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Maria Valtorta, Quaderni 44 estratto.pdf - Parrocchia San Michele ...

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<strong>Maria</strong> VALTORTA<br />

‘I QUADERNI DEL 19<strong>44</strong>’<br />

Centro Editoriale Valtortiano<br />

ordinati per DATA di scrittura come l’Edizione 2006;<br />

le edizioni precedenti erano invece ordinate per Numero progressivo di QUADERNO,<br />

NON per data<br />

- intercalati al testo :<br />

in basso a sinistra i numeri delle stesse pagine nella Edizione<br />

1985 ristampa 2003, ordinata per Quaderno,<br />

in basso a destra i numeri della nostra impaginazione per ‘data’<br />

progressiva.<br />

NB. Ci scusiamo ché le Note sono scivolate fuori dal piè-di-pagina ed i<br />

riferimenti a pagine non corrispondono più,<br />

ma continuano ad essere validi i riferimenti alle date.<br />

19<strong>44</strong><br />

14?2?<strong>44</strong>.<br />

E ancora una dolce visione, per quanto mescolata di lacrime.1 Vedo una conca erbosa appena<br />

lievemente ondulata. Delle colline salgono dietro ad essa, placide colline dai dossi erbosi e verdi<br />

che salgono dolcemente. In basso, alla destra di come io mi trovo, ossia con la fronte volta a nord,<br />

vedo il bel lago di Tiberiade così puramente azzurro. La conca in cui mi trovo sembra essere ai<br />

piedi di queste colline, non proprio a valle ma appena sopraelevata di qualche poco sulla pianura,<br />

prima ondulazione delle retrostanti colline.<br />

Che luogo sia non so. In Galilea certo. Qui non vi sono case. Il paese è più in basso e più prossimo<br />

al lago. Pare un posto di sufficiente importanza perché è piuttosto vasto e con case già pretenziose<br />

nel loro aspetto.<br />

Gesù è qui che avanza. Solo. Cerca un luogo fresco e solitario e vi si siede.<br />

1 Della visione che ora riportiamo si incontrerà una nuova stesura del 1946, più ampia e meglio<br />

curata, che con il titolo di “Gesù e la Madre nel bosco di Matatia” andrà ad inserirsi nel ciclo del<br />

“Terzo anno di vita pubblica” dell’opera sul Vangelo.<br />

Direi che è ancora estate sebbene volgente all’autunno, perché nelle coltivazioni sparse per la<br />

campagna le vigne hanno uva matura sui tralci e già le foglie della vite si accartocciano ed ingial<br />

147<br />

liscono qua e là, bruciate dal sole estivo che ora è al tramonto e sta abbassandosi dietro alle creste<br />

delle colline. Il lago è già in ombra. Il posto dove è Gesù non ancora, perché più elevato.<br />

Gesù siede e pensa. È vestito come al solito di bianco col manto azzurro. Tiene le mani congiunte<br />

appoggiate coi gomiti sui ginocchi e sta lievemente curvo in<br />

avanti cogli occhi fissi sull’erba che ha ai piedi. Dentro per dentro 2 solleva lo sguardo e lo gira<br />

intorno: sul paese, sul lago, sull’arco delle colline. Ma è evidente che è una mossa macchinale. Egli


segue il suo pensiero e non vede ciò che ha davanti.<br />

Dalla vietta, un largo sentiero fra il verde, per la quale è salito Gesù, salgono ora <strong>Maria</strong> con<br />

Giovanni. Il discepolo porta anche una bisaccia e aiuta <strong>Maria</strong> quando trovano qualche ostacolo di<br />

pietroni o di piccoli rii, quasi asciutti, da valicare.<br />

Quando sono vicini qualche metro, Giovanni chiama: “Maestro!”. Chiama due volte e, quando Gesù<br />

si volge, Giovanni col suo bel sorriso aggiunge: “Ecco tua Madre”. E la scorta sin presso Gesù<br />

deponendo la sacca sull’erba. Poi saluta e se ne va.<br />

Gesù rimane con la Madre. Si sorridono, si carezzano, si siedono sul ciglio scelto da Gesù per<br />

sedile, l’uno presso l’altra.<br />

<strong>Maria</strong> è vestita molto di scuro. Azzurro cupo e ammantata come nell’altra visione 3. Direi che da<br />

quando è la Madre dell’Evangelizzatore Ella ha reso ancor più austero il suo abito.<br />

<strong>Maria</strong>, dopo le prime parole di mutuo affetto, apre la sacca e ne trae pane fresco, frutta e un favo di<br />

miele. E offre tutto al Figlio dicendo: “È delle nostre api, della nostra casa. Mangialo, Figlio”.<br />

Gesù sorride e spezza il pane croccante e lo mangia con un poco di miele.<br />

Intanto <strong>Maria</strong> estrae gli altri suoi tesori. Sono indumenti freschi per il suo Gesù. Li svolge dal telo<br />

in cui sono avvolti e li mostra al Figlio. Poi ripone tutto con cura e si assorbe a guardare Gesù.<br />

Lo guarda col suo sguardo così dolce, così adorante, così rispettoso. L’amore emana e tremola,<br />

come la luce su un mare al tramonto, da tutto il suo volto, le fa umidi gli occhi e sor<br />

148<br />

ridente il labbro. Ma un infinito rispetto lo contiene e, se non fosse Gesù che dopo aver mangiato le<br />

si siede ai piedi, sull’erba, e le appoggia il capo sui ginocchi, come un bambino, Ella quasi non<br />

oserebbe carezzarlo dopo il primo bacio di saluto.<br />

2 Dentro per dentro è espressione ricorrente nella scrittrice e significa Ogni tanto, Di tanto in tanto<br />

3 Del 13 febbraio, da noi indicata nella pagina precedente.<br />

Ma Egli è lì, Figlio, per la sua Mamma, Figlio della sua Mamma, ed Ella lo carezza sul capo, sui<br />

capelli lunghi e morbidi. La manina di <strong>Maria</strong> indugia, bianca su quell’oro acceso, sfiora la bella<br />

fronte del Salvatore come un’ala o un petalo di fiore. Vedo che l’espressione assorta di Gesù si<br />

rischiara come se la mano della Mamma mettesse in fuga i crucci che lo rendevano pensoso e triste.<br />

Parlano poco, nulla. Riposano. Riposano il loro cuore nella vicinanza reciproca.<br />

Poi Gesù si mette a parlare. Parla del suo ministero perché <strong>Maria</strong> vuole sapere. E interroga, perché<br />

anche Lui vuole sapere. Alla Mamma premono i particolari circa la missione del Figlio, per<br />

paragonarli al molto bene e al molto male che le è stato riportato. Al Figlio premono i particolari<br />

circa la vita che fa la Mamma ed al come la trattano parenti, amici, discepoli e popolo.<br />

Ma, a giudicare in base ai vangeli 4, studio di Gesù è di velare l’astio pericoloso che lo circonda e<br />

lo raggiunge attraverso il baluardo dei discepoli fedeli, e ciò per non affliggere la Madre. E scopo di<br />

questa è di rassicurare il Figlio che Ella non manca di niente e che il rispetto e la pace la<br />

circondano. Sono due amori che vogliono risparmiare l’uno 5 all’altro la cognizione del loro<br />

soffrire.<br />

Ma Gesù mostra di sapere che a Nazareth gli si è sempre ostili e che non poche pressioni sono state<br />

fatte a <strong>Maria</strong> in tal senso. E conclude: “Ma non importa. Io, ora, non tornerò più in Galilea. Vado in<br />

Giudea. La festa dei Tabernacoli 6 è vicina. Salgo al Tempio. Poi resterò per quelle contrade,<br />

percorrerò ancora una volta la Samaria, lavorerò dove c’è più bisogno di lavorare. Per questo,<br />

Madre, ti consiglio a prepararti a raggiungermi al principio di primavera, a stabilirti presso<br />

Gerusalemme. Ci vedremo con più facilità. Io salirò sino alla Decapoli ancora qualche volta e ci<br />

vedremo ancora. Ma poi... resterò in Giudea. Gerusalemme è<br />

149


la pecora più bisognosa di cure perché in verità è più cocciuta di vecchio montone e più rissosa di<br />

capro inselvatichito. Vado ad effondervi la Parola come rugiada che non si stanca di cadere sulla<br />

sua aridità. Quando verrai in Giudea portami, Mamma, la mia veste più bella, quella rossa che<br />

m’hai tessuta per le feste solenni. A Gerusalemme devo essere ‘Maestro’ e nel senso più vasto,<br />

poiché quegli spiriti chiusi e ipocriti guardano l’esterno più che l’interno, la veste più che la<br />

dottrina”.<br />

<strong>Maria</strong> non si inganna sulla verità di questo desiderio. Si alza, poiché anche Gesù si è alzato, e con la<br />

sua mossa abituale appoggia le mani congiunte al braccio di Gesù ed esclama: “Figlio!” con tale<br />

accento che mi fa soffrire.<br />

Gesù la stringe al suo cuore. Ed Ella piange sul cuore del Figlio. Sente che è vicina l’ora 7 del<br />

supremo dolore.<br />

4 Valga, come esempio: Giovanni 13, 21?32.<br />

5 l’uno è aggiunto da noi.<br />

6 Esodo 23, 14?17; Deuteronomio 16, 13?17.<br />

7 è vicina l’ora è nostra costruzione da l’ora è vicina.<br />

Gesù le parla: “Mamma, ti ho voluto parlare di questo in quest’ora di pace. Ti affido il mio segreto.<br />

Nessuno dei discepoli sa che non torneremo più da queste parti sino a che tutto sarà compiuto. Ma<br />

tu... Ma per te Gesù non ha segreti, Mamma. Non piangere. Ancora molte ore abbiamo di essere<br />

insieme. Per questo ti dico: vieni in Giudea. L’averti vicina mi compenserà della fatica della più<br />

difficile evangelizzazione a quei duri di cuore che fanno ostacolo alla Parola di Dio. Vieni con le<br />

discepole. Mi sarete tanto utili. Giovanni provvederà all’asilo per te. Ora, prima che egli torni,<br />

preghiamo insieme. Poi tu vai al paese, ed Io pure verrò nella notte”.<br />

E rivedo la preghiera di Gesù a <strong>Maria</strong>, ritti l’una presso l’Altro, in vera comunione col Padre.<br />

Poi Gesù resta solo, perché <strong>Maria</strong> se ne va con Giovanni, e continua a pregare ed a pensare, nella<br />

stessa posa ed espressione dell’inizio di questa visione, mentre le ombre si fanno folte intorno a Lui.<br />

[Saltiamo poco meno di 4 pagine del quaderno autografo, che portano un dettato che, posto a<br />

commento della visione precedente, parla dei dolori di <strong>Maria</strong> Ss. e costituisce la terza delle<br />

Introduzioni al ciclo della Passione della grande opera sul Vangelo.]<br />

Dice poi <strong>Maria</strong>, rispondendo ad una mia preghiera sgorgatami dal cuore dopo che avevo detto<br />

quella scritta sotto l’immagine<br />

150<br />

del Cuore Immacolato: “Nostra tenerissima Madre, svelateci i segreti del vostro Cuore Immacolato.<br />

Fate che un vostro raggio dolcissimo e puro penetri i nostri cuori e li trasformi e li prepari alle<br />

divine visite dello Spirito <strong>San</strong>to”. Io avevo aggiunto: “Sì, Mamma di Gesù e mia, svelami i segreti<br />

del tuo Cuore e prepara il mio con la tua luce”.<br />

E Lei: «Ti ho immessa nel mio Cuore di cui ti ho fatto conoscere le gioie e le lacrime. Ti ho<br />

trapassata nel cuore con il raggio della mia carità per renderti atta a comprendere la voce del mio<br />

Figlio e le luci del divino Spirito. Poiché, senza le luci del Paraclito, buio e silenzio resta nei cuori.<br />

È sempre lo Spirito, di cui sono Sposa, Quello che vi fa comprendere la Verità e vi santifica a Dio.<br />

Il Padre, il Figlio, lo Spirito <strong>San</strong>to devono essere nei vostri cuori perché possiate comprendere i<br />

segreti di Dio nelle sue triplici manifestazioni di Potenza, Redenzione, Amore. Il Padre è sempre<br />

presente nei suoi figli veri con la sua Bontà, il Figlio con la sua Dottrina e lo Spirito con la sua<br />

Luce, perché mai Esso è assente dove è santificazione, e la parola del mio Gesù è santificazione<br />

permessa dal volere del Padre che vi ama.»


[Saltiamo circa 16 pagine, le ultime del quaderno autografo, che in data 15 febbraio portano la<br />

quarta delle Introduzioni al ciclo della Passione della grande opera sul Vangelo.]<br />

151<br />

[Saltiamo le prime 5 pagine e quattro righe del quaderno autografo, che in data 16 febbraio portano<br />

il quinto dei dettati d’introduzione ciclo della Passione della grande opera sul Vangelo.]<br />

17 ? 2 ? <strong>44</strong>.<br />

[Saltiamo poco meno di 10 pagine del quaderno autografo, che portano la Descrizione del<br />

Cenacolo e addio alla Madre prima dell’Ultima Cena, appartenente al ciclo della Passione della<br />

grande opera sul Vangelo.]<br />

1 Entra nel cenacolo, ora tutto preparato.<br />

Il tavolo è ricoperto di tovaglia e stoviglie. Presso i bacili e le anfore sono anche dei salvietti per<br />

asciugarsi le mani. Sulla credenza sono posti i pani azzimi e le vivande. Ossia l’agnello arrostito,<br />

posto su un grande vassoio, e delle specie di insalatiere con dei radicchi. Il pane azzimo sembra una<br />

focaccia piuttosto pallida e pochissimo alta: due dita.<br />

Gli apostoli dànno gli ultimi tocchi ai preparativi. Portano delle anfore sulla tavola e una grande<br />

coppa la mettono davanti a Gesù insieme a dei pani che mettono qua e là. Uno è presso la coppa.<br />

Gesù va al suo posto. Al centro della tavola, avente alla sua destra Giovanni, alla sinistra Giacomo.<br />

Dopo Giovanni viene Pietro. Dopo Giacomo, Andrea. Di 2 fronte, Gesù ha l’Iscariota, il quale ha<br />

vicino uno che non conosco. Dopo questo sconosciuto è Giuda Taddeo. Insomma, i commensali<br />

sono sette nel lato della tavola che volge le spalle alla porticina, e sei nel lato che la guarda. Gesù<br />

volge le spalle alla porticina.<br />

Prima di iniziare la Cena intonano una preghiera, che si potrebbe dire cantata perché è detta su un<br />

motivo corale. Poi Gesù prende il pane e, tenendolo sulle palme delle mani, lo offre al cielo. Versa<br />

il vino nella coppa e prende a due mani questo largo<br />

155<br />

calice e lo alza, offrendolo come il pane. Poi taglia l’agnello e lo distribuisce.<br />

I primi bocconi li mangiano in piedi e a turno attingono dalle insalatiere i radicchi, li intingono in<br />

una specie di brodetto rossastro che è in piccole coppe e li mangiano. Poi si siedono e la cena<br />

continua dopo che hanno bevuto tutti un sorso alla grande coppa posta davanti a Gesù, che la fa<br />

circolare cominciando da Giovanni, poi Pietro e così via.<br />

1 Il testo che facciamo qui iniziare è la continuazione immediata di quello da noi indicato sopra e<br />

riferisce la visione dell’Ultima Cena (Matteo 26, 17?35; Marco 14, 12?31; Luca 22, 7?38; Giovanni<br />

13?17). Lo riportiamo perché non appartiene all’opera sul Vangelo, per la quale l’episodio della<br />

Cena pasquale sarà scritto di nuovo nel 1945, con maggior cura e più ampiamente.<br />

2 Di è nostra correzione da In<br />

Gesù, molto triste, dice: “Ho ardentemente desiderato di mangiare con voi questa Pasqua, perché<br />

mai più ne gusterò finché non sia venuto il regno di Dio. Allora nuovamente Io mi assiderò con gli<br />

eletti al banchetto dell’Agnello, per le nozze dei viventi col Vivente. Ma ad esso verranno<br />

solamente coloro che sono stati umili e mondi come Io sono. Venite, che Io vi purifichi. Sospendete<br />

il pasto. Vi è qualcosa di più alto e necessario del cibo dato al ventre perché si empia, anche se è


cibo santo come questo del rito pasquale. Ed è uno spirito puro, pronto a ricevere il dono del Cielo,<br />

che già scende per farsi trono in voi e darvi la vita. Dare la Vita a chi è mondo”.<br />

E Gesù si alza in piedi, si leva la veste rossa; il manto se l’era già tolto, come tutti, a l’aveva<br />

collocato sul cassapanco. Va a questo, versa dell’acqua in un bacile, cinge sopra la tunica uno di<br />

quei purificatoi che erano là piegati, porta il bacile in mezzo alla stanza, sul davanti della tavola, a<br />

mette uno sgabello davanti ad esso.<br />

Gli apostoli, che hanno guardato stupiti i preparativi, sono perplessi e Pietro dice: “Maestro, ci<br />

siamo già purificati”.<br />

“Non importa. La mia purificazione servirà a chi è già puro ad esser più puro”.<br />

E comincia dall’Iscariota a lavargli i piedi stando dietro al lettuccio?sedile e immergendo i piedi<br />

uno per uno nel bacile posto sullo sgabello. Gesù è in ginocchio. Giuda lo guarda con uno sguardo<br />

turbato, sbieco.<br />

Gesù fa il giro della tavola così, da destra. Quando arriva a Pietro questo scatta. Si ribella. Ma Gesù<br />

lo placa e gli lava con tanto amore i piedi dicendo: “Simone, Simone! Tu hai bisogno di quest’acqua<br />

per la tua anima e per il tanto cammino che devi fare. Se non ti lavo non puoi aver parte nel mio<br />

regno”.<br />

Pietro, sempre impulsivo, grida: “Ma lavami tutto, allora, Si<br />

156<br />

gnore: i piedi, le mani, il capo!”.<br />

Giovanni si è già slacciato i sandali e mentre Gesù lo lava si curva e bacia il Maestro sui capelli.<br />

Il giro finisce infine, e Gesù mette in un angolo il bacile, si slega l’asciugatoio e lo pone presso il<br />

bacile, va al suo posto, prende la veste rossa e se la mette di nuovo aggiustandola alla vita con la<br />

cintura. Mentre sta per sedersi dice: “Ora siete puri, ma non tutti. Solo coloro che ebbero volontà<br />

d’esserlo”. E guarda per un attimo Giuda, il quale si dà un contegno parlando col vicino.<br />

La Cena continua. Naturalmente vedo che bevono ma non so se ciò rientri nel rito. Bevono, non so<br />

altro.3 L’agnello è consumato. Resta nel vassoio un poco di sugo.<br />

Gesù torna a versare vino nel calice, prende un pane. Benedice e offre questo e quello e spezza il<br />

pane in tredici parti, ne dà una per una agli apostoli, fa circolare il calice e dice: “Prendete e<br />

mangiate: questo è il mio Corpo. Fate questo in<br />

3 Le due frasi che vanno da Naturalmente altro sono state aggiunte dopo dalla scrittrice, che ha<br />

inserito Naturalmente vedo che bevono su una parte di rigo rimasta in bianco, e tutto il resto in<br />

calce richiamando con una crocetta. Al primo periodo si sovrappongono delle parole scritte a<br />

matita, delle quali si riesce a leggere ma non so se siano i calici di rito al posto di ma non so se ciò<br />

rientri nel rito<br />

memoria di Me che me ne vado. Prendete e dividetelo fra voi: questo è il mio <strong>San</strong>gue, questo è il<br />

calice del nuovo patto nel <strong>San</strong>gue e per il <strong>San</strong>gue mio che sarà sparso per voi, per la remissione dei<br />

vostri peccati e per darvi la Vita. Fate anche questo in memoria di Me”.<br />

La tristezza di Gesù è tanto palese che gli apostoli divengono tristi e silenziosi.<br />

Gesù si alza facendo cenno a tutti di stare ai loro posti. Prende il calice e il 13° pezzetto di pane<br />

rimasto sul tavolo ed esce dal cenacolo. Porta alla Madre l’Eucarestia. La comunica con le sue<br />

mani. Quando Egli entra <strong>Maria</strong> è sola, in ginocchio, che prega. Il viso di <strong>Maria</strong> raggia nell’estasi<br />

eucaristica. Poi Gesù torna agli apostoli.<br />

“Il nuovo rito è compiuto. Fate questo in memoria di Me” ripete. “Io vi ho lavato i piedi per<br />

insegnarvi ad essere umili e puri come il Maestro vostro, poiché vi dico in verità che come il<br />

Maestro tali devono essere i discepoli. Non vi è discepolo maggiore al Maestro, e se Io vi ho lavati<br />

voi dovete ugualmente farlo<br />

157


l’un l’altro, ossia amarvi come fratelli, aiutandovi l’un coll’altro, venerandovi a vicenda, essendo<br />

l’un l’altro d’esempio. E siate puri per essere degni di mangiare il Pane vivo disceso dal Cielo ed<br />

avere in voi e per Esso la forza d’essere miei discepoli nel mondo nemico che vi odierà per il mio<br />

Nome. Ma uno fra voi non è puro. La mano di chi mi tradisce è meco su questa tavola e non il mio<br />

amore, non il mio Corpo e <strong>San</strong>gue, non le mie parole lo ravvedono e lo fanno pentito. Io lo<br />

perdonerei andando alla morte anche per lui”.<br />

Giuda con un sorriso dice: “Maestro, sono io quello?”<br />

“Tu lo dici, Giuda di Simone. Non Io. Tu lo dici. Io non t’ho nominato. Interroga l’interno<br />

ammonitore, la coscienza che Dio Padre t’ha data per condurti da uomo, e senti se t’accusa. Tu lo<br />

saprai prima di tutti”.<br />

Gesù parla con calma, quasi fosse una risposta accademica ad una questione propostagli. Ma gli<br />

altri sono in subbuglio. Si guardano l’un l’altro sospettosi.<br />

Pietro ha un viso poco raccomandabile. Guarda specialmente Giuda e Matteo; so che è quello<br />

perché l’Iscariota lo ha chiamato, essi sono di fronte a Pietro che perciò li vede bene. Poi tira la<br />

veste a Giovanni, che udendo parlare di tradimento si è stretto al Maestro posando il capo sul suo<br />

petto per consolarlo facendogli sentire quanto l’ama, e gli dice piano, quando Giovanni si volge e si<br />

curva verso di lui: “Chiedigli chi è”.<br />

Giovanni riprende la sua posa amorosa e, volgendo lievemente il capo in su, chiede: “Maestro, chi<br />

è?”. Lo chiede in un sussurro impercettibile, e Gesù risponde ancor più piano parlandogli fra i<br />

capelli come glie li baciasse: “Quello a cui darò un pezzo di pane intinto”.<br />

E rotto da un pane ancora intero un boccone, lo tuffa nell’intingolo lasciato dall’agnello e,<br />

allungando il braccio attraverso al tavolo, lo offre a Giuda dicendo: “Prendi, Giuda. Questo a te<br />

piace”.<br />

Giuda, ignaro del significato di quel gesto che fa inorridire Giovanni, lo prende sorridendo come<br />

nulla fosse, un brutto sorriso ma sempre sorriso, e lo mangia.<br />

“Tutto è qui compiuto” dice Gesù. “Quello che resta ancora da fare altrove, fàllo presto, Giuda di<br />

Simone”.<br />

Giuda si alza di scatto. Il suolo gli deve scottare sotto i piedi e<br />

158<br />

lo sguardo di Gesù deve essergli insostenibile. O per lo meno, sostenerlo senza tradirsi deve essere<br />

faticosissimo. Saluta, si mette il manto, sale la scaletta, apre la porta ed esce.<br />

Gesù sospira come sollevato. Anche a Gesù doveva essere faticosissimo avere di fronte il traditore.<br />

E qui odo il resto delle diverse conversazioni e dell’ammaestramento finale del Maestro, così come<br />

lo porta Giovanni 4. Vi sono unicamente diversità in qualche parola dovute ai traduttori, ma il senso<br />

è quello.<br />

Per quanto Gesù sia sempre mesto e solenne, è più sollevato di prima. Si muove con più<br />

spigliatezza, gira intorno uno sguardo più vivo, la voce è più forte. Quando dice la preghiera al<br />

Padre, in piedi, a braccia aperte, è trasfigurato. Gli apostoli lacrimano a capo chino.<br />

“Su, andiamo” dice Gesù. “Alzatevi”.<br />

Cantano un altro inno ed escono. Gesù in testa appoggiandosi a Giovanni. Dietro gli altri, fra cui<br />

uno con una torcia che ha acceso ad un becco della lumiera.<br />

La scena mi cessa qui.<br />

[Saltiamo quasi 6 pagine e mezzo del quaderno autografo, che portano un dettato d’insegnamento<br />

sull’Ultima Cena, appartenente al ciclo della Passione della grande opera sul Vangelo.]<br />

4 Giovanni da 13, 31 a 17, 26.<br />

18?2?<strong>44</strong>.


Mi ritrovo sulla via del Calvario, là dove Gesù è caduto. Al punto dove è finita l’altra<br />

contemplazione di venerdì 11 1. Sono le 11 di oggi. Credo perciò d’essere nell’ora giusta del<br />

cammino di Gesù verso la vetta del Golgota.<br />

Gesù è ancora steso sotto la sua croce col volto nella polvere. I soldati parlano col Centurione.<br />

Questo decide di fare svoltare il<br />

159<br />

corteo per una via più stretta, non selciata, che sembra girare il monte dall’altro lato, forse per<br />

rendere meno aspra la salita. È una strada formata dal piede dell’uomo più che dalla mano<br />

dell’uomo. Sale a elissi. È più lunga, ma meno ripida di questa che è rettilinea e che assale la cima<br />

con rapido dislivello.<br />

Rialzano Gesù e lentamente il corteo si mette in moto sempre seguito dalla plebe vociferante. Altra<br />

ne sale e si accoda da altri sentieri che partono dalla base del Calvario, provenienti da Gerusalemme<br />

o dalle campagne vicine.<br />

1 Al punto che abbiamo indicato con la nota 19 di pag. 100. Riportiamo anche il presente testo<br />

perché, pur trattando episodi della Passione (Matteo 27, 31?60; Marco 15, 20?47; Luca 23, 26?54;<br />

Giovanni 19, 17?40), non appartiene all’opera sul Vangelo, per la quale gli stessi episodi saranno<br />

scritti di nuovo nel 1945, con più cura e ampiezza, e distinti con i rispettivi titoli.<br />

Ad un certo punto, pochi metri dopo che Gesù ha ripreso il cammino, vi è fermo un numeroso<br />

gruppo di pie donne. Una ha in mano un’anfora. L’altra, e la riconosco per questo, ha presso una<br />

piccola servente con uno scrignetto sulle braccia e ne trae un morbido lino candidissimo di un metro<br />

quadro circa. Comprendo dalle vesti che sono ricche matrone di Gerusalemme, certo seguaci del<br />

Nazareno di cui hanno tanta pietà.<br />

La Veronica si accosta piangendo e offre il suo lino. Aiuta anzi il Redentore a stenderselo sul volto<br />

polveroso, sudato e sanguigno, cosa che con una mano sola, perché l’altra trattiene la croce, Egli<br />

potrebbe fare malamente.<br />

Le guardie romane vorrebbero respingere quel gruppo, ma poi lo lasciano passare attraverso il<br />

quadrato armato e giungere presso Gesù.<br />

Egli trova la forza di sorridere ancora. Si preme con la mano sinistra, libera, il lino sul volto e lo<br />

rende a Veronica; poi, con pause di affanno a voce afona, dice: “Non piangete su Me, figlie di<br />

Gerusalemme, ma sui peccati vostri e su quelli della vostra città. Piangete sui figli vostri, perché<br />

quest’ora non passerà senza castigo e rimpiangerete d’aver concepito e allattato, e piangeranno le<br />

madri di quel tempo, perché in verità vi dico che sarà fortunato allora chi cadrà sotto le macerie per<br />

primo”.<br />

Il corteo fa ancora qualche metro. Con sempre maggiore difficoltà, nonostante la salita sia da questo<br />

lato più dolce.<br />

Il sole scottante del quasi mezzogiorno, e di un mezzogiorno temporalesco, deve fare soffrire molto<br />

Gesù battendogli sul capo scoperto e febbrile, esasperando le piaghe sotto la tunica di lana,<br />

aumentando la sua sete. Ma Egli tace. Barcolla come ubriaco e pare sempre prossimo a stramazzare,<br />

tanto che i soldati, per fare più presto e impedirgli di cadere, lo legano alla vita e per i due<br />

160<br />

capi della corda lo tengono su, tirandolo a destra e a manca. Ma con poco utile e meno sollievo che<br />

mai, perché Gesù continua a barcollare e la fune gli sega la vita dove sono tante piaghe e urta nella<br />

croce, la quale per rimbalzo si sposta continuamente sulla spalla piagata e picchia nella corona<br />

spostandola continuamente e aumentando sgraffi a sgraffi e punture a punture. La fronte di Gesù ha<br />

un vero tatuaggio di ferite gementi sangue. Pare un lavoro di filigrana sparsa di scaglie di rubini. I<br />

capelli, là dove sono cinti dalla corona, sono appiccicati di sangue, crostosi; in essi si impiglia la<br />

corona e strappa. Tutto un tormento.<br />

Più oltre ecco <strong>Maria</strong>. È ferma contro il monte, addossata al terriccio della costa appena velata di


erba corta e rada. Ma sta in piedi. Ha un volto di agonizzante, ma non manca di fortezza. Giovanni<br />

la sorregge per un braccio. Due o tre passi indietro è il gruppo delle Marie e di altre donne che non<br />

conosco.<br />

<strong>Maria</strong> va verso Gesù. I soldati la vorrebbero respingere per fare più in fretta a giungere alla cima.<br />

Ma in quel mentre il Centurione dall’alto del suo cavallo vede salire verso di lui, da una traversa, un<br />

uomo con un carretto tirato da un ciuco, carico di ortaggi. Sul carretto sono sdraiati due monelli. Si<br />

ferma e ordina che gli sia condotto, e quando l’ha vicino gli ordina di caricarsi della croce del<br />

Condannato e si volge per indicarglielo. Vede perciò <strong>Maria</strong> respinta dai soldati e ne ha pietà. Ordina<br />

sia lasciata avvicinare.<br />

Il Cireneo nicchia ma ha anche paura delle guardie romane e si rassegna a malincuore. Giunge<br />

presso Gesù proprio nel momento che Egli, curvo sotto il peso della croce, si volge vedendo la<br />

Madre a grida: “Mamma!”. È la prima parola che gli odo e che esprime invocazione, lamento,<br />

confessione di dolore. Vi è tutto in quel “Mamma!”.<br />

<strong>Maria</strong> vacilla, quasi quel grido l’avesse colpita al cuore come una pugnalata. Risponde con voce<br />

straziata: “Figlio!”. Niente altro. Ma quel lamento fende l’aria e i cuori meno crudeli. Vorrebbe<br />

anche ? ne ha l’impulso ma si frena come temesse un più vivo scherno della folla che già insulta e<br />

deride ? vorrebbe anche abbracciare il Figlio. Ma dopo aver teso le braccia le lascia ricadere e lo<br />

guarda soltanto.<br />

Ed Egli, torcendo il capo sotto il giogo della croce che lo schiaccia, guarda Lei. Due torture che si<br />

intrecciano, due amori che si<br />

161<br />

parlano, due pietà che si compatiscono attraverso gli occhi lavati di pianto dell’Una e velati di<br />

spasimo dell’Altro.<br />

Il Cireneo sente qualcosa che si muove nel suo cuore di padre, e senza più esitare solleva con<br />

delicatezza la pesante croce e se la mette sulla spalla. E il corteo si rimette in moto.<br />

<strong>Maria</strong> con le pie donne non lo segue. Attende che passi e, sorretta da Giovanni, prende una<br />

scorciatoia per giungere alla cima prima che giunga il corteo.<br />

La contemplazione mi cessa qui.<br />

Sera di venerdì 18?2.<br />

Fra generali e fortissime sofferenze termino di descrivere la contemplazione che è stata ed è la mia<br />

tortura di oggi.<br />

Quando il corteo dei soldati e dei condannati giunge sulla cima del Calvario, essa è già invasa dalla<br />

folla che vi si è riversata dalle scorciatoie per avere un buon posto per l’ultimo atto della tragedia.<br />

Ma i soldati respingono la folla usando di piatto le daghe e rendono libera la vetta.<br />

Questa ha la forma di un trapezio molto irregolare ed è lievemente in salita, di modo che il lato più<br />

alto e stretto strapiomba poi per la pendice. Non riesco a capire il punto cardinale perché il sole<br />

cade a perpendicolo, dato che è mezzogiorno, e non mi oriento.<br />

La piccola piazza che è destinata ai supplizi è fatta dunque così: [segue grafico]<br />

Il lato A è il più alto ed è verso questo che ci sono i buchi delle croci. Questi non sono scavati al<br />

momento, ma sono come costruiti: buchi fondi un buon metro e tappezzati di mattoni, se non erro, o<br />

di ardesie per renderli più resistenti. Vicino ad ognuno vi sono pietre e terra, non so per che uso. Vi<br />

sono altri buchi, ma in questi sono ancora pietre nel buco; forse servono per quando i condannati<br />

sono molti.2<br />

2 frase che va da Vi sono sono molti è aggiunta in calce alla pagina dalla scrittrice, che l’ha<br />

richiamata nel testo con una crocetta.<br />

162<br />

Le due strade che conducono alla cima sono dove ho fatto la freccia: f, e la linea quadrettata: e. La<br />

linea quadrettata e è la strada lastricata e più ripida che hanno dovuto abbandonare per la debolezza


di Gesù, e si capisce che è quella solitamente usata per condurre i suppliziandi al posto<br />

dell’esecuzione. La strada f è invece quella ad uso della folla che va ad assistere alle esecuzioni. Ma<br />

questa volta è stato invertito l’ordine solito.<br />

Lungo il lato D del trapezio, e più basso di questo di circa due metri, vi è come un largo bastione<br />

naturale: una seconda piazzuola più bassa e digradante dolcemente, molto comoda agli spettatori<br />

macabri. Vi si accede tanto dalla strada e come dalla strada f. Anche ai lati C e B vi è una specie di<br />

largo marciapiede, di modo che il trapezio della cima è come un palcoscenico visibile da tre lati.<br />

Solo sul lato A scende ripido senza gradini.3<br />

È su questa piazzuola che i soldati respingono la folla che ha invaso la cima. Sono i soldati a piedi<br />

quelli che fanno questo servizio. Quelli a cavallo circondano i condannati e aspettano che la cima<br />

sia liberata.<br />

Sullo spiazzo più basso, presso il punto che segno con la lettera h, sono in gruppo <strong>Maria</strong>, Giovanni<br />

e le Marie. Vicine, ma un poco più là, il gruppo delle donne di Gerusalemme ridotto a 5 donne. Non<br />

c’è più la Veronica con la sua ancella.<br />

I giudei che sono sulla cima scoprono il gruppo dei galilei e si dànno ad insolentire: “Galilei!<br />

Galilei! A morte i galilei! Morte al Nazareno bestemmiatore!”. Non hanno pietà neppure della<br />

Madre. Giovanni la sostiene circondandola di un braccio come per difenderla e lancia qua a là, egli,<br />

il mite Giovanni, degli sguardi in cui al dolore si mescola la minaccia verso i vili insultatori. Poi<br />

arrivano i soldati e respingono tutti giù dalla cima.<br />

Il Centurione smonta da cavallo e smontano gli altri. Un soldato prende le briglie dei cavalli, le<br />

annoda e porta il gruppo delle bestie dietro il costolone del monte, lato B 4, all’ombra del<br />

medesimo. Gli altri si avviano verso la piazzuola superiore. Mentre il Centurione sta per passare, le<br />

donne di Gerusalemme si avvi<br />

163<br />

cinano e la più influente gli dà l’anfora che ha seco e, mi pare, anche una borsa con del denaro,<br />

forse perché sia mite verso il Morente. Non so.<br />

Gesù passa ancora una volta sotto lo sguardo angosciato della Madre e sale sulla piazzuola più alta,<br />

che i soldati circondano subito di un quadrato di milizia messo lungo l’orlo della stessa. Al centro<br />

sono i tre condannati e il Cireneo con la croce di Gesù. Il Centurione dà ordine allo stesso di<br />

deporre la croce e di andarsene. I due ladroni hanno già scaraventato al suolo le loro.<br />

3 Le due frasi che vanno da Anche ai lati gradini sono state aggiunte dopo dalla scrittrice, che ha<br />

scritto fino alla parola specie su una parte di rigo rimasta in bianco, e ha continuato tutto il resto in<br />

calce alla pagina richiamando con una crocetta.<br />

4 lato B è inserito dopo dalla scrittrice.<br />

Non so da dove sbucati, appaiono quattro nerboruti ceffi vestiti di corte tuniche, armati di funi e di<br />

chiodi che me li significano per essere i boia destinati alla bisogna.<br />

Il Centurione offre a Gesù l’anfora perché beva prima d’essere crocifisso. Ma Gesù scuote il capo.<br />

Non ne vuole. Bevono invece i due ladroni.<br />

Viene dato l’ordine ai condannati di levarsi le vesti. I due ladroni lo fanno liberamente, imprecando.<br />

I boia dànno ad ognuno un sudicio straccio perché se lo leghino all’inguine.<br />

Lo offrono anche a Gesù che si spoglia con mosse lente, per lo spasimo delle ferite e del suo pudore<br />

offeso. Ma la Madre ha già prevenuto il gesto dei carnefici e, levatosi il velo bianco, sfilandoselo da<br />

sotto il manto senza levare questo dal capo, lo fa dare da Giovanni al Centurione perché lo passi a<br />

Gesù. Cosa che Longino fa senza recalcitrare.<br />

Gesù, dopo essersi slacciato i sandali e sfilato le vesti, quando giunge a doversi denudare del tutto<br />

si volge verso il lato A del trapezio, dove sono unicamente i soldati, per non mostrarsi nudo alla<br />

folla. Appare così la schiena tutta rigata di lividi e vesciche bluastre e di piaghe aperte o dalle croste<br />

sanguinose. Quella sulla spalla destra è larga quanto una mano ed è tutta viva di sangue. Ma nel


chinarsi per mettere le vesti al suolo, anche altre piaghe dalla crosta appena saldata si riaprono e,<br />

caduto il coagulo che le copriva, sangue fresco ne sgorga di nuovo.<br />

Il Centurione offre il velo di <strong>Maria</strong> a Gesù. Ed Egli, che lo riconosce, se lo avvolge, questo lungo e<br />

sottile velo di <strong>Maria</strong>, a più riprese intorno al bacino assicurandolo bene perché non possa cascare.<br />

Poi si volge verso la folla e si dirige alla croce.<br />

Ora si vede che anche il petto, le braccia, le gambe, sono segnati dai colpi dei flagelli. Le ginocchia<br />

sono sanguinanti per le<br />

164<br />

cadute. È tutto una ferita. E mancano ancora le più crudeli.<br />

Egli è l’ultimo ad essere messo sulla croce. Prima vengono legati alle rispettive i due ladri, fra<br />

bestemmie e ribellioni oscene. Poi è la volta di Gesù. Egli si stende mite sul suo legno. Mette il<br />

capo dove gli dicono di metterlo, apre le braccia come gli dicono di farlo, stende le gambe come gli<br />

ordinano. Ora è una lunghezza bianca sul marrone chiaro della croce e sul giallastro del suolo.<br />

I carnefici vengono a Lui. Due gli premono sul petto per impedirgli di reagire. Uno gli prende il<br />

braccio destro: una mano sul principio dell’avambraccio e una che tiene le dita. Osservano se<br />

corrisponde il carpo al buco fatto nella croce. Va bene. L’altro appoggia il lungo chiodo, lungo e<br />

molto grosso, dalla punta acuminata e dalla testa larga come un soldone dei tempi passati,<br />

sull’inizio del palmo, alza il pesante martello e dà il primo colpo. La punta del chiodo penetra nella<br />

carne viva, perfora l’osso, lede i nervi.<br />

Gesù ha un grido e una contrazione. Non, si aspettava quel colpo così immediato, o non ha saputo<br />

frenare lo spasimo. Risponde un gemito di creatura torturata. È <strong>Maria</strong>, che si porta le mani al viso e<br />

si curva come piegata da un peso inumano. Gesù non grida più. Si sentono solo i colpi del ferro<br />

contro il ferro. La mano destra è inchiodata.<br />

Passano alla sinistra. Non corrisponde col suo carpo al foro. Allora dànno di piglio alle funi, legano<br />

il polso e tirano fino a strappare i tendini e i muscoli ed a slogare le giunture. Ma non arriva ancora.<br />

Si rassegnano ad inchiodare dove possono. Il chiodo entra nel metacarpo con più facilità ma con<br />

maggiore spasimo perché recide i nervi. Pure Gesù non grida più. Per non torturare col suo grido la<br />

Madre. Ha soltanto un lamento soffocato dalla bocca fortemente serrata.5<br />

Ora è la volta dei piedi. Alla croce è stato fissato da prima un piccolo cuneo che è destinato ad<br />

essere di puntello ai piedi e di maggior presa al chiodo, che è ancora più lungo di quello delle mani<br />

e più grosso. Gesù, che non grida ma è tutto una contrazione di spasimo, ha il moto istintivo di<br />

ritirare le gambe quan<br />

165<br />

do comprende che stanno per essere inchiodate. Ma poi si abbandona ai carnefici. Sotto il piede<br />

sinistro e sopra il destro. Uno dei boia preme sui malleoli per tenerli fermi e preme verso le dita per<br />

tenere appoggiati i piedi, bene aderenti al cuneo. E il chiodo entra faticosamente nell’uno e l’altro<br />

piede dove ha inizio il tarso.<br />

Gesù vibra di spasimo. <strong>Maria</strong> ad ogni colpo del martello ha un soffocato gemere di colomba<br />

torturata e sta tutta curva, come fosse fra doglie di morte. Ne ha ragione, perché la crocifissione è<br />

tremenda. Ogni colpo sembra che entri col suo chiodo nel cuore.<br />

Ora è terminata. Viene per prima issata la croce di Gesù. Nelle scosse impresse per alzarla Egli<br />

deve soffrire atrocemente, perché esse smuovono gli arti perforati intorno al ferro del chiodo; le<br />

ferite devono bruciare come fuoco vivo. Anche la corona ha urti e si sposta e preme in nuovi posti.<br />

Ma quando poi la croce viene alzata, trascinata sino al buco e lasciata cadere in esso, la sofferenza<br />

di Gesù cresce in atrocità. Tutto il peso del corpo gravita ora in avanti e verso terra e quando vi è<br />

l’urto del legno contro il fondo del buco le mani si squarciano, specie la sinistra, e si allarga anche il<br />

foro dei piedi e sangue cola da tutti i lati, mentre tutto il corpo riceve una forte scossa che lo<br />

rintrona.<br />

Con la terra e le pietre messe al fianco del foro i carnefici assicurano la croce, la rincalzano per<br />

bene, premono il suolo. Poi issano i ladroni. E l’agonia finale comincia.


