Museo Cidra.pdf - INSMLI
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incontrare la storia attraverso<br />
il museo e l’archivio del C.I.D.R.A.<br />
Il Centro imolese documentazione Resistenza antifascista e storia contemporanea (C.I.D.R.A.)<br />
è intimamente legato alla vita della città e del suo territorio. Raccoglie infatti memorie di eventi<br />
e di personaggi appartenenti alla storia imolese di cui la città mantiene un vivo ricordo.<br />
All’interno del vasto patrimonio documentario (manifesti, fotografie, fondi archivistici, cimeli<br />
e pubblicazioni) si colloca la Mostra permanente del museo che espone, in varie sale, una serie<br />
di documenti , originali e in copia, che aiutano a ricostruire la storia della città dall’avvento del<br />
fascismo alla nascita della Repubblica.<br />
Una proposta per la visita alle cinque sale della Mostra permanente è il seguente percorso<br />
costituito da documenti, del museo e dell’archivio, e da testimonianze di donne e uomini che<br />
vissero in prima persona il periodo dal fascismo alla Liberazione da protagonisti attivi.<br />
SALA A -Vent’anni di fascismo e antifascismo<br />
SALA A e SALA B -La guerra e la popolazione civile<br />
SALA C -La resistenza all’occupazione nazista<br />
SALA C e SALA D -La repressione nazifascista<br />
SALA D -La lotta partigiana della 36 a Brigata Garibaldi<br />
SALA E -Liberazione, ricostruzione, Repubblica e Costituzione
Pag. 4 “incontrare la storia...”<br />
vent’anni di fascismo e di antifascismo<br />
A<br />
sala A<br />
Durante la prima guerra mondiale e nell’immediato<br />
dopoguerra le condizioni di<br />
vita della popolazione italiana peggiorarono,<br />
perciò, subito dopo la fine del<br />
primo conflitto mondiale, ci furono scioperi<br />
e proteste di operai e contadini che<br />
chiedevano lavoro e aumenti salariali.<br />
Inoltre i partiti di massa, quello socialista<br />
e quello cattolico, ottennero molti voti<br />
alle elezioni; ciò spaventò l’alta borghesia<br />
industriale e agraria che utilizzò il movimento<br />
fascista, fondato da Benito Mussolini,<br />
per intimorire gli esponenti delle<br />
organizzazioni socialiste e tutti coloro<br />
che organizzavano scioperi e manifestazioni:<br />
le squadre fasciste distruggevano<br />
le sedi dei giornali, delle cooperative e<br />
dei sindacati malmenando e creando un<br />
clima di terrore.<br />
Dopo la marcia su Roma del 28 ottobre<br />
1922 e soprattutto dopo le elezioni del<br />
1924 il fascismo si rafforzò e riuscì a<br />
istituire, in breve tempo, un regime dittatoriale<br />
in cui cessò ogni libertà: fu<br />
soppressa la libertà di stampa, i partiti e<br />
i sindacati furono sciolti, gli scioperi<br />
proibiti.<br />
Dopo l’assassinio del deputato Giacomo<br />
Matteotti , avvenuto nel 1924, il fascismo<br />
accentuò il suo carattere dittatoriale con<br />
nuove norme punitive che estendevano<br />
le categorie dei reati politici e già a partire<br />
dal 1927 iniziò ad operare l’OVRA (Organizzazione<br />
di vigilanza e repressione<br />
dell’antifascismo), un polizia che controllava<br />
l’intero territorio nazionale fiancheggiata<br />
da una rete di informatori e spie.<br />
Inoltre il Tribunale speciale per la difesa<br />
dello stato puniva con la pena di morte<br />
coloro che avevano attentato alla vita di<br />
Mussolini e dei regnanti e condannava a<br />
pene detentive da uno a trent’ anni chi<br />
veniva accusato di attività politica antifascista.<br />
Durante il fascismo, le organizzazioni<br />
politiche più impegnate nell’attività cospirativa<br />
contro il regime furono il Partito<br />
comunista, l’organizzazione liberalsocialista<br />
Giustizia e Libertà, il Partito<br />
socialista e gli anarchici. Conseguentemente<br />
furono quelli che pagarono un<br />
prezzo più alto in termini di militanti<br />
arrestati.<br />
In Italia fra il 1926 e il 1943, furono<br />
deferiti al Tribunale speciale 15806 antifascisti<br />
(fra cui 891 donne), 12330 (145<br />
erano donne) furono quelli inviati in<br />
luoghi lontano da casa, al confino.<br />
Alcuni scelsero l’esilio come gli imolesi<br />
Anselmo e Andrea Marabini, alcuni furono<br />
condannati a morte o morirono in<br />
carcere come Antonio Gramsci.<br />
A Imola il Tribunale speciale inflisse 84<br />
condanne per complessivi 475 anni di<br />
carcere, inviò al confino 110 oppositori,<br />
per un totale di 484 anni, ne obbligò<br />
all’esilio forzato 55 e oltre 200 furono i<br />
sorvegliati e diffidati.<br />
Il governo fascista ebbe l’appoggio della<br />
borghesia agraria e industriale e delle<br />
gerarchie della Chiesa cattolica con cui<br />
stabilì un accordo, i Patti lateranensi del<br />
1929. Venne attuata anche una forte<br />
propaganda grazie alla scuola, alla stampa,<br />
al cinema, ai manifesti pubblicitari e agli<br />
slogan esposti nei luoghi pubblici, sportivi<br />
e di lavoro. Anche la costruzione di<br />
edifici celebrativi di forte impatto urbanistico,<br />
per la loro centrale collocazione<br />
e per le grandi dimensioni, contribuì ad<br />
accrescere il consenso.
la VIOLENZA FASCISTA<br />
vent’anni di fascismo e di antifascismo<br />
Sede sindacale devastata dalle squadre fasciste, Castel San Pietro 1921<br />
Sfilata di camicie nere, Ravenna 10 settembre 1921<br />
Pag. 5
Pag. 6<br />
vent’anni di fascismo e di antifascismo<br />
la PERSECUZIONE degli OPPOSITORI<br />
Confinati italiani (fra tra cui alcuni imolesi) e libici, Ustica 1928<br />
Il governo fascista avviò, dal 1922 fino agli<br />
anni Trenta, la riconquista della Libia, dove il<br />
governo coloniale italiano controllava solo<br />
alcune zone costiere. La riconquista fu frenata<br />
dalla forte opposizione delle popolazioni locali.<br />
La repressione fascista fu durissima. Intere tribù<br />
vennero deportate, i capi della guerriglia uccisi,<br />
incarcerati o mandati al confino. Inoltre, in<br />
mezzo al deserto, si costruirono campi di<br />
concentramento in cui furono inviati più di<br />
80.000 nomadi, privati della libertà mentre le<br />
loro terre venivano assegnate ai coloni italiani.
