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LEZIONE N° 2 PARTE 1 - LE NUOVE DIPENDENZE ON LINE A ...

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<strong><strong>LE</strong>ZI<strong>ON</strong>E</strong> <strong>N°</strong> 2 <strong>PARTE</strong> 1 - <strong>LE</strong> <strong>NUOVE</strong> <strong>DIPENDENZE</strong> <strong>ON</strong> <strong>LINE</strong><br />

A cura del Prof. Giuseppe Lavenia, Psicologo Clinico - Resp. Area Nuove Dipendenze Centro Studi e<br />

Ricerche “Nostos”, docente di Psicologia Clinica e Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni,<br />

coordinatore del corso integrato in metodologie e tecniche della riabilitazione - Università degli Studi<br />

di Chieti<br />

Aumentano le famiglie che possiedono un personal computer: il 27.2% di quelle italiane ne<br />

possiede uno. Ad usare il pc è il 30% della popolazione dai 3 anni in su, il 19% dei quali, dagli 11<br />

anni in poi si collega ad internet. L’uso di pc e Internet è praticamente raddoppiato rispetto al 1995,<br />

con una crescita che ha visto come protagoniste soprattutto le donne. Gli utenti che utilizzano la rete<br />

Internet sono circa 9.000.000; (dati ISTAT).<br />

Ma quanti di questi utenti sono al corrente dei possibili problemi legati allo scorretto utilizzo di<br />

internet?<br />

La diffusione delle nuove tecnologie sta modificando in breve tempo le nostre abitudini e le<br />

modalità d’intendere i processi di comunicazione. I nostri parametri spazio temporali mutano<br />

continuamente in relazione al costante aggiornamento delle nuove tecnologie e con esse si modifica<br />

sempre più il nostro sistema di comunicazione con gli altri. In passato scrivere una<br />

lettera richiedeva tempi lunghi, talvolta non si era neanche sicuri che il destinatario l’avesse<br />

ricevuta. Questa estate durante le ferie estive mi sono trovato, per altro con piacere, a scrivere delle<br />

cartoline, cercare i francobolli o la buca delle lettere. Mi sono sentito un “cavernicolo”, ormai<br />

ampiamente abituato a comunicare attraverso la posta elettronica e le chat-line.<br />

La tecnologia modifica le nostre abitudini e la nostra vita, ma a fronte degli innumerevoli vantaggi<br />

apportati dall’applicazione di queste nuove tecniche iniziano a manifestarsi “situazioni particolari”<br />

definite da alcuni autori come tecno-patologie.<br />

L’utilizzo delle nuove apparecchiature interagisce con il nostro apparato psichico e per la prima<br />

volta nella storia del genere umano, l’uomo ha ideato un dispositivo che lo costringe ad adeguarsi al<br />

“suo” modo di “pensare”; l’utilizzo del personal computer richiede un reale adattamento mentale al<br />

suo funzionamento e di conseguenza spinge il soggetto ad adeguare le proprie funzioni cognitive al<br />

funzionamento della macchina. Alcuni studiosi statunitensi hanno evidenziato un cambiamento<br />

nelle modalità di comunicazione del linguaggio parlato degli adolescenti in relazione all’uso<br />

dell’informatica. Sempre più spesso questi adolescenti terminano le frasi in tono crescente e<br />

lievemente dubitativo, come per suggerire che tutto quanto dicono sia una domanda più che<br />

un’affermazione (fenomeno battezzato come upspeak). La natura condizionale e aperta di questo<br />

nuovo modo di parlare sembra suggerire che i pensieri di ciascuno, per avere un senso ed essere<br />

convalidati, debbano essere sempre collegati alle relazioni altrui.<br />

C’è apparso quindi indispensabile analizzare le modificazioni che si verificano nella psiche umana<br />

in rapporto con l’ormai totale diffusione della rete e, per quanto riguarda noi operatori della salute<br />

mentale, il possibile approccio per quei fenomeni psicopatologici riuniti nella sigla di IAD (Internet<br />

Addiction Disorder) che sempre più frequentemente si manifestano nella pratica clinica.<br />

INTERNET ADDICTI<strong>ON</strong> DISORDER (I.A.D.)<br />

Il termine si deve allo psichiatra americano Ivan Goldberg che, nel 1995, propose dei criteri mutuati<br />

dalla diagnostica per le dipendenze dal DSM. Goldberg con la sua proposta ha dato avvio ad una<br />

riflessione che ha incuriosito numerosi psicologi e psichiatri ed ha imposto all’attenzione del mondo


il rischio di dipendenza da Internet.<br />

Goldberg avanzò la proposta di diagnosticare una I.A.D. qualora venissero individuati nella persona<br />

tre o più dei seguenti segni clinici di tolleranza e/o astinenza, riscontrabili varie volte nel corso dello<br />

stesso anno.<br />

A) Segni clinici di tolleranza:<br />

• Aumento progressivo e costante delle ore da trascorrere on line per ottenere soddisfazione;<br />

• riduzione notevole degli effetti derivanti dall'utilizzo della medesima quantità di tempo<br />

trascorsa in Internet.<br />

B) Segni clinici d’astinenza:<br />

1. marcata riduzione d’interesse per altre attività che non siano Internet;<br />

2. sviluppo, dopo la sospensione o diminuzione dell’uso della rete, di agitazione<br />

3. psicomotoria, ansia, depressione, pensieri ossessivi su cosa accade on-line, classici<br />

4. sintomi astinenziali;<br />

5. necessità di accedere alla rete sempre più frequentemente o per periodi più<br />

6. prolungati rispetto all’intenzione iniziale;<br />

7. impossibilità di interrompere o tenere sotto controllo l’uso d’Internet;<br />

8. dispendio di gran quantità di tempo in attività correlate alla rete;<br />

9. continuare ad utilizzare Internet nonostante la consapevolezza dei problemi fisici,<br />

10. sociali, lavorativi o psicologici recati dalla rete.<br />

ALCUNE IMPORTANTI ANALOGIE C<strong>ON</strong> <strong>LE</strong> “VECCHIE”<strong>DIPENDENZE</strong><br />

Ciò che ha spinto il nostro gruppo di ricerca ad avviare uno studio sull’I.A.D. è stato, in particolare,<br />

la sua analogia psicopatologica con quadri clinici assimilabili all'uso di sostanze psicotrope. Gli<br />

elementi in comune da noi analizzati hanno riguardato inizialmente le modificazioni psicologiche<br />

che si producono nell'individuo che diviene dipendente dalla rete: perdita delle relazioni<br />

interpersonali, modificazioni dell'umore, alterazione del vissuto temporale, cognitività<br />

completamente orientata all'utilizzo compulsivo del mezzo; il soggetto tende a sostituire<br />

il mondo reale con un oggetto artificioso. Una sorta di “feticismo tecnologico”, attraverso il quale<br />

l’individuo riesce a costruire un proprio mondo personale - e in questo caso virtuale - analogo al<br />

mondo del tossicodipendente: esclusivo per linguaggio, abbigliamento, atteggiamenti e<br />

comportamenti.<br />

La domanda profonda che ci siamo posti è che se questo è vero la tossicodipendenza potrebbe<br />

essere vista come un bisogno dell'individuo di crearsi un mondo personale indipendentemente dalla<br />

sostanza o strumento che lo rende dipendente. E’ evidente che attraverso Internet si possono<br />

provare intensi e piacevoli sentimenti di fuga, superando on-line i problemi della vita reale, con un<br />

effetto simile ai “viaggi”consentiti da alcune droghe e inoltre permette al soggetto di provare un<br />

senso d’onnipotenza, connesso con il superamento d’ogni limite personale e spazio temporale<br />

(fenomeno anch’esso presente nell’utilizzatore di sostanze psicotrope).<br />

Il fenomeno della distorsione del tempo è fondamentale per poter meglio comprendere il problema:<br />

“Qualunque sia la ragione di partenza per avventurarsi nella navigazione on-line, presto s’impara<br />

che trovare ciò che serve e poi uscire è ben di rado semplice e veloce come aprire il frigo e<br />

prendersi qualcosa da mangiare al volo” (Young, 1995).<br />

Il tempo sembra fermarsi in rete, la parola fine non c’è mai.<br />

Molte volte i soggetti che utilizzano le rete, oltre a non rendersi conto delle diverse ore già trascorse<br />

dinanzi allo schermo, tendono ad alterarsi facilmente con chi disturba il loro “viaggio”; esperienza


questa che può essere paragonata alla risposta che un alcolista dà ad un amico trovandosi ad una<br />

festa “soltanto un biccherino”, o a quella del fumatore che dice a se stesso “solo un’ultima sigaretta<br />

e andrò a dormire; lo stesso procedimento è messo in atto dagli internet dipendenti che<br />

risponderanno irritati a chi gli chiede di disconnettersi “ancora un minuto e spengo”, oppure diranno<br />

a se stessi razionalizzando “un altro minuto non farà molta differenza” ma poi rimarranno connessi<br />

ancor per ore e ore.<br />

Altro fattore fondamentale per la valutazione degli “addicted” è la “negazione del problema”. Come<br />

spesso accade con altri tipi di dipendenza, è molto difficile ammettere di avere una difficoltà. Nel<br />

contesto internet questo appare ancor più gravoso: come si può chiedere aiuto per qualcosa che la<br />

maggior parte delle persone apprezza per la sua potenza e il suo potere innovativo?<br />

I soggetti “dipendenti” posti di fronte alla chiara evidenza di un comportamento tossicomanico si<br />

trincerano dietro l’opinione comune secondo la quale internet è grandioso, “non può far male”.<br />

TABELLA COMPARATIVA TRA LA DIPENDENZA DA SOSTANZE E INTERNET<br />

ADDICTI<strong>ON</strong> DISORDER


E<strong>LE</strong>MENTI DI PSICOPATOLOGIA<br />

L’utilizzo della rete e delle varie applicazioni è in grado di determinare un ampliamento ed<br />

un’errata percezione dei confini del Sé. Presi nel vortice dei rapporti sociali, dividiamo<br />

disperatamente la nostra limitata attenzione, concedendo frammenti della nostra coscienza ad ogni<br />

cosa o persona che richieda il nostro tempo. Nel farlo, rischiamo di perderci pian piano nella rete<br />

labirintica di connessioni mutevoli e temporanee in cui siamo sempre più integrati. Gergen scrive:<br />

“Questa frammentazione della percezione di sé corrisponde ad una molteplicità di relazioni<br />

incoerenti e fra loro sconnesse. Queste relazioni ci spingono in una miriade di direzioni, invitandoci<br />

ad interpretare una varietà di ruoli tale da far sfumare il concetto stesso di sé autentico, dotato di<br />

caratteristiche conoscibili. Il sé completamente saturato diventa un non sé” (J. Rifkin, “L’era<br />

dell’accesso”, Oscar Mondatori, Milano, 2001).<br />

D’altro canto la mancanza di una reale presenza fisica e l’impossibilità di poter accedere a tutta una<br />

serie di messaggi non verbali ai quali siamo abituati nelle relazioni interpersonali diminuisce la<br />

possibilità d’accesso a tutta una serie d’informazioni fondamentali nell’interazione tra due<br />

individui. Questi due fenomeni appena descritti sono alla base di sensazioni d’onnipotenza legate<br />

all’uso d’Internet e ai vissuti di depersonalizzazione spesso descritti nelle situazioni di grave<br />

intossicazione.<br />

Elemento fondamentale per comprendere le dinamiche legate alla dipendenza da Internet è il<br />

fenomeno della “distorsione del tempo” prodotta dalle chat. La comunicazione in chat possiede<br />

“l'interattività” che le permette di essere assimilata alle altre forme di comunicazione verbale. Ciò<br />

porta istintivamente a confrontarla con esse e a considerare come unità di misura del tempo il<br />

volume d’informazioni trasmesse e ricevute. Purtroppo nonostante l'interattività, la chat è<br />

comunque più lenta di una comunicazione verbale, perciò alla fine di una conversazione in cui ci si<br />

sono scambiate "tot" informazioni il tempo trascorso sarà molto maggiore di quanto sarebbe stato se<br />

la comunicazione fosse avvenuta a voce. Questo però è percepito solo successivamente quando<br />

controllando l'orologio si vede che, come sempre, si è stati in chat più tempo di quanto non ci si era<br />

prefissati. Non è solo la chat a possedere questa peculiarità ma a nostro avviso tutta la struttura del<br />

net che, sebbene con forme diverse, amplifica il problema tempo. Fra tutti ricordiamo l’ipertesto,<br />

elemento fondamentale della rete, costituito da una serie infinita di collegamenti che ci portano a<br />

navigare per ore e ore ricercando e reperendo una quantità così vasta d’informazioni che la<br />

mente umana non può “contenere” e rendendo in questo modo il nostro “viaggio” vano.<br />

Problematica psicopatologica legata alla distorsione del tempo è l’alterazione spazio temporale<br />

prodotta nel soggetto che rimane collegato per molte ore, talvolta per giorni, ad internet. Alcuni<br />

pazienti vanno incontro ad un’inversione del ritmo sonno veglia e a veri e propri stati deliranti in<br />

rapporto al costante utilizzo della rete.<br />

<strong>LE</strong> VARIE FORME DELL’INTERNET ADDICTI<strong>ON</strong> DISORDER<br />

Le numerose attività che si possono svolgere online fanno sì che lo I.A.D. non sia un fenomeno<br />

omogeneo ma si manifesti sotto varie forme:<br />

- lo shopping compulsivo online;<br />

- il gioco d’azzardo online (online gambling);<br />

- la chat dipendenza;<br />

- l’information overloading.<br />

- il cybersex;


LO SHOPPING COMPULSIVO <strong>ON</strong><strong>LINE</strong><br />

Lo shopping compulsivo è da qualche tempo oggetto d’interesse per la psichiatria, nonostante non<br />

sia ancora stato codificato dal DSM, è descritto come un impulso irrefrenabile, un bisogno<br />

inarrestabile, una tensione costante che può essere alleviata solo comprando.<br />

