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«D'un volgo disperso che nome non ha». Tacito, le masse, le ...

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LUCIANO LANDOLFI<br />

«D’un <strong>volgo</strong> <strong>disperso</strong> <strong>che</strong> <strong>nome</strong> <strong>non</strong> <strong>ha»</strong>.<br />

<strong>Tacito</strong>, <strong>le</strong> <strong>masse</strong>, <strong>le</strong> emozioni.<br />

Ri<strong>le</strong>ggendo il primo libro del<strong>le</strong> Historiae<br />

At vulgus animosa miratur et audaces<br />

in honore sunt, placidi pro inertibus<br />

habentur.<br />

Sen. ira III 41, 2<br />

Iam vero propria et peculiaria huius<br />

urbis vitia paene in utero matris<br />

concipi mihi videntur, histrionalis<br />

favor et gladiatorum equorumque<br />

studia: quibus occupatus et obsessus<br />

animus quantulum loci bonis artibus<br />

relinquit?<br />

Tac. dial. 29, 3<br />

La <strong>le</strong>ttura <strong>che</strong> in questa sede propongo del I libro del<strong>le</strong> Historiae tacitiane<br />

<strong>non</strong> sarà sistematica, quanto piuttosto ristretta al<strong>le</strong> sequenze in cui <strong>le</strong> <strong>masse</strong> urbane<br />

siano protagoniste o perché colte in preda all’esagitazione, all’incertezza, alla<br />

sediziosità, o perché oggetto del<strong>le</strong> rif<strong>le</strong>ssioni a posteriori dello storiografo. Mi preme,<br />

infatti, ricostruire, se possibi<strong>le</strong>, una sorta di “cartografia emotiva” popolare dinanzi<br />

agli sconvolgimenti politici <strong>che</strong> nel 69 d.C. portano alla ribalta tre imperatori di<br />

séguito, Galba, Otone, Vitellio. 1<br />

1 Osserva giustamente P. Grimal, <strong>Tacito</strong>, tr. it. Milano 2011, 195: «Se… l’opinione corrente a<br />

quell’epoca vo<strong>le</strong>va <strong>che</strong> lo storico ‘seguisse l’ordine dei tempi’, come poteva riuscirvi (scil. <strong>Tacito</strong>)<br />

quando gli avvenimenti da esporre si erano svolti tutti nello stesso momento, in differenti luoghi<br />

del mondo?». Lo storico avverte prioritariamente l’esigenza di risistemare e ripartire gli eventi<br />

verificatisi, risolta scegliendo come punto di partenza del<strong>le</strong> Historiae <strong>le</strong> ca<strong>le</strong>nde del gennaio del 69.<br />

Solo a occasionali menzioni è affidato il resoconto di quanto avvenuto nei nove mesi anteriori a<br />

questa data <strong>che</strong> vedono la ribellione aperta di Vindice contro Nerone e il 2 apri<strong>le</strong> del 68<br />

l’assunzione del titolo di <strong>le</strong>gato del senato e del popolo romano da parte di Galba, cui tengono<br />

dietro la marcia su Roma e l’ascesa al trono. Se an<strong>che</strong> quella cronologica <strong>non</strong> è una preoccupazione<br />

dominante all’inizio del I libro, come sostiene Grimal nel corso della sua trattazione (a 196), è pur<br />

vero <strong>che</strong> <strong>Tacito</strong> scrupolosamente riordina almeno gli accadimenti registratisi a Roma nei modi in<br />

cui sono stati vissuti e percepiti dalla città stessa.<br />

ὅρμος - Ricer<strong>che</strong> di Storia Antica n.s. 3-2011 ISSN 2036-587X


Luciano Landolfi, «D’un <strong>volgo</strong> <strong>disperso</strong> <strong>che</strong> <strong>nome</strong> <strong>non</strong> <strong>ha»</strong>. <strong>Tacito</strong>, <strong>le</strong> <strong>masse</strong>, <strong>le</strong> emozioni |164<br />

Non necessita scorrere una lunga sequela di capitoli per imbattersi in un<br />

ritratto della folla cittadina di taglio psicologico, in quanto, dopo l’ampio<br />

preambolo d’impronta meta<strong>le</strong>tteraria (capp. 1-3), a dominare il fonda<strong>le</strong> della<br />

narrazione sono proprio i singoli ranghi sociali al diffondersi della notizia della<br />

morte di Nerone, in explicit la sordida p<strong>le</strong>bs.<br />

Questo il testo edito per i tipi oxoniensi da Fisher 1977 11 (hist. I 4, 6-16):<br />

Finis Neronis ut laetus primo gaudentium impetu fuerat, ita varios motus animorum <strong>non</strong><br />

modo in urbe apud patres aut populum aut urbanum militem, sed omnis <strong>le</strong>giones ducesque<br />

conciverat, evulgato imperii arcano posse principem alibi quam Romae fieri. Sed patres laeti,<br />

usurpata statim libertate licentius ut erga principem novum et absentem; primores equitum<br />

proximi gaudio patrum; pars populi integra et magnis domibus adnexa, clientes libertique<br />

damnatorum et exulum in spem erecti: p<strong>le</strong>bs sordida et circo ac theatris sueta, simul deterrimi<br />

servorum, aut qui adesis bonis per dedecus Neronis a<strong>le</strong>bantur, maesti et rumorum avidi.<br />

Un consuntivo succinto ma intenso, dove la scomparsa dell’autocrate,<br />

accolta sul<strong>le</strong> prime con un’esplosione di gioia incontrollata, appare poi<br />

diversamente modulata a seconda <strong>che</strong> si tratti di senatori, popolo o milizie urbane, 2<br />

<strong>non</strong>ché di <strong>le</strong>gioni e comandanti. I varii motus animorum conquistano l’attenzione dello<br />

storico il qua<strong>le</strong>, a differenza dell’oratore idea<strong>le</strong> disegnato da Cicerone, <strong>non</strong> si darà<br />

alla conoscenza approfondita dell’animo umano e del<strong>le</strong> sue emozioni per<br />

provocar<strong>le</strong> o sopir<strong>le</strong> all’occorrenza, 3 bensì per studiare gli umori e i sentimenti<br />

del<strong>le</strong> fasce sociali in relazione ad eventi significativi della storia contemporanea o<br />

passata. Non esercitando dunque un controllo sull’uditorio, della qual cosa si<br />

teorizza la necessità nello spazio retorico, né occupandosi della natura e della<br />

tipologia dei motus animorum, prassi usua<strong>le</strong> nel dibattito filosofico, 4 <strong>Tacito</strong> osserva<br />

questi ultimi da un’angolazione psicologica, preoccupato di scoprire i reali <strong>le</strong>gami<br />

intercorsi fra <strong>le</strong> singo<strong>le</strong> fette della società e gli avvicendamenti dinastici. Nel caso<br />

particolare, il suo sguardo si sofferma prima sull’ordine senatorio, esultante per la<br />

libertà ritrovata di colpo, tanto più esplicita in quanto nuovo è il principe e, per di<br />

più, lontano, poi sull’analogo tripudio dei cavalieri più in vista e della parte sana<br />

del popolo, dei clienti, dei liberti dei condannati e degli esuli <strong>che</strong> riprendono a<br />

sperare. In ben altro stato d’animo versa la p<strong>le</strong>baglia, abituata al circo e ai teatri, e<br />

2 «Das ‘republikanis<strong>che</strong>’ Begriffspaar senatus populusque Romanus in den Anna<strong>le</strong>n zu einer<br />

dreigliedrigen Souveränitäts- und Hoheitsformel erzeitert: populus et senatus et mi<strong>le</strong>s»: così M. Vielberg,<br />

Tacitus al Psychologe, «A&A» XLVI (2000), 173-189, a 186, dimentico dell’impiego della triade già in<br />

questo passo del<strong>le</strong> Historiae dove comunque a venir considerate <strong>non</strong> sono <strong>le</strong> milizie indistintamente,<br />

ma solo <strong>le</strong> guarnigioni presenti nell’Urbe.<br />

3 Alludo, naturalmente, a Cic. de orat. I 17, 5 (et omnes animorum motus, quos hominum generi<br />

rerum natura tribuit, penitus pernoscendi, quod omnis vis ratioque dicendi in eorum, qui audiunt, mentibus aut sedandis aut<br />

excitandis expromenda est). Non è questa la sede per discutere sistematicamente della funzione del<br />

controllo del<strong>le</strong> passioni nella retorica latina, di cui il trattato ciceroniano è eloquente testimone.<br />

4 Del <strong>che</strong> una rappresentazione precisa in Cic. de orat. I 51, 220, con la rassegna dei punti di<br />

vista stoico, epicureo e peripatetico sugli animorum motus da integrare con il brano di Tusc. V 84-85. Il<br />

punto nel<strong>le</strong> eccel<strong>le</strong>nti pagine di E. Narducci, Cicerone e l’eloquenza romana. Retorica e progetto cultura<strong>le</strong>,<br />

Roma-Bari 1997, 77-96.<br />

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con questa la feccia degli schiavi e quanti, dopo aver dissipato i propri averi, si<br />

erano cibati del<strong>le</strong> ignominie di Nerone. 5<br />

Per denotare un ta<strong>le</strong> coacervo <strong>Tacito</strong> ricorre ad una formula <strong>che</strong> ne fissi la<br />

mestizia e l’avidità di chiacchiere (maesti et rumorum avidi) tacendo <strong>le</strong> rispettive<br />

differenze identitarie e giuridi<strong>che</strong>: il <strong>le</strong>ttore si trova pertanto di fronte ad una<br />

massa indistinta <strong>che</strong> versa nella sconsolatezza e brama di informazioni. Calzante la<br />

notazione di La Penna, 6 al cui dire: «La folla, per lo più spregevo<strong>le</strong>, è a volte<br />

grandiosa nella sua forza irraziona<strong>le</strong>, come può esserlo il mare in tempesta; a volte<br />

è mossa an<strong>che</strong> da sentimenti nobili. Sempre però lo storico latino la sente c o m e<br />

f o r z a e m o t i v a , n o n c o m e f o r z a r a z i o n a l e ». <strong>Tacito</strong> <strong>non</strong> costituisce<br />

un’eccezione, in tal senso, posto <strong>che</strong> la storiografia latina <strong>non</strong> si cura <strong>che</strong> molto<br />

raramente di intendere e analizzare <strong>le</strong> motivazioni <strong>che</strong> muovono la folla, <strong>le</strong><br />

particolari condizioni di volta in volta presupposte dal<strong>le</strong> passioni col<strong>le</strong>ttive o dai<br />

sentimenti col<strong>le</strong>ttivi, 7 preferendo viceversa riprodurre a forti tinte gli effetti di<br />

comportamenti incontrollati, frutto di un’emotività instabi<strong>le</strong> e ansiosa.<br />

