La mendicante di Locarno - Luigi Tuveri
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<strong>La</strong> <strong>men<strong>di</strong>cante</strong> <strong>di</strong> <strong>Locarno</strong> luigituveri@luigituveri.it Un Natale così bianco<br />
<strong>La</strong> <strong>men<strong>di</strong>cante</strong> <strong>di</strong> <strong>Locarno</strong><br />
<strong>di</strong> Heinrich von Kleist<br />
(nato a Francoforte il 18 ottobre 1777 e morto a Berlino il 21 novembre 1811)<br />
Ai pie<strong>di</strong> delle Alpi, vicino a <strong>Locarno</strong>, in Alta Italia, sorgeva un<br />
vecchio castello, appartenente a un marchese, che ancora oggi, venendo<br />
dal San Gottardo, si vede, ridotto in macerie e in rovina: un castello<br />
dalle stanze alte e spaziose, in una delle quali una volta, sulla<br />
paglia che vi era stata ammucchiata, era stata messa a giacere per<br />
compassione, dalla padrona <strong>di</strong> casa, una vecchia donna malata, che si<br />
era presentata alla porta chiedendo l'elemosina. Il marchese, che, <strong>di</strong><br />
ritorno dalla caccia, entrò <strong>di</strong>strattamente nella stanza, dove in<br />
genere riponeva la sua carabina, or<strong>di</strong>nò irritato alla donna <strong>di</strong> alzarsi<br />
dall'angolo in cui era <strong>di</strong>stesa, e <strong>di</strong> mettersi <strong>di</strong>etro la stufa. <strong>La</strong><br />
donna, tirandosi su, scivolò con la gruccia sul pavimento liscio, e si<br />
fece una grave ferita all'osso sacro; tanto che si alzò, sì, con<br />
in<strong>di</strong>cibile sforzo, e attraversò <strong>di</strong> traverso la stanza, come le era<br />
stato or<strong>di</strong>nato, ma <strong>di</strong>etro la stufa, fra gemiti e sospiri, si lasciò<br />
cadere e morì.<br />
Alcuni anni dopo, quando il marchese, a causa della guerra e dei<br />
cattivi raccolti, si trovava in una brutta situazione finanziaria,<br />
venne a trovarlo un cavaliere fiorentino, che, per la sua bella<br />
posizione, voleva comperare il castello. Il marchese, che teneva molto<br />
all'affare, <strong>di</strong>sse alla moglie <strong>di</strong> alloggiare l'ospite nella stanza <strong>di</strong><br />
cui abbiamo parlato, che era vuota, ed era stata arredata<br />
splen<strong>di</strong>damente. Ma quale fu la costernazione della coppia quando il<br />
cavaliere, nel bel mezzo della notte, scese in camera loro pallido e<br />
turbato, giurando e spergiurando che in quella stanza c'erano gli<br />
spiriti, perché qualcosa che era rimasto invisibile allo sguardo si<br />
era alzato da un angolo della stanza, con un rumore come <strong>di</strong> paglia<br />
smossa, aveva attraversato <strong>di</strong> sbieco la stanza, con passi lenti e<br />
interrotti, ma ben u<strong>di</strong>bili, e si era lasciato cadere, fra gemiti e<br />
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<strong>Luigi</strong> <strong>Tuveri</strong>
<strong>La</strong> <strong>men<strong>di</strong>cante</strong> <strong>di</strong> <strong>Locarno</strong> luigituveri@luigituveri.it Un Natale così bianco<br />
sospiri, <strong>di</strong>etro la stufa.<br />
Il marchese, spaventato, lui stesso non sapeva bene perché, prese in<br />
giro il cavaliere con simulata allegria, e <strong>di</strong>sse che si sarebbe alzato<br />
imme<strong>di</strong>atamente e, per sua tranquillità, avrebbe passato la notte con<br />
lui in quella stanza. Ma il cavaliere lo pregò, per cortesia, <strong>di</strong><br />
permettergli <strong>di</strong> pernottare nella sua camera da letto, su una poltrona,<br />