La folla urla e impreca, non tanto ai ladri quanto a Gesù. Mostra i pugni, lo maledice, lo schernisce.<br />

In basso, i soldati si dividono le spoglie dei condannati e per ingannare il tempo giuocano a dadi<br />

la tunica. Poi continuano a giocare come niente fosse.<br />

Longino no. Guarda. Nel guardare intorno vede <strong>Maria</strong> nel suo cantuccio del balzo sottostante e dà<br />

ordine che sia fatta salire, se lo desidera, “col figlio che l’accompagna” ? dice così Longino - presso<br />

la Croce. Crede che Giovanni sia un<br />

5 La frase che va da Ha soltanto serrata è stata aggiunta dopo dalla scrittrice, che ha scritto fino<br />

alla parola soffocato su una parte di rigo rimasta in bianco, ed ha continuato tutto il resto della frase<br />

sul margine destro della pagina, verticalmente dall’alto in basso.<br />

secondo figlio e fa il profeta senza saperlo.6 E <strong>Maria</strong> valica con Giovanni il cordone dei soldati.<br />

Lei sola e Giovanni. <strong>Maria</strong> Maddalena, <strong>Maria</strong> di Cleofa, <strong>Maria</strong> di Zebedeo e le altre restano dove<br />

sono.<br />

166<br />

La Mamma, sorretta da Giovanni, va alla sua gloriosa berlina. Il popolo non la risparmia, e non la<br />

risparmia il ladro cattivo. Disma no. La Grazia comincia ad operare in lui. Non impreca più. Dalla<br />

sua croce guarda, osserva Gesù, riflette.<br />

Le croci sono messe così: [segue grafico]<br />

<strong>Maria</strong> è fra la croce del Figlio e quella di Disma, volta verso Gesù di cui nota ogni fremito e ne<br />

muore.<br />

Gesù parla ben poco. Anela. Il suo corpo cerca trovare una posizione di sollievo, alleggerendo 7 il<br />

peso che grava sui piedi sospendendosi alle mani e facendo forza di braccia. Ma dopo pochi minuti<br />

le ferite alle mani ed il peso del corpo lo obbligano a riabbandonarsi sui piedi.<br />

Vedo le gambe scosse da quel tremito che prende i muscoli quando sono tenuti in una posizione<br />

scomoda, sforzata, ed obbligati ad una fatica superiore alle loro possibilità. Le dita dei piedi si<br />

arcuano alternativamente verso il dorso e la pianta, si divaricano, si riuniscono, parlano, con le loro<br />

mosse, del loro spasimo.<br />

Le mani e le braccia pure hanno dei tremiti, specie la destra. La sinistra è ripiegata su se stessa,<br />

come se 8 tutti i nervi delle dita fossero spezzati. Ogni volta che Gesù si lascia ricadere sui piedi, la<br />

lacerazione del metacarpo sinistro si allarga verso il pollice. 9<br />

Ma quello che è straziante a vedersi è il moto del torace, del tronco. Le coste, molto alte per<br />

conformazione e per la posizione assunta sulla croce, si disegnano sotto la pelle maculata dai<br />

flagelli e tesa nello sforzo della posizione e nell’ansito affannoso. Ma non si dilatano ancora<br />

abbastanza per dare sollievo alla pletora di sangue dei polmoni e del cuore. E anche l’addome<br />

stirato, incavato, di quel povero corpo snello e piuttosto magro, va su e giù come un velo che sbatte.<br />

167<br />

Il diaframma ha fremiti che si ripercuotono a tutto il tronco e sono visibili sotto l’arco costale,<br />

fortemente più alto della linea diaframmatica. Si vede l’urto della punta del cuore propagarsi da<br />

sotto la mammella sinistra sin verso la milza e la linea mediana del petto.<br />

6 La frase che va da Crede saperlo è stata aggiunta dopo dalla scrittrice, che ha scritto fino alla<br />

parola secondo su una parte di rigo rimasta in bianco, e ha continuato tutto il resto in calce alla<br />

pagina richiamando con una crocetta.<br />

7 alleggerendo è nostra correzione da allegerendo<br />

8 se è aggiunto da noi<br />

9 La scrittrice ha aggiunto in un secondo tempo tutta la frase, inserendo Ogni volta su una parte di


igo rimasta in bianco, e continuando tutto il resto, fino a pollice, in calce alla pagina richiamando<br />

con una crocetta.<br />

Le reni sono fortemente incavate nello sforzo della posizione e la schiena aderisce perciò<br />

fortemente colle ossa del bacino e con le scapole.<br />

Il collo dal giugulo sprofondato ha per compenso le carotidi gonfie e bluastre, e rossore di<br />

congestione monta al capo su cui il sole picchia liberamente, inietta gli occhi di sangue, fa le labbra<br />

tumide e fin violacee tanto sono accese sotto le loro sanguinanti screpolature. Il labbro superiore ha<br />

la crosta della ferita, avuta appena catturato, e dallo zigomo destro al naso è una grande lividura ed<br />

enfiagione che fa parere fin deviato il naso e semichiuso l’occhio.<br />

La corona di spine deve essere torturante. Ogni tanto Gesù si appoggia col capo al legno, specie<br />

quando cerca di far forza sui piedi per sollevare lo spasimo delle mani. E allora le spine penetrano<br />

nella nuca.<br />

Oh! non si può vedere tutto ciò!...<br />

La sete deve essere fortissima. Il Salvatore, che per l’ansito respira con la bocca socchiusa, ogni<br />

tanto tenta umettarsi le labbra arse con la lingua. Ma è asciutta anche questa.<br />

Pure trova il modo di pregare il Padre che perdoni a tutti: “Padre, perdona loro”.<br />

Questa preghiera, detta fra tanto martirio per chi lo martirizza, scuote Disma. È il colpo finale della<br />

Grazia. Egli non può più neppure sentire le bestemmie dell’altro ladro e lo rimprovera, e si<br />

raccomanda a Gesù che riconosce Signore. E Gesù, volgendo a fatica il capo stanco, trova ancora<br />

un sorriso per confortarlo e promettergli il Cielo: “Oggi sarai meco in Paradiso”.<br />

Il cielo si incupisce sempre più. Ora nel caldo afoso vengono ventate fredde che passano rapide, ad<br />

intervalli, portandosi dietro un codazzo di nubi livide. Gesù appare ancora più livido nella luce<br />

verdognola che precede il temporale. La testa gli si china sul petto, le forze vanno mancando<br />

rapidamente.<br />

Vede sua Madre ai piedi della Croce con Giovanni. “Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua<br />

Madre”.<br />

168<br />

<strong>Maria</strong> raccoglie questa eredità del suo Gesù con un volto di martire. Ma si sforza di non piangere, di<br />

resistere, per dare coraggio al suo Gesù e non straziarlo col suo pianto.<br />

Le sofferenze crescono di minuto in minuto. La soffocazione si fa più intensa e più vivo l’affanno<br />

cardiaco. Il tetano comincia la sua opera paralizzante e spasmodica. Gesù muove la bocca con<br />

maggior fatica; le mascelle si induriscono. La schiena si curva più ancora. Il moto respiratorio è<br />

sempre più inceppato e il torace resta dilatato senza riuscire a ridursi nell’espirazione.<br />

La luce decresce rapidamente dando difficoltà di seguire gli spasimi del Morente. Solo chi è presso<br />

la Croce, come <strong>Maria</strong>, Giovanni e il Centurione, li vedono bene.<br />

A gran fatica, puntandosi ancora una volta sui piedi, tendendosi quasi per offrirsi, per muovere a<br />

compassione il Padre con l’esposizione di tutte le sue piaghe e della sua angoscia, lottando contro le<br />

mascelle contratte, le fauci arse, la lingua enfiata, le labbra indurite dalla secchezza, Egli grida:<br />

“Dio mio, Dio mio (Eloi, Eloi), perché mi hai Tu abbandonato?”.<br />

Ma nessuna luce viene dal Cielo. È l’agonia senza conforto soprannaturale. L’agonia della vittima,<br />

della Grande Vittima.<br />

Ora c’è un’oscurità come di prima notte. Gerusalemme scompare avvolta in nubi di polvere<br />

sollevata dal vento e nelle tenebre di una notte precoce. Il sole non c’è più. Pare morto. Mi sembra<br />

d’essere nella luce vista nella contemplazione della risurrezione finale 10: una luce di astri spenti,<br />

una non luce.<br />

Gesù geme: “Ho sete”. Anche il vento lo tortura asciugandogli più ancora la bocca e impedendogli<br />

il respiro col suo violento soffio che gonfia i polmoni incapaci di reagire.<br />

Un soldato va ad un vaso, una specie di mortaio, dove è l’aceto col fiele, inzuppa una spugna e la<br />

alza su una canna sino al Morente, il quale apre avidamente la bocca, per quanto può, si tende in<br />

avanti, sporge la lingua, per avere un refrigerio. Trova il mordente dell’aceto per la bocca ferita e<br />

l’amaro del fiele per ultimo disgusto. Si ritrae ripugnato, accasciato. Si abbandona.


Ora tutto il peso del corpo gravita sui piedi e in avanti. Solo le anche aderiscono alla croce. Dal<br />

bacino in su è tutto staccato dal legno. La testa pende in avanti e anela, anela con ansiti sempre<br />

169<br />

più profondi, ma sempre più staccati, L’addome è già fermo. Solo il torace ha ancora dei<br />

sollevamenti. La paralisi polmonare si estende.<br />

Egli sente la morte e dice: “Tutto è compiuto!”. Lo dice con infinita rassegnazione.<br />

Un attimo di silenzio e poi, mormorata come intima preghiera: “Padre, nelle tue mani raccomando<br />

lo spirito mio”. Ancora un silenzio.<br />

Poi, alla luce crepuscolare, si vede l’ultimo spasimo di Gesù. Una convulsione che sale per tre volte<br />

dai piedi e corre per tutti i poveri nervi torturati, che alza per 3 volte l’addome, poi lo lascia, ed esso<br />

si affloscia come svuotato, contrae e gonfia per tre volte, smisuratamente, il torace, scuote le<br />

braccia, fa rovesciare indietro il capo che percuote un’ultima volta contro il legno la nuca coronata,<br />

contrae i muscoli del volto, fa dilatare le palpebre sotto la loro crosta di polvere e sangue.<br />

Resta per un buon minuto così: teso, tremante, arcuato; poi, con un grido che lacera l’aria, un<br />

grande grido, in cui è l’inizio di una parola: “Mamma”, Egli muore. Le testa ricade sul petto, il<br />

corpo in avanti, il fremito cessa e cessa il respiro. È spirato.<br />

La terra risponde al grido dell’Ucciso col suo boato mentre il vento fischia, i fulmini rigano il cielo,<br />

il terremoto scuote il suolo. Pare che sia la fine del mondo. La gente urla di terrore e si abbranca<br />

l’una all’altra.<br />

<strong>Maria</strong>, finito il suo compito santo, cede Essa pure, e Giovanni la adagia ai piedi della Croce.<br />

10 Del 29 gennaio, pag. 79.<br />

I soldati si interrogano. Possibile sia già morto? Non si muore così presto, di solito.<br />

Mentre la folla fugge presa da terrore, rimanendo sul monte solo i soldati, <strong>Maria</strong>, Giovanni e le<br />

Marie, Longino dà la lanciata a Gesù, da sotto in su, da destra verso sinistra 11. Ma Egli è ben<br />

spirato. Non si muove. Geme solo siero e sangue. Geme. Non sgorga a fiotti, a nappo, come<br />

avrebbe dovuto accadere se si fosse ferito un cuore vivo. Manca il respiro e il battito per dare<br />

impulso al sangue ed esso, già separato, scola lentamente dalle carni che si raffreddano<br />

rapidamente.<br />

170<br />

Sta col capo profondamente piegato sul petto, ed i capelli piovono in avanti velandolo. Lividore di<br />

carni su cui ondeggia il velo di <strong>Maria</strong>, alzato contro un cielo di pece sull’altare del Golgota a cui<br />

fanno da candelieri le croci dei due ladri ancora vivi. È una visione uguale a quella che per più mesi<br />

mi fu presente nella primavera del 1942. 12<br />

Vengono due giudei a parlamentare col Centurione. Gli chiedono il corpo. Longino chiama un<br />

soldato e lo manda a cavallo da Pilato per essere ben sicuro che il permesso è stato dato dal Pretore<br />

ai due giudei. Il soldato torna rapidamente. È vero.<br />

I carnefici fanno per salire sulle scale a schiodare il Cadavere. Ma Giuseppe e Nicodemo non<br />

permettono. Si levano i mantelli e salgono loro sulle scale con tenaglie e leve.<br />

Schiodano prima il palmo sinistro. Il braccio cade lungo il Corpo che pende ora semi?staccato.<br />

Chiamano Giovanni perché aiuti.<br />

I soldati sono andati via. I due ladroni, con le gambe spezzate, moriranno da loro. Non c’è più nulla<br />

da fare per le milizie. Esse si rimettono in drappello e si allontanano mentre i discepoli depongono<br />

Gesù dal suo patibolo.<br />

Dopo il braccio sinistro, mentre Giovanni montato su una scala sorregge il Corpo abbandonato di<br />

cui ha passato il braccio schiodato intorno al suo collo ? e perciò vedo benissimo l’orrenda<br />

lacerazione della mano sinistra che sembra colpita da una pallottola esplosiva tanto è lacerata<br />

irregolarmente 13 ? e lo tiene così puntellato fra la croce e la sua spalla, e Gesù ha la testa curva sul<br />

capo del Prediletto come gli parlasse ancora fra i capelli, Giuseppe e Nicodemo schiodano i piedi.


<strong>Maria</strong> è circondata dalle donne fedeli e, seduta al suolo, appoggia se stessa alla Croce.<br />

11 Da da sotto sinistra è un’aggiunta posteriore della scrittrice, inserita sul rigo.<br />

12 Tutto il brano che inizia col capoverso è stato aggiunto dopo dalla scrittrice, che ha inserito Sta<br />

col capo pro? su una parte di rigo rimasta in bianco, e ha continuato tutto il resto, fino a del 1942,<br />

richiamando con una crocetta, su un foglietto di carta incollato e ripiegato in calce alla pagina.<br />

13 La frase incidentale da e perciò irregolarmente è stata aggiunta dopo dalla scrittrice, che l’ha<br />

inserita, tra parentesi, in calce alla pagina richiamando con una crocetta.<br />

Schiodati i piedi, passano al braccio destro. È molto faticoso perché il Corpo 14 semi?staccato,<br />

nonostante gli sforzi di Giovanni, gravita in avanti, e la testa del chiodo quasi scompare fra i<br />

171<br />

margini della ferita che si è enfiata, in 15 quelle tre ore, facendo orlo. Finalmente ci riescono e con<br />

cura, Giovanni abbracciando fortemente Gesù verso le ascelle, e Giuseppe e Nicodemo<br />

sorreggendolo per le cosce, calano il Corpo.<br />

Giunti a terra, cercano dove adagiarlo. Ma la Madre lo vuole. Il suo grembo è pronto a riceverlo. Ha<br />

aperto il manto e sta con le ginocchia piuttosto aperte perché siano sedile più ampio al Figlio suo.<br />

La testa di Gesù spenzola mentre i discepoli si muovono e le braccia pendono verso terra.<br />

Eccolo dato alla Madre. <strong>Maria</strong> se lo appoggia contro la spalla, tenendolo col braccio destro contro il<br />

petto e col sinistro sorreggendolo alle anche. La testa di Gesù ora appoggia come se Egli fosse<br />

dormente sulla spalla della Madre, fra la spalla e il collo. Pare un bambino che si sia rifugiato in<br />

collo alla Madre. E Lei lo chiama, lo chiama... Poi lo stacca dalla sua spalla e, sorreggendolo<br />

sempre con il braccio destro, lo carezza con la sinistra, ne raccoglie le mani, glie le stende in<br />

grembo, le prende, le bacia e geme sulle ferite. Carezza le guance, lo bacia sui poveri occhi, sulla<br />

bocca socchiusa e enfiata, sulla fronte, e incontra le spine.<br />

I discepoli e le discepole vorrebbero aiutarla. Ma Lei non vuole. Geme: “No, no. Io, io!...” e si<br />

punge nel districare le spine dai capelli e singhiozza sentendo quelle spine che da almeno sette ore<br />

martirizzano il capo di Gesù. La corona è levata finalmente.<br />

La mano di <strong>Maria</strong>, che trema come presa da febbre, ravvia le ciocche sanguinose. Il pianto cade sul<br />

Volto, sul Corpo del mio Signore. E <strong>Maria</strong>, con un lembo del suo velo, che è ancora ai lombi di<br />

Gesù, lo deterge e asciuga levando così la polvere e le macchie che deturpano quel Viso e quel<br />

Corpo adorabile.<br />

Ma nel fare quella pietosa bisogna, la mano di <strong>Maria</strong> incontra lo squarcio del costato. Le sue dita<br />

entrano insieme al lino sottile in quella ferita. <strong>Maria</strong>, nella semiluce che appena sta tornando, si<br />

china a guardare e vede... Vede il petto aperto e il cuore del suo Figlio attraverso il taglio crudele. E<br />

urla ora la Madre. Un urlo di creatura sgozzata. È l’Agnella anche Lei e la spada le ha dato il colpo<br />

finale. Si abbatte sul corpo del Figlio e sembra morta Lei pure.<br />

Poi le levano il Morto divino e lo avvolgono in un telo pren<br />

172<br />

dendolo per le spalle e per i piedi e, mentre le donne sorreggono <strong>Maria</strong> ? portando anche la corona, i<br />

chiodi, la spugna e la canna, tutto quanto hanno potuto prendere seco ? Giovanni, Nicodemo e<br />

Giuseppe scendono trasportando Gesù verso il suo sepolcro.<br />

Sul monte restano le tre croci, di cui una è ormai nuda.<br />

La visione mi cessa qui.<br />

14 Corpo potrebbe leggersi anche Capo<br />

15 in è scritto due volte


19 ? 2 ? <strong>44</strong>.<br />

[Saltiamo circa 8 pagine del quaderno autografo, che portano la descrizione della Sepoltura di<br />

Gesù, appartenente al ciclo della Passione della grande opera sul Vangelo.]<br />

1 Giuseppe spegne una delle torce che aveva acceso per vedere meglio nel sepolcro, dove già è<br />

molto scuro, e si avvia alla porta, all’apertura, tenendo accesa una sola torcia, con la quale si fa<br />

lume mentre insieme a Nicodemo fa scorrere la pesante pietra del sepolcro al suo posto.<br />

<strong>Maria</strong>, sorretta da Giovanni, singhiozza più forte. Ora Gesù è solo nel suo sepolcro, in mezzo<br />

all’ortaglia silenziosa e già un poco scura.<br />

Il gruppo si riunisce. E per poca via giunge alla casa da cui solo ieri sera erano partiti gli apostoli<br />

con Gesù vivo e bello. Entrano <strong>Maria</strong>, Giovanni e le donne. Mi ricordo ora di aver sempre<br />

dimenticato di dire che una delle donne del gruppo pietoso era la padrona di casa. Giuseppe e<br />

Nicodemo si ritirano.<br />

<strong>Maria</strong> entra nella stanza dove ventiquattr’ore prima era con Gesù. E piange. Le donne la confortano<br />

e Giovanni anche. Ma non c’è nulla che la conforti. Ha nelle mani il suo velo bruttato di sangue, e<br />

di quel <strong>San</strong>gue, e lo bacia. Ha di fronte, su un tavolo, la corona di spine ed i chiodi e pochi altri<br />

oggetti appartenuti alla Passione, fra cui i batuffoli con cui furono strofinate le membra nel sepolcro<br />

e il lenzuolo su cui fu portato al sepolcro. È<br />

173<br />

tutto quanto le resta del Figlio.<br />

Le donne la lasciano sola, e così Giovanni, poiché Ella lo chiede.<br />

<strong>Maria</strong>, in ginocchio, piange e prega col capo appoggiato contro quei pochi oggetti. Ogni tanto la<br />

tortura del dolore, del ricordo, della solitudine, deve farsi più acuta, perché Ella chiama il suo Gesù<br />

e gli parla come fosse presente, rievoca i tempi passati quando Egli era il suo Bambino, il suo<br />

conforto, la sua compagnia. È tutta la vita familiare di Gesù che scorre fra i frammenti rievocati<br />

dalla Madre.<br />

Ella lo sa bene che risorgerà, lo crede poiché Egli l’ha detto ed Ella lo ha compreso. Ma intanto<br />

Egli è morto, Egli non c’è. Ella è sola col suo ricordo di strazio. 2<br />

“L’avessero lasciata nel sepolcro con Lui, si sarebbe sentita meno desolata. Avrebbe atteso di<br />

vederlo risorgere vegliandolo come quando era bambino. Più pesante questo sonno di morte e<br />

diverso il letto. Ma per Lei sarebbe stato ripetere un gesto fatto tante volte presso la cuna e<br />

l’avrebbe ninnato, non con la dolce ninna?nanna di allora, ma colle sue preghiere perché il<br />

Sacrificio fosse fruttuoso a tutti gli uomini, e colle sue parole d’amore e col suo perdono per<br />

gli uccisori.<br />

1 Il testo che facciamo qui iniziare è la continuazione immediata di quello da noi indicato sopra. Di<br />

esso si incontrerà una nuova stesura del 1945, più curata e ampliata, che con il titolo de “Il ritorno al<br />

Cenacolo” andrà ad inserirsi nel ciclo della “Passione” dell’opera sul Vangelo.<br />

2 La scrittrice metterà tra virgolette le parole di <strong>Maria</strong> Ss., pur continuando il discorso in terza<br />

persona.<br />

L’avessero lasciata! Si sarebbe seduta là, vicina a Lui, e le 3 sarebbe sembrato di vederlo ancora<br />

nelle fasce, come allora”.<br />

E lo strazio, dopo una pausa di ricordo velata di sorriso, ritorna più forte “perché si ricorda in che<br />

fasce è stretto Figlio suo, perché si ricorda di che ferite esse son velo”.<br />

E torna a rievocare “quando era piccino e cadeva, quando cominciò a lavorare e si feriva, che Lei<br />

tremava nel vedere il suo sangue, le sue piccole lividure, le sue lievi lacerazioni, e le medicava col<br />

suo bacio e non si quietava che quando capiva che il piccolo dolore era passato. Ed ora, ed ora...


Ora lo hanno ferito così, percosso così, trafitto, pestato, punto, scorticato così. E nessuno ha avuto<br />

pietà, e nessuno l’ha medicato, e nessuno gli era vicino a carezzare là dove altri colpiva! Oh! se ci<br />

fosse stata Lei, Lei almeno sempre vicina! Lei che, anche prima di saperlo da Giovanni, aveva già<br />

saputo della cattura, delle prime percosse,<br />

174<br />

delle sassate, degli urti, degli sputi, dei ceffoni, delle funi, Lei che, nonostante il pietoso velo<br />

gettato da Giovanni sulla verità dei tormenti, sapeva, sapeva cosa succedeva al Pretorio. Non aveva<br />

il cuore rigato, punto, percosso dai flagelli, dalle spine, dai calci, dai pugni dei crudeli che avevano<br />

flagellato, coronato, colpito il suo Gesù? Ma sì che lo aveva! E se il cuore della sua Creatura si era<br />

spezzato per la sofferenza patita dalle carni, le sue carni erano spezzate dalla sofferenza patita dal<br />

suo cuore materno”.<br />

Tutto ha condiviso la Madre: la sete, la febbre, i flagelli, le spine. E le accuse e le offese, e le<br />

bestemmie. E poi, e poi... “sul Calvario... non poterlo aiutare non potergli dare una goccia d’acqua,<br />

Lei che gli aveva dato tanto latte, non poterlo sorreggere nell’estreme ore, Ella che l’aveva sorretto<br />

ai suoi primi giorni, non potergli tenere il capo perché non urtasse contro quel legno, ma trovasse il<br />

cuore della Mamma per guanciale, per spirarvi sopra meno atrocemente”.<br />

È un’agonia spirituale non meno penosa di quella fisica del Cristo. Io ne sono spezzata. Come farà a<br />

vivere anche poche ore senza di Lui? <strong>Maria</strong> lo chiede a se stessa, alle cose che hanno toccato il suo<br />

Gesù, che son bagnate del suo sangue e del suo sudore di morte, lo chiede a Dio...<br />

“Come ha potuto permettere tante sevizie lasciandolo solo, solo, solo sulla sua croce? Lui, il Padre,<br />

così santo e buono, come ha potuto resistere al grido di quel cuore, che moriva anche del dolore di<br />

non sentirsi più aiutato dal Padre? Il ricordo del cuore la riporta alla ferita del costato. Ne cerca il<br />

segno sul suo velo. Ecco l’impronta delle sue dita, penetrate col lino nello squarcio tremendo.<br />

Eccole qui. Lei ha toccato senza volere il Cuore della sua Creatura! Il Cuore del suo Dio! Ma quel<br />

Cuore era morto! Morto! Morto!”.<br />

<strong>Maria</strong> grida quella parola in un parossismo di dolore. E chiama Dio: “Padre, Padre, pietà! Io ti<br />

amo! Noi ti abbiamo amato e Tu ci hai tanto amato. Come hai permesso fosse ferito il cuore del<br />

nostro Figlio?”.<br />

3 le è nostra correzione da gli<br />

Ma si sovviene che ormai Egli era morto e che perciò non ha sofferto di quella ferita. E allora<br />

benedice la bontà di Dio che l’ha risparmiata al suo Gesù. “Questa, questa almeno non l’hai sentita,<br />

Figlio mio. Io sola l’ho sentita, nel mio, quando ho visto<br />

175<br />

il tuo cuore aperto. Ora è nel mio la tua lancia e fruga e strazia. Ma meglio così! Tu non la senti. Ma<br />

Gesù, pietà! Un segno di Te, una carezza, una parola per la tua Mamma dal cuore straziato! Un<br />

segno, un segno, Gesù, se vuoi trovarmi viva al tuo ritorno!”<br />

Un picchio alla porta di casa empie il silenzio della casa dove solo grida il dolore di <strong>Maria</strong>. E un<br />

altro picchio più tenue all’uscio della stanza.<br />

Entra Giovanni. Parla a <strong>Maria</strong>, sottovoce. Ella annuisce. Si ricompone. Si volge verso la porta.<br />

Entra Veronica con la sua ancella. Si inginocchia di fronte a <strong>Maria</strong> che è seduta, ora. Nel vano della<br />

porta si affollano le donne fedeli. Giovanni è in piedi dietro il sedile di <strong>Maria</strong> e le tiene una mano<br />

sulla spalla, passandole il braccio sinistro dietro la schiena, come per sorreggerla. Veronica, dal<br />

cofanetto che l’ancella, pure inginocchiata, tiene fra le mani, estrae il lino e lo spiega.<br />

Il Volto vivente del Cristo è sulla tela. Un volto doloroso, ma ancora vivo nell’espressione, negli<br />

occhi aperti, nella bocca lievemente sorridente con dolore. <strong>Maria</strong> stende le braccia con un grido a<br />

cui fanno eco quelli delle donne.<br />

Veronica dà alla Madre il sudario. È giusto sia della Madre. E, delicata, si ritira con la sua ancella.<br />

Il segno è venuto. Un nulla nel mare di dolore che la sommerge, ma quel tanto che basti a non farla


morire.<br />

La contemplazione mi lascia così, col volto di <strong>Maria</strong> appoggiato sul Volto del Cristo impresso nel<br />

sudario.<br />

20 ? 2 ? <strong>44</strong>.<br />

Come le ho detto, oggi non ho avuto altra contemplazione che quella della Croce col mio Gesù che<br />

guarda in basso, ai piedi del suo patibolo; guarda a <strong>Maria</strong> e a Giovanni che, stando quasi voltati di<br />

schiena rispetto a me, guardano in alto, a Gesù.<br />

Mi si è illuminata mentre ascoltavo la Messa trasmessa per radio dalla Francia, e precisamente al<br />

<strong>San</strong>ctus. Così nitida e così parlante allo spirito, che mi sono detta che la Messa vista così è cosa di<br />

Cielo.<br />

176<br />

Poi è venuto l’inferno delle bombe... Ma neppure questo terrore è valso ad annullare la visione che<br />

avevo. M’è durata e dura per tutto il giorno.<br />

Così le posso dire che <strong>Maria</strong> ha il solito abito blu scurissimo nel quale si ammanta tutta, e che<br />

Giovanni è vestito di un viola pallido con manto nocciola chiaro.<br />

Vedo di sbieco il viso pallidissimo di <strong>Maria</strong>, pallido persino nelle labbra della bocca piegata a curva<br />

dolorosa. Sembra vecchia di oltre sessant’anni tanto il dolore la sfigura, Lei che non ne ha ancora<br />

cinquanta alla morte del Figlio.<br />

Vedo pure di sbieco Giovanni dal bel viso giovanile velato di dolore profondo, pallido lui pure e<br />

come invecchiato in poche ore. Solo i capelli lunghi e biondi, appena un poco più chiari di quelli di<br />

Gesù, sono sempre uguali e lucono con riflessi d’oro, ravviati 1 e soffici.<br />

Vedo, invece, di fronte Gesù in tutta la sua esposizione di lividi e ferite, dal volto già segnato dalla<br />

morte che si avvicina, completamente sfigurato rispetto a quello che era avanti la Passione. Noto<br />

che la Croce è molto alta. I piedi di Gesù non sono alti meno di un due metri da terra.<br />

Non vedo altro che questo. Sembra il punto in cui Gesù affida Giovanni alla Madre 2.<br />

Ora, è già notte, dice Gesù:<br />

«Tu lo hai visto quanto costi essere Salvatori. Lo hai visto in Me ed in <strong>Maria</strong> 3. Le nostre torture le<br />

hai tutte conosciute ed hai visto con che generosità, con che eroismo, con che pazienza, con che<br />

mitezza, con che costanza, con che fortezza le abbiamo subite per la carità di salvarvi.<br />

Tutti coloro che vogliono, che chiedono al Signore Iddio di fare di essi dei “salvatori”, devono ben<br />

pensare che Io e <strong>Maria</strong> siamo il modello e che quelle sono le torture da condividere per salvare.<br />

Non saranno 4 la croce, le spine, i chiodi, i flagelli mate<br />

177<br />

riali. Saranno altri, di altra forma e natura. Ma ugualmente dolorosi e ugualmente consumanti. Ed è<br />

solo consumando il sacrifccio fra quei dolori che si può divenire salvatori.<br />

È una missione austera. La più austera di tutte. Quella rispetto alla quale la vita del monaco o della<br />

monaca della più severa regola è un fiore rispetto ad un mucchio di spine. Perché questa è non<br />

regola di Ordine umano. Ma Regola di un sacerdozio, di una monacazione divina, il cui Fondatore<br />

sono Io, Io che consacro e accolgo nella mia Regola, nel mio Ordine, gli eletti ad essa, e impongo<br />

loro il mio abito: il Dolore totale, sino al sacrificio.<br />

Tu hai visto le mie sofferenze. Esse sono state volte a riparare le vostre colpe. Niente nel mio corpo<br />

è stato escluso da esse, perché niente nell’uomo è esente da colpe e tutte le parti del vostro io fisico<br />

e morale ? quell’io che Dio vi ha dato con una perfezione di opera divina e che voi avete avvilito<br />

con la colpa del progenitore


1 ravviati è lettura incerta<br />

2 Giovanni 19, 25?27.<br />

3 Nelle visioni che immediatamente precedono, sia quelle che abbiamo solo indicate (perché<br />

appartenenti all’opera sul Vangelo) sia quelle che abbiamo riportate (perché di esse la scrittrice ci<br />

darà una nuova stesura per l’opera sul Vangelo).<br />

4 saranno è nostra correzione da sarà<br />

e con le vostre tendenze al male, con la vostra volontà cattiva ? sono strumenti di cui vi servite per<br />

compiere il peccato.<br />

Ma Io sono venuto per annullare gli effetti del peccato col mio <strong>San</strong>gue e il mio dolore, lavando le<br />

vostre singole parti fisiche e morali in essi per mondarle e per renderle forti contro le tendenze<br />

colpevoli.<br />

Le mie Mani sono state ferite e imprigionate, dopo essersi stancate a portare la Croce, per riparare a<br />

tutti i delitti fatti dalla mano dell’uomo. Da quelli veri e propri di reggere e manovrare un’arma<br />

contro un fratello, facendo di voi dei Caini, a quelli di rubare, di scrivere false accuse, di fare atti<br />

contro il rispetto del vostro e dell’altrui corpo e di oziare in un’infingardia che è terreno propizio ai<br />

vostri vizi. Per le vostre illecite libertà delle mani, ho fatto crocifiggere le mie, inchiodandole al<br />

legno, privandole d’ogni moto più che lecito e necessario.<br />

I Piedi del vostro Salvatore, dopo essersi affaticati e contusi sulle pietre del mio cammino di<br />

Passione, sono stati trafitti, immobilizzati per riparare a tutto il male che voi fate coi piedi, facendo<br />

di essi il mezzo per andare ai vostri delitti, furti, fornicazioni. Ho segnato le vie, le piazze, le case,<br />

le scale di Gerusalemme, per purificare tutte le vie, le piazze, le scale, le case della terra da tutto il<br />

male che vi era nato sopra e dentro, seminato<br />

178<br />

nei secoli passati e nei secoli avvenire dal vostro mal volere, ubbidiente alle istigazioni di Satana.<br />

Le mie Carni si sono maculate, contuse, lacerate per punire in Me tutto il culto esagerato, l’idolatria<br />

che voi date alla carne vostra e di chi amate per capriccio di senso o anche per affetto che in sé non<br />

è riprovevole ma che rendete tale amando un genitore, un coniuge, un figlio, un fratello più di<br />

quanto non amiate Dio.<br />

No. Sopra ogni amore ed ogni vincolo della terra vi è, vi deve essere, l’amore per il Signore Iddio<br />

vostro. Nessuno, nessuno altro affetto deve essere superiore a questo. Amate i vostri in Dio, non<br />

sopra a Dio. Amate con tutti voi stessi Dio. Ciò non assorbirà il vostro amore al punto di rendervi<br />

indifferenti ai congiunti, ma anzi alimenterà il vostro amore per essi della perfezione attinta da Dio,<br />

perché chi ama Dio ha Dio in sé e avendo Dio ha la Perfezione.<br />

Io ho fatto delle mie Carni una piaga per levare alle vostre il veleno del senso, del non pudore, del<br />

non rispetto, dell’ambizione e ammirazione per la carne destinata a tornare polvere. Non è col culto<br />

alla carne che si porta la carne alla bellezza. È con il distacco da essa che si dà ad essa la Bellezza<br />

eterna nel Cielo di Dio.<br />

La mia Testa fu torturata da mille torture: delle percosse, del sole, delle urla, delle spine, per<br />

riparare alle colpe della vostra mente. Superbia, impazienza, insopportabilità, insofferenza pullulano<br />

come un fungaio nel vostro cervello. Io ho fatto di esso un organo torturato, chiuso in uno scrigno<br />

decorato di sangue, per riparare a tutto ciò che sgorga dal vostro pensiero.<br />

L’unica corona che ho voluto, tu l’hai vista. La corona che solo un pazzo o un suppliziato può<br />

portare. Nessuno che sia sano di mente (umanamente parlando) e libero di sé, se la impone. Ma Io<br />

ero giudicato pazzo, e pazzo, soprannaturalmente, divinamente pazzo ero, volendo morire per voi<br />

che non mi amate o mi amate così poco, volendo morire per vincere il Male in voi sapendo che lo<br />

amate più di Dio, ed ero in balìa dell’uomo, suo prigioniero, suo condannato. Io, Dio, condannato


dall’uomo.<br />

Quante impazienze voi avete per dei nonnulla, quante incompatibilità per delle inezie, quante<br />

insoffribilità per dei semplici malesseri! Ma guardate il vostro Salvatore. Meditate cosa doveva<br />

essere di eccitante quel pungere continuo in nuovi posti, quell’im<br />

179<br />

pigliarsi nelle ciocche dei capelli, quello spostarsi continuo senza dar modo di muovere il capo, di<br />

appoggiarlo in nessun modo che non desse tormento! Ma pensate cosa erano per la mia Testa<br />

torturata, dolente, febbrile, le urla della folla, le percosse sul capo, il sole cocente! Ma riflettete<br />

quale dolore dovevo avere nel mio povero cervello, andato all’agonia del Venerdì già tutto un<br />

dolore per lo sforzo subìto nella sera del Giovedì, nel mio povero cervello al quale saliva la febbre<br />

di tutto il Corpo straziato e delle intossicazioni provocate dalle torture!<br />

E nel Capo gli occhi ebbero la loro, e la sua ebbe la bocca, e la sua il naso, e la sua la lingua. Per<br />

riparare ai vostri sguardi così amanti di vedere ciò che è male e così dimentichi di cercare Dio, per<br />

riparare alle troppe e troppo bugiarde e sporche e lussuriose parole che dite invece di usare le labbra<br />

per pregare, per insegnare, per con fortare; ebbe la sua tortura il naso e la lingua per riparare alle<br />

vostre golosità e alla vostra sensualità d’olfatto, per cui pure commettete delle imperfezioni che<br />

sono terreno a più gravi colpe, e delle colpe con l’avidità di cibi superflui, senza pietà di chi ha<br />

fame, di cibi che vi potete permettere molte volte ricorrendo a mezzi illeciti di guadagno.<br />

I miei organi non furono esenti dal soffrire. Non uno di essi. Soffocazioni e tosse per i polmoni<br />

contusi dalla barbara flagellazione e resi edematici dalla posizione sulla croce. Affanno e dolore al<br />

cuore spostato e reso infermo dalla crudele flagellazione, dal dolore morale che l’aveva preceduta,<br />

dalla fatica della salita sotto il grave peso del legno, dall’anemia consecutiva a tutto il sangue che<br />

già aveva sparso. Fegato congesto; milza congesta, reni contuse e congeste.<br />

Tu l’hai vista la corona di lividi che stava intorno ai miei reni. I vostri scienziati, per dare una prova<br />

alla vostra incredulità rispetto a quella prova del mio patire che è la Sindone, spiegano come il<br />

sangue, il sudore cadaverico e l’urea di un corpo sopraaffaticato abbiano potuto, mescolandosi agli<br />

aromi, produrre quella naturale pittura del mio Corpo estinto e torturato.<br />

Meglio sarebbe credere senza aver bisogno di tante prove per credere. Meglio sarebbe dire: “Ciò è<br />

opera di Dio” e benedire Iddio che vi ha concesso di avere la prova irrefragabile della mia<br />

Crocifissione e delle precedenti torture!<br />

Ma poiché, ora, non sapete più credere con la semplicità dei<br />

180<br />

bambini, ma avete bisogno di prove scienti fiche ? povera fede, la vostra, che senza il puntello e il<br />

pungolo della scienza non sa star ritta e camminare ? sappiate che le contusioni feroci delle mie reni<br />

sono state l’agente chimico più potente nel miracolo della Sindone. Le mie reni, quasi frante dai<br />

flagelli, non hanno più potuto lavorare. Come quelle degli arsi in una vampa, sono state incapaci di<br />

filtrare, e l’urea si è accumulata e sparsa nel mio sangue, nel mio corpo, dando le sofferenze della<br />

intossicazione uremica e il reagente che trasudando dal mio cadavere fissò l’impronta sulla tela. Ma<br />

chi è medico fra voi, o chi fra voi è malato di uremìa, può capire quali sofferenze dovettero darmi le<br />

tossine uremiche, tanto abbondanti da esser capaci di produrre un’impronta indelebile.<br />

La sete. Quale tortura la sete! Eppure tu hai visto. Non ci fu uno, fra tanti, che in quelle ore mi<br />

seppe dare una goccia d’acqua. Dalla Cena in poi, Io non ebbi più nessun conforto. E febbre, sole,<br />

calore, polvere, dissanguamento, davano tanta sete al vostro Salvatore.<br />

Tu l’hai visto che ho respinto il vino mirrato. Non volevo addolcimenti al mio patire. Quando ci si<br />

è offerti vittime, bisogna essere vittime senza transazioni pietose, senza compromessi, senza<br />

addolcimenti. Occorre bere il calice così come esso è dato. Gustare l’aceto e il fiele sino in fondo.<br />

Non il vino drogato che produce intontimento del dolore.<br />

Oh! la sorte di vittima è ben severa! Ma beato chi la elegge per sua sorte.<br />

Questo il soffrire del tuo Gesù nel suo Corpo innocente. E non ti parlo delle torture dell’affetto per<br />

mia Madre e per il suo dolore. Ci voleva quel dolore. Ma per Me è stato lo strazio più crudele. Solo


il Padre sa cosa ha sofferto il suo Verbo nello spirito, nel morale, nel fisico! Anche la presenza della<br />

Madre, se è stata la cosa più desiderata dal mio cuore che aveva bisogno di avere quel conforto<br />

nella solitudine infinita che lo circondava, infinita, solitudine veniente da Dio e dagli uomini, è stata<br />

tortura.<br />

Ella doveva esser là, angelo di carne per impedire alla disperazione di assalirmi come l’angelo<br />

spirituale l’aveva impedito nel Getsemani, doveva esser là per unire il mio Dolore al suo per la<br />

vostra Redenzione, doveva esser là per ricevere l’investitura di Madre del genere umano. Ma<br />

vederla morire ad ogni mio fremito<br />

181<br />

è stato il mio più grande dolore. Neppure il tradimento, neppure la cognizione che il mio Sacrificio<br />

sarebbe stato inutile per tanti, questi due dolori che poche ore prima mi erano parsi tanto grandi da<br />

farmi sudare sangue, erano paragonabili a questo.<br />

Ma tu lo hai visto come è stata grande <strong>Maria</strong> in quell’ora. Lo strazio non le ha impedito d’esser<br />

forte ben più di Giuditta 5. Questa ha ucciso. Quella si è fatta uccidere attraverso la sua Creatura.<br />

non ha imprecato, e non ha odiato. Ha pregato, ha amato, ha ubbidito. Madre sempre, sino a<br />

pensare, fra quelle torture, che il suo Gesù aveva bisogno del suo velo verginale sulle sue carni<br />

innocenti, per difesa del suo pudore, Ella ha saputo essere nel contempo Figlia del Padre dei Cieli e<br />

ubbidire alla sua tremenda volontà di quell’ora. Non ha imprecato, non si è ribellata. Né a Dio, né<br />

agli uomini. Ha perdonato a questi. Ha detto “Fiat” a Quello.<br />

Anche dopo l’hai udita: “Padre, io ti amo e Tu ci hai amati!” Se lo ricorda e lo proclama che Dio<br />

l’ha amata e gli rinnova il suo atto di amore. In quell’ora! Dopo che il Padre l’ha trafitta e orbata<br />

della sua ragione d’essere. Lo ama. Non dice:<br />

5 Giuditta 10?13.<br />

“Non ti amo più perché Tu m’hai colpita”. Lo ama. E non si affligge per il suo dolore. Ma per<br />

quello subìto dal Figlio. Non urla per il suo cuore spezzato, ma per il mio trafitto. Di questo chiede<br />

ragione al Padre, non del suo dolore. Chiede ragione al Padre in nome del loro Figlio.<br />

Ella è ben la Sposa di Dio. Ella è ben Colei che ha concepito per coniugio con Dio. Ella lo sa che<br />

contatto umano non ha generato la sua Creatura, ma solo Fuoco sceso dal Cielo a penetrare nel suo<br />

seno immacolato e a deporvi il Germe divino, la Carne dell’Uomo?Dio, del Dio?Uomo, del<br />

Redentore del mondo. Ella lo sa, e come sposa e madre chiede ragione di quella ferita. Le altre<br />

dovevano essere date. Ma questa, quando tutto era stato compiuto, perché?<br />

Povera Mamma! Vi è stato un perché, che il tuo dolore non ti ha permesso di leggere sulla mia<br />

ferita. Ed è stato che gli uomini vedessero il Cuore di Dio. Tu lo hai visto, <strong>Maria</strong>. E non lo<br />

dimenticherai mai più.<br />

Ma, tu vedi? <strong>Maria</strong>, nonostante non veda in quel momento le<br />

182<br />

soprannaturali ragioni di quella ferita, pensa subito che essa non m’ha fatto male e ne benedice<br />

Iddio. Che quella ferita faccia tanto male a Lei, povera Mamma, Ella non se ne cura. Non ha fatto<br />

male a Me, e ciò le basta e le serve per benedire Iddio che l’immola.<br />

Chiede unicamente un poco di conforto per non morire. È necessaria alla Chiesa nascente, di cui è<br />

stata creata Madre poche ore innanzi. La Chiesa, come un neonato, ha bisogno di cure e di latte<br />

materno. <strong>Maria</strong> lo darà alla Chiesa sorreggendo gli apostoli, parlando ad essi del Salvatore,<br />

pregando per essa. Ma come lo potrebbe se spirasse questa sera? La Chiesa, che ha pochi più giorni<br />

per rimanere senza il suo Capo fra essa, rimarrebbe orfana del tutto se anche la Madre spirasse. E la<br />

sorte dei neonati orfani è sempre precaria.<br />

Dio non delude mai una giusta preghiera e conforta i suoi figli che sperano in Lui. <strong>Maria</strong> lo prova<br />

nel conforto della Veronica. Ella, la povera Mamma, ha stampato negli occhi l’effigie del mio Volto<br />

spento. Non può resistere a quella vista. Non è più il suo Gesù quello, invecchiato, enfiato, con gli


occhi chiusi che non la guardano, con la bocca contorta che non le parla e sorride. Ma ecco un volto<br />

che è di Gesù vivo. Doloroso, ferito, ma vivo ancora. Ecco il suo sguardo che la guarda, la sua<br />

bocca che par dica: “Mamma!”. Ecco il suo sorriso che la saluta ancora.<br />

Oh! <strong>Maria</strong>! Cercalo il tuo Gesù nel tuo dolore. Egli verrà sempre e ti guarderà, ti chiamerà, ti<br />

sorriderà. Divideremo il dolore, ma saremo uniti!<br />

Giovanni, o piccolo Giovanni, ha diviso con <strong>Maria</strong> e con Gesù il dolore. Sii come Giovanni,<br />

sempre. Anche in questo. Già te l’ho detto 6: “Non sarai grande per le contemplazioni e i dettati.<br />

Questi sono miei. Ma per il tuo amore. E l’amore più alto è nella compartecipazione al dolore”.<br />

Questo dà modo di intuire i minimi desideri di Dio e di renderli realtà nonostante tutti gli ostacoli.<br />

6 Nel secondo dettato del 26 dicembre 1943, ne «I quaderni del 1943», pag. 468.<br />

Guarda con che viva e delicata sensibilità Giovanni si conduce dalla notte del Giovedì alla notte del<br />

Venerdì. E oltre. Ma osserviamolo in quelle ore.<br />

Un attimo di smarrimento. Un’ora di pesantezza. Ma, superato<br />

183<br />

il sonno con l’orgasmo della cattura, e l’orgasmo con l’amore, egli viene, trascinandosi seco Pietro,<br />

perché il Maestro abbia un conforto vedendo il Capo degli apostoli e il Prediletto fra gli apostoli.<br />

E poi pensa alla Madre alla quale qualche crudele può urlare l’avvenuta cattura. E va da Lei. Egli<br />

non sa che <strong>Maria</strong> già vive gli strazi del Figlio e che, mentre gli apostoli dormivano, Ella vegliava e<br />

pregava, agonizzando col Figlio. Egli non lo sa. E va a Lei e la prepara alla notizia.<br />

E poi fa la spola fra la casa e il Pretorio, la casa e la reggia d’Erode, e da capo dalla casa al Pretorio<br />

7. E fare ciò quella mattina, traversando la folla ubbriaca di odio, con le vesti che lo accusano per<br />

galileo, non è comoda cosa. Ma l’amore lo sostiene ed egli non pensa a sé, ma ai dolori di Gesù e di<br />

sua Madre. Potrebbe esser lapidato perché seguace del Nazareno. Non importa. Egli sfida tutto. Gli<br />

altri sono fuggiti, stanno nascosti, la prudenza e la paura li conducono. Lui lo conduce l’amore e<br />

resta e si mostra. È un puro. L’amore prospera nella purezza.<br />

E se la sua pietà ed il suo buon senso di popolano lo inducono a tenere <strong>Maria</strong> lontana dalla folla e<br />

dal Pretorio ? egli non sa che <strong>Maria</strong> condivide tutte le torture del Figlio patendole spiritualmente ?<br />

quando giudica essere l’ora che Gesù ha bisogno della Madre e che non è lecito tenere oltre la<br />

