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ANTIGAMENTI<br />

Progetto realizzato dalla <strong>Cooperativa</strong> Sociale L’<strong>Aquilone</strong>,<br />

f<strong>in</strong>anziato dalla Prov<strong>in</strong>cia Ogliastra ai Comuni di Cardedu e Tertenia a<br />

tutela della cultura e della l<strong>in</strong>gua sarda ai sensi della<br />

L.R. del 15.10.1997 n. 26 art. 13


Un particolare r<strong>in</strong>graziamento è rivolto a<br />

Gian Beppe Boi e Luciano Loddo,<br />

S<strong>in</strong>daci rispettivamente di Cardedu e Tertenia,<br />

i quali hanno reso possibile, consentendo la<br />

realizzazione di questo progetto, il recupero di<br />

memorie storiche che arricchiscono costantemente il<br />

patrimonio culturale ed identitario dei nostri territori<br />

Gennaio 2013


Indice<br />

Indice 6<br />

Lo spirito del libro 7<br />

Premessa 8<br />

I Cavalieri di Vittorio Veneto 10<br />

Francesch<strong>in</strong>o e Salvatore Deplano e i fratelli Ladu 12<br />

Vivere <strong>in</strong> tempo di guerra 16<br />

L’arte del mugnaio: Attilio Vargiolu 20<br />

Su Leonc<strong>in</strong>u de Emiliu Mur<strong>in</strong>u 23<br />

Dario Melis. Studio, lavoro, passione 28<br />

Viaggio al centro della terra. Le m<strong>in</strong>iere 32<br />

Nel cuore della m<strong>in</strong>iera con Egidio Pani 38<br />

Silvio Boi: dalla m<strong>in</strong>iera all’impresa 44<br />

Il cacciatore di foto: Pietro Melis 50<br />

Fede e devozione: s’Incontru a Tertenia 54<br />

Il grande cuore delle donne 56<br />

Quando nasce un amore 60<br />

Il mondo <strong>in</strong>cantato dei bamb<strong>in</strong>i 65<br />

Documenti 69<br />

Dalle parole alle immag<strong>in</strong>i 86<br />

Maria de is grazias 92<br />

Organigramma 95


Per dip<strong>in</strong>gere paesaggi, scorci che immortal<strong>in</strong>o le bellezze del ter-<br />

ritorio, scene di vita vissuta, ritratti di persone che hanno lasciato la<br />

loro impronta <strong>in</strong> questa società paesana <strong>in</strong>fluenzandone il corso e se-<br />

gnando la realtà dei loro paesi con il proprio operato; per affidare ad<br />

un quadro un momento della storia che fissi nella memoria dei più gio-<br />

vani fatti ed eventi che non meritano di essere dimenticati e persi per<br />

sempre, non servono pennelli o tele, tubetti di colore o matite colora-<br />

te. Bastano le parole scritte, fissate per sempre su pag<strong>in</strong>e bianche che<br />

prendono vita, respirano e palpitano sull’onda delle emozioni che de-<br />

scrivono, f<strong>in</strong>ché attraverso le parole sentite nell’<strong>in</strong>timo del cuore il qua-<br />

dro si anima e diventa un film che racconta storie vere.<br />

all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito.<br />

Di queste opere <strong>in</strong> ogni realtà contad<strong>in</strong>a se ne possono dip<strong>in</strong>gere<br />

Nel f<strong>in</strong>ire di questo anno 2012, per mandato dei comuni di Carde-<br />

du e Tertenia, nella volontà della Prov<strong>in</strong>cia Ogliastra, che promuove il<br />

mantenimento delle antiche tradizioni e della l<strong>in</strong>gua sarda, l’<strong>Aquilone</strong>,<br />

col suo progetto “ANTIGAMENTI”, realizza e dip<strong>in</strong>ge alcuni di questi<br />

quadri.<br />

L<strong>in</strong>a Pisano<br />

Presidente della <strong>Cooperativa</strong> Sociale “L’<strong>Aquilone</strong>”


Un mosaico di paesaggi, di profumi e colori, ricco di vegetazione<br />

mediterranea e di boschi secolari, di una flora rigogliosa e di una fau-<br />

na selvatica spettacolare che danno vita ad un complesso naturalistico<br />

di rara bellezza, dove mare e montagna si uniscono <strong>in</strong> un abbraccio<br />

che accomuna il verde delle coll<strong>in</strong>e, le bianche spiagge, le rocce vario-<br />

p<strong>in</strong>te e le distese azzurre di un mare davvero speciale.<br />

Cardedu e Tertenia sono due perle <strong>in</strong>castonate <strong>in</strong> una terra di<br />

forti richiami, <strong>in</strong>trisa dal profumo avvolgente di cisti e lentischi, trapun-<br />

tata di straord<strong>in</strong>arie testimonianze dei secoli passati che rivivono nelle<br />

arcaiche armonie archeologiche.<br />

Un variegato ecosistema che trasuda umanità. L’umana fatica di<br />

chi <strong>in</strong> questi paesi è nato e cresciuto, di chi ha visto cambiare la fisio-<br />

nomia di un territorio, di chi ha visto sorgere dal nulla case, Chiese,<br />

scuole, ponti e strade e di chi quelle strade le ha costruite.<br />

Una terra che sa di storia, dove la storia non è data dai numeri,<br />

dalle statistiche o dalle cronologie, ma dalla vita semplice di uom<strong>in</strong>i e<br />

donne, dai loro racconti, dalla loro l<strong>in</strong>gua, dagli sguardi pensanti, dalle<br />

loro mani forti e callose, dai loro sorrisi. Una storia che nasce, cresce e<br />

vive nelle loro parole e rimane per sempre nei cuori di chi li ascolta o<br />

nelle pag<strong>in</strong>e di chi le scrive.<br />

Questa è la storia che vogliamo raccontare. Momenti del tempo<br />

passato che si fa radice profonda per il presente ed esempio proficuo<br />

per il futuro. Una storia che è la nostra storia. Una l<strong>in</strong>gua che è la no-<br />

stra l<strong>in</strong>gua. Una vita che racconta la passione per il lavoro, la tenacia,<br />

l’ambizione, ma soprattutto la fatica, il sacrificio, la prova.<br />

Una storia che ancora oggi <strong>in</strong>segna la speranza...<br />

Sempre e comunque.<br />

Claudia Carta


Agli anziani di Cardedu e Tertenia


10 AntigaMenti<br />

I Cavalieri di Vittorio Veneto<br />

C’era una volta il Comune più giovane d’Ogliastra. Cardedu.<br />

Questo non significa che il borgo mar<strong>in</strong>o non abbia niente da dire, anzi.<br />

Ma la storia che si vuole raccontare non è quella che si può leggere <strong>in</strong> un atto<br />

burocratico o <strong>in</strong> un protocollo d’<strong>in</strong>tesa.<br />

Nasce direttamente da un’immag<strong>in</strong>e, da un racconto che rivive<br />

attraverso la memoria del narratore, una vicenda vissuta, scritta così come la<br />

sua memoria l’ha conservata.<br />

cimitero...<br />

Uno scorcio di Gairo Vecchio.<br />

A seguito della grande alluvione del 1951, una parte degli abitanti del<br />

borgo montano lasciò le proprie abitazioni per trasferirsi nella piana<br />

vic<strong>in</strong>o al mare dove sorse successivamente l’abitato di Cardedu.<br />

E spesso, la Storia si può leggere perf<strong>in</strong>o su una lapide <strong>in</strong> un piccolo


AntigaMenti<br />

Scorrendo, <strong>in</strong>fatti, i nomi sulle molte lapidi del cimitero, recente com’è<br />

recente ogni altra costruzione di Cardedu, è possibile ritrovare e rivivere il ri-<br />

cordo di quanti sono nati e vissuti laddove il Pelau si getta nel Rio Pardu e qui<br />

ora riposano. Coloro che hanno condotto una lunga esistenza, accanto a tante<br />

giovani vite spezzate, mai dimenticate…<br />

Ma tra le tante sepolture, all’ombra dei cipressi, è dato anche rileggere e<br />

richiamare alla memoria attimi della grande Storia, quella che spesso i ragazzi<br />

studiano con fastidio sui libri di scuola, chiedendosi ripetutamente il senso e<br />

l’importanza di memorizzare nozioni e date. Eppure quella storia, che sembra<br />

così lontana e quasi astratta, è ed esiste nel nostro sangue, nel nostro stesso<br />

patrimonio genetico. Parla anche sardo. E serve a capire da dove arriviamo,<br />

quali sono le nostre radici, le nostre orig<strong>in</strong>i, il perché dell’oggi.<br />

Quanta emozione e quanto orgoglio nel cuore dei giovani e dei ragazzi di<br />

Cardedu, nel sapere che tanti, tra i loro bisnonni e trisavoli, hanno vissuto gli<br />

anni del Re <strong>in</strong> Italia, le gesta dell’impero austro-ungarico; hanno visto e com-<br />

battuto una guerra, pesante e dura come tutte le guerre, lontano dalle loro<br />

case, dalle loro famiglie, ancora una volta isolati.<br />

E così, sulla piana del Carso risuonava anche il Gairese e il Terteniese.<br />

Tra le righe degli epitaffi iscritti sulle tombe di Cardedu si legge tutto<br />

questo. Perché anche questa è una storia. Una storia che riempie il cuore<br />

d’orgoglio e conserva la sua luce per sempre, trasmettendo di generazione <strong>in</strong><br />

generazione la memoria del coraggio, dei valori e dell’identità degli uom<strong>in</strong>i di<br />

questo paese.<br />

11


12 AntigaMenti<br />

Francesch<strong>in</strong>o e Salvatore Deplano e i<br />

fratelli Ladu<br />

Eccoli i “Cavalieri di Vittorio Veneto”!<br />

La loro storia è un po’ anche la no-<br />

stra. Due fratelli. Due vite donate e<br />

spese per difendere i sacri conf<strong>in</strong>i del-<br />

la Patria, armi <strong>in</strong> pugno, con ardore e<br />

coraggio. Insieme a loro, un terzo mi-<br />

litante, Antonicu Ladu, classe 1893.<br />

In tanti a Cardedu, li ricordano, amici<br />

per la vita, passeggiare <strong>in</strong>sieme negli<br />

anni della vecchiaia.<br />

Antonicu, pur essendo vissuto a Car-<br />

dedu per tanti anni, riposa nel cimite-<br />

ro di Gairo accanto al fratello Luigi,<br />

classe 1891, anche lui combattente<br />

sul Carso e come gli altri, <strong>in</strong>signito<br />

della prestigiosa onorificenza.<br />

L’Ord<strong>in</strong>e dei Cavalieri venne istituito<br />

con nel 1968 per «esprimere la grati-<br />

tud<strong>in</strong>e della Nazione» a tutti i soldati<br />

italiani che avevano combattuto alme-<br />

no sei mesi durante la prima guerra mondiale e agli <strong>in</strong>signiti della croce al meri-<br />

to di guerra. Capo dell'Ord<strong>in</strong>e era il Presidente della Repubblica. Un generale di<br />

corpo d’armata ne presiedeva il Consiglio, che provvedeva al vaglio delle do-<br />

mande avanzate dagli <strong>in</strong>teressati tramite il comune di residenza.<br />

Ai fratelli Deplano, l’onorificenza fu conferita dallo stesso Presidente della<br />

Repubblica, con decreto del 31 Marzo 1971.


Due fratelli, un solo amore per la propria terra<br />

AntigaMenti<br />

L’avventura di Francesch<strong>in</strong>o e Salvatore Deplano ha orig<strong>in</strong>e alla f<strong>in</strong>e del<br />

1800. Il loro papà, Cristoforo, nativo di Seui, era un uomo <strong>in</strong>telligente, laborio-<br />

so e capace.<br />

L’ambizione imprenditoriale di Cristolu, non tardò a concretizzarsi. Così,<br />

<strong>in</strong>sieme all’amico Basilio Carta diede vita ad un’azienda edile. Tra le altre opere<br />

realizzate dall’impresa Deplano/Carta, è possibile annoverare la costruzione del<br />

cimitero situato <strong>in</strong> Gairo Vecchio.<br />

Giovane di belle speranze e con la testa sulle spalle, Cristoforo Deplano<br />

sposò Placida Boi e dalla loro unione nacquero c<strong>in</strong>que figli.<br />

Due tra questi, rispettivamente Francesch<strong>in</strong>o (nato nel 1896) e Salvatore<br />

(nel 1892), furono chiamati a prestare il proprio contributo alla causa naziona-<br />

le. E <strong>in</strong> quegli anni ciò significava andare a combattere sul Piave.<br />

13


14 AntigaMenti<br />

Trascorsero anni, gelidi <strong>in</strong>verni e torride estati, senza che Cristoforo e Pla-<br />

cida potessero riabbracciare i loro ragazzi, vivendo ogni giorno col terrore di ri-<br />

cevere, dal comando militare, la comunicazione della perdita di uno dei loro<br />

amati figli. Quante <strong>in</strong>vocazioni alla Madonna del Buoncamm<strong>in</strong>o! Quanti pensieri<br />

dietro il vetro di quelle f<strong>in</strong>estre, attendendo una parola, un messaggio che fosse<br />

di speranza! E Il Signore ascoltò le loro preghiere: Francesch<strong>in</strong>o tornò a casa<br />

dopo circa c<strong>in</strong>que anni, decorato con la croce di ferro e con la pergamena firma-<br />

ta dal m<strong>in</strong>istro Benito Mussol<strong>in</strong>i. Sul congedo era testualmente scritto: «durante<br />

il tempo passato alle armi ha tenuto buona condotta e ha servito con fedeltà e<br />

onore».<br />

Salvatore era il secondo dei c<strong>in</strong>que figli di Cristoforo e f<strong>in</strong> da giov<strong>in</strong>etto<br />

imparò l’arte e l’abilità de su maistu de ferru (il fabbro), grazie alla pazienza e<br />

alla disponibilità del suo maestro, Daniele Mur<strong>in</strong>o.<br />

Deplano venne chiamato alle armi nel 1915, cun is piciocus de su noranta-<br />

dus (classe 1892) e <strong>in</strong>viato sul Carso.<br />

Fu congedato nel 1920 a causa di una grave ferita al braccio, dopo una<br />

lunga degenza prima nell’ospedale militare di Bologna, poi <strong>in</strong> quello di Firenze<br />

ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e <strong>in</strong> quello di Cagliari.<br />

Rispetto alla maggior parte dei suoi coetanei, Salvatore sapeva leggere e<br />

scrivere, dal momento che aveva avuto la fortuna di frequentare le uniche tre<br />

classi disponibili a Gairo <strong>in</strong> quegli anni. L’esperienza scolastica fu di notevole im-<br />

portanza per il giovane e per la sua vita futura, determ<strong>in</strong>ando la sua stessa car-<br />

riera.<br />

Una volta fatto rientro dai campi di battaglia, Salvatore riprese il suo lavoro<br />

e, scandendo colpi sul ferro tra <strong>in</strong>cud<strong>in</strong>e e martello, cont<strong>in</strong>uò a studiare, miglio-<br />

rando e ampliando le sue conoscenze e arrivando a conseguire, da privatista, la<br />

licenza elementare a Cagliari.<br />

Il suo buon senso, il suo equilibrio, la sua lungimiranza lo portarono nel<br />

proseguo degli anni, a diventare Commissario Prefettizio del Comune di Gairo.<br />

Successe, nella guida dell’amm<strong>in</strong>istrazione, a Basilio Porcu, maresciallo dei Cara-<br />

b<strong>in</strong>ieri che avviò l’acquisto, dal Comune di Tertenia, della zona a mare di Cocor-<br />

roci. Il conf<strong>in</strong>e tra i due paesi è dato da Su nuragu de genna de tidu.


