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Opera Omnia - Francesco Antonio Marcucci

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<strong>Opera</strong> <strong>Omnia</strong><br />

di <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong><br />

II III<br />

3.2


“Agli amanti di Maria”<br />

nel 150° anniversario delle apparizioni<br />

di Maria Immacolata a santa Bernardetta<br />

e nel 20° della “Mulieris Dignitatem”<br />

di sua santità Giovanni Paolo II<br />

Dino Ferrari, Apparizione dell’Immacolata a santa<br />

Bernardetta, olio su tavola, 1962, Ascoli Piceno, Chiesa<br />

dell’Immacolata delle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie Concezioniste,<br />

lato sinistro dell’abside.<br />

Istituto Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione<br />

MARCUCCIANA OPERA OMNIA<br />

Sezione 1. storico-letteraria<br />

2. biblico-teologica<br />

3. mariologica<br />

4. filosofica<br />

5. omiletica<br />

6. varie<br />

7. epistolare<br />

PIANO GENERALE<br />

VOLUMI PUBBLICATI<br />

1.1 Artis Historicae Specimen. Riflessioni sopra di alcuni precetti più importanti dell’Arte<br />

Istorica, 2002<br />

1.2 De Asculo Piceno. De Inscriptionibus Asculanis. Delle Sicle e Breviature, 2004<br />

3.1 Sermoni per il triduo e per la festa dell’Immacolata Concezione, 2004<br />

3.2 Sermoni per le feste Mariane, 2008<br />

IV V


Stemma di mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong>, scelto nel<br />

1741 quando diventa sacerdote. Egli utilizza lo stemma<br />

della sua famiglia, riportato sulla metà a destra, dove sono<br />

raffigurati tre monti, simboli delle virtù della giustizia,<br />

della clemenza e dell’equità; la stadera rafforza il simbolo<br />

della giustizia. Sulla parte sinistra, introduce l’immagine<br />

dello Spirito Santo e dell’Immacolata “delizia del suo cuore<br />

e scala per salire al cielo”.<br />

Lo stemma fu mantenuto per tutta la vita. Il cappello al di<br />

sopra dell’ovato fu aggiunto quando divenne Vescovo.<br />

La croce con due aste trasversali indica la carica di Patriarca<br />

di Costantinopoli, ricevuta nel 1781.<br />

FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI<br />

Sermoni<br />

per le Feste Mariane<br />

(1746-1789)<br />

A cura di Suor Maria Paola Giobbi<br />

Istituto Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione<br />

VI VII


In I di copertina<br />

Anonimo, La Madre di Dio con il Bambino Gesù, olio su tela, sec. XVII, dipinto appartenente<br />

all’antica famiglia <strong>Marcucci</strong>, oggi nella Casa Madre dell’Istituto.<br />

In IV di copertina<br />

Medaglione della Beata Vergine Maria che le Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione,<br />

fino agli anni sessanta del Novecento, portavano sul petto, cucito sullo scapolare; oggi l’immagine<br />

è stata sostituita da una medaglia appesa ad una catenina.<br />

SI RINGRAZIANO<br />

Suor Maria Giuditta Mosca, Don Benito Masci, Maria Gabriella Mazzocchi,<br />

Massimo Papetti, Don Vincenzo Catani, Sara Paolini.<br />

IN PARTICOLARE<br />

PER LE TRASCRIZIONI: Suor Maria Vanessa Hilario ed Elvezia Di Girolamo.<br />

PER LE TRADUZIONI DAL LATINO: Pietro Alesiani.<br />

PER AIUTO REVISIONE E CONFRONTO MANOSCRITTI: Elvezia Di Girolamo.<br />

FOTO: Domenico Oddi ed inoltre Enzo Morganti.<br />

© 2008 – Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione<br />

Via S. Giacomo, 3 - 63100 Ascoli Piceno<br />

E-mail: casamadr@libero.it<br />

Casa generalizia, via Cosimo Tornabuoni, 12 - 00166 Roma<br />

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo volume può<br />

essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in alcuna forma e con<br />

alcun mezzo elettronico, in fotocopia, in disco o in altro modo,<br />

senza l’autorizzazione scritta dell’Editore<br />

Stampa: Croma Group srl - Grottammare (AP)<br />

Indice<br />

Presentazione di Madre Daniela Volpato, Vicaria Generale XIX<br />

Presentazione di Mons. Silvano Montevecchi, Vescovo di Ascoli Piceno XXI<br />

Introduzione di P. Stefano de Fiores XXIII<br />

Nota redazionale XXIX<br />

Ricetta per fare il vero e buono Inchiostro XXXIII<br />

Descrizione dei manoscritti XXXIV<br />

Criteri di trascrizione dei manoscritti XXXVIII<br />

CAP. I SERMONI ED INNI MARIANI DEL 1746<br />

Abbozzo di panegirico in onore della SS.ma Annunciazione della Gran<br />

Madre di Dio Maria sempre Vergine, Ascoli Piceno databile 1746.<br />

Abbozzo di panegirico dei dolori della SS.ma Vergine Immacolata nel venerdì<br />

della domenica di Passione, Ascoli Piceno 1746.<br />

Istruzione sopra il sacro scapolaretto o sia abitino ceruleo, o vogliamo dirlo torchino<br />

dell’Immacolata Concezione di Maria sempre Vergine, 1746, stampato<br />

in Ascoli, per Niccola Ricci.<br />

Sopra i privilegi di Nostra Immacolata Signora. Canzonetta sull’aria<br />

marcuccina, Ascoli Piceno databile 1746.<br />

Volgarizzamento poetico dell’Ave Maris Stella, Ascoli Piceno 17 marzo 1746.<br />

Breve sermone sopra la gloriosa Assunta di Nostra Signora, Ascoli Piceno<br />

databile 15 agosto 1746.<br />

Sacro discorsetto sopra l’Aspettazione del Parto di Maria Vergine SS.ma,<br />

Ascoli Piceno databile 1746.<br />

CAP. II SERMONCINI PER OGNI SABATO DELL’ANNO 1752<br />

Il solennizzare e celebrare il sabato con varie divozioni in onor della<br />

Vergine è di suo gran piacere e vien da lei molto ben ricompensato,<br />

Ascoli Piceno 1 gennaio 1752.<br />

VIII IX<br />

6<br />

23<br />

35<br />

39<br />

41<br />

47<br />

51<br />

60


La tenera divozione verso la SS.ma Vergine è di gran giovamento per ravvivar<br />

la nostra fede verso il SS.mo Sacramento, Ascoli Piceno 8 gennaio<br />

1752.<br />

La divozione della SS.ma Vergine è di giovamento grandissimo per fare una<br />

buona confessione sacramentale, Ascoli Piceno 15 gennaio 1752.<br />

Quanto riesca di gradimento alla SS.ma Vergine la nostra divozione verso di<br />

lei e quanto le sia di dispiacere la mancanza di nostra fedeltà, Ascoli Piceno<br />

22 gennaio 1752.<br />

La divozione professata da San <strong>Francesco</strong> di Sales verso la SS.ma Vergine, e<br />

le finezze della Vergine usate verso S. <strong>Francesco</strong> di Sales, risvegliar debbono e<br />

la nostra diligenza in fedelmente servir la stessa Regina del Cielo e la nostra<br />

fiducia in esser da lei protetti, Ascoli Piceno 29 gennaio 1752.<br />

Quanto dispiaccia alla SS.ma Vergine il Carnevale, Ascoli Piceno 5 febbraio<br />

1752.<br />

La divozione verso la SS.ma Vergine riesce di gran conforto nella morte,<br />

Ascoli Piceno 12 febbraio 1752.<br />

La divozione verso il gran padrone e patriarca San Giuseppe è un mezzo<br />

efficacissimo per ottenere la protezione e il patrocinio di Maria SS.ma,<br />

Montalto Marche 18 marzo 1752; Ascoli Piceno 8 aprile 1752.<br />

La gran Regina del Cielo ha un mirabile potere nel difendere i suoi divoti da<br />

tutti gli assalti del nemico infernale, Ascoli Piceno 15 aprile 1752.<br />

Il concorrere e portarsi nelle Chiese a venerar le sacre Immagini di Maria,<br />

è un bel mezzo per essere da Lei protetti, Ascoli Piceno 22 aprile 1752.<br />

L’intercessione di Maria SS.ma è molto efficace per placar l’ira divina,<br />

Ascoli Piceno 29 aprile 1752.<br />

La divozione verso Maria SS.ma rende buona la nostra speranza e ce la ravviva<br />

ed accresce, Ascoli Piceno 13 maggio 1752.<br />

Maria SS.ma impetra ai suoi divoti la pienezza dello Spirito Santo, Ascoli<br />

Piceno 20 maggio 1752.<br />

Il ringraziare la SS.ma Trinità delle Grazie concesse alla SS.ma Vergine,<br />

ed il congratularsi con la Vergine per la gloria ed onore dato alla SS.ma<br />

Trinità esser deve l’esercizio più frequente dei veri divoti di Maria, Ascoli<br />

Piceno 27 maggio 1752.<br />

Il concorrere alle fabbriche o al mantenimento delle Chiese dedicate a Maria<br />

SS.ma, viene da Lei molto ben ricompensato anche in questa vita, Ascoli<br />

Piceno 10 giugno 1752.<br />

65<br />

71<br />

76<br />

81<br />

90<br />

95<br />

103<br />

110<br />

116<br />

123<br />

129<br />

135<br />

141<br />

149<br />

Quanto gradisca la SS.ma Vergine l’esser salutata con l’Ave Maria, Ascoli<br />

Piceno 17 giugno 1752<br />

Essendo stato San Giovanni Battista così caro a Nostra Signora, non vi è<br />

mezzo più proprio per ottenere la protezione di questa, che interporvi l’intercessione<br />

di quello, Ascoli Piceno 24 giugno 1752.<br />

Il reputarsi indegno di ricevere le dolcissime Visite di Maria SS.ma e nel tempo<br />

stesso far quel che si deve per ottenerle, è il gran segreto per sicuramente riceverle,<br />

Ascoli Piceno 1 luglio 1752.<br />

Chi vuol grazie dalla Vergine ricorra a Lei con fiducia e con perseveranza<br />

nelle sue Chiese, Ascoli Piceno 8 luglio 1752.<br />

L’essere ascritti al sacro abitino del Carmine ed il portarlo con divozione,<br />

impegna Maria SS.ma a proteggerci singolarmente in questa vita e nell’altra,<br />

Ascoli Piceno 15 luglio 1752.<br />

L’Amore che la Maddalena portò a Maria SS.ma deve essere il modello del<br />

nostro amor verso la Vergine, Ascoli Piceno 22 luglio 1752.<br />

La divozione del Santo Rosario è così cara alla Vergine, che l’ha impegnata<br />

sempre mai ad operar maraviglie, anche in favore di chi solamente lo ha portato<br />

indosso, Ascoli Piceno 29 luglio 1752.<br />

L’averci posti il nostro gran Padre e protettore Sant’Emidio, tosto dopo il suo arrivo,<br />

sotto la protezione e tutela di Maria SS.ma, fu la gloria del suo apostolato e la<br />

sorgente di tutte le nostre fortune, Ascoli Piceno 5 agosto 1752.<br />

L’apparecchiarsi a celebrar con divozione la festa della gloriosa Assunta di<br />

Nostra Signora la impegna ad esercitar verso di noi l’uffizio che ella ha di<br />

Rifugio dei Peccatori, Ascoli Piceno 12 agosto 1752.<br />

Sotto la similitudine del cedro si dimostra essere stata Maria SS.ma nella sua<br />

gloriosa Assunta e di stupore al mondo e di allegrezza e maraviglia al cielo e di<br />

giovamento a tutti, specialmente ai peccatori, Ascoli Piceno 15 agosto 1752.<br />

CAP. III SERMONCINI PER OGNI SABATO DELL’ANNO 1753<br />

Il vero divoto della Vergine deve procurar di avere buona memoria, miglior<br />

ingegno ed ottimo giudizio, sì per maggiormente promuovere il culto di Lei,<br />

che per ottenere più efficace il suo patrocinio, Ascoli Piceno 12 maggio 1753.<br />

Per ricevere, per conoscere e per eseguire gli impulsi dello Spirito Santo non vi<br />

è il più bel mezzo che farsi divoto di Maria SS.ma, Ascoli Piceno 9 giugno<br />

1753.<br />

X XI<br />

155<br />

160<br />

167<br />

174<br />

179<br />

184<br />

190<br />

196<br />

203<br />

208<br />

220<br />

227


Godendo molto la Vergine che da sua parte si ringrazi la SS.ma Trinità, deve<br />

ognuno aiutarsi a farlo come essa stessa insegnò e desidera, Ascoli Piceno<br />

16 giugno 1753.<br />

Nella festa della visitazione, siccome si ravvivano più che mai le nostre speranze,<br />

così deve più che mai risvegliarsi la nostra divozione, Ascoli Piceno<br />

2 luglio 1753.<br />

Sermoncino per la SS.ma natività di Maria, Ascoli Piceno 8 settembre 1753.<br />

Per ottener una vera felicità non vi è più bel mezzo che esser divoto del SS.mo<br />

nome di Maria, Ascoli Piceno 15 settembre 1753.<br />

Essendo il SS.mo nome di Maria un nome ricolmo di virtù, benedizioni e di<br />

grazie, non può esser mai da noi invocato senza nostro grandissimo utile e vantaggio,<br />

Ascoli Piceno 22 settembre 1753.<br />

Il nome augustissimo di Maria essendo di grande efficacia e virtù per ben morire,<br />

pronunziato nelle ultime agonie dai suoi divoti, impegna il gran protettore<br />

dei moribondi l’Arcangelo San Michele, di cui oggi celebriamo, ad assisterci con<br />

più premura in quel punto tremendo, Ascoli Piceno 29 settembre 1753.<br />

CAP. IV SERMONCINI ABBOZZATI SOPRA LA SACRA LITURGIA<br />

DELLA SANTA MESSA RECITATI NEI SABATI<br />

(16 NOVEMBRE 1753 - 14 SETTEMBRE 1754)<br />

Sermoncino I. Quanto piaccia a Maria SS.ma il considerar l’istituzione ed i<br />

misteri della S. Messa, Ascoli Piceno 16 novembre 1753.<br />

Sermoncino II. Vuole la Vergine che tutti i cristiani si mostrino grati con la<br />

rimembranza del sacrificio fatto per loro dal suo Divin Figlio, Ascoli Piceno<br />

24 novembre 1753.<br />

Sermoncino III. L’assister con somma divozione e riverenza alla S. Messa, è lo<br />

stesso che impegnar la Vergine a farci singolari finezze, Ascoli Piceno 1<br />

dicembre 1753<br />

Sermoncino IV. La gran premura che ha la Vergine che noi ascoltiamo divotamente<br />

la S. Messa ci prova esser la Messa di un gran valore per noi, Ascoli<br />

Piceno 12 gennaio 1754.<br />

Sermoncino V. Il soccorrer le anime benedette del purgatorio ad onor di Maria<br />

col mezzo della S. Messa, sia lo stesso che impegnar Maria SS.ma a soccorrerci<br />

particolarmente in vita e dopo morte, Ascoli Piceno 19 gennaio 1754.<br />

229<br />

231<br />

234<br />

236<br />

237<br />

239<br />

244<br />

247<br />

249<br />

250<br />

252<br />

Sermoncino VI. Si spiega il significato degli abiti sacerdotali e dell’apparecchio;<br />

e particolarmente dell’entrata in Sagrestia che fa il Sacerdote e del lavarsi le<br />

mani e delle orazioni preparatorie, Ascoli Piceno 16 febbraio 1754.<br />

Sermoncino VII. Uno tra gli ottimi apparecchi per udir con profitto la<br />

S. Messa è il ricorrer con calde preghiere alla gran Vergine Nostra Signora,<br />

Ascoli Piceno 23 febbraio 1754.<br />

Sermoncino VIII. Per degnamente assistere alla S. Messa si richiede una gran<br />

fede e bisogna far divoto ricorso alla Gran Vergine, che della fede è maestra,<br />

Ascoli Piceno 2 marzo 1754.<br />

Sermoncino IX. Quanta ricompensa Maria dia a chi ad onor suo assiste divotamente<br />

alla Messa, Ascoli Piceno 15 giugno 1754.<br />

Sermoncino X. L’umile confessione ed il pentimento sincero di nostre colpe,<br />

innanzi alla Vergine; e l’umile invocazione del suo Aiuto; è un gran mezzo per<br />

ottenere il perdono, Ascoli Piceno 22 giugno 1754.<br />

Sermoncino XI. Quanto abbiam bisogno e in tempo di Messa e fuori di Messa<br />

della Intercessione di Maria (Kyrie eleison), Ascoli Piceno 6 luglio 1754.<br />

Sermoncino XII. Sopra il Gloria in excelsis Deo, il Dominus vobiscum che<br />

segue e l’oremus prima dell’Epistola. Ascoli Piceno 13 luglio 1754.<br />

Sermoncino XIII. Dell’Epistola e graduale e il trasferir del Messale. Ascoli<br />

Piceno 20 luglio 1754.<br />

Sermoncino XIV. Evangelio e Credo. Ascoli Piceno 27 luglio 1754.<br />

Sermoncino XV. Si ripete il Credo. Ascoli Piceno 3 agosto 1754.<br />

Sermoncino XVI. Ascoli Piceno agosto 1754.<br />

Sermoncino XVII. Il Lavabo, Offerimus, Orate fratres, Ascoli Piceno<br />

31 agosto 1754.<br />

Sermoncino XVIII. Segrete e Prefazio, Ascoli Piceno 14 settembre 1754.<br />

CAP. V SERMONCINI PER LA FESTA DI MARIA SS.MA ASSUNTA<br />

(1754-1769)<br />

Iddio con il darci la sua Madre per nostro rifugio, ci ha dato un mezzo assai<br />

sicuro per eternamente salvarci, Ascoli Piceno 15 agosto 1754.<br />

Sopra la gloriosa Assunta di Nostra Signora, Ascoli Piceno 15 agosto 1758.<br />

XII XIII<br />

254<br />

256<br />

259<br />

261<br />

264<br />

267<br />

271<br />

275<br />

278<br />

280<br />

283<br />

283<br />

284<br />

290<br />

296


Refugium meum es tu, Ascoli Piceno 15 agosto 1759.<br />

Breve discorso sopra la gloriosa Assunta di Nostra Signora. Supra modum<br />

Mater mirabilis, Ascoli Piceno 15 agosto 1759.<br />

Abbozzo del discorsetto sopra l’Assunta di Nostra Signora, Ascoli Piceno 15<br />

agosto 1768.<br />

Per la gloriosissima Assunta di Nostra Signora, Ascoli Piceno 15 agosto 1769.<br />

CAP. VI SERMONCINI FAMILIARI RECITATI NEI SABATI<br />

E IN VARIE FESTE MARIANE (1756-1764)<br />

Sermone familiare sopra la Presentazione di Nostra Signora, recitato in<br />

sedia alle piissime Religiose Benedettine di S. Egidio di questa città<br />

di Ascoli, 22 novembre 1756.<br />

Missus est Angelus Gabriel a Deo in Civitatem Galileae, cui nomen<br />

Nazareth, ad Virginem, Ascoli Piceno 10 dicembre 1756.<br />

Spiegandosi di chi fosse figlio il patriarca San Giuseppe, si conchiude dimostrando<br />

quanto sia efficace il patrocinio di San Giuseppe per ottener le grazie<br />

da Maria Santissima, Ascoli Piceno 31 dicembre 1757.<br />

Descrivendosi la nobile parentela di Maria SS.ma, si conchiude esser essa<br />

nostra parente in primo grado di adozione spirituale, cioè nostra amantissima<br />

Madre, Ascoli Piceno 7 gennaio 1758.<br />

Dilucidandosi, se quando avvenisse il purissimo sacro sposalizio tra la Vergine<br />

e S. Giuseppe, si conchiude con l’esaminare il modo, come possiamo contrarre uno<br />

spirituale sposalizio con la suddetta Regina del Cielo, Ascoli Piceno 14 gennaio<br />

1758.<br />

Incominciandosi a spiegar il capo secondo di San Matteo, si pone in chiaro, in<br />

che tempo nacque Gesù Signor nostro e quali prodigi principali accompagnarono<br />

la sua SS.ma nascita; conchiudendosi con una Congratulazione alla<br />

SS.ma Vergine per la sua maternità, Ascoli Piceno 21 gennaio 1758.<br />

Ponendosi in chiarezza maggiore i due singolarissimi privilegi di Maria, cioè<br />

la sua verginità perpetua e la sua maternità di Dio, si conclude che l’onorar<br />

questi due privilegi è il più bel modo di acquistarsela benevola avvocata e protettrice,<br />

Ascoli Piceno 28 gennaio 1758.<br />

Dilucidandosi la venuta e l’offerta dei Santi Re Magi, di cui favella<br />

San Matteo, si conchiude quanto Iddio gradisca i doni, che gli si danno per le<br />

mani della sua SS.ma Madre, Ascoli Piceno 4 febbraio 1758.<br />

300<br />

305<br />

310<br />

314<br />

320<br />

331<br />

336<br />

343<br />

353<br />

365<br />

375<br />

386<br />

Spiegandosi la fuga nell’Egitto, memorata da San Matteo, si esalta la sofferenza<br />

e insieme la prudenza di Maria SS.ma e se ne raccomanda l’imitazione,<br />

Ascoli Piceno 11 febbraio 1758.<br />

Dilucidandosi la Strage degli Innocenti, di cui ci parla San Matteo, si viene<br />

a dedurre quanto dispiaccia a Maria SS.ma il perseguitar gli Innocenti,<br />

Ascoli Piceno 4 marzo 1758.<br />

Maria SS.ma è un rifugio sicuro senza chiederlo e pronto senz’aspettarlo,<br />

Ascoli Piceno 31 aprile 1764.<br />

La custodia e protezione di Maria è sicura, pronta e durevole a favor di chi le<br />

vive ossequioso tra le sue mistiche vigne, Ascoli Piceno 4 aprile 1769.<br />

CAP. VII SERMONI PER IL TRIDUO<br />

ELAFESTA DI MARIA BAMBINA (1767-1769)<br />

La bellezza di Maria Bambina, Ascoli Piceno 5 settembre 1767.<br />

La bontà di Maria Bambina, Ascoli Piceno 6 settembre 1767.<br />

La beneficenza di Maria Bambina, Ascoli Piceno 7 settembre 1767<br />

Maria Bambina, essendo nata Regina dell’Universo, stando ancor nella<br />

culla, esercita la sua mirabile potenza in Cielo, in Terra e nell’Inferno, Ascoli<br />

Piceno 8 settembre 1768.<br />

Sopra la SS.ma natività di Nostra Immacolata Signora, Ascoli Piceno 8<br />

settembre 1769.<br />

CAP. VIII SERMONI PER LE FESTE MARIANE RECITATI<br />

NELLA CATTEDRALE DI MONTALTO E NELLE<br />

CHIESE DELLA DIOCESI (1771-1789)<br />

Sopra la gloriosa Assunta di Nostra Immacolata Signora, Montalto 15<br />

agosto 1771.<br />

Sopra la purificazione di Nostra Immacolata Signora. Ai tre miracoli che nel<br />

giorno della sua purificazione veder ci fece Maria Santissima, cioè di ubbidienza,<br />

di umiltà e di edificazione, molti e molte ardiscono di contrapporre tre<br />

altri prodigi, cioè di ostinazione, di superbia e di scandalo, Montalto 2 febbraio<br />

1772.<br />

XIV XV<br />

388<br />

389<br />

398<br />

403<br />

417<br />

426<br />

433<br />

442<br />

455<br />

462<br />

467


Sermone della gran Misericordia di Maria SS.ma. La SS. Vergine impegna<br />

il suo divin Figlio ad aspettare i peccatori con pazienza, a ricercarli con premura<br />

e ad accoglierli con amorevolezza: così essa usando verso dei peccatori la<br />

sua grande misericordia, Castignano 16 agosto 1772.<br />

Pastorale della SS.ma natività di Maria. L’allegrezza universale che la Gran<br />

Vergine arrecò a tutto il mondo col suo nascimento, Force 8 settembre 1772.<br />

Sermone nella purificazione di Maria. La doppiezza intanto è sì comune in<br />

oggi tra noi Cristiani, in quanto passa quasi comunemente tra noi per una<br />

lodevole accortezza di tratto e non si apprende per quel vizio, com’è, sì abominevole<br />

agli occhi di Dio e sì pregiudizievole al prossimo ed a noi stessi,<br />

Montalto 2 febbraio 1773.<br />

Per la purificazione di Maria SS.ma, Montalto 2 febbraio 1774.<br />

Omelia della gloriosa Assunta di Nostra Immacolata Signora. L’amore dimostrato<br />

a noi da Maria SS.ma nel suo felicissimo transito da questa all’altra<br />

vita, ci vien perpetuato nella Assunta sua gloriosa in Cielo, Montalto 15<br />

agosto 1776.<br />

Omelia della natività di Nostra Signora. Non sente gaudio nella natività di<br />

Maria chi non comprende l’infinito bene, che da Maria ne ridonda,<br />

Montalto 8 settembre 1776.<br />

Sermone della natività di Nostra Signora. Non sente gaudio nella natività di<br />

Maria chi non comprende l’infinito bene, che da Maria ne ridonda, Montalto<br />

8 settembre 1776, mandato alle Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata di Ascoli.<br />

Omelia per l’Assunta di nostra Signora, Montalto 15 agosto 1786.<br />

Morale omelia. Benedicta sit Peccatorum Refugium, Christianorum<br />

Auxilium, necnon Prædicatorum Præssidium, Deipara Virgo Maria, Quæ<br />

Et Dicentis Verba complevit Et Audientium corda contrivit. Impleti sunt dies<br />

Purgationis Maria, Montalto 2 febbraio 1787.<br />

Omelia per l’Assunta di nostra Signora, Montalto 15 agosto 1787.<br />

Omelia per la SS.ma natività di nostra Signora, Montalto 8 settembre 1788.<br />

Omelia della gloriosa Assunta di Nostra Signora. Impercettibili essendo i sorprendenti<br />

trionfi di Maria nella sua gloriosa Assunta, si dimostra il trionfo<br />

della sua materna clemenza e misericordia, come più adattato al nostro<br />

Umano Intendimento, Montalto 15 agosto 1789.<br />

473<br />

475<br />

477<br />

494<br />

496<br />

502<br />

509<br />

512<br />

518<br />

524<br />

530<br />

535<br />

CAP. IX DIALOGHI PER LE FESTE MARIANE MANDATI<br />

DA MONTALTO ALLE RELIGIOSE DELL’IMMACOLATA<br />

CONCEZIONE DI ASCOLI (1772-1786)<br />

Dialogo sopra l’apparizione del Redentore risorto alla sua SS.ma Madre,<br />

e sopra la doppia Alleluja della Pasqua, Montalto 18 aprile 1772.<br />

Dialogo della Santa Casa di Loreto, tra Timesia, Filomata e Critesio,<br />

Montalto 3 maggio 1772.<br />

Dialoghetto in quattro educande per la Festa della Presentazione di Maria,<br />

Montalto 21 novembre 1786.<br />

Indice dei nomi notevoli di persone 567<br />

Repertorio di persone menzionate nell’opera 573<br />

Bibliografia generale 595<br />

Bibliografia del repertorio 597<br />

XVI XVII<br />

546<br />

554<br />

562


Presentazione<br />

Madre Daniela Volpato, Vicaria Generale<br />

Ascoli Piceno 11 Febbraio 2008, festa della Madonna di Lourdes<br />

sono l’Immacolata Concezione”: con queste parole la “bella<br />

Signora” si è definita apparendo alla giovane Bernardetta Soubirous<br />

“Io<br />

150 anni fa a Lourdes.<br />

Stiamo quindi vivendo un anno speciale, un anno giubilare che intende<br />

celebrare la memoria di quelle importanti apparizioni che si possono leggere<br />

come una conferma della proclamazione del dogma dell’Immacolata<br />

Concezione di Maria avvenuta quattro anni prima, ossia nel 1854.<br />

Ci sembra, quindi, non casuale il fatto che, proprio in quest’anno venga<br />

dato alla stampa questo nuovo volume dell’<strong>Opera</strong> omnia di Mons. <strong>Marcucci</strong>:<br />

“Sermoni per le feste mariane”.<br />

È una raccolta delle sue omelie che vuole dimostrare come Egli abbia<br />

voluto cogliere tutte le occasioni per onorare Colei che amava chiamare<br />

“Nostra Immacolata Signora” già più di cento anni prima che il dogma<br />

venisse ufficialmente proclamato.<br />

Mons. <strong>Marcucci</strong>, fervente innamorato di Maria proprio sotto il titolo di<br />

“Immacolata Concezione”, non lasciava infatti passare sotto silenzio nessuna<br />

ricorrenza mariana, anzi di ciascuna di esse sapeva approfittare per diffondere<br />

il culto e la vera devozione all’Immacolata e questo Egli ha trasmesso alle<br />

Sue Figlie, le Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione, perché continuassero<br />

sul suo esempio.<br />

Questo è sicuramente il motivo che ha spinto Suor M. Paola Giobbi a<br />

impegnarsi perché venisse pubblicata tale opera proprio in questo anno<br />

giubilare, che, oltre a ricordare come già detto l’anniversario delle apparizioni<br />

a Lourdes, per noi Pie <strong>Opera</strong>ie ricorda anche i 151 anni dalla visita<br />

effettuata nella nostra Casa Madre ad Ascoli Piceno dal Papa Pio IX,<br />

dal quale è stato proclamato appunto il dogma dell’Immacolata<br />

Concezione di Maria.<br />

XVIII XIX


Suor M. Paola, quindi, ha voluto onorare in questa circostanza la Vergine<br />

Immacolata: per questo a lei va il ringraziamento di tutta la Congregazione<br />

e anche di coloro che, dopo essersi accostati alla conoscenza di Mons.<br />

<strong>Marcucci</strong>, ne hanno compreso tutta la portata culturale e spirituale e desiderano<br />

sempre più approfondirla sotto ogni aspetto, ma soprattutto desiderano<br />

rafforzare la loro fede nel mistero dell’Immacolata Concezione di Maria.<br />

Un ringraziamento sincero e profondo va anche al Reverendo Padre<br />

Stefano De Fiores che, pur tra i suoi mille impegni, si è prodigato con la sua<br />

competenza e con il suo caratteristico entusiasmo a curare l’introduzione al<br />

volume, manifestando ancora una volta l’apprezzamento e la stima per il<br />

nostro Fondatore, ma anche per l’intera nostra Congregazione.<br />

A tutti colo che avranno l’opportunità di prendere in mano questo volume<br />

auguriamo di crescere sempre più nella vera devozione all’Immacolata<br />

Concezione, dalla quale imploriamo per tutti le più grandi benedizioni, affidando<br />

ciascuno all’intercessione del Servo di Dio Mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong><br />

<strong>Marcucci</strong>, che desideriamo vedere presto elevato agli onori degli altari.<br />

XX<br />

Presentazione<br />

Mons. Silvano Montevecchi, Vescovo di Ascoli Piceno<br />

Ascoli Piceno 25 Febbraio 2008,<br />

267° anniversario dell’ordinazione sacerdotale del Servo di Dio mons. F. A. <strong>Marcucci</strong><br />

con il quale le Pie <strong>Opera</strong>ie della Immacolata Concezione<br />

stanno conducendo gli studi e le dovute attività per favorire nel più<br />

L’impegno<br />

breve tempo possibile l’auspicata beatificazione del loro fondatore<br />

Mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong>, è connotato anche dall’impegnativo<br />

programma di consegnare al pubblico la “<strong>Marcucci</strong>ana <strong>Opera</strong> <strong>Omnia</strong>” nella<br />

varie sezioni: storica, letteraria, biblico-teologica, mariologica, filosofica,<br />

omiletica, oltre al ricco epistolario.<br />

Il volume, che viene posto nelle mani del lettore, presenta temi dedicati<br />

alla sezione mariologica. Sono prevalentemente meditazioni o sermoni e poesie<br />

dedicati ai momenti della vita della Beata Vergine verso la quale il<br />

<strong>Marcucci</strong> nutriva un affetto tenerissimo. In calce alla “Istruzione sopra il sacro<br />

scapolaretto o sia abitino ceruleo o vogliam dire torchino dell’Immacolata Concezione<br />

di Maria sempre Vergine”, il nostro si firma “Abate don <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong><br />

<strong>Marcucci</strong>, detto dell’Immacolata Concezione, Sacerdote Secolare di Ascoli e<br />

Missionario Apostolico”.<br />

La firma ci aiuta a intravedere le caratteristiche della sua personalità: egli<br />

è un sacerdote ascolano che nelle sua produzione letteraria offre uno spaccato<br />

della vita e della religiosità popolare dell’amata città e del suo carattere<br />

mariano “con cui da secoli si truova a presentare tutta umile ai sacratissimi piedi<br />

della eccelsa Immacolata Regina un annuo tributo, e sotto quello i cuori dei cittadini”<br />

(cfr Orazione per l’Immacolata Concezione…1760). Una caratteristica, questa,<br />

che permane ancora viva tra noi.<br />

Egli ama essere definito “dell’Immacolata Concezione”. Il nostro autore<br />

in tutti i suoi scritti ha sempre l’intento di essere di utilità al popolo e di formarlo<br />

nella crescita spirituale. È convinto che la conoscenza e la devozione<br />

verso la Madonna sia la via maestra per la trasmissione della fede. D’altra<br />

parte i suoi Sermoni sono costruiti come le grandi chiese barocche nelle quali<br />

XXI


la mobilità delle forme e la convergenza verso l’altare esprime il desiderio<br />

dell’anima di essere condotta alla devozione attraverso la ricchezza delle citazioni<br />

bibliche, la profonda semplicità della riflessione teologica, la dolcezza<br />

delle indicazioni ascetiche pratiche e i riferimenti di ordine devozionale.<br />

Attraverso i Sermoni alla Madonna vengono passati in rassegna tutte le<br />

grandi verità dell’esperienza cristiana.<br />

Infine sottolinea di sentirsi “Missionario Apostolico”. E come non pensare<br />

alla sue giovani esperienze allorché a piedi scalzi si recava nei paesi a predicare<br />

al popolo, ispirandosi al grande modello di S. Leonardo da Porto<br />

Maurizio.<br />

Ma fu mosso da intento missionario anche la istituzione di una famiglia<br />

religiosa dedicata alla educazione delle fanciulle.<br />

Dalla lettura del volume si potrà conoscere la delicatezza di questa anima<br />

sacerdotale e l’influenza che i suoi scritti hanno avuto nella storia della città.<br />

La nostra Diocesi ha avuto dalla Divina Provvidenza il dono di questa<br />

grande personalità e la gioia di custodire le sue spoglie mortali proprio nelle<br />

chiesa dove tante volte parlò delle virtù della Vergine e dei doni riservati ai<br />

suoi fedeli.<br />

Ringrazio cordialmente le brave suore, e particolarmente suor Maria<br />

Paola Giobbi, per l’impegno di far conoscere il pensiero del <strong>Marcucci</strong> non<br />

solo agli studiosi, ma anche ai ragazzi delle scuole, perché sia apprezzato e<br />

venerato.<br />

XXII<br />

† Silvano Montevecchi<br />

Introduzione<br />

Stefano De Fiores<br />

Ascoli Piceno 2 Febbraio 2008<br />

Saluto questo nuovo volume dell’<strong>Opera</strong> <strong>Omnia</strong> di <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong><br />

<strong>Marcucci</strong> che raccoglie i Sermoni per le Feste Mariane (1746-1789) e<br />

mi congratulo con le Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata, in particolare con<br />

Suor Maria Paola Giobbi, per l’intelligenza e l’amore con cui hanno curato<br />

l’edizione.<br />

L’apertura di un altro scrigno contenente ulteriori espressioni di culto e<br />

di dottrina concernente la Madre di Gesù da parte di un testimone convinto<br />

e di un maestro illuminato come il servo di Dio <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong><br />

<strong>Marcucci</strong>, rappresenta per la Chiesa un arricchimento e uno sprone.<br />

Trarre dall’oblio i manoscritti che conservano i Sermoni per le Feste Mariane<br />

pronunciati dal <strong>Marcucci</strong> negli anni 1746-1789 (98 componimenti omiletici),<br />

è un’opera meritoria, che si risolve in una maggiore risonanza del pensiero<br />

del Fondatore nell’immenso areopago del nostro tempo e in un argomento<br />

supplementare per affrettare il riconoscimento della santità e dottrina<br />

del servo di Dio.<br />

La prima impressione alla lettura dell’elenco degli argomenti trattati è<br />

che essi offrano uno spaccato della vita religiosa di Ascoli, nonché dell’inserimento<br />

in essa della Vergine Maria con una funzione educativa, etica e spirituale.<br />

È una conferma del carattere mariano della città - come la descrive<br />

mons. <strong>Marcucci</strong> -<br />

sì cospicua non meno per l’antichità immemorabile delle sue vaste mura [...]<br />

e per la nobiltà de’ suoi cittadini, [è] molto più illustre per l’amor singolare,<br />

con cui da secoli vincolata si truova a presentar tutta umile ai sacratissimi<br />

piedi della eccelsa immacolata Regina un annuo tributo, e sotto quello i cuori<br />

tutti de’ cittadini 1 .<br />

1 F. A. MARCUCCI, Orazione per l’Immacolata Concezione di Maria sempre Vergine, recitata in<br />

Ascoli agli 8 di dicembre del corrente 1760, Ascoli 1760, 30.<br />

XXIII


CARATTERE LITURGICO<br />

Si tratta di una vita ritmata dalle feste liturgiche mariane mediante le<br />

quali la parola di Dio s’inserisce nella quotidianità, sia che riguardi il parto,<br />

il carnevale o la morte 2 . Il <strong>Marcucci</strong> valorizza le ricorrenze dedicate a Maria<br />

dall’Aspettazione del parto, alla natività, al Nome di Maria, all’annunciazione,<br />

alla visitazione, alla purificazione, all’Addolorata e all’Assunta, dedicando<br />

ad ognuna di esse un’omelia appositamente composta, includente un riferimento<br />

concreto all’impegno cristiano.<br />

I Sermoni qui pubblicati contengono riferimenti di ordine devozionale,<br />

come l’indossare l’abitino del Carmine o quello ceruleo dell’Immacolata, ma<br />

la loro stragrande maggioranza riguarda la liturgia, segno del primato attribuita<br />

a questa nella prassi della vita devota del settecento ascolano.<br />

In tale contesto si spiega la sequenza di Sermoncini abbozzati sopra la sacra<br />

liturgia della santa messa recitati nei sabati (16 novembre 1753 - 14 settembre<br />

1754), in cui mons. <strong>Marcucci</strong> svolge una catechesi accurata sia circa<br />

l’Istituzione ed i Misteri della S. Messa, e il modo devoto di parteciparvi<br />

(allora si diceva assistervi), sia circa il significato degli abiti sacerdotali delle<br />

varie parti della Messa: dal Gloria in excelsis Deo, all’epistola, al vangelo, al<br />

Credo... fino al prefazio.<br />

ISPIRAZIONE BIBLICA<br />

Nelle feste mariane, dovendo commentare gli eventi biblici o misteri di<br />

Cristo in cui è presente Maria, il <strong>Marcucci</strong> mette a diretto contatto con la<br />

Parola di Dio e con i suoi contenuti vitali e storico-salvifici. Così egli snoda<br />

dinanzi ai nostri occhi i brani evangelici proclamati nelle varie celebrazioni<br />

in onore di Maria, con un’esegesi analitica ed insieme sintetica, cioè fedele al<br />

testo e nello stesso tempo ricca di risonanze dell’Antico e del Nuovo<br />

Testamento. Insomma un’esegesi unitaria e spirituale basata sull’unicità dell’autore<br />

divino di tutti i testi ispirati.<br />

2 Cf. nel presente volume: Sagro discorsetto sopra l’Aspettazione del Parto di Maria Vergine<br />

SS.ma. Desiderium meum audiat Omnipotens. In Giobbe al capo trentesimoprimo, databile 1746;<br />

Quanto dispiaccia alla SS. Vergine il Carnevale, Ascoli Piceno 5 febbraio 1752; La devozione<br />

verso la SS.ma Vergine riesce di gran conforto nella morte, Ascoli Piceno 12 febbraio 1752.<br />

La sua esegesi è certamente inculturata ed espressa nel linguaggio allora<br />

corrente, come appare per esempio dal seguente brano:<br />

Spedito questi dall’augustissima Triade alla picciola stanza, dove stavasi allora<br />

ritirata la Divina Donzella, assorta in altissima contemplazione del gran Mistero,<br />

che una Vergine concepir dovea senza umana operazione, Ecce Virgo concipiet; e<br />

appena giunto, con profonda riverenza la inchina, graziosamente la saluta, e con<br />

ogni più umile ossequio le espone la cagione della sua venuta, com’ella era stata<br />

già eletta per Madre di Dio, Ecce concipiet con quel che siegue nel sagro Testo.<br />

Similmente il <strong>Marcucci</strong>, al contrario di certi presbiteri che fanno l’omelia<br />

all’insegna dell’improvvisazione, prepara e struttura i suoi discorsi secondo<br />

le norme dell’oratoria che prevedono il prologo, le varie parti e l’epilogo.<br />

Al di là della struttura colpisce la formazione teologica dell’autore che<br />

presenta Maria non già come una monade chiusa in se stessa, ma come una<br />

persona in relazione con la Trinità e con le singole persone divine. Egli la<br />

saluta: Ave figlia di Dio Padre, ave Madre di Dio Figlio, ave Sposa dello Spirito<br />

Santo, ave o Tempio della SS.ma Trinità. E non manca di rimandare al<br />

Magnificat per lodare Dio unitrino con Maria:<br />

Voglio che soltanto l’altezza della gloria ed onore che la Gran Vergine diede<br />

alle tre Divine Persone lo ricaviate da quel ch’essa medesima ne disse nel suo<br />

mirabilissimo Cantico con quelle sole misteriose parole, Magnificat Anima mea<br />

Dominum. Attenti Uditori, giacchè in così alto Mare dolcemente ci troviamo<br />

ingolfati. Disse dunque la Vergine, l’Anima mia rende grande Iddio, gli dà una<br />

gran gloria, un grande onore, Magnificat Anima mea Dominum 3 .<br />

POESIA E DRAMMATIZZAZIONE<br />

Infine il <strong>Marcucci</strong> non disdegna le composizioni poetiche e drammatiche<br />

ma le utilizza a lode della Vergine. In questo egli s’inserisce in una tradizione<br />

ascolana collaudata almeno da un secolo:<br />

3 Sermoncino decimo quinto recitato nel Sabato della SS.ma Trinità a’ 27 di Maggio del corrente anno<br />

1752.<br />

XXIV XXV


Le celebrazioni delle ricorrenze mariane offrivano spesso pretesto per pubblicazioni<br />

di carattere poetico-devozionale, quali la Publica supplicatio di<br />

Giuseppe Lenti, edita nel 1621 4 , la raccolta di Tullio Lazzari, pubblicata a<br />

Macerata nel 1698 5 , e gli Affetti di compunzione di Angelo M. Lenti, stampata<br />

a Fermo nel 1692 6 , dove troviamo una composizione dal significativo titolo<br />

Imperatrice del Cielo, e Regina Immacolata degli Angioli 7 , nella quale viene esaltato<br />

l’«Illibato Mistero». 8<br />

In questa scia di utilizzazione della poesia non sorprende il fatto che il<br />

volume ora editato contenga un Volgarizzamento Poetico dell’Ave Maris Stella<br />

(1746), un Dialogo sopra l’apparizione del Redentore risorto alla sua SS.ma Madre<br />

(1772), un Dialogo della Santa Casa di Loreto, tra Timesia, Filomata e Critesio<br />

(1772) e infine un Dialoghetto in quattro Educande per la Festa della<br />

Presentazione di Maria (21 novembre 1786). Sono componimenti che destano<br />

il desiderio di conoscerli, per ammirare la fantasia inventiva del <strong>Marcucci</strong> e<br />

il messaggio sempre vitale che contengono.<br />

In tutti i discorsi il servo di Dio lascia trasparire l’immagine di Maria<br />

impressa nel suo cuore: una Maria biblica che vive il mistero di Cristo con<br />

atteggiamento di fede sia nella sofferenza che nella gioia, ma anche una<br />

Maria vivente che assunta in cielo non depone la sua missione di salvezza.<br />

Il <strong>Marcucci</strong> non nasconde la sua pietà e intensa devozione verso la Madre<br />

di Cristo, divenuta nostra Madre, e a lei dirige numerose preghiere, tra cui<br />

la seguente:<br />

4 G. LENTI, Publica suplicatio Argentea Virginis Asculi celebrata, Ascoli 1621.<br />

5 T. LAZZARI, Le pompe festive celebrate alli 2 luglio 1698 dalla ven. Compagnia di Maria delle<br />

Grazie dell’ill.ma città di Ascoli, Macerata 1698.<br />

6 A. M. LENTI, Aff.etti di compunzione in poesie sacre divise a canti in ottava, che contengono morali<br />

e sostanziosi ammaestramenti estratti capo per capo dal p. Tomaso da Kempi, per frutto spirituale<br />

dell’anime devote, Fermo 1692. Si tratta della trasposizione in versi (ottave) dell’Imitazione<br />

di Cristo e di altre opere di T. da Kempis.<br />

7 Ibid., 3-4.<br />

8 A. ANSELMI, «Mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong> e la devozione al “Gran Mistero”<br />

dell’Immacolata nel contesto ascolano», in F.A. MARCUCCI, Orazione per l’Immacolata concezione<br />

di Maria sempre Vergine, Riproduzione anastatica dell’edizione del 1760. Studi storicomariologici<br />

di Andrea Anselmi e Stefano De Fiores, Edizioni monfortane, Roma 1998, 69.<br />

XXVI<br />

Vergine amabilissima, [...] volgetevi verso di noi con occhi misericordiosi.<br />

Sollevateci dagli affanni di questa misera vita;<br />

fortificateci contra tutti gli assalti de’ nostri Nemici visibili ed invisibili;<br />

otteneteci il pieno perdono di tutte le nostre colpe e la grazia di non più commetterle;<br />

dateci un cuore, una fedeltà da vostri figli e da amantissimi figli;<br />

e fate in fine, che siccome, anche vostra mercè, fummo redenti,<br />

così col vostro favore siam fatti in eterno tutti salvi.<br />

O allora sì che giungeremo a conoscere perfettamente quanto Amore<br />

vi portò quel Dio, che s’impiegò tutto in farvi grande;<br />

e quanto amore voi portaste a noi in impiegarvi tutta in tanto beneficarci;<br />

e così dando anche noi il tributo di ringraziamenti e di lodi e a Dio e a voi,<br />

vi ameremo, vi benediremo, vi godremo<br />

con tutti i Santi e Angeli del cielo per tutta l’eternità.<br />

Amen. 9<br />

9 Abbozzo di Panegirico in onore della SS.ma Annunciazione della Gran Madre di Dio Maria sempre<br />

Vergine.<br />

XXVII


XXVIII<br />

Nota redazionale<br />

Suor Maria Paola Giobbi,<br />

Pia <strong>Opera</strong>ia dell’Immacolata Concezione<br />

Ascoli Piceno 31 Marzo 2008, solennità dell’Annunciazione di Maria SS.ma<br />

Con il Volume Sermoni per le feste mariane si conclude la pubblicazione<br />

della sezione mariologica dei manoscritti del Servo di Dio, mons.<br />

<strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong>.<br />

Con ammirazione, ci riappropriamo della predicazione popolare mariana di<br />

due secoli fa del nostro territorio Piceno, con l’auspicio che essa possa continuare<br />

ad illuminare la mente e a riscaldare il cuore dei contemporanei e dei posteri.<br />

Ringrazio i miei superiori per la fiducia che mi hanno dato e il professor<br />

P. Stefano de Fiores per la guida cordiale ed esperta nella cura di questo volume<br />

e di quello precedente, Sermoni per il Triduo e per la Festa dell’Immacolata<br />

Concezione (1739-1786), stampato a Dolo, Venezia nel 2004.<br />

Ringrazio Sua eccellenza il vescovo Silvano Montevecchi che accompagna<br />

sempre con la sua parola calda e illuminata ogni pubblicazione su mons.<br />

<strong>Marcucci</strong>; presiede le numerose manifestazioni che la Congregazione propone<br />

per far conoscere ed amare sempre più un grande testimone della fede,<br />

della carità e della cultura e, come vigile Pastore, interpreta il desiderio suo<br />

e delle Diocesi Picene, di veder presto riconosciuti dalla Madre Chiesa i<br />

meriti di mons. <strong>Marcucci</strong>.<br />

Ringrazio, infine, tutti quelli che mi hanno incoraggiato, compreso ed<br />

aiutato a realizzare la pubblicazione, in particolar modo la signora Elvezia Di<br />

Girolamo che con costanza, entusiasmo e competenza ha dedicato molto del<br />

suo tempo libero.<br />

Il volume raccoglie 98 brani di predicazione mariana popolare tratti da<br />

varie miscellanee autografe dell’Autore e presentati in ordine cronologico;<br />

a volte, a questo criterio, è prevalso quello della omogeneità dei destinatari<br />

o del luogo dove i brani sono stati scritti o recitati.<br />

XXIX


Per facilitare la lettura, ogni brano è preceduto da una breve introduzione<br />

come pure ogni capitolo.<br />

Le immagini che accompagnano i testi sono riferite a temi trattati e ai<br />

luoghi dove si è svolta la predicazione. Gran parte di esse sono state commissionate<br />

dall’Autore stesso.<br />

Che la Vergine Santa, nel 150° anniversario delle sue apparizioni a<br />

Bernardetta Soubirou, con il titolo di Immacolata, ci tenga sotto la sua speciale<br />

protezione e ci renda sempre più graditi a Gesù, suo divin Figlio.<br />

XXX<br />

XXXI


XXXII<br />

Pagine manoscritte<br />

Pag. XXXI - Frontespizio dell’<strong>Opera</strong> ASC 23.<br />

Pag. XXXII - Prima pagina del Sermoncino Ventesimo in ASC 23, trascritto<br />

a pag. 166. Si notano due numerazioni in alto a destra, entrambe successive<br />

all’Autore, apposte al momento della rilegatura dei vari fascicoli che<br />

compongono il volume. La grafia dell’Autore è regolare e chiara.<br />

La buona conservazione dei manoscritti dipende dalla qualità della carta<br />

e dell’inchiostro.<br />

In terza di copertina di un libro conservato nella biblioteca antica<br />

dell’Istituto n. 553, leggiamo la seguente nota autografa che ci fa comprendere<br />

la cura dell’Autore nel preparare l’inchiostro.<br />

Ricetta per fare il vero e buono Inchiostro<br />

Per fare il vero e buon Inchiostro da scrivere ci vogliono tre libre di Vino,<br />

tre once di Galla, mezz’oncia di Gomma, e due once di Vetriolo.<br />

La Galla va pistata fina, e passata per setaccio, e poi si mette in infusione nel<br />

Vino dentro una pignatta, o altrove; e così si fa stare per nove dieci giorni,<br />

col mescolarla una volta al giorno.<br />

La Gomma pur si mette in infusione in un poco di Vino, levato da quelle tre<br />

libre; e si fa star così in una Tazza, o altrove, senza mescolarla, per nove dieci<br />

giorni.<br />

Passati poi i nove giorni, si cola il Vino Gallato, e anche l’altro Vino<br />

Gommato, e si mescola insieme; e ci si pone il Vetriolo, che deve essere pur<br />

passato per setaccio. E così si fa subito il vero e buono Inchiostro da scrivere.<br />

XXXIII


Descrizione dei manoscritti<br />

Il presente volume raccoglie 98 componimenti omiletici per le feste<br />

mariane, provenienti da vari volumi o miscellanee conservate<br />

nell’Archivio delle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione della<br />

Casa Madre di Ascoli Piceno, che verranno indicati con la sigla ASC e nella<br />

biblioteca antica dello stesso Istituto che verranno indicati con la sigla BSC.<br />

Di seguito, vengono descritti i singoli volumi nelle loro caratteristiche<br />

particolari.<br />

Il volume ASC 10 contiene solo un brano autografo della raccolta, composto<br />

il 5 febbraio 1752, misura cm 13,50x20. La copertina è in cartoncino con<br />

decorazioni a piccole stelle di color ruggine e paglierino, lacera ai bordi e lungo<br />

la linea centrale; misura 14x21. Il dorso è rilegato in pergamena con fregi dorati,<br />

in alto compare il titolo manoscritto “<strong>Marcucci</strong> Ms Miscellanea”. Il volume è<br />

composto di 13 fascicoletti cuciti con filo di refe contenenti un numero variabile<br />

di fogli, a seconda del contenuto. La numerazione è originale in alcuni brani;<br />

quella progressiva è di altra mano e va dai numeri 1-272. Un fascicolo contiene,<br />

in fondo, varie pagine bianche non contate nella numerazione progressiva.<br />

La carta utilizzata è resistente e comune a molti altri volumi dell’Autore.<br />

La grafia è chiara e leggibile. Lo stato di conservazione del volume è discreto.<br />

Il volume ASC 22 contiene 5 brani autografi della raccolta, composti<br />

tutti nel 1752 , misura cm 14x20. La copertina in pergamena, decorata con<br />

delicati fregi dorati, misura cm 16x23; sul dorso si legge il titolo Sermoni dei<br />

santi. Il volume è composto di 18 fascicoletti cuciti con filo di refe contenenti<br />

un numero variabile di fogli, a seconda del contenuto.<br />

La numerazione è originale solo in alcuni brani; quella progressiva è di<br />

altro mano e va dai numeri 1-279.<br />

La carta utilizzata è resistente e comune a molti altri volumi dell’Autore.<br />

La grafia è chiara e leggibile. Lo stato di conservazione del volume è buono.<br />

Il volume ASC 23 contiene 35 brani autografi della raccolta, composti<br />

tra il 1746 e il 1769, misura cm 14x20.<br />

La copertina in pergamena, decorata con delicati fregi dorati, misura cm<br />

16x23; sul dorso si legge il titolo Sermoni sopra la SS.ma Vergine. Il volume è<br />

composto di 31 fascicoletti cuciti con filo di refe contenenti un numero<br />

variabile di fogli, a seconda del contenuto.<br />

XXXIV<br />

La numerazione è originale solo in alcuni brani; quella progressiva è di<br />

altro mano e va dai numeri 1-306.<br />

La carta utilizzata è resistente e comune a molti altri volumi dell’Autore. La<br />

grafia è chiara e quasi sempre ben leggibile. Lo stato di conservazione è discreto.<br />

Il volume ASC 33 contiene sette brani autografi della raccolta, recitati<br />

nella cattedrale di Montalto tra il 1773 e il 1789, misura cm 19,5x27. La<br />

copertina è in cartoncino leggero di colore grigio, messa successivamente; il<br />

dorso è decorato con linee verticali di colore bleu. Sul frontespizio si legge il<br />

titolo manoscritto “Omelie e discorsi (1756-1794)”. Il volume è composto<br />

di 21 fascicoletti liberi, ognuno dei quali contiene un’omelia recitata a<br />

Montalto, tranne quella del 1756 sul 1 Libro dei Maccabei, cap. 3.<br />

Il frontespizio dei fascicoli riporta il titolo, la data e piccoli fregi<br />

dell’Autore. La numerazione è originale in tutti i brani; quella progressiva è<br />

di altra mano e va dai numeri 1-217. La carta utilizzata è filigranata, proveniente<br />

dalla cartiera di Ascoli. La grafia è chiara e ben leggibile; pochissime<br />

le cancellature. Lo stato di conservazione del volume è buono.<br />

Il volume ASC 35 contiene 21 brani autografi della raccolta, composti tra<br />

il 1752 e il 1756, misura cm 14x20. La copertina in pergamena, decorata con<br />

delicati fregi dorati, misura cm 16x23; sul dorso si legge il titolo Prediche pel<br />

Sacro Avvento. Il volume è composto di 12 fascicoletti cuciti con filo di refe<br />

contenenti un numero variabile di fogli, a seconda del contenuto.<br />

La numerazione è originale solo in alcuni brani; quella progressiva è di<br />

altro mano e va dai numeri 1-276.<br />

La carta utilizzata è resistente e comune a molti altri volumi dell’Autore.<br />

La grafia è abbastanza chiara e leggibile. Alcuni fogli, di formato leggermente<br />

più grande degli altri, sono consumati nella parte inferiore ed alcune parole<br />

sono illeggibili. Lo stato di conservazione del volume è discreto.<br />

Il volume ASC 37 contiene 8 brani autografi della raccolta, composti tra<br />

il 1757 e il 1758, misura cm 14x20. La copertina in pergamena ha i bordi<br />

decorati con delicati fregi dorati, al centro è ben visibile uno stemma papale,<br />

misura cm 16x23; sul dorso si legge il titolo Sermoni sul Nuovo Testamento.<br />

Il volume è composto di 7 fascicoli cuciti con filo di refe contenenti un<br />

numero variabile di fogli, a seconda del contenuto.<br />

La numerazione è originale, ma il volume non è impaginato in modo progressivo;<br />

il titolo si trova dopo la p. 124. Il volume contiene 171 pagine più<br />

alcune bianche.<br />

XXXV


La carta utilizzata è filigranata e proviene dalla cartiera di Ascoli. La grafia<br />

è chiara e ben leggibile; pochissime le cancellature. Lo stato di conservazione<br />

del volume è buono.<br />

Il volume ASC 47 contiene due brani autografi della raccolta, composti<br />

nel 1746 e misura cm 13x20. La copertina, cm 14x20,50, è in cartoncino,<br />

ricoperto da carta decorata a righe e palline di colore ruggine. Il dorso è rilegato<br />

in pelle con fregi dorati; è lacero in basso e forato in vari punti; il titolo,<br />

a caratteri dorati, “Miscella(nea)” è inserito dentro una cornice anch’essa<br />

con fregi dorati. Il volume è composto di 19 fascicoletti cuciti con filo di refe<br />

contenenti un numero variabile di fogli, alcuni dei quali bianchi. La numerazione<br />

è originale in alcuni brani; manca quella progressiva.<br />

La carta utilizzata è resistente e comune a molti altri volumi dell’Autore.<br />

La grafia è chiara e leggibile. Lo stato di conservazione del volume è discreto.<br />

Il volume ASC 51 contiene sermoni ed omelie per il triduo e la festa<br />

dell’Immacolata Concezione, pubblicati nel 2004, in <strong>Marcucci</strong>ana <strong>Opera</strong><br />

omnia, vol. III. L’unico brano che si distacca dal tema è quello sulla Natività<br />

di Maria, dell’8 settembre 1753, che viene pubblicato nella presente raccolta;<br />

esso è costituito da un foglio, rilegato con filo di refe nel volume, alle pp.<br />

299-301 (19-21) e misura cm 13x20. La copertina, in pergamena, decorata<br />

con fregi dorati, misura cm 15,4x22,3; sul dorso, si legge Sermoni sopra l’Imm.<br />

Concezio. La numerazione progressiva è di altro mano e va dai numeri 1-334.<br />

La carta utilizzata è resistente e comune a molti altri volumi dell’Autore. La<br />

grafia è chiara e leggibile. Lo stato di conservazione del volume è discreto.<br />

Il volume ASC 63 contiene unicamente i quattro brani, in onore di<br />

Maria Bambina, inseriti nella raccolta, scritti nel 1767-1768; misura cm<br />

13,5x19,5.<br />

La copertina è in cartoncino decorato a fiorellini color paglierino su sfondo<br />

ruggine sfumato. Sul dorso c’è un’etichetta successiva all’Autore con il<br />

titolo manoscritto “Discorsi sopra la S. Bambina”; misura cm 14x20,50. Il<br />

volume è composto da tre fascicoletti cuciti con filo di refe contenenti un<br />

numero variabile di fogli, alcuni dei quali bianchi, numerati dall’Autore.<br />

Manca la numerazione progressiva.<br />

La carta utilizzata è resistente, la grafia è chiara e leggibile con qualche<br />

cancellatura. Lo stato di conservazione del volume è buono.<br />

Il manoscritto ASC 92 non fa parte di nessuna raccolta; è uno autografo<br />

del 21 novembre 1786 formato da due fogli cuciti al centro che formano<br />

XXXVI<br />

otto facciate di cui tre bianche, con numerazione originale, di cm<br />

13,50x19,50. Sulle pagine bianche ci sono alcuni appunti e cancellature di<br />

altra mano. La carta utilizzata è uguale a quella di altre raccolte; la grafia è<br />

un po’ affaticata. Lo stato di conservazione è discreto.<br />

Il manoscritto ASC 141 non fa parte di nessuna raccolta; è uno autografo<br />

giovanile, scritto su un foglio di quattro facciate, con numerazione originale,<br />

databile 1746; misura cm 14x20.<br />

È custodito in una cartellina di colore celeste sul cui frontespizio si legge<br />

il titolo “Sacro discorsetto sopra l’aspettazione del parto di Maria”.<br />

La carta utilizzata è resistente, la grafia è chiara e leggibile. Lo stato di<br />

conservazione è discreto.<br />

Il Volume BSC 1519 è una miscellanea che si trova nella Biblioteca delle<br />

Suore Concezioniste della Casa Madre di Ascoli Piceno e contiene dieci brani<br />

autografi della raccolta, recitati a Montalto tra il 1771 e il 1776; misura cm<br />

18,5x26,5. La copertina è in cartone, ricoperto da carta decorata con fiorellini<br />

gialli e foglie verdi su sfondo color paglierino, misura cm 19x28. Il<br />

dorso è rilegato in pelle con fregi dorati; è lacero e forato in vari punti; il<br />

titolo, a caratteri dorati, è inserito dentro una cornice anch’essa con fregi<br />

dorati, ma illeggibile perché deteriorato. Sul frontespizio interno si legge il<br />

titolo “Opuscoli in parte dell’abate <strong>Marcucci</strong> ascolano, in parte di mons.<br />

<strong>Marcucci</strong>, dall’anno 1768 sino al 1784, parte seconda”. Il volume è composto<br />

di 28 fascicoli cuciti con filo di refe contenenti un numero variabile di<br />

fogli, alcuni dei quali bianchi. La numerazione è in parte originale e in parte<br />

apposta da altra mano; manca quella progressiva. La carta utilizzata è filigranata<br />

e proveniente dalla cartiera di Ascoli. La grafia è per lo più chiara e leggibile.<br />

Lo stato di conservazione del volume è discreto.<br />

XXXVII


Criteri di trascrizione dei manoscritti<br />

La trascrizione è sostanzialmente fedele all’originale. Sono state<br />

apportate soltanto alcune modifiche per adeguare il testo alla forma<br />

ortografica corrente, ad esempio si è ritenuto opportuno omettere<br />

l’apostrofo dopo l’articolo un, davanti ad un nome maschile iniziante per<br />

vocale, oppure dopo alcune particelle, ad esempio n’è è stato reso ne è.<br />

Alcune parole tronche, sono state completate con la vocale, ad esempio:<br />

sen’, è stato reso con se ne; alcune forme verbali molto antiquate sono state<br />

aggiornate, come negli esempi:<br />

Troveressimo = troveremmo<br />

Vedrassi = si vedrà<br />

Debbe = deve<br />

Alcuni sostantivi con la doppia sono stati resi come negli esempi:<br />

Sabbato = sabato<br />

Davidde = Davide<br />

Saulle = Saul.<br />

L’uso delle maiuscole è stato lasciato come nell’originale; per quanto<br />

riguarda la punteggiatura, sono state omesse le virgole prima della e congiunzione;<br />

le sottolineature sono state rese graficamente con il carattere corsivo<br />

per rendere il testo più leggibile.<br />

Le note con numerazione alfabetica sono dell’autore; quelle con numerazione<br />

araba sono della curatotrice.<br />

L’abbreviazione “ver. gr.” che spesso si incontra nel testo significa “per<br />

esempio”.<br />

XXXVIII<br />

Scorcio della Casa Madre dell’Istituto delle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione<br />

costruita da mons. <strong>Marcucci</strong>. Sullo sfondo la Chiesa ottagonale dell’Immacolata e la torre<br />

campanaria.<br />

1


CAP. I<br />

SERMONI E INNI MARIANI<br />

DEL 1746<br />

2 3


4<br />

Introduzione al capitolo<br />

Questo primo capitolo raccoglie quattro brani di predicazione giovanile di don<br />

<strong>Marcucci</strong> dell’anno 1746, dedicati a Maria SS.ma.<br />

Sono meditazioni sui momenti della sua vita: l’Annunciazione, l’attesa del parto,<br />

il dolore del venerdì santo, l’Assunta, i suoi privilegi.<br />

L’autore attinge i contenuti dei suoi discorsi alla Sacra Scrittura, alla dottrina dei<br />

Padri della Chiesa e al magistero, che conosce già in modo ampio ed approfondito.<br />

La sua esposizione chiara, scorrevole ed organizzata secondo le regole dell’arte retorica,<br />

mira a scaldare il cuore degli ascoltatori e muovere la loro volontà verso una<br />

devozione mariana sincera, fondata sulla totale fiducia in lei e sulla imitazione delle<br />

sue virtù.<br />

Nel capitolo sono stati raccolti anche due inni mariani tradotti dal latino e musicati<br />

dall’Autore per renderli più piacevoli ai fedeli ed un testo riguardante la devozione<br />

al sacro abitino, legato alla festa della Madonna del Carmine, già stampato<br />

nel 1746.<br />

I testi di meditazione sono raccolti nelle miscellanee ASC 23 e ASC 141; mentre<br />

gli Inni nella miscellanea ASC 47.<br />

5


Abbozzo di Panegirico in onore della SS.ma Annunciazione<br />

della Gran Madre di Dio Maria sempre Vergine<br />

Il testo è senza data. Il confronto con altri scritti datati 1746 e collocati nella<br />

stessa miscellanea che presentano le medesime caratteristiche: la calligrafia, la struttura<br />

dei paragrafi, le frasi iniziali “Dio ti salvi” e conclusive “Laus Deo…”, e il<br />

formato, inducono a pensare che anche questo scritto possa essere datato nel 1746. È<br />

dunque uno scritto giovanile dell’Autore. I destinatari non sono indicati: potrebbero<br />

essere le Religiose dell’Immacolata e/o i fedeli della parrocchia di don <strong>Marcucci</strong>,<br />

Santa Maria Inter Vineas, dove era solito predicare, o di qualche altra chiesa della<br />

città.<br />

Il panegirico, pur considerato dall’Autore un abbozzo, è organizzato in modo<br />

ampio e completo. È diviso in due parti: la prima si apre con una introduzione e si<br />

sviluppa in 12 paragrafi; la seconda parte, più breve, si sviluppa nei paragrafi<br />

13-16 e si conclude con una fervente preghiera alla Vergine.<br />

L’argomento del panegirico è un commento al brano evangelico di san Luca sull’annunciazione<br />

di Maria. Don <strong>Marcucci</strong> si propone di dimostrare che Maria è stata<br />

la più amata da Dio tra tutte le pure creature, Colei che più ci ama e di conseguenza<br />

la più degna di essere da noi riamata.<br />

Nella prima parte vengono spiegati i primi due punti; nella seconda parte l’ultimo.<br />

La richiesta di Dio a Maria per avere il suo consenso a diventare la Madre del<br />

suo Figlio è segno dell’amore speciale di Dio per Lei. Egli si fa “dipendente dalla<br />

risposta della SS.ma donzella”. Dio aveva preparato questo mirabile colloquio amandola<br />

più di tutte le sante donne dell’Antico Testamento: Anna, Ester, Giuditta e<br />

Rachele, l’aveva ricolmata di doni e di bontà. La sua bellezza era stata paragonata<br />

all’orto chiuso dei sacri Cantici, alla fonte sigillata di Gioele, alla porta orientale<br />

vista in spirito da Ezechiele, al vello rugiadoso di Gedeone, alla torre di David,<br />

all’arca dell’Antico Testamento, alla verga sacerdotale senza nodi e corteccia ed ancora<br />

alla rosa e al giglio, al cedro e alla vite, al platano e al cipresso, alla palma e<br />

all’ulivo, all’aurora e al sole, alla luna e alle stelle.<br />

Maria, così amata da Dio, rispose sì alla sua proposta di diventare Madre di<br />

Gesù suo divin Figlio e in questo modo dimostrò all’umanità il suo amore. Il consenso<br />

di Maria a Dio, afferma don <strong>Marcucci</strong>, fu un atto eroico di magnanimità e di fortezza.<br />

Infatti, “ben arricchita da Dio della più nobile scienza infusa, pienamente consapevole<br />

delle Divine Scritture, da lei tante e tante volte meditate e lette, Ella sapeva<br />

molto bene quante amarezze, dolori e affanni doveva patire la Madre del Messia”.<br />

6<br />

Nella seconda parte del panegirico, l’Autore invita i suoi ascoltatori a ricambiare<br />

l’amore grande di Maria verso l’umanità che rese possibile ed “affrettò” la nostra redenzione<br />

e conclude con una fervente preghiera rivolta alla Vergine amabilissima per ringraziarla<br />

del suo amore, chiederle di ottenerci la forza contro il male e darci un cuore di<br />

figli amatissimi e fedeli per godere poi con Lei e con tutti i santi il premio eterno.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 145-165.<br />

Bartolomeo Vitelli, Annunciazione, affresco, 1751, Ascoli Piceno, Casa Madre, lunetta<br />

nel locale della prima Chiesa a piano terra, oggi utilizzato come sala di ricevimento.<br />

Dio ti salvi, Maria, ecc.<br />

Missus est Angelus Gabriel a Deo ad Virginem ... et illa dixit:<br />

Ecce Ancilla Domini; Fiat mihi secundum Verbum tuum 1<br />

(Lc. 1, 26-38)<br />

Il proporre ad una Creatura, che si reputa la più vile di quante sieno al Mondo,<br />

una dignità la più sublime, che dopo Dio dar si possa, egli è un porre, se non<br />

m’inganno ad un cimento il più grande, una virtù la più eroica. Iddio, che come<br />

ben dice San Giacomo Apostolo, intentator malorum est, pure si compiace talora<br />

1 Fu mandato da Dio l’Angelo Gabriele ad una Vergine… ed Ella disse: Ecco la serva del<br />

Signore, sia fatto a me secondo la tua Parola.<br />

7


di provarci su questa Terra, affin si scopra anche agli altri, se noi veramente lo<br />

amiamo. Tentat vos Dominus Deus vester, così abbiamo dal sagro Testo, ut palam<br />

fiat, utrum diligatis eum, an non 2 (Deut. 13,7). Quindi troviamo, che il Patriarca<br />

Abramo, tra gli altri, fu provato da Dio più volte, non già perché l’Altissimo<br />

non sapesse, anche senza prova veruna, quanto riprometter si poteva dalla fedeltà<br />

del suo servo, sino al confronto del paterno Amore, che invano avrebbe fatti<br />

i suoi sforzi nel duro comando di sacrificare il suo Figlio Isacco, ma volle così<br />

provarlo, affin di far conoscere al Mondo chi era Abramo, vale a dire, quanto<br />

giusto, quanto amante, quanto fedele, fecit eum cognoscere, così Agostino, quod<br />

timebat Deum 3 . Per ugual modo io mi figuro, R(iveriti) U(ditori), che in questo<br />

dì felicissimo facesse Dio con la Gran Vergine; mentre nello spedirle in suo<br />

Nome l’Arcangelo Gabriele ad annunziarle il mistero inneffabile<br />

dell’Incarnazione del Divin Verbo, pare che provar volesse l’umiltà di Lei, non<br />

già perché egli non sapesse di qual tempra fossero quelle impareggiabili sublimissime<br />

virtù, di cui era ben adorna questa Divina Donzella; ma acciocché<br />

conosciuta fosse nel Mondo chi Ella era. Che però, dovend’io in questa mattina,<br />

con sommo giubilo del mio cuore, parlarvi sopra l’Annunziazione a Lei fatta,<br />

aderendo a’ disegni amabilissimi del cuor di Dio, nel modo, onde all’umana<br />

debolezza e specialmente alla mia, ragionar sopra sì gran Signora si permette, vi<br />

additerò chi ella sia, col farvi riflettere e al modo, che Dio tenne nello spedirle<br />

la solenne ambasciata; e al modo che tenne l’Angelo in eseguirla e alla risposta<br />

che diede la stessa Vergine al Messaggiero Celeste. Così, fattavi una divota parafrasi<br />

alle misteriose parole, missus est Gabriel Angelus a Deo ad Virginem ... et illa<br />

dixit, Ecce ancilla Domini, fiat secundum Verbum tuum, vedrete, come la Nostra<br />

Immacolata Signora, Maria SS.ma fu tra tutte le pure Creature la più amata da<br />

Dio e la più amante di noi e in conseguenza la più degna di essere da noi riamata.<br />

Favoritemi di benigna attenzione. E son da capo.<br />

1. Che dal modo, che Dio tenne nello spedire alla Gran Vergine l’ineffabile<br />

annunzio e dal modo che l’Angelo tenne in eseguirlo, possa conoscersi<br />

come la Gran Signora tra tutte le pure Creature era la più amata<br />

dall’Altissimo, chiaro apparisce, se ben si considera lo stile tenuto anche<br />

2 Il vostro Signore Dio vi mette alla prova perché sia manifesto se lo amate o no.<br />

3 Lo fece conoscere che temeva Dio.<br />

8<br />

nel Mondo da gran Personaggi nelle spedizioni di rimarco. Noi pur sappiamo,<br />

che nel Mondo, dalla dignità del Personaggio, che spedisce gli<br />

Ambasciatori, dalla nobiltà di questi e dal modo con cui essi si portano,<br />

argomentasi la stima, che si ha di quella persona, alla quale siffatta spedizione<br />

è diretta e con la stima si deduce anche l’amore che se le porta.<br />

Ed essendo così, o come incomincia bene a scoprirsi l’Amor grande, che<br />

Dio manifestò alla Gran Vergine in questo felice Giorno, in cui con istupore<br />

dei cieli si vidde il Creatore spedire ad una Creatura e spedirle uno<br />

tra i più nobili Principi della sua Celeste Corte e spedirlo per un’opra così<br />

eccelsa e sublime, che tra le Opre Divine ad extra era la più gloriosa!<br />

Poteva, non può negarsi, Dio manifestare a Nostra Signora i suoi voleri in<br />

mille modi, o facendole udir la sua Voce, come fece con Samuele, o illustrandole<br />

la mente, come praticò con Profeti, o parlandole da solo a solo<br />

al Cuore, come stilò con la sagra sposa de’ Cantici. Ma no: volle servirsi<br />

di una solenne ambasciata fatta per mezzo di un Arcangelo, acciocché il<br />

Mondo, riflettendo alla Maestà infinita di chi spediva e alla nobiltà grande<br />

di chi era spedito, risapesse quanto era amata al sommo da Lui Maria<br />

SS.ma, alla quale tale spedizione era inviata.<br />

2. Io ben so, che gran contrassegno di Amore fu quello, che Iddio diede ad<br />

Abramo nel manifestargli alcuni de’ suoi segreti, prima di porli in esecuzione,<br />

Numquid celare potero Abraham quae gesturus suum? 4 Ma che han<br />

che fare i segreti palesati ad Abramo col sublimissimo Arcano<br />

dell’Incarnazione del Divin Verbo, promessa, è vero, da Dio tanti secoli<br />

avanti, però quanto al tempo, in cui dovea effettuarsi, tenuta sempre<br />

segreta anche ai più Cari, fuorché alla Vergine; la quale in tutta la<br />

discendenza di Adamo fu la prima a risapere da Dio, com’era giunto<br />

quel Felicissimo Giorno, in cui il Figliuol Divino voleva discender dal<br />

Cielo in Terra a prender carne umana nel purissimo di Lei Ventre per<br />

virtù dello Spirito Santo? Che però, chi non vede, che bel contrassegno<br />

di amore debba dirsi questo, di essere stata Nostra Signora la prima ad<br />

esser partecipe de’ segreti del Cuor di Dio in una Opra così sublime, ed<br />

ineffabile e cosìpure, quanto al tempo, nascosta?<br />

4 Forse che potrò nascondere ad Abramo ciò che io sto per fare?<br />

9


3. Ma piano. Vi è ancor di vantaggio. Iddio non solamente manifestò in tal<br />

giorno a Maria SS.ma un segreto, quanto al tempo, a niuno degli<br />

Uomini palesato, ma di più tal manifestazione la fece con un modo sì<br />

singolare, che non si legge con veruno del Genere Umano praticata.<br />

Date di grazia un’occhiata alle divine Scritture e ditemi semmai<br />

l’Altissimo nel palesare i suoi Voleri ai Profeti, o ad altri suoi servi,<br />

volesse dipendere dalla loro volontà in eseguirli? Voi nol troverete. Lo<br />

rinverrete bensì molto bene, qualor si tratta della Gran Vergine, come<br />

creatura da Lui la più amata. Avea Dio insin dall’eternità stabilita nella<br />

sua Mente la grande Opra dell’Incarnazione e sin da secoli eterni avea<br />

pur determinato di eleggere questa Divina Donzella a vestirlo nel<br />

tempo prefisso, nel di lei illibato seno di Umana Carne. Or l’aver poi<br />

egli spedito a Lei per averne il Consenso in un’Opra già da lui decretata<br />

che altro fu, se non un voler dipendere dai Voleri di Lei? Sì, si R(iveriti)<br />

U(ditori) ecco quanto fu amata da Dio la Nostra Immacolata<br />

Signora, che non volle farsi uomo nel purissimo seno di Lei senza il di<br />

lei consenso. Poteva egli, chi può negarlo? Senza saputa della Vergine<br />

penetrare in quel Sagrosanto Seno, di cui mostrossi vago per lo spazio<br />

de’ secoli sempiterni e in cui, per usar la bella frase di San Pier Damiani,<br />

doveano esser le sue delizie, Non est locus voluntatis, nisi uterus Virginis 5 ,<br />

ed ivi senza di lei volere, per virtù del Divin Paraclito assumer umana<br />

carne, Potuit ex ea carnem assumere, non dante ipsa 6 . Pure, benché potesse,<br />

non volle; ma da lei aspettò il consenso con formule espresse; e fattosi<br />

dipendente dalla risposta della SS.ma Donzella, a Lei inviò il<br />

Messaggero celeste, affinché fosse, diciam così, l’esploratore della volontà<br />

di Lei. O stupori, o maraviglie non più udite! Che il Figlio di Dio,<br />

fatto Uomo, rimirasse poi sempre la Vergine, come la più cara Pupilla<br />

degli occhi suoi e a lei volesse esser soggetto, Erat subditus illi 7 , s’intende<br />

perché gli era madre: che insin sulla croce, tra le più dolorose agonie,<br />

ne mostrasse una cura sollecita con raccomandarla a Giovanni, Ecce<br />

Mater tua, si capisce, perché gli era Madre: che poi assunta in Cielo la<br />

5 Non si tratta di volontà, ma del seno della Vergine.<br />

6 Avrebbe potuto assumere la carne da Lei, se Ella non l’avesse concessa.<br />

7 Era soggetto a Lei.<br />

10<br />

volesse assisa alla sua destra, Astitit Regina ad dextris tuis 8 , arbitra di una<br />

Onnipotenza partecipata, si penetra bene perché gli era Madre. Ma che<br />

prima di essergli Madre attuale, mostrasse di lei tanta stima sino a<br />

dipender dai di lei voleri e rimettere alla libera elezione di lei l’esecuzione<br />

della grande Opra dell’Incarnazione, o questo sì che fu un eccesso<br />

del suo infinito Amore, con cui palesar volle al Mondo quanto gli<br />

fosse cara e quanto da lui fosse amata tra tutte le Creature.<br />

4. Ma come non esser la più amata, se era la più bell’Opra uscita dalle sue<br />

mani? Ed oh, cari U(ditori), potess’io ingolfarmi in sì bel mare, dove il<br />

far naufragio egli è una somma felicità, come non esser la più amata;<br />

vorrei dirvi; s’ella nella mente di Dio era stata la prediletta e la prescelta<br />

da tutta l’eternità ad essergli madre, chiamata perciò con ragione da<br />

San Bernardo, il bel Lavoro di tutti i secoli, Negotium omnium seculorum? 9<br />

E se intorno a lei venne Iddio, in un certo modo di dire, ad impoverirsi<br />

dei suoi Tesori e se gradite la frase del Venerabil Beda; sino ad impiegare<br />

tutta la sua Onnipotenza, Sapienza ed Amore in arricchirla e in<br />

santificarla in tal guisa, che sin nell’istante solo dell’Immacolata di Lei<br />

Concezione superò di gran lunga la santità, che avean acquistata tutti gli<br />

Angioli e Santi insieme nel colmo de’ loro meriti, come fondatamente<br />

registrò l’esimio Suarez? Ma via, che questo sarebbe un uscir fuori del<br />

mio assunto: onde, non senza mio dolore, son costretto a tacerlo, con<br />

quel molto di più che dir potrei in prova dell’infinito Amor di Dio verso<br />

di lei; e son forzato a rimettermi sulle leggi, se meglio nol direi, sulle<br />

angustie del mio argomento e farvi riflettere al modo, che tenne<br />

l’Arcangelo Gabriele nell’eseguire l’incarico di Messaggero.<br />

5. Spedito questi dall’augustissima Triade alla picciola stanza, dove stavasi<br />

allora ritirata la Divina Donzella, assorta in altissima contemplazione del<br />

gran Mistero, che una Vergine concepir dovea senza umana operazione, Ecce<br />

Virgo concipiet 10 ; e appena giunto, con profonda riverenza la inchina, grazio-<br />

8 La Regina si assise alla sua destra.<br />

9 Il lavoro di tutti i secoli.<br />

10 Ecco la Vergine concepirà.<br />

11


samente la saluta e con ogni più umile ossequio le espone la cagione della<br />

sua venuta, com’ella era stata già eletta per Madre di Dio, Ecce concipiet con<br />

quel che siegue nel sagro Testo. Io non so, cari U(ditori), se avete fatta mai<br />

riflessione alla maniera, con cui espresse l’Evangelista San Luca questa spedizione<br />

Angelica. Noi pur sappiamo, che San Gabriele era Arcangelo, vale<br />

a dire uno tra i più nobili serafini del Cielo; eppure egli non così lo chiamò,<br />

ma lo intitolò col semplice nome di Angelo, Missus est Gabriel Angelus. Ve<br />

ne dirò la cagione. Appunto, fu perché Gabriele, nel salutar la Vergine,<br />

depose ogni maestà di Arcangelo, si considerò come umile servo dinanzi<br />

alla sua Gran Regina: e così convenivasi, giacché al cospetto di sì eccelsa<br />

Signora, ogni più alto e nobile Serafino appena meritar poteva di semplice<br />

Angelo il Nome; in quella guisa, che vediamo accadere nel Mondo, che<br />

quei principi, i quali nelle private Città riscuotono i primi onori, qualora si<br />

portano innanzi al loro Monarca, par che non sieno più quei di prima; sembra<br />

che spariscano, come le stelle innanzi al sole.<br />

6. Gran cosa! Io osservo nelle Sagre Scritture, che qualora gli Angioli su<br />

questa Terra sono apparsi anche a’ personaggi celebri in Santità, han<br />

sempre ritenuto, come Ministri dell’Altissimo, un certo contegno di<br />

maestà. Osservate se io dica il vero. Appare a nome di Dio un Angelo a<br />

Mosè nel misterioso roveto e ode questi intuonarsi, che non si accosti a<br />

calpestar quel Terreno santificato dalla sua presenza se non col piede<br />

ignudo, solve calceamenta de Pedibus tuis 11 . Presentasi un altro Angelo a<br />

Giacobbe, e perché questi nella misteriosa lotta non volea lasciarlo, egli<br />

lo sgrida con voce imperiosa, lo atterrisce, lo abbatte: Tetigit femur eius,<br />

et emarcuit 12 . Scende di tanto in tanto un altro Spirito celeste nel tempio<br />

di Salomone e riscuote molti ossequi dall’innumerabile Popolo ivi<br />

adunato. Alberga Abramo tre Angioli in forma di pellegrini e presta<br />

loro umili adorazioni. Ne appare un altro all’Apostolo Pietro, qualor<br />

trovavasi tra dure catene e lo percuote nei fianchi, Percusso latere Petri<br />

excitavit eum 13 . Conduce un altro Angelo in ispirito l’Evangelista<br />

11 Sciogli i calzari dai tuoi piedi.<br />

12 Toccò il suo femore e lo atrofizzò.<br />

13 Avendo toccato il fianco di Pietro, lo svegliò.<br />

12<br />

Giovanni, egli parla con voce simile a un tuono. Ma con la gran Vergine<br />

tenne forse lo stesso modo, lo stesso portamento l’Arcangelo Gabriele?<br />

No certamente! Vedeste mai, U(ditori), quei fiumi reali, che ovunque<br />

passano vanno orgogliosi ed alteri ed allagano, con terrore di chi li mira<br />

e le campagne e i prati; giunti poi al mare, par che non sieno più quei,<br />

ma fatti tutti umili gli offrono ubbidienti il loro tributo dell’acque.<br />

Così l’angelico messaggero con la Vergine, la quale era un mare di grazia,<br />

vestitosi di affabilità, di umiltà e di sommo rispetto, a lei si umiliò<br />

e si inchinò, lei salutò e con tutta la riverenza da servo le espose la solenne<br />

ambasciata. Or se egli è vero, come verissimo, che dal rispetto, col<br />

quale si portano gli Ambasciatori verso quel Personaggio, cui vengon<br />

mandati, argomentasi la stima e l’amore di chi gli invia; quale Amore<br />

non dovrà dirsi, che portasse Iddio a Nostra Signora, se con tanta umiltà<br />

e riverenza volle che con lei si portasse uno tra i più nobili Serafini,<br />

destinatole per suo Messaggero?<br />

7. Ma udite maraviglie maggiori. Al felicissimo ricevuto annunzio della<br />

Divina Maternità, Maria SS.ma, come nell’Umiltà e nella Verginità non<br />

avea pari, si turbò alquanto, Turbata est in sermone eius 14 . Ripeteva seco<br />

stessa, se qual novità di saluto egli era mai questa della pienezza di<br />

Grazia, Ave Gratia plena, e qual fecondità mai di seno misteriosa, Ecce<br />

concipies et paries 15 ; considerava, aver ella sin dall’utero materno consagrato<br />

a Dio il vaghissimo fiore di sua sovrangelica purità verginale; perciò<br />

alquanto rimase turbata, Turbata est. Non già, R(iveriti) U(ditori),<br />

che ella dubitasse punto nel credere a Dio e alla sua divina Virtù e onnipotenza;<br />

perciocché esercitò anzi allora un atto di fede così eroica, che<br />

con questa diede l’ultima disposizione all’esser di Madre di Dio, come<br />

ben divisò Agostino: Singulari fide subnixa, Dei Filium, Filium suum<br />

fecit 16 , chiamata perciò con molta ragione beata da Santa Elisabetta,<br />

beata, quae credidisti 17 . Non dubitò dunque, no; ma volle con somma<br />

14 Ella si turbò alle sue parole.<br />

15 Ecco tu concepirai e partorirai.<br />

16 Sostenuta da singolar fede, fece il Figlio di Dio suo Figlio.<br />

17 Beata te che hai creduto.<br />

13


prudenza sentir le maniere, com’ella dovea esser Madre e a tal fine<br />

rispose all’Annunciatore, Quomodo fiet istud? 18 E qui, cari Ascoltanti, vi<br />

sovvenga il modo come si portarono gli Angioli nel rispondere alle<br />

interrogazioni fatte loro da altri. Annunziò un Angelo alla Consorte di<br />

Manuel la nascita di Sansone, ma se le diede a vedere con un volto ripien<br />

di terrore, Terribilis nimis 19 ; e interrogato altra volta da Manuel a voler<br />

palesare il suo nome, l’Angelo fu sì lontano di secondar queste brame,<br />

che anzi lo riprese in dicendo, che non era decente esser consapevole di<br />

un Nome del tutto mirabile, Cur quaeris nomen meum, quod est mirabile? 20<br />

Annunziò un Arcangelo e fu lo stesso Gabriele, al sommo sacerdote<br />

Zaccaria la concezione del Gran Battista suo Figlio e perché alquanto si<br />

mostrò restio nel dargli fede, lo fece restar muto senza parola. Ma, qualor<br />

si trattò di rispondere alle giustissime dimande della Vergine,<br />

Quomodo fiet istud? Osservate con che di rispetto, con che di affabilità<br />

egli si portò; con qual piacevolezza si fece a discacciarle il timore, a raddoccirle<br />

il turbamento, animandola e confortandola, Ne timeas, ne timeas<br />

Maria: invenisti Gratiam apud Deum 21 .<br />

8. Quindi io mi figuro, che le spiegasse parte a parte il profondo senso di<br />

queste misteriose parole; e le dicesse: Non temere, o eccelsa Signora,<br />

mia Sovrana Regina della propostavi divina Maternità. Sappiate che<br />

Iddio per farvi sua degna Madre vi preservò e dalla colpa di Adamo e dal<br />

debito prossimo di contrarla e vi ricolmò poi l’Anima di tanta Grazia,<br />

che non vi è tra le pure creature chi vi avanzi, anzi neppure chi vi uguagli.<br />

Gli furono care, è vero, le Anne, le Ester, le Giuditte e le Racheli,<br />

ma voi siete la più cara a lui, la sua diletta, la sua colomba, la sua illibata<br />

Sposa. Di voi egli disse appunto ne’ Sagri Cantici, Adolescentularum<br />

non est numerus, una est columba mea, una est 22 . Egli perciò vi fece tanto<br />

bella, che della vostra bellezza disse, che gli avea ferito il suo Divino<br />

18 Come avverrà questo?<br />

19 Troppo terribile.<br />

20 Perché cerchi il mio nome che è mirabile?<br />

21 Non temere, non temere, Maria: hai trovato grazia presso Dio.<br />

22 Non c’è numero delle adolescenti, una sola è la mia colomba, una sola è.<br />

14<br />

Cuore, Vulnerasti Cor meum 23 . Per tal fine vi fece profetizzare da tanti<br />

oracoli, adombrare in tante figure. Essendo appunto voi quell’orto chiuso<br />

de’ Sagri Cantici, quel fonte sigillato di Gioele, quella Porta orientale<br />

veduta in ispirito da Ezechiele, quel vello rugiadoso di Gedeone quella<br />

torre di David, quell’arca del Testamento, quella verga sacerdotale senza<br />

nodi e corteccia. Essendo voi quella per la vostra bellezza e bontà che<br />

foste paragonata or alla rosa e al giglio, or al cedro e alla vite, or al platano<br />

e al cipresso, or alla palma e all’ulivo, or all’aurora e al sole, ed or<br />

alla luna e alle stelle. E però, non temete, torno a ripetere, mia eccelsa<br />

Signora, state pur di buon animo, Ne timeas, ne timeas, Maria. Così mi<br />

figuro, U(ditori), che le dicesse l’Angelo.<br />

9. Ma voi stupite ed io più di voi stupisco. Voleva Maria SS.ma, come udiste,<br />

sentire la maniera com’ella dovea esser Madre, Quomodo fiet istud?<br />

Ma l’Angelo, stimandosi indegno di essere Maestro e illustratore di<br />

quella gran Mente, che sol da Dio dovea ricevere i lumi, rimise la spiegazione<br />

del profondo arcano allo Spirito Santo, per virtù di cui dovea eseguirsi<br />

nell’utero verginale di lei la grande Opra dell’Incarnazione del<br />

Divin Verbo; onde le disse, Spiritus Sanctus superveniet in te, et virtus<br />

Altissimi obumbrabit tibi 24 . Quasi dir le volesse, io già so, o mia gran<br />

Regina che voi diverrete Madre del nostro Dio, senza operazione di<br />

uomo, ma per sola virtù divina; onde sarete e Madre e Vergine nel<br />

tempo istesso: ma pure, non convenendo a me, vostro umile servo, in<br />

ciò illuminarvi, ecco che lo Spirito Santo discenderà in voi, da lui sarete<br />

a pieno informata; e quella sua divina Virtù, di cui sarete ripiena e per<br />

cui sarete Madre ammirabile del nostro Creatore, vi sarà degna illuminatrice<br />

e Maestra. A me basta trattanto, che fatto estatico in contemplar<br />

e la più che celeste bellezza del vostro modestissimo volto e l’eccellenza<br />

molto grande del vostro altissimo merito e l’altezza impareggiabile<br />

della vostra dignità infinita, mi basta, dico, che rimanga genuflesso ai<br />

vostri SS.mi piedi ad aspettare il tanto sospirato vostro consenso di<br />

quell’ammirabile Fiat, che sarà la gioia di tutto il Paradiso, la consola-<br />

23 Hai ferito il mio cuore.<br />

24 Lo Spirito Santo verrà su di Te e la virtù dell’Altissimo ti adombrerà.<br />

15


zione e salvezza di tutto il Mondo. O Dio, cari U(ditori), che maraviglie<br />

son queste! Or vada pure chi vuole, ricercando altri motivi per<br />

dedurre della gran Vergine il merito sublimissimo e singolare e il grande<br />

Amore di Dio verso di lei; che quanto a me e dal modo che Dio tenne<br />

nello spedirle il Messaggero celeste e dal modo che tenne questi nell’eseguire<br />

l’incarico, stimo già dedursi ad evidenza. Sì, sì ad evidenza,<br />

perciocché Dio tenne un modo, il qual convenivasi tenere con la sua<br />

Madre. L’Angelo si portò, come dovevasi, verso chi era stata eletta alla<br />

Divina Maternità. E così nell’una ed altra maniera si mostrò chi era<br />

Maria SS.ma, cioè che era eletta in Madre di Dio, vale a dire, che era<br />

stata innalzata ad una dignità, che non poteva darsi maggiore; e in conseguenza<br />

che era amata con un Amore senza pari. E siccome in questo<br />

giorno riseppe il Mondo, che ella era stata destinata alla Maternità divina,<br />

perciò ebb’io ragion di asserire che in questo giorno appunto fece<br />

Iddio conoscere che ella era da lui la più amata tra tutte le creature.<br />

10. Restandomi ora dar l’ultima mano al discorso, contentatevi, R(iveriti)<br />

A(scoltatori), che io vi additi brevemente come la nostra Immacolata<br />

Signora con la risposta che diede all’Angelo, Ecce Ancilla Domini; fiat<br />

mihi secundum Verbum tuum 25 , si diede a conoscere la più amante di noi.<br />

Se io vi dicessi, che ella, in accettando di essere Madre di Dio, esercitasse<br />

un atto di magnanimità e di fortezza il più eroico, voi forse rimarreste<br />

ammirati. Eppure tanto avvenne. Era la Vergine, come ben arricchita<br />

da Dio della più nobile Scienza infusa, pienamente consapevole delle<br />

Divine Scritture, da lei tante e tante volte meditate e lette. Sapeva molto<br />

bene quanto di amarezze, di dolori e di affanni dovea patire quella fortunatissima<br />

Verginella, che del venturo Messia dovea esser la Madre.<br />

Quindi io mi figuro che prima di dare il suo consenso le venisse tosto<br />

alla mente il discorrere così seco stessa: “Io dunque dovrò vedere il mio<br />

Divin Figlio, il mio dolce Gesù, il mio caro Dio straziato da mani barbare<br />

con tanto scempio, coronato di pungentissime spine e poi lacero,<br />

ignudo ed esangue morire su di una croce? Non avrò, è vero, verun dolore<br />

nel partorirlo, ma questo dolore mi si riserva al tempo dei suoi pati-<br />

25 Ecco la serva del Signore; avvenga a me secondo la tua parola.<br />

16<br />

menti. Io dunque lo partorirò, non so se più mi dica, alla vita o alle pene<br />

o alla morte? Avrò sì il contento di alimentarlo col mio purissimo latte,<br />

ma nel tempo istesso m’intorbiderà la gioia del cuore il funesto pensiero<br />

che quella divina bocca ha da essere un giorno amareggiata dal fiele.<br />

Vagheggerò quel volto, in cui desiderano di specchiarsi i Serafini, ma<br />

questo contento rimarrà affocato dalla funesta memoria che questo volto<br />

medesimo sarà un giorno vilipeso con gli sputi e percosso con gli schiaffi.<br />

Godrò in udirmi chiamare col dolce nome di Madre; ma, o Dio, e questo<br />

Figlio così amabile e grazioso, avrò un giorno ad accogliere estinto<br />

tra le mie Braccia; misero avanzo della giudaica empietà”?<br />

11. Così m’immagino, ripiglio, U(ditori), che ella seco stessa dicesse, pria di<br />

dare il consenso: anzi che pur nella sua mente venisse, come ella avrebbe<br />

goduto di tenerlo ben nove mesi nel verginale seno, ma che ogni momento<br />

le sarebbe parso un martirio, perché veduto avrebbe avvicinarsi quell’ora<br />

di partorirlo in paese straniero, in Betlemme, tra le miserie di una diruta<br />

Grotta e appena nato sarebbe stata costretta a condurlo in disastrosa fuga<br />

sino all’Egitto, per sottrarlo dallo sdegno dell’empio Erode. Come pure che<br />

l’avrebbe osservato adagiato a ciel sereno sovra pochi cespugli, che gli sarebbon<br />

serviti di duro letto. Così, che l’avrebbe veduto languir di sete là ne’<br />

deserti arenosi di Bersabea ed ella non già avrebbe tentata la fuga, come<br />

Agar, la quale per non veder morire di sete il suo pargoletto Ismaele fu in<br />

procinto di abbandonarlo, ma sarebbe andata correndo anelante per i vicini<br />

monti ad implorar pietà da quei duri sassi e ad incontrar qualche benigno<br />

fonte, onde dissetar il suo Bene. Tutto ciò e altro molto di più, cred’io che<br />

si presentasse alla Mente della Gran Vergine, prima di deliberar circa la sua<br />

volontà; e sono a persuadermi, che poi soggiungesse: “Ed io adunque dovrò<br />

dare il consenso a sì grande Opra che mi renderà, è vero, la Madre più beata,<br />

ma insieme la più dolente, sino a farmi piu che martire, anzi Regina dei<br />

Martiri? Ah, che non ho cuore di reggere a tanti affanni! Altra intrepidezza!...<br />

Ma e il Genere Umano (notate che amore verso di noi, amati Uditori)<br />

e il genere umano avrà più da gemere sotto la barbara schiavitù del demonio,<br />

senza riavere la sua perduta libertà? Ed io poi avrò cuore, per non sottopormi<br />

alle pene, vedere tante Anime nel Seno di Abramo prive della bella<br />

faccia di Dio, senza muovermi a pietà di tanti sospiri di tanti figli di<br />

Adamo? Ah no; si spezzino pure le dure catene infernali, si consolino tante<br />

17


lagrime, si soccorrano tanti Miseri! Venga pure il Promesso da tanti secoli,<br />

il desiderato da tutte le Genti, piovano le nubi il Giusto, stillino i Cieli<br />

quella Divina rugiada, venga pure il Figlio di Dio a salvare il Mondo! E<br />

giacché egli vuole servirsi di me, vuol prender carne umana nel mio<br />

Verginal Ventre e richiede su di ciò il mio consenso, la mia volontà, eccomi<br />

pronta, prontissima, Ecce Ancilla Domini! Patirò è vero, un martirio sì<br />

atroce, che non potrà mai esprimersi appieno; ma non curo: Ecce Ancilla<br />

Domini! Saremo due ad offrire all’eterno Padre il sacrificio per l’uomo perduto.<br />

Il mio Figlio col sangue che spargerà dal suo corpo ed io col sangue<br />

che spargerò dal mio cuore per il vivo ed intenso dolore. E l’unico conforto<br />

che avrò nel mio gran patire sarà il riflesso di vedere al Genere Umano riaperte<br />

le porte del Paradiso. Eccomi adunque pronta ad offrire all’Eterno<br />

Padre ubbidienza da figlia; all’Eterno Figlio il Verginal grembo di Madre;<br />

all’Eterno Spirito Santo il Cuore di Sposa”. E appena ciò ebbe detto,<br />

Uditori, che uniformandosi perfettamente al divino Volere, proferì quelle,<br />

diciam così, onnipotenti parole, Fiat mihi secundum Verbum tuum. Parole che<br />

se diedero a Dio tanto di gloria, recarono ancor a noi tanto di bene. Il fiat<br />

proferito una volta da Dio creò tutto il mondo; pronunziato poi in questo<br />

giorno da Maria diede la vita all’istesso mondo. Senza quel primo fiat il<br />

mondo non sarebbe stato: senza questo secondo fiat, non sarebbe redento.<br />

12. O amore adunque sopra ogni amore di Maria SS.ma verso di noi!<br />

O viscere di Madre veramente amante e di pietà sovraumana! Vergine<br />

gloriosissima, chi può far di meno di non ammirar, estatico per la gioia e<br />

per lo stupore, l’eccesso di quel tenerissimo amore che ci mostraste in<br />

questo Giorno! In cui, se Dio fece conoscere al mondo, che voi eravate la<br />

creatura la più amata da lui; voi faceste altresì conoscere che eravate di noi<br />

la più amante. O Dio, o Dio! Il mio povero cuore si sente struggere di<br />

tenerezza e di amore! Ecco quel dì lieto da segnarsi a caratteri d’oro nei<br />

fatti dell’eternità, in cui tutte e tre le Divine Persone acquistarono per<br />

voi, o SS.ma Signora, una nuova particolar gloria accidentale ed estrinseca:<br />

l’eterno Padre fatto Signore del suo umanato Figlio, Dixit Dominus<br />

Domino meo 26 ; l’eterno Figlio fatto Redentore; l’eterno Spirito Santo fatto<br />

26 Disse il Signore al mio Signore.<br />

18<br />

fecondo. Quel dì lieto, dissi, nel quale voi foste innalzata ad una dignità<br />

di cui dopo Dio non può darsi maggiore. Quel glorioso giorno, ripiglio,<br />

in cui il Paradiso si riempì di giubilo; la Terra vide vicina quell’ora del<br />

suo salvamento e l’Inferno tremò da capo a piè per lo spavento e per il<br />

cruccio delle sue perdite. Onde io sopraffatto da un eccesso di allegrezza<br />

e di amore, ringraziandovi col cuor sulle labbra di tanto amore a noi<br />

dimostrato e rallegrandomi di tante vostre grandezze, darò fine al mio<br />

dire in esclamando, Bella Figlia del più gran Padre; bella Madre del più<br />

degno Figlio; bella Sposa del più sagrosanto Sposo! O dignità sublimissima!<br />

O mistero ineffabile! O incomprensibile amore! Riposiamo.<br />

SECONDA PARTE<br />

13. Maria SS.ma adunque è la Creatura più amata e stimata da Dio?<br />

Dunque ella è la più amabile, cioè la più degna di essere da noi amata<br />

dopo Dio. Maria SS.ma è di noi la più amante? Dunque dev’esser da noi<br />

la più riamata. Se lei non si ama da noi, essendo la più amabile, si fa<br />

gran torto al suo altissimo Merito. Se non si ama poi, essendo la più<br />

amante, si fa grande affronto al suo grande amore. Cari Uditori, adunque<br />

che facciamo? Voi pur udiste quanto dobbiamo a sì amabile ed<br />

amantissima nostra Madre! Ella fu che con i suoi accesi sospiri affrettò<br />

la nostra Redenzione: onde di lei ebbe a dire Isaia che il Messia sarebbe<br />

nato da una Terra sitibonda e ardente, Sicut radix de Terra sitienti, idest<br />

come chiosa Ugon Cardinale, idest de Maria 27 , la quale con i suoi sospiri<br />

e con i suoi intensissimi affetti, non solamente trasse il Divin Verbo<br />

dal seno dell’eterno Padre, ma lo rapì, come disse San Bernardino da<br />

Siena: anzi fu in un certo modo da lei comprato col prezzo della sua<br />

umiltà profondissima, della sua purità sovrangelica e delle altre virtù<br />

sue singolarissime, Illud quodammodo emit a Patre, uditelo da Riccardo di<br />

San Lorenzo, praetio humilitatis, virginitatis, et aliarum virtutum 28 .<br />

Sentiste pure, Ascoltanti miei cari, se a costo di quali pene ella accettò<br />

27 Come radice da terra assetata, cioè da Maria.<br />

28 In certo qual modo lo comprò dal Padre, a prezzo dell’umiltà, della verginità e delle altre virtù.<br />

19


per nostro amore la Divina Maternità; di sorta tale che potè scrivere San<br />

Bernardo che ella fu crocifissa nel concepir quegli che per nostro amore<br />

esser dovea crocifisso, crucifixa crucifixum concepit 29 ; ed ella stessa poi<br />

ebbe a dire a Santa Brigida vedova, che fu molto ripiena di dolori e di<br />

affanni sin da quando accettò l’esser di Madre del Divin Verbo, Ego fui<br />

plena tribulatione, et dolore a conceptione Filii mei 30 , sino a meritarsi dai<br />

Santi Padri il bel titolo di Corredentrice del Genere Umano, come la chiamò<br />

in particolare Sant’Antonino Arcivescovo di Firenze; e come ella<br />

medesima pur palesò alla memorata Santa Brigida, Ego, et Filius meus<br />

redemimus mundum quasi uno corde 31 .<br />

14. Aggiungete poi, che la Nostra Immacolata Signora col divenir Madre<br />

del Redentore divenne anche Madre di tutti noi redenti. Però<br />

l’Evangelista San Luca disse, che ella partorì il suo Figlio primogenito:<br />

Peperit Filium suum primogenitun 32 ; non già che la Vergine avesse, secondo<br />

la natura, altri figli secondo e terzogeniti; no, perché ella fu sol<br />

Madre naturale del suo unico Figlio Gesù, vero Dio e vero Uomo; ma<br />

pure fu chiamata Madre del Figlio primogenito, perché secondo lo spirito<br />

e la Grazia fu Madre spirituale di tutte le Anime redente, che furono<br />

come sue secondogenite: Virgo Maria, così i sacri espositori, et si carnaliter<br />

genuit unicum Filium, tamen spiritualis effecta est Mater multitudinis<br />

Viventium, quorum primogenitus est Christus 33 . Sicché, voi ben vedete,<br />

Uditori, se da quanti titoli nascono le nostre somme obbligazioni verso<br />

una Madre così benefica, così amante e così cara.<br />

15. Dov’è adunque la nostra gratitudine, la nostra corrispondenza? O Dio,<br />

o Dio! Quanti son pochi coloro, che verso di Lei si portano da veri figli,<br />

vale a dire, da figli amanti e fedeli! Io mi ricordo di aver letto di un<br />

29 Ella crocifissa concepì il Crocifisso.<br />

30 Io fui piena di tribolazione per il dolore derivante dal concepimento di mio Figlio.<br />

31 Io e mio Figlio abbiamo redento il mondo per così dire con un sol cuore.<br />

32 Partorì il Figlio suo primogenito.<br />

33 La Vergine Maria sebbene generò nella carne un unico Figlio, tuttavia nello spirito diventò<br />

Madre della moltitudine dei viventi dei quali Cristo è il Primogenito.<br />

20<br />

certo Giovine che milantando di esser divoto di Nostra Signora, ogniqualvolta<br />

passava innanzi alla sagra Immagine di lei, la salutava con<br />

dirle, Mostrati mia Madre, Monstra te esse matrem 34 ; mi ricordo, dico, che<br />

un giorno Nostra Signora gli rispose, Se vuoi, che io ti sia Madre,<br />

mostrati mio Figlio, monstra te esse filium 35 . Or vogliam dire che tra voi<br />

non vi sia chi, pensando di esser divoto di sì gran Madre, meriti giustamente<br />

un tal rimprovero? Ed a cui ella potesse dire, dov’è quel l’orrore<br />

al peccato, se tu dici di amarmi? Dov’è quella purità, quell’umiltà che<br />

io tanto gradisco di vedere ne’ figli miei? Amati Uditori, credetelo a<br />

me, giacché vi amo molto. La gran Madre di Dio una cosa in particolare<br />

vuol da voi, consimile a quella che richiese il re Davide dai suoi valorosi<br />

Guerrieri. Combattete, disse questi loro, sedate i miei Ribelli, ma<br />

non mi toccate il mio caro Figlio Assalonne, Servate mihi puerum<br />

Absalom 36 . Così ella a voi fa sentire, nelle vostre operazioni, nelle vostre<br />

parole, nei vostri pensieri, non offendete il mio caro Figlio Gesù, servate,<br />

servate mihi Puerum Jesum 37 ; ed allora vedrete, toccherete con mani, se<br />

quali benedizioni, quali favori pioverò io sopra di voi, io come vostra<br />

Madre amantissima, io come Tesoriera delle Grazie, come Regina di<br />

misericordia; che quasi non per altro godo di vedermi tanto amata da<br />

Dio, sino ad esser l’arbitra dei suoi Tesori e del suo Divin Cuore, se non<br />

per mostrarmi di voi amante la più benefica, se non per arricchirvi, per<br />

salvarvi, come miei cari figli, come miei fedeli servi ed amanti: Ego in<br />

altissimis habito, ut ditem diligentes me 38 . Udiste, udiste, cari Ascoltatori?<br />

Dunque le mani all’opra! Ed io trattanto, lasciate che rivolto con affetto<br />

a sì gran Signora, a nome vostro e mio le dica:<br />

16. Vergine amabilissima, noi ci rallegriamo grandemente di quella Gloria<br />

singolarissima che riceveste in questo giorno, coll’esser fatta Madre di<br />

Dio: e vi ringraziamo infinitamente di quel grande Amor, che ci portaste.<br />

Ah per pietà, a contemplazione dell’una e dell’altro, volgetevi verso<br />

34 Mostra di essere Madre.<br />

35 Mostra di essere Figlio.<br />

36 Conservatemi il Fanciullo Assalonne.<br />

37 Conservatemi, Conservatemi il Fanciullo Gesù.<br />

38 Io abito in luoghi altissimi per arricchire coloro che mi amano.<br />

21


di noi con occhi misericordiosi, Illos tuos misericordes oculos ad nos converte!<br />

39 Sollevateci dagli affanni di questa misera vita; fortificateci contra<br />

tutti gli assalti de’ nostri Nemici visibili ed invisibili; otteneteci il<br />

pieno perdono di tutte le nostre colpe e la grazia di non più commetterle;<br />

dateci un cuore, una fedeltà da vostri figli e da amantissimi figli;<br />

e fate in fine, che siccome, anche vostra mercè, fummo redenti, così col<br />

vostro favore siam fatti in eterno tutti salvi. O allora sì che giungeremo<br />

a conoscere perfettamente quanto Amore vi portò quel Dio, che s’impiegò<br />

tutto in farvi grande; e quanto amore voi portaste a noi in impiegarvi<br />

tutta in tanto beneficarci; e così dando anche noi il tributo di ringraziamenti<br />

e di lodi e a Dio e a voi, vi ameremo, vi benediremo, vi<br />

godremo con tutti i Santi e Angioli del cielo per tutta l’eternità. Amen.<br />

Il Fine<br />

Laus Deo, eiusque Matri Virgini sine labe conceptae 40 .<br />

39 Volgi a noi i tuoi occhi misericordiosi.<br />

40 Lode e Dio e alla sua Madre Vergine, concepita senza macchia.<br />

22<br />

Abbozzo di Panegirico dei Dolori della SS.ma Vergine Immacolata<br />

Ignoto, Addolorata, Olio su tela, sec.<br />

XVII. Dipinto appartenente all’antica<br />

famiglia <strong>Marcucci</strong>, oggi nella Casa<br />

Madre.<br />

Venerdì della Domenica di Passione, 1° Aprile 1746<br />

L’argomento del panegirico è un commento<br />

al brano evangelico di san Giovanni 19,25 e si<br />

propone di dimostrare che il dolore è figlio dell’amore,<br />

cioè ad esso strettamente legato.<br />

Esso fu recitato qualche giorno dopo quello<br />

sull’Annunciazione di Maria, nel venerdì di<br />

passione dell’anno 1746. L’Autore si rivolge ai<br />

destinatari come a “riveriti ascoltatori” e “cristiani<br />

miei”, anche se non ci dice esattamente chi<br />

siano; sono probabilmente i fedeli della Chiesa<br />

parrocchiale di Santa Maria Inter Vineas o di<br />

qualche altra Chiesa della città.<br />

Lo scritto, pur considerato dall’Autore un<br />

abbozzo, è organizzato in modo ampio e completo.<br />

È diviso in due parti: la prima, molto più ampia<br />

della seconda, si apre con una introduzione e si svi-<br />

luppa a sua volta in tre sezioni: nella prima, dai paragrafi 1-5, don <strong>Marcucci</strong> spiega come<br />

l’amore dei genitori per i figli sia il più forte e dunque quello più sottoposto al dolore.<br />

Nella seconda sezione, ai paragrafi 6-7, offre una meditazione sul dolore di<br />

Maria in quanto Madre di Gesù. “Ella amava Gesù con amore che supera ogni umano<br />

ed angelico intendimento: lo amava più di quello, che giunger potrebbe ad amare un<br />

suo figlio una donna che nel suo cuore avesse accolto l’amore di tutti i cuori delle madri<br />

che siano vissute nell’universo”. Il vederlo dunque soffrire gli strazi della passione fu<br />

per lei un dolore del cuore senza confini che sopportò con fortezza e senza lamenti.<br />

Nella terza, ai paragrafi 8-11, l’Autore si sofferma a contemplare il dolore di Maria<br />

durante la passione del Figlio e di questi nel pensare al dolore della Madre: “Languiva la<br />

Vergine perché pativa Gesù:, pativa Gesù perché languiva la Madre: e questo stesso patire<br />

del Figlio nel vedere languire la Madre era a questa nuova cagione di tormento”.<br />

Per questo Ella è invocata come Vergine dolorosissima e grande Regina dei martiri.<br />

La seconda parte del panegirico, più breve della prima, si sviluppa nei paragrafi<br />

12-14 e si conclude con una fervente preghiera alla Vergine addolorata. Per<br />

rendere più partecipi gli ascoltatori del dolore di Maria e suscitare in loro gratitudine,<br />

l’Autore ricorda che il motivo di tanti dolori sopportati dalla Vergine Santa<br />

23


furono e sono i nostri peccati. Ella, per salvarci, patì volentieri per noi tante pene.<br />

Per questo motivo i santi Padri la chiamano corredentrice del genere umano.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 269-285<br />

(55-71).<br />

Dio ti salvi<br />

Stabat iuxta crucem Jesu Mater eius<br />

(Joan. 19, 25)<br />

Io non so, cari Uditori, se con facilità troverò subito credito presso di voi in<br />

questa mattina col dirvi, che il dolore è figlio dell’Amore; tantochè quanto<br />

più questo è grande, tanto più quello è forte e sensibile. Ma pure converrà<br />

che mi crediate, non solo sulla parola del grande Agostino che dice: Omnis<br />

dolor fundatur in amore 41 , ma ancor se riflettete, come avendo per proprietà<br />

l’amore di formare di due cuori un solo e di legar due Anime con uno strettissimo<br />

vincolo fa che chi ama isperimenti come propri i dolori e le pene dell’oggetto<br />

amato: come pur lo disse il Filosofo, habet Amator easdem contristationes<br />

Amati, quia anima magis est ubi amat, quam ubi animat 42 . Che perciò<br />

dovendo io stamane esporre alla vostra pietà, Uditori miei stimatissimi, la<br />

serie dolorosa di quei martiri e pene, che si unirono a tormentar crudelmente<br />

il sagro Cuore di Nostra Immacolata Signora nella Passione del suo Divin<br />

Figlio, per formar di questi dolori un concetto adeguato, converrebbe che io<br />

vi mostrassi di qual’altra e nobile tempra fosse il suo Amore. Ma oimè! Chi<br />

mai potrà concepir l’Amor di Maria verso Gesù? Chi varrà mai ad esprimerlo?<br />

Se io mi rivolgo all’Evangelista Giovanni, trovo che egli per palesar gli<br />

eccessi dell’incomparabile amor di Lei, altro non dice, se non che ella era<br />

Madre, Mater eius 43 . Me però fortunato, che con sì poco, disse tanto, che non<br />

poteva dirsi di più dell’Amor della gran Vergine, perché fu un Amor di<br />

Madre e di così gran Madre e di Madre verso un così gran Figlio: Mater eius.<br />

E in così dicendo, chi non vede, quanto mirabilmente il Santo Evangelista<br />

espresse in poco la grandezza dei dolori di Lei, i quali furono grandi, perché<br />

dolori di Madre; maggiori, perché dolori di così gran Madre; massimi, perché<br />

41 Ogni dolore è fondato sull’amore.<br />

42 Chi ama ha le medesime tristezze dell’amato poiché l’anima sta più dove ama che dove opera.<br />

43 Sua Madre.<br />

24<br />

dolori di Madre di così gran Figlio: Stabat iuxta crucem Jesu Mater eius 44 .<br />

E queste appunto, contentatevi, che sieno le tre circostanze da cui e voi ed io<br />

possiamo cavar motivi di cordiale compatimento alle pene di Nostra Gran<br />

Signora. Di grazia, datemi campo di elucidarle. Ed incomincio.<br />

1. L’amor dei Genitori verso i Figli fu con grande accortezza chiamato dal<br />

Crisostomo gran tirannia della Natura, Grandem naturae tyrannidem, perché<br />

con tirannica crudeltà si rende assoluto padrone dei loro petti, sospingendo<br />

violentemente i loro cuori ad affetti stranissimi. Quindi non mi si rende<br />

difficoltoso il creder per vero ciò che disse il Filosofo, essere ugualmente<br />

cara ai Genitori la Vita dei Figli, che la lor propria, anzi più che la propria:<br />

tanto vero, che quest’amore strano fa che maggior dolore essi sentano in<br />

veder la lor prole tra le pene, di quello che sentirebbero se a tali tormenti<br />

essi stessi fossero sottoposti; come ben lo disse il Crisostomo, Gravius est<br />

Parentibus videre Filios suppliciis offici, quam si ipsi forent iisdem obnoxii 45 .<br />

2. Or tutto questo fortissimo amore e tenerissimo affetto noi dobbiam<br />

concedere e credere nel sagro Cuor di Maria verso di Gesù Signor nostro.<br />

Ella l’amava con amore di Madre e tanto basta per venire in cognizione<br />

che essa lo amava più che se medesima e che assai più di dolore le avrebbe<br />

recata ogni pena del figlio, che qualunque proprio tormento. Pensate<br />

dunque, Uditori miei cari, quanto fossero grandi i suoi dolori, per le<br />

pene atrocissime che pativa il suo caro e amato Figlio, flagellato, schiaffeggiato,<br />

coronato di spine, strascinato, straziato in mille guise ed insin<br />

barbaramente crocifisso in mezzo a due Ladroni in un duro tronco di<br />

Croce? O Dio, o Dio! Povera Madre, dolentissima Madre e chi mai<br />

potrà concepir appieno la vivezza dei suoi affanni?<br />

3. Si aggiunga poi di più che a tante inaudite pene del suo Divin Figlio fu<br />

costretta trovarsi essa stessa presente e vedere con i propri occhi, contemplarle<br />

con i propri sguardi. Stabat iuxta, ecc. Chi c’è tra voi, Uditori, che<br />

44 Stava in piedi presso la croce di Gesù la Madre.<br />

45 È più grave per i genitori vedere i figli essere colpiti da supplizi che essi stessi fossero soggetti<br />

ai medesimi.<br />

25


non sappia avere il dolore vari modi di ferire un cuore amante? Or può<br />

farlo per mezzo dell’orecchio in facendogli udire i tormenti del suo diletto,<br />

benché lontano: ma questa ferita per altro può aver qualche sollievo dal<br />

dubbio. Or per mezzo del pensiero; ma la mente può divertirsi. Ed or<br />

finalmente può saettar per mezzo degli occhi; e questa ferita senza fallo è<br />

la più atroce: perciocché qual conforto mai può avere un’anima, che è spettatrice<br />

dell’unica cagione del suo gran dolore? Dicendo saggiamente<br />

Erodiano, che Multo magis misericordiam provocant quae oculis usurpantur 46 .<br />

L’infelice Agar, voi di già ne siete informati, allorché si trovò nelle solitudini<br />

di Bersabea col suo unico pargoletto Ismaele, che fece per non vederselo<br />

morir di sete innanzi agli occhi? Risolvette di abbandonarlo e così con<br />

la fuga scemar la grandezza del suo dolore; che sempre più si sarebbe accresciuta<br />

col vederselo con i propri occhi spirare innanzi: onde tutta afflitta<br />

sull’allontanarsi andava mischiando con le lagrime, le parole, dicendo, no<br />

che non voglio veder io morire il mio caro Figlio, no, non mi dà il cuore,<br />

non mi dà l’animo, Non videbo morientem Filium meum 47 .<br />

4. Quando adunque la gran Vergine non si fosse trovata presente alla Passione<br />

del Figlio, ma l’avesse solo udita distintamente narrata dall’Evangelista<br />

Giovanni, ditemi, non sarebbe stato questo bastevole a recarle un tormento<br />

capace a privarla mille volte di vita, nonché una sola? E qual è quel cuor<br />

di una Madre che non resti sopravvinto dal dolore all’udire la morte di un<br />

suo unico amato Figlio ucciso? Multum dolet Mater, così il Devoragine,<br />

Si horribili morte Filium audit fuisse occisum 48 . Come? Avrebbe detto tra<br />

gemiti e sospiri la Vergine (seppure l’atrocità del dolore accordato le avesse<br />

o il piangere, o il favellare) come? Il mio caro Divin Figlio così straziato,<br />

così empiamente ucciso? Quel giglio eletto? Quell’Agnello innocente<br />

e immacolato? Ah crudeli carnefici, ah inumani! Ed è possibile che tra le<br />

Turbe niuno si rammentasse di tanti miracoli, di tanti benefici? Niuno a<br />

pietà si movesse di tanto sangue, di tante ferite, di tanti tormenti? ...<br />

Sì, così mi figuro, che detto avesse, se dal memorato Evangelista gliene<br />

46 Molto di più suscitano pietà quelle cose che vengono percepite dagli occhi.<br />

47 Non vedrò morire mio figlio<br />

48 Molto si duole la madre se sente che il figlio è stato ucciso con una morte terribile.<br />

26<br />

fosse giunta notizia. Ma no: per maggior dolore di Lei le toccò di esserne<br />

spettatrice e vedere con i suoi propri occhi uno spettacolo così fiero, cioè<br />

di un Figlio, che agonizzava in una doppia morte della sua vita e del suo<br />

onore, deriso dalla plebe stolta, straziato da mani barbare.<br />

5. Estinta già la figlia della donna cananea si portò tosto tutta affannosa dal<br />

Salvatore; e udite, come gli disse: Miserere mei Fili David 49 . Che parlare<br />

è mai questo? Invece di dire, Signore abbi misericordia della defunta mia<br />

figlia, gli dice, abbi misericordia di me. Eppur tanto accadde, perché,<br />

come nota il Crisostomo, l’aver la madre innanzi agli occhi morta la<br />

figlia, le era un tormento troppo eccessivo, avendo perciò maggior bisogno<br />

di conforto la madre, che la figlia di vita: Miserere mei, così chiosa il<br />

sopraccitato dottore, Spectatricis miseriae meae 50 . Che se tanto a questa fu<br />

di affanno il vedere una figlia estinta, di quanto maggior dolore, dovrà<br />

dirsi, che fosse a Maria SS.ma il trovarsi presente a tanti strazi ferali, fatti<br />

al suo caro dilettissimo Figlio? O che dolore, che affanno penosissimo!<br />

II<br />

6. A meglio intendere però la maggiore gravezza di questo dolore, giova<br />

molto, Uditori miei, riflettere particolarmente qual Madre ella fosse, voglio<br />

dir quanto amante. Amava ella Gesù con amore che supera ogni Umano ed<br />

Angelico intendimento: lo amava più di quello che giunger potrebbe ad<br />

amare un suo figlio [una] donna, che nel suo cuore avesse accolto l’amore di<br />

tutti i cuori di quante Madri siano vissute nell’Universo. Insomma non vi<br />

fu mai al Mondo Madre più amante di Lei perché non vi fu mai al mondo<br />

Figlio più amabile del suo. Onde al vederlo sospeso ad un tronco di croce,<br />

come gelsomino che langue sul proprio stelo, lacero, sanguinoso, denudato,<br />

dovette al certo dolersi in estremo, perché in estremo vide penare il suo<br />

Figlio. E sebbene stette taciturna a piè della croce, dolendosi ma senza<br />

sfogo, senza lamenti, con fortezza più che virile ed insieme con angoscia<br />

piucchè mortale, solo fu perché non volle neppure quel conforto che recato<br />

le avrebbe il palesare ad altrui la sua gran pena. Del resto la tenerezza, la<br />

49 Abbi pietà di me Figlio di Davide.<br />

50 Abbi pietà di me spettatrice della mia miseria.<br />

27


28<br />

simpatia, l’amore fortissimo, onde scambievolmente si riguardavano, rendevano<br />

del tutto comuni le angoscie loro penosissime. Che perciò se il dolore<br />

si misura dall’amore, ebbe ragione Girolamo di asserire che la Vergine fu<br />

di tutti la più tormentata, perché fu la più amante Plus omnibus doluit, quia<br />

plus onmibus dilexit 51 : insomma siccome essa nell’amore non ebbe pari, così<br />

nel dolore non ebbe esempio. E qui, se mi sia lecito il dirlo, io aggiungerò<br />

che il dolore interno di tal Madre fu maggiore dei dolori esterni del Figlio;<br />

perciocché, essendo verissimo, che patì ella nel cuore, quanto Gesù patì nel<br />

corpo, <strong>Omnia</strong> et singula vulnera per eius corpus sparsa in suo corde sunt unita 52 ,<br />

come osservò San Bonaventura, o come disse il Crisostomo, quod Filius eius<br />

in corpore, illa sustinebat in corde 53 , tra i dolori suoi e quei del Figlio vi fu questa<br />

differenza, cioè che tutto quel che Gesù patì sparso nel corpo, ella lo patì<br />

unito nel cuore. Onde uniti, noi miriamo, nel bel cuor di Maria, tutt’i i<br />

dolori, le spine, i flagelli, i chiodi, le agonie della croce e quanto altro di<br />

penoso soffrì il suo Figlio. Quindi, miei cari Uditori, non ci si deve render<br />

difficile il darci a credere per vero ciò che disse il Serafino da Siena, cioè che<br />

se il dolor della Vergine si dividesse fra tutte le creature dell’Universo,<br />

sarebbe valevole a privarle tutte di vita, Inter omnes creaturas distributus, omnes<br />

simul perimeret 54 . Dica pur dunque la nostra Immacolata Signora alla sua<br />

diletta Brigida che essa patì più di tutte le creature del Mondo, Plena fuit<br />

tribulatione, et dolore super omnem creaturam 55 ; e dica, che tutti i dolori di Gesù<br />

furono suoi propri, perché il cuore del Figlio era il cuor suo, dolor eius erat<br />

dolor meus, quia cor eius erat cor meum 56 , che ne ha ben giusta ragione. Ma noi<br />

nel frattempo, compassionando molto i suoi atrocissimi dolori, confessiamoli<br />

pur così grandi, che siano, come già sono, impercettibili dal nostro<br />

basso intendimento. Imperciocchè sinché non giungasi a capir bene qual<br />

Madre ella fosse, non potrà mai intendersi appieno quanto acerbi fossero i<br />

suoi dolori.<br />

51 Più di tutti si dolse perché più di tutti amò.<br />

52 Tutte e singole le ferite sparse attraverso il suo corpo sono unite nel suo cuore.<br />

53 Ciò che il Figlio sopportava nel corpo, Ella lo sopportava nel cuore.<br />

54 Distribuito il dolore tra tutte le creature le farebbe perire tutte contemporaneamente.<br />

55 Fu piena di tribolazione e dolore sopra ogni creatura.<br />

56 Il suo dolore era il miio dolore perché il suo cuore era il mio cuore.<br />

7. Ma pure per isforzarci a più in dentro penetrarli per quanto ci è possibile,<br />

basta ridursi alla mente, che la Vergine fu una Madre anche obbligata<br />

a vivere in seno alla morte. Ed ecco qual Madre ancor ella fosse. Non<br />

avrebbe essa al certo potuto resistere a tante pene, se non fosse stata sostenuta<br />

in vita con gran miracolo, come notò Sant’Anselmo, Vere quidem interiisset<br />

quae magnitudine doloris, nisi fuisset mirabilius preservata 57 . Sì, sì Iddio<br />

diè vigore alle naturali forze di Lei, facendo un gran prodigio: ma, oimè,<br />

che questo prodigio non fu ad altro, che affin più lungamente durasse il<br />

Martirio di lei. Quell’amore, sì quell’amore con cui Gesù amò sempre la<br />

Madre lo violentò dolcemente a sostenerla in vita, per non privarsi, cred’io,<br />

di chi era la più cara pupilla degli occhi suoi. Santo amore, tu fosti<br />

in tal caso, se mi sia lecito il dirlo, troppo pietosamente crudele. Ecco, che<br />

il cuor di Maria fa naufragio in un gran mare di pene, capaci a privarla<br />

mille volte di vita, non che una sola, e tu gli impedisci il morire? Ad un<br />

cuore, che langue tra martiri ed affanni l’unico sollievo è la morte e tu gli<br />

prolungasti la vita? Ed oh Amor SS.mo, giacché il prolungar la vita in tal<br />

caso è lo stesso che prolungare il martirio, lascia pur di essere così pietoso,<br />

che sarai meno crudele. Vergine addolorata, in quali angustie, io mi<br />

figuro trovarsi dovesse il vostro afflittissimo spirito, costretto a vivere in<br />

braccio alla morte! Or sì che intendo, come il vostro diletto vi pose:<br />

Desolatam, tota die merore confectam 58 ; tantochè non potendo voi più reggere<br />

a tante pene, arrivaste a mandare [lacrime] dai vostri purissimi occhi<br />

vivi di sangue, come diceste a S. Brigida, Ex oculis meis erumpebant lachrymae,<br />

sicut sanguis e venis 59 . E così, cari Uditori, siccome Gesù sparse acqua<br />

dal suo sagro Costato, per non aver più sangue, Maria sparse dagli occhi<br />

il sangue per non aver più lagrime: ond’ebbe ragione di affermare<br />

Arnoldo, Unum holocaustum pariter offerebant Deo, Christus in sanguine carnis,<br />

Maria in sanguine cordis 60 .<br />

57 Certamente sarebbe morta per la grandezza del dolore se non fosse stata alquanto mirabilmente<br />

preservata.<br />

58 Desolata tutto il giorno colpita dal dolore.<br />

59 Dai miei occhi sgorgavano lacrime come sangue dalle vene.<br />

60 Un solo olocausto parimenti offrivano a Dio, Cristo nel sangue della carne; Maria nel sangue<br />

del cuore.<br />

29


III<br />

8. Ed oh! Io mi credeva, che il sin qui detto fosse stato della Vergine il massimo<br />

dei dolori: eppure non è cosi; imperciòcchè il massimo apparisce, se<br />

si rifletta, com’ella pena al sommo, perché Madre di così gran Figlio.<br />

Ed infatti, se vi fu tra le pure Creature chi arrivasse a conoscere appieno<br />

chi fu Gesù, voglio dir, quanto caro e amabile per ogni verso, questa fu al<br />

certo la sua SS.ma Madre. Or se è pur troppo vero, che qui addit scentiam,<br />

addit dolorem 61 , come disse il Savio, deducete voi al presente, Uditori miei,<br />

quanto da queste vive e piene cognizioni dovette in nostra Signora crescere<br />

il dolore, in veder poi un sì Divino e amabilissimo Figlio così straziato<br />

crudelmente in mille guise. O Dio, che acutissimo dolore! Dolore, che<br />

io non saprei esprimerlo con termini più adeguati di quei di San<br />

Bernardo, qualor disse, Tantum fuisse credamus, quantum unquam dolere<br />

potuit de tali Filio talis Mater 62 . Aggiungasi poi, che questi le era un<br />

Figlio, in cui andavano a terminare tutti i suoi affetti. Le altre Madri, voi<br />

di già lo sapete, per quanto amino teneramente i loro figli, non possono<br />

però amarli con tutto il loro amore; imperciocchè essendo tenute ad<br />

amare Iddio di sopra ogni cosa, sono necessitate a divider l’affetto loro con<br />

Dio e con la prole; anzi a dare a questa la minor parte. Nella Vergine però<br />

non accadde così; perciocché amando essa il suo Figlio, veniva ed amare<br />

il suo Dio; ed amando il suo Dio, amava il suo Figlio; onde Egli era il solo<br />

oggetto di tutto il suo Amore, di tutto il suo cuore. Or pensate voi ora,<br />

quanto dovette essere atroce il suo dolore, in vederlo poi morir tutto lacero<br />

dal capo sino alle piante [piedi], con una morte la più barbara e allor<br />

la più obrobriosa, tra mille derisioni e abbandonamenti, senza conforto,<br />

senza sollievo, senza soccorso! O che dolori, che acutissimi dolori!…<br />

9. Sì; ma questi ancor si accrescono dallo stesso infinito amore che le portava<br />

un tal Figlio. Quell’amore immenso che Gesù portava alla Madre, l’obbligava<br />

a compatir molto tutte le pene grandi di lei, anzi a sentirle come sue<br />

proprie: e ciò conoscendo bene la Madre, penava maggiormente per l’affli-<br />

61 Chi aggiunge consapevolezza, aggiunge.<br />

62 Vogliamo credere che il dolore fosse così grande quanto mai potè dolersi di un tal Figlio<br />

una tale Madre.<br />

30<br />

zione che di lei aveva il caro Figlio. O Dio, o Dio! ... Languiva la Vergine<br />

perché pativa Gesù: pativa Gesù, perché languiva la Madre: e questo stesso<br />

patir del Figlio in veder languire la Madre, era a questa, nuova cagion di<br />

tormento, Ipsa enim dolebat Christum de suo dolore affligi, et dolere 63 , come<br />

osservò l’erudito A. Lapide. La mira Gesù dalla croce, ove langue e par che<br />

le dica: “Cara Madre, se vuoi che io più non languisca, lascia di compiangere<br />

le mie pene”; ed essa: “Caro Figlio, e se voi volete che io più non peni,<br />

cessate di compatirmi”. E così ripercotendosi insieme nei loro SS.mi Cuori<br />

il dolorosissimo strale, veniva a straziare più il Figlio e a tormentar più la<br />

Madre. O incomparabile tormento addunque, o crudele scambievolezza di<br />

pene! Crudelis reciprocatio, lasciate che esclami col mellifluo, Crudelis reciprocatio<br />

64 ! Vi basti sol sapere, che Gesù per alleggerir la Madre da tanti affanni,<br />

si affrettò a morire, Matrem doloribus tumulatam aspiciens, così S. Lorenzo<br />

Giustiniano, properabat ad mortem 65 .<br />

10. Ma, o Dio! Fosse cessato almeno col morir di tal Figlio il dolor di tal<br />

Madre! Da quella lancia crudele, che aprì il costato a Gesù, ne ebbe egli la<br />

piaga, ma non il dolore, perché già morto: ferì quella però al vivo il cuor<br />

di Maria; che avendolo poi estinto tra le illanguidite braccia, o Dio che<br />

acuti dolori si accrebbero al suo afflittissimo cuore! Di fatto, quanto pianse<br />

David il suo, benché ribelle Assalonne, ripetendo tra mille gemiti quelle<br />

dolenti parole, Absalom fili mi! Quanto Giacobbe il suo creduto morto<br />

Giuseppe! Quanto Iefte l’unica sua! Quanto Rachele i suoi parti! Ma che<br />

han da far questi pianti col dolor della Vergine? In quali lagrime di amarissimo<br />

pianto non sciolse essa allora gli occhi dolenti in vedersi prender<br />

dalle sue braccia il suo caro estinto Unigenito? “Questo è quel capo, diceva,<br />

che tante volte appoggiato al mio seno prendeva dolce sonno ed ora trafitto<br />

lo miro da tante spine? Questo è quel volto amabile, che innamorava<br />

il Cielo ed ora offuscato lo veggo da pallori di morte? Questi i begli occhi,<br />

che rapivano ogni alma ed ora estinti li ravviso? Queste son quelle Carni,<br />

candide più de’ gigli ed or tutte lacere e illividite? Queste le mani che<br />

63 Ella infatti si rattistava che Cristo si affliggesse del suo dolore e se ne dolesse.<br />

64 Crudele reciprocità.<br />

65 Vedendo la Madre ricoperta da dolori si affrettava a morire.<br />

31


lavorarono i Cieli? Questi i piedi che andavano in cerca delle anime, or traforati<br />

li miro da’ duri chiodi?” In somma, osservando or in questa ed ora<br />

in quella parte del sagratissimo Corpo, per tutto trovava nuova materia di<br />

lutto, nuova cagione di pena: e pena talmente atroce, che al suo confronto<br />

perde quasi il nome di pena quanto si è mai patito da tutti i Martiri insiememente<br />

uniti: Quidquid crudelitatis inflictum est corporibus martyrum, così<br />

Sant’Anselmo, leve fuit, aut potius nihil, comparationi tue passionis, o Virgo 66 .<br />

11. O quanto adunque vi compassiono, o Vergine dolorosissima, gran<br />

Regina dei martiri! Vinceste voi veramente nel vostro martirio l’umanità:<br />

mentre quel dolore, che non avrebbe potuto soffrir tutto insieme<br />

il Genere Umano, come ben disse il B. Amedeo, voi sola soffrir lo poteste.<br />

O adunque dolore sopra ogni dolore, pena sopra ogni pena! Tant’è,<br />

cari Uditori; e se voi al riflesso de’ grandissimi dolori, che patì la Nostra<br />

Gran Signora come Madre, come tal Madre, e come Madre di tal Figlio,<br />

voi non vi movete a pietà, io dirò, o che voi non siete umani, o che racchiudete<br />

nei vostri petti cuori di bronzo. Riposiamo.<br />

SECONDA PARTE<br />

12. Per darvi poi qualche particolar motivo di compatir maggiormente i<br />

dolori di Nostra Signora e di mostrarvi grati a tante sue pene, io qui non<br />

saprei oprar meglio, se non rammentarvi della cagione di tanti suoi tormenti.<br />

Sapete voi, Cristiani miei, qual fu la cagione di tante pene? Quella<br />

appunto che fu della Passione e morte del Figlio. Furono insomma i<br />

nostri peccati. Oltre che riflettete che la SS.ma Vergine non solamente<br />

patì per noi tante pene, ma le patì volentieri: perciocché se il suo addolorato<br />

cuore poteva esser capace di qualche conforto, questo era appunto il<br />

ricordarsi della nostra eterna salute, Non tam spectabat pignoris mortem, uditelo<br />

da Sant’Ambrogio, quam mundi salutem 67 . Onde, considerando i Santi<br />

66 Tutta la crudeltà che fu inflitta ai corpi dei martiri fu lieve o anzi niente in confronto alla<br />

tua passione o Vergine.<br />

67 Non tanto mirava alla morte del pegno quanto la salvezza del mondo.<br />

32<br />

Padri quella prontezza, con cui essa offrì il suo Divin Figlio alla morte e<br />

se stessa alle pene, la chiamarono col bel titolo di corredentrice del Genere<br />

Umano; come la intitolò Sant’Antonino; e com’essa medesima disse a<br />

S. Brigida, Ego et Filius meus redemimus mundum, quasi uno corde 68 . Chi non<br />

vede adunque quanto le siamo obbligati?<br />

13. Eppure, ci è veramente tra di noi chi spesso si ricorda de’ suoi atrocissimi<br />

dolori? Ci è chi la compatisca, la ringrazi? Io ben so, che essa stessa<br />

querelandosi un giorno con S. Brigida della umana ingratitudine,<br />

disse, che andava in cerca di questi tali, ma che pochi ne trovava: respitio<br />

si forte sint aliqui, ecc. 69 . Deh, non sia mai egli vero, Uditori miei, che<br />

tra di noi ci sia veruno, di cui lamentar si possa la Vergine, rimproverandolo<br />

come ingrato, o come spietato traditore, che aggiunga i suoi<br />

dolori con nuove colpe! No, non sia mai! Anzi tutti protestiamoci, ecc.<br />

L’esempio, ecc.<br />

Allora poi ci fu data per Madre, ecc. Omnis qui est discipulus Christi, così<br />

S. Bernardino, est Virginis Filius constitutus a Christo, et sic dixit ad discipulum,<br />

non ad Joannem. E Tertulliano dice, Traditionem esse Apostolorum<br />

omnium christianum verum esse filium Mariae 70 .<br />

Ah Vergine dolorosissima, vi chiediamo mille volte perdono dei nostri falli,<br />

che furono la cagione di tante vostre pene. Voi intanto in memoria dei<br />

vostri dolori, imprimeteci nel cuore le piaghe del vostro divin Figlio; e così<br />

feriti sarem sicuri di amarlo. E giacchè io, più di ogni altro, ho peccato, concedetemi<br />

una stilla delle vostre Lagrime, una parte dei vostri dolori, Fac me<br />

tecum pie flere, crucifixo condolere, donec ego vixero 71 . E giacchè sempre errai per<br />

il passato, sempre pianga di vero cuore le mie colpe in avvenire.<br />

Laus Deo, deiparaeque Virgini Reginae Martyrum 72 .<br />

68 Io e il mio Figlio abbiamo redento il mondo con un solo cuore.<br />

69 Vedo se per caso ci siano alcuni…<br />

70 Ogni discepolo di Cristo è costituito da Cristo figlio della Vergine e così disse al discepolo,<br />

non a Giovanni. E Tertulliano dice: È tradizione di tutti gli apostoli che il cristianovero<br />

è figlio di Maria.<br />

71 Fammi piangere piamente con te dolermi con il Crocifisso.<br />

72 Lode a Dio e alla Vergine Madre di Dio, Regina dei Martiri.<br />

33


34<br />

Ignoto, L’Assunta contemplata da San Filippo Neri (sinistra) e da San Andrea<br />

Avellino, (destra), olio su tela, sec. XVIII, Ascoli Piceno, Casa Madre.<br />

San Filippo Neri (Firenze, 1515 - Roma, 26 maggio 1595). Fondò<br />

l’Oratorio che da lui prese il nome. Fu catechista e guida spirituale di straordinario<br />

talento, diffondeva attorno a sé un senso di letizia che scaturiva<br />

dalla sua unione con Dio. Fu anche grande devoto della Vergine Santa.<br />

Sant’Andrea Avellino fu un teatino, canonizzato da Clemente XI nel 1712.<br />

Certamente il giovane sacerdote <strong>Marcucci</strong> commissionò la tela di cui sopra<br />

per onorare santi devoti dell’Immacolata. Inoltre, poiché i Teatini e tutti<br />

gli ascritti alla devozione del sacro abitino si erano impegnati a raccomandare<br />

ogni giorno alla Vergine Immacolata la conversione dei peccatori, don<br />

<strong>Marcucci</strong> espone questa immagine il giorno dell’Assunzione di Maria nella<br />

chiesetta dell’Immacolata del monastero, oggi parlatorio, con il titolo di<br />

Rifugio dei peccatori.<br />

Istruzione sopra il sacro scapolaretto o sia abitino ceruleo<br />

È un testo stampato ad Ascoli per Niccola Ricci, Stampatore Camerale e con licenza<br />

dei Superiori nel 1746 per diffondere la devozione all’Immacolata Concezione ed ottenere<br />

i benefici spirituali concessi dai Papi a cominciare dal 1671. Essa fu introdotta<br />

dai Padri Teatini in Spagna e da loro stessi diffusa privatamente tra i fedeli; visto poi<br />

l’entusiasmo degli stessi, i Religiosi ottennero “dalla Santa Sede la facoltà di poterlo<br />

benedire e dispensare ai fedeli dell’uno ed altro sesso”. Don <strong>Marcucci</strong> lo stampa ad Ascoli<br />

per diffondere e coinvolgere quanti più fedeli possibili nella devozione all’Immacolata.<br />

Nel frontespizio della pagellina, accanto alla sua firma, egli aggiunge due lemmi:<br />

“Detto dell’Immacolata Concezione” e “missionario apostolico”. Il primo a conferma<br />

della notorietà della sua consacrazione all’Immacolata Signora, a motivo anche della<br />

fondazione del monastero delle Religiose dell’Immacolata Concezione, avvenuta ad<br />

Ascoli Piceno l’8 dicembre 1744; l’altro, di missionario apostolico, era il riconoscimento<br />

che Papa Benedetto XIV gli aveva concesso nel 1742, all’età di 25 come approvazione<br />

delle missioni popolari predicate nel territorio Piceno ed Aprutino.<br />

Istruzione sopra il sagro scapolaretto<br />

o sia abitino ceruleo o vogliam dirlo torchino<br />

dell’Immacolata Concezione di Maria sempre Vergine,<br />

proposta a tutti quei Fedeli, che bramano ascrivercisi,<br />

dall’Abate Don FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI,<br />

Detto dell’Immacolata Concezione, Sacerdote Secolare di Ascoli,<br />

e Missionario Apostolico.<br />

I. Il Sagro Scapolare o sia ABITINO CERULEO o torchino<br />

dell’IMMACOLATA CONCEZIONE di Maria sempre Vergine ebbe la sua<br />

antica origine nella Spagna, e la riconosce dai RR. PP. Teatini: i quali,<br />

comecchè spezialmente ossequiosi verso l’adorabile Mistero accennato,<br />

affinché maggiormente ne crescesse ne’ Popoli la divozione, incominciarono<br />

ad introdurre, e a distribuire, benché privatamente, il sudetto Abitino<br />

ceruleo, ammettendo alla partecipazione di tutto il Bene spirituale della<br />

loro Religione Teatina tutti quei, che ricevevano il sagro Scapolaretto menzionato<br />

e promettevano nel tempo stesso di raccomandar quotidianamente<br />

a Dio, e alla di lui Madre Immacolata la Conversione di tutti i Peccatori.<br />

35


II. Vedendo in progresso di tempo i detti Padri, che questo Abitino veniva<br />

universalmente abbracciato con molto vantaggio delle Anime, procurarono<br />

di ottener dalla Santa Sede la facoltà di poterlo benedire e<br />

dispensare ai Fedeli dell’uno ed altro sesso: e difatti la ottennero per<br />

Breve del Sommo Pontefice Clemente Decimo, segnato sotto il dì 30 di<br />

Gennaio del 1671; ma non però con tutte quelle Indulgenze che si<br />

esprimevano in quel Libricino dell’Abitino Ceruleo, stampato in<br />

Verona nel 1711, già proibito dalla S. Congregazione dell’Indulgenze,<br />

ecc. con decreto sotto i 22 di Febbraio del 1712, in cui asserì non esservi<br />

altre Indulgenze per l’Abitino Ceruleo, che quelle concedute dal<br />

Sommo Pontefice Clemente Undecimo per Breve de’ 17 Maggio 1710.<br />

III. Ottenutasi pertanto da’ RR. PP. Teatini la suddetta facoltà Apostolica,<br />

non può esprimersi il felicissimo progresso, che mediante il loro zelo,<br />

fece il sagro Abitino quasi in tutta l’Europa, sì per la quantità delle<br />

Anime, che per la qualità ancora di molti Personaggi, che ne vollero<br />

esser decorati: tantochè si mossero i zelantissimi Padri a supplicar la<br />

Santità di Clemente XI, allor Regnante, affinché si degnasse aprire i<br />

Tesori di Santa Chiesa in favore di chiunque ascritto si fosse all’Abitino<br />

Ceruleo dell’Immacolata Concezione. Alle quali suppliche benignamente<br />

condiscendendo il Pontefice, con un Breve, che incomincia<br />

Coelestium munerum thesaurus, segnato sotto i 17 Maggio 1710, concesse<br />

molte Indulgenze a favore degli Ascritti al detto sagro Abitino (che<br />

sono le vere ed autentiche che qui si frappongono), approvò il Rito e<br />

Formula propria di benedirlo e dispensarlo, e diede maggiormente a<br />

conoscere al Mondo qual’era la tenerezza di devozione, che egli portava<br />

all’Immacolata Concezione, esprimendosi nel breve, ch’egli ardeva di<br />

desiderio, che il culto verso il sagrosanto Mistero da giorno in giorno<br />

vieppiù crescesse e si dilatasse, Nos, ecco le dilui tenere ed auree parole,<br />

Nos laudahilem Christi fidelium erga Mysterium Conceptionis Beatae Mariae<br />

Virginis Immaculatae devotionem magis, magisque in dies augeri, et propagari<br />

cupientes.<br />

IV. Ecco poi il catalogo di tutte quelle Indulgenze, che furono concedute<br />

dal menzionato Pontefice a tutti quei Fedeli, che si fossero ascritti al<br />

detto sagro Abitino Ceruleo dell’Immacolata Concezione. I. Concedette la<br />

36<br />

plenaria Indulgenza e remissione di tutti i peccati nel Giorno in cui ricevessero<br />

l’Abitino, purchè si fossero confessati e comunicati. II. La medesima<br />

Indulgenza plenaria, se in articolo di morte si confessassero e comunicassero<br />

o non potendo ciò eseguire, se contriti invocassero il<br />

Santissimo Nome di GESÙ con la bocca, o almeno col Cuore. III.<br />

La stessa Indulgenza plenaria, se nella Festa dell’Immacolata Concezione<br />

(da intendersi da’ primi Vespri della Vigilia sino alla prim’Ave Maria<br />

della sera del Giorno festivo) confessati e comunicati, visitassero qualche<br />

Chiesa o Cappella o Oratorio della Congregazione Teatina ed ivi<br />

pregassero Dio per l’unione e pace fra Principi Cristiani per l’estirpazione<br />

dell’Eresie e per l’essaltazione di Santa Madre Chiesa. IV. Finalmente<br />

l’Indulgenza di sette anni e altrettante Quarantene, se in ogni Festa della<br />

Santissima Vergine, confessati e comunicati visitassero qualche Chiesa,<br />

Oratorio o Capella come sopra e pregassero, come poc’anzi si è detto.<br />

V. Fu incredibile il giubilo di tutta la Religione Teatina per un Breve sì<br />

santo e favorevole al culto dell’Immacolata Concezione, per mezzo del<br />

predetto Abitino; e per vieppiù animare i Fedeli a riceverlo anch’ella si<br />

estese a concedere a tutti gli Ascritti la particolar partecipazione di tutto il<br />

Bene Spirituale e di tutte le opere meritorie, che col Divino ajuto si sarebbono<br />

fatte sì da essa Religione Teatina, che dalle Monache Teatine Romite. Così per<br />

Beneplacito Apostolico e per opera de’ mentovati fervorosissimi Padri<br />

fu propagata e semprepiù si propaga pel Mondo Cattolico la devozione<br />

dello Scapolare Ceruleo di Nostra Immacolata Signora, con utile grandissimo<br />

delle Anime Cristiane, stanti le Conversioni mirabili di molti che<br />

con questo mezzo si son vedute, le liberazioni da fulmini e da cento e<br />

mille altre disgrazie: parendo, che la Regina del Cielo siasi con modo<br />

particolare impegnata a proteggere in vita e massimamente in Morte,<br />

tutti quei, che devotamente portano la Livrea o sia Abito della sua<br />

Immacolata Concezione che sia in eterno adorata, glorificata e benedetta.<br />

Amen.<br />

VI. Sono adunque premurosamente invitati tutti i Divoti di questa nostra<br />

Città a farsi benedire e ad ascriversi in questo Sagro Abitino Ceruleo, in<br />

occasione che Chi sì premurosamente gl’invita ritrovasi già provveduto<br />

delle necessarie facoltà: tantopiù che chiunque vi è ascritto non è tenu-<br />

37


to a lunga recita di Orazioni; bastando solamente che reciti ogni giorno sei<br />

Ave Marie e altrettanti Gloria Patri in onore dell’Immacolata Concezione,<br />

partitamene in tre volte, cioè due nella mattina, due nel dopo pranzo, e due nella<br />

sera, pregando Nostra Signora, in onore di questo suo Mistero, per la<br />

Conversione de’ Peccatori; e che qualche volta nella mattina, nel dopopranzo,<br />

e nella sera dica devotamente quella Giaculatoria, Benedetta sia la<br />

Santa ed Immacolata Concezione della Beatissima Vergine Maria, in cui, per<br />

ogni volta che si dica, vi sono cento Anni d’Indulgenza, conceduti dal<br />

Sommo Pontefice Gregorio XV, al 13 di Aprile del 1621 e confermati da<br />

Clemente XII nel mese di Novembre del 1731.<br />

Viva l’Immacolata Concezione di Maria!<br />

Rame della SS.ma Vergine del Carmine con custodia in carta, commissionata da mons.<br />

<strong>Marcucci</strong> nel 1777 al costo di 1 scudo. Il cliché veniva usato per stampare il sacro abitino e<br />

diffonderne la devozione tra le suore e tra i fedeli.<br />

38<br />

Sopra i Privilegi di Nostra Immacolata Signora<br />

Canzonetta sull’Aria della <strong>Marcucci</strong>na<br />

Il testo non datato, per le ragioni sopra esposte, si presume possa appartenere<br />

all’anno 1746. L’aria della <strong>Marcucci</strong>na, dal nome del compositore, potrebbe essere<br />

quella della Sacra Lode che il <strong>Marcucci</strong> musicò nel 1739 per i fedeli della sua parrocchia<br />

di Santa Maria Inter Vineas con un aria ben orecchiabile e facile da impararsi;<br />

essa veniva cantata nella ricorrenza dell’Immacolata.<br />

La canzonetta è incompleta: si interrompe alla terza strofa, lasciando solo indicato<br />

il numero della successiva, inoltre il contenuto del titolo è appena accennato.<br />

Il componimento, pur discostandosi in parte dagli schemi tradizionali, da un<br />

punto di vista stilistico, segue le modalità ed i procedimenti retorici dell’oratoria sacra<br />

del tempo e, nel suo metro senario a rima ABBC, si rifà a modelli metrici molto diffusi<br />

tra il 1600 e il 1700.<br />

Il testo è stato trascritto dall’autografo ASC 47, pp. 25 r-v.<br />

1. Cedan’il Sol, la Luna,<br />

Le Stelle, i Fiori grati,<br />

Le Gemme, i Prati<br />

Cedano alla beltà.<br />

Di chi in se stessa aduna<br />

Ogni beltà creata.<br />

Beata pur beata,<br />

Che in se macchia non ha!<br />

2. Questa è l’eccelsa Donna<br />

Vergine e Madre insieme,<br />

Che preme preme<br />

L’altero capo ognor<br />

Del serpe: ed è colonna<br />

Forte di chi la onora,<br />

Ed adora, adora<br />

Con tenero buon cuor.<br />

39


3. In quel primiero Istante<br />

In cui fu Lei Concetta,<br />

Diletta diletta<br />

Al caro Dio sì fu,<br />

Che tante grazie e tante<br />

Versò in quel Cor beato,<br />

Immacolato;<br />

Che non si può dir più.<br />

4. 73<br />

73 Si interrompe qui la canzonetta.<br />

40<br />

Volgarizzamento Poetico dell’Ave Maris Stella<br />

Il testo, datato 17 Marzo 1746, è una traduzione poetica nella lingua corrente<br />

dell’inno mariano Ave Maris Stella.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> traduce l’inno a Musciano (TE) dove sta svolgendo una missione<br />

popolare 74 e lo invia alla superiora Madre Tecla Relucenti della neo congregazione di<br />

Religiose dell’Immacolata Concezione di cui si dichiara essere “indegnissimo primo<br />

Servo”. È un dono spirituale a Tecla e alle altre Religiose per aiutarle a comprendere<br />

e godere uno scritto antico della Liturgia mariana. Il testo è scritto con una grafia<br />

molto curata su un foglio piegato in due. Sulla 4ª facciata l’Autore raccomanda di<br />

conservare il testo “con pulizia” ed aggiunge: “Inver la povertà sempre mi piacque, ma<br />

non la sordidezza; poiché la candidezza del cuor seco non è, né mai vi giacque<br />

(San Bernardo).<br />

Pulizia per chi ne tien bisogno”.<br />

Il testo è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 47, pp. 22-24.<br />

I Ave Maris Stella,<br />

Dei Mater alma,<br />

Atque semper Virgo,<br />

Felix Coeli porta.<br />

Ave Maris Stella,<br />

Lucida Stella di oro,<br />

Che in questo Mar del Mondo<br />

Ci guidi al Ciel giocondo,<br />

Umil ti adoro.<br />

Dei Mater alma,<br />

Madre, chiamar ti dei,<br />

Grande, perché di Dio,<br />

Del caro Gesù mio<br />

Tu fosti, e sei.<br />

74 Essa si svolse dal 6 al 19 maggio 1742.<br />

41


Atque semper Virgo,<br />

Vergine al tempo stesso<br />

Fu sempre il tuo bel Seno.<br />

O Dio, che vengo meno<br />

A tal riflesso!<br />

Porta del Ciel ti chiami<br />

Felice, perché il tieni<br />

In Man, e a dar lo vieni<br />

A chi ben ti ami.<br />

Prendi, Madre di Amore,<br />

Quel grato, e bel saluto,<br />

Che ti è dal Ciel venuto<br />

Dal tuo Signore.<br />

Per via di un Messaggiero,<br />

Qual fu Gabriel beato,<br />

Che a te fece svelato<br />

Il Gran Mistero.<br />

Tu che bel Trono eletto<br />

Di Pace sei chiamata,<br />

Di tal Pace beata<br />

Empi il mio petto.<br />

Felix Coeli porta<br />

II Sumens illud ave<br />

Gabrielis ore;<br />

Funda nos in pace,<br />

Mutans Hevae nomen.<br />

Sumens illud ave,<br />

Gabrielis ore;<br />

Funda nos in pace,<br />

Mutans Hevae nomen.<br />

S’Eva nel Paradiso<br />

Madre fu ben del pianto;<br />

Tu il nome suo trattanto<br />

Mutast’in riso.<br />

42<br />

Tra ceppi, e tra catene<br />

Afflitti Rei gemiamo:<br />

Deh fa, che sciolti siamo<br />

Da sì gran pene!<br />

Un raggio di tua luce<br />

Concedi a nostre menti,<br />

E questo a te contenti<br />

Ben ci conduce.<br />

Tutt’i pensieri vani,<br />

I Mali, che ad ogni ora<br />

Ci affliggon, deh Signora<br />

Tieni lontani.<br />

Giacché tu in Ciel comandi,<br />

Ed hai tutti gli onori;<br />

I Beni, i tuoi favori<br />

Sopra noi spandi.<br />

III Solve vincla Reis,<br />

Profer lumen Caecis,<br />

Mala nostra pelle,<br />

Bona cuncta posce.<br />

Solve vincla Reis,<br />

Profer lumen Caecis,<br />

Mala nostra pelle,<br />

Bona cuncta posce.<br />

IV Monstra te esse Matrem,<br />

Sumat per te praeces<br />

Qui pro nobis natus<br />

Tulit esse tuus.<br />

Monstra te esse Matrem,<br />

Figli pur tuoi già siamo,<br />

A te ci diè il gran Padre;<br />

Mostrati nostra Madre:<br />

A te ci diamo.<br />

43


Fa tu le nostre veci;<br />

Per le tue Man dilette,<br />

Sieno care, e accette<br />

Le nostre preci,<br />

A chi con tanto amore<br />

Nascer volle per noi,<br />

E volle insiem con voi<br />

Rubarci il Cuore;<br />

E col nascer grazioso<br />

Mostrossi vostro Figlio;<br />

E noi dal gran periglio<br />

Scampò pietoso.<br />

Vergine singolare,<br />

Tuo pregio, ugual non ha,<br />

Né simil si potrà<br />

Giammai trovare.<br />

Tra tutti la più mite,<br />

La più dolce, e pietosa,<br />

La più cara, e graziosa.<br />

Cieli, che dite!<br />

Da nostre colpe sciolti<br />

Fa’ che noi siam; e poi<br />

Lodi daremo a voi,<br />

A voi rivolti.<br />

44<br />

Sumat per te praeces<br />

Qui pro nobis natus<br />

Tulit esse tuus.<br />

V Virgo singularis,<br />

Inter omnes mitis,<br />

Nos culpis solutos,<br />

Mites fac, et castos.<br />

Virgo singularis,<br />

Inter omnes mitis,<br />

Nos culpis solutos,<br />

Reprimi il nostro sdegno,<br />

E fa’ che miti siamo;<br />

Che casti ancor viviamo<br />

Ad alto segno.<br />

Mites fac, et castos.<br />

VI Vitam praesta puram,<br />

Iter para tutum,<br />

Ut videntes Jesum<br />

Semper collaetemur.<br />

Vitam praesta puram,<br />

Pura la nostra Vita<br />

Sia, e di macchia priva;<br />

Del che a te, Madre Diva,<br />

Chiediamo aita.<br />

Il nostro gran Viaggio<br />

All’eterne maggioni,<br />

A noi, per Te, si doni<br />

Senza dissaggio:<br />

Affin dopo sto essiglio,<br />

Vedendo in Ciel l’amato<br />

Gesù glorificato,<br />

Il vostro Figlio,<br />

Iter para tutum,<br />

Ut videntes Jesum<br />

Sempre collaetemur<br />

Sotto il vostro bel Manto,<br />

Sempre in grande allegrezza,<br />

Sempre in Mar di dolcezza<br />

Viviamo in canto.<br />

45


VII Sit laus Deo Patri,<br />

Summo Christo decus,<br />

Spiritui Sancto<br />

Tribus honor unus.<br />

Amen.<br />

Al Padre, al Figlio sia,<br />

Al Santo Spirito Amore,<br />

Lode, gloria, ed onore,<br />

Per te, o MARIA.<br />

Così sia.<br />

Il Fine<br />

Qui non soggiungo altro, se non che la lascio nel sagro Cuor di Gesù e di<br />

Nostra Immacolata Signora.<br />

46<br />

Di V(ostra) M(adre) R(reverendissi)ma<br />

Musciano 17 Marzo 1746.<br />

Indeg.mo primo Servo<br />

F(rancesco) A(ntonio) M(arcucci) D(ominus)<br />

D(ella) I(mmacolata) C(concezione)<br />

Breve Sermone sopra la gloriosa Assunta di nostra Signora<br />

Il testo non datato a motivo della grafia si presume possa appartenere all’anno<br />

1746. Non conosciamo il luogo e i destinatari del Sermone; l’Autore si rivolge ad essi<br />

come a “riveriti ascoltatori”. Introduce l’argomento con la sua solita sensibilità pedagogica,<br />

partendo dall’esperienza degli uditori: è risaputo che i sovrani nel giorno<br />

anniversario della loro elezione usano dispensare favori ai loro sudditi, a maggior<br />

ragione Maria SS.ma è premurosa nel beneficare e proteggere le anime che ossequiano<br />

la sua gloriosa Assunta.<br />

Ma quale tipo di ossequio e devozione gradisce Maria? Certamente “sono buoni i<br />

rosari, sono ottimi i digiuni e le visite delle chiese, i tridui e le novene”, purchè uniti<br />

alla devozione del cuore che consiste nel mantenersi lontani da ogni peccato, esercitarsi<br />

nella pazienza e nelle altre virtù. Questa fu la devozione che ebbero tutte le anime<br />

sante beneficate da Maria e che don <strong>Marcucci</strong> cita con esattezza storica perché siano<br />

di esempio e di incoraggiamento.<br />

Il Sermone si conclude con una breve preghiera rivolta alla stessa Regina del Cielo<br />

per invocare la sua protezione.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 176-179.<br />

Bonifazio Nardini, Assunzione di Maria al cielo, affresco, 1751, Ascoli Piceno,<br />

Casa Madre, lunetta nel locale della prima Chiesa a piano terra, oggi utilizzato<br />

come sala di ricevimento.<br />

47


1. Sogliono i Monarchi della Terra nel Giorno anniversario della loro<br />

assunzione al Trono dispensar vari favori e grazie a quei Sudditi, che rallegrandosene<br />

con essi, ne fan loro dimanda in contemplazione dell’assunto<br />

Real diadema e comando. E ciò avviene, a mio giudizio, perché la<br />

rimembranza delle prosperità avute rallegrando molto i cuori di chi le<br />

godette e a goderle pur segue, gli sprona a beneficar a larga mano quei<br />

che delle dette prosperità se ne congratulano. Or se tanto spesse fiate<br />

accade nel Mondo, altrettanto, e molto più, R(iveriti) U(ditori), succede<br />

sempre nel cielo. I Santi nel giorno della lor festa, giorno della loro<br />

assunzione all’alto trono della Gloria, sogliono dispensar a gran copia le<br />

Grazie ai loro divoti, che con vari atti di pietà cristiana ne hann fatte<br />

con essi le loro congratulazioni, le dimostrazioni di giubilo: tanto essi<br />

godono di una tal gloriosa rimembranza. Ma che dissi i Santi, la Regina<br />

medesima dei Santi, Maria SS.ma, non ha forse usato e non usa anche<br />

questo? Sì per certo. Anzi essa, siccome trapassa tutti i Santi nella gloria,<br />

così supera tutti i Santi nel beneficar quei suoi Divoti, che con vari<br />

apparecchi e tenerezze di affetto, si congratulano con Lei di qualche sua<br />

eccellente prerogativa, di qualche suo singolar privilegio. Ed eccovene<br />

la conferma, Uditori. Osservate com’essa abbia beneficato a larga mano<br />

quelle Anime, che con particolari ossequi di pietà han festeggiata la<br />

ricorrente festa della sua gloriosa Assunzione in Anima e in corpo in<br />

cielo, festa in cui ella fu assunta sopra tutti i cori degli Angioli alla<br />

destra del Figlio e fu con mille pompe, applausi e giubili di tutta la<br />

corte celeste, incoronata Regina del Paradiso, Signora e padrona<br />

dell’Universo. Vostra sia la pazienza in ascoltarmi, mia l’incombenza di<br />

mostrarvi quel che vi ho proposto.<br />

2. E qui sulle prime mi si presenta innanzi l’Istoria di Giovanni Re di<br />

Portogallo. Avete mai, Uditori stimatissimi, considerata la cagione per<br />

cui questo piissimo Re nella vigilia dell’Assunzione gloriosa di Nostra<br />

Immacolata Signora, disfece tanti Nemici, distrusse tante contrarie<br />

Armate e riportò tante Vittorie? Chiedetela al Tursellino Istorico (lib. 2,<br />

cap. 26) e udirete, che appunto fu, perché tutto lo studio di questo<br />

Monarca era di onorar con mille ossequi la Festa che celebriamo: per cui<br />

fu tanto grato alla Vergine, che insino nella detta Vigilia volle condurselo<br />

al cielo, come piamente si crede. Per questi medesimi ossequi in<br />

48<br />

onor dell’Assunta, consolò la Regina del cielo nell’anno 1338 i Padri<br />

Minori della città di Parigi, facendosi loro veder tutt’allegra col Santo<br />

Bambino in braccio, mentre cantavano in coro in questo giorno. Per tal<br />

motivo pur fu degna Santa Geltrude di veder in questa festa<br />

l’Immacolata Signora, vestida ed ornata di rose e di gigli, denotanti,<br />

come spiegò, le varie opere pie fatte dai suoi Divoti in affettuoso apparecchio.<br />

3. Ma chi può ridire i favori straordinari che altri ottennero per essere stati<br />

particolari ossequiatori dell’Assunzione di Maria? Leggete, leggete, di<br />

grazia, le sagre Istorie, miei Riveriti Ascoltanti e stupirete in vedere<br />

tanto impegnata la gran Madre di Dio in beneficare a larga mano i<br />

Divoti della sua Assunta gloriosa. Ah se qui fosse un San Giacinto<br />

Domenicano, udireste da lui quel grato racconto, come ei vidde calar<br />

dal Cielo vaga nuvoletta, dentro cui era la sua eccelsa Signora, la quale<br />

dopo averlo confortato con mille contentezze di paradiso, lassù in quella<br />

Patria Beata se lo condusse in questo glorioso giorno. E quasi lo stesso<br />

attestar vi potrebbero, se qui si trovassero, il Beato Sovore Fondatore<br />

dell’Ospedale di Siena, Sant’Arnolfo Vescovo Svesionense, Santo Stefano<br />

re di Ungheria, Santo Stanislao Kosca della Compagnia di Gesù e cento<br />

e mille altri con loro.<br />

4. Io quanto a me, vi confesso, Uditori miei stimatissimi, che rimanendo<br />

quasi fuori di me per la maraviglia non ho più lena di addurvi altri<br />

esempi in valida prova dell’assunto mio intrapreso. Vi prego soltanto,<br />

non già a considerar le finezze di amore che gustò la Beata Agnese di<br />

Montepulciano coll’aver avuto tra le braccia il Santo Bambino Gesù<br />

nella notte di questa festa, non già quelle che esperimentò la gran Serva<br />

di Dio Suor Cecilia di Palermo, o Suor Rosa Maria di Sant’<strong>Antonio</strong> con<br />

altre molte Anime fortunatissime; no, no, perché se a tutto questo<br />

aggiunger anche si dovesse la considerazione di quanti furono liberati<br />

da fiere tentazioni e malattie, quanti da strani pericoli e accidenti,<br />

quanti … ma a che tanto allungarmi in una cosa, che non avrebbe per<br />

ora fine, se aggiunger, dico, anche ciò dovesse, la vostra considerazione,<br />

Uditori, non sarebbe per aver termine dentro i limiti di poco tempo;<br />

vi prego dunque soltanto a riflettere a quel che vide e udì in questa festa<br />

49


la Beata Cristina dell’Ordine Cistercense. Stava questa tutta assorta in<br />

alta contemplazione, quando osservò che la granVergine calava dal<br />

Cielo una catena d’oro con una pietra molto preziosa, in cui eravi scolpito<br />

il SS.mo Nome di Maria unitamente co’ nomi di alcuni suoi<br />

Divoti; e sentì dire da Nostra Signora così, Come oggi son io nella mia<br />

Gloria, così tutti questi saranno meco in eterno. E questo sol vi basti per farvi<br />

rimaner persuasi, quanto sia premurosa Maria SS.ma in beneficare e<br />

proteggere le Anime ossequiose alla sua gloriosa Assunta.<br />

5. Ed essendo ciò verissimo, come dunque possiamo noi aver cuore in<br />

petto senza le ardenti fiamme di Amore verso una sì potente<br />

Benefattrice e Avvocata? Come non ci sentiamo riempiti di un desiderio<br />

grande di essere suoi veri Divoti e in particolare dell’Assunzione sua<br />

al Cielo? Ma che credete voi, in che consista questa vera divozione?<br />

Sono buone le corone e i rosari, ottimi sono i digiuni e le visite delle<br />

chiese fatte in suo onore e così pur sono i Tridui e le novene. Al certo<br />

piacciono molto alla gran Vergine, chi può negarlo? Ma se a tutto ciò<br />

non stia unita la nostra divozione del cuore, la divozione non sarà<br />

buona, non sarà vera. Quel mantenere il cuore e l’anima lontana da ogni<br />

peccato per amor di Maria, quell’esercitarsi nella pazienza e nelle altre<br />

virtù a suo riguardo, questo, questo fa che la divozione sia buona e vera,<br />

sia di cuore e sia gratissima alla suddetta Regina del Paradiso. E questa<br />

appunto fu la divozione principale che ebbero tutte quelle Anime<br />

Sante, che furono tanto beneficate, come udito avete. A questa adunque,<br />

appigliatevi, cari uditori. E voi, o Vergine gloriosissima, degnatevi<br />

di porgerci il vostro potentissimo aiuto, affinché con tal cuore ossequiandovi<br />

in questo mondo, possiamo poi giunger felicemente a godervi<br />

e glorificarvi nel Cielo. Amen.<br />

50<br />

Sacro discorsetto sopra l’Aspettazione del Parto<br />

di Maria Vergine SS.ma<br />

Il testo non datato, a motivo della grafia, si presume possa appartenere all’anno<br />

1746. Il discorsetto viene recitato di sera ad “Ascoltanti devotissimi”, in prossimità<br />

della solennità del santo Natale.<br />

L’argomento, sviluppato in cinque punti, è una meditazione sui sentimenti di attesa<br />

e di desiderio vissuti dalla SS.ma Vergine Maria dal momento dell’Annunciazione<br />

alla nascita del suo suo divin Figlio. Don <strong>Marcucci</strong> li paragona a quelli di Giobbe,<br />

espressi al capitolo 31 del libro omonimo. Ella desiderava con gli angeli la nascita di<br />

Gesù Salvatore perché finalmente fossero risarcite le loro cadute, come pure quelle dell’intero<br />

genere umano.<br />

E se gli angeli sono infinitamente grati a Maria SS.ma per il dono di Gesù,<br />

altrettanto dobbiamo esserlo noi e considerarla nostra Corredentrice.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> conclude il discorsetto invitando gli ascoltatori “a voler da qui in<br />

poi essere tutti di Maria con umili ringraziamenti, con ardentissimo amore, con servirla<br />

costantemente e voler ricevere Gesù Bambino nel nostro cuore per mezzo di una<br />

buona Confessione, e di una vera mutazione di vita”.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 141, pp. 1-4.<br />

Desiderium meum audiat Omnipotens 75<br />

(Giobbe cap. 31)<br />

Desideri, senza difetto alcuno d’impazienza, ma bensì con gran cumulo di<br />

meriti e di grazie, voglio, o Ascoltanti divotissimi, in questa sera dimostrarvi<br />

nella gran Regina del Cielo Maria V. SS.ma. Ella sin da quel felicissimo<br />

Giorno, in cui l’Arcangelo Gabriele le arrecò la felice ambasciata, che doveva<br />

esser Madre del Figlio di Dio, incominciò a sperimentare i dolci tormenti<br />

dei desideri per la sua Nascita. Questi furono quegli affanni beatissimi che<br />

la facevano esclamare e ripeter con le pazienti speranze di Giobbe: Desiderium<br />

meum audiat Omnipotens! E tai desideri erano di veder nato al Mondo questo<br />

suo Divin Figlio per la Redenzione del Mondo. Dalla quale Redenzione<br />

principalmente risultar poi ne dovea e la Riparazione degli Angioli e la mani-<br />

75 L’Onnipotente ascolti il mio desiderio.<br />

51


festazione della divina misericordia a pro del Genere umano. Pertanto, non siavi<br />

discaro, se bramate sapere quali fossero i desideri della gran Vergine, udir le<br />

incessanti brame di lei per i due suddetti Benefici. Incominciamo.<br />

1. Dolcissimi tormenti che affliggono con decoro gli affetti in Maria<br />

Vergine, sono i desideri della Nascita del suo amabilissimo Unigenito, del<br />

suo caro Gesù. Desideri veramente eccelsi, perché nati in Lei da questa<br />

riflessione, cioè che dalle sue purissime viscere uscir dovea il Riparatore<br />

delle cadute degli Angioli col redimere il Genere umano. Quindi è che<br />

l’Angelo Gabriele annunziandola, la pregò istantemente, come riflette<br />

S. Bernardino, a voler prestare il consenso di essere Madre dell’Eterno<br />

Verbo e la prega per parte di tutti gli Angelici cori, affinché fossero riempite<br />

quelle loro sedie, che erano vuote per la deplorabile caduta di Lucifero<br />

e dei suoi seguaci. Ed essa, che sopra tutti quei Cori si vedea in quel punto<br />

eletta, come loro Regina, s’immagini chi può, con qual veemenza di desideri<br />

sospirava il termine dei nove mesi della sua Verginale Gravidanza e<br />

quell’ora felicissima della Nascita Divina del suo caro Figlio. Dal vedersi<br />

Maria ossequiata, venerata e servita da quegli Spiriti celesti, che servono a<br />

Dio in Cielo, le pareva ogni istante antecedente alla Divina Nascita, un<br />

lungo intervallo di più secoli, perocchè ognuno di quegl’istanti si frapponeva<br />

alle sue brame di veder consolate le Angeliche Schiere.<br />

2. O beati adunque o Desideri sagrosanti di Maria sempre Vergine! Voi nel<br />

di lei cuore introduceste tutte le fiamme dei Serafini! Voi nel di lei purissimo<br />

Cuore ardeste il Divin fuoco dello Spirito Santo! Voi precorreste la<br />

Venuta del Verbo Incarnato, facendo sapere agli Angioli, per mezzo delle<br />

vostre vampe, che nell’Utero Verginale di Maria cresceva il loro<br />

Riparatore! Gli Angioli poi, che tutto ciò udivano non si partivano mai<br />

dalla loro Regina, ma standole sempre assistenti, pareva in un non so che<br />

modo, che anch’essi con i loro desideri uniti a quei della gran Vergine<br />

Madre procurassero di affrettare la nascita del loro Creatore. Sicchè le<br />

brame di Maria sembravano desideri degli Angioli e i desideri degli<br />

Angioli sembravano brame di Maria. Or riflettete al presente divoti<br />

Uditori in quali celesti vampe di brame divine si disfaceva il Sagro Cuore<br />

della nostra Immacolata Signora, desiderosa che creature sì nobili, quali<br />

sono gli Angioli, vedessero finalmente il risarcimento alle loro cadute.<br />

52<br />

3. Ma non erano questi soli i desideri dell’Imperatrice dei Cieli. Bramava<br />

essa di dar presto alla luce il suo Divin Figlio, affinché ancora si manifestasse<br />

la divina misericordia a pro di noi tutti, a pro di tutto il Genere<br />

umano. Portava la nostra eccelsa Signora un Cuor tale nel suo sagro<br />

Petto, che quanto più si avvicinava il tempo del suo purissimo Parto,<br />

tanto più bramava di darlo alla luce: Cruciabatur, ut pareret 76 (Apoc. 12).<br />

E ciò non per altro, se non per veder noi tutti con il restante de l’uman<br />

Genere, tolti dalle misere catene della schiavitù del peccato, incorsa per<br />

la disubbidienza del nostro primo Padre Adamo: tanto era bramosa<br />

della manifestazione della Divina Misericordia verso di noi. Rifletteva<br />

nelle sue contemplazioni al nostro estremo bisogno e lo compassionava;<br />

vedeva di aver nel proprio seno il Liberatore delle nostre afflizioni e<br />

desiderava di consegnarcelo col partorirlo o che crucis beatissimi! O che<br />

ardentissimi desideri!<br />

4. Se voi nol sapete, Uditori, erano le nostre colpe giunte a tal eccesso, che<br />

non si poteva arrecar loro rimedio, se questo non era infinito. Depositò<br />

la Misericordia Divina questo infinito rimedio dentro le purissime<br />

viscere di Maria Vergine, nascondendo sotto umana spoglia il Figliuol<br />

di Dio. E la gran Vergine, che dentro di sè il portava, tutta piena di<br />

desideri di partorirlo, in quali dolcissime smanie non lasciava cadersi il<br />

suo Cuore? O felicissimo San Giuseppe, che più volte ascoltò gli affannosi<br />

desideri di Lei, ora disciolti in copiose Lagrime, ora compartiti in<br />

infuocati sospiri, ora esalati in amorosi colloqui! Noi, noi, Uditori miei,<br />

giacevamo nelle più dense tenebre, che giammai produrre potesse la<br />

colpa; e Maria Vergine, la nostra cara Signora, che portava nel Sagro<br />

Ventre il vero Sole di Giustizia, immaginatevi se intensamente bramava,<br />

che uscisse fuora del suo Verginal Seno. Ella che fu predetta Madre<br />

di santo Amore, di bella dilezione: Mater pulchrae dilectionis 77 , come non<br />

dovea essere ancora Madre di tenera compassione? Ecco quanto siamo<br />

obbligati a Maria SS.ma! Ecco quanto le siam tenuti!<br />

76 Soffriva per il parto.<br />

77 Madre di amore santo.<br />

53


5. E se gli Angioli in cielo non fanno altro che adorarla, ringraziarla e<br />

amarla come loro Riparatrice, perché dunque anche noi qui in terra non<br />

l’adoriamo, non la ringraziamo, non l’amiamo come Apportatrice della<br />

nostra salute, come nostra Corredentrice? Se il Beneficio è uguale, perché<br />

uguale non deve essere la Gratitudine? Ella partorisce Gesù<br />

Bambino per noi, per porcelo nel nostro cuore; e noi perché vogliamo<br />

esser tant’ostinati, tanto ingrati col non riceverlo? Ah dunque, non più<br />

ingratitudine, non più ingratitudine verso una sì cara nostra Madre!<br />

Siccome essa desiderò la nostra salute, così noi desideriamo la sua<br />

Gloria: siccome essa ci amò come teneri figli, così noi riamiamola come<br />

tenera Madre: siccome essa ci diede con Amore il suo caro Bambino,<br />

così noi con amore riceviamolo per sempre nel nostro cuore. Su via, facciamo<br />

questa sera questo santo proposito, di voler da qui in poi esser<br />

tutti di Maria con umili ringraziamenti, con ardentissimo Amore, con<br />

servitù costantissima. Facciamo questo santo proposito, di voler ricevere<br />

Gesù Bambino nel nostro cuore per mezzo di una buona Confessione<br />

e di una vera mutazion di vita. Sì, si, Uditori cari, queste son pur le<br />

Brame della Regina del Cielo e noi dobbiamo compiacerla a tutto costo,<br />

perché non meno le sono obbligati gli Angioli per la loro Riparazione,<br />

di quel che le siamo noi obbligati per la nostra Redenzione. Ci ha concepito<br />

Gesù: ci ha partorito Gesù: ci ha donato Gesù. E tanto basta.<br />

54<br />

Viva Gesù e Maria,<br />

a cui sia Lode ora e sempre per tutti i secoli dei secoli.<br />

Amen<br />

Il Fine.<br />

Ignoto, quadretto dell’Immacolata che il Servo di Dio teneva a capo del letto, olio su rame,<br />

sec. XVIII, Ascoli Piceno, Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />

55


56<br />

CAP. II<br />

SERMONCINI<br />

PER OGNI SABATO<br />

DELL’ANNO 1752<br />

57


58<br />

Introduzione al capitolo<br />

I Sermoncini per i sabati dell’anno 1752 sono 25 e furono proposti da don<br />

<strong>Marcucci</strong>, dal 1 gennaio al 15 agosto dello stesso anno, festa dell’Assunzione di<br />

Maria al cielo, ai fedeli e alle Religiose dell’Immacolata, nella chiesetta omonima,<br />

ricavata l’anno precedente dalla ristrutturazione di un fondaco del monastero.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> realizzava così il desiderio di ripristinare un’antica tradizione<br />

della Chiesa romana della devozione dei sabati mariani, proponendo alla riflessione<br />

dei presenti un tema mariano, durante l’esposizione del SS.mo Sacramento che si concludeva<br />

con il canto delle litanie alla Vergine Santa.<br />

Al Vescovo di Ascoli Piceno mons. Tommaso Marana, così il Servo di Dio comunicava<br />

l’iniziativa: “Affin di far partecipare al vicinato del Monistero qualche Bene<br />

della Parola di Dio, giacché le Persone povere di quei contorni di rado la sentono, ho<br />

incominciato già, secondo il concertato, a raccontar ogni Sabato a sera in pubblica<br />

Chiesa un esempio della SS.ma Vergine e poi o recito, o fo recitare le Litanie. La gente<br />

vi concorre ed io vi vado frammischiando anche qualche cosa della dottrina o della<br />

confessione o Santa Messa, secondo che più vedo caderci a proposito” 1 .<br />

I Sermoncini sono trattazioni brevi, in stile familiare, volte a promuovere la santità<br />

di vita, fulcro della devozione mariana, attraverso l’esempio di tanti devoti di Maria.<br />

L’argomento viene sviluppato in sei o sette punti circa; è sempre introdotto da un proemio<br />

per motivare i fedeli all’ascolto e renderlo più interessante e si conclude spesso con una fervente<br />

preghiera rivolta alla SS.ma Vergine per impetrare il suo aiuto e la sua protezione.<br />

Quando il sabato coincide con la vigilia di grandi feste liturgiche o di santi significativi,<br />

don <strong>Marcucci</strong> unisce con grande abilità l’argomento mariano con il tema dettato<br />

dalla circostanza. Le suddette composizioni sono uno dei frutti più concreti della<br />

grande e convinta devozione mariana di don <strong>Marcucci</strong> e dello zelo costante e tenace nel<br />

diffonderla come il bene più grande per tutti.<br />

Pur nella loro semplicità stilistica e di linguaggio esse costituiscono un prezioso esemplare<br />

della migliore oratoria sacra del tempo, ricca di sana dottrina mariologica e teologica,<br />

ancorata alla Sacra Scrittura, alla dottrina dei Padri della Chiesa e della Tradizione.<br />

La maggior parte dei sermoncini 19 su 25 fanno parte della miscellanea n. 23;<br />

4 su 25 riguardanti la devozione di alcuni santi con la Madre di Dio, fanno parte<br />

della miscellanea n. 22 ed infine uno, riguardante la SS.ma Trinità in rapporto a<br />

Maria, fa parte della miscellanea n. 35.<br />

1 FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI, Relazione o sia Ragguaglio annuale dello stato temporale e<br />

spirituale della Congregazione e Convitto delle Religiose dell’Immacolata Concezione di Ascoli del<br />

1752 a Mons. Marana Vescovo, ASC 111, p. 58.<br />

59


SERMONCINO PRIMO<br />

Recitato il primo dell’anno 1752, ricorrendo il giorno del Sabato<br />

Con animo grato alla Vergine Santa e pieno di confidenza nel suo aiuto,<br />

don <strong>Marcucci</strong> comunica agli ascoltatori la sua gioia di poter iniziare, nella piccola<br />

chiesa dell’Immacolata posta sotta la sua cura, la devozione dei sabati mariani, da<br />

tempo desiderata; essa consiste nel recitare con stile familiare “qualche esempio devoto”<br />

di chi già l’ha praticata, per essere motivati a fare altrettanto; gli esempi vengono<br />

tratti dall’opera “Affetti scambievoli” del gesuita P. Auriemma.<br />

L’Autore si premura di esporre i motivi del perchè la tradizione abbia scelto il<br />

giorno di sabato per onorare la Vergine; anzitutto per ricordare la sua costanza nel<br />

credere che Gesù, morto nel giorno antecedente, sarebbe risorto, poi per partecipare al<br />

suo grande dolore per la perdita del Figlio divino ed infine, secondo alcuni studiosi,<br />

perché lo Spirito Santo dispose che la sua purissima Sposa, fosse concepita senza macchia<br />

originale in giorno di sabato.<br />

L’argomento del primo sermoncino dell’anno 1752 cade il primo gennaio ed è:<br />

“Il celebrare il sabato con qualche particolare divozione ad onor della Vergine, è una<br />

cosa di suo gran piacere e vien da lei molto ben ricompensata”. Viene sviluppato in sei<br />

punti con una introduzione.<br />

La funzione si conclude con la recita o con il canto delle litanie.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 1-6.<br />

Argomento<br />

Il solennizzare e celebrare il Sabato con varie divozioni in onor della Vergine<br />

è di suo gran piacere e vien da Lei molto ben ricompensato<br />

Ave Maria<br />

Quel lodevole ed antichissimo uso, praticato da tanti e tanti, di riverir con<br />

particolari ossequi la Gran Vergine, nostra Immacolata Signora, nel venerando<br />

Giorno a Lei dalla Chiesa consagrato, voglio dire nel SABATO, fu sempremai,<br />

Uditori miei stimatissimi, quella cosa, che al mio povero cuore<br />

apportò singolar gioia e contento. Ma cio chè più mi innamorò fu il risaper<br />

che in tante Città cattoliche e specialmente in Roma, si era sì lodevolmente<br />

introdotto di contar ogni Sabato al Pubblico un qualche esempio e miracolo<br />

della predetta Regina del Cielo, affin maggiormente la sua divozione nei<br />

60<br />

Cuori dei fedeli crescesse da giorno in giorno e si dilatasse. Ed oh quante le<br />

volte una tal gratissima rimembranza esclamare mi ha fatto, ed oh potessi<br />

pur io in questa mia diletta Patria aver il comodo di una benchè piccola chiesa,<br />

dedicata alla Vergine, quanto ben volentieri ne assumerei l’incarico di<br />

recitare ogni Sabato in stile famigliare qualche esempio divoto! Ma lodi pur<br />

mille e mille siano all’Immacolata Signora che consolarmi si degnò. Ecco di<br />

fresco qui aperto ad onore e titolo dell’Immacolata sua Concezione un nuovo<br />

sacro Tempio: ed essendosi degnata di darne a me la cura; mi ha dato anche<br />

il modo di adempiere i miei desideri, di eseguir le mie brame. Pertanto,<br />

riponendo in Lei tutta la mia confidenza, sin da questo giorno (giorno sì<br />

memorabile, perchè primo dell’anno ed insieme di sabato) vo(glio) porre in<br />

pratica il da tanto tempo premeditato disegno. Udite adunque su di che in<br />

questa prima volta ho ideato di favellarvi: Il celebrare il Sabato con qualche particolare<br />

divozione ad onor della Vergine, egli è una cosa di suo gran piacere e vien da<br />

