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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
In copertina:
uno scorcio tipico del quartiere di San Bartolomeo con mulino e roggia
(Archivio Studio Architetto Lucio Serino)
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Lisa Cesco Diego Serino
30 ANNI DI PARTECIPAZIONE
l’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
CIRCOSCRIZIONE NORD
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
L’Assessorato alla Partecipazione e Decentramento del Comune
di Brescia ha ritenuto opportuno promuovere una
pubblicazione che ripercorra la storia del decentramento
amministrativo nella nostra città, dalle origini fino alla recente
riforma che ne disegna una nuova identità formale
e sostanziale, in occasione del trentennale di fondazione
delle Circoscrizioni in forma istituzionale.
I testi presenteranno in forma monografica, snella ed essenziale,
le cinque attuali circoscrizioni del sistema decentrato
bresciano, rilevando come le stesse abbiamo piano piano preso corpo da una spinta
nata dal basso, dall’esigenza spontanea dei cittadini di quartiere di aggregarsi in Comitati
per condividere un’esperienza di partecipazione nella vita degli stessi quartieri, nella connotazione
urbanistica e nelle iniziative sociali e aggregative. Il racconto vuole quindi anche
ripercorrere l’esperienza dei primi consigli di quartiere e delle persone che ne sono state
fautrici e protagoniste, riportando la testimonianza dei singoli soggetti che hanno vissuto e
determinato l’esperienza della partecipazione attiva e spontanea di quegli anni.
Il quadro sulle circoscrizioni si completa in un alternarsi fra storia politica dei consigli circoscrizionali,
che comprende anche la menzione dei Presidenti, con un loro profilo biografico
e il resoconto della loro esperienza amministrativa, e una breve storia del territorio, dei
quartieri e della loro trasformazione urbanistica e sociale, nell’elencazione dei luoghi di
rappresentanza storica e di aggregazione sociale, testimonianza di lente trasformazioni e
graduali cambiamenti che ne hanno determinato l’attuale assetto.
La recente riforma, che ha ridisegnato i confini circoscrizionali, ha portato come conseguenza
l’avvio di un ripensamento complessivo sul significato del decentramento, configurandosi
la circoscrizione sempre più come ente territoriale multifunzionale, luogo di
rappresentanza e consultazione dei quartieri, ma anche luogo di erogazione di servizi.
Sentiti ringraziamenti vanno a tutti coloro che hanno collaborato all’elaborazione di questo
breve trattato storico sulle circoscrizioni, in particolare agli autori che nei mesi scorsi
hanno effettuato un importante lavoro di ricerca sulla nascita, la crescita, la trasformazione
e l’evoluzione nel tempo del decentramento e della partecipazione a Brescia.
Il Vicesindaco
Assessore alla Partecipazione e Decentramento
Fabio RolFi
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I SALUTI
La lunga storia della partecipazione sul territorio della
Circoscrizione Nord rappresenta un percorso affascinante
fatto di prove, successi, qualche sconfitta e tanto entusiasmo.
Una storia che si snoda dalle prime esperienze nei quartieri,
risalenti agli anni Sessanta, alla nascita delle Circoscrizioni
Prima e Seconda, destinate ad essere unite
nella Circoscrizione Nord con la riforma comunale del
decentramento approvata nel 2007.
Il messaggio di partecipazione custodito in quella storia e raccolto nelle pagine di questa
pubblicazione è ancora attuale, perché esprime le radici più autentiche della nostra comunità,
il volto più vero dei quartieri di Sant’Eustacchio, Borgo Trento, San Bartolomeo,
Mompiano, Casazza, Villaggio Prealpino e San Rocchino-Costalunga che compongono il
perimetro della Circoscrizione Nord, e che vengono qui raccontati attraverso la loro storia
nel corso dei secoli, le bellezze artistiche nascoste fra le vie e le piazze, i passaggi amministrativi
più salienti che li hanno interessati e i progressivi snodi del decentramento.
Ripercorrere queste vicende significa trarne una lezione importante di cittadinanza attiva,
di prossimità, di responsabilità di tutti rivolta al bene comune, principi che lungi da
essere qualcosa di astratto, ricoprono un ruolo chiave per assicurare la qualità di vita
nei nostri quartieri, e vanno pertanto coltivati e divulgati, come ci insegnano i “pionieri”
che raccontano in queste pagine le loro prime esperienze di partecipazione dal basso,
quando ancora le Circoscrizioni non esistevano.
Il trentennale delle Circoscrizioni a Brescia diventa così occasione per riannodare i fili del
passato con il presente, riflettendo sulla complessa tematica del decentramento in una
prospettiva di ampio respiro, con il contributo delle sensibilità e degli approcci maturati
nei singoli quartieri.
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Il Presidente
della Circoscrizione Nord
MaRco RoSSi

30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
Mappa delle Circoscrizioni della città di Brescia
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CIRCOSCRIZIONE OVEST
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20
7
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CIRCOSCRIZIONE SUD
9
24
21
3
6
8
28
10
27
4
17
2
6
22
1
30
12
15
11
CIRCOSCRIZIONE NORD
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29
14
CIRCOSCRIZIONE CENTRO
CIRCOSCRIZIONE EST
CIRCOSCRIZIONE NORD
2 Borgo Trento - 11 Mompiano - 15 Villaggio Prealpino - 17 San Bartolomeo
22 Casazza - 28 Sant’Eustacchio - 29 San Rocchino-Costalunga
CIRCOSCRIZIONE
CENTRO
1 - Brescia Antica
3 - Porta Milano
4 - Centro Storico Nord
14 - Porta Venezia
27 - Centro Storico Sud
30 - Crocifissa di Rosa
CIRCOSCRIZIONE
OVEST
5 - Chiusure
7 - Fiumicello
21 - Urago Mella
23 - Villaggio Badia
25 - Villaggio Violino
26 - Primo Maggio
CIRCOSCRIZIONE
SUD
6 - Don Bosco
8 - Folzano
9 - Fornaci
10 - Lamarmora
12 - Porta Cremona
20 - Chiesanuova
24 - Villaggio Sereno
18
13
16
CIRCOSCRIZIONE
EST
19 - San Polo - Sanpolino
13 - Bettole - Buffalora
18 - Sant’Eufemia
16 - Caionvico

Introduzione
INTRODUZIONE
La ciRcoScRizione noRd è la terza circoscrizione più popolosa della
città, dopo la Sud e la Centro (che presenta una densità abitativa pressoché
analoga alla Nord).
Comprende i quartieri:
• Borgo Trento
• San Bartolomeo
• Casazza
• Sant’Eustacchio
• Mompiano
• Villaggio Prealpino
• San Rocchino - Costalunga
E’ abitata da 41.770 residenti, con una leggera prevalenza delle donne – che
sono oltre 22 mila – sugli uomini, che ammontano a più di 19 mila.
I quartieri più popolosi sono Sant’Eustacchio (8.500 abitanti), Mompiano
(7.700) e Borgo Trento (7.000), il meno densamente popolato è Casazza, con
2.900 residenti.
Indirizzo Sede Circoscrizione NORD:
Via Monte Grappa, 37 - Succursale Via Colle di Cadibona, 5 (aperta solo su appuntamento per ricevimento cittadini)
Orario apertura sede: da lunedì a giovedì dalle 9,30 alle 12,15 e dalle 14,00 alle 15,45; venerdì dalle 9,30 alle 12,15
Telefono Sede 030/3384560 - Succursale 030/2099077
Fax Sede 030/3388000 - Succursale 030/2009398
E-mail circoscrizionenord@comune.brescia.it
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
Primi insediamenti abitativi nell’area di via Veneto 8
Per concessione dei Civici Musei d’Arte e Storia di Brescia

1. I QUARTIERI DELLA CIRCOSCRIZIONE NORD
Capitolo 1
I quartieri della Circoscrizione Nord
San baRToloMeo e SanT’eUSTaccHio
San Bartolomeo è oggi un quartiere di Brescia, non esattamente perimetrato, che
si trova a quattro chilometri e mezzo dal centro cittadino, all’imbocco della Valtrompia,
limitato a nord dai territori di Concesio e Bovezzo, a ovest dal fiume
Mella, a est dal torrente Garza ed a sud da via Guglielmo Oberdan.
In realtà questo territorio è stato un comune autonomo sino al 1881 quando
venne annesso, nonostante l’opposizione di molti suoi cittadini, al Comune di
Brescia nel quadro di aggregazione di cinque comuni limitrofi (S. Nazzaro Mella,
S. Alessandro, Fiumicello-Urago, S. Bartolomeo e Mompiano) a quello del capoluogo,
ancora limitato dalla cinta muraria.
In passato il suo perimetro era molto più esteso di quello che attualmente porta il
suo nome: ossia tutta la zona che va dalla Stocchetta, comprendendone anche la
parte più meridionale e conglobando Borgo Trento, S. Eustacchio e Campo Marte,
fino a Porta Pile, la porta nord della città.
La zona era caratterizzata dall’amplia disponibilità di acqua, grazie alla presenza
di due canali artificiali, il Bova ed il Grande, ricavati dal Mella, ai quali deve essere
aggiunto il Celato, molto più antico, notevolmente spostato più ad est, nella zona
di Mompiano, per completare questo importante trio di corso artificiali che tanto
caratterizzò la nostra città dal punto di vista economico, urbanistico e sociale.
Attualmente, invece, questi fiumi hanno perso il loro antico splendore e sono
ridotti a canali sporchi ed inquinati dagli scarichi delle fabbriche: la qual cosa fa
specie, soprattutto, se se pensa che fino alla prima metà del Novecento i sindaci
dovevano regolare i bagni nel fiume Bova, dove i ragazzi si tuffavano e nel quale
persero la vita due giovani fratelli, figli del mugnaio Scanzi, che vi annegarono nel
giugno del 1931, come è riportato da un quotidiano di quel periodo.
I cambiamenti nel tempo, in realtà, hanno inciso su tutto il quartiere, come dimostra
la fusione dei segni delle varie epoche e, così, in mezzo ad edifici relativamente
moderni, come il villaggio Iacp, costruito nel 1957, per gli esuli dalmata,
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Archivio Serino
30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
il complesso condominiale le Querce o la nuova chiesa, cercano di sopravvivere i
simboli del passato che questo ultimo secolo ha provato di inghiottire prepotentemente.
Così resistono l’antico chiostro, parte del fabbricato dell’ex lazzaretto
quattrocentesco, la chiesa del Settecento, le varie ville padronali del XVIII secolo
ed i vecchi caseggiati con i resti delle pale idrauliche in via Ferrini, alle Mole ed
alle Gabbiane.
Dell’antico borgo campagnolo che doveva apparire agli occhi di chi vi arrivava
a metà del secolo scorso, ormai, è rimasto ben poco, salvo pochi appezzamenti
coltivati ad orti e frutteti, ed il paesaggio attuale è quello di un anonimo quartiere
cittadino.
Nel raccontare la storia di San Bartolomeo è possibile, addirittura, partire dal periodo
romano quando il territorio era attraversato da una strada che giungeva
sino alla Valtrompia e, pare, anche da un acquedotto.
L’officina del maglio nel museo del ferro di San Bartolomeo
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1. I QUARTIERI DELLA CIRCOSCRIZIONE NORD
La serie di ritrovamenti fatta tra l’Ottocento ed il Novecento, confermano l’esistenza
di un antico vicus romano: nella chiesa del Lazzaretto, in quella di San
Bartolomeo nella zona nord ed in alcuni terreni agricoli vennero scoperti una serie
di reperti funerari risalenti a quell’epoca.
Con la caduta dell’impero romano si susseguirono numerose invasioni barbariche
e si dovette aspettare il VI secolo, con l’arrivo dei Longobardi, perché la nostra
provincia in generale potesse vivere un periodo di relativa tranquillità.
Anche a San Bartolomeo, seppur non permangono segni evidenti come il convento
di San Salvatore in città, sono rimaste testimonianza della loro presenza,
come le armi, rinvenute nei terreni del conte Vallotti, all’inizio del Novecento, che
vennero donate ai civici Musei del conte Teodoro Lechi.
La tranquillità di questo periodo consentì alla popolazione di dedicarsi al lavoro
agricolo ed alla caccia, prime attività economiche locali.
Successivamente i territori di San Bartolomeo passarono sotto la proprietà del
vescovo di Brescia divenendo, per lo più, zona di caccia, come si nota, tra l’atro,
dell’etimologia dei nomi di alcune vie circostanti come Cazi o Cacciadenno.
Nel IX secolo, grazie ad una donazione di questi territori dal vescovo Ramperto
al monastero benedettino di San Faustino, alcuni monaci benedettini vi si trasferirono
dedicandosi alla coltivazione di vigne, ortaglie e campi circondati da siepi,
i “cìos” in dialetto, da cui proviene il nome Chiusure riferito a tutto il suburbio e
quello di tutta la zona denominata San Bartolomeo in Clausuris.
La presenza dei monaci fu fondamentale per diversi secoli, non solo in relazione
alla bonifica dei terreni ma, soprattutto, come punto di riferimento essenziale
per l’assistenza religiosa della popolazione. In pochi secoli, infatti, l’incremento
demografico era stato notevole ed alle poche catapecchie sparse qua e là nella
boscaglia, si erano aggiunte ville padronali e, anche, nuove cappelle come quella
di S. Donino e quella di S. Eustacchio.
Proprio sulla cappella di S.Eustacchio, dedicata al patrono dei cacciatori, vi sono
riferimenti che segnalano la presenza di un monastero a partire almeno dal 1387.
Nel 1466 il vescovo Domenico de Dominicis, letterato ed umanista, costruì, proprio
a S.Eustacchio, una villa per ospitarvi amici ed artisti e ricostruì anche la chiesa.
Parlando di questa zona si ricorda, anche, un luogo benedetto da San Carlo
Borromeo mentre agli inizi del ‘700, un altro vescovo Gian Francesco Barbarigo, vi
costruiva un’altra villa vescovile, con un nuovo padiglione ed un edificio in grado
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
di ospitare anche le riunioni dell’Accademia Cenomana dell’Arcadia.
Nel 1751 il cardinale Angiolo Maria Querini trasformò ed ampliò nuovamente
il palazzo destinandolo a sede del consiglio ecclesiastico, una sorta di università
all’interno della quale insegnarono numerose ed importanti personalità del
mondo ecclesiastico bresciano, ma nel 1789 il palazzo veniva abbattuto dai giacobini
bresciani avversi al vescovo, mentre la chiesa e l’area circostante vennero
confiscati con tutti i beni della mensa vescovile. La chiesetta restò a servizio della
sparuta popolazione della zona di S. Eustacchio che, verso la fine dell’Ottocento,
divenne luogo per la costruzione di edifici industriali e case popolari.
Significativa, nella storia di San Bartolomeo, fu anche la presenza dei canonici
regolari agostiniani, che esercitarono il loro priorato sulla chiesetta di San Bartolomeo
in Clausuris, di cui si ha memoria sin dal 1299.
Gli agostiniani erano, in realtà, una piccola comunità di eremiti che viveva isolata
occupandosi della coltivazione delle terre, pregando e studiando. Si ipotizza,
inoltre che tale comunità si dedicasse, proprio nel medioevo, all’assistenza agli
appestati e che, quindi, presso di essi esistesse già un ospedale per gli infetti
precursore del Lazzaretto che verrà edificato successivamente.
Anche il nome del quartiere, San Bartolomeo, santo piagato e scorticato vivo ed
invocato contro malattie della pelle, pestilenze ed epidemie, andrebbe a conferma
di questa tesi.
Nel 1275 diveniva Vescovo e principe di Brescia Berardo Maggi, personaggio fondamentale
per la storia della nostra città e legato a San Bartolomeo sia dalla
stretta amicizia con il suo vicario vescovile Cazzaino de Margotti, sia per gli scavi
voluti fortemente dal Vescovo dei canali Grande e Bova che, influiranno non poco
nell’economia della città ed in quella di San Bartolomeo: la popolazione, infatti,
cominciò ad utilizzare i corsi d’acqua per mettere in moto i mulini, i magli, le segherie,
i filatoi per seta, le concerie e le polveriere sfruttando la tecnologia della
ruota idraulica già diffusa, nel XII secolo, in tutta Europa.
La storia di San Bartolomeo dei secoli successivi, in particolare dal Quattrocento
al Seicento, è legata alla presenza del Lazzaretto, dell’esistenza del quale si hanno
documentazioni sicure a partire dal XV secolo, quando il Comune di Brescia decise
di aprire il lazzaretto civico proprio in questa zona, ritenuta più idonea di Mompiano
e Costalunga, in quanto già vantava una tradizione in questo senso.
Dal 1428 gli appestati furono inviati con regolarità all’interno del Lazzaretto, no-
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1. I QUARTIERI DELLA CIRCOSCRIZIONE NORD
nostante questo fosse ancora
di dimensioni limitate, in quanto
confinato nel antico priorato
degli agostiniani e costituito
solamente da poche capanne,
baracche e tettoie. Solamente
nel primo anni vi morirono almeno
tremila persone colpite
dalle più diversificate malattie
infettive, chiamate dalle cronache
del tempo tutte alla stessa
maniera: “peste”.
La peste fu il male dell’epoca e
San Bartolomeo, suo malgrado,
fece da sfondo alla sofferenza
di migliaia di persone che per
tutto il quattrocento vi furono
ospitate con continuità.
Nell’ultimo ventennio del secolo
il Comune di Brescia si
preoccupò di rinnovare il Lazzaretto
sia dal punto di vista
strutturale che organizzativo:
Una tipica roggia di San Bartolomeo
nel 1482 si diede via ai lavori
con la costruzione di un nuovo
edificio quadrilatero a due piani con portici, corsie, logge ed un amplio cortile di
cui probabilmente si occupò l’ingegner Tonino da Lumezzane.
Dal punto di vista organizzativo la gestione dell’ospedale passò nelle mani dei
frati carmelitani.
Nel 1512 Brescia insorse al domino francese che dominava la città dal 1509 e la
reazioni delle truppe transalpine guidate da Guglielmo di Foix fu terribile: la città
venne devastata e depredata di ogni ricchezza, i suoi cittadini massacrati, torturati
e violentati in tal modo da suscitare sconcerto ed indignazione nel resto d’Europa.
Lo stesso Lazzaretto venne depredato e le sue suppellettili vendute a Milano.
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Archivio Serino