AntigaMenti<br />

Durante il mandato di Salvatore Deplano, <strong>in</strong>vece, si ebbe l’acquisizione<br />

dell’area di Monte Ferru da parte del Comune di Gairo: un’oasi di circa duemi-<br />

la e c<strong>in</strong>quecento ettari tra boschi fittissimi, coll<strong>in</strong>e ricoperte di macchia mediter-<br />

ranea e naturali cascate d’acqua. Il tutto “barattato” con la società toscana am-<br />

m<strong>in</strong>istrata dall’<strong>in</strong>gegnere Nodari, <strong>in</strong> cambio di ventimila piante di quercia da<br />

tagliare <strong>in</strong> zona Taccu di Gairo.<br />

Su Cocorroci e Monte Ferru rappresentano un’autentica bellezza naturale<br />

di impareggiabile valore: il campeggio comunale, tutt’ora funzionante, è meta<br />

di turisti provenienti da ogni parte d’Italia e d’Europa; mentre il cantiere fore-<br />

stale offre impiego stabile a tanti giovani di Cardedu.<br />

Salvatore Deplano trovò anche il tempo, durante la sua vita, di fare il pa-<br />

dre. Ebbe <strong>in</strong>fatti ben dieci figli e visse gli ultimi anni della sua <strong>in</strong>tensa esistenza<br />

a Cardedu, dove morì alla veneranda età di 101 anni.<br />

Dalle pendici di Monte Ferru lo sguardo si perde all’orizzonte e unisce <strong>in</strong> un<br />

unico abbraccio il litorale da Cardedu a Tertenia (Punta is Ebbas)<br />

15


16 AntigaMenti<br />

Vivere <strong>in</strong> tempo di guerra<br />

Il dramma dell’attesa nei canti e nelle poesie di chi restava a casa<br />

Battaglie campali, avanzate e ritirate, attacchi e ripiegamenti.<br />

Era la guerra. Ma la vita <strong>in</strong> tr<strong>in</strong>cea non era solo quella dei militari sulle pri-<br />

me l<strong>in</strong>ee. In tr<strong>in</strong>cea vivevano anche le famiglie che attendevano con ansia e tre-<br />

pidazione, nelle loro povere case, il ritorno di figli o mariti chiamati alle armi.<br />

Descrivere il modo di vivere di una famiglia di Gairo o Tertenia negli anni<br />

trascorsi prima e dopo la grande guerra, descrivere una storia qualunque, di<br />

gente qualunque, non risulterebbe molto diversa se la si collocasse <strong>in</strong> qualunque<br />

altro paese della valle del Pardu: da Jerzu a Perdasdefogu, da Os<strong>in</strong>i ad Ulassai e<br />

più <strong>in</strong> là, verso l’angolo d’Ogliastra che comprende i centri montani di Ussassai e<br />

Seui.<br />

Nell’arco di tempo che va dalla Prima guerra mondiale f<strong>in</strong>o agli anni C<strong>in</strong>-<br />

quanta, il modo di vivere delle famiglie era, nella generalità dei casi, fatto di <strong>in</strong>-<br />

digenza, di sacrifici e stenti. Di attese e speranze. Di lacrime e sangue.<br />

Gli impegni di ciascuno, le aspirazioni, la quotidianità, il lavoro che <strong>in</strong>iziava<br />

all’alba e f<strong>in</strong>iva al tramonto, il vestito buono, s’ estiri de sa festa, la Santa Messa<br />

nei giorni di festa, alla quale partecipava tutto il paese, le donne da una parte e<br />

gli uom<strong>in</strong>i dall’altra... Giornate scandite da momenti che racchiudono la vita di<br />

un villaggio di anime, dove l’uno è uguale all’altro, e dove è dato di percepire<br />

nella propria <strong>in</strong>terezza, le abitud<strong>in</strong>i, il cuore pulsante di un paese.<br />

Un paese fatto di case semplici, dove non c’era né il bagno, né l’acqua, che<br />

si doveva prendere alle fontane. In qualcuna di queste modeste abitazioni, ri-<br />

suonava la voce “metallica” di una radio che riusciva a captare le notizie della<br />

guerra.<br />

Le strade di selciato erano strette, ci passavano soltanto i muli e qualche<br />

carro tra<strong>in</strong>ato dai buoi che trasportava il grano, o l’uva dalla campagna alle can-


AntigaMenti<br />

t<strong>in</strong>e, per farne del v<strong>in</strong>o, o la ghiaia del fiume, sa giarra. La campagna circo-<br />

stante era coltivata a vigneti e uliveti e, nei piccoli orti di casa, venivano pian-<br />

tati fagioli, ceci, fave, patate, aglio, cipolle.<br />

Si lavorava. E si aspettava...<br />

Così cantava la moglie di un militare durante il periodo <strong>in</strong> cui, sola coi<br />

propri figli, doveva attendere alla cura della casa e alle necessità della fami-<br />

glia, fronteggiando mille difficoltà:<br />

In su sartu de bidda mia<br />

du at unu frori de oru<br />

e mi tocat abarrai<br />

seria <strong>in</strong> su bestiri<br />

e f<strong>in</strong>u a candu torras tui<br />

amuciada <strong>in</strong> su coru<br />

e f<strong>in</strong>u a candu torras tui.<br />

Un’attesa e una nostalgia che si avvertiva maggiormente sul far della se-<br />

ra, quando l’oscurità e il freddo sopraggiungevano <strong>in</strong>esorabili, pronti a far<br />

sentire tutto il peso e la tristezza di quella mancanza. Allora era dolce ripensa-<br />

re a quell’amore lontano, così bello e importante, così lum<strong>in</strong>oso…<br />

E anche nella buia tr<strong>in</strong>cea esposta al freddo del Nord, il soldato con i<br />

suoi pochi stracci, trovava sollievo e conforto nel pensiero di lei, della sua<br />

sposa seduta sullo sgabello, davanti al focolare accesso, che ogni giorno si<br />

preoccupava, <strong>in</strong>sieme ai suoi figli, di andare a far legna e cuc<strong>in</strong>are qualcosa:<br />

le fave raccolte <strong>in</strong> una tasca del grembiule, lasciate cadere ad una ad una sul-<br />

la brace e lì fatte abbrustolire, per poi essere donate ai suoi bamb<strong>in</strong>i, mentre<br />

raccontava loro di terre <strong>in</strong>cantate, di fiumi e di laghi dove si trovava il loro pa-<br />

pà. E i piccoli, cullati dalla dolce voce della mamma, si addormentavano sere-<br />

namente.<br />

Lei, nel suo letto così vuoto, ricordava i momenti spensierati, i discorsi, i<br />

canti, le filastrocche tenere e scherzose:<br />

17


18 AntigaMenti<br />

Lui: Candu non ti biu, columba de oru,<br />

non mi possu stenni, ne arriposai.<br />

Ti stimu e ti amu cun totu su coru.<br />

Lei: Giai chi mi stimas cun totu su coru<br />

beni a domandai a babu e a mamai,<br />

poita de cumandai is meris funt issus.<br />

Lui: Giai ca tui mi d’ as nau, deu cussu ap’a fai,<br />

poita deu chensa de tui, columba de oru,<br />

non possu biviri e non possu stai.<br />

Poi f<strong>in</strong>almente, grazie al cielo, la guerra era f<strong>in</strong>ita e i più fortunati aveva-<br />

no fatto rientro alle loro case.<br />

Spesso non era facile riannodare i fili che si erano allentati per anni. Tan-<br />

te fidanzate non avevano aspettato il ritorno dei loro promessi e tanti militari,<br />

avendo conosciuto il Nord e le sue prospettive, lasciarono la loro terra per risie-<br />

dere def<strong>in</strong>itivamente <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>ente.<br />

Altri, <strong>in</strong>vece, come i nostri tre Cavalieri tornarono a casa, accolti con un<br />

tripudio paesano che sfociava <strong>in</strong> un banchetto comune, con cantus e mutetus e<br />

poesias:<br />

Deu seu torrau a bidda mia,<br />

e cantu unu mutetu a figlia mia,<br />

de idea mia, a sonu de sonetu.<br />

fronte.<br />

Così cantava Eligio Puddu, di Ussassai, alla figlia Emma, al ritorno dal<br />

Uom<strong>in</strong>i che, facendo tesoro della loro esperienza, vissero apprezzando la<br />

pace e il rispetto dell’altro e con il loro esempio resero più autentica e genu<strong>in</strong>a<br />

la vita della loro comunità. La memoria di un tempo passato rivive un po’ an-<br />

che <strong>in</strong> queste pag<strong>in</strong>e e con esse le testimonianze di uom<strong>in</strong>i semplici, ma grandi<br />

al tempo stesso, che hanno saputo servire con fedeltà e onore l’Italia, resti-<br />

tuendola libera e bella come ora la si conosce.


Per questi uom<strong>in</strong>i, per l’<strong>in</strong>segnamento che lasciano al mondo, per quella<br />

libertà che, anche grazie al loro sacrificio, è oggi il bene più grande, si tenga<br />

alta la memoria e il rispetto, affidando questo <strong>in</strong>estimabile tesoro alle nuove<br />

generazioni, aff<strong>in</strong>ché mai dimentich<strong>in</strong>o.<br />

AntigaMenti<br />

Giulia Lorrai con le amiche e i loro bamb<strong>in</strong>i all’uscita del salone<br />

parrocchiale <strong>in</strong> occasione di una festa di Carnevale (anni C<strong>in</strong>quanta).<br />

19


20 AntigaMenti<br />

L’arte del mugnaio: Attilio Vargiolu<br />

È attualmente il cittad<strong>in</strong>o<br />

Terteniese più anziano tra<br />

quelli di sesso maschile. Fi-<br />

glio di Girolamo e Barbara<br />

Loi, Attilio Vargiolu nasce il<br />

27 febbraio 1917, quando,<br />

come è noto, la prima guerra<br />

mondiale flagella ogni luogo.<br />

La realtà nella quale cresce<br />

Attilio, ragazzo <strong>in</strong>telligente e<br />

dotato di buona volontà, è<br />

quella che accomuna tutti:<br />

una vita semplice, fatta di<br />

privazioni e di duro lavoro,<br />

ma anche di grande dignità e<br />

speranza nel futuro. La sua è<br />

la classica famiglia contad<strong>in</strong>a<br />

che dal lavoro della terra e<br />

dall’allevamento di qualche<br />

capo di bestiame, trae il pro-<br />

prio sostentamento. Tutto ciò<br />

che poteva essere di soste-<br />

gno alla vita della famiglia veniva accolto di buon grado e tutto ciò che la natura<br />

offriva spontaneamente era considerato una manna dal cielo.<br />

I bamb<strong>in</strong>i di allora crescevano più velocemente di quelli di oggi, perché la<br />

vita li costr<strong>in</strong>geva a farlo, ma nonostante tutto erano pur sempre bamb<strong>in</strong>i e i<br />

loro giochi erano semplici ma divertenti: is cucus, sa campana, su giogu de su<br />

tiranti. Quando però il tempo per il gioco non c’era, si cercava il divertimento<br />

anche <strong>in</strong> quelle pratiche che potevano essere equiparate a dei lavori veri e pro-<br />

pri, come andare a sciumiai, che consisteva nella raccolta delle bacche del lenti-


schio, dalla spremitura delle quali si ricavava s’ogliu st<strong>in</strong>cu che veniva utilizzato<br />

a f<strong>in</strong>i alimentari. Le bacche venivano raccolte <strong>in</strong> sacchi di juta e, dopo averle<br />

messe prima <strong>in</strong> ammollo <strong>in</strong> acqua calda all’<strong>in</strong>terno di contenitori chiamati cad-<br />

dargius, venivano sistemate <strong>in</strong> lacus (vasche) di metallo dotate di una scanala-<br />

tura, dove le bacche venivano schiacciate e se ne ricavava così l’olio. Il prezio-<br />

so nettare così ottenuto veniva poi riscaldato per permettere alle sostanze che<br />

lo rendevano amarognolo di evaporare.<br />

Siamo nel 1941.<br />

Attilio ha ventiquattro anni ed è allora che, come la stragrande maggio-<br />

ranza dei suoi compaesani, viene chiamato alle armi. La fortuna però decide di<br />

tendergli la mano visto che la sua dest<strong>in</strong>azione sarà la “Scuola di tiro e artiglie-<br />

ria” di Nettuno, vic<strong>in</strong>o Roma, dalla quale usciranno i soldati che andranno a<br />

combattere <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea, sorte che a lui verrà risparmiata.<br />

Gli orrori della guerra sono comunque lì, fuori dalla f<strong>in</strong>estra e quando fi-<br />

nalmente nel Settembre ’44 ottiene il permesso di rientrare nella sua amata<br />

terra, sente che la sua vita è ad una svolta. Ignora che il tributo a lui richiesto<br />

dalla Patria non è ancora del tutto pagato.<br />

Sbarcato a Cagliari, vista la difficoltà dei collegamenti, affronta il viaggio<br />

f<strong>in</strong>o a Tertenia a piedi. Giunto f<strong>in</strong>almente a casa, ad attenderlo troverà oltre<br />

che l’amore e la felicità della famiglia, anche il telegramma con il quale Benito<br />

Mussol<strong>in</strong>i richiamava tutti i soldati sardi alla difesa della propria terra. Attilio<br />

riparte qu<strong>in</strong>di alla volta di Gonnesa, vic<strong>in</strong>o ad Iglesias, dove resterà s<strong>in</strong>o alla<br />

conclusione del conflitto.<br />

Trascorrono pochi anni e f<strong>in</strong>almente, lasciandosi dietro un numero elevato<br />

di morti e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita distruzione, la guerra f<strong>in</strong>isce. Anche Attilio torna a casa, dove<br />

ha <strong>in</strong>izio la sua nuova vita. Acquista un giogo di buoi e per qualche anno si de-<br />

dica all’attività de s’aram<strong>in</strong>giu, che consisteva nell’aratura dei campi e delle vi-<br />

gne, lavorando non solo entro i conf<strong>in</strong>i di Tertenia e Sarrala, ma anche nei pae-<br />

si limitrofi.<br />

AntigaMenti<br />

È il 1951 quando corona il suo sogno d’amore, sposando Agost<strong>in</strong>a Piroddi<br />

che gli darà 4 figli. Nel 1964 Attilio e Agost<strong>in</strong>a acquistano un mul<strong>in</strong>o, facendo<br />

della mac<strong>in</strong>atura del grano e della vendita della far<strong>in</strong>a il loro lavoro.<br />

21


22 AntigaMenti<br />

I ricordi stessi di Attilio ci raccontano della presenza anche a Tertenia del<br />

“Monte Granatico”. Istituto nel lontano 1762, ma fatto risalire al periodo delle<br />

dom<strong>in</strong>azioni spagnole, e collocato dove oggi sorge la graziosa chiesetta di San-<br />

ta Teresa, si trattava di un grande deposito di grano, dove nel periodo della<br />

sem<strong>in</strong>a, i contad<strong>in</strong>i potevano recarsi per assicurarsi la quantità necessaria a<br />

ciascuno, tenendo presente che per ogni imbudu a rasu prelevato dovevano<br />

restituirne uno pieno a cucuru.<br />

Attilio e Agost<strong>in</strong>a terranno il mul<strong>in</strong>o s<strong>in</strong>o al 2002, anno <strong>in</strong> cui f<strong>in</strong>almente<br />

decideranno di vendere l’attività per godersi il maritato riposo dopo una vita di<br />

fatiche. Ancora oggi Attilio è un nonn<strong>in</strong>o simpatico e vivace che ha voglia di<br />

raccontare aneddoti e dispensare sorrisi a chi ha la curiosità di fare la sua co-<br />

noscenza.<br />

Tertenia


Su Leonc<strong>in</strong>u de Emiliu Mur<strong>in</strong>u<br />

Quando tutto ebbe <strong>in</strong>izio...<br />

Ormai è un dato di fatto: il primo camionc<strong>in</strong>o<br />

sul territorio di Gairo—Cardedu lo acquistò<br />

Emilio Mur<strong>in</strong>o.<br />

Figlio di V<strong>in</strong>cenzo e Saturn<strong>in</strong>a Loddo, Emilio<br />

nasce a Gairo il nove Settembre del 1929 e oggi è<br />

un vispo nonn<strong>in</strong>o di 83 anni che vive a Cardedu.<br />

Quarto di c<strong>in</strong>que figli, cresce <strong>in</strong>sieme ai fratelli più<br />

grandi, Cesar<strong>in</strong>u, Paol<strong>in</strong>u ed Enza, mentre Maria è<br />

la più piccola.<br />

La sua è la tipica famiglia dell’epoca: il papà V<strong>in</strong>cenzo è un contad<strong>in</strong>o<br />

che cura i suoi possedimenti vic<strong>in</strong>o al mare di Gairo, nella piana di Cardedu,<br />

distante ben 20 km dal paese, distanza sconf<strong>in</strong>ata se si considera che l’unica<br />

via per raggiungerli passava per Jerzu.<br />

V<strong>in</strong>cenzo porta i suoi ragazzi con sè, a Cardedu, nelle campagne dove<br />

coltiva vigneti, oliveti, orti e mandorleti. I suoi campi biondeggiano di grano e<br />

di ogni altra frutto della terra che può servire al sostentamento della famiglia.<br />