vent’anni di fascismo e di antifascismo<br />
Confinati in posa per la foto scattata in occasione della visita collettiva dei familiari (fra questi<br />
alcuni imolesi), Ustica 1927<br />
Testimonianza di Nella Baroncini.<br />
Condannata a 10 anni fra carcere e confino,<br />
viene arrestata nel 1932 e inviata, prima nell’interno,<br />
poi all’isola di Ponza. Sconta 18 mesi<br />
di carcere a Poggioreale a seguito di agitazioni<br />
promosse assieme ad altre donne confinate. A<br />
Ponza sposa l’antifascista Antonio Cicalini.<br />
Fui inviata al confino, prima nell’interno,<br />
poi all’isola di Ponza dove, specialmente<br />
attorno agli anni 1933 e ’34 la repressione<br />
fascista fu particolarmente dura.<br />
La nostra vita all’isola era intensa. Avevamo<br />
organizzato una biblioteca nonostante ci<br />
venissero bloccate continuamente le richieste<br />
d’acquisto e addirittura negato di ottenere<br />
in dono libri, riviste e giornali. Avevamo<br />
però alcune copie di un libro in normale<br />
circolazione: “La carta dei diritti” dove<br />
erano trattati tutti i paesi del mondo. Vi<br />
era riportato per intero il Manifesto del<br />
Partito Comunista e noi studiavamo lì sopra.<br />
Facevamo anche dello sport per mantenere<br />
oltre alla mente anche il corpo in buona<br />
salute fisica.<br />
-Sai? Avevamo fatto anche una squadra di<br />
calcio!-<br />
-E ci giocavi anche tu?-<br />
-Certamente, ed ero anche brava!-<br />
Mi rispondeva<br />
-Un anno ci mettemmo a coltivare fiori.<br />
All’epoca della fioritura uno dei nostri compagni<br />
si ammalò di TBC, peggiorò.<br />
Pensammo: -muore lontano da casa. Almeno<br />
avrà i fiori sulla bara!-<br />
Fortuna volle che il compagno tornasse in<br />
buona salute, così, oltre lui, furono salvi<br />
anche i fiori!<br />
Pag. 7
Pag. 8 vent’anni di fascismo e di antifascismo<br />
la PROPAGANDA FASCISTA: l’ EDUCAZIONE dei GIOVANI<br />
e delle Donne<br />
I giovani della GIL passati in rassegna dalle gerarchie fasciste, Imola<br />
Milizia e donne fasciste, Imola<br />
Il governo fascista cercò di controllare l’educazione<br />
dei giovani: nelle scuole veniva insegnata<br />
la dottrina fascista e gli insegnanti dovevano<br />
avere la tessera del partito.<br />
Per educare la gioventù agli ideali fascisti venne<br />
creata l’ Opera nazionale balilla. Nelle scuole<br />
vennero introdotte nuove materie di insegnamento<br />
come la cultura militare, inoltre grande<br />
importanza venne data alle competizioni culturali<br />
e ai saggi ginnici e sportivi L’educazione<br />
insomma doveva preparare i ragazzi e le ragazze<br />
all’inserimento nei quadri del regime.<br />
Il fascismo contribuì a render più visibili le<br />
donne nella sfera pubblica (nel 1939 erano<br />
iscritte ai fasci femminili 774000 donne). Ma<br />
l’inquadramento femminile nelle organizzazioni<br />
di massa non escludeva i consueti ruoli femminili<br />
di sposa, madre e sorella che dal fascismo<br />
furono fortemente esaltati
vent’anni di fascismo e di antifascismo<br />
la PROPAGANDA FASCISTA: gli SLOGAN<br />
Scritta posta sulla facciata di palazzo Sersanti, Imola, anni ‘30<br />
Slogan sul muro del reparto collaudo proiettili dello stabilimento Cogne, Imola 1942<br />
Pag. 9
Pag. 10<br />
vent’anni di fascismo e di antifascismo<br />
la PROPAGANDA FASCISTA: le Opere del REGIME<br />
Sventramento del centro della città, Imola 1932-38<br />
L’ abbattimento delle vecchie<br />
case che si affacciavano sulla via<br />
Emilia e dell’ ottocentesco<br />
“Verziere” venne effettuato per<br />
avere un vasto spazio urbano<br />
in cui edificare l’angolare casa<br />
del fascio, la galleria e il nuovo<br />
centro cittadino.<br />
Il regime fascista mirò a rinnovare<br />
le città per motivi di prestigio<br />
con grandi edifici pubblici.<br />
La maggioranza di questi<br />
interventi modificò profondamente,<br />
in tutta l’Italia, l’aspetto<br />
dei centri urbani senza tenere<br />
conto della loro storia e del<br />
loro patrimonio artistico e culturale<br />
preesistente.<br />
Casa del Fascio vista dall’alto dal<br />
lato di via XX settembre, Imola<br />
1940
le OPERE del REGIME<br />
vent’anni di fascismo e di antifascismo<br />
Monumento ai caduti della prima guerra mondiale inaugurato a Imola da Vittorio Emanuele<br />
III il 13 giugno 1928<br />
Al termine della prima guerra mondiale, di<br />
fronte all’elevatissimo numero di vittime, si<br />
impose in tutta Europa la necessità di alleviare<br />
il senso di privazione ed il dolore provocati da<br />
quelle morti. A questo bisogno si rispose elaborando<br />
un vasto e capillare sistema commemorativo:<br />
sacrari, musei della guerra, monumenti<br />
ai caduti. Questi emblemi della memoria<br />
collettiva trasmettevano grande forza, coraggio<br />
ed eroismo e favorivano nuovi miti: i caduti,<br />
la patria, la vittoria.<br />
L’azione patriottico-propagandistica del mito<br />
della guerra trovò un aperto sostegno nel<br />
regime fascista che nella guerra collocava l’evento<br />
fondante e legittimante del suo potere.<br />
Pag. 11
Pag. 12 “incontrare la storia...”<br />
La guerra e la popolazione civile<br />
A<br />
b<br />
sala A<br />
Nel 1939 la Germania nazista invase la<br />
Polonia, ciò provocò lo scoppio della<br />
seconda guerra mondiale perché Francia<br />
e Inghilterra dichiararono guerra alla<br />
Germania. La guerra si estese poi a quasi<br />
tutta l’Europa e anche agli altri continenti.<br />
Il governo fascista dichiarò guerra alla<br />
