Il giardino di Villa Medicea di Castello - Università degli Studi di Pisa
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<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
Annalisa Battini<br />
1.INQUADRAMENTO GEOGRAFICO DELLA VILLA<br />
<strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong> appartiene dal 1918 allo Stato italiano<br />
ed è situata in Via <strong>di</strong> <strong>Castello</strong> n° 44 a <strong>Castello</strong> (Fi)<br />
Figura 1 - Mappa <strong>di</strong> riferimento catastale della Reale Tenuta <strong>di</strong> <strong>Castello</strong>. Disegno datato 1925<br />
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Annalisa Battini<br />
La Tenuta, che si sviluppa su una superficie totale <strong>di</strong> circa 9 ha, occupa varie particelle del foglio<br />
catastale <strong>di</strong> riferimento.<br />
Per quanto riguarda le costruzioni abbiamo le particelle: 899 la villa, 870 la legnaia, 874 ed 876 le<br />
limonaie e 872 la fontana.<br />
Le varie parti del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> occupano le seguenti particelle: 891 il prato, 896 il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> grande o<br />
nuovo (all’italiana), 902 il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> segreto o dell’imbrecciato, 905 il selvaggio o bosco (<strong>giar<strong>di</strong>no</strong><br />
paesaggistico).<br />
La particella 957 mostra il viale che porta all’ingresso della villa, il viottolone, e la 958 il prato al<br />
termine <strong>di</strong> tale viale.<br />
1. INTRODUZIONE<br />
<strong>Il</strong> luogo in cui attualmente sorgono la <strong>Villa</strong> e il Giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> <strong>Castello</strong> prende il nome dalla presenza<br />
nei tempi antichi dell’acquedotto romano <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>marina che univa Firenze a Sesto Fiorentino. In<br />
latino tardo, infatti il termine castellum significa cisterna, serbatoio e da qui il nome <strong>di</strong> <strong>Castello</strong>.<br />
La villa, oggi proprietà dello Stato italiano e sede dell’Accademia della Crusca, è particolarmente<br />
legata alla storia me<strong>di</strong>cea perché fin dalle sue origini vi risiedette il ramo della famiglia da cui<br />
avrebbero avuto origine i granduchi che regnarono dal XVI al XVIII secolo. A <strong>Castello</strong> trascorse<br />
l’infanzia Giovanni Dalle Bande Nere ed anche suo figlio Cosimo, destinato a <strong>di</strong>ventare il primo<br />
granduca <strong>di</strong> Toscana.<br />
Quello <strong>di</strong> <strong>Castello</strong> è il primo in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> tempo tra i giar<strong>di</strong>ni me<strong>di</strong>cei ed è forse anche il più<br />
affascinante per la sua magnificenza. <strong>Il</strong> parco costituisce un’allegoria del buongoverno me<strong>di</strong>ceo, lo<br />
scopo è quello <strong>di</strong> celebrare il granducato <strong>di</strong> Cosimo I come una vera e propria età dell’oro.<br />
Questo si caratterizzata come <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> statue e sono chiamati a lavorarvi numerosi artisti, tra cui<br />
Niccolò Pericoli, detto il Tribolo, Pierino da Vinci, Bartolomeo Ammannati ed il Giambologna che<br />
arricchiscono il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> con la celebre Grotta <strong>degli</strong> Animali.
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
Figura 2 - Vista della <strong>Villa</strong> dal via <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
Nella lunga esistenza del complesso <strong>di</strong> <strong>Castello</strong>, il periodo più esaltante dal punto <strong>di</strong> vista<br />
dell’arricchimento artistico coincise senza dubbio con gli abbellimenti ed i rinnovamenti promossi<br />
da Cosimo de’ Me<strong>di</strong>ci, figlio <strong>di</strong> Giovanni dalle Bande Nere, dopo la sua elezione a Duca <strong>di</strong> Firenze,<br />
avvenuta il 9 gennaio 1537. Non appena gli fu consentito dalla <strong>di</strong>stensione della situazione politica<br />
<strong>di</strong> Firenze, il Duca promosse un vasto programma <strong>di</strong> riqualificazione urbana e territoriale dello<br />
Stato e delle proprietà familiari al suo interno. L’avvio della riqualificazione fu proprio la<br />
ristrutturazione <strong>di</strong> <strong>Castello</strong>, <strong>di</strong>mora della sua infanzia al pari delle ville mugellane. I gran<strong>di</strong>osi lavori<br />
all’impianto idraulico, architettonico e botanico del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> assorbirono a partire dal 1538<br />
l’interesse e le risorse del Duca.<br />
<strong>Il</strong> massimo impegno fu de<strong>di</strong>cato al <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>, dove avrebbe dovuto trovar posto un elaboratissimo<br />
apparato <strong>di</strong> arre<strong>di</strong> e <strong>di</strong> sculture che rendesse esplicito un programma iconografico.<br />
L’invenzione del programma iconografico (rimasto per buona parte incompiuto) è molto<br />
interessante, poiché per la prima volta gli aspetti <strong>di</strong>stributivi e ornamentali <strong>di</strong> un <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> vengono<br />
assoggettati alla necessità <strong>di</strong> esprimere un complesso sistema <strong>di</strong> allegorie territoriali e <strong>di</strong>nastiche.<br />
<strong>Il</strong> concetto, che sculture e fontane avrebbero dovuto esprimere con maggior <strong>di</strong>dascalica ricchezza<br />
rispetto a quanto fu poi effettivamente compiuto, aveva il suo fondamento nell’evocazione dello<br />
Stato fiorentino, secondo una co<strong>di</strong>ficazione risalente all’antichità, attraverso le personificazioni<br />
delle sue connotazioni territoriali: montagne, fiumi e città, ciascuna richiamata attraverso un<br />
appropriato linguaggio <strong>di</strong> attributi simbolici, in un <strong>di</strong>segno <strong>di</strong>mostrante l’asservimento completo del<br />
territorio ducale a Firenze, e <strong>di</strong> entrambi alla stirpe dei Me<strong>di</strong>ci, entro il ciclo eterno del tempo.<br />
La creazione del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> nei suoi molteplici aspetti derivanti da <strong>di</strong>scipline <strong>di</strong>verse (ingegneria,<br />
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Annalisa Battini<br />
idraulica, architettura, botanica, scultura) ruota attorno alla figura umana e professionale <strong>di</strong> Niccolò<br />
Pericoli, detto il Tribolo, al quale Cosimo I affidò i lavori nel 1538 e che per oltre un decennio, fu al<br />
servizio del cantiere <strong>di</strong> <strong>Castello</strong>.<br />
La realizzazione del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> giungerà pressoché a conclusione, arrestandosi nel suo stato <strong>di</strong><br />
definitiva incompiutezza, negli anni settanta del 1500.<br />
Fer<strong>di</strong>nando de’ Me<strong>di</strong>ci, successore del fratello Francesco nel 1587, non de<strong>di</strong>cò attenzioni al<br />
<strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Castello</strong>, mentre durante il suo granducato, tra il 1588 e il 1592 circa, si ha la<br />
costruzione del “Palazzo Nuovo”, grazie alla quale fu raddoppiato il volume della villa,<br />
incorporando nella nuova fabbrica le scuderie e le altre <strong>di</strong>pendenze a levante. Alcuni abbellimenti<br />
all’interno della villa furono apportati da un suo figlio cadetto, don Lorenzo.<br />
2. IL PROGETTO DEL GIARDINO<br />
Una visita al <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>, che ripercorre idealmente le tappe dell’antico itinerario simbolico, ha inizio<br />
dalla sommità del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> attuale, da quel fitto selvatico <strong>di</strong> lecci (ma allora anche <strong>di</strong> cipressi, abeti,<br />
allori, lentaggini e altri semprever<strong>di</strong>) che ospita nel suo centro il vivaio o vasca trapezoidale, che da<br />
origine al sistema idraulico. A pelo dell’acqua spicca un roccioso isolotto artificiale con la mezza<br />
figura dell’Appennino, padre <strong>di</strong> tutte le acque toscane, il selvatico insiste sul livello nativo del<br />
terreno, come testimoniano le querce plurisecolari.<br />
Discese le scale tardocinquecentesche, e superato così il <strong>di</strong>slivello che testimonia uno sbancamento<br />
pro<strong>di</strong>gioso per la tecnologia dell’epoca, si raggiunge la Grotta <strong>degli</strong> Animali racchiusa nel<br />
terrapieno, introdotta da un prospetto balconato e nicchiato assai più tardo; essa rappresenta il<br />
nucleo <strong>di</strong> massima espressività figurativa del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> o<strong>di</strong>erno, anche se estranea al programma<br />
simbolico originario.<br />
Nonostante i numerosi tentativi manca un’interpretazione univoca <strong>di</strong> questo straor<strong>di</strong>nario ambiente,<br />
<strong>di</strong> cui Tribolo fu progettista ma che fu completato molto dopo la sua morte.<br />
Sono evocati i tre regni <strong>degli</strong> esseri viventi attraverso sculture <strong>di</strong> animali dell’acqua, della terra e<br />
dell’aria, a ciò doveva accompagnarsi una statua in posizione centrale, che dalle ambigue menzioni<br />
dei documenti si è identificata ora con Nettuno ora con Orfeo, entrambi compatibili con<br />
l’allegorismo.<br />
<strong>Il</strong> progetto comprendeva poi, collocate simmetricamente nel muro che conteneva il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong><br />
d’agrumi a monte, due fontane con le statue del Montesenario e del Monte Falterona,<br />
rispettivamente padri del Mugnone e dell’Arno.