Lei molto ben ricompensata. Favoritemi di attenzione; ed incomincio.<br />

1. Chiunque il pensiero rivolge sopra il motivo per cui il Giorno del sabato<br />

sia stato consagrato da Santa Chiesa alla Gran Vergine, non proverà<br />

molta fatica in rimaner tosto persuaso che riesca di gran piacer della<br />

stessa il celebrarlo con qualche particolare ossequio ed affetto. Vogliono<br />

alcuni Santi Padri ed in particolar San Bernardo (a), che anticamente<br />

fosse questo giorno dedicato alla Vergine ed onorato da’ suoi Divoti, in<br />

memoria della costanza, con la quale essa stette ferma nella fede, indubitatamente<br />

credendo ed aspettando che il suo Divin Figlio, già morto<br />

nel giorno antecedente, risorger dovea e verificar si dovevano tutte le<br />

sue Divine Promesse. Aggiungono altri, che un altro motivo fu per far<br />

rimembranza de’ dolori acerbissimi, nei quali ella stette, senza il suo<br />

caro Divin Figlio, immersa in questo Giorno. Ed altri finalmente son di<br />

parere, che una delle cagioni, per cui lo Spirito Santo dispose, che il<br />

Sabato fosse consagrato alla sua purissima Sposa, fu perchè in tal giorno<br />

ella fu concetta senza macchia originale, onde senza menomo neo di<br />

colpa unita fu l’Anima sua SS.ma col suo purissimo corpo (b).<br />

(a) S. Bernardo, De Passione c. 2.<br />

(b) Ven. Maria de Agreda, lib. 2. Myst. Civv. c. 15. num. 220.<br />

61


2. Ciò presupposto, senza che andiam rintracciando altri mille motivi che<br />

si potrebbero addurre e come adunque non riuscirà di gran piacere di<br />

Nostra Signora l’onorare il suo Sabato, se appunto in questo giorno,<br />

come fu detto, si onora la sua fede costante, si rammemorano i suoi acerbi<br />

dolori, si glorifica l’Immacolata sua Concezione? Gradisce molto la<br />

Vergine, chi può negarlo, che questi suoi misteri siano con ossequi particolari<br />

divotamente onorati; e perciò gradisce molto la celebrazione<br />

divota del Sabato; perchè appunto ogni ossequio fattole in questo giorno,<br />

ad onor dei predetti suoi cari Misteri viene diretto.<br />

3. Chi può qui ridire pertanto se con quanta liberalità una copiosa ricompensa<br />

essa dare si degna? Udite. Eravi in Sardegna una fanciulla di<br />

dodici anni di età, la quale essendo esortata dalla Madre a recitare ogni<br />

giorno la Corona alla Vergine e a digiunarle ogni Sabato, si mostrò<br />

ubbidiente circa la corona, ma non già quanto al digiuno del sabato;<br />

adducendo a quante mai d’istanze facevale la buona Madre, adducendo,<br />

dissi, mille scuse e con un finto non posso ricoprir, cercava il vero non<br />

voglio. Alla fine, ecco che una notte si sentì la fanciulla chiamar per<br />

nome: si desta, guarda chi la chiama e vede essere una bellissima e<br />

risplendente Signora; e sente dirsi così: Ubbidisci a tua Madre, digiuna il<br />

mio Sabato: e sel farai, io ti sarò di aiuto in tutti i tuoi bisogni. Si arrese tosto<br />

la figliuola, promise di farlo, e lo fece e perseverò per trent’anni nel suo<br />

Digiuno e nella sua Divozione del Sabato. Ma e la ricompensa, mi direte?<br />

Eccola e datene fede al P. Auriemma Gesuita, che nel to(mo) I. dei<br />

suoi Affetti scambievoli lo accenna (c), cioè sperimentò sempre mai in<br />

tutte le sue necessità di Anima e di Corpo un pronto aiuto di Maria<br />

SS.ma e particolarmente nel Sabato; che chiamar lo poteva Giorno del<br />

suo Soccorso e delle sue ricchezze.<br />

4. Bramate udirne altre ricompense? Interrogatene un poco<br />

quell’Assassino Capo dei Banditi, riferito da Giovanni Evolto (d) e vi dirà<br />

che pel Digiuno fatto nel sabato ad onor di Maria, questa non permise<br />

(c) P. Auriemma, Tomo I. cap. 17.<br />

(d) G. Erolto, Il Prato fior. lib.3. cap.7. esemp.2. (e) P. Auriemma, Tomo I, cap.17.<br />

62<br />

che morisse senza una buona confessione, allorchè da certi suoi Nemici<br />

gli fu tagliata la testa; mentre quel capo reciso dal busto gridò sempre<br />

confessione, sinchè non corse un Sacerdote a confessarlo; e a cui raccontò<br />

questa sua divozione.<br />

5. Dimandatene di vantaggio a San Gerlaco Romito in Fiandra e ditegli chi<br />

fu che gli mandò in punto di morte San Servazio sacerdote ad assistergli<br />

in quell’estremo su di quanto aveva bisogno? Se non la gran Madre di<br />

Dio in premio di quella visita che le faceva in ogni Sabato, portandosi<br />

dal suo Romitorio a piedi scalzi a visitarla nel Tempio di Aquisgrana,<br />

lontano da lui tre miglia (e). Su su Uditori, richiedetene ancora il Beato<br />

Ambrosio Domenicano ... ma a che più dimandarne, quanto già ne son<br />

ripiene le storie di tante singolarissime grazie e strepitosi miracoli oprati<br />

dalla Regina del Cielo in comprova di quanto le sia gradita la celebrazione<br />

ed onoranza del suo prediletto Sabato.<br />

6. Deh rivolgete piuttosto gli animi vostri a fermamente risolvere di prender,<br />

anche voi da qui innanzi, la divozione del Sabato ad onoranza della<br />

Nostra Immacolata Signora che sì lo gradisce. In più modi potete in tal<br />

giorno onorarla. Primieramente col far tal giorno in quaresima e col<br />

digiuno alla sera. Per altro i Santi con più rigore ancora lo digiunarono.<br />

La Beata Giovanna Carmelitana lo digiunava in pane ed acqua. Così pur<br />

facevano ad onore di Maria la Beata Dorotea vedova, San Nicola da<br />

Tolentino, San Diego Francescano, Santa Elisabetta Regina di Portogallo,<br />

Santa Giuliana Falconieri e tanti altri. Potreste anche onorar il Sabato<br />

con visitar qualche chiesa dedicata alla Vergine. Così si portava San<br />

Gerlaco, di cui sopra favellammo; così il piissimo Cardinal <strong>Francesco</strong><br />

Toledo in Roma, che in ogni Sabato si portava a piedi a visitar Santa<br />

Maria Maggiore; nè potevan trattenerlo o cocenti raggi di sole, o grossi<br />

nembi di pioggia. Finalmente celebrar potreste il Sabato con far<br />

limosine ai Poveri o con esercitarvi in altre opere di cristiana pietà. Così<br />

operava Giovanni Chetelio mercante, che in ogni Sabato si vestiva di<br />

misero panno di lino e si portava ad esercitar gli uffizi più vili e fatico-<br />

63


64<br />

si in qualche Luogo alla Vergine grato. Si cingeva di cilizio Santa<br />

Elisabetta Regina di Ungheria. Serviva ai lebbrosi in tal giorno Santa<br />

Radegonda Regina. Ed altre molte pie opere esercitate troviamo dai<br />

Santi in questo giorno a Maria dedicato. Aiutatevi pur voi da qui<br />

innanzi a far quanto potete per dar gusto alla Vergine; e poi vedrete per<br />

isperienza in voi stessi, quanto le sia grata la divozione del Sabato e con<br />

qual liberale munificenza la ricompensi. Ho finito. Noi per dar principio<br />

a qualche ossequio, le reciteremo ora divotamente le sue Laudi o<br />

sieno Litanie: che poi in ciascun Sabato a sera, dopo il Sermòncino, recitar<br />

seguiteremo.<br />

SERMONCINO SECONDO<br />

Recitato l’otto Gennaio 1752<br />

Il secondo sermoncino si sviluppa in sette punti e una introduzione. L’argomento<br />

“La tenera devozione verso la SS.ma Vergine è di gran giovamento per ravvivar la<br />

nostra fede verso il SS.mo Sacramento” è motivato dalla decisione di cominciare a svolgere<br />

la funzione dei sabati mariani alla presenza del SS.mo Sacramento esposto.<br />

Nella introduzione don <strong>Marcucci</strong> riconosce che sarebbe più opportuno parlare di<br />

Gesù anziché della Madre, giacché Egli viene esposto alla pubblica adorazione, ma<br />

sapendo “benissimo che l’onore del Figlio ridonda tutto ad onore della Madre e che gli<br />

elogi che si fanno della Madre sono tutti elogi del Figlio”, si “ingegnerà ad accoppiare<br />

un succinto discorso su dell’uno e dell’altra” perché siano entrambi più glorificati e<br />

lo fa attingendo all’insegnamento dei Padri della chiesa e attraverso l’esempio di tanti<br />

devoti di Maria che da essa furono aiutati ad onorare meglio l’Eucarestia.<br />

Le correlazioni tra Maria e Gesù sono tante afferma l’Autore. Secondo i Padri<br />

greci, fu la stessa Vergine Santa ad ottenere dal suo divin Figlio l’istituzione del<br />

Sacramento dell’Eucarestia, prefigurato nel miracolo delle nozze di Cana. Ella è<br />

anche paragonata “ad una ricca nave, che da lontano ci ha recato nel mondo il suo e<br />

nostro Pane Celeste”.<br />

Nell’Eucarestia c’è in qualche modo la carne di Maria avendo Ella generato Gesù<br />

nella carne; inoltre quando riceviamo la santa Comunione, possiamo ricorrere alla<br />

Madre che con tanta riverenza lo accolse e lo portò nel suo seno per nove mesi.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, 7-14.<br />

Argomento<br />

La tenera divozione verso la SS.ma Vergine è di gran giovamento<br />

per ravvivar la nostra Fede verso il SS.mo Sacramento<br />

Ave Maria<br />

Non so, Uditori riveriti se poteasi dare per me cosa più difficile, quanto è<br />

quella che mi si presenta in questa sera, cioè di dovervi favellar della Gran<br />

Vergine, a tenor della nostra già incominciata divozione del Sabato, quando<br />

in questa sera appunto si incomincia in questa Chiesa a far l’esposizione<br />

dell’Augustissimo Divin Sacramento; che in avvenire ogni ottavo Giorno di<br />

ciascun Mese si seguiterà. Ogni ragion vorrebbe che io, dispensandomi per<br />

questa volta dal favellar della Madre, discorressi solo del Figlio; il quale<br />

65


appunto comparir sull’Altare sotto i veli del Pane alla pubblica adorazione si<br />

degna, affine di riscuotere da noi più umili gli ossequi, più fervorosi gli<br />

affetti, la divozione più cordiale e sincera. Ma pure, sapendo io benissimo che<br />

l’onore del Figlio ridonda tutto ad onore della Madre e che gli elogi che si<br />

fan della Madre son tutti elogi del Figlio, sono a persuadermi senz’altro che<br />

non sarà discaro al Figlio, se a maggiore sua gloria, vi parlerò della Madre.<br />

Ciò nonostante, ingegnar mi vo(glio) in questa sera di accoppiar un succinto<br />

discorso su dell’uno e dell’altra; e far che parlandovi di Maria resti più<br />

glorificato Gesù; e favellandovi di Gesù resti più glorificata Maria. A noi pertanto.<br />

Eccovi il mio assunto. La Divozione verso la SS.ma Vergine ravviva molto<br />

la nostra fede ed il nostro ossequio verso Gesù Sacramentato. Alcune poche ragioni<br />

ed alcuni succinti esempiucci vi mostreranno la verità dell’assunto, se avrete<br />

la bontà di ascoltarmi. Diamo principio.<br />

1. La grande e maravigliosa correlazione che passa tra la Gran Vergine ed<br />

il SS.mo Sacramento fa chiaramente vedere quanto sia propria, anzi<br />

necessaria la devozione della prima per esser’ossequiosi ed amanti dell’altro.<br />

Lo credereste, Uditori? Noi questo ricco Tesoro che abbiamo<br />

del Divin Sacramento, dobbiamo pur riconoscerlo per mille titoli da<br />

quella beneficentissima Mano e da quell’amorosissimo Cuore di Nostra<br />

Immacolata Signora. Essa fu, al parer de’ Santi Padri Greci, che dal suo<br />

Divin Figlio l’Istituzione di così gran Sacramento richiese per beneficio<br />

comune e ne ottenne; allorchè nelle nozze di Cana con la dimanda<br />

della prodigiosa mutazione dell’Acqua in Vino, la miracolosa mutazione<br />

ancora del Pane in Corpo e del Vino in Sangue del suo Divin Figlio,<br />

allo stesso richiese, come i Padri predetti ce ne assicurano; e come dalla<br />

stessa misteriosa risposta che Gesù le diede del Nondum venit hora mea 2 ,<br />

può a meraviglia dedursi. Quindi a gran ragione del Savio è somigliata<br />

Nostra Signora ad una ricca Nave, che da lontano ci ha recato nel<br />

Mondo il suo e nostro Pane Celeste, Facta est quasi Navis Institoris, de<br />

longe portans Panem suum 3 . Onde ne viene, che noi qualor con i segni di<br />

gratitudine abbiam fregiato il cuore nel petto, non possiam, per dir<br />

2 Non è ancora venuta la mia ora.<br />

3 Ella è diventata per così dire una nave che da lontano porta il suo Pane.<br />

66<br />

così, o portarci ad adorare Gesù Sacramentato, o pascerci delle sue Divine<br />

Carni, senza far memoria della sua SS.ma Madre, per cui mezzo tanto<br />

Bene ci venne. Che perciò tutto il giorno noi osserviamo e ne restiam’istruiti<br />

dall’uso lodevolissimo e comune di Santa Chiesa, che quante<br />

le volte si faccia l’esposizione dell’augustissimo Sacramento, prima di<br />

riceverne la santa benedizione, si fa la commemorazion della Vergine<br />

col dolce Canto delle sue Lodi o Litanie, come dir le vogliamo: volendoci<br />

così istruir la stessa Chiesa nostra Maestra, che per degnamente<br />

onorar Gesù Sacramentato, per più ossequiarlo, per ravvivar la nostra<br />

fede verso di lui, altro mezzo più proprio non si trova, se non ricorrere<br />

alla sua amantissima Madre, se non invocar la sua protezione, il suo<br />

aiuto. Onde avrebbe pur avuto da sentir ben grande ribrezzo (e ciò sia<br />

detto come episodio) chi con tanta franchezza disapprovò nei suoi Libri<br />

l’uso delle sacre Lodi di Maria in occasione dell’esposizione del SS.mo<br />

Sacramento (a).<br />

2. Ma facciam ritorno al nostro proposito. Come la divozion della Vergine<br />

non esser un efficacissimo mezzo per più ossequiar Gesù Sacramentato, se<br />

oltre all’obbligo che ci corre di riconoscer da Lei così gran benefizio,<br />

abbiam di più la bella sorte di venerar le sue Carni e di pascercene ancora,<br />

qualor divotamente ci comunichiamo. Mi spiego. Caro Christi caro<br />

Marie 4 , dice il grande Agostino. La Divina Carne di Gesù è Carne preziosa<br />

di Maria. Non già che nel Divin Sacramento vi sia il Corpo purissimo<br />

di Maria: no, perchè ciò credere, sarebbe un’orrenda eresia: sapendo<br />

noi di certo per fede, che solamente vi è in realtà e sostanza il<br />

Divinissimo Corpo di Gesù Cristo. Ma è verissimo bensì che, siccome<br />

questo corpo Sacrosanto di Gesù fu formato per virtù dello Spirito Santo<br />

dal Sangue purissimo di Maria, perciò nel Divin Sacramento ancorchè<br />

non vi sia, nè vi possa essere il Corpo di Maria, pure vi è un corpo adorabile<br />

formato dal suo Sangue; onde in qualche modo può dirsi, come lo<br />

disse Agostino, che la carne di Gesù è carne preziosa di Maria. Quindi<br />

noi o prostrati avanti il SS.mo Sacramento, oppur ascondendolo nel<br />

(a) Lamindo Pritanio, nella sua Regolata Divozione.<br />

4 Carne di Cristo Carne di Maria.<br />

67


nostro petto, dir possiamo con tutta verità, ecco, o Gran Vergine che io<br />

adoro, ecco che io tengo quello stesso vero Corpo Divino che dal vostro Sangue<br />

purissimo fu formato: adoro il vostro Figlio; tengo quelle Carni Divine che<br />

vostre pur sono!<br />

3. Aggiungete di vantaggio, cari miei Uditori, che noi o accogliendo con<br />

umili e divoti affetti il Sacramentato Signore, o tenendolo con tutta<br />

divozione e riverenza dentro di noi, veniamo ad assimigliarci in qualche<br />

modo, mi sia qui lecito il dirlo, alla Gran Madre di Dio; la quale<br />

con profonda riverenza ed umiltà lo accolse nel suo purissimo Seno e<br />

con atti eroici ed inesplicabili di finissimo Amore nelle sue Viscere<br />

Verginali lo tenne. Così ebbe la sorte di udirlo da un Angelo un dì<br />

della Comunione il B. Samuele Domenicano: Samuele, gli disse, la tua<br />

Comunione è stata in certo modo somigliante al maraviglioso congiungimento che<br />

fece il Divin Verbo nell’Utero purissimo di Maria: onde tu sei divenuto in qualche<br />

parte a Lei simile; inperocchè la Carne Divina di Gesù si è molto intimamente<br />

congiunta al Cuor tuo (b). Dal che raccorre possiamo che non essendo<br />

possibile venerare o ricevere Gesù Sacramentato, senza far rimembranza<br />

della sua SS.ma Madre per le tante correlazioni che passano tra<br />

Lei ed il Sacramentato Signore; perciò non vi sia mezzo più efficace<br />

per venerare questo con più di affetto divoto, che ricorrere a quella ed<br />

ossequiarla.<br />

4. In maggior comprova di ciò, più e più volte la stessa Regina del Cielo<br />

si è degnata palesar ciò ai suoi Divoti ed esserle essa medesima mezzana<br />

e maestra. Bramava Santa Geltrude di comunicarsi degnamente e<br />

pensando non potersi trovare mezzo più efficace che ricorrere alla SS.ma<br />

Vergine, a questa fece ricorso, pregandola caldamente che le insegnasse<br />

il modo di venerar Gesù Sacramentato e di ben riceverlo. Pronta la Gran<br />

Signora le apparve e consolandola con un buono ammaestramento, le<br />

disse che offerisse al suo caro Divin Figlio quelle accoglienze che ella gli<br />

fece nel riceverlo entro il suo Verginal Seno e tutte le sue virtù: e le pose<br />

poi in petto un vago gioiello, tempestato di sette preziose gemme, in<br />

(b) P. Marches. in Diar. Sacr.<br />

68<br />

significato dell’Amore e di sette principali virtù con cui essa lo accolse:<br />

onde la Santa con sì nobile ornamento più disposta si rese a venerare e<br />

ricevere Gesù Sacramentato. Il che avendo Geltrude insegnato alle sue<br />

Religiose, vide che nel mentre ciascuna si comunicava, la Vergine la<br />

ricopriva col suo Manto e diceva al Divin Figlio, Causa mei hanc aspice,<br />

dulcissime Fili 5 : A mio riguardo, o mio dolcissimo Figlio rimira con<br />

occhi benigni costei che con le mie virtù viene a riceverti (c).<br />

5. Vide nella mattina del S. Natale sopra l’Altare un grazioso Fanciullo<br />

grondante di vivo sangue un santo Monaco Cistercense, detto Gereone e<br />

fortemente temendo di detta Visione, stimandosi indegno di accostarsi<br />

alla Sacra Mensa, lasciò di comunicarsi. Ma siccome Gereone era molto<br />

divoto di Maria SS.ma, fu questa pronta a consolarlo con la sua presenza,<br />

a levargli il timore e ad istruirlo col dirgli che in avvenire non<br />

lasciasse più di comunicarsi per timore d’indegnità, perchè niuno veramente,<br />

per gran Santo che fosse, ne era degno: ma che si disponesse con<br />

la purità di coscienza e con l’esercizio delle virtù e si comunicasse: ed<br />

essa gli sarebbe stata in aiuto. Onde il Santo Monaco ne rimase molto<br />

consolato e contento (d).<br />

6. Si trovava un Sacerdote, per tacer di altri mille esempi, molto tentato<br />

dal demonio circa la verità del SS.mo Sacramento; e siccom’era molto<br />

ossequioso verso di Nostra Signora, a lei ricorreva continuamente con<br />

molte lacrime. Dopo qualche tempo di prova, celebrando egli una mattina,<br />

appena consacrato, sparir si vide dagli occhi la sacra Ostia. Pensi<br />

ognuno come egli rimanesse e con qual misto di dolore e spavento.<br />

Ricorse tosto alla consolatrice degli Afflitti; e questa pronta apparendogli<br />

e portando tra le Braccia il suo SS.mo Figlio, Ecco, Figlio, gli disse<br />

quello che veramente e realmente sotto quelle specie di Pane e di Vino si contiene.<br />

Ricevilo con somma riverenza; accoglilo con grande amore; trattalo con vera<br />

divozione. Ed in così dicendo glielo pose sopra il Corporale: ed il Divino<br />

5 Per me guarda Costei o dolcissimo Figlio.<br />

(c) In vita S. Gertrude, et P. Marches, par. I, Diar. Sacr. 20, Januar.<br />

(d) P. Marches, par. I, Diar. Sacr. Tomo 3, die 1 Augusti.<br />

69


Fanciullo ritornò come prima sotto le specie dell’Ostia. Quanto rimanesse<br />

compunto e consolato il pio Sacerdote, ciascun lo consideri.<br />

Non sapeva saziarsi di adorare e benedir nel tempo stesso e la Maestà<br />

del Divin Figlio e la benignità della Madre (e).<br />

7. Tanto serve di aiuto la divozione della Vergine per ravvivar la nostra<br />

fede, i nostri ossequi, gli affetti nostri verso l’augustissimo Sacramento.<br />

Se adunque noi, non già per una pietà di supererogazione e di elezione,<br />

ma per divozione di obbligo e di indispensabile professione cristiana,<br />

esser dobbiamo ossequiossimi verso il Sacramentato Signore; chi vi sarà<br />

tra di noi che a tale effetto non ricorrerà alla Regina del Cielo, che non<br />

sarà da qui in poi con più di premura suo divoto, suo Servo? O che non<br />

fecero, che non studiarono i Santi! San Giovanni Crisostomo fece porre<br />

nella sua Liturgia o sia Rituale per la Messa, una divota preghiera da<br />

farsi alla Nostra Signora prima della S. Comunione (f). San Carlo<br />

Borromei, non può esprimersi, se con quali affetti ricorreva a Maria<br />

SS.ma dopo di essersi comunicato (g). Lo stesso praticava San Pasquale<br />

Baylon, come può vedersi nella sua vita. Chi può ridire quali e quanti<br />

fossero gli ossequi fatti alla gran Madre di Dio da Santa Metilde affin la<br />

facesse degna di Gesù Sacramentato? Non si accostava mai alla mensa<br />

degli Angeli, se prima non si gettava ai Piedi della Vergine. Così stilarono<br />

ancor, per finirla, tanti altri Santi; che tutta quella vivezza di fede<br />

e tenerezza di affetti ch’ebbero verso il SS.mo eucaristico Sacramento,<br />

dalla singolar divozione verso la Regina del cielo la riconobbero. E la<br />

riconosceremo ancor noi per esperienza, cari Uditori, se nel nostro cuore<br />

vincerà sempre l’Amore di Maria; come io in tutti desidero e a tutti caldamente<br />

raccomando. Diceva.<br />

(e) G. Erolto, Il Prato fior. lib. 1, cap. 2. esemp. 3.<br />

(f) P. Marches, Diar. Sacr. Tomo 1, die 5 feb.<br />

(g) Diar. Sacr. loc. cit.<br />

70<br />

SERMONCINO TERZO<br />

Recitato Sabato 15 Gennaio 1752<br />

Il terzo sermoncino si sviluppa in cinque punti. Nell’introduzione don <strong>Marcucci</strong><br />

riprende dalle visioni di Santa Teresa un’immagine molto forte per affermare che moltissimi<br />

cristiani vanno all’inferno a motivo di una cattiva confessione; il loro numero<br />

si può paragonare ai fiocchi di neve che d’inverno cadono sulle nostre montagne.<br />

Il rimedio a tanto male costituisce l’argomento del Sermoncino: “La devozione della<br />

SS.ma Vergine è di giovamento grandissimo per fare una buona confessione sacramentale”.<br />

A sostegno dell’argomento porta gli esempi del Domenicano Enrico de Castro, a<br />

cui apparve la Vergine Santa per raccomandargli di fare bene la confessione e di una<br />

devota Matrona che, nonostante le sue numerose opere buone, morì senza aver confessato<br />

un peccato della giovinezza. La Vergine Santa le ottenne di ritornare in vita per<br />

confessarsi bene e così essere in eterno salva.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 23-30.<br />

Argomento<br />

La divozione della SS.ma Vergine è di giovamento grandissimo<br />

per fare una buona Confessione Sacramentale<br />

Ave Maria<br />

Egli è così necessario il ben confessarsi, voi lo sapete, Uditori carissimi, che<br />

senza la buona sacramental Confessione non vi è nè perdono, nè Grazia, nè<br />

Cielo. Quindi non fia maraviglia se dei Cristiani se ne dannano tanto e poi<br />

tanti, che piomban giù all’Inferno in quella foggia che nei nostri Monti a<br />

gran copia cade la Neve, come diceva Santa Teresa; perchè appunto tanti e<br />

tante son quelle che si confessano malamente e con sacrilegio: dal che ne<br />

ridonda al demonio una messe così copiosa di Anime Cristiane; come segue<br />

a dire la Santa predetta. Osservate di grazia s’è così. Molti e molte mancano<br />

nell’esame di coscienza; perchè trovandosi talora con l’Anima aggravata<br />

di colpe gravi, non pongono quasi studio veruno in ricercarle con un<br />

diligente esame; onde lasciandole nella accusa, è come se a bella posta le<br />

tralasciassero; perchè la loro dimenticanza può dirsi per loro volontaria.<br />

Moltissimi poi e moltissime sono manchevoli nel pentimento e dolore vero<br />

e sincero delle lor colpe commesse e nel fermo ed efficace proposito di non<br />

più farle; portandosi però alla confessione come per uso, senz’animo vero<br />

71


di far pace perpetua con Dio. Altri poi ed altre difettano nell’accusa dei<br />

peccati, o tralasciandone dei gravi talora per ripugnanza, o scusandosi con<br />

ridare tutta la colpa ad altri, o tacendo le occasioni cattive che frequentano.<br />

Alcuni ed alcune per finirla mancano ancora nell’adempier la Penitenza<br />

imposta loro dal Confessore e talor grave, o non facendola in conto veruno<br />

o strapazzandola. Tantochè egli è pur troppo vero, che eziandio il ben confessarsi<br />

sia così necessario, quanto lo è il salvarsi, pure da tanti e tante vien<br />

sì trascurato che per questa trascuratezza vien di Anime a riempirsi<br />

l’Inferno. Che rimedio adunque, direte voi, può apprestarsi per risarcire ad<br />

un tanto disordine? Due ve ne suggerirò, l’uno a voi lo rimetto ed è disporsi<br />

meglio e far dal suo canto quanto si può per ben confessarsi: l’altro, e di<br />

questo oggi vi parlerò, è il raccomandarsi di cuore a Nostra Immacolata<br />

Signora affin ci impetri da Dio lume per conoscer le nostre colpe, contrizione<br />

vera per piangerle e mutarsi e grazia per ben confessarsi. Perciocchè,<br />

dovete voi sapere, ed eccovi l’Assunto, che la Divozione verso la SS.ma<br />

Vergine è di giovamento grandissimo per fare una buona Confessione Sacramentale.<br />

Uditelo da alcuni esempi: e do principio.<br />

1. Ottimo e comune stile dei Santi e degno mille volte di essere da noi<br />

imitato, è stato quello di ricorrer con calde preghiere alla Gran Madre<br />

di Misericordia e sicuro Rifugio dei Peccatori, prima di portarsi ai piedi<br />

del confessore. L’esempio di Santa Maria Egiziaca, di Santa Margherita<br />

di Cortona e di altri innumerabili, ci contestano quanto mai di giovamento<br />

ritraessero da sì lodevole pratica. E per parlarvene di uno.<br />

Singolarissimo era nella tenera divozione di Maria un venerabile<br />

Religioso dell’Ordine illustrissimo Domenicano, chiamato Errigo del<br />

Casto Fiammingo (a). Questi alla Vergine tutti i suoi pensieri ed affetti<br />

dirigeva, alla Vergine i suoi studi, le sue fatiche, i suoi patimenti, i suoi<br />

impieghi; alla Vergine insomma consacrava più volte al giorno tutto se<br />

stesso. E particolarmente poi, qualora avea da confessarsi, chi può qui<br />

ridire le calde suppliche che alla Celeste Signora faceva; chi può spiegar<br />

gli affetti, le lacrime, i sospiri che innanzi al suo Altare o alla sua Sacra<br />

immagine tramandava, affin si degnasse di dargli lume per conoscer le<br />

(a) P. Marches. Tomo 4, Diar. Sacr., 17 ottobre.<br />

72<br />

sue colpe, contrizion gli impetrasse per piangerle amaramente e maniera<br />

per saperle ben accusare al Confessore (ah, Uditori, tanto facevano i<br />

Santi, sia detto per breve digressione e noi che facciam che siamo sì peccatori?).<br />

Giudicate voi qui se che speciale assistenza poteva al suo diletto<br />

Errigo prestare la Vergine? Ricavatelo sol da questo. Gli comparve un<br />

giorno, mentr’egli a confessarsi era disposto, e dopo avergli dati alcuni<br />

ammaestramenti intorno alla buona confessione, Accusati, Figlio, gli<br />

soggiunse, che ti sei trattenuto più tempo di quel che dovevi, ragionando alla<br />

Porta co’ Secolari; e di poi dicesti la Messa con poco fervore. Da’ quali grazie<br />

Errigo del Casto divenuto sempreppiù grato verso la sua Celeste Maestra,<br />

si studiò di insinuare ad altri ancora questo lodevole uso di riccorrere a<br />

Lei divotamente per ottenere una buona confessione. E ciò avendo<br />

appreso tra gli altri un Religioso dello stesso Ordine; allorchè questi si<br />

trovava agitato dall’ultima malattia (Udite maraviglia maggiore); tosto<br />

Nostra Signora ad Errigo comparve, dicendogli, Va va, mio Diletto; portati<br />

ad ascoltar la confessione di quel Religioso che me invoca in aiuto; digli,<br />

rammentagli i tali e tali peccati (e glieli nominò) da lui dimenticati; acciocchè<br />

possa io favorirlo di mia assistenza nel passaggio, che ei farà da questa vita.<br />

2. Or che ve ne sembra, Uditori? Ah che è pur vero, che per fare una buona<br />

Confessione la divozion verso la Vergine egli è di un grandissimo aiuto.<br />

Lo credereste? S’impegna talora la gran Madre di pietà di metter mano<br />

a stupendi Miracoli, affin di ritoglier dalla Morte e dalle fiere spaventevoli<br />

zanne de’ dragoni infernali, qualche Anima che a Lei continuamente<br />

per una confessione ben fatta ebbe ricorso. Un solo celebre e<br />

maravigliosissimo fatto, narrato da un altro Errigo, cognominato Gran,<br />

nel suo Specchio degli esempi, potrà vederne buona testimonianza.<br />

Rinnovatemi l’attenzione. Vi fu una nobile vedova Matrona, tutta dedita<br />

alla pietà; alla divozione, all’esemplarità tutta intenta; e quel che è<br />

più per la pia educazione di un’unica sua figliuola tutta premurosa e<br />

zelante. L’ossequio poi verso la gran Madre di Dio lo professava talmente,<br />

che giornalmente le offriva corone e rosari; a suo riguardo dispensava<br />

limosine: e bene spesso innanzi ad un Altare della suddetta Regina<br />

del Cielo con molte lacrime e calde preghiere ore ed ore se la passava.<br />

Una sola cosa aveva di male; ma che dissi di male, quando di peggio e<br />

di pessimo per lei potea io nominarla, a motivo che a lei rubava il valo-<br />

73


e ed il merito di tutto il ben che faceva. La deplorabilissima cosa era<br />

che sin dalla sua gioventù si confessava dimezzatamente e sacrilegamente;<br />

perchè un certo peccato in quell’età giovanile da lei commesso, non<br />

potè mai indursi per motivo di erubescenza a chiaramente confessarlo.<br />

Ai rimorsi continui di sua rea coscienza ella talor si risolveva di mutar<br />

Confessore ed uno trovarne straniero a cui senza tanto ribrezzo aprirsi<br />

potesse. Ma giunta anche ai piedi di questo; oimè, riserbava per ultimo<br />

quel che sulle prime palesar si doveva: onde a quell’estremo ridotta,<br />

vinta pur da ripugnanza, con un nuovo sacrilegio le sue reitadi accresceva;<br />

e sempreppiù nuovi chiodi al suo cuore, nuove spine al suo spirito<br />

calcando andava. Misera, infelicissima donna! E che prò caverai da tante<br />

tue Orazioni, da tante tue Lacrime, da tante tue Opere di Cristiana<br />

pietà; che giovamento, che utile, quando nell’essenziale tu manchi?<br />

3. Udite, e stupite Ascoltanti miei riveriti. Tuttochè a questa sfortunata<br />

Signora, la sua divozione e pietà nulla serviva di merito, le serviva non<br />

di meno per muover la Madre di Misericordia, tanto da Lei giornalmente<br />

implorata, ad usarle qualche finezza con impetrarle da Dio lume per<br />

ravvedersi, forza per vincersi, vittoria per emendarsi. Benchè, oimè,<br />

cedendo essa sempre alle sue ripugnanze e non corrispondendo agli<br />

influssi benefici che dal Ciel della Vergine continuamente le grondavano<br />

sopra, persister volle sino alla morte con la sua ritardanza, con l’erubescenza<br />

sua troppo ostinata. Ma, e l’Imperadrice dell’Universo che farà,<br />

che fece? Eh via, ch’ella non è già Rifugio dei Peccatori ostinati e protervi:<br />

Rifugio è sol dei Peccatori convertiti o efficacemente a convertirsi<br />

disposti; come essa medesima lo disse a S. Brigida, Ego sum Refugium<br />

Peccatorum paenitentiam agentium 6 . Non vuol già essa esser tentata a<br />

Miracoli contra l’ordine giustissimo delle Sante Leggi ordinarie: non<br />

vuol già che sotto la speranza di sua Protezione si prenda aura, baldanza,<br />

sicurezza eccedente. Eh, che chi suo rischio vuol, suo rischio pianga!<br />

4. Eppure, lo pensereste mai, Uditori? La Regina de’ Cieli per questa volle<br />

che si dispensasser le Leggi, per questa si dasse mano a stupendi mira-<br />

6 Io sono rifugio dei peccatori che fanno penitenza.<br />

74<br />

coli. E come? Eccolo. Appena spirata la misera donna, nel mentre che<br />

accorrono tutti festosi a rapirla gli Spiriti di Abisso, pronta si fa loro<br />

incontro la Celeste Regina: “Olà, lor dice, olà, che ardire mai è il vostro,<br />

porre le Mani in quest’Anima, quando essa per esser liberata da voi a<br />

me ricorre? Si ha essa stessa, è vero, procacciata con le sue Confessioni<br />

sacrileghe questa morte infelice; ma pure sapete voi molto bene quante<br />

suppliche a me ha fatte, quante lacrime innanzi al mio Altare ha essa<br />

sparse per impetrar Grazia di una buona Confessione. Olà adunque, ho<br />

ben io tutta l’autorità dal Divino mio Figlio: riportate quest’Anima nel<br />

suo Corpo: torni essa in vita: abbia spazio di ben confessarsi: e voi, audaci,<br />

maligni, Nemici giurati del comun bene, partitevi di qui e veloci<br />

tornate a piombare negli Abissi”. O portenti, o Miracoli, o prodigi della<br />

Protezion di Maria!<br />

5. Tanto infatti avvenne alla fortunata Matrona. Tornò essa in vita.<br />

Raccontò tutto il successo alla sua unica Figlia, che intorno al suo Letto<br />

tutta bagnata di Lacrime singhiozzando sen stava; e a tutti gli Astanti,<br />

che in parte atterriti, ed in parte sopraffatti da maraviglia, con un profondo<br />

silenzio le facevan corona. Indi chiamato un Confessore, con<br />

molte lacrime di pentimento sincero del suo tanto tempo taciuto peccato<br />

fece prima l’accusa; poi di tutte le sue Confessioni e Comunioni<br />

malfatte e di tutta la vita sua scolpata si volle. Infine ricevutane l’assoluzione;<br />

tra mille benedizioni, tra mille cordiali ringraziamenti che<br />

dava alla sua potente Liberatrice, tornò ad esalare il suo Spirito, si riposi<br />

con pace: lasciando a noi un bellissimo documento, non già di tentar<br />

la Vergine a far tali miracoli, ma bensì di raccomandarci a Lei continuamente<br />

per la Grazia di ben confessarci. Mentre e dal presente esempio,<br />

e dall’altro sopramemorato e da cento e mille altri che contar se ne<br />

potrebbero, uniti a mille ragioni, si cava esser vero, verissimo, che la<br />

Divozione verso la SS.ma Vergine è di giovamento grandissimo per fare una<br />

buona Confessione Sacramentale. Diceva.<br />

A tal’effetto adunque, per ottener anche noi tal grazia, le reciteremo ora<br />

divotamente le Litanie.<br />

75


SERMONCINO QUARTO<br />

Recitato Sabato 22 Gennaio 1752<br />

Il Sermoncino è sviluppato in otto punti ed una introduzione e si propone di dimostrare<br />

che la SS.ma Vergine gradisce molto la nostra devozione, nonostante i nostri<br />

demeriti e le dispiace la nostra infedeltà. Come Madre tenerissima, Avvocata,<br />

Tesoriera e dispensatrice dei divini tesori, ella gradisce ogni gesto d’amore a lei rivolto<br />

e soffre di ogni trascuratezza o infedeltà. Dimostra l’argomento con l’esempio di<br />

quel giovane che stava godendo la sua giovinezza tra giochi e frivolezze. Un giorno<br />

entrò in chiesa per mettere al riparo il suo prezioso anello, ma colpito dallo sguardo di<br />

un’immagine della Vergine, le chiese se poteva essere suo Sposo e fece cenno di donarle<br />

il suo anello. La Vergine in segno di condiscendenza prese l’anello e se lo infilò nel<br />

dito. Uscito fuori però il giovane dimenticò il suo speciale sposalizio, allora gli apparve<br />

la Vergine santa per ricordarglielo ed egli, tutto confuso, cambiò finalmente vita e<br />

visse con fedeltà la promessa fatta alla Vergine santa.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 15-22.<br />

Argomento<br />

Quanto riesca di gradimento alla SS.ma Vergine<br />

la nostra divozione verso di Lei<br />

e quanto le sia di dispiacere la mancanza di nostra Fedeltà<br />

Ave Maria<br />

L’eterna, adorabile, Divina Provvidenza, che a tutte le create cose una disposizione<br />

sì giusta diede, sì ordinata, sì bella, dispose ancora ab eterno, che<br />

Colei, la quale vestir dovea nel tempo per opra Divina di umana Carne il<br />

Divin Verbo, fosse e dei Cieli e della Terra l’Arbitra, la Signora,<br />

l’Imperadrice: onde a Lei soggettar si dovessero umili e riverenti e quante<br />

mai di SS.me pure Creature accoglie l’empireo; quanti mai di viventi contiene<br />

il Mondo; e quanti mai ancora di Spiriti traditori e ribelli asconde<br />

l’Abisso. Ammirando noi dunque, Uditori, con profonda riverenza queste<br />

adorabili disposizioni della Provvidenza Divina e riconoscendo in sì sublime<br />

posto di Padrona universale e Regina l’Immacolata nostra Signora Maria<br />

SS.ma; chi vi ha tra di noi che nel tempo stesso non scorga l’estremo<br />

bisogno che abbiamo del suo Patrocinio potente ed in conseguenza la gran-<br />

76<br />

de necessità di esserle buoni e fedelissimi Servi, umili e veri Divoti?<br />

Tutti i Cattolici già chiaramente ciò ravvisano e a pieni voti lo accordano ed<br />

ancor lo confessano. Ma il punto sta, che non tutti poi se ne servono per professar<br />

quella servitù e divozione, che sì necessaria conoscono. Mi direte: Ah,<br />

la gran maestà della Vergine, la Dignità e Santità sua ineffabile, chi sa, se<br />

permettale abbassarsi tanto ad ascoltar nostre povere suppliche, gradir nostre<br />

misere offerte? Felici noi, se del suo gradimento fossimo degni, ed alla sua<br />

servitù fossimo ammessi! O Dio, che dite, che dite, Uditori? E che? Credete<br />

voi forse che la Vergine, perchè si vede elevata in posto sì sublime sdegni i<br />

nostri ossequi, le nostre offerte? Eh via! Anzi essa gode molto di esser sì<br />

sublimata, appunto perché vede aver mille modi di rimunerar la nostra divozione<br />

verso di Lei. Credetemi pure pertanto e vi serva per argomento del mio<br />

succinto discorso che riescono di molto suo gradimento i nostri osssequi che le facciamo;<br />

laddove tralasciando di farglieli, le diamo gran dispiacere. Ne bramate<br />

ragioni, ne desiderate esempi? Uditemi attentamente e soddisfatti sarete.<br />

1. Che l’immenso onnipotente Iddio, ripieno perfettamente in se stesso di<br />

ogni perfezione, di ogni ricchezza; senza punto aver bisogno di noi, vilissime<br />

e miserabili sue Creature; pure tutto giorno lo vediamo e lo sperimentiamo,<br />

cortese e benigno in ricolmarci di mille grazie, beni e favori;<br />

non è già tanto, Uditori, un effetto delle nostre suppliche, delle nostre<br />

divote offerte; quanto egli è al certo un prodigio della somma sua liberalità,<br />

della sua misericordia infinita. Perciocchè, se Iddio rimirar sempre<br />

volesse la qualità della nostra divozione ed il peso dei meriti nostri;<br />

miseri, infelicissimi noi, che trovandoci tanto indivoti e tanto per ogni<br />

verso colpevoli; altro che fulmini, ed altri mille furori della Giustizia<br />

Divina, aspettar ben potessimo e meritarci. E perciò, che fa egli, il clementissimo<br />

Dio? Senza badar talora ai nostri demeriti si fissa solo e si<br />

fonda nella sua infinita Bontà e misericordia; come degnamente riflette<br />

l’Angelico S. Tommaso; si ricorda che ci è Padre, che ci è Redentore e<br />

che da lui solo può venirci ogni bene: ed una tal ricordanza lo muove, un<br />

tal riguardo lo spinge a gradir nostre suppliche e ad usarci pietà.<br />

2. Lo stesso, dite voi con proporzione, Uditori carissimi, succede rispetto<br />

al gradimento che dei nostri umili ossequi aver si degna la Vergine.<br />

Non è già che ella si muova a gradirli e ad accettarli perchè in noi un<br />

77


gran fondo di virtù e di pietà riconosca, oppur un gran cumulo di meriti<br />

ritrovi (ed oh pur al ciel piacesse, che tanto capitale avessimo in noi!):<br />

si muove bensì e così dobbiamo noi persuadercelo, dal rammentarsi che<br />

ella fa, che ci è Madre, che ci è Avvocata e di tutte le grazie ne è la<br />

Tesoriera, la dispensatrice benefica.<br />

3. Ed essendo già tale, come dubitar dunque che non riescano di molto suo<br />

gradimento i nostri ossequi, che le facciamo, se come Madre, con una<br />

tenerezza cordialissima ci ama e di un invincibile amore verso di noi,<br />

suoi cari figli, il suo purissimo Cuore continuamente pur arde? Come<br />

Avvocata poi, chi esprimer può le premure che ella conserva delle nostre<br />

sostanziali fortune, delle nostre vittorie? E per finirla, come Tesoriera dei<br />

divini Tesori e dispensatrice, son io pure ad assicurarvi che tutte le sue<br />

più grandi allegrezze, qualor ci benefica, le isperimenta, qualor ci ricopre<br />

di Beni, qualor ci ricolma di Grazie. Un cuore pertanto sì amante,<br />

sì premuroso, sì benefico, com’è quel di Maria, sdegnar nostri ossequi,<br />

ricusar nostre offerte, non gradir nostri servigi? Eh via, Uditori, eh via!<br />

Saper anzi dovete, che stante questo suo Cuore, di sommo dispiacere<br />

sarebbe, qualor noi o suoi ossequiosi non fossimo, o per nostra trascuratezza<br />

dalla sua divozione ci ritirassimo.<br />

4. Potrei ben qui con varie altre ragioni sì il gradimento, che il suo dispiacer<br />

dimostrarvi: ma per maggiore chiarezza vo(glio) che queste cedano<br />

ad un mirabile fatto, che qui in comprova l’ho pronto. Udite di grazia!<br />

Uno spiritoso e gentil Giovanetto, così dedito alle vanità giovanili si<br />

trovava, come il Bellovacense riporta (a), che tutti i suoi pensieri ed<br />

affetti ad una nobil, ma stolta Donzella avea rivolti. E questa per vieppiù<br />

impegnarlo ad una stretta e malconsiderata corrispondenza, di un<br />

bell’anello fatto gli avea il dono. Avvenne un dì, che trovandosi il<br />

Giovane obbligato con alcuni suoi Amici al divertimento della palla,<br />

affin di non correre rischio o di rompersi, o di smarrirsi il sì stimato<br />

anello, se ne entra in una Chiesa vicina dedicata alla Vergine, con intenzione<br />

d’ivi riporlo per tutto il tempo del gioco. Or quivi appunto lo<br />

(a) Vincent. Bellov. in Special. Historial. lib. 8, cap. 7.<br />

78<br />

aspettava la misericordiosa Regina del cielo. E siccome in quella Chiesa<br />

una bellissima e divota statua della predetta Nostra Signora si conservava;<br />

a questa rivolse gli occhi il Giovane; e sentendosi a tal vista come<br />

rapire il cuore dal petto, “Vergine sacrosanta, esclamò, o quanto siete<br />

bella, o quanto degna siete di essere amata! Voi m’innamorate, rapite i<br />

miei affetti, tutto il cuor mi rubate. Ora sì che risolvo di abbandonare<br />

per sempre ogni affetto terreno e di consacrarmi all’intutto al vostro<br />

dolcissimo Amore. Ah foss’io pure sì felice, così a dir seguitava il ravveduto<br />

Giovane, pur felice deh fossi, che voi degnar vi voleste di accettarmi<br />

per Sposo; come io sin da questo punto vi giuro e vi prometto di<br />

accettarvi per Sposa: e se il mio ardire tanto eccedente non fosse, nè a<br />

voi discaro, in segno della mia fedeltà questo anello medesimo, che<br />

prima tenevo sì caro, vorrei porvi nel dito”.<br />

5. Ma piano, direte voi, Uditori; era egli questa un’audacia somma il pretender<br />

con i soli quattro sospiri, con quattro semplici divote parole, con<br />

una misera offerta di un avanzo di mondo, com’era l’anello, il pretender,<br />

dico, dalla Vergine gradimenti e finezze tali; che chi sa, se avessero<br />

avuto cuor di desiderarle, nonché di aspettarle, Anime pure, innocenti<br />

e sante. Eppure, lo credereste? Gradì nostra Signora prontamente le<br />

suppliche del Giovane, accettò le promesse e l’offerta: ed in contrassegno<br />

più chiaro, nel mentre che egli si accostò all’Altare per porre riverente<br />

l’anello nel sacro dito della Statua della Vergine; questa distese la<br />

mano e ricevuto l’anello nel dito, tostamente la stessa mano restrinse:<br />

dando con ciò a di vedere al Giovane, che bagnato di lacrime e ripien di<br />

stupore, estatico era rimasto; e a tutti gli altri, che alle esclamazioni del<br />

Giovane erano accorsi; dando, dissi, a divedere, che ella non voleva che<br />

quell’anello le fosse mai stato ritolto e che notamente divenissero le<br />

ricevute promesse dal suo Sposo novello.<br />

6. O prodigi della benignità di Maria! Ma non ve lo dicevo io, cari miei<br />

Ascoltatori, che riescono alla Regina del Cielo di molto gradimento gli<br />

ossequi, i doni e le promesse che le facciamo? Vuole essa, è vero, che<br />

affin le siano più grati, facciam ogni sforzo di presentar le nostre offerte<br />

con animo puro, innocente e santo: ed in ciò dobbiamo sempre porre<br />

ogni studio. Ma pure, se per nostra somma disgrazia senza bontà, senza<br />

79


virtù ci troviamo, non per questo rattener ci dobbiamo dal farle ossequi<br />

riverenti e divoti. Si ricorda ben essa che ci è Madre, che ci è Avvocata<br />

e che per suo mezzo aver possiamo ogni Bene: una tal gioconda ricordanza<br />

la fa talora dimenticar de’ nostri demeriti, la fa esser verso di noi<br />

tutta misericordiosa e benigna: e con tanta premura, che assolutamente<br />

non vuole che tralasciamo di ossequiarla, che le manchiam di parola:<br />

riuscendo ciò di un sommo suo dispiacere.<br />

7. Lo stesso così aggraziato Giovane, di cui favellavamo poch’anzi, seguirà<br />

a darvene il contesto. Egli, passato qualche tempo, fattosi dimentico del<br />

suo contratto Sposalizio con la Gran Vergine, precipitando da tepidezza<br />

in tepidezza, giunse l’ingrato, il traditore a segno tal di sfacciataggine;<br />

che riattuato l’affetto ad una vana donzella, con questa gli sponsali contrasse.<br />

Sua buona sorte, però fu, che se egli all’intutto spensierato viveva<br />

della Sposa Celeste, questa dimenticata non si era del suo, benchè ingratissimo<br />

Sposo. Quindi tutta sdegnata gli comparve una notte; e mostrandogli<br />

quell’anello che una volta in caparra di costante fedeltà aveva da<br />

lui ricevuto, “Ingrato, gli disse, vedi, che ancorchè ora son da te ricusata,<br />

pure il tuo anello io conservo e con esso le viscere ancor di Madre e<br />

l’amor puro di Sposa ritengo. Torna a te stesso; che fai? Abbandona il<br />

Mondo: salva l’Anima tua: mantieni le fatte promesse. Via su, risolviti:<br />

non voler disgustarmi con le tue mancanze, con le tue infedeltà, con le<br />

tue tepidezze”. Tanto gli disse la Vergine; e poi disparve. Ed il Giovane,<br />

ai suoi sensi tornato, tutto confuso, umiliato e compunto; dopo aver<br />

chiesto perdono ben mille e mille volte alla sua Celeste Sposa e Signora;<br />

dopo averle col cuor sulle labbra resi mille ringraziamenti; ripigliando<br />

con tutto fervore una vita distaccata dal Mondo, timorata e divota, puntualmente<br />

la ubbidì; con sequestrarsi dal Secolo ed entrare in una<br />

Religione osservante; ove con molta esemplarità e con una tenera divozione<br />

verso la Vergine, tirò tutto il corso restante di sua ottima Vita.<br />

8. Da tutto il cui celebre fatto, apprender dunque noi dobbiam, Uditori,<br />

che se con molta fiducia prestar dobbiamo alla Vergine i nostri ossequi,<br />

sapendo che si degna gradirli: con altrettanta diligenza dobbiam fedelmente<br />

seguitarli, sapendo che il raffreddarsi e mancarle di parola, le<br />

danno grave disgusto.<br />

80<br />

SERMONCINO QUINTO<br />

Recitato Sabato 29 Gennaio 1752,<br />

ricorrendo la Festa di S. <strong>Francesco</strong> di Sales<br />

Il Sermoncino è sviluppato in dodici punti ed una introduzione e tratta della devozione<br />

di San <strong>Francesco</strong> di Sales verso la Vergine Santa e delle finezze di cui Ella lo<br />

ricambiò. Questo rapporto di amore può essere un esempio per gli ascoltatori. L’Autore<br />

fonda il suo argomento, come al solito, sugli esempi perché questi, come dice Seneca,<br />

muovono la volontà meglio di ogni ragionamento.<br />

Benché la bontà di Dio sia infinita verso ogni sua creatura, Egli ne predilige<br />

qualcuna; secondo don <strong>Marcucci</strong>, San <strong>Francesco</strong> di Sales fu una di queste anime predilette<br />

ed anche per questo egli lo aveva scelto per suo protettore. San <strong>Francesco</strong> di Sales<br />

visse, fin dall’infanzia, nella devozione verso la Vergine santa; nella giovinezza le<br />

fece dono perpetuo della sua verginità e lo rinnovò più volte in particolare nei due<br />

Pellegrinaggi che fece con tanto fervore al Santuario di Loreto.<br />

San <strong>Francesco</strong> di Sales faceva ogni cosa per piacere a Maria e, secondo la testimonianza<br />

della Santa di Sciantàl, non commise mai nessuna colpa grave e sempre si<br />

guardò da quelle veniali. Quale amante di Maria, egli la invocava spesso e talvolta<br />

andava in estasi, recitava ogni giorno il suo Ufficio, più di un rosario al giorno ed<br />

il sabato digiunava in suo onore. Diventato vescovo di Ginevra, fece crescere e fiorire<br />

con la parola e con gli scritti, presso ogni ceto di persone, la pietà e la devozione verso<br />

l’Immacolata Concezione di Maria; istituì e fondò in suo onore l’ordine delle Religiose<br />

della Visitazione di Santa Maria ed ancora, in sua devozione, indossò sempre la corona<br />

della Vergine, pendente alla cinta.<br />

La Vergine Santa che, come afferma San Pier Damiani, ci ama di amore invincibile,<br />

ricambiò grandemente l’amore che il suo devoto le dimostrava. Anzitutto lo<br />

salvò dal pericolo di morte che corse appena nato e durante i primi mesi di vita, gli<br />

donò poi “un cuore dolce e mansueto, caritatevole e pacifico; un intelletto aperto, nobile<br />

ed ingegnoso, un sembiante modesto, gioviale ed allegro”. In seguito, lo liberò da<br />

tanti pericoli e lo provvide in ogni bisogno.<br />

Il Sermoncino si conclude con una preghiera rivolta al Santo per chiedergli di<br />

impetrarci la protezione della Vergine Santa, maggiore fiducia in Lei e il desiderio di<br />

essere suoi veri amanti.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 22, pp. 225-237.<br />

81


Argomento<br />

La Divozion professata da San <strong>Francesco</strong> di Sales verso la SS.ma Vergine<br />

e le finezze della Vergine usate verso S. <strong>Francesco</strong> di Sales,<br />

risvegliar debbono e la nostra diligenza in fedelmente servir<br />

la stessa Regina del Cielo e la nostra fiducia in esser da lei protetti<br />

Per risvegliare in noi un certo appetito, dirò così, di appigliarci ad una giovevole<br />

impresa, o di evitarne qualche altra come dannosa; e per muovere la<br />

nostra volontà a darne le sue ultime deliberazioni; non tanto sono valevoli ed<br />

efficaci le ragioni, voi lo sapete Uditori, quanto lo sono gli esempi: tantochè<br />

e il sentimento comune dei Savi e l’esperienza medesima a confessare ci sforza<br />

con Seneca (a), che plus ex moribus, quam ex verbis trahimus. E ciò o sia perché<br />

dagli esempi altrui siamo fatti più animosi ad eseguir quel che in altri<br />

osserviamo possibile e praticabile: oppure perché il nostro Cuore allora venga<br />

anche spronato dalla forza dei sentimenti esterni; ovvero, perché gli esempi<br />

s’insinuano alla volontà per una via più corta, secondo che fu di parere il<br />

mentovato Morale Filosofo, longum iter est per praecepta, breve et efficax par exempla<br />

(b); sfuggendo quella lunghezza di tempo, che nelle ragioni richiede il<br />

nostro Intelletto, per rimaner egli prima illuminato e poi far le sue proposte<br />

alla Volontà, come suo Ministro: o sia per altro qualsivoglia motivo riesce<br />

sempre verissimo, che più siamo noi eccitati e mossi dagli esempi altrui che<br />

dalle ragioni e parole. Ed essendo così, lodi pur mille siano all’Altissimo, che<br />

bramando io in questa sera destar di nuovo in voi, cari miei Ascoltanti, una<br />

tenera pietà verso la gran Regina del Cielo, una bella occasione mi presenta<br />

dell’annua ricorrenza della gloriosa memoria dell’inclito Vescovo e<br />

Taumaturgo, San <strong>Francesco</strong> di Sales. Questi che della Gran Vergine fu un sì<br />

tenero e zelantissimo Amante, che per lei languì ed arse continuamente di<br />

amore, si esercitò in tanti esercizi divoti e si impiegò tanto per propagarne<br />

il culto; questi, ripeto, risparmiando a me ogni persuasiva, sarà valevole ed<br />

efficace col suo nobile esempio ad accendervi maggiormente nella divozion<br />

della Vergine. Altro dunque far non voglio stasera che esporvi, benché alla<br />

sfuggita, sotto degli occhi, gli affetti scambievoli che passarono tra la Nostra<br />

(a) Seneca, Epistulae 6.<br />

(b) Loc. cit.<br />

82<br />

Immacolata Signora e San <strong>Francesco</strong> di Sales. Onde voi e dal veder quanto fece il<br />

Santo per la Vergine, vi accendiate di maggior zelo e premura; e dall’osservar<br />

quanto operò la Vergine pel Santo, acquistiate maggior fiducia. Do principio.<br />

1. Benché il Cuore amorosissimo di Dio Signor nostro far gustare si degni<br />

le sue beneficenze alle Anime tutte; talchè per tutte e per ciascuna di<br />

loro abbia egli oprato tanto, sino ad incarnarsi e a dar tutto il suo preziosissimo<br />

Sangue in un tronco di Croce; onde per quanti mai vissero<br />

nel Mondo, vivono e vivranno, stette e sarà sempremai aperto il Tesoro<br />

inesausto delle Divine Grazie e dei Divini lumi e soccorsi; da’ quali ciascuno<br />

di bastevole aiuto ritrae, quanto gli è necessario per condurre la<br />

vita sua in verità di credenza, in bontà di costumi ed in eterna salvezza;<br />

senza che in ciò possa mai darsi parzialità ed accettazion di Persone<br />

presso la giustissima amorosa Divina Provvidenza: venendo perciò ella<br />

nel Vangelo paragonata ad un chiarissimo Sole, che i suoi splendidi<br />

raggi spande, ed i suoi benefichi influssi, tanto sopra dei monti, che<br />

nelle valli e pianure: pure, certi straordinari soccorsi, certe particolari<br />

finezze, senza far torto od ingiustizia a veruno, le tien Dio riserbate e le<br />

usa a favore di chi la sua infinita Sapienza esser proprie conosce.<br />

2. Or una di queste Anime predilette, appunto fu l’inclito nostro<br />

Protettore San <strong>Francesco</strong> di Sales; il quale dalla Bontà Divina sperimentò<br />

sì particolari finezze, che può dirsi che con le benedizioni di dolcezza<br />

prevenuto egli fosse. E siccome una di queste benedizioni dolcissime,<br />

con le quali Dio previene le Anime sue dilette, è l’infonder loro una particolarissima<br />

divozione verso la gran Regina del Cielo: con questa divozione,<br />

non so se io dica, il nostro Santo nascesse, oppur l’avesse anche<br />

prima di giungere a quella età, nella quale l’uomo di sua Ragione incomincia<br />

a far’uso. Quel ch’io posso dire, egli è, che dopo nato, le prime<br />

sue parole furono queste, Iddio e mia Madre mi amano molto: dando con<br />

ciò a divedere, che in quel picciolo cuore, ancor tenero da Bambino,<br />

incominciavano già a sentirsi que’ mirabili effetti, che e l’Amor di Dio,<br />

e della Gran Vergine, nostra Celeste Madre, cagionar suole; onde dalla<br />

gran copia dell’amor infuso di Maria, forzata fosse la Lingua, come<br />

ministra del cuore a sciogliersi nelle lodi della Madre Celeste, anche<br />

prima di aver appreso di favellare la maniera e l’uso.<br />

83


3. Pervenuto poi il nostro eroe ad un’età di maggiore cognizione e discernimento,<br />

chi ridirci può, Uditori, quanto giornalmente crescesse nell’amor<br />

di Maria? Conobbe egli esser molto grato ed odoroso alla<br />

Vergine il bel giglio della Purità: tanto bastò per far che sin nell’età più<br />

giovanile gliene facesse un dono con un voto perpetuo di Verginità; che<br />

poi in altre occasioni rinnovò nelle mani della stessa Regina del Cielo:<br />

ed in particolare nei due Pellegrinaggi che fece con tanto fervore al<br />

Santuario di Loreto; ove liquefatto, dirò così, in lagrime, ed in sospiri,<br />

poco mancò che per la veemenza e molteplicità degli affetti entro quelle<br />

adorabili mura dalla Presenza real della Vergine consacrate, non<br />

lasciasse la Vita.<br />

4. Sebbene, questa gran tenerezza di amore del Salesio verso Nostra<br />

Signora un picciol preludio possiam chiamarla, rispetto a quel gran<br />

fondo di soda pietà e divozione che possedette. Aveasi egli proposto di<br />

non tralasciar mai cosa, che far potesse, purchè fosse per piacere a<br />

Maria: e siccome avea ben’appreso, che la prima cosa che vuol la<br />

Vergine dai suoi veri Divoti, egli è il guardarsi da ogni offesa Divina:<br />

da questa, più che dalla morte, si guardò con tal diligenza <strong>Francesco</strong>, che<br />

per attestato comune dei suoi Confidenti e della Beata di Sciantàl, non<br />

solo non commise mai colpa grave in tempo di sua Vita; ma ancora da<br />

ogni colpa veniale per quanto da lui dipendette, con cautela si guardò.<br />

5. Ma ciò non bastò per appagare il suo cuore, che tutto il suo godimento<br />

nell’amor di Maria tenea riposto. Sapeva ben’egli, che i veri Amanti<br />

della Vergine conservan di Lei continua memoria, a Lei aspirano spesso,<br />

Lei di frequente invocano. Che perciò sì fissa era in <strong>Francesco</strong> la rimembranza<br />

della Regina del Cielo, che talvolta lo alienava da’ sensi, ed estatico<br />

rimanere lo faceva: onde voi l’aveste veduto, Uditori, or tutto<br />

bagnato di Lagrime di tenerezza, desiderar che dalla Gran Vergine gli<br />

fosse tolto il cuore; ed or con amorosi sospiri e dolci aspirazioni invocarla,<br />

benedirla, ringraziarla e chiamarla spessissimo col caro nome di<br />

Madre e di Madre la più amabile, la più amante e la più amata. Ma siccome<br />

Nostra Signora, non solamente l’affetto dai servi suoi richiede, ma<br />

ancor l’affetto e l’opra gradendo ella che fatichino per amor suo e che ne<br />

promuovan l’onore e la gloria. O qui sì che il nostro Santo si segnalò<br />

84<br />

talmente, che siccome nell’affetto non ebbe chi l’uguagliasse ai suoi<br />

tempi, così chi lo superasse nell’effetto non lo vide. Egli nella sua<br />

Gioventù, oltre altre molte orazioni e divozioni che avea, in ogni giorno<br />

con attenzione e compostezza maravigliosa recitava ad onor della<br />

Vergine il suo Officio: diceale di più la corona; che poi per quaranta anni<br />

continui puntualmente lo eseguì. Così in tutta la sua vita di digiunarle<br />

il Sabato ebbe il buon uso; e di consacrare a Lei i suoi studi, le sue<br />

fatiche, le sue pene, i suoi viaggi, la sua Predicazione e quanto mai egli<br />

fece. In occorrenza poi delle feste di Maria SS.ma, oh li divoti apparecchi<br />

di digiuni, penitenze e Novene che premetteva! Oh le virtù, gli<br />

esercizi divoti che praticava! Mutava sino sembiante, comparendo con<br />

un volto da Angelo; tanta era la gioia, che in tali occorrenze sperimentava,<br />

la tenerezza, il contento.<br />

6. Che se bramaste udir di più quanto egli si adoprò per promuovere alla<br />

Gran Vergine il Culto, io non ho lingua a ridirlo. Parlino pure in mia<br />

vece la Francia, l’Italia e la Savoia: parlino le corti dei Principi, le<br />

Religioni, gli Ecclesiastici, i Cavalieri, le dame ed ogni ceto di Gente;<br />

ed in particolare parlino la sua vasta diocesi di Ginevra, di cui era SS.mo<br />

Vescovo; la gran provincia dello Sciablè, di cui fu prodigioso<br />

Missionario ed Apostolo; e la fortunata Città di Annesì, che come città<br />

di sua ordinaria Residenza, lo godette per tanti e tanti anni: parli<br />

insomma tutto il Cattolico Mondo e vi ridica se quanto crescesse e fiorir<br />

si vide dappertutto per opra del dolce Santo di Sales la pietà e divozion<br />

della Vergine ed in particolar dell’Immacolata Concezione; di cui<br />

n’era tanto devoto. Vi basti solo sapere, che egli a tal’effetto, oltre le<br />

Lettere che ne scriveva ai suoi Amorevoli, le Prediche ed i privati<br />

discorsi, che ne faceva, benespesso ancor ne trattava nei suoi dottissimi<br />

e mirabili Scritti; come da tutte le opere sue può vedersi: a tal fine eresse<br />

in Annesì la compagnia dell’Immacolata Concezione; a tal’effetto istituì<br />

e fondò il SS.mo ordine di Religiose della Visitazione di Santa Maria: e per<br />

finirla, a tal fine pensò ancora di farsi veder sempre con la corona della<br />

Vergine, pendente alla cinta; e di farsi consagrar Vescovo in un giorno<br />

alla stessa Celeste Sovrana consagrato, che il giorno fu dell’Immacolato<br />

di Lei Concepimento, affin ciascuno ne ritraesse esempio da lui, di non<br />

risparmiare e tralasciar mezzo veruno, che giovar potesse a tesser coro-<br />

85


ne di gloria alla Regina del Cielo. Tanto, anzi molto più che tralascio,<br />

fece San <strong>Francesco</strong> di Sales per la gran Vergine. Rimane ora il dare un’occhiata<br />

a quant’oprasse la Vergine in pro del Santo.<br />

7. Quell’eccelso sublimissimo posto, che sovra tutti i Santi gode Nostra<br />

Signora, come ci insegna la Santa Cattolica Fede, non solo è per rapporto<br />

della Dignità e della Gloria, che ella ha sovra tutti; ma ancor per<br />

riguardo de’ meriti e delle virtudi che sovra tutti possiede. Quindi con<br />

tutto fondamento e ragione giova a noi di dedurre, che un solo atto di<br />

Virtù della Vergine, in peso e qualità sia, comeppur fu sempremai,<br />

superiore, non solo a qualunque virtuoso atto eroico di qualsivoglia<br />

gran Santo, ma eziandio dei Santi tutti insiememente uniti: ond’essa<br />

negli affetti scambievoli con i suoi divoti, non si faccia, anzi far non si<br />

possa mai uguagliare e molto meno vincere; per esser sempre la sua<br />

beneficenza, ed il suo Amore inarrivabile ed invincibile; come ben disse<br />

San Pier Damiano, Maria amat nos amore invincibili.<br />

8. Ciò presupposto, come certissimo: se grande fu l’amor di San Franceco di<br />

Sales verso Maria; assai maggior senza verun paragone fu quello di<br />

Maria verso del Santo: se molto egli oprò per lei; molto più di gran<br />

lunga convien dir che ella per lui operasse. Osservate se io dica il vero<br />

coi fatti. Da nobil generosa antica prosapia nacque <strong>Francesco</strong>, ma nella<br />

nascita sua si incominciarono tosto ad osservar di Maria le finezze: perciocché<br />

se nato egli fosse nel termine comune di nove mesi, secondo che<br />

io raccolgo, non sarebbe nato in un tempo da qualche solennità della<br />

Vergine consagrato: che fece dunque Nostra Signora? Volle che ei<br />

nascesse di sette mesi; e così farlo nascer entro l’ottava dell’Assunta sua<br />

gloriosa (finezza che dal Santo medesimo poi con varie dimostrazioni di<br />

gratitudine fu ben notata). Appena nato, parve per attestato de’i medici<br />

che per il solo sepolcro avvenuto ciò fosse, tanta era la sua dilicatezza<br />

e malcilenza: così vero che per più e più mesi, affin di non piagarlo,<br />

non potè mai fasciarsi, venendo sol sostenuto in vita entro una picciola<br />

cuna di bambagia ripiena. La Regina del Cielo però, che ne avea tutta<br />

la cura, pensò a mantenerlo; e contra l’aspettativa comune farlo divenir<br />

ben complesso e robusto. Divenuto poi grandicello, chi fu che istillò in<br />

quell’Anima un grande aborrimento ad ogni sorta di vizio ed una tota-<br />

86<br />

le propensione ad ogni qualità di esercizi divoti? Chi fu, che gli diede<br />

un cuor tutto dolce e mansueto, caritatevole e pacifico; un Intelletto<br />

così aperto, nobile ed ingegnoso; un sembiante tutto modesto, gioviale<br />

e allegro? Se non la Vergine, ch’essendo sua amantissima madre, esercitava<br />

anche con lui per via d’interni lumi l’ufizio di premurosa Maestra.<br />

9. Ma a me non dà l’animo, Ascoltanti miei riveriti, andarvi minutamente<br />

scifrando tutti i particolari avvenimenti, in cui veder si può quanto<br />

amore portasse Maria verso il Salesio e quanto per lui operasse.<br />

Vi dirò in succinto quanto basti per ben capirlo: in quella guisa che<br />

esperto cosmografo, pone innanzi agli occhi tutto l’orbe Terraqueo sotto<br />

corte linee e pochi punti ristretto. Patì in Parigi <strong>Francesco</strong> di orrida<br />

disperazione, tentazioni fierissime; e sorpreso da funeste angosce e<br />

timori, infermatosi a morte, a lasciar ci volle la vita. Ma dopo la prova<br />

della sua fedeltà, pronta accorse la Vergine a liberarlo, ed a riempirlo<br />

nella Divina Pietà di una confidenza ben grande. Si aiutano in Parigi,<br />

ed in Padova maliziosi Scolari a far perdere al Salesio l’onestà e l’innocenza,<br />

portandolo sotto apparenti convenienze alla visita di una femmina<br />

rea: ma egli assistito dalla sua Liberatrice invocata, salvo da ogni<br />

periglio ed innocente riesce. Si studia il demonio prepargli una fiera<br />

tempesta nel nostro Mare Adriatico, allorché egli dal Porto di Ancona<br />

partir dovea per far ritorno alla Patria: ma tutta l’orditura va a vuoto,<br />

perché la sua Protettrice preservato e libero lo rende.<br />

10. Non accade che gli eretici dello Sciablè tentino di avvelenarlo e di ucciderlo<br />

quei di Ginevra, perché la Regina del Cielo le loro trame ed insidie<br />

inutili rende. Che in Savoia altri l’infamino e perseguitino, lo<br />

minaccino altri con pugnali ed altri un colpo di pistola scarichino contra<br />

di lui: il tutto riesce invano, attesochè la potente sua Signora, nelle<br />

cui Mani riponeva sempre ogni sua causa, pensa a riporlo in maggior<br />

credito e stima, a calmar ogni animo contra lui adirato e da ogni mortal<br />

colpo sottrarlo. Risolve <strong>Francesco</strong> di propagare a costo di qualunque<br />

travaglio e fatica il culto di Maria; e perciò a fondare intraprende in<br />

onor della Visitazione di Lei l’Ordine novello di pie Religiose, ed in<br />

onor dell’Immacolato di Lei concepimento una Compagnia di timorati<br />

Signori: e poi e con la voce e con scritti e con opere e con viaggi, qua e<br />

87


là da ogni parte a propagarne la divozione si accinge. E Maria? Maria<br />

SS.ma vuole star sempre al di sopra; e a tal’effetto a tutto potere s’impegna<br />

a mandargli sufficienti soccorsi e mezzi opportuni. Affin la fondazion<br />

si esegua, si riempia di Anime fervorose e zelanti e si dilati: e di<br />

più si conosca se chi sia il suo servo, con aiutarlo nella conversione d’innumerabili<br />

Peccatori e di settantadue mila eretici; nella prodigiosa liberazione<br />

di ottocento ossessi; nel ridar la vita a diciotto Morti; nella predizione<br />

delle cose venture per via di profezie: e così con ricolmarlo di<br />

mille e mille altri doni sovrannaturali e divini. E quasi ciò non bastasse<br />

per coronar in vita il Santo di mille glorie ed onori; volle la sua<br />

Celeste Signora far rivelare ad un’Anima, che egli avea ricevuto per<br />

custode, non già un semplice Angelo, ma un Serafino del Cielo. E di<br />

questo neppur paga, essa stessa la Vergine, volle farsene Panegirista,<br />

canonizzandolo per Santo di sua propria bocca, in occasion che comparve<br />

ad una nobile e divota donzella in Lion di Francia, mentre <strong>Francesco</strong><br />

ivi si tratteneva. Aggiungete poi, che…<br />

11. Ma via, tralasciamo ogni ulteriore racconto; giacchè sarebbe un non mai<br />

finirla, se proseguir io più avanti volessi. Serva per chiusa e per corona<br />

di ogni prova di quanto mai di stupendo oprò Nostra Signora per contraccambiare<br />

al Salesio la sua gran divozione e pietà verso di Lei. Nel dì<br />

dell’Immacolata Concezione, facendosi egli consagrar Vescovo, come altrove<br />

fu divisato, si vide in quell’atto, tutta gloriosa, dolce e benigna, venir<br />

incontro la Imperatrice del Cielo; la quale confortandolo con la sicurezza<br />

di sua continua assistenza, lo ricoprì col suo Manto e così, qual tenero<br />

amato Figlio, sinchè la funzione fine non ebbe, se lo tenne: dando con<br />

ciò a diveder molto bene, che in ricompensa di quanto il suo fedel servo<br />

avea fatto per Lei, lo avea dichiarato il suo caro, il suo familiare, il suo<br />

diletto; e che essa per lui pronta impiegava il suo Braccio, il suo Cuore,<br />

la sua Protezione, la sua Assistenza, il suo Poter, il suo Affetto.<br />

12. Ah sì sì, così avvenne, felicissimo Eroe, fortunatissimo San <strong>Francesco</strong> di<br />

Sales. Godeste pur voi giustamente il frutto della vostra grande divozione,<br />

il contraccambio dell’Amor vostro ardentissimo verso la Gran<br />

Madre di Dio. Deh per pietà, ora che di tutto godendo vieppiù la nobile<br />

e gloriosa corona; ora che più da vicino amate e glorificate la Celeste<br />

88<br />

Regina, impegnatela a pro di noi, suoi e vostri divoti; e fate che dall’aver<br />

noi risaputo quanto essa oprò in favor vostro, acquistiam verso di<br />

Lei maggior fiducia; e dall’aver osservato quanto voi per Lei operaste, ci<br />

accendiamo a vostro esempio di un gran zelo e premura di esserne veri<br />

Amanti. Tanto speriamo dalla clemenza dell’Imperadrice del Cielo per<br />

vostra intercessione; e tanto ancor dal vostro Cuore dolcissimo a contemplazion<br />

della Vergine stessa, ad onor di cui vi preghiamo. Diceva.<br />

Ignoto ascolano, L’Immacolata tra S. Emidio e S. <strong>Francesco</strong> di Sales,<br />

olio su tela, sec. XVIII, Ascoli Piceno, Oratorio della Casa Madre<br />

Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata.<br />

89


SERMONCINO SETTIMO<br />

Recitato nel Sabato antecedente alla Sessagesima, 5 Febbraio 1752<br />

Il Sermoncino Sesto non è stato inserito perché non tratta un argomento mariano.<br />

In prossimità del Carnevale di cui don <strong>Marcucci</strong> aveva sperimentato gli inganni<br />

e dai quali subito si era ritratto 7 , si propone di presentare agli ascoltatori quanto esso<br />

dispiaccia alla SS.ma Vergine. L’argomento è sviluppato in sette punti.<br />

In quanto Madre e colonna della religione cattolico-cristiana la Vergine Santa ha<br />

in orrore il Carnevale, giunto a noi dai pagani con la differenza che, mentre gli antichi<br />

che ancora non avevano ben sviluppato il lume della ragione lo celebravano in un<br />

solo giorno, nei giorni odierni, dove la ragione ha fatto molti progressi, viene celebrato<br />

in più giorni. L’accostamento è chiaramente ironico.<br />

L’Autore porta poi vari esempi, tratti dalle visioni della Vergine a Santa Brigida<br />

e a Santa Geltrude che mostrano il suo impegno ad evitare nei cristiani i pericoli e gli<br />

abusi del carnevale che tanto dispiacciano a Maria SS.ma.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 10, pp. 241-246.<br />

Argomento<br />

Quanto dispiaccia alla SS.ma Vergine il Carnovale<br />

La diabolica e sempremai pessima consuetudine introdotta in questo lagrimevolissimo<br />

tempo nel Mondo di festeggiar con tutta pompa e vanità di maschere,<br />

conversazioni, balli, commedie, ed altre mille Gentilesche invenzioni il<br />

maledetto Carnovale, fu e sempre sarà un ben forte motivo di dolore e di pianto<br />

a quanti con seria riflessione ne ponderarono i danni ed i mali innumerabili<br />

di Anima, di Corpo, di Stima, di Robba che ne derivano. Quindi quei giudiziosi<br />

e timorati Cristiani che tali funestissime conseguenze ebbero innanzi<br />

agli occhi, oltre all’aver con tutto lo zelo armate le loro dotte penne e le loro<br />

sante Lingue contra sì detestabili e diaboliche usanze, posero ogni diligenza<br />

per viverne sempre alieni ed ogni sforzo pur fecero per ritirarne gli altri, che<br />

alla cieca, come stolte pecore al bagno, a tal precipizio se ne correvano. Io poi,<br />

che benché giudizioso e timorato intitolar con verità non mi possa, pure dei<br />

giudiziosi e timorati dovendo farmi seguace; per porre presso voi in discredito<br />

7 Cf. ROSSI-BRUNORI ARCANGELO, La vita e la istituzione di Mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong><br />

dell’Immacolata Concezione, Ascoli Piceno 1917, pp. 7-10.<br />

90<br />

il maledetto Carnovale con tutti i suoi abominevoli abusi e per ritirarvi, o pur<br />

preservarvi da ogni cieca aderenza; tralasciando di esporvi tutti i mali che seco<br />

portan sì diabolica consuetudine; di altro mezzo servir non mi voglio, se non<br />

che porre alla vostra considerazione quanto mai dispiaccia alla Gran Vergine<br />

Nostra Signora il festeggiar il Carnovale.Questo sol, mi persuado, basterà a voi,<br />

come a quei che sì divoti son della Vergine, a far avere un orrore continuo di<br />

sì detestabili feste. Non vi rincresca l’udirmi. Sono a servirvi.<br />

1. Quell’amor indispensabile e grande che la Regina del Cielo, come<br />

Colonna, Madre e Maestra della nostra Santa Religione Cristiana<br />

Cattolica, al viver giusto ed illibato secondo gli adorabili insegnamenti<br />

del Vangelo porta e dimostra, fa che necessariamente abbia in odio<br />

sommo ed orrore tutto ciò che al viver cristiano si oppone e ne senta<br />

gran dispiacere. Quindi poco ci vuol, Uditori, a ben capire quanto odiate<br />

sien dalla suddetta Nostra Signora le feste Carnovalesche e qual<br />

dispiacimento cagionino a Lei; qualor si rifletta ben bene essere queste<br />

feste appunto all’intutto contrarie al santo Vangelo, all’intutto disdicevoli<br />

ai Cristiani, all’intutto pregiudiziali al viver timorato.<br />

2. Osservate se è così. Le feste Carnovalesche, voi lo saprete, inventate<br />

furono dai Gentili, o per dir meglio dal demonio col mezzo de’ Gentili,<br />

suoi ciechi adoratori e confederati. Solevano questi nel primo di<br />

Gennaio celebrar le feste a loro ridicolo e favoloso Nume Bacco, sopra<br />

alcuni Monti vicini a Tebe; ove adunandosi e uomini e donne travestite<br />

e mascherate, facevansi degli urli, balli, mangiamenti, giuochi e si<br />

commettevano tante laidezze e sacrileghe superstizioni, che io non ho<br />

cuore a ridirle (a). Queste poi, circa il tempo di Tazio Re dei Sabini,<br />

furono introdotte presso gli antichi Gentili Romani; e plauso ebbero<br />

ancora ed aderenza presso tutta l’altra cieca Gentilità. E siccome, feste<br />

erano dedicate a Bacco, ch’essi con altro nome di Libero e Dionisio intitolavano;<br />

perciò feste Baccanali, Libere e Dionisie venivan da loro<br />

appellate (b); ed ora dalla nostra stoltezza Carnovalesche.<br />

(a) Tito Livio, lib. 39, cap. 8; Thomassinus lib. 2, De festis, cap.8.<br />

(b) Facciolati in Lexic. v. Bacchanalia.<br />

91


3. Or pare a voi, Ascoltanti, che feste così empie e profane, inventate dal<br />

demonio, discese addirittura dal Gentilesimo, aver possano mai coerenza<br />

veruna con le Massime sacrosante del Vangelo e col viver Cristiano e<br />

timorato? Come possibile? Ed in conseguenza, come è possibile, che<br />

dalla Regina e Madre della Cristiana Religione, voglio dir da Maria,<br />

non vengano odiate al sommo ed aborrite? O come la Vergine sacrosanta<br />

rinnovati si vede i suoi atroci Dolori in questi profanissimi giorni del<br />

Carnovale dai suoi medesimi figli (giacchè di tutti i Cattolici ella è pur<br />

Madre)! Li rimira ben’essa con occhi dolenti, quasi dimenticati dell’esser<br />

di Cristiani, voltar le spalle al Vangelo, alle Chiese, alle Orazioni, ai<br />

Sacramenti e dichiararsi apertamente seguace dei riti gentilizi; e con<br />

tanta maggior mostruosità, quanta è l’osservare, che alla fine i Gentili<br />

erano privi del Lume dell’eterne veritàdi e consistevano quelle lor feste<br />

in un sol Giorno dell’Anno; ed i Cristiani, fatti degni del Lume Divino<br />

e perciò più tenuti ad abominar feste così profane, pure con tanta audacia<br />

le tirano per giorni e giorni e settimane ancor replicate. Chi può<br />

esprimer però quanto gran dispiacere ne provi la Vergine?<br />

4. Ah che essa medesima un giorno di questi calamitosissimi tempi palesar<br />

lo volle alla sua diletta Brigida la santa; allorché comparendole tutta<br />

mesta e addolorata, Figlia, le disse, ecco come mi trattano i Cristiani<br />

con le loro libertà, con le loro vanità e colpe: al mio Divin Figlio rinnovan<br />

tutto il giorno le Piaghe e a me i Dolori!<br />

5. Che se bramaste ulteriori riprove di quanto dispiacciano a Nostra<br />

Signora le feste solite a farsi nel Carnovale, ricavatelo da alcuni fatti, che<br />

sono qui succintamente a contarvi. Giocavano e danzavano con varie<br />

immodeste parole e vari atti scomposti, alcuni Giovani in Duaco (c), e<br />

trovandosi innanzi ad una Statua della Vergine suddetta; questa, per<br />

correggerli del loro mal oprare e per dimostrar il dispiacer che ne aveva,<br />

alzò all’improvviso il suo Sacrosanto Braccio in atto di percuoterli: onde<br />

tutt’intimoriti i Giovani, lasciando e giuochi e danze, sen corsero a<br />

darne conto ai Parenti: e questi con altra Gente concorsi ammirar tutti<br />

(c) P. Auriemma, par. 2, Aff., cap. 2.<br />

92<br />

tremanti il miracoloso successo, per otto giorni continui con gran divozioni<br />

e frequenza si portarono processionalmente a chiederne ivi perdono<br />

all’Imperadrice del Cielo e a placarla pel dispiacer grande datole da<br />

quei Giovinastri.<br />

6. Più strepitoso però fu quel che avvenne nell’anno mille secento undici<br />

nel Monte Vergine ai confini della Campagna felice nel Regno di<br />

Napoli (d). Concorsavi era in quel Monte un giorno per una Sagra della<br />

gran Gente; e tra questa molti uomini ve n’erano mascherati e travestiti<br />

da donne e molte donne da uomini: vi si ballò una buona pezza del<br />

Giorno, vi si cantò; e oltre a mille giuochi, crapole ed ubriachezze, altre<br />

libere danze e mostruosità vi si commisero; ne più, ne meno che se quel<br />

giorno a Bacco fosse dedicato e di un licenzioso Carnovale fosse il giorno<br />

più grasso. Accade, che moltissime rimasero anche la notte in quel<br />

Monte a compier le feste del giorno in un grande Albergo che era ivi<br />

costrutto. Quando sulla mezzanotte, da cinque persone, che per loro<br />

buona sorte fuori dell’albergo erano rimaste, fu veduta scender dal Cielo<br />

Maria SS.ma con un volto tutto severo e sdegnato; e portando nelle<br />

mani due torce accese fu osservata essa stessa dar fuoco all’Albergo; ed<br />

in meno di un’ora e mezza lo atterrò tutto con tanta strage di coloro che<br />

vi si erano ricoverati, che più di mille e cinquecento rimasero morti,<br />

parte tra le fiamme, parte tra le rovine. Fatto pure stupendo fu …<br />

7. Ma che serve, Uditori, più dilungarci con i fatti. È indubitato, che le<br />

danze, i balli, le maschere, le scorrette commedie, le libertadi, in<br />

somma e le feste Carnovalesche sono di un sommo dispiacer della<br />

Vergine; son da Lei odiate ed aborrite. Che far dunque dovrebbero i<br />

Cristiani tutti, come Figli di sì Gran Madre, odiarle anch’essi, astenersene,<br />

detestarle per non disgustar Colei, da cui, dopo Dio, ogni Bene<br />

deriva. Mi direte, eppur tutti non lo fanno. Senza invidia, rispondo,<br />

senza invidia. Al punto della lor morte li rivoglio. Badiamo noi a quel<br />

che far si debbe e non a quel che altri fanno. Procuriamo almeno noi<br />

tenerci a caro l’amicizia della Gran Vergine: guardiamoci con diligenza<br />

(d) P. Segneri in Christ. Instr. par. 3, Ser. 21, n. 22.<br />

93


94<br />

dal darle dispiacere e disgusto: e piuttosto facciamo ogni sforzo di darci<br />

in questo tempo alla ritiratezza, alle orazioni, a far mortificazioni e a<br />

pianger le nostre ed altrui colpe. Così, alleggeriremmo i Dolori che in<br />

tali Giorni alla nostra Madre Celeste dai Peccatori piucchè mai son rinnovati.<br />

Beati noi, se così ci porteremo; e faremo ogni sforzo che altri<br />

ancora si portino. Chi può ridir le care finezze che otterremo dalla<br />

nostra eccelsa Signora? Questo è il tempo per mostrarsi a Lei fedele ed<br />

il tempo per ottener da Lei qualunque favore. Santa Geltrude in un’estasi<br />

vide che Gesù scriver faceva a caratteri di oro tutte le buone opere, le<br />

mortificazioni e le divozioni che si facevano da’ buoni Cristiani nel<br />

Carnovale, per rimunerarle a peso di oro con grandi e spezialissime<br />

Grazie. Molta maggior rimunerazione possiamo noi sperare, qualor per<br />

noi in questi tempi s’impegni ad aiutarci presso il suo Divin Figlio la<br />

Vergine Sagrosanta. Animo adunque maledetto sia sempre il Carnovale<br />

con tutti i suoi diabolici abusi; lontano sempre sia da noi. Esso dà gran<br />

dispiacer a Maria: questo basti, per farcelo sempre aborrire e detestare.<br />

Amen.<br />

SERMONCINO OTTAVO<br />

Recitato Sabato 12 Febbraio 1752<br />

Il Sermoncino è sviluppato in otto punti. Nell’introduzione don <strong>Marcucci</strong> prepara<br />

gli ascoltatori alla spiegazione del suo argomento e cioè come “la devozione verso la<br />

SS.ma Vergine sia di grande conforto nel momento della morte”.<br />

Porta gli esempi di vari devoti di Maria che da Lei furono assistiti e consolati nel<br />

momento della morte. Conclude con una accorata preghiera di totale fiducia nella sua<br />

Immacolata Signora e nella misericordia divina di essere assistito e soccorso nel<br />

momento della morte, quando il demonio scatena tutte le sue astuzie, “non vi scostate<br />

da me, altrimenti perderete in eterno un figlio, che benchè tanto infame e ingrato, pure<br />

si protestò sempre e si protesta di voler vivere e morire vostro Divoto”.<br />

Chiede alla Vergine, davanti ai suoi ascoltatori, di concedergli nella sua bontà,<br />

per il giuramento fattole di difendere sempre la sua Immacolata Concezione, di morire<br />

nella vigilia o nella festa della sua Immacolata Concezione, nella sua città, anzi<br />

nella stessa chiesa dell’Immacolata Concezione dove desidera ardentemente essere sepolto,<br />

affinchè vivo e morto appartenga sempre alla sua Immacolata Concezione.<br />

Conclude ricordando alla sua “fedelissima amorosa Signora” che Ella ha promesso<br />

di non negare grazie a chi gliele chiede con umile perseveranza. E ciò si è avverato<br />

perché mons. <strong>Marcucci</strong> è stato sepolto davanti l’altare maggiore della chiesa<br />

dell’Immacolata ad Ascoli sua città, che egli farà costruire in suo onore e benedirà il<br />

13 settembre 1795 8 .<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 31-40.<br />

Argomento<br />

La divozione verso la SS.ma Vergine riesce<br />

di gran conforto nella morte<br />

Se vi ha cosa nel Mondo, cui apparecchiarsi convenga con tutta la più grande<br />

serietà ed attenzione dell’Animo nostro, egli è, Uditori, senza fallo la<br />

morte. Tanto di mille triboli e di mille e mille pericoli è intrigato quel passo<br />

da questa all’altra vita; che se consideriamo i dolori del corpo, che allor si<br />

8 DANIELE DI FLAVIO in Guida al Museo Biblioteca “<strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong>” al convento e<br />

alla chiesa dell’Immacolata a cura di MARIA PAOLA GIOBBI - FRANCO LAGANÀ, Ascoli Piceno<br />

2006, pp. 159-169.<br />

95


sperimentano, i rimproveri della coscienza, le tentazioni dei nemici e gli spaventi<br />

e minacce del demonio, possiam pur chiamarlo un punto il più spaventoso,<br />

il più pericoloso, il più terribile. Non giovano allora Nobilitadi o<br />

Ricchezze; non servono Amicizie e corrispondenze; non porgon sollievo<br />

quante mai di speranze somministrar possa questo Mondo traditore e fallace.<br />

O quanti in quel passo tremendo bramarono di non esser mai stati su<br />

questa misera Terra! Quanti desiderarono di non aver avuti mai onori, ricchezze<br />

ed amicizie! Quanti sospirarono l’aver fatta una vita tutta penitente,<br />

mortificata e divota! I peccatori, o quanti in quel punto disperati sen piombarono<br />

all’Inferno! I Giusti, o quanti atterriti, poco mancò che non uscissero<br />

da ogni speranza di loro eterna Salvezza! Che perciò, cari miei Uditori, chi<br />

esprimer può quanto grande esser debba la nostra premura per disporci a far<br />

una buona e felicissima morte e per trovarci confortati e soccorsi in quel tremendo<br />

estremo passaggio da cui un’eternità di gloria dipende ovver di tormenti?<br />

Io, quanto a me, vi confesso, che trovandomi per quel terribile punto<br />

più di voi spaventato, non saprei a qual mezzo appigliarmi, per rendermi in<br />

qualche modo sicuro per ben passarlo. Già so e voi pur lo sapete che per chi<br />

è stato Peccatore, come me, darsi ad una vita contrita e divota abbisogna per<br />

far una buona morte. Ma il timor che mi sovrasta con quel chi sa se il mio<br />

pentimento sia vero, chi sa se in quel punto starò forte agli assalti, oh come<br />

mi fa sospirar talora, oh come di gran tremor mi ricolma! Vergine<br />

Sacrosanta, sicuro e possente Rifugio de’ miseri Peccatori, io non so ove volgermi,<br />

se non alla vostra clemenza, alla vostra misericordia per ricever conforto,<br />

aiuto ed assistenza particolare per far santamente quell’estremo sì pericoloso<br />

passaggio. A voi perciò ora per allora con tutto il cuor mio ricorro, ora<br />

sotto l’alta vostra tutela mi pongo, ora per sempre di essere vostro vero e<br />

fedele divoto costantemente risolvo. Nè invan mi opposi, Uditori, perciocchè<br />

la divozione verso la SS.ma Vergine è un ottimo mezzo appunto per fare una santa<br />

morte. In questa sera sì una grande attenzione richieggo. L’assunto è di troppa<br />

importanza. Eccone pronte le prove.<br />

1. L’esser stata Maria SS.ma, a piè della Croce dichiarata dal suo Divin<br />

Figlio per Madre del diletto Giovanni ed in persona di questi, per<br />

Madre ancor di tutti i Cristiani, fu cagione, Uditori, che ella con tenerezza<br />

e premura maggiore sotto la sua cura e protezione tutti noi<br />

pigliasse; e che a pro di noi avesse sempre viscere pietose di Madre e di<br />

96<br />

Madre la più amante, la più sollecita, la più graziosa e benigna. Or siccome<br />

tutto lo sforzo dell’amor delle tenere Madri allor principalmente<br />

apparisce, qualor si tratti di dar soccorso ai figli che bisognosi, languidi<br />

e tremanti si ritrovano in qualche estremo e grave pericolo; chi può<br />

ridire perciò quali e quanti siano gli sforzi e le premure che usa la nostra<br />

Celeste amantissima Madre in soccorrer in mille guise quei cristiani,<br />

che con la lor divozione si mostrarono suoi buoni figli, allorchè nell’estremo<br />

e tremendo pericolo della morte si trovan ed agonizzano?<br />

2. Essa primieramente sapendo ed osservando che in quel terribile punto<br />

fa tutto il possibile sforzo il demonio e con orride apparizioni e con tentazioni<br />

gagliardissime o di infedeltà o di superbia, o di disperazione, o<br />

di mille altre infamitadi e sciagure, contra dei miseri Moribondi; come<br />

quei che sa molto bene da qual punto dipendere o il perderli per sempre,<br />

oppure guadagnarli; cosa fa la nostra eccelsa Signora? Divenuta<br />

tutta fortezza e vigore in favor dei suoi divoti agonizzanti figli, si fa<br />

tosto incontro al Tentatore Infernale; e a guisa di invitta ed invincibile<br />

forte e generosa Guerriera, per loro combatte contra di lui, lo supera, lo<br />

atterra, lo discaccia. Indi tutta amorosa volgendosi ai suoi Moribondi<br />

divoti, col suo Volto benigno li rasserena, con le sue dolci parole li conforta,<br />

li incoraggia; e con le sue celesti istruzioni va lor insinuando quegli<br />

atti che efficaci ben sono per fare santamente quel sì periglioso passaggio.<br />

E di ciò neppur pago quel suo Materno affettuosissimo Cuore,<br />

oh quante le volte essa medesima, la gran Madre di Dio, diminuir loro<br />

gli stessi dolori del corpo si degna; asciugar loro i sudori; e farli poi dolcemente<br />

spirar tra le sue SS.me Braccia, tra mille sfinimenti di soavissimo<br />

contento ed amore! Felice adunque e cento e mille volte beato,<br />

lasciate pure che con ragione qui esclami, Uditori, beato chi è divoto di<br />

Maria! Beato in vita sì, ma in morte o quanto più mille volte beato!<br />

3. Vagliano alcuni esempi, che qui pronti mi cadono, per porre più in<br />

chiaro la cosa. Carlo figlio di Santa Brigida, allevato dalla Madre sin da<br />

teneri anni con una grande divozione verso la SS.ma Vergine, con quella<br />

anche nella sua più florida giovanile età si mantenne talmente, che<br />

ogni occasione cercava per servire la sua Celeste Signora; a cui solito era<br />

sfogar bene spesso i suoi affetti con dire, che avrebbe pur volentieri per<br />

97


lei sacrificata la vita (a). Avvenne, che applicatosi lo spiritoso Giovane<br />

alla vita militare, dagli strapazzi delle Guerre fu sul verde fiore degli<br />

anni ad una infermità mortale ridotto. Ed ecco che nel mentre Carlo<br />

agonizzante se ne stava, vede scatenarsi tutto l’Inferno contro di lui e<br />

già a piena carriera tutto mostruoso e spumante venirsi incontro<br />

Lucifero. Povero Giovane, che farà mai? Era egli sì spiritoso nelle battaglie<br />

del Mondo; ma oimè nella giornata campale con l’Inferno perde<br />

lo spirito, il vigore e tremante all’aspetto sol dei Nemici sen resta. Non<br />

volle però la sua amata Signora, che egli sì intimorito restasse, nè che<br />

di combattere si esponesse al cimento. Pronta essa accorse nella stanza<br />

di Carlo, si accostò al suo Letto, al suo Capo; l’animò a confidar nella<br />

Misericordia Divina e che non temesse. Indi rivolta al demonio, olà, traditore,<br />

con voce imperiosa gli dice, che audacia è mai la tua tentar in<br />

questo punto chi è mio divoto? Va, maligno; vatti a sprofondare negli<br />

Abissi. Sparì tosto il Nemico. Ed ella rimasta a consolare il suo Divoto;<br />

sino all’ultimo respiro di vita seco star volle. O Beato chi è divoto di<br />

Maria lo ripeto di nuovo, beato in vita, ma molto più poi nella morte!<br />

4. Non minor favore di questo fu quello che isperimentò Adolfo Conte di<br />

Alsazia. Questi, nonostante che Principe di Altezza, considerando un dì<br />

quanto è pieno di lacci il mondo e di inganni, risolvendo di dargli un<br />

calcio, rinunzia generosamente il Trono, le grandiosità, le ricchezze;<br />

abbandona tutti gli stati; ed a riserrarsi in un chiostro col sacro Abito<br />

Francescano sen corre. Quivi ad apparecchiarsi a ben morire si pone, ed<br />

a servir con molta tenerezza di affetto la Regina del Cielo. Dopo vari<br />

anni venne anche per lui quel giorno, che onninamente è determinato<br />

per tutti, voglio dir della morte. Or chi di voi, Ascoltanti miei, crederebbe,<br />

che un Uomo, che avea di buon cuore lasciato tutto per Iddio, che<br />

avea fatte tante penitenze e che con tenerezza ed amor così grande servita<br />

avea la Gran Vergine, non si fosse trovato in quel punto in un mar<br />

di pace e di gioia? Eppure l’indovinereste? Adolfo ridotto a quel punto,<br />

incominciò a tremar tutto, rappresentandoglisi molto al vivo il rigore<br />

del Divino Giudizio. Ahi misero Adolfo, tra sospiri e tremori ansando<br />

(a) Turlot. p. 2. Tomo. 2, Doctr. Christ. cap. 8, lect. 8.<br />

98<br />

esclamava, misero Adolfo, che ne sarà di te? Come innanzi al supremo<br />

Giudice or or comparirai? Ahi chi ora aiuto ti porge, chi ti soccorre! La<br />

Vergine, che ben vedeva e sentiva le angosce del suo Divoto, contener<br />

più non volendo le viscere materne di sua amorosa misericordia, se le fa<br />

tosto vedere tutta gioviale e benigna, con un corteggio fiorito di<br />

Angeli; e con gli amorosi suoi Sguardi, con la sua gioconda Presenza gli<br />

rasserena prima il Cuore; poi riprendendolo dolcemente, Figlio, gli<br />

dice, Adolfo carissimo perchè temi, perchè tanto paventi? Non sei tu<br />

forse mio? E se mio sei, perchè temi la morte? Vieni, vieni pure sicuro,<br />

perchè il mio Divin Figlio, cui tu hai fedelmente servito, preparata ti<br />

tiene la corona di Gloria (b). La consolazione, la gioia, il contento, con<br />

cui restasse il fortunato Adolfo non ho lingua a ridirvelo: saper solo vi<br />

basti, che egli di tal contentezza soavemente morì. O Beato chi è Divoto<br />

di Maria, perdonatemi se a replicarlo ancora son costretto, Beato in<br />

vita, ed assai più nella morte!<br />

5. Notatelo ben bene, Uditori, da quest’altro non meno celebre e giocondissimo<br />

fatto. All’estremo di sua vita giunto era un Giovane nobile,<br />

memorato da <strong>Antonio</strong> Balingo (c), che, tuttochè immerso nel libertinaggio<br />

vissuto fosse, pure di digiunare in pane ed acqua le vigilie tutte<br />

di Nostra Signora ebbe in buon uso. Poco pensava egli all’Anima; e siccome<br />

raffidato nella sua Gioventù stoltamente vivea, era egli l’ultimo a<br />

persuadersi di quella morte, verso cui a gran passi correva. Veruno dei<br />

suoi Parenti e buoni Amici era riuscito nel capacitarlo che egli di accomodar<br />

sollecitamente le partite dell’Anima sua col mezzo di una buona<br />

confessione tenea bisogno. Ci riuscì molto bene però la pietosissima<br />

Vergine; la quale a tal effetto gli mandò un suo divotissimo Religioso<br />

Domenicano (d), acciocchè l’inducesse a confessarsi con pentimento sincero<br />

ed a ricever divotamente gli altri Sacramenti. Si arrese puntualmente<br />

il Giovane e con molte lacrime di vera contrizione eseguì il tutto<br />

e si dispose a morire. Ma a questo gran passo poi non si contentò Nostra<br />

(b) Turlot. Tomo 1, Doctr. Christ. p. 2, cap. 8, lect. 8; et Ap. Auriem. par. 1, Aff. cap. 1.<br />

(c) Calend. 1 feb.<br />

(d) Era il B. Errigo da Castro.<br />

99


Signora che lo assistesse altri in suo nome; gelosa del suo compunto ed<br />

appien ravveduto Divoto, volle degnarsi di venir essa stessa in Persona<br />

ad assisterlo, in compagnia di molte sante che seco dal cielo condusse.<br />

E qui divenuta sua amorosa confortatrice e Maestra, oh i bei atti di fede,<br />

di speranza, di carità, di contrizione, che suggerendo gli andava! E con<br />

tal dolce efficacia, che di veemente contrizione ed amor perfetto morir<br />

lo fece; e con le sue SS.me Mani accolse la bella di lui Anima e seco<br />

all’eterno riposo se la condusse. O fortunatissimo Giovine, che avesti<br />

ancor tu la bella sorte di servirci con l’esperienza per comprova, che per<br />

fare una Santa Morte egli è un validissimo mezzo la divozione verso la<br />

Regina del Cielo!<br />

6. Ma io Ascoltanti miei riveriti, di tai fatti tesser qui ve ne potrei un ben<br />

lungo catalogo. Non vo(glio) però più abusare della vostra sofferenza in<br />

udirmi. Serva per tutti quel che la Vergine stessa di sua propria bocca a<br />

San Giovanni di Dio a tal proposito disse. Trovavasi il Santo all’estremo<br />

del vivere e travagliato da dolori del corpo e da timori dell’Animo,<br />

mandava dalla fronte copiosi freddi sudori. In questo mentre per alleggerirgli<br />

le pene, gli si fece vedere tutta amorosa la gran Madre di Dio;<br />

e dopo avergli con un fino panno asciugati i sudori, così a nostra comun<br />

consolazione gli disse, Non est meum, Joannes, in hac hora meos devotos destituere<br />

(e): non è mio stile Giovanni, lasciare abbandonati in quest’ora<br />

della morte i miei Divoti.<br />

7. Non comportano, adunque, o Maria SS.ma, le vostre materne Viscere di<br />

abbandonar i vostri divoti Figli nella lor morte? O quanto mi riempie<br />

di gioia e di fondata speranza di ben morire un tal graditissimo annunzio!<br />

In altro caso, misero me infelicissimo, come mi troverei? Vi confesso,<br />

Immacolata mia Signora, che se la Misericordia ed il Sangue del<br />

vostro Divin Figlio e la materna vostra Protezione, non mi soccorre in<br />

quel punto tremendo, io quanto a me son disperato. Io non ho forze per<br />

resistere alle fiere battaglie dell’Infernale Nemico; non ho petto da reggere<br />

all’orrende sue visioni; non ho cuore da stare saldo ai rigori del<br />

(e) P. Auriem. p. 1, Aff. cap. 1.<br />

100<br />

vicino particolare Giudizio; non ho bontà, che contrapporre possa alle<br />

mie innumerabili enormi scelleratezze. E perciò, non mi lasciate mai<br />

per pietà in quel punto, mia Gran Signora; non vi scostate da me, altrimenti<br />

perderete in eterno un figlio, che benchè tanto infame e ingrato,<br />

pure si protestò sempre e si protesta di voler vivere e morire vostro<br />

Divoto. Lo so, e voi meglio di me lo sapete, o eccelsa Regina, che io non<br />

merito e non potrò mai meritare né in vita e molto meno in morte, la<br />

vostra amorosa assistenza per le mie continue e gravissime infedeltà a<br />

voi usate: e perciò non ardisco chiederlo per giustizia, ve ne prego per<br />

Grazia, per pura vostra finezza. Si attribuirà ad un eccesso, ad uno strepitoso<br />

Miracolo della Materna vostra pietà e misericordia, è vero; ma<br />

così comparirete voi più gloriosa e benigna quando si risaprà dal<br />

mondo, che voi usaste in morte mille finezze ad un perverso Peccatore,<br />

che meritava ben mille volte l’Inferno. Io adunque, clementissima<br />

Madre, se vi ho da palesar qui in pubblico il mio cuore, che voi già sapete,<br />

affinchè altri si impegnino con le orazioni presso di voi per ottenermi<br />

con le loro suppliche quel che io valevole non son ad ottenerlo con<br />

le mie: lo farò volentieri. Trovandomi così gran Peccatore e così sfornito<br />

di virtù, di buoni abiti, di forze e di meriti; non può darsi al Mondo<br />

Uomo che pel punto della morte, resti più di me timido e sbigottito.<br />

Che perciò, che sarebbe a voi, potentissima Signora, a dispensarmi da<br />

ogni agonia, da ogni combattimento, da ogni penosissimo pericoloso<br />

affanno? Potreste voi degnarvi di farmi con qualche mezzo sicuro, e non<br />

sospetto, consapevole del tempo che a Dio piacerà sprigionarmi da questa<br />

vita; darmi Grazia di santamente dispormi e poi tra le vostre materne<br />

Braccia, morir di subitanea morte. Sarebbe un gran Miracolo, lo so,<br />

una straordinaria Grazia: ma Miracoli appunto e Grazie straordinarie ci<br />

vogliono per salvare un vostro figlio così scellerato e indegno. Ma perdonatemi,<br />

Signora mia, neppure ciò mi basta: so che tutto voi potete,<br />

qualor vogliate. Voi sapete, che io porto nel cuor da voi impresso un<br />

tenero affetto alla vostra Immacolata Concezione: di questa intitolarmi mi<br />

glorio; di questa difendere ho insino il legame del giuramento: ed in<br />

questa per finirla tutte le mie contentezze ritrovo e godimenti. Non<br />

sarebbe dunque tanto disdicevole, che la vostra Misericordia s’impegnasse<br />

a far seguir la mia morte nella Vigilia o nella festa della vostra<br />

Immacolata Concezione; adorando e benedicendo la vostra Immacolata<br />

101


Concezione; ed in questa mia Patria, anzi in questa stessa chiesa della<br />

vostra Immacolata Concezione: ove ardentemente bramo e voglio restin<br />

sepolte le mie povere ceneri; affinchè e vivo e morto sempre io sia della<br />

vostra Immacolata Concezione. Sarebbe eccesso del vostro finissimo amore,<br />

lo so, il così consolarmi. Ma di questi eccessi ho io estremo bisogno: e<br />

questi eccessi appunto vi chiedo, non per mio riguardo, perchè io non<br />

potrò mai meritarli, ma a riguardo vostro e della medesima vostra<br />

Inmacolata Concezione: in riverenza di cui ve ne supplico caldamente e ve<br />

ne supplicherò sinchè durerà questa mia misera vita. Rammentatevi, o<br />

mia fedelissima amorosa Signora, che voi avete promesso di non negare<br />

mai Grazie che in riverenza di questo vostro caro Mistero dimandate<br />

con umiltà vi vengano, e con perseveranza.<br />

8. Supplicatela, dunque, miei cari Uditori, anche voi caldamente, e continuamente<br />

in riverenza del suddetto mistero per la mia buona morte,<br />

come io la desidero; che spero non esservi poi ingrato. E tenete sempre<br />

fisso alla mente a vostro ed altrui vantaggio, che la divozione verso la<br />

SS.ma Vergine è un ottimo mezzo per fare una Santa Morte.<br />

102<br />

SERMONCINO NONO<br />

Recitato nel Sabato in Albis, 8 Aprile 1752<br />

Don <strong>Marcucci</strong> riprende la predicazione dei sabati mariani dopo l’interruzione<br />

della quaresima durante la quale ha accettato di sostituire a Montalto l’assenza del<br />

missionario. Per non interrompere però la devozione dei sabati mariani nel monastero<br />

dell’Immacolata si fa sostituire, come annota alla fine del sermoncino ottavo del 12<br />

febbraio 1752: “In assenza del missionario in tempo di Quaresima sono stati recitati<br />

sette Sermoncini dai suoi amici nei sette sabbati di Quaresima” 9 .<br />

L’argomento del Sermoncino vuole dimostrare che la devozione a San Giuseppe, di<br />

cui da poco si è celebrata la festa, è un mezzo efficacissimo per ottenere la protezione<br />

di Maria SS.ma” 10 . Il testo, sviluppato in sei punti, è lo stesso recitato dall’Autore a<br />

Montalto, Sabato 18 Marzo dello stesso anno, a conclusione del Settenario di San<br />

Giuseppe e vigilia della sua festa.<br />

Nell’introduzione egli ricorda il bisogno che tutti gli uomini hanno della protezione<br />

di Maria e quanto importante sia cercarla e trovarla come hanno fatto i santi. San<br />

Giuseppe, quale sposo purissimo di Maria, può aiutarci ad ottenerla in forza della<br />

purissima ed intima unione di cuore che ci fu tra di loro. Maria desiderava solo far<br />

contento Giuseppe ed adempiere i suoi santi voleri, viceversa Giuseppe nei confronti<br />

della sua Sposa. Vengono portati vari esempi di devoti di San Giuseppe che, attraverso<br />

lui, ottennero una speciale tenerezza e protezione di Maria.<br />

L’Autore conclude raccomandando la devozione a San Giuseppe; suggerisce a tal<br />

fine vari mezzi: la recita quotidiana della Coroncina dei suoi sette dolori ed allegrezze;<br />

la confessione e santa comunione nel giorno della sua festa, la visita al suo Altare,<br />

l’affidamento al suo patrocinio di case, averi e famiglie, come usava fare ogni anno<br />

Santa Teresa che ne fu largamente ricompensata. Infine, un ossequio gratissimo a San<br />

Giuseppe sarebbe fare in suo onore qualche elemosina ai poveri, in particolare per chi<br />

ne avesse possibiltà offrire nel giorno della sua festa un pranzo a tre poveri, in onore<br />

alla Sacra famiglia.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 22, pp. 55-62.<br />

9 Cf. ASC 23, p. 40.<br />

10 Cf. ASC 23, p. 71.<br />

103


Argomento<br />

Il Patriarca San Giuseppe gran Protettore<br />

per ottenere la Protezione di Maria SS.ma.<br />

L’eterna, adorabile, Divina Provvidenza, che a tutte le create cose una disposizione<br />

sì giusta diede, sì ordinata, sì bella, dispose ancora ab eterno, che Colei, la<br />

quale goder dovea la bella singolarissima sorte di vestir nel tempo per opra<br />

Divina di Umana Carne il Divin Verbo, fosse e de’ Cieli, e della Terra l’Arbitra,<br />

la Signora, l’Imperadrice: onde a Lei sogettarsi dovessero umili e riverenti e<br />

quante mai di SS.me pure Creature accoglie l’Empireo; quanti mai di Viventi<br />

contiene il Mondo; e quanti mai ancora di Spiriti traditori e ribelli asconde<br />

l’Abisso. Ammirando noi dunque, Uditori, con riverenza profonda queste adorabili<br />

disposizioni della Provvidenza Divina; e riconoscendo in sì sublime posto<br />

di Padrona universale e Regina l’Immacolata Nostra Gran Signora, MARIA<br />

SS.ma; chi vi ha tra di noi, che nel tempo medesimo non scorga l’estremo bisogno<br />

che abbiamo della sua Protezione potente e Patrocinio. Ed oh, noi cento e<br />

mille volte felici perciò se tra tante nostre miserie stendess’ella verso di noi la<br />

sua benefica Mano e gli Occhi suoi pietosi su di noi poverini ella volgesse! Un<br />

atto solo di sua graziosa clemenza, un solo Sguardo suo amoroso, basterebbe<br />

purtroppo a renderci temporalmente ed eternamente beati: dicendo ottimamente<br />

Sant’Anselmo (a), che siccome non può in conto veruno ripromettersi di<br />

sua salute chi avrà per Nemica la Gran Regina del Cielo; così aver può ogni fondata<br />

speranza di esser salvo chi la gran sorte godrà di averla per Amica e di esser<br />

da Lei riguardato con dolci Sguardi di Avvocata e di Madre: sicut impossibile est,<br />

ut ii, a quibus Maria averterit oculos suos, salventur; ita impossibile est, ut ii, ad quos<br />

ipsa converterit Oculos suos, pro eis advocans, damnentur 11 . Ah perciò con quanta ben<br />

grande ragione andavano impazziti, diciam così e giorno e notte i Santi tutti per<br />

dar sul genio alla Celeste Sovrana; e tentavano mille mezzi, usavan mille maniere<br />

per rendersela cara, amorosa, benigna! Or sì che intendo perché di continuo<br />

ne sospiravano tanto il Patrocinio e la Protezione chiedevan con mille lagrime<br />

tanti Peccatori ravveduti e compunti. E mi sovviene pure al presente, o mia<br />

(a) La nota è solo indicata, ma non ha contenuto.<br />

11 Come è impossibile che coloro dai quali Maria abbia allontanato i suoi occhi si salvino,<br />

così è impossibile che coloro ai quali ella abbia rivolto i suoi occhi facendo invocazioni<br />

per essi, si dannino.<br />

104<br />

Celeste Immacolata Signora, perché il mio povero Cuore, tuttoché di un<br />

Peccator si perverso qual’io ben sono, a voi aspira e ricorre, voi invoca, per voi<br />

sospira, in voi si abbandona e su di voi tutte le sue speranze ripone, tutti i suoi<br />

contenti ritrova. Ah ah, quante volte Signora mia, o pure esclamato, ed esclamo,<br />

Protezion di Maria dove sei? Patrocinio di Maria, dove abiti? Amor della<br />

mia Immacolata Signora dove dimori? Se tu sei nel Cielo, or lassù mi slancio di<br />

volo: se di là dai Mari, ora mi getto nell’acque: se sotto Terra, or laggiù mi profondo.<br />

Ah, mille volte beato chi vi serve di cuore e vi ama; chi da voi è patrocinato<br />

e protetto! Or se è così, cari i miei Uditori, che la Protezion di Nostra<br />

Signora tanto è necessaria per noi e vantaggiosa; come faremo poi per ottenerla?<br />

Ma buon per noi, che la dolce rimembranza ricorre del suo purissimo Sposo<br />

Giuseppe. A questi dunque premuroso ricorso facciamo per impetrarla; per esser’egli<br />

appunto un Grande Avvocato per ottener la Protezione di Maria. Per chiusa di<br />

questo sacro Settenario tanto dimostrarvi mi impegno. Attendete. Incomincio.<br />

1. Quella sacra, purissima ed intima Unione dei Cuori che il Santo Patriarca<br />

Giuseppe ebbe con l’Imperadrice del Cielo Maria, per mezzo dell’ineffabile<br />

Divino Sposalizio, che tra i Gigli illibati di Purità Verginale con Lei<br />

contrasse e sempre inalterabilmente mantenne, fece pur che la Vergine lo<br />

rendesse in alto grado partecipe dei suoi più teneri affetti; lo riguardasse<br />

come suo caro Nutrizio e Custode; e da umile divotissima Suddita, come<br />

a suo amato Superiore, gli si sogettasse ancor e l’ubbidisse. Chi può ridir<br />

pertanto quanto possenti ed efficaci siano presso di Nostra Signora le preghiere<br />

del suo Purissimo Sposo, se presso Lei ordini tutti sono e rispettosi<br />

comandi? Non brama altro Maria che dar sul genio a Giuseppe; ed in<br />

adempier i suoi santi Voleri tutta la gioia ella pruova, tutto il contento.<br />

O quanto ben lo chiamò adunque il suo tenero divoto Gersone (b), un possente<br />

ed efficace Avvocato presso la sua purissima Sposa, potentem, et imperiosum<br />

Patronum apud Sponsam suam! Ed o con quanta ragione ancora dalla<br />

Ven. Suor Maria di Agreda troviamo noi scritto, essere stato a Lei rivelato<br />

dal Cielo (c), che col mezzo della divozione verso il Santo Patriarca<br />

Giuseppe si otteneva sicuramente la Grazia e Protezion di Maria!<br />

(b) Ser. De S. Joseph.<br />

(c) Tomo 3, Myst. Civ. § 892.<br />

105


2. Tutto ciò molto bene sapendo il Beato Ermanno, Canonico dell’Ordine<br />

Premostratense, siccome altra mira non aveva, altra premura, se non di<br />

rendersi propizia ed amante la gran Sovrana del Cielo, si appigliò perciò<br />

con calore ad ossequiar grandemente il Santissimo Patriarca<br />

Giuseppe. E tanto vi volle, affin si movesse la Vergine ad usargli ben presto<br />

le più care finezze, che ella mostrar potesse su questa Terra ad un suo<br />

prediletto Divoto; voglio dire col farsi sua Sposa. Perciocché ritrovandosi<br />

Ermanno una notte ad orar nella Chiesa, si vide apparir corteggiata<br />

dagli Angeli la Celeste Regina; la quale con la sua sacra Destra prendendo<br />

quella di lui, fece da un Angelo dirgli nel tempo stesso, Questa<br />

purissima Vergine, o Ermanno, ti vien conceduta in Isposa, come già fu sposata<br />

a San Giuseppe; affinché tu per tale Sposalizio prendi il nome di lui; ed in poi<br />

Giuseppe ti chiami (d). Ma non finirono qui le finezze di Maria verso di<br />

Ermanno. Ah, egli pur fortunato! Il Santo Patriarca perorava continuamente<br />

per lui. Quindi un’altra notte, trovandosi il divoto Religioso in<br />

orazione, fu favorito di nuovo dalla gran Madre di Dio, che seco in<br />

Braccio teneva il suo Divin Pargoletto; e consegnandoglielo nelle Mani,<br />

Tieni, gli disse, porta il mio Divin Figlio, come portato fu dal mio purissimo<br />

Sposo Giuseppe. Tanto è vero, Uditori, che per far acquisto sicuro della<br />

Grazia e Protezion di Maria non ci è mezzo più proprio ed efficace, che<br />

quello del nostro potentissimo Santo.<br />

3. E come no, se la Vergine stessa non altro brama se non che glorificato<br />

sia il suo Sposo, riverito venga da noi ed ossequiato; e si protesta esser<br />

questo il bel modo per divenir partecipi delle finezze più tenere del suo<br />

amorosissimo Cuore? Mentisco io forse? No no, di certo. E Santa Teresa<br />

me ne fa cento e mille attestati. Ognuno sa con quanto calore si operasse<br />

la Santa in promover e in voce e in Lettere per tutta la Spagna e dir<br />

possiamo ancor in tutta l’Europa, la tenera divozione verso il suo prediletto<br />

Protettor San Giuseppe. Or quali ricompense poi non ne ottenne<br />

dalla Gran Vergine? In una Visione la ringraziò grandemente di tanto<br />

zelo e fervore avuto per l’onor del suo Sposo (e). In un’altra apparizione<br />

(d) Surius, Tomo 7, De Vit. SS., die 8 April., P. De la Crux in Nortulo Mariam., Ave pl. 3,<br />

cap. 1, pag. 130.<br />

(e) S. Teres. in Vit., cap. 33.<br />

106<br />

la vestì di un candido Manto, le rinnovò la dimostrazione del gran contento<br />

che avea nel vederla tutta divota del SS.mo Patriarca e le pose al<br />

collo una collana di oro con una bella Croce pendente (f). Ed in poi<br />

quando Teresa ricorreva per qualche grazia alla suddetta Regina del<br />

Cielo; questa la rimandava al suo caro Sposo Giuseppe per conseguirla;<br />

come racconta essa stessa la Santa.<br />

4. Grandi furono pur le espressioni di tenerezza che a tal proposito alla sua<br />

diletta Suor Maria di Agreda la gran Vergine fece, quando apparendole un<br />

giorno (g), Per l’avvenire, le disse, procurerai di avanzarti nella divozione del<br />

mio santo Sposo Giuseppe. In tutte le tue necessità hai da valerti della sua<br />

Intercessione: movendo alla divozione del Santo quanti ne potrai; e molto più le tue<br />

Religiose, acciocché si avvanzino in essa. Che non ne disse poi Nostra Signora<br />

al suo divoto Religioso Baldassarro Alvarez, stato Confessor tanto tempo<br />

di Santa Teresa? Trovavasi egli in Vagliádolid, quando apparendogli un<br />

dì la Regina del Cielo e predicendogli una grave malattia che avea tra<br />

poco a soffrire, comandogli che di buon cuore al suo Sposo Giuseppe ei<br />

ricorresse (h). Or potea darci sicurezze maggiori la Vergine per farci capire,<br />

che per incontrare il suo genio, il suo gradimento, per goder della sua<br />

Protezione, del suo Patrocinio, amar conveniva il suo Sposo purissimo<br />

esserne vero Divoto e il culto ancor propagarne con tutto lo zelo?<br />

5. E qual fine, credete voi, Uditori, se non questo, essere stato quello di<br />

Maria SS.ma in comparir tante e tante le volte a’ suoi Divoti in compagnia<br />

di San Giuseppe? Ah che l’Immacolata Signora volea ben’innamorarli<br />

del suo Sposo con far loro veder l’impareggiabile di lui bellezza,<br />

con far loro ascoltar le voci di lui amabilissime! Così di fatto ne accrebbe<br />

l’Amore a Santa Teresa, allorché col Santo Patriarca le apparve e la<br />

vestì di quel bianchissimo Manto, che poc’anzi dicemmo. Così alla Ven.<br />

Suor Francesca del SS.mo Sagramento, vera Imitatrice e figlia di S. Teresa,<br />

allorquando ed una e due volte gli portò il purissimo di Lei Sposo a con-<br />

(f) S.Teres. cap. 2, Fundat. Monast. Abul.<br />

(g) Tomo 3, Mist. Civ., §. 894.<br />

(h) Grassetti Jesuit., lib.1, c. 13, pag. 194.<br />

107


fortarla nei suoi gravi dolori di una malattia penosissima (i). E per finirla,<br />

così ossequioso rese di San Giuseppe insino uno schiavo etiope in<br />

Napoli, qualor insiem col suo Sposo gli apparve, lo ridusse alla fede e<br />

di Giuseppe il nome glorioso gl’impose (k). Non andiam più cercando<br />

adunque ulteriori testimonianze, di grazia, avanzando purtroppo le sin<br />

qui addotte, affin di rimaner persuasi, che il mezzo per sicuramente<br />

goder la Grazia della Nostra Celeste Sovrana è di farsi divoto di San<br />

Giuseppe; attesochè e questa divozion del suo Sposo le ruba il Cuore e<br />

questo Sposo ottien da Lei quel che vuole.<br />

6. Deh se è così, Ascoltanti miei cari, io in questa sera col cuor sulle labbra<br />

a consacrarvi agli ossequi di questo SS.mo Patriarca vi scongiuro e<br />

vi prego. Ogni sera la divota recita della sua Coroncina dei sette suoi<br />

Dolori ed Allegrezze raccomandata vi ho con calore; ma in questa sera<br />

vi supplico di ben nuovo a non mai tralasciarla in tutto il vostro rimanente<br />

di vita. Altre divote pratiche ancora in onor suo, per maggiormente<br />

impegnarlo presso la Nostra comune Signora a vostro vantaggio,<br />

voi far da quando in quando potreste. Primieramente confessarvi divotamente<br />

e comunicarvi dimani, ch’è la sua gloriosissima festa, visitare<br />

il suo Altare e passarvela una buona parte del giorno in recitare orazioni<br />

a suo onore, in dedicarvi per suoi e dedicargli ancor sotto il suo<br />

Patrocinio le vostre Case, i vostri Averi, le vostre Famiglie: e ciò rinnovarlo<br />

con puntualità fervorosa in ogni anno. Così stilava Santa Teresa e<br />

ne fu sì largamente ricompensata. Secondariamente, provvedervi di una<br />

sua divota Immagine e tenerla a capo dell’Inginocchiatoio o del Letto,<br />

per riverirla mattina e sera, o tra giorno; e così rinnovare ogni tanto<br />

verso di lui i vostri teneri affetti; e a lui pronti ricorrere in tutti i vostri<br />

bisogni; come la poc’anzi memorata Santa praticare soleva. In terzo<br />

Luogo, quando possibilità aveste, potreste nelle vostre più urgenti<br />

necessità di soccorso, far celebrar, in onor suo qualche Messa, come<br />

usava la detta S. Teresa ed in suffragio di quei Defunti, che quando vissero,<br />

furono i più divoti di lui: o almeno sentirne qualcuna a tal’effetto.<br />

(i) Lanuzza in vit. Lib. 1, c. 2, n. 12.<br />

(k) Massi exempl.77.<br />

108<br />

In quarto luogo potreste far dentro l’anno nove Comunioni a sua gloria,<br />

precedenti alla sua festa i nove giorni che corrispondessero alla qualità<br />

del Giorno in cui la festa sua celebrata esser debba: conforme per ordine<br />

medesimo del Santo stilò di fare la Ven. Giovanna degli Angeli<br />

Orsolina, sua molto cara e divota (l). Finalmente, un ossequio gratissimo<br />

al S. Patriarca sarebbe il fare in suo onore una qualche limosina ai<br />

poverelli e in particolare chi di voi possibiltà si trovasse, potrebbe in<br />

ciascun’anno nel Giorno di dimani fare un pranzo a tre Poveri, voglio<br />

dire, ad una povera Donna con un fanciullo e ad un povero Vecchio, ad<br />

onor di Maria, di Gesù e di Giuseppe. In Roma ed in tante altre parti<br />

viene ciò praticato da vari Divoti; e con tanto vantaggio che potrebbe<br />

ridircelo quel sì pio Mercatante; il qual con una Morte dolcissima e con<br />

una eternità di beatissima Gloria dal nostro gran Santo di tale atto di<br />

pietà la ricompensa ne ottenne (m). Insomma o l’uno, o l’altro di questi<br />

ossequi o tutti, praticar voi potreste. O allora sì impegnato sempre<br />

vedreste, ve l’assicuro, il SS.mo Patriarca in vostro favore presso la sua<br />

possente purissima Sposa in tutti i vostri bisogni! Allora, chi più di voi<br />

fortunati, godreste le più tenere finezze del Patrocinio e Protezion di<br />

Maria; la quale, non solo, a contemplazion del suo Sposo, vi feliciterebbe<br />

in questa vita; ma insiem col suo Sposo vi farebbe eternamente beati.<br />

Amen.<br />

(l) Barius in Alim. Pietat.<br />

(m) S. Vinc. Ferr., Ser. De Nativ. Domine.<br />

109


SERMONCINO DECIMO<br />

Recitato Sabato 15 Aprile 1752<br />

Il Sermoncino sviluppa l’argomento in sette punti ed una introduzione. Si propone<br />

di dimostrare la cura della gran Vergine nel difendere i suoi devoti dai continui ed<br />

insidiosi assalti del demonio.<br />

I Padri della Chiesa riconoscono a Maria SS.ma tutto il potere concessole da Dio<br />

contro il demonio. Esso è stato sperimentatato da tanti devoti e dunque possiamo confidare<br />

anche noi di sperimentarlo.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 71-74; poi<br />

riprende a p. 91-94.<br />

Argomento<br />

La gran Regina del Cielo ha un mirabile potere nel difendere<br />

i suoi Divoti da tutti gli assalti del Nemico Infernale<br />

La spaventevole ed irreparabile caduta del superbo ed orgoglioso Lucifero e<br />

dei suoi protervi seguaci (a), fu senza fallo, Uditori, non meno a lui di un indicibile<br />

precipizio, che a noi ed al Mondo tutto di una ben grande e lacrimevole<br />

rovina. Perciocchè vedendosi egli con i suoi fautori discacciato dal Cielo,<br />

mutato in orribil demonio e condannato ad eterni supplizi, pigliarsela non<br />

potendo direttamente contra il suo tremendo ed onnipotente Giudice supremo,<br />

pensò di sfogar la sua rabbia contra di noi miseri mortali e verso noi volger<br />

tutti i suoi più furibondi ed inesplicabili sdegni. Che perciò, prevedendo<br />

ben tutto questo l’evangelista Giovanni, compassionando tali nostre sventure,<br />

guai alla misera Terra, al Mare, all’Universo tutto, ad esclamare si pose,<br />

perchè su di voi discende, precipitato dall’empireo, Lucifero spumante di rabbia,<br />

Vae Terrae, et Mari, quia descendit Diabolus ad vos, habens iram magnam (b) 12 .<br />

Di fatto, quali mai effetti del suo furor noi non isperimentiamo tutt’ora?<br />

Tentazioni di mille sorti, insidie ed inganni di mille specie, dispetti e danneggiamenti<br />

di mille guise son le occupazioni sue continue, sempre intente<br />

(a) Apoc. 12, 9.<br />

(b) Apoc. 12, 12.<br />

12 Guai alla terra e al mare perché discende a voi il diavolo con una grande ira.<br />

110<br />

alle nostre rovine. Ora ci combatte apertamente ed or alla nascosta: or con<br />

pessime suggestioni ed or sotto apparenza di bene: senza che mai si riposi e<br />

giorno e notte; o che condoni a fatiche, o si sgomenti per perdite. Non la perdona<br />

nè alle Anime nostre, nè ai nostri Corpi, nè ad Averi, nè a case: non la<br />

risparmia nè ai Giovani, nè ai Vecchi, nè ai Peccatori, nè ai Giusti: anzi contro<br />

di questi alza le batterie più potenti, muove battaglie le più vigorose:<br />

insomma come ben disse il poc’anzi Santo memorato Giovanni, seducit<br />

Universum orbem (c) 13 ; e sempre infierito, come un affamato rabbioso Leone, va<br />

girando ogni strada, ogni luogo, per minimo che sia, per fare luttuosissima<br />

strage di ogni Anima, di ogni Persona, di ogni Mortale: conforme il Principe<br />

degli Apostoli San Pietro ce ne diede l’avviso, tamquam Leo rugens circuit, quaerens<br />

quem devoret (d) 14 . Miseri dunque, infelicissimi noi, Ascoltanti miei cari,<br />

destinati a vegliar continuamente sulle trame di un Traditor così scaltro e<br />

maligno; a combatter di frequente con un Nemico sì infierito e possente!<br />

Come faremo mai per non imbatter nei suoi Lacci, per non dar nelle sue reti,<br />

per rigettar i suoi colpi, per resister alle sue battaglie? Egli è vero, che la<br />

Scrittura ci ammonisce a star sempre perciò vigilanti (e) e a non fidarci delle<br />

sue lusinghe, a non badare alle sue minacce, a non atterrirci dei suoi assalti ed<br />

a fortificarci con la bontà dei costumi e con le orazioni contro dei suoi combattimenti<br />

(f). Ma con tutto questo, o quanto pur siamo costretti a star del<br />

continuo con palpitazioni di cuore! Lodi però siano all’Altissimo Iddio, che<br />

provveder ci ha voluti di uno Scudo così forte, di un Riparo così inespugnabile,<br />

voglio dir della sua SS.ma Madre e Nostra Immacolata Signora, Maria<br />

SS.ma. Udite di grazia, se che mirabil potere Ella abbia in difendere i suoi Divoti<br />

da tutti gli assalti del Nemico Infernale. Incomincio.<br />

1. Che la nostra eccelsa Signora di un dominio e Poter così alto, singolare,<br />

maraviglioso, arricchita fosse da Dio; talchè sin dal primo felicissimo<br />

Istante dell’Immacolata di lei Concezione ottenesse la Monarchia<br />

(c) Apoc. 12, 9.<br />

13 Seduce tutto il mondo.<br />

(d) 1 Pet. 5, 8.<br />

14 Come un leone ruggente circuisce cercando chi divorare.<br />

(e) S. Bern. Sen., Tomo 4, co. 61, ar. 1, cap. 7.<br />

(f) Greg. de Valent., Tomo 4, p. 3, d. 3, q. 1, pun. 2.<br />

111


dell’Universo ed una plenipotenza meritasse all’intutto mirabile sovra del<br />

Cielo, su della Terra e dell’Inferno; egli è, Uditori, una verità così certa,<br />

che non solo dai Santi ci si addita ed in specie da San Bernardino da Siena<br />

(g), ove dice In primo instanti suae Conceptionis Monarchiam promeruit Maria<br />

totius, et obtinuit Universi 15 ; ma eziandio dalla stessa ragione ci si dimostra.<br />

Perciocchè, siccome l’altissimo Dio, avendo sin da secoli sempiterni prescelta<br />

la Gran Vergine per sua Madre e per Arbitra e Padrona di tutto, la<br />

considerò ancora ed la onorò per tale in ogni istante nella pienezza dei<br />

tempi; così fu duopo secondo le adorabili e giustissime Leggi della<br />

Provvidenza Divina, che al sublime, singolare e degnissimo posto e pregio<br />

di sì gran Signora tutte le altre nobili sue Prerogative corrispondessero<br />

e specialmente il Potere, di cui sì riccamente fu adorna. Quindi supera<br />

di gran lunga la sua Potenza quanta mai ne posseggon gli Spiriti tutti<br />

dell’Abisso, gli uomini e potentati tutti della Terra, gli Angeli e Santi<br />

tutti del Cielo. E qualora al suo Potere o l’imperfezione ed indecenza,<br />

oppur la contraddizione non si opponga, non ha esso limite. Che lo termini,<br />

non misura che lo circoscriva, non intelligenza creata che lo comprenda:<br />

perchè è un Poter di Madre dell’Onnipotente; come riflette San<br />

Bernardo, non deest Mariae potestas, quia Mater est Onnipotentis 16 ; a cui solo,<br />

allo scriver del Suarez, è riserbato il comprenderlo: giacchè Dio solo supera<br />

il poter della sua Madre; e come una partecipazione dell’Onnipotenza<br />

sua divina lo riconosce: potentia Virginis, così Gregorio di Valenza, potentia<br />

Dei (h) 17 . Onde io non sono punto a farmi maraviglia, Uditori, se il<br />

Dottor Serafico a chiamar Nostra Signora si pose col titolo di<br />

Onnipotente, Domina nostra onnipotens post Dominum (i) 18 : e se la Chiesa<br />

santa, come ammaestrata all’intutto e guidata sempre dallo Spirito Santo,<br />

per antonomasia con ragione la chiama Vergine potente, Virgo potens.<br />

(g) S. Bern. Sen., Tomo 4, co. 61, ar. 1, cap. 7.<br />

15 Nel primo istante della sua Concezione Maria meritò e ottenne la monarchia di tutto<br />

l’universo.<br />

16 Non manca la potestà di Maria perché è Madre dell’Onnipotente.<br />

(h) Greg. de Valent., Tomo 4, p. 3, d. 3, q. 1, pun. 2.<br />

17 Potenza di Maria, potenza di Dio.<br />

(i) San Bonav. in Psalm.<br />

18 La nostra Signora onnipotente dopo il Signore.<br />

112<br />

2. E quanto sia essa potente, ben lo sa il Principe delle Tenebre a suo marcio<br />

dispetto, ben lo sa tutto l’Inferno. Rammentasi ben egli Lucifero e spumante<br />

di sdegno freme tutt’ora ed arrabbia delle sue totali sconfitte che la<br />

nostra possente Signora gli diede sin dal primo Immacolato momento di<br />

sua Concezione: avendo egli allora sperimentato il formidabile peso di<br />

quella divina minaccia, Ipsa conteret caput tuum (k) 19 . Se ne rammenta sì, sì,<br />

lo ripeto; e tutto giorno i deplorabili effetti ne prova. Perciocché se la vede<br />

il demonio a scorno e danno suo, sempre armata per combatterlo e trionfare<br />

di lui, a guisa di un terribil vittorioso esercito di una ben’ordinata<br />

Soldatesca e valorosa, Terribilis, ut Castrorum acies ordinata (l) 20 ; ed è pur forzato<br />

il Superbo a confessare che la potente Regina del Cielo manda in aria<br />

tutte le mine e gli stratagemmi di lui; essa rovina tutte le sue macchine ed<br />

artifizi; essa taglia tutte le sue trame ed orditure maligne; essa atterra tutte<br />

le sue tentazioni e gli sforzi; gli toglie le più care e veterane conquiste; gli<br />

annulla ogni qualunque padronanza e dominio e a viva forza lo caccia;<br />

come egregiamente disse il sapientissimo Idiota (cioè il Beato Raimondo<br />

Gìordano che sul principio del secolo X visse), Maria jugum diaboli extrudit<br />

(m) 21 . Insomma, che essa è la rovina, il terror di tutto l’Inferno, come scrisse<br />

San Bonaventura, Virgo Beata terror demonum 22 ; e che al solo Nome sacrosanto<br />

di Maria va sottosopra in tremor tutto l’Abisso, urlano di spavento<br />

i demoni e si caccian precipitosi entro le più profonde sotterranee caverne<br />

della loro penosissima Carcere.<br />

3. Sì, sì, tutto ciò, a gloria maggiore del mirabile ed altissimo Poter della<br />

Vergine, è purtroppo forzato il demonio a confessarlo. Che se voi ne bramaste,<br />

Uditori, di qualche fatto il contesto, vel dia qui sulle prime quel vago<br />

gentil Giovanetto del Messico, che avendo valorosamente rigettati gli assalti<br />

di una donna impudica e venendo poi fieramente tormentato dal<br />

(k) Gen. 3.<br />

19 Ella schiaccerà il tuo capo.<br />

(l) Cant. 3, 6.<br />

20 Terribile come esercito schierato.<br />

(m) Idiot. ap. lib.3, Bibl. SS. PP.<br />

21 Maria allontana il giogo del diavolo.<br />

22 La beata Vergine, terrore dei demoni.<br />

113


Traditore Infernale con le laide e vive rappresentanze della sua Assalitrice;<br />

appena fatto ricorso al gran poter della Vergine, che tosto cedette confuso il<br />

demonio; ed al divoto Giovine una specie così orrida fu infusa di quella rea<br />

donna, che a guisa di una furia d’Inferno ad occhi aperti la ravvisò e continuamente<br />

la abborrì (n). Un altro contesto vel porga quella famosa e tanto<br />

rinomata Penitente Aleide della città di Bona in Alemagna. Questa, come<br />

voi ben saprete, fattasi Religiosa, era divenuta il bersaglio, direm così, di<br />

Lucifero: tanto la travagliava giorno e notte e con fiere tentazioni e con visioni<br />

spaventose e con orribili minacce. Molti sacri rimedi le furono consigliati,<br />

ma le eran di giovamento per allora soltanto e poi si trovava sempre ai<br />

soliti cimenti. Una Religiosa vi fu che consigliolla un giorno, che qualora<br />

tornato fosse il Maligno a molestarla, dicesse essa tosto ad alta voce Ave<br />

Maria. Tanto eseguì Aleide: e tanto vi volle, affinchè il demonio tutto tremante<br />

si ritirasse, dando mille maledizioni a chi così consigliata l’aveva (o).<br />

4. Chi fu mai, Uditori, che dalle zanne del Principe delle tenebre preservò<br />

quell’altra divotissima donna, memorata dal De Voragine (p), cui<br />

essendo sortita la disgrazia di imbattersi in un Marito sì empio; aveva<br />

questi patteggiato col demonio di portargliela in un certo sito e consegnargliela<br />

in dono? La nostra eccelsa Signora fu quella che col suo<br />

Potere ed in Persona a dar pronto soccorso alla sua divota si mosse: perciocché<br />

pigliando la forma ed il sembiante di colei, si fece portar innanzi<br />

a Lucifero nel destinato sito; e colà giunta, fulminando quel Mostro<br />

di Abisso subbissare lo fece; e riprendendo severamente quel Maluomo<br />

a penitenza lo ridusse. Tanto egli è grande il potere della Vergine in<br />

difendere i suoi divoti da tutti gli assalti del Nemico Infernale.<br />

5. Ne bramate altri contesti? Su, su, parli il Beato Angelino Carmelitano e<br />

vi ridica, se con qual mezzo egli si difendesse da Satana, allorché in sembianza<br />

di fier Leone gli apparve, in atto di volerlo sbranare? Ed udirete,<br />

che col solo stender la Corona di Nostra Signora che egli fece verso<br />

(n) Auriem., Tomo 1, Af. cap. 16, prop. fin.<br />

(o) Cesarius in Spec. exempl.2.<br />

(p) Non è indicato nulla.<br />

114<br />

l’orrida bestia, tra mille ruggiti in precipitosa fuga lo pose (q). Parli il<br />

divoto Vincenzo Andria Francescano e vi conti se con qual’arte egli si<br />

difese dal demonio, qualor, permettendolo Dio, lo tirò fuori del letto,<br />

lo trascinò pel dormitorio e lo caricò di percosse? E sentirete ridirvi<br />

esser’egli scampato con l’invocazion di Maria; la quale, accorrendo, fece<br />

provare gli effetti del suo gran Potere e al suo divoto col liberarlo e al<br />

suo Nemico col farlo partir tosto vinto, svergognato e confuso (r). Parli<br />

ancora il celebre ... Ma che accade cercar altri contesti; se la stessa esperienza,<br />

che abbiamo anche noi forse più e più volte goduta del potente<br />

Patrocinio di Nostra Immacolata Signora, ci fa anche toccar con mani<br />

di qual peso sia la sua possanza contro il nostro comune Nemico.<br />

6. Rimane solo adunque, Uditori, che noi, giacché ai continui assalti di<br />

Nemico sì implacabile, sì astuto, sì fiero siamo esposti tutt’ora, gettiamo<br />

con tutto il cuore nella potentissima Vergine tutte le nostre speranze,<br />

facciamo Lei condottiera e regolatrice delle nostre battaglie; a Lei<br />

ricorriamo sovente con viva fiducia: e a guisa di suoi buoni e fedelissimi<br />

soldati, cresciamo sempre più nel suo tenero amore, nel suo puntuale<br />

servizio; e così ci manteniamo costantemente sino alla morte.<br />

7. O allora sì, o mia potente Immacolata Signora, si scateni pur contra noi<br />

tutto l’Inferno, ci combatta pure, ci assalti a suo talento: qualor voi combatterete<br />

per noi, qualor il vostro eccelso potere teniate a favor nostro<br />

impiegato, qualor come vostri fedeli servi e cari figli ci sosteniate; tante al<br />

certo saranno a gloria vostra le vittorie, quante saran le battaglie. Ah per<br />

pietà, adunque, per la vostra Immacolata Concezione, non ci abbandonate<br />

mai, mia Gran Signora; tenete sempre impiegato il vostro Braccio potente<br />

in nostro aiuto e difesa; e fate, che a confusione eterna del vostro e comune<br />

nostro Nemico, possiamo anche noi esclamar tutti giulivi, come fecero<br />

tanti vostri divoti, che ora han la bella sorte di godervi in Cielo, Si Maria<br />

pro nobis, quis contra nos? Ipsa nos adiuvante, salvi erimus 23 . Amen.<br />

(q) Sandeus. Hist. lib. 8.<br />

(r) Auriem. Tomo 2, Affect. cap. 8.<br />

23 Se Maria è a nostro favore chi contra di noi? Se Ella ci aiuta, noi saremo salvi.<br />

115


SERMONCINO UNDECIMO<br />

Recitato Sabato 22 Aprile 1752,<br />

nella Chiesa Prepositurale di San Giacomo Apostolo<br />

Don <strong>Marcucci</strong> recita questo Sermoncino nella vicina chiesa di San Giacomo 24<br />

“in occasione che ivi, secondo il solito giro, si trovava collocata ed esposta alla pubblica<br />

adorazione la miracolosa immagine di Maria SS.ma, detta la Madonna del<br />

Clero” 25 . Ad ascoltarlo ci saranno state le religiose dell’Immacolata e i fedeli, soliti<br />

alla devozione dei sabati mariani che si svolgeva nella vicina chiesa dell’Immacolata.<br />

Nell’introduzione l’Autore prepara i fedeli all’esposizione dell’argomento. Trae<br />

spunto dall’Apostolo San Giacomo a cui è dedicata la Chiesa; secondo la tradizione<br />

storica, il santo predicò il Vangelo per cinque anni in Spagna. Un giorno, mentre si<br />

trovava a Saragozza, le apparve la Vergine Santa e gli chiese di farle costruire una<br />

Chiesa dove sarebbe accorsa tanta gente a venerarla ed Ella avrebbe preso sotto la sua<br />

speciale protezione quella parte della Nazione.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> si propone di dimostrare che il concorrere e portarsi a venerare<br />

nelle Chiese le sacre immagini di Maria è un bel mezzo per essere da Lei protetti.<br />

Ricorda la lotta che durante alcuni secoli è stata fatta contro le immagini sacre,<br />

ma, “nonostante tante menzogne e bestemmie, il venerare le sacre immagini è cosa<br />

degna di lode, necessaria, santa e di indicibile giovamento a chiunque devotamente<br />

la pratica”.<br />

Conclude con una preghiera alla Vergine Santa per chiederle, con accenti di vero<br />

innamorato, di concedere ai presenti i favori promessi alla Spagna per mezzo di<br />

San Giacomo ed invita gli ascoltatori a ripetere con lui: “O mia Immacolata Signora,<br />

prendi sotto la tua tutela e protezione questa città e tutti i suoi abitanti”.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 113-120.<br />

24 La costruzione della chiesa parrocchiale di san Giacomo apostolo risale al 1100. Nella sua<br />

prima costruzione ebbe la facciata anteriore ad occidente della Piazza, di fronte all’ingresso<br />

del monastero delle Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione (Cf. CIANNAVEI GIUSEPPE<br />

IGNAZIO, Compendio di Memorie Istoriche, 1797, ristampa con note e indici di Giannino<br />

Gagliardi, Ascoli Piceno 1995, pp. 64-78).<br />

25 Cf. ASC 23, 113.<br />

116<br />

Argomento<br />

Il concorrere e portarsi nelle Chiese a venerar le sacre Immagini<br />

di Maria è un bel mezzo per essere da Lei protetti<br />

Non vi sembri strano, Uditori miei Riveriti, se da un piccolo sacro Tempio alla<br />

Nostra Immacolata Signora dedicato, ad un altro più sontuoso e magnifico, ove<br />

di presente la sua sacrosanta miracolosa Immagine alla pubblica venerazione, in<br />

ricco Altare collocata, ed esposta si adora, io, seguitando la solita divozione del<br />

Sabato, faccio in questa sera passaggio. Quella stessa ragione, per cui voi mossi<br />

vi siete ad intervenirvi, quella stessa, ripeto, a così risolver mi ha mosso. La tenera<br />

divozion della Vergine e la premura della sua maggior gloria, vi ha qui al certo<br />

portati. Lo stesso dite di me; che (benché nella divozione effettiva son senza fallo<br />

da voi superato, non così però crederei, almen nel buon cuore e nell’affetto) conoscendo<br />

da questo Luogo potersi ampliar maggiormente il Culto e le Glorie di<br />

Nostra Signora stante il numero maggiore che avrei goduto di pii e divoti<br />

Uditori, a sceglier questo sacro Tempio perciò risoluto mi sono. Sebbene, cosa<br />

mai potrò dirvi stasera, che alla maggior<br />

Gloria della Vergine ridondi e al<br />

merito vostro ed alla vostra pietà<br />

adattato riesca? Su; lo stesso Apostolo<br />

San Giacomo il maggiore ci suggerisca<br />

intorno a ciò qualche ottimo insegnamento,<br />

giacché entro le Sacre Mura a<br />

lui consacrate noi or ci troviamo. Ed<br />

appunto egli, che fu tra gli Apostoli<br />

così ossequioso verso la Gran Madre<br />

del suo Divino Maestro, con un fatto<br />

a lui accaduto, ce ne porge già pronto<br />

un bel documento. Voi ben saprete,<br />

Uditori, come il Santo Apostolo per<br />

attestato, dirò così, comune degli<br />

Storici e della stessa Chiesa nelle sue<br />

lezioni, si portò a predicar nella<br />

Spagna (ove si trattenne cinque anni).<br />

Fermatosi nella Città di Saragozza in<br />

Aragona, vicino al tanto celebre<br />

Facciata della Chiesa di San Giacomo apostolo<br />

di Ascoli Piceno, sec. XIII.<br />

117


fiume Ebro, gli apparve sopra una Colonna di Giaspido, che ivi era, Maria SS.ma;<br />

e gli ordinò che ivi in onore di Lei fabbricasse una Chiesa (la quale fu la prima<br />

nella Spagna, che sino ad oggi si conserva sotto il titolo di Nuestra Señora del<br />

Pivar); e gli aggiunse la Vergine, che ivi sarebbe concorsa molta Gente a venerarla<br />

e che perciò ella sin da allora prendeva quella parte della Spagna sotto la sua<br />

Protezione e Tutela; et ego usque modo hanc Hispaniae partem sub mea tutela suscipio<br />

ac protetione (a) 26 . Questo è il fatto, avvenuto a San Giacomo Apostolo. Eccone<br />

l’epifonema, il documento. Il concorrere e portarsi a venerare nelle Chiese le sacre<br />

Immagini di Maria, è un bel mezzo per esser da Lei protetti. Bramate rimanerne più<br />

certiorati? Favoritemi di attenzione. Sarò a soddisfarvi.<br />

1. Tuttochè con cento e mille diabolici raggiri e con esecrande bestemmie si<br />

aiutassero quasi sul principio del Secolo ottavo a discreditare e togliere<br />

affatto il culto dovuto alle Sacre Immagini, gli orientali eretici Iconomaci o<br />

Iconoclasti, come vogliam chiamarli; allorché nel settecentoventitre diede<br />

loro l’origine l’iniquissimo Giudeo Tiberiadiano, nominato Savantapeco; e<br />

prestò loro tutto il braccio, con tanta strage delle Sacre Immagini e de’ pii<br />

Cattolici, prima il Re dei Saraceni Gezido e poco dopo il Mostro dell’empietà<br />

Leone Isaurico Imperador dell’Oriente e l’infame Costantino Copronimo<br />

suo successore e figlio; insieme col perverso Anastasio Vescovo di Frigia, ed<br />

altri 338 Vescovi Greci, tutti empi iconoclasti (b): e per quanto mai si<br />

armassero con inaudite crudeltà a danno delle Immagini Sacre nel nono<br />

Secolo gli altri non meno iniqui Imperadori orientali Leone Armeno, Michele<br />

Balbo e Teofilo; come pur nel Secolo decimoquarto l’Eresiarca Giovanni<br />

Uriclefo Inglese; e nel Secolo decimo quinto il diabolico Lutero, Calvino,<br />

Dalleo suo Discepolo, coloro iniqui Settatori (c): nulla di meno ad onta e<br />

confusione di tutte le loro barbarie, menzogne e bestemmie, fu e sarà sempre<br />

mai vero in eterno, che il prestar gli ossequi, la venerazione e il culto<br />

alle Sacre Immagini, è una cosa di mille lodi ben degna, necessaria, santa<br />

e di indicibil giovamento a chiunque divotamente la pratica.<br />

(a) Villegas in Festo S. Jacob., die 25 Julii; et alii.<br />

26 Ed io sin d’ora prendo questa parte della Spagna sotto la mia tutela e protezione.<br />

(b) Baron. in Ann., et Graveson, Tomo 3, Hist. Eccl. Nov. Test. Saec. 7, colloq. 3, fol. mihi<br />

49-50 ss.<br />

(c) Graveson, loc. cit.<br />

118<br />

2. Questa gran verità ci additarono le Divine Scritture e nell’Esodo (d) con que’<br />

due Cherubini d’oro, collocati per ordine del medesimo Dio sopra il<br />

Propiziatorio; ed in altri luoghi (e). Ce la decretarono tanti Sommi Pontefici<br />

ed in particolare Gregorio II e Gregorio III che con tutto zelo si opposero<br />

all’Isaurico e al Copronimo. Ce la decisero tanti Sacrosanti Concili, il Romano<br />

sotto il mentovato Gregorio III; il Niceno Secondo, ove nel settecentottantuno<br />

ebbero la totale sconfitta gli Iconomaci od Iconoclasti; e tralasciando altri<br />

Concili a tale effetto convocati nel Secolo ottavo in Roma, ed in Francia, il<br />

Costanziense, in cui fu condannato Uriclefo e il Tridentino (f). Ce la insegnarono<br />

tanti Santi Padri, tra i quali basti far menzione di San Germano<br />

Patriarca di Costantinopoli; San Giovanni Damasceno e Santo Stefano il<br />

Giovine, martire e Vescovo di Antiochia, che furono i tre forti antemurali<br />

del culto e del giovamento delle Sacre Immagini contra i due primi<br />

Imperatori iconoclasti (g). Ce la contestarono tanti stupendi Miracoli ed in<br />

specie quello dell’essersi dalla Regina del Cielo restituita la Mano al suo<br />

Difensor San Giovanni Damasceno nel giorno dopo che gli era stata recisa (h);<br />

quello di aver con una Sacra Immagine di Maria restituita Santo Stefano il<br />

Giovane la perfetta salute ad un soldato che perduta avea mezza vita, sugli<br />

occhi dell’empio Imperador Copronimo (i); quello per finirla, di aver confessato<br />

forzatamente lo stesso perverso Imperadore, che pel male del fuoco,<br />

con cui fu punito dal Cielo, esso per sentenza della Vergine era ancor vivo<br />

condannato al fuoco eterno (k). Ce la contesta ancora per finirla la ragion<br />

naturale, che accordando l’onor dei ritratti ad Uomini illustri, ci dimostra<br />

che qualor quei venissero spregiati, tutto il dileggio a questi ridonderebbe:<br />

così appunto, col porsi il poc’anzi detto Santo Stefano una Moneta<br />

dell’Imperador Copronimo sotto i piedi, con la stessa naturalezza lo convinse,<br />

benché non con altro frutto che col riportarne il glorioso martirio (l).<br />

(d) Exod. 25.<br />

(e) 3 Reg. 6.<br />

(f) Trid. sess. 25; Graveson, loc. cit.<br />

(g) Graveson, loc. cit.<br />

(h) Graveson, loc. cit.<br />

(i) Baron in Annal.<br />

(k) Baron in Annal.<br />

(l) Baron in Annal.<br />

119


3. Quindi da tanti monumenti e dall’antico, universale, lodevolissimo<br />

uso (m) di nostra Santa Madre Chiesa Cattolica di prestare il culto alle<br />

Sacre figure ed Immagini, noi veniam ad essere più che certi, Uditori<br />

riveriti, su di quanto a noi sia necessario e vantaggioso riesca il venerarle<br />

e quelle particolarmente della Nostra eccelsa Signora, Maria<br />

SS.ma. Si aggiunga, che siccome la venerazione e l’onore che noi<br />

diamo alle sacre figure, nol prestiamo già a quel pezzo di tela, o carta,<br />

o legno, o pietra, né ivi il nostro culto si ferma (n), quasi che ivi qualche<br />

intrinseca virtù o divinità risiedesse (come scioccamente a creder<br />

si davano i ciechi Gentili ed empiamente gli eretici a rimpoverarci si<br />

aiutano); ma il nostro culto e venerazione al prototipo passa, voglio<br />

dir lodiamo a quel Mistero, o Santo in quella Figura ed Immagine<br />

rappresentato; conforme egregiamente dice il Pontefice San Gregorio<br />

(o), Imagines non adorantur, sed quod per imagines repraesentatur 27 : venerando<br />

perciò noi le Sacre Immagini di Maria, veniamo a prestare a Lei<br />

medesima gli omaggi, le servitù e divozione nostra. Onde allora rinnoviamo<br />

la nostra fede intorno a Lei, credendola nostra Regina e fatta<br />

da Dio di mille onori ben degna, aumentiamo la nostra Speranza,<br />

rammentandoci essere essa nostro Rifugio; esercitiamo il nostro<br />

Amore, considerandola degna di tutta la nostra stima ed affetto. Che<br />

però non può essere a meno, che ella, vedendo ben dal Cielo e ricevendo<br />

nelle sue Immagini, come in Persona, tali nostri ossequi; non può<br />

essere a meno, ripeto, che il suo Cuore tutto grazioso e benigno non<br />

si muova a ricompensarci con la sua Protezione amorosa e col prenderci<br />

sotto la sua potente Tutela.<br />

4. Or benché ciascuno riprometter si possa di tanto, nel venerare in qualunque<br />

Luogo le Sacre Figure ed Immagini di nostra Signora; un più<br />

valido mezzo però è quello di concorrere e portarsi nelle Chiese a venerarle.<br />

La ragione si è, che essendo le Chiese Luoghi destinati al Sacro<br />

(m) Graveson, Tomo 1, Hist. Eccl. Nov. Test. Saec. 4, coll. 3, pag. 125-126.<br />

(n) Trid., sess. 25. De Invoc. SS.ma.<br />

(o) San Greg. in Registr.<br />

27 Non si adorano le immagini ma ciò che tramite le immagini è rappresentato.<br />

120<br />

Culto e Santuari di favori e di grazie; come le Divine Scritture ci insegnano<br />

(p); quivi però più gradisce la Vergine gli omaggi e da più larga<br />

mano i favori dispensa: tanto più che nelle Chiese più rimane esaltata la<br />

sua Gloria, più vi risplende l’onor suo, più vien mossa la sua<br />

Misericordia dal divoto concorso di tanti, dalle ferventi preghiere di<br />

molti. Quindi da cento e mille fatti dell’ecclesiastiche storie noi risappiamo,<br />

che qualora la Regina del Cielo si sia voluta glorificar maggiormente<br />

in qualche sua immagine, questa tosto o è stata collocata alla<br />

pubblica venerazione nelle Chiese, o la Vergine stessa ha ordinato che<br />

nuovo sacro Tempio vi si erigesse in suo onore. Segni tutti manifesti,<br />

che il più bel mezzo per goder le sue Grazie, la sua Protezione, alle<br />

Chiese convien portarsi e concorrere a venerar le sue Immagini.<br />

5. Servano alcuni succinti esempi per contesto e per chiusa. Il Sommo<br />

Pontefice San Gregorio VII, essendo ancor Cardinale, si portava spesso a<br />

visitar nella sontuosa Basilica di San Pietro una divota Immagine della<br />

Gran Madre di Dio. Avvenne che da suoi Malevoli fu calunniato gravemente<br />

presso del Papa. Buon per lui, che mentre ardeva la calunnia alla<br />

solita Visita si ritrovava: perciocché, in ricompensa, la Vergine medesima<br />

da quella Sacra Immagine gliene diede prima l’indizio col pianto; e<br />

poi con la giovialità del sembiante lo assicurò della difesa che avea presa<br />

di lui e dell’Innocenza scoperta (q). Qual fu mai il mezzo, con cui il<br />

piissimo Cardinal <strong>Antonio</strong> di Santa Croce ottenne nel 1531 sopra di sé e<br />

della città di Bologna, in cui era Legato, oppressa da fiera pestilenza, la<br />

protezion della Vergine e con essa dal contagio lo scampo? Se non col<br />

portarsi scalzo insieme col Popolo a visitare e prestar gli omaggi e le<br />

suppliche all’Immagine di Nostra Signora del Rosario (r). Non accade<br />

però il riportar qui altri fatti, mentre noi medesimi e la nostra città<br />

tutta, ne facciam aperta testimonianza, che qualor sperimentar vogliamo<br />

della Vergine i singolari favori, basta che nelle Chiese, ove la sua<br />

Sacra Immagine giace esposta, a riverirla e supplicarla corriamo.<br />

(p) Psal. 20; Isaia 11, 10; Psal. 1, 8.<br />

(q) Auriem. part. I, cap. II.<br />

(r) Auriem. loc. cit.<br />

121


Aggiungo solo cosa di gran maraviglia, che la Regina del Cielo in attestato<br />

maggiore del mio Assunto, ha fatti godere i frutti della sua<br />

Beneficenza agli stessi Nemici suoi, qualor ravveduti a venerarla ne’<br />

Sacri Tempi se ne corsero. Così un eretico Calvinista, trovandosi un dì<br />

nella Chiesa di Nostra Signora in Dola e burlandosi dei nostri Riti;<br />

punito con fiera paralisi, ed in sè rientrato: si gettò innanzi ad una divota<br />

Immagine di Maria, qui vi chiese soccorso, pianse le sue colpe, ne<br />

ottenne la salute del corpo e nel tempo stesso dell’Anima con l’abiura<br />

del Calvinismo (s) e col farsi Cattolico.<br />

6. Giudicate ora voi, Uditori miei cari, quante e quali finezze voi potete<br />

aspettarvi dalla clementissima Vergine, voi, dissi, che sì premurosi vi<br />

mostrate in venirla a riverire in questa Chiesa e nelle altre, nella sua<br />

Immagine sì miracolosa e divota. Seguitate pur di buon animo e con<br />

perseveranza sì lodevole uso. Sperate ogni soccorso, chiedete ogni<br />

Grazia e particolarmente per il sodo bene dell’Anima; e vedrete poi in<br />

pratica quanto sia vero, quel che io vi dicea, cioè che il concorrere e portarsi<br />

a venerare nelle Chiese le Sacre Immagini di Maria, è un bel mezzo per<br />

esser da Lei protetti.<br />

7. Tanto speriamo da voi, Vergine Sacrosanta: e siccome per gli ossequi,<br />

che dovevano a voi prestarsi nella Spagna, prometteste a quella fortunata<br />

Monarchia, per mezzo dell’Apostolo San Giacomo, la vostra singolare<br />

Protezione e Tutela, con quelle dolci parole, da me sul principio rammentate,<br />

Hanc Hispaniae partem sub mea Tutela suscipio et protectione: così<br />

per gli ossequi, che a voi abbiam noi prestato e a costo ancora della Vita<br />

e in pubblico ed in privato a tributarvi per sempre siam pronti, degnatevi<br />

per intercessione dello stesso Apostolo di pigliar anche noi e questa<br />

nostra Città tutta sotto l’alta vostra Tutela e Patrocinio. Ripetete<br />

anche per noi, o mia Immacolata Signora, Hanc Civitatem, et omnes<br />

Habitantes in ea sub mea Tutela suscipio, et Protectione 28 . Amen.<br />

(s) Auriem. loc. cit.<br />

28 Prendo sotta la mia tutela e protezione questa città e tutti i suoi abitanti.<br />

122<br />

SERMONCINO DUODECIMO<br />

Recitato Sabato 29 Aprile 1752<br />

Il Sermoncino si sviluppa in nove punti. Don <strong>Marcucci</strong> constata che molti confidano<br />

nella misericordia di Dio ma continuano ad offenderlo, così si attirano i suoi<br />

castighi. Il rimedio è il pentimento dei peccati e il fare penitenza, ma occorre anche<br />

l’intercessione di Maria SS.ma, così come per mitigare lo sdegno di qualche personaggio<br />

occorre un intercessore appropriato che possieda almeno tre qualità: cioè le belle<br />

maniere, la grazia e il merito.<br />

Spiega in che modo e perché Maria SS.ma possiede queste tre qualità e conclude con<br />

una preghiera fiduciosa verso nostra Immacolata Signora per ottenere da Dio per sé e<br />

per gli ascoltatori il totale perdono delle sue colpe, la vera conversione, la santità della<br />

vita e la felicità della morte.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 75-82<br />

Argomento<br />

L’intercessione di Maria SS.ma è molto efficace<br />

per placar l’Ira Divina<br />

Non so, Uditori, se dar si possa perniziosa stupidezza maggiore di quella, di<br />

cui si trovan ripieni certi miserabili ciechi Peccatori, che vivono tutti riposati<br />

e sicuri della loro eterna salvezza, quasi che avessero essi quel ricco capitale<br />

della Grazia Divina e delle buone operazioni, di cui provvedute ben sono le<br />

Anime giuste e timorate. Quello che io so è che il sapientissimo tra tutti i<br />

Mortali, voglio dir Salomone, a chiamar giunse una tale sicurezza dei Peccatori<br />

per una delle più solenni e perniziose follie e stoltezze che fossero sopra la<br />

Terra: Sunt Impii, qui ita securi sunt, quasi Justorum facta habeant, uditelo come si<br />

esprime, sed et hoc vanissimum judico (a) 29 . Dicono essi e tutto il giorno per la<br />

bocca lo hanno, che la Misericordia di Dio è grande, senza misura, senza fine;<br />

ed in conseguenza, eziandio che seguitino ad offenderla, ad oltraggiarla, avrà<br />

compassione di loro, rimetterà loro tutta la moltitudine delle colpe. Questa è<br />

la solenne pazzia appunto, di cui li rimprovera Salomone: et ne dicas, facendo a<br />

(a) Eccl. 8, 14.<br />

29 Ci sono degli empi che sono talmente sicuri come se compissero le opere dei giusti, ma<br />

anche questo io reputo molto stolto.<br />

123


ciascun di loro sentire, et ne dicas, Miseratio Domini magna est: multitudinis peccatorum<br />

meorum miserebitur (b) 30 . Eccone la ragione. Quello stesso Dio che è sommamente<br />

Misericordioso è ancora sommamente Giusto: infinita è la sua<br />

Misericordia, ed infinita pur è la sua tremenda Giustizia: e sì l’una, come l’altra<br />

di un subito, in un istante, può venire all’esecuzion dei suoi atti: ma verso<br />

dei Peccatori attuali però tien sempre pronti i suoi fulmini la Divina Giustizia;<br />

e tutti i suoi più terribili furori e tremendi castighi pendono ogni momento<br />

sopra degli empi. Misericordia enim, et Ira cito proximant a Domino, a dir segue il<br />

Savio, o per meglio esprimermi, lo stesso Dio per bocca del Savio; et in<br />

Peccatores respicit Ira illius (c) 31 . Quindi, se noi siam Peccatori, cari miei<br />

Ascoltanti, chi vi ha ora tra voi che non vegga di qual’alto e santo timore imbever<br />

ci dobbiamo della Giustizia Divina, irritata sì lungamente e gravemente<br />

da noi e contra noi sì giustamente adirata? Ah, di grazia, detestando perciò<br />

ogni vana e presuntuosa sicurezza, diamoci giù piuttosto con tutta l’attenzione<br />

e premura a placar l’Ira divina, a rattener la Divina Giustizia, affin non ci<br />

fulmini, non ci disperda, non ci danni, come meriteremmo purtroppo. Il sincero<br />

pentimento delle nostre reitadi commesse, la vera mutazione di costumi,<br />

la vita penitente, è l’unico mezzo per placare lo Sdegno Divino, voi lo sapete.<br />

La Chiesa ce ne dà infallibile l’attestato, ove dice a Dio, Deus, qui culpa offenderis,<br />

paenitentia placaris (d) 32 . Sebbene, credete voi, che con tutto questo noi soli<br />

come da noi, potremo placar perfettamente l’Ira di Dio? No, dice Davide,<br />

Homo non dabit Deo placationem suam (e) 33 . Dobbiam noi pentirci sì della nostra<br />

mala vita, pianger le nostre colpe e farne penitenza qua in Terra; ma teniam<br />

anche bisogno nel tempo stesso di chi efficacemente per noi perori ed interceda<br />

nel Cielo. Chi mai però può con efficacia farci un tal’ufizio? Eccola,<br />

(b) Ecclesiastic. 5, 6.<br />

30 E non dire la misericordia del Signore è grande: avrà compassione della moltitudine dei<br />

miei peccati.<br />

(c) Ecclesiastic. 5, 7.<br />

31 La misericordia infatti e l’ira si susseguono subito da parte del Signore e la sua ira si riversa<br />

sui peccatori.<br />

(d) In Orat. post Psal. Paenitential.<br />

32 O Dio che vieni offeso dalla colpa, sei placato dal pentimento.<br />

(e) Psal. 48, 8.<br />

33 L’uomo non placherà Dio.<br />

124<br />

l’Immacolata nostra Signora, Maria SS.ma. Su dunque, uniamo col nostro pentimento<br />

una tenerissima divozione verso di Lei; gettiamoci all’intutto nelle sue<br />

misericordiose Braccia; lasciamo fare a Lei; perciocché la sua Intercessione è molto<br />

efficace a placar l’Ira Divina. Mi impegno a mostrarvelo, se favorirete di ascoltarmi.<br />

Incominciamo.<br />

1. Il placare un Personaggio, un Giudice sdegnato, non altro importa che<br />

mitigare il suo sdegno, il raddolcirlo, il chetarlo e farlo divenir tutto<br />

pacifico ed amorevole. Or tuttoché per ottener tanto la stessa ragion<br />

naturale ci insegna esservi duopo una qualche mezzanità ed<br />

Intercessione; l’esperienza medesima però ci dimostra non esser valevole<br />

a tanto ogni qualunque Intercessore; ma solamente quei, che almeno<br />

tre qualità possegga, cioè la bella maniera, la grazia presso il Giudice ed<br />

il merito.<br />

2. Ciò accordato, o quanto chiaro appare l’efficacia impareggiabile<br />

dell’Intercessione di Maria per placar l’Ira del Giudice Supremo contra<br />

noi giustamente sdegnato. Perciocché chi più di Lei gode in Cielo delle<br />

belle maniere, della grazia, del merito? E per alquanto posarci sulla<br />

prima sua dote, le sole voci della Gran Vergine sono così dolci e grate<br />

alle Orecchie Divine, che appena udite da Dio, non può farsi a meno che<br />

tutto raddolcito e pacificato non resti. Quindi nel libro dei Sacri Cantici<br />

espressa ci viene la delizia del Cuore Divino in sentir i soavi accenti<br />

della Celeste Regina, talché egli stesso a favellar la invita, a perorare la<br />

sprona: Sonet vox tua in auribus meis: vox enim tua dulcis (f) 34 .<br />

3. Che diremo poi della Grazia che gode Nostra Signora presso il Divin<br />

Giudice? Non vi è in tutto il Mondo Anima quanto siasi Santa, né in<br />

tutto l’Empireo vi è Spirito, o Beato, che amato sia da Dio quanto la<br />

Vergine: anzi se voi, Uditori, da un canto considerate tutte le Anime<br />

buone della Terra e gli Angeli tutti e Santi del Cielo; e dall’altro canto<br />

poniate l’occhio alla Vergine sola; troverete esser questa sola assai più<br />

(f) Cant. 2, 14.<br />

34 Risuoni la tua voce nelle mie orecchie, infatti, la tua voce è dolce.<br />

125


cara all’Altissimo, che tutto il rimanente dei Santi insieme uniti e compresi:<br />

come con tutto il fondamento disse il Suarez: Deus plus solam<br />

Virginem amat, quam reliquos sanctos omnes 35 . Vi basti sapere che è tanto<br />

diletta a Dio, che in Lei trovò sempre tutto il suo contento, tutte le sue<br />

delizie sin da secoli sempiterni; e l’averla sempre innanzi agli occhi suoi<br />

Divini fece che Egli con tanto di piacere desse mano alla creazione e<br />

perfezione del Mondo; vedendola sempre presente, delineata<br />

nell’Aurora, nella Luna, ne’ fiori e in tante altre Figure; e considerandola<br />

tutta amabile, tutta dilettevole, tutta graziosa: onde di Lei disse il<br />

Savio, Cum eo eram cuncta componens ... delectabar per singulos dies, ludens<br />

coram eo omni tempore (g), ludens in orbe Terrarum 36 .<br />

4. Chi potrà parlar poi del suo altissimo Merito che ha presso Dio? O questo<br />

sì, non vi è lingua Angelica, non che Umana, che possa ridirlo. Il<br />

solo pensar, che Maria fu dal Monarca de’ Cieli considerata di tanta<br />

virtù, che la fece sua Madre e se la soggettò come Suddito, Erat subditus<br />

illi (h) 37 , è il più grande Panegirico che su dell’incomprensibile<br />

altezza del Merito suo possa farsi.<br />

5. Alto, Uditori. Se dunque quegli solo è valevole ed efficace Intercessore<br />

per placare un Giudice sdegnato, che abbia delle belle e grate maniere,<br />

che goda la pregevole di lui grazia ed amore, che sia di gran merito;<br />

sapendo già noi e per raziocinio e per fede, essere appunto Nostra<br />

Signora quella, che tutte le suddette tre qualità e doti in grado altissimo<br />

gode presso il supremo Giudice Divino, come dunque non esser<br />

efficacissima la sua Intercessione per placarlo e renderlo tutto dolce,<br />

pietoso e benigno? Ah sì sì, basta che essa parli un tantino a favor nostro<br />

ed ecco sedato lo sdegno, rattenuti i castighi e cambiata l’Ira Divina in<br />

Pietà graziosa, in amorosa Misericordia.<br />

35 Dio ama di più la sola Vergine di tutti gli altri santi.<br />

(g) Prov. 8, 30.<br />

36 Con lui io componevo tutte le cose… ogni giorno mi dilettavo, scherzando dinanzi a lui<br />

ogni momento scherzando sulla faccia della terra.<br />

(h) Luc. 2, 51.<br />

37 Era sottomesso a Lui.<br />

126<br />

6. Quindi io non so dar altro che cento e mille ragioni al Serafico San<br />

Bonaventura e a San Bernardino da Siena, qualora dissero, il primo, che<br />

la Vergine non poteva mai patir ripulsa da Dio, per esser per ogni verso<br />

di rimaner esaudita ben degna, Maria tanti apud Deum est meriti, ut non<br />

possit repulsam pati, cum sit digna in omnibus exaudiri (i) 38 : ed il secondo,<br />

che le preghiere della gran Regina passano nel Divin Tribunale per<br />

tanti imperiosi comandi, Accedit ad Divinum Tribunal non rogans, sed<br />

imperans 39 . Onde Santa Brigida attesta aver’ella udito il Redentore<br />

Divino, che favellando alla Madre, così le disse, egli è impossibile che<br />

io non esaudisca ogni tua dimanda, Nulla erit petitio tua in me, quae non<br />

exaudiatur (k) 40 .<br />

7. Contestiamolo con alcuni fatti, se pur vi aggrada, Uditori. Ed il primo<br />

sia quello tanto celebre, avvenuto nel 1624 nelle Indie Orientali ad una<br />

Cristiana Indiana e riferito da Lorenzo Grisogono (l). Si trovava questa<br />

misera donna con molte confessioni mal fatte, sì per mancamento di<br />

dolore, che per difetto di accusa di alcuni gravi peccati. Irato giustamente<br />

Iddio, ecco pone mano ai castighi, la priva di sensi, di respiro, di<br />

vita. Vien portata la donna al Divin Tribunale; la riguarda con occhi<br />

tremendi il Divin Giudice; l’accusa il Demonio; rimane essa confusa,<br />

atterrita, convinta. Già si sta per pronunziar contro di lei l’eterna,<br />

amara irrevocabil sentenza. In questo mentre, si alza la Regina del Cielo<br />

ivi presente: rappresenta al Divin Figlio una Limosina fatta per amor<br />

suo da quella donna ad un Povero; lo supplica di placarsi, di farla tornar<br />

in vita per tre giorni, affin pianga le colpe, se ne confessi e si salvi.<br />

Non appena ciò uditosi dal Supremo Giudice, si placa, si pacifica e<br />

quanto gli vien chiesto benignamente accorda a riguardo della Madre,<br />

a ravvedimento e salvazion della Rea: la quale tornata in vita narrò il<br />

(i) S. Bon., Tomo 3. Ser. 3, De Virg.<br />

38 Maria è presso Dio di così grande merito che non può soffrire un rifiuto essendo Ella<br />

degna di essere esaudita in tutto.<br />

39 Si accosta al tribunale divino non pregando ma comandando.<br />

(k) Lib. 1, Revel. cap. 50.<br />

40 Non ci sarà alcuna tua petizione a me rivolta che non sia esaudita.<br />

(l) Auriem. par. 2, cap. 17, fol. 230.<br />

127


tutto, fece una buona confession generale; ed in capo a tre giorni, assistita<br />

dalla sua celeste Avvocata, lo Spirito rese a Dio con placidezza<br />

indicibile. O Intercession di Maria quanto sei dunque efficace per placare<br />

lo sdegno Divino!<br />

8. Ma uditene fatto più di rimarco, e stupendo, raccontato da Giovanni<br />

Erolto (m). Vi fu un Sacerdote di SS.ma vita, che orando un giorno per<br />

la conversion dei Peccatori e per la riforma di tutto il Mondo, che compiangeva<br />

in vederlo tanto rilasciato; vide in alto supremo Tribunale<br />

assiso Gesù Signor nostro, da Giudice severo, in atto di voler fulminare<br />

onninamente e subbissar tutto il Mondo. Osserva di fatto, che il<br />

Giudice comanda ad un Angelo che suoni una spaventosa sonora<br />

Tromba: ed al cui suono, sente il pio Sacerdote venire scossa con orribile<br />

tremuoto tutta la Terra. Appena finito, ode comandarsi di nuovo un<br />

altro tocco di Tromba: ma la clementissima Regina del Cielo, conoscendo<br />

che a questo secondo suono doveva già tutto il Mondo rimaner subbissato,<br />

si alza dal suo Trono, si getta ai piedi del Figlio, lo prega per la<br />

sua Passione, per l’Amor che le porta, a sospender il fiero castigo, a placare<br />

il giusto sdegno, ad aver pietà e misericordia. Tanto disse, tanto<br />

perorò, supplicò tanto, che ottenne alla fin quanto volle: ed a suo solo<br />

riguardo, a gloria della sua Intercessione efficacissima ebbe il Mondo<br />

tutto lo scampo, il tempo, la vita.<br />

9. Ed io, o mia Immacolata Signora, a vostro solo riguardo e a vostra gloria,<br />

pure spero il pieno e totale perdono di tutte le mie gravissime ed<br />

innumerabili colpe; con le quali ho tanto irritata contro me la Divina<br />

Giustizia; spero la vera conversione, la Santità della vita, la felicità della<br />

morte: spero ogni Bene per me e per tutti. Intercedete voi per me, parlate<br />

a mio favore: io sarò salvo. Lo stesso dite di voi, miei cari Uditori.<br />

Confidate molto nell’Intercession di Maria e vedrete poi per esperienza<br />

quanto efficace pur sia per placar l’Ira Divina.<br />

(m) Prat. fior. par. 1. lib. 3, cap. 8.<br />

128<br />

SERMONCINO DECIMO TERZO<br />

Recitato Sabato 13 Maggio 1752<br />

Don <strong>Marcucci</strong> spiega che nel sabato precedente, 6 maggio, non ha potuto offrire ai<br />

fedeli la sua riflessione, per prestare assistenza “ad una religiosa ridotta all’estremo”;<br />

si tratta di Suor Maria Agnese Desio (1732-1810) che guarirà per intercessione<br />

della stessa Vergine Santa. Vengono, tuttavia cantate le litanie.<br />

Il Sermoncino si sviluppa in sette punti. Nell’introduzione Don <strong>Marcucci</strong> prepara<br />

gli ascoltatori all’argomento constatando che tutti gli uomini sperano, ma non tutti<br />

lo fanno in modo esatto perché in molti la speranza è ingiusta, in molti temeraria, in<br />

molti difettosa e mancante. Essa deve essere invece giusta, umile e soda confidando<br />

nella misericordia di Dio e nell’intercessione di Maria SS.ma. La devozione verso di<br />

Lei, infatti, rende buona la nostra speranza e soprattutto ce la ravviva ed accresce.<br />

L’Autore dimostra l’argomento citando vari esempi di santi e di devoti che sperimentarono<br />

il soccorso di Maria per la salute del corpo e dell’anima, infine ripropone<br />

la suggestiva visione delle due scale avuta da fra Leone, compagno di san <strong>Francesco</strong>.<br />

Conclude con una preghiera dove ricorda alla SS.ma Vergine di essere stata dichiarata<br />

da Dio “scala della misericordia”, attraverso la quale egli vuole che noi ascendiamo<br />

al cielo, non potendo percorrere, a motivo delle nostre colpe, la scala della giustizia.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 83-94.<br />

Argomento<br />

La Divozione verso Maria SS.ma rende buona la nostra Speranza<br />

e ce la ravviva ed accresce<br />

Essendo la Speranza una Virtù dataci da Dio, per la quale con certa confidenza<br />

noi aspettiamo i Beni della nostra Salute e la Vita eterna; ogni cristiano<br />

crede di averla, come ne è già tenuto; ogni Uomo spera: eppure non<br />

ogni Cristiano spera bene, non ogni Uomo a questa necessaria virtù teologica<br />

sodamente e giustamente si appoggia. Lo Spirito Santo in vari luoghi<br />

delle Scritture Divine ce lo attesta, ove chiama or con termini di vacua la<br />

speranza di molti, Vacua est spes illorum (a) 41 ; ed or d’inutile, Spes impiorum<br />

(a) Sap. 3, 11.<br />

41 È vacua la loro speranza.<br />

129


perivit (b) 42 . La ragione n’è chiarissima, perché in Molti la Speranza è ingiusta,<br />

in molti temeraria, in molti difettosa e mancante. È ingiusta in molti,<br />

perché tengono per certa di fede la loro fiducia di salvarsi, onde credono<br />

indubitatamente di esser predestinati alla Gloria: e questi sono gli eretici.<br />

È temeraria in altri, perché presumono di salvarsi, nonostante la moltitudine<br />

e gravezza delle loro colpe, senza emendarsene e farne penitenza: e questi<br />

sono vari, anzi moltissimi Peccatori. Alla per fine è la speranza in altri<br />

difettosa e mancante, perché disperano della Divina Misericordia e diffidano<br />

di ottener da Dio il perdono della lor vita malvagia: e tali Peccatori, tuttoché<br />

non siano molti, pure non ve ne son tanto pochi, come si crede.<br />

Quindi affin la nostra Speranza sia per noi giovevole e buona, potete voi<br />

ora dedurlo, Uditori miei riveriti e conchiudere, che essa deve essere giusta,<br />

umile e soda. Dissi giusta cioè che la fiducia e confidenza di salvarci non<br />

è certa quanto a noi di fede, ma di sola fondata Speranza; voglio intendere,<br />

ch’è sempre congiunta col timore della nostra debolezza ed istabilità;<br />

benché quando a Dio ella sia certissima. Inoltre, dissi umile, cioè non elevata<br />

a temeraria presunzione, ma accompagnata sempre col nostro pentimento<br />

delle colpe commesse e con la nostra buona vita. Sotto nome di<br />

Speranza soda poi qui a divedere dar volli, che essa non deve mai vacillare,<br />

nonostante che i peccati tutti del Mondo fossero stati raccolti in noi; ma<br />

deve essere stabile e ferma, confidando pienamente e totalmente<br />

nell’Onnipotenza e Misericordia infinita di Dio (che sono le due fortissime<br />

basi della nostra Speranza) e nel prezioso Sangue di Gesù Cristo (che è il<br />

Lavacro delle Anime nostre), che noi otterremo il pieno perdono, se lo<br />

chiediamo davvero e di cuore; e ci salveremo, se ci daremo ad una Vita cristiana,<br />

timorata e divota. Or chi dunque, cari miei Uditori, ci porgerà dell’aiuto<br />

per acquistare e possedere questa buona Speranza, questa<br />

Confidenza giusta, umile e soda? Appunto l’Immacolata Signora nostra<br />

Maria SS.ma. A lei dunque ricorriamo, diamoci sempre più ad esser suoi<br />

teneri e veri divoti: giacché la divozione verso di Lei rende buona la nostra<br />

Speranza; e vieppiù ce la ravviva ed accresce. Non vi sia discaro il soffrirmi per<br />

breve tempo; e lo vedrete.<br />

(b) Prov. 10, 28.<br />

42 Perì la speranza degli empi.<br />

130<br />

1. Da tre monumenti principalmente, pare a me, possiamo noi ricavare,<br />

Uditori, che Maria SS.ma renda buona la nostra Speranza e vieppiù ce la<br />

ravvivi ed accresca. Primieramente dalla sua efficacia maravigliosa presso<br />

Dio Signor nostro. Secondariamente dalla sua amorosa premura del nostro<br />

Bene e della nostra eterna Salvezza. In terzo luogo dalla sua gran Ricchezza.<br />

Quanto al primo, siccome i fondamenti e le basi della Speranza nostra sono<br />

l’Onnipotenza e la Misericordia di Dio, ditemi, chi più della Vergine può<br />

muover la prima ad oprar a pro nostro, ed eccitar la seconda ad usarci pietà?<br />

Certo è, che Iddio, se dalle nostre colpe vien bene spesso rattenuto dal ricoprirci<br />

di Grazie; dall’efficace intercessione di Maria viene ancor benespesso<br />

tirato a compartirci mille favori di sua pietosa Misericordia. Onde, come<br />

ben’udì un giorno Santa Brigida, che la gran Vergine chiedendo al suo<br />

Divin Figlio Misericordia e soccorso per noi miseri Peccatori, disse pronto<br />

Gesù, che a suo riguardo tanto a loro si concedeva; Per Te o Mater, omnes qui<br />

petunt Misericordiam ... habebunt (c) 43 ; onde si dassero pure all’emenda della<br />

lor vita e ravvivassero pure la loro Speranza.<br />

2. Quanto al secondo, voglio dir, l’amorosa premura che conserva di noi la<br />

Celeste Sovrana, chi può spiegarla, se al dir di San Gregorio VII, è una<br />

premura superiore a quella di qualunque sollecita tenerissima Madre<br />

del Mondo. Quindi non può esprimersi quanto ella si aiuti ad eccitare<br />

in noi una buona Speranza, or con ravvivarci la fede delle felicitadi a noi<br />

promesse; or con spronarci al pentimento di nostre colpe ed alla buona<br />

vita, affin di preservarci da uno sperar presuntuoso; or con farci comprendere<br />

l’infinito Potere ed il buon cuore di Dio, affin di non farci mai<br />

disperar del perdono: e così con altri mille mezzi ella si adopra, acciocché<br />

giusta, umile, soda e viva sia la nostra Speranza: dovendo noi, dopo<br />

Dio da Lei riconoscerla, a Lei ascriverla con ogni ragione; come ben disse<br />

San Bernardo, Si quid spei, si quid salutis, si quid gratiae in nobis est, a<br />

Maria noverimus redundare (d) 44 .<br />

(c) Revel. lib. 1, cap. 50.<br />

43 Per Te o Madre tutti quelli che chiedono misericordia… l’avranno.<br />

(d) San Bern. Serm. de Nat. Virg.<br />

44 Se in noi c’è un po’ di speranza, un po’ di salvezza, un po’ di grazia, sappiamo che pro-<br />

131


3. Che dirò poi, Uditori, della sua incomprensibil Ricchezza, con la quale<br />

ancor accresce molto tutte le nostre Speranze? Udite un nobil pensiero.<br />

Quando la Vergine Nostra Signora fu fatta Madre ineffabile del Divin<br />

Verbo e Sposa purissima dello Spirito Santo fu da questi dotata, non solo<br />

col farla Regina del Mondo, ma di tutto il Paradiso ancora: ond’essa non<br />

solo la Terra, ma il Cielo tutto riconosce in sua dote e in suo pieno dominio.<br />

Quindi, quei che o con la Innocenza, o con la Penitenza, divengono<br />

suoi figli divoti, possono sicuramente sperare non tanto ogni Soccorso in<br />

Terra, ma ancora di giungere al Paradiso, come dote della lor Madre e<br />

Sovrana. Se vi piace un tal gentilissimo e ben fondato pensiero, datene<br />

elogi a Sant’Epifanio che fu il primo ad averlo ed all’Angelico San<br />

Tommaso e a San Bernardino da Siena che vi si sottoscrissero.<br />

4. Ed ora ben capirete, Ascoltanti miei, se con quanta proprietà e ragione<br />

ci fa sentire la Celeste Signora per bocca del Savio, che in Lei trovar noi<br />

possiamo ogni fondata e buona Speranza di acquistar le virtù su questa<br />

Terra e l’eterna Vita nel Cielo, In me omnis spes vitae et virtutis (e) 45 : e che<br />

essa è appunto della Santa Speranza, la Madre, ego Mater sanctae spei (f) 46 ;<br />

e come chiosa Riccardo di San Vittore, idest firmae spei: e se quanto<br />

aggiustatamente la santa Chiesa per antonomasia Nostra Speranza la<br />

chiami, Spes nostra salve. Quindi, che maraviglia se i Santi tutti una<br />

dolce eco alle Scritture Divine ed alla Chiesa facendo, rivolti a sì eccelsa<br />

ed amorosa Signora, chi la chiamava nostra stabile e permanente<br />

Speranza, Spes nostra solida es, come San Bonaventura; chi, di tutti i<br />

Popoli afflitti il Sollievo e la Speme, Spes omnium Populorum adversis casibus<br />

afflictorum 47 , come Sant’Efrem; e chi per finirla, si protestava, come<br />

San Giovanni Damasceno, che in Lei tutte le sue speranze avea con tutto<br />

il cuore riposte, In te spem meam totam collocavi ex anima 48 .<br />

(e) Eccles. 24, 25.<br />

45 In me ogni speranza di vita e di virtù.<br />

(f) Eccles. 24, 24.<br />

46 Io sono la Madre della santa speranza cioè di ferma speranza.<br />

47 Speranza di tutti i popoli colpiti colpiti da avversità.<br />

48 Il te ho riposto tutta la mia speranza per la mia salvezza. (g) Auriem. par. 2, cap. 7, fol. 347.<br />

132<br />

5. Ma per darvi, Uditori, un più evidente contesto del mio Assunto, contentatevi<br />

che di alcuni fatti mi serva; e primieramente riguardo alla Speranza<br />

circa la salute del corpo. Nella Spagna (g), nella Città di Caravacca vi fu<br />

un Pittor molto celebre e molto divoto di Nostra Signora. Avea questi<br />

dipinti vari quadri bellissimi di sacre Immagini in un Luogo, ove fu chiamato:<br />

e siccome, quando si trattava della dipintura delle Immagini di<br />

Maria, solito era rilasciar per amor di Lei qualche somma del patto già<br />

stabilito, rilasciò in quel Luogo cinquanta Scudi; sperando che la Regina<br />

del Cielo lo avrebbe rimunerato con la sua Protezione in questo Mondo e<br />

nell’altro. Tanto gli avvenne. Uditene il come. Parte il buon Pittore dal<br />

Luogo per far ritorno a Caravacca sua Patria. Per strada, forse per invidia,<br />

o per altro, eccolo assalito da certi Malviventi: gli sono sopra, lo pestano<br />

e lo caricano di ventiquattro mortali ferite con tal barbarie, che su di un<br />

osso restò rotta una punta, non so se di pugnale o di spada. Maria,<br />

Speranza mia, soccorrimi, gridava trattanto il misero assalito divoto.<br />

Accorre della Gente alle grida, lo compiange, lo solleva dal suolo ove<br />

intriso nel suo proprio sangue giaceva; e così, mezzo morto, all’ospedale<br />

lo conduce. Corrono a folla Medici e Chirurghi; lo mirano, tentano di<br />

curarlo; ma trovando particolarmente quattro di quelle ferite troppo sfondate,<br />

lo giudicano incurabile, lo dichiarano spedito, gli intimano a<br />

momenti la Morte; e con poca semplice fasciatura lo lasciano e si ritirano.<br />

