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Ralph Waldo Emerson<br />

a cura di B. Soressi<br />

bensore@lycos.it<br />

Quaderno Filosofi & Classici<br />

SWIF<br />

Sito Web <strong>Italiano</strong> per la Filosofia<br />

www.swif.it


Ralph Waldo Emerson<br />

B. Soressi – Ralph Waldo Emerson<br />

Ralph Waldo Emerson (Boston 1803 - Concord 1882), è il quarto figlio di un pastore<br />

della Chiesa Unitariana, una chiesa protestante “liberale”, per così dire. Rimasto orfano<br />

di padre nel 1811, studia alla Public Latin School e si diploma all’Harvard College nel<br />

1821. Insegna nelle scuole “per giovani donne,” dove resterà fino all’entrata<br />

nell’università di teologia di Harvard, da cui riceve il MA nel ’27. Nel ’29 è ordinato<br />

pastore e sposa Ellen Tucker, che due anni dopo muore di tubercolosi. Ha inizio la<br />

prima importante crisi, che sfocia nelle dimissioni come pastore e in un lungo viaggio in<br />

Europa, Italia inclusa. Stringe amicizia con Carlyle e incontra Wordsworth e Coleridge.<br />

Tornato negli Usa, nel ’34 inizia una lunga carriera come conferenziere. L’anno<br />

seguente si trasferisce in una casa di campagna, a Concord. Sposa Lydia Jackson (1802-<br />

92), da cui avrà cinque figli. Nel ’38 legge pubblicamente un “Appello per i Cherokee,”<br />

che furono allontanati dalla Georgia, e contribuisce alla stessa causa con una severa<br />

lettera a Van Buren, presidente degli Usa. Nel ’40 esce The Dial, la rivista del<br />

Trascendentalismo, che dirigerà nel 1842. Quest’anno H.D. Thoreau si stabilisce in casa<br />

Emerson. Sarà un tuttofare e una figura paterna durante i lunghi tour di conferenze<br />

dell’amico. E. guarda con simpatia distaccata ai tanti esperimenti di vita comunitaria del<br />

suo tempo, come la comunità “neopitagorica” dell’amico A.B. Alcott. Declina l’invito a<br />

prender parte all’altra “comune” Brook Farm. Nel ’43 espone pubblicamente la sua<br />

posizione antischiavista, che lo porta a rischiare l’incolumità durante un discorso del<br />

1861. Nel ’66 riceve il dottorato honoris causa presso l’Harvard College, dove è<br />

convocato l’anno seguente per tenere alcune lezioni. Nel 1873 è nuovamente in Europa<br />

e in Italia.<br />

I Sermoni<br />

Nel 1826 E. pronuncia il primo dei suoi centosettantuno Sermoni, opere in cui, tra<br />

svariate ingenuità, si notano una notevole apertura mentale su questioni teologiche e<br />

acute anticipazioni del suo pensiero futuro. L’ultimo sermone è The Lord’s Supper<br />

(1832): qui presenta le dimissioni come pastore, dopo aver offerto un’interpretazione<br />

simbolistica del dogma della transustanziazione e dopo aver argomentato contro la<br />

tradizionale concezione (fatta propria dagli unitariani) per cui il pane e il vino consacrati<br />

sono il corpo di Cristo. Gesù è visto essenzialmente come modello supremo di<br />

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B. Soressi – Ralph Waldo Emerson<br />

educatore, e spogliato di ogni esclusiva veste divina. Emerge un’idea della spiritualità<br />

cristiana come libertà e come invito a vivere nell’amore aprendosi alle possibili forme<br />

rituali e di vita, senza irrigidirsi in forme specifiche o in rigide istituzioni.<br />

Natura (1836)<br />

In questi anni E., che già a Parigi subisce il fascino del Jardin des plantes e del<br />