Ciò che non è strettamente riservato a questo, come parte dell’olio, il v<strong>in</strong>o e le<br />

mandorle viene dest<strong>in</strong>ato alla vendita e rappresenta un prezioso guadagno da<br />

risparmiare e re<strong>in</strong>vestire nel lavoro.<br />

AntigaMenti<br />

Padre e figli raggiungono il paese una volta la settimana, solitamente la<br />

vigilia della festa e si riuniscono col resto della famiglia dove mamma Saturni-<br />

na <strong>in</strong>sieme alle piccole Enza e Maria accudiscono la casa. E il tempo trascorre<br />

tra le faccende domestiche, le piccole manutenzioni, la conduzione dell’orticel-<br />

lo davanti alla loro modesta abitazione, il rifornimento della legna, che setti-<br />

manalmente serve anche per fare il fuoco nel forno dove si preparerà il pane.<br />

Ogni matt<strong>in</strong>a, da buona massaia, Saturn<strong>in</strong>a lascia uscire di casa le ca-<br />

prette, che prendono così la strada del pascolo, <strong>in</strong> fila <strong>in</strong>diana, f<strong>in</strong>o a sera<br />

23


24 AntigaMenti<br />

quando, con forti belati, fanno rientro, sollecitando la padronc<strong>in</strong>a ad aprire loro<br />

la porta.<br />

E il latte non manca mai e nemmeno i formaggi, la ricotta fresca e quella<br />

secca, affumiada <strong>in</strong> sa zim<strong>in</strong>era, su casu agedu (formaggio acido) e su casu de<br />

fita (formaggio fresco salato usato nelle ricette tipiche per le m<strong>in</strong>estre). Così<br />

come fatte <strong>in</strong> casa erano le cocois prenas, i culurgionis de patata, sa cocoi de<br />

corcoriga, sa patata <strong>in</strong>casada, le casadas aromatizzate al limone, le creme e<br />

dolci per le feste. Immancabili erano anche le gall<strong>in</strong>e, allevate nel pollaio anti-<br />

stante la casetta, che fornivano la riserva delle uova fresche.<br />

Saturn<strong>in</strong>a, poi, come tutte le brave donne di allora, faceva una miriade di<br />

altre cose: lavava e stirava, cuciva, filava e tesseva.<br />

I ragazzi di casa Mur<strong>in</strong>o <strong>in</strong>vece, crescendo, si dedicano all’allevamento del<br />

bestiame sulla piana di Cardedu. V<strong>in</strong>cenzo li asseconda e li aiuta ed è così che<br />

mucche e pecore brucano <strong>in</strong> questo fazzoletto di terra, nella Valle del Rio Par-<br />

du, piana fertile e ricca d’acqua. Erano gli anni del dopo guerra, appena dopo<br />

la f<strong>in</strong>e del regime fascista, gli anni della liberazione dalla terribile occupazione<br />

tedesca da parte degli alleati americani. E proprio gli americani avevano tocca-<br />

to terra anche sulle spiagge <strong>in</strong>cantate di Cardedu, laddove oggi sorge il “Corte<br />

Bianca”.<br />

L’estate del 1950<br />

Era una matt<strong>in</strong>a come tante <strong>in</strong> quella calda estate del 1950 ed Emilio, <strong>in</strong>-<br />

sieme al suo gregge, si trovava su quello che oggi è il km 124 della vecchia<br />

Strada Statale 125. Badava agli animali, come sua abitud<strong>in</strong>e, ma al tempo stes-<br />

so - come tutti i giovani pieni di entusiasmo, gr<strong>in</strong>ta, passione e desideri - pen-<br />

sava al suo futuro e sentiva dentro di sè che non avrebbe fatto per sempre il<br />

pastore.<br />

Spesso, confrontandosi coi suoi fratelli, si accorgeva che, contrariamente<br />

ai loro progetti, quella vita sedentaria, scontata, che necessitava di tanto impe-


gno e attenzione, gli stava comunque stretta e sentiva forte nel cuore la vo-<br />

glia di allargare i propri conf<strong>in</strong>i, di conoscere un altro mondo, pur non sce-<br />

gliendo la via dell’emigrazione come tanti suoi coetanei. Pensava, <strong>in</strong>fatti, che<br />

quella terra, <strong>in</strong> parte anche sua, poteva essere il trampol<strong>in</strong>o di lancio per svi-<br />

luppare l’idea di un’impresa nuova, <strong>in</strong>novativa, moderna e all’avanguardia.<br />

Era immerso <strong>in</strong> questi pensieri, quando un rumore <strong>in</strong>solito venne a di-<br />

sturbare la quiete del suo lavoro e lo destò improvvisamente. All’orizzonte ap-<br />

parve una macchia scura e chiassosa che si avvic<strong>in</strong>ava sempre più, f<strong>in</strong>o a ma-<br />

terializzarsi davanti ai suoi occhi: era un’automobile! E, a quei tempi, era qua-<br />

si come vedere un’astronave ai giorni nostri!<br />

Era tutta impolverata a causa della strada non certo <strong>in</strong> perfette condizio-<br />

ni, ma era la concretizzazione di una realtà diversa, l’immag<strong>in</strong>e che rappresen-<br />

tava il futuro, un orizzonte nuovo che si apriva su un mondo nuovo, dove l’<strong>in</strong>-<br />

traprendenza, la volontà, lo spirito d’<strong>in</strong>iziativa potevano realmente cambiare la<br />

vita di un uomo.<br />

L’ automobile rallentò f<strong>in</strong>o a fermarsi. In un attimo fu circondata dal<br />

gregge e giunse vic<strong>in</strong>o al ragazzo che la guardava come fosse un miraggio.<br />

L’uomo al suo <strong>in</strong>terno gli rivolse la parola dicendo: «Du scis? Deu puru<br />

primu fia su pastori» (Lo sai? Anch’ io, prima, facevo il pastore).<br />

che?)<br />

Ed Emilio perplesso rispose: «Primu? Primu de ita?» (Prima? Prima di<br />

Riprese l’uomo: «Primu dei fai su chi facu imoi (Prima di fare ciò che fac-<br />

cio ora): l’Istruttore di Scuola Guida. Vengo da Bari Sardo dove ho aperto<br />

un’altra classe. La scuola è a Cagliari, ma sono tanti quelli che vogliono impa-<br />

rare a guidare. Per caso tu sei <strong>in</strong>teressato?»<br />

Iniziò così la scalata di Emilio alla conquista delle diverse patenti. Il pri-<br />

mo passo fu la patente per guidare l’automobile (1950), con l’amorevole e te-<br />

nace <strong>in</strong>segnamento dell’istruttore che, oltre al giovane Mur<strong>in</strong>o, istruiva quattro<br />

ragazzi di Bari Sardo e alcuni di Tertenia. Quando si faceva tardi e calava la<br />

notte, l’istruttore pernottava a Tertenia coi suoi allievi.<br />

AntigaMenti<br />

Ed Emilio ricorda: «Andavamo <strong>in</strong> un albergo, al centro del paese, lunga<br />

25


26 AntigaMenti<br />

la Via Roma. Il proprietario era un certo Melis». Proprio laddove ora si trova lo<br />

studio ottico.<br />

“Autotrasporti Mur<strong>in</strong>o”<br />

Col passare del tempo, Emilio, grazie al<br />

suo entusiasmo, riuscì a conv<strong>in</strong>cere la fa-<br />

miglia che la sua aspirazione e la sua am-<br />

bizione per il futuro viaggiava sulle quat-<br />

tro ruote.<br />

Fu così che si recò a Cagliari, dove conse-<br />

guì la patente che gli permetteva di gui-<br />

dare i camion e fu ancora così che fece<br />

l’azzardo di acquistare un Leonc<strong>in</strong>o nuovo<br />

di zecca! Non era soltanto il suo primo mezzo di trasporto, ma quel Leonc<strong>in</strong>o<br />

era il primo che potesse vantare chiunque abitasse e lavorasse sul territorio di<br />

Gairo-Cardedu.<br />

Aveva il ribaltabile a manovella, era duro e pesante da azionare, ma l’en-<br />

tusiasmo di Emilio centuplicava la forza delle sue braccia, così come la sua am-<br />

bizione e la voglia di riuscire lenivano la stanchezza e il sonno, la fame e la se-<br />

te e rendevano le giornate <strong>in</strong>tense e positive.<br />

Mac<strong>in</strong>ava chilometri su chilometri <strong>in</strong> lungo e <strong>in</strong> largo, ma i suoi occhi non<br />

sentivano stanchezza, né di giorno né di notte. E la strada arricchiva Emilio di<br />

esperienza, allargando i suoi orizzonti, le sue conoscenze. E quel mondo, f<strong>in</strong>o<br />

ad allora piccolissimo pianeta, ora era diventato un’immensa galassia, tutta da<br />

esplorare.<br />

Quel Leonc<strong>in</strong>o <strong>in</strong>iziò ad essere il mezzo di trasporto ufficiale per tantissi-<br />

me persone. Era un’alternativa ottimale al carro a buoi per il trasporto dell’uva<br />

durante la vendemmia; era il mezzo per rifornire i negozi del paese della merce<br />

proveniente da Cagliari; se ne servivano perf<strong>in</strong>o i medici condotti, Dott. Cocco<br />

prima e Dott. Murgia poi, per le visite urgenti fuori porta. Una volta capitò per-<br />

f<strong>in</strong>o che, proprio <strong>in</strong> compagnia di Dott. Cocco, trasportasse un ferito da arma


da fuoco (“sparau, non si scit de ech<strong>in</strong>i”) da Gairo a Cagliari, dove il ferito pe-<br />

rò giunse cadavere.<br />

Eccola la storia della prima ditta di Autotrasporti ,di Gairo prima e di Car-<br />

dedu poi, dove ancora oggi esiste per l’impegno dei suoi figli. Ed è proprio lui,<br />

Emilio Mur<strong>in</strong>o, a raccontarlo, descrivendo i particolari di questo bel quadro.<br />

Ma forse è semplicemente la storia di un uomo volenteroso, ricco di<br />

idee, di ambizione, ma soprattutto ricco di spirito di sacrificio.<br />

La storia di un Leonc<strong>in</strong>o, il primo di una lunga serie, che non esisterebbe<br />

se non fosse anche la storia di un uomo <strong>in</strong>traprendente che <strong>in</strong>coraggiò altri<br />

uom<strong>in</strong>i volenterosi a cogliere ogni opportunità per migliorare se stessi e la loro<br />

terra.<br />

AntigaMenti<br />

Emilio Mur<strong>in</strong>o durante al lavoro con il suo <strong>in</strong>separabile Leonc<strong>in</strong>o<br />

27


28 AntigaMenti<br />

Dario Melis. Studio, lavoro, passione<br />

Quella di Dario Melis, classe 1925, figlio di Giovanni e di Pepp<strong>in</strong>a Puddu,<br />

è una delle tante famiglie che si sono rese protagoniste della storia di Tertenia,<br />

paese da sempre legato alla tradizione agro-pastorale.<br />

Ultimo di 12 figli, Dario è un ragazzo allegro e volenteroso e s<strong>in</strong> da picco-<br />

lo cerca di essere d’aiuto alla sua famiglia anche per sopperire all’assenza di<br />

alcuni dei suoi fratelli maggiori che avevano <strong>in</strong>vece <strong>in</strong>trapreso la strada dell’uni-<br />

versità. Cesar<strong>in</strong>o, <strong>in</strong>fatti, nato nel 1907, annoverato tra i primissimi laureati di<br />

Tertenia, nel 1933 consegue presso il Politecnico di Milano la laurea <strong>in</strong> <strong>in</strong>ge-<br />

gneria; Domenico, classe 1912, nel Quaranta si laurea a Parma <strong>in</strong> veter<strong>in</strong>a-<br />

ria e contemporaneamente serve la Patria vestendo la gloriosa divisa dell’Arma<br />

dei Carab<strong>in</strong>ieri; Tullio, del 1914, laureatosi <strong>in</strong> lettere nel 1942, eserciterà pri-<br />

ma la professione di <strong>in</strong>segnante a Tertenia per poi diventare Direttore Didatti-<br />

co.<br />

Nei racconti di Dario, da sempre appassionato alle vicende del suo paese,<br />

prendono vita e si colorano di ricordi, le storie e gli avvenimenti di vita vissuta,<br />

come quella legata al primo camionc<strong>in</strong>o comparso a Tertenia, un Citroen, ac-<br />

quistato da suo padre Giovanni nel lontano 1927. Addetto alla guida del ca-<br />

mionc<strong>in</strong>o era Virgilio, fratello di Dario, <strong>in</strong> possesso di una patente militare<br />

conseguita nel ‘25 e convertita poi <strong>in</strong> patente civile.<br />

Il Citroen venne utilizzato per molteplici scopi tra i quali il trasporto e la<br />

vendita del formaggio. I pastori dopo aver preparato le forme di pecor<strong>in</strong>o ro-<br />

mano le conferivano a casa Melis. Qui venivano sistemate <strong>in</strong> un locale fresco e<br />

asciutto e si provvedeva alla salagione con sa sula: venivano praticati dei fori<br />

sulla superficie della forma per permettere al sale di penetrare all’<strong>in</strong>terno.<br />

Una volta raggiunto il grado di stagionatura richiesto, le forme venivano<br />

caricate sul camionc<strong>in</strong>o e viaggiavano alla volta di Cagliari dove non solo soddi-<br />

sfacevano la richiesta del mercato locale, ma anche di quello nazionale e <strong>in</strong>ter-<br />

nazionale: lo stesso Dario racconta che arrivasse pers<strong>in</strong>o <strong>in</strong> Belgio. Da Cagliari<br />

il camionc<strong>in</strong>o ripartiva carico di merci di vario tipo ord<strong>in</strong>ate dai commercianti di


Tertenia che non avevano la possibilità di recarsi nel capoluogo per il riforni-<br />

mento dei loro esercizi.<br />

Il camionc<strong>in</strong>o però non era utilizzato solo per le merci: essendo autoriz-<br />

zato anche al trasporto di persone, non era cosa rara che venisse noleggiato<br />

<strong>in</strong> caso di matrimoni nei paesi limitrofi, o addirittura per il trasferimento di<br />

detenuti dalla Caserma di Tertenia alla pretura di Jerzu: i Carab<strong>in</strong>ieri, <strong>in</strong>fatti,<br />

servendosi dei cavalli, erano sprovvisti di mezzi di locomozione.<br />

AntigaMenti<br />

La vita di Dario trascorre così, nelle difficoltà comuni a tutti <strong>in</strong> quel perio-<br />

do, ma sempre animato da uno spirito di partecipazione alla vita politica e so-<br />

ciale del paese che lo porterà a diventare, negli anni Settanta, presidente del-<br />

la Cassa Comunale di Credito Agrario, successivamente assorbita dal Banco di<br />

Sardegna, istituto deputato a concedere prestiti a tasso agevolato a coloro i<br />

quali, <strong>in</strong> possesso dei requisiti, ne avessero necessità. Le richieste venivano<br />

poi valutate da una Commissione apposita, composta da due consiglieri, sem-<br />

pre del paese, nom<strong>in</strong>ati dal banco di Sardegna e due consiglieri comunali, uno<br />

di maggioranza e uno di m<strong>in</strong>oranza. Un ruolo, quello di Presidente, che Dario<br />

Melis ricoprirà s<strong>in</strong>o agli anni 2000/2002 quando, dopo una vita di <strong>in</strong>tenso lavo-<br />

ro ma anche di grandi soddisfazioni, deciderà di ritirarsi a vita privata.<br />

29


30 AntigaMenti<br />

Ancora oggi i suoi racconti trasmettono grande emozione, tenerezza e no-<br />

stalgia per i tempi passati e consentono di riflettere sulle difficoltà affrontate<br />

allora da tutti i terteniesi, difficoltà che non solo forgiavano il carattere, ma<br />

rendevano ogni giorno <strong>in</strong>tenso e degno di essere vissuto.<br />

Ed è questo lo spirito che li anima tuttora e che cercano di <strong>in</strong>fondere alle<br />

nuove generazioni, con la determ<strong>in</strong>azione di chi la vita l’ha affrontata senza ri-<br />

sparmiarsi.