Si aiutava intanto il Pittore a riporre in Maria tutte le sue Speranze. Mia<br />

celeste Signora, le andava col cuor dicendo, vana affatto è la Speranza che<br />

si pone negli Uomini, non è vana però, ma ben sicura quella che in voi si<br />

ripone. Io già a morte sentenziato pur sono, disperato è umanamente il<br />

mio male. Voi non di meno potete ben tutto, se volete. Tanto ei disse; e<br />

la Vergine, che mostrar gli volle che essa era la Madre della Speranza e che<br />

sulla fiducia i disperati stessi riporre poteva, gli voltò un semplice suo<br />

benigno sguardo ed in un subito da tutte le ferite lo sanò: come egli stesso<br />

la mattina seguente, alzandosi sano da Letto, raccontò a Chirurghi ed<br />

a quanti accorsero a folla alla novità del Miracolo; che fu poi con autentiche<br />

testimonianze ai Posteri reso fuor di ogni dubbio.<br />

133


6. Che se per la salute del Corpo si è mostrata Maria SS.ma il più sicuro conforto<br />

delle nostre Speranze, pensate quanto più ella sia tale in riguardo alla<br />

salvezza dell’Anima, che è cosa di tanto maggiore rimarco e di maggiore<br />

premura. Io non so, Uditori, se avete fatta mai seria riflessione su quella<br />

stupenda Visione, che si legge, avuta dal gran Servo di Dio Fra Leone, uno<br />

dei più cari compagni di San <strong>Francesco</strong>. Uditela e finisco. Vid egli un giorno<br />

una gran pianura, ove rappresentandosi il Giudizio Universale, vi era<br />

adunata gran moltitudine di Gente ed si udiva un rimbombo roco e lugubre<br />

di Trombe. Osservò in tal mentre, che apertosi il Cielo, furono di lassù<br />

calate due Scale, una di color vermiglio, rappresentante la Scala della<br />

Giustizia, alla cima di cui stava poggiato Gesù Signore e Giudice nostro;<br />

l’altra Scala era di color bianco, figurante la Scala della Misericordia, alla cima<br />

della quale poggiava Maria SS.ma, Speranza nostra. Sul più bello di tal<br />

visione, ecco che il Servo di Dio sentì una voce dal Cielo, che invitava la<br />

Gente a salire per le Scale e vide che molti, anche di vita perfetta, incominciarono<br />

a salir quella di vermiglio colore, cioè quella della Giustizia; ma giunti<br />

chi al terzo, chi al quarto, chi al decimo gradino, cadevano precipitosamente<br />

all’indietro. Ciò avvenendo, fu udita un’altra voce dal Cielo, che<br />

diceva, andate alla Scala di color bianco, cioè della Misericordia, salite e sarete<br />

soccorsi. Moltissimi tosto lo fecero; e Nostra Immacolata Signora, che<br />

tutta pietosa alla cima se ne stava, li veniva animando con le sue voci, veniva<br />

loro porgendo soccorso, ed alla fine stendendo loro le sue SS.me Mani,<br />

con somma facilità e gioia dentro il Cielo li conduceva (h).<br />

7. Vergine Sacrosanta, già di questa celebre Visione ne intendo il Mistero.<br />

Dunque lo stesso vostro Divin Figlio vi ha costituita Madre della nostra<br />

giusta, umile, soda, viva e perfetta Speranza: egli stesso vi ha dichiarata<br />

per noi Scala della Misericordia; per cui vuol che ascendiamo al Cielo,<br />

non potendo per quella della Giustizia, giacchè abbiamo purtroppo irritato<br />

quel Giudice tremendo che posa sulla cima di essa. A voi dunque<br />

oggi più che mai ricorro; in voi ripongo tutta la mia fiducia pel pieno<br />

perdono delle mie colpe e per la vera mutazione di vita: in voi colloco<br />

tutta la mia Speranza per la mia eterna Salvezza. Amen.<br />

(h) Auriem. par. 2, cap. 7.<br />

134<br />

SERMONCINO DECIMO QUARTO<br />

Recitato nel Sabato di Pentecoste, 20 Maggio 1752<br />

Il Sermoncino è sviluppato in sei punti. Per l’argomento don <strong>Marcucci</strong> si ispira<br />

alla festa liturgica della Pentecoste che dal greco vuol dire cinquantesimo giorno.<br />

Si augura che, come nella legge ebraica l’anno cinquantesimo era l’anno del giubileo<br />

in cui gli schiavi ottenevano la libertà e tutti rientravano in possesso dei loro beni,<br />

nella legge cristiana, la venuta dello Spirito Santo possa essere il giorno di remissione,<br />

di favori e di grazie in cui noi ritorniamo alla perduta libertà della grazia ed<br />

amicizia di Dio e rientriamo in possesso dei preziosissimi doni dello Spirito Santo i<br />

quali, come dice San Tommaso, sono quei mezzi efficaci e necessari che ci permettono<br />

di conseguire la vita eterna.<br />

Per essere degni di tanta grazia, l’Autore porta varie prove, riprese anche dall’insegnamento<br />

dei Padri della Chiesa, per dimostrare che è importante chiederla per<br />

mezzo della sua purissima e dilettissima sposa, l’Immacolata Vergine Maria.<br />

Conclude con una preghiera di affidamento fiducioso alla Celeste Sovrana perché mandi<br />

su ognuno la consolante presenza dello Spirito Santo e ci aiuti a riceverlo degnamente.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 63-70.<br />

Argomento<br />

Maria SS.ma impetra ai suoi Divoti la pienezza dello Spirito Santo<br />

La solennità gloriosissima di Pentecoste, di cui oggi la Vigilia ricorre, non può<br />

farsi a meno, R(iveriti) U(ditori), che non si attivi in questa sera tutto l’anino<br />

mio, affin di farvi sopra qualche ponderazione e discorso. Pentecoste è una voce<br />

Greca, che in nostro linguaggio significa cinquantesimo: onde Festa di Pentecoste<br />

non altro importa, secondo il suo significato, che festa del cinquantesimo Giorno.<br />

E come gli Apostoli ricevettero lo Spirito Santo cinquanta giorni dopo la<br />

Risurrezione del Divin Redentore; perciò quel cinquantesimo Giorno così per<br />

loro e per il Mondo tutto glorioso ed avventurato, lo intitolarono Festa di<br />

Pentecoste; come se avessero detto, festa del Giorno cinquantesimo in cui venne lo<br />

Spirito Santo visibilmente sopra di loro. Or questo numero di cinquanta nella Sacra<br />

Scrittura è un numero di Giubileo e di remissione; come può vedersi nel sacro<br />

Libro del Levitico (25,10); talché può dirsi con verità, che la festa del nostro felicissimo<br />

cinquantesimo Giorno, che appelliam Pentecoste, sia il Giubileo dello Spirito<br />

Santo. In quella guisa, che nella Legge vecchia ebraica l’anno cinquantesimo era<br />

135


l’anno del Giubileo, in cui gli Schiavi ottenevano la libertà e tutti rientravano in<br />

possesso de’ loro Beni, benché li avessero prima impegnati o venduti; così nella<br />

nuova Legge Cristiana il cinquantesimo Giorno in cui venne lo Spirito Santo, sia il<br />

Giorno del Giubileo, cioè di Remissione; di Favori e di Grazie; in cui noi miseri<br />

Peccatori, schiavi per l’addietro del Demonio, ritorniamo alla perduta libertà<br />

della Grazia ed Amicizia di Dio; e rientriamo in possesso dei Beni, purtroppo<br />

da noi prima alienati, cioè dei preziosissimi Doni dello Spirito Santo; i quali,<br />

come dice l’Angelico San Tommaso (a), sono quei mezzi efficcaci e necessari, che<br />

ci portano al conseguimento degli altri Beni che sempiterni saranno nell’altra<br />

Vita. O felice pur dunque quell’Anima Cristiana, che in questa sacra festa di<br />

Pentecoste, disposta si troverà ed apparecchiata a ricevere lo Spirito Santo! Che<br />

prezioso Giorno di Giubileo e di Grazie sarà per Lei! Se essa era cieca, lo Spirito<br />

Santo sarà il suo Illuminatore: se povera, lo Spirito Santo sarà la sua Ricchezza: se<br />

desolata ed afflitta, lo Spirito Santo sarà il suo Consolatore e Refrigerio. Se debole,<br />

in lui troverà la Fortezza; in lui il Fervore, se arida; in lui il Riposo, se affaticata;<br />

in lui la Purità ed il Lavacro, se sordida: in lui il totale Perdono, se colpevole.<br />

Insomma nello Spirito Santo troverà ogni Grazia, ogni Aiuto, ogni Bene,<br />

ogni Conforto. Deh s’è così, o Spirito Divinissimo, che siete l’eterno sostanziale<br />

Amore del Padre e del Figlio, e dall’uno e dall’altro procedete ab eterno ed unitamente<br />

con l’uno e con l’altro siete unico mio Dio, Creatore, Santificatore e<br />

Tutto; Spirito Santo, ripeto, giacché io vostra vil Creatura son pur quello che tra<br />

mille miserie mi trovo e bisognosissimo sono della vostra Onnipotenza, Bontà,<br />

Misericordia ed Amore, scendete pure, vi prego e venite a purificarmi l’Anima<br />

tutta, ad illuminarmi la Mente, a fortificarmi lo Spirito, ad infiammarmi il<br />

Cuore! Veni Sancte Spiritus, reple cor meum, et tui Amoris in me ignem accende 49 !<br />

Vengano in me i vostri altissimi Doni, i vostri maravigliosissimi Frutti, le<br />

vostre dolcissime Grazie! ... Ma, oimè, Uditori, troppo noi siamo indegni di<br />

tanta sorte; inefficaci son troppo le nostre preghiere. Poniamoci di mezzo perciò<br />

la sua purissima e dilettissima Sposa, voglio dir, l’Immacolata Signora<br />

nostra, Maria SS.ma; a Lei ricorriamo con tutta la premura ed affetto: giacché<br />

essa è quella che impetra ai suoi Divoti la pienezza dello Spirito Santo. Osservate se<br />

con qual fondamento ciò vi propongo. Incomincio.<br />

(a) S. Tho. 1, 2, qu. 68, art. 1, ad. 2.<br />

49 Vieni Spirito Santo, riempi il mio cuore e accendi in me il fuoco del tuo amore.<br />

136<br />

1. Quella ineffabile Divina Unione, che Nostra Signora ebbe con lo Spirito<br />

Santo; e quella pienezza di Grazia e di Amore di lui che sempremai possedette,<br />

sin dal primo sagratissimo Istante di sua Immacolata Concezione, come<br />

ben dice San <strong>Francesco</strong> di Sales (b); è un forte argomento, Uditori, il quale<br />

a chiare note ci addita il bel modo che abbia la Vergine di ottener dal suo<br />

Divinissimo Sposo la dovizia dei Doni e delle Grazie in pro dei suoi umili<br />

ed affettuosi Divoti. Il Divin Paraclito, che sin dai secoli sempiterni avendola<br />

predestinata e prescelta ad esser sua Sposa purissima ed illibata, creandola<br />

poi nella pienezza dei tempi, allorché l’Anima di Lei SS.ma infuse<br />

nel purissimo Corpo, la arrichì nell’istante medesimo di tal pienezza di<br />

Santo perfettissimo Amore, che tosto tutto il Cuor le rapì e con maravigliosa<br />

intima spirituale Unione in sacrosanto Divino Sposalizio a sé la congiunse,<br />

Totam sibi rapuit Spiritus Sanctus 50 , come egregiamente disse San<br />

Pier Damiani (c): ed allor egli fece, lo Spirito Santo, che non solo apparisse<br />

lo sforzo della sua Onnipotenza in impiegar per arricchir la sua Sposa di<br />

tutti i suoi immensi Tesori; ma ancor comparisse in trionfo lo sforzo del<br />

Divino Amore, con renderla tra tutte le pure Creature la più amata, la più<br />

cara, la prediletta, la delizia del Cuor suo, il bellissimo suo Tempio animato,<br />

il suo Sacrario, il suo Riposo: conforme con cento e mille ragioni la intitolò<br />

Andrea Cretense, Animatum Templum Spiritus Sancti, Spiritus Sancti<br />

Sacrarium, Nova Dei Arca in qua Spiritus Dei requiescit 51 .<br />

2. Or pare a voi, Uditori, che essendo dunque la nostra Immacolata<br />

Signora così al sommo grata al suo Divinissimo Sposo e con lui sì perfettamente<br />

unita, possa egli poi mostrarsi ritroso in secondar le brame<br />

e voleri di Lei? Eh via! Se Iddio si protestò prontissimo di secondar i<br />

voleri di ogni altra Anima a lui cara, tuttoché di gran lunga inferiore<br />

alla Vergine, Voluntatem timentium se faciet 52 ; come disse il Profeta: quanto<br />

più dovrà dirsi che prontissimo sia di dar sul genio a Colei, che è<br />

(b) Ser. 4, De Purific. Virg.<br />

50 Lo Spirito Santo la rapì tutta per sé.<br />

(c) Ser. De Annunc.<br />

51 Tempio animato, sacrario dello Spirito Santo, nuova arca di Dio nella quale riposa lo<br />

Spirito di Dio.<br />

52 Farà la volontà di coloro che lo temono.<br />

137


l’oggetto delle sue Divine Delizie e che con lui ha un Cuor solo, per dir<br />

così, un solo volere? Basta però, che il Divino Sposo, non dico senta le<br />

suppliche, ma i desideri conosca soltanto delle sua purissima Sposa,<br />

intenti tutti al nostro vantaggio; che tosto ecco questo Spirito<br />

Consolatore. tutto propenso, a riguardo di Lei e pronto a comunicarsi<br />

con i suoi Lumi e Doni celesti, con le sue fiamme di Amor vivo, ai<br />

nostri Cuori, alle nostre Menti, alle Anime nostre.<br />

3. Aggiungasi di vantaggio, che lo stesso Spirito Santo è quello che si compiace<br />

dispensare i suoi Doni e la pienezza dell’Amor suo per mezzo di questa<br />

sua amatissima Sposa? Onde tanto sia l’esser veri divoti ed ossequiosi Figli<br />

di Maria, quanto l’esser disposti e fatti degni di ricevere i Doni e la Grazia<br />

dello Spirito Santo. Udite se con qual fondamento. Predisse Davide che la<br />

Colomba aveva già trovato il suo Nido, il suo Ricetto, ove posar potesse se<br />

stessa ed i suoi piccioli figli, Turtur invenit nidum sibi, ubi ponat pullos suos<br />

(d) 53 . La Colomba, esser figura dello Spirito Santo, che sotto tal sembianza<br />

al Precursore Giovanni veder si fece, voi già lo sapete. Qual sia questo<br />

Nido e Ricetto, dalla Divina Colomba trovato, nol cercate, perché esso è<br />

Maria. Sentitene Riccardo di San Vittore (e). Maria nidus columbae; idest<br />

receptaculum Spiritus Sancti 54 . Chi siano poi questi piccioli figli in sì sacro<br />

Nido collocati, siam noi, che per creazione; e per adozione siamo Figli<br />

dello Spirito Santo, da lui consegnati alla cura materna della sua purissima<br />

Sposa. Che ne risulta da ciò? Cosa mirabile, gioconda e vera. Se noi adunque<br />

sarem veri divoti di Maria e con una costante divozione ed affetto ci<br />

manterremo sotto la sua Cura materna, ove dallo Spirito Santo siam collocati;<br />

ci riconoscerà ben’egli per suoi cari ed amati figli: e come tali, chi non<br />

vede, che per mezzo della Gran Vergine questo Spirito Consolatore ci illustrerà<br />

con i suoi splendidissimi raggi, ci purificherà e santificherà con la<br />

sua Grazia, ci fortificherà con i suoi doni e ci stemprerà il Cuore in vive<br />

fiamme di santo dolcissimo Amore.<br />

(d) Psal. 83.<br />

53 La tortora trova il nido per sé dove porre i propri figli.<br />

(e) Lib. 10.<br />

54 Maria nido di colomba cioè ricettacolo dello Spirito Santo.<br />

138<br />

4. Ed ora sì aperta vieppiù mi viene la Mente a capire il Mistero del perché<br />

San Luca negli Atti Apostolici, descrivendoci l’Adunanza degli<br />

Apostoli, fatta nel Cenacolo di Gerosolima, dopo l’Ascenzione del<br />

Signore, per aspettar la venuta dello Spirito Santo, dice che in mezzo di<br />

loro trovavasi Maria SS.ma: Erant perseverantes unanimiter in oratione cum<br />

Maria Mater Jesus (f) 55 . L’intendo sì, l’intendo. L’amabilissima Presenza di<br />

Nostra Signora, che come Madre e Maestra presiedeva a quella sacra fortunata<br />

Adunanza, per una parte conferì molto all’unanime perseveranza<br />

degli Apostoli nelle Orazioni e Preghiere e dispose maggiormente i loro<br />

Cuori a rendersi capaci di ricever la pienezza dello Spirito Santo; e dall’altra,<br />

operò essa, come io penso, che lo Spirito Santo medesimo accellerasse<br />

la sua Venuta visibile e la facesse sì maravigliosa sotto forma di tante vive<br />

fiammelle di soavissimo Fuoco. Perciocché siccome di queste vive fiamme<br />

ne era la Vergine come una Officina ed una Fornace, ove tutte accese<br />

stavan conservate e raccolte; dicendola perciò San Bernardino da Siena,<br />

Fornax et Officina Spiritus Sancti 56 non poté farsi a meno che Ella tutta la<br />

premura non ne facesse al suo Sposo Divino, affin a guisa, di soavi e prodigiose<br />

fiamme scendesse sopra gli Apostoli ed accendesse i loro Cuori,<br />

illustrasse le loro Menti, infuocasse le loro Lingue come Cuori, Menti e<br />

Lingue, dei suoi amati Figli alla materna di Lei cura commessi.<br />

5. Sicché chiaro rimane per ogni verso, miei cari Uditori, che i veri Divoti di<br />

Maria sono i fortunati, i prescelti dallo Spirito Santo, a ricever la pienezza dei<br />

suoi Lumi e Doni celesti; e che essi sono quei ai quali Nostra Signora impetra<br />

la pienezza di Grazia e di Amore del suo Divinissimo Sposo. Serva per<br />

comprova un esempio. Bramava ardentemente Santa Metilde ricever la pienezza<br />

dello Spirito Santo; e perciò in un anno, più che in altri, ad apparecchiarsi<br />

premurosamente si pose in questi Santi Giorni con varie orazioni e<br />

pratiche virtuose e devote: or siccome sapeva ben’essa, che una tanta Grazia,<br />

ottenerla poteva per mezzo della Regina del Cielo, a questa rivolse i suoi<br />

sospiri, le sue calde preghiere. Avvenne, che nel Giorno appunto di domani,<br />

(f) Luc. 1, 14.<br />

55 Erano perseveranti unanimemente nella preghiera con Maria Madre di Gesù.<br />

56 Fornace e officina dello Spirito Santo.<br />

139


che è di Sacra Pentecoste, stando la Santa tutta raccolta e divota aspettando<br />

la tanto sospirata venuta dello Spirito Santo, le comparve Maria SS.ma, tutta<br />

riccamente alla Reale vestita con un Abito messo ad oro e tempestato di<br />

alcune piccole sfere che si andavan continuamente rivolgendo (g). Capì<br />

Metilde che sotto la Figura dell’Abito tutto di oro, le veniva significata la pienezza<br />

del perfettissimo Amore, di cui lo Spirito Santo riempì la Gran Vergine;<br />

e sotto figura di quelle piccole sfere, in continuo moto agitate, le veniva spiegato<br />

l’incessante continuo desiderio, che nutriva la stessa Vergine di vedere<br />

così vestite tutte le Anime dei suoi cari ed affettuosi Divoti. E tanto vi volle,<br />

affin Metilde, presa confidenza maggiore, si slanciasse tosto tra le amorose<br />

Braccia di Maria; la quale l’accolse benignamente, la strinse con amore<br />

materno e le ottenne tal pienezza di Spirito Santo; che d’indi in poi arse continuamente<br />

la Santa di un acceso soavissimo Amore.<br />

6. Deh se è così, ecco che tutti, o Celeste Sovrana, a voi ricorriamo umilmente<br />

ed interamente ci gettiamo nelle vostre amorosissime Braccia. Voi pur<br />

vedete le nostre estreme miserie, i nostri bisogni gravissimi. Teniam duopo<br />

di lume, di forza, di grazia e di amore. Qualora si degni lo Spirito Santo scender<br />

su di noi, avremo tutto. Ma a voi spetta, come a sua purissima Sposa di<br />

muoverlo ad avere di noi pietà e a consolarci con la sua dolce e graziosa<br />

venuta. A voi, ancor tocca, come a nostra Madre, di aiutarci affin a degnamente<br />

riceverlo siamo tutti disposti... Veni, adunque, veni Sancte Spiritus!<br />

Scendi dall’alte sfere;<br />

Eterno Amore, deh scendi!<br />

Vieni, o Spirito Santo, nelle nostre Menti, nei nostri Cuori, nelle Anime<br />

nostre! La tua Sposa diletta così desidera: la nostra amatissima Madre e<br />

Signora così vuole. E noi, a nome suo, a suo riguardo, benché all’intutto<br />

immeritevoli, così ardentemente bramiamo ed incessantemente<br />

siamo a pregarti.<br />

7. Confidenza pertanto, Uditori. Rammentiamoci esser Maria SS.ma<br />

quella che impetra ai suoi Divoti la pienezza dello Spirito Santo; e tanto ci<br />

basti per ricolmarci di ogni sicura Speranza di ottenerlo.<br />

(g) In vit. S. Metild.; Marches. Tomo 2, Diar. Sacr., pag. 432.<br />

140<br />

SERMONCINO DECIMO QUINTO<br />

Recitato nel Sabato della SS.ma Trinità, 27 Maggio 1752<br />

Il Sermoncino viene recitato la vigilia della festa della SS.ma Trinità e, in nove<br />

punti, sviluppa il seguente argomento: “L’esercizio frequente dei veri devoti di Maria<br />

deve essere ringraziare la SS.ma Trinità per le Grazie concesse alla Vergine e congratularsi<br />

con Lei per la gloria e l’onore che Ella ha dato alle Divine Persone. Il più grande<br />

privilegio che la divina Trinità concesse a Maria fu quello “di esser’ella Figlia<br />

dell’Eterno Padre, Madre dell’Eterno Figlio e Sposa dell’Eterno Spirito Santo”.<br />

La Vergine gradisce molto riceverne le congratulazioni dai suoi devoti perché le<br />

rinnova la gioia che provò nel corrispondere a Dio con tutte le sue forze.<br />

Il suo sì permise a Dio di incarnarsi nel suo castissimo seno e così essere conosciuto<br />

ed amato in tutto il mondo come Signore, Redentore e Santificatore. Conclude proponendo<br />

di salutare la sua Immacolata Signora con le parole del suo diletto Servo<br />

Simone Garzia dell’Ordine dei Minimi: Ave figlia di Dio Padre, ave Madre di Dio<br />

Figlio, ave Sposa dello Spirito Santo, ave o Tempio della SS.ma Trinità.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 218-227.<br />

Argomento<br />

Il ringraziare la SS.ma Trinità delle Grazie concesse<br />

alla SS.ma Vergine ed il congratularsi con la Vergine per la gloria<br />

ed onore dato alla SS.ma Trinità,<br />

esser deve l’esercizio più frequente dei veri Divoti di Maria<br />

Chi vi ha tra di noi, Uditori, che sapendo ricorrer dimani la solennità gloriosissima<br />

del più alto, del più venerabile e sacrosanto tra tutti i Misteri,<br />

voglio dir quello della SS.ma Trinità; chi vi ha tra di noi, ripeto, che non si<br />

senta in quest’oggi eccitato ad apparecchiarvisi con atti della più umile e<br />

profonda adorazione e del più vivo ed affettuoso rendimento di grazie? Per<br />

ravvivare appunto la nostra Fede e risvegliare i nostri doverosissimi ossequi<br />

verso l’augustissima Trinità Sagrosanta, pensarono alcuni Cristiani dei secoli<br />

più antichi, che accenna il Micrologo (a), di celebrarne privatamente in un<br />

Giorno a parte la Festa; sinchè poi nel secolo nono, secondo che alcuni<br />

(a) Microl. cap. 6.<br />

141


sostengono (b) fu dal Sommo Pontefice Gregorio IV circa l’835 istituita; ed<br />

in Roma dopo Alessandro III nel duodecimo secolo solennizata (c); e da<br />

Giovanni XXI (detto XXII) circa l’anno 1440 ordinata in tutto il Mondo<br />

Cattolico (d): affinchè, come riflette il Durando (e), siccome la Santa Chiesa<br />

nel giro dell’anno avea a ciascuna delle tre Divine Persone assegnato un giorno<br />

particolare, come giorno di sua propria particolar festa, in cui da noi le<br />

umili adorazioni ed ossequi se le prestassero; all’Eterno Padre il Giorno di<br />

Natale, nel quale nacque al Mondo il suo Divin Unigenito, fatto Uomo per<br />

noi; all’Eterno Figlio il Giorno di Pasqua, in cui tutto glorioso dalla Morte<br />

risorse; all’Eterno Spirito Santo il Giorno di Pentecoste, in cui apparve visibile<br />

sopra gli Apostoli: così alle glorie di tutte e tre insieme le Persone Divine<br />

un giorno particolare ancor consagrato vi fosse, nel quale noi a tutte tre nel<br />

tempo stesso riattestare potessimo la nostra ferma, verissima, ed infallibile<br />

fede e la nostra umilissima servitù, adorando, credendo e glorificando l’unichissima<br />

indivisibile eterna Unità dell’Essenza Divina nella Trinità delle<br />

Persone; e le tre reali, distinte, eterne Persone Divine nell’Unità dell’essenza.<br />

Aggiungete poi, che siccome l’altezza e profondità di questo incomprensibil<br />

Mistero oltrepassa ogni Angelico, non che Umano nostro intendimento, che<br />

fece la Chiesa, nostra saggia e provvida Madre? Ne assegnò la Festa<br />

nell’Ottava appunto di Pentecoste, che è dimani; vale a dire, dopo la solennità<br />

della Venuta dello Spirito Santo: appunto, come degnamente pensa San<br />

Ruperto Abate (f), perché dopo disceso visibilmente nel Mondo lo Spirito<br />

Santo fu incominciato tosto a credersi e a predicarsi l’altissimo, eterno, infallibil<br />

Mistero della Trinità Sagrosanta: ed io aggiungo, perché ancora apprendessimo<br />

noi a ricorrer al dator di ogni lume per ottenere ed esercitar quella<br />

vivezza di Fede e quella divota, umile e profonda venerazione, che vi abbisogna<br />

per onorarlo. Sebbene, siccome ogni qualunque adorazione, lode ed<br />

onore dato da noi all’augustissima Trinità, sempre è difettoso e manchevole,<br />

perciò io stimerei ottimo l’aggiungere il ricorrere all’Immacolata Nostra<br />

(b) Auctor Libri Lignum vitæ Lib. 5.<br />

(c) Cap. Quoniam de feriis.<br />

(d) Pisanella verb. feria, §. 3; Graveson Tomo 5, Hist. nov. Test. sec. 15.<br />

(e) Durand. lib. 7, cap. 4.<br />

(f) Lib. II. cap. 1.<br />

142<br />

Signora Maria SS.ma e far con Lei un patto, cioè che essa si degni ringraziar<br />

per noi in Cielo la Trinità Sagrosanta per gl’i infiniti benefici e favori a noi<br />

compartiti; mentre noi la ringrazieremo incessantemente per Lei quaggiù in<br />

Terra. Su, Uditori, facciamo tal patto con la gran Vergine; anzi si abbia per<br />

fatto: e per vieppiù impegnarvici, contentatevi che io vi dimostri, come<br />

l’esercizio frequente dei veri Divoti di Maria deve essere appunto il ringraziar la<br />

SS.ma Trinità per le Grazie concesse alla Vergine; ed il congratularsi con la Vergine<br />

per la gloria ed onore da Lei dato alla SS.ma Trinità. Attendete. Do principio.<br />

1. Che i veri e saggi Amanti non altre premura abbiano, che di dar sul<br />

genio al buono oggetto da loro saviamente amato; ed in quelle cose si<br />

esercitino, nelle quali il maggior di lui gradimento veggan consistere:<br />

è, Uditori, una verità così potente, che e la stessa Naturalezza e<br />

l’Esperienza si uniscono a dimostrarcela. Che dunque i veri Divoti ed<br />

Amanti di Maria esercitar si debban di frequente in ciò che alla loro<br />

Celeste Signora è più grato, resta così chiaro, che non ha bisogno di<br />

prova.<br />

2. Or qual, credete voi, sia la cosa che alla Gran Vergine possa esser più<br />

grata nei suoi veri Divoti? Quella primieramente al certo di rendere essi<br />

affettuose ed incessanti grazie in suo nome alla SS.ma Trinità per le singolarissime<br />

Grazie e Privilegi a Lei compartiti. Eccone la ragione. La<br />

gratitudine, che è una virtù la quale di sua natura tende continuamente<br />

a trovar modi per ricompensare un cortese Benefattore, fa che il maggior<br />

piacere che aver possa un Cuor grato, nel trovar aiuto consista in<br />

prestar gli ossequi e le amorose rimostranze verso chi lo ricolmò di<br />

benefizi. Quindi possedendo la Vergine in grado sì perfetto ogni Virtù<br />

e spezialmente la gratitudine, non può farsi a meno che ella estremamente<br />

non gioisca e non si dichiari persino obbligata ai suoi Divoti nel<br />

vederli continuamente impiegati in aiutarla a ringraziar da sua parte la<br />

Trinità Sagrosanta per li singolarissimi Privilegi ed innumerabili<br />

Grazie, che in ogni tempo ha sopra di Lei a larga mano piovuti.<br />

3. Ed oh se sapeste, Uditori, il peso e la misura dei Privilegi e Grazie, di<br />

cui le tre Divine Persone ricolmarono Nostra Immacolata Signora,<br />

v’impegnereste al certo con più di premura e fervore ad aiutarla: non<br />

143


già perché ella abbia punto bisogno del nostro aiuto, ma per maggiormente<br />

incontrar il suo genio, il suo gradimento. Le sue Grazie e suoi<br />

Privilegi, se nol sapeste, sono di tal nobile e singolarissima tempra,<br />

che il comprenderli bene, non è cosa che riuscir possa all’Angelico,<br />

non che Umano basso nostro intendimento. Uditene il perché.<br />

La Regina del Cielo o venga considerata nei suoi Doni naturali, o nei<br />

suoi Doni di Grazia, o in quei di Gloria, si troverà sempre aver impiegata<br />

l’Eterno Padre tutta la sua Onnipotenza in arricchirla; l’Eterno<br />

Figlio tutta la sua Sapienza in glorificarla; l’Eterno Spirito Santo in santificarla<br />

tutto nel suo Amore; e tutte e tre le Persone Divine aver fatto<br />

tutto lo sforzo in privilegiarla sopra tutti i Santi, sovra tutti gli<br />

Angioli, in somma sovra tutto il creato. Onde essendo essa un’Opra<br />

di Dio così nobile, singolare e perfetta, a Dio solo riservato resta il pienamente<br />

conoscer la misura ed il peso della Perfezione di Lei: come<br />

tutto attonito disse il Suarez, Mensura Privilegiorum Virginis est Potentia<br />

Dei: e S. Bernardino da Siena Tanta est perfectio Virginis, ut soli Deo<br />

cognoscenda reservatur 57 .<br />

4. Nulladimeno nel modo cui è permesso alla nostra bassezza il formar<br />

de’ concetti e discorsi di sì eccelsa Signora, un solo suo singolarissimo<br />

Privilegio, come fonte e centro di tutti gli altri, tentar vo(glio) qui di<br />

esporvi; cioè quello di essere ella Figlia dell’Eterno Padre, Madre<br />

dell’Eterno Figlio e Sposa dell’Eterno Spirito Santo. L’Eterno Padre adunque<br />

la scelse per sua dilettissima Figlia: ma non senza sforzo della sua<br />

onnipotenza. Affin la Vergine fosse tale, compartir le volle una parte,<br />

direm così, dell’onor suo stesso Divino, facendola con stupore dei Cieli<br />

Madre naturale per temporal generazione di quel medesimo Divino<br />

Unigenito, di cui egli per Generazione eterna era natural Padre: e così,<br />

siccome il suddetto Unigenito era ed è, come Dio, uguale in tutto al<br />

Padre, immenso, eterno, infinito, onnipotente; in simil guisa fosse,<br />

come Uomo, della medesima Umanità della Madre, passibile, finito e<br />

mortale. L’Eterno Figlio poi, che appunto nel purissimo Ventre di<br />

57 Misura dei privilegi della Vergine è la potenza di Dio. Così grande è la perfezione della<br />

Vergine che è riservata al solo Dio la sua conoscenza.<br />

144<br />

Vergine così eccelsa prender voleva per noi Umana Carne, osservate se<br />

come tutta l’infinita sua Sapienza impiegò in costituirsela sua degna<br />

Madre. La arricchì di doni e di una dignità tale, che non potesse mai<br />

uscir dalle mani dell’Onnipotenza e Sapienza Divina una Madre più<br />

degna della sua; come fondatamente furon di sentimento l’Angelico<br />

San Tommaso e San Bonaventura. Onde può ben dar l’essere Iddio, qualor<br />

ei voglia, ad innumerabili Cieli ed infiniti Mondi e può farli più<br />

grandi, più bei di questo unico che ha fatto: non può far però una<br />

Madre più degna di Maria SS.ma. Che dirò poi della pienezza delle<br />

singolari prerogative, di cui la riempì lo Spirito Santo, che per sua prediletta,<br />

illibatissima Sposa l’avea prescelta? Da un atto solo voglio che<br />

deduciate lo sforzo che egli fece del suo infinito Amore verso di Lei.<br />

Avea lo Spirito Santo sino ab eterno decretato l’ineffabil Mistero<br />

dell’Incarnazione del Divin Verbo, che solo per virtù sua effettuar si<br />

dovea nel Verginal purissimo Ventre di Maria: onde qualor giunse<br />

l’ora beatissima da lui decretata, non avea punto bisogno per eseguirlo,<br />

di spedir alla Vergine un Angelo per ottenerne ed aspettarne il consenso<br />

di Lei. Poteva il Divin Paraclito operar di sua assoluta potenza.<br />

Eppur non volle. Anzi per dimostrar l’alta stima che facea della<br />

Vergine e l’Amor infinito che le portava, volle, per dir così, a Lei soggettarsi,<br />

dipender dal volere di Lei ed aspettarne il consenso per farla<br />

sua dilettissima e purissima Sposa.<br />

5. Dal sin qui detto argomentate ora voi, Uditori, se di quali Grazie, Doni<br />

e Privilegi singolarissimi sì di Natura, che di Grazia, che di Gloria,<br />

dotata fosse dalla SS.ma Trinità la Nostra Immacolata Signora: ed in<br />

conseguenza, se qual godimento estremo ella abbia in vedere i suoi<br />

Divoti impiegati in dare in suo Nome alle tre Divine Persone milioni di<br />

Benedizioni e di Grazie; e se qual ricompensa larghissima loro conceda.<br />

Io dir vi posso in contesto, che la Vergine stessa raccomandò con premura<br />

un tal divoto esercizio alle sua dilette Santa Metilde (g) e Francesca<br />

Vacchinia Domenicana (h); e disse loro anche il modo, come ringraziar<br />

(g) in Vita lib. 1. c. 46.<br />

(h) in Vita.<br />

145


dovevano da sua parte l’Augustissima Triade, particolarmente per averla<br />

preservata all’intutto dalla colpa originale: ed un’altra volta apparendo<br />

ad un suo Divoto, Sappi, gli disse, esser molto a me caro e sommamente<br />

accetto l’aiutarmi a render grazie alla SS.ma Trinità dei Doni incomprensibili,<br />

che mi ha dati: ed a chiunque ciò farà prometto la mia particolar Protezione<br />

e qualunque Grazia purchè ridondi in sua eterna salvezza (i). Onde io, che<br />

per mia buona sorte mi trovo di aver posto alla fine del mio Libro stampato<br />

dei Dodici Privilegi un Rendimento di Grazie alle tre Divine Persone<br />

per tutti i Privilegi concessi a Nostra Signora, spezialmente nella sua<br />

Immacolata Concezione; quanto mi fo animo per un verso a raccomandarne<br />

il divoto esercizio; altrettanto ne tripudio sulla viva speranza del gradimento<br />

della stessa mia eccelsa Signora.<br />

6. Quello però che ancor molto gradisce la Vergine è il riceverne nel<br />

tempo stesso le congratulazioni dai suoi Divoti, particolarmente per la<br />

gloria ed onore da Lei scambievolmente dato alla Triade sagrosanta. La ragione<br />

si è, perché un tal congratularsi, rinnovando alla Vergine quel gran<br />

contento che ebbe in corrispondere a Dio con tutte le sue forze, viene<br />

ad essere ancora nei suoi Divoti un gran contrasegno ed esercizio di<br />

Amore verso di Lei. Or quale stimate voi, Uditori, fosse la Gloria ed<br />

onore che alla SS.ma Trinità diede Nostra Signora? Chi può abbastanza<br />

comprenderlo? Io non vi parlo di quelle sue sublimi ed eroiche virtudi<br />

e di quegli esercizi di Santo Amor perfettissimo, con i quali superò<br />

di gran lunga in perfezione tutta la Corte Celeste insieme unita e<br />

diede a Dio una gloria ed un piacer così grande, che al dir del Serafino<br />

da Siena, l’obbligò a scender nel purissimo di Lei Ventre e lo trasse dal<br />

Cielo, anche prima del tempo. Di ciò, ripiglio, non vi favello, come di<br />

cosa a voi tutti già nota. Voglio che soltanto l’altezza della gloria ed<br />

onore che la Gran Vergine diede alle tre Divine Persone lo ricaviate da<br />

quel che essa medesima ne disse nel suo mirabilissimo Cantico con<br />

quelle sole misteriose parole, Magnificat Anima mea Dominum. Attenti<br />

Uditori, giacchè in così alto Mare dolcemente ci troviamo ingolfati.<br />

(i) Una tal Rivelazione con la sua Pratica sta in un Libriccino già noto di poche carte.<br />

146<br />

7. Disse dunque la Vergine, l’Anima mia rende grande Iddio, gli dà una<br />

gran gloria, un grande onore, Magnificat Anima mea Dominum. E qui<br />

non tanto intender bisogna, che lo magnificasse sommamente in se stessa,<br />

cioè con le sue Virtù e con la sua perfetta corrispondenza; come<br />

pocanzi dicemmo; ma che lo magnificasse sommamente anche negli<br />

altri. Mi spiego. Prima che Iddio si incarnasse nel castissimo di Lei<br />

Verginal Seno, era soltanto conosciuto ed adorato in un angolo della<br />

Terra, voglio dir nella Giudea, come dicea Davide, Notus in Judea<br />

Deus 58 . Dopo però che ella lo vestì di Umana Carne, divenne in breve<br />

notissimo all’Universo tutto: crescendogli così per mezzo della Madre<br />

un grande onore, una gloria grande. Ma io ho detto poco. Giunse<br />

Nostra Signora a render grande Iddio e magnificarlo persino, starei<br />

quasi per dire, in lui medesimo. Non già che Iddio ricever possa aggiunta<br />

alla sua essenziale perfezione e grandezza infinita; mentre non sarebbe<br />

Dio se di un minimo che di perfezione idear si potesse bisognoso e<br />

mancante. Nulladimeno, quasi per ripeter sarei, che la SS.ma Trinità<br />

magnificata fosse e glorificata in se medesima dalla Vergine; perché da<br />

Lei le fu data quella grandezza e quella gloria che prima non avea.<br />

Eccomi a scifrarvi il tutto: e finisco.<br />

8. L’eterno Padre era stato sì ab eterno Padre del Divin Figlio; ma non potè<br />

però mai suo Signore chiamarsi e suo Dio; se non dopo che Uomo si fece<br />

nel Ventre purissimo di Maria: onde essa fu che la grandezza e l’onore<br />

gli diede di Signore e Dio dello stesso suo Umanato Unigenito. L’eterno<br />

Figlio era stato sì ab eterno consostanziale al Padre, Creatore, Signore<br />

unico unichissimo insiem col Padre; ma non valse mai intitolarsi<br />

Redentore del Mondo, se non dopo che prese Umana Carne: quindi la<br />

Madre fu, che da Redentore lo ingrandì. L’eterno Spirito Santo poi era<br />

stato sì ab eterno insiem col Padre e col Figlio dalla stessa unica Sostanza<br />

ed essenza Divina, Creatore e Santificatore unico, unichissimo, insiem<br />

col Padre e col Figlio; ma non potè mai chiamarsi Autore dell’<strong>Opera</strong><br />

Divina più eccelsa, che ad extra esser mai vi potesse, voglio dir Autore<br />

dell’Incarnazione del Divin Verbo: solo dopo che nel Ventre Verginal di<br />

58 Dio è conosciuto in Giudea.<br />

147


Maria fu eseguita, potè gloriarsene. Quindi può quasi dirsi, che Nostra<br />

Immacolata Signora della SS.ma Trinità fosse il compimento; conforme<br />

giunse a chiamarla Esìchio con quell’elogio, Tu Trinitatis complementum 59 ;<br />

dandole quella grandezza, gloria ed onore, che prima non avea, come<br />

dissi; all’eterno Padre la grandezza di Signore e Dio del Divin Figlio<br />

Umanato, Gesù Signor nostro; all’eterno Figlio l’onor di Redentore;<br />

all’eterno Spirito Santo la gloria di Fecondo.<br />

9. Chi dunque potrà ora vantarsi di esser divoto di Maria e non sentirsi<br />

eccitato a congratularsi infinitamente con Lei di tutta la gloria ed onore<br />

che essa diede e che dà alla Trinità sagrosanta. Animo pertanto, cari<br />

miei Uditori. Concludiamo. Il ringraziar la SS.ma Trinità per le Grazie e<br />

Privilegi concessi alla Vergine; ed il congratularsi con la Vergine per la gloria<br />

ed onore da Lei dato alla SS.ma Trinità, sia da qui in poi il nostro più premuroso<br />

e frequente esercizio. Io quanto a me così di buon cuore risolvo:<br />

ed in attestato, rivolto alla mia Immacolata Signora, passo a salutarla<br />

col cuor sulle labbra con quel bel saluto del suo diletto Servo Simone<br />

Garzia dell’Ordine dei Minimi, Ave Filia Dei Patris, Ave Mater Dei<br />

Filii, Ave Sponsa Spiritus Sancti, Ave Templum SS.mæ Trinitatis 60 .<br />

59 Tu, complemento della Trinità.<br />

60 Ave figlia di Dio Padre, ave madre di Dio Figlio, ave Sposa dello Spirito Santo, ave o tempio<br />

della SS.ma Trinità.<br />

148<br />

SERMONCINO DECIMO SETTIMO<br />

Recitato Sabato 10 Giugno 1752<br />

Si consacrano Chiese a Maria affinché le protegga, offra a Dio tutte le orazioni e<br />

preghiere che ivi si fanno ed ancora perché “la Chiesa a lei dedicata sia come uno specchio<br />

delle sue sublimi virtù” che i fedeli possono contemplare e imitare.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> elenca vari nomi di persone pie che hanno costruito e dedicato Chiese<br />

alla Vergine Santa e ricorda con dolcezza e gratitudine l’opportunità che anche lui ha<br />

avuto di poter erigere, ad onore dell’Immacolata, la medesima Chiesa ove ora si trovano.<br />

E poichè molti dei presenti lo hanno aiutato a realizzare l’opera e tuttora la<br />

sostengono, in segno di gratitudine verso di loro, tratterà brevemente, in cinque punti,<br />

l’argomento, cioè “Il concorrere alle fabbriche o al mantenimento delle Chiese dedicate<br />

a Maria SS.ma viene da lei molto ben ricompensato anche in questa vita”.<br />

Come esempio, racconta l’episodio accaduto al cittadino San Cristanziano che vide<br />

centuplicata miracolosamente la sua offerta quotidiana di un anno per la costruzione<br />

della nuova Chiesa di Santa Maria Inter Vineas. Conclude con l’invito “a fare ogni<br />

sforzo per formare del nostro cuore un sacro tempio a Maria, ove essa possa abitare in<br />

perpetuo con la sua grazia ed il suo amore”: questa sarà la più preziosa ricompensa<br />

che noi possiamo avere in questa vita.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 95-105.<br />

Argomento<br />

Il concorrere alle Fabbriche o al mantenimento delle Chiese dedicate a<br />

Maria SS.ma, vien da Lei molto ben ricompensato anche in questa vita<br />

Ave Maria<br />

L’eriger le Chiese e dedicarle ad onor di Maria, sebbene fu più volte empiamente<br />

chiamato dagli eretici un atto della più abominevole superstizione;<br />

pure a loro eterna confusione e rimprovero fu e sarà sempre mai un atto più<br />

sacrosanto della nostra Religione purissima, autorizzato da’ Concili e da’<br />

Padri, tramandato a noi sin da secoli più antichi e a maraviglia sostenuto da<br />

mille congruenze e fondate ragioni. È verissimo, chi può contraddirlo?, che<br />

a Dio solo propriamente e direttamente si possono e debbono eriger le<br />

Chiese, dedicare gli Altari, offerire i Sacrifici e vadasi discorrendo: perché<br />

appartenendo tutto ciò al sovrano culto Divino, da Teologi chiamato di<br />

149


Latria, a Dio solo offerir si può e consacrarsi. E tuttociò appunto noi<br />

Cattolici intendiamo di fare, anche quando ad onor di Maria o dei Santi,<br />

ergiamo le Chiese, dedichiamo gli Altari e simili: e non possiam rattenerci<br />

dal compianger nel tempo stesso la cecità maliziosa de’ nostri Emuli ostinati,<br />

che sotto finto pretesto dell’Onore Divino e di ridicola Riforma di<br />

Religione, tolgono e a Dio e alla sua Madre ed ai Servi suoi ogni culto; non<br />

essendo valevoli ad altro, che a diroccar sacri Tempi, distrugger Altari, vilipender<br />

Sacrifizi ed ogni altro Sacro Rito; per vivere appunto empiamente<br />

senza pietà, come già bestialmente e liberamente vivono senza Fede e senza<br />

Legge. A Dio solo adunque, ritorniam donde partimmo, a Dio solo intendiam<br />

noi Cattolici di ergere e dedicare le Chiese, anche quando le dedichiamo<br />

all’onor della sua SS.ma Madre e col sacrosanto Nome di Lei le intitoliamo.<br />

Perciocché questa dedica di sacri Tempi fatta ad onor di nostra Signora<br />

(lo stesso dite voi, R(iveriti) U(ditori), con proporzione di ogni altro Santo)<br />

non altro importa, se non che noi raccomandiamo quel sacro Luogo a Maria<br />

SS.ma ed a Lei lo consacriamo, affin particolar cura ne abbia e protezione: di<br />

più, acciocché essa si degni di offerire a Dio tutte quelle Orazioni e Preghiere<br />

che nel Tempio di Lei si fanno e ne ottenga dal suo Divin Figlio un favorevol<br />

rescritto: di vantaggio, affinché la Chiesa a lei dedicata, sia come uno<br />

Specchio delle sue sublimi Virtù, donde i Fedeli contemplar le possano e<br />

copiar in se stessi; e sia come una fornace, donde cavar si possa un amore<br />

ardente ed una viva ed accesa divozione verso sì gran Signora. Cose tutte, che<br />

non solo non ripugnano punto all’onor sovrano di Dio (e possono sino i ciechi<br />

vederlo), ma che riescono anzi di sua maggior gloria e decoro. Quindi,<br />

siccome il Re Salomone per suo decoro maggiore fabbricar fece a parte un<br />

sontuoso Palaggio per la sua Regina (a); così il gran Monarca dei Cieli volle<br />

e dispose, per sua maggior gloria, che a parte sotto il titolo e protezion della<br />

sua Madre SS.ma, Regina nostra, si fabbricassero Chiese, si ergessero Tempi<br />

ed Altari: affin credo io ancora, di contraccambiarle quella gloria che gli<br />

diede, allorché con tanta purità ed amore nel purissimo di Lei Seno, come in<br />

un prezioso Tempio animato, per nove mesi lo tenne. Che perciò, non sia stupore,<br />

Uditori, se noi troviamo che sino al tempo degli Apostoli, fossero stati<br />

eretti degli Oratori e delle Chiese ad onor di Maria, essendo ancor vivente.<br />

(a) 3 Reg. 7, 8.<br />

150<br />

Così l’eressero i discendenti di Elia Profeta nel Monte Carmelo e furono i<br />

primi; come ce lo dice il Breviario Romano (b): così pur fece nella Spagna<br />

San Giacomo Maggiore; e ce lo contestano il Beutero, il Vigliegas ed il<br />

Ribadeneira (c): e non mancano gravi Autori che ci contano così pur aver<br />

fatto gli Apostoli San Pietro e San Giovanni (d). Tantochè dai primi secoli<br />

della cristianità sino al presente, quando più, quando meno, rinveniamo<br />

essersi sempre per tutto il Cattolico Mondo eretti degli Oratori privati e<br />

dedicate delle pubbliche Chiese alle Glorie Immortali di Nostra Signora. Io<br />

poi, a tal dolce rimembranza, non posso dispensarmi dal congratularmene<br />

con Lei e ringraziarla vivamente di essersi degnata di aver data a me miserino<br />

tanta sorte di erigerle sì di fresco ad onore della sua Immacolata Concezione<br />

questa medesima Chiesa, ove noi or siamo. Ma siccome, a dire il vero, più<br />

voi con altri Benefattori, che io, siete concorsi ad erigerla e concorrete a mantenerla;<br />

perciò in attestato di mia gratitudine e per vostra consolazione,<br />

voglio in questa sera succintamente mostrarvi, come il concorrere alle fabbriche,<br />

od al mantenimento delle Chiese dedicate a Maria SS.ma, vien da Lei molto ben<br />

ricompensato, anche in questa vita. Lo caverete da alcuni fatti. Incomincio.<br />

1. Non vi ha sinora nel Mondo persona, che una qualche picciola cosa ad<br />

onor della Vergine con buon cuore operasse, che da questa liberalissima<br />

Signora, la quale sta rigorosamente sul punto di non farsi mai vincere<br />

in cortesia e gentilezza, non rimanesse a larga mano ricompensata,<br />

anche in questa vita. Così ci attestava San Bernardo, sino ai suoi<br />

tempi: e così cento e mille autentici fatti, sino ai giorni nostri ce lo<br />

contestano. Pensate ora voi, Uditori, se quanta potrà esser la ricompensa<br />

che dalla clementissima Regina del Cielo aspettar si può chi con<br />

cuor divoto concorre alle fabbriche o al mantenimento delle Chiese a<br />

Lei dedicate. Ogni sacro Tempio alla gran Vergine consagrato può<br />

chiamarsi un bel Teatro aperto, ove si fanno spiccar le sue glorie; ed<br />

una Scuola, ove si insegna quanto necessaria ed utile sia la tenera divozione<br />

verso di Lei: onde chi a tanto Bene concorre può dir con verità di<br />

(b) Brev. Rom., die 16 Jul.<br />

(c) Beuter. lib. 1, Chron. Aragon. c. 23; Vigliegas p. 1, Hos SS. In vit. B. V., cap. 23, Ribad.<br />

In vit. S. Jacob. Apost.<br />

(d) Auriem. par. 2, cap. 1.<br />

151


esser lo strumento dell’onor di Maria, il propagator delle sue Glorie,<br />

della sua Divozione; ed in conseguenza non ha che dubitare di vedersela<br />

seriosamente impegnata a rimunerarlo, eziandio in questo Mondo,<br />

con mille finezze.<br />

2. Ce lo può ridire tra gli altri Giacomo I, re di Aragona. Questi, come<br />

molto divoto e zelante dell’onor della Vergine, ispirato da Lei, affin di<br />

ottenere il potente Patrocinio sopra di sé e del suo Regno, allora vessato<br />

da tanti Nemici, tutto l’animo suo rivolse ad edificar per tutta<br />

Aragona dei Sacri Tempi alla sua Celeste Sovrana dedicati. Quanti, credete<br />

voi, fabbricar ne facesse? Duemila Chiese appunto fabbricar fece; e<br />

tutte, affin avessero il decoroso mantenimento, le dotò. Queste furono<br />

del Re Giacomo I i fortissimi Castelli, che a costo dei suoi Tesori piantò<br />

in difesa contro i suoi Nemici: e queste gli portarono tante palme e<br />

tante vittorie, che lo resero sempre glorioso nelle Guerre; e gli diedero<br />

il soprannome di Giacomo il Vincitore (e). Era un bel vedere al certo, il<br />

pio Monarca tutto intento a dilatar le glorie di Maria con gli edifizi e<br />

con le doti delle sue Chiese; e Maria SS.ma tutta premurosa in innalzar<br />

le glorie del suo divoto con le continue Vittorie.<br />

3. Ma non solo da Nostra Signora ebbero larga ricompensa, anche in questa<br />

Vita, quei che con donativi copiosi concorsero e con ricche limosine<br />

all’edifizio e mantenimento dei suoi sacri Tempi; ma coloro eziandio<br />

che con cuore divoto fecero picciole offerte, secondo le loro tenui<br />

forze. Vaglia per tutti il celebre autentico fatto, forse non a tutti voi<br />

ben noto, avvenuto in questa nostra stessa Città, circa l’anno 418, nell’erezione<br />

che fu fatta della nostra Chiesa oggi Parrocchiale, ed anticamente<br />

Colleggiata, sotto il titolo di Sancta Maria Inter Vineas (f).<br />

Scopertasi adunque, circa 1234 anni sono, tra le Vigne di questi nostri<br />

contorni, in un muro vecchio, una Immagine miracolosa della Gran<br />

Madre di Dio col suo Divin Figlio in braccio, fu dalla divozione de’<br />

nostri antichi Ascolani processionalmente trasferita qui dentro la città,<br />

(e) Auriem. par. 2, cap. 1.<br />

(f) Appian. In Vita S. Emygd, cap. 22; Lazzar. In Ascol. In prospet., cap. 29.<br />

152<br />

affin d’innalzarle una Chiesa, come fu fatto. Mentre pertanto se ne gettavano<br />

le fondamenta, vi fu uno zelante sacro oratore, che per affrettarne<br />

al possibile l’edifizio, andò inculcando che chi concorreva con limosine<br />

a quella pia fabbrica, avrebbe dalla Regina del Cielo ottenuta,<br />

anche in questo Mondo, la centuplicata ricompensa. Si trovò presente<br />

al fervoroso Sermone, che nel dì dell’Assunta appunto cadde, un<br />

Funaio, il quale del nostro illustrissimo Martire Cittadino portava il<br />

nome, voglio dir di Cristanziano; e mosso dall’affetto alla Vergine e<br />

dalle promesse dell’Oratore, diè principio in quel giorno medesimo a<br />

porre un danaio, corrispondente ad un baiocco dei nostri tempi, in un<br />

cassettino, che esposto nel Duomo tenevasi a tal’effetto; con animo di<br />

proseguir per un anno tal limosina in ciascun giorno; come già fece.<br />

Venuto pertanto nel seguente anno il dì della gloriosa Assunta, si portò<br />

pronto Cristanziano a compiere la sua offerta nel cassettino. Ma, oimè!<br />

Ecco si avvede essergli stata tolta, tra la calca di Gente, da un incognito<br />

Ladro una ricca borsa; ove tenea conservate certe monete, che al<br />

valor rispondevano di cento scudi alla nostra, poco prima ritratti da una<br />

sua mercanzia. Le smanie, le grida, le lacrime del pover’uomo, lascio a<br />

voi considerarle. Posso soltanto ridirvi, che fatto fuor di se stesso, Ah<br />

Maria SS.ma, ad esclamar si pose, questo dunque è il centuplo già promesso<br />

dal vostro Panegerista? Ho fatta ben’io la Limosina per la vostra nuova<br />

Chiesa e voi soffrite che altri mi rubino ed assassinino? Indi con un misto di<br />

duolo e di sconfidenza, uscito tutto sconsolato di Chiesa, se ne va alla<br />

sua povera casa a terminare quel giorno e passar la sera e la notte in<br />

continuo pianto: sinchè sopravvinto da funeste riflessioni e precipitosi<br />

pensieri, risolve di terminar disperatamente i suoi guai con l’appiccarsi.<br />

Quindi, provvedutosi di un capestro, esce da Città, entra in un<br />

Bosco vicino, sale su di un albero e da se stesso si accomoda l’infame<br />

patibolo.<br />

4. Io qui mi figuro, Uditori, che voi rattener più non possiate le smanie<br />

vostre con dirmi, e dove poi fu veramente per Cristanziano il guidernone,<br />

il centuplo delle sue Limosine, fatte per la Chiesa novella a<br />

Maria dedicata? Sarei per dirvi, che indegno troppo se ne mostrò il<br />

Misero col suo disordinato attacco ad un vile interesse e col suo precipitoso<br />

e disperato consiglio. Pure, anche questa di lui Indegnità<br />

153


superar volle la clementissima Vergine, affin più strepitosa apparisse<br />

la grazia e più stimabile la ricompensa. Udite come. Nel mentre che<br />

Cristanziano su di quell’albero si affaticava a legar bene il capestro,<br />

ecco vi scopre un’apertura con entro un involtino nascosto: spinto da<br />

curiosità venturosa lo prende, lo apre e con stupore vi vede gran quantità<br />

di monete. Rientrato in se stesso dal pessimo risoluto partito,<br />

scende tutto festoso dall’albero, conta il danaio e trova esser 365 scudi<br />

appunto per la centupla ricompensa di 365 baiocchi da lui dati in<br />

limosina ad onor di Maria. Le feste che Cristanziano fece; i ringraziamenti,<br />

le benedizioni che diede a nostra Signora; il pentimento che<br />

ebbe della sua inconsiderata disperazione, potete voi considerarlo. Ma<br />

non finì qui il miracolo. Volle la Vergine dare un degno castigo al<br />

Ladro, che ebbe ardimento di porre mano al suo Divoto. Perciocché<br />

egli fuggendo dalla Città, ed entrando a nascondersi in quel medesimo<br />

Bosco, da cui pocanzi partito era Cristanziano; e vedendo in quell’albero<br />

accomodato il capestro, ivi salì precipitoso e disperatamente<br />

da se stesso si appiccò.<br />

5. Or che ve ne pare, Uditori, di sì bel fatto? Vedete se quanto è vero quel<br />

che io vi diceva, che il concorrere alle fabbriche, o al mantenimento delle<br />

Chiese dedicate a Maria SS.ma, vien da Lei molto ben ricompensato anche in<br />

questa Vita. Speratene dunque anche voi la ricompensa di tante<br />

Limosine fatte a questa Chiesa novella dell’Immacolata Concezione; mentre<br />

io sono ad assicurarvene che l’otterrete. Ed intanto, pensiamo tutti<br />

a fare ogni sforzo di concorrere a formare dal nostro Cuore un sacro<br />

Tempio a Maria, ove essa abitar possa in perpetuo con la sua Grazia ed<br />

Amore; che sarà la più preziosa rimunerazione, che aver noi possiamo in<br />

questa vita.<br />

154<br />

SERMONCINO DECIMO OTTAVO<br />

Recitato Sabato 17 Giugno 1752<br />

Il Sermoncino si sviluppa in sei punti e vuole dimostare che l’Ave Maria è il saluto<br />

più gradito alla Vergine Santa come Ella stessa rivelò a Santa Metilde. Ciò a<br />

motivo della dignità di chi le ha rivolto per prima questo saluto e per il suo contenuto<br />

stesso. La preghiera dell’Ave Maria contiene infatti le parole di saluto che le rivolsero<br />

l’angelo Gabriele, Santa Elisabetta e, nell’ultima parte, quelle stabilite dalla<br />

Chiesa durante il concilio di Efeso, quando le riconobbe il titolo di Madre di Dio ed<br />

avvocata del genere umano.<br />

La preghiera dell’Ave Maria contiene anche i titoli più belli che possiamo rivolgerle:<br />

piena di grazia, benedetta tra tutte le donne, Madre di Dio e nostra. Ci rimane<br />

l’impegno di recitare spesso e con il cuore questa preghiera.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 77-82 (293-298).<br />

Argomento<br />

Quanto gradisca la SS.ma Vergine l’esser salutata con l’Ave Maria<br />

Ave Maria<br />

Lodi pur mille siano al Beato Alberto Magno, che eccitar volendo i fedeli alla<br />

tenera divozione verso la Regina del Cielo, diede loro questo ricordo, cioè che<br />

la salutassero di frequente, Salutemus eam frequenter (a) 61 . Perciocché essendo il<br />

saluto, non solamente un segno di benevolenza verso il soggetto che si saluta,<br />

ma ancora un attestato di stima verso di Lui e talora di rendimento di grazie<br />

alle sue dispensate cortesie; ne segue, che noi salutando frequentemente di<br />

buon cuore la Vergine, veniamo ad acquistar sempre più una tenera divozione<br />

verso di Lei; atteso che col frequente divoto saluto le attestiamo nel tempo stesso<br />

il nostro amore, la nostra venerazione, la gratitudine nostra. Quindi, osserviamo<br />

già noi, che la Santa Chiesa, nostra provvida Madre, premurosissima di<br />

vederci tutti ossequiosi verso di Maria SS.ma, stabilir ci ha voluto il salutarla<br />

tre volte al giorno; cioè nella Mattina e nella Sera; secondo che dispose<br />

Gregorio IX, Sommo Pontefice (b); e nel Mezzogiorno, conforme ordinò<br />

(a) Luc. 1.<br />

61 Salutiamola frequentemete.<br />

(b) Calend. Marian. 4 Decemb.<br />

155


Giovanni XXII o come altri vogliono, Callisto III (c). Tra le orazioni però, con<br />

le quali vien dai suoi Divoti salutata Nostra Signora, qual credete voi, Uditori,<br />

sia quella che a Lei riesca più grata? Quanto a me, tengo certo sia l’Angelica<br />

salutazione che comunemente intitoliamo l’Ave Maria. Osservate di grazia,<br />

quanto la gradisca: mentre tanto ho ideato mostrarvi in questa sera, per più animarvi<br />

a dar gusto alla Vergine. Favoritemi di attenzione. Mi fo’ da capo.<br />

1. Per due capi principalmente può riuscir grato un saluto, o per riguardo<br />

degli elogi che esso contiene o per rapporto di chi lo fa. Favellando del<br />

primo, come non esser molto grato a Nostra Immacolata Signora il<br />

sacro saluto dell’Ave Maria, se questa orazione contiene gli elogi più<br />

nobili, più alti e più divini; che a Lei dare si possano? In essa si esprime<br />

la pienezza di Grazia che la Gran Vergine sempre mai possedette; il<br />

singolar privilegio di esser benedetta fra tutte le donne; la dignità infinita<br />

di esser Madre di Dio; e la gran prerogativa di essere Avvocata di<br />

tutto il Genere Umano e spezialmente de’ poveri Peccatori. Certo è,<br />

Uditori, che ogni elogio di questi riesce grato alla Vergine: or come un<br />

serto di tutti non riuscirle gratissimo?<br />

2. Che se all’altro capo, per cui è gradito un saluto, cioè per rapporto di<br />

chi lo fa, volger vogliamo il pensiero; chi vi ha tra di voi, che non sappia<br />

essere stato fatto e composto il sacro saluto, di cui favelliamo, da<br />

Personaggi in santità molto celebri; e per conseguenza molto cari alla<br />

Regina del Cielo? L’Arcangelo Gabriele fu il primo a pronunziarlo con<br />

tutto l’ossequio e ad esserne dei tre primi elogi l’Autore; allorché<br />

annunziando alla comune Signora l’ineffabil Mistero dell’Incarnazione<br />

del Divin Verbo, la salutò dicendo, Dio ti salvi, piena di Grazia; il Signore<br />

è teco; Benedetta tu fra le Donne (d). Santa Elisabetta poi dell’elogio quarto<br />

fu l’Autrice, allorquando visitata dalla predetta Madre di Dio, rattener<br />

non volendo il giubilo, di cui il cuor le inondava, ad esclamare si<br />

pose, Benedetto il frutto del Tuo Ventre (e). Finalmente la Chiesa, aggiun-<br />

(c) Auriem. p. 1, cap. 5.<br />

(d) Luc. 1.<br />

(e) Luc. 1.<br />

156<br />

ger volendo a sì nobile e degno saluto anche gli elogi suoi; in occasione<br />

che nell’anno 431 fu convocato il tanto celebre Concilio Efesino, nel<br />

quale condannato fu l’empio eresiarca Nestorio, che con sacrilega ostinatezza<br />

negar ardiva alla Vergine l’altissimo pregio di esser Madre di<br />

Dio; a confusione di sì temerario e diabolico Menzognero, a gloria maggiore<br />

di Nostra Signora e ad istruzione del Cristianesimo tutto, ordinò<br />

che in aggiunta dell’Ave Maria si dicesse, Santa Maria, Madre di Dio,<br />

prega per noi Peccatori, con quel che segue sino alla fine (f). Or un saluto<br />

adunque sì sacrosanto da Personaggi sì celebri fatto, come possibile non<br />

esser dalla Vergine oltremodo gradito?<br />

3. Vero è, non lo nego, che la sola nostra freddezza ed indegnità serve di<br />

grande impedimento. Ma pure io sostengo, che benché l’indisposizione<br />

nostra in recitando l’Ave Maria serve alla Vergine di molto dispiacere;<br />

nulladimeno, e per riguardo degli altissimi elogi, che una tale Orazione<br />

contiene, e per rapporto dei suoi Santi Istitutori, non possa farsi a meno<br />

che non rechi per se stessa un gran godimento a Nostra Signora e che<br />

non l’ascolti volentieri da chiunque divotamente la recita: come ben<br />

diceva Tommaso da Kempis, Salutate Mariam Angelica Salutatione, quia<br />

vocem hanc audit valde libenter (g) 62 . Anzi, fondato sugli stessi riguardi,<br />

ad aggiunger mi fo’ con l’asserire per certo, che se le altre orazioni divote<br />

alla Regina del Cielo sono pur grate, questa dell’Ave Maria sia tra le<br />

preghiere tutte la più gradita; ed il più caro ed accetto tra tutti i sacri<br />

saluti, che a Lei dare si possano.<br />

4. Sottentri alle ragioni di alcuni esempi il contesto. Santa Metilde (che<br />

dell’Amor di Maria sì grandemente ardeva, talché esclamava bene spesso<br />

di desiderare in sé raccolti i Cuori di tutte le creature, affin di amarla<br />

con i Cuori di tutti), Santa Metilde, ripeto, supplicando bene spesso<br />

la Vergine, affin si degnasse istruirla su di un qualche sacro saluto, che<br />

le fosse più grato e che migliore trovar non si potesse, restò un dì con-<br />

(f) Calend. Marian. 22 Jun.; Auriem. p. 1, cap. 5.<br />

(g) Ser. 21 Ad Na.<br />

62 Salutate Maria con il saluto angelico poiché ascolta molto volentieri questo saluto.<br />

157


solata in tal guisa (h). Le comparve Nostra Signora, portando scritta a<br />

caratteri d’oro sovra del Sacro Petto l’Ave Maria; e a Lei rivolta, Sappi,<br />

le disse, che non potrà veruno salutarmi meglio che con questo Saluto. Lo stesso<br />

udì dirsi dalla Regina del Cielo la Beata Eulalia Monaca Cistercense;<br />

la quale anche riseppe che quelle parole Dominus tecum erano alla<br />

Vergine di grandissimo gusto (i). Lo stesso, per finirla fu rivelato alla<br />

Beata Giovanna di Francia (k). Tanto è vero, Uditori, che l’Angelica<br />

salutazione riesce così grata a Maria SS.ma, che tra tutte le Preghiere,<br />

che a Lei si fanno, questa le è più accetta e più cara.<br />

5. Noi dunque, Ascoltanti miei cari, che tutta la grande premura aver<br />

dobbiamo di dar sul genio alla nostra Celeste Sovrana, quale studio ed<br />

attenzione dobbiamo porre in così salutarla di frequente? Io ben so, che<br />

voi tutti tra giorno più e più volte riverite la Vergine con l’Ave Maria:<br />

onde parrebbe superfluo il raccomandarvi un tale ossequio. Ma vogliam<br />

credere, che tutti poi la recitiate con attenzione e con affetto? Piacesse<br />

pure al Cielo che così fosse! Ah che alcuni, o per esser con semplicità<br />

troppo carichi di divozioni e di recite, o per esser troppo tiepidi ed indivoti,<br />

salutano Nostra Signora con tal fretta e con tali storpiature di Ave<br />

Maria, che neppur si accorgono di quel che dicono, di quel che lasciano,<br />

di quel che imbrogliano. Per altro, io stimo, non esser questi in<br />

verun modo saluti, Preghiere ed Orazioni; ma piuttosto Ciance e quasi<br />

starei per dirle, villanie ed improperi; da muover sino alle risa lo stesso<br />

demonio; come appunto fecesi beffe una volta di certe precipitose ed<br />

indivote Ave Maria, che recitava un Giovinastro. Semmai, Uditori,<br />

qualcuno di questo taglio si trovasse tra voi, si muti.<br />

6. Ecco pertanto il bel modo di dar gusto alla Regina del Cielo col saluto<br />

dell’Ave Maria. Recitarla da quando in quando con tutta l’attenzione e<br />

divozione a noi possibile. Così stilava ed ai suoi Religiosi raccomandava<br />

caldamente San Dionisio Cartusiano dicendo, Salutationem Angelicam<br />

(h) Auriem. par. 1., Affet. Scarab., cap. 5.<br />

(i) Maracci In Lib. Marian. pag. 28.<br />

(k) Maracci loc. cit.<br />

158<br />

quanto frequentius, tanto attentius, affectuosiusque dicamus (l) 63 . Anzi la<br />

Vergine stessa una dolce ammonizione ne fece alla sua diletta Eulalia<br />

Cistercense, di cui poc’anzi favellammo. Era solita la divota Religiosa<br />

recitar moltissime Ave Maria e giorno e notte; e siccome per vari impieghi<br />

che aveva, non poteva arrivare a recitarle sempre tutte con pausa ed<br />

attenzione, si dava alle volte fretta in recitarle. Quando in una notte<br />

comparir si vide Nostra Signora, che così dolcemente la ammonì,<br />

Eulalia, se mi vuoi dar contento, e giovar più all’Anima tua, quando mi saluti<br />

con l’Ave Maria, non la dire così all’infretta (m). Dal che prontamente si<br />

emendò la Santa, ed ammaestrata rimase, che qualora accoppiar non si<br />

potevano con gli impieghi del proprio Stato numerose e lunghe Recite<br />

divote, era meglio usarne più poche e dirle bene; che usarne molte e<br />

strapazzarle. Serva ciò anche per nostro ammaestramento in tutte le<br />

nostre orazioni e particolarmente in questa dell’Ave Maria; la quale,<br />

essendo con divozion recitata, rapisce il cuore alla Vergine, tanto le riesce<br />

accetta e gradita; come io vi diceva.<br />

(l) Ser. 6 In Annunc.<br />

63 Recitiamo l’Ave Maria quanto più frequentemente tanto più attentamente e affettuosamente.<br />

(m) Maracci In Lib. Marian., pag. 28.<br />

159


SERMONCINO DECIMO NONO<br />

Recitato Sabato 24 Giugno 1752,<br />

ricorrendo la festa della Natività del gloriosissimo Precursore S. Giovanni Battista<br />

L’argomento del Sermoncino, sviluppato in sette punti, mette in relazione la festa liturgica<br />

della natività di San Giovanni Battista con la tematica mariana dei sabati.<br />

Nell’introduzione don <strong>Marcucci</strong> afferma di non essere all’altezza di parlare dei<br />

privilegi del santo. Si soffermerà invece a trattare gli effetti che la visita di Maria a<br />

Santa Elisabetta ha prodotto nel figlio Giovanni. Egli crede che l’abbraccio di Maria<br />

alla cugina Elisabetta abbia donato al bimbo l’uso perfetto di ragione, la cancellazione<br />

della macchia originale e la pienezza dello Spirito Santo.<br />

L’Autore crede con Sant’Ambrogio che San Giovanni ricevette dalla Vergine il<br />

battesimo di Spirito Santo prima della sua nascita e divenne suo primo figlio spirituale.<br />

Ella volle donare al piccolo anche l’esempio del servizio e della dolce carità trattenendosi<br />

con sua madre per tre mesi. Se dunque Maria SS.ma amò tanto San<br />

Giovanni Battista, questi ci otterrà volentieri la protezione di Maria.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 22, pp. 259-265<br />

Argomento<br />

Essendo stato San Giovanni Battista così caro a Nostra Signora,<br />

non vi è mezzo più proprio per ottenere la Protezione di questa,<br />

che interporvi l’Intercessione di quello<br />

Ave Maria<br />

Non aspettaste già, Riveriti Uditori, che in questa ricorrente antichissima<br />

Festa, celebrata con molta solennità sin sulla fine del secolo quarto, ai tempi<br />

di S. Agostino e di S. Massimo, voglio dir della Natività di S. Giovanni<br />

Battista; non già aspettaste, ripeto, che io esporre vi volessi tutte le<br />

Prerogative del SS.mo Precursore e farvi considerare quanto singolari esse fossero,<br />

nobili ed eccellenti: atteso che un tale assunto, stimando io riuscire<br />

anche difficoltoso a chi un Angelico intendimento avesse, od una Celeste<br />

facondia; molto più lo ravviso impossibile ad essere intrapreso e sostenuto<br />

dalle mie deboli forze. E come no? Se io vi dicessi essere stato il Battista, grande<br />

in virtù e perfezione, sarebbe poco; perciocchè egli non solo comparve<br />

Grande presso degli Uomini, ma sino al cospetto di Dio, innanzi a cui per<br />

160<br />

altro ogni più smisurata grandezza sparisce, erit magnus coram Domino (a) 64 .<br />

Se ve lo mostrassi Profeta, nulla direi; atteso che il Redentore medesimo lo<br />

disse più che Profeta, Plusquam Propheta (b); e lo nominò sino Angelo suo<br />

Precursore, Hic est, de quo scriptum est, Ecce mitto Angelum meum ante faciem tuam,<br />

qui praeparabit viam tuam (c) 65 . Insomma, se io ve lo predicassi Patriarca,<br />

Apostolo, Dottore, Innocente, Vergine, Confessore, Penitente, Martire e<br />

Santo di alta sfera, che mai ve ne direi, se lo stesso Gesù di sua propria Bocca<br />

a più sublime posto, lo innalzò allorquando lo canonizzò per Maggiore tra<br />

quanti mai nati eran da donna? Non surrexit inter Natos Mulierum Major Joanne<br />

Baptista (d) 66 . Lungi adunque dalla vostra aspettativa, U(ditori) e dal mio<br />

pensiero sia il raggiuger o il novero o l’altezza delle eccellenti sue Prerogative.<br />

Vi basti l’udirne una sola; la quale, se mi riuscirà di esporvela almeno come<br />

in abozzo, spero risveglierà maggiormente in voi quell’alto concetto, che del<br />

Gran Battista già avete. Bramate saper qual sarà questa singolar Prerogativa?<br />

Eccola. L’essere stato San Giovanni Battista molto amato dall’Immacolata Signora<br />

nostra Maria SS.ma, ed a Lei molto caro. Favorite di ascoltarne attentamente le<br />

prove: e confido che allor da voi medesimi capirete, non esservi mezzo più<br />

proprio per ottener la Protezione della Vergine, che interporvi l’efficacissima<br />

Intercessione del Battista. Diamo principio.<br />

1. Una delle ragioni per cui resta chiaro, che San Giovanni Battista fosse<br />

molto caro alla Vergine e da Lei molto amato è, Uditori, l’essere egli<br />

stato suo stretto Parente. Ognun sa, quanta possanza abbia di suscitare<br />

in un Cuore un tenero giustissimo affetto la stretta Parentela: giacchè la<br />

Natura medesima ha stampato in ciascuno un tal documento. Quindi è<br />

che se Nostra Immacolata Signora dalla sua Benignità incomparabile e<br />

Misericordia viene, dirò così, costretta ad amare noi tutti teneramente;<br />

(a) Luc. 1, 15.<br />

64 Sarà grande dinanzi al Signore.<br />

(b) Luc. 7, 27.<br />

(c) Luc. 7, 28.<br />

65 Costui è quello di cui è stato scritto, ecco io mando il mio angelo davanti al tuo cospetto,<br />

che ti preparerà la strada.<br />

(d) Matth. 11, 11.<br />

66 Non sorse tra i figli di donne uno più grande di Giovanni Battista.<br />

161


nell’Amor tenero però verso il Battista obbligata si trovò doppiamente,<br />

perché vi concorse anche il vincolo stretto di Sangue ad obbligarla.<br />

Notatene di grazia la Genealogia. Che la Vergine fosse Parente di Santa<br />

Elisabetta, Madre di San Giovanni, è così indubitato, che è un articolo di<br />

fede; dicendoci espressamente il Vangelo, che le era Cognata, Ecce<br />

Elisabeth cognata tua (e). Ben so, che non mancano sacri Espositori che,<br />

giusta lo stile quasi ordinario nelle Scritture di intitolarsi Cognato,<br />

Fratello o Sorella qualunque Parente, intendono quel Cognata tua per un<br />

titolo generico di Parentela e Cognazione, senza individuarne il grado: e<br />

voi vederlo potete presso il Toleto, che diffusamente ne scrive (f). Ma io,<br />

appoggiato sull’autorità del Menologio Greco (g), sulla Storia di<br />

Niceforo (h) e sulla sentenza del celebre Lirano e di altri molti (i), intendo<br />

quel passo del Vangelo così, cioè che Nostra Signora fosse nel tempo<br />

stesso e vera Cognata Cugina di Santa Elisabetta e sua Sorella Cugina.<br />

Cognata Cugina per riguardo del Patriarca San Giuseppe, suo purissimo<br />

Sposo; il cui Padre, chiamato Giacobbe e la Madre di Santa Elisabetta,<br />

chiamata Sobe, eran carnali; amendue figlie di Mathan della discendenza<br />

di Abramo e della stirpe Reale di Davide. Fu poi Sorella Cugina per<br />

riguardo della gloriosa Sant’Anna, sua SS.ma Madre; la quale era Sorella<br />

Carnale di Sobe, Madre di Santa Elisabetta e di Giacobbe Padre di<br />

S. Giuseppe e figlia anch’essa di Mathan. Onde per ogni verso appare e per<br />

ciascun grado, che Nostra Signora fosse Zia cugina del gran Battista.<br />

Argomentate ora voi qual tenero singolarissimo amor gli portasse: giacchè<br />

la stessa sua frettolosa partenza da Nazareth per andare a santificarlo<br />

sin nel Ventre Materno, di un finissimo Amore ve ne dà sempre più<br />

chiaro argomento.<br />

2. Sebbene lo stretto vincolo di Sangue non è la sola cagione, da cui dedurre<br />

noi possiamo l’Amor grande che Maria SS.ma portò a San Giovanni.<br />

Vi è un altro motivo più rilevante, cioè di essere stato il Battista suo<br />

(e) Luc. 1, 36.<br />

(f) Tolett. In Luc. 1; annot. 108.<br />

(g) Men. Graec., Die 8 settembris.<br />

(h) Nicephor., Lib. 2, Hist. cap. 3.<br />

(i) Tirin. In scriptur. Tomo 1, Tab. 4 in fol.<br />

162<br />

primo Figlio Spirituale; come egregiamente il De Voragine scrisse,<br />

Joannes Baptista fuit Virginis Mariae spiritualis Filius (k) 67 . Possiamo noi<br />

dire, tre figli avev avuti la Vergine, cioè uno Naturale e fu Gesù Signore<br />

nostro; un altro adottivo e fu San Giovanni Evangelista, che per comando<br />

del suo Divino Unigenito se lo adottò a piè della Croce; un altro spirituale<br />

e questo fu San Giovanni Battista. Il primo Figlio, cioè l’unico naturale<br />

che ebbe, lo amò infinitamente sopra tutte le cose con tutto il suo Cuore,<br />

come suo caro Dio. Il secondo, cioè l’adottivo, lo amò la Vergine teneramente.<br />

Il terzo, poi cioè lo spirituale, non solo lo amò con tenerezza, ma<br />

eziandio con prodigio. Concepito era stato il Battista, come gli altri<br />

discendenti di Adamo, con l’originale peccato; e già da più mesi così<br />

privo di Grazia sen giaceva racchiuso nel Seno Materno. Pronta Nostra<br />

Signora vi accorse; ed appena giunta, non così tosto ebbe dato il dolce<br />

saluto ed abbraccio alla sua Cugina, che subito infonde al racchiuso<br />

Pargoletto l’uso perfetto di ragione, lo ricolma di gioia e di giubilo, lo<br />

monda dall’originaria macchia, lo riempie di Spirito Santo: Ad salutationem<br />

Mariae exultavit Infans in Utero, odasi Sant Ambrogio, repletus est<br />

Spiritu Sancto (l) 68 . Onde può dirsi, che la Vergine in un certo modo lo battezzasse<br />

prima della di lui nascita; e che il Battista in virtù del Saluto della<br />

sua potentissima Zia Cugina ricevesse il Battesimo di Spirito Santo; conforme<br />

degnamente riflette il De Voragine, Virtute Verbi Virginei Baptismum<br />

recepit Spiritus Sancti (m) 69 ; e così primo Spirituale suo Figlio divenisse.<br />

Or può darsi Amor più tenero ed insieme più prodigioso di questo?<br />

3. Ma notatene alcune più particolari finezze. Maria SS.ma che sin di allora<br />

incominciò ad amarlo come suo prediletto spirituale Figliuolo, come<br />

tale volle anche istruirlo nelle più eroiche sublimi virtudi, mi spiego.<br />

Si trattenne Nostra Signora nella casa di Santa Elisabetta, quasi per tre<br />

(k) De Vorag. Ser. 4. De S. Joan Bapt.<br />

67 Giovanni Battista fu figlio spirituale di Maria Vergine.<br />

(l) S. Ambr. in Luc. lib. 3.<br />

68 Al saluto di Maria esultò il bimbo nell’utero… fu ripieno di Spirito Santo.<br />

(m) De Vorag., Ser. 4, De S. Joan. Bapt.<br />

69 In virtù del saluto della Vergine ricevette il Battesimo dello Spirito Santo.<br />

163


mesi, Mansit autem Maria cum illa quasi Mensibus tribus (n) 70 . Or di questo<br />

suo trattenimento, non solo il contento e vantaggio della sua<br />

Cognata ne fu la cagione, come osserva Sant’Ambrogio; ma ancora il<br />

profitto che al suo amato Nipote ne ridondava, Sed etiam tanti Viri profectus<br />

(o) 71 . Vedeva molto bene il picciol Giovanni, ancor che imprigionato<br />

nell’Utero Materno, come appien dotato di uso di ragione e di<br />

lume Profetico; vedeva, disse, molto bene tutte le eccellenti Virtù praticate<br />

dalla SS.ma Zia, sentiva tutti i divini discorsi ed ammaestramenti<br />

di Lei; e così, al dire di Ambrogio, andava in sè copiando la perfezione<br />

ed approfittandosi di tale Scuola Divina. E la Vergine, che tutto ciò<br />

ben sapeva, chi esprimer può, se con qual tenerezza di affetto la Santità<br />

comunicando gli andava?<br />

4. Or che vi sembra, Uditori? Tutti questi addotti motivi non son forse<br />

tutti validi fondamenti, dai quali manifesto rimane esser stato il<br />

Battista molto caro a Maria e da Lei molto amato? Eppure, se ho da dirvela,<br />

penso che da un’altra ragione resti più chiaro il mio Assunto.<br />

Notate. Ciascuno ama il simile a se stesso; come la Scrittura ci dice (p):<br />

atteso che, al fondato scriver dell’Angelico (q), la similitudine è, propriamente<br />

parlando, la cagione dell’Amore, Similitudo, proprie loquendo,<br />

est causa Amoris 72 . Ciò presupposto, chi giunger varrà mai a comprendere<br />

l’amore finissimo ed ineffabile di Nostra Signora verso San Giovanni<br />

Battista, se tanto simile a sè lo vide per mille capi? Udite e stupite.<br />

L’Argangelo Gabriele annunziò a San Giovacchino la Concezione e la<br />

Nascita di Maria SS.ma, come con l’antico Germano Costantino<br />

Politano ce lo attestan mille altri (r). Lo stesso Arcangelo annunziò a<br />

San Zaccaria la Concezione e la Nascita di San Giovanni. I Nomi glorio-<br />

(n) Luc. 1, 56.<br />

70 E Maria rimase con lei quasi tre mesi.<br />

(o) S.Ambr. in Luc. lib. 3.<br />

71 Ma anche di un così grande uomo il profotto.<br />

(p) Ecclesiast. 13, 19.<br />

(q) 1. 2 q. 27, av. 3 in c.<br />

72 La similitudine è propriamente parlando la causa dell’amore.<br />

(r) Ger. De encom. Virg., Fulbertus Episcopus Carnotens., Ser. De Nat. Virg.<br />

164<br />

sissimi di amendue annunziati furon dall’Angelo e molto coerenti furon<br />

nel lor significato di Grazia. Sì l’una, che l’altro generati furon per<br />

miracolo da sterili vecchi Genitori. Nella Nascita poi ebbero tal somiglianza,<br />

che Santa nacque la Vergine e la sua Natività apportò una grande<br />

allegrezza a tutto il Mondo; come c’insegna la Chiesa; e Santo ancor<br />

nacque il Battista e col suo nascer un gaudio grande recò ed alla sua casa<br />

ed ai Popoli tutti di quei contorni. Vergine fu sempre Maria; così pur<br />

Vergin si mantenne Giovanni. E se Nostra Signora, come Madre di Dio,<br />

fu la Regina dei Santi; il Battista, come Precursore del Divin Verbo<br />

Umanato, fu tra i Santi il maggiore. In Cielo Grande Imperatrice è la<br />

prima: colassù Gran Principe è l’altro. O che bella somiglianza, che<br />

convenienza maravigliosa! Or se questa appunto è il proprio costitutivo<br />

di un forte tenerissimo Amore: che più evidenti prove di queste<br />

vogliamo, Uditori, per toccar con mano, che San Giovanni Battista fosse<br />

in altissimo grado caro a Maria e da Lei teneramente amato?<br />

5. Giacchè adunque purtroppo ne restiam persuasi; chi esser vi può ora tra<br />

noi sì grossolano, che da se medesimo non intenda, non esservi dunque<br />

mezzo più proprio per ottener la tanto necessaria e sospirata Protezione<br />

della Vergine, che interporvi l’efficacissima Intercessione del Battista.<br />

Qui non fan duopo ragioni: bensì, per promuoverne la pratica, vi bisognano<br />

esempi. Sentitene alcuni, che succintamente sono a contarvi: e<br />

finisco.<br />

6. Paolo Diacono di Aquileja, poi Monaco Cassinese, Scrittor così celebre<br />

e pio, al Mondo tutto già noto e così stimato dall’Imperador Carlo<br />

Magno, Paolo Diacono, dico, travagliato trovandosi da una fiera raucedine,<br />

per quanti mai rimedi umani adoperasse, non fu mai possibile<br />

ne sperimentasse sollievo. Cresceva ogni giorno il male; ed egli afflitto<br />

tutto per vedersi preclusa ogni strada di impiegarsi per la gloria di<br />

Dio, alla Regina del Cielo, di cui era molto devoto, fece più volte<br />

ricorso. Parendogli però che l’eccelsa Signora muover punto non si<br />

volesse ai suoi bisogni, si rivolse a pregar San Giovanni Battista, a cui<br />

singolar affetto portava. Oh, disse, a Voi tocca, Santo mio potentissimo<br />

e grazioso, di ottenermi da Dio e dalla sua Madre SS.ma la guarigione<br />

da questa così imperversata ed inasprita raucedine, che mi tra-<br />

165


vaglia! Tanto disse Paolo Diacono con viva fiducia e tanto ottenne per<br />

Intercessione del Santo, rimanendo miracolosamente guarito. Della<br />

qual grazia memore egli e grato, volle confessarla ai Posteri sul principio<br />

di quel bellissimo Inno, che noi sino ad ora diciam nell’Uffizio,<br />

Ut queant laxis resonare fibris 73 , che poi, circa la fine del secolo ottavo,<br />

ad onore di San Giovanni, in bei versi Saffici con l’aggiunta<br />

dell’Adonico ad ogni strofa, compose (s).<br />

7. Cosìppur, quanto valida fosse l’Intercessione del Battista presso Nostra<br />

Signora, sperimentarono nell’anno 1490 i Cavalieri Gerosolimitani<br />

ossien di Malta. Intrapresero essi coraggiosamente una fiera battaglia<br />

Navale contra dei Turchi. Dubbia ancor era la Vittoria per ambe le inferocite<br />

Parti: e sino i Venti e le Onde, pareva che concorressero a renderla<br />

incerta, con l’imperversare or contro degli uni ed or contro degli altri.<br />

Imploravano intanto per l’ottimo esito i coraggiosi e Pii Cavalieri il<br />

Patrocinio dell’Imperadrice del Cielo ed il soccorso del loro Tutelare e<br />

singolare Protettore della loro Religione San Giovanni Battista. Quando<br />

eccoti all’improvviso apparir loro Maria SS.ma insieme col Santo<br />

Precursore: e tosto li anima al combattimento, li ripara da colpi nemici,<br />

li rinvigorisce negli assalti; e pone alla fine nelle loro mani la gloriosa<br />

Vittoria (t). Tanto fu efficace per loro l’Intercession del Battista presso<br />

della Gran Vergine. E tanto, credetelo a me, sarà sempre efficace<br />

anche per noi, miei cari Uditori, in tutti i nostri bisogni; se lo porremo<br />

sempre per Mezzano affin di goder la Protezione potente di Nostra<br />

Immacolata Signora. E come no? Rammentatevi sempre, essere stato<br />

San Giovanni Battista molto a Lei caro, ed amato da Lei teneramente: e tanto<br />

vi basti per ravvivarvi la fiducia e per spronarvi alla pratica.<br />

73 Perché possano risuonare con pieno trasporto.<br />

(s) Gavant. in Comment. Rubr. Brev., Sect. 7, cap. 8, n. 24.<br />

(t) Marches. in Diar. Sacr., die 24 junii.<br />

166<br />

SERMONCINO VENTESIMO<br />

Recitato Sabato 1 Luglio 1752<br />

Il Sermoncino, sviluppato in sette punti, viene recitato nella vigilia della festa<br />

della visita di Maria a Santa Elisabetta. L’Autore si dilunga un po’ sull’introduzione<br />

per rispondere ad alcune domande che le circostanze della festa pongono. Dopo<br />

un accenno alle sublimi virtù dell’umiltà e della carità, praticate dalla Madre di<br />

Dio in questa circostanza, spiega l’origine storica della festa.<br />

Essa fu istituita nel 1359 dal Sommo Pontefice Urbano VI per implorare l’aiuto<br />

di Maria SS.ma, Madre dell’unione e della pace, contro lo scisma dell’Antipapa<br />

Clemente VII. Alcuni secoli prima la festa, promossa dai Francescani, veniva celebrata<br />

privatamente.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> sostiene con Sant’Ambrogio ed altri Padri della Chiesa che la<br />

Vergine avesse circa 14 anni e che impiegasse almeno tre giorni per giungere dalla<br />

cugina. La data della festa, due luglio, non è verosimile perché se si celebra la natività<br />

di San Giovanni il 24 giugno e dal Vangelo sappiamo che Maria si trattenne<br />

tre mesi con la cugina, prima della nascita del Precursore, la festa della visitazione<br />

dovrebbe cadere intorno al 28 marzo, subito dopo l’Annunciazione, ma a motivo delle<br />

feste pasquali la Chiesa la sposta a questa data.<br />

L’argomento del Sermoncino è di carattere morale e mira a preparare l’animo degli<br />

ascoltatori alle dolcissime visite di Maria SS.ma. La condizione più importante è la<br />

vera umiltà di cuore, cioè fondata sulla propria pochezza e piena di opere buone per<br />

far piacere a Dio e all’Immacolata sua Madre. Questo è l’esempio che ci hanno lasciato<br />

la stessa Vergine Santa, Santa Elisabetta ed altri.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 249-256 (37-44).<br />

Argomento<br />

Il reputarsi indegno di ricevere le dolcissime Visite di Maria SS.ma<br />

e nel tempo stesso far quel che si deve per ottenerle,<br />

è il gran segreto per sicuramente riceverle<br />

Ave Maria<br />

In questa sera sì, R(iveriti) U(ditori), che sarà pur gentile e curiosa! Voi qui<br />

adunati, mi persuado, con gran desiderio di sentirmi favellar sopra la SS.ma<br />

Visitazione di Nostra Immacolata Signora, fatta a Santa Elisabetta, nella cui<br />

Vigilia già siamo, sull’aspettativa starete di udir forse da me cose grandi su<br />

167


del ricorrente sacrosanto Mistero: ed io, che estatico a pien son rimasto dalla<br />

considerazione delle ineffabili Virtù sublimissime e spezialmente dell’Umiltà<br />

e Carità, praticate in questa Visita dalla Gran Madre di Dio, ed ammirate<br />

insino con ben’alto stupore da tutti gli Angeli e Serafini del Cielo; costretto<br />

a venerarle con un profondo silenzio, sono appunto salito su questa Cattedra<br />

al fin di pregarvi a dispensarmi dal farvene in questa sera discorso.<br />

Sintantochè qualche storica notizia bramaste intorno alla antichità di detta<br />

Festa, pure: ve ne darei di buon cuore quella contezza vorreste, col dirvi essere<br />

stata ella istituita nell’anno 1389 dal Sommo Pontefice Urbano VI (a), per<br />

implorare aiuto dalla Madre dell’Unione e Pace, Maria SS.ma, contro lo<br />

Scisma XXVI, che allor regnava ostinato dell’Antipapa Clemente VII<br />

Genevrino contro il legittimo memorato Successor di San Pietro: e per l’effetto<br />

medesimo nell’anno appresso, cioè nel 1390 essersi pubblicata dal<br />

Pontefice Bonifacio IX. Anzi sarei ad assicurarvi di più esser stata solennizzata<br />

tal Festa, anche alcuni secoli innanzi, privatamente da qualche particolare<br />

Adunanza divota; come appunto sin dall’anno 1263, essersi celebrata dai<br />

Francescani, nei loro Annali si legge. Così se vorreste qualche altro istorico<br />

lume, ver. gr., dell’Età che allora avea la Vergine, quando dalla Città di<br />

Nazareth intraprese il lungo e disastroso viaggio per le montagne della<br />

Giudea sino alla città di Giuda, vicino a Gerusalemme, ove Santa Elisabetta<br />

abitava, vi direi, che dovendosi onninamente riggetar come bizzarra la poco<br />

accorta sentenza del Gaetano, cioè che fosse nostra Signora allora di anni<br />

diciannove, oppur ventiquattro di età (b), vi direi, ripeto, che secondo il comune<br />

e più fondato parere dei Sacri Scrittori (c), era allora la Vergine di anni<br />

quattordici non ancor compiti. Insomma, Uditori, qual sarebbe mai quella<br />

notizia da voi bramata, alla dichiarazione di cui non mi soggetterei volentieri<br />

per esser da voi esentato dal favellarvi dell’ineffabil Mistero? Purché per<br />

dispensato mi abbiate, vi esporrò eziandio quel tanto non meno grato, che<br />

ricercato dubbio, cioè se veramente la Visitazione di Nostra Signora avvenne<br />

nel giorno di domani, al 2 di luglio; oppur se in altro dì, perché dimani se ne<br />

solennizzi la Festa? Certo è che al 2 di luglio non potè mai succeder la<br />

(a) Gavant. in Comment. Rubr. Brev. sect. 7, cap. 9, n. 2; Auriem. par. 1, cap. 24.<br />

(b) Caiet. Luc. 1.<br />

(c) Graveson Tomo 1, De Ann. Christ, dissert. 2, fol. 23.<br />

168<br />

Visitazione della Vergine a Santa Elisabetta: perciocché essendo essa avvenuta<br />

dopo l’Annunciazione, come dice il Vangelo (d), la quale successe ai 25 di<br />

marzo, ne viene che l’arrivo di Nostra Signora in casa della sua Cognata e<br />

Cugina pochi dì dopo seguisse, cioè circa lì 28 di marzo. Eccone la ragione.<br />

Partì la Vergine poco dopo essere stata annunziata, come dal Vangelo si cava<br />

e tutti i Santi Padri ci affermano; aggiungendo anzi Origene, Sant’Ambrogio<br />

e San Beda (e), che nello stesso giorno dell’Annunciazione partisse. Il viaggio<br />

veramente fu montuoso ed incomodo e lungo sopra miglie cinquanta, conforme<br />

nota S. <strong>Francesco</strong> di Sales e di circa sessanta, allo scriver dei Viaggiatori<br />

di Terra Santa (f): quindi creder si può, che Nostra Signora, così delicata e<br />

tenera di anni quattordici, facendo anche un tal disastroso viaggio a piedi,<br />

tuttoché frettolosamente andasse, ci mettesse circa tre giorni; onde giungesse<br />

alla Casa della sua Cugina circa al 28 di marzo; come si disse; e non già al 2<br />

di luglio: tanto più che essendo nato San Giovanni al 24 di giugno, se si<br />

ammettesse essere succeduta la Visitazione nel giorno di domani, si direbbe<br />

avvenuta dopo nato il Battista: il che sarebbe eresia, perché contra il Vangelo<br />

(g). Che se dunque la Visitazione accadde circa il 28 di marzo, perché dimani<br />

al 2 di luglio vien celebrata? Vi dirò. La Santa Chiesa l’ha trasferita al giorno<br />

di domani, sì perché negli ultimi giorni di marzo sta per lo più occupata<br />

nella rimembranza dolorosa della Passione di Gesù Signor Nostro (h); e sì<br />

ancora perché nel giorno di domani finì la Visita della Vergine partendo dalla<br />

sua Cognata per far ritorno a Nazareth, come nota l’Azorio (i). Ne volete di<br />

più, Uditori, per esentarmi dal formarvi discorso sopra il suddetto Mistero<br />

della Visitazione? Mi è pur costato un Proemio più lungo di un Panegirico.<br />

Contentatevi adunque: e datemi libertà che io piuttosto in questa sera, per<br />

rapporto del memorato Mistero, una Proposizione morale vi additi e succintamente<br />

vi esponga, cioè che il riputarsi indegno di ricever le dolcissime Visite di<br />

Maria SS.ma e nel tempo stesso far quel che si deve per ottenerle, è il gran segreto per<br />

sicuramente riceverle. Volete vederlo? Attendete.<br />

(d) Luc. 1.<br />

(e) Carthagena, hom. 1.<br />

(f) P. Ant. de Hadria. in Medit. de vit. Christ.<br />

(g) Luc. 1.<br />

(h) Viglieg., par. 2, Flos. SS.; 2 jul.<br />

(i) Azor. p. 2, lib. 2, c. 23, q. 2.<br />

169


1. Sono le Visite di Nostra Immacolata Signora così dolci benefiche e doviziose<br />

di mille grazie e favori (come le sperimentò appunto nel ricorrente<br />

Mistero tutta la casa fortunatissima di Zaccaria), che non vi ha al<br />

certo Anima Cristiana al Mondo, la quale estremamente non le desideri<br />

e caldamente non le dimandi. Eppure, tuttoché Maria SS.ma di sua<br />

benigna Natura sia assai più pronta a dare, di quel che a chiedere noi<br />

siamo; eppure, ripiglio, il veder tutto giorno, che non tutti delle sue<br />

dolcissime Visite sono partecipi, voglio dir, delle sue straordinarie illustrazioni<br />

e grazie, dei suoi favori speziali, del suo tenero amore; da altro,<br />

penso, non derivar loro tal disgrazia, se non dal non servirsi essi di quel<br />

gran segreto, da me divisato, cioè di riputarsi indegni di riceverle e far<br />

nel tempo stesso quel che si deve per ottenerle.<br />

2. Questo è un segreto, Uditori, così efficace ed isperimentato, e così fondato<br />

su di valide e convincenti ragioni, che temere non può di non riceverne<br />

sicuro l’ottimo effetto chiunque a servirsene porge pronto la<br />

mano. Osservate se io punto mi allontani dal vero. Egli è un decreto già<br />

uscito dalla Sapienza Divina negar voi non lo potete che le Celesti finezze,<br />

le esaltazioni, i favori, le grazie non si dispensano all’Uomo per altro<br />

canale, che per quello dell’Umiltà vera di cuore: Qui se humiliat exaltabitur<br />

(k). Deus Superbis resistit, humilibus autem dat gratiam (l) 74 . Questo<br />

decreto, voi pur lo sapete, dalla Madre della Sapienza Divina che fu<br />

ancor sottoscritto: avendo pur essa detto, Dispersit superbos ... et exaltavit<br />

Humiles (m). Or questa Umiltà pertanto, che è la sola apportatrice delle<br />

sovrane celesti dolcissime visite al nostro Cuore, affin sia tale, aver deve<br />

necessariamente due inseparabili qualità, cioè che sia di cuore e vera.<br />

3. L’Umiltà è allora di cuore, quando rientra e s’interna nella propria viltà,<br />

reputandosi affatto indegna di esser onorata con visite, arricchita di grazie,<br />

decorata con celesti favori. Allora poi è vera, quando è operativa,<br />

(k) Luc. 18, 14.<br />

(l) Jhac. 4, 6.<br />

74 Chi si umilia sarà esaltato. Dio resiste ai superbi, ma dà la grazia agli umili… Disperse i<br />

superbi ed esaltò gli umili.<br />

(m) Luc. 1.<br />

170<br />

cioè che nonostante il riputarsi indegnissima, pure fa ed opera nel<br />

tempo stesso tutto il Bene che può e che deve per dar gusto a Dio ed<br />

all’Immacolata sua Madre. Alto, Uditori. Se adunque l’Umiltà vera di<br />

cuore è quella, che ruba il cuore alla Vergine ed ottien da Lei le più care<br />

visite delle sue amorose finezze: datemi un Umile vero di cuore, cioè<br />

che si reputi indegno e che operi nel tempo stesso; e poi negatemi, se<br />

potete, non aver esso il grande segreto per esser sicuramente visitato da<br />

Nostra Signora.<br />

4. Ma io voglio ancora provarvelo con un’altra forte ragione, tanto mi<br />

trovo impegnato per la verità del mio Assunto. Il riputarsi indegno di<br />

ricever le visite dolcissime di Maria e nel tempo medesimo far quello<br />

che si deve per ottenerle, è il gran segreto per sicuramente riceverle;<br />

appunto perché chi così si porta, si fa imitator fortunato del mondo,<br />

come si portò la Vergine per esser visitata dal Cielo; ed in conseguenza<br />

la sprona a rimirarlo con occhi benigni, vedendolo fatto a sè alquanto<br />

conforme; ed a visitarlo da vicino con le sue amorose finezze; come dice<br />

Bernardo, Prope est Virgo invocantibus se praesertim iis, quos videt conformes<br />

sibi factos in humilitate (n) 75 . Or notate, come si portò Maria. Era ella<br />

sulla fine del quattordicesimo anno, quando un dì in altissima contemplazione<br />

assorta, ammirando trovavasi su quel Passo del Profeta Isaia,<br />

Ecce Virgo concipiet et pariet 76 , chi mai esser dovea tra la Real Discendenza<br />

di Davide quella Vergine, la quale tanta singolarissima sorte godrebbe<br />

di concepir nel suo casto Ventre, per virtù sola Divina, il venturo<br />

Messia, Figlio di Dio. Guardi, che Nostra Signora in contemplando tal<br />

passo, volgesse mai il pensiero sopra di sé, talché credesse ella poter’essere<br />

quella. Si riputava anzi tanto indegna, che andava esclamando (o),<br />

esser’ella fortunatissima se avesse potuto servire in qualche modo la<br />

venturata Madre del Salvatore promesso e baciar quel Terreno da Lei<br />

(n) S. Bern. Ser. sup. Salv. Reg.<br />

75 La Vergine è vicina a coloro che la invocano, specialmente a quelli che vede essere divenuti<br />

conformi a sé nell’umiltà.<br />

76 Ecco la Vergine concepirà e partorirà.<br />

(o) In Vita B.M.V., vide Vigliegas, aliosque Scriptores.<br />

171


calpestato. Ecco l’eroica profondissima Umiltà di cuore di Nostra<br />

Signora. Osservatene l’Umiltà vera. Tuttoché indegna riputavasi di<br />

tanta sorte, non cessava però di esercitarsi del continuo in virtù sublimissime<br />

e andar crescendo ad ogni istante nella più alta perfezione, che<br />

trovar mai si potesse tra tutte le pure Creature qua in Terra: non già<br />

affine di meritar la Maternità Divina, perché questa neppur le cadeva in<br />

pensiero, tanto si stimava vile; ma affin di dar sempre più gusto a Dio,<br />

così degno di esser’amato e servito. Così appunto si portava la Vergine;<br />

quando ecco nel mentre sì indegna si credeva di esser Madre di Dio e sì<br />

perfettamente operava nel tempo stesso; ecco, all’improvviso la visita<br />

l’Angelo, le annunzia esser ella la Vergine alla Divina Maternità destinata;<br />

e tale alla fine diviene. O prodigi dell’Umiltà vera di cuore! A noi<br />

Uditori. Chi così adunque si porta, ad imitazion di Maria per rapporto<br />

de’ favori del Cielo, come possibile non esser da Lei visitato e favorito,<br />

se suo fedele Seguace lo vede? Lo disse pur Sant’Ambrogio (p),<br />

Quicumque sibi Mariae optat praemium, imitetur exemplum 77 . Che è quanto<br />

a dire, l’imitar Maria SS.ma, lo stesso è che impegnarla a dar singolari<br />

premi e favori.<br />

5. Testimonia esser ce ne può la medesima Santa Elisabetta le cui fortune sin<br />

da oggi ricorrono. Che essa umile vera di cuore già fosse, indegna si riputasse<br />

dei doni celesti e nel tempo medesimo operasse molto perfettamente,<br />

non vi può esser punto di dubbio, descrivendocela il Vangelo per una gran<br />

Santa. E buon per Lei, che sì gran segreto ebbe per esser sicuramente favorita<br />

da Nostra Signora, quando meno lo pensava. Le giunge improvvisa la<br />

Vergine: la osserva Elisabetta e reputandosi indegna di riceverla, grida,<br />

esclama, “E dove mai ho io meritata tanta fortuna di essere visitata dalla<br />

Madre del mio Dio e Signore?”. Unde hoc mihi, ut Mater Domini mei veniat<br />

ad me (q) 78 ? Ma vieppiù meritando con questo la benevolenza della Gran<br />

Vergine, questa la ricolmò di mille benedizioni Celesti. Tanto dunque è<br />

(p) S. Ambr., lib. 2, De Virg.<br />

77 Chiunque desidera per sé un premio di Maria, ne imiti l’esempio.<br />

(q) Luc. 1.<br />

78 Donde viene a me questo, che la Madre del mio Signore venga a me? (r) Auriem. par. 1, cap. 25 in fin.<br />

172<br />

fuor di ogni dubbio, Uditori, che il riputarsi indegno di ricever le dolcissime<br />

Visite di Maria e, nel tempo stesso, far quel che si deve per ottenerle,<br />

è il gran segreto per sicuramente riceverle.<br />

6. E con tal mezzo appunto le ricevette ancora (e finisco) il B. Cedonio<br />

Servita, che essendo nato nel giorno di domani, fu egli poi divotissimo<br />

della Visitazion di Maria. Con umiltà vera di cuore si credeva indegno<br />

di esser favorito dalla Vergine; ma non cessava nel mentre stesso di fare<br />

in onor della Vergine quanto bene poteva. Tanto bastò per le sue fortune.<br />

Poiché Maria SS.ma si impegnò talmente in visitarlo di continuo<br />

con i suoi Favori, che appunto nella Festa della Visitazione si aprivan a<br />

pro di Lui gli erari tutti del Paradiso. Ed in più chiaro contrassegno,<br />

essendo egli nato alla vita e rinato alla Grazia nel Giorno della<br />

Visitazione; nella festa ancor della Visitazione volle Nostra Signora che<br />

nell’Ordine dei Servi suoi si facesse Religioso; nel dì della Visitazione<br />

che professasse; e celebrasse la prima Messa; e per finirla, nel Giorno<br />

della Visitazione dell’anno 1526, tra le amorose di Lei Braccia morisse<br />

(r) per dargli eternamente quel premio agli Umili veri di cuore infallantemente<br />

preparato e promesso.<br />

7. Se noi dunque, Uditori, tali amorose visite bramiamo di Nostra<br />

Signora, ne abbiamo già il gran segreto; che or per chiusa ripeto, cioè il<br />

reputarci indegni di esser da Lei favoriti e far nel tempo stesso quanto<br />

possiamo per darle gusto ed onore.<br />

173


SERMONCINO VENTESIMO PRIMO<br />

Recitato Sabato 8 Luglio 1752<br />

In otto punti l’Autore sviluppa l’argomento di quanto sia utile frequentare le<br />

Chiese dedicate a nostra Immacolata Signora. I suoi ascoltatori che già praticano ogni<br />

sabato questa devozione non ne avrebbero bisogno, ma egli li invita a farlo anche “ogni<br />

giorno, visitando questa o qualche altra Chiesa o cappella di nostra Immacolata<br />

Signora”. Questo perché la Chiesa è come un tesoro aperto di grazie che Dio ci dona<br />

attraverso Maria.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp.127-133.<br />

Argomento<br />

Chi vuol grazie dalla Vergine ricorra a Lei<br />

con fiducia e con perseveranza nelle sue Chiese<br />

Ave Maria<br />

La vostra, dirò così, diligente pietà, con la quale vi portate ogni Sabato a sera<br />

in questa Chiesa, dedicata alle glorie di Nostra Immacolata Signora, ad udir<br />

le sue Lodi, pare che dispensar mi dovesse dal raccomandarvi, Uditori, il frequentar<br />

divotamente le visite delle Chiese alla Regina del Cielo consacrate.<br />

Ma pure, essendo tanta la premura, che ho dell’onor della Vergine ed ancor<br />

de’ vostri vantaggi, esentarmi non posso, non già per offuscar punto la singolare<br />

pietà vostra, ma per aumentarla piuttosto; dispensarmi, dico, non<br />

voglio dal premurosamente esortarvi il frequentar, non solo ogni Sabato, ma<br />

ogni giorno le Visite o a questa, o a qualche altra Chiesa o Cappella di Nostra<br />

Immacolata Signora. Eccone il forte motivo. Perché so, che il visitar devotamente<br />

le Chiese dedicate alla Vergine, è un valido mezzo per ottenere da Lei molte<br />

Grazie. Volete ben saperlo anche voi? Onoratemi con la vostra attenzione; e<br />

soddisfatti sarete.<br />

1. Il grande, misericordiosissimo Iddio, benché in ogni luogo, ed in ciascuna<br />

parte del Mondo faccia continuamente provare a noi miseri Mortali<br />

gli effetti della sua Benignità infinita e Beneficenza; pure è certo,<br />

Uditori Riveriti, che avendosi egli scelti certi particolari Luoghi per<br />

Case e Troni della sua Maestà Divina, destinati al suo culto, che noi e<br />

174<br />

Chiese e Templi sacri chiamiamo; quivi perciò più che altrove si degna<br />

egli glorificarsi col ricolmarci a larga mano di benefizi: conforme si protesta<br />

egli medesimo, Domum maiestatis meae glorificabo (a) 79 . Quindi ogni<br />

nostra Chiesa, ogni sacro Tempio, non vi ha dubbio, può chiamarsi un<br />

Tesoro aperto ed un Banco Celeste, in cui si dispensano gratis le Grazie<br />

e Misericordie Divine a chiunque vi concorre divotamente a dimandarle<br />

e riceverle: come ce lo contesta il Reale Profeta, Suscepimus, Deus,<br />

Misericordiam tuam in medio Templi tui (b) 80 .<br />

2. Lo stesso, dite voi, aver Iddio saggiamente disposto per riguardo<br />

all’Immacolata sua Madre. Questa, tuttoché in ogni luogo, ed in ciascuna<br />

parte del Mondo eserciti continuamente l’uffizio, commessole<br />

da Dio, di graziosa Dispensatrice delle Grazie Celesti; tantochè non vi<br />

sia parte in tutta la vastissima mole dell’Universo, che da Lei rimasta<br />

non sia beneficata e tutt’ora non venga; come egregiamente San<br />

Bernardo lo disse (c): pure nelle Chiese o Cappelle a Lei dedicate, ella<br />

si è sempre mostrata in modo particolare graziosa e benefica: quivi ha<br />

sempre con più di liberalità tenuti aperti gli erari de’ suoi singolari<br />

favori: quivi, insomma, come da un sontuoso Trono ha data la nostra<br />

eccelsa Regina pubblica udienza a tutti coloro che ad esporre i propri<br />

bisogni accorsi vi sono. Onde può dirsi con verità, che il visitar divotamente<br />

le sue Chiese o Cappelle sia un valido mezzo per ottener da<br />

Lei molte Grazie.<br />

3. Che se di ciò qualche altra ragione gustar ne vorreste; basta che voi,<br />

cari U(ditori), riflettiate per un verso esser nelle sue Chiese la Vergine<br />

con più particolarità riverita ed onorata dai suoi divoti, che in altri<br />

Luoghi; e da un altro canto, i Divoti ancora esser maggiormente disposti<br />

a ricever le Grazie, perché nelle Chiese più raccolti, più compunti,<br />

(a) Isai. 60, 7.<br />

79 Glorificherò la casa della mia maestà.<br />

(b) Psal. 47, 10.<br />

80 Abbiamo ottenuto, Dio, la tua misericordia in mezzo al tuo Tempio.<br />

(c) S. Bern., Ser. De Assumpt.<br />

175


più umiliati si mostrano alla loro eccelsa Signora: talché per l’uno ed<br />

altro verso voi vedete, che il visitar le Chiese di Nostra Signora, ed ivi<br />

divotamente pregarla, lo stesso è che l’impetrar da Lei favorevol<br />

rescritto in tutti i nostri bisogni e potente grazioso soccorso in tutti i<br />

nostri travagli.<br />

4. È così chiara la cosa, che non vi abbisognano ulteriori ragioni per<br />

dimostrarla. Mi vaglio solo pertanto di alcuni esempi, affin maggiormente<br />

infervorati voi ne restiate. Avvenne adunque nell’anno 1601 che<br />

nella Città di Messina un divoto giovane studente si trovava; il quale<br />

ogni giorno, finita la Scuola, a visitar si portava la Chiesa della<br />

Madonna, detta colà del Peliero (d). Molte erano le preghiere, che ivi alla<br />

Celeste Signora ogni giorno faceva il buon giovine: due però erano tra<br />

le altre le più ferventi, cioè che la Vergine dalle lingue calunniose e<br />

mordaci lo liberasse e da una morte cattiva. Non andarono invano le<br />

suppliche. Sentite come. Abitava vicino alla Chiesa un certo Uomo,<br />

che poco curante dell’onor suo e della sua famiglia, ne trascurava molto<br />

la buona educazione; talché affrontato ne restò in petto di una sua<br />

figlia sfrontata, ingannata e delusa. Dando il Padre sulle furie a tal<br />

funesto avvenimento e pensando esser sortito l’inganno per opra del<br />

pio studente che ogni giorno si portava alla chiesa vicina; senza punto<br />

riflettere se validi erano i fondamenti di sì strano pensare, se ne corre<br />

dal Giudice, lo accusa per colpevole, ne chiede soddisfazione, ne<br />

dimanda rigorosa giustizia.<br />

5. Avvisatone il buon giovine, non mancarono suoi buoni Amici, che a<br />

fuggire e scansar le prime furie lo consigliarono. Ma egli, che col<br />

testimonio della sua buona coscienza aveva ancora una confidenza ben<br />

grande nella sua Liberatrice Celeste; invece di fuggire, a frequentar<br />

più che mai con premura si pose la sua solita quotidiana visita alla<br />

Chiesa predetta di Nostra Signora; raccomandandone a Lei tutto il<br />

buon esito. Incominciasi intanto con tutto il bollore il Giudizio, si<br />

cercano con calore indizi sufficienti, prove, testimonianze, amminnic-<br />

(d) Auriem. par. 2, cap. 1.<br />

176<br />

coli contro l’accusato studente: ma dopo tanti esami e ricerche non<br />

trovandosi nulla contro di Lui, ne riconosce il Giudice l’innocenza e<br />

come Innocente lo dichiara e lo assolve. Ecco una grazia, riportata<br />

dalla visita divota della Chiesa dedicata a Maria. Sentitene un’altra<br />

più strepitosa.<br />

6. Il Calunniatore vedendo nulla aver profittato contro dell’innocente giovane<br />

con le sue accuse ed istanze, chiamandosi offeso dal Giudice, giura<br />

di farsi da se stesso giustizia, risolve di farne vendetta. Sapeva il crudele<br />

essere solito il pio giovine, portarsi in una cert’ora alla Chiesa; chiama<br />

perciò altri del suo diabolico partito in aiuto, si pone con loro in<br />

agguato ad un certo sito, talché il giovine passando, non avesse potuto<br />

sfuggire una barbara morte. O chi avesse saputo e potuto farne avvisato<br />

il pio studente! Vergine Sacrosanta, voi almeno che il tutto sapete da<br />

Dio ed il tutto potete, deh inviate dal Cielo un Angelo al vostro divoto,<br />

affin salvo si renda: o almeno almeno dispensatelo con interno lume<br />

in tal congiuntura dal portarsi alla Chiesa a voi consacrata! Ma no; la<br />

Vergine nulla far volle di questo: anzi non vi fu mai giorno, in cui il<br />

giovane più si sentisse internamente mosso a portarsi alla solita visita,<br />

quanto che in quel dì, non so se io ora lo dica, per lui fortunato, od infelice.<br />

Trovandosi dunque egli innocente, né sospettar nulla potendo della<br />

mortale congiura, si avvia verso la Chiesa: e giunto nel sito appunto,<br />

ove e dal suo indemoniato rivale e da altri era aspettato, si accorge il<br />

meschino esser già dato nella rete e ne’ lacci. Oimè! Il fuggire non gli<br />

era permesso: il difendersi gli riusciva impossibile. Si ferma alquanto<br />

tutto tremante, pensa che far debba: ma illustrato da un lume superiore,<br />

si riempie di confidenza, di coraggio, d’intrepidezza. Olà, dice a se<br />

stesso, non son’io inviato alla Chiesa della Regina del Cielo? Essa penserà<br />

ad aiutarmi, se vuol che vivo vi giunga: in altro caso, vi sarò almeno<br />

portato morto; e tanto la mia visita adempirò; e data avrò la mia vita<br />

allora per amor della Vergine. Ella vi pensi: nelle sue Mani tutto me<br />

stesso rimetto.<br />

7. Così dunque facendosi cuore, segue il suo cammino. E oh miracolo<br />

portentosissimo! Passa in mezzo dei suoi armati rivali: e questi, divenuti<br />

tutti immobili, come di sasso, appena tanto di vigore si sento-<br />

177


no, quanto possan guardarlo: lo lascian pertanto passare: ed egli,<br />

tutto coraggioso, se ne va alla Chiesa; ivi rende mille Grazie alla sua<br />

potente Liberatrice del Salvocondotto da Lei ricevuto per venire a<br />

visitarla nella di Lei Casa; e ne rinnova le più forti promesse di sua<br />

fedel servitù e costante divozione. Intanto, toccati anche nel cuore i<br />

suoi rivali, si portano tutti compunti a trovarlo; ed ivi nella Chiesa di<br />

Nostra Signora depongono gli odi, si pentono degli eccessi, risolvono<br />

l’emenda; e sperimentano e confessano tutti ad una voce, che il<br />

visitar devotamente le Chiese di Maria è un valido mezzo per ottenere da Lei<br />

molte Grazie.<br />

8. Così pur lo confessarono tanti altri (dei quali forse altra volta sarò a<br />

favellarvene), che sperimentarono le Visite divote fatte alle Chiese di<br />

Nostra Signora aver loro fruttati mille beni sì nell’Anima, che nel<br />

Corpo. E lo confesseremo e sperimenteremo ancor noi se con tutta divozione<br />

ci appiglieremo a tal mezzo.<br />

178<br />

SERMONCINO VENTESIMO SECONDO<br />

Recitato Sabato 15 Luglio 1752,<br />

ricorrendo la Vigilia della Madonna del Carmine<br />

L’Argomento del Sermoncino, sviluppato in cinque punti, trae spunto dalla circostanza<br />

della festa liturgica di nostra Signora del Carmine.<br />

I Carmelitani riconoscono la loro origine dai due gran Profeti dell’Antico<br />

Testamento Elia ed Eliseo che abitarono nel Monte Carmelo in Palestina.<br />

L’origine dello scapolare o pazienza risale all’anno 1240 circa, quando nostra<br />

Signora apparve al beato Simone Stoch Inglese, generale dell’Ordine Carmelitano e gli<br />

diede lo scapolare, come livrea e contrassegno della sua divisa. Da allora i<br />

Carmelitani sempre più infervorati nella devozione e nel servizio di Maria, vedendosi<br />

da Lei tanto protetti, cominciarono a dilatare le sue glorie per mezzo del sacro scapolaretto<br />

o sia Abitino, che fu intitolato del Carmine, la cui devozione fu approvata<br />

nel 1673 da papa Clemente X con concessione di moltissime indulgenze.<br />

Come i sovrani riconoscono e proteggono i sudditi che indossano la loro livrea, così<br />

la Vergine del Carmelo protegge in vita e dopo morte i devoti che indossano il suo scapolaretto<br />

o Abitino.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 261-267 (48-54).<br />

Argomento<br />

L’essere ascritti al sacro Abitino del Carmine<br />

ed il portarlo con divozione impegna Maria SS.ma<br />

a proteggerci singolarmente in questa vita e nell’altra<br />

Ave Maria<br />

Eccoci, Uditori, alla vigilia della Festa di Nostra Signora del Carmine. E voi<br />

che qui ad udirmi in questa sera siete concorsi, ne aspettate senz’altro, mi persuado,<br />

qualche notizia e racconto. Ma siccome favellarsi non può di Nostra<br />

Signora sotto questo titolo glorioso del Carmine, senza toccar le glorie di tutto<br />

il sacro Ordine Carmelitano; io perciò per servirvi e dell’una e dell’altro succintamente<br />

mi porrò a favellarvi. I Carmelitani adunque, uditene la storia,<br />

riconoscono la loro origine da due gran Profeti dell’Antico Testamento, Elia ed<br />

Eliseo, che abitarono nel Monte Carmelo in Palestina; e come i loro discendenti<br />

furono nominati Carmelitani. Questa loro sì antica e gloriosa origine, tuttoché<br />

sia stata non poco combattuta da vari Critici; nulladimeno chiara ed<br />

179


indubbia rimane dagli attestati dei Sommi Pontefici Sisto IV, San Pio V e Sisto<br />

V (a); ed anche dalla relazione che Santa Chiesa ce ne dà nel Breviario. Potrei<br />

qui rammentarvi in comprova quei validi autentici monumenti, che ne registrarono<br />

Tritemio, il Mireo, il Lezana e tra molti altri con più di accuratezza<br />

Filippo della SS.ma Trinità, nelle loro opere. Ma siccome una semplice relazione<br />

della Chiesa ha sopra tutti autorità maggiore perciò su di questa fondato, io<br />

risò da Lei (b) essere stati i Romiti del Monte Carmelo (così allora si chiamavano)<br />

o sieno i Carmelitani, discendenti di Elia, quei che alla predicazion del<br />

Santo Vangelo fatta dagli Apostoli, dopo la Pentecoste, in Palestina, tosto si<br />

arresero; e si fecero Cristiani; quei che ebbero la sorte di trattar famigliarmente<br />

Maria SS.ma e sentir dalla divina Bocca di Lei vari Documenti Celesti; quei,<br />

che sortiron la fortuna di esser posti sotto la sua protezione, di dedicarsi al suo<br />

servizio, sin con erigerle una chiesolina nel Monte Carmelo, onde il titolo<br />

ottennero di Romiti o fratelli di Santa Maria del Monte Carmelo. Che se ne bramate<br />

altra notizia, risappiamo ancora di certo, che in quei primi secoli della<br />

Cristianità ed in altri appresso, fiorirono nella Palestina ed in altre parti della<br />

Siria e dell’Egitto moltissimi Carmelitani, celebri in Santità e Dottrina; come<br />

i due Santi Cirilli, un Giovanni Patriarca Gerosolimitano e tanti e tanti altri:<br />

tra i quali basti il citarvi il Beato Alberto Patriarca di Gerusalemme, che circa<br />

l’anno 1210 diede ai Carmelitani della Palestina una succinta Regola. La quale<br />

dopo il passaggio, che essi dall’Oriente fecero nel 1220 nel nostro Occidente e<br />

nella nostra Europa, fu confermata dal Sommo Pontefice Onorio III nel 1226,<br />

per avviso datogli in una Visione dalla Vergine stessa: e poi tal Regola fu mitigata<br />

da molti rigori ed accresciuta di nuove costituzioni da Innocenzo IV nel<br />

1248. Circa poi la divisa o sia abito, che i Carmelitani Orientali portavano,<br />

abbiamo noi dagli storici, che essi usavano un Pallio o sia Cappa di panno bianco<br />

rigato di color fosco o sia Terreo; e tale la portarono anche dopo venuti nella<br />

nostra Europa, sino all’anno 1285; nel quale il Pontefice Onorio IV concedette<br />

loro la Cappa tutta bianca e Bonifacio VIII nel 1295 la confermò (c). Bramate<br />

ancora notizia circa il loro Scapolare o sia Pazienza? Essi ne stettero senza sino<br />

all’anno 1240 in circa: ma in tale anno essendo apparsa Nostra Signora al Beato<br />

(a) Graveson, Tomo 5, Hist. Eccl., saec. 23. colloq. 6, pag. 211.<br />

(b) Eccles. in Festo B. V. de Monte Carmelo, 16 Julii.<br />

(c) Graves. loc. cit.<br />

180<br />

Simone Stoch Inglese, Generale allora di tutto l’Ordine Carmelitano, gli diede<br />

di sua mano lo Scapolare, come per contrassegno di sua Livrea e divisa (d). Dal<br />

che i Carmelitani sempre più infervorati nella divozione e servizio di Maria,<br />

vedendosi così a Lei cari e da Lei protetti, si diedero a dilatarne le glorie col<br />

mezzo del sacro Scapolaretto o sia Abitino, che fu intitolato del Carmine, sinché<br />

ne ottennero l’approvazione Apostolica nel 1673 con Breve di Clemente X<br />

e con concessione di moltissime Indulgenze (e). Ond’essi in memoria di tanti<br />

favori ricevuti dalla Regina del Cielo, ed in attestato di gratitudine, ne istituirono<br />

col beneplacito e conferma della Santa Sede una Festa a parte, col titolo<br />

della Madonna del Carmine, nel giorno appunto di domani, 16 del corrente; per<br />

essere stato il giorno nel quale la Vergine diede lo Scapolare o sia Pazienza al<br />

predetto Beato Simone (f). Ed eccovi appagati con una succinta Istoria, mista<br />

tutta di glorie e della Vergine, come singolar Protettrice dei Carmelitani e dei<br />

Carmelitani come figli benaffetti alla Vergine. Che ne caveremo pertanto a<br />

nostro vantaggio? Eccolo: una grande venerazione a sì Santo Istituto e nel<br />

tempo stesso una tenera divozione circa il sacro Abitino del Carmine, a cui<br />

tutti vi suppongo già ascritti. Contentatevi perciò ve ne formi un Assunto.<br />

Uditelo. L’essere ascritti al sacro Abitino del Carmine, ed il portarlo con divozione,<br />

impegna Maria SS.ma a proteggerci singolarmente in questa vita e nell’altra. Volete<br />

vederlo? Attendete: e con poche parole sarò a soddisfarvi.<br />

1. Che la Vergine resti impegnata a protegger singolarmente chiunque è<br />

ascritto al suo sacro Abitino del Carmine e con divozione lo porta, resta<br />

chiaro da una ragione tanto naturale, quanto è quella che ogni Principe<br />

ed ogni Signore impegnato si trova a protegger chi la sua Livrea e divisa<br />

porta con riputazione e decoro. Livrea e divisa appunto della Regina<br />

del Cielo è il Sacro Scapolare o Pazienza del Carmine; perché dato da Lei<br />

al suo diletto Beato Simone, come vi accennai, in contrassegno di distinzione<br />

di tutti quei che sotto il suo glorioso stendardo e servizio arruolati<br />

si fossero. Onde appare qual debba essere il suo impegno in proteggerli<br />

in tutti i loro non meno spirituali che temporali bisogni.<br />

(d) Graves. loc. cit.<br />

(e) Graves. loc. cit.<br />

(f) Diar. Sacr. Marches., die 16 Julii.<br />

181


2. Si aggiunga che la stessa Nostra Immacolata Signora di tal singolare<br />

protezione un indizio manifesto ne diede al predetto Beato Simone,<br />

allorché stendendogli la Pazienza o sia Scapolare, gli disse così, Prendi,o<br />

figlio, questo segno di Amore e di Pace (g). Adunque se contrassegno di pace<br />

e di amore è, per attestato della Vergine, il suo sacro Abitino del<br />

Carmine; beato al certo chi divotamente lo porta; perché può dirsi<br />

godere una moral sicurezza di star con pace con Maria e di esser amato<br />

da Lei; ed in conseguenza di esser da Lei singolarmente protetto.<br />

3. Innumerabili prodigi e miracoli si son sempre mai veduti in comprova<br />

di quanto vi ho sin qui divisato. Uno tra tanti ne scelgo per raccontarvelo;<br />

accaduto in persona di un certo Alfiere di armata, che per<br />

sua buona sorte si trovava ascritto al sacro Abitino del Carmine, ed<br />

indosso non senza gran fede e venerazione il portava (h). Assalito fu<br />

questi un giorno da alcuni suoi Nemici; i quali con armi di fuoco alla<br />

mano, gli minacciarono tosto la morte. Poco divario vi fu tra le<br />

minacce e l’effetto: perciocché dato uno di mano ad un moschetto e<br />

voltatolo verso l’Alfiere tutto impallidito e tremante, senza punto<br />

dargli di tempo, se non quanto invocar poté più col cuor, che con le<br />

labbra, in soccorso la Madonna del Carmine, scaricò verso del petto l’orribile<br />

colpo. Misero Alfiere, direte voi, precipitato con una morte sì<br />

spaventevole e violenta! Piano, Uditori, non precipitate voi nel dar la<br />

sentenza. La Vergine, che ad incarico ed impegno suo aveva di protegger<br />

specialmente chi con divozione portava il sacro Abitino; volle<br />

anche in favor di questo Alfiere mostrarlo. Onde, permise sì che lo<br />

scarico egli lo avesse nel petto; ma non volle che la palla infuocata<br />

ardire avesse di ferirlo: quindi senza recarle minimo danno, cadde,<br />

direm così, tutta umile a terra, ai piedi di Colui, che avrebbe naturalmente<br />

ucciso; affin col vederla, riconoscesse egli stesso maggiormente<br />

il singolar Patrocinio che ha la potente Signora di chi con la Livrea<br />

di Lei sen va vestito. Vi sono degli Autori, che aggiungono, che questo<br />

Alfiere si trovava per sua mala sorte in peccato mortale e che nel-<br />

(g) Marches. in Diar. Sacr. 16 Jul.<br />

(h) Marches. loc. cit.<br />

182<br />

l’atto dello scarico contro Lui minacciato, pregasse la Vergine a non<br />

farlo morire in quel misero stato. Se ciò fosse vero, maggiormente<br />

spiccherebbe il gran Poter della Vergine e la sua special protezione a<br />

riguardo del sacro Abitino; mentre anche sopra chi ne era all’intutto<br />

immeritevole avrebbe per sua sola clemenza mostrato in tal’occasione<br />

l’impegno.<br />

4. Ma non solo Maria SS.ma si è mostrata impegnata in difender gli ascritti<br />

al sacro Abitino in questa vita, ma ancora e maggiormente, nell’altra;<br />

voglio dire in Purgatorio. Perciocché dopo che Nostra Signora disse al<br />

più volte citato Beato Simone queste parole, chi divotamente porterà<br />

quest’Abito, potrà sperare di ottener dal Signore la Vita Eterna (i); è comune<br />

opinione che la Vergine si degni liberar presto dal Purgatorio, chi trovandosi<br />

ascritto al suo sacro Abitino, andato vi fosse: e la Chiesa, facendo<br />

buon passaporto a tal pia credenza, così si esprime, Filios in scapularis<br />

societatem relatos…, dum igne Purgatorii expiantur… in coelestem Patriam<br />

obtentu suo quantocius pie creditur efferre (k) 81 . Onde si crede ciò avvenire<br />

nel primo Sabato.<br />

5. Molti e poi molti sarebbero gli esempi, che al proposito contar qui vi<br />

potrei in conferma; ma per non più abusarmi della vostra sofferenza li<br />

tralascio, rimettendovi ai Libri che trattano di Nostra Signora del<br />

Carmine: bastandomi intanto, che persuasi restiate a vostro profitto di<br />

quanto io vi proposi, cioè che l’essere ascritti al sacro Abitino del Carmine,<br />

ed il portarlo con divozione, impegna Maria SS.ma a proteggerci singolarmente<br />

in questa vita e nell’altra.<br />

(i) Marches. in Diar. Sacr. 16 Jul.<br />

(k) In Festo, 16 Julii.<br />

81 I figli iscritti alla Confraternita dello scapolare… mentre espiano il fuoco del<br />

Purgatorio… si crede piamente che Ella quanto prima per suo intervento conduca nella<br />

Paria celeste.<br />

183


SERMONCINO VENTESIMO TERZO<br />

Recitato Sabato 22 Luglio 1752,<br />

ricorrendo la Festa di Santa Maria Maddalena Penitente<br />

Don <strong>Marcucci</strong> per l’argomento si ispira come altre volte alla festa liturgica che<br />

coniuga in rapporto a Maria. In questo caso, vigilia della festa di santa Maria<br />

Maddalena, si propone di dimostrare il grande amore della santa per la Madre di<br />

Gesù e di additarlo come esempio per noi. Sorvola la questione se la Maddalena 82 fosse<br />

una sola persona, due o tre ed entra subito nell’argomento. Maria Maddalena amò<br />

davvero Maria SS.ma, infatti “tra mille lagrime e dolori la seguì nel Pretorio, nel<br />

Calvario e fin sotto la croce” e rimase immobile con Lei, “abbracciata a quel caro<br />

Tronco su cui la sua cara Vita pendeva”.<br />

Maria Maddalena fu soprattutto molto cara alla Madre di Dio perché ella amò<br />

con tutto il cuore e con tutte le forze Gesù e ciò le meritò il privilegio di poter seguire<br />

Gesù, insieme ai discepoli, durante la sua predicazione.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 22, pp. 111-118.<br />

Argomento<br />

L’Amore che la Maddalena portò a Maria SS.ma<br />

deve essere il modello del nostro Amor verso la Vergine<br />

Ave Maria<br />

Ecco, Riveriti Uditori, il dì gloriosissimo, in cui trionfando la Divina<br />

Misericordia e l’Amore Divino di Santa Maria Maddalena Penitente, dal<br />

deserto di Marsiglia in Francia, dov’ella trasportata stette in una più celeste<br />

che terrena vita per trent’anni continui, come sentono gravi Autori, fu a forza<br />

di soavissimi svenimenti amorosi in mezzo ad un Angelico Coro sciolta dal<br />

Corpo; e da quegli Spiriti beati tra mille cantici e feste portata alla Gloria.<br />

Ragion vuole pertanto, che di sì gran Santa qualche cosa in questa sera io vi<br />

ridica. Non voglio qui però tentar sulle prime di sincerarvi essere stata real-<br />

82 Don <strong>Marcucci</strong> riprenderà successivamente lo studio sulla Maddalena: Cf in BSC 1518,<br />

Dell’unità della Maddalena Controversia. Rediviva ed indi redimorta in Ascoli nel Settembre e<br />

Ottobre del 1764, Ascoli Piceno, Settembre e Ottobre 1764 e in ASC 54, Dell’unità della<br />

Maddalena, controversia rediviva, ed indi redimorta, Ascoli Piceno 6 Ottobre 1764.<br />

184<br />

mente una sola la Maddalena, cioè quella stessa che Sorella fu di Lazzaro e di<br />

Marta; quella medesima che fu peccatrice; e che poi, ferita di amore, tutta<br />

dolente ai Piedi si gettò del Redentore Divino; mentre non vi suppongo tanto<br />

bizzarri, che una sola creder non la vogliate, dopo che una sola essere stata vari<br />

Concili e la stessa Chiesa Romana ci insegnano; e moltissimi Santi Padri ce la<br />

contestano, come un Agostino, un Ambrogio, un Gregorio Papa, un Beda, un<br />

Leone Pontefice e tanti e tanti altri: i quali ci fanno appieno conoscer l’abbaglio<br />

e di Teofilatto che disse tre essere state le Maddalene; e di Origene, del<br />

Crisostomo e di Girolamo, che essere state due sostennero. Stimerei ancora un<br />

perditempo, se io trattener vi volessi con l’esporvi la nobiltà e le ricchezze di<br />

Siro e di Eucaria, Genitori di Lazzaro, di Marta e di Santa Maria Maddalena,<br />

che era la più Giovane; e farvi vedere, come nella divisione tra il fratello e tra<br />

le due sorelle, al primo vennero in sorte vari Poderi, vicini a Gerosolima; a<br />

Marta il feudo della picciola Città di Betania; ed a Maria toccò il Castello di<br />

Maddalo, dal cui Luogo Essa come Signora il cognome ne trasse di Maddalena,<br />

tuttoché per lo più nella Città di Gerusalemme abitasse. Vi parlerei piuttosto<br />

della sua pronta e generosa Penitenza, tosto che i suoi falli conobbe; e di tutti<br />

quei cordialissimi umili atti di pentimento sincero, che in pubblico senza<br />

alcuno umano rispetto ai Piedi dell’amabile Redentore ella fece: vi favellerei<br />

di buon cuore ancora di quella Piacevolezza somma, con la quale il Redentore<br />

la accolse e la trattò mai sempre sino a pigliarne più volte le sue difese, ad<br />

encomiarla e ad ordinare che le singolari virtù di Lei per tutto il Mondo ridette<br />

fossero e palesate (a); e sino a farle goder la di lui Presenza prima di tutti<br />

dopo la sua Risurrezion gloriosa e a destinarla Apostola sua prediletta per<br />

recarle l’avviso agli stessi Discepoli (b). Ma siccome tutto questo non sarebbe<br />

cosa da potersi restringere dentro le angustie di poco tempo, che a me vien<br />

concesso; tutto tralascio: e per ridirvi alcuna cosa di sì gran Santa, vi parlerò<br />

soltanto del singolare Amore suo per rapporto di Nostra Immacolata Signora,<br />

a cui fu tanto familiare ed amica. Eccovene dunque l’Assunto: l’Amore che la<br />

Maddalena portò a Maria SS.ma, deve essere il modello del nostro Amor verso la<br />

Vergine. Favorite ascoltarmi; e lo vedrete.<br />

(a) Matth. 26, 13.<br />

(b) Joan. 20, 17-18.<br />

185


1. Tosto che la Maddalena il suo grave errore conobbe ed ai Piedi adorabili<br />

del Divin Redentore con le lagrime lavò le sue macchie, seguace si<br />

fece della Gran Madre dello stesso suo Divin Maestro. E qui, o come<br />

subito giunse al grado di Amor più perfetto; o quanta intrinsichezza e<br />

familiarità seco lei prese; o quali dolci ferite riceveva nel cuore dalle<br />

parole soavi della Gran Madre di Amore; o quali tenerezze di sacro<br />

purissimo affetto tra loro scambievolmente seguirono! Si degnò Maria<br />

SS.ma di accoglierla con tutta benignità; ed a guisa di sua prediletta<br />

Figlia e Discepola seco lei in sua compagnia la ritenne. Rapita la<br />

Maddalena da tante sovra celesti finezze, facendola da Amante generosa<br />

e sincera di sì gran Signora, a Lei si dedicò tutta di cuore; e come<br />

Serva fedele non la abbandonò giammai. Gran modello egli è questo,<br />

U(ditori), dell’amor che dobbiamo alla Regina del Cielo.<br />

2. Ed oh se trovati ci fossimo a quei fortunatissimi tempi e potuto avessimo<br />

contemplare il Cuor della Vergine tutto dolce ed amorevole verso la<br />

Maddalena, ed il Cuore di questa tutto ferito dell’Amor della Vergine;<br />

grandi scoperte al certo avessimo fatte in materia di Santo perfettissimo<br />

Amore. Che se al dir del Filosofo l’Amor quando è vero ha una tal forza, che<br />

uscir fa un Amante fuori di sé, e tutto estatico viver lo fa con l’affetto, e con<br />

il pensiero più nella Persona che ama che non in se stesso, Extasim facit<br />

amor… quia Anima magis est ubi amat, quàm ubi animat: avremmo ben allor<br />

ravvisata Santa Maria Maddalena tutta estatica fuor di se stessa, abitar con<br />

la mente e con il Cuore nel sacro Cuor della Gran Madre di Dio; quivi fissando<br />

i suoi più seri pensieri; quivi dirigendo i suoi più infuocati sospiri;<br />

quivi depositando i suoi più teneri affetti. O che bella Scuola di Amore.<br />

3. Ma Amanti nunquam satis, dice il Filosofo; sempre a chi ama par poco di<br />

far ciò che faccia; né mai di quel che ha fatto si appaga. Non si contentò<br />

perciò la Maddalena di amar Nostra Signora con un semplice amor<br />

affettivo e tenero; amare ancora la volle con un amore operativo e sodo.<br />

Quindi sua indivisibil Compagna esser volle non tanto tra le consolazioni<br />

o delle Visite del suo Divin Figlio pria che morisse, o della<br />

Ascensione gloriosa di Lui dopo risorto, o della venuta dello Spirito<br />

Santo (nelle cui occasioni sempre con la Vergine stette); ma ancor tra le<br />

pene più dure, tra i dolori più gravi, tra i martiri più atroci. E se<br />

186<br />

l’Amico vero e l’Amor si conosce ne’ travagli e bisogni, chi Amica più<br />

vera e più fedele Amante verso di Maria SS.ma esser potè della<br />

Maddalena, se tra mille lagrime e dolori la seguitò nel Pretorio, nel<br />

Calvario e sin sotto la Croce con lei immobile stette, abbracciata a quel<br />

caro Tronco, su cui la sua cara Vita pendeva. O che bello esemplare del<br />

vero Amore verso la Regina del Cielo!<br />

4. Sebbene non fu già questo il colmo dell’amor della nostra gran Santa<br />

per rapporto della Gran Madre di Dio! Volete udirlo? Attendete.<br />

Non vi ha cosa che più sia grata alla Vergine quanto l’amor che si porta<br />

al caro suo Divin Figlio. Chi questi ama con tutto il cuore e con tutte<br />

le forze, può dir di esser giunto alla perfezione dell’Amore verso Nostra<br />

Signora. Ed essendo così, ceda pure Chiunque alla Maddalena nell’Amor<br />

di Maria, mentre nell’amor di Gesù non solo essa non ebbe chi superar<br />

la potesse, ma starei per dire, che neppur ebbe pari.<br />

5. Lo stesso Redentore Divino, allorché qual cerva di amor ferita, o di<br />

limpide acque sitibonda, venir se la vide tutta dolente, compunta,<br />

amorosa a suoi Piedi Divini, la canonizzò per un’Anima molto amante,<br />

Dilexit multum (c) 83 . Disse di Lei che a forza di amore cancellate avea<br />

tutte le sue Macchie: Remittuntur ei peccata, quoniam dilexit multum 84 :di<br />

Lei sentenziò, che già ascritta era nel numero dei Predestinati e che<br />

pure in pace vivesse (d): Fides tua te salvam fecit: vade in pace 85 . Eppure<br />

si trovava allor la Maddalena sulle prime mosse della sua Conversione<br />

amorosa. Pensate qual fosse il suo Amore, qualor nella via della<br />

Perfezione fortemente si incaminò. Ricavatelo sol da questo che a dir<br />

giunse l’Evangelista Giovanni, cioè che la Maddalena molto amata<br />

veniva da Gesù Signor nostro, Diligebat Jesus Mariam (e) 86 . Quindi egli<br />

(c) Luc. 7, 47.<br />

83 Ha molto amato.<br />

84 Le vengono perdonati i peccati poiché ha molto amato.<br />

(d) Luc. 7, 50.<br />

85 La tua fede ti ha salvato, vai in pace.<br />

(e) Joan. 11, 5.<br />

86 Gesù amava Maria.<br />

187


le permise che insieme con i suoi Discepoli nella sua Predicazione alcune<br />

volte lo seguisse; come ci conta San Luca (f). Non sapeva ella staccarsene<br />

mai con la presenza; come non se ne partiva mai con la memoria.<br />

Osservatelo da un altro fatto.<br />

6. Corsero i Discepoli al Sepolcro per vedere Gesù, dopo che era sepolto<br />

e risorto; ma non trovandocelo, se ne fecero tutti mesti ritorno. Corse<br />

essa amore saucia 87 , come dice la Chiesa; ma se gli altri tornarono, essa<br />

come di tutti più amante, vi stette ferma, immobile, piena di angosce,<br />

di dolori, di spasimi, perché non trovava il suo Bene. Insomma,<br />

amaron Gesù le altre Donne seguaci, lo amaron i Discepoli sì, non<br />

può negarsi: ma che accade? La Maddalena optimam partem elegit(g) 88 ;<br />

giunse all’ottimo, al superlativo grado di amore. Alto, Uditori. E siccome<br />

ella così al sommo amò Gesù; al sommo ancor amò Maria<br />

SS.ma, cui l’Amor verso il Figlio tanto preme e desidera dai suoi veri<br />

Amanti e Divoti.<br />

7. Eccovi pertanto quanto amore portò a Nostra Immacolata Signora<br />

Santa Maria Maddalena. E se l’Amor suo esser deve per noi il modello,<br />

su poniamo all’opra le mani per imitarla. Tanto la stessa Vergine<br />

disse a S. Caterina da Siena. Desiderosa questa un giorno più che mai<br />

di fare gran passi nella strada del Santo Amore, alla Regina del Cielo<br />

ebbe ricorso. Le apparve ella tutta graziosa insieme con Santa Maria<br />

Maddalena Penitente e con brevi sì ma molto pesanti parole le disse,<br />

Caterina, ti assegno Maddalena per Maestra del Divino Amore (h).<br />

Or immaginiamoci, Uditori, che a ciascun di noi così pure dica<br />

Nostra Signora. Onde noi sotto la scorta ed esempio di tanta Maestra<br />

apprendiamo bene una volta, che l’Amor verso la Regina del Cielo<br />

Maria SS.ma consister deve:<br />

(f) Luc. 8, 3.<br />

87 Ferita d’amore.<br />

(g) Luc. 10, 42.<br />

88 La Maddalena ha scelto la parte migliore.<br />

(h) In vita S. Cathar.<br />

188<br />

I. in dedicarsi prontamente e generosamente di cuore al suo Servizio.<br />

II. in esserle fedeli col non abbandonarla giammai.<br />

III. col depositar nel di lei sacro Cuore tutti i nostri pensieri, ed affetti,<br />

col tenerli in continuo esercizio a sua maggior gloria.<br />

IV. Col mostrarle la nostra inviolabile fedeltà, particolarmente in tempo<br />

di tentazioni, angustie e travagli.<br />

V. in amar fortemente e costantemente sopra tutte le cose il suo Divin<br />

Figlio.<br />

8. Sì, sì, cari miei Uditori. Tale esser deve il nostro vero e sincero Amor<br />

verso Maria. Tale ce lo insegnò con la pratica Santa Maria Maddalena<br />

nostra Maestra: giacchè l’amor, che ella portò alla Gran Madre di Dio, esser<br />

deve il modello del nostro Amor verso la Vergine: come io vi diceva.<br />

Ignoto, L’apparizione di Gesù risorto alla Maddalena, olio su tela, sec. XVII, dipinto appartenente<br />

all’antica famiglia <strong>Marcucci</strong>, oggi nel Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />

189


SERMONCINO VENTESIMO QUARTO<br />

Recitato Sabato 29 Luglio 1752<br />

Il sermoncino è sviluppato in otto punti e si propone di dimostrare quanto sia gradita<br />

alla Vergine la devozione del santo Rosario che la impegna a compiere meraviglie<br />

anche in chi solo lo indossa.<br />

La rosa è il simbolo della vaghezza e delle prerogative eccellenti di Maria SS.ma;<br />

dal nome di questo fiore è derivata la devozione del santo Rosario che vuol dire serto<br />

di rose.<br />

Questa devozione fu introdotta nella Chiesa da San Domenico. Un giorno, mentre<br />

pregava con grande fervore pensando come combattere gli eretici Albigesi, gli<br />

apparve Maria SS.ma corteggiata da tre regine, ciascuna delle quali aveva un seguito<br />

di cinquanta verginelle. La prima regina era vestita di bianco e rappresentava i<br />

misteri gaudiosi; la seconda, vestita di rosso e vermiglio, alludeva ai misteri dolorosi<br />

e la terza, con vesti dorate, rappresentava i misteri gloriosi.<br />

Con questa visione Nostra Signora chiese al santo di istituire il Rosario e di propagarlo<br />

per tutto il mondo per impetrare la divina misericordia, abbattere le eresie e<br />

promuovere le virtù cristiane.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> conclude raccomandando anche lui ogni giorno la recita di una<br />

terza parte del santo rosario, di portarlo sempre devotamente e soprattutto di vivere nel<br />

timore di Dio perché ciò impegna Nostra Immacolata Signora a portarci, dopo questo<br />

esilio, alla patria beatissima del Paradiso.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 299-306 (83-90).<br />

Argomento<br />

La divozione del Santo Rosario è così cara alla Vergine<br />

che l’ha impegnata sempre ad oprar maraviglie,<br />

anche in favore di chi solamente lo ha portato indosso<br />

Ave Maria<br />

Cessino pure i favolosi Poeti e quanti mai bizzarri Scrittori il Gentilesimo<br />

ebbe, di tessere encomi alla Regina dei fiori, voglio dire alla Rosa.<br />

Altro essi non fanno che deturparne piuttosto le belle sue qualità, di quel<br />

che illustrarle. La chiamino sì l’onor della Primavera ed aggiungano pure,<br />

che questa tutta la cura amorosa ripone a produrre il bello, il brio e la<br />

maestà della Rosa; come disse quel Greco spiritoso Poeta, Rosa cura<br />

190<br />

amorque veris 89 : la descrivano sì la delizia delle Muse, la vivezza dei colori,<br />

la delicatezza di tutti i profumi, la bellezza dei campi, la gloria dei giardini<br />

per la porpora che la circonda e per l’oro che la incorona; e giungano<br />

persino a chiamarla fiore celeste, diletto dei Mortali e delle Grazie decoro;<br />

conforme Anacreonte la disse, Rosa flos, odorque Divum, Hominumque<br />

voluptas, et decus Gratiarum 90 . Ma che serve? Quando poi la deturpano in<br />

un tratto col decantarla un fiore in modo particolar consagrato e gratissimo<br />

per la soavità e bellezza alla più lasciva di tutte le loro ridicole e<br />

bugiarde Deità, voglio dir Venere (a). Noi sì, qualor a tesser’encomi a sì<br />

vago odorifero fiore invitati pur fossimo, potremo ben onorarlo col descriverlo<br />

Simbolo della vaghezza e delle Prerogative eccellenti di Nostra<br />

Immacolata Signora Maria SS.ma; la quale assimigliar appunto si volle<br />

alla Rosa, allorché di sé disse per bocca del Savio, Ego quasi plantatio rosae<br />

in Jerico (b) 91 : ed un tal fiore ebbe sempre sì caro, che del suo nome e<br />

misterioso significato servir si volle per istituir un mistico serto e corona,<br />

con cui incoronata ella poi venisse da tutto il Cattolico Mondo, e specialmente<br />

da’ suoi Divoti; voglio dir con la divozione del SS.mo Rosario.<br />

Ma se non vi è chi ad encomiar la Rosa c’inviti; vi ha però chi della mistica<br />

corona di Rose, o sia del Santo Rosario, a favellare ci sproni; ed è il risaper<br />

noi di certo quanto sia grato alla Vergine e quanto giovevole a noi.<br />

Contentatevi adunque, R(iveriti) U(ditori), che di questa materia stasera<br />

io succintamente vi parli. Eccovene un Assunto: La Divozione del Santo<br />

Rosario è così cara alla Vergine, che l’ha impegnata sempre ad oprar maraviglie,<br />

anche in favore di chi solamente lo ha portato indosso. Onoratemi con la vostra<br />

attenzione e lo vedrete.<br />

1. Facilissimo riesce a rimaner persuaso di quanto sia cara a Nostra<br />

Immacolata Signora la Divozion del Santo Rosario chiunque il pensier<br />

seriamente rivolge agli alti misteri, con i quali questo mistico Serto di<br />

Rose viene intrecciato e dai quali viene composto. Ivi commemorazio-<br />

89 La rosa premura e amor di primavera.<br />

90 La rosa fiore e profumo degli dei e diletto degli uomini e decoro delle grazie.<br />

(a) Facciolat. Verbo Rosa.<br />

(b) Ecclesiast. 24.<br />

91 Io quasi pianta di rosa in Gerico.<br />

191


ne si fa e si contemplano le opere più sacrosante e Divine che l’amabilissimo<br />

ed amantissimo Dio fece e per glorificare la sua Madre e per salvare<br />

noi tutti. Onde quando altra prova non si adducesse che questa per<br />

dimostrare il Rosario esser molto grato alla Vergine, pur basterebbe per<br />

dimostrarlo tale ad evidenza. Ma io, che in sì vasto mare non ho tempo<br />

di ingolfarmi, né modo; affin di contenermi dentro i limiti di un parlar<br />

breve e succinto, mi riporto ad un’altra ragione.<br />

2. Il Santo Rosario, non vi ha dubbio veruno, fu dalla Vergine stessa istituito,<br />

allorché al Santo Patriarca Domenico essa comparendo in Ispagna,<br />

lo istruì del modo di recitarlo insieme e propagarlo. E checché in contrario<br />

ne dican con le loro bugiarde e sacrileghe lingue gli eretici; noi e<br />

da varie Bolle dei Sommi Pontefici e dall’universale consenso della<br />

Cattolica Chiesa per tanti secoli avuto, e da una infinità di stupendi<br />

Miracoli, ne siam più che certi della verità della cosa e persuasi. Uditene<br />

pertanto il modo, come la Istituzione ne avvenne; ed al Pontefice San<br />

Pio V, ed al Beato Alano, ambedue figli del suddetto gran Patriarca,<br />

abbiatene del racconto tutta la fede (c). Pregava un dì San Domenico più<br />

che mai con fervore per li bisogni di Santa Chiesa, vessata allora dagli<br />

eretici Albigesi e dal libertinaggio. Ecco all’improvviso apparire si vede<br />

tutta gloriosa l’Imperatrice del Cielo Maria SS.ma, corteggiata da tre<br />

Regine; ciascuna delle quali avea di seguito cinquanta Verginelle. La<br />

prima Regina era con tutto il suo seguito vestita di bianco, rappresentante<br />

i gaudiosi Misteri; la seconda di color rosso e vermiglio, allusivo ai<br />

dolorosi; la terza vestita era con tutta la sua Schiera con vesti dorate, allusive<br />

ai gloriosi Misteri. Indi accostandosi Nostra Signora al Santo, tutta<br />

graziosa e premurosa insieme, gli dice, Rosarium institue 92 . Hai veduto,<br />

mio diletto Domenico, ne hai scoperto il significato? Questo è un bel<br />

modo di orare, che mi incorona di mistiche Rose e perciò Rosario lo<br />

chiamo; e tu va, istituisci questo Rosario, predicalo, propagalo per tutto<br />

il Mondo: Rosarium institue.<br />

(c) Odesc., disc. 12; Auriem. p. I, cap. 7.<br />

92 Istituisci il rosario.<br />

192<br />

3. Or come dunque, Uditori, non esser gratissima alla Vergine la<br />

Divozion, del Santo Rosario, se essa medesima sì premurosa Istitutrice<br />

ne fu e con tanto zelo la propagazione ne ordinò? Argomentatelo ora voi<br />

stessi, giacché al vostro retto e divoto discernimento mi appello.<br />

Sebbene non vo(glio) che molto vi affatichiate neppure in questo.<br />

Lo attesti essa stessa Nostra Immacolata Signora e di sua propria bocca<br />

lo dica. Di fatto, qualora al Santo Patriarca la riferita Istituzione del<br />

Rosario impose con quel Rosarium institue; immediatamente seguì a dirgli,<br />

Hoc genus orandi est Filio meo, mihique gratissimum 93 : questo modo di<br />

orare, o Domenico, io ti assicuro, che molto grato al mio Divin Figlio,<br />

ed a me certamente riesce. Ne bramate, Uditori, pruova maggiore di<br />

questa? Io darvela non oserei al certo, se la Vergine medesima data non<br />

ce l’avesse. Udite e stupite.<br />

4. Qual comprova più grande può darsi, di grazia, per far vedere esserci<br />

molto cara una cosa, se non mostrarsi sempre impegnati con tutto lo<br />

sforzo a sostenerla. La ragion naturale stessa ci spronerebbe allora purtroppo<br />

a crederla ben radicata nel nostro cuore. Or tale comprova<br />

appunto ne diede Maria SS.ma per rapporto del Santo Rosario. Essa si<br />

impegnò così fortemente col Santo Patriarca, che avrebbe in pro di tal<br />

divozione oprate tante e tali maraviglie; che giunse a dirgli, che ciascuno<br />

avrebbe confessato e veduto, che la divozion del Santo Rosario sarebbe<br />

stata l’unico, per dir così, e grande soccorso della Chiesa, il mezzo<br />

efficace per implorar la Divina Misericordia sopra di tutto il Mondo,<br />

per abbatter le eresie, per estinguere i vizi e per promover le Cristiane<br />

virtudi: Hoc erit unicum ad evertendas haereses, ecco le sue proprie parole,<br />

vitia extinguenda, virtutes promovendas, et Misericordiam Dei implorandam,<br />

magnum in Ecclesia praesidium 94 . Or vedete voi, se quanto il Santo Rosario<br />

le è caro.<br />

93 Questo genere di preghiera è molto grato a mio Figlio e a me.<br />

94 Questo sarà l’unico grande presidio nella Chiesa per distruggere le eresie, estinguere i<br />

vizi, promuovere le virtù e implorare la misericordia di Dio.<br />

193


5. Chi può spiegare pertanto gli effetti continui di tal maraviglie dalla<br />

Gran Vergine oprate ed i frequenti strepitosi miracoli; tutti chiari<br />

testimoni dell’amor suo incomparabile e del suo fortissimo impegno<br />

in pro del Santo Rosario? Io non vo(glio) qui neppur toccarvi di passaggio<br />

quel che Nostra Signora ha fatto per protegger chi divotamente<br />

lo recitava: ma solo di quel che ha fatto in favore di chi solamente<br />

lo ha portato indosso: affin argomentar voi possiate che sperar<br />

possa chi divotamente lo reciti. Serva un sol fatto per mille; e<br />

finisco.<br />

6. Nel Regno del Cile, nelle Indie Orientali, una Donna Cristiana vi fu<br />

che stando al servizio di una divota Signora, era anche la Pietra sua di<br />

paragone, come suol dirsi; tante erano le stravaganze e le libertà con<br />

le quali, ad onta degli avvisi continui della sofferente Signora, viveva.<br />

Avvenne, che dopo una vita così rilasciata e dopo molti anni di confessioni<br />

e comunioni sacrileghe che fece, cadde la misera sfortunata<br />

donna gravemente inferma a morte (d). Il parlarle solo di ben confessarsi<br />

in quel punto, era per Lei un linguaggio non solo sconosciuto,<br />

ma irritante a mille atti di disperazione esecranda. Si aiutò quanto<br />

poté la buona sua Signora a persuaderla; ma vedendo vano ed infruttuoso<br />

ogni discorso, la abbandonò. Ed eccoti all’improvviso, comparire<br />

all’Inferma, molti spaventosi demoni, tutti in atto di soffocarla e di<br />

rapirla seco loro all’Inferno. Dà la misera in altissime grida: vi accorre<br />

la Padrona; e trovandosi anch’essa mezzo smarrita, dà di piglio al<br />

Santo Rosario e frettolosamente all’inferma indosso lo pone. O prodigi<br />

del SS.mo Rosario! Fuggono tosto i demoni tutti rabbiosi e spaventati.<br />

Scende dal Cielo un raggio di luce su della disperata<br />

Agonizzante; ed illuminandole prima l’Intelletto la riscuote dalla sua<br />

mortal cecità; indi toccandole il cuore, la compunge, le spreme dagli<br />

occhi un profluvio di lagrime di pentimento e dolore. Grida perciò la<br />

ravveduta Inferma, Confessione! Vi accorre tosto un buon Confessore.<br />

Si confessa da lui interamente con molta contrizione. Indi baciando e<br />

ribaciando quel Santo Rosario, che era stato il mezzo della sua Vita e<br />

(d) Auriem. par. I, cap. 7.<br />

194<br />

della sua salute; e dando mille benedizioni alla Regina del Cielo, che<br />

per mezzo del Santo Rosario così si era impegnata a favor suo; lasciò,<br />

morendo, una fondata speranza di sua eterna salvezza. Tanto è vero,<br />

Uditori, che la divozione del Santo Rosario è così cara alla Vergine, che l’ha<br />

impegnata sempre ad oprar maraviglie, anche in favore di chi solamente lo ha<br />

indosso portato.<br />

7. Apprendiamo noi dunque di appigliarci con tutto fervore alla divozione<br />

del Santo Rosario; non solo col portarlo sempre divotamente, ma<br />

ancor con divotamente recitarne la terza parte ogni giorno: e quel che è<br />

più con accoppiar una vita molto timorata, affin questa divozione riesca<br />

sempre per noi valevole ed efficace; ed impegni maggiormente la<br />

Nostra Immacolata Signora ad oprar quella singolar maraviglia di portarci,<br />

dopo questo misero esilio, alla Patria beatissima del Paradiso.<br />

Amen.<br />

195


SERMONCINO VENTESIMO QUINTO<br />

Recitato Sabato 5 Agosto 1752,<br />

ricorrendo la Festa del nostro gloriosissimo Protettore<br />

e primo Vescovo e Martire Sant’Emidio.<br />

Ancora una volta la devozione del sabato mariano si incontra con una importante<br />

festa liturgica di cui la sensibilità di don <strong>Marcucci</strong> non può non tenere conto.<br />

Questa volta la coincidenza è con l’amato e gloriosissimo Patrono Sant’Emidio, martirizzato<br />

nel 309, all’età di 30 anni nella città di Ascoli.<br />

Fra i numerosi pregi che il Santo Patrono ha avuto, l’oratore del Sermoncino considera<br />

il grande ossequio che egli professò alla Nostra Immacolata Signora.<br />

Affronta l’argomento in sette punti.<br />

Sant’Emidio venne da Treveri in Italia per predicare il Vangelo e, come i primi<br />

apostoli, si pose sotto la protezione di Maria e pose Ascoli e tutti i suoi cittadini sotto<br />

la sua tutela. Fu questa “la sorgente di tutte le nostre fortune”, anzitutto della<br />

costanza nella fede in tanti secoli di storia e il riconoscimento di tutto il vescovado<br />

Ascolano di essere sotto la tutela di Santa Maria Maggiore e di Sant’Emidio.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 22, pp. 271-279.<br />

Argomento<br />

L’averci posti il nostro gran Padre e Protettor Sant’Emidio,<br />

tosto dopo il suo arrivo, sotto la Protezione e Tutela di Maria SS.ma,<br />

fu la gloria del suo Apostolato e la sorgente di tutte le nostre fortune<br />

Tra tante pompose feste ed acclamazioni di giubilo e di gioia, nelle quali doverosamente<br />

ritrovasi oggi questa nostra fortunata Città di Ascoli per la solenne<br />

ricorrenza della gloriosa preziosissima Morte, che il nostro primo Vescovo e<br />

Martire e principal Protettor Sant’Emidio in Giorno di Giovedì sostenne nel trentesimo<br />

anno dell’età sua e nel 309 del Nascimento del Salvadore; è ancora dovere,<br />

Riveriti Uditori, che noi pure in questa sera ne diamo qui a parte contrassegni<br />

di tenerezza, col ridir alcune cose in lode di sì gran Santo; a cui della vera<br />

Fede, delle nostre Vite e di tutti i Beni nostri ogni obbligazione ne abbiamo.<br />

Sebbene, che potrò mai io ridirvi di Emidio? Sono tali e tante le maraviglie da lui<br />

oprate, ed è così straordinaria e sublime la sua Santità, che al suo riverbero, io<br />

stimo, ogni qualunque più acuto creato Intelletto, nonché il mio di penetrazione<br />

sì corta, rimarrebbe offuscato; e balbuziente resterebbe ogni più sciolta ed eru-<br />

196<br />

dita Lingua, non che la mia rozza.<br />

Osservate se è così. Il suo fedele<br />

Diacono ed indivisibil Compagno e<br />

Martire San Valentino, al comando<br />

avutone da San Melchiade Papa di<br />

registrarne le gloriose Gesta, così<br />

pavido e sbigottito ne restò, che tuttoché<br />

ubbidisse con scriverne una<br />

succinta fedelissima Storia, pure non<br />

potette contenersi dall’incominciar<br />

con quel doloroso lamento, cioè che<br />

non era da lui porre mano ad<br />

un’<strong>Opera</strong> tanto difficile e ardua quale<br />

era quella di registrar la Vita di<br />

Emidio, poiché inserta di tante maraviglie<br />

e stupori: Opus perarduum et non<br />

mearum virium, o Pater optime, aggredi<br />

iubes (a) 95 . Pure se entro un sì gran<br />

Santuario fissare gli sguardi conceduto<br />

mi fosse, ve ne ridirei che Emidio<br />

col suo Nome medesimo esprimesse<br />

la sua gran Santità e il suo gran Potere. Perciocché se noi rintracciam del suo<br />

Nome l’etimologia e l’origine, troverem non a caso poter ella derivar da due<br />

Greche Voci, cioè Emi, che vuol dir mezzo, e Theos che val Divino; onde Emidius<br />

sit quasi emitheos idest Semidivinus 96 ; cioè che Emidio fosse un Uomo per dir così<br />

mezzo Divino; atteso che Iddio costituir lo volle un Santo così portentoso e mirabile<br />

che più del Divino avesse, che dell’Umano. Ma tralasciando tal’ingegnoso<br />

argomento e riservandolo ad altra occasione opportuna che di encomiar sì gran<br />

Santo mi si presentasse; voglio che in questa sera lo consideriamo unicamente<br />

per rapporto di quel suo grande ossequio, che sempre professò alla Nostra<br />

Immacolata Signora. Eccovene perciò il mio Assunto: L’averci posti il nostro gran<br />

(a) S.Valentin. in Prolog. Vit. S. Emygd.<br />

95 O ottimo Padre tu mi comandi di compiere un’opera molto difficile e non delle mie forze.<br />

96 Onde Emidio sia, per così dire, semidio, cioè semidivino.<br />

Carolus Ram (…) I.F., Vergine con il Bambino,<br />

S. Emidio e S. <strong>Francesco</strong>, olio su tela, 1739, Ascoli<br />

Piceno, Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />

197


Padre e Protettor Sant’Emidio, tosto dopo il suo arrivo, sotto la Protezione e Tutela di<br />

Maria SS.ma, fu la gloria del suo Apostolato e la sorgente di tutte le nostre<br />

fortune. Animatemi al Discorso con l’attenzione vostra, Uditori: e do principio.<br />

1. Allorché il Redentore Divino gli Apostoli suoi destinò alla Predicazione<br />

del Vangelo, affin di manifestar per loro mezzo la sua Onnipotenza, vietò<br />

loro il portarsi vitto, danaio, ed ogni altra qualunque mai provvigione,<br />

che l’umana ingordigia, non sazia mai di comodi e di averi, somministrare<br />

avesse loro potuto e suggerire: imponendo bensì a Ciascuno il portar<br />

seco soltanto una Verga o Bastone, su cui le stanche e debilitate<br />

membra appoggiare e riposare potesse: Praecepit eis ne quid tollerent in via,<br />

nisi Virgam tantum (Marc. 6, 8) 97 . Sul cui misteriosissimo passo, riflettendo<br />

il gran Riccardo di San Lorenzo (b), esser la Vergine simboleggiata presso<br />

Isaia Profeta sotto nome di Verga prodigiosa (c), ci lasciò scritto un bel<br />

Commento, dicendo essere appunto Maria SS.ma la Verga ed il sostegno<br />

della Predicazione Apostolica, che sola vien concessa a portarsi da tutti<br />

quei che il Ministero Apostolico esercitano, affin su di essa appoggiati<br />

ricuperino le forze smarrite e così rinvigoriti operino maraviglie e prodigi:<br />

Maria est Virga praedicationis ac doctrina, uditelo di grazia, quae sola<br />

datur Praedicatoribus ac Doctoribus ad portandum in Via 98 . Perciocché, segue<br />

a dire egli chi aver potesse per compagna nel suo Apostolato questa<br />

mistica prodigiosissima Verga non gli mancherebbe certo né Dottrina,<br />

né Grazia, né cosa veruna necessaria per l’ottima riuscita del suo<br />

Apostolico impiego: Qui enim habere posset hanc Virgam comitem, non deesset<br />

ei Gratia, non Doctrina, non aliquid necessarium 99 .<br />

2. Or tanto adempirono puntualmente gli Apostoli, perché spogliati di<br />

quanto avevano, o potevano avere, con quel solo sostegno alla Mano, e<br />

97 Comandò loro di non prendere alcunché per strada se non solo un bastone.<br />

(b) Libr. 12, De Laod. Virgin.<br />

(c) Isai. 11, 1.<br />

98 Maria è il bastone e la dottrina della predicazione, che sola viene data ai predicatori e ai<br />

dottori per portarli sulla strada.<br />

99 Infatti chi potesse avere per compagno questo bastone non gli mancherebbe la grazia, né<br />

la dottrina né alcunché di necessario.<br />

198<br />

molto più nel cuore, voglio dir con la Protezione della Gran Madre del<br />

loro Divino Maestro, operaron tante maraviglie, che atterrando da ogni<br />

parte e Idoli e Idolatria e movendo guerra al Gentilesimo tutto, ne<br />

riportaron la gloriosa vittoria col disseminar per ogni parte il Santo<br />

Vangelo e piantar la vera Fede nell’Universo.<br />

3. In simil guisa il nostro inclito Padre e gran Protettore si portò. Emidio,<br />

che sulla sua età incominciata del ventesimo terzo anno, abominando<br />

quanto mai nelle Scuole di Pitagora, di Platone e di altri ciechi Filosofi<br />

appreso aveva di più sofistico e raffinato Gentilesimo e non curando né<br />

Parentadi cospicui, né ricchezze copiose, né sublimi cariche, che procacciate<br />

gli avevan i suoi nobili Genitori, abbracciato aveva di buon cuore<br />

per mezzo del Santo Battesimo la vera Fede; sentendosi tosto chiamato<br />

con Angelica voce all’Apostolico ministero della conversione e santificazione<br />

delle Anime, abbandonò la cospicua Città di Treveri sua Patria<br />

e senza verun soccorso, né provvedimento, che di tre suoi fedeli<br />

Compagni, Euplo, Germano e Valentino, alla nostra bella Italia, che era il<br />

Teatro destinatogli a far la comparsa di Apostolo, diritto se ne venne.<br />

4. Ma buon per lui, che eseguendo a puntino il precetto Vangelico, diede<br />

tosto di piglio nel suo viaggio a quella mistica Verga, che gli servì di<br />

maraviglioso sostegno; poiché gettando subito tutte le sue premure nell’ossequiar<br />

la Regina del Cielo e nella Protezione di Lei riponendo le sue<br />

speranze, questa lo assistette con tanto impegno, che del suo Apostolato<br />

la singolar gloria divenne. Non gli mancò mai grazia e facondia nel predicare,<br />

confutare e convincere anche i più ostinati; non gli mancò mai<br />

assistenza Divina in far dei più stupendi miracoli: non mai cosa insomma<br />

gli mancò, che risultar potesse a costituirlo un Apostolo Santo,<br />

dotto, potente, prodigiosissimo. Tutto gli ottenne Maria SS.ma, tutto<br />

ella prontamente gli somministrò. Habuit enim hanc Virgam comitem 100 ,<br />

qui ripeterebbe Riccardo di S. Lorenzo, ideo non defuit ei Gratia, non<br />

Doctrina, non aliquid necessarium.<br />

100 Infatti egli ebbe per compagno questo bastone per cui non gli mancò grazia, né dottrina,<br />

né alcunché di necessario.<br />

199


5. Io però non vo(glio) già qui ridirvi quel che operasse Emidio sostenuto su<br />

di questa mistica Verga, anche prima di uscir di Treveri sua Patria, allorché<br />

a forza rapito nel profano Tempio di Giove, con uno strepitoso<br />

Tremuoto mandò tosto in rovina e Idolo e Tempio. Tralascio quel che fece<br />

poi in Milano, ove ordinato Sacerdote da San Materno, si trattenne per tre<br />

anni, convertendo alla Fede innumerabile Gente e sempre operando prodigi.<br />

Passo sotto silenzio le sue gran maraviglie oprate in Roma, ove dal<br />

Pontefice San Marcello fu consacrato Vescovo; mentre lo stesso sacrilego<br />

Tempio, Altare, ed Idolo di Esculapio, ridotto da lui in cenere; la conversione<br />

de’ Sacerdoti Idolatri e di altre 1660 Persone, oltre le innumerabili<br />

donne coi loro fanciulli, che da lui ricevettero il Santo Battesimo; e la<br />

miracolosa liberazione di tanti ossessi e di altri mille disperati Infermi;<br />

son cose tutte che da se medesime vi enunziano qual fosse di Emidio la<br />

santità ed il potere sotto la protezion di Maria. Neppur far vi voglio parola<br />

di quel che facesse nell’antica, ed ora diroccata Città di Pitino, ove avendo<br />

mandati per forieri del suo arrivo i Tremuoti, giunto poi la liberò da’<br />

demoni e dopo la guarigion prodigiosa di 150 Infetti di Lebbra e di altri<br />

malori, in pochi giorni la ridusse tutta alla Fede. Tralascio ancor per finirla<br />

tutto l’altro stupendo da lui oprato in Fermo, in Atri, in Teramo ed in<br />

altri moltissimi Luoghi, ove ei passò: e solo di quel che in questa nostra<br />

Città fortunata, ove egli era destinato, operasse sotto gli auspici<br />

dell’Imperadrice del Cielo, favellar succintamente vi voglio.<br />

6. Al primo suo Ingresso, non vi fu in questa Città allor cieca, feroce ed idolatra,<br />

non vi fu, dico, Idolo che con tremendi muggiti non urlasse, non vi<br />

fu casa che scossa non venisse da orribil Tremuoto. Pone egli il Piè sacrosanto<br />

entro delle nostre mura ed osservandovi sparsi per la Città da più di<br />

quaranta pubblici Tempi profani, al suo imperioso comando in virtù di<br />

Gesù, e di Maria ecco tosto ventidue ne vanno in precipizio e rovina.<br />

Corrono tutti tremanti quegli antichi Ascolani a ritrovarlo ed egli accogliendoli<br />

grazioso fa loro la prima fervorosa Predica; e con questa ne riduce<br />

tosto tanti alla Fede, che bastarono a diroccar subito dodici altri Tempi<br />

profani, unitamente col principale, che era quello alla favolosa Ancària,<br />

Protettrice allor primaria della cieca città, consegrato. Ben si accorgeva<br />

Emidio, che tutti questi prodigi per mezzo di quella sì benefica e potente<br />

Mano venivano, che sempre l’avea sostenuto; voglio dir di Maria SS.ma:<br />

200<br />

onde e in attestato di gratitudine e per maggiormente ampliarne le glorie<br />

e per sempre più impegnarla a proteggerlo con tutta la Cristianità sua<br />

novella, eresse tosto in onore di Lei, come pure fece in Pitino, una sontuosa<br />

Basilica e fu il secondo sacro Tempio da lui dedicato alla Vergine: Tres<br />

Basilicas Sanctus Vir dedicavit, così di lui S. Valentino, primam in honorem<br />

Sancti Salvatoris, secundam Sanctae Mariae 101 : così avendoci posti, sin dal<br />

suo arrivo, sotto l’alma protezione e tutela di sì eccelsa Signora; ciò sempre<br />

più poi in gloria ridondò del suo sì maraviglioso Apostolato.<br />

Posciachè col favor di Maria, ubbidienti poi si vide a suoi cenni gli elementi<br />

tutti e l’Acqua in specie con lo scaturir da duri macigni: arresa<br />

tosto a suoi Piedi si mirò cercando il Battesimo la grande Polisia, figlia<br />

del Prefetto Polimio; e con Lei altre mille e settanta Persone: e così, sempre<br />

più mostrandosi il Cielo a favor suo impegnato, in poco tempo di<br />

veder la Città quasi tutta, convertita alla Fede e divenuta Suddita della<br />

Regina del Cielo ebbe il contento. Che se il Tiranno Polimio restar volle<br />

ostinato e di far recidere il capo ad Emidio tanto animo ebbe, ciò non fu<br />

che per far spiccare più glorioso l’Apostolato del nostro Santo; perciocchè<br />

raccogliendo con le sue Mani il suo capo reciso, per trecento passi lo<br />

portò: restando presso tutti indeciso se morto Emidio allor fosse, oppure<br />

vivo. Lo risappiam bensì noi, che Emidio non era allor morto, perché tutto<br />

in Maria egli viveva e Maria SS.ma in lui; la quale non volle mai da lui<br />

scompagnarsi, per render sempre più glorioso l’Apostolato di un sì fedele<br />

e zelante suo Servo.<br />

7. Resterebbe a vedere, Uditori, come l’averci il nostro Santo posti, tosto<br />

dopo il suo arrivo, sotto la protezione e Tutela di Maria SS.ma, fu ancor<br />

la sorgente di tutte le nostre fortune. Ma siccome ciò non è cosa da trattarsi<br />

a diffuso entro le angustie di sì poco tempo, che mi vien conceduto,<br />

mi restringo ad accennarvene i soli motivi; e sono:<br />

I. per la costanza della vera Fede, in cui per lo spazio di 1443 anni è<br />

stata sempre ferma ed immobile la Città nostra; come quella che dal<br />

suo Apostolo fu posta sotto la Madre e Maestra della fede Maria.<br />

101 Il santo uomo dedicò tre basiliche, la prima in onore di san Salvatore, la seconda di Santa<br />

Maria.<br />

201


II. per l’amorosa premura, con la quale sempre ci ha protetti e ci protegge,<br />

per intercessione del nostro Santo sì potente Signora: essendo<br />

appunto da ciò derivato, che non solamente la nostra principale<br />

Chiesa sotto il glorioso titolo e la potente tutela fosse di Santa Maria<br />

Maggiore insieme e di Sant’Emidio; ma insino così denominato e riconosciuto<br />

venisse tutto il Vescovado nostro Ascolano; come appare dal<br />

Pontificio Diploma di Leone IX spedito a Bernardo II, Vescovo di<br />

questa Città, ove si dice Ecclesia et Episcopatus Sanctae Dei Genitricis<br />

Virginis Mariae, et Beatissimi Martyris Emygdii 102 . Lascio al vostro<br />

sagace e retto discernimento il rifletter ora se dagli addotti due<br />

motivi risultar possa la sorgente di tutte le nostre fortune, come io diceva;<br />

e questa riconoscer si debba, o no dall’averci posti il nostro gran<br />

Padre e Protettor Sant’Emidio, tosto dopo il suo arrivo, sotto la Protezione e<br />

Tutela di Maria SS.ma.<br />

102 Ove si dice, la Chiesa e l’Episcopato della Santa Vergine Maria Madre di Dio e del beatissimo<br />

martire Emidio.<br />

202<br />

SERMONCINO VENTESIMO SESTO<br />

Recitato Sabato 12 Agosto 1752,<br />

in occasione che si incominciava il Sacro Triduo in apparecchio alla Festa<br />

della gloriosa Assunta di Nostra Signora, ed insieme dell’altra sua Festa<br />

sotto il titolo di Rifugio dei Peccatori, che cade ai 15 di Agosto<br />

Don <strong>Marcucci</strong> sviluppa il Sermoncino in sei punti e si propone di aiutare i fedeli<br />

a prepararsi devotamente alla festa dell’Assunzione di Maria al cielo. Essa si può<br />

paragonare a quella dell’elezione di un sovrano. In quel giorno si dispensano grazie<br />

ai sudditi, si concede il perdono e la libertà. Molto di più accade nell’anniversario<br />

dell’Assunzione al trono dei cieli di Maria SS.ma. Possiamo dunque sperare che quel<br />

giorno otterremo il perdono di tutte le nostre colpe, il proscioglimento da tutti i vizi e<br />

il ristabilimento alla preziosa libertà della grazia.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> stabilisce che nel giorno dell’Assunzione, nella Chiesa del suo<br />

monastero si celebri anche la festa della Vergine sotto il titolo di Rifugio dei Peccatori,<br />

tenendo esposta alla pubblica venerazione la miracolosa immagine da lui usata<br />

durante le sacre missioni (vedi pag. 34).<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 134-141.<br />

Argomento<br />

L’apparecchiarsi a celebrar con divozione la Festa della gloriosa Assunta<br />

di Nostra Signora la impegna ad esercitar verso di noi<br />

l’uffizio che ella ha di Rifugio dei Peccatori<br />

Ave Maria<br />

Le due vicine gloriosissime Feste di Nostra Immacolata Signora, le quali da<br />

qui a tre giorni, cioè a’ 15 del corrente, sarem noi col favor Divino a celebrare<br />

qui in questo Sacro Tempio di Maria, cioè una universale e solenne a tutta<br />

la Cattolica Chiesa, che sarà quella della sua gloriosa Assunta, l’altra particolare<br />

a questo Tempio, che sarà quella della sua Miracolosa Immagine, che con<br />

me ho portata e porto nelle Sacre Missioni, sotto il glorioso titolo di Rifugio<br />

dei Peccatori (la quale Immagine miracolosa in ciascun anno qui si esporrà alla<br />

pubblica adorazione nel Giorno dell’Assunta); queste due vicine Feste, ripeto,<br />

hanno richiamato dal profondo del mio Spirito un vivo desiderio di invitarvi<br />

questa sera, miei Riveriti Uditori, ad incominciar sin da oggi a prepararvi<br />

per divotamente celebrarle; e mi ha fatto risolvere a discorrervi appun-<br />

203


to su di un tale Apparecchio. Ben so per altro, che ad Anime amanti di<br />

Nostra Signora, come voi siete, e già forse da più giorni impiegate in qualche<br />

fervorosa particolar Novena in preparamento alla principal Festa, non<br />

accadrebbe che io parlassi di Apparecchio divoto: pure affin questo sia fatto<br />

con più di fervore e con maggior confidenza, dispensarmi non posso dal farvene<br />

motto. Senza dunque spender più tempo in preamboli, vengo<br />

all’Assunto. Uditelo, se vi sia a grado: l’apparecchiarsi a celebrar con divozione<br />

la Festa della gloriosa Assunta di Nostra Signora la impegna ad esercitar verso di<br />

noi l’uffizio che ella ha di Rifugio dei Peccatori. Favoritemi di attenzione.<br />

Do principio.<br />

1. Fu sempre lodevole piissimo uso de’ divoti di Maria SS.ma il prepararsi<br />

per vari antecedenti giorni con molti esercizi di pietà a celebrar<br />

divotamente le sue Feste. E se la Vergine per sua somma benignità<br />

si sia sempre degnata di gradir questi divoti Apparecchi, bisogna<br />

però confessare che in favore di chi si preparò a celebrar la sua<br />

Assunta, aprisse con particolarità grande gli erari della sua<br />

Misericordia. Io non saprei, Uditori, darvene ora altra ragione, che<br />

quella dell’esser questa solennità molto cara alla Vergine, ed in conseguenza<br />

molto grati riuscirle gli ossequi che in preparamento di tal<br />

Festa si fanno.<br />

2. Di fatto, nella sua gloriosissima Assunta in Cielo restò Nostra Signora<br />

glorificata più che in altro qualunque tempo; attesochè allora fu, che<br />

salita sopra tutti i Cori degli Angeli, e collocata alla Destra del suo<br />

Divin Figlio, da tutta la Triade sacrosanta venne ad essere incoronata<br />

Regina de’ Cieli e della Terra e dichiarata Arbitra e Tesoriera dei Divini<br />

Tesori, Conforto e Fortezza dei Giusti, Speranza e Rifugio dei miseri<br />

Peccatori. Onde chi a festeggiar nel Mondo si prepara così grande<br />

Solennità, viene a ricordare alla Vergine ed a congratularsi con lei con<br />

più tenerezza ed affetto, di tutte quelle Allegrezze e Grandiosità<br />

immense, che ella nella sua gloriosa Assunta ricevette e nella sua ineffabile<br />

Incoronazione. Quindi che maraviglia che un tal divoto<br />

Apparecchio più di qualunque altro la impegni ad esercitar verso di noi<br />

la sua misericordia ed in particolare l’uffizio datole da Dio di essere essa<br />

Rifugio di noi miseri Peccatori?<br />

204<br />

3. SS.ma Fede! E non è forse vero, che avvien ancora tra di noi quaggiù nel<br />

Mondo, che nell’Assunzione dei Grandi al Trono e nella loro pubblica<br />

Incoronazione si dispensano le grazie ai sudditi; e particolarmente ai<br />

Rei, sciogliendoli da ceppi e catene, concedendo loro il perdono e la<br />

libertà loro accordando? Or quanto maggiormente giova a noi credere,<br />

che molto più ciò succede nell’Anniversario dell’Assunzione al Trono<br />

dei Cieli e della Incoronazione della Nostra Gran Signora Maria SS.ma?<br />

Eh sì, sì, che milita a favor nostro ogni ragione di benignità e di clemenza,<br />

per sperare con tutto il fondamento che quel Giorno glorioso<br />

sarà piucchè mai per noi il Giorno del pieno perdono di tutte le nostre<br />

colpe, del nostro proscioglimento da tutti i vizi e del nostro ristabilimento<br />

alla preziosa libertà della Grazia. Che perciò, o quanto bene dunque<br />

in quel giorno si fa ricorrere in questa Chiesa anche la Festa della<br />

Vergine sotto il titolo di Rifugio dei Peccatori, col tenere esposta all’adorazione<br />

pubblica la sua Miracolosa Immagine delle nostre sacre<br />

Missioni.<br />

4. Apparecchiamoci pertanto, cari miei Uditori, a celebrar con particolare<br />

divozione l’Assunta di Maria; e lasciamo poi a Lei tutto l’impegno, in cui<br />

si trova, dimostrarsi nostro benigno Rifugio. Uditene al proposito un<br />

fatto e vi servirà di comprova di quanto sinora inteso avete. Riferisce<br />

Santa Brigida (a) nelle sue autentiche Rivelazioni, che vi fu un Giovine<br />

di vita molto libera e scellerata. Questi però tra tante sue malvagie cecità<br />

pur conservava un barlume per far qualche opera buona, che gli servisse<br />

almeno a disporlo alla vera conversione. Il bene che egli faceva era<br />

il festeggiare con qualche specie di divoto Apparecchio tutte le Solennità<br />

di Maria SS.ma ed in particolar la gloriosa Assunta di Lei in preparazion<br />

della quale cantava le sue Lodi, recitava l’Uffizio, ne digiunava ancor la<br />

Vigilia. Ma che pro? Era per lui una divozione, può dirsi, materiale.<br />

Tanto con tutto questo si tornava al vomito primiero; come suol dirsi.<br />

La Vergine, che pur avrebbe voluto premiarlo in ricompensa degli ossequi<br />

da lui fatti nelle sue feste ed in particolar dell’Assunta, trovando che<br />

il giovine scostumato sempre vi frapponeva degli ostacoli con la sua libe-<br />

(a) Lib. Revel. cap. 39, 40.<br />

205


a vita; volle provarci a ravvederlo con l’Infermità e con la morte. Udite<br />

e stupite. Si inferma pertanto gravemente il Giovine; ed in un subito<br />

sente dirsi al cuore che tosto si confessasse bene per tempo, perché il suo<br />

male era mortale. Si spaventa egli, ed invece di tosto accomodar con Dio<br />

le partite della sua Coscienza, va prolungando la confessione da giorno<br />

in giorno; resiste agli impulsi della Vergine; agli inviti dei buoni Amici;<br />

sinchè perduta con la parola le forze, si pone il Misero in Agonia. Or che<br />

più far poteva Maria SS.ma per rimunerar quest’Ingrato dagli<br />

Apparecchi da lui fatti alla Festa dell’Assunta? Ma giacché rimunerazione<br />

non curò e non volle, vada pure senza rimunerazione in eterno disperso.<br />

Ma no; che la Vergine avea l’impegno di mostrarsi per lui Rifugio dei<br />

Peccatori. Quindi, che fece Ella? Or notate. Gli impetrò dal suo Divin<br />

Figlio in quegli estremi un atto interno di vera Contrizione prima che spirasse.<br />

