Il pane e la rosa. Antologia della poesia napoletana ... - Adda Editore
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andrebbero considerati nel<strong>la</strong> loro singo<strong>la</strong>rità: il primo è quello di Tommaso Pignatelli, di cui si sa solo che quello<br />
usato è lo pseudonimo di un importante ex par<strong>la</strong>mentare e quasi certamente ex ministro italiano. Lo pseudonimo<br />
è legato forse al<strong>la</strong> pubblicazione di Luigi Amabile, datata Napoli 1883, dal titolo Fra Tommaso Pignatelli. La sua<br />
congiura e <strong>la</strong> sua morte. Narrazione con molti documenti inediti e con un’appendice di documenti sulle macchinazioni di fra Epifanio<br />
Fioravanti, Rodolfo De Angelis principe di Sanza; questo farebbe pensare ad un personaggio dagli esiti personali non<br />
lieti e nel<strong>la</strong> medesima chiave si potrebbero interpretare alcuni suoi versi quali «tu mo vulisse / ca fute verità ntu<br />
terraturo / subissero n’eccrise», o anche «’O ssaccio chillo ca s’adda fa’ / certe vvote: appiccià o munno, / o ’nzerrasse a tutto,<br />
dicere è fennuta, / non azzetto cchiù manc’ o sole, / nun m’allicuordo d’esse nato». Achille Serrao stesso rappresenta poi un<br />
caso singo<strong>la</strong>re. Poeta, scrittore e saggista in lingua italiana, si è accostato ad un dialetto che non è né esattamente<br />
napoletano, né esattamente il suo. Infatti, figlio di genitori provenienti dall’hinter<strong>la</strong>nd napoletano e più<br />
precisamente da Caivano, nel<strong>la</strong> cosiddetta Terra di Lavoro, scrive in una lingua affettiva che non gli appartiene se<br />
non geneticamente, una lingua dunque ricostruita, e che è tale solo nell’uso letterario che egli ne fa.<br />
Carlo Coppo<strong>la</strong>