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LA VERA STORIA DELL'ASINO - Centro di Formazione Politica

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ANNO 5 NUMERO 31/32<br />

SABATO 5-12 AGOSTO 2006 A 1,50<br />

A<br />

ll’epoca dei lumi,<br />

Macerata era il ca-<br />

poluogo della Mar-<br />

ca anconetana. Sede <strong>di</strong> una<br />

università tra le più antiche<br />

d’Europa era un centro intellettuale<br />

vivacissimo,<br />

mentre nella città portuale<br />

erano fervi<strong>di</strong> il commercio e<br />

gli affari. Non c’è prova documentaria<br />

che fosse anche<br />

una città massone: <strong>di</strong><br />

quella massoneria cattolica<br />

che aveva successo in Austria<br />

e Baviera, con l’incoraggiamento<br />

delle stesse<br />

Case Reali, come descritto<br />

con pignoleria puntuale nel<br />

primo capitolo <strong>di</strong> un libro <strong>di</strong><br />

Li<strong>di</strong>a Bramani <strong>di</strong> grande<br />

successo.<br />

Macerata, però, ritorna<br />

ritmicamente si muove in tondo.<br />

Di questo posto incantevole ma<br />

sepolto dal degrado e ignorato<br />

dalla maggior parte dei napoletani,<br />

poco o nulla sanno gli stessi<br />

addetti ai lavori e le carte non parlano<br />

se non per rari e fuggevoli<br />

cenni. «Melofioccolo (supportico)»,<br />

scrive ne Le strade <strong>di</strong> Napoli<br />

Gino Doria, «Da un albero un<br />

tempo assai comune a Napoli».<br />

“1744” recita, all’ingresso del palazzo,<br />

una lapide.<br />

Eppure non è giusto datare<br />

questa costruzione soltanto al Diciottesimo<br />

secolo. Perché quello<br />

che Napoli ha <strong>di</strong> particolare è la<br />

sua continuità storica, per cui un<br />

e<strong>di</strong>ficio si sovrappone a un altro<br />

in una stratificazione continua e<br />

ogni luogo nuovo nato è sempre<br />

ricordo e in qualche modo ricalco<br />

<strong>di</strong> un altro più antico. Allora, infatti,<br />

vi avevo incontrato una<br />

donna, si chiamava Carmela – mi<br />

sembra –, che mi aveva in<strong>di</strong>cato,<br />

in un nicchione, il <strong>di</strong>pinto scolorito<br />

<strong>di</strong> un santo e mi aveva parlato<br />

<strong>di</strong> quando si poteva andare nei<br />

sotterranei, «si cammina per sotto,<br />

sapete, signò?», ma ora ne avevano<br />

impe<strong>di</strong>to il passaggio. Di<br />

quei sotterranei, costruzioni greche<br />

un tempo en plein air, ci testimonia<br />

il Celano nelle sue Notizie<br />

del bello, dell’antico e del<br />

curioso della città <strong>di</strong> Napoli<br />

(1692): «Da<br />

un’iscrizione rinvenuta<br />

nello<br />

scavar le fondamenta<br />

<strong>di</strong> palazzo Ammendola<br />

sappiamo esserci questa fratria»<br />

scrive, parlando della fratria dei<br />

Pancli<strong>di</strong>. Le fratrie raccoglievano<br />

la gente del posto ed erano, nella<br />

Napoli greca, organizzazioni sociali<br />

molto coese. Lì, a Melofioccolo,<br />

un tempo c’era questa fratria<br />

dei Pancli<strong>di</strong>, che aveva come<br />

protettore Orione.<br />

E lì vicino, a via Se<strong>di</strong>le <strong>di</strong> Porto,<br />

sulla facciata <strong>di</strong> un palazzo, si<br />

può vedere un rilievo vecchio più<br />

<strong>di</strong> due millenni. È piuttosto in alto,<br />

grigio per la sporcizia. E nessuno<br />

lo guarda. Rappresenta appunto<br />

Orione, un gagliardo giovanotto,<br />

molto erotico. Amatissimo<br />

dalle donne e appassionato<br />

amante <strong>di</strong> queste e della vita,<br />

Orione era o<strong>di</strong>ato da Apollo, il <strong>di</strong>o<br />

massone (anzi cattolica e<br />

massone come lo erano<br />

Giuseppe II Imperatore e<br />

tanti altri, tra cui Wolfgang<br />

Amadeus Mozart) dal 28 luglio<br />

al 13 agosto in occasione<br />

del Festival Musicale. I<br />

tre piatti principali, nell’elegante<br />

Arena Sferisterio,<br />

vengono letti dal <strong>di</strong>rettore<br />

artistico Pier Luigi Pizzi in<br />

chiave <strong>di</strong> iniziazione massonica:<br />

sono Il Flauto magico<br />

dell’onnipresente (in<br />

questo anno <strong>di</strong> grazia<br />

2006) Wolfgang Ama-<br />

il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune<br />

POSTE ITALIANE SPA SPED.ABB.POST. - 45% -<br />

ART.2 COMMA 20/b LEGGE 662/96 D.C. MI<strong>LA</strong>NO<br />

Massoni da spiaggia al festival musicale <strong>di</strong> Macerata?<br />

deus, Aida del buon Peppino<br />

Ver<strong>di</strong> e Turandot <strong>di</strong> quel<br />

simpatico donnaiolo toscano<br />

che rispondeva al<br />

nome <strong>di</strong> Giacomo Puccini.<br />

Di contorno, nell’elegante<br />

sala del Bibiena (il teatro<br />

Lauro Rossi), i canti massonici<br />

inizieranno con Thamos,<br />

Re d’Egitto, musiche<br />

<strong>di</strong> scena composte da Mozart<br />

con il grembiulino.<br />

Non è una novità che<br />

Mozart fosse massone (era<br />

però iscritto a una specie <strong>di</strong><br />

P2 dei poveri in cerca <strong>di</strong> la-<br />

REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI MI<strong>LA</strong>NO<br />

N.362 DEL 17/06/2002<br />

voro, non a una delle logge<br />

che contavano). Lo stesso<br />

Flauto magico è denso <strong>di</strong> riferimenti<br />

massonici, ma in<br />

linguaggio piuttosto cifrato<br />

perché nel frattempo Leopoldo<br />

era succeduto a Giuseppe<br />

II e a Vienna (nonché<br />

nel resto dell’Impero) e l’aria<br />

nei confronti della massoneria<br />

era cambiata. Il tema<br />

dell’opera è indubbiamente<br />

un’iniziazione: lo<br />

stesso Pizzi, però, in un’e<strong>di</strong>zione<br />

romana <strong>di</strong> pochi anni<br />

fa la lesse come iniziazione<br />

all’eros, prima, e all’amore<br />

coniugale, poi. Mettendo<br />

da parte tutta la simbologia<br />

massonica.<br />

Se avessimo la destrezza<br />

parapsicologica <strong>di</strong> Roma-<br />

BACETTI<br />

no Pro<strong>di</strong> chiederemmo a<br />

Peppino Ver<strong>di</strong> e a Giacomo<br />

Puccini cosa ne pensano.<br />

Mentre componeva Aida, il<br />

primo era certamente piuttosto<br />

anticlericale (basti<br />

pensare al Don Carlos), ma<br />

da qui a pensare a un’iniziazione<br />

massonica per finire<br />

sepolti vivi c’è quasi da offendere<br />

qualche Loggia seria.<br />

Il secondo ci investirebbe<br />

con una puffata <strong>di</strong> sigaro<br />

toscano e guarderebbe le<br />

prime belle gambe <strong>di</strong> passaggio.<br />

Un modo eloquente<br />

per esprimersi sulla materia.<br />

Vedremo, e soprattutto,<br />

ascolteremo. Augurandoci<br />

<strong>di</strong> non essere alle prese<br />

con massoneria da spiaggia.<br />

Giuseppe Pennisi<br />

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE<br />

VIA SENATO 12, 20121 MI<strong>LA</strong>NO<br />

Alessandro Manzoni (1785-1873), I promessi sposi, XXXII<br />

TELEFONO 02 36560007<br />

E-MAIL: LETTERE@ILDOMENICALE.IT<br />

Come, dove e perché negli antichi vicoli partenopei si apprende che la vera sapienza non sale in cattedra<br />

<strong>LA</strong> <strong>VERA</strong> <strong>STORIA</strong> DELL’ASINO<br />

Negli Usa è il simbolo del Partito<br />

Democratico. E Pro<strong>di</strong> annuncia<br />

che sarà pure l’effigie del nuovo<br />

Partito Unico della Sinistra.<br />

Ma i fatti stanno <strong>di</strong>versamente,<br />

come raccontano a Napoli, e coi<br />

Professori il Ciuccio non c’entra<br />

<strong>di</strong> Adriana Dragoni<br />

l presidente del Consiglio, Professore<br />

Romano Pro<strong>di</strong>, vuole Icostituire<br />

il partito unico della<br />

sinistra. Si chiamerà Partito Democratico<br />

e avrà quale simbolo<br />

un asino. Come il Partito Democratico<br />

statunitense. «Ma il nostro<br />

sarà tutto italiano», ha detto Pro<strong>di</strong>,<br />

rassicurando, così, quelli, tra i<br />

suoi seguaci, che sono antiamericani.<br />

Già sette anni fa il Professore,<br />

insieme ad Antonio Di Pietro,<br />

aveva preso l’asino per insegna <strong>di</strong><br />

un nuovo partito; a cui aveva apposto,<br />

come logo, un melenso somaro<br />

<strong>di</strong>sneyano.<br />

Divertente? Ri<strong>di</strong>colo. Anzi,<br />

blasfemo. È come se avesse preso<br />

il Sacro Graal per farne una ciotola<br />

per cani. Infatti, l’Asino è, simbolicamente,<br />

attore <strong>di</strong> una mitica<br />

ri<strong>di</strong>colo,<br />

anzi blasfemo:<br />

come prendere<br />

il graal e farne<br />

una ciotola per cani<br />

trage<strong>di</strong>a, in cui un’antica storia si<br />

attualizza e dà all’attualità un significato:<br />

la lotta tra Apollo ed<br />

Eros-Dioniso. È un’antichissima<br />

storia <strong>di</strong>ffusa nella mitica terra <strong>di</strong><br />

Orione, che in un pezzetto <strong>di</strong> questa<br />

terra, nel quartiere Porto, a<br />

Napoli, le antiche pietre raccontano<br />

ancora. Insieme a tante altre<br />

storie, che, pur se vi sono scolpite,<br />

nessuno guarda e rimangono<br />

ignote.<br />

Versione partenopea del mito<br />

Io c’ero passata altre volte per<br />

quel luogo; ma non l’avevo mai<br />

visto. Ero scesa per le scalette dei<br />

SS. Cosma e Damiano, che un<br />

tempo portavano al mare. Allora<br />

arrivava fin là. Si gira a destra.<br />

“Vico Melofioccolo” in<strong>di</strong>ca l’insegna<br />

stradale. Invece è un largo,<br />

con un palazzo antico, “Ammendola”,<br />

ancora si chiama. Mi avevano<br />

colpito per primi dei grossi<br />

pezzi <strong>di</strong> muro sospesi così, quasi<br />

per miracolo, per aria e poi gli eleganti<br />

profili <strong>di</strong> quelle pietre, che<br />

<strong>di</strong>segnano un libero spazio che<br />

L’ONNIPRESENTE MOZART, PERÒ,<br />

ERA ISCRITTO A UNA LOGGIA<br />

DEI POVERI E PENSAVA ALL’EROS<br />

J.J.Grandville,<br />

pseudonimo <strong>di</strong> Jean<br />

Ignace Isidore Gérard<br />

(1803-1847), illustrazione<br />

in Vie privée et publique<br />

des animaux,<br />

<strong>di</strong>r. P.F. Stahl,<br />

Librairie-E<strong>di</strong>teur<br />

J. Hetzel, Paris 1867<br />

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della Ragione, che lo accecò e lo<br />

uccise mentre nuotava in mare.<br />

Fu salvato da una sua innamorata,<br />

Eos, l’Aurora, che gli ri<strong>di</strong>ede la<br />

vita e la vista e lo portò in cielo.<br />

Ora è là, luminosa costellazione.<br />

Ha due stelle sul capo. Sono – in<br />

una delle <strong>di</strong>verse versioni del mito,<br />

la più fedele secondo chi scrive<br />

alla sostanza delle metafore –<br />

le orecchie d’asino, prese quale<br />

trofeo a Seth, il <strong>di</strong>o delle tenebre.<br />

Orione è, in questo greco mito,<br />

l’Asino che vola. E, a volte, si<br />

confonde con Dioniso, il <strong>di</strong>o del<br />

vino e con Eros, l’Amore. Nella<br />

cabala napoletana, infatti, per<br />

esempio, il numero 14 rappresenta<br />

sia l’asino, cioè Orione, sia<br />

l’ebbro adoratore <strong>di</strong> Dioniso. E<br />

l’energia amorosa, quella che<br />

presso i Romani si tinse <strong>di</strong> volgarità<br />

e <strong>di</strong>ventò Priapo, un parente<br />

stretto dei Satiri, che si sa che tipi<br />

sono, per questi greci, invece, era<br />

più nobilmente sacra. In Lucio o<br />

l’asino, Luciano <strong>di</strong> Samosata (II<br />

sec. d.C.) parla <strong>di</strong> Lucio che si trasforma<br />

in un asino dagli attributi<br />

maschili enormi e che, dopo varie<br />

peripezie, riprende, con l’aiuto <strong>di</strong><br />

Iside, la <strong>di</strong>vina Luna, le sue sem-<br />

l’asino-orione<strong>di</strong>oniso-eros<br />

è l’amore reale,<br />

carnale e sacro.<br />

simbolo <strong>di</strong> libertà<br />

bianze umane. L’Asino-Orione-<br />

Dioniso-Eros è l’amore reale, carnale<br />

e sacro. E fu il simbolo, a Napoli,<br />

<strong>di</strong> una civiltà marinara che<br />

amava la libertà e godersi la vita,<br />

che sceglieva quali guide i migliori<br />

(gli aristoi), non dei politici <strong>di</strong><br />

professione.<br />

Ed era quin<strong>di</strong> tutt’affatto contraria<br />

al buonismo perbenino del<br />

terragno Professore Pro<strong>di</strong> e al giustizialismo<br />

prevaricatore del conta<strong>di</strong>nesco<br />

Di Pietro. Che c’entra,<br />

quin<strong>di</strong>, il giacobino e progressista<br />

Pro<strong>di</strong> con questo modo <strong>di</strong> pensare<br />

libero e realistico? Nulla. Lui si<br />

vuol prendere l’Asino? È appropriazione<br />

indebita.<br />

Cola Pesce corre e va<br />

Ma perché una più recente lapide,<br />

posta accanto all’antico rilievo<br />

<strong>di</strong> Orione, afferma che vi è<br />

rappresentato Cola Pesce?<br />

A pochi metri dal vico Melofioccolo<br />

si può ancora accedere a<br />

un locale sotterraneo <strong>di</strong> due millenni<br />

fa. È al <strong>di</strong> sotto della deliziosa<br />

e poco conosciuta chiesetta<br />

(neanche la guida del Touring la<br />

cita) <strong>di</strong> sant’Aspreno. Che ha curve<br />

forme settecentesche ma conserva<br />

ancora i lacerti <strong>di</strong> un’antica<br />

chiesa bizantina e gli stretti gra<strong>di</strong>ni<br />

che portano sotto il livello stradale,<br />

nella più antica Napoli pa-<br />

-segue a pagina 2<br />

REDAZIONE@ILDOMENICALE.IT<br />

INFO@ILDOMENICALE.IT<br />

POLIS<br />

Partiti, sol<strong>di</strong><br />

& “cartelli”<br />

Simona Bonfante a pagina 2<br />

PROFILI<br />

Diavolo d’un<br />

Ambrose Bierce<br />

Marco Respinti<br />

e Giorgio Bianco a pagina 3<br />

RILETTURE<br />

Siamo andati<br />

appresso a Rella<br />

Massimiliano Parente<br />

a pagina 4<br />

PAVESIANA<br />

Da Cesare<br />

a Omero<br />

Davide Brullo a pagina 5<br />

FINESTRE APERTE<br />

“Giù le mani”,<br />

un racconto<br />

<strong>di</strong> Edward<br />

Everett Hale<br />

alle pagine 6 e 7<br />

NEL<strong>LA</strong> RETE/1<br />

Museo virtuale<br />

del feuilleton<br />

Samwise a pagina 9<br />

NEL<strong>LA</strong> RETE/2<br />

TLIO, le origini<br />

della lingua<br />

Elena Inversetti a pagina 9<br />

DANZA<br />

Un invito<br />

e mille risposte<br />

Elena Borgatti a pagina 11


2 IL DOMENICALE POLIS<br />

Ma noi italiani non avevamo detto no<br />

al finanziamento pubblico dei partiti?<br />

Il New Labour britannico ha fatto della trasparenza economica in politica una battaglia civile. Da noi,<br />

invece, prevale un interesse a perpetuare il chiaroscuro dei sol<strong>di</strong> pubblici a tutti. Diagnosi e prognosi<br />

<strong>di</strong> Simona Bonfante<br />

l tema del “costo della democrazia”<br />

fa timidamente capoli- Ino,<br />

nel <strong>di</strong>battito politico nazionale,<br />

ogni qual volta vi sia il<br />

sentore <strong>di</strong> aver oltrepassato il limite<br />

del decoro. Ma, eccezion fatta<br />

per la sbornia antipartitica scatenata<br />

da Tangentopoli, quel <strong>di</strong>battito<br />

suscita al massimo cicliche<br />

ondate <strong>di</strong> ipocrita moralismo.<br />

Ed è un peccato. Che si tratti<br />

<strong>di</strong> un tema nodale della riflessione<br />

sul funzionamento delle istituzioni<br />

democratiche è infatti provato<br />

dalla ricorrenza con cui, più<br />

o meno in tutti i Paesi a democrazia<br />

avanzata, i sistemi politici,<br />

nel loro trasformarsi, si pongono<br />

la questione “ontologica” della<br />

rappresentanza <strong>di</strong> interessi,<br />

quin<strong>di</strong> delle forme del suo legittimo<br />

finanziamento.<br />

Lambito non solo dal Tamigi<br />

Il New Labour che propone <strong>di</strong><br />

riformare il sistema <strong>di</strong> finanziamento<br />

ai partiti britannici nel<br />

senso <strong>di</strong> un aumento delle risorse<br />

statali, <strong>di</strong> una maggiore trasparenza<br />

dei contributi privati e dell’istituzione<br />

<strong>di</strong> una soglia <strong>di</strong> spesa,<br />

è lo stesso New Labour che,<br />

un paio <strong>di</strong> mesi fa, veniva lambito<br />

dal sospetto che i contributi privati<br />

fossero il prezzo del con<strong>di</strong>zionamento<br />

delle scelte politiche<br />

del partito in senso favorevole al<br />

finanziatore.<br />

In Italia la stagione delle riforme<br />

anti-sistema, con i suoi referendum<br />

tra<strong>di</strong>ti e la sua retorica<br />

partitofobica, ha risposto, con il<br />

plebiscitario “No” al finanzia-<br />

QUEST’ESTATE “LIBERAL”<br />

PROPONE GLI ESTERI, E DIO<br />

S<br />

e il governo Pro<strong>di</strong> non<br />

cambia linea in politica<br />

estera, saranno guai: è<br />

la sintetica conclusione a cui,<br />

articolatamente, perviene il<br />

n.9 <strong>di</strong> Liberal Risk, quaderno<br />

<strong>di</strong> cultura geopolitica che il<br />

bimestrale Liberal allega al<br />

proprio fascicolo datato luglio-agosto<br />

2006. A “Un’Italia<br />

bipartisan” la rivista <strong>di</strong>retta<br />

da Fer<strong>di</strong>nando Adornato<br />

de<strong>di</strong>ca qui un dossier a più<br />

voci fra cui Luigi Ramponi,<br />

Beniamino Quintieri, Marco<br />

Lombar<strong>di</strong>, Stefano Silvestri.<br />

Allargano l’obiettivo e rincarano<br />

la dose, fra le altre, ricche<br />

sezioni <strong>di</strong> “Osservatorio”<br />

e “Scenari globali”.<br />

Non meno denso il numero<br />

estivo <strong>di</strong> Liberal, speciale<br />

monografico sulla cui<br />

copertina campeggia un<br />

crocifisso e il titolo “Ve<strong>di</strong> alla<br />

voce Dio”: ventun interventi<br />

in or<strong>di</strong>ne alfabetico da Baget<br />

Bozzo a Yehoshua fra cui a<br />

caduta d’occhio trascegliamo<br />

Belar<strong>di</strong>nelli, Cristin, Dell’Olio,<br />

Israel, Mussapi, Nolte,<br />

Novak, Risé (gli altri non<br />

mento pubblico ai partiti, alla domanda<br />

<strong>di</strong> rinnovamento delle forme<br />

e degli obblighi della politica.<br />

Cosa ne sia stato della volontà popolare<br />

è a tutti noto. Cesare Salvi<br />

e Massimo Villone e, più <strong>di</strong> recente,<br />

Il Sole-24 Ore hanno messo il<br />

coltello della denuncia nella piaga<br />

dell’enormità dei flussi <strong>di</strong> denaro<br />

che, <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente,<br />

alimentano la macchina<br />

dei partiti attuali. Ne emerge un<br />

sistema costoso, inefficiente,<br />

un sistema costoso<br />

e inefficiente che<br />

non si alimenta della<br />

propria necessità ma<br />

<strong>di</strong> un circolo vizioso<br />

opaco, <strong>di</strong>sfunzionale che viziosamente<br />

si alimenta non della sua<br />

necessità per il funzionamento<br />

del sistema, ma dell’asfittica circolarità<br />

tra decisori e beneficiari.<br />

A colpire, della realtà del finanziamento<br />

pubblico ai partiti<br />

italiani, non è tanto l’entità dello<br />

spreco, essendo l’inefficiente gestione<br />

delle risorse pubbliche un<br />

leitmotiv della storia del nostro sistema.<br />

Né sorprende il continuo<br />

spostare in alto il tetto alla spesa<br />

dei partiti o l’allargamento della<br />

base degli eligible. Quello che colpisce<br />

è che, avendo perduto il<br />

ruolo “sociale” <strong>di</strong> regolazione e<br />

aggregazione della domanda democratica,<br />

i partiti si siano fatti<br />

piuttosto strumento <strong>di</strong> conservazione<br />

nelle istituzioni del proprio<br />

apparato professionale; non rap-<br />

sono meno significativi).<br />

Raccogliendo l’idea <strong>di</strong>ffusa<br />

secondo cui Giovanni<br />

Paolo II ha consegnato alla<br />

storia una Chiesa cattolica <strong>di</strong><br />

rinnovata incidenza civile,<br />

s’indaga sull’ipotesi se e come<br />

essa si presenti anche in<br />

quanto “via giusta” per eccellenza,<br />

posti il crollo delle<br />

ideologie materialiste, la crisi<br />

morale delle democrazie, i<br />

salti <strong>di</strong> para<strong>di</strong>gma della<br />

bioingegneria, nonché il relativismo<br />

pratico e il terrorismo<br />

nichilista.<br />

Più che un <strong>di</strong>scorso<br />

strettamente religioso ne risulta<br />

un soffermarsi interessante<br />

sui nuovi rapporti, istituiti<br />

e da istituire, tra sfera<br />

privata e sfera pubblica, tra<br />

fondamenti dell’agire personale<br />

e del patto sociale. Ovviamente<br />

abbondano esempi<br />

e riscontri <strong>di</strong> storia recente,<br />

in un panorama sul<br />

quale le Torri dell’11 Settembre<br />

si stagliano come rovine<br />

atroci <strong>di</strong> un passato e come<br />

fondamenta feconde <strong>di</strong><br />

nuove costruzioni civili. •<br />

presentanti degli interessi del<br />

“popolo” ma portatori <strong>di</strong> interessi<br />

della corporazione partitica.<br />

La questione, quin<strong>di</strong>, non è<br />

quanto costa la democrazia. Ma<br />

se si ha democrazia in un sistema<br />

che incentiva la “cartellizzazione”<br />

dei partiti; la convergenza <strong>di</strong><br />

interessi <strong>di</strong> “categoria” che prescindono<br />

dalla competizione politica,<br />

così promuovendo istanze<br />

con<strong>di</strong>vise sia da chi nel sistema<br />

dei partiti c’è già, sia da chi ambisce<br />

a entrarvi. La questione è se si<br />

ha democrazia in un sistema <strong>di</strong><br />

partiti che, autogovernandosi e<br />

auto-regolandosi, ha tutto l’interesse<br />

a promuovere iniziative <strong>di</strong><br />

finanziamento pubblico che mettano<br />

tutti d’accordo, partiti gran<strong>di</strong><br />

e partiti microscopici, in nome <strong>di</strong><br />

un equo <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> accesso al privilegio<br />

dell’irresponsabilità, consentita<br />

dall’attuale sistema del<br />

“finanziamento a prescindere”.<br />

Se la vitalità dei partiti e la<br />

competizione democratica delle<br />

relative idee sono un bene, allora<br />

è sacrosanto che lo Stato ne garantisca<br />

il compiersi. Ma «se i partiti<br />

hanno il pieno controllo del<br />

portafoglio pubblico – ragiona Richard<br />

S. Katz, autore insieme a<br />

Peter Mair della teoria del Cartel<br />

Party – essi sono in grado <strong>di</strong> decidere<br />

sia l’ammontare dei sussi<strong>di</strong>,<br />

sia le con<strong>di</strong>zioni in base alle quali<br />

saranno concessi». I cartelli fra<br />

partiti si formano per l’esigenza<br />

<strong>di</strong> arginare la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> legittimazione<br />

derivante dall’indebolimento<br />

della base sociale e del legame<br />

tra militante e partito; per<br />

l’appannarsi del valore ideale<br />

della partecipazione all’attività<br />

leocristiana: un vano con la volta a<br />

botte, dei se<strong>di</strong>li in pietra. È la casa <strong>di</strong><br />

sant’Aspreno, un santo importante.<br />

Fu il primo vescovo <strong>di</strong> Napoli, ché<br />

dallo stesso san Pietro, sbarcato qui<br />

prima <strong>di</strong> raggiungere Roma, ebbe<br />

l’incarico <strong>di</strong> sorvegliare (episcopein)<br />

quella che probabilmente fu la<br />

prima comunità cristiana del continente<br />

europeo. Questa comunità,<br />

questa ecclesia, ovvero chiesa,<br />

continuò ad avere come protettore<br />

l’Asino, tanto che il laico Se<strong>di</strong>le <strong>di</strong><br />

Porto, che, più tar<strong>di</strong>, sostituì la fratria,<br />

ne conservò il simbolo.<br />

E conservò alla figura <strong>di</strong> Orione<br />

il nome <strong>di</strong> Cola Pesce. Ma Cola Pesce<br />

chi è? È un mitico, vivacissimo<br />

bambino – ce ne parla pure Benedetto<br />

Croce – anche lui scomparso<br />

in mare e volato in cielo. È soltanto<br />

questo? No. Perché Cola è il <strong>di</strong>minutivo<br />

<strong>di</strong> Nicola, che, in greco, significa<br />

“vittoria del popolo”, e il pesce è<br />

il simbolo dei primi cristiani, perché<br />

la parola “pesce”, in greco, è l’acronimo<br />

<strong>di</strong> Gesù Cristo Salvatore figlio<br />

<strong>di</strong> Dio. In Cola Pesce c’è quin<strong>di</strong> il<br />

Bambino Gesù, adorato da quel popolo<br />

<strong>di</strong> marinai.<br />

<strong>di</strong> partito e il progressivo gonfiarsi<br />

dei costi legati all’attività politica,<br />

in virtù del crescente impatto<br />

dei me<strong>di</strong>a, dell’immagine, degli<br />

strumenti <strong>di</strong> rilevazione dell’opinione<br />

pubblica adottati per sopperire<br />

alla frammentarietà dei legami<br />

con i “territori”.<br />

Quale forma-partito?<br />

Elaborato a metà degli Anni<br />

90, il modello del Cartel Party sviluppa<br />

il <strong>di</strong>scorso avviato da Angelo<br />

Panebianco sul “partito elettorale<br />

a vocazione professionale” –<br />

un modello che definisce l’evoluzione<br />

della forma-partito a partire<br />

dalla predominanza dei gruppi<br />

politici <strong>di</strong> professione, dal minor<br />

rapporto tra iscritti ed elettori e<br />

dal marcato orientamento elettoralistico<br />

–, arrivando ad osservare<br />

come «i partiti tra<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong>ventino<br />

soggetti in collusione poco<br />

propensi al rischio, invece che<br />

concorrenti che cercano <strong>di</strong> massimizzare<br />

gli obiettivi». Il cartello,<br />

pertanto, regge se la competizione<br />

politica viene negoziata calibrando<br />

al ribasso le aspettative e<br />

compiendo l’“esternalizzazione”<br />

delle responsabilità, per esempio<br />

attraverso la privatizzazione dei<br />

servizi o la cessione a terzi <strong>di</strong> responsabilità<br />

<strong>di</strong> governance (l’Europa,<br />

per le performance economiche;<br />

le organizzazioni internazionali,<br />

per le scelte <strong>di</strong> politica<br />

estera; il mercato per la regolazione<br />

delle sperequazioni sociali).<br />

Si ba<strong>di</strong> bene: non è che nel<br />

partito <strong>di</strong> cartello la base non abbia<br />

più alcun ruolo. Essa serve a<br />

mantenere l’apparato simbolico<br />

che legittima il partito, la sua occupazione<br />

delle cariche pubbliche<br />

e la sua “lotta per le risorse”,<br />

in competizione con gli altri partiti<br />

del sistema. Nel rapporto tra<br />

struttura centrale e strutture periferiche<br />

interviene quin<strong>di</strong> la <strong>di</strong>mensione“stratarchico-oligopolistica”<br />

dell’organizzazione del<br />

partito (quella che i politologi in<strong>di</strong>viduano<br />

nelle strutture organizzative<br />

<strong>di</strong> partito che prevedono<br />

una pluralità <strong>di</strong> centri <strong>di</strong> potere<br />

in <strong>di</strong>alogo tra loro) che – dalla<br />

scelta sulle policy alla gestione finanziaria<br />

– fa giocare al leader, e<br />

al suo staff più ristretto, il ruolo <strong>di</strong><br />

big player. Nel comando del partito<br />

come nell’attribuzione del<br />

consenso.<br />

Funzionale al partito <strong>di</strong> cartello<br />

è dunque un sistema <strong>di</strong> selezione<br />

della classe <strong>di</strong>rigente e delle<br />

sue rappresentanze nelle istituzioni,<br />

basato non sulla competizione<br />

delle idee ma sulla prossimità<br />

al leader. In tal modo, spiega<br />

Katz, «i leader nazionali possono<br />

tentare <strong>di</strong> conservare un’ampia<br />

organizzazione <strong>di</strong> iscritti che li<br />

sostiene senza esserne allo stesso<br />

tempo vincolati». E potranno, anche<br />

in caso <strong>di</strong> sconfitta, contare<br />

sulla rete “amicale” che, occu-<br />

D’altronde, nell’antica iconografia<br />

cristiana, a volte l’Asino, poi<br />

relegato a più umili mansioni nelle<br />

raffigurazioni della Natività e della<br />

Fuga in Egitto, stette a rappresentare<br />

Cristo stesso. E san Nicola, nei<br />

paesi nor<strong>di</strong>ci, soprattutto protestanti,<br />

è Santa Claus, il prototipo <strong>di</strong><br />

Babbo Natale.<br />

A Melofioccolo, quin<strong>di</strong>, dalla<br />

fratria dei marinai, Cristo fu assimilato<br />

a Orione. Perché qui, come altrove<br />

nel mondo greco-romano, il<br />

cristianesimo ha ra<strong>di</strong>ci ben piantate,<br />

in quella civiltà pagana che fu<br />

«l’ombrifero prefazio del vero».<br />

E del senso profondamente vitale<br />

e realistico in cui il cristianesimo<br />

veniva vissuto ci dà testimonianza,<br />

a qualche centinaio <strong>di</strong> metri da Melofioccolo,<br />

la cappella <strong>di</strong> Raimondo<br />

<strong>di</strong> Sangro, principe <strong>di</strong> Sansevero.<br />

Qui c’è il famoso Cristo Velato del<br />

pando già il vertice, non avrebbe<br />

che da perdere dalla rimozione<br />

del leader.<br />

È qui che sta la vischiosità del<br />

sistema dei partiti cartello: nella<br />

riduzione dei costi della sconfitta<br />

elettorale e, <strong>di</strong> conseguenza, nell’inefficacia<br />

dell’incentivo pubblico<br />

a responsabilizzare l’azione<br />

e i risultati dei partiti. Se anche un<br />

partito dell’1% ha <strong>di</strong>ritto – in nome<br />

della rappresentatività democratica<br />

– alla sua fetta <strong>di</strong> finanziamento<br />

pubblico, esso si garantirà<br />

la sopravvivenza nel sistema,<br />

senza che l’inefficacia pervasiva<br />

della sua proposta politica, l’irrilevanza<br />

del consenso ottenuto<br />

vengano in alcun modo sanzionate.<br />

Quello che da ciò consegue<br />

è la trasformazione della democrazia<br />

da processo con il quale la<br />

società civile controlla lo Stato a<br />

servizio fornito dallo Stato per il<br />

compiersi del rito democratico<br />

rappresentato dal voto.<br />

Peculiarità <strong>di</strong> casa nostra<br />

Il sistema bipolare coalizionale<br />

italiano suggerisce tuttavia<br />

delle correzioni al modello. Innanzitutto<br />

per la più complessa<br />

tipizzazione dei partiti nostrani<br />

(Forza Italia, per esempio, ricorda<br />

più il partito franchising che il<br />

partito professionale). Poi perché<br />

la formazione <strong>di</strong> cartello, da noi,<br />

sembra riservare un certo ossequio<br />

al perimetro “ideale” fissato<br />

dalla coalizione così da determinare,<br />

a ogni cambio <strong>di</strong> maggioranza,<br />

un cambio del cartello e<br />

dei suoi beneficiari.<br />

Lo scandalo insomma non è<br />

nel costo in sé della democrazia; è<br />

nei meccanismi inceppati delle<br />

funzioni democratiche. È nel silenzio<br />

che sovrasta la classe <strong>di</strong>rigente<br />

alla domanda: “che senso<br />

ha finanziare i partiti con i sol<strong>di</strong><br />

pubblici?”.<br />

Stupisce quin<strong>di</strong> che la “storica”<br />

autoriforma del sistema che<br />

dovrebbe innescare la nascita del<br />

Partito Democratico, tra gli obiettivi<br />

che si pone, non contempli il<br />

superamento del vizio all’origine<br />

della nostra “partitocrazia”.<br />

Stupisce, cioè, che quell’avveniristica<br />

formazione politica <strong>di</strong><br />

centrosinistra non ragioni a partire<br />

da quell’unico, emblematico<br />

aggettivo che la descrive: l’aggettivo<br />

“democratico”. •<br />

Sammartino, che rappresenta un<br />

uomo <strong>di</strong>steso, coperto da un velo<br />

trasparente. È la Divina Verità Incarnata<br />

che soffre d’essere coperta,<br />

è la realtà, l’aletheia (la non nascosta),<br />

l’evidenza parmenidea.<br />

E c’è una statua, opera del Queirolo,<br />

che rappresenta un uomo che<br />

si libera da una rete e si volge a un<br />

bambino, a una sorta <strong>di</strong> amorino,<br />

L’UOMO SI LIBERA DAL<strong>LA</strong> RETE CARTESIANA E SI VOLGE<br />

A GUARDARE <strong>LA</strong> VITA, E L’AMORE. UNA <strong>STORIA</strong><br />