AntigaMenti<br />

31


32 AntigaMenti<br />

Viaggio al centro della terra. Le m<strong>in</strong>iere<br />

“In m<strong>in</strong>iera!”<br />

F<strong>in</strong>o a qualche anno fa se si voleva m<strong>in</strong>acciare un uomo sfaccendato, che<br />

non si impegnava nel lavoro, o si comportava <strong>in</strong> modo poco onesto, partiva il<br />

grido: “In m<strong>in</strong>iera!". Che cosa mai significava quella asciutta m<strong>in</strong>accia con tan-<br />

to di punto esclamativo?<br />

Andare a lavorare <strong>in</strong> m<strong>in</strong>iera significava <strong>in</strong>filarsi <strong>in</strong> un buco ogni matt<strong>in</strong>a e<br />

rimanerci per dieci, dodici ore: significava martellare sulle pietre con picconi o<br />

martelli pneumatici f<strong>in</strong>o ad assordarsi; respirare le polveri sottili dei m<strong>in</strong>erali<br />

frantumati e f<strong>in</strong>ire per ammalarsi ai polmoni di silicosi; e ancora rischiare la vita<br />

per l'esalazione di gas striscianti e <strong>in</strong>odori come il grisù, oppure per i crolli delle<br />

gallerie. E significava ogni sera ritrovarsi coperti di polvere (nera di carbone)<br />

f<strong>in</strong> negli angoli più nascosti, e doversi strof<strong>in</strong>are per un'ora <strong>in</strong> una t<strong>in</strong>ozza, per<br />

poi la matt<strong>in</strong>a dopo ricom<strong>in</strong>ciare. Questa era la vita dei m<strong>in</strong>atori, che non vede-<br />

vano la luce del sole, faticavano come animali, ma che dovevano portare a ca-<br />

sa qualche soldo.<br />

Percorrere le cent<strong>in</strong>aia di chilometri di gallerie scavate nelle montagne,<br />

percorse da b<strong>in</strong>ari per il trasporto dei m<strong>in</strong>erali estratti, era come entrare <strong>in</strong> un<br />

altro mondo dove tutto era silenzio, le pareti trasudavano umidità, il fiato si fa-<br />

ceva fumo, e si respirava la sensazione di essere degli avventurieri che mette-<br />

vano piede nelle viscere del mondo.<br />

Ebbene, s<strong>in</strong>o al 1945 l’attività che ha fatto da tra<strong>in</strong>o all’economia di Terte-<br />

nia è stata senza dubbio la m<strong>in</strong>iera Libiola, situata alla f<strong>in</strong>e della Mar<strong>in</strong>a <strong>in</strong> dire-<br />

zione Sud al Salto di Quirra, nata per fronteggiare la grande richiesta di metalli<br />

pesanti, prevalentemente rame, che dalle cave di Bau Arenas e Corongiu veni-<br />

vano trasportati e caricati al porto di Santoru.<br />

Qui trovavano lavoro oltre trecento persone provenienti da tutta la zona.


Direttore della m<strong>in</strong>iera era l’<strong>in</strong>gegnere Giovanni Lorrai di Seui.<br />

Erano quelli gli anni <strong>in</strong> cui l’economia del paese, messa a dura prova dal-<br />

la tragicità del conflitto mondiale, si svolgeva tra il paese e la Mar<strong>in</strong>a di Sarra-<br />

la, località <strong>in</strong> cui la maggior parte dei terteniesi possedevano, e possiedono<br />

tutt’oggi, appezzamenti di terreno adibiti a orti, vigne e uliveti che servivano a<br />

garantire il sostentamento delle famiglie. Non potevano mancare ampie zone<br />

dedicate all’allevamento di ov<strong>in</strong>i, bov<strong>in</strong>i e capr<strong>in</strong>i.<br />

La Mar<strong>in</strong>a di Sarrala, caratterizzata da splendide spiagge e resa affasci-<br />

nante dalla presenza di numerose Tombe dei giganti e Domus de Janas, è re-<br />

sa ancor più caratteristica dalla presenza imponente della torre seicentesca di<br />

San Giovanni. Costruita nel 1587 e da sempre considerata baluardo di sicurez-<br />

za per le popolazioni circostanti, fu eretta per difendere la costa dai molteplici<br />

assalti barbarici di cui la zona era oggetto.<br />

AntigaMenti<br />

Alta diciotto metri e munita lungo le pareti esterne di feritoie strette<br />

all’estero e larghe all’<strong>in</strong>terno dalle quali si poteva sorvegliare il mare e la co-<br />

33


34 AntigaMenti<br />

sta, presenta ancora oggi pressoché <strong>in</strong>tatte tutte le sue caratteristiche.<br />

La parte superiore term<strong>in</strong>a con una terrazza che si divideva <strong>in</strong> una parte coper-<br />

ta e dove si trovava una cappella dedicata a San Giovanni ed una scoperta do-<br />

ve trovavano alloggiamento i cannoni.<br />

Negli anni della seconda guerra mondiale su questa terrazza erano collo-<br />

cati quattro cannoni a gettata corta che potevano sparare s<strong>in</strong>o a 4 km. Ai suoi<br />

piedi, e nelle immediate vic<strong>in</strong>anze, furono costruite diverse casermette che <strong>in</strong>i-<br />

zialmente avevano la funzione di ospitare i militari impegnati nel conflitto ed <strong>in</strong><br />

seguito vennero utilizzate alla stregua di vere e proprie abitazioni dagli abitanti<br />

di Tertenia che erano soliti soffermarsi a Sarrala per prendersi cura di orti e<br />

allevamenti.<br />

La maestosa Torre di San Giovanni di Sarrala vista da Foxi Lioni


Sa Turre de Santu Juanne <strong>in</strong> Sarrala<br />

Sa Turre de Santu Juanne est costruida<br />

dae tres seculos e annos tr<strong>in</strong>tasese,<br />

no’ l’ana fabbricada <strong>in</strong> d’unu mese i<br />

n tempus de tres annos l’an f<strong>in</strong>ida.<br />

Piemontesu fidi s’<strong>in</strong>generi<br />

su chi ada custa turre progettadu,<br />

uve la costruire a’ disignadu<br />

ca vidi de eccellente mestieri.<br />

Custa turre vi’ fatta pro difesa<br />

ca est una fortezza addirittura,<br />

ca Tertenia tenia’ paura<br />

pro non benne sos turcos a sorpresa.<br />

Sebastianu Melis a’ resp<strong>in</strong>tu<br />

de sos turcos s’imbarcazione,<br />

ca d’eroica idea vidi isp<strong>in</strong>tu<br />

e de sa patriottica affezione.<br />

Dae chimb’eroes fit presidiada<br />

pro v<strong>in</strong>tibattor’annos de cont<strong>in</strong>u,<br />

poi vidi a battoro torrada<br />

de difensores pro custu terr<strong>in</strong>u.<br />

Sebastianu Melis cun su fizu<br />

e Antoni Fadda de ottantachimb’annos,<br />

oras de sacrifiziu e de fastizu<br />

pro si mantenner <strong>in</strong> eroicos pannos.<br />

AntigaMenti<br />

35


36 AntigaMenti<br />

Antoni Melis fizu de Bastianu<br />

l’ana mortu <strong>in</strong> cussa dura lotta,<br />

f<strong>in</strong> battrochentos <strong>in</strong> sa nemiga flotta<br />

fid’unu contra chentu su manzanu.<br />

Sos barbarescos istados resp<strong>in</strong>tos<br />

sunu dae custos battoro soldados,<br />

issos <strong>in</strong> battrochentos f<strong>in</strong> cunv<strong>in</strong>tos<br />

de fachere custos battoro superados.<br />

Giuanne Fadda puru bi vu’ mortu<br />

<strong>in</strong> cussa die de dura battaglia,<br />

ma su meritu <strong>in</strong>soro an’ accortu<br />

e lis an dadu de oro sa medaglia.<br />

Tertenia, 5 Martu 2001<br />

Cirillo Stocch<strong>in</strong>o<br />

Salvatore Meloni e il suo albergo<br />

Tra le prime attività che videro la luce a Tertenia nei primi anni Venti, ci<br />

fu l’albergo-trattoria di Salvatore Meloni.<br />

La modesta struttura ricettiva, costituita da appena quattro camere, dava<br />

<strong>in</strong> quegli anni riparo e ristoro a coloro che passavano nel paese e che avevano<br />

necessità di soffermarsi.<br />

L’attività alberghiera venne proseguita prima da Battista Melis e da sua<br />

moglie Rosita Lai, orig<strong>in</strong>aria di Jerzu e successivamente da un certo Vittorio<br />

Napoleone di Cagliari, ragioniere di professione e amm<strong>in</strong>istratore della Pernis di<br />

Santoru, fiorente azienda agricola che gestiva tra l’altro le m<strong>in</strong>iere di barite,<br />

pietra utilizzata per la costruzione ed il rivestimento dei pozzi petroliferi.


L’attività alberghiera proseguì s<strong>in</strong>o agli anni Sessanta, anno <strong>in</strong> cui <strong>in</strong> se-<br />

guito al pensionamento, il ragioniere cagliaritano partì da Tertenia per tornare<br />

nella sua città, lasciando qui sua figlia Margherita la quale convolò a giuste<br />

nozze con il dottor V<strong>in</strong>cenzo Calzia.<br />

Sarà proprio quest’ultimo ad aprire, nel 1954, la prima farmacia presente<br />

a Tertenia, dal momento che s<strong>in</strong>o ad allora ci si doveva recare a Jerzu per ac-<br />

quistare i medic<strong>in</strong>ali.<br />

Dalla scuola alla banca<br />

Risale al 1934 l’<strong>in</strong>augurazione dell’edificio scolastico, che <strong>in</strong> quegli anni<br />

ospitava due sezione della prima elementare; una della seconda e una della<br />

terza classe; mentre la quarta e la qu<strong>in</strong>ta elementare formavano un’unica<br />

classe. S<strong>in</strong>o a quel momento le attività scolastiche venivano eseguite <strong>in</strong> locali<br />

di fortuna, spesso poco ospitali.<br />

Tra i maestri si ricordano la maestra Antonietta Tanda e il marito France-<br />

sco Cadeddu, Mariangela Piu e Luigia Pilu, ambedue di Sassari, e Silvio Mulas<br />

di Tertenia, che <strong>in</strong> seguito diventerà Direttore didattico a Cagliari.<br />

Due anni dopo, nel 1936, si assiste all’apertura dell’asilo <strong>in</strong>fantile — tra<br />

le cui <strong>in</strong>segnanti si ricorda la maestra Lepori — grazie all’operato e all’impegno<br />

proficuo del parroco Don Egidio Manca.<br />

Si dovrà aspettare il 1955 per vedere aperto a Tertenia il primo sportello<br />

del Banco di Sardegna.<br />

AntigaMenti<br />

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38 AntigaMenti<br />

Nel cuore della m<strong>in</strong>iera con Egidio Pani<br />

La storia di Egidio Pani <strong>in</strong>izia a Tertenia il 4 agosto 1926.<br />

Figlio di Erm<strong>in</strong>io, muratore, e Antonia Loddo, quella di Egidio è una fami-<br />

glia semplice e, come <strong>in</strong> tutte le famiglie di allora, ognuno dava il proprio con-<br />

tributo, i grandi come i più piccoli.<br />

E’ <strong>in</strong>torno alla seconda metà degli anni Trenta che <strong>in</strong>izia a lavorare, appe-<br />

na adolescente, presso la m<strong>in</strong>iera di rame di Corongiu alle porte del paese. Egi-<br />

dio era addetto al riempimento della vasca della laveria dove, con una pompa<br />

meccanica, si aspirava l’acqua dal fiume e si riempiva un grande serbatoio <strong>in</strong><br />

modo che la matt<strong>in</strong>a fosse utilizzabile dagli operai. Un lavoro che si svolgeva la<br />

notte, monotono e ripetitivo, che poteva durare dalle tre alle quattro ore.<br />

Storie di m<strong>in</strong>iere<br />

I racconti di Egidio tracciano un quadro nitido e ancora vivo della storia e<br />

della vita di alcune m<strong>in</strong>iere quali quella di Bau Arenas e Talent<strong>in</strong>o.<br />

Il territorio stesso di Tertenia è stato oggetto di esplorazioni m<strong>in</strong>erarie f<strong>in</strong><br />

dall'antichità. Il conte Alberto della Marmora nel 1835 e Qu<strong>in</strong>t<strong>in</strong>o Sella nel 1869<br />

esplorarono la zona ed evidenziarono la presenza di giacimenti che attirarono<br />

l’<strong>in</strong>teresse delle società m<strong>in</strong>erarie, le quali si scontrarono presto con le difficoltà<br />

di un territorio privo di vie di comunicazione e di punti di approdo che permet-<br />

tessero il trasporto del m<strong>in</strong>erale, per cui dopo breve tempo abbandonarono i<br />

lavori.<br />

Bau Arenas-Talent<strong>in</strong>o, a sud ovest del paese, è <strong>in</strong>dubbiamente la m<strong>in</strong>iera<br />

pr<strong>in</strong>cipale, mentre quella di Santoru si affaccia sul mare.<br />

Bau Arenas, collocata lungo la valle del Riu Terras Malas, è anche la mi-<br />

niera più esplorata e sfruttata, tanto che secondo quanto riporta Padre Cannas


nel libro “Tertenia e d<strong>in</strong>torni”, nel 1877 non solo era <strong>in</strong> piena produzione, ma<br />

il rame ricavato era particolarmente ricercato e apprezzato.<br />

Dopo varie vicissitud<strong>in</strong>i, durante le quali si assistette al passaggio della<br />

m<strong>in</strong>iera da una società all’altra, nel 1928 venne acquisita dalla Società Libiola<br />

con sede a Genova e tra il 1939 ed il 1950 raggiunse livelli di alta produttività.<br />