Ritornando al passo del<strong>le</strong> Historiae qui esaminato, direi <strong>che</strong> maestus, con <strong>le</strong> sue<br />

31 attestazioni, 8 si pone come uno degli epiteti più idonei ad esprimere lo stato di<br />

abbattimento dei nullatenenti, per il qua<strong>le</strong> il <strong>le</strong>ssico tacitiano suo<strong>le</strong> va<strong>le</strong>rsi di<br />

sostantivi rivelatori tanto dell’instabilità politica dominante quanto<br />

dell’inquietudine timorosa <strong>che</strong> li pervade: maestitia, tristitia, timor, metus. Il nesso<br />

rumorum avidi, senza raffronti nel corpo della produzione tacitiana e della<br />

produzione storiografica anteriore (e posteriore), 9 traduce invece l’apprensione<br />

dovuta a incertezza o contraddittorietà di notizie, 10 una condizione di dipendenza<br />

psicologica dal<strong>le</strong> voci <strong>che</strong> si diffondono, caratteristica di diseredati e potenziali<br />

facinorosi. Al termine di questo ritratto orientato socialmente dall’alto verso il<br />

basso, la formula p<strong>le</strong>bs sordida, 11 ritoccata in sordida pars p<strong>le</strong>bis in III 76, 2, 12 la p<strong>le</strong>be<br />

5 La suddivisione della massa in due classi è oggetto di analisi da parte di H.G. Sei<strong>le</strong>r, Die<br />

Masse bei Tacitus, Inaug.-Dissertation Erlangen 1936, 21.<br />

6 Vd. A. La Penna, Storiografia di senatori e storiografia di <strong>le</strong>tterati. Considerazioni generali sulla storiografia<br />

latina di età repubblicana, in Id., Aspetti del pensiero storico latino, Torino 1978, 43-117, 90 (lo spaziato è mio).<br />

7 Seguo qui <strong>le</strong> sottolineature di La Penna, Storiografia di senatori, cit., 90.<br />

8 Cfr. J. Cousin, Rhétorique et psychologie <strong>che</strong>z Tacite, «REL» XXIX (1931), 228-247, 241, n. 1,<br />

con il registro del<strong>le</strong> comp<strong>le</strong>ssive occorrenze dei termini di cui discuto infra.<br />

9 Un quadro esauriente in I. Shatzman, Tacitean Rumours, «Latomus» XXXIII (1974), 549-<br />

578.<br />

10 Vd. C. Heraeus, Cornelii Taciti Historiarum libri qui supersunt. Schulausgabe von dr. C.H., Erster<br />

Band. Buch I und II, Leipzig 1885, 11 ad Hist. I 4, 15: «rumorum avidi ‘erpicht auf schlimme Gerüchte,<br />

Klatsch’. Ähnlich c. 51 fecunda rumoribus; c. 85 rumoribus obiecerat».<br />

11 Osserva in merito W.A. Spooner, Cornelii Taciti Historiarum libri qui supersunt. Introduction,<br />

Notes and Index by the Rev. W.A.Sp., London 1891, 109-110: «The p<strong>le</strong>bs sordida, on the other hand,<br />

was chiefly composed of newly liberated slaves, and even immigrant foreigners, ownig not patronus<br />

but the emperor, to whose liberality they looked for lively hood, and whose staun<strong>che</strong>st upholders<br />

they were. For theme, see Juv. Viii. 118; x. 80; and Meriva<strong>le</strong>, c. iv».<br />

12 Da ultima ricorda il rimpasto del nesso in Hist. III 7, 62, C. Damon, Tacitus Histories Book I,<br />

Cambridge 2003, 103.<br />

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Luciano Landolfi, «D’un <strong>volgo</strong> <strong>disperso</strong> <strong>che</strong> <strong>nome</strong> <strong>non</strong> <strong>ha»</strong>. <strong>Tacito</strong>, <strong>le</strong> <strong>masse</strong>, <strong>le</strong> emozioni |166<br />

ignobi<strong>le</strong>, 13 analoga al resoconto <strong>che</strong> di certi schiavi offre Columella in I 8, 2 (circo,<br />

theatris, a<strong>le</strong>ae, popinae, lupanaribus consuetum scil. genus), menzionati in stretta sequenza<br />

dallo storico stesso (deterrimi servorum), 14 il qua<strong>le</strong> <strong>non</strong> tarderà a ripresentare circo e<br />

teatri come fattori <strong>che</strong> snervano i vincitori nel discorso di Antonio Primo contro<br />

Vitellio all’inizio del terzo libro del<strong>le</strong> Historiae (circo quoque ac theatris et amoenitate urbis<br />

emollitos III 2, 7). 15<br />

Ma da chi è costituita la sordida p<strong>le</strong>bs qui descritta? Nel 1965 Zvi Yavetz 16 ha<br />

eliminato qualsiasi dubbio circa la sua composizione attraverso un’analisi serrata<br />

del linguaggio tacitiano, <strong>non</strong> condizionato dal<strong>le</strong> definizioni tecni<strong>che</strong> dei concetti di<br />

p<strong>le</strong>bs e di populus e<strong>che</strong>ggiate da Gell. Noct. Att. X 20, 5 17 o da Gaio Inst. I 3: 18 dovrebbe<br />

trattarsi di quei membri della p<strong>le</strong>bs estranei alla pars integra populi <strong>le</strong>gata al<strong>le</strong> grandi<br />

famiglie, avvezzi a vedere in Nerone una sorta di προστάτης τοῦ δήμου nei cui<br />

rispetti intrattenevano rapporti clientelari (cittadini e <strong>non</strong>, artigiani, osti, schiavi e<br />

affrancati). 19 Tuttavia, in una sorta di anticlimax socia<strong>le</strong> e mora<strong>le</strong> al contempo,<br />

l’obiettivo dello storico decorre dai ceti nobili e abbienti al<strong>le</strong> componenti<br />

moralmente integre del popolo, dei clienti e liberti dei condannati e degli esuli, per<br />

finire con la fascia dei diseredati, dei peggiori fra gli schiavi e degli scialacquatori,<br />

soli a <strong>non</strong> esultare alla fine del principe e bramosi di dicerie. Il connotato<br />

moralistico di cui è impregnato l’epiteto sordida, col<strong>le</strong>gato com’è alla detorsione in<br />

chiave etica di un’area semantica (sordes e derivati) indicante originariamente<br />

“sporcizia” in senso concreto, 20 rimanda alla serie di formu<strong>le</strong> intrise di disprezzo<br />

quali infima p<strong>le</strong>bs (hist. II 38, 8 e 91, 8), 21 vulgus imperitum (dial. de orat. VII 16; ann. II 77,<br />

11), 22 imbel<strong>le</strong> vulgus (ann. XIII 39, 3), flagitans vulgus (ann. XVI 4, 7), vulgus pronum ad<br />

suspiciones (hist. II 21, 7), stolidum vulgus (hist. II 61, 9), vulgus credulum (hist. II 72, 6 e IV 49,<br />

20), vulgus improvidum (hist. III 20, 18), vulgus… immodicum (hist. II 29, 15), vulgus ignavum 23<br />

13 A detta di H. Heubner, P. Cornelius Tacitus. Die Historien Kommentar von H.H., Band I Erstes<br />

Buch, Heidelberg 1963, 30 ad loc.: «die in mehr oder weniger e<strong>le</strong>nden ökonomis<strong>che</strong>n und<br />

moralis<strong>che</strong>n Verhältnissesn <strong>le</strong>bende untere Schicht der Bevölkerung, die, an die unter Nero<br />

übli<strong>che</strong>n Lustbarkeiten gewöhnt, bekümmert und auf Gerüchte, die auf eine neue Umwälzung<br />

deuten könnten, erpicht ist».<br />

14 La Damon, Tacitus Histories Book I, cit., 103, riconduce l’espressione a IV 1, 2: egentissimus<br />

quisque e p<strong>le</strong>be et pessimi servitiorum, sottolineando come il costrutto di per sé enfatizzi «quality (deterrimi)<br />

over rank (servi)» analogamente a 22, 1 intimi libertorum e, più generalmente a 10, 1 (secretum Asiae), 25,<br />

1 (incerta noctis), 79, 2 (lubrico itinerum), 85, 2 (secreta domuum).<br />

15 Brano riportato cursoriamente nel vecchio commento di E. Wolff, Cornelii Taciti<br />

Historiarum libri qui supersunt, erklärt von E.W., Berlin 1866, 30 ad loc.<br />

16 Cfr. Z. Yavetz, Sordida p<strong>le</strong>bs, «Athenaeum» XLIII (1965), 295-311.<br />

17 In populo omnis pars civitatis omnesque eius ordines contineantur.<br />

18 P<strong>le</strong>bs a populo eo distat, quod populi appellatione universi cives significantur, connumeratis patriciis, p<strong>le</strong>bis<br />

autem appellatione sine patriciis ceteri cives significantur.<br />

19 Vd. Yavetz, Sordida p<strong>le</strong>bs, cit., 309.<br />

20 Documentazione in A. Ernout - A. Meil<strong>le</strong>t, Dictionnaire étymologique de la langue latine, Paris<br />

1985 4 , s.v., 637 <strong>non</strong>ché in A. Walde - J.B. Hofmann, Lateinis<strong>che</strong>s etymologis<strong>che</strong>s Wörterbuch II, Heidelberg<br />

1982 5 , s.v., 562.<br />

21 Nesso già presente in Cic. ad Att. IV 1, 5; Curt. Ruf. X 7, 1; vd. poi Suet. Otho VII 1.<br />

22 Variazione ad arte del nesso vulgus imperitorum di Cic. nat. deor. I 101, 2?<br />

23 Formula testimoniata an<strong>che</strong> da Quint. decl. maior. XIII 4.<br />

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et nihil ultra verbum ausurum (hist. III 58, 5), vulgus mutabi<strong>le</strong> (hist. I 69, 7), insultans vulgus<br />