NAPOLETANA CHE A TUTTI GLI UOMINI APPARTIENE<br />

un Eros: l’uomo si libera dai quadrati<br />

della rete, dagli statici schemi<br />

mentali della cartesiana ragione<br />

geometrica e si volge a guardare la<br />

vita, l’amore.<br />

Vichiani e antigiacobini<br />

Il principe <strong>di</strong> Sansevero fu l’ispiratore<br />

delle opere della cappella e vi<br />

espresse la mentalità napoletana vichiana<br />

e antigiacobina. Era amico<br />

dei Borbone e massone, quando<br />

nella massoneria i giacobini non si<br />

Q<br />

uando Francesca Rigotti<br />

<strong>di</strong>ce che il verbo “pen-<br />

sare” deriva dal latino<br />

pendere afferma il vero, ma pure<br />

propina un piccolo imbroglio,<br />

perché quel “pendere” latino<br />

non significa oscillare, ma soppesare,<br />

è il pendere del piatto<br />

della bilancia incaricato <strong>di</strong> quantificare<br />

la gravità <strong>di</strong> un oggetto.<br />

Ma sia, l’attacco è brillante e<br />

quin<strong>di</strong> perdoniamo la piccola<br />

truffa utilizzata dall’autrice per<br />

dare l’abbrivio alla sua nuova invenzione,<br />

sempre orientata ad<br />

intellettualizzare la quoti<strong>di</strong>anità,<br />

come è ormai nel suo stile. Chi<br />

conosce la Rigotti, la ama soprattutto<br />

per i suoi bellissimi stu<strong>di</strong>,<br />

ormai lontani nel tempo per<br />

la verità, sulle metafore della politica<br />

e del potere, con cui ha richiamato<br />

su <strong>di</strong> sé l’attenzione<br />

agli esor<strong>di</strong> della carriera accademica.<br />

A questo centro d’interesse<br />

è seguita poi una nutrita serie<br />

<strong>di</strong> pubblicazioni lungo un binario<br />

<strong>di</strong>verso, riflessioni incar<strong>di</strong>nate<br />

sul quoti<strong>di</strong>ano e sulle sue capacità<br />

<strong>di</strong> ricondurci alla funzione<br />

intellettuale, una sorta <strong>di</strong> teoretica<br />

del banale: La filosofia in<br />

cucina (2004), Il filo del pensiero.<br />

Tessere, scrivere, pensare<br />

(2002), La filosofia delle piccole<br />

cose (2005).<br />

Mancava il pendolo, ma eccolo<br />

comparire, se non proprio<br />

nel soggiorno <strong>di</strong> casa, sulla scrivania<br />

del nostro stu<strong>di</strong>o. Come in<br />

ogni libro, anche in questo c’è<br />

molto della vita dell’autrice che<br />

insegna Dottrine e istituzioni politiche<br />

all’Università della Svizzera<br />

italiana presso la Facoltà <strong>di</strong><br />

scienze della comunicazione <strong>di</strong><br />

Lugano, abitando a Göttingen<br />

con la propria famiglia. Talvolta,<br />

ma solo talvolta, le cose si semplificano<br />

quando trascorre brevi<br />

perio<strong>di</strong> nella <strong>di</strong>mora <strong>di</strong> Cargiago,<br />

sull’altra sponda <strong>di</strong> quel lago<br />

Maggiore che per lungo tratto,<br />

nella parte settentrionale, traccia<br />

il confine italo-elvetico. In luogo<br />

dei 1800 chilometri settimanali,<br />

allora è sufficiente una “battellata”<br />

per raggiungere il lavoro, per<br />

avere la possibilità <strong>di</strong> parlare tedesco<br />

con gli studenti della Svizzera<br />

interna, ma capita, per <strong>di</strong>strazione,<br />

che gli appunti della lezione<br />

restino sul traghetto, e allora<br />

tocca improvvisare...<br />

«Viviamo sotto il segno del<br />

pendolo. […] L’esperienza <strong>di</strong> vita<br />

è una sorta <strong>di</strong> pendolo che oscilla,<br />

<strong>di</strong>ceva Schopenhauer, tra<br />

noia e dolore, piacere e gioia», ci<br />

ricorda nell’introduzione. Idea<br />

non nuova quella del pendolo,<br />

ovviamente: «Fu allora che vi<strong>di</strong> il<br />

Pendolo. La sfera, mobile all’estremità<br />

<strong>di</strong> un lungo filo fissato<br />

alla volta del coro, descriveva le<br />

sue ampie oscillazioni con isocroma<br />

maestà», è l’incipit <strong>di</strong> un<br />

noto libro <strong>di</strong> un noto romanziere-saggista,<br />

o forse il contrario,<br />

che al pendolo ha de<strong>di</strong>cato una<br />

delle sue opere più lette .<br />

erano ancora infiltrati. Poi questi ultimi<br />

s’impossessarono <strong>di</strong> Napoli,<br />

tolsero da mezzo anche i Se<strong>di</strong>li e<br />

malfamarono il principe. Oggi, nella<br />

città, imperano ancora, nel più<br />

importante istituto culturale citta<strong>di</strong>no,<br />

l’Istituto Filosofico, e nelle<br />

istituzioni.<br />

Il Ciuccio rimane alla popolare<br />

squadra <strong>di</strong> calcio citta<strong>di</strong>na.<br />

Come si vede, in questa storia<br />

napoletana ma che a tutti gli uomini<br />

appartiene, l’Asino non è chi non<br />

sa ma è chi viene messo dai professori<br />

<strong>di</strong>etro la lavagna. Lui sa, continuamente<br />

sperimentandola, con la<br />

mente, il cuore e la passione che gli<br />

è propria, la natura, la vita, qual è.<br />

Asino è Parmenide, secondo il<br />

Professore (allora era Aristotele),<br />

ed è Empedocle, che <strong>di</strong>ceva che la<br />

conoscenza passa per i pori della<br />

pelle. Quello che <strong>di</strong>rà poi Vico: «la<br />

conoscenza è una mescolanza <strong>di</strong><br />

corporeità e <strong>di</strong> pensiero».<br />

Eretici furono Bruno e Campanella:<br />

solo perché volevano conoscere<br />

la realtà secondo i principi<br />

suoi (l’iuxta propria principia <strong>di</strong> Telesio)<br />

e non come i Professori <strong>di</strong> tur-<br />

SABATO 5/12 AGOSTO 2006<br />

Francesca Rigotti pende<br />

un po’ qua e un po’ là. Cioè<br />

soppesa le cose con finezza<br />

Il pendolo della Rigotti (ora è<br />

chiaro il titolo dell’opera <strong>di</strong> cui si è<br />

data eco poc’anzi?) significa<br />

esperienza e conoscenza. L’essere<br />

sospeso del pendolo in stato <strong>di</strong><br />

quiete che immobile punta verso<br />

il centro della terra è immagine<br />

della con<strong>di</strong>zione umana e della<br />

sua inevitabile angoscia; il pendolo<br />

in movimento che oscilla da<br />

un punto all’altro può rappresentare<br />

invece le <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong><br />

prendere partito <strong>di</strong> fronte a delle<br />

alternative. E allora la metafora<br />

<strong>di</strong>viene più suadente, richiama il<br />

dubbio necessario ad ogni percorso<br />

<strong>di</strong> scoperta, si avanza e si ritorna,<br />

si conquista e si perde<br />

qualcosa; del resto, il sapere<br />

umano non è cumulativo come<br />

per molto tempo si è pensato.<br />

La più parte dei pendolari si<br />

muovono dalla provincia alla<br />

metropoli, dalla metropoli alla<br />

provincia, Milano ce ne dà <strong>di</strong>-<br />

mostrazione ogni giorno. Forse<br />

banalmente le case in città sono<br />

troppo care, ma cre<strong>di</strong>amo che,<br />

oltre a questo, il movimento del<br />

pendolare ci sottolinei il valore<br />

delle ra<strong>di</strong>ci a cui ritornare costantemente,<br />

la proiezione verso<br />

la <strong>di</strong>mensione cosmopolitica<br />

e l’ancoraggio alla propria piccola<br />

patria, le opportunità seducenti<br />

e le sicurezze magari anguste,<br />

la curiosità e l’appagamento<br />

del già noto.<br />

«Non soltanto viviamo e conosciamo<br />

sotto il segno del pendolo.<br />

Noi siamo il pendolo, in<br />

tutte le situazioni esperienziali, e<br />

sono tante, nelle quali ci troviamo<br />

a oscillare tra due poli, due<br />

tentazioni, due posizioni che ci<br />

attraggono o ci respingono, o <strong>di</strong><br />

cui una ci attrae o ci respinge più<br />

dell’altra, ma che dobbiamo<br />

soppesare e valutare per agire».<br />

E mentre pendoliamo fra luoghi<br />

<strong>di</strong>versi ci viene da pensare, come<br />

succede in treno se non ci muniamo<br />

preventivamente <strong>di</strong> un libro.<br />

Il Pensiero pendolare <strong>di</strong>segna<br />

un itinerario intrigante che<br />

attinge a piene mani dalla mitologia<br />

(Proserpina, Sisifo), dalla<br />

narrativa (Dostoevskij, Poe, Kafka),<br />

dalla filosofia (Montaigne,<br />

Kant, Bobbio, Sen), e altrettanto<br />

dalla propria esperienza personale<br />

<strong>di</strong> incessante spola tra la casa<br />

tedesca <strong>di</strong> Göttingen, la <strong>di</strong>mora<br />

<strong>di</strong> Cargiago sul lago Maggiore<br />

e Lugano. Forse non è un libro da<br />

ombrellone, o forse sì, a con<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> posarlo spesso per fare<br />

due passi, assaporarlo a piccoli<br />

sorsi, me<strong>di</strong>tarlo, e ritornarvi dopo<br />

avervi preso congedo per ritrovarlo<br />

con piacere. •<br />

Davide G. Bianchi<br />

Dal bimbo Cola a Santa Claus, ombrifero prefazio<br />

L’Asino soffre perché l’ottusa ragione illuminista vuol metterlo <strong>di</strong>etro la lavagna. È notte, ma passerà<br />

-segue da pagina 1<br />

il sistema bipolare<br />

italiano costribuisce<br />

a formare coalizioni<br />

come “cartelli”<br />

<strong>di</strong> beneficiari<br />

House of Lords and House<br />

of Commons, la sede del Parlamento<br />

inglese a Londra<br />

FRANCESCA RIGOTTI, Il pensiero pendolare,<br />

Il Mulino, Bologna 2006, pp.126, E11,50<br />

Mitologia,<br />

narrativa, filosofia<br />

ed esperienza<br />

no gli volevano far credere che fosse.<br />

Asini sono quelli, filosofi e non,<br />

che osservano la realtà e non considerano<br />

la ragione euclidea l’unico<br />

mezzo per conoscerla. Sono antigiacobini<br />

ante e post litteram. Sono<br />

politicamente scorretti, perciò<br />

osteggiati dal potere e malfamati<br />

dagli accademici <strong>di</strong> turno. Che<br />

osannano l’intellettuale organico, il<br />

politicamente corretto, che fu aristotelico,<br />

scolastico, poi cartesiano,<br />

deinde giacobino e oggi, infine, è il<br />

progressista.<br />

L’o<strong>di</strong>o implacabile del <strong>di</strong>o Apollo<br />

contro l’Asino si rinnova continuamente.<br />

E oggi <strong>di</strong>venta una eroicomica<br />

sacrilega trage<strong>di</strong>a. Ma democratica.<br />

L’Apollo–Pro<strong>di</strong> (an<strong>di</strong>amo nel ri<strong>di</strong>colo<br />

più schietto) con il suo “ragionevole”<br />

parlare vuole impossessarsi<br />

dell’Asino, per svuotarlo <strong>di</strong> significato,<br />

per ucciderlo, per impadronirsi<br />

del suo cadavere e portarlo nel cimitero<br />

della realtà.<br />

Ma il Ciuccio non è morto. Brilla<br />

ancora nel cielo. È vero, è notte. E<br />

nera. Ma adda passà ‘a nuttata. •<br />

Adriana Dragoni


SABATO 5/12 AGOSTO 2006 L’ALTRA <strong>STORIA</strong><br />

<strong>di</strong> Marco Respinti<br />

C<br />

L’EDITORE FANUCCI HA INTRAPRESO <strong>LA</strong> MERITORIA OPERA DEL<strong>LA</strong> PUBBLICAZIONE COMPLETA DEI SUOI RACCONTI<br />

Quel <strong>di</strong>avolo <strong>di</strong> un Ambrose Bierce<br />

Grande giornalista e straor<strong>di</strong>nario narratore, è il giullare dal riso triste che scar<strong>di</strong>na la menzogna del pensiero facile<br />

e ne vuole <strong>di</strong> spocchia per immaginarsi<br />

nei panni nientepopo<strong>di</strong>menoche<br />

del <strong>di</strong>avolo e così agghindati<br />

(ma <strong>di</strong> nascosto, sotto l’impeccabile<br />

abito tre pezzi, la camicia bianca<br />

e il farfallino) ripercorrere l’alfabeto latino<br />

e la storia del pensiero stilando un<br />

inverecondo <strong>di</strong>zionario come altri non<br />

ce ne sono. Ma ad Ambrose Bierce la<br />

spocchia non mancava certo.<br />

L’opera sua più famosa, Il <strong>di</strong>zionario<br />

del <strong>di</strong>avolo, uscì a puntate su perio<strong>di</strong>ci e<br />

giornali, e nel 1906 in volume come The<br />

Cynic’s World Book. Entrambi i titoli promettono<br />

il classico take-no-prisoner; in<br />

fatto <strong>di</strong> filosofia, religione – specialmente<br />

quella cristiana, soprattutto nel suo apparato<br />

istituzionale –, donne (uhuu, le donne...),<br />

politici, potere e via <strong>di</strong> questo passo.<br />

È un po’ come se ci si trovasse <strong>di</strong> fronte<br />

a un bel mescolone <strong>di</strong> Karl Krauss, sapienza<br />

biblica, Friedrich Nietzsche, massime<br />

spirituali (non sempre e solo stravolte),<br />

Voltaire, un briciolo <strong>di</strong> Blaise Pascal e<br />

spunti dai tesoretti dell’epigrammatica<br />

classica. Sì, perché nonostante Bierce ri-<br />

soldato, cartografo,<br />

esploratore,<br />

giornalista, narratore,<br />

<strong>di</strong>rigente minerario,<br />

trekker, revolucionario...<br />

esca benissimo in quel suo sforzo coltivato<br />

con maestria <strong>di</strong> apparire antipatico,<br />

scostante, iconoclasta e <strong>di</strong>ssacratorio, come<br />

tutti i giganti del genere aforismatico<br />

riesce comunque a sottolineare pezzi <strong>di</strong><br />

verità per nulla banali; e non solo perché<br />

avendo profetato l’asina <strong>di</strong> Balam, anche<br />

il più perfetto dei villain alla fine riesce,<br />

per sbaglio o seren<strong>di</strong>pità, a <strong>di</strong>re qualcosa<br />

<strong>di</strong> minimamente sensato.<br />

Tutt’altro. Bierce “cattivo” lo è <strong>di</strong> certo,<br />

per scelta, vocazione e professione,<br />

ma la sua malizia non è affatto asineria.<br />

Come non <strong>di</strong> rado accade agli autori <strong>di</strong> vasta<br />

cultura, magari profondo o<strong>di</strong>o, sicuramente<br />

fine intelligenza (e non è un sostantivo<br />

buttato lì a caso, ma la resa italiana<br />

migliore del latino intus-legere), l’arsenico<br />

<strong>di</strong> cui Bierce inonda il lettore prende<br />

in realtà, pagina dopo pagina, a sapere <strong>di</strong><br />

aceto. Il gusto, cioè, <strong>di</strong> un forte acido antiossidante,<br />

perfetto per rimuovere le mille<br />

scorie che il tempo ha accumulato sul<br />

patrimonio <strong>di</strong> quello che altri definisce, e<br />

brillantemente, il «canone occidentale».<br />

Bierce è così un castigatore <strong>di</strong> quelle<br />

idées reçues e <strong>di</strong> quei tic luogocomunisti<br />

che non si sa perché resistono più della<br />

cruda verità, e così facendo fa un gran bene<br />

a quell’opera autenticamente revisionista<br />

che è la costante purificazione dello<br />

sguardo intellettuale, insomma del pensiero,<br />

base certa della buona cultura (altro<br />

sostantivo non buttato lì, ma miglior<br />

resa italiana del latino colere riferito alla<br />

persona, la cui ra<strong>di</strong>ce è cultus).<br />

Come accade ai bei piatti che uniscono<br />

piccante e agrodolce, d’acchito <strong>di</strong>sgu-<br />

stosi e in verità sopraffini nell’orchestrazione<br />

del contrasto, Bierce si gusta bene<br />

se accompagnato a quel cultore delle se<strong>di</strong>mentazioni<br />

che gli sta agli antipo<strong>di</strong> rispondendo<br />

al nome <strong>di</strong> Nicolás Gómez<br />

Dávila. Nulla potrebbe separare <strong>di</strong> più lo<br />

scrittore statunitense dal pensatore colombiano,<br />

l’uno impegnato a smitizzare<br />

e l’altro teso a conservare (peraltro con<br />

non minore opera demistificatrice). Ma<br />

dove i due trovano unità è nel lettore, così<br />

oggi avvelenato da appesantimenti e<br />

da leggerezze da non essere più in grado<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere gravitas e levitas.<br />

Bierce pare cioè l’ultimo epigono <strong>di</strong><br />

quella tra<strong>di</strong>zione scettica pirroniana che,<br />

dall’antichità greca narrataci da Sesto detto<br />

“Empirico” al Seicento <strong>di</strong> John Dryden<br />

e al Settecento <strong>di</strong> Edmund Burke, permea<br />

<strong>di</strong> sé – ma guarda un po’ – il pensiero religioso<br />

<strong>di</strong> tono controrivoluzionario. Uno<br />

scetticismo meto<strong>di</strong>co, già presente in sant’Agostino,<br />

che <strong>di</strong>ffida delle teoresi astratte<br />

e dei sistemi ideologici, invocando un<br />

realismo ra<strong>di</strong>cale da cui – guarda un po’<br />

un’altra volta – risorge ad<strong>di</strong>rittura la possibilità<br />

(sono i casi, <strong>di</strong>versi e però solidali<br />

nel senso in cui l’espressione è usata nelle<br />

matematiche, <strong>di</strong> Dryden e <strong>di</strong> Burke) <strong>di</strong><br />

una metafisica. Un <strong>di</strong>sincanto dal mondo<br />

da cui risorge un nuovo incanto (è il caso<br />

<strong>di</strong> Burke) che ripu<strong>di</strong>a le sclerotizzazioni<br />

del pensiero, ma che rivaluta persino il<br />

pregiu<strong>di</strong>zio, vale a <strong>di</strong>re quella somma tra<strong>di</strong>zionale<br />

<strong>di</strong> conoscenze che al singolo<br />

giunge attraverso ciò che John Henry<br />

Newman chiamava “senso illativo”.<br />

Un fuoco purificatore, insomma,<br />

quello acceso da Bierce nella cultura occidentale,<br />

che produce ceneri fertili.<br />

Non c’è bisogno, infatti, <strong>di</strong> sottoscrivere<br />

ogni e qualunque sua icasticità per apprezzarne<br />

lo spirito.<br />

Dai fantasmi a Pancho Villa<br />

Ambrose Bierce nacque il 24 giugno<br />

1842 nella regione rurale della Meigs County,<br />

nell’Ohio, e passò l’adolescenza a<br />

Elkhart, nell’In<strong>di</strong>ana. Allo scoppio della<br />

guerra cosiddetta civile si arruolò tra i<br />

“nor<strong>di</strong>sti” del IX Reggimento degl’In<strong>di</strong>ana<br />

Volunteers. Tenente cartografo dal febbraio<br />

1862, entrò nello staff del generale<br />

William Babcock Hazen. Bierce combatté<br />

sovente da eroe, conquistando l’onore<br />

delle gazzette quando salvò, con sommo<br />

sprezzo del pericolo, un commilitone ferito<br />

alla Battaglia <strong>di</strong> Girard Hill, West Virginia.<br />

Ferito pure lui nel giugno 1864 a Kennesaw<br />

Mountain, Georgia, tornò in armi<br />

in settembre per essere definitivamente<br />

congedato nel gennaio 1865.<br />

Nell’estate del 1866 vestì però <strong>di</strong> nuovo<br />

la <strong>di</strong>visa al fianco <strong>di</strong> Hazen incaricato<br />

<strong>di</strong> esplorare le gran<strong>di</strong> pianure occidentali.<br />

A cavallo e in carovana, partì da Omaha,<br />

in Nebraska, e giunse a fine anno a San<br />

Francisco. Qui si licenziò con il grado <strong>di</strong><br />

maggiore per darsi al giornalismo. Collaborò<br />

a vari tra quoti<strong>di</strong>ani e perio<strong>di</strong>ci (tra<br />

questi The San Francisco News Letter, The<br />

Argonaut e The Wasp), poi fu in Inghilterra<br />

dal 1872 al 1875 e, tornato in patria, fu<br />

prima <strong>di</strong> nuovo a San Francisco, quin<strong>di</strong><br />

tra 1879 e 1880 a Rokerville e a Deadwood,<br />

nel South Dakota, <strong>di</strong>rigente locale<br />

<strong>di</strong> una compagnia mineraria <strong>di</strong> New York.<br />

Quando questa fallì, Bierce riparò ancora<br />

nel giornalismo californiano.<br />

Nel 1887 venne assunto da William<br />

Randolph Hearst, e<strong>di</strong>tore del San Francisco<br />

Examiner e presto <strong>di</strong>venne uno dei<br />

giornalisti più noti e apprezzati <strong>di</strong> tutta la<br />

Costa Occidentale. Nel <strong>di</strong>cembre 1899,<br />

pur continuando a collaborare con Hearst<br />

fino al 1906, si spostò a Washington .<br />

Giornalismo, dunque, ma pure narrativa.<br />

I racconti <strong>di</strong> Bierce, tra guerra, orrore<br />

e insolito, sono tra i migliori del secolo<br />

XIX. Quelli <strong>di</strong> guerra, intrisi e amareggiati<br />

della sua lunga esperienza con il mestiere<br />

delle armi, sono dei capolavori, ma quelli<br />

horror o comunque supernatural pure <strong>di</strong><br />

più. Anche perché sono la quintessenza<br />

<strong>di</strong> quel gusto tutto americano per le ghoststory<br />

che aleggia dappertutto, ma che certamente<br />

ha casa, ancora oggi, nelle solitu<strong>di</strong>ni<br />

inquietanti delle gran<strong>di</strong> pianure, in<br />

quegli alberghi old-fashion tutti cigolii e<br />

spiriti irrequieti, negli incen<strong>di</strong> “misteriosi”<br />

che l’architettura lignea degli States<br />

centrali invita a nozze, e nella grande<br />

commistione fra retaggi europei e leggende<br />

in<strong>di</strong>ane che là è una nobiltà obbligante<br />

<strong>di</strong> ogni buon american.<br />

I Collected Works <strong>di</strong> Bierce, pubblicati<br />

nel 1909, constano <strong>di</strong> 12 volumi, il settimo<br />

interamente occupato da Il <strong>di</strong>zionario<br />

del <strong>di</strong>avolo. Era questo infatti il titolo che<br />

preferiva Bierce lo scettico <strong>di</strong>struttore della<br />

grettezza, più che il cinico. Bierce, quello<br />

strano <strong>di</strong>avolo poco zolfo e molto lingua<br />

(e linguistica) tagliente <strong>di</strong> cui certo il<br />

buon Dio sorride. Ambrose Bierce, che<br />

nell’ottobre 1913, 70enne, lasciò Washington<br />

per rivisitare i vecchi campi <strong>di</strong><br />

battaglia della guerra “civile”, che in <strong>di</strong>cembre,<br />

attraversati Louisiana e Texas,<br />

entrò in Messico da El Paso, che a Ciudad<br />

Juárez si unì a rivoluzionari <strong>di</strong> Pancho Villa,<br />

che combatté a Tierra Blanca, che<br />

giunse fino a Chihuahua, che da lì spedì<br />

una lettera a un caro amico il 26 del mese e<br />

che poi scomparve senza lasciare traccia.<br />

Quando sia morto il gringo nessuno<br />

lo sa, tranne gli spiriti che per una vita ha<br />

evocato e il buon Dio da cui aveva qualche<br />

cosuccia da farsi perdonare. •<br />

Nei suoi racconti, l’insostenibile trage<strong>di</strong>a della guerra<br />

nostri assassini in uniforme»:<br />

così Mark Twain, in «Iuno<br />

scritto pubblicato po-<br />

stumo nel 1924, riferito al massacro<br />

<strong>di</strong> 600 uomini, donne e bambini<br />

Moros (una popolazione delle<br />

Filippine <strong>di</strong> religione musulmana)<br />

perpetrato nel 1906, definisce<br />

i soldati statunitensi guidati dal<br />

generale Leonard Wood.<br />

Quello della natura intrinsecamente<br />

criminale del mestiere <strong>di</strong><br />

militare è un motivo che ritorna<br />

più volte anche nei racconti <strong>di</strong><br />

guerra dell’autore del celebre Dizionario<br />

del <strong>di</strong>avolo Ambrose<br />

Bierce (che <strong>di</strong> Twain fu amico e<br />

collega <strong>di</strong> giornalismo), pubblicati<br />

per la prima volta nel 1891 come<br />

Tales of Sol<strong>di</strong>ers and Civilians<br />

e riproposti l’anno successivo<br />

con il titolo In the Midst of Life, <strong>di</strong><br />

cui la casa e<strong>di</strong>trice romana Fanucci,<br />

dopo il volume dell’anno sorso<br />

de<strong>di</strong>cato ai “racconti dell’orrore”<br />

(nei quali appare già in tutta evidenza<br />

la straor<strong>di</strong>naria vocazione<br />

allo humour noir dell’autore statunitense),<br />

ha appena proposto<br />

una nuova traduzione, secondo<br />

volume <strong>di</strong> una trilogia, Tutti i racconti,<br />

che si concluderà con i<br />

“racconti dell’assurdo”.<br />

“Criminali in uniforme”, si è<br />

detto: i passi in cui ricorre questo<br />

motivo sono quelli in cui Bierce<br />

(che pure, <strong>di</strong>ciottenne, si arruolò<br />

tra i volontari <strong>di</strong> Abraham Lincoln<br />

per prendere parte alla Guerra<br />

<strong>di</strong> Secessione nelle fila dell’Unione,<br />

partecipando a moltissime<br />

tra le battaglie più note e <strong>di</strong>stinguendosi<br />

per il coraggio straor<strong>di</strong>nario,<br />

tanto che gli venne affidato<br />

il delicato incarico <strong>di</strong> ricognitore<br />

prima della battaglia) manifesta<br />

in modo più virulento il proprio<br />

<strong>di</strong>sprezzo verso il militarismo e la<br />

sua retorica. Di un gruppo <strong>di</strong> soldati<br />

è detto: «Tutti questi assassi-<br />

ni incalliti e impenitenti, per i<br />

quali la morte nelle sue forme<br />

peggiori è uno spettacolo quoti<strong>di</strong>anamente<br />

familiare […], giocano<br />

a carte accanto ai visi esanimi<br />

dei loro più cari amici…». Di un<br />

soldato che era stato posto a fare<br />

da sentinella, e che vide un qualcosa<br />

subito dopo rivelatosi un cadavere,<br />

Bierce narra: «Istintivamente<br />

si allacciò il cinturone e afferrò<br />

la pistola; si ritrovò <strong>di</strong> nuovo<br />

nel mondo della guerra e tornò a<br />

essere un assassino <strong>di</strong> professione».<br />

Nel silenzio che segue un<br />

violento scontro fra “su<strong>di</strong>sti” e federali,<br />

scrive: «Era come se entrambi<br />

gli schieramenti si fossero<br />

improvvisamente pentiti dei loro<br />

crimini inutili».<br />

Jerome Searing, stor<strong>di</strong>to<br />

In modo apparentemente cinico<br />

e privo <strong>di</strong> ogni partecipazione<br />

emotiva, e attraverso il ricorso a<br />

raffinate tecniche narrative analizzate<br />

nel saggio <strong>di</strong> Ugo Rubeo<br />

che conclude il volume, Bierce<br />

rappresenta la guerra come realtà<br />

irrime<strong>di</strong>abilmente priva <strong>di</strong> senso,<br />

svelandone le pieghe più atroci,<br />

crudeli, ma anche grottesche e<br />

beffarde. È il caso, per esempio,<br />

del protagonista <strong>di</strong> Uno dei <strong>di</strong>spersi,<br />

Jerome Searing, esploratore federale<br />

recatosi in avanscoperta,<br />

che rimane sepolto dal crollo <strong>di</strong> un<br />

vecchio rudere sul quale si era arrampicato<br />

per vedere meglio il nemico<br />

in ritirata e assestare qualche<br />

colpo in grado «<strong>di</strong> lasciarsi <strong>di</strong>etro<br />

una vedova, un orfano o una madre<br />

senza figli».<br />

Stor<strong>di</strong>to e incapace <strong>di</strong> muoversi,<br />

rimane sotto le macerie per ore,<br />

con il fucile, a cui aveva già tolto la<br />

sicura, incastrato sotto <strong>di</strong> lui con la<br />

canna puntata verso la sua fronte.<br />

Searing fa in tempo a compiere l’esperienza<br />

del terrore estremo, che<br />

giunge a fargli battere i denti “come<br />

nacchere”, prima che i suoi<br />

compagni lo vedano da lontano,<br />

morto da una settimana, e nemmeno<br />

il fratello lo riconosca.<br />

Ma è anche il caso <strong>di</strong> George<br />

Thurston, protagonista dell’omonimo<br />

racconto, il quale, scampato<br />

più volte alla morte in battaglia,<br />

perde la vita nel modo più<br />

assurdo, cadendo da una ru<strong>di</strong>mentale<br />

altalena costruita dai<br />

suoi commilitoni. E ancora, del<br />

capitano Coulter, costretto dalla<br />

<strong>di</strong>sciplina militare a non opporre<br />

obiezioni quando gli si or<strong>di</strong>na <strong>di</strong><br />

bombardare la casa, vicino alla<br />

quale sono posizionati cannoni<br />

nemici, che si scoprirà essere la<br />

sua, e <strong>di</strong> uccidere la propria mo-<br />

per lo scrittore<br />

americano il<br />

mestiere del soldato<br />

è intrinsecamente<br />

criminale<br />

glie e il proprio bambino.<br />

La guerra, nelle pagine <strong>di</strong><br />

Bierce, perde ogni connotazione<br />

eroica ed esaltante, come ha ben<br />

modo <strong>di</strong> rendersi conto, in Un ufficiale,<br />

un soldato, il capitano<br />

Graffenreid, che, trasferito dai<br />

servizi amministrativi al fronte,<br />

perde ben presto la sua baldanza<br />

e il suo ardore («Come gli batté il<br />

cuore quando la tromba suonò le<br />

note toccanti dell’adunata!») non<br />

appena una granata esplode a<br />

una trentina <strong>di</strong> metri da lui: «Non<br />

sapeva che il volo <strong>di</strong> un proiettile<br />

fosse un fenomeno così spaventoso.<br />

La sua concezione della<br />

guerra aveva già subíto un profondo<br />

cambiamento, e si rese<br />

conto che questa nuova sensazio-<br />

ne si stava manifestando con<br />

un’agitazione palpabile. […] La<br />

mano con cui teneva la spada tremava;<br />

l’altra si muoveva in modo<br />

meccanico, stringendo <strong>di</strong>verse<br />

parti della <strong>di</strong>visa. Faceva fatica a<br />

stare fermo […]. Si trattava <strong>di</strong><br />

paura? Forse sì».<br />

Un caos senza senso<br />

E più ancora ha modo <strong>di</strong> accorgersene,<br />

sia pure con una repulsione<br />

tutta estetica in cui non<br />

vi è traccia <strong>di</strong> pietà umana, il governatore<br />

<strong>di</strong> un non precisato Stato<br />

che, coinvolto nella ritirata <strong>di</strong><br />

un piccolo reparto, cade slogandosi<br />

una caviglia e constata con<br />

fasti<strong>di</strong>o la <strong>di</strong>fferenza tra la retorica<br />

della guerra e la sua squallida<br />

realtà: «In tutto questo non c’era<br />

traccia della magnificenza della<br />

guerra, né un barlume <strong>di</strong> gloria.<br />

Nonostante il dolore e il pericolo,<br />

il civile inerme non poté fare a<br />

meno <strong>di</strong> confrontarla con le parate<br />

sfarzose e le rassegne tenute in<br />

suo onore… con le uniformi sfavillanti,<br />

la musica, gli stendar<strong>di</strong> e<br />

le marce. Era una faccenda sgradevole<br />

e <strong>di</strong>sgustosa: per il suo<br />

senso estetico tutto ciò era rivoltante,<br />

brutale, <strong>di</strong> cattivo gusto».<br />

La guerra, in questi venticinque<br />

racconti, svela la propria natura<br />

<strong>di</strong> caos senza senso, incomprensibile<br />

tanto ai soldati comuni<br />

quanto agli ufficiali, che cercano<br />

<strong>di</strong> decifrarla con una maggiore<br />

competenza e una maggiore proprietà<br />

<strong>di</strong> linguaggio che si rivelano<br />

del tutto inutili, come nota sarcasticamente<br />

Bierce: «Gli uomini<br />

si sentivano insicuri e <strong>di</strong>scutevano<br />

degli errori tattici che lo scarso<br />

vocabolario militare <strong>di</strong> cui erano<br />

in possesso consentiva loro <strong>di</strong> nominare.<br />

Gli ufficiali superiori e<br />

quelli sul fronte si raccolsero in<br />

gruppi per parlare in modo più<br />

Una faccenda<br />

sgradevole<br />

e <strong>di</strong>sgustosa<br />

senza più<br />

traccia alcuna<br />

della pietà<br />

umana,<br />

né un barlume<br />

minimo<br />

<strong>di</strong> gloria...<br />

PENTOLE<br />

&COPERCHI<br />

Tutte le “definizioni”<br />

<strong>di</strong> Bierce tradotte<br />

da Rúmil per il<br />

“Dom” (molte delle<br />

quali in prima<br />

versione italiana<br />

assoluta)<br />

sono raccolte<br />

sul nostro sito<br />

www.ildomenicale.it<br />

• Ambrose Bierce,<br />

Tutti i racconti,<br />

vol. 2., I racconti<br />

<strong>di</strong> guerra,<br />

Fanucci, Roma,<br />

2006, pp. 238,<br />

e15,00<br />

si gusta bene<br />

accompagnandolo<br />

a nicolás gómez dávila,<br />

che gli sta agli antipo<strong>di</strong>.<br />

piccante & agrodolce<br />

competente <strong>di</strong> ciò che, però, non<br />

avevano compreso con maggiore<br />

chiarezza».<br />

Come da più parti è stato osservato,<br />

il racconto da cui emerge<br />

con più forza l’insensatezza della<br />

guerra è Chickamauga, che porta<br />

il nome del luogo in cui si svolse<br />

una delle battaglie più cruente<br />

della cosiddetta Guerra Civile (oltre<br />

35mila morti in due soli giorni),<br />

e che ha per protagonista un<br />

bambino che s’inoltra in una foresta<br />

per giocare alla guerra, si<br />

smarrisce e s’imbatte in una<br />

schiera <strong>di</strong> feriti in ritirata, incapaci<br />

<strong>di</strong> reggersi sulle gambe e che si<br />

trascinano con le braccia. Incapace,<br />

per la sua tenera età, <strong>di</strong> comprendere<br />

lo spettacolo raccapricciante<br />

che ha <strong>di</strong> fronte, prima<br />

scoppia a ridere e poi immagina<br />

<strong>di</strong> mettersi alla guida, brandendo<br />

una spada giocattolo che si è costruito,<br />

<strong>di</strong> quel gruppo <strong>di</strong> uomini.<br />

Ma quando ritrova casa propria,<br />

incen<strong>di</strong>ata da una granata, e<br />

vede il corpo orrendamente mutilato<br />

della madre, prorompe in<br />

«grida inarticolate e indescrivibili,<br />

qualcosa tra il chiacchiericcio<br />

della scimmia e il gloglottare del<br />

tacchino... una voce che faceva<br />

trasalire, senz’anima, empia, il<br />

linguaggio del <strong>di</strong>avolo». Il bambino<br />

è sordomuto, e vittima <strong>di</strong> un<br />

dolore a cui è negato perfino l’umano<br />

sfogo della parola. Ma la<br />

mancanza <strong>di</strong> strumenti adatti alla<br />

comprensione, la sor<strong>di</strong>tà e il mutismo<br />

del bambino sono simbolo<br />

<strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione umana che coinvolge<br />