30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
Il Lazzaretto, comunque, proseguì nella sua attività per tutto il cinquecento sino
al 1630, quando la terribile pestilenza, quella nota con il nome “del Manzoni”
proprio perché è in quel periodo che sono ambientati i Promessi Sposi, fu l’ultima
che si registrò in città, se si eccettua il colera del 1836 per il quale, tuttavia, venne
utilizzato il Civile. Con il settecento il Lazzaretto cadde gradualmente in disuso,
affittato ai contadini e poi progressivamente abbandonato divenendo rifugio di
senzatetto, tanto che, nel 1864, lo stabile venne abbattuto per circa tre quarti
mentre la parte restante sarà protagonista nel 1888 di un intervento di riutilizzo
allo scopo di ottenere spazi per le scuole comunale. Nel 1921, infine, il sindaco di
Brescia Bruno Boni donò l’edificio dell’ex Lazzaretto alla parrocchia.
Attualmente sopravvivono il chiostro, che mantiene tuttora, nonostante la scarsa
manutenzione, il suo fascino, e le facciata a sud, decurtata, tuttavia, dai lavori del
1961-62, per giungere alla chiesa nuova.
La storia di San Bartolomeo di quei secoli, ovviamente, non è solamente quella del
Lazzaretto: Brescia era ritornata già nel 1517 nelle mani della Repubblica di Venezia
che, nel 1529, concludeva la guerra con la Francia firmando la pace di Bologna.
Nel frattempo San Bartolomeo si era costituita comune, grazie ad un proprio statuto
riconosciuto dalla stessa città e ad un consiglio detti “giudici dei chiosi”. Il
comune di San Bartolomeo era esclusivamente tenuto ad una ridotta contribuzione
fiscale, secondo gli estimi pubblicati il 14 Dicembre del 1591 dalla Serenissima,
ed era sottoposto alla città con alcuni privilegi daziari.
San Bartolmeo, oltre all’agricoltura, sviluppava, come già si può notare osservando
la mappa di Brescia e dintorni del XVI secolo, il settore artigianale sfruttando i
percorsi d’acqua, inizialmente solo per i mulini e, successivamente, per la lavorazione
del ferro, del rame e delle pelli. A testimonianza della laboriosità di questo
borgo ci sono, anche, le denominazioni delle sue vie, come il rione delle Mole o via
Rassiche, che prende il nome da “rasseghe”, per ricordare la presenza di impianti
per la lavorazione del legno.
Un governatore del 1660 parlando di San Bartolomeo ricordava la velocità delle
sue officine nell’affilatura delle spade, mentre, nel periodo compreso tra i secoli
XVI-XVIII, la zona era famosa per la lavorazione di baionette, canne e componenti
di armi da fuoco. Nel 1688 veniva costruita, per ordine del capitano veneto Gerolamo
Corraro, un’enorme polveriera che alla fine dell’Ottocento divenne la sede
della società cooperativa pellettieri, ed appunto la concia delle pelli fu la più tradi-
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1. I QUARTIERI DELLA CIRCOSCRIZIONE NORD
zionale e la più antica di tutte le lavorazioni artigianali del Borgo, tant’è che alcuni
storici hanno ipotizzato che il nome della zona non sia dovuto alla presenza del
Lazzaretto ma a questo genere di attività di cui si vuole San Bartolomeo patrono.
La situazione dal punto di vista politico e produttivo restò più o meno la stessa
sino al 17 ottobre del 1797, quando al termine della vittoriosa campagna in Italia
di Napoleone Bonaparte, Francia ed Austria, firmarono il trattato noto con il nome
di pace di Campoformio che, sostanzialmente, stabiliva la definitiva caduta della
Repubblica di Venezia, ed il passaggio dei suoi domini nelle mani dello sconfitto
Francesco II d’Austria. La popolazione bresciana, tuttavia, si ribellò, proclamandosi
repubblica e divenendo parte della Repubblica Cisalpina e del Regno d’Italia, come
capoluogo del dipartimento del Mella. All’inizio dell’Ottocento cominciò a farsi
strada l’opinione che i comuni limitrofi alla città dovessero essere ad essa annessi:
percorso che tra varie vicessitudini si concluderà definitivamente nel 1881.
Con l’inizio del ‘900 anche San Bartolomeo venne toccata dagli eventi del secolo
e dopo l’uccisione di re Umberto a Monza diversi suoi abitanti vennero arrestati
come socialisti ed anarchici. Durante la I Guerra mondiale questo quartiere sacrificò
dieci dei suoi giovani alla causa nazionale, i cui nomi sono ricordati ancora oggi
da una lapide posta sul fianco occidentale della chiesa, ed alla quale verranno
aggiunti i nominativi delle vittime del secondo conflitto mondiale.
Palazzo INCIS in via Veneto
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Per concessione dei Civici Musei d’Arte e Storia di Brescia

30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
Dopo le due guerre e l’arrivo degli esuli dell’Istria e della Dalmazia che a Brescia,
ed a san Bartolomeo, in particolare, troveranno ospitalità, il quartiere non venne
più interessato da eventi storici di particolare importanza e dalla metà del Novecento
in poi muterà il suo aspetto omologandosi in modo molto evidente a tutto
il resto del paesaggio cittadino. Dal 1950, in poi, furono edificati diversi complessi
condominiali: sorsero il Villaggio Bianco (1955), le case per i profughi dalmati
dell’istituto case popolari (1957), seguiti, successivamente, dai complessi delle
“Querce”, degli “Olmi”, dei “Platani” ecc.
Nel 1962 veniva costruito l’istituto Industriale Benedetto Castelli, nel 1982 un
nuovo edificio postale, nel 1993 grazie alla collaborazione tra Comune e Parrocchia
si edificò un nuovo centro sportivo e nel 1995 un nuovo centro residenziale
Aler.
Tra queste abitazioni si trovano oggi diversi complessi industriali (Ori Martin, Palazzoli,
Idra, Maifrini) ed i resti del passato con le varie ville settecentesche.
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oRgo TRenTo
1. I QUARTIERI DELLA CIRCOSCRIZIONE NORD
All’interno di quello che fu il territorio di San Bartolomeo era presente anche
Borgo Trento, uno dei quartieri di Brescia che, per la propria morfologia, è riuscito
a mantenere l’immagine di piccolo borgo che lo ha sempre reso affascinante.
Borgo Trento, da prima parte del Comune di San Bartolomeo, venne annesso alla
parrocchia di Borgo Pile nel 1886 che comprendeva un vasto territorio.
La zona da sempre era stata caratterizzata da un certo fermento dal punto di vista
sociale, religioso ma, anche, delle attività produttive e la storia di Borgo Trento fu
legata a quella di questo territorio e, soprattutto, nel lontano passato a quella di
San Bartolomeo e delle zone a nord della città.
Le vicende di Borgo Trento sono, comunque, legate anche a quelle di Borgo Pile,
nome che contraddistinse il Borgo che si formò al di là della porta, eretta dal
1237 al 1239, oltre la chiesa di San Faustino.
Porta Trento, i nuovi mercati rionali
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Per concessione dei Civici Musei d’Arte e Storia di Brescia

30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
Il nome Pile deriva, secondo Fè D’Ostiani, dall’edificio di pile mosso dalle acque
del Celato, anche, se è molto più probabile, che prendesse origine da pilastro o
cardine.
Il Borgo nell’arco dei secoli crebbe di dimensioni ma, nel 1517, al termine della
terribile dominazione francese, si decise, per motivi di sicurezza, di abbattere tutti
gli edifici intorno alla città per un raggio di mezzo miglio.
Borgo Pile venne, così, trasferito, più a nord, come racconta, all’inizio del seicento
lo stesso Giovanni Da Lezze nel suo “Catastico bresciano” che parla di “case
costruite alla moderna ed assai belle” e di “mercanti di biava”, ossia frumento,
segno della caratterizzazione agricola, oltre che pre-industriale della zona, segnalata
dalla presenza di mulini attorno al Garza.
Tra porta Pile e Borgo Trento si estendeva, ai tempi, un’amplia zona verde, all’interno
della quale si era sviluppato un agglomerato di case, denominato Isolabella,
come “All’Isolabella”, si chiamava un ristorante dei fratelli Basché, antica osteria
che si trovava sulla riva destra del Garza, dove si giocava anche a bocce.
Di fronte all’Osteria, nel 1911, venne edificata la Casa Marchesi, che i proprietari
vollero abbellire con affreschi raffiguranti figure allegoriche.
Questo territorio era caratterizzato, anche, dalla presenza di lavoratori giornalieri
ed anche di miserabili, come racconta il notaio Antonio Losi, in un documento del
6 giugno del 1728.
Come spesso in quegli anni, accanto ai benestanti, quindi, vivevano anche numerose
persone che tiravano a campare: la miseria, tuttavia, fu solo uno dei
problemi che i cittadini di quei tempi si trovarono ad affrontare. Ci fu l’esperienza
della guerra con le truppe austriache del capitano Rakowki e quelle provenienti
dal trentino che si ritrovarono proprio al di fuori delle mura della città nel 1813,
mentre solo tre anni dopo vi fu una carestia tale da richiamare addirittura i lupi
nelle zone limitrofe alla città, ed anche in quella del Borgo.
Chi, invece, racconterà le vicende novecentesche del Borgo sarà Lino Monchieri
nel libro “Il mio Borgo”, edito nel 1973: un’opera nostalgica sui tempi che furono
e sul fascino del “bòrg”, luogo fervente sia dal punto di vista dei rapporti sociali
che da quello delle attività artigianali.
Monchieri ricorda, così, la morfologia del Borgo, la scuola elementare Cesare
Battisti, tutt’ora esistente, il ponte sul Garza, il ponte alto noto, soprattutto, per
la “Trattoria della Lepre”, la fermata del tram che portava a Mompiano ed il gioco
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1. I QUARTIERI DELLA CIRCOSCRIZIONE NORD
delle bocce. C’erano Le Grazzine con la loro chiesa ed un numero significativo
di case sparse, cascine e ville rurali, per lo più, tra le quali spicca, la “villa degli
spiriti”, come era chiamata dai ragazzini del tempo villa Cottinelli.
Lo stesso autore parla di Borgo Trento come una comunità fervente ma chiusa
in sé stessa, e questa se anni fa, allo stesso autore poteva sembrare un limite, è
quella che ha mantenuto il Borgo inalterato nel tempo, almeno dal punto di vista
delle costruzioni e della tranquillità del luogo, che ai giorni nostri è considerata
una piacevole zona residenziale.
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
MoMPiano e caSazza
Mompiano, anticamente “Monte Plano” con riferimento alla piana circondata da
colle San Giuseppe e Maddalena, nasce come vivace borgo rurale, impreziosito
da fonti d’acqua e abitato da famiglie contadine, cui si aggiungeranno nel tempo
le case di campagna delle famiglie bresciane più in vista.
I primi insediamenti risalgono all’epoca romana. Il territorio di Mompiano era
abbinato all’idea di salubrità anche per la presenza di fonti che attraverso un
acquedotto alimentavano tutta la città e le numerose fontane pubbliche fin dai
tempi di re Desiderio, l’ultimo sovrano longobardo. A solcare Mompiano è anche
un canale derivato dal Mella, conosciuto come fiume Celato, ora coperto, che
secondo le ipotesi deve il suo nome al fatto di scorrere “nascosto” dal vecchio
acquedotto romano, o di essere “salato”, a causa dell’abbondanza di sali minerali
delle sue acque.
Destinata a lasciare un segno fu la presenza, nel I secolo d.C., dei monaci benedettini
del cenobio di San Faustino maggiore, che bonificarono alcuni terreni
paludosi della zona, introducendo la coltura della vite e tracciando i collegamenti
Veduta aerea del Parco Castelli
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1. I QUARTIERI DELLA CIRCOSCRIZIONE NORD
col colle San Giuseppe (chiamato in origine monte del Guas, dal termine longobardo
“gaggio”, che significava bosco dove la popolazione poteva far legna).
Nel Medioevo Mompiano è una delle “chiusure” di Brescia, cioè delle aree abitate
al di fuori delle mura, ma sottoposte agli statuti cittadini. Nel XV secolo, con
la nuova ripartizione del territorio in “quadre”, il borgo, sviluppatosi attorno al
fulcro della vita sociale e religiosa rappresentato dalla chiesa di Sant’Antonino,
viene classificato come l’ottava delle “quadre” di San Faustino.
Sotto la dominazione austriaca, nel 1816 Mompiano diventa Comune indipendente
da Brescia, assorbendo nei suoi confini una vasta area a nord della città,
che andava dal Conicchio alla Maddalena, fino alla Pusterla e a Borgo Trento.
Le cinque contrade che componevano il quartiere, la Sant’Antonio, la Fontane,
la Montedenno, la Piazza e l’Ambaraga, furono rette da un’autonoma amministrazione
fino al 1880, quando con regio decreto il governo italiano accolse
la richiesta del Comune di Brescia di annettere il vicino Comune di Mompiano
insieme agli altri quattro di S. Bartolomeo, Fiumicello-Urago, S. Nazzaro-Mella, S.
Alessandro, nonostante le ferme proteste delle piccole municipalità, che temevano
la prospettiva di essere inglobate.
Nonostante le vicissitudini storiche, il volto più autentico del quartiere, che rimarrà
invariato fino ai primi decenni del Novecento, è quello di una comunità
agreste, impegnata nei campi e nelle vigne, a far legna nei boschi alle pendici
della Maddalena, o a cavare il medolo, la pietra tipica delle dorsali locali. Quello
del “roncher” e del “medoler” sono sempre stati i lavori caratteristici del quartiere,
insieme a quello delle lavandaie, mestiere tramandato nei secoli, ai bordi del
fiume Celato, fra panni da pulire, spazzole e lisciva.
Con l’annessione a Brescia arriveranno anche il tram, l’illuminazione pubblica
e verranno ampliate le scuole, avviando il quartiere verso un lento processo di
modernizzazione che si compirà nel secondo dopoguerra, con una significativa
trasformazione urbanistica e il rapido sviluppo di quella che diventerà la periferia
nord della città.
Sull’onda del boom economico il quartiere abbandona il suo profilo agreste per
dedicarsi prevalentemente al settore terziario. Per rispondere al fabbisogno residenziale
e alla popolazione in continua crescita vengono costruiti nuovi alloggi,
fra cui il villaggio Valotti negli anni Sessanta e il quartiere Europa 70 agli inizi
degli anni Settanta.
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Archivio Fototeca storica Spedali Civili di Brescia
30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
Lo stadio Rigamonti era stato inaugurato nel 1959, mentre all’inizio degli anni
Settanta prendono il via le prime lezioni di Ingegneria (nel convitto Gerolamo
Emiliani di Mompiano) e Medicina (nella sede costruita nelle adiacenze dell’ospedale
Civile), con la collaborazione del Politecnico di Milano e delle Università di
Milano e Parma. Bisognerà aspettare fino al 1982 per la nascita ufficiale dell’Università
degli Studi di Brescia, che consoliderà proprio a Mompiano il polo medico
e ingegneristico.
Nell’area vicino all’innesto con la via Triumplina sorge il quartiere di Casazza, nel perimetro
dove un tempo esisteva una cascina, chiamata “casaccia”, che ha dato il nome
alla via e poi a tutto l’insediamento urbano.
Agli inizi del Novecento la via si chiamava “Strada consorziale della Casazza o cascina
larga” e si estendeva oltre via Triumplina verso Mompiano.
Gli insediamenti più significativi per il quartiere si sono sviluppati con gli anni Settanta
del secolo scorso, a partire dalle case costruite dall’Istituto autonomo case popolari.
1942: la zona non ancora urbanizzata attorno all’Ospedale Civile
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1. I QUARTIERI DELLA CIRCOSCRIZIONE NORD
La storia dell’ospedale
L’attuale sede dell’ospedale
Civile viene costruita a partire
dal 1938, con un piano finanziario
di 21 milioni di lire e un
innovativo progetto architettonico
“a raggiera”, per farne
un ospedale d’avanguardia.
Il primo reparto viene aperto
nel 1951 e nel 1953 si assiste al trasferimento definitivo delle degenze
dalla vecchia sede dell’ospedale, nell’area del convento di San Domenico
nei pressi di via Moretto. La scelta dell’area di Mompiano, che negli anni
Trenta aveva scatenato un ampio dibattito (molti criticavano la lontananza
del nosocomio dal centro e ritenevano sarebbe stato escluso dalle traiettorie
della crescita urbana), si rivelerà invece strategica: il Civile sarebbe
diventato negli anni una delle strutture più determinanti per lo sviluppo di
Brescia a nord del Cidneo, un risultato favorito anche dalla nascita della
confinante Università degli Studi, nel 1982.
I cantieri per la costruzione dell’ospedale e l’ingresso nel 1938
23
Archivio Fototeca storica Spedali Civili di Brescia