Madre separata dal Figlio, egli la conduce a Lui, la sostiene, la difende.<br />

Cosa è quel pugno di persone fedeli: un uomo solo, inerme, giovane, senza autorità, a capo di<br />

poche donne, contro tutta una folla imbestialita? Nulla. Un mucchietto di foglie che il vento può<br />

disperdere. Una piccola barca su un oceano in tempesta che la può sommergere. Non importa.<br />

L’amore è la sua forza e la sua vela. Egli va armato di questo, e con questo protegge la Donna e le<br />

donne fino alla fine.<br />

Giovanni ha posseduto l’amore di compassione 8 come nessun altro al mondo, eccettuata mia<br />

Madre. Egli è il capostipite degli amorosi di questo amore. È il tuo maestro in questo. Séguilo<br />

nell’esempio che ti dà di purezza e carità e sarai grande.<br />

Va’ in pace, ora. Ti benedico.»<br />

7 La frase sarà rettificata nel dettato del 12?13 maggio, pag. 242.<br />

8 Di cui si parla nel dettato del 13 febbraio, pag. 101.<br />

184


21 ? 2 ? <strong>44</strong>.<br />

[Saltiamo poco meno di 28 pagine del quaderno autografo, che portano, in continuazione sotto la<br />

stessa data, l’episodio dell’Alba pasquale con lamento e preghiera di <strong>Maria</strong> Ss. e quello di Gesù<br />

risorto che appare alla Madre con il dettato di insegnamento, tutti appartenenti al ciclo della<br />

Glorificazione della grande opera sul Vangelo.]<br />

Come lei può capire, mentre Gesù faceva il commento alla visione dell’incontro con la Madre dopo<br />

la Risurrezione, mi dava nel contempo la vista della sua Risurrezione nel sepolcro e dell’incontro<br />

con la Maddalena. Ne sono tutta beata. Immersa nella luce del Cristo risorto, gioiosa, pacifica luce!<br />

Potrei darle il quaderno, perché a vista umana “tutto è compiuto”. Ma il Maestro mi dice che vi è<br />

ancora una cosa da unire. E aspetto.<br />

Poco più tardi dico a Gesù: “Che gioia, Signore, non vederti più soffrire in quel modo e vedere<br />

sorridere la Mamma!”.<br />

Ed Egli:<br />

«Ma non ti abbandonare a questa dolcezza. Non è questo pane che devi mangiare. Ma quello del<br />

dolore del tuo Dio e delle lacrime di <strong>Maria</strong>. Ho dovuto anticipare questa vista per fare il regalo<br />

promesso. Ma è tempo di dolore e devi contemplare il Dolore. Il Padre M.1 ha desiderato avere<br />

tutto questo per Pasqua. Ma Io voglio sia preparazione alla Pasqua per lui e per molti. Perciò digli<br />

che quando Io avrò completato con l’ultimo punto, questo mio dono, egli deve lasciare in tronco<br />

qualunque altra cosa che abbia per le mani e dedicarsi a questo. Perché sia distribuito in tempo.<br />

Così Io voglio.»<br />

Ubbidisco al suo desiderio di aver illustrata la visione della Risurrezione. Umanamente preferivo<br />

risparmiarmi questa fatica, dato che Gesù ne aveva parlato. Ma l’ubbidienza è una virtù e ubbidisco<br />

senza discutere 2.<br />

185<br />

Dunque: Mi pareva d’essere portata dalla volontà di Dio nella fresca ortaglia dove sorge il Sepolcro.<br />

Davanti ad esso, la cui pesante pietra era stata murata e sulla calcina apposti i sigilli ? parevano<br />

larghi rosoni impressi nell’intonaco e non avrebbero potuto esser rimossi senza che apparisse<br />

l’effrazione ? stavano le guardie del Tempio, semi?addormentate, parte sedute, parte in piedi<br />

appoggiate al masso del Sepolcro.<br />

Il cielo comincia appena a schiarire, di modo che ci si vede in una luce verdolina e incerta che pare<br />

rabbrividire al venticello fresco dell’alba. Tutto è silenzioso. Gli uccelli non si sono ancora<br />

svegliati.<br />

Dal cielo, dove ancora è il ricordo di qualche stella ? un cielo che pare di seta<br />

1 Padre Migliorini. Vedi la nota 2 di pag. 5 e, per il lavoro di cui si parla subito dopo, la nota 4 di<br />

pag. 17, la nota 2 di pag. 88 e la prima nota 2 di pag. 91.<br />

2 Riportiamo la descrizione che segue perché, pur trattando la risurrezione di Gesù (Matteo 28, 1?<br />

11; Marco 16, 1?9; Luca 24, 1?7; Giovanni 20, 1?18), non appartiene all’opera sul Vangelo, per la<br />

quale sarà scritta di nuovo nel 1945, con maggior cura e più ampiamente.<br />

azzurra, più chiara a oriente, più cupa a occidente ? parte come un razzo di fuoco simile a saetta<br />

terminante in un globo rutilante luce. Scende velocissimo tagliando l’aria e guizzando per gli spazi<br />

sereni.<br />

La fulgida meteora suscita, nel piombare, un boato come di terremoto, ma non è un boato discorde,<br />

ma simile a quello che le canne maggiori di un gigantesco organo possono suscitare sotto le volte di


una cattedrale ad un “Gloria” solenne. È potente e armonico ed empie della sua voce l’aria<br />

mattutina.<br />

Le guardie sorgono spaventate e si guardano intorno. Ma il fulmine di splendore è già su loro e si<br />

abbatte sulla pesante pietra, rinforzata nel suo serrame dal contrafforte di calcina con cui è stata<br />

assicurata, e questo pietrone, come fosse fragile schermo di carta velina, si abbatte ribaltato al<br />

suolo, in un fragore e in uno scuotìo di terremoto che rovescia le guardie, chi prone e chi supine al<br />

suolo, dove giacciono poi come svenute. Assenti. Esse non tornano in sé. Stanno là come un fascio<br />

di burattini ai quali siano stati spezzati i fili che li tenevano ritti. Sono ridicole.<br />

Il razzo di fuoco, molto pìù rapido di quanto io non sia nel descriverlo ? perché dalla sua<br />

apparizione nel cielo al suo giungere al Sepolcro ha messo pochi attimi, non minuti primi, ma<br />

frazione di minuto: attimo ? penetra nel buio sepolcro e to illumina di una luce fantasmagorica che<br />

pare decorare di tutte le gemme la pietra delle pareti, della volta, del suolo. E mentre il suo fulgore<br />

permane, sospeso nell’aria come essenza di quella luce, essa luce penetra nel Corpo steso sotto le<br />

sue bende funebri.<br />

186<br />

La forma immobile ha un lungo sospiro. Vedo alzarsi i lini sul petto e poi riabbassarsi. Un minuto<br />

di sosta e poi con moto repentino Cristo risorge. Disserra, deve disserrare sotto i suoi lini le mani<br />

incrociate sul basso ventre, aprire le braccia, scattare seduto, poi in piedi, perché sudario e pannilini<br />

e sindone si scompongono violentemente, e i primi cadono al suolo e la sindone scivola sulla pietra<br />

dell’unzione e resta là semi pendente, come guscio afflosciato e vuoto.<br />

Gesù è già rivestito della sua splendente veste di candore, senza più sangue né ferite, la divina Testa<br />

tutta ravviata e sfolgorante, senz’altro segno della sua tremenda Passione che i raggi che escono<br />

dalle Ferite e che, come cinque fuochi, riflettono la loro luce sulla divina Persona e la aureolano di<br />

una raggera di raggi incrociati che salgono, scendono dalle Mani e dai Piedi e raggiano a cerchio dal<br />

centro del Petto. La Ferita al Costato non si vede. La veste la copre. Ma una luminosità più viva di<br />

tutte è, come sole nascosto dietro una seta, sul Petto suo.<br />

Meno luminosi, ma tanto belli, due esseri angelici, certo penetrati con la luce nel Sepolcro e che io,<br />

presa nella contemplazione di Gesù, non ho visto prima, stanno ai due lati dell’apertura schiantata,<br />

in ginocchio, e adorano. Sono esseri incorporei, dalla forma umana ma fatta di luce, di quella “luce”<br />

beatissima che ho visto essere, nella contemplazione del Paradiso 3, proprietà dei suoi spirituali<br />

abitanti.<br />

3 Del 10 gennaio, pag. 27.<br />

Gesù, dopo l’adorazione degli angeli, esce dal Sepolcro, passa fra le guardie accecate dallo<br />

svenimento, passa per l’ortaglia. Al suo inoltrarsi per essa, emanando sulle cose il suo divino<br />

fulgore, le erbe rugiadose splendono accese da un Sole più bello del sole testé apparso in cielo e,<br />

sotto il bacio di un venticello tepido e profumato, si inchinano e si rialzano dolcemente come per<br />

venerare il Salvatore che passa sorridendo e benedicendo; i meli, che pochi fiori spruzzavano di<br />

candore, aprono le loro miriadi di corolle, e sul capo di Gesù si forma una nuvola lieve, profumata,<br />

spumosa, di migliaia e migliaia di fiori sbocciati, d’un bianco appena rosato, ai quali fa riscontro nel<br />

cielo azzurro una piccola nube che pare di velo roseo, e gli uccelli risvegliati da tanta luce cantano<br />

con tutti i loro trilli nel giardino in fiore.<br />

Gesù si ferma a parlarmi sotto un melo che è tutto una palla<br />

187<br />

di fiori dei quali qualche petalo scende, più innamorato degli altri, a carezzare le gote del suo<br />

Signore e si posa ai suoi piedi, fiore fra i fiori del suolo.<br />

Io non vedo la Maddalena altro che quando Gesù me la indica. Come, assorta in Lui, non vedo più<br />

ciò che succede delle guardie, né m’accorgo quando se la sgattaiolano. Non vedo più neppure gli<br />

angeli, ma comprendo che sono nel Sepolcro perché il suo buiore è fatto bianco dall’angelica luce.


La Maddalena piange sconsolata. Non so come faccia a non riconoscere Gesù. Forse Egli le offusca<br />

la vista per poterla chiamare per primo. Ma quando la chiama ella lo “vede” per quello che è, e<br />

come è: trionfante, e getta il suo grido di sconfinato, adorante amore, che empie tutto il giardino<br />

fiorito, e si prostra col viso nell’erba rugiadosa ai piedi di Gesù.<br />

La visione mi cessa qui.<br />

22 ? 2.<br />

[Saltiamo poco più di 8 pagine del quaderno autografo, che portano l’episodio dell’Apparizione<br />

alla Madre prima dell’Ascensione eil successivo dettato di commento, appartenenti al ciclo della<br />

Glorificazione della grande opera sul Vangelo.]<br />

«Piccolo Giovanni, abbi pazienza. Vi è dell’altro. E facciamo anche quest’altro per fare contento il<br />

tuo Direttore a compiere l’opera 1. Voglio che questo lavoro sia consegnato domani: mercoledì<br />

delle Ceneri. Voglio che tu abbia finito questa fatica perché... ti voglio far soffrire con Me.<br />

Torniamo indietro molto, molto. Torniamo al Tempio dove Io dodicenne sto disputando. Anzi<br />

torniamo nelle vie che conducono a Gerusalemme e da Gerusalemme al Tempio.»<br />

1 Più sotto sarà evidente che si tratta di un lavoro per necessità spirituali del momento, a<br />

prescindere dalla composizione organica della grande opera sul Vangelo. Tener presenti i richiami<br />

della nota 1 di pag. 130.<br />

[Il testo del dettato continua, senza interruzione, con le considerazioni sul Dolore di <strong>Maria</strong> nella<br />

perdita di Gesù. Sono altre 4 pagine emezzo circa del quaderno autografo, che saltiamo perché<br />

appartenenti al ciclo della Preparazione della grande opera sul Vangelo.]<br />

188<br />

Ora fate bene attenzione a ciò che dico.<br />

Voglio che questo fascicolo sia fatto così:<br />

I dolore: La presentazione al Tempio.<br />

II » : La sosta in terra d’Egitto.<br />

III » : Lo smarrimento mio nel Tempio.<br />

IV » : La morte di S. Giuseppe.<br />

V » : Il mio commiato a Nazaret. Poi il dettato del 10?2?<strong>44</strong>.<br />

VI » : La descrizione della visione del 13?2 (4 punti: la sinagoga, la casa di<br />

Nazareth, la predica di Gesù nella sinagoga, il colloquio con la Madre<br />

dopo esser fuggito da Nazareth).<br />

VII » : Visione del 14?2. Poi dettato del 15?2. Poi dettato del 16?2.<br />

VIII » : La Cena di Pasqua.<br />

IX » : La Passione, prendendo la visione dell’11?2?<strong>44</strong> 2 e collegandola con<br />

quella del 18?2.<br />

X » : La Sepoltura di Gesù (19?2). Poi visione e dettato del 20?2. Visione e<br />

dettato del 21?2. Visione e dettato del 22?2 sino al punto segnato così 3.<br />

L’altro dettato sul ritrovamento di Gesù net Tempio va messo al suo<br />

posto al III dolore.<br />

Il Padre farà prima il fascicolo solito per lui e per te, e tu lo correggerai perché non ci sia neppure<br />

un errore. Poi farà quelle copie che vuole per gli altri. Naturalmente ogni visione va accompagnata<br />

dal suo dettato.<br />

Il Padre voleva tutto ciò per Pasqua. Io la volevo per preparazione alla Pasqua e te la faccio<br />

consegnare oggi, poiché sono già le 4,30 del Mercoledì delle Ceneri, primo giorno di Quaresima.<br />

Al lavoro, figli. E siate benedetti. E benedetti coloro che accetteranno il dono con semplicità di


cuore e fede. In essi si accenderà quel fuoco che il Padre oggi auspicava. Il mondo non muterà nella<br />

sua ferocia. È troppo corrotto. Ma essi ne saranno consolati e sentiranno crescere in loro la sete di<br />

Dio che è fomite di santità.<br />

Va’ in pace, piccolo Giovanni. Il tuo Gesù ti ringrazia e benedice.»<br />

2 <strong>44</strong> è nostra correzione da 43<br />

3 Segue una specie di grosso asterisco, che si trova anche al termine del dettato successivo<br />

all’episodio dell’ “Apparizione alla Madre...” da noi indicato nella pagina precedente, sotto la data.<br />

189<br />

[Saltiamo le prime 11 pagine e sei righe del quaderno autografo, che portano, sotto la data del 25?<br />

2?19<strong>44</strong>, l’episodio del Primo incontro di Gesù con Giovanni e Giacomo e i due successivi dettati, il<br />

primo d’insegnamento e il secondo di chiarimento enenti al ciclo del Primo anno di vita pubblica<br />

della grande opera sul Vangelo.]<br />

26 ? 2 ? 19<strong>44</strong>.<br />

Commentando il salmo 93°.<br />

Dice Gesù:<br />

«Quante volte l’uomo, specie in questi momenti, non dice: “Ma, Signore, perché non intervieni a<br />

punire? Da’ ai superbi, ai cattivi, quanto si meritano. Se sei giusto, come puoi lasciare che i malvagi<br />

trionfino 1 e i tuoi fedeli soffrano?”.<br />

Figli, vi ricordo una parola del Vangelo: “Prima di levare la pagliuzza all’occhio del fratello, levate<br />

la trave dal vostro” 2.<br />

È vero che siete tormentati dai “grandi peccatori”. Ma non siete neppure voi senza peccato. I vostri<br />

peccati, molto minori rispetto a quelli enormi dei corruzioni del mondo, si sono andati accumulando<br />

continuamente fino a che hanno provocato lo sdegno di Dio.<br />

Dovete pensare che Dio, Perfezione e Giustizia, giudica i grandi ed i piccini, ed è ripugnato del<br />

peccato grande del grande e del peccato minore del piccolo. Se dunque dovesse intervenire a punire<br />

i grandi, come invocate, perché non gli è lecito punirvi dei vostri ripetuti e numerosi peccati?<br />

Sono peccati di nazioni intere. I cittadini di esse hanno dimenticato, sostituito Dio con infiniti altri<br />

dèi, che vanno da un “uomo” fra loro ad un’idea, da un’idea a un complesso di abitudini morali,<br />

ossia amorali, delle quali non ve ne è una che sia da Dio approvata.<br />

Che è avvenuto, perciò? Quello che avviene di una frana di rena. Vi sono posti sulla terra nei quali,<br />

per una speciale configurazione del suolo e per una sua speciale composizione, si accumulano<br />

sabbie trasportate lentamente ma continuamente dai venti in<br />

211<br />

quel dato posto. Ci vogliono dei secoli, ma viene il momento che l’accumulo è tale che non può più<br />

essere sopportato da quella ruga della terra, ed essa lo scrolla da sé provocando catastrofi che<br />

inghiottono paesi e talora città intere.<br />

1 trionfino è nostra correzione da trionfano<br />

2 Matteo 7, 3?5; Luca 6, 41?42.<br />

Se l’uomo fosse attento, provvederebbe a bilanciare l’opera dei venti con l’opera sua e spazzerebbe<br />

questi accumoli con tenacia pari a quella degli elementi. Invece non fa attenzione, ma anzi si<br />

rallegra che questi portino strati di terra dove prima era roccia o insabbino un estuario aumentando


l’area coltivabile; e sfrutta 3 il pseudo?dono del vento infido e della subdola corrente facendone<br />

fonte di lucro per godere e trionfare di più, magari a detrimento del vicino paese.<br />

Guardare a quel granello di polvere? Ma no! Cosa può fare di male? Tanto male nella sua<br />

piccolezza, che diviene grande per la cooperazione di infinite altre piccolezze, da provocare una<br />

catastrofe. Nulla di più piccino di un granello di rena. Ma mettetene milioni e miliardi insieme e poi<br />

fateli precipitare, e vedete che orribile morte vi provocano.<br />

Cosa è quel difetto? Quell’abitudine amorale? Niente: una piccolezza. Peccato grave? Ma no!<br />

Peccato veniale? Neanche! Una sola imperfezione dovuta alla fretta della vita di oggi, alle<br />

imposizioni di un complesso di circostanze. Vi dite: “Non siamo più nel medioevo. Bisogna essere<br />

all’altezza dei tempi. Vedute più larghe. Non pensare che Dio è sempre lì con foglio e penna a<br />

segnare le mie omissioni, le mie soddisfazioni, le mie transazioni. Oggi ho preferito trattare un<br />

affare che andare alla messa domenicale, o anche avere quel dieci minuti di colloquio con Dio che è<br />

la preghiera mattinale o serale. Ma se non approfittavo di stamane, quel cliente, quel professionista,<br />

non lo trovavo più; ma se perdevo quei dieci minuti, perdevo la possibilità di giungere in tempo.<br />

Domani...”.<br />

Dieci minuti! Siete stati mezz’ora a crogiolarvi nel letto, un’altra mezz’ora a questionare con la<br />

moglie ed i domestici, quasi un’ora a lisciarvi come degli effeminati. E poi non trovate dieci minuti<br />

per il vostro Dio. Avete sei giorni per trattare gli affari e ciondolate senza concludere nulla. Solo la<br />

mattina di domenica trovate che è urgentemente necessario fare quella cosa. Ma quel<br />

212<br />

professionista, quel cliente, è libero solo alla domenica! Perché? Se nessuno si facesse trovare per i<br />

suoi malvezzi, egli dovrebbe decidersi a dedicarsi ai suoi affari negli altri sei giorni.<br />

Siete amorali l’uno e l’altro e non vi curate di Dio. Ecco tutto.<br />

E così: cosa è di male la mia piccola calunnia? Non è neanche calunnia, è mormorazione. Neppure:<br />

è una barzelletta detta alle spalle di Tizio e Caio, per ridere, per farsi vedere bene informati, per<br />

entrare nelle grazie dei superiori e dei potenti. Ma in fondo quella persona la stimate. Si sa... i<br />

superiori bisogna accarezzarli per carpire loro protezione e posti buoni. Si sa... morte tua vita mia, e<br />

se al tuo posto ci vado io, che ho famiglia piena di esigenze, meglio. Tanto tu, collega, sai vivere<br />

più modestamente.<br />

E così commettete un furto di reputazione e di posto. Siete dei ladri, o ipocriti, per soddisfare alle<br />

esigenze, ai capricci dell’epicureismo familiare, della vanità sociale o femminile.<br />

3 sfrutta è nostra correzione da sfruttano<br />

E così: cosa è di male fare un poco di corte a quella signora e questa farsela fare? È levare alla vita<br />

la monotonia. Dopo torniamo semplici amici come prima. Cose senza conseguenze. Non bisogna<br />

essere dei puritani.<br />

Siete degli adulteri, o ipocriti. E lo siete talora sotto gli occhi dei vostri figli che sembra non<br />

vedano, ma vedono tutto, e che scandalizzate e obbligate a giudicarvi.<br />

Cosa è di male emanciparsi dai genitori, dal marito, essere indipendenti, farsi la propria vita come<br />

più ci piace? Cosa è fare del matrimonio un utile di avere una infermiera e una serva nella moglie o<br />

uno che fatica nel marito per i nostri bisogni e capricci, ma non una missione di procreazione e di<br />

allevamento? I figli è bene non vengano o vengano poco numerosi. Sono crucci, sono spese, sono<br />

ragioni di rancori fra i parenti A o B, fra i figli stessi che li hanno preceduti. Niente più figli dopo<br />

quell’uno o due che, non si sa come, hanno proprio voluto nascere. E nati che siano, niente logorarsi<br />

per essi. Nutrice, bambinaie, istitutrice, collegio. Dite così voi.<br />

Siete degli assassini, o ipocriti. Sopprimete delle vite o delle anime. Perché, sappiatelo, per quanto<br />

un collegio sia buono e perfetta una istitutrice, non è mai la mamma, il padre, la famiglia. Quei figli,<br />

che sono stati di tutti fuorché vostri, come vi possono amare di quell’amore grande che continua a<br />

stare unito al vostro interno come avesse radici in voi? Come possono quei fi<br />

213


gli capirvi se voi siete degli estranei a loro e viceversa? Che società deve venire da popoli in cui la<br />

prima forma della società: la famiglia, è cosa arida, morta, scissa? Un’anarchia in cui ognuno pensa<br />

a sé, se pure non pensa a nuocere agli altri?<br />

E quelle monete che risparmiate negando ad un figlio di nascere, cosa credete che siano nel vostro<br />

portafoglio? Tarlo che distrugge la sostanza, perché ciò che non spendete per un figlio, spendete tre<br />

volte aumentato per divertimenti e lussi inutili e nocivi. E perché vi sposate allora se non volete<br />

avere dei figli? A cosa riducete il talamo? Il rispetto per il mio “portavoce” mi fa tacere la risposta.<br />

Ditevela da voi, indegni.<br />

Sono tante piccole cose, se confrontate ai delitti dei grandi peccatori. Ma provocano la valanga.<br />

Quella che vi sommerge.<br />

L’ho già detto 4: Se i grandi avessero avuto di fronte ? dico contro, dico di fronte ? un popolo<br />

moralmente, cristianamente sano, compatto nell’ubbidienza alla legge di Dio e della morale anche<br />

umana, non avrebbero potuto giungere ai loro delitti. Il loro satanismo si sarebbe spezzato come<br />

spada di vetro contro un blocco di granito, si sarebbe polverizzato. E Dio vi avrebbe benedetti e<br />

protetti.<br />

Voi invece avete ammirato i delinquenti maggiori, nei quali vedevate quella perfezione di<br />

delinquenza che non potevate raggiungere voi, quella perfezione di amoralità che vi piaceva perché<br />

giustificava la vostra. Dicevate: “Se così fa lui che ammiriamo, posso fare così io pure”. Dicevate:<br />

“Se Dio protegge lui che è così, proteggerà anche me che sono molto meno”.<br />

4 Il 28 luglio 1943, ne «I quaderni del 1943», pag. 216.<br />

O stolti! Ma credete realmente che Io protegga chi, per trionfare e giungere a farsi di un altro un<br />

complice per trionfare con qualunque mezzo, “ha trucidato la vedova e l’ospite e assassinato gli<br />

orfani”? (v. 6). Chi ha tradito la fiducia altrui? Chi ha mentito a popoli interi? Chi non si è peritato<br />

di spingere al macello intere nazioni? Ma Io vedo e sento e noto. Ed è il mio dolore non potere<br />

intervenire, perché quando intervengo voi mi frustrate l’intervento con la vostra malvagità. Siete<br />

tanto avvelenati che del bene ne fate un male.<br />

Ora Io parlo a voi come foste retti di cuore, tutti, anche quelli che retti non sono. Vi voglio invitare<br />

ancora una volta.<br />

214<br />

Popolo mio, vieni al Signore. Io, il Signore, non rigetterò il popolo che viene a Me e, se mi starà<br />

vicino, provvederò ad esso “finché la giustizia non diventi giudizio, ossia finché il tempo non avrà<br />

termine e comincerà l’eternità” (v. 15). Aprirò le mie braccia a far scudo a chi in Me crede e mi<br />

invoca con cuore contrito e fiducioso della mia misericordia, e “li difenderò da coloro che vanno a<br />

caccia del giusto e condannano il sangue innocente” (v. 21). Poco ve ne è sulla terra, ma per quel<br />

poco darò ancora la grazia.<br />

Ma, ed è il vostro Dio che ve ne scongiura, ma tornate a Me. Vogliate tornare a Me. Liberatevi<br />

singolarmente dalle vostre colpe, di non fede, di disubbidienza morale, di vizio settemplice, e poi Io<br />

libererò la collettività dai suoi flagelli.»<br />

27 ? 2 ? 19<strong>44</strong>.<br />

Dice Gesù:<br />

«Ti ho fatto vedere ed udire da capo la mia sofferenza, il mio spasimo, il mio grido al Padre 1.<br />

Voi dite: “Ma perché il Padre Eterno non ci ascolta?”. Prima di non ascoltare voi, ha non ascoltato<br />

Me nell’ora dell’espiazione. Ed Io ero innocente. Anche di quei compromessi con le colpe altrui che<br />

piacciono tanto a voi.<br />

Io, come tutti gli onesti, non avevo in cuor mio disapprovato e poi apertamente approvato, o<br />

criticato apertamente ma applaudito internamente. No. Io avevo avuto un contegno, un giudizio, una


parola sola, nell’interno come nell’esterno, e l’avevo insegnato, questo mio metodo, ai miei<br />

discepoli e, attraverso ad essi, a voi: “Il vostro linguaggio sia: sì, sì; no, no” 2. Perché è colpa,<br />

sapete, anche il compromesso con la coscienza propria e altrui. non avevo neppure questa colpa e<br />

per non averla, anche per questo, ero ucciso. La mia giustizia mi aveva fatto parlare contro le colpe<br />

dei più potenti (umanamente parlando) e mi aveva attirato la loro ira. Giovanni Battista aveva già<br />

pagato la sua<br />

215<br />

rettezza con la perdita della vita 3. Ora Io perdevo la mia per uguale motivo, sempre umanamente<br />

parlando.<br />

1 Il 18 febbraio, pag. 110. Ma qui sembra riferirsi ad una rinnovata visione, forse non registrata<br />

dalla scrittrice.<br />

2 Matteo 5, 37.<br />

3 Matteo 14, 1?12; Marco 6, 14?29; Luca 9, 7?9.<br />

Chi mi uccideva non credeva che Io fossi il Figlio di Dio; al massimo mi credeva un profeta. Non<br />

pensava che Io fossi il Messia. Solo i semplici di cuore, i puri, gli umili vedevano la verità sotto<br />

l’apparenza. I grandi no. Essi erano gonfi di superbia e questa è fumo che nasconde il vero, che<br />

corrompe il cuore.<br />

Ma se non vedevano e non potevano credere che l’atteso Messia fosse un povero galileo ? loro che<br />

se lo sognavano nato in una reggia ? un mite che predicava rinuncia ? loro che lo pensavano un<br />

conquistatore di popoli, un restauratore della potenza di Giuda ? giudicavano però che Io ero un<br />

pericoloso denunciatore delle loro maleazioni e mi uccidevano per questo. Compivano il Sacrificio<br />

atteso e decretato da secoli e secoli, ma non sapevano di fare tanto. Credevano unicamente di fare<br />

cosa utile a loro. Ai loro interessi. E quella volpe astuta di Caifa disse, per giustificare il delitto che<br />

preparava per levare di mezzo Colui che temeva per le sue parole sincere e per la tema che,<br />

divenendo re, purificasse anche il Tempio dei suoi abusi: “È bene che un uomo muoia per il<br />

popolo” 4.<br />

Era bene. Un bene diverso da quello che Caifa pensava. Un bene più grande. Ma per darvelo ho<br />

conosciuto il rigore del Padre. Il suo abbandono. E tu mi hai sentito gridare il mio desolato: “Eloi,<br />

Eloi, lamma sabactani” 5. Ma il Padre non è intervenuto. Eppure non ho perduto fede in Lui, non ho<br />

perduto rassegnazione nel dolore. Sono rimasto attaccato al Cielo, anche se il Cielo in quel<br />

momento mi respingeva.<br />

E prima di Me era rimasto fedele a Dio e alla Verità, fedele e forte, il mio Precursore.<br />

Arrestato una prima volta da quel maestro del compromesso che era Erode ? il quale barcamenava<br />

fra l’ammirazione per il profeta che teneva in gran conto e che consultava e ascoltava sapendolo<br />

giusto, l’astio della moglie che odiava il Battista che ne sferzava la lussuria, e la tema dell’ira del<br />

popolo che venerava il suo profeta ? egli era stato poi rilasciato, anche per le pressioni di influenti<br />

giudei, discepoli del Battista, con l’ingiunzione<br />

216<br />

di allontanarsi e di tacere. Ecco che perciò si legge 6 che Giovanni Battista, lasciato il posto di<br />

guado del Giordano dove Io fui battezzato, quasi all’inizio del Mar Morto, e perciò più vicino alla<br />

dimora di Erode, si era portato a Enon, quasi ai confini della Samaria, dove rimase finché non fu<br />

preso una seconda volta, poiché tacere sul vizio vivente nella reggia non volle, e tenuto prigione<br />

sino alla morte.<br />

Io e il Battista siamo stati gli eroi della verità, della rettezza. Erode, un campione di frode e di<br />

compromesso. Prima aveva frodato la moglie al fratello e fatto un compromesso con la coscienza<br />

propria pur di saziare la carne. E su questa base di putridume aveva poi innalzato i suoi castelli di


delitti diversi, di cui uno è passato alla storia con la decollazione del Battista.<br />

4 Giovanni 11, 49?50; 18, 14.<br />

5 Matteo 27, 46; Marco 15, 34,<br />

6 Giovanni 3, 23?24.<br />

Pensatelo bene: la colpa è radice alla colpa. Una nasce sull’altra. E la marea del male cresce. E Dio<br />

non può piegarsi là dove vede affezione alla colpa. E se è penoso che gli innocenti soffrano per una<br />

espiazione generale, è giusto che coloro che non sanno svellere dal loro cuore la colpa provino<br />

l’abbandono di Dio con tutto il suo tossico che morde le viscere e fa urlare di spasimo, ì come Io ho<br />

urlato, Io che non ho gridato per essere torturato dai flagelli, dalle spine, dai chiodi.<br />

E ancora e sempre vi dico 7: “State uniti a Me. Io ero solo a pregare il Padre. Ma voi soli non siete.<br />

Voi avete con voi il Salvatore, il Figlio dell’Altissimo. Pregate il Padre con Me, nel mio Nome”.<br />

E a te, piccolo Giovanni, dico che tu mi vedi così perché realmente Io grido per voi, facendo mie le<br />

vostre presenti torture per vincere la Giustizia del Padre, che è talmente offesa che non si vuole<br />

piegare a misericordia. L’amore che ho per voi e la pietà che provo per voi mi dànno dolore di<br />

mistica crocifissione e grido, grido in nome vostro, per persuadere il Padre e non lasciarvi più oltre<br />

nell’abbandono.<br />

È l’ora di Satana. Ma voi che siete la mia corte della Terra, voi, anime vittime, portate al culmine il<br />

vostro sacrificio, portatelo al tormento dell’ora di nona e rimanete fedeli anche in quell’oceano di<br />

desolazione che è quell’ora e dite con Me: “Dio mio, Dio mio”. Empiamo del nostro pregare il<br />

Cielo, o anime che<br />

217<br />

mi imitate nel farvi salvatori dei fratelli attraverso il sacrificio vostro. Che il Padre senta fondersi in<br />

pietà il suo sdegno, e la sua Giustizia si plachi. Una volta ancora.»<br />

7 Già, per esempio, il 17 gennaio, pag. 56.<br />

28 ? 2 ? <strong>44</strong>.<br />

Il mio interno ammonitore mi dice:<br />

«Chiama queste contemplazioni che avrai, e che ti dirò: “I Vangeli della Fede”, perché a te e agli<br />

altri verranno ad illustrare la potenza della fede e dei suoi frutti e a confermarvi nella fede in Dio.»<br />

[Saltiamo circa 34 pagine del quaderno autografo, che portano l’episodio dell’Adorazione dei Magi<br />

e il successivo dettato d’insegnamento appartenenti al ciclo della Preparazione della grande opera<br />

sul Vangelo.]<br />

29 ? 2 ? 19<strong>44</strong>.<br />

Vedo un buio stanzone. Lo dico stanzone tanto per dire ambiente vasto e in muratura. Ma è un<br />

sotterraneo nel quale la luce entra a malapena da due feritoie a livello del suolo che servono anche<br />

per l’areazione. Molto insufficiente, d’altronde, rispetto alla quantità di gente che è nell’ambiente e<br />

all’umidità dello stesso che trasuda dalle muraglie fatte di blocchi quasi quadrati di pietra connessa<br />

con calcina, ma senza alcun intonaco, e dal suolo di terreno battuto.<br />

So che è il carcere Tullianum. Me lo dice il mio indicatore. So anche, per la stessa fonte, che quella<br />

folla accatastata in così poco spazio è data da cristiani imprigionati per la loro fede e in attesa<br />

d’esser martirizzati. È tempo di persecuzione, e precisamente una delle prime persecuzioni, perché


sento parlare di Pietro e Paolo e so che questi sono stati uccisi sotto Nerone.<br />

Non può credere con che vivezza di particolari io “veda” questo carcere e chi vi è accolto. Potrei di<br />

ogni singolo descrivere età, fisionomia e vestito. Ma allora non la finirei più. Mi li<br />

218<br />

mito perciò a dire le cose, i punti e i personaggi che più mi colpiscono.<br />

Vi sono persone di tutte le età e condizione sociale. Dai vecchi che sarebbe pietoso lasciar spegnere<br />

dalla morte, ai bambini di pochi anni che sarebbe giusto lasciar liberi e giocondi ai loro giuochi<br />

innocenti e che invece languono, poveri fiori che non vedranno mai più i fiori della terra, nella<br />

penombra malsana di questa carcere.<br />

Vi sono i ricchi dalle vesti curate ed i poveri dalle povere vesti. E anche il linguaggio ha variazioni<br />

di pronuncia e di stile a seconda che esce da labbra istruite di signori o da bocche di popolani. Si<br />

sentono anche, mescolate al latino di Roma, parole e pronunce straniere di greci, di iberi, di traci,<br />

ecc. ecc. Ma se diversi sono gli abiti e gli eloqui, uguale è to spirito guidato da carità. Essi si amano<br />

senza distinzione di razza e di censo. Si amano e cercano d’esser l’un l’altro di aiuto.<br />

I più forti cedono i posti più asciutti e più comodi ? se comodo si può chiamare qualche pietrone<br />

sparso qua e là a far da sedile e guanciale ? ai più deboli. E riparano questi con le loro vesti,<br />

rimanendo senza altra cosa che una tunica per la pudicizia, usando toghe e mantelli a far da<br />

materasso e guanciale e da coperta ai malati che tremano di febbre o ai feriti da già subìte torture. I<br />

più sani sovvengono i più malati dando loro da bere con amore: un poco d’acqua mesciuta da un<br />

orcio in un rustico recipiente, intridendo, nella stessa, strisce di tela strappate alle loro vesti per fare<br />

da bende sulle membra slogate o lacerate e alle fronti arse da febbre.<br />

E cantano dentro per dentro 1. Un canto soave che è certo un salmo o più salmi, perché si<br />

alternano. Non sento il bel canto che accompagnò la sepoltura di Agnese2. Questi sono salmi. Li<br />

riconosco.<br />

Uno di essi incomincia così: “Amo, perché il Signore ascolta la voce della mia preghiera” (S. 94)3.<br />

Un altro dice: “O Dio, Dio mio, per Te veglio dalla prima luce.<br />

219<br />

Ha sete di Te l’anima mia e molto più la mia carne. In una terra deserta, impraticabile e<br />

senz’acqua...” (S. 62).<br />

1 dentro per dentro è espressione ricorrente nella scrittrice e significa ogni tanto, di tanto in tanto<br />

2 Nella visione del 20 gennaio, pag. 63.<br />

3 Ma sembra il Salmo 116 A (volgata: 114), 1. Le indicazioni dei Salmi, che nel testo poniamo tra<br />

parentesi, sono aggiunte a matita dalla scrittrice.<br />

Un bambino geme nella semi oscurità. Il canto sospende.<br />

“Chi piange?” si chiede.<br />

“È Castulo” si risponde. “La febbre e la bruciatura non gli dànno tregua. Ha sete e non può bere<br />

perché l’acqua brucia sulle sue labbra arse dal fuoco”.<br />

“Qui vi è una madre che non può più dare il latte al suo piccino” dice una imponente matrona<br />

dall’aspetto signorile. “Mi si porti Castulo. Il latte brucia meno dell’acqua”.<br />

“Castulo a Plautina” si ordina.<br />

Si avanza uno che dalla veste giudicherei o un servo di famiglia cristiana, che condivide la sorte dei<br />

padroni, o un lavoratore del popolo. È tarchiato, bruno, robusto, coi capelli quasi rasati e una corta<br />

veste scura stretta alla vita da una cinghia. Porta con cura sulle braccia, come su una barellina, un<br />

povero bambino di sì e no otto anni. Le sue vesti, per quanto ormai sporche di terra e di macchie,<br />

sono ricche, di lana bianca e fina, e ornate al collo, alle maniche e al fondo, da una ricca greca<br />

ricamata. Anche i sandali sono ricchi e belli.


Plautina si siede su un sasso che un vecchio le cede. Plautina pure è tutta vestita di lana bianca. Non<br />

ricordo il nome delle vesti romane con esattezza, ma mi pare che questa lunga veste si chiami<br />

clamide e il manto palla. Però non garantisco della mia memoria. So che questa di Plautina è molto<br />

bella e ampia e l’avvolge con grazia facendo di lei una bellissima statua viva.<br />

Ella si siede sul masso addossato alla muraglia. Vedo distintamente i pietroni che la sovrastano, sui<br />

quali ella spicca col suo volto lievemente olivastro, dagli occhi grandi e neri e dalle trecce corvine,<br />

e con la sua candida veste.<br />

“Dàmmi, Restituto, e che Dio ti compensi” ella dice al pietoso portatore del piccolo martire. E<br />

divarica un poco le ginocchia per accogliere, come su un letto, il bambino.<br />

Quando Restituto lo posa, vedo uno scempio che mi fa raccapricciare. Il viso del povero bambino è<br />

tutto una bruciatura. Sarà stato bello forse. Ora è mostruoso. Non più che pochi capelli sul dietro del<br />

capo; davanti la cute è nuda e mangiata dal fuoco. Non più fronte né guance né naso come noi li<br />

pensiamo, ma una tumefazione rosso?viva, rósa dalla vampa come da un<br />

220<br />

acido. Al posto degli occhi, due piaghe da cui colano rare lacrime che devono essere tormento alle<br />

sue carni bruciate. Al posto delle labbra, un’altra piaga orrenda a vedersi. Si direbbe che lo hanno<br />

tenuto curvo sulla fiamma col solo viso, perché l’arsione cessa sotto il mento.<br />

Plautina si apre la tunica e, parlando con amore di vera madre, spreme la sua tonda mammella piena<br />

di latte e ne fa stillare le gocce fra le labbra del bambino, che non può sorridere, ma che le carezza<br />

la mano per mostrarle il suo sollievo. E poi, dopo averlo dissetato, fa cadere altro latte sul povero<br />

viso per medicarlo con questo balsamo, che è un sangue di madre divenuto nutrimento e che è<br />

amore di una senza più figli per uno senza più mamma.<br />

Il bambino non geme più. Dissetato, calmato nel suo spasimo, ninnato dalla matrona, si assopisce<br />

respirando affannosamente.<br />

Plautina sembra una madre dei dolori per la posa e per l’espressione. Guarda il poverino e certo<br />

vede in lui la sua creatura o le sue creature, e delle lacrime rotolano sulle sue guance, e lei getta<br />

indietro il capo per impedire che cadano sulle piaghe del piccolo.<br />

Il canto riprende: “Ho aspettato ansiosamente il Signore ed Egli a me si è rivolto ed ha ascoltato il<br />

mio grido”4.<br />

“Il Signore è il mio Pastore, non mi mancherà nulla. Egli mi ha posto in luogo di abbondanti<br />

pascoli, m’ha condotto ad acqua ristoratrice” (S. 22).<br />

“Fabio è spirato” dice una voce nel fondo del sotterraneo. “Preghiamo”, e tutti dicono il Pater ed<br />

un’altra preghiera che si inizia così: “Sia lode all’Altissimo che ha pietà dei suoi servi e schiude il<br />

suo Regno all’indegnità nostra senza chiedere alla nostra debolezza altro che pazienza e buona<br />

volontà. Sia lode al Cristo che ha patito la tortura per coloro che la sua misericordia poteva<br />

conoscere troppo deboli per subirla, e non ha loro richiesto che amore e fede. Sia lode allo Spirito<br />

che ha dato i suoi fuochi per martirio ai non chiamati alla consumazione del martirio e li fa santi<br />

della sua <strong>San</strong>tità. Così sia “ (Maran ata) (non so se scrivo giusto).<br />

“Fabio felice!” esclama un vegliardo. “Egli già vede Cristo!”<br />

Noi pure lo vedremo, Felice, e andremo a Lui con la doppia<br />

221<br />

corona della fede e del martirio. Saremo come rinati, senza ombra di macchia, poiché i peccati della<br />

nostra passata vita saranno lavati nel sangue nostro prima d’esser lavati nel <strong>San</strong>gue dell’Agnello.<br />

Molto peccammo, noi che fummo per lunghi anni pagani, ed è grande grazia che a noi venga il<br />

giubileo del martirio a farci nuovi, degni del Regno”.<br />

“Pace a voi, miei fratelli” tuona una voce che mi par subito di avere già udito.<br />

“Paolo! Paolo! Benedici!”<br />

Molto movimento avviene fra la folla. Solo Plautina resta immobile col suo pietoso peso sul<br />

grembo.<br />

“Pace a voi” ripete l’apostolo. E si inoltra sin nel centro dell’androne. “Eccomi a voi con Diomede e


Valente per portarvi la Vita”.<br />

“E il Pontefice?” chiedono in molti.<br />

“Egli vi manda il suo saluto e la sua benedizione. È vivo, per ora, e in salvo nelle catacombe. Fanno<br />

buona guardia i fossores. Egli verrebbe, ma Alessandro e Caio Giulio ci hanno avvisati che egli è<br />

troppo conosciuto dai custodi. Non sempre sono 5 di guardia Rufo e gli altri cristiani. Vengo io,<br />

meno noto e cittadino romano. Fratelli, che nuove mi date?”<br />

“Fabio è morto”.<br />

“Castulo ha subìto il primo martirio”.<br />

“Sista è stata condotta ora alla tortura”.<br />

“Lino lo hanno trasportato con Urbano e i figli di questo al Mamertino o al Circo, non sappiamo”.<br />

4 Salmo 40 (volgata: 39), 2.<br />

5 sono è nostra correzione da è<br />

“Preghiamo per loro: vivi e morti. Che il Cristo dia a tutti la sua Pace”.<br />

E Paolo, con le braccia aperte a croce, prega ? basso, bruttino anziché no, ma un tipo che colpisce ?<br />

in mezzo al sotterraneo 6. È vestito, come fosse un servo lui pure, di una veste corta e scura, ed ha<br />

un piccolo mantelletto con cappuccio che per pregare si è buttato indietro. Alle sue spalle sono i due<br />

che ha nominato, vestiti come lui, ma molto più giovani.<br />

Finita la preghiera, Paolo chiede: “Dove è Castulo?”<br />

“In grembo a Plautina, là in fondo”.<br />

222<br />

Paolo fende la folla e si accosta al gruppo. Si curva a osserva. Benedice. Benedice il bambino e la<br />

matrona. Si direbbe che il bambino si sia risvegliato ai gridi salutanti l’apostolo, perché alza una<br />

manina cercando toccare Paolo, il quale gli prende allora la mano fra le sue e parla: “Castulo, mi<br />

senti?”<br />

“Sì” dice il piccino muovendo a fatica le labbra.<br />

“Sii forte, Castulo. Gesù è con te”.<br />

“Oh! perché non me l’avete dato? Ora non posso più!” E una lacrima scende a invelenire le piaghe.<br />

“Non piangere, Castulo. Puoi inghiottire una briciola sola? Sì? Ebbene, ti darò il Corpo del Signore.<br />