soldati, ufficiali, generali,<br />

civili, che sperimentano l’annichilimento<br />

della loro in<strong>di</strong>vidualità,<br />

l’annientamento <strong>di</strong> tutto<br />

quanto vi è umano in loro, provocato<br />

da quell’insensata realtà che<br />

è la guerra. •<br />

Giorgio Bianco<br />

IL DOMENICALE 3<br />

LO SCAFFALE<br />

DEL<strong>LA</strong> SAGGISTICA<br />

episteme<br />

Al cinema<br />

con il pensiero<br />

Recensire con filosofia<br />

rofonda e acuta l’analisi <strong>di</strong> 23<br />

film recenti, scelti in base alle Pproblematiche<br />

e gl’interrogativi<br />

tematizzati, che l’autore – presidente<br />

del corso <strong>di</strong> Filosofia all’Università <strong>di</strong><br />

Padova – <strong>di</strong>vide in sei gran<strong>di</strong> categorie:<br />

l’incontro-scontro con il <strong>di</strong>verso, fondamentale<br />

per costruire la nostra identità;<br />

l’intreccio tra Eros e Thanatos, per<br />

cui l’amore è passione travolgente che<br />

finisce in trage<strong>di</strong>a (da L’amore infedele<br />

a Million Dollar Baby); il tema del doppio,<br />

<strong>di</strong> cui sono ico-<br />

UMBERTO CURI ne i protagonisti <strong>di</strong><br />

UN FILOSOFO Prova e prendermi<br />

AL CINEMA e Master & Com-<br />

Bompiani,<br />

mander; il mistero<br />

Milano 2006<br />

della morte, da 21<br />

pp.200, E7,50<br />

grammi. Il peso<br />

dell’anima a La<br />

Passione; la violenza, connaturale all’uomo<br />

e or<strong>di</strong>natrice del caos in Gangs<br />

of New York, Mystic River, Collateral;<br />

e infine il <strong>di</strong>lemma del tempo. Ogni sezione<br />

è introdotta da una breve riflessione<br />

sul pensiero <strong>di</strong> filosofi – Aristotele<br />

e Platone, i trage<strong>di</strong>ografi Eschilo e Sofocle,<br />

Hobbes, Nietzsche, Freud, Bergson,<br />

Girard – nella cui ottica i film vengono<br />

considerati. Ne deriva un’analisi<br />

chiara, lucida e concettualmente densa,<br />

intrisa però <strong>di</strong> un pessimismo antropologico<br />

soffocante.<br />

Chiara Ferla Lo<strong>di</strong>giani<br />

poesis<br />

Il Leopar<strong>di</strong><br />

analizzato<br />

Stili, lessemi, metrica, incipit<br />

tu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> filologia, stilistica e<br />

storia della lingua italiana, che Sinsegna<br />

all’Università <strong>di</strong> Padova,<br />

Pier Vincenzo Mengaldo è anche<br />

un appassionato <strong>di</strong> poesia (si veda la<br />

sua antologia Poeti italiani del Novecento)<br />

e <strong>di</strong> Leopar<strong>di</strong> in particolare. Dei<br />

suoi Canti, infatti, ha proposto un’accurata<br />

analisi formale in cinque saggi<br />

pubblicati <strong>di</strong> recente su alcune riviste<br />

letterarie, e ora raccolti da Il Mulino<br />

con il titolo: Sona-<br />

PIER VINCENZO van le quiete stan-<br />

MENGALDO, ze. Sullo stile dei<br />

SONAVAN LE «Canti» <strong>di</strong> Leo-<br />

QUIETE STANZE. par<strong>di</strong>. Nello speci-<br />

SULLO STILE DEI fico Mengaldo<br />

«CANTI» DI prende in esame:<br />

LEOPARDI,<br />

la metrica, gl’inci-<br />

Il Mulino,<br />

pit e il lessico dei<br />

Bologna 2006,<br />

pp.167, E15,50<br />

componimenti;<br />

l’uso delle metafore,<br />

che non ne fa<br />

un «poeta metaforico»; infine la struttura<br />

e la tecnica compositiva <strong>di</strong> un i<strong>di</strong>llio<br />

in particolare, La vita solitaria. Lo<br />

stu<strong>di</strong>o, non complesso, ma tuttavia<br />

abbordabile da chi abbia un po’ <strong>di</strong> <strong>di</strong>mestichezza<br />

con la materia, si avvale<br />

<strong>di</strong> dati formali e strutturali al fine <strong>di</strong> fornire<br />

utili spunti per una riflessione contenutistica.<br />

Evidenziando soprattutto<br />

la propensione <strong>di</strong>alogica del fare poetico<br />

leopar<strong>di</strong>ano e la capacità del recanatese<br />

<strong>di</strong> «sollevare sempre il <strong>di</strong>scorso<br />

poetico a canto». Elena Inversetti<br />

gnosis<br />

Poesia e storia<br />

del già visto<br />

Il fascino inquieto del déjà vu<br />

tutti sarà capitato <strong>di</strong> vivere un<br />

déjà vu. Di aver percepito per Aun<br />

istante che la scena davanti<br />

a noi era stata già vista o vissuta. A tutti<br />

sarà capitato quin<strong>di</strong> quella sgradevole<br />

sensazione <strong>di</strong> straniamento, <strong>di</strong> sogno<br />

da svegli, <strong>di</strong> rammemorazione, come si<br />

fosse spettatori <strong>di</strong> una vita altrui o<br />

esterni della nostra.<br />

Facendo baluginare sta<strong>di</strong> della coscienza<br />

ulteriori a quello abituale, tempi<br />

della vita <strong>di</strong>versi dal presente, realtà<br />

meno certe <strong>di</strong>etro<br />

REMO BODEI la realtà, il déjà vu<br />

PIRAMIDI<br />

è sempre stato in-<br />

DI TEMPO. dagato con scru-<br />

<strong>STORIA</strong> E TEORIA polo dai filosofi,<br />

DEL DÉJÀ VU<br />

poi dagli psicologi<br />

Il Mulino, pp.152,<br />

infine dai me<strong>di</strong>ci.<br />

E12,00<br />

Con l’idea che fosse,<br />

in chiave platonica,<br />

una reminiscenza, poiché ogni<br />

appren<strong>di</strong>mento è in realtà un ricordare,<br />

oppure in chiave me<strong>di</strong>ca un semplice<br />

sfasamento del nostro modo <strong>di</strong> vedere<br />

e quin<strong>di</strong> percepire le cose, quasi<br />

che talvolta la cosa vista s’impremesse<br />

nel nostro cervello prima che il cervello<br />

ne fosse cosciente.<br />

In un gustoso libretto, il filosofo<br />

Remo Bodei ripercorre la storia del fenomeno<br />

tra alterne fortune, attraverso<br />

la poesia, la psicologia, la me<strong>di</strong>cina,<br />

aprendo alle varie interpretazioni che si<br />

sono susseguite dal 1876 quando Emile<br />

Boirac coniò il fortunato termine.


4 IL DOMENICALE<br />

LO SCAFFALE<br />

DEL<strong>LA</strong> CRITICA<br />

il poeta<br />

Ma che bel Cappello!<br />

Finalmente un lirico degno <strong>di</strong> tal nomea<br />

vero, su queste pagine abbiamo spesso<br />

deplorato l’attività dei se<strong>di</strong>centi “giovin Èpoeti”,<br />

questi versificatori del week-end<br />

che avremmo volentieri messo al muro e trivellati<br />

<strong>di</strong> colpi, eppure il talento, laddove si nascondesse,<br />

lo abbiamo sempre tirato al sole a prendersi<br />

una bella abbronzatura. In sostanza, abbasso<br />

le truppe cammellate dei poetelli portaborse,<br />

sì, benché tra i lirici lattanti si nascondano<br />

genietti che già sorpassano i padri e con cui, se<br />

bisogna fare i conti, bisogna risalire agli anni dorati<br />

della nostra poesia. Che poi i padri-padroni<br />

così annichiliti abbiano poltrona nelle case e<strong>di</strong>trici<br />

<strong>di</strong> maggior lusso, ciò non facilita <strong>di</strong> certo l’opera<br />

<strong>di</strong> questi valorosi imberbi. Facciamola breve,<br />

Pierluigi Cappello (1967) un giovanotto <strong>di</strong> certo<br />

non lo è, lo è semmai poeticamente, contando<br />

che questa antologia, che raccoglie testi pubblicati<br />

dal 1998, è il vero esor<strong>di</strong>o nella lirica che conta<br />

del poeta <strong>di</strong> Gemona del Friuli. Una ola a Crocetti,<br />

dunque, e ancora una volta, che ha e<strong>di</strong>to<br />

l’autore nella sua collana nobile <strong>di</strong> poesia italiana,<br />

“Aryballos” (tra gli autori, ricor<strong>di</strong>amo Giovanni<br />

Raboni e Antonio Porta, Maurizio Cucchi e<br />

PIERLUIGI<br />

CAPPELLO,<br />

ASSETTO DI VOLO,<br />

Crocetti, Milano 2006,<br />

pp.172, e15,00<br />

Alda Merini), e gli ha<br />

de<strong>di</strong>cato la copertina <strong>di</strong><br />

uno degli ultimi numeri<br />

<strong>di</strong> Poesia. Ebbene sì,<br />

Cappello è uno dei più<br />

forzuti poeti degli ultimi<br />

anni, <strong>di</strong> certo uno dei<br />

maggiori tra lo stuolo dei “novissimi”. Per quale<br />

motivo è all’apparenza banale: egli è poeta della<br />

necessità, delle cose prime necessarie al vivere. E<br />

questa necessità granitica, ossessiva, attentissima,<br />

<strong>di</strong>venta esperienza linguistica supremamente<br />

acuta. Ergo: Cappello riesce a <strong>di</strong>re le cose<br />

come sono, papali papali, con alchimie verbali da<br />

numero <strong>di</strong>eci. Ecco come l’eccezionalità del linguaggio<br />

non <strong>di</strong>viene un gioco <strong>di</strong> melina letteraria<br />

– vizio congenito <strong>di</strong> molta poesia pure all’apparenza<br />

più realista del re – ma aurea pappa ben<br />

bilanciata con la sostanza del concetto.<br />

Peraltro l’autore sciorina testi (i più im-<br />

portanti vanno ricercati nelle raccolte<br />

Dentro Gericoe Dittico) che<br />

alternano l’italiano al friulano, e<br />

proprio in quel <strong>di</strong>aletto magico<br />

e terrestre si ricavano alcune<br />

tra le poesie più commoventi,<br />

<strong>di</strong> una malinconia compenetrata<br />

<strong>di</strong> serenità. «Qui resistere<br />

significa esistere», <strong>di</strong>ce<br />

Cappello in uno dei suoi versi<br />

ra<strong>di</strong>cali e forse più esemplari. In<br />

questo poeta, la cui essenzialità<br />

e vigore è più me<strong>di</strong>oevale che greca,<br />

abbiamo forse ritrovato quel provenzale<br />

che ci mancava da decenni.<br />

Federico Scardanelli<br />

il giallo<br />

Padri e figli alla Turow<br />

Legal-thriller sulla Seconda guerra<br />

I<br />

n generale, i libri <strong>di</strong> Scott Turow, benché siano<br />

dei bei libri gialli, non possono certo essere ridotti<br />

a questa semplice definizione: come<br />

spesso succede, e a volte con esito incerto, gli autori<br />

utilizzano narrativa <strong>di</strong> genere (e <strong>di</strong> tanto in<br />

tanto ne inventano ad<strong>di</strong>rittura un sottogenere,<br />

come Turow con il legal-thriller) per raccontare<br />

delle vicende limite, adatte a mettere in luce<br />

aspetti dell’animo umano. Questo Eroi normali<br />

sembra corrispondere a ciò, ancor più dei suoi<br />

precedenti romanzi<br />

Stewart Dubinsky ritrova, alla morte del padre<br />

David, un bel fascio <strong>di</strong> lettere che questi aveva<br />

inviato alla sua fidanzata durante la Seconda<br />

guerra mon<strong>di</strong>ale; David vi aveva infatti partecipato<br />

come ufficiale, addetto all’avvocatura dell’esercito<br />

americano. Mentre ripercorre la vita<br />

militare del padre, Stewart scopre però delle incongruenze<br />

e dei fatti assolutamente inaspettati<br />

e sempre ignorati nella vita familiare: David era<br />

infatti stato demandato alla Corte marziale, con<br />

l’accusa <strong>di</strong> aver fatto fuggire un ufficiale dei servizi<br />

segreti, sospettato <strong>di</strong> doppio gioco a favore<br />

dei tedeschi. Ma la<br />

SCOTT TUROW,<br />

EROI NORMALI,<br />

Mondadori ,<br />

Milano 2005,<br />

pp.420, e18,60<br />

condanna era stata poi<br />

improvvisamente sospesa<br />

grazie all’intervento<br />

dello Stato maggiore.<br />

Perché David, irreprensibile<br />

e colto av-<br />

vocato, de<strong>di</strong>to alla famiglia, ha subito quel processo?<br />

Era in realtà un ipocrita? E poi: perché non<br />

ha mai parlato <strong>di</strong> Gita, della bellissima ebrea, sua<br />

compagna <strong>di</strong> avventure resistenziali in Francia?<br />

Attorno a questi interrogativi Turow costruisce<br />

questo romanzo, a volte un po’ scontato, ché<br />

sembra ripetere degli stereotipi dei film <strong>di</strong> guerra<br />

americani: l’ufficiale psicopatico ma tollerato<br />

perché eroico; il giovane intellettuale “imbranato”<br />

alla prova del fuoco; l’incontro con la “Vecchia<br />

Europa”. Per risolverli, alterna il racconto<br />

bellico alla narrativa familiare, il romanzo <strong>di</strong> formazione<br />

alla riflessione sulla guerra, mantenendo<br />

alcuni punti fermi del romanzo giallo legale<br />

che si scioglie con un colpo <strong>di</strong> scena finale, anche<br />

se facilmente intuibile.<br />

Vi è poi un altro piano narrativo: il filo rosso<br />

<strong>di</strong> questo libro è il confronto <strong>di</strong> Stewart con il<br />

padre. Avviene dopo la morte <strong>di</strong> David, ma la<br />

ricerca sulla sua vita riannoda i fili <strong>di</strong> una vita<br />

trascorsa senza una conoscenza davvero intima.<br />

Stewart, ben più anziano del padre negli<br />

anni <strong>di</strong> guerra, assume quasi il punto <strong>di</strong> vista<br />

del più vecchio che comprende le vicende da<br />

cui egli stesso ha avuto la nascita. Un rapporto<br />

temporale e relazioni filiali quasi invertite dunque,<br />

per colmare i buchi neri <strong>di</strong> una storia familiare<br />

fuori dal comune.<br />

Enrico Colombo<br />

periscopio<br />

MA TU<br />

T<br />

iziano Scarpa deve essersi chiesto<br />

se è possibile recensire il mondo;<br />

e se è possibile descriverlo; e se è<br />

possibile, soprattutto, descriverlo ancora,<br />

descriverlo ora. Batticuore fuorilegge<br />

(Fanucci, Roma 2006, pp.288, ¤15,00)<br />

è un «sussi<strong>di</strong>ario pieno <strong>di</strong> strategie» che<br />

prova che sì, si può. Che oggi che il mondo<br />

è più che mai steganografia, il linguaggio<br />

può essere ancora criptoanalisi.<br />

Che se il mondo è steganografia un<br />

linguaggio (una scrittura) che sia criptoanalisi<br />

è possibile, è, anzi, una forma<br />

resistenziale, la prima se non l’unica.<br />

Ecco perché sulla copertina <strong>di</strong> questa<br />

raccolta, che avrebbe dovuto inizialmente<br />

intitolarsi Poesia e potere, campeggia<br />

una precisa proclamazione <strong>di</strong><br />

militanza ideologico-intellettuale che<br />

conferisce alla parola la funzione <strong>di</strong>fensiva:<br />

«Siamo citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>sarmati, abbiamo<br />

soltanto la nostra forza <strong>di</strong> volontà e<br />

la nostra parola. Abbiamo la nostra letteratura»;<br />

e perché la citazione in esergo<br />

è tratta da Antonio Moresco, e proprio<br />

da un brano dell’autore delle Lettere a<br />

nessuno in cui parole come “ferita” e<br />

“fuoco”, dall’inequivocabile rimando<br />

prometeico, occorrono più e più volte,<br />

chiosate infine dalla parola “sogno”.<br />

Tiziano Scarpa è uno <strong>di</strong> quegli<br />

scrittori e poeti e intellettuali che potrebbe<br />

smettere <strong>di</strong> scrivere dopo questa<br />

antologia che raccoglie per lo più<br />

interventi critici <strong>di</strong> varia occasione,<br />

perché essa completa la vera e propria<br />

<strong>LA</strong> REPUBBLICA DELLE LETTERE<br />

trilogia <strong>di</strong> una personale e particolarissima<br />

concezione-installazione del linguaggio<br />

come speculum delle cose, come<br />

“cosa” che può ancora cosare le cose,<br />

e che fa <strong>di</strong> lui uno scultore concettuale<br />

della parola: prima Corpo, meravigliosa<br />

tomografia assiale linguistica<br />

in cui la ricognizione del (proprio) corpo<br />

umano attraverso un corpus linguistico<br />

tra<strong>di</strong>zionale otteneva il risultato,<br />

voluto, della descrizione del corpo come<br />

epifania della percezione e <strong>di</strong> una<br />

epifania inau<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> una lingua matericamente<br />

corporea; poi Groppi d’amore<br />

nella scuraglia, poema incantevole in<br />

cui una lingua nuova <strong>di</strong>alettale e insieme<br />

universale veniva letteralmente<br />

(re)inventata per raccontare questioni<br />

“vecchie” come l’amore, la natura,<br />

l’ingiustizia, l’opposizione all’ingiustizia,<br />

il sogno, la meraviglia.<br />

Ma, per fortuna, Tiziano Scarpa non<br />

smetterà <strong>di</strong> scrivere, perché non ha mai<br />

smesso da quando, coinvolto nel malinteso<br />

dei giovani scrittori pulp <strong>di</strong>eci anni<br />

or sono, si è <strong>di</strong>mostrato, e sempre più vigorosamente,<br />

la mente e la penna più<br />

lucida e responsabile <strong>di</strong> quella generazione,<br />

provando che un ottimo romanzo<br />

d’esor<strong>di</strong>o (Occhi sulla graticola), e<br />

dunque l’epiteto <strong>di</strong> “giovane scrittore”<br />

che così poco amava, potevano essere<br />

l’inizio, e non la fine, <strong>di</strong> un percorso <strong>di</strong><br />

maturazione stilistica come intellettuale<br />

che procede da allora <strong>di</strong> pari, e ogni<br />

volta lunghissimo, passo.<br />

Scarpa ha infatti portato alle estreme<br />

conseguenze semiotiche alcuni dei<br />

precetti che devono certamente costituire<br />

i punti car<strong>di</strong>nali dell’immaginario<br />

letterario <strong>di</strong> riferimento e formativo suo<br />

proprio: dal San Paolo del videmus nunc<br />

per speculum in aenigmate al Philip K.<br />

Dick <strong>di</strong> Come costruire un universo che<br />

non cada a pezzi dopo due giorni, passando<br />

attraverso Manganelli.<br />

Non a caso Aldo Nove, suo compagno<br />

d’intenti oltre che <strong>di</strong> generazione,<br />

aveva scritto <strong>di</strong> lui in Superwoobinda, e<br />

l’ironia era soltanto una parvenza in<br />

quella perfetta e serissima e preveggente<br />

Polaroid: «Tiziano Scarpa è come<br />

Manganelli, solo che gioca a mondo con<br />

il suo libro quando entra nelle trasmissioni<br />

televisive». Poco dopo Tiziano<br />

Scarpa ha smesso <strong>di</strong> entrare nelle trasmissioni<br />

televisive, ha perseguito soltanto<br />

la strada dell’esercizio della letteratura<br />

come coscienzioso <strong>di</strong>ritto-dovere<br />

civile e artistico, ha cofondato il più importante<br />

blog italiano <strong>di</strong> letteratura, Nazione<br />

In<strong>di</strong>ana, l’ha lasciato per cofondarne<br />

un altro, il primo amore, e soprattutto<br />

ha infinitamente, infaticabilmente<br />

osservato il mondo e scritto.<br />

Molti dei testi che ora Batticuore<br />

fuorilegge collaziona (sottraendo quei<br />

testi al destino <strong>di</strong> uso e consumo e facile<br />

oblio in cui incorrono molte pubblicazioni<br />

su riviste cartacee o on line, interventi<br />

a <strong>di</strong>battiti, poesie non raccolte<br />

in volume) nella forma dell’excursus<br />

solo apparentemente “illogico”, come<br />

un Bersaglio, il gioco della Settimana<br />

Enigmistica, giocato però intorno a<br />

tasselli come cronaca, storia, vita, arte,<br />

cultura, morte, memoria, mezzi <strong>di</strong><br />

comunicazione <strong>di</strong> massa. E se c’è una<br />

costante, in tutta la scrittura <strong>di</strong> Scarpa<br />

e ancora qui, se c’è un fil rouge che collega<br />

questi capitoli tematici («il conflitto<br />

fra l’espressione in<strong>di</strong>viduale e<br />

quella istituzionale e me<strong>di</strong>atica, le<br />

ideologie comportamentali in Italia<br />

oggi, il grumo passionale e politico<br />

delle merci, la critica culturale fuori<br />

dal recinto estetico e la <strong>di</strong>ttatura della<br />

narrazione, le utopie, i desideri, i sogni<br />

<strong>di</strong> opere d’arte reali o immaginate») tra<br />

<strong>di</strong> loro e con l’idea stessa <strong>di</strong> letteratura<br />

che Tiziano Scarpa insegue e persegue<br />

da sempre, è questo: la teoretica e l’estetica<br />

e la maieutica del linguaggio<br />

come speculum.<br />

SABATO 5/12 AGOSTO 2006<br />

Il vero scrittore va oltre ogni confine<br />

In tempi<br />

<strong>di</strong> vacche<br />

magrissime<br />

e <strong>di</strong> autori<br />

che hanno<br />

paura della<br />

propria<br />

ombra,<br />

tanto vale<br />

rileggersi i<br />

capolavori<br />

<strong>di</strong> alcuni<br />

estremi.<br />

An<strong>di</strong>amo<br />

<strong>di</strong>etro a un<br />

bel libro<br />

<strong>di</strong> Franco<br />

Rella<br />

per <strong>di</strong>re<br />

<strong>di</strong> Kafka,<br />

<strong>di</strong> Proust,<br />

<strong>di</strong> Beckett<br />

sai cosa sono gli uomini?<br />

Miserabili cose che dovranno<br />

morire, più miserabili<br />

dei vermi o delle foglie dell’altr’anno<br />

che son morte ignorandolo.<br />

Loro invece lo sanno e lo <strong>di</strong>cono,<br />

e non smettono mai d’invocarci, <strong>di</strong><br />

volerci strappare un favore o uno<br />

sguardo.<br />

Cesare Pavese, Gli uomini,<br />

in Dialoghi con Leucò, Einau<strong>di</strong>,<br />

Milano 1999, p.146<br />

In alto, da sinistra:<br />

Franz Kafka<br />

(1883-1924), Marcel<br />

Proust (1871-1922)<br />

e Samuel Beckett<br />

(1906-1989)<br />

<strong>di</strong> Massimiliano Parente<br />

«I<br />

o mi sentiva come soffocare,<br />

considerando e sentendo<br />

che tutto è nulla, solido nul-<br />

la». Dentro questo soffocamento<br />

leopar<strong>di</strong>ano, in questo abisso esistenziale<br />

dove «è fatale a chi nasce<br />

il dì natale», c’è tutta la <strong>di</strong>mensione<br />

tragica su cui si muovono la letteratura<br />

e il pensiero. Il nulla dentro le<br />

parole e dentro la vita, l’uomo <strong>di</strong><br />

fronte all’assurdo e al non senso,<br />

costretto nell’esilio <strong>di</strong> questo vuoto<br />

senza speranza o trascendenza.<br />

«Forse è che l’età che sopraggiunge,<br />

tra<strong>di</strong>tora, e ci annuncia il<br />

peggio. Non si ha più musica in sé<br />

per far ballare la vita, ecco. Tutta la<br />

gioventù è già andata a morire in<br />

capo al mondo nel silenzio della verità.<br />

E dove andar fuori, ve lo chiedo,<br />

quando uno non ha più dentro<br />

una quantità sufficiente <strong>di</strong> delirio?<br />

La verità, è un’agonia che non finisce<br />

mai. La verità <strong>di</strong> questo mondo<br />

è la morte». Così scriveva Céline nel<br />

suo Viaggio al termine della notte,<br />

ed è questo il tema profondo dei<br />

due maggiori scrittori del Novecento,<br />

Proust e Kafka. Ci ragiona Franco<br />

Rella in un intenso saggio in libreria<br />

in questi giorni intitolato appunto<br />

Scritture estreme (Feltrinelli,<br />

Milano 2006, pp.156, e16,00).<br />

Perché nella modernità cade l’idea<br />

classica <strong>di</strong> bellezza, come già<br />

aveva intuito Dostoevskij (perché<br />

non c’è bellezza che non inglobi la<br />

sua contrad<strong>di</strong>zione e il suo deperimento,<br />

non c’è bellezza che non<br />

contenga la morte) altro scrittore<br />

che si spinge all’estremo («quelli<br />

che vanno all’ultimo confine, passano<br />

sempre il limite») e sprofonda<br />

nel vortice <strong>di</strong> un io che entra in conflitto<br />

mortale con se stesso; le memorie<br />

saranno memorie del sottosuolo<br />

<strong>di</strong> un io sbriciolato non soltanto<br />

in punti <strong>di</strong> vista molteplici ma<br />

già tra sé e sé (come spiega bene Mi-<br />

chail Bachtin), un io esploso e inconciliabile<br />

prima ancora che<br />

Freud cominciasse a scavare la sua<br />

ricerca nell’inconscio. Un io mortale<br />

e in contrad<strong>di</strong>zione rispetto agli<br />

altri e al nulla, il nulla che soffocava<br />

Leopar<strong>di</strong>, lo stesso nulla dentro cui<br />

si trovano ingabbiati Joseph K. e il<br />

Narratore <strong>di</strong> Proust e dentro cui finiranno<br />

stritolati, annichiliti, mutilati,<br />

fisicamente immobilizzati i<br />

personaggi beckettiani.<br />

Senza salvare nulla<br />

Il romanzo ha inizio con Cervantes,<br />

nel rapporto tra uomo e illusione,<br />

e approda alla <strong>di</strong>struzione<br />

dell’illusione, pur non potendo fare<br />

a meno <strong>di</strong> <strong>di</strong>rne la fine. Perfino l’amore<br />

nella Recherche è una costruzione,<br />

un’illusione, una finzione, e<br />

non salva niente e nessuno, né prima<br />

né dopo. L’amore, semplicemente,<br />

non c’è, o c’è nella per<strong>di</strong>ta<br />

ogni opera somma<br />

del secolo scorso<br />

è il fallimento <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>re l’in<strong>di</strong>cibile. in<br />

modo meraviglioso<br />

<strong>di</strong> ciò che, quando c’era, era solo<br />

un’illusione. In Proust, anzi, l’amore<br />

si capovolge nel suo contrario,<br />

<strong>di</strong>venta ricerca e fallimento e perversione<br />

estrema: l’ossessione<br />

amorosa del Narratore, Albertine<br />

Simonet, sarà una lesbica, corpo <strong>di</strong><br />

femmina che quando si spoglia è<br />

«animata dalla vita incosciente dei<br />

vegetali» lasciando cadere uno dopo<br />

l’altro i «suoi <strong>di</strong>fferenti caratteri<br />

<strong>di</strong> umanità», figura <strong>di</strong> essere impenetrabile<br />

che già aveva trovato la<br />

sua celebrazione in Baudelaire.<br />

Le fanciulle in fiore <strong>di</strong>scendono<br />

<strong>di</strong>rettamente dai fiori del male. La<br />

più profonda ricerca <strong>di</strong> Proust spro-<br />

fonda in ricerca della morte e dell’inumano,<br />

dove perfino l’amata<br />

nonna, nell’idea della morte, si trasforma<br />

in una «specie <strong>di</strong> bestia», né<br />

più né meno che una «visione organica».<br />

L’anima, in Proust, non regge<br />

più, non può più esistere, e frana<br />

sotto il <strong>di</strong>sfacimento dei corpi come<br />

in un quadro <strong>di</strong> Francis Bacon, e «la<br />

morte è appunto niente».<br />

Non resta neppure l’io a tenere<br />

in pie<strong>di</strong> i ricor<strong>di</strong> e a salvarli dall’oblio,<br />

perché l’io <strong>di</strong> Proust viene <strong>di</strong>sintegrato<br />

dal tempo, l’io non esiste<br />

ma esistono solo molteplici io <strong>di</strong> cui<br />

l’uno celebra il funerale dell’altro,<br />

un altro sempre più irriconoscibile,<br />

lo stesso io che non potrà più <strong>di</strong>re io<br />

nell’Ultimo nastro <strong>di</strong> Krapp o in<br />

Non io o nella Trilogia <strong>di</strong> Samuel<br />

Beckett. «Proust è uno strano platonico»,<br />

commenta Franco Rella.<br />

«Nel momento stesso in cui <strong>di</strong>chiara<br />

salva l’essenza dell’amore, <strong>di</strong>chiara<br />

che l’opera che ha compiuto<br />

questa salvezza “è un grande cimitero<br />

dove sulla maggior parte delle<br />

tombe i nomi cancellati non si possono<br />

più leggere”».<br />

L’opera, che per Alessandro Piperno,<br />

dovendo scrivere per L’espresso<br />

la sua marchetta, è una celebrazione<br />

dello snobismo e della<br />

mondanità, è costruita al contrario<br />

intorno al buco nero della morte. I<br />

Guermantes, <strong>di</strong> cui narra i fasti e la<br />

scintillante aristocrazia, decadono<br />

e incartapecoriscono, trasformandosi<br />

presto in mostri organici. Le<br />

donne si sgretolano sotto l’orrore<br />

del tempo, Odette sembra una<br />

bambola meccanica, un animale<br />

impagliato, Agencourt «un cencio<br />

imputri<strong>di</strong>to», la duchessa <strong>di</strong> Guermantes<br />

un «corpo salmonato»,<br />

«strangolata <strong>di</strong> gioielli», «un vecchio<br />

pesce sacro»; i vivi sono già<br />

morti e resi terribili dalla vecchiaia,<br />

la vecchiezza che per Leopar<strong>di</strong> non<br />

era male «perché porta seco tutti i<br />

mali» ponendo fine alla vita, e per<br />

Proust rispetto agli in<strong>di</strong>vidui descritti,<br />

siano essi nobili o re, è «il più<br />

miserevole degli stati e che li fa precipitare<br />

dai loro fasti come i re delle<br />

trage<strong>di</strong>e greche costringendoli a sostare<br />

lungo la via crucis che <strong>di</strong>venta<br />

la vita degli impotenti».<br />

Non <strong>di</strong>versamente accade in<br />

Kafka, che Rella mette appunto in<br />

strettissima e stringente relazione<br />

con Proust, lo scrittore recluso nella<br />

stanza foderata <strong>di</strong> sughero e lo<br />

scrittore recluso in cantina, riprendendo<br />

il progetto <strong>di</strong> un libro mai<br />

scritto <strong>di</strong> Walter Benjamin, e confrontando<br />

le due opere come due<br />

fallimenti riusciti <strong>di</strong> <strong>di</strong>re l’in<strong>di</strong>cibile.<br />