(hist. IV 2, 15), vulgus… cuiuscumque motus novi cupidum (hist. I 80, 13), 24 vulgus cupiens<br />

voluptatum (ann. XIV 14, 12), vulgus ad deteriora promptum (ann. XV 64), vulgus sine rectore<br />

praeceps pavidum socors (ann. IV 37, 3), vulgus fingendi avidum (hist. II 1, 6), vulgus… vacuum<br />

curis et sine falsi verique discrimine (hist. II 90, 5) 25 dove però, come si può osservare, il<br />

singolo attributo <strong>non</strong> investe con pari viru<strong>le</strong>nza icastica la sfera dei valori morali.<br />

Viceversa, affiora ripetutamente l’interscambiabilità fra p<strong>le</strong>bs e vulgus allorché <strong>Tacito</strong><br />

voglia esprimere il corrispettivo del gr. ὄχλος, cui appone sempre una qualifica di<br />

stampo “etico”, <strong>non</strong> giuridico. 26<br />

In effetti, <strong>le</strong> fasce infime hanno rappresentato il territorio d’e<strong>le</strong>zione sul<br />

qua<strong>le</strong> Nerone ha fondato il proprio consenso e ha costruito il proprio principato<br />

d’impronta assolutistica: distratta dal circo e dai teatri, 27 la marmaglia, insieme alla<br />

p<strong>le</strong>tora degli schiavi peggiori ed ai dissipatori, dopo la fine del princeps si trova priva<br />

di un punto di riferimento e ignora qua<strong>le</strong> atteggiamento adottare. Siamo al<strong>le</strong> soglie<br />

di una definizione coniata più tardi, efficace nel riassumere il punto di vista dello<br />

storico nei confronti della massa allorché abbia perso chi la domini e la indirizzi:<br />

vulgus sine rectore praeceps pavidum socors (hist. IV 37, 3). Irrazionalità, panico, fiac<strong>che</strong>zza<br />

appaiono <strong>le</strong> caratteristi<strong>che</strong> peculiari del comportamento del vulgus, faci<strong>le</strong> preda degli<br />

umori più variabili, della contingenza degli eventi. Significativo, comunque, il<br />

fatto <strong>che</strong> il primo schizzo della massa rinvenibi<strong>le</strong> nel primo libro del<strong>le</strong> Historiae<br />

associ a questa stessa, oltre all’insieme dei peggiori fra gli schiavi, i dilapidatori, di<br />

norma oberati dai debiti e strumentalizzabili da rivoltosi e temerari, come insegna<br />

il paradigma di Catilina in Sall. Cat. 14, 2. La fine di Nerone costituisce quasi un<br />

evento livellatore tra categorie differenti, <strong>che</strong> finiscono per assemblarsi, dalla<br />

visua<strong>le</strong> economica ed etica, proprio per aver rappresentato la base dell’assolutismo<br />

del princeps. 28 Fe<strong>nome</strong>no prevedibi<strong>le</strong>, questo, nei regimi dispotici dove l’intesa fra il<br />

24 Paral<strong>le</strong>lo a populus… novarum rerum cupiens pavidusque di ann. XV 46 su prototipo sallustiano,<br />

cfr. Cat. 37, 2.<br />

25<br />

Che in questo atteggiamento di distacco sprezzante dal vulgus <strong>Tacito</strong> <strong>non</strong> differisca dal<br />

comportamento usualmente tenuto da scrittori e poeti greci e latini sottolinea Sei<strong>le</strong>r, Die Masse bei<br />

Tacitus, cit., 81.<br />

26 Come, dal canto suo, ritiene Yavetz, P<strong>le</strong>bs sordida, cit., 305. Sul tema utili considerazioni<br />

an<strong>che</strong> in A. Borgo, Aspetti della psicologia di massa in Lucano ed in <strong>Tacito</strong>, «Vichiana» n.s. V (1976), 243-257,<br />

specialmente 247-248, e in J. Deininger, Brot und Spie<strong>le</strong>. Tacitus und die Entpolisierung der p<strong>le</strong>bs urbana,<br />

«Gymnasium» LXXXVI (1979), 278-303, in particolare 280-281, secondo il qua<strong>le</strong> populus varrebbe la<br />

massa dei cittadini dal punto di vista eminentemente politico, p<strong>le</strong>bs corrisponderebbe alla massa più<br />

dal punto di vista socia<strong>le</strong>, vulgus più <strong>che</strong> altro esprimerebbe <strong>le</strong> modalità comportamentali della massa<br />

nel suo insieme. Dal <strong>che</strong> un utilizzo meno diffuso della prima designazione, più frequente quello<br />

della seconda, decisamente negativo l’uso della terza, su cui indaga statisticamente Newbold, The<br />

Vulgus, cit., 88.<br />

27 L’importanza <strong>che</strong> la vita teatra<strong>le</strong> assume con la dinastia giulio-claudia nella rete dei<br />

rapporti <strong>che</strong> <strong>le</strong>gano il princeps alla p<strong>le</strong>bs è sottolineata emb<strong>le</strong>maticamente dal fatto <strong>che</strong>, a breve<br />

distanza di tempo dalla morte di Nerone, Vitellio trova faci<strong>le</strong> riscontro presso scurrae, histriones, aurigae<br />

i quali accrescono il suo seguito persona<strong>le</strong> (hist. II 87, 2) e <strong>che</strong>, una volta assurto al potere, omnem<br />

infimae p<strong>le</strong>bis rumorem in theatro ut spectator, in circo ut fautor adfectavit (II 91, 2).<br />

28 Un quadro efficace dei rapporti fra la p<strong>le</strong>be e Nerone in Z. Yavetz, P<strong>le</strong>bs and Princeps,<br />

Oxford 1969, 124 ss.<br />

ὅρμος - Ricer<strong>che</strong> di Storia Antica n.s. 3-2011, pp. 163-179


Luciano Landolfi, «D’un <strong>volgo</strong> <strong>disperso</strong> <strong>che</strong> <strong>nome</strong> <strong>non</strong> <strong>ha»</strong>. <strong>Tacito</strong>, <strong>le</strong> <strong>masse</strong>, <strong>le</strong> emozioni |168<br />

vertice e i ranghi più bassi dura fintantoché resta in vita l’autocrate, per seminare<br />

sconquasso e disorientamento alla sua morte.<br />

Il disegno dell’umoralità popolare, imprevedibi<strong>le</strong> nel<strong>le</strong> sue sortite, emerge<br />

in modo ancora più evidente nel momento in cui la p<strong>le</strong>be chiede vociando la testa<br />

di Otone dopo la scoperta del suo piano eversivo ai danni di Galba (Tac. hist. I 32):<br />

Vniversa iam p<strong>le</strong>bs Palatium imp<strong>le</strong>bat, mixtis servitiis et dissono clamore caedem Othonis et<br />

coniuratorum exitium poscentium ut si in circo aut theatro ludicrum aliquod<br />

postularent: neque illis iudicium aut veritas, quippe eodem die diversa pari certamine<br />

postulaturis, sed tradito more quemcumque principem adulandi licentia adclamationum et<br />

studiis inanibus.<br />

Ancora una volta, la massa si mescola agli schiavi. Nel fare irruzione nel<br />

palazzo imperia<strong>le</strong>, il chiasso disordinato reclama la morte di Otone e l’uccisione<br />

dei congiurati in modo <strong>non</strong> dissimi<strong>le</strong> dalla richiesta di uno spettacolo circense o<br />

teatra<strong>le</strong>, senza una scelta ponderata o schietta, capace com’è la congerie amorfa di<br />

chiedere a gara nello stesso giorno l’esatto contrario. La pagina si snoda su almeno<br />

tre e<strong>le</strong>menti di spicco:<br />

a) il rovesciarsi della folla nella reggia;<br />

b) il clamore discordante;<br />

c) la richiesta dei supplizi a mo’ di ludicrum.<br />

L’arrivo massiccio della p<strong>le</strong>be e degli schiavi trasforma la sede del potere in<br />

un luogo caotico dove predominano gli impulsi, di cui il dissonus clamor è<br />

promanazione diretta, 29 né più né meno <strong>che</strong> in un fonda<strong>le</strong> di pari efficacia iconica,<br />

quantunque di colorito bellico, hist. IV 29, là dove Civi<strong>le</strong> impone ai suoi di<br />

spegnere i fuochi impedendo al<strong>le</strong> <strong>le</strong>gioni romane di colpire gli avversari<br />

distintamente (et restincto igne misceri cuncta tenebris et armis iubet. Tum vero strepitus dissoni,<br />

casus incerti, neque feriendi neque declinandi providentia). L’invasione del palazzo è<br />

espressione di una furia incontrollata in base alla qua<strong>le</strong> la richiesta di esecuzioni,<br />

singola e col<strong>le</strong>ttiva, obbedisce alla “logica” consuetudinaria di un circo o di un<br />

anfiteatro: stigmatizzare la folla inconsulta rievocandone la passione smodata per<br />

gli spettacoli sanguinari permette a <strong>Tacito</strong> di ribadire la condanna di due<br />

caratteristi<strong>che</strong> sconcertanti, irrazionalità e vio<strong>le</strong>nza gratuita, normativizzate<br />

dall’abitudine ai ludicra.<br />

29 Non è affatto improbabi<strong>le</strong> <strong>che</strong> qui operi, più o meno surrettiziamente, il ricordo di Liv.<br />

IV 37, 9 (ab Romanis dissonus (scil. clamor), impar, segnius saepe iteratus [incerto clamore] prodidit pavorem animorum),<br />

del <strong>che</strong> si avvede Heubner, P. Cornelius Tacitus. Die Historien, cit., 70. La clausola dissonus clamor trova<br />

comunque impiego an<strong>che</strong> in Agr. 33, 1. A sua volta, Damon, Tacitus Histories Book I, cit., 164,<br />

commenta: «dissono clamore is formally paral<strong>le</strong>l to mixtis servitiis, but different in content, since servitiis<br />

describes a portion of the crowd, clamore the commotion of the who<strong>le</strong> gathering. Dissono is<br />

distributive, i.e. some were calling for caedes Othonis, others for exitium coniuratorum (cf. A. 1.34-2,<br />

