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tesi di francesca anselmi sul tasso dell'elba - Circolo culturale ...

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA TUSCIA<br />

FACOLTÀ DI AGRARIA<br />

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN<br />

“CONSERVAZIONE E RESTAURO DELL’AMBIENTE FORESTALE<br />

E DIFESA DEL SUOLO”<br />

DIPARTIMENTO DI TECNOLOGIE, INGEGNERIA E SCIENZE DELL’AMBIENTE E<br />

DELLA NATURA<br />

CARATTERIZZAZIONE ECOLOGICA DELLA PRESENZA DI<br />

TAXUS BACCATA L. ALL’ISOLA D’ELBA<br />

RELATORE: Dott. Marco Cosimo Simeone<br />

CORRELATORE: Dott.ssa Francesca Giannini<br />

CONTRORELATORE: Prof.ssa Anna Scoppola<br />

A.A. 2007/2008<br />

CANDIDATO:<br />

Francesca Anselmi


INDICE<br />

Premessa 3<br />

Capitolo primo: Taxus baccata L., generalità 4<br />

1.1 Inquadramento sistematico 4<br />

1.2 Caratteri morfologici 5<br />

1.2.1 Caratteristiche <strong>di</strong>mensionali, architettura e accrescimento 5<br />

1.2.2 Ra<strong>di</strong>ce, tronco e caratteristiche del legno 6<br />

1.2.3 Chioma, gemme, fioritura e seme 7<br />

1.3 Areale 8<br />

1.4 Ecologia 10<br />

1.5 Cenologia 11<br />

1.6 Caratteristiche riproduttive 12<br />

Capitolo secondo: Isola d’Elba, generalità 14<br />

2.1 Storia 14<br />

2.2 Inquadramento territoriale 17<br />

2.2.1 Morfologia 17<br />

Tav. 2.1: Carta dei sistemi ambientali f.N<br />

2.2.2 Geologia 19<br />

Tav. 2.2: Carta geologica f.N<br />

2.2.3 Aspetti climatici 21<br />

2.2.4 Vegetazione 24<br />

2.2.5 Le altre isole dell’Arcipelago Toscano 26<br />

2.3 Tipologie forestali 27<br />

2.3.1 Boschi d’alto fusto <strong>di</strong> conifere 27<br />

2.3.2 Boschi d’alto fusto <strong>di</strong> conifere e latifoglie 31<br />

2.3.3 Boschi d’alto fusto <strong>di</strong> latifoglie 31<br />

2.3.4 Boschi cedui 32<br />

2.3.5 Castagneti da frutto 34<br />

2.3.6 Arbusteti e cespuglieti 34<br />

2.3.7 Altre superfici 34<br />

2.4 Monte Capanne, generalità<br />

35<br />

2


Capitolo terzo: Materiali e meto<strong>di</strong> 37<br />

3.1 Stu<strong>di</strong>o dei soprassuoli 37<br />

3.2 Elaborazione dei dati 39<br />

Capitolo quarto: Ri<strong>sul</strong>tati 41<br />

4.1 Storia del <strong>tasso</strong> all’Isola d’Elba 41<br />

4.2 Rilievi ecologici 44<br />

4.2.1 Distribuzione e con<strong>di</strong>zione vegetativa del <strong>tasso</strong> 44<br />

Tav. 4.1: Orografia f.N<br />

Tav. 4.2: Assolazione dei versanti f.N<br />

Tav. 4.3: Tipi <strong>di</strong> suolo f.N<br />

4.2.2 Fisionomia forestale 52<br />

Tav. 4.4: Associazioni vegetali f.N<br />

4.2.3 Rinnovazione 55<br />

Capitolo quinto: Conclusioni 58<br />

Capitolo sesto: Linee guida per una gestione selvicolturale 60<br />

Bibliografia 64<br />

Allegati 69<br />

3


PREMESSA<br />

Il <strong>tasso</strong> è una pianta conosciuta sin dall’epoca classica, soprattutto per la sua<br />

simbologia, minacciosa e sfavorevole, legata alla sua tossicità.<br />

Fino al Rinascimento mantenne la sua fama <strong>di</strong> pianta funesta, ma da qui in poi se ne<br />

apprezzarono le capacità ornamentali e le caratteristiche tecnologiche del suo legno, così<br />

da <strong>di</strong>ventare oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>ti da un punto <strong>di</strong> vista scientifico. Ad oggi, gli stu<strong>di</strong><br />

condotti su Taxus baccata L. hanno fornito informazioni sui <strong>di</strong>versi aspetti (ecologici,<br />

fisiologici, strutturali, genetici, etc.) che riguardano la sua complessa biologia <strong>di</strong> pianta<br />

estremamente antica.<br />

Ciò nonostante, poco o niente si sa invece della sua presenza <strong>sul</strong>l’Isola d’Elba, area<br />

<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o interessante per le sue peculiarità ecologiche. In quest’ottica si pone questo<br />

elaborato, cioè quella <strong>di</strong> fornire le prime conoscenze circa i popolamenti <strong>di</strong> <strong>tasso</strong> presenti<br />

<strong>sul</strong>l’isola, così da darne un primo inquadramento ecologico.<br />

Il fine ultimo è quello <strong>di</strong> fornire suggerimenti a quelle politiche gestionali che siano<br />

volte sia alla conservazione della specie <strong>sul</strong>l’isola, sia alla gestione <strong>di</strong> quegli ambienti che<br />

ne preservano la presenza, anche in virtù anche delle attuali <strong>di</strong>rettive comunitarie, che<br />

annoverano il <strong>tasso</strong> e gli habitat che lo ospitano, come prioritari a causa del rischio <strong>di</strong><br />

compromissione o per<strong>di</strong>ta in cui molto spesso incorrono.<br />

4


1.1 Inquadramento sistematico<br />

CAPITOLO PRIMO<br />

TAXUS BACCATA L., GENERALITÀ<br />

L'inquadramento sistematico attualmente riconosciuto del <strong>tasso</strong> rimane quello <strong>di</strong><br />

Linnaeus che lo collocava quale appartenente alla famiglia delle Taxaceae, sotto<strong>di</strong>visione<br />

delle Conipherophityna, classe Pinatae, or<strong>di</strong>ne Pinales.<br />

La famiglia delle Taxaceae è composta da quattro (Gellini et al.,1996) o cinque<br />

generi (Cope, The Botanical Review, 1998), quasi tutti situati nell'emisfero boreale, ad<br />

eccezione del monospecifico genere Austrotaxus Compton, endemico della Nuova<br />

Caledonia e della var. mairei del Taxus chinensis presente nell’Arcipelago malese.<br />

Gli altri generi sono: Pseudotaxus W.C.Cheng (= Nothotaxus Florin) <strong>di</strong>ffuso in<br />

Cina, Torreya Arn. con 6 specie <strong>di</strong>ffuse in Giappone, Cina, Florida, Georgia e California<br />

e, appunto, il genere Taxus Linnaeus tipico <strong>di</strong> buona parte dell’emisfero settentrionale.<br />

La collocazione <strong>di</strong> Amentotaxus Pilg. è, invece, controversa a causa <strong>di</strong> importanti<br />

<strong>di</strong>fferenze riproduttive riguardanti la presenza <strong>di</strong> due ovuli nell’archeosporio, secondo<br />

Gellini andrebbe collocata nelle Cephalotaxaceae.<br />

La famiglia delle Taxaceae è caratterizzata da microsporofilli peltati che hanno 2-8<br />

androsporangi, ovuli solitari portati all'apice dei rami fertili, con un seme coperto da un<br />

involucro carnoso derivato da un cercine posto alla base dell’ovulo stesso.<br />

Il carattere morfologico che più le <strong>di</strong>stingue filogeneticamente è l'assenza <strong>di</strong><br />

strobilo femminile. Questa semplicità dell'apparato riproduttore rispetto alle altre Pinales<br />

non è dovuta ad una conservazione <strong>di</strong> un carattere primitivo quanto ad una riduzione<br />

morfologica (Gellini, 1996); il cono uniovulato in<strong>di</strong>cherebbe infatti un carattere <strong>di</strong><br />

maggiore evoluzione rispetto a quello delle Pinaceae.<br />

Quasi tutte le specie della famiglia sono <strong>di</strong>oiche. Le foglie sono tipicamente<br />

aciculate con picciolo decorrente <strong>sul</strong> ramo.<br />

Il legno è caratterizzato dai raggi omogenei privi <strong>di</strong> trachei<strong>di</strong> trasversali e da<br />

ispessimenti spiralati delle trachei<strong>di</strong> verticali, a cui fa però eccezione Austrotaxus.<br />

Il genere Taxus è anch'esso al centro <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussioni riguardo la posizione<br />

sistematica, in quanto mancano caratteri inequivocabilmente <strong>di</strong>stintivi, sia a livello<br />

5


morfologico che chimico; è stato dunque proposto a più riprese <strong>di</strong> considerare T. baccata<br />

come unica grande specie collettiva (Debazac, 1964).<br />

La maggior parte degli autori è tuttavia concorde nell’assegnare al genere 8 specie<br />

<strong>di</strong>stinte <strong>sul</strong>la base <strong>di</strong> criteri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione geografica:<br />

Nome scientifico Distribuzione<br />

Taxus baccata L. Europa, Nord Africa e Asia Minore<br />

Taxus wallichiana Zucc. Montagne Asia centrale (Himalaya, Sikkim e Cina)<br />

Taxus flori<strong>di</strong>ana Chapm. Florida<br />

Taxus globosa Schlechtd. Messico<br />

Taxus cana<strong>di</strong>ensis Marsh. Versante orientale del Nord America<br />

Taxus brevifolia Nutt. Coste nordamericane del Pacifico<br />

Taxus celebica Li. Asia meri<strong>di</strong>onale, dalla Cina meri<strong>di</strong>onale alle Filippine<br />

Taxus cuspidata Sieb. Giappone<br />

Tra questi, l'unico taxon che si <strong>di</strong>fferenzia in modo palese per la morfologia<br />

fogliare, tipicamente falcata e mucronata all'apice, è Taxus cuspidata Sieb.<br />

Vanno poi aggiunti due ibri<strong>di</strong> artificiali: il Taxus hunnewelliana Rehd, ibrido fra T.<br />

cuspidata e T. canadensis e Taxus me<strong>di</strong>a Rehd., ibrido fra T. baccata e T. cuspidata.<br />

Complessivamente le varietà segnalate, fra naturali e coltivate, sono 70 (Thomas &<br />

Polvart, 2003), compreso il <strong>tasso</strong> irlandese colonnare (cv. Fastigiata Loudon) che ha<br />

origine <strong>sul</strong> fianco del monte Cuilcagh nella contea <strong>di</strong> Fermanagh, Irlanda del Nord,<br />

rinvenuto per la prima volta nel 1780.<br />

1.2 Caratteri morfologici<br />

1.2.1 Caratteristiche <strong>di</strong>mensionali, architettura e accrescimento<br />

Il <strong>tasso</strong> è un albero che raggiunge i 15-20 m d'altezza, con in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />

ben maggiori segnalati in Puglia, Lazio e Sardegna (fino ai 30-32 metri nella dolina<br />

“Neulacoro” a Urzulei, NU) ed esemplari <strong>di</strong> 40 metri segnalati nella costa meri<strong>di</strong>onale del<br />

Mar Nero), ma che in con<strong>di</strong>zioni pedoclimatiche sfavorevoli può assumere portamento<br />

arbustivo e accestito alla base.<br />

La sua circonferenza può arrivare fino a 5 metri (esemplare millenario cavo presso<br />

6


Fortingall a Tayside, Perth, in Gran Bretagna con circonferenza alla base <strong>di</strong> 5,4 m) a causa<br />

del forte concrescimento <strong>di</strong> più polloni che si fondono insieme a sembrare un unico cormo.<br />

L'architettura della pianta è molto variabile a causa della sua nota capacità <strong>di</strong><br />

produrre nuovi getti ver<strong>di</strong> da ra<strong>di</strong>ci, fusto e rami anche vecchi.<br />

La specie è estremamente longeva e con un lento accrescimento, cosicché si<br />

possono ritrovare esemplari con età superiore al migliaio <strong>di</strong> anni (esemplari della Kinsley<br />

Vale, Gran Bretagna, attribuiti dai 1500 ai 5000 anni).<br />

Longevità così lunghe sono considerate da molti autori esagerate, ma è <strong>di</strong>mostrato<br />

che età dell'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 400 o 500 anni non siano infrequenti (Bebber & Corona, 1986);<br />

mancano tuttavia parametri <strong>di</strong> stima oggettiva soprattutto quando vi siano della cavità nei<br />

tronchi, che spesso accompagnano gli esemplari più vetusti.<br />

A questo proposito, Mitchell (1972; in Thomas & Polwart, 2003), ritiene che tutti i<br />

tassi al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> 4,5 m <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro siano potenzialmente sempre cavi al loro interno.<br />

La formazione delle cavità avviene, comunque, solamente dopo lesioni. Ciò sarebbe<br />

da ricondurre a motivazioni fisiologiche legate alle peculiarità strutturali del legno; più<br />

precisamente, risiederebbe nel fatto che quando l'esemplare cresce, all'aumentare del<br />

<strong>di</strong>ametro, aumenta anche la quantità ra<strong>di</strong>ale occupata dal durame; allo stesso tempo, lo<br />

spessore dell'alburno e della corteccia, che costituiscono la barriera della pianta verso<br />

l'ambiente esterno, rimane nel complesso costante (5-6 mm) (Bernabei & Lo Monaco,<br />

2003), contrariamente ad altre specie in cui un maggiore spessore dell'alburno permette<br />

un'efficace e veloce compartimentazione.<br />

1.2.2 Ra<strong>di</strong>ce, tronco e caratteristiche del legno<br />

L’apparato ra<strong>di</strong>cale è poco profondo, orizzontale ma robusto. Spesso le ra<strong>di</strong>ci<br />

tendono a risalire in superficie, scoprendosi, così come in molte altre conifere e latifoglie.<br />

Il tronco è breve e rastremato, talvolta eretto e in<strong>di</strong>viso o, più spesso, sud<strong>di</strong>viso<br />

dalla base, sempre più o meno costoluto.<br />

Il ritidoma è rosso bruno, liscio in fase iniziale e poi desquamato in piccole e sottili<br />

placche allungate.<br />

Le gemme epicormiche sono frequenti sia nelle parti superiori delle branche, sia<br />

lungo ed alla base del tronco, conferendo alla pianta una caratteristica attitu<strong>di</strong>ne alla<br />

ceduazione.<br />

Il legno è obbligatoriamente <strong>di</strong>fferenziato, molto forte ed elastico. Ha una ristretta<br />

7


fascia <strong>di</strong> alburno <strong>di</strong> colore bianco giallognolo, mentre il durame, con contorno non sempre<br />

regolare, ha colore che va dal rosa al bruno rossiccio.<br />

Gli anelli annuali sono ben visibili, anche se poco ampi e con forma molto<br />

irregolare, ed una tessitura, determinata dalla grandezza degli elementi cellulari, finissima,<br />

che rende il legno molto apprezzato per i lavori <strong>di</strong> ebanisteria.<br />

deviata.<br />

La fibratura, definita dalla <strong>di</strong>rezione prevalente delle trachei<strong>di</strong>, è <strong>di</strong>ritta o poco<br />

Il sapore del legno è amarognolo, mentre l'odore non ha particolari caratteristiche.<br />

1.2.3 Chioma, gemme, fioritura e seme<br />

Le piante sono generalmente <strong>di</strong>oiche. La chioma, <strong>di</strong> colore verde scuro, ha forma<br />

piramidale ampia alla base e cima appuntita negli sta<strong>di</strong> giovanili che <strong>di</strong>venta col tempo<br />

arrotondata o appiattita.<br />

I rami principali sono <strong>di</strong>s<strong>tesi</strong> e sparsi lungo il tronco, mentre quelli secondari sono<br />

alterni, corti e penduli; quelli dell'anno sono ver<strong>di</strong>.<br />

Le foglie sono lineari, flessibili, appiattite, appuntite ma non pungenti (Perrone,<br />

2000), mucronate e decorrenti <strong>sul</strong> ramo, talvolta falcate, <strong>di</strong> lunghezza tra i 12 e i 35 mm e<br />

larghezza <strong>di</strong> 2-3 mm; la nervatura centrale è prominente; <strong>di</strong> colore verde scuro lucente<br />

nella pagina superiore, verde chiaro in quella inferiore, per la presenza <strong>di</strong> due fasce<br />

stomatifere. Sempre <strong>sul</strong>la pagina inferiore si ritrovano piccoli rilevamenti, simili a papille,<br />

rivestiti <strong>di</strong> cere cristalline simili, aggregate in strutture più o meno circolari che<br />

circoscrivono gli stomi.<br />

La camera epistomatica ha forma quadrangolare, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni più gran<strong>di</strong> rispetto<br />

al genere Torrefa (10-17 µm secondo Gellini et al., 1996)<br />

L’inserzione delle foglie è spiralata, le foglie appaiono <strong>di</strong>stiche o sub<strong>di</strong>stiche a<br />

causa della torsione del picciolo. Esse contengono un alcaloide tossico, la Tassina,<br />

velenoso e potenzialmente mortale per gli equini, attratti dai rami più freschi, più appetibili<br />

ma anche maggiormente letali.<br />

Le gemme sono piccole, ovoi<strong>di</strong>, prive <strong>di</strong> resina, con squame ottuse e sovrapposte.<br />

Le gemme fiorali si formano nella seconda metà dell'estate per schiudersi solo nella<br />

primavera successiva. Solitamente la fioritura inizia a febbraio e termina ad aprile;<br />

l’infiorescenza è spesso visibile anche nei mesi successivi sia sui rami che al suolo.<br />

I microsporofilli sono riuniti in amenti globosi all’ascella delle foglie dell’anno e<br />

8


portano 6-14 androsporangi peltati,ognuno dei quali porta da 4 a 9 sacchi pollinici.<br />

I macrosporofilli sono formati da uno sporofillo carnoso e gemmiforme, portato nel<br />

lato inferiore del rametto, <strong>di</strong> colore verde e con un solo ovulo.<br />

La fecondazione avviene dopo circa 6-8 settimane dall'emissione del polline.<br />

La maturazione del seme è annuale, avviene tra fine estate e autunno, agosto–<br />

ottobre per l'Europa e l'America del Nord, agosto-novembre per la Russia e l'Irlanda del<br />

nord (Gellini et al., 1996); la germinazione è ipogea, la plantula ha 2 cotiledoni.<br />

Il seme è ovoidale, privo <strong>di</strong> ala e <strong>di</strong> tasche resinifere, ha un’ampia cicatrice<br />

biancastra e depressa alla base; il tegumento è duro, liscio e lucente, nerastro con pruina<br />

azzurrognola, <strong>di</strong> lunghezza <strong>di</strong> circa 6-7 mm e avvolto in uno spesso involucro carnoso,<br />

l’arillo, color rosso vivace a maturità e con una certa prunosità in superficie.<br />