«Kafka non ha dato risposte. Kafka<br />

ha fallito, come d’altronde<br />

Proust ha fallito in una redenzione<br />

del tempo che conduce al rovescio<br />

della vita e dunque della morte».<br />

Per entrambi non c’è altra soluzione<br />

che l’annullamento dentro l’opera<br />

che sta lì ad affermare il nulla,<br />

ma la soluzione non è più né una<br />

soluzione né un problema, è nulla<br />

senza redenzione.<br />

Scrivere, per Kafka, era «uscire<br />

dalla schiera degli uccisori, osservare<br />

i fatti», e anche l’aporia de<br />

«l’impossibilità <strong>di</strong> scrivere, l’impossibilità<br />

<strong>di</strong> non scrivere». Meletinskij,<br />

ricorda Rella, aveva osservato<br />

quanto in Kafka persistesse<br />

una procedura mitica, come nella<br />

trasformazione in insetto <strong>di</strong> Gregor<br />

Samsa, solo che Kafka «non fonda<br />

una comunità <strong>di</strong> senso, ma esclude<br />

da ogni comunità». L’unica esistenza<br />

possibile è l’esilio, una scrittura<br />

che lo condanna senza appello, ma<br />

«al <strong>di</strong> fuori della scrittura io sono<br />

assolutamente nulla». Dentro Kafka<br />

non c’è redenzione, non c’è interpretazione<br />

possibile. C’è <strong>di</strong>scesa<br />

nell’inumano quanto in Proust, che<br />

animalizza l’umanità.<br />

Sdraiato sul pavimento, scrive<br />

Kafka a Felice, come una larva, un<br />

verme, dove si affaccia il popolo<br />

notturno dei topi. O come uno scarafaggio.<br />

Come in seguito Molloy <strong>di</strong><br />

Beckett, che scoprirà il privilegio <strong>di</strong><br />

strisciare, in un bosco, usando le<br />

stampelle per <strong>di</strong>segnare i semicerchi<br />

del proprio percorso.<br />

Terrore e consolazione<br />

«Dire Kafka. Uscire dalla schiera<br />

degli interpreti, e dunque non<br />

pretendere <strong>di</strong> spiegare tutto, <strong>di</strong> trovare<br />

la chiave che spieghi tutta la<br />

sua opera, ma scoprire almeno una<br />

parola che si avvicini al segreto della<br />

sua scrittura, che è terrore e consolazione.<br />

Che è, in una parola, destino»<br />

(Rella) . Ecco perché non è<br />

possibile ridurre Kafka a santone<br />

della teologia ebraica, a profeta del<br />

sionismo, a cabalista eretico. Sono<br />

tentativi d’interpretazione che non<br />

tengono, scavalcati dall’opera che<br />

vola molto più in alto per <strong>di</strong>re molto<br />

<strong>di</strong> meno e molto <strong>di</strong> più.<br />

Allo sguardo <strong>di</strong> Kafka basta<br />

guardare dalla finestra per «guardare<br />

in un deserto». Dentro Kafka c’è<br />

Leopar<strong>di</strong>, quando scrive che «la caratteristica<br />

decisiva <strong>di</strong> questo mondo<br />

è la caducità», e anche Leopar<strong>di</strong><br />

e Nietzsche che osservando branchi<br />

<strong>di</strong> pecore le vedono felici perché<br />

fuori dal tempo, fuori dalla coscienza<br />

del tempo e della storia, ma per il<br />

recanatese non esenti dalla noia,<br />

che nell’uomo è «il più sublime dei<br />

sentimenti <strong>di</strong> questo mondo» perché<br />

implica la percezione del nulla<br />

in ogni momento. Ma in Kafka non<br />

c’è salvezza nella morte, che per<br />

Proust e Leopar<strong>di</strong> è almeno, quantomeno,<br />

la fine <strong>di</strong> ogni male.<br />

«Se per Proust, come si è visto,<br />

la morte è la fine <strong>di</strong> tutto: è l’annientamento,<br />

il nulla, a Kafka non è<br />

concessa conclusione, nemmeno<br />

questa conclusione». Non essendoci<br />

vera vita, non c’è neppure una<br />

vera morte. Il tema principale dell’opera<br />

<strong>di</strong> Kafka è il non poter finire,<br />

l’impossibilità della morte. Questa<br />

parola che obbliga a <strong>di</strong>re, non poter<br />

scrivere, non poter far altro che<br />

scrivere. Come L’innominabile <strong>di</strong><br />

Samuel Beckett, sempre sul punto<br />

<strong>di</strong> morire e non poter morire, <strong>di</strong> <strong>di</strong>re<br />

il silenzio e non poterlo <strong>di</strong>re. E allora<br />

«curiosa pena, curiosa colpa, bisogna<br />

continuare, forse è già fatto,<br />

forse mi hanno già detto, mi hanno<br />

forse portato sino alle soglie della<br />

mia storia, davanti alla porta che<br />

s’apre sulla mia storia, mi stupirebbe,<br />

se s’aprisse, sarò io, sarà il silenzio,<br />

lì dove sono, non so, non lo saprò<br />

mai, nel silenzio non si sa, bisogna<br />

continuare, e io continuo». •<br />

Il “manuale <strong>di</strong> combattimento” <strong>di</strong> Tiziano Scarpa<br />

Oppure, secondo la definizione dell’autore, un «sussi<strong>di</strong>ario pieno <strong>di</strong> strategie». Così l’ultimo libro del non<br />

più cannibale che cannibalizza il mondo e ce lo serve caldo sul piatto. Mescolando San Paolo a Philip K. Dick<br />

DEI PULP FU <strong>LA</strong> MENTE PIÙ ACUTA E <strong>LA</strong> PENNA PIÙ LUCIDA, MA<br />

DA ALLORA NE SON PASSATI DI FIUMI. ORA SI È TRAMUTATO IN<br />

UN MANGANELLI CHE NON HA TEMA DI SPORCARSI LE BRAGHE<br />

in questi giganti<br />

non c’è redenzione<br />

possibile, non c’è via<br />

<strong>di</strong> scampo, ma solo la<br />

<strong>di</strong>scesa nell’inumano<br />

Il linguaggio come ostetrico dell’etica,<br />

la <strong>di</strong>mostrazione formalmente perfetta<br />

che «l’Etica può essere espressa»,<br />

<strong>di</strong>versamente da quanto affermava<br />

Ludwig Wittgenstein. Impietoso, chirurgico,<br />

iperrealistico, preciso, e insieme<br />

compassionevole, accorato, emotivamente<br />

coinvolto da ciò che guarda e<br />

rispecchia, da ciò che rimodellizza descrivendolo:<br />

questo il linguaggio per Tiziano<br />

Scarpa, questo il linguaggio <strong>di</strong> Tiziano<br />

Scarpa.<br />

Che illustra come si può ricostruire<br />

uno stato delle cose in cui la coscienza<br />

del fatto che «alcune zone <strong>di</strong> intensità<br />

della parola, come ad esempio la letteratura,<br />

si sono affievolite, o meglio<br />

hanno teorizzato e proclamato e praticato<br />

l’affievolimento della propria parola,<br />

autoconfinandosi in un recinto<br />

sociale <strong>di</strong> puro estetismo» sia solo la<br />

con<strong>di</strong>zione contro cui lottare, memori e<br />

fautori dell’idea-manifesto supportata<br />

da questo «manuale <strong>di</strong> combattimento»,<br />

quella che «la parola è azione».<br />

Batticuore fuorilegge non si può riassumere,<br />

forse nemmeno recensire. Si<br />

può soltanto leggere. Batticuore fuorilegge<br />

anticipa neutralizzandole ipse<br />

facto misinterpretazioni come quella<br />

<strong>di</strong> Enzo De Mauro quando ritiene che<br />

«le battaglie <strong>di</strong> Scarpa sono senza oggetto»<br />

(Alias, 27 maggio 2006): “polemichette”,<br />

queste sì, che cadono a pezzi<br />

dopo due giorni. •<br />

Gemma Gaetani


SABATO 5/12 AGOSTO 2006<br />

<strong>di</strong> Davide Brullo<br />

C<br />

esare Pavese aveva i polmoni in due<br />

luoghi tra loro opposti: da una parte<br />

respirava l’aria immensa e pionieri-<br />

stica delle pianure statunitensi, dall’altra<br />

la bava <strong>di</strong> vento secca, essenziale della<br />

Grecia arcaica. Zone del tempo e del mondo,<br />

però, solo in apparenza inconciliabili.<br />

Anzi, Pavese credeva che gli States, con le<br />

loro «sensibilità nude e primor<strong>di</strong>ali», fossero<br />

un residuo <strong>di</strong> quella perduta grecità.<br />

Walt Whitman è un novello Omero,<br />

Herman Melville un folgorante, complessissimo<br />

Esiodo, Emily Dickinson è Saffo,<br />

Hart Crane è il Pindaro dell’età meccanica,<br />

William Faulkner è il primo dei tragici,<br />

Eschilo, ed Ernest Hemingway Euripide,<br />

e con una capriola da circo il gioco è<br />

fatto. Per confermare il refrain da scimmie<br />

ballerine che Pavese è stato il grande<br />

sdoganatore della letteratura a stelle e<br />

strisce si leggano i suoi articoli americani<br />

radunati in Saggi letterari (Einau<strong>di</strong>, Torino<br />

1951, 1968). Per carità, nulla <strong>di</strong> travolgente<br />

ma se contiamo che quei nomi li conosceva<br />

grosso modo solo lui, lì sta il lavoro<br />

del cercatore d’oro con il setaccio.<br />

Con quell’articolo, dal titolo in<strong>di</strong>cativo<br />

Middle West e Piemonte (era il 1931), de<strong>di</strong>cato<br />

all’opera <strong>di</strong> Sherwood Anderson,<br />

che è un po’ la cassa degli attrezzi del Pavese<br />

artista. Loro come i greci, noi come<br />

loro: eccomi, un Erodoto che ha fatto un<br />

master a Chicago.<br />

Una palude <strong>di</strong> paroloni<br />

Che poi non le azzecchi proprio tutte<br />

ci sta. Di Melville, ad esempio, Pavese non<br />

sopporta le sofisticherie, e tende a guardarlo<br />

come lo scrittore <strong>di</strong> quell’unico immane<br />

capolavoro, Moby Dick, che lui peraltro<br />

tradusse graziosamente nel 1932,<br />

salvando poco altro. Non gli garbano i<br />

congeniti <strong>di</strong>fetti – troppo allegorismo in<br />

tri<strong>di</strong>mensione postmoderna – <strong>di</strong> Mar<strong>di</strong> e<br />

ancor meno Pierre: «lo stile si fa convulso,<br />

l’ispirazione epilettica, frammentaria, il<br />

senso delle proporzioni viene meno e, su<br />

qualche pagina ancor tagliata all’antica,<br />

si stende una palude <strong>di</strong> paroloni, <strong>di</strong> stonature<br />

e <strong>di</strong> sottigliezze, che non solo è noiosa,<br />

ma dopo tutto anche ingenua. Davvero<br />

il libro sembra scritto da Achab». Ecco,<br />

noi dopo consimile descrizione lo cercheremmo<br />

per terra e per mare, quel romanzo<br />

sconsiderato, Pavese lo getta alle acque.<br />

Sia chiaro, Melville rimane sull’albero<br />

maestro («Un greco veramente è Melville»),<br />

ma non influisce per nulla sulla scrittura<br />

del piemontese. Peggio per lui.<br />

Non è che con Faulkner vada meglio.<br />

Ossia: Pavese ne riconosce la grandezza<br />

assoluta, ma non la comprende per intero.<br />

Eppure ci regala una definizione sua<br />

che è quasi un colpo <strong>di</strong> tacco: «Non è un<br />

uomo che scrive, è un angelo; un angelo,<br />

s’intende, senza cura d’anime». Le tagliole<br />

da superare, probabilmente, sono quelle<br />

del “modernismo”, che Pavese non<br />

amò proprio. Joyce può far correre brivi<strong>di</strong><br />

sulla schiena dei pionieri fessi, noi europei<br />

abbiamo Boccaccio e Rabelais; Gertrude<br />

Stein è semplicemente «insopportabile<br />

a noi». Gli Stati Uniti sono un antidoto<br />

reale, “terrestre”, al vizio letterario e dal<br />

naso all’insù europeo.<br />

Già, ma il vizio suo d’origine, il peccato<br />

originale <strong>di</strong> Pavese è quello <strong>di</strong> non aver<br />

saputo scrivere il grande romanzo. Così<br />

vanno le cose, e così, un poco subdolamente,<br />

ricamava Calvino, quando, annunciando<br />

nel 1951 proprio la cisterna <strong>di</strong><br />

saggi del piemontese, scrisse che «in verità<br />

non si può separare l’opera creativa <strong>di</strong><br />

Pavese da quella battaglia culturale», che<br />

è come <strong>di</strong>re che l’opera da sola non si regge,<br />

ha necessità <strong>di</strong> quelle lodevoli stampelle,<br />

quando tutti sanno che l’opera se è<br />

tale resiste a ogni partito, a ogni “battaglia<br />

culturale”, al suo creatore.<br />

No, Pavese non fu un grande scrittore,<br />

fu uno scrittore enormemente “gradevole”.<br />

Avrebbe voluto essere greco o statunitense<br />

– a proposito, leggete Erskine<br />

Caldwell e l’epica facile come una sorsata<br />

<strong>di</strong> sidro <strong>di</strong> John Steinbeck e scoprirete<br />

due altri cugini suoi – ma non fu né carne<br />

né pesce. Cioè: né goliardamente pionieristico,<br />

né severamente cinico. Eppure<br />

noi, e fu il nostro primo furto serio, da goderne<br />

per tutta l’estate, <strong>di</strong> lui rubammo in<br />

giovinezza un volume <strong>di</strong> tutti i romanzi.<br />

Prima restandone sedotti, poi fortemente<br />

delusi (a guardare un poco a lato sullo<br />

scaffale ci saremmo intascati Conrad o<br />

Tommaso Landolfi). Non c’è niente da fare,<br />

Pavese è uno scrittore <strong>di</strong> esperienze,<br />

ed è per questo che non c’è uno che ne<br />

possa uscire pulito, per <strong>di</strong>re, dalla lettura<br />

del Mestiere <strong>di</strong> vivere, perché sembra<br />

sempre che egli si rivolga a te, alla tua intimità,<br />

alla tua <strong>di</strong>sumana umanità. Ma<br />

questo non basta a farne un grande scrittore.<br />

Che Pavese, vista anche la trage<strong>di</strong>a<br />

della fine, sia il nostro Albert Camus (ma<br />

più quello delle Nozze e de Il rovescio e il<br />

<strong>di</strong>ritto che dello Straniero) con grammi <strong>di</strong><br />

aggressività e ferocia in meno (si legga il<br />

<strong>di</strong>ario dell’uno comparato ai Taccuini del<br />

secondo), è cosa su cui trastullarsi.<br />

Sulla poesia, poi, come a <strong>di</strong>re, altro giro,<br />

altra corsa. Pavese aveva sempre mes-<br />

<strong>LA</strong> REPUBBLICA DELLE LETTERE<br />

Il gran torinese aveva un polmone in Grecia e l’altro negli States. E Melville ed Esiodo nella stessa tasca<br />

PAVESE, OMERO E GLI USA<br />

Tra esperimenti, stu<strong>di</strong> e mirabili cadute, Cesare si lastricò la strada da Smirne a New York<br />

L’<br />

ultimo giro <strong>di</strong> chiave, alla<br />

porta <strong>di</strong> casa, dà sempre<br />

un segnale. Se davanti a<br />

essa si sono ammonticchiati i bagagli<br />

è sicuramente il segnale<br />

dell’inizio delle vacanze. Ma potrebbe<br />

anche assumere un significato<br />

più misterioso, e dare inizio<br />

a una pro<strong>di</strong>giosa trasformazione<br />

dentro casa: quella narrata<br />

in Chiuso per ferie <strong>di</strong> Maja Celia<br />

(Topipittori 2006, pp.40,<br />

¤13,00). Le e<strong>di</strong>zioni Lapis guardano,<br />

invece, alla prima tappa<br />

delle vacanze e a coloro che l’affrontano<br />

in automobile in La<br />

macchina <strong>di</strong> Celestino (2006,<br />

pp.14, ¤11,00).<br />

La Famiglia Orsetti, protagonista<br />

<strong>di</strong> mille avventure per i più<br />

piccini, nella collana “Battellino<br />

a Vapore” della Piemme junior,<br />

sogna da mesi la vacanza annuale<br />

in riva al lago, ma come qualche<br />

volta accade non sempre il<br />

luogo delle vacanze è quello che<br />

ci si attende. E <strong>di</strong>sastrose sono Le<br />

vacanze, che avventura! (2006,<br />

QUALCHE<br />

BUON CESARE<br />

PER CAPIRCI<br />

• Hermann Melville,<br />

Moby Dick (trad. it. <strong>di</strong><br />

C. Pavese), 1932,<br />

ora Adelphi,<br />

Milano 1987<br />

• William Faulkner,<br />

Il borgo (trad. it. <strong>di</strong><br />

C. Pavese), 1942, ora<br />

Adelphi, Milano 2005<br />

• Cesare Pavese,<br />

I <strong>di</strong>aloghi con Leucò,<br />

Einau<strong>di</strong>, Torino 1947<br />

• Cesare Pavese,<br />

Saggi letterari,<br />

Einau<strong>di</strong>, Torino 1968<br />

• Cesare Pavese e<br />

Ernesto De Martino,<br />

La collana viola.<br />

Lettere 1945-1950,<br />

Bollati Boringhieri,<br />

Torino 1991<br />

• La Teogonia <strong>di</strong> Esiodo<br />

e tre inni omerici<br />

(trad. it. <strong>di</strong> C. Pavese),<br />

Einau<strong>di</strong>, Torino 1981<br />

• Cesare Pavese,<br />

Il mestiere <strong>di</strong> vivere<br />

(1935-1950),<br />

Einau<strong>di</strong>, Torino 1990<br />

• Percy Bysshe Shelley,<br />

Prometeo slegato<br />

(trad. it. <strong>di</strong> C. Pavese),<br />

Einau<strong>di</strong>, Torino 1997<br />

• Cesare Pavese,<br />

Le poesie,<br />

Einau<strong>di</strong>, Torino 1998<br />

pp.32, ¤4,50) degli orsetti che<br />

velocemente torneranno a casa.<br />

Perché anche a casa si può<br />

trascorrere una bellissima vacanza.<br />

Con fantasia, un po’ <strong>di</strong><br />

amici e un cortile, Marsilio Parolini,<br />

autore <strong>di</strong> Giochi Tra<strong>di</strong>zionali<br />

(San Paolo Junior 2006, pp.40,<br />

¤6,00) ritorna alla sua infanzia:<br />

aiutati dalle vivaci illustrazioni<br />

<strong>di</strong> Silvia Balzaretti, ecco i “suoi”<br />

giochi all’aria aperta.<br />

Tre giochi al giorno li propone<br />

Geronimo Stilton con L’arricciacoda<br />

( Piemme 2006, pp.128,<br />

¤7,50) per i cento giorni <strong>di</strong> vacanza<br />

estivi. Ma se per mancanza<br />

<strong>di</strong> tempo se ne sceglie uno solo<br />

tra labirinti, indovinelli e rebus<br />

non importa, tanto sono 365<br />

e cioè un gioco per tutti i giorni<br />

dell’anno. Giochi in compagnia<br />

in fondo al mare invece per Guido<br />

Quarzo con Amici nel mare<br />

(E<strong>di</strong>zioni Piemme, pp.28,<br />

¤6,90). De<strong>di</strong>cato ai più piccini, è<br />

un invito coloratissimo a conoscere<br />

gli abitanti che vivono sot-<br />

t’acqua. E se al posto della spiaggia<br />

fosse il balcone <strong>di</strong> casa a <strong>di</strong>ventare<br />

meta delle vacanze? Viene<br />

in aiuto ai piccoli una talpa<br />

golosissima <strong>di</strong> nome Teodoro, il<br />

protagonista <strong>di</strong> Teodoro coltiva<br />

fagioli <strong>di</strong> Lars Klinting (E<strong>di</strong>toriale<br />

Scienza 2006, pp.30, ¤11,90)<br />

dove si racconta come riuscire a<br />

coltivare e a raccogliere, anche<br />

da un semplice vaso, qualche<br />

piccolo legume.<br />

Insalata, peperoncini, prezzemolo,<br />

fragole ed erba per gatto<br />

sono, invece, i protagonisti del<br />

bel libro dell’e<strong>di</strong>tore De Vecchi<br />

dal titolo Il mio primo orto <strong>di</strong><br />

Eliana Contri ed Ermes Lasagni<br />

(2006, pp.64, ¤12,90). Dal seme<br />

al frutto, il processo <strong>di</strong> coltura è<br />

raccontato anche attraverso le<br />

belle illustrazioni che esaltano<br />

un <strong>di</strong>vertente compromesso tra<br />

segno e fotografia. E un cofanetto<br />

<strong>di</strong> Jaka Book aggiunge ai vegetali<br />

(Girasole, Quercia, Mais e<br />

Olivo) piccoli animaletti come<br />

Ape, Gufo, Ragno Tartaruga<br />

so nella lista dei libri migliori da lui scritto<br />

Lavorare stanca, la prima raccolta <strong>di</strong> versi<br />

del 1936. I suoi romanzi, giu<strong>di</strong>zio che più<br />

sommario non si può, sono una variante<br />

lunga <strong>di</strong> quelle vicende e <strong>di</strong> quelle atmosfere.<br />

Che più che Walt Whitman, su cui il<br />

piemontese scrisse una tesi <strong>di</strong> laurea e<br />

molti bei pensierini, risentono <strong>di</strong> una profonda<br />

escursione in Edgar Lee Master e<br />

Charles Baudelaire, con stoccatine crepuscolari.<br />

La critica col lauro, come è noto,<br />

non la pensò mai come lui.<br />

Il silenzio fu tambureggiante all’epoca<br />

della pubblicazione del libro, e i giu<strong>di</strong>zi<br />

a tagliola dopo. «Short stories chiuse e<br />

tetre <strong>di</strong> personaggi tipizzati, che oscillano<br />

tra referto realistico e proiezione dell’autore<br />

stesso», la faceva breve Pier Vincenzo<br />

Mengaldo, con stoccata da lancil-<br />

lotto: «la poesia pavesiana ha ricevuto attenzioni<br />

anche superiori ai suoi meriti».<br />

Sul trotto lungo, però, Pavese l’ha vinta.<br />

Oggi parecchi ragazzotti scrivono come<br />

lui settant’anni fa, con quello zoccolare<br />

narrativo e malinconico assieme, da sfigati<br />

che guardano oltre la siepe un infinito<br />

scialbo. Eppure ha ragione Pavese,<br />

quello è il suo libro più “patetico” e onesto,<br />

e in cui si prepara la grande sbandata<br />

per la grecità. Liriche come Mito e i <strong>di</strong>versi<br />

“notturni” preparano la ra<strong>di</strong>calità delle<br />

Poesie del <strong>di</strong>samore. In cui un’antichità<br />

<strong>di</strong>gerita con stomaco da leone si fa cristallina,<br />

aerea, astratta, lancinante. Non gli<br />

perdoneranno neppure quegli ultimi<br />

“scherzi” i criticoni, neppure i versi postumi,<br />

etichettati da Mengaldo come una<br />

«droga <strong>di</strong> intere generazioni <strong>di</strong> liceali».<br />

Ma prima, è il 1947, c’era stato il libro<br />

più amato e più <strong>di</strong>scusso, i Dialoghi con<br />

(pp.30, ¤8,00; oppure li si può<br />

offrire ai bambini raccolti tutti in<br />

cofanetto a ¤64,00).<br />

In vacanza ci va anche Babbo<br />

Natale. Approfittando <strong>di</strong> una<br />

pubblicità in roulotte, con un cane<br />

e quattro renne al seguito<br />

scende sino alla riviera adriatica.<br />

E così Babbo Natale in vacanza a<br />

Riccione (E<strong>di</strong>zioni Piemme Junior,<br />

pp.140, ¤7,50) <strong>di</strong> Roberta e<br />

Walter Graziani, si <strong>di</strong>verte un<br />

mondo tra pia<strong>di</strong>na, ballo liscio e<br />

serate in riva al mare, tanto da<br />

trovarsi anche due giovani aiutanti<br />

per recuperare il tempo perduto<br />

in vacanza.<br />

Ultimo giro <strong>di</strong> chiave verso<br />

un’altra vacanza lontana. Da<br />

Londra a Madrid, passando per<br />

Parigi o per Vienna e senza <strong>di</strong>menticare<br />

Praga e Berlino o Roma.<br />

La Bohem Press Italia offre<br />

ai bambini le sue guide monografiche<br />

(pp.64 cartonate,<br />

¤8,50). Dal segno romantico e<br />

tranquillizzante offrono una piacevole<br />

prolusione <strong>di</strong> primi riferi-<br />

Leucò (in un’intervista ra<strong>di</strong>ofonica del<br />

1950 il piemontese, ri<strong>di</strong>mensionando la<br />

portata dei suoi romanzi, <strong>di</strong>sse con chiarezza:<br />

«Pavese ritiene i Dialoghi con Leucò<br />

il suo libro più significativo, e subito dopo<br />

vengono le poesie <strong>di</strong> Lavorare stanca»).<br />

Per negativi e domande prime<br />

Libro misterico e inattuale, esso rilegge<br />

la grecità vissuta dall’autore, per negativi<br />

e scarti, per domande prime. È come<br />

se Omero fosse stato messo in scena da<br />

Beckett, e il biancore è in ogni cosa, abbacina.<br />

«Un libro come i Dialoghi seguita a<br />

vivere con l’autore, perché è gremito <strong>di</strong> futuro<br />

e d’inespresso», scrisse Emilio Cecchi<br />

su Paragone, nel 1950. Un libro che chi<br />

ne ascolta il suono non avrebbe dubbi e se<br />

lo porterebbe <strong>di</strong>etro nell’ipotetica isola<br />

deserta. Eppure il balzo nella grecità più<br />

assolata era stato preparato da tempo.<br />

Da un romanzo “etnografico” come<br />

La luna e i falò, ad esempio, in cui già<br />

Calvino aveva letto il rapporto centrale<br />

con Il ramo d’oro <strong>di</strong> Frazer, e da un libro<br />

composito come Feria d’agosto (ora riproposto<br />

in Tutti i racconti, a cura <strong>di</strong> M.<br />

Masoero, Einau<strong>di</strong>, Torino 2006,<br />

pp.CXXI+1146, e20,80), in cui ha luogo<br />

nucleare il bel brano Del mito, del simbolo<br />

e d’altro. «Il mito è insomma una norma,<br />

lo schema <strong>di</strong> un fatto avvenuto una<br />

volta per tutte, e trae il suo valore da questa<br />

unicità assoluta che lo solleva fuori<br />

dal tempo e lo consacra rivelazione», ecco<br />

la formula geometrica <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso<br />

più <strong>di</strong> tutto amava i<br />

“<strong>di</strong>aloghi con leucò”,<br />

un erodoto passato per<br />

beckett, e le poesie che<br />

non gli perdonarono<br />

mitologico “fisso”, arido, perpetuo e che<br />

precede la letteratura, quella formula<br />

prima che Pavese è andato ricercando<br />

con pena attiva nei suoi Dialoghi. Semmai<br />

da comparare al mito “in <strong>di</strong>venire”,<br />

mosso e inquieto scandagliato per tutta<br />

la sua opera da Pier Paolo Pasolini.<br />

In serie, tutta una teoria <strong>di</strong> vigorosi<br />

passetti verso Omero e cotanti compari,<br />

dall’amore per Ernesto De Martino e la<br />

messa in mare, assieme a lui, della “Collezione<br />

<strong>di</strong> stu<strong>di</strong> religiosi, etnologici e psicologici”,<br />

la celebre “collana viola” ardentemente<br />

voluta da Pavese; poi la passione a<br />

fegato aperto per Raffaele Pettazzoni e la<br />

inesausta, oceanica messe dei suoi Miti e<br />

leggende <strong>di</strong> tutto il mondo e<strong>di</strong>ta dagli “avversari”<br />

della Utet; poi l’impresa <strong>di</strong> Rosa<br />

Calzecchi Onesti <strong>di</strong> tradurre Iliade e O<strong>di</strong>ssea<br />

seguita palmo a palmo e con spirito<br />

d’intrapresa (colto da furore eroico, Pavese<br />

cominciò una versione mai conclusa<br />

della Teogonia <strong>di</strong> Esiodo).<br />

E in mezzo, a fare da ponticello <strong>di</strong><br />

quattro assi e due corde tra le isole greche<br />

e le epiche rout degli States, i precocissimi<br />

esercizi <strong>di</strong> stile, condotti tra il 1923 e il<br />

1928, dentro il Prometeo slegato <strong>di</strong> Percy<br />

Bysshe Shelley (ora Einau<strong>di</strong>, Torino<br />

1997), cioè classicità messa in brillantina<br />

moderna, e la catabasi costante in Leopar<strong>di</strong>,<br />

superbo lettore dei classici e truce<br />

fustigatore dei “moderni”. La strada da<br />

qui a lì, da Smirne a New York, Pavese se<br />

l’era lastricata bene. Poi, è questione <strong>di</strong> armare<br />

la barca, affrontare gli oceani, e avere<br />

braccia robuste. •<br />

LIBRI PER OGNI GUSTO E PER OGNI VACANZA,<br />

IL CATALOGO È QUESTO. RISERVATO AI PICCOLI<br />

menti storico-geografici, ma soprattutto<br />

non tralasciano gli in<strong>di</strong>rizzi<br />

<strong>di</strong> musei, mostre, ludoteche,<br />

teatri e altri piacevoli luoghi<br />

creati per i bambini. L’Italia narrata<br />

per regioni e sotto forma <strong>di</strong><br />

scanzonato <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> adolescente<br />