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
<strong>Il</strong> Vasari riporta solo una generica descrizione dell’iconografia prevista per il Montesenario, “gran<br />
statua <strong>di</strong> pietra” che avrebbe dovuto spremersi la barba gettando acqua in una vasca antistante; il<br />
Falterona sarebbe stato “somigliante”.<br />
L’acqua dei due monti, raccolta nei condotti, doveva uscire dal giar<strong>di</strong>netto della grotta<br />
oltrepassando un muro e raggiungere a sud il contiguo <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> detto del Labirinto, dove avrebbe<br />
alimentato oltre alle statue del Mugnone e dell’Arno, altre due fontane addossate ai lati est e ovest<br />
del muro <strong>di</strong> cinta.<br />
Dietro il Mugnone doveva trovarsi Fiesole, oggi conservata nel Museo Nazionale del Bargello:<br />
“una femina tutta ignuda nel mezzo della nicchia esce fra le spugne <strong>di</strong> que’ sassi, tenendo in mano<br />
una luna, che è l’antica insegna de’ Fiesolani”.<br />
Sia al Mugnone che all’Arno erano sottoposte due vasche imponenti, ornate <strong>di</strong> capricorni, la cui<br />
tracimazione laterale, debordando dal basamento cavo, andava a irrigare i piccoli orti circostanti e i<br />
cassoni delle spalliere vegetali.<br />
La per<strong>di</strong>ta completa <strong>di</strong> questi manufatti fa pensare che figure e vasche fossero state realizzate a<br />
grandezza naturale ma con materiali provvisori come laterizio, terracotta e stucco tinteggiato a<br />
imitazione <strong>di</strong> pietra o marmo.<br />
Nel centro del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>, racchiusa dentro il folto boschetto <strong>di</strong> semprever<strong>di</strong> del Labirinto, si trovava<br />
la fontana <strong>di</strong> Fiorenza, fulcro dell’intero sistema <strong>di</strong> immagini e periodo culminante della<br />
celebrazione del potere me<strong>di</strong>ceo.<br />
<strong>Il</strong> piano per la fonte fu creato nel declivio collinare originario (cui sottostava la camera ipogea<br />
tuttora esistente ed ispezionabile), quin<strong>di</strong> il Tribolo fece or<strong>di</strong>re una fitta rete <strong>di</strong> tubature sottili con<br />
fori d’uscita accortamente sparsi, che ad un comando meccanico facevano scaturire sottilissimi<br />
zampilli <strong>di</strong> acqua per bagnare i visitatori. Degli artificiosi congegni del Tribolo, così come <strong>degli</strong><br />
eleganti se<strong>di</strong>li in pietra e del fitto boschetto, nulla ci è giunto, a causa del degrado e del conseguente<br />
drastico rinnovamento del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> voluto da Pietro Leopoldo <strong>di</strong> Lorena; è sopravvissuta invece, ma<br />
esposta dal 1788 nel <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> della Petraia, la fonte <strong>di</strong> Fiorenza.<br />
Le acque furono canalizzate per confluire verso valle ed andare ad alimentare la Fontana Grande,<br />
destinata ad accogliere un gruppo <strong>di</strong> due statue: Ercole e Anteo, il primo in atto stritolare a morte il<br />
secondo, realizzate nel 1559-1560 da Bartolomeo Ammannati.<br />
Nel programma allegorico il soggetto della fontana assumeva un significato <strong>di</strong> manifesto politico:<br />
Ercole, eroe virtuoso e cristianizzato offriva una trasposizione mitologica della giusta e ferma<br />
repressione esercitata dal Duca sui nemici, qui riuniti nella figura del malvagio gigante Anteo figlio<br />
<strong>di</strong> Gea, stretto da Ercole in un abbraccio mortale che lo separò, sollevandolo, dal contatto<br />
rigenerante della madre Terra. <strong>Il</strong> getto d’acqua che si prevedeva <strong>di</strong> far sprizzare altissimo dalla<br />
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Annalisa Battini<br />
bocca <strong>di</strong> Anteo agonizzante, spinto dalla pressione dell’intero sistema idraulico qui concentrata,<br />
sarebbe stato una delle meraviglie del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>.<br />
Per la descrizione e la documentazione fotografica della fontana <strong>di</strong> Ercole e Anteo vedere la<br />
specifica scheda a pagina 40.<br />
Da sotto la fontana, dotata <strong>di</strong> camera ispezionabile interrata, le acque defluivano verso valle,<br />
servendo nel passaggio il palazzo e le scuderie, per riversarsi nel vivaio gemino nel piazzale<br />
esterno.<br />
Nel <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Castello</strong> si stabilisce un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> forme e <strong>di</strong> elementi compositivi che sarà rispettato<br />
dal <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> rinascimentale e barocco in Toscana fino a tutto il Settecento: il reticolo modulare<br />
entro cui comporre spartimenti, aiuole, assi prospettici, l’uso dei “termini”, come elemento <strong>di</strong><br />
saldatura della prospettiva, i terrazzamenti in successione che consentono lo sfruttamento<br />
dell’energia idrica al fine <strong>di</strong> creare giochi d’acqua e fontane, la grotta, le compartimentazioni in<br />
spazi definiti secondo la loro precisa destinazione, i boschetti, le spalliere e i vasi d’agrumi, il<br />
<strong>giar<strong>di</strong>no</strong> segreto e quello dei fiori, completamente separati e protetti dal resto, il frutteto, il vigneto<br />
ed infine le ragnaie e gli uccellari, che <strong>di</strong>vengono strutture complementari e integranti il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>.<br />
Non è un caso che il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Castello</strong>, per tutto il periodo me<strong>di</strong>ceo, non subirà sostanziali<br />
mo<strong>di</strong>fiche e verrà rispettato dai <strong>di</strong>scendenti <strong>di</strong> Cosimo nella sua forma originaria.<br />
3. IL GIARDINO NEL CINQUECENTO<br />
Abbiamo già accennato che i lavori al <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Castello</strong> iniziarono nel 1539.<br />
Cosimo I aveva incaricato Piero da San Casciano <strong>di</strong> progettare un acquedotto che alimentasse il<br />
nuovo <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>, captando l’acqua <strong>di</strong> una sorgente, detta della Castellina, situata a poco più <strong>di</strong> un<br />
chilometro a ovest della villa.<br />
Nei primi mesi del 1538 il progetto del nuovo <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> viene affidato al Tribolo, sebbene Piero da<br />
San Casciano continui ad occuparsi dell’acquedotto della Castellina fino alla sua morte, avvenuta<br />
nel 1541.<br />
A partire dallo stesso 1541 vengono iniziati i lavori <strong>di</strong> collegamento con l’acquedotto della Petraia,<br />
allo scopo <strong>di</strong> arricchire l’alimentazione idrica del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>, essendo la portata della Castellina<br />
insufficiente per realizzare il complesso impianto <strong>di</strong> fontane e <strong>di</strong> giochi d’acqua, che il Tribolo<br />
aveva elaborato.<br />
Al 1544 risalgono le prime testimonianze <strong>di</strong> piantagione, mentre nel luglio del 1550 si è cominciato<br />
a scavare il vivaio a monte del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>.
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
Dopo la morte del Tribolo, avvenuta il 7 settembre del 1550, i lavori proseguiranno con la <strong>di</strong>rezione<br />
<strong>di</strong> Davide Fortini, al quale subentra il Vasari a partire dal 1554.<br />
Sebbene nel 1580 il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> avesse già preso forma, esso verrà completato soltanto all’epoca <strong>di</strong><br />
Fer<strong>di</strong>nando I, fra il 1588 e il 1593, quando si conclude anche il raddoppio della villa.<br />
Articolazione del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> nei suoi luoghi fondamentali<br />
Per una larghezza comprendente il prato, lo spazio erboso imme<strong>di</strong>atamente retrostante, e a ponente,<br />
il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> segreto (hortus conclusus), più tar<strong>di</strong> detto anche dell’imbrecciato perché avrà una<br />
pavimentazione in brecciolino colorato, si estende, a monte della villa, il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> nuovo o grande.<br />
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> nuovo è formato da se<strong>di</strong>ci spartimenti quadrangolari, me<strong>di</strong>amente <strong>di</strong> metri 18 per lato,<br />
che si <strong>di</strong>stribuiscono entro un’or<strong>di</strong>tura ortogonale, i cui assi me<strong>di</strong>ani, formati dai due viali <strong>di</strong><br />
maggiore ampiezza, si incontrano in un centro ideale, non geometrico, dove è collocata la fontana<br />
d’Ercole e Anteo, che occupava il posto della fontana <strong>di</strong> Fiorenza, spostata a villa Petraia fra il 1785<br />
e il 1788.<br />
L’asse longitu<strong>di</strong>nale, lungo il quale si <strong>di</strong>stribuivano più in basso la fontana d’Ercole e Anteo e più in<br />
alto quella <strong>di</strong> Fiorenza, è concluso da un cancelletto che dà accesso al piano della grotta o della<br />
Limonaia.<br />
Al termine dell’asse principale si apre, nella muraglia <strong>di</strong> sostegno del terrazzamento più alto, la<br />
celebre Grotta <strong>degli</strong> Animali. Vedere descrizione e documentazione fotografica nella specifica<br />
scheda a pagina 37.<br />
Tralasciando la Limonaia, costruita nella seconda metà del XVIII secolo, si sale con una delle due<br />
scale alle estremità del muro, al piano più alto detto del Gennaio o dell’Appennino, per la statua in<br />
bronzo dell’Ammannati posta sull’isola al centro del grande vivaio dalla forma trapezoidale.<br />
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Annalisa Battini<br />
Figura 3 - Vista del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> grande<br />
Figura 4 - <strong>Il</strong> vialetto che porta alla Grotta <strong>degli</strong> Animali
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
Figura 5 - Veduta generale del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> dal piano del Gennaio<br />
<strong>Il</strong> folto bosco <strong>di</strong> Cupressus sempervirens L., pur avendo perduto il <strong>di</strong>segno originale, denota ancora<br />
questo luogo anche come selvatico.<br />
L’e<strong>di</strong>ficio in sommità della collina, ora usato come legnaia, aveva un tempo la funzione <strong>di</strong><br />
ghiacciaia, mentre l’e<strong>di</strong>ficio più a est, detto Bellagio, ebbe funzioni sia <strong>di</strong> casino <strong>di</strong> caccia che <strong>di</strong><br />
casa colonica.<br />
Tornati al <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> grande si può entrare nel singolare spazio, ora denominato Ortaccio, dalla<br />
forma allungata e chiusa fra due alti muri, sul quale si affaccia una piccola costruzione, detta Stufa<br />
dei Mugherini, perché negli ultimi decenni del Seicento conservava una preziosa collezione <strong>di</strong><br />
mugherini, rara varietà <strong>di</strong> gelsomini.<br />
4. IL GIARDINO DI CASTELLO NELLA LUNETTA DI JUSTUS UTENS<br />
Figura 6<br />
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Annalisa Battini<br />
La Lunetta <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong>, eseguita tra il 1599 e il 1602, è una della do<strong>di</strong>ci lunette<br />
