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Ettore Beggiato - Raixe Venete

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<strong>Ettore</strong> <strong>Beggiato</strong><br />

L'IDEA FEDERALISTA<br />

NEL VENETO


INDICE<br />

- Introduzione (<strong>Ettore</strong> <strong>Beggiato</strong>)<br />

- Daniele Manin (cenni biografici)<br />

- Nicolò Tommaseo (cenni biografici)<br />

- La Repubblica Veneta (nota introduttiva)<br />

- «I veri obiettivi dell'insurrezione Veneziana del 1848»<br />

Intervista a Daniele Manin (1854-1856)<br />

- Tommaseo e la questione della fusione col Piemonte (1848)<br />

- Una lettera del Manin al Tommaseo (1848)<br />

- La Repubblica veneta nuovamente proclamata in Venezia (documento)<br />

- Eugenio Albèri (cenni biografici)<br />

- “Dell'unità e della federazione considerate in ordine alla natura, alle origini e alle tradizioni italiane”<br />

- “Questioni in generale dal programma dell'Unità. Questione romana, napoletana, veneta (1860)”<br />

- Alberto Mario (cenni biografici)<br />

- “La Repubblica federale” (1872)<br />

- Ferruccio Macola<br />

- “Progetto per costituire una federazione politica regionale (1889)”<br />

- Silvio Trentin (cenni biografici)<br />

- Progetto di costituzione federalista (1943)<br />

- <strong>Ettore</strong> <strong>Beggiato</strong><br />

- Progetto di legge statale “Costituzione della Repubblica federale italiana (1992)”<br />

- Presentazioni e recensioni<br />

- … Ancora sul Veneto e sul federalismo<br />

- Note biografiche<br />

2


INTRODUZIONE<br />

«Chi controlla il passato<br />

controlla il futuro,<br />

chi controlla il presente<br />

controlla il passato».<br />

(G. Orwell)<br />

Quando alle politiche del 1983 ci fu il primo successo autonomista e federalista nel<br />

Veneto, il primo in una regione a statuto ordinario, una delle principali accuse lanciate nei<br />

confronti di chi aveva portato avanti con tante difficoltà la battaglia federalista (e chi scrive fu<br />

uno di questi) fu quella di non aver alcun aggancio con il passato culturale e storico del<br />

Veneto, che si era destinati ad essere un fuoco di paglia, senza prospettive, senza futuro. E in<br />

questo “tiro al bersaglio” si esercitarono in molti.<br />

A undici anni di distanza con questa raccolta di scritti, documenti, lettere, si cerca di<br />

dimostrare come le idee federaliste continuino da quasi centocinquant'anni ad essere ben<br />

presenti nella nostra regione e come ci sia una certa continuità ideale fra le tesi di Daniele<br />

Manin, Nicolò Tommaseo, Eugenio Alberi, Alberto Mario, Silvio Trentin e perlomeno alcune<br />

rivendicazioni federaliste attuali.<br />

Ed è chiaro che questo lavoro vuole essere soprattutto una provocazione culturale e politica<br />

nei confronti di chi è storico e ricercatore. E da loro credo sia legittimo attendersi una<br />

qualificata ricerca: chissà quanti altri documenti, scritti, lettere ci sono nei nostri archivi. Ma<br />

la storia è sempre stata scritta dai vincitori e almeno finora i federalisti sono stati perdenti e<br />

allora... meglio lasciarli negli archivi.<br />

Chissà se per esempio durante la Resistenza ci furono istanze federaliste e quali dimensioni<br />

ebbero nel Veneto. Io ho trovato recentemente un volantino stampato nella primavera del '45<br />

dall'associazione «San Marco par forza» che andava in quella direzione.<br />

E chissà dov’era la classe politica veneta quando a Trento e a Bolzano lottavano per<br />

l’autonomia, per un rapporto di tipo federale con lo Stato Italiano.<br />

Riuscirà questa volta l’idea federalista ad essere vincente?<br />

Spero proprio di sì e mi auguro che un piccolissimo contributo possa essere portato anche da<br />

questo lavoro.<br />

Venezia 25 aprile 1999, S. Marco<br />

Festa nazionale veneta<br />

<strong>Ettore</strong> <strong>Beggiato</strong><br />

Consigliere Regionale<br />

Union del Popolo Veneto<br />

Un particolare ringraziamento per la collaborazione a Italo Pilla, Pericle Predielis e a Rosanna Rado.<br />

3


DANIELE MANIN - (Cenni biografici)<br />

Nasce a Venezia nel 1804 figlio di un ebreo convertito (Medina era il cognome originario)<br />

che assume il cognome del padrino, fratello dell'ultimo doge Ludovico Manin.<br />

Nel 1821 si laurea in legge con una tesi sulla "Lex Regia" e in seguito si concentra<br />

nell'avvocatura fino a11847. Nel settembre di quell'anno si svolge a Venezia il IX Congresso<br />

degli scienziati italiani: il Manin è uno dei promotori di una petizione che fondamentalmente<br />

chiede di considerare il Veneto come un popolo federato all'impero asburgico. È anche in<br />

seguito a questo che il 18/01/1848 viene arrestato assieme a Nìcolò Tommaseo. Liberato, dai<br />

veneziani insorti, il 17 marzo, diventa l'anima della Repubblica di San Marco. Con i suoi 17<br />

mila soldati, in gran parte volontari, la Repubblica Veneta terrà testa dal 22 marzo '48 al 24<br />

agosto '49 a una macchina da guerra, l'austriaca, superiore a quella che aveva sconfitto<br />

l'esercito di Carlo Alberto numericamente fortissimo.<br />

Una difesa della propria indipendenza che non ebbe eguali in tutta Europa.<br />

Il 27 agosto Daniele Manin parte per l'esilio parigino ove muore nel 1857.<br />

È interessante leggere quanto scrive di lui Giovanni Spadolini nel suo “Gli uomini che fecero<br />

l'Italia”:<br />

“Una nuova storia iniziava, che era anche una storia antica nelle mutate simbologie del potere:<br />

Manin veniva acclamato presidente della Repubblica. Non era la Repubblica sognata da<br />

Mazzini; non sarà la Repubblica Romana. Era piuttosto la Repubblica in lega con gli altri stati<br />

d'Italia nella grande federazione allora sognata. Federazione italiana, e poi europea (secondo<br />

un intuizione che il Manin - personaggio sotto ogni profilo europeo - fu più perentoria e<br />

lampeggiante che - non in molti altri uomini del Risorgimento, chiusi nelle loro dimensioni<br />

autoctone, nazionali o regionali)”.<br />

Una dimensione di Daniele Manin, quella federalista, che merita di essere adeguatamente<br />

sottolineata visto che la retorica della storiografia ufficiale ci presenta, sempre e comunque,<br />

una visione della rivoluzione veneta del 1848-49 in chiave totalmente nazionaltricolore.<br />

4


NICOLÒ TOMMASEO - (Cenni biografici)<br />

Nasce a Sebenico (Dalmazia) nel 1802, studia nel seminario di Spalato ove trova come<br />

valente insegnante il vicentino Bernardino Bicego. Già nel 1817 lo troviamo all'Università di<br />

Padova e qui conosce Antonio Rosmini. Nel '22 di laurea in giurisprudenza e incomincia a<br />

collaborare con il “Giornale Trevisano di Scienze e Lettere” e con “L'osservatore Veneto”.<br />

Si trasferisce a Firenze, collabora stabilmente all'“Antologia” ed in seguito ad alcuni articoli<br />

pubblicati sulla stessa è costretto, nel 1834, a rifugiarsi in Francia. Rientra nel settembre del<br />

'39 grazie all'amnistia concessa dall'Imperatore Ferdinando I. Il 29/12/1847 tiene all'Ateneo<br />

Veneto il famoso discorso con il quale chiede la libertà di stampa. Tre settimane dopo il 18<br />

gennaio viene arrestato insieme con Daniele Manin e portato in carcere.<br />

Liberato dai veneziani nel frattempo insorti il 17 marzo, viene nominato Ministro di Culto e<br />

dell'istruzione pubblica del Governo o della Repubblica Veneta.<br />

Il 4 luglio si oppone, con un memorabile discorso, alla fusione del Veneto con il Regno di<br />

Piemonte e, trovandosi in minoranza, si ritira dal Governo. Nell'agosto, dopo che le sconfitte<br />

dell'esercito piemontese avevano reso improponibile tale progetto, viene mandato<br />

Ambasciatore a Parigi, per cercare di coinvolgere la Francia nella difesa della Serenissima.<br />

Visti gli scarsi risultati, rientra a Venezia dove si impegna nel combattivo giornale “La<br />

fratellanza de'popoli”. Dopo la capitolazione dell'agosto '49, è escluso, con altri 40 cittadini,<br />

dall'amnistia e si rifugia per 5 anni a Corfù. Rientra in Italia e nel 1860 nominato Senatore<br />

rifiuta (come Carlo Cattaneo, Alberto Mario ed altri) tale nomina pur di non riconoscere la<br />

monarchia.<br />

Muore a Firenze nel 1874.<br />

Vastissima è la sua produzione libraria nella quale si spazia fra la linguistica, la pedagogia, la<br />

storia, la religione, la critica letteraria.<br />

5


LA REPUBBLICA VENETA<br />

(22 marzo 1848 - 24 agosto 1849)<br />

(Nota introduttiva)<br />

Questa pagina fondamentale della nostra storia continua ad essere incredibilmente<br />

sconosciuta alla stragrande maggioranza del popolo veneto. Si tratta, invece, di un periodo<br />

straordinariamente intenso, di una rivoluzione che vide coinvolte tutte le classi sociali, di una<br />

Repubblica che continua a rappresentare l'ultimo periodo di autogoverno del nostro popolo.<br />

Di seguito, tratte da una bibliografia inconcepibilmente scarna, alcune pagine, alcuni<br />

documenti che evidenziano lo spirito “marciano” (“venetista” si dovrebbe dire oggi) di<br />

quella rivoluzione e la consapevolezza della necessità di un rapporto federalista con il Regno<br />

Sabaudo e il resto dell'Europa.<br />

6


I VERI OBIETTIVI DELL'INSURREZIONE VENEZIANA<br />

DEL 1848<br />

Intervista a Daniele Manin (*)<br />

SENIOR: - Quali erano i veri obiettivi dell'insurrezione veneziana?<br />

MANIN: - Preferivamo essere una Repubblica indipendente confederata con gli altri Stati<br />

italiani. E avremmo accettato di entrare a far parte di un unico grande Regno comprendente<br />

tutta l'Italia.<br />

Se Carlo Alberto si fosse presentato come un uomo disinteressato; se non avesse fatto una<br />

guerra egoistica per l'ingrandimento del Piemonte; se non avesse proposto altro che la<br />

cacciata dei barbari fuori dall'Italia, lasciando agli italiani il compito di decidere dei propri<br />

affari, penso ancor oggi che avremmo potuto riuscire. Ma le mie speranze svanirono non<br />

appena propose di annettersi Milano; cambiava tutto il carattere della guerra. Kossuth, allora<br />

ministro di Ferdinando in Ungheria, ebbe il destro di denunciare l'invasione piemontese come<br />

un proditorio tentativo di derubare l'Austria approfittando della sua ora di debolezza<br />

insurrezionale. Il papa, il granduca e il re di Napoli si misero tutti in allarme.<br />

Capirono che il Piemonte usava il pretesto di una guerra di liberazione per fare in realtà una<br />

guerra di ambizione e di conquista. Ultimo di tutti, anche il popolo italiano perse il suo<br />

entusiasmo, e allora non ci fu più speranza. I piemontesi hanno fatto un santo di Carlo<br />

Alberto; forse loro possono riuscire a perdonargli il male che ha fatto: ma il resto d'Italia non<br />

può.<br />

MANIN: - ... La penso in modo completamente diverso da quello dei miei amici inglesi che<br />

dicono, come Lord John Russell, che gli italiani dovrebbero restare tranquilli; che<br />

raggiungeranno i loro obiettivi aspettando le riforme che l'opinione pubblica e i suoi interessi<br />

estorceranno dall'Austria. In primo luogo, l'Austria non farà mai riforme; non può, perché<br />

qualsiasi riforma sarebbe usata contro di lei. Ogni italiano al suo servizio è un cospiratore<br />

contro di lei.<br />

Tutto il denaro e i beni che essa lascia nelle nostre mani costituiscono una parte del nostro<br />

capitale insurrezionale. Se l'Austria dovesse concederci libertà di parola, l'useremo per<br />

maledirla; se dovesse concederci libertà di stampa, la denunceremmo. Il suo malgoverno è<br />

stato così lungo, così stupido e così irritante che i suoi effetti sono irrimediabili. Non riuscirà<br />

mai a migliorare; è come un uomo che si sia abituato all'arsenico, e che se lo abbandona<br />

muore. In secondo luogo, il nostro obiettivo non è quello di riformare l'Austria, ma di<br />

cacciarla. Può darsi che sia un obiettivo assurdo o impossibile a raggiungersi; ma, saggio o<br />

sciocco che sia, raggiungibile o no, questo è il nostro obiettivo. Non lo difendo, lo asserisco.<br />

E dovete ammettere che non lo si può raggiungere standosene a sedere immobili.<br />

SENIOR: - Certo non standosene a sedere immobili per sempre; ma ci possono essere<br />

delle circostanze in cui l'azione può essere inopportuna, e non far altro che allontanarvi dal<br />

vostro obiettivo.<br />

MANIN: - Sicuro che possono essercene; ma potrei dimostrarvi che fino ad oggi ogni<br />

nostra azione è stata un bene; voglio dire un bene per la causa; non per gli uomini che vi<br />

hanno partecipato. Nello stato attuale d'Italia, la vita politica non può essere una vita felice.<br />

Un uomo pubblico deve sopportare vergogna e rimorso se serve i despoti, o catene, povertà o<br />

esilio se serve il suo paese.<br />

Non inganno mai i miei amici con speranze di felicità o di fama, e neanche di successo, per<br />

quanto li riguarda. Ho fiducia nel successo finale, ma intere generazioni possono perire per<br />

ottenerlo.<br />

SENIOR: - Per successo intendete l'indipendenza?<br />

MANIN: - Per successo non intendo soltanto l'indipendenza, ma<br />

l'unità; e per unità intendo un unico organo politico, sia esso un monarca, un senato o un<br />

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congresso, che abbia il potere di dirigere contro il comune nemico le forze dell'intero popolo<br />

italiano.<br />

SENIOR: - Suppongo che richiediate l'unità solo come una garanzia dell'indipendenza. Se<br />

gli italiani, sebbene divisi in una dozzina di Stati sovrani privi di qualsiasi autorità centrale,<br />

potessero essere certi che si lascerebbe loro di trattare i propri affari senza esser soggetti<br />

all'intervento straniero e senza pericolo di una conquista straniera, sareste soddisfatto?<br />

MANIN: - Puor satisfait, non; pour content, oui. Tuttavia, la vostra ipotesi è impossibile.<br />

L'Italia, se divisa in una dozzina o una mezza dozzina, o anche soltanto in un paio di Stati<br />

separati, verrebbe ridotta in pezzi dalla guerra civile, e sarebbe prima o poi soggiogata da<br />

guerre esterne.<br />

Non c'è salvezza per noi contro la Francia, o contro l'Austria, o contro i conflitti interni, a<br />

meno di non essere uniti. È sempre stato così, e sarà sempre così. Ma dateci indipendenza e<br />

unità, e non m'importerà in quale forma. Le mie convinzioni teoriche sono in favore delle<br />

istituzioni repubblicane. Credo che esse siano le istituzioni con cui il genere umano può<br />

raggiungere i più notevoli progressi, e offrono il vantaggio di permettere che parecchie<br />

repubbliche si riuniscano in una federazione, come vediamo negli Stati Uniti; laddove un<br />

confederazione di monarchie diventa una cospirazione di re contro i loro popoli, come<br />

vediamo nel Bund tedesco.<br />

SENIOR: - Non potreste costruire una confederazione in cui alcuni membri fossero<br />

repubbliche e altre monarchie?<br />

MANIN: - Non credo; morrebbe con una guerra civile. La parte repubblicana scaccerebbe i<br />

monarchi, o i monarchi si impadronirebbero delle repubbliche. Se dobbiamo avere un<br />

monarca, deve essere re di tutta l'Italia. Sono assolutamente pronto, anzi ansioso di accettare<br />

come tale il re di Sardegna. Mi rifiuto di associarmi a qualsiasi tentativo di mettere Murat sul<br />

trono napoletano, non perché una dinastia murattiana non sarebbe molto migliore di una<br />

dinastia borbonica, ma perché lo stabilirsi di una casa dei Murat a Napoli e di una dei Savoia a<br />

Torino renderebbe impossibile l'unità italiana. E rifiuterei altrettanto di associarmi a qualsiasi<br />

tentativo di dare la Lombardia o il Veneto al Piemonte con la prospettiva che questa debba<br />

essere una soluzione definitiva. Non appoggerò il re di Sardegna perché diventi un re più<br />

grande di quanto è ora in Italia; lo appoggerò in ogni tentativo diretto a farne il re di Italia. Lo<br />

abbandonerò non appena sottoscriva qualsiasi trattato con cui riconosca lo stato di cose che è<br />

suo solenne mandato distruggere; non appena sottoscriva qualsiasi patto con i nemici<br />

irreconciliabili dell'Italia: l'Austria e il papa: non appena egli cessi di costituire il nucleo<br />

intorno al quale deve cristallizzarsi la trama dell'unità d'Italia; non appena egli permetta che<br />

sorga un qualsiasi altro nucleo di unità; non appena, in breve, egli mostri di non essere pronto<br />

a rischiare la corona del Piemonte per ottenere quella d'Italia.<br />

Il Piemonte deve agire; non può restare dov'è. L'Austria e il papa lo insidierebbero e lo<br />

distruggerebbero.<br />

SENIOR: - Ma come può agire? Non può competere con l'Austria; l'esperimento è già stato<br />

tentato due volte.<br />

MANIN: - Se appoggiato dalla Francia, può competere benissimo con l'Austria; se appoggiato<br />

da tutti i liberali italiani, può benissimo competere con l'Austria. Qualora l'Austria fosse<br />

seriamente attaccata, tre quarti degli abitanti del suo Impero eterogeneo, disorganizzato e<br />

pieno di malcontento si unirebbero all'invasore.<br />

I migliori amici dell'Austria, e quindi i peggiori nemici dell'unità italiana, sono il partito<br />

piemontese e il partito mazziniano. Il partito piemontese preferisce all'Italia l'ingrandimento<br />

del Piemonte; i mazziniani preferiscono all'Italia un'estensione della democrazia. Il partito<br />

piemontese, per annettere al Piemonte la Lombardia e il Veneto, lascerebbe in schiavitù la<br />

Toscana, lo Stato Pontificio e Napoli. I mazziniani, per distruggere una monarchia,<br />

tratterebbero da nemico lo Stato più potente e più liberale d'Italia. Ho fiducia che i veri<br />

patrioti dei due partiti e fra loro Mazzini e Cavour abbandoneranno i loro obiettivi secondari e<br />

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si uniranno a far un unico partito nazionale che abbia sulla sua bandiera l'indipendenza e<br />

l'unità. E credo che con un tale partito potremmo battere l'Austria, anche senza l'aiuto inglese*<br />

*Da due conversazioni fra Nassau Senior e D. Manin, a Parigi, rispettivamente del 13 maggio 1854 e de117 maggio 1856, in<br />

NASSAU WILLIAM SENIOR; Conversations with M. Thiers, M. Guizot and other distinguisbed persons during the Second<br />

Empire; a cura di M. C.M. Simpson, Londra 1878, voI. I, pp. 404-06, voI. II, pp. 83-86. Denis Mack Smith «IL<br />

RISORGIMENTO ITALIANO» - La Terza 1987<br />

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TOMMASEO E LA QUESTIONE<br />

DELLA FUSIONE COL PIEMONTE<br />

(4 Luglio 1848)<br />

Giacchè siamo, o cittadini, al secondo punto, cioè se Venezia abbia a fare uno Stato da sé,<br />

o associarsi al Piemonte, non debbo tacere che la questione, posta così, sempre più mi<br />

dimostra l'inopportunità del trattarla in queste strette di guerra. Perché potrebb'essere che<br />

l'aggregazione deliberata adesso paresse atto invalido a chi la giudicherà con animo riposato,<br />

e preparasse forniti di discordie e rivoluzioni; potrebb'essere che l'aggregazione intempestiva<br />

nocesse al Piemonte stesso, suscitando le pestifere gare municipali, delle quali vediamo già un<br />

doloroso principio. In tale frangente né Venezia né il Piemonte può conoscere quale sia<br />

veramente il suo meglio. Detto questo perché la coscienza me l'imponeva, ripeto che il<br />

domandare se Venezia abbia a fare uno Stato da sé, non è un porre la questione nel debito<br />

modo. Venezia per certo non può né deve rimanersene sola; ma può il tempo e deve<br />

inevitabilmente condurre tal mutamento nelle pubbliche cose, che la solitudine di Venezia<br />

venga a aver fine in molti altri modi che quest'uno dell'aggregarsi al Piemonte. Posta così la<br />

questione, e vietatoci ormai dalla prima deliberazione dell'assemblea d'indugiare, ne segue di<br />

necessità quella che chiamano fusione. Or poich'io non accetto le due premesse, posso non<br />

dare il mio voto; ma debbo insieme adoprarmi, quant'è in me, a rendere men pregiudicevole<br />

alle sorti avvenire d'Italia il voto altrui. Dirò dunque gl'inconvenienti che son più da temere<br />

nell'associazione al Piemonte; perch'altri ne cerchi in tempo i rimedi.<br />

Il Piemonte finora è poco noto al rimanente di Italia; ch'anzi, non molti anni fa, si reputava<br />

esso stesso non essere Italia. Converrà dunque, per forza d'istituzioni che abbiano riguardo<br />

alle varie nature e alle tradizioni delle stirpi varie, far sì che ogni dispetto e sospetto tra le<br />

diverse provincie si dilegui. Il Piemonte, che per bocca di parecchi suoi benemeriti e valorosi<br />

scrittori nelle dottrine era guelfo, cioè amico al papato, ne' fatti della politica è alquanto<br />

ghibellino, in questi rispetti, che mostra talvolta certa mal celata gelosia della civile autorità<br />

del pontefice, e che ha dato finora troppa parte ai patrizi nelle pubbliche cose. Bisogna che il<br />

settentrione di Italia s'inchini al mezzogiorno laddove il mezzogiorno prevale per civiltà più<br />

antica e per italianità più profonda: bisogna che ogni privilegio di nascita o di titolo sia rotto<br />

ormai come un giogo. Il Piemonte entrando in possessione del Lombardo e del Veneto, se<br />

ascolta le cupidigie e le ambizioni di pochi malcauti, tratterà le provincie come conquista,<br />

tenterà di sottrarre a mano a mano delle fatte promesse, disputerà della sedia del regno, della<br />

sede del parlamento, dei commerciali vantaggi; si chiamerà addosso gl'impacci de' grandi<br />

Stati e de' piccoli municipi; e quanto maggiormente ampliato il suo regno, tanto più<br />

municipali saranno gl'intendimenti suoi Bisogna al contrario che il Piemonte molto dia,<br />

acciocché molto gli sia dato, se pure è non vuoI perdere quello stesso ch'egli ha. Gli bisogna<br />

non soverchiare s'è non vuole essere soverchiato; non diffidare s'è non vuoI perire per l'altrui<br />

diffidenza. Gli bisogna non solo rispettare i veri diritti municipali viventi nelle varie parti<br />

dello Stato novello, ma, dove non sono, crearli, ridurli a uniformità; rispettare l'eredità<br />

inviolabile delle memorie, acciocché il suo non paia dominio straniero. Gli bisogna a ciascuna<br />

provincia lasciare che, salva l'unità, si governi, quanto può, da se stessa; che le facoltà, le<br />

forze, i vantaggi si e no per tutte le parti in modo equabile distribuiti. Adesso che Germania, e<br />

Austria stessa, è forzata a mettersi per le vie liberali, tocca al Piemonte far sì che dagli<br />

stranieri in equità non sia vinto. Tocca a Venezia determinare ben chiare le condizioni del<br />

cedere, e non solamente richiedere che un'assemblea costituisca il suo patto politico, ma<br />

specificatamente richiedere che il parlamento alternamente s'aduni nel seno suo; che ella<br />

elegga i suoi magistrati e maestri; che la sua marineria mercantile e guerriera rifiorisca; che in<br />

quanto non riguarda le utilità generali dello Stato, ella da altra città non dipenda. Molto può<br />

certamente Venezia ed il Veneto apprendere dal Piemonte: le abitudini d'amministrazione<br />

regolare e ferma, la solidità degli studi, le istituzioni militari naturate nel popolo. E può il<br />

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Piemonte altresì dalle altre parti d'Italia attingere un qualche bene, se voglia non assorbire<br />

l'Italia in sé, ma viemeglio italianarsi egli stesso. Due cose principalmente può e deve Venezia<br />

e Lombardia dal Piemonte richiedere, che tutta Italia, fino all'ultimo confine segnato dalla<br />

favella, compreso cioé il Friuli e quel che chiamano Tirolo italiano, sia libero: e che in vincoli<br />

di confederazione s'unisca il Piemonte all'altre regioni d'Italia; che una dieta istituiscasi in<br />

Roma, nella qual dieta ragionare de'comuni diritti e doveri. Sarà questo l'indizio delle fraterne<br />

volontà del Piemonte, se tra il mezzogiorno e il settentrione d'Italia si stringeranno per opera<br />

sua patti di concordia generosa.<br />

Conchiudo. Se volete associazione e non sudditanza, ponete bene le condizioni; giacchè la<br />

vostra debolezza, per grave che sia, non distrugge i vostri diritti, i diritti de' figli vostri, non<br />

toglie gli altrui doveri.<br />

E queste sono le mie supreme parole. Permettetemi, o cittadini, che nel ritrarmi ch'io fo<br />

dall'onore del servigio vostro, onore non chiesto e più volte per la coscienza delle deboli forze<br />

mie ricusato, io ringrazi coloro tra voi che accompagnarono le mie cure d'amica indulgenza.<br />

Era destino che e nel primo e nel secondo cadere della diletta città i dalmati facessero prova<br />

d'un affetto infelice ed inutile. Tra i contrasti e i patimenti e le angosce indicibili di questi tre<br />

mesi, io ho raccolto un tesoro di ricordanze che consoleranno la solitudine dell'oscura mia<br />

vita*<br />

* Da NICCOLÒ TOMMASEO, All'assemblea di Venezia. Discorsi due. Venezia 1848, pp. 19-23<br />

11


UNA LETTERA DEL MANIN AL TOMMASEO<br />

Venezia, 5 settembre 1848<br />

L'ultima mia è del 3 corr. Ricevemmo copia delle vostre due lettere del 24 e del 26 agosto,<br />

la prima pervenutaci ieri, la seconda oggi.<br />

Ci ha fatta gratissima impressione l'annuncio che i nostri affari migliorino a codesta parte:<br />

apprezziamo il riserbo usato nel comunicarcene l'andamento, e siamo ansiosi di ricevere il<br />

vostro inviato, nel caso abbiate stimato opportuno di farlo partire.<br />

Non abbiamo dato peso alle dichiarazioni del Mengaldo, essendo voi il solo rivestito di<br />

regolare credenziale, e potendo voi facilmente rimediare, se fosse d'uopo, alle scappate di lui.<br />

Sino a che le trattative della pacificazione e del nostro riordinamento politico non poggino<br />

sopra qualche avvenimento diplomatico bene determinato, non crediamo utile convocare<br />

l'Assemblea dei deputati perché si costituisca in comitato segreto onde deliberare con noi.<br />

Troppo vaghi infatti sarebbero per risultare adesso i termini del potere da delegarsi dall'<br />

Assemblea al comitato, nella circostanza che il Governo non può offrire all'Assemblea<br />

nozioni esatte delle basi, sulle quali le Potenze abbiano stabilita la loro intervenzione<br />

conciliativa.<br />

Nell'atto però che stimiamo prudente di attendere un maggiore sviluppo degli affari prima<br />

di convocare l'Assemblea, crediamo necessario conosciate quelle istruzioni che avevamo date<br />

al Pasini, nella supposizione che a Torino, o a Roma, o a Lione, come dicevasi, avesse avuto<br />

luogo una unione di diplomatici per decidere la questione italiana.<br />

«Non è d'uopo dirvi quali sieno i bisogni della nostra nazionalità, quali sieno i diritti alla nostra<br />

indipendenza. La nostra nazionalità e la nostra indipendenza debbono escludere le due seguenti combinazioni<br />

politiche: 1° - Dipendenza, o aggregazione diretta o indiretta all'Impero austriaco 2° - Una monarchia, anche<br />

indipendente, con un ' principe austriaco, o con un principe di casa d'Este. Qualsiasi altra combinazione<br />

politica noi potessimo accoglierla».<br />

Di conseguenza noi accetteremmo, anzi tutto, che fosse costituito uno Stato delle sole<br />

provincie della Venezia; poi, che le provincie lombardo-venete costituissero un unico Stato,<br />

salvo in questi due casi di lasciare alla deliberazione dell'Assemblea costituente, eletta col<br />

suffragio universale, la forma di governo; in fine, e per caso estremo, non ci rifiuteremmo a<br />

formar parte del già ideato Regno subalpino.<br />

Sopra queste basi voi potreste intanto negoziare, potendo esser certo che la nostra Assemblea<br />

gradirebbe una o l'altra delle tre proposizioni nella preferenza con cui ve le ho esposte. Se poi<br />

si volesse imporre al Veneto una delle combinazioni da noi escluse, voi protesterete<br />

energicamente in nome del popolo di Venezia non solo, ma in nome eziandio del popolo delle<br />

provincie venete.<br />

Il colloquio che aveste col Rothschild non ci riuscì sgradito, quantunque vi abbiamo<br />

intraveduta una delle solite astuzie austriache: non sarà però disutile che mantenendo<br />

l'abituale vostra dignità, ed escludendo ogni parola che potesse avere un colore d'impegno,<br />

cerchiate scaltramente di scoprire terreno, e specialmente conoscere, per quanto fosse<br />

possibile, le ultime concessioni che l'Austria farebbe all'Italia, nel caso che non accadesse<br />

d'abbandonarla se non in seguito agli eventi di una nuova guerra.<br />

Reputiamo pur vantaggioso che vi presentiate al Normanby, non già per avere adesso il<br />

solo appoggio dell'Inghilterra, ma perché, sapendola alleata con Francia per comporre le cose<br />

d'Italia, indagare nei suoi colloqui la meta a cui tende precisamente il Governo di lui. Thiers è<br />

costituzionalista, e fautore di casa di Savoia, come certo non ignorate: apprezziamo però il<br />

vostro divisamento di abboccarvi con esso pure, e sentiremo assai volentieri come la pensi sul<br />

nostro conto.<br />

Era necessario che a Parigi si ricordassero alfine anche della povera Venezia. Nessuno<br />

meglio di voi poteva e può farla rammentare; nessuno meglio di voi saprà scuotere l'onore<br />

francese, impegnato a lavare la turpe macchia di Campoformio.<br />

Le truppe piemontesi sono già imbarcate; le nostre navi sono rientrate: la squadra sarda<br />

12


veleggerà questa sera verso i suoi porti. Chi ci garantisce ora più dal blocco di mare? I legni<br />

francesi, promessi da tante parti, ancora non giunsero. Questo console però ci assicura che<br />

non tarderanno di molto, poichè l'ordine fu già impartito.<br />

Noi resisteremo, siatene certo. Venezia è tranquilla, e v'hanno ottime disposizioni alla<br />

resistenza; ma le nostre finanze ci fanno tremare.<br />

In quanto alla domanda che ci fate, se abbisogniamo d'artiglieria, vi diremo che per noi gli<br />

artiglieri non sono mai troppi: ci starebbero bene alcuni bravi ufficiali di quest'arma, e qualora<br />

codesto Governo volesse concedercene di veramente abili ed onesti, ci presterebbe un<br />

validissimo soccorso. Egualmente ci sarebbe opportunissimo un valoroso generale,<br />

specialmente se potessimo assumere influenza e direzione anche sulle operazioni fuori di<br />

Venezia; e voi ne farete la officiale richiesta.<br />

Scrivete ci al più presto una lettera da poter pubblicare, che metta nel popolo una sicura<br />

speranza del suo avvenire, e un nuovo eccita mento a continuare nella difesa. Vogliate mi<br />

bene (*).<br />

MANIN<br />

* Da «LA REPUBBLICA VENETA NEL 1848-49» - VoI. I - Documenti diplomatici - EditA cura del Comitato<br />

Regionale Veneto - Università di Padova in occasione della celebrazione Centenaria del 1848-49 (Cedam - 1949).<br />

13


EUGENIO ALBÈRI (Cenni biografici)<br />

Nato a Padova nel 1807, si laurea in Giurisprudenza ma si dedica, ben presto, alle<br />

discipline letterarie e storiche.<br />

Nel 1848 si segnala come valoroso combattente a Vicenza.<br />

Tra le sue opere meritano di essere evidenziate una biografia di Caterina De' Medici, Le<br />

Raccolte dei “Dispacci degli Ambasciatori veneti al Senato nel secolo XVI” (15 volumi) e,<br />

soprattutto, l'Operetta “Del Papato e Dell'Italia” dalla quale emergono le profonde convinzioni<br />

federaliste, o meglio, “Neoguelfe” dell'autore.<br />

Resta, invece, a livello di progetto “L'Atlante storico-comparato d'Italia”.<br />

Da segnalare il rapporto epistolare con Napoleone III.<br />

L'Albèri rappresenta un convinto sostenitore del progetto federalista da attuare in Italia<br />

secondo le tesi dell'imperatore francese.<br />

Muore a Vichy nel 1878.<br />

15


Dell'unità e della federazione considerate in ordine alla natura,<br />

alle origini e alle tradizioni italiane<br />

da “L'ITALIA”<br />

di Eugenio Alberi (Tipografia Cenniniana - 1860)<br />

Chi voglia intendere nella loro realtà i destini della Penisola (dice appunto lo stesso Balbo,<br />

è necessario che si rivolga prima di tutto allo studio della carta geografica. La quale ci rende<br />

perfettamente sensibile ciò che la storia ne attesta; che, cioè, per la sua giacitura nel bel mezzo<br />

di quel mare, che fu, ed è, e sarà veicolo principalissimo della civiltà universale, le<br />

immigrazioni primitive, così dal mare come dai monti, furono in Italia più numerose e più<br />

varie che in ogni altra regione occidentale, onde ci costituirono fin dall'origine in condizioni<br />

meno affini di quelle di ogni altra famiglia europea; e per la naturale configurazione e le<br />

spiccate divisioni del suolo della Penisola, i caratteri speciali e diversi delle razze che ivi<br />

presero stanza, dovettero più distintamente che per tutto altrove conservare la loro impronta<br />

originale, e determinare i loro destini. Ed in vero, non v'ha regione in Europa naturalmente<br />

divisa in tante parti come l'Italia: le tre grandi isole, Corsica, Sardegna e Sicilia; l'estremo<br />

angolo meridionale, e quasi africano; Roma col suo territorio chiuso tra sue maremme e suoi<br />

monti; quel bel seno di Appennini, quel quasi nido di civiltà, che ancor serba nome da' suoi<br />

primi coltivatori toscani; la marina adriatica e la ligure, e la gran valle del Po. E così<br />

concorrendo la diversità delle immigrazioni colla diversità delle divisioni naturali, troviamo in<br />

fatti antichissimamente i Fenicj nelle isole, i Siculi e magno-Greci nell'angolo meridionale, le<br />

genti Sannitiche e Latine intorno a Roma, la lega Etrosca in mezzo, i Veneti e i Liguri ai<br />

fianchi, i Celti nei piani settentrionali. E via via, come saremo per vedere più innanzi, tutti i<br />

grandi momenti di nostra storia riflettere l'impronta di questi due caratteri naturali di giaci tura<br />

e di scompartimento. Dei quali frattanto due conseguenze dobbiamo mettere in sodo:<br />

1° - Il fatto del costante intervento e del cozzo dei limitrofi in questo campo appropriato ai<br />

bisogni e alle ambizioni di tutti;<br />

2° - (Come dice lo stesso Balbo) “La impossibilità sperimentata in tutta la nostra storia,<br />

salva una breve eccezione, di costituirei in un sol regno”.<br />

La breve eccezione, alla quale accenna lo storico, è quella dell'unità imperiale romana. Ma<br />

anche questa, la quale non proverebbe gran cosa, rispetto alla sua breve durata, contro una<br />

storia di quattordici se coli prima e di quattordici dopo quel fatto unico, fu ben lungi dal potersi<br />

dire vera unità italiana; fu soggezione dell'Italia a Roma, non dissimile nella sostanza, se<br />

non nella forma, a tutte l'altre più o meno generali cui ci sottoposero i Goti, i Longobardi, i<br />

Franchi, taluni imperatori germanici, e il primo Napoleone. La dominazione romana, la quale<br />

soltanto dopo sette secoli d'incessanti e spietate guerre giunse a comprendere l'Italia intera,<br />

con opera più lunga e faticosa che non le abbisognasse per soggiogar l'universo, non intese, nè<br />

conseguì di costituire la nazione italiana. È anzi degno d'essere notato com'è la prepotenza<br />

invadente dei Romani desse luogo alla prima federazione italica, che sulla fine del settimo<br />

secolo di Roma mise la città eterna in procinto di perire sotto lo sforzo delle provincie<br />

collegate a rivendicazione della propria autonomia, e come in quella gran lotta campeggiasse<br />

il nome d'Italica dato a Corfinio città del Sannio eletta a capitale dei federati, e nel nome<br />

d'Italia si combattesse quella lunga guerra, dove, se non la potenza, la libertà romana perì per<br />

sempre. Roma, per la quale, come altrove abbiamo detto, ogni conquista fu non un fine ma un<br />

mezzo per passar oltre, e dominare dai sette colli sull'universo, tratta dalla missione<br />

provvidenziale, che S. Agostino, Dante e Bossuet le riconoscono, e fuor della quale tutta<br />

l'opera romana sarebbe inesplicabile, di apparecchiar cioè l'antico mondo occidentale a<br />

ricevere la dottrina e il seggio del cristianesimo; Roma, dico, domò le italiche provincie, non<br />

le fuse tra di loro e con sè, e in tanto le contenne avvinte al carro di sua fortuna quanto durò in<br />

sua mano il freno dell'universo. “L'Imperio di Roma (dice pure lo stesso Balbo) non fu mai<br />

italico se non contemporaneamente universale”; e l'unità fattizia della Penisola scomparve<br />

non si tosto che quella universalità venne meno.<br />

16


Che se in fine si volesse dagli unitari dare al fatto della romana dominazione un valore da<br />

invocarsi ad esempio, noi volentieri coglieremmo l'occasione di un esame, che si risolve a<br />

nostro anzichè a loro vantaggio. Avvegnachè, senza tornare sul modo della spietata conquista,<br />

che fu mestieri a conseguir quell 'intento, diremo in due parole, che forse giammai l'Italia vide<br />

aprirsi per lei un'epoca più fatale di quella. Tacito, Strabone, Vopisco, Ammiano Marcellino,<br />

il Codice Teodosiano, tutte insomma le più autorevoli testimonianze che la storia possa<br />

invocare, son là per ammonirei della spaventevole decadenza, che tenne dietro<br />

all'assorbimento delle italiane autonomie in un sol centro. Le civiltà etrusca ed italo-greca,<br />

onde la stessa Roma avea tratto i primi titoli della sua illustrazione, scomparvero senza quasi<br />

lasciar traccia di sè. E tenga luogo di ogni altra prova dello squallore in cui mano a mano<br />

venne precipitando l'Italia, che la popolazione già si fiorente di quelle varie contrade, la quale<br />

per calcoli assai fondati può raggugliarsi a ben venti milioni d'uomini prima che Roma<br />

stendesse la sua ala su tutta la Penisola, a mala pena raggiungeva la metà di tal numero sul<br />

declinar dell'Impero. Ultima e terribile sanzione, bisognò l'urto dei Barbari a spezzare il giogo<br />

che ne aveva così inviliti e prostrati, a ridarci in mezzo ai lunghi conflitti, cui ci dannò la<br />

vendetta delle conquiste latine, la coscienza di noi medesimi, il sentimento dell'antica virtù,<br />

che ci dio modo di risalir poco a poco quella scala che avevamo violentemente discesa; e<br />

nello svolgimento fatto ognora più armonico delle varie e potenti facoltà compartite da Dio<br />

alle razze privilegiate d'Italia, nella emulazione fra loro di tutte queste nobilissime parti,<br />

ricostruire quell'edificio di civiltà, che irraggiò di sua luce tutta la terra. E questo fu da noi<br />

conseguito col ritornare per lungo e laborioso cammino, non più discontinuato da poi, a -<br />

quelle, presso a poco, che abbiamo detto naturali partizioni della Penisola; raccogliendosi i<br />

popoli via via più strettamente intorno alle città principali di ciascheduna di esse, Venezia,<br />