Archivio Solidarietà Viva
30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
Villaggio PRealPino
Fino al secondo dopoguerra l’area del Villaggio Prealpino, nel triangolo fra il crocevia
per Nave, la chiesa della Stocchetta e il Conicchio era un’area di aperta
campagna, con vigne e pescheti, punteggiata da qualche cascina.
L’esplosione urbanistica si avrà dal 1958 al 1971, quando le cooperative del gruppo
La Famiglia, dall’intuizione di padre Ottorino Marcolini, inizieranno a costruire
villette a schiera, dando vita a un vero e proprio “paese” nella città (il Villaggio
Prealpino si chiama così dal nome delle prime due cooperative che vi hanno costruito),
che verrà gradualmente dotato di infrastrutture e servizi.
Inizialmente le strade all’interno del Villaggio non erano asfaltate, i bus non arrivavano
perché il capolinea era alla Stocchetta, elementi che rafforzavano la
dimensione raccolta e di condivisione fra le prime famiglie residenti.
Il primo luogo di socializzazione del Villaggio furono le scuole elementari, che per
i primi cinque anni dopo l’avvio degli insediamenti rappresentarono, con l’am-
Fine anni ‘50: si inizia a progettare la costruzione del Prealpino
24

1. I QUARTIERI DELLA CIRCOSCRIZIONE NORD
pio seminterrato di cui disponevano,
un importante “centro di aggregazione”
per la comunità: lì si svolgevano
assemblee pubbliche, si proiettavano
film per offrire il cinema ai più giovani,
venivano messe in scena le commedie
della filodrammatica di quartiere.
Nel 1960 viene ultimato l’oratorio,
mentre la chiesa di Santa Giulia sarà
terminata nel 1961 (il primo parroco
del Villaggio fu l’indimenticato don Nicola Pietragiovanna), cui seguirà, nel 1963,
l’inaugurazione della scuola materna.
Col tempo il quartiere è diventato particolarmente vivace, oltre che dal punto
di vista associazionistico, anche da quello culturale ed artistico, grazie al Teatro
Santa Giulia, costruito negli anni Sessanta con il nome di Cinema-Teatro Excelsior,
allora tra le sale più grandi di Brescia con 600 posti. Dopo la ristrutturazione, avvenuta
nel 2001, che lo ha reso moderno e funzionale, il teatro ha preso il nome
di Santa Giulia, in onore alla santa della parrocchia, iniziando una intensa attività
di proposta cinematografica e teatrale rivolta a tutta la città.
Il primo lotto del Prealpino e, in alto, veduta odierna del Villaggio
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Archivio Solidarietà Viva

30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
coSTalUnga - San RoccHino
Nei primi anni del secolo scorso, quando non era ancora stato costruito
l’ospedale Civile, l’area dove oggi sorge il quartiere - che va dalle pendici
della Maddalena verso occidente, confinando con i Ronchi dietro San Gottardo
- era scarsamente abitata, ed era piuttosto un luogo di svago extraurbano,
meta di gite e sito apprezzato dai raccoglitori di funghi.
Il nome originario di Costalunga pare fosse “Cogolo”, da cogol, che in
dialetto significa sasso, probabilmente per evocare la presenza di cave di
pietra nella zona. San Rocchino prende invece il nome dalla piccola chiesa
costruita nel Seicento nella zona e dedicata al santo, che era protettore
degli appestati e che richiamava la presenza nelle vicinanze del lazzaretto
che accoglieva i malati.
Nel Seicento l’area faceva parte della seconda “quadra” di San Faustino,
secondo l’organizzazione amministrativa data allora alla città. Successivamente,
alle originarie case sparse di contadini nel Settecento si aggiunsero
ville patrizie, poste negli scorci più panoramici ed estese anche al tratto
chiamato Ponte Alto (nell’area occupata oggi da piazzale Golgi) dal ponte
che consentiva di attraversare il fiume Celato.
Per l’urbanizzazione della zona bisognerà attendere il secondo dopoguerra
e gli anni Sessanta, che daranno il via al boom edilizio, con la costruzione,
fra gli altri, anche di un villaggio Marcolini nel 1964.
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1. I QUARTIERI DELLA CIRCOSCRIZIONE NORD
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
Esterno del Museo del ferro a San Bartolomeo 28
Archivio Serino

Capitolo 2
A spasso per la Nord
i MUSei
2. A SPASSO PER LA NORD
Il Museo del Ferro
Il Museo del Ferro – La fucina di San Bartolomeo, inaugurato nel 2001, offre un
suggestivo colpo d’occhio su come dovevano essere un tempo il lavoro e i trucchi
della sapienza artigiana e industriale. Ambientato nei locali dove nel corso dei
secoli si è sviluppata una fucina da ferro con un laboratorio di molatura, in via del
Manestro 107/111, il polo espositivo nasce da un progetto di recupero e musealizzazione
pensato per raccontare una parte importante della storia economica e
sociale bresciana attraverso oggetti d’uso comune e attrezzi da lavoro che si sono
conservati nel tempo.
Fulcro del percorso espositivo è il maglio (conservatosi dagli anni Ottanta del secolo
scorso), il dispositivo meccanico per battere i metalli che funzionava come un
grande martello, e con la sua cadenza regolare scandiva i tempi del lavoro.
Nel percorso viene illustrato anche il funzionamento della ruota idraulica che grazie
alla canalizzazione esterna delle acque procurava l’energia per la fucina. Tutte
le fasi di lavorazione del metallo sono documentate nei dettagli, come nell’opificio
di molatura che conserva ancora forgia, mole e attrezzi per la realizzazione degli
oggetti in ferro, e nelle diverse sezioni della fucina.
Percorsi didattici mirati sono stati sviluppati per ragazzi e scolaresche. Lo spazio
espositivo di San Bartolomeo rappresenta il polo iniziale del futuro Museo dell’Industria
e del Lavoro “E. Battisti” di Brescia, ed è stato promosso dalla Fondazione
Civiltà Bresciana.
Il Museo civico di Scienze naturali
Il museo cura le attività di conservazione e ricerca scientifica e propone percorsi
didattici per diffondere attraverso le proprie collezioni la cultura naturalistica.
Nelle sale espositive della sede di via Ozanam 4 vengono illustrate le tematiche
relative alle scienze naturali, fra cui botanica, geologia e zoologia. Il servizio gesti-
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Archivio Serino
30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
sce anche la Civica Specola Cidnea, per promuovere la divulgazione dell’astronomia,
dell’astrofisica e geografia astronomica.
Le attività scientifiche condotte dai ricercatori sono orientate alla conoscenza del
territorio locale e alla sua valorizzazione, per contribuire alla ricerca, acquisizione e
conservazione di reperti e testimonianze dell’ambiente naturale. Attorno al museo
gravitano anche le attività promosse dalle associazioni naturalistiche e dai gruppi
scientifici locali.
All’interno del museo è aperta una biblioteca specializzata, che fa parte del sistema
bibliotecario urbano e raccoglie volumi relativi a discipline di carattere scientifico e
naturalistico, in particolare quelle astronomiche, biologiche, geologiche e preistoriche.
Il fondo della biblioteca, costituito da oltre 100 mila documenti, è composto da monografie,
periodici, estratti, materiali multimediali, carte geografiche e documenti.
Il percorso espositivo all’interno del Museo del ferro
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le cHieSe
Parrocchia
di San Bartolomeo,
ex Parrocchiale
Nell’antica parrocchia è da
vedere il dipinto murale conservato
presso l’altare laterale
sinistro, che raffigura la
Madonna con Gesù Bambino
in trono ed è risalente al XV
secolo. Di pregiata fattura è
anche l’altare maggiore con
marmi policromi, del 1708,
mentre il presbiterio vale una
visita per osservare i dipinti
murali di Pietro Scalvini, risalenti
al 1739.
2. A SPASSO PER LA NORD
San Bartolomeo, il campanile della vecchia parrocchiale
Parrocchia di Cristo Re
Nel cuore di Borgo Trento la chiesa, dalle architetture armoniche, vanta numerose
opere del pittore Vittorio Trainini di Mompiano, in particolare la Pala dell’altare
maggiore con Cristo Re in trono e San Pietro Apostolo (del 1927), e la decorazione
della volta, risalente al 1934-36, con il Giudizio Universale.
Vale una visita anche il presbiterio, dove è conservata un’opera di Palma il giovane,
del secolo XVII, raffigurante Sant’Antonio abate. All’ingresso il visitatore
attento riconoscerà sulla parete sinistra la Madonna con Gesù Bambino e Santi di
Pietro Ricchi (1640-1660).
Per chi apprezza il lavoro di cesello e le pietre preziose, alla chiesa di Santa
Maria delle Grazzine si può ammirare l’altare con marmi intarsiati, madreper-
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Archivio Serino

30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
la e lapislazzuli risalente al XVII secolo e conservato nel presbiterio.
Notevole anche il dipinto murale, che data attorno agli anni 1500-1524, e raffigura
la Madonna con Gesù Bambino in trono.
Chiesa di Sant’Antonino
della parrocchia di San Gaudenzio a Mompiano
L’antica parrocchiale risale alla fine del Trecento ed è intitolata a Sant’Antonino,
soldato romano martire e patrono di Piacenza. Qui veniva officiato in tempi antichi
il culto religioso per i residenti del quartiere. Ancora oggi si possono ammirare
notevoli opere realizzate nel corso dei secoli, secondo il gusto del tempo: l’Altare
dei Santi, di Giulio Vannucci, risalente al XVII secolo, con la Pala di Sant’Antonio
da Padova con Santi; la Pala dell’altare maggiore, del XVI secolo, che raffigura la
Madonna con Gesù Bambino e Santi, e l’Altare del Rosario, del XVII secolo, con i
Misteri del Rosario.
Sempre nella “Mompiano vecchia” si trova la chiesa di Santa Maria, risalente
al Settecento e costruita su una precedente cappella. Alle pareti resta ancora un
particolare dipinto murale, del secolo XVII, che raffigura Cristo Deriso. Significativo
anche l’altare maggiore, di Francesco Pialorsi, dei secoli XVII-XVIII, con una
notevole soasa lignea.
Suggestiva e ricca di storia è la chiesetta di San Bernardo in Costalunga,
risalente al XV secolo, poi ricostruita nel 1825. Da osservare, nell’abside, la pala di
fine Settecento raffigurante San Bernardo e la Madonna addolorata.
A San Rocchino, nella parrocchia della SS. Trinità, fra le particolarità da
vedere si segnalano una pregiata scultura, nella forma di bassorilievo, del 1600-
1610, che ha per soggetto la Madonna con Gesù Bambino e San Giovannino.
La Pala dell’altare maggiore è databile invece al XVI secolo (1550-1574) e raffigura
la Madonna con Bambino e Santi.
32

i PaRcHi
2. A SPASSO PER LA NORD
A Mompiano il parco Castelli, nei pressi dell’area collinare rappresenta un
polmone verde di richiamo per l’intera città, con i suoi 48.581 metri quadrati di
superficie, dotati di aree gioco per bambini, pergolati, uno spazio dedicato all’attività
motoria dei cani e le attrezzature sportive per praticare la pallacanestro o
giocare a bocce. L’arena interna diventa d’estate sede di spettacoli e proiezioni
cinematografiche.
Più a nord, al villaggio Prealpino si trova il parco Belvedere, che si estende per
circa 10 mila metri quadrati impreziositi da essenze arboree stagionali, betulle e
un filare alberato. Il parco è dotato di un’area giochi per bambini, una piastra polifunzionale,
un percorso salute e attrezzature per calcetto, pallacanestro e bocce.
I giardini di via Casazza, dopo il ridisegno complessivo con rinnovo di pavimentazione
e arredi, sono oggi un luogo di aggregazione di riferimento per il
Il Parco Castelli a Mompiano
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
quartiere, con spazi verdi per oltre 13 mila metri quadrati, arricchiti da aree gioco
per i più piccoli, pergolati per garantirne la funzionalità in tutte le stagioni e attrezzature
per la pallacanestro.
I giardini di via del Sebino sono il simbolo del volto nuovo del quartiere, che
ha conosciuto una rilevante crescita residenziale nelle aree un tempo a vocazione
industriale.
I giardini, che si estendono su una superficie di 9.252 metri quadrati, sono diventati
un luogo di ritrovo per i residenti, grazie anche a spazi gioco e all’area per
l’attività motoria dei cani.
Gli spazi verdi più recenti di cui può disporre il territorio della Nord sono il parco
di Campo Marte, a Sant’Eustacchio, acquisito dal Comune nel 2007, con una
superficie di quasi 39 mila metri quadrati.
La sistemazione definitiva dell’area – già aperta al pubblico – verrà delineata
attraverso un percorso di progettazione partecipata con Circoscrizione e realtà
di quartiere.
I giardini di Campo Marte
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2. A SPASSO PER LA NORD
Nella rete del verde comunale è entrata a far parte anche l’ex Polveriera di
Mompiano (già deposito di munizioni di Valpersane), che con i suoi 146.510
metri quadrati estesi su una vasta area collinare rappresenta una vera e propria
oasi ecologica, ora in corso di recupero e valorizzazione per essere fruita
dall’intera cittadinanza.
La Valle di Mompiano, il colle di San Giuseppe, i Ronchi e la Maddalena fanno
parte del Parco delle Colline, uno spazio naturale costituito da riserve
ambientali di grande interesse e rarità dal punto di vista geologico e della
vegetazione.
L’area si estende oltre i confini cittadini e, insieme a Brescia, coinvolge i Comuni
di Bovezzo, Cellatica, Collebeato, Rodengo Saiano. Grazie a interventi di recupero
degli accessi e ai sentieri didattici il Parco offre l’occasione per sperimentare
un rapporto più stretto fra città e verde, fra uomo e natura.
Ingresso dell’ex Polveriera di Mompiano
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
RealTà del TeRRiToRio
La Nikolajewka
Era il 1978 quando un gruppo di persone generose e volenterose decisero
di supplire alla mancanza di strutture assistenziali rivolte a giovani spastici e
miodostrofici, dando vita alla scuola di mestieri “Nikolajewka”, per cercare di
fornire ai ragazzi, altrimenti abbandonati a sé stessi ed alle loro famiglie, le
capacità per inserirsi professionalmente e socialmente.
Grazie, quindi, all’impegno di queste persone e del padre filippino Giacomo
Capretti, che fu l’anima del movimento, la scuola trovò sede provvisoria al
centro “Federico Palazzoli”, dove già operava un consorzio sorto due anni prima.
L’assorbimento del Centro da parte della Ussl 41, a seguito della riforma
sanitaria, portò in breve tempo all’indisponibilità dei locali utilizzati dalla scuola,
alla quale, tuttavia, vennero incontro, con la consueta generosità gli alpini
di tutta la provincia di Brescia, che si rimboccarono le maniche ed in 20.000,
con settantamila ore di lavoro, costruirono l’edificio, in titolando la scuola a
“Nikolajewka”, in imperituro ricordo delle migliaia di ragazzi che persero la
vita in Russia.
Furono circa 300 milioni quelli che gli alpini riuscirono a raccogliere grazie
ad innumerevoli iniziative, 495 quelli messi in campo dalla Cariplo, 495 quelli
offerti dai bresciani mediante offerte private o partecipando ad una sottoscrizione
del Giornale di Brescia.
Spesso gli Alpini giungevano sul cantiere con i loro attrezzi personali, per lavorare
dalle sei del mattino alle nove della sera, sette giorni su sette di ogni settimana,
anche per tutta l’estate. L’obiettivo era di finire la costruzione dell’edificio
entro la data del quarantesimo anniversario della battaglia di Nikolajewka,
ma nel gennaio del 1983 solo una parte dell’edificio sarebbe stata ultimata.
Per l’immensa dedizione, gli Alpini bresciani ricevettero, in quel 1982, il Premio
Fraternità, istituito in Brescia a ricordo del giornalista Bruno Marini.
36