Francia l’anno dopo, così anche l’Italia<br />
entrò in guerra a fianco della Germania<br />
nazista.<br />
A causa della guerra la popolazione iniziò<br />
a subire restrizioni e razionamento dei<br />
viveri e dei generi di prima necessità che<br />
venivano distribuiti con le carte annonarie.<br />
Inoltre venivano requisiti oggetti di rame,<br />
stagno e bronzo per produrre munizioni<br />
e oro, con la raccolta delle fedi nuziali,<br />
per finanziare le spedizioni militari.<br />
Con il prolungarsi della guerra, soprattutto<br />
dopo il 1943, le scorte si ridussero,<br />
così la popolazione, dopo aver fatto lunghe<br />
file per ottenere i generi di prima<br />
necessità, si trovava a dover far ricorso<br />
alla borsa nera per acquistare nelle campagne<br />
prodotti alimentari ormai introvabili<br />
nelle città.<br />
Nel 1943 i soldati anglo americani sbarcarono<br />
in Sicilia e perciò fra il 1943 e il<br />
1945 si combatté anche in Italia. Il<br />
governo fascista fu sostituito da un nuovo<br />
governo presieduto da maresciallo Badoglio<br />
e Mussolini fu imprigionato per<br />
ordine del re Vittorio Emanele III.<br />
Il 27 luglio la popolazione imolese, come<br />
quella di molte città italiane, festeggia in<br />
piazza la fine del fascismo, ma la liberazione<br />
dell’Italia dal dominio nazifascista<br />
si rivelò lunga, faticosa e molto sanguinosa.<br />
Per dare una apparenza di legalità al loro<br />
dominio in Italia i tedeschi liberarono<br />
Mussolini e lo misero a capo dello stato<br />
che prese il nome di Repubblica sociale<br />
Italiana o Repubblica di Salò dal nome<br />
della città sul lago di Garda in cui aveva<br />
sede il governo nazifascista dell’Italia<br />
settentrionale.<br />
sala b<br />
Dal settembre 1943 all’aprile 1945 l’Italia<br />
si trovò divisa in due zone. Una controllata<br />
dagli alleati, al sud sotto il governo<br />
monarchico, l’altra controllata dai nazisti.<br />
Il confine fra le due zone si spostò continuamente<br />
verso nord man mano che<br />
gli alleati avanzavano. Ma ci vollero quasi<br />
due anni perché tutta l’Italia fosse liberata!<br />
Dal 1943 al 1945 la guerra entrò prepotentemente<br />
nella vita degli italiani anche<br />
perché le forze alleate, per agevolare<br />
l’avanzata delle truppe e per rendere più<br />
difficoltosa la ritirata tedesca, bombardarono<br />
e cannoneggiarono strade, ponti e<br />
snodi ferroviari. Ciò portò anche alla<br />
distruzione di case, alla fuga di intere<br />
famiglie e alla morte di numerose persone.<br />
Alla fame, al freddo e alle privazioni si<br />
aggiunse la necessità di convivere con la<br />
paura e con la morte!<br />
Imola venne bombardata per la prima<br />
volta il 13 maggio 1944. a questa data<br />
fino all’aprile del 1945 si verificarono<br />
150 incursioni aeree che sganciarono<br />
1500 bombe e circa 200 bombe incendiarie.<br />
Sotto questa pioggia di fuoco<br />
morirono 218 persone e 400 rimasero<br />
ferite.
La guerra e la popolazione civile<br />
i RAZIONAMENTI e le CARTE ANNONARIE<br />
Un forno, durante la guerra con la fila della gente in attesa del pane, grigio,<br />
mescolato con crusca e granturco, sempre poco e razionato<br />
Carta annonaria per generi razionati, luglio-ottobre 1944<br />
Pag. 13
Pag. 14<br />
La guerra e la popolazione civile<br />
la CADUTA del FASCISMO<br />
Manifestazioni popolari per la caduta del fascismo per le strade di Imola, 27 luglio 1943
i DIVIETI e le REQUISIZIONI<br />
Bando per la requisizione oggetti di rame per uso familiare,<br />
27 febbraio 1942<br />
La guerra e la popolazione civile<br />
Bando sul coprifuoco, 29 aprile 1944<br />
Pag. 15<br />
Manifesto che disciplina l’ uso della bicicletta per<br />
impedire gli attacchi dei GAP, 14 febbraio 1944
Pag. 16<br />
La guerra e la popolazione civile<br />
i bombardamenti<br />
Il 13 maggio 1944 venne bombardata l’area attorno alla stazione e<br />
la stazione stessa. Le bombe distrussero oltre alla stazione, la Cogne,<br />
la Cooperativa ceramica, il consorzio agrario, l’officina del gas. Quelle<br />
che caddero a nord di via Cavour colpirono in pieno anche un rifugio<br />
pubblico costruito nel prato vicino al macello: vi furono 53 morti,<br />
fra i quali 3 bambini.<br />
La stazione e Viale Andrea Costa, la Cogne, l’Officina del gas dopo<br />
i bombardamenti
Testimonianza di Rosa Maiolani.<br />
[…] Imola è stata bombardata e a me sembra<br />
di stare facendo un brutto sogno. Alle<br />
12,45 suona l’allarme ed io sto chiudendo<br />
l’ufficio. Alle volte scappiamo, alle volte no.<br />
Chissà perché penso di non andare a casa<br />
ma verso l’orto Colombarina. C’è il sole, è<br />
una bella giornata e mi incammino a piedi.<br />
Trovo i miei sotto gli albicocchi […] non era<br />
ancora un’ora che eravamo seduti sull’erba,<br />
vicino al fosso, quando si sono sentiti gli<br />
aerei. Erano tanti e luccicavano al sole<br />
[…] Ho sentito come un mitragliamento,<br />
ma forse era il sibilo delle bombe, poi dei<br />
boati tremendi e la terra che tremava come<br />
La guerra e la popolazione civile<br />
mai avevamo sentito […] ho alzato appena<br />
la testa e verso la città ho visto una sola<br />
grande nuvola nera, poi altre bombe ancora<br />
e il fuoco degli incendi […] Le persone, quasi<br />
tutte donne, vecchi e bambini, uscivano dai<br />
fossati dell’orto urlando e piangendo. Anch’io<br />
ho urlato ma ero impietrita e non riuscivo<br />
a piangere […] il cessato allarme è venuto<br />