Milano, Torino, Genova, Firenze, Roma e Napoli, cui la sanzione secolare, avvalorata da<br />

quella della natura, ha dato un'importanza indistruttibile.<br />

“Non vi ha rimedio contro la natura - (conclude a sua volta il Balbo, le cui parole ci piace<br />

sostituire alle nostre) - non vi è appello da tutta la storia di una nazione, e men della nostra,<br />

che è la più lunga e perciò la più autorevole di tutte le storie: l'Italia non situata, non<br />

conformata a un sol regno, è destinata ad essere, come fu sempre, divisa in parecchie<br />

provincie. Felice, quando quelle divisioni sono conformi alla natura; savia, quando cercherà<br />

confermarle; infelice e stolta; quando il vano desiderio di un solo Stato la distolse o distorrà<br />

da quella che è sua condizione naturale”.<br />

Io ho voluto avvalorare la mia opinione con un testo così limpido ed autorevole siccome è<br />

questo del Balbo, non già per inferirne che tutto il compito dell'opera e degli intenti nostri<br />

debba essere nella custodia e nel consolidamento delle singole autonomie; ma per mettere in<br />

sodo che ad ogni altro bene desiderabile è ostacolo il contrastare, facilità il secondare la legge<br />

che domina tutta la nostra storia. La quale ci rende manifesto che la forza naturale e<br />

tradizionale d'Italia consiste nella vita libera e piena delle sue parti, e nella federazione<br />

istintiva che è la sua ragion d'essere nel consorzio delle nazioni europee, e il solo mezzo<br />

appropriato a raggiungere ogni più nobile intento.<br />

E intento massimo, obbietto costante delle nostre attività, è, ed esser deve, la conquista<br />

della nostra indipendenza, la costituzione della nostra nazionalità, di questa principale<br />

condizione dell'essere di ogni un'lana famiglia, di questo bene supremo, senza cui ogni altro è<br />

difettivo ed incerto. Questa che fu da secoli nobile aspirazione dei più elevati intelletti, e che<br />

per naturale portato dei tempi e delle cose venne ognora prendendo più largo campo, da<br />

cinquant'anni è divenuta prepotente nel petto degl'Italiani, e vuol essere soddisfatta, e lo sarà.<br />

E già forse lo sarebbe a quest'ora, se, non distratti da fallaci allettative, ma fissi in questo<br />

unico intento, con sapiente e coraggiosa perseveranza avessimo costantemente operato e su<br />

noi stessi e sopra i principi nostri, accolte e bene usate le occasioni che la Provvidenza<br />

appresta sempre agli uomini di buona volontà, e che a noi non sono mancate fino dal 1814; o<br />

saremmo senza meno più prossimi e più sicuri di conseguire la meta, di quello che per<br />

avventura non siamo, e sopra tutto il merito di questa gran conclusione sarebbe nostro; la qual<br />

cosa è assai men chiara per la via nella quale ci siamo incamminati.<br />

17


A questo proposito faceva già il Balbo un'avvertenza, che, malgrado le mutate condizioni<br />

dei tempi, a noi par degna di esser qui riferita: “Siamo sinceri (diceva egli), siamo uomini,<br />

siamo italiani: non è se non un solo difetto all'ordinamento naturale della Penisola, quello che<br />

è difetto, che è ostacolo solo della felicità, della nazionalità, dell'indipendenza di lei: le<br />

possessioni straniere. In qualunque modo correggasi tal difetto, a pro d'uno o due o tre dei<br />

principi italiani settentrionali, a pro anche d'uno che non fosse italiano, ma che lo diverrebbe,<br />

importa poco, non importa nulla se non per la felicità, per la probabilità maggiore che fosse in<br />

ogni occasione a pro dell'uno o dell'altro”.<br />

E più oltre: “Credono alcuni che gli stranieri pesino più al popolo che non ai principi<br />

italiani: ma io credo l'opposto”. E lo dimostra per inferirne che quante volte tutti quelli che,<br />

per un rispetto o per l'altro, avevano impero sulla opinione nei diversi Stati italiani, si fossero<br />

intesi con opera coraggiosa, assennata e perseverante a far più moderatamente desiderate, e<br />

più concordemente eseguibili le mutazioni necessarie a cementare più intime e più amorevoli<br />

relazioni tra governanti e governati, tra principi e popoli, non avrebber tardato e gli uni e gli<br />

altri a gareggiare in un medesimo intento, ed a mettersi in grado di conseguir finalmente a<br />

reciproco vantaggio l'indipendenza. E conclude: “lo lo domando arditamente ad ogni uomo<br />

sincero. Guardi attorno a sè o scenda in sè ognuno dalle Alpi allo Stretto, se, tolto<br />

quell'ostacolo, quella spina, quel vizio, quella calamità dello straniero, tutte l'altre di cui si<br />

lagnano or gli uni or gli altri non sarebbero tolte dal fatto stesso? Non parlo agli esageratori di<br />

libertà, non a' sognatori d'un regno unico, non agli avversari dei papi, ai quali tutti parrebbe<br />

nulla qualunque felicità che non adempia la loro esagerazione, il loro sogno e il loro odio; ma<br />

a coloro che amino più la patria che la parte, che amino più la patria che non o di uno<br />

chicchessia; a questi domando se non credon sinceramente che avrebber dai loro principi<br />

indipendenti tutto quel tanto di libertà, di buon governo, di commercio, d'industria, di colture<br />

intellettuali, e d'ogni buona operosità, che solo è impossibile sotto la pressione straniera? Se<br />

non avrassi subito, s'avrà col tempo; se non in tutto, s'avrà in parte. Non è possibile che tutti i<br />

beni non seguano l'indipendenza; e se non seguissero, l'indipendenza sarebbe compenso a<br />

quanto mancasse. Unità e varietà è gran perfezione, destinata forse all'Italia. Stoltezza dire che<br />

non si possa amare se non una patria grande, o uno Stato che non sia tutta la patria. Come<br />

s'ama la madre, il padre, la donna o i figli nella famiglia, la famiglia nella città, la città nello<br />

Stato, così si può amare lo Stato nell'intera nazione, senza mancare di amore a questa. Non<br />

son gli amori che si nocciano a vicenda, son gli odii. Non odiamo nulla che sia italiano, non<br />

saremo forzati a tollerare nulla che sia straniero”.<br />

Ma è stato pur troppo infimo ad oggi fatale che l'Italia si perda, sia per impazienza di<br />

giungere di slancio e impreparata al suo fine, sia per avere confuso il conseguimento<br />

dell'indipendenza con quello di altri beni più o meno veri e desiderabili, i quali, anzichè<br />

agevolare, accrescevano le difficoltà dell'impresa, e mai sempre la mandarono a vuoto. “La<br />

perdizione d'Italia (dice ancora il Balbo) fu d'aver confuso la libertà e l'indipendenza, e d'aver<br />

proseguito le mille varie o vane idee di quella, anzichè il fatto di questa”. Non so quello che il<br />

grand'uomo avrebbe detto nel vederci oggi proseguire con pari o maggior ardore quello<br />

ch'egli chiama il sogno dell'unità, la più bella ma la più irrealizzabile delle utopie. So bene ciò<br />

che sarà detto di me nel vedermi perseverare in questo concetto. Ma intorno a ciò mi sono<br />

dichiarato fin da principio, e qui soggiungerò, pur col medesimo Balbo: Se m'inganno, tanto<br />

meglio; ma se non m'inganno, non voglio ingannare i miei compatriotti. La illusione è sovente<br />

più bella che non la realtà; ma è sempre nociva, sviando il proseguimento di quella dal<br />

proseguimento di questa.<br />

Le ragioni istoriche, il cui valore non è mai impunemente disconosciuto, ed altre,<br />

intrinseche ed estrinseche che dovrò venir svolgendo più innanzi, son quelle che avvalorano<br />

sostanzialmente la mia credenza. Ma la ribadisce pur troppo quella specie di furore, quel<br />

disprezzo d'ogni altra considerazione, con cui si corre difilati al gran fine, e che m'impone di<br />

dubitare che l'uso della ragione presieda a regola di questi effetti. Non parlo già dei singuli<br />

individui, dei volontarj della unità; i quali non risguardando che all'idea prestigiosa che li<br />

rapisce, e non responsabili che verso se stessi, sono doppiamente giustificati dal procedere dei<br />

18


governanti, del cui senno e della cui fede non poteva in loro esser dubbio. Ma parlo appunto<br />

di questi, fra cui sono pur molti prestantissimi ingegni e nobilissimi cuori, i quali avendo fino<br />

a ieri bandita l'unità come sogno di menti inferme, oggi, senza che pur uno degli elementi di<br />

quella grave sentenza sia eliminato, si sono fatti apostoli e difensori della contraria dottrina.<br />

Da loro attendo invano d'essere rischiarato intorno a così strana conversione, perché la causa<br />

vera non è nella ragione ma nell'affetto, contro i cui prepotenti moti mal combatte la nostra<br />

inferma natura. E quando li ascolto pronunciare che la sapienza deve cedere il passo alla<br />

volgare opinione, proclamare ottima, santa, meritoria la distruzione di noi medesimi,<br />

designare col nome di municipj la Toscana e il Regno di Napoli, ridersi del papato e<br />

pretendere assenziente l'Europa, io tremo o di loro o di me, e penso con terrore come possa la<br />

passione condurre a disconoscere ed a negare i principj, sui quali soli riposa la fortuna dei<br />

popoli.<br />

È bello aver l'occhio e l'affetto costantemente rivolto allo scopo ideale dell'unità; non in<br />

quanto il suo pieno conseguimento sia indispensabile al libero e onesto vivere della nazione,<br />

ma in quanto, con progresso costante ed indefinito, per noi s'intenda a quella fratellanza<br />

universale, che è qui in terra la più soave promessa della nostra divina religione. Ma<br />

l'affrettare anche il bene per vie innaturali e violenti, l'uccider tante varie nazionalità per<br />

costruirne una sola, è andare a ritroso della natura, chieder la vita alla morte, forzar la mano di<br />

Dio, che non si tenta mai impunemente dagli uomini.<br />

Io non oso per vero, e mi ripugna, il far predizioni intorno ai fatti dei quali siam testimonj;<br />

ma non posso impedire che mi ritorni alla mente un passo notevolissimo di uno dei più potenti<br />

ingegni di cui si onori l'Italia; il quale certo non prevedeva i casi in cui versiamo quando,<br />

insipirato al gran libro dei fatti umani, tracciava il quadro di ciò che suole accadere ancorché<br />

in una famiglia di Stati composta od atteggiata per natura a federazione, come appunto è la<br />

nostra, ma dove sono bisogni non soddisfatti, nobili aspirazioni disconosciute, uno si mette in<br />

via di erigersi su tutti, e divien quasi fatale il momentaneo trionfo di una rivoluzione unitaria.<br />

“Sorgono allora i tempi (egli dice) delle repentine distruzioni, delle flagranti illegalità,<br />

delle fraterne effusioni, delle irruzioni democratiche che scavalcano le frontiere di un regno<br />

improvvisato in onta alle tradizioni, degli impeti irresistibili che adducono vittorie miracolose,<br />

per le quali si vedono a un tratto venti popoli non formar più che un sol popolo, e mille duci<br />

sottomessi quasi per incanto alla onnipotenza di un solo. I patrizi si eclissano, i pontefici<br />

tremano, il popolo respira, e tutte le passioni buone o malvagie, l’eroismo, l’ambizione, la<br />

cupidità, l’impostura si dan la mano per demolire e saccheggiare l’antica federazione. Ma la<br />

vera rivoluzione, la cui necessità aveva offerto occasione e sussidio a quell’opera disordinata<br />

e brutale, non si compie realmente che quando le momentanee devastazioni della unità, e gli<br />

equivoci con cui l’intera conquista si era aperta la via, sforzano finalmente gli Stati decaduti a<br />

ritornare collegati alla pugna, proclamando i cangiamenti richiesti dal progresso dei tempi e<br />

delle idee. Si sfascia allora a sua volta il mal connesso edifizio per la ragione stessa che aveva<br />

dianzi contributo ad innalzarlo e a conferire al centro improvvisato un’effimera supremazia.<br />

Le città depresse si rialzano, i capi esautorati riantrano nei loro focolari, i popoli respirano, le<br />

tradizioni oltraggiata riprendono il loro impero; in una parola, la vera libertà si restaura per<br />

proteggere di nuovo tutte le violate autonomie. E la vittoria dei federati umiliando<br />

l’ambizione unitaria, ha per ultima conseguenza un processo essenzialmente federale, per cui<br />

il numero degli Stati si aumenta colle spoglie di quello che si decompone. E per vero, come<br />

finì il breve regno di Pericle? Quanto durò la dominazione viscontea all’infuori dé suoi propri<br />

e naturali confini? Ventiquattr’anni; quella di Venezia, appena venti; quella di Napoli e di<br />

Verona anche meno”<br />

19


Questioni in generale dal programma dell'unità<br />

Questione romana, napoletana, veneta<br />

da «L'ITALIA»<br />

di Eugenio Alberi (Tipografia Cenniniana - 1860)<br />

Abbiamo detto più sopra come dal grande intento della indipendenza noi siamo stati<br />

costantemente distratti per il proseguimento d'altri minori beni, i quali senza trovar pur essi<br />

soddisfazione, non ad, altro ci hanno condotto che a fallire il conseguimento di quello, che<br />

tutti in sè solo li comprendeva. Così nel quarantotto perdemmo quella grande occasione<br />

d'indipendenza per il proseguimento della libertà, ed oggi l'avventuriamo per il proseguimento<br />

dell'unità; «immemori (come pur dice Balbo) che la vita degli uomini, e massime delle nazioni,<br />

altro non è che un sacrificio perenne dei minori beni ai maggiori».<br />

E valga il vero: come abbiam noi usata l'occasione offertaci pur ieri con novissimo<br />

esempio dalla Francia? Diciamolo in una parola: coll'aver proceduto diametralmente al<br />

contrario di quanto il fatto stesso ci comandava. Napoleone III nel por la mente e nel dar<br />

opera al riordinamento d'Italia fondavasi sulla giusta estimazione della nostra natura<br />

essenzialmente federale, degl'interessi francesi, che sarebbe follia pretendere ch'egli avesse<br />

disconosciuti o postergati agli altrui, e delle condizioni generali d'Europa, come saremo per<br />

dimostrare più innanzi. Noi invece, non sì tosto lo reputammo avventurato in una intrapresa<br />

della quale egli non fosse più libero di conservare la direzione, ma si trovasse costretto a<br />

secondare la nostra, ci lanciammo nella via dell'unità, che contrastava per diametro a tutti i<br />

fondamenti del concetto napoleonico, e complicava con inestricabili difficoltà il problema alla<br />

cui risoluzione si era accinto l'Imperatore. Ma assai troppo ci promettemmo o della nostra<br />

sagacia e della sua semplicità; e il subito arrestarsi a Villafranca non fu poco ammonimento<br />

dell'una cosa e dell'altra.<br />

Tuttavia, perché i diritti di una nazione son pur santi ed imprescindibili, e quello<br />

dell'italiana nazionalità è sentito e consentito in tutta Europa da principi e popoli, è per noi<br />

indubitato che malgrado le prime deviazioni dal programma federale, restando abbastanza in<br />

termini colla Francia e coll'Europa, saremmo senza meno pervenuti al pieno conseguimento<br />

del nostro fine. Perché Napoli e Roma non avrebber mancato di entrare nel concerto italico<br />

quante volte la minaccia di assorbimento, contenuta nella dottrina unitaria, bandita come<br />

legge della nazione, non li avesse fin da principio spaventati ed irretiti. Nella concordia allora<br />

di tutta Italia, chi da senno vorrebbe sostenere che la Venezia non avesse dovuto ben presto,<br />

per logica necessità delle cose, venir cogli altri Stati in condizione di parità, o in ogni caso<br />

apprestare alla confederazione italiana giustificata occasione di misurarsi per lei, garanti del<br />

successo il buon diritto, le forze cementate della nazione, ed il conseguimento europeo?<br />

Ma due obbietti si fanno, che meritano da noi diversa risposta. L'uno è di chi non<br />

ascoltando, come dice il Balbo, che suoi furori e suoi odii, ha per articolo di fede che Napoli,<br />

sordo ad ogni appello, alla voce de' suoi più veri interessi, in preda a una astanica demenza,<br />

non avrebbe avuto mai altra mira che di usare, quando che fosse, le occasioni e la forza per<br />

disfare l'opera napoleonica, e spegnere nel sangue la vita della nazione. A questi idrofobi<br />

politicanti non è da rispondere; e basti loro, che quelli nel cui nome credono di parlare, e alla<br />

cui sentenza applaudire, nè lo pensano nè lo hanno mai pensato in cuor loro. L'altro è di chi<br />

non trasmodando in cosiffatto delirio, ma pur disconoscendo l'impero di quelle necessità che<br />

regolano i fatti umani e sforzano le volontà più ribelli, si persuade che giammai Napoli<br />

avrebbe conosciuto il bisogno, avvertita la convenienza, intravveduta l'utilità di piegarsi<br />

spontaneo alla politica nazionale e d'entrare a sua volta nel concerto della famiglia italiana.<br />

Piacemi con questi ultimi essere condiscendente, ed accettare senz'altra opposizione la loro<br />

premessa. Ma dico: non spuntò dunque finalmente quel giorno, sebben si voglia ripetere dai<br />

casi di Sicilia, in cui il giovine Francesco II, che le minacci e dell'unitarismo avevano tenuto<br />

fin a quel punto in una dolorosa perplessità, sormontando gli ostacoli, che di leggieri ognuno<br />

immagina accumulati intorno al suo trono, adottava il programma nazionale e spediva suoi<br />

20


legati a Torino? Quel giorno sì l'Italia era fatta, se francamente accolta l'alleanza, e postergata<br />

ogni ragione di parte, si fosse usato in avvalorarla quell'energia, che pur troppo fu adoperata<br />

in contrario. Ma torna sempre vero l'antico detto, che ogni esagerazione di principj mena<br />

all'abisso, e che non è più dato arrestarsi a chi abbia una volta patteggiato colle estreme<br />

dottrine: la logica inflessibile dei fatti vince la mano al più forte, sventa i più sottili<br />

accorgimenti, e non v'ha industria o previsione che valga ad impedire o moderarne gli effetti.<br />

Or bene, eccoci in presenza di quattro enormi difficoltà conseguenti alla politica unitaria, che<br />

i semplici han creduto la più sicura ed espeditiva a raggiungere il gran fine della nostra<br />

indipendenza e della normale costituzione d'Italia. Difficoltà romana, napoletana, veneta, e<br />

francese, nella quale l'europea si comprende; ciascuna delle quali basterebbe di per sè sola a<br />

mettere a repentaglio le sorti della nazione. Il trattarle coll'ampiezza che l'importanza loro<br />

richiederebbe non è del compito che io mi sono proposto, il quale altro non è che di mostrare<br />

il pericolo in cui ciascuna di per sè sola ci involge; del quale assunto cercherò di espedirmi in<br />

brevi e chiare parole.<br />

Ed anzitutto, rispetto alla questione romana, non entrerò io già nell'argomento della doppia<br />

potestà, e se ed in quanto si confondano insieme, e se ed in qual modo fosse possibile la loro<br />

separazione o conciliazione; nè toccherò di quelle ragioni d'ordine superiore, delle quali oggi<br />

con tanta amenità si discorre da ogni novellino articolista, e a definir sulle quali non è<br />

purtroppo infrequente il vitupero e lo scherno; ma mi restringerò al solo fatto della<br />

impossibilità di distruggere la temporale autorità dei Pontefici, di far del Papa un suddito di<br />

chi che sia, un principe nullius, anche allorquando la sequela dei moti, che da tanti si<br />

preconizza dover concludere a questo fine, ci portasse per un momento a piantare in<br />

Campidoglio lo stendardo della unità. E perché in argomento così ingrato alle orecchie di<br />

quelli ai quali intendo principalmente rivolgermi, mal potrei affidarmi d'esser ascoltato<br />

coll'attenzione che la materia richiede, e solo possa ripromettersi di un tale onore la voce di<br />

chi, oltre i pregi dell'alto ingegno, goda a pieno il suffragio dei loro voti; rimandando ad una<br />

breve Appendice altre testimonianze, le quali parver pure fino a ieri inappellabili, mi varrò in<br />

questo luogo della sola autorità di L. C. FARINI, il quale tuttochè poi segnatorio del<br />

manifesto di Ancona del 9 ottobre, nei capitoli XIV e XV della sua Lettera a Gladston sulla<br />

Questione Romana, così si esprimeva, dopo aver toccato dei modi di conciliare il governo<br />

romano colle esigenze dei tempi:<br />

“Coloro i quali non ammettono nè pure per ipotesi la durata del dominio pontificio, non si<br />

staranno dall'accusarmi di timidità o peggio. Ma ogni uomo assennato vorrà rendermi<br />

giustizia, se dopo sei secoli di lamentazioni in prosa ed in versi contro tale dominazione, io<br />

non vengo a mia volta a blandire il popolo col dirgli: Alzati, e distruggila. La stessa accusa mi<br />

sarà fatta da coloro che credono poter il Papa andarsene d'Italia, e porre altrove la sede della<br />

sua autorità. Ma siccome il Papa non è Papa che in quanto è vescovo di Roma, io son<br />

costretto a respingere siffatte idee come sogni ed utopie, delle quali la ragione non permette<br />

di tener conto. Le questioni inerenti alla dominazione pontificia non sono solamente romane<br />

ed italiane, ma europee, e per ciò superiori al nostro arbitramento ed alle nostre forze.<br />

Qualche rifugiato italiano può ben sognare a Londra una repubblica una ed indi visibile, di<br />

cui Roma sia la capitale; ma sono questi deliri di menti inferme, che il semplice buon senso<br />

respinge senz'altro esame. Qualunque violenza, tuttochè ingenerata dalla disperazione,<br />

potesse oggi tentarsi per detronizzare il Papa tornerebbe indarno; avvegnachè, se non<br />

bastassero i cattolici a preservarlo, gli stessi scismatici accorrerebbero a rimetterlo in seggio.<br />

E ciò non tanto per la speciale natura dei presenti governi dell'Europa, ma sì per quella della<br />

cosa stessa, che implica le più gravi questioni religiose, internazionali e politiche. Ond'è che<br />

quand'anche la democrazia (e non intendo già parlare di certe sètte) venisse a trionfare in tutta<br />

Europa, gli stessi governi nuovi s'ingerirebbero delle faccende romane. La qualcosa, se pur<br />

sempre avrebbe luogo qualunque fosse la regione dove il Papa avesse il suo stato, a più forte<br />

ragione accadrebbe avendolo in Italia, dove ogni grave commovimento suscita tanta<br />

diffidenza e sollecitudine negli stranieri. Concludo in somma, che se difficil cosa è all'Italia C<br />

quand 'anche concorranno l'occasione, l'ardire e la forza) conquistare la sua piena<br />

21


indipendenza, è quasi impossibile, non dico distruggere, ma cambiare o alterare per violenza<br />

la sovranità pontificia; e credo che non si possa raggiungere la soluzione del problema che<br />

con lente e graduali transazioni e coll'amichevole arbitramento delle grandi potenze» .<br />

Di Napoli abbiamo già detto come finalmente fosse spuntato quel giorno, che coronava i<br />

voti dell'Italia e dell'Europa; quel giorno che il magnanimo Vittorio Emanuele non avrebbe<br />

più avuto a deplorare colà chiusi gli animi ad ogni affetto italiano,. ; quel giorno in cui<br />

Francesco II si determinava a concedere gli ordini costituzionali e rappresentativi in armonia<br />

coi principii italiani e nazionali; quel giorno in cui si convocava il parlamento napoletano,<br />

onde rendere un fatto i diritti garantiti dalla costituzione; in cui, a difesa dei medesimi<br />

s'instituiva la guardia nazionale; in cui, per patto di concordia, si amnistiava ogni reato<br />

politico; in cui spedivansi ambasciatori a Torino per trattare di un'alleanza che assicurasse i<br />

destini della nazione.<br />

Or come avvenne che quando appunto si apriva dinanzi a noi un orizzonte d'insperata<br />

felicità, e dall'alleanza dei due regni era per generarsi una forza onnipotente contro ogni<br />

tentativo di parte, ed infallibil garante delle sorti future della nazione, così liete speranze<br />

venisser meno ad un tratto, e si precipitasse per una china che sgomenta il pensiero dei più<br />

animosi? Si vorran forse allegare a scusa della politica piemontese le petizioni i plebisciti del<br />

regno in favore dell'unità? Ma lasciando stare che in tutte le provincie di qua dal Faro non<br />

sorse un grido, non ebbe luogo un tumulto che colà dove apparivano via via le legioni<br />

garibaldine; che la stessa Napoli padrona lunghi giorni di sé medesima per la formale<br />

promessa del governo, garantita dalla milizia cittadina, che in nessun caso sarebbe usata la<br />

forza, non fiatò che all'arrivo del Dittatore; lasciando stare che questa votazione, qual che si<br />

fosse, non ebbe luogo che dopo l'entrata dell'esercito piemontese nel regno; lasciando stare le<br />

accuse di corruzione e di sopruso, di cui è piena la stampa; io domando: Che significa la<br />

guerra che si combatte già da cinque mesi in terraferma, la insurrezione delle provincie, lo<br />

stato d'assedio di mezzo il regno, i decreti di morte che hanno fatto rabbrividire l'Europa, il<br />

crollo della pubblica fortuna, il disordine spaventevole che desola quella infelice contrada (1).<br />

(1) Queste pagine erano a stampa quando ci è venuto sott'occhio l'articolo intitolato Napoli nel numero 17 decembre<br />

del periodico fiorentino La Nazione, periodico ben noto per uno dei più caldi e sagaci propugnatori dell'unità. Il quadro<br />

che ivi è pennelleggiato in due lunghe colonne delle condizioni in cui versa quella infelice contrada, è il più eloquente e<br />

doloroso<br />

commento che potesse ricevere l'ultima frase del nostro discorso. Avvegnachè ivi si legga:<br />

nessuno over finora saputo ricostruire l'ordinamento sociale sfasciato e pericolante di quello Stato: - i giornali dividere<br />

ognor più gli animi anzichè conciliarli: - impuniti atroci delitti: - i governatori dichiarare di non averfo'la di reprimere<br />

gli eccessi delle parti opposte: -le imposte non pagate, le pubbliche autorità non obbedite: -la guardia nazionale debole<br />

e stanca poter pochissimo, ed essere essa pure divisa da contrarie passioni, da sentimenti discordi: - il governo attuale<br />

in Napoli essere ridotto ALLA MISERIA CONDIZIONE DI UN PARTITO E NULLA PIÙ: -la situazione politica<br />

napoletana essere UN'ANTITESI PERFETTA FRA IL GOVERNO E IL POPOLO. - Dopo questo quadro spaventevole, il<br />

coraggioso e leale pubblicista crede pur possibile un rimedio; ma siccome egli lofa consistere nella conciliazione dei<br />

principj, e nel poter riuscire il Governo ad acquistare il suffragio della pubblica opinione, ci por eh 'er;li cada in una<br />

petizione di principio, che lascia disperata lo cOI/sa.<br />

Si fosse mostrato almeno il coraggio delle opinioni, qualunque fossero, che si nutrivano, e<br />

la postuma distinzione del diritto nazionale dal pubblico, o, come piace ora chiamarlo,<br />

convenzionale, si fosse francamente messa fuori fin da principio, ed imitato in ciò il<br />

Garibaldi, che non s'infinse, non usò arti subdole e volpine, non patteggiò colla fortuna, e<br />

innanzi al quale i consiglieri della corona debbon piegare vergognosi la fronte. Divider non i<br />

rischi ma gli utili, anzi, non che dividerli, appropriarseli, fu l'unico intento di uomini, che<br />

negli scaltrimenti fan consistere la loro italianità. Così fin da quando fu temuto che l'ardito<br />

condottiero, allora in servizio regolare, si apprestasse ad invadere innanzitempo le Marche, fu<br />

remosso dal comando, sotto dichiarazione d'aver voluto impedire un attentato contro il diritto<br />

pubblico; e poi venuta l'ora propizia, s'invadono le Marche e l'Umbria in quella forma e con<br />

quelle dichiarazioni che ognuno sa. Quando fu creduto che Napoli fosse per penetrare a sua<br />

volta, sebbene a cagion di tutela, nelle Marche, fu protestato come d'intervento e d'infrazione<br />

alla legge generale, che ognuno era obbligato di rispettare. Quando fu divulgata la partenza di<br />

Garibaldi per la Sicilia, il Governo sardo attestava nella Gazzetta ufficiale di rispettare il<br />

22


diritto delle genti, e però aver dato ordine alla regia flotta d’inseguire la spedizione, e<br />

d’impedirne lo sbarco; che poi non fu impedito altrimenti. E pochi giorni dopo querelandosi<br />

del fatto l’inviato napoletano a Torino, il presidente del Consiglio gli dichiarava: Garibaldi (il<br />

quale ancora non aveva vinto) essere un usurpatore, e il gabinetto formalmente disapprovare<br />

la sua condotta, che poi si approva e si porta a cielo quando vien l'ora di proffittarne. Quando<br />

da ogni parte d'Europa venivano al governo subalpino lamenti e rimostranze sugli aiuti d'ogni<br />

maniera, che dagli Stati di Vittorio Emanuele si prodigavano all'insurrezione di Sicilia, il<br />

ministro dell'interno con sua circolare del 13 agosto dichiarava, non potersi nè volersi<br />

tollerare che nel Regno si facessero preparativi di violenza a governi vicini, ed ordinava che<br />

fossero impediti ad ogni costo, sebbene in fatti noI furono. Quando Francesco II<br />

rappresentava a Torino come Garibaldi coll'intitolare i suoi atti nel nome di Vittorio<br />

Emanuele desse indizio di aperta connivenza, si rispondeva esser ciò arbitrio del venturi ero, e<br />

darsi opera perché cessasse l'abuso; che non cessò. Le medesime dichiarazioni furono ripetute<br />

più di una volta; finchè quando gli avvenimenti, dei quali non è qui luogo di tessere la storia,<br />

ebbero costituito il Piemonte nella imprescindibile necessità di scegliere tra due opposti ma<br />

decisivi temperamenti, a ciascheduno dei quali si era destramente lasciata aperta la via, preso<br />

a un tratto partito di far sua l'opera di quegli che aveva fino allora chiamato col nome di<br />

venturi ere e di violatore del diritto delle genti, senza motivo alcuno di querela, senza<br />

dichiarazione di guerra, senza rimandar da Torino i legati napoletani, senza nè pure<br />

ufficialmente avvertirli, si penetra nel regno, se ne prende il possesso, si ravviva la guerra<br />

civile, si fa scorrere a torrenti il sangue degli Italiani, e si ricomincia il duello di cui ancora<br />

l'Europa è testimonio. Il quale dalla parte, che non ha certo sembianza d'aver per sè la fortuna,<br />

è non pertanto sostenuto in tal guisa, che stimo onore dell'altra il pensare che oggi<br />

preferirebbe di non averlo tentato.<br />

Ma lasciando l'onore della politica, che sarebbe pur quello di conformarsi, come dice<br />

Aristotile, quanto più fosse possibile, agli eterni precetti della morale; e riguardando alla<br />

suprema necessità che c'incalza, alla guerra da sostenere prossimamente, sia per nostra od<br />

altrui iniziativa; chi di noi non sarà preso d'ineffabile dolore in cospetto della dissoluzione per<br />

noi stessi operata di un esercito di centomila combattenti, di quell'esercito la cui istituzione<br />

moderava i giudizi dei più sfidati avversari di Ferdinando II, siccome quello che da trent'anni<br />

vagheggiava come il più certo e valido sussidio al conquisto della nostra indipendenza. Te<br />

felice, o generoso Cesare Balbo, che non vedesti questo giorno fatale; tu che là appuntavi le<br />

tue maggiori speranze, e nel pensiero dell'italica redenzione così scrivevi:<br />

“L'esercito napoletano è nella condizione di quei reggimenti, talora i più prodi, a cui mancò la<br />

fortuna in qualche occasione; e che chiedendo poi d'esser posti in testa di colonna al primo<br />

incontro, apron la via ai più vecchi e più sperimentati guerrieri, plaudenti e precipitatisi dietro<br />

essi. Ma perciò è necessario non rifar gli errori fatti; non quello massino principalmente di<br />

mescolar colla guerra straniera niuna guerra intestina, l'ambizione della compiuta<br />

indipendenza coll'ambizione di conquiste d'uno Stato sugli altri. li quale sarebbe error massimo<br />

a qualunque Stato italiano o straniero, massimo ed empio a qualunque Stato italiano”.<br />

Nè solo abbiam perduto l'esercito napoletano, ma distratta la metà delle forze disponibili<br />

finora a settentrione, le quali mal potremmo recuperare anche quando venisse a dirsi compiuta<br />

la conquista del Regno; dove questo fatto ha creata e manterrà tal condizione di cose, che già<br />

vulnera il prestigio del movimento italiano anche agli occhi dei più parziali, e lascia dietro noi<br />

una tremenda minaccia nel giorno del cimento terminativo. E questo giorno non può tardare.<br />

Noi ci siamo costituiti dirimpetto a noi stessi ed alla Venezia nella imprescindibile<br />

necessità di tentarne la immediata liberazione, avvenga che può. Dirimpetto a noi stessi, in<br />

giustificazione del programma dell'unità; il quale potrebbe ben darsi che da'suoi ufficiali<br />

promotori fosse accampato per conseguirne quel tanto che alle loro utilità convenisse, col<br />

proposito di fermarsi a piacere, e risponder coi processi e col cannone a chi avesse voluto<br />

proceder oltre; che invero mal si argomenta della italianità di coloro, che preludevano al<br />

riscatto della patria colla cessione di una provincia italiana. Ma, forse loro malgrado, è da<br />

troppi stato preso sul serio perché l'astuzia trionfi; e lo stendardo dell'unità è ora in mano di<br />

23


tale, che disperderà come polvere al vento chi si avvisasse di attraversarne il cammino. Ho<br />

detto, e dirimpetto a Venezia; verso la quale sono a dismisura cresciuti gli obblighi nostri.<br />

Avvegnachè, col programma dell'unità, non solo l'abbiam frustrata di quella mitigazione di<br />

sorti, di cui l'Imperator de' Francesi stava promettitore e garante in faccia al mondo; ma ne<br />

abbiamo aggravato a mille doppi le sofferenze, sia per l'atteggiamento cui le nostre minacce<br />

costringon l'Austria, sia per gli stimoli da noi aggiunti al doloroso sentimento di quelle genti;<br />

le quali misurando le speranze dai desiderj, non si peritano di peggiorare il resente nella<br />

fiducia che d'ora in ora noi pianteremo in San Marco il vessillo liberatore.<br />

So bene argomentarsi da taluni che l'Austria, per le strettezze dell'erario, e per la<br />

impossibilità di tener la Venezia in altra forma che la presente, sarà costretta di patteggiarne la<br />

vendita al Piemonte, e corrono intorno a ciò novelle quotidiane per i giornali. Con questi<br />

semplici non è da parlare; ma sì con altri, i quali sussidiando l'argomento colla valutazione dei<br />

moti che si sperano e si procacciano in Ungheria ed in Gallizia, si persuadono dover l'Austria<br />

riuscire al medesimo, se non anche a disertare senz'altra condizione quella provincia. A questi<br />

ricorderò gli esempi del 48 e del 49, quando la stessa Venezia e tutto quasi il territorio, era<br />

emancipato, l'Italia in armi, non meno forte di quello chi sia per esser domani, l'Impero<br />

sottosopra, perduta la capitale, fuggitivo l'imperatore, trionfante la rivoluzione in Ungheria, la<br />

Francia costituita in repubblica; e non pertanto” fu recuperata la capitale, vinta l'Italia a<br />

Custoza ed a Novara, conquisi i mangiari! Opera questa della Russia, mi sento dire. Consento.<br />

Ma sormontando che fosse e sia ancora opinione di più d'uno, che l'Austria avrebbe forse<br />

potuto, anche sola, venirne a capo; che altro in fine fu il soccorso delle armi russe se non<br />

l'effetto di una condizione naturale delle cose, che vedremmo ripetersi in ogni nuova<br />

occorrenza? Non discutiamo se e in quanto potessero sull'animo di Niccolò affetti particolari,<br />

o vaghezza, o ambizione o coscienza di mostrarsi campione di un principio; elementi variabili<br />

della politica. Potè il pericolo dei proprj interessi, che è quanto importa notare; pericolo<br />

costante, che ancor più manifesto apparirebbe domani, e condurrebbe sempre al medesimo. Si<br />

avverta bene: rivoluzione d'Ungheria vuoI dire rivoluzione di Polonia; rivoluzione di Polonia<br />

vuoI dire pericolo alla Russia dei frutti di una politica proseguita per secoli, compromissione<br />

dell'esser suo come potenza europea. Prima che questi effetti si compiano, è necessario alla<br />

rivoluzione sostener tanto sforzo, e superarlo alla fine, quanto è nei mezzi di cosiffatto<br />

avversario, sussidiato eziandio dalle forze delle altre potenze, che per conformità d'interessi si<br />

trovassero in causa. E quand'anche, contro ogni ragionevole previsione, Russia e Prussia,<br />

paghe alla difesa dei proprj territorj, anzi allettate ad accrescerli colle spoglie eventuali del<br />

loro vicino, lasciassero precipitare l'Impero Austriaco, credete voi che la Francia rimarrebbe<br />

impossibile testimonio, di tal rovina? La politica pratica ha altri fondamenti ed altre norme<br />

che le teoriche umanitarie, ed è ben semplice chi si lascia dedurre da certe lustre. «La Francia<br />

(scriveva pur non ha guari un consumato statista), sia che inclini all'alleanza Inglese o alla<br />

Russa, ha bisogno dell'Austria per non restare a discrezione dell'una o dell'altra di queste due<br />

potenze preponderanti; senza l'Austria, la Francia, sempre nel rischio di rimanere isolata, è<br />

costretta a subire le alleanze, colI 'Austria invece le domina».<br />

E per analogo argomento, anche l'Inghilterra, che guarda a Russia e Francia come la<br />

Francia a Russia ed Inghilterra, è interessata al mantenimento dell'Austria; e questo è un<br />

cardine della sua politica esterna, che momentanee divergenze non varrebbero a scuotere, e<br />

che nel dì del pericolo si mostrerebbe in tutta la sua fermezza. Bene o mal che ciò sia, così è<br />

nella natura delle cose; e basti all'argomento.<br />

Non manca, è vero, chi anche a ciò contrapponga che la rivoluzione, rotto allora ogni<br />

argine, condurrebbe a un cimento terminativo tra il vecchio mondo ed il nuovo, del cui esito<br />

non è questione per questi sciolti politicanti. E qui lasciando di considerare, che ultimo<br />

termine di tutto questo dovendo essere il crollo di tutti i troni d'Europa, la Francia imperiale<br />

penserebbe per avventura a provvedere in tempo all'emergente; ed ammettendo ch'essa pure<br />

fosse travolta, come si preconizza, nel vortice comune; dico solo, che il fare assegnamento<br />

sulle sequele di un tanto catac1isma, del quale appena i figli dei nostri figli potrebbero<br />

intravedere la fine, non è lecito a chi rispetti i diritti della ragione. E tornando al concreto, al<br />

