterna,<br />
essa ne è lo Specchio limpido e chiaro, dove questa mia Luce al naturale<br />
si effigia: Candor est lucis æternæ, et Speculum sine macula 45 (Sap. 7,<br />
26). Se io la stessa essenziale infinita Bontà, essa è l’unica tra tutte le<br />
pure creature, dalle mie mani uscite, ad esserne la Copia più viva e la<br />
più consimile Immagine: Imago Bonitatis illius 46 (Sap. 7, 26).<br />
9. Udiste, Signori miei? Converrebbe pertanto poter comprendere quanto<br />
sia grande l’essenziale Bontà infinita di Dio, per aver talento a capire<br />
quanto ancor grande sia la sovranaturale Bontà di codesta Reale<br />
Bambina, che ne è il più espressivo Ritratto: Imago Bonitatis illius. O pro-<br />
41 Chi è costei?<br />
42 Colui che è potente fece a me grandi cose.<br />
43 Tanta è la perfezione della Vergine che solo a Dio ne è riservata la conoscenza.<br />
44 In una giustizia sovrabbondante massima è la virtù.<br />
45 È il candore della luce eterna e lo specchio senza macchia.<br />
46 Immagine della sua bontà.<br />
431
digi, o arcani, o eccessi di maraviglie! Attoniti perciò tutti i Padri noi<br />
ritroviamo, non sapendo con quali termini dover esprimer l’altezza della<br />
Bontà e Santità di Maria. Chi la dice Forma di Dio, come un Agostino,<br />
chi Trono dell’Essenza Divina, come un Epifanio, chi Abisso di Grazia,<br />
come un Giovan Damasceno e chi per finirla prossima alla Divinità, come<br />
un Andrea Cretense. È Maria Imago Bonitatis illius, e tanto basti. Deh<br />
quanto ne godo, ne tripudio, ne gioisco, amabilissima Divina Pargoletta.<br />
Contento ben sarei di non esser’io piuttosto al mondo, di quel che voi<br />
non foste di sì impareggiabil Bontà che già siete e nell’ordine della<br />
Natura e nell’ordine della Perfezione morale, e nell’ordine della Grazia<br />
ed unione con Dio. Or che vi sarebbe, o mia graziosa Sovrana a spiccar<br />
da quel vostro amabilissimo Buon Cuore una scintilletta di Bontà nel<br />
misero Cuor mio ed in quei di Coloro, che qui divotamente ascoltano le<br />
vostre Lodi? Voi siete sì buona, vi pregherò col Serafico vostro<br />
Bonaventura, deh fatelo per la vostra stessa Bontà! Bona es tu, et propter<br />
Bonitatem tuam Cor meum dirige 47 . Io voglio amarvi ed amarvi tanto e poi<br />
tanto, perché lo merita la vostra Bontà: ma come mai vi amerò, se di<br />
codesta Bontà non me ne fate partecipe? Or io per me stasera tutto nella<br />
vostra Bontà raffidato, ecco che prendo il mio cuore e lo lascio nella<br />
vostra Culla per non più ripigliarlo. Vivrò poi senza cuore, è vero; ma il<br />
mio gran contento sarà quello, o graziosa Bambina, dell’averselo a sè<br />
rapito la vostra Bontà, Bontà amabilissima, singolare, maravigliosa.<br />
47 Buona sei tu e per la tua bontà dirigi il mio cuore.<br />
432<br />
SERMONE TERZO<br />
Lunedì 7 Settembre 1767<br />
Nella terza sera del triduo don <strong>Marcucci</strong> spiega la beneficenza di Maria Bambina.<br />
Come suo solito, parte dall’esperienza comune e nota che, non è facile trovare persone che<br />
allo setesso tempo siano generose e possano esserlo, abbiano cioè sostanze da donare e<br />
volontà di farlo. “Non tutti hanno il cuore e la mano uniti per beneficare”.<br />
Dio donò a Maria, sin dal primo momento della sua esistenza, un cuore amoroso<br />
e materno, verso noi e la possibilità di benificarci; la ricolmò di privilegi perché fossero<br />
condivisi con l’umanità, per questo san Bernardo la chiama Acquedotto divino,<br />
Madre di celeste beneficenza e Dispensatrice di tutte le grazie, fin dalla culla.<br />
Maria ci dona le grazie divine, ma gradisce che esse portino frutto in noi; per questo<br />
Ella le dona ai soli peccatori sinceramente pentiti e ravveduti che a lei ricorrono e<br />
decidono di condurre una vita pia e timorata.<br />
L’Autore conclude con una preghiera alla celeste Bambina per ringraziarla della<br />
sua “amorosa Beneficenza”, per prometterle di amarla in avvenire con cuore operativo<br />
e sincero e di servirla con una vita timorata e devota.<br />
La invoca poi con il titolo di “Vergine clementissima”, a favore dei peccatori che<br />
giacciono nella piena notte della colpa e non hanno speranza di ottenere le sue beneficenze.<br />
Per loro e per lui stesso, che si considera peccatore, invoca la celeste Bambina<br />
affichè sia come Luna che illumina il loro cammino pericoloso e li guida al ravvedimento.<br />
Chiede e spera, allo stesso tempo, che Maria sia per lui un giorno anche Aurora<br />
e Sole e che potrà godere la bella sorte di benedire con i penitenti e con i giusti la sua<br />
amorosa e possente Beneficenza<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 63, pp. 29-45.<br />
La Beneficenza di Maria Bambina<br />
1. Non è da tutti l’esser benefico, perché non tutti per beneficare hanno il<br />
Cuore unitamente e la Mano. Il far altrui del bene, che noi diciamo<br />
Beneficenza, se nasce dall’Amore, non si esegue che col Potere.<br />
Vorrebbero alcuni esser benefici, ma non possono: potrebbero ben altri,<br />
ma non vogliono. Sicchè se Amore e Potere non vadano uniti, non può<br />
la Beneficenza spuntar alla luce. Ed oh quanto e poi quanto, o Signori,<br />
siam tenuti al sommo clementissimo Iddio! Donò egli a Maria sin dal<br />
primo momento dell’esser suo un tal Cuore amoroso verso di noi, che<br />
433
Ella sin d’allora incominciò a procurare i nostri vantaggi con Cuore<br />
materno e ad amarci con un insuperabile Amore, come degnamente<br />
riflette S. Pier Damiani: Maria amavit nos amore invincibili 48 . Quanto poi<br />
al gran Potere, di cui venne dotata, fu sì maraviglioso e universale, che<br />
sull’intero Universo si estese, senza che ai suoi voleri ardisse mai cavar<br />
fuori il capo un Impossibile: Fecit ei magna qui potens est 49 , così il prelodato<br />
Santo nell’atto di encomiare il prodigioso di Lei Nascimento, et data<br />
est ei omnis potestas in Cælo et in Terra et nihil ei impossibile 50 (Ser. 1, De Nat.<br />
Virg.). Quindi la Beneficenza fu sin dalle sue Fasce così propria di Maria,<br />
che noi nell’atto di venerarla Bambina nella sua Culla dir possiamo con<br />
verità, Maria per beneficare esser nata. Or il modo maraviglioso, con cui<br />
Ella sin da Pargoletta esercitasse quest’amorosa Beneficenza, sarà stasera<br />
il soggetto del breve mio Ragionamento. Non vi sia discaro, Signori, ad<br />
onor suo per questa terza volta soffrirmi. Incomincio.<br />
2. Se nacque Maria, come un Iride graziosa, non solo per ricrear i Mortali con<br />
vivi e vari colori delle sue eroiche sovraumane virtudi, ma ancor per placare<br />
con la sua mediazione l’Ira del Cielo e dar segni d’inalterabile pace a tutto<br />
il Genere Umano: se comparve al Mondo la sovrana Bambina, come un<br />
benefico Sole, non tanto per farci osservare quei raggi splendenti del suo perfettissimo<br />
Amore, quanto per illuminarci le Menti e riscaldarci i cuori nel<br />
Divino Sevizio: ciò pur sarebbe di avanzo, voi ben lo vedete o Signori, per<br />
mettere in chiaro, com’essa ponesse in opra a pro nostro sin dalla culla<br />
l’amorosa sua Beneficenza. Nientedimeno non ne è paga Maria, sinchè di tal<br />
sua Beneficenza non ce ne faccia sapere per bocca del Savio le precise finezze.<br />
Io, ci fa essa sentire, Io per disposizione del Cielo venni al Mondo come<br />
un Acquedotto, un Canale di limpide Acque: Sicut Aquæductus exivi de<br />
Paradiso 51 (Eccl. 24, 41). Che favellar misterioso sia questo lo va rintracciando<br />
il mellifluo di Chiaravalle Bernardo e ne prende tanto piacere, che un suo<br />
nobil Sermone del Nascimento di Maria si fa ad intitolarlo De Aquæductu.<br />
48 Maria ci ha amato con amore invincibile.<br />
49 Colui che è potente le fece grandi cose.<br />
50 Le è stato dato ogni potere in cielo ed in terra, e niente a Lei è impossibile.<br />
51 Come un corso d’acqua sono uscita dal Paradiso.<br />
434<br />
3. Mettiam fuori l’Arcano. È Iddio la Fonte perenne ed inesausta della<br />
Pietà e Misericordia. Sì, contesta Davide; ma Iddio sdegnato col Genere<br />
Umano, si riteneva raccolte in se medesimo, quasi in una immensa<br />
Conserva, queste Acque di vita e di salute: Apud te est fons vitæ 52 (Psal.<br />
35); e permetteva, che l’uomo, divenuto arido, languido, appassito e<br />
secco, se ne giacesse tutto chino e ritorto verso la Terra. Passavano i<br />
secoli, le età volavano, piangevano i Patriarchi, sospiravano i Profeti,<br />
esclamavano gli antichi Sacerdoti, ma seguitavan le Acque delle Divine<br />
Grazie e Misericordie a star racchiuse: Apud te est Fons vitæ. Non ne fate<br />
stupore, ripiglia Bernardo. Non sgorgan quell’Acque benefiche dalla<br />
lor Fonte, perché non era stato per anche formato l’Acquedotto della<br />
Beneficenza, non era ancor nel Mondo il Canale delle Grazie Celesti,<br />
non era ancor nata MARIA. Propterea Fluenta gratiæ defuerunt, quòd deerat<br />
Maria desiderabilis Aquæductus 53 . Nasce la Celeste Infanta, ed ecco<br />
incomincian per questo canale a scender in abbondanza le Grazie: Sicut<br />
Aquæductus exivit de Paradiso. Non ha ancor libere le delicate Manine al<br />
moto, eppur le ha ben atte a dispensar benefizi. O prodigi non più<br />
uditi! Che vuol dir questo, entra qui ad esclamare il Serafino da Siena,<br />
se non che essere stata Maria, sin dal primo esser suo, dichiarata da Dio<br />
per Madre di Celeste Beneficenza ed insin dalla Culla per Dispensatrice<br />
di tutte le Grazie: Dispensatrix Cælestium Gratiarum. Sicut Aquæductus<br />
exivit de Paradiso 54 .<br />
4. Ma piano, sento qui chi ripiglia. Dipinge nei sacri Cantici lo Sposo<br />
Divino tutte le sovraumane delicate Fattezze di Maria, come di sua<br />
Madre e Sposa diletta: e così reciprocamente dipinge Maria le Fattezze<br />
Divine di Gesù, come di suo Sposo e Figlio diletto. Or nel descriver<br />
Maria le Mani del Figlio, le dice così belle e gentili, che le rappresenta<br />
52 Presso di Te è la sorgente della vita.<br />
53 Per questo mancarono i fiumi della grazia, perché mancava Maria, desiderabile<br />
Acquedotto.<br />
54 Dispensatrice delle grazie celesti. Come un Acquedotto uscì dal Paradiso.<br />
435
come ben lavorate al torno con tutta la maestria e delicatezza: Manus<br />
eius tornátiles 55 (Cant. 5, 14); e tutte benefiche, piene di gemme preziose<br />
per dispensarle: plenæ hyacinthis 56 . Ma all’incontro Gesù fece ben<br />
menzione sin del più minuto capello dell’aurato Crine della sua Madre<br />
e Sposa; ma delle mani neppur un sol cenno ne diede. Come dunque,<br />
dir potrebbe qualcuno, avrà la Reale Bambina le sue Mani così benefiche,<br />
se lo Sposo Divino la dipinge senza Mani nei sacri Cantici? Non<br />
più stupori, si fa a risponder Bernardo. Non appariscon le Mani di<br />
Maria Bambina, appunto perché Bambinella ancor sulle fasce: ma non<br />
vi è necessità che appariscan di fuori per dispensarci le Grazie, perciocchè<br />
non ha essa altre mani per dispensarle, che quelle stesse<br />
Onnipotenti del suo Divin Figlio. Descritte dunque le Mani del Figlio<br />
per tutte belle, graziose e benefiche; questo bastava per capire, che tali<br />
erano le Mani della Madre, senza che menzione alcuna a parte se ne<br />
facesse: giacchè de plenitudine Mariæ accipiunt Universi, sicut de Filio 57 ,<br />
come il Santo conchiude.<br />
5. E poi, non fa forse lo Sposo Divino minuta memoria degli aurati<br />
Capelli della Pargoletta sua Sposa? Picciola, è vero, la dice, perché<br />
Bambinella: Soror nostra parva est (Cant. 8): ma tuttochè così tenera<br />
sulle Fasce, la descrive con i Capelli così lunghi e copiosi, come quelli<br />
della Gregge di Galaad: Capilli tui sicut Greges quæ ascenderunt de<br />
Galaad 58 (Cant. 4). Sotto il simbolo dei Capelli, non v’è chi non sappia<br />
significarsi i Pensieri e desideri dell’animo. Che arcano dunque è<br />
mai codesto di chiamarsi i Pensieri e Desideri di Maria Bambina col<br />
nome di Galaad? Capilli tui sicut Greges de Galaad. Ve lo dirò, Uditori.<br />
Galaad era Capo delle Città di Rifugio nell’antica Legge ed asilo principale<br />
dei Rei. Or tutti i Capelli o sien Desideri della nostra Sovrana<br />
Pargoletta, son tutti di Galaad, cioè tutti diretti a beneficarci col suo<br />
Patrocinio e ad accoglierci sotto la sua Protezione, come in sicuro<br />
55 Le sue mani ben tornite.<br />
56 Piene di giacinti.<br />
57 Dalla pienezza di Maria tutti attingono, come dal Figlio.<br />
58 Le tue chiome come greggi che son venute da Galaad.<br />
436<br />
asilo e rifugio. Ma s’è così, odo qui chi soggiunge, perché mai in<br />
Maria Bambina esprimersi un tal’amoroso ufizio con lodarne i Capelli<br />
e non piuttosto gli Occhi che compatiscono, o i Piedi che accorrono?<br />
Risponde Bernardo, perché son più atti i Capelli di Maria ad esprimer<br />
la sua Beneficenza. I Capelli son molti, son lunghi e crescon di bel<br />
nuovo, anzi si aumentano, qualor si taglino. Così molti e poi molti e<br />
lunghi e continui sono i Benefici, che la Pargoletta Divina a noi graziosamente<br />
comparte. Che se mai la nostra ingratidudine e le nostre<br />
colpe taglino in Mano sua i favori, e si procurin piuttosto i castighi<br />
della Divina Giustizia, non per questo finisce essa di beneficarci, anzi<br />
sempre più allor se le aumenta la premura di sottrarci dallo sdegno<br />
Divino, sempre più cresce in lei la finezza della sua Beneficenza e<br />
Misericordia, facendo quanto mai dal suo canto per toglier di mano<br />
alla Divina Giustizia la spada fulminatrice.<br />
6. Osservatene, Signori, una molto viva figura. Ecco là sulla Porta del<br />
Paradiso terrestre un Cherubino in abito da Guerriero con visiera calata,<br />
spirando da ogni parte furore e sdegno, posto da Dio, come per<br />
sentinella, con una terribile spada di Fuoco alla mano in contrasegno<br />
dell’Ira Divina, minacciando sterminio e morte a chiunque osasse<br />
appressarsi (Gen. 3, 24). Date tempo. Lasciate che si fabbrichi l’Arca<br />
del Testamento, vivo simbolo e modello e della Culla di Maria e di<br />
Maria medesima. Ordina Iddio a Mosè, che vi ponga al di sopra, come<br />
di guardia, due Cherubini: Arcam de Lignis setim compingite… Duos quoque<br />
Cherubim facies 59 (Exod. 25, 10). Ma in quale atto e con quali armi<br />
in mano? Forse pur in atto di sdegno? Deh no. Forse pur vibranti<br />
spade di fuoco? Neppure. Mutano i Cherubini sopra l’Arca e genio e<br />
atto ed armi e mestiere. Cambian in stupore lo sdegno, ed in ossequiose<br />
penne le spade. Non più appaion Ministri della Divina<br />
Giustizia, ma Esecutori della Divina Misericordia. Or che strana peripezia<br />
è mai codesta? Vedon essi la figura e della Culla della loro<br />
Regina e della lor Regina medesima ed attoniti rimirandosi l’un l’al-<br />
59 Fate un’arca di legno di acacia…farai anche due cherubini.<br />
437
tro: Respicientes se mutuo 60 , divenuti tutti mansueti e pacifici c’indicano,<br />
che coll’essersi fabbricata già l’Arca, coll’esser già nata Maria, avea<br />
questa di tratto disarmata la destra alla Divina Giustizia, ed implorata<br />
al Mondo la pace, la misericordia e la salvezza.<br />
7. Non vi sia discaro, Uditori, per vederne il contesto a meco assister col<br />
pensiero alla Lotta misteriosa tra Dio e Giacobbe (Gen. 32). Irritato<br />
quanto mai l’Altissimo dal Genere Umano, era già in risoluzione di<br />
atterrarlo e dispederlo. L’amor per altro verso il suo fedel Servo<br />
Giacobbe lo ratteneva. Alla fine crescendo vieppiù nel Mondo le enormità,<br />
scende Dio in persona ad eseguir la sua rigorosa Giustizia. Se ne<br />
avvede Giacobbe e con tutte le forze della sua vita innocente gli si oppone.<br />
Ed ecco si dà principio alla terribile Lotta. Oimè! Suda, si affatica e<br />
si affanna il Santo Patriarca e sembra che stanco or pieghi alquanto<br />
all’indietro, ed or vicino sia a cedere, or a cadere. Forte Giacobbe! Ma si<br />
querela il poverino della circostanza del tempo. È notte, esclama, il gran<br />
buio delle tenebre della colpa, che ricopre la Terra, mi è contrario: Nocte<br />
illa… luctabatur 61 . Non vedo, ove poter fermare il piede, quando mi<br />
sposta; non scorgo, ove debba appoggiarmi, qualor mi piega. Ed oh<br />
fosse pur vicino il Giorno e si affacciasse l’Aurora, quanto mi riuscirebbe<br />
propizia, quanto benefica! Nocte illa… luctabatur. Ma che? Ecco sul<br />
più caldo della misteriosa Lotta incomincia ad albeggiare alquanto su<br />
quell’Orizzonte, ecco spunta l’Aurora. Luctabatur cum eo usque mane 62 .<br />
Rinvigorito Giacobbe dal benefico aspetto dell’Aurora, si stringe vieppiù<br />
a Dio e lo abbraccia e lo tiene e lo ferma. Lasciami, gli dice Iddio:<br />
buon per te, che hai l’Aurora propizia: già son placato: Dimitte me: iam<br />
enim ascendit Aurora 63 (Gen. 32, 26). Oh questo poi no, replica il<br />
Patriarca: non sia mai, che io ti lasci, se in contrassegno di pace, a<br />
riguardo dell’Aurora già nata non mi benedici: Non dimittam te, nisi<br />
60 Guardandosi l’un l’altro.<br />
61 Quella notte…lottava.<br />
62 Lottava con lui fino al mattino.<br />
63 Lasciami: ormai spunta l’aurora<br />
438<br />
benedixeris mihi 64 . Quanto disse, tanto volle, e tanto ottenne: Et benedixit<br />
ei. È troppo risaputo, o Signori, il senso di questo gran fatto.<br />
Al nascer di Maria, Mistica Aurora del Sommo Sole Divino, ebbe il suo<br />
fine l’antica ed ostinata Guerra tra Dio e l’umano Lignaggio; e fu cura<br />
della nata Bambina disarmar la destra di Dio sdegnato e renderlo tutto<br />
pacifico con noi mortali. Cesset instantia luctaminis, esclama perciò qui<br />
attonito l’eminentissimo Ailgrino, quia iam nascitur Aurora Virgo<br />
Maria 65 (In Cant. 6). O grande Amore e Potere della nostra Real<br />
Pargoletta! O prodigi della possente ed amorosa sua Beneficenza!<br />
8. Chi può ridire pertanto, cari miei Uditori, quanto grande, sincera e<br />
operativa esser debba la gratitudine nostra a sì generosa e liberale<br />
Benefattrice? Certamente quella corrispondenza che in sole voci ed in<br />
soli affetti consiste, è troppo magra. Quella divozione che si riduce ad<br />
un puro pascolo di occhi nel concorrere ad una Chiesa, chiamar si può<br />
curiosità piuttosto, che atto di pietà cristiana. È la sacra Bambina,<br />
come già udiste, quel prodigioso Canale ed Acquedotto, per cui<br />
discendon le Acque delle Grazie celesti nell’arido terreno del nostro<br />
Cuore. Or è un error troppo massiccio il poi credere, che essa voglia<br />
veder queste Acque benefiche restarsene inutili senza render fruttifero<br />
il nostro Cuore con i frutti di vita eterna. Se dispensa Maria i favori con<br />
le stesse Mani pietose e onnipossenti del suo Divin Figlio, come poi<br />
potrà soffrire, che queste mani Divine sian di bel nuovo trafitte e piagate<br />
dalle nostre colpe? Gode essa, non nego, di vedersi costituita da<br />
Dio per nostro sicuro asilo e rifugio, ma non credeste già che tal voglia<br />
essere per li presuntuosi e spensierati. Si pregia di poter placare lo<br />
Sdegno Divino e di poter muover a suo talento la Divina Misericordia<br />
ad accordare il perdono e la pace, ma bensì rispetto ai soli peccatori<br />
contriti, penitenti e di vero cuor ravveduti, che a lei con sincere lagrime<br />
fanno ricorso e si appigliano ad una soda divozione con una vita pia<br />
e timorata. Udite e finisco.<br />
64 Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto.<br />
65 Poiché ormai nasce l’aurora, la Vergine Maria.<br />
439
9. Defunto Davide e salito sul Trono d’Israele il sapientissimo Salomone,<br />
illustrato il Giovinetto Monarca da un lume straordinario superno, spedisce<br />
un ordine strepitoso di castigo contro i tre gravi Offensori del<br />
mansueto morto suo Genitore, cioè contro di Adonia, Gioabbo e<br />
Abiatarre (2 Reg. 2). Indi comanda, che ai primi due si tolga la vita, al<br />
terzo poi si riservi. Sire, gli dice Banaia, tutti tre sono rei di morte. Sì,<br />
risponde Salomone; ma Abiatarre portavit Arcam Domini Dei 66 (3 Reg.<br />
2, 26). Quando Davide mio padre riportò l’Arca del Signore, Abiatarre<br />
non assistè con la sola presenza facendo numero e popolo, come soltanto<br />
assisteron Adonia e Gioabbo, ma sottomise di buon cuore le spalle<br />
alle leve dell’Arca e la portò tutto pietoso e divoto: quindi eziandio sia<br />
in sè reo di morte, quanto che gli altri, si riservi tuttavia in vita, in<br />
riguardo del vero servizio all’Arca prestato, a distinzione degli altri:<br />
Abiatar vir mortis est; sed non interficiam, quia portavit Arcam Domini Dei 67<br />
(3 Reg. 2, 26). Tant’è, Signori miei, l’aver effettivamente con l’opre servito<br />
un’ombra, un figura di Maria Bambina, bastò ad Abiatarre per<br />
rimaner esentato da una morte dovutagli: laddove un semplice ossequio<br />
di pure voci e di pura presenza prestato da Adonia e Gioabbo, nulla<br />
montò presso di Salomone per essere dalla morte meritata aggraziati.<br />
Applichi ciascuno il fatto ai propri bisogni. Ed io intanto, genuflesso ai<br />
beati Piedi della Pargoletta Divina, chiuderò il mio rozzo dire con una<br />
sincera e solenne protesta.<br />
10. Eccelsa Regina dell’Universo, Dispensatrice dei Celesti Tesori, Madre<br />
della più amorosa Beneficenza, giacché la vera gratitudine e corrispondenza,<br />
che da noi richiedete, ha da consistere nel divenir vostri veri<br />
divoti, e questa vera divozione è quella, che non solo impiega il Cuore<br />
nel vostro Amore e la Lingua nelle vostre lodi, ma ancor le spalle e la<br />
vita nel fedele vostro servizio e del vostro Divin Figlio; eccomi qua<br />
umiliato ai Piedi vostri e onninamente risoluto di volervi amare in<br />
avvenire con cuore operativo e sincero e di volervi fedelmente servire<br />
con una vita timorata e divota. Lo merita pur troppo la vostra impareg-<br />
66 Portò l’arca del Signore Dio.<br />
67 Abiatarre è un uomo di morte; ma non lo ucciderò, perché ha portato l’arca del Signore Dio.<br />
440<br />
giabil Bellezza (oh quanto siete bella!), lo merita la sovragrande vostra<br />
Bontà (oh quanto siete buona!), lo merita l’amorosa e possente vostra<br />
Beneficenza (oh quanto siete benefica!). Io deposito nella vostra Culla,<br />
anzi lascio in perpetuo dono nelle vostre benefiche Mani tutto il mio<br />
Cuore in pegno di questa mia volontà risoluta. Ed oh così avessi pur<br />
fatto per lo passato, delle cui mostruose mie ingratitudini ed enormità<br />
ve ne chiedo umilmente perdono. Confesso sinceramente, o mia gran<br />
Sovrana, che io mi arrossisco di starvi qui davanti nell’atto stesso che<br />
imploro la vostra clemenza. Nientedimeno, su di questa raffidato, mi fo<br />
animo di ricordarvi col gran Pontefice Innocenzo III sì vostro divoto,<br />
che voi, o Divina Bambinella, nasceste come Sole, come Aurora, come<br />
Luna per beneficarci in ogni tempo, di pieno giorno, di primo mattino,<br />
di piena notte. Cento e mille volte pur felici i Giusti, che godendo il<br />
pieno Giorno della Grazia, hanno la bella sorte di vedervi nata per loro<br />
come un Sole, electa ut Sol 68 , per vieppiù illuminarli e riscaldarli nella<br />
perfezione. Ma, oimè io non son Giusto. Ben avventurati i veri<br />
Penitenti, che trovandosi nel primo mattino della sincera Penitenza, vi<br />
rimirano nata per loro come un’Aurora, quasi Aurora consurgens 69 , affin<br />
di ricrearli ed istradarli nell’acquisto delle virtù. Ma, me misero, neppur<br />
son vero Penitente. Vergine clementissima e gli infelici Peccatori,<br />
che giacciono nella piena notte della colpa, non potran dunque goder la<br />
speranza di vedervi nata benefica e graziosa anche per loro? Deh sì, sì,<br />
che voi nasceste per loro come una Luna, ut Luna, affin di far loro vedere<br />
la strada precipitosa che battono e farli dare indietro per appigliarsi<br />
alla strada sicura del loro ravvedimento. Siatemi pertanto, almen come<br />
Luna, giacchè son misero Peccatore; sebbene io spero, o Maria, e vivamente<br />
lo spero, che mi sarete un dì anche Aurora e Sole; e che godrò la<br />
bella sorte di poter benedire con i Penitenti e con i Giusti l’amorosa e<br />
possente vostra Beneficenza. Amen.<br />
68 Eletta come il sole.<br />
69 Come aurorache sorge.<br />
441
ORAZIONE PER LA SANTA BAMBINA<br />
Recitata Giovedì 8 Settembre 1768 nella Chiesa Abaziale<br />
di S. Angelo Magno di Ascoli, in occasione della Festa ivi celebrata<br />
L’Orazione per la festa di Maria Bambina viene proposta dall’Autore ai fedeli<br />
della Chiesa di sant’Angelo Magno, dove l’anno precedente aveva predicato il triduo<br />
in preparazione alla stessa festività.<br />
La composizione è elaborata in modo ampio in 21 punti e attinge a tutte le figure e<br />
simboli dell’Antico Testamento per descrivere le eccelse prerogative e bellezze di Maria<br />
Bambina. Don <strong>Marcucci</strong> si rifà anche alla dottrina dei padri della Chiesa, in particolare<br />
di sant’Agostino e di san Bernardo, eppure “colori, astri, gemme, metalli, prati,<br />
fiori, mari e quanto c’è di bello, di eccellente, di raro nell’Universo, tutto, viene di gran<br />
lunga superato dalla real Pargoletta”. Ella è la Regina dell’Universo ed esercita, già<br />
nella culla, il suo ufficio verso tutti: in Cielo, in Terra e perfino nell’Inferno.<br />
Maria Bambina non nasce schiava del peccato, come noi, bensì “come un delizioso<br />
Giardino di Melograni”, nasce come regina incoronata, discendente della famiglia<br />
regale di Davide, Madre di Gesù.<br />
Nella divina maternità di Maria sono racchiuse tutte le sue altre qualità:<br />
Immacolata e Santa nella sua Concezione, piena di Grazia, dotata di perfetto uso di<br />
ragione nella sua nascita, superiore di meriti e di gloria a tutte le celesti gerarchie,<br />
collocata nell’Empireo alla destra del Figlio in corpo ed anima, dotata di una mirabil<br />
potenza sopra tutto il Creato.<br />
Maria viene descritta come porta spaziosa di Dio e finestra del Paradiso; come<br />
luna, aurora e sole che sorge, cioè rifugio dei peccatori e madre dei giusti, vincitrice del<br />
male. Beati i sudditi di tale Regina e Madre! Beati noi che siamo suoi figli e devoti!<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 63, pp. 1-26.<br />
Argomento<br />
Maria Bambina, essendo nata Regina dell’Universo,<br />
stando ancor nella Culla, esercita la sua mirabil Potenza in Cielo,<br />
in Terra e nell’Inferno (a favore dei suoi fedeli Sudditi e Divoti)<br />
1. In un Dì solennissimo, qual è l’odierno, alla Natività sacrosanta di MARIA<br />
consacrato, non è così agevole, come si crede, o Signori, alla sua Culla Reale<br />
intesser gli elogi. Le tante misteriose circostanze che la accompagnano,<br />
piene tutte e di prodigi e di maraviglie, se arrecar posson diletto ad ogni<br />
442<br />
cuore, riempion nel tempo stesso di un estatico stupore ogni mente e fanno<br />
ammutolire ogni lingua; come dopo il grande Agostino lo contestava<br />
Bernardo. Non si trova vivezza di colori per dipingere la Reale Bambina,<br />
non splendore di Astri, non rarità di Gemme, non preziosità di metalli, non<br />
amenità di Prati, non vaghezza di Fiori, non vastità di Mari, che vagliano a<br />
perfettamente simboleggiarla. Imperocchè e Colori, ed Astri, e Gemme, e<br />
Metalli, e Prati, e Fiori, e Mari, e quanto mai vi ha di bello, di eccellente,<br />
di raro nell’Universo, tutto, vien di gran lunga dalla Real Pargoletta ecceduto.<br />
Basti dire, che la sua Culla è di un portentoso lavoro all’intutto celeste,<br />
intersiata per ogni parte di tutti i Privilegi dell’Onnipotenza del Divin<br />
Padre, di tutte le Perfezioni della Sapienza del Divin Figlio, di tutte le<br />
Grazie dell’Amore dello Spirito Santo. Me dunque infelicissimo che far<br />
debbo io, Signori, giacchè obbligato pur mi trovo in quest’anno a consacrar<br />
altra volta le labbra alle Glorie di sì ineffabile maravigliosa Bambina?<br />
Tentai da questo medesimo Luogo l’anno scorso di porvi sott’occhi la sua<br />
impareggiabil Bellezza, la Bontà sua singolarissima, la doviziosa sua<br />
Beneficenza. Ma poi che dissi mai? Nulla affatto e poi nulla. Deh sì, che io<br />
mi trovo perduto, o Divinissima Pargoletta, nel dover favellare di voi, se<br />
non mi prestate benigna voi stessa le idee, i concetti, le voci per alquanto<br />
lodarvi. Quanto a me, non posso far altro, che dimostrarvi il buon cuore e<br />
l’animo mio bramosissimo di esaltar le vostre Grandezze. Prendetelo adunque<br />
pur voi, o Signori, per una semplice dimostrazione del mio buon cuore<br />
verso Maria Bambina, se io ardisco in quest’oggi di esporvi, come essendo essa<br />
nata Regina dell’Universo, esercita, stando ancor nella Culla, la sua mirabil<br />
Potenza in Cielo, nella Terra e sin giù nell’Inferno. Onde qual sia la benavventurata<br />
sorte di tutti quei, che di sì possente Regina son fedeli Sudditi e<br />
Servi, potrà la stessa vostra accortezza dedurlo, senza che si adopri la mia fievolezza<br />
in ridirlo. Favorite voi intanto, di osservar la sua Culla, divenuta un<br />
Reale maestosissimo Trono; nel mentre che io, prevalendomi dei vostri<br />
favori, incomincio, come tale, a dimostrarvela.<br />
I<br />
2. L’impugnare gli scettri, il cinger di corone le tempia, l’aver dal Trono<br />
dipendenti i Regni, dove la Monarchia è ereditaria, è un Gius glorioso<br />
di una Culla Reale, gratuitamente dal Cielo ottenuta. Sì, sì, tra le Fasce<br />
ancora la Maestà di Re o di Regina, a tenor del Diritto ereditario, può<br />
443
isiedere. Quindi se con le Fasce goder si potesse un pieno discernimento<br />
della Mente e della Ragione, ben si vedrebbe allora una Culla attualmente<br />
divenuta un rispettabile Trono e si udirebbe una voce Bambina<br />
spacciare Comandi, imporre Leggi, conceder Favori e reggere<br />
Popolazioni ed Imperi.<br />
3. Che se dalle Culle Reali Terrene aspettar non si possono tali portenti,<br />
ciò procede, perché non restan fregiate tali Culle di tutti quei singolari<br />
Privilegi, che dalla Divina Onnipotenza vennero sol riserbati per la<br />
Culla di Maria Bambina, che in questo Dì veneriamo. Deh sì, che la<br />
nostra SS.ma Pargoletta l’unica fu a nascer Regina e per Diritto di Reale<br />
Prosapia e molto più per la strettissima affinità che ebbe col Gran<br />
Monarca dell’Universo; e l’unica fu parimenti, che trovandosi insin<br />
nelle Fasce dotata di altissimo Intendimento, e di perfettissimo uso del<br />
suo Volere, esercitò ancor nella Culla il suo Reale Dominio e Potere<br />
lassù nel Cielo, quaggiù nella Terra, ed insin giù negli Abissi.<br />
4. Non nasce dunque Maria, come Suddita, no, ma come Regina. Essa è<br />
quella mistica Melagrana dei sacri Cantici, che con la corona in capo<br />
spunta alla luce (Cant. 4). Dirò anzi di più. Essa nasce, come un delizioso<br />
Giardino di Melagrane: Paradisus malorum punicorum 70 ; attesochè la sua<br />
Reale Corona è in tal guisa nobile e preziosa, che vien formata da quelle<br />
di tanti suoi Progenitori Re Coronati: Paradisus malorum punicorum.<br />
5. Intenderete ora l’arcano, o Signori, se perché Santa Chiesa in tal Dì<br />
Natalizio di Maria ci proponga un Vangelo, che sembra sol proprio<br />
della Natività di Gesù Cristo, come Uomo, qual è quello della sua<br />
Genealogia: Liber Generationis Jesu Christi 71 . Vuol dunque la Chiesa<br />
metterci in vista il lustro Reale della nobilissima Prosapia della sacra<br />
Bambina. Ce lo canta all’aperto: Regali ex progenie Maria exorta refulget 72 .<br />
Vuol persuaderci, che anche il Vangelo chiaramente ci dice, se da quan-<br />
70 Giardino di melograni.<br />
71 Libro della genealogia di Gesù Cristo.<br />
72 Maria, nata da stirpe regale, risplende.<br />
444<br />
ti Re coronati sia nata Maria. Imperciocchè, siccome è di fede che Gesù<br />
come Uomo nacque dalla Stirpe Reale di Davide; non poteva egli nascere<br />
da codesti Reali Progenitori, se non ci fosse nata Maria, di cui sola,<br />
come Uomo, egli era Figlio. Onde quel Vangelo ugualmente esalta la<br />
Reale Nascita del Figlio e della Madre. Dica pur dunque S. Matteo in<br />
questo dì: Liber Generationis Jesu Christi; che noi strettamente l’intendiam<br />
con la Chiesa: Regali ex progenie Maria exorta refulget, ex stirpe<br />
David. Pertanto, se nato Re si chiamò con tutta ragione il Figlio dai<br />
Magi: Ubi est qui natus est Rex 73 : dicasi ancor Regina nata la Madre che<br />
tutto il diritto ne gode: Regali ex progenie esorta 74 .<br />
6. Ma piano, R(iveriti) U(ditori), che io dissi poco. Non nacque soltanto<br />
Maria, come Regina, ma come universale Regina, con attuale dirò così<br />
illimitato Dominio e Potere sopra il Cielo, sopra la Terra e sopra ancora<br />
l’Inferno. Dissi molto, è vero, pur io lo confesso. Ma non è già questo<br />
un bel complesso di pie idee di una fantasia mia divota; ma è una<br />
strettissima verità e ve lo contesto. Il gran fine che ebbe Iddio sin dai<br />
secoli sempiterni nel donare al Mondo Maria nella pienezza dei tempi,<br />
non accade che Agostino col nobil corteggio di tutti i Padri ve lo rammenti,<br />
o Signori; giacchè lo sapete pur troppo. La Divina Maternità, a<br />
cui ab eterno era stata preeletta, fu l’altissimo Fine, per il quale Iddio la<br />
creò arricchita di pienezza di Grazia e la fece nascer colma e di Santità<br />
e di Intendimento e di ogni Privilegio più sublime e più raro. Cosicchè<br />
possiam dir con tutta verità di Maria che nacque Bambina agli occhi del<br />
Mondo, ma nacque Madre del Divin Verbo agli occhi di Dio. Bambina<br />
in conseguenza, ma con tutto il diritto e dominio sull’universale<br />
Patrimonio del suo Divin Figlio: Bambina perciò, ma nel tempo stesso<br />
Regina dei Cieli, della Terra e dell’intero Universo.<br />
7. Gelosa quindi la Chiesa di sì ineffabile Prerogativa della Pargoletta<br />
Divina, se ce la propone a vagheggiare ed ossequiar nella Culla, come<br />
Bambina graziosa, ci ricorda tantotosto di raffigurarla e venerarla,<br />
73 Dove è il Re che è nato?<br />
74 Nata da stirpe regale.<br />
445
anche così tra le Fasce, come Madre di Dio: Nativitatem hodiernam<br />
celebremus 75 , ma di chi? Eccolo: perpetuæ Virginis Genetricis Dei Mariæ 76 .<br />
Per questo ancor ci presenta il già memorato Vangelo, dove alle glorie<br />
della Reale Prosapia della Bambina, si aggiunge la massima e l’infinita<br />
della Divina Maternità: De qua natus est Jesus 77 . Ben picciola si rappresenta<br />
in questo dì ai nostri sguardi la vezzosa Pargoletta, quanto alle<br />
Fattezze del delicato suo Corpicciuolo; ma grande e di una quasi infinita<br />
Grandezza si rappresenta alla nostra Mente, quanto alla sua Dignità<br />
di Madre di Dio: De qua natus est Jesus. Un umile Ricovero appare ai<br />
nostri occhi la sua Culla; nientedimeno maestosissima rassembri al<br />
nostro Intelletto, come Trono di chi è Madre di Dio: De qua natus est<br />
Jesus. Di veruna forza e di verun potere, come Bambina, ci compare; ma<br />
di una Potenza e Dominio illimitato la fornisce l’esser di Madre di Dio:<br />
De qua natus est Jesus.<br />
8. E qui permettetemi, o Signori, per una breve digressione che con il<br />
celebre Giovanni di Segovia, Orator nel Concilio di Basilea, come pur<br />
con l’Apostolo Valenziano e col Serafino da Siena io vi dica, non potersi<br />
in alcun modo soffrire l’inconsideratezza di chi a persuadere si fece di<br />
essersi affatto taciuti nel Vangelo vari luminosi Privilegi di Maria, sol<br />
perché ivi non vengono espressamente nominati. Dio buono! E che altro<br />
mai indicar volle l’Evangelista San Matteo con quel suo De qua natus est<br />
Jesus (Matth. 1), San Marco col venit Mater eius 78 (Marc. 3), San Luca col<br />
Mater Domini mei 79 (Luc. 1) e San Giovanni col Mater Jesu 80 (Joan. 2), se<br />
non compendiare, come in una cifra misteriosa, nella sola infinita<br />
Dignità di Madre di Dio tutti quei Pregi singolarissimi che per così<br />
gran Dignità erano necessari e in qualche modo ad essa corrispondenti?<br />
Deh sì, che sebbene implicitamente, nientedimeno ben compresero gli<br />
75 Celebriamo la natività di oggi.<br />
76 Della sempre Vergine Maria, Madre di Dio.<br />
77 Da cui è nato Gesù.<br />
78 E venne sua Madre.<br />
79 La Madre del mio Signore.<br />
80 La Madre di Gesù.<br />
446<br />
Evangelisti nella Divina Maternità di Maria tutte le sue singolari<br />
Prerogative, voglio dire di esser Immacolata e Santa nella sua<br />
Concezione, piena di Grazia e dotata di perfetto uso di Ragione nella<br />
sua Nascita, impeccabile e senz’alcun minimo attuale difetto in tutta la<br />
sua vita, perpetua illibatissima Vergine nella sua Fecondità Divina,<br />
superiore di meriti e di gloria a tutte le celesti Gerarchie, collocata<br />
nell’Empireo alla Destra del Figlio in Corpo ed in Anima, dotata di una<br />
mirabil Potenza sopra tutto il Creato, costituita in somma Regina e<br />
Padrona di tutto l’Universo. Imperciocchè tutti questi Privilegi ed altri<br />
infiniti che noi non sappiamo, tutti di ragione competevano e con ogni<br />
diritto competono a Maria, come a vera natural Madre di Dio.<br />
9. Ma per far ritorno alla sacra sua Culla, donde partii, ed oh che grazioso<br />
spettacolo era mai, o Signori, agli Spiriti Beati e che orrida Scena ai<br />
demoni, il vedere una Bambina tra le Fasce imporre comandi imperiosi<br />
all’Universo intero anche con le sole Occhiate e con i semplici ben<br />
regolati Sospiri; ed ossevar Colei, che neppur libere al moto tenea le<br />
delicate Manine, goder un sì stupendo Potere, talchè alla sua Potenza<br />
riputavasi a gloria il Cielo di cedere e forzati si sentiva il Mondo e tutto<br />
l’Inferno.<br />
10. Ed invero, Uditori, se rispetto al Cielo considerar si debba il gran<br />
Potere della Pargoletta Divina, ci si presenta tantotosto esser essa nata,<br />
come un’Iride allegra per mutare in grazioso il severo sembiante di un<br />
Dio sdegnato. Ella fu, che sin dalla Culla ferendo con i suoi sguardi<br />
amorosi il Cuor di Dio, gli tolse i fulmini dalla mano e gli rapì le chiavi<br />
del Cielo per aprirlo, giacchè sempre chiuso era stato a tutti i<br />
Mortali. Cosicchè essa sola fu quella, che sin dalle Fasce potè con i suoi<br />
desideri penetrar l’ampiezza dei Cieli e girarli ben tutti: Girum Cæli circuivi<br />
sola 81 (Eccl. 24) salendo sino al Trono dell’Altissimo, per far spuntar<br />
di lassù quell’immenso Sol di giustizia, da cui illuminato rimanesse<br />
ogni vivente: Ego feci, ut in Cælis oriretur lumen indeficiens 82 (Eccl. 24).<br />
81 Ho percorso da sola il giro del Cielo.<br />
82 Io ho fatto in modo che nei Cieli nascesse una luce che non viene mai meno.<br />
447
11. Che maraviglia dunque, se all’intorno della Culla della Reale Bambina,<br />
attoniti se ne stanno gli Spiriti Celesti, a folte schiere discesi a corteggiarla;<br />
e stupefatti i Profetti col sol vagheggiarla da lungi? La encomiano i<br />
primi, nata come una lucida Aurora: Quæ est ista, quæ progreditur quasi<br />
Aurora consurgens 83 (Cant. 6): la esaltano i secondi, nata come una lieve<br />
Nuvoletta su di cui posato giace il gran Monarca dei Cieli: Ascendit Dominus<br />
super nubem levem 84 (Is. 19): e sì gli uni, che gli altri ci enunciano la mirabil<br />
Potenza della Pargoletta Divina. Confessano gli Angeli che la Natività<br />
della loro Regina fu in Cielo come l’Aurora della Riparazione delle loro<br />
rovine. Predicono i Profeti che la nata Bambina fu come una Nuvoletta<br />
benigna, perché si frappose tra il Sole scottante dello Sdegno Divino e tra<br />
il Genere umano, servendo a questi di ombra refrigerante e di riparo.<br />
12. Che se ciò vi sembri poco, o Signori, per ben ravvisare l’altezza della<br />
Potenza, che ha riguardo al Cielo la Real Bambinella, saper vi basti, che<br />
essa insin tra le Fasce, come Madre di Dio preeletta, è divenuta per ogni<br />
naturale diritto la Porta di quel beato Regno? E la Finestra; conforme di<br />
Lei scrisse Agostino! E con Agostino canta la Chiesa: Janua Cæli: Cæli<br />
Fenestra facta es 85 . Non so, R(iveriti) U(ditori), se mai seriamente rifletteste,<br />
che qualora il Redentore nominar si volle anch’egli Porta della<br />
Salute, non si disse Janua, ma Ostium 86 . Uditelo in S. Giovanni: Ego sum<br />
ostium 87 (Joan. 10). Or, come voi ben sapete, Ostium vuol dir picciola<br />
Porta, quasi picciola bocca ed apertura di qualche stanza. Laddove Janua<br />
val Porta grande, anzi Portone spazioso di un edifizio. Si chiama dunque<br />
il Redentore Ostium, Porta angusta, perché sebben pietosissimo Padre,<br />
nientedimeno è Giudice ancor rigoroso. Maria Bambina poi si nomina<br />
Janua, Porta del Cielo spaziosa, perché con la sua potentissima mediazione,<br />
mitigando i rigori del Divin Giudice, forma una entrata sì angusta<br />
del Paradiso, una Porta capace a ricevere innumerabile Gente che a Lei<br />
83 Chi è costei che avanza come aurora che sorge?<br />
84 Il Signore salì su nube leggera.<br />
85 Porta del Cielo: sei divenuta Finestra del Cielo.<br />
86 Janua e Ostium significano entrambi “porta”: la sfumatura lessicale è spiegata subito dopo.<br />
87 Io sono la porta.<br />
448<br />
divotamente ricorre. Che se mai per colpa nostra ci chiuda Iddio la Porta<br />
grande, come alle Vergini stolte la chiuse la Divina Giustizia: Clausa est<br />
Janua 88 : che farà allora la potentissima misericordiosa Bambina? Si farà<br />
Finestra del Cielo: Cæli Fenestra facta es 89 ; acciocchè se chiusa si trovi la<br />
Porta per rigor di Giustizia, resti almeno aperta la Finestra per Grazia<br />
affin per essa s’introducano in Cielo i suoi Divoti. Tanto è il suo Potere<br />
rispetto all’Empireo.<br />
13. Non minore però è la sua Giurisdizione in riguardo alla Terra. Godette<br />
Maria sin dalle Fasce il titolo e l’Autorità di Regina dell’Universo; e sin<br />
dalla Culla ebbe a se soggetta, come a Sovrana, tutta la Terra; giacchè per<br />
Lei, più che per altro, come degnamente riflette il Dottore Serafico, fu<br />
dal suo Divin Figlio formata. Quindi per testimonio della Chiesa l’augusta<br />
nostra Pargoletta fu quella, che sempre presente alla Mente di Dio,<br />
gli cagionò un indicibil contento nel fabbricar che faceva i Pianeti e gli<br />
Astri, nel disporre le fonti, i fiumi e i mari, nell’equilibrare i monti e le<br />
colline, nello smaltar di erbe e di fiori i Prati e le Pianure, nel compire<br />
insomma le belle opre delle sue Mani (Prov. 8); appunto, perché in esse<br />
egli raffigurava vari Simboli delle Doti di Maria; e perché al dominio<br />
potente di Maria soggettar le doveva. Con ragione pertanto il Serafino da<br />
Siena, prostrato alla Culla della Reale Bambina, le va col cuor sulle labbra<br />
ripetendo: Tibi data est post Filium tuum omnis potestas in Cælo et in<br />
Terra 90 . Al tuo gran Potere, o eccelsa Regina, io rimiro soggetto quanto<br />
mai vi ha nel Mondo; e tutte le creature sensate ed insensate, ragionevoli<br />
ed irragionevoli, tutte al tuo universale dominio sottoposte le vedo:<br />
Tibi omnis potestas in Cælo et in Terra 91 . Dai cenni tuoi dipender osservo la<br />
serenità e la pioggia, l’infermità e la salute, la guerra e la pace, la tempesta<br />
e la calma, la fertilità e la penuria, la prosperità e l’angustia, la vita<br />
e la morte: Tibi post Filium tuum omnis potestas in Cælo et in Terra 92 .<br />
88 La porta è chiusa.<br />
89 Sei divenuta Finestra del Cielo.<br />
90 Ti è stato dato, dopo tuo Figlio, ogni potere in cielo e in terra.<br />
91 A te ogni potere in cielo e in terra.<br />
92 A te, dopo tuo Figlio, ogni potere in cielo e in terra.<br />
449
14. Quello però, s’io non m’inganno, o Signori, che più di ogni altro esalta<br />
la mirabil Potenza dell’augustissima Pargoletta sopra la Terra, è il<br />
suo sovrano dominio sopra dei Peccatori e dei Giusti. Fatemi ragione,<br />
s’io dica il vero. Qualora previde in spirito il sapientissimo Coronato<br />
di Palestina la Natività di Maria, esclamò attonito e disse, che essa<br />
nasceva come una Luna ed un Sole: Consurgens pulchra ut Luna, electa ut<br />
Sol 93 (Cant. 6). Che mistero è mai questo? La Luna è il Luminare della<br />
notte e sulla notte estende il suo dominio. Il Sole poi è il Luminare del<br />
Giorno e sul Giorno esercita la sua giurisdizione. Or è degno pensiero<br />
del Pontefice Innocenzo III, che dalla Notte simboleggiati vengano i<br />
Peccatori e dal Giorno i Giusti. Dica dunque Salomone, che Maria<br />
nasce come una Luna, che noi l’intenderemo nata come un potente<br />
Rifugio dei Peccatori, affin di illuminarli e ridurli al retto sentiero<br />
della salute: la dica ancor nata come un Sole, perché così veniamo a<br />
risaperla nata, come un potente conforto dei Giusti, affin di vieppiù<br />
riscaldarli nella pietà, e perfezionarli nelle virtù Cristiane. Consurgens<br />
ut Luna, ut Sol 94 .<br />
15. Ed invero, la Luna vien detta la Madre degli influssi; perchè quegli<br />
influssi che dal Re dei Pianeti riceve, tutti li distilla sopra la Terra per<br />
fecondarla. Così la Real Pargoletta è insin dalla Culla una Luna, perché<br />
quelle Grazie, che in sen le ha piovute l’Onnipotenza e Sapienza Divina,<br />
tutte le influisce sopra dei Peccatori, che a Lei fan ricorso, affin divengan<br />
fecondi di frutti di pentimento sincero. Si dice poi il Sole il Padre<br />
delle Produzioni, attesochè penetrando col suo calore le viscere della<br />
Terra, diffonde per tutto la virtù sua produttrice, per cui vengono a perfezione<br />
non men le piante e le frutta, che le Gemme, i Minerali e i<br />
Metalli. In tal guisa è sin dalle Fasce Maria, come un Sol penetrante,<br />
mentre col calore della immensa sua Carità insinuandosi sino al più<br />
intimo del Cuore dei Giusti, fa loro produrre ogni genere di virtù,<br />
anche le più sublimi ed eroiche.<br />
93 Sorgendo bella come la Luna, scelta come il Sole.<br />
94 Sorge come la Luna, come il Sole.<br />
450<br />
16. Ma io, se la sofferenza vostra me lo permette, o Signori, un’altra non<br />
dispreggievole riflessione vi aggiungo. Trovo nella Scrittura che il<br />
Nascimento del Redentore è chiamato un Nascimento di Sole: Orietur<br />
vobis, così in Malachia, Sol justitiæ 95 (Malach. 4). Quello poi della nostra<br />
Gran Regina è intitolato un Nascimento di Aurora ed insiem di Luna<br />
e di Sole: Aurora consurgens, pulchra ut Luna, electa ut Sol 96 (Cant. 6).<br />