Oltre ai m<strong>in</strong>erali di rame (pirite e calcopirite) si estraevano anche piombo, oro<br />

e antimonio.<br />

La Libiola <strong>in</strong>vestì <strong>in</strong>genti capitali per facilitare i lavori di sfruttamento e<br />

di trasporto del m<strong>in</strong>erale. A questo proposito venne costruita la strada di col-<br />

legamento all'orientale sarda e una teleferica per il trasferimento dei m<strong>in</strong>erali<br />

dai cantieri situati a monte della laveria, dotata di impianto di flottazione e po-<br />

sizionata a valle. Il m<strong>in</strong>erale estratto veniva, così, caricato sui vagoni e grazie<br />

alla teleferica arrivava a fondo valle, alla laveria, dove generalmente lavorava-<br />

no le donne che si occupavano della cernita del materiale, separando quello<br />

utile da quello non buono.<br />

AntigaMenti<br />

39


40 AntigaMenti<br />

La m<strong>in</strong>iera <strong>in</strong> quegli anni diede lavoro ad oltre un cent<strong>in</strong>aio di terteniesi<br />

che impiegavano due ore a piedi, dal paese, per raggiungere i cantieri.<br />

A Bau Arenas lavoravano come garzoni, molti ragazzi, tra i quali Egidio,<br />

dal momento che gli uom<strong>in</strong>i erano stati chiamati alle armi <strong>in</strong> occasione del se-<br />

condo conflitto mondiale.<br />

Il personale della m<strong>in</strong>iera era costituito da un sorvegliante, un direttore<br />

dei lavori, tre capi squadra (uno per turno), i m<strong>in</strong>atori, i manovali o garzoni, i<br />

vagonisti, gli armatori, il fuochista, i porta ferrus (addetti al cambio degli uten-<br />

sili da riforgiare). C’erano poi le guardie della polveriera, area delicata e fonda-<br />

mentale dove si conservava l’esplosivo da utilizzare per scavare le gallerie.<br />

Il lavoro era distribuito nell'arco delle ventiquattrore <strong>in</strong> tre turni da otto<br />

ore ciascuno. Così, il primo turno andava dalle otto alle sedici; il secondo dalle<br />

sedici alle ventiquattro e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e il terzo dalle ventiquattro alle otto del matt<strong>in</strong>o.<br />

Il salario non era certa proporzionato al tipo di lavoro e ai rischi o alla<br />

fatica connessi: £.7,50 al giorno per un garzone e di £.14,12 per il m<strong>in</strong>atore.<br />

Pozzo m<strong>in</strong>erario a Serbariu<br />

(Carbonia)<br />

Nonostante gli sforzi della Società, i risul-<br />

tati non furono soddisfacenti e agli <strong>in</strong>izi<br />

degli anni C<strong>in</strong>quanta i cantieri m<strong>in</strong>erari<br />

chiusero.<br />

Da Tertenia a Carbonia<br />

Fu così che Egidio dovette, appena di-<br />

ciottenne, trasferirsi a Carbonia per lavo-<br />

rare nelle m<strong>in</strong>iere di carbone di Serbariu.<br />

Al suo arrivo, egli dovette immediata-<br />

mente confrontarsi con una realtà diver-<br />

sa da quella f<strong>in</strong>o a quel momento cono-<br />

sciuta, lontano dagli affetti e dalla rassi-


curante vic<strong>in</strong>anza di casa.<br />

Carbonia era la panacea per quanti cercavano lavoro. La città voluta da<br />

Benito Mussol<strong>in</strong>i, capo assoluto del regime, ospitava 18.000 operai ed una po-<br />

polazione di circa 40.000 abitanti. Tutti trovavano lavoro nelle m<strong>in</strong>iere del ter-<br />

ritorio, unico e immenso bac<strong>in</strong>o carbonifero.<br />

La società m<strong>in</strong>eraria si chiamava “Carbonifera Sarda” ; i pozzi prendeva-<br />

no nomi particolari: Nuragi (il nuraghe), Scusorgiu (il tesoro). Il pozzo più<br />

importante era appunto quello di Serbariu (s’erba riu, ovvero “fiume d’erba”).<br />

Oggi quel pozzo ospita il più grande museo m<strong>in</strong>erario del mondo.<br />

AntigaMenti<br />

La vita difficile e tormentata dei m<strong>in</strong>atori trascorreva <strong>in</strong>esorabile<br />

nel cuore della m<strong>in</strong>iera, senza mai vedere la luce del sole...<br />

Era espressione comune a quei tempi: “Candu una mama perdit unu fi-<br />

gliu depit andai a Carbonia po d’agatai” (quando una madre perde un figlio<br />

deve andare a Carbonia per ritrovarlo). Da ogni regione d’Italia molti dispera-<br />

ti, o esiliati o conf<strong>in</strong>ati trovarono rifugio a Carbonia, molti padri di famiglia, da<br />

ogni parte della Sardegna, trovarono lavoro e molti giovani videro <strong>in</strong> Carbonia<br />

41


42 AntigaMenti<br />

L’<strong>in</strong>terno di una galleria nel complesso m<strong>in</strong>erario di Serbariu (Carbonia)<br />

l’occasione per cambiare vita.<br />

Per Egidio Pani anche qui la giornata era scandita <strong>in</strong> tre lunghi turni lavo-<br />

rativi; ogni m<strong>in</strong>atore, all’<strong>in</strong>izio del proprio turno, doveva <strong>in</strong>dossare una meda-<br />

glietta che riportava un numero identificativo. Nei tempi di massima produzione<br />

il numero dei lavoratori poteva arrivare alle 20.000 unità.<br />

Essendo Mussol<strong>in</strong>i l’artefice della nascita della città di Carbonia e della ri-<br />

presa dell’attività estrattiva delle sue m<strong>in</strong>iere, ogni anno vi faceva visita e <strong>in</strong><br />

quell’occasione tutti i m<strong>in</strong>atori venivano radunati nella piazza della città per po-<br />

terlo vedere e assistere al suo comizio.<br />

Un giorno, <strong>in</strong>iziato come tanti, accade qualcosa che cambierà profonda-<br />

mente l’animo di Egidio, portandolo a prendere una decisione f<strong>in</strong>o a quel mo-<br />

mento impensabile.<br />

Durante il turno di lavoro, il giovane terteniese venne chiamato <strong>in</strong> dispar-<br />

te da un superiore, e messo al corrente di un avvenimento tragico: un suo col-


lega, con il quale aveva <strong>in</strong>staurato un fraterno rapporto di amicizia, era rima-<br />

sto vittima di un <strong>in</strong>cidente mortale, schiacciato da un masso staccatosi dalla<br />

montagna. Quella notizia, la tragicità di quella morte, la mancanza di quel<br />

rapporto umano costruito nella condivisione delle fatiche affrontate quotidia-<br />

namente, lo sp<strong>in</strong>sero a lasciare Carbonia e rientrare a Tertenia.<br />

F<strong>in</strong>almente a casa...<br />

Tornato nel suo amato paese, lavorò un paio d’anni nel mul<strong>in</strong>o del grano<br />

di Enrico Pisu <strong>in</strong> Piazza Funtanedda. Nel 1949 prese <strong>in</strong> moglie D<strong>in</strong>a Corona,<br />

con la quale era fidanzato dai tempi di Carbonia, e con lei si trasferì a Barrali,<br />

dove lavorò <strong>in</strong> una cava di sabbia con il ruolo di capo-cava. Da qui si spostò<br />

nelle cave di Macomer prima e di S<strong>in</strong>iscola poi.<br />

Nel frattempo, D<strong>in</strong>a fece rientro al paese ed Egidio, acquistata la mitica<br />

Vespa, ogni f<strong>in</strong>e settimana affrontava il lungo viaggio per riabbracciare la fa-<br />

miglia. Provato dalle difficoltà e dalla lontananza, decise <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e di rientrare de-<br />

f<strong>in</strong>itivamente <strong>in</strong> Ogliastra e prendere servizio <strong>in</strong> una cava di Gairo, dove lavorò<br />

per diversi anni. Quando nel 1963 aprì i battenti la Cartiera di Arbatax, Egidio<br />

fu uno dei primi dipendenti, con la mansione di gruista e proprio allora acqui-<br />

stò la sua prima automobile, una Fiat 600.<br />

Qui rimase f<strong>in</strong>o al momento del pensionamento, che f<strong>in</strong>almente gli con-<br />

sentì di dedicarsi alla sua grande passione: la caccia.<br />

Il resto è storia recente.<br />

Ascoltare il vissuto di Egidio, come del resto quello di tanti che come lui<br />

hanno dovuto affrontare le difficoltà di un’Italia e una Sardegna messe <strong>in</strong> gi-<br />

nocchio dalla guerra, ma che hanno avuto la ferrea volontà di rialzarsi, do-<br />

vrebbe essere un esempio per tanti giovani di oggi e un <strong>in</strong>vito a raccogliere il<br />

grande <strong>in</strong>segnamento che da esso traspare: non importa quante difficoltà la<br />

vita imponga quotidianamente, ciò che conta è l’impegno e la dedizione che si<br />

impiega per fare qualunque cosa, perché il duro lavoro e lo spirito di sacrificio<br />

alla f<strong>in</strong>e avranno la loro giusta ricompensa.<br />

AntigaMenti<br />

43


44 AntigaMenti<br />

Silvio Boi. Dalla m<strong>in</strong>iera all’impresa<br />

L’entusiasmo della gioventù e tanta voglia di sole!<br />

Questa è una storia semplice. Come tutte le altre. E come tutte le altre<br />

profuma di genu<strong>in</strong>ità, di freschezza, di impegno e sacrificio. Di tenacia e ambi-<br />

zione.<br />

Il protagonista è un ragazzo di Gairo, Silvio Boi, qu<strong>in</strong>to di sei figli, nato il<br />

primo settembre 1919, da papà Salvatore e mamma Rosa Ligas. Salvatore era<br />

un viticoltore e <strong>in</strong>sieme ai suoi figli lavorava le vigne che possedeva <strong>in</strong> quel di<br />

Cardedu e precisamente nella zona compresa <strong>in</strong> quella più vasta denom<strong>in</strong>ata<br />

Sessei. Possedeva anche una bella cant<strong>in</strong>a dove produceva e vendeva il Can-<br />

nonau, v<strong>in</strong>o r<strong>in</strong>omato dal sapore forte e <strong>in</strong>tenso.<br />

Tutto ciò che si otteneva per vivere e andare avanti era frutto di grandi<br />

sacrifici: sei figli da sfamare erano tanti, ma ciò che importava era l’educazio-<br />

ne, la volontà e l’impegno nel lavoro. Ciascuno doveva trovare la propria strada<br />

e dal momento che Silvio aveva quasi diciott’anni, era giunto anche per lui il<br />

momento delle prime importanti scelte.<br />

Era un ragazzo vivace, sempre pronto alla battuta. Sapeva mettere, più di<br />

chiunque altro, il buon umore <strong>in</strong> famiglia e questo carattere così estroverso<br />

avrebbe presto trovato spazio ed occasioni. Erano quelli gli anni nei quali assi-<br />

steva alla partenza dei suoi compaesani, giovani e adulti, che si allontanavano<br />

<strong>in</strong> cerca di fortuna. Tutti andavano a Carbonia e quanti tornavano per breve<br />

tempo, a salutare le famiglie o per sbrigare alcuni affari — dal momento che<br />

alcuni si erano dedicati a commercializzare i prodotti locali nella cittad<strong>in</strong>a m<strong>in</strong>e-<br />

raria del Sulcis — parlavano di una vita diversa, moderna, di una città dove cia-<br />

scuno aveva una bella casa, con tante stanze da letto, col bagno <strong>in</strong> casa e con<br />

una stufa <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a, giustamente alimentata a carbone.<br />

Fu così che Carbonia alimentò anche le ambizioni di Silvio, il quale decise


di partire anche lui “<strong>in</strong> cerca di fortuna”. Si presentò all’ufficio reclutamento<br />

operaio della m<strong>in</strong>iera e, come gli altri, venne assunto e attrezzato di elmetto e<br />

badile. La prima volta che si avvic<strong>in</strong>ò alla gabbia del pozzo che lo avrebbe<br />

portato a cent<strong>in</strong>aia di metri nella pancia della terra, provò una sensazione<br />

claustrofobica che non si attenuò mai nei sei mesi successivi che lo videro mi-<br />

natore. La galleria era stretta e buia per tutti, ma per l’<strong>in</strong>dole di Silvio era co-<br />

me una sorta di tomba che lo privava per ore dell’energia necessaria, della<br />

luce, dell’aria.<br />

Non ci mise molto a comprendere che il lavoro sotto terra, senza il sole e<br />

l’azzurro del cielo, non era fatto per lui. Ed ecco un’altra importante decisione:<br />

avrebbe lavorato sempre all’aria aperta.<br />

A servizio della Patria con onore<br />

Rientrato <strong>in</strong> paese, non ebbe quasi<br />

nemmeno il tempo di riabbracciare i suoi<br />

cari che dovette immediatamente <strong>in</strong>tra-<br />

prendere un altro viaggio, ancora più du-<br />

ro e rischioso, ma non poteva tirarsi <strong>in</strong>-<br />

dietro. Partire <strong>in</strong> quel periodo voleva si-<br />

gnificare solo una cosa: andare <strong>in</strong> guer-<br />

ra. E Silvio si arruolò.<br />

Era il 1937. E si fece subito onore.<br />

Si offrì volontario per qualunque missio-<br />

ne, primo fra tanti, si dist<strong>in</strong>se per corag-<br />

gio, arguzia e buon senso <strong>in</strong> ogni occa-<br />

sione. Inoltre, sapeva leggere e scrivere,<br />

avendo frequentato le tre classi elementari che a Gairo, ai quei tempi, erano<br />

le sole disponibili e questo fatto lo aiutò non poco nella carriera militare che<br />

da semplice soldato lo condusse al congedo def<strong>in</strong>itivo, il primo febbraio 1946,<br />

col grado di Sotto Tenente.<br />

AntigaMenti<br />

Militò nelle forze per la liberazione dei popoli della Jugoslavia: «<strong>in</strong> occa-<br />

45


46 AntigaMenti<br />

sione del ventesimo anniversario della vittoria della Coalizione Anti-<br />

fascista e per il contributo alla comune vittoria al fascismo, per l’avvi-<br />

c<strong>in</strong>amento e l’amicizia tra i popoli consegna al compagno d’armi, Boi<br />

Silvio, la medaglia ricordo <strong>in</strong> segno di riconoscenza e gratitud<strong>in</strong>e». Re-<br />

cita così il documento che riconosce il valore del giovane gairese, decorato di-<br />

rettamente dal Presidente della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia,<br />

Josip Broz Tito, il quale firma personalmente l’onorificenza.<br />

Durante i combattimenti <strong>in</strong> Jugoslavia, venne fatto prigioniero dai tede-<br />

schi. Per ben due volte tentò la fuga: la prima durò lo spazio di brevissimo<br />

tempo. Fu ripreso e riportato nel campo di prigionia, gettato <strong>in</strong> una fossa-<br />

prigione, scavata nella nuda terra e per giorni e giorni nutrito con solo delle<br />

bucce di patate. Ma questa esperienza non lo fece desistere. Ci riprovò per la<br />

seconda volta e riuscì a scappare.<br />

Ma la sua carriera militare era tutt’altro che term<strong>in</strong>ata. Così si legge nella<br />

sua scheda personale, datata 20 agosto 1945, grazie ad un documento del Co-<br />

mando Divisione D’Assalto Garibaldi “Italia” che «già del 42° sottosettore di<br />

copertura, liberato dalla prigionia ed entrato nei reparti, partigiani<br />

del Btg. Matteotti il 28.10.44. Il 19.11.44 trasferito al Btg. F. Bandie-<br />

ra. Il 27/4/45 ferito <strong>in</strong> combattimento e ricoverato all’ospedale <strong>in</strong> Iu-<br />

goslavia».”Alla voce decorazioni si riporta: «Con Bell. Uff. 1/3<br />

dell’A.V.N.O.J. <strong>in</strong> data 19.06.45 <strong>in</strong>signito dell’Ord<strong>in</strong>e al valore».<br />

Sempre nella scheda personale, alla voce ferite riporta: «una», <strong>in</strong>fatti il<br />