Morto che fu appena, eccoti pronto il Demonio con un gran libraccio<br />

alla mano, intitolato Inobedientia, che conteneva sette altri libri di<br />

peccati mortali. Lo accusa tosto al Divin Giudice. Vi accorre pronta<br />

Maria SS.ma; ordina che si apran li Libri e tutti cancellati si trovano dal<br />

vero Atto di contrizione da Lei impetrato al suo divoto. Parte confuso il<br />

Nemico Infernale e tutto spumante di rabbia se ne piomba agli Abissi.<br />

Viene portato il divoto in Purgatorio. Ma Nostra Signora volendo pienamente<br />

esser suo potente Rifugio, gli ottiene anche dal Divin Figlio de plenitudine<br />

potestatis la condonazione di tutta la pena; e lo porta seco ad esser<br />

di gloria coronato nel Cielo.<br />

5. Che ne dite, Uditori, di fatto così mirabile? lo non voglio già qui inferire,<br />

che dunque possiamo pur viver come ci piace: no, perché oltre che<br />

sarebbe troppo mostruosa ingratitudine, sarebbe ancor troppo temeraria<br />

presunzione il pretender di salvarsi a forza di strepitosi Miracoli.<br />

Voglio dir solo, che qualora noi procuriam dal nostro canto vivere cristianamente,<br />

possiamo col mezzo di questo Apparecchio divoto che<br />

farem alla solennità dell’Assunta di Maria SS.ma, possiam, dico, sperar<br />

con tutto il fondamento, che essa ci rifuggerà sotto la sua potente Tutela<br />

e ci farà sperimentar la sua amorosa Misericordia: giacché l’ho detto e<br />

lo replico, che l’apparecchiarsi a celebrar con divozione la Festa della gloriosa<br />

Assunta di Nostra Signora, la impegna ad esercitar verso di noi l’uffizio che<br />

ella ha di Rifugio dei Peccatori.<br />

206<br />

6. Veniam, se è così, alla chiusa. Che farem dunque per questo divoto<br />

Apparecchio? Io non voglio già proporvi o i lunghi rigorosi Digiuni che<br />

facevan precedere a questa gran Festa San Pietro Celestino V, San <strong>Francesco</strong><br />

di Assisi, Santa Elisabetta Regina di Portogallo e Santa Francesca Romana;<br />

oppure quelle grosse Limosine che ai Poveri dispensavano in onor di<br />

Maria SS.ma, Leone IV Sommo Pontefice ed il Cardinal Errigo di Evora:<br />

no, non voglio così spaventarvi, lasciando ciò alle forze e qualità di ciascuno<br />

di voi. Voglio soltanto, che qui in questa Chiesa facciate un<br />

Triduo divoto, incominciando sin da questa sera a praticarlo. Questo<br />

consisterà:<br />

I. in recitar divotamente tre Pater e Gloria Patri in rendimento di Grazie<br />

alla SS.ma Trinità per li favori concessi alla Vergine nella sua Assunta<br />

gloriosa.<br />

II. in recitar poi tre Ave Marie alla Vergine stessa in congratulazione<br />

della sua Assunta, pregandola di esser nostro Rifugio.<br />

III. in recitar divotamente le sue Litanie, ripetendo tre volte quel caro<br />

elogio Refugium Peccatorum, ora pro nobis. Ecco quanto da voi richieggo<br />

in divoto Apparecchio all’Assunta: lasciando tutto l’altro alla<br />

vostra pietà, che so esser molto liberale verso Nostra Signora.<br />

207


SERMONCINO VENTESIMO SETTIMO<br />

Recitato Martedì 15 Agosto 1752,<br />

ricorrendo la Festa della gloriosa Assunta di Nostra Signora<br />

L’Autore teme di approfittare della disponibilità dei suoi fedeli che, oltre il sabato,<br />

devono ascoltare le sue lodi a Maria anche in una festa infrasettimanale. Il ricordo<br />

dell’esempio del Beato Errigo lo motiva a farlo. Egli, infatti, una volta fu rimproverato<br />

dalla Vergine perché si era rifiutato di parlare di Lei nel giorno di una sua<br />

festa, rassicurato dal fatto che l’avrebbero fatto predicatori più bravi di lui.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> non può fare questa omissione confessa ai suoi ascoltatori, perché è<br />

troppo tenuto alla sua Immacolata Signora, “sapere vi basti -ricorda- che della vita<br />

del corpo e dell’anima le vivo obbligato, né altro modo ho di compensarla se non con<br />

l’impiegar la mia rozza lingua in acquistarle adoratori col pubblicar le sue lodi”.<br />

Tratterà in dieci punti l’argomento.<br />

Con la similitudine del cedro dimostrerà in che modo Maria SS.ma nella sua gloriosa<br />

Assunta è stata di stupore al mondo, di allegrezza e meraviglia al cielo e di giovamento<br />

a tutti, specialmente ai miseri peccatori.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 166-173.<br />

Argomento<br />

Sotto la similitudine del Cedro si dimostra esser stata Maria SS.ma<br />

nella sua gloriosa Assunta e di stupore al Mondo e di Allegrezza e<br />

Maraviglia al Cielo e di giovamento a tutti,<br />

specialmente ai Peccatori<br />

Ave Maria<br />

Salgo stasera tutto confuso su questo alto Luogo, miei Riveriti Uditori, a favellarvi<br />

della Solennità ricorrente della gloriosissima Assunta di Nostra<br />

Immacolata Signora; e vi confesso, che io starei per darvi non una, ma cento e<br />

mille ragioni, se mi chiamaste tedioso e se non basta, ardito. Come? Dir voi mi<br />

potreste: non è forse valevole il solo Sabato, per appagar le tue brame, che vuoi<br />

ancora in altri Dì porre a cimento la nostra gran sofferenza? E poi, in questo<br />

festosissimo Giorno, in cui altri sacri Oratori assai più di te degni sciolgon le<br />

loro Lingue erudite in formar serti di glorie alla Regina del Cielo? Onde ripeter<br />

mi potreste con l’eccellente nostro Poeta Teologo, voglio dire con Dante (a).<br />

208<br />

Or tu chi sei che vuoi sedere a scranna?<br />

Ma pure, tuttoché con non poco rossore io qui mi presenti a voi innanzi, mi<br />

fo animo addurvene una scusa, che vi prego ora ad udirla, ristretta su di un<br />

celebre fatto, riferito dal Bollando nella vita mirabile del Beato Errigo Susone<br />

Domenicano. Professava Errigo molte obbligazioni alla Vergine; ed in attestato<br />

di gratitudine procurava bene spesso con i discorsi infervorarne alla<br />

Divozione la Gente, particolarmente nelle feste alla Gran Vergine dedicate.<br />

Accadde un anno, che in questa festa dell’Assunta, osservando egli predicarsi<br />

da tanti Oratori le Glorie di Maria, stimandosi indegno di noverarsi tra loro,<br />

tralasciò di farlo. Nel giorno appresso, elevato trovandosi in altissima estasi,<br />

vide aperto il Cielo; e bramoso di veder lassù l’immensa Gloria della sua<br />

amata Signora, cercò tosto di entrarvi: ma arrestato sulle prime da un Angelo,<br />

Piano, questi gli disse, che la nostra Regina è teco sdegnata, perché ieri lasciasti di<br />

predicar le sue Lodi: e sebbene le predicarono altri, pure le era molto grato che anche tu<br />

mostrassi il tuo zelo con predicarle. Prometti dunque l’emenda in avvenire; e farai pace<br />

con la tua celeste Signora. Tanto promise subito Errigo con molte lacrime: e restituito<br />

poi ai sensi, non lasciò mai più di predicar le glorie di Maria nelle sue<br />

Feste. Or che vi sembra, Uditori umanissimi? Non è questa una valida scusa<br />

che ancor me giustificar può presso voi? Sono io assai più del B. Errigo tenuto<br />

alla mia Immacolata Signora: saper vi basti, che della vita del corpo e dell’anima<br />

le vivo obbligato: né altro modo ho di compensarla alquanto, se non<br />

con l’impiegar la mia rozza lingua in acquistarle Adoratori col pubblicar le<br />

sue Lodi. Dubitar non posso della sua somma Benignità in gradir che così io<br />

la serva. Or vorreste voi, che io non lo facessi e che dopo averla io disgustata<br />

innumerabili volte con tante mie empietà, le aggiungessi anche con questa<br />

mancanza altri disgusti? Mi guardi il Cielo dal solo idearlo. Sicché e voi<br />

abbiate anche oggi la sofferenza in udirmi (come ve ne prego sin da ora ad<br />

averla in ogni altra sua festa, ancorché fuori di sabato); e lasciate pure che<br />

ancor altri sacri Oratori nel tempo stesso esaltino Nostra Signora, che io dietro<br />

le loro orme mi terrò per imitarli: e particolarmente in questa sera, in cui<br />

per farvi un tantino ammirare, come di passaggio, le sue ineffabili Glorie,<br />

avute nella sua Assunta; affin non vi resti abbagliato e disperso il pensiero al<br />

riverbero di tante Grandiosità, ve le restringerò sotto la sola similitudine del<br />

(a) Parad. 19.<br />

209


Cedro: onde voi fissi su di questa comparazione, vedrete con più agio esser stata<br />

Maria SS.ma nella sua gloriosa Assunta e di stupore al Mondo e di allegrezza e<br />

maraviglia al Cielo e di giovamento a tutti, specialmente ai miseri Peccatori.<br />

Ecco, mi accingo all’impresa. Non altro che attenzione io chiedo.<br />

1. Qualora la nostra Celeste Sovrana, compassionando il nostro bassissimo<br />

e limitato intendimento sovra l’Assunta sua gloriosa ed esaltazione<br />

all’Empireo, indicantene un saggio si compiacque, affin di adattarsi al<br />

nostro corto modo di intendere, dichiarar ce la volle sotto figura del<br />

Cedro, che tra gli Alberi tutti giocondo di vista, maraviglioso di altezza,<br />

grato di odore e di virtù prodigioso spicca colà in gran copia nel<br />

Monte Libano in Palestina: ond’essa al cedro assimigliandosi, ci lasciò di<br />

sè detto per bocca del Savio (b). Quasi Cedrus exaltata sum in Libano 103 ;<br />

secondo che col senso accomodatizio della Chiesa gravi Espositori spiegano<br />

egregiamente tal passo (c). Quindi noi dalle proprietà e virtù del<br />

Cedro del Libano (che è molto diverso da quello che nell’Italia nostra germoglia),<br />

raffigurar potessimo i singolarissimi Privilegi ch’ella ebbe in<br />

occasione della sua Assunta; e principalmente di essere stata di stupore al<br />

Mondo tutto.<br />

2. Osservate di grazia se è così. La prima e maravigliosa proprietà del Cedro<br />

è di conservar sempre nelle sue frondi una fresca e gioconda verdura, qualora<br />

sia vivo, ad onta di quanto mai lo combattan o gli Acquiloni con la<br />

loro rigidezza, o le Nebbie e le Manne con i loro cattivi effetti, o la Terra<br />

con la sua siccità: che se a sorte reciso venga dal suolo, incorrotto sempre<br />

si mantiene, senza che ardir abbia verme o tignola un menomo ricovero<br />

trovar su di esso, Cedrus, uditene il gran Maestro ed Investigator delle cose<br />

naturali, voglio dir Plinio, Cedrus, arbor est perpetuo virens, quae a tinea<br />

immunis est, et corruptionem non sentit (d) 104 .<br />

(b) Eccles. 24, 17.<br />

103 Sono stata esaltata per così dire come cedro del libano.<br />

(c) De Vorag. Ser 6. De Assumpt.; Lhoner in Bibl. Annual. V. Hyperd. n. 37.<br />

104 Il cedro è un albero perennemente verdeggiante che è immune dalla tignola e non è soggetto<br />

a corruzione.<br />

(d) ex Plinio, lib. II, c. 40.<br />

210<br />

3. Or tutte queste stupende proprietà ammirò attonito il Mondo sulla fine<br />

della vita mortale di Nostra Signora. Essa, che in tutti quegli adorabili<br />

sessantadue anni che visse, come vuol San Giovan Damasceno, tra<br />

tanti martirii di pene atrocissime e di acuti dolori, quasi Cedrus perpetuo<br />

virens, sì intrepida, forte e costante si mantenne, e sempre uguale a se<br />

stessa; giunta poi all’ultimo del Viver suo, quasi Cedrus a tinea immunis,<br />

non fu no soggetta ai fieri assalti e voraci morsi di morte: non avendo<br />

questa avuto tanto cuor di assalirla, né di dar mano alla sua falce fatale<br />

per reciderle la preziosissima Vita. Non già con ciò dir voglio, Uditori,<br />

che la Vergine realmente non morisse (attesochè la sua Morte e dall’antica<br />

Tradizione e dalla Chiesa medesima (e) ci viene posta fuor di ogni<br />

dubbio). Ma intender voglio soltanto, che la sua Morte non può col terribile<br />

nome di Morte appellarsi, ma bensì, come fu, di un dolcissimo<br />

Sonno amoroso, di un soave e potente Rapimento di Amore, che con<br />

estrema dolcezza per la gloriosa e gioconda Presenza del suo Divin<br />

Figlio, che maestosamente corteggiato da tutte le Angeliche schiere era<br />

dal Ciel disceso in persona ad invitarla al possesso del suo Regno beato,<br />

separò quell’Anima SS.ma dal suo purissimo Corpo sapendo noi benissimo<br />

dalle Divine Scritture non esser meno valevole ed atta la Morte a<br />

troncar con i suoi furori il corso alla Vita, di quel che sia coi suoi dolci<br />

rapimenti l’Amore, Fortis est ut Mors dilectio (f) 105 . Onde i Padri Greci<br />

saggiamente tutti d’accordo non chiamaron con altra espressione il<br />

Passaggio di Nostra Signora, che con quella soltanto graziosa di dolce<br />

Dormizione o Sonno; e di Sonno di più che fregiata aveva di miracoli, e<br />

di maraviglie la medesima Morte; se vi piace il pensiero del Damasceno<br />

(g): avvalorato ancor da quel che la Vergine stessa a Santa Brigida disse,<br />

Ego quasi obdormivi in separatione Animae et Corporis; et evigilavi in gaudio<br />

perpetuo (h) 106 .<br />

(e) Ecclesia in Orat. Secret. Missae.<br />

(f) Cant. 8, 6.<br />

105 L’amore è forte come la morte.<br />

(g) S. Damasc. orat. 2, De Assumpt. Virg.<br />

(h) S. Brigit., lib. 4, Revel. cap. 13.<br />

106 Io, nella separazione dell’anima e del corpo, per così dire mi addormentai e mi destai in<br />

un gaudio perenne.<br />

211


4. Ma non finirono qui gli stupori del Mondo in ammirar in Maria una<br />

Morte all’intutto diversa da quella del restante del Genere Umano; ma<br />

crebbero a dismisura le sue maraviglie, qualor si avvide che tosto essa<br />

divenne come il Cedro incorrotta, Quasi Cedrus a tinea immunis, et corruptionem<br />

non sentiens. Io saziarmi non voglio, Uditori, ve lo confesso, di<br />

encomiare il gentilissimo garbo, con cui San Giovan Damasceno, tutto<br />

estatico anch’egli, esprime la maraviglia degli Apostoli e di Gerosolima<br />

tutta nell’avvedersi della Incorruttibilità, con la quale il Sacro Corpo<br />

della Gran Vergine, a guisa di Cedro, fu rivestito. Uditene il suo racconto<br />

(i); che egli attesta fondato su di vera antichissima Tradizione.<br />

Nell’avvicinarsi il soave Passaggio di Nostra Signora, gli Apostoli, la<br />

cui maggior parte assente trovatasi, e ripartita in vari Regni e<br />

Provincie, furon di un subito da Mano Celeste portati in Gerosolima a<br />

far corona alla loro gran Regina e Maestra. Eccoti una maraviglia. Ma<br />

tosto a questa una maggiore ne segue. Giunti, o per meglio dire, portati,<br />

ecco al cospetto di tutti scendere a mille schiere e mille gli Spiriti<br />

Celesti con il loro monarca e Riparadore Gesù Signor nostro, sciogliendo<br />

intanto le loro Angeliche Lingue in cantici soavissimi di lode in onor<br />

della loro Sovrana. Quindi stupefatti tutti quei SS. mi e sapientissimi<br />

Uomini, se la veggon spirare innanzi agli occhi a forza di estrema Gioia<br />

e contento. Trasferiscono essi quel sacratissimo Corpo in Getsemani in<br />

un decente Sepolcro; ma qui vengon raddoppiati gli stupori<br />

dall’Angelica Melodia, che per tre giorni continui udir si fece. Indi al<br />

terzo dì tornano tutti ad aprir la Sacra Urna; ed eccoli alla massima di<br />

tutte le maraviglie ingolfati. Non più rinvengono quel caro Divin<br />

Pegno ivi depositato: lo cercano, ma invano; lo sospiran, ma indarno.<br />

Onde eius obstupefacti miraculo, come il Damasceno nobilmente conchiude;<br />

si avveggo essere stata la loro Regina, tamquam Cedrum Libani incoruptibilitate<br />

dotatam 107 , e con il Corpo non men che con l’Anima al Ciel<br />

trasferita ed assunta.<br />

(i) S. Damascen., orat. 2, De Dormit. Virg. sub fin.<br />

107 Essi, stupefatti per quel suo miracolo, si avvedono essere stata la loro Regina come cedro<br />

del Libano dotata di incorruttibilità.<br />

212<br />

5. Sebbene, a dire il vero, non tanto sorprender ci deve se la Vergine esaltata<br />

a guisa del Cedro, fosse nella sua Assunta di stupore al Mondo. Non<br />

era alla fine mai ancor assuefatta la Terra veder tra le pure Creature<br />

mistici Cedri incorrotti esser dal Libano di questo Mondo interamente<br />

trasportati ed eternati nel Cielo. Quel che tutto mi sorprende, Uditori,<br />

è che alle maraviglie del Mondo un’eco più sonora facessero le maraviglie<br />

del Cielo. Angeli santi, beatissimi Spiriti e qual novità è mai questa<br />

dei vostri stupori nell’Assunta della vostra Sovrana in andar tra di voi<br />

richiedendo chi essa sia? E quali mai fastosi Apparecchi siano quei che<br />

per il suo pomposo Ingresso all’Empireo si fanno? Quae est ista, quae<br />

ascendit de deserto deliciis affluens (k) 108 ? Sapevate pur voi, che essendo ella<br />

paragonata al Cedro, esser doveva come il Cedro esaltata, quasi Cedrus<br />

exaltata. E se il Cedro, inter ceteras arbores maiestate excellens, altitudine<br />

eminet 109 , non era forse dovere che per Lei si apparecchiasse Incontro il<br />

più maestoso, Trono il più bello ed il Posto più alto lassù sopra di voi<br />

nel Cielo? Ma stolto me! Lo sapevan pur bene gli Angeli tutti, ma pure<br />

idear non si potevano tanto: onde sorpassando le feste e gli Apparecchi<br />

la loro aspettativa, a dar negli eccessi di maraviglia furono costretti.<br />

6. E come no? Al portar che essi facevano Nostra Signora al Cielo, ecco<br />

all’approssimarsi alla Luna, veggon tosto correr questa sotto i beati<br />

Piedi di Lei a servirle tutta umile di sgabello e riposo, Luna sub Pedibus<br />

eius (Apoc. 12) 110 . Si avvicinano indi al Sole e lo miran vestito di insoliti<br />

più purgati e lucenti splendori per circondarla ed abbellirla d’intorno<br />

con gli aureati suoi raggi, Amicta Sole. Si approssimano al<br />

Firmamento ed ecco staccarsi le Stelle più luminose e brillanti per formarle<br />

sul Capo un ricco prezioso Diadema, In Capite eius Corona<br />

Stellarum 111 . Giungon finalmente all’Empireo, e veggon il Re dei Re e<br />

gran Monarca dei Cieli venirle tutto festoso insieme e grazioso all’in-<br />

(k) Cant. 8.<br />

108 Chi è Costei che ascende dal deserto piena di delizie?<br />

109 E se il cedro primeggiando per maestà tra gli altri alberi sovrasta in altitudine…<br />

110 La luna sotto i suoi piedi.<br />

111 Sul suo capo una corona di dodici stelle.<br />

213


contro, Surrexit Rex in occursum eius (3 Reg. 2) 112 . Entrano in quella<br />

Patria beata ed ivi risuonando tutta di Evviva, di Cantici e di Inni, l’osservano<br />

sulle prime innalzata di gran lunga sovra de’ Cori più alti dei<br />

Serafini; indi collocata in altissimo Trono alla destra del Divin Verbo<br />

Umanato, Astitit Regina a dextris 113 ; poi incoronata dalla Triade sacrosanta,<br />

dall’eterno Padre come Regina di Potenza ed Arbitra dei Tesori<br />

Divini; dall’eterno Figlio come Regina di Sapienza e fida Interprete dei<br />

Divini Arcani; dallo Spirito Santo come Regina di Amore e<br />

Dispensatrice delle Divine Grazie; e da tutte e tre le Divine Persone<br />

come Imperadrice e Sovrana del Cielo, della Terra e di tutto il Creato.<br />

7. Ora pensate voi, se far poteva a meno il Cielo tutto spettatore di tanta Gloria<br />

e Grandezza di Maria, non riempirsi di gran maraviglia. Che perciò di nobile<br />

e gentil sentimento fu il Damasceno, qualora disse, che intanto il<br />

Redentore Divino nella sua Ascensione non condusse seco la Madre, appunto<br />

affin la Corte Celeste vedendola tanto simile a Lui nella bellezza e nella<br />

maestà della Gloria, non rimanesse titubante se a chi de’ due far doveva accoglienze<br />

maggiori, se alla Madre, se al Figlio: Ideo Matris in Coelum dilectus<br />

ascensus, ne forte coelesti curiae veniret in dubium cui potius occurreret, così gentilmente<br />

il Santo, Domino videlicet, vel Dominae ascendenti (De Excell. Virg. c. 7) 114 .<br />

8. Da tante maraviglie pertanto nacquero lassù nell’Empireo tutte quelle<br />

indicibil gioie ed allegrezze, di cui l’Assunta ed esaltazione sì gloriosa<br />

della Vergine lo fece ricolmo. Quindi non mancaron dotti Scrittori, che<br />

dissero, ed in specie Sant’Idelfonso, che la Festa dell’Assunta più propriamente<br />

chiamarsi potrebbe festa degli Angeli, che nostra, per esser<br />

stata l’origine di tanta loro Allegrezza.<br />

9. Ma non è però, Uditori, che ancor festa nostra noi non possiamo con tutta<br />

ragione chiamarla. Perciocché se la nostra Sovrana, per attestato suo esal-<br />

112 Sorse il re per incontrarla.<br />

113 Stette la regina alla destra.<br />

114 Perciò fu cara l’ascesa al cielo della Madre, perché non venisse in dubbio alla celeste curia<br />

a chi piuttosto dovesse andare incontro: cioè al Signore o alla Signora ascendente.<br />

214<br />

tata fu a guisa del Cedro, Quasi Cedrus exaltata sum: questo, allo scriver di<br />

Dioscoride (lib. 1, c. 86) essendo un albero assai vasto e grande, latissime<br />

ramos diffundit, spande i suoi odoriferi e benefici rami in grande distanza.<br />

Così essa nell’Assunta sua gloriosa fu a Tutti di giovamento e specialmente a noi<br />

miseri Peccatori. Quindi Santa Chiesa a riempirci anche noi di gaudio, non<br />

meno che gli Angeli, tutta festosa ci invita, Hodie Maria Virgo Coelos ascendit:<br />

gaudete 115 (Antiph. ad Magnif. in 2 vesp.) e ce ne adduce la ragione,<br />

dicendo perché essa ha col suo Divin Figlio il beatissimo Regno: gaudete,<br />

quia cum Christo regnat in aeternum. Che arcano egli è mai questo, Uditori?<br />

Giacché il tempo per fuggirmi ha impennate troppo veloci le ali, ve lo dica<br />

per me l’Angelico San Tommaso e ve lo spieghi per chiusa del mio<br />

Discorso. Allorché Nostra Signora fu Assunta in Cielo, divise il suo Figlio<br />

Divino quel Regno Beato; e la metà per lui ne ritenne come Re di<br />

Giustizia, l’altra metà ne cedette alla Madre come Regina di Misericordia:<br />

così essa, come Arbitra, fosse a tutti di giovamento e ai Giusti per aiutarli<br />

a salir nel Regno della giustizia ed ai Peccatori compunti per porger loro<br />

la Mano e tirarli nel Regno della misericordia. Hodie, dunque, Maria Virgo<br />

Coelos ascendit: gaudete, lasciate che io con la Chiesa a vostra e mia gran consolazione<br />

lo ripeta, gaudete, quia cum Christo regnat in aeternum.<br />

10. Sì, sì, già pieni di giubilo ricrearsi si sentono i nostri Spiriti, o eccelsa<br />

nostra Signora; già i nostri Cuori dal tripudio dilatati pur sono. Dunque<br />

voi, essendo nella vostra Assunta, esaltata come il Cedro del Libano, foste di stupore<br />

a tutto il Mondo, di maraviglia ed allegrezza a tutto il Cielo ed a Tutti di<br />

giovamento, specialmente a noi miseri Peccatori? O siano pur mille benedizioni<br />

al grande Iddio ed a voi mille congratulazioni ed evviva! Speriamo noi<br />

dunque, vostra mercè, avere un giorno la bella sorte di goder con la presenza<br />

tutte le vostre esaltazioni e grandezze, che or così ci ricreano con<br />

la sola memoria. Ma intanto ci sia almen da voi permesso con voi abitar<br />

col cuore lassù nel Cielo. Sì, sì, Trahe nos post Te, o Sancta Mater 116 , conchiuderò<br />

col vostro diletto Giovanni Leonardo: Madre del mio Gesù e del<br />

mio Dio, tirate al Ciel con voi anche il cuor mio. Amen.<br />

115 Oggi la Vergine Maria sale al cielo: rallegratevi perché con Cristo regna in eterno.<br />

116 Traeteci dietro di Te o santa Madre.<br />

215


CAP. III<br />

SERMONCINI FAMILIARI<br />

PER OGNI SABATO<br />

DELL’ANNO 1753<br />

217


218<br />

Pietro Alemanno, Madonna delle Grazie o del Clero che veniva e viene esposta<br />

a turno nelle varie parrocchie della città, tempera su tavola, 1480-1490,<br />

Ascoli Piceno, Cattedrale.<br />

Introduzione al capitolo<br />

I Sermoncini per i sabati dell’anno 1753 sono 11 e furono proposti dal 12 maggio<br />

al 1 dicembre con l’interruzione del mese di ottobre, perché vacanza. I primi otto<br />

sono abbozzati secondo lo stile dell’anno precedente, con un argomento ben definito,<br />

l’introduzione e i vari punti; questi ultimi sono quasi sempre proposti in forma schematica.<br />

Lo stile si mantiene chiaro e familiare e rimane vivissima la finalità<br />

dell’Autore di promuovere e diffondere la devozione mariana.<br />

Dal 16 novembre fino al 14 settembre dell’anno successivo i Sermoncini trattano<br />

la spiegazione delle varie parti della santa Messa ed il rapporto di Maria con i Santi<br />

Misteri.<br />

Per non interrompere la trattazione tematica, gli ultimi tre Sermoncini dell’anno<br />

1753 vengono inseriti con quelli dell’anno successivo. In questo modo il gruppo di<br />

quelli dell’anno 1753 è costituito da otto composizioni. La maggior parte di esse 5/8<br />

fanno parte della miscellanea n. 23; 2/8 fanno parte della miscellanea n. 35; infine<br />

uno sulla natività di Maria fa parte della miscellanea n. 51, che raccoglie le omelie<br />

per il triduo e la festa dell’Immacolata.<br />

219


SERMONCINO FAMILIARE SOPRA LA SS.ma VERGINE<br />

Recitato Sabato 12 Maggio 1753<br />

nella Chiesa Prepositurale di San Giacomo Apostolo,<br />

in occasione della miracolosa Immagine della SS. Vergine,<br />

detta del Clero, ivi, secondo il giro, esposta<br />

Il Sermoncino è sviluppato ampiamente in dieci punti, anche se l’ultimo si interrompe<br />

con l’indicazione di un esempio da portare; nel fascicolo seguono poi pagine<br />

bianche. È stato abbozzato dall’Autore in sei ore 1 e recitato nella chiesa di San<br />

Giacomo, vicina all’Istituto, come l’anno precedente, in occasione della venuta della<br />

miracolosa immagine della SS.ma Vergine che si tratteneva esposta alla devozione dei<br />

fedeli, per una settimana, nelle Chiese parrocchiali o più grandi della città. Questa<br />

bella tradizione continua fino ad oggi.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> propone un argomento che definisce un po’ spiritoso e cioè: “Per onorar<br />

la Vergine e per impetrare da Lei le grazie, si richiede buona memoria, miglior<br />

ingegno ed ottimo giudizio”.<br />

Inizia spiegando il significato dei termini memoria, ingegno e giudizio e le cause<br />

naturali e volontarie da cui dipendono.<br />

La “buona memoria” per il vero devoto di Maria consiste nel conoscere i continui<br />

favori che la celeste Signora gli concede, ricordarsene spesso e mostrarle gratitudine;<br />

il “migliore ingegno” consiste nell’inventare sempre nuovi mezzi, ossequiarla e farla<br />

sempre più ossequiare da altri. “L’ottimo giudizio” consiste nello scegliere con prudente<br />

riflessione e consiglio i mezzi più propri, più cari alla Vergine e più profittevoli per<br />

raggiungere l’intento.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> porta poi le prove al contrario, cercando di immaginare con esempi<br />

concreti gli atteggiamenti di chi, pur essendo stato beneficato dalla Vergine santa,<br />

lo dimentica.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 103-112.<br />

1 Così si legge tra parentesi accanto al titolo.<br />

220<br />

Argomento<br />

Il vero Divoto della Vergine deve procurar di avere buona Memoria,<br />

miglior Ingegno ed ottimo Giudizio, sì per maggiormente promuovere<br />

il culto di Lei, che per ottenere più efficace il suo Patrocinio<br />

Inerendo agli alti, sapientissimi, amorosi disegni della Provvidenza<br />

Divina in ordinare e disporre nella Chiesa Cattolica le funzioni sacre, ed<br />

in particolare i gloriosi Trasporti dei divoti Simulacri processionalmente<br />

da un Tempio in un altro; sono io in questa sera, come nell’anno scorso,<br />

a recitar qui tra voi ed alla vostra presenza, Uditori Riveriti, il mio solito<br />

famigliare Ragionamento del Sabato; tuttoché, come voi ben sapete,<br />

per altro Luogo esser destinato doveva. Or buon per me, che vedendomi<br />

stasera onorato con un assai più numeroso Uditorio, con un numero maggiore<br />

ancor m’imbatto di Animi divoti e sagaci; che per poco io loro proponga<br />

le cose, già mi precorrono con l’intendimento, ed ogni mia aspettazione<br />

prevengono. Perciocché chi vi è mai tra voi, Ascoltanti, che non<br />

sappia aver Iddio nella sua Chiesa disposto sin da’ secoli primi della<br />

Cristianità le traslazioni divote processionalmente fatte o delle sacre<br />

Reliquie, o delle sacre Statue ed Effigie, non con altro disegno, se non<br />

affin il Culto ed onor suo rimanesse quaggiù tra noi maggiormente esaltato;<br />

ed i pii Fedeli per tal mezzo vieppiù di favori e di grazie ricolmati<br />

venissero? I Dottori tutti al certo a gran ragione concordano che i divini<br />

disegni in funzioni tali siano, ob maiorem Dei Cultum promovendum, et ob uberiores<br />

a Deo gratias obtinendas 2 . Cosicché e voi ed io dedurre con tutto fondamento<br />

possiamo, che intanto in questi giorni codesta sacra veneratissima<br />

Effige di Nostra eccelsa Signora Maria SS.ma si trovi processionalmente<br />

trasportata, ed in ricco Altare esposta in questo sacro Tempio,<br />

appunto, ob maiorem Deiparae cultum promovendum, ac ob uberiores a Deipara<br />

gratias obtinendas. La Vergine, insomma, qui ora si trova e per la sua maggior<br />

gloria e per il nostro maggior bene. Questi sono i suoi alti Disegni e<br />

del suo Divin Figlio. Vuole esser Ella vieppiù onorata; e vuol che noi<br />

impetriamo da Lei più segnalati favori. Or per aderire a tali amorosi ed<br />

ineffabili disegni, che mai potrò dirvi io in questa sera, Uditori? Sentite<br />

2 Per promuovere maggior culto di Dio e per ottenere da Dio grazie più copiose.<br />

221


un mio pensiero. So, lo chiamerete sulle prime spiritoso, vivace e bizzarro<br />

piuttosto, che divoto. Ma pure uditelo e riponete alla fine il censurarlo.<br />

Eccolo. Per onorar la Vergine e per impetrar da Lei le Grazie, si richiede<br />

buona Memoria, miglior Ingegno, ottimo Giudizio. L’attenzione non la chiedo,<br />

giacché una curiosità innocente che nel vostro stesso sembiante io ravviso,<br />

già da sé la riscuote. Incomincio pertanto.<br />

1. E qui affin di sfuggire ogni oscurità ed abbaglio, è duopo che sveli sulle<br />

prime con ogni più possibil chiarezza cosa io intenda sotto nome di<br />

Memoria, d’Ingegno e di Giudizio. Per Memoria dunque denotar qui<br />

voglio soltanto quella cognizione e ricordanza che noi abbiamo delle<br />

cose già conosciute altre volte, con la riflessione bensì ed avvertenza che<br />

già altre volte le conoscemmo. Per Ingegno intendo quella perspicacità e<br />

sottigliezza o sia acutezza e vivacità della Mente nostra nell’intender e<br />

capire le cose e nell’inventar dei nuovi pensieri, dei nuovi mezzi, delle<br />

nuove ragioni. Per Giudizio poi intender voglio quel saper sceglier tra<br />

le cose le migliori, le più proprie, le più profittevoli: il che si dice<br />

appunto da noi Italiani Buon Gusto.<br />

2. Or nel sentirmi che per onorar la Vergine e per impetrar da Lei le Grazie,<br />

si richiede buona Memoria, miglior Ingegno ed ottimo Giudizio, veruno<br />

aspetti da me, Uditori, che dettare io voglia un qualche gentile e<br />

curioso Trattato di Animistica, e spiegare le cagioni per cui talora si<br />

abbia Memoria cattiva, Ingegno debole, Giudizio guasto; oppur decifrare<br />

i rimedi ed i mezzi per aver Memoria pronta e tenace, Ingegno vivace<br />

e sottile, e Giudizio sano e prudente. Non è questo il mio Assunto,<br />

la mia meta, lo scopo. Potrei sì non lo nego, per soddisfare ad una<br />

vostra innocente curiosità, come per digressione dimostrarvi, fondato<br />

su di sode ragioni e di osservati esperimenti, come le qualità della<br />

Memoria, dell’Ingegno e del Giudizio, talora da naturali cagioni e talora<br />

da volontarie cause dipendono. Da naturali cagioni, cioè dai nostri<br />

temperamenti, più o meno atti ad abilitare, o impedire gli uffizi<br />

delle nostre spirituali Potenze. Perciocché chi è di temperamento<br />

tardo o sia pigro e pituitoso o sia flemmatico, è naturalmente di buona<br />

Memoria, ma di tenue Giudizio e di debolissimo e grosso Ingegno. Chi poi<br />

è di temperamento sanguigno, ardente e vivace, possiede di sua natu-<br />

222<br />

ra Ingegno grande, Memoria mediocre, Giudizio scarso. Onde non errò chi<br />

disse di quell’Uomo acutissimo di Caramuele, che egli ebbe Ingenium<br />

ut octo, Memoriam ut quatuor,Judicium ut unum 3 . E lo stesso dir si<br />

potrebbe del celebre Giovanni Pico della Mirandola, del nostro Cecco di<br />

Ascoli e di tanti altri, che al formidabile naturale Ingegno, accoppiarono<br />

una sola passabil Memoria e sì poco Giudizio. Chi poi è di temperamento<br />

malinconico ed umido, è naturalmente di Mente confusa e di<br />

fantasia assai viva e gagliarda, facile però a dar nel fanatismo ed a creder<br />

per visioni i suoi sogni e deliri. Un misto poi di qualità di<br />

Memoria, d’Ingegno e Giudizio possiede chi è di un misto temperamento,<br />

tuttoché sempre penda al suo predominante temperamento.<br />

3. Tutto ciò ripiglio, dimostrar vi potrei, come per episodio; ed aggiungervi,<br />

che anche le volontarie cagioni influiscono, e forse forse con più di<br />

efficacia, sulle qualità buone o cattive della Memoria, dell’Ingegno e<br />

Giudizio. Al certo, chi con l’Orazione e con l’esercizio la Memoria coltiva e<br />

l’Ingegno, a sufficienza almeno, eziandio il temperamento gli sia contrario,<br />

sempre ne possiede: laddove la pigrizia, l’ozio e l’ignoranza ingrossano<br />

e l’una e l’altro, e per dir così le inabilitano, ancorché naturalmente<br />

fossero di grado eminente. Così chi con la scelta di buoni Metodi, di ottimi<br />

Condottieri e Maestri, di ben ponderate e spassionate riflessioni regolasse il<br />

suo Giudizio e molto più col chieder lume dal celeste Datore di ogni<br />

Bene; al certo, benché ogni temperamento gli fosse contrario, di un ottimo<br />

Giudizio si troverebbe fornito. Ma quis est hic? 4 Converrebbe certamente,<br />

che siccome l’Uomo è assai pronto a rimediar i mali temperamenti<br />

col beneficio dei naturali ripari, consistenti nella qualità dei cibi,<br />

dell’aria e somiglianti: così prontissimo vièppiù fosse a riparar le volontarie<br />

storture e svogliatezze con i rimedi poc’anzi accennati. Ed allora<br />

ognuno al certo possederebbe, se non in eminenza, a sufficienza almeno,<br />

una buona Memoria, un Ingegno acuto, un sodo e prudente Giudizio.<br />

3 Ebbe un ingegno come fossero otto, la memoria come quattro, il giudizio come uno solo.<br />

4 Chi è costui?<br />

223


4. Ma io, lo ripeto, non voglio su di ciò far parola. Non è questo il mio<br />

Assunto. Chi tra voi è erudito, lo veda da sé presso i filosofi moderni,<br />

che sono in ciò senza fallo i più purgati, i più esperti, i più saggi.<br />

Il solo celebre <strong>Antonio</strong> Genovese, ancora vivente e stupore, per dir così,<br />

del secolo nostro, può nella sua Logico-Critica darne a tutti una lezione<br />

maestrale.<br />

5. Rientriamo sulla meta. Col proporvi io dunque, che per onorar la Vergine<br />

e per impetrar da Lei le Grazie si richiede buona Memoria, miglior Ingegno,<br />

ottimo Giudizio, altro intender non volli, se non che il vero Divoto di<br />

Maria conoscer doveva i continui favori che dalla Celeste Signora gli<br />

venivano concessi e con ricordarsene spesso mostrargliene la<br />

Gratitudine. Ecco la buona Memoria. Inoltre, che per mostrarsele grato,<br />

andar doveva ripensando ed inventando dei nuovi mezzi per più ossequiarla<br />

e per farla più ossequiare da altri. Ecco il miglior Ingegno.<br />

Finalmente, per eseguire il tutto, doveva con prudente riflessione e consiglio<br />

considerare e sceglier i mezzi più propri, più cari alla Vergine, più<br />

profittevoli per sé e per altrui, affin la Vergine rimanesse vieppiù onorata<br />

e servita. Ed ecco l’ottimo Giudizio. Chi vi ha dunque ora tra voi,<br />

Uditori Riveriti, che non accordi con me per molto proprio il mio<br />

Assunto, che cioè per onorar la Vergine, come dissi, e per impetrar da Lei le<br />

Grazie, si richiede buona Memoria, migliore Ingegno, ottimo Giudizio.<br />

6. Deducetelo voi stesso a contrariis 5 e poi alla vostra giustizia mi appello.<br />

Fingete un Cristiano, ricoperto continuamente di favori dalla Regina<br />

del Cielo (come già ricopre ciascuno) e poi ingrato, sconoscente, non<br />

facesse mai rimembranza costui di sì cortese Benefattrice e di più neppur<br />

da Lei tante finezze riconoscesse. Qual mai onore, di grazia, darebbe<br />

alla Vergine un Uomo di sì cattiva Memoria? Quali favori da Lei<br />

aspettar più potrebbe? Anzi qual dispiacere a Lei non darebbe e quali<br />

castighi non si meriterebbe tuttora? Fingete di vantaggio, che tuttoché<br />

alla fine conoscesse il suo obbligo, pure tutto freddo, pigro ed istupidito,<br />

non sapesse risolversi, né tentar qualche esercizio divoto per glorifi-<br />

5 Da argomenti contrari.<br />

224<br />

care e servire la Celeste Signora; onde così neghittoso e di grossolano<br />

rustichissimo Ingegno se la passasse tuttora: ditemi, che più stomachevole<br />

Uomo di questo agli occhi della Gran Madre di Dio, dar si potrebbe?<br />

Finalmente fingete, che alla fine pensati e ripensati vari mezzi per<br />

mostrarsi divoto, scegliesse o i meno efficaci, come sono certe semplici<br />

Recite, fatte Dio sa con quale Anima e con qual cuore; oppure i meno<br />

durevoli, come sono certi impetuosi trasporti di eccessive penitenze o di<br />

lunghissime ed innumerabili orazioncine: favoritemi, di quale scarso,<br />

anzi storto e bistorto Giudizio non sarebbe costui? Di quali Grazie potrebbe<br />

mai ripromettersi, qualor la sua semplicità ed il suo buon cuore non<br />

lo scusasse ed insiem non l’aiutasse? Deducetelo dunque voi stessi,<br />

Uditori, ripiglio, argomentando a contrariis, quanto sia vero che per onorar<br />

la Vergine e per impetrar da Lei le Grazie, si richiede buona Memoria,<br />

miglior Ingegno, ottimo Giudizio. Quanto a me, per non offender punto<br />

l’alto vostro discernimento in apprender sì felicemente il molto dal<br />

poco; non volendone formar più raziocinio, passo a darvene con un bel<br />

fatto il contesto: e del successo abbiatene tutta la fede ad Errigo Gran,<br />

che nel suo Specchio Istoriale, alla nona distinzione, ed all’esempio centesimo<br />

decimo terzo lo riporta.<br />

7. Ispirato da Dio un buon Giovane, domandò l’Abito santo della sacra<br />

Certosa. Non aveva egli a suo favore per essere ammesso certe Lettere,<br />

che si dicono di Raccomandazione, voglio dir Lustro di Natali, di facoltà<br />

di sapere. Era nato bassamente, povero e rozzo. Onde altro capitale<br />

non si ritrovata, se non quello da noi desiderato, per rapporto della<br />

Divozion della Vergine, cioè una molto buona Memoria, un miglior<br />

Ingegno, un ottimo Giudizio. E ci par poco? Disse ai suoi Monaci, tosto<br />

che se ne avvide il Priore allor vivente della Gran Certosa, chiamato<br />

Guidone; e ci par poco? Anzi questo è il più gran capitale che aver possa,<br />

non dico un Giovinetto Secolare, ma un Religioso provetto. Via su, si<br />

ammetta pure per nostro Converso. Così accettato fu ed ammesso, nell’anno<br />

appunto di Nostra Salute 1082.<br />

8. Io non voglio star qui, Uditori, a raccontarvi diffusamente la vita virtuosa<br />

ed esemplarissima in tutto di questo fortunato Certosino. Vi dirò<br />

solo in sommario che egli aveva talmente impressi nella mente i favori<br />

225


di Maria SS.ma, e così spesso gliene rendeva le grazie, che voi quasi del<br />

continuo trovato lo avreste genuflesso avanti una divota Immagine di<br />

Maria e bagnato per tale effetto di copiose lagrime. Qualora poi, passava<br />

camminando innanzi a qualche sacra di Lei effigie, i ringraziamenti<br />

erano i primi suoi affetti e sospiri, che alla Gran Regina del Cielo inviava.<br />

O che buona Memoria, che Memoria pronta, tenace, felicissima!<br />

Inoltre, siccome per quanto mai di fedele e puntuale servizio alla sua<br />

Signora prestava, non si trovava mai pago e soddisfatto (giacché il proverbio<br />

non falle, Amanti numquam satis 6 ), pensava sempre altri modi,<br />

inventava altri mezzi, tentava nuove vie per più servirla. O che felice<br />

Ingegno, che Ingegno sottile, nobile ed elevato! Per finirla, trovati i<br />

mezzi, procurava sempre di sceglier quei che più onorevoli alla Gran<br />

Vergine le sembravano; quei che più propri alle sue forze, al suo stato;<br />

quei che da’ più savi e giudiziosi maestri di spirito gli venivan lodati ed<br />

approvati. O che ottimo Giudizio, che Giudizio sano, nobile e prudentissimo!<br />

9. Pensate ora voi, Uditori, se con sì eccellente capitale di Memoria,<br />

d’Ingegno e di Gudizio, quanto restar glorificata dovesse Maria SS.ma<br />

da codesto suo divoto Converso; e quanti mai favori continuamente a<br />

larga mano gli dispensasse. Troppo vasto sarebbe il campo che qui mi<br />

si aprirebbe, se di tutto favellar vi volessi. Uditelo da un sol fatto;<br />

che nel tempo stesso condurrà e me alla chiusa del mio discorso e voi<br />

alla fine del tedio in ascoltarmi.<br />

10. Fremendo il demonio delle fortune di codesto buon Certosino, né<br />

ammirare e tollerar più potendo da lungi quel suo gran fondo di pietà<br />

e di divozione verso l’Imperadrice del Cielo; giurò di fargli perdere ad<br />

un tratto ogni felicità di Memoria, di Giudizio e d’Ingegno. Quindi<br />

mentre il buon monaco se ne stava una notte nel suo camerino a<br />

coltivar con l’Orazione la sua Mente e il suo Cuore, eccoti tutto<br />

improvviso.<br />

6 Per chi ama non è mai abbastanza.<br />

226<br />

SERMONCINO<br />

Recitato nel Sabato di Pentecoste 9 Giugno 1753<br />

Il Sermoncino sviluppa l’introduzione ed indica in cinque punti lo schema della<br />

trattazione dell’argomento. L’Autore ricorda quello trattato l’anno precedente nella<br />

stessa occasione della vigilia di Pentecoste e si propone di approfondirlo presentando<br />

aspetti nuovi in stile ancor più familiare.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 214-215.<br />

Argomento<br />

Per ricevere, per conoscere e per eseguire gli impulsi dello Spirito Santo<br />

non vi è il più bel mezzo che farsi divoto di Maria SS.ma<br />

La ricorrenza delle Feste solenni, ognun lo sa, essere stata istituita e affin<br />

Iddio sempre più resti in esse da noi glorificato; ed affin noi sempre più<br />

acquistiam in quelle maggior divozione e maggiori grazie. Or ecco uno<br />

de’ Fini, per cui sin dagli Apostoli e poi sempre dalla Cattolica Chiesa,<br />

ordinata venne in ciascun’anno, nel cinquantesimo giorno dopo Pasqua,<br />

la Pentecoste o sia la rimembranza gloriosa della Venuta dello Spirito Santo.<br />

Appunto, affin e lo Spirito Santo, ecc. e noi, ecc. Or se nello scorso anno vi<br />

parlai in tale occasione sopra come Maria SS.ma impetrava ai suoi Divoti<br />

la pienezza dello Spirito Santo, acciocché procurasse di crescer vieppiù<br />

nella divozione verso sì eccelsa Signora: voglio ancor in questa sera, con<br />

un modo però più famigliare, affin maggiormente v’impegniate ad esser<br />

veri Ossequiosi della Vergine, voglio, dissi, mostrarvi come per ricevere,<br />

ecc. Attenti di Grazia all’esposizione del mio Assunto, ed incomincio.<br />

1. Cosa s’intendano per Impulsi, ecc., cioè illustrazioni di mente, ed eccitamenti<br />

buoni di cuore, ecc. Tre sono le principali Grazie che far suole lo<br />

Spirito Santo alle Anime, che trova disposte o almen che si mostrano<br />

grate col corrispondere; cioè il donare, l’illuminare, l’infiammare, ecc.<br />

E tre gradi ancor vi sono di corrispondenza per parte delle Anime, cioè<br />

ricevere, conoscere, eseguire gli Impulsi, ecc.<br />

227


2. Grazia singolarissima, non può negarsi, è il donare, ecc. ed il ricevere, ecc.<br />

Qui si spieghino gli Impulsi generali ecc. e particolari ecc. Maggiore il<br />

conoscere, ecc. Massima l’eseguire, ecc.<br />

3. Or notate, come Maria SS.ma, ecc.<br />

4. Esempio di quel Predicatore malvagio convertito, ecc.<br />

5. Nella Perorazione dir gli Impulsi di cose di obbligo, ecc. e di cose di<br />

consiglio, ecc.<br />

228<br />

SERMONCINO FAMIGLIARE<br />

Recitato Sabato 16 Giugno 1753,<br />

Sabato precedente alla Festa della SS.ma Trinità<br />

L’Autore ricorda nell’introduzione il tema svolto l’anno precedente nella stessa circostanza<br />

della vigilia della SS.ma Trinità e, per non ripetersi, tratterà un argomento<br />

affine, non però in modo oratorio, bensì istruttivo e cioè come dobbiamo ringraziare<br />

la SS.ma Trinità per i benefici concessi a Maria SS.ma e quale ricompensa possiamo<br />

sperarne.<br />

Viene indicato uno schema di cinque punti per trattare l’argomento. Il motivo del<br />

nostro ringraziamento alla SS.ma Trinità è per la grande Potenza, la somma<br />

Sapienza e l’immenso Amore che concedette alla Regina del cielo.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 210-212.<br />

Argomento<br />

Godendo molto la Vergine che da sua parte si ringrazi<br />

la SS.ma Trinità, deve ognuno aiutarsi a farlo<br />

come essa stessa insegnò e desidera<br />

In un giorno, come oggi, in cui si incomincia a far memoria della solennità<br />

gloriosissima, che dimani ricorre, della SS.ma Trinità; al certo ogni vero<br />

Divoto di Nostra Immacolata Signora, incominciare ancor deve con più di<br />

fervore a ringraziar da parte della medesima Signora nostra le tre augustissime<br />

Divine Persone per li tanti favori ad lei compartiti. Ben io mi ricordo,<br />

R(iveriti) U(ditori), avervi nell’anno scorso da questo Luogo e con ragioni e<br />

con esempi dimostrato quanto era e sia grato alla Vergine il ringraziar da sua<br />

parte la Triade Sacrosanta. Onde in questa sera, affin di non ripetervi lo stesso,<br />

basterà a voi ed a me che altro non vi additi se non il modo come far noi dobbiamo<br />

questo Ringraziamento; e qual ricompensa sperar ne possiamo. Il discorso<br />

sarà, non oratorio, ma tutto istruttivo. Onde maggior attenzione richiede si<br />

da voi in udirlo, che da me in farlo. Incominciamo.<br />

1. A tre Capi ridurre si possono tutti i Favori e tutte le Grazie, per cui<br />

dobbiamo noi ringraziar di buon cuore a nome della Gran Vergine la<br />

Trinità Sacrosanta; cioè alla Potenza, alla Sapienza, all’Amore o sia Carità.<br />

229


Perciocché per attestato della Vergine stessa ad un suo Divoto, di queste<br />

tre Virtù fu singolarmente molto arricchita da Dio; e su di queste<br />

tre Virtù può dirsi esser racchiuse tutte le altre Grazie singolarissime<br />

che ricevette. Onde ne viene che il più bel modo che tener noi possiamo<br />

in ringraziar la SS.ma Trinità da parte di Nostra Signora, è il renderle<br />

grazie della Gran Potenza, della Somma Sapienza, dell’immenso<br />

Amore che le concedette.<br />

2. Ed oh, Uditori, che altissimi Misteri io ravviso sotto queste tre Virtù<br />

sublimissime, Potenza, Sapienza ed Amore, concesse a larga mano alla<br />

Vergine.<br />

Primo, io vi ravviso le ineffabili operazioni e gli eccessi di finezze del<br />

donatore. Perciocché, siccome favellando noi dei Divini Attributi, la<br />

Potenza si attribuisce all’Eterno Padre, ecc., la Sapienza all’Eterno Figlio,<br />

ecc.; l’Amore all’Eterno Spirito Santo, ecc.; perciò noi ringraziando, ecc.<br />

Secondo, vi ravviso ancora le perfezioni singolarissime dell’Anima di<br />

Maria, ecc. La Potenza e l’Amore denotano l’efficacia e santità della sua<br />

Volontà nell’amare e servire a Dio: la nobiltà ed eccellenza del suo illuminato<br />

Intelletto e Divina Memoria nell’altezza delle cognizioni, ecc.<br />

Terzo ravviso la nobiltà e l’altissimo grado delle sue eroiche virtù, ecc. Fede,<br />

ecc., Potenza, ecc., Speranza, ecc., Sapienza, ecc., Carità, ecc., Amore, ecc.<br />

3. Io trovo, che la Vergine disse a S. Metilde, ecc. che ringraziasse, ecc. per<br />

la Potenza, ecc. nella sua Immacolata Concezione, ecc. Ad un suo divoto poi<br />

ecc. nella sua Assunzion, ecc.<br />

4. Onde ecco il modo, ecc. così l’insegnò la Vergine a S. Metilde (che ogni<br />

giorno lo faceva, ecc.); e ad un suo divoto, ecc.<br />

5. Il Proemio, ecc. L’esempio, ecc. di S. Lutgarda.<br />

230<br />

SERMONCINO FAMILIARE<br />

Recitato il 2 Luglio 1753,<br />

ricorrendo la Festa della SS.ma Visitazione di Nostra Signora a Santa Elisabetta<br />

Il Sermoncino per il sabato mariano, che cade nella festa della Visitazione di<br />

Maria a Santa Elisabetta, offre all’Autore lo spunto dell’argomento. Tale festa,<br />

infatti, ravviva le nostre speranze di avere dalla Vergine efficace rimedio e riparo a<br />

tutte le nostre sventure perché si degna in persona di effettuare le promesse fatte di visitare<br />

e confortare i suoi servi.<br />

Vengono annotati in modo schematico, negli ultimi punti del Sermoncino, vari<br />

nomi di persone che furono consolate dall’aiuto della Vergine santa.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC; 23, pp. 257-259<br />

(45-47).<br />

Bonifazio Nardini, Visita di Maria a Sant’Elisabetta, affresco, 1751, Ascoli<br />

Piceno, Casa Madre, lunetta nel locale della prima Chiesa a piano terra, oggi utilizzato<br />

come sala di ricevimento.<br />

231


Argomento<br />

Nella Festa della Visitazione, siccome si ravvivano più che mai le nostre<br />

Speranze, così deve più che mai risvegliarsi la nostra Divozione<br />

A Persone, come noi siamo, misere albergatrici di questa Valle di Lagrime,<br />

soggette a mille disgrazie e di Anima e di Corpo, ricolme di imperfezioni e<br />

difetti senza numero, travagliate poi del continuo da passioni sconcertate e<br />

sconvolte e da innumerabili tentazioni; a Persone tali, ripeto, come non<br />

siamo, io non so, Uditori, se possa loro presentarsi un Giorno più lieto e più<br />

proficuo, quanto è quello, in cui abbiam forte motivo di ravvivar più che mai<br />

le loro troppo languide e quasi abbattute Speranze? Or ecco quel Giorno<br />

appunto, Uditori, dedicato alla SS.ma Visitazione di Nostra Immacolata<br />

Signora, fatta a S. Elisabetta; Giorno in cui le Speranze nostre ravvivate vengono<br />

talmente di aver noi dalla Vergine pronto ed efficace rimedio e riparo<br />

a tutte le nostre sventure; onde io, favellar dovendovi della suddetta festa,<br />

dispensarmi non posso dal formarvene questo Assunto, cioè In questa festa<br />

della Visitazione ravvivandosi più che mai le nostre Speranze, deve più che mai risvegliarsi<br />

la nostra Divozione. Favorite di ascoltarmi: e poi decidete della verità<br />

dell’Assunto.<br />

1. Essendo la Speranza una Virtù che si fonda sulla verità e certezza delle<br />

ricevute Promesse, ne viene che quanto più sono certe e sicure le<br />

Promesse; e quanto più fermamente si tengono e si credono; tanto più<br />

la Speranza è ben fondata e ben viva. Or certe ed infallibili son senza<br />

fallo, Uditori, tutte le Promesse che Iddio ci ha fatte sì per quel che<br />

riguarda l’Anima, che il corpo; sì il temporale, che l’eterno. E lo stesso<br />

dite voi per quel che riguarda la Vergine Nostra Signora, che appunto<br />

è intitolata Mater Sanctae Spei 7 . Onde per tal verso son le nostre Speranze<br />

assai bene e fortemente fondate.<br />

2. Così pur fossero sempre vive e non bene spesso quasi titubanti e languide.<br />

Questa vivezza però tuttoché dipenda da noi, mediante l’unir che<br />

7 Madre della Santa speranza.<br />

232<br />

facciamo alla certezza delle avute Promesse una ferma e viva credenza,<br />

ed una vita divota e fervorosa; non è però che talvolta Iddio e la sua<br />

Madre SS.ma non si degnino ravvivarcela con l’oprar maraviglie in comprova<br />

delle date assicurazioni e promesse.<br />

3. Or io per me, vi assicuro, Uditori, che se in tutti i misteri della gran<br />

Vergine le speranze nostre hanno sempre per mille versi un forte motivo<br />

di una grande vivezza; in questo però della Visitazione, bisogna pur<br />

confessare, che vengano più che mai ravvivate. Uditene la ragione, il<br />

fondamento. In tutti gli altri Misteri di Maria, contempliamo noi sì ed<br />

ammiriamo le sovra eroiche sue virtù, le sue ineffabili Grandezze; e sperimentiamo<br />

sempre, nol nego, gli effetti misericordiosi della sua liberalissima<br />

Beneficenza. Ma l’osservare di più in questo mistero della<br />

Visitazione essa medesima la Gran Signora dell’Universo degnarsi in<br />

Persona di effettuar le Promesse fatte di visitare e confortare i suoi<br />

Servi; o questo sì, che è un animarci molto a porre in Lei tutta, tutta la<br />

nostra confidenza; ed è un risvegliare in noi tutte le più vive Speranze.<br />

4. Lo provò sì S. Elisabetta, ecc.<br />

5. Ma non solo essa: ma altri innumerabili ancora; e tra gli altri le due<br />

Pastorelle di Fiesole in Toscana, ecc.; quel Giovane di nazione Francese, cui<br />

tagliata era stata la Lingua, ecc. L’altro giovane Engelberto Imeléo attratto<br />

nelle membra e deforme come un mostro, ecc.; la B. Veronica di<br />

Binasco, ecc. (vedi Auriemma).<br />

6. Che se questo Giorno dunque, ecc., deve anche in esso più che mai risvegliarsi<br />

la nostra divozione. L’esempio di Paola Centurioni, ecc., e del B.<br />

Gualtero di Birbach Monaco di Cistercio, ecc. (vedi Auriemma).<br />

233


SERMONCINO PER LA SS.ma NATIVITÀ DI MARIA<br />

Recitato a braccio Sabato 8 Settembre 1753<br />

Il Sermoncino, annota l’Autore, è “tirato a braccio” e sviluppato in due punti.<br />

Egli si propone di esporre l’argomento “con familiarità e chiarezza”, dimostrando con<br />

varie prove che la nascita della Vergine Santa, poiché può chiamarsi un giorno di pace<br />

tra Dio e l’uomo, così deve essere un giorno di conversione dell’uomo a Dio.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 51, pp. 299-301(19-21).<br />

Non aspetti veruno di voi in questo Festosissimo Giorno, Uditori, che io<br />

discorrer voglia della ineffabile e maravigliosa Natività di Nostra<br />

Immacolata Signora; talché io per appunto salito sia su questa Cattedra per<br />

ridirvene o la gran dovizia della Grazia che ella ebbe nel suo Nascimento o<br />

la propensione dell’Amore e delle altre eccelse Virtù o la sontuosità delle<br />

pompe che ne fecero gli Angeli o la grande allegrezza e gioia che Iddio stesso<br />

con vari segni ne mostrò. Lascio tutto ciò ad altri Oratori di me più esperti<br />

e facondi; giacché a me che privo son di fervore e di eloquenza, e in questo<br />

Luogo ancora a parlar famigliarmente sol destinato, tanto competer non<br />

può e non conviene. Vi dirò dunque solo in riguardo alla Festa presente<br />

quanto basti per risvegliare in voi un più tenero ossequio verso Nostra<br />

Signora e verso questo suo gran Mistero, che veneriamo in quest’oggi.<br />

Eccovene pertanto un Assunto: la Natività di Maria siccome può chiamarsi il<br />

Giorno della pace tra Dio e l’Uomo, così deve essere il Giorno della vera conversione<br />

dell’Uomo a Dio. L’Assunto ve lo esporrò con ogni familiarità e chiarezza, se<br />

della vostra attenzione a favorirmi sarete.<br />

1. Quel misericordioso ed amorosissimo Iddio, che con tanto buon cuore<br />

creò dal nulla tutte quante le Cose, creò anche l’Uomo, affin di riscuotere<br />

da questi quegli omaggi che eran si doverosi di amore, di servitù,<br />

di ubbidienza; e così poter godere con lui una pace perpetua e trovar in<br />

lui le delizie tutte del cuor suo divino. Ma l’Uomo, appena venuto<br />

all’essere, vedendosi adornato di un’Anima nobile e di libero arbitrio;<br />

quasi parendogli che anche senza Dio regger si potesse e oprar gran cose<br />

senza di Lui; poco curando la divina Amicizia e la Pace col suo supremo<br />

Signore, mostruosamente la ruppe; e poi vieppiù con l’aggiunta di<br />

nuove colpe ingratissimamente sempre l’avrebbe: donde nacque poi<br />

234<br />

quella deplorabile disunione tra Dio e l’Uomo: Iddio col tener sempre<br />

armata la destra di fulmini per atterrar l’Uomo; e l’Uomo sempre carico<br />

di mille sventure, castigato meritamente da Dio.<br />

1. Una molto esprimente figura tra mille di quanto sinora vi ho detto, noi<br />

la ritroviamo nella Sacra Scrittura in persona del Patriarca Giacobbe. Si<br />

trovava egli all’aperto in una notte, ed eccoti all’improvviso apparirgli<br />

un Giovane, quanto nobile di aspetto, altrettanto snello, forte e robusto:<br />

era egli un Angelo, ecc.<br />

In Nativitate Virginis facta est pax, et cessavit lucta: ideo dixit Angelus ad<br />

Jacob: dimitte me: jam ascendit Aurora, noctem peccati finiens, et dies gratiae<br />

inchoans 8 , così Zenone.<br />

Bartolomeo Vitelli, Natività di Maria, affresco, 1751, Ascoli Piceno, Casa Madre,<br />

lunetta nel locale della prima Chiesa a piano terra, oggi utilizzato come sala di<br />

ricevimento.<br />

8 Nella natività della Vergine fu fatta la pace e cessò la lotta: pertanto disse l’Angelo a<br />

Giocobbe: - Lasciami andare, già sale l’aurora che fa terminare la notte del peccato e incominciare<br />

i giorni della grazia.<br />

235


SERMONCINO FAMILIARE<br />

Recitato Sabato 15 Settembre 1753 sopra il SS.mo Nome di Maria<br />

L’Autore si propone di parlare dell’ineffabile nome di Maria per più sabati, lo<br />

farà infatti per altri due successivi, scegliendo un argomento comune. Qui spiega, in<br />

tre punti appena abbozzati, in che cosa consista la vera felicità e alcune qualità del<br />

nome di Maria. Conclude, come al solito, con alcuni esempi.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, p. 289 (73).<br />

Assunto<br />

Per ottener una vera Felicità non vi è più bel mezzo<br />

che esser divoto del SS.mo Nome di Maria<br />

Il Proemio si tiri su di quanto si vive impegnato di favellar di tal augustissimo<br />

Nome; del quale, tuttoché sia ineffabile, pure se ne discorrerà per più<br />

sabati, si propone un assunto generale, ecc.<br />

L’orazione sia tirata:<br />

1. spiegando in che consista la vera nostra Felicità, cioè qualora a nostro<br />

pro sia impiegata l’Onnipotenza e la Misericordia di Dio, ecc.;<br />

2. che il SS.mo Nome di Maria è un Nome potentissimo e misericordioso,<br />

ecc.;<br />

3. l’esempio di S. Filippo Benizi, ecc.; di quel Priore Agostiniano Romano,<br />

ecc.; di quel novello Cristiano Giapponese, ecc. vedi il P. Moscati sopra<br />

il Nome SS.mo di Maria;<br />

4. si conchiuda con S. Bernardo, In periculis, ecc. Mariam cogita, Mariam<br />

invoca, ecc. 9<br />

9 Nei pericoli pensa a Maria, invoca Maria. Sull’architrave della porta dell’oratorio della casa<br />

madre delle Pie <strong>Opera</strong>ie, Don <strong>Marcucci</strong> fa scrivere: “Mariam cogita” come invito a pensare<br />

a Maria.<br />

236<br />

SERMONCINO FAMILIARE<br />

Recitato Sabato 22 Settembre 1753<br />

pure sopra il SS.mo Nome di Maria<br />

L’Autore ricorda agli ascoltatori il tema del sabato precedente circa le qualità del<br />

Nome di Maria: “ripieno di potenza e di misericordia e come tale apportatore della<br />

vera felicità” a chiunque ne sia devoto.<br />

Vorrebbe ancora trattenersi su di esso, ma poiché resta solo un sabato, prima delle<br />

vacanze di ottobre, cercherà di proseguire con l’argomento generale 10 . Avvalendosi<br />

della dottrina di San Pier Damiani e di San Girolamo, enumera tre cause della<br />

potenza del nome di Maria e conclude con alcuni esempi.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 289-291(73-75).<br />

Assunto<br />

Essendo il SS.mo Nome di Maria un Nome ricolmo di Virtù,<br />

di Benedizioni e di Grazie, non può esser mai da noi invocato<br />

senza nostro grandissimo utile e vantaggio<br />

Il Proemio si può tirar con far veder quanto siano bene concatenate tra<br />

di loro le virtù, ecc., ver. gr. incominciando, sono sì bene concatenate tra<br />

loro, ecc. Lo stesso accade a me in favellar dovendovi delle Virtù all’intutto<br />

mirabili del Nome augustissimo di Maria, ecc. Ve lo mostrai appena<br />

nel sabato scorso un Nome ripieno di Potenza e di Misericordia, e<br />

come tale apportatore della vera felicità di chiunque ne era ossequioso e<br />

divoto; ed eccoti, che per via di una concatenazione indissolubile di mille<br />

e mille altre virtù e prerogative, mi si apre un campo vastissimo di palesarvi<br />

altre nuove maraviglie di tal Nome augustissimo. Ma perché un<br />

altro Sabato solo a parlarvi mi resta su di questo Luogo (entrando le<br />

imminenti vacanze di ottobre), voglio in questa sera tentar di epilogarvi<br />

in poco una gran parte, ecc. Eccovi pertanto l’Assunto: essendo il<br />

SS.mo Nome di Maria, ecc.<br />

10 Nel mese di ottobre si sospendevano anche le scuole.<br />

237


1. Che l’augustissimo Nome di Maria sia un Nome ricolmo di Virtù, di<br />

Benedizioni e di Grazie, da tre cause ed origini noi possiamo provarlo<br />

a priori, come parlan le Scuole e a maraviglia ricavarlo; cioè<br />

a. dalla Potenza di Dio che lo nominò e lo impose (così S. Pier Damiano<br />

e ne mandò l’avviso a S. Giovacchino, ecc., così S. Girolamo, ecc.);<br />

b. dalla dignità infinita di Madre di Dio, che con tal nome doveva<br />

nominarsi;<br />

c. dai meriti infiniti di Gesù Cristo, che in un modo maraviglioso riconoscano<br />

in esso Nome vari dottissimi Autori, ecc.<br />

2. Onde a gran ragione disse S. Metodio, Tuum, Dei Genitrix, nomen divinis<br />

benedictionibus et gratiis et omni parte refertum 11 , ecc. Quindi che maraviglia<br />

se non possa mai mensionarsi sine mentionantis utilitate 12 , come dice<br />

S. Bonaventura. Sì, sì, da che si udì risuonare la prima volta in Cielo,<br />

ecc. crebbe ineffabilmente nel Paradiso l’Allegrezza degli Angeli, ecc.:<br />

dopo che fu dal Cielo comunicato alla terra e si nominò, ecc., respirò il<br />

Mondo un’aria di Paradiso e già incominciarono a dileguarsi le tenebre,<br />

che entro il buio della colpa e dei mali lo tenevano oppresso, ecc.: non<br />

vi è alcun altro Nome, dopo quello di Costei, come dice S. Dionisio<br />

Cantusiano, che tanto ci incoraggia, ci compunga, ci fortifichi, ci<br />

infiammi, quanto quello di Maria.<br />

3. Ma per discorrer del nostro particolar utile, ecc. La promessa fatta da<br />

Gesù alla sua Madre alla presenza di S. Brigida, ecc. Insin si sperimenta<br />

l’utile da chi si trovava per sua disgrazia in man del demonio; come<br />

a S. Brigida rivelò la Vergine, ecc. L’esempio di quel Religioso, quasi<br />

disperato per le colpe commesse quando era soldato, ecc., vedi il<br />

P. Moscati sopra il SS.mo Nome di Maria.<br />

11 Il tuo nome o Madre di Dio è pieno di divine benedizioni e grazie in ogni parte.<br />

12 Senza utilità del menzionante.<br />

238<br />

SERMONCINO<br />

Recitato Sabato 29 settembre 1753<br />

Il Sermoncino è appena abbozzato e mette in relazione, come altre volte,<br />

l’Argomento mariano con il riferimento al santo di cui si celebra la festa, Michele<br />

Arcangelo.<br />

Il santo protettore dei moribondi può infatti impetrarci con efficacia la grazia di<br />

pronunciare il nome di Maria per ben morire nelle sue braccia.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, p. 292 (76).<br />

Assunto<br />

Il Nome augustissimo di Maria essendo di grande efficacia e virtù<br />

per ben morire, pronunziato nelle ultime agonie dai suoi divoti,<br />

impegna il gran Protettor dei Moribondi l’Arcangelo San Michele,<br />

di cui oggi celebriamo, ad assisterci con più di premura<br />

in quel punto tremendo<br />

1. Il proemio si tiri su del problema se sia meglio stare all’impegno di<br />

favellar del Nome di Maria; oppur discorrer di San Michele Arcangelo,<br />

ecc. Si dica di voler unir e l’uno e l’altro, ecc.<br />

1. L’Orazione si tiri… (incompleto).<br />

239


CAP. IV<br />

SERMONCINI ABBOZZATI<br />

SOPRA LA SACRA LITURGIA DELLA SANTA MESSA<br />

RECITATI NEI SABATI<br />

(16 NOVEMBRE 1753-14 SETTEMBRE 1754)<br />

240 241


242<br />

Prima Chiesa della Casa Madre dell’Istituto, a piano<br />

terra, oggi utilizzato come sala di ricevimento.<br />

Introduzione al capitolo<br />

Dopo la predicazione dei sabati mariani, svolta per un anno, su vari argomenti,<br />

don <strong>Marcucci</strong> decide di proporre un tema unico riguardante la Sacra Liturgia della<br />

Santa Messa e di cogliere, di volta in volta, la relazione che Maria SS.ma ha con il<br />

divino sacrificio.<br />

Tra il 16 novembre 1753 e 14 settembre 1754, l’Autore tratta l’argomento in<br />

18 Sermoncini da lui stesso definiti “abbozzi”, infatti, dopo un proemio ben sviluppato,<br />

si presentano in forma schematica; risultano, tuttavia, indicate le fonti usate e<br />

vari esempi, portati per sollecitare la devozione dei fedeli.<br />

Alla fine del Sermoncino recitato nel sabato 2 Marzo 1754, l’Autore annota che<br />

a motivo della malattia da lui sofferta 1 , lo sostituì sul tema degli Abiti sacerdotali,<br />

il Signor Abate Ferrucci, suo cugino.<br />

Egli riprende la predicazione sabato 15 Giugno 1754, ottava del Corpus<br />

Domini, sul tema dell’introito della Messa e della ricompensa che Maria SS.ma dona<br />

a chi assiste devotamente e in suo onore alla santa Messa.<br />

Tutti i brani sono conservati nella miscellanea ASC 35.<br />

1 Il protrarsi dei molteplici impegni minarono le condizioni di salute del <strong>Marcucci</strong> e ne rallentarono<br />

l’intensa attività, sino ad annullarla per alcuni mesi, agli inizi del 1754, quando<br />

fu colpito da una malattia che lo rese inabile fino a tutto maggio (Cf CONGREGATIO DE<br />

CAUSIS SANCTORUM, Positio super Vita, fama sanctitatis et Virtutibus di Mons. <strong>Marcucci</strong>,<br />

Asculana in Piceno, in 2 voll., Roma 2003, pp.428-429).<br />

243


SERMONCINO I<br />

Recitato Sabato 16 Novembre 1753<br />

Don <strong>Marcucci</strong> introduce l’argomento dei sermoncini familiari per il sabato sulla<br />

Liturgia della santa Messa spiegando la differenza tra devozione necessaria e devozione<br />

di supererogazione.<br />

La prima è necessaria per la salvezza ed ha come oggetto Dio e di conseguenza la<br />

gran Vergine; la seconda, di supererogazione, è quella che ci offre gli aiuti per la salvezza,<br />

come l’orazione e le devozioni varie che si fanno senza l’obbligo di qualche voto.<br />

La devozione per eccellenza è quella che dobbiamo al SS.mo Sagramento<br />

dell’Altare ed al SS.mo Sacrificio della Messa. Don <strong>Marcucci</strong> tratterà appunto di<br />

quest’ultima mostrando quanto ciò sia gradito a Maria SS.ma.<br />

Segue lo schema della trattazione in cinque punti.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp.135-139.<br />

Argomento<br />

Quanto piaccia a Maria SS.ma<br />

il considerar l’Istituzione ed i Misteri della S. Messa<br />

(Cena e significato di Messa)<br />

Cosa molto degna di lode, non può negarsi, è quella di promuover nel Cuor<br />

dei Fedeli or una divozione, ed ora un’altra; e tanto è più degna di lode,<br />

quanto più l’intenzione di chi la promuove è pura, cioè lontana da ogni proprio<br />

interesse e da ogni fine mondano e solo diretta a glorificare Iddio ed a<br />

coadiuvar i fedeli per eternamente salvarsi. Pure, se tra divozione e divozione<br />

si facesse dai sacri Oratori quella distinzion che si deve; e sapessero essi<br />

far discernere al Popolo Cristiano qual è divozione necessaria, e qual è di supererogazione;<br />

e quale quella di necessità assoluta e quale di necessità consecutiva; oh<br />

quanta più soda e più regolata pietà si vedrebbe tra i Cristiani e quanta maggior<br />

premura si osserverebbe in loro in quelle divozioni che sono necessarie, le<br />

quali son talora troppo dimenticate forse per attender a quelle arbitrarie di<br />

supererogazione. Io per me, tuttoché tanta abilità non abbia, pure in premessa<br />

a questo mio Sermoncino famigliare aiutar mi voglio, Uditori, a farvi discerner<br />

la differenza che verte tra divozione e divozione. Quella dunque è divozion<br />

necessaria, senza la quale un Cristiano adulto o non può in alcun modo salvarsi,<br />

e molto difficilmente si salverà. Quella poi è divozion di supererogazio-<br />

244<br />

ne, con la quale uno avrà più soccorsi, ma senza la quale uno anche facilmente<br />

può conseguir l’eterna salute. Della prima specie è quella divozione che<br />

dobbiamo a Dio ed a Gesù Cristo Signor nostro, ed anche alla gran Vergine;<br />

ma con questa distinzione, che quella divozione e culto che a Dio e a Gesù<br />

Cristo si deve é divozione di una necessità assoluta, senza la quale in niun<br />

conto, ecc.; quella poi che si deve alla Vergine, è di necessità consecutiva, senza<br />

la quale pur si potrebbe, ma molto difficilmente, ecc.<br />

Della seconda specie poi, cioè di supererogazione, è quella divozione ed orazione,<br />

che noi facciamo, non già per necessità o per obbligo di qualche Voto o<br />

Penitenza ricevuta, ecc., ma per pura divozione nostra, ver. gr. il dire il<br />

Rosario, il fare una Novena, ecc.<br />

Or la buona regola e la regolata divozione di un Cristiano richiede che le<br />

nostre maggiori premure siano tutte dirette a quelle divozioni che sono necessarie<br />

e principalmente a quelle che sono di necessità assoluta.<br />

Una tra queste, ce lo insegna la Fede e tutti voi già lo sapete, è quella divozione<br />

ed ossequio che dobbiamo all’augustissimo Sagramento dell’Altare, ed al<br />

SS.mo Sacrificio della Messa. La divozion delle divozioni, ecc. Di questa dunque<br />

voglio io incominciare a favellarvi in questa sera è spiegarvi l’Istituzione<br />

sua, ed il primo Mistero che rappresenta (la Cena, ecc.): e per più animarvi a<br />

riaccender nel vostro cuore la tanto necessaria divozione, vi mostrerò quanto<br />

piaccia a Maria SS.ma che noi consideriamo l’Istituzione ed i Misteri della Santa<br />

Messa. Favoritemi e mi fo da capo.<br />

1. Si entri con la ragione, dicendo che avendo la Vergine un sol cuore col<br />

Figlio, non può farsi a meno che non desideri e si compiaccia, ecc.<br />

2. Or una tra le cose più ammirabili, divine e sacrosante che fece il suo<br />

Divin Figlio, fu l’istituir la S. Messa: essendo articolo di fede che fu<br />

istituita, ecc.<br />

3. È una rinnovazion della cena, ecc., fu celebrata dagli Apostoli, ecc.<br />

4. Si chiama Messa, per significare, ecc. I greci la dissero or Telete cioè<br />

Mistero; or Prosfora cioè Oblazione; or Misiagogia cioè Sommo ministero;<br />

or Jerurgia cioè Cerimonia Sacra; e più comunemente Liturgia cioè<br />

Cerimonia pubblica, ecc.<br />

245


5. Considerate dunque quanto se ne compiaccia la Vergine. Ce ne diede<br />

essa il primo esempio. Perciocché tutto che non si trovò nella stanza<br />

della Cena, stava però nella casa, contemplando, ecc. come dicono rivelato<br />

a Suor Maria di Agreda, ecc.<br />

246<br />

SERMONCINO II<br />

Recitato Sabato 24 Novembre 1753<br />

Don <strong>Marcucci</strong> ricorda agli ascoltatori che ha promesso loro di parlare per un anno sul<br />

tema della Santa Messa. In questo sabato si soffermerà a spiegare che essa, come afferma<br />

S. Paolo, è una vera rappresentazione della passione e morte di Gesù Cristo.<br />

Egli tratterà l’argomento parlando di Gesù e della sua Madre. Segue lo schema<br />

articolato in quattro punti.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp.139-140<br />

Argomento<br />

Vuole la Vergine che tutti i Cristiani si mostrino grati<br />

con la rimembranza del Sacrifizio fatto per loro dal suo Divin Figlio<br />

Che la S. Messa sia il più alto divino Mistero e la Funzione più sacrosanta della<br />

nostra S. Chiesa Cattolica: che essa sia stata istituita da Gesù Cristo medesimo<br />

nella sua ultima Cena con gli Apostoli; e che sia una vera Rinnovazione di quella<br />

ultima Cena e Convito; già l’udiste nel Sabato scorso, Uditori; e come cose<br />

tutte di fede, non vi è veruno tra voi, che punto ne dubiti. Udiste dunque molto<br />

intorno alla S. Messa, sì, ma non udiste il tutto, anzi la minor parte. Che perciò,<br />

volendo io osservar a puntino la promessa fattavi di favellarvene per un anno,<br />

sono oggi a proporvene un’altra verità, pur di fede, che ci insegna S. Paolo, cioè<br />

che la S. Messa sia inoltre una vera Rappresentazione della Passione e Morte di Gesù<br />

Cristo. E siccome, stante il nostro Istituto, non dobbiam dal discorso del Figlio<br />

separar quello della Madre, eccovi in unione di amendue il mio argomento ed<br />

assunto: vuole la Vergine che tutti i Cristiani si mostrino grati con la rimembranza del<br />

Sacrifizio fatto per loro dal suo Divin Figlio. Favoritemi di attenzione; e lo vedrete.<br />

1. Se tra tutte le pure Creature non meno Umane, che Angeliche, vi fu chi<br />

senza (…) 2 giungesse a pienamente conoscere l’alto mistero della<br />

Redenzione del Mondo, fatta a costo del Sangue Prezioso e del Sacrificio<br />

di Morte dolorosissima di Gesù Signor nostro; certo che sopra ogni altra<br />

Creatura lo conobbe la Vergine, ecc. E perciò essa, tuttoché addolorata,<br />

ecc., sarebbe stata ben pronta, ecc.<br />

2 Parola illeggibile perché logora.<br />

247


2. Or avendoci Gesù di questa sua Passione e Morte, in una parola di questo<br />

suo Sacrifizio, lasciata una vera e viva memoria nella S. Messa, ecc.,<br />

considerate qual volere e desiderio abbia la Vergine, ecc.<br />

3. Questa gratitudine può mostrarsi con la considerazione e divozione, ecc.<br />

4. Circa la Considerazione, ecc. venendo Gesù nell’Ostia, ecc. si offre, ecc.;<br />

e rinnova, ecc.: con questa sola differenza, ecc. incruento e cruento, ecc.<br />

che perciò tutta la Sacra Liturgia della Messa, tutta è misteriosa, allusiva<br />

alla Vita, Passione e Morte di Gesù Cristo, ecc. Queste orazioni, ecc.<br />

ed ordine che si tien nella Messa, il primo ad istituirle fu S. Pietro<br />

Apostolo, come lo attestano S. Clemente suo discepolo e S. Isidoro, ecc.<br />

Egli celebrò la Messa la prima volta in Gerosolima nel Cenacolo di Sion,<br />

nel giorno di Pentecoste in Pane azimo (in cui gli Ebrei offrivano la<br />

missula, ecc.). E benché nei Sacri Canoni si dica essere stato S. Giacomo<br />

minore, che celebrò la prima, ecc.; ciò s’intende, che S. Pietro prescrisse<br />

l’ordine e S. Giacomo lo divulgò, ecc. (vide Gavantum in Rubr. De Miss.<br />

p. 1 in primo esempio di quel Capo di Casa, caduto schiavo, ecc.).<br />

248<br />

SERMONCINO III<br />

Sabato 1 Dicembre 1753<br />

Don <strong>Marcucci</strong> sviluppa l’argomento in quattro punti di cui presenta solo lo schema.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 140-141.<br />

Argomento<br />

L’assistere con somma divozione e riverenza alla S. Messa<br />

è lo stesso che impegnar la Vergine a farci singolari finezze<br />

Parrebbe superfluo, che dopo che la S. Fede Cattolica l’ha Iddio così universalizzata,<br />

ibusorata e con tanti indubitabili motivi ed incontrastabili fondamenti,<br />

si ponesse un Sacro dicitore a proporre ai Fedeli, che la professano<br />

varie ragioni, e ad addurre vari motivi che la risvegliassero molto viva ne’<br />

loro Cuori. Sì, sì, parrebbe ciò superfluo e sarebbe quasi non molto plausibile<br />

il farlo; se tutto giorno non si vedesse, che talora molti di quegli stessi<br />

fedeli che professan una fede così ibusorata, autenticata ed infallibile, non<br />

fossero poi i primi a disonorarla con la languidezza della loro credenza, con<br />

la freddezza della loro divozione e talora con la malizia della lor vita. Uno<br />

degli articoli certi della fede è che la S. Messa sia stata istituita, ecc., sia una<br />

rinnovazione, ecc. eppure, chi il crederebbe che i Cristiani non la ascoltassero,<br />

e ad essa non assistessero con tutta divozione, ecc. Eppure è così? ecc.<br />

Orsù, dovere è dunque, che io in questa sera per risvegliare in voi tutti, ecc.,<br />

vi proponga, come l’assister, ecc. Favoritemi, ecc.<br />

1. Sempre la Vergine è pronta a farvi le grazie, ecc., questo è il suo ufizio,<br />

ecc. perciò, si chiama dalla Chiesa Mater Gratiae, Mater Misericordiae,<br />

Auxilium Christianorum, Refugium Peccatorum, ecc.<br />

2. Non sempre però ci s’impegna, ecc. solo allorché in suo onore si adempie<br />

da noi gli obblighi, ecc.<br />

3. Le parti della Messa, ecc. Anche gli Assistenti offrono, ecc.<br />

4. Esempio di quella Zitella franzese, che avea la Cappella in sua Casa, e<br />

nel dì della Purificazione, ecc.<br />

249


SERMONCINO IV<br />

Sabato 12 Gennaio 1754<br />

Don <strong>Marcucci</strong>, prima di riprendere la spiegazione del tema della Santa Messa<br />

dopo le feste Natalizie, ricorda in breve i temi trattati, quindi propone il nuovo che<br />

sviluppa in sei punti.<br />

Anche se, come al solito, il Sermoncino si presenta in modo schematico, risultano<br />

chiari i vari passaggi, le citazioni e le fonti di supporto.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 142-144.<br />

Argomento<br />

La gran premura che ha la Vergine che noi ascoltiamo divotamente<br />

la S. Messa ci prova esser la Messa di un gran Valore per noi:<br />

come l’esser la Messa di un gran valore ci dimostra<br />

che meritamente la Vergine ha una grande premura, ecc.<br />

Se la già passata ricorrenza delle S. Natalizie Feste fu la cagione, Uditori, per<br />

cui sospeso restò ogni promesso nostro discorso sopra la S. Messa; ora che<br />

libero ci si ridona il tempo a seguitarlo, ogni dovere richiede che alla sacra<br />

Liturgia sopra quel sacrosanto Divino Sacrifizio facciam ritorno. Ed affin di<br />

riprenderne il filo, udiste già essere la S. Messa istituita da Gesù Signor<br />

nostro; come pure essere una vera rinnovazione e rimembranza di quell’ultima<br />

Divina Cena fatta dal Redentor con gli Apostoli; e di quel cruento<br />

Sacrifizio da lui fatto per nostro Amor sulla Croce. Udiste ancora esser tre le<br />

parti principali ed essenziali della Messa, cioè Oblazione, che noi diciamo<br />

ancora Offertorio, Consecrazione e Comunione: e come non solo il Sacerdote in<br />

nome suo offriva a Dio il Sacrosanto Sacrifizio, ma in nome ancor di tutti gli<br />

Assistenti; onde anche questi facevano insiem con lui la divina Offerta.<br />

Tuttociò fu spiegato e come ben vi rammenterete; e da ogni capo risultò<br />

ancora, se quanto gradiva la Vergine che a sì tremendo Sacrifizio avessimo<br />

data tutta la più divota ed ossequiosa assistenza. Or in questa sera, Uditori,<br />

in continuazione della stessa materia, son risoluto favellarvi sopra l’alto<br />

Valore della S. Messa. Ed affin abbia una qualche relazione alla Gran Vergine,<br />

eccovene l’Assunto, tirato a foggia di un contrapposto, le cui parti servano<br />

l’una di comprova dell’altra. Uditelo, se vi piaccia. La gran premura, ecc.<br />

Favoritemi di attenzione; e lo vedrete.<br />

250<br />

1. Iddio non opera, e non può mai operare a caso; altrimenti non sarebbe<br />

Dio. Quindi tutto ciò ch’egli opera, sempre è secondo gli eterni suoi<br />

altissimi e giustissimi fini e disegni. Quindi è, che qualora egli nelle<br />

Divine Scritture ci fa sentir le sue premure su di qualche cosa o da farsi,<br />

o da fuggirsi; convien sempre dire, che ciò non sia a caso, ma con alto<br />

fine o del suo divino onore, o del nostro grande utile e vantaggio. Mi<br />

sia qui lecito in consimil guisa argomentare della gran Vergine,<br />

Uditori, supposta però sempre la debita disparità che passa tra Lei e<br />

Dio. Qualora la gran Vergine adunque dimostra tanta premura, ecc.,<br />

come io vi provai negli altri miei sermoni sopra la Messa, che noi, ecc.;<br />

bisogna pur conchiudere e dire, che ciò sia perché, ecc.<br />

2. Or qual credete voi, sia il valor della S. Messa? ecc. Vedi Turlot to 2,<br />

par. 4 fol. 641 e vedi i miei Manoscritti sopra la Messa nella dottrina,<br />

ecc. ove si spiega valore illimitato, e limitato; e questo diviso in generale,<br />

speziale e spezialissimo, ecc.<br />

3. I buoni ne partecipano, ecc. Ai cattivi giova, ecc. (è vero che non è stato<br />

istituito per conferire la Grazia e santificare i Peccatori, come sono stati<br />

istituiti i Sagramenti; ma bensì per dare onore a Dio, ecc. Vedi Turlot<br />

loc. cit. fol 639): con tutto ciò aiuta molto l’uomo a santificarsi, in<br />

quanto placa la Divina Giustizia e ancora la Divina Misericordia, ecc.<br />

(qui si ripetano i quattro fini, ecc.).<br />

4. Le Indulgenze che vi sono, ecc.; e il merito, ecc.<br />

5. Il modo di udirla, ecc. attenzion virtuale o sia morale presenza ed assistenza,<br />

ecc.<br />

6. Esempio di quel divoto di Maria di Bisanzone, raccontato dal P.<br />

Auriemma, par. 2 cap. 6.<br />

251


SERMONCINO V<br />

Sabato 19 Gennaio 1754<br />

L’Autore prepara i suoi ascoltatori all’argomento, che sviluppa schematicamente in<br />

tre punti, ricordando l’esempio della Donna citata nel II libro dei Re la quale, non<br />

solo si preoccupava della salute corporale dei suoi figli, ma anche di quella eterna; così<br />

fa la Vergine Santa con le anime del Purgatorio che Ella gradisce aiutare anche<br />

attraverso di noi con la partecipazione alla Santa Messa.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp.145-146.<br />

Argomento<br />

Il soccorrere le Anime benedette del Purgatorio ad onor di Maria<br />

col mezzo della S. Messa, sia lo stesso che impegnar Maria SS.ma<br />

a soccorrerci particolarmente in Vita e dopo Morte<br />

Resta, donna cotanto rinomata nelle Divine Scritture, ci vien descritta nel<br />

secondo Libro de’ Re (cap. 22) per una Madre così amante dei propri Figli,<br />

che non contenta di aver loro assistito in vita con una premura veramente<br />

materna, anche qualora succedeva la morte dei Figli, tutta anziosa della loro<br />

salvezza, se ne stava sopra i loro corpi, sinchè dal cielo non stillasse un po’ di<br />

rugiada o di acqua benefica sopra di loro, donec stillaret aqua super eos de coelo 3 .<br />

Una figura molto viva può esser questa, miei Riveriti Uditori, dell’amorosa<br />

premura che ha di noi Cristiani la nostra benignissima Madre delle misericordie,<br />

Maria SS.ma. Non contenta essa di tanto assisterci e proteggerci in<br />

vita, ecc., si mostra ancor tutta sollecita dopo la morte, ecc., sintanto che,<br />

ecc. Ma siccome sa essa molto bene, che noi con le nostre buone operazioni<br />

e divozioni, possiam molto soccorrer quelle Anime benedette del Purgatorio,<br />

ed in particolar con la S. Messa, perciò (e servirà per mio Assunto) può dirsi<br />

pur francamente che il soccorrer le Anime benedette del Purgatorio ad onor di<br />

Maria col mezzo della S. Messa, sia lo stesso che impegnar Maria SS.ma a soccorrerci<br />

particolarmente in Vita e dopo Morte.<br />

3 Finchè stillasse acqua dal cielo sopra di loro.<br />

252<br />

1. Si dimostri l’amore e la compassione che ha la Vergine a quelle Anime,<br />

ecc., e come si dichiari obbligata a chi le soccorre, ecc. Esempio del<br />

Ximenez, ecc.; esempio del P. Girolamo Carraglio (Auriem. par. 2, fol.<br />

325). Quel che disse a S. Brigida, ecc. (Auriem fol. 330).<br />

2. Quanto s’impegneranno appo la Vergine le stesse Anime liberate, ecc.<br />

3. Perché più con la S. Messa, che con altri mezzi? Non già perchè anche<br />

con altri, ecc. (vedi Manoscritti dottrin.). Vedi infine del Messale dei<br />

Morti i testi dei SS. Padri, ecc.<br />

253


SERMONCINO VI<br />

Sabato 16 Febbraio 1754<br />

Dopo aver spiegato il significato della Santa Messa, la grande riverenza che le si<br />

deve e i benefici che da essa vengono per i vivi e i defunti, don <strong>Marcucci</strong> presenta ai<br />

suoi ascoltatori la spiegazione dell’entrata del Sacerdote in sagrestia, prima di celebrare;<br />

della sua preparazione per la Messa e del lavarsi le mani prima di vestirsi<br />

degli abiti sacerdotali.<br />

Ciò deve servire per stimare sempre più la Messa e per parteciparvi con una grande<br />

disposizione devota.<br />

L’argomento viene sviluppato in sei punti, in modo più ampio del solito.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 146-149.<br />

Argomento<br />

Si spiega il significato degli Abiti Sacerdotali e dell’apparecchio;<br />

e particolarmente dell’entrata in Sagrestia che fa il Sacerdote<br />

e del lavarsi delle mani e delle orazioni preparatorie<br />

Dilucidati ormai abbastanza e spiegati almeno in generale tutti i principali<br />

Divini Misteri della S. Messa ed il suo gran valore sì a pro dei Vivi che<br />

a giovamento dei buoni Fedeli defunti; ed accennata la gran riverenza che<br />

si deve a sì Sacrosanto Sacrifizio e la stima grande che deve farsene da<br />

ognuno: è pur’ora, Uditori, d’incominciare a discendere al particolare e<br />

così farvi parte a parte riflettere agli alti misteriosi significati di tutte<br />

quelle cose e cerimonie sacre che precedono la S. Messa, che l’accompagnano<br />

e che la seguitano. Ed affin di non cagionarvi confusione, ma di proceder<br />

con tutto l’ordine, contentatevi che per oggi io mi contenga sulla spiegazione<br />

di tre sole cose, cioè dell’entrata del Sacerdote in Sagrestia affin di<br />

celebrare; della sua Preparazione per la Messa; e del suo Lavarsi le mani<br />

prima di vestirsi degli Abiti Sacerdotali. Mi direte, non esser queste di<br />

quelle cose che a tutti voi appartengono, spettando solo a noi Sacerdoti il<br />

farle. Vi rispondo, a noi tocca farle realmente, a voi poi, che tanta parte<br />

avete nel Santo Sacrifizio a cui assistete, a voi, dico, tocca farle spiritualmente<br />

per cavar profitto dalla S. Messa. Eccovi pertanto l’Assunto:<br />

L’entrata del Sacerdote per celebrar la sua Preparazione e il suo lavarsi delle<br />

mani prima di vestirsi, con tutti quei Misteri che rappresentano tali<br />

254<br />

Cerimonie, debbono servir a tutti e di motivo per far semprepiù una grande stima<br />

della Messa e per ascoltarla con una grande disposizione divota. Chi sarà divoto di<br />

Maria SS.ma ben capirà quanto ciò sia vero. Vediamolo intanto; ed attendete.<br />

1. Le cose, a parlar con giusta proporzione e con relazione adeguata, le<br />

cose, dico, quanto più sono nobili e preziose, o di rimarco, tantopiù<br />

riscuotono anche nel mondo un nobile apparato ed accompagnamento.<br />

L’Incoronazione di un Re, a cagion di esempio, per esser cosa di sì alta<br />

stima e dignità nel Mondo; perciò grandiosi apparati le precedono; e di<br />

tutto ciò che in apparecchio a tal funzione si premette, minima cosa si<br />

stima a caso; ma tutto con alto e buon’ordine ha il suo significato allusivo<br />

alla funzione solenne e nobilissima da farsi.<br />

2. Or se ciò accade nelle cose e funzioni del Mondo, molto più, Uditori,<br />

succede nelle funzioni senza paragone di gran lunga più nobili, quali<br />

son quelle celesti, ecc. Or la S. Messa, voi lo sapete, è la principale e più<br />

degna funzione, ecc., istituita, ecc. Sicchè tutte le Cerimonie che la precedono,<br />

od acompagnano, ecc, non sono state inventate a caso, ecc., ma<br />

con alta Divina Provvidenza, ecc.<br />

3. Ma per discorrer solo del principio di tali cerimonie e delle prime tre<br />

cose che occorrono, ecc. ecco che l’entrata del Sacerdote in Sagrestia, od in<br />

altro sito della Chiesa per celebrare, rappresenta l’entrata di Gesù Cristo in<br />

questo Mondo, cioè quando si incarnò per noi, ecc. per andare poi a celebrar<br />

egli stesso quel Sacrifizio che fece di sé sull’Altar della Croce, ecc.<br />

4. La Preparazione, ecc. significa quell’apparecchio che Gesù fece<br />

nell’Orazione dell’Orto di Getsemani, ecc. Il Lavarsi delle mani denota<br />

che quell’Agnello Divino che da se stesso andava ad offrirsi, era tutto<br />

Puro, Santo ed Immacolato, ecc.<br />

5. Questo è il senso allegorico che serve per la stima, ecc. veniamo al<br />

Tropologico. L’Entrata, ecc. significa entrar con attenzione, ecc. e non svagato.<br />

La Preparazione, esser tutto raccolto, ecc. Il Lavarsi, netto di<br />

coscienza, ecc. Il che serve per accostarsi con disposizione, ecc.<br />

6. Esempio del Sacerdote di Lovanio, ecc. (Auriemma, par. 2, fol. 159).<br />

255


SERMONCINO VII<br />

Sabato 23 Febbraio 1754<br />

Don <strong>Marcucci</strong> si sofferma a riflettere sulla preghiera che il sacerdote rivolge alla<br />

Vergine Santa, invocata come Madre di pietà e di misericordia, prima della celebrazione<br />

eucaristica per chiedere la sua assistenza. Anche i fedeli devono ricorrere con<br />

tutto l’affetto alla Vergine per partecipare con grande profitto alla Santa Messa.<br />

L’Autore sviluppa l’argomento in cinque punti.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 149-154.<br />

Assunto<br />

Uno tra gli ottimi apparecchi per udir con profitto la S. Messa<br />

è il ricorrer con calde preghiere alla gran Vergine Nostra Signora<br />

Dato già di piglio alla spiegazione della Sacra Liturgia o sien Cerimonie<br />

Sacre della Messa e dilucidate le tre prime cose, che fa il Sacerdote prima<br />

che dei Paramenti Sacri si vesta, cioè l’Ingresso nella Sagrestia, la<br />

Preparazione e la Lavanda delle mani; ogni dover vorrebbe che io in questa<br />

sera a scifrarvi incominciassi gli alti Misteri, che sotto i Paramenti Sacri si<br />

ascondono. Ma, siccome nella Preparazione sola, tuttoché in gran parte<br />

spiegata, varie altre cose nuove da dilucidarsi vi restano; contentatevi che<br />

io anche di questa vi favelli in questa sera. Or dovete voi sapere, che tra le<br />

divote orazioni e suppliche, che la Santa Chiesa ha per modo di consiglio<br />

e di doverosa pietà prescritte a noi Sacerdoti nell’Apparecchio o sia<br />

Preparazion che facciamo per celebrare, una ve ne ha divotissima e molto<br />

tenera, diretta alla Gran Vergine Nostra Immacolata Signora, che incomincia<br />

con una dolce Invocazione O Mater pietatis et Misericordiae, Beatissima<br />

Virgo Maria, ego miser et indignus peccator ad te confugio toto corde et affectu, che<br />

vale a dire o Madre di pietà e di misericordia, Maria V. Beatissima, ecco<br />

che io miserabile ed indegno Peccatore a te ricorro con tutto l’affetto del<br />

mio cuore, affin mi assisti in sì tremendo Sacrifizio. Alto, Uditori. Che<br />

vuol dir questo? Vuol dir, che siccome per noi Sacerdoti uno dei migliori apparecchi<br />

per la S. Messa è il ricorrer con tutto l’affetto alla Vergine; così lo deve esser<br />

per voi affin di udirla degnamente e con grande profitto. Questo sarà l’Assunto<br />

di questa sera, se favorirete con la vostra attenzione darmi campo di dimostrarvelo.<br />

Incominciamo.<br />

256<br />

1. Che una delle migliori preparazioni e degli efficaci apparecchi, in<br />

riguardo a noi Sacerdoti per degnamente celebrar la S. Messa ed in<br />

riguardo a voi Laici per degnamente udirla, sia il raccomandarsi di buon<br />

cuore ed il ricorrer con tutto l’affetto alla Gran Vergine, è, Uditori miei,<br />

così evidente; che chiunque a rifletter si pone a quel gran Sacrifizio<br />

della Croce, che nella S. Messa si rappresenta, non potrà non conoscer<br />

chiaro quanto io vi proposi.<br />

2. Voi lo sapete, che mentre lassù nel Calvario in sù la Croce stava Gesù<br />

pendente ed agonizzante per noi, sacrificando se stesso all’eterno Padre<br />

per la salute di tutto il Mondo, la più vicina alla Croce, la più divota ed<br />

ossequiosa Assistente a quel Sacrifizio cruento fu la Gran Vergine: stabat<br />

juxta, ecc. Or se la S. Messa è una viva e vera rappresentanza di quel<br />

Sacrifizio, bisogna pur dire, che la Vergine tra tutte le pure Creature più<br />

di ogni altra assista a quei Sacerdoti, che a nome del suo Divin Figlio,<br />

a nome loro e di tutta la Chiesa fanno il Sacrifizio suddetto. Quindi il<br />

pregarla con tutto il cuore e con tutto l’affetto della sua speziale<br />

Assistenza, non è altro che un supplicarla a rinnovar quell’Assistenza<br />

che ella fece al suo caro Figlio; e per conseguenza averla tutta pronta,<br />

tutta fedele, tutta benigna e premurosa all’aiuto.<br />

3. E tale appunto è il motivo, che pone la Chiesa per muover la Vergine<br />

ad assisterci in occasion della Messa in quella Orazione da me pocanzi<br />

citata. Uditelo: Ut sicut dulcissimo Filio tuo in cruce pendenti adstitisti, ita<br />

mihi... clementer assistere digneris 4 , ecc.<br />

4. Quindi, a che querelarci talvolta noi Sacerdoti delle distrazioni, del<br />

poco fervore e profitto? ecc. A che lamentarvi voi Laici del poco frutto<br />

in udirla? ecc. Eccone uno dei motivi. Non ricorriamo alla Vergine, non<br />

la preghiamo di cuore, ecc.<br />

4 Perché come hai assistito il tuo dolcissimo Figlio pendente in croce così ti possa degnare<br />

di assistere me pietosamente.<br />

257


5. Del resto se la pregassimo, ecc., chi potrebbe ridire le care assistenze, ecc.<br />

Lo dica S. Bernardo, che indispensabilmente prima di celebrare divotamente<br />

ricorreva alla Vergine con una Supplica molto divota, ecc. Lo dica<br />

S. Idelfonso Arcivescovo di Toledo, ecc. (a cui dalla Vergine fu data una<br />

ricca Pianeta). Lo dica S. <strong>Francesco</strong> di Sales, che prima di celebrar recitava<br />

ed esortava a recitar o l’Ave Maris Stella, o altra Orazione, ecc. E così<br />

tanti e tanti altri. Ma per tutti serva il celebre fatto ed esempio del B.<br />

Gondisalvo Arcivescovo di Toledo, che vivea nel secolo duodecimo.<br />

Questi era visitato dalla Vergine prima di celebrare, ecc. Ricevette una<br />

Pianeta Bianca nella mattina dell’Immacolata Concezione e la Rivelazion<br />

del mistero, ecc. Vedi i Dodici Privilegi al Privilegio 3, n. 10.<br />

258<br />

SERMONCINO VIII<br />

Sabato 2 Marzo 1754<br />

Don <strong>Marcucci</strong> comincia a spiegare il significato delle vesti che il sacerdote indossa<br />

per celebrare la santa Messa. Il primo indumento è l’ammitto che, nel suo significato<br />

mistico-allegorico, rappresenta il lino o velo con il quale fu coperto il capo e il<br />

volto di Gesù nel pretorio di Pilato. L’ammitto, in senso mistico-tropologico, ossia<br />

morale, ci ricorda che dobbiamo armarci e coprirci con la santa Fede che è l’elmo della<br />

salute per degnamente assistere al santo Sacrificio. Poiché la Madre di Dio è maestra<br />

della fede, dobbiamo ricorrere a Lei per ben partecipare alla Santa Messa.<br />

L’argomento viene sviluppato in tre punti, presentati in forma schematica.<br />

Alla fine del Sermoncino l’Autore annota che per la malattia da lui sofferta, sino a<br />

tutto maggio, il Signor Abate Ferrucci, suo cugino, seguitò i sermoncini sopra gli<br />

Abiti sacerdotali.<br />

Anche l’anno precedente, a motivo della predicazione del Quaresimale a Montalto,<br />

don <strong>Marcucci</strong> affidò quella dei sabati mariani ad alcuni amici. Ciò mostra il suo<br />

interesse per la continuità di questa iniziativa culturale-devozionale, presa con tanta<br />

convinzione e zelo e della sua capacità di coinvolgere altri.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 154-156.<br />

Argomento<br />

Per degnamente assistere alla S. Messa si richiede una gran Fede<br />

e bisogna far divoto ricorso alla Gran Vergine, che della Fede è maestra<br />

Lodi pur siano al Pontefice S. Gregorio. Questo illuminato dottore del<br />

Cristianesimo, riflettendo alle opere Sacrosante e divine fatte in sua vita da<br />

Gesù Signore nostro, pensò e fondatamente pensò e disse, che il divin<br />

Redentore con le opere sue divine insegnar sempre ci volle, non solo il fatto<br />

che ai nostri occhi appariva, ma ancor qualche mistero e significato che a pro<br />

di noi sotto quel fatto ei teneva recondito ed intendeva. Aliud ipse nos docet<br />

rebus, aliud sensu 5 . Serva, a cagion di esempio, il fatto obbrobrioso che il<br />

Redentore Divino per noi soffrir volle di farsi dai manigoldi coprire e velare<br />

il Volto nel Pretorio di Pilato. Due cose con questo egli insegnar ci volle; una<br />

5 Egli ci insegna una cosa con i fatti, un’altra con il significato.<br />

259


cioè che egli quella obbrobriosa copertura e velatura di volto soffrir volle,<br />

(e questo si dice fatto, Istoria o Senso Letterale); l’altra cosa è, che così ancor<br />

noi dovevamo volentieri a suo riguardo velarci gli occhi ed il volto con la<br />

S. Fede, credendo a lui fermamente senza curarci di ragioni e di prove (e questo<br />

è il mistero e si dice Senso Mistico - Allegorico). Or una consimil ragione<br />

milita, R(iveriti) U(ditori), nei fatti e nelle Cerimonie di Chiesa Santa:<br />

aliud ipsa nos docet rebus, aliud sensu. Quel che essa ci presenta agli occhi, quegli<br />

Abiti, quei Riti che ci fa vedere, non solo ci rappresentano quel fatto e<br />

quell’eterna azione; ma qualche altra cosa mistica ed ascosa cosa significa.<br />

E giacché della S. Messa seguitar dobbiamo la spiegazione e racconto e sulla<br />

Liturgia dei Paramenti Sacri Sacerdotali siam giunti; prendete voi per esempio<br />

la prima cosa che il Sacerdote si pone in parandosi, voglio dire il Sacro<br />

Ammitto. Con questo tre cose c’insegna la Chiesa; cioè primo, che il Sacerdote<br />

così deve incominciarsi a vestire, ecc.: e questo è il puro fatto. Secondo, che<br />

quell’Ammitto rappresenta quel Lino o Velo col quale fu coperto il Capo e il<br />

Volto sacro di Gesù Cristo dai manigoldi nel Pretorio di Pilato: e questo è il<br />

Senso Mistico-Allegorico. Terzo, che così dobbiam armarci e coprirci con la<br />

S. Fede, che è l’elmo della Salute, per degnamente assistere al S. Sacrifizio: e<br />

questo è il Senso Mistico-Tropologico o sia morale. Or fermiamoci qui in<br />

questa sera: e formiamone un Assunto. Giacché per degnamente assistere alla<br />

S. Messa si richiede una gran Fede e bisogna far divoto ricorso alla Gran Vergine,<br />

che della Fede è maestra. Attenti e lo vedrete.<br />

1. Si provi che la Fede è necessaria per la S. Messa, ecc.<br />

2. Che la Vergine è la Maestra della Fede, ecc.<br />

3. Il vantaggio di chi a Lei abbia fatto ricorso, ecc.<br />

(Vedi Auriemma, ecc., Prato fiorito, ecc.)<br />

260<br />

SERMONCINO IX<br />

Sabato 15 Giugno 1754<br />

Dopo la lunga malattia, durante la quale è stato sostituito nella predicazione sul tema<br />

degli abiti che indossa il sacerdote per celebrare la Santa Messa, don <strong>Marcucci</strong> riprende il<br />

tema, nell’ottava del Corpus Domini parlando dell’introito della Messa e della ricompensa<br />

che Maria SS.ma dona a chi vi assiste devotamente e in suo onore.<br />

L’argomento è sviluppato in modo completo in sette punti.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 157-161.<br />

Argomento<br />

Quanta ricompensa Maria dia a chi ad onor suo assiste divotamente<br />

alla Messa (uscita del Sacerdote, introito, ecc.)<br />

Mille e ben mille ragioni voi avreste, Uditori miei Riveriti, di querelarvi di me,<br />

se dopo la tante volte ratificata promessa di spiegarvi a minuto tutto ciò che<br />

riguarda il S. Sacrifizio della Messa; alla fine, dopo sì lungo, benché forzato,<br />

silenzio tenuto su di tal Mistero, non ridassi principio una volta a favellarvene.<br />

Certo è che pare che il Cielo stesso e tutta la Chiesa Cattolica si uniscano in questi<br />

tempi ed a risvegliare i pii desideri vostri, ed a rammentare a me le mie<br />

obbligazioni con l’occasione dell’amorosa e sacrosanta Ottava che ora in tutto il<br />

Cattolico Mondo si celebra del SS.mo Sagramento. Per soddisfarvi adunque,<br />

richiamando prima alle vostre menti, quanto negli scorsi mesi udiste sopra la S.<br />

Messa, e cioè come essa era una viva Rappresentazione e Rinnovazione della ultima<br />

Cena fatta dal Redentore agli Apostoli, e di quel Sacrifizio che egli fece di se<br />

stesso sulla Croce per la Redenzione di tutto il Mondo: ed inoltre, che essa era<br />

di un sommo valore sì per li Vivi, che per li pii fedeli Defunti: e che non solo il<br />

Sacerdote era quegli che offriva a Dio il Sacrifizio; ma gli Assistenti tutti l’offrivano<br />

insiem con Lui, tanta era la parte che essi ci avevano: e rammentandovi<br />

anche quanto da me, ed in mia mancanza udiste dagli altri sopra i Sacri Abiti<br />

Sacerdotali: eccomi finalmente che ripigliando in quest’oggi la Sacra Liturgia,<br />

do principio a favellarvi sopra l’uscita del Sacerdote per celebrare e sopra l’Introito<br />

della Messa. La gran Regina del Cielo e Nostra Immacolata Signora assister si<br />

degni e voi e me in questo famigliare discorso: tanto più che voi vedrete quanta<br />

ricompensa essa dia a chi ad onor suo assiste divotamente alla Messa ed io m’ingegnerò<br />

di mostrarvelo succintamente. Incominciamo.<br />

261


1. Vestito pertanto dei Paramenti Sacri il Sacerdote, ecco tutto raccolto<br />

(almeno così succeder dovrebbe) parte dal Luogo ove si apparecchiò e si<br />

vestì; e s’invia verso il Sacro Altare; ed ivi giunto si apparecchia ad incominciare<br />

l’Introito o vogliam dire Entrata della Messa.<br />

2. Io per me, Uditori, lo confesso che al rifletter su di questo sol fatto, non<br />

so come il Sacerdote estatico tutto di Amore non si trovi in tal congiuntura;<br />

e non capisco, come voi ogni qualvolta vi assistete, non vi troviate<br />

a tal vedere tutti bagnati di lacrime per la gran tenerezza. Voi già<br />

sapete, che tutte le funzioni sacre che o precedono, o accompagnano, o<br />

seguono la S. Messa; sono tutte cose misteriose, allusive alla Vita,<br />

Passione e Morte del nostro Signor Gesù Cristo. Or quali misteri, credete<br />

voi che da questa uscita del Sacerdote parato e da questa sua andata<br />

all’Altare, si rappresentino? Ve li dica per me Ugone di S. Vittore<br />

(in Spec. cap. 7). Uditelo di grazia: Procedit Sacerdos ad Altare: hic admirare<br />

Verbum Divinum Passioni destinatum, quod egreditur de Sinu Patris 6 .<br />

E vuol dire a chiare note, ecco, o Cristiani, qualora vedete voi uscire<br />

parato il Sacerdote e portarsi al Sacro Altare per ivi dir Messa, riempitevi<br />

di alto stupore e di una molto tenera maraviglia; poiché questo vi<br />

rammenta come il Verbo Divino ab eterno generato dal divin Padre,<br />

giunto il tempo da lui determinato, dal Seno del Padre discese nel Seno<br />

della Gran Vergine; e come già Vittima volontariamente destinata alla<br />

Croce per la Redenzione del Mondo, diede principio al suo Sacrifizio.<br />

Cosicché alla vista del Sacerdote che si porta all’Altare dovete pur dire<br />

voi, Uditori miei, ecco che il mio Gesù per me si porta a sacrificare se<br />

stesso al suo Divin Padre per ottenermi il perdono e col perdono tutti i<br />

Beni e l’eterna salvezza.<br />

3. Dispostesi poi dal Sacerdote o da altri in sua vece, le cose per il<br />

Sacrifizio; egli disceso a piè dell’Altare, fatta la debita riverenza, oppur<br />

genuflessione, dà con il Segno di Santa Croce e con alcuni Sacri Versetti,<br />

del Salmo 42, dà, dissi principio all’Introito ossia entrata della Messa.<br />

6 Procede il Sacerdote verso l’altare: qui ammira il Verbo Divino destinato alla passione<br />

che esce dal seno del Padre.<br />

262<br />

Qui fermiamoci alquanto in questa sera, Uditori. E siccome desidero<br />

che minutamente intorno alla Messa restiate istruiti; qui sono a rammentarvi,<br />

che la S. Messa, quanto alle sue tre Parti essenziali, cioè<br />

Oblazione, Consecrazione e Comunione, fu istituita dal nostro Signor Gesù<br />

Cristo; e ciò è di fede. Quelle Orazioni e funzioni sacre poi che la precedono,<br />

o la accompagnano, o la seguono, furono istituite in parte dagli<br />

Apostoli, e in particolar S. Pietro e da S. Giacomo minore; ed in altra<br />

parte dai Sommi Pontefici e da altri Santi Vescovi. Tanto vero, che noi<br />

sappiamo dall’Epistola che S. Gregorio Papa scrive a Giovanni Vescovo di<br />

Siracusa, che ai tempi degli Apostoli alle tre Parti sopraddette essenziali<br />

della Messa non si aggiungeva altro che la divota Recita del Pater<br />

Noster. In progresso poi di tempi, furono aggiunte dalla Chiesa le altre<br />

Preghiere e Cerimonie Sacre.<br />

4. Bene, direte voi, s’è così; chi dunque vi aggiunse e vi stabilì l’Introito, di<br />

cui favelliamo? Rispondo, che volendo noi seguitar la Cronologia<br />

Liturgica del Bellarmino, l’Introito fu aggiunto e stabilito circa l’anno<br />

425 da S. Celestino Papa; e si raccoglie dalla Vita dello stesso S. Pontefice.<br />

5. Incomincia pertanto il Sacerdote a dire col segnarsi, In Nome del Padre,<br />

ecc. Io mi presenterò all’Altare di Dio. Risponde il Servente a nome suo e<br />

vostro, Di quel Dio, che mi empie di allegrezza e di robustezza tale, come se<br />

mi ringiovanisse. Ripiglia il Sacerdote, dicendo a Dio che sia suo Giudice,<br />

che lo liberi dalla Gente non santa e dalle Persone inique e fraudolenti.<br />

E così a vicenda col Servente, va supplicando Iddio, or che lo illumini,<br />

or che lo conforti ed animi; or che lo riempia di Speranza, così tirando<br />

sino al Confiteor (che tralasceremo per altro Sabato).<br />

6. E voi intanto all’udir ciò che fate? Io mi figuro che nei secoli antichi,<br />

quando i Cristiani tutti intendevano il Linguaggio della Messa, ecc.<br />

Ma voi forse, perché, ecc.<br />

7. E su ricorrete alla Vergine, ecc. Il B. Pietro Cisterzio che con grande<br />

divozione assisteva a molte Messe in onor di Maria; fu veduto dopo<br />

morte da un S. Monaco, circondato di grande splendore tra i cittadini<br />

del Cielo (March., Diar. Sacr., 11 Genn.).<br />

263


SERMONCINO X<br />

Sabato 22 Giugno 1754<br />

Nel X Sermoncino, don <strong>Marcucci</strong> spiega in sette punti la preghiera del Confiteor<br />

che definisce una devota ed umile confessione di tutti i nostri peccati dinanzi a Dio,<br />

alla Vergine, agli angeli, ai santi e ai presenti. Essa fu introdotta nella Santa Messa<br />

circa l’anno 233 dal Sommo Pontefice San Ponziano martire che probabilmente compose<br />

egli stesso.<br />

Il sacerdote, che pure rappresenta Gesù, la recita per imitare la sua umiltà nel<br />

farsi uomo e nell’addossarsi tutte le nostre colpe. La preghiera del Confiteor nella<br />

Messa e fuori della Messa cancella i peccati veniali.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 161-164;170.<br />

Argomento<br />

L’umile confessione ed il pentimento sincero di nostre colpe,<br />

innanzi alla Vergine; e l’umile Invocazione del suo Aiuto;<br />

è un gran mezzo per ottenere il perdono<br />

(Confiteor con l’altro rimanente dell’Introito)<br />

Se ne stava presso all’Altare uno dei Sommi Sacerdoti del vecchio<br />

Testamento, chiamato dagli Ebrei Jehosciúah, che noi diremmo Jesúa,<br />

Figliuolo di Josedecco. E se ne stava, come lo vidde il Profeta Zaccaria,<br />

vestito tutto di abiti sordidi e bersagliato e tentato dal demonio, che a lui<br />

vicino, anzi posto alla sua destra, non cessava di affliggerlo e molestarlo.<br />

Quando alla fine il Sommo Sacerdote, alzando insiem con gli occhi il Cuor<br />

tutto umiliato e compunto al Cielo, confessando sinceramente le colpe sue,<br />

ed implorando e di Dio e degli Angioli santi il soccorso; ecco che lo stesso<br />

Profeta Zaccaria vide, che tosto un Angelo, spogliandolo di quelle sordide<br />

vestimenta, rivestir lo fece di nobili e ricche e coronare ancora con un<br />

diadema di molto vivi ed illuminati splendori: talchè così degnamente<br />

offrire a Dio potesse i suoi Sacrifizi (Zach. 3, 23). Figura ancor fu questa,<br />

Uditori riveriti, di quel che tuttodì avvenir suole e a noi Sacerdoti e a voi<br />

assistenti al divin Sacrifizio, qualor con la debita divozione a tanto Mistero<br />

ci andiam preparando con quella general Confessione, che noi Confiteor<br />

diciamo; e che oggi, come vi promisi, spiegar appunto vi voglio. Da cui<br />

poi caveremo, che il Confessar le nostre colpe con grande compunzione innanzi<br />

264<br />

alla Vergine e l’invocarne calorosamente il suo aiuto, riesce di grande efficacia per<br />

impetrarne, sua mercè, dal suo Divin Figlio il perdono. Non mi mancate di<br />

attenzione; e do principio.<br />

1. Animatisi e sempre più isperanzatisi vicendevolmente ai piedi<br />

dell’Altare il Sacerdote ed il Popolo o sia il Servente, con quelle<br />

Orazioni dell’Introito, spiegatevi nel Sabato scorso; appena dettosi dal<br />

Sacerdote, che egli spera e crede che tutto l’aiuto per degnamente offrire<br />

il Sacrifizio tremendo ha da venir dalla parte di Dio; Adiutorium<br />

nostrum in nomine Domini 7 : ed appena udito ciò ratificarsi dal Servente,<br />

che a nome suo e del Popolo tutto assistente, gli risponde, dicendo, sì,<br />

sì, per certo: ha da venire il nostro aiuto dalla parte di quel Dio onnipotente,<br />

che di nulla ha fatto il Cielo e la Terra, Qui fecit Coelum et<br />

Terram 8 . Appena ciò avvenuto, ripeto, ecco che il Sacerdote passa alla<br />

umile e divota Recita del Confiteor.<br />

2. È questo Confiteor una divota ed umile Confession generale, come voi<br />

sapete, che noi facciamo di aver peccato con i pensieri, con le parole e<br />

con le opere; Confessione che facciamo innanzi a Dio, innanzi alla<br />

Vergine, innanzi agli Angeli, ai Santi tutti ed al cospetto ancor di<br />

chiunque ci si trova presente: ed uniamo sempre a questa Confessione<br />

una divota Preghiera alla Vergine, agli Angeli, ai Santi tutti e a tutti<br />

gli Astanti che preghino caldamente Iddio per noi, per il perdono delle<br />

nostre colpe commesse.<br />

3. Fu ordinato ed aggiunto al principio ed Introito della S. Messa questo<br />

Confiteor circa l’anno 233 di Nostra Salute, dal Sommo Pontefice San<br />

Ponziano Martire: e siccome noi non abbiamo dalle Istorie Ecclesiastiche<br />

memoria, che una tal Confessione o Confiteor si fosse mai recitata dai<br />

Cristiani antichi prima di S. Ponziano, perciò convien pur asserire, che<br />

egli ne fosse ancora il primo Autore che la componesse e che poi ne<br />

ordinasse la Recita nella Messa, come già fece.<br />

7 Il nostro aiuto è nel nome del Signore.<br />

8 Che ha fatto cielo e terra.<br />

265


4. Dice dunque il Sacerdote a capo chino, tutto umiliato, divoto e compunto<br />

(così almeno esser dovrebbe), Io confesso a Dio onnipotente, ecc.<br />

Indi risponde il Popolo e a nome del Popolo il Servente, Abbia misericordia,<br />

ecc.<br />

5. Ma come, direte voi, come mai il Sacerdote recita il Confiteor? Non fa<br />

egli la figura di Gesù Cristo? ecc. Rispondo, a gran ragione lo recita e<br />

come rappresenta la Persona, ecc.; e come riconosce se stesso per<br />

Peccatore, ecc. Come rappresenta la Persona di Gesù Cristo, perché la<br />

Recita del Confiteor, come degnamente riflette il Durando lib. 4, cap. 7,<br />

significa l’abbassamento del Verbo Divino nel farsi Uomo e pigliar la<br />

forma di Peccatore; e, come aggiunge dottamente il piissimo Cardinal<br />

Corsi Vescovo di Rimini, significa ancora quell’addossarsi che fece sopra<br />

di sè tutti i peccati del Mondo, affin di pagarli a costo di tanto Sangue<br />

e della sua Vita su nel calvario.<br />

6. Lo recita poi per se stesso il Sacerdote, perché dovete voi sapere che è<br />

certissimo ed indubitato che la divota Recita del Confiteor, cancella i<br />

Peccati veniali. Essendo appunto a tal’effetto stata istituita ed ordinata<br />

la Recita sì nella Messa, che fuori della Messa. Onde il Sacerdote per<br />

purgarsi, ecc. (vedi Murat. Regol. Divoz., fol. mihi 207).<br />

7. Or da qui argomentar voi potete ancora quanto giovi confessar innanzi<br />

alla Vergine, ecc. Esempio di quel Soldato, che andando per sfogar, ecc.,<br />

ed entrato in una Chiesa della Vergine, ecc.<br />

266<br />

SERMONCINO XI<br />

Sabato 6 Luglio 1754<br />

Don <strong>Marcucci</strong> spiega in otto punti ben sviluppati il significato allegorico e morale<br />

dell’invocazione greca Kyrie eleison. Gli storici pensano che essa sia stata introdotta<br />

nella Santa Messa al tempo di S. Iginio I Papa e Martire, di nazione Greca, che<br />

morì nella metà del secondo secolo circa. L’insistente richiesta della misericordia di<br />

Dio con il Kyrie è un bisogno dell’uomo dopo il peccato di origine che ha colpito l’intero<br />

universo.<br />

I fiori percepiscono il danno subito con la presenza delle spine e perfino il sole con<br />

le sue macchie. Dio ha però promesso nella pienezza dei tempi la salvezza attraverso<br />

il Figlio che si incarna in Maria, ecco perché abbiamo tanto bisogno della sua intercessione,<br />

durante e fuori la Santa Messa.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 165-170.<br />

Argomento<br />

Quanto abbiam bisogno e in tempo di Messa<br />

e fuori di Messa della Intercessione di Maria<br />

Kyrie eleison<br />

Peccò l’incauto nostro Progenitore Adamo e con lui anche noi tutti peccammo.<br />

E da questo peccato riconobbe tosto il Mondo tutte le sue sciagure, sino<br />

i fiori le loro spine, sino il Sol le sue macchie. Più di tutti però le riconobbe<br />

l’Uomo col vedersi esiliato dal diritto della Patria beata, ricolmato di infiniti<br />

guai, ridotto misero schiavo dell’Infernale Dragone. Grazie bensì al misericordiosissimo<br />

Iddio, che appena Adamo ebbe peccato, pubblicò colà nel<br />

Paradiso Terrestre gli alti suoi eterni disegni di volersi, in un giorno nella<br />

pienezza dei tempi vestir di Umana Carne, e così redimer l’Uomo da tanti<br />

gran mali. Ciò palesò ad Adamo, anzi sino allo stesso Serpente. Ciò promise<br />

al Patriarca Abramo, divisandogli sino la stirpe, da cui nascer dovea: ciò rinnovò<br />

con tutti gli altri Patriarchi e Profeti dell’antico Testamento. Or da<br />

questa infallibil promessa, da questa certissima Rivelazione avuta e continuata<br />

per più migliaia di secoli, nacquer, Uditori miei, quei sì vivi ed infocati<br />

desideri della Venuta del Messia e Redentore promesso, che ebbero mai<br />

sempre tutti i Santi Padri della Legge vecchia e che noi non senza tenerezza<br />

udiam talora dal sacro Testo. Or siccome di tutto ciò che riguarda la venuta,<br />

267


e la vita e morte di Gesù Cristo vero ed unico Redentore e Messia, di tutto<br />

ripeto, ne abbiam e facciam la Memoria, nella S. Messa; perciò anche di questo<br />

vivo ed acceso desiderio dei Padri, viva figura e memoria è l’Introito ed<br />

entrata della Messa; che perciò dal Sacerdote si replica due volte, cioè una<br />

volta ai piè dell’Altare, ed un’altra volta in diversa maniera, salito<br />

sull’Altare, qualor segnandosi incomincia a legger il Messale: due volte,<br />

dico, si replica, per meglio esprimer le vive brame e gli accesi desideri dei<br />

Padri intorno alla Venuta del Redentore Divino. Mi trovo io già di avervi<br />

spiegato l’Introito, che benché replicato, gode il significato medesimo: e vi<br />

ricordo avervi divisato, significar esso non solo il desiderio dei Padri, ma la<br />

stessa Venuta ed entrata di Gesù Cristo nel Mondo, mediante l’ineffabil<br />

mistero della sua divina Incarnazione nel purissimo Ventre di Maria.<br />

Contentatevi dunque, che io in questa sera dal secondo Introito passi a quel<br />

che immediatamente segue, cioè al Kyrie eleison: e vi assicuro, che da lì poi<br />

capirete quanto abbiam bisogno e in tempo di Messa e fuori di Messa della<br />

Intercession di Maria. Di grazia attendete. Incomincio.<br />

1. Dettosi dunque dal Sacerdote l’altro Introito nel messale, se ne passa<br />

divotamente in mezzo all’Altare e dice a vicenda col Popolo, rappresentato<br />

dal Servente, il Kyrie eleison,Christe eleison; replicandosi ciò nove<br />

volte vicendevolmente insieme. Ed eccovene il significato, l’istoria e il<br />

mistero. Attenti.<br />

2. Quanto al significato. La voce Kyrie è una voce puro Greca, che significa<br />

Signore. Così eleison pure è voce tutta Greca, che vuol dire abbi misericordia<br />

di noi, ecc.<br />

3. Quanto all’Istoria, ecc. se vogliamo andar rintracciando chi fossero gli<br />

Inventori del Kyrie, non si pone in dubbio che non fossero i Padri Greci;<br />

e che essi fossero i primi che l’aggiungessero nella S. Messa. Io qui non<br />

voglio porre già in questione se la S. Messa fosse prima detta dai<br />

Sacerdoti Cristiani in Lingua Greca, o in Lingua Latina. Mentre, siccome<br />

è certo che tutto il nuovo Testamento fu dagli Apostoli ed<br />

Evangelisti scritto in Lingua Greca (eccettuandone l’Evangelio di<br />

S. Matteo, che fu scritto in Ebraico): essendo a quei tempi la Lingua<br />

Greca molto capita e parlata non solo nell’Oriente, ma insino nel nostro<br />

268<br />

Occidente, ed insino in Roma, ove da quaranta e più mila Greci erano<br />

impiegati chi su di un Magistero e chi su di un altro: così pare fuor di<br />

ogni dubbio, che le prime Orazioni che recitasse la Cristianità, ver. gr.<br />

il Pater Noster, il Credo, l’Ave Maria, le recitasse in Greco: e poi col<br />

tempo; essendo tradotte in Latino, fossero anche in Latino recitate,<br />

come oggi.<br />

4. Quindi lo stesso può e deve dirsi della S. Messa, che prima fosse stata<br />

dagli Apostoli e dai loro Successori recitata in Lingua Greca; indi trasportata<br />

in Lingua Latina. Ciò chiaramente appare dallo stesso Kyrie<br />

eleison, che se vogliam credere al Durando lib. 2, cap. 13, si ritrova nella<br />

Sacra Liturgia Greca, che S. Marco ordinò in Alessandria e S. Giacomo<br />

minore in Gerosolima.<br />

5. Il più forte istorico appoggio si è che noi troviamo che i Santi Vescovi<br />

e Padri Greci accomodarono e stabilirono le orazioni e le loro cerimonie<br />

della S. Messa (non già a tempo di Adriano I Pontefice, come forse<br />

per abbaglio disse il Gavanti), ma bensì al tempo di S. Iginio I Papa e<br />

Martire, di nazione Greca e che ordinò il canto della Messa e morì circa<br />

la metà del secondo Secolo della Chiesa. Onde al detto S. Pontefice<br />

Iginio attribuir si deve l’aggiunta del Kyrie nella Messa in Lingua<br />

Greca.<br />

6. Ai tempi poi di S. Silvestro Papa, cioè circa un Secolo e mezzo dopo, fu<br />

dallo stesso Sommo Pontefice (cioè da Silvestro) aggiunto il Kyrie nella<br />

Messa in Lingua Latina e abbracciato da tutta la Cristianità latina. Vero<br />

è però che eziandio sin di allora si incominciò a dire il Kyrie nella Messa<br />

Latina, non si ripeteva se non una o due volte. S. Gregorio Magno Papa<br />

poi, che morì sul principio del Secolo settimo, stabilì che tra il<br />

Sacerdote e il Popolo o sia Servente si replicasse nove volte, cioè tre volte<br />

all’eterno Padre, tre volte all’eterno Figlio Umanato, e tre volte all’eterno<br />

Spirito Santo; come poi ce lo spiegò Innocenzo III Sommo Pontefice<br />

e dopo di lui l’Angelico S. Tommaso. Eccovi l’Istoria.<br />

7. Passiamo al misterioso significato della Recita del Kyrie eleison nella<br />

Messa. Significa:<br />

269


I. (senso allegorico) le Orazioni e le calde Preghiere degli antichi<br />

Patriarchi e Profeti, i quali chiedevano a Dio Misericordia sopra di<br />

loro e di tutto il Mondo, con il mandare il promesso e tanto sospirato<br />

Messia, ecc.<br />

II. (senso morale) significa il bisogno che ha il Sacerdote e il Popolo<br />

della divina Misericordia per celebrar ed offrir degnamente sì santo<br />

Sacrificio, ecc.<br />

III. significa il bisogno che abbiamo che Iddio ci usi pietà sempre e<br />

venga spiritualmente con la sua S. Grazia nell’Anima nostra, ecc.<br />

8. Or da qui argomentate voi, Uditori, il gran bisogno che abbiamo<br />

dell’Intercessione di Maria SS.ma per essere esauditi nel Kyrie eleison, ecc.<br />

270<br />

SERMONCINO XII<br />

Sabato 13 Luglio 1754<br />

Don <strong>Marcucci</strong> continua con tenacia ed accuratezza la spiegazione della santa<br />

Messa che qui affronta in modo approfondito in dieci punti. Paragona la vastità dell’argomento<br />

al Continente americano; ricorda lo stupore dei suoi ascoltatori quando,<br />

all’inizio della trattazione della santa Messa, disse loro che avrebbe impiegato un<br />

anno a spiegare l’argomento, un po’ come accadde a Cristoforo Colombo che, dopo aver<br />

scoperto l’America, ci vollero tanti altri navigatori per esplorarla e conoscerla.<br />

L’argomento del Sermoncino è la spiegazione del Gloria in excelsis, del Saluto<br />

Dominus vobiscum, dell’Oremus prima dell’Epistola e del rapporto che esse hanno con<br />

Maria SS.ma.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 171-177.<br />

Argomento<br />

Sopra il Gloria in excelsis, il Dominus vobiscum che segue<br />

e l’oremus prima dell’Epistola<br />

Allorché il grande e sempre memorabile piissimo Cristoforo Colombo, Gloria<br />

della nostra Italia e particolarmente di Genova sua Patria, allorché, dissi, verso<br />

la fine del secolo decimoquinto, propose a Ferdinando V Re di Spagna ed alla<br />

Regina Donna Isabella, la scoperta di una nuova gran parte del Mondo, che<br />

appellarsi poteva un Mondo nuovo: vi furono al certo in Toledo ed in altre parti<br />

della Spagna, chi stupefatti di tale proposta, la stimarono falsa non solo, anziché<br />

impossibile. Ma poi quando il Colombo la pose in effetto con i suoi Viaggi e<br />

con le sue nuove Scoperte; tutti si arresero e confessarono che il Colombo solo non<br />

bastava a raggiugner e scoprir sì gran parte del Mondo; ma vi volle il grande<br />

Americo ancora pur Italiano e Fiorentino: e tanti e tanti altri Viaggiatori, che tuttodì<br />

scoprono nuove Isole e nuove Terre delle Indie Americane. Un consimil<br />

successo, mi sia qui lecito suggerirvelo, è avvenuto sul sacro nostro Fatto della<br />

Santa Messa. Qualor io vi proposi di volervene favellar per un anno intero, vi fu<br />

al certo chi tra voi restò sopraffatto, dicendo cosa mai costui vorrà dir sempre di<br />

nuovo intorno alla S. Messa. Ma ora che ci siamo ingolfati in sì vasto mare ed<br />

andiamo scoprendo sempre più Misteri nuovi: e voi ed io, è duopo, che confessiamo,<br />

che se non per un anno, ma per tutta ancor la mia Vita discorrer ve ne<br />

volessi; non finirei: e neppur finirebbero quanti mai altri vi fossero, che seguis-<br />

271


sero le mie pedate. Nulla di meno, mi protesto che per esser breve al possibile,<br />

varie cose tralascio; ed altre che vi ridico, voi lo vedete, se quanto succintamente<br />

ve ne favello. Or in questa sera vi discorrerò di tre cose, cioè dell’Inno Gloria<br />

in excelsis, del Saluto Dominus vobiscum che segue e dell’Oremus che viene appresso,<br />

prima della Epistola.<br />

Da tutte e tre le cose vedrete quanta parte abbia Maria SS.ma nella S. Messa<br />

e quanta necessità abbiam noi del suo soccorso. Di grazia attendete e do<br />

principio (si raccomandi infine la frequenza e la premura, ecc.).<br />

1. Affine di non modificare l’ordine altre volte tenuto, cioè di spiegarvi<br />

prima il significato delle Parole, poi la storia, indi il Mistero; eccomi al<br />

significato. Dettosi pertanto dal Sacerdote in mezzo all’Altare il Kyrie<br />

eleison qualor non sia Messa Votiva o di Requie, o altra eccettuata nelle<br />

Rubriche, dice egli immediatamente l’Angelico Inno Gloria in excelsis<br />

Deo, poi dà il sacrosanto Saluto del Dominus vobiscum, indi si porta al<br />

Messale a recitar l’Oremus di una o più Orazioni.<br />

2. Quale sia il significato delle Parole dell’Inno Gloria in excelsis Deo et in Terra<br />

pax hominibus bonae voluntatis, voi tutti facilmente lo raffigurerete, giacché<br />

più volte avrete tutti udito, aver così cantato gli Angeli nella Notte del S.<br />

Natale, come ci assicura il Vangelo; ed aver detto, Sia glorificato Dio in Cielo<br />

ed abbiano pace in Terra gli uomini di buona volontà. Sin qui dissero gli Angeli;<br />

e perciò da noi vien chiamato Angelico Inno. Quelle Lodi poi e glorificazioni<br />

che vi aggiunge la Chiesa, cioè Laudamus te, benedicimus te con quel che<br />

segue sino al fine, essendo così chiare ed intelligibili da ognuno che vi stia<br />

attento; mentre ognuno intende che ivi si danno lodi, benedizioni, adorazioni<br />

e ringraziamenti a Gesù Cristo; e che si prega replicate volte che abbia<br />

pietà e misericordia di noi, essendo egli solo il Santo, egli solo il Padrone,<br />

egli solo l’Altissimo insieme con lo Spirito Santo nella Gloria di Dio Padre.<br />

Quindi basta lo starci attento per parte del Popolo ed il recitarlo con posatezza<br />

e divozione per parte del Sacerdote, affin che sia già da tutti capito.<br />

3. Finito il Gloria rivolgendosi il Sacerdote al Popolo, lo saluta col<br />

Dominus vobiscum, cioè a dire il Signore sia con voi; rispondendo il<br />

Servente a nome del Popolo et cum spiritu tuo, cioè sia ancora nel tuo<br />

Spirito. Il che si fa più volte dal Sacerdote nella Messa:<br />

272<br />

I. Per rinnovar e ricordar con tal saluto l’attenzione a tutti gli<br />

Assistenti;<br />

II. Per ricordare a tutti che per cavar profitto dalla S. Messa, si richiede<br />

l’assistenza del Signore e perciò convien disporsi a riceverla con la<br />

contrizione e divozione.<br />

4. Indi passa il Sacerdote al Messale e dice al Popolo tutto, Oremus, cioè facciamo<br />

Orazione, preghiamo Iddio invitando con ciò il Popolo a dimandar<br />

insieme con Lui le Grazie da Dio per li meriti infiniti del Sangue di Gesù:<br />

terminando perciò sempre l’Orazione dell’Oremus, con quel Per Jesum<br />

Christum Dominum nostrum. Or questa Orazione che il Sacerdote dice in<br />

quest’Oremus si chiama col nome di Colletta, appunto perché tale Orazione<br />

si fa dal Sacerdote anche da parte del Popolo colletto, cioè radunato insieme,<br />

come spiega Alcuino; ed anche si dice Colletta per significare che il<br />

Popolo se debet colligere, ut oret, come dice S. Bonaventura, cioè deve star<br />

tutto raccolto, affin d’implorar da Dio quel che dal Sacerdote a Dio si chiede<br />

in quella Orazione. E ciò sia detto quanto al significato delle Parole del<br />

Gloria, del Dominus vobiscum e dell’Oremus o sia Colletta seguente.<br />

5. Passiamo brevemente alla Storia, vedendo per erudizione chi aggiunse<br />

alla Messa le tre cose suddette. Il Gloria in excelsis Deo fu aggiunta alla<br />

S. Messa circa 130 anni dopo la Nascita di Gesù Cristo, da S. Telesforo<br />

Papa, di Nazione Greco: così ci attesta Innocenzo III nel suo Libro 2<br />

De Mysteriis Missae, al capo 20; e lo ricaviamo anche dall’Epistola 1 scritta<br />

dallo stesso Santo Pontefice Telosforo e fu quel Papa che ordinò tre<br />

Messe nel dì del S. Natale: onde a Lui deve ascriversi tutto ciò che segue<br />

al Gloria, cioè che egli compose Laudamus te, benedicimus te, ecc. sino al<br />

fine; ma lo compose in Greco; e perciò per la Messa in Lingua Greca.<br />

Al tempo poi di S. Ilario Vescovo Pictaviense, cioè di Poitiers in Francia,<br />

cioè circa il 350, essendo stato dallo stesso Santo tradotto in Latino il Gloria<br />

intero, vi fu aggiunto nella Messa in Lingua Latina; come dice il Bovio.<br />

6. Circa il Saluto del Dominus vobiscum, essendo antichissimo sino ai tempi<br />

dei Profeti, non vi ha dubbio che ai tempi degli Apostoli si usasse.<br />

Possiamo noi ascrivere a S. Celestino I, cioè a quello che stabilì l’Introito,<br />

averlo inserito nella Messa.<br />

273


7. Che dirò poi intorno all’Oremus cioè all’Orazione o sia Colletta? Certo è<br />

che anche gli Apostoli recitavano nella Messa alcune Orazioni o<br />

Collette; come ce ne assicura Origene Hom 11 in Jevem . Questi Oremus<br />

e queste Orazioni e Collette che ora sono nella Messa in Lingua Latina,<br />

siccome sono varie; così vari ne sono stati gli Autori, sempre però con<br />

l’approvazion dei Pontefici e della Chiesa. Molti Oremus e molte<br />

Orazioni e Collette del Messale, furono composte da S. Ambrogio e<br />

disposte da S. Gelasio Papa. Altre varie ne compose e dispose il<br />

Pontefice San Gregorio Magno. E ciò quanto alla Istoria.<br />

8. Veniamo ai Misteri delle tre cose suddette. Il Gloria in excelsis ci rappresenta<br />

la Nascita di Gesù Cristo: il Segno di Croce, infine del Gloria, ci<br />

figura la sua Circoncisione: il Dominus vobiscum la manifestazione che Gesù<br />

fece di sé ai Santi Re Magi: l’Oremus con l’Orazione e Colletta ci rappresenta<br />

le Orazioni fatte in tempo che Gesù dalla sua SS.ma Madre fu presentato<br />

al Tempio nelle Braccia del Vecchio Simeone. Così c’insegnano<br />

vari Pontefici e moltissimi Sacri Dottori. O quanti adorabili Misteri!<br />

Chi non stupisce, chi non rimane perciò estatico nella S. Messa? ecc.<br />

9. Vedete dunque, Uditori, se quanta gran parte ha Maria SS.ma nella<br />

S. Messa, ecc. Ben ciò lo conobbero gli antichi Cristiani. Prima che il<br />

Sommo Pontefice S. Pio V riformasse il Messale Romano, io trovo in<br />

gravi Autori (Gavant. Rubr. De Missal, part. 1, tit. 8, prop. fin.) che in<br />

fine del Gloria nella Messa in onor della Vergine si diceva dai Sacerdoti<br />

antichi, Tu solus sanctus Mariam sanctificans; tu solus Dominus Mariam<br />

gubernans: tu solus Altissimus, Mariam coronans 9 , ecc.<br />

10. L’esempio di S. Lorenzo Giustiniano, divotissimo della Vergine, che<br />

celebrando nella Notte del S. Natale, vide il S. Bambino, ecc.<br />

9 Tu solo il Santo che santifica Maria; Tu solo il Signore che governa Maria; Tu solo<br />

l’Altissimo che incorona Maria.<br />

274<br />

SERMONCINO XIII<br />

Sabato 20 Luglio 1754<br />

Il sermoncino è sviluppato in 11 punti e si sofferma a spiegare il significato<br />

dell’Epistola, del Graduale e dello spostamento del Messale, quando e perché entrarono<br />

in uso.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp.178-180.<br />

Argomento<br />

Dell’Epistola e Graduale e il trasferir del Messale<br />

Se mai ho da voi bramata, Uditori, l’attenzione, oggi sì, ecc. Io vi spiegherò:<br />

i misteri che nell’Epistola, nel Graduale e nella traslazione del Messale da<br />

una parte all’altra, si contengono. E da ciò vedrete ancora sempre più la grande<br />

efficacia del Patrocinio di Maria.<br />

1. Recitatesi pertanto dal Sacerdote nel Messale quella Orazione (o<br />

Orazioni), chiamata Colletta, come dicemmo nello scorso Sabato. Si passa<br />

da Lui alla recita della Epistola. Indi, rispostosi dal Servente Deo Gratias,<br />

si recita il Graduale composto di alcuni versetti dei Salmi o di altro Libro<br />

della Scrittura. Poi cessa il Sacerdote di leggere e si porta a recitar inchinato<br />

in mezzo all’Altare alcune orazioni sotto voce, ed intanto il Servente<br />

trasferisce il Messale da una parte all’altra dell’Altare, ecc.<br />

2. Qui, Uditori, vi protesto, che tuttoché il mio stile sia di spiegarvi<br />

prima il senso delle Parole dal Latino in Italiano, indi contarvene<br />

l’Istoria, poi discifrarvene il Mistero; non posso in questa sera soddisfarvi<br />

quanto al primo, cioè al tradurvi in nostra Lingua l’Epistola e il<br />

Graduale, perché non sempre si leggono e corrono le medesime Epistole<br />

ed i Graduali medesimi. Onde lasciate che io venga alla storia.<br />

3. Che l’Epistola si fosse introdotta nella Messa sino ai tempi degli Apostoli nei<br />

primi secoli della chiesa, non mancano classici Autori che ce lo testificano,<br />

per certo ed indubitato. Vero è non di meno, che sul principio del secondo<br />

secolo della chiesa Sant’Alessandro Papa e Martire stabilì che sempre nella<br />

Messa si recitasse l’Epistola; forse perché prima or si recitava, ed or no.<br />

275


4. Il quesito, Epistola vuol dir Lettera, ecc. Or se nella Messa non solo si<br />

leggono le Epistole, ma ancor le Lezioni dei Libri Sapienziali, dei<br />

Proverbi, dei Cantici, dell’Ecclesiastico, ecc.; come allora si può chiamar<br />

Epistola? R. Perché quando fu introdotta l’Epistola, si leggevano<br />

solo le Epistole di S. Paolo; sul principio poi del quinto secolo, dopo<br />

S. Anastasio Papa e Martire, furono incominciate a leggere anche le<br />

Epistole di altri Apostoli e le Lezioni di altri Libri della Sacra<br />

Scrittura.<br />

5. Quanto al Deo Gratias, cioè sia ringraziato Iddio, fu incominciato ad<br />

usare ai tempi di S. Agostino, cioè circa il quarto e quinto secolo:<br />

avendo allora questo in uso tutti i Monaci e Religiosi e Cristiani di<br />

così salutarsi quando si incontravano. Anticamente però, quando<br />

l’Epistola era di S. Paolo, invece di Deo gratias, si rispondeva Pax<br />

tecum cioè la Pace sia con voi, come ci racconta S. Agostino nella sua<br />

Lettera 163.<br />

6. Quel che il Sacerdote poi dice dopo l’Epistola vien chiamato Graduale vi<br />

fu aggiunto da S. Celestino I Pontefice circa l’anno 428; fu detto<br />

Graduale, perché talora si cantava dagli Assistenti nel primo ed infimo<br />

gradino dell’Altare; talvolta vicino ai Gradini dell’antico Ambone che era<br />

una specie di Pulpito. (In tempo però Pasquale si lascia il Graduale ed<br />

in sua vece si dicono soltanto due Sacri Versetti). Vi si aggiunge poi<br />

l’Alleluja dopo il Graduale; fuorché nei tempi lugubri, come di<br />

Settuagesima, ecc., invece dell’Alleluja si dice il Tratto, aggiuntovi da<br />

S. Celestino Papa e così detto perché anticamente si cantava con voce<br />

tratta cioè contratta, mesta, lugubre.<br />

7. Veniamo alla spiegazione dei Misteri. L’Epistola che si dice al Corno<br />

sinistro o alla sinistra parte dell’Altare, significa la Predicazione di<br />

S. Giovanni Battista, che invitava gli Uomini a Penitenza e così a prepararsi<br />

con la Penitenza a ricevere e seguitare il Nostro Signore Gesù<br />

Cristo, vero ed unico Messia e Redentore del Mondo.<br />

8. E qui, Uditori, dite su, a quante Messe, ecc.? Or ogni volta vi è stata<br />

predicata la Penitenza, ecc. e voi, ecc.?<br />

276<br />

9. Il Graduale significa il pianto e le Lagrime dei Giudei e degli altri<br />

Peccatori convertiti da S. Giovanni Battista. Vedete, se mai ha significato,<br />

Uditori, le vostre Lagrime, ecc. Dopo il Graduale segue immediatamente<br />

l’Alleluja, Voce Ebraica composta, che ha molti significati, uno<br />

dei quali è Nobiscum Deus, Sii con noi, o Signore; ed è anche come una<br />

Intersezione di allegrezza, significando l’allegrezza degli Angeli e di<br />

tutto il Cielo per la conversione dei Peccatori.<br />

10. Finalmente il trasferir del Messale da una parte all’altra denota, che non<br />

avendo voluto gli Ebrei riconoscere ed accettar Gesù Cristo, sono stati<br />

abbandonati da Dio e lasciati nel loro errore e nella loro ostinata perfidia;<br />

e fu trasportata l’evangelica predicazione al Popolo Gentile, ecc.<br />

11. (Sopra la Madonna SS.ma, ecc.; quanto necessario il suo Patrocinio, affin<br />

ci arrendiamo, ecc. e facciam penitenza; ed otteniamo il perdono, ecc.).<br />

277


SERMONCINO XIV<br />

Sabato 27 Luglio 1754<br />

Il sermoncino si presenta come schema sviluppato in 8 punti; si sofferma a spiegare<br />

il significato della lettura del Vangelo e della proclamazione del Credo. Per comprendere<br />

e vivere bene il Vangelo e le verità di fede occorre l’assistenza di Maria.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 181-182.<br />

Argomento<br />

Evangelio e Credo<br />

Pare strano, Uditori, a prima vista, che ai Cristiani seguaci del S. Vangelo,<br />

predicar si debba il Vangelo medesimo, ecc. Vi spiegherò i misteri che nel<br />

S. Vangelo e nel Credo si contengono; da cui caverete quanto sia necessaria<br />

l’Assistenza di Maria, ecc.<br />

1. E per ripigliare il solito stile di spiegare il senso, l’istoria ed i misteri, ecc.<br />

Finita dunque l’Epistola ed il Graduale, passa il Sacerdote nel mezzo<br />

dell’Altare a prepararsi per la pubblicazion del S. Vangelo, pregando il<br />

Signore a mondarlo, farlo degno, benedirlo ed assisterlo, ecc. Indi passando<br />

al corno destro, alquanto rivolto al Popolo, lo saluta col Dominus,<br />

ecc. Poi seguita Sequentia, ecc. e si segna. Indi dice il Vangelo. Risponde<br />

il chierico Laus tibi. Indi lo bacia, ecc. Il Popolo in piedi, ecc. Indi passa<br />

a recitare il Credo, che è il Simbolo del Concilio Costantinopolitano I.<br />

Indi dice Dominus, ecc.<br />

2. Istoria, ecc. Anche gli Apostoli leggevano il Vangelo nella Messa. Lo confermò<br />

poi con decreto circa il principio del 2 secolo S. Alessandro I,<br />

Pontefice e Martire.<br />

3. Il Simbolo, ai tempi degli Apostoli si diceva il loro, come ci conta<br />

S. Dionisio Aeropagita. S. Marco Papa, successor di S. Silvestro, decretò<br />

la recita del Simbolo Niceno. Quello poi che oggi si dice, cioè il Simbolo<br />

Costantinopolitano, lo decretò S. Damaso circa il secolo quarto.<br />

278<br />

4. Il Mistero, ecc. (Evangelium vox greca, idest bonum nuntium, ecc.); il<br />

Vangelo significa la Predicazione di Gesù Cristo, ecc.<br />

5. Segna il Sacerdote sopra il Messale e si segna sulla fronte, bocca e petto,<br />

per denotar che a faccia scoperta, con la Lingua e con il cuore deve predicare<br />

e confessar Gesù Cristo crocefisso e la sua S. Fede. E così far deve<br />

ogni fedel Cristiano.<br />

6. Si alza il Popolo in piedi per significar la prontezza in ubbidirlo e difenderlo<br />

(cioè il Vangelo, ecc.).<br />

7. Si dice immediatamente il Credo, per denotar che il frutto, ecc. è la confession<br />

dei Misteri ed Articoli: ed il Credo significa la conversion degli<br />

Apostoli e dei Discepoli; e la promulgazione fatta della S. Fede.<br />

8. Or quanto dunque sia necessaria l’assistenza di Maria, ecc. un esempio,<br />

ecc.<br />

279


SERMONCINO XV<br />

Sabato 3 Agosto 1754<br />

Don <strong>Marcucci</strong> riprende la spiegazione del Credo iniziata il sabato precedente, non<br />

per esaurirne la spiegazione perché ciò richiederebbe troppo tempo, ma soltanto per aiutare<br />

i fedeli a recitarlo con più fede e devozione. Ciò è molto gradito alla Santa<br />

Vergine, definita da San Idelfonso “signaculum fidei”.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 182-185.<br />

Argomento<br />

Si ripete il Credo<br />

Non lo abbiate a discaro 10 , Uditori, se avendovi io già ultimamente favellato<br />

in generale del Simbolo o sia Credo, in questa sera, dispensandomi da<br />

ogni altra spiegazione della Messa, ridia mano al Credo stesso per favellarvene<br />

a parte. Essa è un’orazione di troppa importanza, che dovrebbe essere<br />

al certo spiegata parte a parte su di ogni Articolo. Ma lasciando ciò all’incarico<br />

dei Parrochi e dei Catechisti, a me basta in questa sera dirvene a<br />

parte tanto, quanto basti per farvelo in avvenire o sentir con più riverenza,<br />

o recitar quel che sapete con più divozione. Dal mio discorso poi caverete<br />

se quanto gradisca la Vergine, recitato sia il Credo con viva fede e con gran<br />

riverenza, come già esser deve recitato. Basta mi favoriate di attenzione: e<br />

lo vedrete.<br />

1. E qui non aspettiate da me, che io seguendo il mio stile, voglia stare a<br />

recitarvi e tradurvi in nostra Lingua volgare quel Simbolo o sia Credo, che<br />

per ordine e decreto del Pontefice San Damaso, noi Sacerdoti nei giorni<br />

non impediti recitar dobbiamo nella Messa. No, non aspettate questo:<br />

perciocché sapete già voi tutti in Lingua anche volgare quel Simbolo<br />

o Credo, composto dagli Apostoli, che in sostanza è lo stesso che quello<br />

che diciam noi nella Messa.<br />

10 Non abbiatelo a male.<br />

280<br />

2. Neppur aspettar potrete da me la spiegazione del Mistero che vien contenuto<br />

nella recita del Credo nella Messa, giacché altra volta vi dissi,<br />

significar la Conversione fatta dagli Apostoli in tutto il Mondo; a<br />

significare ancora, come in noi il sentire il S. Vangelo e la Parola di Dio,<br />

deve tosto produrre il prender una Vita a tenor del Vangelo medesimo.<br />

3. Contentatevi adunque che ve ne dia qualche notizia istruttiva ed istorica<br />

e poi qualche documento.<br />

Quel che noi adunque chiamiamo comunemente il Credo, dai Sacri<br />

Concili e dai Santi Padri fu detto Simbolo. Questa voce Simbolo è voce<br />

Greca, che in nostra Lingua direbbe Segno, Indizio, Regola: onde Simbolo<br />

della Fede non vuol dir’altro che Segno della Fede, o Regola della Fede e del<br />

nostro Credere. Or quando gli Apostoli incominciarono a predicar la<br />

S. Fede di Gesù Cristo, siccome i Cristiani novelli non potevano ritener<br />

a mente tutti in una volta gli articoli che dovevano credere; e di più<br />

venivano inquietati e dagli ebrei e dai Gentili, chi con impugnare una<br />

cosa, chi con il trasentire un’altra; che fecero gli Apostoli; convenuti<br />

insieme prima di prepararsi tra loro alla predicazione, ecc.; composero<br />

una Regola, dove racchiusero tutta la Fede in dodici Articoli, ecc.; la<br />

quale servisse per Norma stabile, immutabile e certa della Fede in tutto<br />

il Cattolico Mondo. E questa Norma, questa Regola la dissero Simbolo<br />

ecc. Così ci attesta S. Leone Papa, S. Agostino e gli altri Padri tutti.<br />

4. Essendo poi insorte contro la S. Fede e la S. Chiesa Cattolica varie empie<br />

eresie, particolarmente dell’empio Ario, ecc., nel concilio Niceno I nell’anno<br />

325, sotto San Silvestro Papa, fu fatto un altro Simbolo, non già<br />

diverso da quello degli Apostoli; ma in difesa di quello degli Apostoli,<br />

ecc. Ma siccome vari empi eresiarchi, come Marcione, Fotino, Apollinare,<br />

Macedonio ed altri, avevan disseminate varie altre eresie, contra il Simbolo<br />

Niceno, stiracchiandolo chi in un modo e chi in un altro; perciò lo stesso<br />

Simbolo Niceno fu più chiaramente spiegato dal Concilio Costantinopolitano<br />

I., sotto San Damaso Papa: ed è quello che noi diciam nella Messa, ecc.<br />

5. Ma siccome nell’Oriente, andavan sossopra le cose, per la malignità<br />

degli Ariani, che accusavano Sant’Atanasio, come loro Partitante, ecc.;<br />

perciò egli fece in un foglio volante un Simbolo sopra il Mistero della<br />

281


SS. Trinità e della Persona di Gesù Cristo nell’anno 360, che è quello<br />

da noi recitato nell’Uffizio a Prima, ecc. così riconosciuto da S. Gregorio<br />

Nazianzeno, da Eugenio IV, da S. Tommaso e dalla Chiesa nella Rubrica,<br />

ecc. Altri lo attribuiscono a Vigilio Tappense, ecc.: ma è del secolo V, ecc.<br />

6. Onde tre sono i simboli, uno ad Instructionem, alterum ad defensionem,<br />

alterum ad explorationem, ecc.<br />

7. Dev’esser recitato con viva fede e con grande riverenza, ecc. Perciò deve<br />

esser ben saputo in Lingua volgare. Così si usava nei primi secoli della<br />

Chiesa, ecc. Recitato così con fede viva e riverenza giova contro le tentazioni,<br />

ecc.; fa fuggire i demoni, ecc.; fortifica, ecc.<br />

Gli esempi di quel Nobile raccontato da Cesareo, ecc., di S. Pietro<br />

Martire, ecc.; di quella buona donna, ecc.<br />

La Vergine detta signaculum fidei da S. Idelfonso.<br />

282<br />

SERMONCINO XVI<br />

Agosto 1754<br />

ASC 35, p. 185 11<br />

SERMONCINO XVII<br />

Sabato 31 Agosto 1754 12<br />

Argomento<br />

Il Lavabo, Offerimus et Orate fratres<br />

ASC 35, p. 185<br />

11 Solo titolo.<br />

12 Il Sermone ha soltanto i titoli seguenti della trattazione: Il Lavabo ecc., Offerimus ecc.,<br />

Orate fratres ecc.<br />

283


SERMONCINO XVIII<br />

Sabato 14 Settembre 1754<br />

Il XV Sermoncino è l’ultimo sull’argomento della Santa Messa iniziato da vari<br />

mesi. L’Autore sceglie di concludere il tema benché ricorra la vigilia liturgica della<br />

festa del nome di Maria di cui ha parlato l’anno precedente.<br />

L’esposizione si snoda su cinque punti in modo molto schematico, come la maggior<br />

parte dei Sermoncini di questa serie.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp.185a (137-138).<br />

Argomento<br />

Segrete e Prefazio<br />

Si dica nel Proemio, che correndo la vigilia dell’augustissimo Nome di<br />

Maria, non si sa se debba parlarsi di tal Nome, oppur ripigliar il filo della<br />

S. Messa; si conchiuda, che avendo nell’Anno scorso detto molto del primo,<br />

è più proprio dir della seconda: tanto più che in tal’occasione cade anche in<br />

acconcio commemorarsi dell’augustissimo Nome, ecc.<br />

1. Dettosi dunque dal Sacerdote l’orate fratres, ed aspettatosi che si risponda<br />

dal Servente, ecc., passa egli sotto voce a recitar certe orazioni, che<br />

appunto dal dirsi segretamente, vengon chiamate Segrete. Indi nella lor<br />

chiusa Per dominum nostrum, dicendola pur segreta, alza la voce al Per<br />

omnia saecula saeculorum, ed incomincia il Prefazio, ecc.<br />

2. Queste orazioni Segrete sono antiche e di numero son tante, quante son<br />

quelle della Colletta, in principio, ove dice l’Oremus prima dell’Epistola,<br />

ecc.<br />

3. Prefazio, idest Praelocutio, cioè è un parlare che si fa al Popolo, un Canto<br />

prima d’incominciare il SS.mo canone.<br />

Al certo è antichissimo. Undici sono i Prefazi, ovvero il Prefazio è di<br />

undici parti, secondo le feste. Nove dei quali sono i più antichi, cioè<br />

quello di Pasqua, dell’Ascensione, di Pentecoste, del Natale (che si dice<br />

anche nel Corpus Domini), dell’Epifania, della SS. Trinità, della Croce,<br />

degli Apostoli e della Quaresima: e tutti e nove, come molto antichi<br />

284<br />

furono numerati ed approvati dal Pontefice Pelagio II, circa gli Anni<br />

585. Prima di questi nove ve ne è uno, il più antico, ed è il comune, istituito<br />

ed approvato da S. Leone Papa I circa l’Anno 450. L’ultimo, cioè<br />

l’undecimo, è quello della Madonna SS.ma, aggiunto ed istituito da<br />

Urbano II circa il 1095 di Nostra Salute.<br />

4. (Si spieghi il Prefazio, ecc.) Si conchiude sempre il Prefazio con l’Inno<br />

o sia Trisagio Angelico Sanctus, ecc.; conchiudendosi poi sotto voce, con<br />

il Tripudio dei fanciulli ebrei Benedicans qui venit 13 , ecc.<br />

5. Il Mistero, ecc. Le Segrete rappresentano i Negoziati che facevano gli<br />

ebrei occultamente contro il Redentore.<br />

Il Prefazio significa l’entrata solenne ed il Trionfo di Gesù in<br />

Gerusalemme nel Giorno delle Palme ed il Canto dei fanciulli con<br />

Hosanna, ecc. (Innocens III lib. 2 cap. 61).<br />

13 Benedetto colui che viene.<br />

285


CAP. V<br />

SERMONCINI<br />

PER LA FESTA DI MARIA SS.MA ASSUNTA<br />

(1754-1769)<br />

286 287


Introduzione al capitolo<br />

Il capitolo raccoglie sei brani sulla festa dell’Assunta conservati tutti nella miscellanea<br />

ASC 23. Il primo sermone del 1754, fu recitato nel monastero delle Vergini,<br />

mentre gli altri nella chiesetta dell’Immacolata delle Religiose omonime.<br />

L’Autore prepara l’uditorio all’ascolto del racconto della gloria di Maria in cielo<br />

con vari esempi. Immagina che Gesù le venga incontro e la porti al trono del Padre<br />

dove è incoronata regina degli angeli, dei santi e nostra. Ella è nostra Avvocata,<br />

Madre e Rifugio presso il trono della divina misericordia!<br />

Spesso don <strong>Marcucci</strong> conclude il sermone con una preghiera di lode a Maria e di<br />

invito agli ascoltatori perché si affidino alla sua dolce intercessione.<br />

288 289


SERMONCINO FAMILIARE<br />

Recitato nel venerabile monastero delle Vergini<br />

nella festa della SS.ma Vergine detta del Rifugio (il 15 Agosto) 1754<br />

Il Sermoncino, scritto in bella e chiara grafia dal <strong>Marcucci</strong>, fu recitato da una religiosa<br />

dell’Immacolata Concezione “dentro il venerabile monistero delle Vergini, nel 1754” 1 .<br />

Un bell’esempio di promozione della donna consacrata e di comunione tra Istituti religiosi.<br />

Fin dall’inizio della fondazione, don <strong>Marcucci</strong> aveva scritto omelie, sermoncini e catechesi per<br />

le sue Religiose Pie <strong>Opera</strong>ie che poi esse proclamavano ai vari destinatari 2 .<br />

Il Sermoncino, dopo il proemio, si sviluppa in sette punti e si propone di spiegare come<br />

“Iddio con il darci la sua Madre per nostro Rifugio, ci ha dato un mezzo assai sicuro per<br />

eternamente salvarci”, Ella è infatti definita Rifugio dei peccatori.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> già dal 1752 aveva deciso di celebrare questa festa il giorno<br />

dell’Assunzione di Maria 3 . Possiamo dunque dedurre che l’attuale sermoncino venga recitato<br />

il 15 agosto.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 49-56.<br />

1 Il monastero di santa Maria delle Vergini ad Ascoli Piceno confinava con quello di Sant’Egidio<br />

e si trovavano, lungo Corso Mazzini. Nel 1774 mons. <strong>Marcucci</strong>, mentre era Vicegerente di<br />

Roma, ricevette dal papa Clemente XIV l’incarico di delegato apostolico per quietare i due<br />

monasteri, entrati in attrito a motivo di una costruzione. Le monache di Santa Maria delle<br />

Vergini volevano erigere una sacrestia nella proprietà delle monache di Sant’Egidio, fuori della<br />

clausura. Queste ultime rifiutarono di dare il permesso perché ciò avrebbe tolto molta luce al<br />

loro refettorio. Mons. <strong>Marcucci</strong> difese i diritti delle monache di sant’Egidio, bloccando la<br />

costruzione (Cf. MARIA PAOLA GIOBBI in Il Palazzo <strong>Marcucci</strong> ad Ascoli Piceno, dal XVI al XX<br />

secolo, Ascoli Piceno 2007, pp. 78-79).<br />

2 Il Triduo e sermone per la festa dell’Immacolata Concezione del 1747, scritti dal Fondatore, furono recitati<br />

rispettivamente, Suor Maria Giacoma del SS.mo Sacramento, Suor Maria Rosa dell’Amor di<br />

Gesù, Madre Tecla dell’Immacolata Concezione e Suor Maria Dionisia dello Spirito Santo<br />

(Cf. FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI, Sermoni per il triduo e la festa dell’Immacolata Concezione<br />

(1739-1786), <strong>Marcucci</strong>ana <strong>Opera</strong> <strong>Omnia</strong>, vol. III, Dolo-VE, 2004, pp. 22-40).<br />

3 F. M. MARCUCCI, Sermoncino ventesimosesto, sabato 12 agosto 1752, in occasione che incominciavasi<br />

il Sacro Triduo in apparecchio alla Festa della gloriosa Assunta di Nostra Signora, ed insieme dell’altra sua<br />

Festa sotto il titolo di Rifugio de’ Peccatori, che cade ai 15 di agosto (Cf. ivi pag. 203).<br />

290<br />

Argomento<br />

Iddio con il darci la sua Madre per nostro Rifugio,<br />

ci ha dato un mezzo assai sicuro per eternamente salvarci<br />

È così grande il combattimento che vien cagionato al mio povero cuore da<br />

due affezioni troppo vive e contrarie, voglio dir dal dispiacere e dal contento,<br />

che in me ora provo; che vi assicuro, Ascoltatrici mie stimatissime, mi<br />

fanno star titubante senza potermi appieno risolvere, se in quest’oggi tacere,<br />

oppur favellare io vi debba. Se per un verso io rifletto a quanto misteriosa e<br />

degna sia la Solennità ricorrente dell’eccelsa e gran Regina del Cielo sotto il<br />

glorioso Titolo di Nostro Rifugio; io sopravvinta me ne resto da un dispiacer<br />

molto vivo, che a me di doverne parlare toccata sia l’incombenza. Una<br />

Festività così degna, che abbaglia insino, per così dire, le Serafiche Menti e<br />

le Angeliche Lingue ammutolisce; come mai da una d’intendimento sì corto<br />

e di eloquenza sì scarsa, come appunto son io, potrà essere con i suoi vivi<br />

colori rappresentata? Che se poi dall’altro verso io penso a quanto gradisca la<br />

benignissima Vergine, che insin le più semplici lingue ed inette promulghino<br />

le alte glorie sue e ne ridican le lodi; io vi confesso, che sento di un indicibil<br />

contento e piacere il mio cuore ripieno, in vedermi destinata a consacrar<br />

per la prima volta la mia eziandio rozza lingua con il ridirvi di Maria<br />

Nostro Rifugio le glorie e le grandezze. Ma intanto a qual verso e partito volger<br />

mai mi dovrò ad appigliarmi? Eh ceda pure per questa volta il dispiacere<br />

al contento! Sì, sì, voglio sì favellarvi, al miglior modo che io possa, su<br />

della Solennità che ricorre. Eccovi pertanto un Pensiero che ne ho formato.<br />

Iddio con il darci la sua Madre per nostro Rifugio, ci ha dato un mezzo assai sicuro<br />

per eternamente salvarci. La vostra benigna attenzione accompagni il mio breve<br />

Ragionamento. Ed incomincio.<br />

1. Il grande e sempiterno Iddio, che dopo aver creato l’Uomo ad<br />

Immagine sua, se ne mostrò tanto invaghito, sino a chiamarlo l’oggetto<br />

delle sue delizie, Deliciae meae esse cum Filiis Hominum 4 ; non una no,<br />

ma mille volte e mille si degnò di tener impiegato a pro dell’Uomo il<br />

suo amorosissimo Cuore. Voi osservar ciò potreste, Riverite Ascoltanti,<br />

4 È mia delizia stare con i figli degli uomini.<br />

291


in mille fatti accaduti all’antico Israelitico Popolo il qual’era appunto<br />

nel Testamento vecchio il Popolo eletto da Dio per le sue Divine delizie.<br />

Quanto a me, un solo di tanti avvenuti successi è bastante per rappresentarvi<br />

la Provvidenza di Dio amorosissima. Giunta l’Ebraica<br />

Gente al tanto sospirato possesso della Terra di Canaan ossia Terra<br />

Promessa (che noi diciam Palestina o Terra Santa); e ripartitesi ivi le<br />

dodici Tribù o sieno Generazioni, in cui era diviso tutto l’innumerabile<br />

Popolo; ordina Iddio con premura, che affin il governo ne sia fatto<br />

sempre con tutta equità, ed abbia tra tanta Gente il suo vigor la<br />

Giustizia; ordina, ripeto, che vi sieno eletti dei rettissimi Giudici ed<br />

aperti dei regolatissimi Tribunali. Oimè, miseri infelicissimi Rei! Ecco<br />

non solo a voi doverosamente tolta ogni baldanza e sfrenatezza di vivere;<br />

ma di più rigorosamente preclusa ogni strada di sospender con la<br />

fuga ogni sdegno dei Giudici e di sfuggire i rigori del meritato castigo.<br />

Sì, diciamo noi in tal guisa; ma non così però disse il clementissimo<br />

Iddio. La sua infinita clemenza e misericordia anche verso dei miseri<br />

Rei fece volger l’occhio benigno. Pertanto impose che tra vari<br />

Luoghi e le tante Cittadi di quel vasto Paese, erette e stabilite ve ne<br />

fossero alcune, le quali non sol si chiamasser, ma in realtà divenissero<br />

Città di Rifugio; e così a chi di tanto Popolo la mala sorte avvenisse di<br />

cader in qualche reità, facile si desse lo scampo, se lo volesse, dalla<br />

Giustizia; e tempo si concedesse con il porsi in sicuro nella Città di<br />

Rifugio di aggiustar la sua Causa e di muovere gli animi irritati dei<br />

Giudici alla clemenza.<br />

2. Or le stesse, anzi molto più amorose finezze ha voluto mostrar la<br />

Divina Misericordia sopra di noi Cristiani, che siam’ora il caro e<br />

prediletto Popolo del Testamento nuovo. Si è pur degnato<br />

l’Altissimo di stabilir anche per noi una Città di Rifugio, non già<br />

però vile e materiale come qualcuna delle antiche Cittadi, ma bensì<br />

una Città viva ed animata, rispettata dal Mondo tutto non solo ma<br />

ancor da tutto l’Empireo. Richiamate di grazia, Ascoltatrici mie,<br />

alle menti vostre quel che in ispirito previde e predisse della Regina<br />

del Cielo il Reale Profeta. Previde ben’egli che il grande Iddio<br />

sarebbe un giorno disceso ad abitar personalmente per nove mesi nel<br />

purissimo Ventre di Lei; e perciò con bella allegoria chiamar la volle<br />

292<br />

con il titolo di sontuosa ed animata Città di Dio: Gloriosa dicta sunt<br />

de te, Civitas Dei 5 . E questa appunto è quella bella ed animata Città<br />

rispettabile, che ha stabilita il Gran Padre delle Misericordie per<br />

nostro sicuro Rifugio; conforme tutta gioliva la decanta la Chiesa<br />

Refugium Peccatorum.<br />

3. Che se è così, chi vi ha tra voi che non scorge chiarissimo, che avendoci<br />

Iddio assegnata per Rifugio la sua medesima Madre, ci ha dato<br />

ancor un Mezzo assai sicuro per eternamente salvarci? Abbia la ragione<br />

il suo Luogo. È certo presso tutti i Teologi che la sapientissima<br />

Provvidenza Divina qualor addossa ad un Anima prediletta un qualche<br />

uffizio ed incarico, la fornisce nel tempo stesso di tutte quelle<br />

cose che le son necessarie, affin riuscir possa felice nell’eseguirlo. Or<br />

avendo addossato alla Vergine il grande incarico di far da nostro<br />

Rifugio, cioè a dire, di far come da Mediatrice e Mezzana per placarci<br />

la Divina Giustizia, per imploraci la Divina Misericordia, per<br />

impetrarci il perdono, la pace e la salvezza: chi vorrà dir mai, che<br />

Iddio non l’abbia nel mentre stesso fornita di tutto ciò che vi era<br />

duopo, affin questa mezzanità riuscisse dal canto suo valevole, efficace<br />

e assai sicura?<br />

4. Due cose indispensabilmente erano necessarie alla gran Vergine affin<br />

fosse per parte sua nostro valevol Rifugio e Mezzo assai sicuro per la<br />

nostra salute; cioè a dire, le era necessario un gran potere, ed un pronto<br />

volere o sia un Cuor molto amoroso, che val lo stesso. Or chi può mai<br />

qui ridirvi, Ascoltanti, quanto sia grande il Poter di Maria? Se io qui<br />

vi ridicessi in succinto, quanto mai attoniti e stupefatti i Santi Padri<br />

tutti ne dissero; voi al certo ne udireste gran cose; ma pure ne udireste<br />

il minimo. Se io vi assicurassi, che anche di Nostra Signora può<br />

ripetersi con la debita proporzione quel che del suo divin Figlio sta<br />

scritto, Data est illi omnis potestas in Coelo, et in Terra 6 : e di più, che le<br />

sue Preghiere in Cielo, non sono suppliche no, ma tanti imperiosi<br />

5 Di te sono state dette cose stupende, o città di Dio.<br />

6 Le è stato dato ogni potere in cielo e in terra.<br />

293


comandi: voi all’udir ciò, udireste molto, ma non anche il tutto.<br />

E perciò affin entriate più addentro nel gran Potere di Maria, figuratevi<br />

questo per altro impossibile caso, cioè che uniti da una parte gli<br />

Angioli tutti, ed insiem con lor quanti mai di innumerabili Abitatori<br />

accoglie in seno il Paradiso; uniti così, ripeto, dimandassero a piene<br />

voci e con calorose istanze dal Trono della Divina Giustizia l’eterna<br />

mia dannazione: ma che dall’altro canto, figuratevi, che la Vergine<br />

sola, come mio potente Rifugio, chiedesse per me pietà al Trono della<br />

divina Misericordia: credete pure per certo che io già mi terrei per<br />

sicura e per salva. O Poter altissimo dunque di Maria e chi potrà mai<br />

comprenderti!<br />

5. Ma su, che a questo gran Potere un egual pronto volere in Lei va sempremai<br />

unito. Lo credereste? Non così tenera affezionatissima Madre è<br />

pronta a prestare soccorso ad un suo unico amatissimo Pargoletto,<br />

com’è pronta Maria SS.ma a somministrare a noi il suo efficacissimo<br />

aiuto. Così con San Gregorio VII e con San Pier Damiano tutti gli altri<br />

Santi Padri ce la descrivono; e con tutta la ragione e fondamento.<br />

Perciocché l’amor siasi tenero quanto si voglia di tutte le Madri del<br />

Mondo, può chiamarsi un amor da nulla rispetto all’Amor di Maria<br />

verso di noi. Onde ne viene esser’ella così sollecita della nostra Salute,<br />

che è assai essa più pronta ad aiutarci e rifugiarci con il suo Patrocinio<br />

potente, di quel che noi stesse pronti siamo a fare a Lei umile e confidente<br />

ricorso.<br />

6. Alto, Ascoltanti. Se Iddio adunque si è degnato di darci un Rifugio ed<br />

un Mezzo di sì gran Potere e di sì pronto amoroso volere: confessiamola<br />

pure, che è purtroppo vero che ci ha dato ancora un mezzo assai sicuro<br />

per eternamente salvarci.<br />

7. Deh s’è così e che più angustiarci tra tante nostre miserie? Che più avvilirci<br />

fra tante nostre imperfezioni? Che più perderci di animo tra tante<br />

passioni sconvolte? Su su, coraggio! Al nostro potente e amoroso<br />

Rifugio facciam pronto ricorso. A Lei presentiamo pure le nostre lagrime;<br />

a Lei esponiamo i nostri bisogni: nelle sue Mani riponiamo i nostri<br />

buoni e risoluti propositi. A Maria, nostro Rifugio i nostri pensieri;<br />

294<br />

a Maria i nostri affetti, i nostri Cuori e tutte noi stesse. Essa vi penserà:<br />

essa ci rifugerà: essa ci salverà. Procuriam noi con tutto lo sforzo esserle<br />

fedeli divote: e non dubitiamo che ci manchi di fedeltà in proteggerci<br />

ed aiutarci.<br />

8. Sì, si, così teniam di certo, Vergine gloriosissima: e speriam senza altro,<br />

che dopo di aver noi goduto e celebrato il vostro potente ed amoroso<br />

Rifugio quaggiù in Terra, giungeremo un dì ad encomiarlo nel Cielo.<br />

Amen.<br />

Dino Ferrari, L’incoronazione di Maria in cielo, tempera,<br />

1965, Ascoli Piceno, ovato nel soffitto del parlatorio della<br />

Casa Madre.<br />

295


SERMONCINO FAMILIARE<br />

SOPRA LA GLORIOSA ASSUNTA DI NOSTRA SIGNORA<br />

Recitato in sedia nel giorno della sua festa,<br />

Martedì 15 Agosto 1758, nella Chiesa dell’Immacolata<br />

L’Autore prepara l’uditorio all’ascolto dell’argomento, immaginando i sontuosi<br />

festeggiamenti dell’illustre concittadino ascolano Ventidio Basso, a Roma, in occasione<br />

della gloriosa vittoria riportata comtro i fieri ed ostinatissimi Parti, popoli della<br />

Siria. Certamente, ancora più emozionanti e sontuosi saranno stati i festeggiamenti<br />

riservati a Maria SS.ma nel giorno della sua gloriosa Assunzione al cielo.<br />

“L’eterno Padre la rivestì di sua onnipotenza, il divin Figlio della sua sapienza, lo<br />

Spirito Santo del suo amore”. In quel giorno, Maria fu incoronata di dodici stelle,<br />

Regina per sempre degli apostoli e dei profeti, tra le acclamazioni e le meraviglie degli<br />

angeli e dei santi; il suo trono fu collocato alla destra di Dio.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 121-126.<br />

Ave Maria<br />

1. Non vi è chi non brami di essere spettatore di un eroe che trionfa; perciocché<br />

le magnificenze di un eroe trionfante sorpassano di qualsivoglia spettatore<br />

ogni credenza. Il sempre grande Agostino, che nella vincita di se stesso<br />

e nel disprezzo del mondo, divenne sì glorioso maestro; nulla di meno<br />

(lo credereste mai, Uditori?) era così sorprendente l’idea, che dell’antico<br />

Trionfo cùrule o sia maggiore di Roma, in solamente leggendolo, si era formata;<br />

che a confessare si fece, che tra le cose, di cui avess’egli a desiderare<br />

di essere spettatore su questa terra, una sarebbe stata, il trovarsi cioè una<br />

volta presente alle grandiosi feste di Roma nel glorioso ritorno di qualche<br />

suo capitano supremo, che sopra carri superbi trionfali faceva trionfante e<br />

vittorioso in quella gran dominante l’ingresso. Sebbene, cosa mai di grazia<br />

avrebbe egli alla fine osservato? Avrebb’egli veduto, a cagione di esempio,<br />

il più sontuoso dei Trionfi Romani, che fu quello del nostro illustre concittadino<br />

P. Ventidio Basso, per la gloriosa vittoria dai fieri ed ostinatissimi<br />

Parti, popoli della Siria, con tanto onor riportata (a). E quindi avrebb’egli<br />

sulle prime osservato spedirsi al nostro vittorioso duce cospicui ambascia-<br />

(a) Appian. Alex., lib. 5, De Bell. civil.; Sigon. in Fast. de P. Ventid. (b) ex Chamborj v. Trionfo, Tomo 8.<br />

296<br />

dori dall’augusto Senato a portargli il glorioso titolo di Imperadore Romano<br />

ed all’approssimarsi poi di Ventidio, moversi i Senatori tutti, di bianche toghe<br />

maestosamente vestiti, per fargli l’onorevole incontro. Indi veduto avrebbe<br />

l’Imperadore novello, coperto di ricca Porpora, tutta ricamata ad oro, con varie<br />

figure rappresentanti le segnalate sue imprese e conquiste, aver nelle gambe i<br />

suoi borzacchini o sieno stivaletti, guarniti di grosse perle; portare una imperial<br />

corona di oro sul capo; ed impugnar nella destra il gran baston di comando<br />

ed un bel ramo di alloro nella sinistra; assiso poi alla cima di un maestosissimo<br />

carro trionfale, ornato tutto di avorio e di lamine di oro, tirato da due<br />

leoni riccamente bardati (b). Ed inoltre circa la bella ordinanza di un siffatto<br />

trionfo, osservato egli avrebbe proceder alle prime un folto stuolo di scelti<br />

musici e sonatori con belle corone in capo, facendo risuonar l’aria delle lodi<br />

del trionfatore glorioso. In seguito, venir vari vaghissimi carri, ripieni di<br />

città e provincie conquistate, lavorate tutte in rilievo. Indi, seguir i carri di<br />

tutte le spoglie, tende, macchine ed altre robe prese ai nemici. Poscia venire i<br />

Re prigionieri e tutti gli altri Duci soggiogati e vinti. In appresso, proceder<br />

tutti in gala sfarzosa i Capitani dell’Esercito Romano vincitore, con ricche<br />

corone in capo e con la spade denudate e risplendenti alla destra. Dopo questi,<br />

comparire il maestosissimo carro trionfale dell’Imperadore Ventidio;<br />

davanti a cui venivasi spargendo di fiori tutto il terreno. Dietro al maestoso<br />

carro, avrebbe veduto venir tutto pomposo l’augusto Senato. Indi tutti<br />

quei Cittadini Romani, che dal trionfatore erano stati alla libertà ridonati.<br />

Alla fine, i Flamini o sieno gran Sacerdoti con la vittima principale del bue<br />

bianco, che sacrificar si doveva nel Campidoglio. Ed intanto, osservati anche<br />

avrebbe aperti e ben addobbati tutti i Templi di Roma; gli Altari carichi<br />

tutti di incensi e di offerte; e le Piazze e le Strade ripiene di giuochi festosi<br />

e di allegrie. Giunto poi al Campidoglio il gran carro e discesone il gran<br />

Ventidio, veduti avrebbe i Senatori tutti, in mezzo a suoni di spiritose trombe<br />

ed agli evviva d’innumerabile popolo, passar seco delle congratulazioni<br />

più tenere ed obbliganti; ed insiem con lui della vittima principale eseguire<br />

l’offerta. Tuttociò, ripeto, osservato avrebbe Agostino, se a seconda dei<br />

suoi desideri trovato si fosse presente al maggior Trionfo di Roma. Eppure<br />

non sarebbe stato alla fine spettatore di altro, che di un Trionfo di poche ore<br />

297


e di pochissimo conto, perché formato dalla debole industria dell’uomo e<br />

dalla fievol potenza di questa misera terra. Io per me, avrei piuttosto bramato,<br />

Uditori, di vedere un altro Trionfo di una assai più nobile e sontuosa<br />

magnificenza e di un’eterna durata. M’intenderete, già credo. Ecco quel<br />

dì glorioso, in cui la gran Vergine, essendo Assunta in cielo, vi fece l’ingresso<br />

con il più maestoso Trionfo che mai dir si possa e così trionfante, coronata<br />

perpetuamente ne restò. In perpetuum, così ce lo rammenta tutto festoso<br />

il Savio (Sap. 4, 2), in perpetuum coronata triumphat. A questo sì, oh quanto<br />

di buona voglia mi sarei pur trovato! O allora al certo in questo dì festivo,<br />

qualora mi fosse stato promesso, avrei potuto contarvene delle gran cose.<br />

Sebbene di questo Mariano Trionfo, le lingue ancora di tutti i comprensori<br />

beati non sarebbero bastevoli, allo scriver di Girolamo, di pubblicarne le<br />

glorie. Troppo in eccesso fu esso mirabile, magnifico, glorioso. Ed a costituirlo<br />

in tal guisa vi concorse Iddio, la Vergine, il Cielo ed il Mondo: Iddio con<br />

la sua onnipotenza e sapienza infinita, la Vergine con le sue virtudi e conquiste,<br />

il Cielo con le sue acclamazioni e meraviglie, il Mondo con le sue umiliazioni<br />

e preghiere. Pertanto, di un Trionfo così ineffabile, siccome indarno vi affatichereste<br />

voi per comprenderne tutte le magnificenze, così invano aspettereste<br />

da me sentirne dilucidate le circostanze. Basti a voi di creder sempre più<br />

grande il Trionfo di Maria in questo dì glorioso, di quanto mai alto pensar<br />

ne poteste. E basti a me di proporvene succintamente un abbozzo di tutte<br />

quelle grandezze, di cui a pura creatura veruna favellar pienamente non lice.<br />

2. E senza perder punto di tempo, ecco come concorse Iddio con la sua<br />

Onnipotenza e Sapienza infinita a costituir mirabile, magnifico e glorioso<br />

il Trionfo di Maria in questo giorno del suo ingresso nel Cielo. Non<br />

vi ha dubbio, che all’ingresso di ogni anima gloriosa in quella Patria<br />

beata, spicca talmente l’Onnipotenza e Sapienza di Dio nel costituire<br />

magnifico e sontuoso il di lei Trionfo, che ogni Anima vien costretta<br />

a confessar con Davide, esser opera della sola mano di Dio la sua esaltazione<br />

e Trionfo: Dextera Domini exaltavit me 7 (Psal. 117,16). Di ciò ne fu<br />

dato un saggio all’evangelista Giovanni: Vidi Jerusalem novam<br />

7 La destra del Signore mi ha esaltato.<br />

298<br />

descendentem a Deo 8 . Ma queste sono vie ordinarie ed ordinari Trionfi con<br />

la Madre sua tener volle lo straordinario, ecc. Fecit potentiam in brachio suo 9 .<br />

Non suole il Re muoversi dalla sua Reggia all’incontro: ma qui si mosse:<br />

Surrexit rex in occursum eius 10 (2 Reg.), a guisa che Salomone fece con<br />

Bersabea. Volle che la sua veste fosse quomodo intuar illa? (Cant. 5), tutta<br />

nuova, tutta singolare, non mai più veduta. Mulier amicta sole 11 . L’eterno<br />

Padre la rivestì di sua onnipotenza, il divin Figlio della sua sapienza, lo<br />

Spirito Santo del suo amore. Mulier amicta sole. Quanto poi al luogo, al<br />

Trono, positus est Thronus mei Regis, quae sedit ad dexteram eius 12 (2 Reg.).<br />

3. Ineffabile già il trionfo per l’incontro, per l’abito, per il trono; vediamo<br />

ora di qual corona venga Ella coronata. In capite eius corona stellarum duodecim,<br />

Regina Apostolorum, Prophetarum 13 .<br />

4. Le acclamazioni e maraviglie del cielo, quae est ista quae ascendit sicut<br />

aurora consurgens, pulchra ut luna et cantabant canticum novum: Assumpta est<br />