Or che arcano è mai questo? Nasce Gesù Bambino, solamente come un<br />
Sole, e Sol di Giustizia, perché siccome il Sole ha il tempo suo determinato<br />
per risplendere, che è il Giorno, così il Redentore ha tempo ed ore<br />
determinate per favorire; così portando la somma sua Giustizia e così<br />
essendosi egli protestato, qualora disse: Nondum venit hora mea 97 (Joan.<br />
4). Nasce poi Maria Bambina, come Aurora insieme, e Luna, e Sole, perché<br />
tutti i tempi, tutte le ore son sue per usar pietà e misericordia.<br />
Favorisce, come Aurora, sul far del mattino i Penitenti già ravveduti:<br />
favorisce come Luna sul colmo della notte i Peccatori che vogliono<br />
emendarsi: favorisce come Sole sul pieno Giorno i Giusti, che entrati<br />
già sono tra lo stuolo dei suoi fedeli Servi e Divoti. Quindi, siccome<br />
tutta la Terra, composta noi la troviamo di Peccatori, di Penitenti e di<br />
Giusti; non fia perciò maraviglia, se la mirabile Potenza e il gran<br />
Dominio della Real nostra Bambina a tutta la Terra universalmente si<br />
estenda. E a questa universal Monarchia della Pargoletta Divina alluder,<br />
credo io, voglia in tal dì Santa Chiesa, qualor facendole tra le fasce le<br />
accoglienze e gli elogi, le va cantando, che la sua Nascita è riuscita di<br />
universal allegrezza a tutto il Mondo: Nativitas tua gaudium annunciavit<br />
universo Mundo 98 ; perché essendo essa nata Regina, non solamente il<br />
Cielo, ma la Terra tutta ancora, è stata partecipe dei maravigliosi effetti<br />
della sua Potenza.<br />
95 Sorgerà per voi il Sole di giustizia.<br />
96 Aurora che sorge, bella come la Luna, scelta come il Sole.<br />
97 Non è ancora venuta la mia ora.<br />
98 La tua nascita ha annunciato la gioia a tutto il mondo.<br />
451
III<br />
17. Sebbene, non abbiam veduta per anche tutta l’estensione del mirabil<br />
Potere della Bambina Reale, voglio dire, se quanto vaglia il suo potentissimo<br />
Braccio contra tutto l’Inferno. Ben fu preveduto in spirito nei<br />
Sacri Cantici; e udite se qual descrizione ne fosse ivi fatta. Nasce Maria<br />
e tutto l’Inferno si mette sossopra per lo spavento. La mira nata Lucifero<br />
con occhi tremanti e vedendola terribile a guisa di un fortissimo Esercito<br />
ben’ordinato, Consurgens…terribilis ut castrorum acies ordinata 99 (Cant. 6),<br />
annunzia con orridi mugiti il totale sterminio a tutti gli Abissi. Mi direte,<br />
come mai la Divina Pargoletta, comparir [da] sola a Lucifero come un<br />
Esercito forte e numeroso? Ve ne spiego l’arcano. Venne Lucifero una<br />
volta alle mani con Michele e con tutto l’innumerevole Esercito delle<br />
Angeliche Gerarchie e ne riportò la disfatta, talchè con tutti i suoi restò<br />
vergognosamente vinto e cacciato: Proiectus est Draco 100 , ce ne assicura<br />
Giovanni (Apoc. 12). Or vedendo nata Maria, parve a Lucifero di veder<br />
in Lei sola raccolta ed unita tutta la terribile ed insuperabil Potenza delle<br />
Angeliche schiere, terribilis, ut castrorum acies ordinata.<br />
18. Eppure, confessar non volle il superbaccio tutto il Potere della nata<br />
Bambina. Imperciocchè se da un intero Esercito degli Spiriti Angelici<br />
rimase vinto e cacciato: Proiectus est; dalla nata Regina degli Angeli, non<br />
solamente restò cacciato, ma di più totalmente fiaccato ed ab[ba]ttuto;<br />
come ce lo ridisse attonito Agostino: Maria inimicos suos, tanquam potens<br />
Regina, prosternit 101 (Ser. 4, De Annunc.). Sì, sì, ecco la mirabil Potenza<br />
della Real Pargoletta contro tutto l’Inferno! Proprio degli Angeli è<br />
discacciare i demoni: Proiicere. Proprio di Maria è di sterminarli e fiaccarli:<br />
prosternere. Dirò anzi di più. Proprio solo della Sacra Bambina è di<br />
stritolar i loro alteri capi, affin più non abbiano ad alzarli superbi,<br />
secondo che lo stesso Lucifero ebbe a sperimentarlo, a tenor di quella<br />
Divina minaccia: ipsa conteret caput tuum 102 (Gen. 3).<br />
99 Sorgendo…terribile come un esercito schierato.<br />
100 Il Serpente è stato cacciato.<br />
101 Maria, come potente regina, annienta i suoi nemici.<br />
102 Ella stessa ti schiaccerà il capo.<br />
452<br />
19. O ben avventurata sorte pertanto di tutti Coloro che di sì possente<br />
Regina son fedeli Sudditi e Servi! Ed oh come, facendo essi divota corona<br />
con i loro ossequi alla sua Culla reale, si riempiono di una gioconda<br />
speranza e di un’amorosa fiducia della loro prosperità per questa vita e<br />
per l’altra della loro eterna salvezza. Certamente se rimirano il Cielo,<br />
ecco lassù, dicono, il Regno, di cui è Porta per noi e Finestra la nostra<br />
Real Pargoletta e dov’essa esercita la sua mirabil Potenza. Se riguardan<br />
questa misera Terra, ecco ripetono il Luogo, che sotto il dominio giace<br />
della nostra Sovrana e dov’essa fa sperimentare la sua Misericordia a<br />
tutti e a Peccatori e a Giusti ed a Penitenti. Se fissan il pensiero giù<br />
negli Abissi, ecco laggiù, conchiudono, quella penosissima Carcere,<br />
dove il potentissimo Braccio della nostra Regina incatenati e conquisi<br />
tiene i suoi e nostri Nemici. Ben avventurata sorte, ripeto, di tutti coloro,<br />
che della Reale Bambina son fedeli Sudditi e Servi! Non han pericolo<br />
che lor sovrasti; non han risico che lor incontri, senza fondata speme<br />
di esserne amorosamente sottratti. Tengono quasi per ambizione l’imbattersi<br />
in traversie, per goder prontamente dei sollievi della lor<br />
Regina. Ed ora sì che intendo un mistero, nascoso in quel vangelico<br />
passo: Non fiat fuga vestra in Sabbato 103 (Matth. 24). Essendo Maria nata<br />
di Sabato, io qui prendo per Sabato e la Natività di Maria e la stessa nata<br />
Bambina. Non fiat dunque fuga vestra in Sabbato. Qualor sovrastino mali<br />
gravissimi, laddove il timore e la fuga sarebbe forse prudenza in altro<br />
giorno; sarebbe imprudenza però e diffidenza in Giorno di Sabato cioè<br />
sotto il possente patrocinio di Maria Bambina. Imperciocchè chi ha in<br />
suo favore la Reale Bambina può star sempre sicuro di sua prosperità e<br />
salvezza. Ecco (mi giova ripeterlo), ecco la bella sorte di chi di tale<br />
Regina è fedel Suddito e Servo.<br />
20. Pertanto, che facciam noi, cari mieri Uditori, che le altrui felicità attoniti<br />
qui ascoltiamo? Salomone qualor presente a se stesso e ai suoi doveri,<br />
si pose a chiedere a Dio che gli mandasse dall’alto la Sapienza: mitte<br />
Sapientiam 104 (Sap. 9). Ed a che fine? Reputò il Savio Monarca la<br />
103 Non avvenga la vostra fuga di sabato.<br />
104 Manda la sapienza.<br />
453
Sapienza Celeste di un sì universale potere, che tenne per certo, che<br />
chiunque degnamente la possedesse, restasse per tutti gli incontri, per<br />
tutti i bisogni ben custodito e protetto: Mitte sapientiam…et custodiet me in<br />
sua potentia 105 . Chi vi è tra voi, che non sappia, o Signori, che non men<br />
dalla Chiesa, che dai Padri, sotto nome di Sapienza vien ancor intesa<br />
Maria? Or non abbiam noi bisogno di chiedere a Dio che ce la mandi,<br />
Ella è già mandata, è già venuta, è già nata; ecco che come graziosa<br />
Bambina la vagheggiamo in questo dì nella Culla. Abbiam bisogno bensì<br />
di porger calde suppliche, affinchè si degni con la sua sì mirabile ed universale<br />
Potenza di custodirci e proteggerci: custodiat nos in sua potentia 106 .<br />
21. Deh sì, o potente pargoletta Divina, custodi nos in tua potentia! Noi vi<br />
riconosciamo, ancor nella Culla, per gran Regina e Sovrana di una mirabil<br />
Potenza in Cielo, in Terra, e sin sopra l’Inferno. Ci dedichiamo il tal<br />
Dì con cuor sincero per vostri fedeli Sudditi, per vostri servi ossequiosi,<br />
per vostri Figli amanti e divoti. Teneteci sempre sotto il vostro<br />
Dominio, fateci sempre in ogni occorrenza e in vita e in morte sperimentare<br />
gli effetti prodigiosi del Real vostro potentissimo Braccio:<br />
Custodi nos in tua potentia. Ed oh noi fortunati allora! C’affrontino pure<br />
i pericoli, c’incontrino pur le disgrazie, ci travaglino pure a lor mal<br />
talento tutti i Nemici. Che faranno mai con tutti i loro sforzi e che<br />
diranno? Sen partiranno confusi e confesseranno anch’essi lor malgrado<br />
la gloria del vostro Regno e l’invincibile forza del vostro potere:<br />
Gloriam Regni tui dicent, et potentiam tuam loquentur 107 (Psal. 144). Noi<br />
poi, come custoditi e protetti dal vostro Braccio, rimasti salvi, che faremo?<br />
Quello appunto che qui oggi adempiamo, voglio dire, che depositando<br />
i nostri cuori, come in voto, ai vostri sacri Piedini sulla Culla,<br />
dandovi mille ringraziamenti in attestato di nostra fedeltà nel servirvi,<br />
esclamiamo: Viva Maria Bambina, che essendo nata Regina<br />
dell’Universo, esercita sin dalle fasce in pro dei suoi Devoti la sua mirabil<br />
Potenza, che ha sopra il Cielo e la Terra e sopra l’Inferno.<br />
105 Manda la sapienza…ed essa mi proteggerà con la sua potenza.<br />
106 Ci custodisca con la sua potenza.<br />
107 Diranno la gloria del tuo regno e parleranno della tua potenza.<br />
454<br />
SERMONCINO<br />
SOPRA LA SS.ma NATIVITÀ DI NOSTRA IMMACOLATA SIGNORA<br />
Venerdì 8 Settembre 1769<br />
Il Sermoncino sarà stato recitatato certamente nella Chiesa dell’Immacolata,<br />
attuale parlatorio della Casa Madre dell’Istituto. Gli argomenti sono ripresi da<br />
quello sviluppato in modo molto più ampio l’anno precedente, nella Chiesa di<br />
sant’Angelo Magno per la stessa occasione.<br />
L’Autore introduce l’argomento con una premessa: quando si parla delle prerogative<br />
di Maria si usano varie immagini affinché chi in un modo, chi in un altro, possano<br />
avvicinarsi a descrivere “le eccellentissime doti che tutte insieme in Maria si racchiudono<br />
e si contengono”.<br />
Maria viene, spesso, paragonata al sole, alla luna, alle stelle, all’aurora e ai<br />
fiori. Tra queste similitudini, don <strong>Marcucci</strong> sceglie di spiegare in che modo e perché<br />
la Natività di Maria venga paragonata ad una stella e ad una verga fiorita.<br />
Viene paragonata ad una stella per la sua materia incorruttibile e viene paragonata<br />
ad una verga che percuoterà i condottieri di Moab e dunque salverà Israele.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 142-144.<br />
Siccome la Gran Vergine nostra Signora supera di gran lunga tutte le pure<br />
creature nella dignità, nella santità e nei meriti; così non vi è tra tutte le<br />
pure creature chi posa rappresentare al vivo le sue ineffabili prerogative, i<br />
suoi singolarissimi pregi. Quindi è, R(iveriti) U(ditori), che qualora nelle<br />
sacre Carte si parla di Maria e di qualche suo mistero, sogliono pigliarsi le<br />
figure, le similitudini, i paragoni, non già da una sola creatura, ma da<br />
molte insieme, come dal sole, dalla luna, dalle stelle, dall’aurora, dai fiori<br />
e da altre mille; affinché tutte insieme concorrano, chi per un verso, chi<br />
per un altro, ad esprimerci in qualche parte le varie eccellentissime doti<br />
che tutte insieme in Maria si racchiudono e si contengono. Quel che io<br />
osservo pertanto in questa solenne festosissima ricorrenza della SS.ma<br />
Nascita della Vergine è, Uditori, che vedo le divine Scritture impegnate<br />
ad esprimerla sotto i leggiadri simboli di stella, di aurora, di verga fiorita<br />
e di altre belle figure che vagliono ad indicarci alcuni di quei singolari<br />
pregi, che ebbe Maria nel suo Nascimento. Pigliamo in mano di grazia la<br />
profezia, espressa non men per il divin Figlio, che per la divina Madre, nel<br />
sacro Libro dei Numeri ed ecco che si fa sentire in tali accenti: Orietur stel-<br />
455
la ex Jacob, et consurget Virgo de Israel, et percutiet duces Moab 108 . Mi direte, e<br />
perché mai Maria SS.ma nella sua Natività fu come una stella e come una<br />
verga fiorita e trionfatrice di Moab? Questo è quel che voglio succintamente<br />
ridirvi stasera ad onor di Maria Bambina. Attendete. Incomincio.<br />
1. Tutte le proprietà della stella, siccome ci rappresentano le mirabili prerogative<br />
che godette la Vergine nel suo Nascimento; così non sia meraviglia,<br />
se la vaga Bambina sotto simbolo di lucida stella ci venga rammemorata<br />
dalla Scrittura: Orietur stella ex Jacob. Primieramente è sentimento<br />
di tutti i filosofi che le stelle siano state ceate da Dio di una<br />
materia incorruttibile, talché quali furon nel lor nascimento, tutte<br />
belle, lucide e indorate, tali si manterranno in tutto il tempo della<br />
loro durazione da Dio stabilita. E così fu la gran Vergine Bambina.<br />
Essa, che per singolar grazia di preservativa Redenzione fu affatto<br />
immune dalla originaria macchia, nacque ancor tutta bella, lucida e<br />
indorata di grazia e di carità e così sempre senza corruzione e alterazione<br />
veruna si mantenne in tutto il corso della sua SS.ma vita. O mistica<br />
stella sempre bella, sempre intatta! Inoltre non nacque Maria come<br />
qualunque stella, ma come una stella di Giacobbe: Orietur stella ex<br />
Jacob. Che mistero è questo?, ecc.<br />
2. Ma piano che la gran Vergine nacque anche come una verga fiorita:<br />
Et consurget virga de Israel. E perché?, ecc.<br />
108 Nascerà una stella da Giacobbe e sorgerà una Vergine da Israele e percuoterà i condottieri<br />
di Moab.<br />
456<br />
Agostino Masucci, L’educazione della Vergine, 1768, olio<br />
su tela, Ascoli Piceno, Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />
Manifattura del sec. XVIII, Maria Bambina, cera<br />
ed altri materiali, Ascoli Piceno, Museo-Biblioteca<br />
“F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />
457
CAP. VIII<br />
SERMONI PER LE FESTE MARIANE<br />
RECITATI<br />
NELLA CATTEDRALE DI MONTALTO<br />
E NELLE CHIESE DELLA DIOCESI<br />
(1771-1789)<br />
458 459
Introduzione al capitolo<br />
Il capitolo raccoglie 15 sermoni sulle varie feste mariane, soprattutto sulla<br />
natività di Maria, sull’Assunta e sulla sua purificazione al tempio, recitati dal<br />
vescono mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong> o nella catterale di Montalto o in qualche<br />
Chiesa della diocesi durante la visita pastorale. Essi sono raccolti nelle miscellanee:<br />
BSC 1519 e ASC 33.<br />
Il contenuto dei sermoni attinge alla sacra Scrittura, alla dottrina dei Padri della<br />
Chiesa e al magistero; sono sempre organizzati secondo le regole retoriche del tempo e<br />
soprattutto attenti a muovere il cuore e la volontà degli ascoltatori; riguardo i contenuti,<br />
l’Autore spesso attinge ad immagini, figure e fonti utilizzati nel periodo della<br />
predicazione precedente la sua consacrazione episcopale.<br />
In alcuni casi il sermone presenta due redazioni: una per i fedeli di Montalto; una<br />
per le suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione di Ascoli, di cui era Fondatore e<br />
Direttore.<br />
460 461
SERMONE SOPRA LA GLORIOSA ASSUNTA<br />
DI NOSTRA IMMACOLATA SIGNORA<br />
Recitato dal Trono nella Cattedrale nel Giovedì mattina<br />
del 15 Agosto del 1771<br />
È il primo sermone che il neo Vescovo <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong> recita nella cattedrale<br />
di Montalto, dedicata alla Vergine Assunta, nel giorno della sua festa.<br />
Nel proemio egli si chiede perché la liturgia odierna proponga, dal Vangelo di San<br />
Luca, il racconto della visita di Gesù alla casa di Marta e Maria e risponde che probabilmente<br />
è per significare, secondo l’interpretazione che ne dà San Bernardo, che<br />
Maria SS.ma “è quel mistico Castello visitato in tal giorno dal Redentore per beatificarlo”.<br />
Il sermone interrompe la sua trattazione al sesto punto. l’Autore immagina lo stupore<br />
degli apostoli che assistono al glorioso transito di Maria; perfino la natura produce<br />
segni di giubilo: la terra fa germogliare nuovi fiori; gli alberi producono balsami<br />
profumati; le pietre fanno scaturire limpide acque; i mari si pacificano; l’aria produce<br />
soavi zeffiretti; il sole appare sette volte più luminoso del solito; la luna con una<br />
nuova bianchezza; le stelle e i pianeti appaiono con un brio più scintillante. Anche gli<br />
angeli e i serafini che sono più abituati a vedere la gloria di Dio, all’arrivo di Maria<br />
in cielo, rimangono grandemente ammirati nel vederla salire così grandiosa e trionfante<br />
e fanno a gara nel corteggiarla.<br />
Nella sacra Scrittura ci sono altre figure che i Padri paragonano al trionfo di<br />
Maria al cielo, come il trasporto dell’Arca che Davide fece al Monte Sion, ma sono<br />
esempi molto lontani dal trionfo di nostra Signora. Ella è anche paragonata ad<br />
“un’aurora gioconda, una luna risplendente, un sole maestoso e brillante”. Il prediletto<br />
San Giovanni che accompagnò la Madre più in alto che potè, la contemplò “riccamente<br />
vestita di lucidissimo oro e di luminosissime gemme, da sembrare un gran sole<br />
con la luna ai sui piedi in segno di rispetto e sul capo una corona di dodici stelle.<br />
L’Autore ripropone simboli e figure mariane già presentate in altri sermoni.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale conservato nella Biblioteca delle<br />
Suore Concezioniste (BSC 1519), pp. 34-38.<br />
462<br />
Intravit Jesus in quoddam Castellum,<br />
con quel che segue in San Luca (cap. 10) nell’odierno Vangelo<br />
La curiosità di sapere non fu mai buona, quando unita non fu coll’umile<br />
sommissione alla Religione e alla Fede. L’ecclesiastica Storia di tanti ce ne<br />
somministra gli esempi che divennero miscredenti, appunto perché curiosi e<br />
superbi. L’andare indagando, se perché mai Santa Chiesa in tal Giorno solenne<br />
all’Assunta gloriosa di Nostra Signora consacrato, sempre sin da lunghi<br />
secoli addietro abbia usato il Vangelo della visita che fece il Redentore al<br />
Castello di Marta e dell’ottima parte che si prescelse Maria: Intravit Jesus in<br />
quoddam Castellum 1 con quel che segue; e non piuttosto abbia fissato a tal<br />
Festa un altro Vangelo, dove espressamente si parli della Gran Vergine, come<br />
sembra fosse più proprio: l’andar ciò, dissi, indagando, è una curiosità di<br />
sapere che per quanto accenna S. Bernardo, par che in qualcuno ai tempi<br />
anche suoi si vedesse. Chiunque nientedimeno presta la debita sommissione<br />
alla Chiesa, ben può facilmente avvedersi, non essersi ciò stabilito, senza un<br />
grande mistero. Vuole in tal Dì Santa Chiesa per via di allegorie rappresentarci<br />
l’Amore immenso del Divin Figlio verso la sua Divina Madre con lo<br />
scendere in Persona a visitarla, per potarla tutta gloriosa nel Cielo, a quel<br />
sublime Posto, che essa si aveva meritato. Intravit Jesus in quoddam Castellum.<br />
Maria è quel mistico Castello, esclama Bernardo, visitato in tal Giorno dal<br />
Redentore per beatificarlo. Intravit, ecc. Maria è quella che oggi fu messa in<br />
possesso di quell’ottimo altissimo Posto, superiore di gran lunga a quello di<br />
tutte le celesti ed Angeliche Gerarchie: Maria optimam partem elegit 2 . Ecco<br />
quel tanto che la Chiesa, retta dallo Spirito Santo, volle sotto così nobile<br />
Allegoria dall’Evangelo corrente indicarci. Che s’è così, rimasti già noi di sì<br />
pia curiosità soddisfatti, impieghiamo ora, Dilettissimi miei, le nostre<br />
ammirazioni, i nostri affetti, i nostri encomi nell’ossequiare le Magnificenze e<br />
le Glorie, con cui la nostra eccelsa Signora fu in Cielo assunta. Qualora di tali<br />
gloriose magnificenze bramiate udirne da me un qualche breve ragguaglio, prestatemi<br />
divota l’attenzione e sarò a soddisfarvi. Incomincio.<br />
1 Entrò Gesù in un villaggio.<br />
2 Maria ha scelto la parte migliore.<br />
463
1. Che nel felicissimo Passaggio della Gran Vergine da questa all’altra beatissima<br />
vita e nel solenne tragitto, che con lo Spirito insieme e col corpo glorificato<br />
fece dalla Terra all’Empireo, pieni di ben alto stupore rimanessero<br />
gli Apostoli e quanti altri ebber la bella sorte di trovarvisi presenti; e che<br />
per tutto il mondo si sperimentasse allora un non so che di giocondo e<br />
festivo, talchè anche le creature insensate ne dessero manifesti contrassegni,<br />
la Terra col germogliar nuovi fiori; gli alberi con gettar balsami profumati;<br />
le Pietre con lo scaturir limpide acque; i Mari col mettersi in pacifica<br />
calma; l’aria col respirar soavi zeffiretti; il sole col comparir sette volte<br />
più luminoso; la Luna con una nuova bianchezza; le stelle, i Pianetti con<br />
un brio più scintillante; certo è, U(ditori) miei cari, che danno a noi del<br />
forte indizio delle stupende e indicibili magnificenze gloriose, che v’intervennero.<br />
Ma che poi gli Angeli stessi e i Serafini, quegli spiriti beati, cioè,<br />
che magnifici e gloriosi in se medesimi, sempre ancor, assuefatti a contemplar<br />
maraviglie, ne rimanessero grandemente ammirati nel veder la salita<br />
così grandiosa e trionfante che al Ciel faceva la loro eccelsa Regina, talchè<br />
nel mentre stesso che a gara facevano nel corteggiarla, non sapevano raffigurarla,<br />
esclamando tra loro: quæ est ista, quæ ascendit de deserto, deliciis<br />
affluens? 3 (Cant. 8, 5). O questo sì, Dilettissimi miei, è la maraviglia delle<br />
maraviglie, che ci fa ben comprendere, essere stata sì magnifica e gloriosa<br />
l’Assunta di Nostra Signora, da fare ammutolir ogni lingua e trasecolare<br />
ogni Angelico non che umano intendimento.<br />
2. Varie belle figure ne abbiam noi nelle Sacre Pagine, nol nego; ma sono<br />
alla fine figure, indicano alquanto, ma non ci rappresentano al vivo il<br />
figurato. Nel trasporto dell’Arca che far volle Davide al Monte Sion,<br />
raffigurano i Padri l’Assunta della Gran Vergine in Cielo. Si viddero<br />
adunati allora in Gerosolima quanti mai di Personaggi, di Sacerdoti, di<br />
Leviti e di Maestri e di Suono e di canto, avesse tutto il Regno d’Israele,<br />
facendo insiem col Re delle Feste e allegrezze intorno all’Arca: David et<br />
ominis Israel deducebant Arcam Domini cum gaudio, cum jubilo et clamore 4 .<br />
Ma che han che far tali feste del mondo con quelle del cielo? Possono<br />
3 Chi è Costei che sale dal deserto piena di delizie?<br />
4 Davide e tutto Israele trasportavano l’Arca del Signore con gioia, giubilo e clamore.<br />
464<br />
ben chiamarsi, come quei lugubri e spaventevoli echi e Mormorii che<br />
sogliono udirsi talora dall’aria riservata e ripercossa negli antri e nei<br />
deserti. Un vero Deserto fu chiamato infatti questo basso Mondo dagli<br />
Angeli, qualor tra le ammirazioni a festeggiare si mise l’Assunta di<br />
Maria: quæ est ista, quæ ascendit de deserto? L’esser discesi dall’Empireo<br />
quanti mai di Patriarchi e Profeti e di Personaggi beati lassù vi regnavano;<br />
l’esser venute tutte le Angeliche Gerarchie a far corteggio all’eccelsa<br />
Signora nella sua trionfante Salita; anzi lo stesso gran Monarca dei<br />
Cieli in Persona: altro è, Uditori, che il Trionfo dell’Arca, che il tripudio<br />
di tutto Israele, che il festoso portamento di Davide.<br />
3. Saper vi basti U[ditori] che agli occhi di tutti quegli innumerabili<br />
Personaggi gloriosi del Cielo comparve Maria in tal Giorno come<br />
un’Aurora gioconda, una Luna risplendente, un Sole maestoso e brillante:<br />
quasi Aurora consungens, pulchra ut Luna, electa ut Sol 5 (Cant. 6).<br />
Andate ora voi, se vi dà l’animo, ad idearvi l’immensa grandezza di<br />
magnificenza e di gloria che circondò Maria nella sua Assunta.<br />
4. La accompagnò al più che potè con gli accesi suoi sguardi sino alle<br />
Porte dell’Empireo il prediletto Giovanni. E udite che ne ridisse. Io<br />
vidi, dice egli, tutta la vastissima smisurata ampiezza del Cielo, piena<br />
di tanti e sì luminosi portenti, che eran divenuti un solo grande portento:<br />
Signum magnum apparuit in Cælo 6 (Apoc. 12). Vidi l’eccelsa<br />
Donna e Signora così riccamente vestita di lucidissimo oro e di luminosissime<br />
Gemme che mi parve un gran Sole e che il Sole medesimo<br />
essendosi come disciolto, l’avesse tutta circondata con i luminosi suoi<br />
raggi: Mulier amicta sole 7 . Vidi la Luna che quasi vergongosa di starle<br />
a petto con i suoi argentei colori, se l’era tutta umile posta sotto dei<br />
Piedi, a guisa di ornato sgabello: Luna sub pedibus eius 8 . Giunta poi,<br />
5 Come aurora che sorge, bella come la luna, eletta come il sole.<br />
6 Un grande segno apparve nel cielo.<br />
7 Una donna vestita di sole.<br />
8 La luna sotto i suoi piedi.<br />
465
che tra gli immensi evviva fu al firmamento, vidi spiccarsi di volo dal<br />
loro petto dodici tra le più lucide stelle, formandole sopra del capo<br />
una sfarzosa signoreggiante corona: In capite eius corona stellanum<br />
duodecim 9 .<br />
5. Che se così stupenda fu la magnificenza e la gloria che accompagnò<br />
Maria sino alle Porte del Cielo, giudicate ora voi, Dilettissimi miei,<br />
qual fosse quell’altra immensa di cui fu riempita, entrata che fu<br />
nell’Empireo, sino ad esser dichiarata Regina dei Santi, Signora degli<br />
Angeli, Imperadrice dei Cieli, Padrona di tutto il creato; e sino ad esser<br />
collocata alla Destra del Figlio. Ah, che troppo debole è Lingua umana<br />
quando, troppo fiacca ancora sarebbe Angelica favella, per ridir le<br />
magnificenze e le Glorie di Maria; essendo sol riservate a quel Dio che<br />
tutto il suo infinito Potere, Sapere ed Amore nel glorificarla impiegar<br />
volle.<br />
6. Altro dunque non possiam fare, o Signora, che a voi ora rivolgendo i<br />
nostri, ecc. Sancta Maria, ecc.<br />
9 Nel suo capo una corona di dodici stelle.<br />
466<br />
SERMONE SOPRA LA PURIFICAZIONE<br />
DI NOSTRA IMMACOLATA SIGNORA<br />
Recitato dal Pulpito nella Cattedrale in Rocchetto e Mozzetta<br />
con l’assistenza di due canonici<br />
nella Domenica mattina del 2 Febbraio 1772<br />
Il Sermone è abbozzato e sviluppato in sei punti. Mons. <strong>Marcucci</strong> contempla l’esempio<br />
di ubbidienza, di umiltà e di edificazione che Maria SS.ma ci offre nella festa<br />
della sua purificazione al tempio. Sebbene Ella non avesse bisogno di sottoporsi alla<br />
legge ebraica della purificazione, la accettò per offrirci un esempio.<br />
Gesù ha istituito i Sacramenti come mezzi di purificazione e tra essi specialmente<br />
quello della Penitenza ossia Confessione, ma molti hanno verso di essi un atteggiamento<br />
di ostinazione, di superbia e di scandalo.<br />
Mons. <strong>Marcucci</strong> dimostra in che modo l’ostinazione sia contraria all’ubbidienza<br />
e l’umiltà sia un chiaro contrassegno di chi si è ben purificato e confessato. Infine,<br />
il segno di una buona confessione è l’edificazione, cioè una vita esemplare e rinnovata.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, pp. 43-48.<br />
Argomento<br />
Ai tre miracoli che nel Giorno della sua purificazione veder ci fece<br />
Maria Santissima, cioè di ubbidienza, di umiltà e di edificazione,<br />
molti e molte ardiscono di contraporre tre altri prodigi,<br />
cioè di ostinazione, di superbia e di scandalo<br />
Tre stupendi Miracoli, vale a dire di ubbidienza, di umiltà, e di edificazione,<br />
veder ci fece la gran Madre di Dio Maria sempre Vergine Immacolata in<br />
questo festosissimo Giorno della sua Purificazione. Osservate, Dilettissimi<br />
miei, se io dica il vero. Comandava Iddio nell’antica Legge Mosaica (Lev. 12)<br />
che una Madre, dopo il parto di un maschio, si presentasse a capo del quarantesimo<br />
giorno al Tempio col suo neonato Pargoletto ed ivi con le offerte<br />
per due sacrifici e con le preci del sacerdote, purificata restasse da ogni legale<br />
immondezza. Questa era la Legge della Purificazione. Or non poteva la<br />
Gran Vergine, come ognun sa, rimaner soggetta a tal Legge, a motivo che in<br />
Lei il concepimento e il Parto Divino, accaduto non era per opra umana, ma<br />
per sola Onnipotente virtù dello Spirito Santo, essendo restata illibata<br />
Vergine nel Parto e dopo il Parto, come innanzi al Parto lo era. Coll’essersi<br />
467
essa poi in tal Giorno voluta soggettare spontaneamente alla Legge di<br />
Purificazione, veder certamente ci fece un gran miracolo di sovraeroica ubbidienza.<br />
Nella comparsa poscia, che ad onta della sua stima agli occhi ciechi<br />
del mondo, far volle in tal dì, quasi bisognosa fosse di rimaner purificata a<br />
guisa delle altre madri comuni, veder Maria ci fece un gran miracolo di sua<br />
umiltà sopreroica. Essendosi per finirla di buon’animo ad una tal Legge, non<br />
fatta per Lei, resa anche soggetta per dare ad altri ottimo esempio e fuggir<br />
qualche calunniosa taccia, che incontrar poteva l’inosservante appresso chi<br />
nulla risapeva dell’alto mistero, venne in tal Giorno a farci notare un gran<br />
miracolo di altrui edificazione. Cosicchè, figliuoli miei carissimi, possiam<br />
pur noi con ragione accomodare a questo festivo Giorno quel che canta la<br />
Chiesa nell’Epifania del Signore: Tribus miraculis ornatum diem sanctum colimus<br />
10 , ed esclamare a gloria di Maria Santissima, che tre grandi miracoli<br />
veder ci fece in questo Santissimo giorno di sua Purificazione, cioè Miracolo<br />
di ubbidienza, Miracolo di umiltà e Miracolo di edificazione. Perdonatemi,<br />
nientedimeno, o mia Celeste Signora, benchè tutti con la lingua così di voi<br />
confessano e vi onorano; non tutti però ve lo contestano col cuore e con i loro<br />
468<br />
Paolo Vitellozzi, Presentazione di Gesù al Tempio, Affresco, 1751, Ascoli<br />
Piceno, Casa Madre, lunetta nel locale della prima Chiesa a piano terra,<br />
oggi utilizzato come sala di ricevimento.<br />
10 Noi onoriamo il giorno santo adorno di tre miracoli.<br />
portamenti. Ai tre vostri stupendi miracoli di ubbidienza alla Legge di Dio,<br />
di umiltà e di edificazione, ed oh quanti ed oh quanti ardiscono di contraporre<br />
tre altre prodigi di specie all’intutto diversa, voglio dire, di ostinazione,<br />
di superbia e di scandalo; quasichè per loro veruna legge di Purificazione,<br />
stabilita si fosse dal divin Redentore. Dilettissimi miei, potrebb’essere, che<br />
io fossi in abbaglio. Vediamolo attentamente.<br />
I<br />
1. Se tanta premura ebbe Iddio di stabilire nell’antica Legge varie sorti di<br />
sacre purificazioni e per li Sacerdoti e per li Leviti e per le donne e per<br />
gli uomini, essendone piene le Scritture divine del vecchio Testamento;<br />
tuttochè alla fine si trattasse di un Popolo, istruito soltanto con le figure<br />
e con i simboli della vera Santità: quanto più dovrà dirsi premuroso<br />
essere stato Iddio nel prescriver le Leggi di una Purificazione più maravigliosa<br />
e più efficace ad un Popolo, com’è il Cristiano lavato e pasciuto<br />
col sangue preziosissimo di Gesù Cristo? Eh Cristiani carissimi, finirono<br />
le ombre di santità, cessaron le figure della vera Religione nella<br />
morte del Redentore. La Purificazione nostra, grida l’Apostolo, non più<br />
consiste nel sangue delle vitelle, negli olocausti degli agnelli e degli<br />
arieti, non più nei sacrifici delle colombe e degli altri Animali.<br />
Cessarono affatto e furon all’intutto annullate queste ombre e queste<br />
figure. Consiste dunque la nostra Purificazione nella virtù infinita del<br />
prezioso Sangue del Redentore: Sanguis Christi emundat conscientiam<br />
nostram 11 (Haebr. 9, 14): e il Principe degli Apostoli ce lo contesta<br />
dicendo consistere in aspersionem Sanguinis Jesu Christi 12 (1 Pet. 1):<br />
e il diletto tra i discepoli: sanguis Jesu Christi emundat nos ab omni<br />
peccato 13 (1 Joan. 1). Tutto ciò è di fede infallibile che professiamo.<br />
2. Ed è ancor di fede che Gesù Cristo ha istituiti i Canali propri, per cui<br />
applicata ci viene l’infinita virtù purificante del Sangue suo prezioso, vale<br />
a dire i Santi Sagramenti e specialmente quello della Penitenza o sia<br />
11 Il sangue di Cristo purifica la nostra coscienza.<br />
12 Nell’aspersione del sangue di Cristo.<br />
13 Il sangue di Gesù Cristo ci purifica da ogni peccato.<br />
469
Confessione per tutti i cristiani adulti dell’uso di ragione dotati. Quindi è,<br />
dilettissimi miei, che per tutti i cristiani adulti la Legge di Purificazione<br />
dal Redentore stabilita è questa, cioè una buona Confessione sagramentale.<br />
3. Ciò posto, come indubitato, credete voi, fratelli cari, sorelle mie che a<br />
questa divina Legge di nostra Purificazione, tutti si siano sottoposti<br />
con ubbidienza, con umiltà, con edificazione? O Gran V(ergine)<br />
Immacolata, lume, lume per vostra misericordia. Nella vostra misteriosa<br />
Purificazione dell’antica Legge, ci faceste voi ben vedere in questo<br />
Giorno i tre gran miracoli di ubbidienza, di umiltà e di edificazione.<br />
Ma noi nella Purificazione nostra della Legge nuova che altro presentiamo<br />
innanzi ai vostri purissimi occhi, se non tre prodigi Infernali, cioè<br />
di ostinazione, di superbia e di scandalo!<br />
4. Deh così non fosse, rispetto a tanti e a tante! Voi dunque fratel caro, sorella<br />
mia, avete coraggio di asserirmi che vi siete ben purificato di coscienza<br />
che vi siete ben confessata? Vediamolo. Il più certo contrassegno di<br />
esser restato appien purificato col Sangue di Gesù Cristo nella sagramentale<br />
Confessione, sapete voi qual è? È appunto l’ubbidienza all’obbligo che<br />
impone una tal Purificazione. Mi direte, e quale obbligo impone? Eccolo,<br />
di osservar i Precetti di Dio e della Chiesa, e adempier gli obblighi del<br />
proprio stato. L’osservate ciò voi, l’adempite? Dov’è dunque l’ubbidienza<br />
alla legge della Purificazione? Via, via! Quanti e quante di voi, non hanno<br />
più contrizione veruna, non hanno più sentimenti di pietà cristiana, non<br />
tornati alle solite occasioni, alle solite mormorazioni, alla solita vita libertina!<br />
Ecco il gran prodigio di ostinazione che voi dimostrate nel giorno<br />
ecclesiastico, capo di casa, madre di famiglia, Giovinastro, Giovinastra.<br />
Il fatto di Simon mago che alle prediche del diacono San Filippo mostrò<br />
di ubbidire: Simon et ipse credidit (Act. 8, 13). Ma poi… Onde l’Apostolo<br />
San Pietro gli disse: In felle amaritudinis, et obligatione iniquitatis video te<br />
esse 14 , ecc. (Act 8, 23). Cui enim non præsto sunt hæc… oblivionem accipiens purgationis<br />
veterum suorum delictorum 15 (2 Pet. 1, 9), ecc.<br />
14 Vedo che tu sei nel fiele dell’amarezza e nella prigionia dell’iniquità.<br />
15 Chi non ha queste cose…. dimentico della purificazione dei suoi antichi peccati.<br />
470<br />
5. Non solo l’ubbidienza, ma l’umiltà ancora è un chiaro contrassegno di<br />
essersi ben purificato e confessato. Il Sagramento della Penitenza conferisce<br />
a chi degnamente lo riceve due Grazie, ma è la santificante che<br />
toglie dall’Anima tutti i peccati e la costituisce Amica e diletta Figlia<br />
adottiva di Dio ed erede del Paradiso. L’altra è la Grazia sagramentale e<br />
consiste nel lasciar che fa nell’Anima lo spirito di umiliazion di cuore e<br />
di Penitenza. Or vi sentite voi in voi stessi un tale spirito, ecc. Il fatto<br />
di Saul che stando a desinare una mattina col suo figlio Gionata e col<br />
suo Generale Abner, non parlò mai, temendo di non essersi ben purificato:<br />
Non est locutus Saul. Cogitabat enim, quod forte evenisset ei, ut non esset<br />
mundus et purificatus 16 (1 Re 20, 26) 17 . Eppure la sua Purificazione era<br />
una pura cerimonia che lo avrebbe purgato da una estrinseca immondezza<br />
legale, ma non già dalle colpe dell’anima. Nientidimeno dava<br />
qualche segno di umiliazione. E di voi che tutti baldanzozi, superbi e<br />
che fate vedere anzi un prodigio di superbia e di baldanza dopo accostati<br />
alla Purificazione e Confessione Sagramentale che si ha da dire?<br />
L’Apostolo S. Paolo che aveva ricevuto lo spirito di umiliazione e di<br />
penitenza nel Sagramento del Battesimo, uditelo: ego sum minimus<br />
Apostolorum, qui non sum dignus vocari Apostolus, quoniam persecutus sum<br />
ecclesiam Dei 18 (1Cor. 15, 9). Purificate corda vestra, duplices animo 19<br />
(Gc. 4, 8), ecc. Eo perducta res est, ut neglecta veritate meriti, de sola opinione<br />
vivemus 20 (S. Girol. Ep. Ad Demetr). Vogliam parer buoni senza esserli,<br />
contenti non già di aver buona coscienza, ma buona opinione.<br />
6. Se poi ci manca l’edificazione con la vita esemplare e timorata, a che<br />
andarsi palpando e lusingando di essersi purificati e ben confessati?<br />
Eh pensate! Non fu mai, né mai potè esser’effetto di confessione ben<br />
16 Saul non parlò. Infatti pensava che per caso gli fosse capitato qualcosa sicchè non fosse<br />
mondo e purificato.<br />
17 Il 1 Libro dei Re per il <strong>Marcucci</strong> corrisponde all’attuale 1 Samuele.<br />
18 Io sono l’infimo drgli apostoli, che non son degno di essere chiamato apostolo, poiché ho<br />
perseguitato la Chiesa di Dio.<br />
19 Purificate i vostri cuori o duplici di animo.<br />
20 La cosa è giunta a tal punto che abbandonata la verità del merito viviamo della sola<br />
opinione.<br />
471
fatta e di vera Purificazione avuta la vita scandalosa nel parlare, nel trattare<br />
e nel portamento (Il fatto, narrato nel libro di Giuditta, c. 16):<br />
Omnis Populus post victoriam venit in Jerusalem adorare Dominum; et mox ut<br />
purificati sunt, obtulerunt holocausta et vota, et repromissiones 21 . Sinchè dopo<br />
la Purificazione segue la vita divota, piena di devozione e di atti di religione<br />
(Vedi il Cattaneo nel Sermone 22 della par. 2 delle sue Buone<br />
Morti, pag. 347).<br />
Nella Perorazione far l’epilogo ed indi muovere ed eccitare all’ubbidienza,<br />
umiltà, ed edificazione coll’apostrofe alla Santissima Vergine:<br />
Postquam impeti sunt dies purgationis Mariae 22 , ecc. (Lc 2, 22).<br />
Montalto (AP), terrazzo dell’Episcopio, antistante la camera del Servo di Dio mons.<br />
<strong>Marcucci</strong>, da dove, secondo la sua testimonianza, benediceva le sue “Figlie” che abitavano<br />
al di là del Monte san Marco, che aveva di fronte (Pellegrinaggio di un gruppo di Suore<br />
Concezioniste con la superiora generale, madre Roberta Torquati, 14 luglio 2002).<br />
21 Tutto il popolo dopo la vittoria venne a Gerusalemme ad adorare il Signore e appena furono<br />
purificati offrirono olocausti e voti e promesse.<br />
22 Dopo che si compirono i giorni della purificazione di Maria, ecc.<br />
472<br />
SERMONE DELLA GRAN MISERICORDIA DI MARIA SS.ma<br />
Recitato dal Trono in tempo di Sacra Visita nella Terra di Castignano in S. Pietro 23 ,<br />
nella Domenica 16 Agosto 1772,<br />
in occasione che ivi si celebrava la Festa della Madonna della Misericordia<br />
Facciata della Chiesa dei Santi<br />
Pietro e Paolo di Castignano (AP),<br />
sec. XIV.<br />
Il sermone, benchè incompleto, testimonia l’attività pastorale di mons. <strong>Marcucci</strong><br />
nella sua Diocesi, durante la sua prima visita pastorale e il suo amore a Maria,<br />
Madre di Misericordia. Rassicura la comunità cristiana che suo Figlio aspetta i peccatori<br />
con pazienza, li cerca con premura e li accoglie con amore.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, pp. 63-64.<br />
23 La Chiesa dei santi Pietro e Paolo sorge sulla parte più alta di Castignano (AP), dove, attorno<br />
al castello si sviluppò l’incasato medievale di ragguardevole estensione, oggi in parte perduto.<br />
Il nucleo primitivo dell’edificio risale forse al secolo XI, ma la sua attuale struttura è<br />
riferibile al Trecento. La Chiesa è tessuta interamente in laterizio dal colore rossiccio e<br />
costruita secondo i caratteri romanici, ispirati a salda robustezza e semplicità. Addossata al<br />
fianco sinistro della Chiesa e allineata con la facciata, c’è la robusta torre campanaria del<br />
Trecento che si innalza per trenta metri. L’interno della Chiesa, recentemente restaurata, è<br />
a due navate affiancate e divise da due grandi archi, con copertura a capriate. Tra gli arredi,<br />
è da notare una tela del 1756 rappresentante la Madonna con il Bambino (Cf, S. Balena-<br />
A. Rodilossi, Castignano storia, cultura, tradizione, Il Segno 1984, pp. 233-240).<br />
473
Argomento<br />
La SS.ma Vergine impegna il suo divin Figlio ad aspettare i Peccatori<br />
con pazienza, a ricercarli con premura e ad accoglierli con amorevolezza:<br />
così essa [usando] verso dei Peccatori la sua grande misericordia<br />
Approvo ben di cuore e cento e mille volte benedico, Dilettissimi miei,<br />
codesto vostro pio Istituto di onorare in tal Giorno Maria SS.ma, solennizando<br />
la Memoria delle sue Misericordie. Son io certamente ben persuaso, non<br />
potersi far cosa più grata alla Gran Regina del Cielo, che coll’esaltarla qual<br />
Madre di misericordia, né a noi cosa più gioconda, che ravvivarci le giulive<br />
speranze nel misericordioso suo Patrocinio. Voi ben sapete che aver misericordia<br />
altro dir non vuole, se non compassionare e nel tempo stesso dar pronto<br />
ed efficace sollievo alle altrui miserie: Misericordia est miserorum ex corde<br />
levamen. Ma, dopo l’Altissimo Iddio, chi mai meglio di Maria potrà dare soccorso<br />
alle nostre sì tante miserie, se a Lei non può mancare né Braccio, né<br />
Mente, né Cuore per sollevarle? Conosce ben essa il fondo dei nostri estremi<br />
bisogni e sa ben ritrovar tutte le strade per prevenirli; perché gode 24 …<br />
24 Il Sermone si interrompe qui.<br />
474<br />
PASTORALE DELLA SS.MA NATIVITÀ DI MARIA<br />
Recitata in sacra visita nella Chiesa Priorale di San Paolo in Force<br />
inter Pontificalium solemnia nella mattina di Martedì 8 Settembre 1772<br />
Facciata della Chiesa Collegiata di San Paolo di Force, del sec. XVI con<br />
il portico coevo (AP). Sulla sinistra il Convento dei Benedettini.<br />
Il sermone viene recitato nella Chiesa di san Paolo a Force, officiata da una comunità<br />
Benedettina, dove egli era stato battezzato il 27 novenbre 1717. L’argomento<br />
sulla natività di Maria è incompleto. L’autore avrà certamente fatto parlare il suo<br />
cuore ed avrà attinto alla sua preparazione mariologica. Poteva Egli immaginare che<br />
a distanza di 55 anni dalla sua nascita e dal suo Battesimo sarebbe tornato in quella<br />
Chiesa per la sacra Visita della Diocesi di cui era Vescovo?<br />
Una settimana dopo, nell’ottava della festa della natività di Maria, a conclusione<br />
della Sacra visita pastorale, mons. <strong>Marcucci</strong> lascia cinque ricordi alla comunità<br />
cristiana:<br />
1) Santificazione delle feste;<br />
2) Rispetto delle Chiese;<br />
3) Cura per la buona educazione dei figli per i padri di famiglia;<br />
4) Adempimento degli obblighi del proprio stato;<br />
5) Tenera devozione verso la Gran Vergine Immacolata.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, pp. 66; 69.<br />
475
Argomento<br />
L’Allegrezza universale che la Gran Vergine<br />
arrecò a tutto il Mondo col suo Nascimento<br />
In questo festosissimo Giorno alle Glorie del SS.mo Nascimento di Nostra<br />
Immacolata Signora consacrato, oh quanti begli argomenti mi si presentano<br />
innanzi, cari Dilettissimi miei, che 25 …<br />
476<br />
Interno della Chiesa Priorale di San Paolo a Force (AP). A sinistra, in fondo c’è<br />
il fonte Battesimale, dove fu battezzato il Servo di Dio Monsignor <strong>Marcucci</strong>.<br />
25 Il Sermone si interrompe qui.<br />
SERMONE NELLA PURIFICAZIONE DI MARIA<br />
Recitato dopo il Pontificale nella Cattedrale di Montalto<br />
nel Martedì mattina del 2 Febbraio del 1773<br />
Il Sermone ha due redazioni: una, conservata nel volume miscellaneo BSC 1519<br />
ed è quella recitata nella Cattedrale di Montalto; l’altra, conservata nel volume ASC<br />
33, è quella mandata ad Ascoli Piceno alle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata<br />
Concezione. Quest’ultima redazione, dopo il proemio, aggiunge un dialogo per spiegare<br />
il genere oratoriale dello stesso. Qui viene trascritta la versione completa. Entrambe<br />
sono costituite da due parti: la prima dai numeri 2-9; la seconda dai numeri 10-13.<br />
Nel proemio, mons. <strong>Marcucci</strong> immagina di incontrare la Madre di Dio, mentre si<br />
reca al Tempio per adempiere alla legge della purificazione e tenta di trattenerla perchè,<br />
quale giglio purissimo, Ella non è tenuta ad alcuna purificazione.<br />
Intervengono tre Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione che aprono un dialogo<br />
sul Proemio, usando pseudonimi: Peritachia che vuol dire “Persona frettolosa che<br />
corre sempre tutta affaccendata”, Ginauzia e Filomata.<br />
Ginauzia chiede se il proemio del Sermone di mons. <strong>Marcucci</strong> si chiami in<br />
Oratoria congiunto, oppure separato. La risposta è che esso è separato perché dall’argomento<br />
della Purificazione di Maria si giunge a parlare della doppiezza da cui tutti<br />
dobbiamo purificarci.<br />
Mons. <strong>Marcucci</strong> prende come riferimento scritturale del suo discorso il brano di<br />
san Paolo ai Corinzi (2 Cor. 1, 12), dove l’Apostolo afferma che i veri cristiani devono<br />
avere “buona coscienza, semplicità di cuore, sincerità di animo e carità fraterna”.<br />
Invece oggi, afferma il Vescovo <strong>Marcucci</strong>, “è divenuta troppo familiare e comune la<br />
Doppiezza”. Essa è entrata nel linguaggio dei nobili e dei poveri, nelle case private e<br />
nei publici palazzi, nelle corti e nei tribunali, nelle botteghe e nelle piazze.<br />
Occorre però dire che non è doppiezza l’accortezza di tratto, un ingegno sveglio, un<br />
saggio disimpegno. Le conseguenze negative di chi vive nella doppiezza sono l’agita<br />
zione e l’incostanza.<br />
Nella seconda parte del Sermone, mons. <strong>Marcucci</strong> si propone di aiutare i suoi ascoltatori<br />
a vivere la semplicità evangelica e la sincerità nel parlare, attraverso la prudenza<br />
e una viva Confidenza in Dio.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 33, pp. 44-62; Cf<br />
BSC, pp. 101-112.<br />
477
Ave Maria<br />
Impleti sunt dies Purgationis Mariæ.<br />
San Luca nel corrente Vangelo (Luc. 2, 22)<br />
Argomento<br />
La Doppiezza intanto è sì comune in oggi tra noi Cristiani,<br />