e, quando arrivò il mattino, fece attaccare i cavalli, si congedò e<br />
partì.<br />
L'incidente, che suscitò un grande scalpore, scoraggiò, con enorme<br />
<strong>di</strong>sappunto del marchese, molti compratori. E poiché tra i suoi stessi<br />
domestici si <strong>di</strong>ffondeva, in modo strano e incomprensibile, la voce che<br />
in quella stanza, a mezzanotte, si muovessero gli spiriti, egli, per<br />
metterla decisamente a tacere una volta per tutte, un giorno decise <strong>di</strong><br />
esaminare lui stesso la cosa la notte seguente. All'imbrunire fece<br />
dunque portare il suo letto in quella stanza, e aspettò senza dormire<br />
la mezzanotte. Ma quale fu il suo sgomento quando in effetti, allo<br />
scoccare dell'ora degli spiriti, sentì l'incomprensibile rumore; era<br />
come se un essere umano si alzasse dalla paglia che frusciava sotto <strong>di</strong><br />
lui, attraversasse <strong>di</strong> traverso la stanza e si lasciasse cadere, fra<br />
rantoli e lamenti, <strong>di</strong>etro la stufa.<br />
<strong>La</strong> marchesa, il mattino dopo, gli chiese, appena fu sceso, come fosse<br />
andata la sua indagine. E, quando egli si guardò intorno, con occhiate<br />
incerte e timorose, e, dopo aver chiuso a chiave la porta, le assicurò<br />
che i fantasmi c'erano veramente, lei si spaventò come non le era mai<br />
successo in vita sua e lo pregò, prima <strong>di</strong> far sapere il fatto, <strong>di</strong><br />
tentare un'altra prova, a mente fredda, in sua compagnia. Ma la notte<br />
seguente, insieme a un fedele domestico che avevano portato con loro,<br />
sentirono ancora una volta lo stesso incomprensibile, spettrale<br />
rumore. Solo il pressante desiderio <strong>di</strong> sbarazzarsi del castello a<br />
qualunque costo poté far loro reprimere, in presenza del domestico, il<br />
terrore che li prese, e attribuire l'incidente a una causa qualsiasi,<br />
in<strong>di</strong>fferente e casuale, che prima o poi si sarebbe scoperta.<br />
<strong>La</strong> sera del terzo giorno, quando tutti e due, per venire a capo della<br />
cosa, salirono <strong>di</strong> nuovo, con il cuore che batteva, la scala della<br />
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<strong>Luigi</strong> <strong>Tuveri</strong>
<strong>La</strong> <strong>men<strong>di</strong>cante</strong> <strong>di</strong> <strong>Locarno</strong> luigituveri@luigituveri.it Un Natale così bianco<br />
camera degli ospiti, il loro cane da guar<strong>di</strong>a, che era stato sciolto<br />
dalla catena, si trovò per caso davanti alla porta; tanto che i due,<br />
senza <strong>di</strong>rlo esplicitamente, forse con l'intenzione istintiva <strong>di</strong> avere<br />
con sé un terzo essere vivente, fecero entrare il cane nella stanza.<br />
<strong>La</strong> coppia, due candele sul tavolo, la marchesa senza spogliarsi, il<br />
marchese tenendo al suo fianco la spada e le pistole che aveva preso<br />
da un arma<strong>di</strong>o, si siede, verso le un<strong>di</strong>ci, ognuno sul proprio letto; e,<br />
mentre cercano <strong>di</strong> passare il tempo come possono, chiacchierando, il<br />
cane si corica in mezzo alla stanza, testa e gambe acciambellate, e si<br />
addormenta. A mezzanotte in punto, l'orribile rumore si fa <strong>di</strong> nuovo<br />
sentire; qualcuno che nessun occhio umano può vedere si alza sulle<br />
grucce, nell'angolo della stanza; si sente la paglia frusciare sotto<br />
<strong>di</strong> lui; e al primo passo, tapp!, tapp!, il cane si sveglia, drizza le<br />