Musée des sciences, legge con entusiasmo l’astronomo e teorico delle scienze Herschel<br />

e scrive saggi di storia naturale, di letteratura inglese e biografie (come quella di<br />

Michelangelo Buonarroti). Nel 1836 esce, anonimo, Natura, un trattatello sistematico<br />

breve ma centrale nel panorama del Trascendentalismo americano, una corrente<br />

filosofica che nelle versioni di E. e Thoreau può vedersi come un esistenzialismo sui<br />

generis, che ha diramazioni tanto pragmatiche quanto idealistiche e profetiche. Nature<br />

inizia con un’implicita critica degli storicismi post-hegeliani e di ogni sguardo<br />

“retrospettivo,” che egli svilupperà in saggi successivi e si ritroverà poi, quasi invariata,<br />

nella seconda Inattuale di Nietzsche. L’altra critica, rivolta a forme di empirismo<br />

giudicate aride e banalizzanti, come quelle humeane, è sottesa alla volontà di realizzare<br />

un pensiero in grado di ispirare i pensatori dell’avvenire e di invitarli a un<br />

atteggiamento sperimentale e pensante-poetante nei confronti della vita. Ciò è anche una<br />

sorta di trasfigurazione della scommessa di Pascal (i cui Pensieri E. leggeva già a nove<br />

anni). È seguendo attentamente questo filo conduttore, e il continuo riferimento della<br />

vita alla scrittura e viceversa, che si giungerebbe – e senza grossi salti – al pragmatismo<br />

poetico di Nietzsche e Heidegger. Sono tutti tratti caratterizzanti la sua opera<br />

successiva. L’idea principale è quella di preparare il terreno testuale e spirituale per la<br />

venuta di un futuro Pensatore-poeta (altrove chiamato Riformatore, Individuo e, come<br />

qui di seguito, Studioso americano…).<br />

Lo studioso americano (1837) e Divinity School Address (1838)<br />

Questi due saggi sono frutto di fervidi anni di studi pedagogici, di filosofia della<br />

cultura e antropologia filosofica (concentrati in un consistente numero di altri saggi che<br />

forse varrebbe ancora la pena di considerare). Il saggio del ’37 è l’elaborazione di<br />

un’omonima conferenza tenuta a Harvard, definita da O.W. Holmes la “Dichiarazione<br />

d’Indipendenza intellettuale” americana. Lettori e studiosi d’ogni sorta sono invitati a<br />

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costruire dalle fondamenta una cultura autenticamente americana, e a liberarsi dall’ansia<br />

d’imitare a ogni costo i modelli europei. È inoltre suggerito l’ideale, poi gramsciano, di<br />

un intellettuale organico, totale, in grado di unire pensiero e azione. Lo studioso deve<br />

essere - prima che un lettore di libri - un osservatore del reale, della quotidianità anche<br />

più umile e ordinaria. Il saggio del ’38 disegna a forti tinte un’immagine non certo<br />

nuova ma ancora, nella sua estrema semplicità, “scandalosa” per teologi e conservatori:<br />

quella di un Gesù maestro democratizzatore della divinità, che insegna a tutti e ciascuno<br />

a diventare quegli esseri divini che sono in potenza. È rigettata l’idea per cui solo a<br />

Gesù Cristo o ad altri enti divinizzati - spetterebbero in maniera esclusiva i regali<br />

privilegi della divinità. Questa pretesa di esclusività starebbe alla base della “universale<br />

decadenza e attualmente quasi della morte della fede, nella società”.<br />

Saggi, I serie (1841)<br />

I Saggi rappresentano una delle opere più ricche e mature di E. La fiducia in se<br />

stessi è il cardine del pensiero di E. e non a torto il suo saggio più celebre: è la versione<br />

moderna dell’antico credo socratico e stoico nell’individuo e nelle risorse dell’anima, e<br />

in una mente, o anima, insieme individuale e universale. Ciò comporta la necessità di<br />