Appare evidente la concezione del disturbo in funzione della dipendenza, o meglio la necessità di<br />

compiere un rito per alleviare un qualcosa di brutto. Ciò suggerisce che lo shopping compulsivo sia<br />

concepito come un disturbo ossessivo-compulsivo.<br />

Secondo uno studio effettuato da Christenson (1994) i “compulsive buyer” descrivono lo shopping,<br />

almeno all’inizio, come divertente, eccitante; solo con il passare del tempo s’inizierà a provare<br />

vergogna e sensi di colpa. Ciò è in linea con il principio secondo cui è il piacere inizialmente dato<br />

dall’acquistare, e non tanto dal bisogno di eliminare qualcosa di spiacevole, a portare la persona<br />

gradualmente a non poterne fare più a meno. Se questo è vero nello shopping compulsivo, lo è<br />

ancor di più nello shopping compulsivo online, dove può bastare solo una carta di credito per<br />

entrare i tutti i centri commerciali del mondo e frugare in tutte le offerte senza offrirsi<br />

necessariamente all’occhio divertito dei presenti. E senza quindi doversi vergognare.<br />

Quello che spingerà all’ammissione del problema da parte di chi soffre, non sarà l’enorme quantità<br />

di tempo spesa in rete, bensì il non riuscire più a sostenere economicamente il proprio<br />

comportamento: non sono rari i casi di ricorsi a fidi bancari dopo il prosciugamento del proprio<br />

conto, con conseguente vergogna e senso di colpa verso i familiari.<br />

IL NUOVO AZZARDO: GAMBLING <strong>ON</strong> <strong>LINE</strong><br />

Nell’era multimediale il gioco d’azzardo cambia faccia e, naturalmente, nome: comprende i<br />

videopoker, le slot machines e il gioco d’azzardo virtuale (casinò virtuali, aste on line ecc.).<br />

2 Lo shopping compulsivo non è un fenomeno nuovo: già Kraepelin nel 1915 parlava di “oniomania”,<br />

ovvero la mania di comprare di tutto seguendo un impulso irrefrenabile.<br />

Oggi, ai tradizionali “drogati” del tavolo verde, si aggiungono quelli del videopoker, quelli che<br />

navigano nei siti di gioco virtuale su Internet, ma anche quelli degli spericolati investimenti in<br />

Borsa.<br />

La nuova frontiera delle patologie d’azzardo, tuttavia, sembra essere Internet. Il gioco d’azzardo<br />

virtuale esiste da quando si è diffuso l’utilizzo d’Internet: disponendo di un personal computer, di<br />

un collegamento ad Internet e di una carta di credito è possibile puntare e scommettere su tavoli<br />

verdi virtuali della roulette o giocare con slot machines on line stando comodamente seduti a casa<br />

propria.<br />

La pericolosità di tale fenomeno risiede nel fatto che il giocatore on line, soddisfacendo il desiderio<br />

di sentirsi svestito dal pregiudizio sociale negativo che accompagna i frequentatori di casinò, libero,<br />

nella comodità dei suoi spazi, di scommettere 24 ore su 24, può incorrere ad un uso incontrollato e<br />

inopportuno del gioco on line.<br />

Una categoria particolarmente a rischio è rappresentata dai giovani.<br />

La dimensione del gioco telematico sottolinea l’assenza di un elemento cardine del gioco che è la<br />

socializzazione e, inoltre, evidenzia la solitudine e anche la malinconia del gioco, che induce ad<br />

attuare comportamenti patologici.<br />

In Italia non esiste una normativa che proibisca o regoli la diffusione del gioco d’azzardo on line.<br />

Internet ha aperto le porte, inoltre, al tradizionale gioco del Lotto: si gioca accedendo ai siti che<br />

funzionano da vere e proprie ricevitorie virtuali. Cliccando, per esempio, su Totoservice si può<br />

giocare al Lotto, al Totocalcio, al Totogol, al Totip, Tris e SuperEnalotto.


Il meccanismo è ancora una volta basato sul piacere, sulla soddisfazione ottenuta dalla vincita. Con<br />

una differenza: non sempre si vince, ma questo non toglie voglia al giocatore di continuare a<br />

tentare, perché prima o poi si dovrà tornare a vincere.<br />

Praticamente le perdite non danno delusione: aumentano l’eccitazione della ricerca della vittoria.<br />

Vittoria che ogni tanto è conquistata.<br />

A differenza dello shopping compulsivo, questo tipo di patologia non porta conseguenze solo sul<br />

piano economico: lo scommettitore, con lo scopo di recuperare le somme di denaro perso, inizia a<br />

passare sempre più tempo nella dimensione virtuale tralasciando la sua vita.<br />

Spesso entrano a far parte del quadro anche tratti depressivi, dovuti ad un’attività frenetica seguita<br />

dalla perdita di cospicue somme di denaro, ed un notevole nervosismo che è sfogato nei confronti<br />

della famiglia, o di chi cerca di distrarlo dalla sua attività.<br />

LA CHAT DIPENDENZA E <strong>LE</strong> RELAZI<strong>ON</strong>I IN RETE<br />

Il fenomeno della comunicazione online è uno dei fenomeni più discussi in questi ultimi anni. Si<br />

può considerare il problema della dipendenza dalle chat secondo due aspetti:<br />

• il primo riguarda proprio la modalità di relazionarsi in rete e l’incapacità di allontanarsene (i<br />

maniaci delle chat);<br />

• l’altro in cui la rete rappresenta solo una contaminazione di un’altra patologia, ovvero una<br />

tentata risoluzione del problema relazionale.<br />

I maniaci delle Chat<br />

La chat è una forma di CMC (comunicazione mediata da computer) sincrona, dove vari soggetti<br />

scambiano messaggi di testo in tempo reale; ovviamente la comunicazione può essere tra due sole<br />

persone, oppure tra tutte le persone presenti in quel momento in un determinato canale (o stanza, dal<br />

momento che spesso le chat sono organizzate in stanze, room, con diversi argomenti); comunque di<br />

solito al di là delle tematiche trattate è soprattutto l’aspetto relazionale che spinge all’utilizzo di<br />

questa forma di comunicazione. Si rende quindi obbligatorio l’uso della fantasia sia nel presentarsi<br />

agli altri utenti, sia nell’immaginarli.<br />

Ma ancora più intrigante risulta il fatto di poter dare di se un’immagine diversa da quella effettiva,<br />

suscitando negli altri interesse e curiosità insperabili nella vita di tutti i giorni.<br />

Come dice la Young (1998):”quando si vedono delle persone solo attraverso delle parole scritte su<br />

un monitor, si è liberi di costruirsi un’immagine assolutamente personale e arbitraria di questa<br />

persona nella realtà” (non sono pochi i casi di persone che sperimentano delusioni anche molto forti<br />

in seguito all’incontro con la persona conosciuta in chat e della quale ci si era fatta un’immagine<br />

che esulava anche di molto dalla realtà dei fatti).<br />

Internet ci dà l’opportunità di porci davanti al nostro ideale, e quindi di sentirci finalmente ideali.<br />

Tutto questo può essere sufficiente per far sì che questa modalità comunicativa diventi<br />

irrinunciabile; perciò le ore al computer aumenteranno, sarà difficile passare molto tempo senza<br />

connettersi, per controllare che ci sia quel messaggio di quella data persona; in altri casi si può<br />

avere la sensazione che qualcosa cominci a mancare, come quando la persona di cui ci si innamora<br />

è lontana, e ci sono spazi e vuoti da colmare. Allora si inizierà a sperimentare nuovi tipi di<br />

interazione, basati non più solo sulle parole scritte: ci sono infatti molti programmi (ad esempio il<br />

Messenger di MSN, oppure il Net Meeting di Windows) che consentono anche una connessione<br />

audio-video tramite webcam; quando anche questo non basta più si decide di passare all’incontro, e


si è visto come proprio in questo momento l’”idillio” potrebbe finire.<br />

Quindi se per molte persone conoscere gente su internet, scambiare messaggi, scherzare può essere<br />

un piacevole momento di intrattenimento (che rimane tale), per altri diventa una delle poche, se non<br />

l’unica fonte da cui attingere piacere: il resto conta sempre meno e una persona già introversa e con<br />

scarsa capacità relazionale finisce, a causa della chat, per atrofizzarla del tutto. Il contatto con una<br />

persona in carne ed ossa potrebbe addirittura divenire fonte di ansia, e di conseguenza sarà evitato il<br />

più possibile.<br />

Ed è anche sbagliato pensare che questo genere di persone siano solamente single oppure persone<br />

che abitano da sole, infatti la maggior parte delle volte sono proprio i partner o uno dei familiari che<br />

le minacciano di ricorrere ad una terapia per smettere (G. Nardone, F. Cagnoni, “Perversioni in Rete:<br />

le psicopatologie da Internet ed il loro trattamento”, Ponte alle grazie)<br />

L’INFORMATI<strong>ON</strong> OVERLOADING ADDICTI<strong>ON</strong><br />

Information overloading significa sovraccarico di informazioni: qualcuno lo ha definito<br />

“l’inquinamento di Internet”, ovvero la massiccia quantità di informazioni inutili scadenti ed<br />

antiquate che circolano in Rete.<br />

Per Information Overloading Addiction s’intende la ricerca estenuante di notizie, informazioni: ci si<br />

ritrova a passare tantissimo tempo online alla ricerca di informazioni, e frequenti sono anche i tentativi<br />

di ridurre o controllare questa quantità di tempo dedicata all’estenuante ricerca di notizie.<br />

IL CYBERSEX ADDICTI<strong>ON</strong>: CHAT SEX e CYBER PORN<br />

E’ difficile stabilire il confine tra normalità e patologia di un disturbo comportamentale: come si fa<br />

a stabilire chi usa troppo il computer, chi compie acquisti in maniera compulsava, chi gioca troppo<br />

d’azzardo, chi pensa e mette in atto il sesso in modo patologico? In realtà, sono queste persone a<br />

riconoscersi per prime come disturbate dal loro comportamento, perché si rendono conto,<br />

gradualmente, di perdere il controllo della propria vita e di non riuscire più né a dominarla, né a<br />

controllare il loro comportamento.<br />

Questo è ciò che avviene nelle vite dei CyberSex Addict, stretti in un vortice di dinamiche sessuali<br />

che non lascia tregua, ossessionati da pensieri carnali e spinti a compiere atti che per pochi attimi di<br />

piacere li rendono schiavi di una tirannica dipendenza.<br />

Nel cybersex addiction rientrano diverse tipologie di comportamenti, che spesso non presentano<br />

caratteristiche omogenee tra loro.<br />

Gli autori individuano quattro categorie di elementi che potrebbero favorire lo sviluppo di disturbi<br />

legati alla Rete e sono:<br />

1) psicopatologie preesistenti ( depressione, etc.);<br />

2) condotte a rischio (“eccessivo consumo”, riduzione delle esperienze di vita e di relazioni<br />

“reali”, etc.);<br />

3) eventi di vita sfavorevoli (problemi lavorativi, familiari etc. “internet come valvola di<br />

sfogo”);<br />

4) potenzialità psicopatologiche proprie della Rete (anonimato e senso di onnipotenza che<br />

possono degenerare in: pedofilia, sesso virtuale, creazione di false identità, gioco d’azzardo, etc.).<br />

Per quanto riguarda invece le singole fasi, nella seguente tabella sono riportate le attività svolgibili<br />

ed i relativi rischi connessi nella fase di Osservazione e ricerca:


Tab. 4 - Attività e Rischi della fase di “Osservazione e Ricerca”.<br />

Si tratta di disturbi che possono avere un’esistenza anche nella vita reale, a prescindere dal pc, ma<br />

ciò che li rende particolarmente accentuati in questo caso sono le caratteristiche, proprie della Rete,<br />

di anonimato e di estrema facilità nell’accedere ai servizi. Come evidenziano i due autori, si tratta<br />

di disturbi propriamente compulsivi, che possono diventare per il soggetto il centro della propria<br />

esistenza. La fase attuale mostra un rapporto di tipo esclusivo “uomo-macchina” in cui non c’è<br />

spazio per la creativà e lo spirito “produttivo” che contraddistingue l’essere umano.<br />

Nella fase Relazionale-Comunicativa è possibile riscontrare le cosiddette Net-<br />

Addiction, caratteristiche di soggetti con difficoltà a livello comunicativo-relazionale, che tendono<br />

a rifugiarsi nella Rete per evitare le proprie problematiche esistenziali.<br />

La seguente tabella riassume le attività che si possono sviluppare ed i conseguenti rischi:<br />

Tab. 5- Attività e Rischi della fase “Relazionale - Comunicativa”.<br />

I “Cyber-Porn Addict” sono attratti principalmente dalle immagini pornografiche; i<br />

Cybersex addicts invece, preferiscono avventurarsi nelle chat erotiche, dove scambiano, con i<br />

propri partner virtuali, messaggi sessuali scritti a volte accompagnati da foto delle proprie nudità o<br />

da riprese con la Webcam.<br />

Tra i due fenomeni ci sono anche differenze di genere. Dai nostri studi è sempre emersa una<br />

maggiore presenza femminile nelle chat e un maggiore interesse maschile per la pornografia.<br />

Dai nostri lavori emerge un quadro definito del CyberPorn Addiction, caratterizzato dai seguenti<br />

segni clinici:<br />

1) Trascorrere molto tempo in Rete alla ricerca di materiale pornografico;


2) aspettative di eccitazione o gratificazione sessuale legate alle connessioni successive;<br />

3) nascondere agli altri la fruizione in Rete di materiale pornografico;<br />

4) vergogna e senso di colpa per il proprio comportamento in Rete;<br />

5) ricerca attiva di materiale pornografico;<br />

6) masturbazione compulsiva prolungata e controllata, con lo scopo di enfatizzare l'emozione<br />

della visione pornografica;<br />

7) eiaculazione finale (uomini) / orgasmo (donne) liberatoria, quale, spesso, unica possibilità<br />

per riuscire ad interrompere la fruizione pornografica;<br />

8) calo del desiderio sessuale verso la propria partner/il proprio partner;<br />

9) possibilità di masturbazione solo attraverso la visione di materiale pornografico;<br />

10) condizionamento a vivere la propria vita sessuale solo in termini "fisici", l'aspetto affettivo<br />

tende a scomparire;<br />

11) ripetuti tentativi fallimentari di controllare, limitare o sospendere la fruizione pornografica;<br />