<strong>di</strong>pinte da Justus Utens, splen<strong>di</strong>de testimonianze delle ville me<strong>di</strong>cee alla fine del Cinquecento.<br />
Le lunette sono conservate al Museo Storico Topografico “Firenze com'era” <strong>di</strong> Firenze.<br />
Dalla morte del Tribolo i lavori proseguirono con la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Davide Fortini e del Vasari.<br />
Nel 1563 viene conclusa la figura dell’Appennino da parte <strong>di</strong> Bartolommeo Ammannati. Inoltre<br />
l’acquisto <strong>di</strong> numerosi agrumi nel 1565 fa pensare che si sta concludendo la Limonaia.<br />
Con Fer<strong>di</strong>nando I, ed esattamente con i lavori elencati nella stima del 1591-1593, il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> sembra<br />
giungere finalmente a completezza.<br />
La forma del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> imme<strong>di</strong>atamente successiva alla fine dei lavori è raffigurata dalla lunetta <strong>di</strong><br />
Utens.<br />
<strong>Il</strong> <strong>di</strong>pinto presenta una regolarizzazione della realtà, che si riscontra anche nella lunetta <strong>di</strong> <strong>Villa</strong><br />
della Petraia. Sebbene questa operazione risulti nel caso <strong>di</strong> <strong>Castello</strong> macroscopica, ciò non toglie<br />
che le concordanze riscontrabili nei documenti, sia cinquecenteschi che <strong>di</strong> epoche successive,<br />
confermano la lunetta quale fonte insostituibile <strong>di</strong> informazioni.<br />
La villa è infatti raffigurata perfettamente in asse con il ponte dei vivai e con le fontane <strong>di</strong> Fiorenza<br />
e d’Ercole e Anteo. <strong>Il</strong> corpo sopraelevato rispetto ai tetti, esistente nella realtà soltanto a levante,<br />
viene ripetuto anche a ponente, mentre le finestrature risultano perfettamente simmetriche.<br />
Nel <strong>di</strong>pinto il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> Fiorenza viene raffigurato molto più grande. <strong>Il</strong> suo confine est infatti<br />
oltrepassa il corpo dell’e<strong>di</strong>ficio, in perfetta simmetria con il lato opposto, per cui Utens è costretto<br />
ad aggiungere un <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> segreto mai esistito, identico a quello invece esistente a ovest.<br />
Da tale operazione Utens ottiene la perfetta assialità fra <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>, villa e viale, come l’aveva<br />
concepito il Tribolo. <strong>Il</strong> suo modello doveva essere ancora visibile al tempo <strong>di</strong> Utens, e ancora<br />
doveva raffigurare quell’idea <strong>di</strong> perfezione spaziale, mai raggiunta, ma concepita platonicamente<br />
come superiore alla realtà stessa.<br />
La lunetta mostra il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> grande sud<strong>di</strong>viso in se<strong>di</strong>ci spartimenti quadrangolari. I quattro<br />
riquadri centrali erano occupati dalla fontana <strong>di</strong> Fiorenza, chiusa nel suo labirinto, e i due più in<br />
basso dalla fontana d’Ercole e Anteo. Quest’ultima era al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> un po<strong>di</strong>o rialzato <strong>di</strong> qualche<br />
gra<strong>di</strong>no, cinto da un muro a forma <strong>di</strong> fortificazione e coperto da un insieme <strong>di</strong> piante ver<strong>di</strong>, dotato <strong>di</strong><br />
torrette e merli. Un documento del 1785, descrive così il Piano d’Ercole: “<strong>Il</strong> circondano delle mura<br />
del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> è tutto coperto <strong>di</strong> mirti, bossoli, ed altre piante ver<strong>di</strong>, e vi sono cancello, e porte con<br />
gli opportuni ferramenti, toppe, e chiavi”.<br />
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> d’Ercole risulta l’unica parte del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> grande dove erano presenti areole o pulvilli,
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
piccole aiuole utilizzate per la coltivazione <strong>di</strong> semplici, alla quale era destinato anche il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong><br />
segreto o dell’imbrecciato a ovest della villa.<br />
Due vasi con un esemplare <strong>di</strong> palma, e altre piccole indecifrabili piante in vaso, insieme alle forme<br />
topiarie anch’esse in vaso, lungo il bordo della scalinata, qualificavano il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> d’Ercole come<br />
momento prezioso d’anticipo alla sorpresa <strong>di</strong> Fiorenza.<br />
Sul piano della grotta ve<strong>di</strong>amo il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>degli</strong> agrumi e, al <strong>di</strong> sopra, la vasca trapezoidale del<br />
Gennaio, chiusa entro un selvatico <strong>di</strong> abeti e cipressi.<br />
La Limonaia<br />
Giorgio Vasari scrive a proposito della limonaia:“E questo <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> aveva a essere tutto pieno<br />
d’aranci, che vi avrebbono avuto ed averanno, quanto che sia, commodo luogo, per essere dalle<br />
mura e dal monte <strong>di</strong>feso dalla tramontana ed altri venti contrari”.<br />
Sono pervenuti a noi numerosi documenti riguardanti la coltivazione d’agrumi da parte <strong>di</strong> Cosimo I.<br />
Un acquisto <strong>di</strong> centosessanta melaranci dalle monache del monastero <strong>di</strong> Santa Felicita, a<strong>di</strong>acente al<br />
<strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> Boboli è registrato nel 1561 e nel 1565 vengono acquistati nello stesso monastero<br />
melaranci e limoni. <strong>Il</strong> melarancio è da ritenersi il Citrus aurantium L., coltivato prevalentemente in<br />
spalliere e utilizzato soprattutto come portinnesto.<br />
Dal momento che a <strong>Castello</strong> manca un’altra coltivazione ritenuta da Cosimo <strong>di</strong> grande pregio,<br />
quella dei frutti nani, lo stesso Duca sembra volere destinare specificatamente ab origine il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong><br />
<strong>di</strong> <strong>Castello</strong> alla coltivazione <strong>degli</strong> agrumi.<br />
Tale scelta è da ritenersi connessa con la particolarità del sito e con l’impianto idrico progettato da<br />
Piero da San Casciano e dal Tribolo, che consentiva, tramite canalette, l’irrigazione delle spalliere<br />
d’agrumi <strong>di</strong>sposte lungo i muri.<br />
L’acqua, che giungeva dal vivaio alla grotta <strong>degli</strong> animali, ci informa il Vasari, veniva incanalata<br />
“per gli orticini che sono intorno alle mura del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> del laberinto, dove sono fra nicchia e<br />
nicchia fonti, e fra le fonti spalliere <strong>di</strong> melaranci e melagrani”.<br />
In un recente stu<strong>di</strong>o si è in<strong>di</strong>viduato in Giovanni <strong>di</strong> Cosimo il Vecchio, zio <strong>di</strong> Lorenzo il Magnifico,<br />
uno <strong>degli</strong> iniziatori della coltivazione d’agrumi nella famiglia Me<strong>di</strong>ci. Giovanni aveva fatto<br />
costruire la villa <strong>di</strong> Fiesole, che con i suoi giar<strong>di</strong>ni pensili sfruttava la perfetta esposizione a<br />
mezzogiorno. I muri <strong>di</strong> sostegno dei terrazzamenti, offrendo un’estesa superficie al sole,<br />
garantivano un maggiore assorbimento del calore e dunque una temperatura più consona alla<br />
coltivazione delle spalliere. La stessa superficie rendeva facile l’appoggio <strong>di</strong> tettoie e stuoie per la<br />
protezione invernale. Anche l’alto muro <strong>di</strong> sostegno del vivaio <strong>di</strong> <strong>Castello</strong> rispondeva a questi<br />
requisiti. <strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Castello</strong> deriva dunque da quello <strong>di</strong> Fiesole.<br />
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Annalisa Battini<br />
La lunetta <strong>di</strong> Utens raffigura anche agrumi in vaso, quin<strong>di</strong> non agrumi da portinnesto, ma già varietà<br />
<strong>di</strong> pregio, in quantità maggiore che non in qualsiasi altra villa raffigurata dal pittore.<br />
Questa specializzazione <strong>di</strong> <strong>Castello</strong> rimarrà anche nei secoli successivi.<br />
Alcune notizie sulla vegetazione del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> nel Cinquecento<br />
<strong>Il</strong> naturalista francese Pierre Belon nel suo trattato “Les remonstrances sur le default du labur et<br />
culture des ptantes, et la cognoissance d’icelles”, pubblicato a Parigi nel 1558, fornisce la prima<br />
descrizione delle specie presenti nel <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Castello</strong>, quando questo non è ancora terminato (fra<br />
il 1546 e il 1549).<br />
Belon è attirato soprattutto dagli arbusti a foglia persistente raggruppati a formare spalliere. Ammira<br />
i Cupressus sempervirens L. del labirinto <strong>di</strong> Fiorenza ed il Buxux sempervirens L. che lo circonda,<br />
nota Arbutus unedo L. e Laurus nobilis L.. Nel selvatico vede un boschetto <strong>di</strong> abeti trapiantati e sul<br />
lato destro un altro boschetto <strong>di</strong> Laurus nobilis L. misto ad un’altra specie che sembra ammirare<br />
molto, il Viburnum tinus L..<br />
La coltivazione <strong>di</strong> semprever<strong>di</strong> in mescolanza <strong>di</strong> specie miste, sia per spalliere, che per siepi e per<br />
boschetti, si è conservata fino ad oggi e caratterizza la migliore tra<strong>di</strong>zione giar<strong>di</strong>niera toscana, <strong>di</strong> cui<br />
abbiamo a <strong>Castello</strong> uno dei primi inequivocabili documenti.<br />
Belon osserva anche altre piante rare per il tempo, quali il Nerium Oleander L., due Platanus sp.,<br />
ma soprattutto l’Opuntia ficus-in<strong>di</strong>ca L. Miller. Inoltre descrive anche le spalliere <strong>di</strong> agrumi, mentre<br />
non abbiamo notizie delle specie floreali, anche se certamente erano presenti.<br />
L’ad<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando I<br />
Un’aggiunta successiva al progetto del Tribolo è da riconoscere negli spazi allungati, chiusi fra<br />
muri. L’esistenza <strong>di</strong> un singolare spazio allungato fra due muri è conseguenza dell’allargamento<br />
della villa, la quale veniva ad oltrepassare verso levante il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> grande, pertanto il muro <strong>di</strong><br />
recinzione, invece <strong>di</strong> essere demolito viene raddoppiato. Ne risulta quello spazio stretto e allungato,<br />
visibile nella lunetta <strong>di</strong> Utens, che costituisce l’attuale Ortaccio.<br />
In questo ciclo <strong>di</strong> lavori viene creato anche il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> visibile ad oriente nella lunetta, al <strong>di</strong> là della<br />
doppia recinzione. All’incrocio dei quattro spartimenti verso valle è raffigurato un pa<strong>di</strong>glione<br />
ottagonale. Altri pa<strong>di</strong>glioni minori sono raffigurati da Utens al centro del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> dell’imbrecciato.<br />
<strong>Il</strong> piano dell’Appennino, il selvatico, le ragnaie, gli uccellari<br />
<strong>Il</strong> Tribolo aveva previsto che nel terrazzamento soprastante il piano della grotta venisse creato un<br />
vivaio che fungesse da conserva dell’acqua proveniente dall’acquedotto della Petraia; attorno<br />
sarebbe stato piantato un selvatico.