esprimere, o almeno di seguire con attenzione, le nostre “convinzioni latenti”, i nostri<br />

pensieri “rigettati”, anche quelli che considereremmo più stupidi e insignificanti. Di qui<br />

l’opzione per il modello di scrittura “errabondo” di Montaigne, il filosofo che E. sente<br />

più congeniale. È una forma intermedia tra l’aforisma e il trattato, vale a dire l’Essay. E.<br />

abbandona così i residui propositi di sistematicità di Nature, e fa sempre più<br />

affidamento sui suoi Journals, i diari, che potrebbero essere considerati il fondamento<br />

della sua opera filosofica, dal momento che contengono molte intuizioni cardinali che<br />

compariranno prima nelle conferenze e infine nelle opere pubblicate. Nei diari sono<br />

riportate intuizioni e annotazioni personali accanto a citazioni e traduzioni, che vanno<br />

da Goethe a Novalis, da Milton a Coleridge, da Platone a Plutarco e Plotino, a<br />

Swedenborg, ai poeti persiani, al pensiero indiano vedico e classico, a quello<br />

confuciano, da trascendentalisti come Sampson Reed a quella sua zia Mary Moody che<br />

fu anche una fondamentale figura parentale per E.<br />

Da Fiducia in se stessi e da Circoli risalta un peculiare modo di pensare, che<br />

Stanley Cavell chiama “aversive thinking,” e che è un pensiero e una teoria<br />

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dell’individuazione attraverso un’autoeducazione all’abbandono. Ciò implica un’etica<br />

perfezionistica e l’accettazione di forme di incoerenza esteriore cui però, a ben<br />

guardare, soggiace il coerente tragitto di un carattere, di una personalità. Questi due<br />

saggi – rispetto a cui gli altri in questo senso hanno un ruolo ancillare – esprimono<br />

quella che è forse la più radicale tesi di anticonformismo intellettuale mai espressa<br />

prima di Nietzsche. Ma in E. le durezze dal sapore nettamente nicciano si iscrivono in<br />

un atteggiamento chiaramente democratico, che si distingue dunque da quello del<br />

tedesco sia perché meno risentito e meno ossessionato dai suoi obiettivi polemici, sia<br />

perché non si preoccupa mai troppo di porre gerarchie, e mai distingue tra classi di<br />

uomini irraggiungibilmente superiori e altre di soggetti inguaribilmente degeneri. Tutti<br />

sono diversi perché ognuno partecipa a suo modo del patrimonio comune dell’umanità.<br />

Ma tutti sono potenzialmente uguali perché possono partecipare di questo patrimonio, di<br />

questa common-wealth. Anche noi, come fece Dewey, possiamo così scoprire in E. un<br />

“Nietzsche americano” che è anche uno stimolante educatore in una società<br />

democratica. In Storia E. invoca la necessità di unire insieme la vita individuale e la<br />

storia universale. Invita a leggere la storia identificandosi con gli uomini del passato e<br />

ripercorrendo empaticamente, con l’immaginazione, la loro vita, fino a superare tempo e<br />

spazio. La storia è innanzitutto il prodotto di singole vite umane e di ciò che vi è di<br />

universale in esse. Per ciò stesso essa dev’essere per noi un mezzo di scoperta di questo<br />

universale che ci accomuna, e dunque mezzo di scoperta non solo di ciò che è stato, ma<br />

anche di ciò che tutti siamo e potremo essere. Ne risulta un amor fati che fu espresso da<br />

una frase che sarà anche una celebre citazione-omaggio di Nietzsche a E. (frontespizio<br />

alla Gaia Scienza): “Per il poeta, per il filosofo, per il santo, tutte le cose sono amiche e<br />

sacre, tutti gli eventi vantaggiosi, tutti i giorni santi, tutti gli uomini divini”.<br />

Intelletto fa luce su due aspetti pre-heideggeriani della filosofia emersoniana: una<br />

teoria emozionale della conoscenza e una concezione del pensare come “pia ricezione”<br />