12) perpetuare la fruizione di materiale pornografico in Rete, nonostante evidenti conseguenze a<br />

livello familiare, sociale, lavorativo ed economico, da essa derivate o accentuate.<br />

Probabilmente, come per tutte le cose, prima di esprimere giudizi allarmistici e demonizzanti, come<br />

spesso avviene nei riguardi del sesso e della Rete, bisognerebbe soffermarsi a riflettere. Così come<br />

la sessualità è un’entità che esiste a prescindere da noi e non la si può ignorare (o almeno non per<br />

sempre!), anche Internet oramai è entrato a far parte di noi! Non si può pensare di vivere senza<br />

telefono, senza energia elettrica, senza i mezzi di trasporto, e non si può pensare di rinunciare ad un<br />

mezzo come la Rete, che ogni giorno facilita la vita a milioni di persone. Quindi, è stupido da parte<br />

nostra provare a demonizzarla. Piuttosto, ci si sforza di capire i meccanismi, le potenzialità, i<br />

pericoli del mezzo, dimenticando forse, che chi ne resta vittima sono persone che vivono un forte<br />

senso di disagio e disperazione, e la nostra attenzione dovrebbe focalizzarsi principalmente su di<br />

loro. Dovrebbe essere interesse comune di chi esercita questo mestiere interessarsi alle nuove<br />

manifestazioni psicopatologiche, mentre, in genere, questi fenomeni suscitano l’ilarità<br />

dell’ignoranza. Gli individui di cui abbiamo parlato, sono persone che vivono nella convinzione di<br />

essere degli alieni, esseri aberranti diversi ed indegni; e se mai trovano il coraggio di chiedere aiuto<br />

ad uno specialista, hanno bisogno di qualcuno che li rassicuri, che li tranquillizzi e che gli spieghi<br />

quali arcani misteri si celano dietro internet e la sessualità.<br />

APPROCCI TERAPEUTICI AL<strong>LE</strong> <strong>DIPENDENZE</strong> <strong>ON</strong> <strong>LINE</strong><br />

L’uso patologico di internet è stato molto discusso negli ultimi anni e soprattutto sono stati<br />

scritti numerosi articoli al riguardo. Vari i terapeuti che si sono interessati alle diagnosi con dipendenza<br />

da Internet elaborando anche dei protocolli di cura specifici.<br />

La popolazione del Nord America è stata quella che per prima ha vissuto l’inserimento di<br />

Internet in ogni aspetto della loro vita, per cui i primi terapeuti che hanno effettuato delle ricerche in<br />

questo ambito sono americani: la dott.ssa Young e il dott. Davis.<br />

Lo scenario italiano è diverso, in quanto non esiste un protocollo di cura ufficiale e ben<br />

strutturato; qui gli psicoterapeuti che hanno in carico pazienti con diagnosi di dipendenza da<br />

Internet tendono ad applicare i principi del proprio orientamento.<br />

Moreno Marcucci, Giuseppe Lavenia e il Centro Ricerche “Nostos”


Moreno Marcucci è psichiatra e docente di psicologia delle nuove dipendenze presso la<br />

facoltà di Psicologia dell’Università di Urbino, e direttore del Centro Studi e Ricerche di Psichiatria,<br />

Psicologia e Psicoterapia Nostos. Giuseppe Lavenia è psicologo clinico, docente di psicologia<br />

clinica e psicologia del lavoro presso l’Università degli Studi di Chieti , responsabile dell’area New<br />

addictions del Centro Studi e Ricerche “Nostos”.<br />

La metodologia d’intervento utilizzata da Marcucci e Lavenia per la dipendenza da internet parte da<br />

una valutazione clinica tramite l’ausilio dell’Internet Trap Test 2 (I.T.T.2) , che permette di verificare il<br />

grado d’intossicazione (coinvolgimento) raggiunto dai soggetti nei confronti della rete.<br />

Riportiamo di seguito i profili corrispondenti:<br />

1. Utenti regolari: mantengono il controllo della situazione pur connettendosi a lungo.<br />

2. Utenti problematici: presentano i primi problemi dovuti all’uso della rete.<br />

3. Utenti a rischio: stadio simile alla luna di miele per l’eroinomane, l’utente è entusiasta<br />

delle infinite possibilità offerte da internet, si costruisce una nuova identità e un nuovo<br />

mondo col quale sostituire quello reale che trova insoddisfacente e frustrante.<br />

4. Utenti abusatori: i soggetti presentano caratteristiche simili agli utilizzatori abituali di<br />

oppiacei, ovvero gravi problemi nelle relazioni affettive, nel lavoro, e disturbi psicofisici<br />

(disturbi del sonno, della vista, della condotte alimentari ecc).<br />

5. Utenti dipendenti: elemento caratterizzante è la presenza di una precedente patologia<br />

psichiatrica, spesso della sfera sessuale o dell’umore. I soggetti possono sviluppare<br />

allucinazioni visive, disturbi dissociativi, prosopoagnosia, ipertermie, tremori. L’abuso di<br />

internet compromette gravemente la sfera sociale, affettiva, lavorativa del paziente, il quale,<br />

nonostante ne sia consapevole, non riesce a fare a meno di connettersi per un numero<br />

sempre maggiore di ore alla rete.<br />

Da numerosi colloqui con pazienti affetti da disturbi correlati a internet è emerso come spesso i<br />

soggetti presentino una personalità di tipo evitante e tendano a scaricare su internet malumori e<br />

frustrazioni derivanti dalla vita quotidiana.<br />

Marcucci e Lavenia ci tengono a precisare la differenza tra impulsività e compulsione, concetti che<br />

spesso vengono erroneamente sovrapposti. Per impulsività si intende la tendenza ad agire in base<br />

ad un impulso, quindi senza riflettere o considerarne le conseguenze. Mentre<br />

l’azione impulsiva è gratificante (almeno inizialmente, prima che sopraggiungano i rimorsi per<br />

l’incapacità di controllarsi) quella compulsiva viene riconosciuta dal soggetto come inutile e senza<br />

senso e viene compiuta non per ottenere soddisfazione ma per evitare l’insorgere dell’angoscia.<br />

Appare perciò abbastanza chiaro come nel caso dell’abuso della rete e delle sue applicazioni il<br />

costrutto più idoneo sia quello di impulsività e non di compulsività.<br />

Accanto all’uso dei test è fondamentale, per Marcucci e Lavenia, il colloquio clinico. Il colloquio<br />

permette di ottenere informazioni dettagliate in merito alle caratteristiche socio-culturali, alla<br />

personalità, alla presenza attuale o passata di patologie medico-psichiatriche nel soggetto. L’obbiettivo<br />

degli incontri individuali è di rendere consapevole il soggetto dei meccanismi del suo funzionamento<br />

mentale in relazione alle modalità del legame affettivo vissuto durante l’infanzia che attualmente<br />

influisce nelle relazioni.<br />

Il coinvolgimento della rete familiare assume una particolare rilevanza nelle<br />

problematiche legate ad internet, se si considera che l’utilizzo della rete isola il soggetto in un<br />

mondo personale nel quale la presenza dell’altro come “persona completa” è sempre più periferica.<br />

In una patologia nella quale la presenza di una macchina (il computer) incide così fortemente,


depauperandola, nella vita di una persona, è necessaria una terapia che metta la persona stessa e le<br />

relazioni col suo contesto al centro.<br />

L’esperienza del self-help virtuale di Dipendenze.com (Portale a cura del C.S.eR.<br />

“Nostos”)<br />

Il centro studi e ricerche “Nostos”, stimolato da richieste dirette dai numerosi utenti del<br />

Portale Dipendenze.com, con problematiche legate ad internet, ed in particolare da chat, e con la<br />

disponibilità di questi soggetti , ha intrapreso un cammino con il primo gruppo virtuale all’inizio del<br />

2001.<br />

L’idea è quella di poter utilizzare questo strumento per parlare davvero di sé, poter<br />

raccontare come si è veramente, con le proprie risorse e i propri limiti.<br />

Sono stati valutati i rischi di questo progetto, che certamente non dà modo alle persone di<br />

mettersi a nudo faccia a faccia nella stessa stanza, ma rimane in ogni caso una possibilità in più per<br />

confrontarsi e per far sì che anche persone distanti fra loro possano comunicare.<br />

Lo scopo finale del nostro gruppo di auto-aiuto virtuale è certamente quello di far<br />

trovare gli stimoli per passare a sostegni reali e concreti.<br />

Gli incontri, finora effettuati, si tengono una volta alla settimana per un’ora e mezza su<br />

www.dipendenze.com, nel quale i soggetti di diverse provenienze, possono confrontarsi sulle<br />

problematiche comuni che vivono.<br />

Il gruppo d’auto aiuto virtuale è ancora in itinere.<br />

ACCENNI DI CYBERPEDOFILIA<br />

Nel paragrafo seguente cercherò di trattare alcune delle problematiche legate ad un uso<br />

distorto e non previsto della rete; prima di affrontare questo tema è importante ricordare che “il<br />

mondo Internet’’ è fatto da uomini, con i suoi angoli oscuri e i suoi quartieri degradati. Forse è<br />

proprio da questo che bisogna partire per poter comprendere la crescente e nuova cyber criminalità.<br />

Lo sviluppo di internet ha portato numerosi studiosi a rilevare la presenza di una nuova dimensione<br />

organizzata della pedofilia, e non solo. Pur se quantitativamente meno significativa rispetto alle<br />

forme "classiche", la rete riesce a mettere in connessione pedofili di tutto il mondo con minori<br />

rischi di essere scoperti, vista l'enorme quantità di collegamenti che ospita e l'inadeguatezza delle<br />

attuali tecniche di investigazione e controllo. Gli elementi fondamentali della cyberpedofilia,<br />

rispetto alle sue forme classiche, sono relativi alla capacità della rete di far circolare in<br />

maniera riservata le immagini e i messaggi di testo. Per quanto riguarda i fattori individuali<br />

relativi alla cyberpedofilia, è facilmente ipotizzabile che alcuni individui abbiano avuto l'opportunità con<br />

Internet di "sperimentare" la loro perversione, fino a quel<br />

momento vissuta a livello intrapsichico.<br />

La rete consente ad esempio al pedofilo una maggior facilità e riservatezza nella fruizione di<br />

materiale pornografico, con il possibile incremento delle fantasie erotiche, l'ingresso in circuiti di<br />

soggetti omogenei (altri pedofili) con il conseguente apprendimento o rinforzo di fantasie, tecniche<br />

e opportunità. Inoltre il web consente con molta facilità (scaricando una banalissima chat,<br />

inserendo nomi falsi e essendo certi che essi non verranno mai verificati) di adescare e molestare<br />

minori in assoluta libertà.


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<strong><strong>LE</strong>ZI<strong>ON</strong>E</strong> <strong>N°</strong> 2 <strong>PARTE</strong> 2 - CARATTERISTICHE TRADIZI<strong>ON</strong>ALI E RECENTI DEL BULLISMO E<br />

POSSIBILI ATTIVITA’ PREVENTIVE<br />

A cura di Beatrice Benelli, Docente Universita’ degli studi di Padova - Dipartimento di psicologia dello<br />

sviluppo e della socializzazione<br />

Violenza, aggressività, bullismo: quali relazioni?<br />

Sempre più frequentemente vengono portati all’attenzione del pubblico, attraverso i massmedia,<br />

episodi di violenze e di comportamenti antisociali i cui protagonisti sono ragazzini e<br />

adolescenti, (aggressioni verbali e fisiche, spesso ai danni di coetanei portatori di difficoltà di vario<br />

genere, prevaricazioni sistematiche, furti e vandalismi nelle scuole o nelle adiacenze, stupri di<br />

compagne di scuola, molestie sessuali alle coetanee ma anche alle insegnanti, delegittimazione delle<br />

autorità, fino ad arrivare a veri e propri omicidi, spesso in forma rituale). I termini che si sentono<br />

sempre più spesso ripetere, in questi casi, sono: violenza, aggressività, abusi, bullismo, prepotenze,<br />

ecc. come se fossero sinonimi e, quindi, intercambiabili per descrivere questo o quell’episodio violento.<br />

In realtà ciascuno di questi concetti si riferisce a fenomeni che, pur essendo spesso associati, sono<br />

però di natura diversa e la loro più precisa definizione costituisce un prerequisito per qualunque<br />

intervento operativo.<br />

Come concetto generale si potrebbe dire che quello di violenza è il contenitore più ampio, che<br />

si applica sia agli individui sia alle realtà sociali, relativamente alle quali descrive molteplici fenomeni<br />

quali guerre, lotte fra gruppi (si pensi alle violenze attorno ai campi di calcio), genocidi, passati o<br />

attuali, ecc.. Quello di aggressività ha più una connotazione soggettiva, di tratto disposizionale<br />

degli individui (che può tradursi o meno in effettivi comportamenti distruttivi a seconda delle<br />

circostanze), tratto che si accompagna ad un’altrettanto basilare predisposizione a mettere in atto<br />

comportamenti prosociali, quali il consolare, l’aiutare, o coinvolgersi emotivamente di fronte alla<br />

sofferenza e, in generale, alle emozioni altrui (empatia).<br />

Nelle discipline psicologiche, comunque, tutti questi concetti sono di solito tradotti nei termini di<br />

comportamenti aggressivi, violenti, ecc., che essendo osservabili possono essere ricondotti a fattori<br />

ugualmente operazionalizzabili, quali una vera e propria psicopatologia, il temperamento individuale, il<br />

clima familiare, i modelli educativi, le dinamiche di gruppo, l’ambiente socio-economico, il contesto<br />

socio-relazionale, l’appartenenza etnica, ecc.. Le spiegazioni più recenti della aggressività e delle sue<br />

manifestazioni adottano criteri di tipo probabilistico e multifattoriale. Il primo termine significa<br />

che tra una predisposizione aggressiva di una persona e la sua traduzione in azione non c’è una<br />

connessione necessaria e causale, ma una maggiore probabilità di esiti violenti, in certe<br />

condizioni rispetto ad altre. L’esito evolutivo di un individuo (funzionale o disfunzionale, adattato o<br />

disadattato, normale o patologico) sarà il prodotto della interazione fra le componenti psicologiche e<br />

l’insieme delle esperienze educativo-sociali, affettive-relazionali e storico-culturali in cui<br />

quell’individuo è inserito. In funzione di queste interazioni si realizzerà il complesso equilibrio fra le<br />

componenti della personalità aggressive, distruttive e volte al dominio degli altri e quelle prosociali,<br />

costruttive e finalizzate al benessere altrui.<br />

Esistono diversi tipi di aggressività ?<br />

Esistono diverse definizioni e tipologie di aggressività, con notevoli differenze tra di loro e diversi<br />

significati. Vi è l’aggressività reattiva, agita “a caldo”, per così dire, in risposta a provocazioni o danni<br />

subiti o percepiti, in cui domina l’aspetto della mancanza di controllo nella risposta, della intensità


eccessiva della risposta violenta, della sproporzione fra la causa e la conseguenza. Vi è l’aggressività<br />

proattiva, di tipo “freddo”, cioè programmatica e intenzionale, volta non a difendere se stessi - sia<br />

pure in modo non adeguato - ma a recare vantaggi strumentali a se stessi e sofferenza e danno agli<br />

altri. Vi è anche una forma ritualizzata, ovvero incanalata in azioni ed espressioni codificate e<br />

controllate da regole (come nelle competizioni sportive, nei giochi di squadra o individuali, ecc.).<br />