27 Aprile 1945, sempre <strong>in</strong> Jugoslavia, durante un combattimento col grado di<br />

Caporal Maggiore, riportò una F.A.F. (ferita d’arma da fuoco): venne colpito da<br />

fuoco nemico alla parte destra dell’addome, con ritenzione di corpo metallico.<br />

Sul suo certificato di degenza vi è <strong>in</strong>oltre scritto che fu poi ricoverato, dal 30<br />

giugno al 17 luglio del 1945, presso l’Ospedale Speciale n. 3 della Croce Rossa<br />

Italiana di Modugno, proprio per l’estrazione di quel pezzo di piombo che il suo<br />

corpo ancora tratteneva.<br />

Pur avendo ricevuto successivamente il riconoscimento della pensione di<br />

guerra, mai <strong>in</strong> vita volle riscuoterla. Anzi, avendo visto quel libretto, lo aveva<br />

stracciato e rifiutato. Un dettaglio significativo raccontano dalle sue figlie, Anna


e P<strong>in</strong>a, dal momento che Silvio Boi non ha mai amato particolarmente parlare<br />

del periodo che lo aveva visto protagonista <strong>in</strong> guerra.<br />

L’ultimo documento che ci racconta ulteriori dettagli relativi alla sua car-<br />

riera militare è datato 3 novembre 1947. Scritto su carta <strong>in</strong>testata della Presi-<br />

denza del Consiglio dei M<strong>in</strong>istri, dall’Ufficio “Commissione Riconoscimento<br />

Qualifica Partigiani”, per gli Italiani che avevano combattuto all’estero.<br />

Il documento riferisce fedelmente: «Boi Silvio, Funzione: Comandan-<br />

te di Compagnia. Numero degli uom<strong>in</strong>i comandati: 56. Grado militare<br />

corrispondente: S. Tenente. Periodo di Comando: dal 6.12.44 al rim-<br />

patrio (03.07.45) e congedato def<strong>in</strong>itivamente il 01.02.46».<br />

Quella della guerra fu per questo giovane ragazzo un’esperienza che gli<br />

premise di conoscere l’animo umano <strong>in</strong> tutte le sue espressioni. Di poche pa-<br />

role sull’argomento, soleva dire soltanto che aveva visto il meglio e il peggio<br />

del genere umano.<br />

Quando tornò a Gairo, suo paese natale, era ormai un uomo maturo<br />

non tanto per i suoi ventisette anni, ma proprio per le circostanze vissute sulla<br />

sua pelle. Era arrivato f<strong>in</strong>almente il tempo di ripensare alla propria vita ed al<br />

proprio futuro e Silvio il suo futuro lo volle costruire dove aveva sempre vissu-<br />

to e lavorato, <strong>in</strong> quel di Cardedu, vic<strong>in</strong>o al mare e alla montagna, dove la na-<br />

tura benigna lo vide crescere e sognare.<br />

Una nuova vita<br />

AntigaMenti<br />

Nel territorio di “ Sessei”così come nelle campagne del comune di Barì<br />

(Bari Sardo), si viveva di agricoltura e pastorizia. I pastori vivevano gran parte<br />

dell’anno <strong>in</strong> pianura e qui avevano i loro ovili e is barraccus (le capanne).<br />

Negli stazzi, all’ombra dei pergolati, venivano accesi i fuochi e dentro<br />

delle grandi marmitte (caddargius) venivano preparate le cagliate (latti e ca-<br />

gliu). Con un processo sempre identico veniva prodotto un formaggio tipico,<br />

dalle forme grandi come quelle odierne che prendevano il nome di “pecor<strong>in</strong>o<br />

47


48 AntigaMenti<br />

romano”.<br />

A quell’epoca un certo Luigi Loi, orig<strong>in</strong>ario di Bari Sardo, il quale aveva<br />

<strong>in</strong>trapreso un‘attività che oggi potremmo def<strong>in</strong>ire “commercio all’<strong>in</strong>grosso”, re-<br />

candosi presso tutti gli ovili della zona, acquistava il formaggio per poi riven-<br />

derlo ad un grossista di Cagliari, tale Sig. Macciotta.<br />

Ma chi era questo Luigi Loi? Altro non era se non il padre di Maria, la ra-<br />

gazza che Silvio Boi prese <strong>in</strong> moglie ed ebbe accanto come compagna di una<br />

vita. Silvio e Maria si sposarono il 16 maggio 1951, vennero a vivere <strong>in</strong> località<br />

Cardedu e, nello stesso terreno che aveva ospitato le vigne del padre Salvato-<br />

re, Silvio costruì la sua casa e il suo futuro.<br />

Sull’esempio del suocero, pensò un nuovo modo di commerciare il for-<br />

maggio: raccogliere il latte e trasformarlo <strong>in</strong> prodotto f<strong>in</strong>ito utilizzando una tec-<br />

nica <strong>in</strong>dustriale. Realizzò di fatto una piccola ma fiorente azienda casearia, su<br />

caseificiu de Cardedu, de Sirviu Boi.<br />

Silvio e Maria furono una coppia nella vita e nel lavoro. Insieme costruiro-<br />

no ogni cosa, lavoravano strenuamente, lui e lei, sempre <strong>in</strong> ogni stagione, an-<br />

no dopo anno. I più anziani ricordano molto bene il camionc<strong>in</strong>o guidato abil-<br />

mente da Maria, mentre ritirava i tanti sacchi di mandorle presso i contad<strong>in</strong>i , o<br />

le grandi quantità di lana, al tempo della tosatura, dai pastori.<br />

Ebbero quattro figli, due maschi e due femm<strong>in</strong>e. Viaggiarono <strong>in</strong> lungo e il<br />

largo <strong>in</strong> Italia e all’estero. Né lui volle mai andare da qualche parte se non <strong>in</strong><br />

compagnia della sua Maria, esempio emblematico che dietro ad un grande uo-<br />

mo c’è sempre una grande donna.<br />

Il tempo è passato, ma ancora oggi i pastori del circondario conferiscono<br />

il latte al caseificio Boi , vanno e vengono ogni matt<strong>in</strong>a con la loro vettura,<br />

mentre all’<strong>in</strong>terno dello stabilimento ferve l’attività casearia e i clienti entrano<br />

ed escono dal punto vendita con le loro preziose e saporite scorte. Rumori e<br />

profumi antichi di eterni sapori, di gusti sempre attuali che esaltano il palato di<br />

quanti li gustano.<br />

Il ricordo di Silvio Boi trasmette un’ ammirazione diversa, un senso di di-<br />

gnitoso rispetto, di educato silenzio che commuove, che co<strong>in</strong>volge mente e


cuore di quanti scopriranno, leggendo queste poche righe, i valori autentici di<br />

un uomo semplice e <strong>in</strong>telligente, protagonista di imprese straord<strong>in</strong>arie eppure<br />

capace di mantenere sempre una profonda umiltà.<br />

AntigaMenti<br />

Silvio Boi e Maria Loi <strong>in</strong> un bellissimo scatto durante il loro viaggio di nozze a Venezia<br />

49


50 AntigaMenti<br />

Il cacciatore di foto: Pietro Melis<br />

Il titolo è quanto meno s<strong>in</strong>golare, ma per questo ragazzo orig<strong>in</strong>ario di<br />

Gairo, la fotografia ha davvero rappresentato un punto fermo della sua vita.<br />

Molto più che una passione. Eppure l’ambiente <strong>in</strong> cui è vissuto, la sua <strong>in</strong>fanzia,<br />

simile a quella dei suoi coetanei e paesani, non offriva certo molti spunti <strong>in</strong><br />

questo senso. Ma Pietro, deciso e risoluto, riuscì a tracciare la sua strada se-<br />

condo i suoi progetti.<br />

Nasce il 13.09.1941 da Second<strong>in</strong>o e Silvia Mameli. E’ il settimo di nove<br />

figli e viste le numerose difficoltà della società contad<strong>in</strong>a <strong>in</strong> epoca di guerra,<br />

sceglie la via dell’emigrazione. È lui stesso a raccontare che, term<strong>in</strong>ate le ele-<br />

mentari, nel 1955, per volontà del parroco del suo paese, Predi Puddu, venne<br />

mandato <strong>in</strong> collegio vic<strong>in</strong>o ad Alessandria, per studiare e per “scoprire” se ave-<br />

va o no la vocazione a farsi prete! Ebbene, frequenta <strong>in</strong> quel collegio alcuni an-<br />

ni della scuola media, ma della vocazione sacerdotale nessuna traccia! Non<br />

mostrando particolare attitud<strong>in</strong>e alla vita ecclesiastica, decise di fare rientro <strong>in</strong><br />

paese.<br />

Tuttavia l’esperienza del cont<strong>in</strong>ente gli fa <strong>in</strong>travedere le opportunità di<br />

una vita diversa, almeno dal punto lavorativo. Così torna al Nord, dove era sta-<br />

to giovane studente e dopo un breve periodo che lo vede occupato <strong>in</strong> un distri-<br />

butore di benz<strong>in</strong>a dell’Hotel Agip di Alessandria, nel 1963 riesce ad essere as-<br />

sunto alla Fiat di Tor<strong>in</strong>o ed è proprio nella più grande <strong>in</strong>dustria d’Italia che Pie-<br />

tro trascorre la sua vita lavorativa .<br />

In quegli anni, però, al paese muore sua madre ed è allora che si <strong>in</strong>s<strong>in</strong>ua<br />

<strong>in</strong> lui il profondo il desiderio di tornare casa. Così accade e Pietro si stabilisce<br />

def<strong>in</strong>itivamente a Cardedu dove tutt’ora vive. Parla serenamente delle sua <strong>in</strong>-<br />

fanzia e dal suo racconto trapela l’immenso amore per la sua terra, alimentato<br />

da tanti anni di distacco sofferto, da radici solide che la lontananza non ha <strong>in</strong>-<br />

debolito, ma al contrario ha reso più tenaci.<br />

L’amore per le tradizioni, per la storia, per la gente, per le bellezze del<br />

paesaggio, per le testimonianze del passato che conserva gelosamente, lo por-


ta alla costante ricerca di frammenti da custodire con cura, realizzando con<br />

impegno e costanza il suo progetto: cerca e recupera tutte le fotografie che<br />

testimoniano l’evolversi dei fatti, il passare delle generazioni, il mutamento<br />

dell’ambiente circostante nel tempo.<br />

Le foto mostrano i momenti salienti della vita di tanti personaggi, di ogni<br />

età e classe sociale, che diventano protagonisti della sua raccolta di fotografi-<br />

ca. Scorrono vive le immag<strong>in</strong>i pi diverse e riportano alla memoria degli anziani<br />

esperienze dimenticate e mostrano ai più giovani un mondo certamente più<br />

sobrio di quello attuale, rimandano e riflettono il senso della vita comunitaria,<br />

della vic<strong>in</strong>anza tra le persone, della condivisione nel bene e nel male. Le sue<br />

istantanee mostrano, nella loro semplicità, le persone di una comunità, de unu<br />

big<strong>in</strong>au e il trascorrere della quotidianità. Dai battesimi alle cresime, ai matri-<br />

moni, alle feste paesane e alle sagre, passando per gli eventi politici, le <strong>in</strong>au-<br />

gurazioni, riproducendo periodi storici diversi.<br />

Il Parroco e is big<strong>in</strong>aus<br />

Uno dei più importanti protagonisti della comunità paesana emerge niti-<br />

do dalle foto e dai racconti di Pietro Melis: Il Parroco.<br />

La vita del paese, de is big<strong>in</strong>aus (i rioni), è scandita nel suo lento <strong>in</strong>cede-<br />

re, dal suono delle campane: la levata, il mezzo giorno, l’Ave Maria alla sera.<br />

Le campane suonano a distesa la domenica e nei giorni di festa, richiamando i<br />

fedeli alla Messa e i bamb<strong>in</strong>i a frotte corrono per <strong>in</strong>dossare le tuniche da chie-<br />

richetto.<br />

Pietro ricorda col sorriso e racconta che ad ogni chiesa corrispondeva un<br />

rione (unu big<strong>in</strong>au) e a Gairo, paese d’orig<strong>in</strong>e di gran parte degli abitanti di<br />

Cardedu, vi erano differente rioni: Su big<strong>in</strong>au de su Spiritu Santu e su big<strong>in</strong>au<br />

de Sant’Elena”. Non di rado capitava che gli abitanti dei diversi quartieri aves-<br />

sero di che discutere e, a volte, si arrivava a litigare seriamente.<br />

AntigaMenti<br />

Pietro racconta una lite curiosa. Intorno al 1900, nacque una diatriba tra<br />

51


52 AntigaMenti<br />

gli abitanti dei due rioni. Quelli di su Spiritu Santu non vedevano di buon grado<br />

che, il giorno della festa, la processione sconf<strong>in</strong>asse <strong>in</strong> su big<strong>in</strong>au de sant’Ele-<br />

na. Il Parroco di quel tempo le provò tutte ma is big<strong>in</strong>us de Cresiedda naranta<br />

ca su Santu non iat essiri mai ogliu a di fai sartai sa tradizioni chi du oliada <strong>in</strong><br />

su ibg<strong>in</strong>au cosa sua.<br />

Il povero curato non riuscì a risolvere la sp<strong>in</strong>osa questione e per questo<br />

suo <strong>in</strong>successo venne rifiutato dalla comunità e allontanato da Gairo. Il sacer-<br />

dote che gli successe, Don Antioco Pilia, trovò una soluzione geniale, non sen-<br />

za un pizzico di furbizia, per ristabilire la pace: il terzo giorno della festa dello<br />

Spirito Santo ci sarebbe stato l’<strong>in</strong>contro con la Madonna del Buon Camm<strong>in</strong>o<br />

che, uscendo dalla sua chiesa, <strong>in</strong>contrava li corteo dello Spirito Santo ed <strong>in</strong>sie-<br />

me avrebbero percorso tutto il perimetro dei due vic<strong>in</strong>ati e poi le altre vie del<br />

paese, con buona pace dei fedeli delle due parrocchie.<br />

Curioso anche un altro aneddoto, molto più antico, che descrive la furbi-<br />

zia di un sacrestano il quale diede una lezione al suo parroco, che gli impartiva<br />

cont<strong>in</strong>uamente degli ord<strong>in</strong>i, facendolo correre a destra e s<strong>in</strong>istra, senza gratifi-<br />

carlo <strong>in</strong> alcun modo, essendo il sacerdote affetto da avarizia acuta.<br />

1899:<br />

L’episodio venne raccontato dal nonno a Raimondo Usala, seuese, classe<br />

Pesiss<strong>in</strong>di su meri de su tirrichi tirrachi<br />

e bestassì is stripiddi strappidi<br />

e candu passat <strong>in</strong> is longhieras<br />

dui funt is malas scontrasa<br />

Ca su gatarraffu at pigau su cau<br />

E postu d’adi <strong>in</strong> s’abbundanzia<br />

Si non acurridi cun sa sustanzia<br />

I ndi calat sa stanza de susu<br />

Adiosu su meri<br />

Un mondo <strong>in</strong>tero, <strong>in</strong>somma, rivive negli scatti di Pietro Melis e che egli<br />

tiene ben conservati, ma sempre pronto a mostrarli e metterli a disposizione di<br />

chi ha ancora curiosità e <strong>in</strong>teresse di conoscere.