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
Così lo descrive il Vasari: “Da questo [piano della grotta] si saghe due scale <strong>di</strong> selice, una da<br />
ciascuna banda, a un salvatico <strong>di</strong> cipressi, abeti, lecci ed allori, ed altre verzure perpetue con<br />
bell’or<strong>di</strong>ne compartite; in mezzo alle quali doveva essere, secondo il <strong>di</strong>segno del Tribolo, come poi<br />
si è fatto, un vivaio bellissimo: e perchè questa parte stringendosi a poco a poco fa un angolo,<br />
perché fosse ottuso, l’aveva a spuntare la larghezza d’una loggia, che salendo parecchi scaglioni<br />
scopriva nel mezzo il palazzo, i giar<strong>di</strong>ni, le fonti, e tutto il piano <strong>di</strong> sotto, ed intorno, insino alla<br />
ducale villa del Poggio a Caiano, Fiorenza, Prato, Siena e ciò che vi è all’intorno a molte miglia”.<br />
<strong>Il</strong> confine della proprietà, sul lato ovest, determinava la singolare forma trapezoidale del selvatico e<br />
della vasca; sul lato minore del trapezio doveva sorgere una loggia, mai realizzata, che avrebbe<br />
concluso, con uno spettacolare sguardo all’in<strong>di</strong>etro sulla villa e sulla valle <strong>di</strong> Firenze, la sequenza<br />
spaziale del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>.<br />
Nell’aprile del 1547 viene inviata da <strong>Pisa</strong> una certa quantità <strong>di</strong> Abies sp. destinati al selvatico,<br />
mentre nel 1550 viene messo a <strong>di</strong>mora un <strong>di</strong>screto quantitativo <strong>di</strong> Quercus ilex L..<br />
La lunetta <strong>di</strong> Utens ci mostra un boschetto <strong>di</strong> Cupressus sempervirens L. <strong>di</strong> fronte alla vasca, e ai<br />
lati un boschetto probabilmente <strong>di</strong> Querces ilex L., entrambi piantati in prefetto or<strong>di</strong>ne, secondo una<br />
raggiera che segue l’andamento trapezoidale del sito.<br />
<strong>Il</strong> selvatico viene completato con la realizzazione della vasca fra il 1560 e il 1561, sotto la <strong>di</strong>rezione<br />
<strong>di</strong> Vasari. Nel 1563 l’Ammannati fonde il bronzo dell’Appennino, che verrà collocato nell’isolotto<br />
al centro del vivaio.<br />
Figura 7 - La statua dell’Appennino nell’isolotto al centro del vivaio<br />
I filari or<strong>di</strong>nati <strong>di</strong> semprever<strong>di</strong>, la presenza <strong>di</strong> resinose, varietà particolarmente adatte, secondo il<br />
trattato <strong>di</strong> Soderini, ad attrarre uccelli e farli ni<strong>di</strong>ficare, e la presenza dell’acqua ci assicurano che ci<br />
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Annalisa Battini<br />
troviamo <strong>di</strong> fronte ad una struttura destinata all’uccellagione; infatti Cosimo amava la caccia e la<br />
praticava anche in <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>.<br />
La struttura a raggiera del selvatico con vialetti rettilinei all’interno è assimilabile a quella della<br />
ragnaia, boschetto specializzato alla caccia <strong>di</strong> uccelli stanziali, quali i beccafichi e merli, e costituito<br />
da specie preferibilmente resinose o produttrici <strong>di</strong> bacche, quali Viburnum tinus L., Juniperus<br />
communis L. e Ligustrum japonicum Thumb..<br />
La tecnica d’uccellagione consisteva nell’atterrire con battitori o altri sistemi gli uccelli, i quali<br />
andavano a rifugiarsi nel folto della ragnaia imbattendosi nelle reti, le “ragne” appunto, tese lungo i<br />
vialetti interni, rimanendovi impigliati. Le ragne erano lunghissime reti, fino a venti metri e oltre.<br />
Perché le reti non si impigliassero fra le fronde <strong>degli</strong> alberi, all’interno della ragnaia dovevano<br />
essere ricavati vialetti rettilinei. Sul loro filo interno alberi e arbusti dovevano essere perfettamente<br />
potati, o “pareggiati” in modo da formare una vera e propria spalliera sempreverde.<br />
Altra struttura per l’uccellagione era l’uccellare, destinato alla cattura <strong>di</strong> uccelli <strong>di</strong> passo,<br />
specialmente tor<strong>di</strong>.<br />
Mentre la ragnaia doveva essere su un lieve pen<strong>di</strong>o, l’uccellare doveva sorgere isolato sulla<br />
sommità della collina. All’interno era situato un capanno per l’uccellatore, che si avvaleva <strong>di</strong><br />
richiami per attirare la preda, che veniva catturata con reti oppure con “panie”, cioè con una<br />
sostanza appiccicosa, ricavata dal vischio, applicata sulle fronde del boschetto.<br />
Un uccellare rotondo era situato a monte delle due ville, oggi riconoscibile, mentre un altro, a<br />
pianta quadrangolare, si trovava imme<strong>di</strong>atamente ad est del selvatico <strong>di</strong> <strong>Castello</strong>.<br />
Nella lunetta <strong>di</strong> Utens ve<strong>di</strong>amo che nell’estremità destra del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> aggiunto da Fer<strong>di</strong>nando I<br />
esiste una ragnaia dalla forma perfettamente rettangolare, attraversata da vialetti allineati con quelli<br />
<strong>degli</strong> spartimenti del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> limitrofo. Soderini suggerisce che in prossimità della ragnaia si<br />
costruisca un pa<strong>di</strong>glione per consentire agli ospiti <strong>di</strong> assistere alla caccia, che rappresenta un rito<br />
sociale e occasione <strong>di</strong> incontri amorosi.<br />
5. LE VICENDE SUCCESSIVE<br />
Come si deduce dalle planimetrie del tardo Seicento e da quelle settecentesche il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> rimane<br />
pressoché inalterato. Ma ecco alcune vicende degne <strong>di</strong> essere ricordate.<br />
La Stufa dei Mugherini<br />
<strong>Il</strong> granduca Cosimo III, appassionato botanico e naturalista, promuoveva ricerche e spe<strong>di</strong>zioni. Una
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
ricerca sulla supposta utilità me<strong>di</strong>cinale del gelsomino spinse Cosimo III a creare una collezione <strong>di</strong><br />
gelsomini nel piccolo <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> chiuso da due muri (a levante nella lunetta <strong>di</strong> Utens), che prenderà<br />
da allora il nome <strong>di</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> dei mugherini.<br />
Con il nome <strong>di</strong> mugherino veniva chiamato il Jasminum sambac L. Ait., una specie <strong>di</strong> gelsomino <strong>di</strong><br />
particolare pregio. Soprattutto una varietà era particolarmente cara a Cosimo III, quella a fiore<br />
doppio, profumatissimo, che ancora oggi porta il nome <strong>di</strong> “Granduca <strong>di</strong> Toscana”. Durante un<br />
viaggio del 1689 da Goa alcune piante rare perirono, eccetto una pianta <strong>di</strong> gelsomino doppio che<br />
poi riprese vigore e fu piantata nella villa <strong>di</strong> <strong>Castello</strong> e in seguito a Firenze. Fu custo<strong>di</strong>ta<br />
gelosamente e con severa proibizione <strong>di</strong> innesti o margotti perché non fosse propagata altrove<br />
questa bellissima varietà <strong>di</strong> fiori che presero il nome <strong>di</strong> mugherini del Granduca <strong>di</strong> Toscana. Solo<br />
nel 1791 Pietro Leopoldo permise gli innesti.<br />
I mugherini, secondo testimonianze verbali, erano presenti a <strong>Castello</strong> fino alla seconda guerra<br />
mon<strong>di</strong>ale. Più <strong>di</strong> un decennio fa la Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici <strong>di</strong> Firenze,<br />
che ha in cura il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>, ha ricostituito la collezione con <strong>di</strong> Jasminus sambac L. doppi.<br />
<strong>Il</strong> periodo della Reggenza<br />
Dopo la fine dei Me<strong>di</strong>ci inizia un processo <strong>di</strong> decadenza dei giar<strong>di</strong>ni me<strong>di</strong>cei. Nel 1739 il principe<br />
<strong>di</strong> Craon, reggente per conto della casa lorenese, decide <strong>di</strong> licenziare tutti gli impiegati, artigiani e<br />
lavoranti <strong>di</strong>pendenti dallo Scrittoio delle Fabbriche, l’ufficio che gestiva la manutenzione <strong>degli</strong><br />
e<strong>di</strong>fici e dei giar<strong>di</strong>ni.<br />
Dalla relazione dei lavori da fare alle Fabbriche e Fontane <strong>di</strong> sua Maestà Imperiale del 1745, la<br />
configurazione <strong>di</strong> <strong>Castello</strong> risulta pressoché inalterata rispetto all’immagine <strong>di</strong> Utens, ma le sue<br />
con<strong>di</strong>zioni, assieme a quelle della villa, appaiono <strong>di</strong> abbandono.<br />
Un documento del 1763 registra qualche mo<strong>di</strong>fica del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>, ma la collezione <strong>di</strong> agrumi è ancora<br />
intatta. Le precise <strong>di</strong>sposizioni sui meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> copertura e scoperchiatura delle spalliere e dei<br />
boschetti <strong>di</strong>mostrano la grande considerazione con la quale era tenuta la collezione.<br />
Pietro Leopoldo <strong>di</strong> Lorena<br />
Pietro Leopoldo, imme<strong>di</strong>atamente dopo il suo inse<strong>di</strong>amento a Firenze, nel 1765, <strong>di</strong>spone che lo<br />
Scrittoio delle Fabbriche torni ad aver il controllo sulle ville e i giar<strong>di</strong>ni.<br />
La mo<strong>di</strong>fica più traumatica per il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Castello</strong> ha origine da un banale motivo <strong>di</strong> finalità<br />
utilitaristica. La decisione <strong>di</strong> creare una nuova ghiacciaia, in luogo <strong>di</strong> quella esistente a monte del<br />
vivaio, implica la mo<strong>di</strong>fica del condotto <strong>di</strong> fuoriuscita dopo l’ultima fontana, quella <strong>di</strong> Ercole.<br />
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Annalisa Battini<br />
L’acqua viene convogliata verso est, oltre la ragnaia, entro tre vasche destinate ad alimentare il<br />
frantoio dello “steccuto”, che viene trasformato in ghiacciaia. Questa decisione comporta innanzi<br />
tutto l’interramento dei due vivai e, <strong>di</strong> lì a poco lo spostamento della fontana <strong>di</strong> Fiorenza alla Petraia<br />
e la sua sostituzione con quella d’Ercole e Anteo. Evidentemente la posizione <strong>di</strong> quest’ultima<br />
avrebbe <strong>di</strong>minuito la portata alla ghiacciaia e alle tre vasche d’alimentazione, situate ad una quota<br />
circa <strong>di</strong> pari livello. Nel 1773 il rinterro sembra già avvenuto, e nell’inventano delle piante del 1785<br />
la Fiorenza risulta ormai assente dal <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Castello</strong>, mentre nel 1788 si è iniziato a rimontarla<br />
nel <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> della Petraia.<br />
Durante il periodo napoleonico, si attua la minaccia <strong>di</strong> trasformare tutto il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> all’inglese, come<br />
<strong>di</strong>mostra la pianta <strong>di</strong> Jéròme de Carcopino, del 1810, che mostra la situazione mo<strong>di</strong>ficata dopo il<br />
trasporto della Fiorenza alla Petraia, la nuova ghiacciaia ad est, il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> creato da Fer<strong>di</strong>nando I,<br />
ora sud<strong>di</strong>viso con vialetti <strong>di</strong>agonali, ma sostanzialmente immutato, la ragnaia, più a monte le vigne<br />
<strong>di</strong>sposte or<strong>di</strong>natamente, mentre terreni ad uliveto separano <strong>Castello</strong> da Petraia.<br />