14.51.1 ita dissonae voces respondebant numerum aut aetatem aut sexum ac plurimorum indubiam innocentiam<br />

miserantium). The abstract and therefore more e<strong>le</strong>vated clamor… is commoner in T. than clamores…;<br />

here it is used even… in a situation involving distinct shouts».<br />

ὅρμος - Ricer<strong>che</strong> di Storia Antica n.s. 3-2011, pp. 163-179


Luciano Landolfi, «D’un <strong>volgo</strong> <strong>disperso</strong> <strong>che</strong> <strong>nome</strong> <strong>non</strong> <strong>ha»</strong>. <strong>Tacito</strong>, <strong>le</strong> <strong>masse</strong>, <strong>le</strong> emozioni |169<br />

Il passo predetto <strong>non</strong> può <strong>non</strong> richiamare i toni con i quali i tragediografi<br />

deprecavano la passione popolare per gli spettacoli, come comprova Sen. Herc. fur.<br />

838-839:<br />

Quantus incedit populus per urbes<br />

ad novi ludos avidus theatri<br />

tuttavia, in una scacchiera di riadattamenti, il brano di hist. I 32 prelude molto da<br />

vicino ad uno stralcio dove il tema “sangue e arena” si ripresenta in una scrittura<br />

altrettanto intensa e ripugnante, hist. III 38, passo vertente sullo scontro fra fautori<br />

di Vespasiano e fautori di Vitellio:<br />

Aderat pugnantibus spectator populus, utque in ludicro certamine, hos, rursus<br />

illos clamore et plausu fovebat. quotiens pars altera inclinasset, abditos in tabernis aut si<br />

quam in domum perfugerant, erui iugularique expostulantes parte maiore praedae<br />

potiebantur.<br />

Al di là della tragica conflittualità intestina, l’urto tra <strong>le</strong> fazioni per la<br />

conquista del potere sottostà alla consuetudine della spettacolarità, del ludicrum: da<br />

un lato il popolo <strong>che</strong> assiste come ad un evento circense o teatra<strong>le</strong>, dall’altro i<br />

contendenti fatti oggetto di grida e applausi a seconda dell’adesione ad un indirizzo<br />

politico o ad un altro. Il <strong>le</strong>ssico rispecchia una certa stereotipia se confrontato con<br />

il passo da cui siamo partiti: ludicrum, clamor, expostulo (al posto di posco), in relazione<br />

alla somiglianza fra i contesti, riassunta dalla spettacolarizzazione dell’evento.<br />

Paradossa<strong>le</strong> per quanto possa sembrare, nella visua<strong>le</strong> della massa cittadina la vita<br />

politica assume <strong>le</strong> proporzioni di un entertainment <strong>che</strong> quanto più cruento è tanto più<br />

soddisfa la sua libido cruoris.<br />

Altrove <strong>Tacito</strong> avrebbe <strong>le</strong>vato la propria voce contro la pratica degli<br />

spettacoli, capaci di generare pigrizia e corruzione nel popolo, 30 commentando<br />

l’istituzione da parte di Nerone del quinquenna<strong>le</strong> ludicrum Romae (cfr. ann. XIV 20), 31<br />

viceversa gli influssi diretti dei ludicra sulla psicologia di massa vengono testimoniati<br />

nell’episodio di hist. I 32, dove chiedere la morte di Otone e dei suoi complici <strong>non</strong><br />

si allontana affatto dalla prassi invalsa negli spettacoli. Il sostanzia<strong>le</strong> décalage fra la<br />

richiesta dell’esecuzione di un capoparte politico e seguaci e la richiesta di<br />

30 Né va dimenticato, a proposito dell’indecenza degli spettacoli stessi, l’attacco alla theatralis<br />

populi lascivia di ann. XI 13.<br />

31 Nerone quartum Cornelio Cosso consulibus quinquenna<strong>le</strong> ludicrum Romae institutum est ad morem Graeci<br />

certaminis, varia fama, ut cuncta ferme nova. Quippe erant qui Gn. quoque Pompeium incusatum a senioribus ferrent quod<br />

mansuram theatri sedem posuisset. Nam antea subitariis gradibus et scaena in tempus structa ludos edi solitos, vel si<br />

vetustiora repetas, stantem populum spectavisse, ne, si consideret theatro, dies totos ignavia continuaret.<br />

Spectaculorum quidem antiquitas servaretur, quoties praetores ederent, nulla cuiquam civium necessitate certandi. Ceterum<br />

abolitos paulatim patrios mores funditus everti per accitam lasciviam, ut quod usquam corrumpi et corrumpere queat<br />

in urbe visatur, degeneretque studiis externis iuventus, gymnasia et otia et turpis amores exercendo, principe et senatu<br />

auctoribus, qui <strong>non</strong> modo licentiam vitiis permiserint, sed vim adhibeant proceres Romani specie orationum et<br />

carminum scaena polluantur. Quid superesse nisi ut corpora quoque nudent et caestus adsumant easque pugnas pro militia et<br />

armis meditentur? An iustitiam auctum iri et decurias equitum egregium iudicandi munus exp<strong>le</strong>turos, si fractos sonos et<br />

dulcedinem vocum perite audissent? Noctes quoque dedecori adiectas ne quod tempus pudori relinquatur, sed coetu promisco,<br />

quod perditissimus quisque per diem concupiverit, per tenebras audeat (ed. Fisher 198116 ).<br />

ὅρμος - Ricer<strong>che</strong> di Storia Antica n.s. 3-2011, pp. 163-179


Luciano Landolfi, «D’un <strong>volgo</strong> <strong>disperso</strong> <strong>che</strong> <strong>nome</strong> <strong>non</strong> <strong>ha»</strong>. <strong>Tacito</strong>, <strong>le</strong> <strong>masse</strong>, <strong>le</strong> emozioni |170<br />

esecuzione di un gladiatore qualunque è palmare, eppure <strong>Tacito</strong> sfrutta abilmente<br />

il paradosso per rimarcare l’irrazionalità colpevo<strong>le</strong> della folla dinanzi ad eventi<br />

storici di tutto rilievo, affrontati con la <strong>non</strong>curanza efferata con cui ci si<br />

comporterebbe a teatro o in arena (p<strong>le</strong>bs sordida et circo ac theatris sueta I 4).<br />

“Spettacolarizzare” la vita politica comporta, per così dire, istituzionalizzare via<br />

via certi impulsi incontrollati dinanzi al<strong>le</strong> sue dinami<strong>che</strong>, come, ad es., avviene alla<br />

scoperta di una congiura contro il principe di turno. Turba… / spectatrix sce<strong>le</strong>rum,<br />

avrebbe detto Lucano (III 128-129). Non meraviglia allora <strong>che</strong> i cosiddetti studia<br />

vulgi condizionino la fortuna o la sfortuna di un capoparte, di un’intera fazione, di<br />

un complotto dinastico. Proprio in quest’àmbito la tendenza di <strong>Tacito</strong> allo studio<br />

psicologico del<strong>le</strong> fasce più basse trova terreno ferti<strong>le</strong> e la grana linguistica dei suoi<br />

ritratti svela un altissimo quoziente di elaborazione forma<strong>le</strong> forte della<br />

rimodulazione di <strong>non</strong> pochi lasciti dell’Hochstil. Del <strong>che</strong> si può avere prova<br />

tangibi<strong>le</strong> riesaminando una terza pericope giocata sul<strong>le</strong> reazioni emotive del<br />

popolo e della p<strong>le</strong>be incompetente di questioni politi<strong>che</strong> in hist. I 35. Accantonata<br />

ogni esitazione, Galba sceglie una condotta ad effetto dinanzi alla congiura di<br />

Otone, del qua<strong>le</strong> circola voce <strong>che</strong> sia stato ucciso in castris:<br />

Tum vero <strong>non</strong> populus tantum et imperita p<strong>le</strong>bs in plausus et immodica<br />

studia sed equitum p<strong>le</strong>rique ac senatorum, posito metu incauti, refractis Palatii foribus ruere<br />

intus ac se Galbae ostentare, praereptam sibi ultionem querentes, ignavissimus quisque et, ut<br />

res docuit, in periculo <strong>non</strong> ausurus, nimii verbis, linguae feroces; nemo scire et omnes<br />

adfirmare, donec inopia veri et consensu errantium victus sumpto thorace Galba inruenti<br />

turbae neque aetate neque corpore sistens sella <strong>le</strong>varetur.<br />

La descrizione si svolge in modo inverso rispetto a quanto registrato a<br />

proposito di I 4: prima vengono rievocati il popolo e la marmaglia, 32 poi gran<br />

numero di cavalieri e senatori, questi ultimi uniformati negli applausi e nel<strong>le</strong><br />

manifestazioni di entusiasmo ai primi. Si tratta di una vera e propria schocking scene, 33<br />

come segnala l’attacco avverbia<strong>le</strong> (Tum vero), mutuato dal serbatoio aulico dell’epos,<br />

significativamente attestato <strong>non</strong> solo in Virgilio, il qua<strong>le</strong> ne fa un uso reiterato, 34<br />

bensì an<strong>che</strong> nell’Omero Latino, 35 da Petronio esametrico, 36 Stazio, 37 Silio Italico, 38<br />

32 Nota Heraeus, Cornelii Taciti Historiarum libri qui supersunt, cit., 61: «populus, ist hier der<br />

eigentli<strong>che</strong> Bürgerstand, p<strong>le</strong>bs die niederen Volksklassen, wie c. 4, 11. 13. Vgl. c. 32: universa iam p<strong>le</strong>bs<br />

mixtis servitiis; c. 36 populo ac p<strong>le</strong>be; c. 40 populi aut p<strong>le</strong>bis; c. 76, 17. 82, 10. Anders A. I, 8. XIII, 31».<br />

33 Faccio mia una espressione di Damon, Tacitus Histories Book I, cit., 171, stando alla qua<strong>le</strong> «<br />

tum vero introduces similarly schocking scenes at 81.2, 4.29.2 tum vero strepitus dissoni etc., Agr. 37.2 tum<br />

vero… grande et atrox spectaculum, and A. 1.35.4 tum vero, quasi sce<strong>le</strong>re contaminaretur; it often begins sentence,<br />

line, and revelation in Virgil (e.g. Ecl. 6, 27 tum vero… videres; Aen. 2.105 tum vero ardemus, 2.228 tum<br />

vero… pavor, 2.309 tum vero manifesta, 2.264 tum vero… visum, etc.); cf. Sall. Cat. 61.1 tum vero cerneres, Liv.<br />

28.20.6 tum vero apparuit».<br />

34 Aen. I 485; II 105, 228, 309, 624; III 47; IV 571; V 172, 227, 659, 720; VII 376, 519; IX 73,<br />

424; X 647; XI 633, 832; XII 257, 494, 756, 766 (Nei passi epici riportati qui e nel<strong>le</strong> note seguenti<br />