in quanto passa quasi comunemente tra noi<br />
per una lodevole accortezza di tratto e non si apprende per quel vizio,<br />
com’è, sì abominevole agli occhi di Dio<br />
e sì pregiudizievole al Prossimo ed a noi stessi<br />
1. Mi si perdoni pure in questa mattina, Uditori, se agitato trovandomi e<br />
soprafatto dalle tante e sì stupende maraviglie della Solennità ricorrente<br />
della Purificazion di MARIA, sciogliendomi da ogni legame di oratorio<br />
ordinato precetto, mi faccia qui sulle prime incontro alla Gran Vergine<br />
Madre e, col più profondo rispetto di tutto il mio cuore, Fermatevi, le<br />
dica, deh fermatevi, o mia Immacolata Signora! E dove mai col Divin<br />
Pargoletto GESÙ alle Braccia portar vi volete? Son già compiti, non lo<br />
nego, quei Giorni alla Purificazione legale destinati: Impleti sunt dies purgationis<br />
26 . Ma voi, qual candido Giglio di sovrangelica Purità, non contraeste<br />
mai macchia da ripurgare: voi, qual’odorifera Rosa sempre vermiglia<br />
d’illibata Innocenza, non aveste mai nulla di che mondarvi: voi, qual’incorrotto<br />
Cedro d’Integrità Verginale, non siete stata mai bisognosa di<br />
purga. Siete Madre la più feconda, è vero, perché Madre di un Dio fatto<br />
Uomo; ma siete nel tempo stesso Vergine la più pura, perché il vostro<br />
Divin Figlio non pregiudicò punto al vostro illibato Candore. Il<br />
Concepimento e Parto vostro fu tutto sovraumano, tutto Celeste, tutto<br />
Divino. Fermate dunque il Piede, o Regina delle Vergini, o purissima<br />
Madre del Salvadore! Non ci è legge per voi, che siete sopra ogni legge:<br />
non ci è purga, perché ombra non avete di macchia. Deh a noi piuttosto<br />
e al resto dell’uman Genere, lasciate il pensiero di ben purgarci, giacchè<br />
da capo a piedi ci troviam sozzi in mille guise e macchiati. Non è così,<br />
Dilettissimi miei? Eppure l’Umiltà di Maria fu in tal modo sovraeroica<br />
26 Si compirono i giorni della purificazione.<br />
478<br />
e singolare, che eziandio senza alcun bisogno di purga, pure in ossequio<br />
della Legge comparir ne volle in tal dì bisognosa: Impleti sunt dies purgationis<br />
Mariæ. A tal’efficacissimo esempio pertanto, chi vi ha tra di noi,<br />
che mosso non si senta a soggettarsi di buona voglia ad onor di Maria<br />
alla purga del Cuore, alla mondezza della Coscienza, al lavacro<br />
dell’Anima? E da qual macchia, da qual vizio mai, dirà forse qualcuno,<br />
abbiam noi stamane a purificarci? Miei cari Uditori, se io ve lo additassi,<br />
non so qual’orecchio voi mi porgereste. Ve lo dica dunque per me<br />
l’Apostolo San Giacomo: O voi, esclama egli, che siete di animo doppio<br />
e finto, purificatevi! Purgate i vostri cuori dal vizio della doppiezza:<br />
Purificate corda, duplices animo 27 (Jac. 4, 8). Ma come, sento chi mi ripiglia,<br />
la doppiezza di cuore è vizio? Converrà, s’è così, quasi tutti i<br />
Cristiani chiamar viziosi: poiché chi vi ha di grazia, che in varie cose<br />
qualche doppiezza non usi? Eh via, che alla fin delle fini la doppiezza, se<br />
ben si consideri, è piuttosto un’accortezza lodevole e talora, talora ancor<br />
necessaria. In tal guisa voi la discorrete, ma lo Spirito Santo non la<br />
discorre così: la qualifica egli per una macchia viziosa, che ha bisogno di<br />
purga: Purificate corda, duplices animo. Or non ci allunghiamo più,<br />
Dilettissimi, in tanti contrasti. Vi dirò schiettamente, come passa la cosa<br />
e mi servirà per Assunto: La Doppiezza intanto è sì comune in oggi tra noi<br />
Cristiani, in quanto passa quasi comunemente per una lodevole accortezza di<br />
tratto e non si apprende per quel vizio, com’è, sì abominevole agli Occhi di Dio e<br />
sì pregiudizievole al Prossimo e a noi stessi. Se mi favorirete di attenzione,<br />
confido, ne rimarrete convinti.<br />
OSSERVAZIONI SUL PROEMIO<br />
GINAUZÍA, FILOMÀTA, PERITACHÍA<br />
GIN. Codesto Proemio, a dire il vero, mi piace. Ma è un po’ intricato; né<br />
senza farvi sopra delle Osservazioni a parte, può ben capirsi, se a<br />
qual sorta di Esordi Oratori debba ridursi.<br />
27 Purificate i cuori o voi doppi di animo.<br />
479
FIL. Veramente anche a me sembra così. Ma quando Monsignor nostro<br />
Padre lo ha in tal forma tirato, avrà ben egli avute delle sode regole<br />
Oratorie su cui fondarsi.<br />
PER. Ci mancavan voi altre due Dottorine per interrompere il filo del<br />
mio Sermone. L’Esordio sta troppo bene. L’averlo così ordito<br />
Monsignor nostro Padre, bastar vi deve. Chetatevi. Io ho fretta. Non<br />
voglio perder tempo con voi.<br />
FIL. Cantò bene il Poeta: Conveniunt rebus nomina sæpe suis 28 . Chi vi pose<br />
nome di PERITACHÍA, denotar volle in voi una Persona frettolosa,<br />
che sempre corre tutta affaccendata.<br />
PER. Or io mi glorio di esser chiamata Peritarchìa, poiché la fretta, qualor<br />
moderata, giovò sempre a far per tempo le sue faccende.<br />
GIN. Sì: ma non è un perder tempo il far delle Osservazioni su di un<br />
Esordio, la cui orditura per noi è nuova. Monsignor nostro Padre,<br />
qualor ci faceva lezione, soleva talor trattenersi lungamente su di una<br />
semplice parolina, spiegandola in tante guise, affin da noi ben si fosse<br />
capita. Allora dunque piuttosto si perde tempo, quando non si capisce:<br />
dicendo il trito proverbio: legere, et non intelligere, negligere est 29 .<br />
PER. Orsù, sia come vi piace. Quali osservazioni pertanto far bramate<br />
intorno al Proemio da me recitato?<br />
GIN. Primieramente saper vorrei, se codesto Esordio chiamar si debba in<br />
Oratoria Proemio congiunto, oppur separato?<br />
FIL. Se il Proemio congiunto si cava da cose congiunte e connesse coll’argomento<br />
o con l’oratore o con l’uditorio; e il separato da cose separate<br />
e non connesse; io direi, che codesto Esordio, dove si entra<br />
28 Spesso i nomi si accordano con la sostanza delle cose.<br />
29 Leggere e non capire è trascurare.<br />
480<br />
immediatamente a discorrer della Solennità di Maria Santissima,<br />
fosse un Proemio congiunto, come cavato da una cosa congiunta e<br />
connessa con l’argomento sopra la Purificazione della Gran Vergine.<br />
PER. Siete in errore, Filomata mia. L’argomento di tutto il Sermone non<br />
è la Purificazione di Nostra Signora; ma bensì è il vizio detestabile<br />
della Doppiezza, come già udiste. Cosicchè l’entrar nel Proemio col<br />
favellar del Mistero della Purificazione, è un dar principio con cose<br />
tutte disparate e non connesse col disegnato argomento della<br />
Doppiezza. Quindi restate pur persuasa, che il mio Proemio in oratoria<br />
è separato.<br />
GIN. Ho capito. Di questo genere di Esordi si servono per lo più gli<br />
Oratori Quaresimali, quando dal Vangelo corrente traggono i loro<br />
argomenti. Tutto il difficile però di tali Esordi separati consiste nel<br />
saperli connettere col disegnato argomento con una certa naturalezza<br />
senza forza e violenza.<br />
PER. Una tale naturalezza appunto voi la trovate, Ginauzìa mia, nel mio<br />
Proemio. Osservate. Dal favellare della Purificazione, che per sovraeroica<br />
sua Umiltà elegger volle la Gran Vergine, si passa naturalmente,<br />
e senza violenza, a discorrere di un’altra Purificazione, come la<br />
dice l’Apostolo San Giacomo, a cui noi per verità dobbiam soggiacere,<br />
cioè al ripurgo della Doppiezza.<br />
FIL. Su di questo già son persuasa. Non saprei tuttavia ritrovare il filo<br />
dell’orditura di codesto vostro Proemio separato. Certo è, che<br />
ogni Esordio ben regolato incominciar deve con una Proposizion<br />
proemiale, a cui suol’aggiungersi la sua Ragione. Indi segue la<br />
Redizione con la sua Comprovazione. Poi l’Esito, con cui senza violenza<br />
va legato l’Assunto. Accordo ancora, che nei Proemi separati,<br />
quando s’incomincia con qualche Fatto del Vangelo corrente,<br />
serve lo stesso Fatto per Proposizione e Ragione proemiale; e l’applicazione<br />
del Fatto sta in luogo della Redizione e Comprova. Ma nel<br />
vostro esordio dove sia il filo della Proposizione e Ragione proemiale,<br />
io non saprei indovinarlo.<br />
481
GIN. Abbiate pazienza, Peritarchìa mia: codesto Esordio separato o è irregolare,<br />
o è troppo intricato.<br />
PER. Quando il cerebro vostro non patisca irregolarità od intrico, voi<br />
avrete da accordarmi quel che mi accordano Cicerone, Quintiliano,<br />
il Segneri e tutti gli altri più eccellenti Oratori; cioè, che quanto al<br />
filo dell’orditura oratoria due spezie di Esordi si danno, cioè<br />
l’Esordio temperato, detto anche ordinario e l’Esordio veemente o sia<br />
straordinario, chiamato comunemente ex abrupto, cioè quasi precipitoso<br />
nel dar principio al Discorso. Or il primo, voglio dire il temperato<br />
ed ordinario, procede appunto con quel filo oratorio da voi<br />
addotto, poiché tende a conciliar gli animi con un parlare pacifico e<br />
ordinato. Ma il secondo, cioè il veemente o sia ex abrupto, no: poiché<br />
gode esso straordinarie regole oratorie, tutte atte a destar gli Uditor,<br />
e commuoverli con un parlare tutto impetuoso, tutto enèrgico,<br />
tutto inaspettato.<br />
FIL. Oh! È vero, Peritachìa, è vero! Ora me ne rammento. Una tal sorta<br />
di Proemi spiritosi ex abrupto denota sempre che l’oratore si trovi in<br />
una qualche grande agitazione e comozione interna o di allegrezza,<br />
o di malinconia, o di dolore, o di sdegno, o di timore, o di maraviglia,<br />
o di altra passione, che l’abbia quasi fatto uscir di sesto e di se<br />
stesso. Quindi incominciar suole talora con apostrofe rivolto a qualche<br />
terza persona, talvolta con sinnometria chiedendo scusa e permesso,<br />
altre volte con esclamazioni; talora con querele e rimproveri, e simili;<br />
tantochè la lingua al vivo esprima l’interna passione impellente<br />
al dire.<br />
GIN. Ora me ne ricordo anch’io; e mi sovviene inoltre, che siccome di rado<br />
gli Oratori si debbon supporre così internamente agitati; perciò di<br />
rado è loro permesso servirsi di tali veementi Esordi ex abrupto.<br />
PER. Per lo appunto. E di fatto tra tanti Sermoni di Monsignor nostro<br />
Padre, ecco il primo tirato con un Proemio così appassionato ex<br />
abrupto. Per esprimere egli dunque la gran maraviglia, con cui si<br />
trovava internamente agitato in occasion della solennità della<br />
482<br />
Purificazione nel considerar la sopraeroica Umiltà di Maria, che<br />
senza verun bisogno soggettar si volle a comparir con l’indigenza di<br />
Purga, pensò saggiamente di incominciar ex abrupto il suo Sermone,<br />
dicendo: Mi si perdoni pure in questa mattina, Uditori, se agitato trovandomi<br />
e sopraffatto, con quel che segue.<br />
FIL. Or se fossi stata io, avrei dato principio con quell’apostrofe graziosa:<br />
Fermatevi, deh fermatevi, o mia Immacolata Signora!<br />
PER. Sì, così pure avrebb’egli potuto incominciare. Ma, affin il Proemio<br />
riuscisse più accostumato e più rispettoso, premetter volle all’apostrofe<br />
la figura di sinnometia, che i Latini dissero Veniæ petitio e noi<br />
diciam chieder licenza o permesso e principiare con quel: Mi si perdoni<br />
pure in questa mattina, Uditori.<br />
GIN. Dunque in tal Proemio, tutta intera l’apostrofe e tutto il favellare<br />
rivolto alla Gran Vergine, sta in luogo di Proposizion proemiale e quell’oratoria<br />
breve seguente ad imitarla starà invece di Ragione?<br />
PER. Così è e come se detto avesse in un Proemio temperato ed ordinario:<br />
Se la Gran Vergine Madre, che non ebbe mai ombra alcuna di macchia,<br />
pronta fu a soggettarsi alla Legge di Purificazione: che dovremo far<br />
noi, che da capo a piè siamo in mille guise sozzi e macchiati? Imperocchè il<br />
soggettarsi alla purga per chi non ha colpa è un atto di sopraffina umiltà;<br />
ma per chi è ricoperto di reità, è un atto di doverosa giustizia. Con questo<br />
poco se ne sarebbe potuto sbrigare in un dire pacifico e ordinato, ma<br />
non già in un dire veemente ex abrupto.<br />
FIL. Via via, sono già, Grazie al Cielo, entrata bene nel filo di tutta l’orditura<br />
straordinaria di codesto spiritoso Esordio. Dove dunque ripiglia<br />
Monsignor nostro Padre: E da qual macchia, da qual vizio mai,<br />
dirà forse qualcuno, abbiam noi a purificarci? Dove, dissi, così ripiglia,<br />
ivi fa la Redizione proemiale, da cui passa all’Esito, con cui unisce<br />
l’Assunto sopra la rea qualità, che seco ha la Doppiezza.<br />
PER. L’avete indovinata a puntino.<br />
483
GIN. Sull’Assunto trovo trasgredita la regola della brevità, che insegna<br />
dover esser composto di sì corto giro di parole, tantochè con facilità<br />
ritener si possa a memoria. Mi par troppo lungo.<br />
PER. Avreste ben ragione, quando tutta l’esposizione dell’Assunto fosse<br />
Assunto da esser provato. Che la Doppiezza sia quasi comune tra i<br />
Cristiani, lo dicono gli stessi Uditori: che passi quasi comunemente per<br />
una lodevole accortezza di tratto e non si apprenda per vizio, lo confessano<br />
essi medesimi. Quindi non han bisogno di ciò ritenere a memoria.<br />
Si riduce e restringe dunque l’Assunto in questo solo, cioè che la<br />
Doppiezza sia un vizio abominevole agli Occhi di Dio e pregiudizievole al<br />
Prossimo e a noi stessi. Può essere più breve e più facile ad intendersi<br />
e ritenersi? Posto in chiaro tale stato qualitativo, si è provato tutto<br />
l’Assunto; che milita sotto il Genere Oratorio deliberativo; ha per fine<br />
la purga e fuga della Doppiezza; e tende a muovere la passione dell’abborrimento<br />
ed odio contra tal vizio.<br />
GIN. e FIL. Siam restate all’intutto soddisfatte. Incominciate pure il vostro<br />
Sermone oratorio. Non saremo più certo a frastornarvi.<br />
I<br />
2. Di tre cose si gloriava santamente l’Apostolo con i suoi Corinti, vale a<br />
dire, di sempre procedere in ogni affare con buona coscienza senza frode<br />
veruna; di parlar sempre con semplicità di cuore senza alcuna doppiezza;<br />
e di sempre trattare con sincerità di animo, come a Dio piaceva,<br />
senza inganno veruno: Gloria nostra hæc est, ecco le sue parole, testimonium<br />
conscientiæ nostræ, quod in simplicitate cordis, et sinceritate Dei 30 (2 Cor.<br />
1, 12). E questa era per l’appunto la felice invidiabile vita dei veri<br />
Cristiani dei primi Secoli fervorosi della Cattolica Chiesa; nei quali<br />
risiedeva in tutti la buona coscienza, la semplicità di cuore, la sincerità<br />
di animo, la carità fraterna. Il loro parlare era schietto senza raggiri; il<br />
loro trattare era ingenuo senza finzione e senza malizia. Vivevano a<br />
30 Questa è la nostra gloria: la testimonianza della nostra coscienza, che è nella semplicità<br />
del cuore e nella sincerità di Dio.<br />
484<br />
seconda del santo Vangelo con quell’Est est, non non (Mat. 5, 37), con un<br />
semplice sì, con un semplice no, palesato con cuore aperto senza doppiezza.<br />
Quindi con una tal vita semplice e pura sembravano più Angeli,<br />
che uomini; e pareva, che il Paradiso fosse quaggiù in Terra disceso,<br />
come lo vide l’Evangelista Giovanni, a renderli anticipatamente beati<br />
(Apoc. 21, 2). O secoli felicissimi, dove più siete, dove mai fuggiste!<br />
3. Or non accade, Dilettissimi miei, che io qui v’inviti a meco arrossirvi col<br />
farne il confronto con i secoli nostri; giacchè mi accordate voi stessi (e chi<br />
mai vi ha che impugnare lo possa), che oggi tra noi Cristiani è divenuta troppo<br />
familiare e comune la Doppiezza. L’aver due facce nel tempo stesso, l’usar<br />
due lingue, l’adoprar più mani, il tenere il piede in due strade, il portar due<br />
cuori, il nutrire due animi tutti differenti e contrari su di una medesima<br />
cosa, in chi mai voi non lo trovate ai tempi nostri? Si parla innanzi in un<br />
modo e dietro le spalle in un altro: si promette in una guisa in pubblico e si<br />
scrive in un’altra in segreto: si mostra un cuor tutto propenso in apparenza<br />
e si cova un cuor tutto avverso in sostanza: si opera all’aperto in una maniera,<br />
ma di nascosto in un’altra. Sembra, voi lo vedete, quasi rinnovati ai dì<br />
nostri quei lagrimevoli tempi, che ai dì suoi amaramente piangeva Geremia,<br />
esclamando, che nei Grandi e nei Piccoli, nei Nobili e nei Plebei, nei Ricchi<br />
e nei Poveri e persino nel Ceto più rispettabile delle Persone a Dio sacre,<br />
dominar si vedeva la finzione, il raggiro, la frode, la furberia, l’inganno, in<br />
una parola la dolosa doppiezza: Usque ad Sacerdotem cuncti faciunt dolum 31<br />
(Jer. 6, 13). Doppiezza nelle Case private, e nei pubblici Palazzi: Doppiezza<br />
nelle Corti e nei Tribunali: Doppiezza nelle Botteghe e nelle Piazze:<br />
Doppiezza nei Mercati e nelle Fiere: Doppiezza nelle Suppliche e nei Ricorsi:<br />
Doppiezza nelle Querele e nelle Informazioni: Doppiezza nelle Liti e nei<br />
Consigli: dopiezza negli Obblighi e nelle Promesse: Dopiezza nelle vendite,<br />
nelle compre, ed in altri contratti: Doppiezza nelle visite e nei donativi:<br />
Doppiezza nei traffici e nei negozi: che più? Doppiezza insin talora nella stessa<br />
vita divota: insomma può ben dirsi, rarissime ai nostri tempi esser quelle<br />
umane azioni che deturpate non siano da qualche dolosa finzione e doppiezza:<br />
Usque ad Sacerdotem cuncti faciunt dolum.<br />
31 Fino al Sacerdote tutti fanno inganno.<br />
485
4. Io non oso, Uditori, disapprovarne la gran ragione, che voi stessi della<br />
così universalizata doppiezza a suggerir me ne fate, cioè a dire, perché<br />
quasi comunemente oggi non si apprende tra noi la doppiezza per<br />
vizio, ma passa bensì per una lodevole accortezza di tratto, per un<br />
ripiego sagace di mente, per una svegliatezza d’ingegno, con cui a dar<br />
sul genio a tutti si cerca e tutti mantenersi per buoni amici, eziandio<br />
bellamente gabbati. Mi giovi dunque dedurre che, se col favor<br />
dell’Altissimo toglier si potesse la maschera alla Doppiezza e disinganarne<br />
il comune dei Cristiani col persuaderlo, non esser la Doppiezza<br />
un’accortezza lodevole, non una lodevole sagacità, non un lodevol<br />
ripiego, non una svegliatezza lodevole, ma bensì un destestabile vizio sì<br />
abominevole agli Occhi di Dio e sì pregiudizievole al Prossimo e a Noi stessi;<br />
sperar si potrebbe allora di far mutare aspetto ai nostri tempi e far tra<br />
noi rifiorire quell’evangelica Semplicità di cuore, quella sincerità di<br />
animo e quella fraterna Carità degli antichi fervidi Cristiani. Deh, assistetemi<br />
stamane, o mia Immacolata Signora, giacchè ad onor vostro<br />
tentar penso io tal provincia.<br />
5. Or che dunque non possa mai la Doppiezza esser veruna di quelle qualità<br />
naturali dell’animo degne di lode, con le quali oggidì si traveste, ve<br />
ne convince alle prime, cari miei Uditori, lo Spirito Santo medesimo.<br />
La prova, dice egli, per ben ravvisare il carattere di un Uomo, è la sua<br />
propria lingua: qualor questa sia involta nella doppiezza, ditelo pur<br />
peccatore: Omnis peccator probatur in duplici lingua 32 (Eccl. 5, 11): se questa<br />
sia fraudolenta, chiamatelo francamente cattivo: Fraudes labia<br />
Malorum loquuntur 33 (Prov. 24, 2). Un parto dunque del peccato e della<br />
malizia, com’è la doppiezza, potrà riputarsi lodevole? Deh non in eterno.<br />
Si lodi pur quanto si voglia l’accortezza di tratto; ma questa non è<br />
doppiezza; è anziché no una cautela che non corre di volo a fidarsi della<br />
doppiezza medesima. Si chiami anche lodevole la sagacità e svegliatezza<br />
d’ingegno, che neppur questa è doppiezza; ma è bensì un prevedere<br />
della doppiezza gli inganni per evitarli. E per finirla, si dica degno<br />
32 Ogni peccatore viene svelato nella doppiezza del parlare.<br />
33 Le labbra dei cattivi pronunciano menzogne.<br />
486<br />
ancor di lode il prudente ripiego; che questo tanto meno è doppiezza;<br />
ma è una giusta scusa, un saggio disimpegno per non dare nei lacci<br />
della doppiezza stessa. Che se dunque nell’Uomo l’accortezza, la sagacità,<br />
la svegliatezza son piuttosto di lor natura tante sentinelle contro<br />
della doppiezza, come sue giurate nemiche; qual ragione mai vi sarà,<br />
Dilettissimi, di mascherarla per una lodevole qualità, quando essa smascherata<br />
compare purtroppo per una detestabile qualità viziosa?<br />
6. Ed oh che vizio, che vizio abominevole agli occhi di Dio è la Doppiezza!<br />
Deh ditelo pur voi, Signor mio, di vostra propria Bocca a questi miei<br />
Uditori. Avete voi in una somma detestazione chiunque è doppio di lingua?<br />
Sì, mi rispondete, os bilingue detestor 34 (Prov. 8, 13). Tenete voi in<br />
un totale abominio ogni finto, ogni ingannatore? Sì, mi replicate, abominatio<br />
Domini est omnis illusor 35 (Prov. 3, 32). Conservate voi un odio<br />
sommo contro di chiunque parla con frode e con raggiro? Sì, mi ripetete,<br />
qui sophistice loquitur, odibilis est 36 (Eccl. 37, 23); e mi aggiungete di<br />
più, che da tal sorta di Gente doppia tenete ben lungi ogni Dono di<br />
vostra Grazia e Sapienza Divina: non est illi data a Domino gratia: omni<br />
sapientia defraudatur 37 (Eccl. Ibid.). Tant’è, Dilettissimi: segue Dio a<br />
protestarsi nelle Divine Scritture che non sarà mai per ammettere al<br />
cospetto di sua Clemenza un cuor doppio: ne accesseris ad Deum duplici<br />
corde 38 (Eccl. 1, 36); poiché chi di tal abominevole vizio è reo, aspettar<br />
si deve piuttosto il colmo delle maledizioni Divine: bilinguis maledictus<br />
39 , così è, bilingues maledictus (Eccl. 28, 15). Maledetto fu Caino, qualor<br />
con doppiezza di animo invitò l’innocente Abele ad uscir seco fuori<br />
a campo aperto. Maledetto fu Labàno, qualor con finte parole e promesse<br />
gabbò tante volte il paziente Giacobbe. Maledetto fu Faraone, quando<br />
con cuor doppio si mostrò pronto a dar libertà al Popolo d’Israele.<br />
34 Io detesto una bocca bilingue.<br />
35 Ogni ingannatore è una esecrazione del Signore.<br />
36 Chi parla con sofisticazione è odioso.<br />
37 Non gli è stata data dal Signore la grazia: viene defraudato da ogni sapienza.<br />
38 Non accostarti a Dio con cuore doppio.<br />
39 Il bilingue è maledetto.<br />
487
Maledetto fu Saul, qualora con finzione promise e a Samuele l’emenda<br />
e a Davide la pace. Maledetto fu… Ma io non porrei mai fine al mio<br />
dire, se addurre volessi i contesti di quanto abbia l’Altissimo in abominio<br />
il vizio della Doppiezza.<br />
7. Vi basti, Dilettissimi, che io qui ve ne rammenti una delle principali<br />
ragioni. Voi ben sapete, che siccome il vicendevole amore nasce da una<br />
certa reciproca convenienza ed uguaglianza; così all’opposto da una<br />
certa disconvenienza e disuguaglianza ha origine l’odio. Or ditemi per<br />
vostra fede, non è forse di sua immutabile essenza Iddio una Somma<br />
Verità? Sì certamente. Ego sum veritas (Joan. 14, 16), ci dice egli stesso.<br />
Non si fa egli forse chiamare il Dio della verità e veracità insieme? Così<br />
è: Deus veritatis, Deus verax 40 (Ps. 30, 6; Joan. 3, 33). Non c’insegna<br />
forse la Religione Cattolica che tutte le parole di Dio sono sincerissime<br />
e che sono inseparabilmente fondate sul principio dell’infallibile verità?<br />
Senza fallo: Principium verborum tuorum veritas 41 (Ps. 118, 160). Come<br />
dunque volete voi, cari miei Uditori, che Iddio al vedere un finto, un<br />
ingannatore, un doppio con due facce, con due lingue, con due cuori,<br />
non abbia a sommamente odiarlo e maledirlo, se lo vede tutto a sè contrario<br />
e disconvenevole, col tener che fa sotto dei piedi conculcata la<br />
verità sincera e la sincerità cordiale e verace? O miseri adunque amanti<br />
delle doppiezze, come faranno coll’esser così da Dio odiati al sommo e<br />
maledetti! Detestate, s’è così, ve ne prego, Dilettissimi miei, detestate<br />
un tal vizio, fuggitelo a tutta possa, guardatevene con diligenza.<br />
8. Lo credereste? Un mondo intero ancora tanto da noi richiede, giacchè la<br />
Doppiezza, è un vizio assai pregiudizievole ai Prossimi nostri. O qui sì,<br />
Ascoltanti, fatemi ragione, che al vostro stesso tribunale mi appello.<br />
Qual è di grazia il mezzo più usato per l’umano commercio? La lingua,<br />
il tratto, voi mi rispondete. Per negoziare, per conversare, per provvedere<br />
alle umane indigenze, tutti gli uomini del mondo si servon delle<br />
parole, usano i cenni. Or ditemi, se con le doppiezze e con i raggiri e<br />
40 Io sono la verità…Dio della verità, Dio verace.<br />
41 L’inizio delle tue parole [sia] la verità.<br />
488<br />
con le furberie si falsifichino le parole e i cenni, a chi mai si avrà più da<br />
credere? Di chi mai, più fidarsi? Con chi mai, più trattare? Converrà<br />
interrompere affatto l’umano commercio. Ma, e allora che ne sarà di<br />
questo Mondo? Deh intendasi pure una volta, che di assai maggior pregiudizio<br />
al Prossimo è la doppiezza di parole falsificate, di quel che sia<br />
il giro delle false monete: attesochè le parole e i cenni si usano universalmente<br />
da tutti e tutti restan soggetti al loro inganno: non così è delle<br />
monete, non correndo queste in mano di tutti e potendosene ognuno<br />
più facilmente guardare. Che però il Redentore Divino intimar volle a<br />
tutti noi Cristiani quella Semplicità Colombina, di cui ciascuno fidar si<br />
potesse con sicurezza: Estote simplices, sicut columbæ 42 (Matt. 6, 22): affinchè<br />
intendessimo che se i Prossimi nostri avessero che temere di rimanere<br />
gabbati da qualche astuzia volpina trattando con gli Infedeli, non<br />
potessero mai però dubitare di restare ingannati trattando con noi<br />
Cristiani, a cui aveva ingiunta una sincera semplicità Colombina: Estote<br />
simplices, sicut columbæ.<br />
9. Ma via, che anche il proprio nostro interesse richiede che ci guardiamo<br />
ad ogni costo dalla doppiezza, per esser questa, com’io vi dissi sin dal<br />
principio, un vizio assai pregiudizievole ancora a noi medesimi.<br />
Primieramente ci sottopone, conforme udiste, all’odio ed allo sdegno<br />
tremendo di Dio. Ci fa perdere inoltre il buon concetto appresso del<br />
Prossimo. Oh il pessimo nome che corre di un Cuor doppio, di un finto,<br />
di un raggiratore! Denotatio pessima, dice lo Spirito Santo, super bilinguem<br />
43 (Eccl. 5, 17): ognun lo nota a dito per stare sull’arme contro di<br />
lui. E poi (osservate, Uditori, la vindicatrice Mano dell’Altissimo) chi<br />
professa doppiezza di animo e di lingua, vive coll’interno sempre agitato,<br />
sempre incostante, senza poter mai venire a capo di godersi con pace<br />
i suoi disegni: Vir duplex animo, così la Scrittura, inconstans est in omnibus<br />
viis suis. In omni re defraudabitur 44 (Jac. 1, 8; Eccl. 37, 23). Così per l’appunto<br />
accade ad Achitòfele e ad Esebòlio, due dei più celebri Raggiratori<br />
42 Siate semplici come colombe.<br />
43 Pessima denotazione sul bilingue.<br />
44 L’uomo di animo doppio è incostante in tutte le sue vie. Sarà defraudato in ogni cosa.<br />
489
di due facce e di due lingue, che mémora la Storia. Vennero amendue<br />
riputati per li più astuti Consiglieri di Real Gabinetto dei tempi loro.<br />
Era il primo cioè Achitofèle alla Corte del Santo Re Davide e lo serviva<br />
da Consigliere (2 Reg. 16); ed i suoi Consigli erano tutti giusti contro<br />
del ribelle Assalonne: consultato poi da Assalonne, furono i suoi consigli<br />
tutti laidi ed empi contro del perseguitato Davide. Ah fintaccio traditore,<br />
pagherai il fio delle tue doppiezze! Si trovava l’altro, voglio dire<br />
Esebòlio, in qualità di Maestro dell’empio Giuliano Apostata (Drex. par.<br />
I, ph. 1); e fu consigliere di tre Imperadori, Giuliano, Costanzo e<br />
Gioviniano. Sotto Giuliano fu idolatra; sotto Costanzo fu eretico<br />
Ariano; sotto Gioviniano affettò di esser Cattolico. Qual fu poi la fine<br />
di questi due sì celebri Raggiratori? Fu colpito il secondo dai fulmini<br />
della Divina Giustizia. Finì il primo i suoi amarissimi Giorni col disperatamente<br />
uccidersi da se medesimo (2 Reg. 17). Guai, guai dunque ai<br />
seguaci della Doppiezza, esclama qui lo Spirito Santo, Væ duplici corde<br />
(Eccl. 2, 14)! Essa è un vizio sì abominevole a Dio e sì pregiudizievole<br />
al Prossimo e a noi stessi, com’io vi diceva. Riposiamo.<br />
II<br />
10. Il gran fine di questo Sermone, ognuno ora se lo vede, che è di piantar<br />
bene l’evangelica Semplicità di cuore e schiettezza di animo nel parlare,<br />
nel negoziare, nel conversare. Oh come, in così facendosi, si convertirebbe<br />
il Mondo in un Paradiso! Sì, odo chi mi ripiglia, sì, se non fosse<br />
il Mondo odierno, troppo ripieno di finti, di doppi, di raggiratori. Ve<br />
ne sono certuni, simili a quei descritti da San Bernardo, oves habitu, astu<br />
vulpes, actu lupi 45 (Ser. 66): se li rimirate al grazioso portamento e parlare,<br />
son tante pecorelle innocenti, oves habitu; se considerate l’animo<br />
loro, son furbi ed astuti a guisa di volpi, astu vulpes; che se poi andate<br />
indagando quel che dicono ed operano dietro le spalle, e di nascosto, son<br />
fieri come lupi, actu lupi. Tutto ciò, Dilettissimi, io torno ad accordarvelo,<br />
conforme sin dal principio non l’impugnai. Ma e per questo? Forse<br />
per schernirci da tali traditori, avrem da esser doppi e finti, come essi?<br />
45 Pecore nell’aspetto, volpi per l’astuzia, lupi nell’azione.<br />
490<br />
Furbi e fraudolenti, com’essi? Volpi e lupi, com’essi? Deh no, no in<br />
eterno. Due rimedi efficacissimi possiam noi adoprare contro di tal<br />
razza di Gente inganatrice. Il primo si è una continua accortezza virtuosa<br />
e prudente. L’altro è una viva Confidenza in Dio, lasciandone a lui la<br />
protezione e difesa della semplicità di cuore e sincera verità.<br />
11. Pazientate di grazia, vi dico due paroline su dell’uno e dell’altro. E primieramente<br />
quanto all’accortezza virtuosa e prudente, siate guardinghi;<br />
non correte subito a credere; non vi fidate di melate parole; sappiate<br />
prevedere gli altrui inganni; non v’impegnate tanto tosto in far promesse.<br />
Chi vi necessita ad aprir il vostro cuore con codesti tali? Si può talora,<br />
fuor di Confessioni e di Giudizio, tacere la verità e non rispondere.<br />
Si può dissimulare di non intendere e scusarsene affatto; e così in altre<br />
molte oneste maniere si può esser lecitamente accorti e guardinghi.<br />
Ma se avete a parlare, guardatevi sempre da doppiezze, da furberie, da<br />
raggiri e da inganni, e particolarmente nei contratti e nei negozi: guardatevi<br />
da adulazioni e dai tradimenti, specialmente con chi richiede i<br />
vostri consigli: guardatevi dall’aver due faccie e due lingue, dicendo<br />
innanzi una cosa e dietro un’altra. Sia il vostro parlare semplice, sincero,<br />
schietto, verace, come fatto innanzi a quel Dio, che il tutto vede, il<br />
tutto sente, il tutto giudica. Perciò egli ci dice: Verbum veritatis<br />
præcedat te 46 (Eccl. 37, 20).<br />
12. Del rimanente, usando voi dal vostro canto la dovuta virtuosa accortezza,<br />
lasciatene con viva fiducia a Dio la protezione e la difesa della vostra<br />
semplicità di cuore e della sincera verità. È cosa già trita, che presso i<br />
Mondani la verità partorisce l’odio: Veritas odium parit 47 . Ma non è<br />
punto da far caso di tale odiosità, né da temerla: perocchè Iddio o presto<br />
o tardi, secondo i suoi giusti Giudizi, prende la difesa del Vero; e<br />
dei Semplici e Sinceri di cuore se ne fa Protettore: Deus non projiciet<br />
Simplicem. Et cum Simplicibus sermocinatio eius 48 (Job. 8, 20; Prov. 3, 32).<br />
46 La parola di verità ti preceda.<br />
47 La verità genera odio.<br />
48 Dio non umilierà il semplice. E con i semplici è la sua conversazione.<br />
491
Chiedete al Patriarca Giacobbe, chi difese la sua Semplicità dalle prepotenze<br />
di Esaù e di Labano? E sentirete rispondervi, Iddio. Chi sostenne<br />
e approvò la semplicità di Giobbe ad onta di tanti sofismi e rimproveri<br />
dei suoi crudeli Amici? Iddio. Dio fu quello, che liberò Daniele dai<br />
fieri Leoni in premio della sua Semplicità: in sua simplicitate liberatus<br />
est 49 (1 Mac. 2, 57). Dio fortificò il Santo Vecchio Eleazaro contro le<br />
tiranniche doppiezze del barbaro Antioco (2 Mac. 6, 24). Dio fortificò<br />
gli Apostoli, i Martiri ed altri infiniti suoi Servi in rimunerazione dell’evangelica<br />
semplicità di cuore che professarono. Camminate dunque<br />
anche voi in questa strada della semplice e sincera verità senza finzioni<br />
e doppiezze e rimarrete da Dio fortificati e protetti. Fortitudo Simplicis,<br />
ce l’ha promesso di sua Bocca egli stesso, Fortitudo Simplicis via Domini 50<br />
(Prov. 10, 29). Udite al proposito un bel fatto e finisco.<br />
13. In quella guisa che Erode nella Palestina fu per le sue furberie chiamato<br />
volpe scaltra dal Divin Redentore (Luc. 13, 32); così in Irlanda o sia<br />
Ibérnia chiamar si poteva pur volpe per le sue doppiezze e finzioni il<br />
Principe Veterico ai tempi del Vescovo ed Apostolo di quel Regno<br />
S. Patrizio (In vit. S. Patric.). Questi erano due, tutti all’opposto; l’uno<br />
celebre nella Semplicità sincera, cioè Patrizio; l’altro celebre nella doppiezza<br />
ingannatrice, vale a dir Veterìco. Non era così pronto e zelante il<br />
primo a detestare e riprender apertamente i tradimenti e gli inganni,<br />
quanto era franco il secondo ad inventarne degli altri con frodi e raggiri.<br />
Ah volpone d’Irlanda, gli diceva San Patrizio, guarda bene a finirla,<br />
se divenire non vuoi un volpone d’Inferno! Eh semplicione che sei, ripetevagli<br />
Veterìco, ci vuole astuzia nel Mondo e non balordaggine! Ed in<br />
tal guisa sul più bello, che il Principe andava con i suoi Cortegiani deridendo<br />
e beffando il Santo Vescovo, eccoti gli si presenta innanzi un orrido<br />
Etìope con una gran pelle di volpe in mano: ed alla presenza di tutti,<br />
che erano per la paura mezzo morti, vien qua, Veterìco (gli dice con una<br />
voce di tuono), il Re Satanasso, tuo Collega e Maestro, ti manda in regalo<br />
questa bella pelliccia di volpe, in premio delle tue eroiche furberie.<br />
49 È stata liberato nella sua semplicità.<br />
50 La fortezza del semplice è la via del Signore.<br />
492<br />
Così dicendo gli si accosta per porgliela indosso. Cade a terra Veterìco per<br />
lo spavento. Ivi lo ricopre l’Etìope da capo a piedi della pelliccia di<br />
volpe. Ma che? Coperto appena disparve l’Etìope; e Veterìco incominciando<br />
a camminar carponi con le mani e con i piedi per terra a guisa<br />
di un gran Volpone, eccoti si pone a correr qua e là per il Palazzo. Vi<br />
accorre la Gente; si grida alla disperata, ferma, para, piglia! Ma intanto<br />
Veterìco divenuto all’aspetto un volpone, salta le scale, esce, corre fuor di<br />
città; e giunto alle falde di un Monte entra in una grotta, da cui mai più<br />
uscir si vide; forse che faceva capo all’Inferno; dove restò in Anima e in<br />
Corpo eternamente serrato: così provando in effetto quel tanto che dal<br />
Santo Vescovo Patrizio gli fu minacciato. Ed ecco, Dilettissimi, come<br />
Dio glorifica i Semplici e gli amanti della verità sincera; e castiga severamente<br />
gli ingannatori ed i seguaci della finzione e doppiezza.<br />
Fuggite, fuggite dunque per sempre tal detestabile vizio, vizio sì abominevole<br />
agli Occhi di Dio, vizio sì pregiudizievole al Prossimo, e a noi medesimi,<br />
come insinora io vi dimostrava.<br />
493
PER LA PURIFICAZIONE DI MARIA SS.ma<br />
Sermone parenetico (ammonitorio)<br />
Recitato in Pulpito con l’assistenza di due Canonici dopo il Pontificale,<br />
nella mattina di Mercoledì 2 Febbraio 1774<br />
Il Sermone viene recitato nella cattedrale di Montalto dopo pochi giorni dalla<br />
nomina, da parte del papa Clemente XIV, a vicegerente di Roma 51 . Mons. <strong>Marcucci</strong><br />
aveva 53 anni ed era al terzo anno del suo ministero episcopale che stava svolgendo<br />
con ammirevole zelo facendo risplendere la sua singolare esemplarità di vita. La nomina<br />
gli giunse inattesa il 19 gennaio, mentre stava preparando il Sinodo diocesano.<br />
Chiese al Papa di dispensarlo dal nuovo incarico 52 , ma questi gli fece rispondere<br />
di andare al più presto 53 . Mons. <strong>Marcucci</strong> ubbidì prontamente, anche se con grande<br />
sacrificio e il 13 febbraio partì per Roma dove il Papa lo accolse con grande affetto 54 .<br />
Il Sermone è appena abbozzato e contiene i ricordi che lascia ai Diocesani, insieme<br />
alla sua benedizione; si affida poi alla loro preghiera.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, p. 166.<br />
51 Dopo la rinuncia a vicegerente di mons. Domenico Giordani del 28 agosto 1773, il Papa<br />
pensò di sostituirlo con mons. <strong>Marcucci</strong> che stimava e conosceva fin da quando era adolescente<br />
essendo stato suo discepolo di Filosofia nel convento di San <strong>Francesco</strong> ad Ascoli.<br />
Inoltre Clemente XIV lo elesse anche in vista della preparazione dell’anno santo perchè<br />
lo riteneva un fervente testimone evangelico di fronte ai pellegrini di tutto il mondo che<br />
sarebbero giunti a Roma<br />
52 In data 20 gennaio, egli rispondeva a Sua Santità con una supplica di rinuncia, presentando<br />
tre principali ed importanti motivi che, a suo avviso, gli impedivano l’accettazione e l’assunzione<br />
dell’ufficio. Essi erano l’amministrazione della diocesi, di cui stava preparando la<br />
Relazione della visita pastorale appena conclusa e la celebrazione del sinodo, indetto per il<br />
12, 13 e 14 giugno dell’entrante anno; le ristrettezze economiche, che non gli permettevano<br />
di reperire fondi propri di denaro; ed infine la guida della Congregazione delle Religiose<br />
Maestre Pie dell’Immacolata Concezione di Ascoli. La missiva si chiudeva con la richiesta di<br />
procrastinare almeno la suddetta nomina e soprattutto la scadenza vincolante l’assunzione<br />
della carica, per poter avere il tempo di sistemare tutte le questioni esposte e provvedere alcune<br />
degne e probe persone atte a sostituilo (Cf. MARCUCCI, Supplica alla Santità di N. S. papa<br />
Clemente XIV, Montalto 20 gennaio 1774, Autogr. orig. minuta, ASC busta 1, fasc. 3).<br />
53<br />
COLONNA MARCANTONIO., Lettera a Mons. <strong>Marcucci</strong>, Roma 29 gennaio 1774, ASC busta<br />
1, fasc. 3.<br />
54 Cf. MARIA PAOLA GIOBBI, L’attività giuridica, pastorale ed omiletica di mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong><br />
<strong>Marcucci</strong> durante il periodo della Vicegerenza (1774-1786), tesi per il magistero, Istituto<br />
superiore marchigiano di Sciene religiose “Redemtoris Mater”, A. A. 2004-2005.<br />
494<br />
In tal’ultimo Sermone si fa parte al Popolo della elezione inaspettatamente<br />
avuta li 19 Gennaio alla Vicegerenza di Roma, fatta dal Regnante Pontefice<br />
per sola sua somma clemenza ai 13 del predetto e si danno dei Ricordi, ecc.<br />
Dei perfecta sunt opera 55 (Deut. 32, 4).<br />
Quæ perfecisti, destruxerunt 56 (Psal. 20, 4).<br />
Tu perfecisti eam 57 (Psal. 67, 10).<br />
Luna perfecta in æternum 58 (Psal. 88, 38).<br />
Una est perfecta mea 59 (Cant. 6, 8).<br />
Estore perfecti, sicut Pater vester cælestis perfectus est 60 (Mat. 5, 48).<br />
Omnis Scriptura divinitus inspirata, utilis est ad docendum, ad arguendum, ad corrigendum,<br />
ad erudiendum, ut perfectus sit Homo Dei, ad omne opus bonum instructus<br />
61 (2 Tim. 3, 17).<br />
A Mileto Paulus mittens Ephesum 62 , ecc. (Act. 20, 17ss).<br />
I. Divozione al SS.mo Sagramento.<br />
II. Divozione all’Immacolata Concezione.<br />
III. Santificazione delle feste.<br />
IV. Rispetto alle chiese.<br />
V. Carità e Pace fra voi<br />
Qui la Benedizione e raccomandarsi alle orazioni di tutti.<br />
55 Le opere di Dio sono perfette.<br />
56 Hanno distrutto le cose che tu hai compiuto.<br />
57 Tu l’hai compiuta.<br />
58 Luna perfetta in eterno.<br />
59 La mia sola è perfetta.<br />
60 Siate perfetti come è il Padre vostro celeste.<br />
61 Ogni Scrittura divinamente ispirata è utile ad insegnare, ad arguire, a correggere, a erudire<br />
perché l’uomo di Dio sia perfetto, istruito ad ogni opera buona.<br />
62 Da Mileto Paolo mandando ad Efeso, ecc.<br />
495
496<br />
OMELIA DELLA GLORIOSA ASSUNTA<br />
DI NOSTRA IMMACOLATA SIGNORA<br />
Recitata a braccio, secondo il solito, dal Trono nella mattina di Giovedì,<br />
sua Festa solennissima, 15 Agosto del Bisestile 1776<br />
Cattedrale di Montalto (AP), dedicata all’Assunta, 1586, esterno.<br />
Cattedrale di Montalto (AP), interno.<br />
Anche durante il faticoso periodo della Vicegerenza, mons. <strong>Marcucci</strong> continuò a<br />
curare e guidare con assidua attenzione la sua diocesi di Montalto, avvalendosi dell’aiuto<br />
del Vicario Generale e di altri ministri capaci. Nell’autunno 1774, dopo<br />
pochi mesi dall’inizio della Vicegerenza, tornò in diocesi, per adempiere alcuni compiti<br />
lasciati sospesi 63 , ma raggiunto dalla notizia della morte di Clemente XIV, accaduta<br />
il 22 settembre di quell’anno, ripartì immediatamente.<br />
Nel febbraio del 1776 tornò nuovamente per accudire a diversi affari del<br />
Vescovado e per assistere la sua prediletta discepola, Suor Maria Petronilla Capozi,<br />
gravemente malata che morirà qualche giorno dopo, all’età di 26 anni, il 2 marzo<br />
1776 64 .<br />
Nei giorni 16, 17 e 18 giugno mons. <strong>Marcucci</strong> celebrò il Sinodo Diocesano, sospeso<br />
nel gennaio 1774 65 . Durante la permanenza in diocesi, durata otto mesi 66 , mons.<br />
<strong>Marcucci</strong> predicò varie volte in cattedrale, in occasione delle maggiori solennità liturgiche.<br />
L’Omelia in oggetto fu recitata in questo periodo.<br />
Mons. <strong>Marcucci</strong> immagina in modo struggente la scena del transito di Nostra<br />
Immacolata Signora al cielo. Ella è divisa tra l’amore per gli apostoli che deve lasciare<br />
e l’invito che il Figlio le rivolge: “Vieni dal Libano, sarai incoronata”. Il testo è<br />
schematizzato in undici punti, appena abbozzati.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, pp. 170-173.<br />
63 Diario Ordinario, n. 289, Roma 24 settembre 1774.<br />
64 Cf Diario Ordinario, n. 297, Roma 24 febbraio 1776, 10. Suor Maria Petronilla, nata il 2<br />
giugno 1749, entrò con le altre 3 sorelle nel Convento dell’Immacolata Concezione di<br />
Ascoli Piceno a 14 anni ed ivi morì il 2 marzo 1776. Di famiglia appartenente alla classe<br />
elevata, suor Maria Petronilla ebbe anche prima dell’ingresso conventuale una formazione<br />
apprezzabile; tuttavia ella dice che l’unica vera cultura la ricevette nella casa<br />
dell’Immacolata Concezione dal suo maestro Mons. <strong>Marcucci</strong>. Nel 1767, fece la professione<br />
religiosa, concluse brillantemente il corso di studi in Antropologia ed iniziò ad<br />
insegnare alle sue consorelle. Nel 1773 le sue condizioni di salute, che già avevano dato<br />
segni di preoccupazione, si aggravarono, mentre cresceva la sua competenza culturale-teologica<br />
e la sua fama. Ella intrattenne con il suo Maestro Mons. <strong>Marcucci</strong> un’intensa corrispondenza<br />
epistolare in latino che rivela, malgrado la giovanissima età, una eccezionale<br />
potenza critico-deduttiva e una grande capacità di assimilazione sintetica delle numerosissime<br />
ed ardue fonti della sua formazione culturale, quali la Sacra Scrittura, i Padri<br />
della Chiesa ed Autori di teologia.<br />
65 Il Sinodo iniziò con la solenne processione di tutti i sacerdoti partecipanti in abiti liturgici,<br />
seguiti dal Vescovo con pastorale e mitra, dal Palazzo vescovile fino alla cattedrale<br />
di Santa Maria Assunta. Mons. <strong>Marcucci</strong> aprì i lavori con una orazione latina (Egli mandò<br />
497
Assunto<br />
L’Amore dimostrato a Noi da Maria SS.ma<br />
nel suo felicissimo Transito da questa all’altra vita<br />
ci vien perpetuato nell’Assunta sua gloriosa in Cielo<br />
1. La morte, tuttochè originata fosse dalla colpa, non però fu neo di colpa<br />
chiunque alla morte fu sottoposto. Il Redentore Divino non potè mai<br />
avere in sè ombra di picciol difetto, eppure alla morte sottoporre si<br />
volle, per trionfare appunto di essa e dare alla sua dura cagione un’efficace<br />
riparo. Neppur la gran Vergine Madre ebbe in sè minima macchia;<br />
si elesse nondimeno la morte per imitar più da vicino che mai potesse,<br />
l’innocentissimo Suo Divin Figlio. Sebbene, Dilettissimi miei, che mai<br />
diss’io morte quella di Nostra Immacolata Signora, se i Padri tutti della<br />
Chiesa non osaron chiamarla col funesto titolo di morte, ma col giocon-<br />
la minuta dell’Orazione latina, probabilmente a Suor M. Emanuele, dicendole di averla<br />
composta in quattro giorni; essa è conservata in BSC 1519) ed animò tutte le assemblee<br />
fino alla conclusione. Una lettera, scritta alle suore, il 18 giugno, per ringraziarle delle<br />
preghiere, costituisce una cronaca dello svolgimento dello stesso; essa si apre con un sentimento<br />
di gratitudine verso la SS.ma Trinità, l’Immacolata e il glorioso martire San Vito,<br />
protettore della città, per lo svolgimento positivo dell’evento:<br />
“Il Sinodo, chiuso stasera, è riuscito di grande edificazione, compunzione, contentezza e<br />
pace universale. Tutte le sacre funzioni son riuscite piene di maestà e compostezza ecclesiastica,<br />
cosippur le due solenni Processioni, cioè della prima mattina e di questa sera. È<br />
stata una continua missione e faceva tenerezza veder tanto Clero sì ben’ordinato e disposto,<br />
esemplare, ossequioso, e devoto, e puntualissimo a tutto. Ogni cosa è andata con gran<br />
pace e carità; tutti son rimasti contenti” (Cf. MARCUCCI, Lettera alle Suore, Montalto 18<br />
giugno 1776, ASC 135, n. 158). Impossibilitato, per i limiti di tempo, a stampare tutti<br />
gli atti ed i decreti del Sinodo, diede la priorità al Decreto per il buon regolamento del seminario<br />
(Ascoli 14 sett.1776, Stamperia Valenti, pp. 24) con il quale, in 35 articoli, regolò,<br />
con precisione, saggezza e sensibilità educativa, ogni aspetto della vita dei giovani<br />
seminaristi e convittori; istituì quattro deputati incaricati a rispettare e a far rispettare le<br />