Poi andrò dalla tua mamma a dirle che Castulo è un fiore del Cielo. Che devo dire alla tua<br />

mamma?”<br />

“Che io son felice. Che ho trovato una mamma. Che mi dà il suo latte. Che gli occhi non fanno più<br />

male. (Non è bugia dirlo, non è vero? per consolare la mamma?). E che io ‘vedo’il Paradiso ed il<br />

posto mio e suo meglio che se avessi questi occhi ancora vivi. Dille 7 che il fuoco non fa male<br />

quando gli angeli sono con noi, e che non tema. Né per lei, né per me. Il Salvatore ci darà forza”.<br />

“Bravo Castulo! Dirò alla mamma le tue parole. Dio aiuta sempre, o fratelli. E lo vedete. Questo è<br />

un bambino. Ha l’età in cui non si sa sopportare il dolore di un piccolo male. E voi lo vedete e<br />

l’udite. Egli è in pace. Egli è pronto a tutto subire, dopo aver già tanto subito, pur di andare da Colui<br />

che egli ama e che lo ama perché è uno di quelli che Egli amava: un fanciullo, ed è un eroe della<br />

Fede. Prendete coraggio da questi piccoli, o fratelli. Torno dall’aver portato al cimitero Lucina,<br />

figlia di Fausto e Cecilia. Non aveva che quattordici anni, e voi lo sapete se era amata dai suoi e<br />

debole di salute. Eppure fu una gigante di fronte ai tiranni. Voi lo sapete che io mi faccio passare,<br />

con questi, per fossor 8, per potere raccogliere quanti più corpi posso e deporli in suolo santo. Vivo<br />

perciò presso i tribunali e vedo, come vivo presso i circhi e osservo. E m’è conforto pensare che io<br />

pure nella mia ora ? faccia Iddio sollecita ? sarò da Lui sorretto come i santi che ci hanno preceduto.<br />

Lucina fu torturata con mille torture. Battuta, sospesa, stirata, attenagliata. E sempre guariva per<br />

223<br />

opera di Dio. E sempre resisteva a tutte le minacce. L’ultima delle torture, avanti il supplizio, fu


volta al suo spirito. Il<br />

6 sotterraneo è nostra correzione da sotterraneo<br />

7 Dille è nostra correzione da Digli<br />

8 fossor (singolare) è nostra correzione da fossores (plurale)<br />

tiranno, vedendola presa di amore per il Cristo, vergine che aveva legata se stessa al Signore Iddio<br />

nostro, volle ferirla in questo suo amore. E la condannò ad esser di un uomo. Ma uno, due, dieci che<br />

si accostarono e dieci che perirono, percossi da folgore celeste. Allora, non potendo in nessun modo<br />

spezzare e distruggere il suo giglio, il tiranno ordinò fosse legata e sospesa in modo da rimanere<br />

come seduta e poi calata precipitosamente su un cuneo pontuto che le squarciò le viscere. Credette<br />

così il barbaro di averle levato la verginità tanto amata. Ma mai tanto, come sotto quel bagno di<br />

sangue, il suo giglio fiorì più bello e dalle viscere squarciate si espanse per esser colto dall’angelo di<br />

Dio. Ora ella è in pace. Coraggio, fratelli. Ieri l’avevo nutrita del Pane celeste e col sapore di quel<br />

Pane ella andò all’ultimo martirio. Ora darò anche a voi quel Pane perché domani è giorno di festa<br />

sovrumana per voi. Il Circo vi attende. E non temete. Nelle fiere e nei serpenti voi vedrete aspetti<br />

celesti poiché Dio compierà per voi questo miracolo, e le fauci e le spire vi parranno abbracci<br />

d’amore, i ruggiti e i sibili voci celesti, e come Castulo vedrete il Paradiso che già scende per<br />

accogliervi nella sua beatitudine”.<br />

I cristiani, meno Plautina, sono tutti in ginocchio e cantano: “Come il cervo anela al rivo così<br />

l’anima mia anela a Te. L’anima mia ha sete di Dio. Del Dio forte e vivente. Quando potrò venire a<br />

Te, Signore? Perché sei triste, anima mia? Spera in Dio e ti sarà dato di lodarlo. Nel giorno Dio<br />

manda la sua grazia e nella notte ha il cantico di ringraziamento. La preghiera a Dio è la mia vita.<br />

Dirò a Lui: ‘Tu sei la mia difesa’ (S. 41). Venite, cantiamo giulivi al Signore; alziamo gridi di gioia<br />

al Dio nostro Salvatore. Presentiamoci a Lui con gridi di giubilo. Perché il Signore è il gran Dio.<br />

Venite, prostriamoci ed adoriamo Colui che ci ha creati. Perché Egli è il Signore Dio nostro e noi il<br />

popolo da Lui nutrito, il gregge da Lui guidato” (S. 94).<br />

Mentre essi cantano sono entrati anche dei soldati romani e dei carcerieri, i quali montano anche la<br />

guardia perché non entrino persone nemiche.<br />

Paolo si appresta al rito. “Tu sarai il nostro altare” dice a Castulo. “Puoi tenere il calice sul tuo<br />

petto?”<br />

“Sì”.<br />

224<br />

Viene steso un lino sul corpicino del bimbo e sul lino sono appoggiati 9 il calice e il pane.<br />

E assisto alla Messa dei martiri che viene celebrata da Paolo e servita dai due preti che<br />

l’accompagnano. Però non è la Messa come è ora 10. Mi pare che abbia parti che ora non ha e non<br />

abbia parti che ora ha. Non ha epistola, per esempio, e dopo la benedizione: “Vi benedica il Padre, il<br />

Figlio, lo Spirito <strong>San</strong>to” (dice così)<br />

9 sono appoggiati è nostra correzione da appoggiato<br />

10 Secondo il messale in vigore ai tempi della scrittrice, poi riformato dal Concilio Vaticano II.<br />

non ha altro11. Però dal Vangelo alla Consacrazione sono uguali a ora. Il Vangelo letto è quello<br />

delle Beatitudini 12.<br />

Vedo il lino palpitare sul petto di Castulo il quale, per ordine di Paolo, tiene fra le dita la base del<br />

calice perché non cada. Vedo anche che quando Paolo dice: “Questa consacrazione del Corpo...” un


fremito di sorriso scorre sul volto piagato del piccolino e poi la testolina si abbatte subito con una<br />

pesantezza di morte che sempre cresce.<br />

Plautina ha come un sussulto ma si domina. Paolo procede come non notasse nulla. Ma quando,<br />

franta l’Ostia, sta per curvarsi sul piccolo martire per comunicarlo per primo con un minuscolo<br />

frammento, Plautina dice: “E’ morto”, e Paolo sosta un attimo, dando poi alla matrona il frammento<br />

destinato al bambino, che è rimasto con le ditine serrate sul piede del calice nell’ultima contrazione,<br />

e glie le devono sciogliere per poter prendere il calice e darlo agli altri.<br />

Poi, distribuita la Comunione, la Messa ha termine. Paolo si spoglia delle vesti e ripone queste e il<br />

lino e il calice e la teca delle ostie in una sacca che porta sotto il mantello. Poi dice: “Pace al martire<br />

di Cristo. Pace a Castulo santo”.<br />

E tutti rispondono: “Pace!”<br />

“Ora lo porterò altrove. Datemi un manto, ché ve lo avvolga. Lo porterò senza attendere la sera.<br />

Questa sera verremo per Fabio. Ma questo... lo porterò come un bambino addormentato.<br />

Addormentato nel Signore”.<br />

Uno dei soldati dà il suo mantello rosso; e vi depongono il pic<br />

225<br />

colo martire e ve lo avvolgono, e Paolo se lo prende in braccio (a sinistra) come fosse un padre che<br />

trasporta altrove il figlioletto dormiente, col capo curvo sulla spalla paterna.<br />

“Fratelli, la pace sia con voi, e ricordatevi di me quando sarete nel Regno”. Ed esce benedicendo.<br />

Dice Gesù:<br />

«Non è Vangelo, ma voglio che sia considerato uno dei “vangeli della fede” 13 per voi che temete.<br />

Anche delle persecuzioni temete. Non avete più la tempra antica. È vero. Ma Io sono sempre Io,<br />

figli. Non dovete pensare che Io non possa darvi un cuore intrepido nell’ora della prova. Senza il<br />

mio aiuto nessuno, anche allora, avrebbe potuto rimanere fermo davanti a tanto supplizio. Eppure<br />

vecchi e bambini, giovinette e madri, coniugi e genitori, seppero morire, incuorando a morire, come<br />

andassero a festa. E festa era. Eterna festa!<br />

11 L’intero ultimo periodo è aggiunto dopo dalla scrittrice, che ha inserito Non ha epistola, per<br />

esempio su una parte di rigo rimasta in bianco, ed ha messo tutto il resto in calce alla pagina<br />

richiamando con una crocetta.<br />

12 Matteo 5, 1?12; Luca 6, 20?23.<br />

13 Vedi il brano del 28 febbraio, pag. 152.<br />

Morivano, e il loro morire era breccia nella diga del paganesimo. Come acqua che scava e scava e<br />

scava e rompe lentamente ma inesorabilmente le più forti opere dell’uomo, il loro sangue,<br />

sgorgando da migliaia di ferite, ha sgretolato la muraglia pagana e come tanti rivoli si è sparso nelle<br />

milizie di Cesare, nella reggia di Cesare, nei circhi e nelle terme, fra i gladiatori e i bestiari, fra gli<br />

addetti ai pubblici bagni, fra i colti e i popolani, dovunque, incessabile e invincibile.<br />

Il suolo di Roma è imbibito di questo sangue e la città sorge, potrei dire che è cementata col sangue<br />

e la polvere dei miei martiri. Le poche centinaia di martiri che voi conoscete sono un nulla rispetto<br />

ai mille e mille ancora sepolti nelle viscere di Roma e agli altri mille e mille che bruciati sui pali nei<br />

circhi divennero cenere sparsa dal vento, o sbranati e inghiottiti da fiere e da rettili divennero<br />

escremento che fu spazzato e gettato come concime.<br />

Ma se voi non li conoscete, questi miei eroici sconosciuti, Io li conosco tutti, e il loro<br />

annichilimento totale, sin dello scheletro, è stato quello che ha fecondato più di qualunque concime<br />

il suolo selvaggio del mondo pagano e lo ha fatto divenire capace di portare il Grano celeste.<br />

226


Ora questo suolo del mondo cristiano sta ritornando pagano e germina tossico e non pane. È perciò<br />

che voi temete. Troppo vi siete staccati da Dio per avere in voi la fortezza antica.<br />

Le virtù teologali sono morenti là dove già non sono morte. E quelle cardinali neppure le ricordate.<br />

Non avendo la carità, è logico non possiate amare Dio sino all’eroismo. Non amandolo, non sperate<br />

in Lui, non avete in Lui fede. Non avendo fede, speranza e carità, non siete forti, prudenti, giusti.<br />

Non essendo forti, non siete temperanti. E non essendo temperanti, amate la carne più dell’anima e<br />

tremate per la vostra carne.<br />

Ma Io so ancora fare il miracolo. Credete pure che in ogni persecuzione i martiri sanno esser tali per<br />

aiuto mio. I martiri: ossia coloro che mi amano ancora. Io, poi, porto il loro amore alla perfezione e<br />

ne faccio degli atleti della fede. Io soccorro chi spera e crede in Me. Sempre. In qualunque<br />

evenienza.<br />

Il piccolo martire che resta con le manine strette al calice, anche oltre la morte, vi insegna dove è la<br />

forza. Nell’Eucarestia. Quando uno si nutre di Me, secondo il detto di Paolo 14, non vive più per sé<br />

ma vive in lui Gesù. E Gesù ha saputo sopportare tutti i tormenti, senza flettere. Perciò chi vive di<br />

Me sarà come Me. Forte.<br />

Abbiate fede.»<br />

14 Galati 2, 20.<br />

1° marzo 19<strong>44</strong>.<br />

Mi dice Gesù, verso le 17:<br />

«Non era mia intenzione darti questa visione questa sera. Avevo intenzione di farti vivere un altro<br />

episodio dei “vangeli della fede”1. Ma è stato espresso un desiderio da chi merita d’esser<br />

accontentato. E Io accontento. Nonostante i tuoi dolori, vedi, osserva e descrivi. I tuoi dolori li dài a<br />

Me e la descrizione ai fratelli.»<br />

227<br />

E nonostante i miei dolori, tanto forti ? per cui mi pare di avere il capo stretto in una morsa che<br />

parte dalla nuca e si congiunge sulla fronte e scende verso la spina dorsale, un male terribile per cui<br />

ho pensato mi stesse per scoppiare una meningite e poi mi sono svenuta ? scrivo. È tanto forte<br />

anche ora. Ma Gesù permette che riesca a scrivere per ubbidire. Dopo... dopo sarà quel che sarà.<br />

Le assicuro, intanto, che passo di sorpresa in sorpresa; perché per prima cosa mi trovo di fronte a<br />

degli africani, arabi per lo meno, mentre ho sempre creduto che questi santi fossero europei. Ché<br />

non avevo la minima nozione della loro condizione sociale e fisica e del loro martirio. Di Agnese 2<br />

sapevo vita e morte. Ma di questi! È come se leggessi un racconto sconosciuto.<br />

Per prima illustrazione, avanti di svenirmi, ho visto un anfiteatro su per giù come il Colosseo (ma<br />

non rovinato), vuoto per allora di popolo. Solo una bellissima e giovane mora è ritta là in mezzo e<br />

sollevata dal suolo, raggiante per una luce beatifica che si sprigiona dal suo corpo bruno e dalla<br />

scura veste che lo copre. Sembra l’angelo del luogo. Mi guarda e sorride. Poi mi svengo e non vedo<br />

più nulla.<br />

Ora la visione si completa. Sono in un fabbricato che, per la mancanza di ogni e qualsiasi comodità<br />

e per la sua arcigna apparenza, mi si rivela come una fortezza adibita a carcere. Non è il sotterraneo<br />

del Tullianum visto ieri 3. Qui sono stanzette e corridoi sopraelevati. Ma così scarsi di spazio e di<br />

luce e così muniti di sbarre e di porte ferrate e piene di chiavistelli, che quel “che” di migliore che<br />

hanno in posizione viene annullato dal loro rigore che annulla la benché più piccola idea di libertà.<br />

In una di queste tane è seduta su un tavolaccio, che fa da letto, sedile e tavola, la giovane mora che<br />

ho visto nell’anfiteatro. Ora non emana luce. Ma unicamente tanta pace. Ha in grembo un piccino di


pochi mesi al quale dà il latte. Lo ninna, lo vezzeggia con atto di amore. Il bambino scherza con la<br />

giovane madre e strofina la sua faccetta molto olivastra contro la bruna mammella materna, e vi si<br />

attacca e stacca con avidità e con subite risatine piene di latte.<br />

La giovane è molto bella. Un viso regolare piuttosto tondo, con<br />

228<br />

bellissimi occhi grandi e di un nero vellutato, bocca tumida e piccina piena di denti candidissimi e<br />

regolari, capelli neri e piuttosto crespi ma tenuti a posto da strette trecce che le si avvolgono intorno<br />

al capo. Ha il colorito di un bruno olivastro non<br />

1 Vedi il brano del 28 febbraio, pag. 152.<br />

2 Nelle visioni del 13 e del 20 gennaio, pag. 42 e 60.<br />

3 29 febbraio, pag. 152.<br />

eccessivo. Anche fra noi italiani, e specie del meridione d’Italia, si vede quel colore, appena un<br />

poco più chiaro di questo. Quando si alza per addormentare il piccino andando su e giù per la cella,<br />

vedo che è alta e formosa con grazia. Non eccessivamente formosa, ma già ben modellata nelle sue<br />

forme. Sembra una regina per il portamento dignitoso. È vestita di una veste semplice e scura, quasi<br />

quanto la sua pelle, che le ricade in pieghe morbide lungo il bel corpo.<br />

Entra un vecchio, moro lui pure. Il carceriere lo fa entrare aprendo la pesante porta. E poi si ritira.<br />

La giovane si volge e sorride. Il vecchio la guarda e piange. Per qualche minuto restano così.<br />

Poi la pena del vecchio prorompe. Con affanno supplica la figlia di aver pietà del suo soffrire: “Non<br />

è per questo” le dice “che ti ho generato. Fra tutti i figli ti ho amata, gioia e luce della mia casa. Ed<br />

ora tu ti vuoi perdere e perdere il povero padre tuo che sente morirsi il cuore per il dolore che gli<br />

dài. Figlia, sono mesi che ti prego. Hai voluto resistere ed hai conosciuto il carcere, tu nata fra gli<br />

agi. Curvando la mia schiena davanti ai potenti t’avevo ottenuto di esser ancora nella tua casa per<br />

quanto come prigioniera. Avevo promesso al giudice che ti avrei piegata con la mia autorità<br />

paterna. Ora egli mi schernisce perché vede che di essa tu non ti sei curata. Non è questo quel che<br />

dovrebbe insegnarti la dottrina che dici perfetta. Quale Dio è dunque quello che segui, che ti inculca<br />

di non rispettare chi ti ha generato, di non amarlo, perché se mi amassi non mi daresti tanto dolore?<br />

La tua ostinazione, che neppure la pietà per quell’innocente ha vinto, ti ha valso di esser strappata<br />

alla casa e chiusa in questa prigione. Ma ora non più di prigione si parla, ma di morte. E atroce.<br />

Perché? Per chi? Per chi vuoi morire? Ha bisogno del tuo, del nostro sacrificio ? il mio e quello<br />

della tua creatura che non avrà più madre ? il tuo Dio? Il suo trionfo ha bisogno del tuo sangue e del<br />

mio pianto per compiersi? Ma come? La belva ama i suoi nati e tanto più li ama quanto più li ha<br />

tenuti al seno. Anche in questo speravo e per questo ti avevo ot<br />

229<br />

tenuto di poter nutrire il tuo bambino. Ma tu non muti. E dopo averlo nutrito, scaldato, fatto di te<br />

guanciale al suo sonno, ora lo respingi, lo abbandoni senza rimpianto. Non ti prego per me. Ma in<br />

nome di lui. Non hai il diritto di farne un orfano. Non ha diritto il tuo Dio di fare questo. Come<br />

posso crederlo buono più dei nostri se vuole questi sacrifici crudeli? Tu me lo fai disamare,<br />

maledire sempre più. Ma no, ma no! Che dico? Oh! Perpetua, perdona! Perdona al tuo vecchio<br />

padre che il dolore dissenna. Vuoi che lo ami il tuo Dio? Lo amerò più di me stesso, ma resta fra<br />

noi. Di’ al giudice che ti pieghi. Poi amerai chi vuoi degli dèi della terra. Poi farai del padre tuo ciò<br />

che vuoi. Non ti chiamo più figlia, non son più tuo padre. Ma il tuo servo, il tuo schiavo, e tu la mia<br />

signora. Domina, ordina ed io ti ubbidirò. Ma pietà, pietà. Salvati mentre ancora lo puoi. Non è più<br />

tempo di attendere. La tua compagna ha dato alla luce la sua creatura, lo sai, e nulla più arresta la<br />

sentenza. Ti verrà strappato il figlio; non lo vedrai più. Forse domani, forse oggi stesso. Pietà,<br />

figlia! Pietà di me e di lui che non sa parlare ancora, ma lo vedi come ti guarda e sorride! Come


invoca il tuo amore! Oh! Signora, mia signora, luce e regina del cuor mio, luce e gioia del tuo nato,<br />

pietà, pietà!”<br />

Il vecchio è ginocchioni e bacia l’orlo della veste della figlia e le abbraccia i ginocchi e cerca<br />

prenderle la mano che ella si posa sul cuore per reprimerne lo strazio umano. Ma nulla la piega.<br />

“È per l’amore che ho per te e per lui che rimango fedele al mio Signore” ella risponde. “Nessuna<br />

gloria della terra darà al tuo capo bianco e a questo innocente tanto decoro quanto ve ne darà il mio<br />

morire. Voi giungerete alla Fede. E che direste allora di me se avessi per viltà di un momento<br />

rinunciato alla Fede? Il mio Dio non ha bisogno del mio sangue e del tuo pianto per trionfare. Ma tu<br />

ne hai bisogno per giungere alla Vita. E questo innocente per rimanervi. Per la vita che mi desti e<br />

per la gioia che egli mi ha dato, io vi ottengo la Vita che è vera, eterna, beata. No, il mio Dio non<br />

insegna il disamore per i padri e per i figli. Ma il vero amore. Ora il dolore ti fa delirare, padre. Ma<br />

poi la luce si farà in te e mi benedirai. Io te la porterò dal cielo. E questo innocente non è che io<br />

l’ami meno, ora che mi sono fatta svuotare dal sangue per nutrirlo. Se la ferocia pagana non fosse<br />

contro noi cristiani, gli sarei stata madre amantissima ed egli<br />

230<br />

sarebbe stato lo scopo della mia vita. Ma più della carne nata da me è grande Iddio, e l’amore che<br />

gli va dato infinitamente più grande. Non posso neppure in nome della maternità posporre il suo<br />

amore a quello di una creatura. No. Non sei lo schiavo della figlia tua. Io ti son sempre figlia e in<br />

tutto ubbidiente fuorché in questo: di rinunciare al vero Dio per te. Lascia che il volere degli uomini<br />

si compia. E se mi ami, seguimi nella Fede. Là troverai la figlia tua, e per sempre, perché la vera<br />

Fede dà il Paradiso, ed a me il mio Pastore santo ha già dato il benvenuto nel suo Regno”.<br />

E qui la visione ha un mutamento, perché vedo entrare nella cella altri personaggi: tre uomini ed<br />

una giovanissima donna. Si baciano e si abbracciano a vicenda. Entrano anche i carcerieri per levare<br />

il figlio a Perpetua. Ella vacilla come colpita da un colpo. Ma si riprende.<br />

La compagna la conforta: “Io pure, ho già perduto la mia creatura. Ma essa non è perduta. Dio fu<br />

meco buono. Mi ha concesso di generarla per Lui e il suo battesimo si ingemma del mio sangue. Era<br />

una bambina... e bella come un fiore. Anche il tuo è bello, Perpetua. Ma per farli vivere in Cristo<br />

questi fiori hanno bisogno del nostro sangue. Duplice vita daremo loro così”.<br />

Perpetua prende il piccino, che aveva posato sul giaciglio 4 e che dorme sazio e contento, e lo dà al<br />

padre dopo averlo baciato lievemente per non destarlo. Lo benedice anche e gli traccia una croce<br />

sulla fronte ed una sulle manine, sui piedini, sul petto, intridendo le dita nel pianto che le cola dagli<br />

occhi. Fa tutto così dolcemente che il bambino sorride nel sonno come sotto una carezza.<br />

Poi i condannati escono e vengono, in mezzo a soldati, portati in una oscura cavea dell’anfiteatro in<br />

attesa del martirio. Passano le ore pregando e cantando inni sacri, esortandosi a vicenda all’eroismo.<br />

4 giaciglio è nostra correzione da giacilio<br />

Ora mi pare di essere io pure nell’anfiteatro che ho già visto. È pieno di folla per la maggior parte di<br />

pelle abbronzata. Però vi sono anche molti romani. La folla rumoreggia sulle gradinate e si agita. La<br />

luce è intensa nonostante il velario steso dalla parte del sole.<br />

231<br />

Vengono fatti entrare nell’arena, dove mi pare siano stati già eseguiti dei giuochi crudeli perché è<br />

macchiata di sangue, i sei martiri in fila. La folla fischia e impreca. Essi, Perpetua in testa, entrano<br />

cantando. Si fermano in mezzo all’arena e uno dei sei si volge alla folla.<br />

“Fareste meglio a mostrare il vostro coraggio seguendoci nella Fede e non insultando degli inermi<br />

che vi ripagano del vostro odio pregando per voi e amandovi. Le verghe con cui ci avete fustigato, il<br />

carcere, le torture, l’aver strappato a due madri i figli ? voi bugiardi che dite d’esser civili e<br />

attendete che una donna partorisca per poi ucciderla e nel corpo e nel cuore separandola dalla sua<br />

creatura, voi crudeli che mentite per uccidere perché sapete che nessuno di noi vi nuoce, e men che


mai delle madri che altro pensiero non hanno che la loro creatura ? non ci mutano il cuore. Né per<br />

quanto è amore di Dio né per quanto è amore di prossimo. E tre, e sette, e cento volte daremmo la<br />

vita per il nostro Dio e per voi. Perché voi giungiate ad amarlo, e per voi preghiamo mentre già il<br />

Cielo su noi si apre: Padre nostro che sei nei cieli...”. In ginocchio i sei santi martiri pregano.<br />

Si apre un basso portone e irrompono le fiere che, per quanto sembrano bolidi tanto sono veloci<br />

nella corsa, mi paiono tori o bufali selvaggi. Come una catapulta ornata di corna pontute, investono<br />

il gruppo inerme. Lo alzano sulle corna, lo sbattono per aria come fossero tanti cenci, lo riabbattono<br />

al suolo, lo calpestano. Tornano a fuggire come pazzi di luce e di rumore e tornano a investire.<br />

Perpetua, presa come un fuscello dalle corna di un toro, viene scaraventata molti metri più là. Ma<br />

per quanto ferita, si rialza e sua prima cura è di ricomporsi le vesti strappate sul seno. Tenendosele<br />

con la destra, si trascina verso Felicita caduta supina e mezza sventrata, e la copre e sorregge<br />

facendo di sé appoggio alla ferita. Le bestie tornano a ferire finché i cinque 5 malvivi sono stesi al<br />

suolo. Allora i bestiari le fanno rientrare e i gladiatori compiono l’opera.<br />

Ma, fosse pietà o inesperienza, quello di Perpetua non sa uccidere. La ferisce, ma non prende il<br />

punto giusto. “Fratello, qua, che io ti aiuti” dice ella con un filo di voce e un dolcissimo sor<br />

232<br />

riso. E, appoggiata la punta della spada contro la carotide destra, dice: “Gesù, a Te mi raccomando!<br />

Spingi, fratello. Io ti benedico” e sposta il capo verso la spada per aiutare l’inesperto e turbato<br />

gladiatore.<br />

5 Anche più sopra aveva scritto cinque, ma poi correggendo in sei<br />

Dice Gesù:<br />

«Questo è il martirio della mia martire Perpetua, della sua compagna Felicita e dei suoi compagni.<br />

Rea di esser cristiana. Catecumena ancora. Ma come intrepida nel suo amore per Me! Al martirio<br />

della carne ella ha unito quello del cuore, e con lei Felicita. Se sapevano amare i loro carnefici,<br />

come avranno saputo amare i figli loro?<br />

Erano giovani e felici nell’amore dello sposo e dei genitori. Nell’amore della loro creatura. Ma Dio<br />

va amato sopra ogni cosa. Ed esse lo amano così. Si strappano le loro viscere separandosi dal loro<br />

piccino, ma la Fede non muore. Esse credono nell’altra vita. Fermamente. <strong>San</strong>no che essa è di chi fu<br />

fedele e visse secondo la Legge di Dio.<br />

Legge nella legge è l’amore. Per il Signore Iddio, per il prossimo loro. Quale amore più grande di<br />

dare la vita per coloro che si ama, così come l’ha data il Salvatore per l’umanità che Egli amava?<br />

Esse dànno la vita per amarmi e per portare altri ad amarmi e possedere perciò l’eterna Vita. Esse<br />

vogliono che i figli e i genitori, gli sposi, i fratelli e tutti coloro che esse amano di amore di sangue<br />

o di amore di spirito ? i carnefici fra questi poiché Io ho detto: “Amate coloro che vi perseguitano”<br />

6 ? abbiano la Vita del mio Regno. E, per guidarli a questo mio Regno, tracciano col loro sangue un<br />

segno che va dalla Terra al Cielo, che splende, che chiama.<br />

Soffrire? Morire? Cosa è? È l’attimo che fugge. Mentre la vita eterna resta. Nulla è quell’attimo di<br />

dolore rispetto al futuro di gioia che le attende. Le fiere? Le spade? Che sono? Benedette siano esse<br />

che dànno la Vita.<br />

Unica preoccupazione ? poiché chi è santo lo è in tutto - di conservare la pudicizia. In quel<br />

momento, non della ferita ma delle vesti scomposte hanno cura. Poiché, se vergini non sono, sono<br />

sempre delle pudiche. Il vero cristianesimo dà sempre<br />

233<br />

verginità di spirito. La mantiene, questa bella purezza, anche là dove il matrimonio e la prole han


levato quel sigillo che fa dei vergini degli angeli.<br />

Il corpo umano lavato dal Battesimo è tempio dello Spirito di Dio. Non va dunque violato con<br />

invereconde mode e inverecondi costumi. Dalla donna, specie dalla donna che non rispetta se<br />

stessa, non può che venire una prole viziosa e una società corrotta, dalla quale Dio si ritira e nella<br />

quale Satana ara e semina i suoi triboli che vi fanno disperare.»<br />

6 Matteo 5, 43?<strong>44</strong>; Luca 6, 27.<br />

2 ? 3 ? <strong>44</strong>.<br />

Dice Gesù:<br />

«I miei martiri hanno posseduto la Sapienza. E con essi i miei confessori. E la possiedono tutti<br />

quelli che veramente mi amano e fanno di questo amore lo scopo della loro vita.<br />

Agli occhi del mondo ciò non appare. Anzi, l’esser giusti sembra debolezza, sembra una cosa<br />

superata. Quasi che per volgere di secoli fossero avvenuti mutamenti nei rapporti fra Dio e fedeli.<br />

No. Se Io ho attenuato il rigore della legge mosaica e vi ho dato delle risorse di incalcolabile<br />

potenza per aiutarvi a praticare la Legge e giungere alla Perfezione, non è però mutato il dovere di<br />

rispetto e di ubbidienza che avete per il Signore Dio vostro. Se Egli si è fatto Buono al punto di dare<br />

Se stesso per farvi buoni, voi dovete ancor più esserlo e non dire: “Ci pensi Lui a salvarci. Noi<br />

godiamo”. Ciò non è sapienza: è stoltezza e bestemmia. Ciò è sapienza del mondo, ossia<br />

riprovevole, non Sapienza divina.<br />

I miei martiri furono divinamente sapienti. Non hanno, come l’empio, detto a se stessi: “Godiamo<br />

l’oggi perché esso non torna e con la morte ogni gioia finisce. E per godere facciamo della<br />

prepotenza un diritto, ed estorcendo dai deboli e dai buoni ciò che non è lecito estorcere traiamo da<br />

queste estorsioni di che empire la borsa per empire poi il ventre e saziare concupiscenza di carne e<br />

di mente”. Non hanno, come l’empio, detto a se stessi: “Esser giusti è un sacrificio ed è fatica<br />

esserlo. Come è rimprovero vedere il giusto. E perciò leviamolo di mezzo perché la<br />

234<br />

sua giustizia ci ricorda Dio e ci rimprovera del nostro vivere da bestie”.<br />

I miei martiri hanno invece capovolto la teoria del mondo ed hanno voluto unicamente seguire<br />

quella di Dio. Il mondo li ha perciò messi alla prova, li ha oltraggiati, tormentati, uccisi, sperando di<br />

turbare la loro virtù. E nella sua stoltezza non sapeva che ogni colpo dato per sgretolare la loro<br />

anima era simile a maglio che faceva penetrare loro in Me ed Io in loro con un amore di fusione<br />

perfetto, tanto che nelle carceri o nei circhi essi erano già in Cielo e vedevano Me così come, dopo<br />

l’attimo di dolore e di morte, mi avrebbero visto per la beata eternità.<br />

Non morti, non distrutti, non torturati, non disperati. Come non è morte il travaglio del parto, non è<br />

distruzione, non è tortura, non è disperazione, ma è vita che genera vita, ma è raddoppiamento 1 di<br />

carne che era una e diviene due, ma è soddisfazione, ma è speranza di esser madre e di avere dalla<br />

maternità gioie ineffabili per tutta la vita, così quel dolore era per loro speranza, sicurezza, vita che<br />

li faceva beati.<br />

Il mondo non li poteva capire questi santi folli la cui follia era amare Dio con tutta la perfezione<br />

possibile alla creatura, facendo di sé delle volontarie sterili poiché uniche nozze erano quelle con<br />

Me Divino, facendo di sé eunuchi che per<br />

1 raddoppiamento è nostra correzione da raddopiamento


uno 2 spirituale amore amputavano in sé la sensualità umana e vivevano casti come angeli. Non<br />

poteva capire questi pazzi sublimi che, consci delle dolcezze del talamo e della prole, sapevano<br />

rinunciare a questa e a quello e volare ai tormenti, dopo essersi volontariamente lacerato il cuore nel<br />

lasciare i figli e i consorti, per amore di Me loro amore.<br />

Ma il mondo è stato salvato da loro. Se siete divenuti le belve che siete, dopo tanto esempio e tanto<br />

lavacro di sangue purificatore, che sareste divenuti, e da quando 3, senza la generazione santa e<br />

benedetta dei martiri miei? Essi vi hanno trattenuto da precipitare in Satana molto prima del<br />

momento che le vostre libidini fomentavano. Essi vi invitano tuttora a fermarvi e a rimettervi sulla<br />

via che sale, lasciando il sentiero che precipita. Essi vi dicono parole di salute. Ve le dicono con le<br />

loro ferite, con le<br />

236<br />

loro parole ai tiranni, con le loro carità, con la cura del loro pudore, con la loro pazienza, purezza,<br />

fede, costanza. Essi vi dicono che una sola è la scienza necessaria. Quella che sgorga dalla Sapienza<br />

eterna.<br />

Saggi ancor più di Salomone, essi preferirono questa Sapienza a tutti i troni e le ricchezze della<br />

terra. E per ottenerla e conservarla sfidarono persecuzioni e tormenti, abbracciarono la morte per<br />

non perderla. L’amarono più della salute e della bellezza, e vollero averla per loro luce, perché il<br />

suo splendore viene direttamente da Dio e possederla vuol dire anticipare all’anima, la Luce<br />

beatifica dell’eterno giorno. Con rettezza di cuore la impararono e con carità la comunicarono<br />

anche ai loro nemici. Non ebbero paura di rimanerne privi, perché ne facevano parte alle folle che<br />

ne erano prive, poiché Essa, vivente in loro, li istruiva che “dare è ricevere” 4e che, più essi<br />

distribuivano le acque celesti che la Fonte divina riversava in loro, e più tali acque aumentavano<br />

sino a colmarli come calici di una Messa santa, consumata per il bene del mondo dal Sacerdote<br />

eterno.<br />

Il re sapiente fa l’enumerazione delle doti della Sapienza il cui spirito è intelligente, santo, unico,<br />

molteplice, sottile... ma tutte queste qualità essi, i miei martiri, le hanno possedute. In loro era<br />

quello che Salomone chiama “vapore della virtù di Dio ed emanazione della gloria<br />

dell’Onnipotente” 5. Essi perciò rispecchiavano in sé Dio come nessuno al mondo, rispecchiavano<br />

Dio nelle sue qualità e Me Cristo?Salvatore nel mio olocausto.<br />

Oh! come si potrebbero mettere sulla bocca di ogni martire le parole di Salomone proclamante di<br />

avere amato e cercato dalla giovinezza la Sapienza e di averla voluta per sposa! Di averla voluta<br />

maestra e ricchezza 6! E come potete pensare, senza tema di errore, che sulle loro labbra fiorì quella<br />

preghiera per ottenere la Sapienza che è fiorita sulle labbra di Salomone 7!<br />

2 uno è nostra correzione da un<br />

3 quando è nostra correzione da quanto<br />

4 Luca 6, 38; Atti 20, 35.<br />

5 Sapienza 7, 22?30.<br />

6 Sapienza 8.<br />

7 Sapienza 9.<br />

E come, soprattutto, dovreste sforzarvi, o voi che la cupidigia della carne ha arretrato a tenebre di<br />

paganesimo ben più profonde di quelle alle quali i miei martiri portarono la Luce, a farvi amanti,<br />

desiderosi della Sapienza, e a pregare perché vi venga data a guida nelle imprese singole e<br />

collettive, onde non siate più quelli che siete: dei maniaci crudeli che vi torturate a vicenda<br />

perdendo vita e sostanze, due cose alle quali tenete, e salvezza dello spirito, cosa alla quale tengo Io<br />

che sono morto per dare ai vostri spiriti salvezza.<br />

“È per la Sapienza” dice Salomone “che vengono raddrizzate le vie degli uomini ed essi sanno ciò<br />

che è gradito a Dio” 8. Ricordàtevelo. E sappiate che a Dio non è gradito altro che il vostro bene.


Perciò, se voi lo conoscerete e seguirete questa via a Lui gradita, farete del bene a voi e nella Terra<br />

e nel Cielo.»<br />

8 Sapienza 9, 18.<br />

Venerdì 3 marzo 19<strong>44</strong>.<br />

Dice Gesù:<br />

«Scrivi questo solo.<br />

Giorni or 1 sono dicesti che muori col desiderio inappagato di vedere i Luoghi <strong>San</strong>ti. Tu li vedi e<br />

come erano quando Io li santificavo con la mia presenza. Ora, dopo venti secoli di profanazioni<br />

venute da odio o da amore, non sono più come erano. Perciò pensa che tu li vedi e chi va in<br />

Palestina non li vede. E non te ne rammaricare.<br />

Seconda cosa: ti lamenti che anche quei libri che parlano di Me ti sembrano senza più sapore<br />

mentre prima li amavi tanto. Anche questo ti viene dalla tua attuale condizione. Come vuoi che ti<br />

paiano più perfetti i lavori umani quando tu conosci la verità dei fatti per opera mia? È quello che<br />

avviene delle traduzioni anche buone. Mutilano sempre il vigore della frase originale. Le<br />

descrizioni umane, sia dei luoghi come dei fatti e dei sentimenti, sono “traduzioni” e perciò sempre<br />

incomplete, inesatte, se non nelle parole e nei fatti, nei sentimenti. Specie ora che il razionalismo ha<br />

tanto sterilito. Perciò, quando uno è portato da Me a vedere e a conoscere, ogni altra descrizione è<br />

fred<br />

237<br />

da e lascia insaziati e disgustati.<br />

Terzo: è venerdì. Voglio tu riviva il “mio” soffrire. Voglio questo da te, oggi. Che tu lo riviva nel<br />

pensiero e nella carne.<br />

Basta. Soffri con pace e con amore. Ti benedico.»<br />

1 or è aggiunto da noi<br />

4 marzo 19<strong>44</strong>, ore 9.<br />

Mi dice Gesù:<br />

«Molto lavoro oggi per riprendere il tempo, non perduto ma usato altrimenti secondo il mio volere<br />

1.<br />

Sai dalla prima ora di questo giorno (ore 1 ant.ne) su cosa terrò fissa la tua mente, perché il primo e<br />

unico punto che ti s’è illuminato ti ha già detto su che poserai gli occhi dello spirito. E quel nome<br />

femminile e sconosciuto che t’è rimbombato dentro come campana che chiami e non si placa che<br />

quando s’è risposto, ti ha detto che conoscerai anche questo. Ma fra la mia vergine e il Maestro devi<br />

scegliere il Maestro e far precedere il mio punto a quello 2.<br />

Te ne farò conoscere molte di creature celesti. Hanno tutte il loro ammaestramento, utile per voi<br />

divenuti consci di tutto, lettori di tutto, ma non di quello che è scienza per conquistare il Cielo.<br />

Scrivi.»<br />

Scrivo, anzi descrivo.<br />

Questa notte, mentre fra dolori da impazzire mi chiedevo come ha fatto Gesù a sopportare quel<br />

gran male al capo ? e glie lo chiedevo perché a me era tormento tale da farmi stringere i denti per


non urlare al 3 minimo rumore o tentennamento al letto, e mi pareva di avere tanti cuori che<br />

battessero veloci e dolenti per quanti denti avevo, per la lingua, le labbra, il naso, le orecchie, gli<br />

occhi, e in mezzo alla fronte mi pareva avere un groviglio di chiodi che mi penetrassero nel cranio,<br />

e dalla nuca<br />

238<br />

saliva e si irraggiava una fascia di fuoco e di dolore stringente come una morsa, e nel parietale<br />

destro mi pareva che ogni tanto urtasse contro un colpo di oggetto pesante a conficcarmi vieppiù<br />

quella fascia nella testa e a rimbombarmi tutta ? e nel mio spasimo lo contemplavo dall’Orto al<br />

Calvario, ecco che, proprio dopo la terza caduta, ho avuto una sosta di sollievo fisico e spirituale,<br />

perché mi apparve bello, sano, sorridente sulle acque irate del Mar di Galilea.<br />

Poi il tormento è ricominciato, finché verso le due, cessata la contemplazione della Passione del<br />

Signore e calmato un pochino (poco, sa?) il tremendo dolore al capo, m’è suonato dentro un nome:<br />

S.ta Fenicola.<br />

Chi è? Sconosciuta. Ci è proprio stata? Mah! Chi l’ha mai sentita! E cercavo dormire. Macché!<br />

<strong>San</strong>ta Fenicola. <strong>San</strong>ta Fenicola. <strong>San</strong>ta Fenicola.<br />

Qui non si dorme, mi sono detta, se prima non so chi è. E in grazia del diminuito dolore, che mi<br />

permetteva ora di muovermi mentre dalle 15 alla mezzanotte e oltre mi aveva abbattuta e<br />

resa inerte, corpo che soffriva<br />

1 Espresso al terzo punto del dettato che precede.<br />

2 Prima l’episodio evangelico di Gesù che cammina sulle acque, che indicheremo a pag. 169, e poi<br />

quello del martirio di Fenicola, che riporteremo a pag. 170.<br />

3 al è nostra correzione da il<br />

spasmodicamente ma non poteva neppur aprire gli occhi ? Paola 4 glie lo può dire ? ho preso un<br />

indice dei santi e ho trovato che porta, insieme a S. Petronilla v., porta S. Felicola v.m. Io ho sentito<br />

dire: Fenicola, ma forse ho capito male.<br />

Contemporaneamente a questa scoperta ho visto una giovane donna nuda, legata ad una colonna in<br />

maniera atroce. Poi nient’altro 5.<br />

E ora per ubbidienza scrivo ciò che il Maestro mi mostra, senza rimandare, per quanto ho la testa<br />

che gira come una trottola.<br />

[Saltiamo le ultime 15 pagine circa del quaderno autografo, che portano, in prosecuzione del testo<br />

sopra riportato, l’episodio di Gesù che cammina sulle acque il successivo dettato d’insegnamento,<br />

appartenenti al ciclo del Secondo anno di vita pubblica della grande opera sul Vangelo.]<br />

4 Paola Belfanti. Vedi la nota 9 di pag. 9.<br />

5 nient’altro è nostra correzione da altro<br />

239<br />

4 marzo 19<strong>44</strong>.<br />

Il martirio di S. Fenicola.<br />

Vedo due giovani donne in preghiera. Una preghiera ardentissima che deve proprio penetrare nei


cieli. Una è più matura. Pare quasi sui trent’anni; l’altra deve da poco aver passato i venti.<br />

Sembrano in perfetta salute tutte e due. Poi si alzano e preparano un piccolo altare su cui<br />

dispongono lini preziosi e fiori.<br />

Entra un uomo vestito come i romani dell’epoca, che le due giovani salutano con la massima<br />

venerazione. Egli si leva dal petto una borsa dalla quale trae tutto quanto occorre per celebrare una<br />

Messa. Poi si riveste delle vesti sacerdotali e inizia il Sacrificio.<br />

Non comprendo benissimo il Vangelo, ma mi pare sia quello di Marco: “E gli presentarono dei<br />

bambini... chi non riceverà il regno di Dio come un fanciullo non c’entrerà” 1. Le due giovani,<br />

inginocchiate presso l’altare, pregano sempre più fervorosamente.<br />

Il Sacerdote consacra le Specie e poi si volge a comunicare le due fedeli, cominciando dalla più<br />

anziana, il cui volto è serafico di ardore. Poi comunica l’altra. Esse, ricevute le Specie, si prostrano<br />

al suolo in profonda preghiera e sembra restino così per pura devozione.<br />

Ma quando il Sacerdote si volge a benedire e scende dall’altare collocato su una pedana di legno ?<br />

dopo la celebrazione del rito, che è uguale a quella di Paolo nel Tullianum 2. Solo qui il celebrante<br />

parla più piano, date le due sole fedeli; ecco perché capisco meno il Vangelo 3 ? una soltanto delle<br />

giovani si muove. L’altra rimane prostrata come prima. La compagna la chiama e la scuote. Si china<br />

anche il Sacerdote. La sollevano. Già il pallore della morte è su quel viso, l’occhio semispento<br />

naufraga sotto<br />

243<br />

le palpebre, la bocca respira a fatica. Ma che beatitudine in quel viso!<br />

1 Marco 10, 15; Luca 18, 17. Tutto il periodo è aggiunto dopo dalla scrittrice, che ha inserito Non<br />

comprendo benissimo su una parte di rigo rimasta in bianco, ed ha messo tutto il resto in calce alla<br />

pagina richiamando con una crocetta.<br />

2 Nella visione del 29 febbraio, pag. 157.<br />

3 Tutto il brano che abbiamo delimitato con i trattini è stato aggiunto dalla scrittrice in calce alla<br />

pagina, richiamandolo nel testo con una crocetta.<br />

La adagiano su una specie di lungo sedile che è presso una finestra aperta su un cortile, in cui canta<br />

una fontana. E cercano soccorrerla. Ma, radunando le forze, ella alza una mano e accenna al cielo e<br />

non dice che due parole: “Grazia... Gesù” e senza spasimi spira.<br />

Tutto ciò non mi spiega che c’entra la giovane legata alla colonna che ho visto questa notte 4 e che,<br />

per quanto molto più pallida e smagrita, spettinata, torturata, mi pare assomigli tanto alla superstite<br />

che ora piange presso la morta. E resto così, nella mia incertezza, per qualche ora.<br />

Soltanto ora che è sera ritrovo la giovane piangente prima, ora ritta presso la fontana del severo<br />

cortile nel quale sono coltivate solo delle piccole aiuole di gigli e sui muri salgono dei rosai tutti in<br />

fiore.<br />

La giovane parla con un giovane romano: “È inutile che tu insista, o Flacco. Io ti sono grata del tuo<br />

rispetto e del ricordo che hai per la mia amica morta. Ma non posso consolare il tuo cuore. Se<br />

Petronilla è morta, segno era che non doveva essere tua sposa. Ma io neppure. Tante sono le<br />

fanciulle di Roma che sarebbero felici di diventare le signore della tua casa. Non io. Non per te. Ma<br />

perché ho deciso di non contrarre nozze”.<br />

“Tu pure sei presa dalla frenesia stolta di tante seguaci di un pugno d’ebrei?”.<br />

“Io ho deciso, e credo non esser folle, di non contrarre nozze”.<br />

“E se io ti volessi?”.<br />

“Non credo che tu, se è vero che mi ami e rispetti, vorrai forzare la mia libertà di cittadina romana.<br />

Ma mi lascerai 5 seguire il mio desiderio avendo per me la buona amicizia che io ho per te”.<br />

“Ah, no! Già una m’è sfuggita. Tu non mi sfuggirai”.<br />

“Ella è morta, Flacco. La morte è forza a noi superiore, non è fuga di uno ad un destino. Ella non


s’è uccisa. È morta...”.<br />

“Per i vostri sortilegi. Lo so che siete cristiane e avrei dovuto denunciarvi al Tribunale di Roma. Ma<br />

ho preferito pensare a voi<br />

2<strong>44</strong><br />

come a mie spose. Ora per l’ultima volta ti dico: vuoi esser moglie del nobile Flacco? Io te lo giuro<br />

che è meglio per te entrare signora nella mia casa e lasciare il culto demoniaco del tuo povero dio,<br />

anziché conoscere il rigore di Roma che non permette siano insultati i suoi dèi. Sii la sposa mia e<br />

sarai felice. Altrimenti...”.<br />

“Non posso esser tua sposa. A Dio sono consacrata. Al mio Dio. Non posso adorare gli idoli, io che<br />

adoro il vero Dio. Fa’ di me quello che vuoi. Tutto puoi fare del corpo mio. Ma la mia anima è di<br />

Dio ed io non la vendo per le gioie della tua casa”.<br />

“È la tua ultima parola?”.<br />

“L’ultima”.<br />

4 Come è detto nel penultimo capoverso di pag. 169.<br />

5 lascerai è nostra correzione da lascerai<br />

“Sai che il mio amore può mutarsi in odio?”<br />

“Dio te ne perdoni. Per mio conto ti amerò sempre come fratello e pregherò per il tuo bene”.<br />

“Ed io farò il tuo male. Ti denuncerò 6. Sarai torturata. Allora mi invocherai. Allora comprenderai<br />

che è meglio la casa di Flacco alle dottrine stolte di cui ti nutri”.<br />

“Comprenderò che il mondo, per non avere più dei Flacchi, ha bisogno di queste dottrine. E farò il<br />

tuo bene pregando per te dal Regno del mio Dio”.<br />

“Maledetta cristiana! Alle carceri! Alla fame! Ti sazi il tuo Cristo se lo può”.<br />

Ho l’impressione che le carceri siano abbastanza prossime alla casa della vergine perché la strada è<br />

poca, e che il nobile Flacco sia né più né meno che un segugio del Questore di Roma perché,<br />

quando la visione, mutando aspetto, mi riporta la sala già vista con la giovane legata alla colonna,<br />

vedo che è un tribunale come quello in cui fu giudicata Arnese 7. Ben poche sono le differenze e<br />

che, anche qui, vi è un brutto ceffo che giudica e condanna, e che Flacco gli fa da aiutante e<br />

aizzatore.<br />

Fenicola, estratta dalla muda dove era, viene portata in mezzo alla sala. Appare sfinita di forze ma<br />

ancor tanto dignitosa. Per quanto la luce l’abbacini, debole come è e abituata ormai al buio carcere,<br />

si tiene eretta e sorride. Le solite domande e le solite offerte seguite dalle solite rispo<br />

245<br />

ste: “Sono cristiana. Non sacrifico ad altro Dio che non sia il mio Signore Gesù Cristo”.<br />

Viene condannata alla colonna.<br />

Le strappano le vesti e nuda, alla presenza del popolo, la legano con le mani e i piedi dietro ad una<br />

delle colonne del Tribunale. Per fare ciò le slogano le anche e le slogano le braccia. La tortura deve<br />

essere atroce. E non basta, ma torcono le funi ai polsi e alle caviglie, la percuotono sul petto e sul<br />

ventre nudo con verghe e flagelli, le torcono le carni con tenaglie e altri così atroci supplizi che non<br />

sto a ridire.<br />

Ogni tanto le chiedono se vuol sacrificare agli dèi. Fenicola, con voce sempre più debole, risponde:<br />

“No. Al Cristo. A Lui solo. Or che lo comincio a vedere, ed ogni tortura me lo rende più vicino,<br />

volete che io lo perda? Compite la vostra opera. Che io abbia il mio amore compiuto. Dolci nozze di<br />

cui Cristo è sposo ed io sposa sua! Sogno di tutta la mia vita!”.<br />

Quando la slegano dalla colonna, ella cade come morta per terra. Le membra slogate, forse anche<br />

spezzate, non la reggono più, non rispondono a nessun comando della mente. Le povere mani,<br />

segate ai polsi dalla fune che ha fatto due braccialetti di sangue vivo, pendono come morte. I piedi,<br />

pure lacerati ai malleoli sino a mostrare i nervi e i tendini, appaiono chiaramente spezzati dal modo<br />

come stanno ripiegati in modo innaturale. Ma il volto è pieno di una felicità d’angelo.