Scuola Audiofonetica Mompiano
2. A SPASSO PER LA NORD
Nel primo ventennio del secolo scorso, esattamente nel 1919, le suore Canossiane
trasferirono nella loro casa di via S. Antonio, a Mompiano, la scuola di
sordomute già attiva da una sessantina d’anni dalla loro casa in città.
L’attività delle Figlie della carità in questo campo fu molto producente tanto è
che con il tempo si decisero a passare dal sistema mimico ad il metodo orale,
meno facile da utilizzare ma più redditizio dal punto di vista dei risultati.
All’interno della scuola, inoltre, venne introdotta la psicomotricità per audiolesi
e si aprirono le iscrizioni, anche, per i maschi.
Passo fondamentale, inoltre, fu quello di affiancare ai ragazzi svantaggiati quelli
normali come quello di destinare parte della scuola alle materne, all’interno
della quale vengono introdotti bambini idi età inferiore ai tre anni, proprio
perché i risultati maggiori si possono ottenere in giovane età.
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
le PaRRoccHie della ciRcoScRizione noRd
San Bartolomeo
Via Gabbiane, 8 - 25128 Brescia
Parroco: Don Angelo Cretti
tel. 030 2002438 - fax. 030 2002438
Cristo Re
(Borgo Trento)
Via Fabio Filzi, 3 - 25128 Brescia
Parroco: Don Umberto Dell’Aversana
tel. casa 030 3700600
tel. oratorio 030 302427
Santa Maria Immacolata
(Pavoniana)
Via Pavoni, 11/a - 25128 Brescia
Parroco: Don Trainotti Mario
tel. 030 300265 - 030 399196
Santa Maria Madre
della Chiesa
(Casazza)
Via Casazza, 42 - 25128 Brescia
Parroco: Don Evandro Della Dote
tel. 030 2001789 - 030 2001789
San Barnaba Apostolo
Via Valle, 37 - 25128 Brescia
Parroco: Don Gianluigi Carminati
tel. 030 305363 - fax. 030 305363
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S. Giulia
Via Tovini, 2 (Villaggio Prealpino)
Parroco Don Luciano Bianchi
tel. 030 2090003
S. Giovanni Battista
Via Triumplina n. 268
Parroco: Padre Toffari Mario
tel. 030 2005608 - fax. 030 2097128
S. Gaudenzio
Via Fontane n. 26
Parroco: Don Cesare Verzeletti
tel. 030 2004254
SS. Francesco e Chiara
Via Bligny n. 10/b
Parroco: Don Franco Lanfranchi
tel. 030 2008259
SS. Trinità
P.le Spedali Civili 51
Parroco: Don Pitozzi Elio
tel. 030 303352 - fax. 030 391778
S. Bernardo
Via Costalunga n. 38
Parroco: Don Samuele Brambillasca
tel. 030 3398222 - fax. 030 398898

Acli Cristo Re
Via Trento 62 - tel. 030 303254
Ascomarte
Via Pasubio 2
tel. 030 391161
www.ascomarte.it
Impronta Camuna
Via Pasubio 2
tel. 030 391161 - 335 5943534
www.improntacamuna.it
Camminando Insieme
Via Vittime d’Istria e Dalmazia 10
tel. 030 2010233
Pensionati Casazza
Via Casazza 46
Anziani in allegria
Via Casazza 30
tel. 030 2001502
Gruppo Campo Marte
Via Monte Grappa 10/A
tel. 338 8085235 - 030 396304
gruppocampomarte@libero.it
2. A SPASSO PER LA NORD
le aSSociazioni della ciRcoScRizione noRd
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Associazione officine mentali
tel. 030 2583449
trainini@iol.it
Libertà e progresso
Via Luzzago 4
tel. 030 8374161
associazione@libertaprogresso.it
Club Azzurri
Via Montesuello 18
tel. 030 2010534
info@clubazzurri.it
Strada Sapori Longobardi
Via del Sarto 34
tel. 030 2312791
www.stradadelvinocollideilongobardi.it
Associazione amore,
pizza e fantasia
Via dello Stadio 15
tel. 333 7809147 - 030 2004077
francescogiordano101@alice.it
Compagnia Lyria
Via Tosoni 19 - tel. 030 3702422
info@compagnialyria.it

30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
le aSSociazioni della ciRcoScRizione noRd
Associazione Palcogiovani
Via Trento 85
tel. 335 7797944 - 030 396648
info@palcogiovani.it
Amici della solidarietà
Via Sant’Antonio 16 - tel. 030 2003574
Arpa
Via Brolo 4 - tel. 338 6268532
angelofacchi1804@libero.it
Alpini del Villaggio Prealpino
Via settima 21
tel. 030 2090674 - 335 1579125
luigi.lorenzini59@libero.it
Alpini di Mompiano
Via Rampinelli 7
Bimbo chiama bimbo
Via Fontane 29
Sede Amministrativa: tel. 030 2000408
Segreteria e Servizi: tel. 030 2093006
bimbochiamabimbo@bimbochiama.191.it
Gnari de Mompià
Via Prima Villaggio Montini
tel. 338 5053024
gnarimompiano@virgilio.it
40
Teatro inverso
Via Tosoni 13 - tel. 030 3701163
teatroinverso@teatroinverso.it
Partigiani d’Italia (Anpi)
Sez. Verginella
Via Cacciadenno - Coop Lavoratori
tel. 030 390472
Solidarietà Viva
Via del Brolo 71 - tel. 030 2005566
Club spastici adulti Aias
tel. 030 2002942 - 030 2305522
Commercianti e artigiani
di Mompiano
Piazzale Kossuth 25
tel. 347 8941135 - 339 1468334
floral.studio@libero.it
Gruppo S. Vincenzo
Stocchetta
Via tredicesima 24 Stocchetta
tel. 030 2090896
Brescia golf Country Club
Via Stretta 48 - Tel. 030 2006981
info@clubazzurri.it

Asd Master - Class Fitness Club
Azzurri Brescia
Via Ciliegi 1 Gussago - tel. 030 2010534
info@clubazzurri.it
Nuova Impronta
Via Tavelli 35
tel. 030 2090375 - 339 8242919
2. A SPASSO PER LA NORD
le aSSociazioni della ciRcoScRizione noRd
41

30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
1959: L’unica via di accesso al Villaggio Prealpino (attuale via 42Prima)
Archivio Solidarietà Viva

3. ALLE ORIGINI DEL DECENTRAMENTO
Capitolo 3
Alle origini del decentramento
dai coMiTaTi SPonTanei ai conSigli di qUaRTieRe
La storia della partecipazione a Brescia
Le prime esperienze di partecipazione nei quartieri risalgono al 1965, in particolare,
per la zona nord della città, a Borgo Trento, San Bartolomeo, Mompiano
e Villaggio Prealpino. Si trattava però di episodi a sé stanti, temporanei e senza
organicità, in cui i residenti facevano gruppo per risolvere qualche specifico problema
di quartiere.
L’avvio del movimento di quartiere vero e proprio viene datato al 1967, quando a
Mompiano, in marzo, si costituisce il secondo comitato di quartiere della città, che
segue di qualche mese quello attivato spontaneamente a San Polo in gennaio.
All’interno dei comitati si discute dei problemi più rilevanti della zona, e presto si
fa sentire il desiderio di trasformarli in consigli di quartiere, con l’intento di dar vita
a un organismo solido e rappresentativo, capace di diventare protagonista delle
battaglie più importanti, come quelle per la casa, i trasporti, la scuola e i servizi.
Bisognerà attendere l’inizio degli anni Settanta per passare dalla spontaneità iniziale
del movimento, ancora troppo frammentato per riuscire a interloquire con
l’amministrazione comunale, ad una fase di maturazione: fu in quel periodo che i
comitati di quartiere si dotarono di statuti che ponevano l’assemblea dei cittadini
al centro delle attività decisionali, e che stabilivano le modalità di elezione dei
futuri Consigli di quartiere, che avrebbero rappresentato l’organismo esecutivo
dell’assemblea.
In alcune zone, in particolare a Mompiano e Borgo Trento, si optò per l’elezione
diretta in seno all’assemblea dei residenti, mentre in altri quartieri, come la
zona di via Chiusure, si procedette a vere e proprie elezioni a suffragio universale.
Alla fine del 1970 erano già operanti cinque Consigli di quartiere, fra cui Mompiano
e Borgo Trento, mentre si stavano preparando le elezioni al Villaggio Preal-
43

Archivio Solidarietà Viva
30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
pino, e il movimento di partecipazione si stava radicando anche a Casazza e San
Bartolomeo.
Nei quartieri stava crescendo l’interesse a partecipare alle scelte di amministrazione
cittadina, tanto che in una riunione del Consiglio di Mompiano, nel dicembre
del 1970, vennero messi a fuoco due punti cardinali attorno a cui sarebbe ruotata
la rivendicazione dei Consigli: fu avanzata la possibilità di analizzare i bilanci
del Comune e si espresse il desiderio di intervenire sulle scelte urbanistiche che
interessavano la zona.
Nel giugno del 1971 nacque anche il Comitato di coordinamento fra i quartieri,
ritenuto un passaggio indispensabile per acquisire omogeneità di azione e rappresentatività.
Il coordinamento chiedeva esplicitamente un riconoscimento ufficiale
dei Consigli di quartiere da parte del Comune, e l’assegnazione di mezzi e strumenti
(come le sedi) perchè potessero espletare al meglio il loro ruolo.
L’atteso riconoscimento da parte del Consiglio comunale arrivò il 28 luglio del
1972, con la previsione di un periodo di “sperimentazione” di 18 mesi, e la programmazione
nei quartieri di elezioni a suffragio universale (con l’estensione del
diritto di voto ai diciottenni, nonostante la maggiore età fosse allora fissata a
1969: asfaltate le strade, il primo autobus di linea entra nel villaggio Prealpino
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3. CENNI STORICI DELLA NORD
ventuno anni) con lista unica aperta a tutti i cittadini.
Fra il 1973 e il ’74 vennero eletti 30 Consigli di quartiere. Le zone dell’attuale
circoscrizione Nord in cui si insediarono Consigli furono quartieri piccoli come
San Bartolomeo e Casazza, che avevano meno di 5 mila abitanti, aree di media
dimensione - come Mompiano, il Villaggio Prealpino, Costalunga-San Rocchino - e
quartieri più popolosi come Borgo Trento e Sant’Eustacchio, con una popolazione
superiore a 10 mila abitanti.
Una volta terminato il periodo di “sperimentazione”, il coordinamento dei quartieri
avviò un confronto con l’amministrazione comunale per delineare un regolamento
condiviso, che codificasse le competenze assegnate ai Consigli di quartiere.
Da parte di questi ultimi, di pari passo con il radicamento in città, cresceva l’interesse
a partecipare da protagonisti alle decisioni sui nodi amministrativi, sociali
e urbanistici.
Una vera svolta per i quartieri sarà l’approvazione in Comune dell’atteso regolamento
nell’aprile del 1975, che recepiva molte delle istanze avanzate dal coordinamento
dei Consigli, prevedendo la consultazione obbligatoria di questi ultimi
su alcuni temi centrali per la vita amministrativa cittadina, quali i bilanci comunali
di previsione, i piani regolatori, le convenzioni urbanistiche, i piani di edilizia economica
e popolare, l’informazione obbligatoria sulle richieste di licenze edilizie
riguardanti il quartiere, la facoltà di proposta di iniziative idonee per i servizi sociali
di zona.
La normativa prendeva atto del ruolo riconosciuto di fatto ai Consigli di quartiere,
che avevano già contribuito alla discussione sulla variante al Piano regolatore approvata
dal Comune nel giugno del 1973, in cui nel complesso erano state recepite
le istanze proposte dai quartieri: fra queste la necessità di salvaguardare l’area delle
colline, con l’imposizione di un vincolo di tutela per Sant’Anna e la Maddalena, e
per la parte del colle San Giuseppe ancora libera da convenzioni di lottizzazione.
Nel frattempo anche il Parlamento stava affrontando la questione della partecipazione
“dal basso” ai temi amministrativi locali, che si sarebbe tradotta nella legge
nazionale sul decentramento, la n. 278 dell’aprile 1976, che prevedeva la possibilità
per i Comuni di dividere il proprio territorio in Circoscrizioni.
Dopo un decennio di esperienza partecipativa, anche Brescia intraprese il cammino
che porterà, nell’aprile del 1977, ad approvare il regolamento locale attuativo
della legge.
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
Anni ‘60, scuola materna al Prealpino
46
Con questo passaggio il Consiglio
comunale introdusse
la suddivisione territoriale in
nove Circoscrizioni al posto
dei trenta quartieri originari,
accorpando Mompiano, Villaggio
Prealpino, Costalunga-San
Rocchino e Crocifissa di Rosa
nella Seconda Circoscrizione,
mentre Borgo Trento, San
Bartolomeo, Sant’Eustacchio e
Casazza formeranno la Prima
Circoscrizione. Nella primavera
del 1978 vennero eletti
dal Consiglio comunale i primi
Consigli di Circoscrizione,
che rimasero in carica fino al
1980 quando, in contemporanea
con le elezioni in Loggia, a
suffragio universale i bresciani
votarono il rinnovo dei Consigli
di Circoscrizione.
La ripartizione del territorio urbano in nove Circoscrizioni è rimasta valida fino
alla riforma del decentramento comunale votata in Loggia nell’ottobre del 2007
- ed entrata formalmente in vigore con le elezioni amministrative della primavera
2008 - che ha ridotto il numero delle Circoscrizioni da nove a cinque (denominate
Centro, Nord, Est, Ovest, Sud).
Nella Circoscrizione Nord sono state unite le originarie Prima e Seconda Circoscrizione,
con i relativi quartieri, ad eccezione di Crocifissa di Rosa, che è stato
scorporato per andare a far parte della Circoscrizione Centro.