orecchie, si solleva <strong>di</strong> colpo dal pavimento e, ringhiando e abbaiando,<br />
proprio come se un essere umano venisse passo passo verso <strong>di</strong> lui,<br />
in<strong>di</strong>etreggia verso la stufa. A quella vista la marchesa, con i capelli<br />
dritti, si precipita fuori dalla stanza e, mentre il marchese,<br />
afferrata la spada, grida: "Chi è là?" e, poiché nessuno risponde,<br />
mena fendenti in aria come un pazzo, in tutte le <strong>di</strong>rezioni, dà or<strong>di</strong>ne<br />
<strong>di</strong> attaccare i cavalli, decisa a partire imme<strong>di</strong>atamente per la città.<br />
Ma, prima che, radunati alcuni bagagli, esca dal portone con fracasso,<br />
vede il castello tutto avvolto dalle fiamme. Il marchese, sopraffatto<br />
dall'orrore, aveva preso una candela e, stanco della vita, aveva dato<br />
fuoco ai quattro angoli dell'e<strong>di</strong>ficio, interamente rivestito <strong>di</strong> legno.<br />
Invano la marchesa mandò gente dentro, a salvare l'infelice: era già<br />
morto nel modo più misero, e ancora oggi le sue bianche ossa, raccolte<br />
dai conta<strong>di</strong>ni, giacciono nell'angolo della stanza dal quale egli aveva<br />
fatto alzare la <strong>men<strong>di</strong>cante</strong> <strong>di</strong> <strong>Locarno</strong>.<br />
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<strong>Luigi</strong> <strong>Tuveri</strong>
<strong>La</strong> <strong>men<strong>di</strong>cante</strong> <strong>di</strong> <strong>Locarno</strong> luigituveri@luigituveri.it Un Natale così bianco<br />
Un Natale così bianco<br />
<strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Tuveri</strong><br />
Ai pie<strong>di</strong> dell’A4, tra Bergamo e Brescia, sorgeva un piccolo paese <strong>di</strong><br />
cui ancora oggi, scendendo dal lago d’Iseo, sono visibili le macerie.<br />
Tutto ebbe inizio una vigilia <strong>di</strong> Natale, <strong>di</strong>eci lustri fa, quando alla<br />
porta <strong>di</strong> Pino Pepi bussò Samìa, infreddolita, gravida e clandestina. Per<br />
compassione, sapendo <strong>di</strong> violare l’or<strong>di</strong>nanza comunale che sanciva<br />
l’arresto d’ogni sans-papier, Pino la fece entrare, le offrì un the e la lasciò<br />
a riposare nella camera degli ospiti.<br />
Aveva ripreso a nevicare quando Pino sentì battere ancora alla<br />
porta; era Ambrogio Fumagalli, sindaco e capo ronda che, scortato da un<br />
drappello <strong>di</strong> quattro uomini, veniva ad accertare il rispetto dell’operazione<br />
White Christmas. Pino fu costretto a confessare la colpa e Samìa obbligata<br />
ad alzarsi e seguire il plotone; uscendo però, ancora intorpi<strong>di</strong>ta dal sonno,<br />
scivolò sui gra<strong>di</strong>ni innevati e preoccupandosi <strong>di</strong> proteggere il grembo finì<br />
per pestare la schiena e la nuca. Pino, sfidando le risate della squadriglia,<br />
si chinò su <strong>di</strong> lei. Samìa respirava a fatica e non si muoveva; fu chiamata<br />
l’ambulanza ma all’ospedale, nell’ultimo gemito del parto, morì.<br />
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<strong>Luigi</strong> <strong>Tuveri</strong>
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Alcuni anni dopo, Ambrogio Fumagalli, in <strong>di</strong>sgrazia come tutto il<br />
paese per una crisi economica cui nessuno aveva saputo porre rime<strong>di</strong>o,<br />
ricevette la visita <strong>di</strong> un importante industriale straniero interessato ad<br />