6 denuncerò è nostra correzione da denuncierò<br />

7 Nella visione del 13 gennaio, pag. 42.<br />

Scendono le lacrime sulle gote esangui, ma l’occhio ride assorto in una visione che l’estasia.<br />

I carcerieri, meglio i boia, la colpiscono di calci, e a calci la spingono, come fosse un sacco tanto<br />

immondo da non poter esser toccato, verso la predella del Questore.<br />

“Ancor viva sei?”.<br />

“Sì, per volontà del mio Signore”.<br />

“Ancora insisti? Vuoi proprio la morte?”<br />

“Voglio la Vita. Oh! mio Gesù, aprimi il Cielo! Vieni, Amore eterno!”.<br />

“Gettatela nel Tevere! L’acqua calmerà i suoi ardori”.<br />

I boia la sollevano con mal garbo. La tortura delle membra spezzate deve essere atroce. Ma ella<br />

sorride. La avvolgono nelle sue vesti, non per pudicizia ma per impedirle di reggersi in acqua.<br />

Inutile cura! Con degli arti in quello stato, non si nuota. Solo la testa emerge dal viluppo delle vesti.<br />

Il suo povero corpo, gettato<br />

246<br />

sulle spalle di un carnefice, pende come fosse già morta. Ma ella sorride alla luce delle fiaccole,<br />

perché ormai è sera.<br />

Giunti al Tevere, come fosse un animale da sopprimersi, la prendono e dall’alto del ponte la<br />

precipitano nelle acque scure, sulle quali ella riaffiora due volte e poi si inabissa senza un grido.<br />

Dice Gesù:<br />

«Ti ho voluto far conoscere la mia martire Fenicola per dare a te ed a tutti qualche insegnamento.<br />

Tu hai visto il potere della preghiera nella morte di Petronilla, compagna e maestra di Fenicola di<br />

cui era molto più anziana, e il frutto di una santa amicizia.<br />

Petronilla, figlia spirituale di Pietro, aveva assorbito dalla viva parola del mio Apostolo lo spirito di<br />

Fede. Petronilla. La gioia, la perla romana di Pietro. Sua prima conquista romana. Quella che, per la<br />

sua rispettosa e amorosa devozione all’Apostolo, lo consolò di tutti i dolori della sua<br />

evangelizzazione romana.<br />

Pietro per amore mio aveva lasciato casa e famiglia. Ma Colui che non mente gli aveva fatto<br />

trovare in questa fanciulla ? e in maniera sovrabbondante, colma, premuta, secondo le mie promesse<br />

8 ? conforto, cure, dolcezze femminili. Come Io a Betania, egli in casa di Petronilla trovava aiuti,<br />

ospitalità e soprattutto amore. La donna è uguale, nel suo bene e nel suo male, sotto tutti i cieli e in<br />

tutte le epoche. Petronilla fu la <strong>Maria</strong> 9 di Pietro, con in più la sua purezza di fanciulla che il<br />

Battesimo, ricevuto mentre ancora l’innocenza non aveva conosciuto oltraggio, aveva portato a<br />

perfezione angelica.<br />

8 Luca 6, 38.<br />

9 <strong>Maria</strong> di Magdala, sorella di Lazzaro e Marta di Betania.<br />

<strong>Maria</strong>, ascolta. Petronilla, volendo amare il Maestro con tutta se stessa senza che la sua avvenenza e<br />

il mondo potessero turbare questo amore, aveva pregato il suo Dio di fare di lei una crocifissa. E<br />

Dio la esaudì. La paralisi crocifisse le sue angeliche membra. Nella lunga infermità sul terreno<br />

bagnato dal dolore fiorirono più belle le virtù e specie l’amore per la Madre mia.<br />

Ascolta ancora, <strong>Maria</strong>. Quando fu necessario, la sua malattia conobbe una sosta. Per mostrare che<br />

Dio è padrone del miracolo. E poi, finito il momento, tornò a crocifiggerla.<br />

247


Non conosci nessun’altra, <strong>Maria</strong>, alla quale il suo Maestro, come Pietro a Petronilla, non dica,<br />

quando gli occorre: “Sorgi, scrivi, sii forte” e cessato il bisogno del Maestro non torni una povera<br />

inferma in perpetua agonia?<br />

Morto l’Apostolo e guarita Petronilla, ella trovò che la sua vita non era più sua. Ma del Cristo. Non<br />

era di quelle che, ottenuto il miracolo, se ne servono per offendere Dio. Ma la salute la usò per<br />

l’interesse di Dio.<br />

La vita vostra è sempre mia. Io ve la do. Ve lo dovreste ricordare. Ve la do come vita animale<br />

facendovi nascere e conservandovi vivi. Ve la do come vita spirituale con la Grazia e i Sacramenti.<br />

Dovreste ricordarvelo sempre e farne buon uso. Quando poi vi rendo la salute, vi faccio rinascere<br />

quasi dopo malattia mortale, dovreste ancor più ricordarvi che quella vita, rifiorita quando già la<br />

carne sapeva di tomba, è mia. E per riconoscenza usarla nel Bene.<br />

Petronilla lo seppe fare. Non si è assorbita per niente 10 la mia Dottrina. Essa è come sale che<br />

preserva dal male, dalla corruzione, è fiamma che scalda e illumina, è cibo che nutre e fortifica, è<br />

fede che fa sicuri. Viene la prova, l’assalto della tentazione, la minaccia del mondo. Petronilla<br />

prega. Chiama Dio. Vuol essere di Dio. Il mondo la vuole? Dio la difenda dal mondo.<br />

Il Cristo l’ha detto: “Se avete tanta fede quanto un granello di senape, potrete dire ad un monte:<br />

‘Levati a va’ più in là’ ” 11. Pietro glie l’ha detto tante volte. Ella non chiede al monte di muoversi.<br />

Chiede a Dio di levarla dal mondo prima che una prova superiore alle sue forze la schiacci. E Dio<br />

l’ascolta. La fa morire in un’estasi. In un’estasi, <strong>Maria</strong>, prima che la prova la schiacci. Ricordala<br />

questa cosa, piccola discepola mia 12.<br />

Fenicola era amica, più che amica figlia o sorella, data la poca differenza d’età di una diecina d’anni<br />

circa. Non si convive senza santificarsi con chi è santo. Come non ci si guasta convivendo con chi è<br />

guasto. Se il mondo se la ricordasse questa verità! Ma il mondo invece trascura i santi o li sevizia, e<br />

segue i satana di<br />

248<br />

venendo sempre più satana.<br />

10 per niente sta per inutilmente<br />

11 Matteo 17, 20; Marco 11, 23; Luca 17, 6.<br />

12 <strong>Maria</strong> <strong>Valtorta</strong>, della cui vita viene fatto qui un parallelo con quella di Petronilla, morì dopo un<br />

lungo periodo di smemorato isolamento, che per molti è rimasto misterioso.<br />

La fermezza e la dolcezza di Fenicola l’hai vista. Che è la fame per chi ha Cristo a suo cibo? Che è<br />

la tortura per chi ama il Martire del Calvario? Che è la morte per chi sa che la morte apre la porta<br />

alla Vita?<br />

È sconosciuta dai cristiani d’ora la mia martire Fenicola. Ma essa è ben conosciuta dagli angeli di<br />

Dio che la vedono ilare in Cielo dietro l’Agnello divino. Ho voluto renderla nota a te per poterti<br />

parlare anche della sua maestra di spirito e per incuorarti al patire.<br />

Ripeti con lei: “Ora sì che fra questi dolori comincio a vedere il mio sposo Gesù, nel quale ho posto<br />

tutto il mio amore”, e pensa che anche per te ho suscitato un Nicomede 13, per salvare dalle acque<br />

delle passioni il tuo io che volevo per Me, e per raccogliere quanto di te merita d’esser conservato,<br />

ciò che è mio, ciò che può operare del bene all’anima dei fratelli.»<br />

13 È il nome del presbìtero che recuperò il corpo della santa martire Felicola, le cui notizie storiche<br />

sembrano corrispondere al racconto sulla martire Fenicola, qui presentato. Il “Nicomede” della<br />

scrittrice, suscitato per il suo recupero spirituale, è Padre Migliorini.


5 ? 3 ? 19<strong>44</strong>.<br />

Dice Gesù:<br />

«O voi cristiani del ventesimo secolo, che ascoltate come racconti fiabeschi le storie dei miei<br />

martiri e vi dite: “Non può esser vero! Come lo può essere? Infine erano anche essi uomini e donne!<br />

Ciò è leggenda”, sappiate che ciò non è leggenda. Ma è storia. E se voi credete alle virtù civiche<br />

degli antichi ateniesi, spartani, romani, e vi sentite esaltare lo spirito per gli eroismi e le grandezze<br />

degli eroi civili, perché non volete credere a queste virtù soprannaturali e non vi sentite esaltare lo<br />

spirito e spronarlo a eletta imitazione al racconto delle grandezze e degli eroismi dei miei eroi?<br />

Infine, vi dite, erano uomini e donne. Sicuro. Erano uomini e donne. Voi dite una grande verità e vi<br />

date una grande condanna.<br />

249<br />

Erano uomini e donne e voi siete dei bruti. Dei degradati dalla somiglianza con Dio, dalla<br />

figliolanza di Dio, al livello di animali solo guidati dall’istinto ed imparentati con Satana.<br />

Erano uomini e donne. Erano tornati “uomini donne” per mezzo della Grazia, così come erano 1 il<br />

Primo la Prima nel Terrestre Paradiso.<br />

Non si legge nella Genesi che Dio fece l’Uomo dominatore su tutto quanto era sulla Terra, ossia su<br />

tutto meno che su Dio e i suoi angelici ministri? Non si legge che fece la Donna perché fosse<br />

compagna all’Uomo nella gioia e nella dominazione su tutti i viventi? Non si legge che di<br />

tutto potevano mangiare<br />

1 erano è nostra correzione da era<br />

fuorché dell’albero della scienza del Bene e del Male 2? Perché? Quale sottosenso è nella parola<br />

“perché domini”? Quale in quello dell’albero della scienza del Bene del Male? Ve lo siete mai<br />

chiesto, voi che vi chiedete tante cose inutili non sapete chiedere mai alla vostra anima le celesti<br />

verità?<br />

La vostra anima, se fosse viva, ve le direbbe, essa che quando è in grazia è tenuta come un fiore fra<br />

le mani dell’angelo vostro, essa che quando è in grazia è come un fiore baciato dal sole e irrorato<br />

dalla rugiada per to Spirito <strong>San</strong>to che la scalda e illumina, che la irriga la decora di celesti luci.<br />

Quante verità vi direbbe la vostra anima se sapeste conversare con essa, se l’amaste come quella<br />

che mette in voi la somiglianza con Dio, che è Spirito come spirito è la vostra anima. Quale grande<br />

amica avreste se amaste la vostra anima in luogo di odiarla sino ad ucciderla; quale grande, sublime<br />

amica con la quale parlare di cose di Cielo, che siete così avidi di parlare vi rovinate l’un l’altro<br />

con amicizie, che se non sono indegne (qualche volta lo sono) sono però quasi sempre inutili vi si<br />

mutano in frastuono vano o nocivo di parole parole tutte di terra.<br />

Non ho Io detto: “Chi mi ama osserverà la mia Parola e il Padre mio l’amerà verremo presso di lui<br />

faremo in lui dimora” 3? L’anima in grazia possiede l’amore e possedendo l’amore possiede Dio,<br />

ossia il Padre che la conserva, il Figlio che l’ammaestra, lo Spirito che la illumina. Possiede quindi<br />

la Conoscenza, la Scienza, la Sapienza. Possiede la Luce.<br />

250<br />

Pensate perciò quali conversazioni sublimi potrebbe intrecciare con voi la vostra anima. Sono quelle<br />

che hanno empito i silenzi delle carceri, i silenzi delle celle, i silenzi degli eremitaggi, i silenzi delle<br />

camere degli infermi santi. Sono quelle che hanno confortato i carcerati in attesa di martirio, i<br />

claustrati alla ricerca della Verità, i romiti anelanti alla conoscenza anticipata di Dio, gli infermi alla<br />

sopportazione ? ma che dico? ? all’amore della loro croce.<br />

Se sapeste interrogare la vostra anima, essa vi direbbe che il significato vero, esatto, vasto quanto il<br />

creato, di quella parola “domini” è questo: “Perché l’Uomo domini su tutto. Su tutti i suoi tre strati.<br />

Lo strato inferiore animale. Lo strato di mezzo morale. Lo strato superiore spirituale. tutti tre li<br />

volga ad un unico fine: ‘Possedere Dio’ ”. Possederlo meritandolo con questo ferreo dominio che<br />

tiene soggette tutte le forze dell’io le fa ancelle di questo unico : meritare di possedere Dio.


Vi direbbe che Dio aveva proibito la conoscenza del Bene e del Male perché il Bene lo aveva<br />

elargito alle sue creature gratuitamente, e il Male non voleva che lo conosceste perché è frutto dolce<br />

al palato ma che, sceso col suo succo nel sangue, ne desta una febbre che uccide produce arsione,<br />

per cui più si beve di quel suo succo mendace più se ne ha sete.<br />

2 Genesi 1, 26?28; 2, 15?25; 3, 1?3.<br />

3 Giovanni 14, 23.<br />

Voi obbietterete 4: “E perché ce l’ha messo?”. E perché! Perché il Male è una forza che è nata da<br />

sola come certi mali mostruosi nel corpo più sano.<br />

Lucifero era angelo, il più bello degli angeli. Spirito perfetto inferiore a Dio soltanto. Eppure nel<br />

suo essere luminoso nacque un vapore di superbia che esso non disperse. Ma anzi condensò<br />

covandolo. E da questa incubazione è nato il Male. era prima che l’uomo fosse. Dio l’aveva<br />

precipitato fuor dal Paradiso, l’Incubatore maledetto del Male, questo insozzatore del Paradiso. Ma<br />

esso è rimasto l’eterno Incubatore del Male, non potendo più insozzare il Paradiso ha insozzato la<br />

Terra 5.<br />

Quella metaforica pianta sta a dimostrare questa verità. Dio aveva detto all’Uomo e alla Donna:<br />

“Conoscete tutte le leggi ed i misteri del creato. Ma non vogliate usurparmi il diritto di essere<br />

251<br />

il Creatore dell’uomo. A propagare la stirpe umana basterà il mio Amore che circolerà in voi,<br />

senza libidine di senso ma per solo palpito di carità susciterà i nuovi Adami della stirpe. Tutto vi<br />

dono. Solo mi serbo questo mistero della formazione dell’uomo”.<br />

Satana ha voluto levare questa verginità intellettuale all’Uomo, e con la sua lingua serpentina ha<br />

blandito e accarezzato membra occhi di Eva suscitandone riflessi acutezze che prima non avevano,<br />

perché la Malizia non li aveva intossicati. Essa “vide”. E vedendo volle provare. La carne era<br />

destata.<br />

Oh! se avesse chiamato Dio! Se fosse corsa a dirgli: “Padre! Io son malata. Il serpente mi ha<br />

accarezzata e il turbamento è in me”. Il Padre l’avrebbe purificata guarita col suo alito, ché come le<br />

aveva infuso la vita poteva infonderle nuovamente innocenza, smemorandola del tossico serpentino<br />

ed anzi mettendo in lei la ripugnanza per il Serpente, come è in quelli che un male ha assalito che,<br />

guariti di quel male, ne portano una istintiva ripugnanza.<br />

Ma Eva non va al Padre. Eva torna dal Serpente. Quella sensazione è dolce per lei. “Vedendo che il<br />

frutto dell’albero era buono a mangiarsi e bello all’occhio gradevole all’aspetto, lo colse a ne<br />

mangiò” 6.<br />

E “comprese”. Ormai la malizia era scesa a morderle le viscere. Vide con occhi nuovi udì con<br />

orecchi nuovi gli usi le voci dei bruti. E li bramò con folle bramosia.<br />

Iniziò sola il peccato. Lo portò a termine col compagno. Ecco perché sulla donna pesa condanna<br />

maggiore 7. È per lei che l’uomo è divenuto ribelle a Dio che ha conosciuto lussuria morte. È per<br />

lei che non ha più saputo dominare i suoi tre regni: dello spirito perché ha permesso che lo spirito<br />

disubbidisse a Dio; del morale perché ha permesso che le passioni lo signoreggiassero; della carne<br />

perché<br />

4 obbietterete è nostra correzione da obbieterete<br />

5 Isaia 14, 9?21.<br />

6 Genesi 3, 6.<br />

7 Genesi 3, 14?19.


l’avvilì alle leggi istintive dei bruti.<br />

“Il Serpente mi ha sedotta” dice Eva. “La donna m’ha offerto il frutto ed io ne ho mangiato” dice<br />

Adamo 8. E la cupidigia triplice abbranca da allora i tre regni dell’uomo.<br />

Non c’è che la Grazia che riesca ad allentare la stretta di que<br />

252<br />

sto mostro spietato. E, se è viva, vivissima, mantenuta sempre più viva dalla volontà del figlio<br />

fedele, giunge a strozzare il mostro ed a non aver più a temere di nulla. Non dei tiranni interni: ossia<br />

della carne delle passioni; non dei tiranni esterni: ossia del mondo dei potenti del mondo. Non<br />

delle persecuzioni. Non della morte.<br />

È come dice l’apostolo Paolo: “Nessuna di queste cose io temo, né tengo alla mia vita più di me,<br />

purché io compia la mia missione ed il ministero ricevuto dal Signore Gesù per rendere<br />

testimonianza al Vangelo della Grazia di Dio” 9.<br />

I miei martiri hanno tenuto a compiere la loro missione e il ministero ricevuto. da Me di santificare<br />

il mondo rendere testimonianza al Vangelo. Di nessun’altra cosa si sono preoccupati. Essi, per la<br />

Grazia vivente in loro da loro tutelata con una cura quale non davano per la pupilla dei loro occhi<br />

per la vita che gettavano con ilare prontezza, sapendo di gettare corruttibile spoglia per acquistarne<br />

una incorruttibile di infinito valore, erano tornati “uomini donne”, non più bruti. E da uomini<br />

donne, figli del Padre celeste, vivevano agivano.<br />

Come dice Paolo, essi “non hanno bramato né oro, né argento, né vesti da alcuno”10, ma anzi si<br />

sono fatti spogliare e si sono volontariamente spogliati di ogni ricchezza, fin della vita, “per seguire<br />

Me” sulla terra nel Cielo.<br />

“Con le loro mani” sempre come dice l’apostolo, “han provveduto al bisogno loro e di altri”11,<br />

hanno dato la Vita a sé ed hanno portato altri alla Vita.<br />

Lavorando hanno soccorso gli infermi “di quella tremenda infermità che è il vivere fuori della vera<br />

Fedee hanno tutto se stessi prodigato a questo scopo dando affetti, sangue, vita, fatiche, ogni cosa,<br />

ricordando le parole mie che ti ho detto tre giorni sono 12: “ Dare è ricevere”, “Dare è meglio che<br />

ricevere”, quelle parole che oggi, quando ti ho fatto aprire il Libro al capo 20 degli Atti al versetto<br />

35°, tu hai letto con un sussulto perché hai ricordato di averle udite da poco sei corsa a cercarle. E<br />

trovatele hai pianto, perché hai avuto una conferma che sono Io che parlo.<br />

8 Genesi 3, 8?13.<br />

9 Atti 20, 24.<br />

10 Atti 20, 33.<br />

11 Atti 20, 34.<br />

12 Il 2 marzo, pag. 166.<br />

253<br />

Sì, sono Io. Non temere. Tu neppure te ne accorgi di quali verità divieni canale. Come l’uccellino,<br />

sul ramo che canta felice quel canto che da millenni Dio ha messo nella sua piccola gola, e non sa<br />

perché escono quelle date note e non altre, non sa di dire con quelle il suo nome il nome del suo<br />

Creatore, così tu ripeti quella Parola che parla in te non sai neppure quanto essa è profonda nelle<br />

sue enunciazioni.<br />

Ma resta così: bambina. Amo tanto i bambini. Lo hai visto 13. Non m’hai visto ridere altro che con<br />

essi. Essi erano per Me la mia gioia d’Uomo. La Madre il Discepolo, la mia gioia d’Uomo?Dio di<br />

Maestro. Il Padre, la mia gioia di Dio. Ma i bambini il mio sollievo giocondo sulla terra tanto<br />

amara.


Resta così: bambina. Il tuo Salvatore, schiaffeggiato da tanti uomini, ha bisogno di rinfrescare le<br />

sue gote sulle gote dei bambini. Ha bisogno di appoggiare la sua fronte su dei capi che sono<br />

amorosi e senza malizia.<br />

Vieni, piccolo Giovanni, dal tuo Gesù. E restami sempre bambina. Il regno dei Cieli è di chi sa<br />

avere un’anima di fanciullo ed accogliere la Verità con la fiduciosa prontezza di un fanciullo.<br />

Sono Io, non temere. Io che ti parlo e ti benedico. Va’ in pace, piccolo Giovanni. Domani ti<br />

manderò Giovanni.»<br />

13 Il 7 febbraio, pag. 136. ???<br />

6 - 3 ? 19<strong>44</strong>.<br />

Dice Giovanni:<br />

«Sono io. Anche di me non temere. Io sono carità. Tanto l’ho assorbita e tanto predicata, tanto per<br />

ciò sono in Essa fuso, che sono carità che parla.<br />

Piccola sorella, noi lo possiamo dire: “Le nostre mani hanno toccato il Verbo di vita perché la Vita<br />

s’è manifestata a noi l’abbiamo veduta e l’attestiamo”1.<br />

Noi lo possiamo dire, noi che ripetiamo le parole che il nostro amore Gesù Cristo ci dice nella sua<br />

bontà che ogni bontà supera,<br />

254<br />

e ci conduce in sentieri fioriti di cui ogni fiore è una verità e una beatitudine celeste.<br />

Noi lo possiamo dire, noi saturi come alveare fecondo della dolcezza che fluisce dalle labbra<br />

divine, da quelle labbra santissime che dopo aver spezzato il pane della dottrina alle turbe di<br />

Galilea, della Palestina tutta, hanno saputo consacrare il Pane per divenire Carne divina e spezzare<br />

Se stesso per nutrimento dello spirito dell’uomo. Quelle labbra innocentissime che tu hai visto<br />

sanguinare contrarsi irrigidirsi nella Passione nella Morte subite per noi 2.<br />

1 Giovanni 1, 1?3.<br />

2 Nelle visioni dell’11 del 18 febbraio, pag. 91 110.<br />

Noi lo possiamo dire: “Questo è il messaggio che noi abbiamo ricevuto da Lui e che vi<br />

annunziamo: Dio è Luce in Lui non ci sono tenebre”3. La sua luce è in noi perché la sua Parola è<br />

Luce. Viviamo nella Luce e ne udiamo la celeste armonia.<br />

Vieni, piccola sorella. Ti voglio far udire l’armonia delle celesti sfere, l’armonia della luce poiché<br />

il Paradiso è Luce. Essa trabocca e si spande dal Trino Splendore invade di Sé tutto il Paradiso. Noi<br />

viviamo nella della Luce. Essa è il nostro gaudio, il nostro cibo, la nostra voce.<br />

Canta il Paradiso con parole di luce. È la luce. Lo sfavillio della luce quello che fa questi accordi<br />

solenni, potenti, soavi, in cui sono trilli di bambini, sospiri di vergini, baci di amanti, osanna di<br />

adulti, gloria di serafini. Non son canti come quelli della povera Terra, in cui anche le cose più<br />

spirituali devono rivestirsi di forme umane. Qui è armonia di fulgori che producono suono. È un<br />

arpeggio di note luminose che sale e scende con variar di fulgori, ed è eterno sempre nuovo, perché<br />

nulla si appesantisce di vecchiezza in questo eterno Presente.<br />

Ascolta questo indescrivibile concento e sta’ felice. Unisci il tuo palpito d’amore. È l’unica cosa<br />

che puoi unirvi senza profanare il Cielo. Sei ancora umana, sorella, qui l’umanità non entra. Ma<br />

l’amore entra. Esso ti precede. Precede lo spirito tuo. Canta con esso. Ogni altro canto sarebbe<br />

stridere di insetto nel grande coro celeste. L’amore è già sospiro armonico nel dolce canto.<br />

La pace di Gesù, nostro amore, sia con te.»<br />

255


Padre, non posso descrivere la luminosità cantante che vedo e odo. Sono ebbra di questa bellezza, di<br />

questa dolcezza.<br />

Se un’immensa, sconfinata rosa, fatta di una luce rispetto alla quale quella di tutti gli astri e i<br />

pianeti è scintilla di focolare, smuovendo ad un vento d’amore i suoi petali desse suono, ecco<br />

qualcosa che potrebbe assomigliare a quanto vedo e odo, che è il Paradiso tuffato nella luce d’oro<br />

della Trinità Ss. coi suoi abitanti di luce diamantina.<br />

Basta. Basta. Taccio perché la parola umana è bestemmia quando tenta di descrivere l’eterna<br />

Bellezza di Dio a del suo Regno.<br />

3 1 Giovanni 1, 5.<br />

4 di è nostra correzione da da<br />

7 - 3 ? 19<strong>44</strong>.<br />

[Saltiamo poco più di 13 pagine del quaderno autografo, che portano l’episodio del Piccolo<br />

Beniamino di Cafarnao il successivo dettatod’insegnamento, appartenenti al ciclo del Terzo anno di<br />

vita pubblica della grande opera sul Vangelo.]<br />

Sera del 7 ? 3.<br />

A chi lo posso dire quello che soffro? A nessuno di questa terra, perché non è sofferenza della terra<br />

e non sarebbe capita.<br />

È una sofferenza che è dolcezza e una dolcezza che è sofferenza. Vorrei soffrire dieci, cento volte<br />

tanto. Per nulla al mondo vorrei non soffrire più questo. Ma ciò non toglie che io soffra come uno<br />

preso alla gola, stretto in una morsa, arso in un forno, trafitto fino al cuore.<br />

Mi fosse concesso di muovermi, di isolarmi da tutto e di potere nel moto nel canto dar uno sfogo<br />

al mio sentimento ? poiché è dolore di sentimento ? ne avrei sollievo. Ma sono come Gesù sulla<br />

croce. Non mi è più concesso né moto né isolamento e devo stringere le labbra per non dare in<br />

pascolo ai curiosi la mia dolce agonia.<br />

Non è un modo di dire: stringere le labbra! Devo fare un grande sforzo per dominare l’impulso di<br />

gridare il grido di gioia e di pena soprannaturale che mi fermenta dentro a sale con l’im<br />

256<br />

peto di una fiamma o di uno 1 zampillo.<br />

Gli occhi velati di dolore di Gesù: Ecce Homo, mi attirano come una calamita. Egli m’è di fronte e<br />

mi guarda, ritto in piedi sui gradini del Pretorio, con la testa coronata, le mani legate sulla sua veste<br />

bianca di pazzo con cui l’hanno voluto deridere, ed invece lo hanno vestito del candore degno<br />

dell’Innocente.<br />

Non parla. Ma tutto in Lui parla e mi chiama chiede. Che chiede? Che io lo ami. Questo lo so<br />

questo gli do sino a sentirmi morire come avessi una lama nel petto. Ma mi chiede ancora qualcosa<br />

che non capisco. E che vorrei capire. Ecco la mia tortura. Vorrei dargli tutto quanto può desiderare a<br />

costo di morire di spasimo. E non riesco.<br />

Il suo Volto doloroso mi attira e affascina. Bello è quando è il Maestro o il Cristo Risorto. Ma quel<br />

vederlo mi dà solo gioia. Questo mi dà un amore profondo che più non può essere quello di una<br />

madre per la sua creatura sofferente.<br />

Sì, lo comprendo. L’amore di compassione 2 è la crocifissione della creatura che segue il Maestro


sino alla tortura finale. È un amore dispotico che ci impedisce ogni pensiero che non sia quello del<br />

suo dolore. Non ci apparteniamo più. Viviamo per consolare la sua tortura la sua tortura è il nostro<br />

tormento che ci uccide non metaforicamente soltanto. Eppure ogni lacrima che ci strappa il dolore<br />

ci è più cara di una perla, ogni dolore che comprendiamo somigliante al suo più desiderato amato<br />

di un tesoro.<br />

1 uno è nostra correzione da un<br />

2 Già nel dettato del 13 febbraio, pag. 101.<br />

Padre, mi sono sforzata di dire ciò che provo. Ma è inutile. Di tutte le estasi che Dio può darmi, sarà<br />

sempre quella del suo soffrire quella che porterà l’anima mia al mio settimo cielo. Morir d’amore<br />

guardando il mio Gesù penante trovo che sia il più bel morire.<br />

[Saltiamo poco più di 55 pagine del quaderno autografo, che portano i seguenti brani della grande<br />

opera sul Vangelo: l’episodio dell’Annunciazione e i due successivi dettati d’insegnamento (8?3?<br />

19<strong>44</strong>) appartenenti al ciclo della Preparazione; il dettato sulla Condotta di Pilato verso Gesù (10?3?<br />

19<strong>44</strong>) appartenente al ciclo della Passione; l’episodio dell’Emorroissa e la figlia di Giairo (11?3?<br />

19<strong>44</strong>) appartenente al ciclo del Secondo anno di vita pubblica.]<br />

257<br />

Il giorno 12 non c’è dettato. Il 13 non ho voluto scrivere. E lei sa perché.<br />

Il 14, col broncio ancora, cedo perché... perché a lasciarlo parlare senza fermare i suoi pensieri mi<br />

sento levare l’aria e la vita. Ma il broncio ce l’ho ancora. Sicuro. E se non fosse che oggi è il mio<br />

compleanno 1 e che le sue parole sono il regalo più bello per la povera <strong>Maria</strong>, terrei ancora duro per<br />

vedere se, attraverso questo mezzo, mi fa la grazia che chiedo per tutti.<br />

È da ieri sera ? quando lei è venuto lo diceva già ? che Gesù ripete:<br />

«E non hai capito che ho permesso che conoscessi lo strazio di <strong>Maria</strong> per tua guida e conforto in<br />

quest’ora 2?<br />

L’avevo avvolta in un velo la passione di mia Madre, perché è cosa tanto santa che non va data in<br />

pasto ai porci 3. Solo per il Padre 4, perché avesse una guida nel giudicare e assolvere le anime che<br />

il dolore fa delirare; solo per te, perché nel tuo soffrire sapessi che la Mamma ti capisce perché ha<br />

sofferto e imparassi come si prega mentre il cuore è in un rogo di spasimo, e come si doma il<br />

sentimento che insorge contro un volere di cui non conoscete i fini, prostrandolo sotto la<br />

persuasione dello spirito della bontà di Dio ? persuasione che lo spirito inculca alla ragione e al<br />

sentimento, l’impone come un giogo ai due ribelli, per il loro bene ? solo per poche altre care e<br />

benedette anime di questo mio “piccolo gregge”, ho concesso le parole della Mamma mia in<br />

quell’ora tremenda, unicamente inferiore alla mia del Getsemani.<br />

E tu non hai capito! Se non ti conoscessi come tu non ti conosci, dovrei esser severo con te. Ti<br />

accarezzo invece e non ti lascio andare, povera pecorella mia tutta avvolta nelle spine. Guarda: te le<br />

levo ad una ad una, districandole dal tuo vello, pungendomi Io per non lasciare che la punta sia tu.<br />

Sto qui anche se non mi vuoi guardare. E vedremo chi vince.»<br />

1 La scrittrice compiva 47 anni, essendo nata il 14 marzo 1897.<br />

2 Nella visione del 19 febbraio, pag. 121.<br />

3 Matteo 7, 6.<br />

4 Padre Migliorini, al quale spesso si rivolge.


Stamane poi, dopo una notte d’agonia che mi fa trovare al mattino con una faccia poco dissimile a<br />

quella della bimba di<br />

258<br />

Giairo 5, Egli dice:<br />

«Lo vedi che non puoi stare senza di Me? Senza la tua Messa il cui Vangelo è cantato e<br />

commentato dal tuo Gesù, la cui benedizione è data dal tuo Gesù?<br />

Oh! povera, povera <strong>Maria</strong> che ci stai così male sulla terra! Bisogna proprio che Io ti prenda con<br />

Me. Non sei adatta agli urti brutali del mondo. Ma mi occorri ancora. Pensa alla Mamma. È dovuta<br />

rimanere ancora qualche tempo per servire Gesù. Tu non ci vuoi restare per servire Gesù? Andiamo,<br />

andiamo! I tuoi rimproveri sono ancora amore e fede, perché tu pensi che tutto può Gesù e che il tuo<br />

amare e credere totale debbano operare il miracolo.<br />

Anche Marta e <strong>Maria</strong> a Betania mi han rimproverato di non aver affrettato il ritorno, di essermi<br />

allontanato mentre Lazzaro moriva 6. Ma Io le ho amate anche per questo, perché in quel<br />

rimprovero era amore e fede: “Se Tu eri qui, il nostro fratello non sarebbe morto” hanno detto le<br />

due sorelle. E nel rimprovero era palese la loro convinzione che Io potevo operare il miracolo, e<br />

l’amore grande nella confidenza che le fa osare di rimproverare Me.<br />

Pace, pace, anima mia! Pace fra Me e te. E di’ in mio Nome, a coloro che potrebbero commentare<br />

irriverentemente le parole della Mamma 7, che Ella, in quell’ora, era la Donna. La Donna che<br />

assommava in sé tutti i dolori della donna, portati alla donna per la colpa della prima, e che doveva<br />

espiarli così come Io avevo assommato in Me tutti i dolori dell’uomo per poterli espiare.<br />

Di’ a coloro che negano che <strong>Maria</strong> abbia potuto soffrire perché santa, che Ella ho sofferto di tutto,<br />

come nessuna altra sua sorella di sesso, di tutto fuorché dei dolori del parto, non essendo in Lei la<br />

colpa e la maledizione di Eva, e quelli dell’agonia fisica per la stessa ragione 8. Dette alla luce il<br />

Figlio delle sue viscere immacolate e dette a Dio il suo spirito senza macchia, come era decretato<br />

dal Creatore li dessero tutti i figli di Adamo se la colpa non li avesse innestati al Dolore.<br />

Di’ loro che Io, perché ero l’Espiatore prineipale, ho dovuto ben<br />

259<br />

subire anche il dolore della morte, di quella Morte, ed ero il <strong>San</strong>to dei santi.<br />

Di’ a coloro che negano che <strong>Maria</strong> abbia potuto soffrire e nell’anima, nella sua mente e nella sua<br />

carne, nelle ore espiatorie della Passione, che se Io posso fare partecipe delle mie sofferenze e<br />

marcare delle mie piaghe un mio servo o una mia serva - creature che mi amano, ma che nel loro<br />

amore sono sempre molto relativi ? come non avrò potuto associare a queste sofferenze, far<br />

partecipe di esse - perché<br />

5 Nell’episodio scritto l’11 marzo e da noi indicato a pag. 182.<br />

6 Giovanni 11, 20?32.<br />

7 A riguardo dello strazio di Lei, come nella precedente nota 2.<br />

8 Genesi 3.<br />

il valore del patire del Figlio di Dio fosse aumentato del valore del patire della Piena di Grazia - la<br />

Madre mia, <strong>Maria</strong> la <strong>San</strong>ta, <strong>Maria</strong> la Carità, inferiore unicamente a Dio, Colei che mi amava alla<br />

perfezione come Mamma perché nella sua immacolatezza aveva perfezione di sentimento, e come<br />

credente perché nella sua santità mi amò come nessuna?<br />

Era Madre, uomini. Mi aveva portato, generato, partorito, allevato. Non era di stoppa ma dotata di<br />

nervi e di un cuore. Era carne, non solo spirito. Carne pura, ma carne ancora. Se Io ho pianto e ho<br />

sudato sangue, Ella non avrà pianto e pianto sangue?<br />

Ero suo Figlio, uomini. Non ero una larva di uomo. Ero Carne, ero la sua Carne. E in quella e su


quella Ella vedeva, per la sua perfetta prescienza, cadere i flagelli, penetrare le spine, scendere le<br />

percosse, urtare le pietre e penetrare i chiodi, e per la sua santità in sé li riceveva.<br />

O uomini, riflettete. Dite di credere alla Comunione dei <strong>San</strong>ti, la quale è l’unione delle preghiere e<br />

delle sofferenze ai meriti infiniti di Cristo per i bisogni degli spiriti, e non potete ammettere che la<br />

prima a parteciparvi fu <strong>Maria</strong>, la mia e vostra <strong>San</strong>ta?<br />

Di’ questo, piccolo Giovanni imbronciato, agli uomini dalla fede e dalle idee svisate da un<br />

razionalismo che non sanno neppure di avere e che come gramigna ha invaso subdolamente anche<br />

gli spiriti più sinceramente desiderosi d’esser nel vero. Ricòrdati però che Giovanni non aveva mai<br />

il broncio, neppure quando Io lo riprendevo o trascuravo e gli altri lo contendevano.<br />

Va’ in pace. Ti benedico anche se sei così capretta oggi. Sii buona! Sii buona! Pensa che ti ho<br />

amato tanto da fare di te il mio portavoce. Va’ in pace. Ti benedico ancora.»<br />

260<br />

16 ? 3 ? 19<strong>44</strong>.<br />

Ebrei 1 cap. 5, v. 7, 8, 12, 14; cap. 6, v. 1, 4, 6, 8.<br />

Dice Gesù:<br />

«Voglio farti considerare, a con te a molti, una virtù dalla quale vi è venuto un gran bene. Il più<br />

grande bene, mentre dal suo contrario vi è venuto tanto male: il più grande male. Te ne ho già<br />

parlato, ma la tua sofferenza non ti ha fatto ricordare le parole. Te le ripeto perché mi preme che le<br />

abbiate.<br />

Avendovi amato infinitamente, Io volli essere il vostro Redentore. Ma non lo fui unicamente per la<br />

Sapienza, non per la Potenza, neppure per la Carità. Queste sono tre caratteristiche, tre doti divine,<br />

che agirono tutte e tre nella Redenzione del genere umano, perché vi istruirono, vi scossero coi<br />

miracoli, vi redensero col Sacrificio.<br />

1 Ebrei è aggiunto da noi<br />

Ma Io ero l’Uomo. Essendo l’Uomo, dovevo possedere quella virtù la cui perdita aveva perduto<br />

l’uomo, e redimervi con quella. L’uomo s’era perduto per aver disubbidito al desiderio di Dio. Io,<br />

l’Uomo, vi ho dovuto salvare ubbidendo al desiderio di Dio.<br />

Dice Paolo che Io “avendo con forti grida e con lacrime offerto preghiere e suppliche, nei giorni<br />

della mia vita mortale, per salvare l’uomo da morte spirituale, fui esaudito per la mia riverenza”. E<br />

aggiunge che, giunto alla perfezione per aver imparato (ossia compiuto per obbedienza) divenni<br />

causa di eterna salute per tutti quelli che mi sono obbedienti.<br />

Paolo, con parola che lo Spirito fa vera, dice dunque che Io, Figlio di Dio fatto Uomo, raggiunsi la<br />

perfezione con l’obbedienza e potei esser Redentore per questa. Io, Figlio di Dio. Io raggiunsi la<br />

perfezione con l’obbedienza. Io redensi con l’obbedienza.<br />

Se meditate profondamente questa verità, dovete provare quello che prova uno che prono su un’alta<br />

insenatura marina, guarda fissamente la profondità e la immensità del mare, e gli pare sprofondare<br />

in questo liquido abisso di cui non conosce profondità e confine.<br />

L’obbedienza! Mare sconfinato e abissale nel quale Io mi sono tuffato prima di voi per riportare alla<br />

Luce coloro che erano naufragati nella colpa. Mare in cui devono tuffarsi i veri figli di Dio per<br />

essere redentori di se stessi e dei fratelli. Mare che non ha<br />

261<br />

solo le grandi profondità e le grandi onde, ma anche le spiagge basse e le lievi ondette che<br />

sembrano scherzare con la rena del lido, così care ai bambini che giuocano con esse.<br />

L’obbedienza non è fatta unicamente di grandi ore in cui obbedire è morire come Io ho fatto, in cui<br />

obbedire è strapparsi da una Madre come Io ho fatto, in cui obbedire è rinunciare alla propria<br />

dimora come Io ho fatto lasciando il Cielo per voi. L’obbedienza è fatta anche di minuscole cose di<br />

ogni ora, compiute senza brontolii, man mano che vi si presentano.