Maria in coelum gaudent angeli, laudantes 14 . Visione del B. Giovanni<br />

Menesio sopra San Michele Arcangelo.<br />

5. Il mondo con le sue umiliazioni e preghiere: Luna sub pedibus eius 15 , ecc.<br />

Accede, adiunge te ad currum ipsum, et Elia 16 , ecc.: così a san Filippo Benizi,<br />

a S. Arnolfo vescovo di Scippon, ecc. San Bernardo: Praecessit nos Regina nostra<br />

et tam gloriose suscepta est, ut fiduciosi sequantur Dominam servuli, clamantes:<br />

Trahe nos post te, in odorem unquentorun tuorum currimus 17 , ecc.<br />

8 Vidi la nuova Gerusalemme discendere da Dio.<br />

9 Dio fece meraviglie con il suo braccio.<br />

10 Si alzò il Re in suo aiuto.<br />

11 Una donna vestita di sole.<br />

12 Fu posto il trono della mia Regina che siede alla sua destra.<br />

13 Nel suo capo una corona di dodici stelle, Regina degli Apostoli, dei Profeti.<br />

14 Chi è Costei che sale come aurora che sorge, bella come la luna e cantavano un cantico<br />

nuovo: Maria è stata assunta in cielo godono gli angeli e inneggiano.<br />

15 La luna sotto i suoi piedi.<br />

16 Avvicinati, accostati al carro ed Elia…<br />

17 Ci ha preceduto la nostra Regina ed è stata innalzata tanto gloriosamente che i servi fiduciosi<br />

seguono la Signora esclamando: Attiraci dietro di te, corriamo al profumo dei tuoi unguenti.<br />

299


REFUGIUM MEUM ES TU<br />

[15 Agosto] 1759<br />

L’Autore si rivolge alle religiose Concezioniste che chiama “mie divotissime<br />

Madri”, nel giorno della festa di Maria SS.ma, sotto il titolo di “nostro rifugio” che<br />

sappiamo don <strong>Marcucci</strong> aveva stabilito di celebrare nella chiesa del suo monastero, nel<br />

giorno dell’Assunzione di Maria al cielo, tenendo esposta alla pubblica venerazione<br />

la miracolosa immagine da lui usata durante le sacre missioni 18 . Da questa informazione,<br />

possiamo dedurre che l’attuale sermoncino venga recitato il 15 agosto dell’anno<br />

indicato.<br />

Nel proemio l’Autore prepara gli ascoltatori con efficaci e poetiche similitudini<br />

prese dal mondo della natura.<br />

Come la lepre corre velocissima a rintanarsi quando si accorge di essere inseguita<br />

dal cacciatore e la timida rondinella ritorna al suo nido quando vede il falco affamato,<br />

a maggior ragione noi, dotati di ragione e di fede, ci affidiamo nei pericoli a<br />

chi può salvarci. La Chiesa nella festività odierna propone come nostro rifugio la gran<br />

Regina dei cieli, Maria SS.ma, a motivo della sua maternità divina.<br />

Dio ha voluto, come afferma san Bernardo, che noi ricevessimo ogni grazia per<br />

mezzo di Maria. Ella è Madre di misericordia, di clemenza e di amore senza misura.<br />

L’Autore vuole “con il cuore sulle labbra ringraziare vivamente” Maria SS.ma<br />

perché lo voglia “fra le rifugiate aggregato”, cioè fra le sue religiose ed abbia anche a<br />

lui “diretti i suoi dolcissimi inviti”.<br />

Conclude con una intensa preghiera alla Vergine per ringraziarla, a nome di<br />

tutte, per essere “nostro caro e sicuro rifugio”. Si propone di ripetere continuamente alla<br />

Vergine santa “Refugium meum es tu” e giunto in cielo, per sua intercessione, di far<br />

festosamente rimbombare a sua gloria queste care espressioni del suo cuore.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 57-62.<br />

18 Cf. ivi pagg. 203; 209.<br />

300<br />

Nel Salmo trentesimo<br />

Non vi è chi non brami, Riveritissime Madri trovar nelle sue traversie il conforto<br />

e nei pericoli suoi lo scampo ed il rifugio. A questo non tanto il bisogno<br />

ci sprona, ma lo stesso amore innato che, della nostra salvezza in noi si annida,<br />

continuamente ci porta e dirò così, non poco ancor ci violenta.<br />

Velocissima corre a rintanarsi la lepre, allorché inseguita dal cacciatore; e la<br />

timida rondinella al suo nido ritorna, qualor attorno si veda l’affamato sparviero;<br />

ed ambedue non mai si credono sicure, sinchè a quel bramato rifugio<br />

non si veggono giunte. Che se tanto in creature, prive pur di ragione, l’amor<br />

del proprio salvamento è sì possente; che sarà mai in chi e la ragione non solo<br />

soggiorna, ma ancor vi regna la fede? Qualora mosso a pietà l’Altissimo, assegnar<br />

volle agli Ebrei varie città di rifugio, ove fuggito chiunque di reità si trovasse<br />

incolpato, restasse dall’umana giustizia sicuro; non si videro città più<br />

popolate di quelle, perché più di quelle non si trovaron città più ricercate. Se<br />

vi ha nel mondo persona, che di non esser soggetta agli assalti infernali, né di<br />

esser punto in nulla colpevole, gloriare si possa; avrà ben motivo di non aspirare<br />

a qualche rifugio; perché questo a chi non soggiace a colpe o a pericoli,<br />

non fa punto bisogno. Ma se persona tale, non accade cercarla; a che dunque<br />

andar rintracciando, se chi non brami il suo scampo, esser vi possa? Ah che di<br />

questo sicuro Rifugio ne va pure in cerca ciascuno, perché utile ciascun lo<br />

conosce e necessario. Sebbene, mie riverite Madri, dove poi il trovarlo, lo ottenerlo<br />

mai dove? Io per me, se lo sguardo della mente quaggiù nel basso<br />

mondo rivolgo, non saprei dove posarmi; perciocché pericoli ed assalti e malori<br />

da ogni parte li vedo; sicurezza però io non la trovo. Alti dunque i pensieri,<br />

altronde si volgano pure le nostre ricerche. Ah che lassù in cielo ha collocato<br />

l’Altissimo il nostro Rifugio e di lassù solamente accordata ci viene la<br />

sicurezza. Ma chi sarà questa nostra sicurezza, questo nostro Rifugio? Quella<br />

appunto, che col glorioso encomio di universale Rifugio onorata viene da<br />

Santa Chiesa ed oggi specialmente da noi nella solennità ricorrente, voglio<br />

dire, la gran Regina dei cieli, la nostra Immacolata Signora, Maria SS.ma.<br />

Favorite non di altro, che di ascoltarmi benignamente; e mio sarà l’incarico di<br />

palesarvi, se con quanta ragione la chiamiamo sicuro Rifugio.<br />

1. Che la gran Vergine sia nostro sicuro ed universale Rifugio, non ci vuol<br />

molto a capirlo, perché e il cielo e in terra e le creature tutte si aiutano<br />

concordemente a dimostrarlo. Da che essa eletta fu per Madre del<br />

301


Divino Unigenito acquisrò la plenipotenza sopra tutto il creato ed<br />

Angeli ed uomini e bruti e stelle e pianeti, unitamente con tutto l’altro,<br />

che dal nulla ebbe il suo essere dal l’Onnipossente Potenza di Dio,<br />

furono soggettati a Maria; perché Maria fu di ogni cosa dichiarata<br />

signora, arbitra, imperatrice, regina. Si stende il poter suo sopra tutto<br />

l’empireo, si spande su tutto il mondo e giunge sino al più basso dell’inferno;<br />

a motivo che nell’inferno, nel mondo e nell’empireo eseguiti<br />

vengono i suoi voleri e riveriti ossequiosamente i suoi comandi.<br />

2. Unita al gran potere, chi vi è tra noi che non sappia, mie riverite Madri,<br />

posseder anche la Vergine una uguale clemenza? Divise con Lei il suo<br />

Divin Figlio, come ad esprimer si fece l’angelico San Tommaso; divise,<br />

ripeto, il beatissimo regno dei cieli e serbandosi per se stesso quella<br />

parte, ove signoreggiava tutta gloriosa la divina giustizia, donò l’altra<br />

alla Madre ove risplendeva benigna e clemente la divina Misericordia.<br />

In quel che riguardava il dare al mondo il giusto e meritato castigo, egli<br />

solo intitolar si volle Re di giustizia il Divin Redentor. In ciò che poi<br />

concerneva l’usare delle grazie e delle gratuite non meritate finezze,<br />

volle che la sua Madre, regina di misericordia, ne fosse e di clemenza.<br />

Quindi in faccia a tutto il cielo non solo, anzi che al mondo tutto, a protestare<br />

si fece, come dice Bernardo, che veruno da lui presumesse di<br />

ottener grazie e favori, se non per mezzo sol di Maria, che benigna<br />

dispensatrice n’era stata prescelta: omnia nos habere voluit per Mariam 19 .<br />

3. Pari alla clemenza trovasi in Lei verso di noi l’amore. E qui per troppi<br />

titoli ella è forzata ad amarci. Sì perché sin dalla croce ci fu dal<br />

Redentore donata per Madre. Sì ancora perché si vede nel sacro petto un<br />

cuore, sopra le pure creature tutte il più amoroso. Ami pur teneramente<br />

Sara il suo piccolo Isacco; ami Rebecca il suo prediletto Giacobbe;<br />

Anna il suo Samuele; ed ogni altra amatissima madre i suoi teneri figli.<br />

Ma cedano tutte all’amor di Maria verso di noi; perché appunto noi,<br />

sopra di tutte ci ama.<br />

19 Volle che noi avessimo tutto attraverso Maria.<br />

302<br />

4. Or se per essere universale e sicuro Rifugio in tutti i travagli, in tutti i<br />

malori, in tutti i bisogni e in tutti i tempi, egli è duopo in chi lo sia e<br />

potenza senza pari e clemenza senza limiti ed amore senza misura; trovatemi<br />

voi, Ascoltatrici, se vi dà l’animo, in terra o in cielo persona,<br />

dopo il Divin Verbo umanato, più potente di Maria e più di Lei clemente<br />

ed amorosa, od almeno a Lei uguale; che io di buona voglia cederò<br />

qui pronto al mio assunto. Che se con voi le creature tutte si uniscono<br />

a confessarla, sopra tutte di gran potere ricolma, di clemenza e di<br />

amore; ed unitevi pure anche voi con tutto il creato a riconoscerla e<br />

pubblicarla per unico nostro, caro, sicuro, ed universale Rifugio.<br />

5. Io per me vi confesso, Riverite che mi ascoltate, che ogni qualvolta mi<br />

si ravvolge alla mente quel che la Vergine stessa, per fugar da noi ogni<br />

dubbio e timore, saper ci fa per mezzo del suo prediletto servo San<br />

Giovan Damasceno, stento molto a rattenere le lagrime di tenerezza.<br />

Olà, dice Maria, fatevi pure innanzi o anime giuste, ma che pusillanimi<br />

siete nel mio servizio; e voi pure o anime peccatrici, che risolute già<br />

di emendarvi, disperate quasi di implorare il perdono; fatevi pure<br />

innanzi, ripete, rifugiatevi in me di buona voglia, senza tanto timore e<br />

con piena fiducia: Ego refugium iis, qui ad me confugiunt; accedite 20 . Su, su,<br />

venite venite, a dir segue tutta premurosa e benigna, io, io sono costituita<br />

il vostro caro Rifugio, io il vostro sicuro Rifugio, io il vostro universale<br />

Rifugio, ego Refugium. Che temete, se io posso tutto per voi, se<br />

per voi sono tutta clemenza, se per voi ardo di amore? Ego Refugium.<br />

Deh, via su, accostatevi francamente: accedite. Dite su, alla vostra benigna<br />

Avvocata, alla vostra potente Signora, alla vostra amatissima<br />

Madre, dite su, che bramate? Volete il perdono? Chiedetelo pur di cuore<br />

e ad impetrarvelo già me n’impegno. Volete la grazia di trionfare in<br />

avvenir di voi stesse e del tentatore nemico? Siate voi vigilanti, vi do<br />

parola, l’avrete. Accedite, et gratiarum dona affluentissime haurite 21 . Via,<br />

via, ripiglia la graziosa Signora, accostatevi a me, fidatevi pure del mio<br />

dolcissimo cuore. Io vi darò il soccorso nei mali del corpo, io vi assiste-<br />

20 Io sono il rifugio per coloro che a me si rifugiano, venite.<br />

21 Venite e attingete abbondantemente i doni delle grazie.<br />

303


ò nei bisogni dello spirito; io prenderò la cura della vostra vita. Io assumerò<br />

la gran causa della vostra felicissima morte. Basta che voi mi<br />

amiate: basta che mi serviate di cuore: basta che dal vostro canto fedeli<br />

a tutto costo mi siate sino alla morte. Del resto, non vi affliggete più,<br />

non paventate no, non temete: ego refugium; accedite, et gratiarum dona<br />

haurite. O poter di Maria! O clemenza ed amor di Maria!<br />

6. Guardimi pure il cielo, mie divotissime Madri, che ora voglia pur io<br />

aggiunger menomo che di parola, per provar di vantaggio, che la gran<br />

Vergine è l’unico nostro universale e sicuro rifugio. Deh che farei troppo<br />

torto alle sue care esibizioni ed indubitate promesse, se l’ardire avessi<br />

io di più favellarne. Voglio piuttosto con il cuor sulle labbra vivamente<br />

ringraziarla, che me ancora fra le rifugiate aggregata mi abbia ed<br />

a me pure diretti i suoi dolcissimi inviti.<br />

7. Sì, sì o gran Regina del cielo, io son qui ai piedi vostri SS.mi umiliata;<br />

ed a nome, non tanto mio, che di tutte, mille grazie vi rendo, che<br />

degnata vi siate di essere nostro caro e sicuro rifugio. O quanto giubila<br />

e tripudia il mio povero cuore il ripetervi: Refugium meum es tu. Ah che<br />

da qui in poi ve lo dirò cento e mille volte in ogni mia occorrenza, in<br />

ogni mia angustia, in ogni mio bisogno! Refugium meum es tu. Voi il mio<br />

caro rifugio in vita: voi il mio potente rifugio in morte: voi il mio glorioso<br />

rifugio ancor dopo la morte. Refugium meum es tu. Ed oh avess’io le<br />

lingue degli angeli tutti, per poter pubblicare al mondo intero, che voi<br />

caro siete il nostro rifugio! Refugium meum es tu. Avess’io sì i cuori di<br />

tutti i serafini del cielo, per potervi amare tanto e poi tanto in ricompensa<br />

che siete il mio dolce, il mio amato, il mio grazioso rifugio.<br />

Refugium meum es tu. Ah, che prima fugga dal mio petto il cuore, parta<br />

pure dal corpo quest’anima, muoia pure io prima; che abbia mai più a<br />

partire e ad allontanarvi da voi, rifugio mio amabilissimo. Refugium<br />

meum es tu. Spero sì e lo spero, che giungerò un giorno; e sarà quel giorno,<br />

in cui vostra mercè sarò salva; spero, dissi, di far festosamente rimbombar<br />

a vostra gloria per tutto il cielo, queste care espressioni del mio<br />

cuore: Refugium meum es tu, Refugium meum.<br />

304<br />

BREVE DISCORSO SOPRA LA GLORIOSA ASSUNTA<br />

DI NOSTRA SIGNORA, 1759<br />

L’Autore descrive con tocchi poetici lo stupore e l’allegrezza che l’Assunzione della<br />

beatissima Vergine Maria suscita sulla terra e in cielo.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> crede che Dio abbia dato alla SS.ma Vergine la possibilità di scegliere<br />

“di morire, oppure di volare all’Empireo” e che Maria scegliesse di morire, per<br />

imitare il suo Divin Figlio. La sua morte, però, avvenne senza dolore e, per opera dello<br />

Spirito Santo, “fu l’effetto di un vivo sforzo di amore”.<br />

Secondo la narrazione di san Giovanni Damasceno gli Apostoli portarono il corpo<br />

di Maria a Gerusalemme e lo posero in un decoroso sepolcro. Rimasero lì tre giorni<br />

continui, raccolti in preghiere di lode a cui furono udite si aggiunsero le voci degli<br />

angeli. Il terzo giorno gli Apostoli aprirono con riverenza la sacra urna e, con grande<br />

meraviglia, si accosero che il corpo di Maria era stato miracolosamente assunto in<br />

cielo. I serafini e gli angeli nel vederla giungere in cielo si chiedevano: “Chi è mai<br />

costei, chi è, che così di delizie, di grazie e di privilegi ricolma, sen viene dal basso<br />

mondo a regnar così gloriosa sopra i nostri cori qui in cielo?”.<br />

Questo interrogativo, posto sulla bocca dei serafini, è una finzione poetica per esprimere<br />

lo stupore che essi provarono nel vedere lo stesso Monarca divino venirle incontro<br />

festante.<br />

Ciò è motico di gioia per tutti, anche per i peccatori: Maria è nostra Avvocata,<br />

Madre e Rifugio presso il trono della divina misericordia!<br />

L’Autore conclude con una preghiera molto sentita dove ringrazia la SS.ma<br />

Vergine e le rinnova l’affidamento, anche a nome di chi lo ascolta, per poter un giorno<br />

contemplare le sue glorie.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 193-200.<br />

Supra modum Mater mirabilis<br />

(Nel secondo dei Maccabei al settimo)<br />

1. Arrecar maraviglia al mondo, è cosa da poco. Ogni novità, ogni insolito<br />

avvenimento è da tanto, che seco trae la maraviglia di ognuno. Il punto<br />

sta di potere, che il cielo ancora resti talor stupefatto. O qui sì, non saprei<br />

chi mai con ragione gloriar si possa di tanto. Gentilissimi Uditori lo credereste?<br />

La gran Vergine sola è pur quella, che a gloria sua singolare<br />

ascriver può di aver fatto stupire e terra e cielo. Degli altri suoi maravi-<br />

305


gliosissimi pregi ne taccio. Chiamo in testimonio soltanto quell’augusto<br />

e glorioso mistero, che ossequiosi veneriamo in quest’oggi, della sua<br />

Assunta. Di questa sì, mostrar vi voglio gli stupori, le meraviglie. Ed<br />

eccovene l’argomento. La Vergine fu in questo dì felicissimo di stupore<br />

alla terra e al cielo ed a tutti di universale allegrezza. Supra modum Mater<br />

mirabilis 22 . Se favorirete di prestarmi benignamente la vostra attenzione,<br />

spero che soddisfatti sarete. Incominciamo.<br />

2. I primi stupori che ebbe il mondo in questo ricorrente mistero<br />

dell’Assunzion di Maria, fu per il modo meraviglioso, com’ella da questa<br />

all’altra vita fece passaggio. Pose Iddio in mano della gran Vergine<br />

la libertà di morire, oppure di volare all’Empireo senza che gustasse la<br />

morte. Scelse ben ella, nol niego, il morire, per imitar da vicino il suo<br />

Divin Figlio: ma pure, se morir volle prima di essere assunta, non fu la<br />

sua morte cagionata da eccessivi dolori, come avviene in ogni altro; ma<br />

bensì fu un forte effetto di un vivo sforzo di amor santo e divino.<br />

3. Risappiamo pur noi dalle Divine Scritture, che l’amore celeste quando<br />

regna assoluto in cuore, si fa così forte e possente, che è valevol non solo<br />

a separare il cuore dal mondo, ma a troncar dal corpo questa misera vita:<br />

fortis est ut mors dilectio 23 . Or tanto accadde nella Regina del cielo, allorché<br />

sulla fine del viver suo trovossi. Lo Spirito Santo, che con la pienezza<br />

del Divino Amore fermata avea la sua sede nel sacro cuor di Maria,<br />

le accrebbe talmente l’incendio in quegli estremi, che convenne alla<br />

Vergine ceder alla forte veemenza di amore, e così dolcemente morire:<br />

fortis est, ut mors dilectio.<br />

4. Ma non finirono qui gli stupori del mondo. Morta la Vergine, ed adunati<br />

gli Apostoli in Gerosolima, trasportaron quel divinissimo corpo in<br />

Getsemani in un decente sepolcro, come distintamente ci narra<br />

San Giovan Damasceno. Tre giorni continui vi stettero a celebrar con<br />

sacri inni di lode sì felice maraviglioso passaggio, ed il cielo emulando<br />

22 Madre oltremodo mirabile.<br />

23 L’amore è forte come la morte.<br />

306<br />

a gara il tenero canto dei SS.mi Apostoli sopra il sepolcro della Vergine,<br />

far eco ne volle con una angelica melodia, che per quei tre dì continuamente<br />

da tutti udir si fece. In capo al terzo giorno tornan gli Apostoli<br />

ad aprir riveriti la sacra urna; ma con maraviglia maggiore, non rinvenendovi<br />

più quel sagro Pegno ivi depositato; obstupefacti miraculo 24 ,<br />

come il Damasceno precitato conchiude, si avvidero che in un coll’anima<br />

beatissima glorificato, era stato lassù nell’empireo miracolosamente<br />

trasferito ed assunto. O prodigi non mai veduti! O meraviglie!<br />

5. Sebbene, Uditori, non fu la gran Vergine di stupor solamente alla terra<br />

in questo dì glorioso; ma al cielo stesso cagionò dell’ammirazione oltre<br />

grande. Gli Angeli tutti ed insino i Serafin più alti di quella celeste<br />

magione, sapevano pur troppo quanto ricca di santità e di grazia, superiore<br />

ad ogni altra di pura creatura, fosse mai sempre dotata la loro<br />

Regina. Sapevano eziandio, non lo nego, quanto sublimata di gloria<br />

sopra tutte le celesti gerarchie, esser ella doveva. Ma pure, perché ancora<br />

così all’eccesso gloriosa veduta mai non l’avevano; al comparir ch’ella<br />

fece all’empireo, così glorificata a larga mano da Dio, talché da se sola<br />

costituiva un bel paradiso a parte; attoniti gli Angeli, i Cherubini<br />

ammirati e stupefatti i Serafini ancora, quasi più non la ravvisassero tra<br />

quell’oceano immenso di luce, di splendore e di gloria; ad interrogarsi<br />

vicendevolmente si fanno, Quae est ista, quae est ista, quae ascendit de deserto<br />

deliciis affluens? 25 Chi è mai costei, chi è, che così di delizie, di grazie<br />

e di privilegi ricolma, se ne viene dal basso mondo a regnar così gloriosa<br />

sopra i nostri cori qui in cielo? Quae est ista, quae est ista?<br />

6. Che se avessi io avuta la bella sorte a trovarmi presente a tali angeliche<br />

ammirazioni, deh beatissimi spiriti, avrei loro detto, ed è possibil, che<br />

raffigurar non possiate chi sia costei, che è divenuto l’oggetto dei vostri<br />

stupori? Ma e non foste voi quei, che fin dal primiero istante<br />

dell’Immacolato suo Concepimento insino all’ultimo respiro di sua<br />

SS.ma vita laggiù in terra, a gara faceste sempre di ossequiarla e di ser-<br />

24 Stupefatti per il miracolo.<br />

25 Chi è Costei che sale dal deserto piena di delizie?<br />

307


virla? Non foste voi, che pocanzi sollevandola in aria, tra mille soavi e<br />

sovraumani concerti, qualor passaste vicino al ciel della luna, vedeste<br />

questa spiccarsi e correr tosto a porsi sotto i beati piedi di lei, per goder<br />

la sorte di aver servito una volta per suo sgabello e riposo? Luna sub pedibus<br />

eius 26 . Voi pur eravate, sì con essolei, qualora giunta più in alto al<br />

cielo del sole, vedeste questo, spander folgoreggiante tutti i suoi raggi,<br />

per vestirla da capo a piè del suo vago splendore: Mulier amicta sole 27 . E<br />

per finirla, allorché sollevandola più in alto al firmamento, osservaste<br />

pure spiccarsi tutte brillanti le stelle per formarle intorno al divino capo<br />

una preziosa corona: in capite eius corona stellarum 28 . Che più! E non foste<br />

ancor voi spettator, quando all’ingresso nel beatissimo regno, lo stesso<br />

gran Monarca celeste le venne incontro tutto festoso? Surrexit Rex in<br />

occursum eius 29 .<br />

7. In tal guisa, ripeto, mi sarei fatto a ridire agli Angelici spiriti; ma senza<br />

profitto. Perciocché la gloria, con cui Nostra eccelsa Signora, fu in ciel<br />

sublimata nella sua Assunta; sino ad esser colassù collocata alla destra<br />

stessa del Figlio: Astitit Regina a dextris 30 , fu una gloria così sorprendente,<br />

che abbagliate ne rimasero per lo stupore le angeliche stesse pupille.<br />

8. Non fia ammirazione adunque, se la gran Vergine, che di maraviglia servì<br />

sì alla terra, che al cielo, fosse ancor nella sua Assunta di universale, comune<br />

allegrezza. Perciocché in questo dì glorioso tripudiarono gli Angeli,<br />

perché con la presenza bellissima della loro Regina, viddero accrescersi un<br />

altro nuovo paradiso nel paradiso stesso. Riempissi di gioia ancor tutto il<br />

mondo, a motivo che in questo giorno fu coronata come Regina di<br />

Misericordia la sua potente ed amorosa Avvocata. O quanto dunque,<br />

Uditori, con gran ragione a rallegrarci in questo dì ci invita tutta festosa<br />

la chiesa, Hodie Maria coelos ascendit, ci dice, gaudete quia cum Cristo regnat<br />

26 La luna sotto i suoi piedi.<br />

27 Una donna vestita di sole.<br />

28 Nel suo capo una corona di stelle.<br />

29 Si levò il Re in suo aiuto.<br />

30 Si assise la Regina alla sua destra.<br />

308<br />

in aeternum 31 . Che è quanto a dire, facciano pur festa quest’oggi le anime<br />

giuste, perché in cielo tien per loro apparecchiata la sede la lor amatissima<br />

Madre. Gaudete. Si facciano pur animo e si rallegrino le anime penitenti e<br />

convertite, perché al trono della Divina Grazia implora per loro la lor premurosa<br />

Avvocata. Gaudete. Non disperin giammai le anime ancor peccatrici,<br />

ma risolute all’emenda, perché al trono della divina misericordia sta<br />

supplichevole per loro il lor potente Rifugio. Gaudete.<br />

9. Ah se è così, o grande Imperadrice dei cieli, Maria SS.ma, in questo<br />

giorno delle vostre glorie e delle nostre fortune, ci rallegriamo vivamente.<br />

Ci rallegriamo con voi, perché foste al cielo di stupore e di meraviglia<br />

alla terra. Ci rallegriamo con noi, perché essendo voi divenuta<br />

nostra Avvocata, Madre e Rifugio, ci riempiste il cuore di una ben grande<br />

allegrezza. Compite voi dall’empireo i nostri contenti, col fare, che<br />

siccome in quest’oggi celebriamo divoti le vostre glorie, così dopo la<br />

nostra morte possiamo contemplarle eternamente nel cielo. Amen.<br />

31 Oggi Maria sale nei cieli, rallegratevi perché regna in eterno con Cristo.<br />

309


ABBOZZO DEL DISCORSETTO<br />

SOPRA L’ASSUNTA DI NOSRA SIGNORA<br />

Lunedì 15 Agosto 1768<br />

Nell’esperienza umana, osserva don <strong>Marcucci</strong> le lacrime e la mestizia precedono<br />

sempre la gioia. Anche nel solennissimo giorno della gloriosa Assunzione di Maria il<br />

cuore fu prima rattristato per la sua morte e solo dopo godette la gioia nel vederla glorificata<br />

nel cielo.<br />

Tuttavia Maria SS.ma allontanandosi da noi per andare in cielo scelse “il meglio<br />

e l’ottimo” per se stessa e per noi; è bene dunque congratularsi con lei che, nella sua<br />

somma clemenza, guarda sempre alle nostre bassezze e miserie per aiutarci.<br />

Il discorsetto, nell’ultima parte è solo abbozzato come dice il titolo ed è elaborato<br />

con un linguaggio piuttosto retorico e con parole troche che sono state riportate all’uso<br />

odierno della lingua italiana.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 180-188.<br />

È uso troppo antico nel mondo rimaner gli occhi prima offuscati dalle tenebre,<br />

che rischiariti dalla luce; ed il cuore prima oppresso dalla tristezza, che<br />

dilatato dall’allegria. Prima leggiam vesperi, indi mane (mattino) nella creazione<br />

e disposizione dell’universo (Gen. 1); e son primi gli occhi a versar<br />

amare lagrime nel nascere, che non son le labbra a dimostrarne il riso. Gran<br />

cosa! Neppur in questo solennissimo giorno della gloriosa Assunzion di<br />

Maria potè schivarsi di entrar nel cuor umano prima la mestizia, per aver<br />

perduta il mondo Maria SS.ma, che non la gioia in contemplarla tutta gloriosa<br />

nel cielo. Le dolorose querele del mondo ci vengono a meraviglia simboleggiate<br />

nell’odierno Vangelo dalle querele di Marta per vedersi abbandonata<br />

da sua sorella Maddalena: Soror mea reliquit me solam 32 (Lc. 10, 40).<br />

Così appunto in quest’oggi tutta l’umana natura riconoscendosi sorella di<br />

Maria SS.ma (perché anch’essa creatura umana), si querela amorosamente<br />

con Dio, perché se portando egli al cielo la sua Madre, l’abbia in questa<br />

valle di miserie lasciata derelitta e sola: Soror mea reliquit me solam.<br />

Segue perciò tutta sollecita, come Marta, a porger suppliche, affin si degni<br />

ordinarle, che non sia di noi dimenticata, ma che tutta benigna ci aiuti:<br />

32 Mia sorella mi ha lasciato sola.<br />

310<br />

Dic ergo illi, ut me audiuvet 33 . Tanto ci si dipinge sott’occhi dal corrente<br />

Vangelo. Querele invero e suppliche furono queste sì vigorose, che mossero<br />

il Redentore a dare il rescritto con quella sì misteriosa risposta: Maria optimam<br />

partem elegit, quae non auferetur ab ea 34 . Questa risposta, voglio, Uditori,<br />

che devotamente riflettiamo stasera e vediamo, se in noi sia più ragionevole<br />

la mestizia o l’allegrezza per l’abbandono, che ha fatto Maria del mondo<br />

coll’andarsene al cielo. Attendete. Incomincio.<br />

1. Se ne giace Elia profeta tutto angoscioso e ramingo nel deserto di Bersabea<br />

e giunto alla spelonca di Horeb, non altro conforto brama, che vedere il<br />

bel volto divino. Determina Iddio di compiacerlo e permettendo un dolce<br />

zeffiretto, gli dà indizio, che era per far passaggio innanzi ai suoi occhi:<br />

Ecce Dominus transit 35 (3 Reg. 19). Elia, eccoti che all’apprestarsi Iddio, invece<br />

di aprir gli occhi, abbassa il volto e di più se lo copre col lembo del pallio:<br />

Operuit vultum suum pallio 36 . Ma di grazia, si era forse pentito Elia di<br />

veder la bella faccia di Dio? Deh no, no ardeva anzi Elia di desiderio di<br />

vedere Iddio; ma l’aver l’avviso, che lo perderebbe appena visto, perché di<br />

sol passaggio: Ecce Dominus transit, più gli cagiona duolo ed amarezza che<br />

non gioia e contento: Operuit pallio. Bramavan gli Apostoli e quanti mai la<br />

bella sorte ebbero di conoscer la gran Vergine Madre, bramavano certamente<br />

di vederla cinta di quella immensa gloria, bastante a costituir da sé sola<br />

un paradiso; e tutta l’umana natura di tali desideri ardeva. Ma il rifletter<br />

poi, che con il passaggio di Maria all’Empireo, avean da perderla, oimè,<br />

questo, era un forte motivo di abbassar piuttosto le pupille piene di lagrime,<br />

che alzar le voci piene di giubilo e di contento. Questo, Uditori, è il<br />

raziocino umano. Ma pure, convien che egli ceda ad una forte ragione, a cui<br />

replicar non si puote, ed è quella addotta dal Redentore, cioè che Maria:<br />

optimam partem elegit 37 . Maria SS.ma coll’allontanarsi da noi e volarsene in<br />

anima e in corpo tutta gloriosa all’Empireo, scelse il meglio e l’ottimo:<br />

33 Dille dunque che mi aiuti.<br />

34 Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta.<br />

35 Ecco il Signore passa.<br />

36 Coprì il suo volto con il mantello.<br />

37 Ha scelto la parte migliore.<br />

311


optimam partem elegit. Scelse il meglio non solamente per sé, ma ancor per noi.<br />

Sì, convien ben capirlo: optimam partem elegit, facendo con la sua lontananza,<br />

che migliorassimo piuttosto di condizione e di vantaggio, di quel che perdessimo:<br />

onde la nostra mestizia dar si dovesse per vinta dall’allegrezza.<br />

2. Ed invero, Uditori, se la nostra gran felicità pur consiste, conforme ad una<br />

voce insegnano i Padri tutti, nel vero ossequio e rispetto alla Gran<br />

Vergine Madre, certamente più conferisce la lontananza, che la presenza<br />

a far crescere il profondo rispetto ed il vero ossequio. È un trito dogma di<br />

politica: maior ex longinquo reverentia 38 ; la distanza dagli occhi è madre<br />

della riverenza, laddove la vicinanza è risvegliatrice piuttosto di un tenero<br />

affetto. Or per onorar Maria, come si deve, vi vuol profondo rispetto<br />

ed ossequio sodo e tenero. Dunque, stia pur essa da noi lontana, assisa in<br />

cielo gloriosa alla destra del Figlio, quando tal sua lontananza ingeneri nei<br />

nostri cuori un rispetto più umile e più filiale. Intenerita la Sacra Sposa<br />

dei Cantici verso il suo Diletto presente, lo invita, lo prega ad accostarsele:<br />

veni dilecte mi 39 (Cant. 7). Ma poi, conoscendo, che la presenza dello<br />

Sposo Divino coll’ingenerar troppa tenera confidenza, poteva scemarle il<br />

rispetto e l’ossequio, si risolve a supplicarlo, che si allontani e se ne fugga:<br />

Fuge, dilecte mi, fuge 40 . Congratuliamoci dunque con la nostra Diletta<br />

Regina, che in questo dì se ne salisse a regnar gloriosa sopra tutti i cori<br />

degli Angeli; e congratuliamoci non solo, perché ciò fu il meglio per Lei;<br />

ma anche perché è il meglio per noi, per vieppiù crescer nella sua devozione<br />

ed ossequio. Ah sì, sì, io bramerei di averti presente per amarti con<br />

più tenerezza, o dolcissima Madre: Veni, dilecta mea 41 . Ma siccome non<br />

altro bramo, non altro voglio, che sinceramente ossequiarti ed esser tuo<br />

umile e rispettoso divoto, perciò Fuge, Dilecta mea, fuge: giacchè è pur<br />

vero, che con la tua Assunta e con la tua lontananza, optimam partem<br />

elegisti 42 per te e per noi.<br />

38 Maggiore riverenza proviene da persona lontana.<br />

39 Vieni o mio diletto.<br />

40 Fuggi o mio diletto, fuggi.<br />

41 Vieni o mia diletta.<br />

42 Hai scelto la parte migliore.<br />

312<br />

3. Ma piano, che io scopro un altro vantaggio per noi col veder Maria salita<br />

sino al più sublime posto nell’empireo. Mi direte, e quale? Quello<br />

cioè, che sempre più interessata si dichiara e propensa a soccorrerci in<br />

tutti i nostri bisogni. Non ha già la gran Vergine potuto mutar cuore<br />

col mutare stato di viatrice in comprenditrice. Deh no, anzi ha acquistato<br />

una infinità di pregi tutti amorosi per il nostro bene. Il salire in<br />

alto posto e il dimenticarsi di chi resta al basso, egli è proprio del<br />

mondo, ma non del cielo. Benché la Vergine, salita sia sul più sublime<br />

dell’empireo ed incoronata si vegga, come Sovrana Imperatrice<br />

dell’Universo, non isdegna però tener sempre fissi gli occhi della sua<br />

somma clemenza sulle nostre bassezze ed estreme miserie; né la dimenticanza<br />

può mai entrar in quella mente sua così al sommo glorificata.<br />

Anzi tanto più essa gode di vedersi così sublimata, quanto più conosce<br />

di aver modo di sollevare ad ogni cenno i nostri bisogni.<br />

4. Osservatelo di grazia in una bella figura. Vedendosi gli Israeliti inferiori<br />

di forze e di spirito ai Filistei, risolvettero di portar l’Arca tra loro.<br />

Ma che? Ne morirono trentamila e fu presa l’Arca. Ma fece tale scempio<br />

dei Filistei: Fiebat manus Domini per singulas civitates 43 (1 Re, 4). Così<br />

non mai si allontana Maria, benché sembri così lontana.<br />

5. E poi, ben’essa si rammenta, che per noi è salita a quell’alto posto, cioè<br />

per esser l’unico nostro rifugio. Da un’Arca all’altra cioè a quella<br />

di Noè: Multiplicatae sunt acquae et elevaverunt Arcam in sublime, ecc. 44 .<br />

San Bernardino da Siena: salvando quei che la presero per asilo.<br />

6. Nox auferetur ab ea, ecc. Gloria et honore coronasti eam, ecc. 45 .<br />

7. (Per la perorazione). Che diranno, ecc. Mosè, ecc. Exd. 32.<br />

43 E la mano del Signore era in tutte le singole città.<br />

44 Si moltiplicarono le acque e innalzarono l’Arca.<br />

45 La notte sarà tolta da lei… L’ha incoronata di gloria e di onore.<br />

313


PER LA GLORIOSISSIMA ASSUNTA DI NOSTRA SIGNORA<br />

Riflessioni Devote recitate Martedì 15 Agosto 1769<br />

Il Brano viene definito dall’Autore “riflessioni devote”; è infatti composto soltanto<br />

da un proemio ed è sviluppato in due punti. Si evince che esso sia stato proposto ai<br />

fedeli durante la liturgia della santa Messa pomeridiana, infatti rivolgendosi agli<br />

ascoltatori usa l’avverbio “stasera” e, per la riflessione, utilizza il passo<br />

dell’Ecclesiastico, cap. 24, riportato dalla liturgia odierna.<br />

Come al solito, don <strong>Marcucci</strong> cerca di attirare l’attenzione degli ascoltatori con<br />

qualcosa che è vicino alla loro esperienza, prima di elevarli alla contemplazione dei<br />

grandi misteri. Egli nota che, qualora in “un fatto si accoppiano la novità, la magnificenza<br />

e la specialità dell’amore, è tanta la maraviglia e la tenerezza” che procura<br />

che non è possibile sostenerle senza l’aiuto divino.<br />

Questo ci fa comprendere quanto maggiore sia stato il miracolo dell’onnipotenza<br />

divina che sperimentarono gli apostoli e tutti i discepoli di Maria SS.ma, nel vederla<br />

improvvisamente rapita in cielo con grande gloria. Don <strong>Marcucci</strong> chiede alla<br />

SS.ma Vergine di ravvivare “stasera” nei presenti la fede e l’amore filiale verso di Lei<br />

e di donare loro tanta forza, affinché come gli Apostoli la seguirono in tal giorno con<br />

gli sguardi fino all’empireo, loro possano seguirla con alcune pie riflessioni fino alla<br />

sua glorificazione, alla destra del Figlio.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> immagina con vive raffigurazioni la visita della Vergine ad ogni<br />

coro dei beati e le loro suppliche a rimanere tra essi.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 189-192.<br />

Qualora in un fatto si accoppiano la novità, la magnificenza e la specialità<br />

dell’amore, è tanta la maraviglia e la tenerezza che ne risulta, che se una forza<br />

sovrumana non vi concorra, non è possibile che regger vi possa chi vi si trova<br />

presente e ne è a parte.<br />

Attribuisco io perciò a gran miracolo, che un Eliseo regger potesse in vita<br />

nel vedersi improvvisamente rapito verso il cielo il suo maestro Elia, sì teneramente<br />

da lui amato e rapito entro un carro di fuoco; e non so, come aver<br />

potesse tanto di forza a gridar tra mille amare lagrime: Pater mi, Pater mi, currus<br />

Israel, et Auriga eius 46 (4 Reg., 2). Da qui certamente comprender voi<br />

46 Padre mio, padre mio, carro di Israele e sua auriga.<br />

314<br />

potete, o signori, se quanto maggiore fosse il miracolo della onnipotenza<br />

divina, che sperimentarono quest’oggi gli Apostoli e tutti i cari prediletti<br />

Discepoli di Maria SS.ma, nel poter reggere in vedersela improvvisamente<br />

rapita, piena di maestà e di gloria, entro un gran carro trionfale dal ciel<br />

disceso; e rapita con un corteggio di tutte le angeliche gerarchie sino<br />

all’Empireo. Posso io ben ridirvi, che essi rimasti tutti attoniti, immersi in<br />

un mar di tristezza insieme e di giubilo, seguirono la loro cara Divinissima<br />

Madre, Maestra e Regina e con gli sguardi e con i sospiri, credo io, sino alle<br />

beate porte del Paradiso; e ben videro gli ossequi che sin lassù le fecero sopra<br />

la regione dell’aria e la luna e il sole e i pianeti e le stelle e le altre tutte creature,<br />

come a gran Madre del lor Creatore. Del rimanente, che gli Apostoli e<br />

i Discepoli a tanti stupori, a tante magnificenze, a tante tenerezze, regger<br />

potessero in vita, non fu opra di valore umano, ma di puro sforzo divino.<br />

E credetemi pure, cari miei Uditori, che se pur noi conservassimo in petto<br />

una fede viva e un cuor veramente filiale e amoroso verso di Maria, non vi<br />

sarebbe modo in quest’oggi di scoglire la lingua al discorso, neppur forse<br />

delle sue lodi (tanto ci troveremmo estatici nella considerazione di sue celesti<br />

grandezze); od almeno non potessimo rammemorarle, senza dolci lagrime<br />

di tenerezza. Or ravvivi in noi stasera Maria SS.ma e la fede e l’amore filiale<br />

verso di Lei e ci dia tanto di forza, che se gli Apostoli la seguirono in tal dì<br />

con gli sguardi sino all’Empireo, possiam noi seguirla con alcune pie riflessioni<br />

lassù dentro l’Empireo e tenerle dietro gli sguardi sino alla salita sull’altissimo<br />

trono, ove fu collocata alla destra del Figlio. Via su, ravviviam la<br />

fede, riaccendiamo l’amore. Incominciamo.<br />

1. Che in cielo vi siano vari gradi, vari ordini, vari posti di gloria tra i<br />

beati, non può dubitarsene punto, senza dare un’empia negativa a tutte<br />

le divine Scritture. Gli Angeli si trovan con mirabile ordine distinti e<br />

divisi in tante gerarchie e in tanti cori. E qualora nell’Ascensione del<br />

Redentore aperte furono le porte del Paradiso, ivi entrando l’innumerabile<br />

stuolo dei Patriarchi, Profeti, Confessori, Vergini,<br />

Martiri e tutti gli altri, che salvi erano del Vecchio Testamento, da<br />

Adamo sino a quel tempo, ebber lassù in quella Patria beata vari gradi<br />

di gloria, vari posti, vari cori, tutti corrispondenti ai meriti, agli uffizi,<br />

ai patimenti sofferti ed alle opere sante, fatte qui in terra sinché l’eccelsa<br />

Nostra Signora Maria SS.ma, qualora fu in questo dì portata a pren-<br />

315


der possesso di quel suo beatissimo regno, come Regina, non vi ha dubbio,<br />

che non vi trovasse glorificati tanti Patriarchi, Profeti, Martiri,<br />

Confessori, Vergini ed altri senza numero, disposti con ordine maraviglioso<br />

in tanti cori e gradi di gloria. Or voglio, che facciam qualche pia<br />

riflessione intorno alla visita, che la gran Vergine fece ad ogni coro dei<br />

beati, nel passare tra di loro; ed introno alle suppliche di ciascun coro<br />

dei beati nel supplicarla a rimanere tra essi.<br />

2. Per procedere con ordine, pigliam per guida tutto quel passo dello<br />

Ecclesiastico (cap. 24), di cui oggi si serve la Chiesa, dove lo Spirito<br />

Santo fa menzione dell’esaltamento glorioso della Gran Vergine: Quasi<br />

cedrus exaltata sum in Libano 47 , con quel che segue.<br />

Quasi cedrus: il coro delle Vergini;<br />

Quasi cypressus: il coro dei Confessori;<br />

Quasi palma: il coro dei Martiri;<br />

Quasi plantatio rosae: il coro degli Apostoli;<br />

Quasi oliva: il coro dei Patriarchi;<br />

Quasi platanus: il coro dei Profeti;<br />

Quasi ficus cinnamomum: prima Gerarchia, Angeli, Arcangeli, Virtù;<br />

et balsamum 48 : la seconda Gerarchia, Potestà, Principati, Dominazioni;<br />

Quasi myrra electa 49 : la terza Gerarchia, Troni, Cherubini, Serafini.<br />

47 Sono stata esaltata come cedro nel Libano.<br />

48 Come cinnamomo e balsamo.<br />

49 Come mirra scelta.<br />

316<br />

CAP. VI<br />

SERMONCINI FAMILIARI<br />

RECITATI NEI SABATI<br />

E IN ALTRE FESTE MARIANE<br />

(1756-1769)<br />

317


Introduzione al capitolo<br />

In questo capitolo sono raccolti dodici sermoncini per varie festività mariane, compresi<br />

tra il 1756 e il 1769. I primi due, riguardano rispettivamente le feste mariane<br />

della Presentazione di Maria al Tempio, recitato, il primo, da don <strong>Marcucci</strong> alle<br />

Religiose Benedettine di S. Egidio di Ascoli (ASC 23) e l’altro, qualche giorno dopo,<br />

alle suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione, in occasione della festa della<br />

Madonna di Loreto (ASC 35).<br />

Un secondo gruppo di otto sermoni, definiti dall’Autore familiari, fa parte della<br />

miscellanea ASC 37 e tratta di Maria e Giuseppe alla luce del mistero natalizio: del<br />

loro rapporto di parentela, del loro sposalizio, della nascita di Gesù, del privilegio<br />

della maternità divina di Maria, della sua verginità perpetua, della visita dei Magi<br />

alla santa famiglia, della loro fuga in Egitto a motivo della strage degli innocenti.<br />

Le composizioni di questo gruppo sono elaborate in modo ampio e curato; di un sermoncino<br />

è indicato solo il titolo.<br />

Gli ultimi due sermoni trattano della premura che ha Maria SS.ma nel soccorrerci<br />

e proteggerci senza che neppure glielo chiediamo; sono conservati entrambi nella<br />

miscellanea ASC 23. L’ultimo sermone è stato recitato nella chiesa parrocchiale di<br />

Santa Maria Inter Vineas.<br />

318 319


SERMONE FAMILIARE<br />

SOPRA LA PRESENTAZIONE DI NOSTRA SIGNORA<br />

Il Sermone fu recitato da Don <strong>Marcucci</strong> “in sedia alle piissime Religiose<br />

Benedettine di S. Egidio” di Ascoli, il 22 novembre 1756. L’Autore aveva uno stretto<br />

rapporto con il monastero anche perché la zia paterna, donna Cecilia, era lì vissuta<br />

dal 1696 fino alla morte, avvenuta l’8 settembre 1731.<br />

Benché Don <strong>Marcucci</strong> abbozzi il Sermone “in otto ore consecutive, tra giorno e notte<br />

a gloria di Maria SS.ma” 1 , esso è sviluppato in modo ampio ed articolato in ben 17<br />

punti, oltre il proemio.<br />

Viene anzitutto ricordato che Maria, fin dal primo istante della sua vità, “avanzò<br />

tutti gli angeli e serafini nell’amore e nell’offerta a Dio di tutta se stessa”; si mantenne<br />

poi “immutabile fino alla morte” in questo amore, tanto che nessuno potrà mai<br />

superarla. Per questo è modello esemplare di tutte le virtù cristiane.<br />

Nella presentazione al Tempio, Maria ci ricorda quattro virtù. Anzitutto l’umiltà;<br />

Ella, infatti, non aveva bisogno di ritirarsi al Tempio per essere educata.<br />

La seconda virtù che Maria vuole insegnarci è la “cautela”, cioè la cura ad usare tutti<br />

i mezzi possibili per orientare bene la vita fin dall’infanzia. Qui don <strong>Marcucci</strong> sottolinea<br />

320<br />

Bartolomeo Vitelli, Presentazione di Maria al tempio, affresco, 1751,<br />

Ascoli Piceno, Casa Madre, lunetta nel locale della prima Chiesa a piano<br />

terra, oggi utilizzato come sala di ricevimento.<br />

1 Cf. MARIA PAOLA GIOBBI in Il Palazzo <strong>Marcucci</strong>, cit. pp. 77-78.<br />

la sua convinzione che in tenera età si educa meglio. Chi ha comunque superato questa fase<br />

può supplire con la semplicità cristiana, il fervore, il coraggio, la rinnovazione di spirito.<br />

La terza virtù che Maria vuole insegnarci nella festa della sua presentazione al<br />

Tempio è la viva confidenza in Dio e il coraggio. Nel viaggio di sette miglia che Ella<br />

fece per giungere al Tempio, camminò in parte da sola e in parte fu portata in braccio<br />

dai suoi genitori, san Gioacchino e sant’Anna. Questo ci ricorda che nelle difficoltà del<br />

cammino, anche noi siamo portati in braccio da Dio Padre e da Maria stessa.<br />

La quarta virtù che Maria vuole insegnarci nella festa della sua presentazione al<br />

Tempio è l’offerta totale di sé a Dio. Don <strong>Marcucci</strong> suggerisce alle monache di rinnovare<br />

il tal giorno la loro totale consacrazione a Dio, come le Religiose dell’Immacolata<br />

Concezione fanno nella mattina della festa della Concezione Immacolata.<br />

Conclude con una fervente preghiera alla Vergine Santa per chiederle il dono<br />

della fedeltà generosa e totale a Dio.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 227-247 (17-36).<br />

Argomento<br />

La Presentazione di Maria, da noi ben considerata,<br />

è molto efficace per farvi ripigliare il Divino Servizio con tutto fervore,<br />

per farci in somma rinnovar nello spirito<br />

In un giorno così lieto, così tenero e così caro della Presentazione al Tempio della<br />

Divina Fanciulla e Nostra prediletta Signora, che mai potrà dirvi mia rozza<br />

Lingua, mie stimatissime Madri, che ridondar possa a maggior gloria della Gran<br />

Vergine ed a maggior vostro vantaggio? Già il Cattolico Mondo tutto, oggi è in<br />

festa per onorare Maria; già è in attenzione per apprender da sì Divina Maestra<br />

il modo nobile e singolare di presentare a Dio delle grate offerte. E voi medesime,<br />

che con tanto buon’animo qui vi siete raccolte per sentirmi favellare di sì<br />

tenero mistero, siete anche cagione di farmi restar’estatico di gioia e di maraviglia.<br />

Cosicché io, fatto quasi fuori di me per la tenerezza che provo per ogni verso,<br />

non saprei a che applicarmi, o al restarmene in silenzio tutto raccolto a contemplar<br />

il tenero e caro ricorrente Mistero della Presentazione; oppure a tentare di<br />

ridirvene, tuttoché rozzamente, qualche cosa per più accenderci nel dolce Amor<br />

di Maria e per più spronarci alla imitazion di Maria. Ma via, che già v’intendo,<br />

le mie buone figliuole, qua mi avete bramato non per tacer ma per favellarvi; non<br />

per contemplar meco stesso, ma per ridirvi della Divina Fanciulla le virtù e le<br />

glorie. Mi assista pur essa per sua Bontà, come assistette in questo Giorno al<br />

321


Santo Patriarca Germano di Costantinopoli; qualor di lei raggionava; essa m’ispiri<br />

quel che io dir debba di questo suo Mistero, come lo suggerì a Santa Isabella<br />

vostra Benedettina; che io di buona voglia vi ubbidirò. Eccovi pertanto il mio<br />

Assunto: La Presentazione di Maria, da noi ben considerata è molto efficace per farvi<br />

ripigliare il Divino Servizio con tutto fervore, per farci in somma rinnovar nello Spirito.<br />

Favoritemi di amorevole attenzione e lo vedrete.<br />

1. Tutta l’adorabile Vita di Maria SS.ma, se noi ben la consideriamo, non<br />

fu altro che uno Specchio tersissimo senza menomo appannamento,<br />

senza menoma ombra di difetto e di macchia; come di Lei disse il suo<br />

Divino Sposo Speculum sine macula. Tutto il viver suo SS.mo fu un continuo<br />

esemplare ottimo e nobilissimo della più eroica Perfezione,<br />

Perfectionis exemplar. Tutto il suo Divino operare e conversare, ogni pensiero,<br />

ogni respiro, ogni sospiro, ogni occhiata, ogni parola, ogni passo,<br />

ogni minimo gesto di Nostra Signora fu al certo tutto ripieno di virtù<br />

eroiche, di Grazia copiosissima; come ben osservò il suo diletto<br />

Bernardino da Siena, Tota eius conversatio et vita omni refulgebat gratia et<br />

virtute. Gli Angeli stessi, sì, gli Angeli del Cielo che a folte schiere tutti<br />

umuli ed ossequiosi la corteggiavano, rimanevano attoniti ed estatici in<br />

contemplarla; e confessavano non esservi neppure in cielo tra’ più alti<br />

serafini chi uguagliar mai la potesse in menoma cosa.<br />

2. Osservate di grazia, mie care Madri. Sin dal primo momento in cui la<br />

gran Vergine fu da Dio creata, sin dal primo Istante della sua<br />

Concezione Immacolata, fu essa riempita di Grazia, ebbe infuse tutte le<br />

virtù ed ebbe infuso l’uso perfettissimo di ragione; talché sin da quel<br />

primo beato momento, in cui fu concetta, conobbe essa pefettamente il<br />

suo Dio e con uno slancio di sommo perfettissimo Amore subito allora<br />

tutta, tutta a Lui si consacrò e si offrì con tutto il cuore; come a mille<br />

prove insegna l’esimio Suarez, il dolcissimo San <strong>Francesco</strong> di Sales e tanti<br />

altri innumerabili dotti e pii Scrittori. Or chi l’avrebbe mai pensato,<br />

che quel primo atto di Santo amore e di Santa unione con Dio, che la<br />

Nostra Immacolata Signora fece in quel solo primo Istante in cui fu<br />

concetta, fosse stato tanto alto di grado e tanto perfetto? Eppure udite<br />

che dicono il poc’anzi citato Suarez ed il Santo di Sales, superò la Vergine<br />

allora con quel solo suo primo Atto di Amore, superò, dissi, di gran<br />

322<br />

lunga tutto l’Amore di tutti gli Angeli insieme e di tutti i Serafini del<br />

cielo: talché sin da allora dall’Immacolato suo concepimento divenne<br />

nell’Amore e nell’Unione Divina la gran Maestra ed il perfetto<br />

esemp1are di tutti gli Spiriti Celesti.<br />

Ma ciò fu poco. Ecco il singolarissimo Privilegio di Nostra Signora sopra<br />

tutte le pure Creature; cioè ch’essa non solo in quel beato Istante avanzò<br />

tutti gli Angeli e Serafini nell’Amore e nell’offerta a Dio di tutta se stessa;<br />

ma di più, fu poi sempre immutabile e perseverantissima fino alla<br />

morte; con l’andar da momento in momento vieppiù accrescendo, raddoppiando<br />

e moltiplicando l’ineffabile altissima sua Santità: tanto vero che<br />

giunse tanto alto, che quanti mai beati sono in cielo, quanti mai Dottori<br />

furono e sono in Terra, non possono e non potranno giunger mai a comprender<br />

l’altezza inaccessibile della sua Perfezione. Quel Dio solo, che in<br />

privileggiarla ed arricchirla impiegò tutta la sua Onnipotenza, Sapienza ed<br />

Amore; Dio solo, dico, può giungere a penetrare gli alti inaccessibili meriti,<br />

virtù e perfezioni di Maria; come tutti i Padri e Teologi unitamente con<br />

il serafino da Siena confessano. Tanta est perfectio Virginis, ut soli Deo cognoscenda<br />

reservatur. Tanto è certo, che tutta l’adorabile vita della gran Madre<br />

di Dio è una nobilissima Scuola di tutte le Virtù ed è il perfetto esemplare<br />

e modello della Cristiana perfezione; da cui possiamo e dobbiamo noi<br />

ritrarne ogni fervore, ogni rinnovazione di Spirito, ogni virtù.<br />

3. E qui, già vi leggo in fronte, dilettissime Madri, il vivo desiderio di<br />

risaper’ora da me se che di profitto e d’imitazione ricopiar noi possiamo<br />

e ritrarre dal ricorrente Mistero della sua Presentazione al Tempio. O Dio,<br />

da un così profondo ed insieme caro e tenero mistero di Maria, qual’è<br />

anzi quel Bene, quel fervore, quel profitto che noi non ne possiamo<br />

ritrarre? E chi vi ha tra voi, mie carissime figliuole, che non riconosce<br />

Maria SS.ma divenuta nostra gran Maestra di molte virtù eccellenti in<br />

questa sua dolce e tenera festa?<br />

4. Io non vi dico, che andiate rintracciando con la vostra mente tutto<br />

quanto essa operò e fece in tal congiuntura; perché ciò neppure alle<br />

Angeliche menti sarebbe permesso. Vi prego soltanto a considerarne<br />

con me quattro sole cose; tutte tenere, tutte amabili e care. La prima, che<br />

ella volle presentarsi e ritirarsi al Tempio di Gerusalemme in educazio-<br />

323


ne, senza che punto avesse bisogno di tal Ritirata. La seconda, che andò<br />

a presentarsi al Tempio nella sua più tenera età, essendo Fanciulla di tre<br />

soli anni; come ci attestano quasi tutti i Santi Padri. La terza, che nel far<br />

quel viaggio da Nazareth a Gerusalemme, di circa sette miglia, fu essa<br />

un poco portata in braccio dai Santi suoi Genitori e un poco lo camminò<br />

ella stessa con i suoi adorabili Piedini. La quarta che essa si offrì<br />

tutta, tutta a Dio senz’alcuna riserva di se medesima. O Dio, mie buone<br />

Madri, queste sole quattro cose nella Presentazion di Maria, ci ammaestrano<br />

tanto che non più e son sufficienti ad infervorarci talmente con<br />

la loro cara dolcezza; che io vi confesso, che tuttoché così duro peccatore,<br />

pure a tal pensiero mi sento liquefare il cuore per tenerezza.<br />

5. Di fatto, se vogliamo un tantino posarci sulla prima cosa; come possibile<br />

di grazia di non ricoprirci di confusione per tanta nostra superbia,<br />

come non umiliarci di cuore, come non infervorarci, se vediamo l’eccelsa<br />

nostra Signora presentarsi e ritirarsi al Tempio di Gerusalemme in<br />

educazione, senza che avesse punto bisogno di tal Ritirata? Si era ben<br />

essa, come dicemmo, sin dal primo momento di sua vita, sin dal primo<br />

Istante immacolato in cui fu concetta erasi, dico, tutta a Dio consecrata,<br />

tutta a Dio pienamente donata ed offerta; e tutta con Dio sì strettamente<br />

e perpetuamente unita, che non potè mai interrompere o variare<br />

in menomochè questa così forte ed indissolubile Divina Unione.<br />

Quindi non aveva punto bisogno di ritirarsi al Tempio e di rinnovar<br />

allora pubblicamente quest’offerta, giacché la vita sua era già tutta continuamente<br />

in Dio trasformata: né poteva essa punto temere, che<br />

restando in Nazareth con i suoi Genitori, così Santi, quali furono San<br />

Giovacchino e Sant’Anna, potesse patir distrazioni; o che gli oggetti<br />

esterni e le creature tutte potessero tantino divertirla mai dalla dolce ed<br />

intima Unione con Dio; giacché sin dal primo momento di sua beata<br />

concezione era stata con singolar privilegio, non solamente riempita di<br />

Grazia e di perfettissimo Amore, ma di più era stata resa impeccabile e<br />

confermata in quella Grazia ed Amore che aveva ricevuto.<br />

6. Eppure, tuttoché non avesse alcun timore e bisogno, volle presentarsi e<br />

ritirarsi al Tempio per insegnarci, a guisa di buona Madre e Maestra, la<br />

grande cautela, con la quale noi (che siam così variabili e tanto sogget-<br />

324<br />

ti alle passioni ed alle mutazioni e che non abbiamo un sodo e stabile<br />

fondo di Perfezione) viver dobbiamo: insegnar ci volle in somma con il<br />

suo esempio, che dovevamo viver molto cauti e circospetti, ed usar tutti<br />

i mezzi possibili per stabilir bene la nostra buona Vita e per conservare<br />

e mantener fedelmente i nostri buoni Propositi o voti fatti e le nostre<br />

sante risoluzioni ed offerte. Oh come, Madri mie dilettissime, oh come<br />

al rimirarci in questo tersissimo Specchio del sacro Ritiro e<br />

Presentazion di Maria, ci troviamo difettosi e pien di macchie di presunzione,<br />

di superbia, di disattenzione e di pigrizia! Gran cosa! Siam<br />

così tepidi, siam così fragili, siam così volubili e mutabili: ogni passione<br />

risentita ci sconvolge, ogni vento di tentazione ci atterra, ogni<br />

oggetto esteriore ci distrae e ci dissipa: eppure ci rifidiam tanto di noi,<br />

che francamente talora ci esponiamo ai pericoli; non ci curiamo di orazione,<br />

né di raccoglimento, né di silenzio, né di ritiro. O maledetta<br />

superbia donde mai sei nata in Creature sì misere, come siam noi!<br />

7. Eppure sappiamo, che un San Bernardo vostro, tuttoché Uomo così dotto,<br />

così circospetto e così Santo; sappiamo, che qualora, uscito dal suo Ritiro,<br />

gli conveniva trattar di vari affari; piangeva poi il povero Santo le intere<br />

giornate, perché mille distrazioni lo perturbavano, penando molto a poter<br />

ripigliare il solito suo Raccoglimento ed interno Ritiro. Sappiamo il<br />

memorabil successo di quella Religiosa di Cistercio detta Beatrice; la quale<br />

tuttoché donna di molta santità e di miracoli, pure per la poca cautela di<br />

se stessa e per la troppa rifidanza di frequentar le grate e trattar giornalmente,<br />

alla fine divenuta tutta dissipata e poi accecata, obbrobriosamente<br />

se ne fuggi dal Monastero: e vi volle solo uno strepitoso miracolo di Nostra<br />

Signora per farla ritornare dopo dodici anni di una vita scandalosissima e<br />

per farla dare ad una penitentissima Vita; in cui poi morì, lasciando ottime<br />

speranze di sua vera conversione fatta e di sua eterna salvezza.<br />

8. Ecco pertanto, come la gran Madre di Dio con l’esempio della sua<br />

Presentazione e Ritirata corregge la nostra troppa presunzione, la troppa<br />

nostra rifidanza: ecco come ci istilla al cuore sentimenti di profonda umiltà<br />

e diffindenza di noi e ci fa rinnovar con più fervore i buoni propositi di<br />

viver più raccolti in avvenire, più attenti, più cauti, più circospetti. Sia<br />

pur mille volte benedetta la nostra così cara e benigna Madre e Maestra.<br />

325


9. Ma su, che in altre cose più nobili ed eccellenti ella di ammaestrarci si<br />

degna, con la sua Presentazione, se riflettiamo ch’essa nella età sua più<br />

tenera, fanciulla essendo di soli tre anni, andar volle al Tempio a ritirarsi<br />

(ch’è la seconda cosa che a considerar vi proposi). E qui, io già tutte<br />

meste dir vi sento, mie buone Madri e Figliuole e come noi potremo in<br />

ciò imitar Nostra Signora, se ci troviamo chi più, chi meno, fuori dalla<br />

tenera età, ed avanzate negli anni? Forse potremo tornare più fanciulle?<br />

Forse tempo trasandato si riacquista di nuovo? Ma deponete pure la<br />

vostra mestizia. Io non niego, che veramente è molto grande la felicità<br />

di coloro, che si son dedicate a Dio fin dalla loro fanciullezza, come una<br />

Santa Geltrude, una Santa Caterina da Siena, una Santa Teresa. Ma pure<br />

consoliamoci. Anche ora (benché tardi invero), anche in questa nostra<br />

avanzata età, è tempo di ritornar fanciulle. La Santa Semplicità cristiana<br />

e religiosa è sufficiente a far tornare fanciulli sino i più decrepiti e<br />

senili di età: il fervore, il coraggio, la rinnovazione di spirito, sono tutti<br />

atti a farci divenire come di anni più teneri.<br />

10. Qando la Sacra Sposa de’ Cantici disse allo Sposo Celeste, Signore il tuo<br />

amabile Nome è appunto come un olio balsamico ed odorifero, che<br />

sparso getta un odore soave, oleum effusum Nomen tuum; e perciò le<br />

Giovanette, le Fanciulle, tirate da tale vostra soavità, vi hanno amato e<br />

seguitato, ideo, Adoloscentulae, dilexerunt te: credete voi, Madri mie, che<br />

essa intendesse di parlare delle Fanciulle di età? No certamente. Parlava<br />

di Anime avanzate negli anni, ma che per il loro nuovo fervore, per il<br />

loro nuovo coraggio, per la loro rinnovazione di spirito, per la loro amorevole<br />

mansuetudine e semplicità di cuore, erano tornate ad esser santamente<br />

Fanciulle e Giovanette. Quel rifarsi ogni tanto coraggiosamente<br />

da capo nella via del Signore; quel viver con mansuetudine, accomodandosi<br />

caritatevolmente con tutte, facendosi giovani con le giovani,<br />

gioviale con le allegre, seria con le serie, inferma con le inferme; quell’essere<br />

e farsi santamente tutta di tutte, come faceva il prediletto San<br />

Paolo e San <strong>Francesco</strong> di Sales; quel camminar con santa semplicità,<br />

pigliando ogni cosa in buon verso, scusando, soffrendo, mostrandosi<br />

sempre umile, dolce, pieghevole nelle cose doverose, gioviale, caritatevole:<br />

quel forzarsi in somma a ripigliar uno Spirito fervido, dolce, semplice<br />

e buono da fanciulle: questo, questo, mie carissime figliuole, egli<br />

326<br />

è il ritornar all’età tenera da Bambina; questo è quello che ci venne<br />

tanto raccomandato dal Redentore Divino con quel suo misterioso dire<br />

Nisi efficiamini, ut parvulus iste; e questo è quello che ci vien proposto da<br />

imitarsi con il suo esempio da Nostra Immacolata Signora con quel suo<br />

dedicarsi al Tempio, fanciulla di soli tre anni. Su dunque, coraggio!<br />

Santo nuovo fervore, santa risoluta rinnovazione di Spirito, santa semplicità<br />

di cuore, oggi da noi a tutto sforzo si riprenda: ed eccoci tornati<br />

alla tenera età fanciullesca, che tanto piace a Dio, che ruba il cuore<br />

all’Immacolata sua Madre.<br />

11. Sebbene, che sforzo non farà qui il demonio, ed insiem con lui la nostra<br />

abituata pigrizia ed irresolutezza? Ah che io sento le loro obiezioni e difficoltà<br />

che sotto varie rappresentanze ci oppongono. Oh, dicono e quanto<br />

durerà? Si è ciò tante volte principiato, e poi? E chi potrà durarla con<br />

tanta attenzione, con tanto rinnovamento di Spirito, con tanta semplicità?<br />

Figliuole, vi dirò. Il demonio è disperato ed il padre dei disperati; e<br />

siccome vede per lui non esserci più rimedio e riparo, perciò cerca almeno<br />

aver compagnia al suo irremediabile male. Ma sia pur egli disperato in<br />

eterno; che per noi non è, e non sarà così al certo. La nostra pigrizia poi<br />

ed il nostro Amor proprio si misurano sempre con le sole loro proprie<br />

forze. Ridicoli che sono. E noi, faremo a loro dispetto quanto potremo per<br />

rinnovarci e ringiovanirci nello Spirito oggi, ed ogni tanto; ma tutta la<br />

nostra rifidanza non la riporremo mai nelle forze nostre; ma nella certa,<br />

sicura ed infallibile assistenza di Dio e della sua purissima Madre.<br />

12. Richiamate, richiamate di nuovo il pensier vostro, mie care Madri (e<br />

fate pure un cuor grande) alla Scuola che ci apre la Regina del Cielo in<br />

altre molte guise in questa sua amabile Presentazione. Mio caro Dio, io<br />

mi sento strugger di tenerezza al ripensare alla terza cosa che vi proposi.<br />

Qualora dalla città di Nazareth partì in questo giorno la Divina<br />

Fanciulla con i suoi Genitori per portarsi in Gerusalemme a presentarsi<br />

e ritirarsi in educazione al Sacro Tempio, ov’erano le altre Fanciulle;<br />

in quel viaggio di circa sette miglia, parte fu portata in braccio or da<br />

San Giovacchino, or da Sant’Anna; e parte camminò ella stessa con i<br />

suoi piccioli adorabili Piedi, ma sempre aiutata e tenuta per mano dai<br />

suoi Parenti. Perciocché qualora questi incontravano qualche sentiero o<br />

327


strada scabrosa, subito se la pigliavano dolcemente in braccio: quando poi<br />

si abbattevano in qualche pianura, allora la posavano in terra per farla<br />

camminar qualche poco, per il grande piacer che prendevano in vederla<br />

formare i suoi piccioli Passi con tanta grazia, che gli Angeli tutti del<br />

Cielo rapiva di stupore, giacché a folla eran discesi per contemplarla. Ma<br />

allora, qualor camminava questa Divina Infante, recava tenerezza il vederla<br />

alzar con tanta premura le sue picciole Mani per tenersi forte ai suoi<br />

Genitori per timore di non far qualche indoveroso Passo. O Dio, quanti<br />

misteri, quanti amabili insegnamenti si ascondono sotto questo dolce<br />

cammino di Nostra Signora per andare ad offrirsi al Tempio.<br />

13. Nella rinnovazione del nostro Spirito, nel fervoroso cammino per giungere<br />

al mistico Tempio della Perfezione, ci anima e ci incoraggia la<br />

Vergine con il rammentarci, che nei passi scabrosi di gagliarde tentazioni<br />

non volute, di passioni scatenate, di infermità, di persecuzioni, di<br />

patimenti, siam portati in braccio e dal Sommo nostro Padre celeste e<br />

da Lei nostra amantissima Madre: e lo vediam per esperienza, mentre se<br />

così portati non fossimo spesso, mai faremmo tutt’i più gran mali del<br />

Mondo e saremmo peggiori di Giuda e di tutti i demoni d’Inferno.<br />

Nelle cose poi a noi più facili ed agevoli, volendo Iddio che noi dal<br />

canto nostro in ciò che non è sopra le nostre forze ci aiutiamo a fare i<br />

nostri piccioli passi, egli però non ci lascia affatto, ma continuamente<br />

ci tien per la mano, facendoci camminare con il suo aiuto. Or chi mai<br />

dunque si perderà di coraggio? Basta che noi qualor camminiamo con i<br />

nostri piccioli passi, stiamo sempre con grande avvertenza di tenerci<br />

forti al nostro Divin Padre Iddio ed alla nostra clementissima Madre<br />

Maria. O qui sì, Madri mie, ci vuol confidenza viva e coraggio!<br />

14. E che vi resta pertanto affin di porre le mani all’opra? Resta di imitar l’ultima<br />

cosa, che io vi proposi, fatta da Maria SS.ma nella sua Presentazione,<br />

cioè di essersi offerta tutta, tutta a Dio, senza alcuna riserva di se medesima;<br />

come ben essa lo rivelò a Santa Isabella o Elisabetta, come altri la dicono,<br />

vostra Benedettina. Rinnovò in tal giorno Nostra Signora l’offerta e la<br />

donazione irrevocabile a Dio del suo cuore con tutti i suoi voleri ed affetti;<br />

dell’Anima sua con tutti i suoi Atti e Potenze; di tutto il suo corpo con tutti<br />

i suoi sentimenti ed operazioni: rinnovò i suoi fervidi e stabili Propositi e<br />

328<br />

Promesse: e senza punto riserbarsi nulla, di ben nuovo si donò e consecrò<br />

interamente a Dio con quanto mai essa aveva, ed era: e diede al caro Dio<br />

una intera e totale irrevocabile offerta, tal quale egli da Lei desiderava. Or<br />

animo grande, mie care Sorelle; ecco l’ultimo compimento dell’opera; ecco<br />

che dobbiamo oggi (ed ogni tanto) far noi ad imitazione e con l’aiuto di<br />

Maria. Diamoci in tutto e per tutto al caro Dio, rinnoviamogli le promesse<br />

ed i buoni propositi; offriamogli tutto il corpo, doniamogli tutta l’Anima<br />

e per le Mani dell’Immacolata sua Madre, consecriamogli irrevocabilmente<br />

tutto il cuor nostro. Nel principio della Chiesa stilavano quei novelli fervorosi<br />

Cristiani di fare ogni anno nel giorno anniversatio ricorrente del loro<br />

Battesimo, stilavano, dissi, di rinnovar l’offerta a Dio che di loro fecero nell’esser<br />

battezzati e di far con tutto fervore la rinnovazione del loro Spirito.<br />

Noi tal cosa far la possiamo in quest’oggi. Le pie Religiose dell’Immacolata<br />

Concezione hanno per regola nella mattina della festa della Concezione<br />

Immacolata, dopo le Sante Divozioni, di rinnovar comunemente la loro<br />

Professione, i loro Voti e di far la Rinnovazione dello Spirito, in unione di<br />

quella prima Offerta che di sé fece a Dio Maria SS.ma nel primo Istante del<br />

suo Immacolato Concepimento; recitando la Superiora la formula e ripetendola<br />

divotamente le altre; né si termina tal funzione senza lagrime. Le amabili<br />

Religiose poi della Visitazione, degne figlie del caro Santo di Sales,<br />

hanno per loro Istituto di fare in comune tale offerta e rinnovazione di spirito<br />

in questo Giorno medesimo della Presentazione al Tempio, in unione<br />

di quella offerta che di se stessa rinnovò l’eccelsa Nostra Signora.<br />

15. Su pertanto, a tali e tanti esempi divoti, infervoriamoci anche noi, mie<br />

care Figliuole, ed in unione della graditissima offerta che la Gran<br />

Vergine fece di tutta se stessa a Dio, offeriamoci tutti anche noi. Sì, si,<br />

Gesù mio, in Unione dell’accettabile offerta e donazione della tua<br />

Madre, eccovi tutto il cuore nostro: sì, Gesù mio, eccovi il cuore: Gesù mio,<br />

eccovi l’Anima: Gesù mio, eccovi tutto! Mio caro Dio, io ben so che il Cuor<br />

mio è ripieno di mille lordure, di mille difetti, di mille peccati. Ma e<br />

per questo cesserò forse di offrirvelo e di donarvelo?<br />

16. Ah no, mie amate Figliuole. E non sapete voi, che tutto ciò che si ripone<br />

nelle mani di Dio, si converte in bene? Quando Iddio creò Adamo,<br />

prese un poco di terra e di fango. Ma che? Questa terra e questo fango<br />

329


nelle mani di Dio si convertì in un Uomo vivo. Eh su dunque, doniamo<br />

pure a Dio il nostro cuore com’è. Egli così lo vuole. Penserà egli a<br />

convertirlo in buono e farlo tutto puro, tutto vivo, tutto santo. Dunque<br />

io lo ripeto con più viva fiducia, Gesù mio, eccovi il cuore: Gesù mio, eccovi<br />

l’Anima: Gesù mio, eccovi tutto!<br />

17. Vergine gloriosissima e mia prediletta Immacolata Signora, giacché in<br />

unione della vostra adorabile Presentazione e per le vostre Mani noi facciamo<br />

in questo Giorno questa irrevocabile Donazione ed offerta del<br />

nostro Cuore e di tutti noi stessi al vostro Divin Figlio; non possiam<br />

dubitare al certo che gradita al sommo non sia ed accetta. Ed essendo<br />

purtroppo vero, anche per isperienza, che l’amabile vostra Presentazione<br />

è molto efficace per farci ripigliar da capo con maggior fervore il Divino<br />

Servizio e di farci di tutto proposito rinnovar nello Spirito; sia vostra<br />

cura di stenderci sempre la pietosa mano in questo nuovo più risoluto<br />

cammino che a vostra gloria abbiam intrapreso in quest’oggi. Noi dal<br />

nostro canto vi terrem sempre forte sino agli ultimi respiri di nostra<br />

vita; affin così rinnovati di spirito amandovi e servendovi fedelmente in<br />

questo Mondo; possiamo poi ardentemente amarvi, lodarvi e godervi in<br />

Paradiso. Intanto in caparra della vostra certa e sicura assistenza, di cui<br />

non dubiteremo giammai, degnatevi in onor della vostra Presentazione<br />

di darci dal Cielo la vostra Santa Benedizione. Amen.<br />

ESEMPIO<br />

Quel gran Divoto di Maria Domenico Valesio della Compagnia di Gesù, da<br />

un gran tempo si sentiva stimolato, chiamato ed invitato a darsi giù di<br />

proposito all’orazione, alle virtù ed alla perfezione. Non sapeva per altro<br />

vincer la propria pigrizia e tepidezza. Un altro giorno, diceva, bisognerà<br />

farlo; ma intanto se la passava con sole parole; parendogli troppo arduo e<br />

difficile il cammino che far doveva. Di ciò non di meno si accusava bene<br />

spesso avanti una sacra Immagine di Nostra Signora, di cui ne era assai<br />

divoto. Passato così qualche tempo, stabilì un anno di celebrar con più<br />

divozione questa Festa della Presentazione di Maria. Si pose perciò a seriamente<br />

considerar l’esempio di Nostra Signora. Chi lo crederebbe! Tanto<br />

bastò, affin di farlo dar giù di proposito alla rinnovazion del suo Spirito ed<br />

alla Perfezione, a cui attese.<br />

330<br />

SERMONE V FAMILIARE<br />

Nel Venerdì dopo la Seconda Domenica dell’Avvento,<br />

in occasione della Festa della Madonna SS.ma di Loreto (10 Dicembre 1756)<br />

Il Sermone è sviluppato in sette punti, preceduto da un proemio dove l’Autore ricorda<br />

il mistero dell’annunciazione raccontato dall’evangelista Luca e la misteriosa traslazione<br />

della santa casa a Loreto, segno, quest’ultimo, della predilezione di Maria<br />

per la Terra Marchigiana.<br />

Dunque, “l’Amor singolarissimo mostrato a noi dalla Vergine col trasportar qui<br />

tra noi la sua Santa Casa, ci obbliga ad aprirle il nostro cuore per darle ricetto”.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 35, pp. 87-92 (31-36)<br />

Argomento<br />

Missus est Angelus Gabriel a Deo in Civitatem Galilae,<br />

cui nomen Nazareth, ad Virginem 2 (Luc. 1, 26)<br />

Ave Maria<br />

Chi vi ha tra voi in quest’oggi, mie riverite Madri, che non ammira gli<br />

eccessi del grande Amor di Maria verso di noi? Giunge già il fortunato<br />

tempo, in cui l’Onnipotenza e Volontà Divina vuol porre mano a<br />

quell’Opra ineffabile dell’Incarnazione del Verbo, decretata già ab eterno<br />

nella Mente di Dio. Si spedisce perciò dal Cielo nella Città di Nazareth<br />

l’Angelico Messaggero in casa della gran Vergine Nostra Signora: Missus est<br />

Angelus Gabriel, ecc.; ed ecco che Nostra Signora uniformandosi tutta umile<br />

ai Divini Voleri, accetta la Maternità Divina; e nella sua propria Casa si<br />

adempie l’ineffabil Mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio Gesù Signor<br />

nostro. Che ne viene in appresso? Questa Casa natalizia di Maria, così consacrata<br />

e dalla sua Presenza e molto più dalla reale presenza del Divin<br />

Figlio Umanato, non essendo dovere che resti in Galilea nella Città di<br />

Nazareth, già caduta sotto dei barbari Saraceni, sotto dei ciechi Infedeli, si<br />

leva di pianta da quella misera Città e da Angeliche Mani si porta per aria<br />

giù dall’Oriente in quassù verso di noi. O Dio, e quale mai sarà quella for-<br />

2 Fu mandato l’angelo Gabriele da Dio in una città della Galilea che aveva nome Nazareth,<br />

ad una Vergine.<br />

331


tunatissima Terra, quel felice Luogo, dove si depositerà un tanto Tesoro?<br />

Ah fortunata Dalmazia, tu sei fatta degna di averlo! Sì, mie buone Madri,<br />

ivi la collocarono gli Angeli la prima volta, di là dalla sponda del nostro<br />

Mare Adriatico. Ma poi, non piacque alla Regina del Cielo ivi fermarsi. Su<br />

su, intona agli Angeli, si porti di nuovo in aria la mia Casa, si passi<br />

l’Adriatico Golfo; e colà in un Campo detto Lauretano, nella Provincia della<br />

Marca, quivi si collochi, quivi si posi, quivi si fermi: mentre quivi ho poste<br />

le mie mire; quivi ho scelto il mio Popolo eletto; quivi sparger voglio in<br />

gran copia i miei favori. E così avvenne. Onde nell’anno 1294 di Nostra<br />

Salute, vale a dire 462 anni sono, nel Pontificato di S. Celestino Quinto,<br />

nel giorno di oggi, per eccesso di amore di Maria SS.ma verso di noi<br />

Marchegiani, fra noi la sua SS.ma Casa fu collocata e si fermò. Né possiam<br />

noi dubitare se sia quella stessa sua Casa ove il Figlio di Dio si fece Uomo<br />

per noi; dopo che tante Pontificie Bolle ce ne assicurano, tanti continui<br />

strepitosi miracoli ce lo confermano e la celeberrima venerazione di tutto il<br />

Cattolico Mondo ce lo contesta. O Amore dunque singolarissimo della gran<br />

Regina del Cielo verso di noi o Amore finissimo e incomparabile! Ah che<br />

ora ben lo comprendo il gran fine che ebbe in ciò la gran Vergine. Uditelo,<br />

e servirà per Assunto del mio presente discorso. L’Amor singolarissimo<br />

mostrato a noi dalla Vergine col trasportar qui tra noi la sua Santa Casa, ci obbliga<br />

ad aprirle il nostro cuore per darle ricetto. La cortese vostra attenzione mi<br />

assista; e sarò a dimostrarvelo.<br />

1. Vantavasi e a gran ragione, il Santo Profeta Davide che la sola sua<br />

Nazione Ebrea ed Israelitica fosse stata da Dio prescelta per la sua gloria<br />

tra le Nazioni tutte del Mondo. E a chi mai, diceva il Profeta, ha<br />

Iddio palesate le sue Idee, a chi ha mostrati i suoi voleri, a chi ha usate<br />

tante finezze e della vera fede o di tanti prodigi, se non alla sola ebraica<br />

Nazione? Non fecit taliter omni Nationi, et judicia sua non manifestavit<br />

eis 3 (Psal. 147, 20).<br />

2. Or con una consimile enfatica esclamazione possiamo anche noi santamente<br />

vantarci, mie stimatissime Madri, per rapporto del singolarissi-<br />

3 Così non ha fatto con nessun altro popolo.<br />

332<br />

mo Amor di Maria; noi, dico che abbiamo avuta la sorte di abitar questa<br />

Provincia così prediletta della Marca. Ama la Vergine, non vi ha<br />

dubbio, la Cristianità tutta, giacché di tutti i Cristiani Cattolici Ella<br />

fu destinata dallo stesso suo Figlio per amatissima Madre: Ecce Mater<br />

tua: e perciò dei Cristiani tutti essa si gloria di esser Protettrice ed<br />

Ausiliatrice benigna: Auxilium Cristianorum. Risappiamo pur noi da<br />

veridiche storie aver’essa più volte fatte espressioni molto tenere a certi<br />

particolari Regni suoi divoti, a certe sue più ossequiose Provincie del<br />

Cristianesimo. Così noi leggiam aver Ella detto a San Giacomo<br />

Apostolo che avrebbe sempre rimirata con occhio amorevole la sua<br />

dilettissima Spagna. Così troviamo ancora aver’ella scritto ai Messinesi<br />

che sarebbe stata particolar Protettrice di quella città e della Sicilia<br />

tutta. E così di tante altre Cattoliche Provincie potremmo anche farne<br />

il racconto.<br />

3. Ma che ha che fare mai questo amore con le finezze tutte singolari ed<br />

incomparabili, mostrate a noi Marchegiani e a questa nostra prediletta<br />

Provincia? Vuol la Regina del Cielo sbarbicar la sua Divinissima Casa<br />

dal suolo degli Infedeli; le preme molto, le sta molto a cuore: vuol collocarla<br />

e depositarla in un Luogo, ov’essa sià più onorata, più encomiata,<br />

ed ove spander possa più a larga mano le sue grazie. Le è cara la<br />

Spagna, nol nego, ma non per questa è serbato sì ricco Tesoro: Le è cara<br />

la Sicilia, è vero, ma non è per essa una Casa così sagrosanta. Le son care<br />

tante altre Provincie, tanti altri Regni del Cattolico Mondo; ma vi è un<br />

Luogo, una Provincia più cara di tutte, vi sono Popoli sopra gli altri più<br />

prediletti. E chi mai saranno? Viva Maria SS.ma! Noi, noi Marchegiani,<br />

pur siamo quei fortunati, la nostra sola Marca è quella tra tutte le altre<br />

più cara e prediletta. Qui tra noi essa con sicurezza rifida un sì caro suo<br />

Pegno, tra noi lo deposita, tra noi lo ferma. O finezze singolari<br />

dell’Amor di Maria! Sì, sì Non fecit taliter omni Nationi, possiamo noi<br />

pure con verità ripetere, sicut et nostrae fecit 4 .<br />

4 Come ha fatto anche con il nostro.<br />

333


4. E qui contentatevi, mie riverite Madri, che io mi fermi alquanto ad<br />

individuar qualche particolarità di questo Amore finissimo della gran<br />

Vergine verso di noi dimostrato con il darci la sua Santa Casa.<br />

Primieramente ci ha voluti dichiarare apertamente al cospetto di<br />

tutto il mondo per suo caro Popolo prediletto. Vide l’evangelista<br />

Giovanni in spirito scender dal cielo, come una vaga Città e posarsi su<br />

questo basso Mondo; e nel mentre che tutto estatico a rimirar se ne<br />

stava un tal prodigiosissimo fatto, udì una gran voce che disse, Ecco il<br />

Tabernacolo di Dio posto fra gli uomini. Essi saranno il Popolo prediletto<br />

di Dio e Iddio sarà tutto di tal Popolo eletto: Ecce tabernaculum<br />

Dei cum hominibus... et ipsi Populus eius erunt, et ipse Deus cum eis 5 (Apoc.<br />

21, 3), ecc. Or così, ecc. Quel che la Vergine SS.ma disse dei<br />

Cisterciensi: Ii qui sunt de Cistercio, ii sunt filii mei, ecc. Haec requies mea<br />

in saeculum; hic habitabo quoniam elegi eam 6 (Psal. 31), ecc. Elegis vos prae<br />

ceteris, ut operis mei, ecc. 7 .<br />

5. Secondariamente ci ha voluto dichiarare per suo caro Popolo il più beneficato.<br />

Non vi è Luogo sopra la Terra, dove la Vergine non dispensa le<br />

Grazie. Ma niuno però ne ha in deposito la Miniera, il Tesoro, l’Erario.<br />

Solamente noi, ecc. Allorché l’Arca del Signore fu levata dai Filistei,<br />

mille castighi tremendi si tiraron sopra gli Azoti e i Betsamiti: ma<br />

posta nella Casa di Abinadab in Gabaa, mille grazie giornalmente, ecc.<br />

(1 Reg. 6 et 7). Così, ecc. Exaltasti super Terram habitationem meam 8<br />

(Eccles. 51, 13), ecc. Domum majestatis meae glorificabo 9 , ecc. Ci ravviva<br />

la Fede e la Speranza, ci riaccende la Carità, ecc. Ci dà un Paradiso.<br />

O dunque Amore finissimo di Maria, ecc.<br />

5 Ecco il Tabernacolo di Dio tra gli uomini… Essi saranno suo popolo e lo stesso Dio sarà<br />

con loro.<br />

6 Coloro che sono del Cistercio sono miei figli… Questo sarà il mio riposo per sempre;<br />

qui abiterò poiché l’ho scelto.<br />

7 Vi scelse tra gli altri affinché foste opera mia.<br />

8 Hai esaltato sulla terra la mia abitazione.<br />

9 Glorificherò l’abitazione della mia maestà.<br />

334<br />

6. Or Ella con tutto questo vuol obbligare il nostro Cuore ad amarla sopra<br />

tutte le altre Nazioni; vuol che glielo apriamo per darle ricetto, ecc.<br />

È dovere, è giustizia, ecc. Cognovi, quoniam voluisti me 10 , ecc. (Psal. 40)<br />

Studeas policite ad amandum, quantum potes, quia multum es amata 11 , disse<br />

la Vergine a S. Brigida, ecc. Su dunque, come la Sacra Sposa: Surrexi, ut<br />

aperirem dilecto meo…Pessuluta (la stanga dell’uscio) ostii mei aperui dilecto<br />

meo 12 (Cant. 5, 5-6).<br />

7. L’esempio di quel Pellegrino, a cui fu aperto il petto e cavato il cuore,<br />

ecc., raccontato dal Torsellino e dal Rozzi, ecc.<br />

Apostrofe, ecc.<br />

10 Ho conosciuto poiché mi hai voluto.<br />

11 Cerca di amare per quanto puoi poichè sei stata molto amata.<br />

12 Mi sono alzata per aprire al mio Diletto… ho aperto la stanga dell’uscio al mio Diletto.<br />

335


SERMONE VI FAMILIARE<br />

Recitato Sabato 31 Dicembre 1757<br />

Il Sermone è sviluppato in due parti: la prima, comprende un proemio e nove punti;<br />

la seconda due punti.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> mette a confronto il testo di San Luca con quello di San Matteo<br />

riguardo la genealogia di San Giuseppe, sposo di Maria. Secondo San Luca (Lc. 3,<br />

23), San Giuseppe era figlio di Heli, discendente di Natan, mentre per San Matteo<br />

(Mt. 1, 16) San Giuseppe discende da Salomone, figlio di Davide.<br />

Poiché le fonti storiche sono state incendiate nella distruzione di Gerusalemme, da<br />

parte dei Romani e ambedue gli Evangelisti dicono il vero, don <strong>Marcucci</strong> si propone<br />

di investigare quale sia la “maniera più verosimile” per conciliare le posizioni dei due<br />

Evangelisti.<br />

Dopo aver analizzato il parere di vari illustri padri e dottori della Chiesa, egli<br />

giudica più probabile la spiegagazione che Giulio Africano, vissuto poco dopo gli stessi<br />

Evangelisti, dà nella sua Epistola ad Aristide riportata da Eusebio di Cesarea.<br />

Egli afferma che Giacobbe ed Heli erano figli di una medesima madre. Heli, infatti,<br />

morì senza successione e sua moglie vedova fu presa dal fratello uterino Giacobbe<br />

da cui nacque San Giuseppe, il quale risulta essere figlio naturale di Giacobbe e figlio<br />

legale di Heli.<br />

Maria SS.ma amò ed onorò moltissimo il suo purissimo sposo e fece sempre il<br />

suo volere. Sono dunque beate le anime che ricorrono alla protezione di san Giuseppe<br />

perché avranno certamente anche quella della sua Sposa.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 37, pp. 53-62.<br />

Argomento<br />

Spiegandosi se di chi fosse Figlio il Patriarca San Giuseppe,<br />

si conchiude dimostrando quanto sia efficace il Patrocinio di<br />

San Giuseppe per ottener le Grazie da Maria Santissima<br />

Ave Maria, ecc.<br />

Se nella Divina Scrittura si incontra bene spesso qualche Passo così misterioso<br />

ed alto, che faccia a noi toccar con mano quanto sia grande la nostra<br />

ignoranza e che tutta l’Umana Scienza non è altro che una stoltezza al<br />

cospetto di Dio; il Passo appunto, che in questa sera a considerar ci presenta<br />

l’Evangelista Matteo, è un di quei senza fallo. Chiudendo il Santo la sua<br />

336<br />

Genealogia di Gesù Cristo, così dice Jacob autem genuit Joseph Virum Mariae 13<br />

(Mat. 1, 16), che è lo stesso, Giacobbe fu Padre di Giuseppe Sposo di Maria.<br />

Ma sento qui chi mi dice e qual mai difficoltà appare in questo Testo? Dicesi<br />

pur ivi a lettere chiare e rotonde da intendersi da ciascuno, che il Patriarca<br />

San Giuseppe fosse Figlio naturale di Giacobbe e che questo Giacobbe fosse il<br />

vero e natural Padre di San Giuseppe.<br />

Vincenzo Civita, San Giuseppe con il Bambino concede<br />

grazie ai Santi Beatrice De Silva, Chiara,<br />

<strong>Antonio</strong> da Padova e <strong>Francesco</strong> d’Assisi, olio su<br />

tela, 1795, Ascoli Piceno, altare sinistro della<br />

Chiesa dell’Immacolata.<br />

13 Giacobbe generò Giuseppe, Sposo di Maria.<br />

Tutto bene, rispondo; ma se a questo infallibile<br />

Testo di San Matteo corrispondesse<br />

pur chiaramente l’altro Testo pur<br />

infallibile dell’Evangelista San Luca,<br />

ove parla di San Giuseppe, direste<br />

voi pur bene. Ma udite che ne dice<br />

San Luca, Joseph, qui fuit Heli (Luc.<br />

3, 23), Giuseppe Sposo di Maria fu<br />

figlio di Heli. Aggiungete di più,<br />

che San Matteo fa discender San<br />

Giuseppe da Salomone figlio di<br />

Davide; e San Luca, tutto all’opposto,<br />

lo fa discender da Natan, altro<br />

figlio dello stesso Davide. Come va<br />

dunque? Di chi sarà figlio San<br />

Giuseppe? Di Giacobbe come vuol<br />

San Matteo; oppur di Heli, come<br />

vuole San Luca? Da chi mai<br />

discenderà? Da Salomone, come ci<br />

assicura il primo Evangelista;<br />

ovvero da Natan, come ce ne assi-<br />

cura il secondo? Che Antilogia<br />

spinosissima è mai questa! Che<br />

fracasso mai non fece per questo<br />

con quella bocca d’Inferno l’iniquissimo<br />

Fausto (S. Aug., Lib. 2,<br />

337


ca. Faustum.), capo degli empi Manichei? Quali bestemmie non vomitaron<br />

perciò contra l’infallibilità dei Santi Evangelisti gli scellerati Anabattisti<br />

dell’empio manicheismo innovatori (Graves., Tomo 1, De Myst. Christ. pag.<br />

LX)? Ma ereticacci così perversi, che non seppero mai umiliarsi e confessare<br />

schiettamente la loro gran cecità ed ignoranza alla vista dei raggi troppo<br />

possenti del Divino Sole del Santo Vangelo; della loro temerità e superbia<br />

ne furono già appieno convinti e svergognati dal sempre grande Agostino e<br />

da altri Padri della Cattolica Chiesa. Noi pertanto, che Grazie al Sommo<br />

Iddio, Cattolici siamo, crediamo pur fermamente, che ambedue gli<br />

Evangelisti, circa il Padre di San Giuseppe e la sua discendenza, dicono l’infallibile<br />

e vero; adoriamone pure con profonda umiltà e riverenza i misteri;<br />

e vediamo soltanto, se possa riuscirci in questa sera di conciliare insieme<br />

questi due Testi all’intutto, secondo l’apparenza, discordi; cioè che il<br />

Patriarca San Giuseppe, sia Figlio di Giacobbe e discendente di Salomone, come<br />

S. Matteo ci dice; e nel tempo stesso sia Figlio di Heli, e discendente di<br />

Natan, come c’insegna San Luca. Di qui poi caveremo, quanto efficace sia il<br />

Patrocinio di San Giuseppe per ottener grazie dalla Regina del Cielo.<br />

Attendete di cortesia; ed incomincio.<br />

I<br />

1. Se ai tempi posteriori ai Santi Evangelisti e massimamente ai nostri<br />

tempi, fosse stata a tutti nota la Genealogia degli Antenati di Gesù<br />

Cristo, come Uomo; in quella guisa che era a tutti notissima ai tempi<br />

dei Santi Evangelisti, sì perché erano viventi vari attenenti a quella<br />

Genealogia e sì anche perché nel Tempio si tenevano esposte le Tavole<br />

Genealogiche di tutti i discendenti della Tribù di Giuda e della famiglia<br />

di Davide (Grav., Tomo 1, Diss. 4, pag. 59); certamente, Uditori,<br />

né si sarebbero tanto affaticati i Santi Padri, né suderemmo tanto noi,<br />

a capire e conciliare i due Evangelisti circa l’origine del Patriarca San<br />

Giuseppe.<br />

2. Ma essendo decorsi tanti Secoli ed essendosi disperse ed incendiate<br />

tutte le Tavole Genealogiche nella distruzione di Gerusalemme, fatta<br />

dalle Armi vittoriose Romane, sotto l’impero di Vespasiano e Tito;<br />

non accade più sperarne, se non fosse per rivelazione Divina, di rintracciar<br />

il modo certo e giusto per conciliar i due Evangelisti e per poter<br />

338<br />

dire, Ecco infallantemente quello che intendono e come si accordano. Ci resta<br />

dunque soltanto di andare investigando una maniera più verisimile di<br />

tale conciliazione: giacchè ambedue gli Evangelisti necessariamente<br />

sono infallibili, sì S. Matteo col far San Giuseppe Figlio di Giacobbe e<br />

discendente di Salomone; quanto S. Luca col farlo Figlio di Heli, e<br />

discendente di Natan.<br />

3. Varie pertanto sono le sentenze dei Santi Padri, molti su di ciò sono i<br />

pareri dei Sacri Scrittori. Primieramente riferisce l’Angelico San<br />

Tommaso (S. Tho., 3 p., qu. 31, art. 3), che vi furon certuni sacri<br />

Interpreti, che sbrigare volendosi da questa difficoltà, dissero francamente,<br />

che Giacobbe Padre di San Giuseppe, secondo San Matteo, era la<br />

stessa Persona che Heli, di cui parla San Luca; tantochè il Padre di San<br />

Giuseppe avesse due nomi, uno di Giacobbe, come lo chiama San<br />

Matteo, l’altro di Heli, come San Luca lo nomina. Ma chi non vede che<br />

questa opinione è all’intutto falsa e non sussiste? Perciocché se Giacobbe<br />

ebbe Antenati diversi da quelli di Heli, come consta dal Vangelo: ed in<br />

oltre se Giacobbe discende da Salomone, ed Heli discende da Natan; come<br />

mai possibile, che fossero ambedue nomi di una sola persona? Onde<br />

meritamente lo stesso San Tommaso tal sentenza rigetta. Sicchè siamo<br />

pure all’oscuro.<br />

4. Tiriamo innanzi. Il dottissimo Ugone Grozio poi la discorre diversamente<br />

e dice che così deve intendersi, che Giacobbe, ed Heli fossero<br />

ambedue Padri di San Giuseppe (Grot., cap. 3, Luc.); cioè Giacobbe, ed<br />

Heli fossero fratelli carnali; che Heli fosse vero Padre naturale di San<br />

Giuseppe; e che Giacobbe morendo senza figli, lasciasse tutta la sua eredità<br />

al suo Nipote San Giuseppe, il quale, come erede dello zio, si chiamasse<br />

pur col nome di figlio suo, cioè ereditario. Onde San Matteo<br />

chiamasse San Giuseppe figlio di Giacobbe, cioè erede di Lui; e San Luca<br />

lo chiamasse figlio di Heli, come vero di Lui natural figlio. Ma sia<br />

detto in buona pace del Grozio, Uomo per altro di acutissimo ingegno,<br />

egli qui volle farla più da Poeta, che da Interprete Sacro. E chi mai gli<br />

aveva detto, che Giacobbe, ed Heli erano Fratelli carnali? Donde mai<br />

veva egli ricavato che Giacobbe morisse senza prole? Poteva pur’egli<br />

riflettere, che San Matteo non l’avrebbe posto allora in conto veruno<br />

339


nella Genealogia di Gesù Cristo; eppur ce lo pone, come Padre vero e<br />

naturale di San Giuseppe: Jacob autem genuit Joseph; nella guisa stessa<br />

che pone Abramo per vero Padre d’Isacco e Davide per vero Padre di<br />

Salomone.<br />

5. Dal che si deduce ancora in quale abbaglio caddero il Possino, il<br />

Bollando, il De Marca ed il Lamy (Grav., Tomo 1, Diss. 4, pag. 62); i<br />

quali pur dissero che Giacobbe fu solamente Padre legale ed adottivo di<br />

S. Giuseppe, ed Heli poi Padre naturale e vero. Onde sinora neppur si è<br />

toccata la difficoltà; e ci troviam di bel nuovo da capo.<br />

6. Non mancò poi, per finirla, dotto Autor Franzese anonimo, che seguendo<br />

l’autorità dei Menologi Greci, procurò così conciliar tra loro i due<br />

Evangelisti (Grav. loc. cit. pag. 63. Tirin. in Mat. 1, 16; Petr. 2); dicendo<br />

doversi intendere in tal guisa, cioè che San Giuseppe fosse vero e naturale<br />

Figlio di Giacobbe, come dice San Matteo; ma fosse ancora Genero<br />

di Heli che è lo stesso che San Giovacchino, Padre di Nostra Signora:<br />

onde Heli e Giovacchino sia uno stesso nome; come si prova a maraviglia<br />

dalla frase ebraica. Quindi siccome i Generi si chiamano anche figli dei<br />

loro Suoceri; perciò San Luca disse, che san Giuseppe era figlio di Heli,<br />

cioè Genero di S. Giovacchino Padre di Maria SS.ma. E così ambedue gli<br />

Evangelisti dicono il vero.<br />

7. Confesso anch’io, che tra tutte le opinioni dette, questa è la più plausibile:<br />

e ad essa mi soscriverei anch’io, se non vi trovassi tre grosse difficoltà.<br />

La prima, che in tal caso San Luca avrebbe descritta la<br />

Genealogia, non di S. Giuseppe, ma bensì di Maria SS.ma; il che non<br />

pare, che dovesse farlo; mentre era contro lo stile delle Scritture, il tesser<br />

l’Albero e Genealogia degli Uomini per mezzo delle donne. L’altra<br />

difficoltà è che allora ne verrebbe, che Maria SS.ma e Gesù Cristo, non<br />

sarebber discesi da Davide per la linea di Salomone; come dovea discendere<br />

per attestato comune dei SS. Padri; ma bensì per la Linea di<br />

Natan, altro figlio di Davide e che non è da ammettersi. La terza che<br />

allora San Giuseppe e Nostra Signora, non sarebbero stati della stessa<br />

famiglia, ma solamente della stessa Tribù: il che è contro la tradizione<br />

dei Padri tutti.<br />

340<br />

8. Sicchè, odo chi mi ripete, giacchè tutte queste opinioni non corrono,<br />

cavate un poco fuori la vostra? Rispondo, che io non sono da tanto a<br />

poter generare opinione in un affare sì alto, che ha fatto sudare Uomini<br />

i più dotti ed eruditi. Vi posso addurre solamente la sentenza di un<br />

antichissimo Padre, che visse poco dopo gli stessi Evangelisti, cioè dell’incomparabile<br />

Giulio Africano. Questo Padre antichissimo, dico, nella<br />

sua Epistola che scrive ad Aristide e che vien riportata da Eusebio<br />

Cesariense nel libro 1 della sua Storia Ecclesiastica al capo 7; dice appunto<br />

così, cioè che Giacobbe, di cui parla San Matteo, fu vero e natural Padre<br />

di San Giuseppe; Heli poi, di cui favella San Luca, fu Padre legale solamente.<br />

Imperciocchè essendo Giacobbe, ed Heli tra loro fratelli uterini,<br />

cioè figli di una medesima Madre, Heli morì senza successione e la sua<br />

moglie Vedova fu presa dal suo fratello uterino Giacobbe (a tenor dell’antica<br />

Legge, Deut. cap. 25), e ebbe San Giuseppe. Or voleva l’antica legge,<br />

come può vedersi nel libro del Deuteronomio (Deut. 25), che quando<br />

un fratello prendeva per Moglie la Vedova dell’altro fratello defunto,<br />

allora i figli che ne aveva si chiamassero legalmente figli del defunto,<br />

tuttoché naturalmente fossero propri. Pertanto San Matteo dicendo che<br />

Giacobbe discendente da Salomone fu Padre di San Giuseppe, parla del<br />

Padre naturale e vero. San Luca poi scrivendo che Heli discendente da<br />

Natan fu Padre di San Giuseppe, favella del Padre legale, cioè che il Santo<br />

Patriarca nacque dalla Vedova di Heli, maritata con Giacobbe. Ed ecco,<br />

come ambedue i santi Evangelisti dicono la verità; né in veruna maniera<br />

uno all’altro si oppone.<br />

9. Rendiamo a Dio mille grazie, che siam giunti al porto bramato con<br />

questa sì giusta sentenza dell’antichissimo Giulio Africano; il quale<br />

avendo trattato con vari discepoli degli Apostoli e degli Evangelisti,<br />

confessa ed attesta averla da loro appresa ed imparata: Cognati enim<br />

Servatoris nostri, ecco le sue parole, haec nobis tradiderunt 14 . Io ben so,<br />

quanto il Possìno con altri si aiuti per gittare a terra questa sì giusta sentenza,<br />

affine di stabilire la propria. Ma o voglia egli, o no, questa sentenza<br />

di Giulio Africano, come ottima e giusta, fu sempre riconosciuta<br />

14 I parenti, infatti, del nostra Salvatore ci hanno tramandato queste cose.<br />

341


ed abbracciata, non solo da Eusebio Cesariense e dagli altri Padri Greci<br />

(Grav., Tomo 1, pag. 60, 63; Tirin. In Mat. 1, 16; Petr. 2); ma ancor da’<br />

Latini, come da San Girolamo, da S. Ambrogio, da Sant’Agostino e da<br />

altri. Onde resta fuor da ogni dubbio, che da me e da ogni altro ancora<br />

debba costantemente abbracciarsi.<br />

II<br />

10. Or questo SS.mo Patriarca Giuseppe, adunque, natural figlio di Giacobbe<br />

e figlio legale di Heli, fu quello, come voi sapete, che tra tutti gli antichi<br />

Patriarchi ebbe la bella sorte di essere purissimo Sposo della gran<br />

Madre di Dio Maria sempre Vergine Nostra Signora: Joseph Virum<br />

Mariae (Mat. 1, 16). Ed essendo così, chi può qui ridire di quanto valore<br />

sia il suo Patrocinio e la sua Intercessione appresso la sua illibatissima<br />

Sposa? Certo è, che San Giuseppe nonostante che in merito e in<br />

dignità fosse assai meno della gran Vergine; nulladimeno la Vergine lo<br />

riguardò sempre con molta umiliazione come suo Superiore e Capo:<br />

onde al dire del divotissimo Gersone, anche nel chiamarlo, lo intitolava<br />

come suo Signore, Maria vocabat Joseph Dominum suum 15 . Che se tanto<br />

l’onorò e l’amò in Terra, vorrem poi dire, che anche in Cielo non lo<br />

ricolmi di onore? Eh che è duopo pur confessare, che se Iddio dispensa<br />

le Grazie tutte per le Mani della sua SS.ma Madre; questa le dispensi<br />

per le mani del suo purissimo Sposo. Basta, che Giuseppe voglia; che<br />

tutto gli accorda e gli concede la Regina del Cielo. O felici pure quelle<br />

Anime, le quali godono la protezione del Santo Patriarca Giuseppe:<br />

beate quelle che ne sono divote e che a Lui con gran fiducia e costanza<br />

ricorrono in tutti i loro bisogni, ecc.<br />

11. Qui il fatto di S. Teresa, che chiedendo una grazia alla Regina del Cielo;<br />

questa la mandò da S. Giuseppe, ecc.<br />

15 Maria chiamava Giuseppe suo signore.<br />

342<br />

SERMONE VII FAMILIARE<br />

Recitato Sabato 7 Gennaio 1758<br />

Il Sermone è sviluppato in due parti: nella prima, comprendente venti punti, don<br />

<strong>Marcucci</strong> si propone di spiegare la genealogia di Maria SS.ma; nella seconda, sviluppata<br />

in quattro punti, l’Autore spiega il grado di parentela che Maria ha con noi.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> vuole anzitutto dimostare, attraverso un elaborato percorso argomentativo,<br />

fondato sulle affermazioni dei Padri della Chiesa, quale fosse il grado di<br />

parentela che univano Maria e Giuseppe. Secondo la legge ebraica, infatti, si potevavo<br />

sposare soltanto coloro che erano della stessa stirpe e della medesima Tribù.<br />

Riguardo alla parentela che Maria ha con noi, don <strong>Marcucci</strong> fa sua l’affermazione<br />

di Giovanni Gersone il quale crede che “la Vergine è a noi parente in ogni<br />

genere di parentela”. Ella è nostra sorella, benché senza colpa, come discendente da<br />

Adamo e,in quanto Madre di Gesù, è nostra nostra amantissima Madre spirituale.<br />

Ci rimane, dunque, il dovere di amare e di onorare questa Madre stupenda ed<br />

amorosissima.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 37, pp. 63-77.<br />

Argomento<br />

Descrivendosi la nobile Parentela di Maria SS.ma,<br />

si conchiude esser essa nostra Parente in primo grado<br />

di adozione spirituale, cioè nostra amantissima Madre<br />

1. Che Maria SS.ma, nostra Immacolata Signora, fosse della Discendenza di<br />

Abramo, della Tribù di Giuda, e della famiglia e stirpe reale di Davide,<br />

non vi può esser dubbiezza; sì perché il cattolico dogma così c’insegna<br />

con la comune dei Padri; e sì ancora perchè benespesso, nelle solennità<br />

della Vergine, la stessa Chiesa è premurosa di ricordarcelo; dicendo<br />

Gloriosae Virginis Mariae, ex semine Abrahae, ortae de Tribu Juda, clara ex<br />

stirpe David 16 (Antiphon ad Laud. in Fest. Imm. Conc., et Nat. B.M.V.).<br />

Or l’Evangelista San Matteo, in due modi principalmente ci presenta<br />

questa gran verità. Primieramente quella Genealogia, che da Abramo,<br />

16 Della gloriosa Vergine Maria della discendenza di Abramo, nata dalla Tribù di Giuda,<br />

dalla illustre stirpe di Davide.<br />

343


Giuda, Davide, Salomone ed altri, tira sino al Patriarca San Giuseppe,<br />

egli la chiama Genealogia di Gesù Cristo, Liber Generationis Jesu<br />

Christi 17 (Mat. 1, 1). Certamente, come c’insegna la Fede, Gesù Cristo<br />

non fu figlio naturale di San Giuseppe, né per opera sua fu concepito;<br />

ma per sola virtù dello Spirito Santo fu concepito e nacque da Maria<br />

sempre Vergine, senz’alcuna umana cooperazione. Sinchè essendo di<br />

Fede, che Gesù Cristo nacque dalla discendenza di Abramo, dalla Tribù<br />

di Giuda e dalla Reale Stirpe di Davide (Hebr. 7): ed essendo anche di<br />

Fede, che non poteva appartenere ad Abramo, né a Giuda, né a Davide,<br />

per via di San Giuseppe, di cui non era vero e naturale Figlio. Resta,<br />

come ottimamente conchiude il grande Agostino contra l’empio Fausto<br />

eresiarca Manicheo (Lib. 23, cap. 9), resta, dico, che egli il Redentore<br />

Divino appartenesse, come Uomo, a quella Genealogia, in quanto fu<br />

vero e natural figlio di Maria Vergine: la quale perciò, chi non vede, che<br />

necessariamente esser doveva della discendenza di Abramo, della Tribù<br />

di Giuda e della famiglia e stirpe di Davide (Grav., Tomo 1, De Myst.<br />

pagg. 48-50): come ancor chiaramente la chiama San Luca De domo et<br />

Familia David 18 (Luc. 1, 27; 2, 4).<br />

L’altro modo poi, con cui San Matteo una tal verità ci presenta, è qualora<br />

dice, esser stata nostra Signora data in purissima Sposa a San<br />

Giuseppe: Cum esset desponsata… Maria Joseph 19 (Mat. 1, 18).<br />

Perciocché, com’io in altra occasione accennai (Ser. III, n. 11), nel capo<br />

36 ed ultimo del Libro dei Numeri, aveva Iddio espressamente comandato,<br />

che niuno accasar si potesse se non con Persona della stessa sua<br />

Tribù e Famiglia: Omnes viri ducent uxores de Tribu et cognatione sua 20 .<br />

E da questa Legge ne era eccettuata la sola Tribù Sacerdotale di Levi, i<br />

cui discendenti accasar si potevano con chiunque di altre Tribù fosse<br />

loro piaciuto: e così veniva pure eccettuata qualunque Zitella, purchè<br />

non fosse stata ereditaria di tutta la roba di sua casa (Grav. loc. cit.,<br />

pagg. 50-51); attesochè allora non poteva maritarsi se non con Persone<br />

17 Libro della genealogia di Gesù Cristo.<br />

18 Della Casa e della famiglia di Davide.<br />

19 Essendo stata Maria promessa sposa a Giuseppe.<br />

20 Tutti gli uomini prenderanno moglie dalla propria Tribù e parentela.<br />

344<br />

della stessa sua Tribù e Agnazione: appunto, come fu Maria SS.ma, che<br />

fu l’unica Figlia ed ereditiera tuttoché di poche sostanze, di San<br />

Giovacchino suo Genitore. Cosicché, essendo certo per Fede, che San<br />

Giuseppe discese da Abramo, da Giuda e da Davide (Mat.1; Luc. 3, 24,<br />

ecc.); ed essendo egli obbligato ad osservar la Legge; non poteva sposarsi<br />

con Maria SS.ma, né questa con Lui; se ambedue stati non fossero<br />

della stirpe e famiglia stessa e della medesima Tribù e Discendenza<br />

(Grav. loc. cit., pag. 48).<br />

Bisogna pur confessare pertanto che la gran Vergine ed il Patriarca San<br />

Giuseppe fosser tra loro Parenti ed Agnati in grado molto prossimo e<br />

stretto; come dicono i Santi Padri.<br />

Ma, direte voi, in qual grado? O qui sta il punto. Il Santo Vangelo non<br />

ne parla. I Sacri Interpreti e Scrittori son di vario parere; tra la varietà<br />

dei quali non sapreste a quale positivamente appigliarvi. Or via vi dirò<br />

su di ciò il debol mio sentimento: e da questo familiare ragionamento<br />

sopra la nobilissima Reale Parentela di Nostra Signora, vedremo se in<br />

qual modo e in qual grado ci sia essa Parente e possiam noi per tale sempreppiù<br />

riconoscerla.<br />

I<br />

2. Ponendosi l’eruditissimo Ugone Grozio (in cap. 3, Luc.) a considerar la<br />

Parentela che vi era tra Nostra Immacolata Signora ed il Patriarca San<br />

Giuseppe, prima del Divino loro Sposalizio; è di sentimento, che San<br />

Giuseppe fosse fratruele o Fratello Cugino del Bisnonno di Maria<br />

SS.ma, che si chiamò Barpantere mentre suppone che il Padre di questo<br />

Barpantere e di San Giuseppe fossero Fratelli carnali. Onde così fa<br />

discender la Vergine; cioè Barpantere di Lei Bisnonno fu Padre di<br />

Pantere; Pantere di Lei Nonno fu Padre di San Giovacchino; e questo fu<br />

Padre di Nostra Signora. Che perciò conchiude il sopraccitato Grozio,<br />

la Vergine era Pronipote del Cugino di San Giuseppe. Affin poi il<br />

Grozio di mostrare che ciò non è capricciosa sua invenzione, cita in<br />

suo favore San Giovanni Damasceno (lib. 4, De fid. Orehod, cap. 15); il<br />

quale dice chiaramente che il Padre di San Giovacchino si chiamò<br />

Pantere, ed il Nonno si nominò Barpantere: i quali due vengono pigliati<br />

da altri Autori per Matath, e per Heli, nominati da San Luca<br />

(Bolland. Possin.)<br />

345


3. Ma sia detto in buona pace del Grozio ingegnosissimo, non possono mai<br />

ammettersi queste sue inezie nella spiegazione del Sacrosanto Vangelo<br />

(Grav., Tomo 1, De Myst., pag. 61) Primieramente se San Giuseppe fosse<br />

stato cugino del Bisnonno della Vergine aver doveva per lo meno cento<br />

e più anni, qualora contrasse il purissimo Sposalizio con Lei Giovinetta<br />

di circa quindici anni: il che, non avendo punto di piede, non può fingersi<br />

al certo. Inoltre facendo egli Barpantere, e Pantere discendenti da<br />

Nathan, ne verrebbe che la Vergine per parte del Padre non sarebbe<br />

discesa da Salomone, come il suo Sposo Giuseppe e non sarebbe stata<br />

della stessa sua Famiglia. È vero che San Giovanni Damasceno nomina<br />

Pantere, e Barpantere, come Padre e Nonno di San Giovacchino e come<br />

discendenti da Nathan: ma non dice mai che Barpantere fosse Cugino di<br />

San Giuseppe; come finge il Grozio. Cosicché è duopo far passaggio a<br />

considerar gli altrui sentimenti.<br />

4. Con assai maggior fondamento è quello, che noi troviam registrato nei<br />

Menologi Greci agli 8 di Settembre, sopra la Parentela di Maria SS.ma<br />

con il suo purissimo Sposo. Leggesi ivi, che la Vergine, per riguardo della<br />

Madre, fosse Sorella cugina di San Giuseppe; tanto che Giacobbe Padre di<br />

San Giuseppe e Sant’Anna Madre di Nostra Signora, fossero fratello e<br />

sorella carnale, ambedue Figli di Mathan, di cui parla San Matteo.<br />

Questa opinione dei Menologi Greci, fu ancor seguitata dal Galatino,<br />

dal Gaetano, dal Lirano e da altri moltissimi; e particolarmente da<br />

Cristoforo de Castro (Tirin. In Chr. Tab. IV).<br />

5. Formano dunque essi l’Albero così. Mathan della Tribù di Giuda, e discendente<br />

da Davide per la linea di Salomone, ebbe per Consorte una certa<br />

Maria della stessa Tribù di Giuda; e ne ebbe quattro Figli, cioè tre<br />

Femmine e un Maschio, e con tal’ordine, cioè Maria, Sobe, Giacobbe ed Anna.<br />

6. Da Sant’Anna che fu maritata con San Giovacchino pur della stirpe<br />

Davidica, ma per linea di Nathan, nacque Maria Vergine Nostra Signora.<br />

7. Giacobbe poi fratello carnale di Sant’Anna, ebbe due Maschi, cioè Cleofa<br />

o sia Alfeo e San Giuseppe Sposo della gran Vergine, la quale perciò, come<br />

fu detto, veniva ad essere sua Cugina.<br />

346<br />

8. Da Sobe, Sorella di Sant’Anna e di Giacobbe e Zia della Vergine, nacque<br />

Santa Elisabetta, che fu maritata con San Zaccaria della Tribù Sacerdotale<br />

di Levi e fu Madre di San Giovanni Battista. Onde Santa Elisabetta veniva<br />

ad essere pure Cugina di Maria SS.ma e di San Giuseppe.<br />

9. Dalla prima Sorella poi di Sant’Anna e di Giacobbe, nominata Maria di<br />

Mathan, come fu detto sopra, e maritata con lo stesso suo Nipote Carnale,<br />

cioè con Cleofa o sia Alfeo, fratello di San Giuseppe, nacquero sei figli,<br />

vale a dire due femmine, cioè Salome e un’altra Maria, e quattro Maschi,<br />

cioè San Giacomo Minore, un altro Giuseppe nominato nel Vangelo, San<br />

Giuda Taddeo e San Simeone di Nazareth, successore di San Giacomo<br />

Minore, suo Fratello, nel Vescovado di Gerosolima (Mat. 27, 56; Marc.<br />

15, 40; Marc. 6, 3). Onde i due Apostoli San Giacomo Minore e San Giuda<br />

Taddeo, venivano pure ad esser cugini di Nostra Signora e del suo purissimo<br />

Sposo; e nel tempo stesso Nipoti: poiché se la loro Madre era zia carnale<br />

della Vergine e di San Giuseppe; il loro Padre Cleofa però era fratello<br />

carnale di San Giuseppe e cugino di Nostra Signora.<br />

10. Finalmente da Salome qui sopradetta, prima figlia di Cleofa e maritata con<br />

Zebedeo, nacquero gli altri due Apostoli San Giacomo Maggiore e San<br />

Giovanni Evangelista il prediletto: i quali venivano ed esser Nipoti terzi della<br />

Vergine e di San Giuseppe; a motivo che la loro Madre Salome era figlia di<br />

Cleofa o sia Alfeo, Cugino della Vergine e carnale di San Giuseppe.<br />

11. E questo è l’Albero di tutta la Sacra Famiglia di Gesù Cristo, che da<br />

Santi Padri Greci e Latini ha raccolto e compilato con somma diligenza<br />

e studio l’incomparabile Cristoforo de Castro nel suo bel Libro<br />

dell’Istoria della Vergine (cap. 1).<br />

12. So bene, che varie cose si potrebbero opporre intorno a tal’Albero; e la<br />

principale si è, che nel capo 1 di San Luca apertamente si dice, che Santa<br />

Elisabetta fu della Tribù di Levi, o che vale lo stesso, fu discendente da<br />

Aronne: De filiabus Aaron Elisabeth 21 (Luc. 1, 5). Laddove se essa fosse stata<br />

figlia di Sobe Sorella di Giacobbe Padre di San Giuseppe, come vogliono<br />

21 Elisabetta delle figlie di Aronne.<br />

347


quegli Autori sopraccitati, sarebbe stata, almeno per parte di Madre, della<br />

Tribù Reale di Giuda. Or questa obiezione peraltro è di poco momento,<br />

poiché appunto San Luca parla del Padre di Santa Elisabetta, che fu della<br />

Tribù Sacerdotale di Levi e di Aaron, come lo fu il suo Marito San Zaccaria.<br />

Quindi Santa Elisabetta, come nota San Tommaso (in 3 p. , q. 31, ar. 2, ad.<br />

2) per parte del Padre (di cui sinora non si sa precisamente il nome), fu<br />

della Sacerdotale Tribù di Levi; per parte poi della Madre, fu della Tribù<br />

Reale di Giuda. E ciò, non senza disposizione misteriosa del Cielo, come<br />

osserva San Gregorio Nazianzeno (in Carmin. De Geneal. Christ): perciocché<br />

era ben dovere che Gesù Signor nostro, come Sommo Re e Sommo<br />

Sacerdote, nascesse, come Uomo, da Stirpe nobilissima Regia, illustrata<br />

ancora dalla stretta Parentela con l’altra nobilissima Stirpe Sacerdotale.<br />

13. Un’altra obiezione si è. Se Santa Elisabetta dunque era figlia di Sobe, zia<br />

carnale della Vergine e di San Giuseppe, sarebbe stata senz’altro Cugina<br />

di Maria SS.ma. Eppure San Luca la dice chiaramente Cognata di Nostra<br />

Signora: Ecce Elisabeth Cognata tua 22 (Luc. 1, 36). Converrà dunque dire,<br />

che piuttosto fosse Sorella Carnale di San Giuseppe. Rispondo, che anche<br />

così presa, sarebbe stata nel tempo stesso Cognata e sorella Cugina; atteso<br />

che San Giuseppe, come figlio di Giacobbe, fratello carnale di Sant’Anna,<br />

era Cugino della Vergine; come fu detto. Ma la verità si è, che la voce<br />

Cognata in San Luca, non s’intende presa in rigore, come noi oggi prendiamo<br />

la voce di Cognato; ma s’intende in più largo senso, cioè per Parente.<br />

Or siccome Sant’Anna era Sorella Carnale di Sobe, Madre di Santa<br />

Elisabetta, conforme altrove dicemmo (n. 5, 8), e come attesta ancora nella<br />

sua Storia Greca Niceforo (lib. 2, cap. 3) con l’autorità dell’antichissimo<br />

Ippolito Martire, perciò sotto nome di Cognata s’intende Cugina.<br />

14. Lodato Iddio, sento qui chi ad esclamar si pone, dunque resta conchiusa<br />

la stretta Parentela dell’esser Cugini tra loro la Vergine e San Giuseppe,<br />

per essere stata Sant’Anna Sorella Carnale di Giacobbe, Padre del Santo<br />

Patriarca. Certamente, rispondo; così dicono i Greci Menologi e tutti<br />

quei classici e dotti Scrittori, che ho poc’anzi citati.<br />

22 Ecco Elisabetta tua parente.<br />

348<br />

15. Ma, e voi, Padre (odo chi mi ripiglia), non ne giudicate pure in tal<br />

guisa? Or che volete, che io vi risponda? Vi parlo chiaro, ne dubito.<br />

Mi spiego. Io non dubito punto, che Nostra Signora e San Giuseppe fossero<br />

stretti Parenti: anzi con ogni fondamento giudico che fosser Cugini<br />

tra loro. Ma dubito solo, se ciò fosse per via di Sant’Anna o per via di<br />

San Giovacchino.<br />

16. Ma come? Direte voi. Dunque quell’Albero, poc’anzi riferito della Sacra<br />

Famiglia di Gesù Cristo e con tanta esattezza da Scrittori così dotti ed<br />

accorti compilato, per voi non sarà di autorità veruna? Dio mi guardi,<br />

rispondo, da tanta audacia. Io presto anzi ad esso tutta la venerazione e<br />

stima e gli confido ogni mia credenza ancora, salvo, che in alcune cose;<br />

nelle quali mi sembra più verisimile l’opinione di molti altri eccellenti<br />

Scrittori. Udite.<br />

17. Dove fu detto, che Mathan, Nonno di San Giuseppe, ebbe quattro<br />

figli, cioè Maria, Sobe, Giacobbe, ed Anna (vid. n. 5); leverei Sant’Anna<br />

e ci porrei in sua vece San Giovacchino, che lo farei fratello carnale di<br />

Giacobbe, Padre di San Giuseppe; e così farei San Giovacchino della<br />

stirpe di Davide, non già per la Linea di Nathan, come vuole San<br />

Giovanni Damasceno ed il Grozio (vedi n. 3), ma bensì per la Linea<br />

di Salomone, come credono altri molti con maggior fondamento.<br />

Sant’Anna poi, invece di farla sorella carnale di Sobe, Madre di Santa<br />

Elisabetta, la farei piuttosto sorella carnale del Padre della suddetta<br />

Santa Elisabetta e della Tribù, non già Reale di Giuda, come San<br />

Giovacchino ma bensì Sacerdotale di Levi. Onde quel testo di San<br />

Luca Ecce Elisabeth Cognata tua, l’intenderei così, cioè che Santa<br />

Elisabetta fosse Cugina della Vergine, in quanto che era Nipote di<br />

Sant’Anna sorella carnale di suo Padre; come appunto altri Sacri<br />

Interpreti spiegano questa Cognazione e Parentela della Vergine con<br />

Santa Elisabetta.<br />

18. Tutto bene, Padre, sento chi soggiunge; a noi piace più in quell’altro<br />

modo l’Albero fatto della Sacra Famiglia, senza mutarvi nulla.<br />

Ottimamente, rispondo: e tenetelo pure, perché in verità è all’intutto<br />

verisimile ed assai ben fondato. Ma ricordatevi che noi pur convenia-<br />

349


mo insieme. Voi dite che San Giuseppe fu Cugino di Maria SS.ma; ed<br />

io replico ed attesto lo stesso. Voi tenete, che Sant’Elisabetta fosse<br />

Cugina della Vergine; ed io lo stesso tengo e confesso. E in tutto l’altro<br />

poi anch’io lodo, approvo ed abbraccio l’Albero sopraccennato della<br />

Sacra Famiglia.<br />

19. Sì (odo replicarvi), ma noi con l’autorità dei Menologi Greci, dell’antico<br />

Galatino, del Gaetano, del Lirano e di altri dotti Scrittori moltissimi,<br />

teniamo, che Sant’Anna fosse della Tribù di Giuda, Figlia di<br />

Mathan e Sorella di Giacobbe, Padre di San Giuseppe, ed in conseguenza<br />

zia carnale del suddetto Santo Patriarca; e voi invece e nel luogo di<br />

Sant’Anna porre ci volete San Giovacchino, anche contro l’autorità del<br />

Damasceno, che lo pone nell’altro ramo di Giuda e di Davide per via di<br />

Natan.<br />

20. È verissimo, rispondo; ma se io ripongo San Giovacchino per figlio di<br />

Mathan, per fratello carnale di Giacobbe e per zio carnale di San Giuseppe,<br />

credete voi, che a far ciò io mi muova senza autorità molto gravi?<br />

Uditele adunque. Di tal mia opinione fu Eusebio Cesariense, che assai<br />

prima di San Girolamo visse; di tal parere furono ancora San Giustino<br />

Martire antichissimo, Sant’Ambrogio, Teofilato, Eutimio, il Ven. Beda<br />

ed altri, riferiti dal dottissimo Salmerone (Tomo 3, Tract. 28, part. 1).<br />

Nulladimeno, ripeto, o sia più fondata e verosimile la vostra, o più sia<br />

la mia; a noi bastar deve tra tanto di esser giunti a scoprire se in qual<br />

grado era, tra la Vergine e San Giuseppe, quella stretta Parentela, che dal<br />

Vangelo e dai Santi Padri, veniva comunemente asserita.<br />

II<br />

21. Così ben capire sapessimo a nostro vantaggio la Parentela strettissima,<br />

che la gran Vergine con noi ancora aver si degna. Su di questo<br />

secondo punto del mio familiare Ragionamento, è degno di nostra<br />

osservazione ciò che ne scrive quel Santo Gran Cancellier di Parigi<br />

Giovanni Gersone: Maria, dice egli (Tr. S. in Ma.), nobis affinis est in<br />

omni genere affinitatis; cioè a dire, è la Vergine a noi Parente in ogni<br />

genere di Parentela. Certamente, segue a dire egli, come Discendente<br />

da Adamo, tuttoché senza contrarne la colpa, essa è nostra Sorella,<br />

350<br />

Est Soror ab humana Specie 23 : come Madre poi di Gesù Signor nostro, si<br />

è degnata di adottarci tutti per Figli e di esser per regenerazione spirituale,<br />

nostra amantissima Madre. Per questo, non senza profondo<br />

mistero, l’Evangelista Matteo, favellando del Divino Parto della<br />

Vergine, disse: Peperit Filium suum primogenitum 24 (Mat. 1, 25). È di<br />

fede, che Gesù Cristo fu l’unico Figlio, che per Divina Virtù fu concepito<br />

e partorito da Maria SS.ma, la quale siccome fu sempre Vergine<br />

avanti il Parto e nel Parto purissimo, così sempre Vergine ancora fu<br />

dopo il Parto. Onde qualor San Matteo chiamar volle Gesù con il titolo<br />

di Primogenito, invece di nominarlo Unigenito, fu come avvertono i<br />

Santi Padri, perché il Santo Evangelista ben sapeva, che se la gran<br />

Vergine avea avuto per Virtù Divina un sol Figlio naturale, che fu<br />

Gesù Cristo; aveva nondimeno altri innumerabili figli spirituali, che<br />

siam noi Cristiani; dei quali tutti essendo capo Gesù Cristo, perciò in<br />

riguardo all’esser di figlio della Vergine, lo chiamò Primogenito, alludendo<br />

che noi i Secondogeniti di Maria eravamo.<br />

22. E questo appunto fu quello, che lo stesso Redentore Divino confermar<br />

volle su nella Croce; qualora rivolto alla sua Santissima Madre, le consegnò<br />

Giovanni per figlio e sotto nome di Giovanni, come notan gli<br />

Interpreti, le assegnò tutti noi, Ecce Filius tuus: ed indi a Giovanni ed a<br />

noi tutti rivolto, destinar ce la volle per Madre, Ecce Mater tua (Joan. 19,<br />

26-27).<br />

23. Che se dunque così stretta Parentela qual è quella di Madre coi Figli,<br />

passa tra la Vergine e noi; perché dunque, Uditori, non poniam ogni<br />

studio e premura di riconoscerla sempre per nostra amorosissima<br />

Madre, di amarla come Madre e di servirla e trattarla sempre da Madre?<br />

Ah sì, che Maria SS.ma dal canto suo esegue a puntino verso di noi di<br />

premurosa Madre l’Uffizio; come, non meno l’autorità dei sacri Dottori<br />

ce ne assicura, ma l’esperienza medesima ce lo contesta. Noi però ci portiam<br />

forse così verso di Lei? Dov’è il rispetto e l’ossequio amoroso da<br />

23 È sorella della specie umana.<br />

24 Partorì il suo Figlio primogenito.<br />

351


Figli? Dove lo zelo, la diligenza, la fedeltà e la premura? Deh confondiamoci<br />

pure; confessiamo la nostra ingratitudine somma, pentiamocene<br />

pur di buon cuore; e davvero proponiam in quest’oggi l’emenda.<br />

24. L’esempio sia di quel Giovine, che intepidito nella divozion della<br />

Vergine, passando un dì innanzi ad una Sacra Immagine di Maria e<br />

salutandola con quel Versetto: Monstra te esse Matrem 25 , udì rispondersi<br />

con tuono imperioso, Monstra te esse Filium 26 : onde spaventato si ravvide,<br />

ecc.<br />

25 Dimostra di esser Madre.<br />

26 Dimostra di essere figlio.<br />

352<br />

SERMONE VIII FAMILIARE<br />

Recitato Sabato 14 Gennaio 1758<br />

Il Sermone è articolato in tre parti: nella prima, sviluppata nei punti 1-11, don<br />

<strong>Marcucci</strong> si propone di spiegare la divinità dello sposalizio contratto tra la gran<br />

Madre di Dio e San Giuseppe; nella seconda parte, sviluppata nei punti 12-25, viene<br />

risolto il quesito di quando avvenne tale sposalizio: se prima o dopo l’annunciazione;<br />

nella terza parte, nei punti 26-29, l’Autore spiega in che modo anche noi possiamo<br />

diventare sposi di Maria SS.ma.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> si sofferma anzitutto a riflettere sulla probabile età dei due giovani<br />

quando contrassero il loro divino matrimonio e, dopo aver esaminato accuratamente<br />

varie interpretazioni dei Padri della Chiesa, ritiene probabile che Maria SS.ma<br />

avesse circa 15 anni e San Giuseppe 40.<br />

Riguardo all’età di quest’ultimo, don <strong>Marcucci</strong> rifiuta di pensare che San<br />

Giuseppe fosse un vecchio di 80 anni, come alcuni ritengono, perché in età così avanzata<br />

non sarebbe stato in grado di custodire né la giovane Sposa né il Figlio. La giovane<br />

età di San Giuseppe serve poi, soprattutto, a dimostrare la sua singolarissima<br />

saggezza e prudenza e la sua illibatissima castità. Don <strong>Marcucci</strong> crede anche, insieme<br />

al Gersone, al Suarez e a molti altri, che lo Sposo di Maria, al pari di San<br />

Giovanni Battista, fosse stato santificato nel ventre materno e confermato in grazia.<br />

Riguardo al quando sia avvenuto il santo matrimonio, se prima o dopo l’annunciazione,<br />

l’Autore ritiene, insieme alle maggiori personalità della Chiesa, “che Maria<br />

SS.ma, prima fosse sposata con S. Giuseppe e poi fosse annunziata dall’Angelo e concepisse<br />

per virtù dello Spirito Santo il Figlio di Dio”.<br />

Riguardo a se e come noi possiamo essere sposi di Maria, don <strong>Marcucci</strong> risponde<br />

che ciò può avvenire se noi uniamo la nostra mente, il nostro cuore e la nostra volontà<br />

a quella di Maria. Conclude poi con una fervente preghiera per chiedere a Maria<br />

SS.ma di accettarci come figli e di trattarci per sempre come fedelissimi suoi Sposi fino<br />

agli ultimi respiri della nostra Vita.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 37, pp.78-94.<br />

353


Argomento<br />

Dilucidandosi, se quando avvenisse il purissimo Sacro Sposalizio<br />

tra la Vergine e San Giuseppe, si conchiude con l’esaminare il modo,<br />

come possiamo contrarre uno spirituale Sposalizio<br />

con la suddetta Regina del Cielo<br />

Dilucidata la Genealogia del Patriarca San Giuseppe e della Vergine<br />

Immacolata e spiegata la stretta Parentela, che tra loro passava; seguitando<br />

ora il medesimo ordine dei Misteri, che tien l’Evangelista Matteo nel suo<br />

primo Capo, duopo è, Uditori, trattare in questa sera del sacro purissimo<br />

Sposalizio, che tra la gran Madre di Dio, ed il Santo Patriarca, fu divinamente<br />

contratto.<br />

San Matteo così misteriosamente ne favella, Cum esset desponsata Mater eius<br />

Maria Joseph, antequam convenirent, inventa est in utero habens de Spiritu Sancto 27<br />

(Mat. 1, 18); cioè a dire, essendo stata sposata Maria Madre di Gesù con<br />

Giuseppe, innanzi che convenissero, fu trovato che aveva concepito per virtù<br />

dello Spirito Santo. Or su di questo Divinissimo Sposalizio tre osservazioni<br />

faremo. Primieramente vedremo di quanti Anni erano questi ineffabili Sposi.<br />

Secondariamente, se tale Sposalizio fosse fatto prima dell’Annunciazione<br />

dell’Arcangelo Gabriele, ovver dopo. Finalmente, se vi sia qualche modo di<br />

far che la Gran Regina del Cielo Sposa anche nostra divenga. Favoritemi di<br />

attenzione: ed incomincio.<br />

I<br />

1. Che la Vergine, essendo fanciulla, fosse stata dai Santi suoi Genitori,<br />

presentata al Tempio in Gerosolima; ed ivi lasciata in educazione nel<br />

chiostro che entro il recinto del Tempio vi era a bella posta per le<br />

Verginelle, sotto il magistero di pie Madrone e sotto la cura del Sommo<br />

Sacerdote: egli è tanto certo per attestato dei Santi Padri, contra certuni<br />

moderni sfacciati Critici; quanto è certo che Santa Chiesa, sin dai<br />

secoli più antichi, ne celebrò e tuttora ne celebra ai 21 di Novembre la<br />

festa (Graves., Tomo 1, De Myst. diss. 1, pagg. 3-4). Di quanti anni poi<br />

27 Sua Madre Maria essendo stata promessa sposa a Giuseppe, prima che abitassero insieme,<br />

fu trovata incinta per opera dello Spirito Santo.<br />

354<br />

fosse la Divina Fanciulla, quando al Tempio fu presentata; nonostante<br />

che Sant’Anselmo inavvertentemente scrivesse, essere stata allora la<br />

Vergine di anni sette; nulla di meno la sentenza comune dei Santi Padri<br />

sì Greci, che Latini, è che fosse di soli tre anni; e che al Tempio stesse<br />

per lo spazio di anni undici; sintanto che sposata non fu con San<br />

Giuseppe (Auriem, part.1, c. 22; Grav. loc. cit., pag. 4).<br />

2. Quindi la più comune Sentenza tiene che Maria SS.ma sul principio de’<br />

quindici anni dell’età sua contraesse il sacro Sposalizio Divino con il<br />

SS.mo Patriarca. Di San Giuseppe sì, non è così facile il risapere se di<br />

quanti anni allora egli mai fosse.<br />

3. Come, Padre? Sento qui chi mi dice; e non è forse comune tradizione,<br />

che San Giuseppe allora era già vecchio ottagenario? Sin da quando eravamo<br />

per dir così Bambini ci raccontavano i nostri Antenati, che San<br />

Giuseppe essendo vecchiarello di anni ottanta e Vedovo della prima<br />

Consorte; da cui avea avuti dei Figli; portatosi a caso con un bastoncello<br />

alla mano nel Sacro Tempio, dal bastoncello uscirono vari fiori e ne<br />

uscì ancora una colomba; la quale postasi sopra il capo del Santo<br />

Patriarca, servì per dar segno al Sommo Sacerdote, che quello era l’eletto<br />

al Sacro Sposalizio con Maria Vergine; onde, tuttoché egli ricusasse<br />

molto, atterrito nulladimeno dal Sommo Sacerdote con varie minacce,<br />

condiscese alla fine.<br />

4. Tutta questa narrativa, rispondo, è appunto una tradizione del volgo<br />

ignorante ed è una favoletta inventata in parte dagli antichi Eretici ed<br />

in parte dalla semplicità di vecchiarelle incapaci; registrata è vero in<br />

più Libri, ma apocrifi, falsi e favolosi; e meritamente insiem con la<br />

citata favoletta rigettati dai Santi Padri e da tutti i dotti e giudiziosi<br />

Scrittori dell’Ecclesiastica Istoria (vedi Graves., Tomo 1, De Myst.<br />

Christ., Diss. I pagg. 4-5).<br />

5. Di fatto, se esaminar la vogliamo parte a parte come credibile mai, primieramente,<br />

che San Giuseppe benedetto, qualor contrasse con la gran<br />

Vergine lo Sposalizio purissimo, fosse in età di ottant’anni? È certo, che<br />

uno dei motivi, per cui Iddio volle che la sua purissima Madre fosse<br />

355


sposata ad un Uomo santissimo, fu affin questo le servisse di sollievo,<br />

di sostegno e di aiuto in tutte le sue occorrenze. Or qual mai di sollievo<br />

le sarebbe stato e nella fuga in Egitto e in tante altre contingenze,<br />

un vecchio di età decrepita, come nella favoletta si finge? È dunque<br />

assai più convenevole ed anche più conforme al Vangelo, il credere che<br />

allora il SS.mo Patriarca fosse piuttosto di età matura sì, ma vigorosa,<br />

come di Giovane di anni quaranta. E così lo credono i più dotti e prudenti<br />

Scrittori (Graves. loc. cit.).<br />

6. Che si chiamava e si dipinge vecchio; ciò è per due motivi. Primo, per<br />

dimostrar la singolarissima saviezza e prudenza del Santo Patriarca.<br />

Secondo, per significare la sovrangelica illibatissima sua Castità, che in<br />

ogni tempo ebbe, anche nell’età sua giovanile.<br />

7. Quanto poi all’altro, che empiamente dalla favoletta si aggiunge, cioè<br />

che San Giuseppe fosse vedovo della prima Consorte, da cui avea avuti<br />

dei Figli: o questo sì, che altro che da penna ereticale in quegli apocrifi<br />

e bugiardi libri può essere aggiunto. Perciocché è certo che il massimo<br />

San Girolamo scrivendo contra l’eresiarca Elvidio; e San Pier Damiani<br />

(opusc. 17), costantemente sostengono, che San Giuseppe, non solamente<br />

fosse sempre castissimo, ma ancor sempre Vergine; come piamente<br />

ancor lo crede la Chiesa, al notar del Bollando (ad diem 19 Marzo): anzi<br />

allo scriver del dotto Gersone, di questa perpetua Verginità illibatissima<br />

ne ebbe il Santo Patriarca il Dono infuso da Dio, sin da quando era<br />

nel Ventre Materno; in cui al pari del Gran Battista fu santificato e confermato<br />

in Grazia; come il citato Gersone e l’esimio Suarez con altri<br />

molti sostiene.<br />

8. Riguardo poi all’improvviso prodigioso fiorire del suo bastoncello ed al<br />

riposarsi sul capo suo la Colomba, tuttoché disdicevol non fosse ad avvenire<br />

ad un Patriarca sì Santo (Graves. loc. cit. pag. 4, colonna 2); nulladimeno<br />

non ha punto del verosimile che gli avvenisse; appunto perché<br />

nella favoletta si finge che portasse il bastoncello da vecchio, quando già<br />

tale non era, come osservammo; e perché nella storiella si aggiunge, che<br />

tanto i fiori comparsi, quanto che la Colomba, furono per dar segno al<br />

Sommo Sacerdote che Giuseppe era lo scelto Sposo tra tanti; quando è<br />

356<br />

certissimo, che tali segni non ci occorrevano, perché egli solo, come il<br />

più prossimo della stirpe e famiglia della Vergine, fu secondo la Legge<br />

destinato ad uno Sposalizio sì sacrosanto.<br />

9. Mi direte, se perché poi sia stato quasi sempre dipinto San Giuseppe col<br />

bastoncello fiorito in su la cima? Rispondo, siccome si dipinge vecchio, non<br />

perché così fosse, ma per denotar la sua prudenza e castità singolarissima;<br />

così si dipinge col bastoncello fiorito, per significare la sua grande<br />

autorità, mentre ai cenni suoi si mostrava ossequiosa la Regina del Cielo<br />

ed insino lo stesso Creatore dell’Universo. Ma siccome egli questa sua<br />

autorità di Capo di Famiglia, l’univa sempre con una profonda umiltà<br />

e con altre mille virtù sovraeroiche; perciò il suo bastone era necessariamente<br />

di vaghi fiori ricolmo. Così qualora dipinto si veda con la colomba<br />

sopra il suo Capo, denota la Grazia e l’Amore dello Spirito Santo, di<br />

cui fu sempre ripieno.<br />

10. Circa poscia alla chiusa della favoletta, cioè che egli fosse dal Sommo<br />

Sacerdote con minacce atterrito ed allo Sposalizio sacro fosse forzato;<br />

inezie son da donne e da vecchierelle. Certamente San Giuseppe vien e<br />

dal Vangelo chiamato giusto e questa somma sua Santità e giustizia<br />

viene appunto encomiata da tutti i Santi Padri, perché per ubbidire alla<br />

santa Legge di Dio non ricusò punto di collegarsi in Sposo purissimo<br />

con la Regina delle Vergini (Graves. loc. cit.); risoluto sempre di osservar<br />

rigorosamente perpetua Verginità e Modestia anche dopo lo<br />

Sposalizio contratto; come già fece con somma puntualità e diligenza.<br />

11. Rigettata pertanto ogni favola, ritornando al nostro proposito, sì la<br />

Vergine, che Giuseppe, amendue eseguendo gli alti voleri di Dio, contrassero<br />

insieme il purissimo Sposalizio; Maria SS.ma trovandosi sul<br />

principio dell’anno suo quindicesimo; e sul quarantesimo in circa dell’età<br />

sua il SS.mo Patriarca.<br />

II<br />

12. Quando poi avvenisse questo Sposalizio Divino tra Nostra Signora e San<br />

Giuseppe, cioè se prima che fosse la Vergine dall’Angelo annunziata,<br />

ovvero dopo seguita l’Annunciazione e l’Incarnazione del Divin Verbo;<br />

357


non convengon tra loro i Santi Padri, né gli altri Scrittori sacri moderni<br />

si accordano in questo. Alcuni a tutta possa sostengono che Maria<br />

SS.ma prima fosse annunziata dall’Angelo e concepisse nel suo Verginal<br />

seno il Figlio di Dio umanato e poi fosse sposata con San Giuseppe.<br />

Altri poi insegnano tutto il contrario, dicendo che prima fosse sposata<br />

e poi annunziata. Il Santo Vangelo parla in un modo, che sembra or favorire<br />

ad una ed or ad un’altra Sentenza. Mi direte, e voi Padre, che ne<br />

dite? Quanto a me, vi addurrò i fondamenti di ambedue le opinioni; e<br />

poi vi discifrerò la mia.<br />

13. Sant’Ilario pertanto (in cap. 1 Matth.), San Basilio (hom. De hum. Chr.<br />

Gener.) e Sant’Epifanio (Haeres. 78), sono di uniforme costantissimo sentimento,<br />

che la SS.ma Vergine fosse prima annunziata dall’Angelo e concepisse<br />

per virtù Divina il Verbo Incarnato e poi contraesse lo Sposalizio<br />

con San Giuseppe. Del sentimento medesimo sono stati Alfonso Tostato,<br />

il Cardinal Baronio, il Cardinal Gaetano e vari altri; ed in particolare ai<br />

tempi nostri i due dottissimi Scrittori Sorbonici Bernardo Lamy` (cap. 3<br />

et 8 in Harm. Evang.), ed Agostino Calmèt (in Com. Litt. in Matth.).<br />

14. In tal guisa pertanto la discorrono essi in valida prova della loro sentenza.<br />

San Matteo descrivendo questo Sacro Sposalizio tra la Vergine e San<br />

Giuseppe, dice così: Cum esset desponsata Mater Jesu, Maria, Joseph, antequam<br />

convenirent, inventa est in utero habens de Spiritu Sancto (Mat. 1, 18).<br />

Il qual Testo non può esporsi ed interpretarsi meglio di questo, cioè<br />

essendo stata promessa per Sposa Maria SS.ma a San Giuseppe, prima che<br />

convenissero ad abitare insieme, già essa era stata annunziata ed avea concepito<br />

per virtù dello Spirito Santo il Figlio di Dio, nella propria Casa<br />

paterna.<br />

15. Non vi ha dubbio, aggiungono, che anche nella Legge Vecchia presso gli<br />

Ebrei si stilava di prometter la Sposa, come ai nostri tempi si fa con i<br />

Capitoli; e poi dopo qualche tempo, celebrar gli Sponsali con lo Sposo e<br />

condurla alla Casa di Lui. Ciò supposto la Vergine era soltanto promessa<br />

a S. Giuseppe, ma non era con lui effettivamente sposata, quando fu<br />

annunziata dall’Angelo. E San Matteo lo dice chiaro, che avvedutosi<br />

San Giuseppe futuro Sposo, che la sua promessa Sposa era già incinta, non<br />

358<br />

sapendo ancora il Mistero che era in Lei avvenuto, né giudicar volendo sinistramente<br />

di una sì santa Vergine, pensò piuttosto di fuggirsene di nascosto,<br />

senza trasportarla e condurla in sua propria Casa: Joseph autem Vir ejus cum esset<br />

justus, et nollet eam traducere, voluit occulte dimittere illam 28 (Mat. 1, 19).<br />

16. Si aggiunga poi di più, seguono a dire, che ciò ad evidenza costa da quel<br />

che siegue in San Matteo, cioè che comparendo un Angelo di un subito<br />

a San Giuseppe, gli levò tosto il timore e gli disse, non temere o<br />

Giuseppe di accettare Maria in tua Consorte; perciocché quel che essa<br />

ha concepito nel suo Verginal Ventre, è per sola virtù dello Spirito<br />

Santo, Joseph, noli timere accipere conjugem tuam: quod enim in ea natum est,<br />

de Spiritu Sancto est 29 (Mat. 1, 20).<br />

17. Cosicché, conchiudono i sopraccitati Padri e Dottori, per quel che<br />

riguarda il Vangelo, si deduce a maraviglia essere stata la Vergine prima<br />

annunziata dall’Angelo e poi dopo essere stata effettivamente sposata con<br />

San Giuseppe. Per quello poi che riguarda le ragioni e le congruenze, ve<br />

ne sono tante, che non più (Graves. loc. cit. pag. 12). Primieramente è<br />

sentenza comune di S. Agostino, di S. Gregorio Nisseno, di San Beda,<br />

di S. Bernardo e di altri, che Nostra Signora sin dalla sua Fanciullezza,<br />

per impulso particolare dello Spirito Santo, si era a Dio obligata con<br />

voto perpetuo di illibata Verginità. Or come dunque la Vergine avrebbe<br />

mai dato il suo consenso allo Sposalizio con un uomo tuttoché<br />

SS.mo, se prima non fosse stata annunziata dall’Angelo e non avesse<br />

inteso da Lui, com’essa sarebbe rimasta sempre Vergine in tutta la vita<br />

sua? Risappiamo pur noi, con quanta circospezione all’Angelo stesso<br />

rispose e come a minuto voll’esser prima informata del come doveva<br />

esser Madre di Dio, innanzi che desse il suo Consenso. Or pensate se<br />

consentir voleva a sposarsi con un Uomo, qualor prima non fosse stata<br />

istruita dall’Angelo? Eh via, pare a voi.<br />

28 Giuseppe poi suo sposo essendo giusto e non volendo ripudiarla, volle nascostamente<br />

rimandarla.<br />

29 Giuseppe, non temere di accogliere la tua Sposa poiché ciò che in Lei è nato proviene dalla<br />

Spirito Santo.<br />

359


18. E poi, siccome tra gli Ebrei allora si stilava, che per più mesi ancora dopo<br />

promessa, si tratteneva la Zitella futura Sposa, nella casa paterna: come lo<br />

attesta Maimónide (Tr. De Connub. Hebr.). Quindi avvenisse, che dopo che<br />

Nostra Signora era stata promessa in Sposa, fosse annunziata dall’Angelo<br />

nella propria Casa del Padre, come la più comune già tiene, (Graves. loc.<br />

cit. pag. 14); ed indi dagli stessi Parenti portata subito a visitar la sua<br />

Cugina Elisabetta, con Lei si trattenesse tre mesi (come già si trattenne);<br />

e nel ritorno poi, cioè tre mesi dopo annunziata, trovandosi già incinta del<br />

Divin Verbo, sposata fosse a Giuseppe e nella sua Casa condotta.<br />

19. Ed in siffatta guisa con altre ragionevoli congruenze si aiutano il Lamy`,<br />

il Calmèt, il Baronio e tutti i sopradetti Padri e Dottori, a porre bene in<br />

chiaro questa loro assai fondata sentenza.<br />

20. Al contrario poi Sant’Ignazio Martire antichissimo a tempi degli Apostoli<br />

(in Epist. ad Ephes.), San Girolamo (in Matth. cap. 1), Sant’Ambrogio (lib. 2<br />

in Luc.), San Bernardo (hom. 2 sup. Missus est), l’Angelico San Tommaso (in<br />

3 p., q. 29, art. 1), ed altri molti sì antichi, che moderni Sacri Scrittori,<br />

ed in particolare l’eruditissimo Gravesòn Dottor Sorbonico (Tomo 1,<br />

De Myst. Chr. Diss. 1, pag. 6), a tutto potere sostengono con molte sode<br />

ragioni, che Maria SS.ma fosse stata prima effettivamente sposata con San<br />

Giuseppe e poi fosse stata annunziata dall’Angelo e concepito avesse il<br />

Divin Verbo, ed insieme con San Giuseppe si fosse portata all’amorevole<br />

visita di Santa Elisabetta sua Cugina.<br />

21. E ciò è tanto vero, dicono questi, che l’Evangelista San Luca lo dice a<br />

chiare note, che Iddio mandò l’Angelo alla Vergine già Sposata con San<br />

Giuseppe, Missus est Gabriel Angelus…ad Virginem desponsatam Joseph 30<br />

(Luc. 1, 27). E che sotto nome di Sposa intendesse San Luca l’effettivo<br />

Sacro Sposalizio seguito e non già solamente la promessa; egli stesso<br />

l’Evangelista lo dà a divedere in altro luogo, dove dicendo che<br />

San Giuseppe andò con la Vergine in Betlemme per farsi descrivere, a<br />

tenor dell’editto di Cesare Ottaviano Augusto, anche allora la chiama<br />

30 Fu inviato l’amgelo Gabriele da Dio in una citta della Galilea che aveva nome Nazareth.<br />

360<br />

Sposa (Luc. 2, 5). Ed in questo senso ancora deve intendersi San Matteo,<br />

qualora chiama la Vergine Sposa del Santo Patriarca, cioè dell’effettivo<br />

Sposalizio Sacro seguito: nominando perciò amendue i Santi Evangelisti<br />

col titolo di Marito in quei passi il glorioso San Giuseppe, come può<br />

osservarsi da ognuno, che senza impegno li legge (Matth. 1, 18-20; Luc.<br />

1, 27). Onde si vede che tanto da San Matteo, quanto che da San Luca,<br />

risulta esser prima seguito il Sacro Sposalizio, che l’Angelico Annunzio<br />

ed il Divino Concepimento del Verbo Umanato.<br />

22. Quindi resta pur chiaro, che l’Annunciazione seguì nella Casa di San<br />

Giuseppe: attesochè, come attesta Filone Ebreo e con Lui Pietro<br />

Coméstore, era stile degli ebrei nella Legge Vecchia di condurre, subito<br />

eseguito lo Sposalizio, la Donzella Sposa in Casa dello Sposo. E poi è<br />

di fede, che la Vergine SS.ma fu annunziata dall’Angelo nella città di<br />

Nazareth nella Galilea: Missus est Angelus Gabriel a Deo, così parla il<br />

Vangelo, in Civitatem Galilaeae, cui nomen Nazareth (Luc. 1, 26).<br />

Or appunto San Giuseppe aveva la sua Casa ed abitava nella predetta<br />

Città di Názaret della Provincia di Galilea; come ce ne assicura San<br />

Luca: Joseph a Galilea de Civitate Nazareth 31 (Luc. 2, 4).<br />

23. A quella gran ragione poi, che la parte opposta adduceva, cioè che la<br />

Vergine sin dagli anni più teneri si era a Dio consegrata con voto di<br />

Verginità perpetua, talchè non avrebbe dato mai il suo Consenso a sposarsi<br />

con Uomo quantosivoglia Santissimo, se prima non fosse stata annunziata<br />

ed istruita dall’Arcangelo Gabriele: a tal ragione fortissima, ripeto,<br />

San Bernardo (hom. 4 sup. Missus est), e dopo lui San Tommaso risponde (in<br />

3 p., qu. 28, art. 4), dicendo, che Maria SS.ma per impulso e rivelazione<br />

dello Spirito Santo già sapeva, che da codesto sacro suo Sposalizio con San<br />

Giuseppe, non avrebbe in nulla patito detrimento veruno la Verginità sua<br />

illibatissima con sì rigoroso e perpetuo voto giurata: in altro caso, neppure<br />

avrebbe mai prestato il suo consenso alla semplice promessa di esser<br />

futura Sposa di un Uomo. E così ancora la stessa Regina del Cielo di sua<br />

propria Bocca a Santa Brigida disse (Lib. 7, Revel. cap. 25).<br />

31 Giuseppe dalla Galila dalla città di Nazareth.<br />

361


24. Sciolte dunque tutte le obiezioni avversarie, si portano i Padri e Dottori<br />

di questa sentenza e particolarmente San Girolamo e l’Angelico San<br />

Tommaso (in 3 p., qu. 29, art. 1), a conchiuder tal loro fondatissimo sentimento<br />

con questa ragione; dicendo che, una delle cause, per cui Gesù<br />

Cristo nascer volle da una Vergine sposata con un Uomo Santissimo, fu<br />

per provvedere all’onor della Madre; affinché gli ebrei ed altri non consapevoli<br />

ancora dell’alto mistero, non l’avessero lapidata, come Donna<br />

di mala vita. Questo è sentimento comune dei Santi Padri. Or posto ciò;<br />

se Maria Vergine fosse stata sposata effettivamente con San Giuseppe<br />

dopo l’Annunciazione dell’Angelo e dell’Incarnazione del Verbo, anzi<br />

dopo il ritorno da Santa Elisabetta, che vale a dire, dopo tre mesi che<br />

già era divinamente incinta di Spirito Santo; come mai sarebbe stato<br />

provveduto e riparato il suo Onore? Che non ne avrebbero bestemmiato<br />

i Giudei e l’altra Gentaglia maligna? Non mica tutti sarebbero stati<br />

degni gli Ebrei, come furono San Zaccharia e Santa Elisabetta, di risaperne<br />

dallo stesso Spirito Santo il Mistero? Adunque ogni ragion vuole<br />

(così essi conchiudono) e le più forti autorità della Scrittura e dei Santi<br />

Padri richiedono, che onninamente si dica, che Maria SS.ma, prima<br />

fosse effettivamente sposata con S. Giuseppe; e poi fosse annunziata<br />

dall’Angelo e concepisse nel suo Verginal Ventre per virtù dello Spirito<br />

Santo il Figlio di Dio fatt’uomo, Gesù Signor nostro.<br />

25. Padre, sento qui chi mi dice, che ne deducete voi ora? Rispondo; io ne<br />

deduco, che questa seconda sentenza sia la più verisimile e la più fondata;<br />

e questa è quella, che quasi con la comune degli Scrittori e dei<br />

Padri, costantemente io tengo.<br />

III<br />

26. Ma passiamo, se vi è in grado, giacché tanto abbiam favellato del Sacro<br />

Sposalizio della Regina del Cielo; passiamo, dissi, a succintamente<br />

vedere, se vi possa esser modo, che la Gran Vergine, Sposa anche nostra<br />

divenga. Non è già essenziale al vero e rato Sposalizio l’unione corporea;<br />

ma basta l’unione indissolubile degli animi e degli affetti, la comunione<br />

del vitto e degli averi, la fedeltà del reciproco innocente amore;<br />

come insegna, dopo il grande Agostino (lib. De Nupt. cap. 11),<br />

l’Angelico San Tommaso (in 3 p., q. 29, art. 2). Di fatto ci insegna il<br />

362<br />

Vangelo e la Fede, contra gli empi e sfacciati eresiarchi Gioviniano,<br />

Bonoso ed Elvidio, che Maria SS.ma siccome fu sempre illibatissima<br />

Vergine, prima dello Sposalizio con San Giuseppe, così sempre Vergine<br />

purissima si mantenne dopo lo Sposalizio Sacro, sino alla sua Morte<br />

SS.ma (Grav. loc. cit., pag. 17). Eppure il suo Sposalizio fu uno<br />

Sposalizio vero e rato con San Giuseppe; come sostengono S. Agostino<br />

e S. Tommaso (loc. cit.): a motivo che se amendue i divini Sposi si mantennero<br />

sempre intatti fra candidissimi gigli di una perpetua Purità<br />

Verginale; nulladimeno, dopo il Divino contratto che vi fu tra loro, vissero<br />

sempre indissolubilmente uniti di mente, di cuore, di volontà e di<br />

convitto, con una reciproca fedeltà costantissima e inalterabile.<br />

27. Pertanto, per esser ora Sposo della Regina del Cielo, a me sembra necessario<br />

che v’intervengan tre cose; cioè:<br />

1. il contratto reciproco tra essa Vergine e noi; voglio dir, se Ella degnar<br />

si voglia di accettarci per suoi Sposi e se noi risoluta mente accettar<br />

la vogliamo per nostra amabile Sposa;<br />

2. l’unione delle nostre Menti e dei nostri Cuori col suo Cuore purissimo;<br />

3. la fedeltà di questa sacra unione indissolubile.<br />

Or quanto a Nostra Signora, Ella è prontissima dal canto suo, ce ne assicura<br />

S. Bernardo (Ser. 98); dicendoci, esser per tutti aperte e patenti le<br />

amorevolezze misericordiose della Gran Vergine, Omnibus Misericordiae<br />

sinum aperuit Maria 32 ; affinchè dalla pienezza dell’Amor suo prenda ciascuno<br />

quello che brama, Ut de plenitudine eius accipiant universi. Sicchè,<br />

che pretendiam noi stasera da sì amorevole Signora? L’esser fatti suoi<br />

cari Sposi, l’unirci con il Cuor suo Divino, l’esser fedeli e costanti in<br />

questa sacra Unione amorosa? Su, ricorriamo pur con fiducia alle viscere<br />

della sua Misericordia; Omnibus misericordiae sinum aperuit: ma ricorriamoci<br />

tutti dolenti e pentiti delle colpe commesse; e tutti animosi e<br />

risoluti di non più disgustarla. E dopo che così ci troviam umiliati<br />

innanzi al suo Trono; via su dimandiam con fiducia quel che vogliamo.<br />

32 Maria aprì a tutti il seno della sua misericordia, perché dalla sua pienezza tutti attingano.<br />

363


28. Deh sì, che io a nome mio e di tutti, o gran Madre di Misericordia, vi<br />

chiedo e lo voglio; che oltre all’esser vostri schiavi e servi perpetui, ci<br />

accettiate e ci teniate sempre per vostri Figli. Ma non basta. Vogliamo<br />

ancora, che vi degnate di accettarci e trattarci per sempre come vostri<br />

fedelissimi Sposi. A voi consagriamo in perpetuo le Menti nostre, affin<br />

di ricordarci di continuo di voi e delle vostre Grandezze. Voi dunque<br />

conservatecele a voi unite. A voi tributiamo irrevocabilmente i nostri<br />

Cuori, per amarci grandemente sino alla morte. Voi dunque teneteli a<br />

voi indissolubilmente incatenati. A voi per finirla consacriam quanto<br />

abbiamo, quanto siamo e la medesima Vita, affin di servirvi fedelmente<br />

sino agli estremi. Voi dunque abbiateci sempre sotto la vostra amorosa<br />

tutela. Certamente, che questa Unione sacra scambievole di Sposi,<br />

siccome farà, che noi siam sempre in avvenire tutti vostri; così che voi<br />

per sempre in nostra custodia pur siate.<br />

29. Vergine graziosissima, se il Beato Alano meritò da voi ricever un<br />

vaghissimo Anello di oro, in contrassegno dello Sposalizio Divino, che<br />

con Lui contraeste; e meritò udirsi dire da voi, Diletto mio Sposo, non mi<br />

creder più da qui in poi da te lontana; nè di doverti tu più da me separarti.<br />

(B. Alan. p. 2, cap. 4, pag. 100). Noi, lo confessiamo, non meritiamo<br />

già tanto. Ci basta la Grazia vostra, il vostro Amore, la vostra benigna<br />

Tutela ed il dono di esservi da qui in poi fedelissimi Servi, Figli e Sposi,<br />

sino agli ultimi respiri di nostra Vita. Amen.<br />

Il Fine.<br />

364<br />

SERMONE IX FAMILIARE<br />

Recitato Sabato 21 Gennaio 1758<br />

Il Sermone è articolto in tre parti: nella prima, introdotta da un proemio e sviluppata<br />

nei punti 2-14, don <strong>Marcucci</strong> spiega la nascita di Gesù secondo il racconto<br />

dell’Evangelista san Matteo; nella seconda parte, sviluppata nei punti 15-20, viene<br />

spiegato quando avvenne l’Incarnazione e la nascita di Gesù; nella terza parte, nei<br />

punti 21-22, l’Autore invita gli ascoltatori a congratularsi con Maria SS.ma per il<br />

grandissimo privilegio di essere stata scelta per Madre di Dio.<br />

La nascita di Gesù avvenne nell’anno quattromila circa dalla creazione del<br />

mondo, mentre Erode Ascalonita era re della Giudea e Cesare Ottaviano Augusto era<br />

imperatore del Sacro Romano Impero. Questa interpretazione si ricava dalla Volgata<br />

e la Chiesa la ritiene la più verosimile e giusta benché ne permetta anche altre.<br />

Riguardo l’Incarcazione, essa avenne, nel ventre purissimo di Maria Vergine, il 25<br />

Marzo, nell’equinozio di Primavera, in giorno di domenica. Dopo nove mesi, il 25<br />

dicembre, nel solstizio d’Inverno, in giorno di domenica, circa la mezzanotte nacque<br />

Gesù, mentre tutto il mondo era in pace.<br />

Nella terza parte l’Autore invita gli ascoltatori a congratularsi con cuore umile<br />

ed affettuoso con la Vergine Madre per il singolarissimo e prodigiosissimo privilegio<br />

avuto della divina Maternità unita alla Verginità illibatissima ed incomparabile.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 37, pp. 95-108.<br />

Dino Ferrari, Natività di Gesù, tempera, 1965, Ascoli Piceno, lunetta nel parlatorio<br />

della Casa Madre dell’Istituto.<br />

365


Argomento<br />

Incominciandosi a spiegare il Capo secondo di San Matteo,<br />

si pone in chiaro, se in che tempo nacque Gesù Signor nostro<br />

e quali prodigi principali accompagnarono la sua SS.ma Nascita;<br />

conchiudendosi con una Congratulazione alla SS.ma Vergine<br />

per la sua Maternità<br />

1. Al sagro Sposalizio purissimo di Nostra Signora con San Giuseppe<br />

seguì l’Angelico Annunzio, come dicemmo. All’Annunciazione poi<br />

seguì immediatamente la graziosa Visita, che la Vergine far alla sua<br />

Cugina Elisabetta si degnò: indi il ritorno da Montana in Nazareth: e<br />

finalmente, pria della Nascita del Redentore, avvenne la partenza della<br />

Madre da Nazareth a Betlemme, per ivi farsi descriver con il suo purissimo<br />

Sposo, a tenor dell’Editto di Cesare Augusto. Questo è l’ordine dei<br />

Misteri, è vero: ma io chiedo scuse, Uditori, se in questa sera mi vien<br />

vietato il seguirlo. L’impegno mio è di spiegarvi primieramente di San<br />

Matteo il Vangelo. Or questo Evangelista, lasciando a San Luca l’incarico<br />

di far menzione degli altri Misteri, egli dopo il racconto del Sacro<br />

Sposalizio, passa a discorrer della Natività del Signore. Tal’ordine adunque<br />

anch’io necessariamente tenendo, passerò nel tempo stesso dal primo<br />

al secondo Capo del sovracitato Vangelo: nel cui principio appunto si<br />

favella della seguita Nascita del Redentore: proseguendosi ivi poi a parlare<br />

della Venuta dei Magi, della Strage degli Innocenti, della Fuga in<br />

Egitto e del Ritorno. Vedremo pertanto, primo in che tempo nacque<br />

Gesù Signor Nostro: secondo, quanti e quali prodigi (almeno i principali)<br />

accompagnarono la sua SS.ma Nascita, comprovando a maraviglia<br />

che egli era il vero Figlio di Dio fatt’ Uomo, ed il vero Messia promesso:<br />

terzo faremo una divota apostrofe alla Vergine, congratulandoci della<br />

sua Divina Maternità. La materia in se stessa richiede una grande attenzione.<br />

Da voi la spero. Incomincio.<br />

I<br />

2. Circa il tempo in cui avvenne la Nascita di Gesù Redentor nostro, due<br />

cose abbiam noi di certo dal sacrosanto Vangelo. La prima è, che il<br />

Redentore nacque nel tempo, che Erode era Re della Giudea. Ce ne assicura<br />

San Matteo, dicendo Cum natus esset Jesus in Bethleem Juda in diebus<br />

366<br />

Herodis Regis 33 (Mat. 2, 1). L’altra è, che nel tempo stesso reggeva il<br />

vasto Impero Romano Cesare Ottaviano Augusto. Ce ne fa indubitata fede<br />

San Luca, ove dice, Exiit edictum a Caesare Augusto, ut describeretur universus<br />

orbis 34 , con quel che segue al capo secondo.<br />

3. Tutto bene, sento qui chi mi dice; ma in quale anno del Regno di<br />

Erode e dell’Impero di Augusto, nacque Gesù Cristo? Quanto primieramente<br />

ad Erode vi dirò: Quattro furono i Re Erodi nella Giudea. Il<br />

primo Re si chiamò Erode Ascalonita, di nazione non già ebreo, né<br />

discendente dalla stirpe ebrea; ma bensì Gentile ed Iduméo, figlio di<br />

Antipatro e nato nella Città di Ascalona, che era una Città dei Filistei:<br />

e divenne Re della Giudea per forza; mentre aiutato dal Senato<br />

Romano prese con le armi Gerusalemme, soggiogò tutti gli ebrei; e<br />

fu confermato ivi per Re tributario a Roma da Cesare Augusto.<br />

Or sotto il Regno di questo primo Erode, detto Ascalonita, avvenne la<br />

Natività del Redentore Divino e la Strage degli Innocenti (Tirin. in<br />

Cronic. c. 45, in princip.).<br />

4. Il secondo Re Erode, fu chiamato Erode Antipa, stato per lo innanzi<br />

Tetrarca di Galilea e figlio del primo Erode ed anche fratello di<br />

Archelao, altro Tetrarca. E questo Erode Antipa fu quegli, che decollar<br />

fece San Giovanni Battista e innanzi al cui tribunale fu Gesù Signor<br />

nostro portato nella sua Passione (Tirin. loc. cit. sub. med.).<br />

5. Il terzo Erode fu detto Erode Agrippa seniore, nipote del primo Erode e<br />

pronipote del secondo. Egli fu, che imprigionar fece San Pietro ed<br />

uccider San Giacomo Maggiore Apostolo. (Tirin. loc. cit.). Finalmente<br />

il quarto Re Erode, chiamato fu Erode Agrippa giuniore, figlio del qui<br />

sopradetto terzo Erode; e che incestuoso visse con l’empia sua sorella<br />

Berenice (Act. 25, 13); e che cercò, ma senza frutto, di persuadere agli<br />

Ebrei suoi sudditi di non ribellarsi contra l’Impero Romano: per la<br />

33 Essendo nato Gesù in Bethelem di Giuda al tempo del re Erode.<br />

34 Uscì un editto da parte di Cesare Augusto perché venisse fatto un censimento in tutto il<br />

mondo.<br />

367


cui ribellione successe poi quella totale distruzione data a<br />

Gerusalemme ed agli Ebrei, dagli Imperatori Vespasiano e Tito. Or<br />

questo è quell’Erode Agrippa, a cui il celebre Istorico Giuseppe Ebreo<br />

dedicò l’Istoria sua Giudaica.<br />

6. Ma tornando al primo Re Erode, cioè all’empio Erode Ascalonita, usurpatore<br />

straniero della Giudea (Tirin. In mat. 2, 1); correva l’anno trentesimo<br />

sesto del Regno suo, cioè il penultimo della sua pessima vita, quando<br />

nacque Gesù Cristo; come concordemente dicono gli Storici (Grav.,<br />

Tomo 1, De Myst., fol. 93-94, ecc.). Dell’Impero poi di Cesare Augusto,<br />

al più esatto computo dei Critici moderni, correva il quarantesimo anno;<br />

che vale a dire settecento quarantanove anni dopo Roma fondata.<br />

7. Dunque Padre, odo chi mi ripiglia, quante migliaia di anni erano, che<br />

Iddio aveva creato il Mondo, quando degnar si volle di farsi Uomo e<br />

nascer quaggiù fra noi? Rispondo, che eziandio siavi un’acerrima questione<br />

e disparità tra gli stessi Santi Padri ed i Sacri Scrittori, intorno a<br />

tal quesito (Tirin in Chr., c. 47); nulladimeno vi dico francamente, che<br />

io costantemente tengo, che Gesù Cristo nacque negli anni quattromila o<br />

poco più del Mondo creato (Grav. loc. cit., pag. 75; 93).<br />

8. Oh Padre, qui sento dirmi, voi sbagliate troppo all’ingrosso. Il Martirologio<br />

Romano, di cui si serve la Santa Chiesa, parlando del Giorno del Santo<br />

Natale dice, esser nato Gesù Cristo negli Anni cinque mila cento novantanove<br />

dopo la Creazione del Mondo. Cosicché voi col riporre tal Nascita nel quattromila<br />

o poco più, venite a far lo sbaglio grossissimo di mille e più anni.<br />

9. Rispondo, che non avendo su di ciò la Santa Chiesa voluto nulla decidere,<br />

ha lasciato intorno a ciò la libertà ai Sacri Scrittori di manifestare<br />

il loro computo cronologico circa gli Anni del Mondo, in cui nacque il<br />

Salvatore Divino. Quindi in tre classi noi ritroviam divisi su di ciò gli<br />

Scrittori e i Padri (Menochius, Tomo 2 in Suppl. Tab. 1 pag. 368).<br />

Alcuni dicono e sostengono esser nato il Salvatore circa il quattro mila<br />

del Mondo creato. Di tal sentimento è il massimo San Girolamo, il<br />

Lirano, Alfonso Tostato, il Bellarmino, lo Scaligero, Sisto Senese,<br />

Cornelio a Lapide, il Petavio e più di cento altri, che costantemente<br />

368<br />

seguitano la Cronologia della Sacra Scrittura della nostra Edizione Volgata<br />

(Graves., Tomo 1, pag. 74-75; 93, ecc.). Questa ancora è la sentenza<br />

comune di tutti i Critici moderni. E quel che fa più maraviglia, i Rabbini<br />

stessi non meno antichi, che moderni, secondo il computo loro ebraico,<br />

son di parere, che il Messia nascer doveva circa gli anni quattromila del<br />

Mondo. (Tirin., Tomo 1, tab. Chr., c. 48). Quindi pare anche a me, questa<br />

sia l’opinione più verisimile e giusta (Morosin in Via Fid., Tomo 1).<br />

10. Altri poi, crescendo nel computo circa mille anni, vogliono onninamente,<br />

che Gesù Cristo sia nato circa il cinque mila del Mondo. E se volete,<br />

questa è la sentenza più antica, insegnata e raccolta da Origene e poi da<br />

Eusebio Cesariense: indi sostenuta ancora da S. Agostino, da S. Isidoro<br />

Pelujota, da San Beda, dal Cardinal Baronio e da un’altra ventina di<br />

classici Autori (Menoch., Tomo 2 in Suppl., pag. 368), che seguitano la<br />

Cronologia della Scrittura secondo la Versione Greca dei Settanta: ch’è<br />

stata ancor seguitata dal Martirologio Romano, di cui si serve la Chiesa.<br />

(Grav., pag. 74).<br />

11. Altri poscia per finirla, crescendo il computo cronologico Scritturale<br />

della Versione dei Settanta, aggiungono circa altri mille anni e sostengono<br />

esser avvenuta la Natività del Signore circa sei mila anni dopo la<br />

Creazione dell’Universo (Menochius, Tomo 2, in Supplem., tab. 1, pag.<br />

368). Così vogliono San Cipriano, San Clemente Alessandrino, Niceforo<br />

Callisto, Lattanzio Firmiano, Isacco Vossio ed un’altra quindicina di<br />

bravi Scrittori.<br />

12. Mi direte, se da che mai sia derivata tanta varietà e considerabile discrepanza<br />

di computo cronologico tra Santi Padri e Scrittori antichi e<br />

moderni? (Graveson, Tomo 1. Dis. 5, pag. 74). Vi dirò, e credetemi<br />

pure, da una sola cagione; cioè dalla diversità di numerar gli anni della<br />

prima, e seconda Età del Mondo, vale a dire, dal modo diverso che si è<br />

tenuto nel computar gli anni dei Patriarchi che vissero sì prima, che<br />

dopo il Diluvio. Ecco l’unica Origine di sì considerabili dispareri. La<br />

sola Sacra Scrittura del Testamento Vecchio, pigliata nel suo Testo originale<br />

ebraico, toglier poteva tutte queste gran differenze e determinar precisamente<br />

gli anni del Mondo in cui nacque il Divin Redentore. Ma sicco-<br />

369


me il Testamento Vecchio fu per ordine di Tolomeo Filadelfio, Re di<br />

Egitto, tradotto la prima volta dall’Ebreo linguaggio in Lingua Greca dai<br />

Settantadue bravi Interpreti (Tirin. in Chr., cap. 39), che a sua richiesta gli<br />

furon mandati da Eleazaro, allora sommo Sacerdote in Gerusalemme:<br />

quindi ne venne, che discordando la Versione o sia Traduzione Greca dal<br />

Testo originale Ebreo nella computazione degli Anni de’ Patriarchi,<br />

aggiungendo i Greci sopra di anni mille dal computo degli Ebrei (Grav.,<br />

Tomo 1, De Myst., Dis. 5, pag. 74): perciò quei Santi Padri e quegli<br />

Scrittori che han seguitato la Cronologia del Testo originale Ebreo, come<br />

San Girolamo, il Lirano e più di cento altri, han riposta la Nascita del<br />

Redentore negli Anni circa quattro mila del Mondo creato: quegli altri<br />

poi che han tenuto la Cronologia della Versione Greca de’ Settanta, l’han<br />

collocata chi circa il cinque mila e chi sino circa il sei mila della Creazione<br />

del Mondo.<br />

13. E a quali dunque, voi dir mi potrete, di questi due Sacri Codici<br />

Scritturali star si deve? All’originale Ebreo, oppure alla Versione Greca?<br />

(Grav. loc. cit., pagg. 75-76). Vi rispondo, che senza dubbio star si deve<br />

all’originale Ebreo, come più puro, più certo e più sincero. Di fatto la<br />

Santa Chiesa Cattolica a quello unicamente aderisce. Perciocché nel<br />

Sacro Concilio di Trento ha riconosciuta ed approvata soltanto per vera<br />

e legittima Sacra Scrittura del Testamento Vecchio quella Versione<br />

Latina, chiamata Edizione Volgata che dall’originale Ebreo fu fatta da San<br />

Girolamo per ordine di San Damaso Papa.<br />

14. Soggiungerà forse qualcuno, dicendo, che se è così, perché poi la Chiesa<br />

seguita nel suo Martirologio Romano la Cronologia Greca dei Settanta,<br />

riponendo la Natività del Signore, non già nel quattro mila, ma bensì<br />

sopra il cinque mila del Mondo creato? Rispondo, che ancorché la Chiesa<br />

sia tutta aderente alla Cronologia del Testo Sacro Ebraico (Graves., loc.<br />

cit., pag. 83), fedelmente trasportato nella nostra Versione Latina -<br />

Volgata; nulladimeno ha lasciata nel Martirologio correr la sentenza del<br />

Computo Greco, in venerazione dell’antica Chiesa Greca e dei Santi<br />

Padri Greci, che la tennero e la dilatarono anche per le Chiese particolari<br />

del nostro Occidente (Malvenda, lib. 2, De Anticristo, cap. 16).<br />

Onde non essendo cosa che riguarda il dogma di Fede, né il buon costu-<br />

370<br />

me, ma la sola Cronologia dei Tempi; perciò la Chiesa Cattolica correr<br />

la permette nel suo Martirologio. Del resto, il sentimento più fondato,<br />

più verisimile e giusto, è quello dell’originale Ebreo e della nostra<br />

Volgata; da cui si raccoglie ad evidenza esser Gesù Cristo nato negli anni<br />

quattromila dopo la creazione del Mondo; come io vi diceva; e conforme<br />

ora vi mostrerei, computandovi gli anni delle sei età del Mondo, qualora<br />

dover non fosse di far passaggio al secondo punto, giacché in questo<br />

primo allungarmi più del dovere mi è convenuto.<br />

II<br />

15. Il Figlio di Dio pertanto, che ai 25 di Marzo, nell’Equinozio di<br />

Primavera, in Giorno di Domenica spirante, circa la mezzanotte, si era<br />

degnato di incarnarsi e farsi Uomo per noi nel Ventre purissimo di<br />

Maria Vergine, (Tirin., in Chr., c. 48), in quel punto medesimo che in<br />

quella Divina Notte fu annunziata dall’Angelo; dopo il giro di nove<br />

mesi si volle degnare ancora di nascer per noi ai 25 di Decembre nel<br />

Solstizio d’Inverno, in Giorno pur di Domenica, ma entrante, cioè circa<br />

la mezza notte passata (Sarnel., in Evang., Lect. 5, cap. 5). Ma notate,<br />

Uditori, quanti e quali furono i miracolosi prodigi, almeno i principali,<br />

che precedendo o accompagnando o seguendo la sua SS.ma Nascita,<br />

contestarono a maraviglia, che egli solo era il vero Messia promesso, egli<br />

l’unico vero Figlio di Dio fatt’Uomo.<br />

16. Non voglio far io qui menzione di quei prodigi, che tuttodì si raccontano<br />

comunemente da certuni e si leggono anche presso di alcuni<br />

Interpreti ancor moderni; cioè che nella Notte del Santo Natale si aprisse<br />

da se stesso in Roma il famoso Tempio della Pace (Grav., Tomo 1, pagg.<br />

140-141): poiché ciò è favoloso, mentre in Roma innanzi la Natività del<br />

Signore, non vi fu mai tal Tempio, come ben dimostra il Baronio; ma<br />

bensì vi fu fabbricato dall’Imperator Vespasiano dopo l’eccidio di<br />

Gerosolima. Così, che la Sibilla facesse vedere per aria a Cesare Augusto<br />

una Vergine con un Bambino in braccio (Grav., loc. cit.); attesochè anche<br />

questo ha dell’improbabile, come siegue a dimostrare il Baronio; perciocché<br />

ai tempi di Augusto veruna delle dieci Sibille era viva; e l’ultima<br />

che fu, cioè la Sibilla Cumana, fu in Roma ai tempi del Re Tarquinio<br />

Superbo, che vale a dire 573 anni prima di Augusto. Comeppure, che tra i<br />

371


idicoli Oracoli dei Gentili, quello di Delfo in Roma, rispondesse ad<br />

Augusto, che da indi in poi non venisse più consultato, perché la Nascita di un<br />

Bambino Ebreo lo aveva obbligato a tacere per sempre (Grav., loc. cit., pag.<br />

141), e che perciò Augusto facesse fabbricar nel Campidoglio un grande<br />

Altare in onor del nato Dio Bambino, con questo motto Ara primogenita<br />

Dei: essendo anche ciò così in dubbio, quanto è certo che verun degli antichi<br />

Padri menzione ne fece mai; e che anche per vari secoli dopo venne pur<br />

consultato dagli Imperatori gentili Romani nel Tempio stesso di Apollo il<br />

Delfico Oracolo. Così, che nella Notte di Natale sorgesse in Roma, una<br />

copiosa fonte di olio (Graves., loc. cit., pag. 142); e che nella mattina fosse<br />

veduto un parelio prodigioso di tre lucidissimi Soli: quando per altro sì<br />

Eusebio Cesariense, che il Baronio, attesta esser ciò avvenuto da circa quarant’anni<br />

prima della Nascita di Gesù Cristo. E così andate voi discorrendo<br />

di quell’essere stato chiuso lungo tempo in Roma il celebre Tempio di<br />

Giano in contrassegno di pace (Grav., loc. cit.); ed in simil guisa di altri o<br />

favolosi o mendicati portenti; dei quali non ha punto bisogno il Figlio di<br />

Dio fatto Uomo per esser come tale riconosciuto.<br />

17. Guardimi il Cielo pertanto di favellar di cose che non meritano attenzione<br />

veruna. Eh, che vi sono i veri e certi Prodigi che il Vangelo ci insegna<br />

e gli Storici tutti concordemente, ad onta dei Nemici di nostra Fede cattolica,<br />

ce li contestano. Primieramente l’avveramento ed adempimento<br />

insieme di tutte le Profezie, che per migliaia di anni prima, erano state<br />

pubblicate intorno la Venuta e la Natività del vero Messia promesso.<br />

18. Notate. Trovandosi vicino a morte il Patriarca Giacobbe, convocati a sé<br />

tutti i dodici Figli suoi, per dar loro con la benedizione paterna gli ultimi<br />

buoni Ricordi, venendo a Giuda suo quarto Figlio, gli profetizza che<br />

nella sua Tribù risiederà lo scettro e la corona Reale; e poi conchiude, che<br />

allora il Popolo Giudaico e la Tribù di Giuda perderà affatto il Regno,<br />

quando verrà il tanto aspettato vero Messia: Non auferetur Sceptrum de<br />

Juda…donec veniat qui mittendus est 35 (Gen. 49, 10). Questa Profezia, da<br />

circa 1800 anni prima della Nascita di Gesù Cristo, fu fatta (Grav., Tomo<br />

35 Non sarà tolto lo scettro da Giuda finchè non venga chi deve essere mandato.<br />

372<br />

2, in Chr. Aetat., 3). Ed invero, ecco che nasce il Salvatore, in tempo<br />

appunto che nel Regno di Giudea non vi era più veruno della Tribù e stirpe<br />

Giudaica, che regnasse; ma bensì vi era uno straniero, di nazione pagana,<br />

qual fu Erode Ascalonita. Così ce ne assicura il Vangelo: Cum natus esset<br />

Jesus in diebus Herodis Regis (Mat. 2, 1). Senza che mai più, per quanto si<br />

aiutassero, potessero gli Ebrei riporre in piedi il loro Regno e lo Scettro<br />

già per sempre perduto. O questi sì sono prodigi veri, infallibili e potenti,<br />

che ad evidenza comprovano essere stato Gesù Cristo il Figlio vero di<br />

Dio, promesso al Mondo e profetizzato da tanti Secoli innanzi.<br />

19. Osservate di più. Profetizza Balaam, da mille e seicento anni prima che,<br />

nella venuta del vero Messia si sarebbe per contrassegno veduta in Cielo<br />

una nuova Stella: Orietur Stella ex Jacob 36 (Num. 24, 17). Ed ecco puntualmente<br />

nella Notte del Santo Natale appare nell’Oriente la nuova<br />

Stella; come ce ne fa indubitata fede San Matteo, Vidimus Stellam eius in<br />

Oriente 37 (Mat. 2, 2). Da circa mille anni prima aveva profetizzato Davide<br />

e poi lo aveva confermato anche Isaia (Psal. 71, 10), che nato in Terra il<br />

Figlio di Dio, sarebbero tosto venuti da lontano alcuni Re Orientali ad<br />

adorarlo e ad offerirgli ricchi Doni (Isaia 60, 7). E già, pochi giorni<br />

dopo nato il Santo Bambino vennero ad ossequiarlo con adorazione e<br />

con donativi i Santi Re Magi: Ecce Magi ab Oriente venerunt (Mat. 2, 1).<br />

Predisse Isaia tra le altre cose, da circa settecento anni prima, che il venturo<br />