alle quattro del pomeriggio per mezzo delle<br />
campane, essendo stata colpita in pieno la<br />
centrale elettrica […] ci siamo spostati verso<br />
casa nostra e dalla Pineta, via Selice, fino<br />
a via Venezia è tutto crollato, è tutto sventrato<br />
[…]<br />
Fotografia aerea (archivio Air-Force) del bombardamento di Imola effettuata da uno degli<br />
aerei incursori, 13 maggio 1944<br />
Pag. 17
Pag. 18 “incontrare la storia...”<br />
LA RESISTENZA ALL’OCCUPAZIONE NAZISTA<br />
C<br />
sala C<br />
L’avanzata alleata prese le mosse dalla<br />
Sicilia, dal golfo di Salerno e da Anzio.<br />
Si arrestò per alcuni mesi sulla “linea<br />
Gustav” che si estendeva da Cassino a<br />
Termoli, poi fra Anzio e Pescara, sulla<br />
“linea Hitler” entrambe superate dopo<br />
il crollo delle difese naziste a Montecassino.<br />
Infine si arrestò, dall’inverno 1944<br />
alla primavera del 1945, fra Pesaro e La<br />
Spezia, sulla cosiddetta “linea gotica”<br />
così chiamata per la vicinanza a Ravenna,<br />
capitale del regno goto di Teodorico<br />
Contro i fascisti della Repubblica di Salò<br />
e le forze tedesche agivano, accanto agli<br />
alleati, alcuni reparti dell’esercito italiano<br />
e le formazioni partigiane. La resistenza<br />
italiana ai tedeschi venne coordinata da<br />
un Comitato di liberazione nazionale,<br />
CLN, di cui facevano parte i principali<br />
partiti di opposizione al fascismo: la Democrazia<br />
cristiana, il Partito d’azione, il<br />
Partito liberale, il Partito socialista e il<br />
Partito comunista (a Imola anche gli<br />
anarchici della FAI); 232481 furono i<br />
partigiani combattenti riconosciuti in<br />
quanto tali alla fine della guerra: il 50%<br />
comunisti, il 20% giellisti, il resto divisi<br />
fra autonomi, anarchici, socialisti e democristiani.<br />
Si trattò di una “cospicua<br />
minoranza” che seppe unire le motivazioni<br />
dettate dalla spontaneità e dagli<br />
ideali alla ricerca di una organizzazione<br />
politica; da questo intreccio nacquero i<br />
partiti che avrebbero segnato il corso<br />
dell’Italia repubblicana postfascista.<br />
L’opposizione di una parte della popolazione,<br />
in tutti i paesi occupati dai nazisti,<br />
prese il nome di Resistenza e partigiani<br />
vennero chiamati i suoi aderenti. In Italia<br />
però gli oppositori ai nazifascisti si autodefinirono<br />
“ribelli” ma i tedeschi, in<br />
senso dispregiativo, li chiamavano<br />
“banditi”.<br />
Alcuni partigiani si dedicavano ad azioni<br />
armate: assalti a truppe tedesche e a<br />
convogli di armi, sabotaggi a strade e<br />
ferrovie. Ma altrettanto pericoloso era<br />
stampare opuscoli di propaganda antitedesca<br />
e volantini che incitavano la popolazione<br />
ad aderire a scioperi o a boicottate<br />
l’invio di grano, di manufatti e di macchinari<br />
in Germania, manomettere cavi<br />
del telegrafo e del telefono, modificare<br />
la segnaletica stradale, mettere chiodi e<br />
cocci di vetro sulle strade per ostacolare<br />
il passaggio degli automezzi tedeschi.<br />
Queste forme di lotta furono scelte dalle<br />
formazioni clandestine GAP (Gruppi<br />
d’azione patriottica) e SAP (Squadre<br />
armate patriottiche) che operavano nelle<br />
pianure della bassa imolese e nelle fabbriche<br />
della città come ad esempio alla<br />
Cogne di Imola.
Appello del Comitato dei partiti d’opposizione<br />
redatto a Roma e diffuso anche a Imola, luglio<br />
1943<br />
Nel volantino sono sintetizzate le posizioni<br />
fondamentali dell’antifascismo: dal ripristino<br />
delle libertà civili alla liberazione degli oppositori,<br />
dall’abolizione delle leggi razziali alla<br />
costituzione di un governo largamente rappresentativo<br />
dopo la fine della guerra.<br />
Tutti i partiti democratici esistenti prima dell’avvento<br />
del fascismo vi aderirono.<br />
Bando della RSI che condanna a morte i<br />
renitenti alla leva militare, primavera 1944
Pag. 20 LA RESISTENZA ALL’OCCUPAZIONE NAZISTA<br />
la STAMPA CLANDESTINA<br />
Stampatrice a mano usata in una tipografia clandestina<br />
Miscellanea di giornali stampati clandestinamente in Italia e diffusi anche a Imola
Volantino che invita i contadini a non<br />
trebbiare, 1944<br />
Le SAP, affinché il raccolto non fosse dato agli<br />
ammassi e portato in Germania, cercavano di<br />
invitare i contadini a ritardare la mietitura e a<br />
lasciare il grano già falciato nascosto in piccoli<br />
mucchi.<br />
I partigiani della 36° brigata Garibaldi<br />
aiutano i contadini a trebbiare e a<br />
distribuire il grano alla popolazione,Val<br />
Collina di Posseggio (Fontanelice),<br />
luglio 1944<br />
LA RESISTENZA ALL’OCCUPAZIONE NAZISTA<br />
Pag. 21
Pag. 22<br />
LA RESISTENZA ALL’OCCUPAZIONE NAZISTA<br />
il FRONTE DELLA GIOVENTU’<br />
Il “Fronte della Gioventù” venne costituito a<br />
Milano nel gennaio 1944 e vi aderirono in<br />
forma unitaria rappresentanti dei comunisti,<br />
dei socialisti, dei democratico-cristiani, del<br />
Partito d’azione, ragazze dei Gruppi di difesa<br />
della donna e studenti di orientamento antifascista.<br />
A Imola il primo nucleo si aggrega spontaneamente<br />
e precedentemente (nel dicembre 1943)<br />
alla sua organizzazione e costituzione a livello<br />
nazionale. Promotori e responsabili furono:<br />
Elio Gollini e Walter Tampieri, poi Emilio<br />
Fuochi e Gianfranco Giovannini.<br />
L’attività del gruppo imolese, in collegamento<br />
con le SAP e col Comando di piazza militare,<br />