1.3 Areale<br />

Taxus baccata L. ha un areale molto vasto. In Europa lo troviamo fino al 60°<br />

parallelo nord e al 30° meri<strong>di</strong>ano est; si ritrova poi anche in Marocco, Algeria, Iran<br />

settentrionale, Caucaso e Asia Minore, particolare che lo fa appartenere al tipo corologico<br />

“paleo temperato” che comprende le specie eurasiatiche sensu lato, cioè quelle specie che<br />

compaiono anche nel Nord Africa.<br />

È la specie che presenta uno degli areali più ampi in senso latitu<strong>di</strong>nale fra tutte le<br />

specie legnose europee, superato solo da Betula alba e da Populus tremula.<br />

In Scan<strong>di</strong>navia raggiunge il “limes norrlan<strong>di</strong>cus”, cioè l’estremo limite<br />

settentrionale <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione delle specie nemorali delle foreste caducifoglie temperate.<br />

Il limite orientale europeo è rappresentato dai Carpazi, mentre più a sud lo troviamo<br />

<strong>sul</strong>le coste del Mar Nero e nel Caucaso, fino alle coste occidentali del Mar Caspio.<br />

Limite occidentale è, invece, dato da Irlanda e Scozia; nelle isole britanniche si<br />

trova anche nelle isole Ebri<strong>di</strong> e Orca<strong>di</strong>.<br />

In Francia è presente nella Norman<strong>di</strong>a costiera, nel versante orientale dei Pirenei,<br />

oltre che nel Giura e nel Vosgi, nell’Armorica e nella Belle île.<br />

Nella penisola iberica occupa, oltre al versante occidentale dei Pirenei, anche la<br />

Cor<strong>di</strong>gliera Cantabrica, la Sistra centrale, l’Andalusia, la Sierra Nevada e le isole Azzorre.<br />

In Grecia, è ritrovabile nella catena continentale del Peloponneso fino alle isole<br />

Evvia, Thasos e Samotraki (Thomas & Polwart, 2003).<br />

In Italia è frequente lungo l'intero arco alpino e appenninico, fino alla fascia<br />

9


me<strong>di</strong>terranea, sebbene con areale molto frammentato e nelle isole del Me<strong>di</strong>terraneo si<br />

ritrova in Sicilia, Sardegna, Corsica, Isola d'Elba e Baleari.<br />

Non vanno poi <strong>di</strong>menticate le segnalazioni <strong>di</strong> piante singole o areali puntiformi in<br />

tutta Europa, apparentemente spontanei, ma <strong>di</strong> cui non si può escludere un'origine<br />

antropica, considerando l'utilizzo del <strong>tasso</strong> come pianta ornamentale.<br />

1.4 Ecologia<br />

Fig.1.1 Areale del Tasso (da Fenaroli, 1967)<br />

reale<br />

Il <strong>tasso</strong> è considerata da sempre come una specie sciafila, o meglio fortemente<br />

tollerante l'ombra; a conferma <strong>di</strong> ciò, si trova spesso nelle cenosi che il faggio forma con<br />

l’agrifoglio, entrambe specie ombrotolleranti. Considerando la sua <strong>di</strong>stribuzione europea,<br />

però, si nota come la necessità dell’ombra sia piuttosto legata a esigenze idriche e termiche<br />

dovute ad un suo carattere marcatamente atlantico, piuttosto che al solo fototropismo.<br />

Si nota, infatti, che esemplari esposti in piena luce subiscono accrescimenti<br />

repentini, anche <strong>di</strong> 20-30 cm annui (Svenning & Magård, 1999).<br />

Per quanto riguarda le esigenze termiche, si osserva che il <strong>tasso</strong> ha un range molto<br />

ampio, stimabile <strong>sul</strong>l’or<strong>di</strong>ne dei 70°C (esemplari svedesi sono sopravvissuti a minime <strong>di</strong> -<br />

33/-35°C).<br />

Si notano comunque forti limitazioni, soprattutto a carico delle gemme, per lunghe<br />

ed ininterrotte esposizioni al freddo accompagnate da forti venti geli<strong>di</strong>, mentre la soglia<br />

superiore <strong>di</strong> sopravvivenza si può constatare con la morte del 50% della chioma a 51°C.<br />

10


Le esigenze idriche sono <strong>di</strong> almeno 1000 mm <strong>di</strong> pioggia annua, anche se ri<strong>sul</strong>ta<br />

essere resistente a stress da siccità, grazie anche ad uno xeromorfismo fogliare che<br />

permette al Taxus baccata <strong>di</strong> reagire a con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> siccità emettendo nuovi aghi,<br />

caratterizzati da ispessimento della cuticola, <strong>di</strong>minuzione del numero <strong>di</strong> stomi per unità <strong>di</strong><br />

superficie e riduzione dell'area fogliare stessa.<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista edafico, la specie ri<strong>sul</strong>ta abbastanza ubiquitaria, essendo<br />

presente sia su substrati gessosi sottili e cal<strong>di</strong>, come i terreni carbonatici con pH tra 6 e 8,<br />

sia su terreni calcarei, su terreni derivanti da rocce ignee (an<strong>di</strong>suoli) e persino su torbe,<br />

senza che sia causa <strong>di</strong> stress eccessivi (Williamson, 1978).<br />

I terreni migliori, cioè quelli che garantiscono maggiore fertilità, ri<strong>sul</strong>tano essere<br />

quelli argillo-sabbiosi profon<strong>di</strong> e freschi, mentre i terreni in cui lo sviluppo non è ottimale<br />

e limitato nel numero <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui, sono quelli umi<strong>di</strong> e troppo aci<strong>di</strong>, quali le torbe e le<br />

argille stagnanti; situazione <strong>di</strong> vegetazione peggiore si osservano su terreni secchi, rocciosi<br />

e sabbiosi (Król 1978; Williamson 1978; Ellenberg 1988).<br />

Nonostante non si possa ritenere una pianta particolarmente soggetta alla<br />

combustione, poiché senza resina, è molto esposta ai danni da fuoco a causa del ridotto<br />

spessore del ritidoma che non gli fornisce adeguata protezione.<br />

1.5 Cenologia<br />

Il <strong>tasso</strong> è una pianta fortemente adattabile, sia per temperature, che latitu<strong>di</strong>ni e<br />

altitu<strong>di</strong>ni, nonché molto longeva e ciò è riscontrabile nella sua estrema variabilità <strong>di</strong><br />

consociarsi ad altre specie.<br />

In Europa la consociazione più tipica è quella col faggio (con o senza presenza <strong>di</strong><br />

abete bianco). La consociazione con il faggio non è però uniforme: si passa dal nord della<br />

Spagna con la presenza <strong>di</strong> <strong>tasso</strong> sotto forma <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui isolati, all'Europa centrale in cui<br />

forma uno strato inferiore più o meno uniforme, fino alla formazione con faggio e conifere<br />

in cui può anche risaltare e affermarsi tra le chiome.<br />

Nelle Repubbliche Ceca e Slovacca il <strong>tasso</strong> passa dalla consociazione Fagus-Abies<br />

delle altitu<strong>di</strong>ni maggiori a Carpinus-Quercus delle altitu<strong>di</strong>ni inferiori .<br />

Nell'Atlante algerino partecipa alla foresta a Quercus faginea, Cedrus e Abies<br />

(White, 1983 in Salis, 2006).<br />

In Corsica, in Sardegna, nelle Baleari e nell'area orientale della penisola iberica lo<br />

si ritrova oltre i 700 m in associazione a Quercus ilex , in consociazione con Ilex<br />

11


aquifolium, Sorbus aria, Mercurialis perennis e, solo in Corsica, Buxus sempervirens.<br />

Le specie floristiche che vi si trovano più frequentemente sono Mercurialis<br />

perennis insieme, in modo occasionale, ad Arum maculatum, Brachypo<strong>di</strong>um sylvaticum,<br />

Fragaria vesca, Glechoma hederacea, Hedera helix, Rubus fruticosus agg., Urtica <strong>di</strong>oica e<br />

Viola spp. (Rodwell, 1991).<br />

La forte competitività causata dall’apparato ra<strong>di</strong>cale superficiale e la copertura della<br />

chioma sono i principali motivi delle scarse della varietà nella composizione arborea e<br />

arbustiva, scarsità che però non si trova nelle zone in cui la copertura della tasseta si fa più<br />

rada. La copertura meno densa consente l’inse<strong>di</strong>amento e la crescita <strong>di</strong> uno substrato<br />

arbustivo ed erbaceo caratterizzato da Sambucus, Ligustrum vulgare, Evonymus europaeus,<br />

Cornus sanguinea e Clematis vitalba o Tamus communis.<br />

Talvolta, piccole piante <strong>di</strong> <strong>tasso</strong> possono partecipare ad una boscaglia bassa a<br />

Crataegus monogyna e Hedera helix o, più spesso, a composizioni con Viburnum lantana.<br />

Nei terreni meno profon<strong>di</strong> e più secchi e nei versanti più scoscesi ed esposti si<br />

ritrova associato a Juniperus communis.<br />

Nonostante il <strong>tasso</strong> sia capace <strong>di</strong> colonizzare prati erbosi, l’associazione con il<br />

ginepro e il biancospino sembra essenziale per la sua riproduzione, data la protezione che<br />

queste specie forniscono dal pascolamento. Inoltre attraggono maggiormente i volatili,<br />

in<strong>di</strong>spensabili nella <strong>di</strong>ffusione dei semi del <strong>tasso</strong>. Contrariamente, biancospino e ginepro<br />

forniscono anche ospitalità ai ro<strong>di</strong>tori che si nutrono dei semi del <strong>tasso</strong> (Hulme, 1997;<br />

Garcia et al., 2000).<br />

Anche in Italia la consociazione più comune resta quella col faggio, sebbene con<br />

partecipazioni <strong>di</strong>fferenti, soprattutto nell’Appennino centrale e centro-meri<strong>di</strong>onale esistono<br />

maggiori possibilità <strong>di</strong> varianti consociative.<br />

In Abruzzo, si ritrovano quattro tipi <strong>di</strong> consociazione (Pirone, 2003): l’Aquifolio-<br />

Fagetum (faggete termofile), l’Acer lobelii-Fagetum (faggete meso-eutrofiche), Veronico-<br />

Fagetum (faggete acidofile) e formazioni miste del Tilio-Acerion.<br />

L'associazione con Fagus e Ilex aquifolium è attribuita anche alla Calabria e alla<br />

Foresta Umbra in Puglia.<br />

In Calabria si associa con Ulmus glabra, Acer lobelii, Acer pseudoplatanus, Acer<br />

obtusatum, Fraxinus ornus, Ilex aquifolium, Alnus cordata e Sambucus nigra.<br />

In Sicilia settentrionale, sui Nebro<strong>di</strong>, si ritrova il <strong>tasso</strong> con Quercus cerris, Acer<br />

pseudoplatanus, Acer campestre, Quercus ilex, Sorbus torminalis, Ostrya carpinifolia e<br />

fatto eccezionale, limitato a 30 ha del Comune <strong>di</strong> Caronia, Ulmus glabra (De Angelis,<br />

12


2003).<br />

1.6 Caratteristiche riproduttive<br />

Il <strong>tasso</strong> ha impollinazione prevalentemente anemofila, anche se non mancano casi<br />

<strong>di</strong> entomofilia, soprattutto ad opera delle api.<br />

A maturazione avvenuta, la nucella, secerne un fluido zuccherino che si concentra<br />

in una goccia all'orifizio del micropilo. Funzione della goccia è quella <strong>di</strong> intrappolare il<br />

polline portato dal vento, per poi essere riassorbita. Una volta assorbita, la goccia, migra<br />

nella zona <strong>di</strong> separazione delle nucelle dove avviene la fecondazione. I gameti maschili<br />

mancano <strong>di</strong> motilità.<br />

L'età in cui inizia la produzione <strong>di</strong> seme è molto variabile: normalmente inizia<br />

intorno ai 30-35 anni per piante isolate, mentre è molto più elevata nel caso <strong>di</strong> piante poste<br />

sotto una densa copertura arborea e arriva a 70-120 anni (White, 1998).<br />

La produzione può essere annuale o ogni 2-3 anni. Ogni seme pesa dai 44,9 ai 69,5<br />

mg e mantiene la sua vitalità anche per 4 anni.<br />

Il seme ha una germinabilità massima del 100% circa, ma i valori solitamente<br />

tendono a oscillare tra il 50% e il 70%; tali valori non sembrerebbero essere influenzati dal<br />

passaggio attraverso l'apparato <strong>di</strong>gerente degli uccelli, quanto dalla presenza o meno<br />

dell'arillo, infatti il valore <strong>di</strong> germinabilità in assenza <strong>di</strong> arillo decade del 4-6%.<br />

La germinazione del seme <strong>di</strong>fficilmente avviene nel primo anno a causa della<br />

dormienza del seme stesso che, dovuta probabilmente all'immaturità dell'embrione al<br />

momento della maturazione del frutto, si interrompe naturalmente dopo 2 o 3 anni.<br />

È possibile interrompere la dormienza artificialmente tramite pre-chilling; le<br />

prescrizioni <strong>di</strong> massima dell'impiego <strong>di</strong> questa tecnica prevedono un periodo <strong>di</strong> 60-120<br />

giorni in cella frigorifera a -2,-5°C.<br />

La germinazione è epigea. La plantula presenta tre o quattro foglie opposte e<br />

raggiunge l'altezza <strong>di</strong> 2-8 cm durante la prima settimana, in 4-5 anni si raggiungono<br />

incrementi in altezza <strong>di</strong> 2,5 cm.<br />

La ra<strong>di</strong>ce durante il primo anno si sviluppa come un grosso cordone centrale con<br />

poche branche laterali.<br />

L'ipocotile è <strong>di</strong> colore verde scuro (Perrone, 2000), le foglie primarie sono<br />

dapprima opposte, poi, con la <strong>di</strong>stensione apicale, alterne.<br />

Il <strong>tasso</strong> è inoltre capace <strong>di</strong> riprodursi per via agamica, capacità molto sfruttata in<br />

13


vivaistica, visto il lungo periodo che necessita per arrivare a maturazione.<br />

14


2.1 Storia 1<br />

CAPITOLO SECONDO<br />

ISOLA D’ELBA, GENERALITÀ<br />

Per ciò che riguarda l’origine dell’Elba, la sua presenza è databile con il Miocene<br />

(da 12 a 5,5 milioni <strong>di</strong> anni fa) quando la crosta continentale si <strong>di</strong>stende, si frattura per<br />

faglie e si hanno sprofondamenti <strong>di</strong> ampi settori, con la formazione del Mar Ligure e del<br />

Mar Tirreno. La fratturazione della crosta è accompagnata da manifestazioni magmatiche<br />

eruttive (vulcano dell’Isola <strong>di</strong> Capraia) ed intrusive (granio<strong>di</strong>orite del Monte Capanne).<br />

Alla fine del Miocene superiore (5,2 milioni <strong>di</strong> anni fa), venendo meno il contatto<br />

con l’Atlantico tra Eurasia ed Africa, viene a formarsi il cosiddetto “lago-mare” e dalla<br />

ruga tettonica del Monte Capanne si staccano, in lento sollevamento (scivolamento<br />

gravitativo), gran<strong>di</strong> zolle che scendono nell’avanfossa a oriente della struttura.<br />

Nel Pliocene inferiore me<strong>di</strong>o (da 5,2 a 2 milioni <strong>di</strong> anni fa) si apre lo Stretto <strong>di</strong><br />

Gibilterra, le acque dell’Atlantico si riversano nel “lago-mare” e formano il Me<strong>di</strong>terraneo;<br />

il mar Ligure e il mar Tirreno si estendono nell’entroterra toscano fino al monte Albano e<br />

le parti più alte dei rilievi vanno a formare una cinquantina fra isole e isolotti (il<br />

Paleoarcipelago toscano), compresa l’isola Elba-Campiglia.<br />

Da questo periodo in poi si assiste ad un generale sollevamento della costa toscana<br />

fino al raggiungimento <strong>di</strong> una situazione simile all’attuale.<br />

All’Elba, il plutone <strong>di</strong> Porto Azzurro si espande ulteriormente, anche se la pressione<br />

determinata dall’accumulo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> masse rocciose ne limita il sollevamento, pur<br />

rimanendo il basamento della parte orientale dell’isola. È sempre durante il Pliocene che<br />

l’apertura <strong>di</strong> faglie <strong>di</strong>rette determina lo sprofondamento della zona oggi occupata dal<br />

Canale <strong>di</strong> Piombino e quin<strong>di</strong> il <strong>di</strong>stacco dell’Isola d’Elba dal continente.<br />

Nel Pleistocene inferiore (2 milioni <strong>di</strong> anni fa) l’isola, interessata dal sollevamento<br />

post-pliocenico, si collega con il Promontorio <strong>di</strong> Piombino, la neonata Pianosa e lo Scoglio<br />

d’Affrica. Con il riscaldamento climatico, nel Riss-Wurm i mari si innalzano per lo<br />

scioglimento dei ghiacciai e si spingono nell’entroterra (trasgressione tirreniana), l’Elba,<br />

1 Le notizie per la composizione <strong>di</strong> questo paragrafo sono state tratte e rielaborate da varie fonti, ufficiali e<br />

non. L’elenco è riportato sotto la voce Bibliografia II.<br />

15


insieme a Piombino e all’Argentario, si <strong>di</strong>stacca nuovamente dal continente.<br />

Questa serie <strong>di</strong> sprofondamenti e sollevamenti continua ad alternarsi, seguendo i<br />

vari sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> glaciazione e riscaldamento, fino al definitivo <strong>di</strong>stacco dal continente<br />

(trasgressione versiliana) avvenuto all’inizio dell’Olocene (10 mila anni fa) e tutto<br />

l’Arcipelago Toscano assume quin<strong>di</strong> l’aspetto o<strong>di</strong>erno.<br />

Le prime notizie della presenza dell’uomo, invece, sono datate a circa 75.000 anni<br />

fa, momento in cui, dopo la glaciazione würmiana, l’isola composta dalle attuali Elba e<br />

Piombino, si collega al continente formando un grande promontorio, nuovamente separato<br />

dalla terraferma e abbandonato dagli uomini nell’intersta<strong>di</strong>o Würm II – Würm III ( 38-28<br />

mila anni fa).<br />

Dall’inizio dell’Olocene, con la cessazione della fase glaciale, il riscaldamento del<br />

clima e la lenta risalita del mare, quando l’Elba torna ad essere isola acquistando l’assetto<br />

attuale, si ritrova la presenza <strong>sul</strong>l’isola dell’uomo, che inizia ad usare i metalli e, pian<br />

piano, l’Elba, ricca <strong>di</strong> rame e ferro, <strong>di</strong>venta famosa e leggendaria per le sue miniere in tutto<br />

il bacino del Me<strong>di</strong>terraneo.<br />

Nell’età del Rame e nei primi secoli dell’età del Bronzo, il massiccio del Monte<br />