Cosa è il vento? Turbine sempre che curva le cime degli alberi secolari e li piega, li spezza, li<br />

abbatte al suolo? No. È vento anche quando, più leggero di carezza materna, pettina le erbe dei prati<br />

e i grani che incespano e li fa ondulare appena come rabbrividissero lievemente nella cima dei verdi<br />

steli per la gioia d’esser sfiorati dal vento leggero. Le piccole cose sono il vento leggero<br />

dell’obbedienza. Ma quanto bene vi fanno!<br />

Ora è primavera. Se il sangue non la bruttasse 2, come sarebbe dolce questa stagione! Le piante,<br />

che sanno amare e obbedire al Creatore, stanno mettendo la veste nuova fatta di smeraldo e come<br />

spose si fasciano di fiori. I prati sembrano un ricamo, un velluto trapunto di fiori, i boschi una felpa<br />

profumata sotto una volta di creste verdi e canore. Ma se non ci fossero i tenui venti d’aprile, e<br />

anche le pazze<br />

2 Si riferisce alla seconda guerra mondiale, allora in corso.<br />

ventate di marzo, quanti fiori rimarrebbero 3 senza fecondazione e quanti prati senza acqua! Fiori<br />

ed erbe sarebbero perciò nati per morire senza scopo. Il vento spinge le nubi e li irrora così, il vento<br />

fa baciare i fiori, porta ai lontani il bacio dei lontani e con la sua gaia corsa da ramo a ramo, da<br />

albero ad albero, da frutteto a frutteto, feconda e fa che quei fiori divengano frutto.<br />

Anche l’obbedienza spicciola a tutte le piccole cose che Dio vi presenta attraverso agli avvenimenti<br />

del giorno, fa quello che fa il vento con le piante e l’erbe dei prati e degli orti. Di voi, fiori, fa frutti.<br />

Frutti di vita eterna.<br />

Beatissimi quelli che, presi dal turbine dell’Amore, e del loro amore, consumano il sacrificio totale<br />

di sé, i piccoli redentori che mi perpetuano, i quali compiono l’obbedienza somma beven<br />

262<br />

do il mio stesso calice di dolore. Ma beati anche quelli che, non avendo ardire di dire al turbine<br />

dell’Amore: “T’amo, eccomi, prendimi”, sanno piegarsi al vento lieve dell’Amore che sa graduare<br />

le forze dell’uomo suo figlio e dare ad ognuno quel tanto di pressione che sia possibile a sopportare.<br />

Vi pare, o figli, e mai come ora vi pare, che la prova sia tante volte superiore alla forza vostra. Ma è<br />

perché voi vi irrigidite. È perché siete superbi e diffidenti. Volete fare da voi e non vi abbandonate a<br />

Me. Non sono un carnefice. Sono Colui che vi ama. Sono un Padre buono. E se non posso annullare<br />

la Giustizia, aumento in compenso la Misericordia. Tanto più l’aumento quanto più cresce la<br />

Giustizia per la marea di delitti, di bestemmie, di disubbidienze alla Legge che copre la Terra.<br />

Naufragate in essa. Innocenti, quasi innocenti, colpevoli, grandi colpevoli, naufragate in essa. Ma<br />

se per gli ultimi il fondo del naufragio sarà nel fondo di Satana (fin dalla vita col dilaniamento di<br />

una coscienza che li morde e non dà pace nonostante fingano di averla) per le altre due categorie il<br />

fondo sarà nella mia Misericordia, è in essa per i quasi innocenti, ed è nel mio Cuore per gli<br />

innocenti. Ma Misericordia e Cuore sono già Cielo e per questi, dopo i conforti sulla Terra che non<br />

nego loro ? e tu to sai ? è pronto il Cielo.<br />

Un’altra cosa ho detto al tuo spirito, e il tuo spirito non ha potuto farlo scrivere alla tua carne sfinita,<br />

e te la ripeto.<br />

In tutto questo mio insegnamento non vi è lezione o visione data senza che Io segua un mio disegno<br />

educativo che voi non comprendete o comprendete in ritardo e parzialmente. Se meditaste con<br />

lucidità di intuizione, vedreste che le lezioni che vi do coi dettati o con le contemplazioni del<br />

portavoce sono sempre in rapporto con eventi prossimi a venire. Faccio così per darvi<br />

soprannaturale aiuto. Queste pagine, dato che il mondo non si imbesti completamente, faranno<br />

molto bene alle anime anche in futuro, perché contengono insegnamenti di Scienza eterna; ma per<br />

voi, viventi in questa ora fatale, sono anche una guida e un conforto per le ore che vivete.<br />

3 rimarrebbero è nostra correzione da rimarebbero<br />

Anche voi, come i primi cristiani di Paolo, “siete divenuti un po’ deboli nell’intendere... e avete<br />

ancora, di nuovo, bisogno che vi insegnino i primi rudimenti della parola di Dio, ridotti ad aver<br />

bisogno di latte e non di solido cibo”. Bambini siete tornati, non


263<br />

per l’innocenza e la semplicità, non per la fede sicura, ma per la vostra incapacità di camminare<br />

nella fede e di comprendere le sue verità.<br />

Siete tanto retrocessi! Le parole della Giustizia non sono che suono che percuote il vostro orecchio<br />

e talora neppure lo percepite. Non ne fate cibo di Vita. Non ne potete fare perché non lo assimilate.<br />

Il vostro spirito, per un colpevole vostro indifferentismo, per una colpevole vostra simpatia con la<br />

colpa, è colpito da infantilismo e non ha più quel succo che lo rende capace di fare, del cibo robusto<br />

degli adulti nella fede, il suo nutrimento. O non avete religione o avete una religione fatta di una<br />

coreografia di pratiche e di sentimentalismo.<br />

Ma lo sapete cosa vuol dire: “Religione”? Vuol dire seguire Dio e la sua Legge, non solo cantare<br />

dei begli inni, fare delle belle processioni, delle belle funzioni, andare a prediche eleganti, esser il<br />

membro A o B della tale associazione. Tutte cose che vellicano il vostro sentimento. E nulla più.<br />

Religione vuol dire fare dell’uomo?animale l’uomo semidio. Occorre annullare, attraverso alla<br />

religione, l’animalità nelle sue svariate forme che vanno dalla carne al pensiero. Giù la gola, giù la<br />

lussuria, via l’avarizia, abbasso l’accidia, sia uccisa la menzogna e la superbia. Siate casti,<br />

caritatevoli, umili, onesti, siate insomma come Dio vuole e come Io vi ho insegnato ad essere.<br />

Allora sarete adulti nella religione, nella fede, sarete uomini fatti, aventi “dalla pratica addestrate le<br />

facoltà al discernimento del bene e del male”.<br />

È per questo che Io, lasciando da parte l’insegnamento elementare, vengo a istruirvi sul più<br />

perfetto, perché voglio portarvi ad esso. Sarete pochi: coloro che hanno fame di Giustizia, fame di<br />

Verità, fame di Sapienza. Ma per questi, miei benedetti, Io do un pane che li aiuta a sempre meglio<br />

gustare l’altro Pane che sono Io?Eucarestia. Anche nella mia vita pubblica ho fatto precedere il pane<br />

della Parola al pane del Sacramento 4. È sempre quello che deve preparare a Questo. La Chiesa<br />

docente c’è per questo. Per perpetuare il mio ministero di Maestro e farvi capaci di trarre dal<br />

Sacramento il massimo del potere vitale.<br />

Guai però a coloro che, dopo esser stati illuminati, preferiscono tornare nelle tenebre. Guai a quelli<br />

che, dopo aver gustato<br />

264<br />

questo cibo celeste, preferiscono i bocconi di Satana. Guai a quelli che, dopo esser stati fatti<br />

coscienti del Vero dallo Spirito <strong>San</strong>to, tornano bruti, profanando se stessi. Non è possibile che,<br />

precipitati, tornino a penitenza. Ché se Io tanto perdono alla debolezza dell’uomo, sono inesorabile<br />

per chi vuole rimanere nel Male dopo avere eletto il Male per suo re spontaneamente.<br />

4 Luca 24, 27?31.<br />

E voi, ai quali do a gustare la dolcezza della parola di Dio che si effonde nuovamente per sopperire<br />

a troppa mutezza sacerdotale, e troppa cenere tiepida là dove dovrebbe esser fuoco vivo, che si<br />

effonde per neutralizzare nei miei discepoli novelli il veleno di Satana che circola sulla Terra, voi ai<br />

quali sollevo anche veli sui segreti del mio giorno d’Uomo e sui misteri del secolo futuro, siate<br />

degni del dono. Divenite spighe granite e non arida paglia pronta pel fuoco. Spighe per il grano<br />

eterno. Rinascerete in Cielo.<br />

Oh! Gioia di esser fuori dal mondo! Gioia d’esser dove è Dio! Quando, esalato lo spirito, Io ho<br />

potuto tornare a vedere il Padre, ho gustato una beatitudine come da eternità mai avevo gustata. Ed<br />

essa perdura perché so, ora, cosa vuol dire esser separato dal Cielo, da Dio. Tutte le esperienze ho<br />

patito in Me. Per potervi difendere presso l’Altissimo. Ma in verità vi dico che la mia stessa<br />

beatitudine sarà la vostra quando sarete qui, fuori dall’esilio, con Me, presso il Padre, nella Patria<br />

dell’Amore.<br />

Dell’Amore, figli. Là dove non è più odio e delitto, più pianto e terrore.»


Gesù mi dice di scrivere anche quelle parole circa la funzione di certe anime nel mondo. Lo faccio<br />

benché, debole e tormentata come sono, la testa mi giri come una trottola.<br />

«Hai capito, ora, il perché dei conventi di clausura? La loro ragione d’essere?<br />

Non tutti hanno tempo di pregare, presi come sono nella vita attiva. Vero è che l’attività onesta è già<br />

preghiera e perciò sono giustificati coloro che orano lavorando. Ma molti sono i bisogni dell’uomo<br />

e molti uomini sono che non pregano affatto. Per tutti coloro che non vogliono o non possono<br />

pregare in maniera che ogni giorno abbia quel numero di omaggi che la Divinità richiede (pensate<br />

che in Cielo non ha sosta il Gloria a Dio), pregano i claustrati. Pregano Dio per onorarlo, lo pregano<br />

per placarlo, lo pre<br />

265<br />

gano per impetrarlo. Sono le braccia alzate sopra coloro che combattono, e chiedono per tutti.<br />

Tu sei nella tua casa la piccola claustrata che preghi per tutti. Ma la tua carità deve essere vasta<br />

quanto il mondo. Più ancora: quanto tutto il Creato, e invadere anche il Cielo. Cominciare anzi da<br />

questo.<br />

Pregare per dar lode e riparazione a Dio bestemmiato da tanti.<br />

Pregare per chi non prega.<br />

Pregare per la Chiesa.<br />

Pregare per il Sacerdozio senza il quale, tornato allo splendore di un martire Lorenzo, divenite<br />

sempre più idolatri.<br />

Pregare per la società umana, che venga a Dio se vuol salvarsi.<br />

Pregare per la patria, che abbia pace e bene.<br />

Pregare per chi soffre, per chi ha fame, per chi è senza tetto.<br />

Pregare per chi dubita e sente che la disperazione lo abbranca.<br />

Pregare, pregare, pregare.<br />

Per ultimo, pregare per te.<br />

Non abbiate paura. Se anche, voi che pregate per tutti, non pregate per voi, Io prego per voi il Padre.<br />

State tranquilli.<br />

Le anime oranti nel mondo, quelle che della loro infermità sanno fare non un ozio forzato ma<br />

un’attività santa, sono le piccole clausure che Io spargo come fiori nel mondo per aiutare le grandi<br />

clausure; e con questa somma di preghiere instancabili placare il Padre e dare sollievo all’umanità.»<br />

Ed ora, Padre, le dirò che sono commossa per la bontà di Dio dalla quale è venuta la sua. È stato<br />

Gesù che glie lo ha ispirato. Lo desideravo tanto d’esser nel Terz’Ordine dell’Addolorata. Se non<br />

fossi stata fin da bambina devotissima di S. Francesco d’Assisi e non avessi avuto molte penose<br />

esperienze con sacerdoti dei Servi di <strong>Maria</strong>, quando nel 1926 decisi di entrare in un Terzo Ordine<br />

mi sarei rivolta a quello dell’Addolorata o del Carmelo. Perché volevo esser di <strong>Maria</strong> anche<br />

quando... ero una capretta, come dice Gesù 5. L’amavo male conoscendola poco, ma istintivamente<br />

andavo verso di Lei. Ora, da quando l’ho vista soffrire,<br />

266<br />

l’amo come amo suo Figlio: “con tutte le mie forze” 6, e si era acuito il desiderio di esser<br />

dell’Addolorata. Tacevo, ma avevo la spina del desiderio infissa in gola.<br />

Grazie a Gesù e alla Mamma che glie lo hanno detto, e grazie a lei che ha capito. Già è inutile.<br />

L’ho detto dallo scorso anno che la Madonna Addolorata ha agito sempre prepotentemente con me.<br />

Ha voluto che fossi diretta da un suo figlio7, ha voluto per il suo altare il lavoro fatto per altri altari<br />

8, ora vuole che io muoia con la sua veste 9. Ebbene: speriamo che voglia dal Figlio suo quello che<br />

chiedo per tutti (la pace) e quello che chiedo per me: la salvezza della povera anima mia. E così<br />

anche lei avrà la sua Fernanda Lorenzoni 10.<br />

E ora basta altrimenti mi svengo.<br />

5 Nei dettati del 4 e 24 giugno 1943, ne «I quaderni del 1943», pag. 124 e 37; e nell’ultimo


capoverso del dettato del 15 marzo 19<strong>44</strong>, pag. 184.<br />

6 Come al termine del dettato dell’8 dicembre 1943, ne «I quaderni del 1943», pag. 428.<br />

7 P. Romualdo M. Migliorini, dell’Ordine dei Servi di <strong>Maria</strong>, direttore spirituale della scrittrice dal<br />

1942 al 1946.<br />

8 Si trattava di un lavoro di merletto ad ago, eseguito dalla scrittrice per una tovaglia da altare.<br />

9 Di terziaria dell’Ordine dei Servi di <strong>Maria</strong>.<br />

10 Fernanda Paola Lorenzoni, terziaria dell’Addolorata (1906?1930).<br />

267<br />

18 ? 3 ? 19<strong>44</strong>.<br />

S. Matteo cap. 23 v. 19.<br />

Ieri, venerdì, silenzio. Solo dolore ricevuto come dono e offerto come dono.<br />

Oggi Gesù dice questo:<br />

«Una delle deviazioni del vostro pensare di cattolici, di cristiani in genere, sta in questo. Voi<br />

confondete l’offerta con l’altare. Voi credete più grande l’offerta dell’altare. E questo succede<br />

anche a coloro, fra di voi, che sono dei buoni figli del Signore. Ve ne parlo per correggervi.<br />

Le vostre offerte di preghiere e di sacrifici mi sono tanto care e soltanto nel Paradiso vedrete come<br />

le ho usate e quanto bene ho fatto con esse.<br />

Voi mi date le vostre povere cose sempre intrise di umanità, sempre sporche da imperfezioni. Non<br />

avete altro da darmi di più bello. L’uomo, anche il migliore, sinché è uomo è sempre soggetto ad<br />

essere imperfetto. Quando sarete qui, con Me, non sarete più tali.<br />

Le vostre azioni sono sempre imperfette agli occhi miei. Ma Io guardo al vostro sforzo e all’affetto,<br />

alla rettitudine con cui le offrite. E non le sdegno. Tutt’altro. Le prendo anzi con amore e le<br />

santifico, le purifico col mio contatto e, fatte tutte sante e pure, le uso per il bene del mondo. E per il<br />

vostro bene.<br />

Oh! Io sono un banchiere onesto e buono. Non lascio inerti i vostri risparmi. Non li use per Me o<br />

per altri lasciandovene privi dei frutti. Ma anzi tesaurizzo per voi e, pure spendendo le vostre<br />

monete per i bisogni del mondo, con amore accumulo il frutto di esse 1 perché lo troviate all’ora<br />

della morte e vi sia dote per entrare nel mio Regno.<br />

Voi dunque mi date le vostre povere cose sempre imperfette, ma a Me tanto care. Le date a Me.<br />

Perché ? Io l’ho detto 2 ? tutto quanto fate di opere buone al e per il prossimo vostro lo fate a Me.<br />

Ed è dare al prossimo tanto dare il pane, l’acqua, l’ospi<br />

271<br />

talità, la veste, il conforto, l’insegnamento, l’esempio, come dare per esso la vita, offrendomela per<br />

la salvezza di uno o di molti e per il trionfo del bene, del mio Bene, nel mondo.<br />

Ma, qualunque cosa mi diate, pensate sempre che non è per essa che avete quanto chiedete. Ma per<br />

il vostro Dio. Sono Io, ossia l’altare ? perché l’altare sta a rappresentare il trono di Dio ? che vi<br />

faccio grazia. Sono Io che santifico l’offerta e<br />

1 esse è nostra correzione da essi<br />

2 Matteo 25, 31?46.


non l’offerta che santifica Me. Sono Io che voglio e posso, e non voi che potete e volete.<br />

Quando perciò nel “Pater” dite: “Fiat voluntas tua”, dovete pensare dunque che anche nelle vostre<br />

richieste dovete accettare la mia volontà di ascoltarvi e di concedervi ciò che chiedete. E non dire:<br />

“Ma io ho dato e devo avere”. Avete dato; e che abbiate una fede e fiducia tanto grandi in Me che vi<br />

paia impossibile che Io non intervenga ad esaudirvi è per Me più dolce di una carezza di figlio. Ma,<br />

se per un pensiero che voi non potete comprendere, Io non do, voi dovete darmi non la carezza ma<br />

il bacio, forma di amore più profonda della carezza, il bacio della vostra pronta, ilare, umile, santa<br />

obbedienza e rassegnazione alla mia volontà.<br />

L’altare è da molto più dell’offerta che vi sta sopra ed è l’altare quello che parla. Non confondete<br />

perciò la cosa con Quello a cui la cosa è data.<br />

Non vi voglio chiamare farisei, perché in questa lieve colpa cadete proprio voi che siete i più<br />

generosi, i più volonterosi di amarmi con rettezza di cuore. I farisei agiscono con multiformi errori,<br />

voi avete questo solo nella vostra attitudine con Dio. Ma poiché Io vi ho detto: “Siate perfetti” 3,<br />

levatevi anche questo dal cuore.<br />

Quando avete deposto sull’altare il vostro dono, quando avete dato a Me, Dio vostro, le vostre<br />

offerte, lasciate che l’altare le elevi, lasciate che Dio le consacri. Ricordatevi di quando su povere<br />

offerte Io facevo scendere fuoco divino per consumarle in sacrifizio di gradito odore 4. Nessun<br />

sacerdote, nessun fuoco è da più di Me che prendo il vostro dono e lo consacro e lo consumo e lo<br />

uso per ciò che trovo utile, anche se a voi così non appare, e nessun dono diventa più bello di quello<br />

che viene dato non solo come forma ma anche col pensiero. Dato. , una volta dato,<br />

272<br />

non più ricordato con alterigia a Colui a cui è stato donato. Mi basta la mia intelligenza per<br />

ricordarmi di voi. Mi basta il vostro sorriso, il vostro dire: “Gesù!”, dire: “Padre!”, per tenermi<br />

presente, come se il vostro angelo la alzasse all’altezza del mio sguardo, la vostra offerta.<br />

Animo, figli miei. Il mondo è feroce. Ma è cosa che passa e più non torna. Io resto con la mia bontà<br />

e con Me resta il mio mondo paradisiaco, dove siete attesi per dimenticarvi, in una eterna gioia, tutti<br />

gli orrori della Terra.»<br />

3 Matteo 5, 48.<br />

4 1 Re (volgata: 3 Re) 18, 36?39.<br />

19 ? 3 ? 19<strong>44</strong>.<br />

Giovanni cap. 21 v. 19.<br />

Dice Gesù:<br />

«Un altro breve insegnamento per quelli che, quasi giunti alla mèta, hanno bisogno di compiere gli<br />

ultimi sforzi per toccare vittoriosamente la fine della prova.<br />

Siate perfetti, ho detto 1. La perfezione si inizia dalle cose più pesanti e si compie con le più<br />

leggere. Si inizia domando la carne, si compie emendando il pensiero da quelle idee che non sono<br />

peccato ma che hanno in sé tara di una ingiustizia mentale non gradita a Dio. Compatita da Dio che<br />

è misericorde, ma non gradita. Ora, perché voler venire a Me con la veste non bruttata da macchie,<br />

ma non fresca e intatta come quella di un giglio che s’è deterso dalla polvere con la rugiada del<br />

mattino?<br />

Io sono la vostra rugiada e mi effondo per levarvi anche le più lievi appannature di umanità e di<br />

errore ed imperlarvi della mia Grazia per farvi gioielli del trono del Padre. Vi ho dato il mio Amore<br />

e il mio <strong>San</strong>gue. Vi ho dato la mia Parola e il mio Corpo. Ma voglio darvi più che la Parola. Voglio<br />

darvi il mio Pensiero.<br />

Che è il pensiero? È l’anima della parola. Quando due si amano, non si accontentano di dirsi le


parole necessarie, ma si comunicano anche gli intimi pensieri. Oh! gioia poter dire a chi ci ama<br />

quello che come lampo, come musica, come palpito ferve<br />

273<br />

nella mente e per questo fervere ci distingue dai bruti, i cui moti mentali si limitano ai bisogni<br />

rudimentali del vivere!<br />

L’uomo pensa, e dal pensiero trae capolavori d’arte, di genio, di bellezza. L’uomo pensa, e in<br />

questo suo pensare ha un intimo amico che empie di compagnia anche la solitudine del romito. Il<br />

pensiero dell’uomo spazia, spirituale come è, per tutto l’universo. Si sprofonda nel rammemorare<br />

gli èvi lontani, si immerge nella previsione dei tempi avvenire, studia e contempla e medita le<br />

mirabili opere di Dio nel creato, riflette sui misteri degli uomini (ogni uomo è un mistero chiuso in<br />

veste mortale: luminoso o buio a seconda del suo animo santo o satanico; mistero noto a Dio solo a<br />

cui nulla è ignoto) e dalla contemplazione delle cose e degli uomini sale alle contemplazioni di Dio.<br />

Come aquila che, rapida, saetta da una valle ai suoi picchi e da questi ascende più alto a spaziare nel<br />

cielo, a salire verso il sole, a cercare le stelle, così il pensiero umano può salire, spaziare,<br />

immergersi nella purità splendente di Dio dopo aver meditato sulla capacità umana, alla immensità<br />

divina dopo aver riflettuto alla relatività umana, sull’eternità divina dopo aver contemplato la<br />

labilità umana, alla Perfezione dopo aver guardato, senza superbia che acceca, l’umana<br />

imperfezione.<br />

Ebbene: come è dolce comunicare a chi si ama questo nostro pensiero! Le luci di esso offerte come<br />

gemme ai più cari! È l’amore dell’amore: il più puro, il più eletto.<br />

Io voglio darvi il mio Pensiero. Farvi comprendere il Pensiero celato nella Parola. È come se vi<br />

prendessi e vi mettessi nella mia Mente e vi facessi conoscere i tesori chiusi in essa. Per farvi<br />

sempre più simili a Me e perciò più graditi al Padre mio e vostro.<br />

1 Già nel dettato che precede. Matteo 5, 48.<br />

Nel Vangelo di Giovanni, possessore perfetto del Pensiero del Verbo di Dio fatto Carne, del<br />

pensiero del suo Gesù, Maestro e Amico, è detta una frase: “Ora disse questo per significare con<br />

quale morte avrebbe reso gloria a Dio”.<br />

Con quale morte avrebbe reso gloria a Dio. Figli! Tutte le morti sono gloria resa a Dio quando sono<br />

accettate e subìte con santità. Lungi da voi la anche santa invidia di questa o quella morte. Lungi la<br />

misurazione umana del valore di questa o di quella morte. La morte è una volontà di Dio che si<br />

compie. Anche se l’esecutore di essa è un uomo feroce che si rende arbitro dei destini altrui e per la<br />

sua adesione a Satana ne diviene strumento<br />

274<br />

per tormentare i suoi simili ed assassino dei medesimi, maledetto da Me, la morte è sempre<br />

l’estrema obbedienza a Dio che ha comminato la morte all’uomo per il suo peccato 2.<br />

Conoscete tante indulgenze e vi sono anime piccine (non piccole: piccine) le quali, nella loro<br />

religione ristretta e fasciata dalle pratiche come una mummia fra le tenebre di un ipogeo, fanno la<br />

somma giornaliera di quanti giorni di indulgenza acquistano con questa e quella preghiera. Le<br />

indulgenze ci sono perché ne godiate nella vita futura, è vero. Ma fate luce, date ala alla vostra<br />

anima e alla vostra religione. Sono cose celesti. Non fatene delle schiave imprigionate in buia<br />

carcere. Luce, luce, ala, ala. Alzatevi! Amate! Pregate per amare, siate buoni per amare, vivete per<br />

amare.<br />

Due sono le più grandi indulgenze. Plenarie. E vengono da Dio, da Me Pontefice eterno. Quella<br />

dell’Amore che copre la moltitudine dei peccati. Li distrugge nel suo fuoco. Chi ama con tutte le<br />

sue forze consuma di attimo in attimo le sue umane imperfezioni. Più di imperfezioni non fa chi<br />

ama. La seconda plenaria indulgenza, data da Dio, è quella di una morte rassegnata, quale che sia il<br />

genere di essa, di una morte volonterosa di fare la estrema obbedienza a Dio.<br />

La morte è sempre un calvario. Grande o piccino, è sempre calvario. Ed è sempre “grande” anche se


all’apparenza non ha nulla che la faccia apparire tale, perché è proporzionata da Dio alle forze di<br />

ognuno (parlo qui dei figli miei, non di quelli che sono figli di Satana), alle forze che Dio aumenta a<br />

misura della morte che è destino della sua creatura; ed è grande perché, se è compiuta santamente,<br />

assume la grandezza di ciò che è santo. Ogni morte, dunque, santa, è gloria resa a Dio.<br />

Come è bello vedere la rosa aprirsi sul suo stelo! Eccola: è chiusa come un rubino nel suo castone di<br />

smeraldo, ma schiude le lamine del castone e, come bocca che si apre al sorriso, disserra i petali<br />

porporini. Risponde col suo sorriso di seta al bacio del sole. Si apre. È una aureola di velluto vivo<br />

intorno all’oro dei pistilli. Canta col suo colore e col suo profumo la gloria di Chi l’ha creata, e poi<br />

a sera si piega stanca e muore con un più vivo profumare, che è la sua estrema lode al Signore.<br />

2 Genesi 3, 17?19.<br />

275<br />

Come è bello udire nei boschi, a sera, il coro degli uccelli che, prima di mettersi a riposo, cantano<br />

con tutti i trilli delle loro gole l’orazione di lode al Padre che li ha nutriti! Sembra che il coro cada,<br />

ma vi è sempre il più innamorato che lancia un nuovo trillo e incita gli altri a seguirlo, poiché il sole<br />

ancor non è caduto e la luce è cosa tanto bella che si deve salutarla perché essa li ami e torni al<br />

mattino; poiché ancor il buon Dio permette si veda un chicco sparso al suolo, un moscerino<br />

sperduto, un bioccolo di lana da portare ai piccini o da dare al piccolo gozzo che il buon Signore<br />

sfama. E il coro continua sinché la luce muore e i riconoscenti si raccolgono sul ramo, pallottoline<br />

di tepore che hanno ancora un pigolìo sotto le piume per dire: “Grazie, o mio Creatore”.<br />

La morte del giusto è come quella della rosa, è come il sonno dell’uccello. Dolce, bella, gradita al<br />

Signore. Nell’arena di un circo o nel buio della carcere, fra gli affetti familiari o nella solitudine di<br />

chi è senza nessuno, rapida o lunga di tormenti, essa è sempre, sempre, sempre gloria resa a Dio.<br />

Accettatela con pace. Desideratela con pace. Compitela con pace. La mia pace permanga in voi<br />

anche in questa prova, in questo desiderio, in questa consumazione. Abbiate già la mia pace eterna<br />

in voi, sin da ora, e per questa estrema cosa.<br />

Pensate che la morte cruenta di un’Agata non differisce per Me da quella di una Liduina, e quella<br />

di una Teresa Martin da quella di un Domenico di Guzman, quella di un Tommaso Moro da quella<br />

di un Contardo Ferrini 3.<br />

Colui che fa la volontà del Padre mio, Io l’ho detto, è beato. Beato, Io ho detto, e fratello e sorella e<br />

madre mia 4. Io ho detto questo. Perché Io ho reso gloria a Dio mio Padre facendo la sua volontà<br />

nella vita e nella morte. Imitate dunque il Maestro vostro ed Io vi chiamerò: “Fratelli miei, sorelle<br />

mie”.»<br />

3 S. Agata (vissuta nel 3° secolo) morì da martire; e S. Liduina (1380?1433) morì da inferma. S.<br />

Teresa del Bambino Gesù (1873?1897) morì consumata nella clausura; e S. Domenico (1175?<br />

1221), il fondatore dei frati predicatori, morì spossato dalle fatiche dei viaggi. S.<br />

Tommaso Moro (1118?1170) morì assassinato; e il beato Contardo Ferrini (1859?1902) morì di<br />

tifo.<br />

4 Matteo 12, 46?50; Marco 3, 31?35; Luca 8, 19?21.<br />

[Saltiamo poco meno di 29 pagine del quaderno autografo, che portano i seguenti brani della<br />

grande opera sul Vangelo: l’episodio de I farisei<br />

276<br />

e l’adultera e il successivo dettato d’insegnamento (20?3?19<strong>44</strong>) appartenenti al ciclo del Terzo<br />

anno di vita pubblica; l’episodio della Prima lezione di lavoro a Gesù e il successivo dettato<br />

d’insegnamento (21?3?<strong>44</strong>) appartenenti al ciclo della Preparazione.]


22 ? 3 ? 19<strong>44</strong>.<br />

Dice Gesù:<br />

«Il dettato di ieri 1 attira il seguente.<br />

Le famiglie che non sono famiglie, e che sono origine di gravi sciagure che dall’interno della<br />

cellula familiare si irradiano a rovinare le compagini nazionali e da queste la pace mondiale, sono<br />

quelle famiglie nelle quali non domina Dio, ma bensì dominano 2 il senso e l’interesse e perciò le<br />

figliazioni di Satana. Create su una base di senso e di interesse, non si elevano verso ciò che è santo,<br />

ma, come erbe malsane nate nel fango, strisciano sempre verso terra.<br />

Dice l’angelo a Tobia: “Ti insegnerò chi sono coloro su cui ha potere il demonio” 3.<br />

Oh! che in verità vi sono coniugi che dalla prima ora del loro coniugio sono sotto il potere<br />

demoniaco! Vi sono, anzi, sin da prima d’esser coniugi. Vi sono da quando prendono la decisione di<br />

crearsi un compagno o una compagna e non lo fanno con retto fine, ma con subdoli calcoli nei quali<br />

l’egoismo e la sensualità imperano sovrani.<br />

Nulla di più sano e di più santo di due che si amano onestamente e si uniscono per perpetuare la<br />

razza umana e dare anime al Cielo.<br />

La dignità dell’uomo e della donna divenuti genitori è la seconda dopo quella di Dio. Neppure la<br />

dignità regale è simile a questa. Perché il re, anche il più saggio, non fa che amministrare dei<br />

sudditi. Essi genitori attirano invece su loro lo sguardo di Dio e rapiscono a quello sguardo una<br />

nuova anima che chiudono nell’involucro della carne nata da loro. Direi quasi che hanno a sud<br />

277<br />

dito Dio, in quel momento, perché Dio, al loro retto amore che si unisce per dare alla Terra e al<br />

Cielo un nuovo cittadino, crea immediatamente una nuova anima.<br />

Se vi pensassero, a questo loro potere al quale Dio subito annuisce! Gli angeli non possono tanto.<br />

Anzi gli angeli, come Dio, sono subito pronti ad aderire all’atto degli sposi fecondi ed a divenire<br />

custodi della nuova creatura. Ma molti sono quelli che, come dice Raffaele, abbracciano lo stato<br />

coniugale in modo da scacciare Dio da sé e dalla loro mente, e da abbandonarsi alla libidine. E<br />

sopra questi ha potere il demonio 4.<br />

Che differenza c’è fra il letto del peccato e il letto di due coniugi che non si rifiutano al godimento<br />

ma si rifiutano alla prole? Non facciamo dei funambolismi di parole e di ragionamenti bugiardi. La<br />

differenza è ben poca. Ché, se per malattie o imperfezioni è consigliabile o concesso non concedersi<br />

figli, allora occorre saper essere continenti ed interdirsi quelle soddisfazioni sterili che altro non<br />

sono<br />

1 Quello di commento all’episodio della “Prima lezione di lavoro a Gesù”, da noi indicato sopra.<br />

2 dominano è nostra correzione da domina<br />

3 Tobia 6, 16 (volgata).<br />

4 Tobia 6, 16?22 (volgata).<br />

che appagamento del senso. Se invece nessun ostacolo si frappone alla procreazione, perché fate di<br />

una legge naturale e soprannaturale un atto immorale svisandola nel suo scopo?<br />

Quando qualsiasi riflessione onesta vi consiglia di non aumentare la prole, sappiate vivere da sposi<br />

casti e non da scimmie lussuriose. Come volete che l’angelo di Dio vegli sulla vostra casa quando


fate di essa un covo di peccato? Come volete che Dio vi protegga quando lo obbligate a torcere<br />

disgustato lo sguardo dal vostro nido insozzato?<br />

Oh! misere le famiglie che si formano senza preparazione soprannaturale, le famiglie dalle quali è<br />

stata sbandita, a priori, ogni ricerca di Verità e dove anzi si deride la parola della Verità che<br />

insegna, cosa e perché è il Matrimonio. Misere le famiglie che si formano senza nessun pensiero<br />

all’alto, ma unicamente sotto l’aculeo di un appetito sensuale e di una riflessione finanziaria! Quanti<br />

coniugi che, dopo l’inevitabile consuetudine della cerimonia religiosa ? consuetudine ho detto, e lo<br />

ripeto, perché per la maggioranza non è altro che consuetudine e non aspirazione dell’anima ad<br />

avere Dio con sé in tal momento ? non hanno più un pensiero a Dio e fanno del Sacramento, che<br />

non finisce con<br />

278<br />

la cerimonia religiosa ma si inizia allora e dura quanto dura la vita dei coniugi, secondo il mio<br />

pensiero ? così come la monacazione non dura quanto la cerimonia religiosa, ma dura quanto la vita<br />

del religioso o della religiosa ? e fanno del Sacramento un festino e del festino uno sfogo di<br />

bestialità!<br />

L’angelo insegna a Tobia che, facendo precedere con la preghiera l’atto, l’atto diviene santo e<br />

benedetto e fecondo di gioie vere e di prole 5.<br />

Questo occorrerebbe fare. Andare al matrimonio mossi da desiderio di prole, poiché tale è lo scopo<br />

dell’unione umana, ogni altro scopo è colpa disonorante l’uomo come essere ragionevole e ferente<br />

lo spirito, tempio di Dio, che fugge sdegnato, e aver presente Dio in ogni ora. Dio non è carceriere<br />

oppressivo. Ma Dio è Padre buono, che giubila delle oneste gioie dei figli e che ai loro santi<br />

amplessi risponde con benedizioni celesti e con l’approvazione di cui è prova la creazione di<br />

un’anima nuova.<br />

Ma questa pagina chi la comprenderà? Come avessi parlato la lingua di un pianeta sconosciuto, voi<br />

la leggerete senza sentirne il sapore santo. Vi parrà paglia trita, ed è dottrina celeste. La deriderete,<br />

voi, i sapienti dell’ora. E non sapete che sulla vostra stoltezza ride Satana che è riuscito, per merito<br />

della vostra incontinenza, della vostra bestialità, a volgervi in condanna ciò che Dio aveva creato<br />

per vostro bene: il matrimonio come unione umana e come Sacramento.<br />

Vi ripeto, perché le ricordiate e regoliate su esse ? se ancor lo potete fare per un resto di dignità<br />

umana sopravvivente in voi ? le parole di Tobia alla moglie: “Noi siamo figli di santi, e non<br />

possiamo unirci come i gentili che non conoscono Dio” 6.<br />

5 Tobia 6, 16?22; 8, 4?10 e 15?17 (volgata).<br />

6 Tobia 4, 12.<br />

Siano la vostra norma. Ché, se anche siete nati là dove la santità era già morta, il Battesimo ha<br />

sempre fatto di voi dei figli di Dio, del <strong>San</strong>to dei santi, e perciò potete sempre dire che siete figli di<br />

santi: del <strong>San</strong>to, e regolarvi 7su questo. Avrete allora “una discendenza nella quale si benedirà il<br />

nome del Signore” e si vivrà nella sua Legge.<br />

E quando i figli vivono nella Legge divina, ne godono i genitori, perché essa insegna virtù, rispetto,<br />

amore, ed i primi a go<br />

279<br />

derne dopo Dio 8 sono i fortunati genitori, i coniugi santi che hanno saputo fare del coniugio un<br />

rito perpetuo e non un obbrobrioso vizio.»<br />

7 regolarvi è nostra correzione da relogarvi<br />

8 Segue un ne che omettiamo


23 ? 3 ? <strong>44</strong>.<br />

Vedo svolgersi la seguente visione 1, di cui ho avuto un segnale nell’apparizione di Lazzaro che le<br />

ho detta a voce.<br />

Un uomo si avvicina al gruppo apostolico, radunato in una poverissima casa di un posto che non si<br />

può neppure chiamare paese tanto è meschino. È già fargli grazia a chiamarlo villaggio. È una<br />

manciatina di casupole motose (sembrano fatte proprio di mota e di canne) di un solo piano: il<br />

terreno, senza terrazze, senza nulla di gradevole all’aspetto, seminate lungo una stradetta polverosa<br />

che finisce in un canneto frusciante, come se ne vedono presso i corsi fluviali. Le canne non sono<br />

come le nostre, ma su per giù come se ne vedono presso le risaie, non so il nome esatto di queste<br />

erbe fatte di uno stelo lungo e cilindrico, ornate di foglie nastriformi e di una bacca lunga quanto un<br />

dito, che sarà il fiore o il frutto di questa erba lacustre.<br />

L’uomo parla a Pietro e questo si avvia verso un secondo ambiente, seguito dall’uomo. Entra in<br />

questa stanza, dove è Gesù seduto sulla sponda di un povero letto, che è anche l’unico mobile della<br />

stanza piccola e bassa.<br />

L’uomo saluta e Gesù risponde al saluto sorridendo. Comprendo che conosce quell’uomo perché gli<br />

chiede: “Che nuove mi porti?”<br />

“Mi mandano le mie padrone a dirti di andare subito da loro perché Lazzaro è molto malato e il<br />

medico dice che morrà. Marta e <strong>Maria</strong> te ne supplicano. Vieni, perché Tu solo lo puoi risanare”.<br />

“Di’ loro che stiano tranquille. Questa non è infermità da mo<br />

280<br />

rirne, ma è gloria di Dio affinché la sua potenza sia glorificata nel Figlio suo”.<br />

1 La riportiamo perché, pur trattando un episodio evangelico (Giovanni 11, 1?46), non appartiene<br />

all’opera sul Vangelo, per la quale la stessa visione sarà nuovamente scritta nel 1946 con maggior<br />

cura e ampiezza, suddividendosi in tre episodi.<br />

“Ma è molto grave, Maestro. La sua carne cade in cancrena ed egli più non si nutre. Ho sfiancato il<br />

cavallo per giungere più in fretta”.<br />

“Non importa. È come Io dico”.<br />

“Ma verrai?”<br />

“Verrò. Di’ loro che verrò e che abbiano fede”.<br />

L’uomo saluta a se ne va. Pietro lo riaccompagna e Gesù rimane solo.<br />

Fin qui la prima parte della visione. La seconda parte è questa.<br />

Siamo ancora nella povera casa di prima. È sera. Già le prime stelle si accendono in cielo e le canne<br />

in fondo alla via si agitano nella brezza serale battendo insieme i loro bizzarri frutti, che suonano<br />

come piccole nacchere, e scuotendo i nastri delle foglie che frusciano come seta.<br />

Gli apostoli congedano gli ultimi che ancora si ostinano a rimanere per sentire ancora Gesù, e<br />

chiudono la porta in faccia a tutti. Nell’interno un lume ad olio rischiara le pareti scure sulle quali si<br />

riflettono le ombre mobili degli apostoli intenti a preparare un po’ di cena.<br />

Gesù è seduto presso un rustico tavolo e sta col gomito appoggiato ad esso e la fronte appoggiata<br />

sulla mano. Pensa. Si astrae, nel suo pensare, dalle parole e dai fatti degli altri.<br />

Pietro, con una manciata di foglie che mandano un odore amarognolo, spazza il tavolo dalla polvere<br />

che vi può esser sopra e vi appoggia sopra un pane, un’anfora piena d’acqua, una coppa per Gesù ?<br />

che si versa subito da bere come avesse arsione dopo avere parlato per tutta la giornata alle turbe ? e<br />

un’altra coppa per tutti loro. Poi Andrea porta dei pesci arrostiti, e li pone in mezzo alla tavola, e dei<br />

pani. Giovanni prende il lume, che era verso il focolare, e lo pone in mezzo al tavolo.<br />

Gesù si alza mentre tutti si avvicinano alla tavola. Pregano tutti in piedi. Gesù, veramente, prega per<br />

tutti tenendo il pane sulle palme alzate al cielo e gli altri seguono mentalmente la preghiera. Poi<br />

siedono, come possono, perché l’arredamento è molto scarso, e Gesù distribuisce il pane e i pesci.