consisteva in azioni di sabotaggio (chiodi a tre<br />
punte disseminati lungo le strade per ostacolare<br />
il passaggio dei mezzi militari, segnaletiche<br />
modificate per creare confusione, taglio di pali<br />
telegrafici e telefonici, recupero di armi e munizioni,<br />
e di materiale vario utile per le brigate<br />
partigiane e per i famigliari delle vittime) e<br />
nella diffusione di stampa clandestina.<br />
Gruppo di giovani del Fronte della gioventù, dopo una riunione,<br />
sulla riva del Santerno, 1944<br />
Giovani del Fronte della Gioventù attivi nelle formazioni GAP, SAP<br />
e 36°Brigata Garibaldi (il primo a sinistra è Vittoriano Zaccherini,<br />
deportato e scampato al lager di Mauthausen)
LA REPRESSIONE NAZIFASCISTA<br />
C<br />
sale C - D<br />
D<br />
La repressione nazifascista a qualunque<br />
forma di opposizione ebbe inizio poco<br />
tempo dopo l’armistizio, ma diventò<br />
sempre più feroce man mano che la Resistenza<br />
si rafforzò.<br />
Il 27 gennaio 1944 al poligono di tiro<br />
di Bologna vennero fucilati Francesco<br />
D’Agostino, Alessandro Bianconcini,<br />
Alfredo e Romeo Bartolini.<br />
Il 29 aprile 1944, durante una pacifica<br />
manifestazione organizzata dai Gruppi<br />
di difesa della donna per reclamare generi<br />
alimentari e la fine della guerra, le guardie<br />
repubblichine sparano sulla folla per impedire<br />
l’accesso al palazzo comunale.<br />
Maria Zanotti viene uccisa, Livia Venturini,<br />
ferita gravemente, morirà dopo alcune<br />
settimane.<br />
Vengono inoltre attuate rappresaglie<br />
contro gli attacchi partigiani: nel luglio<br />
1944 sopra Marradi trentacinque contadini<br />
vengono uccisi dai tedeschi, a Casetta<br />
di Tiara vengono bruciate la chiesa e la<br />
canonica e Sassoleone viene parzialmente<br />
incendiato e semidistrutto. Inoltre, per<br />
incentivare le denunce di partigiani e di<br />
depositi di armi vengono istituiti premi<br />
in denaro e in sale, merce allora introvabile.<br />
Chi veniva denunciato era incarcerato<br />
e torturato nella rocca di Imola,<br />
utilizzata a quei tempi come luogo di<br />
detenzione. Per alcuni l’arresto si concludeva<br />
con la deportazione nei campi di<br />
sterminio in cui i prigionieri politici erano<br />
contrassegnati dal “triangolo rosso” per<br />
distinguerli da ebrei, zingari, omosessuali<br />
e testimoni di Geova.<br />
“incontrare la storia...”<br />
Pag. 23<br />
Bando del comando tedesco che promette soldi e sale alle spie,<br />
febbraio 1945
Pag. 24 LA REPRESSIONE NAZIFASCISTA<br />
l’ECCIDIO delle DONNE<br />
Funerale di Livia Venturini, giugno 1944<br />
Testimonianza di Wanda Poletti, figlia di<br />
Livio Poletti e di Livia Venturini.<br />
Fu l’unica supersite della famiglia: entrambi i<br />
genitori vennero uccisi dai nazifascisti. La<br />
madre, staffetta partigiana, venne ferita a morte<br />
durante la manifestazione delle donne in piazza<br />
Matteotti, il padre morì in uno scontro fra<br />
partigiani e nazifascisti nella battaglia di Purocielo.<br />
[…]Fui sempre vicino a mia madre in quei<br />
quaranta giorni successivi al suo ferimento<br />
mortale, avvenuto in quel punto della piazza<br />
centrale di Imola che non dimentico mai di<br />
guardare quando vi passo davanti. In quei<br />
tristissimi quaranta giorni di agonia, mio<br />
padre veniva spesso a trovarci, sempre di<br />
notte, per sfuggire all’agguato dei brigatisti<br />
neri di sorveglianza nei dintorni. Io lo sapevo<br />
e, senza dire niente a nessuno, stavo spesso<br />
anche più di un’ ora ad aspettarlo dopo il<br />
tramonto, seduta sul ponte dove la strada<br />
proveniente da Mordano incontra quella di<br />
Bubano, dove allora stavo con mamma ferita.<br />
Erano le uniche volte in cui, ormai,<br />
potevo vederlo: i fascisti lo cercavano e dove<br />
si nascondesse non lo seppi mai.<br />
Era giugno: il tredici di quel mese mia<br />
madre morì […]
il CARCERE e le VESSAZIONI<br />
LA REPRESSIONE NAZIFASCISTA<br />
La rocca di Imola adibita a carcere mandamentale prima e dopo la guerra. Fu un luogo<br />
di tortura e di deportazione politica antipartigiana per numerosi imolesi (oltre 200)<br />
Testimonianza di Virginia Manaresi.<br />
Gina entrò nella Resistenza come staffetta. Si<br />
occupava dello smistamento e della distribuzione<br />
della stampa clandestina e dei collegamenti<br />
fra la città e la campagna. Per molto tempo<br />
non volle parlare della sua tremenda esperienza<br />
dell’arresto, delle torture nella rocca di Imola<br />
e della prigionia nel campo di Bolzano.<br />
[…] Mi misero in Rocca; con me erano<br />
stati arrestati otto compagni. Ci facevano<br />
fare il bagno all’aperto in una vasca piena<br />
d’acqua gelida. Eravamo nel novembre<br />
del 1944: figurati la temperatura! Ci<br />
facevano subire interrogatori nel torrione<br />
della Rocca. Però più che prendere delle<br />
botte, non posso dire che mi abbiano fatto<br />
altro. Dopo gli “sganassoni” mi puntavano<br />
la rivoltella sotto il naso e giù scudisciate!<br />
Usavano il frustino per picchiarmi e dicevano:<br />
“Deve fare il fumo!”<br />
Testimonianza di Lea Bianconcini.<br />
Nella notte fra il 9 e il 10 marzo 1945 furono<br />
arrestate alcune giovanissime staffette del battaglione<br />
SAP Montano, una di queste, appena<br />
quindicenne, Lea Bianconcini, fu costretta a<br />
costituirsi per salvare la sua famiglia minacciata<br />
di rappresaglia dalla brigata nera.<br />
[…] Mi misero fuori due giorni prima<br />