Capanne, chiamato “la Grande Montagna Elbana”, <strong>di</strong>venta uno dei più importanti luoghi <strong>di</strong><br />

culto per le popolazioni locali, che vi costruiscono menhir e sepolture dolmeniche, ancor<br />

oggi visibili. Anche l’attività agro-pastorale va affermandosi <strong>sul</strong> Monte Capanne e i pastori<br />

iniziano a costruire rifugi in pietra, i dolomiti pastorali (o “caprili” nell’accezione elbana).<br />

È nell’VIII secolo a.C., con l’avvento degli Etruschi, che inizia l’intenso<br />

sfruttamento delle miniere <strong>di</strong> ferro e nella metà del V secolo a.C. il popolo etrusco inizia a<br />

costruire le fortezze d’altura a guar<strong>di</strong>a dei principali punti <strong>di</strong> approdo, quali Portoferraio,<br />

Procchio e Marina <strong>di</strong> Campo.<br />

Fra il IV e il II secolo a.C. un’enorme quantità <strong>di</strong> ematite viene portata nei forni<br />

fusori <strong>di</strong> Baratti e anche i Romani iniziano ad approvvigionarsi del ferro proveniente<br />

dall’Elba, tanto che anche la flotta <strong>di</strong> Publio Cornelio Scipione detto l’Africano, destinata a<br />

sconfiggere Cartagine, si narra sia stata armata con tale metallo.<br />

Nel I secolo a.C. i Romani s’inse<strong>di</strong>ano definitivamente <strong>sul</strong>l’isola e e<strong>di</strong>ficano<br />

Fabricia, l’attuale Portoferraio dove fino al II secolo d.C. si costruiranno sontuose ville per<br />

i senatori romani.<br />

La crisi dell’impero romano colpisce anche Fabricia e nei secoli IV e V d.C., nelle<br />

ville si inse<strong>di</strong>ano comunità cristiane che trovano all’Elba un rifugio per la loro vita<br />

me<strong>di</strong>tativa. Ai romani, succedettero i bizantini nel 550 e i longobar<strong>di</strong> nel 610.<br />

16


Con la fine del VII secolo la Toscana, conquistata da Carlo Magno, entra a far parte<br />

del Regno d’Italia, mentre l’isola rimane alla mercé delle scorrerie <strong>di</strong> pirati bizantini,<br />

normanni e saraceni.<br />

All’inizio del XI secolo l’Elba passa sotto Pisa che la dotò <strong>di</strong> strutture <strong>di</strong>fensive;<br />

passata nel 1393 allo Stato <strong>di</strong> Piombino, sopporta nuove incursioni <strong>di</strong> saraceni e turchi.<br />

Nel 1537 “Ferraja” è ceduta ai Me<strong>di</strong>ci, che con Cosimo I (che la chiamerà<br />

Cosmopoli), sarà rie<strong>di</strong>ficata e munita <strong>di</strong> possenti fortificazioni. Nel 1602 il paese <strong>di</strong><br />

Longone (l’attuale Porto Azzurro) passa alla Spagna, facendo parte dello Stato dei Presi<strong>di</strong>.<br />

Il resto del territorio passa nel 1634 a famiglie nobili bolognesi legate al Papa e alla<br />

Spagna.<br />

Nel 1737, con la morte dell’ultimo dei Me<strong>di</strong>ci, il Granducato <strong>di</strong> Toscana e<br />

Cosmopoli passano sotto i Lorena che daranno alla citta<strong>di</strong>na l’attuale nome <strong>di</strong> Portoferraio;<br />

nel 1759 Longone e i posse<strong>di</strong>menti spagnoli passarono ai Borboni sotto il Regno delle Due<br />

Sicilie. Alla fine del XVIII secolo l’Elba ri<strong>sul</strong>ta essere <strong>di</strong>visa in tre: Portoferraio al<br />

Granducato <strong>di</strong> Toscana, Fer<strong>di</strong>nando II <strong>di</strong> Lorena; Longone al Re <strong>di</strong> Napoli, Fer<strong>di</strong>nando IV<br />

<strong>di</strong> Borbone, e il resto al Principato <strong>di</strong> Piombino.<br />

Nel 1801 l’isola <strong>di</strong>venta tutta proprietà francese e nel 1814, col Trattato <strong>di</strong><br />

Fontainebleau, viene costituita Principato e assegnata in piena sovranità e proprietà a<br />

Napoleone I che, sconfitto dalle potenze alleate e indotto a ab<strong>di</strong>care, sbarca all’Elba il 4<br />

maggio 1814 e riparte il 26 febbraio 1815.<br />

Dopo la sconfitta <strong>di</strong> Napoleone del 3 settembre 1815, l’Elba ritorna al Granducato<br />

<strong>di</strong> Toscana con Trattato <strong>di</strong> Vienna. Nel 1860 entra poi a far parte del Regno d’Italia.<br />

Infine, nel secolo scorso, con il D.P.R.22/07/1996 viene istituito l’Ente Parco<br />

Arcipelago Toscano, per una politica comune <strong>di</strong> governo e salvaguar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> tutte le isole<br />

dell’arcipelago, Elba inclusa.<br />

2.2 Inquadramento territoriale<br />

2.2.1 Morfologia<br />

L’isola d’Elba ha un estensione territoriale <strong>di</strong> 223,5 Km²; lo sviluppo massimo nord-<br />

sud è <strong>di</strong> 19 Km (Capo Vita - Punta Ripalti), mentre quello est-ovest è <strong>di</strong> 29,5 Km (Capo<br />

Pero - Punta Nera).<br />

17


Per quanto riguarda l’altitu<strong>di</strong>ne si passa dal livello del mare fino alla quota <strong>di</strong> 1019 m<br />

s.l.m. del Monte Capanne.<br />

Data l’elevata eterogeneità del territorio elbano, per una migliore descrizione della sua<br />

morfologia, si <strong>di</strong>stinguono 6 <strong>di</strong>fferenti zone:<br />

1. Monte Capanne – Monte Perone: ha morfologia piuttosto accidentata con pendenze<br />

in molti tratti anche accentuate (ben il 58,6% della superficie ha pendenze maggiori<br />

del 50%) e terreni poco profon<strong>di</strong> e rocce affioranti; il reticolo idrografico, poco<br />

sviluppato, è <strong>di</strong> tipo ra<strong>di</strong>ale-angolare, la densità <strong>di</strong> drenaggio è bassa;<br />

2. Monte San Martino – Monte Orello: si trova nella parte centrale dell’isola, presenta<br />

morfologia piuttosto dolce e omogenea con pendenze comprese fra il 30 e il 50%;<br />

ha reticolo idrografico dendritico, <strong>di</strong> tipo ra<strong>di</strong>ale e densità <strong>di</strong> drenaggio me<strong>di</strong>a;<br />

3. Monte Castello – Monte Strega: ha pendenze molto marcate, con reticolo<br />

idrografico parallelo dendritico e densità <strong>di</strong> drenaggio me<strong>di</strong>a;<br />

4. Monte Calamita: si tratta <strong>di</strong> un rilievo isolato che forma il promontorio SE<br />

dell’isola, presenta superfici pianeggianti a quote <strong>di</strong>verse, probabilmente<br />

descrivibili come ripiani <strong>di</strong> erosione; il reticolo idrografico è modesto, dendritico,<br />

<strong>di</strong> tipo ra<strong>di</strong>ale, poco gerarchizzato;<br />

5. Monte Grosso – Monte Arco: costituito da un complesso <strong>di</strong> rilievi isolati, è<br />

moderatamente acclive, il reticolo idrografico è dendritico, ra<strong>di</strong>ale e gerarchizzato,<br />

la densità <strong>di</strong> drenaggio è me<strong>di</strong>a;<br />

6. Pianure costiere: <strong>di</strong> debole pendenza e con quote inferiori a 20 m s.l.m., si trovano<br />

2.2.2 Geologia<br />

prevalentemente nella parte centrale dell’Elba; il reticolo idrografico è antropizzato<br />

e la densità <strong>di</strong> drenaggio me<strong>di</strong>a.<br />

Geologicamente l’Isola d’Elba è considerata uno dei territori più importanti<br />

dell’Appennino centro-settentrionale e molte sono ancora le risposte da dare circa le sue<br />

formazioni.<br />

Nel 1950 Trevisan propose una prima classificazione delle formazioni geologiche<br />

elbane, sud<strong>di</strong>videndola in cinque unità geologiche fra loro sovrapposte chiamate<br />

“complessi”.<br />

18


Fig. 2.1 Carta geologica dell’Isola d’Elba, complessi <strong>di</strong> Trevisan (1950)<br />

Il nuovo rilevamento <strong>di</strong> Bortolotti et al. del 2000 ha invece portato alla costruzione<br />

<strong>di</strong> un panorama stratigrafico più articolato, <strong>di</strong>stinguendo nove unità tettoniche appartenenti<br />

ai domini paleografici Toscano, Ligure e Piemontese.<br />

Le nove unità sono:<br />

1. Unità Porto Azzurro (UP): costituita da filla<strong>di</strong>, micascisti e quarziti <strong>di</strong> età paleozoica con<br />

intensa ricristallizzazione. Localmente anche metaconglomerati quarzosi, quarziti e filla<strong>di</strong>,<br />

sovrastati da dolomie e calcari dolomitici cristallini.<br />

2. Unità Ortano (UO): costituita da formazioni metavulcaniche e metase<strong>di</strong>mentarie<br />

quarzitico-filla<strong>di</strong>che <strong>di</strong> età ordoviciana.<br />

3. Unità Acquadolce (UA): costituita da marmi passanti a calcescisti e a filla<strong>di</strong>, metasiltiti e<br />

metarenarie con fossili del Cretaceo inferiore. Al tetto, presente lama tettonica <strong>di</strong><br />

serpentini.<br />

4. Unità Monticiano-Roccastrada (UM): costituita da metase<strong>di</strong>menti silicoclastici<br />

carbonifero-triassici e successioni giurassico-oligoceniche epimetamorfiche <strong>di</strong> Cavo.<br />

5. Falda Toscana (FT): brecce calcareo-dolomitiche e carbonati <strong>di</strong> mare del Triassico<br />

superiore-Hettangiano con se<strong>di</strong>menti calcareo-siliceo-marnosi pelagici del Sinemuriano-<br />

Dogger.<br />

6. Unità Gràssera (UG): costituita da argilloscisti varicolori con scarse intercalazioni<br />

calcareo-silicee e ra<strong>di</strong>olaritiche <strong>di</strong> età cretacea.<br />

7. Unità Ofiolitica (UOf): <strong>di</strong>visa in 7 subunità caratterizzate da successioni <strong>di</strong> età giurassico-<br />

cretacea inferiore molto <strong>di</strong>verse, ma che includono ultramafiti serpentinizzate, oficalciti,<br />

Mg-gabbri e copertura vulcano-se<strong>di</strong>mentaria.<br />

19


8. Unità del Flysch Paleogenico (UFP): costituita da argilliti con poche intercalazioni<br />

calcareo-marnose, calcarenitiche, arenacee e localmente anche <strong>di</strong> brecce carbonatico-<br />

ofiolitiche, il tutto <strong>di</strong> età eocenica.<br />

9. Unità del Flysch Cretaceo (UFC): costituita alla base da successioni dell’Unità Ofiolitica<br />

che passano a argilliti varicolori <strong>di</strong> età cretacea e a una sequenza torbi<strong>di</strong>tica da arenaceo-<br />

conglomeratica a calcarea-marnoso-arenacea <strong>di</strong> età cretacea superiore.<br />

Complessi <strong>di</strong> Trevisan (1950) Unità <strong>di</strong> Bortolotti et al. (2000)<br />

Complesso V<br />

Unità del Flysch Paleogenico<br />

Unità del Flysch Cretaceo<br />

Complesso IV Unità Ofiolitica<br />

Complesso III<br />

Complesso II<br />

Unità Monticiano-Roccastrada<br />

Unità Falda Toscana<br />

Unità del Gràssera<br />

Unità <strong>di</strong> Ortano<br />

Unità <strong>di</strong> Acquadolce<br />

Complesso I Unità <strong>di</strong> Porto Azzurro<br />

Fig. 2.2 Relazioni fra complessi <strong>di</strong> Trevisan (1950) e Unità <strong>di</strong> Bortolotti et al. (2000)<br />

2.2.3 Aspetti climatici<br />

Il clima dell’Isola d’Elba è tipicamente me<strong>di</strong>terraneo, caratterizzato da masse d’aria<br />

<strong>di</strong> origine polare marittima d’inverno e masse d’aria <strong>di</strong> origine tropicale marittima d’estate.<br />

Per caratterizzarlo si può fare riferimento ai dati forniti dalle stazioni<br />

termopluviometriche <strong>di</strong> Poggio e <strong>di</strong> Portoferraio, relativi ad un intervallo <strong>di</strong> 30 anni (dal<br />

1957 al 1987).<br />

La stazione <strong>di</strong> Poggio, situata nel comune <strong>di</strong> Marciana, è localizzata ad una quota <strong>di</strong><br />

240 m s.l.m., nella parte nord–occidentale dell’isola, mentre la stazione <strong>di</strong> Portoferraio si<br />

trova a una quota <strong>di</strong> 25 m s.l.m., nella parte centro-settentrionale.<br />

20


Fig. 2.3 Diagramma <strong>di</strong> Bagnolous-Gaussen per l’Isola d’Elba<br />

La temperatura me<strong>di</strong>a annua è pari a 16,25°C, il mese più caldo in assoluto è Luglio<br />

con 24,6°C, i mesi più fred<strong>di</strong> sono Gennaio e Febbraio con 9°C; l’escursione termica<br />

annua, pari 15,65°C è relativamente elevata; per tre mesi l’anno, da Dicembre a Febbraio,<br />

la me<strong>di</strong>a delle minime si mantiene inferiore ai 11°C, mentre nel resto dell’anno la<br />

temperatura me<strong>di</strong>a <strong>di</strong>urna è superiore ai 11°C. Le temperature me<strong>di</strong>e estive sono piuttosto<br />

alte superando i 21°C.<br />

La presenza <strong>di</strong> giorni <strong>di</strong> gelo nel periodo vegetativo è piuttosto infrequente e<br />

eccezionali sono le gelate precoci.<br />

Le precipitazioni hanno un trend me<strong>di</strong>terraneo tipico, con me<strong>di</strong>a annuale <strong>di</strong> 740<br />

mm e <strong>di</strong>stribuzione contrad<strong>di</strong>stinta da un massimo assoluto nel mese <strong>di</strong> Gennaio (132,5<br />

mm) ed un minimo nel mese <strong>di</strong> Luglio (11,5 mm); dal minimo estivo crescono poi<br />

rapidamente nel periodo autunnale fino al massimo del mese <strong>di</strong> Gennaio e da un periodo<br />

autunnale e primaverile con piovosità relativamente elevate fa riscontro un periodo <strong>di</strong><br />

siccità estiva.<br />

Da segnalare inoltre che in alcuni anni le zone <strong>di</strong> vetta del Monte Capanne sono<br />

state interessate da eventi nevosi.<br />

In base all’In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> ari<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> De Martonne, l’Isola d’Elba è caratterizzata da due<br />

21


mesi <strong>di</strong> clima arido con Ia


Fig. 2.4 Carta delle aree a bioclima omogeneo dell’Isola d’Elba (da Foggi et al., 2006)<br />

2.2.4 Vegetazione<br />

La maggior parte della vegetazione spontanea dell’Elba è riferibile a formazioni<br />

tipiche della macchia me<strong>di</strong>terranea, derivanti da un intenso processo <strong>di</strong> degradazione a<br />

causa antropica (taglio e incen<strong>di</strong>) della primaria foresta <strong>di</strong> leccio.<br />

In particolare, <strong>sul</strong>l’isola sono presenti:<br />

o la macchia alta, che spesso degrada nel ceduo <strong>di</strong> leccio e che si ritrova a S.<br />

Martino e nella Valle della Nivera, generalmente con esposizioni<br />

settentrionali; essa è caratterizzata dalla presenza del leccio (Quercus ilex<br />

L.) consociato con corbezzolo (Arbutus unedo L.), erica (Erica arborea e<br />

Erica scoparia), mirto (Myrtus communis), ginestre (Calicotome spinosa,<br />

Spartium junceum e Cytisus scoparius) e alaterno (Rhamnus alaternus);<br />

o la macchia bassa, che prevale sui versanti meri<strong>di</strong>onali e che è caratterizzata<br />

da Calicotome spinosa e cisto (Cistus incanus e salvifolius), con lentisco<br />

(Pistacia lentiscus), ginepro (Juniperus spp.) e fillirea (Phillyrea latifolia);<br />

mentre su formazioni calcaree sono presenti rosmarino (Rosmarinus<br />

officinalis), lavanda (Lavandula stoechas), cisto (Cistus spp.) e elicriso<br />

(Helichrysum italicum);<br />

23


o la gariga, ulteriore forma <strong>di</strong> degrado, che si ritrova nelle porzioni sommitali<br />

dei rilievi de La Tabella e La Stretta; è caratterizzata dalla presenza <strong>di</strong> cisti<br />

(Cistus spp.), elicrisi (Helichrysum italicum) e ginestra desoleana (Genista<br />

desoleana). Essa è il ri<strong>sul</strong>tato dell’azione dei ripetuti incen<strong>di</strong> succedu<strong>tesi</strong><br />

nell’area che hanno prima <strong>di</strong>strutto i rimboschimenti, effettuati a più riprese<br />

a partire dagli anni ’30, fino a deprimere in maniera considerevole la<br />

fertilità dei suoli dell’area. In questa tipologia si inseriscono anche le<br />

formazioni <strong>di</strong> degrado ove le specie arboree <strong>di</strong>vengono spora<strong>di</strong>che e<br />

predominano corbezzolo (Arbutus unedo L.), erica (Erica arborea e<br />

scoparia), ginepri (Juniperus spp.) e cisto (Cistus spp.).<br />

Da segnalare poi i molti endemismi <strong>di</strong> cui è ricca l’isola, <strong>di</strong> seguito riportati:<br />

o entità esclusive dell’Isola d’Elba:<br />

fiordaliso del Capanne (Centaurea <strong>di</strong>ssecta ilvensis);<br />

fiordaliso dell’Elba (Centaurea aplolepa aetaliae);<br />

viola del Capanne (Viola corsica ilvensis);<br />

limonio dell’Elba (Limonium ilvae);<br />

biscutella dell’Elba (Biscutella pichiana ilvensis);<br />

o entità presenti anche in Provenza e Catalogna:<br />

ciombolino tribolo (Cymbalaria aequitribola);<br />

ortica verde scura (Urtica atrovirens);<br />

fumaria bicolore (Fumaria bicolor);<br />

cardo <strong>di</strong> Casabona (Ptilostemon casabonae);<br />

cardo agglomerato (Carduus cephalantus);<br />

ra<strong>di</strong>chiella occidentale (Crepis belli<strong>di</strong>folia);<br />

o entità esclusive dell’Arcipelago Toscano:<br />

linajola <strong>di</strong> Capraia (Linaria capraria)<br />

o entità <strong>di</strong> origine cirno-sarda:<br />

giglio <strong>di</strong> mare illirico (Pancratium illyricum);<br />

orchidea delle isole (Dactylorhiza in<strong>sul</strong>aris);<br />

zafferano corso (Crocus corsicus).<br />

Infine vanno ricordate le, seppur poche, zone umide dell’Elba, costituite dalle<br />

palu<strong>di</strong> costiere <strong>di</strong> Schiopparello nel golfo <strong>di</strong> Portoferraio, Mola e Campo dove,<br />

nonostante l’intervento antropico ne abbia compromesso l’integrità, ospitano due<br />

tipi <strong>di</strong> vegetazione:<br />

24


o canneti, a dominanza <strong>di</strong> graminacee, formati essenzialmente dalla canna <strong>di</strong><br />

palude (Phragmites australis);<br />

o vegetazione della fascia salmastra, dominata dalle salicornie (Salicornia<br />

europaea), piante particolarmente resistenti ad altre concentrazioni <strong>di</strong> sali<br />

nel terreno.<br />

2.3.5 Le altre isole dell’Arcipelago Toscano<br />

Oltre che dall’isola d’Elba, l’Arcipelago toscano è composto da altre 6 isole:<br />