i PReSidenTi della PRiMa ciRcoScRizione
1978 - 1982 • Italo Cerruti
3. CENNI STORICI DELLA NORD
Nato a Sesto San Giovanni, Italo Cerruti è praticamente
bresciano di adozione, a Brescia ha effettuato gli studi
al liceo scientifico, a Brescia è ritornato dopo le vicissitudini
della guerra, qui si è sposato e tutt’ora vive con
la moglie. Laureatosi in ingegneria al termine del conflitto
Cerruti lavora per anni per il Ministero dei Trasporti,
presso la motorizzazione civile. Dal punto di vista politico Cerruti è sempre stato
un libero pensatore e questo si è riflesso in maniera particolare sul suo operato da
presidente di circoscrizione, attento alle cose pratiche più che agli interessi della
politica. Tra i protagonisti della nascita dei comitati di quartiere Cerruti prende
il posto dell’ingegner Buizza qualche anno prima che le circoscrizioni vengano
istituzionalizzate e nelle prime votazioni viene eletto come presidente, carica che
occupa con impegno ottenendo importanti risultati. Tra tutti la valorizzazione di
Borgo Trento e l’assegnazione della sede della circoscrizione di via Montegrappa.
1982 - 1986 • Amedea Gianotti (PCI)
Nata nel 1931 a Reggio Emilia, zona particolarmente
sensibile al decentramento, e cresciuta politicamente,
sin da giovane nel Pci, Amedea Gianotti, giunge a Brescia,
dopo aver conosciuto il marito, Adelio Terraroli, che
sarà consigliere regionale e parlamentare, all’età di 24
anni. Particolarmente sensibile all’attività sociale e di
volontariato la Gianotti lavorerà per la nascita dei comitati di quartiere, sino a
divenire presidente nel 1982 in prima circoscrizione: ruolo che manterrà sino al
1986. Successivamente impegni famigliari la porteranno a tralasciare la passione
per la politica.
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
1986 - 1990 • Rolando Corinaldesi (PRI)
Nato nel ’32, in provincia di Ascoli, anche, Rolando Corinaldesi, come la maggioranza
dei primi presidenti di circoscrizione, si avvicina alla politica più per
spirito di servizio, per essere utile alla comunità, che per intraprendere la carriera
politica.
Ingegnere, Corinaldesi è un mazziniano convinto e nel ’86 visto il suo valore
umano e professionale viene inserito all’interno delle liste del Pri.
Eletto presidente di circoscrizione Corinaldesi vive questa esperienza con impegno
e dedizione ma al termine abbandona la politica amareggiato, soprattutto,
dal marcio messo in vetrina da Tangentopoli. Scompare nel 1996.
1990 - 1993 • Bruno Bonera (PSI)
Nato a Brescia nel 1942, coniugato con un figlio,
Bruno Bonera lavora come operaio all’Iveco, poi,
conseguito il diploma di geometra frequentando le
lezioni serali al “Tartaglia”, viene inserito nell’ufficio
progetti della medesima ditta.
Dal punto di vista politico,Bonera, di provenienza socialista,
vive la nascita dei comitati di quartiere, poi, l’esperienza dei primi
consigli di circoscrizione, sino a divenire presidente della prima nel ’90.
Conclusa questa esperienza Bonera continua ancora per qualche anno la
propria attività istituzionale come consigliere di circoscrizione. Attualmente
collabora ed appoggia i socialisti rappresentati da Laura Castelletti.
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3. CENNI STORICI DELLA NORD
1993 - 1994 • Renato Pigoli (Lega Nord)
Artigiano, 2 figli, classe 1955, Renato Pigoli cresce politicamente all’interno
dei movimenti giovanili di estrema sinistra ma alla fine degli anni ’80, ritrovandosi
nella politica della prima Lega Nord, decide di legarsi al partito di
Umberto Bossi: è il settimo bresciano ad aderire al Carroccio.
Nel ’93 diviene presidente della prima circoscrizione, un incarico mantenuto per
pochi mesi e vissuto con grande partecipazione da Pigoli che, tuttavia, l’anno
successivo, deluso dalla politica, abbandona definitivamente quest’esperienza
dedicandosi a lavoro e famiglia.
1994 - 1997 • Vittorio Gobbi (DS)
Nato nel 1937 a Vobarno Vittorio Gobbi si trasferisce
presto a Brescia, lavorando presso la Cinematic, ed avvicinandosi
all’attività politica attraverso la Cgil, rapporto
che non interromperà mai. Agli inizi degli anni ’70 cominciano
a nascere i primi comitati di quartiere, che solo
nel 1978 verranno istituzionalizzati come circoscrizioni e
Gobbi è protagonista anche in questo periodo, impegnandosi particolarmente in
quella che fu la prima circoscrizione.
Dopo dieci anni di esperienza come consigliere circoscrizionale Gobbi diviene presidente
della prima nel ’94, rimanendo in carica sino al ’97. Passato il testimone
ad Onofri, Gobbi vive ancora due legislature da consigliere, fino alle ultime votazioni
dove non riesce a raggiungere i voti necessari per entrare nel consiglio della
circoscrizione nord.
Attualmente è membro esterno della commissione attività promozionali della
Nord, militante attivo del Pd ma, soprattutto, è impegnato nelle attività sociali e
di volontariato all’interno della associazione quartiere Casazza, che rappresentano
la sua priorità.
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
1997 - 1999 • Giulio Onofri (PPI)
Scomparso improvvisamente nel 2000, all’età di settant’anni,
di professione avvocato, Giulio Onofri ha dedicato
buona parte della sua esistenza nell’impegno al
servizio della comunità.
Formatosi in ambiente cristiano, grazie agli studi all’Arici
e, poi, alla laurea in legge conseguita in Cattolica, Onofri
militò all’interno di Azione Cattolica, durante gli anni ’50. Nel 1960 lo ritroviamo
nel consiglio comunale, inizialmente come assessore al personale, successivamente
come assessore ai Lavori pubblici ed agli Affari Generali, a fianco del sindaco
Bruno Boni.
Nel 1965 divenne segretario provinciale della Dc, incaricò che ricoprì sino al 1969.
Al termine di questo periodo Onofri preferisce allontanarsi, per un certo periodo,
dalla vita politica per dedicarsi alla guida dell’Ospedale Civile, di cui resta presidente
per dieci anni, a partire dal 1978, prendendo il posto di Italo Nicoletto che
resterà, comunque, al suo fianco come vice.
A metà degli anni ’80 si riaffaccia sulla scena politica: per un breve periodo rientra
nella segreteria cittadina della Dc, anche se in maniera più defilata: nel ’94 diviene
consigliere in prima, poi, presidente.
1999 - 2003 • Fausto Pracek (Forza Italia)
Friulano, classe ’73, entra giovanissimo nel consiglio
della prima circoscrizione, eletto tra le liste di Forza Italia
nel ’94, dopo essere stato fra i primissimi a Brescia ad
aderire al nuovo movimento fondato da Berlusconi.
Nel ‘96 è nominato coordinatore della commissione cultura
e nella successiva tornata elettorale viene rieletto con
il maggior numero di preferenze e diviene presidente della prima: siamo nel ’99.
Per quattro anni governa il consiglio della circoscrizione attraverso un accordo
istituzionale fra tutti i partiti rappresentati a causa della mancanza di una chiara
maggioranza politica.
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3. CENNI STORICI DELLA NORD
Terminato il mandato viene rieletto nel 2003, come consigliere nella medesima
circoscrizione, dal cui ruolo si dimette nel 2007 causa pressanti impegni di
lavoro. Appassionato di volo, attualmente è titolare di una nota società di consulenza
e sviluppo software in città.
2003 - 2008 • Marco Toma (UDC)
Nato a Brescia il 10 marzo 1971 dove risiede tutt’ora,
coniugato, laureato in giurisprudenza presso l’Università
degli Studi di Milano, esercita la professione di
avvocato.
Cresciuto politicamente nella Democrazia Cristiana,
partito in cui ha militato sin da giovane, Toma partecipa
attivamente al percorso che porterà alla formazione del CCD prima, all’interno
del quale ha ricoperto diversi incarichi soprattutto per quanto riguarda i
movimenti giovanili ed universitari, e dell’Udc, poi, divenendo membro attivo
della segreteria cittadina del partito.
Partecipa attivamente alla nascita del Pdl bresciano ed è tra i fondatori dell’associazione
Popolarismo Europeo. Nel ’94 diviene consigliere di circoscrizione,
nel 2003 diviene, invece, presidente in prima circoscrizione, incarico che ricopre
sino al 2008, anno in cui viene eletto come consigliere comunale all’interno
delle liste del Popolo delle Libertà.
Attualmente è presidente della Commissione Consiliare Urbanistica e Viabilità
e membro della Commissione Consiliare Commercio, Economia, Lavoro e Turismo
del Comune di Brescia.
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
i PReSidenTi della Seconda ciRcoScRizione
1978 - 1980 • Scipione Magoni (DC)
Figura impegnata nella Democrazia Cristiana locale,
Magoni proveniva da esperienze di attivismo nel sociale
e sul territorio, negli organismi di partecipazione nelle
scuole, come i consigli dei genitori. A lui spettò il compito
di avviare la “macchina” della Circoscrizione, e di traghettare
l’esperienza dei Consigli di quartiere nel nuovo
organismo istituzionale del decentramento voluto dalla legge nazionale 278 del
1976. L’attività prioritaria del Consiglio guidato da Magoni fu quella di preparazione
e stesura dello statuto della Circoscrizione, che delineava commissioni
di lavoro e modalità per promuovere la partecipazione popolare alla gestione
amministrativa attraverso assemblee consultive periodiche.
1980 - 1985 • Lucio Scalvini (DC)
Nato a Leno nel 1936, è stato funzionario di banca. Il
suo impegno civico inizia negli anni Settanta, quando
ricopre il ruolo di presidente dell’ospedale di Leno e di
vice presidente del Comitato sanitario di zona per Brescia.
Eletto alla presidenza della Circoscrizione con una
maggioranza composta da Dc, liberali, repubblicani e
Psdi, il suo mandato è stato caratterizzato da una partecipazione pressoché condivisa
alle scelte amministrative da parte di tutti gli schieramenti politici.
Fra i grandi temi affrontati sotto la sua presidenza si ricorda l’impegno della Circoscrizione
per verificare con Asm le garanzie di non inquinamento della Centrale
nord del teleriscaldamento, e la grande nevicata del 1985, in cui alla Circoscrizione
venne data una autonomia finanziaria per contattare e compensare i privati
disponibili a sgombrare le strade dalla neve.
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1985 - 1990 • Guido Bonardi (PSI)
Figura impegnata nel Psi bresciano, attivo nel coordinamento
provinciale del partito, in Circoscrizione Bonardi
fu alla guida di una coalizione dell’allora pentapartito
(Dc, Psi, Psdi, liberali, repubblicani).
Sfruttando un’ampia condivisione di intenti diede il via
a due iniziative destinate a lasciare il segno sul territorio
della Circoscrizione. Sotto la sua presidenza vennero aperti per la prima volta gli
uffici dell’Anagrafe decentrata, che trovarono posto a Mompiano, nella vecchia
sede della Circoscrizione, spostata in via Colle di Cadibona.
Nei locali attigui alla nuova sede della Seconda venne inaugurata anche la biblioteca
decentrata, integrata nel Sistema bibliotecario urbano, oltre a un centro di
aggregazione con sala pubblica per dibattiti e proiezioni di film, che rappresenterà
nel corso degli anni un significativo punto di riferimento per la vita sociale dei
quartieri.
1990-1995 • Mario Grottolo
(DC e successivamente PPI)
3. CENNI STORICI DELLA NORD
Nato a Brescia nel 1946, di professione biologo, è stato
dirigente dell’ASL di Brescia.
La sua esperienza politica matura negli organismi di
base, prima nel Comitato Sanitario di Zona di Brescia,
quale responsabile della Medicina scolastica, poi nel
quartiere di Crocifissa di Rosa, in cui ha ricoperto la
carica di presidente del Consiglio di quartiere, e successivamente nella Seconda
Circoscrizione, come consigliere fin dalla sua istituzione.
Durante il suo mandato di presidente della Circoscrizione, dal 1990 al 1995,
ha guidato una coalizione dell’allora pentapartito (Dc, Psi, Psdi, liberali, repubblicani).
Fra i traguardi significativi raggiunti in quel quinquennio si ricorda
la realizzazione definitiva del parco Castelli, opera ritenuta prioritaria per la
Circoscrizione.
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
1995 - 1999 • Francesco Arenghi (FI)
La carriera politica di Francesco Arenghi, nato a Vezza
d’Oglio nel 1961, inizia nel 1994, quando viene eletto
nel primo direttivo di Forza Italia all’interno del quale
resta sino al 1997. Quasi contemporanea è la sua
elezione a presidente della Seconda Circoscrizione, incarico
che occupa fino al ’98. Questi anni lo vedono
particolarmente impegnato nella partecipazione a varie commissioni comunali
e provinciali ed in particolare nella commissione provinciale sicurezza per i problemi
relativi al tifo violento. Nel ’99 diviene consigliere, sempre in Seconda,
nonché capogruppo di Forza Italia nel consiglio della Circoscrizione, oltre ad
essere segretario cittadino del suo partito, sino al 2001. Attualmente è membro
del direttivo provinciale di Forza Italia e capogruppo Pdl della Circoscrizione
Nord del Comune di Brescia.
1999 - 2003 • 2003 - 2008
Giambattista Ferrari (DS)
Nato a Brescia nel 1961, perito aziendale e corrispondente
in lingue estere, ha lavorato nel settore del commercio
alimentare e presso Poste Italiane.
L’incontro con l’impegno civico e politico avviene nel
1989, a Mompiano, con la costituzione del Comitato
per la realizzazione del Parco Castelli. Nel corso di
quell’esperienza Ferrari sarà presidente della Cooperativa del Parco. Nel 1994
viene eletto consigliere alla Seconda Circoscrizione di cui diviene presidente nel
1998.
Riconfermato alla guida della Seconda nel 2003, ha lavorato per promuovere
valore e rispetto dello spazio pubblico nel segno del rapporto con cittadini e associazioni.
Dal 2005 al 2007 è stato anche segretario cittadino dei Democratici
di Sinistra. Dal 2008 è consigliere comunale nel gruppo del Partito Democratico e
membro della Commissione consiliare Urbanistica e Viabilità.
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il PReSidenTe della ciRcoScRizione noRd
Marco Rossi (FI)
3. CENNI STORICI DELLA NORD
Nato a Brescia il 26 marzo 1955, laureato in Economia
e Commercio presso l’Università degli studi di Brescia, è
sposato dal 1990.
Specializzato in Marketing e Gestione della Pubblicità
presso l’Università Cattolica di Milano e la Laurea in
Comunicazione Sociale presso la Pontificia Università
Lateranense in Vaticano è giornalista e collabora con testate locali, regionali e
nazionali.
Specializzato in tematiche di carattere agricolo, agroalimentare ed enogastronomico,
è impegnato nella valorizzazione del territorio bresciano oltre ad essere
docente di Marketing presso l’Accademia Santa Giulia di Brescia.
L’impegno politico, lo vede come vice coordinatore cittadino di Forza Italia, oltre
che attuale presidente della circoscrizione nord, dopo essere stato per due legislature
consigliere presso la seconda circoscrizione come capo gruppo di Forza Italia
e componente delle Commissioni Attività Promozionali e Servizi Sociali.
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
Vista aerea dell’imbocco della Valle di Mompiano 56
© Archivio Gnàri dè Mompià - Foto Fausto Martini