<strong>non</strong> distinguo Tum vero in posizione incipitaria o mediana del verso).<br />

35 Vv. 306, 441.<br />

36 CXXIII, v. 193.<br />

37 Theb. I 412; VI 518; Ach. I 761.<br />

ὅρμος - Ricer<strong>che</strong> di Storia Antica n.s. 3-2011, pp. 163-179


Luciano Landolfi, «D’un <strong>volgo</strong> <strong>disperso</strong> <strong>che</strong> <strong>nome</strong> <strong>non</strong> <strong>ha»</strong>. <strong>Tacito</strong>, <strong>le</strong> <strong>masse</strong>, <strong>le</strong> emozioni |171<br />

Va<strong>le</strong>rio Flacco. 39 Tuttavia sembra <strong>che</strong> ad aver privi<strong>le</strong>giato una movenza simi<strong>le</strong> sia<br />

stato già Cesare in occasione di abbozzi di massa fortemente “psicologizzati”, basti<br />

ri<strong>le</strong>ggere i brani di Gall. III 26 (tum vero clamore ab ea parte audito nostri redintegratis viribus);<br />

V 37 (tum vero suo more victoriam conclamant atque ululatum tollunt impetuque in nostros facto<br />

ordines perturbant); VII 47 (tum vero ex omnibus urbis partibus orto clamore); civ. II 42 (tum vero<br />

ad summam desperationem nostri perveniunt et partim fugientes ab equitatu interficiuntur, partim<br />

integri procumbunt), per <strong>non</strong> parlare poi di Sallustio, <strong>che</strong> sigla con Cat. 61, 1 il proprio<br />

debito verso ta<strong>le</strong> nesso avverbia<strong>le</strong> con il grandioso ritratto post eventum della battaglia<br />

di Fieso<strong>le</strong> (Sed confecto proelio, tum vero cerneres, quanta audacia quantaque animi vis fuisset in<br />

exercitu Catilinae) o di Livio, <strong>che</strong> offre una campionatura ricchissima in tal senso. 40<br />

Torniamo a <strong>Tacito</strong>.<br />

L’emotività priva di freni varca i limiti sociali e censitari, sicché plausus et<br />

immodica studia cementano tanto i ranghi infimi quanto quelli abbienti travasandosi<br />

dai primi ai secondi. Nello specifico, lo storico punta il dito contro la temerarietà<br />

improvvisa di senatori e cavalieri <strong>che</strong>, deposta la paura, irrompono caoticamente<br />

nel palazzo con una viru<strong>le</strong>nza superiore addirittura a quella del<strong>le</strong> <strong>masse</strong> descritta in<br />

I 32, una viru<strong>le</strong>nza ora riprodotta dall’allitterazione in littera canina (refractis Palatii<br />

foribus ruere), e, sul piano sintattico, dall’impiego dell’infinito storico, dotato di<br />

vividezza iconica, allineato ad ostentare, scire, adfirmare. Gli ordini egemoni assumono<br />

atteggiamenti di solito caratteristici di quelli inferiori in preda all’esasperazione:<br />

tracotanza e arroganza verba<strong>le</strong> (nimii verbis, 41 linguae feroces), 42 unite ad improvvisa<br />

baldanza (ignavissimus quisque… in periculo <strong>non</strong> ausurus). Quella <strong>che</strong> si presenta a Galba è<br />

una inruens turba, nesso, questo, col<strong>le</strong>gato al sintagma precedente ruere intus con cui si<br />

fissava l’orda di senatori e cavalieri rovesciatasi nella reggia. La propensione ad<br />

assimilare all’irrazionalità tipica dei ceti più bassi taluni comportamenti di altre<br />

fette sociali trova una sorta di contrappunto a brevissima distanza di tempo, in<br />

occasione dell’entusiasmo <strong>che</strong> <strong>le</strong> truppe mostrano nei confronti di Otone, issato<br />

fra <strong>le</strong> insegne e cinto dai vessilli, ossia il passo di hist. I 36. Se sullo sfondo si<br />

profilano ancora grida e strepiti, ma an<strong>che</strong> mutui incitamenti, il vocio è<br />

studiatamente scorporato da quello del popolo e della p<strong>le</strong>be, <strong>non</strong> obbedendo a<br />

38<br />

II 378, 592; IV 615, 806; V 279; VI 514; VIII 595; IX 644; X 247; XII 741; XV 146, 764;<br />

XVI 434, 695; XVII 539, 558.<br />

39<br />

II 525, 576; III 576; VI 469; VII 475, 631; VIII 295.<br />

40 Sull’uso di tum vero in àmbito storiografico (e <strong>non</strong>) un quadro attendibi<strong>le</strong> in J.-P.<br />

Chausserie-Laprée, L’expression narrative <strong>che</strong>z <strong>le</strong>s historiens latins. Histoire d’un sty<strong>le</strong>, Paris 1969, 520-531.<br />

41 Chiasmo con variatio nella reggenza, probabilmente modellato, per il primo segmento, su<br />

un nesso sallustiano, hist. 2, 53 (fiducia nimius), se diamo retta ad Heubner, P. Cornelius Tacitus. Die<br />

Historien, cit., 81.<br />

42 A riscontro Wolff, Cornelii Taciti Historiarum libri, cit., 73 riporta i casi di Tac. ann. I 32<br />

(animi ferox), IV 12 (ferox sce<strong>le</strong>rum); Ov. met. VIII 614 (mentis ferox). Dal canto suo, Heraeus, Corneli Taciti<br />

Historiarum libri, cit., 61, segnala come per indicare l’organo in latino ci si serva in genere<br />

dell’ablativo, come, ad es. in 15 Sall. Iug. 44, 1 (lingua promptum); Liv. II 45, 16 (lingua promptum); VII, 4,<br />

5 (lingua impromptus); XXII 12, 11 (lingua inmodicus); XXIII 45, 9 (fortes lingua); Tac. hist. II 23 (procax ore);<br />

III 53 (inmodicus lingua). Richiamerei inoltre il caso sottaciuto di ann. I 16 (procax lingua). Ulteriori<br />

ragguagli sintattici in Heubner, P. Cornelius Tacitus. Die Historien Kommentar, cit, 81.<br />

ὅρμος - Ricer<strong>che</strong> di Storia Antica n.s. 3-2011, pp. 163-179


Luciano Landolfi, «D’un <strong>volgo</strong> <strong>disperso</strong> <strong>che</strong> <strong>nome</strong> <strong>non</strong> <strong>ha»</strong>. <strong>Tacito</strong>, <strong>le</strong> <strong>masse</strong>, <strong>le</strong> emozioni |172<br />

vuota adulazione, bensì al trasporto provato dinanzi ad un nuovo adepto alla causa<br />

di Otone stesso:<br />

Strepere cuncta clamoribus et tumultu et exhortatione mutua, <strong>non</strong> tamquam in populo<br />

ac p<strong>le</strong>be, variis segni adulatione vocibus, sed ut quemque adfluentium militum<br />

aspexerant, prensare manibus, comp<strong>le</strong>cti armis, conlocare iuxta, praeire sacramentum, modo<br />

imperatorem militibus, modo milites imperatori commendare.<br />

Strepere, prensare, comp<strong>le</strong>cti, conlocare, praeire, commendare: sei gli infiniti storici <strong>che</strong><br />

trasmettono l’esultanza dei fautori del futuro princeps, tuttavia il primo è quello <strong>che</strong><br />

più interessa perché, a differenza del dissonus clamor di I 32, 2 ora lo strepito<br />

sottolinea soltanto la reazione emotiva del<strong>le</strong> milizie alla prospettiva di un nuovo<br />

sovrano, senza quella tendenza adulatoria propria della p<strong>le</strong>be <strong>che</strong> proprio in I 32,<br />

5-6 <strong>Tacito</strong> si era affrettato a rimarcare (tradito more quemcumque principem adulandi) e su<br />

cui avrebbe insistito ancora in I 90, 10-11 (vocesque volgi ex more adulandi nimiae et falsae),<br />

commentando l’eccessiva e ipocrita compiacenza del <strong>volgo</strong> nei riguardi di Otone,<br />

pronto a partire da Roma dopo un discorso di conciliazione indirizzato a Vitellio,<br />

ormai destinato a succedergli al potere. Quasi inuti<strong>le</strong>, forse, osservare il ricorso al<br />

nesso in populo ac p<strong>le</strong>be, precorso da <strong>non</strong> populus tantum et imperita p<strong>le</strong>bs di I 35, 1 43 dopo la<br />

segnalazione inizia<strong>le</strong> dello strepito genera<strong>le</strong> memore, a tutti gli effetti, di Liv. XXII<br />

19, 9 (vario tumultu omnia strepunt), ritoccato in XXV 25, 9 (cum omnia terrore ac tumultu<br />

streperent). 44 In sintesi, direi <strong>che</strong> il <strong>le</strong>ttore si trova di fronte ad un’ulteriore<br />

declinazione degli umori politici, stavolta colti nell’alveo del<strong>le</strong> milizie, viste pur<br />

sempre in rapporto al popolo e alla p<strong>le</strong>be, “termometri” emb<strong>le</strong>matici<br />

dell’incostanza e dell’estemporaneità del<strong>le</strong> simpatie nei confronti del principe di<br />

turno, riassumibili nella formula mobilitas vulgi di hist. V 8, 3. D’altronde, <strong>Tacito</strong> <strong>non</strong><br />

si disallinea dalla consueta deprecazione dell’incostanza della massa <strong>che</strong> aveva<br />

trovato in Seneca tinte forti, basti ripercorrere i vv. 169-171 dell’Hercu<strong>le</strong>s furens dove<br />

l’ansia della conquista del potere costringe chi vi ambisce a sottostare<br />

all’inaffidabilità del mobi<strong>le</strong> vulgus: 45<br />

Illum populi favor attonitum<br />

fluctuque magis mobi<strong>le</strong> vulgus<br />

aura tumidum tollit inani<br />

motivo ripreso in un altro brano, stavolta appartenente alla Phaedra, lungo una<br />

nuova serie di Lebensbilder, dove chi si consacra alla caccia e al culto di Diana <strong>non</strong><br />

43 Vd. an<strong>che</strong> hist. I 40, 1: neque populi aut p<strong>le</strong>bis ulla vox; 82, 2: rarus per vias populus, maesta p<strong>le</strong>bs; 89,<br />