Giglio, Capraia, Montecristo, Pianosa, Giannutri e Gorgona.<br />

Giglio, con superficie <strong>di</strong> 21,2 Km², è quasi completamente montuosa, con<br />

un’altezza massima <strong>di</strong> 498 m a Poggio della Pagana. È quasi esclusivamente granitica,<br />

anche se sono presenti antiche miniere <strong>di</strong> ferro (apatite e limonite), ormai abbandonate da<br />

tempo, in loc. Campese. La vegetazione, prima costituita da vigneti, boschi e macchie, è<br />

oggi caratterizzata quasi esclusivamente dalla macchia, con cisto, alaterno, lentisco, mirto,<br />

corbezzolo, rosmarino e ginestra spinosa, anche se sono ancora presenti piccoli nuclei degli<br />

originari boschi <strong>di</strong> leccio.<br />

Capraia, con una superficie <strong>di</strong> 19,3 Km², è un’isola interamente vulcanica che<br />

nacque in epoca pliocenica (7 milioni <strong>di</strong> anni fa), ha rocce <strong>di</strong> tipo quarzoso, come i<br />

serpentini, con presenza <strong>di</strong> ceneri e pozzolane, il tutto a forma <strong>di</strong> colate laviche con strati <strong>di</strong><br />

ceneri e lapilli. La morfologia è aspra con presenza <strong>di</strong> molti <strong>di</strong>rupi per il versante<br />

occidentale, mentre appare più dolce nel versante orientale. La formazione vegetale più<br />

rappresentava dell’isola è senz’altro la macchia me<strong>di</strong>terranea, soprattutto macchia bassa,<br />

seppur va segnalata la presenza della sughera (Quercus suber) e della roverella (Quercus<br />

pubescens) fra le rare specie ad alto fusto presenti. Fra le piante endemiche vanno ricordate<br />

il fiordaliso <strong>di</strong> Capraia (Centaurea gymnocarpa) e l’orchidea gialla (Orchis provincialis<br />

capraria).<br />

Montecristo, 10,4 Km² <strong>di</strong> superficie, è formata da un unico plutone granitico, con le<br />

caratteristiche pareti lisce erose e degradanti verso il mare chiamate comunemente “lisce”.<br />

La vegetazione è dominata da macchia me<strong>di</strong>terranea con prevalenza <strong>di</strong> erica, rosmarino,<br />

cisto e elicriso, da segnalare inoltre gli endemismi quali la Linaria capraria e la Linaria<br />

repens.<br />

Pianosa ha una superficie <strong>di</strong> 10,3 Km² e un’altezza massima <strong>di</strong> 32 m raggiunta<br />

dall’isolotto della Scola. È caratterizzata da una <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> tufo formato da arenaria<br />

25


granitica con matrice calcarea e con inclusioni <strong>di</strong> conchiglie fossili <strong>di</strong> epoca mio-pliocenica<br />

(5 milioni <strong>di</strong> anni), che appoggia su una base inferiore <strong>di</strong> argille marnose. Il paesaggio è<br />

stato fortemente compromesso dall’attività umana, soprattutto <strong>di</strong> agricoltura e allevamento;<br />

per lo più caratterizzato da una steppa cerealicola, vi si <strong>di</strong>stinguono rari esemplari <strong>di</strong> leccio,<br />

qualche pineta, viali a eucalipti e zone <strong>di</strong> macchia bassa a ginepro, lentisco, olivo selvatico,<br />

cisti e rosmarino.<br />

Giannutri ha una superficie <strong>di</strong> 2,3 Km² e un’altezza massima <strong>di</strong> 88 m a Poggio<br />

Capel Rosso; presenta rocce <strong>di</strong> epoca triassica (200 milioni <strong>di</strong> anni), è <strong>di</strong> natura calcarea e<br />

localmente vi si trovano brecce nere e grigie. Ha una morfologia piuttosto varia, con coste<br />

molto frastagliate a causa dell’erosione del mare. Anche in questo caso la vegetazione è<br />

caratterizzata soprattutto da macchia bassa dove domina il lentisco (Pistacia lentiscus)<br />

associato a ginepro, rosmarino e cisti, anche se vi si ritrovano rari esemplari <strong>di</strong> leccio,<br />

testimonianza <strong>di</strong> una più antica lecceta che ricopriva l’intera isola.<br />

Gorgona, con i suoi 2,2 Km² è la più piccola delle isole; è interamente montuosa,<br />

impervia e scoscesa <strong>sul</strong> versante occidentale, più degradante su quello orientale. L’isola è<br />

quasi completamente coperta da macchia me<strong>di</strong>terranea, anche se vi si trovano pinete <strong>di</strong><br />

pino d’Aleppo, introdotto con ripetute opere <strong>di</strong> rimboschimento, e piccoli nuclei <strong>di</strong><br />

castagno, frassino, olmo e ontano nero nelle vallate più fresche e umide e qualche residuale<br />

lecceta.<br />

2.3 Tipologie forestali<br />

2.3.1 Boschi d’alto fusto <strong>di</strong> conifere<br />

Le formazioni a conifere si estendono su 113,20 ha pari al 0,51% della superficie<br />

totale dell’isola, rappresentando ben il 35,5% della superficie boscata.<br />

La totalità dei boschi <strong>di</strong> conifere presenti <strong>sul</strong>l’isola è frutto <strong>di</strong> un’intensa e estesa<br />

opera <strong>di</strong> rimboschimento iniziata negli anni ’30 e protattasi fino al 1978. Il grande sviluppo<br />

dei rimboschimenti si è avuto nel dopoguerra a partire dagli anni ’50 ad opera dei “Cantieri<br />

Scuola” e della “Cassa per il Mezzogiorno”.<br />

Purtroppo, la quasi totalità degli interventi effettuati anteguerra è stata <strong>di</strong>strutta<br />

dagli incen<strong>di</strong> e anche parte dei successivi è stata decimata negli ultimi decenni; sono infatti<br />

scomparse le pinete del Monte Giove (Madonna del Monte), le pinete del Monte Calamita,<br />

oltre alla quasi totalità <strong>di</strong> quelle della zona <strong>di</strong> Pietra Acuta.<br />

26


Soprattutto gli impianti <strong>di</strong> pino domestico, che costituivano oltre il 50% della<br />

superficie rimboschita, hanno visto contrarsi in modo considerevole la loro estensione,<br />

mentre specie come il pino marittimo e il pino d’Aleppo hanno reagito al passaggio degli<br />

incen<strong>di</strong> dando vita a nuclei <strong>di</strong> rinnovazione naturale.<br />

Gli interventi sono stati effettuati in genere su terreni ex-agrari, in minor misura<br />

hanno interessato aree <strong>di</strong> macchia me<strong>di</strong>terranea più o meno degradata, che però all’atto del<br />

rimboschimento è stata in gran parte asportata per effettuare le opere <strong>di</strong> sistemazione<br />

idrogeologica (gradonamenti), aventi lo scopo <strong>di</strong> frenare l’erosione e favorire<br />

l’immagazzinamento nel terreno delle acque meteoriche.<br />

La scelta <strong>di</strong> utilizzare prevalentemente il pino domestico è essenzialmente dovuta al<br />

contesto socio-economico esistente all’epoca più che a una scelta <strong>di</strong> tipo selvicolturale e<br />

ecologico: la presenza <strong>di</strong> abbondante manodopera permetteva <strong>di</strong> effettuare le operazioni <strong>di</strong><br />

manutenzione, coltivazione e rinnovazione artificiale con costi bassi; inoltre le stesse<br />

popolazioni preferivano questa coltura perché oltre al legname offriva più prodotti, quali<br />

pinoli, resina e non ultimo il pascolo, rispetto ad altre specie come pino marittimo e pino<br />

d’Aleppo.<br />

Questi boschi hanno assolto egregiamente la funzione protettiva e produttiva per le<br />

quali erano stati costituiti assumendo progressivamente una valenza paesistico-ambientale<br />

rilevante. Nonostante ciò, la loro superficie è destinata a ridursi nel tempo a favore del<br />

bosco misto, più idoneo per la stabilità meccanica e biologica alle caratteristiche ambientali<br />

della zona.<br />

Fra le fustaie <strong>di</strong> conifere ricor<strong>di</strong>amo:<br />

- Pinete <strong>di</strong> pino marittimo: si estendono su una superficie <strong>di</strong> 47 ha, la maggior parte ricade<br />

nella classe <strong>di</strong> età 40-50 anni. I nuclei più ampi sono nella zona centrale dell’isola, mentre<br />

nuclei <strong>di</strong> minori <strong>di</strong>mensioni sono presenti in quella occidentale. Il pino marittimo è stato<br />

largamente impiegato nell’opera <strong>di</strong> rimboschimento nella fascia altimetrica superiore a<br />

quella del pino domestico, sia per impianti ex novo che per rinfoltimenti <strong>di</strong> cedui <strong>di</strong><br />

sclerofille degradati. Nei vari interventi è stato impiegato sia puro che in consociazione con<br />

conifere quali pino domestico, pino insigne, pino d’Aleppo e pino canariense, oltre che con<br />

latifoglie come leccio, carpino, castagno, orniello. Pertanto si riscontrano pochi nuclei puri,<br />

mentre ampiamente <strong>di</strong>ffusi sono i popolamenti caratterizzati principalmente dalla presenza<br />

<strong>di</strong> conifere e, in misura minore, <strong>di</strong> latifoglie sia spontanee (leccio, corbezzolo, orniello) sia<br />

introdotte (carpino nero, castagno). L’azione degli incen<strong>di</strong>, insieme a quella degli attacchi<br />

parassitari, ha minato localmente la stabilità dei soggetti, con la formazione <strong>di</strong> popolamenti<br />

<strong>di</strong>sformi misti <strong>di</strong> conifere e latifoglie in cui il pino marittimo è una costituente secondaria<br />

27


sopravanzata dal pino insigne e dalle latifoglie.<br />

- Pinete <strong>di</strong> pino domestico: le pinete <strong>di</strong> domestico si estendono su 32,50 ha. Il pino<br />

domestico è stato introdotto prevalentemente in aree pianeggianti o su modeste pendenze,<br />

previa sistemazione del terreno con piccoli gradoni. La maggior parte <strong>di</strong> questi boschi è <strong>di</strong><br />

origine recente, infatti nonostante il massiccio impiego <strong>di</strong> questa specie negli interventi <strong>di</strong><br />

rimboschimento fino a quote <strong>di</strong> 500 - 600 m s.l.m., allo stato attuale permangono solo<br />

pochi nuclei: l’azione <strong>di</strong>struttiva degli incen<strong>di</strong> ne ha ridotto sostanzialmente la superficie,<br />

inoltre il pino domestico non ha trovato <strong>sul</strong>l’isola il suo optimum stazionale come denota la<br />

generalizzata presenza <strong>di</strong> soggetti biforcati, il portamento <strong>di</strong>ffusamente me<strong>di</strong>ocre dei<br />

soggetti, nonché i modesti sviluppi. I popolamenti sono generalmente puri, raramente<br />

associati ad altre specie arboree quali leccio, orniello, castagno, cedro deodara; più<br />

frequentemente si trova un denso strato arbustivo caratterizzato da specie della macchia<br />

me<strong>di</strong>terranea, quali corbezzolo, erica, cisti, ginestre, ecc…<br />

- Pinete <strong>di</strong> pino insigne: questi soprassuoli, occupanti una superficie complessiva <strong>di</strong> 9,80<br />

ha, presentano una <strong>di</strong>stribuzione analoga a quella del pino marittimo. Si tratta <strong>di</strong><br />

soprassuoli adulti appartenenti alla classe cronologica 40-50 anni. Nella zona occidentale<br />

alla composizione <strong>di</strong> questi soprassuoli concorrono anche altre conifere quali pini<br />

me<strong>di</strong>terranei (pino marittimo, pino domestico, pino d’Aleppo) e cipresso comune, insieme<br />

a latifoglie sia naturali che introdotte (corbezzolo, leccio, orniello, carpino nero e<br />

castagno). La struttura <strong>di</strong> questi boschi, anch’essa in genere <strong>di</strong>sforme, <strong>di</strong>viene talvolta<br />

biplana. Lo sviluppo <strong>di</strong> un denso strato <strong>di</strong> latifoglie arriva ad interporsi al piano dominante<br />

dove questo è particolarmente rado. Diverso il <strong>di</strong>scorso per i popolamenti della zona<br />

centrale: le favorevoli con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> pendenza e densità viaria hanno permesso una gestione<br />

più attiva che, unitamente alle migliori con<strong>di</strong>zioni stazionali, ha portato alla formazione <strong>di</strong><br />

soprassuoli caratterizzati da densità uniforme, buon grado <strong>di</strong> sviluppo e arricchiti nella<br />

composizione dalla presenza <strong>di</strong> numerose specie <strong>di</strong> latifoglie.<br />

- Pinete <strong>di</strong> pino laricio: le fustaie <strong>di</strong> pino laricio sono costituite da un unico corpo <strong>di</strong> 6,60<br />

ha, situato nella porzione orientale del Monte Capanne, <strong>sul</strong> versante sottostante i rilievi de<br />

Le Filicaie e La Tabella. Si tratta <strong>di</strong> una fustaia adulta <strong>di</strong> circa 45 anni pura con presenza <strong>di</strong><br />

orniello e corbezzolo nella parte alta, mentre avvicinandosi alle aree <strong>di</strong> impluvio<br />

compaiono anche altre specie a carattere mesofilo quali <strong>tasso</strong>, ontano nero, castagno.<br />

- Boschi <strong>di</strong> conifere esotiche (pino delle Canarie): con questo termine vengono in<strong>di</strong>cati i<br />

boschi <strong>di</strong> pino delle Canarie, aventi una superficie complessiva <strong>di</strong> 3,20 ha sud<strong>di</strong>visi in due<br />

nuclei. Il primo, nella zona centrale, ha 30 anni e deriva da ceduazione a seguito <strong>di</strong> un<br />

incen<strong>di</strong>o avvenuto nel 1970; analoghe vicissitu<strong>di</strong>ni ha subito l’altro nucleo situato <strong>sul</strong><br />

Monte Calamita, anche questo ha ricacciato in seguito ad un incen<strong>di</strong>o, ma il ripetersi <strong>di</strong> tale<br />

fenomeno ha ridotto notevolmente il numero dei soggetti che allo stato attuale offrono una<br />

28


copertura del terreno <strong>di</strong> circa il 10%.<br />

- Pinete <strong>di</strong> pino d’Aleppo: l’impiego dei pini d’Aleppo nei vari rimboschimenti è stato più<br />

contenuto <strong>di</strong> quello degli altri pini me<strong>di</strong>terranei, cui è stato in genere consociato, solo<br />

localmente ed in situazioni marginali come crinali e terreni superficiali utilizzato in<br />

purezza.<br />

- Boschi misti <strong>di</strong> conifere: questa tipologia si estende su una superficie <strong>di</strong> 14 ha.<br />

Nella parte occidentale sono presenti 4 nuclei <strong>di</strong> varia estensione:<br />

• Il primo, situato in località Serraventosa, è costituito da una mescolanza per gruppi <strong>di</strong><br />

pino marittimo, pino domestico, pino insigne e pino d’Aleppo, caratterizzata da densità<br />

<strong>di</strong>sforme e portamento da me<strong>di</strong>ocre a pessimo, numerosi i vuoti dovuti a presenza <strong>di</strong><br />

rocce affioranti ed al passaggio ripetuto <strong>di</strong> incen<strong>di</strong> dal 1979 al 1988. Sottostante il piano<br />

dominante vegeta un denso strato arbustivo alto circa 1 m costituito da erica e<br />

corbezzolo;<br />

• Il secondo è costituito da un piccolo nucleo <strong>di</strong> pino marittimo e pino domestico con<br />

leccio, situato <strong>sul</strong> versante orientale <strong>di</strong> Monte Giove;<br />

• Il terzo è localizzato nella parte sottostante la cima de La Tavola; si tratta <strong>di</strong> un<br />

soprassuolo alquanto <strong>di</strong>sforme per densità e sviluppo, presenta un grado <strong>di</strong> copertura <strong>di</strong><br />

circa il 40% essenzialmente costituto da pino insigne e pino marittimo;<br />

• Il quarto si trova <strong>sul</strong> versante occidentale <strong>di</strong> Monte Maolo; la composizione <strong>di</strong> questo<br />

soprassuolo è data da pino laricio, pino insigne, leccio e orniello con sparse piante <strong>di</strong><br />

carpino nero e bianco, sorbo, <strong>tasso</strong> e castagno. Le latifoglie sono in genere dominate ed<br />

immerse in un denso strato arbustivo molto sviluppato costituito da erica, con corbezzolo<br />

in subor<strong>di</strong>ne.<br />

Nella zona centrale le fustaie <strong>di</strong> conifere varie sono costitute da 2 nuclei contigui<br />

sostanzialmente <strong>di</strong>versi fra loro per fertilità, struttura e composizione.<br />

Il primo, situato in un’area <strong>di</strong> crinale, caratterizzato da scarsa fertilità ed abbondante<br />

presenza <strong>di</strong> sclerofille quali leccio, lentisco, erica, fillirea.<br />