In epoca neoclassica alcune sale della villa furono decorate con un ciclo <strong>di</strong> pitture murali <strong>di</strong> non<br />
trascurabile qualità.<br />
6. CRONOLOGIA<br />
Da quanto letto fino ad ora, ve<strong>di</strong>amo che la realizzazione del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> avviene in un arco <strong>di</strong> tempo<br />
abbastanza lungo, 30-40 anni, entro i quali si succedono alla <strong>di</strong>rezione dei lavori <strong>di</strong>verse<br />
personalità, ognuna apportando nuovi elementi artistici ed architettonici.<br />
Ecco riassunta una breve cronologia delle tappe più importanti della realizzazione e delle vicende<br />
successive:<br />
1538-1539 Cosimo I incarica il Tribolo <strong>di</strong> progettare il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>.<br />
1538-1548 <strong>Il</strong> Tribolo e Pierino da Vinci lavorano alle fontane <strong>di</strong> Fiorenza e <strong>di</strong> Ercole che strozza<br />
Anteo.<br />
1550 Dopo la morte del Tribolo, Davide Fortini assume la <strong>di</strong>rezione dei lavori.<br />
1554 A Fortini subentra Giorgio Vasari.<br />
1560-1561 Si pianta il selvatico <strong>di</strong> lecci e cipressi attorno alla vasca con il bronzo<br />
dell’Appennino, realizzato dall’Ammannati nel 1563.<br />
1588-1593 <strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> è terminato con Fer<strong>di</strong>nando I granduca. <strong>Il</strong> volume della villa fu<br />
raddoppiato.<br />
1599-1602 <strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> è riprodotto dal pittore Justus Utens nella sua celebre lunetta, fonte
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
insostituibile <strong>di</strong> informazioni sulla conformazione del luogo.<br />
Seconda metà del 1700 Viene costituito lo stanzone per agrumi a ovest della villa.<br />
1785-1788 La fontana <strong>di</strong> Fiorenza è spostata a <strong>Villa</strong> la Petraia. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>segno del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> è<br />
profondamente mo<strong>di</strong>ficato.<br />
Anni trenta del 1800 Joseph Frietsch, al servizio <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando III <strong>di</strong> Lorena, trasforma gran parte<br />
dei campi coltivati a vigneto e la ragnaia a est della villa in bosco all’inglese.<br />
Dopo il 1918 <strong>Villa</strong> e <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>, già proprietà Savoia, passano allo Stato italiano: la villa ospita<br />
l’Accademia della Crusca mentre il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> è aperto al pubblico.<br />
7. LA COLLEZIONE DI AGRUMI DELLA VILLA<br />
Introduzione<br />
Gli agrumi appartengono alla famiglia delle Rutaceae, i più coltivati sono il genere Citrus a cui<br />
appartengono limoni, aranci, cedri e pompelmi ed il genere Fortunella cui appartiene la specie<br />
Poncirus trifoliata, specie molto particolare <strong>di</strong> cui parleremo in seguito.<br />
Si caratterizzano per il bel portamento e le foglie semprever<strong>di</strong>, ma la caratteristica più straor<strong>di</strong>naria<br />
è lo sviluppo <strong>di</strong> varietà e la possibilità <strong>di</strong> produrre frutti <strong>di</strong> forme strane e mostruose, dette<br />
teratologiche, particolarmente apprezzate nel corso del 1600 dai granduchi e dalla corte me<strong>di</strong>cea.<br />
La coltivazione <strong>degli</strong> agrumi è fortemente associata a miti e narrazioni della cultura greco-romana.<br />
Questi sono connessi al mito dell’eterna primavera del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> para<strong>di</strong>siaco in quanto la pianta<br />
fiorisce e fruttifica contemporaneamente e si presta quin<strong>di</strong> in modo eccellente a simboleggiare la<br />
continuità della vita.<br />
I primi giar<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> limoni a Firenze risalgono al Me<strong>di</strong>oevo, in essi le piante erano coltivate in terra e<br />
coperte con tettoie nel corso dell’inverno.<br />
Ma è tra il 1500 ed il 1600 che gli agrumi si <strong>di</strong>ffondono nei giar<strong>di</strong>ni delle ville toscane con funzioni<br />
sia ornamentali che pratiche e vengono impiegati in cucina ed in me<strong>di</strong>cina.<br />
La coltivazione in vaso si <strong>di</strong>ffonde nel 1500 contemporaneamente all’uso <strong>di</strong> costruire limonaie,<br />
ovvero stanzoni per il ricovero delle piante nella stagione fredda.<br />
Gli agrumi <strong>di</strong>vengono un elemento talmente caratteristico del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> toscano da dar luogo a<br />
giar<strong>di</strong>ni o sezioni <strong>di</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> specifiche: il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> dei limoni è spesso collocato davanti alla<br />
Limonaia o nei pressi <strong>di</strong> questa.<br />
Nei giar<strong>di</strong>ni me<strong>di</strong>cei, in particolare a Boboli e a <strong>Castello</strong> si sono costituite enormi collezioni <strong>di</strong><br />
agrumi dall’immenso valore botanico ed artistico in quanto molte delle bellissime conche sono<br />
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Annalisa Battini<br />
antiche. Le piante <strong>di</strong> limone vi sono coltivate al modo toscano: con la classica forma libera ad<br />
alberetto, a vaso, cioè aperta in mezzo tramite tutori ed a spalliera.<br />
La prima notizia <strong>di</strong> coltivazione d’agrumi a <strong>Castello</strong> risale al 1544, quando Cosimo I de’ Me<strong>di</strong>ci<br />
or<strong>di</strong>na che vengano innestati “occhi <strong>di</strong> limoni dolci”. Da allora la collezione si è accresciuta sempre<br />
<strong>di</strong> più, fino a raggiungere nel 1847 il numero <strong>di</strong> seicento esemplari in vaso, oltre ad un grande<br />
quantitativo <strong>di</strong> agrumi a spalliera, prevalentemente cedrati (Citrus me<strong>di</strong>ca “Fiorentina”) e aranci<br />
amari (Citrus aurandurn L.).<br />
Attualmente sono presenti a <strong>Castello</strong> circa cinquecento esemplari in vaso, <strong>di</strong> svariate <strong>di</strong>mensioni ed<br />
età. <strong>Il</strong> numero, ma soprattutto le varietà rare (non poche <strong>di</strong>scendenti da varietà me<strong>di</strong>cee), le bizzarrie<br />
dei frutti, le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> certi tronchi secolari, dalle immense chiome allevate a forma naturale,<br />
oltre la preziosità e bellezza <strong>di</strong> certe conche in terracotta ancora recanti lo stemma me<strong>di</strong>ceo, ne<br />
fanno una delle collezioni <strong>di</strong> agrumi in vaso tra le più importanti d’Europa.<br />
Figura 8 - Agrumi in vaso della collezione<br />
Un primo lavoro <strong>di</strong> inventario dell’attuale collezione e <strong>di</strong> riconoscimento <strong>degli</strong> esemplari presenti è<br />
stato svolto da parte del Perito Agrario Paolo Galeotti, il quale da oltre venti anni cura con grande<br />
scrupolo e de<strong>di</strong>zione il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Castello</strong>. Di seguito sono riportate alcune delle specie e cultivars
inventariate presenti nel <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>:<br />
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
Citrus me<strong>di</strong>ca L., cedro or<strong>di</strong>nario: pianta con foglie con picciolo corto, non alato e non<br />
chiaramente articolato con la lamina fogliare, fiori e giovani germogli violacei purpurei, frutti<br />
grossi con buccia spessa, rugosa e gialla.<br />
Citrus me<strong>di</strong>ca “Florentina”, cedro <strong>di</strong> Firenze: generalmente denominato cedrato. <strong>Il</strong> suo frutto è<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni me<strong>di</strong>o-piccole, appuntito, odorosissimo. Nel “Nati” 1674, si legge che esso fu<br />
introdotto nei giar<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Firenze al principio del XVII secolo con altri agrumi dai li<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
Pietrasanta e della Liguria, e che vi prosperò in modo tale da superare quelli <strong>di</strong> ogni altro paese<br />
in soavità <strong>di</strong> odore e in tenerezza <strong>di</strong> buccia.<br />
Citrus me<strong>di</strong>ca “Aurantiata”, cedro della Cina, cedro aranciato: frutto grande, buccia<br />
bernoccoluta che nella maturazione prende un colore arancio. Lima Citrata oblunga sive<br />
scabiosa et monstruosa.<br />
Citrus Umon L. Burm., limone or<strong>di</strong>nario: fiori e giovani germogli violacei, picciolo chiaramente<br />
articolato con la lamina fogliare, frutto ellissoidale, più o meno allungato, polpa acida non<br />
amara.<br />
Citrus limon “Neapolitanum”, limoncello <strong>di</strong> Napoli: il più grato fra tutti i limoni avendo la<br />
buccia sottile, più aromatica e ricca <strong>di</strong> sugo, ha foglie <strong>di</strong> colore verde intenso, fiori profumati e<br />
frutti piccoli tondeggianti.<br />
Citrus limon “Foliis variegatis”, limone variegato: limone con foglia variegata.<br />
Citrus limon “Foliis variegatis” a sugo rosso, limone vaniegato a sugo rosso: limone con foglia<br />
vaniegata a polpa rossa.<br />
Citrus limon “Peretta”, limone peretta: limone con frutto rugoso a forma <strong>di</strong> pera, umbonato.<br />
Citrus limon “Perettone Canaliculata”, limone perettone scannellato: limone con frutto <strong>di</strong> me<strong>di</strong>e<br />
<strong>di</strong>mensioni, piriforme, con buccia solcata scannellata.<br />
Citrus limon “Citratus”, limone canarone: frutto <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni me<strong>di</strong>o gran<strong>di</strong>, con mammellone<br />
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Annalisa Battini<br />
conico, rugoso, buccia spessa, buono da mangiare.<br />
Citrus limon “Digitata o Corniculata”, limone <strong>di</strong>gitale o ritorto: non è una varietà, come veniva<br />
descritto in passato, la forma particolare è dovuta ad un acaro, detto delle meraviglie, (Aceria<br />
Sheldonii, Ewing) che attacca le gemme e deforma i frutti fino a creare protuberanze allungate a<br />
forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>ta.<br />
Citrus aurantifolia Christm., Swingle varietà “Hispanica”, limetta <strong>di</strong> Spagna: frutto<br />
mammellonato, con buccia levigata e <strong>di</strong> colore giallo verde a maturità, polpa <strong>di</strong> colore<br />
verdastro.<br />
Citrus aurantium L., arancio forte o amaro o melangolo: pianta dal portamento compatto e<br />
spinoso, foglie aromatiche con picciolo molto alato, fiori odorosi, frutto con buccia e polpa<br />
amara, usato come portinnesto.<br />
Citrus aurantium “Foliis variegatis”, arancio amaro a foglia variegata.<br />
Citrus aurantium “Virgatum” o “Fasciata”, arancio virgolaro: frutti con buccia liscia con<br />
alternanze e protuberanze verde scuro e gialle con una parte delle foglie della pianta <strong>di</strong> tipo<br />
variegato.<br />
Citrus aurantiura “Salicifolia”, arancio amaro a foglia <strong>di</strong> salice: con foglia stretta e lunga che<br />
ricorda quella del salice.<br />
Citrus aurantium “Pomum Adami”, Pomo d’Adamo: foglie, fiori e frutti gran<strong>di</strong>, ton<strong>di</strong> o ovali,<br />
con buccia liscia.<br />
Citrus aurantium “Canaliculata”, arancio amaro scannellato o incannellato: frutto piccolo con<br />
buccia regolarmente solcata.