Questo conferma che, di per sé l’aggressività, come tendenza alla affermazione di se stessi, non è<br />

negativa, in quanto “dà l’energia” per realizzare le aspirazioni, difendere i diritti, mantenere le<br />

acquisizioni; ciò che è negativo sono le forme incontrollate, la preponderanza di queste motivazioni a<br />

scapito di altre, la assunzione di principi di vita improntati alla sopraffazione altrui.<br />

In sintesi, non tutte le manifestazioni di aggressività sono forme di bullismo, ma tutte<br />

le forme di bullismo sono esempi di comportamenti aggressivi. La distinzione concettuale è<br />

importante, perchè richiede tipi di intervento diversi, tutti comunque accomunati da una riflessione<br />

critica sulla violenza, sulle sue origini e sulle modalità per contrastarla.<br />

Cosa è esattamente il “ bullismo”?<br />

Con il termine di bullismo (bullying) si indica il fenomeno delle prepotenze, delle prevaricazioni e<br />

delle violenze agite, a scuola o in altri contesti di socializzazione, individualmente o in gruppo, da<br />

parte di alcuni ragazzi ( i “bulli” o “persecutori”) nei confronti di altri ragazzi (le “vittime”). E’ una<br />

forma di aggressività proattiva, cioè non in risposta ad attacchi, che si manifesta in molti modi: in<br />

forma diretta, con aggressioni fisiche (calci, spinte, percosse, ecc,) o verbali, (insulti, minacce,<br />

offese di tipo razzistico e sessistico) o come danni alle cose della vittima, o loro sottrazione (furti,<br />

estorsioni, ecc). Esiste anche una forma di aggressività indiretta, che agisce sul sistema delle<br />

relazioni interpersonali significative, attraverso un sistematico isolamento sociale, maldicenze,<br />

dicerie, ecc. nei confronti di una specifica persona, che si trova esclusa dalle normali relazioni socioaffettive<br />

e segnalata in modo negativo.<br />

Il bullismo in senso proprio è caratterizzato da: intenzionalità, cioè la non casualità delle<br />

azioni aggressive, ma la esplicita volontà di creare disagio all’altro; ripetizione sistematica nel<br />

tempo delle prevaricazioni, quindi non solo episodi occasionali; disequilibrio di potere, ovvero nell’<br />

età, nella forza fisica e nelle abilità psicologiche, maggiori nel bullo che nella vittima; segretezza, nel<br />

senso che le prevaricazione sono agite lontano dal controllo degli adulti, e non ci si rivolge a<br />

insegnanti o genitori, per avere aiuto, sostegno e consigli, (anche se questa caratteristica sembra<br />

sempre meno presente data la crescente spettacolarizzazione degli episodi di violenza).<br />

Gli studi in materia dicono che il fenomeno coinvolge più i maschi che le femmine, anche se<br />

queste ultime sembrano sempre più presenti in questo fenomeno con manifestazioni “maschili”. Le<br />

modalità dirette fisiche e verbali sono solitamente maschili, quelle indirette sono più tipicamente<br />

femminili. Gli episodi di bullismo diminuiscono al crescere dell’età, cioè l’esperienza di vittimizzazione<br />

è massima a livello della scuola dell’obbligo e cala alle superiori; tuttavia, anche se con l’età<br />

diminuisce quantitativamente, sembra assumere forme qualitativamente più gravi (nonnismo, violenze<br />

esterne alla scuola, agite in gruppo, violenze e molestie sessuali, violenze su persone indifese, ecc).<br />

Quali sono le caratteristiche psicologiche dei bulli e delle vittime?<br />

I Bulli sono per lo più ragazzi forti fisicamente e psicologicamente, con una alta autostima,<br />

capacità sociali di tipo manipolativo, credenze valoriali improntate ad aggressività, impulsività e scarsa<br />

capacità empatica. Esistono diverse tipologie di bulli: il bullo dominante, cioè il leader, manipolatore<br />

e decisionista; il bullo gregario, che fa da spalla al leader; il bullo-vittima, che, in particolare,


presenta difficoltà attentive, iper-reattività ed emotività, e quindi disturba, non controlla le proprie<br />

reazioni e provoca danni agli altri. Per quanto riguarda le Vittime, queste sono per lo più ragazzi<br />

sensibili, timidi e insicuri, con scarsa autostima (vittima passiva) ma a volte anche inquieti, iperreattivi<br />

e quindi irritanti, con il risultato che le figura della vittima provocatrice arriva ad<br />

identificarsi con quella del bullo-vittima).<br />

Quanto è diffuso il fenomeno?<br />

In Italia (nella Scuola dell’Obbligo) è stata riscontrata un’incidenza del bullismo circa doppia<br />

rispetto ai dati disponibili a livello europeo ed extraeuropeo. In Italia il fenomeno coinvolgerebbe tra il<br />

30% e il 40% dei ragazzi contro il 15% - 20% degli altri paesi. Il bullismo tende a manifestarsi molto<br />

precocemente, già a livello della scuola elementare; è stato molto indagato nel secondo ciclo della<br />

scuola elementare, ma episodi di sopraffazione sono stati segnalati anche nel primo ciclo o addirittura<br />

nella Scuola per l’infanzia. E’ evidente che più i bambini sono piccoli meno si può parlare di bullismo in<br />

senso proprio, data la non chiara consapevolezza delle proprie azione tipica della infanzia; tuttavia è<br />

evidente che, se questi comportamenti aggressivi o socialmente non adeguati non vengono contenuti<br />

e modificati, potrà instaurarsi – nei singoli bambini e nei gruppi di pari - una costante modalità di agire<br />

improntata alla mancanza di rispetto, fino a vere e proprie prevaricazioni e violenze.<br />

Le conseguenze possono essere anche di lunga durata. Da diverse indagini, risulta che bulli e<br />

vittime restano spesso imprigionati nel tempo nei loro ruoli, gli uni predisposti a diventare adulti<br />

asociali o antisociali, gli altri predisposti all’abbandono scolastico, alla depressione e, in casi estremi, al<br />

suicidio. In particolare i ragazzi che abitualmente sono prepotenti verso i loro compagni di scuola<br />

possono diventare, in seguito, protagonisti di episodi di conclamata devianza, o, addirittura,<br />

criminalità.<br />

Quali sono le ragioni del comportamento prepotente?<br />

Ci sono diversi aspetti personali e sociali legati al fenomeno del bullismo.<br />

Aspetti socio-cognitivi: contrariamente a quanto inizialmente ipotizzato da alcuni autori, i bulli non<br />

sembrano mostrare particolari carenze nella capacità di elaborare correttamente le informazioni<br />

sociali, cioè sanno valutare bene le situazioni e le conseguenze, ma le usano in modo strumentale e a<br />

proprio vantaggio. Inoltre, le forme più complesse di prepotenza, quali quelle relazionali in cui<br />

vengono manipolate le relazioni sociali all’interno del gruppo, risultano positivamente correlate con<br />

l’intelligenza sociale dei bulli, cioè con la capacità di valutare il “senso” delle situazioni<br />

interpersonali per le persone, e dei comportamenti sociali.<br />

Aspetti emotivo-affettivi: sia i bulli che le vittime hanno delle difficoltà nella interpretazione dei<br />

segnali emotivi, facciali degli altri. In particolare, vi sarebbe una carenza da parte dei bulli nella<br />

capacità di riconoscere le espressioni delle emozioni (in particolare quelle positive, come la gioia), di<br />

assumere il punto di vista emotivo degli altri ed esperire in modo vicario le loro emozioni, cioè in<br />

quella fondamentale competenza socio-relazionale che è l’empatia. Nelle vittime si è notata una<br />

difficoltà a riconoscere le espressioni facciali della rabbia, ed in generale una difficoltà ad esprimere il<br />

propio disagio e le proprie esigenze.<br />

Aspetti morali: ci si riferisce alla tendenza da parte dei bulli ad attivare meccanismi di disimpegno<br />

morale, cioè a negare la gravità degli atti violenti per ridurre il senso di disagio o di colpa<br />

conseguenti. Chi agisce in maniera negativa non riconosce la gravità né del comportamento agito né<br />

delle conseguenze di tale comportamento, piuttosto le minimizza, non accetta la responsabilità<br />

personale per i propri atti o, addirittura, attribuisce la colpa per quello che succede alla vittima stessa.


Aspetti di gruppo: il bullismo è un fenomeno che non riguarda solo la diade bullo-vittima, ma<br />

coinvolge tutto il gruppo dei coetanei, i quali possono assumere diversi ruoli durante gli episodi di<br />

prepotenza: l’aiutante del bullo, o il bullo gregario; i sostenitori del bullo, che lo approvano, lo<br />

sostengono e lo incitano; il difensore della vittima, che lo sottrae alle prepotenze, lo consola e lo<br />

protegge, e i cosiddetti esterni, cioè che non sono coinvolti nel fenomeno. Questa è una figura<br />

particolare su cui bisogna riflettere; infatti, da un lato questi ragazzi non possono essere<br />

colpevolizzati, ma dall’altro contribuiscono con la loro “estraneità” al mantenimento di situazioni<br />

anomale. Recenti ricerche hanno mostrato che questi ragazzi, pur avendo un buon grado di empatia<br />

che li porta a non approvare le prepotenze, hanno uno scarso senso di auto-efficacia, cioè la<br />

convinzione di non essere in grado di modificare le cose, di non poter intervenire adeguatamente.<br />

Aspetti educativi. Secondo Hoffman esistono modelli educativi diversi, che (combinandosi con<br />

caratteristiche individuali e personali come il temperamento, più o meno reattivo, più o meno<br />

stabile, più o meno aperto verso gli altri, ecc.) possono dare luogo a esiti evolutivi più o meno<br />

caratterizzati da dimensioni aggressive. Le principali tipologie di questi modelli educativi sono: una<br />

disciplina “orientata sull’amore”, che fa leva sulla paura del bambino di perdere l’approvazione e<br />

l’affetto dei genitori, ma che non punta sulla sicurezza di sé e serenità; una disciplina “imposta dal<br />

potere”, che fa leva sull’autorità e il rigore, ma non favorisce autonomia e accettazione; una<br />

disciplina “induttiva”, che favorisca cioè la capacità di ragionare soprattutto sulle conseguenze – a<br />

breve e a lungo termine, materiali o psicologiche - delle proprie azioni, sia per sé sia soprattutto per<br />

gli altri. Di tutti questi modelli educativi, quello induttivo è quello che si rivela più fortemente<br />

associato ad un alto grado di consapevolezza morale e funge da protettore; ciò, sia nel senso che<br />

induce una “etica” di rispetto e dialogo – l’opposto di una logica aggressiva – sia nel senso che<br />

fornisce strumenti di sicurezza di sé e autostima, ovvero l’opposto di una possible tendenza ad essere<br />

vittimizzati.<br />

Perchè gli episodi di bullismo sono difficili da individuare?<br />

Ci sono molte ragioni per cui il bullismo e la violenza sono fenomeni difficili da eliminare o<br />

contenere. Tra i meccanismi di gruppo che possono contribuire a sostenere o, viceversa, a ridurre i<br />

comportamenti di prepotenza sono particolarmente rilevanti quelli relativi alla costruzione<br />

dell’identità sociale dei ragazzi all’interno del gruppo dei coetanei, e il senso di appartenenza, in<br />

base alle norme e agli atteggiamenti condivisi dal gruppo stesso.<br />

Come meccanismo negativo, il senso di appartenenza al gruppo induce comportamenti di<br />