1: sed volgus et magnitudine nimia communium curarum expers populus.<br />

44 I passi liviani ricorrono già nel commento di Heraeus, Cornelii Taciti Historiarum libri qui<br />

supersunt, cit, 62 a mo’ di semplici loci simi<strong>le</strong>s.<br />

45 Per una valutazione equilibrata del passo vd. R. Degl’Innocenti Pierini, Tra filosofia e poesia.<br />

Studi su Seneca e dintorni, Bologna 1999, 48-49.<br />

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Luciano Landolfi, «D’un <strong>volgo</strong> <strong>disperso</strong> <strong>che</strong> <strong>nome</strong> <strong>non</strong> <strong>ha»</strong>. <strong>Tacito</strong>, <strong>le</strong> <strong>masse</strong>, <strong>le</strong> emozioni |173<br />

sottostà all’incostanza del favore popolare e del <strong>volgo</strong> infido, né alla fragilità del<br />

favore dei potenti (vv. 486-489): 46<br />

<strong>non</strong> illum avarae mentis inflammat furor<br />

qui se dicavit montium insontem iugis,<br />

<strong>non</strong> aura populi 47 et vulgus infidum bonis,<br />

<strong>non</strong> pesti<strong>le</strong>ns invidia, <strong>non</strong> fragilis favor.<br />

Dovremo spingerci sino al passo di hist. I 40 perché sia chiaro fino a <strong>che</strong><br />

punto detentore del potere e aspirante al potere finiscano, nella visua<strong>le</strong> tacitiana,<br />

per essere condizionati dalla massa tanto sul piano fisico quanto su quello emotivo.<br />

Da un lato, Galba è materialmente trascinato dall’ondeggiamento scomposto della<br />

folla incerta, come in Plut. Galba 26, 3, 48 mentre in un’atmosfera spettra<strong>le</strong>, popolo e<br />

p<strong>le</strong>be osservano il si<strong>le</strong>nzio, con lo stordimento dipinto sui volti e <strong>le</strong> orecchie tese a<br />

captare qualunque rumore. Dall’altro, si sparge la notizia <strong>che</strong> la p<strong>le</strong>be si stia<br />

armando, sicché Otone ordina ai suoi di precipitarsi a prevenire il rischio,<br />

uccidendo il vecchio dinasta: 49<br />

Agebatur huc illuc Galba vario turbae fluctuantis impulsu, comp<strong>le</strong>tis undique basilicis ac<br />

templis, lugubri prospectu. Neque populi aut p<strong>le</strong>bis ulla vox, sed attoniti vultus<br />

et conversae ad omnia aures; <strong>non</strong> tumultus, <strong>non</strong> quies, qua<strong>le</strong> magni<br />

metus et magnae irae si<strong>le</strong>ntium est. Othoni tamen armari p<strong>le</strong>bem nuntiabatur;<br />

ire praecipitis et occupare pericula iubet.<br />

Lo scenario delineato da <strong>Tacito</strong> evidenzia l’affollamento del<strong>le</strong> basili<strong>che</strong> e dei<br />

templi, luoghi di riunione politica e di culto, tra il fluttuare della folla <strong>che</strong><br />

risospinge in direzioni opposte il princeps. Per la prima volta domina la mancanza di<br />

clamori: se lugubre è lo spettacolo (lugubri prospectu), pregno di indefinitezza è il<br />

si<strong>le</strong>nzio (<strong>non</strong> tumultus, <strong>non</strong> quies, qua<strong>le</strong> magni metus et magnae irae si<strong>le</strong>ntium est), qualificato<br />

polarmente (<strong>non</strong>… <strong>non</strong>) per imprimere maggior enfasi alla sua evocazione. Il<br />

si<strong>le</strong>nzio del<strong>le</strong> grandi paure e del<strong>le</strong> grandi ire s’impone in un’atmosfera di<br />

sospensione, gravida di interrogativi e di incertezze. Il periodare procede prima per<br />

negazioni (neque… ulla; <strong>non</strong>… <strong>non</strong>), poi per antitesi (sed): balza l’efficacia del<strong>le</strong><br />

strutture sintatti<strong>che</strong>, articolate sulla paratassi <strong>che</strong> traduce la forza del<strong>le</strong> emozioni in<br />

campo. A breve ridiscuterò dell’aspetto architettonico dello stralcio. Intanto vorrei<br />

sottolineare la specificità dei volti intontiti, se a veicolare lo stordimento <strong>che</strong><br />

paralizza è un participio qua<strong>le</strong> attonitus predicato a vultus secondo un uso sporadico,<br />

attestato in precedenza solo da Curt. Ruf. VI 9, 2; Petr. LXXXII 2; Val. Fl. III 532<br />

e VII 191, <strong>che</strong>, a loro volta, sembrano variare la clausola attonita… ora di Epic. Drusi<br />

46 Motivo, questo, <strong>che</strong> trova ancor più compiuta elaborazione, e in pa<strong>le</strong>se riferimento a<br />

Nerone, ai vv. 604-615 dell’Octavia pseudo-senecana. Sul passo della Fedra si veda almeno C. De<br />

Meo, Lucio Anneo Seneca. Phaedra, Bologna 1995, 164.<br />

47 Cfr. inoltre Sen. Thy. 351-352: numquam stabilis favor / vulgi.<br />

48 Τοῦ φορείου, καθάπερ ἐν κλύδωνι, δεῦρο κἀκεῖ διαφερομένου, cfr. G.E.F. Chiever, A<br />

Historical Commentary on Tacitus’ Histories I and II, Oxford 1979, 99.<br />

49 Sul passo cfr. A.J. Pomeroy, Theatricality in Tacitus’s Histories, «Arethusa» XXXI (2006), 171-<br />

191, particolarmente 186 ss.<br />

ὅρμος - Ricer<strong>che</strong> di Storia Antica n.s. 3-2011, pp. 163-179


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318, rimanendo distanti dal nesso attonitum pectus di Sen. Phoen. 302, 50 dove pectus<br />

subentra all’ “espressione dell’interiorità”, per usare una definizione azzeccata, 51 o,<br />

se si preferisce, alla “faccia semiotica” 52 propriamente detta. L’intero riquadro, se<br />

<strong>non</strong> direttamente a Xen. Ages. II 12, sembra ispirato quantomeno a Liv. I 29, 2, lo<br />

scenario della città di Alba invasa dal<strong>le</strong> truppe romane in un clima di incertezza<br />

agghiacciante. Si tratta di un passo noto ai commentatori, 53 <strong>che</strong> val la pena di citare<br />

per esteso onde saggiare l’attitudine di <strong>Tacito</strong> al riadeguamento iconico e<br />

contestua<strong>le</strong>:<br />

Non quidem fuit tumultus il<strong>le</strong> nec pavor qualis captarum esse urbium<br />

so<strong>le</strong>t, cum effractis portis stratisve ariete muris aut arce vi capta clamor hostilis et cursus per<br />

urbem armatorum omnia ferro flammaque miscet; sed si<strong>le</strong>ntium triste ac tacita<br />

maestitia ita defixit omnium animos.<br />

Scompiglio e panico, e<strong>le</strong>menti-base del resoconto livian, peculiari della<br />

conquista del<strong>le</strong> città, cedono il passo a si<strong>le</strong>nzio e mestizia, quasi <strong>che</strong> <strong>le</strong> reazioni<br />

incontrollate dell’emotività subiscano una sorta di paralisi: specularmente il<br />

si<strong>le</strong>nzio è triste e l’afflizione è si<strong>le</strong>nziosa. Il chiasmo conclusivo (si<strong>le</strong>ntium triste ac<br />

tacita maestitia) con <strong>le</strong> dentali ribattute dopo il sigmatismós (sed si<strong>le</strong>ntium) racchiude<br />

l’immagine dello sconforto genera<strong>le</strong> <strong>che</strong> <strong>non</strong> conosce la rumorosità dell’invasione,<br />

bensì l’inchiodamento degli animi. Da questo quadro intriso di pathos, <strong>Tacito</strong><br />

attinge <strong>le</strong> componenti cenestesi<strong>che</strong> del proprio resoconto: l’assenza tota<strong>le</strong> di suono<br />

articolato, il dominio del si<strong>le</strong>nzio, tipico del<strong>le</strong> grandi paure e del<strong>le</strong> grandi ire. Il<br />

periodare segue da presso l’esempio di Livio: alla variatio avverbia<strong>le</strong> <strong>non</strong>… nec<br />

subentra l’asimmetria avverbia<strong>le</strong>/aggettiva<strong>le</strong> neque… aut ulla, alla coppia sed… ac<br />

subentra l’anafora di <strong>non</strong>, alla comparazione inizia<strong>le</strong> retta da qualis replica la<br />

comparazione fina<strong>le</strong> costruita allo stesso modo. In aggiunta, <strong>le</strong> notazioni psicosomati<strong>che</strong>,<br />

ossia i volti storditi e <strong>le</strong> orecchie tese a percepire qualunque cosa,<br />

irrequiete. Il potenziamento dell’e<strong>le</strong>mento emoziona<strong>le</strong> nella “riscrittura” tacitiana<br />

denunzia una volontà precisa di esasperare i contorni drammatici del racconto:<br />

<strong>non</strong> più un popolo impietrito e ammutolito dinanzi alla conquista romana, bensì<br />

una massa cittadina <strong>che</strong> gremisce i luoghi del potere e dei culti pavida e guardinga,<br />

in attesa <strong>che</strong> si compia da un momento all’altro il cesaricidio.<br />

A breve, un’opportunità imperdibi<strong>le</strong> per ribadire l’inaffidabilità del <strong>volgo</strong> è<br />

costituita dal<strong>le</strong> reazioni di quest’ultimo alla notizia della morte di Galba e<br />

50 Per il cospicuo impiego di attonitus in Seneca, accresciuto dal punto di vista semantico<br />

rispetto alla sua originaria significazione, e volto ad esprimere «lo smarrimento e l’angosciosa<br />

allucinazione della coscienza di fronte all’inesorabilità degli eventi <strong>che</strong> la tra<strong>volgo</strong>no, e la tensione<br />

interiore del<strong>le</strong> anime, costantemente esasperata fino ai limiti del furore e del delirio» va segnalato il<br />

basilare contributo di P. Pasiani, «Attonitus» nel<strong>le</strong> tragedie di Seneca, in A. Traina (a cura di), Seneca. Letture<br />

criti<strong>che</strong>, Milano 20002 (ed. aggiornata a cura di F. Citti), 208-221 (la citazione ricorre a 221).<br />