A questa <strong>in</strong>discussa passione si deve larga parte del materiale fotografi-<br />

co presente <strong>in</strong> questo libro, relativo a Gairo e a Cardedu. Pietro, il “cacciatore<br />

di foto” che cont<strong>in</strong>ua ad arricchire con una collezione unica e mirabile la me-<br />

moria storica del suo paese, la sua eredità preziosa, la sua <strong>in</strong>confondibile<br />

identità.<br />

Gairo, anni C<strong>in</strong>quanta. Il Parroco Don Puddu<br />

AntigaMenti<br />

53


54 AntigaMenti<br />

Fede e devozione: S’Incontru a Tertenia<br />

Una celebrazione che sta particolarmente a cuore alla popolazione Terte-<br />

niese è senza dubbio quella della Processione dell’<strong>in</strong>contro, il giorno di Pasqua,<br />

nella quale culm<strong>in</strong>ano tutte le celebrazioni della settimana santa.<br />

In preparazione alla Domenica di Resurrezione era usanza comune, e lo è<br />

ancora oggi, seppur <strong>in</strong> maniera sensibilmente ridotta, preparare su nenniri, che<br />

verrà depositato ai piedi dell’altare durante la celebrazioni del giovedì santo.<br />

La preparazione è tanto semplice quanto suggestiva: circa tre settimane<br />

prima di Pasqua si sem<strong>in</strong>ano <strong>in</strong> un vaso che contiene generalmente del cotone<br />

imbevuto d’acqua, dei semi di cereali come grano, orzo, l<strong>in</strong>o e si depone lo si<br />

depone <strong>in</strong> un luogo buio, avendo cura di <strong>in</strong>naffiarlo e proteggerlo dalla luce.<br />

Dopo pochi giorni i semi com<strong>in</strong>ceranno a germogliare, colorandosi di un giallo<br />

pallido e quando i germogli avranno raggiunto la grandezza desiderata, gene-<br />

ralmente una dec<strong>in</strong>a di centimetri, su nenniri verrà abbellito con dei fiori e fi-<br />

nalmente portato <strong>in</strong> chiesa.<br />

L’usanza prevedeva che nella giornata del lunedì dell’Angelo (Pasquetta)


fosse poi portato nei campi coltivati e lì deposto perché potesse essere di<br />

buon auspicio per un abbondante raccolto.<br />

Nella domenica di Pasqua, al culm<strong>in</strong>e della settimana santa, si da vita a<br />

quello che è da sempre, nella memoria e nel cuore dei terteniesi, la più emo-<br />

zionante di tutte le processioni e la più densa di significato, quella appunto<br />

dell’Incontro tra Gesù risorto e sua madre: le statue della Madonna, tolti i<br />

panni neri del lutto e vestita di una veste azzurra — ma con il viso ancora co-<br />

perto da un velo nero — e il Cristo lasciano la chiesa, l’uno accompagnato e<br />

portato <strong>in</strong> spalla da soli uom<strong>in</strong>i e l’altra dalle donne, dirigendosi <strong>in</strong> direzioni<br />

opposte.<br />

Tutta la processione si svolge <strong>in</strong> un silenzio che ha il sapore dell’attesa e<br />

che vede la partecipazione di una grande quantità di persone. Quando f<strong>in</strong>al-<br />

mente i due cortei si scorgono a vicenda, vengono eseguiti da entrambe le<br />

statue, e dai loro portatori, tre genuflessioni. Giunti uno di fronte all’altra, il<br />

Cristo viene <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>ato <strong>in</strong> modo che, con il gesto della mano, possa togliere il<br />

velo nero del lutto, liberando f<strong>in</strong>almente il volto della Madonna.<br />

Contemporaneamente si ode scrosciante l’applauso spontaneo e com-<br />

mosso di tutti i fedeli che proseguiranno il percorso di rientro alla chiesa par-<br />

rocchiale con le due statue che procedono <strong>in</strong>sieme.<br />

AntigaMenti<br />

55


56 AntigaMenti<br />

Il grande cuore delle donne<br />

La sensibilità, la forza e la tenacia è <strong>in</strong>sita nell’<strong>in</strong>dole stessa di ogni donna.<br />

Oggi come ieri, la donna ha saputo essere pilastro e punto di riferimento es-<br />

senziale per la famiglia.<br />

All’<strong>in</strong>terno delle comunità contad<strong>in</strong>e e agricole del territorio, vivevano de-<br />

dicandosi al marito e ai figli, alla casa e alla campagna. Avevano a cuore la sa-<br />

lute delle persone loro affidate, dei bimbi come degli anziani. Diventavano<br />

all’occorrenza, <strong>in</strong>fermiere, ostetriche, guaritrici. Sapevano assistere amorevol-<br />

mente chiunque durante la sofferenza e quando <strong>in</strong> una famiglia c’era un lutto,<br />

erano capaci di consolare e confortare, vegliavano il defunto esaltando le sue<br />

qualità e le sue doti e raccomandandolo al Signore con preghiere e canti. Un<br />

momento doloroso, quello della morte, che veniva vissuto <strong>in</strong>tensamente dall’<strong>in</strong>-<br />

tero vic<strong>in</strong>ato, se non da tutto il paese. E dalle modeste abitazioni, il compianto<br />

per il defunto si alzava ritmato <strong>in</strong> una nenia, spontanea e disperata, semplice e<br />

commovente, a tratti struggente e dolce.<br />

Marianna Cucca ne ricorda una appresa dalle nonne Giulia e Rosa:<br />

Is campanas squillanta,<br />

pariaus <strong>in</strong> cida santa,<br />

<strong>in</strong> cida santa non seus<br />

e su mortu no est Deus,<br />

ma est...<br />

Le campane squillavano,<br />

sembravano <strong>in</strong> settimana santa,<br />

<strong>in</strong> settimana santa non siamo<br />

e il morto non è Dio,<br />

ma è...<br />

Le preghiere <strong>in</strong> limba sono state raccolte da Laura Chiai, maestra ele-<br />

mentare a Tertenia da oltre vent’anni.<br />

Insieme ai suoi piccoli alunni ha svolto una ricerca sul campo e, attraver-<br />

so numerose <strong>in</strong>terviste ai più anziani del paese, ha realizzato “La raccolta delle<br />

preghiere dei nonni terteniesi”.


Abba santa beneita<br />

<strong>in</strong> cerbeddus siat scrita,<br />

<strong>in</strong> corpus cunservada,<br />

abba santa cunsacrada<br />

Abba Santa mia digna,<br />

tui mi sarvas, tui mi signas.<br />

Abba Santa <strong>in</strong> fronti mia<br />

totus is pecaus mi perdonit Deus,<br />

Amen<strong>in</strong> Gesus<br />

Abba Santa cunfirmu,<br />

a Deus saludu primu,<br />

segundu a Nostra Segnora,<br />

no apu ascurtu missa ancora,<br />

Tengiu de mi d’ascurtai,<br />

<strong>in</strong> nom<strong>in</strong>i de Deus lassamì <strong>in</strong>trai!<br />

Su lem<strong>in</strong>argiu de cresia<br />

testimongiu mi siat,<br />

mi siat testimongiu<br />

<strong>in</strong> s’ora de su bisongiu<br />

Con l’acqua benedetta<br />

Acqua santa benedetta<br />

nella testa sia scritta,<br />

nel corpo conservata,<br />

acqua santa consacrata<br />

Segnandosi con l’acqua benedetta<br />

Acqua Santa mia degna<br />

tu mi salvi, tu mi segni,<br />

Acqua Santa sulla mia fronte<br />

Tutti i peccati mi perdoni Dio,<br />

Amen<br />

Facendosi il segno della Croce<br />

AntigaMenti<br />

L’acqua santa confermo,<br />

Dio saluto per primo,<br />

seconda nostra Signora,<br />

non ho ascoltato messa ancora,<br />

devo ancora ascoltarla,<br />

<strong>in</strong> nome di Dio lasciami entrare!<br />

La soglia della chiesa<br />

testimone mi sia,<br />

mi sia testimone<br />

nell’ora del bisogno<br />

57


58 AntigaMenti<br />

Sant’Anna e Santu Giacu,<br />

Bos portais is crais de is lampus,<br />

Bos portais is crais de celu,<br />

non tocheis figliu aglienu,<br />

ne <strong>in</strong> domu ne <strong>in</strong> su sartu,<br />

Sant’Anna e Santu Giacu!<br />

Sant’Anna e Santa Elèna<br />

si secìanta <strong>in</strong> d’una enna,<br />

<strong>in</strong> d’una enna si secìanta,<br />

filanta e tessìanta<br />

e is artis aderessànta.<br />

Is artis aderessèis <strong>in</strong> cam<strong>in</strong>u,<br />

artis torreisì <strong>in</strong> cam<strong>in</strong>u che <strong>in</strong>nanti.<br />

Est sa Mama e Santu meu<br />

ca mèigat a Deus.<br />

A Deusu meigada e paga non pigada,<br />

comenti facu deu<br />

cun Santus e cun Deus,<br />

cun Deus e cun Maria,<br />

sa manu sua a <strong>in</strong>nanti<br />

e fatu fatu sa mia.<br />

Preghiera per il mal tempo<br />

Preghiera per la guarigione<br />

Sant’Anna e San Giacomo,<br />

Voi avete le chiavi dei lampi,<br />

Voi avete le chiavi del cielo,<br />

non tocchiate figlio estraneo,<br />

né <strong>in</strong> casa né <strong>in</strong> campagna,<br />

Sant’Anna e San Giacomo!<br />

Sant’Anna e Sant’Elena<br />

si sedevano sulla porta,<br />

su di una porta sedevano,<br />

filavano e tessevano<br />

e gli arti raddrizzavano.<br />

Gli arti raddrizziate andando,<br />

arti tornate a camm<strong>in</strong>are come prima.<br />

E’ la Madre e il Santo mio<br />

che cura Dio.<br />

Dio cura e compenso non prende,<br />

come faccio io<br />

con i Santi e con Dio,<br />

con Dio e con Maria,<br />

la loro mano avanti<br />

E subito dietro la mia.


A suta de terra nc at una presoni<br />

a cantu di sterr<strong>in</strong>t su pecadori,<br />

a cantu di sterr<strong>in</strong>t sa mala sorti.<br />

De piticheddu apu tentu sa morti,<br />

de leis de Deus no d’apu imparau,<br />

Tristu ech<strong>in</strong>i morit mali adiciau!<br />

Sotto terra c’è una prigione<br />

dove sdraiano il peccatore,<br />

dove sdraiano il cattivo dest<strong>in</strong>o.<br />

Da piccol<strong>in</strong>o ho avuto la morte,<br />

leggi di Dio non ne ho imparato,<br />

triste chi muore mal dest<strong>in</strong>ato!<br />

Sa mesa de Su Sennori<br />

po mei est preparada,<br />

de angiulus <strong>in</strong>giriada,<br />

de angiulus po da erriciri.<br />

E candu at essi cussa dì<br />

chi s’anima mia at essi limpia e pura,<br />

chensa margura e chensa de dannu,<br />

po erriciri custu valori mannu!<br />

Preghiera per la notte<br />

Inno al Sacro Cuore<br />

AntigaMenti<br />

La dolcissima figura di Eleonora Agus<br />

La mensa del Signore (l’altare)<br />

per me è preparato,<br />

da angeli circondato,<br />

da angeli per ricevela.<br />

E quando sarà quel giorno<br />

che l’anima mia sarà pulita e pura,<br />

senza macchia e senza peccato,<br />

per ricevere questo valore grande!<br />

59


60 AntigaMenti<br />

Quando nasce un amore...<br />

Lo splendido sorriso di Emma Puddu<br />

Da nonna Giulia Demurtas e nonna Rosa<br />

Ligas, Marianna Cucca ha ereditato tanti<br />

ricordi e <strong>in</strong>numerevoli racconti, le storie del-<br />

la loro gioventù, vissuta <strong>in</strong> semplicità a ca-<br />

vallo tra gli anni Quaranta e C<strong>in</strong>quanta, a<br />

Gairo.<br />

L’ <strong>in</strong>fanzia si consumava fra quel po’ di<br />

scuola che era possibile frequentare e le<br />

faccende domestiche, sotto la costante sor-<br />

veglianza delle madri e dei fratelli, molto<br />

spesso gelosi e possessivi.<br />

Alimentavano, così, i loro sogni romantici<br />

con le compagne; si ritrovavano <strong>in</strong>sieme<br />

nelle sere d’estate, sul grad<strong>in</strong>o delle loro<br />

case, attorniate dai vic<strong>in</strong>i con i quali teneva-<br />

no un rapporto stretto e profondo, alla stre-<br />

gua di quello parentale. Non di rado capita-<br />

va che <strong>in</strong> quelle serate spensierate si ac-<br />

cendesse un fuoco comune, dove venivano<br />

arrostite le patate che poi venivano consu-<br />

mate, tra un racconto e l’altro.<br />

Nei giorni feriali quando, stanche dal lavoro o ancora impegnate nei dove-<br />

ri domestici, non potevano soffermarsi sui grad<strong>in</strong>i di casa, capitava che un si-<br />

gnore di Seui, abilissimo nel suonare su sonettu (l’armonica a bocca) si tratte-<br />

nesse sotto la loro casa e dalle f<strong>in</strong>estre delle loro stanze le ragazze lo accompa-<br />

gnavano cantando canzoni, mutetus e trallalera.


AntigaMenti<br />

Canzoni che circolavano tra i ragazzi e le ragazze<br />

Olieddu, olieddu,<br />

sona su campaneddu,<br />

soneddu a forti, a forti<br />

<strong>in</strong> pissu a cuddu monti,<br />

monti no scrobetu,<br />

chi non <strong>in</strong>trit bentu<br />

e mancu ciligia,<br />

feti Santa Maria,<br />

Santa Maria boganceddus!<br />

Origa de porceddu!<br />

Origa longa, longa<br />

achirram<strong>in</strong>ci a comas,<br />

coma de murdegu,<br />

baca de Pardu de Perdu Mulas,<br />

A ndi ociri una a lugori de luna,<br />

a lugori de stergiu,<br />

furci, furci, calleddu,<br />

calleddu langiu<br />

<strong>in</strong> sa mata de s’arangiu,<br />

sa matta de s’allum<strong>in</strong>iu<br />

bai e traga <strong>in</strong>cuni a Giovanni Maria<br />

Olivastro, olivastro,<br />

suona il campanaccio,<br />

suonalo forte, forte<br />

sopra quel monte,<br />

monte non scoperchiato,<br />

che non entri il vento<br />

e neanche la br<strong>in</strong>a<br />

solo Santa Maria,<br />

Santa Maria mandali via!<br />

Orecchio di maialetto!<br />

Orecchio lungo, lungo<br />

càricami di frasche,<br />

frasche di cisto,<br />

mucca di Pardu di Pietro Mulas,<br />

a macellarne una<br />

alla tenue luce della luna,<br />

alla tenue luce dei piatti,<br />

brama, brama, cagnol<strong>in</strong>o<br />

cagnol<strong>in</strong>o magro<br />

presso la pianta dell’arancio<br />

la pianta delle pentole<br />

vai e porta lì Giovanni Maria<br />

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62 AntigaMenti<br />

Bestiu t’apu chi torras notesta,<br />

bestiu t’apu de pannus e stravacius,<br />

bestiu t’apu de pannus a colori<br />

ognuna rundula fait s’onori,<br />

ogna orrundula fait capella,<br />

funtanedda noa<br />

e serachedda bella<br />

Le giovani attendevano i giorni della festa per uscire, dove uscire signifi-<br />

cava <strong>in</strong>dossare il vestito buono, spesso unico, tirato a lucido e andare a messa<br />

e, subito dopo, al catechismo.<br />

Ti ho vestito se tu torni stanotte,<br />

ti ho vestito di panni stracciati,<br />

ti ho vestito di panni colorati<br />

ogni ragazza si fa onore<br />

ogni ragazza è degna di fare la cappella<br />

la fontanella nuova<br />

e la servetta bella<br />

Ragazze di Gairo al catechismo negli anni C<strong>in</strong>quanta


Sfilavano le ragazze lungo il corso, senza alzare lo sguardo, e camm<strong>in</strong>a-<br />

vano decise e serie davanti agli occhi attenti dei giovanotti che avevano solo<br />

quell’occasione per vederle, dal momento che il lavoro dei campi li teneva tut-<br />

to il resto del tempo lontano dal paese. Le ragazze, dal canto loro, non circo-<br />

lavano su e giù per le strade se non per recarsi ai campi o andare alla Messa.<br />