4. LA CIRCOSCRIZIONE RACCONTATA
Capitolo 4
La Circoscrizione raccontata
La storia delle Circoscrizioni è la storia degli uomini che le hanno abitate, e che
con ruoli e modalità diverse – molti da semplici cittadini – hanno inteso animare il
percorso di partecipazione, ciascuno con il proprio personale contributo.
La lunga trama del decentramento a Brescia è in buona parte racchiusa, quasi cu-
stodita gelosamente nelle testimonianze dei protagonisti, che a partire dagli anni
Sessanta hanno vissuto i primi fermenti partecipativi nei quartieri, li hanno seguiti
e accompagnati fino alla nascita delle Circoscrizioni.
La narrazione di queste esperienze, declinate nel sociale, nel civile o nella politica,
compone un affresco da cui emerge l’aspetto forse più autentico di quegli anni,
che lascia un’eredità di cui fare memoria.
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
i laVoRaToRi della caMPagna, cHe aFFollaRono
le FabbRicHe, cHieSeRo PaRTeciPazione e caMbiaRono
la ciTTa’
Angelo Boniotti
Il 28 gennaio 1966, quando in bicicletta andai dal Villaggio Prealpino alla
Trattoria Palazzina a Mompiano per incontrare i capi storici di alcune delle più
importanti associazioni sociali e politiche di quel vivace quartiere, anche se mi
sorreggeva l’euforia per la sorprendente vittoria elettorale nella recente competizione
amministrativa, mi sentivo ansioso e in apprensione come il primo
giorno di scuola, quando ragazzo di campagna varcai per la prima volta, senza
conoscere nessuno, il portone dell’Istituto Magistrale.
Andavo ad un appuntamento semiclandestino come promotore di una iniziativa
considerata con sospetto negli ambienti politici, per fare una proposta
di dialogo e di collaborazione a chi aveva fama di elevata preparazione e di
lunga esperienza, ma anche di frequenti radicali contrapposizioni: comunisti,
socialisti, democristiani anomali.
In quegli anni la presunzione non veniva più considerata una colpa, perchè
stava nascendo un movimento di persone che avevano sofferto la sudditanza,
l’esclusione, lo sfruttamento, la strumentalizzazione, la miseria, la fame,
l’ignoranza e andavano scoprendo che i mali erano comuni e che, insieme,
avrebbero potuto contare di più e risolvere meglio le proprie difficoltà.
Pedalando quella sera, come tante altre volte, ricordavo i tanti passaggi della
storia che stava accelerando e i tanti volti di amici e parenti che consumavano
la vita nella fatica e nella speranza di uscire dalla comune miseria. Pochi
anni prima avevo lasciato l’ambiente in cui ero cresciuto, un piccolo paese
della Franciacorta, abitato da montanari, mezzadri o emigranti in Svizzera, in
cui era viva la memoria del sopruso operato dai fascisti con l’accorpamento
coatto al comune di Provaglio, che aveva condiviso le povere abitazioni con
gli sfollati durante gli ultimi anni della guerra. Ricordavo quei giovani con cui
giocavo infinite partite a calcio i quali, finita la guerra,tornati dalla montagna
che avevano condiviso con i partigiani o dai campi di prigionia della Germania,
della Polonia, dell’Africa, non potendo più trovare possibilità di mantenimento
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4. LA CIRCOSCRIZIONE RACCONTATA
nell’economia dei piccoli poderi
di cui era formata l’agricoltura
di Provezze, cercarono
lavoro ovunque: nell’edilizia
come muratori, nelle officine
e nelle fabbriche di Brescia o
di Milano. Al mattino, sullo
stradone che collegava Iseo
con Brescia, si formavano
lunghe e nutrite file di biciclette
che andavano verso la
città. File ininterrotte di giovani
che pedalavano, sotto
la pioggia, con la neve, con
il sole, in gruppi con la foga
di chi non può arrivare tardi.
Più o meno ci si conosceva
tutti: giovani dei paesi vicini Angelo Boniotti durante l’esperienza partecipativa
che avevamo incontrato nel
campo di calcio o con i quali lavoravamo in fabbrica. Io andavo a scuola, non
conoscevo nulla della vita della fabbrica, dell’attività sindacale, delle correnti
ideologiche o politiche, se non quello che sentivo occasionalmente durante
la mensa dai rappresentanti sindacali che tenevano i loro discorsi mentre gli
operai mangiavano. Non conoscevo nulla dei comuni, se non per le letture
o per i racconti di amici impegnati nelle amministrazioni comunali. Ancora
meno conoscevo l’attività dell’amministrazione comunale di Brescia, se non
per i rapporti che questa aveva con il Villaggio Prealpino, quartiere nato di
recente e in cui abitavo da poco. Eppure i pochi anni di impegno nelle Acli
furono un’esperienza culturale e sociale, una scuola di vita e di riflessione che
mi fece capire con rapidità gli avvenimenti che ci coinvolgevano. Mi guidava
l’entusiasmo di partecipare ad un’avventura che nobilitava l’impegno con la
consapevolezza di donare tempo ed energie per aiutare la crescita culturale e
contribuire a migliorare le condizioni di vita di parenti ed amici.
Anche la storia si era mossa ed ora stava accelerando e mi trascinava in una
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Archivio Solidarietà Viva
30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
avventura affascinante. Le Acli avevano maturato esperienze con le mondine,
con i contadini e le case coloniche, con gli apprendisti e il lavoro minorile, con
i corsi di formazione sociale e politica, con gli incontri sociali nei Circoli di tutta
la Provincia, con le esperienze amministrative di alcuni splendidi dirigenti. Le
loro idee erano chiare e feconde, il loro impegno conosciuto ed apprezzato dai
lavoratori e dalle persone sensibili e oneste di tutti gli schieramenti ideologici.
Pensavano ad un mondo in cui le persone si parlano e si capiscono, in cui le
idee si confrontano, in cui la solidarietà tra i poveri e i deboli è garanzia di
dignità e di libertà, in cui la democrazia non si compra con la ricchezza, non si
lascia condizionare dai notabili, in cui la laicità delle istituzioni è garanzia di
libertà anche per la religione. Pensavano che l’attività amministrativa dovesse
essere orientata al bene comune, cioè al bene di tutte e di ciascuna delle
persone e delle famiglie povere e in difficoltà. I dirigenti erano contemporaneamente
leader e maestri di vita ed indirizzavano l‘impegno dei giovani
con comprensione ed amicizia. Si spendevano generosamente nelle esperien-
La prima sede del Comitato di Quartiere del Villaggio Prealpino
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4. LA CIRCOSCRIZIONE RACCONTATA
ze delle ACLI: Don Agazzi, Mario Faini, Mario Picchieri, Franco Sarasini, Rita
Gabelli, Adamo Baresi, Maffeo Chiecca, Alfredo Soggetti, Giovanni Botticini,
Angelo Faccio, Giacomo Galeri e tantissimi altri.
Andavo all’incontro della Trattoria Palazzina certo con apprensione, perchè mi
sentivo un neofita, ma sapevo che dove non arrivava la mia esperienza supplivano
gli uomini delle Acli, il patrimonio di conoscenze e di idee che avevamo
accumulato.
In particolare quella sera con me ci sarebbero stati: Battista Fenaroli, per anni
l’addetto alla formazione, che poteva vantare una testimonianza di coerenza e
di fedeltà dimostrata nella sua fabbrica e che ne fece per tanti anni un sicuro
punto di riferimento anche nell’animazione di gruppi di presenza sindacale;
Mario Dioni, un geometra che aveva collaborato con Padre Marcolini nello
studio delle case per lavoratori con cui le cooperative La Famiglia riempirono
i villaggi; Gianni Baresi, un ragioniere di S. Eufemia promotore di attività amministrative
ed io. Facevamo parte del gruppo di amministratori aclisti, eletti
consiglieri comunali a Brescia nelle liste della Dc. Avevamo raccolto l’esperienza
amministrativa di Mario Picchieri, non amavamo le correnti della Dc, anche
se sentivamo simpatia con i giovani di Provincia Democratica.
Quella sera andavamo a verificare la possibilità di dialogo con socialisti e
comunisti e la disponibilità ad avviare forme di partecipazione di base sempre
più sentite dalle periferie della città. Sapevamo che il Partito di cui formalmente
facevamo parte, ed in particolare il sindaco Boni e gli assessori, non condividevano
l’istituzione di organismi di partecipazione che sapevamo essere attivi
in diverse città italiane e che sembravano programmi della sinistra comunista.
In preparazione delle elezioni del 1965 le Acli facilitate dall’impegno, dalla
capacità e dall’esperienza di un gruppo di eccezionali amministratori comunali
come Chiecca, Soggetti, Pichieri, Botticini, Faccio, Dalola elaborarono e pubblicarono
Il Comune Democratico, un libretto che riassumeva norme, proponeva
obiettivi, iniziative e modalità amministrative chiare e concrete, destinato a
guidare l’impegno dei consiglieri comunali aclisti. Di fatto fu l’occasione per
innumerevoli incontri e convegni che arricchirono la cultura e l’attività di molte
amministrazioni. Noi avevamo partecipato a questa straordinaria attività e
facevamo tesoro delle indicazioni elaborate.
Nonostante la preoccupazione, che non era solo mia, l’incontro della Palazzina
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
fu cordiale e promettente: Non ricordo tutti i partecipanti ma sicuramente erano
presenti Battista Sarasini, Franco Saresera, Guido Onardi, Giacomo Galeri
e Carlo Carli. Il nostro compito sarebbe stato quello di sollecitare il Partito
della Democrazia Cristiana ad assumere una iniziativa di studio e di proposta
relativa al decentramento amministrativo.
Nei mesi successivi, spinti dalle notizie dell’organizzazione di riunioni simili
alla nostra realizzate in altri quartieri della città, il consiglio cittadino della
Democrazia Cristiana di cui facevano parte i giovani di Provincia Democratica,
che successivamente espressero come segretario cittadino. Giovanni Perfumi,
permise la costituzione di una commissione di studio sul problema dei consigli
di quartiere composta da Silvio Formenti, il dott. Marchese ed io. Con
la collaborazione di Mario Picchieri e di Giovanni Perfumi, ci vennero inviati,
dai Comuni che avevano deliberato o che avevano allo studio esperienza di
partecipazione, proposte e regolamenti. Fu così che la commissione produsse
un regolamento moderato, mi pare sulla scorta di quello elaborato a Modena,
che passò di mano in mano ma non venne mai ufficialmente deliberato dalla
Democrazia Cristiana.
Nel frattempo le esperienze di base, prima a S. Polo, poi a Mompiano, poi
a Urago, a S. Eufemia, diedero vita all’esperienza spontanea dei consigli di
Quartiere, un’esperienza che la città e molti cittadini ricordano con rimpianto
e che, purtroppo, non si è poi trasformata in quella ventata di partecipazione
che avrebbe dovuto cambiare in meglio la città.
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la naSciTa del conSiglio di qUaRTieRe al PRealPino
Lucio Bregoli
4. LA CIRCOSCRIZIONE RACCONTATA
“Ho vissuto l’esperienza dei Consigli di Quartiere dalla loro nascita, all’interno
dell’esperienza che il Circolo Acli del Vill. Prealpino ed i Circoli della città stavano
facendo nei rispettivi quartieri.
Durante gli anni sessanta le Acli hanno coinvolto i propri dirigenti e i propri iscritti
a condividere il desiderio di giustizia e di emancipazione del movimento operaio
e contadino, radicando le proprie motivazioni nel vangelo e nell’esperienza democratica
che si stava vivendo in quegli anni scaturita dalla Resistenza” spiega Lucio
Bregoli che, proprio al Prealpino, fu uno dei protagonisti nella nascita dei consigli
di quartiere.
“L’emancipazione dei lavoratori non poteva fermarsi solo ai posti di lavoro ma
doveva contaminare anche la società, la vita politica e amministrativa ed è in
questo il periodo che l’esperienza amministrativa di alcuni sindaci, che sono anche
dirigenti provinciali delle Acli, porta un nuovo desiderio di discutere e partecipare
alla vita politica e amministrativa del Paese” prosegue Bregoli nel proprio racconto,
ricordando che le Acli, la cui sede, al Prealpino, venne aperta nel ’64, furono la
cassa di risonanza di questa volontà di partecipazione che veniva dalla gente.
Le Acli, infatti, promuoveranno incontri, dibattiti e corsi per amministratore che le
cui sollecitazioni porteranno alla pubblicazione di un libro che, in quel periodo,
ottenne un notevole successo proprio tra gli amministratori pubblici: “Comune
Democratico”.
La nascita dei Comitati di Quartiere a Brescia e, quindi, anche al Vill. Prealpino
vengono promossi, tra gli altri, proprio dai dirigenti locali dei Circoli Acli, sempre
attenti all’impegno per la promozione e l’educazione sociale della cittadinanza.
Dall’inizio degli anni sessanta la partecipazione dei cittadini alla vita del proprio
Comune e del proprio quartiere divenne oggetto di studio di molti dirigenti delle
Acli ma, in particolare, vi furono degli “aclisti”, eletti nel Consiglio Comunale
di Brescia, che approfondirono le esperienze di partecipazione e decentramento
fatte in altre città come Bologna, Modena, Parma, Ferrara, Torino, Bergamo, tanto
per citare quelle più importanti.
“Essi divulgarono tra gli iscritti alle Acli i regolamenti e le ipotesi di partecipazione
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
che in queste città si andavano costruendo e, per alcuni anni, queste ipotesi di
partecipazione furono oggetto di discussioni e riflessioni non solo tra iscritti ma
anche con cittadini sensibili a questa tematica.
Fu così che quando, anche altre realtà politiche della città, sollecitate dalle esperienze
che stavano nascendo in molte città italiane in merito al decentramento,
decisero di fare alcune sperimentazioni di partecipazione sul territorio trovarono
i circoli Acli disponibili alla costruzione di questa importante esperienza di partecipazione
dal basso”.
Nel gennaio del 1969 il Circolo Acli del Villaggio Prealpino rende pubblico alla
popolazione lo statuto del nascente Comitato di Quartiere di Mompiano.
Con una lettera inviata ai candidati Dc, Psi, Pci e Psiup al Consiglio Comunale
di Brescia i Circoli Acli della zona Nord chiedono ai candidati, una volta eletti,
impegni precisi in modo da non rendere vana la voglia di partecipazione di molti
cittadini e di limitare il loro mandato incontrollato, trasformandolo in uno strumento
di vera vita democratica.
Su questo tema il Consiglio del Circolo ACLI del Vill. Prealpino indice un dibattito
pubblico con i candidati dei maggiori partiti democratici.
Nel dicembre 1970, dopo una serie di incontri informali promossi dal Circolo ACLI,
persone di diversa estrazione politica (DC, PSI, PRI, PLI, PCI, ACLI) danno vita al
Comitato di Quartiere.
“Sig. Candidato, troppo spesso la campagna elettorale è ed è stata la “fiera della
demagogia”, lo sforzo organizzativo di partiti, di gruppi e di individui per carpire
con tutti i mezzi l’adesione dei cittadini a singoli e a uomini.
Ma, passato il giorno delle elezioni, fatta la “conta” dei voti, il cittadino, tanto
importante prima del voto, viene dimenticato e per cinque anni gli amministratori
interpretano, senza mai interpellarlo, le sue esigenze.
E’ possibile fare in modo che il cittadino, il lavoratore conti qualcosa di più di un
voto? E’ possibile prevedere momenti ed occasioni in cui le comunità di quartiere
che vivono all’interno della città possono esprimere il loro parere sui problemi
della vita amministrativa prima che le soluzioni diventino formali delibere del Consiglio
Comunale?
I Circolo Acli della zona nord della città ritengono che sia possibile e che si tratti
solo di volontà politica!”
La lettera, poi, prosegue, illustrando quali devono essere i punti fondamentali per-
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4. LA CIRCOSCRIZIONE RACCONTATA
ché l’esperienza dei consigli di
quartiere possa rappresentare,
realmente, un nuovo modo di
fare politica ed in particolare
si chiede l’impegno ad incontrarsi
in pubblica assemblea
almeno una volta ogni tre
mesi, che il progetto di bilancio
preventivo e gli interventi
urbanistici, che interessano
il quartiere, vengano discussi
con la comunità prima che il
Consiglio Comunale li ab¬bia
deliberati.
“Chiedevamo, inoltre, un impegno
costante nella dotazione
ai Quartieri di locali per
riunioni ed attività culturali
Un intervento di Lucio Bregoli
e collettive in genere, come
quello di discutere con la popolazione di tutte le problematiche più diffuse e che
necessitavano di un impellente soluzione: le priorità erano rappresentate dalla
situazione scolastica. Le aree verdi, il servizio di trasporto pubblico” continua nel
suo racconto il rappresentante delle Acli.
Il gruppo Promotore tiene la sua prima assemblea pubblica il 18 Dicembre 1970
presso i locali del bar Prealpino. Sul volantino di invito distribuito alla popolazione
è scritto:
(…)Il “Comitato di quartiere” intende sollecitare la soluzione dei problemi che
interessano la collettività agli amministratori provinciali e comunali.
Ha, tuttavia, anche altri scopi:
- fare inchieste, dibattiti e ricerche sulle condizioni dei servizi pubblici;
- stimolare maggiore attenzione e interesse, e rendere possibile la diretta partecipazione
dei cittadini ai problemi civici e amministrativi del quartiere e della città;
- rendere più vivi e intensi i rapporti umani e sociali tra i cittadini del quartiere, e
più diretti e responsabili quelli democratici con gli amministratori;
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
- promuovere iniziative culturali, sportive e ricreative. (…)
Provvisoriamente le riunioni del nuovo Consiglio di Quartiere vengono effettuate
presso sede del Circolo ACLI. Solo nel 1972 il Consiglio avrà una sede propria in
via XVI di fronte alla scuola media Pirandello.
Il 12 maggio 1971, proprio presso la nuova sede, si tenne la prima assemblea
pubblica per discutere e approvare lo statuto di quartiere preparato dal Comitato
provvisorio.
Mercoledì 9 e giovedì 10 giugno 1971, adiacente alla rivendita di giornali di
via Tovini, si tennero le elezioni del Consiglio di Quartiere precedute da una intensa
propaganda per la presentazione delle liste presso l’apposita commissione
elettorale composta da Alberto Andretto, Giovanni Belletti, G. Lucio Bregoli, Tina
Dondelli, Angelo Gustinelli, Giorgio Orlando e Angelo Perazzolo. Vennero ammessi
al voto anche i quattordicenni.
“Ricordo che i primi temi affrontati dal nuovo Consiglio di Quartiere furono, in
particolare, quelli urbanistici con pressioni sull’assessore in questione in merito
alle aree da mantenere a verde pubblico, quelle da attrezzare per giochi per bambini
e la necessità di un centro sociale, la scuola materna”.
Furono numerosi gli interventi dei consigli di quartiere, volti sostanzialmente a