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solo verosimile, al contingibile, ripeto che i tentativi ungarici e polacchi riuscirebbero in<br />

effetto a ben altro che ad assicurare le sorti della Venezia.<br />

Un solo modo di pacifico scioglimento della questione sarebbe forse possibile; quello,<br />

cioè, che l'Austria, messo in bilancia il danno del presente col certo beneficio del futuro,<br />

posposto, con virtù nuova negli annali della politica, il proprio diritto al bene universale; nè<br />

trattenuta dall'argomento, più specioso che vero, dell'esempio che fossero per invocare altre<br />

province, le quali, e per il lungo possesso, e per l'affinità delle razze, e pei vantaggi che a tutte<br />

ridonderebbero dalla rinata prosperità dell'Impero, sarebbero piuttosto avvalorate che scosse<br />

nella lor fede; si determinasse spontanea al grand'atto di dare al Veneto la indipendenza. Se<br />

non che è ovvio l'immaginare, che ciò non potrebb'essere che sotto condizione affatto<br />

incompatibili col programma dell'unità. Avvegnachè l'atto magnanimo a cui la invita la<br />

preghiera di tutta Europa, più assai che non la sforzino i nostri vanti, non potrebbe in alcun<br />

caso esser da lei consentito, qualunque fossero i rischi che ancora le rimanessero ad<br />

affrontare, che quando ed a lei stessa, e alle potenze intercedenti, e alla medesima Italia,<br />

l'ordin nuovo offrisse tutte quelle garanzie di durata e stabilità che pon dare le umane cose. Lo<br />

che cero non è attendibile dal programma mostruoso e contro natura dell 'unità piemontese; il<br />

quale importando la morte di tutti i centri di vita da cui risulta la vita vera d'Italia, e<br />

condannandola per ciò stesso a una perpetua vicenda di casi interni ed esterni, mai potrebbe<br />

essere accolto come base di transazione.<br />

Ora non dirò già quel ch'io stimi che fosse per pronunciare l'Italia, se chiamata a deliberar<br />

sulla formula del suo crisma politico, tutta potesse esprimere il suo intimo e genuino pensiero<br />

(1). So bene quel che direbbe il potere che ci governa, tratto non già da un generoso errore che<br />

rende belli i pericoli e che disarma l'accusa, ma dalla fatalità ch'egli a sè stesso ha creata<br />

suscitando, a servigio di mal velate ambizioni, un sentimento, ch'egli vorrebbe ora contenere,e<br />

non può. Talchè mi è forza concludere che noi siamo nell'imminenza della gran prova, cui di<br />

strascina per fatale e ineluttabile necessità il passaggio del rubicone, che a diciotto secoli<br />

d'intervallo sta per decider di nuovo dell'italiana fortuna. lo qui sorpasserò, per un rispetto del<br />

quale spero che ognuno vorrà sapermi buon grado, quanto la cognizione dei nostri mezzi,<br />

dello stato degli animi, della natura e difficoltà dell'impresa, suggerirebbe al mio labbro; e<br />

volentieri consentirò che il nostro esercito manterrà immacolata la fama del suo valore; che<br />

Garibaldi fulminerà co' suoi per salvare dall'errore piemontese la patria; che tutti quelli ai<br />

quali fervono in petto non le ambizioni non gli odii che ci spalancan l'abisso, ma sensi di vero<br />

amore all'Italia (e qui vedremo sul campo quel che sia da pensare di tanti facili vanti, di tante<br />

perfide insinuazioni), accorreranno al cimento. Ma in buona fede potremo noi confidare nella<br />

vittoria? Sento rispondermi: la Francia in ogni caso ci salverà. Lo consento, ma vediamo in<br />

che forma; e allora giudicheremo in ultimo appello di chi ci avrà condotto a dovere alla pietà<br />

degli estranei ciò che poteva e doveva esser opera di noi medesimi.<br />

(1) Nella celebre Nota del 24 febbrajo del Ministro degli Affari Esteri Sig. Thouvenel, che riportiamo intera nella terza<br />

Appendice, è detto in questo proposito «Diciamolo con tutta sincerità: il sentimento che ha fatto sorgere in certi parti d'Italia<br />

l'idea dell'unione, e che ha fatto profferire il voto, è piuttosto una manifestazione diretta contro una grande Potenza, che uno<br />

slancio ponderato verso la Sardegna», E più oltre: «L'idea d'annessione deve provenire sicuramente da un'aspirazione di cui il<br />

Governo dell'Imperatore non può disconoscere il pericolo, e ch'egli è ben lungi da credere che sia comune alla massa del<br />

popolo».<br />

E il deputato Ferrari, nel suo recente opuscolo, L'annessione delle due Sicilie, protestando con tutta la forza del suo<br />

convincimento contro la tirannia dell'unità, esclama: «Credere voi che tanti Stati antichi quanto l'Italia, così felici un tempo<br />

di giungere alla vita, calpestando l'unità dei Longobardi; che tante capitali sì orgogliose della loro indipendenza difesa con<br />

spaventose guerre secolari, si gelose delle memorie e dei trofei del passato, si glorioso della loro centralità conquistata fra<br />

tante peripezie, siano davvero stanche di vivere, ed assalite dal teadium vitae che procede il suicidio? No; se tutti gl'italiani<br />

sfilassero davanti a me un dopo l'altro nel Parlamento di Torino gridando: lo lo giuro; serberi intiera la mia convinzione, e<br />

direi meco stesso che mentiscono senza saperlo».<br />

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ALBERTO MARIO (Cenni biografici)<br />

Nasce a Lendinara nel 1825.<br />

Amico fin da giovane del Prati e dell'Aleardi, partecipa alla preparazione della spedizione<br />

di Sapri (1857), al tentativo mazziniano contro i Forti di Genova, alla spedizione<br />

garibaldina dei Mille, sempre accompagnato dalla moglie Jessie White, inglese.<br />

Per un certo tempo, dirige, su incarico del Mazzini «Pensiero ed Azione».<br />

In un periodo successivo, si avvicina alle tesi del Cattaneo e gli scritti che qui<br />

riproduciamo ne testimoniano la profonda convinzione federalista.<br />

Nel 1863 viene eletto deputato nel Collegio di Modica (Sicilia) ma da repubblicano<br />

intransigente rifiuta tale nomina.<br />

Attivo collaboratore di diversi Periodici, da «Nuova Europa» a «La Provincia», da<br />

«Rivista Repubblicana» a «La Lega della Democrazia».<br />

Pubblica, tra gli altri, nel 1870 il Saggio «La Mente di Carlo Cattaneo».<br />

Muore a Lendinara nel 1883.<br />

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da «LA_REPUBBLICA e L'IDEALE»<br />

(Antologia degli scritti di Alberto Mario)<br />

Tipografia Litografia Lendinese - 1984<br />

SEZIONE QUARTA<br />

LA REPUBBLICA FEDERALE<br />

27


LA NOSTRA VIA<br />

Vì ha qualche filosofo, per esempio il Mamiani, il quale sostiene che la filosofia si<br />

riproduce ad una questione di metodo. C'è un gran fondo di verità in tale proposizione. lo<br />

direi invece che dalla bontà del metodo deriva la conoscenza del vero, e il vero forma<br />

l'oggetto della filosofia. li vero è altresì l'oggetto generalissimo d'ogni studio umano; però la<br />

politica ha per fine immediato il diritto e la giustizia, economia l'utile, la religione la libertà<br />

interiore. Raggiungere codesti fini dipende dal metodo. O si procede dal generale al<br />

particolare o dal particolare al generale; e, secondo i tempi e la ragione delle cose, or con<br />

quello si opera ed ora con questo. Gli individui e i partiti danno in secco quando sbagliano<br />

nella scelta dello strumento.<br />

Gli italiani volendo costituire la patria incominciarono dal concetto generale dell'unità.<br />

Dissero: si faccia l'Italia tutta d'un getto, ad ogni costo; costi anche la libertà, le tradizioni<br />

domestiche, le cose buone legateci dalla storia, l'articolazione necessaria delle parti. Narrano<br />

che Benvenuto Cellini, nell'atto di fondere il Perseo, abbia gettato nella fornace, pur di<br />

riuscirci, e coppe cesellate e calici e altri capolavori suoi.<br />

Gli italiani impiegarono dieci anni nella colossale fusione. La statua uscì dalla forma così<br />

e così; ha le membra rigide e le manca qualche pezzo. Per compierla bisognerà rifonderla; e<br />

per prepararci seriamente alla grande alla solenne ora della rifusione bisogna invertire il<br />

metodo d'azione intellettuale, bisogna procedere dal particolare al generale, bisogna restituire<br />

in integro le funzioni e l'officio ad ogni sua parte costitutiva.<br />

Nacque nella generosa terra di Lombardia un intelletto eminente, maestro nostro, che<br />

abbiamo amato vivo, e morto nominiamo a fronte scoperta. L'Italia lo ha dimenticato, ma noi<br />

lo ricorderemo spesso. E verrà giorno che il suo nome diventerà popolare perché la sanzione<br />

dell'evento coronerà le sue dottrine e consolerà il suo sepolcro. Carlo Catteneo ricomparirà<br />

sull'orizzonte d'Italia, come un astro, con viaggio prefisso e necessario.<br />

Egli fin dalla vigilia delle Cinque Giornate suggeriva che l'Italia col mezzo della libertà, vale<br />

a dire col conseguimento dei diritti locali, col magisterio della stampa, colle assemblee di<br />

Stato, cogli ordinamenti militari presso ogni gente italiaca, si preparasse alla indipendenza;<br />

voleva differita la guerra per organizzare la vittoria: ma il concetto della indipendenza<br />

prevalse sul concetto della rivoluzione; la fusione della potestà centrale della nazione. L'unità<br />

politica ritrae l'idea stessa della nazione. Tutto quanto è federale in Svizzera e in America<br />

costituisce l'unità politica.<br />

Intanto codesto gravitar di tutti verso la libera vita locale, code sta crociata contro la<br />

centralizzazione, significa che noi procediamo sulla via maestra e che l'ideale nostro vestirassi<br />

quando che sia di realtà. Or qui s'atTacia vivacissima la questione del metodo.<br />

Urge pigliare in mano la causa nazionale in senso inverso da quello adoperato fin qui,<br />

ripescando l'io sommerso dal panteismo politico nella collettività, e contrapponendolo<br />

vigorosamente alle tendenze assorbenti dello Stato;<br />

suscitando la coscienza del libero pensiero, che deve sciogliersi dal concetto generico di<br />

qualsiasi religione positiva ed essere sottratto agli influssi deleteri di quell'una che sopprime<br />

la facoltà dell'indagine, nega la scienza, maledice all'Italia;<br />

deducendo dalla necessaria socievolezza dell'uomo la legge morale, che trovi la propria<br />

sanzione nelle intime, pure, disinteressate compiacenze pel bene operato, e non nella egoistica<br />

usuraia e corruttrice speranza di folli ricompense oltremondane (pel malvagio, in appendice al<br />

supplizio della disistima propria e del dispregio pubblico, evvi il codice penale);<br />

rianimando gli spiriti della vita comunale, dilatandone l'orbita, fecondandola colla operosa<br />

ingerenza di tutti, coll'aumento delle ricchezze intellettuali e reali dell'agricoltura e<br />

dell'industria, colla pratica della giustizia sociale nel diritto comune del voto, nel più equo<br />

riparto della produzione, e anzi e sopra ogni cosa rigenerandola colla luce dell'insegnamento<br />

laico e scientifico, coll'obbligo dell'istruzione di tutti nella scuola comune; imperocché una<br />

sola libertà vuoI essere impedita, la libetà dell'ignoranza. Il maestro di scuola deve<br />

considerarsi l'Atlante che sostiene il mondo; il coefficiente della forza, della potenza, della<br />

grandezza di un popolo. Il maestro di scuola vince le battaglie campali e le battaglie del<br />

28


pensiero; il maestro di scuola è l'artefice sovrano che crea l'uomo, il soldato, il cittadino.<br />

Rifacendo l'individuo, riplasmando il Comune, sviluppando la ricchezza locale, rivendicando<br />

alla ragione, alla scienza, alla coscienza le giovani generazioni, articolando l'elefantesca<br />

compagine dell'unità nazionale, noi ci avvieremo con passo certo alla cima del difettoso<br />

monte, ove splende l'ideale che ci ha scorti fedelmente nella lunga prova, e che, quasi angelo<br />

della speranza, sorrise fino all'ultim'ora alla grand'anima di Carlo Cattaneo.<br />

29


CATTANEO<br />

Appendice<br />

A togliere di mezzo ogni equivoco dobbiamo stabilire nettamente che cosa sia in mente<br />

nostra la federazione. Non è la federazione dei governi, coma la vecchia germanica e la<br />

recente, e come lo era l'elvetica prima del 184 7, e lo fu per poco l'americana, perché in tal<br />

caso potrebbe essere anche monarchica. È la federazione dei popoli, ossia la competenza delle<br />

due sovranità distinte e corrispondenti: la federale, ossia del centro, e la locale o di stato; e<br />

questa federazione non può concepirsi che repubblicana.<br />

Il nostro ragionamento acquisterà più valore, e riuscirà, speriamo, più persuasivo<br />

aggirandosi sulla realtà, sul fatto vivo, anziché sulla speculazione pura, sull'ipotesi. E vi ha un<br />

fatto vivo e glorioso e meraviglioso, l'Unione americana. L'analisi della sua costituzione, in<br />

quanto essa contiene di sostanziale e di generale, di vagliato e di sancito dall 'esperienza, ci<br />

condurrà alla composizione del nostro concetto politico - gli Stati Uniti d'Italia.<br />

Al pari di tutti i governi rappresentativi, derivati dall 'idea moderna della divisione del<br />

lavoro, la costituzione federale sviluppasi in tre poteri: legislativo, esecutivo, giudiziario;<br />

tanto per il governo nazionale o federale quanto per ciascun governo di Stato. Libero ogni<br />

Stato di darsi quella costituzione che gli piaccia, purché repubblicana.<br />

TI potere legislativo federale componesi di due Camere dei rappresentanti e del senato.<br />

Quelli si eleggono in ragione di popolazione; uno ogni 48 mila abitanti; li elegge il popolo:<br />

durano in carica due anni; ogni Stato però ha diritto almeno ad un rappresentante. I senatori si<br />

eleggono dalle assemblee legislative nei singoli Stati; due per ogni Stato; ossia ogni Stato ne<br />

manda due; durano in carica sei anni, e ogni due anni rinnonvasi per un terzo.<br />

I rappresentanti si eleggono il presidente: il vice-presidente della repubblica presiede di<br />

diritto il Senato.<br />

Le due Camere formano il Congresso. Ciascun membro ha tremila dollari per sessione (più<br />

di 18 mila dollari): e otto dollari per indennità di viaggio ogni 32 chilometri.<br />

La maggiore frequenza di elezione per i deputati e la minore per i senatori, da un lato<br />

risponde alle successive modificazioni del pensiero pubblico, e dall'altro alla osservanza<br />

della tradizione, di guisa che la nazione procede fedelmente collegata alla propria storia.<br />

Inoltre il secondo modo di elezione assicura al maneggio dei negozi della repub blica gli<br />

uomini più eminenti. Difatti ogni Stato ha troppo interesse di scegliere di due senatori, che<br />

debbono direttamente rappresentarlo in Campidoglio, fra i più cospicui intelletti. Il Senato<br />

degli Stati Uniti, scrive Mill, noverò sempre tutti gli uomini politici la cui riputazione era<br />

grande e stabilita in tutta l'Unione, mentre la camera bassa del Congrèsso, secondo<br />

l'opinione di osservatori competenti, fu sempre altrettanto povera in uomini di merito che la<br />

camera alta ne fu ricca.<br />

Il presidente si elegge dal popolo con suffragio universale di secondo grado ogni quattro<br />

anni; ed anche il vice-presidente, il quale gli succede in caso di morte. Il premio ha 125 mila<br />

lire di stipendio, il secondo 40 mila. Il presidente comanda le forze di terra e di mare. Udito<br />

il parere del senato e avutone il consenso, nomina ministri all'estero, e negozia, nomina i<br />

propri consiglieri e gli impiegati federali. Ha diritto di veto' sulle deliberazioni del<br />

Congresso. Ma se il Congresso le riconferma con.due terzi di voti in ciascuna camera quelle<br />

deliberazioni diventano leggi. Il presidente può essere processato e condannato.<br />

La camera bassa accusa per i delitti di stato, e il senato giudica. A quella spetta<br />

esclusivamente il diritto di proporre leggi finanziarie.<br />

La potestà cumulativa del Congresso, si riassume nel fare la guerra e la pace, coniar moneta e<br />

regolarne il valore, nel levare, pagare le forze di terra e di mare e chiamare le milizie,<br />

nell'ordinare la posta, costruire strade postali e militari, contrarre prestiti, giudicare e punire la<br />

pirateria e la violazione del diritto delle genti, regolare il commercio coll'estero e fra gli Stati,<br />

determinare i campioni dei pesi e misure, assicurare i diritti d'autore, fissare le imposte, le<br />

contribuzioni indirette, i dazi,.uguali per tutta l'Unione, guarentire i brevetti d'inventore, serbare<br />

inviolata la libera circolazione, prescrivere una regola unica per i fallimenti, punire certi<br />

30


delitti enumerati e la disobbedienza alla proprie leggi, e installare tribunali a quest'uopo e<br />

all'angolo di amministrare la giustizia ai cittadini dei diversi Stati.<br />

Ma fra gli articoli aggiunti alla costituzione vi ha quest'uno: - il Congresso non potrà fare<br />

alcuna legge per istabilire veruna religone o per proibirne l'esercizio; né per limitare la libertà<br />

dei soccorsi e della stampa; né per interdire al popolo il diritto di unirsi pacificamente e di<br />

presentare petizioni al governo per ottenere giustizia ai suoi reclami (art. l).<br />

Vì ha un potere federale che sovrasta al Congresso, al presidente, e a ciascuno stato: ed è il<br />

potere giudiziario.<br />

La sezione II dell'art. 3 si esprime nella seguente conformità: - Il potere giudiziario si<br />

estenderà a tutti i casi sia di diritto, sia d'equità, dipendenti dalla presente Costituzione, dalle<br />

leggi degli Stati Uniti, e dai trattati fatti o da farsi sotto la loro autorità; a tutti i casi<br />

concernenti ambasciatori od altri pubblici ministri; a tutti i casi d'ammiragliato o di<br />

giurisdizione marittima; a tutte le controversie in cui gli Stati Uniti avranno parte, alle<br />

controversie fra due o più Stati, tra uno Stato e i cittadini d'un altro, tra cittadini di diversi<br />

Stati, tra cittadini dello Stato in punto di reclamo di terreni concessi da Stati differenti, e tra<br />

uno Stato o i cittadini di lui e potenze estere, sudditi o cittadini delle medesime.<br />

Esso viene costituito da una Corte suprema composta di un giudice e di otto assessori, e di<br />

Corti inferiori ordinate e stabilite dal Congresso. La Corte suprema è la stella polare della<br />

Repubblica.<br />

Alla Corte suprema fanno corona nove Corti di circondario e cinquanta corti di distretto.<br />

Questa gerarchia giudiziale simboleggia e amministra la giustizia sulla superficie della<br />

repubblica; essa sovrasta alle individuazioni di Stato, si libra sovra le mura delle loro<br />

frontiere, è presidio all'ordine intimo e morale della nazione, e palladio dell'unione; perché<br />

essa giudica con inappellabile sentenza fra i governi locali e il governo federale, fra i governi<br />

locali, fra gl 'individui di diversi stati, e mantiene inviolata la ragione federale. Mercé sua le<br />

trentesette stelle del firmamento americano si muovono entro l'assegnata orbita con armonia<br />

imperturbabile. E mercé della Corte suprema, la costituzione della repubblica giace al di là<br />

della portata delle offese del governo federale; imperocché ella vi ragguaglia le leggi del<br />

congresso. Perciò gli americani la circondano della massima considerazione e del più<br />

profondo ossequio, né tollerano che essa patisca detrimento nel concetto dell’universale.<br />

Presidente, Congresso, Corte suprema, formano la trina potestà federale in cui si afferma il<br />

popolo americano davanti agli altri popoli e in sé medesimo. Tutti e tre compongono il<br />

governo centrale; sono la costituizione fatta persona, che vuole, fa e giudica; rappresentano<br />

l'unità politica, di nazione, l'esistenza sua indefettibile e immortale.<br />

Di questo corpo uno, osserviamo ora le membra e gli arti e i gangli.<br />

Si vede d'uno sguardo la estensione dei poteri degli Stati. Appartiene agli Stati tutto il<br />

residuo potere non consentito dalla costituzione al governo federale. Entro tali limiti ciascuno<br />

dalla costituzione e in quella si muove e vive. Ogni Stato ha un senato, una camera di deputati<br />

e un governatore. In generale il senato si rinnova ogni due o tre anni, e nello Stato di New<br />

York ogni quattro, la camera ogni anno; e questa, nomina il governatore.<br />

Il governo di ciascuno Stato fa le sue leggi civili e criminali, ha la propria giurisprudenza, le<br />

proprie consuetudini e la polizia. A ciascu no spetta deliberare e provvedere sulle scuole, sulla<br />

finanza, sulle imposte, sulla loro percezione, sull'igiene, sulle strade, sul pauperismo, sulla<br />

milizia, e per quest'ultima parte in armonia colle leggi federali. Ogni Stato cura l'ordinamento,<br />

l'istruzione, gli esercizii e la chiamata della milizia e nomina gli uffiziali.<br />

Codice civile, codice penale (non il codice commerciale né il marittimo), imposte e legge<br />

municipali, e certi provvedimenti militari, determinano la sovrantà degli Stati.<br />

li governo federale agisce negli Stati, mediante i suoi ufficiali, direttamente sugli abitanti,<br />

in quanto concerne l'applicazione e la tutela della legge federale, non indirettamente col<br />

mezzo dei governi. Evvi compenetrazione non contatto, unione non confederazione. E un atto<br />

ignoto in Europa caratterizza e accentua in quel felice paese il diritto, la libertà, la giustizia e<br />

la dignità: -la responsabilità dell'impiegato civile, tanto federale che di stato, nella esecuzione<br />

degli ordini superiori, perocché egli ne valuta la legalità.<br />

31


Ora un ordinamento di questa fatta potrebbe concepirsi con una monarchia? È pensabile un re<br />

in America invece del presidente? Si può certo immaginare che cessi l'elezione ad ogni<br />

quattro anni, che le 125 mila lire di stipendio del presidente si cambino in 25 milioni di lista<br />

civile, che al modesto calesso del capo degli Stati Uniti si sostituiscono carrozze dorate a sei<br />

cavalli, che il veto del re sia limitato, che il re abbia uopo della sanzione del senato per<br />

scegliersi i ministri e gli ambasciatori, che non possa indire guerra o far pace se non<br />

d'accordo col Congresso, che nel distrettodi Colombia ove giace la capitale gli vengano<br />

assegnati sufficienti spazi per caccie riservate, e per ville, ma non si può nemmanco sognare<br />

che ci siano 37 Stati, ciscuno de' quali fa leggi per conto proprio e non in nome di lui; giudica<br />

e condanna senza far cenno della sua esistenza; nomina uffiziali delle milizie (massima parte<br />

della nazione armata in confronto del piccolo esercito stanziaI e ) senza mestieri del brevetto<br />

firmato da lui; impone tasse e le esige senza che di lui si favelli; mantiene l'ordine senza i<br />

suoi carabinieri reali; maneggia i propri interessi, tratta i propri negozii, fa alto e basso come<br />

meglio gli torna, strade, canali, scuole, università, ecc. senza ch 'egli possa farvi pervenire<br />

una mezza parola, non dirò di comando, ma di consiglio né tampoco di preghiera; e lo riceve,<br />

se egli vi si reca, con tutte le cortesie dell'ospitalità e non lo saluta, cappello in mano principe<br />

e padrone, ma semplicemente simbolo e immagine della complessa unità nazionale; non si<br />

può nemmeno sognare che vi esista una Corte suprema la quale avvolta in una nube, come<br />

una deità, si toglie a' suoi sguardi, abita aure più elevate della sua, giudica sovranamente sulle<br />

questioni di competenza fra lo Stato e l'Unione, sui rapporti delle leggi e sulla loro<br />

compatibilità colla costituzione, ed è Minerva per il pensiero regolatore e armonizzatore e per<br />

lo scudo proteggitore della Repubblica.<br />

Il presidente comanda le forze di terra e di mare, gli è vero; ma uno stato federale non<br />

isguaina la spada che per difesa; o per difesa contro nemici interni i quali ribellandosi alla<br />

costituzione tentino di rompere l'unione, o contro nemici stranieri. Guerre di difesa sono<br />

rarissime; guerre di conquista inverosimili quando è necessario il concorso di tante vlontà, la<br />

condiscendenza di tanti e svariati interessi. Se l'America fece la guerra del Messico, se aspirò<br />

lung'anni a Cuba, ciò proveniva dal suo bisogno di ampliare l'ambito della schiavitù, e ora<br />

questo stimolo cessò. Ma supponiamo l 'America in Europa, o meglio ancora, le sue<br />

istituzioni in Italia o in Francia o altrove; una guerra di conquista importerebbe l'aggiunta di<br />

uno Stato sovrano; e un sovrano di più è cibo poco appetito da un potere centrale.<br />

Ci pare adunque evidente l'icompatibilità assoluta, l'antitesi fra monarchia, che è l'unità la<br />

quale è la centralità la quale è o può diventare il dispotismo, e il sistema federale che significa<br />

divisione del lavoro, partecipazione universale alla cosa pubblica, spontaneità, libertà.<br />

Incompatibilità che vedemmo non sussistere fra lei e la repubblica unitaria.<br />

I repubblicani unitari asseverano che il federalismo, non sostenuto dalla storia, non confortato<br />

dalla ragione, si traduce nella tirannide dei capiluoghi sulle piccole provincie, e che le regioni<br />

furono opera compiuta in Italia dalla forza brutale della tirannide; obbiezione antica di<br />

Mazzini al principio federale.<br />

Senza tener conto dello spirito federale che governò gli antichissimi popoli italiani, i<br />

magno-greci, gli appenninici del centro e gli etruschi delle trentasei Lucumonie da Pompei ad<br />

Adria, senza tener conto delle leghe guelfe e delle ghibelline e delle fratellanze armate del<br />

Quarantotto sulla terra Lombardo-veneta, diremo che la base storica del federalismo dee<br />

ravvisarsi nella individualità delle repubbliche all'epoca del risorgimento italiano dopo il<br />

Mille, diventata più complessa nella posteriore formazione degli Stati i quali conservaronsi a<br />

un dipresso per molti secoli sino al 1859.<br />

Lo Stato rappresenta l'elemento dell'unione federale. Elemento che manca alla Francia, fusa<br />

da varie centinaia d'anni: epperò in lei la tradizione è unitaria, e l'aspirazione nazionale<br />

monarchica come conseguenza. E noi capiniamo che s'Ella non si rifà sull'orma del pensiero<br />

girondino creatore della Repubblica del Novantadue, falsata e spenta dall'unitarismo<br />

giacobino, non potrà serbare lungo tempo la presente forma repubblicana, benchè emersa per<br />

processo logico di eliminazione.<br />

Ma, opponesi, gli stati italiani sursero dalla forza brutale della tirannide.<br />

32


Mazzini spiega meglio il suo concetto, che alla sua volta tolse da Foscolo, Egli dice che la<br />

costituzione politica dell 'Italia, dopo la caduta di Firenze, fu opera degli stranieri, che la<br />

storia di quei tre secoli non è italiana.<br />

Anzitutto sembraci inesatta tale affermazione, indeterminata quella dei discepoli suoi.<br />

Imperocché usarono la forza brutale, nella composizione degli Stati, le repubbliche al pari dei<br />

tiranni domestici e forastieri; in Venezia nella conquista di terraferma, come i Vìsconti e gli<br />

Sforza nell'ampliamento del ducato di Milano; FIrenze nella sottomissione di Pisa, come<br />

Cosimo I in quella di Siena.<br />

Inoltre la tradizione del dominio straniero e della violenta formazione del regno abbraccia<br />

tutta la storia di Napoli, dacché i dominj di Capua, di Salemo e di Benevento, dominj stranieri<br />

greci e longobardi, Roberto Guiscardo normanno ordinava in uno stato nell'XI secolo, e<br />

questo stato passò agl'imperatori svevi (1189), e lo conquistarono gli angioini (1265), e poi gli<br />

aragonesi (1441), e poi diventò provincia di Spagna (1501), e due secoli dopo d'Austria, e poi<br />

(1734) preda d'una famiglia di Borbone.<br />

E la Sicilia per più di 25 secoli visse or pelasgica e fenicia, or greca e cartaginese, ora<br />

romana, indi gota e saracena, e normanna, e aragonese, e germanica, e spaguola.<br />

E la Sardegna? e il Piemonte?<br />

Saranno tradizioni nefaste, ma sono tradizioni, ma sono la storia, altrettanto propria quanto<br />

quella dei giorni gloriosi della autonomia repubblicana. E Napoli e Amalfi e Salemo e Gaeta<br />

non mostrano più profonda l'impronta dei ferrei secoli di regno estranio, di quando l'una<br />

dettava il codice di navigazione, l'altra insegnava dalla sua scuola europea, e quell'altre<br />

voluttuosamente repubblicane specchiavansi nell'incantate marine?<br />

E Torino certo ricorda più de' suoi feudali padroni savoiardi, che di quei tempi nei quali,<br />

repubblicana (1222), accordava al marchese di Saluzzo l'alto favore della propria cittadinanza<br />

a patto che costui facesse professione di democrazia, giurasse fedeltà a lei, e comperasse una<br />

casa.<br />

Forse che la dominazione austriaca non inpresse alcuna traccia nella Lombardia e nel Veneto,<br />

dopo gli ultimi cinquant'anni d'impe rio? E, come i dialetti faceanle inclinare per ragioni<br />

d'affinità, Brescia, Bergamo e Cremona un dì venete, e Mantova indipendente, non gravitano<br />

verso Milano, figurando uno stato nel quale, oltre la simiglianza delle favelle, la medesimezza<br />

dei sangui, l'unità geografica, s'è ordita una tela d'interressi comuni e di commerci, e<br />

d'industrie, e di contratti, e di negozi, e di parentele, e di gusti, e di simpatie? Che monta se<br />

tale resultato bisogna derivare dalla costituzione imposta dall'Austria ne11814, secondo la<br />

quale venne getto di pianta il regno lomabrdo e vigilato dal bastone de' suoi caporali! O, se<br />

vuoi, dall'antecedente cenno napoleonico, obbedito da schiere francesi!<br />

Potremmo passare in rassegna nell'istessa maniera ogni altro Stato d'Italia e vi troveremmo<br />

coesioni, assimilazioni e individuazioni congeneri di entità politiche ed economiche e<br />

filologiche e morali ed etnografiche chiamate dalla propria tradizione (buona o cattiva) ad una<br />

vita propria, come quella d'un cantone svizzero o d'uno stato americano; le quali, coordinate al<br />

principio nazionale mediante i vincoli dell'unione, darebbero all'Italia il piano possesso delle<br />

sue forze,e dei suoi mezzi, il pieno sviluppo della sua vitalità, l'intero movimento a' suoi arti,<br />

la massima espansione alle sue energie morali, e sarebbero rocche inespugnabili di libertà.<br />

Nella ipotesi della costituzione dell 'Italia in un corpo nazionale che abbia le giunture<br />

fondamentali fra le quali si compiano gli offici dei nessi secondarii; nella ipotesi pertanto di<br />

una unione federale del Piemonte, della Liguria, della Lombardia, della Emilia, del Veneto,<br />

della Toscana, delle Marche, di Terra di Lavoro, della Basilicata, delle Puglie, delle Calabrie,<br />

della Sardegna, della Sicilia (fra i quali Roma, con un territorio da stabilirsi, verrebbe<br />

ragguagliata a Washigton e al distretto di Colombia direttamente governati dalle autorità<br />

federali, o fra i quali altra città da costituirsi espressamente, come si costrusse Washington, in<br />

sito più opportuno e più salubre) non si comprende la tirannide dei capiluoghi sulle piccole<br />

provincie preavvertita degli unitarj.<br />

L'obbietto precipuo dello snodamento federale consiste nella trattazione de' proprii affari,<br />

riserbata a cischedun gruppo storico o stato. Seggano a Venezia la legislatura e il governatore,<br />

33


o a Padova, si discutono i negozi dello Stato nella sala delmaggior Consiglio, o nella sala<br />

della Ragione, tornerà affatto indifferente a Rovigo a Vicenza a Verona a Udine a Treviso a<br />

Belluno, sedi delle rappreSentanze provinciali; indifferente in generale a tutti i comuni<br />

imperocché e a questi e a quelle spetterà il li bero, l'indipendente, l'intero maneggio delle<br />

faccende di casa. Non vuoI confondersi il capoluogo dello Stato, sia esso pur an che Napoli,<br />

con la capitale d'una nazione ove si raccolgono gli ambasciatori dell'altre genti, ove piglia<br />

stanza un esercito d'impiegati, ove il governo circondasi di splendori e di grandezza, ove si<br />

tratta l'alta politica, si contrattano i prestiti colossali e si specula in grande sulla buonafede e<br />

sulla malafede degli uomini. La capitale eclissa e assorbe. Nel capoluogo d'uno stato siede un<br />

modesto governo che legifera e che fa eseguire la legge. Nello Stato di New York il<br />

capoluogo non è New York che supera Napoli due volte in popolazione, venti volte in<br />

richezza, in commercio, in operosità, in importanza politica, in potenza morale; sibbene la<br />

piccola città di Albany. Albany non tiraneggia New Y ork, come viceversa New Yersey non<br />

tiraneggia Perth Ambony, e Palermo non tiranneggerebbe Gibilrossa. Del resto il Caton<br />

Ticino c'insegna che il governo può starsene quattro o cinque anni a Lugano, altrettanti a<br />

Locarno, e a Bellinzona con poca moneta di viaggio.<br />

Né vi ha paese, in opinione nostra, più dell'Italia adatto alla forma federale, né forse che la<br />

richieda più imperiosamente di lei.<br />

Alle immani distanze del mondo americano non supplisce la vaporiera né il telegrafo, i<br />

quali ripararono al difetto della lunghezza sproporzionata dell'Italia; ma se l'ampiezza enorme<br />

del territorio è ragione necessaria per la federazione, trattandosi di governo libero, non di<br />

dispotico come il russo, con ci par ragione sufficiente di obbligare all'unità un paese perché<br />

men vasto d'un continente. La Svizzera, nostra vicina, ne fa testimonianza. Vì hanno<br />

argomenti astratti di libertà e concreti di stiuazione che persuadono all'organizzamento federale.<br />

L'Italia, scriveva un dì il Gioberti nel Primato, riflette l'imagine in piccolo dell'Europa.<br />

E scriveva giusto; imperocché i popoli suoi, al pari del suolo e dei climi, divariano fra loro<br />

così sensilmente per razza, per civiltà, per indole, per tendenze, per interessi, per dialetti, per<br />

leggi, per usi, e per istoria, che certamente lo spagnuolo non si differenzia dallo scozzese più<br />

che il siciliano dal piemontese, il pugliese dal veneziano, il sardo dall'umbro.<br />

Le straniere invasioni di tanti secoli da Odoacre in giù, perché invasioni di eserciti e non di<br />

popolazioni, lasciarono di sé impronte nell 'incivilimento ma non mutarono né tampoco<br />

modificarono i sangui; di forma che il contenuto delle genti italiane mantennesi inalterato, ed<br />

esse costà sono saracene, colà elleniche, altrove perlasgiche, o celtiche, e via via.<br />

E a Roma prima di quelle invasioni viene fatto bensì d'imprimere la propria sigla nelle<br />

leggi e negli istituti, non di unificare le stirpi. E l'intima virtù delle stirpi e della tradizione<br />

parziale prevalse su queWuniformità apparente e violenta, e ciascuna gente ricuperò la<br />

fisionomia di prima, e nelle evoluzioni storiche, dopo il risveglio europeo, di più in più l'ha<br />

precisata.<br />

Pertanto etnograficamente il popolo italiano non è uno e identico; storicamente visse e<br />

grandeggiò partito in cento individualità, le quali, indi aggruppatesi per coesione o per forza<br />

in dieci o dodici, perdurarono fino ad ieri e tutte nel proprio microcosmo elaborarono una<br />

storia particolare, determinata, incancellabile.<br />

Da due fatti emerse il concetto dell'unità nazionale: dalla geografia d'Italia che il mare<br />

circonda e l'alpe; e dalla letteratura, vincolo intellettuale che per sei secoli ha collegate quelle<br />

genti le quali diventarono il popolo d'Italia, la nazione italiana, secondo il pensiero moderno;<br />

unità morale che involve la più profonda varietà reale; non unità di materia, unità che<br />

confonde, irrigidisce e offresi istrumento egregio ad un governo personale.<br />

Alla varietà dei sangui, dei climi, dei luoghi, delle tradizioni, delle consuetudini sociali, delle<br />

legislazioni, degli affetti, dei costumi, corrispondono la varietà dell'incivilimento nei popoli<br />

d'Italia. Se a similitudine di una carta geologica si colorisse la carta della civiltà d'Italia, essa<br />

apparirebbe un'iridescenza. Quanto distacco fra le tinte della Venezia e della Sardegna, degli<br />

Abruzzi e della Lombardia, della Sicilia e della Toscana! E tale divario importa distanze e<br />

34


differenze. Ora come asserire che una legge unica o di finanza, o d'istruzione pubblica, o di<br />

diritto penale o d'altro, sia pure essa teoricamente ottima, abbia ad adattarsi egualmente a<br />

questo e a quel paese? La bontà d'una legge si deduce dalla sua convenienza. Procedendo a<br />

priori nel giudicarla, si fabbricherà un pregiato sillogismo; ma nessuna peggior disgrazia della<br />

sua applicazione! E gli unitari sono necessariamente aprioristi. Noi opiniamo che la legge<br />

debba farsi per il popolo; gli unitari vogliono tutto l'opposto. La vecchia favola di Ffocuste. La<br />

storia dei dodici anni della unificazione italiana rappresenta uno spettacolo semiserio di<br />

controsensi, di disordini, di abusi, d'impotenza, di errori e di tenebre. Basta metter piede in una<br />

pretura, in una intendenza di finanza o in altro uffizio di pubblica amministrazione per<br />

comprendere quanta e quale confusione ingombri il cervello di quei giudici sventurati e di<br />

quegli agenti del governo, sventurati ancora più. Ogni mattina il donzello della posta consegna<br />

al portinaio dell'uffizio un plico di stampati: regolamenti, schiarimenti, commenti o dubbi<br />

intorno ad un articolo di legge, o ad un capitolo. L'impiegato la prima settimana legge, medita<br />

e nota; la seconda, legge ancora, ma gli s'introbida la mente; nuovi schiarimenti nuovi<br />

commenti, nuovi dubbi calati fino a lui dall'olimpo ministeriale gli producono l'emicrania; la<br />

terza settimana dissigilla i plichi e scorre gli indici (quando ve ne sono); la quarta, la quinta e<br />

tutte le altre fa pila di codesti plichi, colle sotto-fascie inviolate, negli scaffali, e si affida alla<br />

mercé del buon Dio. Intanto più tardi discende dalle eccelse regioni del potere l'annunzio e il<br />

rimprovero che qui si sbagliò, che lì s'interpretò a rovescio, si applicò senza norma, si eseguì<br />

fuor di luogo, si obbedì fuor di tempo, che costì si smarrirono i documenti di Tizio e di Caco;<br />

e il comando di rifare i conti, di ripetere l'operazione, di ritornare da capo. E da capo<br />

spropositi, e lucri cessanti e danni emergenti: la babilonia cresce e va all'infinito come i cerchi<br />

provocati dal ciottolo nel lago. Il regno d'Italia è babilonico e non sarebbe meno babilonica la<br />

repubblica d'Italia secondo la ricetta unitaria. Imperocché l'unità ha proprietà immutabili come<br />

una figura di geometria.<br />

Da che procede l'indifferenza o il disamore nel vasto impero della burocrazia, sulla quale<br />

il governo non può fare che un mediocre assegnamento negli straordinari e nei supremi<br />

momenti? Da che il marasmo nella gerarchia giudiziaria? Dalla impossibilità di ottenere i<br />

presunti risultati nella moralità sociale condannando in Lombardia come in Sicilia; dalla<br />

incompetenza d'una legislatura unica nel tassare la ricchezza così disforme da questo a quel<br />

paese; dalla difficoltà insuperabile di percepire l'imposta ad uno stesso modo; nella Venezia,<br />

per esempio, l'esazione per appalto va benissimo e i Veneti pagano; in Romagna è una<br />

fiscalità che ferisce a sangue i contributi e semina corrucci; in Sicilia è un'enormità, una cosa<br />

ell'altro mondo, e i Siciliani non pagano, e l'esattore colla forza armata dello stato staggisce e<br />

pone all'asta le pentole del povero e gli stabili del ricco, ma nessuno offre e l'asta va deserta:<br />

e si sfata il prestigio dell'amministrazione.<br />

E altrettanto si dica d'ogni altro ramo della azienda nazionale e rispetto alla pubblica<br />

sicurezza, e al codice civile, e all'insegnamento, ecc. proveniente da tronco unico, con radice<br />

unica.<br />

Né la varietà e le differenze fra popolo e popolo possono togliersi, perché il genio vario di<br />

ciascun popolo ha caratteri indelebili, perché le differenze di grado e di progresso<br />

sussisteranno, più o meno spiccate, nella generale ascensione. Né sarebbe desiderabile che si<br />

togliessero, imperocché dalla varietà dell'Italia delle repubbliche, dalla varietà della Grecia<br />

delle repubbliche emersero due soli luminosissimi, a cui fa riscontro l'eclisse della uniformità<br />

bizantina e della uniformità del presente regno d'Italia.<br />

Il genio d'un popolo si spegne ma non si muta.<br />

E non potrebbe torsi la differenza di grado senza trattenere i popoli di prima linea sin che li<br />

raggiungano quelli di seconda e di terza.<br />

E poi, chi sa trattare gli affari meglio di coloro che vi sono direttamente interessati? Chi<br />

conosce la Lombardia meglio dei Lombardi? Chi meglio di loro, la ricchezza imponibile,<br />

l'imposta preferibile, l'istrumento di percezione possibile? Chi meglio di loro, la ragion civile<br />

che più risponda al modo di possidenza, al concetto della proprietà, al fatto delle transizioni<br />

onde si intesse la storia del diritto in casa loro? Chi meglio saprebbe ponderare la gravità<br />