Migliore è la situazione del secondo nucleo, con pini <strong>di</strong> età 40-50 anni e caratterizzato da<br />

un buon grado <strong>di</strong> sviluppo. Questo popolamento si origina dal rifoltimento <strong>di</strong> cedui <strong>di</strong><br />

sclerofille o <strong>di</strong> leccio degradati, con conifere e latifoglie (leccio e orniello), le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

fertilità migliori e gli interventi <strong>di</strong> <strong>di</strong>radamento del piano dominante hanno contribuito allo<br />

sviluppo delle latifoglie ed all’instaurarsi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusa rinnovazione <strong>di</strong> leccio, corbezzolo ed<br />

alloro. Minor <strong>di</strong>ffusione hanno le specie arbustive costituite da rovo, viburno, fillirea ed<br />

edera.<br />

29


2.3.2 Boschi d’alto fusto <strong>di</strong> conifere e latifoglie<br />

Le fustaie miste <strong>di</strong> conifere e latifoglie occupano una superficie <strong>di</strong> 15,50 ha<br />

ricadenti nella parte occidentale e centrale dell’isola.<br />

Nella parte centrale è presente solo un piccolo nucleo dalla <strong>di</strong>stribuzione irregolare<br />

costituito da leccio, castagno, cipresso e pino d’Aleppo con presenza <strong>di</strong> rinnovazione <strong>di</strong><br />

leccio e sorbo domestico, mentre nella parte occidentale sono concentrate in zona Pedalta<br />

e costituiscono un gruppo pressoché continuo.<br />

Questi soprassuoli si contrad<strong>di</strong>stinguono per l’elevata <strong>di</strong>sformità <strong>di</strong> composizione<br />

specifica, <strong>di</strong> densità e sviluppo. Sono derivati da interventi <strong>di</strong> rimboschimento misto in cui<br />

sono state introdotte anche gran parte delle latifoglie (orniello, castagno, carpino nero e<br />

leccio); solo parte del leccio e il corbezzolo presente sono <strong>di</strong> origine naturale.<br />

Le conifere sono rappresentate prevalentemente da pino insigne e pino marittimo<br />

con sparso cedro deodara.<br />

Il pino marittimo denota uno stato <strong>di</strong> sofferenza dovuto ad attacchi parassitari, molti<br />

soggetti sono morti in pie<strong>di</strong> e altri si presentano inclinati e sra<strong>di</strong>cati; per contro il pino<br />

insigne denota un buono stato vegetativo con soggetti <strong>di</strong> <strong>di</strong>screto sviluppo e<br />

conformazione.<br />

2.3.3 Boschi d’alto fusto <strong>di</strong> latifoglie<br />

Questa tipologia <strong>di</strong> boschi si estende su una superficie <strong>di</strong> 4,50 ha, comprendenti<br />

soprassuoli alquanto <strong>di</strong>versi fra loro sud<strong>di</strong>visi in piccoli nuclei e sono:<br />

- Fustaia <strong>di</strong> castagno: l’unica fustaia <strong>di</strong> castagno si trova nella zona occidentale in località<br />

Pedalta; si tratta <strong>di</strong> un popolamento irregolare: probabilmente si tratta <strong>di</strong> un vecchio<br />

castagneto da frutto in cui sono stati introdotti oltre al castagno anche carpino, orniello e<br />

leccio; nel piano arbustivo si trovano fillirea, corbezzolo, cisto, rovo e felce aquilina.<br />

- Fustaia <strong>di</strong> leccio: l’unica fustaia <strong>di</strong> leccio è anch’essa nella zona occidentale, nel bacino<br />

del fosso della Nivera. Le altre specie del soprassuolo sono sia latifoglie (carpino nero,<br />

orniello, castagno, sorbo) sia conifere (pino insigne).<br />

2.3.4 Boschi cedui<br />

Le formazioni governate a ceduo sono estese per 170 ha e rappresentano la<br />

tipologia forestale più rappresentativa.<br />

30


Esse sono sud<strong>di</strong>vise in:<br />

- Cedui <strong>di</strong> castagno: i cedui <strong>di</strong> castagno sono poco <strong>di</strong>ffusi e localizzati nella parte<br />

occidentale, in località Pedalta; essi sono piuttosto <strong>di</strong>sformi e irregolari con presenza <strong>di</strong><br />

pino insigne. I polloni presentano <strong>di</strong>ffusi attacchi <strong>di</strong> cancro corticale. Nella zona centrale è<br />

presente un ceduo invecchiato a struttura irregolare, derivato dalla ceduazione <strong>di</strong> una<br />

fustaia percorsa da incen<strong>di</strong>o negli anni ’70.<br />

- Cedui <strong>di</strong> sclerofille me<strong>di</strong>terranee: in queste formazioni, che si estendono per 133 ha,<br />

sono raggruppati quei popolamenti caratterizzati, oltre che dalla comune fisionomia, dal<br />

predominio a livello <strong>di</strong> composizione specifica delle sclerofille.<br />

1. Macchia bassa: essa si estende su 91 ha e si trova prevalentemente nella parte<br />

occidentale in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sviluppo e densità modeste. Questi soprassuoli si<br />

contrad<strong>di</strong>stinguono per la composizione specifica, dominata da erica arborea e<br />

corbezzolo, con lentisco, ginestre, cisti, mirto e ginepri; talvolta svettano alcune<br />

me<strong>di</strong>ocri piante <strong>di</strong> leccio. La consistente presenza dell’erica nel conteggio delle specie<br />

è in<strong>di</strong>catrice non solo del ricorrere degli incen<strong>di</strong>, ma anche <strong>di</strong> stazioni tendenzialmente<br />

povere con suoli a reazione acida.<br />

Queste macchie sono state interessate da rinfoltimenti con pino marittimo, oggi in gran<br />

parte scomparsi a causa <strong>di</strong> ripetuti incen<strong>di</strong>, della concorrenza della macchia e delle<br />

sfavorevoli con<strong>di</strong>zioni stazionali; permangono solo sparsi soggetti o piccoli nuclei in<br />

me<strong>di</strong>ocre stato vegetativo o <strong>di</strong> limitato sviluppo.<br />

2. Macchia alta: questa è presente solo nella parte occidentale e occupa una superficie <strong>di</strong><br />

41,60 ha; nuclei <strong>di</strong> piccola estensione sono sparsi all’interno delle altre formazioni in<br />

corrispondenza <strong>di</strong> aree <strong>di</strong> crinale e terreni superficiali meno fertili. Per quanto concerne<br />

la composizione specifica, nelle stazioni migliori predominano corbezzolo e leccio, in<br />

alterna prevalenza secondo le con<strong>di</strong>zioni edafiche, <strong>di</strong> densità ed illuminazione, con<br />

abbondante orniello, sorbo domestico e i consueti soggetti arbustivi e arborescenti tra<br />

cui emergono fillirea, viburno, eriche e ginepro. Nei tratti più poveri sono proprio<br />

queste ultime specie che prevalgono, insieme al corbezzolo, con il leccio presente quasi<br />

esclusivamente come matricinatura. Il corbezzolo <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> essere il vero soggetto<br />

dominante <strong>di</strong> queste formazioni in fase evolutiva, perché con la sua posizione<br />

strutturale, sospesa tra il subdominante e il dominante, si riscontra in tutti i soprassuoli;<br />

non teme la concorrenza del leccio se non nella lecceta pura o nella fase <strong>di</strong> transizione<br />

e, a seguito delle utilizzazioni, si <strong>di</strong>stingue subito per la vigoria dei ricacci dei primi<br />

anni, assai superiori a quelli del leccio. La maggior parte delle macchie alte presenta<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sviluppo al limite con le formazioni <strong>di</strong> tipo basso (altezze me<strong>di</strong>e <strong>di</strong><br />

appena 3 m); nella composizione specifica predominano il corbezzolo e l’erica, la<br />

presenza del leccio è limitata a spora<strong>di</strong>ci in<strong>di</strong>vidui.<br />

31


- Cedui invecchiati <strong>di</strong> leccio: questa tipologia <strong>di</strong> soprassuoli è rappresentata solo da una<br />

superficie <strong>di</strong> 1,50 ha nella fascia a<strong>di</strong>acente al fosso della Nivera. Si tratta <strong>di</strong> un denso ceduo<br />

puro <strong>di</strong> leccio invecchiato con presenza <strong>di</strong> poco orniello e carpino nero, a matricinatura<br />

normale e già in fase <strong>di</strong> evoluzione naturale all’alto fusto con il sottobosco <strong>di</strong> erica e<br />

corbezzolo ormai morto.<br />

- Cedui <strong>di</strong> sughera: essi sono presenti in alcune stazioni nei pressi del Volterraio, a Lacona<br />

e nella piana fra Procchio e Marina <strong>di</strong> Campo, spesso accompagnata a leccio o a formare<br />

boschetti isolati. Sebbene oggi abbandonata, un tempo era apprezzata e coltivata; si può<br />

ipotizzare un suo in<strong>di</strong>genato <strong>sul</strong>l’isola;<br />

- Cedui <strong>di</strong> carpino nero: sono presenti solo in località Pedalta. Si tratta <strong>di</strong> un ceduo puro<br />

invecchiato, con presenza <strong>di</strong> sparsi pini marittimi, matricine <strong>di</strong> castagno e piccoli nuclei <strong>di</strong><br />

corbezzolo <strong>di</strong> elevato sviluppo (altezza 8 m). L’intero popolamento ha origine artificiale;<br />

oltre alle specie suddette era stato introdotto anche il cedro deodara <strong>di</strong> cui si ritrovano i<br />

resti aduggiati.<br />

- Cedui <strong>di</strong> robinia: l’unico ceduo <strong>di</strong> robinia è situato vicino Pietra Acuta: si tratta <strong>di</strong> un<br />

piccolo popolamento eterogeneo per sviluppo ed età; i soggetti più vecchi mostrano ferite<br />

al piede dovute al passaggio <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o.<br />

2.3.5 Castagneti da frutto<br />

I castagneti da frutto sono costituiti da un unico piccolo nucleo situata in località<br />

Fonte del Bollero. Si tratta <strong>di</strong> un lembo relitto <strong>di</strong> castagneto da frutto ormai da tempo<br />

abbandonato che versa in con<strong>di</strong>zioni vegetative me<strong>di</strong>ocri; la vegetazione delle macchie<br />

alte circostanti si sta insinuando all’interno del popolamento ove è già presente la<br />

rinnovazione <strong>di</strong>ffusa del corbezzolo.<br />

2.3.6 Arbusteti e cespuglieti<br />

In questa tipologia, che si estende per 180 ha, sono compresi, oltre agli arbusteti<br />

veri e propri, costituiti da ginestreti e ericeti puri, anche tutte le formazioni <strong>di</strong> macchia<br />

xerofila: garighe e macchie basse <strong>di</strong>scontinue, localizzate prevalentemente nelle aree<br />

pericrinali della zona <strong>di</strong> Monte Giove.<br />

La macchia bassa floristicamente è caratterizzata dalla presenza <strong>di</strong> cisti,<br />

specialmente cisto marino, rosmarino e ginestre.<br />

Nelle formazioni <strong>di</strong> gariga, spesso <strong>di</strong>scontinue, si ritrovano, oltre ai cisti, la ginestra<br />

32


desoleana, l’euforbia spinosa e l’elicriso.<br />

2.3.7 Altre superfici<br />

Le altre tipologie presenti nel complesso in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> estensione sono costitute da:<br />

affioramenti rocciosi, rupi boscate, cesse parafuoco e formazioni riparie, quest’ultime nel<br />

versante orientale e costituite da robinia, ontano napoletano e eucalipto.<br />

Gli affioramenti rocciosi, localizzati prevalentemente nelle aree sommitali del<br />

complesso montuoso del Monte Capanne, hanno un’estensione <strong>di</strong> 100 ha. Al loro interno<br />

si trovano sparsi nuclei arbustivi e spora<strong>di</strong>ci soggetti <strong>di</strong> pino marittimo, quest’ultimi<br />

residui degli stessi rimboschimenti effettuati nell’area negli scorsi decenni.<br />

Le rupi boscate hanno una superficie complessiva <strong>di</strong> 14,60 ha e sono costituite da<br />

boschi rupestri <strong>di</strong> orniello, leccio, corbezzolo con erica nella parte occidentale dell’isola e<br />

da sparsi pini, leccio, robinia, olivastro con fillirea, mirto, lentisco, erica, cisti e lavanda in<br />

quella orientale.<br />

2.4 Monte Capanne, generalità<br />

Il massiccio del Monte Capanne, che si trova nella parte occidentale dell’Isola<br />

d’Elba, è il massimo rilievo dell’isola: si eleva fino a 1019 m s.l.m. e occupa un’area <strong>di</strong><br />

circa 40 km².<br />

L’origine del monte è da datarsi presubilmente nel tardo-miocene (da 25 milioni a<br />

10 milioni <strong>di</strong> anni fa), a causa <strong>di</strong> fenomeni <strong>di</strong> risalita, raffreddamento e consolidamento <strong>di</strong><br />

magmi vulcanici a seguito della fusione <strong>di</strong> rocce preesistenti (anatessi). L’origine <strong>di</strong> tipo<br />

intrusivo ha marcato in modo determinante sia gli aspetti geologici che quelli morfologici<br />

della zona.<br />

Geologicamente il massiccio è costituito da una massa <strong>di</strong> grano<strong>di</strong>orite con la forma<br />

a cupola, i cui principali costituenti sono il plagioclasio, il quarzo, l’ortose e la biotite e,<br />

come materiali accessori, l’apatite, lo zircone, la tormalina e la magnetite.<br />

A livello morfologico, sicuramente molto hanno contribuito gli effetti meteorici,<br />

che hanno modellato il rilievo scolpendo la cresta principale in numerose cime <strong>di</strong> forma<br />

irregolarmente conica, dall’aspetto <strong>di</strong> capanna, da cui trae origine il nome del massiccio.<br />

Il reticolo idrografico è molto fitto e inciso sui lati della montagna, andando a<br />

formare numerosi corsi d’acqua, a portata torrentizia e assai ridotta nei mesi estivi,<br />

33


chiamati localmente “fossi” o “uviali”, quest’ultimo termine derivante probabilmente dal<br />

latino “uvula”, che significa gola.<br />

Sebbene le precipitazioni si attestino su una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 740 mm annui per l’intera<br />

isola, <strong>sul</strong> Monte Capanne esse tendono ad essere maggiori e con <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong>fferente a<br />

seconda del versante, con 800-1000 mm <strong>sul</strong> versante settentrionale e 600-800 mm su<br />

quello meri<strong>di</strong>onale. Da segnalare inoltre la presenza della neve che persiste <strong>sul</strong>le vette più<br />

alte per circa 10 giorni (Thiebaut riporta che nel 1800 la neve persisteva <strong>sul</strong> Monte<br />

Capanne per almeno 20 giorni l’anno).<br />

Nonostante la cima del monte superi i 1000 m, non si trova un “piano montano” dei<br />

consorzi vegetali, mentre ben rappresentato è il “piano basale” <strong>di</strong> tipo me<strong>di</strong>terraneo,<br />

caratterizzato prevalentemente dalle leccete, spesso associate con roverella, cerro e<br />

castagno, quest’ultimo particolarmente presente nel Marcianese e in loc. Castagnone, nel<br />

comune <strong>di</strong> Campo nell’Elba.<br />

Un importante fattore che rende <strong>di</strong>fficile la ricostruzione storica della vegetazione<br />

presente è stata l’opera dell’uomo. Sebbene la macchia me<strong>di</strong>terranea rappresenti ancora<br />

oggi il consorzio vegetale fra i più rappresentativi, non vanno scordati i rimboschimenti<br />

con pini me<strong>di</strong>terranei che investirono tutta l’Elba, Capanne incluso, a partire dagli anni<br />

’50, per sostituire la macchia degradata dai ripetuti tagli succedu<strong>tesi</strong> sin da epoca classica<br />

per l’alimentazione dei forni fusori e delle miniere dell’isola.<br />

Tuttavia, la macchia rappresenta la cenosi principale dell’area, con tutti i suoi sta<strong>di</strong><br />

successionali presenti, fra queste da ricordare la “gariga a ginestra desoleana” tipica delle<br />

cime dell’intero massiccio.<br />

34


Fig. 2.5 Tasso in Loc. Calanche, <strong>sul</strong>lo sfondo il Monte Capanne<br />

35


3.1 Stu<strong>di</strong>o dei soprassuoli<br />

CAPITOLO TERZO<br />

MATERIALI E METODI<br />

Lo stu<strong>di</strong>o <strong>sul</strong>le tassete dell’Elba è iniziato grazie alla segnalazione <strong>di</strong> alcune piante,<br />

considerate monumentali per le loro <strong>di</strong>mensioni (sia <strong>di</strong>ametro che altezza), da parte del<br />

personale del Corpo Forestale dello Stato (Comando <strong>di</strong> Marciana Marina) e del Parco<br />

Nazionale dell’Arcipelago Toscano.<br />

Dopo una prima ricognizione <strong>sul</strong> luogo, per verificare l’effettiva estensione del<br />

popolamento, si è proceduto ad un’iniziale raccolta <strong>di</strong> informazioni inerenti sia il<br />

popolamento <strong>di</strong> <strong>tasso</strong>, sia dei boschi che lo ospitano.<br />

Questa prima fase ha compreso sia interviste alla popolazione del luogo, sebbene<br />

scarsa o nulla sia ri<strong>sul</strong>tata la conoscenza circa la presenza della specie in esame, sia<br />

ricerche presso gli archivi comunali (soprattutto Comune <strong>di</strong> Marciana, sotto il cui territorio<br />

ricade la totalità dei soprassuoli in esame), sia ricerca e con<strong>sul</strong>tazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi testi storici<br />

<strong>sul</strong>l’Isola d‘Elba, al fine <strong>di</strong> ricostruire la storia dei boschi ospitanti il <strong>tasso</strong> e definire la<br />

presenza <strong>di</strong> quest’ultimo in un arco temporale il più esteso possibile.<br />

Al contempo, per fornire un inquadramento generale dei popolamenti in analisi, è<br />

stato reperito il materiale cartografico <strong>di</strong> riferimento, in particolare le carte CTR 1:5.000 e<br />

1:10.000 della zona in esame, e soprattutto i tematismi ambientali dell’intera isola<br />

(geologica, geomorfologica, esposizione dei versanti, assolazione dei versanti, uso del<br />

suolo, fitosociologica) che sono state redatte <strong>di</strong> recente, nell’ambito della redazione del<br />

Piano del Parco. Sono stati inoltre reperiti i dati termopluviometrici delle due stazioni<br />

climatiche <strong>di</strong> Portoferraio e Poggio, quest’ultima rappresentativa per il popolamento <strong>di</strong><br />

<strong>tasso</strong>.<br />

Nel complesso i popolamenti <strong>di</strong> <strong>tasso</strong> si articolano in un comprensorio territoriale<br />

che dal Monte Maolo si protrae fino alla zona delle Filicaie per poi scendere nella Valle<br />

della Nivera.<br />

Questi popolamenti presentano tutti un’accessibilità ridotta e <strong>di</strong>fficile, il che può<br />

spiegare in parte la permanenza <strong>di</strong> queste piante alle stesse utilizzazioni che interessano<br />

l’Isola già da epoca storica.<br />

36


Durante i rilievi, gli in<strong>di</strong>vidui sono stati sud<strong>di</strong>visi in tre popolamenti in <strong>di</strong>pendenza alla<br />

loro ubicazione:<br />

1. D, da Monte Maolo a Le Filicaie, seguendo il sentiero escursionistico n.00;<br />

2. C, da Maolo all’alta valle della Nivera, seguendo il sentiero escursionistico n. 5;<br />

3. B, nella me<strong>di</strong>o-alta Valle della Nivera;<br />

X, nell’alta Valle della Nivera.<br />

Fig. 3.1 Localizzazione del sito <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />

Sono stati quin<strong>di</strong> fatti i rilevi in campo, procedendo nel seguente modo:<br />

o circoscrizione del sito, identificando come confini ideali quelli delineati dalle piante<br />

<strong>di</strong> <strong>tasso</strong> a margine;<br />

o descrizione della stazione, a livello topografico, geologico e vegetazionale;<br />

o in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> ogni pianta <strong>di</strong> <strong>tasso</strong> cavallettabile (con soglia <strong>di</strong> cavallettamento<br />

<strong>di</strong> 3 cm a 1,30 m) tramite acquisizione delle coor<strong>di</strong>nate con GPS, con accuratezza<br />

<strong>di</strong> 5 m;<br />

o in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong>ametro e altezza, tramite l’uso del cavalletto dendrometrico e della<br />

rotella metrica e l’ipsometro <strong>di</strong> Haga;<br />

o analisi visiva degli organi fiorali con chiave <strong>di</strong>cotomica (e annotazione della<br />

37


presenza degli arilli) per stabilirne il sesso;<br />

o analisi visiva dell’habitus, se policormico o monocormico;<br />

o descrizione <strong>di</strong> eventuali anomalie o danneggiamenti <strong>di</strong> ogni pianta;<br />

o analisi della rinnovazione presente, tramite conteggio delle piante sotto il <strong>di</strong>ametro<br />

<strong>di</strong> cavallettamento e <strong>di</strong>visione in tre classi:<br />

1. quelle con altezza <strong>di</strong> circa 50 cm;<br />

2. quelle con altezza compresa fra 50 e 10 cm;<br />

3. quelle con altezza inferiore a 10 cm.<br />

3.2 Elaborazione dei dati<br />

Il primo passo è stato quello <strong>di</strong> riportare le coor<strong>di</strong>nate acquisite per ogni pianta,<br />

tramite l’uso del software ArcGIS, <strong>sul</strong>la cartografia reperita e usata come riferimento.<br />

In particolare, per qualificare la <strong>di</strong>stribuzione del <strong>tasso</strong> nei suoi sottopopolamenti<br />

sono state usate <strong>di</strong>verse carte (ve<strong>di</strong> tabella <strong>di</strong> seguito riportata).<br />

Nome Carta Scala Provenienza pag<br />

1 Carta dell’Orografia 1:25.000 PNAT<br />

2 Carta dell’Assolazione 1:25.000 PNAT<br />

3 Carta dei Sistemi Geomorfologici 1:25.000 PNAT<br />

4 Carta della vegetazione 1:10.000 Fitosociologia, Vol 43(1) Suppl. 1 (2006)<br />

5 Carta dei suoli 1:50.000 IAO (1991)<br />

Fig. 3.2 Cartografia usata nell’elaborazione dei dati<br />

Dalla sovrapposizione dei punti <strong>di</strong> campo con la cartografia prima elencata è stato<br />

possibile giungere alla caratterizzazione dei popolamenti riportata poi nel capitolo<br />

Ri<strong>sul</strong>tati.<br />

Dai dati dendroecologici <strong>di</strong> campo è stato inoltre possibile condurre un’analisi dei<br />

popolamenti, con particolare riferimento a quelli riportati <strong>di</strong> seguito:<br />

o habitus e sesso;<br />

o habitus e <strong>di</strong>ametro, sud<strong>di</strong>videndo il popolamento in classi <strong>di</strong> 5 cm ciascuna;<br />

o habitus e altezza, sud<strong>di</strong>videndo il popolamento in classi <strong>di</strong> 2 m ciascuna;<br />

o habitus e quota, classificando il popolamento in classi <strong>di</strong> quota;<br />

o relazione fra i sessi;<br />

38


o sesso e quote, anche in questo caso sud<strong>di</strong>videndo il popolamento in classi <strong>di</strong> quota;<br />

o presenza <strong>di</strong> rinnovazione, riportando la rinnovazione presente, <strong>di</strong>visa nelle tre classi<br />

prima riportate per i quattro popolamenti esaminati (me<strong>di</strong>a-alta Valle della Nivera,<br />

alta Valle della Nivera, Monte Maolo-Valle della Nivera e Monte Maolo-Le<br />

Filicaie).<br />

I ri<strong>sul</strong>tati ottenuti saranno utilizzati oltre che per la caratterizzazione ecologica ai<br />

fini del mantenimento almeno dello stato <strong>di</strong> conservazione attuale, anche come tappe<br />

fondamentali per la delineazione delle linee guida selvicolturali da intraprendere per<br />

gestione del soprassuolo.<br />

39


4.1 Storia del <strong>tasso</strong> all’Isola d’Elba<br />

CAPITOLO QUARTO<br />

RISULTATI<br />

La presenza del <strong>tasso</strong> all’Isola d’Elba potrebbe farsi risalire sino dal periodo del<br />

Terziario, quando poteva ricoprire, insieme ad altre specie <strong>di</strong> tipo oceanico (fra cui<br />

l’Osmunda regalis e la Dryopteris oreades, ancor’oggi rintracciabili vicino alle numerose<br />

sorgenti del Monte Capanne), le pen<strong>di</strong>ci dell’intero massiccio del Capanne.<br />

Notizie più certe si hanno invece a partire dal 1600, infatti nel documento catastale<br />

denominato “Estimo della Comunità <strong>di</strong> Poggio” del 1623 circa l’abitato dell’attuale<br />

Poggio, si riscontrano 2 <strong>di</strong>versi toponimi che farebbero supporre la presenza del <strong>tasso</strong>. I<br />

due toponimi sono: Tasso e Fonte a Tasso: il primo localizzabile lungo l’attuale strada<br />

provinciale che da Marciana porta a Poggio, dove ora sorge il complesso residenziale Il<br />

Tasso che riprende il nome della località; il secondo, invece, sarebbe localizzabile con<br />

l’attuale sorgente <strong>di</strong> Fonte Napoleone, già conosciuta in tempi remoti e che cambiò il nome<br />

in concomitanza dell’esilio elbano <strong>di</strong> Napoleone.<br />

Queste prime notizie possono riferire circa il limite altitu<strong>di</strong>nale entro cui vegetava<br />

la specie, limite che in loc. Tasso scende fino a 320 m s.l.m.<br />

Qui occorre valutare anche che le con<strong>di</strong>zioni metereologiche del tempo dovevano<br />

essere ben <strong>di</strong>verse delle attuali; sia il Thiebaut (1808), sia il Pullè (1879) informano circa la<br />

rigi<strong>di</strong>tà degli inverni, soprattutto negli abitati <strong>di</strong> Marciana e Poggio, con temperature fino a<br />

-6°C e, sebbene le precipitazioni fossero scarse, non mancavano i giorni <strong>di</strong> neve che<br />

sembra si protraessero sui monti del massiccio del Monte Capanne per oltre 20-30 giorni<br />

all’anno in modo copioso, e nei paesi <strong>di</strong> Poggio e Marciana per 5-6 giorni l’anno.<br />

40


Fig. 4.1 “Territorio Cumunitativo <strong>di</strong> Marciana”, 1841 (Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Livorno)<br />

Quello che non si conosce in dettaglio, lungo lo svolgersi del periodo storico, è<br />

l’estensione della <strong>di</strong>stribuzione del <strong>tasso</strong>.<br />

Infatti, se è vero che arrivava in prossimità dell’attuale Romitorio <strong>di</strong> S. Cerbone,<br />

attualmente non si ritrova alcuna traccia della sua presenza fra tale romitorio e la Valle<br />

della Nivera, dove invece è presente. La continuità geografica vorrebbe che il <strong>tasso</strong> avesse<br />

occupato anche la Valle del Ferale, interme<strong>di</strong>a fra la Nivera e San Cerbone, ma ad oggi<br />

non rimane traccia <strong>di</strong> tale presenza.<br />

La presenza certa del <strong>tasso</strong> è comunque pienamente riscontrabile sia per l’epoca<br />

napoleonica, dato che viene menzionato in vari elenchi floristici e vegetazionali del<br />

periodo, sia per oltre metà del 1800 quando lo stesso Pullè nella sua Monografia Agraria lo<br />

elenca fra le “specie vegetali, animali e minerali che più comunemente si incontrano<br />

nell’Isola dell’Elba”.<br />

Le soluzioni <strong>di</strong> continuità nella <strong>di</strong>stribuzione geografica storica troverebbero<br />

comunque una spiegazione nelle <strong>di</strong>verse tipologie d’uso che tali boschi, soprattutto quelli<br />

in prossimità degli abitati, hanno avuto nel tempo.<br />

Sin dall’epoche storiche, i boschi elbani furono ceduati per alimentare i forni fusori<br />

e l’industria estrattiva del versante orientale, tanto che già Diodoro (I sec. a.C.) riferisce la<br />

41


quasi completa mancanza <strong>di</strong> alberi <strong>di</strong> alto fusto nell’isola.<br />

Una formazione forestale particolarmente importante per il territorio del marcianese<br />

è inoltre stata quella del castagno, per ricavarne sia legname che frutto. Tali castagneti<br />

sono tutt’oggi visibili in molte vallate del territorio <strong>di</strong> Marciana, fra cui le stesse zone <strong>di</strong><br />

San Cerbone, Valle del Ferale e parte della Valle della Nivera.<br />

Questo spiegherebbe almeno in parte la mancanza del <strong>tasso</strong> in queste zone, in<br />

quanto sostituito con il castagno, più utile e economicamente vantaggioso per le<br />

popolazioni locali.<br />

Ad oggi le uniche popolazioni <strong>di</strong> <strong>tasso</strong> presenti si ritrovano <strong>sul</strong>le cime <strong>di</strong> Monte<br />

Maolo, Le Calanche e Le Filicaie, che sembrano annoverare gli esemplari arborei più<br />

vetusti, e nella me<strong>di</strong>a-alta Valle della Nivera, con gli alberi più imponenti concentrati<br />

lungo il Fosso della valle omonima.<br />

L’imponente attività <strong>di</strong> ceduazione condotta nei boschi della Valle della Nivera, e<br />

più in generale nell’intera zona del Monte Perone, potrebbe aver ampiamente con<strong>di</strong>zionato<br />

la presenza del <strong>tasso</strong> nella vallata, relegandolo a spora<strong>di</strong>che apparizioni lungo le creste <strong>di</strong><br />

questa vallata.<br />

Con<strong>sul</strong>tando gli atti amministrativi della metà del ‘900, si desume, dalla<br />

valutazione condotta, che tutta la zona fosse caratterizzata ormai da cespuglieti<br />

improduttivi, pascoli cespugliati e boschi cedui <strong>di</strong> bassa qualità, tanto da far rientrare<br />

questa porzione <strong>di</strong> territorio in quelle che potevano essere investite dal rimboschimento<br />

visto come opera <strong>di</strong> riqualificazione territoriale.<br />

È infatti in questo periodo che ricadono le imponenti opere <strong>di</strong> rimboschimento che<br />

hanno interessato un po’ tutta l’isola, finanziate dalla Cassa per il Mezzogiorno, e che nella<br />

Valle della Nivera sono state fatte prevalentemente con pino laricio e pino d’Aleppo e<br />

spora<strong>di</strong>che piante <strong>di</strong> pino nero nella parte alta della vallata, al confine con la loc. Malpasso.<br />

42


4.2 Rilievi ecologici<br />

4.2.1 Distribuzione e con<strong>di</strong>zione vegetativa del <strong>tasso</strong><br />

Dal censimento fatto (ve<strong>di</strong> allegati n1, 2 e 3) <strong>sul</strong>le piante con <strong>di</strong>ametro a petto<br />

d’uomo <strong>di</strong> 3 cm, ri<strong>sul</strong>ta un totale <strong>di</strong> 113 piante, tutte con esposizione nord (ad eccezione<br />

della D02 che è l’unica pianta esposta a sud).<br />

Dalla tavola <strong>sul</strong>l’orografia, riportata nella pagina seguente, si nota come le piante<br />

siano <strong>di</strong>stribuite in 4 popolamenti <strong>di</strong>stinti, oltre che per composizione vegetale, per quota<br />

ed esposizione alle con<strong>di</strong>zioni ambientali.<br />

Da notare, inoltre, è come il popolamento B tenda ad affrancarsi lungo la linea<br />

d’impluvio del Fosso della Nivera, ricercando terreni più umi<strong>di</strong> e ricchi in nutrienti.<br />

Anche dalla tavola <strong>di</strong> assolazione dei versanti, riportata nelle pagine seguenti, si<br />

denota come la specie tende a preferire zone d’ombra o comunque con limitata esposizione<br />

<strong>di</strong>retta alla luce del sole; infatti la maggior parte delle piante cavallettate si concentra in un<br />

range <strong>di</strong> assolazione compreso fra 900 e 1300 ore.<br />

L’unica eccezione è rappresentata da alcune piante del popolamento B che si<br />

trovano ad ovest del Fosso della Nivera; queste piante, che si trovano lungo la pietraia del<br />

Malpasso, sembrerebbero aver trovato comunque giovamento da un’esposizione maggiore<br />

del sole, mentre un certo grado <strong>di</strong> copertura è assicurato dall’adduggiamento reciproco fra<br />

le piante dello stesso popolamento.<br />

L’analisi dei tipi <strong>di</strong> suolo (ve<strong>di</strong> tavola allegata nelle pagine seguenti) ci conferma<br />

come la specie sia poco esigente in fatto <strong>di</strong> tipi <strong>di</strong> suolo. I popolamenti D e C, in<br />

particolare, si trovano a vegetare su Entisuoli Xerici (sott’or<strong>di</strong>ne Orthent) cioè su suoli in<br />

cui non sono riscontrabili gli orizzonti <strong>di</strong>agnostici a causa dell’eccessivo <strong>di</strong>lavamento;<br />

fanno, infatti, parte <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> suolo le pietraie e le cime.<br />

Fa leggermente eccezione il popolamento B+X della Valle della Nivera il cui suolo,<br />

la cui classificazione pedologica è Mollisuolo Haploxeroll, presenta una mancanza <strong>di</strong><br />

orizzonti <strong>di</strong>agnostici profon<strong>di</strong>, ma è caratterizzato da un’epipedon ricco in sostanza<br />

organica.<br />

43


Delle 113 piante totali, 50 sono <strong>di</strong> sesso maschili, 55 <strong>di</strong> sesso femminile e 8 <strong>di</strong> cui<br />

non è stato possibile stabilire il sesso in quanto non ancora in grado <strong>di</strong> fruttificare o perché<br />

non presenti gli organi sessuali (Fig. 4.2).<br />

numero piante<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

Fig. 4.2 Distribuzione sessi nell’intero popolamento<br />

M<br />

F<br />

sesso non specificato<br />

Scendendo nel dettaglio dei tre sottopopolamenti [1)D; 2)C; 3)B+X], si vede che:<br />

A. nella stazione n. 1, Monte Maolo-Filicaie, si ha una maggiore presenza <strong>di</strong> piante<br />

femminili (popolamento D);<br />

B. nella stazione n. 2, Monte Maolo-Valle della Nivera, si ha la stessa presenza fra i<br />

due sessi (popolamento C);<br />

C. nella stazione n.3, Valle della Nivera, si ha nuovamente una sud<strong>di</strong>visione dei sessi<br />

lievemente spostata a favore delle piante femminili (popolamenti B+X)(Fig. 4.3).<br />

È da notare inoltre che è solo in quest’ultima stazione che si ritrovano le piante per<br />

le quali non è possibile la specificazione del sesso.<br />

44


numero piante<br />

numero piante<br />

numero piante<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

45<br />

40<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

Stazione n. 1<br />

Stazione n. 2<br />

Stazione n. 3<br />

Fig. 4.3 Distribuzione sessi nelle tre stazioni<br />

M<br />

F<br />

M<br />

F<br />

M<br />

F<br />

no dato<br />

45


Questa sud<strong>di</strong>visione dei sessi fra le tre stazioni è riscontrabile anche indagando il<br />

rapporto esistente fra le classi altimetriche e i sessi.<br />

Si nota infatti che, sebbene si abbia una maggior concentrazione per entrambi i<br />

sessi in una quota compresa fra 700 e 750 m s.l.m., le femmine tendono a spingersi tra i<br />

650 e i 900 m, mentre a quote più elevate o a quelle inferiori a queste, sembrerebbero<br />

essere presenti solo i maschi (Fig. 4.4 e 4.5).<br />

Si può quin<strong>di</strong> mettere in evidenza come gli estremi <strong>di</strong> quota dell’intero<br />

popolamento siano occupati da sole piante maschili e questo comportamento potrebbe<br />

essere imputabile ad una <strong>di</strong>fficoltà delle piante femminili <strong>di</strong> vegetare nelle situazioni più<br />

<strong>di</strong>fficili, specialmente in termini <strong>di</strong> <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>o energetico legato ai processi <strong>di</strong><br />

fruttificazione.<br />

numero <strong>di</strong> piante<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

quota < 650 m<br />

651


numero <strong>di</strong> piante<br />

numero piante<br />

numero <strong>di</strong> piante<br />

10<br />

9<br />

8<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

quota < 850m<br />

quota < 750m<br />

quota < 650 m<br />

Stazione n. 1<br />

851m< q < 900m<br />

quota > 900m<br />

classi <strong>di</strong> quota (m s.l.m.)<br />

Stazione n. 2<br />

751m< q < 800 m<br />

quota > 801m<br />

classi <strong>di</strong> quota (m s.l.m.)<br />

Stazione n. 3<br />

651


Fig. 4.7 Pianta <strong>di</strong> sesso femminile in Loc Le Calanche<br />

Poiché il <strong>tasso</strong> l’unica conifera in grado <strong>di</strong> emettere polloni, è particolarmente<br />

interessante lo stu<strong>di</strong>o dell’habitus e della sua relazione rispetto al sesso, al <strong>di</strong>ametro e<br />

all’altezza delle piante.<br />

La monocormia appare l’aspetto più <strong>di</strong>ffuso (ve<strong>di</strong> Fig.4.7), con una <strong>di</strong>stribuzione in<br />

classi altimetriche pressoché uniforme per tutto il popolamento (ve<strong>di</strong> Fig.4.8).<br />

numero <strong>di</strong> piante<br />

80<br />

70<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

policormia<br />

monocormia<br />

35,4%<br />

64,6%<br />

Fig. 4.7 Rapporto policormia/monocormia <strong>sul</strong>l’intero popolamento<br />

48


numero <strong>di</strong> piante<br />

16<br />

14<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

quota < 650 m<br />

651


numero <strong>di</strong> piante<br />

50<br />

45<br />

40<br />

35<br />

30<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 >50<br />

classi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro (cm)<br />

monocormia<br />

policormia<br />

Fig. 4.10 Rapporto fra habitus e <strong>di</strong>ametro <strong>sul</strong>l’intero popolamento<br />