risolvere i problemi pratici e più sentiti dalla gente.
Sollecitato dagli abitanti del Villaggio Prealpino, adiacenti alla Ferriera Stefana
Antonio di Conicchio, per l’eccessivo rumore che questa produceva nel ciclo della
lavorazione, il Consiglio di Quartiere faceva un esposto alle autorità competenti
(sindaco di Brescia, prefetto e pretore). Il pretore basandosi sull’esposto del Consiglio
di quartiere ordinava dei rilievi fotometrici che riscontravano la fondatezza
dell’esposto dando il via al procedimento penale verso la ditta Stefana Antonio.
Di fronte all’evidenza dei fatti la ditta si dichiarava disposta a pagare la multa e di
impegnarsi a ridurre il rumore.
Nel PRG esposto al pubblico all’inizio del 1973 era evidenziato il progetto di
una superstrada sopraelevata, che doveva collegare la valle Trompia con la valle
Sabbia, questa superstrada avrebbe diviso in due. Dopo un’infuocata assemblea
sul tema, il consiglio decise di inviare una lettera al sindaco, agli assessori e ai
consiglieri comunali perché tale progetto venisse tolto dal PRG in quanto causa di
notevoli problemi di traffico, rumore, inquinamento e diminuzione di aree verdi.
Nell’ottobre del 1974 si rinnovò il Consiglio di Circoscrizione, al quale votarono
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4. LA CIRCOSCRIZIONE RACCONTATA
i maggiori di 18 anni. La partecipazione fu particolarmente elevata: i candidati
furono 39, 1766 i votanti, pari al 47,87% degli aventi diritto.
Rispetto alla prima, in questa tornata di elezioni, cominciano a divenire maggiormente
evidenti gli schieramenti. Vengono, infatti, presentate più liste di candidati
ed alcune forze politiche pongono il veto sul nome di chi doveva fare il Presidente
di Quartiere.
“Un ulteriore motivo di frizione furono le elezioni dei rappresentanti nella scuola
previsti dai decreti delegati all’interno del quale il Consiglio di Quartiere aveva
preparato una lista unitaria mentre, in contrapposizione, si presentò anche la lista
denominata “Associazione Genitori” legata soprattutto alla realtà del mondo
cattolico”.
Il nuovo Consiglio di quartiere diede vita a diverse commissioni aperte anche ai
non eletti. Alcune di queste commissioni erano incalzate anche da associazioni
come le Acli che suggerivano percorsi di lavoro che già avevano dato vita come
associazione come la situazione scolastica, la viabilità, i trasporti, la ristrutturazione
della cascina Pederzani, la Conceria Capretti, le osservazioni al PRG, il consultorio
familiare.
La commissione scuola dopo un paio d’anni di lavoro restituì in un’assemblea
pubblica un elaborato sulla situazione scolastica che fu oggetto di un appassionato
dibattito.
La commissione urbanistica riuscì a far sistemare i giardini di via nona, salvò dalla
speculazione edilizia l’attuale area mercatale e riuscì a far mettere il semaforo di
via Zola/Conicchio dopo che era stato investito mortalmente un giovane ragazzo
del Prealpino presso dell’incrocio in questione.
Nel gennaio del 1978, infine, il Consiglio di Quartiere con una lettera recapitata a
tutta la popolazione, invitava a partecipare a un’assemblea nella quale si portava
a conoscenza la delibera dell’amministrazione Comunale sulle Circoscrizioni.
Finiva così l’esperienza del Consiglio di quartiere e la partecipazione diretta dei
cittadini ai problemi della propria comunità.
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
FRa PaSSaPaRola e VolanTini, SPonTaneiTà e
coMPeTenza: la PaRTeciPazione abiTa qUi
Alessandro Marelli
“Stasera ci si trova per…”: semplice ed essenziale, bastava quella frase, stampata
su cartelloni improvvisati o affidata al passaparola, per riempire la sala del
quartiere. Quasi una formula magica, a quei tempi, capace di attirare i vecchi ma
anche i più giovani con la promessa di dar voce ai bisogni, trovare insieme risposte
ai problemi.
Alessandro Marelli era uno di loro, veniva dal comparto metalmeccanico della
Franchi Armi, aveva fatto il sindacalista in fabbrica ma soprattutto era convinto
delle potenzialità che la “sua” Mompiano poteva esprimere. Negli anni Settanta
partecipò ai primi passi e poi al consolidamento del Consiglio di quartiere di
Mompiano, esperienza che insieme a quella di altre zone della città si sarebbe
tradotta, nel 1978, nella nascita delle Circoscrizioni.
Mompiano fu una delle aree più vivaci di partecipazione, fra i capofila del movimento
dei quartieri. «La presenza e il lavoro delle Acli creò l’humus per la crescita
di un movimento di partecipazione, ma la spinta venne anche dal basso, dai
problemi di quartiere vissuti quotidianamente, mentre i Consigli comunali erano
lontani», ricorda Marelli.
I bisogni per cui ci si trovava erano questioni di tutti i giorni, la carenza di ricettività
nelle scuole materne, gli scarsi collegamenti con i pulmini del servizio pubblico
e i problemi di viabilità, la poca disponibilità di posti nel cimitero di quartiere,
l’assistenza sociale, i nodi urbanistici che creavano problemi nella zona. A fare
da minimo comun denominatore era una forte spinta civile e ideale, la voglia di
stare insieme e di partecipare, «quella stessa voglia che portò, all’indomani dello
scoppio della bomba in piazza Loggia, nel maggio del 1974, a riempire di gente
la sala dell’oratorio per confrontarsi e ritrovarsi uniti».
Era qualcosa, insomma, che trascendeva gli stessi schieramenti politici. «I grandi
partiti allora avevano una buona rappresentatività, ma unendo i rispettivi gruppi
non si sarebbe ottenuto un momento partecipativo così numeroso e intenso come
quello dei Consigli di quartiere, dove ci si trovava con uno spirito che andava al di
là dei movimenti politici e degli schieramenti ideologici».
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4. LA CIRCOSCRIZIONE RACCONTATA
Chi partecipava alle riunioni di quartiere vi trovava la più assoluta varietà di persone
e storie: c’era gente con un passato politico e istituzionale mescolata a residenti
che portavano in dote nient’altro che la propria spontaneità e la voglia di
collaborare. Fianco a fianco si ritrovavano il giudice e il metalmeccanico, l’artigiano
e il professore, «e talvolta ne uscivano assemblee infuocate, confronti aspri,
perché i Consigli di quartiere erano anche il punto di incontro di realtà politiche
distanti. Poi però arrivava sempre il momento in cui le distanze si accorciavano,
davanti ai grattacapi di casa, ai propri figli che dovevano andare a scuola ma
che non trovavano posto, questioni forse ordinarie, ma profondamente sentite, e
capaci di accomunarci».
Il collante erano i problemi del quartiere, delle sue strutture, delle strade e dei servizi,
«percepiti come un bene comune», dice Marelli, nell’evidenziare l’intuizione
di fondo alla base dei Consigli di allora: «Si era capito, più di trent’anni fa, l’importanza
di responsabilizzare i residenti, di creare una rete sociale che trovasse in
sé le risorse per affrontare le problematiche del territorio, di valorizzare il mondo
dell’associazionismo spontaneo. Che è un po’ la stessa “metodologia” rispolverata
oggi per risanare quartieri problematici, afflitti da degrado e marginalità».
Con le elezioni spontanee dei candidati e l’inquadramento più “istituzionale” dei
Alessandro Marelli
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
Consigli di quartiere il fermento della prima ora, più spontaneo, iniziò a darsi una
regola. «La spontaneità iniziale incominciò ad essere guidata per raggiungere dei
risultati concreti. Come Consigli avevamo un potere propositivo nei confronti della
Loggia, ma bisognava saper sviluppare un’abilità nel far passare il messaggio».
Le regole furono chiare fin dall’inizio: era necessario essere competenti nell’arte
del dialogo con gli assessori, ma al contempo saper fare leva sulla partecipazione
popolare, «perchè si era ben consapevoli che l’ascolto da parte delle istituzioni
arrivava se c’era movimento, se si riusciva a “far rumore” sulle diverse vicende di
interesse, e in questo senso la storia del parco Castelli è emblematica».
Per raggiungere questi risultati una delle corde da toccare, di cui il Consiglio di
quartiere fu conscio fin dai suoi primi passi, era la capacità di comunicare, di coinvolgere
la gente, soprattutto di farsi capire per creare condivisione sui problemi
comuni. Da questa consapevolezza nacque il giornalino di quartiere, denominato
“Informa-quartiere”, che ragguagliava periodicamente i residenti sull’attività delle
commissioni interne al Consiglio (cultura, servizi sociali, urbanistica), informava
sulle assemblee previste e in generale si proponeva di “fornire i mezzi e le informazioni
necessarie al cittadino per aumentare e qualificare la sua inderogabile
partecipazione alle decisioni”, come recitava il frontespizio dell’Informa-quartiere
dell’aprile 1974, ammonendo i residenti sulla necessità di una loro partecipazione
viva e concreta, “anche perché – scrivevano i redattori - non vogliamo che il Consiglio
di quartiere diventi una brutta copia del Consiglio comunale, priva peraltro
di potere decisionale”.
«Quella dei Consigli di quartiere era un’esperienza forte ma destinata a concludersi,
con l’esaurirsi, nell’arco degli anni, del fermento partecipativo iniziale»,
considera Marelli. «Non credo, però, che l’esperienza dei quartieri abbia lasciato
una specifica eredità, se non nel ruolo di “fucina” ricoperto dai Consigli, dove si
formarono figure della futura classe dirigente: il quartiere in quegli anni era una
“scuola di politica”, che attraverso incontri e approfondimenti favoriva una crescita
di consapevolezza della gente».
Altrettanto certo, secondo Marelli, è che un’esperienza trascinante come quella
dei Consigli di quartiere fu intimamente legata a quel periodo storico, e non
avrebbe mai potuto nascere se non ci fossero stati un tessuto sociale coeso, una
condivisione allargata da parte della gente, e tanti cittadini disponibili a spendersi
per la causa comune.
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nella lUnga SToRia del PaRco caSTelli c’è l’iMPRonTa
di Un’inTeRa geneRazione
Gianluigi Fondra
4. LA CIRCOSCRIZIONE RACCONTATA
L’avventura della partecipazione dal basso si intreccia con il protagonismo giovanile
e i temi dell’ambiente nella storia di Gigi Fondra, il “gnaro de Mompià”.
Lo sfondo è Mompiano, «che insieme a Sant’Eufemia è stato il nucleo vero di
spinta per il movimento del decentramento, con la sua tradizione di quartiere
“precursore” e una lunga storia di militanza politica e sociale, in cui sono
cresciuti pezzi della classe dirigente della città». Figure come Mario Picchieri,
il segretario provinciale delle Acli, «che per primo, negli anni Sessanta, insieme
ad altri impegnati nel sociale ha realizzato una forma di cooperazione per la
casa non affiliata ai grandi movimenti di cooperativa edilizia: una figura cui la
mia generazione – allora eravamo ragazzi – guardava come un padre».
C’era fermento, nell’oratorio di San Gaudenzio, nei primi anni Settanta. Era
il tempo della stagione post-conciliare, Fondra e un’altra decina di ragazzi
respiravano l’aria dei primi Consigli di quartiere, interpretandone, dall’esterno,
il côté più innovativo e critico. «Furono gli anni di un banchetto contro il carovita
che ci attirò le ire dei commercianti, e
della prima iniziativa che organizzammo in
città contro la diffusione dell’eroina, problema
che stava emergendo in tutta la sua
drammaticità. Mompiano, il nostro quartiere,
è sempre stato fucina di esperienze
sociali. E la vicenda del parco Castelli ci
sta tutta in questa storia».
L’area dell’attuale parco fu negli anni
Settanta una delle prime rivendicazioni
del Consiglio di quartiere, individuata
come luogo di ritrovo pubblico ideale
e allora mancante a Mompiano, dopo
l’espansione del nucleo abitato, che ave-
Gigi Fondra
va inevitabilmente fatto perdere alla piaz-
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
zetta della chiesa di Santa Maria il suo ruolo di centro catalizzatore della
vita aggregata.
«L’area, che era stata acquistata dal Comune alla metà degli anni Sessanta,
era stata promessa dall’amministrazione come spazio per un parco pubblico,
visto che allora il solo parco cittadino era il Ducos, dall’altra parte della città»,
ricorda Fondra. Il tempo però passava senza che la situazione si sbloccasse,
fino ad arrivare alla fine del 1989.
«La scintilla che ha fatto scattare il movimento per il parco, raggruppatosi
sotto il nome di Comitato per l’ambiente zona nord, fu la notizia che gli assessorati
comunali avevano deciso di realizzare sul perimetro del parco un grande
parcheggio per le auto, attiguo allo stadio, esteso fino alla via Triumplina e
destinato ai tifosi delle partite di calcio domenicali».
Tutto questo per il Comitato, che aveva in Bobo Archetti l’”anima” del gruppo,
era una «mossa inaccettabile, perché avrebbe contraddistinto il nostro territorio
con una colata d’asfalto inutile, visto che il parcheggio sarebbe stato
utilizzato con la cadenza quindicinale delle partite in casa, e soprattutto vista
la posizione del terreno, a ridosso della collina e vicino all’abitato», racconta
Fondra. Contro la variante al Piano regolatore che incombeva sull’area,
a Mompiano vennero raccolte seimila firme per suffragare un’osservazione
formale alla variante stessa.
Ma soprattutto, anziché la girandola canonica di manifestazioni e volantinaggi,
il Comitato nella sua azione di protesta scelse una tattica inedita, che si
rivelerà vincente: «L’idea fu quella di costruirlo noi il parco». Superate le recinzioni
che proteggevano il terreno, il gruppo costruì alcune panchine e altalene
artigianali, dipinse a mano un’insegna col nome “Parco Castelli”, denominazione
scelta dalla via su cui si affacciava, posizionò un barbecue alla buona.
«Il cardine di tutto, in quella primavera del ’90, non fu la provocazione, ma la
partecipazione», ricorda Fondra. «Furono le persone più disparate, dalle famiglie
agli anziani, a “fare” il parco con la loro presenza». Grazie al passaparola
ogni giorno il parco, “occupato” pacificamente, divenne la meta di svago per
molti residenti, nei week end si raggiungevano le 200-300 persone, vennero
fatte due feste per finanziare la realizzazione di giochi per bambini.
«Nel giro di due mesi la politica bresciana si accorse di avere sbagliato», ricorda
Fondra. Nel 1992 venne fondata la Cooperativa Parco Castelli, di cui Fondra
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4. LA CIRCOSCRIZIONE RACCONTATA
fu il primo presidente, e a cui l’amministrazione comunale, con un esperimento
di “gestione partecipata”, aggiudicò l’appalto per la manutenzione e la gestione
del verde all’interno del parco Castelli, con un budget di 40 milioni di
vecchie lire.
«La Cooperativa venne fatta con lo spirito dei Consigli di quartiere, al suo
interno erano rappresentate le più ampie sensibilità, per provare a gestire dal
basso una piccola porzione di territorio comune». La scommessa era ancora
più ambiziosa, dimostrare che accorciando le distanze con le istituzioni era
più facile far rispettare le norme, ridurre gli atti di vandalismo e l’insicurezza
all’interno del parco, «perché a gestirlo, agli occhi dei cittadini, non era un’entità
astratta, ma alcuni di loro». Anche in termini di costi, l’esperienza è servita
«per mettere in luce il ritorno positivo, dal punto di vista economico, della partecipazione.
In quell’occasione, su più versanti, si sperimentò un lavoro vero e
serio fra istituzioni e cittadinanza».
Il periodo di “autogestione” del parco durò un anno, poi, complici i rivolgimenti
politici e non ultimo lo scoppio di Tangentopoli, si tornò all’antico con
la gestione comunale del “Castelli” e la fine della Cooperativa. L’onda lunga
di quell’esperienza, però, non si è fermata lì. «La vicenda del parco Castelli
ha dato il via alla stagione dei parchi a Brescia, evidenziando la necessità di
avere verde attrezzato e vivibile, non giardini da guardare». Fu allora che si
incominciò a comprendere che il parco, “luogo d’incontro occasionale certo”,
come ama definirlo Fondra, è uno strumento di risposta sociale al bisogno
di relazioni, uno spazio fisico e ideale che nella società dei “non-luoghi” ha
sostituito il ruolo svolto un tempo dalla piazza.
Partecipazione, socialità, rispetto dell’ambiente sono un tutt’uno per chi,
come Fondra e gli altri “gnari”, ha vissuto la sua infanzia nella valle di Mompiano,
e ne ha ancora impresso il ricordo di fonti di acqua limpide, maggiolini
e farfalle che danzavano nei prati, indice della salubrità dei luoghi. Su questi
presupposti nasce, nel 1996, il Comitato cittadini per la valle di Mompiano,
che si impegna da subito perché l’ex Polveriera, dismessa dai vincoli militari,
venga destinata ad uso pubblico. Seguiranno raccolte di firme per crearvi
una “Casa della natura” che alla fine non verrà realizzata nella Polveriera,
ma vedrà comunque la luce nel rifugio nella valle di Mompiano, un edificio
ristrutturato in un’area boschiva e incontaminata della valle, per opera
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
dell’associazione Gnari de Mompià onlus (associazione di volontariato per
la tutela ambientale costituita nel 2002, di cui Fondra è stato il primo presidente)
d’intesa con la Cooperativa Fraternità agricola di Ospitaletto.
Il rifugio è gestito dai Gnari de Mompià per promuovere una frequentazione
responsabile del territorio, realizzando escursioni didattiche, soggiorni di
turismo “dolce”, manutenzione dei sentieri storici, centri estivi sui temi ambientali.
Se Fondra non nasconde qualche riserva sul cammino a volte tortuoso compiuto
in città dalla “partecipazione”, percepita come un percorso ancora da
completare in un’ottica diversa dalla semplice logica amministrativa - «un
bicchiere mezzo pieno, o mezzo vuoto, a seconda dalla parte in cui lo si guardi»
- è certo che i Gnari de Mompià sono la prosecuzione di una storia iniziata
molti anni prima, con il Comitato per l’ambiente zona nord. «L’esperienza
di gestione del rifugio, che tuttora continua, è un modo per dimostrare che,
se viene supportata correttamente dalle scelte politiche, la partecipazione è
possibile e necessaria per dare risposta ai diversi bisogni sociali. La “chiave”
è unirsi non contro qualcuno ma a favore di qualcosa, per mescolare le forze
migliori».
I soci fondatori dei Gnàri dè Mompià davanti al rifugio della valle di Mompiano
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© Archivio Gnàri dè Mompià - Foto Cristian Penocchio