35


morale della colpa per commisurarvi la pena efficace? Chi meglio discernere le cause speciali<br />

della spinta alla colpa per contrapporvi la qualità della prevenzione indiretta? Chi meglio<br />

precisare i limiti della giuria? Chi meglio avvisare quale estensione abbia a darsi al diritto<br />

elettorale e stabilire se al suffragio diretto non sia preferibile quello a due gradi, se più torni la<br />

scelta dei magistrati con voto di popolo, o con voto odesuoi rappresentanti? Chi meglio<br />

decidere quali opere pubbliche più si confacciano ai loro laghi, ai loro fiumi, alle irrigazioni,<br />

alle industrie agricole e manifatturiere?<br />

Chi meglio escogitare i metodi appropriati di educazione e di istruzione delle giovani<br />

generazioni? Chi meglio sviluppare l'insegnamento superiore e universitario e piegarlo alle<br />

esigenze e alle urgenze paesane?<br />

Se lo Stato di New York fosse spartito in prefetture della Repubblica una, forse che<br />

spenderebbe per la istruzione pubblica oltre 49 milioni all'anno, il triplo del regno d'Italia?<br />

Insomma chi al pari dei 10mb ardi occuperebbesi con altrettanta ansietà, con altrettanta<br />

perseveranza, con altrettanta competenza, degli interessi materiali e morali della Lombradia?<br />

Se la libertà non s'integra nella sovranità, a noi ella sembra diritto incompleto. La libertà di<br />

parola, di associazione, di riunione, di stampa, di coscienza, di circolazione, ecc., costituisce<br />

gli antecedenti della sovranità. Sovranità forma di equazione con governo. Se non si governa<br />

non si è sovrano; sovranità significa padronanza; e la padronanza, diceva Cattaneo, esclude il<br />

padrone: da cui la soppressone del privilegio, da cui il concetto di repubblica. Alla sovranità<br />

provvedono i sistemi rappresentativi. Ma quanto imperfettamente vi provvegga l'unitario,<br />

apparisce dal fatto che la rappresentanza di una camera o di due non potrà superare di molto il<br />

numero di seicento fra deputati e senatori.<br />

Noi ora vogliamo supporre che sia si costituita la vera democrazia, quella cioè nella quale<br />

trovinsi rappresentate le minoranze al pari della maggioranza mediante la somma residua di<br />

tutti i voti dei collegi elettorali dati agli stessi individui. Il concetto corrente della democrazia<br />

è falso perché il preteso governo di tutti, ché tale suona l'etimologia del vocabolo, riducesi al<br />

governo della maggioranza, governo privilegiato. Mill fra gli altri esibì una soluzione per la<br />

rappresentanza di ciascuna opinione nel libro intorno al Governo rappresentativo.<br />

Il grave e nuovo argomento merita l'esame degli uomini politici, massime dei repubblicani.<br />

L'assemblea dei seicento per un popolo di venticinque o di trenta milioni non può<br />

considerarsi che simulacro di sovranità; imperocché, primieramente troppo pochi, al<br />

paragone, chiamati alla realtà del diritto; alla gran massa della nazione non avanza che il voto,<br />

diritto personale, sovranità in idea: inoltre mancando le scuole normali per l'eminente assunto<br />

(in Inghilterra i meetings, nei quali si educano gli oratori, vi suppliscono ma in piccola parte)<br />

gli elettori per imperiosa ragione delle cose mandano, su per giù, gli stessi uomini e la<br />

sovranità finise in poliarchia stereotipata, in privilegio necessario. Abbiasi regno o repubblica<br />

una, per lunghi anni figurano nell'assemblea i medesimi nomi: l'opinione pubblica, si altera e<br />

muta, ma non vede sé medesima, cha appena in nube, riflessa nello specchio dell'assemblea.<br />

Non c'è la facoltà della scelta perché non ci sono uomini idonei da scegliere; difetta l'elemento<br />

che risenta e additi, anche a un dipresso, i cambiamenti di temperatura del pensiero<br />

universale. Difetta nella Granbrettagna malgrado la palestra dei meetings; difetta ancora più in<br />

Italia, che, tuttavia, inesperta di governo rappresentativo, non s'esercita in quella ginnastica<br />

parlamentare, difetta nella repubblica unitaria di Francia.<br />

Difetterebbe in eugual misura nella repubblica mazziniana, se mai toccasse a lei di<br />

succedere alla monarchia.<br />

Dal Quarantotto in qua, noi abbiamo assistito. e anche, partecipato, a quasi tutti i<br />

rivolgimenti politici, e benché tutti ispirati da principi, almeno dai sommi e capitali, ci<br />

percosse sempre il fatto desolante di non essersi rinvenuti uomini atti a praticarli. Eppure nei<br />

tempi supremi della rivolta e della lotta bastano pochi e non occorre altro che siano di cuore<br />

magnanimo e d'intuizioni perspicue; perché il vigore delle altissime passioni fatte persona in<br />

pochi è sufficiente ad alzare le moltitudini a divisamenti eroici e ad opere gloriose. Ma la difficoltà<br />

giganteggia nei tempi consueti di elaborazione serena, meditata, sapiente e assidua. Il<br />

36


dottrinarismo rivoluzionario non se ne occupa quasi punto: assicurata la sentinella ai principii,<br />

dichiarasi pago. Se non che la società, cittadina, o regionale, o nazionale, ecumenica, è<br />

sodalizio di uomini non categoria di astrazioni; il pregio degli uomini stabilisce il valore dei<br />

principii, l'inferiorità o l'immortalità dei primi risolve i secondi in un sonito inane di nomi, di<br />

verbi e di aggettivi. Noi siamo iconosc1asti nel senso che non adoriamo nessun uomo;<br />

reputiamo l'antropomorfismo effetto di ernia nella mente, e i mazziniani, se non c'inganniamo,<br />

patirebbero di cosiffatto rilascio: ma onoriamo la virtù dell'animo, l'altezza dell'ingegno,<br />

contempliamo ammirati e col cappello in mano i passi nettunici del genio; ci preoccupiamo<br />

dei principii ma ci affaniamo febbrilmente sull'orma degli uomini di principii. Senza di ciò le<br />

migliori istituzioni avvizziscono e disseccano. L'onestà e l'intelligenza il carattere e la perizia<br />

debbono formare il corteggio ed essere il presidio della professione di fede politica,<br />

economica e religiosa. Non i tre primi senza la perizia ma non questa senza quelli.<br />

L'onestà, l'intelletto, il carattere ammettiamo fioriscano nell'unità regia e nella<br />

repubblicana altrettanto rigogliosamente che nella repubblica federale. Ma la perizia?<br />

Sapranno, non ne dubitiamo, gli unitarii contraporre ai ragionamenti nostri e ai fatti altri<br />

fatti e ragionamenti; ma esitiamo a credere che riesca loro di espugnare questo punto<br />

culminante del principio federale. Ha l'unità un'assemblea deliberativa; ne ha la federazione<br />

dodici o quindici o venti, tante quanti sono gli Stati nei quali l'assemblea costituente<br />

articolerebbe l'Italia. Ai cinque e seicento deputati dell'unità la federazione ne aggiungerebbe<br />

cinque o seimila della pluralità. Cinque o sei mila da eleggersi ogni anno, od ogni due, od<br />

ogni tre, chiamati a discutere e a deliberare sulla ragione civile e sulla ragione penale, sui<br />

rapporti del pensiero e sulla libertà della coscienza; sulla riconoscibilità dei culti e sulla loro<br />

relazione col tipo laico della società moderna; sui metodi, sugli obbietti e sugli sviluppi della<br />

istruzione popolare e della superiore; sul maneggio della pecunia pubblica; sugli incrementi<br />

della ricchezza; sugli istituti di credito; sulle tesi della sicurezza pubblica; sugli ordinamenti<br />

militari; e su quasi tutte le manifestazioni della vita collettiva, toltene quelle che appartengono<br />

alla podestà centrale.<br />

Ecco le scuole normali, alle quali accennammo, per la preparazione degli statisti - presidente e<br />

ministri, e ambasciatori, e membri del Congresso federale - che trattano i negozi solenni e<br />

internazionali della repubblica; ecco le palestre ove si esercitano tutte le facoltà dell'animo e<br />

dell'ingegno, ove la nazione può manifestare le sue attitudini, ove ogni virtù può farsi<br />

apprezzare, ogni energia e ogni volontà può farsi valere; ecco la cote che affina tutti gli<br />

intelletti, che brunisce tutte le capacità, che prova tutti i caratteri.<br />

Nelle legislature di Stato migliaia d'uomini diventano uomini. Esse provocano e formano<br />

l'educazione pubblica, generalizzano e sono la sovranità.<br />

E d'onde mai derivia la incontestabile superiorità degli americani e per numero e per<br />

esperienza come statisti, come legislatori, come amministratori, se non dal fatto delle<br />

trentasette legislature invece di una?<br />

D'onde la loro superiorità come sovrani, uno per uno, se non nell'esercizio frequente e<br />

duplice del diritto di voto - per le elezioni federali e di Stato - e nel passaggio perenne da<br />

elettore ad eletto, da amministrato ad amministratore, da rappresentato a rappresentante?<br />

D'onde la loro superiorità come uomini, se non nella compenetrazione degli interessi, delle<br />

cure, e degli affetti privati coi pubblici? Se non nel civismo; il quale altra cosa non significa<br />

che il bene proprio e il bene della patria confusi in una idea, in un amore?<br />

Il libero municipio degli unitarii non supplisce al libero Stato; perché il principio federale<br />

contiene il municipio altrettanto libero.<br />

Non regge contro il principio federale l'argomento della forza e della più sicura difesa alla<br />

quale, circondati come siamo da nazioni centralizzate, debbasi immolare il beneficio della<br />

universale sovranità, perché: o l'esercito è stanziale e la inferiorità di tal forma d'ordini<br />

militari la storia oggi mai ha sancita: od è popolare e noi assistemmo ai recenti miracoli di<br />

valore, di pertinacia, di tesori dati, nella lunga guerra americana tanto dagli Stati ribelli che<br />

dai difensori della legge. Se l'una delle due parti fosse stata unificata come la Francia o non<br />

avrebbe resistito cinque anni come la schiavista che pur era armata di tutto punto quando<br />

37


insorse, o non avrebbe vinto come abolizionista che pur era inerme quando fu assalita. La<br />

Francia fino a Sédan ci chiarì l'inferiorità degli eserciti stanziali al paragone della landwehr:<br />

dopo Sédan, l'impotenza della unità nelle difese nazionali.<br />

I quattrordici eserciti popolari del Novantadue contro l'invasione, li diede la Francia, che<br />

conservava ancora nelle consuetudini i ricordi d'ieri degli Stati, larve d'autonomia federale<br />

nella monarchia, e il giacobinismo e il napoleonismo non averla ancora impalata nell'odierna<br />

unità. Difatti nel Quattordici e nel Quindici ella si lasciò invadere e non si mosse come nel<br />

Settanta.<br />

Non istà ritta contro il principio federale l'ipotesi mazziniana della terza missione<br />

cosmopolitica d'Italia perché la prima 1'ha compiuta Roma e non l'Italia; e la seconda, lo dice<br />

Mazzini, l'hanno compiuta i pontefici, che sono cattolici e non italiani. E se mai vi fu<br />

missione d'Italia nel mondo, e vi fu certamente, essa l'ha adempita nell'età moderna col<br />

magistero delle sue cento rupubblichette. Ad ogni modo gli Stati Uniti d'Italia costituirebbero<br />

un'Italia sola con la possibilità di sviluppo del suo genio multiforme. Se esso dovrà folgorare<br />

da capo e gettare nell'ombra il genio d'ogni altro popolo, gli riuscirà fatto meglio nella<br />

spigliatezza federale che nella rigidità unitaria.<br />

L'unitarismo in vista d'una missione europea è un vecchio pregiudizio ereditato dalla<br />

tradizione romana e tramandato dall'Alighieri agli utopisti politici, a Mazzini; pregiudizio che<br />

allontanò l'Italia per secoli dal più modesto obbietto della sua indipendenza.<br />

O c'inganniamo addirittura, o l'idea della federazione costituisce l'idea dell'epoca. Anche<br />

dalla oligarchica Inghilterra ci arriva una voce autorevole di federazione.<br />

li vecchio John Russell in una lettera recentissima scrive che se fosse permesso all'Irlanda<br />

di eleggere un'assemblea rappresentativa per ciascuna delle quattro provincie di Leinster, di<br />

Ulster, di Munster, di Connaught, se la Scozia fosse ugualmente divisa in Lowlands e in<br />

Highlands con assemblee per ogni provincia, provvederebbesi meglio ai bisogni locali. Egli<br />

vorrebbe che il Parlamento nazionale riserbassesi il veto sulla terza letture a dei bills delle<br />

assemblee provinciali.<br />

Badino gli unitari non trattarsi quivi di snodamento amministrativo, sibbene di autonomia<br />

legislativa.<br />

L'Home Rule - il governo di casa - è il pensiero che verrà sempre più agitando l'età nostra.<br />

Gli unitari camminano fuori della vita maestra.<br />

Noi vedemmo che col metodo federale la rivoluzione italiana avrebbe trionfato sin dal 1848,<br />

che l'adozione dell'istesso metodo avrebbe più tardi quanto meno scemati i disastri morali e<br />

materiali dell'aiuto francese, impedita la mutilazione della patria, assicurata la libertà; disastri,<br />

mutilazione, e negligenza della libertà, dovuti al metodo unitario: vedemmo che l'unità<br />

monarchica non incontra nell'unità repubblicana il principio di ripugnanza, principio<br />

esclusivamente costitutivo della repubblica federale, poiché la prima può satisfare alla<br />

esigenze fondamentali della seconda, di forma che una stretta parentela le congiunge e per<br />

poco non le identifica; il quale fatto rende improbabile e chiarisce irrazionale l'insurrezione<br />

del popolo. per passare da una unità all'altra, essendo le proprietà d'ambedue le medesime, e<br />

dovendo logicamente essere medesimi i risultati. Vedemmo che la storia non dà esempio di<br />

repubbliche unitarie possibili, e ne dà di federali che sussistono, fioriscono, grandeggiano e<br />

ammaestrano; vedemmo che la tradizione, il genio particolare dei popoli d'Italia, le loro<br />

origini svariate, la civiltà graduata e diversa, la differente tessitura degli interessi, i numerosi<br />

centri di gravitazione non possono sentirsi paghi di semplici snodature amministrative e di<br />

autonomie comunali; vedemmo che la competenza nella trattazione degli affari di casa non si<br />

rinviene che in governo di cas~ fuori di cui la libertà non può pensarsi immune dal pericolo di<br />

governo personale, dalle molestie perpetue e dalle offese frequenti e necessarie della<br />

concentrazione inerente all'unità come il peso ai corpi; che la libertà non può tradursi in<br />

sovranità positiv~ sincera e di tutti, se non nel principio federale, e che unicamente in tale<br />

principio l'educazione pubblica può ottenere il suo massimo sviluppo; il quale effetto<br />

basterebbe da solo a traboccare la bilancia in favora di quel principio e faceva dire a Mill che<br />

non esistono parole abbastanza energiche per esprimere l'energia della convinzione di lui sulla<br />

38


importanza di code sto particolare effetto delle istituzioni libere.<br />

Noi siamo convinti, profondamente convinti, che la federazione repubblicana ossia<br />

l'unione invece dell'unità porti in sé l'avvenire d'Italia. Essa è ad ogni modo una quistione di<br />

prim'ordine che debb'essere discussa e svolta e precisata. Prima di fare bisogna conoscere ciò<br />

che si vuole. E a noi sembra che, senza un nuovo e tutt'altro ordine di cose dal presente,<br />

anticipatamente dichiarato e volgarizzato, il popolo non alzerà la mano poderosa e<br />

irresistibile; né tampocco il sopraciglio. Al suono d'idee vaghe e affini alle correnti egli non si<br />

muoverà, e se la Monarchia smarrito il buon senso ve lo obbligasse, cadendo esso nella unità<br />

repubblicana percorrerebbe, in nostro avviso, un circolo vizioso.<br />

IL NOSTRO IDEALE<br />

Non siamo ideologi né idealisti, perché non viviamo sopra le nuvole dell’astrazione, e<br />

perché il mondo non ci appare come una semplice idea della mente.<br />

Siamo positivisti, perché i ci sentiamo figli della rinascenza rivendicatrice dell'umanisimo<br />

dalla teologia del medio evo, dal cielo, dal sopranaturale, dall'oltre tomba; perché cerchiamo<br />

le leggi nella sostanza dei fatti, i principii nelle cose.<br />

Ma siamo ferventi cultori dell'ideale nella vita e l'ideale ce lo figuriamo così: il concetto di<br />

perfezione sopra un dato reale. La realtà l'idea -l'ideale. E però, alienissimi da ogni<br />

concezione metafisica rimaniamo in pieno centro di gravità del positivismo, pur salendo con<br />

desiderio incontentabile dal bello e dal buono all'eccellente ed all'ot timo. Senza di che<br />

l'esistenza sarebbe un tedio e gioverrebbe meglio concepirla col cristianesimo una espiazione.<br />

L'ideale le assegna uno scopo, le prepara un compenso, le assicura un ordine di satisfazioni. E<br />

quand'anche nella ascesa per conseguirlo si dovesse soccombere come il giovane pellegrino<br />

cantato da Longfellow, soccombendo come lui con la bandiera dell' Excelsior in pugno, si<br />

avrà il premio, e qual premio!, nel dovere compiuto; e altri pigliando la bandiera proseguirà la<br />

salita gloriosa.<br />

li nostro ideale etico è utile nel bene; l'artistico, il bello nel vero; l'economico, l'agiatezza<br />

nel risparmio, nella cointeressatezza sostituita al salario, da cui la finale scomparsa della<br />

miseria (poveri 'e ricchi ci saranno sempre, ma non ci hanno ad essere miseri); il politico,<br />

nella democrazia ordinata in repubblica federale.<br />

Noi contempliamo nella politica un vasto dinamismo di funzioni e istituzioni della nazione,<br />

della regione, del comune, dell'individuo; perché tali le giunture d'ogni popolo e segnatamente<br />

dell'italiano. Laonde essa comprende, pone, svolge e risolve tutte le tesi, tutti i problemi, il<br />

morale e l'educativo, l'economico e il militare, il religioso e il civile, il collettivo e<br />

l'individuale.<br />

Ma l'esperienza della storia vecchia e della contemporanea, su cui abbiamo temperato la<br />

nostra fede ed elaborati i nostri principi regolatori, ci venne e ci viene illustrando la prova, che<br />

la forma entro la quale si atteggiamo gli istituti politici non è un fatto secondario e poco degno<br />

di stima secondo il detto dei monarchi ci, anche di quelli chi si dan l'aria di non esserlo. li<br />

dispregio filosofico delle forme politiche nuocendo all'avvenimento di altre giova alla<br />

conservazione delle presenti. E in ciò i monarchi ci eb bero ausiliari non inutili i socilisti e gli<br />

internazionalisti, i quali, mettendo in non cale ogni oggetto che non fosse quello del<br />

rimaneggiamento della proprietà, si persuasero di riescirci eugualmente con la monarchia e<br />

con la repubblica. E in vero i socialisti nel Cinquantuno e gli internazionalisti molt'anni dopo<br />

fecero buon viso all'impero buonapartesco.<br />

No, no, forma e contenuto sono consustanziali: l'uno risponde all'altra, perché questa<br />

modifica quello profondamente.<br />

Tutti gl'indifferenti alle forme e gli avversari della repubblica ritorsero contro i repubblicani le<br />

ricorrenti catastrofi della francese. Pur, benché l'odierna sia centralizzata e però virtualmente<br />

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cesarea, ella comincia a dare di sé così onorevole testimonianza nelle elvate sfere morali della<br />

istruzione e della coltura nazionale, da obbligare i più illuminati fra loro a inneggiarle, come<br />

di questi giorni l'«Opinione; e nessuno osa oggimai contrapporle la prosperità dell'impero, la<br />

pace della monarchia cittadina o le radici storiche della legittima. li sentimento della sua<br />

conservazione la condurrà a svolgersi dall'immutabile suo centro politico in regioni legislative<br />

e a diventare girondina.<br />

Non avanza ad essi che una ob biezzione: faute de mieux. La repubblica nacque, dicono,<br />

per processo di eliminazione, in mancanza di meglio. Da noi il caso è diverso.<br />

Nella monarchia rappresentativa lo Stato risolvesi in una tutela di pochi su tutti. In Italia i<br />

tutori sommano a 500 mila, il popolo è minorenne. Tale la condizione giuridica. 1200 mila<br />

deputano l'esercizio della sovranità a 500: ma una Camera alta e vitalizia nominata dal capo<br />

dello Stato diminuisce di un terzo quella sovranità, e di un altro terzo la scemano i rimanenti<br />

diritti della corona.<br />

Si risponde: - La lotta perserverante muta i centri della situazione giuridica; possibile con<br />

la monarchia anche il voto universale, possibile la trasformazione delle due Camere in<br />

parlamento costituente, possibile la democrazia nel principato speculata dal De Sanctis.<br />

Mera possibilità logica.<br />

L'esperimento di due anni di Sinistra al potere conferma e mitria la delusione di cui fu<br />

sottoscritto l'anno passato, onde democrazia e principato sembrano forze parallele, e la<br />

convergenza veduta dall'onorevole De Sanctis una illusione ottica.<br />

L'Italia percorre la parabola delle speranze.<br />

Sperato in Nicotera e or ora in Crispi, si spererà in Cairoli e poi in Bertani, fin che si<br />

dispererà della istituzione.<br />

E allora? Bisogna prepararcisi.<br />

Questo il motivo e il fine della presente «Rivista repub blicana» che ci proponiamo di<br />

pubblicare.<br />

Posto che la monarchia come istitutrice, dicono i fautori suoi, mostrisi refrattaria al moto<br />

evolutivo verso la democrazia, vi suppliranno la lealtà, la volontà, la elasticità della dinastia,<br />

intorno a cui, sua gloria imperitura e sua potenza grandissima, si compose in nazione l'Italia<br />

deivisa e oppressa.<br />

Ammettiamo.<br />

E con ciò palese che, se la repubblica fu ideale e passione e voto della vita nostra, noi,<br />

sorridendo al delirante linguaggio adulatorio di questi due mesi onde la storia rimase<br />

annebbiata, riconosciamo volentieri i meriti di chi simboleggia l'istruzione avversaria.<br />

Amiamo fortemente la repubblica, perché più fortemente onoriamo la verità.<br />

Il capo dello Stato, smentendo la fama di principe ereditario, può informare il suo officio<br />

di re a un ordine di idee altissime, impensierir si più dell'Italia che della corona, più della<br />

storia che della sua casa, e ob bedendo all'imperio dell 'opinione e al genio dell 'epoca<br />

acconsentire che si rivegga lo Statuto, anzi che se ne scriva un altro di spiriti democratici, e<br />

tale che l'autorità regia residui a lieve cosa e la circondino più il fasto e lo splendore della<br />

dignità che non la francheggi il privilegio. Concediamo che la podestà sua non superi quella<br />

d'un presidente di repubblica e che solo si differenzii da essa a cagione.<br />

E perché no? Le situazioni rimpastano oppure creano l'uomo. E poi il sapiente Omero<br />

cantava che:<br />

l'evento<br />

Sulle ginocchia degli Dei s'asside<br />

Ingude ipotesi, possibilità concettuali, lo sappiamo però sufficienti a nutrire illusioni<br />

profonde.<br />

Lo scoglio contro cui in Italia naufragherà la monarchia anche rimutata degli imi<br />

fondamenti, con suffragio universale, con rappresentanza proporzionale, con guarentigie<br />

abolite, con chiesa ridotta ad associazione privata e soggetta al diritto comune, con senato<br />

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elettivo, con autonomia relativa di comune e magari con soppressione di prefetture, con<br />

affidamento alle magistrature amministrative della sicurezza pubblica e della esecuzione delle<br />

leggi e con la perla dei re, saràla centralizzazione.<br />

E la centralizzazione sta tutta racchiusa nel legislatore unico e nella legge unica in cotanta<br />

diversità di popoli, di tradizioni, di genio, di linguaggio, di interessi, di costumi, di civiltà.<br />

Passando da certe regioni a cert'altre diresti di vivere in differente secolo. Or come la stessa<br />

legge civile e penale e finanziaria e comunale e di sicurezza pubblica e di lavori pubblici può<br />

adattarsi alla Basilicata e alla Toscana, alla VaI di Mazzara e alla Venezia, alle popolazioni<br />

dell'Appenino calabrese e alla montagna di Pistoia?<br />

Le autonomie provinciali e comunali si riducono a semplici snodature del raggio che va dal<br />

centro alla circonferenza: la proprietà geometriva rimane la medesima, inalterato il carattere<br />

della centralizzazione. I benefici che gli utopisti monarchi ci si vengono ripromettendo<br />

sarebbero cataplasmo che non guarireb be la paralisi della centralizzazione.<br />

La centralizzazione nega categoricamente l'Italia; e le ripugna cotanto che la lingua italiana<br />

non ha la parola propria e nativa che diva la cosa perché la cosa per lei è un non senso, un<br />

mostro.<br />

li vocabolo centralizzazione è un francesismo in filologia e in politica.<br />

Vuolsi essere italiani in Italia.<br />

E chi ben guardi in fondo delle istituzioni nostre con occhio acuto e sereno, ravviserà in<br />

questo francesismo la radice dell'impotenza della Destra e della Sinistra, la causa<br />

dell'infelicità della patria. Nella fase poetica o eroica del risorgimento, l'Italia nazionale si<br />

strinse intorno a Vittorio Emanuele. li regno d'Italia fu un uomo, perché quell'uomo<br />

rispecchiava la nazione. A non essergli integrata avrebbe ella forse sofferto, lui vivo, più<br />

anni ancora al marasmo che la snerva e l'affiige. A lui morto ora erige un mausoleo in<br />

Roma.<br />

Nella fase prosaica e storica, in grazia del morto attenderà forse con benevola pazienza<br />

che il successore esaurisca tuttti i mezzi, tutte le energie, tutte le attitudini del principato<br />

per adattarlo al genio di lei e ottenere che ella viva e si muova ed operi conforme alle<br />

svariate peculiarità sue fisiche economiche morali. Ma in ultimo, al cospetto<br />

dell'impossibilre, bisognerà che il principe si ritragga.<br />

Noi assistiamo a un pugilato di retori e di sofisti. Tale la lotta fra la Destra e la Sinistra.<br />

Nessuna differenza essenziale di principii le di sceme. L'identica impotenza le qualifica.<br />

Girano entrambe la stessa ruota disutile come i forzati nel bagno, e ci esibiscono il medesimo<br />

spettacolo di violenze, di arbirtii, d'offese allo Statuto, di umiliazioni alla Nazione.<br />

Per esempio: Cantelli ammanetta i congregati di Villa Ruffi; Crispi fa peggio: non si oppone<br />

al comizio contro la guarentigie, ma nega il permesso d'affissione dei manifesti. Menabrea<br />

umilia l'esercito sgomberando le provincie pontificie per ingiunzione di Napoleone IIl; Crispi<br />

avvilisce l'Italia davanti al Conclave prorogando la Camera. Cavour impone al Parlamento la<br />

denominazione feudale di Vittorio II; Coppino scrive sul Pantheon - padre della patria -<br />

perché il Vaticano gli proibì - re d'Italia -. Potrebbesi scrivere una lunga pagina di singolari<br />

raffronti.<br />

Più razionale, più schietto, più efficace il consiglio di «Fanfulla» al principe: - Fate voi.<br />

Il temperamento eroico del potere personale rintonerebbe la fibra italiana e si<br />

accelererebbe lo scioglimento del nodo. Al colpo di Stato fa riscontro la rivoluzione. Questa<br />

polvere impalpabile di sofismi ammorba gli occhi e i polmoni e il sangue, e fa stupida la<br />

mente.<br />

Or sia che il principato liberale cessi davanti al vano tentativo delle riforme, sia che<br />

reazionario cada fulminato dalla rivoluzione, l'Italia proseguirà la sua via secondo la propria<br />

legge storica.<br />

La storia d'Italia venne svolgendosi dal comune sovrano alla regione sovrana alla nazione<br />

sovrana. ella deve ordinarsi senza la soppres sione di nessuno dei tre termini costitutivi. La<br />

sovranità, passando, si concentrò nella Nazione. Donde l'intelletto e il fatto dell'unità politica<br />

41


che epiloga e contiene tutti gli interessi generali: la difesa, la rappresentanza, la moneta, la<br />

posta, i trattati, la pace e la guerra, la bandiera, la scuola primaria laica, la libera coscienza<br />

nella riduzione dei culti ad associazioni private e circoscritte. La unità d'Italia adunque<br />

integrasi nella sovranità politica.<br />

Quest'unità la prepararono fisicamente le Alpi e il mare (e l'Alpi, consenzienti gli alpigiani,<br />

hanno ad essere nostre); moralmente, la lingua e la letteratura.<br />

A ciascuna regione, che ha configurazione geografica precisata e personalità storica<br />

contornata e sangue e favella e affetti e tipo inconfondibili con altre, la cura degli interessi<br />

speciali e relativi: costituzione propria, e parlamento e leggi e potere esecutivo a sé. E<br />

ciascuna regione gravitando verso il centro della sovranità nazionale muoversi entro la propria<br />

orbita col corteggio dei propri comuni, autonomi ma soggiacenti rispetto ad essa alla<br />

medesima legge di gravitazione.<br />

Ora, in tale intreccio armonico di regioni legislative e di unità politica, l'Italia si sentirà<br />

libera, sana, vigorosa, prospera, felice.<br />

Ma questo modo d'essere urta verticalmente l'istituzione monarchica e ne esprime<br />

l'antinomia, costituisce la repubblica nel suo solo concetto verace, ed è ciò che appellasi<br />

repubblica federale.<br />

Fuori di qui, agitazione sterile, conati inani, aspirazioni insoddisfatte, malcontento<br />

risorgente, incompetenza di governo, decremento di ricchezza, impoverimento di vitalità,<br />

stato morboso e decadenza della nazione.<br />

Di quante questioni si agitano nel grande laboratorio politico della patria, questa sembraci<br />

primissima fra tutte e sopra tutte importantissima.<br />

Il popolo italiano ha diritto di conoscere ove va, innanzi di mettersi in cammino. Se non ve<br />

lo induce la cognizione specificata e lampante di uno stato migliore, anteporrà all'ignoto o al<br />

mal noto i malanni gli affanni e i disinganni presenti, restando dove si trova.<br />

Noi discuteremo d'alto tema, e consentiremo nella «Rivista» terreno franco ai dissidenti. Non<br />

v'ha italiano che si sottragga al moto centrifugo scoppiato dall'unità d'Italia alla dimane della<br />

sua formazione. Non v'ha italiano che non riconosca la necessità dell'articolazione di questo<br />

regno elefantesco e del mutamento in libere e maggiorenni convivenze di questo orfanotrofio.<br />

Le opinioni intorno a così fatto bisogno intrinseco e supremo e imperativo divariano sul<br />

come. In generale non se ne possiede ancora l'idea limpida. Altri se ne promettono il<br />

soddisfacimento dalla monarchia e spetta alla monarchia stessa di capacitarli dell'errore; altri<br />

dalla repubblica ed ecco le due correnti, l'unitaria e la federalista. Temesi che federazione<br />

importi disgregazione: donde il dissidio. Ma quando sia palese che federazione suona unità<br />

nazionale e politica snodata di autonomie legislative regionali, la più poderosa e indissolubile<br />

delle unità, molti animi oggi divisi più ch'altro da un dubbio d'origine nobilissima si uniranno<br />

in un concorde pensiero.<br />

Officio della discussione, della discussione cortese.<br />

Quando la discussione è battaglia cavalleresca d'idee, diventa vittoria del vero. E sotto l'ali<br />

del vero si stringono la mano i cambattenti.<br />

42


PROGETTO PER COSTRUIRE UNA<br />

FEDERAZIONE POLITICA REGIONALE<br />

(FERRUCCIO MACOLA – 1889)<br />

43


La collettività politica.<br />

RELAZIONE<br />

DEL<br />

DIRETTORE DELLA GAZZETIA DI VENEZIA<br />

SUL PROGETTO<br />

PER COSTITUIRE UNA<br />

FEDERAZIONE POLITICA REGIONALE<br />

(7 GIUGNO 1889)<br />

Nella vita pubblica del nostro paese assistiamo a un ben strano fenomeno.<br />

Mentre gli elementi estremi posti fuori dell'orbita costituzionale, clericali e radicali sentono<br />

il bisogno di riunirsi, di raccogliersi, di deliberare, o nelle chiese e nei teatri; di uscire a<br />

bandiere spiegate e tamburi battenti, sotto l'egida delle sacre chiavi o del berretto frigio, gli<br />

elementi temperati rimangono neghittosi dinanzi a questo grande movimento di<br />

organizzazione, che va diventando così una caratteristica esclusiva dei nemici delle nostre<br />

istituzioni.<br />

Questa neghittosità deplorevolissima poteva trovare una volta la sua escusante nel pieno<br />

sentimento della superiorità di forze e nella concordia di intenti, che potevano permettere<br />

l'osservazione indifferente dei tentativi fatti dai partiti estremi.<br />

Ma oggi l'indifferenza non è più possibile.<br />

Una grossa frazione del partito liberale, pure affermando di militare dentro le istituzioni, ha<br />

dimostrato e dimostra la tendenza continua di appoggiare i progressi dei repubblicani, sia<br />

proponendo riforme di spiccato colore radicale, e di effetti che più tardi tutti son costretti a<br />

deplorare; sia obbligando gli uomini del potere a seguire all'interno una politica, che non può<br />

essere accettata dall'elemento temperato del paese, spoglio d'interessi e di prevenzioni.<br />

Dall'altra parte, non pochi, che pure si dichiarano seguaci del partito liberale moderato, si<br />

dimostrano troppo propensi a sostenere o a tollerare le mene del partito nero, che all'estero<br />

tenta di mantenere viva un'agitazione contraria all'integrità nazionale, togliendo o almeno<br />

ritardando la possibilità da molti vagheggiata di armonizzare il nome di religione con quella<br />

di patria; il sentimento della fede coll'affetto al proprio paese.<br />

In tali condizioni di cose non è chi non veda la necessità di raccogliere in un fascio solo<br />

tutte le forze liberali temperate del paese, perché unite possano opporsi con sicurezza di<br />

riuscita alle intemperanze radicali, e alle congiurie ordite nell'ombra dei clericali;<br />

combattendo ad oltranza anche coloro, i quali scienti o inscienti, sotto la bandiera della<br />

costituzionalità, aiutano gli sforzi dei partiti estremi.<br />

Che questa idea si sia fatta strada nelle menti dei ben pensanti, senza distinzione, direi<br />

quasi, dei vecchi partiti politici di Destra o di Sinistra, è un fatto incontestabile.<br />

Un movimento di assimilazione da molto tempo è incominciato, e progredisce. Lo stesso<br />

sentimento di conservazione anima gli avversari di un tempo, che vedono i pericoli, ai quali è<br />

oggi esposta la parte temperata del paese per effetto delle ultime riforme politiche con troppa<br />

precipitazione ed eccessiva larghezza votate.<br />

Certamente nè i pochi ruderi della Destra intransigente non prendono, nè prederanno<br />

probabilmente parte a questo movimento assimilativo; come vi rifuggono molti della Sinistra<br />

storica, che non hanno mai nascoste le loro simpatie per la parte radicale, della quale si<br />

mostrano anzi sempre pronti a secondare l'incremento della sua influenza nelle cose dello<br />

Stato.<br />

Si deve appunto a costoro se ultimamente l'onor. Crispi si è determinato ad appoggiarsi ai<br />

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adicali, piuttosto che all'elemento temperato, obbligandolo a governare con teorie da lui<br />

stesso altre volte condannate.<br />

Però il movimento è lento, e le cause di questa lentezza sono chiare e naturali.<br />

Molti che hanno militato a Sinistra, specialmente dei nostri uomini politici, si sono troppo<br />

tardi accorti che i campioni del partito altre volte sostenuto, e le leggi da loro con tanto calore<br />

votate, non hanno corrisposto alle aspettative benevoli, o hanno trasmodato negli effetti.<br />

Essi assistono con dolore allo spaventoso decadimento parlamentare; all'invasione del<br />

potere legislativo sugli altri poteri dello Stato; alla prevalenza delle teorie radicali sui metodi<br />

di Governo; e forse ricordano, quantunque tardi, quell'assioma proclamato invano sette anni<br />

or sono a Montecitorio da pochi coraggiosi durante la discussione della riforma elettorale; che<br />

cioè abbasato il criterio degli elettori, resterebbe abbassato jl criterio degi eletti!<br />

Così oggi essi vorrebbero bensì correggere, riformare, ritoccare, e quindi vedono la<br />

necessità di unirsi all'elemento moderatore per ten tar di frenare il movimento discendente<br />

delle nostre istituzioni parlamentari; ma non hanno il coraggio di affermare pubblicamente<br />

questa loro intenzione, perché temono la taccia di transfughi e disertori.<br />

Di qui la necessità che l'affermazione parta dal paese, e si ripercuota in Parlamento; e<br />

l'altra necessità di pensare a una sostituzione, sia pur parziale, di uomini nuovi e non<br />

compromessi politicamente con voti o con manifestazioni di principi oggi sfatati, perché si<br />

possa con speranza di riuscita lottare per il trionfo delle idee più razionali e più temperate.<br />

Sintomi di salutare resipiscenza sorgono da ogni parte, e specialmente nella nostra regione,<br />

forse la più ricca di buon senso delle altre d'Italia; tanto è vero che nè i partiti estremi, nè gli<br />

uomini esagerati hanno mai trovato nel Veneto buon terreno per seminare.<br />

Sappiamo, per citare un esempio, di alcuni amici di Treviso, progressisti, con alla testa di<br />

deputato Andolfato, che avevano, e crediamo anzi abbiano già stabilito di fondare un<br />

giornaletto di partito.<br />

Ebbene. Essi han posta per condizione prima l'esclusione dei radicali; cioè una condizione<br />

alla quale qualche anno fa, quando il partito aveva per suo organo il radicale Progresso,<br />

nessuno avrebbe pensato.<br />

Non è questo che un episodio locale; ma è caratteristico; perché dimostra come le idee più<br />

temperate abbiano fatto strada; e maggiormente dovranno fame, mano a mano che l'influenza<br />

dei partiti estremi si risentirà maggiore.<br />

Il fenomeno è storicamente inevitabile.<br />

Imperante la Destra, che fu partito di Governo glorioso, ma impopolare, si capiva un<br />

opposizione di Sinistra, e un forte partito di Sinistra. Quel programma che comprendeva la<br />

promessa di riforme, l'abolizione di tasse gravose, la cuccagna delle reti ferroviarie doveva<br />

allettare e attirare gregari e campioni, anche per l'influsso delle antipatie che andavano<br />

aumentando intorno ai governanti di allora.<br />

Il pubblico grosso, che tanto volte trascina con sè anche la parte più intelligente del paese, non<br />

arrivava a misurare tutta la grandezza dello spirito di sacrificio e di abnegazione dei ministri<br />

della vecchia Destra, che governavano un paese sorto dalla rivoluzione, e quindi soggetto alle<br />

convulsioni della rivoluzione; finanziariamente debellato; insidiato dalle Potenze confmanti;<br />

pieno di bisogni; carico di debiti; agitato nell'uno o nell'altro senso dai partiti estremi; col<br />

brigantaggio e col Papato in casa; con un partito repubblicano che voleva correre, e con uno<br />