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
Figura 9<br />
Cirus aurantium “Bizzarria”, arancio Bizzarria: è una pianta che presenta un frutto ibrido per<br />
metà con caratteristiche <strong>di</strong> arancio forte e per metà con caratteristiche <strong>di</strong> cedro e dalle forme più<br />
o meno mostruose. Scoperto dal giar<strong>di</strong>niere <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> della Torre <strong>degli</strong> Agli dei marchesi<br />
Panciatichi nel 1644, il quale vide fra le sue piante <strong>di</strong> agrumi un esemplare che produceva frutti<br />
<strong>di</strong> arancio forte, <strong>di</strong> cedro, frutti mostruosi, bernoccoluti, formati da striature e spicchi <strong>di</strong><br />
entrambe le specie. Capita l’importanza <strong>di</strong> tale scoperta il giar<strong>di</strong>niere ripropagò la pianta tramite<br />
l’innesto che in breve <strong>di</strong>venne famoso in Italia e in Europa, dove fu creduto che si trattasse <strong>di</strong><br />
una varietà creata dall’abilità <strong>di</strong> quel giar<strong>di</strong>niere, fino a che Nati, non convinto <strong>di</strong> ciò, mise alle<br />
strette il giar<strong>di</strong>niere, il quale, vistosi scoperto, confessò che la pianta era nata spontaneamente e<br />
che lui l’aveva ripropagata per innesto. Soltanto nel 1810, Gallesio approfondì quanto detto da<br />
Nati, il quale sosteneva che la Bizzarria è dovuta all’insorgenza <strong>di</strong> una mutazione gemmaria<br />
conseguente forse a un casuale concrescimento <strong>di</strong> tessuti geneticamente <strong>di</strong>versi con<br />
caratteristiche <strong>di</strong> entrambe le specie <strong>di</strong> arancio forte e cedro.<br />
Tutte le piante esistenti in Italia e in Europa con le caratteristiche della Bizzarria derivano dalla<br />
Bizzarria fiorentina scoperta per caso dal giar<strong>di</strong>niere della Torre <strong>degli</strong> Agli, che è ancora<br />
coltivata e ripropagata da Paolo Galeotti nel <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Castello</strong> tramite l’innesto.<br />
Citurs aurantiuvri “Dupiex”, arancio amaro a fiore doppio.<br />
Citrus “Myrtifolia” Raf., chinotto: foglie piccole su interno <strong>di</strong> ravvicinati, fiori piccoli, frutti<br />
piccoli comunemente a grappolo aromatici, arancioni.<br />
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Annalisa Battini<br />
Citrus aurantium subspecies “Bergamia” Swingle, bergamotto: frutto rotondeggiante o<br />
piriforme, polpa acida, scorza con aroma caratteristico e assai spiccato, particolarmente soave.<br />
Citrus sinensis L. Osbeck, arancio dolce: chioma compatta, foglie <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a grandezza o gran<strong>di</strong><br />
con picciolo poco alato, fiori bianchi e profumati, germogli ver<strong>di</strong>, frutti roton<strong>di</strong> o sferoidali,<br />
polpa a succo agrodolce.<br />
Citrus eticu1ata Bianco, mandarino: foglie piccole e allungate, frutti rotondeggianti, schiacciati<br />
ai poli con scorza poco aderente, spicchi facilmente staccabili, polpa gradevolmente agrodolce.<br />
Citrus gran<strong>di</strong>s L. Osbeck presente nella varietà “Crispatus”, pummeto o pommelo o testa <strong>di</strong><br />
turco o Shaddock a foglia crispa: albero <strong>di</strong> grande <strong>di</strong>mensioni, germogli pubescenti, foglie<br />
gran<strong>di</strong> crispate con picciolo alato crispato, fiori <strong>di</strong>sposti a grappoli, frutto molto grosso, ovale o<br />
priforme, con buccia spessa e spugnosa, polpa ridotta e poco succosa.<br />
Citrus para<strong>di</strong>si Macf., pompelmo: pianta vigorosa, giovani cacciate glabre, picciolo molto alato,<br />
fiori a grappoli, frutti molto grossi. Si suppone che si sia originato da un ibrido naturale <strong>di</strong><br />
pummelo x arancio dolce o da una mutazione gemmaria verificatasi su pummelo.<br />
Citrus hystrix Swingle, agrume a foglia bilobata: ha le foglie come <strong>di</strong>vise in due, rami spinosi,<br />
frutto globoso, buccia verde tubercolata a solchi tortuosi, odore acuto, succo aci<strong>di</strong>ssimo e<br />
amaro.<br />
Citrinae severinia buxifolia Poir, Tan., severinia: ha le foglie simili al Buxus sempervirens L.,<br />
rami spinosi, il frutto è una bacca <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> colore nero-violaceo a maturazione.<br />
Poncirus trifoliata L., Raf. Smail, ponciro o arancio trifoliato: è l’unico fra tutti gli agrumi ad<br />
avere foglie caduche, è resistente alla basse temperature, è spinescente, ha foglie composte,<br />
costituite da tre foglioline, con quella centrale più sviluppata <strong>di</strong> quella laterali, il picciolo è<br />
leggermente alato, i frutti hanno forma globosa o leggermente ovoidale, sono piccoli e <strong>di</strong> colore<br />
giallo. E’ usato per siepi che, risultano impenetrabili anche ai gatti, e come portinnesto.
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
a. RILIEVO DEL GIARDINO: IL GIARDINO COME SI PRESENTA OGGI<br />
La Tenuta, che si sviluppa su una superficie totale <strong>di</strong> circa 9 ha, è inserita in posizione leggermente<br />
periferica rispetto al centro citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> <strong>Castello</strong>.<br />
<strong>Il</strong> viale che precede la villa, il viottolone, si sviluppa per una lunghezza <strong>di</strong> circa 270 metri ed è frutto<br />
<strong>di</strong> successive trasformazioni del viale originale, considerato una delle meraviglie progettate da<br />
Tribolo: era formato da gelsi e collegava, con audace intervento paesaggistico, la villa all’Arno.<br />
Oggi è composto Celtis australis L.. <strong>Il</strong> viale termina in un grande piazzale erboso semicircolare,<br />
perimetrato da un basso muretto <strong>di</strong> cinta. L’ingresso al <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> è posto a sinistra dell’ingresso<br />
principale della villa.<br />
Figura 10 - Vista della <strong>Villa</strong> dal via <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>, racchiuso entro alte mura perimetrali, rappresenta l’esempio meglio conservato <strong>di</strong><br />
<strong>giar<strong>di</strong>no</strong> all’italiana secondo i canoni e le descrizioni <strong>di</strong> Leon Battista Alberti (pittore, architetto,<br />
poeta, eru<strong>di</strong>to, filosofo e letterato fiorentino).<br />
Questo è sud<strong>di</strong>viso in tre terrazze <strong>di</strong>gradanti ed è concepito secondo un asse centrale.<br />
La prima terrazza, che può essere considerata un proseguimento esterno della villa, è caratterizzata<br />
da un <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> 16 aiuole quadrate, me<strong>di</strong>amente <strong>di</strong> 18 metri per lato, al cui centro si trova una<br />
vasca su gra<strong>di</strong>ni su cui è posta la famosa statua <strong>di</strong> Ercole e Anteo. In primavera attorno alla fontana<br />
sono posti gran<strong>di</strong> vasi <strong>di</strong> azalee mentre ai lati delle aiuole, delimitate da siepi <strong>di</strong> Buxus sempervirens<br />
L., è possibile ammirare fioriture <strong>di</strong> rose antiche (presenti dal 1990 circa), peonie e bulbi.<br />
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24<br />
Annalisa Battini<br />
Figura 11 - Particolare <strong>degli</strong> spartimenti in Buxu sempervirens L.<br />
Figura 12 - Vista della villa e del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> formale dalla terrazza del Giar<strong>di</strong>no dei Limoni
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
Figura 13 - Fioritura <strong>di</strong> peonie nel <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> grande<br />
Figura 14 - Fioritura <strong>di</strong> rose antiche<br />
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Annalisa Battini<br />
Figura 15 - Fioritura <strong>di</strong> rose antiche<br />
La seconda terrazza, conosciuta come Giar<strong>di</strong>no dei Limoni, è delimitata da due gran<strong>di</strong> limonaie,<br />
all’interno delle quali in inverno vengono collocate le centinaia <strong>di</strong> piante rare <strong>di</strong> agrumi facenti<br />
parte della collezione presente nella villa, <strong>di</strong> cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente.<br />
Su questa terrazza si apre la Grotta <strong>degli</strong> Animali, ricavata nel terrapieno al <strong>di</strong> sopra del quale è<br />
stato piantato il selvatico, a cui si accede da un portale fiancheggiato da due colonne tuscaniche.<br />
Alla destra della grotta una scala conduce al livello superiore: da qui si ammira la fontana con la<br />
grande statua <strong>di</strong> bronzo dell’Appennino dell’Ammannati, datata 1563.<br />
Più in basso si osservano due piccoli giar<strong>di</strong>ni segreti, laterali rispetto al grande spazio centrale.<br />
Sul lato orientale un ingresso conduce al piccolo <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> murato, l’Ortaccio, che ospita la Stufa dei<br />
Mugherini, la serra calda, fatta costruire da Cosimo III, per la coltivazione dei delicati gelsomini <strong>di</strong><br />
Goa, detti “del Granduca” (Jasminus Sambac L. Ait.) da lui collezionati.<br />
L’altro piccolo <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>, detto dell’imbrecciato, era un hortus conclusus collegato alla cucina,<br />
attualmente ospita una collezione <strong>di</strong> 4000 piante aromatiche ed officinali, presenti con 300 generi e<br />
specie <strong>di</strong>verse.