nella Piccola aTene di qUaRTieRe, a ScUola di deMocRazia
Maurilio Lovatti
4. LA CIRCOSCRIZIONE RACCONTATA
Come nell’Atene di Pericle. Cittadini di pari diritto con la possibilità di intervenire
nelle assemblee di democrazia diretta, partecipando personalmente alle decisioni.
E lasciando il proprio segno nella vita della polis.
Così si sentivano i ragazzi che nei primi anni Settanta, con la barba lunga e il fermento
della contestazione ancora nel sangue, si sarebbero buttati nell’avventura
dei Consigli di quartiere con una buona dose di idealismo, senso di responsabilità
quanto basta e una manciata di “lieta furia dei vent’anni”.
Maurilio Lovatti inizia la sua avventura nel quartiere di Sant’Eustacchio da giovane
studente universitario di Filosofia e partecipante della gioventù aclista. Dal
’74 sarà consigliere di quartiere, poi con la nascita delle Circoscrizioni, nel ’78,
diventerà consigliere della Prima fino ai mandati del 1980 e ‘85, ricoprendo anche
i ruoli di vice presidente e coordinatore della commissione urbanistica.
Quella che ricorda con più slancio è la fase che definisce spontanea, quella dei
primi anni e dei timidi riconoscimenti che arrivavano dall’amministrazione comunale.
«Eravamo consapevoli di essere di fronte a qualcosa di nuovo», dice Lovatti,
ricordando la composizione del tutto eterogenea dei primi Consigli, formati da
casalinghe cinquantenni e ragazzi universitari, artigiani e operai, ingegneri e professionisti
che fino ad allora non avevano coltivato nessun interesse specifico per
la politica. Tutti convinti a far sentire la loro voce, persuasi di poter cambiare il
modo di amministrare, agendo con un controllo immediato su ciò che si faceva, e
contribuendo alle decisioni dal basso.
A voler tentare un inquadramento storico, sono almeno tre i contesti che possono
aver influito sulla partecipazione di quartiere: l’onda lunga del movimento studentesco,
l’autunno caldo, la situazione politica in evoluzione. Eppure c’era dell’altro
nella testa di quella gente che a centinaia affollava il teatro della Pavoniana fino
a occuparne tutti i posti disponibili, corridoi e anfratti possibili per ascoltare e dire
la propria.
«Il fermento partecipativo può essere stato stimolato dalla situazione storica, ma
c’era anche, non secondario, l’elemento del “credere” in un progetto ritenuto
vicino e possibile, che dipendeva dall’impegno di tutti». Tanto è vero che i partiti,
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
seppure non indifferenti al movimento nei quartieri («il Pci lo vide come un’occasione
per entrare fra la gente dei quartieri, nella Dc e nel Psi la minoranza più
aperta sfruttò quel momento per riequilibrare le posizioni di forza all’interno del
partito»), non ne furono i protagonisti, ritagliandosi una posizione ai margini.
«Il numero degli “indipendenti” era più della metà, a riprova che l’organismo di
quartiere non era un Consiglio comunale in miniatura che riproduceva le stesse
dinamiche fra maggioranza e opposizione, perché non era emanazione dei partiti.
Non, quindi, un duplicato di quei rapporti di forza, ma un luogo di confronto dove
spesso si affermavano posizioni trasversali. Questo spiega la fiducia riposta dai
cittadini».
I traguardi raggiunti con il Comitato di coordinamento del 1971 e con il regolamento
approvato dal Comune nel 1975, che conferiva ai Consigli di quartiere
una importante voce in capitolo sui temi di urbanistica, bilancio e politiche sociali
sono, secondo Lovatti, una «conquista sul campo» dei quartieri. «Allora si dava
Maurilio Lovatti
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4. LA CIRCOSCRIZIONE RACCONTATA
molta importanza al consenso, i quartieri erano diventati una massa di pressione
talmente forte e radicata che le istituzioni non potevano ormai trascurare».
La grande alchimia che dava forza alla partecipazione era la capacità di far convivere
stili di vita, età, mentalità e status sociali dei più diversi, miscelati da un deciso
coinvolgimento emotivo. «C’erano professionisti in giacca e cravatta - come
l’indimenticabile ingegner Giovanni Buizza, che da presidente del Consiglio di
quartiere ci ha accompagnato in tante battaglie - e c’eravamo noi giovani, c’erano
alternativi e c’erano conformisti, persone di destra e di sinistra, e nonostante ciò
ci si riusciva a confrontare, con un accostamento che aveva talvolta il sapore di un
dialogo fra generazioni diverse».
Significativa anche la presenza femminile: a Sant’Eustacchio le donne erano circa
la metà dei componenti del Consiglio, e su tre coordinatori di commissione, due
(per Cultura e Servizi alla persona) erano donne.
«L’atmosfera era contagiosa, anche per quelli inizialmente più scettici. L’impegno
richiesto era molto, come le sere passate a casa dell’uno o dell’altro per studiare
le carte o le nuove normative, o la distribuzione dei volantini informativi, per cui
ciascuno si sceglieva una zona e li depositava a tappeto nelle buche delle lettere.
In questo senso dico che a noi giovani di allora, convinti ed entusiasti dell’esperienza,
sembrava davvero di vivere in una “Atene di Pericle”, così avvertita era la
possibilità di partecipare alla vita della res publica».
Lovatti iniziò a interessarsi di temi urbanistici quasi per caso, «erano temi ostici e
noi eravamo un po’ tutti digiuni, non c’era nessuno che li seguisse, così mi offrii
io. Creammo un gruppo di studi per affrontare un settore completamente nuovo,
ci si trovava la sera per studiare le normative urbanistiche. Alla fine maturammo
una certa competenza».
E in Consiglio le discussioni erano accese, si dava battaglia sui temi urbanistici,
dai sensi unici ai percorsi delle linee autobus, fino a questioni più importanti affrontate
in quella metà degli anni Settanta, come il prolungamento di via Veneto
in quella che sarebbe diventata via Salvo d’Acquisto, e che allora non esisteva
ancora, la realizzazione del giardino di via Reverberi, la pratica per rendere di
fruibilità pubblica Campo Marte, «che venne avviata proprio allora nel Consiglio
di quartiere».
Anche in campo culturale fu una stagione feconda, con la nascita dei primi corsi di
ginnastica per adulti e anziani, oltre alle lezioni di pittura, ceramica e altro. «Oggi
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
è diventata una prassi, ma allora era qualcosa di assolutamente inedito: quando
chiedevamo di poter utilizzare la palestra degli istituti ci guardavano straniti, al
tempo erano solo le scuole e le società sportive ad essere “legittimate” per questo
tipo di attività».
La vita dei consigli fu costellata anche di battaglie perse, vissute spesso come uno
smacco, come fu il caso della vicenda di Canton d’Albera, secondo Lovatti la più
emblematica per Sant’Eustacchio.
In quel caso i consiglieri di quartiere si spesero perché l’area di Canton d’Albera
- nei pressi di via Pastrengo e via Leonardo Da Vinci (estesa su 9 mila metri
quadrati, dove attualmente sorge il complesso della banca Bipop Unicredit e gli
altri esercizi limitrofi) - venisse vincolata a servizi pubblici, dopo che la normativa
regionale del 1975 aveva aumentato i metri quadrati da destinare a servizi
per abitante. «I quartieri volevano che la nuova normativa venisse applicata alla
svelta, traducendosi in una variante del Piano regolatore, mentre gli interessi economici
premevano per andare a rilento, e ottenere nel frattempo la possibilità di
edificazione privata dell’area». Il braccio di ferro con la Giunta comunale fu lungo
ed estenuante, e si concluse con la sconfitta dei quartieri, che non riuscirono a
salvaguardare l’area dall’edificazione privata.
Lovatti ha vissuto anche la stagione del lento esaurirsi della spinta partecipativa.
«Se nei primissimi anni dopo il passaggio alle circoscrizioni c’era ancora un certo
clima, tanto che molti consiglieri provenivano ancora dai quartieri, perché liste con
soli candidati imposti dai partiti avrebbero rischiato di perdere, col tempo furono
i quartieri a irrigidirsi, a smarrire l’impulso propositivo, la capacità di massa critica
e quindi la forza contrattuale. Il clima culturale e politico era cambiato, e i partiti
invasero il campo, a incominciare dalla distribuzione dei presidenti».
A fare da spartiacque fu la legge del 1976 che istituiva le circoscrizioni, una normativa
che secondo Lovatti offre due chiavi di lettura: «dal punto di vista della
partecipazione fu un passo indietro, perché con circoscrizioni molto estese diventava
più difficile la rappresentatività rionale, ma sotto il profilo del decentramento
fu un passo avanti, perché accorpando i quartieri rese possibile realizzare strutture
e centri sociali di riferimento per le diverse aree della città». Evolversi, alla fine
degli anni Settanta, era diventato un salto necessario, tanto più che il movimento
dei quartieri, pur referenziato localmente, aveva sempre cercato di “pensare globale”,
evitando la tentazione campanilistica per contribuire, soprattutto tramite il
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4. LA CIRCOSCRIZIONE RACCONTATA
Comitato di coordinamento di tutti i Consigli, a temi di interesse generale come
bilancio e Piano regolatore.
E’ in questa prospettiva che va decifrata l’eredità lasciata dalla lunga stagione
della partecipazione. «Il ruolo delle Commissioni in Circoscrizione, ad esempio,
quella Urbanistica, quella alla Cultura e attività promozionali e quella dei Servizi
alla persona è un retaggio di allora, così come la possibilità per i cittadini di partecipare
alle sedute delle Commissioni, che sono “aperte”, e la prassi per cui gli
assessori prima di decidere su tematiche di quartiere sentono chi è sul territorio».
Certo, «sarebbe potuto rimanere qualcosa di più, soprattutto in tema di istanze
partecipative. Ma qualcosa è restato. Senza dimenticare che arrivare all’accorpamento
era nella logica delle cose: solo così i quartieri hanno potuto disporre
di strutture, palestre e centri di aggregazione che una dimensione rionale non
avrebbe potuto offrire».
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
RiPeRcoRReRe la SToRia delle ciRcoScRizioni
Luciano Rubessa
Ripercorrere la storia delle circoscrizioni significa, non solo esaminare i processi
che portarono alla loro nascita ed istituzionalizzazione, ma raccontare le
vicende della gente, del territorio ed i legami con quelli che sono stati gli eventi
storici più importanti.
San Bartolomeo è una delle zone della città strettamente legata ad una delle
vicende più tragiche avvenute in coda alla Seconda Guerra Mondiale, non solo
per il nome delle sue vie che rievocano quei momenti ma perché, nel ’57, venne
indicato come il punto di chiusura di raccolta profughi fuggiti dall’Istria, da
Fiume e dalla Dalmazia e perchè, proprio, qui, risiedono ancora molte di quelle
famiglie che, ormai, si sono inserite a Brescia grazie all’impegno ed alla volontà
che caratterizza generalmente tutti gli italiani del nord Italia, sempre pronti a
rimboccarsi le maniche davanti alle difficoltà.
Luciano Rubessa, presidente dell’associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
di Brescia, è l’esempio di come, nell’arco degli anni, questa gente, giunta
all’ombra del Cidneo dopo aver abbandonato la propria casa ed i propri averi,
abbia avuto la capacità da un lato, e la possibilità dall’altra, di inserirsi all’interno
della nostra società divenendo protagonisti, anche, della storia politico ed
istituzionale della nostra città.
Un percorso non facile, anzi particolarmente impervio, quello che portò gli esuli
a raggiungere le varie città d’Italia, dopo gli orrori della guerra, i bombardamenti
prima, gli orrendi massacri del generale Tito e dei suoi ed, infine, l’indifferenza
e l’oblio che i libri di storia, predominio di una certa parte politica e
culturale, riservò a questa gente ed alle loro vicende, per quasi cinquant’anni.
Una storia che, quindi, ora è giusto raccontare il più possibile, per cercare con la
memoria di ripercorrere quel percorso che portò migliaia di esuli a raggiungere
la nostra città, contribuendo alla sua crescita ed al suo sviluppo.
Rubessa era ancora piccolo all’epoca ma ricorda bene il dolore e la paura ed il
lungo “esodo” che lo portò a Brescia.
“Dopo i bombardamenti pensavamo che il peggio fosse finito ma con l’arrivo
dei partigiani comunisti di Tito le cose avrebbero preso una piega ancora più
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4. LA CIRCOSCRIZIONE RACCONTATA
dolorosa: ogni famiglia ebbe i suoi lutti e tutti fummo costretti ad abbandonare
tutto: la nostra terra, la nostra casa, i nostri averi e, soprattutto, tanti affetti”
ricorda Rubessa, ripercorrendo il viaggio verso la speranza che affrontò con suo
padre, sua madre e due fratelli.
“Io ero piccolo, avevo sei anni ma ci sono cose che non si dimenticano: era
dicembre del ’48, il treno che ci portava in Italia venne fermato proprio al confine,
faceva freddo ma tutti gli adulti vennero fatti scendere dal treno denudati e
perquisiti, volevano assicurarsi che non portassimo al di là del confine neanche
un soldo” racconta il presidente dell’associazione che a Brescia arrivò all’età di
sei anni, dopo un lungo viaggio che lo portò prima a Trieste, poi a Venezia ed,
infine, alle “baracche rosse” di Udine.
La fortuna della sua famiglia, privata praticamente di qualsiasi, fu l’amicizia di
suo padre con un uomo che a Brescia era titolare un’impresa di ingegneria edile
e falegnameria. Da allora, Rubessa, pur non dimenticando le proprie origine e
lottando per quel riconoscimento storico giunto praticamente solo pochi anni
fa, ha operato con impegno e dedizione all’interno della società bresciana.
“Non avevamo più una casa, un lavoro, dei soldi: siamo arrivati a Brescia come
dei disperati e siamo riusciti a rifarci una vita ed a contribuire allo sviluppo di
questa città sempre in maniera onesta” ha ribadito Rubessa, che a Brescia è
stato funzionario Enel, consigliere comunale, assessore alla pubblica istruzione,
consigliere di circoscrizione ed ha vissuto, quindi, da vicino proprio al percorso
dei comitati di quartiere che ha fissato le basi del decentramento.
“La fine degli anni sessanta, con la nascita dei comitati di quartiere, è stato
un bel periodo, ricco di spinte che venivano davvero dalle esigenze pratiche
della gente che viva il territorio e dalla volontà di molti, in quel periodo, a voler
mettersi al servizio della società per concorrere a costruire un qualcosa insieme”
ha spiegato Rubessa cercando di far comprendere quale fosse l’aria che si
respirava in quegli anni.
“Il concetto di decentramento nato a quei tempi era ben diverso da risultato
ottenuto ai giorni nostri: la politica c’entrava poco, o solo in parte, e le differenze
di colore erano superate davanti alla necessità di risolvere i problemi reali.
Le diversità erano appianate da un reale spirito di servizio e si discuteva sulle
soluzioni pratiche più che sulle ideologie. Basti pensare che le prime liste non
erano rappresentate da simboli di partito” prosegue nel suo racconto Rubessa,
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
convinto che l’istituzionalizzazione dei comitati di quartiere, sia stata una sorta
di boomerang su quello che sarebbe dovuto essere il corretto cammino del
decentramento.
“Nel momento in cui si è passato a consiglieri eletti, spesso scelti dai partiti,
si è andata smarrendo quella territorialità che aveva caratterizzato i quartieri:
non erano più i reali rappresentati del territorio, rappresentati magari dal vicino
operoso che si preoccupava di risolvere i problemi, ma consiglieri calati
dall’alto”.
Infine un pensiero ancora alla zona San Bartolomeo ed all’influenza positiva
che proprio gli esuli scacciati da Istria, Fiume e Dalmazia, diede nello sviluppo
del quartiere.
“L’aumento della popolazione della zona di San Bartolomeo generata dall’arrivo
degli esuli contribuì in maniera non indifferente a far sviluppare questo
quartiere, che più popolato necessitava di maggiori servizi”.
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oRgo TRenTo: da SeMPRe Un’iSola Felice
Raul Porteri
4. LA CIRCOSCRIZIONE RACCONTATA
“Il mio Borgo, negli anni Trenta, si stendeva dal capolinea del tram elettrico n.2,
a ridosso del Garza, in prossimità dello stadio di calcio “Armando Casalini” alla
mia casa col civico numero 107 di via Trento. Entro questo angusto, ma compiuto
spazio, un vero e proprio borgo satellite, di periferia, fino ad allora chiamato Borgo
Pile, brulicava un angolo di mondo vivacissimo e vitale. Fermo nella memoria, affettivamente
presente nel mio animo, fermenta ancora nella sua vitalità e stimola i
miei ricordi” era il 1973 quando Lino Monchieri, scrittore nato e cresciuto a Borgo
Trento raccontava del fascino particolare che da sempre caratterizza questa parte
di via Trento e dell’affetto che anima coloro che ne “el bòrg” sono cresciuti.
Lo stesso attaccamento al proprio quartiere e la ferma volontà di mantenere viva
la memoria delle storie e della tradizioni di quel pezzo di strada lungo appena 301
metri è comune ai nativi del borgo ed in particolare a quelli che sono ancora li
nonostante l’incedere del tempo e la società che cambia.
La famiglia Porteri è una di quelle storicamente legate alla borgata sin dal 1875
quando aprì la propria salumeria che da oltre un secolo è specializzata in formaggi
e salumi di qualità.
Salumeria Porteri 1912: il titolare Giuseppe con il figlio Antonio
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
Dal 1995, infine, proprio accanto alla vecchia salumeria e sorta la trattoria
“Porteri” che proprio come il Borgo che la ospita traspare quel fascino che
viene dal passato e dalla tradizione.
“Borgo Trento è un’isola felice che fa propria la forza dei rapporti umani di chi
vi abita: una zona che a saputo adeguarsi ai tempi, come confermano, anche,
gli interventi urbanistici degli ultimi anni che, dal mio punto di vista, hanno
migliorato la viabilità del quartiere rendendolo ancora maggiormente fruibile”
spiega Raoul Porteri, particolarmente soddisfatto per i lavori di risistemazione
delle piazza della Chiesa di Cristo Re, strutturata, proprio, per favorire i momenti
di incontro tra i cittadini.
“Il borgo è sempre stato un luogo importante, storica strada di passaggio agli
albori della storia, poi, prolifico quartiere ricco di attività artigianali ed, infine,
ai giorni nostri storico quartieri che si caratterizza per la suo ospitalità” ha proseguito
Porteri ricordando i tempi quando il Borgo era circondato unicamente
da campi e ci si conosceva tutti.
“I tempi cambiano ma Borgo Trento resta legato alle proprie tradizioni ed al
modo di essere della gente che vi abita: credo che questa zona abbia davvero
delle possibilità straordinarie, anche, perché forte della presenza storica di
alcune famiglie, come i Gelmi o i Meraviglia, che da oltre cento anni risiedono
qui”.
“Il borgo, inoltre, ha prodotto personalità importanti sia a livello cittadino, penso
per esempio a mio fratello Antonio, che è docente alla facoltà di economia
dell’Università degli studi di Brescia, o ad Ottavio Bianchi, che nacque proprio
qui nel 1943, per poi divenire allenatore di Diego Armando Maratona e portare
il Napoli alla vittoria del suo primo storico scudetto”.
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4. LA CIRCOSCRIZIONE RACCONTATA
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30 ANNI DI PARTECIPAZIONE - L’esperienza delle Circoscrizioni a Brescia
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Indice
INDICE
La mappa delle Circoscrizioni pag. 6
Introduzione - La Circoscrizione Nord pag. 7
Capitolo 1
I quartieri della Circoscrizione Nord
San Bartolomeo e Sant’Eustacchio pag. 9
Borgo Trento pag. 17
Mompiano e Casazza pag. 20
La storia dell’ospedale pag. 23
Villaggio Prealpino pag. 24
Costalunga - San Rocchino pag. 26
Capitolo 2
A spasso per la Nord
I musei pag. 29
Le chiese pag. 31
I parchi pag. 33
Realtà del territorio pag. 36
Le parrocchie pag. 38
Le associazioni pag. 39
Capitolo 3
Alle origini del decentramento
La storia della partecipazione a Brescia pag. 43
I presidenti della Prima Circoscrizione pag. 47
I presidenti della Seconda Circoscrizione pag. 52
Il presidente della Circoscrizione Nord pag. 55
Capitolo 4
La Circoscrizione raccontata
Angelo Boniotti pag. 58
Lucio Bregoli pag. 63
Alessandro Marelli pag. 68
Gianluigi Fondra pag. 71
Maurilio Lovatti pag. 75
Luciano Rubessa pag. 80
Raul Porteri pag. 83
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Progettazione ed impostazione grafica
FZ Graphic & Design - Brescia
Stampa
Graficasette - Bagnolo Mella (BS)