(già accennata in La fiducia in se stessi e ne L’oltreanima). Compensazione e Leggi<br />

spirituali illustrano buona parte della concezione dell’etica e della giustizia di E.,<br />

fondata su un supposto onnipresente e inviolabile ordine della natura. In esse è evidente<br />

anche una teoria antropologica compensatoria: l’uomo è un essere che “acquista nuove<br />

arti e perde vecchi istinti”.<br />

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Saggi, II serie (1844)<br />

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Il poeta presenta una profetologia d’impronta democratica che sembra contenere<br />

già tutta la poetica di Whitman (che aveva assistito alla conferenza omonima), e<br />

suggerisce una teoria della trasformazione sociale attraverso la poesia. In una rilettura<br />

del mito platonico della caverna, il Poeta atteso da E. è visto come un “dio liberatore” e<br />

come colui che può realizzare l’ideale di rivoluzione insieme filosofica, scientifica e<br />

poetica che è promosso in Circoli.<br />

Il senso della possibilità di una rivoluzione scientifico-culturale si rende ancor più<br />

forte in chi legge Esperienza, considerato l’apice dello scetticismo emersoniano. Qui è<br />

espressa una teoria epistemologica che livella le aspirazioni delle epistemologie<br />

precedenti e si contrappone alle precedenti concezioni dell’empirismo, che tendono ad<br />

appiattirsi su una forma di esperienza per vari aspetti povera come quella meramente<br />

sensoriale (v. Natura, 1836). L’immagine dell’esperienza umana si complica al punto<br />

che si assiste a una proliferazione dei criteri della conoscenza, i quali non si limitano più<br />

alle categorie di Aristotele o Kant. Analogamente a come avverrà in Heidegger,<br />

entrano in gioco gli umori e altri aspetti della realtà, come la “sorpresa”. Questi<br />

costituiscono criteri di conoscenza del mondo, un modo attraverso cui un mondo può<br />

rivelarsi a noi.<br />

Uomini rappresentativi (1850)<br />

Questa raccolta di saggi mostra inizialmente che senso può avere per noi<br />

conoscere le opere e la vita dei “grandi uomini”: essi valgono per noi non tanto come<br />

esemplari da imitare pedissequamente, quanto come figure stimolanti perché<br />

rappresentative delle potenzialità insite in ciascun essere umano: Platone potrà parlare<br />

al Platone che è in noi, analogamente Shakespeare, e così via. Occorre sapersi mettere<br />

in dialogo con queste voci, ma occorre farne buon uso, evitando di lasciarsi sopraffare<br />

dalla loro autorevole influenza.<br />

La condotta della vita (1860)<br />

Dopo i Saggi, I e II serie, è la raccolta che affronta più direttamente temi<br />

antropologico-filosofici, e, secondo alcuni studi, una di quelle che maggiormente<br />

ispirarono Nietzsche. In essa si presenta una più accentuata istanza pragmatica ed etica,<br />

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un approccio più realistico che implica anche un più aperto confronto con la civiltà del<br />

proprio tempo. Emerson è qui sempre più orientato alla fondazione di una “filosofia<br />

della condotta di vita” incentrata su una cultura dell’anticonformismo ed elevatissimi<br />

ideali etici (ad esempio il saggio Adorazione, dove si insiste sulla priorità assoluta della<br />

qualità etico-morale dell’esistenza, sembra a tratti una riscrittura in chiave moderna del<br />

Gorgia platonico). In Fato cerca di rilevare i punti di convergenza tra libertà umana e<br />

determinismo e affronta in modo più o meno diretto il problema della schiavitù come<br />

fatto storico. In Potenza sottolinea l’importanza dell’energia vitale e del sentimento di<br />

potenza come criterio di validità, e in Ricchezza estende questi temi a quello della<br />

potenza economica.<br />

Società e solitudine (1870) e Storia naturale dell’intelletto<br />

Il primo volume contiene il saggio omonimo, uno dei migliori saggi dell’ultimo<br />