Costituzioni stabilite, specialmente “le buone creanze, la civiltà, la pulitezza di tratto e di<br />
parlare”. Grande attenzione fu riservata allo studio (Cf. M. PAOLA GIOBBI, L’attività giuridica,<br />
pastorale ed omiletica di mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong> durante il periodo della<br />
Vicegerenza, cit pagg. 78-82).<br />
66 Cf. Diario Ordinario, n. 302, Roma 9 novembre1776, p. 2.<br />
498<br />
do nome or di dolce dormizione, or di amoroso sonno ed or di felicissimo<br />
Transito? Non è mio Assunto sta mane favellarvi della immensa<br />
felicità e Dolcezza di un Transito così prodigioso. Me lo riserbo ad altra<br />
omelia. Mi basta porvi sotto occhi, come l’Amor dimostrato a noi da<br />
Maria SS.ma nel suo felicissimo Transito da questa all’altra vita, ci vien perpetuato<br />
nell’Assunta sua gloriosa all’Empireo. Incominciamo.<br />
2. Non saprei meglio rappresentarvi quel tanto, che accadde nel Transito<br />
felicissimo della gran V. Madre, che col qui richiamarvi a memoria quel<br />
che nel quarto dei Re ci si racconta di Elia (4 Reg. 2) 67 . È questa una<br />
Figura, non nego, in immenso lontana dal suo figurato; ma pure espressiva<br />
abbastanza per farci formare un’idea del nostro Assunto. Avvisato<br />
dal Cielo il Profeta della sua vicina traslazione a quel Luogo da Dio a Lui<br />
destinato, commosso da quell’amore, che ad Eliseo suo prediletto discepolo<br />
portava, non meno che agli altri suoi Allievi del Carmelo, di Gerico<br />
e di altre parti d’Israele e di Giuda, incomincia a persuader apertamente<br />
Eliseo, affin gli permetta allontanarsi da Lui: Sede hic: quia Dominus misit<br />
me usque ad Jordanem 68 (1 Reg. 2). Tu sai, mio figlio, come il passaggio<br />
del Giordano è molto misterioso. Ma Eliseo che anch’egli preventivamente<br />
n’era stato avvisato dal Cielo, fatto pien di dolore: Ah, rispose, mi<br />
sia Dio in testimonio e mi sia tu stesso, che io non sarò mai ad allontanarmi<br />
da te: vivit Dominus, vivit Anima mea, quia non relimquam te 69 .<br />
Credevasi Elia di allegerire il dolor di Eliseo, col sottrarsi nascostamente<br />
da lui: ma Iddio lo avea non sol manifestata ad Eliseo questa vicina<br />
prodigiosa traslazione, ma a quanti Profeti erano in quella contrade:<br />
Quinquaginta viri de Filiis Prophetarum secuti sunt eos 70 , ecc.<br />
3. In pari guisa, si trovava colma di una santità immensa e d’infiniti meriti<br />
Nostra Immacolata Signora nella fortunata Città di Efeso, insieme col suo<br />
prediletto evangelista Giovanni, a cui Dio in special modo l’avea lasciata<br />
67 Il 4 libro dei Re corrisponde al secondo dei Re.<br />
68 Siedi qui: perché il Signore mi ha mandato fino al Giordano.<br />
69 Vive il Signore, vive l’anima mia, poiché non ti abbandonerò.<br />
70 Cinquanta uomini dei figli dei profeti li seguirono.<br />
499
per madre. Avvisata dal Cielo, esser giunta quell’ora, in cui il suo Divin<br />
Figlio collocar la voleva nell’ Empireo alla sua destra e coronarla d’immensa<br />
Gloria, rivolta tutta amorosa al suo prediletto Giovanni, Figlio, gli dice,<br />
caro Figlio, mi chiama Dio di ritorno a Gerosolina: Dominus misit me usque<br />
ad Jerusalem 71 . Sento le sue voci divine che mi affrettano i passi: Surge, propera,<br />
et veni 72 (Cant. 2, 10). È tanto l’amor che ti porto, che io non ti dico,<br />
come ad Eliseo disse Elia Sede hic: no, anzi t’invito: andiamo. Eamus,<br />
Dominus misit me 73 , ecc. Anche Giovanni n’era stato per Angelica mano<br />
prevenuto. Dirò di più. N’erano ancor avvisati tutti gli altri Apostoli che<br />
si trovavan ripartiti in varie parti del mondo e quanti mai discepoli fedeli<br />
erano in Efeso e in altre parti dell’Asia, tutti per onnipotenza divina si trovavano<br />
trasporanti in Gerusalemme, dove si era trasferita la Gran Vergine,<br />
al cui felicissimo Transito fecer corona e corteggio.<br />
4. E qui, Dilettissimi miei, io non ho lingua per potervi ridire gli eccessi<br />
di Amore dimostrati da Maria a tutti gli Apostoli nel suo felicissimo<br />
Transito ed insiem il vivo dolore di tutti nel vedersi vicini a perder di<br />
vista la loro Madre ed eccelsa Signora. Dirò soltanto che si udì una voce<br />
sonora dal Cielo, che aperto, mandava a mille schiere ad incontrar la<br />
loro Regina quanti mai di Angelici Spiriti e di beati comprensori ivi<br />
erano; si udì, dico, una voce ed era del suo divin Figlio, che le diceva:<br />
Veni de Libano, coronaberis 74 (Cant. 4, 8). Io vado, voi restate, zelate<br />
l’onor del mio divin Figlio.<br />
5. Quali pianti, quali angosce, quali smanie fossero degli Apostoli, dei<br />
discepoli, io non ho cuore a ridirveli. Vi dirò soltanto che chi esclamando<br />
diceva: Quo ibimum sine te? 75 , ecc.; chi ripeteva: Trahe nos post te 76 , ecc.<br />
71 Il Signore mi ha inviato fino a Gerusalemme.<br />
72 Alzati, affrettati, e vieni.<br />
73 Andiamo, il Signore mi ha mandato.<br />
74 Vieni dal Libano, sarai incoronata.<br />
75 Dove andremo senza di te?<br />
76 Attirami dietro di te.<br />
500<br />
6. Commosso il cuore amantissimo di Maria, io mi figuro, che ella in tali<br />
accenti dar dovesse, come poi ad altro tempo disse l’Apostolo, parlando<br />
ai suoi Filippensi: Coartor e duobus, desiderium habens dissolvi et esse cum<br />
Cristo… perseverare autem in carne necessarium propter vos 77 (1, 23).<br />
7. Tornando ad Elia, egli disse: Postula a me quod vis, antequam tollar a te 78 , ecc.<br />
8. Così, ecc. Ma intanto, disceso il divin Figlio per traportare egli stesso la<br />
Madre, questa ad esclamar si fece: Fulcite me floribus, stipate me malis, quia<br />
amore langueo: vulnerata caritate ego sum 79 (Cant. 2, 5). Ma intanto, mentre<br />
gli Apostoli per tre dì continui, ecc., eccola risorta.<br />
9. Gridò Eliseo: Pater mi, Pater mi, currus Israel 80 , ecc.<br />
10. Così esclamarono gli Apostoli: Tu gloria Jerusalem, ecc. (Giut 15, 10).<br />
11. Perpetua in Cielo Maria l’Amor suo, ecc. Apud te est fons vitae, ecc. ego feci,<br />
ecc. ego acqueductus, ecc. cum exaltata fuero, omnia trahaam, Trahe nos post te 81 .<br />
77 Sono stretto da due alternative, poiché desidero essere sciolto e stare con Cristo...<br />
ma rimanere nella carne è necessario per voi.<br />
78 Chiedimi ciò che vuoi, prima che io sia tolto da te.<br />
79 Sostenetemi con i fiori, rinfrancatemi con pomi, poiché soffro d’amore: io sono ferita<br />
d’amore.<br />
80 Padre mio, Padre mio, carro di Israele.<br />
81 Presso di te è la fonte della vita, … Io ho fatto…io acquedotto… Quando sarò stata innalzata,<br />
attirerò tutto. Attiraci dietro di te.<br />
501
OMELIA DELLA NATIVITÀ DI NOSTRA SIGNORA<br />
Recitata dal Trono dopo i Pontificali nella Cattedrale di Montalto<br />
la Domenica mattina degli 8 di Settembre del Bisestile 1776<br />
L’Autore, come suo solito, introduce l’Omelia con un esempio: per rallegrarsi in<br />
modo conveniente della nascita di qualche personaggio, occorerebbe conoscerne in anticipo<br />
il valore. Così è della nascita di Maria; ci si può rallegrare di essa nella misura<br />
in cui si comprende il bene che da Lei ci viene.<br />
La nascita di Maria arrecò un grande gaudio alla SS.ma Trinità e all’intero<br />
Universo cioè agli angeli, agli uomini, ai Padri del Limbo e ai giusti nel purgatorio.<br />
Mons. <strong>Marcucci</strong>, con l’attenzione di un vero immamorato, ripercorre la sacra<br />
Scrittura e raccoglie, dagli antichi profeti e dalle sante donne, tutte le immagini e prefigurazioni<br />
della nascita di Maria.<br />
Noè vide Maria adombrata nell’Arca di salvezza, nella colomba e nell’ulivo di pace;<br />
ad Abramo venne promesso che essa sarebbe spuntata come un Giglio dalle sue radici;<br />
Giacobbe la prefigurò nella Scala misteriosa; Mosè nel roveto ardente, nella verga prodigiosa,<br />
nella nube, nel Tabernacolo, nell’Arca, nella Pietra da cui scaturivano acque<br />
perenni; Gedeone la venerò sotto l’ombra del suo vello rugiadoso; il re Davide testimonianò<br />
che, secondo la parola di Dio, Maria sarebbe nata dalla sua Casa Reale; Isaia<br />
la descrisse sotto il simbolo di un Monte situato sulle cime dei Monti; Ezechiele come<br />
un’aurea Porta chiusa; Sara la prefigurò nella sua fede; Rebecca nella sua ubbidienza;<br />
Rachele nella sua Bellezza; Lia nella sua fecondità; Debora nel suo sapere e coraggio;<br />
Giuditta nella sua fortezza e vittoria; Ester nella sua Intercessione e Potenza.<br />
A questo coro di onori rivolti alla Santa Bambina non può mancare la nostra<br />
debole voce per consacrarle tutti i nostri pensieri, gli affetti e il cuore “con indicibile<br />
gaudio e sommo contento”.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 33 pp. 78-88.<br />
ASSUNTO<br />
Non sente Gaudio nella Natività di Maria chi non comprende<br />
l’infinito Bene che da Maria ne ridonda<br />
1. Nel Natale dei Grandi, siccome ne aspetta ognuno o per sè o per la<br />
Repubblica un qualche vantaggio, ognuno perciò suol concepirne tripudio,<br />
ognuno riempirsi di gaudio. Colui soltanto stupido se ne rimane e<br />
talor mesto, che o non crede quel Bene che dal Natale si spera; oppur se lo<br />
502<br />
crede, poco o nulla il comprende. Vedetelo, Dilettissimi miei, in Zaccaria.<br />
Nell’annunziargli l’Arcangelo Gabriele la nascita del Gran Battista suo<br />
Figlio, gli predice quel Gaudio, che a Lui, alla sua casa e ad altri molti<br />
avrebbe arrecato (Luc. 1, 14). Rimane insensato il venerando vecchio ed<br />
invece di riempirsi di contentezza, ne piglia quasi argomento di sua mestizia.<br />
E perché mai? Dubita se l’Angelico annunzio abbia per mira il provarlo,<br />
o l’accertarlo: non comprende insomma quel Bene che dal Natale prodigioso<br />
del Figlio derivar ne doveva. Non così però titubante Santa Chiesa<br />
si porta riguardo alla Natività della sua eccelsa Regina Maria Santissima.<br />
Essa, che, e fermamente crede, e vivamente comprende quell’infinito Bene,<br />
che da tal piucchè prodigioso Natale al Mondo tutto ne ridonda, si fa assai<br />
festosa in quel Dì solennissimo ad esclamare francamente: Nativitas tua,<br />
Dei genitrix Virgo, Gaudium annunciavit universo Mundo. Deh sì, vuol dire, è<br />
tanto il vantaggio che all’Universo tutto deriva dal tuo Natale, o Gran<br />
Vergine Madre, che questo, di vero gaudio e contento il mondo intero<br />
ricolma. Sì, è dunque così, chi vi ha tra di voi, Amatissimi miei, che in tal<br />
giorno solenne della Natività di MARIA non si senta esultare il cuore di<br />
gaudio e di tripudio? Deh se mai per disgrazia vi fosse chi stupido piuttosto<br />
se ne rimanesse, ne ascolti attentamente il motivo. Imperciocché non<br />
sente Gaudio nella Natività di Maria, sol chi non comprende quell’infinito Bene<br />
che da Maria ne ridonda. Udite, se al vero io mi apponga.<br />
2. Non è altro il gaudio, al giusto pensar dei Morali, che un tripudio dell’animo,<br />
una ilarità di spirito, un’allegrezza interna di cuore, che nasce<br />
da un vivo conoscimento di un vero Bene che si ha, o che si aspetta<br />
(Cic. 4 Tuscul., c. 6; Tho. 4. Sent. [testo non comprensibile] 4, 49, qu. 3.)<br />
Lasciate che tal bene o non si creda, o non si comprenda, eccone piuttosto<br />
una insensatezza totale, o una grande mestizia. Notate. Scende dal Cielo<br />
sotto sembianza di Giovine l’Arcangelo Raffaele a consolare e guarire il<br />
vecchio Tobia (Tob. 5, 11). Gli propone alle prime per grato saluto lo stare<br />
allegro di cuore: Gaudium sit tibi. E Tobia che fa, che risponde? Si trova<br />
privo di luce, ridotto alle strette, rattenuto in schiavitù in Province straniere,<br />
non ravvisa alcun sollievo, non conosce alcuno aiuto, non aspetta<br />
alcun bene: quindi alla proposta di gaudio risponde anziché no con mestizia<br />
e dolore: Quale gaudium mihi erit, qui in tenebris sedeo, et lumen Coeli non<br />
video? (Tob. 5, 12). Che per pietà, parlar di gaudio ad un povero vecchio<br />
503
derelitto, che se ne giace privo affatto di vista? Ed oh, se Tobia avesse allora<br />
compreso, come poi lo conobbe, che quegli era un Angelo, dal Ciel<br />
disceso appunto per risanarlo, per arricchirlo e per colmarlo di mille beni,<br />
oh come avrebbe esultato e si sarebbe riempito di giubilo e di contento!<br />
Tant’ è, Uditori: dal vivo conoscimento di un vivo Bene che si ha, o che si<br />
aspetta, nasce il Gaudio, o vogliam dirlo interno tripudio.<br />
3. Essendo dunque così, assicurandoci Santa Chiesa, che nella Natività di<br />
MARIA l’Universo Mondo fu ricolmato di gaudio e di contento, forza<br />
è di conchiudere, aver il mondo tutto appien conosciuto quell’infinito<br />
Bene, che dal Natale di MARIA ne ridondava. E qui, Dilettissimi miei,<br />
siccome Iddio è l’eterno e sommo conoscitore e perfettissimo<br />
Comprensore di tutte le cose (Psal. 138, 4), che da Lui ebbero ed hanno<br />
l’essere ed il conservarsi, lasciate sulle prime che per quanto è permesso<br />
ad umana fievolezza tenti di entrare nel suo Divin Cuore per ammirare<br />
quel sommo Giubilo e Gaudio, che egli ne concepì nel vedere nata<br />
la sua Prediletta, su cui impiegati aveva gli sforzi di sua Onnipotenza e<br />
adempir si dovevano gli eterni amorosi Disegni dell’infinita sua carità<br />
e Misericordia. Non già, che in Dio dar si possa, come nell’Uomo, una<br />
nuova cognizione, un nuovo Gaudio, che per lo innanzi non ebbe. Deh<br />
no: perché il tutto sin dall’eternità nella sua Mente Divina e nel suo<br />
divin Cuore fu sempre presente. Si dice nientedimeno aver’egli come<br />
nuova cognizione e nuovo gaudio di una cosa, quand’egli fuori di sè la<br />
effettua ed esegue. Così dando egli l’essere al Cielo, alla Terra, alle<br />
acque, alla luce, al sole, alla luna, alle stelle, alle piante, ai pesci, agli<br />
uccelli, agli animali, all’uomo e a tutto il creato, dice il sacro Testo, che<br />
allor vedesse come il tutto era ben fatto: Vidit Deus cuncta quæ, fecerat et<br />
erant valde bona (Gen. 1, 31). Chi il tutto eseguì a seconda dell’eterne<br />
sue Idee, il tutto vidde ab eterno. Il veder dunque di nuovo nella creazione,<br />
altro significar non vuole, se non realmente eseguirlo.<br />
4. Vide pertanto l’Eterno Padre nata l’eccelsa Bambina e ricolmo di un<br />
sommo Gaudio, Eccoti, o Mondo, disse, la mia prediletta<br />
Primogenita, adombrata in tante figure, vaticinata da tanti oracoli,<br />
promessa a tanti Patriarchi, prevista da tanti Profetti, aspettata da<br />
tanti Giusti e ripiena sopra tutte le pure Creature di perfezione e di<br />
504<br />
Grazia (Eccles. 24, 5). La vide nata l’Eterno Figlio ed esultando di un<br />
sommo giubilo, Felice Mondo, esclamò, accogli pur riverente nel tuo<br />
seno Colei che fu da me predestinata da tutti i secoli eterni per vestirmi<br />
nel tempo di Umana Carne e per venir innalzata all’infinita<br />
Dignità di essermi Madre. Nata la vide l’Eterno Spirito Santo, e tripudiando<br />
di sommo contento, Giubila o Mondo, disse del preziosissimo<br />
Dono che ora ti faccio della mia purissima Sposa, che di mia<br />
Onnipotente virtù ripiena sarà lo stupore degli Angeli, il conforto<br />
degli Uomini, il miracolo dell’intero Universo e l’allegrezza… ma<br />
lasciam, Uditori, l’incomprensibile Gaudio del Sommo Iddio, che è un<br />
abisso impenetrabile da ogni mente creata: e giacché per attestato di<br />
Santa Chiesa le Creature tutte, capaci di giubilo, lo risentirono nella<br />
Natività di MARIA: Gaudium annunciavit universo mundo, vale a dire,<br />
e gli Angeli in Cielo e gli Uomini in terra, e i Padri nel Limbo, e i<br />
Giusti nel Purgatorio; non vi sia no discaro venir meco osservando<br />
quali segni ne dettero del loro contento.<br />
5. Nasce MARIA e concorron festose a celebrare la Nascita della loro<br />
Regina tutte le Angeliche Gerarchie. Ecco Colei, dicono l’uno con l’altro,<br />
che a noi fu predetta nel Cielo, allorché debellammo i nostri Rivali,<br />
che divenuti superbi osaron di contrastare a Lei e al suo Divin Figlio i<br />
doverosi omaggi (Apoc. 12, 7). Oh quanto è bella, oh quanto è graziosa,<br />
oh quanto è piena di maestà insieme e di terrore. Nasce gioconda<br />
come l’Aurora: Progreditur quasi aurora consurgens (Cant. 6, 9); chiara<br />
come la luna, pulchra ut Luna; risplendente come il sole, electa ut Sol; e<br />
maestosa come un esercito ben’ordinato: terribilis, ut castrorum acies ordinata.<br />
Quindi sciogliendo al canto le lingue, ne danno a Dio la Gloria,<br />
gliene porgono indicibili grazie. Tanto fecero gli Angeli in contrassegno<br />
del loro tripudio 82 .<br />
6. E gli Uomini in Terra che ne sentirono? Non è mio qui l’impegno,<br />
Dilettissimi, di riferirvi l’immensità del gaudio dei suoi santissimi<br />
genitori Giovachino ed Anna nel vedersi da Dio tra tutta la posterità di<br />
82 L’Autore passa direttamente al numero sette.<br />
505
Adamo prescelti a dare al mondo sì celeste Bambina. Mute cred’io ne<br />
diverrebbero anche le Angeliche lingue se ridir lo volessero. Dirà bensì,<br />
che essendo nata MARIA come un Sole, rispetto ai Giusti, che allor<br />
vivevano, non può essere a meno, che non ne rimanessero e illustrati dal<br />
suo splendore, e dal Calore non poco infervorati. Se nacque, come una<br />
Luna, ciò fu riguardo ad innumerabili Peccatori, che camminando nella<br />
notte della colpa, restarono illuminati a convertirsi. Se spuntò come<br />
un’Aurora, ciò fu a vantaggio del Mondo intero, a cui fu foriera<br />
dell’Umana Redenzione. Quindi a gran ragione canta in tal Giorno la<br />
Chiesa, trovarsi in MARIA collocato il giubilo di tutti i Viventi:<br />
Lætantium omnium nostrum habitatio est in te, Sancta Dei Genitrix.<br />
7. Ma scendiamo di grazia a vedere nel Limbo degli antichi Padri il tripudio.<br />
Se laggiù dai Messaggeri Celesti manifestato fu, al riferir del<br />
Vangelo (Joan. 8, 56), il Natale del Divin Redentore; non è certamente<br />
da dubitarsi, che quello ancor della Madre Divina per lo innanzi, a<br />
conforto di quegli Eletti, rivelato non fosse. All’udire pertanto quei<br />
Santi l’esser nata MARIA, oh gli evviva di giubilo che ne dettero al<br />
Cielo. Chi disse di averla preveduta sin dal principio del Mondo raffigurata<br />
nel Paradiso terrestre, nell’albero della vita e nella fonte perenne.<br />
Così esclamò Adamo, attestando la predizione vantaggiosa, che Dio<br />
ne fece alla sua presenza. Io, soggiunse Noè, pur la vidi adombrata nella<br />
mia Arca di salvezza, nell’Iride di clemenza, nella colomba eletta, nell’ulivo<br />
di pace. Chi più di me felice, a dir si fece il gran Patriarca<br />
Abramo, a cui venne promesso dover spuntare tal Giglio dalle mie radici.<br />
Lo stesso confermò esultando Giacobbe che nella sua Scala misteriosa<br />
lo ravvisò adombrata. Io, seguitò il Patriarca Giuda, accertato pur ne<br />
venni che dalla Tribù mia Reale sarebbe discesa. Oh le allegrezze del<br />
gran Mosè che figurata la osservò nell’ardente Roveto, nella Verga prodigiosa,<br />
nella lucida Nube, nel Tabernacolo, nell’Arca, nella Pietra che<br />
scaturiva acque perenni. Anche Gedeone protestò di averla venerata<br />
sotto l’ombra del vello suo rugiadoso. Ma sopratutti giubilando il santo<br />
coronato Davide, oh io sì, disse, dar ne posso le più minute testimonianze<br />
di sì eccelsa Bambina, che, secondo la parola di Dio, è nata dalla<br />
mia stessa Casa Reale e mi venne mostrata sotto mille figure or della<br />
mia Torre fortissima, or della bella Sion, or di un vaghissimo Tempio,<br />
506<br />
or del Cedro, or della Rosa, or del Platano, or di una Città, or di un<br />
Castello, or di un Sole, ed or di altri Pianeti. Insomma inondando in un<br />
mare di gaudio quei santissimi Padri per la nascita di MARIA, non<br />
sapevan saziarsi di cantarne gli elogi, chi dicendo, come Isaia, di averla<br />
a chiare note profetizzata qual Vergine Madre e dimostrata sotto simbolo<br />
di un Monte situato sulle cime dei Monti; chi affermando di averla<br />
veduta dal Carmelo a guisa di una candida Nuvoletta sul mare, come<br />
Elia; ed in figura di un aurea Porta chiusa, come Ezechiele: e per tacer<br />
di altri molti, io rappresentai MARIA nella mia fede, esclamò anche<br />
Sara; io nella mia ubbidienza, seguitò Rebecca; io nella mia Bellezza,<br />
disse Rachele; io nella mia fecondità, soggiunse Lia; io nel mio Nome e<br />
nella mia verginità, replicò la sorella di Mosè Profetessa; io nel mio<br />
sapere e coraggio, proseguì Debora; io nella mia fortezza e vittoria,<br />
aggiunse Giuditta; io nella mia Intercessione e Potenza, protestò Ester;<br />
io, io… Ma via, Uditori, che sarebbe un non finirla giammai, se le<br />
acclamazioni tutte di quei Padri del Limbo in contrasegno del loro<br />
grande tripudio riferir vi dovessi.<br />
8. Vi dirò soltanto che nel Purgatorio ancora, a gran sollievo di quei<br />
Giusti, penetrò la grata novella del Nascimento della loro Liberatrice.<br />
Che se nel Natale dei Grandi in questa Terra si sciolgono le catene agli<br />
schiavi, si condonano le pene ai Rei, si aprono le carceri ai condannati:<br />
qual clemenza mai non diremo, che usata da Dio non venisse ad onor<br />
della Nascita di sua Madre a quelle Anime benedette? Ed oh le benedizioni<br />
che esse ne dettero chi nel vedersi sprigionate, chi sollevate, chi<br />
speranzate a presto uscirne; confessando ben tutte l’universal Bene che<br />
da MARIA ridondava a tutto il Genere Umano.<br />
9. A noi, Amatissimi miei. In mezzo dunque ad un Gaudio sì universale<br />
del Cielo, della Terra, del Limbo dei Padri e del Purgatorio per la<br />
Natività di MARIA, ditemi per vostra fede che ne sentite, che mai nel<br />
vostro Cuore ne sperimentate? Chi mai a Sole così risplendente può trovarsi<br />
tra tenebre? Chi a Luna sì chiara può camminare all’oscuro? Chi a<br />
calor così grande può intirizzirsi tra il gelo? Ah che soltanto Colui che<br />
tra voi può non sentir Gaudio nel Nascimento di MARIA, che non<br />
comprende quell’infinito Bene, che da MARIA ne ridonda.<br />
507
10. Del rimanente chi ben comprendesse farsi oggi solenne memoria del<br />
Nascimento di Colei, per cui venne la nostra Salute, per cui ci si dà spazio<br />
di penitenza, ci si promette da Dio il perdono e la pace, ci piovono<br />
sopra le Divine Misericordie, ci si dispensano tutte le grazie, ci si apron<br />
le beate Porte del Cielo; come possibile che non si sentisse ricolmo di<br />
estremo gaudio, se appunto da un vivo conoscimento del Bene che si ha,<br />
o che si aspetta, il gaudio deriva? Non è forse MARIA l’unica, la prediletta,<br />
la primogenita dell’augustissima Triade tra tutte le pure<br />
Creature? Non è forse la gran Madre di Dio, a cui sta soggetto tutto il<br />
creato? Non è forse la Signora degli Angeli che tutti supera in purità e<br />
bellezza? Non è forse la Regina dei Santi, che tutti passa in santità e<br />
perfezione? Non è forse, per finirla, la nostra amatissima Madre, la<br />
nostra potentissima Avvocata, il nostro sicurissimo Rifugio? E come<br />
dunque può darsi aver fede di Cristiano, portar carattere di Servo, tener<br />
cuore di Figlio e non riempersi di giubilo, di divozione, di tenerezza nel<br />
di Lei Natale?<br />
11. Deh per pietà, Dilettissimi, non sia mai tra voi tutti pur uno, che in<br />
questo Dì festosissimo se ne rimanga nella sua stupidezza e nella sua<br />
ingratitudine! Comprenda pure ognuno e resti ben persuaso della<br />
somma dignità di MARIA, della immensa Santità di MARIA, della<br />
gran Potenza di MARIA e del Materno impareggiabile Amor di<br />
MARIA; e poi veda se in tal solennissimo Giorno, in cui l’accolse il<br />
Mondo qual vaghissima Bambinella, potrà fare a meno di non dirigere<br />
a Lei tutti i pensieri, di non tributarle gli omaggi, di non consacrarle<br />
gli affetti, di non dedicarle irrevocabilmente il Cuore e tutto se stesso<br />
con indicibile gaudio, e con sommo contento.<br />
12. Ah sì sì, graziosissima Celeste Bambina, pur troppo degna siete, che,<br />
ecc. 83 .<br />
83 Si interrompe qui il discorso. Nella Miscellanea BSC 1519 c’è una stesura schematica di<br />
questa stessa omelia.<br />
508<br />
SERMONE DELLA NATIVITÀ DI MARIA SS.ma<br />
Recitato dal Trono nella Domenica mattina della sua Festa, 8 settembre del 1776,<br />
dopo il Pontificale fatto nella Cattedrale di Montalto<br />
Il sermone ripropone in modo più schematico quello precedente, contenuto nella<br />
miscellanea ASC 33. Ciò si spiega dalla cura di mons. <strong>Marcucci</strong> di mandare una<br />
copia dei suoi discosi tenuti a Montalto alle Religiose Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata<br />
Concezione di Ascoli Piceno.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, pp. 174-176.<br />
Argomento<br />
Non sente Gaudio nella Natività di Maria chi non comprende l’infinito<br />
Bene che da Maria ne ridonda 84<br />
Nel Natale dei Grandi, siccome ognuno ne spera un qualche vantaggio o per<br />
sè o per la Repubblica, ognuno perciò suol concepirne tripudio, ognun riempirsi<br />
di gaudio. Colui soltanto se ne rimane nella sua insensatezza, o ne concepisce<br />
anzi talora mestizia, che o non crede quel Bene, che da quel Natale<br />
si aspetta; o se lo crede, poco o nulla lo comprende. Osservate dilettissimi.<br />
Predice l’Arcangelo a Zaccaria la Nascita del Gran Battista suo figlio: gli<br />
annunzia che un tal Natale sarà per apportare sì a Lui, che a molti un Gaudio<br />
indicibile (Luc.1). A tal’udire che fa il venerando vecchio? Invece di riempiersi<br />
di contentezza, se ne resta come insensato e mesto. E perché? Dubita<br />
alquanto, se l’Angelo glielo abbia detto per provarlo, ovvero per accertarlo.<br />
Non apprende insomma nel suo vero senso quel Gran Bene che dal Natale<br />
del Figlio derivar ne doveva. Siamo già al caso. La Santa Chiesa che fermamente<br />
crede e vivamente apprende l’infinito Bene, che dal Santo Natale di<br />
Maria SS.ma al mondo tutto ne ridonda, perciò in questo Dì festoso, alla<br />
Natività appunto della Gran Vergine dedicato, si fa ad esclamare: Nativitas<br />
tua, Dei Genitrix Virgo, Gaudium annuntiavit universo mundo 85 . Ma ditemi,<br />
Amatissimi miei, voi che nutrite siete col latte salubre di sì infallibili<br />
Insegnamenti, sentite in voi stessi in tal Giorno solenne quel Gaudio che la<br />
84 Questa predicazione è maggiormente sviluppata nell’op. 33 dell’ASC.<br />
85 La tua nascita, o Vergine Madre di Dio, annunziò gaudio a tutto il mondo.<br />
509
Natività della Gran Madre di Dio apportò all’Universo? Oimè, che forse non<br />
tutti in sè lo sperimentano. Che funesto mai cotrassegno è codesto?<br />
Ve lo dirò: Non sente Gaudio nella Natività di Maria, chi non apprende l’infinito<br />
Bene che da Maria ne ridonda. Osservate se io dica il vero.<br />
1. Non è altro il Gaudio, al dir dei filosofi (Cic., 4 Tusc., c. 6) che un tripudio<br />
dell’Animo, una ilarità gioconda di spirito, una interna allegrezza<br />
di cuore che nasce da un vivo conoscimento ed apprensione di un<br />
gran Bene che si ha, o che si aspetta. Se un tal Bene non si conosce e<br />
non si apprende, ne risulta ad una totale insensatezza, o talora piuttosto<br />
una grande mestizia. Osservatelo nel S. Vecchio Tobia (Tob. 5).<br />
2. Pertanto assicurandoci la Chiesa che la Natività di Maria apportò, ecc.<br />
Nativitas tua, convien confessare che l’Universo mondo, cioè e Cielo e<br />
Terra, e Limbo allora dei SS.mi Padri, e Purgatorio conoscesse ed<br />
apprendesse veramente quel sommo ed infinito Bene che dalla Reale<br />
SS.ma Bambina ridondar ne doveva.<br />
3. Sotto nome dunque dell’Universo mondo si ha primieramente da intendere<br />
il suo onnipotente Fattore, che è la fonte ed origine di ogni cognizione<br />
e di ogni Bene. Dica Davide: Ecce, Domine, tu cognovisti omnia,<br />
novissima et antiqua 86 Psalm. 38, 4 (qui il gaudio si esprima delle tre<br />
divine Persone). Exultabo in Jerusalem, et gaudebo 87 (Is. 65, 29).<br />
4. (Indi il Gaudio degli Angeli: quae est ista) (Poi il Gaudio dei Giusti in<br />
Terra. Indi dei Padri del Limbo e delle Anime del Purgatorio).<br />
5. Or in mezzo a tanto immenso Gaudio dell’Universo, qual ne sentite<br />
voi? Ah, che non sente, ecc. Dice il grande Agostino, lib. 9 Conf.:<br />
Est Gaudium, quod non datur ingratis, sed eis, qui te colunt 88 .<br />
86 Ecco, Signore Tu conosci tutte le cose, le ultime e le antiche.<br />
87 Esulterò e godrò per Gerusalemme.<br />
88 Il gaudio è quello che non si dà agli ingrati, ma a coloro ti onorano.<br />
510<br />
6. I motivi di aver gaudio.<br />
- nasce la prediletta primogenita della SS.ma Triade.<br />
- nasce la Madre di Dio.<br />
- nasce la Madre nostra.<br />
- nasce la nostra Avvocata, il nostro Rifugio.<br />
7. L’Angelo disse ai Pastori: evangelizo vobis, gaudium magnum 89 (Luc. 2).<br />
Il Gaudio maggiore è far che nasca nel nostro Cuore: e allor nasce, quando<br />
vi nascerà la sua devozione, ecc.<br />
89 Vi annuncio una grande gioia.<br />
511
OMELIA PER L’ASSUNTA DI NOSTRA SIGNORA<br />
Recitata dal Trono della Cattedrale di Montalto<br />
nella mattina della solenne Festa del 15 Agosto, Martedì, 1786<br />
Luigi Fontana, Maria SS.ma Assunta, stucco modellato (1785-1880), abside della Cattedrale<br />
di Montalto, AP.<br />
Mons. <strong>Marcucci</strong> recita questa Omelia pochi mesi dopo il suo rientro definitivo in<br />
Diocesi, dopo dodici anni di servizio a Roma come Vicegerente.<br />
Il testo è intermezzato dallo schema oratorio: Proemio, Ragione, Redizione,<br />
Comprovazione, Assunto di stato congetturale, Orazione, Perorazione.<br />
La SS.ma Trinità fece sfoggio della sua gloria per esaltare Maria nel giorno solennissimo<br />
della sua Assunzione al Cielo.<br />
E noi rimasti qui in terra, cosa faremo si chiede l’Autore? Ci impegneremo a<br />
difendere Maria, a venerarla e a lodarla. Conclude con una fervida preghiera di congratulazione<br />
a Maria SS.ma e con la perorazione.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 33 pp. 90-97.<br />
512<br />
(Proemio) Prop(osizione) proem(iale)<br />
1. La Gloria a cui in tal Dì solennissimo della sua ASSUNTA in Cielo,<br />
sollevata venne Nostra Signora, fu certamente così immensa, che<br />
impossibili si rende ad ogni Lingua creata, sia Angelica, sia Umana, di<br />
compitamente ridirla ed esaltarla.<br />
Ragione<br />
Lo sfoggio di quella Onnipotenza, Sapienza e Carità infinita che in<br />
quest’oggi far volle tutta la TRIADE sacrossanta, il Divin PADRE nel<br />
sublimar la sua predilettissima Figlia, il Divin FIGLIO nel coronar la<br />
sua carissima Madre, il Divin SPIRITO nell’innlzare la sua amatissima<br />
Sposa, è uno sfoggio di Gloria troppo eccedente ogni limitato intendimento<br />
e troppo ineffabile in conseguenza per ogni creato<br />
linguaggio.<br />
Redizione<br />
Non aspettate pertanto da me stamane, Dilettissimi, che io ardisca<br />
aprir bocca su di tal Gloria immensa, ricevuta da MARIA SS.ma nella<br />
sua ASSUNTA o per ragion di Giustizia proporzionata all’altissimo suo<br />
incomparabile Merito, o per decoro della Redenzione, di cui essa sopra<br />
tutti ne fu partecipe, o per titolo di Gratitudine e Corrispondenza a Lei<br />
dovuta dall’Umanato Verbo Divino, come suo Figlio.<br />
Comprovazione<br />
Ah, che questi indicibili Mariani trionfi, riserbati ci vengono per essere<br />
contemplati soltanto nella Patria beata, qualora, mercè la<br />
Misericordia del Figlio e l’Intercessione della Madre, saremo lassù collocati.<br />
Assunto di Stato congetturale<br />
L’Idea mia dunque è ristretta a farvi dedurre l’immensità della Gloria,<br />
a cui fu sollevata in Cielo Nostra Signora nella sua Assunta, da quella<br />
Gloria che essa ebbe e che ha, su questa nostra misera terra. Questo<br />
antecedente verrà da me nella odierna Omelia brevemente esposto sotto<br />
i vostri occhi. Il conseguente poi da voi stessi lo potrete dedurre.<br />
Incominciamo.<br />
513
Orazione<br />
Ex definitione Gloriæ terrestris 90 .<br />
2. L’onesta Gloria in questo basso Mondo, se ben riflettiamo a quanto ce<br />
ne indicano le Divine Scritture (Sap. 4, 1 et alibi), non in altro sostanzialmente<br />
consiste, che in una giusta ed alta stima e venerazione, con<br />
cui un degno Soggetto è tenuto appresso di accreditate Persone, ed<br />
anche nelle memorie e dimostrazioni onorifiche dei Posteri, per le sue<br />
Virtù singolari e Qualità rispettabili e per le opere sue meravigliose.<br />
Che se, oltre all’usato, una tal doverosa venerazione e stima universale<br />
di tale encomiato Soggetto, manifestata venisse anche prima del suo<br />
apparire alla luce, come avviene al sole di essere festeggiato dai canori<br />
Uccelletti prima che al nostro orizzonte vedere si faccia; chiamatela<br />
pure una Gloria dal Cielo discesa, con figure e predizioni profetiche di<br />
lassù emanate, affin di preparare il Genere Umano alle grandiose accoglienze<br />
del simboleggiato venturo Soggetto.<br />
Ab effectibus Gloriæ 91<br />
3. Or questa è la Gloria, cari miei Uditori, che riportò MARIA, quando<br />
predetta come il Sole ebbe tra noi il suo Essere e come il più chiaro<br />
Meriggio per ben settantadue Anni risplendette su questa Terra. Questa<br />
è la Gloria di cui fu inghirlandata anche per quaranta e più secoli prima<br />
che nascesse; e che seguiterà ad esserne incoronata sino alla fine del<br />
Mondo. Gran Maraviglia insieme e tenerezza egli è al certo, come a<br />
ponderare si fa un Bernardo, un Vincenzo Ferrerio con altre cento e<br />
cento, il vedere in ogni Simbolo, in ogni Profezia delle Sacre Carte ed<br />
in ogni passo per così dire di quei Libri Divini dell’antica e nuova<br />
Alleanza, il vedere, dissi, MARIA propriamente o misticamente espressa,<br />
direttamente o indirettamente figurata. Osservate.<br />
4. Dà di mano Iddio alla sua Onnipotenza e, con una Sapienza infinta e<br />
pari Provvidenza, chiama dal loro nulla all’essere il Cielo e tutti gli<br />
Angelici Spiriti; ed indi la Luce e l’Aurora; il Sole, la Luna, ed i Pianeti;<br />
90 Dalla definizione della gloria di questo mondo.<br />
91 Dagli effetti della gloria.<br />
514<br />
le Stelle e il Firmamento; ed avendo innanzi agli occhi MARIA, cum eo<br />
erat cuncta componens 92 (Prov. 8, 30), vi delinea la sua Purità, la sua<br />
Chiarezza, la sua Fermezza, la sua impareggiabil Beltà. Crea la Terra,<br />
innalza i Monti e li riempie di ricche miniere e di gemme, abbassa le<br />
Valli, stende le amene Pianure, fa sorgere gli Alberi, colora i Fiori, tira<br />
fuori le Erbette, produce le Biade e le Frutta; e tenendo presente<br />
MARIA cum eo erat cuncta componens, vi figura la sua leggiadra Vaghezza,<br />
la sua Verginale Fecondità e la copiosa ricchezza della sua grazia.<br />
Raccoglie le Acque negli sterminati Mari, divide i Fiumi, fa zampillare<br />
le Fonti, riempie quelle onde di Pesci e di altri prodotti, ne cava gli<br />
Uccelli ed altri Volàtili; e non mai perdendo di vista MARIA, cum eo<br />
erat cuncta componens, ne simboleggia la vastità dei suoi Doni, la copia dei<br />
suoi Privilegi e l’ampiezza delle virtù sue eccellenti e sublimi. Per finirla,<br />
si fa Dio a dar l’essere ai Rettili e a tutti i terrestri irragionevoli Bruti<br />
e per compimento di tutto il creato, con uno sfoggio dell’infinito Poter<br />
suo e Sapere, forma la più bell’<strong>Opera</strong> delle sue Divine Mani qui in terra<br />
col compartire all’UOMO l’Esitenza ed una tale essenza, che in sè contenesse<br />
un nonsoché di Divino; ma qui avendo, dirò così, piucché mai<br />
presente MARIA, cum eo erat cuncta componens, delinear volle, con meno<br />
di arcano, il grazioso di Lei Impero sopra l’Universo e la stretta di Lei<br />
Relazione con tutto il Genere Umano.<br />
5. Formato l’uomo, rifatevi indietro con gli sguardi, Ascoltanti riveriti, su di<br />
quanto accade con la Biscia diabolica nel Paradiso terrestre dopo il fallo del<br />
nostro Progenitore e udirete encomiata espressamente MARIA come vittoriosa<br />
di quel mostro di averno. Propagato poi l’Uman Genere infetto sopra<br />
la Terra, mirate l’accaduto a Noè, dentro l’Arca sua gallegiante nell’universale<br />
diluvio; ad Abramo nelle ampie Promesse da Dio ricevute; ad Isacco nell’approvazion<br />
data all’operato di Rebecca per il prediletto suo Figlio; a<br />
Giacobbe nella misteriosa lotta, cessata per la sorgente Aurora; a Mosè nella<br />
visione dell’ardente e sempre intatto roveto e nella costruzione dell’Arca<br />
dell’allenza; a Balaámo nella predizione della ventura Stella Jacobéa; a<br />
Giosuè nell’espugnazione di Gérico col giro dell’Arca; a Gedeone nel suo<br />
92 Con Lui Ella componeva ogni cosa.<br />
515
Vello intriso di Celeste rugiada; ad Elia nella candida Nuvoletta dal Mar<br />
nascente; e per non più tenervi qui assorti, volgete pur l’occhio a quante<br />
mai altri figure accaddero a quei venerandi Padri del Testamento antico ed<br />
in tutte vedrete o quasi tutte simbolegiata MARIA.<br />
6. Sì, deh sì, MARIA, qual Vergine Madre del promesso Messia era il vivo<br />
desiderio dei Patriarchi, l’ardente attesa dei Profeti, la sospirata brama di<br />
tutti i Popoli; insomma, per servirmi della frase di un Bernardo, era l’importante<br />
negozio di tutti i secoli. Dio buono! Davide, Salomone, Isaia,<br />
Geremia, Daniele, Ezechiele, Michea, ed altri Profeti, sembra, che veduta<br />
già avessero sì Gran Signora, tanto per minuto nei loro vaticini ne descrivono<br />
i Privilegi, ne encomiano le Virtù, ne contemplano le maraviglie.<br />
7. Alto qui, Dilettissimi miei. Tanta dunque fu la doverosa Gloria, che ebbe<br />
MARIA per li molti secoli innanzi del suo spuntare alla luce: sì grande fu<br />
la stima e venerazione che giustamente il sano Mondo ebbe di Lei, prima<br />
che risplender la vedesse su questa Terra. Chi potrà ora ridire la grandiosa<br />
Gloria che riportò MARIA dopo venuta e in tutti quegli anni SS.mi e lunghi<br />
del Viver suo? Un Dio Umanato, non solamente la volle per Madre,<br />
ma per sua fedele Compagna ancora nell’opera ineffabile della Redenzione<br />
del Genere Umano: e dopo risorto e salito al suo Regno beato, chi lasciò<br />
per più lustri, se non MARIA, per Maestra e conforto degli Apostoli e dei<br />
Discepoli, per Esemplare e sostegno dei Cristiani novelli, per Madre e<br />
Protettrice di tutta la Chiesa. Le divinizzate Penne dei santi Evangelisti ce<br />
ne dissero tanto, quanto bastò per empir poi i Volumi dei dotti<br />
Commentari dei loro Espositori. Quei nostri primi Padri dei secoli vetusti,<br />
or insiem congregati, come quelli di Efeso e or separati, ce ne tramandaron<br />
delle copiose notizie intorno alla venerazione di MARIA. Ovunque<br />
la SS.ma Fede di Gesù Cristo dilatando si andava, dappertutto si nominava<br />
MARIA, si encomiava MARIA, si venerava MARIA.<br />
8. Ma, oimé, che farai Mondo infelice senza MARIA? Ecco la tua amatissima<br />
Madre, l’eccelsa amabilissima tua Signora ti vien rapita! Alati<br />
Messaggeri Celesti, si venga pur pietà delle nostre miserie! Vi manca<br />
forse altro tempo per trasportar lassù nel Cielo la vostra e nostra comune<br />
Regina in trionfo? Ma, a che giovan le lacrime? MARIA è stata da<br />
516<br />
noi involata, è assunta all’Empireo, è sublimata all’alto della Destra del<br />
Figlio, è incoronata dalla Trinità sacrossanta per Sovrana e Imperatrice<br />
di tutto l’Universo. Mondo infelice, ripeto, che farai tu ora senza<br />
MARIA? Che farà il Mondo? Si riempirà di zelo, troverà ogni modo,<br />
tenterà ogni sforzo per glorificare MARIA: e sintantochè la santa Città<br />
di Dio, dir voglio la Cattolica Chiesa, sarà sopra la Terra (conforme ben<br />
durerà sino alla fine dei secoli), si porterà qua e là cantando col Savio,<br />
super hanc Mulier Immaculata computabitur 93 (Eccl. 40, 19). Impiegherà e<br />
Libri e Pitture e Incisioni; e Statue e Templi ed Icone; ed Ori e Argenti<br />
e Gemme e Arredi sacri: si occuperà in Ossequi e Devozioni, in Feste e<br />
Sermoni: si arruolerà in Milizie, Religioni, Confraternite, ed altre pie<br />
Accademie ed Adunanze per esaltare MARIA, per difender MARIA,<br />
per venerare MARIA. Di fatto, girate le pupille dall’Oriente all’Occaso,<br />
dell’Austro a Borea e ditemi per vostra fede, Uditori, qual Regno vi è<br />
mai, qual Provincia, qual Città, qual Terra, qual Villaggio, qual Casa e<br />
qual Tugurio, ove risplenda, anche, una sola scintilla della Cattolica<br />
luce, dove non sia lodata MARIA, glorificata MARIA?<br />
9. Oh, quanto con Voi mi congratulo Gran Vergine Madre che tanta Gloria<br />
abbiate Voi riportata da questo misero basso Mondo e tanta pur ne riceviate<br />
e sarete ancor per averne sino alla chiusa dei secoli. E chi mai potrà<br />
poi comprendere l’immensità della Gloria che ora godete lassù nel Cielo,<br />
dove altro non regna che infinita ricchezza e Magnificenza Divina? Ma,<br />
piano, Dilettissimi, questo è un conseguente, che a voi lascio dedurlo da<br />
quell’antecedente, che sinora qui debolmente vi ho esposto. Vi feci la<br />
mia protesta sin da principio, che l’immensa Gloria di Nostra Signora in<br />
Cielo, incomprensibile era da noi mortali e da veruna Lingua creata compitamente<br />
ridire ed esaltar si poteva. Indicar soltanto vi posso che se un<br />
Salomone volle a parte della stessa sua Gloria e sotto lo stesso suo Trono<br />
assisa alla sua destra Betsabèa sua Madre, ecc. ecc. ecc (3. Reg. 2, 19).<br />
(Per la perorazione, potrà toccarsi il fatto di Costantino Magno, che fece<br />
Elena sua madre dispensatrice dei Tesori dell’Impero a suo beneplacito).<br />
93 E sopra questa sarà considerata una donna Immacolata.<br />
517
MORALE OMELIA<br />
DELLA SS.ma PURIFICAZIONE DI NOSTRA SIGNORA<br />
Recitata dal Trono della Cattedrale di Montalto<br />
nella Mattina della Candelora, Venerdì 2 Febbraio 1787<br />
Mons. <strong>Marcucci</strong> ricorda all’Uditorio di aver esposto altre volte le ragioni per le<br />
quali Maria SS.ma volle mostrrsi bisognosa di purificazione presentandosi al Tempio<br />
con san Giuseppe e con il santo Bambino; una ragione fu certamente quella di non<br />
mostrarsi incurante della Legge Mosaic; il popolo, infatti, era ancora ignaro del suo<br />
mistero.<br />
L’esempio di Maria è uno specchio per tutti: per l’inosservante Ecclesiastico a cui<br />
forse ripugna di sottomettersi alle Leggi Canoniche e Sinodali che impongono la fuga<br />
delle conversazioni, dai giochi; l’assiduità allo studio, alle funzioni sacre, l’esemplarità<br />
del vestito e del portamento. Maria è un esempio al capo di casa, alla madre di<br />
famiglia e alla gioventù di ogni rango che prova resistenza ad educare i domestici alla<br />
pietà cristiana, a fuggire le cattive compagnie e a dare buon esempio con il parlare<br />
modesto, con il rispetto delle Chiese, il santificare le Feste, frequentare i Sacramenti<br />
ed usare carità verso i bisognosi.<br />
La devozione a Maria si dimostra con l’imitazione delle sue virtù che ci permettedi<br />
superare anche gli scherni e le derisioni di ligue mordaci. Nelle parole del Vescovo<br />
<strong>Marcucci</strong> si coglie un rammarico paterno nel constatare tanti difetti nei suoi diocesani,<br />
dopo anni dalla sua assenza, tanto più che si era proposto di rendere la Diocesi<br />
come un giardino 94 .<br />
La conclusione è una perla autobiografica di saggezza e di incoraggiamento:<br />
“Deh, cari miei Uditori, tenete per certo, che il miele più dolce è quello che dal Timo<br />
più amaro vien succhiato dalle api; e che il giglio più candido ed odoroso è quello che<br />
nasce tra le spine più folte: così la pietà e virtù cristiana più grata a Dio e più proficua<br />
per il prossimo, è quella che si mantiene ferma e costante tra le traversie e persecuzioni<br />
del secolo”.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 33, pp. 126-136.<br />
94 MARCUCCi, Lettera al card. Pallavicini, Montalto 29 agosto 1776, Archivio Segreto<br />
Vaticano, Vescovi 300, vol. 240, parte II.<br />
518<br />
Argomento<br />
Benedicta sit Peccatorum Refugium, Christianorum Auxilium,<br />
necnon Prædicatorum Præssidium, DEIPARA VIRGO MARIA,<br />
Quæ et Dicentis Verba complevit et Audientium corda contrivit 95<br />
Impleti sunt dies Purgationis MARIAE 96<br />
San Luca al capo secondo<br />
Proemio congiunto<br />
1. Grande maraviglioso Mistero, Dilettissimi, è quello che in Giorno così<br />
memorabile veneriamo. Stupiscono con forte ragione i più alti Serafini<br />
del Cielo nel vedere una Vergine la più pura, la più Immacolata, la più<br />
santa, la più degna, che mai dar si possa, cioè la Gran Madre di Dio<br />
MARIA, loro Regina, presentarsi tutta umile al Tempio col suo Divin<br />
Pargoletto, quasiché di una qualche Purificazione legale fosse, a guisa<br />
delle altre Donne, essa pur bisognosa: Impleti sunt dies Purgationis Mariæ<br />
(Luc. 1, 29). Siccome tutto ciò che in Lei fu operato nell’Incarnazione e<br />
nel Nascimento del Divin Verbo fatto Uomo, fu all’in tutto sovraumano<br />
e Divino, senza lesione alcuna della Verginità sua perpetua ed illibata;<br />
non era perciò in conto veruno soggetta a quella Legge Mosaica, né<br />
di Purificazione punto avea di bisogno: Virgo non éguit purificatione, ci fa<br />
sentire a nome dei Padri tutti il Cartusiano: quia non ex homine genuit,<br />
sed ex Spiritu Sancto 97 (Dion. Carth. in c. 1, Luc). E qual mai ragione<br />
dunque vi fu, per cui si mosse la Gran Vergine Madre a fare in tal<br />
Giorno la comparsa come bisognosa di Purificazione? Impleti sunt dies<br />
purgationis Mariæ. Questo appunto, Uditori, è il grande maraviglioso<br />
mistero, che non solamente alla Terra, ma al Cielo stesso arreca dello<br />
95 Sia benedetta Maria Vergine, Madre di Dio, rifugio dei peccatori, aiuto dei cristiani, e<br />
presidio dei predicatori, la quale realizzò le parole del predicatore e dispose i cuori degli<br />
ascoltatori.<br />
96 Furono compiuti i giorni della purificazione di Maria.<br />
97 La Vergine non ebbe bisogno della purificazione… poiché non generò da uomo, ma dallo<br />
Spirito Santo.<br />
519
stupore. Alcune delle ragioni ve le esposi altre volte da questo Luogo,<br />
per quanto comportava la nostra bassezza. Una, forse nuova poi per noi,<br />
mi fo ad esporvene in questa mattina. Se udir la bramate, eccola pronta.<br />
Attendete.<br />