“omertà”, di silenzio-assenso delle azioni di prepotenza, di contrapposizione al mondo degli adulti,<br />

ecc. Come meccanismo positivo si è visto che, in coloro che possiedono alti livelli di responsività<br />

empatica, si traduce frequentemente comportamenti prosociali e azioni in difesa della vittima,<br />

rappresentando in tal modo una risorsa fondamentale per il gruppo-classe e un fattore di protezione<br />

per il benessere della vittima e di tutti i compagni. Gli interventi devono far aumentare i<br />

comportamenti solidali nei contronti dei più deboli, coinvolgendo il maggior numero possible di ragazzi<br />

e innalzando il livello di consapevolezza del problema.<br />

Cosa si può fare per prevenire il bullismo e le violenze nelle scuole ?<br />

Esistono diversi tipi di programmi di prevenzione del bullismo e delle violenze a scuola, che<br />

agiscono complessivamente in un’ottica sistemica, ovvero che tenta di coinvolgere tutte le<br />

componenti della scuola e di attivare le risorse disponibili. Gli obiettivi principali sono quelli di: a)<br />

formare e sostenere i docenti, fornendo loro le conoscenze necessarie sul fenomeno e le strategie


più efficaci di gestione della classe e delle situazioni problematiche; b) sviluppare negli alunni la<br />

consapevolezza e la sensibilità circa il fenomeno, aiutarli nell’acquisizione delle competenze socioemotive<br />

più importanti (empatia, cognizione morale, problem-solving), favorire l’aiuto reciproco tra<br />

pari all’interno del gruppo tramite specifici progetti di “supporto tra pari”; c) aiutare e sostenere le<br />

vittime in difficoltà; d) coinvolgere le famiglie non solo di bulli e vittime ma di tutti gli alunni<br />

coinvolti, tramite incontri e percorsi di formazione e riflessione ad esse specificamente dedicati; e)<br />

collaborare con le altre istituzioni (Enti Locali, agenzie educative esterne alla scuola, ecc)<br />

mediante la creazione di reti territoriali.<br />

Quali sono i principali tipi di intervento antibullismo ?<br />

Lo scopo comune a tutti gli interventi – che non sono in alternativa ma in sinergia - è quello di<br />

migliorare le relazioni tra compagni nella classe, modificando l’atteggiamente nei confronti delle<br />

prepotenze, (ad esempio facendo aumentare le loro segnalazioni, riducendo la tolleranza nei loro<br />

confronti). Le tipologie fondamentali prevedono: 1) Interventi Individuali, che puntano sulla<br />

modifica degli atteggiamenti del singolo. Con i Bulli : a) ferma condanna dei comportamenti di<br />

prepotenza; b) colloqui individuali, di ascolto e discussione. Con le Vittime: a) ascolto empatico; b)<br />

training di assertività e abilità sociali, per renderle più sicure di sé e capaci nei rapporti con gli altri; c)<br />

attività per migliorare l’autostima, come ad esempio attribuire loro dei ruoli (in classe o nel gruppo)<br />

che le valorizzino. 2) Interventi Collettivi, in classe, ovvero interventi di tipo didattico, attraverso le<br />

normali attività curricolari, cioè che “sfruttano” gli argomenti e i metodi usuali nell’insegnamento<br />

delle discipline (discussioni sul tema della violenza partendo dalla letteratura, dalla storia, ecc.; visione<br />

di filmati, attività teatrali, ecc) D) Interventi collettivi, extracurricolari, che necessitano del<br />

coinvolgimento della intera scuola, attraverso la preparazione di contesti fisico-psicologici specifici e<br />

messa in atto di processi formativi più articolati, che richiedono figure professionali diverse (architetto,<br />

psicologo, psicopedagogista, ecc), accanto agli insegnanti. Una strategia, ad esempio, è la<br />

riorganizzazione degli ambienti fisici (eliminazione di zone, appartate o congestionate, più a<br />

rischio di diventare sedi di atti aggressivi). Un ‘altra è la messa in atto di Pratiche cooperative che<br />

coinvolgano più classi, nella realizzazione di qualche progetto, e che creino un “senso di comunità” (ad<br />

esempio un progetto proprio per la riduzione del bullismo; partecipazione della classe ad un concorso<br />

nazionale per ragazzi, ecc.). Ancora, vi è la realizzazione di “Modelli di supporto fra pari”, basati<br />

sulla spontanea capacità e tendenza dei ragazzi a creare reti di amicizia, aiuto, solidarietà reciproca,<br />

creando – con opportuni processi di formazione da svolgersi in momenti e contesti appositi – la figura<br />

dell’ “Operatore amico”. Questi sono ragazzi e ragazze, di particolare sensibilità e capacità di ascolto e<br />

mediazione, che si fanno carico di “sovraintendere” alle dinamiche della classe, aiutare i compagni in<br />

difficoltà, segnalare problemi, ecc.<br />

Su cosa si può agire per contrastarlo e migliorare le relazioni nella scuola?<br />

Altre formule interessanti si possono chiamare “Percorso sulle emozioni” e<br />

“Contrattazione e condivisione di regole”, che si possono realizzare in vari modi nella classe o<br />

nella intera scuola. La prima ha lo scopo sia di aumentare la consapevolezza delle emozioni proprie ed<br />

altrui, delle motivazioni alla base di comportamenti aggressivi o eccessivamente passivi, delle possibili<br />

conseguenze delle azioni, ecc., sia di aumentare la capacità di esprimerle e verbalizzarle. Le modalità<br />

consistono nell’ invitare a riferire i propri vissuti di fronte a certi episodi; invitare alla autodescrizione,


e attribuzione di caratteristiche psicologiche con esempi paradigmatici; abituare ad ipotizzare<br />

situazioni che determinano certe reazioni emotive, ecc. La seconda punta al coinvolgimento e alla<br />

responsabilizzazione individuale e alla uscita dalla logica della denuncia - secondo cui tali azioni<br />

vengono viste dai ragazzi come “delazione” agli adulti e tradimento dell’ “etica del gruppo dei pari” -<br />

per passare ad una logica della condivisione, attraverso una riflessione sulla necessità delle regole,<br />

sulla natura consensuale ma vincolante del loro rispetto, sulla necessità di un controllo reciproco. Le<br />

modalità con cui ciò può essere realizzato comportano una definizione iniziale di alcune regole<br />

comportamentali, e la periodica verifica e discussione sul loro rispetto; un confronto fra contesti in cui<br />

possono vigere regole diverse (es. famiglia e scuola) ma l’adesione al principio che ciascun contesto<br />

debba essere governato da regole.<br />

E’ cambiato il bullismo con l’evoluzione tecnologica ?<br />

Recentemente si è sviluppata una forma di persecuzione e di violenza che si avvale di nuovi<br />

mezzi di comunicazione, quali la rete telematica e altri stumenti ad essa collegabili. Questa nuova<br />

forma di molestia verbale viene chiamata e-bullying o cyberbullying, e consiste nell’uso di internet o<br />

del telefono cellulare per inviare messaggi minacciosi alla vittima (e-bullying diretto) o per diffondere<br />

messaggi dannosi, calunnie o immagini (e-bullying indiretto). Anche se in Italia solo di recente si è<br />

iniziato a parlare di questo fenomeno, la stampa anglosassone da diversi anni riporta racconti di<br />

studenti, soprattutto preadolescenti ed adolescenti, che subiscono vessazioni attraverso l’uso di<br />

queste nuove tecnologie. Questi racconti descrivono episodi di intere pagine web “dedicate” a studenti<br />

impopolari, di anonime e-mail piene di minacce ed offese o di indesiderate avance mediante i<br />

programmi di instant messaging.<br />

Ancora molto poco si conosce circa la reale entità del problema anche se, da un’indagine<br />

condotta nel Regno Unito dalla National Children’s Home nel 2002, è emerso che un bambino su<br />

quattro è vittima di bullismo mediante telefono cellulare o internet, che il 16% dei ragazzi riceve<br />

messaggi di minaccia, il 7% viene molestato nelle chatroom e il 4% tramite e-mail. La diffusione di<br />

questa particolare forma di bullismo può essere spiegata dal fatto che essa garantisce spesso<br />

l’assoluto anonimato al bullo, consentendogli di essere ancora più ingiurioso ed offensivo, con una<br />

minore probabilità di essere scoperto e punito, rispetto alle forme più tradizionali di bullismo. Proprio<br />

l’anonimato che protegge il bullo rende questa forma di violenza ancora peggiore di<br />

quella tradizionale in quanto, non essendo possibile sapere né l’identità né il numero di persone<br />

che stanno dietro questi messaggi, la paura, e l’ansia nell’affrontare le interazioni con i coetanei,<br />

provocate nella vittima sono ancora maggiori e il danno alla sua immagine ancora più esteso. Inoltre,<br />

l’uso di internet come strumento di attacco rende alcuni ragazzi ancora più sicuri nel dire cose che<br />

normalmente non direbbero in una interazione faccia a faccia con un compagno. Addirittura, sembra<br />

essere diventato un mezzo privilegiato di aggressione, sia diretta che indiretta, tra le ragazze le quali<br />

usano questi mezzi tecnologici per minacciare le loro coetanee e distruggere la loro autostima. In<br />

ultimo, la possibilità di diffondere la documentazione delle prepotenze sul web o tramite cellulare<br />

consente al bullo – e ai suoi accoliti - di allargare all’infinito il pubblico di spettatori, di cui hanno<br />

estremamente bisogno.<br />

Per le stesse ragioni per cui sono così diffuse e dannose, queste forme di prevaricazione e<br />

aggressività sono difficili da combattere. L’azione dovrebbe consistere in una riflessione generale sulle<br />

varie manifestazioni della violenza, da condurre con bambini e adolescenti, secondo i criteri sopra<br />

esposti, aggiungendo a questo una consapevolizzazione sulla natura di questi mezzi di comunicazione,<br />

un apprendimento del loro uso non solo “tecnologico” ma anche culturale ed emotivo, il che significa


che tale uso non deve diventare un valore in se stesso o un mezzo per realizzare in maniera vicaria<br />

bisogni e competenze. Come già detto sopra, gli aspetti negativi sono quelli legati alla possibilità di<br />

agire senza che vi siano delle ricadute reali e concrete, con una conseguente assunzione di<br />

responsabilità: in sostanza, un anonimato etico e legale. Accanto a ciò, paradossalmente vi è un<br />

protagonismo, vuoi nell’essere regista vuoi nell’essere attore degli episodi diffusi in rete, che permette<br />

di soddisfare in maniera vicaria bisogni e competenze che nella vita reale o non sono socialmente<br />

accettabili o richiedono maggiori talenti e impegni. L’immediatezza con cui si possono “raccontare” le<br />

cose, semplicemente riproducendole visivamente con un mezzo immediato, rende queste forme<br />

espressive molto più facili ed appetibili che non, ad esempio, una rielaborazione mentale e una<br />

narrazione linguistica. Quest’ultima richiede conoscenze, sforzo, organizzazione e, grazie al fatto che<br />

un racconto non è una semplice copia della realtà ma una rappresentazione cognitiva, induce una<br />

“presa di distanza” dall’evento, che può favorire una sua più complessa e autentica valutazione. Ecco<br />

perchè “il parlare di ciò che accade”, in classe con gli insegnanti, con gli adulti significativi, con gli<br />

stessi compagni, aiuta l’elaborazione cognitiva ed emotiva e favorisce un allargamento della<br />

prospettiva mentale con cui i fatti vengono considerati (vedi il Percorso delle Emozioni). Gli aspetti<br />

“positivi” della diffusione in rete di episodi di bullismo, o altre forme di violenza, consistono nel fatto<br />

che rendono il fenomeno più visibile, aumentano il numero di coloro che ne vengono a conoscenza, e<br />

possono diventare oggetto di osservazione congiunta tra adulti e ragazzi, spunto di riflessione critica e<br />

di discussione collettiva in classe su eventi che non sono più “segreti” ma osservabili, analizzabili e<br />

giudicabili.<br />

Per saperne di più<br />

Fonzi, A. (a cura di) (1997). Il bullismo in Italia. Il fenomeno delle prepotenze a scuola dal Piemonte<br />

alla Sicilia. Ricerche e prospettive d'intervento. Firenze: Giunti.<br />

Fonzi, A. (a cura di) (1999). Il gioco crudele. Studi e ricerche sui correlati psicologici del bullismo.<br />

Firenze: Giunti.<br />

Gini, G. (2005). Il bullismo. Le regole della prepotenza tra caratteristiche individuali e potere nel<br />

gruppo. Edizioni Carlo Amore, Roma.<br />

Gini, G., Albiero, P., e Benelli, B. (2005). Relazione tra bullismo, empatia ed autoefficacia percepita in<br />

un campione di adolescenti. Psicologia Clinica dello Sviluppo, 9, 461-476.<br />

Lazzarin,M.G. e Zambianchi, E. (a cura di) (2004) Pratiche didattiche per prevenire il bullismo a<br />

scuola. Milano: Franco Angeli.<br />

Menesini, E. (2000) Bullismo: Che fare? Firenze: Giunti.<br />

Olweus, D. (1996). Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi e ragazzi che opprimono. Firenze: Giunti.<br />

Schaffer, R. (1998). Lo sviluppo sociale. Milano: Raffaello Cortina.


<strong><strong>LE</strong>ZI<strong>ON</strong>E</strong> <strong>N°</strong> 2 <strong>PARTE</strong> 3 - INTERNET E COMPUTER CRIMES<br />

A cura di Giuseppe Giliberti, Commissario Capo Polizia di stato – Compartimento Polizia Postale e<br />

delle Comunicazioni del Veneto<br />

La diffusione del computer negli ultimi dieci anni e la tumultuosa crescita di Internet sono il dato di<br />

riferimento per tentare di apprezzare appieno la rilevanza assunta nella moderna società dai<br />

comportamenti illeciti posti in essere utilizzando lo strumento informatico. Con il computer possono<br />

essere commessi pressoché tutti i tipi di reato, compresi quelli di tipo tradizionale. Questo particolare<br />

settore di attività è diventato per la Polizia delle Comunicazioni di rilevanza strategica.<br />

Nelle investigazioni informatiche, la scena del crimine in cui cercare quella “traccia” lasciata dal<br />

responsabile del reato è spesso costituita dal computer o da reti di computer e dall’ambiente virtuale<br />

in cui essi vengono utilizzati. Per tale ragione la ricerca, la raccolta e l’assicurazione delle “prove<br />

informatiche” di reato deve essere affidata ad operatori di particolare abilità e competenza. Le<br />

condotte sospette, per la loro stessa natura digitale, potrebbero facilmente essere alterate, fin<br />

dall’origine o in un momento successivo alla loro formazione, da esperti informatici. Le indagini contro<br />

la diffusione del materiale pedopornografico sulla rete hanno ottenuto risultati operativi di altissimo<br />

livello con l’arresto e la denuncia di oltre 3.000 soggetti responsabili di questi odiosi crimini.<br />

Internet, talora chiamato semplicemente “ the net”, è nato nel bel mezzo della guerra fredda durante<br />

gli anni sessanta. All’epoca, le reti di comunicazione erano connesse “punto a punto” e ciascun punto<br />

nella rete di comunicazione dipendeva da quello precedente: se uno di essi fosse stato distrutto,<br />

l’intera rete di comunicazione sarebbe divenuta inutilizzabile. Il governo degli Stati Uniti, seriamente<br />

preoccupato della possibilità di sviluppi negativi nella contrapposizione fra blocchi, affidò alla società<br />

Rand Corporation l’incarico di studiare un sistema di comunicazione che garantisse alle Autorità<br />

nazionali di riuscire a comunicare tra loro nell’ipotesi di un conflitto nucleare.<br />

Un membro del gruppo di ricercatori, Paul BARAN, suggerì l’idea di usare un sistema di<br />

comunicazione, nel quale i diversi anelli della catena fossero indipendenti uno dall’altro. Egli pensava<br />

ad un modello disegnato come la trama di una rete da pesca, in cui l’informazione potesse trovare la<br />

propria strada attraverso la rete di comunicazione anche se una parte di essa fosse andata distrutta.<br />

L’idea dello studioso venne accantonata dal Pentagono, ma il suo modello che si rifaceva all’idea della<br />

rete da pesca, influenzò lo schema usato nel 1969 dall’Agenzia governativa ARPA ( Advanced<br />

Research Projects Agency ) per creare il precursore di Internet, conosciuto con il nome ARPAnet.<br />

ARPANet raggiunse lo scopo di creare un piccolo, decentrato sistema di comunicazioni che consentiva<br />

di connettere fra loro i computer di quattro differenti campus universitari americani. Un computer di<br />

ricerca situato in uno dei campus riusciva a “parlare” ad altri computer nelle altre università. Nel<br />

sistema ARPANet i messaggi potevano essere instradati o reinstradati in più di una direzione,e quindi<br />

il network poteva continuare a funzionare anche se parzialmente distrutto durante un attacco militare<br />

o un’altra catastrofe. A questo livello iniziale, Internet era un modo con cui trasmettere solamente<br />

testo e non foto, suoni, audio o video. Poiché venivano usati solo lettere e numeri, il solo modo per<br />

avere informazioni da un altro computer connesso alla Rete era quello di digitare complicate sequenze<br />

di comandi sulla tastiera, rendendolo difficile per i principianti. Non appena il mondo degli affari e le<br />

università interessati nella ricerca militare entrarono in contatto con questo sistema di comunicazione,<br />

esso crebbe esponenzialmente fino a ciò che ora conosciamo come INTERNET.