della Liberazione, dopo trentaquattro<br />
giorni di carcere. Negli ultimi giorni<br />
erano molto arrabbiati e intensificarono<br />
le torture agli uomini. Fecero delle atrocità<br />
da non potersi descrivere! Quando<br />
andai a casa, solo che sentissi sbattere<br />
una porta, di notte mi svegliavo di soprassalto<br />
e dovevo andare a sedere sulle<br />
ginocchia di mia madre e tremavo tutta<br />
perché avevo sempre paura che venissero<br />
a prendermi un’altra volta […]<br />
Pag. 25
Pag. 26<br />
LA REPRESSIONE NAZIFASCISTA<br />
Pag. 26 itinErario DiDAttico 19<br />
la DEPORTAZIONE nei CAMPI di STERMINIO<br />
Una delle strade costruite col lavoro forzato<br />
dei deportati, Campo di Mauthausen<br />
Nei lager lo stato totalitario si impadronisce<br />
direttamente della vita del detenuto distruggendo<br />
l’essenza stessa dell’uomo in quanto<br />
tale; attraverso la fame, il freddo, le malattie,<br />
la paura, il lavoro forzato, la violenza fisica e<br />
psicologica si infligge al prigioniero una morte<br />
lenta, dolorosissima e atrocemente consapevole.<br />
Deportate del Campo di Mauthausen
Testimonianza di Vittoriano Zaccherini.<br />
A diciassette anni, nel giugno 1944, Zaccherini<br />
entra nella Resistenza, il 20 novembre<br />
di quello stesso anno viene arrestato<br />
dalla brigata nera, rinchiuso nel carcere<br />
della rocca di Imola, interrogato, torturato,<br />
inviato, prima alle carceri di Bologna e poi<br />
nel campo di smistamento di Bolzano.<br />
Da lì viene inviato al campo di sterminio<br />
di Mauthausen<br />
Partimmo da Bolzano destinati a Mauthausen<br />
dove giungemmo sei giorni dopo[…]<br />
Dopo il bagno e la rasatura, fummo mandati<br />
in una baracca (era la baracca 24, chiamata<br />
della “quarantena”) e lì completamente<br />
svestiti, con una temperatura che si aggirava<br />
sui 16/17 gradi rimanemmo chiusi per una<br />
ventina di giorni. Poi ci fu data la divisa<br />
da deportato che consisteva in una giacca e<br />
un paio di pantaloni di tela a righe bianche<br />
e blu, con un numero stampigliato. Ognuno<br />
di noi aveva un numero progressivo di matricola,<br />
il mio era 115.778 […]<br />
Da mangiare ci davano tre quarti di broda<br />
al giorno e un pane tedesco che pesava un<br />
LA REPRESSIONE NAZIFASCISTA<br />
Campo di Mauthausen ora luogo della Memoria per le generazioni presenti e future<br />
chilo da dividere fra venti persone […]<br />
Era uno degli internati che divideva il pane,<br />
ma noi italiani eravamo visti male anche<br />
dagli stessi nostri compagni di prigionia. Ci<br />
dicevano “Voi siete alleati dei tedeschi”. E<br />
noi cercavamo di spiegare che sì, era vero<br />
che l’Italia era alleata dei nazifascisti, ma<br />
che noi eravamo lì perché avevamo combattuto<br />
contro i nazifascisti.<br />
Ma nonostante ciò la razione più piccola<br />
era sempre la nostra […]<br />
Il 5 maggio 1945 giunse la liberazione. Dico<br />
fortunatamente perché mi erano rimaste le<br />
forze per sopravvivere non più di una settimana<br />
ancora: pesavo 28 chili esatti, dei 76<br />
che era il mio peso al giorno dell’arresto.<br />
In quattro mesi avevo perduto 48 chili.<br />
Pag. 27
Pag. 28 “incontrare la storia...”<br />
la LOTTA PARTIGIANA della 36° BRIGATA GARIBALDI<br />
sala D<br />
D<br />
Al Nord la lotta armata assunse caratteri<br />
permanenti e di grande rilievo politico.<br />
In montagna, nelle vallate e nelle campagne,<br />
sorsero nuclei partigiani ben organizzati,<br />
formazioni militarmente inquadrate<br />
(brigate, divisioni, bande)<br />
Specialmente nelle formazioni legate ai<br />
partiti di sinistra, le “Garibaldi” (comuniste),<br />
le “Giustizia e Libertà” (del Partito<br />
d’azione), le “Matteotti” (socialiste),<br />
c’era una forte esigenza di fare emergere,<br />
dalla lotta contro i tedeschi e contro i<br />
fascisti, un’Italia profondamente rinnovata<br />
in senso democratico.<br />
Nell’imolese si formò la 36° Brigata Garibaldi<br />
il cui primo nucleo si costituì sul<br />
monte Faggiola a la “Dogana”, il primo<br />
capo di brigata fu Libero Lossanti, nome<br />
di battaglia Lorenzini e alla morte di<br />
questi ne prese il posto Luigi Tinti, Bob,<br />
commissario politico divenne Guido Gua-<br />
landi, il Moro.<br />
Costituita e diretta principalmente da<br />
imolesi, la 36° Brigata Garibaldi, all’apice<br />
della sua espansione nell’estate 1944 fu<br />
costituita da 1200 giovani provenienti<br />
oltre che da Imola, dalla pianura ravennate<br />
e ferrarese, da Castel San Pietro, da Castel<br />
Bolognese, da Faenza e da alcune zone<br />
collinari circostanti.<br />
Aspri combattimenti avvennero fra partigiani<br />
e tedeschi alla Bastia, al Carzolano,<br />
a Casetta di Tiara, a Monte Battaglia, a<br />
Ca’ di Guzzo, a Ca’ di Malanca e a Purocielo.<br />
Un aiuto importante venne dato dalle<br />
donne, le staffette, che, potendo usare<br />
come mezzo di trasporto la bicicletta<br />
anche fuori città, cosa vietata agli uomini,<br />
portavano, ordini, posta viveri, armi e<br />
stampa clandestina.<br />
Comando della 36° Brigata<br />
Garibaldi, Purocielo, 29<br />
settembre 1944.<br />
Il secondo da sinistra è il<br />
comandante della Brigata<br />
Luigi, Tinti, nome di battaglia<br />
Bob. Al centro con la<br />
croce rossa al braccio, c’è il<br />
medico Romeo Giordano,<br />
fra lui e Bob c’è Guerrino.<br />
Il terzo da destra è Claudio<br />
Melloni, seduti Sergio Bonarelli<br />
e Roberto Gherardi.