è l’escamotage utilizzato da Angelo<br />

Petrosino per far conoscere<br />

il nostro paese nella sua essenza<br />

più intima ai ragazzi tra storia e<br />

tra<strong>di</strong>zioni, ma anche attraverso<br />

poesie, ricette e aneddoti. In...<br />

con Valentina (Piemme Junior<br />

2006, pp.90, ¤7,90,) è una serie<br />

monografica per ogni regione. E<br />

se alla fine <strong>di</strong> questi volumetti<br />

quattro pagine sono lasciate<br />

bianche per annotare i propri ricor<strong>di</strong>,<br />

E<strong>di</strong>toriale Scienza ne fa un<br />

apposito libro dal titolo Il mio<br />

Diario delle Vacanze (2006,<br />

pp.40, ¤13,90). Niente noiosissimi<br />

compiti, ma spazi per incollare<br />

foglie, foto, conchiglie e ritagliare<br />

scatole per celare i ricor<strong>di</strong><br />

più belli e segreti. •<br />

Aurora Marsotto<br />

LO SCAFFALE DEI<br />

LIBRI GIALLI E NERI<br />

a cura <strong>di</strong> Enrico Colombo<br />

N<br />

icolai Röschlaub, anziano e noto<br />

me<strong>di</strong>co, nel 1835 è invitato all’i-<br />

naugurazione della prima ferro-<br />

via a vapore: vi si reca, insieme all’amata<br />

nipote, eccitatissima all’idea <strong>di</strong> poter<br />

viaggiare per la prima volta su un tale<br />

gioiello della tecno-<br />

WOLFRAUM logia. Il viaggio per<br />

FLEISCHHAUER, la Germania della<br />

IL LIBRO CHE Rivoluzione indu-<br />

CAMBIÒ IL MONDO, striale riporta Nico-<br />

Longanesi,<br />

lai a Norimbrega,<br />

Milano 2006, città in cui aveva<br />

pp.432, ¤16,60 vissuto da giovane,<br />

come assistente del<br />

me<strong>di</strong>co condotto, dopo essere stato<br />

cacciato dal precedente lavoro per alcune<br />

strane idee sulla trasmissione delle<br />

malattie. Deviando dal viaggio, pernotta<br />

in una locanda nei pressi delle rovine<br />

<strong>di</strong> un castello: lì, nel 1780, era stato testimone,<br />

ma anche protagonista, <strong>di</strong> avve-<br />

IL DOMENICALE 5<br />

ROMANZO STORICO DOVE SPUNTA PURE IMMANUEL KANT<br />

H<br />

enning Mankell aveva affermato<br />

che non avrebbe più proseguito<br />

la saga <strong>di</strong> Kurt Wallander dopo<br />

Muro <strong>di</strong> fuoco. Si è invece lasciato convincere<br />

a scrivere alcuni racconti che<br />

narrassero come<br />

HENNING<br />

Wallander fosse <strong>di</strong>-<br />

MANKELL,<br />

ventato, per l’ap-<br />

PIRAMIDE,<br />

punto, Wallander. Il<br />

Marsilio, Venezia<br />

primo racconto, in<br />

2006, pp.416, ¤17,00<br />

particolare, lo mostra<br />

giovane poliziotto,<br />

ancora in <strong>di</strong>visa e <strong>di</strong> pattuglia, ma<br />

già desideroso <strong>di</strong> entrare nella squadra<br />

omici<strong>di</strong>: il laboratorio dunque, non solo<br />

fattuale, ma psicologico in cui si forma<br />

nimenti così misteriosi da turbare l’intera<br />

sua vita. Chiamato una notte a soccorrere<br />

il nobile proprietario del castello,<br />

era stato ingaggiato dal ciambellano <strong>di</strong><br />

corte per indagare sulla sua strana morte,<br />

apparentemente frutto <strong>di</strong> un veneficio.<br />

Percorrendo la Germania illuminista<br />

per inseguire le tracce dell’assassino, Nicolai<br />

giunge a Königsberg dove conosce<br />

un maturo filosofo, Immanuel Kant.<br />

Non si svelerà la trama <strong>di</strong> questo romanzo<br />

non bellissimo e non molto originale –<br />

quanti romanzi che vogliono in<strong>di</strong>viduare<br />

nell’Illuminismo, soprattutto tedesco,<br />

un sottofondo <strong>di</strong> irrazionalismo! quanti<br />

romanzi coinvolgono Kant! – la scoprirà<br />

il lettore che avrà la pazienza <strong>di</strong> leggere<br />

432 pagine. Troverà però un personaggio<br />

interessante, Nicolai, ritratto come<br />

un giovane entusiasta e incerto e come<br />

un vecchio appagato e saggio (una citazione<br />

da Lotte a Weimar?)<br />

WAL<strong>LA</strong>NDER È MORTO? MACCHÉ, HA SOLO CAMBIATO MISURA<br />

L<br />

a casa e<strong>di</strong>trice Marsilio continua la<br />

sua politica e<strong>di</strong>toriale e pubblica<br />

un nuovo giallo scan<strong>di</strong>navo, la-<br />

sciando però la Svezia, nazione a cui si<br />

era sempre rivolta<br />

KJELL O<strong>LA</strong> DAHL, per trarre i suoi libri<br />

UN PICCOLO (basti ricordare, ve-<br />

ANELLO D’ORO, <strong>di</strong> la sche<strong>di</strong>na so-<br />

Marsilio,<br />

pra, proprio Hen-<br />

Venezia 2006, ning Mankell, con il<br />

pp.368, ¤17,50 suo Kurt Wallander),<br />

per approdare<br />

in Norvegia, pozzo ancora poco sondato.<br />

Kjell Ola Dahl è un noto psicologo e<br />

giurista, assai noto nell’aspro Nord e<br />

considerato un giallista inarrivabile, per<br />

quello straor<strong>di</strong>nario personaggio. Si potrà<br />

obbiettare che sia un’operazione furba<br />

e sfrontata: dopo il successo mon<strong>di</strong>ale<br />

raggiunto potrebbe sembrare impossibile<br />

rinunciare a una fonte <strong>di</strong> guadagno<br />

e <strong>di</strong> celebrità. In realtà, anche se si<br />

ha <strong>di</strong> fronte sicuramente un Mankell<br />

“minore”, questo libro offre alcuni non<br />

trascurabili e gradevoli spunti narrativi:<br />

il rapporto <strong>di</strong> Wallander con il padre,<br />

sempre visto, nei romanzi, vecchio e<br />

ammalato, ma qui ancora vitale, il legame<br />

con la moglie e con la figlia piccola.<br />

Insomma: momenti da vero romanzo,<br />

anche se <strong>di</strong>spersi in racconti, apparentemente<br />

non unitari.<br />

SE VI PIACE IL MISTERO SVEDESE PROVATE CON <strong>LA</strong> NORVEGIA...<br />

E<br />

aver creato il personaggio dell’ispettore<br />

Gunnarstranda, funzionario della squadra<br />

omici<strong>di</strong> <strong>di</strong> Oslo. Descritto come un<br />

uomo <strong>di</strong> mezza età, sovrappeso e ben<br />

poco attraente, utilizza il suo atteggiamento<br />

sottotono e sornione per spiazzare<br />

gli indagati, aiutato dal suo assistente<br />

Frølich. Questa prima indagine lo<br />

impegna nella ricerca dell’assassino <strong>di</strong><br />

una bellissima ragazza, Katrine Bratterud,<br />

trovata nuda in un campo e identificata<br />

per un particolare tatuaggio. È questa<br />

l’occasione per l’autore per ripercorrere<br />

con sguardo partecipe le vicende <strong>di</strong><br />

Katrine che aspira alla felicità, sullo sfondo<br />

<strong>di</strong> una Norvegia desolata.<br />

...PER POI TORNARE A STOCCOLMA CON IL COMMISSARIO BECK<br />

cco il secondo giallo dei coniugi reato: rilasciato, abita ora proprio nella<br />

Sjöwall e Wahlöö pubblicato da stessa citta<strong>di</strong>na della vittima. Grazie a<br />

Sellerio, fedele al progetto <strong>di</strong> re- questo pretesto, che lo lega al primo rocupero<br />

<strong>di</strong> romanzi ormai un po’ <strong>di</strong>mentimanzo <strong>di</strong> Beck, questo libro mostra una<br />

cati ma meritevoli <strong>di</strong> trama narrativa complessa, costruita<br />

MAJ SJÖWALL attenzione. Il prota- grazie a continui e intelligenti riman<strong>di</strong>.<br />

E PER WAHLÖÖ, gonista <strong>di</strong> questa Ciò è anche l’occasione, per la coppia <strong>di</strong><br />

UN ASSASSINO avventura è sempre scrittori, per descrivere la vita svedese <strong>di</strong><br />

DI TROPPO,<br />

Sellerio,<br />

Palermo 2005,<br />

pp.394, ¤12,00<br />

il commissario Martin<br />

Beck, capo della<br />

squadra omici<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Stoccolma, è qui al-<br />

provincia negli anni Sessanta, così <strong>di</strong>versa<br />

da quella <strong>di</strong> Stoccolma, della capitale<br />

scintillante e colta: nella lontana Scania,<br />

sembra invece <strong>di</strong> vivere ancora agli inizi<br />

le prese con un omi- del Novecento, nonostante la modernici<strong>di</strong>o<br />

commesso nella Scania, forse da tà socialdemocratica e tollerante, che<br />

un maniaco Ne è sospettato un uomo, <strong>di</strong>viene però oggetto <strong>di</strong> aspra critica nel-<br />

colpevole, anni ad<strong>di</strong>etro, dello stesso le parole <strong>di</strong> Beck.<br />

UNA TRUPPA DI DONNE CHE FILOSOFEGGIANO SUI DELITTI<br />

A<br />

lexander Mc Call Smith è noto al che, con cui ha fondato il “Club dei filo-<br />

pubblico italiano per aver dato sofi <strong>di</strong>lettanti”, si trova sempre implicata<br />

vita a gialli ambientati in Botswa- in misteri, apparentemente banali ma, in<br />

na e al personaggio <strong>di</strong> Precious Ramot- realtà, intricati e sottili. Qui, mentre assiswe,<br />

detective priste a un concerto, è testimone della ca-<br />

ALEXANDER MC vata, titolare <strong>di</strong> duta <strong>di</strong> un giovane uomo dalla galleria<br />

CALL SMITH, un’agenzia investi- della sala concerti. Ben presto, però, da<br />

IL CLUB DEI<br />

gativa a Gaborone. testimone, <strong>di</strong>viene un’investigatrice im-<br />

FILOSOFI<br />

DILETTANTI,<br />

Guanda, Parma 2006,<br />

pp.264, ¤14,50<br />

Torna con questo libro<br />

ad ambientazioni<br />

europee e, in<br />

particolare, alla sua<br />

placabile, coa<strong>di</strong>uvata dalle aderenti al<br />

suo circolo, Cat, Jamie e Grace, versate<br />

in <strong>di</strong>verse professioni e travagliate dai<br />

più vari e complessi problemi personali.<br />

amata E<strong>di</strong>mburgo, Questo romanzo si segnala per un’at-<br />

delineando una nuova protagonista delmosfera da vecchia Scozia e per il tentale<br />

sue avventure, Isabel Dalhousie, retivo dell’autore <strong>di</strong> immedesimarsi in una<br />

dattrice della Rivista <strong>di</strong> etica applicata. certa narrazione femminile. Con un esi-<br />

Circondata dalle sue inseparabili amito certo gradevole.<br />

COME A DIRE: NELLO ZAINO UN MAIGRET NON FA MAI MALE<br />

A<br />

rdua scelta quella <strong>di</strong> scegliere il libro<br />

da insaccare nello zaino prima<br />

delle agognate partenze estive.<br />

Noi, da professorini bacchettoni, saremmo<br />

tentati <strong>di</strong> stilare una lista <strong>di</strong> tali “mat-<br />

toni” che vi verreb-<br />

GEORGES<br />

be voglia <strong>di</strong> tornare<br />

SIMENON,<br />

imbucati in ufficio<br />

GLI SCRUPOLI piuttosto che inabis-<br />

DI MAIGRET, sarvi nella lettura. Si<br />

Adelphi, Milano 2006, sa come siamo fatti,<br />

pp.154, ¤8,00 ce lo rimproverano a<br />

destra e a manca.<br />

Ma no, siamo seri, un libro, se ha da essere<br />

“vacanziero” deve almeno mescere in<br />

speciale succo la qualità narrativa a quella<br />

dell’intrattenimento puro e netto, altrimenti<br />

che vacanza è? Ecco, allora, il libro<br />

da po<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questo scaffale: l’intramontabile<br />

e bulimico Simenon, che ha imparato<br />

da Céline – che peraltro ricambiava la stima<br />

– il gusto <strong>di</strong> sondare perversioni e bassezze<br />

dell’animo umano, ma con scrittura<br />

assai più piana, me<strong>di</strong>a e scorrevolissima.<br />

L’Orfeo che compie questa <strong>di</strong>scesa agli<br />

inferi con perpetua risalita è manco a <strong>di</strong>rlo<br />

il commissario Maigret, il cui immane corpus<br />

<strong>di</strong> opere nelle quali fa la parte del leone<br />

viene e<strong>di</strong>to da Adelphi volumetto per<br />

volumetto come un <strong>di</strong>stillato <strong>di</strong> lusso.<br />

Questa volta la vicenda, che interessa sì<br />

ma pure per come è scritta e tirata per le<br />

lunghe, ha a che vedere con un tizio che si<br />

occupa <strong>di</strong> treni giocattolo e con la moglie<br />

del suddetto che lo vorrebbe – ma è vero?<br />

ma perché poi? – anzitempo nella tomba.<br />

Stare stravaccati sulla rena o su ameni<br />

praticelli montani rovellandosi – e <strong>di</strong>vertendosi<br />

– attorno alla rara moralità del<br />

francese produrrà lieti frutti. D.B.


6 IL DOMENICALE FINESTRE APERTE SABATO 5/12 AGOSTO 2006<br />

M<br />

I<br />

i trovavo in un’altra fase<br />

dell’esistenza. Ero libero<br />

dai limiti del Tempo, e in<br />

una relazione nuova con<br />

lo Spazio.<br />

Tale è la povertà della lingua inglese<br />

che io sono costretto a usare il tempo<br />

passato nelle mie descrizioni. Potremmo<br />

avere un verbo tale da avere molte forme<br />

in<strong>di</strong>fferenti al tempo, ma non l’abbiamo.<br />

Mi accadde <strong>di</strong> osservare, in queste<br />

con<strong>di</strong>zioni, il moto <strong>di</strong> parecchi sistemi<br />

solari tutti insieme. È affascinante vedere<br />

ogni loro parte con uguale chiarezza,<br />

soprattutto quando si è stufi, come me,<br />

<strong>di</strong> lenti e obiettivi, <strong>di</strong> rifrazione, colori<br />

prismatici e congegni acromatici. Il piacere<br />

<strong>di</strong> non avere praticamente <strong>di</strong>stanze,<br />

<strong>di</strong> fare a meno <strong>di</strong> questi ingombranti telescopi,<br />

e allo stesso tempo <strong>di</strong> non aver<br />

nulla <strong>di</strong> troppo piccolo da non poter essere<br />

osservato, <strong>di</strong> eliminare i microscopi,<br />

fasti<strong>di</strong>osi se non ingombranti, può <strong>di</strong>fficilmente<br />

essere descritto in una lingua fisica<br />

o materiale come la nostra.<br />

Nel momento da me descritto, avevo<br />

deliberatamente limitato la mia osservazione<br />

a circa venti o trentamila sistemi<br />

solari, scegliendo quelli che, quando andavo<br />

a scuola sulla Terra, mi erano stati<br />

più vicini. Niente è piú bello che guardare<br />

il movimento, in rapporti perfettamente<br />

armoniosi, dei pianeti attorno al<br />

loro centro, dei satelliti attorno ai loro<br />

pianeti, dei soli, con i loro pianeti e satelliti,<br />

attorno al loro centro, e <strong>di</strong> questi attorno<br />

ai loro centri. E per persone che<br />

hanno amato la Terra quanto me, e che,<br />

mentre erano a scuola lí, hanno stu<strong>di</strong>ato<br />

altri mon<strong>di</strong> e stelle, allora <strong>di</strong>stanti, con<br />

tanta attenzione quanto me, nulla, a mio<br />

parere, è più affascinante che osservare<br />

contemporaneamente queste azioni e<br />

interazioni, che vedere le comete passare<br />

da un sistema all’altro, scaldandosi al<br />

calore <strong>di</strong> un sole ora bianco, ora multicolore:<br />

vedere la gente <strong>di</strong> questi mon<strong>di</strong> mutare<br />

abiti e abitu<strong>di</strong>ni col mutare della lu-<br />

Limitai il mio stu<strong>di</strong>o<br />

a circa ventimila<br />

sistemi solari. Era a<br />

<strong>di</strong>r poco emozionante<br />

ce e ascoltare le loro curiose <strong>di</strong>scussioni<br />

quando giustificano il nuovo e mettono<br />

in ri<strong>di</strong>colo il vecchio.<br />

Mi ci volle un certo sforzo per adattarmi<br />

ai vecchi punti <strong>di</strong> vista. Ma avevo<br />

un Mentore così amabile e così paziente,<br />

il cui livello era infinitamente superiore<br />

al mio. Lui sapeva quanto io amassi la<br />

Terra, e, se ce ne fosse stato bisogno, si<br />

sarebbe dato da fare fino all’ultimo per<br />

adattarmi al caro vecchio punto <strong>di</strong> vista.<br />

Non ci fu nessun bisogno <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> sforzi,<br />

tuttavia. Era lì, proprio come mi aveva<br />

detto. Mi trovavo sul vecchio piano della<br />

vecchia eclittica. E <strong>di</strong> nuovo vi<strong>di</strong> il mio<br />

caro vecchio Orione e l’Orsa e le Pleia<strong>di</strong> e<br />

Corona e tutto il resto, come se non avessi<br />

mai visto altre figure formate dalle<br />

stesse stelle quando avevo altri punti <strong>di</strong><br />

osservazione.<br />

Ma quello che vi devo raccontare è<br />

solo una cosa.<br />

Il mio Custode ed io – senza la seccatura<br />

del tempo – stavamo osservando<br />

quei piccoli sistemi mentre i cari piccoli<br />

mon<strong>di</strong> ruotavano così regolarmente e<br />

graziosamente. Bene, era come ai vecchi<br />

tempi, quando prendevo un po’ d’acqua<br />

sulla punta <strong>di</strong> un ago e lo ponevo nel<br />

campo del mio microscopio <strong>di</strong> precisione.<br />

Suppongo, come ho detto, che allora<br />

parecchie migliaia <strong>di</strong> sistemi solari fossero<br />

lì alla mia portata contemporaneamente,<br />

solo che le parole «allora», «lì» e<br />

«contemporaneamente» hanno un significato<br />

<strong>di</strong>verso quando ci si trova in questi<br />

nuovi rapporti <strong>di</strong> spazio e tempo. Dovevo<br />

solo scegliere l’epoca da osservare. E<br />

<strong>di</strong> qualunque mondo io avevo una visione<br />

ugualmente chiara; sì, del rossore sulla<br />

guancia <strong>di</strong> una fanciulla sul pianeta<br />

Nettuno, mentre sedeva sola nel suo salottino,<br />

avevo una visione chiara quanto<br />

del balenare <strong>di</strong> una cometa che attraversava<br />

una dozzina <strong>di</strong> sistemi, e indugiava<br />

civettando con una dozzina <strong>di</strong> soli.<br />

❧<br />

II<br />

Nell’esperienza che descrivo, avevo<br />

la possibilità <strong>di</strong> scegliere sia le epoche<br />

che i luoghi. Credo che stu<strong>di</strong>osi e uomini<br />

<strong>di</strong> gusti eru<strong>di</strong>ti non si meraviglieranno<br />

quando <strong>di</strong>rò che, nel guardare la nostra<br />

cara vecchia Terra, dopo essermi intrattenuto<br />

per un momento con la storia del<br />

Nord America, per <strong>di</strong>eci o ventimila anni,<br />

io mi volsi a quella piccola terra singolare,<br />

quella lingua <strong>di</strong> terra tra l’Asia e<br />

l’Africa e quel misterioso angolo della Siria<br />

che è a nord. Terra Santa, la chiamano,<br />

e non c’è da meravigliarsene. E credo,<br />

inoltre, che nessuno si meraviglierà<br />

che io abbia scelto proprio il momento in<br />

cui una grande carovana <strong>di</strong> mercanti attraversava<br />

l’istmo – si erano già inoltrati<br />

sul versante egiziano – conducendo con<br />

loro un giovane <strong>di</strong> bell’aspetto, comprato<br />

appena uno o due giorni prima, per<br />

portarlo a sud, al mercato degli schiavi <strong>di</strong><br />

On, in Egitto.<br />

Questo giovane avvenente era Jussuf<br />

Ben Yacoub, o, come <strong>di</strong>ciamo noi, Giuseppe,<br />

figlio <strong>di</strong> Giacobbe. Era bello, del<br />

tipo più nobile <strong>di</strong> bellezza ebraica. Poteva<br />

avere 18 o 19 anni; non sono abbastanza<br />

istruito da sapere la sua età esatta.<br />

Era la mattina presto. Ricordo perfino<br />

la freschezza dell’aria mattutina, e lo<br />

squisito color madreperla del cielo. Vedevo<br />

ogni dettaglio e avevo il cuore in gola<br />

mentre osservavo la scena.<br />

La notte era stata molto calda, e i bor<strong>di</strong><br />

delle tende erano rialzati. Il bel giovane<br />

giaceva con i polsi tenuti insieme da<br />

una corda <strong>di</strong> pelo <strong>di</strong> cammello, che lo legava<br />

al braccio <strong>di</strong> un grande arabo che<br />

somigliava, per quello che mi ricordo, a<br />

Falco Nero della tribù delle Volpi. Giuseppe<br />

stava seduto per terra, con le mani<br />

così vicine l’una all’altra che la corda<br />

non si muoveva ai suoi movimenti. Poi,<br />

con un singolare gioco <strong>di</strong> abilità che non<br />

riuscii a seguire, e con uno strappo che<br />

dev’essere stato doloroso per lui, si girò e<br />

cambiò la forma del nodo nella corda.<br />

Con un abile morso degli incisivi allentò<br />

la stretta. Mordeva, e mordeva e mordeva.<br />

Evviva! Il nodo è sciolto e il ragazzo è<br />

libero da quell’uomo grande e goffo che<br />

russa al suo fianco. Ancora un istante ed<br />

è fuori; con leggerezza, scivola tra le funi<br />

delle tende, giù per il viale; ora è arrivato<br />

all’ua<strong>di</strong> che si stende arido lungo il fianco<br />

ovest dell’accampamento: altri cinquecento<br />

metri lo porteranno all’altro lato<br />

<strong>di</strong> Cheril-el-bar (la parete <strong>di</strong> roccia che<br />

corre giù dalle montagne verso ovest) e<br />

sarà libero. In quel momento, due cagnetti<br />

rabbiosi, spuntati dall’unica tenda<br />

isolata – che gli Arabi chiamano la tenda<br />

del capocarovana –, balzarono <strong>di</strong>etro <strong>di</strong><br />

lui, ringhiando e abbaiando.<br />

Il valoroso ragazzo si girò e, come<br />

avesse il sangue stesso <strong>di</strong> Davide nelle<br />

vene, e con la precisione dell’occhio <strong>di</strong><br />

Davide, scagliò una pesante pietra sul<br />

primo bastardo, così abilmente da colpirlo<br />

alla spina dorsale azzittendolo per<br />

sempre, come avrebbe potuto fare una<br />

pallottola.<br />

L’altro cagnaccio, spaventato, rimase<br />

fermo e abbaiò più ferocemente <strong>di</strong><br />

prima.<br />

Era una situazione insopportabile.<br />

Bastava che io facessi a pezzi quel bastardo<br />

che guaiva e il giovane Giuseppe<br />

sarebbe stato libero e, entro quarantotto<br />

ore, avrebbe riabbracciato il padre. I suoi<br />

fratelli sarebbero stati liberi dal rimorso,<br />

e il mondo...<br />

E il mondo?<br />

❧<br />

III<br />

Senza che nessuno mi vedesse, tesi il<br />

mio <strong>di</strong>to verso il cane, quando il mio Custode,<br />

che osservava la scena con la stessa<br />

mia attenzione, <strong>di</strong>sse: «No. Sono tutti<br />

consapevoli e tutti liberi. Sono suoi figli,<br />

come noi. Tu ed io non dobbiamo interferire,<br />

a meno che non sappiamo quello<br />

che facciamo. Vieni, e ti farò vedere».<br />

Mi fece girare nella regione che gli<br />

astronomi chiamano la regione senza<br />

stelle e mi mostrò lì un’altra serie – una<br />

serie immensa e assolutamente incalcolabile<br />

<strong>di</strong> sistemi – che in quel momento<br />

sembrava uguale a quella che avevamo<br />

osservato subito prima.<br />

«Ma non sono gli stessi – <strong>di</strong>sse il mio<br />

Custode, prontamente.<br />

– Vedrai che non sono gli stessi. In effetti,<br />

non so neanche io a cosa servono, a<br />

meno che... talvolta penso che esistano<br />

perché tu e io impariamo da loro. Lui è<br />

cosi generoso. E io non l’ho mai chiesto.<br />

Non lo so».<br />

Intanto, era assorto a cercare qualcosa<br />

tra i sistemi, e alla fine lo trovò. Me<br />

lo in<strong>di</strong>cò, e vi<strong>di</strong> un sistema simile in tutto<br />

al nostro caro vecchio sistema, e un<br />

mondo proprio come il nostro caro vecchio<br />

mondo. Lo stesso Sud America a<br />

forma <strong>di</strong> orecchio, la stessa Africa a forma<br />

<strong>di</strong> coscia <strong>di</strong> montone, lo stesso Mar<br />

Me<strong>di</strong>terraneo a forma <strong>di</strong> violino, lo stesso<br />

stivale dell’Italia, lo stesso triangolo<br />

della Sicilia. Erano tutti là. «Ora – egli<br />

<strong>di</strong>sse – qui puoi fare i tuoi esperimenti.<br />

Qui è tutto nuovo; nessuno l’ha toccato.<br />

Solo, questi qui non sono Suoi figli, sono<br />

soltanto degli esseri viventi. Non<br />

hanno consapevolezza, sebbene così<br />

sembri. Tu non farai loro del male, qualunque<br />

cosa tu faccia: essi non sono liberi.<br />

Prova qui col tuo cane morto, e ve<strong>di</strong><br />

cosa accadrà».<br />

In quale pianeta viviamo veramente? E siamo noi a vivere o ci vive il perfezionato<br />

simulacro <strong>di</strong> qualcuno che in realtà sta altrove? Dice il saggio, «non una goccia <strong>di</strong> pioggia<br />

cade senza essere bilanciata da un granello <strong>di</strong> polvere sull’altro lato dell’universo».<br />

E infatti ecco il grigio madreperla della<br />

bella mattina; quel vecchio omone<br />

goffo <strong>di</strong> un arabo che russava nella sua<br />

tenda; il bel giovane nella valle arida, lo<br />

ua<strong>di</strong>; ed ecco il cane morto – proprio com’era<br />

successo – e l’altro cane che ringhiava<br />

e guaiva. Lo spazzai via, come ho<br />

spesso spazzato via un pidocchio verde<br />

da un cespuglio <strong>di</strong> rose; tutto era <strong>di</strong> nuovo<br />

silenzioso e il giovane Giuseppe si<br />

voltò e prese a correre.<br />

Quel vecchio omone <strong>di</strong> un arabo non<br />

si svegliò. Il capocarovana non fece altro<br />

che girarsi nel letto. Il ragazzo superò<br />

l’angolo <strong>di</strong> Cheril-el-bar con attenzione,<br />

si guardò solo un attimo in<strong>di</strong>etro per accertarsi<br />

<strong>di</strong> non essere seguito; poi, con la<br />

velocità <strong>di</strong> un’antilope, continuò la sua<br />

corsa. Ma non ce n’era bisogno: aveva<br />

due ore <strong>di</strong> vantaggio prima che qualcuno<br />

si muovesse nel campo dei Ma<strong>di</strong>aniti.<br />

Poi, ecco un breve allarme. I cani morti<br />

erano stati trovati e si u<strong>di</strong>rono imprecazioni<br />

generali, cosa che mostrava come i<br />

Ma<strong>di</strong>aniti <strong>di</strong> quel periodo fossero fatalisti<br />

quanto gli Arabi <strong>di</strong> oggi. Ma nessuno<br />

pensò <strong>di</strong> fermarsi un attimo per uno<br />

Questo giovane assai<br />

avvenente era Jussuf<br />

Ben Yacoub, o meglio,<br />

Giuseppe <strong>di</strong> Giacobbe<br />

schiavo in più o in meno. Il pigrone che<br />

russava e che lo aveva lasciato scappare<br />

fu frustato per la sua negligenza, e la carovana<br />

proseguì.<br />

E Giuseppe? Dopo aver corso per<br />

un’ora, raggiunse l’acqua e fece il bagno.<br />

Ora poteva aprire la sua borsa e mangiare<br />

un pezzo <strong>di</strong> pane nero. Continuava a<br />

guardarsi intorno; non correva più, ma<br />

camminava, con il passo fermo e sicuro<br />

<strong>di</strong> un pioniere o <strong>di</strong> un esperto cacciatore.<br />

Quella notte dormì tra due rocce sotto un<br />

albero <strong>di</strong> terebinto, dove neanche un falco<br />

lo avrebbe scorto. Il giorno seguente si<br />

incamminò per i sentieri lungo la collina,<br />

come se avesse gli occhi <strong>di</strong> una lince e le<br />

zampe <strong>di</strong> una capra. Verso notte, raggiunse<br />

un accampamento; sembrava appartenere<br />

a un eminente sceicco.<br />

Non c’era nulla, qui, della sor<strong>di</strong>dezza<br />

<strong>di</strong> quei trafficanti girovaghi, i Ma<strong>di</strong>aniti<br />

figli del deserto! Tutto mostrava il<br />

lusso orientale e anche una certa stabilità.<br />

Ma si sentivano dei gemiti, e, avvicinandosi,<br />

si poteva vedere da dove provenivano.<br />

Una lunga processione <strong>di</strong> donne<br />

si percuoteva le braccia, con i lamenti<br />

più dolorosi, e cantando – o, se preferite,<br />

urlando – nei toni dell’agonia più straziante.<br />

Leah e Bilhah e Zilpah condussero<br />

la processione per tre volte attorno alla<br />

tenda del vecchio Giacobbe. Lì, come<br />

prima, le tende erano rialzate e potei vedere<br />

il vecchio accovacciato al suolo e lo<br />

splen<strong>di</strong>do mantello o scialle, dove perfino<br />

gran<strong>di</strong> macchie nere <strong>di</strong> sangue non<br />

nascondevano lo splendore della lavorazione<br />

variopinta, appeso davanti a lui sul<br />

paletto della tenda, come se non potesse<br />

rassegnarsi a metterlo via.<br />

Giuseppe balzò agilmente dentro la<br />

tenda. «Padre mio, sono qui!»<br />

Che grido <strong>di</strong> gioia! Che esclamazioni<br />

<strong>di</strong> giubilo! Quante lo<strong>di</strong> a Dio! Quale sollecito<br />

chiedersi e rispondersi! La strana<br />

processione <strong>di</strong> donne sentì il grido, e<br />

Leah, Zilpah e Bilhah si precipitarono<br />

nel luogo dell’incontro. Un momento ancora,<br />

e Judah dalla sua tenda e Reuben<br />

dalla propria guidavano la fila dei falsi<br />

fratelli. Giuseppe si girò e afferrò la mano<br />

<strong>di</strong> Judah. Lo sentii bisbigliare: «Non una<br />

parola. Il vecchio non sa nulla. Non c’è<br />

bisogno che sappia».<br />

Il vecchio fece uccidere un vitello<br />

grasso. Mangiarono e bevvero e furono<br />

contenti; per un attimo mi sentii come se<br />

non fossi vissuto invano.<br />

❧<br />

IV<br />

E questo stato d’animo durò per alcuni<br />

anni della loro vita. Veramente, come<br />

ho detto, erano anni che passavano<br />

in un baleno. Stavo a guardare e godevo<br />

<strong>di</strong> loro con quello stesso piacere con cui<br />

ci si sofferma sull’ultima pagina <strong>di</strong> un romanzo<br />

incantevole, dove tutto è primavera,<br />

sole splen<strong>di</strong>do, dolcezza e felicità.<br />

E avevo la confortante sensazione che<br />

tutto fosse opera mia. Come ero stato<br />

bravo a ridurre quel cane in polpette! Ed<br />

era davvero una brutta bestia! Nessuno<br />

avrebbe potuto volergli bene. Sebbene<br />

tutto ciò avvenisse in un baleno, tuttavia<br />

provavo un piacevole fremito <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione<br />

personale. Poi, le cose cominciarono<br />

a incupirsi, e cominciarono i ripensamenti.<br />

Giacobbe <strong>di</strong>ventava sempre più vecchio.<br />

Lo potevo vedere dal modo in cui rimaneva<br />

nell’accampamento mentre gli<br />

altri conducevano i loro affari. E poi,<br />

un’estate dopo l’altra, vi<strong>di</strong> il grano appassire<br />

e una specie <strong>di</strong> bufera abbattersi<br />

sugli olivi; pareva si fossero <strong>di</strong>ffuse la pestilenza<br />

tra il bestiame, e <strong>di</strong>sgrazie senza<br />

fine tra pecore e capre.<br />

Potevo vedere l’aspetto preoccupato<br />

dei do<strong>di</strong>ci fratelli, e anche i loro <strong>di</strong>scorsi<br />

erano molto tetri. Gran<strong>di</strong> mandrie <strong>di</strong><br />

cammelli ridotti a scheletri malconci,<br />

buoni a nulla, pastori che tornavano dalla<br />

regione dei laghi conducendo tre o<br />

quattro misere pecore, riferendo che era<br />

tutto ciò che rimaneva <strong>di</strong> tre-quattromila<br />

capi! Le cose cominciarono a farsi incerte,<br />

perfino nell’accampamento. Le<br />

donne piangevano e, alla fine, i fratelli<br />

tennero una grande riunione con i capi<br />

dei pastori, i cammellieri e i padroni <strong>di</strong><br />

cavalli, per sapere cosa si dovesse fare<br />

per nutrire le bestie e anche per fornire il<br />

cibo alla gente.<br />

Mi era andata così bene col cane che<br />

ero tentato <strong>di</strong> gridare, nel mio miglior<br />

caldeo: «L’Egitto! Perché non andate in<br />

Egitto? Lì c’è abbondanza <strong>di</strong> grano». Ma<br />

appena guardai l’Egitto, mi accorsi che<br />

la situazione era ancora peggiore che attorno<br />

alle tende <strong>di</strong> Giacobbe. Le inondazioni<br />

erano mancate anno dopo anno.<br />

Era stata tentata qualche misera irrigazione,<br />

ma fare affidamento su dei piccoli<br />

giar<strong>di</strong>ni innaffiati era come nutrire le<br />

schiere d’Egitto <strong>di</strong> erba pepe e ravanelli.<br />

«Ma i granai – <strong>di</strong>ssi io – dove sono i granai?»<br />

Granai? Non c’erano granai. Tutto<br />

per colpa <strong>di</strong> una cricca <strong>di</strong> imbecilli che<br />

governava l’Egitto in quel momento.<br />

Avevano avuto buoni raccolti un anno<br />

dopo l’altro, e anche per molti anni, ma<br />

avevano sprecato la buona sorte, come,<br />

per quanto ne so, altre nazioni. Diamine,<br />

potevo vedere il luogo in cui avevano<br />

bruciato tutto il grano <strong>di</strong> un’annata per<br />

far posto al raccolto più recente dell’an-<br />

no dopo. Non c’era stato un Giuseppe figlio<br />

<strong>di</strong> Giacobbe a pre<strong>di</strong>sporre la conservazione<br />

del raccolto in quegli anni <strong>di</strong> abbondanza.<br />

L’uomo che avevano come<br />

capo era un <strong>di</strong>lettante svagato, il quale<br />

era impegnato nel restauro <strong>di</strong> alcune<br />

vecchie sculture <strong>di</strong> duecentocinquanta<br />

anni prima. E, in breve, i conta<strong>di</strong>ni e gli<br />

Egizi della casta superiore stavano tutti<br />

morendo <strong>di</strong> fame. Quello era, come cominciavo<br />

a pensare un po’ a <strong>di</strong>sagio, ciò<br />

che avevo causato quando avevo puntato<br />

il <strong>di</strong>to sul cagnaccio giallo ringhioso<br />

della sentinella ma<strong>di</strong>anita.<br />

Be’, è una lunga storia, e neanche<br />

piacevole; sebbene, come ho detto, mentre<br />

io e il mio compagno stavamo a guar-<br />

dare, tutto avveniva in un baleno, potrei<br />

anche <strong>di</strong>re in meno <strong>di</strong> un baleno. La gloria<br />

e il benessere degli accampamenti dei<br />

figli <strong>di</strong> Giacobbe svanirono. Tutto <strong>di</strong>venne,<br />

in pratica, una lotta serrata contro la<br />

carestia. Invece <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> lieti, ricchi,<br />

agiati proprietari <strong>di</strong> pascoli, con migliaia<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenti e un numero incalcolabile<br />