Assunto. È in libertà dell’Oratore proporlo o in fine dell’Esordio, o in principio<br />
della Orazione.<br />
2. Tra le molte ragioni adunque, che ebbe Nostra Signora di mostrarsi in<br />
tal Dì bisognosa di Purificazione, una fu senza fallo per non comparire agli<br />
occhi altrui, come poco prezzante della santa Legge Mosaica, che allora per<br />
Divino Comando era in piena osservanza: Ne suspicionem daret, così a mio<br />
proposito un sacro erudito scrittore, Ne suspicionem daret inobservantiæ,<br />
Mosaicæ, legis 98 (Novati, De Excell. Virginia). Difatti era ben consapevole<br />
la Vergine, non esser giunto ancora il tempo preordinato da Dio per<br />
far manifesto a tutta la Giudaica Gente ed al resto dell’Universo l’innefabile<br />
modo sovraumano del come il Figliol di Dio si era incarnato nel<br />
purissimo di Lei Seno e del come lo aveva dato alla luce senza alcun<br />
detrimento del Candor suo Verginale. Quindi rimessa alla sapientissima<br />
Provvidenza Divina, lasciava che nella comune stima del Pubblico<br />
riputata fosse al pari delle altre Donne, che per umano coniugio divengono<br />
Madri; e che il Pargoletto Divino, che frutto era del suo Verginal<br />
Ventre per sola onnipotente Virtù dello Spirito Santo, riputato allor<br />
venisse come Figliuolo ancora del suo purissimo Sposo Giuseppe. Tutto<br />
ciò lo abbiam dal Vangelo (Lc. 2, 48; 3, 23).<br />
3. Maria pertanto, ben consapevole, ripeto, che nella stima comune della<br />
Gente passava come altra Donna alla Purificazione soggetta; come volete<br />
voi, Dilettissimi, che esentar si dovesse dal comparir bisognosa di<br />
presentarsi al Tempio col suo Divin Pargoletto, dal consegnarlo nellle<br />
Braccia del fortunato Vecchio Simeone e dal redimerlo con l’offerta dei<br />
Sicli e delle Colombe, ed in tal guisa non dovesse quel Rito eseguire<br />
(Lc 2, 22-23), che da Mosè era stato prescrito?<br />
98 Per non dare sospetto di inosservanza alla Legge mosaica.<br />
520<br />
4. Se temerità non sia l’entrar col più profondo rispetto nel Sacro Cuore<br />
della Vergine Madre, mi farei lecito di figurarmi, che seco stessa in tal<br />
Dì raziocinare potesse: «È pur vero, che il mio Concepimento ed il<br />
mio Parto Verginale, all’intutto miracoloso e Divino, non mi sottopone<br />
a questa Legge di Purificazione, fatta soltanto per chi è legalmente<br />
immonda e macchiata. Ma, se io non l’adempio, che potrà poi<br />
sospettare di me la Gente, che vedendomi Madre, ignora affatto l’alto<br />
Mistero Divino in me operato? Sospettare potrà che io sia poco<br />
curante della Legge Mosaica che ora per Divino Comando è ancor<br />
nella sua piena osservanza. Deh, non sia mai che io dar voglia motivo<br />
ad un tale sospetto! Comparirò, è vero, immonda agli occhi altrui,<br />
senza esserlo. Che importa ciò? Non rimarrà però formalizzato veruno<br />
della mia inosservanza. Sarò reputata come una Madre comune<br />
bisognosa di purga di una macchia, che io mai non contrassi. Tutto si<br />
soffra; purché Dio resti glorificato col buon esempio del mio esatto<br />
adempimento della sua Legge. Su dunque, al Tempio si corra, al<br />
Tempio si voli ad eseguire il Divino Precetto». Tant’è Uditori; si soggettò<br />
pronta Maria alla Legge della Purificazione: Ne suspicionem daret<br />
inobservantiæ, Mosaicæ Legis.<br />
5. Or la Vita di Nostra Signora, come degnamente riflette Sant’Ambrogio,<br />
può ben essere a tutti e di edificazione e di ammaestramento<br />
(Sant’Ambrogio, De Virgin., Lib. 2, c. 2). Osservi bene Mosè sul monte<br />
Sinai la bella forma dell’Arca che Dio si degna mostrargli. Ma ciò non<br />
basta. Ponga inoltre la mano ad eseguirla. Inspice, et fac secundùm exemplar,<br />
quod tibi monstratum est 99 (Exod 25, 40). Poco o nulla di giovamento,<br />
cari miei Ascoltanti, ridonderebbe in noi dall’avere innanzi agli<br />
occhi le Virtù eccellenti di MARIA, dal celebrarle con impegno e dall’esaltarle<br />
con zelo; se poi tutti stupidi e freddi restassimo, senza punto<br />
sforzarci ad imitarle. Deh su dunque, ripeterò anch’io a ciascuno di voi:<br />
Inspice, et fac secundùm exemplar, quod tibi monstratum est (Moralità, che si<br />
prosegue in tutta l’Omelia all’uso del Crisostomo).<br />
99 Osserva e fai secondo il modello che ti è stato mostrato.<br />
521
6. Non ha ribrezzo la Regina del Cielo di soggettarsi ad un Rito, a cui<br />
tenuta non era, affine di non cagionare sospetto di inosservanza dei suoi<br />
doveri: Ne suspicionem daret inobservantiæ. E voi, o inosservante<br />
Ecclesiastico, seppur qui siete, avete ripugnanza di soggiacere a quelle<br />
Leggi Canoniche e Sinodali da voi professate, che vi impongono la fuga<br />
delle conversazioni e dei giuochi, l’assiduità allo studio ed alle funzioni<br />
sacre, l’esemplarità del vestito e del portamento? E voi o Capo di Casa,<br />
o Madre di Famiglia, o Gioventù di ogni rango, avrete renitenza di<br />
ubbidire alla Legge di Dio e della Chiesa, che vi obbliga a tener lungi<br />
dalle vostre Case certi Avvoltoi rapaci, a piantar tra i vostri Domestici<br />
la Pietà Cristiana, a fuggir dalle male compagnie, ed a dar buon esempio<br />
e col parlare modesto, e col rispettare le Chiese, e col santificare le<br />
Feste, e col frequentare i Sagramenti, e coll’usare la carità con i bisognosi?<br />
E non vedete pur voi, quanti si scandalizzano del viver vostro ozioso<br />
e mondano e del vostro vestir vano ed immodesto? Quanti prendono<br />
male esempio dal vostro libertinaggio, dalla vostra volubilità, dalla<br />
vostra avarizia, dalla vostra indivozione e quasi quasi starei per dire<br />
dalla vostra miscredenza? Con voi qui favello, seppur qui vi trovate ad<br />
ascoltarmi, che poco o verum conto fate della innosservanza delle Leggi<br />
più sacrosante.<br />
7. Sebbene, lasciam questi tali da banda, che qui forse non ci saranno.<br />
A voi faccio ritorno, Dilettissimi miei: a voi, dico, che gloriandovi di<br />
esser Divoti di MARIA, sapete pur bene che la vera Divozione verso di<br />
Lei consiste principalmente nell’imitarla: a voi, dunque, rammento e vi<br />
prego ad averla sempre innanzi agli occhi, quella gran Massima dello<br />
Spirito Santo: Via justorum absque offendiculo 100 (Prov. 15,19): il Cammino,<br />
il portamento dei Giusti e dei veri Divoti di Nostra Signora, esser deve<br />
un cammino ed un portamento così timorato ed edificante, che riuscir<br />
non possa mai d’inciampo ed ostacolo ad altri nel bene operare: via<br />
justorum sine offendiculo e molto meno esser deve d’incitamento e di scandalo<br />
all’operare male. Tant’è: Via justorum absquæ offendiculo.<br />
100 La via dei giusti e timorati.<br />
522<br />
8. Misera nostra Terra, se di frequente o di lunga durata avvenissero le<br />
Ecclissi dei maggiori Pianeti, dir voglio della Luna e del Sole. Voi ben<br />
sapete che il sole resta ecclissato, cioè impedito a tramandare a noi la sua<br />
luce, quando tra esso e noi vi si frappone per ostacolo il Corpo lunare:<br />
Così ecclissata rimane la Luna, cioè impedita ad illuminarci, quando fra<br />
essa e il Sole vi s’intramezza il Corpo terracqueo. Ed allora, oh che oscurità<br />
lugubri, oh che ombre tetre, oh che perniciosi effetti in tutta la<br />
Terra! Or i Giusti, i veri Divoti di Maria servono ad una Popolazione,<br />
come di Pianeti maggiori per illuminarla nella Pietà Cristiana. Che se<br />
mai avvenga loro la disgrazia di rimanere ecclissati ed oscurati per qualche<br />
ostacolo frapposto di un loro scandalo e malesempio: ecco allora<br />
sconcertata la Popolazione intera, raffreddata la devozione ed aperto il<br />
campo alla rilassatezza.<br />
9. Tutto bene, odo qui delle divote esemplari Persone che mi ripigliano;<br />
tutto bene, ma la divozione ed esemplarità nostra, a dirla, bene spesso<br />
è soggetta agli scherni dei Libertini, alle derisioni degli sfrenati, alle<br />
contumelie o calunnie dei Miscredenti. Lo accordo, rispondo. Ma ditemi,<br />
siete voi tali al cospetto di Dio, quali vi deridono o vi rappresentano<br />
cotesti ciechi Mondani? No, mi replicate, per Divina Misericordia.<br />
Viva dunque Dio! Armatevi pure di gaudio, di fortezza e di coraggio!<br />
Rammentatevi, che la Nostra Immacolata Signora a nulla prezzò di comparire<br />
al Pubblico in questo Giorno come bisognosa di purga di una macchia,<br />
che non aveva, per non mostrarsi poco prezzante della Legge di Purificazione da<br />
Dio ordinata. E voi poi, ad un esempio sì eroico di umiltà insieme e di<br />
santa Osservanza, datoci dalla Regina del Cielo, soffrir non potrete le<br />
amarezze di quattro scherni di torbidi e stolti Cervelli e le punture di<br />
quattro derisioni di Lingue mordaci? Deh, cari miei Uditori, tenete per<br />
certo, che il Miele più dolce è quello che dal Timo più amaro vien succhiato<br />
dalle Api; e che il Giglio più candido ed odoroso è quello che<br />
nasce tra le spine più folte: così la Pietà e Virtù Cristiana più grata a<br />
Dio e più proficua pel Prossimo, è quella che si mantiene ferma e<br />
costante tralle traversie e persecuzioni del Secolo.<br />
523
OMELIA PER L’ASSUNTA DI NOSTRA SIGNORA<br />
Recitata nel Mercoledì mattina del 15 Agosto del 1787<br />
nella Cattedrale di Montalto inter Pontificalia 101<br />
Mons. <strong>Marcucci</strong> recita questa Omelia durante la santa Messa solenne. Egli paragona<br />
Maria al tabernacolo dell’antica Legge che San Giovanni vede scendere dal<br />
Cielo come una grande città dove tutti possono rifugiarsi.<br />
Maria dunque, benché sia esaltata in cielo come regina, è anche spiritualmente qui<br />
in Terra; dobbiamo rallegrarci e rifugiarci sotto la protezione di Maria che ci ripara<br />
dai castighi di Dio. L’Autore incoraggia gli ascoltatori ad affidarsi a Maria<br />
Assunta con il convincente esempio di Metalino. Sull’ultima facciata del fascicolo è<br />
annotato: “Fu letta nel 1826”, probabilmente nella Chiesa dell’Immacolata.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 33 pp. 106-112.<br />
1. L’Onnipotente DIO, che di sua Essenza ha una Bontà infinita e di sua<br />
Proprietà gode usar delle continue Misericordie verso di noi misere sue<br />
Creature, compassionando l’Israelitico Popolo, qualor nel Deserto pellegrinando<br />
andava per giunger alla Terra promessa, Va’, dice a Mosè sulla vetta<br />
del Sinai, Va’ e fabrica al Polopo mio un TABERNACOLO sacro, che della<br />
Maestà mia Divina sia degno, poiché ivi in mezzo di loro abitar voglio e<br />
farmi a tutti propizio nelle loro indigenze: Tabernaculum ita facies 102 con<br />
quel che segue nell’Esodo al ventesimo sesto. Voglio primieramente sia<br />
ben grande, trenta cùbiti lungo, dieci largo ed alto altrettanti. Voglio inoltre<br />
sia nobile, le cui Tavole si formin di Cedro e ben levigate e che ciascuna<br />
abbia di fino argento la base ed il capitello di oro purissimo. Al di dentro<br />
sia vagamente tapezzato di porpora e bisso ed al di fuori di saga crinìta,<br />
che da umidità e da pioggia lo tenga difeso. Tutte poi le Tribù siano<br />
accampate e ripartite all’intorno di tal mio TABERNACOLO, dove io farò<br />
la mia special Residenza. Chi ha bisogno di Grazie e di aiuti, al mio<br />
TABERNACOLO ricorra, perché ivi troverà ogni soccorso ed ogni conforto.<br />
Tanto ordina DIO, tanto Mosè adempie. A tenor dei Divini Disegni,<br />
in mezzo del Popolo eletto il TABERNACOLO è fatto.<br />
101 Durante il Pontificale.<br />
102 Farai un tabernacolo così.<br />
524<br />
2. Se le cose tutte dell’antica Legge eran figure di quelle della nuova<br />
Cristiana Alleanza, come ce ne assicura l’Apostolo Paolo (1 Cor. 10, 11).<br />
Voi or m’intendete, Dilettissimi miei, se chi mai adombrar potesse quel<br />
TABERNACOLO sì nobile, sì ricco, sì maestoso. Non abbiam qui bisogno<br />
che vengano Padri Greci e Latini a divisarcelo, giacchè la Scrittura<br />
medesima nel suo proprio naturale senso ce lo indica con ogni chiarezza.<br />
Io, io sono la Figurata, esclama il Savio in Persona della Gran Vergine<br />
Madre, io sono il vero sacrosanto TABERNACOLO animato, in cui abitar<br />
volle il mio Creatore: Qui creavit me, requievit in Tabernaculo meo 103<br />
(Eccl. 24, 13). Difatti, cari miei Uditori, forse che l’antico Popolo Ebreo<br />
esser doveva più aggraziato del Popolo Cristiano? Se ne stia pur esso con<br />
le Figure; mentre Noi assai più felici il Figurato godiamo. Se a quel<br />
Popolo un Tabernacolo morto serviva di rifugio e di sostegno; con efficacia<br />
assai maggiore così riesce per noi Cristiani un TABERNACOLO vivo,<br />
qual è MARIA. Esulti pure Israele all’intorno del suo Santuario: molto<br />
più si riempia di tripudio il Cristianesimo con l’aver seco MARIA.<br />
3. Ma, oimè, Dilettissimi e quali mai voci di duolo e di pianto son quelle,<br />
che quasi presenti mi feriscon non meno le orecchie che il cuore?<br />
Ahi, che appunto sono dell’antica Ebraica Gente, che involato si vede<br />
l’amato suo Tabernacolo! E che, non lo sapete? Per espresso Divino<br />
Comando fa Geremia trasportare il Tabernacolo alle falde del Monte<br />
Nèbo; ed ivi racchiusolo in una profonda spelonca, intima a tutti non<br />
esservi più speranza di rinvenirlo (2 Mac. 2, 5). Oh infelicissimo Popolo<br />
e come viver potrai senza quel Tabernacolo, da cui ritraevi continue prodigiose<br />
beneficenze! Sebbene, Uditori, non saprei perché tanto senso ci<br />
faccian le lagrime dell’antico Israele, quando questo solennissimo<br />
Giorno ci rammenta di aver perduto anche noi l’amatissimo nostro<br />
mistico TABERNACOLO, dir voglio MARIA.<br />
4. Ah, che MARIA non è più tra di noi, con noi più non è in questa Terra!<br />
Per comando Divino da folte Angeliche schiere è stata da noi inaspettatamente<br />
involata! Il Divino Sole di santità e di giustizia l’ha seco rapi-<br />
103 Colui che mi ha creato riposò nella mia tenda.<br />
525
ta in Cielo, collocandola alla sua Destra tra gli immensi splendori della<br />
sua Gloria: In Sole posuit Tabernaculum suum 104 (Psal. 18, 6). Deh miseri<br />
noi, piange qui il Dottore Serafico, che faremo senza MARIA? Tolle<br />
Lucem de mundo, quid rèmanent nisi tènebræ 105 . Guai al Mondo, se gli si<br />
tolga la luce, eccolo tutto ricoperto di tenebre. Tolle a nobis Mariam, quid<br />
rèmanent, nisi peccata 106 : Se togliete da noi miseri peccatori il Rifugio,<br />
non ci è più scampo. Chi interporremo presso DIO per ottenere il perdono,<br />
se MARIA nostra Avvocata ci manchi? A qual’altra mai<br />
Mediatrice, per impetrare dal Divin Redentore le Grazie, avrem ricorso?<br />
5. Nell’anno scaduto in tal ricorrenza solenne della gloriosa Assunta di<br />
Nostra Signora, ben mi rammento, Dilettissimi, che tutto giolivo vi rappresentai,<br />
se quanto facesse e il Cielo e la Terra per glorificare MARIA.<br />
Ma in questa mattina, oimè, funestate le mie idee dal Transito e<br />
Rapimento di sì propizio Tabernacolo, dove collocate giacevano le nostre<br />
più gioconde speranze, che volete mai ve ne dica? Indarno aspettate conforto<br />
in un Giorno, in cui…. Ma, oh come a tempo opportuno mi si fa<br />
innanzi a calmar le mie angustie il prediletto tra i Discepoli Giovanni! Mi<br />
accerta egli di aver veduto scender di bel nuovo dal Cielo il mistico sacrosanto<br />
TABERNACOLO, tanto da noi sospirato; e di averlo ossevato esser<br />
divenuto a guisa di una ben vasta Città, capace d’innumerevoli Abitatori:<br />
Vidi Civitatem sanctam, descendentem de Coelo 107 (Apoc. 21, 2); e di aver’udito,<br />
che DIO aveva ridonato al Genere Umano, per comune salute, di<br />
potersi rifugiar sotto l’ombra di questo Divino Tabernacolo: Et audivi, ecce<br />
Tabernaculum Dei cum hominibus 108 (Apoc. 21, 3).<br />
6. Benedetta la Divina Misericordia! Dunque MARIA, ancorchè si trovi<br />
personalmente in Cielo gloriosa, esaltata sovra gli Angelici Cori, come<br />
loro Sovrana e sopra i Santi tutti, come loro Regina, ed assisa su di altissimo<br />
Trono alla Destra del Figlio, come sua Madre: dunque MARIA,<br />
104 Nel sole pose la sua tenda.<br />
105 Togli la luce dal mondo, che cosa rimane se non le tenebre.<br />
106 Togli da noi Maria, che cosa rimane se non i peccati.<br />
107 Vidi la città Santa discendere dal cielo.<br />
108 Ed io udii: ecco la tenda di Dio con gli uomini.<br />
526<br />
ripeto, è ancora spiritualmente fra di noi quaggiù in Terra, come se da<br />
noi involata non fosse? Deh sì, Uditori amatissimi, sì: Et audivi, Ecce<br />
Tabernaculum Dei cum hominibus. Lungi pertanto da noi ogni mestizia,<br />
lungi ogni affanno! La sì stupenda Esaltazion di MARIA in Cielo non<br />
l’ha resa dimentica delle nostre bassezze: e le sue immense Celesti<br />
Dovizie non le han fatto, no, porre in oblio le estreme nostre miserie.<br />
Vi dirò anzi di più, che se gode MARIA in Cielo di vedersi da DIO<br />
costituita, come Arbitra e Padrona dell’Universo, ne gode appunto per<br />
potere con più di efficacia impiegare in nostro vantaggio la sua grande<br />
Potenza e Misericordia; e farci vieppiù sperimentare, quanto riesca per<br />
noi fruttuoso il possente suo Patrocinio, come appunto se ci trovassimo<br />
rifugiati sotto le sicure tende di un inespungnabile Tabernacolo. Ecce<br />
Tabernaculum Dei cum hominibus. E questo vuol dire, Dilettissimi, l’abitare<br />
che fa MARIA tra di noi e con noi a guisa di mistico Tabernacolo.<br />
7. Osservatelo meglio, vi prego, su di quanto vide in ispirito Isaia, che operava<br />
a pro nostro la Gran Madre di DIO sotto sembianza di Tabernacolo<br />
disceso fra noi: Tabernaculum erit in umbraculum ab æstu, et in securitatem a<br />
turbine 109 (ex Isaia 4, 6). Ci serve esso primieramente, come di Ombra e<br />
di riparo dall’estroso e caloroso impeto e trasporto delle nostre scolvolte<br />
passioni: Umbràculum ab æstu; onde possiam vincer noi stessi, reprimerci<br />
ed appigliarci ad una Vita morigerata e cristiana. Gran Tabernacolo sì<br />
proficuo al nostro ben vivere! Ci serve inoltre per ripararci dal turbine<br />
tremendo dei Divini castighi: in securitatem a turbine 110 ; e così prossiamo<br />
aver tempo di far penitenza ed indi eternamente salvarci. Gran<br />
Tabernacolo sì propizio per la nostra eterna salute!<br />
8. Un autentico fatto, desunto dall’Ecclesiastica Storia, chiuda in comprova<br />
la mia presente Omelia. Attenti.<br />
Fiorì nelle Gallie sul nono secolo il tanto celebre Fondatore dei Monaci<br />
di Clunì, comunemente Cluniacensi chiamati, dir voglio Sant’ODÓNE<br />
Abate. Or nella sua mirabile Vita, dal Monaco Giovanni suo Discepolo<br />
109 La tenda sarà a riparo dal caldo.<br />
110 Al sicuro dal turbine.<br />
527
scritta due anni dopo la preziosa di lui morte ed indi ai tempi nostri<br />
con ciglio censòrio dal Mabillòn riletta e rincontrata, si legge, di essersi<br />
un dì presentato al Santo Abate un famoso Ladrone ed Assassino di<br />
strada per dimandargli, come fece, se modo vi fosse per lui di salvarsi?<br />
E come no? Gli dice tutto grazioso il Santo: basta, che voi lasciando e<br />
detestando la vostra scellerata vita, vi nascondiate sotto il possente<br />
Tabernacolo e Patrocinio di MARIA per aver forza e soccorso a reprimervi<br />
ed emendarvi e per aver tempo e spazio di far vera penitenza.<br />
Essa, la Gran Madre di Misericordia, sta in Cielo, perorando ora<br />
appunto in favor vostro innanzi al Trono del suo Divin Figlio. Se così è,<br />
ripiglia il Ladrone, farò quanto mi dite. Ecco butto le armi, mi spoglio delle<br />
vesti, detesto le mie iniquità, mi getto ai Piedi di MARIA. Soltanto una grazia<br />
vi chiedo, Odone, che mi ammettiate per l’infimo tra i vostri Monaci, per<br />
il minimo tra i vostri Discepoli. Io sarò il più gran miracolo di Maria. Non<br />
mi rigettate o Santo Abate. Voglio emendarmi. Voglio far penitenza. Voglio<br />
salvarmi.<br />
9. In ciò udire, tutto contento ODONE: Ed io, risponde, vi ammetto al<br />
mio Abito, vi accetto per Discepolo e vi presento sotto l’ombra del<br />
Patrocinio di MARIA. Su, vieni meco Metalino (questo era del ravveduto<br />
Ladrone il nome), andiamo in Chiesa. Ivi dunque convocati i<br />
Monaci, lo veste alla Monastica, lo dona alla Gran Vergine al Cielo<br />
Assunta, lo introduce al Noviziato, lo dispone ad una buona<br />
Confessione generale e ne prende a petto l’istruzione e la cura.<br />
Che volete di più, Dilettissimi? METALINO in pochi anni divenuto di<br />
MARIA il più sincero Divoto e di ODONE il più ubbidiente<br />
Discepolo, ecco s’inferma gravemente sino a ridursi vicino agli estremi.<br />
Paventa in quello stato il penitente Metalino il vicino Giudizio.<br />
Lo conforta ed incoraggia il suo fido Maestro Odòne, che lo assiste.<br />
Ed i Monaci tutti, raffidati nel Patrocinio della Gran Vergine, non cessano<br />
di fare orazione per lui.<br />
10. Ma che? Eccoti all’improviso, sorge come una risplendente Aurora nella<br />
Camera di Metalino, vi scendon dal Cielo a folte schiere innumerabili<br />
Angeli e tra loro eccoti la loro Sovrana MARIA. Si appressa tutta benigna<br />
al Letticciuolo dell’afflitto Metalino, E che temi, Figliuol mio,<br />
528<br />
gli dice, Ego sum Misericordiæ Mater: tu bono animo esto: post triduum mecum<br />
eris 111 . Su, Metalino mio; io sono la Madre di Misericordia; sta pure di<br />
buon animo: da qui a tre giorni meco sarai in Cielo. Indi con la sua<br />
Benedizione lasciandolo in un mar di contento, disparve. E Odone? E i<br />
Monaci? Questi attoniti e stupefatti del gran valore del Patrocinio di<br />
MARIA, furon poi testimoni, dopo il terzo dì, dell’invidiabile Morte di<br />
Metalino tra le amorose Materne Braccia di Nostra Signora, fedelmente<br />
accorsa ad assistere al passaggio del suo Divoto. Dilettissimi miei, dopo<br />
che Metalino col Fatto suo vi contesta, quanto sia vero che MARIA con<br />
l’essere stata esaltata in Cielo non si è fatta dimentica delle nostre bassezze<br />
e che a guisa di sicuro Tabernacolo ci nasconde sotto il suo<br />
Patrocinio, per ripararci dai Divini Castighi e darci tempo e modo di<br />
far penitenza e di salvarci; io non oso aggiunger parola alla mia presente<br />
Omelia.<br />
Palazzo Vescovile di Montalto (AP) dove risiedette Monsignor <strong>Marcucci</strong> Vescovo.<br />
111 Io sono la Madre di misericordia: tu sii di buon animo; fra tre giorni sarai con me.<br />
529
OMELIA PER LA SS.ma NATIVITÀ DI NOSTRA SIGNORA<br />
Recitata dal Trono nella Cattedrale di Montalto,<br />
nella Mattina di Lunedì 8 Settembre 1788<br />
L’Omelia è divisa in tre parti e vuole dimostrare che la nascita di Maria è un<br />
giorno di gloria per Lei, di gaudio per noi e di terrore per il demonio.<br />
È un giorno di gloria per Maria perché Dio le concesse i grandi Privilegi a cui ab<br />
eterno l’aveva predestinata quale Madre di Dio e Regina nostra.<br />
È un giorno di gaudio per noi perché la sua nascita, come l’aurora, dilegua le tenebre<br />
dell’ignoranza e della colpa; risplende come luna e cioè vedendo noi miseri pellegrini<br />
tra il buio di questa terra, ci illumina con la luce di cui è stata arricchita e,<br />
come il sole, si fa mediatrice tra noi e Dio.<br />
Il Demonio però trema di terrore in questo giorno perché Dio, dall’inizio del<br />
mondo, lo aveva minacciato che una Donna gli avrebbe schiacciato l’altero capo.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 33, pp. 178-181.<br />
1. Memorando Giorno fu per gli Ebrei quello della loro liberazione dalla<br />
Schiavitù dell’Egitto. Fu precetto Divino: Habebitis Diem hunc in monimentum<br />
112 (Exodo 12, 14). Così richiedeva un Giorno tanto solenne. Era<br />
il Dì del Natale della loro Libertà sì lungamente sospirata. Dilettissimi<br />
miei, volgete gli occhi al solenne Giorno corrente. Giorno da tanti secoli<br />
adombrato con Simboli, predetto con Profezie, sospirato dal Genere<br />
Umano, aspettato dagli Angelici Cori. Giorno, dir voglio, della<br />
Santissima Nascita di Nostra Signora. Giorno per conseguenza, in cui si<br />
approssimava la Libertà dell’Uomo dalla Schiavitù del Demonio. O<br />
Giorno dunque assai più memorabile di quello degli antichi Israeliti, da<br />
portarsi sempre scolpito nei nostri Cuori! E come no? Un Giorno è di<br />
Gloria per Maria, di Gaudio per noi, di Terrore per Satana. Questo è il<br />
mio Assunto. Con breve Omelia ve lo espongo. Attendete.<br />
I<br />
2. Giorno dunque di Gloria di Maria è questo Dì suo Natalizio?<br />
Sicuramente. Si effettuò in tal Giorno nella Vergine quel gran cumolo<br />
112 Avrete questo giorno in ricordo.<br />
530<br />
di Privilegi, a cui DIO ab eterno l’aveva predestinata. Non può accadere<br />
negli Eterni Divini Consigli quel che accade nei Successi del Mondo.<br />
Presso di noi succedono nuove le cose, quando ci appaiono. Prima che<br />
venissero, ce ne trovavamo affatto digiuni; perché senza una preventiva<br />
speciale Rivelazione, non potevamo mai sapere il venturo libero che da<br />
DIO o dall’Umano arbitrio dipende. Or appresso DIO non può esser<br />
così. Nulla succede di nuovo al suo Divino Cospetto. Sin da tutta<br />
l’Eternità ha avuto il tutto sempre presente: e sino ab eterno ha Egli preveduto<br />
e predefinito quel che appresso di noi successivamente accade<br />
nel tempo. Nuovo è per noi. Eterno è per Iddio. Posta questa gran verità,<br />
intenderete ben voi, se perchè la Scrittura in mistico senso mette in<br />
bocca a Maria: Ab æterno ordinata sum…ante colles ego parturiebar 113 (Prov.<br />
8). Fu ben Nostra Signora da DIO preordinata e predestinata ab eterno<br />
per esser nella pienezza dei tempi sua Madre, e come tale, Regina di<br />
tutto l’Universo. Questo dice però la Vergine, che pria della formazione<br />
dei Cieli, della Terra, dei Colli e di tutto il Creato, era essa già nata<br />
nella Mente di DIO: ante colles parturiebar: si trovava già predestinata<br />
negli Eterni Divini Decreti: ab eterno ordinata sum.<br />
3. Nasce dunque nel Mondo in quest’oggi Maria. Ma come nasce? Eccolo.<br />
Nasce come predestinata Madre di DIO. Nasce come Regina di tutto<br />
l’Universo. Nasce con tutte quelle immense ricchezze di Grazie, di<br />
Privilegi, e di Santità, corrispondenti all’infinita Dignità di tal Madre ed<br />
alla grandezza di tale Regina. Alto qui, Dilettissimi. Tanta Gloria la conseguì<br />
la Vergine, non lo nego, sin dal Ventre Materno nell’Immacolato<br />
suo Concepimento. Vero tutto. Ma fu ignota al Mondo tanta di lei Gloria.<br />
Oggi la vede nata. Ed oggi l’Universo esulta ed esclama. È nata Maria: è<br />
nata la Divina Madre: è nata la nostra Regina! Ecco il gran Giorno di Gloria<br />
dell’eccelsa nostra Sovrana! O Giorno memorabile!<br />
II<br />
4. Sì, miei Dilettissimi. Ma questo Dì Natalizio di Nostra Signora, è ancor<br />
degno di indelebile memoria, perché ancora è per noi un Giorno di<br />
113 Dall’eternità sono stata pensata… Prima dei monti venivo creata.<br />
531
Gaudio. Non so, come porvi sott’occhi quest’altra verità, se non con<br />
quelle vive immagine stesse, con le quali ce la dipingon le Sacre Carte.<br />
Nasce Maria, ne stupiscono i più alti Serafini. Si chiedono tra loro sulle<br />
prime, chi mai sia tal Reale Bambina che sorge come l’Aurora, risplende<br />
come la Luna, sale sull’alto del suo merìggio come il Sole (Cant. 6):<br />
Quæ est ista, quæ progréditur quasi Aurora consurgens, pulchra ut Luna, electa<br />
ut Sol 114 . Bei Simboli, su cui il nostro esultante Gaudio si appoggia.<br />
Udite. L’Aurora è estirpatrice delle tenebre ed è foriera del Giorno.<br />
Maria nasce? Ecco dal Genere Umano incominciano a dileguarsi le<br />
tenebre dell’ignoranza e della colpa. Nasce Maria? Ecco approssimato si<br />
vede il Giorno della Grazia e della Misericordia. Maria sorge come<br />
l’Aurora? Tanto basta per il nostro Gaudio. Tu piangi Isaia. E perchè?<br />
Vedi ancor la Terra di caligine e di tenebre ricoperta: Ecce ténebræ opérient<br />
Terram, et calìgo Populos 115 (Isaia 60, 2). Hai ben ragione. Mancan dei<br />
secoli e secoli per apparir la mistica Aurora. Noi però non piangiamo,<br />
ma esultiamo. L’Aurora è nata: dissipate son le tenebre: il Giorno è chiaro.<br />
Evviva!<br />
5. Vi è di più. Nasce Maria e risplende come una Luna sul suo Plenilùnio:<br />
Quasi Luna plena in diebus suis 116 (Eccl. 50, 6). E qual mai prodigioso<br />
ufficio è quello della Luna? Tutti lo risapete, Amatissimi. Prende la<br />
Luna dal Sole la sua gran luce. La riflette però e riverbera tutta a nostro<br />
vantaggio. Così fa Maria. Nasce tutta investita dal Divino Sole della<br />
Grazia. Che fa essa, la graziosa Bambina? Vede noi miseri andar pellegrinando<br />
tra il buio di questa Terra. Riverbera pietosa sopra di noi la<br />
Luce di cui è stata arricchita. Onde la notte medesima ce la converte in<br />
Giorno ed in Giorno di gaudio.<br />
6. Ma non basta Fa la Bambina il suo prodigioso Nascimento, come il Sole<br />
elevato al suo Merìggio. Grande arcano! Si pone il Sole nel mezzo tra la<br />
Terra e il Cielo. Si fa mediatore fra questo basso Mondo e l’alto<br />
114 Chi è Costei che avanza come aurora che sorge, bella come la luna, scelta come il sole.<br />
115 Ecco le tenebre copriranno la terra e la caligine i popoli.<br />
116 Come luna piena nei suoi giorni.<br />
532<br />
Emisféro. Tratta come la pace tra il Cielo e la Terra. Grande Arcano,<br />
ripeto! C’insegna la Fede che uno è il nostro Mediatore di pace tra Dio<br />
e l’Uomo. È il Divino Sol di Giustizia, Gesù Signor nostro: Unus<br />
Mediator Dei et hominum, homo Christus Jesus 117 (1 Tim. 1). Ciò però non<br />
impedisce a Maria, che nella sua Nascita sia eletta come il Sole: electa ut<br />
Sol: cioè, come dice San Lorenzo Giustiniani, sia costituita da Dio stesso<br />
per Mediatrice di perdono e di Misericordia: Effecta est verissima<br />
mediatrix Dei et hominum 118 (Serm., De Annunciat.). Mi spiego. Non per<br />
essenziale necessità di Mediazione, com’è quella indispensabile del suo<br />
Divin Figlio. Ma per giusta congruenza. Deh sì, che alla Interposizione<br />
di tanta Madre aperti si tengono i Celesti Tesori. È ben dovere che a<br />
contemplazione del glorioso Natale di sì degna Bambina, si riempia<br />
l’uomo di Gaudio, che arreca la misericordia e il perdono!<br />
III<br />
7. Sebbene, nel mentre che tripudiamo noi di Gaudio in sì solenne Giorno,<br />
trema ed arrabbia il demonio con tutto l’Inferno. E perché? Il Giorno<br />
Natalizio di Maria gli riesce un Giorno di spavento e terrore. Osservate,<br />
Dilettissimi. Udì Lucìfero sin dal principio del Mondo minacciarsi da<br />
Dio, che sarebbe nata una Donna, che schiacciato gli avrebbe l’altero<br />
capo: Ipsa conteret caput tuum 119 (Gen. 3). Andò il maligno per circa<br />
quattro mila anni minutamente osservando il Natale di quante mai<br />
Bambine ebbe tutto Israele. Di veruna ebbe terrore, perché niuna uscì<br />
immune dal suo mortifero veleno nel suo concepimento. Quando in<br />
Egitto nacque la prima Miriàm (cioè Maria di Mosè Sorella) eh, disse<br />
Satana, non è questa la mia Nemica. Il nome di Miriàm per essa vuol<br />
dire amarezza; poiché, per mio artificio l’Israelitico Popolo nella di lei<br />
Nascita è stato più che mai straziato dal mio amico Faraone. Nasce<br />
MARIA Vergine. Oimè, urla e freme da disperato il demonio, crolla il<br />
mio Regno, mi vengono meno le forze, io son conquiso! Chi è mai<br />
costei? Nel suo Concepimento sono stato tenuto indietro e spaventato.<br />
117 Uno solo è il Mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo Uomo.<br />
118 Fu costituita verissima mediatrice tra Dio e gli uomini.<br />
119 Essa stessa schiaccerà il tuo capo.<br />
533
Cotesta Miriàm per se dénota Signora e Dolcezza, per me Schiavitù la più<br />
dura, Amarezza la più dolorosa. Oimè! Son pien di terrore: fuggo; e vado<br />
a riserrarmi all’abisso! Ecco Colei, che schiaccia il mio capo! Oimè,<br />
oimè! Tant’è, Ascoltanti. Questo Giorno della Natività di Nostra<br />
Signora è un Giorno di terrore per il demonio.<br />
8. Deh, s’è così, santissima ed insieme amabilissima Bambina! Se il Dì del<br />
vostro Natale è un Giorno di Gloria per Voi, per noi di Gaudio e di terrore<br />
per il comune nemico: deh fate (che far ben lo potete) che tale pur<br />
sia il nostro Natalizio Giorno. Uditori, e qual è per noi il nostro Natale?<br />
Vel dirò. Quello appunto, in cui nasciamo all’Eternità. Mi spiego.<br />
Il Giorno di nostra Morte. Sì, dunque, o potente Celeste Bambina.<br />
Sia, vostra mercè, un tal Giorno per noi un Giorno di Gloria, un Giorno<br />
di Gaudio e un Giorno di terrore per tutto l’Inferno. Amen.<br />
534<br />
OMELIA DELLA GLORIOSA ASSUNTA DI NOSTRA SIGNORA<br />
Recitata dal Trono della Cattedrale di Montalto,<br />
nella mattina della sua Festa, Sabato 15 Agosto 1789<br />
L’Autore paragona il suo proposito di parlare della gloria di Maria nella sua<br />
assunzione al cielo alla traversata di un mare senza lidi.<br />
Immagina che Gesù suo Figlio venga incontro a sua Madre e, con grande signorilità<br />
la prenda sotto braccio e la introduca nella Patria beata tra gli evviva,<br />
le acclamazioni, i canti e le feste di tutto il Paradiso dove fu dalla SS.ma Trinità<br />
incoronata Regina.<br />
Maria tra tanto onore non si dimentica però di noi come invece spesso accade tra i<br />
mortali che, una volta esaltati, non ricordano più chi li ha beneficati.<br />
I devoti di Maria, dunque, possono ravvivare le loro speranze e la loro fiducia in<br />
Maria. “Ella è nostra efficace Mediatrice presso Dio, nostra possente Avvocata, nostro<br />
sicuro Rifugio, nostro Tutto per proteggerci in Vita, per soccorrerci in Morte, per condurci<br />
all’eterna Salvezza”. Se è così, conclude mons. <strong>Marcucci</strong>, dobbiamo abitare con<br />
il cuore in cielo per stare con Maria SS.ma; diventeremo così le sue gloriose corone e il<br />
suo trionfo.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 33, pp. 158-165.<br />
Argomento<br />
Impercettibili essendo i sorprendenti trionfi di Maria<br />
nella sua gloriosa Assunta,<br />
si dimostra il Trionfo della sua Materna Clemenza e Misericordia,<br />
come più adattato al nostro Umano Intendimento<br />
1. L’ASSUNTA di Nostra Signora al Cielo in questo solennissimo Giorno,<br />
oltremodo grandiosa la manifestano gli stessi suoi sorprendenti Trionfi.<br />
Favellarvi, Dilettissimi, di questi, è meno agevole, che voler traversare<br />
un immenso Mare, che non ha lidi. La Divina Sapienza in pochi accenti<br />
saper ci fece, che la Gran Vergine in perpetuum coronata triumphat 120<br />
(Sap. 4, 2). Ma qual vastità misteriosa in tali Corone e in tali Trionfi si<br />
asconda, chi può penetrarlo? Se dal minimo tra i Beati è per noi indici-<br />
120 Incoronata trionfa in eterno.<br />
535
ile la trionfale magnificenza; chi mai della Regina di tutti i Beati<br />
potrà comprenderla tra noi e dimostrarla? Qualora il sì eloquente ed<br />
illuminato Agostino a contemplar si pose quelle Gran Cose, di cui<br />
cantò Maria: Fecit mihi magna qui potens est 121 , che ne ridisse? Attònito<br />
di maraviglia quell’ Aquilino Dottore ad esclamar sì fece: Adàucter pronuntio,<br />
quòd nec Ipsa explicare potuit, quod càpere potuit 122 (S. Aug., Tomo<br />
9, sup. Magnif.). Fu ben degna Maria di ricever da DIO un’immensità<br />
di grazie, di Privilegi, di Corone, di Trionfi, di Magnificenze; ma parole<br />
non ebbe a spiegar tanto.<br />
2. Indarno dunque, cari Uditori, aspettate stamane dalla mia inettissima<br />
lingua sentir di Maria le Corone, i Trionfi, in occasione della sua<br />
Assunta. Additar, io vi posso, che in Lei si avverò appuntino quel fortis<br />
ut mors Dilectio 123 (Cant. 8, 6). L’intenso Amor suo trionfò sopra la<br />
morte. Poiché non il dolore, non l’agonia, non il tormento, ma la sola<br />
dolce Carità ebbe tanto di forza di soavemente staccarla da questa vita.<br />
Vi aggiungerò, che in tal trionfale Giorno, riportò anche il Cielo sopra<br />
la Terra una maravigliosa Vittoria. Venne ben essa costretta a rendere il<br />
Verginal Corpo di Maria incorrotto e intatto. Se l’Arca della Divina<br />
Legge era d’incoruttibile legno; non poteva la più nobile Arca del<br />
Divino Legislatore a putrefazione rimanere soggetta. Risorger doveva la<br />
Madre a simiglianza del Figlio. Lo avveva già predetto il Reale Profeta<br />
con il suo Exurge Domine, Tu, et Arca sanctificationis tuæ 124 (Psal. 131, 8).<br />
Che se di tutto ciò paghi non siete, Amatissimi miei, mi farò ad accennarvi<br />
lo stupendo Trionfo, che oggi vantò la Gloria dalle tenebre del<br />
Sepolcro. Cambiar questo dovette i suoi orrori in chiari raggi di luce,<br />
come fece quello del Redentore, di cui predisse Isaia: Erit sepulchrum ejus<br />
gloriosum 125 (Isaia 11, 10).<br />
121 Colui che è potente fece a me grandi cose.<br />
122 Audacemente dico, che neppure Ella potè spiegare ciò che potè comprendere.<br />
123 L’amore è forte come la morte.<br />
124 Sorgi, Signore, Tu e l’arca della tua santificazione.<br />
125 Il suo sepolcro sarà glorioso.<br />
536<br />
3. E qui, date il permesso alla mia sì ristretta Favella, che si appigli al silenzio.<br />
Non è da lingua mortale il ridire quei grandiosi Trionfi, che si videro<br />
nell’atto del glorioso Risorgimento di Maria in questo sì memorabile<br />
Giorno. Indicar vi posso soltanto che Nostra Signora sì gloriosamente<br />
risorta dal suo Sepolcro nel terzo Dì dalla sua dolce Morte, veder si fece<br />
a mezz’aria con la Luna per sgabello, con il Sole per manto e con lucide<br />
Stelle per diadema. Vi aggiungo, che discesero dall’Empireo tutte le<br />
Angeliche Gerarchie e le Schiere tutte dei Santi che ivi allor soggiornavano,<br />
si dettero l’onore di farle corteggio. Che maraviglioso vedere!<br />
Questo è quasi un nulla al di più che vi accadde. Lo stesso diletto suo<br />
Divin Figlio, calato anch’egli dal Cielo per portar la sua Madre così<br />
trionfante in quel beatissimo Regno, le servì di appoggio, di braccio:<br />
Innixa super Dilectum suum 126 (Cant. 8, 5). Con tal signorile e grandiosa<br />
maniera andò Maria sollevandosi in alto. Giunta alla Celeste<br />
Gerusalemme vi entrò in Trionfo, arrecando a quella Patria beata un’immensa<br />
nuova Gloria accidentale. Gli evviva, le acclamazioni, i Canti, le<br />
Feste di tutto il Paradiso, chi può indicarle? Deh sì, che a cori a cori lassù<br />
si ripetevano gli elogi, dati in figura a Giuditta: Tu gloria Hierusalem, tu<br />
lætitia Israel, tu honorificentia Populi nostri, o Maria! 127 (Judith.15, 10).<br />
Presentata indi all’augustissimo Trono della TRINITÀ Divinissima,<br />
coronata venne dal PADRE, come sua Figlia ab eterno così predestinata:<br />
coronata venne dallo FIGLIO, come sua Madre ab eterno cos’ prescelta:<br />
coronata venne dallo SPIRITO SANTO, come sua Sposa ab eterno così<br />
preeletta. Ricevette allora Maria la perpetua Investitura di Sovranità,<br />
come Regina del Cielo, Padrona del Mondo, Imperadrice di tutto<br />
l’Universo da DIO creato: onde le Creature tutte ubbidissero pronte ai<br />
cenni suoi e soggette si riconoscessero a sì eccelsa Signora. Trasferitasi<br />
poi al glorioso Trono, per Lei preparato, cioè il più alto e grandioso del<br />
Cielo, dopo quello del suo Divin Figlio; alla Destra di Lui con Reale<br />
126 Poggiata sopra il suo diletto.<br />
127 Tu gloria di Gerusalemme, Tu gioia di Israele, Tu onore del nostro popolo o Maria.<br />
Questa frase Monsignor <strong>Marcucci</strong> volle scriverla sul cornicione della Chiesa<br />
dell’Immacolata annessa all’Istituto delle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione<br />
di Ascoli Piceno.<br />
537
Scettro in mano e con Imperiale Corona in Capo, collocata si vide.<br />
Tanto in questo Dì fu il grandioso Trionfo di MARIA: tanto lo aveva<br />
predetto Davide con quel suo Astitit Regina a Dextris suis 128 (Psal. 44, 10).<br />
4. Ma, Dilettissimi, a che più muover le labbra su di cose tanto sublimi, cui<br />
non arriva il basso nostro intendimento? Se mai vi persuadeste di aver,<br />
quasi in un picciol quadro, veduti sinora dipinti gli stupendi Mariani<br />
Trionfi, voi siete in abbaglio. Aveste osservato non altro, che un granellino<br />
di arena rispetto a tutta la Terra. Battiam, se è così, le pedate<br />
dell’Apostolo Paolo (2 Cor. 12, 4). Fu Egli trasferito in Cielo ad essere<br />
spettatore delle Celesti Magnificenze. Disceso poi, che ne disse? Protestò,<br />
non esservi maniera di favellarne. Che fece dunque? Antepose agli occhi<br />
dei novelli Fedeli, come dipinto, il Trionfo della Divina Grazia, Clemenza<br />
e Misericordia in vantaggio dei Giusti e dei Peccatori. E con la maggior<br />
energia del suo grande zelo si mise ad incoraggiar tutti a portarsi supplichevoli<br />
a tal Trono con la più viva fiducia: Adeamus cum fiducia ad Thronum<br />
Gratiæ, ut Misericordiam consequamur 129 (Hebr. 4, 6). Cari miei Ascoltanti,<br />
il Trono di Grazia, da chiunque ha bisogno di remissione vien chiaramente<br />
capito: così quello di Clemenza da chi ha necessità di condono e di sovvenimento:<br />
comeppur quello di Misericordia da chi oppresso si trova da<br />
compassionevoli Miserie. Chi vi ha mai di noi, che non intenda, che allora<br />
sopra di noi trionfa la Grazia, la Clemenza e la Misericordia, quando<br />
cioè contra ogni merito nostro si esaudiscono le nostre preghiere, si ascoltano<br />
i nosti clamori, si consolano le nostre lagrime, ci si accorda benignamente<br />
il perdono, l’aiuto, il provvedimento?<br />
5. Questo dunque, Amatissimi, per rapporto ancor di MARIA è quel grandioso<br />
suo Trono e Trionfo, che in tal Giorno dell’Assunta sua gloriosa possiam<br />
noi penetrare con agevolezza maggiore. Trono altissimo sì, ma tutto<br />
grazioso: Trionfo mirabile sì, ma tutto benigno, di sua Materna Clemenza<br />
e Misericordia sopra di noi. Confesso, che il mio Cuore si riempie di soavità<br />
nel solo considerarlo; tanto facile e dolce gliene riesce l’intelligenza.<br />
128 Stette la Regina alla sua destra.<br />
129 Avviciniamoci con fiduci al trono della grazia per ottenere misericordia.<br />
538<br />
6. È duopo togliersi tuttavia da un umano solito pregiudizio, che potrebbe o<br />
coprire sotto velo la verità, o porre argine alla nostra fiducia. Si stila quaggiù<br />
nel Mondo, e non di rado, che il salire in alto, mette in dimenticanza<br />
il basso. Certi Troni di alcuni Sovrani son collocati quasi sulle cime di inaccessibili<br />
Monti, talchè neppure gli sguardi dei miseri Sudditi derelitti vi<br />
possono giungere. Si narra di Faraone, Re superbo di Egitto, che a capo di<br />
un gran Salone aveva fatto innalzare il suo pubblico Trono. Chi per gran<br />
sorte poteva essere ammesso alla sua Udienza, costretto veniva giacer prostrato<br />
in terra ai piedi del Salone; e gridare ad altissima voce per essere<br />
inteso. Non ardirei qui di affermare, se a questo ancora alluder volesse la<br />
risposta che Mosè dette a Dio, qualor ne ebbe il comando di presentarsi a<br />
quel Coronato Egiziano: Domine, tardioris linguæ sum 130 (Exodo 4, 10), o<br />
come legge dei Settanta la versione: Gràcili voce ego sum 131 . Troppo gràcile<br />
e tarda è la mia voce: tutta si perderà per il Salone della Regia Udienza: mi<br />
sfiaterò e non sarò ascoltato.<br />
7. Deh si tolga pur da noi sì strana idea per riguardo al trionfante Trono di<br />
Nostra Signora in Cielo. È vero sì, che la sua Reale magnifica Sede è situata<br />
sul più alto glorioso posto dell’Empireo, dopo quella del Divino suo<br />
Figlio: onde al profetar di Michea, rassembra un altissimo illuminato<br />
Monte, collocato sulle cime degli altri splendidi Monti: Mons in vértice<br />
Montium 132 (Michea 4, 1). Ma che pregiudica questo all’amantissimo Cuor<br />
di MARIA? Il suo Trono, la sua Sede, il suo Posto in Cielo, sia quanto si<br />
voglia nella più inaccessibile altezza, è un Posto grazioso, perché di Sovrana<br />
delle Grazie: è una Sede benigna, perché di Regina di Clemenza: è un Trono<br />
affabile, perchè di Madre di Misericordia. E che pensate voi, Dilettissimi,<br />
che quella Maternità dell’Uman Genere, di cui nel Calvario fu investita<br />
Nostra Signora, cessar potesse con il finir la sua vita mortale qui in Terra?<br />
(Joan 19, 27). Deh no. Se Gesù Cristo, disceso quaggiù fra noi per farsi<br />
Avvocato e Mediatore fra il suo Divin Padre e il Genere Umano, ritener<br />
volle lassù nel Cielo un tal sì benefico Ufficio, conforme ce ne assicura<br />
130 O Signore, io sono di lingua alquanto lenta.<br />
131 Io sono di voce gracile.<br />
132 Monte sulla cima dei monti.<br />
539
l’Apostolo San Giovanni (1 Joan 2, 1), e San Paolo (1 Tim 2, 5): come<br />
volete voi, che Maria, Assunta in Cielo, spogliar si potesse dell’ufficio<br />
suo così proprio di nostra amantissima Madre ed Avvocata? Grande<br />
ingiuria fareste a sì graziosa e misericordiosa Sovrana se ne dubitaste.<br />
8. Siate dunque pur certi che il Trionfo più grato a Maria, ardisco dirlo, di<br />
quanti in quella Celeste Patria ne gode, è quello di vedersi da DIO sì pienamente<br />
arrichita di Potenza, di Clemenza, di Misericordia; affin di<br />
poterla esecitare largamente a pro di noi miseri Mortali ed in particolare<br />
dei suoi Divoti. Ringrazio Anselmo e Bernardo; ringrazio Bonaventura e<br />
Pier Damiani; rendo mille grazie ai Padri tutti, che mi rammentano tal<br />
verità. Il misero Cuor mio stesso (che fissato nella Potenza, Clemenza,<br />
Misericordia e Fedeltà di MARIA inonda di gaudio e di tripudio) me ne<br />
rende una sperimentale testimonianza. Così credo, faccia il Cuor vostro.<br />
9. Via su pertanto, Ascoltanti divoti, ravvivate le vostre Speranze in Maria,<br />
animate in Maria la vostra Fiducia! Siede Essa assisa in Cielo tutta graziosa<br />
sul Trono della sua Materna Clemenza: Adeàmus dunque ad Thronum<br />
Graziæ, accostiamoci con le umili e cordiali nostre preghiere ai piedi del<br />
suo Trono. Siamo pur certi, che non sarem da Lei rigettati; conseguiremo<br />
dal Materno suo Cuore pietà e misericordia. Sì, sì, Adeàmus, adeàmus ut misericordiam<br />
consequamur 133 . Ecco il Gran Trionfo, di cui gode in Cielo Maria.<br />
Esser nostra efficace Mediatrice presso DIO, nostra possente Avvocata,<br />
nostro sicuro Rifugio, nostra premurosa Madre, nostro Tutto per proteggerci<br />
