1 - COMPOSIZIONE CHIMICA DELLA TERRA 1.1 - Di ... - C.R.E.S.T.
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Perosino G.C., 2012. Scienze della Terra (cap. 1 - modulo II). CREST (To).<br />
(acqua, anidride carbonica,...) e da residui organici (come gli escrementi) che vengono dispersi nell’ambiente<br />
circostante a costituire “cibo” per microrganismi (per lo più batteri e funghi decompositori) che completano la<br />
demolizione (con la respirazione) fino a riottenere semplici composti inorganici, cioè nuovamente quei sali<br />
minerali a disposizione dei produttori. I processi biologici appena esaminati sono comuni anche ad altri ambienti<br />
acquatici come i mari e i fiumi ed analoghi a quelli degli ambienti terrestri (come per esempio un bosco); essi<br />
sono materia di studio dell’ecologia; tale termine deriva dal greco “oikos”, che significa “casa” o “posto per<br />
vivere”. Letteralmente l’ecologia è lo studio degli organismi “nella loro casa” o meglio la disciplina che studia le<br />
interazioni reciproche tra l’ambiente e gli organismi.<br />
Le considerazioni sopra espresse hanno carattere molto generale. In realtà il ciclo del carbonio è molto più<br />
complesso e caratterizzato da diversi sottocicli che coinvolgono gli ambienti terrestri e quelli acquatici, andando<br />
ad interessare la litosfera, la biosfera, l’idrosfera e l’atmosfera. Parte del carbono entra a far parte delle rocce<br />
sedimentarie carbonatiche nei sedimenti dei laghi e dei mari oppure va a costituire la materia organica coinvolta<br />
nei processi di carbonizzazione e di trasformazione in petrolio e derivati (fig. 1.7).<br />
Una parte della massa organica, dopo la morte degli organismi, può precipitare sul fondale oceanico, venire<br />
sepolta e qui trasformarsi (in assenza di ossigeno) in combustibili fossili. Questi restano nella litosfera per molto<br />
tempo e rappresentano una frazione di carbonio sottratta al ciclo biologico ed immessa nel ciclo geologico. Sono<br />
rocce caratterizzate da abbondanza di materia organica, derivata dall’accumulo di resti di organismi viventi in<br />
condizioni di scarsa ossigenazione. In queste condizioni, la materia organica non viene ossidata e può essere<br />
seppellita con il graduale accumulo dei sedimenti, dando origine ad una massa amorfa definita kerogene. Con<br />
l'aumentare della profondità di seppellimento, l’aumento della temperatura (oltre 100 °C) provoca la progressiva<br />
“rottura” (cracking) dei legami molecolari del kerogene, che si trasforma in composti più semplici: gli idrocarburi<br />
che si originano secondo la successione solidi (bitume), liquidi (petrolio), gassosi (con molecole sempre più<br />
semplici, fino al metano).<br />
7<br />
Fig. 1.7 - Complessità<br />
del ciclo<br />
del carbonio.<br />
L’atmosfera può essere arricchita di CO2 con le emissioni vulcaniche e con quelle di origine antropica che,<br />
consumando combustibili fossili (petrolio, carbone, gas) rimettono in ciclo del carbonio che era stato, in tempi<br />
geologici, inglobato nel sottosuolo, andando così ad alterare il bilancio complessivo del ciclo stesso. Si possono<br />
effettuare alcuni calcoli, sebbene in termini generale ed approssimativi. Sommando le emissioni dovute alla<br />
respirazione dalle comunità viventi terrestri, acquatiche e vulcaniche (rispettivamente frecce verso l’alto verdi,<br />
azzurre e rosse in fig. 1.8) si ottiene un valore molto vicino a quello della somma delle quantità di CO2<br />
immagazzinate come materia organica attraverso la fotosintesi (frecce rivolte verso il basso nella succitata fig.<br />
1.8). Ciò dimostra un equilibrio nel ciclo del carbonio. A questo punto occorre considerare anche le emissioni<br />
dovute alle attività antropiche (freccia nera rivolta verso l’alto) dovute prevalentemente al consumo dei<br />
combustibili fossili. Il 40 % circa delle emissioni umane di CO2 vengono assorbite prevalentemente da<br />
vegetazione ed oceani. Ciò che resta rimane in atmosfera. La conseguenza è che la CO2 atmosferica è attualmente<br />
al livello più alto mai raggiunto negli ultimi 15 ÷ 20 milioni di anni. L’incremento dovuto alle attività umane negli<br />
ultimi 120 anni è paragonabile a quelli che, in natura, avvengono nell’arco di migliaia ed anche decine di migliaia<br />
di anni. Tale situazione sembra all’origine dei recenti mutamenti climatici ormai riconosciuti da quasi tutta la<br />
comunità scientifica.