Oggi INTERNET è la rete delle reti: un insieme di reti a livello mondiale che sono in grado di<br />

comunicare tra di loro, cooperando ed auto sostenendosi. Un insieme di sistemi di computer<br />

commerciali, governativi, educativi che instradano dati e massaggi ad alta velocità per consentire loro<br />

di giungere a destinazione. Non c’è un proprietario di INTERNET e non c’è una singola agenzia<br />

normativa responsabile per esso, anche se ad alcune organizzazioni è riconosciuto il compito di<br />

assicurare il corretto funzionamento della struttura. La “rete delle reti” è accessibile a centinaia di<br />

milioni di persone in tutto il pianeta e consente a ciascun utilizzatore di computer collegato di avere<br />

informazioni da ogni altro computer. Oggi lo utilizzano imprese commerciali e industrie, enti per<br />

l’educazione quali università, scuole dell’obbligo, biblioteche, servizi per la ricerca e anche gente<br />

comune.<br />

Una volta connesso a Internet, l’utilizzatore ha accesso a informazioni, programmi e servizi da ogni<br />

parte del globo. Un computer può essere connesso a Internet anche attraverso un cellulare. Anche<br />

senza una linea telefonica fisica o l’ausilio di una rete di telefonia mobile, è comunque possibile la<br />

connessione ad Internet. Un telefono satellitare può spedire e ricevere segnali a e da satellite.<br />

Per l’investigatore sarà importante considerare che dal lato della rete Internet, le tracce verso ciascun<br />

utente di quella rete ci portano ad un solo indirizzo IP: quello del gateway verso Internet della rete<br />

LAN. Quando si deve spedire una lettera a qualcuno, la si mette in una busta, ci si scrive sopra il<br />

nome del destinatario e spesso del mittente e la si imbuca. Dopo un po’, un incaricato ritira la lettera<br />

e la porta a un centro di raccolta e, a seconda dell’indirizzo messo sulla busta, la lettera viene spedita<br />

ad un centro di distribuzione vicino al luogo di residenza del destinatario. Lì la lettera è affidata al<br />

postino che passa per l’indirizzo indicato nella busta durante il giro giornaliero del quartiere. Prima di<br />

inserire la lettera nella cassetta di destinazione il postino controlla per l’ultima volta se l’indirizzo è<br />

corretto – la combinazione di paese, città, codice di avviamento, nome della strada, numero di casa e<br />

nome del destinatario, garantiscono la consegna della lettera alla giusta persona. Nel mondo digitale<br />

delle reti telematiche il meccanismo con cui vengono indirizzati i pacchetti di informazioni è più o<br />

meno lo stesso.<br />

I “computer crimes” sono una categoria concettuale dai contorni piuttosto vaghi essendo frutto di<br />

una metodologia di approccio al fenomeno di tipo casistico. Nella categoria vengono infatti accomunati<br />

tanti fatti illeciti che comunque interferiscono con l’informatica.<br />

Coloro che pongono in essere questi comportamenti illeciti che possono essere riuniti sotto la formula<br />

unitaria di “crimini informatici”, sono in genere conosciuti con il termine anglosassone di Hackers. In<br />

realtà con il termine hacker si indicano i pirati informatici “buoni”, coloro che sono appassionati dello<br />

strumento informatico, talora programmatori che conoscono approfonditamente un sistema operativo<br />

( spesso perché si trovano ad utilizzarlo per ragioni di lavoro) e che, attraverso la violazione di sistemi<br />

informatici protetti, vogliono dimostrare le proprie capacità, magari, come è successo in qualche caso,<br />

per farsi assumere dalla stessa impresa titolare del sistema violato. Dagli “hacker “ che sono mossi da<br />

curiosità e da brama di dimostrare le proprie capacità, si differenziano i “cracker “ o “Kracker”<br />

pirati informatici “cattivi “ che si propongono di violare sistemi informatici per ragioni poco nobili, cioè<br />

per il gusto di creare danni o per carpire dati sensibili in essi contenuti ed utilizzarli a fini illeciti o<br />

addirittura per ottenere il controllo del sistema informatico violato, utilizzandolo per il compimento di<br />

ulteriori attacchi ad altri sistemi telematici. Categoria particolare di “hacker” è costituita dai “phreaker”<br />

termine che, sino dagli anni settanta, sta ad indicare coloro che violando i codici di accesso alle<br />

compagnie telefoniche, riescono a telefonare gratuitamente.<br />

Ci sono un discreto numero di reati informatici che vengono commessi, ma che non vengono<br />

denunciati. Importante è anche riuscire a determinare con esattezza il ruolo svolto dal computer nella


commissione di un reato. Infatti il computer talvolta può essere lo strumento con cui il reato viene<br />

commesso come ad esempio nei casi in cui esso sia utilizzato per un accesso abusivo all’altrui sistema<br />

informatico ovvero per la trasmissione per via telematica di materiale illecito; talvolta può essere<br />

l’oggetto dell’attività delittuosa, il bersaglio finale dei criminali, come nel caso del computer violato o<br />

del quale è stato danneggiato il software o semplicemente i dati in esso custoditi; talvolta infine può<br />

rappresentare il luogo in cui possono essere reperite cose o tracce pertinenti al reato o lo stesso corpo<br />

del reato. Tutto questo ovviamente costituisce una nuova frontiera per la criminalità e in concreto una<br />

sfida per l’investigatore, specie in considerazione dei tempi obiettivamente assai ristretti ( anche pochi<br />

secondi ) che servono per commettere il reato e dell’assenza delle normali costrizioni geografiche,<br />

potendo l’attività illecita svilupparsi da un capo all’altro del mondo. È importante da un lato individuare<br />

tutte le potenziali fonti di informazione, dall’altro il personale tecnicamente preparato, esperto di<br />

informatica che possa essere di aiuto nell’investigazione.<br />

WORLD WIDE WEB. Il servizio più largamente conosciuto e usato in INTERNET è il World Wide<br />

Web. Il WWW fonde le potenzialità di INTERNET di condividere informazioni utilizzando il sistema<br />

dell’ipertesto. Costituisce un sistema globale di informazioni facile da usare, ma allo stesso tempo<br />

potente, accessibile con un interfaccia “point and click” basato sul mouse.<br />

Lo sviluppo del WWW ha cambiato in modo radicale il carattere e la vocazione di INTERNET. Agli inizi<br />

INTERNET era infatti uno strumento usato pressoché esclusivamente da professionisti, educatori,<br />

studenti e fanatici del computer. La facilità di usare il WWW ha invece aperto INTERNET a milioni di<br />

altre persone in tutto il mondo, divenendo la realtà in cui promuovere affari, esprimere opinioni,<br />

riferire eventi locali o mondiali e soprattutto comunicare l’un l’altro.<br />

Con l’innovazione del WWW, le foto, il suono, il video e l’animazione vengono integrati con il testo in<br />

singoli documenti, definiti per l’appunto ipertestuali, che possono essere trasmessi globalmente nella<br />

rete.<br />

Questi documenti sono definiti tecnicamente documenti HTML o Pagine Web.<br />

Una raccolta di pagine Web forma il sito Web (Web Site). Per visualizzare questo concetto, i manuali<br />

suggeriscono di immaginare il WEB come una enorme biblioteca virtuale localizzata in INTERNET. I<br />

Siti Web sono i libri della biblioteca e le pagine web sono le singole pagine. Le Home Page sono le<br />

copertine di questi libri virtuali.<br />

Il WEB rende disponibili milioni di pagine contenenti informazioni. La navigazione è fatta utilizzando<br />

un WEB browser ( navigatore ).<br />

Nel caso in cui l’interesse investigativo si orienti verso un particolare sito WEB, per visionarne il<br />

contenuto basterà utilizzare un normale browser di navigazione.<br />

Tale necessità si presenta frequentemente nella pratica nelle investigazioni di contrasto alla turpe<br />

realtà del commercio e della diffusione per via telematica della pornografia minorile, laddove, a<br />

seguito delle segnalazioni di siti WEB al cui interno vi siano foto o video che riproducono bambini o<br />

minori degli anni diciotto coinvolti in attività sessuali tra loro o con adulti, si ponga anzitutto la<br />

necessità di verificarne la fondatezza.<br />

Problemi di ordine pratico si potrebbero avere nel caso in cui tali siti siano visionabili a pagamento,<br />

soprattutto quando l’unico modo per accedervi è quello del previo pagamento a mezzo di carta di<br />

credito. Superati tali problemi, sarà opportuno ricordare che esistono delle applicazioni che<br />

consentono di scaricare sul proprio hard disk o su altro supporto, l’intero sito web presente in un certo<br />

indirizzo. L’utilizzo di una di queste applicazioni consente all’investigatore di visionare il contenuto del<br />

sito in un momento successivo, rimanendo sconnesso.


POSTA E<strong>LE</strong>TTR<strong>ON</strong>ICA. Il servizio di posta elettronica (e-mail) è con ogni probabilità l’ applicazione<br />

più utilizzata in Internet. Per molti utenti Internet, la posta elettronica ha di fatto rimpiazzato il<br />

sistema postale per l’invio di brevi documenti. Una volta la posta elettronica era limitata alla sola<br />

spedizione di messaggi di testo, mentre ora può essere utilizzata per condividere programmi,<br />

immagini, suoni, video clips con altre persone all’altro capo dell’oceano nel volgere di pochi minuti.<br />

L’identità di una persona in Internet è determinata in primo luogo dal suo indirizzo di posta<br />

elettronica. Questo indirizzo è immediatamente visto da altri utenti quando si spedisce un messaggio.<br />

Ma Internet offre anche possibilità di celare tale indirizzo e di intrattenere comunicazioni anonime.<br />

Ogni giorno migliaia di persone trasmettono messaggi anonimi nella rete Internet. Alcuni vogliono<br />

assicurarsi sicurezza e privacy, altri lo fanno semplicemente per fare scherzi o anche per commettere<br />

reati. Un esempio può essere quello del portavoce ufficiale di una società che voglia comunicare alla<br />

stampa qualcosa di confidenziale. La maniera più semplice per garantirsi di fatto l’anonimato è quella<br />

di utilizzare uno dei servizi di posta elettronica gratuiti, disponibili in Rete quali Hotmail.com, Yahoo,<br />

Freemark.com, Usa.net, Geocities.com etc. Iscriversi a tali servizi spesso non comporta la necessità di<br />

fornire generalità reali e comunque, essendo ospitati da server d’oltre oceano, essi mettono eventuali<br />

investigatori nella necessità di ricorrere a strumenti di cooperazione internazionale per ottenere<br />

informazioni sui titolari dell’account di posta elettronica. Ma il modo più comune di rendere<br />

effettivamente anonimi i messaggi spediti è quello di passare attraverso un tipo di centro di raccolta<br />

conosciuto come Remailer ( Reindirizzatore anonimo). Ce ne sono alcune decine nel mondo. Alcuni<br />

sono gratuiti, altri sono a pagamento. Mentre tali centri spediscono in genere messaggi che non<br />

contengono traccia alcuna del mittente, alcuni di essi sono in grado di aggiungere anche un indirizzo<br />

anonimo, al quale altre persone possono inviare messaggi che poi vengono “girati” all’indirizzo reale.<br />

COMUNICAZI<strong>ON</strong>I IN TEMPO REA<strong>LE</strong>. Una delle prime applicazioni di Internet è stata quella delle<br />

comunicazioni in tempo reale. I ricercatori che per primi hanno disegnato e costruito il sistema<br />

“parlavano” l’un l’altro con messaggi digitati, utilizzando un programma chiamato talk.<br />