<strong>di</strong> cammelli, cavalli, buoi e pecore,<br />

ecco davanti ai miei occhi pochi vagabon<strong>di</strong>,<br />

scarni e mezzi morti <strong>di</strong> fame, che<br />

vivevano della selvaggina che riuscivano<br />

a uccidere in una caccia fortunata, e<br />

che talvolta si riducevano a mangiare cavallette<br />

o il miele degli alberi.<br />

Quello che mi addolorava <strong>di</strong> più era<br />

vedere quelle brave persone catturate,<br />

una dopo l’altra, dalle brutali guarnigio-<br />

GIÙ<br />

un racconto <strong>di</strong> Edward Eve<br />

Mi addolorava vedere<br />

quelle buone persone<br />

razziate e depredate<br />

dalle genti <strong>di</strong> Canaan<br />

ni delle città <strong>di</strong> Canaan. Solo il cielo sa da<br />

dove vennero questi <strong>di</strong>avoli o come se la<br />

cavarono con la carestia. Ma eccoli lì,<br />

nelle loro fortezze, a vivere, appunto, come<br />

<strong>di</strong>avoli, con abitu<strong>di</strong>ni così bestiali<br />

che non insu<strong>di</strong>cierò questi fogli con esse,<br />

e con una sorta <strong>di</strong> abilità che ancora chiamiamo<br />

«<strong>di</strong>abolica», cosicché non mi meraviglio<br />

che siano stati chiamati «adoratori<br />

del <strong>di</strong>avolo» in tutta la letteratura che<br />

conosco.<br />

Ricordo come fui <strong>di</strong>sgustato quando<br />

li vi<strong>di</strong> attraversare la regione del Nilo con<br />

le loro navi ed eliminare, dal primo all’ultimo,<br />

gli Egizi sopravvissuti alla carestia.<br />

Allo stesso modo, ho visto uno sciame <strong>di</strong><br />

insetti posarsi su un rosaio e <strong>di</strong>struggerlo<br />

in un’ora o due. Questa fu la fine dell’Egitto.<br />

Poi guardai, con un interesse ora<br />

privo <strong>di</strong> allegria, la colonia <strong>di</strong> Didone,<br />

mentre navigava con un immenso equipaggio<br />

<strong>di</strong> Cananei adoratori <strong>di</strong> Moloc, i<br />

loro riti, le loro abitu<strong>di</strong>ni bestiali, e fondava<br />

Cartagine. Fu interessante vedere il<br />

povero Enea che vagava per il Me<strong>di</strong>terraneo,<br />

mentre Didone e la sua gente se la<br />

passavano così bene – o cosi pensavano<br />

– sulla riva africana.<br />

Ammetterò che adesso ero piuttosto<br />

in ansia. Non solo per quello che si vedeva<br />

– una grande e sfarzosa città – sui pen<strong>di</strong>i<br />

del monte Moria e Sion. Ma mi faceva<br />

star male vedere certi riti, e mi tappavo le<br />

orecchie piuttosto che sentire quei canti.<br />

O Dio! Le grida <strong>di</strong> quei poveri bambini<br />

mentre, a centinaia, venivano bruciati<br />

vivi a Hinnom, e le loro madri danzavano<br />

e urlavano presso i fuochi! Ancora<br />

adesso non posso parlarne. Non potevo<br />

sopportarne la vista a lungo. Ma altrove<br />

la situazione non era migliore. Provai<br />

con la Grecia, ma fu inutile. Quando cercai<br />

l’arrivo <strong>di</strong> Danao con le opere d’arte e<br />

la cultura egiziana – Toonth, penso lo<br />

chiamassero in Egitto – <strong>di</strong>amine, non


SABATO 5/12 AGOSTO 2006<br />

Vicenda <strong>di</strong> un vigoroso scrittore d’oltreoceano che simula <strong>di</strong> vagare per gli spazi celesti<br />

libero da qualsiasi limite temporale. E comprende che non tutto, nel cosmo intero,<br />

è retto dall’amore universale. Ovvero, favola con retrogusto sapienziale che non guasta<br />

LE MANI<br />

rett Hale<br />

c’era nessun Toonth e nessuna opera<br />

d’arte egiziana, perché quei bruti <strong>di</strong> Cananei<br />

avevano ripulito l’Egitto. I Pelasgi<br />

erano in Grecia, e in Grecia rimasero. Costruivano<br />

gran<strong>di</strong> mura – non capivo perché<br />

– ma vivevano in baracche che<br />

avrebbero fatto storcere il naso a un rispettabile<br />

Apache, e, secolo dopo secolo,<br />

costruivano e vivevano sempre nelle<br />

stesse capanne. «Riguardo alle buone<br />

maniere, non ne avevano, e le loro abitu<strong>di</strong>ni<br />

erano a <strong>di</strong>r poco ripugnanti». Quando<br />

venne l’ora <strong>di</strong> Cadmo, non ci fu nessuna<br />

occasione per lui. Forse egli arrivò,<br />

forse no. Tutto quello che so, è che l’invasione<br />

molochita dell’Egitto aveva cancellato<br />

integralmente l’alfabeto e le sue<br />

lettere, e che, se Cadmo ci fu, egli era meno<br />

progre<strong>di</strong>to dei Pelasgi tra i quali sbarcò.<br />

In verità tutta la Grecia era in una tale<br />

confusione che mi ripugnava seguire la<br />

sua grossolana stupi<strong>di</strong>tà e le selvagge<br />

scorrerie che gli abitanti delle valli compivano<br />

contro i vicini. Ecco cosa avevo<br />

fatto per loro quando avevo ridotto in<br />

polpette quel piccolo cane giallo con tanta<br />

<strong>di</strong>sinvoltura.<br />

Enea e la sua gente sembravano fare<br />

qualche progresso, all’inizio. Potevo vedere<br />

le sue navi, con le foglie ver<strong>di</strong> che<br />

ancora crescevano sull’albero maestro,<br />

uscire <strong>di</strong> fretta dal porto <strong>di</strong> Didone. Vi<strong>di</strong><br />

il povero Palinuro cadere. Vi<strong>di</strong> Ascanio e<br />

gli altri mangiare le proprie mense. Era<br />

abbastanza strano sentire i vecchi versi<br />

semi<strong>di</strong>menticati <strong>di</strong> Dryden – che conosco<br />

molto meglio <strong>di</strong> Virgilio, per mia vergogna<br />

– tornarmi alla mente, mentre il<br />

povero Niso implorava la salvezza per<br />

l’amico, la povera Camilla moriva <strong>di</strong>ssanguata<br />

e Turno lottava inutilmente<br />

con tutte le sue forze. Sì, vedevo Romolo<br />

e tutti gli altri, proprio com’è nel volumetto<br />

<strong>di</strong> storia <strong>di</strong> Harry e Lucy. Mi consolai<br />

con Bruto; chiusi gli occhi quando<br />

la nobile Lucrezia si pugnalò; e il rapido<br />

stereoscopio – perché veramente cominciavo<br />

a pensare che fosse uno stereoscopio<br />

– <strong>di</strong>ventava sempre più affascinante,<br />

fino ad arrivare alla seconda<br />

guerra punica.<br />

Poi mi sembrò come se quel maledetto<br />

cane giallo ricomparisse. Non che lo<br />

vedessi, naturalmente. Non lui! Le sue<br />

ossa e la sua pelle erano state rose dagli<br />

sciacalli un migliaio <strong>di</strong> anni prima. Ma il<br />

male che i cani fanno sopravvive a loro; e<br />

quando vi<strong>di</strong> l’ansia sul volto <strong>di</strong> Scipione<br />

Vi<strong>di</strong> i violenti<br />

adoratori del Moloch,<br />

vi<strong>di</strong> la fine <strong>di</strong> Roma,<br />

la <strong>di</strong>struzione estrema<br />

– non lo chiamavano l’Africano –, e scorsi<br />

piccole riunioni private <strong>di</strong> virili nobili<br />

romani, e li sentii calcolare le loro risorse<br />

in declino, e paragonarle alle forze<br />

schiaccianti <strong>di</strong> Cartagine, be’, vi <strong>di</strong>co che<br />

mi sentii male.<br />

Vedete, Cartagine era semplicemente<br />

un avamposto <strong>di</strong> tutta quella marmaglia<br />

molochita dell’est. Nella storia a cui<br />

sono abituato, il Levante <strong>di</strong> allora era <strong>di</strong>viso<br />

tra l’Egitto e la Grecia, e ciò che rimaneva<br />

dell’impero <strong>di</strong> Alessandro. Ma<br />

in questo sistema – del cane-giallo – <strong>di</strong><br />

cui ero responsabile, era tutto un susseguirsi<br />

brutale <strong>di</strong> adoratori <strong>di</strong> Moloch, eccetto<br />

quei Pelasgi, <strong>di</strong> cui vi ho detto, in<br />

Grecia, che nell’equilibrio delle potenze<br />

non contavano più <strong>di</strong> quanto gli In<strong>di</strong>ani<br />

Diggers contino nell’equilibrio attuale.<br />

Era questo che rendeva il povero Scipione<br />

e gli altri così scoraggiati. E ce n’era<br />

motivo. Io, che vedevo tutto l’insieme<br />

Un uomo, valicando<br />

epoche e luoghi, decide<br />

<strong>di</strong> metterci del suo<br />

in un ameno mondo<br />

parallelo. Ne scaturirà<br />

la più devastante delle<br />

apocalissi, coinvolgendo<br />

l’Egitto, la Grecia<br />

e gli antichi romani.<br />

Dal racconto <strong>di</strong><br />

fantascienza si passa<br />

all’orrore più puro<br />

in vorticoso passo<br />

<strong>di</strong> danza. Ma la morale,<br />

come al solito, salverà<br />

capra e cavoli. Almeno<br />

fino a un certo limite<br />

Friedrich Overbeck (1789-1869):<br />

Giuseppe venduto dai suoi fratelli, 1817,<br />

da Casa Bartholdy a Roma, Berlino,<br />

Nationalgalerie © 2005. Foto Scala,<br />

Firenze/Bildarchiv Preussischer Kulturbesitz,<br />

Berlin Archivio Scala<br />

(solo che, come ho spiegato, le cose erano<br />

sconnesse), potevo vedere Annibale,<br />

con al seguito tutte le potenze del Me<strong>di</strong>terraneo<br />

eccetto l’Italia, abbattersi sui<br />

Romani e schiacciarli con la stessa facilità<br />

con cui avevo annientato il cagnaccio.<br />

No, non così facilmente, perché i Romani<br />

combattevano come furie.<br />

Piombarono nel porto <strong>di</strong> Cartagine<br />

con le loro navi incen<strong>di</strong>arie e bruciarono<br />

la flotta. Inviarono una squadra anche<br />

nel porto <strong>di</strong> Sidone, e bruciarono mezza<br />

città. Ma non servì a nulla: gli eserciti furono<br />

battuti uno dopo l’altro; la flotta fu<br />

affondata, una nave dopo l’altra, dalle<br />

gran<strong>di</strong> triremi dei cartaginesi. Ahimè! Ricordo<br />

il sartiame <strong>di</strong> una nave ammiraglia<br />

fatto coi capelli delle matrone romane.<br />

Ma era l’unica. Se fosse stato canapa <strong>di</strong><br />

Manila o filo <strong>di</strong> ferro non avrebbe resistito,<br />

quando quel brutale ammiraglio <strong>di</strong> Sidone<br />

la speronò coi suoi cento rematori.<br />

Quella battaglia fu la fine <strong>di</strong> Roma. Per<br />

prima cosa, i bruti la bruciarono. Abbatterono<br />

perfino le mura dei templi. Passarono<br />

con l’aratro ovunque fosse possibile.<br />

I ragazzi e le ragazze ancora troppo<br />

giovani per combattere vennero ridotti<br />

in schiavitù, e quella fu la fine. Tutti gli<br />

altri erano morti sul campo <strong>di</strong> battaglia, o<br />

annegati in mare.<br />

E così il Molochismo regnò un secolo<br />

dopo l’altro. Proprio così: due secoli in<br />

tutto. Che regno fu! Lussuria, brutalità,<br />

terrore, crudeltà, strage, carestia, tormento,<br />

orrore. Se non parlo della morte,<br />

è perché la morte era una bene<strong>di</strong>zione,<br />

rispetto a una vita simile. Ora che non<br />

c’era nessuno da combattere, nessuno<br />

che avesse un’idea delle cose terrene o<br />

ultraterrene, quelle spade così affilate<br />

dovevano volgersi l’una contro l’altra.<br />

Non essendoci nessun Israele da abbattere,<br />

nessun Egitto né Iran né Grecia né<br />

Roma, Moloch e Canaan si rivolsero l’u-<br />

FINESTRE APERTE<br />

no contro l’altro e si <strong>di</strong>edero battaglia.<br />

Non chiedetemi <strong>di</strong> raccontarvi questa<br />

storia! Dove una bestia combatte un’altra<br />

bestia, non c’è storia degna <strong>di</strong> essere<br />

sentita o raccontata. La furia bruta non<br />

lascia nulla da descrivere. Uccidevano<br />

col veleno, facevano morire <strong>di</strong> fame, appiccavano<br />

fuoco; flagellavano e scorticavano<br />

e crocifiggevano; inventavano forme<br />

d’orrore tali che la nostra immaginazione,<br />

grazie a Dio, non sa figurarsi, e<br />

che la nostra lingua non sa descrivere. E<br />

per tutto questo tempo, la lussuria e ogni<br />

forma <strong>di</strong> pestilenza e malanno che da<br />

quella <strong>di</strong>pendono infuriarono come infuria<br />

il fuoco quando <strong>di</strong>vampa. I bambini<br />

nascevano sempre più raramente; e<br />

quando nascevano, sembravano già<br />

mezzi morti. E quelli che arrivavano ad<br />

essere uomini e donne – ma è quasi una<br />

profanazione usare queste parole – trasmettevano<br />

una bestialità indomita a<br />

quelli che venivano!<br />

Cento anni, come ho detto. Un numero<br />

sempre minore <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>sgraziati<br />

rimaneva al mondo. Potevo vedere campi<br />

<strong>di</strong>ventare giungle e foreste. Un incen<strong>di</strong>o<br />

<strong>di</strong>strusse Cartagine, un altro spazzò<br />

via On, e un altro pose fine a Sidone, e<br />

non ci fu né volontà né capacità <strong>di</strong> ricostruirla.<br />

Poi altri cento anni passarono,<br />

con orrori peggiori, se possibile, e in numero<br />

più grande. Il torrente della vita del<br />

Che regno fu quello!<br />

Lussuria, brutalità,<br />

terrore, strage. Sì, la<br />

morte era benedetta<br />

mondo continuò a scorrere a gocce, gocce<br />

grosse, con un rumoroso gorgoglio;<br />

gocce nere, anche, o rosse come il sangue.<br />

Meno uomini, e ancor meno donne,<br />

e tutti presi da un furore bestiale e dalla<br />

follia. La mano dell’uomo si alzava contro<br />

il fratello, come in un mondo <strong>di</strong> Caini,<br />

e tutto ciò accadeva perché non volevano<br />

accogliere Dio nella loro conoscenza.<br />

No, non descriverò quel mondo. Voi<br />

non me lo chiedete. E se me lo chiedeste,<br />

vi <strong>di</strong>rei: «No». Fatemi arrivare alla fine.<br />

I due secoli erano passati. Non rimaneva<br />

che una mandata <strong>di</strong> queste furie.<br />

Poi venne l’ultima generazione, e durò<br />

per altri trent’anni <strong>di</strong> assassini e <strong>di</strong> lotte.<br />

Alla fine – come mi sembrava strano –<br />

tutto quello che rimaneva erano due fazioni<br />

<strong>di</strong>seguali, ognuna delle quali aveva<br />

ancora il suo vessillo da combattimento,<br />

e una specie <strong>di</strong> uniforme, come fossero<br />

eserciti; ma solo quattro da un lato e nove<br />

dall’altro combattevano, come se il<br />

mondo non fosse stato abbastanza grande<br />

per entrambe, e si scontravano proprio<br />

in quella Siria dove avevo aiutato<br />

Giuseppe, figlio <strong>di</strong> Giacobbe, a gettare <strong>di</strong><br />

nuovo le braccia al collo <strong>di</strong> suo padre.<br />

Né, effettivamente, il luogo era molto<br />

lontano. Le rovine della città dei Gebusiti,<br />

fra le ultime roccaforti ad essere <strong>di</strong>strutte<br />

da uno <strong>di</strong> questi clan, erano vicine.<br />

Quella città era stata bruciata, ma le<br />

rovine fumavano ancora. Appena fuori<br />

c’era uno spazio aperto. Mi chiedo se<br />

avesse un aspetto fatale, lugubre, o era<br />

l’orrore del giorno a farmi pensare così?<br />

Ricordo una grande roccia a forma <strong>di</strong> teschio<br />

umano che spuntava dal suolo arido<br />

e grigio. Attorno a quella roccia quei<br />

dannati combattevano, quattro contro<br />

nove, nascondendosi <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> essa, ora<br />

da un lato, ora dall’altro, in quel giorno<br />

<strong>di</strong> aprile, sotto quel cielo nero.<br />

Uno è a terra! Due dell’altra fazione<br />

si inginocchiano su <strong>di</strong> lui, per strappargli<br />

l’ultimo respiro. Con un urlo <strong>di</strong> furore tre<br />

o quattro del suo gruppo, fracassando gli<br />

scu<strong>di</strong> sulle teste dei due, saltano su <strong>di</strong> loro;<br />

e posso vederne uno agitare l’ascia <strong>di</strong><br />

guerra sul suo capo, quando...<br />

Fu il metallo ad attrarre il lampo? Un<br />

frastuono! Una fiammata che mi abbagliò;<br />

quando aprii gli occhi gli ultimi bruti<br />

giacevano morti stecchiti sui lati della<br />

sinistra roccia del Calvario!<br />

❧<br />

V<br />

– Non essere turbato – <strong>di</strong>sse il mio<br />

Mentore. – Non hai fatto nulla.<br />

– Nulla? – gemetti. – Ho <strong>di</strong>strutto un<br />

mondo con la mia sventatezza.<br />

– Nulla – ripeté. – Ricorda ciò che ti<br />

ho detto: queste sono, come <strong>di</strong>re, ombre,<br />

forme in<strong>di</strong>stinte. Non sono Suoi figli. Sono<br />

solo forme che si comportano come se<br />

lo fossero, cosicché tu ed io possiamo vedere<br />

e imparare, forse cominciare a capire,<br />

anche se ciò supera la nostra comprensione.<br />

Mentre parlava, ricordo che mi lamentavo<br />

e mi <strong>di</strong>vincolavo come un bambino<br />

che piange. Ero sopraffatto dalla vista<br />

del danno che avevo causato. Non me<br />

ne davo pace.<br />

– Ascoltami – <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> nuovo. – Tu hai<br />

fatto, o volevi fare, solo ciò che tutti noi<br />

tentiamo, all’inizio. Volevi salvare il povero<br />

Giuseppe. Di che ti meravigli?<br />

– Certo che volevo salvarlo – singhiozzai.<br />

– Avrei potuto immaginarlo?<br />

Tu l’avresti immaginato?<br />

– No – egli <strong>di</strong>sse, con quel suo sorriso<br />

regale – no, non l’avrei immaginato, una<br />

volta, finché non feci anche io i miei<br />

esperimenti.<br />

E qui esitò. Forse pensava ai suoi<br />

esperimenti.<br />

Poi riprese, e il sorriso regale era ancora<br />

sul suo volto: - Lascia che ti spieghi.<br />

O lascia che provi. Volevi salvare il povero<br />

Giuseppe, lui solo.<br />

– Sì – <strong>di</strong>ssi – perché non avrei dovuto?<br />

– Perché non era solo; non poteva essere<br />

solo. Nessuno <strong>di</strong> loro era solo; nessuno<br />

<strong>di</strong> loro poteva essere solo. Diamine,<br />

sai da te che non una goccia <strong>di</strong> pioggia<br />

cade senza essere bilanciata da un granello<br />

<strong>di</strong> polvere sull’altro lato dell’universo.<br />

Come poteva Giuseppe vivere o<br />

morire da solo? Come poteva quel bruto<br />

a cui era incatenato vivere o morire da<br />

solo? Nessuno <strong>di</strong> loro era solo. Nessuno<br />

<strong>di</strong> noi è solo. Egli non è solo. Perfino Lui è<br />

in noi e noi siamo in Lui. Ma per gli uomini<br />

– e non è da molto, caro amico, che tu<br />

sei <strong>di</strong>ventato un uomo – l’unica cosa, per<br />

gli uomini, è tentare ciò che tu hai tentato.<br />

Non ho ancora conosciuto un uomo –<br />

e quanti ne ho conosciuti, grazie a Dio! –<br />

non ho ancora conosciuto un uomo che<br />

non volesse scegliere un Giuseppe da<br />

aiutare, come se il resto non contasse<br />

nulla, o come se il nostro Padre non avesse<br />

i suoi progetti.<br />

– Non ci riproverò mai più! – singhiozzai,<br />

dopo una lunga pausa.<br />

– Mai – <strong>di</strong>sse lui – è una parola lunga.<br />

Imparerai a non <strong>di</strong>re «mai». Ma ti <strong>di</strong>rò<br />

quel che farai. Quando cogli un barlume<br />

della vita in comune, quando scopri<br />

qual è il senso – devo <strong>di</strong>re del gioco o<br />

della legge? – in cui tutti loro e tutti noi,<br />

Lui in noi e noi in Lui, viviamo, allora,<br />

oh, è così bello intervenire e vivere per<br />

la comunità.<br />

Si fermò un minuto, e poi proseguì,<br />

Non hai fatto nulla,<br />

mi <strong>di</strong>sse. Ma se ho<br />

<strong>di</strong>strutto un mondo<br />

con la mia stupi<strong>di</strong>tà?<br />

dapprima esitando, come se temesse <strong>di</strong><br />

farmi male, ma poi risolutamente, come<br />

se fosse costretto a parlare:<br />

– Un’altra cosa che noto nella maggior<br />

parte degli uomini, sebbene non in<br />

tutti, è questa: essi non sembrano capire,<br />

all’inizio, che l’Idea è il tutto. Abramo<br />

aveva lasciato Ur piuttosto che avere a<br />

che fare con quella gentaglia: adoratori<br />

della Natura, penso che li chiamino. Come<br />

fu che non ti accorgesti che Giuseppe<br />

andava in Egitto con l’Idea? Poteva portare<br />

ciò che lì non avevano. E come hai<br />

potuto vedere, nell’altro luogo, senza <strong>di</strong><br />

essa, ebbene, il tuo mondo è morto.<br />

Poi ci voltammo e abbandonammo<br />

quell’orrendo mondo <strong>di</strong> fantasmi per<br />

tornare al nostro caro mondo reale. E<br />

questa volta mi misi a guardare il momento<br />

presente. Come sembrava luminoso<br />

e quant’era piacevole pensare che<br />

non avevo mai toccato il cane giallo, e<br />

che aveva trovato la morte seguendo il<br />

proprio destino!<br />

Vi<strong>di</strong> alcune cose che mi piacevano, e<br />

altre che non mi piacevano. Per caso stavo<br />

guardando le terre degli Zulù, quando<br />

il piede del povero principe Lulu scivolò<br />

sul bordo della sella. Vi<strong>di</strong> la zagaglia che<br />

lo colpì. Fossi stato un soldato al suo<br />

fianco, al suo fianco sarei anche morto.<br />

Ma no, non ero al suo fianco. E mi ricordai<br />

<strong>di</strong> Giuseppe, e <strong>di</strong>ssi:<br />

– Da ciò che chiamo male, Egli trae il<br />

bene. •<br />

IL DOMENICALE 7<br />

QUEI VIAGGI<br />

SIDERALI DEL<strong>LA</strong><br />

LETTERATURA<br />

I<br />

l racconto fantastico nasce con la<br />

letteratura. Come intendere altrimenti<br />

l’epopea omerica <strong>di</strong> O<strong>di</strong>sseo,<br />

o il viaggio interstellare <strong>di</strong> Giasone<br />

narrato da Apollonio Ro<strong>di</strong>o, e<br />

poi, su, su, fino ad Apuleio e Luciano?<br />

Come a <strong>di</strong>re: il fantastico è la<br />

pappa del narrare. Poi, è vero, via<br />

dalle sofisticherie, ci sono epoche<br />

ed epoche, e l’Ottocento, con tutta<br />

la congiura <strong>di</strong> positivismi e scientismi<br />

e tecnologismi, fu il secolo dei<br />

“generi”. Non che non esistessero<br />

già tra gli antichi, per carità, ma in<br />

quei decenni essi cambiarono cipria.<br />

Si <strong>di</strong>rà, i Vittoriani brava gente,<br />

William Morris e Stevenson, George<br />

MacDonald e Lewis Carrol e poi<br />

Shiel, Bellamy, Haggard, fino al padre-padrone<br />

H. G. Wells. Con una<br />

massa <strong>di</strong> precursori predarwiniani<br />

(quantomeno, che marcia in più<br />

<strong>di</strong>edero alla letteratura le scimmiesche<br />

ipotesi <strong>di</strong> Darwin!), da Swift a<br />

Mary Shelley, fino a Defoe e allo<br />

Shakespeare della Tempesta.<br />

Eppure, landa mirabile, moderno<br />

hic sunt leones dell’Occidente,<br />

furono gli Stati Uniti a donarci i più<br />

esorbitanti esempi del “genere”. E<br />

non parliamo solo <strong>di</strong> Poe, inventore<br />

del moderno noir e dell’horror, <strong>di</strong><br />

Lovecraft e <strong>di</strong> Stephen King come <strong>di</strong><br />

Raymond Chandler, e della celebrale<br />

poesia decadente. No, qui si parla<br />

<strong>di</strong> una truppa <strong>di</strong> eroi a stelle e strisce,<br />

più o meno noti. «L’America,<br />

costituendosi come universo parallelo<br />

e autonomo rispetto alla tra<strong>di</strong>zione<br />

europea, genera inevitabilmente<br />

altri universi, altre terre, in<br />

cui si riproducono le con<strong>di</strong>zioni del<br />

viaggio nella wilderness senza ritorno»,<br />

parole <strong>di</strong> Carlo Pagetti da<br />

cui abbiamo estrapolato l’idea e il<br />

racconto <strong>di</strong> queste pagine (si veda Il<br />

laboratorio dei sogni. Fantascienza<br />

americana dell’Ottocento, E<strong>di</strong>tori<br />

Riuniti, Roma 1988). Il Nordamerica,<br />

ovvero, il passaggio dal sogno<br />

all’incubo. Ovvero: non c’è scrittore,<br />

<strong>di</strong> quella generazione <strong>di</strong> eroi ottocenteschi,<br />

cioè <strong>di</strong> americani <strong>di</strong> se-<br />

conda generazione, che non abbia<br />

fatto pratica con il racconto ultragotico<br />

(poi verrà, u<strong>di</strong>te u<strong>di</strong>te, Faulkner).<br />

Dalla raffinatezza <strong>di</strong> Hawthorne<br />

a Melville, il cui esperimento,<br />

cioè il racconto La torre campanaria,<br />

è una delle perle della sua opera. Ecco,<br />

Melville, archetipo emersoniano<br />

dello scrittore “fai da te”. Che<br />

dai racconti <strong>di</strong>dascalici passa al capolavoro,<br />

stu<strong>di</strong>ando, leggendo, con<br />

quel <strong>di</strong>lettantismo made in States e<br />

che è anche la sovrana forza <strong>di</strong> quella<br />

letteratura rispetto a quella, parecchia,<br />

occhialuta e impettita dei<br />

colleghi europei.<br />

E poi Jack London e Mark<br />

Twain, Ambrose Bierce e Washington<br />

Irving. E poi questo assai men<br />

noto Edward Everett Hale (1822-<br />

1909), <strong>di</strong> professione teologo e pastore<br />

della chiesa unitaria, che<br />

scrisse alcune novelle tra le più interessanti<br />

della letteratura americana<br />

tardo ottocentesca. La più nota tra<br />

queste è senz’altro The Man Without<br />

a Country, pubblicata nel<br />

1863 sull’Atlantic Monthly e precocissimamente<br />

tradotta in Italia da<br />

Libera <strong>di</strong> Maria Davit Lunati nel<br />

1915. Da allora nulla più nel Belpaese,<br />

tranne la pubblicazione con<br />

testo a fronte per le e<strong>di</strong>zioni Nord <strong>di</strong><br />

La luna <strong>di</strong> mattoni (trad. it. Annarita<br />

Guarnieri, Milano 1987). La sua peculiarità?<br />

Come in questo bel racconto,<br />

mescolare il fantascientifico<br />

a una spiccata tensione morale, finanche<br />

con allusioni teologiche<br />

spicce ed “esotiche”. Da questi<br />

americani alla generazione degli<br />

Asimov e dei Philip K. Dick il passo è<br />

all’apparenza brevissimo. Si legga<br />

allora, sinotticamente a questo testo,<br />

la perfetta Antologia della fantascienza<br />

dal titolo largo Le meraviglie<br />

del possibile curata da Sergio<br />

Solmi e Carlo Fruttero nel 1973 e or<br />

ora rie<strong>di</strong>ta da Einau<strong>di</strong> (Torino 2006,<br />

pp.XXIV+560, e13,50). D.B.


