Vi saranno pescatori… una distesa di reti… e i pesci saranno ...
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il mistero <strong>di</strong> Israele<br />
Salita verso Gerusalemme<br />
«Ecco, noi saliamo a Gerusalemme…» (Mc 10,33)<br />
L’ quando intraprende il santo viaggio non <strong>di</strong>ce: «Vado<br />
andare a Gerusalemme, dal punto <strong>di</strong> vista biblico,<br />
si esprime con il “salire”. In qualunque parte della<br />
terra l’ebreo <strong>di</strong>mori, fosse anche in cima all’Everest,<br />
a Gerusalemme», bensì: «Salgo a Gerusalemme». La Città<br />
Santa si trova infatti, secondo la tra<strong>di</strong>zione ebraica, nel<br />
punto più alto della terra: quello più vicino al Cielo. Ed<br />
è stato proprio questo concetto ad ispirare un’iniziativa<br />
ecumenica sorta negli anni post-Concilio in cui, un po’<br />
ovunque, lo Spirito Santo ha dato vita a nuove iniziative,<br />
movimenti e comunità. La “Montees de Jerusalem” (salite<br />
verso Gerusalemme) è nata nel 1984 da <strong>una</strong> intuizione <strong>di</strong><br />
un pastore protestante, Thomas Roberts, e si autodefini-<br />
sce pellegrinaggio ecumenico <strong>di</strong> preghiera per l’unità dei<br />
cristiani. Da subito questa iniziativa ha abbracciato cristiani<br />
appartenenti a comunità e a chiese <strong>di</strong>verse, motivati<br />
però dallo stesso zelo per l’unità del Corpo <strong>di</strong> Cristo<br />
e de<strong>di</strong>cati a creare un clima <strong>di</strong> fiducia e comprensione<br />
tra i credenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa estrazione. Ogni anno la Montees<br />
manda in Israele e nei Territori palestinesi cristiani<br />
<strong>di</strong> varie denominazioni, per pregare insieme con i giudeomessianici,<br />
i cristiani arabi e altri cristiani del luogo per<br />
la riconciliazione. Per loro è importante imparare a conoscere<br />
“l’altro”, fare lo sforzo <strong>di</strong> comprenderlo e decidere <strong>di</strong><br />
amarlo nella sua <strong>di</strong>versità, prendendo spunto dal Vangelo<br />
<strong>di</strong> Marco: «Chi non è contro <strong>di</strong> noi è per noi» (Mc 9,40).<br />
L’incontro <strong>di</strong> quest’anno ha evidenziato un aspetto che<br />
spesso viene trascurato, e cioè che <strong>di</strong>etro <strong>una</strong> concezione<br />
teologica si nasconde tutto un vissuto umano fatto <strong>di</strong><br />
ragione, volontà, desideri, sentimenti, ferite e sofferenza.<br />
Da un lato ci sono i cristiani arabi che, pur credenti in Gesù,<br />
a fatica riescono a pronunciare il nome “Israele” quando<br />
leggono l’Antico Testamento proprio perché questo nome,<br />
oggi, per gran parte <strong>di</strong> loro, rappresenta il nemico, il conquistatore<br />
e l’oppressore. È facile allora accogliere la cosiddetta<br />
teologia della sostituzione: Israele, non ha accolto il<br />
Messia e pertanto si è escluso dalle promesse bibliche e la<br />
Chiesa è <strong>di</strong>ventata il nuovo popolo <strong>di</strong> Dio e ha preso il suo<br />
posto <strong>di</strong>ventando il “nuovo Israele”. Concezione questa che<br />
ha, purtroppo, alimentato nella Chiesa per tanti secoli l’antisemitismo<br />
cristiano. Dall’altro lato ci sono i giudeomessianici,<br />
ossia i credenti <strong>di</strong> origine ebraica e raggruppati in<br />
comunità loro, appena ricomparsi dopo un’assenza <strong>di</strong> circa<br />
1600 anni, che cercano con ardore <strong>di</strong> far capire che nel nome<br />
“Israele” è racchiusa la speranza per la storia della Chiesa,<br />
ma prima <strong>di</strong> tutto e all’origine <strong>di</strong> tutto il futuro del loro<br />
popolo. Sono infatti coscienti che nonostante siano passati<br />
2000 anni le promesse <strong>di</strong> Dio non invecchiano… Allora,<br />
come “ambasciatori <strong>di</strong> Cristo”, ispirati dall’inno alla carità<br />
siamo chiamati oltre alla preghiera, a credere, a pazientare,<br />
a sopportare, ad amare e a non invi<strong>di</strong>are e infine, ma non<br />
alla fine, a riconciliare. Noi non possiamo unire la Chiesa,<br />
tanto è vero che Gesù nella Sua preghiera per l’unità si è<br />
rivolto al Padre e non a noi. Il nostro compito è <strong>di</strong> andare,<br />
o meglio “salire” in alto, raggiungere il punto più alto. Solo<br />
in quel punto è possibile toccare il Cielo e contemporaneamente<br />
l’abisso. Sì, questo è il mistero dell'Amore e della sua<br />
assenza. Salire a Gerusalemme significa fare koinonia: soffrire<br />
la <strong>di</strong>visione e darsi per la comunione. Questo incontro<br />
<strong>di</strong> preghiera e <strong>di</strong>alogo ci ha ulteriormente mostrato quanto<br />
sia importante seguire l’ispirazione ricevuta e creduta.<br />
Impegniamoci dunque nell’amore, <strong>di</strong>chiarando guerra ad<br />
ogni <strong>di</strong>visione e rivalità, ben sapendo che gran<strong>di</strong> fratture si<br />
rimarginano giorno dopo giorno con piccoli e ripetuti gesti<br />
<strong>di</strong> comunione. In salita non si corre, si cammina a piccoli<br />
passi, ma con costanza. p. Giuseppe De Nar<strong>di</strong><br />
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