Successivamente essi hanno sviluppato il modo di spedire messaggi-voce. Una delle maggiori<br />

attrattive dei servizi on-line, nazionali e internazionali, sono le c.d. chat room cioè quei luoghi virtuali<br />

dove gli utenti si possono ritrovare per comunicare in tempo reale. Qualsiasi cosa un utente digiti è<br />

visibile immediatamente a ciascuno presente in quel canale o chat room.<br />

NEWSGROUP. I Newsgroup di USENET sono gruppi di discussione telematica organizzati su scala<br />

mondiale nei quali è possibile condividere informazioni e opinioni con persone provenienti da ogni<br />

angolo del pianeta. Li si può immaginare come bacheche elettroniche dove ciascuno può affiggere un<br />

messaggio che, dopo l’affissione, può essere letto da chiunque. A differenza della posta elettronica<br />

che è essenzialmente una comunicazione privata fra individui, i messaggi di un newsgroup sono<br />

accessibili a chiunque abbia accesso a Internet. Utilizzando un software di lettura di News è possibile<br />

leggere articoli messi da altri, rispondere agli articoli trovati e/o inserire propri messaggi affinché altri<br />

li leggano. Gli argomenti vanno da quelli scientifici a quelli più assurdi e i contributi dei lettori spaziano<br />

dal discorso scientifico alla banale chiacchiera. Per chi è interessato a fruire di tale servizio il primo<br />

passo è trovare il newsgroup; leggere ciò che in esso è contenuto, il secondo. Anche se molti<br />

pensano a newsgroup e chat come a realtà interscambiabili, le due cose sono invece molto differenti.<br />

I newsgroup consentono all’utente di accedere alla discussione ad ogni ora del giorno o della notte e<br />

vedere quali nuovi messaggi sono stati inseriti dopo la precedente visita. Diversamente le chat hanno


uno svolgimento in tempo reale. Chi le frequenta spesso non ha molto tempo per pensare e meno<br />

ancora per digitare il messaggio, cosicché le chat tendono ad essere informali e socievoli per loro<br />

natura. Altra differenza fra i due servizi è data dal fatto che il contenuto della chat in genere non è<br />

più disponibile, quando scompare dallo schermo, mentre i contenuti dei gruppi di discussione<br />

rimangono disponibili per essere letti e rivisitati da chiunque abbia un lettore di news in qualsiasi<br />

momento.<br />

MAILING LISTS. Le mailing list sono liste di persone che essendosi iscritte a un certo gruppo,<br />

ricevono messaggi e informazioni su un particolare argomento tramite la posta elettronica. Ci sono<br />

decine di migliaia di mailing list disponibili su Internet su argomenti che variano dall’ingegneria<br />

aerospaziale alla zoologia. Per gli Internauti esse sono uno dei modi per rimanere aggiornati sugli<br />

argomenti di interesse. Produttori e venditori di software li utilizzano come strumento per mantenersi<br />

in contatto con i propri clienti. Diversamente da un newsgroup al quale tutti possono avere accesso<br />

leggendo i messaggi, la mailing list si avvicina di più alla rivista privata di una organizzazione, in<br />

quanto è spesso moderata e riservata a persone che vi abbiano espressamente aderito. La maggior<br />

parte di esse consente agli utenti di iscriversi spedendo un messaggio di posta elettronica contenente<br />

uno specifico messaggio alla mailing list, mentre altre semplicemente richiedono di inserire un<br />

indirizzo di posta elettronica su un modello in una pagina web. Il server automaticamente aggiunge il<br />

nuovo indirizzo di posta elettronica agli altri e distribuirà in seguito i messaggi a tutti i soci. In genere,<br />

le mailing list forniscono anche istruzioni su come uscire dalle stesse. Il vero vantaggio di una mailing<br />

list è che chi vi aderisce non deve aprire un newsgroup e passare attraverso tutti i messaggi in esso<br />

contenuti per trovare ciò che lo interessa.<br />

Bullismo on line<br />

Sul dizionario Zingarelli al termine “bullo” corrisponde la definizione di: “prepotente, bellimbusto, che<br />

si mette in mostra con spavalderia”, sul Devoto e Oli il bullo è un “teppista sfrontato”, ma anche “in<br />

senso non cattivo, bellimbusto, che si rende ridicolo per la vistosità e l’eccentricità dell’abbigliamento”;<br />

bisogna attendere il 1996 perché il termine bullismo compaia su alcuni dizionari nella sezione<br />

“neologismi”. Il significato che oggi diamo al termine “bullismo” deriva da quello anglosassone.<br />

Sull’Oxford Dictionary del 1990, bully denota una persona che usa la propria forza o potere per<br />

intimorire o danneggiare una persona più debole. Il significato inglese del termine non denota quindi<br />

un semplice atteggiamento, come accadeva nella lingua italiana, quanto una specifica modalità di<br />

relazione tra due persone, tra un più forte, che si avvale della propria superiorità per danneggiare un<br />

soggetto più debole. In questa definizione viene espressa con chiarezza la matrice relazionale del<br />

fenomeno e sono presenti due dei principali criteri che la comunità scientifica è solita utilizzare per<br />

demarcare il fenomeno del bullismo (anche on line) da ciò che non lo è:<br />

• l’esistenza di uno squilibrio nel rapporto di forza tra due o più persone;<br />

• l’intenzione di arrecare danno alla persona più debole.<br />

Una terza condizione, necessaria, per definire un fenomeno come il bullismo (anche on line) concerne,<br />

il perdurare nel tempo di un tale tipo di relazione squilibrata. Quindi intenzionalità, persistenza e<br />

disequilibrio sono gli elementi che caratterizzano il fenomeno del bullismo (anche on line), che può<br />

essere visto come aspetto di un più generale comportamento antisociale che si caratterizza per la<br />

mancanza del rispetto delle regole (disturbi della condotta). Il bullismo (anche on line) è un tipo di<br />

azione che mira deliberatamente a far del male o danneggiare; spesso è persistente, talvolta dura per<br />

settimane, mesi e persino anni ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittime, spaventate dalle


ipercussioni dei bulli se “denunciano” le prevaricazioni subite. Ciò significa che con il termine bullismo<br />

(anche on line) non ci si riferisce ad una situazione statica in cui c’è qualcuno che aggredisce e<br />

qualcun altro che subisce, ma ad un processo dinamico, in cui persecutori e vittime sono entrambi<br />

coinvolti. Fenomeno non recente, è stato per lungo tempo sottovalutato, ritenendo che riguardasse<br />

soprattutto soggetti tardo-adolescenti; quando per iniziativa della professoressa Ada F<strong>ON</strong>ZI<br />

dell’Università di Firenze e della sua equipe, anche in Italia il fenomeno ha cominciato a essere<br />

studiato in modo sistematico, l’interesse che tali ricerche hanno suscitato nel mondo della scuola,<br />

nonché nella pubblica opinione, è stato molto elevato. Come se finalmente fosse dato un nome per<br />

descrivere un disagio che i docenti, familiari e soprattutto i ragazzi percepivano da tempo in modo<br />

pervasivo e disturbante all’interno della scuola.<br />

La nostra rappresentazione dell’infanzia si è profondamente modificata negli ultimi anni. Vi sono due<br />

caratteristiche peculiari apparentemente in contraddizione, che colpiscono maggiormente la nostra<br />

attenzione: da un lato percepiamo i ragazzi sempre più arrabbiati, annoiati, precocemente autonomi,<br />

spesso aggressivi; dall’altro li percepiamo emozionalmente fragili, bisognosi di protezione troppo a<br />

lungo dipendenti. Al di là dell’incidenza percentuale del fenomeno, interessanti sono le concordanze<br />

che i vari studi rivelano circa le caratteristiche del fenomeno e dei suoi correlati. Tali dati ci dicono che<br />

il fenomeno del bullismo (anche on line) tende universalmente a decrescere quantitativamente con<br />

l’aumentare dell’età, in particolare con il passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria, ma<br />

allo stesso tempo aumenta la qualità, la gravita delle condotte messe in atto in quei casi di prepotenza<br />

che perdurano anche nella scuola media, e che la percentuale delle femmine coinvolte è minore di<br />

quella dei maschi. Sono state osservate due forme fondamentali di bullismo (anche on line) l’una di<br />

tipo diretto e l’altra di tipo indiretto. La prima che si articola in prepotenze fisiche e/o verbali, parte dal<br />

prevaricatore e si rivolge direttamente alla vittima, che subisce attacchi fisici, pugni, calci, percosse, o<br />

verbali, insulti minacce prese in giro o entrambi. Nella seconda, di tipo indiretto, la vittima è<br />

intrappolata in una serie di dicerie sul suo conto, di atteggiamenti di esclusione nei suoi confronti, che<br />

condannano all’isolamento. Ed è proprio questa seconda forma che viene agita di preferenza dalle<br />

femmine nei confronti delle compagne, quindi anche difficilmente rilevabile, mentre i maschi si<br />

orientano prevalentemente verso l’aggressività di tipo diretto. Facendo un breve accenno alle<br />

caratteristiche degli attori del fenomeno del bullismo (anche on line) riporto l’analisi di M. A. ZANETTI<br />

professoressa del dipartimento di psicologia dell’università di Pavia:<br />

• Bullo/i attivi: colui o coloro che sono i protagonisti dell’azione di prevaricazione che mettono in<br />

atto di propria iniziativa e senza un apparente reale motivo, gratuitamente, condotte violente<br />

verbali o fisiche, dirette o indirette a discapito di una persona o di un gruppo, vittime.<br />

Caratteristiche: Aggressivi verso i compagni ma anche verso gli adulti, spavaldi, sicuri di sé,<br />

spesso popolari, più forti delle loro vittime, impulsivi, incapaci di rispettare le regole degli<br />

adulti, hanno solitamente un’opinione positiva di sé, nessuna empatia con la vittima, modello<br />

aggressivo associato alla forza fisica (per i maschi); famiglie con clima ostile, scarsa<br />

accettazione del figlio, modelli educativi autoritari e violenti - Ross (1999) parla di “modello<br />

educativo incoerente”.<br />

• Bulli passivi: Seguaci o sobillatori, sostenitori del bullo attivo, al sicuro all’interno del gruppo<br />

prepotente, nel codazzo di compagni ritenuti “prestigiosi”; in loro può verificarsi una parziale<br />

empatia per la vittima, sono caratterizzati da bassa autostima, scarsa stabilità emotiva, scarsa<br />

soddisfazione personale (Lawson, 2001), tendono a diminuire crescendo.<br />

• Vittima passiva o sottomessa: subisce senza reagire i soprusi e le umiliazioni del bullo/i.<br />

Caratteristiche: ansiosi, passivi, molto “attaccati” all’adulto, bassa autostima, immagine di sé


negativa, incapaci di reagire, rassegnati, non sono buoni lettori dell’espressione emotiva altrui,<br />

non riconoscono i codici aggressivi dei potenziali bulli (Fonzi, 1999), modello reattivo ansioso o<br />

sottomesso (per i maschi), debolezza fisica; famiglia iperprotettiva. Figlio non in grado di<br />

gestire relazioni sociali complesse.<br />

• Vittima provocatrice: mette in atto condotte comportamentali tali da istigare, provocare in<br />

qualche modo la violenza nel bullo/i. Caratteristiche: Alternanza dei codici, facilmente irritabili,<br />

scarso controllo emotivo, provocatori solitamente antipatici nei confronti degli adulti, stile<br />

famigliare: a) coercitivo-incoerente; b) permissivo; c) iperprotettivo.<br />

• Gregari: appartengono al gruppo del bullo o dei bulli che aiutano a mettere in atto le condotte<br />

di prevaricazione da parte dei bulli, o a volte eseguono gli “ordini” del bullo stesso.<br />

• Spettatori: osservano a debita distanza senza intervenire nell’azione prevaricatrice, come se la<br />

cosa non li riguardasse il più delle volte, capendo la gravità della situazione, si allontanano<br />

facendo finta di niente per non essere coinvolti.<br />

• Difensori della vittima: sono coloro che in qualche modo prendono le difese della vittima, sono<br />

rari, rischiano, comportandosi in difesa della vittima, di diventare a loro volta bersaglio di<br />

prevaricazioni.<br />

Le vittime possono ancora essere descritte in base alla tipologia di reazione alle<br />

prepotenze:<br />

• vittime aggressive inefficaci: provocano e contrattaccano l’aggressore utilizzando tecniche di<br />

fronteggiamento inefficaci, perdono le loro battaglie attanagliate da sensi di angoscia e di<br />

frustrazione che li irretiscono in conflitti sempre più estesi;<br />

• vittime aggressive efficaci: utilizzano l’aggressione per risolvere il conflitto a loro favore;<br />

• vittime non aggressive: usano tattiche inefficaci compensando glia attacchi passivamente con<br />

la loro disfatta.<br />

Circa le cause del bullismo (anche on line), gli studi condotti minimizzano alcuni luoghi comuni.<br />

Risultano scarsamente probanti i risultati di quelle ricerche che hanno cercato di mettere in rapporto il<br />

fenomeno del bullismo (anche on line) con particolari fattori socio-ambientali o con caratteristiche<br />

fisiche dei soggetti; sembrerebbero scarsamente verificate le ipotesi secondo le quali un alto numero<br />

di studenti per classe e l’ampia dimensione della scuola sarebbero correlati positivamente con le<br />

presenza di prepotenze. Neppure avrebbero incidenza lo scarso rendimento scolastico dei soggetti<br />

coinvolti, né le loro depresse condizioni socioeconomiche, (il bullismo (anche on line) non è un<br />

fenomeno da aree povere e degradate). Anche altri facili parallelismi non hanno retto alle verifiche<br />

empiriche: i bambini che subiscono prepotenze non sono portatori di caratteristiche fisiche particolari<br />

che li indichino agli altri come vittime predestinate; non hanno di frequenza i capelli rossi, non<br />

tendono all’obesità né sono portatori di occhiali. Il bullismo (anche on line) è un fenomeno dinamico si<br />

modifica di pari passo con i cambiamenti sociali, anche nelle sue manifestazioni. Facendo riferimento<br />

agli stili educativi adottati in famiglia, si può dire che approcci unilaterali non spiegano il fenomeno, il<br />

comportamento umano è troppo complesso perché esso possa essere ricondotto alla sola azione degli<br />

stili educativi. Tuttavia è inconfutabile che, qualora i modelli familiari siano improntati alla logica della<br />

sopraffazione e della violenza, se vengono rinforzati ulteriormente dai mass media e sono in sintonia<br />

col contesto socio-ambientale, i bambini e i ragazzi metteranno in atto comportamenti coerenti con<br />

questi modelli, legati a schemi di comportamento interiorizzati altamente disadattivi riproponendoli in<br />

ambiti diversi da quello familiare. Anche il non intervenire può legittimare taluni comportamenti.<br />