Stato potente, la Francia, che lo voleva frenare.<br />

Paragonando adunque le condizioni del paese prima della famosa data parlamentare del 76;<br />

ricordando come la Destra, malgrado tutto, abbia completata la nostra unità, e colmato un<br />

deficit enorme; mentre la Sinistra consacrando colla sua condotta la strapotenza del potere<br />

legislativo sugli altri poteri dello Stato ha iniziato la corruzione dei nostri ordini parlamentari,<br />

ha elargito riforme in proporzioni deplorevoli e non richieste; ha creato il disavanzo, e col<br />

disavanzo allargata la piaga dell'affarismo divenuto oggi sistema; ha rinforzato i partiti<br />

estremi; ha ufficialemente creato della più ricca e industriosa città d'Italia, Milano, una<br />

repubblica nel Regno; stabiliti serenamente confronti e raffronti, ci pare sia questo il momento<br />

di domandarsi se questa famosa Sinistra merita ancora il voto e l'appoggio delle persone più<br />

45


equanimi e temperate che altra volta hanno creduto nel suo verbo, non devano per naturale<br />

resipiscenza staccarsene senza rimpianto.<br />

Patologia parlamentare.<br />

Il concetto che deve provocare questo distacco, preludio di una futura e più razionale<br />

divisione di partiti, il radicale e il conservatore, parte adunque da un motivo assai più elevato,<br />

che non sia quello dell'Opposizione pura e semplice al Gabinetto attuale.<br />

Chi esamina infatti a mente serena la situazione parlamentare vede come il Crispi, al<br />

quale si attribuisce la deplorevole odierna confusione di uomini e di idee, non sia che un<br />

gerente responsabile delle condizioni dell'ambiente.n confusionismo è una naturale<br />

conseguenza dello stato patologico parlamentare.<br />

Come nel paese, abbiamo anche a Montecitorio molti, anzi i più, che capiscono di aver<br />

corso troppo, e di aver cooperato, perché si corresse troppo; mentre oggi allo stringere dei<br />

conti, conosciuto l'errore questi stessi non sanno decidersi a un'onorevole ammenda; e<br />

vagano sospesi da Destra e Sinistra posti fra le strette dei vecchi vincoli, e a la convinzione di<br />

allargare il male, se da quei vincoli non avessero la forza di staccarsi.<br />

In tali condizioni di incertezza e di indecisione, che generano una continua instabilità<br />

parlamentare, un uomo di Governo non può che consacrarsi all'alchimia delle combinazioni;<br />

tentando di fissare questi gruppi vaganti, stuzzicando le ambizioni dei capi e incorporandoli<br />

al Governo:<br />

Ed è questo che ha fatto il Crispi.<br />

Le conseguenze del sistema sono ben chiare; - ogni gruppo politico, che si vede<br />

nell'impossibilità di aspirare al Governo per mancanza di una maggioranza omogenea che lo<br />

sostenga al potere, tenta di far prevalere nel Gabinetto le sue idee, secondo la sua importanza<br />

numerica; la Destra, i Centri, la Sinistra, l'estrema Sinistra hanno i propri criteri da far<br />

trionfare; cosicchè il Governo tirato da tutte le parti deve barcamenare per tenersi in piedi,<br />

ingegnandosi di appagare i desideri dei più.<br />

Dapprincipio, quando Crispi assunse la presidenza del Governo, parve disposto ad<br />

appoggiare verso Destra, perché l'antica maggioranza depretina porgeva maggiore probabilità<br />

di sicurezza; - poi, mano a mano, prevalsero gli antichi affetti, e la memoria dei vincoli di<br />

partito; - ebbe paura della taccia di transfuga, che gli amici gli lanciavano a piene mani; e un<br />

bel giorno si decise a sacrificare nel Gabinetto gli uomini rappresentanti la vecchia<br />

maggioranza deprentina, alleandosi elementi più avanzati.<br />

L'equilibrio vero veniva così turbato; la prevalenza delle teorie partigiane degli avversari<br />

in varie occasioni dimostrata; quindi il sentimento di ribellione doveva serpeggiare fra le file<br />

degli abbondonati, iniziando la levata di scudi, che si manifestò in Parlamento nelle<br />

votazioni, o nelle cospirazioni di corridoio; - nel paese coi Congressi delle Costituzionali. I<br />

quali, perché restrittivamente interpretati forse compromisero le sorti del movimento<br />

abilmente fatto passare quale sintomo di risurrezione della vecchia Destra.<br />

Accadde così, che molti degli elementi temperati di Sinistra o dei Centri disposti a<br />

ingrossare le file del nuovo partito, non ebbero e non hanno la forza di rompere questa<br />

prevenzione, per il solo fatto che l'iniziativa è partita da Associazioni ritenute le eredi più<br />

dirette della Destra intransigente.<br />

E questa situazione di incertezze viene ora sfruttata dai paraninfi del Ministero, camuffati<br />

da corifei del partito nuovo, perché si pensa che questo partito potrebbe minacciare<br />

seriamente le sorti del Gabinetto, o influenzarlo potentemente, se oggi riuscisse a costituirsi.<br />

E’ dunque evidente, che se non si trova il mezzo per estirpare queste prevenzioni per quanto<br />

poco giustificate, se cioè non ci si decide a elaborare un programma, che possa raccogliere<br />

gli elementi temperari, decisi a un’azione comune, ma ancora incerti, vaganti, il tentativo<br />

resterà senza risultati; l’avvenire potrebbe però incaricarsi di dimostrare quanto dannoso<br />

46


possa essere il prolungamento di questo stato d'impotenza del partito, che diventa impotenza<br />

parlamentare.<br />

Per questo noi crediamo, che l'esempio di raccoglimento e di concordia di una regione<br />

relativamente colta e sensata, come il Veneto, nella quale l'elemento tem perato sotto un'unica<br />

bandiera si mostrasse disposto a combattere le prime battaglie in nome di alti e superiori<br />

interssi, potrebbe determinare la stessa salutare repiscenza in tutto il paese.<br />

Il programma politico.<br />

Si disse e si ripetè, che non sareb be possibile però concretare un serio programma di<br />

Opposizione; perché esaurite le grandi riforme di politica, non esistono questioni, sulle quali<br />

due partiti possano nettamente dividersi e lottare.<br />

Ma l'affermazione è una contraddizione patente allo stesso attuale stato di cose. Per negare<br />

questa possibilità converrebbe prima provare che oggi non esiste causa alcuna, per la quale si<br />

possa dissentire nei metodi di Governo; quindi negare anche tutte quelle manifestazioni di<br />

malcontento, sia pure non bene definito, che si elevano da moltissime parti del paese.<br />

I contradditori non vanno però lasciati senza risposta; quindi esaminiamo brevemente<br />

quanto di fondato abbiano queste accuse, e vediamo se proprio vi sia la impossibilità di<br />

formulare un programma che segni una decisa demarcazione di partito.<br />

Dovremo ripetere qui, quanto da noi è stato scritto altra volta sul giornale, che abbiamo<br />

l'onore di dirigere, dimostrando che i criteri con cui si applica la politica interna, e la tendenza<br />

o la repulsione nel voler correggere le medesime riforme politiche elargite, possono senz'altro<br />

farci conseguire l'intento Volere o no, il Governo è trascinato più a Sinistra che a Destra; più<br />

verso i radicali che verso i liberali temperati.<br />

I cosidetti progressisti puri non hanno alcuna difficoltà a dichiarare che essi si alleano e di<br />

alleeranno sempre ai radicali, a quali non sognano neppure di rifiutare il loro appoggio per<br />

arrivare alle più immature, alle più inopportune concessioni politiche; non solo; ma che nelle<br />

elezioni politiche d'accordo col Governo preferiscono (come nell'ultima a Ferrara) i candidati<br />

appoggiati da repubblicani e da socialisti, a quelli portati dai partiti costituzionali.<br />

Ora, appunto nell'evenienza delle elezioni generali non può scaturire da questa ambigua<br />

condotta del Governo uno dei punti cardinali di divisione di un programma?<br />

Da molto tempo si deplorano gli effetti della riforma elettorale, imposta da una corrente<br />

giacobina dominante, che ha portato gli stessi apostoli della riforma assai più in là di quanto<br />

volevano arrivare; - e questi effetti si deplorano non da soli moderati, ma dagli stessi radicali,<br />

che per mezzo dei loro organi confessarono molte volte essere quella riforma la causa prima<br />

della decadenza parlamentare.<br />

Ebbene; i rimedi da suggerirsi sarebbero in questo campo ben diversi; perché i moderati<br />

proponendo rimedi dovrebbero partire da concetti giustamente restrittivi; dovrebbero cioè<br />

lottare per rialzare il criterio di capacità degli elettori; mentre radi cali e progressisti<br />

preferirebbero piuttosto portarci al suffragio universale, esteso agli stessi analfabeti.<br />

Noi abbiamo qui sott'occhio il testo del memorabile discorso pronunciato da Quintino<br />

Sella a Cossato, dopo la caduta della Destra. A quell'epoca il forte biellese non veniva ancora<br />

gabellato dagli avversari per un reazionario o per un codino; tanto è vero che dai capi del<br />

partito avversario egli fu più volte invitato a dividere con loro il potere: eppure Quintino<br />

Sella, spirito progressivo, cervello equilibrato, accettato e accettabile dagli stessi capi della<br />

Sinistra, prevedeva che l'eccessivo allargamento del suffragio avrebbe generato il<br />

decadimento delle istituzioni parlamentari, che oggi. tutti deploriamo.<br />

Perché dunque il partito moderato, che si dice l'esecutore testamentario delle idee migliori<br />

lasciate dai suoi uomini, non partirebbe da questo concetto di uno dei più illustri suoi<br />

campioni, e non proclamerebbe arditamente la necessità di raddrizzare o di modificare con un<br />

sistema più adatto una legge dannosa, pericolosa, che offende il diritto dei migliori<br />

consacrando il trionfo del nume o, cioè il trionfo delle mediocrità, dei non valori, delle mezze<br />

coscienze, dei mezzi caratteri?<br />

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Non sarebbe reazionaria questa proposta; no; - molti uomini che siedeono o hanno seduto<br />

a Sinistra dividono oggi, dopo il triste esperimento queste stesse idee; e anzi (per citare un<br />

nome qui assai noto) lo stesso nostro collega Tecchio, progressita impenitente, ex-deputato e<br />

direttore di un giornale diffuso e democratico come l'Adriatico, ci dichiarava un giorno che<br />

se oggi egli dovesse votare nuovamente la riforma elettorale politica vi penserebbe, su due<br />

volte.<br />

Non è dunque la buona disposizione che manchi pe ritornare su di una questione di tanta<br />

importanza; è il coraggio. Si teme da parte nostra la taccia di illiberali; mentre i progressisti<br />

temerebbero l'altra di incoerenti, o di disertori dell'antico programma. Così per due sentimenti<br />

egualmente deplorevoli, perché danno un concetto ben mschino delle qualità politiche dei<br />

nostri uomini migliori, si lascia progredire questo movimento di dissoluzione a solo vantaggio<br />

dei torbidi partiti estremi.<br />

Ma non è solamente su questi punti che un forte partito liberale temperato, potrebbe<br />

organizzarsi e lottare.<br />

I criteri (come ab biamo già accennato) con cui oggi si applica la politica interna,<br />

dovrebbero dare luogo a discussoni e a battaglie.<br />

Noi non potremmo certamente tollerare che gli agenti dell'ordine mandati a sedare tumulti<br />

o rivolte sieno impunemente malmenati e feriti, come accade in questi ultimi giorni, senza che<br />

essi possano far uso delle armi contro i ribelli.<br />

- Non gridateci la croce addosso per carità, se sosteniamo questo principio di energica<br />

repressione; pensate che se manca il rispetto e il timore verso gli esecutori della legge non<br />

potrete pretendere (per esempio) di mantenere l'ordine in un paese con sei carabinieri!<br />

Quando la legge interviene a mezzo dei suoi esecutori, deve essere immediatamente eseguita;<br />

in Inghilterra, paese citato così a proposito e a sproposito, fatte le intimazioni legali, si carica<br />

e si bastona senza riguardi; - qui da noi, per un caso simili e, si minaccia di far cadere<br />

qualunque Gabinetto!<br />

Ancora qualche osservazione.<br />

Si è visto quale buona prova abbiano fatto in Italia i meetings a base di repubblica, di<br />

socialismo e di bandiere rosse; Roma e Milano, dove si son vituperate le istituzioni e la<br />

Monarchia informino.<br />

Ora si deve permettere sempre e in ogni caso la rinnavazione di queste dimostrazioni<br />

sovversive e pericolose? Se dovessimo credere alle teorie di Crispi, quando nel 79 sedeva<br />

all'Opposizione, certamente no; - egli pensava, perfettamente come noi, che dato lo spirito<br />

eccitailissimo delle popolazioni latine, non si poteva ragionevolmente conceder troppa<br />

larghezza di azione alla massa popolare.<br />

Ma oggi, prevalendo nel Gabinetto le teorie opposte, Crispi penserebbe nella stessa<br />

maniera?<br />

Probabilmente no.<br />

Eppure si ha motivo a credere, che la massa popolare, sguinzagliata liberamente per le vie<br />

di una grande città al grido di abbasso il colonello austriaco, abbasso il Parlamento, la<br />

Monarchia, ecc. come a Milano, vedendosi libera e sciolta, deva nel suo grosso cervello<br />

ritenere, che il Governo sia un ente debole, incapace di frenarla, incapace di domarla; quindi<br />

sorge in essa spontaneo il proposito di fare assai di più; ma è allora che si impone la<br />

repressione violenta, necessaria, con tutte le sue dolorose conseguenze.<br />

Noi potremmo continuare ancora per un pezzo su questa via; - potremmo esaminare, se sia<br />

conveniente la politica ecclesiastica seguita dal Governo; - se la riforma della Legge<br />

comunale e provinciale, questo aborto impastato di autoritarismo e di radicalismo possa<br />

ritenersi come l'ultima parola della sapienza legislativa; se le condizioni dell'agricoltura,<br />

ricordata solo dall'esattore delle imposte, meritino speciali provvedimenti; - se la finanza<br />

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deva vivere di mezzucci e di ripieghi; - se deve esser lecito ritardare le promozioni<br />

degl'impiegati e ridurne gli scarsi proventi per raggranellare poche centinaia di mille lire,<br />

quantità infinetisimale, dinanzi al baratro della nostra finanza; se non convenga insorgere<br />

contro l'accertramento enormemente dannoso di tutto il noto sistema politico e<br />

amministrativo; accentramento maggiormente marcato colle leggi presentate dal Crispi, tutte<br />

di carattere e d'indole giacobina; - potremmo esaminare se laggiù in Africa, mettendo da<br />

parte certi stolidi umanitarismi che ci han portati a Dogali e all'eccidio delle spedizioni<br />

italiane nell'interno, non sia tempo di applicare il sistema inglese in omaggio al buon senso,<br />

al nostro decoro, a un bisogno pratico della situazione; - potremmo discutere se la politica<br />

economica del Governo sia oggi la migliore; se sia tempo di frenare l'orgia di ferrovie e di<br />

costruzioni elettorali, corrutrici per i deputati, esiziali pel bilancio; se e in quali modi, in una<br />

parola, si intenda di provvedere all'avvenire del paese.<br />

Il programma dunque non è la cosa più difficile a farsi; e un partito nuovo schiettamente<br />

liberale, può benissmo accordarsi su norme ben precise e ben definite.<br />

L'interesse regionale.<br />

Crediamo dunque di aver dimostrata in nome del patriottismo prima del partito, poi<br />

l'opportunità di costituire questa vagheggiata federazione politica nella regione.<br />

Ci resta ora da esaminare l'altra parte della tesi che ci siamo proposti di svolgere; -<br />

dimostrare cioè la necessità di tutelare con una forte organizzazione politica gli interessi della<br />

nostra regione.<br />

Vogliamo sperare che dopo tanti anni di triste esperimento fatto a nostre spese, non vi sia<br />

alcuno pronto oggi a darci sulla voce; ad accusarci di sollevare pericolose questioni di<br />

regionalismo.<br />

Ormai non è più questione di patriottismo; l'Italia è fatta, e gl'interessi regionali non<br />

possono certamente dividerla. D'altronde è inguisto, che dopo tanti anni di Governo, con<br />

Gabinetti di tutti i colori, il Veneto, e col Veneto la Lombardia, abbiano pagato sempre di più,<br />

molto di più delle altre Provincie, usufruendo in proporzioni assai minori degli aiuti<br />

governativi.<br />

Se potesse realizzarsi il sogno di Marco Minghetti e di Alberto Mario, per nominare due<br />

campioni di partito opposto, che vagheggiano un'Italia politicamente unita,<br />

amministativamente divisa, il Veneto sarebbe la regione, che certamente risentirebbe<br />

maggiori i vantaggi della sua autonomia.<br />

Il descentramento amministrativo, che tanto si invoca, e che dovrebbe essere uno dei punti<br />

cardinali del programma del nuovo partito, sarà il primo passo per conquistare alle regioni<br />

l'autonomia amministrativa più confacente alloro sviluppo, ai loro bisogni, alle loro risorse<br />

economiche.<br />

È emorme, che per qualunque piccola spesa, per qualunque pratica d'ordine<br />

secondarissimo, si deva ricorrere a Roma; dove per la quantità impotente di materia da<br />

sbrigare tutti gli affari subiscono immensi ritardi; mentre la loro soluzione dipende tante volte<br />

da impiegati inferiori di grado alle stesse Autorità provinciali, costrette per legge a ricorrere al<br />

Governo centrale!<br />

Ma per tornare all'argomento nostro, e per convincere della necessità di provvedere<br />

agl'interessati della regione veneta, prendiamo brevemente in esame colla scorta di date e cifre<br />

le condizioni che fino a qui ci sono state fatte, per l'ignavia dei nostri deputati, e per la<br />

deplorevole mancanza di spirito d'unione, che ha sempre caratterizzata la deputazione veneta.<br />

Dalle cifre e dai dati, salterà agli occhi di tutti la necessità di imporre ai nostri<br />

rappresentanti, come uno dei punti del credo politico, l'obbligo di sapere di volere tutelati i<br />

comuni interessi.<br />

Noi non possiamo far meglio che riportare dapprincipio le parole comparse sulla Gazzetta<br />

di Venezia e dovute al comm. Giacomo Calvi, uomo di grande ingegno, e già direttore<br />

generale delle Gabelle al Mipur la semente. Ammiragli nessuno; vice-ammiragli nessuno. Ce<br />

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n'erano due o tre, ma li hanno pensionati, perché impagliati rappresentino il vecchio S. Marco<br />

e la sua gloriosa Repubblica, che per tre volte portò la civiltà in Oriente. Consiglieri di Stato,<br />

e sono 24, nessuno - Consiglieri della Corte dei conti, e sono 12, nessuno; prefetti su 69, due;<br />

intendenti di finanza, su 69, tre.<br />

In tutto il personale dell'avvocatura generale 2 - Avvocati compartimentali, nessuno:<br />

Amministrazione generale del catasto che interessa tanto il Veneto perché il più iniquamente<br />

gravato, nessuno; direttori compartimentali e vice-direttori del catasto, nessuno; capi<br />

dell'Amministrazione militare, uno solo.<br />

E se avessi la pazienza di seguire gl'insegnamenti del mio buon Negri, ne avrei da dirne<br />

per altre quattro pagine, giacchè lascio le Corti d'appello, i Tribunali, le Questure, i<br />

Carabinieri, i Direttori delle Poste, i mille ispettori che fanno nulla e che non danno di<br />

vantaggio all'Erario 15 giorni della loro paga annuale; gli ufficiali di porto, ecc. ecc.<br />

Fatta questa sincera esposizione di fatti e di cifre, dovrei associarmi al compianto della<br />

Gazzetta. Lo farei di gran cuore, ma non lo voglio. Il Governo fa il suo mestiere, vuoi voti in<br />

Parlamento ed accontenta i deputati che gridano, strepitano e battono i pugni sul banco alla<br />

Camera, come il focoso Crispi quando diventa rosso come la cresta di un gallo. la colpa è tutta<br />

della Deputazione veneta, che, salve lodevolissime eccezioni, che tutti conoscono, è una<br />

infusione di malva cotta senza sale. Nelle sue vene scorre il sangue bollente della rana; essa<br />

non pensa che a rovinarsi la spina dorsale con salamelecchi al Governo, perché la aiuti nelle<br />

elezioni».<br />

G. CALVI<br />

Si osserverà, e abbastanza giustamente, che il Veneto essendo venuto ultimo fra le regioni<br />

italiane redente, non può se non dopo certo numero d'anni avere nell'Alta amministrazione<br />

dello Stato forte rappresentanza; e che deve passare una generazione intera prima di<br />

raggiungere la vagheggiata perequazione.<br />

Ma questa osservazione, può applicarsi anche per la mancanza continua e quasi assoluta di<br />

uomini nei Consigli della Corona?<br />

Non è un fatto cotesto che prova la nessun influenza, il nessun peso sui vari Gabinetti della<br />

Deputazione Veneta?<br />

Del resto, appunto per la nostra esclusione così bene dimostrata, se non bene giustificata,<br />

dalle posizioni più elevate della Politica e dell'Amministrazione, non dobbiamo sentire<br />

maggiore l'obbligo di una reciproca tutela?<br />

Le parole del comm. Calvi s'impongono adunque a chiunque senta di amare la sua regione,<br />

e di volere il suo benessere e la sua prosperità.<br />

Però non ci fermiamo qui; - per chi avrà pazienza di leggere ci fino in fondo riserbiamo<br />

altre scoperte, generalizzando un po' la questione, non limitandola cioè al solo Veneto, ma<br />

all'altra regione settentrionale, che si trova nelle stesse condizioni nostre; cioè alla Lombardia.<br />

Prendiamo due Provincie situate alla due estremità, della penisola, Catanzaro e Cremona, e<br />

mettiamo un confronto tra rendite dell'una e dell'altra, e le tasse pagate. Pr.emettiamo che la<br />

Provincia di Catanzaro ha una superficie:<br />

Al piano di ettari 248.958<br />

Al monte di ettari 348.552<br />

Totale ettari 597.510<br />

e la popolazione ascendendo a 432.064 abitanti, ogni abitante avreb be 5760 mq. di terra al<br />

piano e 7080 al monte.<br />

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L'estensione della Provincia di Cremona è di ettari 163.730 tutta al piano, e la popolazione<br />

ascendendo a 304.507 ne avrebbe che ogni abitante può disporre di 5377 mq. di terra piana.<br />

Pertanto le condizioni delle popolazioni Cremonesi in quanto a estensioni di gran lunga<br />

inferiori a quelle delle polazioni Catanzaresi.<br />

Ora vediamo i redditi e le imposte.<br />

Catanzaro produce per un valore di L. 50 milioni 310.000, Cremona per 32.327.000.<br />

Tassa per ogni abitante del Mezzogiorno lire 19.50, per cremonese 34.50.<br />

Differenze che paga Cremona in più, tenuto conto della proporzione di popolazione<br />

4.772.009 e in proporzione delle sue risorse: 5.172.000; - notando che questo non è un<br />

esempio unico - tutt'altro; sono differenze che in più o meno si possono verificare per tutte le<br />

Provincie del Regno d'Italia.<br />

Altra cosa degna di nota.<br />

I fratelli del Mezzogiorno si lagna:p.o che non hanno ferrovie, in confronto a noi, che ne<br />

siamo pieni. A parte che l'iniziativa privato nelle Provincie meridionali è pressochè cosa<br />

sconosiuta, e che se noi abbiamo delle ferrovie ciò è in massima parte pel merito dei nostri<br />

capitali e dei nostri sacrifizi, siamo costretti a far osserevare, che nell'82 dei 3223 chilometri<br />

che costituiscono la rete calabro-sicula, non solo non si aveva più alcun ricavo, ma le spese di<br />

esercizio superavano gli incassi di L. 564.647.<br />

E perciò il capitale impiegato, non rendendo più alcun frutto è un capitale distrutto -<br />

perduto - capitale che sorpassa di centinaia di milioni il miliardo, se si aggiungono gl'interessi<br />

che il paese ha dovuto pagare.<br />

Del resto, basta buttare lo sguardo sulle carte pubblicate dal Ministero dei lavori pubblici<br />

Direzione generale delle Stradeferrate, che portano il diaframma indicante i prodotti<br />

chilometri ci delle Strade ferrate italiane ottenuti in questi ultimi anni, e gl'introiti delle<br />

Stazioni che oltrepassarono le 100.000 lire (R Stab. Cartog. C. Virano, Roma 1884, e altri),<br />

per persuadersi, se stanno al nord o al sud le reti che rendono; - e quindi se era doveroso e<br />

logico abbandonare nelle costruzioni ferroviarie nel Settentrione dove i lavori diventano<br />

attivi, o nel Mezzogiorno dove restano passivi!<br />

Finiamo questo nostro rapido studio, toccando qualche altro della questione, come<br />

completamento delle nostre asserzioni.<br />

Dalla relazione presentata dal comm. Novelli, direttore generale del Debito pubblico alla<br />

Commissione di vigilanza sulla Cassa dei despoti e prestiti, risulta che l'impiego dei capitali<br />

mutuati, a condizioni speciali al Comune di Napoli, produrrà una diminuzione annuale di lire<br />

507.000 sugli utili ordinari della Cassa.<br />

Ora una tale diminuzione dovendo durare fino al 1917, cioè per 35 anni, ne viene una<br />

perdita totale di circa 18 milioni sui 32 già prestati a quel Comune. Ma siccome in base alla<br />

legge delll maggio 1881 bisognerà (come avviene ed è avvenuto) prestargliene degli altri, così<br />

il danno per l'erario sarà maggiore e di un'entità che non si può subito calcolare.<br />

Comunque sia, supponiamo pure che un'Amministrazione migliore delle passate permetta<br />

(Dio ci perdoni l'ipotesi arrischiata), permetta, diciamo, al Municipio di Napoli non ricorrere<br />

più alla Cassa depositi e prestiti, e che il danno si limiti ai 18 milioni di lire (ormai già<br />

sorpassati); vi par poco?<br />

La popolazione di Napoli su per giù è di 500 mila abitanti; ogni na poletano costa dunque allo<br />

Stato una lira all'anno per riparare ai disordini degli amministratori comunali, che si<br />

successero in questi passati anni.<br />

Se tutti i Comuni del Regno, grandi e piccoli, avessero imitato la cosidetta patria di Vico, e<br />

se tutti com'essa avessero dovuto essere aiutati dal Governo a pagare i loro debiti, lo Stato<br />

perderebbe in ragione di una lira per abitante, 30 milioni all'anno!!!<br />

Ma invece Napoli costituisce un'eccezione.<br />

Un'eccezione sono anche i famosi 100 milioni contro i quali una sola voce della<br />

deputazione veneta ebbe il coraggio di protestare; - e fu quella di Billia, a quell'epoca<br />

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deputato di Udine; e Billia restò sconfitto nelle successive elezioni!<br />

Un ultimo dato. - Si è scritto che la grande massa di beni ecclesiastici donati a/l'Italia dalla<br />

parte meridionale dava a questa diritto a pretendere corrispondenti vantaggi. - L'hanno cantata<br />

quest'arietta, scriveva il compianto Federico Gabelli, su tutti i toni della scala, e l'hanno<br />

cantata e ridotta per tutti gli organetti, tanto da stancare le orecchie di ogni fedel cristiano. E<br />

nessuno di coloro che l'hanno cantata e ridotta per gli organetti si è dato la pena mai di<br />

verificare e la fosse vera.<br />

Infatti, si rileva dall'Annuario Ufficiale del'84 che nelle regioni settentrionali i beni<br />

incamerati e venduti ascesero al valore di 298 milioni e nel meridionale a soli 279. Dunque,<br />

non solo non è vero che i meridionali abbiano dato un contingente di ricchezza maggiore nella<br />

vendita dei beni ecclesiastici; ma invece nell'alta Italia se ne sono trovati e contrattati per una<br />

ventina di milioni in più che nella bassa. C'è però dell 'altro! Contrattati vuoi dir pagati; e noi<br />

con tutta la buona volontà di credere alla solvibilità dei nostri buoni fratelli del Mezzogiorno,<br />

troviamo intanto che noi li abbiamo quasi tutti liquidati, mentre, se l'aritmetica non è ancora<br />

un'opinione, troviamo che i prelodati fratelli meridionali sono in debito verso lo Stato di quasi<br />

92 milioni. Si tirerà in campo contro questa citazione di fatto, che noi siamo più ricchi di loro<br />

per risorse e per lavoro.<br />

A parte che, come ripetiamo, tutto sarebbe merito nostro, perché tutto è frutto della nostra<br />

buona volontà, notiamo incidentalmente che il prodotto delle tasse di registro e bollo è<br />

precisamente per ogni individuo di 3,50 nel Settentrione e 3,40 nel Mezzogiorno. - E citiamo<br />

queste cifre, perché le tasse di bollo e registro sono pagate da chi possiede e fa affari; quindi?<br />

o tutti poveri o tutti ricchi, ma diversamente ricchi, no.<br />

Un'altra asserzione fu ed è ripetuta dei meridionali. Noi, dicono, avevano pochissimi<br />

debiti, e il debito di voi settentrionali venne a pesare su tutti. È vero. Ma erano debiti del<br />

Piemonte, quelli che il Piemonte ha contratto per combattere solo per l'indipendenza d'Italia.<br />

E se atto di giustizia avrebbe dovuto farsi, questo avrebbe dovuto essere di sgravarlo solo<br />

fra tutti, dal peso.<br />

Argomento scottante questo! Guai se dovessimo bilanciare il tributo di sangue e di oro<br />

dato dalle varie regioni; certamente il conto non tornerebbe.pel Mezzogiorno!...<br />

Ancora per lungo tratto noi potremo continuare! Ci basterà solamente ricordare, come,<br />

soltanto dopo vent'anni, si sia riusciti condurre in porto la famosa legge sulla perequazione<br />

fondiaria, poichè da vent'anni Veneto e Lombardia pagavano in proporzione quattro volte<br />

superiore a quella di certe regioni del Mezzogiorno.<br />

Chi rimborserà a noi le centinaia di milioni sborsati in più allo Stato?<br />

Del resto, chi ignora, come Ìa legge sulla perequazione, sia riuscita una parziale<br />

mistificazione, poichè subito dopo si è trovato il modo di caricare i nostri contribuenti<br />

coll'abusiva classificazione dei caseggiati rurali?<br />

E chi non sa che la revisione sull'imposta dei fabbricati, tante volte minacciata, non è mai<br />

giunta a salvamento, perchè colpirebbe specialmente, anzi quasi esclusivamente il<br />

Mezzogiorno, che ha migliaia e migliaia di fabbricati non censiti, mentre in certe nostre città<br />

si paga colla sovrimposta comunale fmo al 43 per centro sul reddito?<br />

E le tasse sugli spiriti, e lo stesso progetto di legge, che in questi giorni si presenterà alla<br />

Camera, ma è tutto in favore, scandalosamente in favore del Mezzogiorno?<br />

Tronchiamo qui il disgustoso argomento, perché crediamo di aver scritto abbastanza, per<br />

persuadere anche i più ritrosi, che sarebbe fuori di luogo opporsi a sollevare la nota regionale,<br />

quando gli interessi nostri da anni sono trascurati e vilipesi.<br />

Noi non facciamo del regionalismo, nè dobbiamo fame; - ma almeno è nostro dovere<br />

impedire, che lo si continui più a lungo contro di noi.<br />

Gli altri interessi del paese prima; gli interessi più modesti della regione poi;<br />

ecco la nostra divisa.<br />

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Carattere e scopo della federazione.<br />

Scopo principale della federazione politica regionale veneta è l'organizzazione del partito<br />

liberale temperato; il quale ha elementi e forze per preponderare, e può quindi lottare da solo<br />

senza ricorrere a pericolose transazioni cogli avversari.<br />

In via subordinata, la federazione veneta ha lo scopo di tutelare efficacemente con tutti i<br />

mezzi, di cui può disporre, gli interessi della regione, troppe volte trascurati; specialmente per<br />

quella mancanza di unità d'impulso, di concordia e d'affiatamento, che caratterizza la<br />

deputazione veneta.<br />

Viene stabilita fin d'ora l'autonomia perfetta di ogni Provincia; nella federazione non si<br />

discute che il programma generale che ogni nostro candidato politico deve accettare; - la<br />

federazione adottando per suo motto il tutti peruno e l'uno per tutti, impiega le sue forze per<br />

sostenere i singoli candidati. - I Congressi semestrali o trimestrali si tengono alternativamente<br />

nelle sedi dei capiluogo di Provincia.<br />

La federazione abbraccia oltre ai giornali del partito, tutte le Associazioni politiche, che<br />

accettano lealmente il suo programma; esse continuano a vivere autonome mandando ai<br />

Congressi generali i propri delegati e rappresentanti. La federazione può avere sezioni speciali<br />

nei singoli paesi per attrarre a sè gli elementi vaganti, che non trovano conveniente tenersi<br />

legati alle Associazioni locali.<br />

Seguendo il consiglio dell'amico nostro deputato Aristide Gabelli la federazione escude i<br />

deputati dal suo seno, per mantenere intatta la sua libertà di giudizio, mentre li invita anno per<br />

anno ai Congressi generali, nei quali essi saranno pregati di spiegare i loro voti, o le loro idee<br />

sull'indirizzo di Governo, e sulle varie questioni politiche e amministrative che in quel<br />

momento possono maggiormente interessare.<br />

La federazione si riunisce tutte le volte in cui sia in gioco un grave interesse regionale: e<br />

prende parte (provocando anche apposito Congresso) alle questioni riguardanti anche una<br />

sola Provincia federata, invitando i deputati veneti a sostenerle.<br />

La modalità statutarie verranno proposte da una Commissione ordinatrice e presentate al<br />

Congresso.<br />

Conclusione<br />

Questo opuscolo viene spedito a tutte le persone più influenti della regione; alle migliori<br />

intelligenze, se non alle più forti volontà.<br />

Per carità! vediamo di non voler ribadita anche questa volta la taccia di apati e di<br />

fiacchi, che caratterizza noi Veneti.<br />

Se le passoni di partito, che pure rappresentano il termometro della vigoria intellettuale,<br />

dell'educazione civile di un popolo, non ci scuotono, pensiamo almeno ai nostri interessi; e<br />

riflettiamo di quanto possano avvantaggiarci, iniziando nel Parlamento un'azione compatta e<br />

decisa per la nostra tutela.<br />

Non vi è alcuna, a1cunissima difficoltà per mettere in esecuzione questo progetto; la sola<br />

nostra buona volontà ne assicurerebbe lo splendido esito.<br />

I ritrovi frequenti di tutti i delegati ai Congressi da tenersi nelle varie citta del Veneto<br />

faciliterebbero enormemente lo scambio delle nostre idee, la conoscenza dei nostri paesi;<br />

correnti immense di simpatia si svolgerebbero tra luoghi e luoghi della stessa regione; si<br />

inzierebbe in una parola un vero e potente e risveglio politico e amminitrativo, sotto gli<br />

auspici del sentimento più liberale e più sereno.<br />

Dinanzi a un'ideale tanto utile, tanto promettente, e così facilmente raggiungibile, vi è chi<br />

possa restare indifferente?<br />

FERRUCCIO MACOLA<br />

Direttore della Gazzetta di Venezia.<br />

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Avvertenze<br />

1 a - Le persone che ricevono questo opuscolo, dovrebbero avere la cortesia se hanno<br />

osservazioni da muovere di fame nota nel margine lasciato in bianco, e rimandare<br />

l'opuscolo all'autore. Egli d'accordo col Comitato ordinatore vedrà di prenderle subito<br />

in considerazione.<br />

2 a - Si prega caldamente difar conoscere l'opuscolo a chi non lo ha ricevuto, specialmente nei<br />

piccoli centri, perché si possa suo tempo raccogliere un numero forte di adesioni.<br />

3 a - È necessario che le persone di buona volontà, le quali accolgono l'idea della federazione,<br />

si dispongano o dispongano altri a intervenire al primo Congresso, chefrà breve si terrà<br />

a Venezia in un teatro messo a disposizione dei soli aderenti.<br />

4 a - Nei piccoli centri distrettuali dove sarebbe difficile far vivere una Associazione politica,<br />

basterà costituire un Comitato di cinque o sei persone delle più influenti, disposte a<br />

entrare in relazioni colla presidenza che verrà eletta dopo il primo Congresso regionale.<br />

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SILVIO TRENTIN (Cenni biografici)<br />

Silvio Trentin, nasce a San Donà di Piave 1'11 novembre 1885. Studia a Pisa dove si<br />

laurea nel 1908. Conseguita la libera docenza in diritto amministrativo nel 1910, dopo un<br />

periodo di studi ad Heidelberg, insegna nelle Università di Camerino dal 1911, di Macerata<br />

dal 1921 e nell'Istituto superiore di Commercio Cà Foscari di Venezia nel 1923. Il 7 gennaio<br />

1926, a causa dei vincoli imposti dalla legge fascista del 24 dicembre 1925, si dimise da<br />

professore e il 27 gennaio 1926 lascia l'Italia.<br />

Combattente della prima guerra mondiale, Trentin fu eletto nel 1919 deputato per il Blocco<br />

democratico. Durante l'esilio francese (1926-43) svolse un'intensa attività nell'ambito del<br />

movimento «Giustizia e libertà» diventando un importante punto di riferimento per gli<br />

antifascisti. Rientrato in Italia alla fine di agosto 1943, riprende l'attività politica ma viene<br />

arrestato dalla polizia fascista il 19 novembre; liberato ai primi di dicembre, gravemente<br />

ammalato di cuore, morì il 12 marzo 1944. La produzione giuridica e politica di Trentin è<br />

ricca di molti volumi, articoli e discorsi, di cui gli scritti sul federalismo costituiscono il<br />

nocciolo teorico più consistente.<br />

Ed è importante sottolineare, con le parole di Norberto Bobbio, come:<br />

“L'originalità del pensiero federalista di Trentin, o se, vogliamo la sua caratteristica sta nel<br />

muovesi nella direzione del federalismo interno molto più che in quella del federalismo<br />

esterno”.<br />

E’ singolare che, proprio come Alberto Mario, anche Silvio Trentin all'inizio elabori tesi<br />

centraliste. È egli stesso a sottolinearlo, con una onestà intellettuale sconosciuta a tanti politici<br />

odierni: “Confesso che, anch'io per un momento ho creduto all'esistenza e all'autorità di una<br />

siffatta legge secondo cui il tipo di Stato semplice - unitario attua il più perfetto equilibrio”.<br />

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PROGETTO DI COSTITUZIONE FEDERALISTA<br />

steso da Silvio TRENTIN nel 1943<br />

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GIUSTIZIA E LIBERTÀ<br />

Gruppo regionale veneto del Partito d'azione*<br />

Abbozzo di un piano tendente a delineare la figura costituzionale dell 'Italia al termine della<br />

rivoluzione federalista in corso di sviluppo<br />

I. PRINCIPI GENERALI<br />

L'Italia è una Repubblica federale e rivendica, in questa sua qualità, la dignità e il titolo di<br />

membro fondatore della Repubblica europea.<br />

Essa colloca in testa della sua Carta ed erige a criterio supremo per la legittimazione del<br />

funzionamento dello Stato i grandi principi della libertà della persona, della autonomia<br />

istituzionale, della proprietà collettiva e della giustizia sociale.<br />

La Repubblica federale italiana è una collettività di regioni autonome e ogni singola<br />

regione costituisce, alla sua volta, un'Ordine federale. In nessun caso è ammessa la<br />