E., che ritrae un individuo diviso tra una società rincuorante ma “fatale” e una solitudine<br />

liberatrice, ma impraticabile. In Vita domestica abbozza una filosofia della casa e un<br />

pensiero dell’ospitalità. Nel 1870 E. tenne delle lezioni a Harvard (dove tra i corsi<br />

figuravano allora anche quelli di C.S. Peirce, che notò il suo debito nei confronti del<br />

Trascendentalismo – ancorché suo aspro critico), noti col nome di Storia naturale<br />

dell’intelletto, che nelle intenzioni originarie dell’autore intendeva proporre lo studio<br />

“trascendentalista” della mente su basi rigorose dal punto di vista filosofico e scientifico<br />

(uno studio rintracciabile già in Kant e in idealisti tedeschi quali Schelling e Hegel,<br />

approfondito in quel periodo soprattutto attraverso il filtro dell’opera di J.B. Stallo). E.,<br />

con questo progetto, di cui non fu mai del tutto soddisfatto, intendeva rendersi più<br />

“rispettabile” da parte del mondo accademico, restando accessibile anche ai “non addetti<br />

ai lavori”. Ne risulta un raffinato esercizio poetico-psicologico di analisi di diverse<br />

possibili metafore della mente, che vanno dall’idea della pianta, a quella dell’elettricità,<br />

all’immagine psicanalitica del mare, a immagini che anticipano limpidamente lo stream<br />

of consciousness di William James (che fu assai più debitore di E. di quanto non<br />

riconobbe).<br />

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Gli ultimi saggi pubblicati<br />

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Nel 1875 è la volta di Letters and Social Aims, che raccoglie saggi scritti in tempi<br />

diversi, come Poesia e immaginazione (dove intende seguire la concezione provenzale<br />

della poesia come the gai science), Citazione e originalità (dove emerge chiaramente<br />

sia l’idea della genesi sociale della cultura sia la strenua ricerca di liberarsi dalla pura<br />

ripetizione del discorso altrui, ciò che Heidegger chiamerà “chiacchiera”). In<br />

Immortalità E. indaga le possibilità di concepire nuove forme di immortalità<br />

“intramondana”. Nel 1878 esce Miscellanies, una raccolta comprendente numerosi<br />

saggi, tra cui una parte dello sterminato numero di discorsi storici, civili, letterari di<br />

Emerson.<br />

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Bibliografia essenziale su Emerson<br />

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Cavell, S., Emerson Transcendental Etudes, Stanford UP, Stanford 2003. La raccolta di<br />

tutti i saggi su Emerson come filosofo, scritti dal suo più profondo studioso.<br />

Kateb, G., Emerson and Self-Reliance, Sage Press, Thousand Oaks 1995.<br />

L’individualismo democratico di Emerson.<br />

Richardson, R., Emerson: The Mind on Fire, U of California Press, Berkeley 1995. La<br />

biografia più aggiornata e attenta alla genesi testuale del pensiero emersoniano.<br />

Stack, G.J., Nietzsche and Emerson: An Elective Affinity, Ohio UP, Athens 1992.<br />

Soressi, B., Ralph Waldo Emerson. Il pensiero e la solitudine, Armando, Roma 2004.<br />

Urbinati, N., Individualismo democratico. Emerson, Dewey e la cultura politica<br />

americana, Donzelli, Roma 1997.<br />

Whicher, S., Freedom and Fate. An Inner Life of Ralph Waldo Emerson, U of<br />

Pennsylvania P, Philadelphia 1950. Un classico sulla vita e l’opera di Emerson.<br />

Worley, S., Emerson, Thoreau, and the Role of the Cultural Critic, SUNY Press, Albany<br />

2001.<br />

Libro recensito in SWIF.<br />

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