in Vita, per soccorrerci in Morte, per condurci all’eterna Salvezza. O Dio,<br />
Dilettissimi, io son fuori di me! La Nostra Signora è per noi in Cielo e noi<br />
dove siamo? Ah, che non è dovere abitar più con il cuore in questa misera<br />
Terra! Al Cielo, al Cielo con Maria! Con Maria soggiornino lassù i nostri<br />
pensieri, i nostri desideri, e tutti i nostri più teneri affetti!<br />
10. Deh sì, eccelsa e graziosa nostra Sovrana, gradite questo sincero tributo dei<br />
nostri Cuori! Trahe nos post Te 134 (Cant. 1, 4). Ahi, che son Cuori terreni,<br />
133 Accostiamoci , accostiamoci al trono della grazia per ottenere misericordia.<br />
134 Attiraci dietro di te.<br />
540<br />
sempre di lor natura propensi a ripiombare qui in Terra! Stendete dunque,<br />
Signora, le vostre possenti Mani a staccarli dal nostro petto, a tirarli con voi,<br />
a conservarli ed incatenarli ai piedi del vostro amabile Trono: Trahe nos post<br />
te. Si manterrano in tal guisa Cuori degni dei vostri Servi, dei vostri<br />
Amanti, dei vostri Figli, dei vostri veri zelanti Divoti. Perdonate, pietosa<br />
Regina, se con arditezza più oltre avanziamo le suppliche nostre. Tra tanti<br />
vostri sì gloriosi Trionfi in Cielo, avete da aggiungerne un altro. Siano pure<br />
per noi la vostra gran Potenza, la vostra Clemenza e Misericordia, la vostra<br />
Fedeltà, come tanti spiritosi profumi, che ci danno vigore allo spirito per<br />
correre verso il beatissimo Regno, dove voi alla Destra del Divin Figlio<br />
sedete: In odorem curràmus Unguentorum tuorum 135 (Cant. 1, 4). Perdonate,<br />
Imperadrice dell’Universo: il vostro Trionfo sopra di noi, non è ancor compito.<br />
Impiegate tutto lo sforzo del vostro potentissimo Braccio e del vostro<br />
Materno amantissimo Cuore, affin di condurci tutti all’eterna Salvezza. O<br />
allora sì, noi, noi formeremo in Cielo una sorprendente Corona a tutti i<br />
vostri Trionfi. Nel vederci salvi tutti gli Angeli e tutti i Beati, vi daran<br />
mille Evviva. E noi, con loro uniti, esclameremo: Ecco il Trionfo di Maria!<br />
Ecco la Gloria di Maria! Ecco la Corona di Maria! Tanto sarà, lo speriamo;<br />
e raffidati sulle Viscere vostre misericordiose, starei quasi per dire, ne siamo<br />
certi. Le vostre gloriose Corone in Cielo, non son solamente formate da Stelle<br />
(Apoc. 12, 1), che rappresentano quei vostri Figli di Angelica vita dotati:<br />
non son lavorate soltanto di odorifero cedro del candido Libano (Cant. 4, 8),<br />
che simboleggia quei vostri Servi di innocenti costumi: ma intersiate sono<br />
ancora di unghie di Pardi crudeli e di denti di feroci Leoni. Sì, sì, di voi fu<br />
predetto Coronàberis de cubilibus Leonum, de montibus Pardorum 136 (Cant. 4, 8).<br />
E chi mai da questi vengono figurati, se non quei vostri Divoti, che essendo<br />
stati gran Peccatori, si ravvidero, vostra mercè e furono salvi.<br />
Viva dunque MARIA assunta in Cielo! Noi, Dilettissimi, noi sarem<br />
lassù il mirabil Trionfo del suo gran Potere, della sua Clemenza, della<br />
sua Misericordia. Fiat, fiat.<br />
135 Corriamo verso l’odore dei tuoi unguenti.<br />
136 Dalle tane dei leoni, dai monti dei leopardi…sarai incoronata.<br />
541
542<br />
CAP. IX<br />
DIALOGHI<br />
PER LE FESTE MARIANE MANDATI<br />
DA MONTALTO ALLE RELIGIOSE<br />
DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DI ASCOLI<br />
(1772-1786)<br />
543
Introduzione al capitolo<br />
Il capitolo IX raccoglie tre dialoghi con soggetto mariano scritti dall’Autore per le<br />
Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione e per le educande del loro Istituto.<br />
I componimenti sono espressione della versatilità dell’educatore <strong>Marcucci</strong> che si<br />
adatta sempre agli interessi e alle capacità ricettive dell’uditorio e, senza rinunciare<br />
alla solidità dei contenuti da trasmettere, sceglie sempre il modo più adatto e più piacevole<br />
affinchè l’ascoltatore, dopo aver nutrito la mente, muova la volontà verso il bene.<br />
Nell’<strong>Opera</strong> manoscritta, “Ristretto della Retorica” del 1749, mons. <strong>Marcucci</strong><br />
scriveva: “L’insegnare è di necessità, il dilettare è di utilità, il muovere è di vittoria”.<br />
Educande nel convitto di Ascoli Piceno insieme ed alcune Suore Pie <strong>Opera</strong>ie<br />
dell’Immacolata Concezione, 1916, Ascoli Piceno, Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />
544 545
DIALOGO SOPRA L’APPARIZIONE DEL REDENTORE<br />
RISORTO ALLA SUA SS.ma MADRE<br />
E SOPRA LA DOPPIA ALLELUJA DELLA PASQUA<br />
Sabato Santo 18 Aprile 1772<br />
Mons. <strong>Marcucci</strong>, in occasione della santa Pasqua, invia questo dialogo alla<br />
Comunità delle Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione di Ascoli dove c’erano anche<br />
le educande che erano solite recitare operette da lui scritte, nella ricorrenza delle principali<br />
feste liturgiche 1 . Nel 1772 le educande presenti in Congregazione erano due:<br />
Agnese Capozi di Moltalboddo (AN), entrata a 16 anni, il 10 settembre 1769 che<br />
poi diventerà religiosa nello stesso Istituto delle Suore Concezioniste con il nome di<br />
Suor Maria Tesesa e Geltrude Parisani, entrata in convitto il 1 giugno 1771 2 .<br />
Qui il dialogo si svolge tra Filomata, censoressa; Timesia e il Giudice Crite.<br />
Filomata chiede quante volte Gesù Risorto sia apparso nel giorno di Pasqua. Timesia<br />
risponde che è apparso cinque volte: le prime due alle sante donne; le altre agli apostoli e<br />
ai discepoli. Filomata crede che la prima apparizione sia stata riservata dal Figlio a sua<br />
Madre; gli altri interlocutori non sono d’accordo. Inizia un vivace confronto di opinioni,<br />
giustificate dal parere di degni autori. Quando Crite cita il parere del Cardinal Baronio<br />
che la prima apparizione di Gesù Risorto fu fatta alla sua SS.ma Madre, tutti sono d’accordo;<br />
si erano dilungati nella discussione per conoscere come ciò era avvenuto.<br />
Se Gesù è apparso per primo a Sua Madre, certamente Ella avrà anche cantato per<br />
prima, con devoto tripudio l’Alleluja che vuol dire “Evviva”.<br />
Quando Gesù apparve alle donne, esse ebbero il coraggio di accostarsi a Lui:<br />
gli abbracciarono i piedi, lo adorarono e lo riconobbero come loro vero Dio, Redentore<br />
e Maestro. Filomata conclude con il proposito di rimanere insieme alle sante donne, ai<br />
piedi di Gesù risorto e cantare con loro l’Alleluja, congratulandosi con l’Immacolata<br />
Signora e cantando il Regina Coeli laetare, Alleluja.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, pp. 204-211.<br />
1 FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI, ASC 14: Tetralogo sacro per l’Epifania, tra una Maestra e tre<br />
Pellegrine Oltramontane cioè Eufrasia Spagnuola, Pulcheria Tedesca ed Eurilla Franzese, Ascoli<br />
Piceno 1754; Dialogo sopra il S. Natale di Gesù Bambino, fra una Pellegrina e quattro Pastorelle,<br />
Ascoli Piceno 1756; L’astrologhessa ravveduta, Burletta in Trialoghetto tra una Astrologhessa, una<br />
Teologhessa ed una Contadina, Sabato 22 Gennaio 1757. L’Amore in Trionfo, senza data.<br />
2 Cf. Elenco delle Educande del collegio delle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione di Ascoli<br />
Piceno, volume non numerato in Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />
546<br />
Filomata Giacchè ci troviamo nella festosa solenne celebrazione della Santa<br />
Pasqua di Risurrezione dell’amabilissimo nostro Redentore, sono<br />
andata meco stesso ripensando, se quante volte in tal solenne<br />
Giorno si degnò di apparir Gesù Cristo risorto e farsi vedere.<br />
Timesia Cinque furono le apparizioni del Risorto Salvador nostro in tal<br />
Giorno di Pasqua, per quanto ce ne fanno indubitata testimonianza<br />
i Santi Evangelisti.<br />
Crite Di fatto abbiam da loro che le prime due Apparizioni furon<br />
dirette alle sante Donne, cioè nel Sepolcro e nel ritorno dal<br />
Sepolcro: la terza fu fatta a S. Pietro: la quarta ai due Discepoli<br />
di Emmaus: e la quinta agli Apostoli e Discepoli uniti in<br />
Gerusalemme, tra i quali non era S. Tommaso.<br />
Filomata Or io sarei di parere che vi si potesse con tutto fondamento<br />
aggiungere un’altra solenne Apparizione e che anzi fosse la<br />
prima, cioè quella che il Divin Figlio subito risorto fece alla sua<br />
SS.ma Madre Maria.<br />
Timesia Eppure gli Evangelisti non ne parlano: anzi San Marco, cap. 16,<br />
dice chiaramente, che apparuit primo Mariae Magdalenae 3 . E se la<br />
Maddalena fu la prima ad aver tanta sorte, io non saprei, come<br />
voi dir possiate che innanzi a questa vi fosse precedente<br />
Apparizione. Che perciò e Pietro di Blois detto Blesense e<br />
Giovanni Estio e Cornelio Giansenio vanno pensando che non<br />
senza qualche grande arcano fosse prima la Maddalena a veder<br />
Gesù risorto che non fu la stessa sua SS.ma Madre.<br />
Filomata Voi con le vostre sottigliezze ed erudizioni siete sempre sul proposito<br />
fermo di contraddirmi. Io venero i Blessensi, gli Estii ed<br />
i Giansenj di Gandàvo, ma nulla mi attengo al pensar loro su di<br />
3 Apparve dapprima a Maria Maddalena.<br />
547
tal cosa; e dico che piuttosto vi sarà qualche Mistero sul perché<br />
dal Vangelo si asserisca che Gesù Cristo apparisse alla<br />
Maddalena, prima che ad altri e non si faccia menzione della<br />
SS.ma Vergine.<br />
Crite Io mi attengo a Filomata. Mi appello al celebre Ruperto Abate<br />
lib. 7, De divin. Officiis, c. 25. Sostiene egli che il Redentore<br />
Divino, prima di ogni altro apparisse subito risorto alla sua<br />
SS.ma Madre. Rende poi la ragione, se perché nel Vangelo non<br />
si parli di tali apparizioni e vi si dica, essere apparso prima alla<br />
Maddalena, indi ad altri. Inperciocchè il Vangelo favella soltanto<br />
di quelle Apparizioni fatte a quelle Persone che per lo innanzi<br />
avevan dubitato dell’avere reale Risurrezione e a quelle<br />
Persone che erano state elette per predicarla e manifestarla ad<br />
altri: tra le quali non poteva entrare Maria SS.ma; e perciò della<br />
gloriosissima Apparizione da Lei ricevuta non fa menzione il<br />
Vangelo.<br />
Timesia Mi quadra molto la saggia Interpretazione di Ruperto Abate.<br />
Crite Sì, ma uditela intera. Se dal silenzio del Vangelo prosegue egli a<br />
dire, dedurre si dovesse che il Redentore non apparisse primamente<br />
dopo risorto alla sua SS.ma Madre, non parlando neppure<br />
il Vangelo di verun’altra Apparizione fatta a Maria SS.ma, dal<br />
tempo della Risurrezione sino a quello dell’Ascensione, converrebbe<br />
asserire, che per quei quaranta Giorni non avesse mai Maria<br />
SS.ma veduto il caro Suo Divin Figlio risorto. Or siccome ciò non<br />
si può ammettere e reca orrore a sol sentirlo; così non è convenevole<br />
escluder la Madre SS.ma dalla prima visita del Figlio.<br />
Timesia Resto piucchè mai persuasa. Mi dà soltanto fastidio, se perché<br />
poi la venerabile antichità dei Padri abbia pur passata in silenzio<br />
tal verità.<br />
Filomata O questa è più bella! Stiamo a vedere che la Signora Timesia<br />
avrà letta tutta la venerabile antichità.<br />
548<br />
Crite Ora io citar voglio uno che veramente letta e ben ponderata avea<br />
tutta la venerabile antichità dei Padri e attesta che appunto per<br />
loro tradizione si risapeva, che la prima Apparizione di Gesù<br />
Risorto fu fatta alla sua SS.ma Madre. Questo è il ven. Cardinal<br />
Baronio ad ann. 34, SS. 183, ove così scrive: Traditio per manus<br />
Majorum, ac per subsequentia secula ad posteros dilapsa testatur, eumdem<br />
Dominum nostrum apparuisse primum omnium SS.mae Genitrici<br />
Mariae; quod nemo pius, puto, negabit 4 . Oltre di che lo leggiamo<br />
in S. Ireneo, in S. Ambrogio, in Sedulio, in S. Anselmo, in S.<br />
Bonaventura ed altri. Quindi la s. m. di Papa Benedetto XIII<br />
accordò delle molte Indulgenze nella divota Recita di quella<br />
Orazione: Domine Jesu Christe, Pater dulcissime, rogo te per illud<br />
gaudium, quod dilecta Mater tua habuit, quando apparuisti ei in illa<br />
sacratissima nocte Paschae 5 , ecc.<br />
Filomata Evviva, evviva! Alleluja, Alleluja! È vero dunque quel tanto che<br />
Santa Teresa nella sua vita (in Addition.) racconta dicendo:<br />
un giorno mi disse il Signore, che subito risuscitato, aveva visitato la<br />
sua Madre, Signora nostra. Evviva, evviva! Alleluja, Alleluja!<br />
Timesia Anch’io canto di buon cuore l’evviva e l’Alleluja per tal verità<br />
dilucidata, che per altro ho sempre creduta, quanto che voi.<br />
Bramavo soltanto restar illuminata sulle difficoltà che mi si<br />
paravano innanzi.<br />
Crite Certamente, non ogni volta che si propone qualche difficoltà su<br />
di una cosa, si vuol significare che si dubita di essa. Ma talora<br />
ciò si fa, affin resti meglio dilucidata, particolarmente qualora<br />
non si tratta di un articolo rivelato di fede.<br />
4 È attestata la Tradizione, trasmessa ai posteri attraverso le mani degli antenati e per i secoli<br />
seguenti, che lo stesso Signore Nostro sia apparso prima di tutti alla SS.ma Madre Maria;<br />
cosa che nessuna persona pia, credo, negherà.<br />
5 Gesù Cristo Signore, Padre dolcissimo, ti prego per quel gaudio che la tua diletta Madre<br />
ebbe quando le sei apparso in quella santissima notte di Pasqua, ecc.<br />
549
Filomata Siasi ciò come si voglia, io e ad onor di Gesù risorto e in congratulazione<br />
con Maria SS.ma, che fu la prima a veder risorto il suo<br />
Divin Figlio glorificato, canto l’Alleluja e la Regina Coeli laetare,<br />
Alleluja. Ma, oh quanto bramerei sapere il significato di questo<br />
Alleluja e se perché si canti replicato in tal solennità della Pasqua.<br />
Timesia La voce Alleluja è una voce ebraica composta di tre particolari<br />
dizioni, cioè di All, di el, e di ujà: onde secondo la forza letterale<br />
significa propriamente venit Deus, laudate: poiché All vuol dir<br />
venit, el, vuol dir Deus, e ujà, significa laudate.Onde tutta l’ebrea<br />
voce composta Alleluja vuol dire È venuto Dio, lodatelo, oppure in<br />
breve lodate Dio. Questa è la propria spiegazione che ne fa nella<br />
sua Theoria San Germano Patriarca di Costantinopoli.<br />
Crite Anzi lo stesso Santo Patriarca ivi, fondato sulla fecondità del<br />
moltiplice senso delle dizioni ebree, ne rapporta un’altra spiegazione<br />
allusiva alla SS.ma Trinità, dicendo che Al può significare<br />
quasi Ab il nome di Pater, El poi quasi Bar il nome di Filius, Ujà<br />
il nome di Sanctus Spiritus: tantochè Alleluja denotare anche<br />
possa Pater, Filius, Spiritus Sanctus. Di tal sentimento sembra pur<br />
essere San Gregorio Papa.<br />
Filomata Mi sembra tuttavia, che sia più stretta e più propria la prima<br />
spiegazione del lodate Dio.<br />
Crite Sicuro, qualor si consideri lo stretto e proprio letterale senso<br />
della frase ebrea. Infatti San Girolamo attenendosi pure al senso<br />
letterale ebraico, spiega l’Alleluja così: Cantate laudem Domino 6 e<br />
S. Agostino: Salvum me fac, Domine 7 .<br />
Timesia Si vede che quei Padri che si sono scostati dal senso letterale,<br />
non è che lo abbiano negato, ma piuttosto han voluta farvi qualche<br />
riflessione or allegorica or morale.<br />
6 Cantate una lode al Signore.<br />
7 Salvami, Signore.<br />
550<br />
Crite Così è. Ed invero il prelodato San Gregorio spiega ancor l’Alleluja<br />
così: lux, vita, salus 8 . E per finirla, Pietro Antisiodorense la spiega:<br />
Altissimus levatus est in cruce ed anche: lugebant Apostoli, jam<br />
surrexit 9 : ove si veggono pie riflessioni adattate ai Misteri in cui<br />
l’Alleluja suol cantarsi.<br />
Filomata Vorrei dire una cosa. Tutte queste spiegazioni e letterali e mistiche<br />
addotte dell’Alleluja, benché io le veneri e le lodi tutte,<br />
nientedimeno mi sembra che non mi si accostino molto al proposito<br />
del perché si canti e si replichi l’Alleluja nel tempo<br />
Pasquale.<br />
Crite Vi ho capito, Filomata mia. Dovete sapere che la voce Alleluja<br />
tuttoché nella sua forza letterale significhi lodate Dio, o cantate<br />
lodi a Dio, secondo però l’uso che ne fece l’antica Sinagoga e ne<br />
fa la S.Chiesa Cattolica, significa un’esclamazione ed intersezione<br />
di tripudio, un grido di gioia; onde l’Alleluja corrisponde al<br />
nostro festoso Evviva, Evviva! E così al plaudite dei Latini. E perciò<br />
in segno di gran festa e allegrezza si trova usato l’Alleluja una<br />
volta in Tobia, da venti volte nei Salmi, spezialmente nei loro<br />
titoli e da quattro volte nell’Apocalisse; e così replicate volte<br />
l’usa la Chiesa Cattolica nel tempo Pasquale, ed anche fra l’anno,<br />
fuorché dal tempo di Settuagesima sino al Sabato Santo,<br />
come tempo di mestizia e di lutto.<br />
Filomata Ora sì che resto soddisfattisima. Alleluja dunque Alleluja!<br />
Evviva, evviva!<br />
Timesia Eppure io leggo in San Girolamo nel suo Epitaffio di Fabiola<br />
che una volta in Roma fu cantato l’Alleluja nell’Esequie dei<br />
Morti; ed anche talora nella Quaresima, come ricavo da San<br />
Gregorio Magno, Epist. 64 ad Joannem Episcopuum Siracusanum.<br />
8 Luce, vita, salvezza.<br />
9 L’Altissimo è stato innalzato in croce… piangevano gli apostoli, è già risorto.<br />
551
Filomata Volevo ben dirlo, che la Signora Censoressa Timesia non ci<br />
volesse ricavar le sue opposizioni. Or io mi appello al Signor<br />
Giudice Crite, che saprà dissipare tutte le nuvole di tante dubbiezze.<br />
O che pazienza!<br />
Crite Non può negarsi, che una volta in Roma si usò di cantar<br />
l’Alleluja nell’esequie dei Defunti e in tempo di Quaresima,<br />
poco dopo, che ai tempi di S. Damaso Papa l’uso di cantar<br />
l’Alleluja fu dalla Chiesa di Gerusalemme portato alla Chiesa<br />
Romana; ma neppur può negarsi, che il precitato San Gregorio<br />
Magno, vedendo l’incongruenza del canto dell’Alleluja in tempo<br />
di lutto e di mestizia, ne restrinse l’uso, destinandolo per il<br />
tempo Pasquale e dentro l’anno, qualora si celebravano uffizi e<br />
funzioni di gaudio e di allegrezza; come può raccogliersi dalla<br />
allegata Epistola del Santo Pontefice a Giovanni Vescovo di<br />
Siracusa. Quindi e da ciò e dall’uso che sino ad oggi ne fa la<br />
Cattolica Chiesa, resta chiaro esser l’Alleluja una voce esprimente<br />
allegrezza e tripudio del Popolo Cristiano.<br />
Filomata Vorrei con una voce di tuono andar’ora esclamando, evviva evviva!<br />
Alleluja, Alleluja!<br />
Timesia Ed io vi farei compagnia, per sincerarvi del mio contento e della<br />
persuasione, con cui resto.<br />
Crite Or convien anche persuadersi che, siccome Maria SS.ma Nostra<br />
Signora fu la prima a goder l’apparizione del glorioso suo Divin<br />
Figlio risorto, così la prima ancor fosse a cantar divinamente<br />
l’Alleluja, ed oh con quanto e qual divoto tripudio! E che dopo<br />
di essa fossero le prime sante Donne, giacchè esse dopo la gran<br />
Vergine, furon le prime a vedere il Divino loro Maestro risorto.<br />
Filomata Io per me non ne dubito punto.<br />
Timesia E neppure io. Rifletto anzi intorno alle Sante Donne quel che ci<br />
narra S. Matteo, cap. 28, cioè che ritornando essi dal Sepolcro si<br />
552<br />
fece loro innanzi il Divin Redentore risorto salutandole amorevolmente<br />
col Dio vi salvi: Et ecce Jesus occurrit illis dicens: Avete 10 .<br />
Pensi qui pur ciascuno, se qual gaudio mai e contento potè<br />
risvegliare nei loro cuori un sì grazioso saluto ed una sì gioconda<br />
apparizione. Oh con quali sentimenti misti di umiliazione,<br />
di religione, di confidenza e di allegrezza, esclamar dovessero le<br />
fortunate Donne prostrate a terra, col cuor sulle labbra: Alleluja,<br />
Alleluja! Evviva, evviva!<br />
Crite Può ben ciò ricavarsi da quel che segue a contarci S. Matteo al<br />
citato capo 28, cioè che le sante Donne, fatte piene di giubilo,<br />
si fecero animo di accostarsi al loro Divin Maestro risorto, gli si<br />
buttarono umilmente ai Divinissimi Piedi, glieli abbracciarono<br />
e tennero e con profonda adorazione lo riconobbero come loro<br />
vero Dio e Redentore: Illae autem accesserunt, et tenuerunt pedes eius,<br />
et adoraverunt eum 11 . Ed ivi, oh con qual cuor divoto ed acceso<br />
cantarono l’Alleluja.<br />
Filomata Basta, non più. Io mi sento piena di sacra unzione e tenerezza.<br />
Rinunzio a ciò che mai può darmi il Mondo di allegrezza e contento.<br />
Ecco qual sarà da qui in poi l’unico mio tripudio, sinchè<br />
sarò viva: starmene cioè con le sante Donne ai Divini Piedi del<br />
mio caro risorto Redentore ed ivi col cuor sulle labbra venir ogni<br />
tanto cantando l’Alleluja: e così portarmi ai piedi di Nostra<br />
Immacolata Signora e, con lei congratularmi con tutto l’ossequio<br />
col Regina Coeli laetare, Alleluja. O che vita felice sarà la<br />
mia, che vita allegra e contenta, ai Piedi di Gesù e di Maria.<br />
10 Ed ecco Gesù va loro incontro dicendo: State bene.<br />
11 Ed esse si avvicinarono ed abbracciarono i suoi piedi e lo adorarono.<br />
553
DIALOGO DELLA SANTA CASA DI LORETO<br />
tra Timesia, Filomata e Criterio, 3 Maggio 1772<br />
L’Autore aveva trattato lo stesso argomento nel venerdì dopo la seconda domenica<br />
dell’Avvento, in occasione della Festa della Madonna di Loreto, 10 Dicembre 1756.<br />
Timesia, assorta in gravi pensieri, viene interrotta da Filomata per sentire il suo<br />
parere sulla Santa Casa di Loreto, che da tutto il Mondo Cattolico si venera nel<br />
Piceno come vera Casa, dove abitò a Nazareth nella Palestina la SS.ma Vergine ed<br />
in cui s’incarnò il Divin Verbo.<br />
Filomata crede a questa verità ed afferma che chi la nega lo fa solo per spirito di<br />
contraddizione e di ambizione per mostrarsi erudito.<br />
Benché la storicità della casa di Nazareth non sia una verità di fede, è però una<br />
verità certa, creduta ed insegnata da grandi figure della Chiesa, come Santuario dell’ineffabile<br />
Incarnazione del Divin Verbo.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, pp. 196-203.<br />
Timesia Tutta cogitabonda vi vedo, mia Filomata, con una Lettera in<br />
mano. Che mai novella infausta vi è giunta dei vostri Stati e dei<br />
vostri Porti di Mare?<br />
Filomata Non mi riesce nuovo il far vostro. Avete già voi il solenne irrevocabile<br />
proponimento di contraddirmi, o di burlarmi. La Lettera<br />
che ho per le mani, eccola qui. Vedete, se di quale accreditato<br />
Letterato essa sia. Rifletto dunque tra me, e dico, se come mai<br />
Costui, essendo sì dotto e versato nelle sacre erudizioni, sia poi così<br />
titubante nel confessar per vera la Traslazione della Santa Casa di<br />
Loreto, che da tutto il Cattolico Mondo si venera nel nostro Piceno,<br />
come vera Casa, che abitò in Nazareth nella Palestina la SS.ma Vergine<br />
ed in cui s’incarnò il Divin Verbo. Questo mi fa star cogitabonda.<br />
Critesio Eh, Filomata mia, non è già il primo e nemmeno sarà forse l’ultimo<br />
a così titubare. In cose che non riguardan la santa Fede,<br />
credon certuni farsi del gran nome col porre in dubbio i più<br />
autentici documenti e discostarsi dalla pia comune credenza dei<br />
cristiani. Così soglion darsi aria di uomini eruditi e di spiriti<br />
forti e spregiudicati.<br />
554<br />
Timesia Quando, salva la Cattolica Fede, così fanno, converrà dire che per<br />
uno dei tre motivi si muovono, cioè o per lo zelo della verità, o per<br />
qualche difficoltà grave da loro creduta insolubile, o per l’ambizione<br />
di comparir singolari e rinomati. Per altro quel Critico che per li due<br />
primi motivi si muove, suol venerare la contraria opinione e mostrarsene<br />
rispettoso: colui poi, che si muove per terzo, nulla suole ammettere<br />
alla parte contraria, nulla prezza, il tutto pone in dileggio.<br />
Filomata Or io per me tengo che chi ai giorni nostri pone in dubbio la<br />
verità della Santa Casa Nazarena oggi detta Lauretana, non per<br />
altro si muova che per puro innato spirito di contradizione e di<br />
ambizione di comparire un gran Critico erudito.<br />
Critesio Io son con voi. Imperciocchè tutte le più gravi difficoltà che si potevano<br />
addurre in contrario furono spianate dagli Storici e Scrittori<br />
della Santa Casa, come dall’Angelìta, dal Canìsio, dal Torsellino, dal<br />
Baronio, dal Rainaldi, dal Torriano, dal Benzònio, dal Gretsero, dal<br />
Centofiorini, dal <strong>Marcucci</strong> e per tacer di altri, dal Monsignor<br />
Martorelli, già vescovo di Monte Feltro nei suoi Tomi del Teatro<br />
Storico della Santa Casa Nazarena, stampato in Roma nel 1733.<br />
Timesia Ma i Critici ambiziosi e di spirito contraddicente, poco o nulla,<br />
fan caso delle altrui Storie ed opinioni.<br />
Filomata È una gran pazzia il pretender che nelle cose dubbie la verità<br />
alloggi soltanto in Casa loro.<br />
Critesio Piano, che non può oggi chiamarsi o riputarsi dubbia la verità<br />
intorno alla Santa Casa di Loreto, cioè che sia quella stessa di<br />
Nazareth in Palestina nell’Oriente, dove seguì l’ineffabil Mistero<br />
dell’Incarnazione del Divin Verbo. Imperciocchè una tal verità<br />
vien contestata da infiniti Miracoli passati e che giornalmente<br />
seguono in quel Santo Luogo; vien comprovata dal divoto pellegrinaggio<br />
di tanti Santi e di tutto il Mondo Cattolico; e viene<br />
espressamente approvata dalle Costituzioni Apostoliche di sei<br />
Sommi Pontefici, cioè di Paolo II, Giulio II, Leone X, Paolo III,<br />
Paolo IV e Sisto V e poi dallo stesso Ufizio e Messa, accordata da<br />
555
S. Chiesa alla Provincia della Marca, a tutta la Toscana, a tutto lo<br />
Stato Ecclesiastico, a tutto il Dominio Veneto e a tutti i Regni del<br />
Monarca Cattolico. Onde senza fare una gravissima ingiuria a<br />
tutti questi venerabilissimi Contesti e Documenti, voi ben vedete,<br />
che una tal verità non può riputarsi per<br />
dubbia; ma dir si deve certissima e indubitata.<br />
Timesia Sì, ma non è una verità che spetta alla<br />
Santa Fede, né a qualche Privilegio<br />
Personale di Maria V. SS.ma; talchè chi<br />
lo impugnasse, non già verrebbe ad<br />
impugnar la Religione Cattolica, né<br />
ad offendere un qualche Privilegio<br />
Mariano: poiché, eziandio la Santa<br />
Casa di Nazareth non fosse stata veramente<br />
per Angelica Mano trasportata,<br />
prima in Schiavonia sotto Papa<br />
Niccolò IV, indi nell’agro Laureano<br />
sotto S. Celestino V, tanto rimarrebbe<br />
intatta la Santa Fede e intatte rimarrebbero<br />
tutte le singolari Prerogative<br />
di Maria SS.ma.<br />
Filomata A che servono mai tante vostre sottigliezze?<br />
Non vuol già pretendersi che la<br />
Verità della Santa Casa Nazarena traslatata<br />
in Loreto, dove si adora, sia una verità<br />
di Fede, né una verità spettante ad un<br />
qualche Privilegio Mariano; ma vuol<br />
dirsi, che è una verità pia, certa, indubitata,<br />
approvata come tale dalla Santa Sede,<br />
dalla continuazion dei Miracoli e dal<br />
consenso del Cattolico Mondo: onde non<br />
può senza grave ingiuria chiamarsi opinione<br />
dubbia di privati Storici e Scrittori,<br />
né fatto incerto.<br />
556<br />
Statua della Madonna di<br />
Loreto nell’altare sinistro<br />
del transetto della cattedrale<br />
di Ascoli Piceno di cui la<br />
famiglia <strong>Marcucci</strong> aveva la<br />
cappellania dal 1641, oggi<br />
nel Museo Diocesano di<br />
Ascoli Piceno.<br />
Critesio Ha la verità i suoi gradi. Verità di Fede è quella, che è definita<br />
come tale da S. Chiesa e come tale proposta a credersi: Verità<br />
infra fidem, cioè sotto la Fede e che non spetta alla Fede, si chiama<br />
quella, che la Chiesa approva come pia, e la propone a tutti<br />
i Fedeli da venerarsi come pia: Verità semplicemente pia, è quella<br />
su cui la Santa Sede non ha pubblicati i suoi sentimenti, ma<br />
lascia correre la pietà dei fedeli del Cattolico Mondo a venerarla<br />
e dell’unanime consenso degli Scrittori in difenderla e propagarla,<br />
come moralmente certa. Tutte son verità, ma ciascuna secondo<br />
il suo grado esclude la dubbiezza ed incertezza.<br />
Timesia Ciò nonostante, gli Oppositori della Storia della Santa Casa non<br />
sanno indursi ad ammetterla per certa e vera, perché dicono<br />
restarvi anche delle gravi difficoltà istoriche non pienamente<br />
dilucidate.<br />
Filomata La più grave difficoltà di costoro consiste nello spogliarsi dai<br />
loro ostinati impegni e dal loro spirito indivoto e nel vestirsi di<br />
un animo docile, arrendevole e pio. Guai a chi non basta<br />
l’Approvazion della Sede Apostolica, la continuazion dei miracoli<br />
e il comune Consenso dei Fedeli. Su di ciò ancora sapranno<br />
inventar cavillose risposte e difficoltà per loro insuperabili.<br />
Critesio Mi è già noto, se che ciancino ancor su di questo, con più di<br />
temerità, che di dottrina; e perciò non son meritevoli di risposte,<br />
ma di rossore. Hanno ancora il coraggio di replicare che i più<br />
accreditati Critici non ammetton la verità della Storia Lauretana.<br />
Ecco una delle gravi loro difficoltà.<br />
Timesia E quali son mai codesti più accreditati Critici riluttanti?<br />
Filomata Saran forse il Vergerio, l’Ospiniano, il Casaubono, ed altri<br />
Luterani e Calvinisti che impugnarono la verità della<br />
Traslazione della Santa Casa. Ma questi restaron appieno confutati<br />
e convinti dal Canisio, dal Gretsero, dal Turriano e dal<br />
P. Onorato di S. Maria.<br />
557
Critesio Non ricorrono essi ai Critici Eterodossi, no; ma ad alcuni Critici<br />
della nostra Comunione Cattolica, da lor encomiati come Critici<br />
più accreditati, perché a loro favorevoli. Del resto, qualor vogliam<br />
davvero memorare tra Cattolici i Critici più accreditati e più severi,<br />
che talora con troppa forse più libertà, che felicità, han censurate<br />
le cose più certe, non convien dipartirsi dal Papebrochio,<br />
continuator dei Bollandisti, da Natale Alessandro, da Teofilo<br />
Rainàudo, dal Baillèt, dal Gravesòn, dal Calmèt, modificato dal<br />
Mansi, dal P. Grandi, dal P. Onorato di S. Maria e dal Muratori:<br />
eppure tutti questi rigidissimi Critici, esaminata la storia della<br />
Traslazione della Santa Casa, l’hanno ammessa come certa e vera<br />
ed alcuni anche l’hanno con forti ragioni difesa.<br />
Timesia L’avranno senza fallo anche difesa da quelle opposizioni che alla<br />
verità di tale Storia si potrebbor fare, come ricavate da<br />
un’Epistola di S. Girolamo, da un passo dell’<strong>Opera</strong> De Locis<br />
Sanctis ascritta al Ven. Beda e dal silenzio con cui la passa<br />
Sant’Antonino Arcivescovo di Firenze.<br />
Filomata Stavo a vedere, se dar si poteva una sola volta, che Timesia ancora<br />
non ci volesse dir delle sue, sotto galante copertura.<br />
Critesio La verità della reale Traslazione della Santa Casa Nazarena nell’agro<br />
Laureano Piceno è stata ben vindicata da tutti i cavilli<br />
degli Avversari. Nientedimeno per dimostrare vieppiù che nulla<br />
ad essa si oppone l’autorità di Girolamo, né di Beda, né il silenzio<br />
di un’Antonino nella sua Storia, ecco primieramente l’Epistola di<br />
S. Girolamo ad Eustochium: Est Nazareth… in Galilea… Habet<br />
Ecclesiam in loco, quo Angelus ad B. Virginem evangelizaturus intravit;<br />
sed et aliam, ubi Dominus noster est nutritus 12 . Cosicché altro non<br />
fa Girolamo, se non avvisar alla Vergine Eustochia sua Discepola,<br />
aver’egli trovate in Nazareth due Chiese dedicate e ridotte da quei<br />
12 Nazareth è in Galilea… Ha una Chiesa nel luogo dove l’angelo entrò dalla Beata Vergine<br />
per portarle il lieto annunzio; ma anche un’altra dove il Signore nostro fu allevato.<br />
558<br />
Cristiani di Palestina, cioè la prina nel Luogo, dove la SS.ma V.<br />
Maria fu annunziata dall’Angelo e concepì il Divin Verbo Umanato;<br />
l’altra, dove il Divin Fanciullo Gesù fu nutrito. E ciò appunto<br />
concorda con la Storia Lauretana, in cui si dice che la Santa Casa<br />
dai primitivi Cristiani di Palestina in Nazareth fu ridotta in<br />
Chiesa e che in questo stato fu miracolosamente trasportata dagli<br />
Angeli in Dalmazia o sia Schiavonia, indi nell’agro Laureano del<br />
nostro Piceno; come può vedersi appresso il Torsellino lib. 1, cap.<br />
2 e il Martorelli nel suo Teatro Storico ed altri.<br />
Timesia Se ho da dirla, vedevo anch’io, che l’autorità di S. Girolamo piuttosto<br />
corroborar poteva la Storia Lauretana. Ma dell’autorità del<br />
Ven. Bedda, o di chi altro sia l’Autore, ho qualche poco temuto.<br />
Filomata Toglietevi ogni paura, che lo stesso succederà dell’autorità di Beda.<br />
Critesio Nell’opera dunque De Locis Sanctis, attribuita al Ven. Beda, al<br />
capo 16, favellandosi del secolo 7 e 8 (ed altrove anche della metà<br />
del secolo 13) si registra istoricamente così: Nazareth muros non<br />
habet, sed magna aedificia, duasque grandes ecclesias 13 ; e dopo aver<br />
detto, che Nazareth non era circondata di mura, ma che avea<br />
magnifichi edifizi, e due grandi chiese, prosegue a descriverle,<br />
soggiungendo che una era in mezzo della Città, dove una volta<br />
era stata la Casa, nella quale il Divino Infante Gesù era stato<br />
nutrito: una est in medio Civitatis, ubi quondam fuerat Domus, in qua<br />
Dominus nutritus est Infans 14 : dell’altra poi dice star situata,<br />
dov’era la Casa, in cui la SS.ma Vergine fu annunziata<br />
dall’Angelo: altera verò est Ecclesia, ubi Domus erat, in qua Angelus<br />
ad Beatam V. Mariam venit 15 . Cosicché Beda non fa altro che ripetere<br />
più diffusamente quel che S. Girolamo scrisse in conciso.<br />
13 Nazareth non ha mura, ma grandi edifici e due grandi Chiese.<br />
14 Una è nel mezzo della città, dove un tempo c’era stata una casa in cui fu nutrito il Signore<br />
fanciullo.<br />
15 C’è poi un’altra Chiesa dove c’era una casa in cui l’angelo venne presso la Beata Vergine Maria.<br />
559
Timesia Mi pare vi sia un tantinello di più. Morì il ven. Beda nell’anno<br />
735, cioè poco prima della metà del secolo ottavo. La Traslazione<br />
poi della Santa Casa si nota dal P. Battista Mantovano e<br />
dall’Angelita, come accaduta nel 1291, vale a dire da 556 anni<br />
dopo la morte di San Beda. Or la difficoltà star potrebbe che se<br />
a’ tempi di Beda non vi era più in Nazareth la Santa Casa, in cui<br />
fu la SS.ma Vergine annunziata, come denotano le parole ubi<br />
Domus erat, ma in sua vece vi era una delle due grandi Chiese:<br />
duas grandes Ecclesias; come potrà poi verificarsi, che a 556 anni<br />
dopo fosse stata di là trasportata. Converrebbe dire che di nuovo<br />
quella Chiesa fosse stata ridotta in Casa, oppure che quella Santa<br />
Casa fosse stata altrove nascosta in Nazareth.<br />
Filomata Tali appunto furon le cavillazioni dell’eterodosso Casaubono<br />
nelle sue Critiche al Baronio.<br />
Critesio Oltre a ciò, che saggiamente all’eterodosso Censore risponde il<br />
P. Onorato di S. Maria, Tomo 2, lib. 3, Disser. 1 §§ 4, aggiunger<br />
si deve, che appunto dai Documenti della Storia lauretana costa,<br />
che quando la Santa Casa fu trasportata per Angelica mano era<br />
insieme Casa e Chiesa, perché come Chiesa ornata e venerata dai<br />
Cristiani Nazareni. Inoltre, che la Santa Casa Lauretana non era<br />
già tutta la Casa intera di Maria SS.ma, ma bensì una Camera della<br />
Casa, dove fu la SS.ma V. Annunziata. Finalmente, non impedisce<br />
tale Traslazione fatta della Camera dell’Incarnazione, che in tutto il<br />
sito del rimanente della Casa vi restasse anche dopo una Chiesa, ove<br />
si racchiudeva il Sito della Sacra Camera: come difatti ve la trovarono<br />
quasi ai nostri tempi il Canonico Alcaroto nel suo Itinerario di<br />
Terra Santa, lib. 2, cap. 19, e il P. Quaresmio nella sua Elucidazione<br />
della Terra Santa, Tomo 2 lib. 7, cap. 1 e 4.<br />
Timesia Conosco ora anch’io, esser poca pietà e solenne pazzia l’impugnare<br />
e discredere una Traslazione, documentata da Monumenti antichi,<br />
da pia Tradizione non mai interrotta, da tante Costituzioni<br />
dei Sommi Pontefici, dalla celebrazione di Ufizio e Messa, da<br />
Miracoli continui e dal pio consenso comune dei Fedeli.<br />
560<br />
Filomata Evviva la verità trionfante! Del silenzio poi che nella sua Storia<br />
ne tenne l’Arcivescovo di Firenze S. Antonino, nulla di forza da<br />
tal’argomento negativo si cava. Primo, perché converrebbe provare<br />
che intanto il Santo Prelato non ne facesse menzione, perché<br />
dubitasse di tal vera Traslazione. Secondo, che avendo scritto<br />
S. Antonino da un secolo e mezzo dodo seguita la Traslazione,<br />
si era già divulgata per tutto il Mondo come indubitata e certa,<br />
talchè non vi era bisogno di memorarla di nuovo per farla risapere.<br />
Terzo, che da tal Silenzio del suo Arcivescovo non mai<br />
Firenze dubitò della Traslazione della Santa Casa, che anzi tutta<br />
la Toscana nel 1719 ne ottenne l’Ufizio e la Messa, come nel<br />
1725 tutta la Spagna.<br />
Critesio Su di tal Silenzio di S. Antonino potrebbe pur vedersi il<br />
P. Grandi Camaldolese, Dissert. 3, cap. 8, n. 12.<br />
Timesia Che accade più legger dotti Scrittori. La verità è una sola ed<br />
indivisibile e, per quanto resti combattuta, sempre alla fine prevale<br />
ed a sè soggetta ogni umano Intelletto che non resti volontariamente<br />
incatenato dalla perfidia.<br />
Filomata Viva dunque il gran Santuario di Loreto! Se mai altra volta quel<br />
Letterato farà più capitar sue Lettere, lo rimetterò all’umile<br />
Recita della chiusa della sesta Lezione che, sotto Papa Innocenzo<br />
XII, fu aggiunta all’Ufizio proprio della Traslazione della Santa<br />
Casa: lo rimanderò alle deposizioni giurate di tanti testimoni<br />
che, al tempo di Papa Clemente VII, attestarono di aver’udito<br />
dai loro Maggiori, che essi videro la Santa Casa portarsi miracolosamente<br />
per aria: e così alle deposizioni di quegli altri, spediti<br />
dallo stesso Pontefice a confrontar le misure nella Schiavonia<br />
e in Nazareth. E se né a tutto ciò, né ad altro vorrà arrendersi,<br />
gli griderò: Restati pur con la tua cieca miscredenza; e senza<br />
invidia: non aspettar seguaci, ma odiatori della tua durezza: a<br />
tuo dispetto vedrai sempre più impegnati tutti i Fedeli a venerar<br />
quel gran Santuario, che credono essere stato consacrato dall’ineffabile<br />
Incarnazione del Divin Verbo.<br />
561
DIALOGHETTO IN QUATTRO EDUCANDE<br />
PER LA FESTA DELLA PRESENTAZIONE DI MARIA<br />
21 Novembre 1786<br />
Mons. <strong>Marcucci</strong>, benché impegnato nel governo della Diocesi, nel giorno della festa<br />
della Presentazione di Maria al Tempio, scrive questo dialogo per le quattro educande,<br />
presenti nella sua Congregazione di Ascoli. Esse sono le sorelle Celi Caterina e<br />
Marianna di Montedinove (AP), entrate in convitto rispettivamente il 21 novembre<br />
1781 all’età di nove anni e il 28 maggio 1786 all’età di otto e le sorelle Picca Maria<br />
e Caterina (Teresina) di Ascoli, entrate in Congregazione nell’ottobre 1786 16 . Il Servo<br />
di Dio mons. <strong>Marcucci</strong> spiega alle educande il significato di una festa che tanto le avvicina<br />
alla Vergine Santa che, come dice la Tradizione, fu educata al Tempio per ben dodici<br />
anni. Le sue giornate erano divise tra orazioni, studio delle divine Scritture, visite al<br />
Tempio e lavori; Ella tutto riferiva a Dio e Dio era l’unico fine del suo operare e del suo<br />
vivere. Le educande vedono in Maria Bambina la loro Madre e Maestra.<br />
Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 92, pp. 1-5.<br />
Educanda I Gaudete omnes diem festum celebrantes in honorem Praesentationis<br />
Beatissimae semper Virginis MARIAE; de qua gaudent omnes<br />
Angeli et tota Patria Coelestis exultat 17 .<br />
Educanda II Se tutta la Corte Celeste si pone in festa nella Presentazione al<br />
Tempio della loro Regina, quando era tra noi; è questo un<br />
Invito alla Chiesa nostra militante per degnamente celebrarla.<br />
Educanda III Certamente, se una tale Festa si celebra da tutta la Chiesa;<br />
ragion vuole, che da noi Educande celebrar si debba con una<br />
particolarissima divozione.<br />
Educanda IV E come no, se questa gran Festa della Presentazion di MARIA,<br />
è propriamente la solennissima Festa di Noi Educande?<br />
16 Cf. Elenco delle Educande del collegio delle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione di Ascoli<br />
Piceno, volume non numerato in Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />
17 Godete voi tutti che celebrate il giorno festivo in onore della Presentazione della beatissima<br />
sempre Vergine Maria di cui godono tutti gli angeli e tutta la patria celeste esulta.<br />
562<br />
Educanda I “Trimula erat Virgo Puella, quando a Parentibus suis Joachim et<br />
Anna, ex Dei voluntate, fuit hodierna die in Templo praesentata” 18 .<br />
EducandaII Di soli tre anni dunque era la SS.ma Fanciulla, quando dai<br />
suoi Parenti per Divino Volere fu posta in Educazione al<br />
Tempio di Gerosolima con le altre Verginelle?<br />
Educanda III Sì, si, tale è la comune sentenza dei più antichi Sacri Scrittori;<br />
e che riesce a noi di esempio e di sprone di presentarci e dedicarci<br />
a Dio nella nostra più tenera età e fanciullezza.<br />
Educanda IV Faceva maraviglia a tutti gli Angeli, che eran discesi dal<br />
Cielo per corteggiarla, nel vederla salir da se stessa i quindici<br />
misteriosi Gradini del Tempio, in contrassegno che tutta<br />
sollecita saliva i più alti gradi di Perfezione per dedicarsi<br />
tutta al suo caro Dio.<br />
Educanda I Quis enim Intellectus capere potest, quae lingua dicere, quid perfectionis<br />
fecerit Maria per annos duodecim, quibus in Templo extitit,<br />
semper in Deum absorpta 19 .<br />
Educanda II Convien credere, che nei dodici anni dell’Educazione della<br />
Divina Fanciulla, la sua Vita fosse tutta in Dio e vivesse<br />
nell’Educandato del Tempio, come se stesse innanzi al Trono<br />
di Dio in Cielo.<br />
Educanda III Benché la sua SS.ma Vita fosse ripartita e nelle Orazioni, e<br />
nelle considerazioni delle Divine Scritture e nelle Visite del<br />
Sacro Tempio e nei Lavori; nientedimeno il tutto riferiva a<br />
Dio e Dio era l’unico fine del suo operare e del suo vivere.<br />
18 Di tre anni era la Vergine fanciulla quando dai suoi genitori Gioacchino ed Anna per<br />
volontà di Dio fu presentata al Tempio nel giorno d’oggi.<br />
19 Quale mente infatti può comprendere, quale lingua può dire quale perfezione abbia raggiunto<br />
Maria per dodici anni nei quali fu nel Tempio sempre assorta in Dio?<br />
563
Educanda IV Ed oh così fosse la vita nostra ad imitazione di Maria!<br />
Educanda I Eja, Sorores! Talis fuit Mariae, Vita in Templo, ut imitaretur a nobis 20 .<br />
Le tre altre Educande, insieme: “Ad onor dunque della Presentazion di Maria<br />
al Tempio noi ci dedichiamo sin da questo Giorno tutte<br />
all’amore e servizio di Dio.”<br />
Educanda I Ego quoque vobiscum 21 .<br />
Tutte insieme “Viva Maria SS.ma, nostra Gran Madre e Maestra! Evviva,<br />
Evviva!”<br />
20 Eh, sorelle, la vita di Maria nel Tempio fu tale che fosse imitata da noi.<br />
21 Anch’io con voi.<br />
564<br />
Ignoto, Sant’Anna insegna a leggere alla Piccola Maria,<br />
sec. XVIII, olio su tela, Ascoli Piceno, Museo-<br />
Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />
Anonimo, Cuore immacolato di Maria e Cuore immacolato di Gesù, sec. XVII, olio su tela,<br />
Ascoli Piceno, Museo-Biblioteca “<strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong>”.<br />
565
566<br />
Indice dei nomi notevoli di persone 1<br />
Abate Ferrucci: pagg. 243, 259.<br />
Adolfo Conte di Alsazia: pag. 98.<br />
Agnese Desio (Suora): pag. 129.<br />
Agnese di Montepulciano*: pag. 49.<br />
Agostino (Santo)*: pagg. 8,13, 24, 67,<br />
68, 10, 185, 276, 281, 296, 297, 338,<br />
344, 346, 359, 362, 363, 369, 381,<br />
382, 386, 387, 418, 420, 432, 442,<br />
443, 445, 448, 452, 510, 536, 550.<br />
Agostino Calmèt*: pag. 358.<br />
Alano (Beato) de la Rupe*: pagg. 192,<br />
364.<br />
Alberto di Vercelli o di Gerusalemme*:<br />
pag. 180.<br />
Alberto Magno*: pag. 155.<br />
Aleide: pag. 114.<br />
Alemanno Pietro (Pittore): pagg. 218, 412<br />
Alessandro I (Papa)*: pag. 278.<br />
Alessandro III (Papa)*: pag. 142.<br />
Alvarez Baldassarro: pag. 107.<br />
Ambrogio (Santo)*: pagg. 32, 160, 163,<br />
164, 167, 172, 185, 274, 342, 350,<br />
360, 381, 521, 549.<br />
Amedeo (Beato)*: pag. 32.<br />
Amerigo Vespucci*: pag. 271.<br />
Anacreonte*: pag. 191.<br />
Anastasio I*: pag. 276.<br />
Andria Vincenzo: pag. 115.<br />
Angelino Carmelitano (Beato)*: pag. 114.<br />
Angelita: pagg. 555, 560.<br />
1 I nomi contrassegnati con l’asterisco sono presenti nel repertorio.<br />
Anna (Santa): pagg. 346, 347, 348, 349,<br />
350, 505, 563, 563n, 564..<br />
Anselmo d’Aosta*: pagg. 29, 32, 104,<br />
355, 540, 549.<br />
Antonino (Santo)*: pagg. 20, 33, 558,<br />
561.<br />
Apollinare di Laodicea*: pag. 281.<br />
Ario: pag. 281.<br />
Arnolfo Santo*: pag. 49, 299.<br />
Atanasio di Alessandria (Santo)*: pagg.<br />
281, 386.<br />
Augusto*: pagg. 360, 365, 366, 367,<br />
368, 371, 372.<br />
Auriemma Tommaso*: pagg. 60, 62, 62n,<br />
63n, 92n, 99n, 100n, 115n, 121n,<br />
122n, 127n, 133n, 134n, 151n, 152n,<br />
156n, 157n, 158n, 168n, 163n, 176n,<br />
192n, 194n, 233, 251, 253, 260.<br />
Baillèt: pag. 558.<br />
Baronio Cesare (Cardinale)*: pagg. 358,<br />
360, 369, 371, 372, 546, 555, 560.<br />
Basilio Magno (Santo)*: pagg. 358, 381.<br />
Basso Publio Ventidio*: pag. 296.<br />
Battista Mantovano (Beato)*: pag. 560.<br />
Baylon Pasquale (Santo)*: pag. 70.<br />
Beda*: pagg. 11, 169, 185, 350, 359,<br />
369, 558, 559, 560.<br />
Bedini Gaetano*: pag. 358.<br />
Bellarmino Roberto (Santo)*: pagg. 263,<br />
268.<br />
Benedetto XIII*: pag. 549.<br />
567
Benzonio Rutilio*: pag. 555.<br />
Bernardino da Siena (Santo)*: pagg. 19,<br />
112, 127, 132, 139, 144, 313, 322.<br />
Bernardo (Santo)*: pagg. 11, 20, 30, 41,<br />
61, 61n, 112, 131, 151, 171, 175,<br />
202, 236, 258, 299, 300, 302, 325,<br />
359, 360, 361, 363, 377, 395, 409,<br />
418, 433, 435, 436, 437, 442, 443,<br />
462, 463, 490, 514, 516, 540.<br />
Bollando (Jean Bolland)*: pagg. 209,<br />