Federazione parziale di regioni autonome.<br />

Ciascun cittadino della Repubblica federale gode, oltre alla nazionalità italiana, della<br />

cittadinanza di una delle regioni della Repubblica.<br />

Non può esser perciò italiano che il cittadino di una delle regioni della Repubblica.<br />

Fanno parte della Repubblica federale le regioni seguenti: Piemonte, Lombardia, Veneto,<br />

Liguria, Emilia, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzi, Molise, Campania, Puglie,<br />

Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.<br />

Un piano dettagliato, facente parte integrante della Costituzione, delimita le frontiere del<br />

territorio federale e quelle dei territori della regioni federate.<br />

Qualsiasi modificazione del territorio federale implicante una modificazione del territorio<br />

di una regione, e qualsiasi modificazione delle circoscrizioni regionale all'interno del<br />

territorio federale, non possono essere effettuate - sotto riserva delle disposizioni dei trattati di<br />

pace e di quelle aventi tratto all'organizzazione e al funzionamento della Federazione europea<br />

- se non in forza di leggi costituzionali (le quali realizzino fra di esse un accordo completo)<br />

della Repubblica federale e della regione il cui territorio si trova modificato.<br />

Il territorio federale forma un tutto solo per ciò che riguarda il regi me monetario, i regime<br />

economico e il regime doganale.<br />

All'interno della Repubblica federale non potranno essere stabilite né barriere doganali, né<br />

limitazioni al traffico, né intralci alla circolazione delle persone.<br />

La lingua italiana è - senza pregiudizio della prerogativa che appartiene alle regioni di<br />

coltivare, per il libero sviluppo e la salvaguardia del loro genio particolare, i loro propri<br />

dialetti -la lingua ufficiale delle Repubblica.<br />

La città di Roma prende rango di capitale federale. È dentro la sua circoscrizione che<br />

hanno la loro sede gli organi superiori della Federazione.<br />

Il funzionamento della Repubblica federale si appoggia sul regime dei Consigli, questi<br />

ultimi essendo concepiti e ordinati quali mezzi di espressione diretta e quali organi di<br />

esercizio dell'autonomia istituzionale propria dei centri di vita collettiva ai quali si<br />

riconducono le sorgenti profonde e permanenti dell'esistenza nazionale.<br />

Pertanto, l'organizzazione costituzionale della Repubblica presuppone: da una parte,<br />

l'aggregazione permanente di tutti i cittadini alle collettività territoriali che assicurano la<br />

rappresentanza organica della popolazione risiedente nelle circoscrizioni storiche nelle quali<br />

esse si trovano di fatto inserite;<br />

d'altra parte, il ricollocamento di questi stessi cittadini nel seno dei gruppo dove, secondo<br />

la loro libera scelta, si svolge la loro attività sociale e attraverso i quali essi adempiano alloro<br />

compito di produttori.<br />

* Viene conservata per questo Abbozzo italiano di costituzione, l’intestazione quale risulta<br />

nel testo dattiloscritto e che indica come Trentin avesse subito potuto inserire nel dibattito<br />

ideologico del Partito d’azione il suo contributo, risultato delle sue riflessioni federaliste.<br />

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Alla stregua dei principi suesposti, qualsiasi istituzione, la quale adempia a un compito<br />

sociale ben definito nelle sue esigenze e nel suo contenuto, gode di una autonomia la quale<br />

non risulta limitata che dall 'autonomia delle altre istituzioni e dagli interessi generali della<br />

Repubblica.<br />

La federazione delle istituzioni autonome, secondo le differenti particolari branche di<br />

attività sociali fra le quali esse si trovano ripartite e secondo le diverse circoscrizioni<br />

territoriali entro le quali risulta di fatto circoscritto il loro funzionamento, assicura la loro<br />

collaborazione organica e l'organica coordinazione delle loro attività, pur permettendo nella<br />

misura del possibile il rigoroso rispetto dei loro singolari interessi, dei loro bisogni e delle<br />

loro aspirazioni.<br />

Nei limiti delle regole enunciate dalla presente Costituzione, la più ampia libertà e la più<br />

efficace salvaguardia sono assicurate alla persona umana.<br />

Tutti i cittadini della Repubblica federale sono uguali davanti alla legge. Né la nascita, né il<br />

sesso, né la professione, né la classe, né la confessione possono legittimare l'attribuzione del<br />

minimo privilegio. Nessuno può essere costretto a dare atto ufficialmente delle sue credenze<br />

religiose.<br />

Il godimento dei diritti civici appartiene ai cittadini dei due sessi che ab biano compiuto i<br />

ventun anni e che non siano stati dichiarati incapaci, o colpiti di indegnità.<br />

La proprietà individuale non è riconosciuta in principio - all'infuori dei casi in cui essa<br />

costituisce per il lavoratore la condizione insostituibile per il godimento attivo dei frutti del<br />

suo lavoro - che nella misura in cui essa assicura lo sviluppo delle attitudini sociali della<br />

persona umana, in cui essa permette a questa di espandersi nella sua pienezza, in cui essa<br />

costituisce una garanzia per l'esercizio - nel rispetto della uguale autonomia di tutti i<br />

conviventi - delle prerogative essenziali che appartengono all'uomo, in quanto uomo libero.<br />

In conseguenza, in linea di principio, essa non è ammessa che:<br />

1) per i beni improduttivi;<br />

2) per gli strumenti di produzione e per i mezzi suscettibili di con correre allo sviluppo e<br />

all'espansione della personalità;<br />

3) per i beni direttamente e integralmente gestiti dal loro proprietario.<br />

I beni il cui sfruttamento non è esclusivamente assicurato dal proprietario o che cesseranno<br />

di essere dal loro proprietario sfruttati direttamente nell 'avvenire, entreranno a far parte della<br />

proprietà colletiva-istituzionale trent'anni dopo l'entrata in vigore della presente Costituzione,<br />

o trent'anni dopo il giorno in cui sarà venuta a cessare la loro gestione esclusiva e diretta da<br />

parte del loro proprietario.<br />

Durante questo periodo, la gestione e i prodotti di detti beni apparterranno agli individui o<br />

alle comunità che li fanno effettivamente fruttificare. La proprietà durante questo stesso<br />

periodo sarà retribuita mediante un affitto il cui ammontare non potrà essere superiore al<br />

guadagno medio di un lavoratore partecipante effettivamente alla produzione.<br />

Le istituzioni primarie di cui si dirà in seguito e le organizzazioni federative e<br />

confederative nelle quali esse si trovano raggruppate godono d'una piena capacità<br />

patrimoniale e dispongono, per la realizzazione dei loro scopi istituzionale, di un diritto<br />

fiscale di imposizione in confronto dei produttori sottoposti alla loro giurisdizione.<br />

II. LE BASI ISTITUZIONALI DELL'ORGANIZZAZIONE FEDERALE<br />

A) Generalità<br />

Avendo riguardo al suo contenuto alle sue qualificazioni generali, l'attività, per mezzo<br />

della quale l'individuo partecipa alla conservazione e allo sviluppo della vita sociale, si trova<br />

ripartita in sette grandi branche fondamentali:<br />

1) agricoltura;<br />

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2) industria;<br />

3) commercio;<br />

4) artigianato;<br />

5) cultura;<br />

6) stampa;<br />

7) collaborazione collettiva in vista di scopi d'ordine spirituale e filantropico.<br />

All'interno di ciascuna regione, l'attività corrisponde a ogni singola branca genera<br />

altrettanti centri istituzionali quanti sono i fini suscettibili di essere perseguiti, da un punto di<br />

vista tecnico, in una maniera autonoma.<br />

Il fatto solo dell'esistenza nel seno di ciascuna regione di collettività locali fruenti<br />

storicamente di una loro vita, determina, anzitutto, il frazionamento di ciascuna categoria di<br />

attività sociale in gruppi federativi territoriali la cui estensione coincide con la estensione<br />

delle circoscrizioni comunali, mandamentali e provinciali.<br />

A questo scopo un rimaneggiamento delle antiche circoscrizioni comunali - suggerito dalla<br />

preoccupazione di rafforzare la vitalità delle collettività su di esse stabilite e di tener conto, là<br />

dove era necessario, delle trasformazioni determinate dal fenomeno dello spopolamento delle<br />

campagne - è già stato relizzato: il che ha avuto per risultato di apportare qualche notevole<br />

modificazione, rispetto alla situazione consacrata dal regime prima in vigore, al numero e alla<br />

struttura delle circoscrizioni comunali, pur avendo avuto cura, sempre, di dar soddisfazione ai<br />

bisogni e ai sentimenti legittimi delle popolazioni interessate.<br />

In seguito, nel quadro di ciascuna regione - al di fuori o facendo astrazione dalle<br />

circoscrizioni comunali, mandamentali e provinciali , circoscrizioni tecniche sono state create<br />

per ciascuna branca di attività sociale, secondo i modi e le forme reclamati dalla necessità di<br />

conciliare a ogni gradino dell'ordinamento organizzativo la realizzazione degli scopi<br />

particolari a ciascuna sezione della vita collettiva-istituzionale con il perseguimento<br />

dell'interesse generale.<br />

B) Le istituzioni primarie<br />

All'interno delle circoscrizioni comunali, mandamentali e provinciali, la cellula<br />

istituzionale primaria è costituita dall'opera, dall'impresa, dall' azienda, vale a dire da ogni<br />

centro unificato di attività avente carattere morale o economico il quale realizzi l’impiego di<br />

mezzi appropriati per l’adempimento di un compito di ordine sociale, nettamente definito<br />

nelle sue esigenze e nel suo contenuto.<br />

In linea di principio, qualsiasi comunità di lavoro, qualunque sia la natura o<br />

l’ispirazione del lavoro, la quale implichi la collaborazione permanente o professionale di<br />

almeno cinquanta persone, è riconosciuta quale elemento costitutivo della contestura federale<br />

dello Stato.<br />

A questo titolo, l’officina, il cantiere, lo stabilimento, l’azienda agricola, l’istituto di<br />

istruzione, il centro culturale, il Capitolo o la Diocesi, o qualsiasi altro raggruppamento<br />

confessionale qualificato, l’assieme dei collaboratori che partecipano a diversi titoli<br />

all’edizione di un giornale o di una rivista, l’associazione sportiva, l’opera di beneficienza<br />

ecc. costituiscono, quando essi acquistano il carattere di sorgente autonomia di attività sociale,<br />

altrettante istituzioni primarie chiamate a fornire allo Stato l’assise della sua organizzazione.<br />

Le comunità troppo frazionate o complementari o sussidiarie, sprovviste per questo<br />

fatto stesso di vera e propria autonoia, sono raggruppate – secondo la loro affinità o la loro<br />

interdipendenza, o secondo la natura degli interessi ai quali esse soddisfano – all’interno di<br />

istituzioni locali omogenee, prendenti rango anch’esse di istituzioni primarie<br />

dell’organizazione federale dello Stato.<br />

Tale è la situazione fatta alle piccole imprese di produzione o di transazione,<br />

all’artigianato, alla piccola proprietà agricola, ai lavoratori intellettuale o manuali la cui<br />

attività si svolge al di fuori di qualsiasi collaborazione permanente a carattere collettivo.<br />

In linea di principio il commercio è esercitato da cooperative di consumatori<br />

raggruppate nell’interno di ogni singola circoscrizione territoriale e ciascuna cooperativa<br />

59


iveste il carattere di istituzione autonoma. Così ogni cittadino collabora nella sua duplice e<br />

distinta qualità di produttore e di consumatore all’organizzazione del funzionamento dello<br />

stato.<br />

Nel seno di ogni singola istituzione primaria, tutti gli individua investiti e fruenti dei<br />

diritti civici, i quali partecipano attivamente della sua vita, si trovano collocati gli uni rispetto<br />

agli altri, in una situazione di perfetta uguaglianza nell’esercizio delle loro prerogative di<br />

cittadini. Queste prerogative conferiscono loro un diritto di elettorato, attivo e passivo, per la<br />

creazione degli organi incaricati di rappresentare e di amministrare l’istituzione della quale<br />

essi fanno parte.<br />

Ogni istituzione primaria è rappresentata e amministrata – sotto il controllo della<br />

Federazione comunale e, ove occorra, della Confederazione mandamentale - da un consiglio<br />

composto di almeno cinque membri e da un direttori o, designato dal consiglio nel suo seno,<br />

di almeno tre membri.<br />

Il numero dei membri del consiglio delle istituzioni primarie varia secondo l'importanza<br />

delle istituzioni. Esso è composto di cinque membri quando la comunità che si trova<br />

raggruppata all 'interno della istituzione stessa non oltrepassa i cento individui; di sette<br />

allorquando essa raggruppa più di cento e meno di cinquecento interessati; di nove<br />

allorquando essa comprende più di cinquecento e meno di mille; di quindici allorquando la<br />

sua dimensione oltrepassa le mille unità.<br />

Il direttorio è di tre membri quando il consiglio è composto di nove membri, di cinque<br />

membri negli altri casi.<br />

Dentro i confini di ogni comune la cui popolazione è superiore a diecimila abitanti, tutte le<br />

istituzioni primarie sono recensite e classificate per branche di attività sociale e nel quadro di<br />

ogni singola branca esse sono raggruppate in federazioni comunali.<br />

Ogni federazione comunale è rappresentata e amministrata da un consiglio e da un direttori<br />

o designati dall'assemblea dei delegati delle istituzioni che ne fanno parte in ragione di un<br />

delegato per le istituzioni il cui consiglio è di cinque membri; di due delegati per le istituzioni<br />

il cui consiglio è di sette membri; di quattro delegati per le istituzioni il cui consiglio è di nove<br />

membri; di sei delegati per le istituzioni il cui consiglio è di quindici membri;.<br />

C) L'organizzazione comunale<br />

Il comune è l'assise fondamentale del governo della Repubblica.<br />

Nel quadro e dentro i limiti degli interessi superiori della Federazione, i cittadini di ciascun<br />

comune riuniti per quartiere, per frazione o per agglomerazione isolata, discutono<br />

liberamente, deliberando a maggioranza di voti, di tutti gli affari pubblici della loro località.<br />

I comuni, la cui popolazione è inferiore a diecimila abitanti sono raggruppati - tenendo<br />

conto per quanto è possibile della solidarietà dei loro bisongi e dei rapporti di vicinanza - in<br />

associazioni di Comuni la cui popolazione non deve oltrepassare i diciottomila abitanti.<br />

All 'interno di ogni singola associazione di comuni le istituzioni primarie sono federate<br />

seguendo la procedura che ha corso per i comuni aventi una popolazione superiore a diecimila<br />

abitanti.<br />

In ogni comune e in ogni associazione di comuni, i cittadini provvisti di diritti civici sono<br />

ripatiti per quartieri, per frazioni, per agglomerazioni separate, ciascuna di queste differenti<br />

circoscrizioni non potendo in ogni caso raggruppare una popolazione di cittadini che sia su<br />

penare:<br />

- a cinquecento unità per i Comuni o le associazioni di Comuni aventi una popolazione<br />

inferiore a venticinquemila abitanti;<br />

- a duemila unità per i Comuni aventi una popolazione che oltrepassi i venticinquemila<br />

abitanti.<br />

Il Comune o l'associazione di Comuni sono amministrati da un consiglio comunale<br />

composto di rappresentanti delle istituzioni primarie e di rappresentanti eletti direttamente<br />

dall'assemblea comunale.<br />

60


Ogni anno, nella prima quindicina del mese di ottobre, i cittadini dei due sessi provvisti dei<br />

diritti civici sono convocati nei locali che sono messi dal Comune o dall'associazione dei<br />

Comuni alla disposizione di ogni singolo quartiere, frazione o agglomerazione separata, allo<br />

scopo di designare nel loro seno a scrutinio segreto uno o più delegati incaricati di concorrere<br />

in loro nome alla formazione del consiglio del Comune o dell' Associazione di Comuni.<br />

Spetta ai quartieri, alle frazioni e alle agglomerazioni separate che raggruppano una<br />

popolazione di cittadini non oltrepassanti le cinquecento unità, di designare ogni anno un<br />

delegato.<br />

Gli altri quartieri, frazioni e agglomerati separate ne designano tre.<br />

Ogni anno, nella seconda quindicina del mese di ottobre, i delegati<br />

così designati sono convocati in assemblea alla sede del Comune o dell'associazione di<br />

Comuni per eleggere nel loro seno a scrutinio segreto i loro rappresentanti al Consiglio del<br />

Comune o dell'associazione dei Comuni.<br />

li numero di questi rappresentanti è di:<br />

nove per i Comuni o le associazioni di Comuni non oltrepassanti i diciottomila abitanti;<br />

tredici per i Comuni aventi una popolazione da diciotto a venticinquemila abitanti;<br />

quindici per i Comuni aventi una popolazione da venticinque a cinquantamila abitanti;<br />

diciannove per i Comuni aventi una popolazione da cinquantamila a centomila abitanti;<br />

ventitrè per i Comuni aventi una popolazione da cento a duecentomila abitanti;<br />

venticinque per i Comuni aventi una popolazione da duecento a trecentocinquantamila<br />

abitanti;<br />

trentuno per i Comuni aventi una popolazione da trecentocinquanta a cinquecentomila<br />

abitanti.<br />

Per i Comuni aventi una popolazione superiore a cinquecentomila abitanti un regime<br />

speciale può esser preso in considerazione e messo in vigore per mezzo di un addittivo<br />

costituzionale.<br />

Il Consiglio dei Comuni e delle associazioni di Comuni è composto da una parte, dai<br />

delegati dei quartieri, delle frazioni e delle agglomerazioni separate e dall'altra parte dai<br />

delegati delle federazioni comunali delle istituzioni professionali primarie.<br />

Ogni federazione ha diritto:<br />

- a un delegato nei Comuni aventi una popolazione che non sorpassi i centomila abitanti;<br />

- a due delegati nei Comuni la cui popolazione oltrepassi i centomila abitanti.<br />

Il Consiglio del Comune o dell'associazione di Comuni è l'organo che è investito della<br />

rappresentanza e dell'amministrazione della corrispondente collettività territoriale. Esso<br />

esercita le sue funzioni esecutive per mezzo di una giunta eletta da esso, nel suo seno, e la cui<br />

composizione è di cinque membri per i Comuni la cui popolazione è inferiore a centomila<br />

abitanti e di sette membri negli altri Comuni.<br />

D) Organizzazione mandamentale e provinciale<br />

Dentro i limiti del mandamento e dentro quelli della provincia, il raggruppamento delle<br />

istituzioni federali e la loro collaborazione reciproca si realizzano secondo la stessa<br />

procedura.<br />

All'interno dei confIni di ciascun mandamento le federazioni comunali concorrono<br />

obbligatoriamente, in una misura proporzionata alla importanza degli effettivi che esse<br />

radunano, alla formazione di una confederazione mandamentale per ciascuna branca di<br />

attività sociale.<br />

Il Consiglio di ciascuna confederazione mandamentale è eletto dall'assemblea dei delegati<br />

delle federazioni comunali della stessa categoria professionale.<br />

Il numero dei delegati ai quali ha diritto ciascuna federazione è di due per ogni mille<br />

lavoratori o produttori rappresentati.<br />

La rappresentanza di ogni confederazione mandamentale è affidata a un consiglio di nove<br />

membri e a un direttori o di tre membri.<br />

Il Consiglio del mandamento è eletto col concorso dell'assemblea dei delegati dei Comuni<br />

61


o associazione di Comuni.<br />

Ogni Comune o associazione di Comuni la cui popolazione non oltrepassi i diciottomila<br />

abitanti ha diritto a un delegato.<br />

I Comuni aventi una popolazione superiore a diciottomila abitanti dispongono di un<br />

delegato per ogni diecimila abitanti o per ogni frazione di diecimila abitanti al di sopra di<br />

diciottomila.<br />

La designazione dei delegati e la convocazione dell'assemblea incaricata di provvedere<br />

alla nomina del Consiglio mandamentale hanno luogo ogni anno nel corso del mese di<br />

novembre.<br />

La composizione del Consiglio mandamentale è di diciasette membri per i mandamenti<br />

aventi una popolazione che non oltrepassi i cinquantamila abitanti e di ventun membri per gli<br />

altri mandamenti. Di questi membri sette sono designati separatamente dalle confederazioni<br />

professionali mandamentali (uno per ciascuna confederazione) e gli altri dall'assemblea dei<br />

delegati dei Consigli dei Comuni.<br />

Il Consiglio mandamentale esercita le sue funzioni esecutive per mezzo di una giunta da<br />

esso eletta nel proprio seno e composta di cinque membri.<br />

Nel quadro provinciale le confederazioni mandamentali professionali sono raggruppate<br />

per ciascuna branca in una confederazione di secondo grado rappresentata e amministrata da<br />

un consiglio di quindici membri e da un direttori o di cinque membri.<br />

Il consiglio delle confederazioni provinciali è nominato per ciascuna branca dai delegati<br />

delle confederazioni mandamentali, ciascuna di queste ultime disponendo di due delegati<br />

per ogni duemila e frazione di duemila lavoratori o produttori rappresentati.<br />

La provincia è rappresentata e amministrata dal consiglio provinciale il quale elegge nel<br />

proprio seno una giunta esecutiva.<br />

Il consiglio provinciale è composto di trentacinque membri e la giunta esecutiva di sette<br />

membri.<br />

Dei membri del consiglio provinciale, sette sono designati separatamente dalle<br />

confederazioni professionali provinciali (uno per ciascuna confederazione), quattro<br />

dall'assemblea dei delegati di queste stesse confederazioni, e gli altri dall'assemblea dei<br />

delegati dei consigli mandamentali, ciascun consiglio mandamentale disponendo di cinque<br />

delegati.<br />

La designazione dei delegati e la convocazione delle assemblee incaricate di provvedere<br />

alla nomina dei membri del consiglio provinciale hanno luogo ogni anno nel corso del mese<br />

di dicembre.<br />

E) L'organizzazione regionale<br />

La regione costituisce una collettività politicamente autonoma fruente di tutti gli attributi<br />

statali spettanti a un territorio o a un paese federato.<br />

Nella regione le istituzioni professionali rinvengono la loro rappresentanza sintetica e<br />

armonica - in seguito e in forza di delegazioni successive - in un corpo federativo di terzo<br />

grado chiamato Camera federativa regionale.<br />

In ogni regione il numero delle Camere federative corrisponde al numero delle branche<br />

dell’attività sociale. Dette Camere sòno pertanto le seguenti:<br />

l) Camera federativa regionale dell'agricoltura;<br />

2) Camera federativa regionale dell'industria;<br />

3) Camera federativa regionale del commercio;<br />

4) Camera federativa regionale delle attività artigianali;<br />

5) Camera [ederativa regionale delle attività culturali;<br />

6) Camera federativa regionale della stampa e della propaganda;<br />

7) Camera federativa regionale delle opere spirituali e filantropiche.<br />

L'organo legislativo delle regione è il consiglio regionale.<br />

I membri di questo consiglio sono in numero di cinquantacinque.<br />

Essi sono designati in parte dall'assemblea dei delegati dei consiglio provinciali, in parte da<br />

62


ciascuna Camera federativa regionale (due per ciascuna Camera), in parte dall'assemblea delle<br />

Camere federative regionali.<br />

A questo scopo, ciascuna Camera federativa regionale designa ogni anno un delegato per<br />

ogni cinquemila o frazione di cinquemila lavoratori o produttori da essa rappresentati.<br />

L'assemblea dei delegati delle Camere federative regionali concorre, per mezzo della<br />

designazione di ventitre consiglieri, alla formazione del consiglio regionale. Gli altri membri<br />

del consiglio regionale sono designati dall'assemblea dei delegati dei consigli provinciali, ogni<br />

consiglio provinciale disponendo di otto delegati.<br />

La designazione dei delegati e la convocazione dell'assemblea incaricata di provvedere alla<br />

nomina dei membri del consiglio regionale hanno luogo ogni anno nel corso del mese di<br />

gennaio.<br />

L'organo di governo della regione è l'Esecutivo regionale.<br />

I membri dell 'Esecutivo regionale sono in numero nove, compreso il Presidente e sono<br />

eletti nel proprio seno dal consiglio regionale.<br />

Il Presidente dell 'Esecutivo regionale porta il titolo e riveste la dignità di Presidente della<br />

Repubblica regionale.<br />

L'elezione del Presidente della Repubblica regionale ha luogo per mezzo di scrutinio<br />

speciale e deve precedere di almeno quarantotto ore l'elezione degli altri membri<br />

dell'Esecutivo regionale.<br />

F) Organizzazione della Repubblica<br />

Il funzionamento istituzionale della Repubblica italiana si appoggia su due organi supremi:<br />

1) il Consiglio federativo professionale della Repubblica italiana;<br />

2) il Consiglio delle regioni.<br />

Ogni anno, nel corso della prima quindicina del mese di febbraio, l'assemblea delle<br />

Camere federative regionali è convocata per provvedere alla elezione di sette rappresentanti<br />

chiamati a sedere in seno al Consiglio federativo professionale della Repubblica italiana.<br />

La scelta per mezzo dell'elezione di questi rappresentanti deve esser fatta secondo una<br />

procedura la quale garantisca un rappresentante a ciascuna Camera federativa regionale.<br />

Alla stessa epoca, il Consiglio regionale provvede all'elezione fra i suoi membri di sette<br />

reppresentanti della regione, chiamati a sedere in seno del consiglio delle regioni della<br />

Repubblica italiana.<br />

Spetta al Consiglio federativo professionale e al Consiglio delle regioni di votare in seduta<br />

comune la costituzione della Repubblica e, quando occorra, di modificarla.<br />

Convocati ogni anno nel corso della prima quindicina del mese di marzo in seduta comune,<br />

questi due organi costituzionali supremi sono altresì chiamati a designare a scrutinio segreto<br />

in due riunioni distinte, il Presidente della Repubblica e il Consiglio comune.<br />

Riuniti separatamente, in due sessioni annuali (la prima sessione dovendo aver luogo in<br />

primavera e la seconda in autunno), il Consiglio delle Regioni e il Consiglio federativo<br />

professionale hanno per compito: di elaborare su loro iniziativa o su iniziativa del Presidente<br />

della Repubblica dei progetti di provvedimenti da sottomettere al Consiglio comune; di<br />

discutere le relazioni e i piani che sono loro presentati da quest'ultimo; di esprimere il loro<br />

parere e di formulare i loro voti sulla condotta della politica generale della Repubblica.<br />

Il Consiglio Comune è composto di trentatre membri eletti nel suo seno dall'Assemblea<br />

comune del Consiglio delle regioni e del Consiglio federativo professionale.<br />

Il Consiglio comune esercita effettivamente, col concorso e sotto il controllo del Consiglio<br />

delle regioni e del Consiglio federativo professionale, il potere legislativo.<br />

Il potere esecutivo spetta a un consiglio ristretto eletto nel proprio seno dal Consiglio<br />

Comune ed è chiamato Consiglio dei Delegati al potere.<br />

I Delegati al potere sono in numero di nove e ciascuno è investito di una vera e propria<br />

prerogativa di governo rispetto all'esercizio delle funzioni di cui esso assume la<br />

responsabilità.<br />

63


Le attribuzioni dei Delegati al potere sono così ripartite:<br />

l) Delegato alla politica estera;<br />

2) Delegato alla politica interna;<br />

3) Delegato all'economia, ai piani, al credito e al commercio estero; 4) Delegato alle<br />

finanze;<br />

5) Delegato alla giustizia;<br />

6) Delegato all'educazione nazionale;<br />

7) Delegato ai lavori pubblici e alle comunicazioni;<br />

8) Delegato al lavoro;<br />

9) Delegato alla difesa nazionale.<br />

Il Consiglio Comune e il Consiglio del delegati al potere sono presieduti dal Presidente<br />

della Repubblica federale al quale appartiene la prerogativa di farsi sostituire, quando lo<br />

giudichi necessario, da un vice-presidente.<br />

III. COMPETENZA DEGLI ORGANI DELLA REPUBBLICA FEDERALE<br />

Nell'esercizio del potere legislativo e del potere esecutivo sono riservati alla competenza<br />

gli affari seguenti:<br />

a) la costituzione federale e la giurisdizione costituzionale;<br />

b) la negoziazione e la conclusione dei trattati internazionali e in generale tutti gli affari<br />

esteri, in essi compresi: la rappresentanza politica ed economica all'estero; la<br />

delimitazione delle frontiere federali, previo accordo con le regioni interessate; il<br />

traffico con l'estero; le dogane;<br />

c) la direzione dell'economia, l'organizzazione del credito e, per consegue~<br />

l'elaborazione e la messa in esecuzione dei piani di produzione;<br />

d) la disciplina dell'emigrazione e dell'immigrazione; il regime dei passaporti;<br />

l'estradizione;<br />

e) le finanze federali, la moneta, il commercio estero, l'ordinamen to delle banche;<br />

f) il diritto civile, il diritto penale e i principi generali ai quali deve conformarsi<br />

l'amministrazione della giustizia;<br />

g) le garanzie dei diritti fondamentali di libertà (libertà personale, libertà di coscienza,<br />

libertà di opinione e di insegnamento, libertà di riunione, libertà di stampa, libertà di<br />

associazione);<br />

h) i trasporti e le comunicazioni d'interesse federale;<br />

i) il diritto operaio e la discÌplina delle differenti forme di assicurazione, sociale o altre;<br />

l) lo sfruttamento del demanio idrico e forestale federali;<br />

m) la polizia e la gendarmeria federali;<br />

n) la difesa nazionale.<br />

La definizione dei principii generali appartiene alla competenza degli organi federali,<br />

mentre la confezione delle leggi di applicazione e l'esecuzione restano riservate alla<br />

competenza delle regioni federate, negli affari seguenti:<br />

a) la cittadinanza regionale e l'indigenato;<br />

b) l'organizzazione delle istituzioni federative e confederative nel quadro regionale;<br />

c) la finanza e il credito regionali;<br />

d) l'abitazione popolare;<br />

e) l'igiene generale;<br />

f) la procedura amministrativa, la procedura civile e la procedura penale, ivi compresa<br />

l'esecuzione forzata;<br />

g) l'istruzione generale obbligatoria;<br />

h) l'organizzazione dell'amministrazione nella regione;<br />

i) l'assistenza pubblica, l'igiene popolare, l'assistenza medica e i servizi di sanità;<br />

64


l) l'insegnamento professionale, tecnico, specializzato, l'organizzazione di laboratori di<br />

ricerche e di stabilimenti di istruzione superiore;<br />

m) l'attività tendente a salvaguardare le particolarità e le diversità regionali nel campo<br />

della cultura, dell'arte e dell'economia.<br />

Su proposta del Delegato all'economia, ai piani, al credito e al commercio estero e previo<br />

accordo con il Delegato alle fmanze, nel corso del mese di maggio di ogni anno, il Consiglio<br />

Comune elabora un progetto di piano per la coordinazione delle attività produttive nazionali e<br />

l'assegnazione a ciascuna delle loro branche, sotto il controllo e la responsabilità delle<br />

federazioni e confederazioni professionali, di un programma preciso di azione in vista della<br />

realizzazione di obbiettivi nettamente definiti.<br />

Il progetto di piano è preceduto da una relazione sulla situazione dell'economia nazionale<br />

in rapporto con l'economia europea e da una critica dettagliata delle esperienze alle quali ha<br />

dato occasione l'applicazione del piano nell'anno precedente, critica che dovrà tener conto<br />

delle inchieste compiute e dei suggerimenti proposti dai differenti gruppi federativi<br />

professionali.<br />

Lo stesso progetto di piano è composto inoltre di un bilancio preventivo delle forze che<br />

sono chiamate a concorere allo sviluppo dell'economia nazionale e dei risultati che ci si<br />

propone di conseguire per mezzo del loro più profittevole impiego. Detto bilancio preventivo<br />

preciserà,in modo dettagliato il concorso che è richiesto a ciascuna regione all'esecuzione del<br />

piano dentro i termini prefissi.<br />

Una volta intervenuto il voto del Consiglio Comune, il progetto di piano è trasmesso, a<br />

cura del Delegato al] 'economia, ai Presidenti dei Consigli regionali e ai Presidenti delle<br />

Camere federative regionali, i quali sono tenuti a rendeme edotti immediatamente, a tutti i<br />

gradini, gli organi confederali e federali di ciascuna regione.<br />

Il progetto del piano è innanzi tutto studiato e discusso dalle assemblee generali delle<br />

istituzioni primarie, le quali stabiliscono entro il quadro del piano generale, il progetto del<br />

piano particolare della loro propria impresa od organizzazione di lavoro. I differenti consigli<br />

delle istituzioni'confederate sono poi convocati in sessioni speciali (nel mese di giugno la<br />

sessione dei Consigli comunali; nel mese di luglio la sessione dei Consigli provinciali; nel<br />

mese di settembre la sessione dei Consigli regionali) per l'esame del progetto, la discussione<br />

delle proposte eventuali di emandamento, la illustrazione dei risultati conseguiti dal piano in<br />

corso di esecuzione.<br />

Ciascuna di queste sessioni speciali ha termine prima della fine del mese nel corso del<br />

quale è stata convocata.<br />

Essa si conchiude col voto di una relazione avente per oggetto il progetto del piano<br />

sottoposto all'apprezzamento di ogni singolo consiglio.<br />

Questa relazione è trasmessa immediatamente a cura di ciascun Presidente, ai consigli<br />

collocati al grado superiore della gerarchia federale.<br />

Nel corso del mese di settembre, il Consiglio regionale deve approvare una relazione<br />

sintetica sul progetto del piano tenendo conto delle critiche, dei voti, delle suggestioni<br />

espresse dai differenti consigli della regione (le cui.relazioni particolari devono essere annesse<br />

al documento in questione) e rimetterla prima della fine del mese al Consiglio delle regioni e<br />

al Consiglio federativo professionale.<br />

Nel corso del mese di ottobre, convocati in sessione speciale, il Consiglio delle regioni e il<br />

Consiglio federativo professionale, prendono conoscenza, - avendo ricorso, ove occorra, alla<br />

collaborazione di commissioni speciali, all'uopo create nel loro proprio seno - delle relazioni<br />

che sono loro trasmesse da tutti i consigli regionali e sottopongono a uno studio approfondito<br />

le loro conclusioni. In seguito, nella prima quindicina di novembre, essi delibetano in seduta<br />

comune sull'assieme del progetto di piano e sugli emendamenti ritenuti nel corso della<br />

discussione.<br />

È il Consiglio Comune che in ultima istanza vota il testo del piano, quale esso è stato<br />

deliberato nelle sue linee generali dall'assemblea comune del Consiglio delle regioni e del<br />

Consiglio federativo professionale, e attribuisce ad esso forza obbligatoria.<br />

65


Tutti gli organi delle istit'.lzioni federate e confederate sono responsabili all'interno della<br />

circoscrizione sulla quale si esercita la loro autorità dell'esecuzione del piano.<br />

Per meglio seguire lo sviluppo del processo della produzione, per compararne via via i<br />

risultati alle previsioni del piano, per stimolame o frenare lo sviluppo, un commissario addetto<br />

alla esecuzione del piano è costantemente delegato presso ogni singola regione.<br />

La legge del piano stabilisce ogni anno, ove occorra, la lista delle attività che il singolo<br />

produttore è autorizzato a svolgere liberatamente. Anche in questa ipotesi, tuttavia, il gioco<br />

della libera concorrenza non sarà assicurato che dentro il quadro istituzionale, ogni singolo<br />

produttore trovandosi sempre automaticamente inserito nel seno di un gruppo promosso da<br />

una esigenza sociale di solidarietà e di collaborazione.<br />

IV. ORGANI TECNICI<br />

Un Consiglio di legislazione èistituito sia presso il Consiglio Comune sia presso il<br />

Consiglio regionale di ogni singola regione.<br />

Il Consiglio di legislazione è incaricato, su iniziativa secondo i casi del Consiglio Comune<br />

o dei Consigli regionali, della elaborazione tecnica delle leggi. Una legge addizionale fisserà i<br />

principi e le procedure secondo le quali dovranno essere designati i membri di detto consiglio.<br />

La magistratura è costituita in una situazione di piena indipendenza nella sua qualità di<br />

potere dello Stato.<br />

I magistrati dopo aver prestato giuramento di fedeltà alla costituzione sono a questo effetto<br />

automaticamente ammessi a far parte del corpo giudiziario al quale è confidata la prerogativa<br />

di esser chiamato a formulare il proprio parere, per mezzo di apposite sue rappresentanze in<br />

ordine a qualsiasi proposta concernente la nomina e l'avanzamento dei giudici di qualsiasi<br />

grado, così come in ordine all'applicazione nei loro confronti di sanzioni disciplinari. Detto<br />

parere, per quanto obbligatorio, non vincola la libertà di decisione del potere esecutivo, il quale<br />

tuttavia non può passar oltre ad esso se non in forza di una deliberazione motivata del<br />

Consiglio dei Delegati al potere.<br />

La nomina dei magistrati spetta al Consiglio dei Delegati al potere che esso sceglie in base<br />

a delle liste doppie sulla designazione dei loro pari.<br />

Nessuno può essere nominato magistrato se non ha superato un adeguato concorso di<br />

abilitazione tecnica la cui organizzazione spetta . allo stesso corpo giudiziario.<br />

Una Corte di giustizia amministrativa funzionante nel luogo dove hanno sede gli organi<br />

supremi della federazione statuisce sui ricorsi prodotti contro gli atti delle autorità<br />

amministrative. Questi ricorsi possono essere inoltrati sia dall'individuo singolo o<br />

dall'istituzione chi si stimano lesi nei loro diritti, sia dagli agenti dei governi della Repubblica<br />

federale e delle regioni per illegalità.<br />

Una Corte di giustizia costituzionale è insediata nella capitale della Repubblica.<br />

La Corte di giustizia costituzionale prende conoscenza dei conflitti di competenza:<br />

a) fra i tribunali e le autorità amministrative;<br />

b) fra la Corte di giustizia amministrativa e tutti gli altri tribunali, in particolare, inoltre,<br />

fra la Corte di giustizia amministrativa e la stessa Corte di giustizia costituzionale;<br />

c) fra le regioni e fra la Repubblica federale e una regione.<br />

Su domanda, così del Consiglio dei Delegati al potere come dell'Esecutivo regionale di<br />

ciascuna regione, la Corte di giustizia costituzionale decide su un atto di legislazione o di<br />

esecuzione rientra nella competenza della Repubblica federale o della regione.<br />

La Corte di giustizia costituzionale statuisce, sulla domanda di un tribunale, sulla legalità<br />

dei regolamenti di un'autorità federale o regionale. Quando un tale regolamento costituisce<br />

un elemento necessario per una decisione della Corte di giustizia costituzionale, questa<br />

statuisce in proposito d'ufficio.<br />

La Corte di giustizia costituzionale statuisce altresì sulla legalità dei regolamenti di una<br />

autorità regionale su domanda del Consiglio dei Delegati al potere e sulla legalità dei<br />

regolamenti di una autorità federale, sulla domanda dell'esecutivo regionale.<br />

66


I giudizi della Corte di giustizia costituzionale annullanti un regolamento come illegale<br />

obbligano l'autorità competente alla pubblicazione immediata dell 'avvento suo<br />

annullamento. Questo produce effetto dal giorno della sua pubblicazione.<br />

La Corte di giustizia costituzionale statuisce sulla incostituzionalità delle leggi delle<br />

regioni su domanda del Consiglio dei Delegati al potere. Essa statuisce sulla<br />

incostituzionalità delle leggi federali su domanda sell'esecutivo di una regione. Essa può<br />

statuire infine su tali oggetti d'ufficio ma soltanto quando la legge in questione costituisce<br />

l'elemento necessario di una decisione della Corte di giustizia costituzionale.<br />

La Corte di giustizia costituzionale statuisce - senza pregiudizio delle altre procedure<br />

suscettibili eventualmente di essere applicate in determinate fattispecie - sulle accuse che<br />

possono mettere in gioco la responsabilità costituzionale degli organi superiore della<br />

Repubblica e della regione per illegalità commessa nell'adempimento delle loro funzioni.<br />