51 Cfr. M. Bettini, Guardarsi in faccia a Roma. Le paro<strong>le</strong> dell’apparenza fisica nella cultura latina, in Id.,<br />

Le orecchie di Hermes, Torino 2000, 313-356, a 323.<br />

52 Vd. Bettini. Guardarsi in faccia, cit., 327.<br />

53 Mi limito a menzionare Chiever, A Historical Commentary, cit., 99; Damon, Tacitus Histories<br />

Book I, cit., 182.<br />

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dell’ascesa al potere di Otone (hist. I 45). Non sorprende l’uniformazione<br />

comportamenta<strong>le</strong> fra senato e popolo: ipocrisia e servilismo caratterizzano l’uno e<br />

l’altro, sarcasticamente designati tramite il dimostrativo alius, <strong>che</strong>, com’è noto,<br />

predica “diversità”, 54 onde accentuare, con il rincalzo del potenzia<strong>le</strong> crederes, la<br />

metamorfosi identitaria di entrambi:<br />

Alium crederes senatum, alium populum: ruere cuncti in castra, anteire<br />

proximos, certare cum praecurrentibus, increpare Galbam, laudare militum iudicium,<br />

exosculari Othonis manum; quantoque magis falsa erant quae fiebant, tanto plura facere.<br />

Nec aspernabatur singulos Otho, avidum et minacem militum animum voce vultuque<br />

temperans.<br />

Quello stesso popolo fuggito nel momento in cui l’alfiere della coorte <strong>che</strong><br />

scortava Galba strappa dall’insegna la sua immagine, gettandola per terra (eo signo<br />

manifesta in Othonem omnium militum studia, desertum fuga populi forum I 41, 1-2), ora si<br />

precipita compatto insieme ai membri del senato nel campo pretorio, sorpassando<br />

chi è vicino, gareggiando con chi lo precede, criticando Galba, lodando la scelta<br />

del<strong>le</strong> truppe e baciando <strong>le</strong> mani di Otone. Gli infiniti storici ruere, anteire, certare,<br />

increpare, laudare, exosculari tornano a contraddistinguere la pagina tacitiana secondo<br />

un uso stilistico uniforme nel tessuto del<strong>le</strong> Historiae.<br />

Il quadro scomposto <strong>che</strong> ne sortisce omologa <strong>le</strong> opposte fasce sociali<br />

nell’acclamazione del nuovo principe e <strong>Tacito</strong> indugia a commentare la<br />

rispondenza fra l’ipocrisia dei gesti e la loro moltiplicazione (quantoque magis falsa<br />

erant quae fiebant, tanto plura facere). 55 La relativa convergenza con il ritratto disegnato<br />

da Plut. Galba 28, 1 (εὐθὺς δὲ βουλὴ συνεκαλεῖτο. Καὶ καθάπερ ἄλλοι γεγονότες ἢ<br />

θεῶν ἄλλων γεγονότων συνελθόντες ὤμνυον ὅρκον ὑπὲρ τοῦ Ὄθωνος) è garantita, a<br />

livello linguistico, dall’impiego del dimostrativo (ἄλλοι/alium), tuttavia «die<br />

Anaphora… hebt die Gesinnungslosigkeit von Senat und Volk hervor», 56 e, in<br />

effetti, senato e popolo riappariranno an<strong>che</strong> in hist. II 89, 1, condotti nel corteo<br />

imperia<strong>le</strong> di Vitellio <strong>che</strong> fa il suo ingresso a Roma (senatum et populum ante se agens), a<br />

manifestare la loro sottomissione. 57<br />

L’indistinguibilità fra comportamento senatorio e comportamento<br />

popolare, assente in Plutarco, acquista in <strong>Tacito</strong> ri<strong>le</strong>vanza primaria nel genera<strong>le</strong><br />

collasso fra <strong>le</strong> gerarchie sociali: <strong>non</strong> a caso gli infiniti storici appena ricordati sono<br />

tutti retti dal pro<strong>nome</strong> cuncti 58 <strong>che</strong>, in posizione enfatica, riferisce l’interezza dei<br />

ranghi coinvolti nel plauso smaccato ad Otone, allontanandosi dalla formula cunctus<br />

senatus populusque impiegata da Liv. IX 6, 7, dove si può cogliere ancora l’originario<br />

54 Esemplare, in tal senso, la dimostrazione di Traina, Ambiguità virgiliana: monstrum infelix<br />

(Aen. 2, 245) e alius Achil<strong>le</strong>s (Aen. 6, 89), in Id., Poeti latini (e neolatini), III, Bologna 1989, 141-151.<br />

55 Le adulazioni rivolte a Otone sono riferite an<strong>che</strong> da Suet. Otho 7, 1-2.<br />

56 Osservazione di Heraeus, Cornelii Taciti Historiarum libri qui supersunt, cit., 72.<br />

57 Non ne fa parola Suet. Vitell. 11, <strong>che</strong> parla soltanto di comites e di commilitones.<br />

58 L’etimologia diffusa in antico, pur se controversa, vo<strong>le</strong>va cuncti < da co+iuncti, come<br />

attesta Ernout - Meil<strong>le</strong>t, Dictionnaire étymologique de la langue latine, cit., 157 s.v., ma <strong>non</strong> sarà inuti<strong>le</strong><br />

ricordare come Paul. Fest 50L asserisca: cuncti significat quidem omnes, sed coniuncti et congregati (da ultimo<br />

cfr. R. Maltby, A Lexicon of Ancient Etymologies, Cambridge 2006, 165 s.v.).<br />

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senso di “rassemblé”, “dans son ensemb<strong>le</strong>” proprio dell’aggettivo/pro<strong>nome</strong> in<br />

questione.<br />

Non sempre però il popolo è gravato dal disprezzo dello storico. Dinanzi<br />

all’immoralità inveterata di Otone e all’abiezione di Vitellio <strong>non</strong> si scuotono solo<br />

gli animi di senatori e cavalieri, bensì, a quanto asserisce <strong>Tacito</strong> stesso in hist. I 50,<br />

1-2:<br />

Tum duos omnium mortalium impudicitia ignavia luxuria deterrimos velut ad perdendum<br />

imperium fataliter e<strong>le</strong>ctos <strong>non</strong> senatus modo et eques, quis aliqua pars et cura rei publicae, sed<br />

vulgus quoque palam maerere.<br />

Chiever 59 <strong>non</strong> ha sottaciuto l’aspetto sorprendente di questo capitolo dove<br />

tutti i ranghi, senza esclusione, deplorano pubblicamente la proclamazione di<br />

Vitellio. La piramide è osservata partendo dal vertice per giungere<br />

progressivamente alla base <strong>che</strong>, pur <strong>non</strong> partecipando alla gestione del<strong>le</strong> cari<strong>che</strong> e<br />

al disbrigo dei munera, è conscia della condotta ignobi<strong>le</strong> dei due personaggi: quasi un<br />

guizzo di consapevo<strong>le</strong>zza etico-politica su cui oggi formulare ipotesi sarebbe<br />

azzardato.<br />

La terna ignavia impudicitia luxuria in asindetica successione ricorda, in qual<strong>che</strong><br />

misura, la ce<strong>le</strong>bre triade sallustiana luxuria atque avaritia cum superbia di Cat. 12, 2 di cui<br />

fa <strong>le</strong> spese la gioventù romana a séguito dell’ascesa al potere di Silla. Ora, inerzia e<br />

dissolutezza, unite alla luxuria, fanno di Otone e Vitellio l’incarnazione dei peggiori<br />

fra tutti gli esseri viventi al punto <strong>che</strong> la consueta pluralità di comportamenti della<br />

massa dinanzi ai detentori del potere è sostituita da un atteggiamento univoco. Il<br />

<strong>le</strong>ttore tacitiano <strong>non</strong> è avvezzo a nulla di simi<strong>le</strong>: persino quando in I 89 lo<br />

storiografo tratterà dei piani di guerra contro Vitellio, si preoccuperà di<br />

evidenziare la gradualità della percezione da parte della p<strong>le</strong>be e del popolo dei mali<br />

derivanti dalla guerra (Sed vulgus et magnitudine nimia communium curarum expers populus<br />

sentire paulatim belli mala), rimanendo pur sempre estranei ai meccanismi troppo<br />

comp<strong>le</strong>ssi della vita politica, <strong>le</strong> communes curae.<br />

In hist. I 50 vediamo maturare invece la coscienza dell’alterità<br />

dell’imminente guerra civi<strong>le</strong> rispetto al<strong>le</strong> esperienze precedenti: Cesare,<br />

combattendo, <strong>non</strong> ha pregiudicato l’impero, così come Augusto stesso; la<br />

repubblica ha resistito sotto Pompeo e Bruto. In atto, pregare per Otone o per<br />

Vitellio suonerebbe parimenti empio, nella certezza <strong>che</strong> inter duos, quorum bello solum<br />

id scires, deteriorem fore qui vicisset (I 50, 3-4). 60 È verisimi<strong>le</strong> <strong>che</strong> <strong>Tacito</strong> stia riadattando ad<br />

un contesto ormai eticamente e politicamente declassato un dibattito di lunga data<br />

riprodotto da Seneca in Ep. XIV 13, là dove a Catone Uticense si obietta l’inutilità<br />

dell’attacco verba<strong>le</strong> a Cesare e a Pompeo, l’inutilità del suo frapporsi tra i due in<br />

armi, oltre alla sua sostanzia<strong>le</strong> estraneità alla guerra intestina, giacché dominus<br />

eligitur: quid tua, uter vincat? potest melior vincere, <strong>non</strong> potest <strong>non</strong> peior esse qui vicerit.<br />

59 Cfr. Chiever, A Historical Commentary, cit., 110.<br />

60 Sul carattere specifico di questa “sententia” rimando a B. Walker, A Study in Incoherence:<br />

Tacitus “Histories” I, «CPh» LXXI (1976), 113-118, a 117. Breve commento an<strong>che</strong> in R. Syme, <strong>Tacito</strong>,<br />

tr. it. Brescia 1967, 244.<br />

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Nel trapasso da un genere all’altro, 61 da un involucro espressivo ad un altro,<br />

la riserva ideologica <strong>non</strong> varia: di necessità, il vincitore deve essere il peggiore<br />

posto <strong>che</strong> il potere comporta, di necessità, il peggiore suo detentore. In questo<br />

teorema ferreo <strong>non</strong> ba<strong>le</strong>nano vie d’uscita. <strong>Tacito</strong> prelude così all’avvento di<br />