Mangiano e parlano degli avvenimenti della giornata, e Giovanni ride di gusto rievocando lo sdegno<br />

di Pietro per la pre<br />

281<br />

tesa di quell’uomo che voleva che Gesù andasse da lui per guarire le sue pecore malate. Gesù<br />

sorride e tace.<br />

Verso la fine del pasto, Gesù, come prendendo una decisione e annunciandola, disunisce le mani<br />

che teneva appoggiate al tavolo e, allargando gli avambracci (come per dire: “Dominus vobiscum”<br />

2), dice: “Eppure bisogna andare”.<br />

“Dove, Maestro? ? chiede Pietro. “Da quello delle pecore?”. Si capisce che questa faccenda delle<br />

pecore non gli va giù.<br />

“No, Simone. Da Lazzaro. Torniamo in Giudea”.<br />

“Maestro, ricorda che i giudei ti odiano” (Pietro).<br />

“Volevano lapidarti or non è poco” (Giacomo).<br />

2 Dominus è nostra correzione da Domine. “Dominus vobiscum” significa “Il Signore sia con voi”,<br />

ed è il saluto che il sacerdote rivolge ai fedeli nella celebrazione della S. Messa, che ai tempi della<br />

scrittrice si diceva in latino.<br />

“Ma, Maestro, questa è una imprudenza” (Matteo).<br />

“Non ti importa di noi?” (Giuda Iscariota).<br />

“Oh! Maestro, tutela la tua vita! Che sarebbe di me, di tutti, se non ti avessimo più?” Giovanni è<br />

l’ultimo a parlare apertamente. Gli altri sette parlottano fra di loro e non nascondono che<br />

disapprovano.<br />

“Pace, pace” risponde Gesù. “Non è forse di dodici ore la giornata? Se uno cammina di giorno non<br />

inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte inciampa perché non ci<br />

vede. Io so quello che mi faccio perché la Luce è in Me. Voi lasciatevi guidare da Chi ci vede. E poi<br />

sappiate che, sinché non è l’ora delle tenebre, nulla di tenebroso potrà avvenire. Quando poi sarà<br />

quell’ora, nessuna lontananza e nessuna forza, neppure le armate di Cesare, potranno salvarmi dai<br />

giudei. Poiché ciò che è scritto deve avvenire e le forze del male già operano in occulto per<br />

compiere la loro opera. Perciò lasciatemi fare. E fare del bene sinché sono libero di farlo. Verrà<br />

l’ora in cui non potrò più muovere un dito, né dire una parola per operare il miracolo. Il mondo sarà<br />

vuoto della mia forza. Ora tremenda di castigo per l’uomo. Non per Me. Per l’uomo che non mi<br />

avrà voluto amare. Ora che si ripeterà, per volontà dell’uomo che avrà respinto la Divinità sino a<br />

fare di sé un senza Dio, un seguace di Satana e del suo figlio maledetto. Ora che verrà quando sarà<br />

prossima la fine di questo mondo. La non?fede imperante<br />

282<br />

renderà nulla la mia potenza di miracolo. Non perché Io la possa perdere. Ma perché il miracolo<br />

non può esser concesso là dove non è fede e volontà di ottenerlo, là dove del miracolo si farebbe un<br />

oggetto di scherno e uno strumento di male, usando il bene avuto per fare un male maggiore . Ora<br />

posso ancora fare il miracolo, e farlo per dare gloria a Dio. Andiamo dunque dal nostro amico<br />

Lazzaro che dorme. Andiamo a svegliarlo da questo sonno perché sia fresco e pronto a servire il suo<br />

Maestro”.<br />

“Ma se dorme è bene. Finirà di guarire. Il sonno è già un rimedio. Perché svegliarlo”<br />

“Lazzaro è morto. Ho atteso che fosse morto per andar là, non per lui e le sorelle. Ma per voi.<br />

Perché crediate. Perché cresciate nella fede. Andiamo da Lazzaro”.<br />

“Va bene. Andiamo pure. Moriremo tutti come è morto lui e come Tu vuoi morire”.<br />

“Tommaso, Tommaso, e voi tutti che nell’interno avete critiche e brontolii, sappiate che chi vuol<br />

seguire Me deve avere per la sua vita la stessa cura che ha l’uccello per la nuvola che passa.<br />

Lasciarla passare a seconda che il vento la porta. Il vento è la volontà di Dio, il quale può darvi o<br />

levarvi la vita a suo piacere, né voi ve ne avete a rammaricare, come non se ne rammarica l’uccello


della nube che passa, ma canta ugualmente, sicuro che dopo tornerà il sereno. Perché la nuvola è<br />

l’incidente, il cielo è la realtà. E il cielo resta sempre azzurro anche se le nuvole sembrano farlo<br />

grigio. È e resta azzurro oltre le nubi. Così è della Vita vera. È e resta anche se la vita umana cade.<br />

Chi vuol seguirmi non deve conoscere ansia della vita e paura per la vita. Vi mostrerò come si<br />

conquista il Cielo. Ma come potrete imitarmi se avete paura di venire in Giudea, voi a cui nulla sarà<br />

fatto di male, ora? Avete scrupolo di mostrarvi con Me? Siete liberi di abbandonarmi. Ma se volete<br />

restare dovete imparare a sfidare il mondo, con le sue critiche, le sue insidie, le sue derisioni, i suoi<br />

tormenti, per conquistare il Regno mio. Andiamo”.<br />

Ed ha fine la seconda parte della visione. La terza è questa.<br />

Per un bello e vasto giardino che si muta ai margini in frutteto, ora spoglio di foglie e di frutta<br />

perché deve essere ancora inverno, si entra nella dimora di Lazzaro. Molta gente va e viene per i<br />

viali del giardino. Sono ricchi giudei, e le cavalcature di essi sono legate al cancello che delimita la<br />

proprietà cinta di muro e ornata<br />

283<br />

di un pesante cancello di ferro, tutto lavorato come una inferriata araba.<br />

Vedendo entrare Gesù, dei giudei vanno nella casa, bella e vasta, che sorge in mezzo al giardino, e<br />

ne escono con una donna alta e bruna dal profilo piuttosto accentuato ma non brutto. Sembra essere<br />

sui quaranta anni. Essa corre verso Gesù e con un grande scoppio di pianto gli si inchina e dice: “La<br />

pace sia con Te, Maestro. Ma pace per la tua serva non c’è più. Lazzaro è morto. Se Tu fossi stato<br />

qui, egli non sarebbe morto. Perché non sei venuto prima, Maestro? Ti ha tanto chiamato, Lazzaro,<br />

il fratello nostro! Or vedi: io sono desolata e <strong>Maria</strong> piange e non sa darsi pace. Ed egli non è più<br />

qui. Tu sai se lo amavano. Speravamo tutto da Te. Ma anche ora io spero, perché so che qualunque<br />

cosa Tu chiederai al Padre ti sarà concessa”.<br />

“Tuo fratello risorgerà”.<br />

“Lo so, Maestro. Egli risorgerà all’ultimo giorno”.<br />

“Io sono la Risurrezione e la Vita. Chiunque crede in Me, anche se morto vivrà. E chi crede e vive<br />

in Me non morrà in eterno. Lo credi tu tutto questo?”. Gesù è pieno di maestà e di bontà nel dire<br />

ciò. Tiene la mano appoggiata sulla spalla di Marta che, per quanto alta, è molto più bassa di Lui e<br />

che lo guarda col viso lievemente alzato e tutto afflitto.<br />

“Sì, Signore. Io credo questo. Credo che Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo, venuto al mondo. E<br />

che puoi tutto ciò che vuoi. Credo. Ora vado ad avvertire <strong>Maria</strong>”.<br />

Gesù attende nel giardino. Si accosta ad una bella fontana, che col suo zampillo irrora l’aiuola che<br />

la circonda e canta ricadendo nel bacino dove dei pesci guizzano con barbagli d’oro e d’argento.<br />

Dei giudei non se ne cura mai, come non esistessero affatto. Non li guarda neppure. All’entrare non<br />

ha neppure detto come sempre: “Pace a questa casa”.3<br />

Accorre <strong>Maria</strong> e gli si getta ai piedi, baciandoglieli e singhiozzando fortemente. Molti giudei con<br />

Marta l’hanno seguita e fanno cordoglio con lei.<br />

3 Da Dei giudei casa è stato aggiunto dopo dalla scrittrice, che ha inserito le prime parole fino a<br />

cura nella parte di rigo rimasta in bianco, ed ha continuato tutto il resto in calce alla pagina<br />

richiamandolo con una crocetta.<br />

Anche <strong>Maria</strong> si lamenta: “Oh! Signore! Perché non sei venuto prima? Perché ti sei tanto allontanato<br />

da noi? Lo sapevi che Laz<br />

284<br />

zaro era malato. Se Tu fossi stato qui, non sarebbe morto il fratello mio. Perché non sei venuto?<br />

Egli doveva vivere. Io dovevo mostrargli che perseveravo nel bene. Tanto l’ho angustiato il fratello<br />

mio! E ora, ora che potevo farlo felice, mi è stato tolto. Tu me lo potevi lasciare. Dare alla povera<br />

<strong>Maria</strong> la gioia di consolarlo dopo avergli dato tanto dolore. Oh! Gesù, Gesù! Maestro mio! Mio


Salvatore! Speranza mia!”<br />

“<strong>Maria</strong>, non piangere! Anche il tuo Maestro soffre per la morte dell’amico fedele. Ma ti dico: non<br />

piangere. Alzati! Guardami! Credi tu che Io, che ti ho tanto amata, abbia fatto questo senza motivo?<br />

credere che ti abbia dato questo dolore inutilmente? Vieni. Andiamo da Lazzaro. Dove lo avete<br />

posto?”<br />

“Vieni e vedi”.<br />

Gesù prende per il gomito <strong>Maria</strong> e la obbliga a rialzarsi e, tenendola così, si incammina a fianco di<br />

Marta che gli indica la via.<br />

Vanno nel frutteto, verso il limite di esso. Qui il terreno mostra delle anfrattuosità 4 rocciose,<br />

perché il luogo non è in pianura ed il terreno è di una composizione calcarea come se ne vede in<br />

molte zone del nostro Appennino.<br />

“È lì, Maestro, che il tuo amico è sepolto” dice piangendo Marta, e indica una botola messa non<br />

proprio piana né ritta ma obliqua 5 contro una sporgenza 6 di roccia.<br />

Gesù osserva e piange. Le due sorelle, <strong>Maria</strong> in specie, vedendolo piangere singhiozzano più forte.<br />

“Levate quella pietra” ordina Gesù.<br />

“Maestro, non è possibile” risponde Marta. “Già da quattro giorni è là sotto. E Tu sai di che male è<br />

morto. Solo il nostro amore lo poteva curare. Ora egli già puzza fortemente nonostante gli unguenti.<br />

Che vuoi vedere? La sua putredine?”<br />

“Non ti ho detto che se crederai vedrai la gloria di Dio? Levate quella pietra. Lo voglio!”<br />

Dei servi levano la pietra pesante. Appare una specie di cunicolo scuro, in pendenza verso il basso.<br />

Non si vede altro dopo che la chiudenda di questa specie di botola è levata.<br />

Gesù alza gli occhi e apre le braccia a croce e prega forte, men<br />

285<br />

tre tutti trattengono il respiro: “Padre, Io ti ringrazio di avermi esaudito. Lo sapevo che Tu mi<br />

esaudisci sempre. Ma l’ho detto per il popolo che mi circonda. Per esso ho agito come ho agito,<br />

perché credano in Te, in Me, e che Tu mi hai mandato”.<br />

Resta per qualche momento come rapito, in comunicazione col Padre. Il viso gli si trasfigura. Pare<br />

farsi più spiritualizzato e luminoso. La statura pare allungarsi più ancora.<br />

4 anfrattuosità è nostra correzione da infrattuosità<br />

5 obliqua è nostra correzione da obbliqua<br />

4 sporgenza è nostra sostituzione da emergenza<br />

Poi si avanza fin sulla soglia del cunicolo, passa le braccia dalla posizione di croce in avanti, tese<br />

con le mani tese a palma verso terra, le sue lunghe mani dalle quali fluisce tanto bene, e con voce<br />

potente e occhi che brillano come zaffiri accesi grida: “Lazzaro, vieni fuori!”.<br />

La sua voce, ritto come è sulla soglia dello speco, rimbomba nella cavità petrosa, si sparge per eco<br />

ripercossa per tutto il giardino.<br />

La gente ha un brivido di emozione e guarda con occhi sgomenti e attenti nei volti impalliditi.<br />

Anche le due sorelle guardano. Marta in piedi. <strong>Maria</strong> in ginocchio tenendo inconsciamente un<br />

lembo del mantello di Gesù in una mano.<br />

Un lungo biancore si disegna nella cavità oscura. E sebbene stretto nelle fasce e a volto coperto, il<br />

già morto avanza fin sulla soglia mentre Gesù arretra. Un passo in avanti il morto e uno indietro<br />

Gesù, che obbliga così <strong>Maria</strong> a lasciargli andare il manto.<br />

Quando il risuscitato è sul limitare e si ferma là, come una mummia messa in piedi, macabro e<br />

spettrale contro il nero della grotta, Gesù ordina: “Scioglietelo e lasciatelo andare. Dategli vesti e<br />

cibo”.<br />

“Maestro...” Marta vorrebbe dire qualche altra cosa.<br />

Ma Gesù l’interrompe: “Qui, subito. Portate una veste. Vestitelo alla presenza di tutti e dategli da


mangiare”.<br />

I servi si affrettano, chi a portare una tunica, chi a sciogliere le bende, chi a portare dell’acqua e chi<br />

del cibo.<br />

Le bende si srotolano come un nastro. Sono decine di metri di bende strette e pesanti di aromi e di<br />

scoli umani. Cadono sul terreno come mucchio di marciume. Fanno scendere il lenzuolo che è sotto<br />

le bende, il quale resta trattenuto dai giri sottostanti di bende e cade piano piano man mano che le<br />

bende cadono.<br />

Lazzaro emerge piano piano dal suo bozzolo di morte e pare proprio una crisalide che buchi un<br />

bozzolo. Appare il volto ma<br />

286<br />

grissimo e cereo, dai capelli appiccicati dagli aromi e dagli occhi ancor chiusi dagli stessi. Poi si<br />

liberano le mani congiunte sul pube.<br />

I servi e Marta si affrettano a detergere le membra, man mano che appaiono, con una spugna<br />

inzuppata in acqua calda aromatizzata con non so che, che la fa rosea e opaca. Quando Lazzaro è<br />

pulito sino ai fianchi e il corpo magrissimo appare a tutti respirante, Marta lo veste di una tunichella<br />

corta sino al bacino. Poi lo fa sedere, con amore, e vengono slegate le gambe e lavate esse pure.<br />

Sono tutte segnate da cicatrici rosso?livide, come di ferite appena rimarginate. Marta e i servi fanno<br />

un “Oh!” di stupore. Gesù sorride.<br />

Anche i giudei osservano. Si accostano, per quanto osano per non contaminarsi con le bende, credo,<br />

e guardano, e guardano Gesù, che continua a non curarsi di loro come non ci fossero.<br />

Vengono messi i sandali a Lazzaro. Egli si alza sicuro e da sé infila la lunga tunica che Marta gli<br />

offre. Ora, tolta la magrezza e il pallore, egli è come tutti. Si lava da sé le mani una nuova volta e<br />

poi, cambiata l’acqua, si lava di nuovo il viso e tutto il capo. Si asciuga. E così mondo va a<br />

prostrarsi ai piedi di Gesù e glie li bacia.<br />

“Ben tornato, amico” dice Gesù. “La pace sia teco e la gioia. Vivi per compire la tua felice sorte.<br />

Alzati, che Io ti dia il bacio di saluto”. E i due si baciano sulle guance.<br />

Poi Gesù stesso offre un pezzo di focaccia, mi pare coperta di miele, e una mela a Lazzaro, e gli<br />

mesce del vino bianco.<br />

I giudei strabiliano vedendo Lazzaro che mangia con l’appetito di un sano. Le sorelle lo carezzano e<br />

adorano, con sguardi d’amore, Gesù.<br />

La visione mi cessa così.<br />

[Saltiamo poco più di 9 pagine del quaderno autografo, che portano, sotto la stessa data, un dettato<br />

di riflessioni sulla resurrezione di Lazzaro, appartenente al ciclo della Preparazione alla Passione<br />

della grande opera sul Vangelo.]<br />

287<br />

25?3?19<strong>44</strong>.<br />

Isaia cap. 7 v. 10?16.<br />

Dice Gesù 1:<br />

«Quello che il mio antico figlio prudentemente, per il santo timore di Dio, non volle fare, resistendo<br />

alla tentazione che Io gli avevo mandato per prova, lo chiedete voi ora, non per tentazione mia ma<br />

per rigurgito del vostro spirito ribelle e guidato dalle forze del Male, istigato dal vostro Nemico che<br />

amate più di quanto non amiate Me, vostro Signore Altissimo sopra il quale nessun altro è.<br />

Chiedete un segno. Lo chiedete col vostro cuore impuro e col vostro labbro bestemmiatore. E perciò<br />

lo chiedete in modo che è irrisione verso la mia potenza, che è negazione dell’esistenza mia. Mi<br />

provocate a mostrarmi con un segno perché dubitate del mio esistere.<br />

Anche al tempo del Figlio mio i giudei lo provocarono a dargli un segno sulla sua Natura 2, perché<br />

negavano in cuor loro che Egli fosse il Figlio di Dio. E l’unico segno che li fece accorti del loro


deicidio fu quello che venne dopo la morte del mio Verbo. Castigo imperdonato per coloro che<br />

furono sordi e ciechi ai prodigi e alle parole del mio Cristo.<br />

Non avete un segno del Dio vostro perché Io non mi manifesto a chi mi nega. In cambio avete i<br />

segni molteplici di chi adorate come schiavi. Egli, il Nemico, li moltiplica i suoi segni e voi, già<br />

prossimi al tempo dell’adorazione della Bestia apocalittica 3, ne rimanete sedotti e giudicate che il<br />

creatore di tali segni sia più<br />

1 Invece è l’Eterno Padre che parla, come è scritto al termine del dettato.<br />

2 Matteo 16, 1?4; Marco 8, 11?13; Luca 11, 29?32.<br />

3 Apocalisse 13, 1?18.<br />

grande di Me. Sia l’unico che esista. Vi dite: “Chi è Dio? Che è?”, e nell’interno vostro vi<br />

rispondete, a giustificazione delle nequizie vostre: “Dio non è”.<br />

Io son chi sono 4. Sono talmente superiore a voi che nessuna manifestazione mia sarebbe ormai<br />

compresa dal mondo disceso nelle tenebre e nella stoltezza più spaventose. Ciò che credete<br />

progredire è il vostro regresso verso i crepuscoli dei primi tempi nei quali gli uomini, perduto Dio e<br />

il suo Paradiso, furono di ben poco superiori alle bestie e spinsero la loro corruzione ad<br />

288<br />

un punto che mi decise a sterminare la razza di cui avevo sdegno 5.<br />

La fine sarà come il principio. Il cerchio si salda innestando i due monconi tenebrosi l’uno all’altro.<br />

Il nuovo diluvio, ossia l’ira di Dio, verrà con altra forma. Ma sarà sempre ira. Fedele alla mia parola<br />

6, Io non manderò più il diluvio. Ma lascerò che le forze sataniche mandino il diluvio delle<br />

sataniche crudeltà.<br />

Avete avuto la Luce. Ve l’ho mandata, la mia Luce, perché la parabola dell’umanità fosse<br />

illuminata da Essa. Ve l’ho mandata perché non si potesse dire che ho voluto tenervi nel crepuscolo<br />

dell’attesa. Se l’aveste accolta, tutta l’altra parte del cerchio che unirà il cammino dell’uomo, dal<br />

suo sorgere al suo finire, sarebbe stata illuminata dalla Luce di Dio, e l’umanità sarebbe stata<br />

avvolta da questa Luce di salvezza che vi avrebbe condotto senza scosse e dolori nella Città della<br />

Luce eterna.<br />

Ma voi avete respinto la Luce. Ed Essa ha brillato 7 al sommo del cerchio e poi sempre più è<br />

rimasta lontana da voi che siete discesi per l’altro cammino non dicendo ad Essa: “Signore, resta<br />

con noi ché la sera dei tempi sopravviene e noi non vogliamo perire senza la tua Luce”. Come nel<br />

corso del giorno, voi uomini siete venuti incontro alla Luce, l’avete avuta e poi siete tornati nelle<br />

tenebre. Essa, la mia Luce, il mio Verbo, è rimasto come Sole fisso nel suo Cielo dove è tornato<br />

dopo che, non la morte, ma il vostro respingerlolo hanno riportato.<br />

Essa, la mia Luce, il Verbo mio, è rimasto Maestro per quei pochi che lo amano e che hanno<br />

accolto la sua Luce in loro. E nessuna tenebra la può spegnere poiché essi la difendono, questa<br />

Luce, loro amore, a costo anche della vita. Per questo loro amore fedele avranno la Vita in Me,<br />

perché già possiedono il mio Emmanuele, hanno perciò già Dio con loro. Quell’Emmanuele che la<br />

Vergine a Me congiunta ha concepito e partorito. Unico segno dato da Dio alla casa di Davide, al<br />

regno di Giuda, per farlo sicuro della sua durata che sarebbe stata eterna se il mio popolo non<br />

avesse respinto il mio Emmanuele.<br />

Nella profezia del mio profeta è detto: “Egli si ciberà di bur<br />

289<br />

ro e miele finché non sappia rigettare il male e scegliere il bene”8.<br />

4 Esodo 3, 14.


5 Genesi 6, 7.<br />

6 Genesi 9, 11.<br />

7 ha brillato è nostra correzione da è brillata<br />

8 Isaia 7, 15.<br />

Per la sua sapienza, perdurante in Lui anche nella sua condizione di Uomo in cui si era annichilita la<br />

sua Natura divina, sotto l’esigenza di un amore tanto grande da essere per voi incomprensibile ?<br />

amore che lo spinse ad avvilire Se stesso, l’Infinito, nella miseria circoscritta di una carne mortale ?<br />

Egli ha sempre saputo discernere il Bene dal Male. Non aveva necessità di anni per giungere al<br />

possesso della ragione e della facoltà di discernimento. E se, per non violentare l’ordine, volle<br />

seguire le fasi comuni della vita umana sotto quell’apparenza di incapacità infantile, di semi?<br />

incapacità fanciullesca, Egli celava i tesori della sua Sapienza infinita.<br />

Ma quella parola profetica sta a dire che si sarebbe cibato di umiltà e nascondimento sino al<br />

momento in cui, venuta la sua ora, sarebbe divenuto Maestro d’Israele, Maestro del mondo,<br />

Testimonianza mia, Difensore della causa del Padre, e come fiamma libera dal moggio avrebbe<br />

brillato nella potenza della sua Luce e della sua Natura messianica, usando dolcezza coi buoni,<br />

severità coi malvagi, scuotendo, irrigando, fecondando i cuori, dando all’uomo ? non a Sé che di tal<br />

dono non aveva bisogno ? il discernimento per conoscere il Bene dal Male, levando ogni dubbio,<br />

ogni nebulosità in proposito.<br />

Egli è venuto a perfezionare la Legge ed a rendervela chiara col suo insegnamento, seguibile col<br />

suo esempio. È venuto, e tanto ha amato il Bene e respinto il Male che ha accettato di morire perché<br />

il Bene trionfasse nel mondo e nei cuori e il Male fosse vinto dal suo <strong>San</strong>gue divino.<br />

Non più burro e miele per il mio Cristo giunto alla sua virilità. Ma aceto e fiele. Aceto e fiele<br />

nell’ultima ora, preceduto dal metaforico aceto e fiele di tre anni di vita pubblica sempre contrastata<br />

dai suoi nemici e resa difficile dalla pesantezza dei suoi amici e discepoli.<br />

Il labbro del mio Cristo è contristato ancora dal fiele e dall’aceto di questa razza proterva. Ed il<br />

Padre è contristato del dolore del suo Figlio. E la sua pena si muta in ira per voi, uomini senza più<br />

spirito fedele al Dio vostro. Il Sacrificio che si<br />

290<br />

ripete sugli altari della terra non è più per voi salvezza. Ma come dal Golgota il <strong>San</strong>gue del Figlio è<br />

caduto sui suoi uccisori gridando a Me il suo dolore e provocando la mia punizione, così ora ricade<br />

su voi, ipocriti e bestemmiatori, negatori e viziosi, odiatori di Dio e dell’uomo vostro fratello, e vi<br />

marca a sangue e fuoco per la condanna.<br />

La Terra urla come creatura impaurita dai mostri che l’abitano; l’Universo trema di orrore alla vista<br />

dei delitti che coprono la Terra; Io, Dio vostro, fremo d’ira divina per la vostra corruzione di carne,<br />

di mente, di spirito. Né la pietà del Salvatore, né quella della Vergine e dei <strong>San</strong>ti, placano col loro<br />

pregare l’ira mia.<br />

Veramente, come ai tempi di Mosè, Io dico: “Coloro che han peccato contro di Me li cancellerò dal<br />

mio Libro e se venissi fra voi una volta sola vi sterminerei” 9. Veramente Io dico che solo ai figli<br />

che mi restano Io parlo come ad un amico,<br />

9 Esodo 32, 33?34.<br />

perché per la loro fedeltà hanno trovato grazia al mio cospetto e mostrerò loro il mio Bene e avrò<br />

misericordia di loro. E più benigno ancora che con il mio servo Mosè, poiché il Figlio mio<br />

santissimo vi ha portato la benignità sua ed ha instaurato il Regno della Benignità, Io, senza<br />

attendere il giorno del vostro venire al Cielo, farò brillare in voi la Faccia del mio Cristo, miei figli<br />

fedeli che mi adorate con santo rispetto e con amore figliale.


Amatela, perché chi l’ama ama Me. Amatela perché è la salvezza vostra. La Stella non è spuntata<br />

unicamente per Giacobbe 10. Ma per tutti coloro che amano Dio con tutte le loro forze. la Stella?<br />

Cristo, dopo le lotte della terra, me li condurrà al Cielo dove il vostro posto è preparato, o voi<br />

benedetti per i quali il mio Verbo non ha preso Carne invano ed il mio Cristo non è inutilmente<br />

morto.»<br />

Dopo tanto tempo ho riudito la voce del Padre. Credevo fosse Gesù, che da stamane mi faceva<br />

sentire di avere a parlare su questo brano di Isaia, non commentato nel novembre, quando il<br />

Maestro mi commentò i Profeti 11. Invece era l’Eterno Padre. Ne sono beata, per quanto il dettato<br />

sia severo per l’umanità in genere.<br />

291<br />

Voglia il Padre aumentare sempre più il mio amore per Lui, in modo che io pure giunga al Cielo.<br />

Dopo aver scritto questo dettato mi sono messa a riposo, erano ormai le due antimeridiane del 26;<br />

ho rivisto non in una visione ma come vivesse nella mia stanza, la Mamma. Era tanto che così, per<br />

me sola, non la vedevo, e ne ero tanto addolorata. Mi sono addormentata sentendomela vicina<br />

proprio come una mamma e mi sono destata sorridendo ancora alla dolce presenza che è tuttora<br />

presente.<br />

Come è bella! Sempre più bella quanto più la si guarda e la si ama!<br />

10 Numeri 24, 17.<br />

11 Ne «I quaderni del 1943», soprattutto a partire da pag. 365.<br />

28?3?<strong>44</strong>.<br />

Dice Gesù:<br />

«Nel leggere il Vangelo distrattamente come fate, troppe verità vi sfuggono. Prendete i grandi<br />

insegnamenti. Male anche questi e adattandoli al vostro modo di vedere attuale.<br />

Intanto sappiate che non è il Vangelo che deve adattarsi a voi, ma voi al Vangelo. Esso è quello che<br />

è. Il suo insegnamento è quello nel primo suo secolo di vita e sarà tale nell’ultimo, anche se l’ultimo<br />

secolo avesse a venire fra miliardi di anni. Voi non saprete più vivere secondo il Vangelo ? lo<br />

sapete fare già molto poco ? ma non per questo il Vangelo diverrà diverso. Esso vi dirà sempre le<br />

stesse verità vitali.<br />

Il vostro voler adattare il Vangelo alla vostra maniera di vivere è una confessione della vostra<br />

miseria spirituale. Se aveste fede nelle verità eterne e in Me che le ho bandite, vi sforzereste di<br />

vivere in modo integrale il Vangelo, così come lo facevano i primi cristiani. E non dite: “Ma la vita<br />

di ora è tale che non possiamo seguire alla perfezione questi insegnamenti. Li ammiriamo, ma<br />

siamo troppo diversi da essi per seguirli”.<br />

I pagani dei primi secoli erano anche essi molto, troppo diversi dal Vangelo, eppure hanno saputo<br />

seguirlo. Lussuriosi, avidi, crapuloni, crudeli, scettici, viziosi, hanno saputo strappare<br />

292<br />

da se stessi tutte queste piovre, mettersi a nudo l’anima, farla sanguinare per strapparla dai tentacoli<br />

della vita pagana e venire a Me così feriti nel pensiero, negli affetti, nelle abitudini, dicendomi:<br />

“Signore, se Tu vuoi, puoi guarirmi”1. Ed Io li ho guariti. Ho rimarginato le loro eroiche ferite.<br />

Poiché è eroismo saper strappare da sé ciò che è un male per amore di una legge accettata<br />

totalmente. È eroismo mutilarsi di tutto ciò che è inciampo a seguirmi. È l’eroismo che Io ho<br />

indicato: “In verità Io dico che per seguirmi occorre lasciare casa, campi, ricchezze e affetti. Ma a<br />

chi sa tutto lasciare per venire a Me, per amor del mio Nome, sarà dato il centuplo nell’altra vita. In


verità Io dico che chi si è rigenerato nel seguirmi possederà il Regno e verrà con Me a giudicare gli<br />

uomini l’ultimo giorno” 2.<br />

Oh! miei veri fedeli! Con Me, con Me sarete, turba festante e fulgida nell’ora del trionfo mio, del<br />

trionfo vostro poiché tutto quanto è mio è vostro, è dei miei figli, è dei miei amati amanti, dei miei<br />

benedetti, della gioia mia.<br />

Ma occorre “rigenerarsi”, o uomini, per esser miei. Rigenerarsi. Lo dice anche Giovanni, così come<br />

lo dice Matteo, riportando le mie parole: quest’ultimo parlando del giovane ricco, e il prediletto<br />

parlando di Nicodemo 3. Occorre rinascere. Occorre rigenerarsi. Farsi un’anima nuova, nuovi<br />

gentili del ventesimo seco. Rifarsela spogliandosi dei compromessi e delle idee del mondo, per<br />

abbracciare la mia Idea e viverla. Viverla veramente. Integralmente.<br />

Così hanno fatto i gentili dei primi secoli, e sono divenuti i gloriosi santi del Cielo. E hanno portato<br />

civiltà alla Terra. Così dovete fare voi, se è vero che mi amate, se è vero che tendete all’altra Vita,<br />

se è vero che lavorate per la civiltà della Terra. La Terra, ora! Più incivile di una tribù sepolta nelle<br />

foreste vergini! E perché? Perché ha respinto Me. Non è dirsi cristiani che vuol dire esserlo. Non è<br />

aver ricevuto un battesimo pro forma che lo costituisce. Cristiani vuol dire essere come il Cristo ha<br />

detto di essere. Come il Vangelo ve lo ripete.<br />

Ma voi il Vangelo lo leggete poco, lo leggete male, lo sfrondate di quanto vi dà noia nei grandi<br />

insegnamenti. Ed i più delicati,<br />

293<br />

poi, non li notate neppure.<br />

1 Come il lebbroso: Matteo 8, 2; Marco 1, 40; Luca 5, 12.<br />

2 Matteo 19, 28?29; Marco 10, 29?30; Luca 18, 29?30.<br />

3 Matteo 19, 16?30 (ed anche: Marco 10, 17?27; Luca 18, 18?30); Giovanni 3, 1?21.<br />

Ma dite un poco. Quando un artista si appresta a fare un’opera, si limita alle operazioni di<br />

sbozzatura se scultore, di schizzo se pittore, di innalzamento di muri se architetto? No. Dopo il<br />

grosso lavoro scende ai particolari. Sono questi molto più lunghi a compiersi che non lo sia il<br />

grosso lavoro. Ma sono quelli che creano il capolavoro.<br />

Con che amore lavora di scalpello e mazzuolo sul marmo, che ad un profano pare già vivo, lo<br />

scultore per dare perfezione a quell’opera! Pare un orafo, tanto è minuto e attento il suo lavoro. Ma<br />

vedete come quel viso di pietra acquista vita sotto la carezza ? ormai è una carezza tanto è attenta e<br />

lieve ? dello strumento. L’occhio par si orni di sguardo, le narici sembra si gonfino di respiro, la<br />

bocca diviene morbida come curva di tepide labbra, i capelli, oh! non son più duri nella pietra, ma<br />

ariosi e soffici come il vento li scorresse e una mano amorosa li scompigliasse.<br />

Guardate quel pittore. La tela è già compita. È bella, pare bella, perfetta. Ma egli non posa. Ecco,<br />

qui ci vuole un’ombra nera?azzurra e là un tocco di carminio. Su questo fiore che splende nella<br />

mano di questa vergine ci vuole una scintilla di sole per farlo risaltare nel suo perlaceo candore. Su<br />

questa guancia ci vuole una stilla di pianto per dar vita alla gioia estatica che sopravvive fra i<br />

tormenti. Questo campo fiorito, dove queste greggi passano e brucano, va irrorato di rugiada per dar<br />

risalto alle sete dei fiori. Il pittore non posa sinché l’opera è tanto perfetta da farsi dire: “È vera!”. E<br />

così l’architetto e così il musicista, e così tutti i veri artisti che vogliono dare al mondo dei<br />

capolavori.<br />

E così dovete fare voi col capolavoro della vostra vita spirituale.<br />

Ma che credete? Che Io, che ero così alieno dai discorsi, abbia aggiunto parole per il gusto di dire<br />

delle parole? No. Io ho detto il puro necessario per portarvi alla perfezione. E se nel grande<br />

insegnamento evangelico vi è di che dare salvezza alla vostra anima, nei tocchi più minuti vi è di<br />

che darvi la perfezione.<br />

I primi sono i comandi. Disubbidire a quelli vuol dire morire alla Vita. I secondi sono i consigli.


Ubbidire a questi vuol dire avere sempre più sollecita santità e accostarsi sempre più alla Perfezione<br />

del Padre.<br />

294<br />

Ora nel Vangelo di Matteo è detto: “Per il moltiplicarsi dell’iniquità si raffredderà la carità in<br />

molti”4. Ecco, o figli, una grande verità che è poco meditata.<br />

Di che soffrite ora? Della mancanza di amore. Cosa sono le guerre, in fondo? Odio. Cosa è l’odio?<br />

L’antitesi dell’amore. Le ragioni politiche? Lo spazio vitale? Una frontiera ingiusta? Un affronto<br />

politico? Scuse, scuse.<br />

Non vi amate. Non vi sentite fratelli. Non vi ricordate che siete tutti venuti da un sangue, che<br />

nascete tutti a un modo, che morite tutti ad un modo, che avete tutti fame, sete, freddo, sonno ad un<br />

modo e bisogno di pane, di vesti, di casa, di fuoco ad un modo. Non vi ricordate che Io ho detto:<br />

“Amatevi. Dal come vi amerete si capirà se siete miei discepoli. Amate il prossimo vostro come voi<br />

stessi” 5.<br />

4 Matteo 24, 12.<br />

5 Giovanni 13, 34?35; 15, 12.<br />

Le credete parole di fola queste verità. La credete dottrina di un pazzo questa dottrina mia. La<br />

sostituite con molte povere dottrine umane. Povere o malvagie a seconda del loro creatore. Ma<br />

anche le più perfette fra esse, se sono diverse dalla mia sono imperfette. Come la mitica statua 6,<br />

avranno molta parte di esse di metallo pregiato. Ma la base sarà di fango e provocherà infine il<br />

crollo di tutta la dottrina. E nel crollo la rovina di coloro che ad esse si erano appoggiati. La mia non<br />

crolla. Chi si appoggia ad essa non si rovina, ma sale a sempre maggior sicurezza: sale al Cielo,<br />

all’alleanza con Dio sulla terra, al possesso di Dio oltre la terra.<br />

Ma la carità non può esistere dove vive l’iniquità. Perché la carità è Dio e Dio non convive col<br />

Male. Perciò chi ama il Male odia Dio. Odiando Dio aumenta le sue iniquità e sempre più si separa<br />

da Dio?Carità. Ecco un cerchio dal quale non si esce e che si stringe per torturarvi.<br />

Potenti od umili, avete aumentato le vostre colpe. Trascurato il Vangelo, deriso i Comandamenti,<br />

dimenticato Iddio ? poiché non può dire di ricordarlo chi vive secondo la carne, chi vive secondo la<br />

superbia della mente, chi vive secondo i consigli di Satana ? avete calpestato la famiglia, avete<br />

rubato, bestemmiato, ammazzato, testimoniato il falso, mentito, fornicato, vi siete fat<br />

295<br />

ti dell’illecito lecito. Qui rubando un posto, una moglie, una sostanza; là, più in alto, rubando un<br />

potere o una libertà nazionale, aumentando il vostro ladrocinio con la colpa di menzogna per<br />

giustificare ai popoli il vostro operato che li manda a morte. I poveri popoli che non chiedono che di<br />

vivere tranquilli! E che voi aizzate con velenose menzogne scagliandoli l’uno contro l’altro per<br />

garantirvi un benessere che non vi è lecito conseguire al prezzo del sangue, delle lacrime, del<br />

sacrificio di intere nazioni.<br />

Ma i singoli, quanta colpa hanno nella grande colpa dei grandi! È la catasta delle piccole colpe<br />

singole quella che crea la base alla Colpa. Se ognuno vivesse santamente senza avidità di carne, di<br />

denaro, di potere, come potrebbe crearsi la Colpa? I delinquenti ci sarebbero ancora. Ma sarebbero<br />

resi innocui 7 perché nessuno li servirebbe. Come pazzi ben isolati, essi continuerebbero a<br />

farneticare dietro ai loro sogni osceni di sopraffazioni. Ma i sogni non diverrebbero mai realtà. Per<br />

quanto Satana li aiutasse, il suo aiuto sarebbe reso nullo dalla unità contraria di tutta l’umanità fatta<br />

santa dal vivere secondo Dio. E l’umanità avrebbe inoltre Dio con sé. Dio benigno verso i suoi figli<br />

ubbidienti e buoni. La carità sarebbe dunque nei cuori. Viva e santificante. E l’iniquità cadrebbe.<br />

Vedete, o figli, la necessità di amare per non esser iniqui, e la necessità di non esser iniqui per<br />

possedere l’amore? Sforzatevi ad amare. Se amaste... Un pochino solo! Se cominciaste ad amare.<br />

Basterebbe l’inizio e poi tutto progredirebbe da sé.


La messe non può cogliersi se la spiga non matura. La spiga non può maturare se non si forma. E<br />

non si può formare se il cespo non s’è formato. Ma se il contadino non gettasse il piccolo seme<br />

nella zolla, potrebbe uscire dal solco il<br />

6 Daniele 2, 31?45.<br />

7 innocui è nostra correzione da nocqui<br />

cespo verde che come una coppa viva sorregge la gloria delle spighe? Così piccolo il seme! Eppure<br />

rompe le glebe, penetra la terra, la succhia come avida bocca e poi estolle al sole la sua benedetta<br />

pompa di futuro pane e canta col suo colore di speranza o col suo oro frusciante al vento e<br />

splendente al sole la benedizione a Colui che dà il Pane e il pane all’uomo. Se non vi fosse più il<br />

seme, così piccino che ce ne vogliono molti per empire il gozzo di un passerotto, non avreste<br />

neppure l’Ostia sull’altare. Morireste di fame<br />

296<br />

fisica e di inedia spirituale.<br />

Mettete in ogni cuore un seme, un piccolo seme di carità. Lasciatevene penetrare. Fate che cresca in<br />

voi. Mutate la vostra avidità nuda in ubertoso fiorire di opere sante nate tutte dalla carità. La terra,<br />

ora tutta triboli e spine, muterebbe il suo volto e la sua asprezza, che vi tortura, in una placida e<br />

buona dimora, anticipo del Cielo beato. Amarsi l’un l’altro è già essere in Cielo. Perché il Cielo<br />

altro non è che amore.<br />

Leggete, leggete il Vangelo, e leggetelo anche nelle frasi più minute. Vivetelo in queste sue tinte di<br />

perfezione. Cominciate dall’amore. Sembra il più difficile precetto e consiglio. Ma è la chiave di<br />

tutto. Di tutto il Bene. Di tutta la Gioia. Di tutta la Pace.»<br />

29 ? 3 ? <strong>44</strong>, ore 11.<br />

Dice Gesù: .<br />

Scrivi: “Contro il potere del Demonio ogni potere ha la Croce”, e poi descrivi quanto vedrai.<br />

È la settimana di Passione: la preparatoria al trionfo della Croce. La croce è velata sugli altari, ma il<br />

Crocifisso è più che mai operante sul suo glorioso patibolo, dietro il suo velo, per chi lo ama è<br />

invoca.<br />

Descrivi.»<br />

Vedo una giovane, poco più di giovinetta. È alle prese con un giovane sulla trentina. La giovane è<br />

bellissima. Alta, bruna, ben formata. Anche il giovane è bello. Ma quanto la giovane ha l’aspetto<br />

dolce pur nella sua severità, altrettanto questo uomo sotto il suo imposto sorriso ha un che poco<br />

simpatico. Sembra che sotto una patina di benevolenza abbia animo torbido e bieco.<br />

Fa delle grandi proteste di affetto alla giovane, dichiarandosi pronto a fare di lei una sposa felice,<br />

regina del suo cuore e della sua casa. Ma la giovane, che sento chiamare “Giustina”, respinge queste<br />

profferte d’amore con serena costanza.<br />

“Ma tu potresti fare di me un santo del tuo Dio, Giustina. Poiché tu sei cristiana, lo so. Ma io non<br />

sono nemico dei cristiani.<br />

297<br />

Non sono incredulo sulle verità d’oltre tomba. Credo all’altra vita e all’esistenza dello spirito.<br />

Credo che esseri spirituali vegliano su noi e si manifestano e ci aiutano. Io pure ne ho aiuto. Come<br />

vedi, credo quanto tu credi, né potrò mai accusarti perché dovrei accusare me 1 pure del tuo stesso<br />

peccato. Non credo come tanti che i cristiani siano uomini che esercitano magia malvagia. E sono


convinto che noi due insieme uniti faremo grandi cose”.<br />

“Cipriano, non insistere. Io non discuto le tue credenze. Voglio anche credere che uniti faremo<br />

grandi cose. Non nego neppure d’esser cristiana e voglio ammettere che tu ami i cristiani. Pregherò<br />

che tu li abbia ad amare al punto da divenire un campione fra essi. Allora, se Dio vorrà, noi saremo<br />

congiunti in una sorte. In una sorte tutta spirituale, però. Perché d’altre unioni io sono schiva,<br />

volendo serbare tutta me stessa al mio Signore per conseguire quella Vita nella quale dici di credere<br />

tu pure, e giungere a possedere l’amicizia con quegli spiriti che anche tu ammetti siano veglianti su<br />

noi e operanti, in nome del Signore, opere di bene”.<br />

“Bada, Giustina! Il mio spirito protettore è potente. Ti piegherà a cedermi”.<br />

“Oh! no. Se egli è spirito di Cielo non potrà che volere ciò che Dio vuole. E Dio per me vuole<br />

verginità, e spero martirio. Non potrà perciò il tuo spirito indurmi a cosa contraria al volere di Dio.<br />

Ché se poi fosse spirito non di Cielo, allora nulla potrà su me, su cui è a difesa alzato il segno<br />

vincitore. Nella mente, nel cuore, nello spirito, sulla carne, è vivo quel segno, e carne, mente, cuore,<br />

spirito, saranno vittoriosi su qualunque voce che non sia quella del mio Signore. Va’ in pace,<br />

fratello, e Dio ti illumini a conoscere il vero. Io pregherò per la luce dell’anima tua”.<br />

Cipriano lascia la casa brontolando minacce che non comprendo bene. E Giustina lo guarda partire<br />

con lacrime di pietà. Poi si ritira in preghiera dopo aver rassicurato due vecchiotti, certo i genitori,<br />

accorsi appena partito il giovane. “Non temete. Dio ci proteggerà e farà nostro Cipriano. Pregate voi<br />

pure e abbiate fede”.<br />

298<br />

La visione ha due parti, come se il luogo si bipartisse. In una vedo la camera di Giustina e nell’altra<br />

una stanza nella dimora di Cipriano.<br />

La prima prega prostrata davanti ad una croce nuda, graffita fra due finestre come fosse un ornato e<br />

sormontata dalla figura dell’Agnello, fiancheggiata da una parte dal pesce e dall’altra da una fonte<br />

che pare attingere il suo liquido dalle gocce di sangue sgorganti dalla gola squarciata dell’Agnello<br />

mistico. Comprendo sono figure del simbolismo cristiano in auge in quei tempi crudeli. A<br />

mezz’aria sopra Giustina, prostrata in preghiera, è sospesa una luminosità dolce che, sebbene<br />

incorporea, ha parvenza di essere angelico.<br />

Nella stanza di Cipriano, invece, in mezzo a strumenti cabalistici e segni cabalistici e magici, è lo<br />

stesso Cipriano intento a trafficare intorno ad un tripode su cui getta sostanze resinose, direi, che<br />

fanno dense volute di fumo, e a tracciare su esse dei segni, mormorando parole di qualche oscuro<br />

rito. Nell’ambiente, che si satura di una nebbia azzurrognola che vela i contorni delle cose e fa<br />

apparire il corpo di Cipriano come dietro a lontananze d’acque tremule, si forma un punto<br />

1 me è nostra correzione da io<br />

fosforescente che ingrandisce piano piano sino a raggiungere un volume simile a quello di un corpo<br />

umano. Odo delle parole ma non ne capisco il significato. Vedo però che Cipriano si inginocchia e<br />

dà segni di venerazione come pregasse un potente. La nebbia dispare lentamente e Cipriano è di<br />

nuovo solo.<br />

Nella stanza di Giustina avviene invece un mutamento. Un punto fosforico e danzante come fuoco<br />

fatuo stringe cerchi sempre più stretti intorno alla giovane orante. Il mio interno ammonitore mi<br />

avverte che è l’ora della tentazione per Giustina e che quella luce cela un maligno il quale, con<br />

suscitare sensazioni e visioni mentali, cerca persuadere al senso la vergine di Dio.<br />

Io non vedo ciò che ella vede. Vedo solo che ella soffre e che, quando sta per essere sopraffatta,<br />

supera la potenza occulta col segno della croce tracciato su se stessa con la mano e nell’aria con una<br />

crocetta che si è levata dal seno. Quando, alla terza volta, la tentazione deve essere violenta,<br />

Giustina si addossa alla croce graffita sul muro e alza a due mani davanti a sé l’altra piccola<br />

crocetta. Sembra un combattente isolato che si difenda al tergo stando addossato ad un incrollabile<br />

riparo e davanti con uno<br />

299


scudo invincibile. La luce fosforica non resiste a quel duplice segno e dilegua. Giustina resta in<br />

preghiera.<br />

Qui vi è una lacuna, perché la visione appare troncata. Ma la ritrovo poi negli stessi personaggi.<br />

Ancora è la vergine e Cipriano, in un serrato colloquio al quale assistono molti individui, che si<br />

uniscono a Cipriano nel pregare la fanciulla a cedere ed a sposarsi per liberare la città da una<br />

pestilenza.<br />

“Non io” risponde Giustina “devo cambiare pensiero, ma Cipriano vostro. Si liberi egli dalla<br />

schiavitù col suo spirito malvagio e la città sarà salva. Io, ora più che mai, resto fedele al Dio in cui<br />

credo e a Lui tutto sacrifico per il bene di voi tutti. Ed or si vedrà se il potere del mio Dio è<br />

superiore a quello dei vostri dèi e del Malvagio che costui adora”.<br />

La folla tumultua, parte contro Cipriano e parte contro la giovane...<br />

...che io ritrovo poi unita al giovane, ormai molto più adulto e con i segni talari addosso: palio e<br />

tonsura in tondo, non più coi capelli ornati e piuttosto lunghi che aveva prima.<br />

Sono nella prigione di Antiochia in attesa del supplizio, e Cipriano ricorda alla compagna un antico<br />

discorso. ,<br />

“Or dunque si compie ciò che in diversa maniera profetammo aversi a compire. La tua croce ha<br />

vinto, Giustina. Tu sei stata la mia maestra, non la mia sposa. Tu mi hai liberato dal male e condotto<br />

alla Vita. Quando lo spirito tenebroso che adoravo mi confessò la sua impotenza a vincerti, ho<br />

compreso. ‘Essa vince per la Croce’ mi ha detto. ‘Il mio potere è nullo su di lei. Il suo Dio<br />