L'accusa può essere formulata:<br />

a) contro il Presidente della Repubblica federale e i Delegati al potere in forza di una<br />

decisione del Consiglio delle regioni e del Consiglio federativo professionale riu niti in<br />

seduta comune;<br />

b) contro il Presidente di una regione o i membri dell 'Esecutivo regionale, in forza di una<br />

decisione del Consiglio dei Delegati al potere.<br />

La decisione della Corte deve statuire in questo caso sulla destituzione e in caso di<br />

circostanze aggravanti sulla perdita dei diritti civici.<br />

Essa può pronunciare altresì in caso di tradimento qualificato dei doveri della carica<br />

l'imprigionamento temporaneo o a vita.<br />

Una legge addizionale stabilirà i principi e le procedure secondo le quali dovrà essere<br />

proceduto alla nomina dei membri della Corte di giustizia costituzionale e della Corte di<br />

giustizia amministrativa e fisserà di criteri in base ai quali dovrà essere ordinato lo statuto di<br />

detti magistrati.<br />

Una giurisdizione superiore del lavoro, costituita in qualità di organo di appello delle<br />

Giurisdizioni regionali del lavoro e avente sede nella capitale della Repubblica federale,<br />

arbitra, su ricorso degli interessati, tutti i conflitti fra federazioni e confederazioni<br />

professionali, e prende conoscenza, in ultima istanza, di ogni litigio occasionato dalla<br />

partecipazione dei produttori alla vita dell'istituzione alla quale essi appartengono.<br />

Spetta al Consiglio Comune di precisare l'ordinamento di questa magistratura e di fissare le<br />

condizioni per la designazione dei magistrati che di essa fanno parte.<br />

[I due abbozzi di costituzione federalista per la Francia e per l'Italia del dopoguerra furono stesi<br />

da Trentin, in momenti diversi, nell'anno 1943. Essi sono in S. Trentin. Scritti inediti, cit.,<br />

rispettivamente pp. 279-293 e 295-318. La traduzione dell'abbozzo di costituzione federalista per la<br />

Francia è di D. Orati].<br />

67


REGIONE DEL VENETO<br />

PROGETTO DI LEGGE STATALE N. 10<br />

PROPOSTA DI LEGGE STATALE<br />

da trasmettere al Parlamento Nazionale ai sensi dell'articolo 121 della<br />

Costituzione<br />

d'iniziativa del Consigliere ETTORE BEGGIATO<br />

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA FEDERALE ITALIANA<br />

Presentato alla Presidenza del Consiglio il 2 gennaio 1992.<br />

68


COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA FEDERALE ITALIANA<br />

R e l a z i o n e<br />

“L'Italia è fisicamente et istoricamente federalista” (Carlo Cattaneo) L'idea federalista<br />

non ha mai avuto in Italia schiere di sostenitori e questo nonostante sia stata nobilitata da<br />

figure di primissimo piano: Cattaneo, Ferrari, Gioberti, A. Mario, e poi don Sturzo, Lussu,<br />

Salvemini, Chanoux. E come non ricordare gli stessi Daniele Manin e Nicolò Tommaseo che<br />

nel 1848 furono gli ispiratori della Repubblica Veneta (ultimo, almeno per il momento,<br />

periodo di autogoverno del popolo veneto) e che già allora si batterono per un rapporto di<br />

tipo federale con il regno sabaudo.<br />

Per non parlare di Silvio Trentin, prestigiosa figura di giurista, costituzionalista e uomo<br />

politico veneto.<br />

“L'originalità del pensiero federalista di Trentin, o, se vogliamo, la sua caratteristica sta<br />

nel muoversi nella direzione del federalismo interno molto di più che in quella del<br />

federalismo esterno” così scrive di lui Norberto Bobbio.<br />

Sempre di Silvio Trentin sono i progetti di costituzione federale della Francia e<br />

dell'Italia; vale la pena di riportare l'intestazione originaria di quest'ultimo testo: (scritto nel<br />

1943)<br />

GIUSTIZIA E LIBERTA<br />

Gruppo regionale veneto del Partito d'azione Abbozzo di un piano tendente a delineare<br />

la figura costituzionale dell'Italia al termine della rivoluzione federalista in corso di sviluppo.<br />

I PRINCIPI GENERALI<br />

L'Italia è una Repubblica federale e rivendica, in questa sua qualità, la dignità e il titolo<br />

di membro fondatore della Repubblica europea.<br />

..........<br />

La Repubblica federale italiana è una collettività di regioni autonome.<br />

Nonostante le autorevoli voci sopracitate, proprio come nel 1848, l'Assemblea<br />

Costituente non affrontò il dibattito sul federalismo, dimostrando tutta l'impreparazione della<br />

classe politica di allora (e a quarantanni di distanza poco è cambiato) nei confronti dell'idea<br />

federalista. Un'idea che universalmente è intesa come coordinamento, collegamento, unione,<br />

come filosofia della convivenza e della tolleranza, viene invece presentata come<br />

dissolvimento, campanilismo, sinonimo di separatismo! Notevole fu nel periodo della<br />

Costituente il ruolo della rivista “La critica politica” fondata dal deputato repubblicano<br />

Oliviero Zuccarini, convinto sostenitore delle idee del Cattaneo.<br />

Nel numero del giugno 1946 è particolarmente interessante un articolo di Diego Loy che<br />

inizia con: “Risolto col referendum il problema della “forma di governo” dello Stato<br />

italiano, resta da decidere l'altro non meno grave problema della “forma dello Stato” che<br />

assumerà dopo la Costituente l'Italia: Stato unitario o Stato federale. “ Sconfitta nel 1848 e<br />

nel 1946 l'idea federalista sta ora riprendendosi tutta una serie di rivincite. Il fallimento<br />

dell'idea centralista è tangibile e genera l'allarmante Stato di sfascio e di degrado del sistema<br />

politico sul quale tanto è Stato detto e scritto che non vale certo la pena di insistere in questa<br />

sede.<br />

Ecco quindi questa proposta, sicuramente perfettibile, che vuol essere un modesto<br />

contributo al dibattito.<br />

Noi dell'Union del Popolo Veneto chiediamo che l'attuale costituzione venga riscritta<br />

integralmente in senso federale.<br />

69


Stato federale per spostare in basso il baricentro della politica, per riavvicinare il<br />

cittadino al palazzo, per ridurre il peso e l'arroganza dei partiti, per arrivare ad un sistema<br />

che tuteli e valorizzi le particolarità etniche, storiche, sociali, culturali, economiche e che,<br />

secondo il principio della sussidiarietà, consenta di mettere in comune soltanto ciò che è<br />

necessario gestire in forma unitaria.<br />

Stato federale per valorizzare fino in fondo le enormi potenzialità del Veneto e delle altre<br />

regioni d'Italia, troppo a lungo mortificate da uno stato centralista che brilla ormai<br />

solamente per la propria inefficienza e per l'incapacità di dare risposte sollecite e precise alle<br />

attese del cittadino.<br />

Stato federale per non diventare la zavorra d'Europa: i veneti europei ed europeisti da<br />

sempre pretendono di avere un ruolo attivo nel processo di integrazione europea ed invece<br />

proprio noi veneti rischiamo di non essere più competitivi nello scenario continentale.<br />

Il nostro modello economico corre seriamente il rischio di non essere più vincente nei<br />

confronti di realtà potentissime sia economicamente che istituzionalmente come la Baviera, il<br />

Baden Wurttemberg ecc.<br />

La nostra piccola e media industria, il nostro artigianato continuano ad essere altamente<br />

competitivi a tutti i livelli; non così il grado di funzionalità ed efficienza delle istituzioni e<br />

degli apparati amministrativi, per non parlare dei servizi pubblici che si stanno rivelando<br />

vere e proprie palle al piede dell'intero comparto economico veneto.<br />

Stato federale quindi per una maggiore efficienza della pubblica amministrazione e dei<br />

servizi pubblici (e in questo senso la Repubblica Federale di Germania è sicuramente un<br />

modello al quale ispirarsi).<br />

Stato federale primo passo per la costruzione di un'Europa unita, libera e federalista,<br />

l'Europa dei popoli e delle regioni: l'unica Europa possibile visti i risultati dell'Europa degli<br />

stati che è riuscita solo a generare due guerre mondiali e numerose guerre coloniali nella<br />

prima metà del secolo e, nella seconda metà, tutta una serie di fallimenti comunitari e di<br />

guerre commerciali e che solo pochi giorni fa a Maastricht si arrende al ricatto britannico<br />

togliendo l'espressione “a vocazione federale” nel trattato istitutivo.<br />

La presente proposta di legge vuole essere il logico completamento di quell'altra<br />

proposta presentata la prima volta nella passata legislatura il 20 luglio 1988 e ripresentata<br />

in questa il 18 giugno 1990 per lo “Statuto speciale della Regione autonoma del Veneto”.<br />

Federalismo inteso come naturale sbocco dell'idea autonomista, almeno per noi<br />

dell'UPV.<br />

Autonomia per dare dignità alla Regione ridotta a squallido sportello periferico dello<br />

Stato, per dire basta ad uno Stato padre-padrone che lascia all'Ente regionale la libertà di<br />

gestire appena il 10% del bilancio regionale, per dare sovranità politica alla regione, realtà<br />

territoriale ideale (altro che le tre repubbliche!), per uscire dall' equivoco di uno stato che si<br />

dice “delle autonomie” e che in realtà contrabbanda per “autonomia” il mero<br />

decentramento burocratico.<br />

“Per l'autonomia del Veneto nell'Europa dei popoli e delle regioni” fu il manifesto<br />

prodotto in occasione della fondazione dell'Union del Popolo Veneto nel novembre 1987 ed è<br />

anche il preciso messaggio trasmesso dal nostro simbolo.<br />

La nostra proposta si basa su una serie di punti fondamentali:<br />

a) i diversi popoli che formano lo stato italiano esercitano il diritto di autodeterminazione<br />

(il diritto di stare con chi si vuole, per usare le parole del prof. Miglio), si costituiscono<br />

in repubbliche sovrane denominate “regioni”, le quali decidono di unirsi con un patto<br />

federale per costituire la Federazione italiana;<br />

b) tutti i poteri sono delle Regioni che liberamente ne delegano una parte allo Stato:<br />

politica estera, difesa, moneta, polizia e dogana di frontiera, diritto e procedura penale,<br />

70


tributi federali ecc. Le competenze non demandate in modo esplicito alla federazione<br />

sono esercitate direttamente dalle Regioni;<br />

c) la federazione delle regioni d'Italia si impegna a realizzare la federazione europea;<br />

d) gli organi della Federazione si costituiscono seguendo i principi della democrazia<br />

rappresentativa. Essi sono: il Presidente della Federazione, il Parlamento federale<br />

formato dalla Camera dei deputati e dal Senato delle regioni, il Governo federale, il<br />

Tribunale supremo federale;<br />

e) la Camera dei deputati, che incarna il vincolo federale, è eletta a suffragio universale;<br />

f) il Senato delle regioni, in cui queste hanno pari dignità, è eletto in parte a suffragio<br />

universale, in parte dai parlamenti delle regioni federate (ciascuna regione elegge dieci<br />

senatori) e assicura un raccordo diretto e permanente fra le regioni e la federazione;<br />

g) vengono “sdoppiate” le regioni Trentino-Sud-Tirolo e Friuli-Venezia Giulia per evidenti<br />

motivi storici, culturali, geografici, etnici.<br />

La presente proposta non è una iniziativa isolata.<br />

L'Union del Popolo Veneto riceve ancora una volta il simbolico testimone dalla Valle<br />

d'Aosta, da quell'Union Valdotaine da sempre punto di riferimento di tutti gli autonomisti e<br />

federalisti, e si prepara a passarlo ad altre forze politiche affinchè questa proposta possa<br />

essere presentata in tutta Italia e le idee autonomiste e federaliste possano affermarsi in tutte<br />

le Regioni.<br />

71


COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA FEDERALE ITALIANA<br />

Articolo 1<br />

TITOLO I<br />

Principi fondamentali<br />

1. I popoli delle regioni di Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Sud-Tirolo, Trentino,<br />

Veneto, Venezia Giulia, Friuli, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio,<br />

Abruzzi, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna, nell'esercizio della<br />

loro sovranità e del loro diritto di autodeterminazione, si costituiscono in repubbliche e<br />

liberamente si uniscono con vincolo federativo nella Repubblica federale italiana.<br />

Articolo 2<br />

1. Alla Repubblica federale competono tutti i poteri che le sono conferiti dalla<br />

Costituzione federale.<br />

2. Le Regioni federate esercitano autonomamente, senza controlli o autorizzazioni, tutti i<br />

poteri che non sono espressamente attribuiti o comunque delegati alla Federazione o agli<br />

organi delle comunità europee.<br />

3. Le Costituzioni delle Regioni federate sono garantite dalla Federazione con la<br />

procedura stabilita dall'art. 92.<br />

Articolo 3<br />

1. La Repubblica federale garantisce il rispetto dell'integrità territoriale e dell'autonomia<br />

delle Regioni federate, le libertà e i diritti individuali, collettivi e dei popoli della Repubblica<br />

federale.<br />

Articolo 4<br />

1. La Repubblica federale italiana s'impegna a realizzare la Federazione delle regioni<br />

d'Europa, nel rispetto dell'autonomia politica delle entità costituenti e dei principi di<br />

sussidiarietà e di cooperazione fra le regioni europee.<br />

2. Le modalità di partecipazione delle regioni federate e della Federazione alla<br />

formazione della volontà comunitaria, nonchè le procedure di recepimento del diritto<br />

comunitario nell'ordinamento interno, saranno disciplinati con legge costituzionale federale.<br />

Articolo 5<br />

1. Entro un anno dall'entrata in vigore della presente Costituzione sarà approvata, con la<br />

procedura prevista dall'art. 92, la Carta dei diritti, dei doveri e delle libertà per i cittadini e per<br />

i popoli della Repubblica federale italiana.<br />

Articolo 6<br />

1. Ogni Regione federata adotta, nel rispetto dei principi della Costituzione federale, la<br />

propria Costituzione.<br />

2. Le costituzioni delle regioni federate devono assicurare il libero esercizio dei diritti<br />

politici e delle libertà dei cittadini ed essere conformi alla presente Costituzione.<br />

Articolo 7<br />

72


1. La scelta della forma di governo da parte delle Regioni federate è libera, fatto salvo il<br />

mantenimento della forma repubblicana, democratica e rappresentativa ed il rispetto delle<br />

autonomie comunali che devono poter regolare liberamente tutti gli aspetti propri delle<br />

comunità locali.<br />

Articolo 8<br />

1. Ogni Regione può stipulare accordi di cooperazione in campo economico, culturale e<br />

sociale e per la tutela dell'ambiente con altre Regioni o con Stati esteri.<br />

2. Di tali accordi devono essere informate le autorità federali in uno spirito di leale<br />

collaborazione.<br />

Articolo 9<br />

1. Le norme fondamentali del diritto internazionale formano parte integrante del diritto<br />

federale.<br />

2. Le comunità alloglotte saranno garantite, al fine di una più efficace tutela del loro<br />

particolarismo, da appositi accordi internazionali.<br />

Articolo 10<br />

1. Tutte le confessioni religiose hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in<br />

quanto non contrastino con l'ordinamento federale o regionale.<br />

2. I loro rapporti con la Repubblica federale e con le singole regioni sono regolati dalle<br />

rispettive leggi, nell'osservanza delle competenze proprie di ciascuna entità, sulla base di<br />

intese con le relative rappresentanze.<br />

Articolo 11<br />

1. La Repubblica federale e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine,<br />

indipendenti e sovrani.<br />

Articolo 12<br />

1. La Repubblica federale italiana può trasferire, con la procedura stabilita dall'art. 92,<br />

parte delle proprie competenze ad istanze sovrannazionali.<br />

Articolo 13<br />

1. Al fine di assicurare la pace internazionale, la Repubblica federale italiana ripudia la<br />

guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione e delle<br />

controversie internazionali e può integrarsi ad un sistema comune di difesa sovrannazionale.<br />

Articolo 14<br />

1. Le autorità federali e delle Regioni federate si prestano mutuo soccorso ed aiuto<br />

secondo uno spirito di solidarietà e di leale collaborazione.<br />

Articolo 15<br />

1. La lingua ufficiale della Federazione è l'italiano.<br />

2. Le costituzioni delle regioni federate, nel rispetto delle tradizioni culturali dei loro<br />

popoli, riconoscono carattere di ufficialità alle loro lingue storiche.<br />

73


3. Gli organi ed uffici della federazione operano, nel territorio delle singole Regioni, nel<br />

rispetto dello statuto linguistico stabilito dalle costituzioni regionali.<br />

Articolo 16<br />

1. La Repubblica federale italiana riconosce il diritto di auto-determinazione dei popoli<br />

che la compongono.<br />

2. Il diritto di auto-determinazione è esercitato nel rispetto delle norme del diritto<br />

internazionale e delle procedure che saranno previste con legge federale da adottarsi entro un<br />

anno dall'entrata in vigore della Costituzione federale secondo la procedura prevista dall'art.<br />

93.<br />

Articolo 17<br />

1. Con proposta sottoscritta da almeno un quinto degli elettori residenti in un territorio<br />

unitario e limitato, la cui popolazione sia legata da particolari vincoli di carattere etnico,<br />

storico e culturale, potrà essere sottoposta a referendum popolare la costituzione di comunità<br />

autonome, all'interno di ciascuna Regione federata.<br />

2. La Comunità autonoma si intende costituita se la proposta ottiene il voto favorevole<br />

della maggioranza degli elettori residenti nell'insieme del territorio interessato e in oltre la<br />

metà dei comuni interessati.<br />

3. Le comunità autonome sono titolari delle potestà legislative e amministrative che<br />

saranno determinate con legge costituzionale federale.<br />

Articolo 18<br />

TITOLO II<br />

Organi federali<br />

CAPO I<br />

Parlamento federale<br />

1. Il Parlamento federale si compone della Camera dei Deputati e del Senato delle<br />

Regioni.<br />

Articoli 19<br />

1. Il Parlamento federale ha competenza legislativa nelle seguenti materie:<br />

a) leggi costituzionali e di revisione della Costituzione federale;<br />

b) diritti fondamentali e libertà;<br />

c) elezioni della Camera dei Deputati e del Senato delle Regioni;<br />

d) organizzazione degli organi federali;<br />

e) relazioni con Stati esteri, conclusione di trattati e alleanze, nell'ambito delle competenze<br />

federali;<br />

f) difesa;<br />

g) bilancio e consuntivo della Federazione, istituzione di tributi federali;<br />

h) moneta, pesi e misure, attività di credito in ambito federale;<br />

i) trasporti di interesse federale;<br />

74


l) ricerca scientifica;<br />

m) tutela della proprietà intellettuale ed artistica, marchi e brevetti;<br />

n) poste e telecomunicazioni di interesse federale;<br />

o) ordinamento giudiziario, diritto e procedura civile e penale, estradizione;<br />

p) ordinamento amministrativo, tributario e contabile della Federazione.<br />

2. Il Parlamento federale legifera altresì in ogni altra materia ad esso delegata dalle<br />

regioni federate.<br />

Articolo 20<br />

1. La funzione legislativa viene esercitata collettivamente dalle due Camere.<br />

2. L'iniziativa legislativa spetta al Governo federale, a ciascun Deputato o Senatore, ai<br />

parlamenti delle regioni federate e a diecimila elettori.<br />

3. Ogni proposta di legge deve essere redatta in articoli.<br />

Articolo 21<br />

1. Le modalità di esame e di approvazione delle proposte di legge sono stabilite dai<br />

regolamenti di ciascuna delle assemblee legislative.<br />

2. Possono essere previsti procedimenti abbreviati.<br />

Articolo 22<br />

1. Le proposte di legge sono approvate dalle due Camere a maggioranza assoluta dei<br />

componenti la Camera dei Deputati e del Senato delle Regioni quando riguardano la materia<br />

elettorale, la delegificazione di determinate materie e la ratifica dei trattati internazionali.<br />

Articolo 23<br />

1. Le leggi sono promulgate dal Presidente federale entro venti giorni dall'approvazione,<br />

o nel termine minore stabilito dalle Camere qualora ne sia dichiarata l'urgenza a maggioranza<br />

assoluta da ciascuna dei due rami del Parlamento.<br />

2. Le leggi federali sono pubblicate immediatamente ed entrano in vigore il quindicesimo<br />

giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che in esse sia stabilito un diverso termine.<br />

Articolo 24<br />

1. L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo federale, se<br />

non con determinazione di principi e criteri direttivi.<br />

2. La legge di delegazione ha validità soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.<br />

3. Il Governo federale non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che<br />

abbiano valore di legge ordinaria.<br />

Articolo 25<br />

1. Il Parlamento federale delibera lo stato di guerra e conferisce al Presidente della<br />

Repubblica federale e al Governo i poteri necessari.<br />

Articolo 26<br />

75


1. L'amnistia e l'indulto sono concessi dal Presidente della Repubblica federale su legge<br />

di delegazione del Parlamento federale. Essi non possono applicarsi ai reati commessi<br />

successivamente alla proposta di delegazione.<br />

Articolo 27<br />

1. Il Parlamento federale approva ogni anno il bilancio e il rendiconto consuntivo<br />

presentati dal Governo federale.<br />

2. L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per<br />

periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.<br />

3. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e<br />

nuove spese.<br />

4. Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi<br />

fronte.<br />

Articolo 28<br />

1. Le Camere del Parlamento federale si riuniscono di diritto il primo giorno non festivo<br />

dei mesi di marzo ed ottobre.<br />

Articolo 29<br />

1. Ciascuna delle Camere elegge fra i suoi componenti il Presidente e l'Ufficio di<br />

Presidenza.<br />

Articolo 30<br />

1. Ciascuna Camera può essere convocata in via straordinaria per iniziativa del suo<br />

Presidente, su richiesta del Governo federale o di un terzo dei componenti dell'assemblea o<br />

del Presidente della Repubblica federale.<br />

Articolo 31<br />

1. Il Parlamento in seduta comune è presieduto dal Presidente della Camera dei Deputati.<br />

Articolo 32<br />

1. Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi<br />

componenti.<br />

2. Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna delle due Camere ed il Parlamento in<br />

seduta comune possono deliberare di adunarsi in seduta segreta.<br />

Articolo 33<br />

1. Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è<br />

presente la maggioranza dei componenti, salvo che la Costituzione pre-scriva una<br />

maggioranza speciale.<br />

Articolo 34<br />

1. I membri del Governo federale hanno il diritto, e se richiesti l'obbligo, di assistere alle<br />

sedute.<br />

2. Essi devono essere sentiti ogni volta che ne facciano richiesta al Presidente di ciascuna<br />

Camera.<br />

76


Articolo 35<br />

1. Il Presidente della Repubblica federale può indirizzare messaggi alle Camere e<br />

chiedere di essere sentito, per particolari ragioni, dalle Camere o dal Parlamento in seduta<br />

comune.<br />

Articolo 36<br />

1. Il Tribunale supremo federale giudica dei titoli di ammissione dei componenti di<br />

ciascun ramo del Parlamento e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.<br />

Articolo 37<br />

1. I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse ed i<br />

voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.<br />

Articolo 38<br />

1. Senza autorizzazione dell'assemblea alla quale appartiene, nessun membro del<br />

Parlamento federale o dei Parlamenti delle Regioni federate può essere sottoposto a<br />

procedimento penale, nè può essere arrestato, o altrimenti privato della libertà personale, o<br />

sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell'atto di commettere<br />

un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l'ordine di cattura.<br />

2. Eguale autorizzazione è richiesta per trarre in arresto o mantenere in detenzione un<br />

membro del Parlamento federale o dei Parlamenti delle regioni federate in esecuzione di una<br />

sentenza anche irrevocabile.<br />

Articolo 39<br />

1. I membri del Parlamento ricevono un'indennità stabilita dalla legge.<br />

Articolo 40<br />

CAPO II<br />

Camera dei Deputati<br />

1. La Camera dei Deputati è composta da trecento deputati eletti in proporzione al<br />

numero degli elettori residenti in ciascuna Regione federata.<br />

2. In ogni Regione federata sono comunque eletti non meno di due Deputati.<br />

Articolo 41<br />

1. La legge federale, approvata a maggioranza assoluta dei componenti delle due<br />

Camere, stabilisce le modalità di svolgimento delle elezioni che devono avvenire con<br />

suffragio diretto, libero, uguale e segreto.<br />

2. elettore ed eleggibile ogni cittadino che abbia compiuto il diciottesimo anno di età e<br />

goda dei diritti politici.<br />

Articolo 42<br />

1. La Camera dei Deputati dura in carica quattro anni ed è integralmente rinnovata ad<br />

ogni scadenza. La durata può essere prorogata solo in caso di guerra.<br />

77


Articolo 43<br />

1. L'appartenenza alla Camera dei Deputati è incompatibile con la qualità di membro di<br />

un Parlamento regionale e del Senato delle regioni.<br />

2. La legge federale determina gli altri casi di incompatibilità ed ineleggibilità rispetto<br />

alla carica di Deputato.<br />

Articolo 44<br />

1. Le elezioni della nuova Camera dei Deputati hanno luogo entro settanta giorni dalla<br />

fine della precedente legislatura. La prima seduta ha luogho non oltre il ventesimo giorno<br />

dalle elezioni.<br />

2. Finchè non è riunita la nuova Camera sono prorogati i poteri della precedente.<br />

Aricolo 45<br />

1. Ogni Deputato svolge le proprie funzioni senza vincolo di mandato.<br />

Articolo 46<br />

1. La Camera dei Deputati può essere sciolta dal Presidente della Repubblica federale,<br />

sentito il suo Presidente, quanto per impossibilità di formare una maggioranza non sia in<br />

grado di funzionare.<br />

Articolo 47<br />

CAPO III<br />

Senato delle regioni<br />

1. Il Senato delle regioni è l'organo parlamentare rappresentativo dei popoli delle regioni<br />

dei parlamenti regionali.<br />

Articolo 48<br />

1. Ciascuna Regione federata elegge dieci Senatori.<br />

2. I Senatori sono eletti per metà a suffragio universale diretto nell'ambito di ciascuna<br />

Regione dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età, e per l'altra metà dai<br />

Parlamenti regionali.<br />

Aricolo 49<br />

1. Le modalità di elezione dei Senatori da parte dei Parlamenti regionali sono stabilite<br />

con legge regionale.<br />

2. Le elezioni a suffragio universale per la rimanente metà del Senato sono disciplinate<br />

dalla legge federale.<br />

Articolo 50<br />

1. I membri del Senato di elezione parlamentare sono revocabili dalle rispettive<br />

assemblee.<br />

Articolo 51<br />

1. Il Presidente del Senato delle regioni è designato a turno da ciascuna delle delegazioni<br />

delle regioni federate per un periodo di sei mesi.<br />

78


Articolo 52<br />

1. I casi di incompatibilità e di ineleggibilità con l'ufficio di Senatore sono stabiliti con<br />

legge regionale.<br />

2. L'Ufficio di Senatore è compatibile con quello di membro di un Parlamento regionale.<br />

CAPO IV<br />

Presidente della Repubblica federale<br />

Articolo 53<br />

1. Il Presidente della Repubblica federale è eletto dalla Camera dei Deputati e dal Senato<br />

delle regioni riuniti in seduta comune. Ai fini della sola elezione del Presidente della<br />

Repubblica federale, le regioni federate sono rappresentate, in aggiunta alle loro delegazioni<br />

permanenti, da altri cinque delegati speciali eletti anch'essi dai Parlamenti regionali.<br />

2. Ai fini dell'elezione del Presidente federale i rappresentanti delle regioni federate si<br />

esprimono senza vincolo di mandato.<br />

Articolo 54<br />

1. L'elezione del Presidente della Repubblica federale avviene a scrutinio segreto a<br />

maggioranza assoluta dell'Assemblea.<br />

2. Dopo la terza votazione, è eletto il candidato che abbia ottenuto il maggior numero di<br />

voti.<br />

Articolo 55<br />

1. Il Presidente della Repubblica federale è eletto per cinque anni ed è rieleggibile<br />

immediatamente una sola volta.<br />

Articolo 56<br />

1. Può essere eletto Presidente della Repubblica federale ogni cittadino che abbia<br />

compiuto il quarantesimo anno di età e goda dei diritti politici.<br />

2. L'ufficio di Presidente della Repubblica federale è incompatibile con qualsiasi altra<br />

carica pubblica o privata.<br />

Articolo 57<br />

1. In caso che il Presidente della Repubblica federale non possa adempiere alle proprie<br />

funzioni, è temporaneamente sostituito dal Presidente della Camera dei Deputati.<br />

Articolo 58<br />

1. Il Presidente della Repubblica federale:<br />

a) rappresenta la Repubblica federale italiana;<br />

b) indice le elezioni della Camera dei Deputati e del Senato delle Regioni;<br />

c) promulga le leggi federali ed i decreti governativi;<br />

d) accredita e riceve i rappresentanti diplomatici;<br />

e) firma i trattati internazionali, previa autorizzazione del Parlamento federale;<br />

79


f) dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere;<br />

g) ha il comando delle Forze armate;<br />

h) può sciogliere la Camera dei Deputati nei casi previsti dalla Costituzione federale;<br />

i) conferisce le onorificenze della Repubblica federale;<br />

l) concede la grazia e l'indulto.<br />

Articolo 59<br />

1. Il Presidente della Repubblica federale non è responsabile per gli atti compiuti<br />

nell'esercizio delle proprie funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla<br />

Costituzione Federale o alla Costituzione delle Regioni federate.<br />

2. In tali casi è messo in stato d'accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza<br />

assoluta dei suoi componenti.<br />

3. Il Presidente della Repubblica federale gode altresì di immunità per tutti gli atti<br />

compiuti prima dell'assunzione del proprio mandato.<br />

Articolo 60<br />

1. Prima di assumere il proprio incarico, il Presidente della Repubblica federale presta il<br />

seguente giuramento: “Giuro di essere fedele alla Costituzione federale, di rispettare i diritti e<br />

le prerogative delle singole Regioni federate, di osservare e difendere le leggi federali,<br />

consacrando le mie forze al perseguimento del benessere materiale e spirituale dei popoli che<br />

compongono la Federazione, operando secondo coscienza e giustizia in ogni circostanza”.<br />

Articolo 61<br />

CAPO V<br />

Governo federale<br />

1. Il Governo federale è composto dal Primo Ministro e dai Ministri federali.<br />

Articolo 62<br />

1. Il Primo Ministro è designato dal Presidente della Repubblica federale ed è eletto a<br />

maggioranza dei componenti della Camera dei Deputati.<br />

2. Ove non sia raggiunta la maggioranza prescritta dal comma 1, si procede ad un nuovo<br />

scrutinio, a seguito del quale risulta eletto colui che ottiene il maggior numero di voti.<br />

3. Ove nei corso del primo o del secondo scrutinio sia stata raggiunta la maggioranza<br />

assoluta dei membri della Camera, il Presidente della Federazione nomina l'eletto Primo<br />

Ministro. In caso contrario può nominare Primo Ministro colui che ha ottenuto il maggior<br />

numero di suffragi oppure procedere allo scioglimento della Camera dei Deputati.<br />

Articolo 63<br />

1. La Camera dei Deputati può esprimere la sfiducia al Governo federale solo eleggendo<br />

a maggioranza assoluta dei propri membri un nuovo Primo Ministro.<br />

2. L'elezione può avvenire solo a distanza di tre giorni dalla presentazione di mozione di<br />

sfiducia motivata, contenente l'indicazione del nome del nuovo Primo Ministro, sottoscritta da<br />

almeno un terzo dei membri dell'Assemblea.<br />

80


3. In questo caso la Camera è riunita entro otto giorni per l'elezione di un nuovo Primo<br />

Ministro.<br />

4. Ove sia raggiunta la maggioranza assoluta dei membri della Camera, il Presidente<br />

della Repubblica federale nomina l'eletto Primo Ministro. In caso contrario può nominare<br />

Primo ministro colui che ha riportato il maggior numero di suffragi oppure procedere<br />

all'immediato scioglimento della Camera dei Deputati.<br />

Articolo 64<br />

1. Il Presidente federale nomina e revoca i Ministri su proposta del Primo Ministro.<br />

2. Il Primo Ministro ed i Ministri prestano giuramento nelle mani del Presidente della<br />

Repubblica federale.<br />

Articolo 65<br />

1. Il voto contrario di una delle Camere su una proposta del Governo non comporta<br />

obbligo di dimissioni.<br />

2. Il Primo Ministro in carica può chiedere che la Camera dei Deputati esprima la propria<br />

fiducia al governo, anche per conseguire con tale procedura l'approvazione di un disegno di<br />

legge.<br />

3. Se la proposta non ottiene il consenso della maggioranza dei membri dell'Assemblea,<br />

il Primo Ministro può chiedere al Presidente della Repubblica federale di sciogliere la Camera<br />

e di indire nuove elezioni.<br />

Articolo 66<br />

1. Il Primo Ministro definisce le linee direttive della politica del Governo e ne è<br />

politicamente responsabile.<br />

2. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo coordinando l'attività dei<br />

Ministri.<br />

3. Nel quadro delle linee direttrici comuni, ogni Ministro dirige personalmente il proprio<br />

dicastero e ne è responsabile.<br />

Articolo 67<br />

1. L'ordinamento del Governo, il numero dei Ministeri e la loro organizzazione sono<br />

determinati con legge federale.<br />

Articolo 68<br />

1. Il Primo Ministro ed i Ministri sono posti in stato d'accusa, a maggioranza assoluta, dal<br />

Parlamento in seduta comune, per reati commessi nell'esercizio delle loro fiuizioni.<br />

Articolo 69<br />

1. Le funzioni di Ministro federale sono incompatibili con l'appartenenza ad una delle<br />

due Camere federali.<br />

Articolo 70<br />

CAPO VI<br />

Tribunale supremo federale<br />

81


1. ll Tribunale supremo federale giudica:<br />

a) sull'interpretazione della Costituzione federale e sulla costituzionalità in via incidentale<br />

delle leggi federali e regionali;<br />

b) in caso di contrasto sui limiti del potere legislativo federale e delle singole Regioni<br />

federate;<br />

c) sugli obblighi reciproci fra la Federazione e le Regioni federate;<br />

d) sui conflitti di attribuzione che insorgano fra i poteri dei diversi organi federali, fra le<br />

Regioni federate e fra autorità federali e delle Regioni federate;<br />

e) dei titoli di ammissione dei componenti di ciascun ramo del Parlamento e delle cause<br />

sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.<br />

Articolo 71<br />

1. Il Tribunale supremo federale è composto da dieci giudici scelti per metà da ciascuno<br />

dei due rami del parlamento fra i magistrati delle giurisdizioni superiori federali o regionali, i<br />

professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di<br />

esercizio effettivo della professione.<br />

Articolo 72<br />

1. I giudici del Tribunale supremo federale sono nominati per nove anni decorrenti per<br />

ciascuno dal giorno del giuramento e non possono essere nuovamente nominati.<br />

2. Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall'esercizio<br />

delle funzioni.<br />

Articolo 73<br />

1. Il Tribunale supremo federale elegge fra i suoi componenti, secondo le norme stabilite<br />

dalla legge federale, il Presidente, che rimane in carica per un triennio ed è rieleggibile, fermi<br />

in ogni caso i termini di scadenza dell'ufficio di giudice.<br />

2. Il Presidente è eletto alternativamente fra i componenti nominati dalla Camera e dal<br />

Senato.<br />

Articolo 74<br />

1. L'ufficio di giudice del Tribunale supremo federale è incompatibile con qualsiasi altro<br />

ufficio pubblico o privato e con l'esercizio di qualsiasi professione.<br />

Articolo 75<br />

1. Nei giudizi d'accusa contro il Presidente della Repubblica federale e contro i Ministri<br />

intervengono, oltre ai giudici ordinari della Corte, undici membri tratti a sorte da un elenco di<br />

cittadini aventi i requisiti di eleggibilità alla Camera dei Deputati, che il Parlamento compila<br />

ogni cinque anni con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari.<br />

Articolo 76<br />

1. Sui ricorsi di legittimità costituzionale proposti dalle regioni federate contro le leggi<br />

federali o dal Governo federale contro le leggi delle Regioni federate la Corte decide entro<br />

novanta giorni.<br />

82


2. Nelle more della decisione l'efficacia delle leggi federali o regionali impugnate è<br />

sospesa.<br />

3. La decisione del Tribunale supremo federale è pubblicata e comunicata alle Camere e<br />

ai Parlamenti regionali interessati.<br />

Articolo 77<br />

1. Le forme e i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale e le<br />

garanzie di indipendenza dei giudici del Tribunale supremo federale sono stabiliti con legge<br />

costituzionale federale.<br />

Articolo 78<br />

TITOLO III<br />

Referendum<br />

1. Le leggi federali sono sottoposte a referendum abrogativo ove ne facciano richiesta<br />

cinque Parlamenti delle Regioni ovvero cinquecentomila elettori.<br />

2. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia ed<br />

indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.<br />

Articolo 79<br />

1. Le modalità di svolgimento del referendum ed i criteri di ammissibilità sono<br />

determinati dalla legge federale.<br />

2. La proposta soggetta a referendum è approvata se ottiene la maggioranza dei voti<br />

complessivamente espressi e la maggioranza dei voti espressi in almeno metà delle Regioni<br />

federate.<br />

Articolo 80<br />

TITOLO IV<br />

Norme sulla giurisdizione<br />

1. La legge costituzionale federale sul potere giudiziario regolerà la costituzione, il<br />

funzionamento e l'amministrazione degli organi di giustizia, nonchè lo stato giuridico dei<br />

giudici e magistrati di carriera, che formano un corpo unico, e del personale addetto<br />

all'amministrazione della giustizia.<br />

Articolo 81<br />

1. Il Consiglio superiore della magistratura è l'organo di amministrazione della<br />

giurisdizione e le sue competenze saranno disciplinate dalla legge costituzionale sul potere<br />

giudiziario.<br />

Articolo 82<br />

1. La Corte federale di cassazione ha giurisdizione su tutto il territorio della Repubblica<br />

federale ed è l'organo giurisdizionale di vertice in materia penale, civile e amministrativa.<br />

Articolo 83<br />

1. Ferma restando la giurisdizione del Tribunale supremo federale, l'organizzazione<br />

giudiziaria nell'ambito di ciascuna Regione federata farà capo ad un Tribunale superiore<br />

83


egionale, le cui competenze saranno disciplinate dalla legge costituzionale sul potere<br />

giudiziario.<br />

Articolo 84<br />

TITOLO V<br />

Pubblica amministrazione e finanze<br />

1. I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano<br />

assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.<br />

2. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e<br />

le responsabilità proprie dei funzionari.<br />

Articolo 85<br />

1. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvi i<br />

casi stabiliti dalla legge.<br />

2. Nei quadri superiori della Federazione sono impiegati funzionari originari di tutte le<br />

Regioni federate in misura per quanto possibile proporzionale.<br />

3. Per gli altri livelli dell'amministrazione federale devono di regola essere impiegate<br />

persone originarie della Regione in cui sono chiamate a svolgere la loro attività.<br />

Articolo 86<br />

1. Il servizio militare è volontario.<br />

2. I cittadini hanno facoltà di optare per il servizio militare ovvero per il servizio civile,<br />

che viene svolto nell'ambito territoriale di ciascuna Regione ed è disciplinato dalla legge<br />

regionale.<br />

3. L'esercito federale italiano si integra, per quanto possibile. nelle strutture di difesa<br />

comunitarie europee.<br />

Articolo 87<br />

1. Qualora una Regione federata non ottemperi agli obblighi nascenti dalla Costituzione<br />

federale o dalle leggi federali, il Governo federale può, su autorizzazione del Senato delle<br />

regioni votata a maggioranza dei due terzi dei suoi membri, adottare tutte le misure necessarie<br />

per costringere la Regione federata inadempiente ad adempiere ai propri obblighi.<br />

Articolo 88<br />

1. La Federazione e le Regioni federate sopportano separatamente le spese relative ai<br />

compiti loro propri.<br />

2. Nel caso di esercizio da parte delle regioni federate di poteri delegati da parte della<br />

Federazione, le spese relative rimangono a carico della Federazione, mediante trasferimenti di<br />

risorse che devono essere stabiliti nella legge di delegazione.<br />

Articolo 89<br />

1. La Federazione e le Regioni federate ripartiscono fra loro, nella misura stabilita con<br />

legge approvata con la maggioranza stabilita dall'art. 93, il gettito dei tributi erariali.<br />

2. La stessa legge stabilisce quali imposte o tasse siano rispettivamente di competenza<br />

della Federazione o delle Regioni federate.<br />

84


Articolo 90<br />

1. ll prelievo fiscale è effettuato separatamente dalla Federazione e dalle Regioni federate<br />

per le imposte e tasse di loro rispettiva competenza.<br />

2. I tributi oggetto di riparto sono percepiti dalla Federazione e devoluti trimestralmente<br />

alle Regioni federate per le quote di loro competenza.<br />

Articolo 91<br />

1.La metà delle entrate fiscali della Federazione ed un terzo delle entrate di ciascuna<br />