Vitellio, siglato da uno scontro civi<strong>le</strong> memorabi<strong>le</strong>. Intanto, dopo aver spostato il<br />

teatro degli eventi al confine renano, lo storico riprenderà a trattare dei fatti<br />

verificatisi a Roma a partire dal cap. 80 dove un incidente apparentemente<br />

irri<strong>le</strong>vante dà vita a una rivolta <strong>che</strong> per poco <strong>non</strong> fa precipitare la città nel disastro:<br />

il richiamo della diciassettesima coorte da Ostia nell’Urbe, equipaggiata di notte<br />

per mettersi in marcia, desta sospetti di tradimento e getta nello scompiglio <strong>le</strong><br />

truppe <strong>che</strong>, ucciso il tribuno dei pretoriani Vario Crispino, si dirigono a cavallo<br />

verso il Palazzo imperia<strong>le</strong>. Il convito in corso (cap. 81) viene interrotto in un clima<br />

di paura e di sospetto, finché i soldati <strong>non</strong> ottengono di incontrare Otone il qua<strong>le</strong>,<br />

salito contro la dignità del proprio rango su un triclinio, fra preghiere e lacrime<br />

riesce a stento a frenarli e a rinviarli al campo. La descrizione seguente assimila<br />

Roma ad una città conquistata, dall’aspetto spettra<strong>le</strong>, con <strong>le</strong> porte sbarrate, <strong>le</strong><br />

strade quasi deserte, la p<strong>le</strong>be mesta (hist. I 82, 2):<br />

Postera die velut capta urbe clausae domus, rarus per vias populus, maesta p<strong>le</strong>bs.<br />

L’aggettivazione, enfaticamente, precede i tre soggetti dell’intero periodo,<br />

strutturato in altrettante sovraordinate ellitti<strong>che</strong> di copula: clausae, rarus, maesta, <strong>le</strong><br />

tre designazioni participiali/aggettivali, scandiscono i tempi del percorso compiuto<br />

dall’obiettivo dello storico. L’Urbe, nel suo profilo fantomatico, appare una “<strong>non</strong>città”<br />

secondo uno stereotipo caro alla storiografia tragica, abituata a insistere<br />

sull’assenza apparente o rea<strong>le</strong> di forme di vita nel tratteggio del<strong>le</strong> urbes captae. In tal<br />

senso i precedenti abbondano tra Grecia e Roma, tuttavia il confronto più<br />

pertinente rimane quello offerto da Liv. XXIII 25, 1 con il quadro del<strong>le</strong> reazioni<br />

alla notizia della disfatta di Postumio in Gallia (hac nuntiata clade cum per dies multos in<br />

tanto pavore fuisset ciuitas ut tabernis clausis velut nocturna solitudine per urbem acta senatus aedilibus<br />

negotium daret ut urbem circumirent aperirique tabernas et maestitiae publicae speciem urbi demi<br />

iuberent) dove domina l’immagine del deserto cittadino e dell’afflizione pubblica, se<br />

<strong>non</strong> quello reperibi<strong>le</strong> in Iustin. XIX 2, 8-9 (<strong>non</strong> secus ac si urbs capta esset, maesta civitas<br />

fuit… clausae privatae domus).<br />

In pochissime battute, <strong>Tacito</strong> disegna quasi i contorni di una “città<br />

invisibi<strong>le</strong>”, con gli spazi privati sprangati e quelli pubblici animati da sparute<br />

presente. Ai cenni fisici della spettralità si aggiunge il cenno allo stato d’animo in<br />

cui versa la p<strong>le</strong>be, la mestizia. L’essenzialità <strong>non</strong> toglie intensità al quadro, anzi<br />

sembra potenziarne l’iconicità emb<strong>le</strong>matica.<br />

Ciò in controtendenza con l’ultimo ritratto della p<strong>le</strong>be contenuto nel<br />

primo libro del<strong>le</strong> Historiae (I 90, 2-3), dove essa obbedisce nuovamente alla logica<br />

del servilismo e dell’adulazione al Cesare di turno:<br />

61 In materia da più parti si è richiamato a riscontro il brano di Luc. II 60 ss.<br />

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Clamor vocesque vulgi ex more adulandi nimiae et falsae: quasi dictatorem Caesarem aut<br />

imperatorem Augustum prosequerentur, ita studiis votisque certabant, nec metu aut amore,<br />

sed ex libidine servitii: ut in familiis, privata cuique stimulatio, et vi<strong>le</strong> iam decus publicum.<br />

Ritorna, anularmente, l’accostamento fra <strong>volgo</strong> e schiavi prospettato in hist.<br />

I 32, con una forte sottolineatura della libido servitii <strong>che</strong> affligge i ranghi più bassi<br />

della società. Non sono sentimenti antitetici a muovere il favore o il disfavore della<br />

p<strong>le</strong>baglia, bensì il mos adulandi <strong>che</strong> spinge a salutare Otone come se si trattasse di<br />

Giulio Cesare o di Augusto. Il sarcastico accostamento ai due esponenti di spicco<br />

della gens Iulia rende parossistico l’omaggio al principe da poco salito al trono, ma<br />

proprio l’assimilazione della marmaglia agli schiavi <strong>le</strong>gittima la stoccata fina<strong>le</strong> dello<br />

storico <strong>che</strong> equipara i comportamenti della prima a quelli dei secondi. Come<br />

avviene fra schiavi, spinto dall’interesse persona<strong>le</strong> e incurante del pubblico decoro<br />

il vulgus ossequia Otone facendo a gara nel<strong>le</strong> dimostrazioni di plauso. Non solo<br />

inesperto di affari politici, ma sostanzialmente disinteressato e privo di scrupoli, il<br />

vulgus dà prova della tota<strong>le</strong> assenza di valori etici da cui è afflitto.<br />

Nulla di più lontano dal<strong>le</strong> recriminazioni dell’autore dell’Octavia, il qua<strong>le</strong> ai<br />

vv. 676-682, 62 per bocca del coro, rievoca la condotta del popolo di un tempo,<br />

capace di rintuzzare condottieri funesti, dar <strong>le</strong>ggi alla patria, fasci ai cittadini degni,<br />

di imporre la guerra e la pace, di domare popoli feroci, di catturare e imprigionare<br />

re nemici:<br />

Vbi Romani vis est populi,<br />

fregit diros quae saepe duces,<br />

dedit invictae <strong>le</strong>ges patriae,<br />

fasces dignis civibus olim,<br />

iussit bellum pacemque, feras<br />

gentes domuit,<br />

captos reges carcere clausit?<br />

Di questo popolo coeso e vigoroso per <strong>Tacito</strong> resta solo una pars… integra<br />

(hist. I 4, 12), ben poco rispetto al passato, dal momento <strong>che</strong>, come <strong>non</strong> si è<br />

mancato di osservare, «il popolo s’è mutato in folla», 63 o, per essere meno generici,<br />

la più parte di esso ormai è folla. «Questa p<strong>le</strong>be <strong>non</strong> si preoccupa più degli<br />

avvenimenti se <strong>non</strong> nella misura in cui vengono a rendere più attraenti i suoi<br />

piaceri; <strong>non</strong> partecipa più alla condotta degli affari, gode soltanto dei loro<br />

risultati». Constatazione, questa di Mi<strong>che</strong>l, 64 condivisibi<strong>le</strong> nella sostanza e capace di<br />

spiegare come per lo storico la separazione dai negotia e dalla politica abbia<br />

trasformato una componente basilare del corpo socia<strong>le</strong> in una congerie amorfa,<br />

preoccupata dei bisogni e dei tornaconti personali, aliena dalla preoccupazione<br />

dell’interesse comune, pronta a seguire gli utili estemporanei, i <strong>le</strong>aders<br />

62 Una <strong>le</strong>ttura efficace di questo brano in A. La Penna, Palazzo, coro e popolo nella tragedia antica e<br />

nella tragedia umanistica, in Id. Tersite censurato e altri studi di <strong>le</strong>tteratura fra antico e moderno, Pisa 1991, 37-67, a<br />

40-41.<br />

63 Notazione di A. Mi<strong>che</strong>l, <strong>Tacito</strong> e il destino dell’impero, tr. it. Torino 1973, 207.<br />

64 Vd. Mi<strong>che</strong>l, <strong>Tacito</strong> e il destino dell’impero, cit., 211.<br />

ὅρμος - Ricer<strong>che</strong> di Storia Antica n.s. 3-2011, pp. 163-179


Luciano Landolfi, «D’un <strong>volgo</strong> <strong>disperso</strong> <strong>che</strong> <strong>nome</strong> <strong>non</strong> <strong>ha»</strong>. <strong>Tacito</strong>, <strong>le</strong> <strong>masse</strong>, <strong>le</strong> emozioni |179<br />

estemporanei. In assenza di manifestazioni <strong>che</strong> riasseriscano l’antica dignità e la<br />

pugnacità popolare, la cartografia del<strong>le</strong> emozioni di massa risulta, pur<br />

nell’umoralità <strong>che</strong> la contrassegna, abbastanza ripetitiva. Inquietudine, incertezza,<br />

inclinazione ai facili entusiasmi e ai facili mutamenti di orientamento politico,<br />

servilismo, adulazione: ecco, in sintesi, <strong>le</strong> peculiarità di un ammasso socia<strong>le</strong><br />

ingovernabi<strong>le</strong> <strong>che</strong> scredita l’immagine di Roma, <strong>che</strong> mina al<strong>le</strong> basi la coesione<br />

dell’Impero.<br />

ὅρμος - Ricer<strong>che</strong> di Storia Antica n.s. 3-2011, pp. 163-179<br />

Luciano Landolfi<br />

Università degli Studi di Pa<strong>le</strong>rmo<br />

Facoltà di Lettere e Filosofia<br />

Dipartimento di Scienze<br />

Filologi<strong>che</strong> e Linguisti<strong>che</strong><br />

Via<strong>le</strong> del<strong>le</strong> Scienze - Ed.12<br />

90128 Pa<strong>le</strong>rmo<br />

luciano.landolfi@unipa.it<br />

on line dal 12 novembre 2012

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