Dan Olweus dice che i bulli sono caratterizzati da aggressività generalizzata sia verso gli adulti che i<br />

coetanei, da impulsività, da scarsa empatia nei confronti degli altri e che hanno una buona opinione di


se e un atteggiamento positivo verso la violenza. Le vittime, per contro, che distingue in passive e<br />

provocatrici, sono caratterizzati da atteggiamenti ansiosi e insicuri e da scarsa autostima. Negli studi<br />

condotti da Ada F<strong>ON</strong>ZI in Italia, circa i singoli fattori individuali associati al fenomeno delle prepotenze<br />

a scuola, si è constatato che la condizione di vittima e di bullo appare legata a difficoltà nel<br />

riconoscimento delle emozioni. Per le vittime indipendentemente dall’età, si evidenziano deficit nel<br />

riconoscimento di specifici segnali emotivi, in particolare quelli relativi alla rabbia. Da un lato tali<br />

difficoltà potrebbero impedire al bambino di riconoscere l’altro come potenziale aggressore e<br />

conseguentemente di difendersi da questi; dall’altro lato l’incapacità di leggere tale emozione<br />

potrebbe ostacolare il controllo delle proprie manifestazioni comportamentali e favorire l’utilizzo di<br />

modalità che finiscono con il provocare ulteriormente la rabbia del compagno. Per i bulli si riscontra<br />

una generale immaturità nel riconoscimento delle emozioni, soprattutto per quanto riguarda la felicità.<br />

In definitiva gli attori sociali di questo complesso dramma chiamato bullismo (anche on line), risultano<br />

sgrammaticati in una competenza sociale fondamentale, quella che permette di cogliere i segnali<br />

emotivi che provengono dagli altri.<br />

Il deficit legato alla mancanza di empatia cioè, della capacità di un individuo di comprendere e<br />

condividere gli stati emotivi sperimentati da un’altra persona, è, quindi, probabilmente riconducibile ai<br />

soggetti che prevaricano i propri compagni, dal momento che non sembrano rendersi conto delle<br />

sofferenze che inducono in quei ragazzi che subiscono le loro prevaricazioni. Anche le vittime hanno<br />

una scarsa abilità nel sintonizzarsi affettivamente con i propri compagni, interagendo con essi in modo<br />

spesso inadeguato, stimolando la loro aggressività. Molti programmi di intervento, finalizzati a<br />

prevenire e ridurre il bullismo (anche on line) nella scuola, sono incentrati sulla stimolazione e<br />

sull’incremento delle capacità empatiche, favorendo i processi di identificazione reciproca tra i ragazzi.<br />

Si riflette sul fatto che il bullismo sia sempre esistito, sotto l’accezione “nonnismo” o altro, che cosa è<br />

cambiato rispetto al passato? Daniele Novara, direttore del Centro psicopedagogico per la pace e la<br />

gestione dei conflitti di Piacenza, nel suo articolo “Bullismo (anche on line) a scuola: istruzioni per<br />

l’uso” scrive che oggi si tratta di qualcos’altro: ci si trova in una fase di transizione, dai modelli rigidi in<br />

cui prevaleva il modello etico-normativo, dall’epoca del galateo in cui le norme erano abbastanza<br />

acquisite e assodate e quindi i trasgressori venivano facilmente individuati, a modelli in cui la<br />

centratura non è più sulla regola ma sulla relazione interpersonale, a modelli educativi in cui<br />

l’elemento affettivo entra a pieno titolo e diventa dominante, come se amare i propri figli<br />

implicherebbe il non rimproverarli quando trasgrediscono le regole, giustificarli, sempre e comunque,<br />

di fronte alle “ragazzate” commesse, lasciarli liberi di fare ciò che desiderano, senza una guida<br />

autorevole e decisiva che li indirizzi verso il rispetto del vivere civile e sociale. Allo spirito di<br />

contestazione rispetto alla società adulta , che aveva caratterizzato in passato i valori e la società della<br />

cultura giovanile, si è sostituito nel mondo giovanile uno spirito di adesione ed omologazione rispetto<br />

ai valori dominanti. Quanto più si è affermata questa nuova cultura ed è aumentato il benessere<br />

insieme al consenso dei giovani al modello della società adulta, tanto più gli adulti hanno abdicato al<br />

loro ruolo di “normatori”, trasmettendo ai giovani il senso della legalità e del rispetto per le regole,<br />

dietro le quali vi sono valori da promuovere e divulgare. Oggi il contesto sociale esalta i<br />

comportamenti “sopra” le regole; inoltre, alla trasgressione delle norme da parte dei giovani il più<br />

delle volte, non segue alcuna sanzione; l’adolescente per crescere ha bisogno di provocare<br />

polemicamente di sfidare l’autorità dell’adulto, chiede di essere limitato in qualche modo, ma se ciò<br />

non avviene come riesce il ragazzo ad interiorizzare le norme date dai genitori per maturare<br />

un’autonoma coscienza etica? Come fa a diventare una “sana” ed equilibrata persona adulta che vive<br />

nel rispetto delle regole della società civile? Questa mancanza di regole e sanzioni ha portato a una


sorta di “anestetizzazione etica” dei giovani, che sono incapaci di sperimentare il sentimento del senso<br />

di colpa di fronte ad ingiustizie agite o patite a danno di sé o di altri. I ragazzi di oggi sono stati<br />

educati ad avere tutto subito, non hanno imparato ad affrontare ed elaborare le frustrazioni, così<br />

finiscono per rubare o rapinare per noia o peggio ancora, incapaci di elaborare emotivamente vissuti<br />

di rifiuto o fallimento che la quotidianità presenta loro, non trovano altra soluzione che non togliersi la<br />

vita per “futili” motivi (bocciatura all’esame per la patente di guida o perché la fidanzata di turno li ha<br />

lasciati). Come afferma Olweus, i ragazzi che opprimono e quelli che subiscono sono il frutto di una<br />

società che tollera sopraffazione, in parte per cecità in parte per tornaconto personale; ignoranza e<br />

indifferenza sono le matrigne di questi figli disadattati, gli uni e gli altri, persecutori e vittime, facce<br />

della stessa medaglia. È incivile sopraffare gli altri ma in qualche misura lo è anche accettare di<br />

essere sopraffatti o permettere che altri lo siano. Come già accennato nel paragrafo precedente, si<br />

ribadisce che il fenomeno del bullismo (anche on line) è complesso e le cause che lo determinano<br />

sono molteplici. Occorre inquadrare il fenomeno in un’ottica interazionista che non privilegi risposte<br />

parziali, basate cioè sulle sole differenze di personalità o sulle sole circostanze ambientali. La<br />

personalità, i modelli familiari, gli stereotipi imposti dai mass media, un’istituzione scolastica spesso<br />

disattenta alle relazioni tra ragazzi, dinamiche di gruppo che trascendono il singolo individuo, sono<br />

tutti fattori concomitanti che, in maggiore o minore misura contribuiscono al determinarsi del<br />

fenomeno. L’indifferenza e il disimpegno morale sono meccanismi per cui si può giustificare un’azione<br />

violenta sostenendo che la si fa a fin di bene, o che contravvenire ad una norma >. Spesso i ragazzi che vittimizzano i propri compagni non sembrano<br />

assumersi pienamente la responsabilità di ciò che fanno e tendono sovente a sminuire le conseguenze<br />

delle loro azioni , a deresponsabilizzarsi > o tendono a giustificare il loro comportamento svalutando la persona bersaglio delle loro<br />

angherie >. Non va dimenticato infine il ruolo dei meccanismi di gruppo<br />

che cristallizzano la persona all’interno di un ruolo per cui risulta difficile per un ragazzo, che è stato<br />

etichettato come vittima o come prepotente, modificare il proprio status all’interno di un gruppo che<br />

continua a interpretare i suoi comportamenti alla luce del ruolo che gli è stato assegnato. Questi sono<br />

solamente alcuni dei processi psicologici implicati. I ragazzi spesso agiscono senza pensare alle<br />

conseguenze delle proprie azioni o semplicemente non prendendole in considerazione, Vi è una sorta<br />

di pseudo-inconsapevolezza nei ragazzi bulli, per cui e’ presente in loro la consapevolezza del<br />

fenomeno e del proprio ruolo giocato, che sia di bullo o gregario, tuttavia essi ricorrono a un<br />

complesso sistema di autoguistificazioni che permette di separare la violazione delle norme dalla sua<br />

riprovazione, in questo modo la persona riesce a compiere azioni colpevoli senza provare colpa. M. A.<br />

ZANETTI professoressa del dipartimento di psicologia dell’università di Pavia, ha individuato ricorrenti<br />

meccanismi del disimpegno sociale:<br />

• Giustificazione morale (es. Se lo è meritato è un ladro)<br />

• Etichettamento eufemistico (es. Non l’ho picchiato, gli ho dato uno spintone)<br />

• Confronto vantaggioso (es. Gli ho solo dato uno spintone, mica un pugno)<br />

• Dislocamento della responsabilità (es. Marco mi ha detto di colpirlo)<br />

• Diffusione della responsabilità (es. Non sono stato solo io, c’erano anche altri)<br />

• Distorsione delle conseguenze (es. Ma, non si è fatto niente!)<br />

• Deumanizzazione (es. E’ inferiore a me, potevo farlo! E’ un albanese, uno zingaro, ecc.)<br />

• Attribuzione di colpa alla vittima (es. E’ stato lui ad iniziare..)


Le modalità con cui le prevaricazioni prendono forma a scuola sono molteplici; ad oggi il Legislatore<br />

non prevede la violazione di una condotta che va sotto il nome di bullismo (anche on line); il codice<br />

penale individua quelle condotte che se messe in atto costituiscono reato, il bullismo (anche on line)<br />

non è tra queste, però le singole modalità con cui un’azione di prevaricazione, sia fisica che verbale,<br />

viene agita possono rientrare in condotte costituenti reato sanzionate dal legislatore, (ne resta escluso<br />

l’isolamento, la forma per eccellenza del bullismo (anche on line) indiretto tra le ragazze, non vi è<br />

reato se una ragazza viene esclusa intenzionalmente dal gruppo e isolata).<br />

Piccole estorsioni sono all’ordine del giorno “dammi i soldi o ti picchio”; ragazzi vittime che si trovano<br />

a diventare a loro volta dei piccoli ladri in casa per procurarsi il denaro che viene loro estorto dal<br />

gruppo di bulli; anche i danneggiamenti di beni personali, bicicletta, motorino, che la vittima li usa per<br />

andare a scuola o materiale scolastico. In realtà le condotte di prevaricazione dirette e fisiche<br />

potrebbero concretizzarsi in una molteplice varietà di reati, compresa la violenza sessuale. Ricordo la<br />

vicenda di un ragazzo che frequentava l’ultimo anno delle scuole medie inferiori, durante il corso<br />

dell’anno scolastico era stato ripetutamente perseguitato da un gruppo di compagni di classe bulli, con<br />

continue vessazioni, piccoli furti, dispetti, gli versavano bibite sul banco gli strappavano i quaderni, gli<br />

nascondevano materiale scolastico, di fatto è stata un escalation di condotte sempre più gravi, fino a<br />

quando l’ultimo giorno di scuola, per festeggiare, i compagni prevaricatori trascinano la vittima nei<br />

bagni dei maschi, goliardicamente gli abbassano i pantaloni e tenendolo fermo lo masturbano. I<br />

genitori del ragazzo venuti a conoscenza dei fatti hanno sporto denuncia contro il gruppo di ragazzi<br />

per violenza sessuale sul figlio. Spesso negli atti di bullismo (anche on line) coesistono<br />

contestualmente più condotte illecite, lesioni e minacce per esempio: la vittima viene picchiata e poi<br />

gli viene intimato che se racconterà qualcosa a qualcuno lo aspetterà di molto peggio. Gli atti di<br />

bullismo (anche on line) solitamente vengono messi in atto dai ragazzi a scuola lontano dagli occhi<br />

degli insegnanti o di adulti, che potrebbero sanzionare il comportamento socialmente riprovevole, i<br />

ragazzi sono molto attenti e furbi da questo punto di vista, perciò il più delle volte tali condotte<br />

restano nel silenzio, tra i banchi di scuola.<br />

Il dipartimento della pubblica sicurezza ha da tempo avviato una serie di iniziative, volte a<br />

sensibilizzare le articolazioni territoriali della Polizia di Stato ed a prendere e mantenere significativi<br />

contatti con i responsabili degli organismi scolastici al fine di avviare percorsi nelle scuole con gli<br />

studenti, partendo dalle elementari, in stretta collaborazione con gli insegnanti sensibilizzando anche<br />

questi all’esigenza di un efficace intervento che promuova la legalità tra i ragazzi. La Polizia da sola<br />

non basta in questo quadro preventivo, impegnativo è anche lo sforzo che si chiede agli insegnanti nel<br />

preparare i ragazzi a tali incontri, affinché abbiano senso. Tali iniziative sono mirate a diffondere la<br />

cultura della legalità tramite appunto incontri formativi e divulgativi con gli studenti, docenti e genitori,<br />

per individuare quei segnali di disagio che possono sfociare in comportamenti devianti o illeciti.<br />

La legalità deve essere un processo, una costruzione paziente finalizzata al coinvolgimento di tutti gli<br />

studenti soprattutto gli esclusi. Ecco perché è necessario investire di più nella prevenzione con<br />

iniziative formative cui collaborano, oltre gli insegnanti e gli operatori di Polizia, anche psicologi<br />

preparati nel settore, partendo proprio dalle esperienze dei ragazzi stessi, dagli articoli di cronaca dei<br />

quotidiani, in ogni ambito: codice della strada, uso di sostanze stupefacenti non ultimi gli alcolici,<br />

stragi de sabato sera, violenze e prevaricazione a scuola ecc. Tutto ciò finalizzato a concretizzare<br />

innovativi percorsi di educazione alla legalità e favorire la crescita nelle nuove generazioni, della<br />

consapevolezza delle norme e del valore che tutelano, delle inevitabili conseguenze delle proprie<br />

azioni agendo incivilmente in violazione delle regole, e di una Polizia vicina al disagio giovanile.

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