Anche la relazione fra altezza e habitus mostra come, sebbene entrambi gli aspetti<br />

mostrino un andamento a campana, nel caso della monocormia essa mostra un massimo<br />

accentuato nella classe con altezze comprese fra 2 e 4 m, mentre nel caso della policormia<br />

essa appare più uniforme, spingendosi anche oltre gli 8 m (ve<strong>di</strong> Fig. 4.11).<br />

numero <strong>di</strong> piante<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

h


nella Valle della Nivera: una presenta attacchi da insetti corticicoli a un ramo e l’altra<br />

presenta segni evidenti da grufulamento <strong>di</strong> animali selvatici.<br />

Alcune piante appaiano in parte secche, sia nel sub-popolamento della Valle della<br />

Nivera che in quello più in quota da Monte Maolo a Le Filicaie. La presenza <strong>di</strong> tali<br />

seccumi sembra per lo più causata dalle specie lianose, dall’edera e dai rovi che tendono a<br />

circondare e soffocare queste piante.<br />

4.2.2 Fisionomia forestale<br />

La fisionomia dei boschi in cui vegeta il <strong>tasso</strong> appare ben <strong>di</strong>versa a seconda della<br />

stazione <strong>di</strong> riferimento.<br />

Nella stazione n. 1, che si snoda lungo le cime del complesso montuoso del Monte<br />

Capanne da Monte Maolo a Le Filicaie, il soprassuolo è caratterizzato principalmente da<br />

mosaici <strong>di</strong> macchia bassa a dominanza <strong>di</strong> erica arborea e ginestra spinosa, spesso<br />

intervallati da garighe a ginestra desoleana e elicriso. La componente arborea in questa<br />

zona è praticamente assente e, ove presente, composta solo da rari esemplari <strong>di</strong> leccio e<br />

<strong>tasso</strong> che sembrano trovare rifugio fra le rocce granitiche, in esigue sacche <strong>di</strong> terreno le<br />

quali, se da un lato sembrano proteggere le due specie da eventuali fattori <strong>di</strong> stress (fra cui<br />

<strong>di</strong> rilevante importanza potrebbe essere il vento), dall’altra parte isolano le piante e ne<br />

impe<strong>di</strong>scono le possibilità <strong>di</strong> espansione.<br />

Il vento potrebbe essere il principale fattore con<strong>di</strong>zionante del portamento delle<br />

piante <strong>di</strong> <strong>tasso</strong> in questa stazione, che tende ad essere prostrato nella maggior parte dei casi.<br />

51


Fig. 4.12 Esemplare <strong>di</strong> <strong>tasso</strong> con portamento prostrato sito in loc. Le Calanche<br />

Nella stazione n. 2, che si snoda parallelamente alla precedente, ma a quote<br />

leggermente inferiori, da Monte Maolo alla Valle della Nivera, il soprassuolo è<br />

caratterizzato da boschi suprame<strong>di</strong>terranei a dominanza <strong>di</strong> leccio e macchie alte a<br />

dominanza <strong>di</strong> erica arborea e ginestra dei carbonai.<br />

Queste ultime rappresentano uno sta<strong>di</strong>o evolutivo successivo ai ginestreti con erica,<br />

ritrovabili nelle stazioni più mesofile del versante a sud della cima Le Calanche dove la<br />

penetrazione della ginestra dei carbonai rappresenta un segnale <strong>di</strong> arricchimento in<br />

sostanze nutritive e favorisce il <strong>di</strong>namismo verso i successivi boschi <strong>di</strong> leccio.<br />

Qui il <strong>tasso</strong> si afferma soprattutto lungo le pietraie (chiamati “macei” nell’accezione<br />

elbana), dove riesce a emergere dalla macchia e a trovare chiazze <strong>di</strong> luce dove vegetare.<br />

Anche in questo caso gli esemplari presenti sembrano trovare riparo dall’essere<br />

circondati da rocce, che potrebbero svolgere il ruolo <strong>di</strong> “rallentatori”, a vantaggio delle<br />

piante, dell’acqua piovana che, vista la pendenza elevata dei versanti nella zona,<br />

scenderebbero rapidamente verso valle.<br />

Il portamento non è più prostrato e ciò è spiegabile con il fatto che verso sud le<br />

piante sono protette dai venti sciroccali (cal<strong>di</strong>) dalla pen<strong>di</strong>ce del monte e a nord sono<br />

protetti dai venti <strong>di</strong> libeccio e maestrale (fred<strong>di</strong>) dal sottostante bosco <strong>di</strong> leccio.<br />

La stazione n. 3, da identificarsi lungo la me<strong>di</strong>a-alta Valle della Nivera, è invece<br />

52


costituita da un soprassuolo più compatto caratterizzato da rimboschimenti <strong>di</strong> pino laricio e<br />

pino d’Aleppo che ancor oggi tendono ad formare il piano dominante del bosco.<br />

Oltre ai pini, derivanti dai rimboschimenti fatti a più riprese dagli anni ’30 agli<br />

anni’60, si trovano numerose piante <strong>di</strong> leccio che tendono a riconquistare quei vuoti che le<br />

pinete lasciano in seguito a schianti o morie. Vanno poi elencate alcune zone a presenza <strong>di</strong><br />

orniello e sorbo e le zone a carpino nero e bianco, caratteristiche soprattutto delle pietraie e<br />

delle zone <strong>di</strong> vallone.<br />

In questa stazione, il <strong>tasso</strong> va ad occupare la zona d’impluvio a ovest della vallata,<br />

spingendosi nel fosso della valle omonima e nella pietraia vicina (Maceo del Malpasso).<br />

Mentre sotto la pineta il <strong>tasso</strong> assume un habitus quasi esclusivamente<br />

monocormico con <strong>di</strong>ametri inferiori a 10 cm, scendendo verso il fosso sia il <strong>di</strong>ametro che<br />

la tendenza alla policormia tendono ad aumentare, fino ai <strong>di</strong>ametri <strong>di</strong> B25, B28, B29 e<br />

B78, tutti addensati lungo l’impluvio (ve<strong>di</strong> allegati).<br />

Spingendosi inoltre al <strong>di</strong> là del fosso, nella pietraia denominata Maceo del<br />

Malpasso sembrano inoltre trovarsi gli esemplari più gran<strong>di</strong>, <strong>di</strong> cui però non è stato<br />

possibile prendere le misure a causa della loro posizione, in quanto trattasi <strong>di</strong> piante il cui<br />

tronco è completamente (e probabilmente per <strong>di</strong>versi metri <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà) interrato fra le<br />

rocce.<br />

Fig. 4.13 Esemplare <strong>di</strong> <strong>tasso</strong> sito in Loc. Maceo del Malpasso<br />

53


4.2.3 Rinnovazione<br />

Lo stu<strong>di</strong>o <strong>sul</strong>la rinnovazione ha riportato che l’intero popolamento è caratterizzato<br />

da un totale <strong>di</strong> 326 piantine (ve<strong>di</strong> Fig.4.14).<br />

numero <strong>di</strong> piante<br />

100<br />

90<br />

80<br />

70<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

Stazione n.1, Monte Maolo-Le<br />

Filicaie<br />

Stazione n. 2, Monte Maolo-<br />

Valle della Nivera<br />

Stazione n. 3, Valle della<br />

Nivera<br />

h


Fig. 4.15 Rinnovazione <strong>di</strong> <strong>tasso</strong> fra le rocce<br />

Nella stazione n. 2, le 117 piantine <strong>di</strong> rinnovazione sono uniformemente <strong>di</strong>stribuite<br />

nelle tre classi <strong>di</strong> altezza; questa uniformità si riscontra anche a livello <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione in<br />

tutto il popolamento e sembrerebbe significare una costanza nel tempo della capacità <strong>di</strong><br />

rinnovarsi.<br />

È da notare, inoltre, come tale numero sia piuttosto elevato, specie se si riferisce<br />

all’esiguo numero <strong>di</strong> piante adulte contate in questo sub-popolamento.<br />

Nel complesso, questo popolamento sembra <strong>di</strong> recente inse<strong>di</strong>amento e probabile<br />

frutto della <strong>di</strong>sseminazione, nel corso del tempo, degli esemplari della stazione 1,<br />

geograficamente posta a quota superiore. La presenza <strong>di</strong> una estesa rinnovazione, potrebbe<br />

perciò essere attribuita sia alla capacità delle piante della stazione <strong>di</strong> produrre<br />

rigenerazione, sia alla “importazione” <strong>di</strong> rinnovazione della stazione superiore.<br />

Infine, è nella terza stazione che si osserva il maggior numero <strong>di</strong> piantine <strong>di</strong><br />

rinnovazione, che si ritrovano spingendosi ad est dall’attuale popolamento; tutte le plantule<br />

si trovano sotto la copertura della pineta che sembra svolgere un’azione <strong>di</strong> protezione da<br />

un’elevata assoluzione (ve<strong>di</strong> Fig.4.16), mantenendo un microclima più adatto allo<br />

sviluppo.<br />

55


Fig. 4.16 Piantina <strong>di</strong> <strong>tasso</strong> in Valle della Nivera, sotto pino<br />

56


CAPITOLO QUINTO<br />

CONCLUSIONI<br />

Questo lavoro <strong>di</strong> <strong>tesi</strong> si è posto come obiettivo principale quello <strong>di</strong> fornire un primo<br />

inquadramento generale <strong>sul</strong>le con<strong>di</strong>zioni ecologiche e ambientali in cui vegeta il <strong>tasso</strong><br />

all’Isola d’Elba, con il fine <strong>di</strong> delineare un possibile programma iniziale <strong>di</strong> interventi volti<br />

alla conservazione e alla valorizzazione <strong>di</strong> un patrimonio vegetale così importante.<br />

Per questo è stata ricostruita la storia dell’attuale popolamento <strong>di</strong> <strong>tasso</strong>, tramite<br />

l’acquisizione <strong>di</strong> dati <strong>di</strong> presenza dalla ricca bibliografia storica e, realizzando un confronto<br />

con la situazione attuale, è stata approntata un’analisi ecologica del territorio dove alberga<br />

la specie.<br />

Da queste analisi è constatabile come i popolamenti <strong>di</strong> <strong>tasso</strong> presi in esame ri<strong>sul</strong>tino<br />

ben acclimatati ed inseriti nei contesti vegetali e forestali che li ospitano.<br />

Questa conclusione, in linea generale, è confermata dalla presenza <strong>di</strong> rinnovazione<br />

affermata che si riscontra in due dei tre popolamenti descritti.<br />

La nota adattabilità ecologica del <strong>tasso</strong> trova un ulteriore conferma nel lavoro<br />

condotto, che evidenzia la permanenza della specie in con<strong>di</strong>zioni edafiche estreme o molto<br />

<strong>di</strong>fficili. La capacità <strong>di</strong> questa specie <strong>di</strong> assumere portamento <strong>di</strong>verso a seconda delle<br />

criticità delle con<strong>di</strong>zioni ambientali incontrate, fornisce la spiegazione della sua<br />

permanenza <strong>sul</strong> territorio, nonostante l’impatto antropico legato alle forti utilizzazioni<br />

forestali, come anche la capacità <strong>di</strong> sopravvivere in ambienti extra-zonali.<br />

I quattro popolamenti in<strong>di</strong>viduati durante il rilievo <strong>di</strong> campo possono essere<br />

accorpati in tre unità gestionali, anche se uno in particolare, composto dai rilievi B+X,<br />

sembra presentare situazioni ambientali composite al suo interno.<br />

Dalla cartografia ambientale <strong>di</strong>sponibile è possibile trarre due or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazioni<br />

gestionali che andranno anche a costituire l’asse logico delle linee guida per la gestione<br />

riportate al successivo capitolo 6.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o della rinnovazione, inoltre, aggiunge altri elementi utili per la definizione<br />

<strong>di</strong> un opportuno programma <strong>di</strong> gestione della tasseta. Infatti il legame che questa ha con le<br />

esposizioni più fresche e coi popolamenti forestali che la circondano dà una chiara<br />

in<strong>di</strong>cazione delle esigenze ecologiche che possono supportare la conservazione e lo<br />

sviluppo dei popolamenti.<br />

57


Da queste analisi è possibile delineare un’idea gestionale dei popolamenti, che<br />

prenda in considerazione le tre stazioni a cui è possibile riferire i popolamenti analizzati:<br />

o Stazione n. 1 (D), da Monte Maolo a Le Filicaie: popolamento affermato,<br />

caratterizzato però da con<strong>di</strong>zioni estreme per l’esposizione ai venti dominanti e<br />

mancanza <strong>di</strong> potenza nel suolo;<br />

o Stazione n. 2 (C), da Monte Maolo alla Valle della Nivera: popolamento<br />

caratterizzato da poche piante adulte, ma con forte possibilità <strong>di</strong> ulteriore<br />

affermazione dato il gran numero <strong>di</strong> piantine affermate nella rinnovazione;<br />

o Stazione n. 3 (B+X), Valle della Nivera: popolamento più esteso, legato a<br />

rimboschimenti <strong>di</strong> pino (<strong>di</strong> varie specie) <strong>di</strong> cui però non sembra subire la<br />

concorrenza e che potrebbe essere il primo soggetto <strong>di</strong> interventi puntiformi e<br />

mirati volti all’affermazione della rinnovazione del popolamento.<br />

Nel complesso, l’eventuale gestione attiva non può che prevedere interventi mirati<br />

che da una parte tendono a favorire l’affermazione della rinnovazione presente e futura e<br />

dall’altra tendono a costituire situazioni ecologiche più adatte al permanere delle piante <strong>di</strong><br />

<strong>tasso</strong> con la riduzione della concorrenza delle altre piante.<br />

Considerata la particolarità ambientale dell’Isola d’Elba, il fine è quello <strong>di</strong><br />

mantenere questo popolamento <strong>di</strong> tassi principalmente per il loro valore naturalistico e per<br />

la conservazione della bio<strong>di</strong>versità dell’Isola e della specie, oltre che per la loro rilevanza<br />

scientifica (e <strong>di</strong>dattica).<br />

Questo perché, date le con<strong>di</strong>zioni ambientali, è certamente possibile, con uno stu<strong>di</strong>o<br />

più approfon<strong>di</strong>to, ampliare le conoscenze inerenti questa specie, anche con l’eventuale<br />

confronto con altri popolamenti che si sviluppano nelle altre isole del Me<strong>di</strong>terraneo (per<br />

es.: Sardegna e Corsica) e <strong>sul</strong> resto della penisola italiana.<br />

Va ricordato infine che il <strong>tasso</strong> e le tassete rientrano nella Direttiva Habitat<br />

all’Allegato I come sempre meritevoli <strong>di</strong> una particolare attenzione tramite specifiche<br />

azioni <strong>di</strong> conservazione.<br />

58


CAPITOLO SESTO<br />

LINEE GUIDA PER UNA GESTIONE SELVICOLTURALE<br />

Il <strong>tasso</strong> rientra nell’habitat 9580 Boschi me<strong>di</strong>terranei con Taxus baccata designato<br />

dalla Direttiva europea 92/43/CEE, relativa alla “Conservazione degli habitat naturali e<br />

semi-naturali e della flora e della fauna selvatica” come “tipo da habitat naturale <strong>di</strong><br />

interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione <strong>di</strong> are speciali <strong>di</strong><br />

conservazione”.<br />

In virtù <strong>di</strong> questa designazione, si pone l’esigenza <strong>di</strong> re<strong>di</strong>gere una sorta <strong>di</strong> linee<br />

guida <strong>di</strong> gestione selvicolturale come completamento operativo del lavoro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, volto<br />

alla caratterizzazione ecologica condotto durante la <strong>tesi</strong>.<br />

Come già visto precedentemente, le con<strong>di</strong>zioni in cui vegeta il <strong>tasso</strong> ri<strong>sul</strong>tano essere<br />

<strong>di</strong>fferenziate a seconda della stazione o popolamento esaminato, <strong>di</strong>versificazione che si<br />

accentua quando si va ad indagare <strong>sul</strong>la presenza e <strong>sul</strong>le con<strong>di</strong>zioni della rinnovazione<br />

esistente.<br />

Proprio per le <strong>di</strong>fferenti caratteristiche ambientali, ecologiche e vegetazionali che si<br />

riscontrano, i possibili interventi vanno proposti e realizzati quanto più in maniera mirata e<br />

puntuale, tenendo conto che la presenza <strong>di</strong> <strong>tasso</strong> <strong>sul</strong>l’Elba riveste un carattere residuale ed<br />

extra-zonale <strong>di</strong> alto valore scientifico-conservazionistico.<br />

Per una puntuale definizione degli interventi proposti occorre riferirsi alle tre<br />

stazioni come in<strong>di</strong>viduate nel testo.<br />

La stazione 1 è quella che maggiormente risente <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni ambientali estreme,<br />

ossia dove per l’azione concomitante dell’esposizione <strong>di</strong>retta ai venti dominanti fred<strong>di</strong> e<br />

cal<strong>di</strong>, la maggior esposizione solare data la prossimità alle creste, un suolo assente o poco<br />

potente e comunque con una scarsezza <strong>di</strong> elementi nutritivi si registrano le maggiori<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> stress. Questa con<strong>di</strong>zione è confermata dalla fisionomia e composizione delle<br />

strutture vegetali che caratterizzano la stazione. Esse sono ascritte dalla Carta delle<br />

associazioni vegetali alla macchia bassa, pertanto poco in grado <strong>di</strong> fornire protezione alle<br />

piante <strong>di</strong> <strong>tasso</strong>. Va aggiunto che la rinnovazione è assai rara, a conferma dello stato <strong>di</strong><br />

criticità generale.<br />

In questa stazione gli interventi gestionali <strong>di</strong> conservazione proponibili non possono<br />

che puntare alla raccolta <strong>di</strong> materiale riproduttivo, per una propagazione <strong>di</strong> tipo vivaistica,<br />

59


in ossequio alle <strong>di</strong>rettive <strong>di</strong> conservazione ex situ, per un successivo reimpianto in quelle<br />

situazioni della stazione (e zone limitrofe) che meglio sembrano presentarsi come adeguati.<br />

Un’azione <strong>di</strong> particolare tutela va pensata per la pianta isolata, che potrebbe essere<br />

adeguatamente controllata e protetta con strutture fisse o cartellonistica.<br />

La stazione 2 presenta con<strong>di</strong>zioni vegetative ed ambientali <strong>di</strong>verse, testimoniate<br />

dall’inserimento <strong>di</strong> questo popolamento dentro una formazione a leccio ed in subor<strong>di</strong>ne<br />

carpino ed orniello, che testimoniano la presenza <strong>di</strong> uno strato pedologico migliore o<br />

almeno più potente.<br />

Questo è avvalorato dalla presenza importante <strong>di</strong> rinnovazione (anche se questa<br />

potrebbe essere importata dalla stazione 1, posta ad una quota superiore). Qui l’azione<br />

gestionale principale è <strong>di</strong> tipo passivo, ovvero <strong>di</strong> solo monitoraggio dell’evoluzione del<br />

soprassuolo nel suo complesso.<br />

Un’azione gestionale importante potrebbe essere quella volta a valutare se la<br />