Messia, Dio Uomo, avrebbe apportata la pace, come Principe di<br />

Pace (Isaia 9, 6). Ed infatto, appena egli nasce, che molti cori di Angeli,<br />

dopo datone l’annunzio ai Pastori, annunziano al Mondo la Pace, in<br />

Terra pax (Luc. 2, 14); trovandosi allora in pace il Mondo tutto.<br />

20. Ma io tralasciar voglio ogni altro meraviglioso portento. Il massimo tra<br />

i prodigi tutti fu quello dal poc’anzi citato Isaia profetizzato, cioè che<br />

il gran segno, che aver poteva il Mondo della venuta del vero Messia e<br />

che questo Messia era Dio abitante con noi, sarebbe stato, che lo avrebbe<br />

per virtù Divina onnipotente concepito e partorito una purissima<br />

36 Sorgerà una stella da Giacobbe.<br />

37 Abbiamo visto la sua stella in Oriente.<br />

373


Vergine: Ecce Virgo concipiet, et pariet Filium 38 (Isaia 7, 14). Or questo<br />

solo, che a puntino si verificò nella SS.ma Vergine Nostra Signora, con<br />

l’essere stata Madre di un Dio Uomo (Luc. 1, 35), senza punto patire<br />

minimo detrimento l’illibatissima sua Verginità; questo solo, ripeto,<br />

come il massimo tra i prodigi tutti dell’Onnipotenza Divina, bastar può<br />

per comprovar ad evidenza che Gesù Cristo fu il vero ed unico Figlio di<br />

Dio, ed il Messia unico e vero da tanti secoli promesso e per tante<br />

migliaia di anni con sospiri aspettato.<br />

III<br />

21. Fermiamoci qui pertanto, Uditori; non cerchiam’altro. Ma piuttosto<br />

con cuor umile ed affettuoso voltiamoci alla Gran Vergine Madre, congratulandoci<br />

con Lei del sommo singolarissimo e prodigiosissimo<br />

Privilegio avuto della Divina Maternità unita sempre con una Verginità<br />

illibatissima ed incomparabile. O quanta Dignità ha arrecato a Nostra<br />

Signora questo suo Privilegio; al certo una Dignità immensa ed infinita:<br />

e tale, che Iddio con tutta l’Onnipotenza sua, come giustamente<br />

riflette l’Angelico San Tommaso, non può fare una Madre più degna<br />

della sua Madre (S. Th., In I. p., q. 28, art. 2). Aggiungete poi quante<br />

mai immense ricchezze e prerogative singolari le ha ancora apportate.<br />

Immacolata e Santa nella sua Concezione; ma perché? Perché Madre di<br />

Dio. Impeccabile e perfettissima sopra gli Angeli tutti, perché Madre<br />

di Dio. Regina insomma dei Santi tutti, Signora e Padrona del Cielo e<br />

della Terra, perché Madre di Dio. Oh quanto gode Maria SS.ma, che i<br />

suoi divoti si rallegrino seco e le chiedan le Grazie in riverenza della sua<br />

Divina Maternità e Verginità. O quanto le piace, che a nome suo se ne<br />

rendano continue Grazie alla SS.ma Triade.<br />

22. L’esempio di Santa Metilde, a cui disse la Regina del Cielo, che seco si<br />

congratulasse della Maternità Divina e Verginità illibata; e ne ringraziasse<br />

la SS.ma Trinità, ecc. Così fece la Santa con tanto buon’animo e<br />

ne fu largamente ricompensata, ecc. Così pur facciamo anche noi miei<br />

cari Uditori. Via su, ecc.<br />

38 Ecco la Vergine concepirà e partorirà un Figlio.<br />

374<br />

SERMONE X FAMILIARE<br />

Recitato Sabato 28 Gennaio 1758<br />

Il Sermone è articolto in tre parti: nella prima, introdotta da un proemio e sviluppata<br />

nei punti 2-10, don <strong>Marcucci</strong> spiega il privilegio della verginità di Maria,<br />

prima, durante e dopo il parto; nella seconda parte, sviluppata nei punti 11-15, viene<br />

spiegata la maternità divina di Maria; nella terza parte, nei punti 16-17, l’Autore<br />

invita gli ascoltatori a congratularsi con Maria SS.ma per il grandissimo privilegio<br />

della sua perpetua verginità e maternità divina.<br />

Viene poi narrato come esempio il fatto del B. Egidio che, in ricompensa della sua<br />

tenera devozione alla perpetua Verginità ed alla Maternità divina di Maria, fu assistito<br />

contro molte tentazioni e liberò da una fiera tentazione un Teologo domenicano.<br />

Questi vide fiorire un giglio, mentre percuoteva tre volte in terra un bastoncello, ripetendo:<br />

“Virgo ante partum,Virgo in partu e Virgo post partum”.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC, 37, pp. 109-124.<br />

Argomento<br />

Ponendosi in chiarezza maggiore i due singolarissimi Privilegi<br />

di Maria, cioè la sua Verginità perpetua e la sua Maternità di Dio,<br />

si conclude che l’onorar questi due Privilegi<br />

è il più bel modo di acquistarsela benevola Avvocata e Protettrice<br />

Ave Maria, ecc.<br />

1. Allora quando Iddio metter volle la Mano sua Onnipotente alle Opre<br />

sue Divine ad extra e dare l’essere ed il principio a tutte queste cose da<br />

Lui create dal nulla; tuttoché far lo potesse in un solo istante; nulladimeno<br />

mostrar volendo, che l’Onnipotenza sua dalla sua infinita sapienza<br />

non andava, nell’oprare, mai disunita; nel dare perciò a tutte le create<br />

cose l’essere loro e la loro disposizione mirabile, impiegar vi volle sei<br />

giorni.<br />

Nel principio, cioè prima di tutte le altre cose, creò il Cielo, vale a dire<br />

l’Empireo ed insieme gli Angeli tutti; e creò la Terra, voglio dire tutto<br />

questo Universo o sia sensibile Mondo, insieme con i quattro elementi principali,<br />

che lo compongono, cioè Terra, Acqua, Aria e Fuoco (Gen. 1, 1;<br />

Conc. Later., cap. Firmis). Tutto questo ce lo manifestano quelle Divine<br />

375


parole, In principio creavit Deus Coelum, et Terram 39 ; così sempre mai intese<br />

e spiegate comunemente dai Santi Padri e dalla Cattolica Chiesa<br />

(Gen. 1, 1 et ibi Corn. a Lap., Tirin et Menoch.). Così incominciar volle<br />

Iddio il primo Giorno, che corrisponde appunto alla nostra Domenica. Ma<br />

siccome piacque all’infinita sua Sapienza di non dare in quel punto<br />

disposizione ed ornamento all’Universo creato (Gen. 1, 2); quindi è che<br />

la Terra giaceva all’intutto sepolta fra le Acque; e queste occupando uno<br />

spazio vastissimo e quasi immenso, dalla Terra giungevano sino<br />

all’Empireo: e tutto questo grande Abisso di cose ricoperto giaceva di foltissime<br />

Tenebre (Gen. 1, 2); senza che vi fosser né Luce, né Pianeti, né<br />

Stelle; né erbe, né piante; né pesci, né uccelli, né animali, né Uomo.<br />

In siffatta guisa pertanto piacque all’Onnipotente Signore di far rimaner<br />

le cose per qualche tratto di tempo in quel primo Giorno. Sinchè circa<br />

quell’ora, che noi diciam Mezzodì, come raccolgono dal Sacro Testo<br />

alcuni dotti Interpreti, si degnò di creare la Luce; cioè a dire un Corpo<br />

lucido o una lucida nube (Gen. 1, 3; Menochius, ibi v. 9), che girando a<br />

guisa del Sole, bastasse per allora ad illuminare alquanto l’Universo e<br />

formar con la sua presenza il giorno e con la sua lontananza ed assenza la<br />

notte (Gen.1, 3-4). Questa dunque fu tutta l’opra che far volle Iddio nel<br />

primo Giorno, corrispondente, come dissi, alla nostra Domenica.<br />

Proseguendo indi l’opre sue maravigliose, creò nel secondo Giorno il<br />

Firmamento, dividendo la vastissima mole delle Acque (Gen. 1, 7-8); la<br />

metà delle quali facendola restar congelata e cristallizzata sopra il<br />

Firmamento sino all’Empireo; e l’altra metà per allora la lasciò sotto del<br />

Firmamento (Sarnel in Gen. lect. 4). E questo tal Firmamento è appunto<br />

quello, che noi ancor diciamo Cielo e che di un bel vivo colore azzurro<br />

ci comparisce.<br />

Nel terzo Giorno congregò Iddio le Acque insieme a parte e fece i Mari;<br />

e così facendo apparire la Terra arida, creò tutte le erbe, tutti gli Alberi<br />

e tutte le Piante (Gen 1, 9-12).<br />

Nel quarto Giorno creò il Sole, la Luna e le Stelle con tutti i Pianeti.<br />

Nel quinto Dì creò i Pesci e gli Uccelli (Gen. 1, 13-15, ecc.). E final-<br />

39 In principio Dio creò il cielo e la terra.<br />

376<br />

mente nel sesto Giorno, che al nostro Venerdì corrisponde, creò prima<br />

tutti gli Animali terrestri; indi creò l’Uomo, cioè Adamo; da una costola<br />

di cui poi creò Eva, che fu la prima Donna e Madre di tutti i<br />

Viventi (Gen. 1, 20-27, ecc.).<br />

Or in tutte queste grand’Opre così belle e maravigliose, che Iddio nel<br />

giro di giorni sei compir egli volle; non crediate mai, Uditori, che nella<br />

Mente Divina altro allora non si ravvolgesse che il semplice fabbricar il<br />

Cielo, la Terra e tutto l’altro, a cui l’esser pur diede. Eh pensate voi! La<br />

prima grande Opra ineffabile, che Iddio sin da secoli eterni, prevista e<br />

preordinata prima di ogni altra qualunque, ebbe nella sua Divina<br />

Mente; voi pur lo sapete, fu l’Opra Divinissima dell’Incarnazione del<br />

Verbo nel Ventre purissimo di Maria. Cosicché a Gesù Cristo eran dirette,<br />

in simbolo ed in figura, tutte le altre <strong>Opera</strong>zioni Divine; le quali or<br />

in un modo, or in altro; or per una ragione ed or per un’altra; rappresentar<br />

potessero quel tanto, che questo Verbo Divino Umanato avrebbe<br />

avuto o avrebbe fatto o avrebbe patito o con cui sarebbe rimasto glorificato.<br />

E siccome Maria SS.ma, come Madre di Gesù Cristo, fu insieme<br />

col suo Divin Figlio ab eterno prevista e preordinata (ex Suarez); così non<br />

può negarsi, che anch’essa nelle Opre Divine non venisse bene spesso ad<br />

esser figurata sotto mille simboli ed adombrata sotto mille fatti e avvenimenti:<br />

essendo stata anch’essa il grande negozio di tutti i secoli; come<br />

la chiamò con ragione San Bernardo: Negotium omnium Saeculorum (Prov.<br />

8, 27-30, ecc.). Quindi, se tuttociò che la Scrittura Divina ci attesta di<br />

Gesù Signor nostro, che fosse in mille guise figurato nella fabbrica<br />

dell’Universo e che a tutte le cose si trovava presente nella Mente<br />

Divina del suo Divin Padre e che gli serviva di un gran diletto nella<br />

creazione del Tutto: se tuttociò, dico, applicano ancora gli Interpreti<br />

Sacri a Maria SS.ma; voi lo vedete, se quanto grande ne abbiano il<br />

Fondamento. Ah sì, sì, attesta con altri mille Cornelio a Lapide:<br />

Ab inizio Mundi Mariam in variis figuris… Deus delineavit 40 (Corn. a Lap.<br />

in Prov. 8, 23 ecc.). Sì, che la sua Purità e Verginità, segue a dir egli, fu<br />

figurata negli Angeli; la sua Integrità ed illibatezza nei Cieli; la sua<br />

40 Dall’inizio del mondo Dio rappresentò Maria in varie figure.<br />

377


Bellezza nel Sole, nella Luna e nelle Stelle; la pienezza della sua Grazia<br />

nei Mari e nelle Acque; la sua vaghezza nei Fiori e nei Prati; la sua<br />

Divina Fecondità negli Alberi e negli Animali; la sua stabilità e fermezza<br />

nella Terra; il suo Potere e Dominio nell’Uomo: e così le altre sue<br />

eccellenti Prerogative in tante altre cose; in quibus, come conchiude il<br />

dottissimo A Lapide, Deus, delineando prima tantae fabbricae fundamenta,<br />

praeludebat 41 .<br />

Che se tanto gioiva Iddio nell’andar delineando nella Creazione<br />

dell’Universo le Virtù e le Prerogative singolarissime della sua SS.ma<br />

Madre; voglio che anche noi, Uditori, in questa sera siamo un tantino<br />

a parte di questo Divin godimento, per quanto licer può a sì misere<br />

Creature, col rifletter ben bene, non già a tutti i Privilegi di Nostra<br />

Signora (che ciò neppur alle Angeliche Menti possibil fassi); ma a due<br />

soli; voglio dire alla sua perpetua Verginità, ed alla sua Maternità di Dio.<br />

Alcuni sacri Testi del Vangelo di San Matteo, che a certi deboli ed<br />

indemoniati Cervelli parver contrari alle due predette Prerogative<br />

della Regina del Cielo, mi necessitano intorno a ciò raggirare in questa<br />

sera il famigliare discorso. Sarò, dopo sì lungo Proemio, sarò, dissi,<br />

succinto e breve più di quel che pensate. Favoritemi di attenzione.<br />

Ed incomincio.<br />

I<br />

2. Favellando primieramente della perpetua Verginità di Maria, cioè che<br />

essa, come c’insegna la Cattolica Fede, fosse sempre illibatissima Vergine<br />

prima del Parto, Vergine nel Parto e Vergine perpetua dopo il suo Parto<br />

Divino: favellando, dissi, di questo suo primo Privilegio singolarissimo;<br />

certo è, che a dispetto e confusion degli Ebrei e degli empi eresiarchi<br />

Ebione e Cerinto, costa ad evidenza dalle Divine Scritture, che Maria<br />

SS.ma fu primieramente Vergine avanti il Parto e che Gesù Cristo Signor<br />

nostro non fu già concepito per opera di Uomo e nel modo umano; ma<br />

bensì fu concepito nel purissimo Ventre della Vergine per sola Virtù<br />

Onnipotente Divina, attribuita in modo speciale allo Spirito Santo.<br />

41 Nelle quali cose Dio delineando i primi fondamenti di una così grande costruzione<br />

preludeva.<br />

378<br />

Così lo avea profetizzato Isaia: Ecce Virgo concipiet (Isaia 7, 14): e così<br />

necessariamente avvenne; come ce ne fa fede San Matteo: Inventa est in<br />

Utero habens de Spiritu Sancto (Matth. 1, 18); e ce lo contesta a chiare note<br />

San Luca: Spiritus Sanctus superveniet in Te, et Virtus Altissimi obumbravit<br />

tibi 42 (Luc. 1, 35).<br />

3. Oltre a che, ogni ragione e convenienza voleva, che la Generazione del<br />

Figlio di Dio, fatto Uomo per toglier i peccati del Mondo, fosse una<br />

Generazione distinta, che non avesse parte veruna con la concupiscenza<br />

del Mondo (Turlot, Tomo 1, p. 1, c. 4, lect. 2). E poi, siccome il primo<br />

Adamo era stato formato di una terra Vergine per sola virtù di Dio; così<br />

molto più era dovere, come ben riflette Sant’Ireneo, che il secondo<br />

Adamo, cioè Gesù Cristo, formato fosse di un purissimo Sangue<br />

Vergine, per sola Divina Onnipotenza (S. Iren., lib. 3, Cont. Haeris.,<br />

c. 31-33).<br />

4. Invano adunque gli empi Ebioniti e Cerintiani; indarno i perfidi Giudei,<br />

si aiutarono unitamente a dare stiracchiate e bugiarde interpretazioni<br />

alla gran profezia d’Isaia, che abbiam commemorata di sopra (vid. Grav.<br />

Tomo 1, pagg. 17-19). Certamente che essi vennero in ciò a mostrarsi<br />

più empi e più ciechi dello stesso, per altro perverso, Maometto; il quale,<br />

tuttoché con la sua bocca esecranda vomitasse mille bestemmie contro<br />

Gesù Signor nostro; pure confessò apertamente nel suo Alcorano, che<br />

Maria Madre di Gesù fosse Vergine avanti il Parto, e che senza umana operazion<br />

concepisse (vid. Graves. loc. cit., pag. 17).<br />

5. Che se da questa illibata Verginità avanti il Parto che godette Nostra<br />

Signora, alla sua Verginità che ancor ebbe nel Parto far vogliamo passaggio;<br />

al vederla così chiaramente predetta ed enunciata nelle Divine<br />

Scritture (Turlot, loc. cit., pag. 79), e confessata e creduta per infallibile<br />

da tutti i Santi Padri comunemente e da tutto il Cattolico Mondo<br />

(Graves., loc. cit., pagg. 20-21); deh si arrossisca pure l’infame eresiar-<br />

42 Lo Spirito Santo verrà sopra di Te e la virtù dell’Altissimo ti adombrerà.<br />

379


ca Gioviniano ed ogni altro suo maligno seguace, se con quella linguaccia<br />

d’Inferno di temerariamente negarla ardire egli ebbe (S. Amb., S.<br />

Aug., S. Bern., apud Grav., loc. cit., pag. 20). Certo che<br />

quell’Onnipotente Iddio, che nel farsi Uomo, non violò minimamente<br />

il purissimo Claustro Verginale della sua Madre; così neppure lo violò<br />

e l’offese nel nascere. Così lo simboleggiò il misterioso Roveto ardente<br />

senza diminuzione veruna da Mosè osservato (Exod. cap. 3). Così lo profetizzò<br />

Ezechiele: Porta haec clausa erit, et non aperietur 43 (Ez. cap. 44).<br />

Così lo predisse Isaia, dicendo non solo: Ecce Virgo concipiet, ma ancora:<br />

Virgo pariet Filium 44 (Is. cap. 7). Onde nell’Apostolico Simbolo della<br />

Fede, non solo dicesi, Conceptus est de Spiritu Sancto, in pruova che Maria<br />

fu Vergine avanti il Parto; ma si aggiunge subito, Natus ex Maria Virgine,<br />

in attestato che fu Vergine anche nel Parto. In quella guisa appunto, che<br />

Gesù Cristo per Virtù sua Divina uscì nel suo Risorgimento dal<br />

Sepolcro, nonostante che chiuso e sigillato (Catechis. Conc. Trid. in<br />

Symbol); e nel modo che il Sole penetra con i raggi suoi il vetro o il<br />

Cristallo senza offenderlo punto (Grav. pag. 20): così Gesù per virtù sua<br />

Onnipotente, quand’egli nacque, uscì dal Ventre purissimo della sua<br />

Madre, senza di offender punto l’intatta ed illibata sua Verginità; e<br />

senza che la Madre sua purissima ne patisse minimo dolore o detrimento<br />

(Grav., pagg. 25-26). Quindi meritamente San Girolamo, come favole<br />

diaboliche ed esecrande detesta certune novelle ai tempi suoi da<br />

Giovinianisti sparse, che sacrilegamente asserivano, esservi accorse delle<br />

ostetriche assistenti al suddetto Parto Divino di Nostra Signora.<br />

6. Viva dunque Maria SS.ma Vergine nel Parto! Passiam’ora, Uditori, alla<br />

sua perpetua Verginità dopo il Parto (Grav., pag. 21). O contro di questa<br />

sì, si credeva il diabolico eresiarca Elvidio di aver conchiuso gran cosa,<br />

qualora oppose tre Testi del Santo Evangelista Matteo; cioè uno, ove<br />

dice: Antequam convenirent, inventa est in Utero habens de Spiritu Sancto 45<br />

(Mat. 1, 18); l’altro, ove sta scritto: Et non cognoscebat eam, donec peperit<br />

43 Questa porta sarà chiusa e non verrà aperta.<br />

44 La Vergine partorirà un Figlio.<br />

45 Prima che venissero ad abitare insieme fu trovata incinta per opera dello Spirito Santo.<br />

380<br />

Filium suum primogenitum 46 (Mat. 1, 25); il terzo finalmente, ove si legge:<br />

Nonne Mater ejus dicitur Maria, et fratres ejus Jacobus, et Joseph, et Simon, et<br />

Judas; et Sorores ejus, nonne omnes apud nos sunt 47 ? (Mat. 13, 55-56). Onde<br />

a questi sacri Testi dando Elvidio una spiegazione di mille bestemmie<br />

ripiena, vedete, diceva con quella bocca d’Inferno, se lo stesso Vangelo<br />

c’insegna, aver Maria dopo il Parto di Gesù avuti altri Figli e Figlie da<br />

Giuseppe.<br />

7. Ma viva pure il massimo San Girolamo, che dando all’eresiarca perverso<br />

una solenne mentita, confessar ben gli fece la sua somaraggine somma<br />

su del vero e legittimo senso del sacrosanto Vangelo (Grav., pagg.<br />

21-25). E lo stesso fecero in difesa della perpetua Verginità di Maria<br />

dopo il Parto (Turl., pag. 79, Tomo 1) il sempre grande Agostino, San<br />

Basilio, Sant’Ambrogio, Sant’Epifanio, in una parola, tutti i Santi Padri<br />

e la Cattolica Chiesa, che stabilì anche di fede essere stata Maria SS.ma<br />

perpetua Vergine dopo il suo Parto Divino (S. Tho., p. 3, q. 28, art. 3).<br />

8. Il vero e legittimo senso pertanto di quei Testi di San Matteo, è, che ove<br />

dice: Antequam convenirent, ed ove non cognoscebat eam, donec peperit, il<br />

Santo Evangelista parla solo di quel che avvenne prima del Parto di<br />

Maria Vergine, dicendoci ivi San Matteo, che San Giuseppe non ebbe con<br />

Maria SS.ma commercio veruno (Grav., pag. 23). Tutto ciò, e non altro,<br />

importano quelle particelle antequam e donec, come appare in altri sacri<br />

Testi delle Divine Scritture (Tirin in Mat., cap. 1, v. 25). Né da ciò può<br />

dedursi, che dopo il Parto Divino fosse qualche commercio seguito;<br />

com’empiamente bestemmiava Elvidio.<br />

9. Che poi nel Vangelo si chiami Gesù Primogenito della Vergine, ivi la voce<br />

Primogenitus è la stessa che Unigenito ed unico: avendo noi altri esempi<br />

nella Sacra Scrittura di esser così chiamati gli unigeniti (Grav. pag. 24;<br />

Tirin, loc.cit.). Finalmente che nel Vangelo siano nominati i Fratelli e<br />

46 E non la conosceva finchè non partorì il Figlio suo primogenito.<br />

47 Non si chiama forse sua Madre Maria e i suoi fratelli Giacomo e Giuseppe e Simone e<br />

Giuda e le sue sue sorelle non sono tutte presso di noi?<br />

381


le Sorelle di Gesù Cristo, ciò altro non significa, se non che erano Parenti<br />

della stessa Cognazione e Famiglia e discendenza della Vergine: e ciò è<br />

il solito stile delle Divine Scritture. Tanto vero, che nello stesso Vangelo<br />

viene spiegata Maria di Salóme, che era Madre di alcuni di quei chiamati<br />

Fratelli del Redentore (Marc. cap. 15).<br />

10. E poi, chi mai tanto sfacciato ardirebbe di sospettare, che Maria SS.ma,<br />

la quale fu tanto circospetta con l’Angelo nel Divino Annuncio e che confessando<br />

essa stessa che era purissima Vergine, non avrebbe neppur consentito<br />

ad esser Madre di Dio, se avesse avuto a perder l’illibata sua<br />

Verginità: Quomodo fiet istud, quoniam virum non conosco? 48 (Luc. 1, 34).<br />

Avesse poi voluto perderla, per esser Madre di altri Uomini? Eh via, che<br />

oltre all’essere un tal sospetto un mostro di orrenda eresia, sarebbe anche<br />

di una somma ingiuria ed alla gran purità della Vergine ed alla gran<br />

Santità di Giuseppe (Graves., pag. 21); come degnamente riflette<br />

l’Angelico San Tommaso (S. Tho. in 3 p., q. 28, art. 3). Muoia dunque la<br />

perfidia Giudaica e perisca l’empietà di Ebione, di Cerinto, di<br />

Gioviniano, di Elvidio e di ogni altro lor Settatore ignorante e perverso:<br />

e viva in eterno la perpetua Verginità di Nostra Immacolata Signora,<br />

Vergine avanti il Parto, Vergine nel Parto e sempre Vergine dopo il Parto.<br />

II<br />

11. Che se dalla Verginità all’altro singolarissimo Privilegio della Maternità<br />

Divina, che ebbe Maria, dar vogliamo di sol passaggio anche un’occhiata;<br />

al certo, Uditori, se mille encomi meritaron tra gli altri San Girolamo<br />

e Sant’Agostino per aver così bene difesa la prima; elogi infiniti pur<br />

merita San Cirillo Patriarca Alessandrino per aver contra l’empio eresiarca<br />

Nestorio (S. Cirill. lib., De rect Fid., cap. 6), con sommo zelo e<br />

sapere sostenuta l’altra e difesa, cioè che la Vergine veramente e propriamente<br />

era Madre di Dio: come pure per tale la sostennero tutti gli altri Santi<br />

Padri Greci e Latini e la Cattolica Chiesa poi nel Concilio Efesino lo<br />

dichiarò anche di Fede (Grav., pag. 39).<br />

48 Come avverrà questo poiché non conosco uomo?<br />

382<br />

12. Ma notate, Uditori, se che somaraggine ed empietà di quel maligno<br />

Patriarca Costantinopolitano, voglio dire Nestorio. Il Vangelo, diceva<br />

egli, non chiama la Vergine Madre di Dio, ma solo la dice Madre di Gesù.<br />

Oltredichè la Vergine (seguitava l’empio) non generò la Divinità, non<br />

fu già e non potè essere una Dea; come dunque esser potè Theótocos, o<br />

Deípara, o vera Madre di Dio? (Graves., pag. 39). E così pensava l’ignorantissimo<br />

e maligno eresiarca di aver provato molto, col toglier empiamente<br />

alla gran Vergine il suo più glorioso e più giusto titolo di vera<br />

Madre di Dio.<br />

13. O sia pur benedetta la gran Madre di Dio, che imputridir fece e marcir<br />

con mille vermi la Lingua a siffatto Nemico suo bestemmiatore, in<br />

compruova delle esecrande bugie che vomitava (Auriem, pag. 1, car.<br />

195). Imperciocchè vari sono i Luoghi del Vangelo e della Scrittura,<br />

dove espressamente la Vergine vien chiamata Madre di Dio, e il Figlio di<br />

Dio vien chiamato suo vero Figlio. In S. Matteo si attesta verificata in<br />

Maria SS.ma la Profezia di Isaia, ove si dice, che la Vergine sarebbe stata<br />

Madre di Colui, che si chiamava Emmanuele, cioè a dire, Iddio con noi (Matt.<br />

1, 23). In San Luca abbiamo, che l’Angelo stesso disse alla Vergine,<br />

ch’essa era destinata Madre di un Figlio, che era insieme Filius Dei (Luc.<br />

1, 35-43); e Santa Elisabetta la chiamò con il giusto titolo di Madre di<br />

Dio: Mater Domini mei. E per finirla l’Apostolo San Paolo, scrivendo ai<br />

Gálati (Gal. 4), disse chiaramente, che dal Sangue purissimo della<br />

Vergine era stato fatto il Figlio di Dio Umanato, Misit Deus Filium suum,<br />

factum ex muliere 49 . E ciò quanto al Vangelo ed alle Scritture, da cui costa<br />

la Maternità Divina di Nostra Signora.<br />

14. Quanto poi all’altro, convien sapere, che la Chiesa Cattolica crede e<br />

dice, essere stata la Vergine veramente e propriamente Madre di Dio<br />

(Grav., pag. 39), non già perché essa fosse una dea, o generar potesse la<br />

Divinità, o guardici il Cielo da tali favole del Gentilesimo dall’empio<br />

Nestorio sognate. Ma bensì fu vera e propria Madre di Dio, perché fu vera<br />

e propria Madre di Gesù Cristo, ch’era vero Uomo insieme e vero Dio.<br />

49 Dio inviò suo Figlio fatto da donna.<br />

383


Fu Gesù Cristo una sola Persona Divina, come c’insegna la Fede contra<br />

lo stesso Nestorio. Ebbe non di meno due Nature, cioè la Natura Divina<br />

e la Natura Umana, la quale, nello stesso istante che egli fu concepito<br />

nel purissimo Ventre di Maria, unì sostanzialmente ed ipostaticamente alla<br />

sua Divina Persona. Tuttociò pur è dogma di Fede contro il predetto<br />

Nestorio e contra l’altro somarone eresiarca Eutíche contro dei quali si<br />

portò con tanto zelo e sapere nell’anno 451 Lucenzio terzo Vescovo<br />

nostro di Ascoli, allorché a nome di S. Leone I Papa presidette al<br />

Concilio di Calcedonia. Quindi è che, o la Vergine concorresse effettivamente<br />

e fisicamente a questa Unione Ipostatica dell’Umanità col Divin<br />

Verbo (Strugl., Tomo 2, pag. 416), o vi concorresse soltanto istrumentalmente<br />

(giacché vi è questione tra gli stessi Teologi Cattolici): il vero è,<br />

che tale Unione Ipostatica di due Nature fu fatta nel suo puro Ventre,<br />

nel punto che Ella concepì Gesù Cristo (Becan. p. 3, c. 209, q. 6).<br />

Onde avendo essa veramente e propriamente concepito e partorito un<br />

Uomo-Dio; ciò basta, come conchiude San Cirillo Alessandrino, per essere<br />

stata veramente e propriamente Madre di Dio.<br />

15. In quella guisa appunto, come segue a dir San Cirillo, che le altre<br />

Madri, ancorché esse non generino le Anime dei Figli loro, ma i soli<br />

Corpi; pur nondimeno si dicono vere Madri dei loro Figli animati<br />

(Graves. pag. 39). Così eziandio Maria SS.ma non concepisse, né generasse<br />

la Divinità di Gesù Cristo, ma la sola Umanità sacrosanta: nulladimeno<br />

perché questa Umanità nell’istante stesso, che fu generata, fu<br />

unita ipostaticamente e personalmente alla Divinità; talchè ne risultò<br />

quella Persona Divina che fu Dio ed Uomo nel tempo stesso; perciò venne<br />

ad esser la suddetta Vergine vera Madre di Dio; cioè vera e propria<br />

Madre, secondo l’umanità, di quella Persona che era insieme vero Dio e<br />

vero Uomo.<br />

III<br />

16. Siano dunque mille lodi, e mille congratulazioni alla Regina del Cielo,<br />

per aver in sé accoppiati questi due Privilegi così ineffabili e singolari,<br />

che riescono e saranno sempre, di un’eterna gioconda maraviglia a tutto<br />

il Paradiso; cioè a dire di aver con la perpetua Verginità illibata, la<br />

Maternità di Dio ancor unita. Miei cari Uditori, quanto goda la Vergine<br />

384<br />

in veder ossequiati da noi questi due suoi Privilegi; e quanto propensa<br />

e premurosa si mostri in proteggerne gli ossequiosi; siccome ve ne dissi<br />

qualche cosa nel Sabato scorso; perciò per non tediarvi mi astengo qui<br />

dal ripeterlo. Vi basti solo questo esempio, avvenuto in persona del<br />

Beato Egidio, discepolo di S. <strong>Francesco</strong> di Assisi e riferito dal Surio nella<br />

sua Vita (Surio, Tomo 2, Vit. SS., die 23 August.).<br />

17. Qui dunque si narri il fatto del B. Egidio, come per la sua tenera divozione<br />

alla perpetua Verginità ed alla Maternità divina di Maria, fu assistito<br />

contro molte tentazioni e liberò da una fiera tentazione quel<br />

Teologo domenicano, con il percuoter tre volte in Terra un bastoncello e<br />

ad ogni percossa nacque un Giglio, nel mentre che il Santo percuotendo<br />

diceva: Virgo ante partum, e nella seconda percossa: Virgo in partu, e nella<br />

terza: Virgo post partum 50 , ecc.<br />

50 Vergine prima del parto, durante il parto e dopo il parto.<br />

385


SERMONE XI FAMILIARE<br />

Recitato Sabato 4 Febbraio 1758<br />

Il Sermone presenta un proemio ben articolato, ma si interrompe dopo la presentazione<br />

dello schema. L’Autore paragona la nostra ricerca del Paradiso Terrestre a<br />

quella dei Magi che cercano la Grotta di Betlemme. Si propone poi di spiegare chi<br />

fossero i Magi, come videro la Stella, quanto cammino fecero, quali doni portarono<br />

al Santo Bambino ed infine quanto siano a Dio graditi i doni offertigli per le mani<br />

di Maria SS.ma.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 37, pp. 125-127.<br />

Argomento<br />

Dilucidandosi la Venuta e l’offerta dei Santi Re Magi,<br />

di cui favella San Matteo, si conchiude quanto Iddio gradisca i doni,<br />

che gli si danno per le Mani della sua SS.ma Madre<br />

Ave Maria, ecc.<br />

1. Questione molto amena è quella, che verte tra molti Santi Padri e<br />

Scrittori, cioè se il Paradiso Terrestre, ove fu collocato il nostro<br />

Progenitore Adamo, vi sia anche adesso nel Mondo, oppur fosse distrutto<br />

nell’universale diluvio? Checchè altri ne sentano; a me sempre è piaciuta<br />

quella sentenza, che tiene, trovarsi ancor di presente il Paradiso<br />

Terrestre, né essere stato dal diluvio punto guasto e distrutto: e tantopiù<br />

mi muovo a sostenerla, quanto che leggo nella Divina Scrittura, che<br />

dopo esserne stati discacciati i nostri Progenitori, Iddio vi pose in guardia<br />

un cherubino, affinché lo custodisse e non vi lasciasse più entrare<br />

chiunque (Gen. 3, 24): quasi che riporre solo volesse e serbare tale<br />

Luogo, deliziosissimo per altre da Lui prescelte Persone (Pinel.,<br />

Tratt. de al vit. p. 2, cap. 9, dub. 7). Di fatto una tale opinione, non solamente<br />

viene insegnata da S. Giustino Martire, da Sant’Ireneo, da<br />

Sant’Atanasio, da Sant’Agostino e dall’Angelico San Tommaso (S.Tho.<br />

in 3 p., q. 49, art. 5); ma di più son di parere questi gran Santi, che<br />

appunto nel Paradiso Terrestre facesse Iddio trasportare Enòc ed Elia, e<br />

che ivi ora abitino e vivano da Viatori.<br />

Mi direte, Uditori, se dove ed in che parte di Mondo sia o almeno fu,<br />

codesto Paradiso Terrestre deliziosissimo? Due cose di certo risponder vi<br />

386<br />

posso. La prima è, che codesto Paradiso Terrestre fu piantato da Dio a<br />

principio (Gen. 2, 8), come dice la nostra Volgata, cioè a capo<br />

dell’Oriente, ad Orientem, come tradussero i Settanta; e come si tiene<br />

comunemente con l’Angelico San Tommaso (S. Tho. in I p., q. 102, art.<br />

1, ad. 2). L’altra cosa è, che in mezzo a questo Paradiso Terrestre fece<br />

Iddio un copioso fonte di acque; da cui ebbero origine i quattro grossissimi<br />

fiumi, cioè il Fisone o sia il Gange, il Geóne o sia il Nilo, il Tigri<br />

e l’Eufrate (Gen. 2, 10-14).<br />

Dunque, direte voi, chi trovar potesse la bella sorgente di questi quattro<br />

fiumi, ritroverebbe il Paradiso Terrestre? Tant’è, Uditori. Ma a<br />

ritrovarla sta il punto e tutto l’intoppo. Io dir vi posso, che le scaturigini<br />

dei quattro fiumi suddetti sono già state da molto tempo scoperte<br />

(Tirin. in Genes. 2, 8). Il fiume Gange nasce nelle Indie dal Monte<br />

Cáucaso: il Nilo da un Lago del Regno del Congo: il Tigri poi e l’Eufrate<br />

dai Monti di Armenia. Eppure il Paradiso Terrestre, come guardato dal<br />

cherubino, non è stato per anche trovato, né giammai si scoprirà.<br />

Quindi a che i sacri Interpreti tengono col grande Agostino (S. Aug.<br />

lib. 8, de Gen., cap. 7) , aver è vero l’origine i quattro fiumi da quella<br />

copiosa Fonte del Paradiso Terrestre; ma questa Fonte poi, irrigato il<br />

Paradiso, sprofondandosi sotto terra, vada per sotterranei meati e canaletti<br />

ad uscire, dove le sorgenti degli accennati quattro fiumi sono state<br />

scoperte (Tirin in Gen. 2, 8).<br />

A che, a che perder pertanto inutilmente il tempo nell’andar senza frutto<br />

rintracciando quel Paradiso in Terra, che non vuol più Iddio che si<br />

trovi? Un altro bel Paradiso Terrestre, ed infinitamente più vago, più<br />

degno e più eccellente dell’altro, ci propone in questa sera l’evangelista<br />

Matteo (Matt. 2, 1); ed è la santa Grotta di Gesù Bambino in Betlemme.<br />

Or questo Paradiso sì, perché Dio voleva che ritrovato fosse, non solo da<br />

Pastori vicini, ma insino dai più remoti Orientali; fece perciò apparire<br />

in alto una nuova Stella in segno, affin servisse di fedel guida ai Magi,<br />

che tanto bramavano di poter ritrovare questo nuovo Paradiso Terrestre.<br />

Or su di ciò in questa sera discorreremo, vedendo primo, chi erano i Magi,<br />

come videro la Stella, e quanto cammino fecero. Secondo quali doni tributarono<br />

al Santo Bambino. Terzo, dal significato dei doni apprenderemo<br />

quanto siano a Dio grati quei doni che gli si offrono per le Mani di Maria<br />

SS.ma. Favoritemi della solita attenzione: ed incomincio.<br />

387


SERMONE XII FAMILIARE<br />

Recitato Sabato 11 Febbraio 1758<br />

Dall’autografo originale in ASC 37, pp. 139.<br />

Argomento<br />

Spiegandosi la Fuga nell’Egitto, memorata da S. Matteo,<br />

si esalta la sofferenza insieme e prudenza di Maria SS.ma,<br />

e se ne raccomanda l’imitazione<br />

Ave Maria<br />

Ignoto, La fuga in Egitto, olio su tela, sec. XVII, dipinto appartenente all’antica famiglia<br />

<strong>Marcucci</strong>, oggi nel Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />

388<br />

SERMONE XIII FAMILIARE<br />

Recitato Sabato 4 Marzo 1758<br />

Il Sermone è sviluppato in tre parti. Nel proemio l’Autore riflette sulla crudeltà<br />

della natura umana che, dopo Caino, continua a perpetrare delitti nella storia come<br />

la strage degli innocenti narrata dall’Evangelista Matteo (2, 16-18).<br />

Nella prima parte, ai numeri 2-4 viene narrata la strage degli innocenti, avvenuta<br />

un anno dopo circa la Nascita di Gesù, il 28 dicembre.<br />

Nella seconda parte, ai numeri 5-9, l’Autore presenta alcune delle ipotesi più attendibili<br />

riguardo al numero dei bambini uccisi, immagina la crudeltà della stage ed infine<br />

si chiede a quale titolo questi bambini possono considerarsi martiri se non hanno<br />

l’uso di ragione. Conclude con la risposta di san Tommaso il quale afferma che “come<br />

nei bambini il Santo Battesimo conferisce la grazia e l’eterna vita per i meriti di Gesù<br />

Cristo, senza quelli propri; così negli stessi bambini la morte avuta, a riguardo di Gesù<br />

Cristo, è sufficientissima per conceder loro la laurea del glorioso Martirio”.<br />

Nella terza parte, ai numeri 10-16, don <strong>Marcucci</strong> si pone l’ardua questione del<br />

perché Dio possa permette stagi come quella degli innocenti e risponde che attraverso<br />

sua Madre, Maria SS.ma Egli trova il modo di difendere e proteggere gli innocenti e<br />

punire i peccatori.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 37, pp. 153-171.<br />

Argomento<br />

Dilucidandosi la Strage degli Innocenti, di cui ci parla San Matteo,<br />

si viene a dedurre quanto dispiaccia a Maria SS.ma<br />

il perseguitar gli Innocenti<br />

1. Che un Uomo irritato ed eccitato internamente si senta a perseguitare un<br />

Nemico, effetto è della nostra Natura dal peccato scompigliata e corrotta.<br />

Quindi avviene a ciascuno, che a forza di valorose ripressioni continue la raffreniamo,<br />

per dar luogo alla Grazia ed ubbidire a quel Dio, che ad onta della<br />

nostra ripugnante Natura, vuol che amiam i Nemici e che del bene facciamo<br />

a chi ci offese. Ma che poi un Uomo a perseguitare si muova un<br />

Innocente e a lapidare si aiuti chi non mai l’offese; o questo sì che non solo<br />

è trasgredire la santa Legge di Grazia, ma è un correr bestialmente contro<br />

ai dettami della Natura medesima. Eppure, appena, per dir così, agli anni<br />

della discrezione giunge il primogenito di Adamo, voglio dir Caino (Gen.<br />

389


4) che rinunziando qual mostro di crudeltà ad ogni sentimento di umanità,<br />

ad ogni retto dettame della Natura, si empie di sdegno contro il suo<br />

minore fratello Abele; e senza che questi o l’avesse mai irritato, o disgustato;<br />

senza causa, senza ragione, senza motivo, lo assale un giorno e tuttoché<br />

innocente, innocentissimo, non ha ribrezzo di percuoterlo, di straziarlo, di<br />

ucciderlo. Fosse almeno stato l’ultimo mostro di barbarie Caino, giacché<br />

volle l’empio la gloria di esserne stato il primo. O quanti inumani Caini ha<br />

da quando in quando veduti sopra di sè la Terra e tuttogiorno pur vede! Tra<br />

le tante migliaia, uno di Caino ancora più empio ed inumano ci presenta in<br />

questa sera il Santo Evangelista Matteo (Matt. 2, 16-18). Dopo aver’egli<br />

raccontata la fuga, che misteriosamente Gesù Bambino fece con la sua Madre<br />

in Egitto; a narrare si pone la non mai prima sentita crudeltà del Re Erode<br />

Ascalonita; il quale dato sulle furie per non vedere il ritorno a sé dei Re<br />

Magi, stimandosene offeso e deluso, pensò contro ogni legge di Natura sfogar<br />

la sua rabbia, coll’ordinare in tutta la Città di Betlemme e in tutto il<br />

suo Distretto, una barbara persecuzione e strage di tutti i Bambini di età di<br />

due anni in sotto, col pensiero di coglierci tra tante migliaia d’Innocenti<br />

l’Innocentissimo ancora Gesù Bambino. Di tanta empietà erodiana, se il<br />

Vangelo medesimo non ce ne desse sicurezza infallibile, credibil non parrebbe<br />

l’ordine uscito. Or, su di questa crudelissima Strage degli Innocenti sarà<br />

in questa sera, Uditori, il nostro spirituale trattenimento. Vedremo, primo<br />

in che tempo fu eseguita questa barbarie e dove; secondo, quanti Bambini<br />

innocenti restarono martirizzati; terzo qual condegno castigo poi ne ricevette<br />

il crudelissimo Erode. E da qui passando a dimostrar quanto dispiaccia<br />

alla Vergine il perseguitare i suoi divoti, massime se sono innocenti, conchiuderemo,<br />

che tanto è il perseguitare un vero Divoto di Maria, quanto è tirarsi<br />

sopra la terribile sua Indignazione. Diamo principio.<br />

I<br />

2. Seguì, adunque, la strage crudelissima dei Bambini innocenti per ordine<br />

dell’empio Re Erode ed in odio di Gesù Signor nostro, nella città di<br />

Betlemme ed in tutto il vasto suo Distretto: Herodes… ratus…occidit<br />

omnes Pueros qui erant in Bethlehem, et in omnibus finibus eius 51 (Mat. 2, 16);<br />

51 Erode adirato… uccise tutti i fanciulli che erano in Bethlehem e in tutti i suoi territori.<br />

390<br />

seguì tale strage, ripeto, nel Giorno appunto, in cui da Chiesa Santa di<br />

tali Santi Innocenti se ne solennizza il glorioso Martirio; voglio dire, ai<br />

ventiotto di Dicembre, il quarto Giorno dal Santo Natale del Redentore<br />

Divino.<br />

3. Ma piano, sento qui chi mi dice che vi è di una insuperabile antilogia,<br />

di uno inestrigabile intoppo. È certo di Fede che la strage degli<br />

Innocenti seguì dopo la partenza e ritorno dei Santi Re Magi (Mat 2,<br />

1); comeppure dopo la Presentazione del Divino Bambino al Tempio<br />

(Lc 2, 21), anzi dopo la sua misteriosa Fuga in Egitto (Mat 2, 13). Or<br />

la venuta de’ Re Magi avvenne ai sei di Gennaio, la Presentazione al<br />

Tempio, o sia Purificazion della Vergine, successe giorni quaranta dopo<br />

il Santo Natale, cioè ai due di Febbraio; alcuni mesi dopo accadde la Fuga<br />

in Egitto; dicendo alcuni gravi Istorici che avvenisse questa Fuga di<br />

Giugno. Che se dunque, dopo tutto questo furono martirizzati gli<br />

Innocenti, come avrà poi da dirsi che la loro crudelissima strage nel<br />

quarto Giorno di Natale ed ai ventotto di Dicembre seguisse?<br />

4. Non nego esser questa una grande difficoltà; ma non tanta però che inestrigabile<br />

sia! Lo stesso Vangelo la scioglie, qualora ci assicura aver<br />

l’empio Erode ordinato che si uccidessero tutti i Betlemiti Bambini che<br />

si trovavano in età di sotto a due anni: A bimatu et infra (Mat 2, 16). Che<br />

segno è questo? Segno certamente che la Strage suddetta non fosse fatta<br />

nell’anno stesso che nacque Gesù Cristo; ma nell’anno seguente (che<br />

l’ultimo fu ancora dell’empio Erode). Tosto che il Tiranno vide che i<br />

Magi non più tornavano a Lui, com e si era già persuaso; diede, è vero,<br />

in smanie furiose e pensò di vendicarsene barbaramente con il sangue di<br />

tanti Innocenti. Ma bersagliato dagli affari suoi domestici e dalla<br />

costernazione in cui lo avevano posto i Figli ed il Fratello, gli convenne<br />

differire ad altro tempo più opportuno l’esecrando disegno. Quindi<br />

nel venturo anno, sedate alquanto le discordie domestiche, da Giuseppe<br />

ebreo descritte; fec’egli il conto da quel che udito avea dai Magi, secondo<br />

che ne attesta il Vangelo: Secundum tempus, quod exquisierat a Magis 52 ;<br />

52 Secondo il tempo che aveva chiesto ai Magi.<br />

391


e raccogliendo che il Santo nato Bambino aver potea poco più di un<br />

anno; diede con barbarie inaudita l’esecuzione all’ordine già dato dello<br />

sterminio totale di tutti i Betlemiti Bambini di sotto a due anni.<br />

Ed ecco, conciliate le difficoltà insorte, come si verificò la strage avvenuta<br />

ai 28 di Dicembre dell’anno dopo la Nascita del Salvadore.<br />

II<br />

5. E qui, per far passaggio all’altro punto, cioè al numero sorprendente dei<br />

martirizzati Bambini, egli è duopo restiate prima informati che secondo<br />

la relazione di Giuseppe Istorico Ebreo, era la Giudea ed in particolare<br />

la Città di Betlemme con tutto il suo Distretto, popolatissima.<br />

Quindi figuratevela pure quanto mai ripiena di Bambini e Fanciulli<br />

biennali che le vostre idee sempre si appoggeranno al vero.<br />

6. Escono pertanto da Gerusalemme per espresso ordine rigoroso di Erode da<br />

tre in quattro mila Soldati, dei più fieri e dei più scelti nella barbarie; affine<br />

la natural compassione in veder tanto sangue innocente, ed in udir tante<br />

smanie e tanti urli di migliaia di misere e non colpevoli Madri, non avesse<br />

fatta lor mitigare l’inumana ferocia. E giunti all’improvviso sullo spuntare<br />

del giorno, chi entro la Città e chi per li vicini Villaggi; denudate le spade,<br />

impugnati crudelmente i pugnali danno alla strage principio. Urlano e stridono<br />

a tutta possa le infelicissime Madri; ma a nulla serve. Vagiscono e<br />

smaniano i tenerelli Bambini, ma a nulla giova. Si sentono inconsolabili<br />

pianti ed altissime grida di smanie e di duolo in tutta Betlemme e nei suoi<br />

Contorni; come predisse Geremia dal Vangelo stesso citato: Vox in Rama<br />

audita est ploratus, et ululatus multus 53 (Mat. 2, 18); ma di tutto tripudiano<br />

gli empi Carnefici. Quindi per ogni parte, per ogni casa, in ogni angolo, in<br />

ciascun vicolo, tagliando, uccidendo, depezzando; senza perdonare a qualità,<br />

né a numero; ne straziarono dalla mattina alla sera, sinchè ne trovaron<br />

pur uno; piuttosto mancando le vittime al loro furore, di quel che mancasse<br />

l’avidità di strage maggiore al loro sdegno inumano.<br />

53 Una voce fu udita in Rama, pianto e molto lamento.<br />

392<br />

7. Non ci ha voluto ridir San Matteo il numero degli innocenti Bambini<br />

depezzati dalla furia di Erode e sono a persuadermi fosse un dei motivi la<br />

molta tenerezza che ne provava il piissimo Cuore del Santo. Lo risappiamo<br />

bensì dal Menologio dei Greci e dalla Liturgia degli Etiopi che il<br />

numero de’ martirizzati Bambini fosse di quattordicimila (Graves., Tomo<br />

1, De Myst.Christ., pag. 154). Io ben so, parere un tal numero troppo esorbitante<br />

e favoloso al P. Bollando (Tomo 1, Maii., pag. 57): ma in sua buona<br />

pace, a me piuttosto molto scarso egli pare. E sarei per dire, che quei 144<br />

mila Innocenti, che l’Evangelista Giovanni commemora nella sua Apocalisse<br />

e li chiama nel loro Martirio divenuti primititiae Deo et Agno 54 (Apoc. 15,<br />

3-4), cioè le prime vittime a Dio offerte; sarei, dico, per asserire che appunto<br />

compissero il preciso numero dei Santi Bambini in Betlemme ed in<br />

tutto il suo popolato distretto, dall’empio Erode svenati.<br />

8. Ma checché sia di tal numero dei Santi Innocenti, vorrei, ci spiegaste,<br />

odo qui chi mi replica, se con qual fondamento questi Innocenti vengono<br />

e dai Santi Padri e dalla Chiesa medesima chiamati Martiri. Certo è<br />

che Martiri son quei, che conoscendo e confessando Gesù Cristo, per amor suo<br />

danno il Sangue e la Vita. Or essendo stati quei Bambini in età molto<br />

tenera uccisi, assai prima che all’uso di ragione giungessero; come mai<br />

conoscere e confessar potevano Gesù Cristo; e dar volentieri il Sangue<br />

per lui ed esser in conseguenza Martiri veri?<br />

9. Per distrigarsi da tale domanda, vi furono alcuni, al riferir dell’Angelico<br />

S. Tommaso (2. 2 qu. 124, art. 1 ad 1), i quali risposero che per speciale<br />

Divino privilegio fu accelerato a quei Bambini e donato l’uso di<br />

ragione perfetta e del libero arbitrio; ed in conseguenza conobbero<br />

molto bene il Messia vero venuto, lo confessarono e per lui sacrificarono<br />

di buon cuore la Vita e Martiri veri divennero. Ma io, tuttoché ciò<br />

non lo stimi in verun conto impossibile, anzi minimamente improbabile:<br />

nulladimeno, non vedo esservi necessità alcuna di supporre un<br />

miracolo tale, per dichiararli Martiri veri: tanto più, che Santa Chiesa<br />

54 Primizie per Iddio e per l’Agnello.<br />

393


di loro canta che essi non confessarono Gesù Cristo con le parole e con<br />

la voce, ma bensì con la vita e con il sangue: non loquendo, sed moriendo<br />

confessi sunt 55 : che è lo stesso, che dire, che se essi non furono Martiri con<br />

la cognizione e con l’uso della volontà e della ragione; furono bensì veri<br />

Martiri con la Morte avuta in odio di Gesù Cristo e per riguardo suo<br />

ricevuta. Imperciocchè, come conchiude l’Angelico, siccome nei<br />

Bambini il Santo Battesimo conferisce la Grazia e l’eterna vita per li<br />

meriti soli di Gesù Cristo, senza i meriti loro propri; così negli stessi<br />

Bambini la Morte avuta, a riguardo di Gesù Cristo, è sufficientissima<br />

per conceder loro la laurea del glorioso Martirio.<br />

III<br />

10. Ma se passio placuit, come scrisse Tertulliano dei Santi Martiri, actio<br />

displicuit: se così accetta fu e grata al Signore la passione ed il Martirio<br />

dei Santi Innocenti; altrettanto però fu abominevole e di un sommo<br />

dispiacere a Dio l’azione tirannica ed inumana dell’empio Erode persecutore.<br />

Onde non fia maraviglia, se dopo averlo tanto tempo aspettato<br />

ed anche temporalmente prosperato, affine di ottenerne la conversione<br />

e l’emenda (giacché expectat Dominus, ut misereatur 56 , come la Scrittura ci<br />

attesta, et per prospera vocat 57 , come soggiugne S. Gregorio Papa); alla<br />

fine, ostinato vedendolo e sempre più inumano, con un fiero condegno<br />

castigo recider gli volle la vita; facendogli anche di qua pagare quel fio;<br />

che poi con eterni incredibili cruciati pagar dovea nell’Inferno.<br />

11. E uditene il come. Correva del Regno di Erode l’anno trentesimo settimo<br />

e della età sua il settantesimo (Poteva Dio più aspettarlo?). Pochi<br />

mesi già erano dalla crudelissima Strage (ex Sarnel in Br., cap.16).<br />

Eccoti gli sopraggiunge improvviso un gravissimo morbo. Gli si gonfiano<br />

i piedi; gli nasce un bollicume per tutto il corpo. E dandosi un<br />

male con l’altro la mano; gli sopraggiungono con la febbre vari svenimenti<br />

e languori: indi una fiera disperatissima colica: in seguito gli si<br />

55 Confessarono non con parole, ma con la morte.<br />

56 Il Signore aspetta che si penta.<br />

57 E lo chiama attraverso eventi prosperi.<br />

394<br />

incancrenisce il basso ventre, mandane fuora vermi puzzolentissimi.<br />

Smania il disperato e s’imperversa, ma senza vantaggio: tenta di darsi la<br />

morte con un coltello, per finir tante pene; ma non gli riesce il colpo.<br />

Quindi contorcendosi, divincolandosi e dando segni di un anticipato<br />

Inferno ch’egli provava, mandò fuori, a mille stenti, fra un foltissimo<br />

stuolo di orrendi demoni, la scelleratissima Anima. Così l’Innocenza<br />

depressa e straziata seppe alla fine vendicarsi della crudeltà e malizia<br />

cotanto baldanzosa una volta e superba. Che se il Sangue innocente di<br />

un solo Abele (Gen. 4), che gridava tutt’ora vendetta al cospetto di Dio,<br />

contra l’empio Caino, fu di Lui e della sua discendenza il totale sterminio:<br />

pensate, Uditori, quanto mai perorare ed ottenere potesse da Dio,<br />

contro di Erode, il Sangue di tante migliaia di Bambini innocenti?<br />

12. Io ve lo accennai e ve le replico ancora, che tanto è il perseguitare e<br />

tiranneggiare un Innocente, quanto è il tirarsi sopra, o presto, o tardi,<br />

l’indignazione tremenda del Sommo Iddio e della Immacolata sua<br />

Madre. E di questa in particolare or favellando e che credete voi, che la<br />

Vergine, perché talora permette dei molti travagli e persecuzioni ai suoi<br />

Divoti, forse li abbandoni a discrezione dei tiranni Persecutori e non ne<br />

abbia più cura? Eh voi sbagliate all’ingrosso, se così stoltamente pensate.<br />

Non manca, né può mai mancare alla Regina del Cielo potenza e<br />

modo di soccorrere e liberare i suoi divoti, anche dalle tirannie di un<br />

intero mondo; perché è Madre dell’Onnipotente medesimo: Non deest<br />

Mariae potestas, ce lo rammenta Bernardo, quia Mater Onnipotentis est 58 .<br />

E neppur le manca no, né mancar mai le può il buon cuore e la volontà<br />

di aiutarli, perché della Misericordia appunto è Madre: non deest illi<br />

auxiliandi voluntas, segue il mellifluo, quia Mater Misericordiae est 59 .<br />

13. È vero, non lo nego, che essa vedendo talora tra mille bersagli un suo<br />

divoto, par che non si curi di Lui, così renitente si mostra ad esaudirlo.<br />

Ma che vuol dir mai tutto questo? Eccolo. Passio placuit, piace alla<br />

Vergine di veder tra le pene il suo servo, perché tra le pene si umilia,<br />

59 Non manca la potestà di Maria poiché è Madre dell’Onnipotente.<br />

59 Non le manca la volontà di aiutare piochè è Madre di Misericordia.<br />

395


tra le persecuzioni divien più cauto, tra i travagli diventa più diligente<br />

e divoto: passio placuit. Ma che però, actio displicuit 60 : non si glorii no il<br />

tiranno; non si vanti il persecutore; non tripudii il maligno; perché<br />

l’operar suo vien dalla Vergine condannato; ed egli sotto l’indignazione<br />

terribile si trova della gran Madre di Dio: Actio discplicuit; e cave ab ira<br />

Columbae 61 , lo disse pur Salomone. O presto, o tardi, si vedrà di chi sarà<br />

l’aspra vendetta e chi canterà la vittoria; chi ne riporterà il trionfo.<br />

14. Vaglia un breve fatto in comprova, rapportato da Silvano Razzi nel libro<br />

secondo della sua Raccolta (Mirac.18). Perseguitata a morte trovavasi una<br />

pia Donna e molto divota di Nostra Signora. Suo fiero persecutore era un<br />

suo più stretto Parente; il quale non contento di averla intaccata nella fama<br />

con mille calunnie e di averle dilapidata la robba con mille ladronecci; non<br />

si quietò mai, sinchè non risolse di darla in mano della Giustizia con quest’orrido<br />

stratagemma. Ritrovavasi la pazientissima Donna sotto la sua<br />

educazione un figliuolo di un onorato Soldato. Che fece il maligno<br />

Parente? Se ne va di notte tempo; coglie il fanciullo a letto, tutto sopito<br />

nel sonno e barbaramente lo scanna; e poi sen fugge. Alquanto dopo,<br />

accortasi la pia donna dell’orrido caso, né sapendone il come, a gridare si<br />

pone ad alta voce piangendo, convoca il vicinato tutto, chiede aiuto, soccorso.<br />

Ciascuno corre, ciascuno esclama e mille frottole inventa ciascuno.<br />

Accorre il Padre dell’ucciso figliuolo: si dà conto del tutto alla Giustizia:<br />

si chiama la Corte: e la misera innocente Donna, condotta alle carceri; si<br />

esamina alla rinfusa, le si intimano tormenti i più squisiti, se nega; le si<br />

prepara una morte la più obbrobriosa, se convinta ne resti.<br />

15. Misera donna, che farà mai senza veruno che la assista, che la consigli, che<br />

in favor suo perori? Tutti ad una voce la voglion bruciata viva; ed il suo<br />

più stretto Parente persecutore è quello, che più degli altri si sbraccia a<br />

condannarla per degna di cruda morte. Mi direte, Uditori, ma e la gran<br />

Vergine poi non si muove a soccorrer la sua innocente Divota? State zitti.<br />

Sin ora passio placuit. Date tempo e verrà in luce l’actio displicuit.<br />

60 È piaciuta la sofferenza… l’azione è dispiaciuta.<br />

61 Stai attento all’ira della colomba.<br />

396<br />

16. Di fatto, eccoti all’improvviso, sul più bello che dal Giudice si esaminava<br />

in pubblico la misera supposta Rea, si affaccia in Tribunale una veneranda<br />

Madrona con un bellissimo Pargoletto in braccio. Olà, dice con voce imperiosa<br />

al Giudice, olà, è dovere che giustizia retta si faccia a questa povera<br />

Donna. Per scoprir quanto sia rea, si porti qui presente l’ucciso fanciullo.<br />

Ed indi da questo mio Bambino che porto in braccio si farà l’esame e si<br />

scoprirà la verità del fatto. Tutti a tali voci attoniti restando, ecco ordina il<br />

Giudice il trasporto dell’ucciso fanciullo al Tribunale. Ed ivi portato tra la<br />

folla di molta gente concorsa; quel Bambino che stava tra le braccia della<br />

veneranda Madrona, chiama a nome il morto fanciullo; e questo con stupor<br />

di tutti vivo risorge e risponde. Indi ricevendo altro comando, che<br />

trovi il suo Uccisore; eccolo là, rispose, accennando col dito verso quell’empio<br />

Persecutore della pia donna, il quale allo spettacolo era anch’egli accorso<br />

per goderne il buon’esito. Ciò avvenuto, disparve la veneranda Madrona<br />

col suo Figliuolo in braccio; che fu Maria SS.ma. Il Giudice fece tosto<br />

prendere il vero Uccisore e fattolo legare alla coda di un cavallo, così fatto<br />

fu strascinare, sinchè così stentatamente morisse. L’innocente Donna poi<br />

non solo fu libera; ma di più cresciuta in tanto credito, fu ben provveduta<br />

di Beni ancor temporali, sinchè fu viva. Il Fanciullo risorto, fu restituito ai<br />

Parenti con indicibile gioia e contento. Così appunto la Vergine sa difendere<br />

i suoi divoti, protegger sa gli Innocenti e verso poi i Persecutori piover<br />

sa i condegni castighi del suo terribile sdegno.<br />

397


SERMONCINO<br />

Sabato 31 Aprile 1764<br />

Il sermoncino è sviluppato in due parti, ciascuna di sei punti. l’Autore, come al<br />

solito, prepara le sue ascoltarici, “Madri e Signore gentilissime”, all’ascolto con<br />

appropriati esempi.<br />

Al tempo della dominazione Assira, fu una grande sorpresa per il Popolo eletto<br />

poter usufruire dell’intervento della profetessa Debora e della coraggiosa Giaele.<br />

A maggior ragione il soccorso, il patrocinio, il rifugio di Maria Immacolata è sicuro<br />

e pronto senza neppure chiederlo.<br />

Solitamente, nota don <strong>Marcucci</strong>, Dio ci concede le grazie che gli chiediamo, eppure ce<br />

ne sono altre, doni gratuiti della sua amorevolezza, che non possiamo meritare. Viene portato<br />

come esempio la scala misteriosa che Giacobbe vede in sogno come àncora di salvezza.<br />

Ciò sta a dire che l’infinita provvidenza di Dio e la benignità di Maria operano anche<br />

verso le anime assonnate, pigre, peccatrici, immeritevoli.<br />

Come Gioacobbe costruì un altare di pietra nel luogo dove ricevette il sogno, così<br />

l’Autore invita le sue ascoltatrici a costruire a Maria un altare, sia pure con cuori di<br />

pietra e, come segno di gratitudine a donarglieli in perpetuo, perché sia nostro rifugio<br />

anche al momento della morte.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp 41-48.<br />

Maria SS.ma è un Rifugio sicuro senza chiederlo<br />

e pronto senz’aspettarlo<br />

1. Una delle avventure più felici per chi vive in grave bisogno, è senza<br />

fallo, Madri e Signore mie gentilissime, il trovar sicuro il soccorso<br />

senza dimandarlo e pronto ancora senza aspettarlo. Non mai forse più<br />

fortunati si stimaron gli Israeliti al tempo dei Giudici, che qualora<br />

trovandosi per tanti anni oppressi dalla tirannia di Jabin re Cananeo,<br />

e di Sisara di lui capitano, videro all’improvviso alzarsi tra loro una<br />

Debora profetessa ed una Giaele coraggiosa, destinate da Dio a liberarli<br />

da tante barbarie ed a conquidere ed estirpare i crudeli insuperbiti<br />

nemici. Ed oh, esclamarono tosto, donde mai sì opportuno rimedio<br />

a nostri mali? Donde sì sospirato soccorso ai nostri bisogni?<br />

Donde sì possente Rifugio in sì calamitose disgrazie? Noi pur felici,<br />

e pur troppo avventurati! Una, non dico simigliante, ma assai mag-<br />

398<br />

giore fortuna è la nostra, Ascoltatrici mie riverite, se riflettiamo<br />

all’impareggiabil clemenza e premurosa sollecitudine, che ha rispetto<br />

a noi, quella gran Donna Reale e possente Signora, che si è degnato<br />

darci l’Altissimo per nostra Madre e Avvocata. Già m’intendete di<br />

chi io favelli, dir voglio, di Maria Immacolata. Il suo soccorso, il suo<br />

Patrocinio, il suo Rifugio è sicuro senz’ancor chiederlo, e pronto senz’ancora<br />

aspettarlo. Arduo a prima occhiata vi parrà il mio assunto, non lo<br />

nego. Ma se la vostra gentilezza favorirà di ascoltarne attentamente le<br />

prove, confido ne riuscirò con onore. Diamone di grazia un saggio.<br />

Ecco incomincio.<br />

2. Benché le preghiere siano gli ordinari mezzi per ottenere le grazie, pure<br />

vi son certe grazie che da Dio clementissimo si dispensano senza preghiere<br />

e senza meriti precedenti. Quel che è puro dono gratuito e che<br />

unicamente dipende dalla mera liberalità della misericordia divina, non<br />

può mai cadere sotto il merito nostro, come per esempio è il perdono,<br />

la grazia di Dio, la perseveranza, la santa morte. Queste però, se non<br />

cadono sotto il merito, perché non vi è chi possa mai meritarle; cadono<br />

bensì sotto delle orazioni e preghiere, perché vuole Iddio, che si dimandino<br />

e suol’egli concederle a chi con umiltà e fiducia incessantemente<br />

le chiede.<br />

3. Vi son però delle altre grazie, che prevengono non solo i meriti, ma<br />

le preghiere medesime; atteso che il gran Dator di ogni bene si<br />

degna accordarle di sua pura amorevolezza e cortesia, senza esserne<br />

richiesto. Così è avvenuto l’essere state noi da Dio create e redente;<br />

l’esser nate in grembo della cattolica Chiesa; l’esser nudrite con<br />

santi sagramenti per sola bontà divina istituiti; e così dicasi di tutti<br />

quei lumi ed aiuti celesti, che prevenendoci ci eccitano e ci risvegliano<br />

al bene.<br />

4. Ciò presupposto, mirate, mie buone Madri, come il soccorso e rifugio<br />

di Maria è per noi un rifugio sicuro senz’anche chiederlo; e cade sotto la<br />

categoria di quelle grazie, che sono state da Dio dispensate senza precedente<br />

preghiera. È certo, che allora noi e tutta la cattolica Chiesa avemmo<br />

la Gran Vergine per nostro rifugio, quando ci fu essa destinata per<br />

399


Madre. Questo è un sentimento comune di tutti i fedeli. Ed allora ci fu<br />

destinata per Madre, quando il suo Divin Figlio sulla croce, prima che<br />

egli spirasse per noi, avendo di noi pietà, si degnò dichiararla per tale.<br />

Abbiamo il Vangelo per testimonio.<br />

5. Or mi sapreste voi dire, se chi mai allora dei mortali ne supplicasse il<br />

Figlio, o la Madre di tanto dono? Pensate pur quanto volete, nol troverete<br />

di certo. Rinverrete bensì, che il mondo allora sul colmo delle sue<br />

indegnità si trovava; talché fece orrore al sole stesso, che si coprì per non<br />

vedere l’esecrando sacrilego deicidio, che stavano gli uomini allor commettendo,<br />

col dare una morte crudele al suo Creatore e trafigger di<br />

acuti dolori la di lui Genitrice. Eppure allora sì, allora per l’appunto e<br />

il Divin Figlio decreta che la Vergine ci sia Madre e questa gradisce e<br />

accetta l’uffizio col pigliarci per figli. O amore liberalissimo di Gesù!<br />

O liberalità amorosissina di Maria! Madre, dunque Ella ci fu senza esser<br />

da noi supplicata; ed in conseguenza rifugio di noi miseri si dichiarò<br />

senza neppur esser richiesta.<br />

6. Questo è un titolo sempiterno, credetemi pure, Signore mie, di cui<br />

Maria SS.ma non può perderne la memoria; ed è un impiego, del quale<br />

non può certamente spogliarsi. Egli è sicuro, sicurissimo. Che se la sua<br />

amorevol bontà glielo fece accettare, senza esser pregata; argomentate<br />

ora voi, se come la sua connaturale clemenza glielo farà esercitare, qualor<br />

richiesta ne venga e supplicata.<br />

II<br />

7. Felice pur dunque potrà chiamarsi quell’anima, che raffidata su questo<br />

sicuro rifugio, ne sta con viva fede aspettando i suoi pronti e mirabili<br />

effetti. Ma che dissi aspettando? Io vi proposi, che un tal sicuro rifugio<br />

è anche pronto senza aspettarlo. Soddisfo all’impegno. Non vi è chi non<br />

veneri Maria per suo gran rifugio, perché non vi è chi non speri di sperimentarlo,<br />

non vi è chi non lo aspetti. Tutti aspettiamo dalla sua misericordia<br />

la protezione e la difesa. Sin qui va bene, anch’io lo confesso;<br />

ma dubito molto, che non bene intendiamo il mirabile del patrocinio<br />

della gran Regina del cielo. Imperciocchè il suo maraviglioso non è già<br />

l’esser da noi aspettato; ma bensì il non essere aspettato.<br />

400<br />

8. Un dono può essere e non essere aspettato. Deve aspettarlo la fiducia,<br />

perché a questa si concede. Non deve aspettarlo la giustizia, attesochè<br />

questa non merita. Esser Maria Avvocata e Rifugio con chi merita il suo<br />

soccorso, è certamente una misericordia molto bene aspettata. Ma divenirlo<br />

con chi demerita a tutta possa i suoi favori, è una clemenza non<br />

giustamente aspettata. Per la qual cosa, se Maria usa tutto giorno pietà<br />

con i peccatori e di questi ne diviene rifugio, voi lo vedete, Ascoltatrici,<br />

che il grande, il portentoso del suo patrocinio non sta nell’essere, ma<br />

bensì nel non essere aspettato.<br />

9. Osservate se è così. Il Patriarca Giacobbe, allorché giovinetto fuggendo<br />

lo sdegno di Esaù infuriato fratello, se ne andava ramingo per le campagne<br />

di Canaan verso Mesopotania, si addormentò tutto stanco sul<br />

delizioso Monte di Betel. Ed eccoti sul più profondo del sonno gli<br />

mostra Iddio in visione una scala lunghissima misteriosa, che da terra<br />

poggiando sul cielo, reggeva numerosi Angeli, chi in atto di scendere,<br />

e chi di salire. Il più bello però fu, che a capo della scala vide starsene<br />

appoggiato Iddio stesso; che così gli diceva: Dormi pur riposato, mio<br />

prediletto; non temere i furori di tuo fratello; va pure in Mesopotamia<br />

contento, che io sarò il tuo protettore e custode: Ero custos tuus 62 ; e qui<br />

ti ricondurrò sano e salvo: Et reducam te in terram tuam 63 .<br />

10. Destasi tutto meravigliato e intenerito Giacobbe, o divina bontà, esclama<br />

con le lagrime agli occhi, o misericordia infinita di Dio! Tu sei ora meco,<br />

ed io punto non ci pensava. Mi offri il tuo gran patrocinio, senza che io<br />

lo aspettassi con tal sicurezza! Quindi in attestato di gratitudine, in riconoscimento<br />

di così gran beneficio, aduna alla meglio che può delle pietre<br />

e vi erge un altare a perpetua memoria e riconoscenza: Tulit lapidem, erexit<br />

titulum 64 . Trovatosi Giacobbe addormentato, non pensava allora, né<br />

aspettava il Patrocinio Divino. E questo fu che maggiormente lo spinse a<br />

mostrarsi grato ad un sì liberale e cortese benefattore, che senza essere<br />

richiesto ed aspettato gli fa sperimentare le sue care amorose finezze.<br />

62 Sarò il tuo custode.<br />

63 E ti ricondurrò nella tua terra.<br />

64 Portò una pietra, eresse un monumento.<br />

401


11. Già siamo, Signore riverite, al nostro caso. La scala misteriosa di<br />

Giacobbe, che fosse figura di Maria SS.ma, ce ne assicurano tutti i<br />

Padri. Gli Angeli furono simboli dei favori continui, che per tale<br />

mezzo ci colmano il cuore. Era la scala ferma in terra, e vale a dire,<br />

sopra di noi che quaggiù viviamo. Poggiava tutta volta in cielo ed<br />

aveva Iddio a capo; appunto, perché di lassù dalla divina clemenza<br />

una tale scala ci è data per salire a salvamento. Il più mirabile però,<br />

il più grande, il più portentoso si è, che ci vien donata tal mistica<br />

scala, qualora addormentati e spensierati noi siamo. O infinita provvidenza<br />

amorosa di Dio, o singolar benignità di Maria, che anche<br />

verso di anime assonnate, tepide, pigre, peccatrici, immeritevoli,<br />

offre il soccorso, il patrocinio, il sicuro rifugio! Tanto è vero,<br />

che questo rifugio è sicuro anche senza richiederlo, è pronto anche senz’aspettarlo.<br />

12. Deh s’è così, che facciam dunque noi, mie divotissime Madri, per<br />

corrispondere a tanto amor di Maria? Giacobbe eresse per gratitudine<br />

un altare di pietra, per denotare la fermezza e stabilità del cuor<br />

suo, tutto a Dio consacrato. E noi, facciam lo stesso a Maria. Se i<br />

nostri cuori fossero ancor di pietra, di questi ancora si ha da formare<br />

un altare in ossequio di Maria. Un amor così cortese e liberale, com’è<br />

il suo, in offrirci il suo aiuto, anche quando men noi lo meritiamo;<br />

in farsi nostro rifugio, anche in tempo di nostra insoffribile sonnolenza;<br />

si merita pure la nostra gratitudine, si merita pure i nostri cuori.<br />

Ah sì, sì, Vergine amorosissima, caro rifugio mio, ecco qui ai vostri<br />

piedi queste vostre serve e figlie. Dite su, che volete da noi? Volete i<br />

cuori? Eccoli tutti in perpetuo nelle vostre mani. E giacché vi siete<br />

degnata di farvi nostro rifugio senza esser pregata, ed aspettata;<br />

degnatevi maggiormente ad esserci tale in vita e in morte, ora che<br />

con tutto il cuore caldamente ve ne preghiamo e con grande fiducia<br />

lo aspettiamo. Amen.<br />

402<br />

SERMONE<br />

Recitato nella Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Intervineas<br />

nel Martedì sera del 4 Aprile 1769<br />

Il Sermone viene recitato nella Chiesa di Santa Maria Inter Vineas, parrocchia<br />

di don <strong>Marcucci</strong> 65 . Nel proemio egli si chiede perchè la Regina del cielo volle che questa<br />

Chiesa fosse a lei intitolata con l’appellattivo di “tra le Vigne” e perché nell’anniversario<br />

del giro della sua immagine miracolosa, la prima sosta sia in questa<br />

Chiesa. Alla prima domanda risponde rifacendosi a fonti storiche sicure; mentre alla<br />

seconda, in mancanza di queste, risponde con una sua ipotesi.<br />

L’appellativo di Santa Maria tra le vigne deriva da una sacra effigie di nostra<br />

Signora, in tavola, rinvenuta appunto tra le vigne della zona di Parignano; ciò avvenne<br />

nell’anno 488, mentre era vescovo di Ascoli San Quinziano, il quale la trasportò<br />

nel luogo dove fu fatta costruire, in suo onore, la chiesa di Sancta Maria Inter Vineas.<br />

Riguardo alla seconda domanda don <strong>Marcucci</strong> dà questa interpretazione: siccome<br />

le vigne richiedono una continua custodia; “perciò la benignissima Vergine col farsi<br />

trovare tra le vigne e fermare la sua prima stazione tra le vigne, ci voleva indicare<br />

che essa per sua sola bontà si dichiarava speciale custode di questa Chiesa e parrocchia<br />

e di tutti coloro che qui tra le vigne si portano a venerarla”.<br />

Nella prima parte, ai numeri 2-5 l’Autore dimostra con quanta premura e prontezza<br />

Maria ha cura di noi e lo fa rifacendosi all’immagine delle vigne riportata nei<br />

brani scritturali del Cantico dei Cantici, nei Profeti e nel Vangelo stesso. I Padri<br />

della Chiesa, infatti, hanno applicato il passo del Cantico dei Cantici al capitolo 3,<br />

versetto 1, alla tenera cura e singolare custodia che la beata Vergine ha di noi per<br />

volere della SS.ma Trinità.<br />

Nella seconda parte, ai numeri 6-9, l’Autore spiega la “prontezza” di Maria nel<br />

custodirci e se a volte dovesse tardare a risponderci, ciò è per il nostro bene; tuttavia<br />

nella sua materna bontà, Ella previene anche le nostre richieste.<br />

Nella terza parte, ai numeri 10-15, don <strong>Marcucci</strong> spiega in che modo la protezione<br />

di Maria è costante e durevole nei nostri confronti. Occorre dunque contraccambiare<br />

la sicurezza con cui Ella ci custodisce e protegge con la sincerità; la sua prontezza<br />

e diligenza con la nostra costante fedeltà nel servirla.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 205-220.<br />

65 Cf. MARIA PAOLA GIOBBI in Il Palazzo <strong>Marcucci</strong> ad Ascoli Piceno, cit., pp. 26; 62-64.<br />

403


Argomento<br />

La Custodia e la Protezione di Maria è sicura, pronta e durevole<br />

a favore di chi le vive ossequioso tra le sue mistiche vigne<br />

1. Non si poteva certamente, o Signori, combinar meglio la circostanza<br />

del luogo e del tempo in mio vantaggio, quanto che questa volta in cui<br />

mi si presenta l’onore di favellarvi delle glorie di Maria; attesochè assai<br />

proprio ed opportuno lo ritrovo per comunicarvi un dubbio, che lungamente<br />

mi ha tenuto cogitabondo e per conseguenza bramoso di soggettarlo<br />

al saggio vostro esame e discernimento. Perché mai (andavo meco<br />

cercando), perché mai si volle la gran Regina del cielo in questa sua<br />

Chiesa intitolar tra le Vigne? Sancta Maria Inter Vineas? 66 Perché mai<br />

nell’anniversario del giro della Immagine sua miracolosa si degna di far<br />

sempre qui tra le nostre vigne la prima sua stazione e dimora? Lo so<br />

anch’io (seguitavo a dir meco stesso), lo so dalla Storia Ascolana, come<br />

sulla fine del secolo V dell’era<br />

comune e propriamente nel 488,<br />

in tempo del nostro quinto<br />

Vescovo San Quinziano, venne<br />

scoperta tra le antiche vigne di<br />

Parignano fuor delle nostre<br />

mura, sopra del Tronto, la sacra<br />

Effigie in tavola di Nostra<br />

Signora, intitolata perciò sin da<br />

allora Sancta Maria Inter Vineas.<br />

Mi è noto inoltre, come tantotosto<br />

con processione solenne San<br />

Quinziano predetto la trasferì in<br />

questo luogo ove ora siamo ed<br />

indi dalla pietà dei nostri antenati<br />

fabbricata ci fu questa anti-<br />

chissima Chiesa (che ben conta<br />

dodici secoli e mezzo), ed eretta<br />

66 Santa Maria tra le vigne.<br />

404<br />

Facciata e campanile della Chiesa di Santa<br />

Maria Inter Vineas di Ascoli Piceno, sec. XIII.<br />

una Collegiata insigne; ridotta poi nei secoli bassi ad una illustre<br />

Pievania con il titolo sempre costante di Sancta Maria Inter Vineas, conforme<br />

sino ad oggi la abbiamo. Or siccome (io soggiungeva), or siccome<br />

l’oprare a caso, per essere un effetto di precedente ignoranza, non si<br />

può in conto veruno nella Gran Madre di Dio immaginare; così per<br />

indispensabile deduzione assegnar conviene in Maria qualche altro<br />

recondito fine da Lei ideato e voluto nel farsi ritrovar tra le vigne, intitolar<br />

tra le vigne e nell’annuo suo solenne giro far sempre qui tra le<br />

vigne la prima sua stazione e dimora. Ma qual mai sarà questo fine di<br />

Maria ideato e voluto? Ecco il forte dubbio, o Signori, che io bramava<br />

proporvi. Semmai per altro anziosi vi ritrovaste ascoltar prima il debole<br />

mio sentimento, sono a servirvi. Direi pertanto, che siccome le vigne<br />

richiedon di lor natura una continua custodia; talché tanto sia piantare<br />

e coltivare una vigna, quanto obbligarsele in perpetuo custode; perciò<br />

la benignissima Vergine col farsi trovar tra le vigne, intitolar tra le<br />

vigne e fermar la prima sua stazione tra le vigne, indicar ci volesse, che<br />

essa per sua sola bontà si dichiarava speciale custode di questa Chiesa e<br />

Parrocchia e di tutti coloro, che qui tra le vigne si portano a venerarla:<br />

onde riputar per noi dovessimo la sua custodia e protezione come sicura,<br />

come pronta, come durevole. Seppur gradite, che io ve ne abbozzi<br />

qualche ragione, favorite di alquanto pazientarmi ed incomincio.<br />

I<br />

2. Da due capi principalmente può chicchesia dedurre la sicurezza di aver<br />

quel che brama, cioè e dalla ferma irrefragabil parola di chi promette e<br />

dall’ufficio di lui, ogni qualunque volta seco abbia inseparabilmente<br />

annesso quel che promette. Stia pur certa e sicura Bersabea di veder sul<br />

trono d’Israele Salomone suo figlio, perciocché la ferma parola data dal<br />

santo vecchio Davide ed il suo indispensabile ufficio di destinare per il<br />

regno un saggio suo successore, farà senz’altro che Salomone impugni<br />

lo scettro reale, conforme accadde.<br />

3. Egli è dunque ben da riflettere, Signori miei, se mai per buona sorte si<br />

trovi in favor nostro imparolata la Regina del cielo e se l’ufficio che<br />

riguardo a noi intraprese, ci possa render sicuri e certi della sua special<br />

protezione e custodia. A me sembra senz’altro di sì e lo deduco princi-<br />

405


palmente dall’essersi, non a caso, ma con alto fine e mistero, fatta trovar<br />

Maria tra le nostre Vigne, intitolar tra le Vigne e qui tra queste nostre<br />

Vigne dall’aver sempre prescelta la prima sua stazione nell’annuale suo<br />

giro. Noi ben sappiamo l’amorosa sollecitudine che tante e poi tante<br />

volte si è degnata la provvidenza divina di mostrare verso le anime nostre<br />

sotto la vaga allegoria delle Vigne e nei Cantici e nei Profeti e nel sacrosanto<br />

Vangelo. Che altro dunque importa l’aver Iddio collocata<br />

l’Immacolata sua Madre con tante particolarità fra queste nostre Vigne,<br />

se non averla con singolari finezze dichiarata nostra custode ed averle<br />

addossato un ufficio che dalla premurosa custodia di noi è inseparabile.<br />

E ciò parrà forse a voi che non basti per rendercene fondatamente sicuri?<br />

4. Tralasciam se è così le semplici, tuttoché ragionevoli congetture e<br />

veniamo a quel che di se stessa precisamente ha di sua bocca confessato<br />

la medesima Vergine per più assicurarci. Tra i veri mistici sensi, dallo<br />

Spirito Santo intesi nei Sacri Cantici, entra ancor propriamente Maria,<br />

per sentimento comune della Chiesa e dei Padri. Si fa pertanto la<br />

Vergine a manifestarci tutta graziosa il racconto del ritrovarsi dalle tre<br />

Divine Persone destinata Custode delle Vigne: Posuerunt me custodem in<br />

Vineis 67 (Cant. 1, 6). Ne commette al suo servo Ruperto di ogni recondita<br />

allegoria una spiegazione più chiara: Deus plurimas Vineas idest<br />

Animas custodiendas Virgini est elargitus 68 . Segue indi ad impegnare la sua<br />

fede soggiungendo: E giacché fu in piacer dell’Altissimo collocarmi tra<br />

le Vigne alla loro custodia, giuro e prometto ogni mia più tenera e sollecita<br />

vigilanza in custodirle e proteggerle, senza perdere mai di vista e<br />

di premura:Vinea mea coram me est 69 (Cant. 8, 12). Su di che, fatto pien<br />

di stupore Onorio prete Augustodunese, O mistiche Vigne fortunate,<br />

esclama, anime pur felici alla cura di Maria commesse: teneram ipsa Virgo<br />

Beata de vobis curam habet ac singularem custodiam 70 .<br />

67 Mi posero custode nelle vigne.<br />

68 Dio concesse alla Vergine di custodire più vigne cioè anime.<br />

69 La mia vigna è davanti a me.<br />

70 La stessa Vergine beata ha tenera cura e singolare custodia di voi.<br />

406<br />

5. Non così certamente affettuoso e sollecito giardiniere nell’andar del continuo<br />

ed a minuto i fiori, gli erbaggi e le piante in su e in giù osservando<br />

del suo giardino, si porta or ad innaffiar con gentilezza le più aride e<br />

bisognose, or a troncar con man delicata i tralci superflui, or con arte a<br />

sveller le erbe nocive ed or contro degli animali o dei landroncelli a<br />

vegliare si pone. Non così certamente, come e molto più farò io, dice la<br />

Vergine, in riguardo a voi mistiche figlie mie predilette, a me affidate,<br />

alla mia special custodia commesse. Giacchè posuerunt me costodem in vineis,<br />

giacchè piacque alla devotissima Triade che io tra le vostre vigne mi trovassi,<br />

tra le vigne m’intitolasse, tra le vigne ancor mi fermassi, siatene<br />

pur certi, vivetene pur sicuri della mia speciale protezione e custodia:<br />

vinea mea coram me est, sì, sì, coram me est e tanto vi basti. Miei cari Uditori,<br />

siccome delle parole di Maria non vi è che dubitare, così alle parole di<br />

Maria non vi è che aggiungere, se non che rammentarvi, di esser riguardo<br />

a noi, non solamente sicura la sua custodia, ma ancor ben pronta.<br />

II<br />

6. La prontezza nel dispensar benefici non può, a mio debol giudizio, darsi<br />

meglio a dimostrare che quando conosciutosi di qualcuno il bisogno,<br />

venga non pur sollecitamente, ma inaspettatamente ancora beneficato,<br />

voglio dire, senza che preventivamente con replicate istanze lo richieda<br />

il bisognoso, anziché no, senza che, minimamente lo aspetti. O allora<br />

sì, che la prontezza, non solamente è reale, ma racchiude un nonsochè<br />

dell’eroico e del divino. Se ne stia pur tutto tranquillo fra duri ceppi<br />

imprigionato in Egitto il casto ed innocente Giuseppe, che vi è in cielo<br />

chi ha custodia premurosa di lui. Vedrà quando meno se lo crede, se di<br />

qual nobile tempra sia quella prontezza con cui verrà dalla carcere liberato.<br />

Sia dimentico pure di lui il coppiere di Faraone, che poco importa.<br />

Giungerà tempo che all’inaspettata moverà l’Altissimo il cuore di<br />

quel monarca ad aprirgli le porte; conforme accadde: Ad Regis imperium<br />

eductus de carcere Joseph 71 . Ecco in trionfo il bel carattere di una pronta<br />

custodia senza l’affannosa molestia o di replicatamente richiederla o di<br />

lungamente aspettarla.<br />

71 Giuseppe condotto dal carcere all’impero del Re.<br />

407


7. Or io non nego, o Signori, che benespesso per nostro virtuoso esercizio e<br />

per maggior nostro vantaggio, non soglia Iddio e la sua Divinissima<br />

Madre, farci, dirò così, sospirar certe grazie e meritarle con suppliche ben<br />

lunghe e replicate. Dir voglio soltanto che qualora la Vergine con tanta<br />

parzialità di affetto si è degnata di assicurarci della sua special protezione<br />

e custodia, ci dà in mano tutto il fondamento ancor di credere, che<br />

ella in certi nostri più urgenti e più particolari bisogni si mostrerà così<br />

pronta e sollecita in custodirci e soccorrerci, talché assai sovente prevarrà<br />

le stesse nostre aspettazioni e preghiere trionfando più la prontezza di lei<br />

in beneficarci, che non la nostra risolutezza in supplicarla dei benefici.<br />

8. Vaglia una sola ragionevole riflessione per mille e ditemi, Signori miei,<br />

se il ciel vi salvi, se dove mai alla fine battano tutte le mire della speciale<br />

custodia, che aver si degna di noi Maria SS.ma? Egli è la meta senz’altro<br />

che questa nostra mistica vigna a Lei commessa fiorisca di cristiane<br />

virtù e di opere pie e devote. Ce lo esprime essa stessa con quelle parole<br />

nei Cantici: Videamus si floruit vinea, si flores fructus parturiunt 72 . Or in<br />

quella guisa, che qua e là per le vigne vanno come tante ladroncelle saltellando<br />

e scorrendo le picciole volpi, in una parte rodendo i germogli<br />

più odoriferi, in un’altra scavando le radici più tenere e così poco a poco<br />

rovinando tutte le viti; per tal maniera appunto fanno tra di noi le piccole<br />

dissenzioni, le frodi leggere, le incallite tiepidezze, insomma le continue<br />

veniali cadute; le quali rodendoci il midollo della virtù e della<br />

pietà, vanno insensibilmente a rovinarci alla perfine tutta la vita timorata<br />

e divota. Oh che mali son questi di funestissime conseguenze, per cui<br />

ogni diligenza è manchevole, ogni sollecitudine è scarsa, ogni risolutezza<br />

è tardiva! Eppure, cari miei Uditori (ed è cosa da piangersi a calde<br />

lagrime) ecco quei mali, che noi stimiamo da nulla, dalla cui estirpazione<br />

meno si pensa ed assai meno la guarigion poi ne aspettiamo.<br />

9. Ben vince niente di meno la insensataggine nostra e la previene con la sua<br />

amorosa prontezza la nostra vigilante Custode e Protettrice sovrana.<br />

Ci scuote con le sue voci dal torbido sonno e senza che da noi richiesta ne<br />

72 Vediamo se è fiorita la vigna, se i fiori danno frutti.<br />

408<br />

venga, alza le grida e ci intona: Deh togliete, dicendo, togliete una volta<br />

risolutamente da voi codeste sì numerose picciole voci delle continue e<br />

malabituate veniali cadute: Capite nobis vulpes parvulas 73 (Cant. 2,15) e<br />

come commenta Bernardo: idest torpores et defectus 74 : imperciocchè le mistiche<br />

vigne delle anime vostre alla mia custodia commesse van senza pietà<br />

devastando: Capite nobis vulpes parvulas, quae demoliuntur vineas 75 . Alto qui,<br />

Uditori. Se tal’amorevole scuotimento da noi sì inaspettato e molto meno<br />

richiesto, non è un contrassegno manifesto della singolar prontezza di<br />

Maria nel custodirci e guardarci dai mali di lor natura leggeri, ditelo ora<br />

voi qual sarà mai? Argomentate al presente di qui, se quanto più sollecita<br />

dovrà esser la sua prontezza or nel preservarci o liberarci dai mali maggiori<br />

ed or in ottenerci nei più urgenti nostri bisogni a lei ben noti quei<br />

soccorsi più propri e più opportuni. Lascio a voi il seriamente rifletterlo;<br />

mentre io per non tanto abusarmi di vostra pazienza in udirmi, me ne<br />

passo a vieppiù rassodarvi nella viva fiducia in sì amorosa Signora, col<br />

richiamarvi a memoria che la sua speciale protezione e custodia rispetto a<br />

noi, non meno è sicura e pronta, come vi dissi, ma durevole ancora.<br />

III<br />

10. Può la durevolezza considerarsi o in riguardo alla sua natura o per rispetto<br />

a qualche necessario aggiunto che abbia. Nel primo modo considerata<br />

ha la inincorruttibilità per sua essenza; attesochè il solo incorruttibile<br />

è di sua natura durevole. Riguardata poi nell’altro modo ha la inseparabilità<br />

di suo proprio; poiché quel che non può separarsi, ha necessariamente<br />

a durare nell’unione. Non tema, no Israele di più soggiacer<br />

nel deserto ad una sete rabbiosa, da che l’Onnipotenza Divina ha destinata<br />

una pietra che prodigiosamente di continuo sgorgando dalle acque<br />

perenni gli sia inseparabil compagna in tutto quel lungo e disastroso<br />

viaggio. Ecco come l’ufficio inseparabilmente aggiunto a tal pietra di<br />

esser perpetua consocia dispensatrice del Popolo eletto, le dà per proprietà<br />

una durevo1ezza maravigliosa nel dispensar benefici.<br />

73 Prendete per noi le piccole volpi.<br />

74 Cioè torpori e difetti.<br />

75 Prendete per noi le piccole volpi che distruggono le vigne.<br />

409


11. Or noi ben risappiamo, Uditori, dall’Apostolo Paolo che a tenor del principale<br />

allegorico senso era quella pietra una molto espressiva figura delle<br />

benefiche operazioni del Divin Redentore al popolo suo prediletto cristiano<br />

a larga mano incessantemente dispensate: Petra autem erat Christus 76<br />

(1 Cor. 10). Non è però, che sotto l’allegoria medesima, in un senso men<br />

principale, intender veramente non si sia potuta dai Padri anche Maria.<br />

Deh sì, sì che la gran Vergine gode pur la durevolezza nel custodirci e beneficarci,<br />

non solamente di sua proprietà per l’inseparabile ufficio che ha di<br />

nostra custode senza limitazione alcuna di tempo: Posuerunt me indefinitivamente<br />

custodem in vineis, ma la gode inoltre di sua natura, atteso il cuor<br />

suo che è affatto immutabile e invariabile nella dilezione, di cui ne è Madre:<br />

Ego Mater dilectionis 77 (Eccl. 24, 24). Come dunque dubitar mai, che mancare<br />

o raffreddar alquanto si possa verso di noi la sua amorosa custodia, se<br />

questa in Maria è troppo essenzialmente e propriamente durevole?<br />

12. Quell’Aio premuroso e zelante che abbia da Dio sovrano un amato di lui<br />

figlio ricevuto in custodia per un lungo e pericoloso viaggio, vedeste mai,<br />

o Signori, se lasci passare, non dico i giorni, ma neppure le ore, senza invigilare<br />

attorno a quel affidatogli pegno; ma bensì persister costante con una<br />

invariabil durevolezza nell’usargli ogni attenzione possibile sino al compimento<br />

del prestabilito viaggio. E vorrem dir poi, che da meno esser possa<br />

l’amorosissima Vergine; talché noi, sue predilette mistiche vigne, a lei dal<br />

pietosissimo Dio affidate sino alla fine di questo nostro terreno pellegrinaggio,<br />

possiam un dì trovarci miseramente derelitti? Eh via di grazia, che<br />

né il cuor di Maria può ammetterlo, né comportarlo il suo ufficio. Essa,<br />

giacché sì amorosamente si addossò l’incarico di esser di queste vigne la<br />

premurosa e zelante custode ad incarico ancor suo intraprese di perpetuarci<br />

sino alla nostra morte la sua possente custodia. Super custodiam meam, così<br />

per il Profeta ce lo contesta, Super custodiam meam stabo 78 (Habacuc 2, 2). Io<br />

non parto, ci dice, dalle vostre vigne con la mia protezione speciale e col<br />

mio tenero amore: stabo. Qui tra le vigne ho fissato la mia dimora: stabo e<br />

intorno a queste Vigne sta fermo e immobile il Cuor mio amoroso: Stabo:<br />

76 E la pietra era Cristo.<br />

77 Io Madre d’amore.<br />

78 Io starò sulla mia custodia.<br />

410<br />

talché la mia protezione e custodia non solamente per voi è sicura e pronta,<br />

ma sarà inoltre sempre durevole. Sì, sì: Posuerunt me custodem in vineis?<br />

Or bene: Vinea mea coram me est. Super custodiam meam stabo 79 . Udiste, o<br />

Signori? Non oso dopo sì pesanti espressioni di Maria, non oso, dissi proferire<br />

più parola in persuasione di quant’io vi proposi.<br />

13. Vergine sacrosanta e tra le pure creature la più potente, la più amante, la<br />

più graziosa, che farem dunque noi che con tanta sicurezza, con eguale prontezza<br />

e con pari durevolezza siam da voi per sola bontà vostra protetti e<br />

custoditi? Eccoci qua risoluti onninamente stasera di contraccambiare<br />

tante amorose finezze del vostro bel cuore. Dite su dunque, eccelsa nostra<br />

Sovrana che volete in contraccambio da questa vostra mistica vigna, con<br />

tanto impegno coltivata da voi e custodita? Che richiedete da noi? Quali<br />

sono mai le vostre mire, il genio vostro? Ma via, che già sentir ci fate nei<br />

sacri Cantici i vostri adorati voleri: Descendi, son vostre parole, ut inspicerem,<br />

si floruisset vinea ... flores fructus parturiunt 80 (Cant. 6,10; 7,12). Venni tra le<br />

vostre vigne, ci dite, me ne dichiarai coltivatrice e custode e feci tra voi<br />

ritorno, descendi, affin di vedere, se mai tante mie premurose e continue<br />

fatiche nel coltivarvi e sollecitudine nel custodirvi, avesser prodotti i fiori<br />

di virtù cristiane che in voi bramo: ut inspicerem, si floruisset vinea e partorite<br />

le frutta delle opere sante che da voi richiedo: si flores fructus parturiunt.<br />

14. Deh sì, o gran Regina del cielo che ben paga sarete voi rimasta nell’osservar<br />

tutta fiorita e bella questa vostra Mistica vigna. Sì, sì vinea nostra floruit 81<br />

(Cant. 2, 15). Codesto altar maestoso, dove voi risiedete: il sontuoso apparato<br />

di tutto questo Tempio a voi consacrato: le Funzioni decorose, l’affollato<br />

Concorso divoto, non son forse e frutta e fiori a seconda del vostro bel cuore?<br />

Vinea nostra floruit, si, sì floruit, floruit. Sebbene, oimè, voi, per quanto vi<br />

sento, non ancor soddisfatta vi dimostrate. Ci riconvenite anzi dicendo:<br />

flores mei, fructus honoris et honestatis 82 (Eccl. 24, 23). Gradisco sì, ci dite, gli<br />

estremi ossequi con retto fine a me fatti e li ricevo, come fiori e frutti di<br />

79 La mia vigna è davanti a me. Starò sulla mia custodia.<br />

80 Sono sceso per vedere se era fiorita la vigna… se i fiori portano frutto.<br />

81 Se la nosta vigna è fiorita.<br />

82 I miei fiori, frutti di onore ed onestà.<br />

411


onore: Flores mei, fructus honoris. Non bastano tuttavia per appagarmi.<br />

Ci voglio aggiunti fructus honestatis, quelle frutta, dico, che consistono in una<br />

vita tutta timorata e divota a mio riguardo intrapresa. Questi sono i fiori e i<br />

frutti degni della mia custodia che ho di voi sicura, pronta e durevole.<br />

15. Se è dunque così, per quanto fiorita appare questa nostra vigna, non ci fermiam<br />

di grazia, cari miei Uditori, nel solo culto esterno verso Maria. Non<br />

è questo l’intero contraccambio che dar possiamo alle amorose finezze<br />

della protezione e custodia che essa ha di noi. La sicurezza con cui ci custodisce<br />

e protegge contraccambiar si deve con la sincerità nell’amarla;<br />

la sua prontezza con la diligenza in farle ossequi: e la ferma sua durevolezza<br />

con la nostra costante fedeltà nel servirla. Ecco i degni fiori, ecco le degne<br />

frutta, che da queste nostre mistiche vigne la gran Regina del cielo e<br />

nostra Custode giustamente in contraccambio richiede. Diceva.<br />

412<br />

Pietro Alemanno, Madonna col Bambino,<br />

affresco staccato, 1490 circa, Ascoli<br />

Piceno, altare maggiore della Chiesa di<br />

Santa Maria delle Grazie, detta l’Icona,<br />

oggi chiesa del Crocifisso.<br />

CAP. VII<br />

SERMONI<br />

PER IL TRIDUO E LA FESTA<br />

DI MARIA BAMBINA<br />

(1767-1769)<br />

413


414<br />

Introduzione al capitolo<br />

Il capitolo raccoglie cinque sermoni, quattro dei quali recitati nella Chiesa di<br />

Sant’Angelo Magno officiata dai Padri Olivetani, sulla Natività di Maria Bambina.<br />

Si tratta del Triduo in preparazione alla festa (5-7 settembre 1767) e dell’orazione<br />

per il giorno della festa dell’anno successivo, 8 Settembre 1768, conservati nel volumetto<br />

ASC 63. L’ultimo sermoncino del capitolo fu recitato l’8 settembre 1769 nella chiesa<br />

dell’Immacolata delle suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata ed è conservato nella miscellanea<br />

ASC 23.<br />

Il triduo tratta il tema della bellezza, della bontà e della benificenza di Maria<br />

Bambina che l’Autore affronta utilizzando i simboli della natura: l’aurora, il sole,<br />

gli astri, le gemme, i prati, i fiori, i mari e l’insegnamento dei Padri della Chiesa dai<br />

quali prende in prestito definizioni di Maria SS.ma come: casa e maestra di tutte le<br />

virtù, acquedotto divino, Madre di celeste beneficenza e dispensatrice di tutte le grazie.<br />

Il sermone per la festa del 1768 descrive i privilegi di cui fu adornata la Santa<br />

Bambina in vista della sua missione di Madre di Gesù, mentre quello dell’anno successivo<br />

riprende le tematiche precedenti.<br />

I brani sono sviluppati in modo ampio e accurato. Quello che tuttavia colpisce e<br />

conquista di più è l’amore convinto e totale dell’Autore verso Maria SS.ma alla quale<br />

si affida totalmente con una preghiera al termine di ogni sermone.<br />

Particolare del chiostro del Convento di Sant’Angelo Magno di Ascoli Piceno.<br />

415


Manifattura del sec. XVIII, Maria Bambina, cera e altri materiali, Ascoli Piceno, terzo altare<br />

di destra nella Chiesa di Sant’Angelo Magno.<br />

416<br />

Triduo per la Festa di Maria SS.ma Bambina<br />

in occasione del santo suo Nascimento<br />

Recitato nella Chiesa di S. Angelo Magno dei Reverendi Padri Olivetani<br />

ad Ascoli Piceno<br />

SERMONE PRIMO<br />

Sabato 5 Settembre 1767<br />

L’Autore ha ormai 50 anni, conosciuto ed apprezzato in città, viene invitato dall’abate<br />

della comunità dei Padri Olivetani P. Valeriano Malaspina di Ascoli 1 a predicare<br />

nella loro Chiesa di sant’Angelo Magno 2 , il triduo in preparazione alla festa<br />

di Maria Bambina.<br />

Si rivolge agli ascoltatori dicendo che farà del suo meglio per far loro comprendere<br />

la Bellezza, la Bontà e la Benificenza di Maria Bambina affinché ella possa<br />

rapire i loro cuori per lasciarli “nella sacra culla di sì amabile Pargoletta”.<br />

Nella prima sera del triduo don <strong>Marcucci</strong> spiega la bellezza di Maria<br />

Bambina. Immagina che nel sabato della sua nascita, la natura sfoggi una inusuale<br />

bellezza per simboleggiare quella della divina Bambina. L’aurora splende con<br />

raddoppiato chiarore; la luna sembra essere diventata la regina dei pianeti; il sole<br />

spunta dall’orizzonte con il luminoso corteggio di due Pareli, secondo la descrizione<br />

di Eccl. 43, 4.<br />

La bellezza di Maria è perfetta e totale anche nella culla perché è piena di grazia,<br />

di santità e di perfezione. Dopo quella di Gesù non ce n’è una maggiore né in<br />

cielo né in terra. Con l’audacia di un innamorato l’Autore invita gli ascoltatori a<br />

dargli i loro cuori per portarli con il suo alla cara Bambina, li incoraggia a non<br />

cedere ad altra bellezza umana, come fece Sansone con la Filistea che Dio gli aveva<br />

destinato.<br />

1 Cf. CARLA ROSSI, Un monastero: Sant’Angelo Magno ad Ascoli nella prima età moderna (Tesi di<br />

laurea in storia moderna), Università degli studi di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia,<br />

A. A. 1994-’95, p.177.<br />

2 La costruzione della chiesa è anteriore al 986 ed era abitata da un ceto di monache benedettine.<br />

Quando nel 1460 esse furono cacciate vi giunsero i monaci Olivetani che vi rimasero<br />

fino alla soppressione del 1860 (Cf. CIANNAVEI GIUSEPPE IGNAZIO, Compendio di<br />

Memorie Istoriche, 1797, pp. 250251).<br />

417


La conclusione è una promessa d’amore. “Si strappi prima il Cuore da questo<br />

petto… l’Anima da me stesso, che abbia a strapparsi e partire da voi, o mia bellissima<br />

reale Bambina, il mio sincero amore ed ossequio”.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 63, pp. 1-14.<br />

La Bellezza di Maria Bambina<br />

1. Se non vi è cosa, o Signori che più diletti, quanto il favellar di Maria,<br />

come ogni Cuore divoto ben lo capisce; non vi è Assunto però che più<br />

spaventi un Dicitore, conforme asseriva Bernardo, quanto è quello<br />

dei Pregi di sì eccelsa Signora. È la grandezza e magnificenza di<br />

Maria, come atterrito confessava Agostino, più alta dei Cieli per<br />

l’immensa sua Dignità e più cupa ancor dell’Abisso per li profondi<br />

Misteri che in sè contiene. Gli stessi Evangelisti assai succintamente<br />

ne registraron gli elogi, perchè, al rifletter del Santo Arcivescovo di<br />

Villanova, son più atti ad ammirarsi, che a descriversi. Nella gran<br />

Vergine, esclama attonito l’Aquila degli ingegni, si muta e si perde<br />

tutta la Logica; perciocchè se in questa non vale tale argomento: Può<br />

essere, dunque è, vale bensì in Maria, a motivo che essa sola ben fu,<br />

quanto potè essere. Sembra soltanto che nella ricorrente solennità del<br />

Santo Suo Nascimento, in ravvisarla noi qual tenera Bambinella sulle<br />

fasce e graziosa Pargoletta nella sua Culla, quanto c’innamori dall’un<br />

canto il suo bel Volto, altrettanto ci faciliti il poter sciogliere la<br />

Lingua alle sue lodi. Così sembra; ma la Chiesa, che di tal Bambina<br />

ben ne ravvisa tutti i pregi singolarissimi, si fa subito a presentarcela,<br />

come un oggetto di sovraumana maraviglia. Ce la fa vedere, è<br />

vero, in sulla Culla come Bambina: Nativitas est hodie Sanctæ Mariæ<br />

Virginis 3 ; ma nel tempo stesso c’intona, esser nata tal Pargoletta,<br />

come un bel Melagrano con sua Corona in capo qual Regina di tutto<br />

l’Universo, attesochè sin dalla culla ella è destinata Madre del<br />

Creatore del tutto: Nativitas tua, Dei Genetrix Virgo 4 . Che stupori da<br />

far innarcare le ciglia ai più alti serafini dell’Empireo! Maria giacer<br />

3 Oggi è la natività di Santa Maria Vergine.<br />

4 La tua natività, Vergine Madre di Dio.<br />

418<br />

nella Culla ed esser quella Bambina sin ab eterno preeletta e predestinata<br />

da Dio per sua Madre: quella Pargoletta perciò, che nella pienezza<br />

dei tempi con maniera unica e singolare fu concetta nel ventre<br />

materno senz’alcuna macchia di colpa e che piena di grazia e dotata<br />

di uso perfettissimo di ragione al Mondo nacque. Che prodigi non<br />

mai più uditi! Maria Bambina, ma la sua Culla esser adombrata in<br />

tante figure, vaticinata da tanti oracoli, sospirata da tanti secoli, che<br />

al dir del Damasceno (Orat. De On. Vir.). Facevano a gara ad ottener<br />

il vanto di averla: Certabant secula, quodnum ortu Virginis gloriaretur 5 .<br />

Che maraviglie non mai vedute! Maria Bambina, ma nella culla esser<br />

l’Arca del nuovo Testamento: Bambina, ma Trono del vero pacifico<br />

Salomone: Bambina, ma Tempio vivo per sé prescelto dalla Triade<br />

Sacrosanta: Bambina, ma insiem Madre di Dio: Nativitas tua, Dei<br />

Genitrix Virgo 6 . Ditelo voi pertanto, o Signori, se, essendo proprietà<br />

dello stupore precluder alle labbra ogni favella, dovrebb’essere piuttosto<br />

per codesta Pargoletta Divina miglior Panegirista un rispettoso<br />

silenzio? Nientedimeno, invitandoci la Chiesa a celebrarne le lodi<br />

con cuor coraggioso ed allegro, per quanto lo comporta la nostra fievolezza:<br />

Nativitatem eius cum gaudio celebremus 7 , non deve dunque, s’è<br />

così, o mia celeste Sovrana Bambina, rattenermi dai vostri elogi nè la<br />

debolezza mia estrema, né la vostra eminente Grandezza: perciocchè<br />

tal voi vi siete, che se cerco nella vostra Culla la Maestà che chicchesia<br />

sgomenta, m’incontro prima nella Benignità e Clemenza che a<br />

tutti pronto porge il soccorso; e se fissando in voi le pupille, vi ravviso<br />

nata, come un bel Sole splendente che abbaglia, vi trovo nel<br />

tempo stesso come un Sole benefico che riscalda ed illumina. Dirò<br />

dunque, Uditori, di Maria Bambina in queste tre sere di Sacro apparecchio<br />

alla sua Festa quel che potrò: e quel che potrò sarà tutto indirizzato<br />

a farvi concepire al miglior modo quanto sia la sua Bellezza,<br />

la sua Bontà, la sua Benificenza. Vorrei con tal’assunto rapirvi in questo<br />

Triduo i cuori per depositarli e lasciarli nella sacra culla di sì<br />

5 I secoli gareggiavano quale mai di essi potesse gloriarsi della nascita della Vergine.<br />

6 La tua nascita, Madre di Dio Vergine<br />

7 Celebriamo la sua nascita con gioia.<br />

419


amabile Pargoletta; ma non so, se la mia fievolezza ne otterrà poi<br />

l’intento. La singolar tenerezza che voi professate a Maria e mi riempie<br />

di fondata speranza, e mi accerta di vostra attenzione divota,<br />

senza che pur io ve ne prieghi. Incomincio.<br />

2. Tre cose, al parer di Agostino e di Tommaso, rendono amabile un<br />

oggetto, cioè Bellezza, Bontà, Beneficenza. Alletta la prima ogni cuore,<br />

lo rapisce l’altra, l’ultima lo costringe. Basta vedere il Bello per invaghirsene,<br />

gustare il Buono per innamorarsene, sperimentar il Benefico<br />

per restarne vincolato. Imperciocchè la Bellezza riscuote con la vista<br />

l’amore, la Bontà con il gusto, la Benificenza con lo sperimento.<br />

L’inganno può soltanto consistere nella prescelta. Si piglia talora per<br />

Bello il Brutto, per Buono il Cattivo, per Benefico chi è cagion di ogni<br />

male. Del resto, si dia un oggetto che abbia una vera Bellezza e l’occhio<br />

lo miri; una vera Bontà e il cuore lo provi; una vera Beneficenza e la vita<br />

lo sperimenti; ed io vi dirò francamente con Agostino, che non può tale<br />

amabile Oggetto non essere amato.<br />

3. Me dunque e tre e quattro volte felice, o Signori, che affin di rapirvi i<br />

cuori e depositarli nella sacra culla di Maria, sull’impegno mi trovo di<br />

farvi vedere, tuttochè per un lampo, quanto sì eccelsa Bambina sia<br />

bella, quanto sia buona, quanto sia benefica. Riserbando le due seconde<br />

alle sere seguenti, mi appiglio stasera alla prima, cioè alla sola Bellezza;<br />

giacchè questa sola, allo scriver di Agostino; è bastevole a guadagnarsi<br />

ogni cuore: Non amamus, nisi pulchrum 8 . In quel Sabato fortunato pertanto,<br />

in cui nacque Maria, splendette l’Aurora con raddoppiato chiarore;<br />

parve la Luna divenuta dei Pianeti Regina, tanto si mostrò luminosa;<br />

al Sole poi non bastando far solo in quel dì la sua sfarzosa comparsa,<br />

spuntar volle dall’Orizzonte col luminoso corteggio di due<br />

Pareli, comparendo un Sol triplicato per solennizzare tal giorno festivo<br />

con triplicato spendore, come lo vide il Savio: Tripliciter Sol 9<br />

8 Non amiamo se non ciò che è bello.<br />

9 Un sole in tre forme.<br />

420<br />

(Eccl. 43, 4). Ma perché, forse voi chiederete, in tanta gala non mai<br />

più veduti il Sole, la Luna, l’Aurora? Eccolo. Perché della impareggiabil<br />

Bellezza di Maria Bambina esser dovevano i simboli più<br />

espressivi e le più vive figure.<br />

4. Osservatelo. Nasce Maria e tutte le beate Figlie della Celeste Sion,<br />

voglio dir le Angeliche schiere, scendono a corteggiar la sua culla.<br />

Attoniti insino i più alti Serafini, l’un altro mirandosi, oh quanto è mai<br />

bella questa Real Pargoletta, vanno esclamando oh quant’è mai bella!<br />

Non apparve mai tra noi nell’Empireo veruna consimil creata Bellezza.<br />

Io per me, dice uno, la rassomiglio ad una nascente lucida Aurora:<br />

Progreditur quasi Aurora consurgens 10 (Cant. 6, 9). Ed io, quanto a me, un<br />

altro Serafino soggiuge, paragono la sua bellezza a quella della Luna,<br />

quand’è pienamente dal Sole investita: Pulchra, ut Luna 11 . Anzi a me<br />

pare, ripiglia un altro, che essa sia tanto bella, che raffiguro nel Sole<br />

istesso una immagine della sua lucente bellezza: electa, ut Sol 12 . Ebbero<br />

ben dunque ragione, o Signori, e l’Aurora, e il Sole, e la Luna nel dì<br />

beato del Nascimento di Maria a far la comparsa in gala oltre all’usato<br />

sfarzoso, perché rappresentar dovevano per Oracolo Angelico la singolare<br />

Bellezza della Real Pargoletta. E dissero ancor molto, non lo nego,<br />

quegli Spiriti Beati, qualor con sì vive figure la espressero, ma non dissero<br />

tutto. Potevan ben anche asserire con verità che l’eccelsa Bambina<br />

superava di gran lunga in Bellezza il sole stesso. Ciò tacquero, cred’io,<br />

gli Angeli, perché forse riseppero voler con sì magnifico elogio encomiar<br />

la Bellezza della Bambina sua Sposa lo Spirito Santo.<br />

5. Ecco pertanto cosa egli ne dice nel settimo della Sapienza: est hæc speciosior<br />

Sole 13 : assai più bella del Sole è la mia prediletta: speciosior Sole.<br />

Mostra il sol le sue macchie; ma no la mia Sposa Bambina, per averla<br />

io formata bella all’intutto e senza macchia: speciosior Sole: Tota pulchra<br />

10 Avanza come Aurora che sorge.<br />

11 Bella come la luna.<br />

12 Eletta come il sole.<br />

13 Costei è più bella del sole.<br />

421


est, et macula non est in ea 14 . Soggetto è il Sole agli ecclissi ed a restar dalle<br />

nubi ottenebrato: ma no Maria, in cui non sunt tenebræ, non umbra 15 (Job.<br />

34, 22), per cui restar mai possa per un solo istante ecclissata. Speciosior<br />

Sole. Tiene il Sole tra l’ordine delle creature l’infimo luogo, come creatura<br />

insensata: ma la Sposa mia Pargoletta, dice Iddio, nell’ordine delle<br />

pure creature anche più nobili e più sublimi ha, come loro Regina, il<br />

primo posto. Super hæc mulier immaculata computabitur 16 . Sicchè ceda il<br />

Sole con tutti i suoi splendori alla sovrana Bellezza di Maria Bambina,<br />

giacchè essa è infinitamente più bella del Sole: speciosior Sole. Al più, al<br />

più, si accordi al Sole raffigurar lo splendore delle sue fasce; Mulier amicta<br />

Sole 17 : ma non ardisca mai garreggiar coll’impareggiabil Bellezza della<br />

di lei Persona: che è all’intutto speciosior Sole.<br />

6. Ed invero poggia tanto alto, o Signori, la Bellezza di Maria, anche ravvolta<br />

tra le sue fasce, che io con la scorta di Sacri Espositori la trovo in<br />

vari passi delle Scritture misticamente chiamata bella e bellissima non<br />

solo, ma la stessa Bellezza. Di fatto con il nome astratto di Bellezza la<br />

dice il Reale Profeta, su cui tenga Dio fissi i suoi sguardi: Pulchritudo in<br />

conspectu eius 18 (Psal. 95). Bellezza ancor la predisse Geremia e Bellezza<br />

tale, che più decorosa fa spiccar la sua santità e giustizia: Fæmina circumdabit<br />

virum…Pulchritudo justitiæ 19 (Jer. 31). Ma piano, odo chi qui ripiglia,<br />

per esser la stessa Bellezza ci vuole un Bello perfetto, totale, intero,<br />

cui nulla manchi: Ad pulchritudinem requiretur integritas seu perfectio<br />

totius 20 , insegna l’Angelico, quæ enim diminuta sunt, hoc ipso turpia sunt 21<br />

(Gen. 12). Dicasi pur troppo bella e Sara e Rachele, pulchra nimis 22 ;<br />

ma no la stessa Bellezza, mentre di questa, alcuna cosa lor manca. Si<br />

14 È tutta bella, e in lei non vi è macchia.<br />

15 Non ci sono tenebre, non c’è ombra.<br />

16 Sopra queste cose sarà ritenuta donna Immacolata.<br />

17 Donna vestita di sole.<br />

18 La Bellezza al Suo cospetto.<br />

19 La donna cingerà l’uomo… la bellezza di giustizia.<br />

20 Per la bellezza è richiesta l’integrità o la perfezione del tutto.<br />

21 Quelle cose a cui è tolto qualcosa, perciò stesso sono brutte.<br />

22 Troppo bella.<br />

422<br />

chiamino ancor assai belle Giuditta ed Ester, pulchra valde 23 (Esth. 1);<br />

ma no la Bellezza medesima, perché non vi ha nel Genere Umano<br />

Persona, di cui qualche particella non sia difettosa o nella proporzione<br />

e chiarezza del corpo, o nella integrità e perfezion dello spirito. Sì,<br />

Uditori; ma non entra un tal filosofare riguardo a Maria, che con la<br />

sua Bellezza trascende ogni pura beltà creata e giunge a quella perfezione,<br />

cui qualsivoglia pura nobile Creatura non mai arriva. Essa perciò<br />

gode il titolo nei Sacri Cantici di bellisima tra le più belle:<br />

Pulcherrima mulierum 24 (Cant. 1). Ecco l’impareggiabile privilegio<br />

della nostra Real Pargoletta che tra tutte le pure Creature e Celesti ed<br />

Umane gode l’ammirabile vanto di poter esser chiamata col nome<br />

della perfezione medesima di qualche suo pregio. Ecco, che non tanto<br />

dicesi Vergine, ma la stessa Immacolata Verginità: Sancta et<br />

Immaculata Virginitas 25 : non solo misericordiosa, ma la stessa<br />

Misericordia, anzi Madre di Misericordia: Mater misericordiæ 26 . Così in<br />

pari guisa, non solo essa è bella, bellissima sopra tutte: Pulcherrima<br />

mulierum; ma è la stessa Bellezza: Fæmina…Pulchritudo. Ed oh che bellezza<br />

è quella di Maria ancor nella Culla! Bellezza intera, cui nulla<br />

manca nella proporzione e chiarezza del gentilissimo sacro suo corpicciuolo.<br />

Bellezza perfetta e totale, in cui concorre ogni pienezza di<br />

Grazia, di santità e di perfezione. Bellezza insomma, cui dopo quella<br />

del Divin Verbo Umanato, non può trovarsi eguale in Terra e in Cielo,<br />

né idearsi maggiore: tantovero che non solamente tiene incantate<br />

tutte le Angeliche Gerarchie, che su questa Bellezza di Maria, anche<br />

tra le fasce ristretta, ritrovano un Paradiso a parte; ma quel che è sommamente<br />

stupendo, giunge a far che lo stesso Iddio se ne mostri invaghito<br />

e se ne dichiari di grande Amore impiagato: Vulnerasti Cor<br />

meum, Soror mea Sponsa, vulnerasti Cor meum 27 (Cant. 4). O Bellezza<br />

dunque ineffabile, unica, singolarissima!<br />

23 Molto bella.<br />

24 La più bella tra le donne.<br />

25 Santa ed Imacolata verginità.<br />

26 Madre di misericordia.<br />

27 Mi hai ferito il cuore, sorella mia sposa, mi hai ferito il cuore.<br />

423


7. Deh se è così, e chi mai, cari miei Uditori, ritener più si potrà il Cuore<br />

nel petto che non corra tantotosto a tributarlo a Maria nella sua Culla.<br />

Ed oh mortali, mortali, che dietro a vane, apparenti e caduche bellezze<br />

incauti tuttodì ve ne correte, quasi lupi affamati dietro lo strascino delle<br />

carogne, deh aprite gli occhi una volta e mirate se quanta e quale<br />

Bellezza voi vi perdete!<br />

Spunti, se è così, spunti pure una volta, amabilissima Bambinella<br />

Celeste, un raggio di vostra sovraumana impareggiabil Bellezza nelle<br />

nostre offuscate menti e ne dilegui le tenebre: spunti un raggio del<br />

vostro Divin Bellissimo Volto nei nostri Cuori e ne sciolga il gelo e la<br />

durezza. Ah, Maria, Maria, se la vera Bellezza basta che vedere si faccia,<br />

deh fate, vi prego, che noi da qui in poi chiudendo gli occhi a tutte le<br />

transitorie ed apparenti bellezze terrene, li teniam sempre aperti a<br />

vagheggiar la vostra vera, durevol, perfetta Bellezza, Bellezza superiore<br />

agli Astri e Pianeti; Bellezza incantatrice degli Angeli e dei Serafini,<br />

Bellezza di cui ferito si chiama Iddio stesso.<br />

8. Qua dunque, stasera, Uditori, datemi qua i vostri Cuori che io portar li<br />

voglio, insiem col mio, alla sacra culla di Maria per tributarglieli in<br />

dono. Che se mai altro oggetto con apparente bellezza vi si presenti<br />

innanzi per rapirvi gli affetti, deh su, io tutti coraggiosi e risoluti vi<br />

voglio, come Sansone. Aveagli Dio destinata una Filistea. Ciò non<br />

sapendo i suoi Genitori lo distoglievano ad ogni passo. Saldo e forte<br />

Sansone nel suo proposito, altra ragion non adduce, che quella spedita<br />

e risoluta: Placuit oculis meis 28 . Piacque agli occhi miei, ferì il mio cuore<br />

e tanto basti: Placuit oculis meis. Così, così per l’appunto, Cuor mio, hai<br />

tu coraggioso e risolutamente a rispondere: Lungi, lungi da me, e dai<br />

miei pensieri e dai miei affetti altre Bellezze. Una sola mi piacque, una<br />

sola ne prescelsi, ad una sola totalmente e irrevocabilmente consacrai<br />

me stesso e questa altro non è che Maria tra le fasce ravvolta: Placuit oculis<br />

meis: e questa unica, io voglio e questa unica sia dopo Dio di tutti gli<br />

affetti miei l’unico oggetto: Placuit oculis meis. Si svelgano dunque piut-<br />

28 Piacque ai miei occhi.<br />

424<br />

tosto per man di Tiranni le viscere da questo mio Corpo, si strappi<br />

prima il Cuore da questo petto, parta piuttosto l’Anima da me stesso,<br />

che abbia a svellersi, strapparsi e partire da voi, o mia bellissima Reale<br />

Bambina, il mio sincero Amore ed ossequio. Deh, sì che tutto il cuor<br />

mi rapì il vostro bellissimo Volto, o Maria! Deh sì che troppo mi obbligò<br />

ad amarvi la vostra impareggiabil Bellezza! Placuit oculis meis.<br />

Oh quanto siete bella, non posso io saziarmi dal ripeterlo col cuor sulle<br />

labbra, oh quanto siete pur bella!<br />

Don Tommaso Nardini, Immacolata Concezione, affresco,<br />

1716, Ascoli Piceno, volta della Chiesa di Sant’Angelo<br />

Magno.<br />

425


SERMONE SECONDO<br />

Domenica 6 settembre 1767<br />

Nella seconda sera del triduo don <strong>Marcucci</strong> spiega la bontà di Maria Bambina.<br />

Secondo san Tommaso la bontà si vede all’esterno anche se è una qualità interiore;<br />

essa può essere un dono della natura o, insieme a questo, un prodotto della virtù e<br />

della ragione. Certamente in Maria Bambina, oltre alla bontà naturale, come afferma<br />

san Giovanni Damasceno, c’è anche e soprattutto quella morale e intellettuale e<br />

non in modo passeggero e transitorio, bensì stabile e permanente.<br />

Come predestinata Madre di Dio, Maria ricevette tutte le virtù, anche quelle<br />

morali, in sommo grado sin dalla sua Concezione. Quindi essa fin dal primo momento<br />

dell’essere suo si trovò con perfetta cognizione e prontezza rispetto ad ogni virtù ed<br />

incominciò ad esercitarle in modo meraviglioso tanto da essere definita dal Damasceno<br />

“casa e maestra di tutte le virtù”.<br />

Don <strong>Marcucci</strong> conclude chiedendo alla santa Bambina di farlo partecipe della sua<br />

bontà perché sia capace di amarla; Le dona con fiducia il suo cuore senza più riprenderlo;<br />

vivrà senza cuore, ma felice di averlo fatto rapire alla “Bontà amabilissima,<br />

singolare e meravigliosa della graziosa Bambina”.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 63, pp. 15-27.<br />

La Bontà di Maria Bambina<br />

1. È più atta la Luce che non il Sole, s’io non m’inganno, ad esser figura<br />

del Nascimento di Nostra eccelsa Signora. Nacque Maria, come<br />

ognun sa, qual Primogenita dell’Altissimo fra tutte le pure Creature,<br />

così preeletta sin dai secoli eterni nella Mente Divina: Ego ex ore<br />

Altissimi prodivi Primogenita ante omnem creaturam 29 (Eccl. 24, 5).<br />

Or nel principio del Mondo non vi fu il Sole, perché essendo venuto<br />

all’essere nel quarto giorno, non ebbe la sorte di chiamarsi il<br />

Primogenito tra le cose create: cosicchè gli mancava questo pregio per<br />

divenire un abbozzo di Maria Primogenita. Ben godette un tal vanto<br />

la Luce, perché prescelta essa per Primogenita, ricevette nel primo<br />

giorno l’imperioso Divino comando a saltar fuori dal suo nulla:<br />

29 Io dalla bocca dell’Altissimo avanzai primogenita davanti ad ogni creatura.<br />

426<br />

Fiat Lux 30 . Eccovi il più vivo simbolo, esclama il grande Apostolo<br />

Valenziano San Vincenzo Ferreri, del Nascimento di Maria: Fiat lux,<br />

idest benedicta generatio Mariæ 31 (Ser. 2., De Nat. Virg.). Or una sola<br />

proprietà della Luce si fa ad encomiare il sacro Testo, perché in quella<br />

sola si racchiude quanto mai in sua lode dir si potrebbe. Encomia,<br />

non già i suoi raggi e splendori, ma bensì la sua Bontà; attesochè non<br />

è proprio delle Scritture alzar Cattedra di ottica, ma Scuola di Amore.<br />

Dice perciò il sacro Testo, che la Luce era dotata di Bontà e che lo stesso<br />

Dio in vederla così buona ne avea dimostrato compiacimento: Vidit<br />

Deus Lucem, quòd esset bona 32 (Gen. 1). Gran misteri qui si ascondono.<br />

Chiamasi buona la Luce tuttochè insensata; ma non tanto dicesi buona<br />

in se stessa, quanto per quella Bontà che rappresentare dovea. Or questa,<br />

già l’intendete, o Signori, è l’impareggiabil Bontà, che ebbe Maria<br />

sin dal primo istante dell’Esser suo e che spiccò maggiormente nella<br />

sua Nascita e nella sua Culla. Di tale Bontà debbo io succintamente<br />

favellarvi stasera. Pregarvi di attenzione è un offendervi. Sicchè senza<br />

più ritardo incomincio.<br />

2. È la Bontà nell’Uomo, secondo la dottrina dell’Angelico, una certa qualità<br />

maravigliosa che in lui si scorge, che basta osservarne il portamento e il<br />

tratto per invaghirsene. Non già, che negli atti esteriori la Bontà principalmente<br />

consista: deh no, attesochè bonum hominis, come il precitato<br />

Dottore ne avverte, consistit principaliter in interioribus actibus 33<br />

(2, 2, qu. 27, ar. 6 ad 3). Ma dir s’intende, che essa nei portamenti esteriori<br />

riluce e si fa vagheggiare. Osservate, o Signori. S’incontran talora certe<br />

indoli dolci e così bene disposte, certi geni così docili e graziosi, certi cuori<br />

così affabili ed amorevoli che al solo osservarli rapiscono, al sol trattarli si<br />

tirano dietro gli affetti tutti dell’animo. Che Bontà amabile invero!<br />

Eppure, altro questo non è che un bel dono della Natura, non già un prodotto<br />

della virtù e della Ragione. È insomma una sola Bontà naturale.<br />

30 Sia fatta la luce!<br />

31 Sia fatta la luce, cioè la benedetta nascita di Maria.<br />

32 Dio vide che la luce era buona.<br />

33 Il bene dell’uomo consiste principalmente negli atti interiori.<br />

427


3. Sembra in verità troppo basso il pensiero, se una Bontà di tal’infimo grado<br />

contemplar si voglia in Maria tra le fasce ravvolta. Nientedimeno il gran<br />

Damasceno per dimostrar, che niun grado di Bontà nella Reale Bambina era<br />

mancante, si accosta ossequioso alla Culla e siccome la truova per Celeste<br />

dispensa di uso perfettissimo di Ragione dotata, ne considera da vicino gli<br />

sguardi pietosi dei suoi begli Occhi lucenti, le graziose Labbra della sua<br />

ridente Bocca, i moti ben composti del suo adorabile Capo, il Genio,<br />

insomma, l’Indole, gli Accenti, ed insino i Sospiri. Quindi fatto estatico di<br />

amore, oh Dio, esclama, che vedo! In codesta sola Divina Bambinella si racchiude<br />

quanto mai di Buono, di Grazioso, di Amabile è sparso in tutta<br />

l’Umana Natura: In hac sacratissima Infantula, totius Naturæ venustas 34 .<br />

Che Bontà stupenda! Che attrattiva amabile! Che amabilità graziosa!<br />

4. Ma poggiam più alto, Uditori, il discorso. La Bontà naturale, a dire il<br />

vero, sembra non meritar di Bontà il nome, qualor, all’altra che dalla soda<br />

virtù deriva, si paragoni. L’imbattersi talvolta in Persone, che al buon<br />

Naturale hanno accoppiato un maraviglioso complesso di prudenza e<br />

moderazione, di umiltà e mansuetudine, di temperanza e modestia, di<br />

liberalità e misericordia, di fedeltà e schiettezza, di ubbidienza e rispetto,<br />

di pietà e religione; talchè vengono ad essere una Scuola vivente, un<br />

emporio dovizioso di morali virtudi; oh queste sì che rapiscono il cuore<br />

ed obbligano chicchesia ad amarle. Che Bontà amabilissima da innamorar<br />

anche cuori di sasso! Sebbene, o Signori: noi siam pur sulla terra.<br />

È questa una Bontà morale che dai confini non esce per se medesima di<br />

una Bontà mezzana e terrena. Se l’esempio del gran Damasceno prelodato<br />

non mi eccitasse ad appressarmi alla Culla della nostra Celeste Sovrana,<br />

non mi arrischierei, ve lo confesso, di considerar nella Pargoletta Divina<br />

una Bontà di tempra sì bassa. Se la Bontà morale adunque negli atti nobili<br />

e virtuosi consiste e dell’Intelletto e della Volontà, e qual mai, esclama<br />

qui il Damasceno, è quella virtù Intellettuale e Morale, che io non scorgo<br />

in voi, o Maria Bambinella, come in propria sede e domicilio collocata?<br />

Tu virtutum omnium domicilium 35 .<br />

34 In questa santissima bambina c’è la bellezza di tutta la natura.<br />

35 Tu domicilio di tutte le virtù.<br />

428<br />

5. Che se di questo sì pesante domicilium penetrar vi aggrada l’arcano, vi<br />

sovvenga, o Signori, che per quanto sfoggio mai facciano in altri le virtù<br />

Intellettuali o Morali, possono sempre paragonarsi a quelle splendide<br />

vivande, memorate dal Savio, gustate in casa altrui senza domicilio e<br />

fermezza: Epulæ splendidæ in peregre sine domicilio 36 (Eccl. 29, 29). E perché<br />

ciò? Eccolo. Son’esse sempre involte in qualche imperfezione e ben<br />

soggette a perdersi da uno all’altro momento: peregre sine domicilio.<br />

Saggia e prudente quanto mai fu Giuditta, forse di animo, temperata,<br />

circospetta, modesta: talchè lo stesso Eunuco e Mastro di Camera di<br />

Oloferne ebbe a chiamarla piena di bontà singolare: bona Puella 37<br />

(Judith. 12). Umile, rispettosa e divota fu anche Ester, accorta e sagace:<br />

bona Puella. E per tacer di altre, non meno ossequiosa fu Ruth, paziente,<br />

fedele, sincera: bona Puella. Nientedimeno tutte queste gran virtù<br />

potean in loro riputarsi come pellegrine e senza permanente domicilio,<br />

perché imperfette e capaci ad essere espulse: Peregre sine domicilio. Nella<br />

sola gran Vergine Bambina pertanto ebbero le Virtù tutte e Intellettuali<br />

e Morali la lor fissa sede, il loro stabile domicilio: Tu virtutum omnium<br />

domicilium 38 ; perché perfettissime per ogni verso, perché permanenti<br />

per ogni tempo: Tu virtutum omnium domicilium.<br />

6. Che se anche di ciò la ragion ne bramate, chiedetela al Serafino da Siena,<br />

chiedetela al gran Salesio, chiedetela all’esimio Suarez; giacchè non è da<br />

tanto la mia rozza lingua a decifrarvi arcani sì portentosi. Tuttochè le<br />

Morali ed Intellettuali Virtudi, essi dicono, dicansi di lor natura acquistate;<br />

ebbe ciò nonostante Maria, come destinata Madre di Dio, questo<br />

singolar privilegio di riceverle infuse insiem con l’uso di Ragione dalla<br />

Mano stessa dell’Onnipotenza Divina sin dall’Istante primiero di sua<br />

Concezione. Quindi essa insin dal primo momento dell’essere suo trovandosi<br />

con le spirituali Potenze arricchite per infusione celeste di una<br />

perfetta cognizione e prontezza rispetto ad ogni virtù, incominciò sin da<br />

quel punto ad esercitarle in un modo così maraviglioso, che eziandio pic-<br />

36 Splendidi banchetti in casa di un pellegrino senza domicilio.<br />

37 Buona ragazza.<br />

38 Tu domicilio di tutte le virtù.<br />

429


ciola Pargoletta quanto al tenero sacro suo Corpicciuolo, era ben grande<br />

e perfetta nella Bontà morale e virtuosa, incominciandone la carriera con<br />

una perfezione di gran lunga maggiore a quella, con cui i più gran Santi<br />

nel colmo dei loro acquisti ebbero a terminarla. O prodigi non più uditi<br />

da tutti i secoli! Maria Bambinella e nelle Virtù gran Dottoressa: Maria<br />

Pargoletta e nella Bontà eccellente Maestra. Ora sì ben intendo, se perché<br />

il Damasceno volle anche con questo nuovo titolo onorarla: Tu virtutum<br />

omnium domicilium et magistra 39 . O Bontà dunque impareggiabile di<br />

Maria Bambina, Bontà ammirabile e graziosa, Bontà singolare, perfetta,<br />

amabilissima! Chi non ti servirà di vero cuore? Chi non si sentirà rapito<br />

a teneramente e fortemente amarti? Oh Dio, cento e mille cuori io pur<br />

avessi, come ben volentieri… Ma piano, che non siamo ancor giunti al<br />

più sublime della Bontà della Real nostra Bambina.<br />

7. Qual sia, Uditori, il sommo della Bontà dell’Uomo, voi ben lo sapete.<br />

È la Bontà sopranaturale di Grazia e di Amore, Bontà tutta Celeste che<br />

innamora gli stessi Serafini, Bontà essenziale e vera che da tutto il<br />

Paradiso viene ammirata. Consiste questa, conforme insegna l’Angelico,<br />

nell’Unione dell’Umano Intelletto con Dio per via di Fede viva ed operante;<br />

nell’Unione del Cuor umano con Dio per via di Amore filiale e<br />

forte; nell’Unione di tutta l’Anima con Dio per via di Grazia e di stretta<br />

cordiale Amicizia: Bonum hominis consistit in coniunctione eius ad Deum 40<br />

(1. 2. qu. 98, ar. 5 ad 2). Iddio, che è somma ed infinita Bontà per essenza,<br />

Fonte e Centro di ogni Bontà partecipata, da cui ogni altra Bontà deriva<br />

ed a cui ogni vera Bontà ritorna, quanto più seco stringe un Cuore, col<br />

farlo simile al suo, tanto più lo fa buono; quanto maggiormente partecipa<br />

ad un’Anima la sua Divina Bontà, tanto maggiormente la fa amabile,<br />

santa e perfetta. Bonum hominis consistit in coniunctione eius ad Deum.<br />

8. O qui sì, non avend’io formule atte ad esprimer quanto mai sublime e<br />

perfetta fosse la Bontà sopranaturale che sin dalla Culla ebbe Maria,<br />

invito a scender dall’Empireo i Serafini e far presso voi le mie veci.<br />

39 Tu, domicilio di tutte le virtù e maestra.<br />

40 Il bene dell’uomo consiste nella sua unione con Dio.<br />

430<br />

Ma oimè, che trovandosi per la gran maraviglia ammutoliti, ne van essi<br />

pure cercando la nobile tempra: Quæ est ista? 41 Ditecelo almen voi, o<br />

Pargoletta Celeste, quanto fosse perfetta la vostra Bontà, quanto alta<br />

l’Unione con Dio. Ma che ascolto? Anch’essa non ci fa sentir altro, se<br />

non che di aver in lei oprate gran cose l’Onnipotenza Divina: Fecit mihi<br />

magna qui potens est 42 . Ah sì, ben’ora capisco quel che insegnò il Serafino<br />

da Siena, che poggia tanto alto la Bontà e Perfezione sovranaturale di<br />

Maria che a sé solo ha Dio riserbato il pienamente conoscerla: Tanta est<br />

perfectio Virginis, ut soli Deo cognoscenda reservatur 43 . Deh s’è così, riconcentrato<br />

io nel mio nulla al vostro Divino Cospetto, Onnipossente<br />

Facitore del tutto, mi fo ardimentoso a pregarvi di svelarci, quanto mai<br />

cara vi fosse codesta vostra Sposa Bambina, quanto mai buona, santa,<br />

perfetta. Or viva la Divina Clemenza, eccoci esauditi. Miratela, dice<br />

egli e contemplatene prima l’esterne sue dilicate Fattezze; ed ecco che<br />

picciola Pargoletta la rinverrete: Soror nostra parva est (Cant. 8). Ma<br />

notate nel tempo stesso qual Gigantessa sia mai nelle interne sue<br />

Perfezioni di Grazia, di Giustizia, di Amore: In abundanti iustitia virtus<br />

maxima est 44 (Prov. 15, 5). Se io sono, segue Iddio, l’immensa Luce eterna,<br />

essa ne è lo Specchio limpido e chiaro, dove questa mia Luce al naturale<br />

si effigia: Candor est lucis æternæ, et Speculum sine macula 45 (Sap. 7,<br />

26). Se io la stessa essenziale infinita Bontà, essa è l’unica tra tutte le<br />

pure creature, dalle mie mani uscite, ad esserne la Copia più viva e la<br />

più consimile Immagine: Imago Bonitatis illius 46 (Sap. 7, 26).<br />

9. Udiste, Signori miei? Converrebbe pertanto poter comprendere quanto<br />

sia grande l’essenziale Bontà infinita di Dio, per aver talento a capire<br />

quanto ancor grande sia la sovranaturale Bontà di codesta Reale<br />

Bambina, che ne è il più espressivo Ritratto: Imago Bonitatis illius. O pro-<br />

41 Chi è costei?<br />

42 Colui che è potente fece a me grandi cose.<br />

43 Tanta è la perfezione della Vergine che solo a Dio ne è riservata la conoscenza.<br />

44 In una giustizia sovrabbondante massima è la virtù.<br />

45 È il candore della luce eterna e lo specchio senza macchia.<br />

46 Immagine della sua bontà.<br />

431


digi, o arcani, o eccessi di maraviglie! Attoniti perciò tutti i Padri noi<br />

ritroviamo, non sapendo con quali termini dover esprimer l’altezza della<br />

Bontà e Santità di Maria. Chi la dice Forma di Dio, come un Agostino,<br />

chi Trono dell’Essenza Divina, come un Epifanio, chi Abisso di Grazia,<br />

come un Giovan Damasceno e chi per finirla prossima alla Divinità, come<br />

un Andrea Cretense. È Maria Imago Bonitatis illius, e tanto basti. Deh<br />

quanto ne godo, ne tripudio, ne gioisco, amabilissima Divina Pargoletta.<br />

Contento ben sarei di non esser’io piuttosto al mondo, di quel che voi<br />

non foste di sì impareggiabil Bontà che già siete e nell’ordine della<br />

Natura e nell’ordine della Perfezione morale, e nell’ordine della Grazia<br />

ed unione con Dio. Or che vi sarebbe, o mia graziosa Sovrana a spiccar<br />

da quel vostro amabilissimo Buon Cuore una scintilletta di Bontà nel<br />

misero Cuor mio ed in quei di Coloro, che qui divotamente ascoltano le<br />

vostre Lodi? Voi siete sì buona, vi pregherò col Serafico vostro<br />

Bonaventura, deh fatelo per la vostra stessa Bontà! Bona es tu, et propter<br />

Bonitatem tuam Cor meum dirige 47 . Io voglio amarvi ed amarvi tanto e poi<br />

tanto, perché lo merita la vostra Bontà: ma come mai vi amerò, se di<br />

codesta Bontà non me ne fate partecipe? Or io per me stasera tutto nella<br />

vostra Bontà raffidato, ecco che prendo il mio cuore e lo lascio nella<br />

vostra Culla per non più ripigliarlo. Vivrò poi senza cuore, è vero; ma il<br />

mio gran contento sarà quello, o graziosa Bambina, dell’averselo a sè<br />

rapito la vostra Bontà, Bontà amabilissima, singolare, maravigliosa.<br />

47 Buona sei tu e per la tua bontà dirigi il mio cuore.<br />

432<br />

SERMONE TERZO<br />

Lunedì 7 Settembre 1767<br />

Nella terza sera del triduo don <strong>Marcucci</strong> spiega la beneficenza di Maria Bambina.<br />

Come suo solito, parte dall’esperienza comune e nota che, non è facile trovare persone che<br />

allo setesso tempo siano generose e possano esserlo, abbiano cioè sostanze da donare e<br />

volontà di farlo. “Non tutti hanno il cuore e la mano uniti per beneficare”.<br />

Dio donò a Maria, sin dal primo momento della sua esistenza, un cuore amoroso<br />

e materno, verso noi e la possibilità di benificarci; la ricolmò di privilegi perché fossero<br />

condivisi con l’umanità, per questo san Bernardo la chiama Acquedotto divino,<br />

Madre di celeste beneficenza e Dispensatrice di tutte le grazie, fin dalla culla.<br />

Maria ci dona le grazie divine, ma gradisce che esse portino frutto in noi; per questo<br />

Ella le dona ai soli peccatori sinceramente pentiti e ravveduti che a lei ricorrono e<br />

decidono di condurre una vita pia e timorata.<br />

L’Autore conclude con una preghiera alla celeste Bambina per ringraziarla della<br />

sua “amorosa Beneficenza”, per prometterle di amarla in avvenire con cuore operativo<br />

e sincero e di servirla con una vita timorata e devota.<br />

La invoca poi con il titolo di “Vergine clementissima”, a favore dei peccatori che<br />

giacciono nella piena notte della colpa e non hanno speranza di ottenere le sue beneficenze.<br />

Per loro e per lui stesso, che si considera peccatore, invoca la celeste Bambina<br />

affichè sia come Luna che illumina il loro cammino pericoloso e li guida al ravvedimento.<br />

Chiede e spera, allo stesso tempo, che Maria sia per lui un giorno anche Aurora<br />

e Sole e che potrà godere la bella sorte di benedire con i penitenti e con i giusti la sua<br />

amorosa e possente Beneficenza<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 63, pp. 29-45.<br />

La Beneficenza di Maria Bambina<br />

1. Non è da tutti l’esser benefico, perché non tutti per beneficare hanno il<br />

Cuore unitamente e la Mano. Il far altrui del bene, che noi diciamo<br />

Beneficenza, se nasce dall’Amore, non si esegue che col Potere.<br />

Vorrebbero alcuni esser benefici, ma non possono: potrebbero ben altri,<br />

ma non vogliono. Sicchè se Amore e Potere non vadano uniti, non può<br />

la Beneficenza spuntar alla luce. Ed oh quanto e poi quanto, o Signori,<br />

siam tenuti al sommo clementissimo Iddio! Donò egli a Maria sin dal<br />

primo momento dell’esser suo un tal Cuore amoroso verso di noi, che<br />

433


Ella sin d’allora incominciò a procurare i nostri vantaggi con Cuore<br />

materno e ad amarci con un insuperabile Amore, come degnamente<br />

riflette S. Pier Damiani: Maria amavit nos amore invincibili 48 . Quanto poi<br />

al gran Potere, di cui venne dotata, fu sì maraviglioso e universale, che<br />

sull’intero Universo si estese, senza che ai suoi voleri ardisse mai cavar<br />

fuori il capo un Impossibile: Fecit ei magna qui potens est 49 , così il prelodato<br />

Santo nell’atto di encomiare il prodigioso di Lei Nascimento, et data<br />

est ei omnis potestas in Cælo et in Terra et nihil ei impossibile 50 (Ser. 1, De Nat.<br />

Virg.). Quindi la Beneficenza fu sin dalle sue Fasce così propria di Maria,<br />

che noi nell’atto di venerarla Bambina nella sua Culla dir possiamo con<br />

verità, Maria per beneficare esser nata. Or il modo maraviglioso, con cui<br />

Ella sin da Pargoletta esercitasse quest’amorosa Beneficenza, sarà stasera<br />

il soggetto del breve mio Ragionamento. Non vi sia discaro, Signori, ad<br />

onor suo per questa terza volta soffrirmi. Incomincio.<br />

2. Se nacque Maria, come un Iride graziosa, non solo per ricrear i Mortali con<br />

vivi e vari colori delle sue eroiche sovraumane virtudi, ma ancor per placare<br />

con la sua mediazione l’Ira del Cielo e dar segni d’inalterabile pace a tutto<br />

il Genere Umano: se comparve al Mondo la sovrana Bambina, come un<br />

benefico Sole, non tanto per farci osservare quei raggi splendenti del suo perfettissimo<br />

Amore, quanto per illuminarci le Menti e riscaldarci i cuori nel<br />

Divino Sevizio: ciò pur sarebbe di avanzo, voi ben lo vedete o Signori, per<br />

mettere in chiaro, com’essa ponesse in opra a pro nostro sin dalla culla<br />

l’amorosa sua Beneficenza. Nientedimeno non ne è paga Maria, sinchè di tal<br />

sua Beneficenza non ce ne faccia sapere per bocca del Savio le precise finezze.<br />

Io, ci fa essa sentire, Io per disposizione del Cielo venni al Mondo come<br />

un Acquedotto, un Canale di limpide Acque: Sicut Aquæductus exivi de<br />

Paradiso 51 (Eccl. 24, 41). Che favellar misterioso sia questo lo va rintracciando<br />

il mellifluo di Chiaravalle Bernardo e ne prende tanto piacere, che un suo<br />

nobil Sermone del Nascimento di Maria si fa ad intitolarlo De Aquæductu.<br />

48 Maria ci ha amato con amore invincibile.<br />

49 Colui che è potente le fece grandi cose.<br />

50 Le è stato dato ogni potere in cielo ed in terra, e niente a Lei è impossibile.<br />

51 Come un corso d’acqua sono uscita dal Paradiso.<br />

434<br />

3. Mettiam fuori l’Arcano. È Iddio la Fonte perenne ed inesausta della<br />

Pietà e Misericordia. Sì, contesta Davide; ma Iddio sdegnato col Genere<br />

Umano, si riteneva raccolte in se medesimo, quasi in una immensa<br />

Conserva, queste Acque di vita e di salute: Apud te est fons vitæ 52 (Psal.<br />

35); e permetteva, che l’uomo, divenuto arido, languido, appassito e<br />

secco, se ne giacesse tutto chino e ritorto verso la Terra. Passavano i<br />

secoli, le età volavano, piangevano i Patriarchi, sospiravano i Profeti,<br />

esclamavano gli antichi Sacerdoti, ma seguitavan le Acque delle Divine<br />

Grazie e Misericordie a star racchiuse: Apud te est Fons vitæ. Non ne fate<br />

stupore, ripiglia Bernardo. Non sgorgan quell’Acque benefiche dalla<br />

lor Fonte, perché non era stato per anche formato l’Acquedotto della<br />

Beneficenza, non era ancor nel Mondo il Canale delle Grazie Celesti,<br />

non era ancor nata MARIA. Propterea Fluenta gratiæ defuerunt, quòd deerat<br />

Maria desiderabilis Aquæductus 53 . Nasce la Celeste Infanta, ed ecco<br />

incomincian per questo canale a scender in abbondanza le Grazie: Sicut<br />

Aquæductus exivit de Paradiso. Non ha ancor libere le delicate Manine al<br />

moto, eppur le ha ben atte a dispensar benefizi. O prodigi non più<br />

uditi! Che vuol dir questo, entra qui ad esclamare il Serafino da Siena,<br />

se non che essere stata Maria, sin dal primo esser suo, dichiarata da Dio<br />

per Madre di Celeste Beneficenza ed insin dalla Culla per Dispensatrice<br />

di tutte le Grazie: Dispensatrix Cælestium Gratiarum. Sicut Aquæductus<br />

exivit de Paradiso 54 .<br />

4. Ma piano, sento qui chi ripiglia. Dipinge nei sacri Cantici lo Sposo<br />

Divino tutte le sovraumane delicate Fattezze di Maria, come di sua<br />

Madre e Sposa diletta: e così reciprocamente dipinge Maria le Fattezze<br />

Divine di Gesù, come di suo Sposo e Figlio diletto. Or nel descriver<br />

Maria le Mani del Figlio, le dice così belle e gentili, che le rappresenta<br />

52 Presso di Te è la sorgente della vita.<br />

53 Per questo mancarono i fiumi della grazia, perché mancava Maria, desiderabile<br />

Acquedotto.<br />

54 Dispensatrice delle grazie celesti. Come un Acquedotto uscì dal Paradiso.<br />

435


come ben lavorate al torno con tutta la maestria e delicatezza: Manus<br />

eius tornátiles 55 (Cant. 5, 14); e tutte benefiche, piene di gemme preziose<br />

per dispensarle: plenæ hyacinthis 56 . Ma all’incontro Gesù fece ben<br />

menzione sin del più minuto capello dell’aurato Crine della sua Madre<br />

e Sposa; ma delle mani neppur un sol cenno ne diede. Come dunque,<br />

dir potrebbe qualcuno, avrà la Reale Bambina le sue Mani così benefiche,<br />

se lo Sposo Divino la dipinge senza Mani nei sacri Cantici? Non<br />

più stupori, si fa a risponder Bernardo. Non appariscon le Mani di<br />

Maria Bambina, appunto perché Bambinella ancor sulle fasce: ma non<br />

vi è necessità che appariscan di fuori per dispensarci le Grazie, perciocchè<br />

non ha essa altre mani per dispensarle, che quelle stesse<br />

Onnipotenti del suo Divin Figlio. Descritte dunque le Mani del Figlio<br />

per tutte belle, graziose e benefiche; questo bastava per capire, che tali<br />

erano le Mani della Madre, senza che menzione alcuna a parte se ne<br />

facesse: giacchè de plenitudine Mariæ accipiunt Universi, sicut de Filio 57 ,<br />

come il Santo conchiude.<br />

5. E poi, non fa forse lo Sposo Divino minuta memoria degli aurati<br />

Capelli della Pargoletta sua Sposa? Picciola, è vero, la dice, perché<br />

Bambinella: Soror nostra parva est (Cant. 8): ma tuttochè così tenera<br />

sulle Fasce, la descrive con i Capelli così lunghi e copiosi, come quelli<br />

della Gregge di Galaad: Capilli tui sicut Greges quæ ascenderunt de<br />

Galaad 58 (Cant. 4). Sotto il simbolo dei Capelli, non v’è chi non sappia<br />

significarsi i Pensieri e desideri dell’animo. Che arcano dunque è<br />

mai codesto di chiamarsi i Pensieri e Desideri di Maria Bambina col<br />

nome di Galaad? Capilli tui sicut Greges de Galaad. Ve lo dirò, Uditori.<br />

Galaad era Capo delle Città di Rifugio nell’antica Legge ed asilo principale<br />

dei Rei. Or tutti i Capelli o sien Desideri della nostra Sovrana<br />

Pargoletta, son tutti di Galaad, cioè tutti diretti a beneficarci col suo<br />

Patrocinio e ad accoglierci sotto la sua Protezione, come in sicuro<br />

55 Le sue mani ben tornite.<br />

56 Piene di giacinti.<br />

57 Dalla pienezza di Maria tutti attingono, come dal Figlio.<br />

58 Le tue chiome come greggi che son venute da Galaad.<br />

436<br />

asilo e rifugio. Ma s’è così, odo qui chi soggiunge, perché mai in<br />

Maria Bambina esprimersi un tal’amoroso ufizio con lodarne i Capelli<br />

e non piuttosto gli Occhi che compatiscono, o i Piedi che accorrono?<br />

Risponde Bernardo, perché son più atti i Capelli di Maria ad esprimer<br />

la sua Beneficenza. I Capelli son molti, son lunghi e crescon di bel<br />

nuovo, anzi si aumentano, qualor si taglino. Così molti e poi molti e<br />

lunghi e continui sono i Benefici, che la Pargoletta Divina a noi graziosamente<br />

comparte. Che se mai la nostra ingratidudine e le nostre<br />

colpe taglino in Mano sua i favori, e si procurin piuttosto i castighi<br />

della Divina Giustizia, non per questo finisce essa di beneficarci, anzi<br />

sempre più allor se le aumenta la premura di sottrarci dallo sdegno<br />

Divino, sempre più cresce in lei la finezza della sua Beneficenza e<br />

Misericordia, facendo quanto mai dal suo canto per toglier di mano<br />

alla Divina Giustizia la spada fulminatrice.<br />

6. Osservatene, Signori, una molto viva figura. Ecco là sulla Porta del<br />

Paradiso terrestre un Cherubino in abito da Guerriero con visiera calata,<br />

spirando da ogni parte furore e sdegno, posto da Dio, come per<br />

sentinella, con una terribile spada di Fuoco alla mano in contrasegno<br />

dell’Ira Divina, minacciando sterminio e morte a chiunque osasse<br />

appressarsi (Gen. 3, 24). Date tempo. Lasciate che si fabbrichi l’Arca<br />

del Testamento, vivo simbolo e modello e della Culla di Maria e di<br />

Maria medesima. Ordina Iddio a Mosè, che vi ponga al di sopra, come<br />

di guardia, due Cherubini: Arcam de Lignis setim compingite… Duos quoque<br />

Cherubim facies 59 (Exod. 25, 10). Ma in quale atto e con quali armi<br />

in mano? Forse pur in atto di sdegno? Deh no. Forse pur vibranti<br />

spade di fuoco? Neppure. Mutano i Cherubini sopra l’Arca e genio e<br />

atto ed armi e mestiere. Cambian in stupore lo sdegno, ed in ossequiose<br />

penne le spade. Non più appaion Ministri della Divina<br />

Giustizia, ma Esecutori della Divina Misericordia. Or che strana peripezia<br />

è mai codesta? Vedon essi la figura e della Culla della loro<br />

Regina e della lor Regina medesima ed attoniti rimirandosi l’un l’al-<br />

59 Fate un’arca di legno di acacia…farai anche due cherubini.<br />

437


tro: Respicientes se mutuo 60 , divenuti tutti mansueti e pacifici c’indicano,<br />

che coll’essersi fabbricata già l’Arca, coll’esser già nata Maria, avea<br />

questa di tratto disarmata la destra alla Divina Giustizia, ed implorata<br />

al Mondo la pace, la misericordia e la salvezza.<br />

7. Non vi sia discaro, Uditori, per vederne il contesto a meco assister col<br />

pensiero alla Lotta misteriosa tra Dio e Giacobbe (Gen. 32). Irritato<br />

quanto mai l’Altissimo dal Genere Umano, era già in risoluzione di<br />

atterrarlo e dispederlo. L’amor per altro verso il suo fedel Servo<br />

Giacobbe lo ratteneva. Alla fine crescendo vieppiù nel Mondo le enormità,<br />

scende Dio in persona ad eseguir la sua rigorosa Giustizia. Se ne<br />

avvede Giacobbe e con tutte le forze della sua vita innocente gli si oppone.<br />

Ed ecco si dà principio alla terribile Lotta. Oimè! Suda, si affatica e<br />

si affanna il Santo Patriarca e sembra che stanco or pieghi alquanto<br />

all’indietro, ed or vicino sia a cedere, or a cadere. Forte Giacobbe! Ma si<br />

querela il poverino della circostanza del tempo. È notte, esclama, il gran<br />

buio delle tenebre della colpa, che ricopre la Terra, mi è contrario: Nocte<br />

illa… luctabatur 61 . Non vedo, ove poter fermare il piede, quando mi<br />

sposta; non scorgo, ove debba appoggiarmi, qualor mi piega. Ed oh<br />

fosse pur vicino il Giorno e si affacciasse l’Aurora, quanto mi riuscirebbe<br />

propizia, quanto benefica! Nocte illa… luctabatur. Ma che? Ecco sul<br />

più caldo della misteriosa Lotta incomincia ad albeggiare alquanto su<br />

quell’Orizzonte, ecco spunta l’Aurora. Luctabatur cum eo usque mane 62 .<br />

Rinvigorito Giacobbe dal benefico aspetto dell’Aurora, si stringe vieppiù<br />

a Dio e lo abbraccia e lo tiene e lo ferma. Lasciami, gli dice Iddio:<br />

buon per te, che hai l’Aurora propizia: già son placato: Dimitte me: iam<br />

enim ascendit Aurora 63 (Gen. 32, 26). Oh questo poi no, replica il<br />

Patriarca: non sia mai, che io ti lasci, se in contrassegno di pace, a<br />

riguardo dell’Aurora già nata non mi benedici: Non dimittam te, nisi<br />

60 Guardandosi l’un l’altro.<br />

61 Quella notte…lottava.<br />

62 Lottava con lui fino al mattino.<br />

63 Lasciami: ormai spunta l’aurora<br />

438<br />

benedixeris mihi 64 . Quanto disse, tanto volle, e tanto ottenne: Et benedixit<br />

ei. È troppo risaputo, o Signori, il senso di questo gran fatto.<br />

Al nascer di Maria, Mistica Aurora del Sommo Sole Divino, ebbe il suo<br />

fine l’antica ed ostinata Guerra tra Dio e l’umano Lignaggio; e fu cura<br />

della nata Bambina disarmar la destra di Dio sdegnato e renderlo tutto<br />

pacifico con noi mortali. Cesset instantia luctaminis, esclama perciò qui<br />

attonito l’eminentissimo Ailgrino, quia iam nascitur Aurora Virgo<br />

Maria 65 (In Cant. 6). O grande Amore e Potere della nostra Real<br />

Pargoletta! O prodigi della possente ed amorosa sua Beneficenza!<br />

8. Chi può ridire pertanto, cari miei Uditori, quanto grande, sincera e<br />

operativa esser debba la gratitudine nostra a sì generosa e liberale<br />

Benefattrice? Certamente quella corrispondenza che in sole voci ed in<br />

soli affetti consiste, è troppo magra. Quella divozione che si riduce ad<br />

un puro pascolo di occhi nel concorrere ad una Chiesa, chiamar si può<br />

curiosità piuttosto, che atto di pietà cristiana. È la sacra Bambina,<br />

come già udiste, quel prodigioso Canale ed Acquedotto, per cui<br />

discendon le Acque delle Grazie celesti nell’arido terreno del nostro<br />

Cuore. Or è un error troppo massiccio il poi credere, che essa voglia<br />

veder queste Acque benefiche restarsene inutili senza render fruttifero<br />

il nostro Cuore con i frutti di vita eterna. Se dispensa Maria i favori con<br />

le stesse Mani pietose e onnipossenti del suo Divin Figlio, come poi<br />

potrà soffrire, che queste mani Divine sian di bel nuovo trafitte e piagate<br />

dalle nostre colpe? Gode essa, non nego, di vedersi costituita da<br />

Dio per nostro sicuro asilo e rifugio, ma non credeste già che tal voglia<br />

essere per li presuntuosi e spensierati. Si pregia di poter placare lo<br />

Sdegno Divino e di poter muover a suo talento la Divina Misericordia<br />

ad accordare il perdono e la pace, ma bensì rispetto ai soli peccatori<br />

contriti, penitenti e di vero cuor ravveduti, che a lei con sincere lagrime<br />

fanno ricorso e si appigliano ad una soda divozione con una vita pia<br />

e timorata. Udite e finisco.<br />

64 Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto.<br />

65 Poiché ormai nasce l’aurora, la Vergine Maria.<br />

439


9. Defunto Davide e salito sul Trono d’Israele il sapientissimo Salomone,<br />

illustrato il Giovinetto Monarca da un lume straordinario superno, spedisce<br />

un ordine strepitoso di castigo contro i tre gravi Offensori del<br />

mansueto morto suo Genitore, cioè contro di Adonia, Gioabbo e<br />

Abiatarre (2 Reg. 2). Indi comanda, che ai primi due si tolga la vita, al<br />

terzo poi si riservi. Sire, gli dice Banaia, tutti tre sono rei di morte. Sì,<br />

risponde Salomone; ma Abiatarre portavit Arcam Domini Dei 66 (3 Reg.<br />

2, 26). Quando Davide mio padre riportò l’Arca del Signore, Abiatarre<br />

non assistè con la sola presenza facendo numero e popolo, come soltanto<br />

assisteron Adonia e Gioabbo, ma sottomise di buon cuore le spalle<br />

alle leve dell’Arca e la portò tutto pietoso e divoto: quindi eziandio sia<br />

in sè reo di morte, quanto che gli altri, si riservi tuttavia in vita, in<br />

riguardo del vero servizio all’Arca prestato, a distinzione degli altri:<br />

Abiatar vir mortis est; sed non interficiam, quia portavit Arcam Domini Dei 67<br />

(3 Reg. 2, 26). Tant’è, Signori miei, l’aver effettivamente con l’opre servito<br />

un’ombra, un figura di Maria Bambina, bastò ad Abiatarre per<br />

rimaner esentato da una morte dovutagli: laddove un semplice ossequio<br />

di pure voci e di pura presenza prestato da Adonia e Gioabbo, nulla<br />

montò presso di Salomone per essere dalla morte meritata aggraziati.<br />

Applichi ciascuno il fatto ai propri bisogni. Ed io intanto, genuflesso ai<br />

beati Piedi della Pargoletta Divina, chiuderò il mio rozzo dire con una<br />

sincera e solenne protesta.<br />

10. Eccelsa Regina dell’Universo, Dispensatrice dei Celesti Tesori, Madre<br />

della più amorosa Beneficenza, giacché la vera gratitudine e corrispondenza,<br />

che da noi richiedete, ha da consistere nel divenir vostri veri<br />

divoti, e questa vera divozione è quella, che non solo impiega il Cuore<br />

nel vostro Amore e la Lingua nelle vostre lodi, ma ancor le spalle e la<br />

vita nel fedele vostro servizio e del vostro Divin Figlio; eccomi qua<br />

umiliato ai Piedi vostri e onninamente risoluto di volervi amare in<br />

avvenire con cuore operativo e sincero e di volervi fedelmente servire<br />

con una vita timorata e divota. Lo merita pur troppo la vostra impareg-<br />

66 Portò l’arca del Signore Dio.<br />

67 Abiatarre è un uomo di morte; ma non lo ucciderò, perché ha portato l’arca del Signore Dio.<br />

440<br />

giabil Bellezza (oh quanto siete bella!), lo merita la sovragrande vostra<br />

Bontà (oh quanto siete buona!), lo merita l’amorosa e possente vostra<br />

Beneficenza (oh quanto siete benefica!). Io deposito nella vostra Culla,<br />

anzi lascio in perpetuo dono nelle vostre benefiche Mani tutto il mio<br />

Cuore in pegno di questa mia volontà risoluta. Ed oh così avessi pur<br />

fatto per lo passato, delle cui mostruose mie ingratitudini ed enormità<br />

ve ne chiedo umilmente perdono. Confesso sinceramente, o mia gran<br />

Sovrana, che io mi arrossisco di starvi qui davanti nell’atto stesso che<br />

imploro la vostra clemenza. Nientedimeno, su di questa raffidato, mi fo<br />

animo di ricordarvi col gran Pontefice Innocenzo III sì vostro divoto,<br />

che voi, o Divina Bambinella, nasceste come Sole, come Aurora, come<br />

Luna per beneficarci in ogni tempo, di pieno giorno, di primo mattino,<br />

di piena notte. Cento e mille volte pur felici i Giusti, che godendo il<br />

pieno Giorno della Grazia, hanno la bella sorte di vedervi nata per loro<br />

come un Sole, electa ut Sol 68 , per vieppiù illuminarli e riscaldarli nella<br />

perfezione. Ma, oimè io non son Giusto. Ben avventurati i veri<br />

Penitenti, che trovandosi nel primo mattino della sincera Penitenza, vi<br />

rimirano nata per loro come un’Aurora, quasi Aurora consurgens 69 , affin<br />

di ricrearli ed istradarli nell’acquisto delle virtù. Ma, me misero, neppur<br />

son vero Penitente. Vergine clementissima e gli infelici Peccatori,<br />

che giacciono nella piena notte della colpa, non potran dunque goder la<br />

speranza di vedervi nata benefica e graziosa anche per loro? Deh sì, sì,<br />

che voi nasceste per loro come una Luna, ut Luna, affin di far loro vedere<br />

la strada precipitosa che battono e farli dare indietro per appigliarsi<br />

alla strada sicura del loro ravvedimento. Siatemi pertanto, almen come<br />

Luna, giacchè son misero Peccatore; sebbene io spero, o Maria, e vivamente<br />

lo spero, che mi sarete un dì anche Aurora e Sole; e che godrò la<br />

bella sorte di poter benedire con i Penitenti e con i Giusti l’amorosa e<br />

possente vostra Beneficenza. Amen.<br />

68 Eletta come il sole.<br />

69 Come aurorache sorge.<br />

441


ORAZIONE PER LA SANTA BAMBINA<br />

Recitata Giovedì 8 Settembre 1768 nella Chiesa Abaziale<br />

di S. Angelo Magno di Ascoli, in occasione della Festa ivi celebrata<br />

L’Orazione per la festa di Maria Bambina viene proposta dall’Autore ai fedeli<br />

della Chiesa di sant’Angelo Magno, dove l’anno precedente aveva predicato il triduo<br />

in preparazione alla stessa festività.<br />

La composizione è elaborata in modo ampio in 21 punti e attinge a tutte le figure e<br />

simboli dell’Antico Testamento per descrivere le eccelse prerogative e bellezze di Maria<br />

Bambina. Don <strong>Marcucci</strong> si rifà anche alla dottrina dei padri della Chiesa, in particolare<br />

di sant’Agostino e di san Bernardo, eppure “colori, astri, gemme, metalli, prati,<br />

fiori, mari e quanto c’è di bello, di eccellente, di raro nell’Universo, tutto, viene di gran<br />

lunga superato dalla real Pargoletta”. Ella è la Regina dell’Universo ed esercita, già<br />

nella culla, il suo ufficio verso tutti: in Cielo, in Terra e perfino nell’Inferno.<br />

Maria Bambina non nasce schiava del peccato, come noi, bensì “come un delizioso<br />

Giardino di Melograni”, nasce come regina incoronata, discendente della famiglia<br />

regale di Davide, Madre di Gesù.<br />

Nella divina maternità di Maria sono racchiuse tutte le sue altre qualità:<br />

Immacolata e Santa nella sua Concezione, piena di Grazia, dotata di perfetto uso di<br />

ragione nella sua nascita, superiore di meriti e di gloria a tutte le celesti gerarchie,<br />

collocata nell’Empireo alla destra del Figlio in corpo ed anima, dotata di una mirabil<br />

potenza sopra tutto il Creato.<br />

Maria viene descritta come porta spaziosa di Dio e finestra del Paradiso; come<br />

luna, aurora e sole che sorge, cioè rifugio dei peccatori e madre dei giusti, vincitrice del<br />

male. Beati i sudditi di tale Regina e Madre! Beati noi che siamo suoi figli e devoti!<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 63, pp. 1-26.<br />

Argomento<br />

Maria Bambina, essendo nata Regina dell’Universo,<br />

stando ancor nella Culla, esercita la sua mirabil Potenza in Cielo,<br />

in Terra e nell’Inferno (a favore dei suoi fedeli Sudditi e Divoti)<br />

1. In un Dì solennissimo, qual è l’odierno, alla Natività sacrosanta di MARIA<br />

consacrato, non è così agevole, come si crede, o Signori, alla sua Culla Reale<br />

intesser gli elogi. Le tante misteriose circostanze che la accompagnano,<br />

piene tutte e di prodigi e di maraviglie, se arrecar posson diletto ad ogni<br />

442<br />

cuore, riempion nel tempo stesso di un estatico stupore ogni mente e fanno<br />

ammutolire ogni lingua; come dopo il grande Agostino lo contestava<br />

Bernardo. Non si trova vivezza di colori per dipingere la Reale Bambina,<br />

non splendore di Astri, non rarità di Gemme, non preziosità di metalli, non<br />

amenità di Prati, non vaghezza di Fiori, non vastità di Mari, che vagliano a<br />

perfettamente simboleggiarla. Imperocchè e Colori, ed Astri, e Gemme, e<br />

Metalli, e Prati, e Fiori, e Mari, e quanto mai vi ha di bello, di eccellente,<br />

di raro nell’Universo, tutto, vien di gran lunga dalla Real Pargoletta ecceduto.<br />

Basti dire, che la sua Culla è di un portentoso lavoro all’intutto celeste,<br />

intersiata per ogni parte di tutti i Privilegi dell’Onnipotenza del Divin<br />

Padre, di tutte le Perfezioni della Sapienza del Divin Figlio, di tutte le<br />

Grazie dell’Amore dello Spirito Santo. Me dunque infelicissimo che far<br />

debbo io, Signori, giacchè obbligato pur mi trovo in quest’anno a consacrar<br />

altra volta le labbra alle Glorie di sì ineffabile maravigliosa Bambina?<br />

Tentai da questo medesimo Luogo l’anno scorso di porvi sott’occhi la sua<br />

impareggiabil Bellezza, la Bontà sua singolarissima, la doviziosa sua<br />

Beneficenza. Ma poi che dissi mai? Nulla affatto e poi nulla. Deh sì, che io<br />

mi trovo perduto, o Divinissima Pargoletta, nel dover favellare di voi, se<br />

non mi prestate benigna voi stessa le idee, i concetti, le voci per alquanto<br />

lodarvi. Quanto a me, non posso far altro, che dimostrarvi il buon cuore e<br />

l’animo mio bramosissimo di esaltar le vostre Grandezze. Prendetelo adunque<br />

pur voi, o Signori, per una semplice dimostrazione del mio buon cuore<br />

verso Maria Bambina, se io ardisco in quest’oggi di esporvi, come essendo essa<br />

nata Regina dell’Universo, esercita, stando ancor nella Culla, la sua mirabil<br />

Potenza in Cielo, nella Terra e sin giù nell’Inferno. Onde qual sia la benavventurata<br />

sorte di tutti quei, che di sì possente Regina son fedeli Sudditi e<br />

Servi, potrà la stessa vostra accortezza dedurlo, senza che si adopri la mia fievolezza<br />

in ridirlo. Favorite voi intanto, di osservar la sua Culla, divenuta un<br />

Reale maestosissimo Trono; nel mentre che io, prevalendomi dei vostri<br />

favori, incomincio, come tale, a dimostrarvela.<br />

I<br />

2. L’impugnare gli scettri, il cinger di corone le tempia, l’aver dal Trono<br />

dipendenti i Regni, dove la Monarchia è ereditaria, è un Gius glorioso<br />

di una Culla Reale, gratuitamente dal Cielo ottenuta. Sì, sì, tra le Fasce<br />

ancora la Maestà di Re o di Regina, a tenor del Diritto ereditario, può<br />

443


isiedere. Quindi se con le Fasce goder si potesse un pieno discernimento<br />

della Mente e della Ragione, ben si vedrebbe allora una Culla attualmente<br />

divenuta un rispettabile Trono e si udirebbe una voce Bambina<br />

spacciare Comandi, imporre Leggi, conceder Favori e reggere<br />

Popolazioni ed Imperi.<br />

3. Che se dalle Culle Reali Terrene aspettar non si possono tali portenti,<br />

ciò procede, perché non restan fregiate tali Culle di tutti quei singolari<br />

Privilegi, che dalla Divina Onnipotenza vennero sol riserbati per la<br />

Culla di Maria Bambina, che in questo Dì veneriamo. Deh sì, che la<br />

nostra SS.ma Pargoletta l’unica fu a nascer Regina e per Diritto di Reale<br />

Prosapia e molto più per la strettissima affinità che ebbe col Gran<br />

Monarca dell’Universo; e l’unica fu parimenti, che trovandosi insin<br />

nelle Fasce dotata di altissimo Intendimento, e di perfettissimo uso del<br />

suo Volere, esercitò ancor nella Culla il suo Reale Dominio e Potere<br />

lassù nel Cielo, quaggiù nella Terra, ed insin giù negli Abissi.<br />

4. Non nasce dunque Maria, come Suddita, no, ma come Regina. Essa è<br />

quella mistica Melagrana dei sacri Cantici, che con la corona in capo<br />

spunta alla luce (Cant. 4). Dirò anzi di più. Essa nasce, come un delizioso<br />

Giardino di Melagrane: Paradisus malorum punicorum 70 ; attesochè la sua<br />

Reale Corona è in tal guisa nobile e preziosa, che vien formata da quelle<br />

di tanti suoi Progenitori Re Coronati: Paradisus malorum punicorum.<br />

5. Intenderete ora l’arcano, o Signori, se perché Santa Chiesa in tal Dì<br />

Natalizio di Maria ci proponga un Vangelo, che sembra sol proprio<br />

della Natività di Gesù Cristo, come Uomo, qual è quello della sua<br />

Genealogia: Liber Generationis Jesu Christi 71 . Vuol dunque la Chiesa<br />

metterci in vista il lustro Reale della nobilissima Prosapia della sacra<br />

Bambina. Ce lo canta all’aperto: Regali ex progenie Maria exorta refulget 72 .<br />

Vuol persuaderci, che anche il Vangelo chiaramente ci dice, se da quan-<br />

70 Giardino di melograni.<br />

71 Libro della genealogia di Gesù Cristo.<br />

72 Maria, nata da stirpe regale, risplende.<br />

444<br />

ti Re coronati sia nata Maria. Imperciocchè, siccome è di fede che Gesù<br />

come Uomo nacque dalla Stirpe Reale di Davide; non poteva egli nascere<br />

da codesti Reali Progenitori, se non ci fosse nata Maria, di cui sola,<br />

come Uomo, egli era Figlio. Onde quel Vangelo ugualmente esalta la<br />

Reale Nascita del Figlio e della Madre. Dica pur dunque S. Matteo in<br />

questo dì: Liber Generationis Jesu Christi; che noi strettamente l’intendiam<br />

con la Chiesa: Regali ex progenie Maria exorta refulget, ex stirpe<br />

David. Pertanto, se nato Re si chiamò con tutta ragione il Figlio dai<br />

Magi: Ubi est qui natus est Rex 73 : dicasi ancor Regina nata la Madre che<br />

tutto il diritto ne gode: Regali ex progenie esorta 74 .<br />

6. Ma piano, R(iveriti) U(ditori), che io dissi poco. Non nacque soltanto<br />

Maria, come Regina, ma come universale Regina, con attuale dirò così<br />

illimitato Dominio e Potere sopra il Cielo, sopra la Terra e sopra ancora<br />

l’Inferno. Dissi molto, è vero, pur io lo confesso. Ma non è già questo<br />

un bel complesso di pie idee di una fantasia mia divota; ma è una<br />

strettissima verità e ve lo contesto. Il gran fine che ebbe Iddio sin dai<br />

secoli sempiterni nel donare al Mondo Maria nella pienezza dei tempi,<br />

non accade che Agostino col nobil corteggio di tutti i Padri ve lo rammenti,<br />

o Signori; giacchè lo sapete pur troppo. La Divina Maternità, a<br />

cui ab eterno era stata preeletta, fu l’altissimo Fine, per il quale Iddio la<br />

creò arricchita di pienezza di Grazia e la fece nascer colma e di Santità<br />

e di Intendimento e di ogni Privilegio più sublime e più raro. Cosicchè<br />

possiam dir con tutta verità di Maria che nacque Bambina agli occhi del<br />

Mondo, ma nacque Madre del Divin Verbo agli occhi di Dio. Bambina<br />

in conseguenza, ma con tutto il diritto e dominio sull’universale<br />

Patrimonio del suo Divin Figlio: Bambina perciò, ma nel tempo stesso<br />

Regina dei Cieli, della Terra e dell’intero Universo.<br />

7. Gelosa quindi la Chiesa di sì ineffabile Prerogativa della Pargoletta<br />

Divina, se ce la propone a vagheggiare ed ossequiar nella Culla, come<br />

Bambina graziosa, ci ricorda tantotosto di raffigurarla e venerarla,<br />

73 Dove è il Re che è nato?<br />

74 Nata da stirpe regale.<br />

445


anche così tra le Fasce, come Madre di Dio: Nativitatem hodiernam<br />

celebremus 75 , ma di chi? Eccolo: perpetuæ Virginis Genetricis Dei Mariæ 76 .<br />

Per questo ancor ci presenta il già memorato Vangelo, dove alle glorie<br />

della Reale Prosapia della Bambina, si aggiunge la massima e l’infinita<br />

della Divina Maternità: De qua natus est Jesus 77 . Ben picciola si rappresenta<br />

in questo dì ai nostri sguardi la vezzosa Pargoletta, quanto alle<br />

Fattezze del delicato suo Corpicciuolo; ma grande e di una quasi infinita<br />

Grandezza si rappresenta alla nostra Mente, quanto alla sua Dignità<br />

di Madre di Dio: De qua natus est Jesus. Un umile Ricovero appare ai<br />

nostri occhi la sua Culla; nientedimeno maestosissima rassembri al<br />

nostro Intelletto, come Trono di chi è Madre di Dio: De qua natus est<br />

Jesus. Di veruna forza e di verun potere, come Bambina, ci compare; ma<br />

di una Potenza e Dominio illimitato la fornisce l’esser di Madre di Dio:<br />

De qua natus est Jesus.<br />

8. E qui permettetemi, o Signori, per una breve digressione che con il<br />

celebre Giovanni di Segovia, Orator nel Concilio di Basilea, come pur<br />

con l’Apostolo Valenziano e col Serafino da Siena io vi dica, non potersi<br />

in alcun modo soffrire l’inconsideratezza di chi a persuadere si fece di<br />

essersi affatto taciuti nel Vangelo vari luminosi Privilegi di Maria, sol<br />

perché ivi non vengono espressamente nominati. Dio buono! E che altro<br />

mai indicar volle l’Evangelista San Matteo con quel suo De qua natus est<br />

Jesus (Matth. 1), San Marco col venit Mater eius 78 (Marc. 3), San Luca col<br />

Mater Domini mei 79 (Luc. 1) e San Giovanni col Mater Jesu 80 (Joan. 2), se<br />

non compendiare, come in una cifra misteriosa, nella sola infinita<br />

Dignità di Madre di Dio tutti quei Pregi singolarissimi che per così<br />

gran Dignità erano necessari e in qualche modo ad essa corrispondenti?<br />

Deh sì, che sebbene implicitamente, nientedimeno ben compresero gli<br />

75 Celebriamo la natività di oggi.<br />

76 Della sempre Vergine Maria, Madre di Dio.<br />

77 Da cui è nato Gesù.<br />

78 E venne sua Madre.<br />

79 La Madre del mio Signore.<br />

80 La Madre di Gesù.<br />

446<br />

Evangelisti nella Divina Maternità di Maria tutte le sue singolari<br />

Prerogative, voglio dire di esser Immacolata e Santa nella sua<br />

Concezione, piena di Grazia e dotata di perfetto uso di Ragione nella<br />

sua Nascita, impeccabile e senz’alcun minimo attuale difetto in tutta la<br />

sua vita, perpetua illibatissima Vergine nella sua Fecondità Divina,<br />

superiore di meriti e di gloria a tutte le celesti Gerarchie, collocata<br />

nell’Empireo alla Destra del Figlio in Corpo ed in Anima, dotata di una<br />

mirabil Potenza sopra tutto il Creato, costituita in somma Regina e<br />

Padrona di tutto l’Universo. Imperciocchè tutti questi Privilegi ed altri<br />

infiniti che noi non sappiamo, tutti di ragione competevano e con ogni<br />

diritto competono a Maria, come a vera natural Madre di Dio.<br />

9. Ma per far ritorno alla sacra sua Culla, donde partii, ed oh che grazioso<br />

spettacolo era mai, o Signori, agli Spiriti Beati e che orrida Scena ai<br />

demoni, il vedere una Bambina tra le Fasce imporre comandi imperiosi<br />

all’Universo intero anche con le sole Occhiate e con i semplici ben<br />

regolati Sospiri; ed ossevar Colei, che neppur libere al moto tenea le<br />

delicate Manine, goder un sì stupendo Potere, talchè alla sua Potenza<br />

riputavasi a gloria il Cielo di cedere e forzati si sentiva il Mondo e tutto<br />

l’Inferno.<br />

10. Ed invero, Uditori, se rispetto al Cielo considerar si debba il gran<br />

Potere della Pargoletta Divina, ci si presenta tantotosto esser essa nata,<br />

come un’Iride allegra per mutare in grazioso il severo sembiante di un<br />

Dio sdegnato. Ella fu, che sin dalla Culla ferendo con i suoi sguardi<br />

amorosi il Cuor di Dio, gli tolse i fulmini dalla mano e gli rapì le chiavi<br />

del Cielo per aprirlo, giacchè sempre chiuso era stato a tutti i<br />

Mortali. Cosicchè essa sola fu quella, che sin dalle Fasce potè con i suoi<br />

desideri penetrar l’ampiezza dei Cieli e girarli ben tutti: Girum Cæli circuivi<br />

sola 81 (Eccl. 24) salendo sino al Trono dell’Altissimo, per far spuntar<br />

di lassù quell’immenso Sol di giustizia, da cui illuminato rimanesse<br />

ogni vivente: Ego feci, ut in Cælis oriretur lumen indeficiens 82 (Eccl. 24).<br />

81 Ho percorso da sola il giro del Cielo.<br />

82 Io ho fatto in modo che nei Cieli nascesse una luce che non viene mai meno.<br />

447


11. Che maraviglia dunque, se all’intorno della Culla della Reale Bambina,<br />

attoniti se ne stanno gli Spiriti Celesti, a folte schiere discesi a corteggiarla;<br />

e stupefatti i Profetti col sol vagheggiarla da lungi? La encomiano i<br />

primi, nata come una lucida Aurora: Quæ est ista, quæ progreditur quasi<br />

Aurora consurgens 83 (Cant. 6): la esaltano i secondi, nata come una lieve<br />

Nuvoletta su di cui posato giace il gran Monarca dei Cieli: Ascendit Dominus<br />

super nubem levem 84 (Is. 19): e sì gli uni, che gli altri ci enunciano la mirabil<br />

Potenza della Pargoletta Divina. Confessano gli Angeli che la Natività<br />

della loro Regina fu in Cielo come l’Aurora della Riparazione delle loro<br />

rovine. Predicono i Profeti che la nata Bambina fu come una Nuvoletta<br />

benigna, perché si frappose tra il Sole scottante dello Sdegno Divino e tra<br />

il Genere umano, servendo a questi di ombra refrigerante e di riparo.<br />

12. Che se ciò vi sembri poco, o Signori, per ben ravvisare l’altezza della<br />

Potenza, che ha riguardo al Cielo la Real Bambinella, saper vi basti, che<br />

essa insin tra le Fasce, come Madre di Dio preeletta, è divenuta per ogni<br />

naturale diritto la Porta di quel beato Regno? E la Finestra; conforme di<br />

Lei scrisse Agostino! E con Agostino canta la Chiesa: Janua Cæli: Cæli<br />

Fenestra facta es 85 . Non so, R(iveriti) U(ditori), se mai seriamente rifletteste,<br />

che qualora il Redentore nominar si volle anch’egli Porta della<br />

Salute, non si disse Janua, ma Ostium 86 . Uditelo in S. Giovanni: Ego sum<br />

ostium 87 (Joan. 10). Or, come voi ben sapete, Ostium vuol dir picciola<br />

Porta, quasi picciola bocca ed apertura di qualche stanza. Laddove Janua<br />

val Porta grande, anzi Portone spazioso di un edifizio. Si chiama dunque<br />

il Redentore Ostium, Porta angusta, perché sebben pietosissimo Padre,<br />

nientedimeno è Giudice ancor rigoroso. Maria Bambina poi si nomina<br />

Janua, Porta del Cielo spaziosa, perché con la sua potentissima mediazione,<br />

mitigando i rigori del Divin Giudice, forma una entrata sì angusta<br />

del Paradiso, una Porta capace a ricevere innumerabile Gente che a Lei<br />

83 Chi è costei che avanza come aurora che sorge?<br />

84 Il Signore salì su nube leggera.<br />

85 Porta del Cielo: sei divenuta Finestra del Cielo.<br />

86 Janua e Ostium significano entrambi “porta”: la sfumatura lessicale è spiegata subito dopo.<br />

87 Io sono la porta.<br />

448<br />

divotamente ricorre. Che se mai per colpa nostra ci chiuda Iddio la Porta<br />

grande, come alle Vergini stolte la chiuse la Divina Giustizia: Clausa est<br />

Janua 88 : che farà allora la potentissima misericordiosa Bambina? Si farà<br />

Finestra del Cielo: Cæli Fenestra facta es 89 ; acciocchè se chiusa si trovi la<br />

Porta per rigor di Giustizia, resti almeno aperta la Finestra per Grazia<br />

affin per essa s’introducano in Cielo i suoi Divoti. Tanto è il suo Potere<br />

rispetto all’Empireo.<br />

13. Non minore però è la sua Giurisdizione in riguardo alla Terra. Godette<br />

Maria sin dalle Fasce il titolo e l’Autorità di Regina dell’Universo; e sin<br />

dalla Culla ebbe a se soggetta, come a Sovrana, tutta la Terra; giacchè per<br />

Lei, più che per altro, come degnamente riflette il Dottore Serafico, fu<br />

dal suo Divin Figlio formata. Quindi per testimonio della Chiesa l’augusta<br />

nostra Pargoletta fu quella, che sempre presente alla Mente di Dio,<br />

gli cagionò un indicibil contento nel fabbricar che faceva i Pianeti e gli<br />

Astri, nel disporre le fonti, i fiumi e i mari, nell’equilibrare i monti e le<br />

colline, nello smaltar di erbe e di fiori i Prati e le Pianure, nel compire<br />

insomma le belle opre delle sue Mani (Prov. 8); appunto, perché in esse<br />

egli raffigurava vari Simboli delle Doti di Maria; e perché al dominio<br />

potente di Maria soggettar le doveva. Con ragione pertanto il Serafino da<br />

Siena, prostrato alla Culla della Reale Bambina, le va col cuor sulle labbra<br />

ripetendo: Tibi data est post Filium tuum omnis potestas in Cælo et in<br />

Terra 90 . Al tuo gran Potere, o eccelsa Regina, io rimiro soggetto quanto<br />

mai vi ha nel Mondo; e tutte le creature sensate ed insensate, ragionevoli<br />

ed irragionevoli, tutte al tuo universale dominio sottoposte le vedo:<br />

Tibi omnis potestas in Cælo et in Terra 91 . Dai cenni tuoi dipender osservo la<br />

serenità e la pioggia, l’infermità e la salute, la guerra e la pace, la tempesta<br />

e la calma, la fertilità e la penuria, la prosperità e l’angustia, la vita<br />

e la morte: Tibi post Filium tuum omnis potestas in Cælo et in Terra 92 .<br />

88 La porta è chiusa.<br />

89 Sei divenuta Finestra del Cielo.<br />

90 Ti è stato dato, dopo tuo Figlio, ogni potere in cielo e in terra.<br />

91 A te ogni potere in cielo e in terra.<br />

92 A te, dopo tuo Figlio, ogni potere in cielo e in terra.<br />

449


14. Quello però, s’io non m’inganno, o Signori, che più di ogni altro esalta<br />

la mirabil Potenza dell’augustissima Pargoletta sopra la Terra, è il<br />

suo sovrano dominio sopra dei Peccatori e dei Giusti. Fatemi ragione,<br />

s’io dica il vero. Qualora previde in spirito il sapientissimo Coronato<br />

di Palestina la Natività di Maria, esclamò attonito e disse, che essa<br />

nasceva come una Luna ed un Sole: Consurgens pulchra ut Luna, electa ut<br />

Sol 93 (Cant. 6). Che mistero è mai questo? La Luna è il Luminare della<br />

notte e sulla notte estende il suo dominio. Il Sole poi è il Luminare del<br />

Giorno e sul Giorno esercita la sua giurisdizione. Or è degno pensiero<br />

del Pontefice Innocenzo III, che dalla Notte simboleggiati vengano i<br />

Peccatori e dal Giorno i Giusti. Dica dunque Salomone, che Maria<br />

nasce come una Luna, che noi l’intenderemo nata come un potente<br />

Rifugio dei Peccatori, affin di illuminarli e ridurli al retto sentiero<br />

della salute: la dica ancor nata come un Sole, perché così veniamo a<br />

risaperla nata, come un potente conforto dei Giusti, affin di vieppiù<br />

riscaldarli nella pietà, e perfezionarli nelle virtù Cristiane. Consurgens<br />

ut Luna, ut Sol 94 .<br />

15. Ed invero, la Luna vien detta la Madre degli influssi; perchè quegli<br />

influssi che dal Re dei Pianeti riceve, tutti li distilla sopra la Terra per<br />

fecondarla. Così la Real Pargoletta è insin dalla Culla una Luna, perché<br />

quelle Grazie, che in sen le ha piovute l’Onnipotenza e Sapienza Divina,<br />

tutte le influisce sopra dei Peccatori, che a Lei fan ricorso, affin divengan<br />

fecondi di frutti di pentimento sincero. Si dice poi il Sole il Padre<br />

delle Produzioni, attesochè penetrando col suo calore le viscere della<br />

Terra, diffonde per tutto la virtù sua produttrice, per cui vengono a perfezione<br />

non men le piante e le frutta, che le Gemme, i Minerali e i<br />

Metalli. In tal guisa è sin dalle Fasce Maria, come un Sol penetrante,<br />

mentre col calore della immensa sua Carità insinuandosi sino al più<br />

intimo del Cuore dei Giusti, fa loro produrre ogni genere di virtù,<br />

anche le più sublimi ed eroiche.<br />

93 Sorgendo bella come la Luna, scelta come il Sole.<br />

94 Sorge come la Luna, come il Sole.<br />

450<br />

16. Ma io, se la sofferenza vostra me lo permette, o Signori, un’altra non<br />

dispreggievole riflessione vi aggiungo. Trovo nella Scrittura che il<br />

Nascimento del Redentore è chiamato un Nascimento di Sole: Orietur<br />

vobis, così in Malachia, Sol justitiæ 95 (Malach. 4). Quello poi della nostra<br />