SABATO 5/12 AGOSTO 2006 <strong>LA</strong>BIRINTI DEL<strong>LA</strong> COMUNICAZIONE<br />

IL DOMENICALE 9<br />

Il feuilleton in un museo. Virtuale<br />

Da sempre il fascicolo popolare me<strong>di</strong>a contenuti talvolta importanti tra la cultura “alta” e le masse. Per questo<br />

il <strong>Centro</strong> Stu<strong>di</strong> sulla “Popular Culture” <strong>di</strong> Torino ha intrapreso una straor<strong>di</strong>naria opera <strong>di</strong> preservazione e <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione<br />

C’<br />

è ancora un El Dorado non raggiunto,<br />

una Ultima Thule che<br />

sempre sfugge. È il mondo del<br />

fascicolo popolare, piccolo omnibus<br />

delle passioni e delle curiosità della<br />

gente normale del tempo che fu.<br />

Sappiamo infatti bene cos’è se non<br />

ce lo chiedono, ma se dovessimo fornirne<br />

qualche dettaglio finiremmo immancabilmente<br />

per essere evasivi. Lui, invece,<br />

il fascicolo popolare, è stato storicamente<br />

il tramite fra la cultura “alta” e le<br />

masse, talora pure veicolando, volgarizzati<br />

(resi cioè pane per il popolo),<br />

contenuti importanti.<br />

A monte del fascicolo popolare c’è<br />

infatti un altro fenomeno, straor<strong>di</strong>nario,<br />

che gli stu<strong>di</strong>osi definiscono oggi con<br />

fare tecnico popular culture.<br />

Sì, gli stu<strong>di</strong>osi, perché oramai la cosa<br />

è <strong>di</strong>venuta materia <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> anche accademici.<br />

Ve<strong>di</strong> il CESPOC, per esempio,<br />

il <strong>Centro</strong> Stu<strong>di</strong> sulla “Popular Culture”,<br />

presieduto a Torino da Andrea Menegotto<br />

e coor<strong>di</strong>nato sul piano scientifico<br />

dal sociologo delle religioni Massimo<br />

Introvigne, che del fenomeno si occupa<br />

in maniera seria e profonda.<br />

Ci si domanderà a questo punto perché<br />

non “cultura popolare”, all’italiana.<br />

Be’ perché questa espressione, <strong>di</strong>cono<br />

al CESPOC, grazie a una scuola <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi<br />

rispettati in tutto il mondo, fa riferimento<br />

imme<strong>di</strong>ato al folklore, mentre<br />

Il web mette in mostra l’edro della lingua italiana<br />

È online il “Tesoro della lingua italiana delle origini”, dove l’Accademia della Crusca ci spiega le parole che usiamo<br />

L<br />

a nostra favella online. Pratici<br />

ed economici, numerosi sono<br />

gli strumenti per la consultazione<br />

linguistica <strong>di</strong>sponibili in rete.<br />

Il ricorso al web fa parte <strong>di</strong> un<br />

processo <strong>di</strong> adozione degli strumenti<br />

multime<strong>di</strong>ali in corso ormai<br />

da qualche anno.<br />

Paravia e Garzanti, per esempio,<br />

hanno già proposto la versione<br />

in cd-rom dei <strong>di</strong>zionari, con i rispettivi<br />

aggiornamenti. A partire<br />

dal linguista Tullio De Mauro del<br />

quale su www.demauroparavia.it<br />

si propone la versione <strong>di</strong>gitale del<br />

vocabolario cartaceo.<br />

Ma ci si può muovere anche in<br />

modo opposto. Il bel Vocabolario<br />

Etimologico della Lingua Italiana<br />

(1907) <strong>di</strong> Ottorino Pianigiani in<br />

versione online su www.etimo.it è<br />

un work in progress in vista <strong>di</strong> una<br />

prossima e<strong>di</strong>zione su cd-rom. Per<br />

la ricchezza dei servizi offerti, come<br />

la ricerca <strong>di</strong> neologismi e <strong>di</strong> sinonimi<br />

regionali oltre alla possibilità<br />

<strong>di</strong> porre quesiti linguistici, non<br />

si può inoltre <strong>di</strong>menticare la sezione<br />

Lingue e linguaggi presente su<br />

www.treccani.it.<br />

E se volessimo conoscere l’evoluzione<br />

che la nostra lingua ha<br />

subito nel corso del tempo, ripercorrendone<br />

la storia delle origini?<br />

A tal proposito merita particolare<br />

attenzione il TLIO, Tesoro della<br />

Lingua Italiana delle Origini, da<br />

poco <strong>di</strong>sponibile in rete, ossia un<br />

vocabolario storico che attesta tutte<br />

le varietà dell’italiano antico,<br />

avendo come limite cronologico<br />

convenzionale il 1375, l’anno <strong>di</strong><br />

morte del Boccaccio, anche se vengono<br />

riportate attestazioni databili<br />

fino all’inizio del XV secolo. Per<br />

ogni voce sono registrate: le forme<br />

grafiche; l’etimologia (molti i prestiti<br />

dal latino e dal francese antico);<br />

la prima attestazione del termine;<br />

la cronologia delle prime attestazioni<br />

nelle <strong>di</strong>verse varietà linguistiche,<br />

o la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> attestazione<br />

unica; note linguistiche;<br />

altre annotazioni come eventuali<br />

sinonimi o contrari e rinvii ad<br />

altre voci; infine il riepilogo dei significati.<br />

Il TLIO viene pubblicato<br />

in corso d’opera su www.vocabolario.org<br />

e costituisce la prima sezione<br />

cronologica del Vocabolario<br />

storico italiano, l’ambizioso e annoso<br />

progetto avviato quarantun<br />

anni fa dall’Accademia della Crusca<br />

con il contributo dell’Istituto <strong>di</strong><br />

Firenze del CNR.<br />

L’Accademia non è nuova al ricorso<br />

del web per dare voce a iniziative<br />

<strong>di</strong> indubbia rilevanza culturale,<br />

così da facilitare la consultazione<br />

a un ampio numero <strong>di</strong> persone,<br />

e soprattutto permettere aggiornamenti<br />

in tempo reale. Su<br />

www.accademiadellacrusca.it sono,<br />

infatti, consultabili sezioni come:<br />

Consulenza linguistica, de<strong>di</strong>cata<br />

a fornire risposte a quesiti linguistici<br />

posti dagli utenti (attualmente<br />

il servizio è in parte sospeso<br />

per problemi <strong>di</strong> finanziamenti);<br />

Parole nuove, che si propone come<br />

un osservatorio sui neologismi;<br />

Lingue speciali de<strong>di</strong>cato ai lin-<br />

Per gentile<br />

concessione<br />

della biblioteca<br />

del CESPOC,<br />

il <strong>Centro</strong> Stu<strong>di</strong> sulla<br />

“Popular Culture”<br />

<strong>di</strong> Torino,<br />

riproduciamo<br />

alcune copertine<br />

<strong>di</strong> famosi feuilleton<br />

d’epoca presenti<br />

alla mostra virtuale<br />

Dai “Beati Paoli”<br />

al “Co<strong>di</strong>ce<br />

da Vinci”: il mito<br />

del complotto<br />

nel feuilleton<br />

e prossimamente<br />

“esposti”, al<br />

“Museo virtuale del<br />

fascicolo popolare”<br />

la <strong>di</strong>zione inglese mantiene anche nel<br />

contesto italiano il senso <strong>di</strong> fenomeno<br />

“<strong>di</strong> massa”, insomma quello <strong>di</strong> una cultura<br />

<strong>di</strong>versa da quella “alta” e nata con<br />

l’irruzione in Occidente dell'alfabetizzazione<br />

<strong>di</strong> un gran numero <strong>di</strong> persone.<br />

Le quattro “f”<br />

Di suo il CESPOC si occupa tematicamente<br />

<strong>di</strong> quelle che chiama “le quattro<br />

‘f’”, ossia feuilleton, fascicolo popolare,<br />

fumetto e fiction, tutti generi definiti<br />

dalla serialità (il ritorno perio<strong>di</strong>co,<br />

cadenzato degli stessi personaggi e delle<br />

medesime ambientazioni).<br />

Soffermiamoci allora sul feuilleton,<br />

antenato del nostro fascicolo popolare.<br />

Lo merita. Dalle sue pagine, d’antan e<br />

tra la fine del secolo<br />

xix e la metà del xx<br />

la canadese “policejournal”<br />

ha venduto<br />

75 milioni <strong>di</strong> fascicoli<br />

spesso oramai sbia<strong>di</strong>te, torreggiano infatti<br />

nomi in<strong>di</strong>menticabili quali quelli<br />

<strong>di</strong> Nick Carter, <strong>di</strong> Phantomas o <strong>di</strong> Arsenio<br />

Lupin.<br />

Coniato il termine alla fine del Settecento,<br />

il feuilleton come romanzo a<br />

puntate nasce negli anni Quaranta dell’Ottocento<br />

e viene in primo piano con<br />

la pubblicazione de I misteri <strong>di</strong> Parigi <strong>di</strong><br />

Eugène Sue (1804-1857) negli anni<br />

1842-1843. Pullula tipicamente <strong>di</strong> criminali<br />

il feuilleton, ma affronta spesso e<br />

volentieri anche temi comici e <strong>di</strong> fantascienza.<br />

In Italia, testimone eccelso dell’epoca<br />

d’oro del genere è la maggiore<br />

produzione italiana del settore, I Beati<br />

Paoli (1909-1910) <strong>di</strong> Luigi Natoli (1857-<br />

1941), che ha segnato la popular culture<br />

italiana, e siciliana in particolare, con<br />

conseguenze che si fanno sentire ancora<br />

oggi.<br />

Ebbene, al feuilleton è ora de<strong>di</strong>cata<br />

guaggi tecnici e settoriali, e Lingua<br />

in Web che contiene link a siti italiani<br />

e stranieri <strong>di</strong> interesse linguistico.<br />

La Lessicografia della Crusca<br />

in Rete pubblica il contenuto delle<br />

cinque e<strong>di</strong>zioni del Vocabolario degli<br />

Accademici.<br />

Il progetto del Vocabolario storico<br />

italiano online appare dunque<br />

in linea con il servizio <strong>di</strong> documentazione<br />

offerto dall’Accademia.<br />

Per quanto riguarda il TLIO, nel<br />

1985 la struttura della Crusca de<strong>di</strong>cata<br />

al vocabolario <strong>di</strong>venta il <strong>Centro</strong><br />

<strong>di</strong> stu<strong>di</strong> OVI, Opera del Vocabo-<br />

nel “tesoro” sono<br />

consultabili 15mila<br />

voci, attestazioni,<br />

significati, sinonimi<br />

e contrari<br />

lario Italiano, del CNR, e questo<br />

permette <strong>di</strong> accelerare i lavori <strong>di</strong><br />

compilazione fino a raggiungere,<br />

alla fine del 1998, le prime 1.000<br />

voci. Oggi sono già consultabili circa<br />

15.000 voci. Il Tesoro non è un<br />

vezzo per pochi addetti ai lavori,<br />

ma si inserisce in un progetto <strong>di</strong> respiro<br />

internazionale. Con l’Accademia<br />

della Crusca, infatti, l’OVI<br />

partecipa all’iniziativa che unisce<br />

accademie e istituti linguistici europei<br />

allo scopo <strong>di</strong> promuovere e<br />

valorizzare le lingue nazionali, che<br />

nel 2003 ha dato alla luce la Federazione<br />

Europea delle Istituzioni<br />

Linguistiche Nazionali. Compito<br />

primario è <strong>di</strong>fendere il pluringuismo<br />

europeo mettendo al servizio<br />

<strong>di</strong> tutti la possibilità <strong>di</strong> conoscere<br />

davvero a fondo e con intelligenza<br />

critica il proprio i<strong>di</strong>oma. E, per restare<br />

all’interno dei confini nazionali,<br />

interessante si è rivelato il collegamento<br />

via internet esistente<br />

tra il TLIO e il Dizionario <strong>di</strong> Italiano<br />

realizzato da Garzanti Linguistica;<br />

a ogni voce dei due vocabolari<br />

un link consente il passaggio dalla<br />

voce antica alla corrispondente<br />

moderna, e viceversa.<br />

Ma <strong>di</strong>amo uno sguardo più da<br />

vicino al Tesoro. Non mancano sorprese<br />

e curiosità. Per esempio per<br />

quanto riguarda le prime attestazioni<br />

delle parole, come “influenza”,<br />

che, intesa come malattia, è<br />

già presente nel 1387 in una lettera<br />

<strong>di</strong> un me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> Prato, molto prima<br />

delle citazioni finora note a partire<br />

dal 1667; col significato, invece, <strong>di</strong><br />

influsso degli astri la si trova già<br />

nell’opera <strong>di</strong> Ristoro D’Arezzo nel<br />

1282. Interessante è poi scoprire<br />

l’evoluzione dei significati, come<br />

per “contenente” che nel 1334 è registrato<br />

nel senso <strong>di</strong> “contenitore”,<br />

250 anni prima <strong>di</strong> quanto in<strong>di</strong>cato<br />

dal Grande Dizionario Italiano dell’Uso<br />

<strong>di</strong> De Mauro, mentre all’inizio<br />

del Trecento è attestato con il significato<br />

<strong>di</strong> “contenuto”. Una sorte<br />

simile è toccata a “pulsante” che in<br />

un commento <strong>di</strong> fine Trecento al<br />

detto evangelico «Bussate e vi sarà<br />

aperto» compare con il significato<br />

<strong>di</strong> chi/che cosa viene premuto: «Et<br />

una notevole mostra virtuale, intitolata<br />

Dai “Beati Paoli” al “Co<strong>di</strong>ce Da Vinci”: il<br />

mito del complotto nel “feuilleton”, allestita<br />

appunto dal CESPOC con il contributo<br />

dell’Assessorato dei Beni Culturali<br />

e Ambientali e della Pubblica Istruzione<br />

della Regione Siciliana. Essendo virtuale<br />

è <strong>di</strong>sponibile alla visita in Internet, al<br />

sito http://www.popularculture.it/mostra_virtuale.htm.<br />

Perché una mostra così? Perché Il<br />

successo de Il Co<strong>di</strong>ce Da Vinci <strong>di</strong> Dan<br />

Brown da un lato e dall’altro il perdurare<br />

del <strong>di</strong>battito attorno a I Beati Paoli<br />

hanno suggerito l’idea <strong>di</strong> una indagine<br />

per immagini sul mito del complotto<br />

nella letteratura popolare a cui la Sicilia<br />

si è mostrata subito interessata.<br />

L’o<strong>di</strong>erna speciale attenzione a questo<br />

genere che la mostra virtuale testimonia<br />

bene, <strong>di</strong>cono al CESPOC, s’inquadra<br />

peraltro nella costruzione <strong>di</strong> un primo<br />

nucleo <strong>di</strong> un “Museo virtuale del fascicolo<br />

popolare”.<br />

Del resto, si sta parlando <strong>di</strong> un genere<br />

che tra la fine del secolo XIX e la metà<br />

del XX ha contato <strong>di</strong>verse centinaia <strong>di</strong><br />

milioni <strong>di</strong> lettori (una sola casa e<strong>di</strong>trice<br />

canadese, Police-Journal, ha venduto<br />

75 milioni <strong>di</strong> fascicoli) prima <strong>di</strong> essere<br />

soppiantata dal fumetto (e della televisione),<br />

e che costituisce una parte essenziale<br />

della popular culture oggi <strong>di</strong> vitale<br />

importanza riscoprire e preservare.<br />

La paura della luce<br />

I fascicoli popolari erano infatti tipicamente<br />

stampati, per garantirne il basso<br />

costo, su carta <strong>di</strong> non eccelsa qualità,<br />

così che il trasporto rischia <strong>di</strong> danneggiarli<br />

irrime<strong>di</strong>abilmente. Mostre ed<br />

esposizioni sono dunque – come sta avvenendo<br />

negli Stati Uniti per i fumetti<br />

dei primor<strong>di</strong> – ormai quasi sempre virtuali,<br />

anche se i primi tentativi sono stati<br />

<strong>di</strong> portata limitata.<br />

Ma anche le mostre e i musei virtuali<br />

dei fascicoli popolari pongono però<br />

dei problemi. La stessa scansione elettronica<br />

me<strong>di</strong>ante scanner o fotografia<br />

BALBETTARE<br />

Registrato nel DELI deriva<br />

dal latino tardo balbitare<br />

ed è attestato in molteplici<br />

forme: balbettando,<br />

balbettarà, balbettare,<br />

balbettava, balbetti,<br />

palpettando, palpi,<br />

balbetta, sinonimo <strong>di</strong><br />

balbare, barbugliare.<br />

Ha da sempre il significato<br />

<strong>di</strong> «parlare, per paura,<br />

emozione o <strong>di</strong>fetto<br />

strutturale, scandendo<br />

male o ripetendo suoni<br />

e sillabe», ossia<br />

“tartagliare”.<br />

La prima attestazione è<br />

nel volgarizzamento<br />

del Tesoro <strong>di</strong> Brunetto<br />

Latini: «Il cuore, che è<br />

infiammato d’ira, batte<br />

fortemente: lo corpo<br />

triema, la lingua<br />

balbetta…».<br />

EDRO<br />

Registrato nel REW,<br />

Romanisches<br />

Etymologisches<br />

Wörterbuch, Vocabolario<br />

Etimologico delle Lingue<br />

Romanze, come derivante<br />

dal latino iter, significa<br />

appunto «cammino»,<br />

mentre «pigliare il suo<br />

edro» vuol <strong>di</strong>re<br />

«intraprendere un viaggio».<br />

La prima attestazione risale<br />

a un testo <strong>di</strong> Bonvesin de<br />

la Riva del XII secolo.<br />

con eccessiva esposizione alla luce crea<br />

<strong>di</strong>sagi che comportano a propria volta<br />

gravi rischi <strong>di</strong> danno. Considerando<br />

l’importanza essenziale delle copertine<br />

per il successo del fascicolo popolare, il<br />

CESPOC ha quin<strong>di</strong> scelto la strada <strong>di</strong><br />

una scannerizzazione a me<strong>di</strong>a illuminazione.<br />

Le imperfezioni del risultato<br />

faranno forse parte del fascino della<br />

mostra e del costituendo Museo.<br />

Ora, la mostra virtuale “siciliana”,<br />

sud<strong>di</strong>visa in due “sale” offre al visitatore<br />

oltre 2mila esempi del mondo del fascicolo<br />

ruotanti attorno al complotto.<br />

C’è <strong>di</strong> che lustrarsi gli occhi, insomma,<br />

sognando un tempo <strong>di</strong>verso per<br />

chiedersi non tanto cosa sia cambiato<br />

(giacché questo è evidente), ma cosa sia<br />

rimasto uguale.<br />

E avendo tutto questo spesso a che<br />

fare con la <strong>di</strong>etrologia, ciò potrebbe svelare<br />

alcuni piccoli interessanti arcani<br />

del modo con cui i popoli si formano le<br />

coscienze collettive. •<br />

Samwise<br />

anco a gli pulsanti s’apre in breve».<br />

Se poi cercate “felicità” dovrete invece<br />

andare a leggere “beatezza”<br />

attestata nel Trecento con anche il<br />

significato <strong>di</strong> “fortuna”, mentre la<br />

corrispondente forma verbale “beare”<br />

significa «rendere beato, felice»,<br />

e qui il verso petrarchesco è<br />

musica per le orecchie: «Beata s’è,<br />

che pò beare altrui / co la sua vista,<br />

over co le parole, / intellecte da noi<br />

soli ambedui: / “Fedel mio caro,<br />

assai <strong>di</strong> te mi dole, / ma pur per nostro<br />

ben dura ti fui”».<br />

Oltre che lessicali le variazioni<br />

sono anche morfologiche, come<br />

nel caso dell’esatto contrario del<br />

sopraccitato lemma: “addogliare”<br />

per ”addolorarsi”. Ci si può imbattere<br />

in termini che da soli basterebbero<br />

a ispirare un poeta, come “effiatare”,<br />

«perdere fiato», attestazione<br />

unica nel corpus datata al<br />

XIV secolo; ma anche in simpatici<br />

mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>re come «cacare nel vaglio»,<br />

ossia fare un’impresa inutile<br />

(Trecentonovelle del Sacchetti: «e<br />

al gentiluomo parve avere cacato<br />

nel vaglio, veggendosi aver perduta<br />

la ronzina e ‘l porco suo che avea<br />

insalato, e quello che avea imbolato,<br />

e ancora fiorini do<strong>di</strong>ci…») e in<br />

espressioni curiose come «empermordezò»,<br />

che non è uno scioglilingua,<br />

ma, in funzione <strong>di</strong> avverbio,<br />

congiunzione e preposizione,<br />

assume, a seconda dei casi, un significato<br />

avversativo o concessivo<br />

(«nonostante, tuttavia»). E deriva<br />

dal latino amorem, “amore”. •<br />

Elena Inversetti<br />

Sit-com, reginetta<br />

dei nuovi me<strong>di</strong>a<br />

L<br />

TIVÙ<br />

a si dava per morta e sepolta.<br />

Produttori e inserzionisti avevano<br />

fatto quadrato contro <strong>di</strong> lei.<br />

«Superata», <strong>di</strong>cevano, «la sit-com<br />

non piace più a nessuno». E invece,<br />

ecco qui: è lei la reginetta dei new me<strong>di</strong>a.<br />

Con un colpo <strong>di</strong> reni si è rialzata dal<br />

baratro mortuario, aggrappandosi al<br />

volano <strong>di</strong> telefonini, portali, internet e<br />

tv mobile. Su queste nuove piattaforme<br />

si vanta <strong>di</strong> essere il prodotto<br />

trendy, sulla tv tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> riconciliare<br />

i più giovani al piccolo schermo. E<br />

chissà, forse si imporrà davvero sul<br />

mercato facendo le scarpe a calcio e<br />

telefilm. Ammesso che i new me<strong>di</strong>a<br />

non finiscano per virare verso altri<br />

fronti. Il genere della situation comedy<br />

è infatti paragonabile al cibo takeaway:<br />

va bene un po’ dovunque, lo<br />

consumi velocemente e ti riempie la<br />

pancia. Ma se non si rinnova, può appesantire.<br />

Sotto l’aspetto meramente produttivo<br />

i vantaggi del format sono<br />

tanti: i recenti Camera Cafè, Cotti e<br />

Mangiati e Buttafuori privilegiano inquadrature<br />

fisse e microcosmi stabili,<br />

a basso costo e ad alto tasso <strong>di</strong> italianità.<br />

Hanno appeal, possono essere trasmessi<br />

in sequenza o frammentati, in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dal contesto. Il che<br />

li rende prodotti ideali per riempire<br />

palinsesti traballanti e nuove piattaforme<br />

<strong>di</strong>gitali. Ma riesumare il genere<br />

sit-com potrebbe non bastare. Perché,<br />

come sosteneva Leonardo Sciascia,<br />

quel che conta non è la storia ma<br />

il racconto.<br />

Pur nella mobilità più frenetica,<br />

per appassionarsi il pubblico deve<br />

potersi coinvolgere con quanto viene<br />

raccontato. Essendo qui l’incanto<br />

creativo condensato in 5’, è necessaria<br />

un’altissima qualità <strong>di</strong> scrittura.<br />

Gli autori, è vero, non mancano in<br />

Italia: perché la sit-com tenga, si<br />

tratterebbe <strong>di</strong> investire maggiormente<br />

sul lato creativo. Ma come la<br />

mettiamo sul fronte attori? Pur buona,<br />

per avvincere la storia necessita<br />

<strong>di</strong> bravi interpreti. Finora si è puntato<br />

sui comici, da Luca&Paolo alla Massironi.<br />

Con esiti alterni. Se si vuole<br />

rendere la sit-com il genere per antonomasia<br />

dei new me<strong>di</strong>a (cosa che<br />

converrebbe in termini economici)<br />

urge arruolare nuovi attori.<br />

Facendo piazza pulita dei Canalis<br />

e Taricone <strong>di</strong> turno.<br />

Francesca D’Angelo<br />

Pubblicità<br />

responsabile<br />

L<br />

SPOT&GO<br />

a pubblicità sociale va oltre l’advertising<br />

classico. Sbaglia chi vede<br />

lo spot solo come un mezzo <strong>di</strong><br />

mero marketing, con scopi esclusivamente<br />

commerciali. Lo “spot sociale”,<br />

anzi, è visto dagli addetti ai lavori<br />

come un valido strumento in quella<br />

<strong>di</strong>rezione che considera la comunicazione<br />

una realtà responsabile, educativa,<br />

che <strong>di</strong>vulga valori (e, ma questo<br />

è concetto più ar<strong>di</strong>to, capace <strong>di</strong> sensibilizzare<br />

l’opinione pubblica).<br />

Chi investe nella Corporate social<br />

responsability ha più clienti.<br />

Vengono conferme anche da <strong>di</strong>verse<br />

parti del settore, rivelando come<br />

l’auto<strong>di</strong>sciplina pubblicitaria può<br />

rappresentare, nell’immenso panorama<br />

della comunicazione commerciale,<br />

una sorta <strong>di</strong> modello <strong>di</strong> responsabilità<br />

sociale, apportando benefici<br />

sia ai promotori sia alla collettività.<br />

L’advertising responsabile premia il<br />

brand. Da una ricerca svolta dal<br />

gruppo Wpp Italia emerge che più<br />

del 70% degli italiani ricorda <strong>di</strong> aver<br />

visto nell’ultimo periodo almeno una<br />

pubblicità sociale. Lo stesso stu<strong>di</strong>o rivela<br />

che la fiducia degli utenti nei riguar<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> marche, imprese e, ad<strong>di</strong>rittura,<br />

comportamenti d’acquisto, è<br />

notevolmente rafforzata da campagne<br />

socialmente responsabili. Ma il<br />

tutto non si limita alla pubblicità responsabile:<br />

essa va collocata dentro<br />

un più ampio contesto del marketing<br />

sociale. Sono le <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> quest’ultimo<br />

che risultano in<strong>di</strong>spensabili<br />

nella costruzione <strong>di</strong> campagne per<br />

mo<strong>di</strong>ficare idee e comportamenti.<br />

Perché è nato il bisogno della<br />

pubblicità sociale? Perché contestualmente<br />

è nato, nelle società occidentali<br />

intorno ai primi anni Settanta,<br />

anche il concetto <strong>di</strong> “qualità della<br />

vita”: crescita, libertà, democrazia e<br />

autodeterminazione. Il fenomeno<br />

vede la sua massima espansione nell’ultimo<br />

decennio. Spot sociali ce ne<br />

sono stati tanti: dal rispetto del co<strong>di</strong>ce<br />

stradale alla tutela del <strong>di</strong>ritto all’informazione<br />

e al lavoro, fino al volontariato.<br />

Pubblicità Progresso per<br />

conto delle istituzioni ha messo in pista<br />

varie campagne “socialmente responsabili”<br />

<strong>di</strong> ottima qualità professionale<br />

e comunicativa.<br />

Francesca Galli


SABATO 5/12 AGOSTO 2006 ARTE E DINTORNI<br />

IL DOMENICALE 11<br />

Un invito (alla danza) e mille risposte<br />

<strong>di</strong> Elena Borgatti<br />

L<br />

Henze, ottant’anni suonati<br />

Un omaggio al compositore che ha “sdoganato” la dodecafonia<br />

I<br />

a sconfitta francese nella<br />

Battaglia <strong>di</strong> Waterloo, de-<br />

scritta minuziosamente da<br />

Victor Hugo ne I Miserabili, ispirò<br />

il talento musicale <strong>di</strong> Carl Maria<br />

von Weber (1786 – 1826) che celebrò<br />

il trionfo su Napoleone nella<br />

composizione Kampf und Sieg<br />

(Praga, il 15 <strong>di</strong>cembre 1815), una<br />

partitura sfacciatamente descrittiva<br />

che ricorda il Wellingtons<br />

Sieg <strong>di</strong> Beethoven. Poiché anche<br />

n questi giorni compie ottant’anni<br />

Hans Werner Henze. Li celebra in Ita-<br />

lia, sua Patria <strong>di</strong> elezione: vive vicino<br />

Roma dal 1954. Talento precocissimo,<br />

Henze è protagonista della scena musicale<br />

internazionale. Inizia a comporre a 12<br />

anni: il suo Kammerkonzert per pianoforte,<br />

flauto e archi del 1946, viene subito<br />

eseguita con successo. Dopo aver scritto<br />

opere molto <strong>di</strong>verse fra loro per genere e<br />

stile, tra cui Boulevard Solitude (che scatenò<br />

una vera e propria battaglia al Teatro<br />

dell’Opera <strong>di</strong> Roma), e dopo aver collaborato<br />

con il Deutsches Theater <strong>di</strong> Costanza<br />

(1948) e con il Ballet du Staatstheater<br />

Wiesbaden (1950–53), si trasferisce definitivamente<br />

in Italia dove compone due<br />

ROMA ASPETTA PER<br />

L’AUTUNNO <strong>LA</strong> SUA<br />

“DAS WUNDERTHEATER”,<br />

IN PRIMA AL CANTIERE ARTE<br />

DI MONTEPULCIANO<br />

opere – König Hirsch (1956) e Der Prinz<br />

von Homburg da Kleist – i tre atti del balletto<br />

Un<strong>di</strong>ne e l’opera Elegy for Young Lovers<br />

(1961) su libretto <strong>di</strong> Auden; poi le<br />

cantate Kammermusik (1958) e Cantata<br />

della fiaba estrema (1963). Nel 1966,<br />

sempre su libretto <strong>di</strong> Auden, Henze compone<br />

Die Bassariden, concepita come<br />

una sinfonia in quattro movimenti. Coeva<br />

anche l’opera comica Der Junge Lord,<br />

a cui segue un altro capolavoro, il Secondo<br />

Concerto per pianoforte (1967).<br />

Una visita a Cuba (1969–70) lascia<br />

una decisa impronta politico–sociale nei<br />

lavori <strong>di</strong> quegli anni, El Cimarrón (1970) e<br />

We Come to the River (1976). Sono anche<br />

gli anni in cui fonda il Cantiere d’Arte <strong>di</strong><br />

Montepulciano, che considererà «uno dei<br />

miei pochi successi politici», per cui scrive<br />

Pollicino, un’opera per bambini, forse<br />

il suo lavoro più eseguito in Italia. Contemporaneamente<br />

sviluppa la ricerca <strong>di</strong><br />

una ricchezza espressiva anche nel lin-<br />

Qui sopra: uno scatto d’epoca<br />

che ritrae il grande ballerino<br />

Vaslav Nijinskij nel suo<br />

“mitico” costume ricoperto<br />

<strong>di</strong> petali <strong>di</strong> rosa<br />

A destra: Carl Maria von<br />

Weber all’epoca della sua<br />

nomina a <strong>di</strong>rettore musicale<br />

dell’Opera tedesca <strong>di</strong> Dresda<br />

guaggio orchestrale con Heliogabalus imperator<br />

(1972), Tristan (1974) e Aria de la<br />

folía española (1977), reinterpretando<br />

spesso antichi modelli musicali. Degli anni<br />

più recenti ricor<strong>di</strong>amo The English Cat<br />

del 1983 e nel 2003, su commissione del<br />

Festival <strong>di</strong> Salisburgo, Upupa, che è approdata<br />

sulle scene <strong>di</strong> tutto il Mondo<br />

(tranne quelle italiane), e Paolo Isotta<br />

considerata la migliore opera in assoluto<br />

a cavallo tra XX e XXI secolo.<br />

In Italia , si è avuta una ripresa <strong>di</strong> Boulevard<br />

Solutude a Genova alcuni anni fa e<br />

una delle sue opere da camera più struggenti,<br />

Elegy for young lovers, viene eseguita<br />

grazie a una co-produzione del Teatro<br />

alle Muse <strong>di</strong> Verona e del Teatro San<br />

Carlo <strong>di</strong> Napoli. Anche qui occorre chiedersi<br />

come mai un compositore considerato<br />

“<strong>di</strong> sinistra”, nell’Italia “a sinistra”,<br />

venga rappresentato così <strong>di</strong> rado, mentre<br />

era regolarmente nei programmi del Covent<br />

Garden negli anni <strong>di</strong> Margaret Thatcher<br />

(sua grande estimatrice), lui che ha<br />

composto opere su testi <strong>di</strong> Yukio Mishima<br />

ed è <strong>di</strong> frequente sulle scene americane e<br />

spagnole (oltre che su quelle tedesche,<br />

austriache e svizzere). Lui che ha portato<br />

la musica dodecafonica al grande pubblico,<br />

combinandola (grazie a un eclettismo<br />

inconfon<strong>di</strong>bile ) con la musica cromatica<br />

e <strong>di</strong>atonica tra<strong>di</strong>zionale.<br />

Per celebrare il genetliaco <strong>di</strong> Henze, il<br />

Cantiere Arte <strong>di</strong> Montepulciano (un festival<br />

davvero low cost, con un budget <strong>di</strong> solo<br />

380mila euro per 3 settimane, finanziato<br />

in gran parte da privati) ha riproposto<br />

sue musiche dal primo al 23 luglio. Tra le<br />

vere chicche, la prima italiana <strong>di</strong> Das<br />

Wundertheater (opera composta da Henze<br />

quando aveva 23 anni), nonché la ripresa<br />

della rielaborazione <strong>di</strong> Henze del Re<br />

Teodoro in Venezia <strong>di</strong> Paisiello. La seconda<br />

si vedrà a Colonia in autunno. La prima<br />

forse a Roma. Non male, ma si sarebbe<br />

sperato in una maggiore attenzione da<br />

parte dei tanti teatri alla ricerca <strong>di</strong> spettacoli<br />

<strong>di</strong> qualità ma a basso budget. •<br />

G.P.<br />

allora la carriera <strong>di</strong> un artista<br />

spesso <strong>di</strong>pendeva da un incomprensibile<br />

apprezzamento delle<br />

sue opere più insulse, il Kampf<br />

und Sieg pare sia stato in<strong>di</strong>rettamente<br />

responsabile dell’inattesa<br />

nomina del trentunenne Weber a<br />

<strong>di</strong>rettore musicale dell’Opera tedesca<br />

<strong>di</strong> Dresda.<br />

Successo, gelosie e malattia<br />

Proprio mentre la fortuna<br />

sembrava arridergli, il giovane<br />

compositore fu oggetto <strong>di</strong> gelosie<br />

professionali e attacchi, soprattutto<br />

da parte dei fautori dell’opera<br />

italiana, capeggiati da Francesco<br />

Morlacchi. Tuttavia il felice<br />

debutto <strong>di</strong> Weber come <strong>di</strong>rettore<br />

d’orchestra nell’opera Joseph in<br />

Egypt <strong>di</strong> Méhul <strong>di</strong>ede nuovo slancio<br />

alla sua carriera. Incoraggiato<br />

dal successo, Weber iniziò – in<br />

collaborazione con il librettista<br />

ammalato, de<strong>di</strong>cò<br />

alla moglie<br />

un vivace valzer<br />

per pianoforte che<br />

lo rese immortale<br />

Friedrich Kind – un’opera che sarebbe<br />

stata imme<strong>di</strong>atamente riconosciuta<br />

come un capolavoro, Der<br />

Freishütz (Il franco cacciatore). Il<br />

destino volle che durante la composizione<br />

Weber si ammalasse<br />

gravemente, cosicché fu costretto<br />

a interrompere il suo lavoro.<br />

Balla che ti passa<br />

La malattia non gli impedì però<br />

<strong>di</strong> scrivere, nell’estate del<br />

1819, un valzer brillante e vivace<br />

per pianoforte: l’eternamente popolare<br />

Aufforderung zum Tanz<br />

(Invito alla danza). La musica,<br />

de<strong>di</strong>cata alla moglie, si presenta<br />

come un’accattivante combinazione<br />

<strong>di</strong> melo<strong>di</strong>e orecchiabili e <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fficoltà tecniche, risultando così<br />