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
Figura 16 - Giar<strong>di</strong>no dell’imbrecciato: vista del piano superiore<br />
Figura 17 - Particolare della collezione <strong>di</strong> piante aromatiche<br />
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Annalisa Battini<br />
Figura 18 - Particolare della collezione <strong>di</strong> piante aromatiche<br />
Una curiosità botanica è rappresentata da alcuni alberi <strong>di</strong> pero nano, al centro delle aiuole del<br />
parterre inferiore, ricordo della tra<strong>di</strong>zionale forma <strong>di</strong> coltura rinascimentale.<br />
In epoca recente il parco è stato arricchito da una notevole collezione <strong>di</strong> azalee (Rhododendron<br />
azalea sp.), esposte in vari punti del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> nella stagione della fioritura. Sui muri che chiudono il<br />
<strong>giar<strong>di</strong>no</strong> sono poi coltivate piante <strong>di</strong> Vitis vinifera L. e piante da frutto a spalliera con sottostanti<br />
bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Iris spp..<br />
Percorsi ed illuminazione<br />
I percorsi sono quasi tutti in ghiaia, eccetto il vialetto che taglia in senso longitu<strong>di</strong>nale il terzo<br />
ripiano terrazzato che è in mattoni <strong>di</strong> pietra, e la pavimentazione del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> detto dell’imbrecciato<br />
proprio per la pavimentazione in brecciolino colorato (hortus conclusus).<br />
All’interno della tenuta non è presente alcun impianto <strong>di</strong> illuminazione, ciò con<strong>di</strong>ziona la fruizione<br />
del parco, infatti l’orario <strong>di</strong> apertura al pubblico del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> termina un’ora prima del tramonto.<br />
Approvvigionamento idrico<br />
I lavori <strong>di</strong> canalizzazione delle acque per l’alimentazione del parco della <strong>Villa</strong> <strong>di</strong> <strong>Castello</strong> si<br />
attribuiscono a <strong>di</strong>verse personalità susseguitesi nei decenni durante la realizzazione del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>;<br />
questo per risponde ad esigenze idriche sempre crescenti, visto lo sviluppo e l’ampliamento del
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
<strong>giar<strong>di</strong>no</strong>.<br />
<strong>Il</strong> primo passo per l’approvvigionamento idrico è l’acquedotto progettato da Piero da San Casciano,<br />
su commissione <strong>di</strong> Cosimo I, che captava l’acqua della sorgente della Castellina situata a poco più<br />
<strong>di</strong> un chilometro a ovest della villa.<br />
Pochi anni dopo, per arricchire l’alimentazione idrica del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>, l’acquedotto viene collegato con<br />
quello della Petraia, in quanto la portata della Castellina è insufficiente per realizzare il complesso<br />
impianto <strong>di</strong> fontane e <strong>di</strong> giochi d’acqua elaborato dal Tribolo.<br />
La <strong>di</strong>sponibilità idrica a tutto il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> era assicurata da un sistema <strong>di</strong> raccolta e convogliamento<br />
in vasche <strong>di</strong> alimentazione delle acque provenienti dagli acquedotti menzionati. Ad oggi tale<br />
sistema <strong>di</strong> convogliamento delle acque non è più funzionante. Tramite un nuovo impianto composto<br />
da irrigatori statici si ha l’irrigazione all’interno dei prati che troviamo nel <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> formale. Per<br />
quanto riguarda il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> segreto e gli agrumi l’irrigazione è manuale.<br />
<strong>Il</strong> rilievo botanico<br />
<strong>Il</strong> rilievo della consistenza botanica, presentato in allegato a questo elaborato, è stato eseguito dai<br />
Periti Agrari Paolo Galeotti e Sirio Zabberoni, nel 1983.<br />
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Rilievo botanico del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> formale<br />
30<br />
Annalisa Battini<br />
Figura 19<br />
<strong>Il</strong> rilievo in<strong>di</strong>ca le specie presenti in tutta la tenuta (da quelle nel <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> all’italiana a quelle nel<br />
bosco); eccezion fatta per le essenze che compongono la collezione <strong>di</strong> agrumi; alcune <strong>di</strong> esse però
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
sono state elencate nel paragrafo “La collezione <strong>di</strong> agrumi della <strong>Villa</strong>” a pagina 20 <strong>di</strong> questo<br />
elaborato. <strong>Il</strong> posizionamento <strong>degli</strong> agrumi all’interno del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> all’italiana è in<strong>di</strong>cato nel rilevo<br />
con il simbolo che corrisponde alla <strong>di</strong>citura “basi”. Infatti questi, essendo coltivati in vaso, sono<br />
<strong>di</strong>sposti all’interno della limonaia durante la stagione fredda e sono poi esposti nel <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> durante<br />
le stagioni più calde.<br />
Come si può vedere dalla legenda del rilevo, le specie presenti nella villa (escludendo gli agrumi)<br />
sono circa 96, tra alberi, arbusti e rampicanti.<br />
L’impianto fisso del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> è però composto da un numero abbastanza limitato <strong>di</strong> specie, ciascuna<br />
delle quali è rappresentata da più in<strong>di</strong>vidui.<br />
La prima terrazza ospita, entro le basse siepi <strong>di</strong> Buxus sempervirens L., le seguenti specie: Pirus<br />
communis L., Paeonia sp., Iris sp, Hibiscus syriacus L., Punica granatum nanum L. e Schinus<br />
molle.<br />
La seconda terrazza, il Giar<strong>di</strong>no dei Limoni, presenta: Prunus persica L. Stok., Rosa sp, ed ancora<br />
Punica granatum nanum L..<br />
<strong>Il</strong> bosco invece è prevalentemente composta da: Quercus ilex L., Cupressus sempervirens L.,<br />
Quercus robur L., Acer campestris L. e Pinus sp.. Per ogni pianta è in<strong>di</strong>cata l’età attraverso<br />
un’opportuna simbologia visibile nella legenda del rilievo stesso.<br />
Circa venti anni fa, all’interno del bosco, sono stati effettuati <strong>degli</strong> interventi <strong>di</strong> dendrochirurgia su<br />
alcuni esemplari plurisecolari <strong>di</strong> Quesrcu pubescens; piante <strong>di</strong> circa cinque secoli che è possibile<br />
osservare anche nella lunetta <strong>di</strong> Utens. Come sappiamo la dendrochirurgia è un intervento invasivo,<br />
che va contro i più moderni principi stu<strong>di</strong>ati da Claus Mattheck, ma l’intervento, che<br />
successivamente fu rinnegato, ha dato ottimi risultati che hanno consentito agli esemplari <strong>di</strong><br />
roverella <strong>di</strong> sanificarsi.<br />
Sono presenti siepi <strong>di</strong> varie forme (sferiche, lineari e a spiaggia) e <strong>di</strong>mensioni, tutte opportunamente<br />
in<strong>di</strong>cate nel rilievo botanico.<br />
Inoltre l’intera superficie del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> formale, esclusi naturalmente i vialetti, è ricoperta da manto<br />
erboso.<br />
Concludendo<br />
Ad oggi il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> presenta pressappoco la configurazione originaria, anche se non è più possibile<br />
ammirare alcune delle statue inizialmente collocate in esso: la statua <strong>di</strong> Fiorenza, spostata nella<br />
vicina <strong>Villa</strong> della Petraia, ed alcune statue <strong>di</strong> bronzo raffiguranti volatili, un tempo collocate<br />
all’interno della Grotta <strong>degli</strong> animali, ed attualmente visibili al “Museo del Bargello” <strong>di</strong> Firenze.<br />
Dato il grande pregio del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> (che come già detto rappresenta l’esempio meglio conservato <strong>di</strong><br />
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32<br />
Annalisa Battini<br />
<strong>giar<strong>di</strong>no</strong> all’italiana secondo i canoni <strong>di</strong> Leon Battista Alberti), l’importanza della collezione <strong>di</strong><br />
agrumi, una delle più interessanti a livello europeo, e dato che la villa è attualmente sede<br />
dell’Accademia della Crusca, il livello <strong>di</strong> manutenzione dell’intera proprietà è molto buono.<br />
8. PROPOSTA DI MIGLIORAMENTO<br />
Innanzitutto, a mio parere, le figure professionali che meglio possono agire in un progetto <strong>di</strong><br />
recupero <strong>di</strong> un <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> storico sono l’architetto e l’agronomo. Una loro collaborazione permetterà<br />
il recupero sia delle parti architettoniche che botaniche, seppur in modo limitato e controllato, in<br />
quanto la storicità del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> vincola gli eventuali interventi a norme legislative.<br />
Nel <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> preso in esame è presente un antico sistema <strong>di</strong> irrigazione che convogliava le acque e<br />
le <strong>di</strong>ffondeva all’interno del prato delle aiuole, ad oggi tale impianto non è più funzionante. Come<br />
detto nel paragrafo precedente, è stato realizzato un nuovo impianto <strong>di</strong> irrigazione composto da<br />
irrigatori statici, questo bagna i prati all’interno del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> formale. Per quanto riguarda il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong><br />
segreto e gli agrumi l’irrigazione è manuale, sarebbe quin<strong>di</strong> auspicabile creare un impianto irriguo<br />