L’Albergo, prima base<br />
partigiana imolese<br />
sull’appennino tosco-emiliano,<br />
inverno 1943-1944<br />
La Dogana (Monte Faggiola),<br />
1943-1944<br />
Casa della chiusa a<br />
Codrignano luogo di<br />
confluenza dei patrioti<br />
della zona con destinazione<br />
36°Brigata,1944<br />
BASI PARTIGIANE DELLA 36° BRIGATA<br />
36° BRIGATA GARIBALDI<br />
Pag. 29
Pag. 30<br />
36° BRIGATA GARIBALDI<br />
VITA di BRIGATA<br />
La preparazione del rancio, luglio-agosto 1944<br />
La pulizia e i rammendo dei panni, luglio-agosto 1944
36° BRIGATA GARIBALDI<br />
La Compagnia di Gino, Ca’ di Malanca di Monte Romano, agosto 1944<br />
Partigiani e contadini, Ca’ di Malanca di Monte Romano, agosto 1944<br />
Pag. 31
Pag. 32<br />
36° BRIGATA GARIBALDI<br />
LUOGHI di SANGUINOSI COMBATTIMENTI e di RAPPRESAGLIE<br />
Sassoleone, veduta del paese prima<br />
che fosse semidistrutto per<br />
rappresaglia dai tedeschi che<br />
uccisero anche 28 abitanti fra<br />
cui il parroco, settembre 1944<br />
Monte Battaglia dopo i<br />
combattimenti mentre si<br />
raccolgono e si seppelliscono i<br />
caduti alleati e i partigiani,<br />
settembre 1944<br />
Ca’ di Guzzo (Castel del Rio).<br />
Nello scontro morirono 140 tedeschi<br />
e 21 partigiani. I civili<br />
trovati nella casa vennero massacrati<br />
dai tedeschi, settembre<br />
1944
il CONTRIBUTO delle DONNE<br />
Testimonianza di Pasqua Benati staffetta<br />
pertigiana, poi, dopo la liberazione, attivista<br />
dell’UDI.<br />
[…] l’ indomani della caduta di Mussolini<br />
(il 25/7/1943) Guido Gualandi venne<br />
a casa mia. Mi chiese di andare a Bologna<br />
in via Mondo a ritirare della stampa in<br />
casa di Mingò e Pierina Costa. Inforcai<br />
la bicicletta di mio marito per fare più<br />
presto e portai a temine l’incarico. Da<br />
quel giorno mi impegnai come staffetta<br />
da Imola a Castel San Pietro. Talvolta,<br />
durante il lavoro di distribuzione, rimanevo<br />
della stampa e la nascondevo fuori<br />
casa, sotto alcuni sassi nel cortile, perché<br />
mio marito era sempre sotto sorveglianza.<br />
La notte, quando suonava l’allarme, prendevo<br />
la stampa dal nascondiglio e la consegnavo<br />
a un soldato che la spargeva poi<br />
all’interno della caserma Della Volpe […]<br />
( l’ 8 settembre 1943) io che abitavo vicino<br />
alla caserma diedi loro tutte le giacche e<br />
i pantaloni che potei trovare facendomi<br />
consegnare, in cambio, i loro moschetti.<br />
Staffette e partigiani della 36° brigata Garibaldi, estate 1944<br />
Qualcuno di questi li portai ai tedeschi<br />
dopo l’uscita del “bando di consegna delle<br />
armi”, la maggior parte andò ad arricchire<br />
il numero delle armi nascoste nell’officina<br />
della Cooperativa meccanici dove<br />
si trovava il quartier generale del Comitato<br />
Nazionale del quale era presidente<br />
Ezio Serantoni “Mezzanotte” […]<br />
[…] Dormivo in una cantina collegata,<br />
tramite una porta, alla sede del CLN.<br />
Quando al mattino cessava il coprifuoco,<br />
mi portavo subito alla porta e mi veniva<br />
consegnato tanto materiale da portare per<br />
la stampa a Prima Vespignani in una<br />
casa in via Goffredo Mameli[…] Dopo<br />
qualche ora passavo a ritirare la stampa<br />
già pronta. Sotto braccio tenevo delle vecchie<br />
camicie e, quando un brigatista nero che<br />
mi teneva d’occhio mi fermava per chiedermi<br />
dove andavo , rispondevo: “ A fare<br />
accomodare questi indumenti” […]<br />
Pag. 33
Pag. 34<br />
il contributo delle DONNE<br />
Testimonianza di Livia Morini.<br />
Partecipa ai Gruppi di difesa della donna e dal<br />
novembre 1944 ha l’incarico della compilazione<br />
dei bollettini di guerra e delle direttive emanate<br />
dal CLN. La Morini, partigiana combattente<br />
nel battaglione SAP “Rocco Marabini”, dopo<br />
la Liberazione è stata consigliere comunale e<br />
assessore comunale all’Istruzione di Imola.<br />
[…]Durante la guerra gli uomini richiamati<br />
alle armi avevano abbandonato il<br />
loro posto di lavoro che venne preso dalle<br />
donne, le quali iniziarono ad organizzarsi<br />
nelle fabbriche.<br />
Lo sciopero del 1° maggio, nel quale le<br />
donne ebbero un ruolo molto importante<br />
diede l’avvio alla resistenza organizzata<br />
delle donne. Alla Resistenza hanno partecipato<br />
donne di tutti i ceti, in particolare<br />
operaie. Erano raggruppate nei Gruppi<br />
di difesa della donna. Non si esponevano<br />
molto, si partecipava alla Resistenza cercando<br />
di rimanere nascoste. Ai posti di<br />
blocco gli uomini venivano perquisiti,<br />
mentre le donne passavano tranquillamente<br />
con la borsa della spesa. I fascisti non<br />
sapevano che, per esempio, sotto le mele<br />
c’erano delle armi. A volte passavamo con<br />
una sporta piena d’uva. Magari il tedesco<br />
ne prendeva un grappolo , senza sapere che<br />
cinque o sei grappoli più in giù vi erano<br />
le armi.<br />
A Imola esisteva una specie di scuola: vi<br />
erano le donne più anziane, che avevano<br />
partecipato all’antifascismo, come Nella<br />
Baroncini, che facevano lezione a questi<br />
gruppi di ragazze e insegnavano loro come<br />
si dovevano comportare durante la lotta<br />
e la prigionia […]<br />
[…] Le donne che aderirono alla Trentaseiesima<br />
Brigata furono il primo esempio<br />
di parità tra uomo e donna, in quanto<br />
nei ritiri partigiani ognuno aveva un<br />
compito e quello delle donne non era certo<br />
di rammendare i calzini […]<br />
Gruppi di Difesa della Donna, poi UDI, (In alto, a sinistra: Livia Morini), 1945/1946
Testimonianza di Renata Viganò.<br />
Antonio Meluschi, il Dottor Morri, e la moglie<br />
Renata Viganò sfollarono a Imola dopo aver<br />
lasciato Bologna a causa dei bombardamenti.<br />
Nel gennaio 1944 Antonio Meluschi diede a<br />
Claudio Montevecchi alcuni brevi articoli, scritti<br />
dalla moglie Renata: Le donne e i tedeschi, Le<br />
donne e i fascisti, Le donne e i partigiani.<br />
Vennero pubblicati,uno alla volta in questo<br />
ordine, sul giornale clandestino “La Comune”,<br />
n. 1 del 1/15 gennaio 1944, n. 2 del 16/31<br />
gennaio 1944, n. 5 del 1/15 marzo 1944.<br />
Allora nessuno conosceva la reale identità della<br />
coppia e la stessa Renata Viganò venne<br />
conosciuta dai più solo dopo la pubblicazione<br />
del romanzo L’Agnese va a morire del 1949,<br />
storia di una coraggiosa staffetta partigiana.<br />