un brano adatto alle seconde<br />

parti (o ai bis) dei concerti dei<br />

pianisti virtuosi. L’Invito <strong>di</strong>venne<br />

talmente famoso che uscì presto<br />

dalle sale da concerto per entrare<br />

nelle case. Fu fatto stu<strong>di</strong>are a migliaia<br />

<strong>di</strong> fanciulli e per tutto il Diciannovesimo<br />

secolo la musica Di<br />

Weber suonò e risuonò, spesso in<br />

modo errato, guazzabugliato, ferito.<br />

La <strong>di</strong>fficoltà del brano indusse<br />

gli e<strong>di</strong>tori a pubblicarne e<strong>di</strong>zio-<br />

L<br />

ni facilitate, o meglio mutilate,<br />

ma allo stesso tempo stimolò gli<br />

acrobati della tastiera a escogitarne<br />

versioni ancor più ardue.<br />

Omaggi in musica e parole...<br />

Tra i tanti musicisti che apprezzarono<br />

la composizione weberiana<br />

si ricordano Robert Schumann<br />

che nel <strong>di</strong>cembre del 1828<br />

compose le Variazioni sull’Invito<br />

alla danza <strong>di</strong> Weber, Louis Moreau<br />

Gottschalk, che scrisse un<br />

nuovo arrangiamento per pianoforte<br />

dell’originale weberiano (<strong>di</strong><br />

cui purtroppo ci è giunto solo un<br />

frammento), e il giovane Tchajkovskij,<br />

che nei salotti pietroburghesi<br />

eccelleva proprio nell’esecuzione<br />

dell’Invito alla danza.<br />

Nel 1841 Hector Berlioz orchestrò<br />

la musica <strong>di</strong> Weber rendendola,<br />

se possibile, ancora più affascinante.<br />

La nuova versione piacque<br />

moltissimo persino al raffinato<br />

Sergej Prokofiev, che nella sua<br />

autobiografia la annoverò tra le<br />

composizioni preferite.<br />

Curiosamente, in campo letterario<br />

la composizione <strong>di</strong> Weber<br />

compare spesso in contesti affatto<br />

<strong>di</strong>versi da quelli in cui ci si<br />

aspetterebbe <strong>di</strong> trovare un valzer<br />

gioioso. Ne La rovina della casa<br />

degli Usher <strong>di</strong> Edgar Allan Poe le<br />

note <strong>di</strong> Weber si amalgamano all’oscurità<br />

insinuandosi nei rapporti<br />

sinistri e ambigui tra i protagonisti,<br />

uno dei quali confessa:<br />

«Avevo fin troppo bene in mente<br />

una certa singolare perversione e<br />

amplificazione dell’aria selvaggia<br />

dell’ultimo valzer <strong>di</strong> von Weber».<br />

In Angria and the angrians,<br />

una sorta <strong>di</strong> lungo racconto epico,<br />

Patrick Branwell Brontë, sconosciuto,<br />

depresso e alcolizzato<br />

fratello delle celebri Charlotte,<br />

Emily e Anna, riesce a trovare lo<br />

spazio per descrivere la «tensione<br />

dell’ultimo valzer <strong>di</strong> Weber che<br />

aumentava e <strong>di</strong>minuiva in cadenza<br />

con un effetto che rendeva solenne<br />

la malinconica dolcezza».<br />

Rabbiosa è invece la reazione<br />

<strong>di</strong> Marguerite, la Signora delle Camelie<br />

<strong>di</strong> Alexandre Dumas, impacciata<br />

nell’eseguire la sequenza<br />

re, mi, re, do, re, fa, mi, re…«È<br />

incre<strong>di</strong>bile che io non riesca a<br />

suonare quel passaggio! Credereste<br />

che qualche volta ci sto sopra<br />

fino alle due del mattino? E pensare<br />

che quell’imbecille del conte<br />

lo suona senza spartito, meravigliosamente!<br />

Credo sia questo<br />

MUSICA DANZA<br />

Fantasie contemporanee d’Europa<br />

Un’estate sulle punte, tra E<strong>di</strong>mburgo e Montecarlo, passando per Berlino. A tutto Festival<br />

a grande ruota, simbolo<br />

olimpico mobi-<br />

le, umano, e miglior<br />

performance dello spettacolo<br />

inaugurale delle<br />

Olimpia<strong>di</strong> Invernali <strong>di</strong> Torino<br />

2006, ha portato fortuna<br />

ai suoi ideatori e interpreti,<br />

il gruppo italiano<br />

Kataklò. Da febbraio, la<br />

compagnia <strong>di</strong>retta da Giulia<br />

Staccioli, ex ginnasta<br />

olimpica ed ex Momix,<br />

non si è ancora fermata un<br />

momento. In tournée in<br />

tutta Italia e all’estero, lo<br />

scorso 6 luglio ha inaugurato<br />

la celebre rassegna<br />

“Taormina Arte” con The<br />

Best of Kataklò – realizzato<br />

appositamente per il Teatro<br />

Antico – e partecipato a<br />

Pechino alle manifestazioni<br />

italo-cinesi. Ora tutto il<br />

gruppo si trasferisce a<br />

E<strong>di</strong>mburgo, ospite dell’eclettico<br />

Fringe Festival,<br />

tra<strong>di</strong>zionale appuntamento<br />

scozzese giunto alla sua<br />

sessantesima e<strong>di</strong>zione.<br />

Con quattro spettacoli<br />

all’attivo, In<strong>di</strong>scipline (de<strong>di</strong>cato<br />

allo sport e alle sue<br />

molteplici attività), Kataklopolis<br />

(una me<strong>di</strong>tazione<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sequilibrio nella città<br />

contemporanea), Up-verticali<br />

energie (sfida tra<br />

l’uomo e la montagna sino<br />

all’elevazione finale) e Livingston<br />

(un volo tra sogno<br />

e fantasia), la compagnia<br />

presenta a E<strong>di</strong>mbur-<br />

go un lungo collage <strong>di</strong> questi<br />

lavori, dal 6 al 28 agosto<br />

all’Aurora Nova dello St.<br />

Stephen’s Centre. Preceduto,<br />

ogni pomeriggio<br />

(ore 17.30), da un’anteprima<br />

<strong>di</strong> “riscaldamenti–exploit”<br />

ricca <strong>di</strong> ironia.<br />

I Kataklò, inoltre, anticipano<br />

<strong>di</strong> qualche giorno<br />

l’apertura ufficiale del Festival<br />

<strong>di</strong> E<strong>di</strong>mburgo che<br />

inizia il 13 agosto e si protrae<br />

fino al 3 settembre<br />

(www.e<strong>di</strong>fringe.com).<br />

Ospite, tra le molte<br />

presenze che invaderanno<br />

che mi rende furiosa contro <strong>di</strong><br />

lui». E infine «Che il <strong>di</strong>avolo si<br />

porti via Weber, la musica, e i pianoforti!»,<br />

<strong>di</strong>sse scagliando il fascicolo<br />

all’altro lato della stanza.<br />

La musica <strong>di</strong> Weber evoca in<br />

Evelyn Wexler, autrice <strong>di</strong> Lost and<br />

found in Budapest 1936-1937, le<br />

telefonate <strong>di</strong> una madre che, da<br />

lontano, esorta la figlia a esercitarsi<br />

nell’Invito alla danza: la piccola,<br />

obbe<strong>di</strong>ente, sospirerà d’affetto<br />

stu<strong>di</strong>ando la partitura che<br />

sua mamma aveva segnato <strong>di</strong> rosso<br />

nei punti più insi<strong>di</strong>osi. Jean-<br />

Louis Besson nelle memorie <strong>di</strong><br />

guerra narrate in Paris Rutabaga<br />

ricorda suo padre esibirsi in piccoli<br />

concerti familiari tra le mura<br />

domestiche e <strong>di</strong> come tutti insistessero<br />

perché suonasse l’Invito<br />

alla danza, la musica preferita <strong>di</strong><br />

sua madre. In The iron furnace,<br />

storia <strong>di</strong> un sopravvissuto all’olocausto,<br />

George Topas, raccontando<br />

del viaggio in treno per giungere<br />

a Varsavia, pare cerchi conforto<br />

nell’immaginare che il rumore<br />

metallico delle rotaie richiami<br />

un tempo <strong>di</strong> valzer «[…] il ritmo<br />

delle ruote del treno mi sembrava<br />

somigliasse all’Invito alla<br />

danza <strong>di</strong> Carl<br />

Maria von Weber».<br />

Di tutt’altro<br />

genere è il<br />

viaggio <strong>di</strong> cui<br />

parla Charles<br />

Baudelaire<br />

nella poesia<br />

L’invitation au<br />

voyage la cui<br />

struttura metricadeliziosamentemusicale<br />

allude proprio<br />

alla musica<br />

<strong>di</strong> Weber. La<br />

poesia, pubblicata<br />

nel 1855,<br />

compare anche<br />

in forma <strong>di</strong> prosa nel 1857 e<br />

viene inserita nella collezione dei<br />

Petits Poèmes en prose (Le Spleen<br />

de Paris) del 1869. Nel poema in<br />

prosa Baudelaire parla esplicitamente<br />

della musica <strong>di</strong> Weber:<br />

«Un musicista ha scritto l’Invito<br />

alla danza, chi comporrà l’Invito<br />

al viaggio da porgere all’amata,<br />

alla sorella pre<strong>di</strong>letta?».<br />

Théophile Gautier in Le spectre<br />

de la rose scrive «Io sono lo<br />

spettro della rosa / che tu ieri portasti<br />

al ballo […] ogni notte il mio<br />

ogni luogo della città, la<br />

compagnia <strong>di</strong> casa, lo<br />

Scottish Ballet, ora sotto la<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Ashley Page.<br />

Che dal 18 al 20 agosto<br />

presenta al Playhouse un<br />

programma misto composto<br />

da Agon, per la coreografia<br />

<strong>di</strong> George Balanchine,<br />

L’après-mi<strong>di</strong> d’un faune<br />

<strong>di</strong> Jerôme Robbins, Two<br />

Pieces for Het <strong>di</strong> Hans van<br />

Manen, e in prima inglese<br />

Light and Shadow <strong>di</strong><br />

Krzysztof Pastor, su musica<br />

<strong>di</strong> Bach. Altro appuntamento<br />

da non perdere,<br />

sempre al Playhouse, è il<br />

Suzanne Farrell Ballet <strong>di</strong><br />

Washington, <strong>di</strong>retto dalla<br />

celebre étoile internazionale,<br />

che presenta Don<br />

Chisciotte, <strong>di</strong> Balanchine<br />

dal 26 al 29 agosto.<br />

Poi, dal 31 agosto al 2<br />

settembre, sarà la volta del<br />

Nederlands Dance Theatre<br />

con coreografie <strong>di</strong> Paul<br />

Ligthfoot e Sol Leon. E ancora<br />

presenze dal Brasile<br />

con la compagnia d Bruno<br />

Beltrao, che al The Hub<br />

presenta, dal 14 al 19 agosto,<br />

Telesquat e la danza<br />

in<strong>di</strong>ana attesa al Royal<br />

Lyceum Theatre il 21 e 22<br />

agosto con lo spettacolo<br />

Samanvaya.<br />

Altro consueto appuntamento<br />

con la danza <strong>di</strong><br />

agosto è a Berlino che offre<br />

due manifestazioni. Dal<br />

12 al 20 agosto al Pfeffererg,<br />

si svolgerà l’un<strong>di</strong>cesima<br />

e<strong>di</strong>zione del Flamenco<br />

Festival (www.flamencofestival-berlin.com)<br />

che<br />

ospiterà tra gli altri, il<br />

gruppo <strong>di</strong> Yasaray Rodri-<br />

spettro roseo / danzerà al tuo<br />

fianco».<br />

...e celebrazioni danzate<br />

Il delicato coreografo Michel<br />

Fokine non restò in<strong>di</strong>fferente a<br />

cotanto tenebroso romanticismo<br />

la <strong>di</strong>fficoltà<br />

del brano stimolò<br />

molti gran<strong>di</strong><br />

verso partiture<br />

ancora più ar<strong>di</strong>te<br />

e nel 1911 inventò per i Ballets<br />

Russes, o meglio per il danzatore<br />

Vaslav Nijinskij, la coreografia Le<br />

spectre de la rose su musica de<br />

l’Invito alla danza nella sua versione<br />

orchestrale. Nel balletto,<br />

una fanciulla, addormentatasi<br />

poco dopo il suo rientro da una festa,<br />

sogna <strong>di</strong> danzare con lo spettro<br />

della rosa che aveva portato<br />

con sé. Nel sogno la rosa si incarna<br />

in un ballerino che balza nella<br />

camera della giovane da una finestra<br />

vestito unicamente <strong>di</strong> una<br />

calzamaglia e una cuffietta, entrambecoperte<br />

da petali <strong>di</strong><br />

rosa: una pietra<br />

miliare della<br />

danza. All’epoca<br />

il balletto<br />

fu un successo<br />

strepitoso. I<br />

fan <strong>di</strong> Nijinskij<br />

avevano preso<br />

l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

attendere il<br />

danzatore all’uscita<br />

dal<br />

palco per rubargli<br />

i petali<br />

<strong>di</strong> rosa dal vestito;<br />

una volta,<br />

ad<strong>di</strong>rittura,<br />

Diaghilev gli si<br />

inginocchiò innanzi per baciargli<br />

la gamba. Viene il dubbio, però,<br />

che Nijinskij non avrebbe potuto<br />

infiammare tante anime belle se<br />

la sua danza si fosse accompagnata<br />

a una musica <strong>di</strong>versa. Il merito<br />

della magia emanata da un<br />

uomo coperto da petali <strong>di</strong> rosa,<br />

magia che ancor oggi non accenna<br />

a svanire, si deve in gran parte<br />

allo splendore della musica, anche<br />

se non credo che a Weber sia<br />

mai stato baciato qualche arto in<br />

segno <strong>di</strong> ammirazione. •<br />

guez, la Chata e Carlo “El<br />

Canario”, e la compagnia<br />

Fuersanta “La Moneta”.<br />

Sempre a Berlino, al<br />

suo <strong>di</strong>ciottesimo anno <strong>di</strong><br />

attività, si rinnova l’appuntamento<br />

con il tra<strong>di</strong>zionale<br />

Tanz im August.<br />

De<strong>di</strong>cato alla danza contemporanea<br />

si svolgerà dal<br />

17 agosto al 2 settembre e<br />

ospiterà tra gli altri, Michèle<br />

Anne de Mey con la<br />

ripresa <strong>di</strong> un suo pezzo<br />

storico dal titolo Sinfonia<br />

Eroica e il gruppo Rosas <strong>di</strong><br />

Anne Teresa de Keersmaeker<br />

con Mozart/Concert<br />

arias: un moto <strong>di</strong> gioia<br />

(www.tanzimaugust.de).<br />

Ma scendendo ancora<br />

più a sud e virando verso<br />

la Francia, rotta Mi<strong>di</strong>, ci<br />

fermiamo in una piacevole<br />

cornice, quella della terrazza<br />

del Casino <strong>di</strong> Montecarlo.<br />

Dopo qualche anno<br />

<strong>di</strong> pausa hanno ripreso Les<br />

Nuits de la Dance con i Balletti<br />

<strong>di</strong> Montecarlo, <strong>di</strong>retti<br />

da Jean Christofle Maillot.<br />

La rassegna, iniziata questa<br />

settimana, prosegue<br />

questa sera con Dov’è la<br />

Luna <strong>di</strong> Maillot, The Second<br />

Detail <strong>di</strong> Forshyte.<br />

Chiude la serata il celebre<br />

Bolero <strong>di</strong> Béjart. Dall’8 al<br />

10 agosto si prosegue con<br />

Cinderella, una delle migliori<br />

opere <strong>di</strong> Maillot, interpretata<br />

anche dalla nostra<br />

Cantalupo. In chiusura,<br />

il 12 e 13 agosto, Opus<br />

40 <strong>di</strong> Maillot e In Memoriam<br />

<strong>di</strong> Si<strong>di</strong> Larbi Cherkaoui(www.balletsdemontecarlo.com).<br />

•<br />

Aurora Marsotto<br />

L’ANGOLO<br />

DELLE MOSTRE<br />

— SAN MARINO<br />

Terzofuturismo, Galleria Cassa <strong>di</strong> Risparmio,<br />

tel. 0549/886344, fino al 4<br />

settembre<br />

È tempo <strong>di</strong> vacanze, <strong>di</strong> mare, <strong>di</strong> luce,<br />

<strong>di</strong> colori forti, cal<strong>di</strong> e intensi. E questa<br />

mostra è proprio un invito a godere<br />

<strong>di</strong> tutto ciò, ma al tempo stesso è<br />

l’occasione per cogliere le nuove e ar<strong>di</strong>te<br />

provocazioni <strong>di</strong> Baldo Savonari,<br />

fondatore nel 1986 del “Terzofuturismo”.<br />

Le sculture – ideate da Savonari,<br />

ma realizzate da altri artisti che il<br />

maestro ha seguito in corso d’opera –<br />

sono esposte alla Galleria Cassa <strong>di</strong> Risparmio,<br />

mentre i suoi <strong>di</strong>segni e gli oli,<br />

con la loro inconfon<strong>di</strong>bile esplosione<br />

<strong>di</strong> tratti e <strong>di</strong> colori, sono visibili nella<br />

Sala della Fondazione. «L’arte è guerra»,<br />

e la sfida è quella <strong>di</strong> sempre, ma<br />

lanciata su temi nuovi, tutti imperniati<br />

nella ricerca profonda e personale<br />

dell’artista siciliano: il Terzofuturismo<br />

è una metafora per parlare del futuro<br />

dell’arte, un movimento che vuole<br />

unire l’avvincente curiosità della<br />

scienza alla trasfigurazione del bello e<br />

della creatività.<br />

— RIMINI<br />

Wainer Vaccari. Il volto, realtà senza<br />

maschere, Galleria Fabjbasaglia, tel.<br />

0541/785646, fino al 15 settembre<br />

L’immagine della bellezza, della<br />

potenza e del primato del fisico in mostra<br />

attraverso sognanti volti <strong>di</strong> modelle<br />

e gran<strong>di</strong> ritratti dei pugili che<br />

hanno scritto la storia della nobile arte.<br />

L’esposizione, infatti, propone ben<br />

venti oli su tela che hanno come soggetto<br />

il mondo della boxe, tutti caratterizzati<br />

dalle ampie pennellate <strong>di</strong><br />

Vaccari e da segni astratti che complicano<br />

la sagoma della figura, ricordandoci<br />

i volti che scorgiamo quoti<strong>di</strong>anamente<br />

per strada o in tv. Con tutte le<br />

contrad<strong>di</strong>zioni della contemporaneità,<br />

che qui emergono attraverso l’accostamento<br />

<strong>di</strong> impavi<strong>di</strong> guerrieri del<br />

ring ed eteree regine della passerella.<br />

— FIRENZE<br />

Il mistero della Genesi nelle sculture<br />

<strong>di</strong> Jorge Jimenez Dere<strong>di</strong>a, Limonaia<br />

del Giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Boboli, tel.<br />

055/2321858, fino al 30 settembre<br />

L’immensità della natura e il miracolo<br />

della vita sono solo due tra i tanti<br />

temi toccati da Jorge Jimenez Dere<strong>di</strong>a<br />

nelle 40 sculture esposte. Si tratta <strong>di</strong><br />

opere fisicamente importanti, tutte in<br />

marmo <strong>di</strong> Carrara e bronzo, larghe fino<br />

a sette metri e pesanti anche più <strong>di</strong><br />

40 tonnellate. La Genesi, simbolicamente<br />

rappresentata dalla perfezione<br />

della sfera, è l’ossessione <strong>di</strong> Dere<strong>di</strong>a,<br />

una sorta <strong>di</strong> partita a scacchi con cui<br />

l’artista rappresenta la nascita dell’uomo<br />

e il fiorire della vita. L’esposizione<br />

non poteva avere collocazione<br />

più felice della straor<strong>di</strong>naria Limonaia<br />

del giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Boboli, completamente<br />

restaurata e prestata per la circostanza<br />

a un evento artistico destinato<br />

a celebrare, attraverso la pietra e il<br />

metallo, le meraviglie del creato.<br />

— PALMANOVA<br />

I turchi in Europa, civiltà a confronto,<br />

Ex caserma Montesanto, tel.<br />

0432/920856, fino al 22 ottobre<br />

Mostre, spettacoli, <strong>di</strong>battiti e<br />

proiezioni per chiunque voglia confrontarsi<br />

con la civiltà ottomana: partendo<br />

dall’indagine storica e dalla curiosità<br />

culturale, si <strong>di</strong>schiude un prezioso<br />

filo rosso fra passato, presente e<br />

futuro nella convinzione che la conoscenza<br />

possa arricchire le relazioni<br />

umane e aiutare a guardare il domani<br />

con maggiore libertà. I Turchi in Europa<br />

è sicuramente il cuore dell’evento,<br />

ma il cartellone <strong>di</strong> incontri e conferenze<br />

previsti in altre se<strong>di</strong> (Pordenone,<br />

Trieste, U<strong>di</strong>ne, Gorizia, Cividale del<br />

Friuli e Villa Manin <strong>di</strong> Passariano) è<br />

davvero nutrito. Numerose anche le<br />

proposte legate allo spettacolo, fra<br />

cui si segnalano le letture dell’attrice<br />

turca Serra Yilmaz e un originale percorso<br />

cinematografico fatto <strong>di</strong> film,<br />

cortometraggi e documentari.<br />

— ROMA<br />

Roma Barocca – Bernini, Borromini,<br />

Pietro da Cortona, Castel Sant’Angelo,<br />

tel. 06/39967600, fino al 29<br />

ottobre<br />

Meraviglia, spettacolo e invenzione:<br />

questo il biglietto da visita del<br />

barocco capitolino nel mondo, le cui<br />

gesta vengono ripercorse sulle tracce<br />

<strong>di</strong> tre suoi gran<strong>di</strong> protagonisti: Gian<br />

Lorenzo Bernini, Francesco Borromini<br />

e Pietro da Cortona. L’esposizione,<br />

circa 165 pezzi tra <strong>di</strong>pinti, <strong>di</strong>segni,<br />

sculture e modelli <strong>di</strong> piazze e palazzi, è<br />

lo specchio <strong>di</strong> artisti totali che hanno<br />

operato invadendo e influenzando<br />

ogni settore. Centinaia <strong>di</strong> opere raccontano<br />

gli anni in cui l’Urbe, grazie<br />

all’operato <strong>di</strong> Papi come Urbano VIII,<br />

fu “gran teatro del mondo”. Ne<br />

emerge un linguaggio dalla forza rivoluzionaria<br />

che è nato in Italia, ma si<br />

è poi <strong>di</strong>ffuso in Europa e nell’America<br />

meri<strong>di</strong>onale, riportando a Roma il primato<br />

<strong>di</strong> capitale culturale.<br />

Matteo Tosi


WEEK END<br />

<strong>LA</strong> GITA<br />

Quant’è bella<br />

Martina Franca<br />

Fra le città più belle del Tarantino,<br />

Martina Franca presenta alcuni<br />

fra gli esempi più interessanti<br />

del barocco leccese. Consigliamo,<br />

oltre che una passeggiata<br />

nello splen<strong>di</strong>do centro storico,<br />

una visita al palazzo Ducale<br />

(aperto ore 9-18), la cui e<strong>di</strong>ficazione,<br />

iniziata nel 1668, non è<br />

stata però mai portata a termine.<br />

Interessanti sono alcune sale interne,<br />

con affreschi <strong>di</strong> Domenico<br />

Carella, e la cappella dei duchi.<br />

Un’ottima sosta gastronomica<br />

può essere poi fatta al ristorante<br />

Al Fornello (tel. 0831/377104)<br />

nella vicina Ceglie Messapica.<br />

IL FESTIVAL<br />

Tutti a Cortona<br />

È <strong>di</strong> rara qualità il cartellone della<br />

IV e<strong>di</strong>zione del Tuscan Sun Festival<br />

dal 5 al 20 agosto nella<br />

splen<strong>di</strong>da cornice <strong>di</strong> Cortona<br />

(www.tuscansunfestival.com),<br />

uno degli eventi clou nel panorama<br />

della musica classica. I migliori<br />

musicisti del mondo, quattro<br />

orchestre, gran<strong>di</strong>ssime voci,<br />

e così via. A questo si aggiunga<br />

la Sezione Arti Visive con quattro<br />

mostre d’arte, scultura e fotografia;<br />

la Sezione Letteratura<br />

con tre incontri con scrittori, e<br />

poi appuntamenti più leggeri articolati<br />

nell’arco della giornata<br />

fino ad arrivare al Dopofestival<br />

nel chiostro <strong>di</strong> Palazzo Casali.<br />

L’APPUNTAMENTO<br />

Acqua e fuoco<br />

Dal 10 agosto fino al 23 settembre<br />

un’estate all’insegna dei<br />

fuochi e della magia in alcune località<br />

più belle del Trentino. L’acqua<br />

e il fuoco è un binomio che<br />

ha affascinato l’uomo sin dall’origine<br />

dei tempi così come l’arte<br />

<strong>di</strong> fabbricare, illuminare e tracciare<br />

scie luminose nel buio. I laghi<br />

del Trentino <strong>di</strong>ventono specchi<br />

delle luci che si accendono,<br />

cadono, viaggiano nell’aria trasportando<br />

gli spettatori in un<br />

universo stellato. Info: tel.<br />

0461/405405.<br />

<strong>LA</strong> MUSICA<br />

Stagione lirica estiva<br />

Fino a fine agosto a Verona all’Arena<br />

(www.arena.it) va in<br />

scena la “Stagione lirica estiva”.<br />

La magia dell’opera si accende<br />

sotto le<br />

stelle con<br />

la Cavalleriarusticana<br />

e<br />

Pagliacci.<br />

Molto attesoanche<br />

il debuttodella<br />

Tosca<br />

ideata dal genio <strong>di</strong> Hugo De<br />

Ana. E a grande richiesta tre<br />

applau<strong>di</strong>te messinscene <strong>di</strong><br />

Franco Zeffirelli: Aida, Carmen<br />

e Butterfly.<br />

<strong>LA</strong> MOSTRA<br />

Viareggio:<br />

Mirabilia maris<br />

Mostre e sirene, fino al 4 ottobre,<br />

popolano le antiche carte<br />

nautiche della Versilia, proiezione<br />

delle paure e del coraggio <strong>di</strong><br />

chi lasciava la terra per le acque<br />

sconosciute. Documentari rari e<br />

inaspettati a Mirabilia maris<br />

(Viareggio, tel. 0584/966413)<br />

tracciano l’evoluzione della cartografia<br />

toscana dal 1500 al<br />

1700, tra fantasia e rigore.<br />

<strong>LA</strong> SAGRA<br />

Gente <strong>di</strong> Sardegna<br />

A Villanova Monteleone (SS)<br />

gran<strong>di</strong> preparativi per l’e<strong>di</strong>zione<br />

2006 della manifestazione folkloristica<br />

“ Gente <strong>di</strong> Sardegna “.<br />

L’appuntamento è fissato il 6<br />

agosto per la grande sfilata nelle<br />

vie del paese <strong>di</strong> 16 gruppi in costume<br />

provenienti da <strong>di</strong>verse<br />

parti dell’isola e per la sagra della<br />

pecora.<br />

S<br />

CONTRALTARE<br />

<strong>di</strong> Filippo Facci<br />

e scavassi nel mio animo, se<strong>di</strong>menta- <strong>di</strong> altro, stia sacrificando sul proprio altare comunque cose per conto terzi, portano giù<br />

te, troverei probabilmente le incrosta- parti significative della nostra vita quali ap- persino il cane. La responsabilità affettiva sta<br />

zioni delle mie idee tardo-adolescenpunto i rapporti umani, le amicizie, il senso celermente passando all’economia <strong>di</strong> mercaziali<br />

sulla famiglia, non più che ru<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> della comunità, appunto la famiglia. to: le famiglie si restringono, i legami familia-<br />

un quasi orfano. Da allora a oggi non ho È tutto Made in Occidente: si lavora e si ri si sfilacciano ed è un tripu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> terapisti,<br />

cambiato idee: semplicemente non le ho più passa in ufficio anche 70 ore la settimana, si consulenti, assistenti per l’infanzia; strapar-<br />

elaborate, mi sono limitato a guardare come<br />

liamo <strong>di</strong> comunità e poi la vita è ridotta a un<br />

funziona il mondo e a capire che le idee camminano<br />

con le famose gambe degli uomini. A<br />

chi <strong>di</strong>fende la famiglia come una sorta <strong>di</strong> mis-<br />

Le verità<br />

del Fanciullino<br />

bancomat al posto <strong>di</strong> un bancario, il self-service<br />

al posto <strong>di</strong> un benzinaio, il <strong>di</strong>stributore al<br />

posto <strong>di</strong> un tabaccaio, il telepass al posto <strong>di</strong><br />

sione, tuttavia, non posso perdonare quella<br />

un bigliettaio, una labirintica segreteria al<br />

che a mio avviso corrisponde a una visione sfuggono le responsabilità affettive verso gli posto <strong>di</strong> una signorina, gran<strong>di</strong> magazzini al<br />

completamente sbagliata. Occuparsi ossessi- altri e verso se stessi, si sopperisce col denaro posto <strong>di</strong> un commesso, acquisti via internet al<br />

vamente <strong>di</strong> fecondazione assistita e <strong>di</strong> coppie arricchendo psicologi, guru, prostitute, si as- posto del mischiarsi alla pazza folla.<br />

<strong>di</strong> fatto e <strong>di</strong> bioetica e aborto e ra<strong>di</strong>ci cristiane sumono prestatori <strong>di</strong> attenzione e <strong>di</strong> assisten- Se non sapessi che suonerebbe terribil-<br />

(battaglie che peraltro giu<strong>di</strong>co tutte perse, alza per gli altri, persone che accu<strong>di</strong>scono i mente marxiano, <strong>di</strong>rei che a minare la fala<br />

lunga) penso abbia <strong>di</strong>stolto da come il nostro<br />

processo economico e consumistico, più<br />

bambini o gli anziani, allietano o curano i<br />

malati, i <strong>di</strong>sabili, e parlano con loro, fanno<br />

miglia è proprio questo nostro modello <strong>di</strong><br />

sviluppo. •<br />

EDICOLE AMICHE DEL “DOM”<br />

Venendo incontro alle richieste <strong>di</strong> alcuni lettori pubblichiamo un elenco <strong>di</strong> e<strong>di</strong>cole dove il Domenicale<br />

è sicuramente <strong>di</strong>sponibile. Facendo presente che il giornale è or<strong>di</strong>nariamente reperibile in 11.000<br />

riven<strong>di</strong>te, invitiamo altri e<strong>di</strong>colanti <strong>di</strong> tutt’Italia che gra<strong>di</strong>ssero essere segnalati a comunicarci il loro recapito<br />

MI<strong>LA</strong>NO<br />

• Largo Gemito/via<br />

Casoretto<br />

• Largo Augusto<br />

• Libreria Feltrinelli,<br />

Via Manzoni<br />

• Esselunga, Via De Angeli<br />

• Largo Nirone/<br />

corso Magenta<br />

Direttore Responsabile<br />

Angelo Crespi,<br />

Caporedattore Giuseppe Romano<br />

Redazione Marco Respinti,<br />

Davide Brullo, Matteo Tosi,<br />

Giovanni Abruzzo,<br />

Elena Buffa (consulente grafico),<br />

Giovanna Dal Negro<br />

(segreteria <strong>di</strong> redazione)<br />

Illustrazioni <strong>di</strong> Gianni Chiostri<br />

Redazione via Senato 12, 20121<br />

Milano, Telefono 02-36560007<br />

Fax 02-36560008,<br />

Registrazione Tribunale<br />

<strong>di</strong> Milano n.362 del 17/06/2002<br />

• Piazza Car<strong>di</strong>nal Ferrari<br />

TORINO<br />

• Piazza Freguglia<br />

• Via O. Vigliani<br />

• Corso Siccar<strong>di</strong>/Cernaia<br />

• Corso Re Umberto/<br />

Vittorio Emanuele<br />

• Piazza 18 Dicembre<br />

SETTIMANALE DI C ULTURA<br />

Ufficio pubblicità Francesca Galli,<br />

Tel. 02/36560007 Fax 02/36560008,<br />

e-mail: francesca.galli@ildomenicale.it<br />

Ufficio marketing<br />

Alessandra de Lassotovitch<br />

e-mail: lassotovitch@ildomenicale.it<br />

Stampatore <strong>Centro</strong> Stampa Quoti<strong>di</strong>ani<br />

Spa, via dell’Industria 52, 25030<br />

Erbusco (BS), Distribuzione<br />

Messaggerie Perio<strong>di</strong>ci (Me.Pe.SpA),<br />

via Carcano 32, 20141 Milano<br />

NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE<br />

IL 28 LUGLIO 2006<br />

ROMA<br />

• Via S.Susanna/<br />

via Carducci<br />

• Via Vittorio Veneto<br />

• Piazza San Silvestro<br />

• Largo Goldoni<br />

• P.zza S. Lorenzo in Lucina<br />

• Via Giustino Fortunato<br />

• Via Edoardo Jenner<br />

MERANO<br />

• Chiosco Stazione,<br />

p.zza Stazione<br />

• Eheim, interno Stazione<br />

• D.F.S., passeggiata<br />

lungo Passerio<br />

• Granetto, p.zza del grano<br />

• Lavanga, via delle Corse<br />

• Gregori, via Caserme<br />

Società E<strong>di</strong>trice Il Domenicale Spa<br />

Presidente Marcello Dell’Utri<br />

Vice Presidente Vicario<br />

Vittorio Farina<br />

Vice Presidente Riccardo Garosci<br />

Consiglieri d’Amministrazione<br />

Carlo Matteo Bruno<br />

Simone Chiarella<br />

Giovanni Fagioli<br />

Carlo Fulchir<br />

Giuseppe Granata<br />

Delia Merlonghi<br />

Massimo Nicolucci<br />

L’e<strong>di</strong>tore si <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong>sponibile a regolare<br />

eventuali <strong>di</strong>ritti per le immagini <strong>di</strong> cui non sia<br />

stato possibile reperire la fonte

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