<strong>di</strong>stanza dal sentiero n. 5 delle singole piante <strong>di</strong> rinnovazione possa avere una correlazione<br />

significativa. Questo guiderebbe eventuali azioni <strong>di</strong> riempimento o <strong>di</strong>rado verso quelle<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> luce che caratterizzano la fascia parallela al sentiero.<br />

La stazione 3 che si articola nella vallata della Nivera è quella in cui sono<br />

ipotizzabili delle azioni selvicolturali <strong>di</strong> gestione, anche se va chiarito che esse sono<br />

sempre da intendersi come puntuali e circostanziate. I boschi della Valle della Nivera sono<br />

quelli che nell’Isola d’Elba hanno subito storicamente lo sfruttamento maggiore. Da questo<br />

è nata la necessità in tempi passati <strong>di</strong> operare con il rimboschimento realizzato con<br />

l’impiego <strong>di</strong> conifere me<strong>di</strong>terranee, ma anche alloctone (pino insigne, pino laricio e pino<br />

nero).<br />

Gli interventi selvicolturale ipotizzati vanno nella doppia <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> ricondurre<br />

questo soprassuolo alla vegetazione tipica, favorendo l’inse<strong>di</strong>arsi della lecceta alta o della<br />

macchia-foresta a leccio (il cui tipo strutturale e composito è apprezzabile nella stazione 2),<br />

agendo con l’eliminazione, me<strong>di</strong>ante <strong>di</strong>radamenti puntuali e selettivi, <strong>di</strong>retta in particolare<br />

ai pini alloctoni.<br />

Un’altra azione gestionale importante può essere quella del contenimento dell’edera<br />

e della vitalba, soprattutto per quelle piante <strong>di</strong> <strong>tasso</strong> nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze delle quali<br />

si è inse<strong>di</strong>ata la rinnovazione.<br />

60


Anche se nel complesso non si registrano danni da fauna selvatica (mufloni e<br />

cinghiale) alla pianta <strong>di</strong> <strong>tasso</strong>, è da prevedersi un’azione <strong>di</strong> monitoraggio a cadenza<br />

regolare, come pure va valutato se la percorrenza dei sentieri da parte dei turisti possa<br />

creare situazioni <strong>di</strong> conflitto con il mantenimento <strong>di</strong> una sod<strong>di</strong>sfacente presenza del <strong>tasso</strong>.<br />

Riguardo al turista è ipotizzabile un’azione <strong>di</strong>vulgativa con un opuscolo realizzato<br />

appositamente e una cartellonistica segnalatrice nei pressi della stazione più accosta al<br />

sentieri.<br />

Anche la manutenzione generale dei sentieri e il ripristino del collegamento tra il<br />

sentiero n.5 ed il n.6 permetterebbe una migliore fruizione e, nel contempo, un’azione <strong>di</strong><br />

monitoraggio dei popolamenti.<br />

Per una maggiore conoscenza <strong>sul</strong>la specie, si ipotizza anche uno stu<strong>di</strong>o ed analisi<br />

dei suoli delle stazioni esamitate.<br />

Tutte le azioni gestionali proposte possono essere inserite nei piani <strong>di</strong> gestione dei<br />

SIC previsti dalla Direttiva, ma anche costituire la base sia <strong>di</strong> ulteriori azioni <strong>di</strong> ricerca<br />

applicata tipiche delle Scienze Forestali, sia <strong>di</strong> un’idea <strong>di</strong> accesso agli strumenti economici<br />

LIFE che costituiscono il canale <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> finanziamento della gestione e conservazione<br />

degli ambienti e delle specie designati dalla Direttiva Habitat o anche lo strumento con cui<br />

implementare delle richieste <strong>di</strong> finanziamento a valere sui fon<strong>di</strong> regionali stanziati con i<br />

PSR.<br />

61


STAZIONE 1 STAZIONE 2 STAZIONE 3<br />

Azioni Altamente Prioritarie:<br />

- Raccolta seme, riproduzione in<br />

vivaio, reimpianto<br />

- Cartellinatura delle piante,<br />

implementazione scheda<br />

descrittiva per il monitoraggio<br />

- Salvaguar<strong>di</strong>a della “pianta<br />

lontana”<br />

Azioni Prioritarie:<br />

- Analisi dei suoli della stazione<br />

Azioni Importanti:<br />

- Realizzazione <strong>di</strong> piccoli muretti<br />

a secco (microterrazzamenti)<br />

per ulteriori reimpianti<br />

Azioni Importanti:<br />

- Analisi dei suoli della<br />

stazione<br />

- Analisi della correlazione<br />

“<strong>di</strong>stanza delle piantine<br />

della rinnovazione dal<br />

sentiero”<br />

Azioni Rimandabili:<br />

- Diradamenti puntuali per<br />

l’apertura <strong>di</strong> spazi <strong>di</strong> luce<br />

Azioni Importanti:<br />

- Analisi dei suoli della<br />

stazione<br />

- Controllo della<br />

vegetazione infestante<br />

(edera, vitalba, rovi) per<br />

quelle piante che<br />

presentano rinnovazione<br />

nelle loro più imme<strong>di</strong>ate<br />

vicinanze<br />

Azioni Rimandabili:<br />

- Diradamenti selettivi<br />

in<strong>di</strong>rizzati principalmente<br />

all’eliminazione dei pini<br />

alloctoni<br />

Quadro sinottico delle azioni gestionali ipotizzate or<strong>di</strong>nate secondo un grado <strong>di</strong><br />

urgenza <strong>di</strong> realizzazione


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del Tirreno. Traduzione <strong>di</strong> T. Pisani. Ed. Akademos, Lucca, 1993.<br />

Thomas P.A., Polwart A., 2003. Taxus baccata L. Journal of Ecology, 91, pp. 489-524<br />

Tucci G., Schirone A., 2003. Su alcune strutture xilematiche osservate nel <strong>tasso</strong> (Taxus<br />

baccata L.). In: Il <strong>tasso</strong>, un albero da conoscere e conservare. Cogecstre. Penne, pp.78-<br />

81.<br />

White J.E.J., 1998. Estimating the age of large and veteran trees in Britain. Forestry<br />

Commission Information Note 012. HMSO/Forestry Commision, London, UK.<br />

Williamson R., 1978. The Great Yew Forest. The Natural History of Kingley Vale.<br />

Macmillan, london, UK.<br />

5


BIBLIOGRAFIA II<br />

Anonimo. Notizie riguardanti l’Isola dell’Elba. Manoscritto attribuito alla seconda<br />

metà del XVIII sec., stampa commentata a cura <strong>di</strong> L. Totaro e G. Soria. Ed. CSDE,<br />

Portoferraio, 1993.<br />

Barsotti G., Nannoni R., 2006. Rocce, mimerali e miniere. Storia geologica<br />

dell’Arcipelago toscano. Ed. Pacini.<br />

Ferruzzi P.,1991 Jovis Giove Po<strong>di</strong>um Poggio. Storia <strong>di</strong> una comunità dell’Elba. Ed. Il<br />

Libraio, Portoferraio.<br />

Ninci G., 1898. Storia dell’Isola d’Elba. Ristampa anastatica, Ed. Forni, Bologna.<br />

Rosolani R., Ferrari M., 2001. Elba Territorio e Civiltà <strong>di</strong> un’Isola. Ed.RS, Genova.<br />

Thiebaut de Berneaud A., 1808. Viaggio all’Isola d’Elba, con una nota <strong>sul</strong>le altre isole<br />

del Tirreno. Traduzione <strong>di</strong> T. Pisani. Ed. Akademos, Lucca, 1993.<br />

6


ALLEGATI<br />

(Schede <strong>di</strong> rilevi <strong>di</strong> campo)<br />

7


Allegato 1: Scheda rilievi <strong>di</strong> campo stazione n. 1<br />

STAZIONE N. 1<br />

Loc.: da M. Maolo a Le Filicaie, lungo sentiero n. 00<br />

Altitu<strong>di</strong>ne: da 800 a 950 m s.l.m.<br />

Geologia: grano<strong>di</strong>orite del M. Capanne/calcareo<br />

Morfologia: accidentata, su roccia<br />

Descrizione soprassuolo:<br />

Componente arborea composta da leccio e <strong>tasso</strong><br />

Componente arbustiva composta da erica scoparia<br />

Componente erbacea composta da ginestre<br />

ID DIAM. H SESSO QUOTA<br />

DESCRIZIONE<br />

cm m<br />

m s.l.m.<br />

D01 / / F 831 - Monocormico;<br />

- Non misurabile perché dentro roccia<br />

D02 / 7,5 F 887 - Monocormico;<br />

- Unica pianta esposta a sud<br />

D03 / 3,0 M 903 - Monocormico;<br />

- Non misurabile perché dentro roccia<br />

D04 15,0 4,0 F 890 - Policormico;<br />

- Dentro roccia;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

D05 / 2,0 M 892 - Policormico;<br />

- Non misurabile perché dentro roccia<br />

D06 30,6 4,0 M 888 - Policormico;<br />

- Si presenta secco per metà;<br />

- Dentro roccia<br />

D07 / 4,0 M 887 - Policormico;<br />

- Non misurabile perché dentro roccia;<br />

- Si presenta secco per metà<br />

D08 / 1,8 F 876 - Monocormico;<br />

- Non misurabile perché dentro roccia<br />

D09 / / M 880 - Monocormico;<br />

- Presenta portamento prostrato;<br />

- Non misurabile per la posizione<br />

D10 / 2,5 F 878 - Monocormico;<br />

- Non misurabile perché dentro roccia<br />

D11 / / M 888 - Policormico;<br />

- Si presenta in parte secco;<br />

- Non misurabile perché dentro roccia<br />

D12 / 3,0 F 879 - Policormico;<br />

- Non misurabile perché dentro roccia<br />

- Presenza <strong>di</strong> rovi intorno<br />

D13 / 3,5 F 892 - Monocormico;<br />

- Non misurabile perché dentro roccia<br />

8


D15 31,2 5,0 F 885 - Policormico<br />

-<br />

D16 14,4 1,0 M 897 - Policormico;<br />

- Si presenta secco in parte<br />

D17 / / M 883 - Monocormico;<br />

- Si presenta per gran parte secco;<br />

- Non misurabile perché dentro roccia<br />

D18 / 5,0 F 870 - Monocormico;<br />

- Non misurabile perché dentro roccia<br />

9


Allegato 2: Scheda rilievi <strong>di</strong> campo stazione n. 2<br />

STAZIONE N. 2<br />

Loc.: da M. Maolo alla Valle della Nivera, lungo sentiero n. 5<br />

Altitu<strong>di</strong>ne: 730 m s.l.m.<br />

Geologia: grano<strong>di</strong>orite del M. Capanne/calcareo<br />

Morfologia: accidentata, presenza <strong>di</strong> frane<br />

Descrizione soprassuolo:<br />

Componente arborea composta da leccio, erica arborea <strong>sul</strong> piano dominante, localmente<br />

presenza tassi spora<strong>di</strong>ci<br />

Componente arbustiva quasi assente, si ritrova rinnovazione <strong>di</strong> <strong>tasso</strong><br />

Componente erbacea composta da felce aquilina, muschi e rovo<br />

ID DIAM. H SESSO QUOTA<br />

DESCRIZIONE<br />

cm m<br />

m s.l.m.<br />

C1 4,5 2,7 F 733 - Policormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

C2 8,0 2,0 M 751 - Policormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

C3 8,0 2,2 F 727 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

C4 3,5 2,2 M 750 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

C5 3,5 3,0 M 763 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

C6 36,7 13,0 F 761 - Policormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

C7 33,7 10,2 F 780 - Policormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

C8 3,8 1,5 M 785 - Policormico;<br />

- Presenta portamento prostrato;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

10


Allegato 3: Scheda rilievi <strong>di</strong> campo stazione n. 3<br />

STAZIONE N. 3<br />

Loc.: Valle della Nivera<br />

Altitu<strong>di</strong>ne: da 650 a 780 m s.l.m.<br />

Geologia: grano<strong>di</strong>orite del M. Capanne<br />

Morfologia: accidentata<br />

Descrizione soprassuolo:<br />

Componente arborea composta da leccio, pino laricio, pino d’Aleppo e <strong>tasso</strong>; spora<strong>di</strong>ca<br />

presenza <strong>di</strong> carpino nero, carpino bianco, orniello e sorbo<br />

Componente arbustiva quasi assente, si ritrova rinnovazione <strong>di</strong> <strong>tasso</strong><br />

Componente erbacea composta da felce aquilina, muschi e rovo<br />

ID DIAM. H SESSO QUOTA<br />

DESCRIZIONE<br />

cm m<br />

m s.l.m.<br />

B1 / / M 649 - Le misure non sono pren<strong>di</strong>bili in<br />

quanto si trova sotto rovi e roccia;<br />

- Policormico;<br />

- Presenta attacchi <strong>di</strong> corticicoli a<br />

un ramo<br />

B2 27,1 9,5 M 661 - Monocormico;<br />

- Avvolto da liane ed edera<br />

B3 10,2 4,3 M 674 - Policormico<br />

B4 40,1 7,5 F 666 - Policormico<br />

B5 33,4 9,5 F 673 - Policormico<br />

B6 63,0 8,5 M 629 - Policormico<br />

B7 47,3 6 F 685 - Policormico;<br />

- In parte secco<br />

B8 13,6 6 F 683 - Monocormico<br />

B9 43,0 7 F 683 - Policormico<br />

B10 16,6 6 M 681 - Policormico<br />

B11 43,0 5,5 F 700 - Policormico<br />

B12 18,1 4 F 697 - Policormico<br />

B13 24,8 5,5 M 678 - Policormico<br />

B14 10,8 3 M 689 - Monocormico;<br />

- In parte secco;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B15 23,3 11 F 693 - Policormico<br />

B16 12,1 3,5 M 693 - Policormico;<br />

- Spezzato alla cima<br />

B17 7 3 F 689 - Monocormico;<br />

- Spezzato alla cima;<br />

- Presenza <strong>di</strong> molti rovi intorno<br />

B18 5,4 3,5 M 687 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rovi intorno<br />

B19 3,8 2,8 F 687 - Monocormico<br />

B20 23,2 7 M 688 - Policormico<br />

B21 5,4 4,5 M 715 - Monocormico<br />

11


B22 8,6 4,5 F 705 - Monocormico<br />

B23 8 6,5 M 706 - Monocormico<br />

B24 5,1 3,2 M 718 - Monocormico<br />

B25 85,9 7,3 F 725 - Policormico;<br />

- Avvolto da edera<br />

B26 45,2 8 F 728 - Monocormico;<br />

- Ha il fusto contorto<br />

B27 33,4 5 F 732 - Monocormico<br />

B28 51,3 5 / 732 - Policormico;<br />

- Avvolto da liane;<br />

- Si presenta quasi completamente<br />

secco<br />

B29 71,3 6 M 732 - Policormico;<br />

- Avvolto da edera<br />

B30 / / / 736 - Monocormico;<br />

- Dimensioni e sesso non pren<strong>di</strong>bili<br />

per la posizione<br />

B31 26,1 4 / 719 - Policormico<br />

B32 / 4 / 718 - Policormico;<br />

- Diametro non pren<strong>di</strong>bile per la<br />

posizione<br />

B33 / / / 714 - Monocormico;<br />

- Dimensioni non pren<strong>di</strong>bili per la<br />

posizione<br />

B34 / / / 718 - Monocormico;<br />

- Dimensioni non pren<strong>di</strong>bili per la<br />

posizione<br />

B35 / / / 743 - Policormico;<br />

- Dimensioni non pren<strong>di</strong>bili per la<br />

posizione<br />

B36 / / / 775 - Monocormico;<br />

- Dimensioni non pren<strong>di</strong>bili per la<br />

posizione<br />

B38 28 7 M 676 - Policormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B39 35,3 5,5 M 695 - Policormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B40 3,8 2,7 M 705 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B41 5,4 2,5 M 705 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B42 4,1 1,6 F 705 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B43 5,7 3,7 M 705 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B44 5,7 1,4 M 702 - Monocormico;<br />

- Attorcigliato a Erika scoparia;<br />

- Spezzato alla cima<br />

B45 4,1 2,9 F 703 - Monocormico<br />

B46 6,1 2,4 F 723 - Monocormico;<br />

12


- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B47 4,8 3,2 F 728 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B48 10,5 4,0 F 738 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B49 6,1 3,5 M 736 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B50 8,9 3,5 F 726 - Policormico<br />

B51 6,4 2,8 F 732 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B52 5,1 2,6 F 735 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B53 5,1 2,9 M 733 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B54 5,1 3,4 F 721 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B55 5,7 3,5 M 736 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B56 4,8 3,0 F 739 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B57 5,7 3,5 F 723 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B58 6,4 3,0 F 723 - Monocormico<br />

B59 49,0 4,5 F 723 - Policormico<br />

B60 5,4 2,5 F 723 - Monocormico<br />

B61 7,0 3,0 M 724 - Monocormico<br />

B62 6,7 3,4 F 717 - Monocormico<br />

B63 3,8 2,2 M 747 - Monocormico;<br />

- Presenta fusto contorto<br />

B64 8,0 2,5 M 747 - Policormico<br />

B65 4,8 2,0 F 747 - Monocormico<br />

B66 9,2 3,5 F 760 - Monocormico<br />

B67 4,8 2,2 M 724 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

B68 9,9 3,0 F 702 - Monocormico<br />

B69 6,4 2,1 F 710 - Monocormico<br />

B70 4,8 2,5 F 723 - Monocormico<br />

B71 4,5 1,0 F 727 - Monocormico;<br />

- Portamento prostrato<br />

B72 5,1 2,5 F 764 - Monocormico<br />

B73 5,1 2,3 F 771 - Policormico;<br />

- Presenta segni da grufola mento<br />

B74 4,5 3,0 M 771 - Monocormico<br />

B75 4,1 2,5 M 771 - Monocormico<br />

B76 / / M 771 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rovi intorno;<br />

- Dimensioni non pren<strong>di</strong>bili per la<br />

posizione<br />

B77 9,9 4,5 M 763 - Policormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rovi intorno<br />

13


B78 47,8 5,0 F 727 - Monocormico;<br />

- Avvolto da specie lianose;<br />

- Portamento contorto<br />

X1 6,7 / M 730 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

X2 7,0 3,5 F 819 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

X3 3,8 2,2 M 787 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

X4 4,5 2,5 F 768 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

X5 5,4 2,5 M 812 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

X6 8,0 3,0 M 790 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

X7 7,0 3,0 F 771 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rovi intorno;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

X8 5,4 2,5 M 812 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

X9 5,7 2,5 M 812 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

X10 6,1 2,7 M 812 - Monocormico;<br />

- Presenza <strong>di</strong> rinnovazione vicino<br />

14

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