Crocifisso è più potente di tutto l’Inferno riunito. Egli mi ha già vinto infinite volte e sempre mi<br />

vincerà. Chi crede in Lui e nel suo Segno è salvo da ogni insidia. Solo chi in Lui non crede e<br />

spregia la sua Croce, cade in nostro potere e perisce nel nostro fuoco’. Non ho voluto andare a quel<br />

fuoco. Ma conoscere il Fuoco di Dio che ti faceva così bella e pura, così potente e santa. Tu sei la<br />

madre dell’anima mia e posto che mi sei madre, in questa ora, te ne prego, nutri la mia debolezza<br />

della tua forza, perché insieme si salga a Dio”.<br />

“Tu ora sei il mio vescovo, fratello mio. Nel nome del Cristo Signore nostro assolvimi da ogni<br />

colpa perché più pura del giglio io ti preceda nella gloria”.<br />

Io ti benedico, non ti assolvo, ché colpa non è in te. E tu per<br />

300<br />

dona al tuo fratello di tutte le insidie che ti ha teso. Prega per me che tanto errore ho fatto”.<br />

“Il tuo sangue e il tuo amore presente lavano ogni traccia d’errore. Ma preghiamo insieme: Pater<br />

noster...”.<br />

Entrano dei carcerieri a turbare l’augusta preghiera.<br />

“Non vi bastano ancora i tormenti? Resistete ancora? Non sacrificate agli dèi?”.<br />

“A Dio facciamo il sacrificio di noi. Al Dio vero, unico, eterno, santo. Dateci la Vita. Quella<br />

vogliamo. Per Gesù Cristo Signore del mondo e di Roma, per il Re potente davanti al quale Cesare<br />

è polvere meschina, per il Dio davanti al quale si piegano gli angeli e tremano i demoni, a noi la<br />

morte”.<br />

I carnefici li rovesciano inferociti al suolo, li trascinano senza poterli disgiungere, ché le mani dei<br />

due eroi di Cristo sono saldate l’una all’altra.<br />

Così vanno al luogo del martirio che pare una delle solite aule dei Questori. E due fendenti, calati da<br />

due nerboruti giustizieri, spiccano i due capi eroici e dànno alle anime ali per il Cielo.<br />

La visione finisce così.<br />

Dice Gesù:<br />

«La vicenda di Giustina di Antiochia e di Cipriano è una delle più belle in favore della mia Croce.<br />

Essa, il patibolo irrorato dal mio <strong>San</strong>gue, ha nel corso dei secoli operato infiniti miracoli. E ancora<br />

ne opererebbe se voi in essa aveste fede. Ma il miracolo della conversione di Cipriano, anima in<br />

potere di Satana che diventa un martire di Gesù, è uno dei più potenti e belli.<br />

Cosa vedete, o uomini? Una fanciulla sola con una piccola croce fra le mani e una leggera croce


scalfita nel muro. Una fanciulla, con un cuore veramente convinto del potere della Croce, che in<br />

quella si rifugia per vincere.<br />

Di fronte a lei un uomo che il mercimonio con Satana fa ricco di tutti i vizi capitali. In lui lussuria,<br />

ira, menzogna, cecità spirituale e errore. In lui sacrilegio e connubio con le forze d’Inferno. E in suo<br />

aiuto il signore dell’Inferno con tutte le sue seduzioni.<br />

Ebbene: vince la fanciulla. Non solo. Ma stretto da una forza invincibile, Satana deve confessare la<br />

verità e perdere il suo se<br />

301<br />

guace. Non solo vince per sé la vergine fedele. Ma vince per la sua città, liberando Antiochia dal<br />

malefizio che si sparge come pestilenza uccidendo i cittadini. E vince per Cipriano facendo di lui,<br />

servo di Satana, un servo di Cristo. Il demonio, la malattia, l’uomo, vinti da una mano di fanciulla<br />

sorreggente la croce.<br />

Voi poco la conoscete questa mia martire. Ma dovreste raffigurarla ritta sulla pietra che chiude<br />

l’Inferno, sotto la quale ringhia Satana, vinto e prigioniero, con la piccola mano armata della croce.<br />

E ricordarvela così, ed imitarla così. Poiché Satana ora più che mai scorre sulla terra e scatena le sue<br />

forze di male per farvi perire. E non c’è che la Croce che lo possa vincere. Ricordate che esso stesso<br />

ha confessato: “Il Dio Crocifisso è più potente di tutto l’Inferno. Sempre mi vincerà. Chi crede in<br />

Lui è salvo da ogni insidia”.<br />

Fede, fede, figli miei. È questione vitale per voi. O credete e avrete bene, o non credete e sempre<br />

più conoscerete il male.<br />

O voi che credete, usate di questo segno con venerazione. O voi che siete dubbiosi e che col dubbio<br />

l’avete cancellato dal vostro spirito come sotto dei succhi corrosivi ? e il dubbio è infatti corrosivo<br />

quanto un acido ? tornate a scolpire nel vostro pensiero e nel vostro cuore questo segno che vi fa<br />

sicuri di protezione divina.<br />

Se ora la croce è velata a simbolo della mia morte 2, non sia mai velata nel vostro cuore. Come su<br />

un altare, essa in esso splenda. E vi sia luce che vi guida al porto. Vi sia il vessillo su cui affisserete<br />

lo sguardo beato nell’ultimo giorno, quando per quel segno Io separerò le pecore dai becchi e<br />

spingerò costoro nelle Tenebre eterne portando meco nella Luce i miei benedetti.»<br />

Dice poi Gesù a me:<br />

«Tu la potenza della Croce l’hai provata. Tu non hai dubbi sulla veridicità della visione, perché tu<br />

pure hai visto fuggire Satana sotto alla tua mano alzante la mia croce 3. Ma quanto pochi sono<br />

quelli che credono così! E non credendo non ricorrono neppure a questo segno benedetto.<br />

302<br />

Anche questa visione è da includersi nei vangeli della Fede 4. Non è Vangelo. Ma è Fede. Ed è<br />

ancora Vangelo perché Io ho detto: “A chi crederà in Me darò il potere di calcare serpi e scorpioni e<br />

la potenza del Nemico e nulla gli farà male” 5.<br />

La tua fede aumenti ad ogni palpito del tuo cuore. E se questo, stanco, rallenta i suoi palpiti, non<br />

rallenti il tuo credere.<br />

Più l’ora della riunione con Dio è prossima e più occorre aumentare la fede. Perché nell’ora della<br />

morte, Satana, che mai non si è stancato di turbarvi coi suoi raggiri ? e astuto, feroce, lusingatore<br />

con sorrisi, con canti, con ruggiti, con sibili, con carezze e unghiate, ha cercato di piegarvi ?<br />

aumenta le sue operazioni per strapparvi al Cielo. È proprio questa l’ora di abbracciarsi alla Croce,<br />

perché le onde<br />

2 Così si usava fare nelle chiese durante la settimana di Passione, come è ricordato all’inizio, nel<br />

breve dettato di pag. 210.<br />

3 Probabile allusione all’episodio riportato nell’«Autobiografia», pag. 264 e 269?274.


4 Introdotti con il breve dettato del 28 febbraio, pag. 152.<br />

5 Luca 10, 19.<br />

dell’ultima satanica bufera non vi abbiano a sommergere. Dopo viene la Pace eterna.<br />

Animo, <strong>Maria</strong>. La Croce sia la tua forza ora e nell’ora della morte.<br />

La croce della morte, ultima croce dell’uomo, abbia due braccia. Una sia la mia Croce, l’altra il<br />

nome di <strong>Maria</strong>. Allora la morte avviene nella pace dei liberati anche della vicinanza di Satana.<br />

Perché esso, il Maledetto, non sopporta la Croce e il Nome della Madre mia.<br />

Si faccia sapere questo a molti. Poiché tutti avete a morire e tutti abbisognate di questo<br />

insegnamento per uscire vittoriosi dall’estrema insidia di chi vi odia infinitamente.»<br />

303<br />

30 ? 3 ? <strong>44</strong>.<br />

Vedo una spelonca rocciosa in cui è un giaciglio di foglie ammassate su un rustico telaio di rami<br />

intrecciati e legati da giunchi. Deve essere comodo come uno strumento di tortura. La grotta ha<br />

inoltre un pietrone che fa da tavola e uno più piccolo che fa da sedile. Contro il lato più fondo ve ne<br />

è un altro: uno scheggione sporgente dalla roccia che, non so se naturalmente o con paziente e<br />

faticosa opera umana, è stato tratto a pulimento e presenta una superficie abbastanza liscia. Su<br />

questo, che pare un rustico altare, è posata una croce fatta di due rami tenuti insieme da vimini.<br />

L’abitante della grotta ha inoltre piantato in una fessura terrosa del suolo una pianta di edera e ne ha<br />

condotto i rami a incorniciare la croce e ad abbracciarla, mentre in due rustici vasi, che paiono<br />

modellati nella creta da mano inesperta, stanno dei fiori selvatici colti nelle vicinanze, e proprio ai<br />

piedi della croce, in una conchiglia gigante, è una pianticella di ciclamino selvatico con le piccole<br />

foglie ben nette e due bocci che sono prossimi a fiorire. Ai piedi di questo altare vi è un fascio di<br />

rami spinosi e un flagello di corde annodate. Nella grotta vi è inoltre un rustico orciolo con<br />

dell’acqua. Null’altro.<br />

Dall’apertura stretta e bassa si vede uno sfondo di monti, e per una luminosità mobile che si<br />

intravvede lontano si direbbe che da questo punto sia visibile il mare. Ma non lo posso assicurare.<br />

Dei rami penduli d’edere e caprifogli e di rosai selvatici, tutta la solita pompa dei luoghi alpestri,<br />

pendono sull’apertura e fanno come un velo mobile che separa l’interno dall’esterno.<br />

Una donna scarna, vestita di una rustica veste scura sulla quale è posata una pelle di capra come<br />

mantello, entra nella grotta smuovendo i rami penduli. Pare esausta. La sua età è indefinibile. Se si<br />

dovesse giudicare il volto appassito, le si darebbero molti anni: oltre sessanta. Se si dovesse<br />

giudicare la chioma ancor bella, folta, dorata, non più di un quaranta. Essa le pende in due trecce<br />

lungo le spalle curve e magre, ed è l’unica cosa che splenda in quello squallore. La donna sarà stata<br />

certo bella perché la fronte è ancor alta e liscia, il naso ben fatto e l’ovale, per quanto smagrito<br />

dall’estenuazione, regolare. Ma gli occhi non hanno più fulgore. Sono fortemente affondati<br />

nell’orbita e segnati da due<br />

307<br />

bistri bluastri. Due occhi che denunciano il molto pianto versato. Due rughe, quasi due cicatrici, si<br />

sono intagliate dall’angolo dell’occhio lungo il naso e vanno a perdersi in quell’altra caratteristica<br />

ruga di chi molto ha sofferto, che dalle narici scende come un accento circonflesso agli angoli della<br />

bocca. Le tempie sono come scavate e le vene azzurre si disegnano nel grande pallore. La bocca<br />

pende con curva stanca ed è di un roseo pallidissimo. Un tempo deve essere stata una splendida<br />

bocca, ora è sfiorita. La curva delle labbra è simile a quella di due ali che pendano spezzate. Una<br />

bocca dolorosa.


La donna si trascina sino al masso che fa da tavolo e vi posa sopra dei mirtilli e delle fragole<br />

selvatiche. Poi va all’altare e si inginocchia. Ma è così spossata che nel farlo quasi cade e deve<br />

sorreggersi con una mano al masso. Prega guardando la croce e delle lacrime scendono per il solco<br />

sino alla bocca che le beve. Poi lascia cadere la sua pelle di capra e resta con la sola rozza tunica e<br />

prende i flagelli e le spine. Stringe i rami spinosi intorno al suo capo e ai suoi lombi e si flagella con<br />

le corde. Ma è troppo debole per farlo. Lascia cadere il flagello e, appoggiandosi all’altare con<br />

ambe le mani e la fronte, dice: “Non posso più, Rabboni! Più soffrire, in ricordo del tuo dolore!”.<br />

La voce me la fa riconoscere. È <strong>Maria</strong> di Magdala. Sono nella sua grotta di penitente.<br />

<strong>Maria</strong> piange. Chiama Gesù con amore. Non può più soffrire. Ma amare può ancora. La sua carne<br />

macerata dalla penitenza non resiste più alla fatica del flagellarsi, ma il cuore ha ancora palpiti di<br />

passione e si consuma nelle sue ultime forze amando. Ed ella ama, restando con la fronte incoronata<br />

di spine e la vita serrata nelle spine, ama parlando al suo Maestro in una continua professione<br />

d’amore e in un rinnovato atto di dolore.<br />

È scivolata con la fronte a terra. La stessa posa che aveva sul Calvario di fronte a Gesù deposto sul<br />

grembo di <strong>Maria</strong>, la stessa che aveva nella casa di Gerusalemme quando la Veronica spiegava il suo<br />

velo, la stessa che aveva nell’orto di Giuseppe d’Arimatea quando Gesù la chiamò ed ella lo<br />

riconobbe e lo adorò 1. Ma ora piange perché Gesù non c’è.<br />

“La vita mi fugge, Maestro mio. E dovrò morire senza rive<br />

308<br />

derti? Quando potrò bearmi del tuo viso? I miei peccati stanno di fronte a me e mi accusano. Tu mi<br />

hai perdonata, e credo che l’inferno non mi avrà. Ma quanta sosta nell’espiazione prima di vivere di<br />

Te! Oh! Maestro buono! Per l’amore che mi hai dato conforta l’anima mia! L’ora della morte è<br />

venuta. Per il tuo morire desolato sulla croce conforta la tua creatura! Tu mi hai generata. Tu. Non<br />

la madre mia. Tu mi hai risuscitata più che non risuscitasti Lazzaro, fratello mio. Poiché egli era già<br />

buono e la morte non poteva che esser attesa nel tuo Limbo. Io ero morta nell’anima e morire<br />

voleva dire morire in eterno. Gesù, nelle tue mani raccomando lo spirito mio! È tuo perché Tu l’hai<br />

redento. Accetto per ultima espiazione di conoscere l’asprezza del tuo morire abbandonato. Ma<br />

dammi un segno che la mia vita ha servito ad espiare il mio peccare” 2.<br />

“<strong>Maria</strong>!” Gesù è apparso. Pare scendere dalla rustica croce. Ma non è piagato e morente. È bello<br />

come la mattina della Risurrezione. Scende dall’altare e va verso la prostrata. Si curva su lei. La<br />

chiama ancora, e poiché ella pare credere che quella<br />

1 Nelle visioni, rispettivamente, del 18 febbraio (pag. 120), del 19 febbraio (pag. 123) e del 21<br />

febbraio (pag. 132).<br />

2 Negli scritti di <strong>Maria</strong> <strong>Valtorta</strong>, e in particolare nella grande opera sul Vangelo, <strong>Maria</strong> di Magdala,<br />

sorella di Marta e di Lazzaro, è identificata con la peccatrice innominata di Luca 7, 36?50.<br />

Voce suoni per i suoi sensi spirituali e, volto a terra come è, non vede la luce che Cristo irradia,<br />

Egli la tocca posandole una mano sul capo e prendendola per il gomito come a Betania 3 per<br />

rialzarla.<br />

Quando ella si sente toccata e riconosce dalla lunghezza quella mano, ha un gran grido. E alza un<br />

volto trasfigurato di gioia. E lo abbassa per baciare i piedi del suo Signore.<br />

“Alzati, <strong>Maria</strong>. Sono Io. La vita fugge. È vero. Ma Io vengo a dirti che il Cristo ti aspetta. Non vi è<br />

attesa per <strong>Maria</strong>. Tutto è perdonato a lei. Dal primo momento fu perdonato. Ma ora è più che<br />

perdonato. Il tuo posto è già pronto nel mio Regno. Sono venuto, <strong>Maria</strong>, per dirtelo. Non ho dato<br />

ordine all’angelo di farlo perché Io rendo il centuplo di quanto ricevo ed Io ricordo quanto ho da te<br />

ricevuto. <strong>Maria</strong>, riviviamo insieme un’ora passata. Ricorda Betania 4. Era la sera dopo il sabato.<br />

Mancavano sei giorni al mio morire. La tua casa, la ricordi? Era tutta bella nella cintura fiorita del<br />

suo frutteto. L’acqua cantava nella vasca e le pri


309<br />

me rose odoravano intorno alle sue mura. Lazzaro mi aveva invitato alla sua cena e tu avevi<br />

spogliato il giardino dei fiori più belli per ornare la tavola dove il tuo Maestro avrebbe preso il suo<br />

cibo. Marta non aveva osato rimproverarti perché si ricordava le mie parole 5 e ti guardava con una<br />

dolce invidia perché tu splendevi di amore andando e venendo nei preparativi. E poi Io ero giunto.<br />

E più rapida di una gazzella tu eri corsa, precedendo i servi, ad aprire il cancello col tuo grido<br />

abituale. Pareva sempre il grido di una prigioniera liberata. Infatti Io ero la tua liberazione e tu eri<br />

una prigioniera liberata. Gli apostoli erano con Me. Tutti. Anche quello che ormai era come un<br />

membro incancrenito del corpo apostolico. Ma vi eri tu a prendere il suo posto. E non sapevi che<br />

guardando il tuo capo curvato nel bacio ai miei piedi e il tuo occhio sincero e pieno d’amore,<br />

guardando soprattutto lo spirito tuo, Io dimenticavo il disgusto di avere al fianco il traditore. Ho<br />

voluto te sul Calvario per questo. Te nell’orto di Giuseppe per questo. Perché vederti era esser<br />

sicuro che la mia morte non era senza scopo. E mostrarmi a te era ringraziamento per il tuo fedele<br />

amore. <strong>Maria</strong>, tu benedetta che non hai mai tradito, che mi hai confermato nella speranza mia di<br />

Redentore, tu in cui vidi tutti i salvati dal mio morire! Mentre tutti mangiavano, tu adoravi. Mi<br />

avevi dato l’acqua profumata per i miei piedi stanchi e baci casti e ardenti per le mie mani e, non<br />

contenta ancora, hai voluto infrangere l’ultimo tuo prezioso vaso e ungermi il capo ravviandomi i<br />

capelli come una mamma, e ungermi le mani e i piedi perché tutto del tuo Maestro odorasse come<br />

membra di Re consacrato... E Giuda, che ti odiava perché eri onesta ora e respingevi con la tua<br />

onestà le cupidigie dei maschi, ti aveva rimproverata... Ma Io ti avevo difesa perché tu avevi<br />

compiuto tutto per amore, un amore così grande che il suo ricordo venne meco nell’agonia dalla<br />

sera del giovedì all’ora di<br />

3 Nella visione del 23 marzo, pag. 201.<br />

4 Matteo 26, 6?13; Marco 14, 3?9; Giovanni 12, 1?11.<br />

5 Luca 10, 38?42.<br />

nona... Ora, per questo atto di amore che tu mi hai dato alla soglia della mia morte, Io vengo, alla<br />

soglia della tua morte, a renderti amore. Il tuo Maestro ti ama, <strong>Maria</strong>. Egli è qui per dirti questo.<br />

Non avere timore, non ansia di altra morte. Il tuo morire non è diverso da quello di chi versa il suo<br />

sangue per Me. Che dà il martire? La sua vita per l’amore del suo Dio. Che dà il pe<br />

310<br />

nitente? La sua vita per l’amore del suo Dio. Che dà l’amante? La sua vita per l’amore del suo Dio.<br />

Vedi che non vi è differenza. Martirio, penitenza, amore consumano lo stesso sacrificio e per lo<br />

stesso fine. In te, dunque, penitente e amante, è il martirio come in chi perisce nelle arene. <strong>Maria</strong>, Io<br />

ti precedo nella gloria. Baciami la mano e posa in pace. Riposa. È tempo per te di riposare. Dammi<br />

le tue spine. Ora è tempo di rose. Riposa e aspetta. Ti benedico, benedetta”.<br />

Gesù ha obbligato <strong>Maria</strong> a coricarsi sul suo giaciglio. E la santa, col viso lavato di un pianto<br />

d’estasi, si è stesa come il suo Dio ha voluto ed ora pare dormire con le braccia conserte al seno,<br />

con le lacrime che continuano a scendere, ma la bocca che ride.<br />

Si rialza a sedere quando un fulgore vivissimo si fa nella grotta per la venuta di un angelo portante<br />

un calice che posa sull’altare e che adora. Anche <strong>Maria</strong>, inginocchiata presso il lettuccio, adora.<br />

Non può più muoversi. Le forze calano. Ma è beata. L’angelo prende il calice e la comunica. Poi<br />

risale al Cielo.<br />

<strong>Maria</strong>, come un fiore arso da troppo sole, si piega, si piega con le braccia ancora conserte sul seno e<br />

cade col viso fra le foglie del giaciglio. È morta. L’estasi eucaristica ha reciso l’ultimo filo vitale.<br />

Mentre Gesù parlava io vedevo la scena descritta. La casa di Betania tutta fiorita e festante. La sala


del convito riccamente apparecchiata. E Marta in faccende e <strong>Maria</strong> che si occupa dei fiori.<br />

E poi l’arrivo di Gesù coi dodici e l’incontro con <strong>Maria</strong> che lo conduce verso casa. Lazzaro scende<br />

prestamente incontro al Maestro ed entra con Lui nella casa, in una sala che precede quella del<br />

convito. <strong>Maria</strong> porta l’acqua in un bacile e vuole lavare lei stessa i piedi di Gesù. Poi cambia<br />

l’acqua e tiene il bacile sinché Gesù si è purificate le mani. E quando Egli le rende l’asciugamano,<br />

ella gli prende le mani e le bacia. Poi si siede in terra, su un tappeto che copre il pavimento, ai piedi<br />

di Gesù, e lo ascolta parlare con suo fratello, il quale mostra a Gesù dei rotoli, nuovi acquisti fatti di<br />

recente a Gerusalemme. Gesù discute con Lazzaro circa il contenuto di quelle opere e spiega gli<br />

errori dottrinali che contengono, credo, oppure le differenze fra quelle dottrine<br />

311<br />

di gentilesimo e quelle vere. Devono essere opere letterarie che Lazzaro, ricco e colto, ha voluto<br />

conoscere. <strong>Maria</strong> non parla mai. Ascolta e ama.<br />

Poi vanno a cena. Le due sorelle servono a tavola. Non mangiano. Solo gli uomini mangiano.<br />

Anche i servi vanno e vengono portando i piatti che sono ricchi e belli. Ma le due sorelle servono<br />

personalmente a tavola prendendo dalle credenze i piatti che i servi vi posano e le anfore piene di<br />

vino che mescono. Gesù beve acqua. Solo alla fine accetta un dito di vino.<br />

Ma verso la fine del convito, quando già la cena rallenta il suo ritmo e diviene più che altro<br />

conversazione, mentre passano le frutta e dei dolciumi, <strong>Maria</strong>, che è scomparsa da qualche minuto,<br />

torna con un’anfora di alabastro e ne spezza il collo contro lo spigolo di un mobile per potervi<br />

attingere con più facilità, e a piene mani prende e unge i capelli di Gesù stando in piedi dietro a Lui,<br />

e ne ricompone i ricci che li terminano arrotolando ciocca per ciocca sulle dita. Sembra una mamma<br />

che pettini il suo bambino. Quando ha finito, bacia lieve lieve il capo di Gesù e poi gli prende le<br />

mani e le imbalsama e bacia, e poi fa to stesso coi piedi.<br />

I discepoli guardano. Giovanni sorride come incoraggiandola. Pietro tentenna il capo, ma... via,<br />

sorride anche lui fra la sua barba, e su per giù fanno così gli altri. Tommaso e un altro vecchiotto<br />

brontolano sottovoce. Ma Giuda, con uno sguardo indefinibile ma di certo brutto, esplode nel suo<br />

malumore: “Che stoltezza! Basta esser femmine per esser stolte. A che tanto spreco? Il Maestro non<br />

è già un pubblicano né una meretrice per aver bisogno di simili effeminatezze. È anche disonorante<br />

per Lui. Che diranno i giudei nel sentirlo profumato come un efebo? Maestro, mi stupisco che Tu<br />

permetta ad una donna tali stoltezze. Se ha ricchezze da profondere le dia a me per i poveri. E sarà<br />

più giudiziosa. Donna, dico a te; smetti ché mi fai schifo”.<br />

<strong>Maria</strong> lo guarda interdetta e arrossendo sta per ubbidire. Ma Gesù le pone la mano sul capo che ella<br />

ha curvato e poi fa scendere quella mano sulla spalla di lei attirandola lievemente a Sé come per<br />

difenderla: “Lasciala stare” dice. “Perché la rimproveri? Nessuno deve rimproverare un’opera<br />

buona e mettervi sottosensi che unicamente la malizia insegna. Ella ha fatto una buona azione verso<br />

di Me. I poveri li avete sempre. Io non sarò più<br />

312<br />

fra voi e i poveri vi saranno. A loro potrete continuare a fare del bene. A Me no perché sono<br />

prossimo a lasciarvi. Ella ha anticipato l’omaggio al mio Corpo sacrificato per voi tutti, e mi ha già<br />

unto per la sepoltura perché allora non potrà farlo. E troppo le dorrebbe di non avermi potuto<br />

imbalsamare. In verità vi dico che fino alla fine del mondo e in ogni luogo ove sarà predicato il<br />

Vangelo si ricorderà quanto ella ora ha fatto. E dal suo atto prenderanno lezione le anime per darmi<br />

il loro amore, balsamo amato dal Cristo, e prendere coraggio nel sacrificio pensando che ogni<br />

sacrificio è imbalsamazione del Re dei re, dell’Unto di Dio, di Colui da cui la Grazia scende come<br />

questo nardo dai miei capelli per fecondare all’amore i cuori e a cui l’amore sale in un continuo<br />

afflusso e riflusso di amore da Me alle anime mie, e dalle anime mie a Me. Giuda, imita, se puoi. Se<br />

lo puoi ancora fare. E rispetta <strong>Maria</strong> e Me con lei. Rispetta anche te stesso. Poiché non è disonorarsi<br />

accettando un puro amore con amore puro, ma nutrire astio e fare insinuazioni sotto il pungolo del<br />

senso. Sono tre anni, Giuda, che ti ammaestro. Ma ancora non ti ho potuto mutare. E l’ora è vicina.<br />

Giuda, Giuda... <strong>Maria</strong>, grazie. Persevera nel tuo amore”.


Dice Gesù:<br />

«Per quanto una creatura possa essere assoluta nella sua generosità d’amore e nel suo ricompensare<br />

chi l’ha amata, è sempre molto relativa. Ma il vostro Gesù supera ogni umana vastità di desiderio e<br />

ogni limite di appagamento. Poiché è Dio, Gesù vostro, e a voi, generosi e amanti ? perché questa è<br />

pagina che Io rivolgo specialmente a voi, anime che non vi accontentate di ubbidire il precetto ma<br />

abbracciate il consiglio e spingete il vostro amarmi a eroismi santi ? Io do, con la mia larghezza di<br />

Dio e di Dio buono.<br />

Creo il miracolo per voi, per darvi un ricambio di gioia per tutta la gioia che mi date. Mi sostituisco<br />

a quanto vi manca o suscito quanto vi occorre. Ma nulla lascio mancare a voi che vi siete spogliati<br />

di tutto per amor mio sino a vivere in una solitudine materiale o morale fra il mondo che non vi<br />

comprende e che vi schernisce e che, ripetendo l’antico insulto già detto a Me 6,<br />

313<br />

Maestro vostro, vi grida: “Pazzi”, e scambia le vostre penitenze e le vostre luci come segni<br />

diabolici. Perché il mondo asservito a Satana crede che satana siano i santi che hanno messo il<br />

mondo sotto ai loro piedi e di esso si sono fatto sgabello per salire di più verso Me e tuffarsi nella<br />

mia Luce.<br />

Ma lasciate pure che vi dicano “pazzi e demoni”. Io so che siete i possessori della vera sapienza,<br />

della retta intelligenza, e che avete anima d’angelo in corpo mortale. Io ricordo, e non passa<br />

dimenticato un solo vostro sospiro d’amore, quanto avete fatto per Me, e come vi difendo contro il<br />

mondo, perché ai migliori del mondo faccio conoscere ciò che voi siete agli occhi miei, così vi<br />

compenso quando è l’ora e giudico che al vostro calice è tempo di infondere una dolcezza.<br />

Non ci sono stato che Io che l’ho bevuto sino in fondo senza temperarlo col miele. Io che ho<br />

dovuto aggrapparmi al pensiero di quelli che mi avrebbero amato in futuro, per poter resistere sino<br />

in fondo, senza giungere a maledire l’uomo per cui spargevo il mio <strong>San</strong>gue e conoscere, più che<br />

conoscere: abbandonarmi alla disperazione della mia condizione di abbandonato da Dio 7.<br />

Ma quello che Io ho patito, Io non voglio che voi lo soffriate. È stata troppo crudele la mia<br />

esperienza per imporvela. E sarebbe un tentarvi sopra le vostre forze. Dio non è mai imprudente. Vi<br />

vuole salvare e non perdere. E imporvi certe ore troppo crudeli sarebbe un perdere l’anima vostra<br />

che fletterebbe come ramo troppo caricato e finirebbe col rimanere spezzata e conoscere il fango<br />

dopo aver conosciuto tanto Cielo.<br />

Io non deludo mai chi spera in Me. Dillo, dillo, dillo a tutti.»<br />

6 Matteo 12, 24; Marco 3, 22 e 30; Luca 11, 15; Giovanni 10, 20.<br />

7 Matteo 27, 46; Marco 15, 34.<br />

[Saltiamo circa 39 pagine e mezzo del quaderno autografo, che portano i seguenti brani<br />

appartenenti al ciclo della Passione della grande opera sul Vangelo: l’episodio di Giuda di Keriot<br />

dopo il tradimento il successivo dettato ’insegnamento(31?3?<strong>44</strong>); il dettato su <strong>Maria</strong> che deve<br />

annullare Eva (2?4?<strong>44</strong>) e quello su Caino e i Progenitori (5?4?<strong>44</strong>).]<br />

314<br />

Ore 10,30 del Venerdì <strong>San</strong>to 19<strong>44</strong>. 7?4?<strong>44</strong>.<br />

Ora che il mio interno ammonitore mi dice esser quella in cui Giovanni andò da <strong>Maria</strong>.<br />

[Saltiamo poco più di 5 pagine del quaderno autografo, che portano l’episodio di Giovanni che va a


prendere la Madre, appartenente al ciclo della Passione della grande opera sul Vangelo.]<br />

La visione cessa così. Sono le 12,30 di ora, ossia le 11,30 dell’ora solare.<br />

Dopo, dalle 13 alle 16 (ora solare), sono rimasta abbattuta, non in sopore, ma in uno sfinimento così<br />

intenso che non potevo né parlare, né muovermi, né aprire gli occhi. Soltanto potevo soffrire. E<br />

senza nulla vedere, per quanto nel mio soffrire meditassi continuamente l’agonia di Gesù.<br />

All’improvviso, alle 16, vidi, mentre pensavo alla inchiodatura delle mani, vidi morire Gesù, unica<br />

cosa: morire. Girare la testa da sinistra a manca 1 in un’ultima contrazione, avere un ultimo<br />

profondo anelito, smuovere la bocca in un tentativo di parola mutata, dall’impossibilità di<br />

pronunciarla, in un alto lamento che finisce in gemito per la morte che ferma la voce e rimanere<br />

così, con gli occhi che si chiudono e la bocca che rimane semiaperta, per un attimo colla testa ancor<br />

eretta, rigida sul collo come per interno spasmo convulsivo, e poi ricadente in avanti, ma verso<br />

destra. Niente altro.<br />

Dopo ho ripreso un pochino, ma ben pochino, di forza sino alle 19, ora solare, e poi giù da capo, in<br />

un sopore tremendo sino a dopo mezzanotte. Ma non c’è nessun conforto di visione. Sono sola<br />

anche io come <strong>Maria</strong> dopo la sepoltura. Non vista e non voce. E ne soffro tanto.<br />

Per consolarmi un pochino, le descrivo come vedevo bene Gesù ieri sera quando mi si illustrava<br />

nuovamente l’addio a <strong>Maria</strong> avanti la Cena.<br />

Gesù era già in ginocchio ai piedi della Madre e la teneva abbracciata alla vita posandole il capo sui<br />

ginocchi e alzandolo a guardarla alternativamente. La luce di una lucerna a olio a tre becchi, posata<br />

sull’angolo del tavolo presso al sedile di <strong>Maria</strong>, batteva in pieno sul volto del mio Gesù. La Mamma<br />

invece ri<br />

315<br />

maneva più nell’ombra avendo la luce dietro la spalla. Ma Gesù era ben in luce.<br />

E io mi perdevo a contemplarne il volto e osservarne i più minuti particolari. E li ripeto una volta<br />

ancora 2. Capelli divisi alla metà del capo e ricadenti in lunghe ciocche sino alle spalle. Ondulati<br />

per un buon palmo, poi terminanti in vero ricciolo. Lucidi, sottili, ben ravviati, di un colore biondo<br />

acceso che specie nel ricciolo finale ha decise tonalità di rame. Fronte molto alta, bellissima, liscia<br />

come una fascia, dalle tempie lievemente incavate sulle quali le vene azzurrine mettono lievi ombre<br />

d’indaco trasparendo sotto la pelle bianchissima, di quel bianco speciale di certi individui di<br />

capelli rosso?biondi: un bianco di latte di una<br />

1 Lasciamo come è scritto, non sapendo se dover correggere sinistra o manca in destra<br />

2 Già, per esempio, il 29 dicembre 1943, ne «I quaderni del 1943», pag. 478.<br />

sfumatura appena tendente all’avorio ma con un “che” lievissimo di azzurrino 3, pelle delicatissima<br />

che pare di petalo di camelia candida, così fina che ne traspare la più lieve venuzza e così sensibile<br />

che ogni emozione vi si disegna con pallori più intensi e rossori vivi.<br />

Ma Gesù io l’ho veduto sempre pallido, appena un poco tinto dal sole, preso liberamente nel suo<br />

treenne andare per la Palestina. <strong>Maria</strong> invece è più bianca perché è stata più ritirata in casa, ed è di<br />

un bianco più rosato. Gesù è di un bianco avorio con quel lieve riflesso all’azzurro.<br />

Naso lungo e dritto, con appena una lieve curva in alto, verso gli occhi, un bellissimo naso sottile e<br />

ben modellato. Occhi incassati, bellissimi, del colore che ho tante volte descritto di zaffiro molto<br />

scuro. Sopracciglia e ciglia folte, ma non troppo, lunghe, belle, lucide, castano scure ma con una<br />

microscopica scintilla d’oro al vertice di ogni peluzzo. Quelle di <strong>Maria</strong> sono invece di un castano<br />

chiarissimo, più sottili e rade. Forse appaiono tali perché tanto più chiare, così chiare da esser quasi<br />

bionde. Bocca regolare, tendente al piccolo, ben modellata, somigliantissima a quella della Madre,<br />

dalle labbra giuste di grossezza, né troppo sottili da parere serpentine, né troppo pronunciate. Al<br />

centro sono tonde e accentuate in bella curva, ai lati quasi scompaiono facendo apparire più piccola<br />

che non sia la bocca bellissima di un rosso sano che si apre sulla dentatura regolare, forte, dai denti


316<br />

piuttosto lunghi e bianchissimi. Quelli di <strong>Maria</strong> sono invece piccini ma regolari e uniti ugualmente.<br />

Guance magre ma non scarne. Un ovale molto stretto e lungo ma bellissimo, dagli zigomi né troppo<br />

salienti né troppo sfuggenti. La barba, folta sul mento e bipartita in due punte crespute, circonda, ma<br />

non copre, la bocca sino al labbro inferiore e sale sempre più corta verso le guance dove, all’altezza<br />

degli angoli della bocca, diviene corta corta, limitandosi a mettere un’ombra come di spolveratura<br />

di rame sul pallore delle guance. Essa è, dove è folta, di un color rame scuro: un biondo?rosso<br />

scuro. E così sono i baffi non molto folti e tenuti corti, di modo che coprono appena il labbro<br />

superiore fra il naso e il labbro e si limitano agli angoli della bocca. Orecchie piccole ben modellate<br />

e molto unite al capo. Non sporgono affatto.<br />

Nel guardarlo così bello, ieri sera, e nel pensare come l’ho visto sfigurato quando mi apparì, in<br />

molte volte, nella Passione o dopo la stessa, rendeva ancor più acuto il mio amore compassionevole<br />

per il suo soffrire. E quando lo vedevo tendersi e posare il volto sul petto di <strong>Maria</strong>, come un<br />

bambino bisognoso di carezze, mi chiedevo, una volta di più, come hanno fatto gli uomini ad<br />

infierire così contro di Lui, così dolce e buono in ogni suo atto e conquidente, col solo suo aspetto, i<br />

cuori. Vedevo le belle, lunghe, pallide mani abbracciare i fianchi di <strong>Maria</strong>, la cintura di <strong>Maria</strong>, le<br />

braccia di <strong>Maria</strong>, e mi dicevo: “E fra poco saranno trapassate dai chiodi!” e soffrivo. Che soffra è<br />

visibile anche ai meno osservatori.<br />

3 azzurrino è nostra correzione da azzurino<br />

Oggi l’ho tanto desiderata, Padre, perché mi pareva che il cuore mi scoppiasse o cedesse<br />

alternativamente. E mi pare un secolo che non ricevo Gesù. Meno male che sono già le due<br />

antimeridiane del sabato e si avvicina l’ora della Comunione. Ma sono sola. Tace Gesù, tace <strong>Maria</strong>,<br />

tace Giovanni. Avevo sperato in lui, almeno. Niente. Silenzio assoluto e buio assoluto. È proprio la<br />

desolazione...<br />

317<br />

Sera di Pasqua 19<strong>44</strong>. 9?4?<strong>44</strong>.<br />

Dice Gesù, e me lo dice così dolorosamente, ed è soggetto così penoso, che lo scrivo a parte 1.<br />

Dice Gesù:<br />

«L’anno passato Io ti ho detto 2, ed è stato il primo dettato: “Il Padre è stanco, e a far perire la<br />

razza umana lascerà 3 che si scatenino i castighi dell’Inferno”. Ho detto, era il Venerdì <strong>San</strong>to: “Io<br />

verrei una seconda volta a morire per salvarli da una morte più atroce ancora... Ma il Padre non lo<br />

permette... Sa che sarebbe inutile... Oh! se gli uomini sapessero ancora volgersi a Me che sono la<br />

salvezza!”.<br />

Vi rimando a tutti i miei dettati antecedenti a quelli di quest’ultimo tempo. Ho parlato usando le<br />

profezie del Libro santo, spiegandovele, applicandole ai tempi d’ora, e se ho taciuto, poi, su questo<br />

tono, è perché ho compreso che era inutile ai fini del Bene e pericoloso perché quelle parole divine<br />

potevano divenire arma di tortura diabolica contro i miei servi che le udivano, le ripetevano, le<br />

diffondevano e le accoglievano. Ma il mio Pensiero, se anche non si esprime con la Parola, è quello<br />

e non muta.<br />

<strong>Maria</strong>, Io ti ho detto, alla fine del maggio passato: “Riguardo al futuro... Cosa vuoi sapere, povera<br />

anima?” (dettato del 31?5-43). “Ringrazia la mia Misericordia che, per ora, ti nasconde in buona<br />

parte la verità sul futuro” 4. Povera, povera anima!<br />

Un’altra volta ho detto: “Vorreste che apparissi e mi mostrassi... Ma, se anche mi mostrassi, dove è<br />

nei cuori quel tanto residuo di fede e rispetto che li farebbe curvare col volto a terra per chiedermi<br />

perdono e pietà?” (dettato del 5?6?43 5).<br />

Anche ora chiedete da Me un segno di potenza, il quale, per esser Potenza di un <strong>San</strong>to ? del <strong>San</strong>to


dei santi ? dovrebbe essere punizione inesorabile, tremenda,<br />

1 Infatti il dettato è scritto su un foglietto di quattro facciate, inserito e cucito con filo di cotone a<br />

questo punto del quaderno.<br />

2 Il 23 aprile 1943, ne «I quaderni del 1943», pag. 53.<br />

3 lascerà è nostra correzione da lascierà<br />

4 Ne «I quaderni del 1943», pag. 5.<br />

5 Ne «I quaderni del 1943», pag. 14.<br />

di un numero incalcolabile di persone, perché ? ripeto ciò che ho detto mille volte 6 ? i grandi<br />

colpevoli sono perché la massa è tutta più o meno colpevole dello stesso peccare dei grandi.<br />

318<br />

Ma Io ? e te lo dico, povera anima alla quale ho dato di vedermi trionfante 7 per infondere forza al<br />

tuo essere accasciato nella carne che muore e nello spirito desolato per la prova che hai patito e per<br />

gli orrori che ti circondano ? ma Io non posso dare questo segno. Questo segno della Potenza mia.<br />

Mi è impossibile farlo. Non perché Dio abbia perduto la sua facoltà di fare. Nulla mi è impossibile<br />

come Dio. Ma è l’ora della potestà 8 delle Tenebre. E gli uomini l’hanno spontaneamente voluta. Il<br />

regno del Male è già instaurato. Qualunque cosa Io facessi sarebbe resa nulla dalla volontà<br />

dell’uomo. Qualunque Bene sarebbe distrutto dal Male.<br />

Assisto impotente a questa corsa nella morte spirituale di tutta l’umanità. Non vi è mio dono, non<br />

mio beneficio, non mio richiamo, non mio castigo, che valga ad arrestare questo spontaneo<br />

naufragio dell’umanità, da Me redenta, in Satana. Come toro infuriato, l’umanità atterra tutto:<br />

ragione, morale, fede, e va a dare di cozzo contro ciò che l’uccide. La mano profanatrice dell’uomo<br />

si alza a nuovo delitto che non merita perdono. il Padre non vuole perdonare. Vi lascia perire come<br />

avete voluto.<br />

L’unica cosa che posso fare e faccio - e la faccio per pietà dei santi che, rari come fiori in un<br />

deserto, pregano ancora, pregano, non fanno protesta 9 di consuetudine e ipocrisia ? è di trattenere<br />

l’ira del Padre mio il quale, stanco dei delitti di una razza per la quale inutilmente il mio <strong>San</strong>gue si è<br />

effuso, vuole, vuole, vuole esercitare la Giustizia su voi. E giustizia, poiché siete colpevoli,<br />

vorrebbe dire castighi tremendi che la mia Misericordia non vuole dati in aggiunta a quelli che da<br />

voi vi date.<br />

<strong>Maria</strong>, so che ti ferisco e ti accascio. Ti eri sperata gioia dalla mia Pasqua. Rose dopo le spine.<br />

Sorrisi dopo le lacrime. Sei vittima. Restano le spine e le lacrime anche nel tempo pasquale, perché<br />

bisogna restare sulla croce per questa umanità perversa.<br />

Ti chiedo di restare sulla croce per Me. Salvare il mondo è stato il mio sogno. Salvare le anime la<br />

mia gioia. Il mondo è perduto a Dio, ma le anime si possono salvare ancora: coloro che hanno<br />

ancora un’anima, languente ma viva. Ti chiedo la carità per esse. È Gesù, mendicante d’amore nella<br />

sua veste di Risusci<br />

319<br />

tato glorioso, che ti chiede quest’obolo di anime perché il suo Regno abbia ancora dei sudditi.<br />

Va’ in pace.»<br />

6 L’ultima volta, il 28 marzo, pag. 209.<br />

7 Il 10 gennaio, pag. 28.


8 potestà è nostra correzione da podestà<br />

9 protesta è lettura incerta<br />

9 ? 4 ? <strong>44</strong>. Pasqua di Risurrezione.<br />

Dice lo Spirito <strong>San</strong>to:<br />

«Io sono il Consolatore. Io consolo coloro che lo sgomento accascia e l’oggi tortura. Io sono Quello<br />

che medica e addolcisce l’amarezza della Parola che parla la verità, la quale oggi è bene amara.<br />

In questo giorno che è il trionfo della Carità come il Natale ne è la più alta manifestazione ? perché<br />

il Natale è l’inizio della Redenzione che è Carità operante, mentre la Pasqua è la Redenzione<br />

compiuta, la vittoria della Vita sulla Morte attraverso l’Amore sublimato all’olocausto volontario<br />

per darvi la Vita, e l’atto per cui fu possibile a Me di scendere in voi, risantificati dal <strong>San</strong>gue di<br />

Dio?Figlio, per riunirvi a Dio?Padre con la Carità senza la quale Dio non può essere in voi e voi in<br />

Dio ? Io vengo a dirti: confida ancora. Se anche tutto sembra perduto, confida. Se anche l’abisso del<br />

Male erutta i suoi demoni per straziare la Terra e fecondarla a generare l’Anticristo e l’abisso dei<br />

Cieli pare chiudersi per decreto del Padre da cui procediamo, Noi, il Verbo e lo Spirito, siamo<br />

ancora operanti e amanti per salvarvi e difendervi. Io?Carità e il Verbo?Carità, Io?<strong>San</strong>tificazione e<br />

il Verbo?Redenzione, non cessiamo l’Uno di effondere i meriti del suo <strong>San</strong>gue, l’Altro i carismi del<br />

suo potere per il bene di voi.<br />

Confida. L’Amore ha sempre vinto.»

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