Contardi padre.qxp - Edizioni Ares
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processo di costituzione della soggettività umana.<br />
L’idealismo formalista e linguista lacaniano riduce il<br />
processo di simbolizzazione all’ordine simbolico, il<br />
complesso di Edipo alla metafora paterna, la funzione<br />
paterna al significante del Nome-del-Padre, la castrazione<br />
freudiana (angoscia e fantasma) alla castrazione<br />
simbolica. Tutti i fondamenti della teoria analitica<br />
alla cui accettazione Freud vincolava, come più<br />
sopra ricordato, la legittimità di annoverarsi tra gli<br />
psicoanalisti, vengono a decadere nella deviazione lacaniana,<br />
e con la loro abrogazione è rinfrancato il percorso<br />
della modernità che, impegnata nella ricusazione<br />
di ogni trascendenza sovraindividuale, toglie infine<br />
consistenza normativa financo al <strong>padre</strong> reale. Di<br />
quest’ultimo non resta che uno spazio vuoto, nominato<br />
dalla madre attraverso il suo indicare ai figli il luogo<br />
del proprio desiderio, puro significante pluralizzabile<br />
nei Nomi-dei-Padri.<br />
Il materno<br />
nella vita dello spirito<br />
Non a caso, come già avvenuto, nell’àmbito delle defezioni<br />
dalla psicoanalisi, al percorso teorico intrapreso<br />
da Carl Gustav Jung, anche in Lacan la sottrazione<br />
del riferimento al <strong>padre</strong> carnale, pulsionale, si accompagna<br />
a una accentuazione del «materno» che, come<br />
da Freud denunciato, fatalmente promuove, quale involuzione<br />
nella vita dello spirito, l’abbandono del riferimento<br />
al monoteismo della tradizione ebraico-cristiana<br />
a favore del politeismo di provenienza dall’Estremo<br />
Oriente 22 . La centralità di quest’ultimo, riconoscibile<br />
nel corso del dispiegarsi della riflessione lacaniana,<br />
è evidente sin dal fondativo «discorso di Roma»<br />
del 1953, nel quale le deviazioni tecniche introdotte<br />
sono esplicitamente ricondotte alla pratica zen,<br />
e al quale è apposto come sigillo conclusivo un episodio<br />
del Bhrad-âranyaka Upanishad riguardante il<br />
noviziato presso il dio del tuono Prajapâti, genitore<br />
comune, nel variegato pantheon induista, degli dèi celesti<br />
e delle potenze delle tenebre a essi avversi.<br />
All’interno di una visione che sminuisce il <strong>padre</strong> in<br />
carne e ossa a un significante e alle funzioni che nella<br />
psiche vi sarebbero associate, istituendolo astrattamente<br />
quale Legge del bambino e della madre, anche<br />
quest’ultima è privata però infine degli attributi materiali<br />
a essa riconosciuti invece dalla psicoanalisi. Sottratta<br />
al duplice compito di modulazione/elaborazione<br />
differenziante degli eccitamenti e di successivo oggetto<br />
di desiderio sessuale, espulsa sul piano teorico<br />
in un Reale primario assolutamente estraneo 23 , anche<br />
la madre sconta infatti in ultimo le conseguenze dell’intellettualizzazione<br />
strutturalista sviluppata dallo<br />
psichiatra francese. Insieme alla sessualità è del resto<br />
l’affetto a risultare il grande assente della costruzione<br />
da lui proposta. Con ciò promuovendo dunque con<br />
forza la delegittimazione del complesso edipico, in riferimento<br />
al quale si è venuta invece organizzando la<br />
famiglia umana nel corso dell’evoluzione della civiltà,<br />
la teoria lacaniana testimonia inoltre, attraverso il<br />
processo di sovvertimento delle concezioni psicoanalitiche<br />
da essa operato, degli attacchi cui sono fatalmente<br />
esposte nella modernità anche le formulazioni<br />
culturali più approfondite e significative allorché siano<br />
espressione di esigenze di pensiero incompatibili<br />
con la destituzione di ogni sapere portatore di una<br />
istanza paterna, come tale inevitabilmente aperto all’alterità<br />
e dunque a tutto quanto può evocare un garante<br />
esterno, trascendente.<br />
«Autorizzarsi da sé» 24 non è solo cifra dell’etica lacaniana,<br />
ma espressione di una più generale tentazione<br />
mortifera a sconfessare la verità e la realtà dei limiti,<br />
la legge delle separazioni e delle differenze (tra i sessi<br />
e tra le generazioni), insieme alle coordinate spazio-temporali<br />
e razionali che esse comportano. Aggirando<br />
in tal modo l’Edipo e la connessa minaccia di<br />
castrazione, sono altrettanto evitate le sofferenze e le<br />
ferite psichiche derivanti dal riconoscimento della<br />
propria inadeguatezza nonché la consapevolezza dell’impossibilità<br />
di una completezza dell’Io. Alla sconfessione<br />
segue la sostituzione della legge paterna con<br />
un universo confuso e privato della differenziazione<br />
dei valori, proprio di una «organizzazione» conosciuta<br />
in àmbito clinico attraverso il variegato spettro delle<br />
perversioni. Riguardo a queste ultime, al pericolo<br />
da esse rappresentato a causa del movimento regressivo<br />
che le istituisce e accomuna nel desiderio di screditare<br />
il potere del Padre-creatore ponendosi al suo<br />
posto, ricordo quanto avanzato con apprensione da<br />
Freud in una lettera a Wilhelm Fliess: «Sto incominciando<br />
a credere che nella perversione… possano esservi<br />
residui di un ancestrale culto sessuale, che un<br />
tempo può essere stato una religione, nell’Oriente semitico<br />
(Moloch, Astarte)… Immagino dunque un’ancestrale<br />
religione diabolica i cui riti continuano a essere<br />
compiuti in segreto, e ora comprendo la severa<br />
terapia che usavano i giudici delle streghe» (Freud<br />
1887-1904, 257-258).<br />
Il ritorno<br />
al <strong>padre</strong> edipico<br />
Preoccupazione, quella di Freud riguardo alla persistenza<br />
al cuore dell’uomo di oscure forze sempre in<br />
agguato e pronte a travolgere i fragili argini a esse opposti<br />
dallo sviluppo spirituale, che non può non tornare<br />
a condividere chi interroghi oggi i segni dell’invadenza<br />
del discorso della modernità in àmbito sociale<br />
e culturale. Nel suo Appello alla ragione, pronunciato<br />
nel 1930 a Berlino nella Beethovensaal, e