aprire una fabbrica <strong>di</strong> cibo alle arachi<strong>di</strong>, vista la presenza in zona <strong>di</strong> tanti<br />
suoi connazionali esperti in tali lavorazioni.<br />
Il sindaco, che teneva molto all’affare, decise <strong>di</strong> ospitare il magnate<br />
in quella che un tempo era stata la <strong>di</strong>mora, poi requisita dal municipio, <strong>di</strong><br />
Pino Pepi; lo straniero accettò volentieri, ma il mattino seguente, con i<br />
capelli in pie<strong>di</strong>, giurò che la casa era infestata dai fantasmi, fece il pieno<br />
all’auto e ripartì precipitosamente.<br />
L’episo<strong>di</strong>o suscitò scalpore in tutto il circondario: con <strong>di</strong>spiacere del<br />
sindaco scoraggiò molti investitori e poiché tra i suoi stessi concitta<strong>di</strong>ni si<br />
<strong>di</strong>ffuse la voce che la casa fosse abitata dagli spiriti, per smentirla decise<br />
<strong>di</strong> dormirci lui stesso.<br />
A mezzanotte, dopo che dall’imbrunire non era accaduto nulla <strong>di</strong><br />
strano, d’improvviso udì il rumore accennato dal magnate straniero: un<br />
fruscio <strong>di</strong> vento e neve accompagnato dallo stridore <strong>di</strong> un corpo che cadeva<br />
a terra, pesante come l’ancora <strong>di</strong> un transatlantico gettata, anziché in<br />
mare, sul molo; silenzio, poi il gemere <strong>di</strong>sperato <strong>di</strong> un bambino che non gli<br />
fece chiudere occhio. Al mattino, libero dall’impegno preso, uscì per le<br />
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<strong>Luigi</strong> <strong>Tuveri</strong>
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strade del paese dove al mercato incontrò Lia, una delle sue amanti,<br />
l’ultima in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> tempo, che lo spronò a <strong>di</strong>r la verità.<br />
Eccitata all’idea <strong>di</strong> spiriti e fantasmi, Lia convinse Ambrogio a<br />
tornare in quella casa con lei la sera stessa. Si fecero accompagnare anche<br />
da Ciuci, il cane <strong>di</strong> Lia. Era la vigilia <strong>di</strong> Natale e prima <strong>di</strong> mettersi a letto<br />
accesero candele profumate <strong>di</strong> agrifoglio <strong>di</strong>vertendosi poi, tra il calduccio<br />
delle coperte, a ridere <strong>di</strong> tutto e <strong>di</strong> tutti e in particolar modo <strong>di</strong> Pino. Il<br />
poveretto infatti viveva in periferia, nei palazzoni degli immigrati e, oltre<br />
ad aver perso la casa, aveva adottato il figlio <strong>di</strong> Samìa.<br />
A mezzanotte, spettrale e gelido, il rumore tornò ad avvolgere<br />
l’abitazione infilandosi dalle fessure delle porte, agitando le finestre per<br />
frantumare i vetri e penetrando come un attizzatoio i timpani dei due<br />
malcapitati. Vergognandosi a vicenda, sebbene aggre<strong>di</strong>ti dal terrore,<br />
finsero in<strong>di</strong>fferenza. Ciuci no: il cane cominciò a ringhiare e ad abbaiare e<br />
a correre <strong>di</strong>sperato per la stanza rovesciando ogni cosa; infine, seguito<br />
dalle urla straziate e dalle gambe rapide <strong>di</strong> Lia, fuggì in strada. Ambrogio,<br />
rimasto per gioco ammanettato alla spalliera, in atroci sofferenze, perì<br />
arso vivo. Le candele urtate dal cane, avvampati i tendoni, avevano<br />
trasformato la camera in una pira e i pompieri, qualche ora dopo,<br />
trovarono le bianche ossa del sindaco nel letto dal quale aveva fatto alzare<br />
la clandestina del Ghana.<br />
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