anche per i giar<strong>di</strong>ni segreti, meglio se realizzato con ali gocciolanti.<br />
Sarebbe auspicabile, inoltre, dotare la parte del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> formale <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> illuminazione per<br />
permettere una fruizione serale del parco. L’impianto non dovrebbe intaccare la storicità del<br />
<strong>giar<strong>di</strong>no</strong>, quin<strong>di</strong> non dovrebbe presentare lampioni all’interno dello stesso, ma dei fari posti in punti<br />
strategici in modo da riuscire ad illuminare il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> ma, allo stesso tempo, <strong>di</strong> non creare<br />
invasività dal punto <strong>di</strong> vista estetico.<br />
In riferimento alla parte architettonica non ci sono interventi da fare in quanto ciò che era degradato<br />
è già stato recuperato.<br />
Per quanto riguarda il livello <strong>di</strong> manutenzione della vegetazione c’è da <strong>di</strong>re che la risistemazione<br />
<strong>degli</strong> spazi è effettuata perio<strong>di</strong>camente, quin<strong>di</strong> il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> si presenta in ottime con<strong>di</strong>zioni durante<br />
tutto l’arco dell’anno.<br />
Dal punto <strong>di</strong> vista fitosanitario è importante occuparci soprattutto della collezione <strong>di</strong> agrumi, ma,<br />
data la sua importanza a livello europeo, non mancano gli interventi necessari ad un efficace<br />
monitoraggio delle varie specie in modo da prevenire o rime<strong>di</strong>are tempestivamente ad eventuali<br />
attacchi <strong>di</strong> patogeni ed insetti.<br />
E’ importante anche un monitoraggio della parte paesaggistica, identificabile nel bosco o selvaggio,<br />
per la presenza <strong>di</strong> alberi <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni, parte dei quali secolari. E’ consigliabile fare un<br />
analisi <strong>di</strong> stabilità <strong>degli</strong> esemplari secolari, anche se, ad una prima analisi visiva, non danno segni
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
evidenti <strong>di</strong> patologie e sono cresciuti in stabilità.<br />
In generale comunque non vi sono piante che manifestano patologie o problemi <strong>di</strong> stabilità<br />
nemmeno nel resto del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>.<br />
9. LA GROTTA DEGLI ANIMALI<br />
Abbiamo già parlato nel paragrafo “<strong>Il</strong> progetto del Giar<strong>di</strong>no”, a pagina 5 <strong>di</strong> questo elaborato, del<br />
significato <strong>di</strong> questo magnifico ambiente progettato dal Tribolo. In questa scheda passeremo alla<br />
sua descrizione.<br />
Dal <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> dei limoni si accede all’interno della Grotta <strong>degli</strong> Animali attraversando un classico<br />
portale con colonne lesene, databile alla fine del 1700.<br />
La grotta si compone <strong>di</strong> due camere <strong>di</strong>seguali collegate da un'arcata.<br />
La prima è copertala una volta riccamente decorata con mascheroni e festoni realizzati con<br />
conchiglie e tessere <strong>di</strong> marmo; ai lati due splen<strong>di</strong>de vasche in marmo decorate con gruppi <strong>di</strong> animali<br />
marini e sormontate da gruppi <strong>di</strong> animali terrestri che sembrano emergere dalla roccia.<br />
La seconda camera, più piccola, è coperta a botte con incrostazioni <strong>di</strong> pietra spugna e una vasca<br />
sulla quale si affaccia un terzo gruppo <strong>di</strong> animali dominato dalla figura dell’unicorno, animale<br />
simbolico che aveva facoltà <strong>di</strong> purificare le acque secondo la mitologia greca.<br />
Al centro della grotta c’era una statua che forse rappresentava Orfeo, il quale con la sua musica<br />
incantava gli animali; vi erano anche <strong>degli</strong> uccelli <strong>di</strong> bronzo, attualmente visibili al “Museo del<br />
Bargello” <strong>di</strong> Firenze. Da questi volatili bronzei, dagli animali e dal pavimento uscivano gli zampilli<br />
dei giochi d’acqua, che poi scendevano copiosi dalla volta, per cui la grotta era molto famosa.<br />
Molti furono gli artisti che lavorarono alla grotta: il Tribolo, Giorgio Vasari, Francesco Ubertini<br />
detto il Bachiacca, autore delle vasche con i festoni <strong>di</strong> pesci e conchiglie, Bartolomeo Ammannati<br />
che nel 1558 fonde il bronzo per alcuni animali, Giambologna, che nel 1567 esegue gli uccelli <strong>di</strong><br />
bronzo, ed altri.<br />
33
34<br />
Annalisa Battini<br />
Figura 20 - Vista <strong>di</strong> una camera della grotta<br />
Figura 21 - Particolare delle sculture presenti nelle camere della grotta
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
Figura 22 - Particolare <strong>di</strong> una vasca<br />
Figura 23 - Particolare della volta della grotta, sullo sfondo il <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> e la villa<br />
10. IL GRUPPO BRONZEO DI ERCOLE E ANTEO<br />
Abbiamo già parlato nel paragrafo de<strong>di</strong>cato al “Progetto del <strong>giar<strong>di</strong>no</strong>” a pagina 5 dell’elaborato, del<br />
significato allegorico <strong>di</strong> questo gruppo bronzeo, ed abbiamo accennato al fatto che fu collocato nel<br />
luogo ove originariamente si trovava la fontana <strong>di</strong> Fiorenza (Firenze), spostata alla villa della<br />
Petraia nel 1788.<br />
In questa scheda sarà descritta la struttura della fontana.<br />
L'intera struttura (attualmente smontata) è in marmo apuano ed era composta da una gran<strong>di</strong>osa<br />
35
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Annalisa Battini<br />
vasca ottagonale, con gli angoli lavorati a risalti, da cui sorgeva un prisma ottagonale lavorato a<br />
svecchiature, ciascuna delle quali mostrava un animale marino in bassorilievo.<br />
Sopra il prisma poggiava, sostenuto da otto zampe leonine, un piede a sua volta ornato <strong>di</strong> un<br />
mascherone grottesco per ogni sua faccia.<br />
Sul bordo, appoggiati alle zampe feline, otto putti fanno mostra <strong>di</strong> ritirarsi per non bagnarsi con la<br />
"bellissima pioggia a uso grondaia" che tracimava dall'ampia tazza soprastante. Da questa si<br />
<strong>di</strong>partiva il fuso straor<strong>di</strong>nariamente lavorato della candelabra cui sono addossate due coppie <strong>di</strong><br />
fanciulli.<br />
Seguiva un secondo piede, lavorato con mensoloni a sbalzo, che sostiene il bacino superiore, <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>mensioni assai minori, ornato <strong>di</strong> quattro teste <strong>di</strong> capricorno dal lungo collo sinuosamente<br />
affacciato dal bordo.<br />
Lo stelo aggarbato e scanalato che ne usciva sorregge il bottone sommitale, su cui posavano quattro<br />
putti reggifestone con pesci, e finalmente la base per il gruppo bronzeo.<br />
<strong>Il</strong> gruppo statuario che conclude la candelabra marmorea, fu realizzato da Bartolomeo Ammannati<br />
nel 1559-1560.<br />
Figura 24 - Particolare della fontana: i putti
<strong>Il</strong> <strong>giar<strong>di</strong>no</strong> <strong>di</strong> <strong>Villa</strong> Me<strong>di</strong>cea <strong>di</strong> <strong>Castello</strong><br />
Figura 25 - La statua <strong>di</strong> Ercole ed Anteo nella sua collocazione originale<br />
Un importante affresco del Volterrano: “La Vigilanza e il Sonno”<br />
Uno tra i migliori pittori del Seicento fiorentino, Baldassarre Franceschini detto il Volterrano, è<br />
autore dell’affresco “La Vigilanza e il Sonno” della volta <strong>di</strong> un salone <strong>di</strong> passo ovvero anticamera<br />
del piano nobile. La destinazione originaria dell’ambiente, detto “stanza della guar<strong>di</strong>a” ad uso <strong>degli</strong><br />
staffieri, dà conto del soggetto prescelto, ovvero l’antinomia tra la veglia solerte della Vigilanza,<br />
affiancata dal simbolo consueto della gru col sasso nella zampa levata (pronta a destare le<br />
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Annalisa Battini<br />
compagne in caso <strong>di</strong> pericolo lasciandolo cadere) e la smemorata incoscienza del Sonno, alimentata<br />
dai fumi oppiacei del papavero, suo attributo fin dall’antichità.<br />
<strong>Il</strong> Bal<strong>di</strong>nucci, moralizzando ulteriormente il contrasto, ritenne che il Sonno venisse "risvegliato per<br />
or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> quella Vigilanza, da alcuni fanciulli, i quali con papaveri accesi ad una lucerna, gli<br />
affumicano le narici".<br />
Arricchita da una collezione <strong>di</strong> terrecotte <strong>di</strong>pinte attribuite a Raffaello al tempo <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando <strong>di</strong><br />
Cosimo III, la villa conteneva anche quadri <strong>di</strong> fiori, piccoli <strong>di</strong>pinti su rame, miniature, pastelli,<br />
vedute <strong>di</strong> città, ai quali si aggiunsero molti altri <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> varia provenienza.<br />
ORIENTAMENTI BIBLIOGRAFICI<br />
- “Le ville e i giar<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Petraia e <strong>Castello</strong>” <strong>di</strong> C. Aci<strong>di</strong>ni, G. Galletti. <strong>Pisa</strong> 1992.<br />
- “Giar<strong>di</strong>ni e ville <strong>di</strong> Toscana” a cura del Touring Club Italiano e della Regione Toscana.<br />
Milano 2003.<br />
SITI WEB CONSULTATI<br />
www.ambientefi.arti.beniculturali.it<br />
www.uffizi.firenze.it/musei/villacastello<br />
www.accademiadellacrusca.it<br />
www.firenze.net<br />
www.mega.it