C’era <strong>in</strong>fatti un detto: «Po biri si una picioca est bella o nou, no da depis ca-<br />

stiai candu andat a cresia, ma candu andat e torrat de su sartu» (per vedere<br />

se una ragazza è bella oppure no, non la devi guardare quando va <strong>in</strong> chiesa,<br />

ma quando và o torna dalla campagna).<br />

Così, le fanciulle, prima di uscire per recarsi ad ascoltare la messa, guar-<br />

dandosi allo specchio, arrossavano le loro guance, solo che al posto del fard,<br />

usavano un asciugamano ruvido e se lo sfregavano sul viso f<strong>in</strong>o a quando gli<br />

zigomi prendevano un bel colorito acceso.<br />

Un’altra tradizione particolarmente sentita fra le giovani era quella di<br />

str<strong>in</strong>gere un patto d’amicizia per la vita, ovvero diventare gomais de froris.<br />

In occasione del Corpus Dom<strong>in</strong>i, le donne più adulte con le ragazze più<br />

giovani raccoglievano le felci, su filigi, e con questo ricoprivano le strade lungo<br />

le quali sarebbe passata la processione del Santissimo. Lungo il percorso veni-<br />

vano realizzate delle meravigliose cappelle, secondo una tradizione che dura<br />

ancora oggi, sia a Cardedu che a Tertenia. Le cappelle venivano ornate dai<br />

tappeti e dalle tovaglie più belle che le donne di ciascun vic<strong>in</strong>ato conservava-<br />

no con cura e amore nei loro corredi e così pure le f<strong>in</strong>estre e i balconi di cia-<br />

scuna casa, venivano addobbate a festa.<br />

AntigaMenti<br />

Dopo la solenne processione, le cappelle venivano rimosse e ogni cosa<br />

tornava al suo posto; venivano ripulite le strade dalle felci che, recuperate <strong>in</strong>-<br />

teramente, venivano conservate per poi essere utilizzate <strong>in</strong> occasione della<br />

festa di San Giovanni, il 24 di giugno: sarebbero, <strong>in</strong>fatti, servite per accendere<br />

dei grandi fuochi nelle piazze e <strong>in</strong> quello scenario quasi magico si compiva un<br />

rito meraviglioso, un rito col quale la gioventù str<strong>in</strong>geva un patto reciproco di<br />

amicizia eterna, di lealtà, di aiuto <strong>in</strong> caso di bisogno. La parola data e l’impe-<br />

gno preso duravano tutta la vita. Era sufficiente che davanti al fuoco sacro,<br />

perché alimentato dalle felci utilizzate per la processione, due compagne go-<br />

mais o compagni, gopais, si str<strong>in</strong>gessero la mano o facessero un nodo su di<br />

63


64 AntigaMenti<br />

una f<strong>in</strong>e recitando la formula :<br />

Gomais seus, figlias de Deus,<br />

figlias de is Santus,<br />

gomais seus, figlias de Maria,<br />

gomais seus, e gomais abarreus!<br />

Festa del Buoncamm<strong>in</strong>o<br />

(1950)<br />

Gruppo di uom<strong>in</strong>i che ballano<br />

Comari siamo, figlie di Dio,<br />

figlie dei Santi,<br />

Comari siamo, figlie di Maria,<br />

Comari siamo e comari restiamo!


AntigaMenti<br />

Il mondo <strong>in</strong>cantato dei bamb<strong>in</strong>i<br />

I bimbi di un tempo non erano diversi né si comportavano <strong>in</strong> modo diffe-<br />

rente dai bamb<strong>in</strong>i dei giorni nostri. Come sempre il mondo dei bamb<strong>in</strong>i galop-<br />

pava sull’onda della fantasia attraverso il gioco. La differenza risiedeva forse<br />

nel fatto che quelli più ricchi restavano bamb<strong>in</strong>i più a lungo, non conoscendo<br />

fame e stenti, avendo come compagni di svago giocattoli raff<strong>in</strong>ati, bambole di<br />

ceramica al posto di bambole de stracius, soldat<strong>in</strong>i di piombo al posto di una<br />

bardunfula (trottola).<br />

Ma, da che mondo è mondo, i bamb<strong>in</strong>i hanno sempre giocato e qualun-<br />

que cosa, tra le loro mani, poteva diventare il più divertente dei giocattoli. Le<br />

femm<strong>in</strong>ucce, per esempio, amavano a giocare a “fare la mamma”: sotto le<br />

scarpe fissavano dei tappi di sughero per trasformarle <strong>in</strong> scarpe col tacchetto,<br />

cuc<strong>in</strong>avano il “pranzo” dove gli <strong>in</strong>gredienti erano... sabbia, acqua ed erba! Le<br />

torte venivano impastate con quegli <strong>in</strong>gredienti saporiti e decorate con piccolis-<br />

sime pietre al posto dei canditi, le foglie dei fichi d‘India ben si prestavano a<br />

fare la carne comprata dal macellaio e le caramell<strong>in</strong>e colorate, <strong>in</strong> una bottiglia<br />

piena d’acqua, diventava il liquore da offrire alle amiche <strong>in</strong> visita.<br />

Agli <strong>in</strong>viti erano ammessi anche i maschietti i quali, mentre le signore pre-<br />

paravano quei manicaretti a base di terra e fango, si <strong>in</strong>trattenevano a giocare a<br />

mestieri “da uom<strong>in</strong>i”. Realizzavano le stalle e i rec<strong>in</strong>ti con le frasche e la legna<br />

rubata dalla catasta, per ricoverare i loro fantasiosi animali. Talvolta non c’era<br />

proprio bisogno di niente, perché il giocattolo poteva diventare anche il sempli-<br />

ce braccio del compagno di giochi.<br />

“Cadiredda de prata, cadiredda de oru”(seggiol<strong>in</strong>a d’argento, seggiol<strong>in</strong>a<br />

d’oro)<br />

In questo gioco semplicissimo e altrettanto divertente, due bamb<strong>in</strong>i tene-<br />

vano con una mano il proprio avambraccio e con l’altra reggevano l’avambrac-<br />

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66 AntigaMenti<br />

Chiesa di Buoncamm<strong>in</strong>o.<br />

Prima Comunione dei bamb<strong>in</strong>i residenti a Cardedu con Don Puddu e i loro genitori<br />

Gairo, 1950. Scuola di Genna de Masoni.<br />

Giulia Gaviano con i compagni


cio di un secondo compagno.<br />

Le braccia così <strong>in</strong>catenate formavano sa cadiredda su cui doveva sedersi<br />

un terzo bimbo. Quando quest’ultimo aveva preso posto, sa cadiredda si met-<br />

teva a correre, mentre tutti cantavano la filastrocca, f<strong>in</strong>o a quando esaurite le<br />

energie, i due bimbi scioglievano sa cadiredda, lasciando che il passeggero,<br />

non sempre pronto di riflessi, facesse un bel ruzzolone tra le risate generali di<br />

tutti che a turno si divertivano a portare e ad essere portati sulla seggiol<strong>in</strong>a<br />

più bella che esistesse.<br />

È sempre Marianna Cucca a ricordare i tanti giochi che le nonn<strong>in</strong>e Ligas<br />

e Demurtas avevano il piacere di raccontarle.<br />

“Perdigeddas”<br />

Ma ci si poteva <strong>in</strong>ventare un gioco con le pietre? Evidentemente sì. Si<br />

recuperavano c<strong>in</strong>que pietre piccole e tonde. Lanciandone una, si dovevano<br />

raccogliere da terra le altre. V<strong>in</strong>ceva il giocatore che per primo riusciva a rac-<br />

coglierne tre <strong>in</strong>sieme.<br />

“Sa funi”<br />

Capitava spesso di prendere <strong>in</strong> prestito la fune usata per impastoiare il<br />

cavallo, o l’as<strong>in</strong>o o gli altri animali. La fune veniva fatta girare su due lati da<br />

due giocatori, mentre il terzo saltava al centro. Quando il saltatore vi <strong>in</strong>ciam-<br />

pava doveva lasciare il suo posto al compagno.<br />

“A Campana”<br />

Si disegnava con la carbonella un percorso sulla strada. Con una pietra<br />

piatta si doveva centrare la prima, la seconda, f<strong>in</strong>o all’ultima casella. Si ese-<br />

guiva il percorso saltellando su un solo piede e superando vari livelli di difficol-<br />

tà, come ad esempio saltare due caselle contemporaneamente.<br />

AntigaMenti<br />

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68 AntigaMenti<br />

Cigiri o fà?<br />

Si portavano le mani strette a pugno, dietro la schiena e si nascondevano<br />

<strong>in</strong> una ceci e nell’altra fave. Chi guidava il gioco mostrava ai compagni le mani<br />

e quelli dovevano <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>are dov’erano le fave o i ceci.<br />

Un gioco, questo, che somiglia a ”Tedassu miu tedassu, comenti biu fac-<br />

cu, conca’e susu o conca’e basciu? In quest’altra versione si poteva nascondere<br />

nelle mani qualsiasi oggetto.<br />

Su giogu de s’aneddu<br />

In questo gioco i bamb<strong>in</strong>i, seduti <strong>in</strong> cerchio, tenevano davanti al petto le<br />

mani giunte. Uno di loro nascondeva nelle proprie un anello, che molto spesso<br />

era di carta argentata, e passando dall’uno all’altro, con le sue socchiudeva le<br />

mani dei compagni lasciandovi cadere l’anello, di nascosto.<br />

A turno gli altri dovevano scoprire chi di loro aveva il “prezioso” oggetto e<br />

i perdenti erano tenuti a fare una penitenza.


AntigaMenti<br />

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92 AntigaMenti<br />

Maria de is grazias ses Patrona<br />

De sole risplendente ses bestia<br />

E deo oe cun sa oghe mie<br />

Ti chelzo preparare una corona<br />

De rosas e fiores de <strong>in</strong>cantu<br />

E chelzo istare sempre a tie acantu<br />

E chelzo istare acantu a tie ebia<br />

O Verg<strong>in</strong>e de is grazias, Maria.<br />

Piena ses de grazia, Imaculada<br />

Rosa de chelu chi no at tramontu<br />

Rosa div<strong>in</strong>a ch’<strong>in</strong> su chelu at postu<br />

Gesus pro rallegrare sos fiores<br />

Sos anghelos ti cant<strong>in</strong>e sas lodes<br />

Cun sos versos gentilos pius bellos<br />

Ed eo a tie cun sa oghe mia<br />

Sempere laudare ti cheria.<br />

Istella lum<strong>in</strong>osa de su chelu<br />

Illum<strong>in</strong>a sa mente e donzi coro<br />

Prite ca podes Mama, tie solu<br />

Dare lughe <strong>in</strong> s’oscuru sentieru<br />

E podes guidare dae chelu<br />

A chie a donzi istante e <strong>in</strong> donzi logu<br />

A tie solu Mama Santa giamada<br />

Isculta custa fiza chi ti amat.<br />

Isculta Mama bella poderosa<br />

Tue chi de su chelu ses sa palma<br />

Sposa de su Signore, fiza e mama<br />

Maria de is grazias


Dotada de belleza e donzi cosa<br />

Ses puru, forte, santa e virtuosa<br />

E ses de totus nois puru mama<br />

A tie, a tie solu, a tie ebia<br />

Mama de su chelu onore e lode sia.<br />

A tie, Mama de chelu, pura e santa<br />

A donzi istante totus diant lode<br />

Prite ca nos as dadu su fiore<br />

Chi nos donat sa paghe e sa speranza<br />

A tie chi ses de chelu sa pianta<br />

Fiorida chi <strong>in</strong> donzi stagione<br />

Nos donas frutos bellos chi ristoran<br />

E a donzi istante sos coros consolan.<br />

A tie ca ses sa rosa fiorida<br />

S’isplendente, s’eterna primavera<br />

A tie chi ses sa perla pura e vera<br />

De s’eternu giard<strong>in</strong>u sa Re<strong>in</strong>a<br />

Isculta custa ardente preghiera<br />

Maternamente de su chelu guida<br />

A chie solu de ti bier bramat<br />

E cun coro s<strong>in</strong>zeru est chi ti amat.<br />

Ti amat e ti chere laudare<br />

AntigaMenti<br />

A tie impare cun su Signore e giamada a sa terra cun su mare<br />

A sa luna, s’istellas cun su sole<br />

A s’universu totu pro lodare<br />

A chie de se chelu cun amore<br />

Guida s’universu e mundu <strong>in</strong>teru<br />

93


94 AntigaMenti<br />

Su Babu poderosu de su chelu.<br />

Su Babu poderosu de su chelu<br />

Chelzo <strong>in</strong>vocare cun s<strong>in</strong>zeru coro<br />

Però di fronte a totu su perdonu<br />

Prima de totu oe eo li pedo<br />

E chelzo cun amore, amore veru<br />

Laudare sa Mama e Issu solu<br />

Laudare sa Mama e Issu ebia<br />

Prite ambos duos, adora s’anima mia.<br />

Prite ambos duos, adora s’anima mia<br />

Deo oe li chelzo domandare<br />

Chi regnit <strong>in</strong> su coro de onzi frade<br />

Paghe, serenidade e allegria<br />

E totu cantos, dae chelu, Maria<br />

De onzi dannu a nos liberare<br />

E a totus sa consolazione<br />

nos diat Issa cun su Signore.<br />

A totus diat consolazione<br />

Sa Re<strong>in</strong>a de is grazias, Maria<br />

E deo, ca custa est bidda mia<br />

Chelzo pedire a Issa e a su Segnore<br />

Chi dai chelu is benediziones<br />

Non mandit sa grazia, Maria<br />

E a custa idda e a su mundu <strong>in</strong>teru<br />

Mandit sa paghe, su Babu de su chelu.<br />

(Bruna Contu)


<strong>Cooperativa</strong> Sociale<br />

“L’<strong>Aquilone</strong>”<br />

AntigaMenti<br />

Realizzazione Progetto<br />

L<strong>in</strong>a Pisano Cardedu: Indag<strong>in</strong>e e realizzazione testi<br />

Tiziana Floris Tertenia: Indag<strong>in</strong>e e realizzazione testi<br />

Claudia Carta Verifica dei materiali.<br />

95<br />

Elaborazione ed <strong>in</strong>tegrazione dei testi.<br />

Realizzazione del libro.


.......immag<strong>in</strong>a un viaggio. Un viaggio diverso da ogni altro. Un viaggio che parte da una pag<strong>in</strong>a bianca.<br />

Una parola, una frase, un verso, un racconto. E il viaggio ha <strong>in</strong>izio. Quando quella pag<strong>in</strong>a, lentamente,<br />

raccoglie pensieri e parole di uom<strong>in</strong>i. Parole che l'<strong>in</strong>chiostro fa diventare eterne. Parole che dicono di visi e<br />

voci diversi. Di storia, di idee, di fatica e sudore. Di speranza.<br />

E così il viaggio ha <strong>in</strong>izio. E poco importa che il filo cronologico degli eventi non sia rispettato... Perché qui<br />

ciò che conta sono le parole: ricordi e avventure di chi ha fatto della sua vita una sfida, unendo la realtà<br />

all'immag<strong>in</strong>azione, il rischio all’ambizione. Voci autentiche.<br />

Tutto questo è il nostro viaggio, ma anche molto di più...alla scoperta di ciò che questo viaggio rende s<strong>in</strong>golare<br />

e avv<strong>in</strong>cente, sotto la bandiera di una l<strong>in</strong>gua. Amata, cercata, voluta, lasciata e ripresa, ignorata e<br />

riscoperta, scritta, parlata, arricchita. E' la l<strong>in</strong>gua. E' la nostra l<strong>in</strong>gua. E' la l<strong>in</strong>gua di questo libro di viaggio.<br />

Un libro che è la storia. Un libro che è la vita.<br />

Ora smetti di immag<strong>in</strong>are....e apri il libro.

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