340, 356, 393.<br />
Bonaventura (Santo)*: pagg. 28, 113,<br />
127, 132, 145, 238, 273, 432, 540,<br />
549.<br />
Bonifacio IX*: pag. 168.<br />
Bonifacio VIII*: pag. 180.<br />
Bonoso: pag. 363.<br />
Borromeo Carlo (Santo)*: pag. 70.<br />
Brigida (Santa)*: pagg. 20, 28, 29, 33,<br />
74, 90, 92, 97, 127, 131, 205, 211,<br />
238, 253, 335, 361.<br />
Callisto III*: pag. 156.<br />
Calvino: pag. 118.<br />
Canisio Pietro (Santo)*: pagg. 555, 557.<br />
Capozi Agnese di Montalboddo: pag 546.<br />
Capozi Maria Petronilla (Suora): pagg.<br />
497, 497n.<br />
Casaubono: pagg. 557, 560.<br />
Caterina da Siena (Santa): pagg. 188, 326.<br />
Cecco d’Ascoli*: pag. 233.<br />
Cecilia di Palermo (Suora): pag. 49.<br />
Cedonio Servita (Beato): pag. 173.<br />
Celestino I (Papa)*: pagg. 273, 276.<br />
Celestino V (Papa)*: pagg. 207, 556.<br />
Celi Caterina: pag. 562.<br />
568<br />
Celi Marianna: pag. 562.<br />
Centofiorini: pag. 555.<br />
Cerinto*: pagg. 378, 382.<br />
Cipriano (Santo)*: pag. 369.<br />
Cirillo e Metodio (Santi)*: pagg. 180,<br />
238, 382, 384.<br />
Cisterzio Pietro (Beato): pag. 263.<br />
Civita Vincenzo (Pittore): pag. 337.<br />
Clemente Alessandrino (Santo)*: pag.<br />
369.<br />
Clemente Romano (Santo)*: pag. 248.<br />
Clemente VII (Papa)*: pagg. 167, 168,<br />
561.<br />
Clemente X (Papa)*: pagg. 179, 181.<br />
Clemente XI (Papa)*: pagg. 341, 36.<br />
Clemente XII (Papa)*: pagg. 38.<br />
Clemente XIV (Papa)*: pagg. 290n, 494,<br />
494n, 497.<br />
Cornelio a Lapide*. pagg. 368, 377.<br />
Cristanziano (Santo)* : pag. 149, 153,<br />
154.<br />
Cristina (Beata): pag. 50.<br />
Cristoforo Colombo*: pag. 271.<br />
Damaso I (Papa)*: pagg. 278, 280, 281,<br />
370, 552.<br />
De Marca Pierre*: pag. 340.<br />
Desio Maria Agnese (Suora): pag. 129.<br />
Diego Francescano (Santo): pag. 63.<br />
Dionisio Aeropagita (Santo): pag. 278.<br />
Dionisio Cartusiano (Santo): pagg. 158,<br />
238.<br />
Domenico (Santo): pagg. 190, 192.<br />
Domenico Valesio*: pag. 330.<br />
Dorotea (Beata)*: pag. 63.<br />
Ebione*: pagg. 378, 382.<br />
Egidio (Beato)*: pagg. 375, 385.<br />
Elisabetta (Santa): pagg. 13, 155, 156,<br />
160, 162, 163, 167, 168, 169, 172,<br />
231, 347, 348, 349, 360, 362, 383.<br />
Elisabetta regina del Portogallo (Santa)*:<br />
pagg. 63, 207.<br />
Elisabetta regina di Ungheria (Santa)*:<br />
pag. 64.<br />
Elvidio*: pagg. 356, 363, 380, 381, 382.<br />
Emidio (Santo)*: pagg. 89d, 196, 197,<br />
197n, 198, 200, 201, 202, 202n.<br />
Enrico Suso (Errigo Susone)*: pagg. 208,<br />
209.<br />
Epifanio di Costantinopoli*: pagg. 132,<br />
358, 381, 432.<br />
Ermanno Giuseppe di Colonia (Santo)*:<br />
pag. 106.<br />
Erode il Grande*: pagg. 17, 365, 366,<br />
367, 367n, 368, 373, 390, 390n, 391,<br />
392, 393, 394, 395.<br />
Errigo del Casto: pagg. 72, 73.<br />
Errigo di Evora (Cardinale): pag. 207.<br />
Eugenio di Cesarea*: pagg. 336, 341,<br />
342, 350, 369, 372.<br />
Eugenio IV (Papa)*: pag. 282.<br />
Eulalia (Beata): pagg. 158, 159.<br />
Eutiche*: pag. 384.<br />
Evolto Giovanni: pag. 62.<br />
Falconieri Giuliana (Santa)*: pag. 63.<br />
Ferdinando V di Castiglia: Pag. 271.<br />
Ferrari Dino (Pittore): pagg. 295, 365.<br />
Filippo Benizi (Santo)*: pagg. 236, 299.<br />
Firmiano Lattanzio*: pag. 369.<br />
Fontana Luigi (Pittore): pag. 512.<br />
Fotino*: pag. 281.<br />
Fra Leone*: pagg. 129, 134.<br />
Francesca del SS. mo Sagramento (Suora):<br />
pag. 107<br />
Francesca Romana (Santa)*: pag. 207.<br />
<strong>Francesco</strong> d’Assisi (Santo)*: pagg. 207,<br />
337, 385.<br />
<strong>Francesco</strong> di Sales (Santo)*: pagg. 258,<br />
322, 326.<br />
Francisco Turriano*: pag. 557.<br />
Garzia Simone: pagg. 141, 148.<br />
Gelsio (Papa)*: pag. 274.<br />
Geltrude (Santa)*: pagg. 49, 68, 69, 90,<br />
94, 326.<br />
Gereone, monaco: pag. 69.<br />
Gerlaco Romita (Santo)*: pag. 63.<br />
Germano di Costantinopoli (Santo)*:<br />
pagg. 119, 321, 550.<br />
Gerolesi <strong>Antonio</strong>*: pag. 224.<br />
Gersone Giovanni*: pagg. 105, 342, 343,<br />
350, 353, 356.<br />
Giacinto Santo*: pag. 49.<br />
Giacomo I*: pag. 152.<br />
Giacomo Maggiore (Apostolo e Santo):<br />
pagg. 7, 116, 117, 118, 122, 151,<br />
333, 347, 367, 479, 481.<br />
Giacomo Minore (Apostolo e Santo): pag.<br />
347.<br />
Giordani Domenico: pag. 494.<br />
Giordano Raimondo (Beato): pag. 113.<br />
Giovacchino (Santo): pagg. 164, 238,<br />
324, 327, 340, 345, 346, 349, 350,<br />
505.<br />
Giovanna Carmelitana (Beata): pag. 63.<br />
Giovanna di Francia (Beata): pag. 158.<br />
569
Giovanni Battista (Santo): pagg. 160, 161,<br />
163, 164, 165, 166, 347, 353, 367.<br />
Giovanni Crisostomo (Santo)*: pag. 25,<br />
27, 28, 70, 185, 521.<br />
Giovanni Damasceno (Santo)*: pagg.<br />
119, 132, 211, 212, 214, 303, 305,<br />
306, 307, 345, 346, 349, 350, 419,<br />
426, 428, 430, 432.<br />
Giovanni Evangelista (Apostolo e Santo):<br />
pagg. 23, 163, 347, 446, 524, 540.<br />
Giovanni re di Portogallo*: pag. 48.<br />
Giovanni XXI (Papa)*: pag. 142.<br />
Giovanni XXII (Papa)*: pag. 156.<br />
Gioviniano*: pagg. 363, 380, 382, 490.<br />
Girolamo (Santo): pagg. 237, 342, 350,<br />
356, 362, 368, 370, 380, 381, 382,<br />
550.<br />
Giulio Africano*: pagg. 336, 341.<br />
Giulio II (Papa)*: pag. 556.<br />
Giustino Martire (Santo)*: pagg. 350, 386.<br />
Gondisalvo (Beato): pag. 258.<br />
Gravesòn: pagg. 118n, 119n, 120n,<br />
142n, 168n, 180n, 360, 369, 558.<br />
Gregorio di Nissa (Santo)*: pag. 359.<br />
Gregorio III (Papa)*: pag. 119.<br />
Gregorio IV (Papa)*: pag. 142.<br />
Gregorio IX (Papa)*: pag. 155.<br />
Gregorio Nazianzeno (Santo)*: pag. 282,<br />
348.<br />
Gregorio VII (Papa)*: pag. 121, 131, 294.<br />
Gregorio XV (Papa)*: pag. 38.<br />
Gretsero Jacopo*: pagg. 555, 557.<br />
Idelfonso (Santo)*: pagg. 214, 258, 280,<br />
282.<br />
Ignazio di Antiochia*: pag. 360.<br />
570<br />
Ilario di Poitiers (Santo): pagg. 273, 358.<br />
Innocenzo III (Papa)*: pagg. 269, 273,<br />
441, 450.<br />
Innocenzo IV (Papa)*: pag. 180.<br />
Ireneo di Lione (Santo)*: pagg. 379, 386,<br />
549.<br />
Isabella di Castiglia*: pag. 271.<br />
Isidoro di Siviglia*: pagg. 248, 369.<br />
Leone I (Papa)*: pag. 384.<br />
Leone IV (Papa)*: pag. 207.<br />
Leone IX (Papa)*: pag. 202.<br />
Leone X (Papa)*: pag. 556.<br />
Lirano Nicolò*: pagg. 162, 346, 350,<br />
368, 370.<br />
Lorenzo Giustiniani (Santo)*: pag. 533.<br />
Lorenzo Grisogono: pag. 127.<br />
Luca Evangelista (Santo): pagg. 6, 12, 20,<br />
139, 336, 337, 338, 339, 340, 341,<br />
344, 345, 347, 348, 349, 360, 361,<br />
366, 367, 379, 383, 446, 463, 478,<br />
519.<br />
Lucenzio*: pag. 384.<br />
Lutero: pag. 118.<br />
Lutgarda (Santa)*: pag. 230.<br />
Macedonio: pag. 281.<br />
Marana Tommaso: pag. 59.<br />
Marcello (Papa): pag. 200.<br />
Marcione: pag. 281.<br />
Marco Evangelista (Santo): pagg. 446, 547<br />
Marco I (Papa): pag. 278.<br />
<strong>Marcucci</strong> Chiara Cecilia: pag. 290n.<br />
Margherita da Cortona (Santa): pag. 72.<br />
Maria di Agreda (Suora): pagg. 105, 107,<br />
246.<br />
Maria Egiziaca (Santa): pag. 72.<br />
Maria Maddalena (Santa): pagg. 184, 185,<br />
186, 187, 189, 547n.<br />
Martorelli, Monsignor: pagg. 555, 559.<br />
Masucci Agostino (Pittore): pag. 457.<br />
Materno di Milano (Santo): pag. 200.<br />
Matilde (Santa): pagg. 70, 139, 140, 145,<br />
155, 157, 230, 374.<br />
Matteo Evangelista (Santo): pagg. 268,<br />
336, 337, 338, 339, 340, 341, 343,<br />
344, 346, 351, 354, 358, 359, 361,<br />
365, 366, 373, 378, 379, 380, 381,<br />
383, 386, 387, 388, 389, 390, 393,<br />
445, 445, 552, 553, 582.<br />
Melchiade (Papa): pag. 197.<br />
Muratori Ludovico <strong>Antonio</strong>*: pag. 558.<br />
Nardini Bonifazio (Pittore): pagg. 47, 231.<br />
Nardini Tommaso (Pittore): pag. 425.<br />
Natale Alessandro: pag. 558.<br />
Nestorio*: pagg. 157, 383, 382, 384.<br />
Niccolò IV (Papa)*: 556.<br />
Niceforo*: pagg. 162, 348, 369.<br />
Nicola da Tolentino*: pag. 63.<br />
Odone (Santo): pagg. 528, 529.<br />
Onorio III (Papa)*: pag. 180.<br />
Onorio IV (Papa)*: pag. 180.<br />
Origene*: pagg. 169, 185, 274, 369.<br />
Ospiniano: pag. 557.<br />
Padre Girolamo Carraglio: pag. 253.<br />
Padre Grandi: pagg. 558, 561.<br />
Padre Onorato di S. Maria: pagg. 557,<br />
558, 560.<br />
Paolo (Apostolo e Santo): pagg. 326, 383,<br />
540.<br />
Paolo Diacono*: pagg. 165, 166.<br />
Paolo II (Papa)*: pag. 556.<br />
Paolo III (Papa)*: pag. 556.<br />
Paolo IV (Papa)*: pag. 556.<br />
Papebrochio Daniele*: pag. 558.<br />
Parisani Geltrude: pag. 546.<br />
Patrizio (Santo): pag. 492.<br />
Pelagio II (Papa)*: pag. 285.<br />
Petavio Dionigi*: pag. 368.<br />
Picca Caterina: pag. 562.<br />
Picca Maria: pag. 562.<br />
Pico della Mirandola*: pag. 223.<br />
Pier Damiani (Santo)*: pagg. 10, 81, 137,<br />
237, 434, 540.<br />
Pietro (Apostolo e Santo): pagg. 12, 111,<br />
151, 248, 263, 367, 470, 547.<br />
Pio V (Papa)*: pagg. 180, 192, 274.<br />
Platone*: pag. 199.<br />
Ponziano (Papa)*: pagg. 264, 265.<br />
Quinziano*: pag. 403, 404.<br />
Radegonda*: pag. 64.<br />
Rainaudo Teofilo*: pag. 558.<br />
Relucenti Tecla, (Suora): pag. 41.<br />
Riccardo di San Vittore*: pagg. 132, 138.<br />
Ricci Niccola: pag. 35.<br />
Rosa Maria di S. <strong>Antonio</strong> (Suora): pag. 49.<br />
Ruperto Abate (Santo): 142.<br />
Samuele (Beato): pag. 68.<br />
Scaligero: pag. 368.<br />
Sedulio Scoto*: pag. 549.<br />
Senese Sisto: pag. 368.<br />
Servazio (Santo)*: pag. 63.<br />
Silvestro I (Papa)*: pagg. 269, 278, 281.<br />
571
Simone Stok (Santo)*: pagg. 179, 181,<br />
182, 183.<br />
Sisto V (Papa)*: pag. 180, 556.<br />
Sovore (Beato): pagg. 49.<br />
Stanislao Kostka (Santo)*: 49.<br />
Stefano di Antiochia*: pag. 119.<br />
Stefano Re di Ungheria*: pag. 49.<br />
Suarez Francisco*: pagg. 11, 112, 126,<br />
144, 322, 353, 356, 377, 429.<br />
Telesforo (Papa)*: pag. 273.<br />
Teofilo Rainàudo: pag. 558.<br />
Teresa (Santa): pagg. 71, 103, 106, 107,<br />
108, 326, 342, 549.<br />
Tertulliano Quinto Settimo Fiorente*:<br />
pagg. 33n, 394.<br />
Toledo Francisco*: pag. 63, 258.<br />
Tommaso D’Aquino*: pagg. 362, 363, 374,<br />
382, 387, 386, 389, 393, 420, 426.<br />
Tommaso da Kempis*: pag. 157.<br />
572<br />
Torriano: pag. 555.<br />
Torsellino Orazio*: pagg. 335, 555, 559.<br />
Tostato Alfonso: pagg. 358, 368.<br />
Ugone di San Vittore*: pag. 262.<br />
Ugone Grozio*: pagg. 339, 345.<br />
Urbano II (Papa)*: pag. 285.<br />
Urbano VI (Papa)*: pagg. 167, 168.<br />
Vacchinia Francesca: pag. 142.<br />
Valentino (Santo)*: pagg. 197, 199, 201.<br />
Vergerio: pag. 557.<br />
Veronica di Binasco: pag. 233.<br />
Veterico: pagg. 492, 493.<br />
Vincenzo Ferreri*: pag. 427, 514.<br />
Vitelli Bartolomeo (Pittore): pagg. 7, 235,<br />
320.<br />
Vitellozzi Paolo (Pittore): pag. 467.<br />
Vossio Isacco: pag. 369.<br />
Zaccaria (Santo): pagg. 164, 347, 348.<br />
Repertorio di persone menzionate nell’opera<br />
Agnese da Montepulciano, Beata:<br />
(Gracciano, 1268 - Montepulciano,<br />
1317) Badessa di Procedo, tornò a<br />
Montepulciano e vi fondò un nuovo<br />
monastero domenicano. Particolarmente<br />
devota della passione di Gesù. Fu canonizzata<br />
nel 1726.<br />
Agostino, Santo: (Tagaste, 354 - Ippona,<br />
430) Filosofo, teologo e padre della<br />
Chiesa; dapprima manicheo, insegnò<br />
retorica a Roma e a Milano dove le prediche<br />
di S. Ambrogio e la conoscenza<br />
delle opere di Plotino determinarono la<br />
sua conversione al Cristianesimo.<br />
Ricevette il Battesimo da S. Ambrogio<br />
la notte di Pasqua del 387. Vescovo di<br />
Ippona (396), spese il resto della sua vita<br />
dedicandosi all’amore per il prossimo e<br />
all’opera di scrittore al servizio della cristianità.<br />
La più famosa opera di A. sono<br />
le Confessioni. Ricordiamo inoltre: De<br />
Civitate Dei, De vera religione, De<br />
Trinitate. Più volte citato nel Concilio<br />
Vaticano II per le sue intuizioni sul<br />
Mistero della Vergine Madre di cui sottolinea<br />
il rapporto di profonda connessione<br />
con il Mistero di Cristo e della<br />
Chiesa, assumendo quali dati di fede la<br />
maternità divina di Maria e la sua verginità<br />
perpetua.<br />
Alano de la Rupe, Beato: (Bretagna, 1428<br />
- Zwolle, 1475) Frate domenicano originario<br />
della Bretagna. A lui si deve la diffusione<br />
della devozione al Salterio o<br />
Santo Rosario, del quale stabilì le caratteristiche<br />
attuali, fissando delle regole a<br />
quello che veniva già recitato per consuetudine:<br />
dalla originaria recita di 50<br />
Ave Maria passò a 150 divise in decadi,<br />
inframezzate da 15 Pater Noster. Fissò a<br />
cinque i temi di meditazione, elaborando<br />
i Misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi.<br />
Alberto di Vercelli o di Gerusalemme,<br />
Santo: (Castel Gualtieri, ca. 1150 - Acri,<br />
1214) Patriarca latino di Gerusalemme,<br />
con l’ufficio di Legato papale per la<br />
Terrasanta. Svolse un ruolo fondamentale<br />
nella creazione dell’Ordine dei<br />
Carmelitani; diede infatti agli eremiti<br />
del Carmelo la loro regola, che sarà<br />
approvata definitivamente nel 1247 da<br />
Papa Innocenzo IV.<br />
Alberto Magno, Santo: (Launingen, 1193 -<br />
Ratisbona, 1280) Fu il primo esponente<br />
dell’ ordine domenicano, diede un fondamentale<br />
contributo allo sviluppo del<br />
pensiero teologico medioevale. Insegnò<br />
teologia all’università di Parigi, fu<br />
Provinciale dell’ordine e vescovo di<br />
Ratisbona. Prese parte al secondo<br />
Concilio di Lione. Le sue opere ammontano<br />
a circa 40 volumi.<br />
Alessandro I, Papa: Santo (80? - 115) Fu il<br />
sesto Papa della Chiesa, all’incirca dal<br />
105 al 115. Gli si attribuisce l’introduzione<br />
nel canone del Qui Pridie, le<br />
parole commemorative dell’istituzione<br />
dell’Eucaristia. Si dice anche che abbia<br />
introdotto l’uso di benedire con acqua e<br />
sale le case dei cristiani per preservarle<br />
dal maligno.<br />
573
Alessandro III, Papa: (1159 - 1181) Dotto<br />
professore di teologia e diritto a Bologna.<br />
Fu eletto Papa dal Barbarossa e gli fu contrapposto<br />
come antipapa Ottaviano<br />
(Vittore IV). Per le vicissitudini delle<br />
varie leghe da lui concordate, per la ribellione<br />
dei suoi sudditi e l’ostilità dell’antipapa<br />
fu costretto spesso alla fuga. Bandì<br />
la crociata contro gli Albigesi.<br />
Alfonso Tostato: (1400 ca. - 1455) Insigne<br />
biblista spagnolo, sarà tra i primi a rapportarsi<br />
con le affermazioni del Canon<br />
Episcopi.<br />
Ambrogio, Santo: (Treviri, 339 - Milano,<br />
397) Vescovo di Milano e Dottore<br />
della Chiesa. Studiò a Roma intraprendendo<br />
presto la carriera amministrativa;<br />
energico difensore della Chiesa<br />
contro gli ariani e i pagani, fu, inoltre,<br />
amico e consigliere di tre imperatori<br />
(Graziano, Valentiniano II e Teodosio<br />
I). Scrisse numerose opere di argomento<br />
dogmatico, ascetico - morale ed esegetico.<br />
Nutrì e manifestò per Maria<br />
una profonda venerazione che nasce<br />
dalla coscienza del posto singolare<br />
della Vergine nel Mistero della salvezza<br />
e dalla consapevolezza che la<br />
Vergine Madre è l’espressione più alta<br />
della santità ecclesiale.<br />
Amedeo, Beato: Francescano dell’ordine dei<br />
minori, fratello di Santa Beatrice de<br />
Silva. Diede inizio alla Riforma francescana<br />
di Marignano. Tra le sue opere vanno<br />
annoverate De Conceptione Immaculata e<br />
Praesentatione, Desponsatione, Annunciatione,<br />
Visitatione, Partu et Assumptione B. Virginis<br />
Mariae.<br />
574<br />
Amerigo Vespucci: (Firenze, 1454 -<br />
Siviglia, 1512) Navigatore ed esploratore<br />
italiano. Fu tra i primi e più importanti<br />
esploratori del Nuovo Mondo,<br />
tanto da lasciare il suo nome al<br />
Continente.<br />
Anacreonte: (Teo, Ionia, attuale Turchia<br />
570 ca. - 488 ca. a.C.) Poeta lirico<br />
greco. Il suo nome è legato a un verso,<br />
l’anacreontico, metro delle ‘anacreontee’<br />
o ‘anacreontiche’, che ebbero grande<br />
fortuna nella letteratura greca e<br />
bizantina.<br />
Anastasio I, Papa: Santo. Fu il trentanovesimo<br />
Papa della Chiesa cattolica. Regnò dal<br />
27 novembre 399 al 19 dicembre 401. La<br />
sua opera viene ricordata soprattutto per<br />
la condanna degli scritti del teologo alessandrino<br />
Origene Adamantio, poco dopo<br />
la loro traduzione in latino. A lui fu<br />
ricondotta anche la costruzione della<br />
Basilica Crescenziana.<br />
Angelino Carmelitano, Beato: Vedi Angelo<br />
da Gerusalemme (o di Sicilia), Santo.<br />
Angelo da Gerusalemme (o di Sicilia),<br />
Santo: (Gerusalemme 1185 - Licata 5<br />
maggio 1220) Martire Carmelitano.<br />
Nasce a Gerusalemme nel 1185, da<br />
una famiglia ebraica convertita al<br />
Cristianesimo. A 25 anni fu ordinato<br />
sacerdote e nel 1218 fu incaricato di<br />
recarsi a Roma per illustrare ed ottenere<br />
dal Papa Onorio III la conferma<br />
della nuova e definitiva Regola del<br />
Carmelo. Fu inviato in Sicilia per predicare<br />
contro la diffusione del “catarismo”<br />
nell’isola.<br />
Anselmo d’Aosta, Santo: (Aosta, 1033 -<br />
Canterbury, 1109) Dottore della Chiesa.<br />
Divenne frate nell’Abbazia di Bec, celebre<br />
monastero della Normandia, nel 1060.<br />
Nel 1093, in Inghilterra, fu nominato<br />
arcivescovo di Canterbury. Tra le sue opere<br />
più importanti il Monologium, il<br />
Proslogium, il Liber apologeticus ad insipientem,<br />
il De fide Trinitatis et Incarnatione Verbi.<br />
Antonino Pierozzi, Santo: (Firenze, 1389<br />
- Montughi, 1459) Arcivescovo di<br />
Firenze. Domenicano, tenne varie cariche<br />
nel suo Ordine, diresse l’opera artistica<br />
del Beato Angelico e fondò la prima<br />
biblioteca pubblica d’Europa. Fu eletto<br />
Arcivescovo nel 1445. Tra le opere più<br />
importanti: la Summa teologica e la Cronica<br />
tripartita in latino; la Regola di vita cristiana<br />
e l’<strong>Opera</strong> a ben vivere in volgare.<br />
Apollinare di Laodicea: (310 circa - 390) è<br />
stato un vescovo romano. Teologo erudito,<br />
polemizzò contro pagani, manichei,<br />
contro Origene e contro Ario. Nella sua<br />
lotta antiariana, a partire dal 352 enfatizzò<br />
la natura divina di Cristo a scapito<br />
di quella umana, cadendo in una posizione<br />
cristologica eterodossa, detta da<br />
lui apollinarismo.<br />
Arnolfo, Santo: (ca. 582 - ca. 641) Nobile<br />
franco, capostipite dei Carolingi. Fu<br />
eletto vescovo di Metz nel 614. Nel 630<br />
si ritirò eremita nel convento di<br />
Remiremont.<br />
Atanasio di Alessandria, Santo: (Alessandria<br />
d’Egitto, ca. 295 - 373) Fu un vescovo cattolico<br />
e uno dei trentatré Dottori della<br />
Chiesa cattolica, che lo venera come<br />
santo assieme alla Chiesa Ortodossa e<br />
alla Chiesa copta. È festeggiato inoltre nel<br />
calendario dei santi anglicano e luterano.<br />
Augusto: Caio Giulio Cesare Ottaviano<br />
(Roma, 63 a. C. - Nola, 14 d. C.), primo<br />
imperatore dei romani, nipote di Cesare,<br />
il quale lo adottò e lo dichiarò suo erede.<br />
Alla morte di questo, formò il secondo<br />
triumvirato con <strong>Antonio</strong> e Lepido. L’età<br />
di Augusto rappresentò un momento di<br />
svolta nella storia di Roma e il definitivo<br />
passaggio dal periodo repubblicano al<br />
principato.<br />
Auriemma Tommaso: Religioso della<br />
Compagnia di Gesù. Autore di Le sette<br />
feste di Maria e di altre opere.<br />
Baronio Cesare, cardinale: (Sora, 30 agosto<br />
1538 - Roma, 30 giugno 1607). È<br />
stato uno storico, religioso e cardinale<br />
italiano. Membro degli Oratoriani di<br />
San Filippo Neri, nel 1596 Papa<br />
Clemente VIII lo innalzò alla dignità<br />
cardinalizia: il suo nome è legato alla<br />
redazione dei primi volumi degli<br />
Annales ecclesiastici (storia della Chiesa<br />
dalle origini al 1198) e alla revisione del<br />
Martirologio Romano (1586 - 1589).<br />
Basilio Magno o il Grande, Santo:<br />
(Cesarea in Cappadocia, 329 - 379)<br />
Vescovo greco, venerato come santo<br />
dalla Chiesa cattolica, di cui oltre che<br />
vescovo fu confessore e Dottore della<br />
Chiesa e primo dei Padri Cappadoci.<br />
Redasse la Grande Regola e la Piccola<br />
Regola come orientamento per la vita dei<br />
monaci che da lui presero il nome di<br />
monaci basiliani. Scrisse molte opere di<br />
carattere dogmatico, ascetico, discorsi<br />
ed omelie.<br />
575
Basso Publio Ventidio: (Ascoli Piceno,<br />
sec. I a.C.) Condottiero romano. Prese<br />
parte come cittadino ad una Civitas federata<br />
(i Picentes) nella guerra sociale contro<br />
Roma. Console nel 43, fu legato di<br />
<strong>Antonio</strong> in Gallia nel 42. Inviato in<br />
Oriente, occupò la Siria e la Cilicia e<br />
sconfisse i Parti nel 38.<br />
Battista Mantovano, Beato: (Mantova<br />
1448- 1516) Battista Spagnuoli, noto<br />
come il Mantovano dalla sua città di origine.<br />
Fu padre dell’Ordine dei<br />
Carmelitani e Superiore generale per<br />
alcuni anni. Scrisse opere di poesia in<br />
latino.<br />
Baylon Pasquale, Santo: (Torre Hermosa,<br />
1540 - Villareal, 1592) Giovane pastorello<br />
dedito alla vita religiosa. Entrato<br />
come laico nell’Ordine Francescano esercitò<br />
con umiltà gli incarichi più gravosi.<br />
La sua pietà s’incentrò sull’ Eucarestia..<br />
Beda, (The venerable St. Bede): (Monkwearmouth,<br />
Durham, 673 - Jarrow, 735)<br />
Santo e Dottore della Chiesa. Scrisse<br />
Omelie, Inni sacri, commentò la Bibbia<br />
e si impegnò nella traduzione in anglosassone<br />
del Vangelo di S. Giovanni.<br />
L’opera massima è la Historia Ecclesiastica<br />
Gentis Anglorum.<br />
Bedini Gaetano, Cardinale: (Senigallia,<br />
1806 -Viterbo, 1864) È stato un cardinale<br />
italiano. Diplomatico per la Santa<br />
Sede, ricoprì cariche di primo piano nel<br />
governo dello Stato della Chiesa e numerosi<br />
incarichi di prestigio come nunzio<br />
apostolico in Brasile, sostituto del<br />
Segretario di Stato, commissario pontificio<br />
nelle Legazioni e ambasciatore a<br />
576<br />
Bologna, arcivescovo titolare di Tebe,<br />
primo Delegato Apostolico degli Stati<br />
Uniti d’America, vescovo di Viterbo e<br />
Tuscanella e cardinale dell’Ordine dei<br />
Preti con il titolo di Santa Maria sopra<br />
Minerva.<br />
Bellarmino Roberto, Santo: (Montepulciano,<br />
1542 - Roma, 1621) Gesuita, teologo<br />
della Riforma Cattolica e Dottore<br />
della Chiesa, arcivescovo di Capua.<br />
Scrisse: Dichiarazione più copiosa della dottrina<br />
cristiana, Dispute sulle controversie<br />
della fede cristiana, Supèr Missus est<br />
Angelus Gabriel, Conciones V; In festo<br />
Annunciationis B Mariae, Conc. I; In festo<br />
Nativitatis eiusdem, Conc. I; In Assumptione<br />
eiusdem, Conc. I; De Partu eiusde, Conc. I.<br />
Benedetto XIII, Papa: Nato Pietro<br />
<strong>Francesco</strong> Orsini (Gravina di Puglia, 2<br />
febbraio 1649 - Roma, 21 febbraio<br />
1730). Fu Papa dal 1724. Uomo di<br />
grande cultura, fu un Papa riformatore e<br />
si impegnò a porre un freno allo stile di<br />
vita decadente del clero italiano e dei cardinali.<br />
Durante il Concilio Lateranense<br />
del 1725 richiese una incondizionata<br />
accettazione della bolla pontificia<br />
Unigenitus nella quale si erano controbattuti<br />
tutti i principali fondamenti dell’eresia<br />
giansenista francese.<br />
Benzonio Rutilio: Vescovo di Recanati e<br />
Loreto. Scrisse diverse opere tra cui un<br />
saggio per il Giubileo del 1600.<br />
Bernardino da Siena, Santo: (Marittima,<br />
1380 - L’Aquila, 1444) Frate minore,<br />
predicatore. Attraverso le sue predicazioni,<br />
che toccarono tutta Italia, diffuse<br />
la devozione del Santo Nome di Gesù<br />
espresso con le lettere IHS incise su una<br />
piastra tonda. Non scrisse nulla; le sue<br />
prediche ci sono tramandate attraverso<br />
le trascrizioni stenografiche di alcuni<br />
ascoltatori.<br />
Bernardo, Santo: (Fontaines-les-Dijon,<br />
1091 - Clairvaux, 1153) Dottore della<br />
chiesa. Fondò nuovi monasteri dell’Ordine<br />
e principalmente quello di Clairvaux del<br />
quale divenne abate. La sua riforma della<br />
regola si diffuse in Europa influenzando<br />
tutta la Chiesa. In uno dei viaggi in<br />
Italia fondò presso Milano l’abbazia di<br />
Chiaravalle.<br />
Bollando: Vedi Jean Bolland.<br />
Bonaventura, Santo: (Bagnoregio, Viterbo,<br />
1221 - Lione, 1274) Dottore della<br />
Chiesa. Studiò a Parigi, divenne generale<br />
dell’Ordine Francescano, partecipò in<br />
maniera attiva al II Concilio di Lione. È<br />
ricordato oggi come uno dei maggiori<br />
scrittori spirituali e teologici. La sua opera<br />
teologica più importante è il Commentarium<br />
in quattuor libros Sententiarum (1250- 54),<br />
commento alle sentenze di Pietro<br />
Lombardo; mentre quella che esprime il<br />
suo atteggiamento mistico è l’Itinerarium<br />
Mentis in Deum (1259).<br />
Bonifacio IX, Papa: (Casarano, ca. 1356 -<br />
Roma, 1404) Fu Papa della Chiesa cattolica<br />
dal 1389 alla morte. Durante il<br />
suo pontificato l’antipapa Clemente VII<br />
continuò nel suo ruolo di Papa ad<br />
Avignone sotto la protezione della<br />
monarchia francese. Durante il pontificato<br />
di Bonifacio vennero celebrati a<br />
Roma due giubilei.<br />
Bonifacio VIII, Papa: (Anagni, 1230 ca. -<br />
Roma, 1303) Nato Benedetto Caetani,<br />
fu Papa dal 1294. Eletto al soglio pontificio<br />
dopo l’abdicazione di Celestino V.<br />
Proclamò il Giubileo del 1300. A causa<br />
delle sue rigide concezioni teocratiche,<br />
espresse nella bolla Unam sanctam<br />
(1302), si scontrò più volte con il re di<br />
Francia Filippo IV, che lo fece prigioniero<br />
ad Anagni (episodio dello schiaffo,<br />
1303) Liberato da una rivolta popolare,<br />
morì poco dopo.<br />
Borromeo Carlo, Santo: (Arona, 1538 -<br />
1584) Cardinale, arcivescovo di Milano;<br />
era nipote di Papa Pio IV, che giovanissimo<br />
lo provvide di una ricca badia e<br />
d’un priorato. Fu creato cardinale appena<br />
ventiduenne, nel gennaio 1560, e<br />
pochi giorni dopo arcivescovo di Milano.<br />
Fu il principale artefice del Concilio di<br />
Trento. Con grande zelo promosse studi,<br />
riformò gli abusi del clero, istituì orfanotrofi,<br />
ricoveri per i poveri, ospizi per<br />
fanciulle. Nella terribile pestilenza che<br />
devastò gran parte dell’Italia, B. a<br />
Milano diede prova della sua carità evangelica<br />
soccorrendo gli appestati.<br />
Brigida, Santa: (Finstadt, 1302 o 1303 -<br />
Roma 1373) Santa svedese. Nel 1344,<br />
rimasta vedova, fondò le religiose del<br />
SS.mo Salvatore, unico Ordine nordico<br />
diffuso in tutta Europa. La sua opera<br />
principale è Revelationes in cui è esposta<br />
la dottrina mariana con particolare<br />
riguardo al mistero dell’Immacolata<br />
Concezione, dottrina che la Santa racconta<br />
di aver appreso direttamente dalla<br />
Vergine.<br />
577
Callisto III, Papa: (Iativa, Valenza 1378 -<br />
Roma, 1458) Nato Alonso de Borja, italianizzato<br />
in Borgia. Eletto pontefice nel<br />
1455, organizzò una crociata contro i<br />
Turchi riportando la vittoria contro di<br />
essi a Belgrado (1456) In Italia entrò in<br />
conflitto con Alfonso, re di Napoli che<br />
non intendeva riconoscere i diritti della<br />
Chiesa nel suo regno.<br />
Calmet Antoine: (1672-1757) Conosciuto<br />
poi come Don Agostino Calmet, fu un<br />
intelligente ed istruito erudita francese<br />
ed ideologo dell’Inquisizione del XVIII<br />
secolo. Fu padre benedettino della congregazione<br />
di Saint-Maur. Nel 1728<br />
diventa superiore dell’abazia di Senones.<br />
Fu studioso di materie religiose ammirato<br />
dai grandi pensatori della sua epoca.<br />
Canisio Pietro, Santo: Al secolo Pieter<br />
Kanijs (Nimega, 1521 - Friburgo,<br />
1597). È stato un teologo, scrittore olandese.<br />
Fu il primo gesuita della provincia<br />
germanica. Introdusse in Germania,<br />
Svizzera ed Austria il culto della Vergine<br />
di Loreto. Grazie a lui vennero stampate<br />
e diffuse le Litanie lauretane, nella forma<br />
ancor oggi recitata e vennero fondati nel<br />
corso del XVII secolo numerosi<br />
Santuari, tanto che i pellegrini di lingua<br />
tedesca erano tra i più assidui frequentatori<br />
del Santuario marchigiano<br />
Cecco d’Ascoli, <strong>Francesco</strong> Stabili, detto:<br />
(Ascoli Piceno, 1269 - Firenze, 1327)<br />
Poeta italiano. Di professione astrologo,<br />
visse in varie città italiane e a Bologna,<br />
da cui fu cacciato sotto l’accusa di eresia.<br />
Arrestato e processato dall’Inquisizione,<br />
fu arso vivo nel 1327. Scrisse in latino di<br />
578<br />
scienza astrologica, ma compose in volgare<br />
la sua opera principale, il poema<br />
L’Acerba.<br />
Celestino I, Papa: Santo. Fu Papa dal 422<br />
al 432. Il suo nome è legato soprattutto<br />
alla lotta contro l’eresia nestoriana. Nel<br />
Concilio di Efeso del 431 Nestorio fu<br />
condannato e si definì solennemente la<br />
dottrina della divina maternità di Maria.<br />
Celestino V, Papa: Santo (Isernia, 1215 -<br />
Anagni, 1296) Nato Pietro da Morrone,<br />
fu Papa per soli cinque mesi: dal 5 luglio<br />
1294 al 13 dicembre 1294. Eremita,<br />
diede vita alla congregazione monastica<br />
degli eremiti di S. Damiano, poi detti<br />
Celestini. Abdicò dal papato per umiltà<br />
e tornò alla vita penitente. Fu canonizzato<br />
nel 1313.<br />
Cerinto: Fu uno dei maggiori esponenti<br />
dello gnosticismo cristiano. Nato a Efeso<br />
o ad Antiochia (tuttavia secondo alcuni<br />
autori era di origine egiziana), visse nel I<br />
secolo d. C. Secondo C. il mondo non fu<br />
creato da Dio, ma da una potenza inferiore<br />
(un Demiurgo oppure dagli angeli)<br />
che ignorava persino l’esistenza di Dio<br />
(che è al di sopra di tutto e non è possibile<br />
conoscere).<br />
Cipriano, Santo: (Cartagine, 200 - 258)<br />
Vescovo e martire. Fu dapprima maestro<br />
di retorica, convertitosi poi al<br />
Cristianesimo divenne vescovo di<br />
Cartagine dalla quale si allontanò durante<br />
la persecuzione di Decio, per poi farvi<br />
ritorno con l’intento di confortare la<br />
popolazione colpita dalla peste. Lottò<br />
strenuamente contro gli apostati e<br />
denunciò lo scismatico Novaziano leg-<br />
gendo, durante il concilio di Cartagine,<br />
il suo trattato: Dell’unità della Chiesa<br />
Cattolica.<br />
Cirillo e Metodio, Santi: (Salonicco, ca.<br />
827 e ca. 815 - 689 e 885) Missionari,<br />
conosciuti come “gli apostoli degli Slavi<br />
meridionali”, predicarono il Vangelo in<br />
Moravia. Posero le basi della letteratura<br />
slava con la traduzione della liturgia e di<br />
gran parte della Bibbia. Nel 1981 Papa<br />
Giovanni Paolo II li ha dichiarati compatroni<br />
d’Europa insieme a S. Benedetto.<br />
Clemente Alessandrino: Tito Flavio<br />
Clemente (150 ca.- 215 ca.). Fu un teologo,<br />
filosofo, apologeta e scrittore cristiano<br />
del II secolo. Scrisse: Il Protrettico<br />
o Esortazione ai Greci, persuasivo appello<br />
alla Fede, le Disposizioni, un commentario<br />
sull’intera Bibbia e il Pedagogo per<br />
addestrare il Cristiano ad una vita disciplinata.<br />
Clemente Romano, Santo: Il terzo successore<br />
di s. Pietro, dopo Lino ed Anacleto,<br />
sulla cattedra di Roma, dove sedette dal<br />
92 al 101. La cosiddetta Prima Lettera ai<br />
Corinti, a lui attribuita con certezza, ha<br />
enorme importanza storica: essa ci testimonianza<br />
la costituzione e la storia delle<br />
comunità cristiane primitive.<br />
Clemente VII, antipapa: (Annecy, 1342 -<br />
Avignone, 1394) È stato conte di<br />
Ginevra ed antipapa dal 1378 fino alla<br />
sua morte. Subito dopo la sua elezione fu<br />
costretto a rifugiarsi a Napoli dove tentò<br />
di opporsi a Urbano VI. Non essendovi<br />
riuscito, stabilì la propria sede ad<br />
Avignone. Alla morte di Urbano VI nel<br />
1389 tentò di essere riconosciuto come<br />
unico Papa legittimo, ma Roma elesse<br />
Papa Bonifacio IX senza tentare nessuna<br />
ricomposizione dello Scisma.<br />
Clemente X, Papa: (Roma 1590 - Roma,<br />
1676) Fu eletto Papa nel 1670, benché<br />
ottuagenario e riluttante. Celebrò il<br />
Giubileo del 1675. Morì a 86 anni, non<br />
amato per aver lasciato il governo<br />
all’odiato cardinale nipote.<br />
Clemente XI, Papa: (Urbino, 1649 -<br />
Roma, 1721) Fu eletto Papa nel 1700<br />
(anno Giubilare) La sua insicurezza si<br />
manifestò dal momento in cui venne<br />
eletto, prevedendo i problemi che il<br />
nuovo secolo avrebbe portato con sé.<br />
Urbino godette grandemente del suo<br />
mecenatismo. Arricchì la biblioteca<br />
vaticana di numerosi codici orientali e<br />
diede notevole impulso all’archeologia<br />
con i primi scavi scientifici nelle catacombe.<br />
Clemente XII, Papa: (Firenze, 1652 -<br />
Roma, 1740) Fu eletto Papa nel 1730.<br />
Profuse grandi ricchezze per incoraggiare<br />
l’arte e abbellire Roma; la città deve a<br />
questo Papa la sua fontana più nota,<br />
quella di Trevi, la facciata di S. Giovanni<br />
in Laterano, la cappella Corsini nella<br />
stessa basilica, l’ampliamento di buona<br />
parte del Corso e il sistema di lastricare<br />
le strade della città con le selce.<br />
Clemente XIV, Papa: (Santarcangelo di<br />
Romagna, 31 ottobre 1705 - Roma, 22<br />
settembre 1774) Nato Gian Vincenzo<br />
<strong>Antonio</strong>, è stato il duecento cinquantunesimo<br />
Papa della Chiesa (1769-1774)<br />
La soppressione dell’ordine dei Gesuiti<br />
ha profondamente caratterizzato il suo<br />
579
pontificato, tanto da mettere in secondo<br />
piano i suoi pur meritori tentativi di<br />
ridurre il carico fiscale dei sudditi e di<br />
riformare la pubblica amministrazione<br />
dello Stato Pontificio, nonché il suo<br />
atteggiamento favorevole allo sviluppo<br />
delle arti liberali e alla diffusione della<br />
cultura, di cui il museo Pio-Clementino<br />
rimane a perenne testimonianza.<br />
Cornelio a Lapide: Il più famoso esegeta<br />
cattolico post- tridentino.<br />
Cristanziano, Santo: (Ascoli Piceno - 306)<br />
Martire. Ordinato dal Vescovo Emidio,<br />
subì il martirio nel luogo dove sorse la<br />
chiesa di S. Vittore. Le sue sacre spoglie<br />
furono deposte accanto a quelle di S.<br />
Emidio.<br />
Cristoforo Colombo: (Genova, 1451-<br />
Valladolid, 1506) Esploratore e navigatore<br />
genovese naturalizzato spagnolo.<br />
È stato uno dei cinque principali navigatori<br />
italiani che presero parte al processo<br />
esplorativo delle grandi scoperte geografiche<br />
tra il XV e il XVI secolo. Deve la<br />
sua fama mondiale alla scoperta del<br />
Continente americano, avvenuta il 12<br />
ottobre del 1492.<br />
Damaso I, Papa: Fu il trentasettesimo Papa<br />
della Chiesa Cattolica. Regnò dal 1<br />
ottobre 366, all’ 11 dicembre 384. Egli<br />
incoraggiò gli studiosi a revisionare nel<br />
latino contemporaneo, quindi in<br />
Vulgata, le versioni della Bibbia disponibili<br />
in latino antico. Damaso contribuì<br />
notevolmente anche all’arricchimento<br />
liturgico ed estetico delle chiese<br />
cittadine.<br />
580<br />
De Marca Pierre: (1594 - 1662) Vescovo e<br />
storico francese. Nel De concordia sacerdotii<br />
et imperii, (1641) sostenne che le leggi<br />
pontificie non obbligano se non dopo<br />
l’accettazione della Chiesa, cioè del<br />
corpo formato dai fedeli e rappresentato<br />
dal principe e quindi di fatto il sovrano<br />
è libero di accettare o no le disposizioni<br />
papali.<br />
Domenico Valesio: Padre gesuita italiano.<br />
Dorotea da Montau, Beata: A Marienwerder<br />
nella Prussia polacca, vedova, visse reclusa<br />
in una cella costruita accanto alla cattedrale,<br />
dandosi senza sosta ad una vita di<br />
orazione continua e di penitenza. Ebbe<br />
diverse estasi. Con l’esempio edificava<br />
quanti andavano a trovarla e le vennero<br />
attribuite diverse conversioni.<br />
Ebione: È il nome del presunto fondatore<br />
della setta ereticale degli Ebioniti sorto<br />
in Giudea e Siria alla metà del I secolo.<br />
In realtà il loro nome non proviene come<br />
supponeva Tertulliano dal nome del supposto<br />
fondatore della setta, Ebione, ma<br />
piuttosto da un termine ebraico significante<br />
“povero”.<br />
Egidio, Beato: Fu il terzo compagno di san<br />
<strong>Francesco</strong> e si associò a lui nel 1208.<br />
Condusse una vita semplice e mite.<br />
Spinto da vera devozione peregrinò ai<br />
più noti santuari, tra cui quello del<br />
sepolcro di Cristo. Nei viaggi a piedi si<br />
guadagnava da vivere prestando la sua<br />
opera ai contadini. In seguito si ritirò nei<br />
romitori dell’Umbria e da ultimo in<br />
quello di Monteripido fuori Perugia. Fu<br />
consigliere di Papi e di prelati.<br />
Elisabetta regina del Portogallo, Santa:<br />
(Saragozza, 1271 - Estremoz, 1336)<br />
Figlia del Re di Spagna Pietro III, fu<br />
data in sposa a soli 12 anni al Re del<br />
Portogallo, Dionigi. Dedicò tutta la sua<br />
vita alle opere di bene e rimasta vedova,<br />
dopo aver donato ai poveri gran parte dei<br />
suoi averi si ritirò a vita conventuale nel<br />
monastero di Coimbra.<br />
Elisabetta regina di Ungheria, Santa:<br />
(Presburgo, 1207 - Marburg, 1231)<br />
Figlia del re Andrea d’Ungheria. Si<br />
diede alle opere di carità, meritandosi<br />
l’ammirazione di tutta la Germania. Fu<br />
tra le prime Terziarie francescane. Dopo<br />
la morte del marito, riuscì a salvare il<br />
trono al figlio e poi trascorse gli ultimi<br />
anni della sua vita ritirandosi in monastero.<br />
Fu canonizzata nel 1235 da<br />
Gregorio IX.<br />
Elvidio: Fu teologo e discepolo di Aussenzio<br />
e vescovo ariano. In una sua opera oppose<br />
all’immagine di Maria come “sempre<br />
vergine”, modello di castità e purezza<br />
l’idea di Maria come madre di famiglia.<br />
Secondo Elvidio i fratelli di Gesù erano i<br />
figli carnali di Giuseppe e di Maria. San<br />
Girolamo alcuni decenni dopo, reagì ai<br />
suoi scritti, con il suo Contro Elvidio.<br />
Emidio, Santo: (Treviri, 273 - Ascoli Piceno,<br />
5 agosto 303 o 309) Fu vescovo e martire<br />
cristiano. Santo patrono della città<br />
di Ascoli Piceno e protettore contro il<br />
terremoto. Ricevette il battesimo all’età<br />
di 27 anni, fu ordinato sacerdote dal<br />
vescovo S. Materno a Milano e recatosi a<br />
Roma, S. Marcellino Papa lo destinò alla<br />
diocesi di Ascoli in veste di Vescovo.<br />
Dopo tre anni di intenso lavoro, avendo<br />
convertito molti pagani, tra cui Polisia,<br />
figlia del Prefetto della città, fu catturato,<br />
condannato a morte e decapitato.<br />
Enrico (Errigo) Suso (Susone), Beato:<br />
Sacerdote dell’Ordine dei Predicatori.<br />
Ripresosi da un periodo di fede incerta,<br />
divenne famoso per la sua vita penitente<br />
e insieme a Maestro Eckart e a<br />
Giovanni Taulero fu uno dei maestri<br />
della scuola di spiritualità domenicana<br />
«dei mistici renani». Le sue opere, il<br />
Libro della Verità, il Libro dell’Eterna<br />
Sapienza e l’Orologio della Sapienza,<br />
hanno lasciato una notevole impronta<br />
nella spiritualità cristiana. Fu instancabile<br />
predicatore del Nome di Gesù, che<br />
si era impresso sul petto con un ferro<br />
rovente. Morì a Ulma, ma le sue reliquie<br />
furono disperse nel XVI secolo dai<br />
protestanti.<br />
Epifanio di Costantinopoli: Monaco vissuto<br />
nel VIII secolo nel monastero di<br />
Callistrato in Costantinopoli. Scrisse due<br />
agiografie: la Vita di S. Andrea apostolo e<br />
la Vita di Maria.<br />
Ermanno Giuseppe di Colonia, Santo:<br />
(Colonia, 1150 o 1160 - Hoven, 1241 o<br />
1252) Entrato giovanissimo nel monastero<br />
premostratense di Steinfeld, fu<br />
ordinato sacerdote e da premostratense si<br />
trovò spesso a svolgere il suo ministero<br />
nei monasteri delle religiose cistercensi e<br />
premostratensi della sua regione.<br />
Compose molti scritti ma di lui conserviamo<br />
solo Duodecim gratiarum actiones e<br />
Precula de quinque gaudiis Beatae Mariae<br />
Virginis.<br />
581
Ermanno Beato: Vedi Ermanno Giuseppe<br />
di Colonia, Santo.<br />
Erode il Grande: (73 a. C. - 4 a. C.) Fu re<br />
di Israele dal 37 a. C. fino al 4 a. C.<br />
Figlio di Erode Antipatro, idumeo e di<br />
madre araba, ebbe tre fratelli (Giuseppe,<br />
Fasael, Ferora) e una sorella, Salomé.<br />
Governò tutta la Palestina dopo la morte<br />
del padre, prima per incarico di Marco<br />
<strong>Antonio</strong>, poi di Ottaviano Augusto al<br />
quale prontamente era passato dopo la<br />
sconfitta di <strong>Antonio</strong> ad Azio.<br />
Eugenio IV, Papa: (Venezia, 1383 - Firenze,<br />
23 febbraio 1447) Nato Gabriele<br />
Condulmer, fu Papa dal 1431 alla sua<br />
morte. Protettore di umanisti e di artisti,<br />
Eugenio IV lavorò con perseveranza<br />
tenace e cercò di promuovere il<br />
Cristianesimo in Oriente.<br />
Eusebio di Cesarea: (Cesarea in Palestina,<br />
265 ca - 340 ca.) Fu un vescovo e uno<br />
scrittore di lingua greca. Della sua<br />
vastissima produzione letteraria ricordiamo<br />
la Cronaca (Chronicon), che venne<br />
considerata un archetipo per tutti le<br />
opere cronologiche seguenti e la Storia<br />
ecclesiastica che tratta dei primi secoli<br />
dello sviluppo del Cristianesimo. Mise a<br />
punto un sistema di dieci tavole-canoni,<br />
note come Tavole canoniche o Tavole di<br />
concordanza, ove si raffrontano i passi<br />
uguali dei quattro vangeli.<br />
Eutiche: (ca. 378-454) Archimandrita di un<br />
convento di Costantinopoli, è considerato<br />
il fondatore della teoria del monofisismo<br />
che sostiene che in Cristo, dopo<br />
l’Incarnazione, vi è una sola natura<br />
(physis) e la sola persona divina.<br />
582<br />
Falconieri Giuliana, Santa: (Firenze, 1270<br />
-1341) Nipote di S. Alessio Falconieri.<br />
Fu la prima a ricevere da S. Filippo<br />
Benizzi l’abito del terz’ordine dei<br />
Serviti. Nel 1305 G. e altre terziarie si<br />
ritirarono a far vita comune e furono<br />
dette Mantellate o Servitine.<br />
Ferdinando V di Castiglia: È il sovrano<br />
spagnolo Ferdinando II d’Aragona (Sos<br />
del Rey Católico, 1452 - Madrigalejo,<br />
1516). Fu sovrano di Aragona dal 1479<br />
alla sua morte. Nel 1469 sposò la cugina<br />
Isabella, infanta di Castiglia; dopo la<br />
morte del fratellastro Enrico IV nel<br />
1474 Isabella divenne regina di<br />
Castiglia e Ferdinando divenne re consorte<br />
con il nome di Ferdinando V di<br />
Castiglia.<br />
Filippo Benizi, Santo: (Firenze, 1233 -<br />
Todi, 1285) Fu un religioso e sacerdote<br />
dell’Ordine dei Servi di Maria, di cui ricoprì<br />
la carica di Superiore generale. Nel<br />
1269, durante il lungo conclave tenuto a<br />
Viterbo per eleggere il successore di<br />
Papa Clemente IV, il suo nome circolò<br />
tra quelli dei papabili: giudicandosi<br />
indegno di tale onore, B. si sottrasse<br />
all’elezione rifugiandosi in una grotta a<br />
Bagni San Filippo sul Monte Amiata. Fu<br />
il primo servita ad essere canonizzato.<br />
Firmiano Lattanzio: (250 - 320 ca.) Nato<br />
in Africa, fu uno scrittore ecclesiastico<br />
latino. Per la sua fama di retore fu chiamato<br />
a Nicomedia, in Bitinia, come<br />
insegnante di retorica. Fu costretto a<br />
lasciare il suo ufficio nel 303 e la Bitinia<br />
nel 306 a causa delle persecuzioni contro<br />
i cristiani, alla cui religione si era con-<br />
vertito. Vi fece ritorno cinque anni dopo,<br />
in seguito all’editto di tolleranza di<br />
Galerio. Nel 317 Costantino lo chiamò a<br />
Treviri, in Gallia, come precettore del<br />
figlio Crispo.<br />
Fotino: (Galazia, 300 ca. - Galazia, 376)<br />
È stato un vescovo romano. È ricordato<br />
dai cristiani come eretico.<br />
Fra Leone: Fu nella cerchia dei primi discepoli<br />
che seguirono la nuova Regola di<br />
S. <strong>Francesco</strong> d’ Assisi.<br />
Francesca Romana, Santa: (Roma, 1384 -<br />
1440) Fu la fondatrice delle Oblate<br />
regolari di S. Benedetto, tra le quali<br />
entrò dopo la morte del marito. Nel torbido<br />
periodo dello scisma d’ Occidente,<br />
la sua opera fu un messaggio di pace e di<br />
bontà. Fu canonizzata da Paolo V nel<br />
1608.<br />
<strong>Francesco</strong> d’Assisi, Santo: (Assisi, 1182 -<br />
1226) La Regola dettata da F., nonostante<br />
la severità con cui esigeva la professione<br />
di povertà e l’assoluta rinuncia ad<br />
ogni bene materiale fu approvata dapprima<br />
da Innocenzo III, e in seguito da<br />
Onorio III nel 1223, divenendo la<br />
Regola definitiva che diede vita<br />
all’Ordine dei Francescani che si dissero<br />
per umiltà “frati minori”. Il suo pensiero<br />
filosofico-teologico è espresso nelle<br />
circa venti opere da lui composte.<br />
Ricordiamo in particolare le Laudes creaturarum<br />
e Il cantico del Sole composte a<br />
gloria di Dio e delle sue creature.<br />
<strong>Francesco</strong> di Sales, Santo: (Thorens, 1567<br />
- Lione, 1622) Vescovo e Dottore della<br />
Chiesa. Studiò a Parigi e conseguì un<br />
brillante dottorato a Padova. Tra le sue<br />
opere: Discorsi di sagre controversie e<br />
Introduzione alla vita divota<br />
Francisco Turriano: (1509-1584) Padre<br />
Gesuita. Scrisse: Adversus Magdeburgenses<br />
Centuriatores.<br />
Gelasio, Papa, Santo: Fu il 49° Papa della<br />
Chiesa cattolica. Il suo pontificato durò<br />
dal 1 marzo 492 al 19 novembre 496.<br />
Compose molti inni, prefazioni e collette<br />
e stilò un libro per la Messa. Il Messale<br />
che porta comunemente dal suo nome, il<br />
Sacramentarium Gelasianum, fu, però,<br />
composto solo il secolo successivo.<br />
Quanto di esso sia opera di Gelasio è<br />
ancora una questione dibattuta.<br />
Geltrude, Santa: (Turingia, 1526 - Helfta,<br />
1301) A 26 anni, dopo una prima visione,<br />
volse tutta la vita alla preghiera e alla contemplazione.<br />
Scrisse diverse opere in volgare<br />
tedesco, poi tradotte in latino, nelle<br />
quali si dimostra assai versata negli scritti<br />