Gran Regina è intitolato un Nascimento di Aurora ed insiem di Luna<br />

e di Sole: Aurora consurgens, pulchra ut Luna, electa ut Sol 96 (Cant. 6).<br />

Or che arcano è mai questo? Nasce Gesù Bambino, solamente come un<br />

Sole, e Sol di Giustizia, perché siccome il Sole ha il tempo suo determinato<br />

per risplendere, che è il Giorno, così il Redentore ha tempo ed ore<br />

determinate per favorire; così portando la somma sua Giustizia e così<br />

essendosi egli protestato, qualora disse: Nondum venit hora mea 97 (Joan.<br />

4). Nasce poi Maria Bambina, come Aurora insieme, e Luna, e Sole, perché<br />

tutti i tempi, tutte le ore son sue per usar pietà e misericordia.<br />

Favorisce, come Aurora, sul far del mattino i Penitenti già ravveduti:<br />

favorisce come Luna sul colmo della notte i Peccatori che vogliono<br />

emendarsi: favorisce come Sole sul pieno Giorno i Giusti, che entrati<br />

già sono tra lo stuolo dei suoi fedeli Servi e Divoti. Quindi, siccome<br />

tutta la Terra, composta noi la troviamo di Peccatori, di Penitenti e di<br />

Giusti; non fia perciò maraviglia, se la mirabile Potenza e il gran<br />

Dominio della Real nostra Bambina a tutta la Terra universalmente si<br />

estenda. E a questa universal Monarchia della Pargoletta Divina alluder,<br />

credo io, voglia in tal dì Santa Chiesa, qualor facendole tra le fasce le<br />

accoglienze e gli elogi, le va cantando, che la sua Nascita è riuscita di<br />

universal allegrezza a tutto il Mondo: Nativitas tua gaudium annunciavit<br />

universo Mundo 98 ; perché essendo essa nata Regina, non solamente il<br />

Cielo, ma la Terra tutta ancora, è stata partecipe dei maravigliosi effetti<br />

della sua Potenza.<br />

95 Sorgerà per voi il Sole di giustizia.<br />

96 Aurora che sorge, bella come la Luna, scelta come il Sole.<br />

97 Non è ancora venuta la mia ora.<br />

98 La tua nascita ha annunciato la gioia a tutto il mondo.<br />

451


III<br />

17. Sebbene, non abbiam veduta per anche tutta l’estensione del mirabil<br />

Potere della Bambina Reale, voglio dire, se quanto vaglia il suo potentissimo<br />

Braccio contra tutto l’Inferno. Ben fu preveduto in spirito nei<br />

Sacri Cantici; e udite se qual descrizione ne fosse ivi fatta. Nasce Maria<br />

e tutto l’Inferno si mette sossopra per lo spavento. La mira nata Lucifero<br />

con occhi tremanti e vedendola terribile a guisa di un fortissimo Esercito<br />

ben’ordinato, Consurgens…terribilis ut castrorum acies ordinata 99 (Cant. 6),<br />

annunzia con orridi mugiti il totale sterminio a tutti gli Abissi. Mi direte,<br />

come mai la Divina Pargoletta, comparir [da] sola a Lucifero come un<br />

Esercito forte e numeroso? Ve ne spiego l’arcano. Venne Lucifero una<br />

volta alle mani con Michele e con tutto l’innumerevole Esercito delle<br />

Angeliche Gerarchie e ne riportò la disfatta, talchè con tutti i suoi restò<br />

vergognosamente vinto e cacciato: Proiectus est Draco 100 , ce ne assicura<br />

Giovanni (Apoc. 12). Or vedendo nata Maria, parve a Lucifero di veder<br />

in Lei sola raccolta ed unita tutta la terribile ed insuperabil Potenza delle<br />

Angeliche schiere, terribilis, ut castrorum acies ordinata.<br />

18. Eppure, confessar non volle il superbaccio tutto il Potere della nata<br />

Bambina. Imperciocchè se da un intero Esercito degli Spiriti Angelici<br />

rimase vinto e cacciato: Proiectus est; dalla nata Regina degli Angeli, non<br />

solamente restò cacciato, ma di più totalmente fiaccato ed ab[ba]ttuto;<br />

come ce lo ridisse attonito Agostino: Maria inimicos suos, tanquam potens<br />

Regina, prosternit 101 (Ser. 4, De Annunc.). Sì, sì, ecco la mirabil Potenza<br />

della Real Pargoletta contro tutto l’Inferno! Proprio degli Angeli è<br />

discacciare i demoni: Proiicere. Proprio di Maria è di sterminarli e fiaccarli:<br />

prosternere. Dirò anzi di più. Proprio solo della Sacra Bambina è di<br />

stritolar i loro alteri capi, affin più non abbiano ad alzarli superbi,<br />

secondo che lo stesso Lucifero ebbe a sperimentarlo, a tenor di quella<br />

Divina minaccia: ipsa conteret caput tuum 102 (Gen. 3).<br />

99 Sorgendo…terribile come un esercito schierato.<br />

100 Il Serpente è stato cacciato.<br />

101 Maria, come potente regina, annienta i suoi nemici.<br />

102 Ella stessa ti schiaccerà il capo.<br />

452<br />

19. O ben avventurata sorte pertanto di tutti Coloro che di sì possente<br />

Regina son fedeli Sudditi e Servi! Ed oh come, facendo essi divota corona<br />

con i loro ossequi alla sua Culla reale, si riempiono di una gioconda<br />

speranza e di un’amorosa fiducia della loro prosperità per questa vita e<br />

per l’altra della loro eterna salvezza. Certamente se rimirano il Cielo,<br />

ecco lassù, dicono, il Regno, di cui è Porta per noi e Finestra la nostra<br />

Real Pargoletta e dov’essa esercita la sua mirabil Potenza. Se riguardan<br />

questa misera Terra, ecco ripetono il Luogo, che sotto il dominio giace<br />

della nostra Sovrana e dov’essa fa sperimentare la sua Misericordia a<br />

tutti e a Peccatori e a Giusti ed a Penitenti. Se fissan il pensiero giù<br />

negli Abissi, ecco laggiù, conchiudono, quella penosissima Carcere,<br />

dove il potentissimo Braccio della nostra Regina incatenati e conquisi<br />

tiene i suoi e nostri Nemici. Ben avventurata sorte, ripeto, di tutti coloro,<br />

che della Reale Bambina son fedeli Sudditi e Servi! Non han pericolo<br />

che lor sovrasti; non han risico che lor incontri, senza fondata speme<br />

di esserne amorosamente sottratti. Tengono quasi per ambizione l’imbattersi<br />

in traversie, per goder prontamente dei sollievi della lor<br />

Regina. Ed ora sì che intendo un mistero, nascoso in quel vangelico<br />

passo: Non fiat fuga vestra in Sabbato 103 (Matth. 24). Essendo Maria nata<br />

di Sabato, io qui prendo per Sabato e la Natività di Maria e la stessa nata<br />

Bambina. Non fiat dunque fuga vestra in Sabbato. Qualor sovrastino mali<br />

gravissimi, laddove il timore e la fuga sarebbe forse prudenza in altro<br />

giorno; sarebbe imprudenza però e diffidenza in Giorno di Sabato cioè<br />

sotto il possente patrocinio di Maria Bambina. Imperciocchè chi ha in<br />

suo favore la Reale Bambina può star sempre sicuro di sua prosperità e<br />

salvezza. Ecco (mi giova ripeterlo), ecco la bella sorte di chi di tale<br />

Regina è fedel Suddito e Servo.<br />

20. Pertanto, che facciam noi, cari mieri Uditori, che le altrui felicità attoniti<br />

qui ascoltiamo? Salomone qualor presente a se stesso e ai suoi doveri,<br />

si pose a chiedere a Dio che gli mandasse dall’alto la Sapienza: mitte<br />

Sapientiam 104 (Sap. 9). Ed a che fine? Reputò il Savio Monarca la<br />

103 Non avvenga la vostra fuga di sabato.<br />

104 Manda la sapienza.<br />

453


Sapienza Celeste di un sì universale potere, che tenne per certo, che<br />

chiunque degnamente la possedesse, restasse per tutti gli incontri, per<br />

tutti i bisogni ben custodito e protetto: Mitte sapientiam…et custodiet me in<br />

sua potentia 105 . Chi vi è tra voi, che non sappia, o Signori, che non men<br />

dalla Chiesa, che dai Padri, sotto nome di Sapienza vien ancor intesa<br />

Maria? Or non abbiam noi bisogno di chiedere a Dio che ce la mandi,<br />

Ella è già mandata, è già venuta, è già nata; ecco che come graziosa<br />

Bambina la vagheggiamo in questo dì nella Culla. Abbiam bisogno bensì<br />

di porger calde suppliche, affinchè si degni con la sua sì mirabile ed universale<br />

Potenza di custodirci e proteggerci: custodiat nos in sua potentia 106 .<br />

21. Deh sì, o potente pargoletta Divina, custodi nos in tua potentia! Noi vi<br />

riconosciamo, ancor nella Culla, per gran Regina e Sovrana di una mirabil<br />

Potenza in Cielo, in Terra, e sin sopra l’Inferno. Ci dedichiamo il tal<br />

Dì con cuor sincero per vostri fedeli Sudditi, per vostri servi ossequiosi,<br />

per vostri Figli amanti e divoti. Teneteci sempre sotto il vostro<br />

Dominio, fateci sempre in ogni occorrenza e in vita e in morte sperimentare<br />

gli effetti prodigiosi del Real vostro potentissimo Braccio:<br />

Custodi nos in tua potentia. Ed oh noi fortunati allora! C’affrontino pure<br />

i pericoli, c’incontrino pur le disgrazie, ci travaglino pure a lor mal<br />

talento tutti i Nemici. Che faranno mai con tutti i loro sforzi e che<br />

diranno? Sen partiranno confusi e confesseranno anch’essi lor malgrado<br />

la gloria del vostro Regno e l’invincibile forza del vostro potere:<br />

Gloriam Regni tui dicent, et potentiam tuam loquentur 107 (Psal. 144). Noi<br />

poi, come custoditi e protetti dal vostro Braccio, rimasti salvi, che faremo?<br />

Quello appunto che qui oggi adempiamo, voglio dire, che depositando<br />

i nostri cuori, come in voto, ai vostri sacri Piedini sulla Culla,<br />

dandovi mille ringraziamenti in attestato di nostra fedeltà nel servirvi,<br />

esclamiamo: Viva Maria Bambina, che essendo nata Regina<br />

dell’Universo, esercita sin dalle fasce in pro dei suoi Devoti la sua mirabil<br />

Potenza, che ha sopra il Cielo e la Terra e sopra l’Inferno.<br />

105 Manda la sapienza…ed essa mi proteggerà con la sua potenza.<br />

106 Ci custodisca con la sua potenza.<br />

107 Diranno la gloria del tuo regno e parleranno della tua potenza.<br />

454<br />

SERMONCINO<br />

SOPRA LA SS.ma NATIVITÀ DI NOSTRA IMMACOLATA SIGNORA<br />

Venerdì 8 Settembre 1769<br />

Il Sermoncino sarà stato recitatato certamente nella Chiesa dell’Immacolata,<br />

attuale parlatorio della Casa Madre dell’Istituto. Gli argomenti sono ripresi da<br />

quello sviluppato in modo molto più ampio l’anno precedente, nella Chiesa di<br />

sant’Angelo Magno per la stessa occasione.<br />

L’Autore introduce l’argomento con una premessa: quando si parla delle prerogative<br />

di Maria si usano varie immagini affinché chi in un modo, chi in un altro, possano<br />

avvicinarsi a descrivere “le eccellentissime doti che tutte insieme in Maria si racchiudono<br />

e si contengono”.<br />

Maria viene, spesso, paragonata al sole, alla luna, alle stelle, all’aurora e ai<br />

fiori. Tra queste similitudini, don <strong>Marcucci</strong> sceglie di spiegare in che modo e perché<br />

la Natività di Maria venga paragonata ad una stella e ad una verga fiorita.<br />

Viene paragonata ad una stella per la sua materia incorruttibile e viene paragonata<br />

ad una verga che percuoterà i condottieri di Moab e dunque salverà Israele.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 23, pp. 142-144.<br />

Siccome la Gran Vergine nostra Signora supera di gran lunga tutte le pure<br />

creature nella dignità, nella santità e nei meriti; così non vi è tra tutte le<br />

pure creature chi posa rappresentare al vivo le sue ineffabili prerogative, i<br />

suoi singolarissimi pregi. Quindi è, R(iveriti) U(ditori), che qualora nelle<br />

sacre Carte si parla di Maria e di qualche suo mistero, sogliono pigliarsi le<br />

figure, le similitudini, i paragoni, non già da una sola creatura, ma da<br />

molte insieme, come dal sole, dalla luna, dalle stelle, dall’aurora, dai fiori<br />

e da altre mille; affinché tutte insieme concorrano, chi per un verso, chi<br />

per un altro, ad esprimerci in qualche parte le varie eccellentissime doti<br />

che tutte insieme in Maria si racchiudono e si contengono. Quel che io<br />

osservo pertanto in questa solenne festosissima ricorrenza della SS.ma<br />

Nascita della Vergine è, Uditori, che vedo le divine Scritture impegnate<br />

ad esprimerla sotto i leggiadri simboli di stella, di aurora, di verga fiorita<br />

e di altre belle figure che vagliono ad indicarci alcuni di quei singolari<br />

pregi, che ebbe Maria nel suo Nascimento. Pigliamo in mano di grazia la<br />

profezia, espressa non men per il divin Figlio, che per la divina Madre, nel<br />

sacro Libro dei Numeri ed ecco che si fa sentire in tali accenti: Orietur stel-<br />

455


la ex Jacob, et consurget Virgo de Israel, et percutiet duces Moab 108 . Mi direte, e<br />

perché mai Maria SS.ma nella sua Natività fu come una stella e come una<br />

verga fiorita e trionfatrice di Moab? Questo è quel che voglio succintamente<br />

ridirvi stasera ad onor di Maria Bambina. Attendete. Incomincio.<br />

1. Tutte le proprietà della stella, siccome ci rappresentano le mirabili prerogative<br />

che godette la Vergine nel suo Nascimento; così non sia meraviglia,<br />

se la vaga Bambina sotto simbolo di lucida stella ci venga rammemorata<br />

dalla Scrittura: Orietur stella ex Jacob. Primieramente è sentimento<br />

di tutti i filosofi che le stelle siano state ceate da Dio di una<br />

materia incorruttibile, talché quali furon nel lor nascimento, tutte<br />

belle, lucide e indorate, tali si manterranno in tutto il tempo della<br />

loro durazione da Dio stabilita. E così fu la gran Vergine Bambina.<br />

Essa, che per singolar grazia di preservativa Redenzione fu affatto<br />

immune dalla originaria macchia, nacque ancor tutta bella, lucida e<br />

indorata di grazia e di carità e così sempre senza corruzione e alterazione<br />

veruna si mantenne in tutto il corso della sua SS.ma vita. O mistica<br />

stella sempre bella, sempre intatta! Inoltre non nacque Maria come<br />

qualunque stella, ma come una stella di Giacobbe: Orietur stella ex<br />

Jacob. Che mistero è questo?, ecc.<br />

2. Ma piano che la gran Vergine nacque anche come una verga fiorita:<br />

Et consurget virga de Israel. E perché?, ecc.<br />

108 Nascerà una stella da Giacobbe e sorgerà una Vergine da Israele e percuoterà i condottieri<br />

di Moab.<br />

456<br />

Agostino Masucci, L’educazione della Vergine, 1768, olio<br />

su tela, Ascoli Piceno, Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />

Manifattura del sec. XVIII, Maria Bambina, cera<br />

ed altri materiali, Ascoli Piceno, Museo-Biblioteca<br />

“F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />

457


CAP. VIII<br />

SERMONI PER LE FESTE MARIANE<br />

RECITATI<br />

NELLA CATTEDRALE DI MONTALTO<br />

E NELLE CHIESE DELLA DIOCESI<br />

(1771-1789)<br />

458 459


Introduzione al capitolo<br />

Il capitolo raccoglie 15 sermoni sulle varie feste mariane, soprattutto sulla<br />

natività di Maria, sull’Assunta e sulla sua purificazione al tempio, recitati dal<br />

vescono mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong> o nella catterale di Montalto o in qualche<br />

Chiesa della diocesi durante la visita pastorale. Essi sono raccolti nelle miscellanee:<br />

BSC 1519 e ASC 33.<br />

Il contenuto dei sermoni attinge alla sacra Scrittura, alla dottrina dei Padri della<br />

Chiesa e al magistero; sono sempre organizzati secondo le regole retoriche del tempo e<br />

soprattutto attenti a muovere il cuore e la volontà degli ascoltatori; riguardo i contenuti,<br />

l’Autore spesso attinge ad immagini, figure e fonti utilizzati nel periodo della<br />

predicazione precedente la sua consacrazione episcopale.<br />

In alcuni casi il sermone presenta due redazioni: una per i fedeli di Montalto; una<br />

per le suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione di Ascoli, di cui era Fondatore e<br />

Direttore.<br />

460 461


SERMONE SOPRA LA GLORIOSA ASSUNTA<br />

DI NOSTRA IMMACOLATA SIGNORA<br />

Recitato dal Trono nella Cattedrale nel Giovedì mattina<br />

del 15 Agosto del 1771<br />

È il primo sermone che il neo Vescovo <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong> recita nella cattedrale<br />

di Montalto, dedicata alla Vergine Assunta, nel giorno della sua festa.<br />

Nel proemio egli si chiede perché la liturgia odierna proponga, dal Vangelo di San<br />

Luca, il racconto della visita di Gesù alla casa di Marta e Maria e risponde che probabilmente<br />

è per significare, secondo l’interpretazione che ne dà San Bernardo, che<br />

Maria SS.ma “è quel mistico Castello visitato in tal giorno dal Redentore per beatificarlo”.<br />

Il sermone interrompe la sua trattazione al sesto punto. l’Autore immagina lo stupore<br />

degli apostoli che assistono al glorioso transito di Maria; perfino la natura produce<br />

segni di giubilo: la terra fa germogliare nuovi fiori; gli alberi producono balsami<br />

profumati; le pietre fanno scaturire limpide acque; i mari si pacificano; l’aria produce<br />

soavi zeffiretti; il sole appare sette volte più luminoso del solito; la luna con una<br />

nuova bianchezza; le stelle e i pianeti appaiono con un brio più scintillante. Anche gli<br />

angeli e i serafini che sono più abituati a vedere la gloria di Dio, all’arrivo di Maria<br />

in cielo, rimangono grandemente ammirati nel vederla salire così grandiosa e trionfante<br />

e fanno a gara nel corteggiarla.<br />

Nella sacra Scrittura ci sono altre figure che i Padri paragonano al trionfo di<br />

Maria al cielo, come il trasporto dell’Arca che Davide fece al Monte Sion, ma sono<br />

esempi molto lontani dal trionfo di nostra Signora. Ella è anche paragonata ad<br />

“un’aurora gioconda, una luna risplendente, un sole maestoso e brillante”. Il prediletto<br />

San Giovanni che accompagnò la Madre più in alto che potè, la contemplò “riccamente<br />

vestita di lucidissimo oro e di luminosissime gemme, da sembrare un gran sole<br />

con la luna ai sui piedi in segno di rispetto e sul capo una corona di dodici stelle.<br />

L’Autore ripropone simboli e figure mariane già presentate in altri sermoni.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale conservato nella Biblioteca delle<br />

Suore Concezioniste (BSC 1519), pp. 34-38.<br />

462<br />

Intravit Jesus in quoddam Castellum,<br />

con quel che segue in San Luca (cap. 10) nell’odierno Vangelo<br />

La curiosità di sapere non fu mai buona, quando unita non fu coll’umile<br />

sommissione alla Religione e alla Fede. L’ecclesiastica Storia di tanti ce ne<br />

somministra gli esempi che divennero miscredenti, appunto perché curiosi e<br />

superbi. L’andare indagando, se perché mai Santa Chiesa in tal Giorno solenne<br />

all’Assunta gloriosa di Nostra Signora consacrato, sempre sin da lunghi<br />

secoli addietro abbia usato il Vangelo della visita che fece il Redentore al<br />

Castello di Marta e dell’ottima parte che si prescelse Maria: Intravit Jesus in<br />

quoddam Castellum 1 con quel che segue; e non piuttosto abbia fissato a tal<br />

Festa un altro Vangelo, dove espressamente si parli della Gran Vergine, come<br />

sembra fosse più proprio: l’andar ciò, dissi, indagando, è una curiosità di<br />

sapere che per quanto accenna S. Bernardo, par che in qualcuno ai tempi<br />

anche suoi si vedesse. Chiunque nientedimeno presta la debita sommissione<br />

alla Chiesa, ben può facilmente avvedersi, non essersi ciò stabilito, senza un<br />

grande mistero. Vuole in tal Dì Santa Chiesa per via di allegorie rappresentarci<br />

l’Amore immenso del Divin Figlio verso la sua Divina Madre con lo<br />

scendere in Persona a visitarla, per potarla tutta gloriosa nel Cielo, a quel<br />

sublime Posto, che essa si aveva meritato. Intravit Jesus in quoddam Castellum.<br />

Maria è quel mistico Castello, esclama Bernardo, visitato in tal Giorno dal<br />

Redentore per beatificarlo. Intravit, ecc. Maria è quella che oggi fu messa in<br />

possesso di quell’ottimo altissimo Posto, superiore di gran lunga a quello di<br />

tutte le celesti ed Angeliche Gerarchie: Maria optimam partem elegit 2 . Ecco<br />

quel tanto che la Chiesa, retta dallo Spirito Santo, volle sotto così nobile<br />

Allegoria dall’Evangelo corrente indicarci. Che s’è così, rimasti già noi di sì<br />

pia curiosità soddisfatti, impieghiamo ora, Dilettissimi miei, le nostre<br />

ammirazioni, i nostri affetti, i nostri encomi nell’ossequiare le Magnificenze e<br />

le Glorie, con cui la nostra eccelsa Signora fu in Cielo assunta. Qualora di tali<br />

gloriose magnificenze bramiate udirne da me un qualche breve ragguaglio, prestatemi<br />

divota l’attenzione e sarò a soddisfarvi. Incomincio.<br />

1 Entrò Gesù in un villaggio.<br />

2 Maria ha scelto la parte migliore.<br />

463


1. Che nel felicissimo Passaggio della Gran Vergine da questa all’altra beatissima<br />

vita e nel solenne tragitto, che con lo Spirito insieme e col corpo glorificato<br />

fece dalla Terra all’Empireo, pieni di ben alto stupore rimanessero<br />

gli Apostoli e quanti altri ebber la bella sorte di trovarvisi presenti; e che<br />

per tutto il mondo si sperimentasse allora un non so che di giocondo e<br />

festivo, talchè anche le creature insensate ne dessero manifesti contrassegni,<br />

la Terra col germogliar nuovi fiori; gli alberi con gettar balsami profumati;<br />

le Pietre con lo scaturir limpide acque; i Mari col mettersi in pacifica<br />

calma; l’aria col respirar soavi zeffiretti; il sole col comparir sette volte<br />

più luminoso; la Luna con una nuova bianchezza; le stelle, i Pianetti con<br />

un brio più scintillante; certo è, U(ditori) miei cari, che danno a noi del<br />

forte indizio delle stupende e indicibili magnificenze gloriose, che v’intervennero.<br />

Ma che poi gli Angeli stessi e i Serafini, quegli spiriti beati, cioè,<br />

che magnifici e gloriosi in se medesimi, sempre ancor, assuefatti a contemplar<br />

maraviglie, ne rimanessero grandemente ammirati nel veder la salita<br />

così grandiosa e trionfante che al Ciel faceva la loro eccelsa Regina, talchè<br />

nel mentre stesso che a gara facevano nel corteggiarla, non sapevano raffigurarla,<br />

esclamando tra loro: quæ est ista, quæ ascendit de deserto, deliciis<br />

affluens? 3 (Cant. 8, 5). O questo sì, Dilettissimi miei, è la maraviglia delle<br />

maraviglie, che ci fa ben comprendere, essere stata sì magnifica e gloriosa<br />

l’Assunta di Nostra Signora, da fare ammutolir ogni lingua e trasecolare<br />

ogni Angelico non che umano intendimento.<br />

2. Varie belle figure ne abbiam noi nelle Sacre Pagine, nol nego; ma sono<br />

alla fine figure, indicano alquanto, ma non ci rappresentano al vivo il<br />

figurato. Nel trasporto dell’Arca che far volle Davide al Monte Sion,<br />

raffigurano i Padri l’Assunta della Gran Vergine in Cielo. Si viddero<br />

adunati allora in Gerosolima quanti mai di Personaggi, di Sacerdoti, di<br />

Leviti e di Maestri e di Suono e di canto, avesse tutto il Regno d’Israele,<br />

facendo insiem col Re delle Feste e allegrezze intorno all’Arca: David et<br />

ominis Israel deducebant Arcam Domini cum gaudio, cum jubilo et clamore 4 .<br />

Ma che han che far tali feste del mondo con quelle del cielo? Possono<br />

3 Chi è Costei che sale dal deserto piena di delizie?<br />

4 Davide e tutto Israele trasportavano l’Arca del Signore con gioia, giubilo e clamore.<br />

464<br />

ben chiamarsi, come quei lugubri e spaventevoli echi e Mormorii che<br />

sogliono udirsi talora dall’aria riservata e ripercossa negli antri e nei<br />

deserti. Un vero Deserto fu chiamato infatti questo basso Mondo dagli<br />

Angeli, qualor tra le ammirazioni a festeggiare si mise l’Assunta di<br />

Maria: quæ est ista, quæ ascendit de deserto? L’esser discesi dall’Empireo<br />

quanti mai di Patriarchi e Profeti e di Personaggi beati lassù vi regnavano;<br />

l’esser venute tutte le Angeliche Gerarchie a far corteggio all’eccelsa<br />

Signora nella sua trionfante Salita; anzi lo stesso gran Monarca dei<br />

Cieli in Persona: altro è, Uditori, che il Trionfo dell’Arca, che il tripudio<br />

di tutto Israele, che il festoso portamento di Davide.<br />

3. Saper vi basti U[ditori] che agli occhi di tutti quegli innumerabili<br />

Personaggi gloriosi del Cielo comparve Maria in tal Giorno come<br />

un’Aurora gioconda, una Luna risplendente, un Sole maestoso e brillante:<br />

quasi Aurora consungens, pulchra ut Luna, electa ut Sol 5 (Cant. 6).<br />

Andate ora voi, se vi dà l’animo, ad idearvi l’immensa grandezza di<br />

magnificenza e di gloria che circondò Maria nella sua Assunta.<br />

4. La accompagnò al più che potè con gli accesi suoi sguardi sino alle<br />

Porte dell’Empireo il prediletto Giovanni. E udite che ne ridisse. Io<br />

vidi, dice egli, tutta la vastissima smisurata ampiezza del Cielo, piena<br />

di tanti e sì luminosi portenti, che eran divenuti un solo grande portento:<br />

Signum magnum apparuit in Cælo 6 (Apoc. 12). Vidi l’eccelsa<br />

Donna e Signora così riccamente vestita di lucidissimo oro e di luminosissime<br />

Gemme che mi parve un gran Sole e che il Sole medesimo<br />

essendosi come disciolto, l’avesse tutta circondata con i luminosi suoi<br />

raggi: Mulier amicta sole 7 . Vidi la Luna che quasi vergongosa di starle<br />

a petto con i suoi argentei colori, se l’era tutta umile posta sotto dei<br />

Piedi, a guisa di ornato sgabello: Luna sub pedibus eius 8 . Giunta poi,<br />

5 Come aurora che sorge, bella come la luna, eletta come il sole.<br />

6 Un grande segno apparve nel cielo.<br />

7 Una donna vestita di sole.<br />

8 La luna sotto i suoi piedi.<br />

465


che tra gli immensi evviva fu al firmamento, vidi spiccarsi di volo dal<br />

loro petto dodici tra le più lucide stelle, formandole sopra del capo<br />

una sfarzosa signoreggiante corona: In capite eius corona stellanum<br />

duodecim 9 .<br />

5. Che se così stupenda fu la magnificenza e la gloria che accompagnò<br />

Maria sino alle Porte del Cielo, giudicate ora voi, Dilettissimi miei,<br />

qual fosse quell’altra immensa di cui fu riempita, entrata che fu<br />

nell’Empireo, sino ad esser dichiarata Regina dei Santi, Signora degli<br />

Angeli, Imperadrice dei Cieli, Padrona di tutto il creato; e sino ad esser<br />

collocata alla Destra del Figlio. Ah, che troppo debole è Lingua umana<br />

quando, troppo fiacca ancora sarebbe Angelica favella, per ridir le<br />

magnificenze e le Glorie di Maria; essendo sol riservate a quel Dio che<br />

tutto il suo infinito Potere, Sapere ed Amore nel glorificarla impiegar<br />

volle.<br />

6. Altro dunque non possiam fare, o Signora, che a voi ora rivolgendo i<br />

nostri, ecc. Sancta Maria, ecc.<br />

9 Nel suo capo una corona di dodici stelle.<br />

466<br />

SERMONE SOPRA LA PURIFICAZIONE<br />

DI NOSTRA IMMACOLATA SIGNORA<br />

Recitato dal Pulpito nella Cattedrale in Rocchetto e Mozzetta<br />

con l’assistenza di due canonici<br />

nella Domenica mattina del 2 Febbraio 1772<br />

Il Sermone è abbozzato e sviluppato in sei punti. Mons. <strong>Marcucci</strong> contempla l’esempio<br />

di ubbidienza, di umiltà e di edificazione che Maria SS.ma ci offre nella festa<br />

della sua purificazione al tempio. Sebbene Ella non avesse bisogno di sottoporsi alla<br />

legge ebraica della purificazione, la accettò per offrirci un esempio.<br />

Gesù ha istituito i Sacramenti come mezzi di purificazione e tra essi specialmente<br />

quello della Penitenza ossia Confessione, ma molti hanno verso di essi un atteggiamento<br />

di ostinazione, di superbia e di scandalo.<br />

Mons. <strong>Marcucci</strong> dimostra in che modo l’ostinazione sia contraria all’ubbidienza<br />

e l’umiltà sia un chiaro contrassegno di chi si è ben purificato e confessato. Infine,<br />

il segno di una buona confessione è l’edificazione, cioè una vita esemplare e rinnovata.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, pp. 43-48.<br />

Argomento<br />

Ai tre miracoli che nel Giorno della sua purificazione veder ci fece<br />

Maria Santissima, cioè di ubbidienza, di umiltà e di edificazione,<br />

molti e molte ardiscono di contraporre tre altri prodigi,<br />

cioè di ostinazione, di superbia e di scandalo<br />

Tre stupendi Miracoli, vale a dire di ubbidienza, di umiltà, e di edificazione,<br />

veder ci fece la gran Madre di Dio Maria sempre Vergine Immacolata in<br />

questo festosissimo Giorno della sua Purificazione. Osservate, Dilettissimi<br />

miei, se io dica il vero. Comandava Iddio nell’antica Legge Mosaica (Lev. 12)<br />

che una Madre, dopo il parto di un maschio, si presentasse a capo del quarantesimo<br />

giorno al Tempio col suo neonato Pargoletto ed ivi con le offerte<br />

per due sacrifici e con le preci del sacerdote, purificata restasse da ogni legale<br />

immondezza. Questa era la Legge della Purificazione. Or non poteva la<br />

Gran Vergine, come ognun sa, rimaner soggetta a tal Legge, a motivo che in<br />

Lei il concepimento e il Parto Divino, accaduto non era per opra umana, ma<br />

per sola Onnipotente virtù dello Spirito Santo, essendo restata illibata<br />

Vergine nel Parto e dopo il Parto, come innanzi al Parto lo era. Coll’essersi<br />

467


essa poi in tal Giorno voluta soggettare spontaneamente alla Legge di<br />

Purificazione, veder certamente ci fece un gran miracolo di sovraeroica ubbidienza.<br />

Nella comparsa poscia, che ad onta della sua stima agli occhi ciechi<br />

del mondo, far volle in tal dì, quasi bisognosa fosse di rimaner purificata a<br />

guisa delle altre madri comuni, veder Maria ci fece un gran miracolo di sua<br />

umiltà sopreroica. Essendosi per finirla di buon’animo ad una tal Legge, non<br />

fatta per Lei, resa anche soggetta per dare ad altri ottimo esempio e fuggir<br />

qualche calunniosa taccia, che incontrar poteva l’inosservante appresso chi<br />

nulla risapeva dell’alto mistero, venne in tal Giorno a farci notare un gran<br />

miracolo di altrui edificazione. Cosicchè, figliuoli miei carissimi, possiam<br />

pur noi con ragione accomodare a questo festivo Giorno quel che canta la<br />

Chiesa nell’Epifania del Signore: Tribus miraculis ornatum diem sanctum colimus<br />

10 , ed esclamare a gloria di Maria Santissima, che tre grandi miracoli<br />

veder ci fece in questo Santissimo giorno di sua Purificazione, cioè Miracolo<br />

di ubbidienza, Miracolo di umiltà e Miracolo di edificazione. Perdonatemi,<br />

nientedimeno, o mia Celeste Signora, benchè tutti con la lingua così di voi<br />

confessano e vi onorano; non tutti però ve lo contestano col cuore e con i loro<br />

468<br />

Paolo Vitellozzi, Presentazione di Gesù al Tempio, Affresco, 1751, Ascoli<br />

Piceno, Casa Madre, lunetta nel locale della prima Chiesa a piano terra,<br />

oggi utilizzato come sala di ricevimento.<br />

10 Noi onoriamo il giorno santo adorno di tre miracoli.<br />

portamenti. Ai tre vostri stupendi miracoli di ubbidienza alla Legge di Dio,<br />

di umiltà e di edificazione, ed oh quanti ed oh quanti ardiscono di contraporre<br />

tre altre prodigi di specie all’intutto diversa, voglio dire, di ostinazione,<br />

di superbia e di scandalo; quasichè per loro veruna legge di Purificazione,<br />

stabilita si fosse dal divin Redentore. Dilettissimi miei, potrebb’essere, che<br />

io fossi in abbaglio. Vediamolo attentamente.<br />

I<br />

1. Se tanta premura ebbe Iddio di stabilire nell’antica Legge varie sorti di<br />

sacre purificazioni e per li Sacerdoti e per li Leviti e per le donne e per<br />

gli uomini, essendone piene le Scritture divine del vecchio Testamento;<br />

tuttochè alla fine si trattasse di un Popolo, istruito soltanto con le figure<br />

e con i simboli della vera Santità: quanto più dovrà dirsi premuroso<br />

essere stato Iddio nel prescriver le Leggi di una Purificazione più maravigliosa<br />

e più efficace ad un Popolo, com’è il Cristiano lavato e pasciuto<br />

col sangue preziosissimo di Gesù Cristo? Eh Cristiani carissimi, finirono<br />

le ombre di santità, cessaron le figure della vera Religione nella<br />

morte del Redentore. La Purificazione nostra, grida l’Apostolo, non più<br />

consiste nel sangue delle vitelle, negli olocausti degli agnelli e degli<br />

arieti, non più nei sacrifici delle colombe e degli altri Animali.<br />

Cessarono affatto e furon all’intutto annullate queste ombre e queste<br />

figure. Consiste dunque la nostra Purificazione nella virtù infinita del<br />

prezioso Sangue del Redentore: Sanguis Christi emundat conscientiam<br />

nostram 11 (Haebr. 9, 14): e il Principe degli Apostoli ce lo contesta<br />

dicendo consistere in aspersionem Sanguinis Jesu Christi 12 (1 Pet. 1):<br />

e il diletto tra i discepoli: sanguis Jesu Christi emundat nos ab omni<br />

peccato 13 (1 Joan. 1). Tutto ciò è di fede infallibile che professiamo.<br />

2. Ed è ancor di fede che Gesù Cristo ha istituiti i Canali propri, per cui<br />

applicata ci viene l’infinita virtù purificante del Sangue suo prezioso, vale<br />

a dire i Santi Sagramenti e specialmente quello della Penitenza o sia<br />

11 Il sangue di Cristo purifica la nostra coscienza.<br />

12 Nell’aspersione del sangue di Cristo.<br />

13 Il sangue di Gesù Cristo ci purifica da ogni peccato.<br />

469


Confessione per tutti i cristiani adulti dell’uso di ragione dotati. Quindi è,<br />

dilettissimi miei, che per tutti i cristiani adulti la Legge di Purificazione<br />

dal Redentore stabilita è questa, cioè una buona Confessione sagramentale.<br />

3. Ciò posto, come indubitato, credete voi, fratelli cari, sorelle mie che a<br />

questa divina Legge di nostra Purificazione, tutti si siano sottoposti<br />

con ubbidienza, con umiltà, con edificazione? O Gran V(ergine)<br />

Immacolata, lume, lume per vostra misericordia. Nella vostra misteriosa<br />

Purificazione dell’antica Legge, ci faceste voi ben vedere in questo<br />

Giorno i tre gran miracoli di ubbidienza, di umiltà e di edificazione.<br />

Ma noi nella Purificazione nostra della Legge nuova che altro presentiamo<br />

innanzi ai vostri purissimi occhi, se non tre prodigi Infernali, cioè<br />

di ostinazione, di superbia e di scandalo!<br />

4. Deh così non fosse, rispetto a tanti e a tante! Voi dunque fratel caro, sorella<br />

mia, avete coraggio di asserirmi che vi siete ben purificato di coscienza<br />

che vi siete ben confessata? Vediamolo. Il più certo contrassegno di<br />

esser restato appien purificato col Sangue di Gesù Cristo nella sagramentale<br />

Confessione, sapete voi qual è? È appunto l’ubbidienza all’obbligo che<br />

impone una tal Purificazione. Mi direte, e quale obbligo impone? Eccolo,<br />

di osservar i Precetti di Dio e della Chiesa, e adempier gli obblighi del<br />

proprio stato. L’osservate ciò voi, l’adempite? Dov’è dunque l’ubbidienza<br />

alla legge della Purificazione? Via, via! Quanti e quante di voi, non hanno<br />

più contrizione veruna, non hanno più sentimenti di pietà cristiana, non<br />

tornati alle solite occasioni, alle solite mormorazioni, alla solita vita libertina!<br />

Ecco il gran prodigio di ostinazione che voi dimostrate nel giorno<br />

ecclesiastico, capo di casa, madre di famiglia, Giovinastro, Giovinastra.<br />

Il fatto di Simon mago che alle prediche del diacono San Filippo mostrò<br />

di ubbidire: Simon et ipse credidit (Act. 8, 13). Ma poi… Onde l’Apostolo<br />

San Pietro gli disse: In felle amaritudinis, et obligatione iniquitatis video te<br />

esse 14 , ecc. (Act 8, 23). Cui enim non præsto sunt hæc… oblivionem accipiens purgationis<br />

veterum suorum delictorum 15 (2 Pet. 1, 9), ecc.<br />

14 Vedo che tu sei nel fiele dell’amarezza e nella prigionia dell’iniquità.<br />

15 Chi non ha queste cose…. dimentico della purificazione dei suoi antichi peccati.<br />

470<br />

5. Non solo l’ubbidienza, ma l’umiltà ancora è un chiaro contrassegno di<br />

essersi ben purificato e confessato. Il Sagramento della Penitenza conferisce<br />

a chi degnamente lo riceve due Grazie, ma è la santificante che<br />

toglie dall’Anima tutti i peccati e la costituisce Amica e diletta Figlia<br />

adottiva di Dio ed erede del Paradiso. L’altra è la Grazia sagramentale e<br />

consiste nel lasciar che fa nell’Anima lo spirito di umiliazion di cuore e<br />

di Penitenza. Or vi sentite voi in voi stessi un tale spirito, ecc. Il fatto<br />

di Saul che stando a desinare una mattina col suo figlio Gionata e col<br />

suo Generale Abner, non parlò mai, temendo di non essersi ben purificato:<br />

Non est locutus Saul. Cogitabat enim, quod forte evenisset ei, ut non esset<br />

mundus et purificatus 16 (1 Re 20, 26) 17 . Eppure la sua Purificazione era<br />

una pura cerimonia che lo avrebbe purgato da una estrinseca immondezza<br />

legale, ma non già dalle colpe dell’anima. Nientidimeno dava<br />

qualche segno di umiliazione. E di voi che tutti baldanzozi, superbi e<br />

che fate vedere anzi un prodigio di superbia e di baldanza dopo accostati<br />

alla Purificazione e Confessione Sagramentale che si ha da dire?<br />

L’Apostolo S. Paolo che aveva ricevuto lo spirito di umiliazione e di<br />

penitenza nel Sagramento del Battesimo, uditelo: ego sum minimus<br />

Apostolorum, qui non sum dignus vocari Apostolus, quoniam persecutus sum<br />

ecclesiam Dei 18 (1Cor. 15, 9). Purificate corda vestra, duplices animo 19<br />

(Gc. 4, 8), ecc. Eo perducta res est, ut neglecta veritate meriti, de sola opinione<br />

vivemus 20 (S. Girol. Ep. Ad Demetr). Vogliam parer buoni senza esserli,<br />

contenti non già di aver buona coscienza, ma buona opinione.<br />

6. Se poi ci manca l’edificazione con la vita esemplare e timorata, a che<br />

andarsi palpando e lusingando di essersi purificati e ben confessati?<br />

Eh pensate! Non fu mai, né mai potè esser’effetto di confessione ben<br />

16 Saul non parlò. Infatti pensava che per caso gli fosse capitato qualcosa sicchè non fosse<br />

mondo e purificato.<br />

17 Il 1 Libro dei Re per il <strong>Marcucci</strong> corrisponde all’attuale 1 Samuele.<br />

18 Io sono l’infimo drgli apostoli, che non son degno di essere chiamato apostolo, poiché ho<br />

perseguitato la Chiesa di Dio.<br />

19 Purificate i vostri cuori o duplici di animo.<br />

20 La cosa è giunta a tal punto che abbandonata la verità del merito viviamo della sola<br />

opinione.<br />

471


fatta e di vera Purificazione avuta la vita scandalosa nel parlare, nel trattare<br />

e nel portamento (Il fatto, narrato nel libro di Giuditta, c. 16):<br />

Omnis Populus post victoriam venit in Jerusalem adorare Dominum; et mox ut<br />

purificati sunt, obtulerunt holocausta et vota, et repromissiones 21 . Sinchè dopo<br />

la Purificazione segue la vita divota, piena di devozione e di atti di religione<br />

(Vedi il Cattaneo nel Sermone 22 della par. 2 delle sue Buone<br />

Morti, pag. 347).<br />

Nella Perorazione far l’epilogo ed indi muovere ed eccitare all’ubbidienza,<br />

umiltà, ed edificazione coll’apostrofe alla Santissima Vergine:<br />

Postquam impeti sunt dies purgationis Mariae 22 , ecc. (Lc 2, 22).<br />

Montalto (AP), terrazzo dell’Episcopio, antistante la camera del Servo di Dio mons.<br />

<strong>Marcucci</strong>, da dove, secondo la sua testimonianza, benediceva le sue “Figlie” che abitavano<br />

al di là del Monte san Marco, che aveva di fronte (Pellegrinaggio di un gruppo di Suore<br />

Concezioniste con la superiora generale, madre Roberta Torquati, 14 luglio 2002).<br />

21 Tutto il popolo dopo la vittoria venne a Gerusalemme ad adorare il Signore e appena furono<br />

purificati offrirono olocausti e voti e promesse.<br />

22 Dopo che si compirono i giorni della purificazione di Maria, ecc.<br />

472<br />

SERMONE DELLA GRAN MISERICORDIA DI MARIA SS.ma<br />

Recitato dal Trono in tempo di Sacra Visita nella Terra di Castignano in S. Pietro 23 ,<br />

nella Domenica 16 Agosto 1772,<br />

in occasione che ivi si celebrava la Festa della Madonna della Misericordia<br />

Facciata della Chiesa dei Santi<br />

Pietro e Paolo di Castignano (AP),<br />

sec. XIV.<br />

Il sermone, benchè incompleto, testimonia l’attività pastorale di mons. <strong>Marcucci</strong><br />

nella sua Diocesi, durante la sua prima visita pastorale e il suo amore a Maria,<br />

Madre di Misericordia. Rassicura la comunità cristiana che suo Figlio aspetta i peccatori<br />

con pazienza, li cerca con premura e li accoglie con amore.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, pp. 63-64.<br />

23 La Chiesa dei santi Pietro e Paolo sorge sulla parte più alta di Castignano (AP), dove, attorno<br />

al castello si sviluppò l’incasato medievale di ragguardevole estensione, oggi in parte perduto.<br />

Il nucleo primitivo dell’edificio risale forse al secolo XI, ma la sua attuale struttura è<br />

riferibile al Trecento. La Chiesa è tessuta interamente in laterizio dal colore rossiccio e<br />

costruita secondo i caratteri romanici, ispirati a salda robustezza e semplicità. Addossata al<br />

fianco sinistro della Chiesa e allineata con la facciata, c’è la robusta torre campanaria del<br />

Trecento che si innalza per trenta metri. L’interno della Chiesa, recentemente restaurata, è<br />

a due navate affiancate e divise da due grandi archi, con copertura a capriate. Tra gli arredi,<br />

è da notare una tela del 1756 rappresentante la Madonna con il Bambino (Cf, S. Balena-<br />

A. Rodilossi, Castignano storia, cultura, tradizione, Il Segno 1984, pp. 233-240).<br />

473


Argomento<br />

La SS.ma Vergine impegna il suo divin Figlio ad aspettare i Peccatori<br />

con pazienza, a ricercarli con premura e ad accoglierli con amorevolezza:<br />

così essa [usando] verso dei Peccatori la sua grande misericordia<br />

Approvo ben di cuore e cento e mille volte benedico, Dilettissimi miei,<br />

codesto vostro pio Istituto di onorare in tal Giorno Maria SS.ma, solennizando<br />

la Memoria delle sue Misericordie. Son io certamente ben persuaso, non<br />

potersi far cosa più grata alla Gran Regina del Cielo, che coll’esaltarla qual<br />

Madre di misericordia, né a noi cosa più gioconda, che ravvivarci le giulive<br />

speranze nel misericordioso suo Patrocinio. Voi ben sapete che aver misericordia<br />

altro dir non vuole, se non compassionare e nel tempo stesso dar pronto<br />

ed efficace sollievo alle altrui miserie: Misericordia est miserorum ex corde<br />

levamen. Ma, dopo l’Altissimo Iddio, chi mai meglio di Maria potrà dare soccorso<br />

alle nostre sì tante miserie, se a Lei non può mancare né Braccio, né<br />

Mente, né Cuore per sollevarle? Conosce ben essa il fondo dei nostri estremi<br />

bisogni e sa ben ritrovar tutte le strade per prevenirli; perché gode 24 …<br />

24 Il Sermone si interrompe qui.<br />

474<br />

PASTORALE DELLA SS.MA NATIVITÀ DI MARIA<br />

Recitata in sacra visita nella Chiesa Priorale di San Paolo in Force<br />

inter Pontificalium solemnia nella mattina di Martedì 8 Settembre 1772<br />

Facciata della Chiesa Collegiata di San Paolo di Force, del sec. XVI con<br />

il portico coevo (AP). Sulla sinistra il Convento dei Benedettini.<br />

Il sermone viene recitato nella Chiesa di san Paolo a Force, officiata da una comunità<br />

Benedettina, dove egli era stato battezzato il 27 novenbre 1717. L’argomento<br />

sulla natività di Maria è incompleto. L’autore avrà certamente fatto parlare il suo<br />

cuore ed avrà attinto alla sua preparazione mariologica. Poteva Egli immaginare che<br />

a distanza di 55 anni dalla sua nascita e dal suo Battesimo sarebbe tornato in quella<br />

Chiesa per la sacra Visita della Diocesi di cui era Vescovo?<br />

Una settimana dopo, nell’ottava della festa della natività di Maria, a conclusione<br />

della Sacra visita pastorale, mons. <strong>Marcucci</strong> lascia cinque ricordi alla comunità<br />

cristiana:<br />

1) Santificazione delle feste;<br />

2) Rispetto delle Chiese;<br />

3) Cura per la buona educazione dei figli per i padri di famiglia;<br />

4) Adempimento degli obblighi del proprio stato;<br />

5) Tenera devozione verso la Gran Vergine Immacolata.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, pp. 66; 69.<br />

475


Argomento<br />

L’Allegrezza universale che la Gran Vergine<br />

arrecò a tutto il Mondo col suo Nascimento<br />

In questo festosissimo Giorno alle Glorie del SS.mo Nascimento di Nostra<br />

Immacolata Signora consacrato, oh quanti begli argomenti mi si presentano<br />

innanzi, cari Dilettissimi miei, che 25 …<br />

476<br />

Interno della Chiesa Priorale di San Paolo a Force (AP). A sinistra, in fondo c’è<br />

il fonte Battesimale, dove fu battezzato il Servo di Dio Monsignor <strong>Marcucci</strong>.<br />

25 Il Sermone si interrompe qui.<br />

SERMONE NELLA PURIFICAZIONE DI MARIA<br />

Recitato dopo il Pontificale nella Cattedrale di Montalto<br />

nel Martedì mattina del 2 Febbraio del 1773<br />

Il Sermone ha due redazioni: una, conservata nel volume miscellaneo BSC 1519<br />

ed è quella recitata nella Cattedrale di Montalto; l’altra, conservata nel volume ASC<br />

33, è quella mandata ad Ascoli Piceno alle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata<br />

Concezione. Quest’ultima redazione, dopo il proemio, aggiunge un dialogo per spiegare<br />

il genere oratoriale dello stesso. Qui viene trascritta la versione completa. Entrambe<br />

sono costituite da due parti: la prima dai numeri 2-9; la seconda dai numeri 10-13.<br />

Nel proemio, mons. <strong>Marcucci</strong> immagina di incontrare la Madre di Dio, mentre si<br />

reca al Tempio per adempiere alla legge della purificazione e tenta di trattenerla perchè,<br />

quale giglio purissimo, Ella non è tenuta ad alcuna purificazione.<br />

Intervengono tre Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione che aprono un dialogo<br />

sul Proemio, usando pseudonimi: Peritachia che vuol dire “Persona frettolosa che<br />

corre sempre tutta affaccendata”, Ginauzia e Filomata.<br />

Ginauzia chiede se il proemio del Sermone di mons. <strong>Marcucci</strong> si chiami in<br />

Oratoria congiunto, oppure separato. La risposta è che esso è separato perché dall’argomento<br />

della Purificazione di Maria si giunge a parlare della doppiezza da cui tutti<br />

dobbiamo purificarci.<br />

Mons. <strong>Marcucci</strong> prende come riferimento scritturale del suo discorso il brano di<br />

san Paolo ai Corinzi (2 Cor. 1, 12), dove l’Apostolo afferma che i veri cristiani devono<br />

avere “buona coscienza, semplicità di cuore, sincerità di animo e carità fraterna”.<br />

Invece oggi, afferma il Vescovo <strong>Marcucci</strong>, “è divenuta troppo familiare e comune la<br />

Doppiezza”. Essa è entrata nel linguaggio dei nobili e dei poveri, nelle case private e<br />

nei publici palazzi, nelle corti e nei tribunali, nelle botteghe e nelle piazze.<br />

Occorre però dire che non è doppiezza l’accortezza di tratto, un ingegno sveglio, un<br />

saggio disimpegno. Le conseguenze negative di chi vive nella doppiezza sono l’agita<br />

zione e l’incostanza.<br />

Nella seconda parte del Sermone, mons. <strong>Marcucci</strong> si propone di aiutare i suoi ascoltatori<br />

a vivere la semplicità evangelica e la sincerità nel parlare, attraverso la prudenza<br />

e una viva Confidenza in Dio.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 33, pp. 44-62; Cf<br />

BSC, pp. 101-112.<br />

477


Ave Maria<br />

Impleti sunt dies Purgationis Mariæ.<br />

San Luca nel corrente Vangelo (Luc. 2, 22)<br />

Argomento<br />

La Doppiezza intanto è sì comune in oggi tra noi Cristiani,<br />

in quanto passa quasi comunemente tra noi<br />

per una lodevole accortezza di tratto e non si apprende per quel vizio,<br />

com’è, sì abominevole agli occhi di Dio<br />

e sì pregiudizievole al Prossimo ed a noi stessi<br />

1. Mi si perdoni pure in questa mattina, Uditori, se agitato trovandomi e<br />

soprafatto dalle tante e sì stupende maraviglie della Solennità ricorrente<br />

della Purificazion di MARIA, sciogliendomi da ogni legame di oratorio<br />

ordinato precetto, mi faccia qui sulle prime incontro alla Gran Vergine<br />

Madre e, col più profondo rispetto di tutto il mio cuore, Fermatevi, le<br />

dica, deh fermatevi, o mia Immacolata Signora! E dove mai col Divin<br />

Pargoletto GESÙ alle Braccia portar vi volete? Son già compiti, non lo<br />

nego, quei Giorni alla Purificazione legale destinati: Impleti sunt dies purgationis<br />

26 . Ma voi, qual candido Giglio di sovrangelica Purità, non contraeste<br />

mai macchia da ripurgare: voi, qual’odorifera Rosa sempre vermiglia<br />

d’illibata Innocenza, non aveste mai nulla di che mondarvi: voi, qual’incorrotto<br />

Cedro d’Integrità Verginale, non siete stata mai bisognosa di<br />

purga. Siete Madre la più feconda, è vero, perché Madre di un Dio fatto<br />

Uomo; ma siete nel tempo stesso Vergine la più pura, perché il vostro<br />

Divin Figlio non pregiudicò punto al vostro illibato Candore. Il<br />

Concepimento e Parto vostro fu tutto sovraumano, tutto Celeste, tutto<br />

Divino. Fermate dunque il Piede, o Regina delle Vergini, o purissima<br />

Madre del Salvadore! Non ci è legge per voi, che siete sopra ogni legge:<br />

non ci è purga, perché ombra non avete di macchia. Deh a noi piuttosto<br />

e al resto dell’uman Genere, lasciate il pensiero di ben purgarci, giacchè<br />

da capo a piedi ci troviam sozzi in mille guise e macchiati. Non è così,<br />

Dilettissimi miei? Eppure l’Umiltà di Maria fu in tal modo sovraeroica<br />

26 Si compirono i giorni della purificazione.<br />

478<br />

e singolare, che eziandio senza alcun bisogno di purga, pure in ossequio<br />

della Legge comparir ne volle in tal dì bisognosa: Impleti sunt dies purgationis<br />

Mariæ. A tal’efficacissimo esempio pertanto, chi vi ha tra di noi,<br />

che mosso non si senta a soggettarsi di buona voglia ad onor di Maria<br />

alla purga del Cuore, alla mondezza della Coscienza, al lavacro<br />

dell’Anima? E da qual macchia, da qual vizio mai, dirà forse qualcuno,<br />

abbiam noi stamane a purificarci? Miei cari Uditori, se io ve lo additassi,<br />

non so qual’orecchio voi mi porgereste. Ve lo dica dunque per me<br />

l’Apostolo San Giacomo: O voi, esclama egli, che siete di animo doppio<br />

e finto, purificatevi! Purgate i vostri cuori dal vizio della doppiezza:<br />

Purificate corda, duplices animo 27 (Jac. 4, 8). Ma come, sento chi mi ripiglia,<br />

la doppiezza di cuore è vizio? Converrà, s’è così, quasi tutti i<br />

Cristiani chiamar viziosi: poiché chi vi ha di grazia, che in varie cose<br />

qualche doppiezza non usi? Eh via, che alla fin delle fini la doppiezza, se<br />

ben si consideri, è piuttosto un’accortezza lodevole e talora, talora ancor<br />

necessaria. In tal guisa voi la discorrete, ma lo Spirito Santo non la<br />

discorre così: la qualifica egli per una macchia viziosa, che ha bisogno di<br />

purga: Purificate corda, duplices animo. Or non ci allunghiamo più,<br />

Dilettissimi, in tanti contrasti. Vi dirò schiettamente, come passa la cosa<br />

e mi servirà per Assunto: La Doppiezza intanto è sì comune in oggi tra noi<br />

Cristiani, in quanto passa quasi comunemente per una lodevole accortezza di<br />

tratto e non si apprende per quel vizio, com’è, sì abominevole agli Occhi di Dio e<br />

sì pregiudizievole al Prossimo e a noi stessi. Se mi favorirete di attenzione,<br />

confido, ne rimarrete convinti.<br />

OSSERVAZIONI SUL PROEMIO<br />

GINAUZÍA, FILOMÀTA, PERITACHÍA<br />

GIN. Codesto Proemio, a dire il vero, mi piace. Ma è un po’ intricato; né<br />

senza farvi sopra delle Osservazioni a parte, può ben capirsi, se a<br />

qual sorta di Esordi Oratori debba ridursi.<br />

27 Purificate i cuori o voi doppi di animo.<br />

479


FIL. Veramente anche a me sembra così. Ma quando Monsignor nostro<br />

Padre lo ha in tal forma tirato, avrà ben egli avute delle sode regole<br />

Oratorie su cui fondarsi.<br />

PER. Ci mancavan voi altre due Dottorine per interrompere il filo del<br />

mio Sermone. L’Esordio sta troppo bene. L’averlo così ordito<br />

Monsignor nostro Padre, bastar vi deve. Chetatevi. Io ho fretta. Non<br />

voglio perder tempo con voi.<br />

FIL. Cantò bene il Poeta: Conveniunt rebus nomina sæpe suis 28 . Chi vi pose<br />

nome di PERITACHÍA, denotar volle in voi una Persona frettolosa,<br />

che sempre corre tutta affaccendata.<br />

PER. Or io mi glorio di esser chiamata Peritarchìa, poiché la fretta, qualor<br />

moderata, giovò sempre a far per tempo le sue faccende.<br />

GIN. Sì: ma non è un perder tempo il far delle Osservazioni su di un<br />

Esordio, la cui orditura per noi è nuova. Monsignor nostro Padre,<br />

qualor ci faceva lezione, soleva talor trattenersi lungamente su di una<br />

semplice parolina, spiegandola in tante guise, affin da noi ben si fosse<br />

capita. Allora dunque piuttosto si perde tempo, quando non si capisce:<br />

dicendo il trito proverbio: legere, et non intelligere, negligere est 29 .<br />

PER. Orsù, sia come vi piace. Quali osservazioni pertanto far bramate<br />

intorno al Proemio da me recitato?<br />

GIN. Primieramente saper vorrei, se codesto Esordio chiamar si debba in<br />

Oratoria Proemio congiunto, oppur separato?<br />

FIL. Se il Proemio congiunto si cava da cose congiunte e connesse coll’argomento<br />

o con l’oratore o con l’uditorio; e il separato da cose separate<br />

e non connesse; io direi, che codesto Esordio, dove si entra<br />

28 Spesso i nomi si accordano con la sostanza delle cose.<br />

29 Leggere e non capire è trascurare.<br />

480<br />

immediatamente a discorrer della Solennità di Maria Santissima,<br />

fosse un Proemio congiunto, come cavato da una cosa congiunta e<br />

connessa con l’argomento sopra la Purificazione della Gran Vergine.<br />

PER. Siete in errore, Filomata mia. L’argomento di tutto il Sermone non<br />

è la Purificazione di Nostra Signora; ma bensì è il vizio detestabile<br />

della Doppiezza, come già udiste. Cosicchè l’entrar nel Proemio col<br />

favellar del Mistero della Purificazione, è un dar principio con cose<br />

tutte disparate e non connesse col disegnato argomento della<br />

Doppiezza. Quindi restate pur persuasa, che il mio Proemio in oratoria<br />

è separato.<br />

GIN. Ho capito. Di questo genere di Esordi si servono per lo più gli<br />

Oratori Quaresimali, quando dal Vangelo corrente traggono i loro<br />

argomenti. Tutto il difficile però di tali Esordi separati consiste nel<br />

saperli connettere col disegnato argomento con una certa naturalezza<br />

senza forza e violenza.<br />

PER. Una tale naturalezza appunto voi la trovate, Ginauzìa mia, nel mio<br />

Proemio. Osservate. Dal favellare della Purificazione, che per sovraeroica<br />

sua Umiltà elegger volle la Gran Vergine, si passa naturalmente,<br />

e senza violenza, a discorrere di un’altra Purificazione, come la<br />

dice l’Apostolo San Giacomo, a cui noi per verità dobbiam soggiacere,<br />

cioè al ripurgo della Doppiezza.<br />

FIL. Su di questo già son persuasa. Non saprei tuttavia ritrovare il filo<br />

dell’orditura di codesto vostro Proemio separato. Certo è, che<br />

ogni Esordio ben regolato incominciar deve con una Proposizion<br />

proemiale, a cui suol’aggiungersi la sua Ragione. Indi segue la<br />

Redizione con la sua Comprovazione. Poi l’Esito, con cui senza violenza<br />

va legato l’Assunto. Accordo ancora, che nei Proemi separati,<br />

quando s’incomincia con qualche Fatto del Vangelo corrente,<br />

serve lo stesso Fatto per Proposizione e Ragione proemiale; e l’applicazione<br />

del Fatto sta in luogo della Redizione e Comprova. Ma nel<br />

vostro esordio dove sia il filo della Proposizione e Ragione proemiale,<br />

io non saprei indovinarlo.<br />

481


GIN. Abbiate pazienza, Peritarchìa mia: codesto Esordio separato o è irregolare,<br />

o è troppo intricato.<br />

PER. Quando il cerebro vostro non patisca irregolarità od intrico, voi<br />

avrete da accordarmi quel che mi accordano Cicerone, Quintiliano,<br />

il Segneri e tutti gli altri più eccellenti Oratori; cioè, che quanto al<br />

filo dell’orditura oratoria due spezie di Esordi si danno, cioè<br />

l’Esordio temperato, detto anche ordinario e l’Esordio veemente o sia<br />

straordinario, chiamato comunemente ex abrupto, cioè quasi precipitoso<br />

nel dar principio al Discorso. Or il primo, voglio dire il temperato<br />

ed ordinario, procede appunto con quel filo oratorio da voi<br />

addotto, poiché tende a conciliar gli animi con un parlare pacifico e<br />

ordinato. Ma il secondo, cioè il veemente o sia ex abrupto, no: poiché<br />

gode esso straordinarie regole oratorie, tutte atte a destar gli Uditor,<br />

e commuoverli con un parlare tutto impetuoso, tutto enèrgico,<br />

tutto inaspettato.<br />

FIL. Oh! È vero, Peritachìa, è vero! Ora me ne rammento. Una tal sorta<br />

di Proemi spiritosi ex abrupto denota sempre che l’oratore si trovi in<br />

una qualche grande agitazione e comozione interna o di allegrezza,<br />

o di malinconia, o di dolore, o di sdegno, o di timore, o di maraviglia,<br />

o di altra passione, che l’abbia quasi fatto uscir di sesto e di se<br />

stesso. Quindi incominciar suole talora con apostrofe rivolto a qualche<br />

terza persona, talvolta con sinnometria chiedendo scusa e permesso,<br />

altre volte con esclamazioni; talora con querele e rimproveri, e simili;<br />

tantochè la lingua al vivo esprima l’interna passione impellente<br />

al dire.<br />

GIN. Ora me ne ricordo anch’io; e mi sovviene inoltre, che siccome di rado<br />

gli Oratori si debbon supporre così internamente agitati; perciò di<br />

rado è loro permesso servirsi di tali veementi Esordi ex abrupto.<br />

PER. Per lo appunto. E di fatto tra tanti Sermoni di Monsignor nostro<br />

Padre, ecco il primo tirato con un Proemio così appassionato ex<br />

abrupto. Per esprimere egli dunque la gran maraviglia, con cui si<br />

trovava internamente agitato in occasion della solennità della<br />

482<br />

Purificazione nel considerar la sopraeroica Umiltà di Maria, che<br />

senza verun bisogno soggettar si volle a comparir con l’indigenza di<br />

Purga, pensò saggiamente di incominciar ex abrupto il suo Sermone,<br />

dicendo: Mi si perdoni pure in questa mattina, Uditori, se agitato trovandomi<br />

e sopraffatto, con quel che segue.<br />

FIL. Or se fossi stata io, avrei dato principio con quell’apostrofe graziosa:<br />

Fermatevi, deh fermatevi, o mia Immacolata Signora!<br />

PER. Sì, così pure avrebb’egli potuto incominciare. Ma, affin il Proemio<br />

riuscisse più accostumato e più rispettoso, premetter volle all’apostrofe<br />

la figura di sinnometia, che i Latini dissero Veniæ petitio e noi<br />

diciam chieder licenza o permesso e principiare con quel: Mi si perdoni<br />

pure in questa mattina, Uditori.<br />

GIN. Dunque in tal Proemio, tutta intera l’apostrofe e tutto il favellare<br />

rivolto alla Gran Vergine, sta in luogo di Proposizion proemiale e quell’oratoria<br />

breve seguente ad imitarla starà invece di Ragione?<br />

PER. Così è e come se detto avesse in un Proemio temperato ed ordinario:<br />

Se la Gran Vergine Madre, che non ebbe mai ombra alcuna di macchia,<br />

pronta fu a soggettarsi alla Legge di Purificazione: che dovremo far<br />

noi, che da capo a piè siamo in mille guise sozzi e macchiati? Imperocchè il<br />

soggettarsi alla purga per chi non ha colpa è un atto di sopraffina umiltà;<br />

ma per chi è ricoperto di reità, è un atto di doverosa giustizia. Con questo<br />

poco se ne sarebbe potuto sbrigare in un dire pacifico e ordinato, ma<br />

non già in un dire veemente ex abrupto.<br />

FIL. Via via, sono già, Grazie al Cielo, entrata bene nel filo di tutta l’orditura<br />

straordinaria di codesto spiritoso Esordio. Dove dunque ripiglia<br />

Monsignor nostro Padre: E da qual macchia, da qual vizio mai,<br />

dirà forse qualcuno, abbiam noi a purificarci? Dove, dissi, così ripiglia,<br />

ivi fa la Redizione proemiale, da cui passa all’Esito, con cui unisce<br />

l’Assunto sopra la rea qualità, che seco ha la Doppiezza.<br />

PER. L’avete indovinata a puntino.<br />

483


GIN. Sull’Assunto trovo trasgredita la regola della brevità, che insegna<br />

dover esser composto di sì corto giro di parole, tantochè con facilità<br />

ritener si possa a memoria. Mi par troppo lungo.<br />

PER. Avreste ben ragione, quando tutta l’esposizione dell’Assunto fosse<br />

Assunto da esser provato. Che la Doppiezza sia quasi comune tra i<br />

Cristiani, lo dicono gli stessi Uditori: che passi quasi comunemente per<br />

una lodevole accortezza di tratto e non si apprenda per vizio, lo confessano<br />

essi medesimi. Quindi non han bisogno di ciò ritenere a memoria.<br />

Si riduce e restringe dunque l’Assunto in questo solo, cioè che la<br />

Doppiezza sia un vizio abominevole agli Occhi di Dio e pregiudizievole al<br />

Prossimo e a noi stessi. Può essere più breve e più facile ad intendersi<br />

e ritenersi? Posto in chiaro tale stato qualitativo, si è provato tutto<br />

l’Assunto; che milita sotto il Genere Oratorio deliberativo; ha per fine<br />

la purga e fuga della Doppiezza; e tende a muovere la passione dell’abborrimento<br />

ed odio contra tal vizio.<br />

GIN. e FIL. Siam restate all’intutto soddisfatte. Incominciate pure il vostro<br />

Sermone oratorio. Non saremo più certo a frastornarvi.<br />

I<br />

2. Di tre cose si gloriava santamente l’Apostolo con i suoi Corinti, vale a<br />

dire, di sempre procedere in ogni affare con buona coscienza senza frode<br />

veruna; di parlar sempre con semplicità di cuore senza alcuna doppiezza;<br />

e di sempre trattare con sincerità di animo, come a Dio piaceva,<br />

senza inganno veruno: Gloria nostra hæc est, ecco le sue parole, testimonium<br />

conscientiæ nostræ, quod in simplicitate cordis, et sinceritate Dei 30 (2 Cor.<br />

1, 12). E questa era per l’appunto la felice invidiabile vita dei veri<br />

Cristiani dei primi Secoli fervorosi della Cattolica Chiesa; nei quali<br />

risiedeva in tutti la buona coscienza, la semplicità di cuore, la sincerità<br />

di animo, la carità fraterna. Il loro parlare era schietto senza raggiri; il<br />

loro trattare era ingenuo senza finzione e senza malizia. Vivevano a<br />

30 Questa è la nostra gloria: la testimonianza della nostra coscienza, che è nella semplicità<br />

del cuore e nella sincerità di Dio.<br />

484<br />

seconda del santo Vangelo con quell’Est est, non non (Mat. 5, 37), con un<br />

semplice sì, con un semplice no, palesato con cuore aperto senza doppiezza.<br />

Quindi con una tal vita semplice e pura sembravano più Angeli,<br />

che uomini; e pareva, che il Paradiso fosse quaggiù in Terra disceso,<br />

come lo vide l’Evangelista Giovanni, a renderli anticipatamente beati<br />

(Apoc. 21, 2). O secoli felicissimi, dove più siete, dove mai fuggiste!<br />

3. Or non accade, Dilettissimi miei, che io qui v’inviti a meco arrossirvi col<br />

farne il confronto con i secoli nostri; giacchè mi accordate voi stessi (e chi<br />

mai vi ha che impugnare lo possa), che oggi tra noi Cristiani è divenuta troppo<br />

familiare e comune la Doppiezza. L’aver due facce nel tempo stesso, l’usar<br />

due lingue, l’adoprar più mani, il tenere il piede in due strade, il portar due<br />

cuori, il nutrire due animi tutti differenti e contrari su di una medesima<br />

cosa, in chi mai voi non lo trovate ai tempi nostri? Si parla innanzi in un<br />

modo e dietro le spalle in un altro: si promette in una guisa in pubblico e si<br />

scrive in un’altra in segreto: si mostra un cuor tutto propenso in apparenza<br />

e si cova un cuor tutto avverso in sostanza: si opera all’aperto in una maniera,<br />

ma di nascosto in un’altra. Sembra, voi lo vedete, quasi rinnovati ai dì<br />

nostri quei lagrimevoli tempi, che ai dì suoi amaramente piangeva Geremia,<br />

esclamando, che nei Grandi e nei Piccoli, nei Nobili e nei Plebei, nei Ricchi<br />

e nei Poveri e persino nel Ceto più rispettabile delle Persone a Dio sacre,<br />

dominar si vedeva la finzione, il raggiro, la frode, la furberia, l’inganno, in<br />

una parola la dolosa doppiezza: Usque ad Sacerdotem cuncti faciunt dolum 31<br />

(Jer. 6, 13). Doppiezza nelle Case private, e nei pubblici Palazzi: Doppiezza<br />

nelle Corti e nei Tribunali: Doppiezza nelle Botteghe e nelle Piazze:<br />

Doppiezza nei Mercati e nelle Fiere: Doppiezza nelle Suppliche e nei Ricorsi:<br />

Doppiezza nelle Querele e nelle Informazioni: Doppiezza nelle Liti e nei<br />

Consigli: dopiezza negli Obblighi e nelle Promesse: Dopiezza nelle vendite,<br />

nelle compre, ed in altri contratti: Doppiezza nelle visite e nei donativi:<br />

Doppiezza nei traffici e nei negozi: che più? Doppiezza insin talora nella stessa<br />

vita divota: insomma può ben dirsi, rarissime ai nostri tempi esser quelle<br />

umane azioni che deturpate non siano da qualche dolosa finzione e doppiezza:<br />

Usque ad Sacerdotem cuncti faciunt dolum.<br />

31 Fino al Sacerdote tutti fanno inganno.<br />

485


4. Io non oso, Uditori, disapprovarne la gran ragione, che voi stessi della<br />

così universalizata doppiezza a suggerir me ne fate, cioè a dire, perché<br />

quasi comunemente oggi non si apprende tra noi la doppiezza per<br />

vizio, ma passa bensì per una lodevole accortezza di tratto, per un<br />

ripiego sagace di mente, per una svegliatezza d’ingegno, con cui a dar<br />

sul genio a tutti si cerca e tutti mantenersi per buoni amici, eziandio<br />

bellamente gabbati. Mi giovi dunque dedurre che, se col favor<br />

dell’Altissimo toglier si potesse la maschera alla Doppiezza e disinganarne<br />

il comune dei Cristiani col persuaderlo, non esser la Doppiezza<br />

un’accortezza lodevole, non una lodevole sagacità, non un lodevol<br />

ripiego, non una svegliatezza lodevole, ma bensì un destestabile vizio sì<br />

abominevole agli Occhi di Dio e sì pregiudizievole al Prossimo e a Noi stessi;<br />

sperar si potrebbe allora di far mutare aspetto ai nostri tempi e far tra<br />

noi rifiorire quell’evangelica Semplicità di cuore, quella sincerità di<br />

animo e quella fraterna Carità degli antichi fervidi Cristiani. Deh, assistetemi<br />

stamane, o mia Immacolata Signora, giacchè ad onor vostro<br />

tentar penso io tal provincia.<br />

5. Or che dunque non possa mai la Doppiezza esser veruna di quelle qualità<br />

naturali dell’animo degne di lode, con le quali oggidì si traveste, ve<br />

ne convince alle prime, cari miei Uditori, lo Spirito Santo medesimo.<br />

La prova, dice egli, per ben ravvisare il carattere di un Uomo, è la sua<br />

propria lingua: qualor questa sia involta nella doppiezza, ditelo pur<br />

peccatore: Omnis peccator probatur in duplici lingua 32 (Eccl. 5, 11): se questa<br />

sia fraudolenta, chiamatelo francamente cattivo: Fraudes labia<br />

Malorum loquuntur 33 (Prov. 24, 2). Un parto dunque del peccato e della<br />

malizia, com’è la doppiezza, potrà riputarsi lodevole? Deh non in eterno.<br />

Si lodi pur quanto si voglia l’accortezza di tratto; ma questa non è<br />

doppiezza; è anziché no una cautela che non corre di volo a fidarsi della<br />

doppiezza medesima. Si chiami anche lodevole la sagacità e svegliatezza<br />

d’ingegno, che neppur questa è doppiezza; ma è bensì un prevedere<br />

della doppiezza gli inganni per evitarli. E per finirla, si dica degno<br />

32 Ogni peccatore viene svelato nella doppiezza del parlare.<br />

33 Le labbra dei cattivi pronunciano menzogne.<br />

486<br />

ancor di lode il prudente ripiego; che questo tanto meno è doppiezza;<br />

ma è una giusta scusa, un saggio disimpegno per non dare nei lacci<br />

della doppiezza stessa. Che se dunque nell’Uomo l’accortezza, la sagacità,<br />

la svegliatezza son piuttosto di lor natura tante sentinelle contro<br />

della doppiezza, come sue giurate nemiche; qual ragione mai vi sarà,<br />

Dilettissimi, di mascherarla per una lodevole qualità, quando essa smascherata<br />

compare purtroppo per una detestabile qualità viziosa?<br />

6. Ed oh che vizio, che vizio abominevole agli occhi di Dio è la Doppiezza!<br />

Deh ditelo pur voi, Signor mio, di vostra propria Bocca a questi miei<br />

Uditori. Avete voi in una somma detestazione chiunque è doppio di lingua?<br />

Sì, mi rispondete, os bilingue detestor 34 (Prov. 8, 13). Tenete voi in<br />

un totale abominio ogni finto, ogni ingannatore? Sì, mi replicate, abominatio<br />

Domini est omnis illusor 35 (Prov. 3, 32). Conservate voi un odio<br />

sommo contro di chiunque parla con frode e con raggiro? Sì, mi ripetete,<br />

qui sophistice loquitur, odibilis est 36 (Eccl. 37, 23); e mi aggiungete di<br />

più, che da tal sorta di Gente doppia tenete ben lungi ogni Dono di<br />

vostra Grazia e Sapienza Divina: non est illi data a Domino gratia: omni<br />

sapientia defraudatur 37 (Eccl. Ibid.). Tant’è, Dilettissimi: segue Dio a<br />

protestarsi nelle Divine Scritture che non sarà mai per ammettere al<br />

cospetto di sua Clemenza un cuor doppio: ne accesseris ad Deum duplici<br />

corde 38 (Eccl. 1, 36); poiché chi di tal abominevole vizio è reo, aspettar<br />

si deve piuttosto il colmo delle maledizioni Divine: bilinguis maledictus<br />

39 , così è, bilingues maledictus (Eccl. 28, 15). Maledetto fu Caino, qualor<br />

con doppiezza di animo invitò l’innocente Abele ad uscir seco fuori<br />

a campo aperto. Maledetto fu Labàno, qualor con finte parole e promesse<br />

gabbò tante volte il paziente Giacobbe. Maledetto fu Faraone, quando<br />

con cuor doppio si mostrò pronto a dar libertà al Popolo d’Israele.<br />

34 Io detesto una bocca bilingue.<br />

35 Ogni ingannatore è una esecrazione del Signore.<br />

36 Chi parla con sofisticazione è odioso.<br />

37 Non gli è stata data dal Signore la grazia: viene defraudato da ogni sapienza.<br />

38 Non accostarti a Dio con cuore doppio.<br />

39 Il bilingue è maledetto.<br />

487


Maledetto fu Saul, qualora con finzione promise e a Samuele l’emenda<br />

e a Davide la pace. Maledetto fu… Ma io non porrei mai fine al mio<br />

dire, se addurre volessi i contesti di quanto abbia l’Altissimo in abominio<br />

il vizio della Doppiezza.<br />

7. Vi basti, Dilettissimi, che io qui ve ne rammenti una delle principali<br />

ragioni. Voi ben sapete, che siccome il vicendevole amore nasce da una<br />

certa reciproca convenienza ed uguaglianza; così all’opposto da una<br />

certa disconvenienza e disuguaglianza ha origine l’odio. Or ditemi per<br />

vostra fede, non è forse di sua immutabile essenza Iddio una Somma<br />

Verità? Sì certamente. Ego sum veritas (Joan. 14, 16), ci dice egli stesso.<br />

Non si fa egli forse chiamare il Dio della verità e veracità insieme? Così<br />

è: Deus veritatis, Deus verax 40 (Ps. 30, 6; Joan. 3, 33). Non c’insegna<br />

forse la Religione Cattolica che tutte le parole di Dio sono sincerissime<br />

e che sono inseparabilmente fondate sul principio dell’infallibile verità?<br />

Senza fallo: Principium verborum tuorum veritas 41 (Ps. 118, 160). Come<br />

dunque volete voi, cari miei Uditori, che Iddio al vedere un finto, un<br />

ingannatore, un doppio con due facce, con due lingue, con due cuori,<br />

non abbia a sommamente odiarlo e maledirlo, se lo vede tutto a sè contrario<br />

e disconvenevole, col tener che fa sotto dei piedi conculcata la<br />

verità sincera e la sincerità cordiale e verace? O miseri adunque amanti<br />

delle doppiezze, come faranno coll’esser così da Dio odiati al sommo e<br />

maledetti! Detestate, s’è così, ve ne prego, Dilettissimi miei, detestate<br />

un tal vizio, fuggitelo a tutta possa, guardatevene con diligenza.<br />

8. Lo credereste? Un mondo intero ancora tanto da noi richiede, giacchè la<br />

Doppiezza, è un vizio assai pregiudizievole ai Prossimi nostri. O qui sì,<br />

Ascoltanti, fatemi ragione, che al vostro stesso tribunale mi appello.<br />

Qual è di grazia il mezzo più usato per l’umano commercio? La lingua,<br />

il tratto, voi mi rispondete. Per negoziare, per conversare, per provvedere<br />

alle umane indigenze, tutti gli uomini del mondo si servon delle<br />

parole, usano i cenni. Or ditemi, se con le doppiezze e con i raggiri e<br />

40 Io sono la verità…Dio della verità, Dio verace.<br />

41 L’inizio delle tue parole [sia] la verità.<br />

488<br />

con le furberie si falsifichino le parole e i cenni, a chi mai si avrà più da<br />

credere? Di chi mai, più fidarsi? Con chi mai, più trattare? Converrà<br />

interrompere affatto l’umano commercio. Ma, e allora che ne sarà di<br />

questo Mondo? Deh intendasi pure una volta, che di assai maggior pregiudizio<br />

al Prossimo è la doppiezza di parole falsificate, di quel che sia<br />

il giro delle false monete: attesochè le parole e i cenni si usano universalmente<br />

da tutti e tutti restan soggetti al loro inganno: non così è delle<br />

monete, non correndo queste in mano di tutti e potendosene ognuno<br />

più facilmente guardare. Che però il Redentore Divino intimar volle a<br />

tutti noi Cristiani quella Semplicità Colombina, di cui ciascuno fidar si<br />

potesse con sicurezza: Estote simplices, sicut columbæ 42 (Matt. 6, 22): affinchè<br />

intendessimo che se i Prossimi nostri avessero che temere di rimanere<br />

gabbati da qualche astuzia volpina trattando con gli Infedeli, non<br />

potessero mai però dubitare di restare ingannati trattando con noi<br />

Cristiani, a cui aveva ingiunta una sincera semplicità Colombina: Estote<br />

simplices, sicut columbæ.<br />

9. Ma via, che anche il proprio nostro interesse richiede che ci guardiamo<br />

ad ogni costo dalla doppiezza, per esser questa, com’io vi dissi sin dal<br />

principio, un vizio assai pregiudizievole ancora a noi medesimi.<br />

Primieramente ci sottopone, conforme udiste, all’odio ed allo sdegno<br />

tremendo di Dio. Ci fa perdere inoltre il buon concetto appresso del<br />

Prossimo. Oh il pessimo nome che corre di un Cuor doppio, di un finto,<br />

di un raggiratore! Denotatio pessima, dice lo Spirito Santo, super bilinguem<br />

43 (Eccl. 5, 17): ognun lo nota a dito per stare sull’arme contro di<br />

lui. E poi (osservate, Uditori, la vindicatrice Mano dell’Altissimo) chi<br />

professa doppiezza di animo e di lingua, vive coll’interno sempre agitato,<br />

sempre incostante, senza poter mai venire a capo di godersi con pace<br />

i suoi disegni: Vir duplex animo, così la Scrittura, inconstans est in omnibus<br />

viis suis. In omni re defraudabitur 44 (Jac. 1, 8; Eccl. 37, 23). Così per l’appunto<br />

accade ad Achitòfele e ad Esebòlio, due dei più celebri Raggiratori<br />

42 Siate semplici come colombe.<br />

43 Pessima denotazione sul bilingue.<br />

44 L’uomo di animo doppio è incostante in tutte le sue vie. Sarà defraudato in ogni cosa.<br />

489


di due facce e di due lingue, che mémora la Storia. Vennero amendue<br />

riputati per li più astuti Consiglieri di Real Gabinetto dei tempi loro.<br />

Era il primo cioè Achitofèle alla Corte del Santo Re Davide e lo serviva<br />

da Consigliere (2 Reg. 16); ed i suoi Consigli erano tutti giusti contro<br />

del ribelle Assalonne: consultato poi da Assalonne, furono i suoi consigli<br />

tutti laidi ed empi contro del perseguitato Davide. Ah fintaccio traditore,<br />

pagherai il fio delle tue doppiezze! Si trovava l’altro, voglio dire<br />

Esebòlio, in qualità di Maestro dell’empio Giuliano Apostata (Drex. par.<br />

I, ph. 1); e fu consigliere di tre Imperadori, Giuliano, Costanzo e<br />

Gioviniano. Sotto Giuliano fu idolatra; sotto Costanzo fu eretico<br />

Ariano; sotto Gioviniano affettò di esser Cattolico. Qual fu poi la fine<br />

di questi due sì celebri Raggiratori? Fu colpito il secondo dai fulmini<br />

della Divina Giustizia. Finì il primo i suoi amarissimi Giorni col disperatamente<br />

uccidersi da se medesimo (2 Reg. 17). Guai, guai dunque ai<br />

seguaci della Doppiezza, esclama qui lo Spirito Santo, Væ duplici corde<br />

(Eccl. 2, 14)! Essa è un vizio sì abominevole a Dio e sì pregiudizievole<br />

al Prossimo e a noi stessi, com’io vi diceva. Riposiamo.<br />

II<br />

10. Il gran fine di questo Sermone, ognuno ora se lo vede, che è di piantar<br />

bene l’evangelica Semplicità di cuore e schiettezza di animo nel parlare,<br />

nel negoziare, nel conversare. Oh come, in così facendosi, si convertirebbe<br />

il Mondo in un Paradiso! Sì, odo chi mi ripiglia, sì, se non fosse<br />

il Mondo odierno, troppo ripieno di finti, di doppi, di raggiratori. Ve<br />

ne sono certuni, simili a quei descritti da San Bernardo, oves habitu, astu<br />

vulpes, actu lupi 45 (Ser. 66): se li rimirate al grazioso portamento e parlare,<br />

son tante pecorelle innocenti, oves habitu; se considerate l’animo<br />

loro, son furbi ed astuti a guisa di volpi, astu vulpes; che se poi andate<br />

indagando quel che dicono ed operano dietro le spalle, e di nascosto, son<br />

fieri come lupi, actu lupi. Tutto ciò, Dilettissimi, io torno ad accordarvelo,<br />

conforme sin dal principio non l’impugnai. Ma e per questo? Forse<br />

per schernirci da tali traditori, avrem da esser doppi e finti, come essi?<br />

45 Pecore nell’aspetto, volpi per l’astuzia, lupi nell’azione.<br />

490<br />

Furbi e fraudolenti, com’essi? Volpi e lupi, com’essi? Deh no, no in<br />

eterno. Due rimedi efficacissimi possiam noi adoprare contro di tal<br />

razza di Gente inganatrice. Il primo si è una continua accortezza virtuosa<br />

e prudente. L’altro è una viva Confidenza in Dio, lasciandone a lui la<br />

protezione e difesa della semplicità di cuore e sincera verità.<br />

11. Pazientate di grazia, vi dico due paroline su dell’uno e dell’altro. E primieramente<br />

quanto all’accortezza virtuosa e prudente, siate guardinghi;<br />

non correte subito a credere; non vi fidate di melate parole; sappiate<br />

prevedere gli altrui inganni; non v’impegnate tanto tosto in far promesse.<br />

Chi vi necessita ad aprir il vostro cuore con codesti tali? Si può talora,<br />

fuor di Confessioni e di Giudizio, tacere la verità e non rispondere.<br />

Si può dissimulare di non intendere e scusarsene affatto; e così in altre<br />

molte oneste maniere si può esser lecitamente accorti e guardinghi.<br />

Ma se avete a parlare, guardatevi sempre da doppiezze, da furberie, da<br />

raggiri e da inganni, e particolarmente nei contratti e nei negozi: guardatevi<br />

da adulazioni e dai tradimenti, specialmente con chi richiede i<br />

vostri consigli: guardatevi dall’aver due faccie e due lingue, dicendo<br />

innanzi una cosa e dietro un’altra. Sia il vostro parlare semplice, sincero,<br />

schietto, verace, come fatto innanzi a quel Dio, che il tutto vede, il<br />

tutto sente, il tutto giudica. Perciò egli ci dice: Verbum veritatis<br />

præcedat te 46 (Eccl. 37, 20).<br />

12. Del rimanente, usando voi dal vostro canto la dovuta virtuosa accortezza,<br />

lasciatene con viva fiducia a Dio la protezione e la difesa della vostra<br />

semplicità di cuore e della sincera verità. È cosa già trita, che presso i<br />

Mondani la verità partorisce l’odio: Veritas odium parit 47 . Ma non è<br />

punto da far caso di tale odiosità, né da temerla: perocchè Iddio o presto<br />

o tardi, secondo i suoi giusti Giudizi, prende la difesa del Vero; e<br />

dei Semplici e Sinceri di cuore se ne fa Protettore: Deus non projiciet<br />

Simplicem. Et cum Simplicibus sermocinatio eius 48 (Job. 8, 20; Prov. 3, 32).<br />

46 La parola di verità ti preceda.<br />

47 La verità genera odio.<br />

48 Dio non umilierà il semplice. E con i semplici è la sua conversazione.<br />

491


Chiedete al Patriarca Giacobbe, chi difese la sua Semplicità dalle prepotenze<br />

di Esaù e di Labano? E sentirete rispondervi, Iddio. Chi sostenne<br />

e approvò la semplicità di Giobbe ad onta di tanti sofismi e rimproveri<br />

dei suoi crudeli Amici? Iddio. Dio fu quello, che liberò Daniele dai<br />

fieri Leoni in premio della sua Semplicità: in sua simplicitate liberatus<br />

est 49 (1 Mac. 2, 57). Dio fortificò il Santo Vecchio Eleazaro contro le<br />

tiranniche doppiezze del barbaro Antioco (2 Mac. 6, 24). Dio fortificò<br />

gli Apostoli, i Martiri ed altri infiniti suoi Servi in rimunerazione dell’evangelica<br />

semplicità di cuore che professarono. Camminate dunque<br />

anche voi in questa strada della semplice e sincera verità senza finzioni<br />

e doppiezze e rimarrete da Dio fortificati e protetti. Fortitudo Simplicis,<br />

ce l’ha promesso di sua Bocca egli stesso, Fortitudo Simplicis via Domini 50<br />

(Prov. 10, 29). Udite al proposito un bel fatto e finisco.<br />

13. In quella guisa che Erode nella Palestina fu per le sue furberie chiamato<br />

volpe scaltra dal Divin Redentore (Luc. 13, 32); così in Irlanda o sia<br />

Ibérnia chiamar si poteva pur volpe per le sue doppiezze e finzioni il<br />

Principe Veterico ai tempi del Vescovo ed Apostolo di quel Regno<br />

S. Patrizio (In vit. S. Patric.). Questi erano due, tutti all’opposto; l’uno<br />

celebre nella Semplicità sincera, cioè Patrizio; l’altro celebre nella doppiezza<br />

ingannatrice, vale a dir Veterìco. Non era così pronto e zelante il<br />

primo a detestare e riprender apertamente i tradimenti e gli inganni,<br />

quanto era franco il secondo ad inventarne degli altri con frodi e raggiri.<br />

Ah volpone d’Irlanda, gli diceva San Patrizio, guarda bene a finirla,<br />

se divenire non vuoi un volpone d’Inferno! Eh semplicione che sei, ripetevagli<br />

Veterìco, ci vuole astuzia nel Mondo e non balordaggine! Ed in<br />

tal guisa sul più bello, che il Principe andava con i suoi Cortegiani deridendo<br />

e beffando il Santo Vescovo, eccoti gli si presenta innanzi un orrido<br />

Etìope con una gran pelle di volpe in mano: ed alla presenza di tutti,<br />

che erano per la paura mezzo morti, vien qua, Veterìco (gli dice con una<br />

voce di tuono), il Re Satanasso, tuo Collega e Maestro, ti manda in regalo<br />

questa bella pelliccia di volpe, in premio delle tue eroiche furberie.<br />

49 È stata liberato nella sua semplicità.<br />

50 La fortezza del semplice è la via del Signore.<br />

492<br />

Così dicendo gli si accosta per porgliela indosso. Cade a terra Veterìco per<br />

lo spavento. Ivi lo ricopre l’Etìope da capo a piedi della pelliccia di<br />

volpe. Ma che? Coperto appena disparve l’Etìope; e Veterìco incominciando<br />

a camminar carponi con le mani e con i piedi per terra a guisa<br />

di un gran Volpone, eccoti si pone a correr qua e là per il Palazzo. Vi<br />

accorre la Gente; si grida alla disperata, ferma, para, piglia! Ma intanto<br />

Veterìco divenuto all’aspetto un volpone, salta le scale, esce, corre fuor di<br />

città; e giunto alle falde di un Monte entra in una grotta, da cui mai più<br />

uscir si vide; forse che faceva capo all’Inferno; dove restò in Anima e in<br />

Corpo eternamente serrato: così provando in effetto quel tanto che dal<br />

Santo Vescovo Patrizio gli fu minacciato. Ed ecco, Dilettissimi, come<br />

Dio glorifica i Semplici e gli amanti della verità sincera; e castiga severamente<br />

gli ingannatori ed i seguaci della finzione e doppiezza.<br />

Fuggite, fuggite dunque per sempre tal detestabile vizio, vizio sì abominevole<br />

agli Occhi di Dio, vizio sì pregiudizievole al Prossimo, e a noi medesimi,<br />

come insinora io vi dimostrava.<br />

493


PER LA PURIFICAZIONE DI MARIA SS.ma<br />

Sermone parenetico (ammonitorio)<br />

Recitato in Pulpito con l’assistenza di due Canonici dopo il Pontificale,<br />

nella mattina di Mercoledì 2 Febbraio 1774<br />

Il Sermone viene recitato nella cattedrale di Montalto dopo pochi giorni dalla<br />

nomina, da parte del papa Clemente XIV, a vicegerente di Roma 51 . Mons. <strong>Marcucci</strong><br />

aveva 53 anni ed era al terzo anno del suo ministero episcopale che stava svolgendo<br />

con ammirevole zelo facendo risplendere la sua singolare esemplarità di vita. La nomina<br />

gli giunse inattesa il 19 gennaio, mentre stava preparando il Sinodo diocesano.<br />

Chiese al Papa di dispensarlo dal nuovo incarico 52 , ma questi gli fece rispondere<br />

di andare al più presto 53 . Mons. <strong>Marcucci</strong> ubbidì prontamente, anche se con grande<br />

sacrificio e il 13 febbraio partì per Roma dove il Papa lo accolse con grande affetto 54 .<br />

Il Sermone è appena abbozzato e contiene i ricordi che lascia ai Diocesani, insieme<br />

alla sua benedizione; si affida poi alla loro preghiera.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, p. 166.<br />

51 Dopo la rinuncia a vicegerente di mons. Domenico Giordani del 28 agosto 1773, il Papa<br />

pensò di sostituirlo con mons. <strong>Marcucci</strong> che stimava e conosceva fin da quando era adolescente<br />

essendo stato suo discepolo di Filosofia nel convento di San <strong>Francesco</strong> ad Ascoli.<br />

Inoltre Clemente XIV lo elesse anche in vista della preparazione dell’anno santo perchè<br />

lo riteneva un fervente testimone evangelico di fronte ai pellegrini di tutto il mondo che<br />

sarebbero giunti a Roma<br />

52 In data 20 gennaio, egli rispondeva a Sua Santità con una supplica di rinuncia, presentando<br />

tre principali ed importanti motivi che, a suo avviso, gli impedivano l’accettazione e l’assunzione<br />

dell’ufficio. Essi erano l’amministrazione della diocesi, di cui stava preparando la<br />

Relazione della visita pastorale appena conclusa e la celebrazione del sinodo, indetto per il<br />

12, 13 e 14 giugno dell’entrante anno; le ristrettezze economiche, che non gli permettevano<br />

di reperire fondi propri di denaro; ed infine la guida della Congregazione delle Religiose<br />

Maestre Pie dell’Immacolata Concezione di Ascoli. La missiva si chiudeva con la richiesta di<br />

procrastinare almeno la suddetta nomina e soprattutto la scadenza vincolante l’assunzione<br />

della carica, per poter avere il tempo di sistemare tutte le questioni esposte e provvedere alcune<br />

degne e probe persone atte a sostituilo (Cf. MARCUCCI, Supplica alla Santità di N. S. papa<br />

Clemente XIV, Montalto 20 gennaio 1774, Autogr. orig. minuta, ASC busta 1, fasc. 3).<br />

53<br />

COLONNA MARCANTONIO., Lettera a Mons. <strong>Marcucci</strong>, Roma 29 gennaio 1774, ASC busta<br />

1, fasc. 3.<br />

54 Cf. MARIA PAOLA GIOBBI, L’attività giuridica, pastorale ed omiletica di mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong><br />

<strong>Marcucci</strong> durante il periodo della Vicegerenza (1774-1786), tesi per il magistero, Istituto<br />

superiore marchigiano di Sciene religiose “Redemtoris Mater”, A. A. 2004-2005.<br />

494<br />

In tal’ultimo Sermone si fa parte al Popolo della elezione inaspettatamente<br />

avuta li 19 Gennaio alla Vicegerenza di Roma, fatta dal Regnante Pontefice<br />

per sola sua somma clemenza ai 13 del predetto e si danno dei Ricordi, ecc.<br />

Dei perfecta sunt opera 55 (Deut. 32, 4).<br />

Quæ perfecisti, destruxerunt 56 (Psal. 20, 4).<br />

Tu perfecisti eam 57 (Psal. 67, 10).<br />

Luna perfecta in æternum 58 (Psal. 88, 38).<br />

Una est perfecta mea 59 (Cant. 6, 8).<br />

Estore perfecti, sicut Pater vester cælestis perfectus est 60 (Mat. 5, 48).<br />

Omnis Scriptura divinitus inspirata, utilis est ad docendum, ad arguendum, ad corrigendum,<br />

ad erudiendum, ut perfectus sit Homo Dei, ad omne opus bonum instructus<br />

61 (2 Tim. 3, 17).<br />

A Mileto Paulus mittens Ephesum 62 , ecc. (Act. 20, 17ss).<br />

I. Divozione al SS.mo Sagramento.<br />

II. Divozione all’Immacolata Concezione.<br />

III. Santificazione delle feste.<br />

IV. Rispetto alle chiese.<br />

V. Carità e Pace fra voi<br />

Qui la Benedizione e raccomandarsi alle orazioni di tutti.<br />

55 Le opere di Dio sono perfette.<br />

56 Hanno distrutto le cose che tu hai compiuto.<br />

57 Tu l’hai compiuta.<br />

58 Luna perfetta in eterno.<br />

59 La mia sola è perfetta.<br />

60 Siate perfetti come è il Padre vostro celeste.<br />

61 Ogni Scrittura divinamente ispirata è utile ad insegnare, ad arguire, a correggere, a erudire<br />

perché l’uomo di Dio sia perfetto, istruito ad ogni opera buona.<br />

62 Da Mileto Paolo mandando ad Efeso, ecc.<br />

495


496<br />

OMELIA DELLA GLORIOSA ASSUNTA<br />

DI NOSTRA IMMACOLATA SIGNORA<br />

Recitata a braccio, secondo il solito, dal Trono nella mattina di Giovedì,<br />

sua Festa solennissima, 15 Agosto del Bisestile 1776<br />

Cattedrale di Montalto (AP), dedicata all’Assunta, 1586, esterno.<br />

Cattedrale di Montalto (AP), interno.<br />

Anche durante il faticoso periodo della Vicegerenza, mons. <strong>Marcucci</strong> continuò a<br />

curare e guidare con assidua attenzione la sua diocesi di Montalto, avvalendosi dell’aiuto<br />

del Vicario Generale e di altri ministri capaci. Nell’autunno 1774, dopo<br />

pochi mesi dall’inizio della Vicegerenza, tornò in diocesi, per adempiere alcuni compiti<br />

lasciati sospesi 63 , ma raggiunto dalla notizia della morte di Clemente XIV, accaduta<br />

il 22 settembre di quell’anno, ripartì immediatamente.<br />

Nel febbraio del 1776 tornò nuovamente per accudire a diversi affari del<br />

Vescovado e per assistere la sua prediletta discepola, Suor Maria Petronilla Capozi,<br />

gravemente malata che morirà qualche giorno dopo, all’età di 26 anni, il 2 marzo<br />

1776 64 .<br />

Nei giorni 16, 17 e 18 giugno mons. <strong>Marcucci</strong> celebrò il Sinodo Diocesano, sospeso<br />

nel gennaio 1774 65 . Durante la permanenza in diocesi, durata otto mesi 66 , mons.<br />

<strong>Marcucci</strong> predicò varie volte in cattedrale, in occasione delle maggiori solennità liturgiche.<br />

L’Omelia in oggetto fu recitata in questo periodo.<br />

Mons. <strong>Marcucci</strong> immagina in modo struggente la scena del transito di Nostra<br />

Immacolata Signora al cielo. Ella è divisa tra l’amore per gli apostoli che deve lasciare<br />

e l’invito che il Figlio le rivolge: “Vieni dal Libano, sarai incoronata”. Il testo è<br />

schematizzato in undici punti, appena abbozzati.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, pp. 170-173.<br />

63 Diario Ordinario, n. 289, Roma 24 settembre 1774.<br />

64 Cf Diario Ordinario, n. 297, Roma 24 febbraio 1776, 10. Suor Maria Petronilla, nata il 2<br />

giugno 1749, entrò con le altre 3 sorelle nel Convento dell’Immacolata Concezione di<br />

Ascoli Piceno a 14 anni ed ivi morì il 2 marzo 1776. Di famiglia appartenente alla classe<br />

elevata, suor Maria Petronilla ebbe anche prima dell’ingresso conventuale una formazione<br />

apprezzabile; tuttavia ella dice che l’unica vera cultura la ricevette nella casa<br />

dell’Immacolata Concezione dal suo maestro Mons. <strong>Marcucci</strong>. Nel 1767, fece la professione<br />

religiosa, concluse brillantemente il corso di studi in Antropologia ed iniziò ad<br />

insegnare alle sue consorelle. Nel 1773 le sue condizioni di salute, che già avevano dato<br />

segni di preoccupazione, si aggravarono, mentre cresceva la sua competenza culturale-teologica<br />

e la sua fama. Ella intrattenne con il suo Maestro Mons. <strong>Marcucci</strong> un’intensa corrispondenza<br />

epistolare in latino che rivela, malgrado la giovanissima età, una eccezionale<br />

potenza critico-deduttiva e una grande capacità di assimilazione sintetica delle numerosissime<br />

ed ardue fonti della sua formazione culturale, quali la Sacra Scrittura, i Padri<br />

della Chiesa ed Autori di teologia.<br />

65 Il Sinodo iniziò con la solenne processione di tutti i sacerdoti partecipanti in abiti liturgici,<br />

seguiti dal Vescovo con pastorale e mitra, dal Palazzo vescovile fino alla cattedrale<br />

di Santa Maria Assunta. Mons. <strong>Marcucci</strong> aprì i lavori con una orazione latina (Egli mandò<br />

497


Assunto<br />

L’Amore dimostrato a Noi da Maria SS.ma<br />

nel suo felicissimo Transito da questa all’altra vita<br />

ci vien perpetuato nell’Assunta sua gloriosa in Cielo<br />

1. La morte, tuttochè originata fosse dalla colpa, non però fu neo di colpa<br />

chiunque alla morte fu sottoposto. Il Redentore Divino non potè mai<br />

avere in sè ombra di picciol difetto, eppure alla morte sottoporre si<br />

volle, per trionfare appunto di essa e dare alla sua dura cagione un’efficace<br />

riparo. Neppur la gran Vergine Madre ebbe in sè minima macchia;<br />

si elesse nondimeno la morte per imitar più da vicino che mai potesse,<br />

l’innocentissimo Suo Divin Figlio. Sebbene, Dilettissimi miei, che mai<br />

diss’io morte quella di Nostra Immacolata Signora, se i Padri tutti della<br />

Chiesa non osaron chiamarla col funesto titolo di morte, ma col giocon-<br />

la minuta dell’Orazione latina, probabilmente a Suor M. Emanuele, dicendole di averla<br />

composta in quattro giorni; essa è conservata in BSC 1519) ed animò tutte le assemblee<br />

fino alla conclusione. Una lettera, scritta alle suore, il 18 giugno, per ringraziarle delle<br />

preghiere, costituisce una cronaca dello svolgimento dello stesso; essa si apre con un sentimento<br />

di gratitudine verso la SS.ma Trinità, l’Immacolata e il glorioso martire San Vito,<br />

protettore della città, per lo svolgimento positivo dell’evento:<br />

“Il Sinodo, chiuso stasera, è riuscito di grande edificazione, compunzione, contentezza e<br />

pace universale. Tutte le sacre funzioni son riuscite piene di maestà e compostezza ecclesiastica,<br />

cosippur le due solenni Processioni, cioè della prima mattina e di questa sera. È<br />

stata una continua missione e faceva tenerezza veder tanto Clero sì ben’ordinato e disposto,<br />

esemplare, ossequioso, e devoto, e puntualissimo a tutto. Ogni cosa è andata con gran<br />

pace e carità; tutti son rimasti contenti” (Cf. MARCUCCI, Lettera alle Suore, Montalto 18<br />

giugno 1776, ASC 135, n. 158). Impossibilitato, per i limiti di tempo, a stampare tutti<br />

gli atti ed i decreti del Sinodo, diede la priorità al Decreto per il buon regolamento del seminario<br />

(Ascoli 14 sett.1776, Stamperia Valenti, pp. 24) con il quale, in 35 articoli, regolò,<br />

con precisione, saggezza e sensibilità educativa, ogni aspetto della vita dei giovani<br />

seminaristi e convittori; istituì quattro deputati incaricati a rispettare e a far rispettare le<br />

Costituzioni stabilite, specialmente “le buone creanze, la civiltà, la pulitezza di tratto e di<br />

parlare”. Grande attenzione fu riservata allo studio (Cf. M. PAOLA GIOBBI, L’attività giuridica,<br />

pastorale ed omiletica di mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong> durante il periodo della<br />

Vicegerenza, cit pagg. 78-82).<br />

66 Cf. Diario Ordinario, n. 302, Roma 9 novembre1776, p. 2.<br />

498<br />

do nome or di dolce dormizione, or di amoroso sonno ed or di felicissimo<br />

Transito? Non è mio Assunto sta mane favellarvi della immensa<br />

felicità e Dolcezza di un Transito così prodigioso. Me lo riserbo ad altra<br />

omelia. Mi basta porvi sotto occhi, come l’Amor dimostrato a noi da<br />

Maria SS.ma nel suo felicissimo Transito da questa all’altra vita, ci vien perpetuato<br />

nell’Assunta sua gloriosa all’Empireo. Incominciamo.<br />

2. Non saprei meglio rappresentarvi quel tanto, che accadde nel Transito<br />

felicissimo della gran V. Madre, che col qui richiamarvi a memoria quel<br />

che nel quarto dei Re ci si racconta di Elia (4 Reg. 2) 67 . È questa una<br />

Figura, non nego, in immenso lontana dal suo figurato; ma pure espressiva<br />

abbastanza per farci formare un’idea del nostro Assunto. Avvisato<br />

dal Cielo il Profeta della sua vicina traslazione a quel Luogo da Dio a Lui<br />

destinato, commosso da quell’amore, che ad Eliseo suo prediletto discepolo<br />

portava, non meno che agli altri suoi Allievi del Carmelo, di Gerico<br />

e di altre parti d’Israele e di Giuda, incomincia a persuader apertamente<br />

Eliseo, affin gli permetta allontanarsi da Lui: Sede hic: quia Dominus misit<br />

me usque ad Jordanem 68 (1 Reg. 2). Tu sai, mio figlio, come il passaggio<br />

del Giordano è molto misterioso. Ma Eliseo che anch’egli preventivamente<br />

n’era stato avvisato dal Cielo, fatto pien di dolore: Ah, rispose, mi<br />

sia Dio in testimonio e mi sia tu stesso, che io non sarò mai ad allontanarmi<br />

da te: vivit Dominus, vivit Anima mea, quia non relimquam te 69 .<br />

Credevasi Elia di allegerire il dolor di Eliseo, col sottrarsi nascostamente<br />

da lui: ma Iddio lo avea non sol manifestata ad Eliseo questa vicina<br />

prodigiosa traslazione, ma a quanti Profeti erano in quella contrade:<br />

Quinquaginta viri de Filiis Prophetarum secuti sunt eos 70 , ecc.<br />

3. In pari guisa, si trovava colma di una santità immensa e d’infiniti meriti<br />

Nostra Immacolata Signora nella fortunata Città di Efeso, insieme col suo<br />

prediletto evangelista Giovanni, a cui Dio in special modo l’avea lasciata<br />

67 Il 4 libro dei Re corrisponde al secondo dei Re.<br />

68 Siedi qui: perché il Signore mi ha mandato fino al Giordano.<br />

69 Vive il Signore, vive l’anima mia, poiché non ti abbandonerò.<br />

70 Cinquanta uomini dei figli dei profeti li seguirono.<br />

499


per madre. Avvisata dal Cielo, esser giunta quell’ora, in cui il suo Divin<br />

Figlio collocar la voleva nell’ Empireo alla sua destra e coronarla d’immensa<br />

Gloria, rivolta tutta amorosa al suo prediletto Giovanni, Figlio, gli dice,<br />

caro Figlio, mi chiama Dio di ritorno a Gerosolina: Dominus misit me usque<br />

ad Jerusalem 71 . Sento le sue voci divine che mi affrettano i passi: Surge, propera,<br />

et veni 72 (Cant. 2, 10). È tanto l’amor che ti porto, che io non ti dico,<br />

come ad Eliseo disse Elia Sede hic: no, anzi t’invito: andiamo. Eamus,<br />

Dominus misit me 73 , ecc. Anche Giovanni n’era stato per Angelica mano<br />

prevenuto. Dirò di più. N’erano ancor avvisati tutti gli altri Apostoli che<br />

si trovavan ripartiti in varie parti del mondo e quanti mai discepoli fedeli<br />

erano in Efeso e in altre parti dell’Asia, tutti per onnipotenza divina si trovavano<br />

trasporanti in Gerusalemme, dove si era trasferita la Gran Vergine,<br />

al cui felicissimo Transito fecer corona e corteggio.<br />

4. E qui, Dilettissimi miei, io non ho lingua per potervi ridire gli eccessi<br />

di Amore dimostrati da Maria a tutti gli Apostoli nel suo felicissimo<br />

Transito ed insiem il vivo dolore di tutti nel vedersi vicini a perder di<br />

vista la loro Madre ed eccelsa Signora. Dirò soltanto che si udì una voce<br />

sonora dal Cielo, che aperto, mandava a mille schiere ad incontrar la<br />

loro Regina quanti mai di Angelici Spiriti e di beati comprensori ivi<br />

erano; si udì, dico, una voce ed era del suo divin Figlio, che le diceva:<br />

Veni de Libano, coronaberis 74 (Cant. 4, 8). Io vado, voi restate, zelate<br />

l’onor del mio divin Figlio.<br />

5. Quali pianti, quali angosce, quali smanie fossero degli Apostoli, dei<br />

discepoli, io non ho cuore a ridirveli. Vi dirò soltanto che chi esclamando<br />

diceva: Quo ibimum sine te? 75 , ecc.; chi ripeteva: Trahe nos post te 76 , ecc.<br />

71 Il Signore mi ha inviato fino a Gerusalemme.<br />

72 Alzati, affrettati, e vieni.<br />

73 Andiamo, il Signore mi ha mandato.<br />

74 Vieni dal Libano, sarai incoronata.<br />

75 Dove andremo senza di te?<br />

76 Attirami dietro di te.<br />

500<br />

6. Commosso il cuore amantissimo di Maria, io mi figuro, che ella in tali<br />

accenti dar dovesse, come poi ad altro tempo disse l’Apostolo, parlando<br />

ai suoi Filippensi: Coartor e duobus, desiderium habens dissolvi et esse cum<br />

Cristo… perseverare autem in carne necessarium propter vos 77 (1, 23).<br />

7. Tornando ad Elia, egli disse: Postula a me quod vis, antequam tollar a te 78 , ecc.<br />

8. Così, ecc. Ma intanto, disceso il divin Figlio per traportare egli stesso la<br />

Madre, questa ad esclamar si fece: Fulcite me floribus, stipate me malis, quia<br />

amore langueo: vulnerata caritate ego sum 79 (Cant. 2, 5). Ma intanto, mentre<br />

gli Apostoli per tre dì continui, ecc., eccola risorta.<br />

9. Gridò Eliseo: Pater mi, Pater mi, currus Israel 80 , ecc.<br />

10. Così esclamarono gli Apostoli: Tu gloria Jerusalem, ecc. (Giut 15, 10).<br />

11. Perpetua in Cielo Maria l’Amor suo, ecc. Apud te est fons vitae, ecc. ego feci,<br />

ecc. ego acqueductus, ecc. cum exaltata fuero, omnia trahaam, Trahe nos post te 81 .<br />

77 Sono stretto da due alternative, poiché desidero essere sciolto e stare con Cristo...<br />

ma rimanere nella carne è necessario per voi.<br />

78 Chiedimi ciò che vuoi, prima che io sia tolto da te.<br />

79 Sostenetemi con i fiori, rinfrancatemi con pomi, poiché soffro d’amore: io sono ferita<br />

d’amore.<br />

80 Padre mio, Padre mio, carro di Israele.<br />

81 Presso di te è la fonte della vita, … Io ho fatto…io acquedotto… Quando sarò stata innalzata,<br />

attirerò tutto. Attiraci dietro di te.<br />

501


OMELIA DELLA NATIVITÀ DI NOSTRA SIGNORA<br />

Recitata dal Trono dopo i Pontificali nella Cattedrale di Montalto<br />

la Domenica mattina degli 8 di Settembre del Bisestile 1776<br />

L’Autore, come suo solito, introduce l’Omelia con un esempio: per rallegrarsi in<br />

modo conveniente della nascita di qualche personaggio, occorerebbe conoscerne in anticipo<br />

il valore. Così è della nascita di Maria; ci si può rallegrare di essa nella misura<br />

in cui si comprende il bene che da Lei ci viene.<br />

La nascita di Maria arrecò un grande gaudio alla SS.ma Trinità e all’intero<br />

Universo cioè agli angeli, agli uomini, ai Padri del Limbo e ai giusti nel purgatorio.<br />

Mons. <strong>Marcucci</strong>, con l’attenzione di un vero immamorato, ripercorre la sacra<br />

Scrittura e raccoglie, dagli antichi profeti e dalle sante donne, tutte le immagini e prefigurazioni<br />

della nascita di Maria.<br />

Noè vide Maria adombrata nell’Arca di salvezza, nella colomba e nell’ulivo di pace;<br />

ad Abramo venne promesso che essa sarebbe spuntata come un Giglio dalle sue radici;<br />

Giacobbe la prefigurò nella Scala misteriosa; Mosè nel roveto ardente, nella verga prodigiosa,<br />

nella nube, nel Tabernacolo, nell’Arca, nella Pietra da cui scaturivano acque<br />

perenni; Gedeone la venerò sotto l’ombra del suo vello rugiadoso; il re Davide testimonianò<br />

che, secondo la parola di Dio, Maria sarebbe nata dalla sua Casa Reale; Isaia<br />

la descrisse sotto il simbolo di un Monte situato sulle cime dei Monti; Ezechiele come<br />

un’aurea Porta chiusa; Sara la prefigurò nella sua fede; Rebecca nella sua ubbidienza;<br />

Rachele nella sua Bellezza; Lia nella sua fecondità; Debora nel suo sapere e coraggio;<br />

Giuditta nella sua fortezza e vittoria; Ester nella sua Intercessione e Potenza.<br />

A questo coro di onori rivolti alla Santa Bambina non può mancare la nostra<br />

debole voce per consacrarle tutti i nostri pensieri, gli affetti e il cuore “con indicibile<br />

gaudio e sommo contento”.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 33 pp. 78-88.<br />

ASSUNTO<br />

Non sente Gaudio nella Natività di Maria chi non comprende<br />

l’infinito Bene che da Maria ne ridonda<br />

1. Nel Natale dei Grandi, siccome ne aspetta ognuno o per sè o per la<br />

Repubblica un qualche vantaggio, ognuno perciò suol concepirne tripudio,<br />

ognuno riempirsi di gaudio. Colui soltanto stupido se ne rimane e<br />

talor mesto, che o non crede quel Bene che dal Natale si spera; oppur se lo<br />

502<br />

crede, poco o nulla il comprende. Vedetelo, Dilettissimi miei, in Zaccaria.<br />

Nell’annunziargli l’Arcangelo Gabriele la nascita del Gran Battista suo<br />

Figlio, gli predice quel Gaudio, che a Lui, alla sua casa e ad altri molti<br />

avrebbe arrecato (Luc. 1, 14). Rimane insensato il venerando vecchio ed<br />

invece di riempirsi di contentezza, ne piglia quasi argomento di sua mestizia.<br />

E perché mai? Dubita se l’Angelico annunzio abbia per mira il provarlo,<br />

o l’accertarlo: non comprende insomma quel Bene che dal Natale prodigioso<br />

del Figlio derivar ne doveva. Non così però titubante Santa Chiesa<br />

si porta riguardo alla Natività della sua eccelsa Regina Maria Santissima.<br />

Essa, che, e fermamente crede, e vivamente comprende quell’infinito Bene,<br />

che da tal piucchè prodigioso Natale al Mondo tutto ne ridonda, si fa assai<br />

festosa in quel Dì solennissimo ad esclamare francamente: Nativitas tua,<br />

Dei genitrix Virgo, Gaudium annunciavit universo Mundo. Deh sì, vuol dire, è<br />

tanto il vantaggio che all’Universo tutto deriva dal tuo Natale, o Gran<br />

Vergine Madre, che questo, di vero gaudio e contento il mondo intero<br />

ricolma. Sì, è dunque così, chi vi ha tra di voi, Amatissimi miei, che in tal<br />

giorno solenne della Natività di MARIA non si senta esultare il cuore di<br />

gaudio e di tripudio? Deh se mai per disgrazia vi fosse chi stupido piuttosto<br />

se ne rimanesse, ne ascolti attentamente il motivo. Imperciocché non<br />

sente Gaudio nella Natività di Maria, sol chi non comprende quell’infinito Bene<br />

che da Maria ne ridonda. Udite, se al vero io mi apponga.<br />

2. Non è altro il gaudio, al giusto pensar dei Morali, che un tripudio dell’animo,<br />

una ilarità di spirito, un’allegrezza interna di cuore, che nasce<br />

da un vivo conoscimento di un vero Bene che si ha, o che si aspetta<br />

(Cic. 4 Tuscul., c. 6; Tho. 4. Sent. [testo non comprensibile] 4, 49, qu. 3.)<br />

Lasciate che tal bene o non si creda, o non si comprenda, eccone piuttosto<br />

una insensatezza totale, o una grande mestizia. Notate. Scende dal Cielo<br />

sotto sembianza di Giovine l’Arcangelo Raffaele a consolare e guarire il<br />

vecchio Tobia (Tob. 5, 11). Gli propone alle prime per grato saluto lo stare<br />

allegro di cuore: Gaudium sit tibi. E Tobia che fa, che risponde? Si trova<br />

privo di luce, ridotto alle strette, rattenuto in schiavitù in Province straniere,<br />

non ravvisa alcun sollievo, non conosce alcuno aiuto, non aspetta<br />

alcun bene: quindi alla proposta di gaudio risponde anziché no con mestizia<br />

e dolore: Quale gaudium mihi erit, qui in tenebris sedeo, et lumen Coeli non<br />

video? (Tob. 5, 12). Che per pietà, parlar di gaudio ad un povero vecchio<br />

503


derelitto, che se ne giace privo affatto di vista? Ed oh, se Tobia avesse allora<br />

compreso, come poi lo conobbe, che quegli era un Angelo, dal Ciel<br />

disceso appunto per risanarlo, per arricchirlo e per colmarlo di mille beni,<br />

oh come avrebbe esultato e si sarebbe riempito di giubilo e di contento!<br />

Tant’ è, Uditori: dal vivo conoscimento di un vivo Bene che si ha, o che si<br />

aspetta, nasce il Gaudio, o vogliam dirlo interno tripudio.<br />

3. Essendo dunque così, assicurandoci Santa Chiesa, che nella Natività di<br />

MARIA l’Universo Mondo fu ricolmato di gaudio e di contento, forza<br />

è di conchiudere, aver il mondo tutto appien conosciuto quell’infinito<br />

Bene, che dal Natale di MARIA ne ridondava. E qui, Dilettissimi miei,<br />

siccome Iddio è l’eterno e sommo conoscitore e perfettissimo<br />

Comprensore di tutte le cose (Psal. 138, 4), che da Lui ebbero ed hanno<br />

l’essere ed il conservarsi, lasciate sulle prime che per quanto è permesso<br />

ad umana fievolezza tenti di entrare nel suo Divin Cuore per ammirare<br />

quel sommo Giubilo e Gaudio, che egli ne concepì nel vedere nata<br />

la sua Prediletta, su cui impiegati aveva gli sforzi di sua Onnipotenza e<br />

adempir si dovevano gli eterni amorosi Disegni dell’infinita sua carità<br />

e Misericordia. Non già, che in Dio dar si possa, come nell’Uomo, una<br />

nuova cognizione, un nuovo Gaudio, che per lo innanzi non ebbe. Deh<br />

no: perché il tutto sin dall’eternità nella sua Mente Divina e nel suo<br />

divin Cuore fu sempre presente. Si dice nientedimeno aver’egli come<br />

nuova cognizione e nuovo gaudio di una cosa, quand’egli fuori di sè la<br />

effettua ed esegue. Così dando egli l’essere al Cielo, alla Terra, alle<br />

acque, alla luce, al sole, alla luna, alle stelle, alle piante, ai pesci, agli<br />

uccelli, agli animali, all’uomo e a tutto il creato, dice il sacro Testo, che<br />

allor vedesse come il tutto era ben fatto: Vidit Deus cuncta quæ, fecerat et<br />

erant valde bona (Gen. 1, 31). Chi il tutto eseguì a seconda dell’eterne<br />

sue Idee, il tutto vidde ab eterno. Il veder dunque di nuovo nella creazione,<br />

altro significar non vuole, se non realmente eseguirlo.<br />

4. Vide pertanto l’Eterno Padre nata l’eccelsa Bambina e ricolmo di un<br />

sommo Gaudio, Eccoti, o Mondo, disse, la mia prediletta<br />

Primogenita, adombrata in tante figure, vaticinata da tanti oracoli,<br />

promessa a tanti Patriarchi, prevista da tanti Profetti, aspettata da<br />

tanti Giusti e ripiena sopra tutte le pure Creature di perfezione e di<br />

504<br />

Grazia (Eccles. 24, 5). La vide nata l’Eterno Figlio ed esultando di un<br />

sommo giubilo, Felice Mondo, esclamò, accogli pur riverente nel tuo<br />

seno Colei che fu da me predestinata da tutti i secoli eterni per vestirmi<br />

nel tempo di Umana Carne e per venir innalzata all’infinita<br />

Dignità di essermi Madre. Nata la vide l’Eterno Spirito Santo, e tripudiando<br />

di sommo contento, Giubila o Mondo, disse del preziosissimo<br />

Dono che ora ti faccio della mia purissima Sposa, che di mia<br />

Onnipotente virtù ripiena sarà lo stupore degli Angeli, il conforto<br />

degli Uomini, il miracolo dell’intero Universo e l’allegrezza… ma<br />

lasciam, Uditori, l’incomprensibile Gaudio del Sommo Iddio, che è un<br />

abisso impenetrabile da ogni mente creata: e giacché per attestato di<br />

Santa Chiesa le Creature tutte, capaci di giubilo, lo risentirono nella<br />

Natività di MARIA: Gaudium annunciavit universo mundo, vale a dire,<br />

e gli Angeli in Cielo e gli Uomini in terra, e i Padri nel Limbo, e i<br />

Giusti nel Purgatorio; non vi sia no discaro venir meco osservando<br />

quali segni ne dettero del loro contento.<br />

5. Nasce MARIA e concorron festose a celebrare la Nascita della loro<br />

Regina tutte le Angeliche Gerarchie. Ecco Colei, dicono l’uno con l’altro,<br />

che a noi fu predetta nel Cielo, allorché debellammo i nostri Rivali,<br />

che divenuti superbi osaron di contrastare a Lei e al suo Divin Figlio i<br />

doverosi omaggi (Apoc. 12, 7). Oh quanto è bella, oh quanto è graziosa,<br />

oh quanto è piena di maestà insieme e di terrore. Nasce gioconda<br />

come l’Aurora: Progreditur quasi aurora consurgens (Cant. 6, 9); chiara<br />

come la luna, pulchra ut Luna; risplendente come il sole, electa ut Sol; e<br />

maestosa come un esercito ben’ordinato: terribilis, ut castrorum acies ordinata.<br />

Quindi sciogliendo al canto le lingue, ne danno a Dio la Gloria,<br />

gliene porgono indicibili grazie. Tanto fecero gli Angeli in contrassegno<br />

del loro tripudio 82 .<br />

6. E gli Uomini in Terra che ne sentirono? Non è mio qui l’impegno,<br />

Dilettissimi, di riferirvi l’immensità del gaudio dei suoi santissimi<br />

genitori Giovachino ed Anna nel vedersi da Dio tra tutta la posterità di<br />

82 L’Autore passa direttamente al numero sette.<br />

505


Adamo prescelti a dare al mondo sì celeste Bambina. Mute cred’io ne<br />

diverrebbero anche le Angeliche lingue se ridir lo volessero. Dirà bensì,<br />

che essendo nata MARIA come un Sole, rispetto ai Giusti, che allor<br />

vivevano, non può essere a meno, che non ne rimanessero e illustrati dal<br />

suo splendore, e dal Calore non poco infervorati. Se nacque, come una<br />

Luna, ciò fu riguardo ad innumerabili Peccatori, che camminando nella<br />

notte della colpa, restarono illuminati a convertirsi. Se spuntò come<br />

un’Aurora, ciò fu a vantaggio del Mondo intero, a cui fu foriera<br />

dell’Umana Redenzione. Quindi a gran ragione canta in tal Giorno la<br />

Chiesa, trovarsi in MARIA collocato il giubilo di tutti i Viventi:<br />

Lætantium omnium nostrum habitatio est in te, Sancta Dei Genitrix.<br />

7. Ma scendiamo di grazia a vedere nel Limbo degli antichi Padri il tripudio.<br />

Se laggiù dai Messaggeri Celesti manifestato fu, al riferir del<br />

Vangelo (Joan. 8, 56), il Natale del Divin Redentore; non è certamente<br />

da dubitarsi, che quello ancor della Madre Divina per lo innanzi, a<br />

conforto di quegli Eletti, rivelato non fosse. All’udire pertanto quei<br />

Santi l’esser nata MARIA, oh gli evviva di giubilo che ne dettero al<br />

Cielo. Chi disse di averla preveduta sin dal principio del Mondo raffigurata<br />

nel Paradiso terrestre, nell’albero della vita e nella fonte perenne.<br />

Così esclamò Adamo, attestando la predizione vantaggiosa, che Dio<br />

ne fece alla sua presenza. Io, soggiunse Noè, pur la vidi adombrata nella<br />

mia Arca di salvezza, nell’Iride di clemenza, nella colomba eletta, nell’ulivo<br />

di pace. Chi più di me felice, a dir si fece il gran Patriarca<br />

Abramo, a cui venne promesso dover spuntare tal Giglio dalle mie radici.<br />

Lo stesso confermò esultando Giacobbe che nella sua Scala misteriosa<br />

lo ravvisò adombrata. Io, seguitò il Patriarca Giuda, accertato pur ne<br />

venni che dalla Tribù mia Reale sarebbe discesa. Oh le allegrezze del<br />

gran Mosè che figurata la osservò nell’ardente Roveto, nella Verga prodigiosa,<br />

nella lucida Nube, nel Tabernacolo, nell’Arca, nella Pietra che<br />

scaturiva acque perenni. Anche Gedeone protestò di averla venerata<br />

sotto l’ombra del vello suo rugiadoso. Ma sopratutti giubilando il santo<br />

coronato Davide, oh io sì, disse, dar ne posso le più minute testimonianze<br />

di sì eccelsa Bambina, che, secondo la parola di Dio, è nata dalla<br />

mia stessa Casa Reale e mi venne mostrata sotto mille figure or della<br />

mia Torre fortissima, or della bella Sion, or di un vaghissimo Tempio,<br />

506<br />

or del Cedro, or della Rosa, or del Platano, or di una Città, or di un<br />

Castello, or di un Sole, ed or di altri Pianeti. Insomma inondando in un<br />

mare di gaudio quei santissimi Padri per la nascita di MARIA, non<br />

sapevan saziarsi di cantarne gli elogi, chi dicendo, come Isaia, di averla<br />

a chiare note profetizzata qual Vergine Madre e dimostrata sotto simbolo<br />

di un Monte situato sulle cime dei Monti; chi affermando di averla<br />

veduta dal Carmelo a guisa di una candida Nuvoletta sul mare, come<br />

Elia; ed in figura di un aurea Porta chiusa, come Ezechiele: e per tacer<br />

di altri molti, io rappresentai MARIA nella mia fede, esclamò anche<br />

Sara; io nella mia ubbidienza, seguitò Rebecca; io nella mia Bellezza,<br />

disse Rachele; io nella mia fecondità, soggiunse Lia; io nel mio Nome e<br />

nella mia verginità, replicò la sorella di Mosè Profetessa; io nel mio<br />

sapere e coraggio, proseguì Debora; io nella mia fortezza e vittoria,<br />

aggiunse Giuditta; io nella mia Intercessione e Potenza, protestò Ester;<br />

io, io… Ma via, Uditori, che sarebbe un non finirla giammai, se le<br />

acclamazioni tutte di quei Padri del Limbo in contrasegno del loro<br />

grande tripudio riferir vi dovessi.<br />

8. Vi dirò soltanto che nel Purgatorio ancora, a gran sollievo di quei<br />

Giusti, penetrò la grata novella del Nascimento della loro Liberatrice.<br />

Che se nel Natale dei Grandi in questa Terra si sciolgono le catene agli<br />

schiavi, si condonano le pene ai Rei, si aprono le carceri ai condannati:<br />

qual clemenza mai non diremo, che usata da Dio non venisse ad onor<br />

della Nascita di sua Madre a quelle Anime benedette? Ed oh le benedizioni<br />

che esse ne dettero chi nel vedersi sprigionate, chi sollevate, chi<br />

speranzate a presto uscirne; confessando ben tutte l’universal Bene che<br />

da MARIA ridondava a tutto il Genere Umano.<br />

9. A noi, Amatissimi miei. In mezzo dunque ad un Gaudio sì universale<br />

del Cielo, della Terra, del Limbo dei Padri e del Purgatorio per la<br />

Natività di MARIA, ditemi per vostra fede che ne sentite, che mai nel<br />

vostro Cuore ne sperimentate? Chi mai a Sole così risplendente può trovarsi<br />

tra tenebre? Chi a Luna sì chiara può camminare all’oscuro? Chi a<br />

calor così grande può intirizzirsi tra il gelo? Ah che soltanto Colui che<br />

tra voi può non sentir Gaudio nel Nascimento di MARIA, che non<br />

comprende quell’infinito Bene, che da MARIA ne ridonda.<br />

507


10. Del rimanente chi ben comprendesse farsi oggi solenne memoria del<br />

Nascimento di Colei, per cui venne la nostra Salute, per cui ci si dà spazio<br />

di penitenza, ci si promette da Dio il perdono e la pace, ci piovono<br />

sopra le Divine Misericordie, ci si dispensano tutte le grazie, ci si apron<br />

le beate Porte del Cielo; come possibile che non si sentisse ricolmo di<br />

estremo gaudio, se appunto da un vivo conoscimento del Bene che si ha,<br />

o che si aspetta, il gaudio deriva? Non è forse MARIA l’unica, la prediletta,<br />

la primogenita dell’augustissima Triade tra tutte le pure<br />

Creature? Non è forse la gran Madre di Dio, a cui sta soggetto tutto il<br />

creato? Non è forse la Signora degli Angeli che tutti supera in purità e<br />

bellezza? Non è forse la Regina dei Santi, che tutti passa in santità e<br />

perfezione? Non è forse, per finirla, la nostra amatissima Madre, la<br />

nostra potentissima Avvocata, il nostro sicurissimo Rifugio? E come<br />

dunque può darsi aver fede di Cristiano, portar carattere di Servo, tener<br />

cuore di Figlio e non riempersi di giubilo, di divozione, di tenerezza nel<br />

di Lei Natale?<br />

11. Deh per pietà, Dilettissimi, non sia mai tra voi tutti pur uno, che in<br />

questo Dì festosissimo se ne rimanga nella sua stupidezza e nella sua<br />

ingratitudine! Comprenda pure ognuno e resti ben persuaso della<br />

somma dignità di MARIA, della immensa Santità di MARIA, della<br />

gran Potenza di MARIA e del Materno impareggiabile Amor di<br />

MARIA; e poi veda se in tal solennissimo Giorno, in cui l’accolse il<br />

Mondo qual vaghissima Bambinella, potrà fare a meno di non dirigere<br />

a Lei tutti i pensieri, di non tributarle gli omaggi, di non consacrarle<br />

gli affetti, di non dedicarle irrevocabilmente il Cuore e tutto se stesso<br />

con indicibile gaudio, e con sommo contento.<br />

12. Ah sì sì, graziosissima Celeste Bambina, pur troppo degna siete, che,<br />

ecc. 83 .<br />

83 Si interrompe qui il discorso. Nella Miscellanea BSC 1519 c’è una stesura schematica di<br />

questa stessa omelia.<br />

508<br />

SERMONE DELLA NATIVITÀ DI MARIA SS.ma<br />

Recitato dal Trono nella Domenica mattina della sua Festa, 8 settembre del 1776,<br />

dopo il Pontificale fatto nella Cattedrale di Montalto<br />

Il sermone ripropone in modo più schematico quello precedente, contenuto nella<br />

miscellanea ASC 33. Ciò si spiega dalla cura di mons. <strong>Marcucci</strong> di mandare una<br />

copia dei suoi discosi tenuti a Montalto alle Religiose Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata<br />

Concezione di Ascoli Piceno.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, pp. 174-176.<br />

Argomento<br />

Non sente Gaudio nella Natività di Maria chi non comprende l’infinito<br />

Bene che da Maria ne ridonda 84<br />

Nel Natale dei Grandi, siccome ognuno ne spera un qualche vantaggio o per<br />

sè o per la Repubblica, ognuno perciò suol concepirne tripudio, ognun riempirsi<br />

di gaudio. Colui soltanto se ne rimane nella sua insensatezza, o ne concepisce<br />

anzi talora mestizia, che o non crede quel Bene, che da quel Natale<br />

si aspetta; o se lo crede, poco o nulla lo comprende. Osservate dilettissimi.<br />

Predice l’Arcangelo a Zaccaria la Nascita del Gran Battista suo figlio: gli<br />

annunzia che un tal Natale sarà per apportare sì a Lui, che a molti un Gaudio<br />

indicibile (Luc.1). A tal’udire che fa il venerando vecchio? Invece di riempiersi<br />

di contentezza, se ne resta come insensato e mesto. E perché? Dubita<br />

alquanto, se l’Angelo glielo abbia detto per provarlo, ovvero per accertarlo.<br />

Non apprende insomma nel suo vero senso quel Gran Bene che dal Natale<br />

del Figlio derivar ne doveva. Siamo già al caso. La Santa Chiesa che fermamente<br />

crede e vivamente apprende l’infinito Bene, che dal Santo Natale di<br />

Maria SS.ma al mondo tutto ne ridonda, perciò in questo Dì festoso, alla<br />

Natività appunto della Gran Vergine dedicato, si fa ad esclamare: Nativitas<br />

tua, Dei Genitrix Virgo, Gaudium annuntiavit universo mundo 85 . Ma ditemi,<br />

Amatissimi miei, voi che nutrite siete col latte salubre di sì infallibili<br />

Insegnamenti, sentite in voi stessi in tal Giorno solenne quel Gaudio che la<br />

84 Questa predicazione è maggiormente sviluppata nell’op. 33 dell’ASC.<br />

85 La tua nascita, o Vergine Madre di Dio, annunziò gaudio a tutto il mondo.<br />

509


Natività della Gran Madre di Dio apportò all’Universo? Oimè, che forse non<br />

tutti in sè lo sperimentano. Che funesto mai cotrassegno è codesto?<br />

Ve lo dirò: Non sente Gaudio nella Natività di Maria, chi non apprende l’infinito<br />

Bene che da Maria ne ridonda. Osservate se io dica il vero.<br />

1. Non è altro il Gaudio, al dir dei filosofi (Cic., 4 Tusc., c. 6) che un tripudio<br />

dell’Animo, una ilarità gioconda di spirito, una interna allegrezza<br />

di cuore che nasce da un vivo conoscimento ed apprensione di un<br />

gran Bene che si ha, o che si aspetta. Se un tal Bene non si conosce e<br />

non si apprende, ne risulta ad una totale insensatezza, o talora piuttosto<br />

una grande mestizia. Osservatelo nel S. Vecchio Tobia (Tob. 5).<br />

2. Pertanto assicurandoci la Chiesa che la Natività di Maria apportò, ecc.<br />

Nativitas tua, convien confessare che l’Universo mondo, cioè e Cielo e<br />

Terra, e Limbo allora dei SS.mi Padri, e Purgatorio conoscesse ed<br />

apprendesse veramente quel sommo ed infinito Bene che dalla Reale<br />

SS.ma Bambina ridondar ne doveva.<br />

3. Sotto nome dunque dell’Universo mondo si ha primieramente da intendere<br />

il suo onnipotente Fattore, che è la fonte ed origine di ogni cognizione<br />

e di ogni Bene. Dica Davide: Ecce, Domine, tu cognovisti omnia,<br />

novissima et antiqua 86 Psalm. 38, 4 (qui il gaudio si esprima delle tre<br />

divine Persone). Exultabo in Jerusalem, et gaudebo 87 (Is. 65, 29).<br />

4. (Indi il Gaudio degli Angeli: quae est ista) (Poi il Gaudio dei Giusti in<br />

Terra. Indi dei Padri del Limbo e delle Anime del Purgatorio).<br />

5. Or in mezzo a tanto immenso Gaudio dell’Universo, qual ne sentite<br />

voi? Ah, che non sente, ecc. Dice il grande Agostino, lib. 9 Conf.:<br />

Est Gaudium, quod non datur ingratis, sed eis, qui te colunt 88 .<br />

86 Ecco, Signore Tu conosci tutte le cose, le ultime e le antiche.<br />

87 Esulterò e godrò per Gerusalemme.<br />

88 Il gaudio è quello che non si dà agli ingrati, ma a coloro ti onorano.<br />

510<br />

6. I motivi di aver gaudio.<br />

- nasce la prediletta primogenita della SS.ma Triade.<br />

- nasce la Madre di Dio.<br />

- nasce la Madre nostra.<br />

- nasce la nostra Avvocata, il nostro Rifugio.<br />

7. L’Angelo disse ai Pastori: evangelizo vobis, gaudium magnum 89 (Luc. 2).<br />

Il Gaudio maggiore è far che nasca nel nostro Cuore: e allor nasce, quando<br />

vi nascerà la sua devozione, ecc.<br />

89 Vi annuncio una grande gioia.<br />

511


OMELIA PER L’ASSUNTA DI NOSTRA SIGNORA<br />

Recitata dal Trono della Cattedrale di Montalto<br />

nella mattina della solenne Festa del 15 Agosto, Martedì, 1786<br />

Luigi Fontana, Maria SS.ma Assunta, stucco modellato (1785-1880), abside della Cattedrale<br />

di Montalto, AP.<br />

Mons. <strong>Marcucci</strong> recita questa Omelia pochi mesi dopo il suo rientro definitivo in<br />

Diocesi, dopo dodici anni di servizio a Roma come Vicegerente.<br />

Il testo è intermezzato dallo schema oratorio: Proemio, Ragione, Redizione,<br />

Comprovazione, Assunto di stato congetturale, Orazione, Perorazione.<br />

La SS.ma Trinità fece sfoggio della sua gloria per esaltare Maria nel giorno solennissimo<br />

della sua Assunzione al Cielo.<br />

E noi rimasti qui in terra, cosa faremo si chiede l’Autore? Ci impegneremo a<br />

difendere Maria, a venerarla e a lodarla. Conclude con una fervida preghiera di congratulazione<br />

a Maria SS.ma e con la perorazione.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 33 pp. 90-97.<br />

512<br />

(Proemio) Prop(osizione) proem(iale)<br />

1. La Gloria a cui in tal Dì solennissimo della sua ASSUNTA in Cielo,<br />

sollevata venne Nostra Signora, fu certamente così immensa, che<br />

impossibili si rende ad ogni Lingua creata, sia Angelica, sia Umana, di<br />

compitamente ridirla ed esaltarla.<br />

Ragione<br />

Lo sfoggio di quella Onnipotenza, Sapienza e Carità infinita che in<br />

quest’oggi far volle tutta la TRIADE sacrossanta, il Divin PADRE nel<br />

sublimar la sua predilettissima Figlia, il Divin FIGLIO nel coronar la<br />

sua carissima Madre, il Divin SPIRITO nell’innlzare la sua amatissima<br />

Sposa, è uno sfoggio di Gloria troppo eccedente ogni limitato intendimento<br />

e troppo ineffabile in conseguenza per ogni creato<br />

linguaggio.<br />

Redizione<br />

Non aspettate pertanto da me stamane, Dilettissimi, che io ardisca<br />

aprir bocca su di tal Gloria immensa, ricevuta da MARIA SS.ma nella<br />

sua ASSUNTA o per ragion di Giustizia proporzionata all’altissimo suo<br />

incomparabile Merito, o per decoro della Redenzione, di cui essa sopra<br />

tutti ne fu partecipe, o per titolo di Gratitudine e Corrispondenza a Lei<br />

dovuta dall’Umanato Verbo Divino, come suo Figlio.<br />

Comprovazione<br />

Ah, che questi indicibili Mariani trionfi, riserbati ci vengono per essere<br />

contemplati soltanto nella Patria beata, qualora, mercè la<br />

Misericordia del Figlio e l’Intercessione della Madre, saremo lassù collocati.<br />

Assunto di Stato congetturale<br />

L’Idea mia dunque è ristretta a farvi dedurre l’immensità della Gloria,<br />

a cui fu sollevata in Cielo Nostra Signora nella sua Assunta, da quella<br />

Gloria che essa ebbe e che ha, su questa nostra misera terra. Questo<br />

antecedente verrà da me nella odierna Omelia brevemente esposto sotto<br />

i vostri occhi. Il conseguente poi da voi stessi lo potrete dedurre.<br />

Incominciamo.<br />

513


Orazione<br />

Ex definitione Gloriæ terrestris 90 .<br />

2. L’onesta Gloria in questo basso Mondo, se ben riflettiamo a quanto ce<br />

ne indicano le Divine Scritture (Sap. 4, 1 et alibi), non in altro sostanzialmente<br />

consiste, che in una giusta ed alta stima e venerazione, con<br />

cui un degno Soggetto è tenuto appresso di accreditate Persone, ed<br />

anche nelle memorie e dimostrazioni onorifiche dei Posteri, per le sue<br />

Virtù singolari e Qualità rispettabili e per le opere sue meravigliose.<br />

Che se, oltre all’usato, una tal doverosa venerazione e stima universale<br />

di tale encomiato Soggetto, manifestata venisse anche prima del suo<br />

apparire alla luce, come avviene al sole di essere festeggiato dai canori<br />

Uccelletti prima che al nostro orizzonte vedere si faccia; chiamatela<br />

pure una Gloria dal Cielo discesa, con figure e predizioni profetiche di<br />

lassù emanate, affin di preparare il Genere Umano alle grandiose accoglienze<br />

del simboleggiato venturo Soggetto.<br />

Ab effectibus Gloriæ 91<br />

3. Or questa è la Gloria, cari miei Uditori, che riportò MARIA, quando<br />

predetta come il Sole ebbe tra noi il suo Essere e come il più chiaro<br />

Meriggio per ben settantadue Anni risplendette su questa Terra. Questa<br />

è la Gloria di cui fu inghirlandata anche per quaranta e più secoli prima<br />

che nascesse; e che seguiterà ad esserne incoronata sino alla fine del<br />

Mondo. Gran Maraviglia insieme e tenerezza egli è al certo, come a<br />

ponderare si fa un Bernardo, un Vincenzo Ferrerio con altre cento e<br />

cento, il vedere in ogni Simbolo, in ogni Profezia delle Sacre Carte ed<br />

in ogni passo per così dire di quei Libri Divini dell’antica e nuova<br />

Alleanza, il vedere, dissi, MARIA propriamente o misticamente espressa,<br />

direttamente o indirettamente figurata. Osservate.<br />

4. Dà di mano Iddio alla sua Onnipotenza e, con una Sapienza infinta e<br />

pari Provvidenza, chiama dal loro nulla all’essere il Cielo e tutti gli<br />

Angelici Spiriti; ed indi la Luce e l’Aurora; il Sole, la Luna, ed i Pianeti;<br />

90 Dalla definizione della gloria di questo mondo.<br />

91 Dagli effetti della gloria.<br />

514<br />

le Stelle e il Firmamento; ed avendo innanzi agli occhi MARIA, cum eo<br />

erat cuncta componens 92 (Prov. 8, 30), vi delinea la sua Purità, la sua<br />

Chiarezza, la sua Fermezza, la sua impareggiabil Beltà. Crea la Terra,<br />

innalza i Monti e li riempie di ricche miniere e di gemme, abbassa le<br />

Valli, stende le amene Pianure, fa sorgere gli Alberi, colora i Fiori, tira<br />

fuori le Erbette, produce le Biade e le Frutta; e tenendo presente<br />

MARIA cum eo erat cuncta componens, vi figura la sua leggiadra Vaghezza,<br />

la sua Verginale Fecondità e la copiosa ricchezza della sua grazia.<br />

Raccoglie le Acque negli sterminati Mari, divide i Fiumi, fa zampillare<br />

le Fonti, riempie quelle onde di Pesci e di altri prodotti, ne cava gli<br />

Uccelli ed altri Volàtili; e non mai perdendo di vista MARIA, cum eo<br />

erat cuncta componens, ne simboleggia la vastità dei suoi Doni, la copia dei<br />

suoi Privilegi e l’ampiezza delle virtù sue eccellenti e sublimi. Per finirla,<br />

si fa Dio a dar l’essere ai Rettili e a tutti i terrestri irragionevoli Bruti<br />

e per compimento di tutto il creato, con uno sfoggio dell’infinito Poter<br />

suo e Sapere, forma la più bell’<strong>Opera</strong> delle sue Divine Mani qui in terra<br />

col compartire all’UOMO l’Esitenza ed una tale essenza, che in sè contenesse<br />

un nonsoché di Divino; ma qui avendo, dirò così, piucché mai<br />

presente MARIA, cum eo erat cuncta componens, delinear volle, con meno<br />

di arcano, il grazioso di Lei Impero sopra l’Universo e la stretta di Lei<br />

Relazione con tutto il Genere Umano.<br />

5. Formato l’uomo, rifatevi indietro con gli sguardi, Ascoltanti riveriti, su di<br />

quanto accade con la Biscia diabolica nel Paradiso terrestre dopo il fallo del<br />

nostro Progenitore e udirete encomiata espressamente MARIA come vittoriosa<br />

di quel mostro di averno. Propagato poi l’Uman Genere infetto sopra<br />

la Terra, mirate l’accaduto a Noè, dentro l’Arca sua gallegiante nell’universale<br />

diluvio; ad Abramo nelle ampie Promesse da Dio ricevute; ad Isacco nell’approvazion<br />

data all’operato di Rebecca per il prediletto suo Figlio; a<br />

Giacobbe nella misteriosa lotta, cessata per la sorgente Aurora; a Mosè nella<br />

visione dell’ardente e sempre intatto roveto e nella costruzione dell’Arca<br />

dell’allenza; a Balaámo nella predizione della ventura Stella Jacobéa; a<br />

Giosuè nell’espugnazione di Gérico col giro dell’Arca; a Gedeone nel suo<br />

92 Con Lui Ella componeva ogni cosa.<br />

515


Vello intriso di Celeste rugiada; ad Elia nella candida Nuvoletta dal Mar<br />

nascente; e per non più tenervi qui assorti, volgete pur l’occhio a quante<br />

mai altri figure accaddero a quei venerandi Padri del Testamento antico ed<br />

in tutte vedrete o quasi tutte simbolegiata MARIA.<br />

6. Sì, deh sì, MARIA, qual Vergine Madre del promesso Messia era il vivo<br />

desiderio dei Patriarchi, l’ardente attesa dei Profeti, la sospirata brama di<br />

tutti i Popoli; insomma, per servirmi della frase di un Bernardo, era l’importante<br />

negozio di tutti i secoli. Dio buono! Davide, Salomone, Isaia,<br />

Geremia, Daniele, Ezechiele, Michea, ed altri Profeti, sembra, che veduta<br />

già avessero sì Gran Signora, tanto per minuto nei loro vaticini ne descrivono<br />

i Privilegi, ne encomiano le Virtù, ne contemplano le maraviglie.<br />

7. Alto qui, Dilettissimi miei. Tanta dunque fu la doverosa Gloria, che ebbe<br />

MARIA per li molti secoli innanzi del suo spuntare alla luce: sì grande fu<br />

la stima e venerazione che giustamente il sano Mondo ebbe di Lei, prima<br />

che risplender la vedesse su questa Terra. Chi potrà ora ridire la grandiosa<br />

Gloria che riportò MARIA dopo venuta e in tutti quegli anni SS.mi e lunghi<br />

del Viver suo? Un Dio Umanato, non solamente la volle per Madre,<br />

ma per sua fedele Compagna ancora nell’opera ineffabile della Redenzione<br />

del Genere Umano: e dopo risorto e salito al suo Regno beato, chi lasciò<br />

per più lustri, se non MARIA, per Maestra e conforto degli Apostoli e dei<br />

Discepoli, per Esemplare e sostegno dei Cristiani novelli, per Madre e<br />

Protettrice di tutta la Chiesa. Le divinizzate Penne dei santi Evangelisti ce<br />

ne dissero tanto, quanto bastò per empir poi i Volumi dei dotti<br />

Commentari dei loro Espositori. Quei nostri primi Padri dei secoli vetusti,<br />

or insiem congregati, come quelli di Efeso e or separati, ce ne tramandaron<br />

delle copiose notizie intorno alla venerazione di MARIA. Ovunque<br />

la SS.ma Fede di Gesù Cristo dilatando si andava, dappertutto si nominava<br />

MARIA, si encomiava MARIA, si venerava MARIA.<br />

8. Ma, oimé, che farai Mondo infelice senza MARIA? Ecco la tua amatissima<br />

Madre, l’eccelsa amabilissima tua Signora ti vien rapita! Alati<br />

Messaggeri Celesti, si venga pur pietà delle nostre miserie! Vi manca<br />

forse altro tempo per trasportar lassù nel Cielo la vostra e nostra comune<br />

Regina in trionfo? Ma, a che giovan le lacrime? MARIA è stata da<br />

516<br />

noi involata, è assunta all’Empireo, è sublimata all’alto della Destra del<br />

Figlio, è incoronata dalla Trinità sacrossanta per Sovrana e Imperatrice<br />

di tutto l’Universo. Mondo infelice, ripeto, che farai tu ora senza<br />

MARIA? Che farà il Mondo? Si riempirà di zelo, troverà ogni modo,<br />

tenterà ogni sforzo per glorificare MARIA: e sintantochè la santa Città<br />

di Dio, dir voglio la Cattolica Chiesa, sarà sopra la Terra (conforme ben<br />

durerà sino alla fine dei secoli), si porterà qua e là cantando col Savio,<br />

super hanc Mulier Immaculata computabitur 93 (Eccl. 40, 19). Impiegherà e<br />

Libri e Pitture e Incisioni; e Statue e Templi ed Icone; ed Ori e Argenti<br />

e Gemme e Arredi sacri: si occuperà in Ossequi e Devozioni, in Feste e<br />

Sermoni: si arruolerà in Milizie, Religioni, Confraternite, ed altre pie<br />

Accademie ed Adunanze per esaltare MARIA, per difender MARIA,<br />

per venerare MARIA. Di fatto, girate le pupille dall’Oriente all’Occaso,<br />

dell’Austro a Borea e ditemi per vostra fede, Uditori, qual Regno vi è<br />

mai, qual Provincia, qual Città, qual Terra, qual Villaggio, qual Casa e<br />

qual Tugurio, ove risplenda, anche, una sola scintilla della Cattolica<br />

luce, dove non sia lodata MARIA, glorificata MARIA?<br />

9. Oh, quanto con Voi mi congratulo Gran Vergine Madre che tanta Gloria<br />

abbiate Voi riportata da questo misero basso Mondo e tanta pur ne riceviate<br />

e sarete ancor per averne sino alla chiusa dei secoli. E chi mai potrà<br />

poi comprendere l’immensità della Gloria che ora godete lassù nel Cielo,<br />

dove altro non regna che infinita ricchezza e Magnificenza Divina? Ma,<br />

piano, Dilettissimi, questo è un conseguente, che a voi lascio dedurlo da<br />

quell’antecedente, che sinora qui debolmente vi ho esposto. Vi feci la<br />

mia protesta sin da principio, che l’immensa Gloria di Nostra Signora in<br />

Cielo, incomprensibile era da noi mortali e da veruna Lingua creata compitamente<br />

ridire ed esaltar si poteva. Indicar soltanto vi posso che se un<br />

Salomone volle a parte della stessa sua Gloria e sotto lo stesso suo Trono<br />

assisa alla sua destra Betsabèa sua Madre, ecc. ecc. ecc (3. Reg. 2, 19).<br />

(Per la perorazione, potrà toccarsi il fatto di Costantino Magno, che fece<br />

Elena sua madre dispensatrice dei Tesori dell’Impero a suo beneplacito).<br />

93 E sopra questa sarà considerata una donna Immacolata.<br />

517


MORALE OMELIA<br />

DELLA SS.ma PURIFICAZIONE DI NOSTRA SIGNORA<br />

Recitata dal Trono della Cattedrale di Montalto<br />

nella Mattina della Candelora, Venerdì 2 Febbraio 1787<br />

Mons. <strong>Marcucci</strong> ricorda all’Uditorio di aver esposto altre volte le ragioni per le<br />

quali Maria SS.ma volle mostrrsi bisognosa di purificazione presentandosi al Tempio<br />

con san Giuseppe e con il santo Bambino; una ragione fu certamente quella di non<br />

mostrarsi incurante della Legge Mosaic; il popolo, infatti, era ancora ignaro del suo<br />

mistero.<br />

L’esempio di Maria è uno specchio per tutti: per l’inosservante Ecclesiastico a cui<br />

forse ripugna di sottomettersi alle Leggi Canoniche e Sinodali che impongono la fuga<br />

delle conversazioni, dai giochi; l’assiduità allo studio, alle funzioni sacre, l’esemplarità<br />

del vestito e del portamento. Maria è un esempio al capo di casa, alla madre di<br />

famiglia e alla gioventù di ogni rango che prova resistenza ad educare i domestici alla<br />

pietà cristiana, a fuggire le cattive compagnie e a dare buon esempio con il parlare<br />

modesto, con il rispetto delle Chiese, il santificare le Feste, frequentare i Sacramenti<br />

ed usare carità verso i bisognosi.<br />

La devozione a Maria si dimostra con l’imitazione delle sue virtù che ci permettedi<br />

superare anche gli scherni e le derisioni di ligue mordaci. Nelle parole del Vescovo<br />

<strong>Marcucci</strong> si coglie un rammarico paterno nel constatare tanti difetti nei suoi diocesani,<br />

dopo anni dalla sua assenza, tanto più che si era proposto di rendere la Diocesi<br />

come un giardino 94 .<br />

La conclusione è una perla autobiografica di saggezza e di incoraggiamento:<br />

“Deh, cari miei Uditori, tenete per certo, che il miele più dolce è quello che dal Timo<br />

più amaro vien succhiato dalle api; e che il giglio più candido ed odoroso è quello che<br />

nasce tra le spine più folte: così la pietà e virtù cristiana più grata a Dio e più proficua<br />

per il prossimo, è quella che si mantiene ferma e costante tra le traversie e persecuzioni<br />

del secolo”.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 33, pp. 126-136.<br />

94 MARCUCCi, Lettera al card. Pallavicini, Montalto 29 agosto 1776, Archivio Segreto<br />

Vaticano, Vescovi 300, vol. 240, parte II.<br />

518<br />

Argomento<br />

Benedicta sit Peccatorum Refugium, Christianorum Auxilium,<br />

necnon Prædicatorum Præssidium, DEIPARA VIRGO MARIA,<br />

Quæ et Dicentis Verba complevit et Audientium corda contrivit 95<br />

Impleti sunt dies Purgationis MARIAE 96<br />

San Luca al capo secondo<br />

Proemio congiunto<br />

1. Grande maraviglioso Mistero, Dilettissimi, è quello che in Giorno così<br />

memorabile veneriamo. Stupiscono con forte ragione i più alti Serafini<br />

del Cielo nel vedere una Vergine la più pura, la più Immacolata, la più<br />

santa, la più degna, che mai dar si possa, cioè la Gran Madre di Dio<br />

MARIA, loro Regina, presentarsi tutta umile al Tempio col suo Divin<br />

Pargoletto, quasiché di una qualche Purificazione legale fosse, a guisa<br />

delle altre Donne, essa pur bisognosa: Impleti sunt dies Purgationis Mariæ<br />

(Luc. 1, 29). Siccome tutto ciò che in Lei fu operato nell’Incarnazione e<br />

nel Nascimento del Divin Verbo fatto Uomo, fu all’in tutto sovraumano<br />

e Divino, senza lesione alcuna della Verginità sua perpetua ed illibata;<br />

non era perciò in conto veruno soggetta a quella Legge Mosaica, né<br />

di Purificazione punto avea di bisogno: Virgo non éguit purificatione, ci fa<br />

sentire a nome dei Padri tutti il Cartusiano: quia non ex homine genuit,<br />

sed ex Spiritu Sancto 97 (Dion. Carth. in c. 1, Luc). E qual mai ragione<br />

dunque vi fu, per cui si mosse la Gran Vergine Madre a fare in tal<br />

Giorno la comparsa come bisognosa di Purificazione? Impleti sunt dies<br />

purgationis Mariæ. Questo appunto, Uditori, è il grande maraviglioso<br />

mistero, che non solamente alla Terra, ma al Cielo stesso arreca dello<br />

95 Sia benedetta Maria Vergine, Madre di Dio, rifugio dei peccatori, aiuto dei cristiani, e<br />

presidio dei predicatori, la quale realizzò le parole del predicatore e dispose i cuori degli<br />

ascoltatori.<br />

96 Furono compiuti i giorni della purificazione di Maria.<br />

97 La Vergine non ebbe bisogno della purificazione… poiché non generò da uomo, ma dallo<br />

Spirito Santo.<br />

519


stupore. Alcune delle ragioni ve le esposi altre volte da questo Luogo,<br />

per quanto comportava la nostra bassezza. Una, forse nuova poi per noi,<br />

mi fo ad esporvene in questa mattina. Se udir la bramate, eccola pronta.<br />

Attendete.<br />

Assunto. È in libertà dell’Oratore proporlo o in fine dell’Esordio, o in principio<br />

della Orazione.<br />

2. Tra le molte ragioni adunque, che ebbe Nostra Signora di mostrarsi in<br />

tal Dì bisognosa di Purificazione, una fu senza fallo per non comparire agli<br />

occhi altrui, come poco prezzante della santa Legge Mosaica, che allora per<br />

Divino Comando era in piena osservanza: Ne suspicionem daret, così a mio<br />

proposito un sacro erudito scrittore, Ne suspicionem daret inobservantiæ,<br />

Mosaicæ, legis 98 (Novati, De Excell. Virginia). Difatti era ben consapevole<br />

la Vergine, non esser giunto ancora il tempo preordinato da Dio per<br />

far manifesto a tutta la Giudaica Gente ed al resto dell’Universo l’innefabile<br />

modo sovraumano del come il Figliol di Dio si era incarnato nel<br />

purissimo di Lei Seno e del come lo aveva dato alla luce senza alcun<br />

detrimento del Candor suo Verginale. Quindi rimessa alla sapientissima<br />

Provvidenza Divina, lasciava che nella comune stima del Pubblico<br />

riputata fosse al pari delle altre Donne, che per umano coniugio divengono<br />

Madri; e che il Pargoletto Divino, che frutto era del suo Verginal<br />

Ventre per sola onnipotente Virtù dello Spirito Santo, riputato allor<br />

venisse come Figliuolo ancora del suo purissimo Sposo Giuseppe. Tutto<br />

ciò lo abbiam dal Vangelo (Lc. 2, 48; 3, 23).<br />

3. Maria pertanto, ben consapevole, ripeto, che nella stima comune della<br />

Gente passava come altra Donna alla Purificazione soggetta; come volete<br />

voi, Dilettissimi, che esentar si dovesse dal comparir bisognosa di<br />

presentarsi al Tempio col suo Divin Pargoletto, dal consegnarlo nellle<br />

Braccia del fortunato Vecchio Simeone e dal redimerlo con l’offerta dei<br />

Sicli e delle Colombe, ed in tal guisa non dovesse quel Rito eseguire<br />

(Lc 2, 22-23), che da Mosè era stato prescrito?<br />

98 Per non dare sospetto di inosservanza alla Legge mosaica.<br />

520<br />

4. Se temerità non sia l’entrar col più profondo rispetto nel Sacro Cuore<br />

della Vergine Madre, mi farei lecito di figurarmi, che seco stessa in tal<br />

Dì raziocinare potesse: «È pur vero, che il mio Concepimento ed il<br />

mio Parto Verginale, all’intutto miracoloso e Divino, non mi sottopone<br />

a questa Legge di Purificazione, fatta soltanto per chi è legalmente<br />

immonda e macchiata. Ma, se io non l’adempio, che potrà poi<br />

sospettare di me la Gente, che vedendomi Madre, ignora affatto l’alto<br />

Mistero Divino in me operato? Sospettare potrà che io sia poco<br />

curante della Legge Mosaica che ora per Divino Comando è ancor<br />

nella sua piena osservanza. Deh, non sia mai che io dar voglia motivo<br />

ad un tale sospetto! Comparirò, è vero, immonda agli occhi altrui,<br />

senza esserlo. Che importa ciò? Non rimarrà però formalizzato veruno<br />

della mia inosservanza. Sarò reputata come una Madre comune<br />

bisognosa di purga di una macchia, che io mai non contrassi. Tutto si<br />

soffra; purché Dio resti glorificato col buon esempio del mio esatto<br />

adempimento della sua Legge. Su dunque, al Tempio si corra, al<br />

Tempio si voli ad eseguire il Divino Precetto». Tant’è Uditori; si soggettò<br />

pronta Maria alla Legge della Purificazione: Ne suspicionem daret<br />

inobservantiæ, Mosaicæ Legis.<br />

5. Or la Vita di Nostra Signora, come degnamente riflette Sant’Ambrogio,<br />

può ben essere a tutti e di edificazione e di ammaestramento<br />

(Sant’Ambrogio, De Virgin., Lib. 2, c. 2). Osservi bene Mosè sul monte<br />

Sinai la bella forma dell’Arca che Dio si degna mostrargli. Ma ciò non<br />

basta. Ponga inoltre la mano ad eseguirla. Inspice, et fac secundùm exemplar,<br />

quod tibi monstratum est 99 (Exod 25, 40). Poco o nulla di giovamento,<br />

cari miei Ascoltanti, ridonderebbe in noi dall’avere innanzi agli<br />

occhi le Virtù eccellenti di MARIA, dal celebrarle con impegno e dall’esaltarle<br />

con zelo; se poi tutti stupidi e freddi restassimo, senza punto<br />

sforzarci ad imitarle. Deh su dunque, ripeterò anch’io a ciascuno di voi:<br />

Inspice, et fac secundùm exemplar, quod tibi monstratum est (Moralità, che si<br />

prosegue in tutta l’Omelia all’uso del Crisostomo).<br />

99 Osserva e fai secondo il modello che ti è stato mostrato.<br />

521


6. Non ha ribrezzo la Regina del Cielo di soggettarsi ad un Rito, a cui<br />

tenuta non era, affine di non cagionare sospetto di inosservanza dei suoi<br />

doveri: Ne suspicionem daret inobservantiæ. E voi, o inosservante<br />

Ecclesiastico, seppur qui siete, avete ripugnanza di soggiacere a quelle<br />

Leggi Canoniche e Sinodali da voi professate, che vi impongono la fuga<br />

delle conversazioni e dei giuochi, l’assiduità allo studio ed alle funzioni<br />

sacre, l’esemplarità del vestito e del portamento? E voi o Capo di Casa,<br />

o Madre di Famiglia, o Gioventù di ogni rango, avrete renitenza di<br />

ubbidire alla Legge di Dio e della Chiesa, che vi obbliga a tener lungi<br />

dalle vostre Case certi Avvoltoi rapaci, a piantar tra i vostri Domestici<br />

la Pietà Cristiana, a fuggir dalle male compagnie, ed a dar buon esempio<br />

e col parlare modesto, e col rispettare le Chiese, e col santificare le<br />

Feste, e col frequentare i Sagramenti, e coll’usare la carità con i bisognosi?<br />

E non vedete pur voi, quanti si scandalizzano del viver vostro ozioso<br />

e mondano e del vostro vestir vano ed immodesto? Quanti prendono<br />

male esempio dal vostro libertinaggio, dalla vostra volubilità, dalla<br />

vostra avarizia, dalla vostra indivozione e quasi quasi starei per dire<br />

dalla vostra miscredenza? Con voi qui favello, seppur qui vi trovate ad<br />

ascoltarmi, che poco o verum conto fate della innosservanza delle Leggi<br />

più sacrosante.<br />

7. Sebbene, lasciam questi tali da banda, che qui forse non ci saranno.<br />

A voi faccio ritorno, Dilettissimi miei: a voi, dico, che gloriandovi di<br />

esser Divoti di MARIA, sapete pur bene che la vera Divozione verso di<br />

Lei consiste principalmente nell’imitarla: a voi, dunque, rammento e vi<br />

prego ad averla sempre innanzi agli occhi, quella gran Massima dello<br />

Spirito Santo: Via justorum absque offendiculo 100 (Prov. 15,19): il Cammino,<br />

il portamento dei Giusti e dei veri Divoti di Nostra Signora, esser deve<br />

un cammino ed un portamento così timorato ed edificante, che riuscir<br />

non possa mai d’inciampo ed ostacolo ad altri nel bene operare: via<br />

justorum sine offendiculo e molto meno esser deve d’incitamento e di scandalo<br />

all’operare male. Tant’è: Via justorum absquæ offendiculo.<br />

100 La via dei giusti e timorati.<br />

522<br />

8. Misera nostra Terra, se di frequente o di lunga durata avvenissero le<br />

Ecclissi dei maggiori Pianeti, dir voglio della Luna e del Sole. Voi ben<br />

sapete che il sole resta ecclissato, cioè impedito a tramandare a noi la sua<br />

luce, quando tra esso e noi vi si frappone per ostacolo il Corpo lunare:<br />

Così ecclissata rimane la Luna, cioè impedita ad illuminarci, quando fra<br />

essa e il Sole vi s’intramezza il Corpo terracqueo. Ed allora, oh che oscurità<br />

lugubri, oh che ombre tetre, oh che perniciosi effetti in tutta la<br />

Terra! Or i Giusti, i veri Divoti di Maria servono ad una Popolazione,<br />

come di Pianeti maggiori per illuminarla nella Pietà Cristiana. Che se<br />

mai avvenga loro la disgrazia di rimanere ecclissati ed oscurati per qualche<br />

ostacolo frapposto di un loro scandalo e malesempio: ecco allora<br />

sconcertata la Popolazione intera, raffreddata la devozione ed aperto il<br />

campo alla rilassatezza.<br />

9. Tutto bene, odo qui delle divote esemplari Persone che mi ripigliano;<br />

tutto bene, ma la divozione ed esemplarità nostra, a dirla, bene spesso<br />

è soggetta agli scherni dei Libertini, alle derisioni degli sfrenati, alle<br />

contumelie o calunnie dei Miscredenti. Lo accordo, rispondo. Ma ditemi,<br />

siete voi tali al cospetto di Dio, quali vi deridono o vi rappresentano<br />

cotesti ciechi Mondani? No, mi replicate, per Divina Misericordia.<br />

Viva dunque Dio! Armatevi pure di gaudio, di fortezza e di coraggio!<br />

Rammentatevi, che la Nostra Immacolata Signora a nulla prezzò di comparire<br />

al Pubblico in questo Giorno come bisognosa di purga di una macchia,<br />

che non aveva, per non mostrarsi poco prezzante della Legge di Purificazione da<br />

Dio ordinata. E voi poi, ad un esempio sì eroico di umiltà insieme e di<br />

santa Osservanza, datoci dalla Regina del Cielo, soffrir non potrete le<br />

amarezze di quattro scherni di torbidi e stolti Cervelli e le punture di<br />

quattro derisioni di Lingue mordaci? Deh, cari miei Uditori, tenete per<br />

certo, che il Miele più dolce è quello che dal Timo più amaro vien succhiato<br />

dalle Api; e che il Giglio più candido ed odoroso è quello che<br />

nasce tra le spine più folte: così la Pietà e Virtù Cristiana più grata a<br />

Dio e più proficua pel Prossimo, è quella che si mantiene ferma e<br />

costante tralle traversie e persecuzioni del Secolo.<br />

523


OMELIA PER L’ASSUNTA DI NOSTRA SIGNORA<br />

Recitata nel Mercoledì mattina del 15 Agosto del 1787<br />

nella Cattedrale di Montalto inter Pontificalia 101<br />

Mons. <strong>Marcucci</strong> recita questa Omelia durante la santa Messa solenne. Egli paragona<br />

Maria al tabernacolo dell’antica Legge che San Giovanni vede scendere dal<br />

Cielo come una grande città dove tutti possono rifugiarsi.<br />

Maria dunque, benché sia esaltata in cielo come regina, è anche spiritualmente qui<br />

in Terra; dobbiamo rallegrarci e rifugiarci sotto la protezione di Maria che ci ripara<br />

dai castighi di Dio. L’Autore incoraggia gli ascoltatori ad affidarsi a Maria<br />

Assunta con il convincente esempio di Metalino. Sull’ultima facciata del fascicolo è<br />

annotato: “Fu letta nel 1826”, probabilmente nella Chiesa dell’Immacolata.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 33 pp. 106-112.<br />

1. L’Onnipotente DIO, che di sua Essenza ha una Bontà infinita e di sua<br />

Proprietà gode usar delle continue Misericordie verso di noi misere sue<br />

Creature, compassionando l’Israelitico Popolo, qualor nel Deserto pellegrinando<br />

andava per giunger alla Terra promessa, Va’, dice a Mosè sulla vetta<br />

del Sinai, Va’ e fabrica al Polopo mio un TABERNACOLO sacro, che della<br />

Maestà mia Divina sia degno, poiché ivi in mezzo di loro abitar voglio e<br />

farmi a tutti propizio nelle loro indigenze: Tabernaculum ita facies 102 con<br />

quel che segue nell’Esodo al ventesimo sesto. Voglio primieramente sia<br />

ben grande, trenta cùbiti lungo, dieci largo ed alto altrettanti. Voglio inoltre<br />

sia nobile, le cui Tavole si formin di Cedro e ben levigate e che ciascuna<br />

abbia di fino argento la base ed il capitello di oro purissimo. Al di dentro<br />

sia vagamente tapezzato di porpora e bisso ed al di fuori di saga crinìta,<br />

che da umidità e da pioggia lo tenga difeso. Tutte poi le Tribù siano<br />

accampate e ripartite all’intorno di tal mio TABERNACOLO, dove io farò<br />

la mia special Residenza. Chi ha bisogno di Grazie e di aiuti, al mio<br />

TABERNACOLO ricorra, perché ivi troverà ogni soccorso ed ogni conforto.<br />

Tanto ordina DIO, tanto Mosè adempie. A tenor dei Divini Disegni,<br />

in mezzo del Popolo eletto il TABERNACOLO è fatto.<br />

101 Durante il Pontificale.<br />

102 Farai un tabernacolo così.<br />

524<br />

2. Se le cose tutte dell’antica Legge eran figure di quelle della nuova<br />

Cristiana Alleanza, come ce ne assicura l’Apostolo Paolo (1 Cor. 10, 11).<br />

Voi or m’intendete, Dilettissimi miei, se chi mai adombrar potesse quel<br />

TABERNACOLO sì nobile, sì ricco, sì maestoso. Non abbiam qui bisogno<br />

che vengano Padri Greci e Latini a divisarcelo, giacchè la Scrittura<br />

medesima nel suo proprio naturale senso ce lo indica con ogni chiarezza.<br />

Io, io sono la Figurata, esclama il Savio in Persona della Gran Vergine<br />

Madre, io sono il vero sacrosanto TABERNACOLO animato, in cui abitar<br />

volle il mio Creatore: Qui creavit me, requievit in Tabernaculo meo 103<br />

(Eccl. 24, 13). Difatti, cari miei Uditori, forse che l’antico Popolo Ebreo<br />

esser doveva più aggraziato del Popolo Cristiano? Se ne stia pur esso con<br />

le Figure; mentre Noi assai più felici il Figurato godiamo. Se a quel<br />

Popolo un Tabernacolo morto serviva di rifugio e di sostegno; con efficacia<br />

assai maggiore così riesce per noi Cristiani un TABERNACOLO vivo,<br />

qual è MARIA. Esulti pure Israele all’intorno del suo Santuario: molto<br />

più si riempia di tripudio il Cristianesimo con l’aver seco MARIA.<br />

3. Ma, oimè, Dilettissimi e quali mai voci di duolo e di pianto son quelle,<br />

che quasi presenti mi feriscon non meno le orecchie che il cuore?<br />

Ahi, che appunto sono dell’antica Ebraica Gente, che involato si vede<br />

l’amato suo Tabernacolo! E che, non lo sapete? Per espresso Divino<br />

Comando fa Geremia trasportare il Tabernacolo alle falde del Monte<br />

Nèbo; ed ivi racchiusolo in una profonda spelonca, intima a tutti non<br />

esservi più speranza di rinvenirlo (2 Mac. 2, 5). Oh infelicissimo Popolo<br />

e come viver potrai senza quel Tabernacolo, da cui ritraevi continue prodigiose<br />

beneficenze! Sebbene, Uditori, non saprei perché tanto senso ci<br />

faccian le lagrime dell’antico Israele, quando questo solennissimo<br />

Giorno ci rammenta di aver perduto anche noi l’amatissimo nostro<br />

mistico TABERNACOLO, dir voglio MARIA.<br />

4. Ah, che MARIA non è più tra di noi, con noi più non è in questa Terra!<br />

Per comando Divino da folte Angeliche schiere è stata da noi inaspettatamente<br />

involata! Il Divino Sole di santità e di giustizia l’ha seco rapi-<br />

103 Colui che mi ha creato riposò nella mia tenda.<br />

525


ta in Cielo, collocandola alla sua Destra tra gli immensi splendori della<br />

sua Gloria: In Sole posuit Tabernaculum suum 104 (Psal. 18, 6). Deh miseri<br />

noi, piange qui il Dottore Serafico, che faremo senza MARIA? Tolle<br />

Lucem de mundo, quid rèmanent nisi tènebræ 105 . Guai al Mondo, se gli si<br />

tolga la luce, eccolo tutto ricoperto di tenebre. Tolle a nobis Mariam, quid<br />

rèmanent, nisi peccata 106 : Se togliete da noi miseri peccatori il Rifugio,<br />

non ci è più scampo. Chi interporremo presso DIO per ottenere il perdono,<br />

se MARIA nostra Avvocata ci manchi? A qual’altra mai<br />

Mediatrice, per impetrare dal Divin Redentore le Grazie, avrem ricorso?<br />

5. Nell’anno scaduto in tal ricorrenza solenne della gloriosa Assunta di<br />

Nostra Signora, ben mi rammento, Dilettissimi, che tutto giolivo vi rappresentai,<br />

se quanto facesse e il Cielo e la Terra per glorificare MARIA.<br />

Ma in questa mattina, oimè, funestate le mie idee dal Transito e<br />

Rapimento di sì propizio Tabernacolo, dove collocate giacevano le nostre<br />

più gioconde speranze, che volete mai ve ne dica? Indarno aspettate conforto<br />

in un Giorno, in cui…. Ma, oh come a tempo opportuno mi si fa<br />

innanzi a calmar le mie angustie il prediletto tra i Discepoli Giovanni! Mi<br />

accerta egli di aver veduto scender di bel nuovo dal Cielo il mistico sacrosanto<br />

TABERNACOLO, tanto da noi sospirato; e di averlo ossevato esser<br />

divenuto a guisa di una ben vasta Città, capace d’innumerevoli Abitatori:<br />

Vidi Civitatem sanctam, descendentem de Coelo 107 (Apoc. 21, 2); e di aver’udito,<br />

che DIO aveva ridonato al Genere Umano, per comune salute, di<br />

potersi rifugiar sotto l’ombra di questo Divino Tabernacolo: Et audivi, ecce<br />

Tabernaculum Dei cum hominibus 108 (Apoc. 21, 3).<br />

6. Benedetta la Divina Misericordia! Dunque MARIA, ancorchè si trovi<br />

personalmente in Cielo gloriosa, esaltata sovra gli Angelici Cori, come<br />

loro Sovrana e sopra i Santi tutti, come loro Regina, ed assisa su di altissimo<br />

Trono alla Destra del Figlio, come sua Madre: dunque MARIA,<br />

104 Nel sole pose la sua tenda.<br />

105 Togli la luce dal mondo, che cosa rimane se non le tenebre.<br />

106 Togli da noi Maria, che cosa rimane se non i peccati.<br />

107 Vidi la città Santa discendere dal cielo.<br />

108 Ed io udii: ecco la tenda di Dio con gli uomini.<br />

526<br />

ripeto, è ancora spiritualmente fra di noi quaggiù in Terra, come se da<br />

noi involata non fosse? Deh sì, Uditori amatissimi, sì: Et audivi, Ecce<br />

Tabernaculum Dei cum hominibus. Lungi pertanto da noi ogni mestizia,<br />

lungi ogni affanno! La sì stupenda Esaltazion di MARIA in Cielo non<br />

l’ha resa dimentica delle nostre bassezze: e le sue immense Celesti<br />

Dovizie non le han fatto, no, porre in oblio le estreme nostre miserie.<br />

Vi dirò anzi di più, che se gode MARIA in Cielo di vedersi da DIO<br />

costituita, come Arbitra e Padrona dell’Universo, ne gode appunto per<br />

potere con più di efficacia impiegare in nostro vantaggio la sua grande<br />

Potenza e Misericordia; e farci vieppiù sperimentare, quanto riesca per<br />

noi fruttuoso il possente suo Patrocinio, come appunto se ci trovassimo<br />

rifugiati sotto le sicure tende di un inespungnabile Tabernacolo. Ecce<br />

Tabernaculum Dei cum hominibus. E questo vuol dire, Dilettissimi, l’abitare<br />

che fa MARIA tra di noi e con noi a guisa di mistico Tabernacolo.<br />

7. Osservatelo meglio, vi prego, su di quanto vide in ispirito Isaia, che operava<br />

a pro nostro la Gran Madre di DIO sotto sembianza di Tabernacolo<br />

disceso fra noi: Tabernaculum erit in umbraculum ab æstu, et in securitatem a<br />

turbine 109 (ex Isaia 4, 6). Ci serve esso primieramente, come di Ombra e<br />

di riparo dall’estroso e caloroso impeto e trasporto delle nostre scolvolte<br />

passioni: Umbràculum ab æstu; onde possiam vincer noi stessi, reprimerci<br />

ed appigliarci ad una Vita morigerata e cristiana. Gran Tabernacolo sì<br />

proficuo al nostro ben vivere! Ci serve inoltre per ripararci dal turbine<br />

tremendo dei Divini castighi: in securitatem a turbine 110 ; e così prossiamo<br />

aver tempo di far penitenza ed indi eternamente salvarci. Gran<br />

Tabernacolo sì propizio per la nostra eterna salute!<br />

8. Un autentico fatto, desunto dall’Ecclesiastica Storia, chiuda in comprova<br />

la mia presente Omelia. Attenti.<br />

Fiorì nelle Gallie sul nono secolo il tanto celebre Fondatore dei Monaci<br />

di Clunì, comunemente Cluniacensi chiamati, dir voglio Sant’ODÓNE<br />

Abate. Or nella sua mirabile Vita, dal Monaco Giovanni suo Discepolo<br />

109 La tenda sarà a riparo dal caldo.<br />

110 Al sicuro dal turbine.<br />

527


scritta due anni dopo la preziosa di lui morte ed indi ai tempi nostri<br />

con ciglio censòrio dal Mabillòn riletta e rincontrata, si legge, di essersi<br />

un dì presentato al Santo Abate un famoso Ladrone ed Assassino di<br />

strada per dimandargli, come fece, se modo vi fosse per lui di salvarsi?<br />

E come no? Gli dice tutto grazioso il Santo: basta, che voi lasciando e<br />

detestando la vostra scellerata vita, vi nascondiate sotto il possente<br />

Tabernacolo e Patrocinio di MARIA per aver forza e soccorso a reprimervi<br />

ed emendarvi e per aver tempo e spazio di far vera penitenza.<br />

Essa, la Gran Madre di Misericordia, sta in Cielo, perorando ora<br />

appunto in favor vostro innanzi al Trono del suo Divin Figlio. Se così è,<br />

ripiglia il Ladrone, farò quanto mi dite. Ecco butto le armi, mi spoglio delle<br />

vesti, detesto le mie iniquità, mi getto ai Piedi di MARIA. Soltanto una grazia<br />

vi chiedo, Odone, che mi ammettiate per l’infimo tra i vostri Monaci, per<br />

il minimo tra i vostri Discepoli. Io sarò il più gran miracolo di Maria. Non<br />

mi rigettate o Santo Abate. Voglio emendarmi. Voglio far penitenza. Voglio<br />

salvarmi.<br />

9. In ciò udire, tutto contento ODONE: Ed io, risponde, vi ammetto al<br />

mio Abito, vi accetto per Discepolo e vi presento sotto l’ombra del<br />

Patrocinio di MARIA. Su, vieni meco Metalino (questo era del ravveduto<br />

Ladrone il nome), andiamo in Chiesa. Ivi dunque convocati i<br />

Monaci, lo veste alla Monastica, lo dona alla Gran Vergine al Cielo<br />

Assunta, lo introduce al Noviziato, lo dispone ad una buona<br />

Confessione generale e ne prende a petto l’istruzione e la cura.<br />

Che volete di più, Dilettissimi? METALINO in pochi anni divenuto di<br />

MARIA il più sincero Divoto e di ODONE il più ubbidiente<br />

Discepolo, ecco s’inferma gravemente sino a ridursi vicino agli estremi.<br />

Paventa in quello stato il penitente Metalino il vicino Giudizio.<br />

Lo conforta ed incoraggia il suo fido Maestro Odòne, che lo assiste.<br />

Ed i Monaci tutti, raffidati nel Patrocinio della Gran Vergine, non cessano<br />

di fare orazione per lui.<br />

10. Ma che? Eccoti all’improviso, sorge come una risplendente Aurora nella<br />

Camera di Metalino, vi scendon dal Cielo a folte schiere innumerabili<br />

Angeli e tra loro eccoti la loro Sovrana MARIA. Si appressa tutta benigna<br />

al Letticciuolo dell’afflitto Metalino, E che temi, Figliuol mio,<br />

528<br />

gli dice, Ego sum Misericordiæ Mater: tu bono animo esto: post triduum mecum<br />

eris 111 . Su, Metalino mio; io sono la Madre di Misericordia; sta pure di<br />

buon animo: da qui a tre giorni meco sarai in Cielo. Indi con la sua<br />

Benedizione lasciandolo in un mar di contento, disparve. E Odone? E i<br />

Monaci? Questi attoniti e stupefatti del gran valore del Patrocinio di<br />

MARIA, furon poi testimoni, dopo il terzo dì, dell’invidiabile Morte di<br />

Metalino tra le amorose Materne Braccia di Nostra Signora, fedelmente<br />

accorsa ad assistere al passaggio del suo Divoto. Dilettissimi miei, dopo<br />

che Metalino col Fatto suo vi contesta, quanto sia vero che MARIA con<br />

l’essere stata esaltata in Cielo non si è fatta dimentica delle nostre bassezze<br />

e che a guisa di sicuro Tabernacolo ci nasconde sotto il suo<br />

Patrocinio, per ripararci dai Divini Castighi e darci tempo e modo di<br />

far penitenza e di salvarci; io non oso aggiunger parola alla mia presente<br />

Omelia.<br />

Palazzo Vescovile di Montalto (AP) dove risiedette Monsignor <strong>Marcucci</strong> Vescovo.<br />

111 Io sono la Madre di misericordia: tu sii di buon animo; fra tre giorni sarai con me.<br />

529


OMELIA PER LA SS.ma NATIVITÀ DI NOSTRA SIGNORA<br />

Recitata dal Trono nella Cattedrale di Montalto,<br />

nella Mattina di Lunedì 8 Settembre 1788<br />

L’Omelia è divisa in tre parti e vuole dimostrare che la nascita di Maria è un<br />

giorno di gloria per Lei, di gaudio per noi e di terrore per il demonio.<br />

È un giorno di gloria per Maria perché Dio le concesse i grandi Privilegi a cui ab<br />

eterno l’aveva predestinata quale Madre di Dio e Regina nostra.<br />

È un giorno di gaudio per noi perché la sua nascita, come l’aurora, dilegua le tenebre<br />

dell’ignoranza e della colpa; risplende come luna e cioè vedendo noi miseri pellegrini<br />

tra il buio di questa terra, ci illumina con la luce di cui è stata arricchita e,<br />

come il sole, si fa mediatrice tra noi e Dio.<br />

Il Demonio però trema di terrore in questo giorno perché Dio, dall’inizio del<br />

mondo, lo aveva minacciato che una Donna gli avrebbe schiacciato l’altero capo.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 33, pp. 178-181.<br />

1. Memorando Giorno fu per gli Ebrei quello della loro liberazione dalla<br />

Schiavitù dell’Egitto. Fu precetto Divino: Habebitis Diem hunc in monimentum<br />

112 (Exodo 12, 14). Così richiedeva un Giorno tanto solenne. Era<br />

il Dì del Natale della loro Libertà sì lungamente sospirata. Dilettissimi<br />

miei, volgete gli occhi al solenne Giorno corrente. Giorno da tanti secoli<br />

adombrato con Simboli, predetto con Profezie, sospirato dal Genere<br />

Umano, aspettato dagli Angelici Cori. Giorno, dir voglio, della<br />

Santissima Nascita di Nostra Signora. Giorno per conseguenza, in cui si<br />

approssimava la Libertà dell’Uomo dalla Schiavitù del Demonio. O<br />

Giorno dunque assai più memorabile di quello degli antichi Israeliti, da<br />

portarsi sempre scolpito nei nostri Cuori! E come no? Un Giorno è di<br />

Gloria per Maria, di Gaudio per noi, di Terrore per Satana. Questo è il<br />

mio Assunto. Con breve Omelia ve lo espongo. Attendete.<br />

I<br />

2. Giorno dunque di Gloria di Maria è questo Dì suo Natalizio?<br />

Sicuramente. Si effettuò in tal Giorno nella Vergine quel gran cumolo<br />

112 Avrete questo giorno in ricordo.<br />

530<br />

di Privilegi, a cui DIO ab eterno l’aveva predestinata. Non può accadere<br />

negli Eterni Divini Consigli quel che accade nei Successi del Mondo.<br />

Presso di noi succedono nuove le cose, quando ci appaiono. Prima che<br />

venissero, ce ne trovavamo affatto digiuni; perché senza una preventiva<br />

speciale Rivelazione, non potevamo mai sapere il venturo libero che da<br />

DIO o dall’Umano arbitrio dipende. Or appresso DIO non può esser<br />

così. Nulla succede di nuovo al suo Divino Cospetto. Sin da tutta<br />

l’Eternità ha avuto il tutto sempre presente: e sino ab eterno ha Egli preveduto<br />

e predefinito quel che appresso di noi successivamente accade<br />

nel tempo. Nuovo è per noi. Eterno è per Iddio. Posta questa gran verità,<br />

intenderete ben voi, se perchè la Scrittura in mistico senso mette in<br />

bocca a Maria: Ab æterno ordinata sum…ante colles ego parturiebar 113 (Prov.<br />