Regione federata costituiscono un fondo di compensazione che deve essere ripartito tra tutte<br />

le regioni federate in modo da equilibrare le differenze di potere economico e da promuoverne<br />

l'espansione economica.<br />

2. La legge relativa al riparto del fondo di compensazione deve essere approvata con la<br />

maggioranza stabilita dall'art. 93.<br />

Articolo 92<br />

TITOLO VI<br />

Revisione della Costituzione Federale e leggi costituzionali<br />

1. Le leggi di revisione della Costituzione federale sono adottate dalla Camera dei<br />

Deputati e dal Senato delle Regioni in due successive deliberazioni ad intervallo non minore<br />

di tre mesi e sono approvate a maggioranza dei due terzi dei membri di ciascuna Camera nella<br />

seconda votazione.<br />

Articolo 93<br />

1. Le leggi costituzionali sono adottate dalla Camera dei Deputati e dal Senato delle<br />

Regioni a maggioranza dei due terzi dei loro membri.<br />

Finito di stampare nel mese di luglio 1994<br />

Tip. Crivellaro Pasquale – Vigorovea (Padova) Tel. 049-9702452<br />

85


Presentazioni<br />

e<br />

recensioni<br />

86


La recensione del prof. Flaminio De Poli<br />

“L’idea federalista nel Veneto”: è il titolo di un lavoro di ricerca storico-politica<br />

condotto recentemente da <strong>Ettore</strong> <strong>Beggiato</strong>, Consigliere della Regione Veneto. Edito nel luglio<br />

del ’94 si presenta come uno studio di opportunità attualità.<br />

Quando si dice “federalismo” si suole pensare al milanese Carlo Cattaneo (1801-<br />

1869), e si dimenticano gli studiosi e i pensatori veneti: D. Manin, N. Tommaseo, E. Alberi,<br />

A. Mario, F. Macola, S. Trentin, in un arco di tempo di 150 anni. Quasi tutti contemporanei<br />

del Cattaneo, e grandi patrioti del Risorgimento, non hanno però mai dimenticato il problema<br />

istituzionale della loro piccola “Grande” patria regionale, Nel caso di Venezia, poi, c’erano<br />

stati 1100 anni di sovranità repubblicana, che non si potevano soffocare nella centralità di un<br />

Regno mai esistito prima del 1860, qual’era quello italo-sabaudo.<br />

La dottrina federalista si fonda sulla esperienza democratica di “città, di comune, di<br />

repubblica”. Non certo di “imperio, di Urbe e di Orbe, di Caput Mundi” com’è nell’eredità<br />

della Roma, sia pagana che cattolica. Più che mai ai Veneti appare fuorviante qualsiasi idea di<br />

monarchia, laica o clericale, neoguelfa o neomassonica. Venezia, poi, con l’Italia continentale<br />

ha avuto soltanto rapporti saltuari, intrecciati col contesto di vicende europee. La Repubblica<br />

di Venezia si è accorta dell’Italia solo quando dovette preoccuparsi di un proprio retroterra di<br />

sicurezza.<br />

Alla fine del’700 Napoleone scompaginò l’Europa intera. Venezia non seppe<br />

difendersi e perdette la sovranità. Dopo 1100 anni di indipendenza e di potenza politicamilitare-economica-culturale<br />

cadde nel 1866 sotto il Regno d’Italia sabaudo-garibaldino. Non<br />

fu mai accettato, anche se lo dovette subire, il centralismo romano. Ed eccoci all’età attuale:<br />

la totale incapacità tecnica dei governi di Roma è pari all’arroganza congenita di nostalgie<br />

imperialistiche.<br />

<strong>Beggiato</strong> ci ricorda, nel suo studio, la biografia dei nostri principali federalisti, ma<br />

riporta anche i primi progetti concreti di Statuto federalista, quello di F. Macola del 1889, e di<br />

S. Trentin del 1943. <strong>Beggiato</strong> vi aggiunge inoltre una sua personale elaborazione di<br />

“Costituzione della Repubblica Federale italiana”. Stesa nel gennaio del 1992, in 93 artt. , fu<br />

trasmessa alla Presidenza del Consiglio, alla 1° Commissione consigliare e a tutti i Consiglieri<br />

regionali. Tale lavoro rimase lettera morta, ma si domanda se “questa volta l’idea federalista<br />

riuscirà ad essere vincente”. <strong>Beggiato</strong> “spera proprio di si”. Ma con lui tutti i Veneti devono<br />

sperare, compattamente, sul tema del federalismo. Sfrondate le ambizioni degli esclusivismi<br />

individualistici, dobbiamo adoperarci perché la parola “potere”, che tanto continua ad<br />

affascinare e a bruciare gli ideali collettivi, ceda il passo alla parola “sovranità”.<br />

All’art. 1° del titolo 1° <strong>Beggiato</strong> introduce subito il tema della “sovranità” delle<br />

Regioni. Lo Stato federale deve articolarsi come risultato finale sulla base di un “foedus”,<br />

ossia di un libero contratto. La Regione sovrana deve precedere quello che ora comunemente<br />

definiamo Stato Nazionale. L’attuale Stato centrale se vuole sentirsi legittimato deve accettare<br />

di dedurre la propria esistenza da quella di Regioni sovrane, non già dalle conquiste militari<br />

del Regno del Piemonte, mutatosi abusivamente in Regno d’Italia, dopo avere declassato a<br />

semplici territori le Entità storiche che lo hanno preceduto. Non lo Stato deve istituire Regioni<br />

a propria immagine e somiglianza, per poi decentrarsi in esse come corpo estraneo. Le<br />

Regioni storiche hanno titolo e fondamento per essere se stesse e confederarsi in Stato.<br />

E’ da sperare che <strong>Beggiato</strong>, una volta iniziato un lavoro di divulgazione popolare di<br />

cultura federalista, prepari il terreno per ulteriori consapevolezze di problematiche federaliste.<br />

92


… Ancora sul Veneto e<br />

sul federalismo<br />

98


1896: nasce il Comitato Veneto per il decentramento e le autonomie<br />

Pierluigi Mozzetti, chi è costui?<br />

Immagino che ben pochi sapranno rispondere ad una domanda, per la verità, un<br />

pò singolare.<br />

Emilio Franzina nel suo "La transizione dolce" ne parla come di un "pubblicista<br />

minore".<br />

Mozzetti scrive nella "Gazzetta di Treviso" e nel novembre del 1894 ha l'ardore<br />

di domandare ai Veneti "Di fronte al movimento che si solleva nelle altre<br />

Regioni d'Italia fino a quando voi dormirete?"<br />

Dopo pochi mesi, e precisamente nel marzo 1895, nella vicina Lombardia nasce<br />

il "Comitato lombardo pel decentramento e le autonomie": questo dà un'ulteriore<br />

spinta al Mozzetti che l'anno successivo (1896) stampa "Il programma del<br />

comitato veneto per il decentramento e le autonomie".<br />

Il progetto dedica, accanto al ruolo dei comuni e delle province, ampio spazio al<br />

dibattito in corso sulla necessità di istituire la Regione come "unione di molte<br />

province per tradizioni, interessi, posizione affini".<br />

Già, ma il concetto di Regione è "il tremendo spauracchio dei moderni bigotti<br />

dell'unità nazionale, i quali arricciano il naso al solo sentirla, quasicchè il<br />

concetto che essa esprime non esistesse diggià ab antiquo, in genito nell'istessa<br />

costituzione fisica dell'Italia, e quasicchè il constatare amministrativamente le<br />

differenze, gli squilibri che distinguono in suddivisioni la nostra penisola<br />

corrispondesse addirittura a richiamare l'odiato straniero".<br />

E allora invece di Regione c'è chi tenta di far passare compartimento, sul<br />

modello del francese departement.<br />

E su questo Mozzetti insorge:<br />

"Noi Veneti non dobbiamo nè possiamo intanto adattarci a subire una parola,<br />

che può forse non sembrare del tutto impura dove fiorì la repubblica cisalpina,<br />

ma che non ha corrispondenza alcuna nè nella convenienza nè nell'essenza delle<br />

cose, nè nella convenienza dei fatti........<br />

Quale parte d'Italia può vantare nè suoi fasti la gloriosa ed immacolata Storia<br />

della nostra Serenissima di S. Marco? E' risalendo a quelle invidiate, ma<br />

giammai emulate memorie, che si fortifica, si consolida il pensiero anche<br />

moderno; per cui fonte di ammaestramenti ed argomento di imitazione ai<br />

pubblici amministratori, nel limite delle mutate contingenze, può essere il<br />

ricordo del passato."<br />

E più avanti:<br />

"Il sempre compianto Minghetti fino dal 1861 abbia messo fuori la proposta, che<br />

Egli voleva già innestare nella revisione della legge comunale e provinciale che<br />

l'Italia venga amministrativamente divisa in Regioni essendo questa la forma da<br />

Lui ritenuta la più consentanea , la più conveniente alla molteplicità ed alle<br />

enormi differenze esistenti nella nostra penisola per suddivisioni fisiche del<br />

99


territorio, per antichissime diverse consumanze, per lingua, per fortunatamente<br />

distrutte variate dominazioni politiche.<br />

Questa idea dell'illustre statista ottenne largo consenso dai migliori di quel<br />

tempo, fra i quali il Ferrari ed il Cattaneo, ma le insorgenti aspirazioni unitarie<br />

ed il timore di danneggiarle la fecero abbandonare; resta ancora a vedersi con<br />

quanto vantaggio della Nazione".<br />

Si passa poi alla condanna del centralismo romano:<br />

"Intanto le leggi italiane, accumulatesi l'una sull'altra con progressione<br />

geometrica, ispirandosi al più accentuato sistema di accentramento hanno<br />

portato nelle mani del Governo tutta la somma delle pubbliche funzioni e dei<br />

pubblici uffici, ed hanno di continuo trattato alla stregua tanto il settentrionale<br />

Veneto, che la quasi Africana Sicilia, costringendo quindi o quello o questa (ma<br />

specialmente quello) a subire tiranniche imposizioni di inadatti e pessimi<br />

provvedimenti.<br />

Dagli orari e dalla durata dell'anno scolastico, alle misure di precauzione per<br />

l'igiene, ed a molte disposizioni della stessa legge provinciale e comunale, si ha<br />

una intera legislazione fatta a favore di questa e di quella Regione ed estesa<br />

coattivamente a tutto il Regno."<br />

Ed infine una proposta che assomiglia a quella elaborata dalla Fondazione<br />

Agnelli un secolo dopo:<br />

"Tutti sanno che le regioni della penisola, una più, una meno a seconda che si<br />

suddivide in due o tre parti l'ex Regno delle Due Sicilie, sono undici: Piemonte,<br />

Liguria, Veneto, Lombardia, Emilia, Toscana, Marche ed Umbria, Lazio ed<br />

Abbruzzi, Napoletano, Sicilia, Sardegna, e ad ognuna di tali Regioni dovrebbe<br />

corrispondere quel gruppo di Province destinato a formare un nuovo corpo<br />

locale. Ogni esclusione od ogni inclusione forzata sarebbe una cosa anti-naturale<br />

e dannosa."<br />

Quali riflessioni si possono trarre ad oltre un secolo di distanza?<br />

Soprattutto che il concetto di "popolo veneto", il tentativo di riappropriarsi della<br />

nostra identità e dei nostri diritti, sono da sempre presenti nella nostra storia,<br />

anche nei periodi meno esaltanti.<br />

Piaccia o non piaccia a tutti coloro che continuano a calpestare l'identità veneta,<br />

a ridicolizzarla, a criminalizzarla, a portare avanti un folle progetto di<br />

omologazione culturale e politica.<br />

IL GAZZETTINO 6-8-1999<br />

100<br />

<strong>Ettore</strong> <strong>Beggiato</strong>


Progetto per costruire una federazione politica regionale – 7 giugno 1889<br />

Una delle accuse più frequenti nei confronti di chi, fin dai primi anni 80, cercò<br />

di diffondere gli ideali autonomisti e federalisti, fu quella di portare avanti delle<br />

idee che non avevano una storia alle spalle e quindi totalmente estranee alla<br />

realtà del popolo Veneto.<br />

Credo invece che l'aspirazione dei veneti all'autogoverno sia sempre stata una<br />

costante nella nostra storia, e anche nei momenti meno significativi la coscienza<br />

della nostra identità e dei nostri diritti ha continuato ad essere forte e presente.<br />

E in questa ottica va letta, allora, .la "Relazione del Direttore della Gazzetta di<br />

Venezia sul progetto per costituire una federazione politica regionale" datata 7<br />

giugno 1889.<br />

E' un documento di notevole importanza che dimostra come appena 23 anni<br />

dopo l'annessione del Veneto all'Italia già ci fossero nei confronti dei Veneti<br />

discriminazioni e penalizzazioni inaccettabili.<br />

Il Direttore della "Gazzetta" Ferruccio Macola si chiede "se non convenga<br />

insorgere contro l'accentramento enormemente dannoso di tutto il noto sistema<br />

politico e amministrativo; accentramento maggiormente marcato colle leggi<br />

presentate dal Crispi, tutto di carattere e d'indole giacobina"; e più avanti<br />

sottolinea "la necessità di tutelare con una forte organizzazione politica gli<br />

interessi della nostra regione". E ancora, "D'altronde è ingiusto, che dopo tanti<br />

anni di Governo, con Gabinetti di tutti i colori, il Veneto, e con Veneto la<br />

Lombardia, abbiano pagato sempre di più, molto di più delle altre Provincie,<br />

usufruendo in proporzioni assai minori degli aiuti governativi.<br />

Se potesse realizzarsi il sogno di Marco Minghetti e di Alberto Mario, il Veneto<br />

sarebbe la regione certamente risentirebbe maggiori vantaggi della sua<br />

autonomia.<br />

Il decentramento amministrativo, che tanto si invoca, e che dovrebbe essere uno<br />

dei punti cardinali del programma del nuovo partito, sarà il primo passo per<br />

conquistare alle regioni, l'autonomia amministrativa più confacente al loro<br />

sviluppo, ai loro bisogni, alle loro risorse economiche.<br />

E' enorme, che per qualunque piccola spesa, per qualunque pratica d'ordine<br />

secondarissimo, si deva ricorrere a Roma: dove per la quantità imponente di<br />

materia da sbrigare, tutti gli affari subiscono immensi ritardi; mentre la<br />

soluzione dipende tante volte da impiegati inferiori di grado alle stesse Autorità<br />

provinciali, costrette per legge a ricorrere al Governo centrale".<br />

Illuminante poi una statistica che fotografa una realtà di stampo colonialista.<br />

Così, un secolo fa Roma trattava la colonia Veneto:<br />

"La popolazione in Italia dall'ultimo censimento è di 28.953.480 cittadini. Il<br />

Veneto ha una popolazione 2. 873.961. Potrebbesì dunque sperare che i Veneti<br />

occupassero 1/10 delle cariche dello Stato. Invece .....<br />

Ministri veneti nessuno;<br />

segretari generali nessun veneto;<br />

101


direttori generali nei vari Ministeri, e saranno oltre 40, nessuno;<br />

ispettori generali nei diversi Ministeri, e saranno 60, uno o forse due;<br />

generali d'armata, nessuno;<br />

tenenti generali, nessuno;<br />

generali ce n'era uno, ma l'hanno collocato nella riserva.<br />

Non hanno voluto conservare neppur la semente.<br />

Ammiragli nessuno, vice-ammiragli nessuno. Ce n'erano due o tre, ma li hanno<br />

pensionati, perchè impagliati rappresentino il vecchio S. Marco e la sua gloriosa<br />

Repubblica, che per tre volte portò la civiltà in Oriente;<br />

Consiglieri di stato, e sono 24, nessuno;<br />

Consiglieri della Corte dei Conti, e sono 12, nessuno;<br />

prefetti su 69, due; intendenti di finanza , su 69, tre.<br />

In tutto il personale dell'avvocatura generale:<br />

avvocati compartimentali nessuno;<br />

amministrazione generale del catasto che interessa tanto il Veneto perchè il più<br />

iniquamente gravato, nessuno;<br />

direttori compartimentali e vice-direttori del catasto, nessuno;<br />

capi dell'Amministrazione militare, uno solo".<br />

E a proposito del rapporto Nord-Sud:<br />

"Ci basterà solamente ricordare, come, soltanto dopo vent'anni, si sia riusciti<br />

condurre in porto la famosa legge sulla perequazione fondiaria, poichè da<br />

vent'anni Veneto e Lombardia pagavano in proporzione quattro volte superiore a<br />

quella di certe regioni del mezzogiorno.<br />

Chi rimborserà a noi le centinaia di milioni sborsati in più allo Stato?"<br />

Non so a quali sviluppi abbia portato l'iniziativa del Direttore della "Gazzetta di<br />

Venezia": è sicuramente però un'ulteriore dimostrazione di quante profonde<br />

siano le radici delle rivendicazioni autonomiste e federaliste del Popolo Veneto<br />

.<br />

IL MATTINO DI PADOVA 23/08/1999<br />

102<br />

<strong>Ettore</strong> <strong>Beggiato</strong>


1946: Richiesta di un referendum federalista<br />

L'indizione di un referendum per consentire al popolo veneto di far sentire la<br />

propria voce in merito al processo federalista che dovrebbe caratterizzare la<br />

riforma dello stato italiano (è bene usare il condizionale, perchè finora la riforma<br />

federalista ha fatto un passo avanti e....due indietro) è l'obiettivo di tutti coloro<br />

che sono impegnati per la riappropropriazione da parte del nostro popolo di quel<br />

livello di autogoverno, di sovranità politica e culturale che la storia gli impone;<br />

la storia, i diritti dei cittadini veneti, le esigenze della nostra economia.<br />

Per la verità fin dal dicembre 1991 il Consiglio Regionale aveva espresso la<br />

volontà di far svolgere un referendum (e Roma molto democraticamente si<br />

oppose e continua ad opporsi); vedremo se nella scrittura del nuovo Statuto si<br />

riuscirà ad inserire il diritto di un popolo di esprimersi liberamente e<br />

democraticamente sulle questioni che gli stanno più a cuore.<br />

E a questo proposito mi è capitata in mano la rivista "La Critica Politica"<br />

fondata dal parlamentare repubblicano federalista Oliviero Zuccarini, che oltre<br />

cinquantanni fa, nel 1946, pubblicava un articolo di Diego Loy sull'opportunità<br />

di far seguire un altro referendum, dopo quello che sancì la nascita della<br />

Repubblica, sulla forma dello stato, e cioè centralista o federalista.<br />

Credo sia interessante rileggere alcuni passi dell'articolo che dimostra come le<br />

istanze federaliste siano da sempre presenti nel dibattito politico-culturale di<br />

questo Paese: peccato che per quasi mezzo secolo l'intellighenzia italiana le<br />

abbia quasi completamente ignorate.<br />

"Risolto col referendum il problema della "forma di governo" dello Stato<br />

italiano, resta da decidere l'altro non meno grave problema della "forma di<br />

Stato" che assumerà dopo la Costituente l'Italia:Stato unitario o Stato federale" e<br />

più avanti:<br />

"Solo il riconoscimento costituzionale dell'autonomia di tutte le Regioni italiane,<br />

dal Piemonte alla Sicilia, dalla Sardegna alle Venezie, nell'ambito di uno Stato<br />

unitario-federale, potrà infatti dare ad ognuna di esse la facoltà d'impedire<br />

l'instaurazione di nuove dittature"<br />

E ancora, con una lungimiranza straordinaria (siamo, ripeto, nel 1946):<br />

"Semplici autonomie amministrative senza la garanzia costituzionale d'una<br />

potestà d'imperio originaria intangibile, senza la facoltà delle singole Regioni<br />

d'opporsi alla applicazione nel loro territorio di determinate leggi, non saranno<br />

sufficienti ad impedire che una nuova dittatura, impradronendosi del governo<br />

centrale, possa estendere la sua tirannia a tutto il territorio statale, siccome gli<br />

Enti locali non avrebbero alcun potere per rifiutare una dittatura accettata da<br />

effimere maggioranze parlamentari."<br />

E dopo cinquantaquattro anni la dittatura centralista politico-burocratica è<br />

ancora potentissima nonostante "effimere maggioranze parlamentari...."<br />

Ma il passaggio centrale dell'articolo di Diego Loy è il seguente:<br />

"E, perciò, come si è sottoposto al referendum il problema istituzionale, poichè<br />

non era irrevocabile la dichiarazione espressa coi plebisciti, così dovrà<br />

103


iesaminarsi il problema della forma di Stato da dare all'Italia, poichè,<br />

contestando col referendum, la validità dei plebisciti, si è distrutto il presupposto<br />

sul quale fondavasi l'unità italiana, e le singole Regioni hanno nuovamente<br />

diritto ad essere sentire sul nuovo patto che dovrà definitivamente unirle nella<br />

risorta e veramente libera Repubblica federale italica."<br />

E in conclusione auspicava:<br />

"L'Assemblea costituente, dando alla Nazione italiana la forma politica di Stato<br />

federale, riparerà definitivamente un errore compiuto nel nostro processo<br />

unitario, rinsalderà maggiormente i vincoli ideali ed economici che uniscono le<br />

Regioni italiane, favorendone il comune benessere, e dimostrerà agli Alleati ed<br />

al mondo d'aver voluto elevare una barriera insormontabile contro ogni sistema<br />

centralizzatore e quindi contro ogni possibile rinascita di dittature"<br />

Riusciremo come Veneti a far sentire la nostra voce attraverso un referendum<br />

libero e democratico, centotrentaquattro anni dopo il plebiscito-truffa che sancì<br />

l'annessione del Veneto all'Italia?<br />

ETTORE BEGGIATO<br />

IL MATTINO DI PADOVA 10/07/2000<br />

104


1945, Tentativi di far rinascere la Repubblica Veneta?<br />

Nel recente volume "Venetismi -diario di un gruppo di studio sul Veneto<br />

contemporaneo-" (Cierre edizioni) ho trovato un interessante articolo di Marco<br />

Borghi nel quale si parla di un carteggio fra il Ministero dell'Interno e la<br />

Prefettura di Venezia avvenuto a partire dal 12 giugno 1945. In tal data il<br />

Ministero spedisce una lettera con oggetto: "Veneto - Movimento autonomista"<br />

con la quale si chiede alla Prefettura dettagliate notizie relativamente a<br />

un'intervista rilasciata dal prof. Ugo Morin, presidente del C.L.N. Veneto nel<br />

quale si faceva riferimento a "persone che tendano ad una autonomia integrale<br />

del Veneto e alla costituzione di una Repubblica di San Marco". L'intervista era<br />

uscita sull' "Avanti!" con l'allarmante titolo "Il bacillo Finocchiaro contagia il<br />

Veneto?" (Finocchiaro Aprile era il leader indiscusso del movimento<br />

indipendentista siciliano che portò la Sicilia alla "conquista" di quell'<br />

avanzatissimo statuto speciale di autonomia goduto ancora oggi dai siciliani).<br />

La replica del prof. Morin è datata solamente 12 febbraio 1946 (evidentemente<br />

già allora i veneti non prendevano troppo sul serio quello che arrivava da<br />

Roma) dopo più solleciti della Prefettura, in uno dei quali, datato 6 febbraio<br />

1946 il Capo di Gabinetto parla di "movimento separatista".<br />

E per la verità Ugo Morin, esponente azionista e parlamentare, nella sua lettera<br />

dice "che il cronista aveva completamente frainteso ciò che io avevo detto" e che<br />

"Oggi nel Veneto non esiste alcun movimento separatista" ammettendo però che<br />

"In alcuni Partiti, nonchè in vasti strati della popolazione, esiste una accentuata<br />

tendenza alla autonomia"<br />

Sempre nel citato articolo di Marco Borghi si fa riferimento a una "Associazione<br />

San Marco" che nell'estate del 1945 diffonde messaggi per la costituzione di una<br />

Repubblica Veneta (viene citata la testimonianza del prof. Francesco De Vivo<br />

relativamente alla zona di Piove di Sacco).<br />

Per la verità già su "Mondo Veneto" (voxe de la Liga Veneta) del novembre<br />

1987 era stato pubblicato un proclama, datato primavera 1945, dell'Unione<br />

Autonomista delle Tre Venezie, associazione "San Marco Par Forza" nel quale<br />

si parlava di "Autonomia e Indipendenza di tutte le terre di San Marco e di una<br />

Confederazione di Repubbliche o Regioni"<br />

Due le conclusioni da trarre, a mio modesto avviso:<br />

a) l'Italia del 1945 era molto più democratica di quella attuale, visto lo<br />

scandaloso trattamento riservato a Bepin Segato, a Luigi Faccia e agli altri<br />

Serenissimi;<br />

b) si conferma la tesi di chi sostiene che il popolo veneto, con intensità e con<br />

modi diversi, se vogliamo, ha sempre lottato per riappropriarsi della propria<br />

identità e del proprio autogoverno, dalla rivoluzione veneta di Manin e<br />

Tommaseo del 1848 al "Comitato veneto per il decentramento e le autonomie"<br />

del trevigiano Pierluigi Mozzetti nel 1896, dalla lista "Leone di San Marco"<br />

presentata alle politiche del 1921 nei collegi di Treviso e Venezia dall'avvocato<br />

trevisano Italo Corrado Cappellotto agli statuti regionali del 1970 (solo nel<br />

105


nostro statuto si parla di popolo, di popolo veneto) dal primo successo di un<br />

partito autonomista in una regione a statuto ordinario (Liga Veneta alle<br />

politiche del 1983) ai "Serenissimi" dei nostri giorni: e tutto questo nel nome del<br />

leone di San Marco.<br />

Un simbolo, e Napoleone l'aveva capito benissimo, che è molto di più di una<br />

bandiera, quel simbolo che ha una dimensione visibile, materiale, facilmente<br />

riconoscibile e un'altra....invisibile, irrangiungibile, imperscrutabile, che sfugge<br />

a qualsiasi tentativo di interpretazione, di controllo, di cattura......<br />

L’ARENA 04/06/2001<br />

106<br />

ETTORE BEGGIATO


1859 Il Veneto come il Lussemburgo?<br />

La II^ guerra d'indipendenza si concluse in modo deludente per i Savoja: dopo le<br />

vittorie di Montebello (Pv),Palestro e di Magenta, dopo l'entrata trionfale di<br />

Napoleone III e di Vittorio Emanuele II a Milano (8 giugno), dopo le sanguinose<br />

battaglie di Solferino e San Martino ci si attendeva la trionfale prosecuzione<br />

della guerra con l'occupazione del Veneto e delle altre terre da....liberare.<br />

Invece il 12 luglio 1859 con l'armistizio di Villafranca (Vr) Napoleone III<br />

impressionato dal numero dei morti e dei feriti delle ultime due battaglie (quasi<br />

40.000 fra i due eserciti), allarmato dal malcontento che stava montando in<br />

Francia e nel timore del possibile intervento prussiano sulle frontiere francesi<br />

del Reno "impone" la pace con l'Austria: la Lombardia (tranne Mantova) passa<br />

alla Francia che poi la girerà ai Savoja; un durissimo colpo al prestigio<br />

internazionale del regno di Sardegna (e la stessa procedura si ripeterà nel 1866<br />

con il Veneto protagonista passivo).<br />

Ed è Cavour a farsi interprete del malcontento del regno di Sardegna : parla di<br />

tradimento del potente alleato francese e si dimette, in contrasto con il re, da<br />

presidente del consiglio.<br />

Ma lasciamo i Savoja e torniamo nel Veneto per sottolineare come i soldati<br />

veneti arruolati nell'esercito asburgico si batterono con grande determinazione a<br />

Solferino; ecco quanto riportato sul volume " Il Risorgimento a Villafranca"<br />

stampato nel 1988 a cura della locale biblioteca:<br />

"A Solferino furono impegnati anche l'I.R. rgt. di fanteria "Arciduca<br />

Sigismondo" n. 45 (arruolato nel veronese) e il "Barone de Wernhardt" n. 16<br />

(arruolato nel vicentino) che ad onta delle diserzioni "preferivano rimanere<br />

stretti attorno alle bandiere inconaminate dell'Austria". Ai soldati di questi<br />

reggimenti il 30 giugno il generale barone de Kellner distribuì le medaglie al<br />

valore (rispettivamente 50 e 62). E contemporaneamente furono trasferiti nelle<br />

provincie interne dell'Impero, perchè essendo i soldati veronesi o comunque<br />

veneti si voleva evitare di far loro "affrontare la morte forse pochi passi soltanto<br />

lungi dalle loro famiglie".<br />

Ed è proprio il Veneto l'argomento principale di una lettera di Napoleone III<br />

all'imperatore Francesco Giuseppe datata 24 luglio 1859, pochi giorni quindi<br />

dopo l'armistizio; ecco il passo testuale della lettera:<br />

"La posizione della Venezia sarà anche, ne ho timore, molto difficile da<br />

determinarsi. Poichè Vostra Maestà mi ha detto a Villafranca che la questione<br />

della Venezia sarà precisamente quella del Lussemburgo nei confronti della<br />

Confederazione germanica, tutto dipenderà dalla maniera, nel quale il vostro<br />

rappresentante esaminerà la questione e intenderà risolverla".<br />

Il 27 settembre 1859 Metternich scrive al ministro degli esteri austriaco<br />

Rechberg:<br />

"A Villafranca, a proposito della posizione, che dovrebbe prendere la Venezia<br />

nella Confederazione italiana, i due Imperatori hanno nominato il Lussemburgo<br />

107


per precisare in qualche modo l'analogia che esisterebbe fra queste due<br />

Provincie".<br />

Ed è un passaggio di straordinaria importanza. che smentisce quello che la<br />

propaganda risorgimentale massonica e giacobina continua a imporci: l'unica<br />

prospettiva per il Veneto era l'annessione al regno di Sardegna. Invece, ai<br />

massimi livelli della politica europea, si ipotizzava uno status come quello del<br />

Lussemburgo che avrebbe cambiato completamente il corso della storia veneta.<br />

Purtroppo le cose andarono diversamente e, nel giro di pochi anni, la politica<br />

annessionistica ed espansionistica dei Savoja ebbe la meglio, attraverso un<br />

plebiscito-truffa (21-22 ottobre 1866), che portò al voto il popolo veneto due<br />

giorni dopo l'effettiva consegna del Veneto ai commissari sabaudi, in un clima<br />

di intimidazioni e di brogli inanerrabili.<br />

Fino all'ultimo, però, ci furono a vari livelli dibattiti sul futuro del Veneto.<br />

L'Union, giornale francese, si chiedeva:<br />

"Che farà la Francia della Venezia? La conserverà essa? La costituirà in istato di<br />

principato indipendente che entra nella lega federale della Penisola? La cederà<br />

essa a Vittorio Emanuele, e, in questo caso, quale compenso potrà domandare?"<br />

La Gazzetta del Popolo di Firenze, giornale ufficioso del Presidente del<br />

Consiglio scriveva il 15 luglio 1866:<br />

"Supponiamo un momento che i Veneti si pronunziassero per regno separato.<br />

Potrebbe l'Italia permettere cotesta diserzione? O non dovrebbe invece ritenere<br />

per forza d'armi una provincia che è necessaria alla politica esistente della<br />

nazione?": un saggio di democrazia, di pluralismo e di rispetto dei diritti dei<br />

popoli che la dice lunga sul clima dell'epoca.<br />

E ancora il 3 agosto l'ambasciatore asburgico a Parigi Metternich scrive al suo<br />

ministro degli esteri "Mensdorff-Pouilly il 3/8/1866 sull'ipotesi di arrivare a<br />

"l'indipendenza della Venezia sotto un governo autonomo com'era la vecchia<br />

Repubblica".<br />

E in manifesto che inviatava la nostra gente a partecipare con entusiamo al voto<br />

sta scritto:<br />

"SI vuol dire essere italiano ed adempiere al voto dell'Italia.<br />

NO vuol dire restare veneto e contraddire al voto dell'Italia"<br />

Ora come allora, essere veneti è un reato?<br />

Ma la vera chiave di lettura sulla "questione veneta" la danno, a distanza di<br />

mezzo secolo, due personaggi come Napoleone Bonaparte e Camillo Benso<br />

conte di Cavour.<br />

Il rapinatore corso (del quale, recentemente e con la benedizione del Comune di<br />

Venezia, è stato acquistato un mediocre monumento, datato 1811, per la bellezza<br />

di 700 milioni di lire!) consigliava al figliastro di non ascoltare chi gli suggeriva<br />

di dare a Venezia maggiore autonomia, invitandolo, invece a mandare "degli<br />

italiani a Venezia e dei veneziani in Italia" (1).<br />

Ancora più sconvolgente quanto sostiene il Cavour (tratto da "Il risorgimento<br />

italiano" di Denis Mack Smith, ove a pagina 623):<br />

"Cavour sulla cessione del Veneto (30 novembre 1860)<br />

108


Soltanto dai giornali io apprendo che il gabinetto inglese desidera la cessione<br />

mediante compenso e si adopera in questo senso.<br />

Finora non s'è fatto verun passo ufficiale. E per mio conto non lo desidero<br />

nemmeno. Io bramo la guerra coll'Austria per motivi di ordine interno; senza di<br />

ciò sarà più difficile la fusione del Nord col Sud. Ritengo inoltre che al<br />

momento presente la cessione non sia possibile".<br />

La scelta lucida della guerra per "fare gli italiani": è questo uno dei padri della<br />

patria italiana?<br />

E comunque dopo oltre centoquarantanni siamo ben lontani da una simile<br />

"soluzione finale".<br />

1) Alvise Zorzi, Venezia austriaca, pag 32, Laterza<br />

ETTORE BEGGIATO<br />

“IL BASSO VOCENTINO” dicembre2003<br />

109


ROMA NON SI ACCORGERA’ DI NOI SE NON<br />

CI DECIDEREMO A FAR DA NOI<br />

Vorrei proporre ai lettori del "Gazzettino" una figura della nostra storia veneta<br />

che, a mio modesto avviso, non è stata sufficientemente valorizzata. Si tratta di<br />

Guido Bergamo, leader del partito repubblicano trevisano, più volte<br />

parlamentare negli anni venti, tra i promotori del battagliero foglio "La<br />

Riscossa", la cui opera è stata finora conosciuta in chiave mazziniana, laicosocialista<br />

e antifascista; invece nei suoi scritti e nei suoi interventi dimostra una<br />

forte convinzione federalista e, si potrebbe oggi dire, "venetista". Ecco come si<br />

esprimeva Guido Bergamo: "Il governo centrale di Roma, questo governo di<br />

filibustieri, di ladri e camorristi organizzati, non si accorgerà di noi se non ci<br />

decideremo a far da noi" e ancora "Ora basta! Il problema veneto è così acuto<br />

che noi da oggi predicheremo la ribellione dei veneti. Cittadini, non paghiamo le<br />

tasse, non riconosciamo il governo centrale di Roma, cacciamo via i prefetti,<br />

tratteniamo l'ammontare delle imposte dirette nel Veneto" Siamo subito dopo la<br />

fine della prima guerra mondiale e Guido Bergamo, come scrive Livio Vanzetto<br />

nel volume "L'anomalia laica", diventa popolarissimo nel Montebellunese<br />

perchè sentito e vissuto dalla gente come "uno dei nostri": è di estrazione<br />

popolare, è interno alla società e assume atteggiamenti sempre congruenti con<br />

la cultura locale. Il malcontento nel Veneto è altissimo e Roma risponde<br />

escludendo i veneti dal primo ministero Orlando (anche allora i veneti erano<br />

buoni solo per portare i voti e per produrre reddito, proprio come adesso) e<br />

......creando un ministero, il Ministero delle Terre Liberate! Per la verità a capo<br />

del neonato ministero venne posto il deputato veneziano Antonio Fradeletto,<br />

anche per cercare di sanare una situazione politica sempre più grave. "I deputati<br />

veneti, infatti, venivano accusati di negligenza rispetto ai problemi della regione<br />

e di sentirsi "troppo Romani" quando si trovavano nella capitale, e dunque<br />

invitati a sottrarsi al "demone seduttore di Roma" ponendo in primo piano il<br />

"problema veneto", la cui soluzione non poteva più essere procrastinata"<br />

(Daniele Ceschin su "Venetismi") Luigi Luzzatti, già presidente del Consiglio<br />

dei Ministri, profondo conoscitore della nostra gente, scrive al suo successore<br />

Vittorio Emanuele Orlando il 7 febbraio 1919 del timore che in Italia potesse<br />

sorgere "un'Irlanda Veneta, mutando i paesi più patriottici e più sobri nel<br />

chiedere, in ribelli della disperazione" e il prefetto di Treviso segnala al<br />

Ministero la possibilità che nel Trevigiano si crei un movimento separatista<br />

tendente a staccare il Veneto dall'Italia. Ed è ancora Guido Bergamo a<br />

denunciare la presenza massiccia di burocrazia non veneta ("A Treviso si è<br />

costituito un ministero con funzionari che non hanno la fiamma di veneti e che<br />

non capiscono né i bisogni né il linguaggio delle nostre popolazioni")<br />

reclamando una vera autonomia regionale, un'autentica riforma federale "da<br />

Roma non avremo salute, finché da Roma non parta una parola di vera libertà<br />

110


per tutte le regioni d'Italia, finché insomma a Roma non si sancisca il fato della<br />

Repubblica Federale Socialista Italiana!" "L'unità d'Italia è un non senso" scrive<br />

"La Riscossa" il 15 maggio 1920 che il 15 ottobre 1921 si chiede se il Governo<br />

voleva che "il sentimento autonomista dei Veneti si trasformasse in aperta<br />

ribellione ed assumesse carattere nettamente separatista" Il fascismo calpestò<br />

l'idealità e l'ardore di Guido Bergamo; ricordiamolo a oltre cinquant'anni dalla<br />

morte, così attuale, profetico direi: "Roma non si accorgerà di noi se non ci<br />

decideremo a far da noi".<br />

ETTORE BEGGIATO<br />

IL GAZZETTINO 03/07/2005<br />

111


Note Biografiche<br />

<strong>Ettore</strong> <strong>Beggiato</strong> è nato a Campiglia dei Berici (VI) il 4/8/1954.<br />

Consigliere regionale dal 1985 al 2000, assessore dal 1993 al 1995 con delega<br />

all'emigrazione, diritti civili, sport, enti locali.<br />

Promotore di alcune leggi, tra le quali:<br />

15/94 Interventi per il recupero, la conservazione e la valorizzazione del<br />

patrimonio culturale di origine veneta nell’Istria e nella Dalmazia;<br />

73/94 Promozione delle minoranze etniche e linguistiche del Veneto;<br />

25/95 Interventi regionali per i veneti nel mondo;<br />

26/96 Riordino delle regole;<br />

37/96 Promozione di iniziative culturali per il Bicentenario della Caduta della<br />

Repubblica Veneta;<br />

1/98 Promozione di iniziative culturali per il Centocinquantenario dei moti del<br />

1848-49;<br />

10/98 Disposizione per l’uso e l’esposizione della bandiera della Regione<br />

Veneto.<br />

14/00 Iniziative per la conoscenza della civiltà paleoveneta<br />

Ha promosso in qualità di assessore la stampa del “Manuale della grafia veneta<br />

unitaria”, l’istituzione dell’ADREV (Archivio di Documentazione e Ricerca<br />

sull’Emigrazione Veneta), il gemellaggio Veneto-Istria.<br />

Consigliere comunale di Vicenza 1985-1990 e 1998-2003, di Rovolon 1997-<br />

1998; consigliere della Provincia di Vicenza 1985-1987.<br />

Dal maggio 2002 è nuovamente consigliere della Provincia di Vicenza e vice<br />

presidente del Consiglio Provinciale, dove ha fatto approvare la proposta di<br />

legge regionale “Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico<br />

e culturale veneto”.<br />

Autore de " 1866: la grande truffa. Il plebiscito di annessione del Veneto<br />

all'Italia", "L'idea federalista nel Veneto",<br />

"Soggiorno obbligato = esportazione di criminalità: la lotta dei Veneti contro lo<br />

stato italiano" e, con altri autori, de "Il leone nella valle"<br />

Cittadino onorario di Serafina Correa - Rio Grande do Sul - Brasile.<br />

Sito internet: www.ettorebeggiato.org<br />

e-mail: bejato@hotmail.com<br />

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