dei Santi Padri, specie di S. Agostino e<br />
S. Gregorio Magno. Ricordiamo il Legatus<br />
memorialis abundantiae divinae pietatis, biografia<br />
in cinque libri.<br />
Genovesi <strong>Antonio</strong>: (Castiglione di Salerno,<br />
1713 - Napoli, 1769) Filosofo ed economista.<br />
Scrisse: Le lettere filosofiche (1759),<br />
Logica e Metafisica (1766), Lezioni di economia<br />
civile (1754), Lettere accademiche<br />
(1764).<br />
Germano di Costantinopoli, Santo: Scrittore<br />
ecclesiastico greco del secolo VIII. Nel<br />
715 diviene patriarca di Costantinopoli;<br />
si schiera nella lotta iconoclastica tra i<br />
difensori del culto delle immagini.<br />
583
Scrisse tre Epistole dogmatiche relative<br />
al culto delle immagini. Sono pervenute<br />
anche numerose omelie, delle quali<br />
molte dedicate alla Vergine, della cui<br />
Assunzione fu uno dei più fervidi assertori.<br />
Morì nel 733 all’età di 98 anni.<br />
Gersone Giovanni: Jean Le Charlier de<br />
GERSON (Rethel, Francia, 1363 - Lione,<br />
1429). Fu un teologo e un filosofo francese.<br />
Cancelliere dell’Università di Parigi.<br />
Detto Doctor christianissimus. Come teologo<br />
tentò di elaborare una teologia mistica<br />
che si oppone alla teologia scolastica.<br />
Giacinto, Santo: (Slesia, 1185 - Cracovia,<br />
1257) Nobile polacco, prese l’abito domenicano<br />
dalle mani stesse di S. Domenico.<br />
Diede un contributo fondamentale alla<br />
diffusione del nuovo Ordine in Polonia.<br />
Giacomo I, re d’Aragona: (Montpellier,<br />
1208 -Valenza, 1276) Figlio di Pietro II<br />
il Cattolico, salito al trono dovette lottare<br />
contro gli zii e i nobili aragonesi.<br />
Aiutò Alfonso X di Castiglia contro i<br />
musulmani. Fu monarca amante delle<br />
lettere e buon legislatore.<br />
Giovanni Crisostomo, Santo: (Antiochia,<br />
345 - Comana, 407) Vescovo e Dottore<br />
della Chiesa. Ebbe il soprannome di<br />
Chrysostomus (bocca d’oro) per la sua grande<br />
eloquenza. Nel 387 contribuì a riportare<br />
la pace e la comprensione in una controversia<br />
tra l’imperatore Teodosio e alcuni<br />
rivoltosi. Commentatore del Vangelo<br />
di Matteo e Giovanni e delle Lettere di S.<br />
Paolo, favorì l’interpretazione letterale<br />
della Scrittura e la sua applicazione pratica<br />
ai problemi contemporanei. Fu arcivescovo<br />
di Costantinopoli.<br />
584<br />
Giovanni Damasceno, Santo: (Damasco,<br />
675 - Mar Saba 749) Scrittore ecclesiastico<br />
orientale e Dottore della Chiesa. Fu tra<br />
i primi a difendere il culto delle immagini<br />
e a contrastare l’iconoclastia, asserendo<br />
che le immagini dei Santi, di Cristo e<br />
della Vergine Maria dovevano essere<br />
rispettate e venerate in quanto mezzi per<br />
adorare la Santa Trinità e scrisse a tal proposito<br />
tre trattati. Aveva una particolare<br />
devozione per la Vergine Maria. Assai note<br />
sono le sue omelie mariane, in particolare<br />
le tre preparate per il 15 agosto.<br />
Giovanni XXI, Papa: Nobile portoghese,<br />
medico e filosofo di grande fama, autore<br />
di importanti opere filosofiche e medicoscientifiche.<br />
Fu Papa nel breve periodo<br />
tra il settembre del 1276 e il maggio del<br />
1277.<br />
Giovanni XXII, Papa: Fu Papa dal 1316 al<br />
1334. Ebbe diversi contrasti con i teologi<br />
più illustri e con l’ordine dei francescani<br />
dichiarando eretici gli Spirituali<br />
che professavano la povertà assoluta.<br />
Giovanni, re di Portogallo: Giovanni V di<br />
Braganza re del Portogallo e dell’Algarve,<br />
detto il Magnanimo, (Lisbona, 22 ottobre<br />
1689 - Lisbona, 31 luglio 1750). È stato<br />
un sovrano portoghese. Benedetto XIV<br />
gli concesse il titolo del “Più Fedele dei<br />
Re” con una bolla. Sei anni dopo aver<br />
ricevuto questo titolo, Giovanni subì una<br />
paralisi che gli impedì parzialmente di<br />
prendere parte agli affari di governo. Gli<br />
ultimi suoi anni di vita, li devolse ad attività<br />
ecclesiastiche, con la costruzione di<br />
chiese e monasteri. Morì il 31 luglio<br />
1750 a Lisbona.<br />
Gioviniano: Fu un monaco eretico del IV<br />
secolo. Dopo alcuni anni di vita religiosa<br />
a Milano, preoccupato per il dilagare<br />
nella Chiesa di ascetismo e monachesimo<br />
andò a Roma, cominciando a diffondere<br />
la propria dottrina riguardante l’ inutilità<br />
dei digiuni fatti senza fede e diventati<br />
ormai mero ritualismo, poi anche quella<br />
del celibato, che egli considerava un dono<br />
divino pari a quello del matrimonio, ma<br />
non ad esso superiore. Fece molti proseliti:<br />
che cominciarono ad essere chiamati<br />
giovinianisti dai suoi avversari.<br />
Girolamo, Santo: (Stridone, 347 - Betlemme,<br />
420) Dottore della Chiesa. Per un breve<br />
periodo visse come eremita nel deserto<br />
della Caleide. È considerato uno dei più<br />
eruditi biblisti. Celebri le sue dispute<br />
con S. Agostino. Studiò e tradusse la<br />
Bibbia in latino. Il testo di Girolamo, la<br />
Vulgata, è stato la base per molte delle<br />
successive traduzioni della Bibbia, fino<br />
al XX secolo.<br />
Giulio Africano: (160/170-240) Fu uno<br />
scrittore dell’Impero romano, considerato<br />
il fondatore della cronografia cristiana.<br />
Progettò per Alessandro Severo la<br />
biblioteca imperiale. Delle sue numerosissime<br />
opere ci rimangono solamente<br />
alcuni frammenti. Scrisse una<br />
Cronografia, storia universale dalle origini<br />
fino ad Eliogabalo.<br />
Giulio II, Papa: (Abbissola, 1443 - Roma,<br />
1513) Francescano di grande prestigio,<br />
era stato elevato giovanissimo alla porpora<br />
cardinalizia. L’aspetto che caratterizzò<br />
il suo pontificato fu il notevole<br />
impulso dato al mecenatismo commis-<br />
sionando eccezionali opere ai maggiori<br />
artisti del momento: Bramante,<br />
Raffaello e Michelangelo.<br />
Giustino martire, Santo: (Flavia Neapolis,<br />
... - Roma, 162 - 168) Fu filosofo e<br />
martire cristiano. La Chiesa cattolica lo<br />
venera come santo e lo annovera tra i<br />
Padri della Chiesa. I suoi due più famosi<br />
scritti Prima Apologia dei Cristiani e<br />
Seconda Apologia dei Cristiani ne fanno<br />
uno dei primi difensori del pensiero cristiano.<br />
Gregorio di Nissa (o Nisseno), Santo:<br />
(Cesarea in Cappadocia, 335 - Nissa,<br />
395 ca.) È stato un vescovo e teologo<br />
greco, padre e dottore della Chiesa.<br />
Avversario degli Ariani, fu vittima delle<br />
persecuzioni dell’imperatore ariano<br />
Valente e dovette lasciare Nissa nel 376.<br />
Ritornatovi nel 379, divenne massimo<br />
difensore dell’ortodossia cattolica a<br />
sostegno dell’imperatore Teodosio I, che<br />
lo proclamò «difensore della fede».<br />
Gregorio III, Papa: Santo. Fu consacrato<br />
nel 731. Si trovò a dover lottare contemporaneamente<br />
contro l’Impero per la<br />
politica iconoclastica e contro il re longobardo<br />
Liutprando.<br />
Gregorio IV, Papa: Fu eletto Papa nell’827<br />
nonostante le sue resistenze. Intervenne<br />
nelle controversie tra l’imperatore Ludovico<br />
il Pio e suoi figli, ma non riuscì nei suoi<br />
propositi di riconciliazione. Dovette provvedere<br />
alla minaccia incombente dei<br />
Saraceni su Roma. Morì nell’844.<br />
Gregorio IX, Papa: Eletto Papa nel 1227. Il<br />
suo pontificato fu segnato dal contrasto<br />
585
con la politica di Federico II, che scomunicò<br />
per 2 volte. Si occupò ampiamente<br />
dell’Ordine francescano canonizzando<br />
<strong>Francesco</strong> di Assisi nel 1228, ponendo la<br />
prima pietra della chiesa di S. <strong>Francesco</strong><br />
in Assisi e dichiarando in una bolla non<br />
obbligatorio il testamento del Santo,<br />
addolcendo le prescrizioni della Regola.<br />
Gregorio Nazianzeno, Santo, detto<br />
Gregorio il Teologo: (329 - 390 ca.)<br />
Fu vescovo di Costantinopoli e teologo; è<br />
riconosciuto dalla Chiesa cattolica come<br />
dottore della Chiesa e padre della Chiesa;<br />
è salutato anche, con Basilio e Crisostomo,<br />
come uno dei “Tre Gerarchi”.<br />
Gregorio VII, Papa: (ca. 1015 - 1085)<br />
Santo. Venne eletto Papa nel 1073, ribadendo<br />
nel Dictatus papae le sue idee circa<br />
il potere della Chiesa: il pontefice è capo<br />
supremo della Chiesa, ma è anche la più<br />
alta autorità della terra e può deporre<br />
imperatori e re. Tali principi lo posero<br />
presto in conflitto con il potere laico, in<br />
particolare con l’imperatore Enrico IV,<br />
che assediò e fece capitolare Roma nel<br />
1084. G. fu costretto a rifugiarsi a Castel<br />
Sant’Angelo e venne nominato Papa, al<br />
suo posto, Clemente III. Con l’aiuto di<br />
Roberto il Guiscardo fuggì a Salerno;<br />
qui morì.<br />
Gregorio XV, Papa: (Bologna, 1554 -<br />
Roma, 1623) Eletto nel 1621, durante il<br />
suo breve pontificato incoraggiò gli<br />
irlandesi e favorì la restaurazione cattolica<br />
in Francia. La sua attività controriformistica<br />
fu coronata dall’ istituzione della<br />
Congregazione Propaganda fide chiamata<br />
ad organizzare e dirigere la diffusione<br />
586<br />
del cattolicesimo in tutto il mondo.<br />
Scrisse Costitutionem de Conceptione<br />
Beatissimae Virginis Mariae.<br />
Gretsero, Jacopo: Padre Gesuita ed erudito.<br />
Idelfonso, Santo: (Toledo, ca. 606 - 667)<br />
Abate di un monastero di Toledo, nel<br />
657 fu eletto arcivescovo della città. Fu<br />
anche scrittore: il suo scritto più importante<br />
è un trattato sulla Vergine, il<br />
primo documento del genere pubblicato<br />
dalla Chiesa spagnola.<br />
Ignazio di Antiochia, Santo: fu un vescovo<br />
dell’Asia Minore dell’inizio del II secolo.<br />
È annoverato fra i Padri della Chiesa. Fu<br />
il secondo successore di Pietro come<br />
vescovo di Antiochia di Siria. Sotto la<br />
persecuzione (98-117) dell’imperatore<br />
Traiano fu imprigionato, condotto a<br />
Roma e ivi morì martire nel 107, divorato<br />
dalle fiere. Nelle sue lettere appaiono<br />
per la prima volta le espressioni “Chiesa<br />
cattolica” e “Cristianesimo”, che sono<br />
ritenuti neologismi creati da lui.<br />
Ilario di Poitiers, Santo: (Poitiers, ca. 315<br />
- Poitiers, 367) Vescovo e dottore della<br />
chiesa, fu anche un filosofo e scrittore. Fu<br />
il più eminente avversario dell’arianesimo<br />
in Occidente. È dottore della Chiesa<br />
Dal 1821, è patrono della città di Parma.<br />
Innocenzo III, Papa: (1160 - Perugia,<br />
1216) Nato Lotario dei Conti di Segni,<br />
fu Papa dal 1198 alla morte. Progetto di<br />
tutto il suo pontificato fu la riforma<br />
morale e disciplinare del clero corrotto e<br />
secolarizzato. Diede, infatti, avvio alla<br />
riforma della struttura diocesana della<br />
Chiesa e sostenne lo sviluppo degli<br />
Ordini francescano e domenicano.<br />
Innocenzo IV, Papa: (Genova, ca. 1195 -<br />
Napoli, 1254) Nato Sinibaldo Fieschi dei<br />
Conti di Lavagna, fu Papa dal 1243. Oltre<br />
all’aspro conflitto con l’impero, il Papa<br />
dovette occuparsi di altre questioni. Nel<br />
1243 indisse una crociata contro i Turchi<br />
che avevano riconquistato Gerusalemme,<br />
alla quale, però, aderì solo il sovrano francese<br />
Luigi IX detto il Santo. Singolare l’attività<br />
missionaria di questo Papa che inviò<br />
esponenti Francescani e Domenicani in<br />
missione fino a Karacorum, capitale dell’impero<br />
mongolo.<br />
Ireneo di Lione, Santo: (Smirne, 130 -<br />
Lione, 202) È stato un vescovo e teologo<br />
greco. La Chiesa cattolica e quelle<br />
ortodosse lo venerano come santo e lo<br />
considerano uno dei padri della Chiesa.<br />
Il suo pensiero e le sue opere sono una<br />
testimonianza dell’ impegno contro il<br />
proliferare di varie eresie, in particolare<br />
lo gnosticismo di cui fu un forte oppositore.<br />
Scrisse: Adversus haereses, che tenta<br />
di confutare le principali espressioni<br />
dello gnosticismo, e Demonstratio apostolicae<br />
praedicationis, sintetica e precisa<br />
esposizione della dottrina cattolica.<br />
Isabella di Castiglia la Cattolica: (Madrigal<br />
de las Altas Torres, 1451 - Medina del<br />
Campo, 1504) È stata una sovrana spagnola.<br />
Fu regina di Castiglia e León.<br />
Membra della dinastia Trastamara, era<br />
figlia di Giovanni II di Castiglia e della<br />
sua seconda moglie Isabella del<br />
Portogallo.<br />
Isidoro di Siviglia, Santo: (Cartagena 560<br />
ca - Siviglia, 4 aprile 636) Vescovo e<br />
scrittore ecclesiastico latino vissuto tra il<br />
VI e il VII secolo. La sua opera contribuì<br />
alla diffusione della cultura classica tra i<br />
barbari conquistatori. Scrisse: gli<br />
Etymologiarum sive Originum libri XX,<br />
vera enciclopedia di tutto lo scibile di<br />
quei tempi, il De ortu et obitu Patrum<br />
sulla vita dei patriarchi, le Quaestiones in<br />
vetus Testamentum, sull’Antico Testamento.<br />
Bolland Jean: (Julémont, 1596-Anversa,<br />
1665) È stato un gesuita belga.<br />
Cominciò a creare la raccolta delle vite<br />
dei santi distribuite secondo i giorni dell’anno,<br />
conosciuta col nome di Acta<br />
Sanctorum. Fece pubblicare nel 1643 i<br />
santi di gennaio, nel 1658 quelli di febbraio<br />
e morì prima di aver terminato<br />
quelli di marzo. Questo lavoro fu poi<br />
continuato dopo la sua morte dai padri<br />
gesuiti, che vengono designati collettivamente<br />
sotto il nome di Bollandisti.<br />
Leone I, Papa: Santo. Detto anche Leone<br />
Magno, fu il quarantacinquesimo Papa<br />
della Chiesa cattolica che lo venera,<br />
assieme alla Chiesa ortodossa, come<br />
santo. Regnò dal 29 settembre 440 al 10<br />
novembre 461. L’importanza del pontificato<br />
di Leone giace nelle sue asserzioni<br />
di un episcopato universale del vescovo<br />
romano, che trapelano dalle sue lettere e<br />
ancor di più dalle sue noventasei orazioni<br />
pervenuteci.<br />
Leone IV, Papa: Santo. Fu Papa dall’847<br />
all’855. Durante il pontificato si fece<br />
promotore di una notevole attività edilizia<br />
che gli valse il titolo di restaurator<br />
Urbi, e di una energica attività di riforma<br />
morale, come testimoniano i concili<br />
di Pavia (850) e di Roma (853).<br />
587
Leone IX, Papa: Santo. Fu Papa dal 1049<br />
al 1054. Notevole fu la sua opera di<br />
riforma contro la corruzione del clero e<br />
della Chiesa, condotta attraverso la convocazione<br />
di concili a Roma, Reims,<br />
Magonza, Mantova, Colonia e con lunghi<br />
viaggi attraverso l’Italia, la Francia,<br />
la Germania, l’Austria e l’Ungheria.<br />
Leone X, Papa: (Firenze, 1475 - Roma,<br />
1521) Nato Giovanni de’ Medici, figlio<br />
di Lorenzo il Magnifico, fu Papa dal<br />
1513 fino alla morte. Portò alla corte<br />
pontificia lo splendore e i fasti tipici<br />
della cultura delle corti rinascimentali.<br />
Autore della ben nota bolla Exsurge<br />
Domine del 1520 da cui ebbe origine la<br />
scomunica di Lutero e la conseguente<br />
nascita del protestantesimo.<br />
Lirano, Niccolò: Storico francescano delle<br />
Sacre Scritture.<br />
Lorenzo Giustiniani, Santo: (Venezia,<br />
1381 - 1457) Fondò con alcuni nobili<br />
veneziani la Congregazione dei Regolari<br />
di S. Giorgio in Alga nel 1404. Il Papa<br />
Eugenio IV lo nominò vescovo di<br />
Venezia nel 1433, fu poi primo patriarca<br />
di Venezia. Modesto, frugale, distribuiva<br />
ogni suo avere ai poveri. Venne canonizzato<br />
nel 1690.<br />
Lucenzio: Fu vescovo della diocesi di Ascoli<br />
a partire dal 445, dopo Sant’ Emidio, S.<br />
Vittore e S. Claudio<br />
Lutgarda, Santa: (Tongres, 1182 - Aywieres,<br />
1246) Mistica belga. In conseguenza di<br />
una visione in cui Cristo la chiamava si<br />
fece monaca. Di lei sono riportate molte<br />
visioni ed esperienze mistiche.<br />
588<br />
Macedonio: Patriarca di Costantinopoli vissuto<br />
nel IV secolo. Alla sua figura è legata<br />
una particolare eresia detta pneumatomachia,<br />
cioè ostilità allo Spirito Santo, del<br />
quale negava la divinità. Nel concilio di<br />
Costantinopoli (381), riafferma invece<br />
che lo Spirito Santo è Dio come il Padre e<br />
come il Figlio e si redige il cosiddetto<br />
simbolo niceo-costantinopoli tano, cioè il<br />
Credo che è recitato in tutte le chiese cristiane<br />
il quale rappresenta la sintesi degli<br />
insegnamenti del Cristianesimo.<br />
Marcello, Papa: Santo. Fu Papa dal 308 al<br />
309. Il suo pontificato fu turbato dal<br />
rincrudire, dopo la cessazione della persecuzione<br />
di Diocleziano, delle controversie<br />
sui Lapsi tra rigoristi e moderati.<br />
Marcione: (Sinope, 85 - Roma, 160) È stato<br />
un vescovo e teologo greco considerato<br />
eretico dalla chiesa cristiana. Fu il primo<br />
a costituire un insieme di scritti in antitesi<br />
all’interpretazione di Origene<br />
dell’Antico Testamento: i seguaci di questa<br />
dottrina furono considerati apostati e<br />
scismatici dalla maggior parte dei vescovi<br />
cristiani suoi contemporanei.<br />
Marco I, Papa: Santo. Fu il trentaquattresimo<br />
Papa della Chiesa cattolica. Venne<br />
consacrato Papa il 18 gennaio 336 e<br />
morì il 7 ottobre dello stesso anno.<br />
Esistono alcuni indizi che le prime liste<br />
di vescovi e martiri note come Depositio<br />
episcoporum e Depositio martyrum, vennero<br />
iniziate durante il suo pontificato.<br />
Margherita da Cortona, Santa: (Terni,<br />
1249 - Cortona, 1297) Terziaria francescana.<br />
Visse con un nobile di<br />
Montepulciano nove anni di concubinato<br />
ed ebbe un figlio. Dopo la morte dell’amante<br />
fu colpita dalla Grazia e si ritirò<br />
a vita penitenziale. Le sue estasi e manifestazioni<br />
furono trascritte dal suo confessore<br />
nelle Legenda beatae Margaritae, che<br />
divenne famosa come esemplificazione<br />
dell’itinerario spirituale.<br />
Maria Egiziaca, Santa: Secondo la leggenda,<br />
riferita e forse rielaborata da S. Sofronio,<br />
nacque in Egitto nel 345 e giovanissima<br />
si diede alla vita dissoluta. Recatasi a<br />
Gerusalemme per la festa dell’Esaltazione<br />
della Croce, non riuscì ad entrare in<br />
Chiesa perché una forza invisibile la<br />
respingeva. Si convertì allora e si ritirò<br />
penitente in un deserto dove trovò la<br />
morte dopo 48 anni di espiazione (421).<br />
Materno di Milano, Santo: È il settimo<br />
vescovo di Milano, vissuto nel IV secolo.<br />
L’operato di San Materno si è tradizionalmente<br />
svolto nell’arco di dodici anni<br />
di episcopato e le due reliquie furono<br />
oggetto di un’ansiosa ricerca da parte di<br />
San Carlo Borromeo nel 1571.<br />
Matilde (Metilde), Santa: (895 - 968)<br />
Moglie di Enrico I e madre di Ottone I,<br />
dopo la morte del consorte si ritirò in<br />
convento. Dedita alla carità fu accusata<br />
di sperperare il tesoro della corona.<br />
Melchiade, Papa: Santo. Fu Papa dal 311 al<br />
314. Il suo pontificato segna il trionfo<br />
definitivo del Cristianesimo in seno<br />
all’Impero con la vittoria di Costantino<br />
su Massenzio e l’editto di Milano (313)<br />
Muratori, Ludovico <strong>Antonio</strong>: (Vignola, 21<br />
ottobre 1672 - Modena, 23 gennaio 1750)<br />
È stato uno storico, scrittore, erudito ed<br />
ecclesiastico italiano. Fu personaggio di<br />
primo piano nella costellazione dell’intellettualità<br />
settecentesca italiana. Viene<br />
considerato il padre della storiografia italiana.<br />
Negli anni compresi tra 1723 e<br />
1743 compendiò il frutto delle immense<br />
ricerche storiche e letterarie in 38 volumi<br />
divisi fra 3 grandi opere: i Rerum<br />
Italicarum Scriptores, le Antiquitates Italicae<br />
Medii Aevi e il Novum Thesaurum Veterum<br />
Inscriptionum. Nell’ultimo decennio pubblicò<br />
la prima grande storia d’Italia, dall’era<br />
volgare ai suoi tempi: gli Annali<br />
d’Italia (1743-1749).<br />
Nestorio: (Germanicia, fine sec. IV - el<br />
Khàrga 451) Patriarca di Costantinopoli<br />
e teologo. Sostenne che l’unione delle<br />
due nature (umana e divina) nella persona<br />
di Cristo non è ipostatica, ma volontaria.<br />
Su questo principio si basava il<br />
titolo mariano di Theotokos o Genitrice di<br />
Dio e Anthropotokos, Genitrice dell’uomo.<br />
Fu condannato durante il Concilio di<br />
Efeso (431) e quasi tutti i suoi scritti<br />
furono bruciati per ordine di Teodosio.<br />
Niccolò IV, Papa: (Ascoli Piceno, 30 settembre<br />
1227 - Roma, 4 aprile 1292)<br />
Nato Girolamo Masci, fu Papa dal 1288.<br />
Nativo di Ascoli e frate dell’Ordine francescano,<br />
è stato il primo religioso francescano<br />
della storia a diventare Papa. Si<br />
dedicò con particolare zelo all’estirpazione<br />
dell’eresia, organizzando crociate contro<br />
i nemici della Chiesa.<br />
Niceforo Callisto: storico ecclesiastico bizantino<br />
del XIV secolo. Richiamandosi ad<br />
Epifanio fece una delle prime descrizioni<br />
dettagliate della fisionomica della Vergine.<br />
589
Nicola da Tolentino, Santo: (Tolentino,<br />
1239 - 1310) Dopo aver terminato gli<br />
studi, divenne canonico della città di<br />
Tolentino. Si fece poi Agostiniano. È<br />
ricordato per le sue virtù e per la sua<br />
austerità.<br />
Onorio III, Papa: (Roma, ... - 1227) Fu<br />
Papa dal 1216. Come il suo predecessore<br />
Innocenzo III, si prefisse di raggiungere<br />
due grandi obiettivi: la riconquista della<br />
Terra Santa con la Quinta Crociata e una<br />
riforma spirituale dell’intera Chiesa.<br />
Durante il suo pontificato presero vita<br />
molti degli ordini terziari. Il 30 gennaio<br />
1226, approvò l’Ordine Carmelitano con<br />
la bolla Ut vivendi normam.<br />
Onorio IV, Papa: (Roma, 1210 - Roma,<br />
1287) Fu Papa dal 1285. Membro della<br />
ricca e influente famiglia dei Savelli, era<br />
un pronipote di Papa Onorio III. La sua<br />
elezione fu una delle più rapide nella storia<br />
del papato. Fu un appassionato sostenitore<br />
degli ordini religiosi: i due più<br />
grandi ordini religiosi dell’epoca, i domenicani<br />
ed i francescani, ricevettero molti<br />
nuovi privilegi. Onorio approvò, inoltre, i<br />
privilegi dell’Ordine Carmelitano permettendo<br />
loro di cambiare il loro abito a<br />
strisce con uno bianco.<br />
Origene: (Alessandria d’Egitto, 185 - Tiro,<br />
254) È stato un teologo, scrittore e catechista<br />
greco. È considerato uno tra i<br />
principali scrittori e teologi cristiani nei<br />
primi tre secoli. Di famiglia greca, si<br />
formò alla scuola catechetica di<br />
Alessandria d’Egitto. La sua prodigiosa<br />
attività letteraria lasciò un’impronta<br />
profonda in tutti i generi della letteratu-<br />
590<br />
ra Cristiana. Scrisse testi esegetici, biblici,<br />
apologetici, dogmatici, ascetici.<br />
Paolo Diacono: (Cividale, 720- Montecassino,<br />
799) Di nobile famiglia longobarda. Entrò<br />
nel monastero di Cassino dove rimase fino<br />
alla morte. Per alcuni anni fu alla corte di<br />
Carlo Magno come maestro di grammatica<br />
(782 -786) Scrisse: Catalogo dei vescovi di<br />
Metz, Vita di S. Gregorio Magno, una Historia<br />
romana e il suo capolavoro la Historia<br />
Longobardorum.<br />
Paolo II, Papa: Nato Pietro Barbo (Venezia,<br />
23 febbraio 1417 - Roma, 26 luglio 1471).<br />
Fu Papa dal 1464. Fu questo pontefice a<br />
stabilire che il Giubileo venisse indetto<br />
regolarmente ogni venticinque anni.<br />
Paolo III, Papa: (Canino, Viterbo 1468 -<br />
Roma, 1549) Nato Alessandro Farnese,<br />
fu Papa dal 1534 al 1549. Di illustre<br />
famiglia e possessore di molte terre.<br />
Durante il suo pontificato Michelangelo<br />
completò gli affreschi della cappella<br />
Sistina con il Giudizio Universale e<br />
restaurò il Campidoglio.<br />
Paolo IV, Papa: (S. Angelo della Scala,<br />
1476 - Roma, 1559) Nato Giampietro<br />
Carafa, fu Papa dal 1555 al 1559.<br />
Travolto dalla cieca passione politica,<br />
tralasciò di curarsi dell’unità dell’Europa<br />
in Cristo. Animato dalla preoccupazione<br />
di conservare la purezza della fede rinchiuse<br />
gli ebrei di Roma e di altre città<br />
dello Stato Pontificio, in ghetti. Sotto il<br />
suo papato fu pubblicato il primo Index<br />
Librorum Prohibitorum.<br />
Papebrochio, Daniele: Padre Gesuita ed<br />
erudito degli inizi del XVII secolo.<br />
Pelagio II, Papa: Fu Papa dal 579 al 590.<br />
Gli atti più importanti di Pelagio sono<br />
da mettere in relazione ai Longobardi e<br />
allo Scisma dei tre capitoli. Pelagio<br />
lavorò per promuovere il celibato del<br />
clero ed emise regolamenti così stringenti<br />
su questo punto che il suo successore,<br />
Papa Gregorio I, li modificò per<br />
renderli un po’ più elastici. Cadde vittima<br />
della peste che devastò Roma alla<br />
fine del 589.<br />
Petavio Dionigi: (Orleans, 1583-París,<br />
1652) Teologo francese, sacerdote della<br />
Compagnia di Gesù dal 1605. Si dedicò<br />
all’insegnamento e pubblicò numerosi<br />
testi, come la Dogmata theologica.<br />
Pico della Mirandola: (Mirandola 1463 -<br />
Firenze, 1494) Filosofo. L’opera che sintetizza<br />
il suo sapere filosofico e teologico,<br />
le 900 Conclusiones, fu giudicata da<br />
una commissione di teologi eretica.<br />
Arrestato sotto richiesta pontificia e poi<br />
liberato, trascorse gli ultimi anni della<br />
sua vita a Firenze sotto la protezione di<br />
Lorenzo il Magnifico.<br />
Pier Damiani, Santo: (Ravenna, 1007 -<br />
Faenza, 1072) È stato un teologo, vescovo<br />
e cardinale. Dottore della Chiesa dal<br />
1823. Fu grande riformatore e moralizzatore<br />
della Chiesa del suo tempo, autore<br />
di importanti scritti liturgici, teologici<br />
e morali.<br />
Pio V, Papa: (Bosco Marengo, 1504 -<br />
Roma,1572) Nato <strong>Antonio</strong> Michele<br />
Ghislieri fu il 227° Papa della Chiesa<br />
cattolica (1566 - 1572) Venne canonizzato<br />
da Clemente XI il 22 maggio 1712.<br />
Mise in atto i decreti di riforma del<br />
Concilio di Trento (1564) abolendo ogni<br />
forma di nepotismo. Fece pubblicare il<br />
Catechismo Romano per aiutare i parroci<br />
nell’ istruzione catechetica e ne promosse<br />
la traduzione in tutte le lingue; riformò<br />
ed unificò la liturgia, facendo pubblicare<br />
il Breviario ed il Messale, imponendoli a<br />
tutte le diocesi e a quegli Ordini religiosi<br />
che non avevano una liturgia propria.<br />
Prese seri provvedimenti volti a restaurare<br />
la disciplina e la moralità a Roma.<br />
Platone: (Atene, 428 o 427 - 348 o 347<br />
a. C.) Filosofo greco, uno dei maggiori<br />
della storia del pensiero occidentale. Le<br />
sue opere comprendono una trentina di<br />
dialoghi e 13 lettere.<br />
Ponziano, Papa: Santo. Fu il diciottesimo<br />
Papa della Chiesa cattolica che lo venera<br />
come santo. Regnò dal 21 luglio 230 al<br />
28 settembre 235. Ponziano è il primo<br />
Papa deportato. Era un fatto nuovo che<br />
si verificava nella Chiesa e Ponziano<br />
seppe risolverlo con saggezza e umiltà:<br />
perché i cristiani non fossero privati del<br />
loro pastore rinunciò al pontificato.<br />
Quinziano, Santo: Fu vescovo della diocesi<br />
di Ascoli a partire dal 486.<br />
Radegonda, Santa: (519 - 587) Regina di<br />
Francia. Figlia di Bertario, re di<br />
Turingia, celebre per la sua bellezza e<br />
virtù. Allevata nel paganesimo, si convertì<br />
all’età di 10 anni. Sposò re Clotario<br />
I, che le permise, in seguito di divenire<br />
religiosa. Morì nella Badia di Santa<br />
Croce che ella aveva fatto erigere.<br />
Rainaudo, Teofilo: Celebre Gesuita ed erudito<br />
degli inizi del XVII secolo.<br />
591
Riccardo di San Vittore: Teologo e mistico<br />
medievale del secolo XII. Nativo della<br />
Scozia, entrò nel monastero dei canonici<br />
regolari di S. Vittore divenendo in seguito<br />
priore. Morì nel 1173. Scrisse opere ascetiche,<br />
teologiche, esegetiche. Ricordiamo il<br />
De preparatione animi ad contemplationem e il<br />
De gratia contemlationis (noti anche come<br />
Beniamin minor e Beniamin maior).<br />
San Gerlaco Romita di Valkenburg:<br />
Eremita, nato a Valkenburg, presso<br />
Maastricht, nei Paesi Bassi, si iscrisse<br />
alla milizia e condusse vita mondana. La<br />
morte della giovane moglie ne determinò<br />
la conversione, suggellata da un pellegrinaggio<br />
a Roma e a Gerusalemme,<br />
dove si fermò sette anni, servendo i<br />
poveri e gli ammalati negli ospizi e nei<br />
nosocomi. Fatto ritorno al paese nativo,<br />
visse da eremita dentro il cavo di un’antica<br />
quercia. Ogni settimana si recava a<br />
Maastricht a venerare le reliquie di<br />
S. Servazio e ogni sabato ad Aquisgrana<br />
(Aachen) a venerare la Beata Vergine.<br />
Sedulio Scoto: Poeta e teologo irlandese del<br />
IX secolo, fonda a Liegi la scuola detta<br />
“Cenacolo di Sedulio”. Entra poi a far<br />
parte della corte dell’imperatore Lotario<br />
I. Sedulio era in contatto con l’arcivescovo<br />
di Milano Tadone. Ha scritto varie<br />
opere di esegesi biblica.<br />
Servazio, Santo: Probabilmente di origine<br />
armena, passò alla storia quale uno dei<br />
più costanti sostenitori di Sant’Atanasio<br />
durante la lunga controversia per l’ortodossia<br />
nicena. Nei concili di Sardica e<br />
Rimini, tenutisi rispettivamente nel<br />
343 e nel 359, sostenne infatti l’ortodossia.<br />
Eletto vescovo di Tongres, in Belgio.<br />
592<br />
Negli ultimi tempi della sua vita intraprese<br />
un pellegrinaggio a carattere penitenziale<br />
da Tongres sino a Roma.<br />
Silvestro I, Papa: Santo. (... - Roma, 335)<br />
Fu il trentatreesimo vescovo di Roma e<br />
Papa: succedette a Milziade nel 314 e<br />
regnò fino alla morte. È il primo Papa di<br />
una Chiesa non più minacciata dalle terribili<br />
persecuzioni dei primi secoli.<br />
Simone Stock, Santo: (Aylesford, 1165 ca.<br />
- Bordeaux, 1265) Religioso inglese<br />
dell’Or- dine Carmelitano: ricoprì la<br />
carica di Priore Generale. Il 16 luglio<br />
1251 ricevette la visione della Vergine<br />
con la rivelazione del privilegio dello<br />
scapolare carmelitano: quanti si fossero<br />
spenti indossandolo sarebbero stati liberati<br />
dalle pene del purgatorio il sabato<br />
successivo alla loro morte. Per commemorare<br />
l’evento, fu istituita la festa della<br />
Madonna del Carmelo il 16 luglio.<br />
Sisto V, Papa: (Grottammare, 1521 -<br />
Roma, 1590) Eletto nel 1585. Curò l’attuazione<br />
delle deliberazioni del Concilio<br />
di Trento. Grazie ad ingenti mezzi<br />
finanziari rese possibile l’incremento<br />
delle arti e delle scienze nonché un grande<br />
sviluppo edilizio di Roma. Convinto<br />
della rinnovata concezione in senso cristiano<br />
di Roma Caput mundi, creò nuove<br />
ampie strade che avrebbero dovuto consentire<br />
ai pellegrini di tutto il mondo di<br />
raggiungere agevolmente le Sette Chiese<br />
di Roma.<br />
Stanislao Kostka, Santo: (Rostkowo, 1550<br />
- Roma, 1568) Nobile polacco, entrò<br />
nella compagnia di Gesù contro il volere<br />
della famiglia. Fu scelto dai polacchi tra<br />
i patroni nazionali.<br />
Stefano di Antiochia, Santo: Vescovo e martire.<br />
Patì molto da parte degli eretici che si<br />
opponevano al Concilio di Calcedonia e, al<br />
tempo dell’imperatore Zenone, morì precipitato<br />
nel fiume Oronte.<br />
Stefano, re d’Ungheria, il Santo: (ca. 969<br />
- 1038) Si dedicò alla diffusione del<br />
Cristianesimo nel suo paese, favorendo la<br />
riforma religiosa che partiva da Cluny.<br />
Fu canonizzato nel 1083, la sua corona<br />
fu venerata a Budapest quale simbolo<br />
della nazione.<br />
Suarez, Francisco: (Granata, 1548 -<br />
Lisbona, 1617) Teologo e filosofo. In<br />
teologia si distinse soprattutto per la<br />
dottrina del congruismo relativa alla questione<br />
della conciliazione della libertà<br />
umana con la grazia divina.<br />
Telesforo, Papa: Santo. Fu l’ottavo Papa<br />
della Chiesa cattolica all’incirca dal 125<br />
al 136. In base a quanto riportato dal<br />
Liber Pontificalis, a lui si devono l’istituzione<br />
della Messa di mezzanotte, della<br />
liturgia dell’aurora e della liturgia della<br />
terza ora a Natale, della celebrazione<br />
della Pasqua di domenica, del digiuno<br />
durante la Quaresima e del canto del<br />
Gloria in excelsis Deo che si pensa sua<br />
stato composto proprio da Lui.<br />
Tertulliano, Quinto Settimio Fiorente:<br />
Apologeta e scrittore latino cristiano del<br />
sec. III. Nato da famiglia pagana a<br />
Cartagine verso il 155 - 160, fu avverso<br />
al Cristianesimo nella sua giovinezza, si<br />
convertì nel 193. Nel 213 avvenne la sua<br />
rottura con la Chiesa cattolica e l’adesione<br />
al montanismo. Le sue opere più<br />
importanti sono gli scritti apologetici:<br />
l’Ad nationes e l’Apologeticum.<br />
Toledo Francisco: (Cordova, 1532 - Roma,<br />
1596) Cardinale gesuita e teologo spagnolo.<br />
Fu chiamato a Roma nel 1559,<br />
dove insegnò filosofia e teologia al<br />
Collegio Romano. Fu teologo della Sacra<br />
Penitenzieria e Cardinale dal 1593, svolgendo<br />
anche importanti missioni diplomatiche<br />
per incarico della Santa Sede in<br />
Polonia, Belgio e Germania. Ebbe un<br />
ruolo fondamentale nella riconciliazione<br />
di Enrico IV con la Chiesa.<br />
Tommaso D’Aquino, Santo: (Aquino,<br />
1226 - Terracina, 1274) Il più grande<br />
filosofo del Medioevo. Entrò nell’ordine<br />
dei Domenicani, seguì gli studi filosofici<br />
e teologici sotto la guida di Alberto<br />
Magno e in seguito presso l’Università<br />
di Parigi, della quale poi divenne magister<br />
regens (1256-59) Prese parte alla<br />
polemica con gli avverroisti, combattendo<br />
le idee sostenute da Sigieri di<br />
Brabante. La figura di San T. assunse una<br />
posizione centrale non soltanto nel grande<br />
movimento medievale della<br />
“Scolastica”, ma pose solide basi alla<br />
filosofia cristiana, creando un sistema<br />
valido per intrinseca chiarezza e coerenza<br />
dottrinale e per equilibrata proporzionalità<br />
delle parti. Scrisse: De ente et essentia<br />
(1252-53), De veritate (1256-59),<br />
Summa Theologiae (I e II nel 1265- 71, III<br />
nel 1272-73, rimasto incompleto).<br />
Tommaso da Kempis: (Kempen, Renania, ca.<br />
1379 - St. Agnietenberg, Zwolle, 1471)<br />
Mistico medievale. Abbracciò la vita religiosa<br />
nel 1393 e raggiunse il fratello priore<br />
della comunità di St. Agnietenberg,<br />
presso Zwolle. Qui rimase fino alla<br />
morte, occupato nella professione di amanuense,<br />
nella direzione spirituale dei<br />
593
novizi e nella predicazione. Scrisse numerosi<br />
opuscoli di carattere ascetico e mistico,<br />
di cui il più noto è il Soliloquium animae<br />
cum Deo.<br />
Torsellino Orazio: (1544-99) Gesuita. Si<br />
deve a lui la più completa e fortunata<br />
Historia Lauretana del tempo. Il libro fu<br />
un vero best-seller: ebbe, specie durante<br />
il XVII e XVIII secolo, traduzioni in italiano,<br />
francese, inglese, spagnolo, tedesco,<br />
boemo, fiammingo e tagalog, dialetto<br />
filippino<br />
Ugone di S. Caro: (Saint-Cher, ca. fine del<br />
XII secolo - Orvieto 1263) Cardinale<br />
domenicano e scrittore medievale. Si laureò<br />
in Teologia alla facoltà di Parigi, e fu<br />
nominato Cardinale da Papa Innocenzo IV.<br />
Le principali opere furono una raccolta di<br />
varianti di manoscritti Ebraici, Greci e<br />
Latini; le Concordanze della Scrittura; e<br />
Commentari sulle Divine Scritture.<br />
Ugone di San Vittore: (Sassonia, ca. 1097 -<br />
S. Vittore, 1141) Teologo e scrittore latino<br />
medievale. Nel 1118 entrò tra i canonici<br />
regolari di S. Vittore, divenendone in<br />
seguito direttore. Scrisse numerosissime<br />
opere, ricordiamo: De sacramentis christianae<br />
fidei, Explanatio in canticum B. Mariae<br />
Virginis, De sacramentis christianae fidei.<br />
Urbano II, Papa: Nato Ottone (o<br />
Oddone) di Lagery (Châtillon-sur-<br />
594<br />
Marne, ca. 1040 - Roma, 1099). Fu<br />
Papa dal 1088. Fu uno dei più importanti<br />
ed attivi sostenitori delle riforme<br />
gregoriane. Il suo pontificato durò poco<br />
e fu molto travagliato, in quanto<br />
imperversava in Roma l’antipapa<br />
Clemente III.<br />
Urbano VI, Papa: (Napoli, ca. 1318 -<br />
Roma, 1389) Fu Papa dal 1378. Nativo<br />
di Napoli, fu un monaco devoto e un<br />
colto sofista. Appena cinque mesi dopo<br />
la sua elezione, la maggioranza dei cardinali<br />
si incontrò a Fondi, e ripudiando la<br />
scelta precedente, procedette all’elezione<br />
di Roberto da Ginevra (20 settembre),<br />
che assunse il titolo di Clemente VII.<br />
Questo episodio diede il via al Grande<br />
Scisma, che divise la cristianità per quasi<br />
quarant’anni.<br />
Valentino, Santo: Compagno di martirio di<br />
Santo Emidio.<br />
Vincenzo Ferreri, Santo: (Valencia, 1346<br />
- Vannes, 1419) Si dedicò alla conversione<br />
degli ebrei e dei mori di Spagna.<br />
Si adoperò con tutte le forze per favorire<br />
l’unità della Chiesa e la soluzione<br />
dello scisma. Tra i suoi scritti emergono<br />
i trattati filosofico-teologici e<br />
un’abbondante raccolta di sermoni,<br />
alcuni dei quali hanno un contenuto<br />
mariano, come ad esempio De nativitate<br />
Virginis.<br />
MANOSCRITTI<br />
BIBLIOGRAFIA generale<br />
MARCUCCI <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, Relazione o sia Ragguaglio annuale dello stato temporale<br />
e spirituale della Congregazione e Convitto delle Religiose dell’Immacolata<br />
Concezione di Ascoli del 1752 a mons. Marana Vescovo, ASC 111, p. 58.<br />
MARCUCCI <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, Dell’unità della Maddalena Controversia. Rediviva ed<br />
indi redimorta in Ascoli nel Settembre e Ottobre del 1764 in BSC 1518 e in ASC 54,<br />
Dell’unità della Maddalena, controversia rediviva, ed indi redimorta in Ascoli nel settembre,<br />
e ottobre del MDCCLXIV, Ascoli Piceno, 6 Ottobre 1764.<br />
MARCUCCI <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, Epistolario, ASC.<br />
MARCUCCI <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, ASC 14: Tetralogo sacro per l’Epifania, tra una<br />
Maestra, e tre Pellegrine Oltramontane cioè Eufrasia Spagnuola, Pulcheria Tedesca ed<br />
Eurilla Franzese, Ascoli Piceno 1754; Dialogo sopra il S. Natale di Gesù Bambino,<br />
fra una Pellegrina e quattro Pastorelle, Ascoli Piceno 1756; L’astrologhessa ravveduta,<br />
Burletta in Trialoghetto tra una Astrologhessa, una Teologhessa ed una Contadina,<br />
Sabato 22 Gennaio 1757. L’Amore in Trionfo, senza data.<br />
Elenco delle Educande del collegio delle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione di<br />
Ascoli Piceno, volume manoscritto non numerato in Museo-Biblioteca “F. A.<br />
<strong>Marcucci</strong>”.<br />
STAMPATI<br />
ANSELMI A., «Mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong> e la devozione al “Gran<br />
Mistero” dell’Immacolata nel contesto ascolano», in F. A. MARCUCCI, Orazione<br />
per l’Immacolata concezione di Maria sempre Vergine, Riproduzione anastatica dell’edizione<br />
del 1760. Studi storico-mariologici di Andrea Anselmi e Stefano De<br />
Fiores, Edizioni monfortane, Roma 1998.<br />
BALENA S. - RODILOSSI A., Castignano storia, cultura, tradizione, Il Segno 19984,<br />
pp. 233-240.<br />
CIANNAVEI Giuseppe Ignazio, Compendio di Memorie Istoriche, 1797, ristampa con<br />
note e indici di Giannino Gagliardi, Ascoli Piceno 1995.<br />
595
CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Positio super Vita, fama sanctitatis et<br />
Virtutibus di mons. <strong>Marcucci</strong>, Asculana in Piceno, in 2 voll., Roma 2003.<br />
DE FIORES Stefano, Maria nuovissimo Dizionario, Voll. 2, EDB 2006.<br />
GIOBBI Maria Paola, L’attività giuridica, pastorale ed omiletica di mons. <strong>Francesco</strong><br />
<strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong> durante il periodo della Vicegerenza (1774-1786), tesi per il magistero,<br />
Istituto superiore marchigiano di Sciene religiose “Redemtoris Mater”,<br />
A.A. 2004-2005.<br />
GIOBBI Maria Paola - LAGANÀ Franco, Guida al museo biblioteca “<strong>Francesco</strong><br />
<strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong>”, al convento e alla Chiesa dell’Immacolata, Ascoli Piceno<br />
2006.<br />
GIOBBI Maria Paola - PAPETTI Stefano, Il Palazzo <strong>Marcucci</strong> ad Ascoli Piceno dal<br />
XVI al XX secolo, Ascoli Piceno 2007.<br />
MARCUCCI F. A., I dodici privilegi goduti dalla Gran Madre di Dio Maria sempre Vergine<br />
nella sua Immacolata Concezione, Ascoli 1745.<br />
MARCUCCI <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, Orazione per l’Immacolata Concezione di Maria sempre<br />
Vergine, recitata in Ascoli agli 8 di dicembre del corrente 1760, Ascoli 1760.<br />
Nova Vulgata, BibliorumSacrorumm, Editio, Libreria Editrice Vaticana, 1986.<br />
LAZZARI T., Le pompe festive celebrate alli 2 luglio 1698 dalla ven. Compagnia di<br />
Maria delle Grazie dell’ill.ma città di Ascoli, Macerata 1698.<br />
LENTI G., Publica suplicatio Argentea Virginis Asculi celebrata, Ascoli 1621.<br />
LENTI A. M. Affetti di compunzione in poesie sacre divise a canti in ottava, che contengono<br />
morali e sostanziosi ammaestramenti estratti capo per capo dal p. Tomaso da Kempi,<br />
per frutto spirituale dell’anime devote, Fermo 1692. Si tratta della trasposizione in<br />
versi (ottave) dell’Imitazione di Cristo e di altre opere di T. da Kempis.<br />
ROSSI-BRUNORI Arcangelo, La vita e la istituzione di mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong><br />
<strong>Marcucci</strong> dell’Immacolata Concezione, Ascoli Piceno 1917.<br />
ROSSI Carla, Un monastero: Sant’Angelo Magno ad Ascoli nella prima età moderna<br />
(Tesi di laurea in storia moderna), Università degli studi di Bologna, Facoltà di<br />
Lettere e Filosofia, A. A. 1994-’95.<br />
596<br />
BIBLIOGRAFIA Del repertorio<br />
ANDREA ANTONELLI, Sebastiano, canonici Ascolani, Historiae Asculanae libri 4.<br />
Accessit historiae sacrae liber singularis. Patavii, typis Matthaei de Cadorinis,<br />
1673.<br />
ARDIA <strong>Antonio</strong>, SJ, Tromba Mariana cioè Panegirici, Sermoni, Panegirici Morali e<br />
Novene sopra i Misteri de Festività principali della Beatissima Vergine Madre di Dio,<br />
Venezia 1743, BSC 410.<br />
AURIEMMA Tommaso, SJ, Le sette feste di Maria, Venezia 1730, BSC 1291.<br />
Biblioteca Sanctorum. voll. 1-12, Roma, Istituto Giovanni XXIII della Pontificia<br />
Università Lateranense, Città Nuova Editrice, (1969-2001).<br />
BUTLER Alban, Il primo grande dizionario dei santi, secondo il calendario. Casale<br />
Monferrato, Piemme, 2001.<br />
CANTALAMESSA CARBONI, Giacinto. Memorie intorno i letterati e gli artisti della<br />
città di Ascoli nel Piceno scritte da giacinto Cantalamessa Carboni. Ascoli Piceno,<br />
tipografia di Luigi Cardi, 1830.<br />
COLUCCI Giuseppe, Antichità ascolane illustrate con varie dissertazioni dall’abate<br />
Giuseppe Colucci patrizio camerinese. Fermo, dai torchi dell’autore, 1792.<br />
CRASSET Giovanni, SJ, (trad. dal francese da Canturani Selvaggio), La vera<br />
Devozione verso Maria Vergine, 2 voll., Venezia 1762, BSC 1473 - 1474.<br />
Sul frontespizio del I vol. Monsignor <strong>Marcucci</strong> annota con mano propria:<br />
“L’<strong>Opera</strong> detestabile, acclamata dai Protestanti, parto dell’Avvocato Coloniense<br />
ADAMO WIDENFELT, ha tal titolo: Monita salutaria B.V. Maria ad cultores suos<br />
indiscretos. Uscì nel 1673. Fu condannata dall’Inquisizione di Spagna: indi dalla<br />
S. Sede ai 19 giugno 1674 e nel 1678 ai 30 luglio fu proibita la versione francese.<br />
Tale opera indegna fu subito censurata dall’Università di Magonza”.<br />
LADVOCAT (a cura di, tradotto dal francese) Dizionario storico, portatile che contiene<br />
la storia di tutti gli uomini illustri nelle arti e nelle scienze, voll. 1-7, Bassano, 1773,<br />
BSC 949 - 955.<br />
PAGLIARINI Marco, raccolta di vite de’ Santi per ciaschedun giorno dell’anno, 4 voll.,<br />
Roma 1772, BSC 186 - 189.<br />
MARCUCCI, <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, Artis Historicae Specimen. Saggio di Storiografia.<br />
Ascoli Piceno, Istituto Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione, 2002.<br />
597
MARCUCCI, <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, De Asculo Piceno, De Inscriptionibus Asculanis, Delle<br />
Sicle e Breviature. Ascoli Piceno, Istituto Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata<br />
Concezione, 2004.<br />
MARCUCCI <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, Sermoni per il Triduo e per la Festa dell’Immacolata<br />
Concezione (1739-1786), I.T.E., Venezia 2004.<br />
MARRACCI Hippolito. Bibliotheca Mariana alphabetico ordine digesta, in duas parte<br />
divisa, qua auctores, qui de Maria Dei parente Virgine scripsere. Romae, typis<br />
Francisci Caballi, 1648.<br />
MASSINI Carlo Vite de’ santi per ciascun giorno dell’anno alle quali si premette la vita di<br />
Gesù Cristo. Torino (1756-1767).<br />
PADRE MINORE RIFORMATO (senza nome), Esempi di città o Persone per la<br />
Devozione all’Immacolata Concezione della Madre di Dio liberate o preservate dalla<br />
peste, Genova 1743, BSC 438.<br />
Prato Fiorito di vari esempi diviso in due tomi (i libri mancano di frontespizio, di conseguenza<br />
non si può leggere il nome dell’autore e la data di pubblicazione. A conclusione<br />
del proemio c’è il simbolo dell’Eucarestia e i tre chiodi della Passione<br />
usati dai Gesuiti; da ciò si desume che l’autore sia un gesuita; riguardo alla datazione<br />
si può presumere che sia fine 1600 inizio 1700), BSC 423-424.<br />
RENDINA Claudio, I papi, storia e segreti, 5. ed., Roma, Newton Compton editori,<br />
1990.<br />
RHO Giovanni, SJ, Esempi della Madonna, Recitati nel sabato nella Chiesa di Gesù<br />
di Roma. Roma 1655, BSC 746.<br />
TURSELLINO Horatio, (a cura di), Particulae latinae orationis, Padova 1774.<br />
BIBLIOGRAFIA FONTI INTERNET<br />
Santi, beati e testimoni, Enciclopedia dei Santi. http://www.santiebeati.it<br />
Wikipedia, l’enciclopedia libera. http://it.wikipedia.org<br />
598<br />
599
600<br />
Finito di stampare<br />
nel mese di Marzo 2008<br />
dalla Croma Group srl<br />
– Grottammare –<br />
601
602