8). Fu ben Nostra Signora da DIO preordinata e predestinata ab eterno<br />

per esser nella pienezza dei tempi sua Madre, e come tale, Regina di<br />

tutto l’Universo. Questo dice però la Vergine, che pria della formazione<br />

dei Cieli, della Terra, dei Colli e di tutto il Creato, era essa già nata<br />

nella Mente di DIO: ante colles parturiebar: si trovava già predestinata<br />

negli Eterni Divini Decreti: ab eterno ordinata sum.<br />

3. Nasce dunque nel Mondo in quest’oggi Maria. Ma come nasce? Eccolo.<br />

Nasce come predestinata Madre di DIO. Nasce come Regina di tutto<br />

l’Universo. Nasce con tutte quelle immense ricchezze di Grazie, di<br />

Privilegi, e di Santità, corrispondenti all’infinita Dignità di tal Madre ed<br />

alla grandezza di tale Regina. Alto qui, Dilettissimi. Tanta Gloria la conseguì<br />

la Vergine, non lo nego, sin dal Ventre Materno nell’Immacolato<br />

suo Concepimento. Vero tutto. Ma fu ignota al Mondo tanta di lei Gloria.<br />

Oggi la vede nata. Ed oggi l’Universo esulta ed esclama. È nata Maria: è<br />

nata la Divina Madre: è nata la nostra Regina! Ecco il gran Giorno di Gloria<br />

dell’eccelsa nostra Sovrana! O Giorno memorabile!<br />

II<br />

4. Sì, miei Dilettissimi. Ma questo Dì Natalizio di Nostra Signora, è ancor<br />

degno di indelebile memoria, perché ancora è per noi un Giorno di<br />

113 Dall’eternità sono stata pensata… Prima dei monti venivo creata.<br />

531


Gaudio. Non so, come porvi sott’occhi quest’altra verità, se non con<br />

quelle vive immagine stesse, con le quali ce la dipingon le Sacre Carte.<br />

Nasce Maria, ne stupiscono i più alti Serafini. Si chiedono tra loro sulle<br />

prime, chi mai sia tal Reale Bambina che sorge come l’Aurora, risplende<br />

come la Luna, sale sull’alto del suo merìggio come il Sole (Cant. 6):<br />

Quæ est ista, quæ progréditur quasi Aurora consurgens, pulchra ut Luna, electa<br />

ut Sol 114 . Bei Simboli, su cui il nostro esultante Gaudio si appoggia.<br />

Udite. L’Aurora è estirpatrice delle tenebre ed è foriera del Giorno.<br />

Maria nasce? Ecco dal Genere Umano incominciano a dileguarsi le<br />

tenebre dell’ignoranza e della colpa. Nasce Maria? Ecco approssimato si<br />

vede il Giorno della Grazia e della Misericordia. Maria sorge come<br />

l’Aurora? Tanto basta per il nostro Gaudio. Tu piangi Isaia. E perchè?<br />

Vedi ancor la Terra di caligine e di tenebre ricoperta: Ecce ténebræ opérient<br />

Terram, et calìgo Populos 115 (Isaia 60, 2). Hai ben ragione. Mancan dei<br />

secoli e secoli per apparir la mistica Aurora. Noi però non piangiamo,<br />

ma esultiamo. L’Aurora è nata: dissipate son le tenebre: il Giorno è chiaro.<br />

Evviva!<br />

5. Vi è di più. Nasce Maria e risplende come una Luna sul suo Plenilùnio:<br />

Quasi Luna plena in diebus suis 116 (Eccl. 50, 6). E qual mai prodigioso<br />

ufficio è quello della Luna? Tutti lo risapete, Amatissimi. Prende la<br />

Luna dal Sole la sua gran luce. La riflette però e riverbera tutta a nostro<br />

vantaggio. Così fa Maria. Nasce tutta investita dal Divino Sole della<br />

Grazia. Che fa essa, la graziosa Bambina? Vede noi miseri andar pellegrinando<br />

tra il buio di questa Terra. Riverbera pietosa sopra di noi la<br />

Luce di cui è stata arricchita. Onde la notte medesima ce la converte in<br />

Giorno ed in Giorno di gaudio.<br />

6. Ma non basta Fa la Bambina il suo prodigioso Nascimento, come il Sole<br />

elevato al suo Merìggio. Grande arcano! Si pone il Sole nel mezzo tra la<br />

Terra e il Cielo. Si fa mediatore fra questo basso Mondo e l’alto<br />

114 Chi è Costei che avanza come aurora che sorge, bella come la luna, scelta come il sole.<br />

115 Ecco le tenebre copriranno la terra e la caligine i popoli.<br />

116 Come luna piena nei suoi giorni.<br />

532<br />

Emisféro. Tratta come la pace tra il Cielo e la Terra. Grande Arcano,<br />

ripeto! C’insegna la Fede che uno è il nostro Mediatore di pace tra Dio<br />

e l’Uomo. È il Divino Sol di Giustizia, Gesù Signor nostro: Unus<br />

Mediator Dei et hominum, homo Christus Jesus 117 (1 Tim. 1). Ciò però non<br />

impedisce a Maria, che nella sua Nascita sia eletta come il Sole: electa ut<br />

Sol: cioè, come dice San Lorenzo Giustiniani, sia costituita da Dio stesso<br />

per Mediatrice di perdono e di Misericordia: Effecta est verissima<br />

mediatrix Dei et hominum 118 (Serm., De Annunciat.). Mi spiego. Non per<br />

essenziale necessità di Mediazione, com’è quella indispensabile del suo<br />

Divin Figlio. Ma per giusta congruenza. Deh sì, che alla Interposizione<br />

di tanta Madre aperti si tengono i Celesti Tesori. È ben dovere che a<br />

contemplazione del glorioso Natale di sì degna Bambina, si riempia<br />

l’uomo di Gaudio, che arreca la misericordia e il perdono!<br />

III<br />

7. Sebbene, nel mentre che tripudiamo noi di Gaudio in sì solenne Giorno,<br />

trema ed arrabbia il demonio con tutto l’Inferno. E perché? Il Giorno<br />

Natalizio di Maria gli riesce un Giorno di spavento e terrore. Osservate,<br />

Dilettissimi. Udì Lucìfero sin dal principio del Mondo minacciarsi da<br />

Dio, che sarebbe nata una Donna, che schiacciato gli avrebbe l’altero<br />

capo: Ipsa conteret caput tuum 119 (Gen. 3). Andò il maligno per circa<br />

quattro mila anni minutamente osservando il Natale di quante mai<br />

Bambine ebbe tutto Israele. Di veruna ebbe terrore, perché niuna uscì<br />

immune dal suo mortifero veleno nel suo concepimento. Quando in<br />

Egitto nacque la prima Miriàm (cioè Maria di Mosè Sorella) eh, disse<br />

Satana, non è questa la mia Nemica. Il nome di Miriàm per essa vuol<br />

dire amarezza; poiché, per mio artificio l’Israelitico Popolo nella di lei<br />

Nascita è stato più che mai straziato dal mio amico Faraone. Nasce<br />

MARIA Vergine. Oimè, urla e freme da disperato il demonio, crolla il<br />

mio Regno, mi vengono meno le forze, io son conquiso! Chi è mai<br />

costei? Nel suo Concepimento sono stato tenuto indietro e spaventato.<br />

117 Uno solo è il Mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo Uomo.<br />

118 Fu costituita verissima mediatrice tra Dio e gli uomini.<br />

119 Essa stessa schiaccerà il tuo capo.<br />

533


Cotesta Miriàm per se dénota Signora e Dolcezza, per me Schiavitù la più<br />

dura, Amarezza la più dolorosa. Oimè! Son pien di terrore: fuggo; e vado<br />

a riserrarmi all’abisso! Ecco Colei, che schiaccia il mio capo! Oimè,<br />

oimè! Tant’è, Ascoltanti. Questo Giorno della Natività di Nostra<br />

Signora è un Giorno di terrore per il demonio.<br />

8. Deh, s’è così, santissima ed insieme amabilissima Bambina! Se il Dì del<br />

vostro Natale è un Giorno di Gloria per Voi, per noi di Gaudio e di terrore<br />

per il comune nemico: deh fate (che far ben lo potete) che tale pur<br />

sia il nostro Natalizio Giorno. Uditori, e qual è per noi il nostro Natale?<br />

Vel dirò. Quello appunto, in cui nasciamo all’Eternità. Mi spiego.<br />

Il Giorno di nostra Morte. Sì, dunque, o potente Celeste Bambina.<br />

Sia, vostra mercè, un tal Giorno per noi un Giorno di Gloria, un Giorno<br />

di Gaudio e un Giorno di terrore per tutto l’Inferno. Amen.<br />

534<br />

OMELIA DELLA GLORIOSA ASSUNTA DI NOSTRA SIGNORA<br />

Recitata dal Trono della Cattedrale di Montalto,<br />

nella mattina della sua Festa, Sabato 15 Agosto 1789<br />

L’Autore paragona il suo proposito di parlare della gloria di Maria nella sua<br />

assunzione al cielo alla traversata di un mare senza lidi.<br />

Immagina che Gesù suo Figlio venga incontro a sua Madre e, con grande signorilità<br />

la prenda sotto braccio e la introduca nella Patria beata tra gli evviva,<br />

le acclamazioni, i canti e le feste di tutto il Paradiso dove fu dalla SS.ma Trinità<br />

incoronata Regina.<br />

Maria tra tanto onore non si dimentica però di noi come invece spesso accade tra i<br />

mortali che, una volta esaltati, non ricordano più chi li ha beneficati.<br />

I devoti di Maria, dunque, possono ravvivare le loro speranze e la loro fiducia in<br />

Maria. “Ella è nostra efficace Mediatrice presso Dio, nostra possente Avvocata, nostro<br />

sicuro Rifugio, nostro Tutto per proteggerci in Vita, per soccorrerci in Morte, per condurci<br />

all’eterna Salvezza”. Se è così, conclude mons. <strong>Marcucci</strong>, dobbiamo abitare con<br />

il cuore in cielo per stare con Maria SS.ma; diventeremo così le sue gloriose corone e il<br />

suo trionfo.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 33, pp. 158-165.<br />

Argomento<br />

Impercettibili essendo i sorprendenti trionfi di Maria<br />

nella sua gloriosa Assunta,<br />

si dimostra il Trionfo della sua Materna Clemenza e Misericordia,<br />

come più adattato al nostro Umano Intendimento<br />

1. L’ASSUNTA di Nostra Signora al Cielo in questo solennissimo Giorno,<br />

oltremodo grandiosa la manifestano gli stessi suoi sorprendenti Trionfi.<br />

Favellarvi, Dilettissimi, di questi, è meno agevole, che voler traversare<br />

un immenso Mare, che non ha lidi. La Divina Sapienza in pochi accenti<br />

saper ci fece, che la Gran Vergine in perpetuum coronata triumphat 120<br />

(Sap. 4, 2). Ma qual vastità misteriosa in tali Corone e in tali Trionfi si<br />

asconda, chi può penetrarlo? Se dal minimo tra i Beati è per noi indici-<br />

120 Incoronata trionfa in eterno.<br />

535


ile la trionfale magnificenza; chi mai della Regina di tutti i Beati<br />

potrà comprenderla tra noi e dimostrarla? Qualora il sì eloquente ed<br />

illuminato Agostino a contemplar si pose quelle Gran Cose, di cui<br />

cantò Maria: Fecit mihi magna qui potens est 121 , che ne ridisse? Attònito<br />

di maraviglia quell’ Aquilino Dottore ad esclamar sì fece: Adàucter pronuntio,<br />

quòd nec Ipsa explicare potuit, quod càpere potuit 122 (S. Aug., Tomo<br />

9, sup. Magnif.). Fu ben degna Maria di ricever da DIO un’immensità<br />

di grazie, di Privilegi, di Corone, di Trionfi, di Magnificenze; ma parole<br />

non ebbe a spiegar tanto.<br />

2. Indarno dunque, cari Uditori, aspettate stamane dalla mia inettissima<br />

lingua sentir di Maria le Corone, i Trionfi, in occasione della sua<br />

Assunta. Additar, io vi posso, che in Lei si avverò appuntino quel fortis<br />

ut mors Dilectio 123 (Cant. 8, 6). L’intenso Amor suo trionfò sopra la<br />

morte. Poiché non il dolore, non l’agonia, non il tormento, ma la sola<br />

dolce Carità ebbe tanto di forza di soavemente staccarla da questa vita.<br />

Vi aggiungerò, che in tal trionfale Giorno, riportò anche il Cielo sopra<br />

la Terra una maravigliosa Vittoria. Venne ben essa costretta a rendere il<br />

Verginal Corpo di Maria incorrotto e intatto. Se l’Arca della Divina<br />

Legge era d’incoruttibile legno; non poteva la più nobile Arca del<br />

Divino Legislatore a putrefazione rimanere soggetta. Risorger doveva la<br />

Madre a simiglianza del Figlio. Lo avveva già predetto il Reale Profeta<br />

con il suo Exurge Domine, Tu, et Arca sanctificationis tuæ 124 (Psal. 131, 8).<br />

Che se di tutto ciò paghi non siete, Amatissimi miei, mi farò ad accennarvi<br />

lo stupendo Trionfo, che oggi vantò la Gloria dalle tenebre del<br />

Sepolcro. Cambiar questo dovette i suoi orrori in chiari raggi di luce,<br />

come fece quello del Redentore, di cui predisse Isaia: Erit sepulchrum ejus<br />

gloriosum 125 (Isaia 11, 10).<br />

121 Colui che è potente fece a me grandi cose.<br />

122 Audacemente dico, che neppure Ella potè spiegare ciò che potè comprendere.<br />

123 L’amore è forte come la morte.<br />

124 Sorgi, Signore, Tu e l’arca della tua santificazione.<br />

125 Il suo sepolcro sarà glorioso.<br />

536<br />

3. E qui, date il permesso alla mia sì ristretta Favella, che si appigli al silenzio.<br />

Non è da lingua mortale il ridire quei grandiosi Trionfi, che si videro<br />

nell’atto del glorioso Risorgimento di Maria in questo sì memorabile<br />

Giorno. Indicar vi posso soltanto che Nostra Signora sì gloriosamente<br />

risorta dal suo Sepolcro nel terzo Dì dalla sua dolce Morte, veder si fece<br />

a mezz’aria con la Luna per sgabello, con il Sole per manto e con lucide<br />

Stelle per diadema. Vi aggiungo, che discesero dall’Empireo tutte le<br />

Angeliche Gerarchie e le Schiere tutte dei Santi che ivi allor soggiornavano,<br />

si dettero l’onore di farle corteggio. Che maraviglioso vedere!<br />

Questo è quasi un nulla al di più che vi accadde. Lo stesso diletto suo<br />

Divin Figlio, calato anch’egli dal Cielo per portar la sua Madre così<br />

trionfante in quel beatissimo Regno, le servì di appoggio, di braccio:<br />

Innixa super Dilectum suum 126 (Cant. 8, 5). Con tal signorile e grandiosa<br />

maniera andò Maria sollevandosi in alto. Giunta alla Celeste<br />

Gerusalemme vi entrò in Trionfo, arrecando a quella Patria beata un’immensa<br />

nuova Gloria accidentale. Gli evviva, le acclamazioni, i Canti, le<br />

Feste di tutto il Paradiso, chi può indicarle? Deh sì, che a cori a cori lassù<br />

si ripetevano gli elogi, dati in figura a Giuditta: Tu gloria Hierusalem, tu<br />

lætitia Israel, tu honorificentia Populi nostri, o Maria! 127 (Judith.15, 10).<br />

Presentata indi all’augustissimo Trono della TRINITÀ Divinissima,<br />

coronata venne dal PADRE, come sua Figlia ab eterno così predestinata:<br />

coronata venne dallo FIGLIO, come sua Madre ab eterno cos’ prescelta:<br />

coronata venne dallo SPIRITO SANTO, come sua Sposa ab eterno così<br />

preeletta. Ricevette allora Maria la perpetua Investitura di Sovranità,<br />

come Regina del Cielo, Padrona del Mondo, Imperadrice di tutto<br />

l’Universo da DIO creato: onde le Creature tutte ubbidissero pronte ai<br />

cenni suoi e soggette si riconoscessero a sì eccelsa Signora. Trasferitasi<br />

poi al glorioso Trono, per Lei preparato, cioè il più alto e grandioso del<br />

Cielo, dopo quello del suo Divin Figlio; alla Destra di Lui con Reale<br />

126 Poggiata sopra il suo diletto.<br />

127 Tu gloria di Gerusalemme, Tu gioia di Israele, Tu onore del nostro popolo o Maria.<br />

Questa frase Monsignor <strong>Marcucci</strong> volle scriverla sul cornicione della Chiesa<br />

dell’Immacolata annessa all’Istituto delle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione<br />

di Ascoli Piceno.<br />

537


Scettro in mano e con Imperiale Corona in Capo, collocata si vide.<br />

Tanto in questo Dì fu il grandioso Trionfo di MARIA: tanto lo aveva<br />

predetto Davide con quel suo Astitit Regina a Dextris suis 128 (Psal. 44, 10).<br />

4. Ma, Dilettissimi, a che più muover le labbra su di cose tanto sublimi, cui<br />

non arriva il basso nostro intendimento? Se mai vi persuadeste di aver,<br />

quasi in un picciol quadro, veduti sinora dipinti gli stupendi Mariani<br />

Trionfi, voi siete in abbaglio. Aveste osservato non altro, che un granellino<br />

di arena rispetto a tutta la Terra. Battiam, se è così, le pedate<br />

dell’Apostolo Paolo (2 Cor. 12, 4). Fu Egli trasferito in Cielo ad essere<br />

spettatore delle Celesti Magnificenze. Disceso poi, che ne disse? Protestò,<br />

non esservi maniera di favellarne. Che fece dunque? Antepose agli occhi<br />

dei novelli Fedeli, come dipinto, il Trionfo della Divina Grazia, Clemenza<br />

e Misericordia in vantaggio dei Giusti e dei Peccatori. E con la maggior<br />

energia del suo grande zelo si mise ad incoraggiar tutti a portarsi supplichevoli<br />

a tal Trono con la più viva fiducia: Adeamus cum fiducia ad Thronum<br />

Gratiæ, ut Misericordiam consequamur 129 (Hebr. 4, 6). Cari miei Ascoltanti,<br />

il Trono di Grazia, da chiunque ha bisogno di remissione vien chiaramente<br />

capito: così quello di Clemenza da chi ha necessità di condono e di sovvenimento:<br />

comeppur quello di Misericordia da chi oppresso si trova da<br />

compassionevoli Miserie. Chi vi ha mai di noi, che non intenda, che allora<br />

sopra di noi trionfa la Grazia, la Clemenza e la Misericordia, quando<br />

cioè contra ogni merito nostro si esaudiscono le nostre preghiere, si ascoltano<br />

i nosti clamori, si consolano le nostre lagrime, ci si accorda benignamente<br />

il perdono, l’aiuto, il provvedimento?<br />

5. Questo dunque, Amatissimi, per rapporto ancor di MARIA è quel grandioso<br />

suo Trono e Trionfo, che in tal Giorno dell’Assunta sua gloriosa possiam<br />

noi penetrare con agevolezza maggiore. Trono altissimo sì, ma tutto<br />

grazioso: Trionfo mirabile sì, ma tutto benigno, di sua Materna Clemenza<br />

e Misericordia sopra di noi. Confesso, che il mio Cuore si riempie di soavità<br />

nel solo considerarlo; tanto facile e dolce gliene riesce l’intelligenza.<br />

128 Stette la Regina alla sua destra.<br />

129 Avviciniamoci con fiduci al trono della grazia per ottenere misericordia.<br />

538<br />

6. È duopo togliersi tuttavia da un umano solito pregiudizio, che potrebbe o<br />

coprire sotto velo la verità, o porre argine alla nostra fiducia. Si stila quaggiù<br />

nel Mondo, e non di rado, che il salire in alto, mette in dimenticanza<br />

il basso. Certi Troni di alcuni Sovrani son collocati quasi sulle cime di inaccessibili<br />

Monti, talchè neppure gli sguardi dei miseri Sudditi derelitti vi<br />

possono giungere. Si narra di Faraone, Re superbo di Egitto, che a capo di<br />

un gran Salone aveva fatto innalzare il suo pubblico Trono. Chi per gran<br />

sorte poteva essere ammesso alla sua Udienza, costretto veniva giacer prostrato<br />

in terra ai piedi del Salone; e gridare ad altissima voce per essere<br />

inteso. Non ardirei qui di affermare, se a questo ancora alluder volesse la<br />

risposta che Mosè dette a Dio, qualor ne ebbe il comando di presentarsi a<br />

quel Coronato Egiziano: Domine, tardioris linguæ sum 130 (Exodo 4, 10), o<br />

come legge dei Settanta la versione: Gràcili voce ego sum 131 . Troppo gràcile<br />

e tarda è la mia voce: tutta si perderà per il Salone della Regia Udienza: mi<br />

sfiaterò e non sarò ascoltato.<br />

7. Deh si tolga pur da noi sì strana idea per riguardo al trionfante Trono di<br />

Nostra Signora in Cielo. È vero sì, che la sua Reale magnifica Sede è situata<br />

sul più alto glorioso posto dell’Empireo, dopo quella del Divino suo<br />

Figlio: onde al profetar di Michea, rassembra un altissimo illuminato<br />

Monte, collocato sulle cime degli altri splendidi Monti: Mons in vértice<br />

Montium 132 (Michea 4, 1). Ma che pregiudica questo all’amantissimo Cuor<br />

di MARIA? Il suo Trono, la sua Sede, il suo Posto in Cielo, sia quanto si<br />

voglia nella più inaccessibile altezza, è un Posto grazioso, perché di Sovrana<br />

delle Grazie: è una Sede benigna, perché di Regina di Clemenza: è un Trono<br />

affabile, perchè di Madre di Misericordia. E che pensate voi, Dilettissimi,<br />

che quella Maternità dell’Uman Genere, di cui nel Calvario fu investita<br />

Nostra Signora, cessar potesse con il finir la sua vita mortale qui in Terra?<br />

(Joan 19, 27). Deh no. Se Gesù Cristo, disceso quaggiù fra noi per farsi<br />

Avvocato e Mediatore fra il suo Divin Padre e il Genere Umano, ritener<br />

volle lassù nel Cielo un tal sì benefico Ufficio, conforme ce ne assicura<br />

130 O Signore, io sono di lingua alquanto lenta.<br />

131 Io sono di voce gracile.<br />

132 Monte sulla cima dei monti.<br />

539


l’Apostolo San Giovanni (1 Joan 2, 1), e San Paolo (1 Tim 2, 5): come<br />

volete voi, che Maria, Assunta in Cielo, spogliar si potesse dell’ufficio<br />

suo così proprio di nostra amantissima Madre ed Avvocata? Grande<br />

ingiuria fareste a sì graziosa e misericordiosa Sovrana se ne dubitaste.<br />

8. Siate dunque pur certi che il Trionfo più grato a Maria, ardisco dirlo, di<br />

quanti in quella Celeste Patria ne gode, è quello di vedersi da DIO sì pienamente<br />

arrichita di Potenza, di Clemenza, di Misericordia; affin di<br />

poterla esecitare largamente a pro di noi miseri Mortali ed in particolare<br />

dei suoi Divoti. Ringrazio Anselmo e Bernardo; ringrazio Bonaventura e<br />

Pier Damiani; rendo mille grazie ai Padri tutti, che mi rammentano tal<br />

verità. Il misero Cuor mio stesso (che fissato nella Potenza, Clemenza,<br />

Misericordia e Fedeltà di MARIA inonda di gaudio e di tripudio) me ne<br />

rende una sperimentale testimonianza. Così credo, faccia il Cuor vostro.<br />

9. Via su pertanto, Ascoltanti divoti, ravvivate le vostre Speranze in Maria,<br />

animate in Maria la vostra Fiducia! Siede Essa assisa in Cielo tutta graziosa<br />

sul Trono della sua Materna Clemenza: Adeàmus dunque ad Thronum<br />

Graziæ, accostiamoci con le umili e cordiali nostre preghiere ai piedi del<br />

suo Trono. Siamo pur certi, che non sarem da Lei rigettati; conseguiremo<br />

dal Materno suo Cuore pietà e misericordia. Sì, sì, Adeàmus, adeàmus ut misericordiam<br />

consequamur 133 . Ecco il Gran Trionfo, di cui gode in Cielo Maria.<br />

Esser nostra efficace Mediatrice presso DIO, nostra possente Avvocata,<br />

nostro sicuro Rifugio, nostra premurosa Madre, nostro Tutto per proteggerci<br />

in Vita, per soccorrerci in Morte, per condurci all’eterna Salvezza. O Dio,<br />

Dilettissimi, io son fuori di me! La Nostra Signora è per noi in Cielo e noi<br />

dove siamo? Ah, che non è dovere abitar più con il cuore in questa misera<br />

Terra! Al Cielo, al Cielo con Maria! Con Maria soggiornino lassù i nostri<br />

pensieri, i nostri desideri, e tutti i nostri più teneri affetti!<br />

10. Deh sì, eccelsa e graziosa nostra Sovrana, gradite questo sincero tributo dei<br />

nostri Cuori! Trahe nos post Te 134 (Cant. 1, 4). Ahi, che son Cuori terreni,<br />

133 Accostiamoci , accostiamoci al trono della grazia per ottenere misericordia.<br />

134 Attiraci dietro di te.<br />

540<br />

sempre di lor natura propensi a ripiombare qui in Terra! Stendete dunque,<br />

Signora, le vostre possenti Mani a staccarli dal nostro petto, a tirarli con voi,<br />

a conservarli ed incatenarli ai piedi del vostro amabile Trono: Trahe nos post<br />

te. Si manterrano in tal guisa Cuori degni dei vostri Servi, dei vostri<br />

Amanti, dei vostri Figli, dei vostri veri zelanti Divoti. Perdonate, pietosa<br />

Regina, se con arditezza più oltre avanziamo le suppliche nostre. Tra tanti<br />

vostri sì gloriosi Trionfi in Cielo, avete da aggiungerne un altro. Siano pure<br />

per noi la vostra gran Potenza, la vostra Clemenza e Misericordia, la vostra<br />

Fedeltà, come tanti spiritosi profumi, che ci danno vigore allo spirito per<br />

correre verso il beatissimo Regno, dove voi alla Destra del Divin Figlio<br />

sedete: In odorem curràmus Unguentorum tuorum 135 (Cant. 1, 4). Perdonate,<br />

Imperadrice dell’Universo: il vostro Trionfo sopra di noi, non è ancor compito.<br />

Impiegate tutto lo sforzo del vostro potentissimo Braccio e del vostro<br />

Materno amantissimo Cuore, affin di condurci tutti all’eterna Salvezza. O<br />

allora sì, noi, noi formeremo in Cielo una sorprendente Corona a tutti i<br />

vostri Trionfi. Nel vederci salvi tutti gli Angeli e tutti i Beati, vi daran<br />

mille Evviva. E noi, con loro uniti, esclameremo: Ecco il Trionfo di Maria!<br />

Ecco la Gloria di Maria! Ecco la Corona di Maria! Tanto sarà, lo speriamo;<br />

e raffidati sulle Viscere vostre misericordiose, starei quasi per dire, ne siamo<br />

certi. Le vostre gloriose Corone in Cielo, non son solamente formate da Stelle<br />

(Apoc. 12, 1), che rappresentano quei vostri Figli di Angelica vita dotati:<br />

non son lavorate soltanto di odorifero cedro del candido Libano (Cant. 4, 8),<br />

che simboleggia quei vostri Servi di innocenti costumi: ma intersiate sono<br />

ancora di unghie di Pardi crudeli e di denti di feroci Leoni. Sì, sì, di voi fu<br />

predetto Coronàberis de cubilibus Leonum, de montibus Pardorum 136 (Cant. 4, 8).<br />

E chi mai da questi vengono figurati, se non quei vostri Divoti, che essendo<br />

stati gran Peccatori, si ravvidero, vostra mercè e furono salvi.<br />

Viva dunque MARIA assunta in Cielo! Noi, Dilettissimi, noi sarem<br />

lassù il mirabil Trionfo del suo gran Potere, della sua Clemenza, della<br />

sua Misericordia. Fiat, fiat.<br />

135 Corriamo verso l’odore dei tuoi unguenti.<br />

136 Dalle tane dei leoni, dai monti dei leopardi…sarai incoronata.<br />

541


542<br />

CAP. IX<br />

DIALOGHI<br />

PER LE FESTE MARIANE MANDATI<br />

DA MONTALTO ALLE RELIGIOSE<br />

DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DI ASCOLI<br />

(1772-1786)<br />

543


Introduzione al capitolo<br />

Il capitolo IX raccoglie tre dialoghi con soggetto mariano scritti dall’Autore per le<br />

Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione e per le educande del loro Istituto.<br />

I componimenti sono espressione della versatilità dell’educatore <strong>Marcucci</strong> che si<br />

adatta sempre agli interessi e alle capacità ricettive dell’uditorio e, senza rinunciare<br />

alla solidità dei contenuti da trasmettere, sceglie sempre il modo più adatto e più piacevole<br />

affinchè l’ascoltatore, dopo aver nutrito la mente, muova la volontà verso il bene.<br />

Nell’<strong>Opera</strong> manoscritta, “Ristretto della Retorica” del 1749, mons. <strong>Marcucci</strong><br />

scriveva: “L’insegnare è di necessità, il dilettare è di utilità, il muovere è di vittoria”.<br />

Educande nel convitto di Ascoli Piceno insieme ed alcune Suore Pie <strong>Opera</strong>ie<br />

dell’Immacolata Concezione, 1916, Ascoli Piceno, Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />

544 545


DIALOGO SOPRA L’APPARIZIONE DEL REDENTORE<br />

RISORTO ALLA SUA SS.ma MADRE<br />

E SOPRA LA DOPPIA ALLELUJA DELLA PASQUA<br />

Sabato Santo 18 Aprile 1772<br />

Mons. <strong>Marcucci</strong>, in occasione della santa Pasqua, invia questo dialogo alla<br />

Comunità delle Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione di Ascoli dove c’erano anche<br />

le educande che erano solite recitare operette da lui scritte, nella ricorrenza delle principali<br />

feste liturgiche 1 . Nel 1772 le educande presenti in Congregazione erano due:<br />

Agnese Capozi di Moltalboddo (AN), entrata a 16 anni, il 10 settembre 1769 che<br />

poi diventerà religiosa nello stesso Istituto delle Suore Concezioniste con il nome di<br />

Suor Maria Tesesa e Geltrude Parisani, entrata in convitto il 1 giugno 1771 2 .<br />

Qui il dialogo si svolge tra Filomata, censoressa; Timesia e il Giudice Crite.<br />

Filomata chiede quante volte Gesù Risorto sia apparso nel giorno di Pasqua. Timesia<br />

risponde che è apparso cinque volte: le prime due alle sante donne; le altre agli apostoli e<br />

ai discepoli. Filomata crede che la prima apparizione sia stata riservata dal Figlio a sua<br />

Madre; gli altri interlocutori non sono d’accordo. Inizia un vivace confronto di opinioni,<br />

giustificate dal parere di degni autori. Quando Crite cita il parere del Cardinal Baronio<br />

che la prima apparizione di Gesù Risorto fu fatta alla sua SS.ma Madre, tutti sono d’accordo;<br />

si erano dilungati nella discussione per conoscere come ciò era avvenuto.<br />

Se Gesù è apparso per primo a Sua Madre, certamente Ella avrà anche cantato per<br />

prima, con devoto tripudio l’Alleluja che vuol dire “Evviva”.<br />

Quando Gesù apparve alle donne, esse ebbero il coraggio di accostarsi a Lui:<br />

gli abbracciarono i piedi, lo adorarono e lo riconobbero come loro vero Dio, Redentore<br />

e Maestro. Filomata conclude con il proposito di rimanere insieme alle sante donne, ai<br />

piedi di Gesù risorto e cantare con loro l’Alleluja, congratulandosi con l’Immacolata<br />

Signora e cantando il Regina Coeli laetare, Alleluja.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, pp. 204-211.<br />

1 FRANCESCO ANTONIO MARCUCCI, ASC 14: Tetralogo sacro per l’Epifania, tra una Maestra e tre<br />

Pellegrine Oltramontane cioè Eufrasia Spagnuola, Pulcheria Tedesca ed Eurilla Franzese, Ascoli<br />

Piceno 1754; Dialogo sopra il S. Natale di Gesù Bambino, fra una Pellegrina e quattro Pastorelle,<br />

Ascoli Piceno 1756; L’astrologhessa ravveduta, Burletta in Trialoghetto tra una Astrologhessa, una<br />

Teologhessa ed una Contadina, Sabato 22 Gennaio 1757. L’Amore in Trionfo, senza data.<br />

2 Cf. Elenco delle Educande del collegio delle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione di Ascoli<br />

Piceno, volume non numerato in Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />

546<br />

Filomata Giacchè ci troviamo nella festosa solenne celebrazione della Santa<br />

Pasqua di Risurrezione dell’amabilissimo nostro Redentore, sono<br />

andata meco stesso ripensando, se quante volte in tal solenne<br />

Giorno si degnò di apparir Gesù Cristo risorto e farsi vedere.<br />

Timesia Cinque furono le apparizioni del Risorto Salvador nostro in tal<br />

Giorno di Pasqua, per quanto ce ne fanno indubitata testimonianza<br />

i Santi Evangelisti.<br />

Crite Di fatto abbiam da loro che le prime due Apparizioni furon<br />

dirette alle sante Donne, cioè nel Sepolcro e nel ritorno dal<br />

Sepolcro: la terza fu fatta a S. Pietro: la quarta ai due Discepoli<br />

di Emmaus: e la quinta agli Apostoli e Discepoli uniti in<br />

Gerusalemme, tra i quali non era S. Tommaso.<br />

Filomata Or io sarei di parere che vi si potesse con tutto fondamento<br />

aggiungere un’altra solenne Apparizione e che anzi fosse la<br />

prima, cioè quella che il Divin Figlio subito risorto fece alla sua<br />

SS.ma Madre Maria.<br />

Timesia Eppure gli Evangelisti non ne parlano: anzi San Marco, cap. 16,<br />

dice chiaramente, che apparuit primo Mariae Magdalenae 3 . E se la<br />

Maddalena fu la prima ad aver tanta sorte, io non saprei, come<br />

voi dir possiate che innanzi a questa vi fosse precedente<br />

Apparizione. Che perciò e Pietro di Blois detto Blesense e<br />

Giovanni Estio e Cornelio Giansenio vanno pensando che non<br />

senza qualche grande arcano fosse prima la Maddalena a veder<br />

Gesù risorto che non fu la stessa sua SS.ma Madre.<br />

Filomata Voi con le vostre sottigliezze ed erudizioni siete sempre sul proposito<br />

fermo di contraddirmi. Io venero i Blessensi, gli Estii ed<br />

i Giansenj di Gandàvo, ma nulla mi attengo al pensar loro su di<br />

3 Apparve dapprima a Maria Maddalena.<br />

547


tal cosa; e dico che piuttosto vi sarà qualche Mistero sul perché<br />

dal Vangelo si asserisca che Gesù Cristo apparisse alla<br />

Maddalena, prima che ad altri e non si faccia menzione della<br />

SS.ma Vergine.<br />

Crite Io mi attengo a Filomata. Mi appello al celebre Ruperto Abate<br />

lib. 7, De divin. Officiis, c. 25. Sostiene egli che il Redentore<br />

Divino, prima di ogni altro apparisse subito risorto alla sua<br />

SS.ma Madre. Rende poi la ragione, se perché nel Vangelo non<br />

si parli di tali apparizioni e vi si dica, essere apparso prima alla<br />

Maddalena, indi ad altri. Inperciocchè il Vangelo favella soltanto<br />

di quelle Apparizioni fatte a quelle Persone che per lo innanzi<br />

avevan dubitato dell’avere reale Risurrezione e a quelle<br />

Persone che erano state elette per predicarla e manifestarla ad<br />

altri: tra le quali non poteva entrare Maria SS.ma; e perciò della<br />

gloriosissima Apparizione da Lei ricevuta non fa menzione il<br />

Vangelo.<br />

Timesia Mi quadra molto la saggia Interpretazione di Ruperto Abate.<br />

Crite Sì, ma uditela intera. Se dal silenzio del Vangelo prosegue egli a<br />

dire, dedurre si dovesse che il Redentore non apparisse primamente<br />

dopo risorto alla sua SS.ma Madre, non parlando neppure<br />

il Vangelo di verun’altra Apparizione fatta a Maria SS.ma, dal<br />

tempo della Risurrezione sino a quello dell’Ascensione, converrebbe<br />

asserire, che per quei quaranta Giorni non avesse mai Maria<br />

SS.ma veduto il caro Suo Divin Figlio risorto. Or siccome ciò non<br />

si può ammettere e reca orrore a sol sentirlo; così non è convenevole<br />

escluder la Madre SS.ma dalla prima visita del Figlio.<br />

Timesia Resto piucchè mai persuasa. Mi dà soltanto fastidio, se perché<br />

poi la venerabile antichità dei Padri abbia pur passata in silenzio<br />

tal verità.<br />

Filomata O questa è più bella! Stiamo a vedere che la Signora Timesia<br />

avrà letta tutta la venerabile antichità.<br />

548<br />

Crite Ora io citar voglio uno che veramente letta e ben ponderata avea<br />

tutta la venerabile antichità dei Padri e attesta che appunto per<br />

loro tradizione si risapeva, che la prima Apparizione di Gesù<br />

Risorto fu fatta alla sua SS.ma Madre. Questo è il ven. Cardinal<br />

Baronio ad ann. 34, SS. 183, ove così scrive: Traditio per manus<br />

Majorum, ac per subsequentia secula ad posteros dilapsa testatur, eumdem<br />

Dominum nostrum apparuisse primum omnium SS.mae Genitrici<br />

Mariae; quod nemo pius, puto, negabit 4 . Oltre di che lo leggiamo<br />

in S. Ireneo, in S. Ambrogio, in Sedulio, in S. Anselmo, in S.<br />

Bonaventura ed altri. Quindi la s. m. di Papa Benedetto XIII<br />

accordò delle molte Indulgenze nella divota Recita di quella<br />

Orazione: Domine Jesu Christe, Pater dulcissime, rogo te per illud<br />

gaudium, quod dilecta Mater tua habuit, quando apparuisti ei in illa<br />

sacratissima nocte Paschae 5 , ecc.<br />

Filomata Evviva, evviva! Alleluja, Alleluja! È vero dunque quel tanto che<br />

Santa Teresa nella sua vita (in Addition.) racconta dicendo:<br />

un giorno mi disse il Signore, che subito risuscitato, aveva visitato la<br />

sua Madre, Signora nostra. Evviva, evviva! Alleluja, Alleluja!<br />

Timesia Anch’io canto di buon cuore l’evviva e l’Alleluja per tal verità<br />

dilucidata, che per altro ho sempre creduta, quanto che voi.<br />

Bramavo soltanto restar illuminata sulle difficoltà che mi si<br />

paravano innanzi.<br />

Crite Certamente, non ogni volta che si propone qualche difficoltà su<br />

di una cosa, si vuol significare che si dubita di essa. Ma talora<br />

ciò si fa, affin resti meglio dilucidata, particolarmente qualora<br />

non si tratta di un articolo rivelato di fede.<br />

4 È attestata la Tradizione, trasmessa ai posteri attraverso le mani degli antenati e per i secoli<br />

seguenti, che lo stesso Signore Nostro sia apparso prima di tutti alla SS.ma Madre Maria;<br />

cosa che nessuna persona pia, credo, negherà.<br />

5 Gesù Cristo Signore, Padre dolcissimo, ti prego per quel gaudio che la tua diletta Madre<br />

ebbe quando le sei apparso in quella santissima notte di Pasqua, ecc.<br />

549


Filomata Siasi ciò come si voglia, io e ad onor di Gesù risorto e in congratulazione<br />

con Maria SS.ma, che fu la prima a veder risorto il suo<br />

Divin Figlio glorificato, canto l’Alleluja e la Regina Coeli laetare,<br />

Alleluja. Ma, oh quanto bramerei sapere il significato di questo<br />

Alleluja e se perché si canti replicato in tal solennità della Pasqua.<br />

Timesia La voce Alleluja è una voce ebraica composta di tre particolari<br />

dizioni, cioè di All, di el, e di ujà: onde secondo la forza letterale<br />

significa propriamente venit Deus, laudate: poiché All vuol dir<br />

venit, el, vuol dir Deus, e ujà, significa laudate.Onde tutta l’ebrea<br />

voce composta Alleluja vuol dire È venuto Dio, lodatelo, oppure in<br />

breve lodate Dio. Questa è la propria spiegazione che ne fa nella<br />

sua Theoria San Germano Patriarca di Costantinopoli.<br />

Crite Anzi lo stesso Santo Patriarca ivi, fondato sulla fecondità del<br />

moltiplice senso delle dizioni ebree, ne rapporta un’altra spiegazione<br />

allusiva alla SS.ma Trinità, dicendo che Al può significare<br />

quasi Ab il nome di Pater, El poi quasi Bar il nome di Filius, Ujà<br />

il nome di Sanctus Spiritus: tantochè Alleluja denotare anche<br />

possa Pater, Filius, Spiritus Sanctus. Di tal sentimento sembra pur<br />

essere San Gregorio Papa.<br />

Filomata Mi sembra tuttavia, che sia più stretta e più propria la prima<br />

spiegazione del lodate Dio.<br />

Crite Sicuro, qualor si consideri lo stretto e proprio letterale senso<br />

della frase ebrea. Infatti San Girolamo attenendosi pure al senso<br />

letterale ebraico, spiega l’Alleluja così: Cantate laudem Domino 6 e<br />

S. Agostino: Salvum me fac, Domine 7 .<br />

Timesia Si vede che quei Padri che si sono scostati dal senso letterale,<br />

non è che lo abbiano negato, ma piuttosto han voluta farvi qualche<br />

riflessione or allegorica or morale.<br />

6 Cantate una lode al Signore.<br />

7 Salvami, Signore.<br />

550<br />

Crite Così è. Ed invero il prelodato San Gregorio spiega ancor l’Alleluja<br />

così: lux, vita, salus 8 . E per finirla, Pietro Antisiodorense la spiega:<br />

Altissimus levatus est in cruce ed anche: lugebant Apostoli, jam<br />

surrexit 9 : ove si veggono pie riflessioni adattate ai Misteri in cui<br />

l’Alleluja suol cantarsi.<br />

Filomata Vorrei dire una cosa. Tutte queste spiegazioni e letterali e mistiche<br />

addotte dell’Alleluja, benché io le veneri e le lodi tutte,<br />

nientedimeno mi sembra che non mi si accostino molto al proposito<br />

del perché si canti e si replichi l’Alleluja nel tempo<br />

Pasquale.<br />

Crite Vi ho capito, Filomata mia. Dovete sapere che la voce Alleluja<br />

tuttoché nella sua forza letterale significhi lodate Dio, o cantate<br />

lodi a Dio, secondo però l’uso che ne fece l’antica Sinagoga e ne<br />

fa la S.Chiesa Cattolica, significa un’esclamazione ed intersezione<br />

di tripudio, un grido di gioia; onde l’Alleluja corrisponde al<br />

nostro festoso Evviva, Evviva! E così al plaudite dei Latini. E perciò<br />

in segno di gran festa e allegrezza si trova usato l’Alleluja una<br />

volta in Tobia, da venti volte nei Salmi, spezialmente nei loro<br />

titoli e da quattro volte nell’Apocalisse; e così replicate volte<br />

l’usa la Chiesa Cattolica nel tempo Pasquale, ed anche fra l’anno,<br />

fuorché dal tempo di Settuagesima sino al Sabato Santo,<br />

come tempo di mestizia e di lutto.<br />

Filomata Ora sì che resto soddisfattisima. Alleluja dunque Alleluja!<br />

Evviva, evviva!<br />

Timesia Eppure io leggo in San Girolamo nel suo Epitaffio di Fabiola<br />

che una volta in Roma fu cantato l’Alleluja nell’Esequie dei<br />

Morti; ed anche talora nella Quaresima, come ricavo da San<br />

Gregorio Magno, Epist. 64 ad Joannem Episcopuum Siracusanum.<br />

8 Luce, vita, salvezza.<br />

9 L’Altissimo è stato innalzato in croce… piangevano gli apostoli, è già risorto.<br />

551


Filomata Volevo ben dirlo, che la Signora Censoressa Timesia non ci<br />

volesse ricavar le sue opposizioni. Or io mi appello al Signor<br />

Giudice Crite, che saprà dissipare tutte le nuvole di tante dubbiezze.<br />

O che pazienza!<br />

Crite Non può negarsi, che una volta in Roma si usò di cantar<br />

l’Alleluja nell’esequie dei Defunti e in tempo di Quaresima,<br />

poco dopo, che ai tempi di S. Damaso Papa l’uso di cantar<br />

l’Alleluja fu dalla Chiesa di Gerusalemme portato alla Chiesa<br />

Romana; ma neppur può negarsi, che il precitato San Gregorio<br />

Magno, vedendo l’incongruenza del canto dell’Alleluja in tempo<br />

di lutto e di mestizia, ne restrinse l’uso, destinandolo per il<br />

tempo Pasquale e dentro l’anno, qualora si celebravano uffizi e<br />

funzioni di gaudio e di allegrezza; come può raccogliersi dalla<br />

allegata Epistola del Santo Pontefice a Giovanni Vescovo di<br />

Siracusa. Quindi e da ciò e dall’uso che sino ad oggi ne fa la<br />

Cattolica Chiesa, resta chiaro esser l’Alleluja una voce esprimente<br />

allegrezza e tripudio del Popolo Cristiano.<br />

Filomata Vorrei con una voce di tuono andar’ora esclamando, evviva evviva!<br />

Alleluja, Alleluja!<br />

Timesia Ed io vi farei compagnia, per sincerarvi del mio contento e della<br />

persuasione, con cui resto.<br />

Crite Or convien anche persuadersi che, siccome Maria SS.ma Nostra<br />

Signora fu la prima a goder l’apparizione del glorioso suo Divin<br />

Figlio risorto, così la prima ancor fosse a cantar divinamente<br />

l’Alleluja, ed oh con quanto e qual divoto tripudio! E che dopo<br />

di essa fossero le prime sante Donne, giacchè esse dopo la gran<br />

Vergine, furon le prime a vedere il Divino loro Maestro risorto.<br />

Filomata Io per me non ne dubito punto.<br />

Timesia E neppure io. Rifletto anzi intorno alle Sante Donne quel che ci<br />

narra S. Matteo, cap. 28, cioè che ritornando essi dal Sepolcro si<br />

552<br />

fece loro innanzi il Divin Redentore risorto salutandole amorevolmente<br />

col Dio vi salvi: Et ecce Jesus occurrit illis dicens: Avete 10 .<br />

Pensi qui pur ciascuno, se qual gaudio mai e contento potè<br />

risvegliare nei loro cuori un sì grazioso saluto ed una sì gioconda<br />

apparizione. Oh con quali sentimenti misti di umiliazione,<br />

di religione, di confidenza e di allegrezza, esclamar dovessero le<br />

fortunate Donne prostrate a terra, col cuor sulle labbra: Alleluja,<br />

Alleluja! Evviva, evviva!<br />

Crite Può ben ciò ricavarsi da quel che segue a contarci S. Matteo al<br />

citato capo 28, cioè che le sante Donne, fatte piene di giubilo,<br />

si fecero animo di accostarsi al loro Divin Maestro risorto, gli si<br />

buttarono umilmente ai Divinissimi Piedi, glieli abbracciarono<br />

e tennero e con profonda adorazione lo riconobbero come loro<br />

vero Dio e Redentore: Illae autem accesserunt, et tenuerunt pedes eius,<br />

et adoraverunt eum 11 . Ed ivi, oh con qual cuor divoto ed acceso<br />

cantarono l’Alleluja.<br />

Filomata Basta, non più. Io mi sento piena di sacra unzione e tenerezza.<br />

Rinunzio a ciò che mai può darmi il Mondo di allegrezza e contento.<br />

Ecco qual sarà da qui in poi l’unico mio tripudio, sinchè<br />

sarò viva: starmene cioè con le sante Donne ai Divini Piedi del<br />

mio caro risorto Redentore ed ivi col cuor sulle labbra venir ogni<br />

tanto cantando l’Alleluja: e così portarmi ai piedi di Nostra<br />

Immacolata Signora e, con lei congratularmi con tutto l’ossequio<br />

col Regina Coeli laetare, Alleluja. O che vita felice sarà la<br />

mia, che vita allegra e contenta, ai Piedi di Gesù e di Maria.<br />

10 Ed ecco Gesù va loro incontro dicendo: State bene.<br />

11 Ed esse si avvicinarono ed abbracciarono i suoi piedi e lo adorarono.<br />

553


DIALOGO DELLA SANTA CASA DI LORETO<br />

tra Timesia, Filomata e Criterio, 3 Maggio 1772<br />

L’Autore aveva trattato lo stesso argomento nel venerdì dopo la seconda domenica<br />

dell’Avvento, in occasione della Festa della Madonna di Loreto, 10 Dicembre 1756.<br />

Timesia, assorta in gravi pensieri, viene interrotta da Filomata per sentire il suo<br />

parere sulla Santa Casa di Loreto, che da tutto il Mondo Cattolico si venera nel<br />

Piceno come vera Casa, dove abitò a Nazareth nella Palestina la SS.ma Vergine ed<br />

in cui s’incarnò il Divin Verbo.<br />

Filomata crede a questa verità ed afferma che chi la nega lo fa solo per spirito di<br />

contraddizione e di ambizione per mostrarsi erudito.<br />

Benché la storicità della casa di Nazareth non sia una verità di fede, è però una<br />

verità certa, creduta ed insegnata da grandi figure della Chiesa, come Santuario dell’ineffabile<br />

Incarnazione del Divin Verbo.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in BSC 1519, pp. 196-203.<br />

Timesia Tutta cogitabonda vi vedo, mia Filomata, con una Lettera in<br />

mano. Che mai novella infausta vi è giunta dei vostri Stati e dei<br />

vostri Porti di Mare?<br />

Filomata Non mi riesce nuovo il far vostro. Avete già voi il solenne irrevocabile<br />

proponimento di contraddirmi, o di burlarmi. La Lettera<br />

che ho per le mani, eccola qui. Vedete, se di quale accreditato<br />

Letterato essa sia. Rifletto dunque tra me, e dico, se come mai<br />

Costui, essendo sì dotto e versato nelle sacre erudizioni, sia poi così<br />

titubante nel confessar per vera la Traslazione della Santa Casa di<br />

Loreto, che da tutto il Cattolico Mondo si venera nel nostro Piceno,<br />

come vera Casa, che abitò in Nazareth nella Palestina la SS.ma Vergine<br />

ed in cui s’incarnò il Divin Verbo. Questo mi fa star cogitabonda.<br />

Critesio Eh, Filomata mia, non è già il primo e nemmeno sarà forse l’ultimo<br />

a così titubare. In cose che non riguardan la santa Fede,<br />

credon certuni farsi del gran nome col porre in dubbio i più<br />

autentici documenti e discostarsi dalla pia comune credenza dei<br />

cristiani. Così soglion darsi aria di uomini eruditi e di spiriti<br />

forti e spregiudicati.<br />

554<br />

Timesia Quando, salva la Cattolica Fede, così fanno, converrà dire che per<br />

uno dei tre motivi si muovono, cioè o per lo zelo della verità, o per<br />

qualche difficoltà grave da loro creduta insolubile, o per l’ambizione<br />

di comparir singolari e rinomati. Per altro quel Critico che per li due<br />

primi motivi si muove, suol venerare la contraria opinione e mostrarsene<br />

rispettoso: colui poi, che si muove per terzo, nulla suole ammettere<br />

alla parte contraria, nulla prezza, il tutto pone in dileggio.<br />

Filomata Or io per me tengo che chi ai giorni nostri pone in dubbio la<br />

verità della Santa Casa Nazarena oggi detta Lauretana, non per<br />

altro si muova che per puro innato spirito di contradizione e di<br />

ambizione di comparire un gran Critico erudito.<br />

Critesio Io son con voi. Imperciocchè tutte le più gravi difficoltà che si potevano<br />

addurre in contrario furono spianate dagli Storici e Scrittori<br />

della Santa Casa, come dall’Angelìta, dal Canìsio, dal Torsellino, dal<br />

Baronio, dal Rainaldi, dal Torriano, dal Benzònio, dal Gretsero, dal<br />

Centofiorini, dal <strong>Marcucci</strong> e per tacer di altri, dal Monsignor<br />

Martorelli, già vescovo di Monte Feltro nei suoi Tomi del Teatro<br />

Storico della Santa Casa Nazarena, stampato in Roma nel 1733.<br />

Timesia Ma i Critici ambiziosi e di spirito contraddicente, poco o nulla,<br />

fan caso delle altrui Storie ed opinioni.<br />

Filomata È una gran pazzia il pretender che nelle cose dubbie la verità<br />

alloggi soltanto in Casa loro.<br />

Critesio Piano, che non può oggi chiamarsi o riputarsi dubbia la verità<br />

intorno alla Santa Casa di Loreto, cioè che sia quella stessa di<br />

Nazareth in Palestina nell’Oriente, dove seguì l’ineffabil Mistero<br />

dell’Incarnazione del Divin Verbo. Imperciocchè una tal verità<br />

vien contestata da infiniti Miracoli passati e che giornalmente<br />

seguono in quel Santo Luogo; vien comprovata dal divoto pellegrinaggio<br />

di tanti Santi e di tutto il Mondo Cattolico; e viene<br />

espressamente approvata dalle Costituzioni Apostoliche di sei<br />

Sommi Pontefici, cioè di Paolo II, Giulio II, Leone X, Paolo III,<br />

Paolo IV e Sisto V e poi dallo stesso Ufizio e Messa, accordata da<br />

555


S. Chiesa alla Provincia della Marca, a tutta la Toscana, a tutto lo<br />

Stato Ecclesiastico, a tutto il Dominio Veneto e a tutti i Regni del<br />

Monarca Cattolico. Onde senza fare una gravissima ingiuria a<br />

tutti questi venerabilissimi Contesti e Documenti, voi ben vedete,<br />

che una tal verità non può riputarsi per<br />

dubbia; ma dir si deve certissima e indubitata.<br />

Timesia Sì, ma non è una verità che spetta alla<br />

Santa Fede, né a qualche Privilegio<br />

Personale di Maria V. SS.ma; talchè chi<br />

lo impugnasse, non già verrebbe ad<br />

impugnar la Religione Cattolica, né<br />

ad offendere un qualche Privilegio<br />

Mariano: poiché, eziandio la Santa<br />

Casa di Nazareth non fosse stata veramente<br />

per Angelica Mano trasportata,<br />

prima in Schiavonia sotto Papa<br />

Niccolò IV, indi nell’agro Laureano<br />

sotto S. Celestino V, tanto rimarrebbe<br />

intatta la Santa Fede e intatte rimarrebbero<br />

tutte le singolari Prerogative<br />

di Maria SS.ma.<br />

Filomata A che servono mai tante vostre sottigliezze?<br />

Non vuol già pretendersi che la<br />

Verità della Santa Casa Nazarena traslatata<br />

in Loreto, dove si adora, sia una verità<br />

di Fede, né una verità spettante ad un<br />

qualche Privilegio Mariano; ma vuol<br />

dirsi, che è una verità pia, certa, indubitata,<br />

approvata come tale dalla Santa Sede,<br />

dalla continuazion dei Miracoli e dal<br />

consenso del Cattolico Mondo: onde non<br />

può senza grave ingiuria chiamarsi opinione<br />

dubbia di privati Storici e Scrittori,<br />

né fatto incerto.<br />

556<br />

Statua della Madonna di<br />

Loreto nell’altare sinistro<br />

del transetto della cattedrale<br />

di Ascoli Piceno di cui la<br />

famiglia <strong>Marcucci</strong> aveva la<br />

cappellania dal 1641, oggi<br />

nel Museo Diocesano di<br />

Ascoli Piceno.<br />

Critesio Ha la verità i suoi gradi. Verità di Fede è quella, che è definita<br />

come tale da S. Chiesa e come tale proposta a credersi: Verità<br />

infra fidem, cioè sotto la Fede e che non spetta alla Fede, si chiama<br />

quella, che la Chiesa approva come pia, e la propone a tutti<br />

i Fedeli da venerarsi come pia: Verità semplicemente pia, è quella<br />

su cui la Santa Sede non ha pubblicati i suoi sentimenti, ma<br />

lascia correre la pietà dei fedeli del Cattolico Mondo a venerarla<br />

e dell’unanime consenso degli Scrittori in difenderla e propagarla,<br />

come moralmente certa. Tutte son verità, ma ciascuna secondo<br />

il suo grado esclude la dubbiezza ed incertezza.<br />

Timesia Ciò nonostante, gli Oppositori della Storia della Santa Casa non<br />

sanno indursi ad ammetterla per certa e vera, perché dicono<br />

restarvi anche delle gravi difficoltà istoriche non pienamente<br />

dilucidate.<br />

Filomata La più grave difficoltà di costoro consiste nello spogliarsi dai<br />

loro ostinati impegni e dal loro spirito indivoto e nel vestirsi di<br />

un animo docile, arrendevole e pio. Guai a chi non basta<br />

l’Approvazion della Sede Apostolica, la continuazion dei miracoli<br />

e il comune Consenso dei Fedeli. Su di ciò ancora sapranno<br />

inventar cavillose risposte e difficoltà per loro insuperabili.<br />

Critesio Mi è già noto, se che ciancino ancor su di questo, con più di<br />

temerità, che di dottrina; e perciò non son meritevoli di risposte,<br />

ma di rossore. Hanno ancora il coraggio di replicare che i più<br />

accreditati Critici non ammetton la verità della Storia Lauretana.<br />

Ecco una delle gravi loro difficoltà.<br />

Timesia E quali son mai codesti più accreditati Critici riluttanti?<br />

Filomata Saran forse il Vergerio, l’Ospiniano, il Casaubono, ed altri<br />

Luterani e Calvinisti che impugnarono la verità della<br />

Traslazione della Santa Casa. Ma questi restaron appieno confutati<br />

e convinti dal Canisio, dal Gretsero, dal Turriano e dal<br />

P. Onorato di S. Maria.<br />

557


Critesio Non ricorrono essi ai Critici Eterodossi, no; ma ad alcuni Critici<br />

della nostra Comunione Cattolica, da lor encomiati come Critici<br />

più accreditati, perché a loro favorevoli. Del resto, qualor vogliam<br />

davvero memorare tra Cattolici i Critici più accreditati e più severi,<br />

che talora con troppa forse più libertà, che felicità, han censurate<br />

le cose più certe, non convien dipartirsi dal Papebrochio,<br />

continuator dei Bollandisti, da Natale Alessandro, da Teofilo<br />

Rainàudo, dal Baillèt, dal Gravesòn, dal Calmèt, modificato dal<br />

Mansi, dal P. Grandi, dal P. Onorato di S. Maria e dal Muratori:<br />

eppure tutti questi rigidissimi Critici, esaminata la storia della<br />

Traslazione della Santa Casa, l’hanno ammessa come certa e vera<br />

ed alcuni anche l’hanno con forti ragioni difesa.<br />

Timesia L’avranno senza fallo anche difesa da quelle opposizioni che alla<br />

verità di tale Storia si potrebbor fare, come ricavate da<br />

un’Epistola di S. Girolamo, da un passo dell’<strong>Opera</strong> De Locis<br />

Sanctis ascritta al Ven. Beda e dal silenzio con cui la passa<br />

Sant’Antonino Arcivescovo di Firenze.<br />

Filomata Stavo a vedere, se dar si poteva una sola volta, che Timesia ancora<br />

non ci volesse dir delle sue, sotto galante copertura.<br />

Critesio La verità della reale Traslazione della Santa Casa Nazarena nell’agro<br />

Laureano Piceno è stata ben vindicata da tutti i cavilli<br />

degli Avversari. Nientedimeno per dimostrare vieppiù che nulla<br />

ad essa si oppone l’autorità di Girolamo, né di Beda, né il silenzio<br />

di un’Antonino nella sua Storia, ecco primieramente l’Epistola di<br />

S. Girolamo ad Eustochium: Est Nazareth… in Galilea… Habet<br />

Ecclesiam in loco, quo Angelus ad B. Virginem evangelizaturus intravit;<br />

sed et aliam, ubi Dominus noster est nutritus 12 . Cosicché altro non<br />

fa Girolamo, se non avvisar alla Vergine Eustochia sua Discepola,<br />

aver’egli trovate in Nazareth due Chiese dedicate e ridotte da quei<br />

12 Nazareth è in Galilea… Ha una Chiesa nel luogo dove l’angelo entrò dalla Beata Vergine<br />

per portarle il lieto annunzio; ma anche un’altra dove il Signore nostro fu allevato.<br />

558<br />

Cristiani di Palestina, cioè la prina nel Luogo, dove la SS.ma V.<br />

Maria fu annunziata dall’Angelo e concepì il Divin Verbo Umanato;<br />

l’altra, dove il Divin Fanciullo Gesù fu nutrito. E ciò appunto<br />

concorda con la Storia Lauretana, in cui si dice che la Santa Casa<br />

dai primitivi Cristiani di Palestina in Nazareth fu ridotta in<br />

Chiesa e che in questo stato fu miracolosamente trasportata dagli<br />

Angeli in Dalmazia o sia Schiavonia, indi nell’agro Laureano del<br />

nostro Piceno; come può vedersi appresso il Torsellino lib. 1, cap.<br />

2 e il Martorelli nel suo Teatro Storico ed altri.<br />

Timesia Se ho da dirla, vedevo anch’io, che l’autorità di S. Girolamo piuttosto<br />

corroborar poteva la Storia Lauretana. Ma dell’autorità del<br />

Ven. Bedda, o di chi altro sia l’Autore, ho qualche poco temuto.<br />

Filomata Toglietevi ogni paura, che lo stesso succederà dell’autorità di Beda.<br />

Critesio Nell’opera dunque De Locis Sanctis, attribuita al Ven. Beda, al<br />

capo 16, favellandosi del secolo 7 e 8 (ed altrove anche della metà<br />

del secolo 13) si registra istoricamente così: Nazareth muros non<br />

habet, sed magna aedificia, duasque grandes ecclesias 13 ; e dopo aver<br />

detto, che Nazareth non era circondata di mura, ma che avea<br />

magnifichi edifizi, e due grandi chiese, prosegue a descriverle,<br />

soggiungendo che una era in mezzo della Città, dove una volta<br />

era stata la Casa, nella quale il Divino Infante Gesù era stato<br />

nutrito: una est in medio Civitatis, ubi quondam fuerat Domus, in qua<br />

Dominus nutritus est Infans 14 : dell’altra poi dice star situata,<br />

dov’era la Casa, in cui la SS.ma Vergine fu annunziata<br />

dall’Angelo: altera verò est Ecclesia, ubi Domus erat, in qua Angelus<br />

ad Beatam V. Mariam venit 15 . Cosicché Beda non fa altro che ripetere<br />

più diffusamente quel che S. Girolamo scrisse in conciso.<br />

13 Nazareth non ha mura, ma grandi edifici e due grandi Chiese.<br />

14 Una è nel mezzo della città, dove un tempo c’era stata una casa in cui fu nutrito il Signore<br />

fanciullo.<br />

15 C’è poi un’altra Chiesa dove c’era una casa in cui l’angelo venne presso la Beata Vergine Maria.<br />

559


Timesia Mi pare vi sia un tantinello di più. Morì il ven. Beda nell’anno<br />

735, cioè poco prima della metà del secolo ottavo. La Traslazione<br />

poi della Santa Casa si nota dal P. Battista Mantovano e<br />

dall’Angelita, come accaduta nel 1291, vale a dire da 556 anni<br />

dopo la morte di San Beda. Or la difficoltà star potrebbe che se<br />

a’ tempi di Beda non vi era più in Nazareth la Santa Casa, in cui<br />

fu la SS.ma Vergine annunziata, come denotano le parole ubi<br />

Domus erat, ma in sua vece vi era una delle due grandi Chiese:<br />

duas grandes Ecclesias; come potrà poi verificarsi, che a 556 anni<br />

dopo fosse stata di là trasportata. Converrebbe dire che di nuovo<br />

quella Chiesa fosse stata ridotta in Casa, oppure che quella Santa<br />

Casa fosse stata altrove nascosta in Nazareth.<br />

Filomata Tali appunto furon le cavillazioni dell’eterodosso Casaubono<br />

nelle sue Critiche al Baronio.<br />

Critesio Oltre a ciò, che saggiamente all’eterodosso Censore risponde il<br />

P. Onorato di S. Maria, Tomo 2, lib. 3, Disser. 1 §§ 4, aggiunger<br />

si deve, che appunto dai Documenti della Storia lauretana costa,<br />

che quando la Santa Casa fu trasportata per Angelica mano era<br />

insieme Casa e Chiesa, perché come Chiesa ornata e venerata dai<br />

Cristiani Nazareni. Inoltre, che la Santa Casa Lauretana non era<br />

già tutta la Casa intera di Maria SS.ma, ma bensì una Camera della<br />

Casa, dove fu la SS.ma V. Annunziata. Finalmente, non impedisce<br />

tale Traslazione fatta della Camera dell’Incarnazione, che in tutto il<br />

sito del rimanente della Casa vi restasse anche dopo una Chiesa, ove<br />

si racchiudeva il Sito della Sacra Camera: come difatti ve la trovarono<br />

quasi ai nostri tempi il Canonico Alcaroto nel suo Itinerario di<br />

Terra Santa, lib. 2, cap. 19, e il P. Quaresmio nella sua Elucidazione<br />

della Terra Santa, Tomo 2 lib. 7, cap. 1 e 4.<br />

Timesia Conosco ora anch’io, esser poca pietà e solenne pazzia l’impugnare<br />

e discredere una Traslazione, documentata da Monumenti antichi,<br />

da pia Tradizione non mai interrotta, da tante Costituzioni<br />

dei Sommi Pontefici, dalla celebrazione di Ufizio e Messa, da<br />

Miracoli continui e dal pio consenso comune dei Fedeli.<br />

560<br />

Filomata Evviva la verità trionfante! Del silenzio poi che nella sua Storia<br />

ne tenne l’Arcivescovo di Firenze S. Antonino, nulla di forza da<br />

tal’argomento negativo si cava. Primo, perché converrebbe provare<br />

che intanto il Santo Prelato non ne facesse menzione, perché<br />

dubitasse di tal vera Traslazione. Secondo, che avendo scritto<br />

S. Antonino da un secolo e mezzo dodo seguita la Traslazione,<br />

si era già divulgata per tutto il Mondo come indubitata e certa,<br />

talchè non vi era bisogno di memorarla di nuovo per farla risapere.<br />

Terzo, che da tal Silenzio del suo Arcivescovo non mai<br />

Firenze dubitò della Traslazione della Santa Casa, che anzi tutta<br />

la Toscana nel 1719 ne ottenne l’Ufizio e la Messa, come nel<br />

1725 tutta la Spagna.<br />

Critesio Su di tal Silenzio di S. Antonino potrebbe pur vedersi il<br />

P. Grandi Camaldolese, Dissert. 3, cap. 8, n. 12.<br />

Timesia Che accade più legger dotti Scrittori. La verità è una sola ed<br />

indivisibile e, per quanto resti combattuta, sempre alla fine prevale<br />

ed a sè soggetta ogni umano Intelletto che non resti volontariamente<br />

incatenato dalla perfidia.<br />

Filomata Viva dunque il gran Santuario di Loreto! Se mai altra volta quel<br />

Letterato farà più capitar sue Lettere, lo rimetterò all’umile<br />

Recita della chiusa della sesta Lezione che, sotto Papa Innocenzo<br />

XII, fu aggiunta all’Ufizio proprio della Traslazione della Santa<br />

Casa: lo rimanderò alle deposizioni giurate di tanti testimoni<br />

che, al tempo di Papa Clemente VII, attestarono di aver’udito<br />

dai loro Maggiori, che essi videro la Santa Casa portarsi miracolosamente<br />

per aria: e così alle deposizioni di quegli altri, spediti<br />

dallo stesso Pontefice a confrontar le misure nella Schiavonia<br />

e in Nazareth. E se né a tutto ciò, né ad altro vorrà arrendersi,<br />

gli griderò: Restati pur con la tua cieca miscredenza; e senza<br />

invidia: non aspettar seguaci, ma odiatori della tua durezza: a<br />

tuo dispetto vedrai sempre più impegnati tutti i Fedeli a venerar<br />

quel gran Santuario, che credono essere stato consacrato dall’ineffabile<br />

Incarnazione del Divin Verbo.<br />

561


DIALOGHETTO IN QUATTRO EDUCANDE<br />

PER LA FESTA DELLA PRESENTAZIONE DI MARIA<br />

21 Novembre 1786<br />

Mons. <strong>Marcucci</strong>, benché impegnato nel governo della Diocesi, nel giorno della festa<br />

della Presentazione di Maria al Tempio, scrive questo dialogo per le quattro educande,<br />

presenti nella sua Congregazione di Ascoli. Esse sono le sorelle Celi Caterina e<br />

Marianna di Montedinove (AP), entrate in convitto rispettivamente il 21 novembre<br />

1781 all’età di nove anni e il 28 maggio 1786 all’età di otto e le sorelle Picca Maria<br />

e Caterina (Teresina) di Ascoli, entrate in Congregazione nell’ottobre 1786 16 . Il Servo<br />

di Dio mons. <strong>Marcucci</strong> spiega alle educande il significato di una festa che tanto le avvicina<br />

alla Vergine Santa che, come dice la Tradizione, fu educata al Tempio per ben dodici<br />

anni. Le sue giornate erano divise tra orazioni, studio delle divine Scritture, visite al<br />

Tempio e lavori; Ella tutto riferiva a Dio e Dio era l’unico fine del suo operare e del suo<br />

vivere. Le educande vedono in Maria Bambina la loro Madre e Maestra.<br />

Il brano è stato trascritto dall’autografo originale in ASC 92, pp. 1-5.<br />

Educanda I Gaudete omnes diem festum celebrantes in honorem Praesentationis<br />

Beatissimae semper Virginis MARIAE; de qua gaudent omnes<br />

Angeli et tota Patria Coelestis exultat 17 .<br />

Educanda II Se tutta la Corte Celeste si pone in festa nella Presentazione al<br />

Tempio della loro Regina, quando era tra noi; è questo un<br />

Invito alla Chiesa nostra militante per degnamente celebrarla.<br />

Educanda III Certamente, se una tale Festa si celebra da tutta la Chiesa;<br />

ragion vuole, che da noi Educande celebrar si debba con una<br />

particolarissima divozione.<br />

Educanda IV E come no, se questa gran Festa della Presentazion di MARIA,<br />

è propriamente la solennissima Festa di Noi Educande?<br />

16 Cf. Elenco delle Educande del collegio delle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione di Ascoli<br />

Piceno, volume non numerato in Museo-Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />

17 Godete voi tutti che celebrate il giorno festivo in onore della Presentazione della beatissima<br />

sempre Vergine Maria di cui godono tutti gli angeli e tutta la patria celeste esulta.<br />

562<br />

Educanda I “Trimula erat Virgo Puella, quando a Parentibus suis Joachim et<br />

Anna, ex Dei voluntate, fuit hodierna die in Templo praesentata” 18 .<br />

EducandaII Di soli tre anni dunque era la SS.ma Fanciulla, quando dai<br />

suoi Parenti per Divino Volere fu posta in Educazione al<br />

Tempio di Gerosolima con le altre Verginelle?<br />

Educanda III Sì, si, tale è la comune sentenza dei più antichi Sacri Scrittori;<br />

e che riesce a noi di esempio e di sprone di presentarci e dedicarci<br />

a Dio nella nostra più tenera età e fanciullezza.<br />

Educanda IV Faceva maraviglia a tutti gli Angeli, che eran discesi dal<br />

Cielo per corteggiarla, nel vederla salir da se stessa i quindici<br />

misteriosi Gradini del Tempio, in contrassegno che tutta<br />

sollecita saliva i più alti gradi di Perfezione per dedicarsi<br />

tutta al suo caro Dio.<br />

Educanda I Quis enim Intellectus capere potest, quae lingua dicere, quid perfectionis<br />

fecerit Maria per annos duodecim, quibus in Templo extitit,<br />

semper in Deum absorpta 19 .<br />

Educanda II Convien credere, che nei dodici anni dell’Educazione della<br />

Divina Fanciulla, la sua Vita fosse tutta in Dio e vivesse<br />

nell’Educandato del Tempio, come se stesse innanzi al Trono<br />

di Dio in Cielo.<br />

Educanda III Benché la sua SS.ma Vita fosse ripartita e nelle Orazioni, e<br />

nelle considerazioni delle Divine Scritture e nelle Visite del<br />

Sacro Tempio e nei Lavori; nientedimeno il tutto riferiva a<br />

Dio e Dio era l’unico fine del suo operare e del suo vivere.<br />

18 Di tre anni era la Vergine fanciulla quando dai suoi genitori Gioacchino ed Anna per<br />

volontà di Dio fu presentata al Tempio nel giorno d’oggi.<br />

19 Quale mente infatti può comprendere, quale lingua può dire quale perfezione abbia raggiunto<br />

Maria per dodici anni nei quali fu nel Tempio sempre assorta in Dio?<br />

563


Educanda IV Ed oh così fosse la vita nostra ad imitazione di Maria!<br />

Educanda I Eja, Sorores! Talis fuit Mariae, Vita in Templo, ut imitaretur a nobis 20 .<br />

Le tre altre Educande, insieme: “Ad onor dunque della Presentazion di Maria<br />

al Tempio noi ci dedichiamo sin da questo Giorno tutte<br />

all’amore e servizio di Dio.”<br />

Educanda I Ego quoque vobiscum 21 .<br />

Tutte insieme “Viva Maria SS.ma, nostra Gran Madre e Maestra! Evviva,<br />

Evviva!”<br />

20 Eh, sorelle, la vita di Maria nel Tempio fu tale che fosse imitata da noi.<br />

21 Anch’io con voi.<br />

564<br />

Ignoto, Sant’Anna insegna a leggere alla Piccola Maria,<br />

sec. XVIII, olio su tela, Ascoli Piceno, Museo-<br />

Biblioteca “F. A. <strong>Marcucci</strong>”.<br />

Anonimo, Cuore immacolato di Maria e Cuore immacolato di Gesù, sec. XVII, olio su tela,<br />

Ascoli Piceno, Museo-Biblioteca “<strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong>”.<br />

565


566<br />

Indice dei nomi notevoli di persone 1<br />

Abate Ferrucci: pagg. 243, 259.<br />

Adolfo Conte di Alsazia: pag. 98.<br />

Agnese Desio (Suora): pag. 129.<br />

Agnese di Montepulciano*: pag. 49.<br />

Agostino (Santo)*: pagg. 8,13, 24, 67,<br />

68, 10, 185, 276, 281, 296, 297, 338,<br />

344, 346, 359, 362, 363, 369, 381,<br />

382, 386, 387, 418, 420, 432, 442,<br />

443, 445, 448, 452, 510, 536, 550.<br />

Agostino Calmèt*: pag. 358.<br />

Alano (Beato) de la Rupe*: pagg. 192,<br />

364.<br />

Alberto di Vercelli o di Gerusalemme*:<br />

pag. 180.<br />

Alberto Magno*: pag. 155.<br />

Aleide: pag. 114.<br />

Alemanno Pietro (Pittore): pagg. 218, 412<br />

Alessandro I (Papa)*: pag. 278.<br />

Alessandro III (Papa)*: pag. 142.<br />

Alvarez Baldassarro: pag. 107.<br />

Ambrogio (Santo)*: pagg. 32, 160, 163,<br />

164, 167, 172, 185, 274, 342, 350,<br />

360, 381, 521, 549.<br />

Amedeo (Beato)*: pag. 32.<br />

Amerigo Vespucci*: pag. 271.<br />

Anacreonte*: pag. 191.<br />

Anastasio I*: pag. 276.<br />

Andria Vincenzo: pag. 115.<br />

Angelino Carmelitano (Beato)*: pag. 114.<br />

Angelita: pagg. 555, 560.<br />

1 I nomi contrassegnati con l’asterisco sono presenti nel repertorio.<br />

Anna (Santa): pagg. 346, 347, 348, 349,<br />

350, 505, 563, 563n, 564..<br />

Anselmo d’Aosta*: pagg. 29, 32, 104,<br />

355, 540, 549.<br />

Antonino (Santo)*: pagg. 20, 33, 558,<br />

561.<br />

Apollinare di Laodicea*: pag. 281.<br />

Ario: pag. 281.<br />

Arnolfo Santo*: pag. 49, 299.<br />

Atanasio di Alessandria (Santo)*: pagg.<br />

281, 386.<br />

Augusto*: pagg. 360, 365, 366, 367,<br />

368, 371, 372.<br />

Auriemma Tommaso*: pagg. 60, 62, 62n,<br />

63n, 92n, 99n, 100n, 115n, 121n,<br />

122n, 127n, 133n, 134n, 151n, 152n,<br />

156n, 157n, 158n, 168n, 163n, 176n,<br />

192n, 194n, 233, 251, 253, 260.<br />

Baillèt: pag. 558.<br />

Baronio Cesare (Cardinale)*: pagg. 358,<br />

360, 369, 371, 372, 546, 555, 560.<br />

Basilio Magno (Santo)*: pagg. 358, 381.<br />

Basso Publio Ventidio*: pag. 296.<br />

Battista Mantovano (Beato)*: pag. 560.<br />

Baylon Pasquale (Santo)*: pag. 70.<br />

Beda*: pagg. 11, 169, 185, 350, 359,<br />

369, 558, 559, 560.<br />

Bedini Gaetano*: pag. 358.<br />

Bellarmino Roberto (Santo)*: pagg. 263,<br />

268.<br />

Benedetto XIII*: pag. 549.<br />

567


Benzonio Rutilio*: pag. 555.<br />

Bernardino da Siena (Santo)*: pagg. 19,<br />

112, 127, 132, 139, 144, 313, 322.<br />

Bernardo (Santo)*: pagg. 11, 20, 30, 41,<br />

61, 61n, 112, 131, 151, 171, 175,<br />

202, 236, 258, 299, 300, 302, 325,<br />

359, 360, 361, 363, 377, 395, 409,<br />

418, 433, 435, 436, 437, 442, 443,<br />

462, 463, 490, 514, 516, 540.<br />

Bollando (Jean Bolland)*: pagg. 209,<br />

340, 356, 393.<br />

Bonaventura (Santo)*: pagg. 28, 113,<br />

127, 132, 145, 238, 273, 432, 540,<br />

549.<br />

Bonifacio IX*: pag. 168.<br />

Bonifacio VIII*: pag. 180.<br />

Bonoso: pag. 363.<br />

Borromeo Carlo (Santo)*: pag. 70.<br />

Brigida (Santa)*: pagg. 20, 28, 29, 33,<br />

74, 90, 92, 97, 127, 131, 205, 211,<br />

238, 253, 335, 361.<br />

Callisto III*: pag. 156.<br />

Calvino: pag. 118.<br />

Canisio Pietro (Santo)*: pagg. 555, 557.<br />

Capozi Agnese di Montalboddo: pag 546.<br />

Capozi Maria Petronilla (Suora): pagg.<br />

497, 497n.<br />

Casaubono: pagg. 557, 560.<br />

Caterina da Siena (Santa): pagg. 188, 326.<br />

Cecco d’Ascoli*: pag. 233.<br />

Cecilia di Palermo (Suora): pag. 49.<br />

Cedonio Servita (Beato): pag. 173.<br />

Celestino I (Papa)*: pagg. 273, 276.<br />

Celestino V (Papa)*: pagg. 207, 556.<br />

Celi Caterina: pag. 562.<br />

568<br />

Celi Marianna: pag. 562.<br />

Centofiorini: pag. 555.<br />

Cerinto*: pagg. 378, 382.<br />

Cipriano (Santo)*: pag. 369.<br />

Cirillo e Metodio (Santi)*: pagg. 180,<br />

238, 382, 384.<br />

Cisterzio Pietro (Beato): pag. 263.<br />

Civita Vincenzo (Pittore): pag. 337.<br />

Clemente Alessandrino (Santo)*: pag.<br />

369.<br />

Clemente Romano (Santo)*: pag. 248.<br />

Clemente VII (Papa)*: pagg. 167, 168,<br />

561.<br />

Clemente X (Papa)*: pagg. 179, 181.<br />

Clemente XI (Papa)*: pagg. 341, 36.<br />

Clemente XII (Papa)*: pagg. 38.<br />

Clemente XIV (Papa)*: pagg. 290n, 494,<br />

494n, 497.<br />

Cornelio a Lapide*. pagg. 368, 377.<br />

Cristanziano (Santo)* : pag. 149, 153,<br />

154.<br />

Cristina (Beata): pag. 50.<br />

Cristoforo Colombo*: pag. 271.<br />

Damaso I (Papa)*: pagg. 278, 280, 281,<br />

370, 552.<br />

De Marca Pierre*: pag. 340.<br />

Desio Maria Agnese (Suora): pag. 129.<br />

Diego Francescano (Santo): pag. 63.<br />

Dionisio Aeropagita (Santo): pag. 278.<br />

Dionisio Cartusiano (Santo): pagg. 158,<br />

238.<br />

Domenico (Santo): pagg. 190, 192.<br />

Domenico Valesio*: pag. 330.<br />

Dorotea (Beata)*: pag. 63.<br />

Ebione*: pagg. 378, 382.<br />

Egidio (Beato)*: pagg. 375, 385.<br />

Elisabetta (Santa): pagg. 13, 155, 156,<br />

160, 162, 163, 167, 168, 169, 172,<br />

231, 347, 348, 349, 360, 362, 383.<br />

Elisabetta regina del Portogallo (Santa)*:<br />

pagg. 63, 207.<br />

Elisabetta regina di Ungheria (Santa)*:<br />

pag. 64.<br />

Elvidio*: pagg. 356, 363, 380, 381, 382.<br />

Emidio (Santo)*: pagg. 89d, 196, 197,<br />

197n, 198, 200, 201, 202, 202n.<br />

Enrico Suso (Errigo Susone)*: pagg. 208,<br />

209.<br />

Epifanio di Costantinopoli*: pagg. 132,<br />

358, 381, 432.<br />

Ermanno Giuseppe di Colonia (Santo)*:<br />

pag. 106.<br />

Erode il Grande*: pagg. 17, 365, 366,<br />

367, 367n, 368, 373, 390, 390n, 391,<br />

392, 393, 394, 395.<br />

Errigo del Casto: pagg. 72, 73.<br />

Errigo di Evora (Cardinale): pag. 207.<br />

Eugenio di Cesarea*: pagg. 336, 341,<br />

342, 350, 369, 372.<br />

Eugenio IV (Papa)*: pag. 282.<br />

Eulalia (Beata): pagg. 158, 159.<br />

Eutiche*: pag. 384.<br />

Evolto Giovanni: pag. 62.<br />

Falconieri Giuliana (Santa)*: pag. 63.<br />

Ferdinando V di Castiglia: Pag. 271.<br />

Ferrari Dino (Pittore): pagg. 295, 365.<br />

Filippo Benizi (Santo)*: pagg. 236, 299.<br />

Firmiano Lattanzio*: pag. 369.<br />

Fontana Luigi (Pittore): pag. 512.<br />

Fotino*: pag. 281.<br />

Fra Leone*: pagg. 129, 134.<br />

Francesca del SS. mo Sagramento (Suora):<br />

pag. 107<br />

Francesca Romana (Santa)*: pag. 207.<br />

<strong>Francesco</strong> d’Assisi (Santo)*: pagg. 207,<br />

337, 385.<br />

<strong>Francesco</strong> di Sales (Santo)*: pagg. 258,<br />

322, 326.<br />

Francisco Turriano*: pag. 557.<br />

Garzia Simone: pagg. 141, 148.<br />

Gelsio (Papa)*: pag. 274.<br />

Geltrude (Santa)*: pagg. 49, 68, 69, 90,<br />

94, 326.<br />

Gereone, monaco: pag. 69.<br />

Gerlaco Romita (Santo)*: pag. 63.<br />

Germano di Costantinopoli (Santo)*:<br />

pagg. 119, 321, 550.<br />

Gerolesi <strong>Antonio</strong>*: pag. 224.<br />

Gersone Giovanni*: pagg. 105, 342, 343,<br />

350, 353, 356.<br />

Giacinto Santo*: pag. 49.<br />

Giacomo I*: pag. 152.<br />

Giacomo Maggiore (Apostolo e Santo):<br />

pagg. 7, 116, 117, 118, 122, 151,<br />

333, 347, 367, 479, 481.<br />

Giacomo Minore (Apostolo e Santo): pag.<br />

347.<br />

Giordani Domenico: pag. 494.<br />

Giordano Raimondo (Beato): pag. 113.<br />

Giovacchino (Santo): pagg. 164, 238,<br />

324, 327, 340, 345, 346, 349, 350,<br />

505.<br />

Giovanna Carmelitana (Beata): pag. 63.<br />

Giovanna di Francia (Beata): pag. 158.<br />

569


Giovanni Battista (Santo): pagg. 160, 161,<br />

163, 164, 165, 166, 347, 353, 367.<br />

Giovanni Crisostomo (Santo)*: pag. 25,<br />

27, 28, 70, 185, 521.<br />

Giovanni Damasceno (Santo)*: pagg.<br />

119, 132, 211, 212, 214, 303, 305,<br />

306, 307, 345, 346, 349, 350, 419,<br />

426, 428, 430, 432.<br />

Giovanni Evangelista (Apostolo e Santo):<br />

pagg. 23, 163, 347, 446, 524, 540.<br />

Giovanni re di Portogallo*: pag. 48.<br />

Giovanni XXI (Papa)*: pag. 142.<br />

Giovanni XXII (Papa)*: pag. 156.<br />

Gioviniano*: pagg. 363, 380, 382, 490.<br />

Girolamo (Santo): pagg. 237, 342, 350,<br />

356, 362, 368, 370, 380, 381, 382,<br />

550.<br />

Giulio Africano*: pagg. 336, 341.<br />

Giulio II (Papa)*: pag. 556.<br />

Giustino Martire (Santo)*: pagg. 350, 386.<br />

Gondisalvo (Beato): pag. 258.<br />

Gravesòn: pagg. 118n, 119n, 120n,<br />

142n, 168n, 180n, 360, 369, 558.<br />

Gregorio di Nissa (Santo)*: pag. 359.<br />

Gregorio III (Papa)*: pag. 119.<br />

Gregorio IV (Papa)*: pag. 142.<br />

Gregorio IX (Papa)*: pag. 155.<br />

Gregorio Nazianzeno (Santo)*: pag. 282,<br />

348.<br />

Gregorio VII (Papa)*: pag. 121, 131, 294.<br />

Gregorio XV (Papa)*: pag. 38.<br />

Gretsero Jacopo*: pagg. 555, 557.<br />

Idelfonso (Santo)*: pagg. 214, 258, 280,<br />

282.<br />

Ignazio di Antiochia*: pag. 360.<br />

570<br />

Ilario di Poitiers (Santo): pagg. 273, 358.<br />

Innocenzo III (Papa)*: pagg. 269, 273,<br />

441, 450.<br />

Innocenzo IV (Papa)*: pag. 180.<br />

Ireneo di Lione (Santo)*: pagg. 379, 386,<br />

549.<br />

Isabella di Castiglia*: pag. 271.<br />

Isidoro di Siviglia*: pagg. 248, 369.<br />

Leone I (Papa)*: pag. 384.<br />

Leone IV (Papa)*: pag. 207.<br />

Leone IX (Papa)*: pag. 202.<br />

Leone X (Papa)*: pag. 556.<br />

Lirano Nicolò*: pagg. 162, 346, 350,<br />

368, 370.<br />

Lorenzo Giustiniani (Santo)*: pag. 533.<br />

Lorenzo Grisogono: pag. 127.<br />

Luca Evangelista (Santo): pagg. 6, 12, 20,<br />

139, 336, 337, 338, 339, 340, 341,<br />

344, 345, 347, 348, 349, 360, 361,<br />

366, 367, 379, 383, 446, 463, 478,<br />

519.<br />

Lucenzio*: pag. 384.<br />

Lutero: pag. 118.<br />

Lutgarda (Santa)*: pag. 230.<br />

Macedonio: pag. 281.<br />

Marana Tommaso: pag. 59.<br />

Marcello (Papa): pag. 200.<br />

Marcione: pag. 281.<br />

Marco Evangelista (Santo): pagg. 446, 547<br />

Marco I (Papa): pag. 278.<br />

<strong>Marcucci</strong> Chiara Cecilia: pag. 290n.<br />

Margherita da Cortona (Santa): pag. 72.<br />

Maria di Agreda (Suora): pagg. 105, 107,<br />

246.<br />

Maria Egiziaca (Santa): pag. 72.<br />

Maria Maddalena (Santa): pagg. 184, 185,<br />

186, 187, 189, 547n.<br />

Martorelli, Monsignor: pagg. 555, 559.<br />

Masucci Agostino (Pittore): pag. 457.<br />

Materno di Milano (Santo): pag. 200.<br />

Matilde (Santa): pagg. 70, 139, 140, 145,<br />

155, 157, 230, 374.<br />

Matteo Evangelista (Santo): pagg. 268,<br />

336, 337, 338, 339, 340, 341, 343,<br />

344, 346, 351, 354, 358, 359, 361,<br />

365, 366, 373, 378, 379, 380, 381,<br />

383, 386, 387, 388, 389, 390, 393,<br />

445, 445, 552, 553, 582.<br />

Melchiade (Papa): pag. 197.<br />

Muratori Ludovico <strong>Antonio</strong>*: pag. 558.<br />

Nardini Bonifazio (Pittore): pagg. 47, 231.<br />

Nardini Tommaso (Pittore): pag. 425.<br />

Natale Alessandro: pag. 558.<br />

Nestorio*: pagg. 157, 383, 382, 384.<br />

Niccolò IV (Papa)*: 556.<br />

Niceforo*: pagg. 162, 348, 369.<br />

Nicola da Tolentino*: pag. 63.<br />

Odone (Santo): pagg. 528, 529.<br />

Onorio III (Papa)*: pag. 180.<br />

Onorio IV (Papa)*: pag. 180.<br />

Origene*: pagg. 169, 185, 274, 369.<br />

Ospiniano: pag. 557.<br />

Padre Girolamo Carraglio: pag. 253.<br />

Padre Grandi: pagg. 558, 561.<br />

Padre Onorato di S. Maria: pagg. 557,<br />

558, 560.<br />

Paolo (Apostolo e Santo): pagg. 326, 383,<br />

540.<br />

Paolo Diacono*: pagg. 165, 166.<br />

Paolo II (Papa)*: pag. 556.<br />

Paolo III (Papa)*: pag. 556.<br />

Paolo IV (Papa)*: pag. 556.<br />

Papebrochio Daniele*: pag. 558.<br />

Parisani Geltrude: pag. 546.<br />

Patrizio (Santo): pag. 492.<br />

Pelagio II (Papa)*: pag. 285.<br />

Petavio Dionigi*: pag. 368.<br />

Picca Caterina: pag. 562.<br />

Picca Maria: pag. 562.<br />

Pico della Mirandola*: pag. 223.<br />

Pier Damiani (Santo)*: pagg. 10, 81, 137,<br />

237, 434, 540.<br />

Pietro (Apostolo e Santo): pagg. 12, 111,<br />

151, 248, 263, 367, 470, 547.<br />

Pio V (Papa)*: pagg. 180, 192, 274.<br />

Platone*: pag. 199.<br />

Ponziano (Papa)*: pagg. 264, 265.<br />

Quinziano*: pag. 403, 404.<br />

Radegonda*: pag. 64.<br />

Rainaudo Teofilo*: pag. 558.<br />

Relucenti Tecla, (Suora): pag. 41.<br />

Riccardo di San Vittore*: pagg. 132, 138.<br />

Ricci Niccola: pag. 35.<br />

Rosa Maria di S. <strong>Antonio</strong> (Suora): pag. 49.<br />

Ruperto Abate (Santo): 142.<br />

Samuele (Beato): pag. 68.<br />

Scaligero: pag. 368.<br />

Sedulio Scoto*: pag. 549.<br />

Senese Sisto: pag. 368.<br />

Servazio (Santo)*: pag. 63.<br />

Silvestro I (Papa)*: pagg. 269, 278, 281.<br />

571


Simone Stok (Santo)*: pagg. 179, 181,<br />

182, 183.<br />

Sisto V (Papa)*: pag. 180, 556.<br />

Sovore (Beato): pagg. 49.<br />

Stanislao Kostka (Santo)*: 49.<br />

Stefano di Antiochia*: pag. 119.<br />

Stefano Re di Ungheria*: pag. 49.<br />

Suarez Francisco*: pagg. 11, 112, 126,<br />

144, 322, 353, 356, 377, 429.<br />

Telesforo (Papa)*: pag. 273.<br />

Teofilo Rainàudo: pag. 558.<br />

Teresa (Santa): pagg. 71, 103, 106, 107,<br />

108, 326, 342, 549.<br />

Tertulliano Quinto Settimo Fiorente*:<br />

pagg. 33n, 394.<br />

Toledo Francisco*: pag. 63, 258.<br />

Tommaso D’Aquino*: pagg. 362, 363, 374,<br />

382, 387, 386, 389, 393, 420, 426.<br />

Tommaso da Kempis*: pag. 157.<br />

572<br />

Torriano: pag. 555.<br />

Torsellino Orazio*: pagg. 335, 555, 559.<br />

Tostato Alfonso: pagg. 358, 368.<br />

Ugone di San Vittore*: pag. 262.<br />

Ugone Grozio*: pagg. 339, 345.<br />

Urbano II (Papa)*: pag. 285.<br />

Urbano VI (Papa)*: pagg. 167, 168.<br />

Vacchinia Francesca: pag. 142.<br />

Valentino (Santo)*: pagg. 197, 199, 201.<br />

Vergerio: pag. 557.<br />

Veronica di Binasco: pag. 233.<br />

Veterico: pagg. 492, 493.<br />

Vincenzo Ferreri*: pag. 427, 514.<br />

Vitelli Bartolomeo (Pittore): pagg. 7, 235,<br />

320.<br />

Vitellozzi Paolo (Pittore): pag. 467.<br />

Vossio Isacco: pag. 369.<br />

Zaccaria (Santo): pagg. 164, 347, 348.<br />

Repertorio di persone menzionate nell’opera<br />

Agnese da Montepulciano, Beata:<br />

(Gracciano, 1268 - Montepulciano,<br />

1317) Badessa di Procedo, tornò a<br />

Montepulciano e vi fondò un nuovo<br />

monastero domenicano. Particolarmente<br />

devota della passione di Gesù. Fu canonizzata<br />

nel 1726.<br />

Agostino, Santo: (Tagaste, 354 - Ippona,<br />

430) Filosofo, teologo e padre della<br />

Chiesa; dapprima manicheo, insegnò<br />

retorica a Roma e a Milano dove le prediche<br />

di S. Ambrogio e la conoscenza<br />

delle opere di Plotino determinarono la<br />

sua conversione al Cristianesimo.<br />

Ricevette il Battesimo da S. Ambrogio<br />

la notte di Pasqua del 387. Vescovo di<br />

Ippona (396), spese il resto della sua vita<br />

dedicandosi all’amore per il prossimo e<br />

all’opera di scrittore al servizio della cristianità.<br />

La più famosa opera di A. sono<br />

le Confessioni. Ricordiamo inoltre: De<br />

Civitate Dei, De vera religione, De<br />

Trinitate. Più volte citato nel Concilio<br />

Vaticano II per le sue intuizioni sul<br />

Mistero della Vergine Madre di cui sottolinea<br />

il rapporto di profonda connessione<br />

con il Mistero di Cristo e della<br />

Chiesa, assumendo quali dati di fede la<br />

maternità divina di Maria e la sua verginità<br />

perpetua.<br />

Alano de la Rupe, Beato: (Bretagna, 1428<br />

- Zwolle, 1475) Frate domenicano originario<br />

della Bretagna. A lui si deve la diffusione<br />

della devozione al Salterio o<br />

Santo Rosario, del quale stabilì le caratteristiche<br />

attuali, fissando delle regole a<br />

quello che veniva già recitato per consuetudine:<br />

dalla originaria recita di 50<br />

Ave Maria passò a 150 divise in decadi,<br />

inframezzate da 15 Pater Noster. Fissò a<br />

cinque i temi di meditazione, elaborando<br />

i Misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi.<br />

Alberto di Vercelli o di Gerusalemme,<br />

Santo: (Castel Gualtieri, ca. 1150 - Acri,<br />

1214) Patriarca latino di Gerusalemme,<br />

con l’ufficio di Legato papale per la<br />

Terrasanta. Svolse un ruolo fondamentale<br />

nella creazione dell’Ordine dei<br />

Carmelitani; diede infatti agli eremiti<br />

del Carmelo la loro regola, che sarà<br />

approvata definitivamente nel 1247 da<br />

Papa Innocenzo IV.<br />

Alberto Magno, Santo: (Launingen, 1193 -<br />

Ratisbona, 1280) Fu il primo esponente<br />

dell’ ordine domenicano, diede un fondamentale<br />

contributo allo sviluppo del<br />

pensiero teologico medioevale. Insegnò<br />

teologia all’università di Parigi, fu<br />

Provinciale dell’ordine e vescovo di<br />

Ratisbona. Prese parte al secondo<br />

Concilio di Lione. Le sue opere ammontano<br />

a circa 40 volumi.<br />

Alessandro I, Papa: Santo (80? - 115) Fu il<br />

sesto Papa della Chiesa, all’incirca dal<br />

105 al 115. Gli si attribuisce l’introduzione<br />

nel canone del Qui Pridie, le<br />

parole commemorative dell’istituzione<br />

dell’Eucaristia. Si dice anche che abbia<br />

introdotto l’uso di benedire con acqua e<br />

sale le case dei cristiani per preservarle<br />

dal maligno.<br />

573


Alessandro III, Papa: (1159 - 1181) Dotto<br />

professore di teologia e diritto a Bologna.<br />

Fu eletto Papa dal Barbarossa e gli fu contrapposto<br />

come antipapa Ottaviano<br />

(Vittore IV). Per le vicissitudini delle<br />

varie leghe da lui concordate, per la ribellione<br />

dei suoi sudditi e l’ostilità dell’antipapa<br />

fu costretto spesso alla fuga. Bandì<br />

la crociata contro gli Albigesi.<br />

Alfonso Tostato: (1400 ca. - 1455) Insigne<br />

biblista spagnolo, sarà tra i primi a rapportarsi<br />

con le affermazioni del Canon<br />

Episcopi.<br />

Ambrogio, Santo: (Treviri, 339 - Milano,<br />

397) Vescovo di Milano e Dottore<br />

della Chiesa. Studiò a Roma intraprendendo<br />

presto la carriera amministrativa;<br />

energico difensore della Chiesa<br />

contro gli ariani e i pagani, fu, inoltre,<br />

amico e consigliere di tre imperatori<br />

(Graziano, Valentiniano II e Teodosio<br />

I). Scrisse numerose opere di argomento<br />

dogmatico, ascetico - morale ed esegetico.<br />

Nutrì e manifestò per Maria<br />

una profonda venerazione che nasce<br />

dalla coscienza del posto singolare<br />

della Vergine nel Mistero della salvezza<br />

e dalla consapevolezza che la<br />

Vergine Madre è l’espressione più alta<br />

della santità ecclesiale.<br />

Amedeo, Beato: Francescano dell’ordine dei<br />

minori, fratello di Santa Beatrice de<br />

Silva. Diede inizio alla Riforma francescana<br />

di Marignano. Tra le sue opere vanno<br />

annoverate De Conceptione Immaculata e<br />

Praesentatione, Desponsatione, Annunciatione,<br />

Visitatione, Partu et Assumptione B. Virginis<br />

Mariae.<br />

574<br />

Amerigo Vespucci: (Firenze, 1454 -<br />

Siviglia, 1512) Navigatore ed esploratore<br />

italiano. Fu tra i primi e più importanti<br />

esploratori del Nuovo Mondo,<br />

tanto da lasciare il suo nome al<br />

Continente.<br />

Anacreonte: (Teo, Ionia, attuale Turchia<br />

570 ca. - 488 ca. a.C.) Poeta lirico<br />

greco. Il suo nome è legato a un verso,<br />

l’anacreontico, metro delle ‘anacreontee’<br />

o ‘anacreontiche’, che ebbero grande<br />

fortuna nella letteratura greca e<br />

bizantina.<br />

Anastasio I, Papa: Santo. Fu il trentanovesimo<br />

Papa della Chiesa cattolica. Regnò dal<br />

27 novembre 399 al 19 dicembre 401. La<br />

sua opera viene ricordata soprattutto per<br />

la condanna degli scritti del teologo alessandrino<br />

Origene Adamantio, poco dopo<br />

la loro traduzione in latino. A lui fu<br />

ricondotta anche la costruzione della<br />

Basilica Crescenziana.<br />

Angelino Carmelitano, Beato: Vedi Angelo<br />

da Gerusalemme (o di Sicilia), Santo.<br />

Angelo da Gerusalemme (o di Sicilia),<br />

Santo: (Gerusalemme 1185 - Licata 5<br />

maggio 1220) Martire Carmelitano.<br />

Nasce a Gerusalemme nel 1185, da<br />

una famiglia ebraica convertita al<br />

Cristianesimo. A 25 anni fu ordinato<br />

sacerdote e nel 1218 fu incaricato di<br />

recarsi a Roma per illustrare ed ottenere<br />

dal Papa Onorio III la conferma<br />

della nuova e definitiva Regola del<br />

Carmelo. Fu inviato in Sicilia per predicare<br />

contro la diffusione del “catarismo”<br />

nell’isola.<br />

Anselmo d’Aosta, Santo: (Aosta, 1033 -<br />

Canterbury, 1109) Dottore della Chiesa.<br />

Divenne frate nell’Abbazia di Bec, celebre<br />

monastero della Normandia, nel 1060.<br />

Nel 1093, in Inghilterra, fu nominato<br />

arcivescovo di Canterbury. Tra le sue opere<br />

più importanti il Monologium, il<br />

Proslogium, il Liber apologeticus ad insipientem,<br />

il De fide Trinitatis et Incarnatione Verbi.<br />

Antonino Pierozzi, Santo: (Firenze, 1389<br />

- Montughi, 1459) Arcivescovo di<br />

Firenze. Domenicano, tenne varie cariche<br />

nel suo Ordine, diresse l’opera artistica<br />

del Beato Angelico e fondò la prima<br />

biblioteca pubblica d’Europa. Fu eletto<br />

Arcivescovo nel 1445. Tra le opere più<br />

importanti: la Summa teologica e la Cronica<br />

tripartita in latino; la Regola di vita cristiana<br />

e l’<strong>Opera</strong> a ben vivere in volgare.<br />

Apollinare di Laodicea: (310 circa - 390) è<br />

stato un vescovo romano. Teologo erudito,<br />

polemizzò contro pagani, manichei,<br />

contro Origene e contro Ario. Nella sua<br />

lotta antiariana, a partire dal 352 enfatizzò<br />

la natura divina di Cristo a scapito<br />

di quella umana, cadendo in una posizione<br />

cristologica eterodossa, detta da<br />

lui apollinarismo.<br />

Arnolfo, Santo: (ca. 582 - ca. 641) Nobile<br />

franco, capostipite dei Carolingi. Fu<br />

eletto vescovo di Metz nel 614. Nel 630<br />

si ritirò eremita nel convento di<br />

Remiremont.<br />

Atanasio di Alessandria, Santo: (Alessandria<br />

d’Egitto, ca. 295 - 373) Fu un vescovo cattolico<br />

e uno dei trentatré Dottori della<br />

Chiesa cattolica, che lo venera come<br />

santo assieme alla Chiesa Ortodossa e<br />

alla Chiesa copta. È festeggiato inoltre nel<br />

calendario dei santi anglicano e luterano.<br />

Augusto: Caio Giulio Cesare Ottaviano<br />

(Roma, 63 a. C. - Nola, 14 d. C.), primo<br />

imperatore dei romani, nipote di Cesare,<br />

il quale lo adottò e lo dichiarò suo erede.<br />

Alla morte di questo, formò il secondo<br />

triumvirato con <strong>Antonio</strong> e Lepido. L’età<br />

di Augusto rappresentò un momento di<br />

svolta nella storia di Roma e il definitivo<br />

passaggio dal periodo repubblicano al<br />

principato.<br />

Auriemma Tommaso: Religioso della<br />

Compagnia di Gesù. Autore di Le sette<br />

feste di Maria e di altre opere.<br />

Baronio Cesare, cardinale: (Sora, 30 agosto<br />

1538 - Roma, 30 giugno 1607). È<br />

stato uno storico, religioso e cardinale<br />

italiano. Membro degli Oratoriani di<br />

San Filippo Neri, nel 1596 Papa<br />

Clemente VIII lo innalzò alla dignità<br />

cardinalizia: il suo nome è legato alla<br />

redazione dei primi volumi degli<br />

Annales ecclesiastici (storia della Chiesa<br />

dalle origini al 1198) e alla revisione del<br />

Martirologio Romano (1586 - 1589).<br />

Basilio Magno o il Grande, Santo:<br />

(Cesarea in Cappadocia, 329 - 379)<br />

Vescovo greco, venerato come santo<br />

dalla Chiesa cattolica, di cui oltre che<br />

vescovo fu confessore e Dottore della<br />

Chiesa e primo dei Padri Cappadoci.<br />

Redasse la Grande Regola e la Piccola<br />

Regola come orientamento per la vita dei<br />

monaci che da lui presero il nome di<br />

monaci basiliani. Scrisse molte opere di<br />

carattere dogmatico, ascetico, discorsi<br />

ed omelie.<br />

575


Basso Publio Ventidio: (Ascoli Piceno,<br />

sec. I a.C.) Condottiero romano. Prese<br />

parte come cittadino ad una Civitas federata<br />

(i Picentes) nella guerra sociale contro<br />

Roma. Console nel 43, fu legato di<br />

<strong>Antonio</strong> in Gallia nel 42. Inviato in<br />

Oriente, occupò la Siria e la Cilicia e<br />

sconfisse i Parti nel 38.<br />

Battista Mantovano, Beato: (Mantova<br />

1448- 1516) Battista Spagnuoli, noto<br />

come il Mantovano dalla sua città di origine.<br />

Fu padre dell’Ordine dei<br />

Carmelitani e Superiore generale per<br />

alcuni anni. Scrisse opere di poesia in<br />

latino.<br />

Baylon Pasquale, Santo: (Torre Hermosa,<br />

1540 - Villareal, 1592) Giovane pastorello<br />

dedito alla vita religiosa. Entrato<br />

come laico nell’Ordine Francescano esercitò<br />

con umiltà gli incarichi più gravosi.<br />

La sua pietà s’incentrò sull’ Eucarestia..<br />

Beda, (The venerable St. Bede): (Monkwearmouth,<br />

Durham, 673 - Jarrow, 735)<br />

Santo e Dottore della Chiesa. Scrisse<br />

Omelie, Inni sacri, commentò la Bibbia<br />

e si impegnò nella traduzione in anglosassone<br />

del Vangelo di S. Giovanni.<br />

L’opera massima è la Historia Ecclesiastica<br />

Gentis Anglorum.<br />

Bedini Gaetano, Cardinale: (Senigallia,<br />

1806 -Viterbo, 1864) È stato un cardinale<br />

italiano. Diplomatico per la Santa<br />

Sede, ricoprì cariche di primo piano nel<br />

governo dello Stato della Chiesa e numerosi<br />

incarichi di prestigio come nunzio<br />

apostolico in Brasile, sostituto del<br />

Segretario di Stato, commissario pontificio<br />

nelle Legazioni e ambasciatore a<br />

576<br />

Bologna, arcivescovo titolare di Tebe,<br />

primo Delegato Apostolico degli Stati<br />

Uniti d’America, vescovo di Viterbo e<br />

Tuscanella e cardinale dell’Ordine dei<br />

Preti con il titolo di Santa Maria sopra<br />

Minerva.<br />

Bellarmino Roberto, Santo: (Montepulciano,<br />

1542 - Roma, 1621) Gesuita, teologo<br />

della Riforma Cattolica e Dottore<br />

della Chiesa, arcivescovo di Capua.<br />

Scrisse: Dichiarazione più copiosa della dottrina<br />

cristiana, Dispute sulle controversie<br />

della fede cristiana, Supèr Missus est<br />

Angelus Gabriel, Conciones V; In festo<br />

Annunciationis B Mariae, Conc. I; In festo<br />

Nativitatis eiusdem, Conc. I; In Assumptione<br />

eiusdem, Conc. I; De Partu eiusde, Conc. I.<br />

Benedetto XIII, Papa: Nato Pietro<br />

<strong>Francesco</strong> Orsini (Gravina di Puglia, 2<br />

febbraio 1649 - Roma, 21 febbraio<br />

1730). Fu Papa dal 1724. Uomo di<br />

grande cultura, fu un Papa riformatore e<br />

si impegnò a porre un freno allo stile di<br />

vita decadente del clero italiano e dei cardinali.<br />

Durante il Concilio Lateranense<br />

del 1725 richiese una incondizionata<br />

accettazione della bolla pontificia<br />

Unigenitus nella quale si erano controbattuti<br />

tutti i principali fondamenti dell’eresia<br />

giansenista francese.<br />

Benzonio Rutilio: Vescovo di Recanati e<br />

Loreto. Scrisse diverse opere tra cui un<br />

saggio per il Giubileo del 1600.<br />

Bernardino da Siena, Santo: (Marittima,<br />

1380 - L’Aquila, 1444) Frate minore,<br />

predicatore. Attraverso le sue predicazioni,<br />

che toccarono tutta Italia, diffuse<br />

la devozione del Santo Nome di Gesù<br />

espresso con le lettere IHS incise su una<br />

piastra tonda. Non scrisse nulla; le sue<br />

prediche ci sono tramandate attraverso<br />

le trascrizioni stenografiche di alcuni<br />

ascoltatori.<br />

Bernardo, Santo: (Fontaines-les-Dijon,<br />

1091 - Clairvaux, 1153) Dottore della<br />

chiesa. Fondò nuovi monasteri dell’Ordine<br />

e principalmente quello di Clairvaux del<br />

quale divenne abate. La sua riforma della<br />

regola si diffuse in Europa influenzando<br />

tutta la Chiesa. In uno dei viaggi in<br />

Italia fondò presso Milano l’abbazia di<br />

Chiaravalle.<br />

Bollando: Vedi Jean Bolland.<br />

Bonaventura, Santo: (Bagnoregio, Viterbo,<br />

1221 - Lione, 1274) Dottore della<br />

Chiesa. Studiò a Parigi, divenne generale<br />

dell’Ordine Francescano, partecipò in<br />

maniera attiva al II Concilio di Lione. È<br />

ricordato oggi come uno dei maggiori<br />

scrittori spirituali e teologici. La sua opera<br />

teologica più importante è il Commentarium<br />

in quattuor libros Sententiarum (1250- 54),<br />

commento alle sentenze di Pietro<br />

Lombardo; mentre quella che esprime il<br />

suo atteggiamento mistico è l’Itinerarium<br />

Mentis in Deum (1259).<br />

Bonifacio IX, Papa: (Casarano, ca. 1356 -<br />

Roma, 1404) Fu Papa della Chiesa cattolica<br />

dal 1389 alla morte. Durante il<br />

suo pontificato l’antipapa Clemente VII<br />

continuò nel suo ruolo di Papa ad<br />

Avignone sotto la protezione della<br />

monarchia francese. Durante il pontificato<br />

di Bonifacio vennero celebrati a<br />

Roma due giubilei.<br />

Bonifacio VIII, Papa: (Anagni, 1230 ca. -<br />

Roma, 1303) Nato Benedetto Caetani,<br />

fu Papa dal 1294. Eletto al soglio pontificio<br />

dopo l’abdicazione di Celestino V.<br />

Proclamò il Giubileo del 1300. A causa<br />

delle sue rigide concezioni teocratiche,<br />

espresse nella bolla Unam sanctam<br />

(1302), si scontrò più volte con il re di<br />

Francia Filippo IV, che lo fece prigioniero<br />

ad Anagni (episodio dello schiaffo,<br />

1303) Liberato da una rivolta popolare,<br />

morì poco dopo.<br />

Borromeo Carlo, Santo: (Arona, 1538 -<br />

1584) Cardinale, arcivescovo di Milano;<br />

era nipote di Papa Pio IV, che giovanissimo<br />

lo provvide di una ricca badia e<br />

d’un priorato. Fu creato cardinale appena<br />

ventiduenne, nel gennaio 1560, e<br />

pochi giorni dopo arcivescovo di Milano.<br />

Fu il principale artefice del Concilio di<br />

Trento. Con grande zelo promosse studi,<br />

riformò gli abusi del clero, istituì orfanotrofi,<br />

ricoveri per i poveri, ospizi per<br />

fanciulle. Nella terribile pestilenza che<br />

devastò gran parte dell’Italia, B. a<br />

Milano diede prova della sua carità evangelica<br />

soccorrendo gli appestati.<br />

Brigida, Santa: (Finstadt, 1302 o 1303 -<br />

Roma 1373) Santa svedese. Nel 1344,<br />

rimasta vedova, fondò le religiose del<br />

SS.mo Salvatore, unico Ordine nordico<br />

diffuso in tutta Europa. La sua opera<br />

principale è Revelationes in cui è esposta<br />

la dottrina mariana con particolare<br />

riguardo al mistero dell’Immacolata<br />

Concezione, dottrina che la Santa racconta<br />

di aver appreso direttamente dalla<br />

Vergine.<br />

577


Callisto III, Papa: (Iativa, Valenza 1378 -<br />

Roma, 1458) Nato Alonso de Borja, italianizzato<br />

in Borgia. Eletto pontefice nel<br />

1455, organizzò una crociata contro i<br />

Turchi riportando la vittoria contro di<br />

essi a Belgrado (1456) In Italia entrò in<br />

conflitto con Alfonso, re di Napoli che<br />

non intendeva riconoscere i diritti della<br />

Chiesa nel suo regno.<br />

Calmet Antoine: (1672-1757) Conosciuto<br />

poi come Don Agostino Calmet, fu un<br />

intelligente ed istruito erudita francese<br />

ed ideologo dell’Inquisizione del XVIII<br />

secolo. Fu padre benedettino della congregazione<br />

di Saint-Maur. Nel 1728<br />

diventa superiore dell’abazia di Senones.<br />

Fu studioso di materie religiose ammirato<br />

dai grandi pensatori della sua epoca.<br />

Canisio Pietro, Santo: Al secolo Pieter<br />

Kanijs (Nimega, 1521 - Friburgo,<br />

1597). È stato un teologo, scrittore olandese.<br />

Fu il primo gesuita della provincia<br />

germanica. Introdusse in Germania,<br />

Svizzera ed Austria il culto della Vergine<br />

di Loreto. Grazie a lui vennero stampate<br />

e diffuse le Litanie lauretane, nella forma<br />

ancor oggi recitata e vennero fondati nel<br />

corso del XVII secolo numerosi<br />

Santuari, tanto che i pellegrini di lingua<br />

tedesca erano tra i più assidui frequentatori<br />

del Santuario marchigiano<br />

Cecco d’Ascoli, <strong>Francesco</strong> Stabili, detto:<br />

(Ascoli Piceno, 1269 - Firenze, 1327)<br />

Poeta italiano. Di professione astrologo,<br />

visse in varie città italiane e a Bologna,<br />

da cui fu cacciato sotto l’accusa di eresia.<br />

Arrestato e processato dall’Inquisizione,<br />

fu arso vivo nel 1327. Scrisse in latino di<br />

578<br />

scienza astrologica, ma compose in volgare<br />

la sua opera principale, il poema<br />

L’Acerba.<br />

Celestino I, Papa: Santo. Fu Papa dal 422<br />

al 432. Il suo nome è legato soprattutto<br />

alla lotta contro l’eresia nestoriana. Nel<br />

Concilio di Efeso del 431 Nestorio fu<br />

condannato e si definì solennemente la<br />

dottrina della divina maternità di Maria.<br />

Celestino V, Papa: Santo (Isernia, 1215 -<br />

Anagni, 1296) Nato Pietro da Morrone,<br />

fu Papa per soli cinque mesi: dal 5 luglio<br />

1294 al 13 dicembre 1294. Eremita,<br />

diede vita alla congregazione monastica<br />

degli eremiti di S. Damiano, poi detti<br />

Celestini. Abdicò dal papato per umiltà<br />

e tornò alla vita penitente. Fu canonizzato<br />

nel 1313.<br />

Cerinto: Fu uno dei maggiori esponenti<br />

dello gnosticismo cristiano. Nato a Efeso<br />

o ad Antiochia (tuttavia secondo alcuni<br />

autori era di origine egiziana), visse nel I<br />

secolo d. C. Secondo C. il mondo non fu<br />

creato da Dio, ma da una potenza inferiore<br />

(un Demiurgo oppure dagli angeli)<br />

che ignorava persino l’esistenza di Dio<br />

(che è al di sopra di tutto e non è possibile<br />

conoscere).<br />

Cipriano, Santo: (Cartagine, 200 - 258)<br />

Vescovo e martire. Fu dapprima maestro<br />

di retorica, convertitosi poi al<br />

Cristianesimo divenne vescovo di<br />

Cartagine dalla quale si allontanò durante<br />

la persecuzione di Decio, per poi farvi<br />

ritorno con l’intento di confortare la<br />

popolazione colpita dalla peste. Lottò<br />

strenuamente contro gli apostati e<br />

denunciò lo scismatico Novaziano leg-<br />

gendo, durante il concilio di Cartagine,<br />

il suo trattato: Dell’unità della Chiesa<br />

Cattolica.<br />

Cirillo e Metodio, Santi: (Salonicco, ca.<br />

827 e ca. 815 - 689 e 885) Missionari,<br />

conosciuti come “gli apostoli degli Slavi<br />

meridionali”, predicarono il Vangelo in<br />

Moravia. Posero le basi della letteratura<br />

slava con la traduzione della liturgia e di<br />

gran parte della Bibbia. Nel 1981 Papa<br />

Giovanni Paolo II li ha dichiarati compatroni<br />

d’Europa insieme a S. Benedetto.<br />

Clemente Alessandrino: Tito Flavio<br />

Clemente (150 ca.- 215 ca.). Fu un teologo,<br />

filosofo, apologeta e scrittore cristiano<br />

del II secolo. Scrisse: Il Protrettico<br />

o Esortazione ai Greci, persuasivo appello<br />

alla Fede, le Disposizioni, un commentario<br />

sull’intera Bibbia e il Pedagogo per<br />

addestrare il Cristiano ad una vita disciplinata.<br />

Clemente Romano, Santo: Il terzo successore<br />

di s. Pietro, dopo Lino ed Anacleto,<br />

sulla cattedra di Roma, dove sedette dal<br />

92 al 101. La cosiddetta Prima Lettera ai<br />

Corinti, a lui attribuita con certezza, ha<br />

enorme importanza storica: essa ci testimonianza<br />

la costituzione e la storia delle<br />

comunità cristiane primitive.<br />

Clemente VII, antipapa: (Annecy, 1342 -<br />

Avignone, 1394) È stato conte di<br />

Ginevra ed antipapa dal 1378 fino alla<br />

sua morte. Subito dopo la sua elezione fu<br />

costretto a rifugiarsi a Napoli dove tentò<br />

di opporsi a Urbano VI. Non essendovi<br />

riuscito, stabilì la propria sede ad<br />

Avignone. Alla morte di Urbano VI nel<br />

1389 tentò di essere riconosciuto come<br />

unico Papa legittimo, ma Roma elesse<br />

Papa Bonifacio IX senza tentare nessuna<br />

ricomposizione dello Scisma.<br />

Clemente X, Papa: (Roma 1590 - Roma,<br />

1676) Fu eletto Papa nel 1670, benché<br />

ottuagenario e riluttante. Celebrò il<br />

Giubileo del 1675. Morì a 86 anni, non<br />

amato per aver lasciato il governo<br />

all’odiato cardinale nipote.<br />

Clemente XI, Papa: (Urbino, 1649 -<br />

Roma, 1721) Fu eletto Papa nel 1700<br />

(anno Giubilare) La sua insicurezza si<br />

manifestò dal momento in cui venne<br />

eletto, prevedendo i problemi che il<br />

nuovo secolo avrebbe portato con sé.<br />

Urbino godette grandemente del suo<br />

mecenatismo. Arricchì la biblioteca<br />

vaticana di numerosi codici orientali e<br />

diede notevole impulso all’archeologia<br />

con i primi scavi scientifici nelle catacombe.<br />

Clemente XII, Papa: (Firenze, 1652 -<br />

Roma, 1740) Fu eletto Papa nel 1730.<br />

Profuse grandi ricchezze per incoraggiare<br />

l’arte e abbellire Roma; la città deve a<br />

questo Papa la sua fontana più nota,<br />

quella di Trevi, la facciata di S. Giovanni<br />

in Laterano, la cappella Corsini nella<br />

stessa basilica, l’ampliamento di buona<br />

parte del Corso e il sistema di lastricare<br />

le strade della città con le selce.<br />

Clemente XIV, Papa: (Santarcangelo di<br />

Romagna, 31 ottobre 1705 - Roma, 22<br />

settembre 1774) Nato Gian Vincenzo<br />

<strong>Antonio</strong>, è stato il duecento cinquantunesimo<br />

Papa della Chiesa (1769-1774)<br />

La soppressione dell’ordine dei Gesuiti<br />

ha profondamente caratterizzato il suo<br />

579


pontificato, tanto da mettere in secondo<br />

piano i suoi pur meritori tentativi di<br />

ridurre il carico fiscale dei sudditi e di<br />

riformare la pubblica amministrazione<br />

dello Stato Pontificio, nonché il suo<br />

atteggiamento favorevole allo sviluppo<br />

delle arti liberali e alla diffusione della<br />

cultura, di cui il museo Pio-Clementino<br />

rimane a perenne testimonianza.<br />

Cornelio a Lapide: Il più famoso esegeta<br />

cattolico post- tridentino.<br />

Cristanziano, Santo: (Ascoli Piceno - 306)<br />

Martire. Ordinato dal Vescovo Emidio,<br />

subì il martirio nel luogo dove sorse la<br />

chiesa di S. Vittore. Le sue sacre spoglie<br />

furono deposte accanto a quelle di S.<br />

Emidio.<br />

Cristoforo Colombo: (Genova, 1451-<br />

Valladolid, 1506) Esploratore e navigatore<br />

genovese naturalizzato spagnolo.<br />

È stato uno dei cinque principali navigatori<br />

italiani che presero parte al processo<br />

esplorativo delle grandi scoperte geografiche<br />

tra il XV e il XVI secolo. Deve la<br />

sua fama mondiale alla scoperta del<br />

Continente americano, avvenuta il 12<br />

ottobre del 1492.<br />

Damaso I, Papa: Fu il trentasettesimo Papa<br />

della Chiesa Cattolica. Regnò dal 1<br />

ottobre 366, all’ 11 dicembre 384. Egli<br />

incoraggiò gli studiosi a revisionare nel<br />

latino contemporaneo, quindi in<br />

Vulgata, le versioni della Bibbia disponibili<br />

in latino antico. Damaso contribuì<br />

notevolmente anche all’arricchimento<br />

liturgico ed estetico delle chiese<br />

cittadine.<br />

580<br />

De Marca Pierre: (1594 - 1662) Vescovo e<br />

storico francese. Nel De concordia sacerdotii<br />

et imperii, (1641) sostenne che le leggi<br />

pontificie non obbligano se non dopo<br />

l’accettazione della Chiesa, cioè del<br />

corpo formato dai fedeli e rappresentato<br />

dal principe e quindi di fatto il sovrano<br />

è libero di accettare o no le disposizioni<br />

papali.<br />

Domenico Valesio: Padre gesuita italiano.<br />

Dorotea da Montau, Beata: A Marienwerder<br />

nella Prussia polacca, vedova, visse reclusa<br />

in una cella costruita accanto alla cattedrale,<br />

dandosi senza sosta ad una vita di<br />

orazione continua e di penitenza. Ebbe<br />

diverse estasi. Con l’esempio edificava<br />

quanti andavano a trovarla e le vennero<br />

attribuite diverse conversioni.<br />

Ebione: È il nome del presunto fondatore<br />

della setta ereticale degli Ebioniti sorto<br />

in Giudea e Siria alla metà del I secolo.<br />

In realtà il loro nome non proviene come<br />

supponeva Tertulliano dal nome del supposto<br />

fondatore della setta, Ebione, ma<br />

piuttosto da un termine ebraico significante<br />

“povero”.<br />

Egidio, Beato: Fu il terzo compagno di san<br />

<strong>Francesco</strong> e si associò a lui nel 1208.<br />

Condusse una vita semplice e mite.<br />

Spinto da vera devozione peregrinò ai<br />

più noti santuari, tra cui quello del<br />

sepolcro di Cristo. Nei viaggi a piedi si<br />

guadagnava da vivere prestando la sua<br />

opera ai contadini. In seguito si ritirò nei<br />

romitori dell’Umbria e da ultimo in<br />

quello di Monteripido fuori Perugia. Fu<br />

consigliere di Papi e di prelati.<br />

Elisabetta regina del Portogallo, Santa:<br />

(Saragozza, 1271 - Estremoz, 1336)<br />

Figlia del Re di Spagna Pietro III, fu<br />

data in sposa a soli 12 anni al Re del<br />

Portogallo, Dionigi. Dedicò tutta la sua<br />

vita alle opere di bene e rimasta vedova,<br />

dopo aver donato ai poveri gran parte dei<br />

suoi averi si ritirò a vita conventuale nel<br />

monastero di Coimbra.<br />

Elisabetta regina di Ungheria, Santa:<br />

(Presburgo, 1207 - Marburg, 1231)<br />

Figlia del re Andrea d’Ungheria. Si<br />

diede alle opere di carità, meritandosi<br />

l’ammirazione di tutta la Germania. Fu<br />

tra le prime Terziarie francescane. Dopo<br />

la morte del marito, riuscì a salvare il<br />

trono al figlio e poi trascorse gli ultimi<br />

anni della sua vita ritirandosi in monastero.<br />

Fu canonizzata nel 1235 da<br />

Gregorio IX.<br />

Elvidio: Fu teologo e discepolo di Aussenzio<br />

e vescovo ariano. In una sua opera oppose<br />

all’immagine di Maria come “sempre<br />

vergine”, modello di castità e purezza<br />

l’idea di Maria come madre di famiglia.<br />

Secondo Elvidio i fratelli di Gesù erano i<br />

figli carnali di Giuseppe e di Maria. San<br />

Girolamo alcuni decenni dopo, reagì ai<br />

suoi scritti, con il suo Contro Elvidio.<br />

Emidio, Santo: (Treviri, 273 - Ascoli Piceno,<br />

5 agosto 303 o 309) Fu vescovo e martire<br />

cristiano. Santo patrono della città<br />

di Ascoli Piceno e protettore contro il<br />

terremoto. Ricevette il battesimo all’età<br />

di 27 anni, fu ordinato sacerdote dal<br />

vescovo S. Materno a Milano e recatosi a<br />

Roma, S. Marcellino Papa lo destinò alla<br />

diocesi di Ascoli in veste di Vescovo.<br />

Dopo tre anni di intenso lavoro, avendo<br />

convertito molti pagani, tra cui Polisia,<br />

figlia del Prefetto della città, fu catturato,<br />

condannato a morte e decapitato.<br />

Enrico (Errigo) Suso (Susone), Beato:<br />

Sacerdote dell’Ordine dei Predicatori.<br />

Ripresosi da un periodo di fede incerta,<br />

divenne famoso per la sua vita penitente<br />

e insieme a Maestro Eckart e a<br />

Giovanni Taulero fu uno dei maestri<br />

della scuola di spiritualità domenicana<br />

«dei mistici renani». Le sue opere, il<br />

Libro della Verità, il Libro dell’Eterna<br />

Sapienza e l’Orologio della Sapienza,<br />

hanno lasciato una notevole impronta<br />

nella spiritualità cristiana. Fu instancabile<br />

predicatore del Nome di Gesù, che<br />

si era impresso sul petto con un ferro<br />

rovente. Morì a Ulma, ma le sue reliquie<br />

furono disperse nel XVI secolo dai<br />

protestanti.<br />

Epifanio di Costantinopoli: Monaco vissuto<br />

nel VIII secolo nel monastero di<br />

Callistrato in Costantinopoli. Scrisse due<br />

agiografie: la Vita di S. Andrea apostolo e<br />

la Vita di Maria.<br />

Ermanno Giuseppe di Colonia, Santo:<br />

(Colonia, 1150 o 1160 - Hoven, 1241 o<br />

1252) Entrato giovanissimo nel monastero<br />

premostratense di Steinfeld, fu<br />

ordinato sacerdote e da premostratense si<br />

trovò spesso a svolgere il suo ministero<br />

nei monasteri delle religiose cistercensi e<br />

premostratensi della sua regione.<br />

Compose molti scritti ma di lui conserviamo<br />

solo Duodecim gratiarum actiones e<br />

Precula de quinque gaudiis Beatae Mariae<br />

Virginis.<br />

581


Ermanno Beato: Vedi Ermanno Giuseppe<br />

di Colonia, Santo.<br />

Erode il Grande: (73 a. C. - 4 a. C.) Fu re<br />

di Israele dal 37 a. C. fino al 4 a. C.<br />

Figlio di Erode Antipatro, idumeo e di<br />

madre araba, ebbe tre fratelli (Giuseppe,<br />

Fasael, Ferora) e una sorella, Salomé.<br />

Governò tutta la Palestina dopo la morte<br />

del padre, prima per incarico di Marco<br />

<strong>Antonio</strong>, poi di Ottaviano Augusto al<br />

quale prontamente era passato dopo la<br />

sconfitta di <strong>Antonio</strong> ad Azio.<br />

Eugenio IV, Papa: (Venezia, 1383 - Firenze,<br />

23 febbraio 1447) Nato Gabriele<br />

Condulmer, fu Papa dal 1431 alla sua<br />

morte. Protettore di umanisti e di artisti,<br />

Eugenio IV lavorò con perseveranza<br />

tenace e cercò di promuovere il<br />

Cristianesimo in Oriente.<br />

Eusebio di Cesarea: (Cesarea in Palestina,<br />

265 ca - 340 ca.) Fu un vescovo e uno<br />

scrittore di lingua greca. Della sua<br />

vastissima produzione letteraria ricordiamo<br />

la Cronaca (Chronicon), che venne<br />

considerata un archetipo per tutti le<br />

opere cronologiche seguenti e la Storia<br />

ecclesiastica che tratta dei primi secoli<br />

dello sviluppo del Cristianesimo. Mise a<br />

punto un sistema di dieci tavole-canoni,<br />

note come Tavole canoniche o Tavole di<br />

concordanza, ove si raffrontano i passi<br />

uguali dei quattro vangeli.<br />

Eutiche: (ca. 378-454) Archimandrita di un<br />

convento di Costantinopoli, è considerato<br />

il fondatore della teoria del monofisismo<br />

che sostiene che in Cristo, dopo<br />

l’Incarnazione, vi è una sola natura<br />

(physis) e la sola persona divina.<br />

582<br />

Falconieri Giuliana, Santa: (Firenze, 1270<br />

-1341) Nipote di S. Alessio Falconieri.<br />

Fu la prima a ricevere da S. Filippo<br />

Benizzi l’abito del terz’ordine dei<br />

Serviti. Nel 1305 G. e altre terziarie si<br />

ritirarono a far vita comune e furono<br />

dette Mantellate o Servitine.<br />

Ferdinando V di Castiglia: È il sovrano<br />

spagnolo Ferdinando II d’Aragona (Sos<br />

del Rey Católico, 1452 - Madrigalejo,<br />

1516). Fu sovrano di Aragona dal 1479<br />

alla sua morte. Nel 1469 sposò la cugina<br />

Isabella, infanta di Castiglia; dopo la<br />

morte del fratellastro Enrico IV nel<br />

1474 Isabella divenne regina di<br />

Castiglia e Ferdinando divenne re consorte<br />

con il nome di Ferdinando V di<br />

Castiglia.<br />

Filippo Benizi, Santo: (Firenze, 1233 -<br />

Todi, 1285) Fu un religioso e sacerdote<br />

dell’Ordine dei Servi di Maria, di cui ricoprì<br />

la carica di Superiore generale. Nel<br />

1269, durante il lungo conclave tenuto a<br />

Viterbo per eleggere il successore di<br />

Papa Clemente IV, il suo nome circolò<br />

tra quelli dei papabili: giudicandosi<br />

indegno di tale onore, B. si sottrasse<br />

all’elezione rifugiandosi in una grotta a<br />

Bagni San Filippo sul Monte Amiata. Fu<br />

il primo servita ad essere canonizzato.<br />

Firmiano Lattanzio: (250 - 320 ca.) Nato<br />

in Africa, fu uno scrittore ecclesiastico<br />

latino. Per la sua fama di retore fu chiamato<br />

a Nicomedia, in Bitinia, come<br />

insegnante di retorica. Fu costretto a<br />

lasciare il suo ufficio nel 303 e la Bitinia<br />

nel 306 a causa delle persecuzioni contro<br />

i cristiani, alla cui religione si era con-<br />

vertito. Vi fece ritorno cinque anni dopo,<br />

in seguito all’editto di tolleranza di<br />

Galerio. Nel 317 Costantino lo chiamò a<br />

Treviri, in Gallia, come precettore del<br />

figlio Crispo.<br />

Fotino: (Galazia, 300 ca. - Galazia, 376)<br />

È stato un vescovo romano. È ricordato<br />

dai cristiani come eretico.<br />

Fra Leone: Fu nella cerchia dei primi discepoli<br />

che seguirono la nuova Regola di<br />

S. <strong>Francesco</strong> d’ Assisi.<br />

Francesca Romana, Santa: (Roma, 1384 -<br />

1440) Fu la fondatrice delle Oblate<br />

regolari di S. Benedetto, tra le quali<br />

entrò dopo la morte del marito. Nel torbido<br />

periodo dello scisma d’ Occidente,<br />

la sua opera fu un messaggio di pace e di<br />

bontà. Fu canonizzata da Paolo V nel<br />

1608.<br />

<strong>Francesco</strong> d’Assisi, Santo: (Assisi, 1182 -<br />

1226) La Regola dettata da F., nonostante<br />

la severità con cui esigeva la professione<br />

di povertà e l’assoluta rinuncia ad<br />

ogni bene materiale fu approvata dapprima<br />

da Innocenzo III, e in seguito da<br />

Onorio III nel 1223, divenendo la<br />

Regola definitiva che diede vita<br />

all’Ordine dei Francescani che si dissero<br />

per umiltà “frati minori”. Il suo pensiero<br />

filosofico-teologico è espresso nelle<br />

circa venti opere da lui composte.<br />

Ricordiamo in particolare le Laudes creaturarum<br />

e Il cantico del Sole composte a<br />

gloria di Dio e delle sue creature.<br />

<strong>Francesco</strong> di Sales, Santo: (Thorens, 1567<br />

- Lione, 1622) Vescovo e Dottore della<br />

Chiesa. Studiò a Parigi e conseguì un<br />

brillante dottorato a Padova. Tra le sue<br />

opere: Discorsi di sagre controversie e<br />

Introduzione alla vita divota<br />

Francisco Turriano: (1509-1584) Padre<br />

Gesuita. Scrisse: Adversus Magdeburgenses<br />

Centuriatores.<br />

Gelasio, Papa, Santo: Fu il 49° Papa della<br />

Chiesa cattolica. Il suo pontificato durò<br />

dal 1 marzo 492 al 19 novembre 496.<br />

Compose molti inni, prefazioni e collette<br />

e stilò un libro per la Messa. Il Messale<br />

che porta comunemente dal suo nome, il<br />

Sacramentarium Gelasianum, fu, però,<br />

composto solo il secolo successivo.<br />

Quanto di esso sia opera di Gelasio è<br />

ancora una questione dibattuta.<br />

Geltrude, Santa: (Turingia, 1526 - Helfta,<br />

1301) A 26 anni, dopo una prima visione,<br />

volse tutta la vita alla preghiera e alla contemplazione.<br />

Scrisse diverse opere in volgare<br />

tedesco, poi tradotte in latino, nelle<br />

quali si dimostra assai versata negli scritti<br />

dei Santi Padri, specie di S. Agostino e<br />

S. Gregorio Magno. Ricordiamo il Legatus<br />

memorialis abundantiae divinae pietatis, biografia<br />

in cinque libri.<br />

Genovesi <strong>Antonio</strong>: (Castiglione di Salerno,<br />

1713 - Napoli, 1769) Filosofo ed economista.<br />

Scrisse: Le lettere filosofiche (1759),<br />

Logica e Metafisica (1766), Lezioni di economia<br />

civile (1754), Lettere accademiche<br />

(1764).<br />

Germano di Costantinopoli, Santo: Scrittore<br />

ecclesiastico greco del secolo VIII. Nel<br />

715 diviene patriarca di Costantinopoli;<br />

si schiera nella lotta iconoclastica tra i<br />

difensori del culto delle immagini.<br />

583


Scrisse tre Epistole dogmatiche relative<br />

al culto delle immagini. Sono pervenute<br />

anche numerose omelie, delle quali<br />

molte dedicate alla Vergine, della cui<br />

Assunzione fu uno dei più fervidi assertori.<br />

Morì nel 733 all’età di 98 anni.<br />

Gersone Giovanni: Jean Le Charlier de<br />

GERSON (Rethel, Francia, 1363 - Lione,<br />

1429). Fu un teologo e un filosofo francese.<br />

Cancelliere dell’Università di Parigi.<br />

Detto Doctor christianissimus. Come teologo<br />

tentò di elaborare una teologia mistica<br />

che si oppone alla teologia scolastica.<br />

Giacinto, Santo: (Slesia, 1185 - Cracovia,<br />

1257) Nobile polacco, prese l’abito domenicano<br />

dalle mani stesse di S. Domenico.<br />

Diede un contributo fondamentale alla<br />

diffusione del nuovo Ordine in Polonia.<br />

Giacomo I, re d’Aragona: (Montpellier,<br />

1208 -Valenza, 1276) Figlio di Pietro II<br />

il Cattolico, salito al trono dovette lottare<br />

contro gli zii e i nobili aragonesi.<br />

Aiutò Alfonso X di Castiglia contro i<br />

musulmani. Fu monarca amante delle<br />

lettere e buon legislatore.<br />

Giovanni Crisostomo, Santo: (Antiochia,<br />

345 - Comana, 407) Vescovo e Dottore<br />

della Chiesa. Ebbe il soprannome di<br />

Chrysostomus (bocca d’oro) per la sua grande<br />

eloquenza. Nel 387 contribuì a riportare<br />

la pace e la comprensione in una controversia<br />

tra l’imperatore Teodosio e alcuni<br />

rivoltosi. Commentatore del Vangelo<br />

di Matteo e Giovanni e delle Lettere di S.<br />

Paolo, favorì l’interpretazione letterale<br />

della Scrittura e la sua applicazione pratica<br />

ai problemi contemporanei. Fu arcivescovo<br />

di Costantinopoli.<br />

584<br />

Giovanni Damasceno, Santo: (Damasco,<br />

675 - Mar Saba 749) Scrittore ecclesiastico<br />

orientale e Dottore della Chiesa. Fu tra<br />

i primi a difendere il culto delle immagini<br />

e a contrastare l’iconoclastia, asserendo<br />

che le immagini dei Santi, di Cristo e<br />

della Vergine Maria dovevano essere<br />

rispettate e venerate in quanto mezzi per<br />

adorare la Santa Trinità e scrisse a tal proposito<br />

tre trattati. Aveva una particolare<br />

devozione per la Vergine Maria. Assai note<br />

sono le sue omelie mariane, in particolare<br />

le tre preparate per il 15 agosto.<br />

Giovanni XXI, Papa: Nobile portoghese,<br />

medico e filosofo di grande fama, autore<br />

di importanti opere filosofiche e medicoscientifiche.<br />

Fu Papa nel breve periodo<br />

tra il settembre del 1276 e il maggio del<br />

1277.<br />

Giovanni XXII, Papa: Fu Papa dal 1316 al<br />

1334. Ebbe diversi contrasti con i teologi<br />

più illustri e con l’ordine dei francescani<br />

dichiarando eretici gli Spirituali<br />

che professavano la povertà assoluta.<br />

Giovanni, re di Portogallo: Giovanni V di<br />

Braganza re del Portogallo e dell’Algarve,<br />

detto il Magnanimo, (Lisbona, 22 ottobre<br />

1689 - Lisbona, 31 luglio 1750). È stato<br />

un sovrano portoghese. Benedetto XIV<br />

gli concesse il titolo del “Più Fedele dei<br />

Re” con una bolla. Sei anni dopo aver<br />

ricevuto questo titolo, Giovanni subì una<br />

paralisi che gli impedì parzialmente di<br />

prendere parte agli affari di governo. Gli<br />

ultimi suoi anni di vita, li devolse ad attività<br />

ecclesiastiche, con la costruzione di<br />

chiese e monasteri. Morì il 31 luglio<br />

1750 a Lisbona.<br />

Gioviniano: Fu un monaco eretico del IV<br />

secolo. Dopo alcuni anni di vita religiosa<br />

a Milano, preoccupato per il dilagare<br />

nella Chiesa di ascetismo e monachesimo<br />

andò a Roma, cominciando a diffondere<br />

la propria dottrina riguardante l’ inutilità<br />

dei digiuni fatti senza fede e diventati<br />

ormai mero ritualismo, poi anche quella<br />

del celibato, che egli considerava un dono<br />

divino pari a quello del matrimonio, ma<br />

non ad esso superiore. Fece molti proseliti:<br />

che cominciarono ad essere chiamati<br />

giovinianisti dai suoi avversari.<br />

Girolamo, Santo: (Stridone, 347 - Betlemme,<br />

420) Dottore della Chiesa. Per un breve<br />

periodo visse come eremita nel deserto<br />

della Caleide. È considerato uno dei più<br />

eruditi biblisti. Celebri le sue dispute<br />

con S. Agostino. Studiò e tradusse la<br />

Bibbia in latino. Il testo di Girolamo, la<br />

Vulgata, è stato la base per molte delle<br />

successive traduzioni della Bibbia, fino<br />

al XX secolo.<br />

Giulio Africano: (160/170-240) Fu uno<br />

scrittore dell’Impero romano, considerato<br />

il fondatore della cronografia cristiana.<br />

Progettò per Alessandro Severo la<br />

biblioteca imperiale. Delle sue numerosissime<br />

opere ci rimangono solamente<br />

alcuni frammenti. Scrisse una<br />

Cronografia, storia universale dalle origini<br />

fino ad Eliogabalo.<br />

Giulio II, Papa: (Abbissola, 1443 - Roma,<br />

1513) Francescano di grande prestigio,<br />

era stato elevato giovanissimo alla porpora<br />

cardinalizia. L’aspetto che caratterizzò<br />

il suo pontificato fu il notevole<br />

impulso dato al mecenatismo commis-<br />

sionando eccezionali opere ai maggiori<br />

artisti del momento: Bramante,<br />

Raffaello e Michelangelo.<br />

Giustino martire, Santo: (Flavia Neapolis,<br />

... - Roma, 162 - 168) Fu filosofo e<br />

martire cristiano. La Chiesa cattolica lo<br />

venera come santo e lo annovera tra i<br />

Padri della Chiesa. I suoi due più famosi<br />

scritti Prima Apologia dei Cristiani e<br />

Seconda Apologia dei Cristiani ne fanno<br />

uno dei primi difensori del pensiero cristiano.<br />

Gregorio di Nissa (o Nisseno), Santo:<br />

(Cesarea in Cappadocia, 335 - Nissa,<br />

395 ca.) È stato un vescovo e teologo<br />

greco, padre e dottore della Chiesa.<br />

Avversario degli Ariani, fu vittima delle<br />

persecuzioni dell’imperatore ariano<br />

Valente e dovette lasciare Nissa nel 376.<br />

Ritornatovi nel 379, divenne massimo<br />

difensore dell’ortodossia cattolica a<br />

sostegno dell’imperatore Teodosio I, che<br />

lo proclamò «difensore della fede».<br />

Gregorio III, Papa: Santo. Fu consacrato<br />

nel 731. Si trovò a dover lottare contemporaneamente<br />

contro l’Impero per la<br />

politica iconoclastica e contro il re longobardo<br />

Liutprando.<br />

Gregorio IV, Papa: Fu eletto Papa nell’827<br />

nonostante le sue resistenze. Intervenne<br />

nelle controversie tra l’imperatore Ludovico<br />

il Pio e suoi figli, ma non riuscì nei suoi<br />

propositi di riconciliazione. Dovette provvedere<br />

alla minaccia incombente dei<br />

Saraceni su Roma. Morì nell’844.<br />

Gregorio IX, Papa: Eletto Papa nel 1227. Il<br />

suo pontificato fu segnato dal contrasto<br />

585


con la politica di Federico II, che scomunicò<br />

per 2 volte. Si occupò ampiamente<br />

dell’Ordine francescano canonizzando<br />

<strong>Francesco</strong> di Assisi nel 1228, ponendo la<br />

prima pietra della chiesa di S. <strong>Francesco</strong><br />

in Assisi e dichiarando in una bolla non<br />

obbligatorio il testamento del Santo,<br />

addolcendo le prescrizioni della Regola.<br />

Gregorio Nazianzeno, Santo, detto<br />

Gregorio il Teologo: (329 - 390 ca.)<br />

Fu vescovo di Costantinopoli e teologo; è<br />

riconosciuto dalla Chiesa cattolica come<br />

dottore della Chiesa e padre della Chiesa;<br />

è salutato anche, con Basilio e Crisostomo,<br />

come uno dei “Tre Gerarchi”.<br />

Gregorio VII, Papa: (ca. 1015 - 1085)<br />

Santo. Venne eletto Papa nel 1073, ribadendo<br />

nel Dictatus papae le sue idee circa<br />

il potere della Chiesa: il pontefice è capo<br />

supremo della Chiesa, ma è anche la più<br />

alta autorità della terra e può deporre<br />

imperatori e re. Tali principi lo posero<br />

presto in conflitto con il potere laico, in<br />

particolare con l’imperatore Enrico IV,<br />

che assediò e fece capitolare Roma nel<br />

1084. G. fu costretto a rifugiarsi a Castel<br />

Sant’Angelo e venne nominato Papa, al<br />

suo posto, Clemente III. Con l’aiuto di<br />

Roberto il Guiscardo fuggì a Salerno;<br />

qui morì.<br />

Gregorio XV, Papa: (Bologna, 1554 -<br />

Roma, 1623) Eletto nel 1621, durante il<br />

suo breve pontificato incoraggiò gli<br />

irlandesi e favorì la restaurazione cattolica<br />

in Francia. La sua attività controriformistica<br />

fu coronata dall’ istituzione della<br />

Congregazione Propaganda fide chiamata<br />

ad organizzare e dirigere la diffusione<br />

586<br />

del cattolicesimo in tutto il mondo.<br />

Scrisse Costitutionem de Conceptione<br />

Beatissimae Virginis Mariae.<br />

Gretsero, Jacopo: Padre Gesuita ed erudito.<br />

Idelfonso, Santo: (Toledo, ca. 606 - 667)<br />

Abate di un monastero di Toledo, nel<br />

657 fu eletto arcivescovo della città. Fu<br />

anche scrittore: il suo scritto più importante<br />

è un trattato sulla Vergine, il<br />

primo documento del genere pubblicato<br />

dalla Chiesa spagnola.<br />

Ignazio di Antiochia, Santo: fu un vescovo<br />

dell’Asia Minore dell’inizio del II secolo.<br />

È annoverato fra i Padri della Chiesa. Fu<br />

il secondo successore di Pietro come<br />

vescovo di Antiochia di Siria. Sotto la<br />

persecuzione (98-117) dell’imperatore<br />

Traiano fu imprigionato, condotto a<br />

Roma e ivi morì martire nel 107, divorato<br />

dalle fiere. Nelle sue lettere appaiono<br />

per la prima volta le espressioni “Chiesa<br />

cattolica” e “Cristianesimo”, che sono<br />

ritenuti neologismi creati da lui.<br />

Ilario di Poitiers, Santo: (Poitiers, ca. 315<br />

- Poitiers, 367) Vescovo e dottore della<br />

chiesa, fu anche un filosofo e scrittore. Fu<br />

il più eminente avversario dell’arianesimo<br />

in Occidente. È dottore della Chiesa<br />

Dal 1821, è patrono della città di Parma.<br />

Innocenzo III, Papa: (1160 - Perugia,<br />

1216) Nato Lotario dei Conti di Segni,<br />

fu Papa dal 1198 alla morte. Progetto di<br />

tutto il suo pontificato fu la riforma<br />

morale e disciplinare del clero corrotto e<br />

secolarizzato. Diede, infatti, avvio alla<br />

riforma della struttura diocesana della<br />

Chiesa e sostenne lo sviluppo degli<br />

Ordini francescano e domenicano.<br />

Innocenzo IV, Papa: (Genova, ca. 1195 -<br />

Napoli, 1254) Nato Sinibaldo Fieschi dei<br />

Conti di Lavagna, fu Papa dal 1243. Oltre<br />

all’aspro conflitto con l’impero, il Papa<br />

dovette occuparsi di altre questioni. Nel<br />

1243 indisse una crociata contro i Turchi<br />

che avevano riconquistato Gerusalemme,<br />

alla quale, però, aderì solo il sovrano francese<br />

Luigi IX detto il Santo. Singolare l’attività<br />

missionaria di questo Papa che inviò<br />

esponenti Francescani e Domenicani in<br />

missione fino a Karacorum, capitale dell’impero<br />

mongolo.<br />

Ireneo di Lione, Santo: (Smirne, 130 -<br />

Lione, 202) È stato un vescovo e teologo<br />

greco. La Chiesa cattolica e quelle<br />

ortodosse lo venerano come santo e lo<br />

considerano uno dei padri della Chiesa.<br />

Il suo pensiero e le sue opere sono una<br />

testimonianza dell’ impegno contro il<br />

proliferare di varie eresie, in particolare<br />

lo gnosticismo di cui fu un forte oppositore.<br />

Scrisse: Adversus haereses, che tenta<br />

di confutare le principali espressioni<br />

dello gnosticismo, e Demonstratio apostolicae<br />

praedicationis, sintetica e precisa<br />

esposizione della dottrina cattolica.<br />

Isabella di Castiglia la Cattolica: (Madrigal<br />

de las Altas Torres, 1451 - Medina del<br />

Campo, 1504) È stata una sovrana spagnola.<br />

Fu regina di Castiglia e León.<br />

Membra della dinastia Trastamara, era<br />

figlia di Giovanni II di Castiglia e della<br />

sua seconda moglie Isabella del<br />

Portogallo.<br />

Isidoro di Siviglia, Santo: (Cartagena 560<br />

ca - Siviglia, 4 aprile 636) Vescovo e<br />

scrittore ecclesiastico latino vissuto tra il<br />

VI e il VII secolo. La sua opera contribuì<br />

alla diffusione della cultura classica tra i<br />

barbari conquistatori. Scrisse: gli<br />

Etymologiarum sive Originum libri XX,<br />

vera enciclopedia di tutto lo scibile di<br />

quei tempi, il De ortu et obitu Patrum<br />

sulla vita dei patriarchi, le Quaestiones in<br />

vetus Testamentum, sull’Antico Testamento.<br />

Bolland Jean: (Julémont, 1596-Anversa,<br />

1665) È stato un gesuita belga.<br />

Cominciò a creare la raccolta delle vite<br />

dei santi distribuite secondo i giorni dell’anno,<br />

conosciuta col nome di Acta<br />

Sanctorum. Fece pubblicare nel 1643 i<br />

santi di gennaio, nel 1658 quelli di febbraio<br />

e morì prima di aver terminato<br />

quelli di marzo. Questo lavoro fu poi<br />

continuato dopo la sua morte dai padri<br />

gesuiti, che vengono designati collettivamente<br />

sotto il nome di Bollandisti.<br />

Leone I, Papa: Santo. Detto anche Leone<br />

Magno, fu il quarantacinquesimo Papa<br />

della Chiesa cattolica che lo venera,<br />

assieme alla Chiesa ortodossa, come<br />

santo. Regnò dal 29 settembre 440 al 10<br />

novembre 461. L’importanza del pontificato<br />

di Leone giace nelle sue asserzioni<br />

di un episcopato universale del vescovo<br />

romano, che trapelano dalle sue lettere e<br />

ancor di più dalle sue noventasei orazioni<br />

pervenuteci.<br />

Leone IV, Papa: Santo. Fu Papa dall’847<br />

all’855. Durante il pontificato si fece<br />

promotore di una notevole attività edilizia<br />

che gli valse il titolo di restaurator<br />

Urbi, e di una energica attività di riforma<br />

morale, come testimoniano i concili<br />

di Pavia (850) e di Roma (853).<br />

587


Leone IX, Papa: Santo. Fu Papa dal 1049<br />

al 1054. Notevole fu la sua opera di<br />

riforma contro la corruzione del clero e<br />

della Chiesa, condotta attraverso la convocazione<br />

di concili a Roma, Reims,<br />

Magonza, Mantova, Colonia e con lunghi<br />

viaggi attraverso l’Italia, la Francia,<br />

la Germania, l’Austria e l’Ungheria.<br />

Leone X, Papa: (Firenze, 1475 - Roma,<br />

1521) Nato Giovanni de’ Medici, figlio<br />

di Lorenzo il Magnifico, fu Papa dal<br />

1513 fino alla morte. Portò alla corte<br />

pontificia lo splendore e i fasti tipici<br />

della cultura delle corti rinascimentali.<br />

Autore della ben nota bolla Exsurge<br />

Domine del 1520 da cui ebbe origine la<br />

scomunica di Lutero e la conseguente<br />

nascita del protestantesimo.<br />

Lirano, Niccolò: Storico francescano delle<br />

Sacre Scritture.<br />

Lorenzo Giustiniani, Santo: (Venezia,<br />

1381 - 1457) Fondò con alcuni nobili<br />

veneziani la Congregazione dei Regolari<br />

di S. Giorgio in Alga nel 1404. Il Papa<br />

Eugenio IV lo nominò vescovo di<br />

Venezia nel 1433, fu poi primo patriarca<br />

di Venezia. Modesto, frugale, distribuiva<br />

ogni suo avere ai poveri. Venne canonizzato<br />

nel 1690.<br />

Lucenzio: Fu vescovo della diocesi di Ascoli<br />

a partire dal 445, dopo Sant’ Emidio, S.<br />

Vittore e S. Claudio<br />

Lutgarda, Santa: (Tongres, 1182 - Aywieres,<br />

1246) Mistica belga. In conseguenza di<br />

una visione in cui Cristo la chiamava si<br />

fece monaca. Di lei sono riportate molte<br />

visioni ed esperienze mistiche.<br />

588<br />

Macedonio: Patriarca di Costantinopoli vissuto<br />

nel IV secolo. Alla sua figura è legata<br />

una particolare eresia detta pneumatomachia,<br />

cioè ostilità allo Spirito Santo, del<br />

quale negava la divinità. Nel concilio di<br />

Costantinopoli (381), riafferma invece<br />

che lo Spirito Santo è Dio come il Padre e<br />

come il Figlio e si redige il cosiddetto<br />

simbolo niceo-costantinopoli tano, cioè il<br />

Credo che è recitato in tutte le chiese cristiane<br />

il quale rappresenta la sintesi degli<br />

insegnamenti del Cristianesimo.<br />

Marcello, Papa: Santo. Fu Papa dal 308 al<br />

309. Il suo pontificato fu turbato dal<br />

rincrudire, dopo la cessazione della persecuzione<br />

di Diocleziano, delle controversie<br />

sui Lapsi tra rigoristi e moderati.<br />

Marcione: (Sinope, 85 - Roma, 160) È stato<br />

un vescovo e teologo greco considerato<br />

eretico dalla chiesa cristiana. Fu il primo<br />

a costituire un insieme di scritti in antitesi<br />

all’interpretazione di Origene<br />

dell’Antico Testamento: i seguaci di questa<br />

dottrina furono considerati apostati e<br />

scismatici dalla maggior parte dei vescovi<br />

cristiani suoi contemporanei.<br />

Marco I, Papa: Santo. Fu il trentaquattresimo<br />

Papa della Chiesa cattolica. Venne<br />

consacrato Papa il 18 gennaio 336 e<br />

morì il 7 ottobre dello stesso anno.<br />

Esistono alcuni indizi che le prime liste<br />

di vescovi e martiri note come Depositio<br />

episcoporum e Depositio martyrum, vennero<br />

iniziate durante il suo pontificato.<br />

Margherita da Cortona, Santa: (Terni,<br />

1249 - Cortona, 1297) Terziaria francescana.<br />

Visse con un nobile di<br />

Montepulciano nove anni di concubinato<br />

ed ebbe un figlio. Dopo la morte dell’amante<br />

fu colpita dalla Grazia e si ritirò<br />

a vita penitenziale. Le sue estasi e manifestazioni<br />

furono trascritte dal suo confessore<br />

nelle Legenda beatae Margaritae, che<br />

divenne famosa come esemplificazione<br />

dell’itinerario spirituale.<br />

Maria Egiziaca, Santa: Secondo la leggenda,<br />

riferita e forse rielaborata da S. Sofronio,<br />

nacque in Egitto nel 345 e giovanissima<br />

si diede alla vita dissoluta. Recatasi a<br />

Gerusalemme per la festa dell’Esaltazione<br />

della Croce, non riuscì ad entrare in<br />

Chiesa perché una forza invisibile la<br />

respingeva. Si convertì allora e si ritirò<br />

penitente in un deserto dove trovò la<br />

morte dopo 48 anni di espiazione (421).<br />

Materno di Milano, Santo: È il settimo<br />

vescovo di Milano, vissuto nel IV secolo.<br />

L’operato di San Materno si è tradizionalmente<br />

svolto nell’arco di dodici anni<br />

di episcopato e le due reliquie furono<br />

oggetto di un’ansiosa ricerca da parte di<br />

San Carlo Borromeo nel 1571.<br />

Matilde (Metilde), Santa: (895 - 968)<br />

Moglie di Enrico I e madre di Ottone I,<br />

dopo la morte del consorte si ritirò in<br />

convento. Dedita alla carità fu accusata<br />

di sperperare il tesoro della corona.<br />

Melchiade, Papa: Santo. Fu Papa dal 311 al<br />

314. Il suo pontificato segna il trionfo<br />

definitivo del Cristianesimo in seno<br />

all’Impero con la vittoria di Costantino<br />

su Massenzio e l’editto di Milano (313)<br />

Muratori, Ludovico <strong>Antonio</strong>: (Vignola, 21<br />

ottobre 1672 - Modena, 23 gennaio 1750)<br />

È stato uno storico, scrittore, erudito ed<br />

ecclesiastico italiano. Fu personaggio di<br />

primo piano nella costellazione dell’intellettualità<br />

settecentesca italiana. Viene<br />

considerato il padre della storiografia italiana.<br />

Negli anni compresi tra 1723 e<br />

1743 compendiò il frutto delle immense<br />

ricerche storiche e letterarie in 38 volumi<br />

divisi fra 3 grandi opere: i Rerum<br />

Italicarum Scriptores, le Antiquitates Italicae<br />

Medii Aevi e il Novum Thesaurum Veterum<br />

Inscriptionum. Nell’ultimo decennio pubblicò<br />

la prima grande storia d’Italia, dall’era<br />

volgare ai suoi tempi: gli Annali<br />

d’Italia (1743-1749).<br />

Nestorio: (Germanicia, fine sec. IV - el<br />

Khàrga 451) Patriarca di Costantinopoli<br />

e teologo. Sostenne che l’unione delle<br />

due nature (umana e divina) nella persona<br />

di Cristo non è ipostatica, ma volontaria.<br />

Su questo principio si basava il<br />

titolo mariano di Theotokos o Genitrice di<br />

Dio e Anthropotokos, Genitrice dell’uomo.<br />

Fu condannato durante il Concilio di<br />

Efeso (431) e quasi tutti i suoi scritti<br />

furono bruciati per ordine di Teodosio.<br />

Niccolò IV, Papa: (Ascoli Piceno, 30 settembre<br />

1227 - Roma, 4 aprile 1292)<br />

Nato Girolamo Masci, fu Papa dal 1288.<br />

Nativo di Ascoli e frate dell’Ordine francescano,<br />

è stato il primo religioso francescano<br />

della storia a diventare Papa. Si<br />

dedicò con particolare zelo all’estirpazione<br />

dell’eresia, organizzando crociate contro<br />

i nemici della Chiesa.<br />

Niceforo Callisto: storico ecclesiastico bizantino<br />

del XIV secolo. Richiamandosi ad<br />

Epifanio fece una delle prime descrizioni<br />

dettagliate della fisionomica della Vergine.<br />

589


Nicola da Tolentino, Santo: (Tolentino,<br />

1239 - 1310) Dopo aver terminato gli<br />

studi, divenne canonico della città di<br />

Tolentino. Si fece poi Agostiniano. È<br />

ricordato per le sue virtù e per la sua<br />

austerità.<br />

Onorio III, Papa: (Roma, ... - 1227) Fu<br />

Papa dal 1216. Come il suo predecessore<br />

Innocenzo III, si prefisse di raggiungere<br />

due grandi obiettivi: la riconquista della<br />

Terra Santa con la Quinta Crociata e una<br />

riforma spirituale dell’intera Chiesa.<br />

Durante il suo pontificato presero vita<br />

molti degli ordini terziari. Il 30 gennaio<br />

1226, approvò l’Ordine Carmelitano con<br />

la bolla Ut vivendi normam.<br />

Onorio IV, Papa: (Roma, 1210 - Roma,<br />

1287) Fu Papa dal 1285. Membro della<br />

ricca e influente famiglia dei Savelli, era<br />

un pronipote di Papa Onorio III. La sua<br />

elezione fu una delle più rapide nella storia<br />

del papato. Fu un appassionato sostenitore<br />

degli ordini religiosi: i due più<br />

grandi ordini religiosi dell’epoca, i domenicani<br />

ed i francescani, ricevettero molti<br />

nuovi privilegi. Onorio approvò, inoltre, i<br />

privilegi dell’Ordine Carmelitano permettendo<br />

loro di cambiare il loro abito a<br />

strisce con uno bianco.<br />

Origene: (Alessandria d’Egitto, 185 - Tiro,<br />

254) È stato un teologo, scrittore e catechista<br />

greco. È considerato uno tra i<br />

principali scrittori e teologi cristiani nei<br />

primi tre secoli. Di famiglia greca, si<br />

formò alla scuola catechetica di<br />

Alessandria d’Egitto. La sua prodigiosa<br />

attività letteraria lasciò un’impronta<br />

profonda in tutti i generi della letteratu-<br />

590<br />

ra Cristiana. Scrisse testi esegetici, biblici,<br />

apologetici, dogmatici, ascetici.<br />

Paolo Diacono: (Cividale, 720- Montecassino,<br />

799) Di nobile famiglia longobarda. Entrò<br />

nel monastero di Cassino dove rimase fino<br />

alla morte. Per alcuni anni fu alla corte di<br />

Carlo Magno come maestro di grammatica<br />

(782 -786) Scrisse: Catalogo dei vescovi di<br />

Metz, Vita di S. Gregorio Magno, una Historia<br />

romana e il suo capolavoro la Historia<br />

Longobardorum.<br />

Paolo II, Papa: Nato Pietro Barbo (Venezia,<br />

23 febbraio 1417 - Roma, 26 luglio 1471).<br />

Fu Papa dal 1464. Fu questo pontefice a<br />

stabilire che il Giubileo venisse indetto<br />

regolarmente ogni venticinque anni.<br />

Paolo III, Papa: (Canino, Viterbo 1468 -<br />

Roma, 1549) Nato Alessandro Farnese,<br />

fu Papa dal 1534 al 1549. Di illustre<br />

famiglia e possessore di molte terre.<br />

Durante il suo pontificato Michelangelo<br />

completò gli affreschi della cappella<br />

Sistina con il Giudizio Universale e<br />

restaurò il Campidoglio.<br />

Paolo IV, Papa: (S. Angelo della Scala,<br />

1476 - Roma, 1559) Nato Giampietro<br />

Carafa, fu Papa dal 1555 al 1559.<br />

Travolto dalla cieca passione politica,<br />

tralasciò di curarsi dell’unità dell’Europa<br />

in Cristo. Animato dalla preoccupazione<br />

di conservare la purezza della fede rinchiuse<br />

gli ebrei di Roma e di altre città<br />

dello Stato Pontificio, in ghetti. Sotto il<br />

suo papato fu pubblicato il primo Index<br />

Librorum Prohibitorum.<br />

Papebrochio, Daniele: Padre Gesuita ed<br />

erudito degli inizi del XVII secolo.<br />

Pelagio II, Papa: Fu Papa dal 579 al 590.<br />

Gli atti più importanti di Pelagio sono<br />

da mettere in relazione ai Longobardi e<br />

allo Scisma dei tre capitoli. Pelagio<br />

lavorò per promuovere il celibato del<br />

clero ed emise regolamenti così stringenti<br />

su questo punto che il suo successore,<br />

Papa Gregorio I, li modificò per<br />

renderli un po’ più elastici. Cadde vittima<br />

della peste che devastò Roma alla<br />

fine del 589.<br />

Petavio Dionigi: (Orleans, 1583-París,<br />

1652) Teologo francese, sacerdote della<br />

Compagnia di Gesù dal 1605. Si dedicò<br />

all’insegnamento e pubblicò numerosi<br />

testi, come la Dogmata theologica.<br />

Pico della Mirandola: (Mirandola 1463 -<br />

Firenze, 1494) Filosofo. L’opera che sintetizza<br />

il suo sapere filosofico e teologico,<br />

le 900 Conclusiones, fu giudicata da<br />

una commissione di teologi eretica.<br />

Arrestato sotto richiesta pontificia e poi<br />

liberato, trascorse gli ultimi anni della<br />

sua vita a Firenze sotto la protezione di<br />

Lorenzo il Magnifico.<br />

Pier Damiani, Santo: (Ravenna, 1007 -<br />

Faenza, 1072) È stato un teologo, vescovo<br />

e cardinale. Dottore della Chiesa dal<br />

1823. Fu grande riformatore e moralizzatore<br />

della Chiesa del suo tempo, autore<br />

di importanti scritti liturgici, teologici<br />

e morali.<br />

Pio V, Papa: (Bosco Marengo, 1504 -<br />

Roma,1572) Nato <strong>Antonio</strong> Michele<br />

Ghislieri fu il 227° Papa della Chiesa<br />

cattolica (1566 - 1572) Venne canonizzato<br />

da Clemente XI il 22 maggio 1712.<br />

Mise in atto i decreti di riforma del<br />

Concilio di Trento (1564) abolendo ogni<br />

forma di nepotismo. Fece pubblicare il<br />

Catechismo Romano per aiutare i parroci<br />

nell’ istruzione catechetica e ne promosse<br />

la traduzione in tutte le lingue; riformò<br />

ed unificò la liturgia, facendo pubblicare<br />

il Breviario ed il Messale, imponendoli a<br />

tutte le diocesi e a quegli Ordini religiosi<br />

che non avevano una liturgia propria.<br />

Prese seri provvedimenti volti a restaurare<br />

la disciplina e la moralità a Roma.<br />

Platone: (Atene, 428 o 427 - 348 o 347<br />

a. C.) Filosofo greco, uno dei maggiori<br />

della storia del pensiero occidentale. Le<br />

sue opere comprendono una trentina di<br />

dialoghi e 13 lettere.<br />

Ponziano, Papa: Santo. Fu il diciottesimo<br />

Papa della Chiesa cattolica che lo venera<br />

come santo. Regnò dal 21 luglio 230 al<br />

28 settembre 235. Ponziano è il primo<br />

Papa deportato. Era un fatto nuovo che<br />

si verificava nella Chiesa e Ponziano<br />

seppe risolverlo con saggezza e umiltà:<br />

perché i cristiani non fossero privati del<br />

loro pastore rinunciò al pontificato.<br />

Quinziano, Santo: Fu vescovo della diocesi<br />

di Ascoli a partire dal 486.<br />

Radegonda, Santa: (519 - 587) Regina di<br />

Francia. Figlia di Bertario, re di<br />

Turingia, celebre per la sua bellezza e<br />

virtù. Allevata nel paganesimo, si convertì<br />

all’età di 10 anni. Sposò re Clotario<br />

I, che le permise, in seguito di divenire<br />

religiosa. Morì nella Badia di Santa<br />

Croce che ella aveva fatto erigere.<br />

Rainaudo, Teofilo: Celebre Gesuita ed erudito<br />

degli inizi del XVII secolo.<br />

591


Riccardo di San Vittore: Teologo e mistico<br />

medievale del secolo XII. Nativo della<br />

Scozia, entrò nel monastero dei canonici<br />

regolari di S. Vittore divenendo in seguito<br />

priore. Morì nel 1173. Scrisse opere ascetiche,<br />

teologiche, esegetiche. Ricordiamo il<br />

De preparatione animi ad contemplationem e il<br />

De gratia contemlationis (noti anche come<br />

Beniamin minor e Beniamin maior).<br />

San Gerlaco Romita di Valkenburg:<br />

Eremita, nato a Valkenburg, presso<br />

Maastricht, nei Paesi Bassi, si iscrisse<br />

alla milizia e condusse vita mondana. La<br />

morte della giovane moglie ne determinò<br />

la conversione, suggellata da un pellegrinaggio<br />

a Roma e a Gerusalemme,<br />

dove si fermò sette anni, servendo i<br />

poveri e gli ammalati negli ospizi e nei<br />

nosocomi. Fatto ritorno al paese nativo,<br />

visse da eremita dentro il cavo di un’antica<br />

quercia. Ogni settimana si recava a<br />

Maastricht a venerare le reliquie di<br />

S. Servazio e ogni sabato ad Aquisgrana<br />

(Aachen) a venerare la Beata Vergine.<br />

Sedulio Scoto: Poeta e teologo irlandese del<br />

IX secolo, fonda a Liegi la scuola detta<br />

“Cenacolo di Sedulio”. Entra poi a far<br />

parte della corte dell’imperatore Lotario<br />

I. Sedulio era in contatto con l’arcivescovo<br />

di Milano Tadone. Ha scritto varie<br />

opere di esegesi biblica.<br />

Servazio, Santo: Probabilmente di origine<br />

armena, passò alla storia quale uno dei<br />

più costanti sostenitori di Sant’Atanasio<br />

durante la lunga controversia per l’ortodossia<br />

nicena. Nei concili di Sardica e<br />

Rimini, tenutisi rispettivamente nel<br />

343 e nel 359, sostenne infatti l’ortodossia.<br />

Eletto vescovo di Tongres, in Belgio.<br />

592<br />

Negli ultimi tempi della sua vita intraprese<br />

un pellegrinaggio a carattere penitenziale<br />

da Tongres sino a Roma.<br />

Silvestro I, Papa: Santo. (... - Roma, 335)<br />

Fu il trentatreesimo vescovo di Roma e<br />

Papa: succedette a Milziade nel 314 e<br />

regnò fino alla morte. È il primo Papa di<br />

una Chiesa non più minacciata dalle terribili<br />

persecuzioni dei primi secoli.<br />

Simone Stock, Santo: (Aylesford, 1165 ca.<br />

- Bordeaux, 1265) Religioso inglese<br />

dell’Or- dine Carmelitano: ricoprì la<br />

carica di Priore Generale. Il 16 luglio<br />

1251 ricevette la visione della Vergine<br />

con la rivelazione del privilegio dello<br />

scapolare carmelitano: quanti si fossero<br />

spenti indossandolo sarebbero stati liberati<br />

dalle pene del purgatorio il sabato<br />

successivo alla loro morte. Per commemorare<br />

l’evento, fu istituita la festa della<br />

Madonna del Carmelo il 16 luglio.<br />

Sisto V, Papa: (Grottammare, 1521 -<br />

Roma, 1590) Eletto nel 1585. Curò l’attuazione<br />

delle deliberazioni del Concilio<br />

di Trento. Grazie ad ingenti mezzi<br />

finanziari rese possibile l’incremento<br />

delle arti e delle scienze nonché un grande<br />

sviluppo edilizio di Roma. Convinto<br />

della rinnovata concezione in senso cristiano<br />

di Roma Caput mundi, creò nuove<br />

ampie strade che avrebbero dovuto consentire<br />

ai pellegrini di tutto il mondo di<br />

raggiungere agevolmente le Sette Chiese<br />

di Roma.<br />

Stanislao Kostka, Santo: (Rostkowo, 1550<br />

- Roma, 1568) Nobile polacco, entrò<br />

nella compagnia di Gesù contro il volere<br />

della famiglia. Fu scelto dai polacchi tra<br />

i patroni nazionali.<br />

Stefano di Antiochia, Santo: Vescovo e martire.<br />

Patì molto da parte degli eretici che si<br />

opponevano al Concilio di Calcedonia e, al<br />

tempo dell’imperatore Zenone, morì precipitato<br />

nel fiume Oronte.<br />

Stefano, re d’Ungheria, il Santo: (ca. 969<br />

- 1038) Si dedicò alla diffusione del<br />

Cristianesimo nel suo paese, favorendo la<br />

riforma religiosa che partiva da Cluny.<br />

Fu canonizzato nel 1083, la sua corona<br />

fu venerata a Budapest quale simbolo<br />

della nazione.<br />

Suarez, Francisco: (Granata, 1548 -<br />

Lisbona, 1617) Teologo e filosofo. In<br />

teologia si distinse soprattutto per la<br />

dottrina del congruismo relativa alla questione<br />

della conciliazione della libertà<br />

umana con la grazia divina.<br />

Telesforo, Papa: Santo. Fu l’ottavo Papa<br />

della Chiesa cattolica all’incirca dal 125<br />

al 136. In base a quanto riportato dal<br />

Liber Pontificalis, a lui si devono l’istituzione<br />

della Messa di mezzanotte, della<br />

liturgia dell’aurora e della liturgia della<br />

terza ora a Natale, della celebrazione<br />

della Pasqua di domenica, del digiuno<br />

durante la Quaresima e del canto del<br />

Gloria in excelsis Deo che si pensa sua<br />

stato composto proprio da Lui.<br />

Tertulliano, Quinto Settimio Fiorente:<br />

Apologeta e scrittore latino cristiano del<br />

sec. III. Nato da famiglia pagana a<br />

Cartagine verso il 155 - 160, fu avverso<br />

al Cristianesimo nella sua giovinezza, si<br />

convertì nel 193. Nel 213 avvenne la sua<br />

rottura con la Chiesa cattolica e l’adesione<br />

al montanismo. Le sue opere più<br />

importanti sono gli scritti apologetici:<br />

l’Ad nationes e l’Apologeticum.<br />

Toledo Francisco: (Cordova, 1532 - Roma,<br />

1596) Cardinale gesuita e teologo spagnolo.<br />

Fu chiamato a Roma nel 1559,<br />

dove insegnò filosofia e teologia al<br />

Collegio Romano. Fu teologo della Sacra<br />

Penitenzieria e Cardinale dal 1593, svolgendo<br />

anche importanti missioni diplomatiche<br />

per incarico della Santa Sede in<br />

Polonia, Belgio e Germania. Ebbe un<br />

ruolo fondamentale nella riconciliazione<br />

di Enrico IV con la Chiesa.<br />

Tommaso D’Aquino, Santo: (Aquino,<br />

1226 - Terracina, 1274) Il più grande<br />

filosofo del Medioevo. Entrò nell’ordine<br />

dei Domenicani, seguì gli studi filosofici<br />

e teologici sotto la guida di Alberto<br />

Magno e in seguito presso l’Università<br />

di Parigi, della quale poi divenne magister<br />

regens (1256-59) Prese parte alla<br />

polemica con gli avverroisti, combattendo<br />

le idee sostenute da Sigieri di<br />

Brabante. La figura di San T. assunse una<br />

posizione centrale non soltanto nel grande<br />

movimento medievale della<br />

“Scolastica”, ma pose solide basi alla<br />

filosofia cristiana, creando un sistema<br />

valido per intrinseca chiarezza e coerenza<br />

dottrinale e per equilibrata proporzionalità<br />

delle parti. Scrisse: De ente et essentia<br />

(1252-53), De veritate (1256-59),<br />

Summa Theologiae (I e II nel 1265- 71, III<br />

nel 1272-73, rimasto incompleto).<br />

Tommaso da Kempis: (Kempen, Renania, ca.<br />

1379 - St. Agnietenberg, Zwolle, 1471)<br />

Mistico medievale. Abbracciò la vita religiosa<br />

nel 1393 e raggiunse il fratello priore<br />

della comunità di St. Agnietenberg,<br />

presso Zwolle. Qui rimase fino alla<br />

morte, occupato nella professione di amanuense,<br />

nella direzione spirituale dei<br />

593


novizi e nella predicazione. Scrisse numerosi<br />

opuscoli di carattere ascetico e mistico,<br />

di cui il più noto è il Soliloquium animae<br />

cum Deo.<br />

Torsellino Orazio: (1544-99) Gesuita. Si<br />

deve a lui la più completa e fortunata<br />

Historia Lauretana del tempo. Il libro fu<br />

un vero best-seller: ebbe, specie durante<br />

il XVII e XVIII secolo, traduzioni in italiano,<br />

francese, inglese, spagnolo, tedesco,<br />

boemo, fiammingo e tagalog, dialetto<br />

filippino<br />

Ugone di S. Caro: (Saint-Cher, ca. fine del<br />

XII secolo - Orvieto 1263) Cardinale<br />

domenicano e scrittore medievale. Si laureò<br />

in Teologia alla facoltà di Parigi, e fu<br />

nominato Cardinale da Papa Innocenzo IV.<br />

Le principali opere furono una raccolta di<br />

varianti di manoscritti Ebraici, Greci e<br />

Latini; le Concordanze della Scrittura; e<br />

Commentari sulle Divine Scritture.<br />

Ugone di San Vittore: (Sassonia, ca. 1097 -<br />

S. Vittore, 1141) Teologo e scrittore latino<br />

medievale. Nel 1118 entrò tra i canonici<br />

regolari di S. Vittore, divenendone in<br />

seguito direttore. Scrisse numerosissime<br />

opere, ricordiamo: De sacramentis christianae<br />

fidei, Explanatio in canticum B. Mariae<br />

Virginis, De sacramentis christianae fidei.<br />

Urbano II, Papa: Nato Ottone (o<br />

Oddone) di Lagery (Châtillon-sur-<br />

594<br />

Marne, ca. 1040 - Roma, 1099). Fu<br />

Papa dal 1088. Fu uno dei più importanti<br />

ed attivi sostenitori delle riforme<br />

gregoriane. Il suo pontificato durò poco<br />

e fu molto travagliato, in quanto<br />

imperversava in Roma l’antipapa<br />

Clemente III.<br />

Urbano VI, Papa: (Napoli, ca. 1318 -<br />

Roma, 1389) Fu Papa dal 1378. Nativo<br />

di Napoli, fu un monaco devoto e un<br />

colto sofista. Appena cinque mesi dopo<br />

la sua elezione, la maggioranza dei cardinali<br />

si incontrò a Fondi, e ripudiando la<br />

scelta precedente, procedette all’elezione<br />

di Roberto da Ginevra (20 settembre),<br />

che assunse il titolo di Clemente VII.<br />

Questo episodio diede il via al Grande<br />

Scisma, che divise la cristianità per quasi<br />

quarant’anni.<br />

Valentino, Santo: Compagno di martirio di<br />

Santo Emidio.<br />

Vincenzo Ferreri, Santo: (Valencia, 1346<br />

- Vannes, 1419) Si dedicò alla conversione<br />

degli ebrei e dei mori di Spagna.<br />

Si adoperò con tutte le forze per favorire<br />

l’unità della Chiesa e la soluzione<br />

dello scisma. Tra i suoi scritti emergono<br />

i trattati filosofico-teologici e<br />

un’abbondante raccolta di sermoni,<br />

alcuni dei quali hanno un contenuto<br />

mariano, come ad esempio De nativitate<br />

Virginis.<br />

MANOSCRITTI<br />

BIBLIOGRAFIA generale<br />

MARCUCCI <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, Relazione o sia Ragguaglio annuale dello stato temporale<br />

e spirituale della Congregazione e Convitto delle Religiose dell’Immacolata<br />

Concezione di Ascoli del 1752 a mons. Marana Vescovo, ASC 111, p. 58.<br />

MARCUCCI <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, Dell’unità della Maddalena Controversia. Rediviva ed<br />

indi redimorta in Ascoli nel Settembre e Ottobre del 1764 in BSC 1518 e in ASC 54,<br />

Dell’unità della Maddalena, controversia rediviva, ed indi redimorta in Ascoli nel settembre,<br />

e ottobre del MDCCLXIV, Ascoli Piceno, 6 Ottobre 1764.<br />

MARCUCCI <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, Epistolario, ASC.<br />

MARCUCCI <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, ASC 14: Tetralogo sacro per l’Epifania, tra una<br />

Maestra, e tre Pellegrine Oltramontane cioè Eufrasia Spagnuola, Pulcheria Tedesca ed<br />

Eurilla Franzese, Ascoli Piceno 1754; Dialogo sopra il S. Natale di Gesù Bambino,<br />

fra una Pellegrina e quattro Pastorelle, Ascoli Piceno 1756; L’astrologhessa ravveduta,<br />

Burletta in Trialoghetto tra una Astrologhessa, una Teologhessa ed una Contadina,<br />

Sabato 22 Gennaio 1757. L’Amore in Trionfo, senza data.<br />

Elenco delle Educande del collegio delle Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione di<br />

Ascoli Piceno, volume manoscritto non numerato in Museo-Biblioteca “F. A.<br />

<strong>Marcucci</strong>”.<br />

STAMPATI<br />

ANSELMI A., «Mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong> e la devozione al “Gran<br />

Mistero” dell’Immacolata nel contesto ascolano», in F. A. MARCUCCI, Orazione<br />

per l’Immacolata concezione di Maria sempre Vergine, Riproduzione anastatica dell’edizione<br />

del 1760. Studi storico-mariologici di Andrea Anselmi e Stefano De<br />

Fiores, Edizioni monfortane, Roma 1998.<br />

BALENA S. - RODILOSSI A., Castignano storia, cultura, tradizione, Il Segno 19984,<br />

pp. 233-240.<br />

CIANNAVEI Giuseppe Ignazio, Compendio di Memorie Istoriche, 1797, ristampa con<br />

note e indici di Giannino Gagliardi, Ascoli Piceno 1995.<br />

595


CONGREGATIO DE CAUSIS SANCTORUM, Positio super Vita, fama sanctitatis et<br />

Virtutibus di mons. <strong>Marcucci</strong>, Asculana in Piceno, in 2 voll., Roma 2003.<br />

DE FIORES Stefano, Maria nuovissimo Dizionario, Voll. 2, EDB 2006.<br />

GIOBBI Maria Paola, L’attività giuridica, pastorale ed omiletica di mons. <strong>Francesco</strong><br />

<strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong> durante il periodo della Vicegerenza (1774-1786), tesi per il magistero,<br />

Istituto superiore marchigiano di Sciene religiose “Redemtoris Mater”,<br />

A.A. 2004-2005.<br />

GIOBBI Maria Paola - LAGANÀ Franco, Guida al museo biblioteca “<strong>Francesco</strong><br />

<strong>Antonio</strong> <strong>Marcucci</strong>”, al convento e alla Chiesa dell’Immacolata, Ascoli Piceno<br />

2006.<br />

GIOBBI Maria Paola - PAPETTI Stefano, Il Palazzo <strong>Marcucci</strong> ad Ascoli Piceno dal<br />

XVI al XX secolo, Ascoli Piceno 2007.<br />

MARCUCCI F. A., I dodici privilegi goduti dalla Gran Madre di Dio Maria sempre Vergine<br />

nella sua Immacolata Concezione, Ascoli 1745.<br />

MARCUCCI <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, Orazione per l’Immacolata Concezione di Maria sempre<br />

Vergine, recitata in Ascoli agli 8 di dicembre del corrente 1760, Ascoli 1760.<br />

Nova Vulgata, BibliorumSacrorumm, Editio, Libreria Editrice Vaticana, 1986.<br />

LAZZARI T., Le pompe festive celebrate alli 2 luglio 1698 dalla ven. Compagnia di<br />

Maria delle Grazie dell’ill.ma città di Ascoli, Macerata 1698.<br />

LENTI G., Publica suplicatio Argentea Virginis Asculi celebrata, Ascoli 1621.<br />

LENTI A. M. Affetti di compunzione in poesie sacre divise a canti in ottava, che contengono<br />

morali e sostanziosi ammaestramenti estratti capo per capo dal p. Tomaso da Kempi,<br />

per frutto spirituale dell’anime devote, Fermo 1692. Si tratta della trasposizione in<br />

versi (ottave) dell’Imitazione di Cristo e di altre opere di T. da Kempis.<br />

ROSSI-BRUNORI Arcangelo, La vita e la istituzione di mons. <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong><br />

<strong>Marcucci</strong> dell’Immacolata Concezione, Ascoli Piceno 1917.<br />

ROSSI Carla, Un monastero: Sant’Angelo Magno ad Ascoli nella prima età moderna<br />

(Tesi di laurea in storia moderna), Università degli studi di Bologna, Facoltà di<br />

Lettere e Filosofia, A. A. 1994-’95.<br />

596<br />

BIBLIOGRAFIA Del repertorio<br />

ANDREA ANTONELLI, Sebastiano, canonici Ascolani, Historiae Asculanae libri 4.<br />

Accessit historiae sacrae liber singularis. Patavii, typis Matthaei de Cadorinis,<br />

1673.<br />

ARDIA <strong>Antonio</strong>, SJ, Tromba Mariana cioè Panegirici, Sermoni, Panegirici Morali e<br />

Novene sopra i Misteri de Festività principali della Beatissima Vergine Madre di Dio,<br />

Venezia 1743, BSC 410.<br />

AURIEMMA Tommaso, SJ, Le sette feste di Maria, Venezia 1730, BSC 1291.<br />

Biblioteca Sanctorum. voll. 1-12, Roma, Istituto Giovanni XXIII della Pontificia<br />

Università Lateranense, Città Nuova Editrice, (1969-2001).<br />

BUTLER Alban, Il primo grande dizionario dei santi, secondo il calendario. Casale<br />

Monferrato, Piemme, 2001.<br />

CANTALAMESSA CARBONI, Giacinto. Memorie intorno i letterati e gli artisti della<br />

città di Ascoli nel Piceno scritte da giacinto Cantalamessa Carboni. Ascoli Piceno,<br />

tipografia di Luigi Cardi, 1830.<br />

COLUCCI Giuseppe, Antichità ascolane illustrate con varie dissertazioni dall’abate<br />

Giuseppe Colucci patrizio camerinese. Fermo, dai torchi dell’autore, 1792.<br />

CRASSET Giovanni, SJ, (trad. dal francese da Canturani Selvaggio), La vera<br />

Devozione verso Maria Vergine, 2 voll., Venezia 1762, BSC 1473 - 1474.<br />

Sul frontespizio del I vol. Monsignor <strong>Marcucci</strong> annota con mano propria:<br />

“L’<strong>Opera</strong> detestabile, acclamata dai Protestanti, parto dell’Avvocato Coloniense<br />

ADAMO WIDENFELT, ha tal titolo: Monita salutaria B.V. Maria ad cultores suos<br />

indiscretos. Uscì nel 1673. Fu condannata dall’Inquisizione di Spagna: indi dalla<br />

S. Sede ai 19 giugno 1674 e nel 1678 ai 30 luglio fu proibita la versione francese.<br />

Tale opera indegna fu subito censurata dall’Università di Magonza”.<br />

LADVOCAT (a cura di, tradotto dal francese) Dizionario storico, portatile che contiene<br />

la storia di tutti gli uomini illustri nelle arti e nelle scienze, voll. 1-7, Bassano, 1773,<br />

BSC 949 - 955.<br />

PAGLIARINI Marco, raccolta di vite de’ Santi per ciaschedun giorno dell’anno, 4 voll.,<br />

Roma 1772, BSC 186 - 189.<br />

MARCUCCI, <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, Artis Historicae Specimen. Saggio di Storiografia.<br />

Ascoli Piceno, Istituto Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata Concezione, 2002.<br />

597


MARCUCCI, <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, De Asculo Piceno, De Inscriptionibus Asculanis, Delle<br />

Sicle e Breviature. Ascoli Piceno, Istituto Suore Pie <strong>Opera</strong>ie dell’Immacolata<br />

Concezione, 2004.<br />

MARCUCCI <strong>Francesco</strong> <strong>Antonio</strong>, Sermoni per il Triduo e per la Festa dell’Immacolata<br />

Concezione (1739-1786), I.T.E., Venezia 2004.<br />

MARRACCI Hippolito. Bibliotheca Mariana alphabetico ordine digesta, in duas parte<br />

divisa, qua auctores, qui de Maria Dei parente Virgine scripsere. Romae, typis<br />

Francisci Caballi, 1648.<br />

MASSINI Carlo Vite de’ santi per ciascun giorno dell’anno alle quali si premette la vita di<br />

Gesù Cristo. Torino (1756-1767).<br />

PADRE MINORE RIFORMATO (senza nome), Esempi di città o Persone per la<br />

Devozione all’Immacolata Concezione della Madre di Dio liberate o preservate dalla<br />

peste, Genova 1743, BSC 438.<br />

Prato Fiorito di vari esempi diviso in due tomi (i libri mancano di frontespizio, di conseguenza<br />

non si può leggere il nome dell’autore e la data di pubblicazione. A conclusione<br />

del proemio c’è il simbolo dell’Eucarestia e i tre chiodi della Passione<br />

usati dai Gesuiti; da ciò si desume che l’autore sia un gesuita; riguardo alla datazione<br />

si può presumere che sia fine 1600 inizio 1700), BSC 423-424.<br />

RENDINA Claudio, I papi, storia e segreti, 5. ed., Roma, Newton Compton editori,<br />

1990.<br />

RHO Giovanni, SJ, Esempi della Madonna, Recitati nel sabato nella Chiesa di Gesù<br />

di Roma. Roma 1655, BSC 746.<br />

TURSELLINO Horatio, (a cura di), Particulae latinae orationis, Padova 1774.<br />

BIBLIOGRAFIA FONTI INTERNET<br />

Santi, beati e testimoni, Enciclopedia dei Santi. http://www.santiebeati.it<br />

Wikipedia, l’enciclopedia libera. http://it.wikipedia.org<br />

598<br />

599


600<br />

Finito di stampare<br />

nel mese di Marzo 2008<br />

dalla Croma Group srl<br />

– Grottammare –<br />

601


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