Il 1° dicembre 1943 ci trovammo a Imola,<br />
io e mio marito: c’era anche il nostro<br />
bambino, Agostino detto Bu, di sei anni,<br />
affidato ad un istituto con altri piccoli<br />
sfollati. Ci alloggiammo in una casa di<br />
amici dove il solo capo di famiglia sapeva<br />
della nostra attività. Mentre gli altri,<br />
donne e bambini, credettero a una mia<br />
storia di bombardamenti e di paura che<br />
tanto mi avevano scossa da rovinarmi il<br />
mio sistema nervoso e da costringermi a<br />
lasciare Bologna.<br />
In quel modo veniva giustificata l’assenza<br />
quasi continua di Antonio Meluschi che,<br />
si intende, doveva pur badare alle nostre<br />
cose, e certe mie ore rinchiuse e solitarie si<br />
spiegavano col fatto di approfittare di quel<br />
tempo perduto per scrivere un romanzo.<br />
Scrivevo, infatti, ma non un romanzo.<br />
Erano articoli di poche pagine, una serie<br />
che mio marito mi aveva “ordinato”, senza<br />
spiegarmi molto di come dovevano essere,<br />
le succinte parole con cui aveva<br />
accompagnato la commissione, erano<br />
determinate non tanto dalla sua fiducia<br />
nella mia competenza, quanto dalla fretta<br />
che scandiva il ritmo della vita di allora.<br />
-Insomma arrangiati- mi disse -quando<br />
ritorno ne discutiamo insieme-.<br />
Mi arrangiai, seguendo il labile schema<br />
che mi era stato appena accennato, scrissi<br />
cinque pezzi, tutti rivolti alle donne, a<br />
quelle cioè che avevano cuore e amore, che<br />
soffrivano per cento angustie, che<br />
tremavano per i loro cari, assenti o presenti<br />
ma tutti immersi nel pericolo. Erano<br />
intitolati: “Le donne e le carte annonarie”,<br />
“Le donne e la difesa della famiglia”, “Le<br />
donne e i Tedeschi”, “Le donne e i fascisti”,<br />
“Le donne e i Partigiani”.<br />
Antonio ritornò quando avevo finito il<br />
primo articolo, disse che andava bene, ma<br />
bisognava copiarlo a macchina. E dove<br />
il contributo delle DONNE<br />
avevamo la macchina? La chiese lui al<br />
signor M. che ci ospitava, e per non far<br />
nascere sospetti e chiacchiere non mi chiusi<br />
più nella stanza ma lavorai in sala da<br />
pranzo e lavorai sotto gli occhi di tutti. I<br />
ragazzi e i bambini della famiglia mi<br />
giravano intorno con curiosità, ma erano<br />
ben educati e non si azzardarono mai a<br />
leggere i miei fogli che, del resto, non lasciavo<br />
incustoditi.<br />
Una sera eravamo tutti nella sala da<br />
pranzo […]<br />
[…] Ad un tratto, nel silenzio fondo che<br />
circondava la casa, si intese suonare al<br />
cancello. Una volta, due volte, una scampanellata<br />
imperiosa. Ci guardammo: alle<br />
21,30, in pieno coprifuoco non potevano<br />
essere che fascisti o tedeschi […]<br />
[…] Infilai i fogli sottili sotto la lastra di<br />
ferro che proteggeva il parquet sotto la<br />
grande stufa. Rimasi lì, in piedi come se<br />
mi scaldassi le spalle […] qualcuno andò<br />
ad aprire […] si trattava di una delle<br />
assurde trovate dei repubblichini. Come<br />
in altre città, il reggente di Imola aveva<br />
dato ordine di piombare gli apparecchi<br />
lasciando radio Roma unica stazione. I<br />
militi venivano semplicemente a controllare,<br />
furono soddisfatti, se ne andarono<br />
senza chiedere altro […]<br />
Pag. 35
Pag. 36<br />
il contributo delle DONNE<br />
le DONNE e i PARTIGIANI<br />
L’armata partigiana è all’opera. Combatte<br />
soprattutto la sua guerra. E’ un esercito senza<br />
parate, né riviste, né divise. I capi non hanno<br />
gradi sulla manica, non portano cordoni, medaglie<br />
e piume, come usava nei buffoneschi<br />
cortei condotti a passo di carica dal luetico<br />
testone di Mussolini. Spezzano il pane con i<br />
loro soldati e devono il vino nello stesso bicchiere,<br />
ma si riconoscono perché sulla faccia<br />
hanno la fredda decisione e la dura serenità di<br />
chi è avvezzo a comandare. Sono seguiti dai<br />
loro uomini perché portano con coscienza il<br />
peso della responsabilità. I distaccamento e la<br />
brigata di questo esercito sono sparsi dovunque<br />
ma un ordine li riunisce e non aspettano allora<br />
il rimbombare di paroloni retorici per entrare<br />
nella battaglia. Quando marciano, non fanno<br />
fanfara. Vanno in silenzio, ascoltando il parlare<br />
del loro cuore. Qualche volta cantano, e cantano<br />
per voi, donne d’Italia. Stanno attorno a un<br />
misero fuoco di bivacco, nei riposi fra un rischio<br />
di morte e un altro rischio di morte, e vien<br />
fuori il ricordo della bionda del sobborgo o<br />
della bruna che passava sull’aia. Ritorna l’immagine<br />
della sposa che non si può andare a<br />
vedere, eppure lo si desidera tanto, della mamma<br />
che, ormai, ha fatto tutti i capelli bianchi.<br />
Cantano e combattono per voi, che siete le<br />
loro donne.<br />
Dalla vittoria dipendono il vostro benessere di<br />
domani, la tranquillità delle vostre case, la<br />
felicità di cui, in mezzo al dolore avete dimenticato<br />
l’aspetto. Per questo essi sono partiti<br />
dalle città, dai paesi, hanno lasciato il proprio<br />
lavoro, le proprie ambizioni, la casa, la famiglia,<br />
hanno rinunciato a tutto, per andare a fare una<br />
vita dura, mangiare male, dormire per terra, al<br />
freddo, inseguiti come bestie alla macchia. Sono<br />
diversi per condizione ed età, operai, contadini,<br />
studenti, professionisti ma lo stesso dovere ed<br />
amore li ha resi uguali, fratelli. Non furono<br />
chiamati dal miraggio di lauti stipendi, come<br />
i volontari assassini della guardia repubblicana.<br />
Vogliono salvare la patria, e per questo vanno<br />
a morie.<br />
Voi dovete amarli, donne, e aiutarli quanto<br />
potete. Se un partigiano ferito o fuggiasco, vi<br />
entra in casa, curatelo e nascondetelo, indicategli<br />
la via di un sicuro rifugio, difendetelo dall’odio<br />
spaventato dei feroci deficienti che lo perseguitano,<br />
dategli cibo e coperte.<br />
Ma non dovete attendere che il caso porti<br />
presso di voi un patriota per rendervi utile,<br />
collaborate al servizio informazioni e al servizio<br />
rifornimenti dei combattenti, cucite con le<br />
vostre mani amorose gli indumenti che debbono<br />
proteggerli dal freddo, preparate le bende che<br />
accelereranno la guarigione delle loro ferite,<br />
confezionate e spedite dei pacchi dono, testimonianza<br />
concreta della vostra affettuosa cura.<br />
Ricordatevi l’esempio luminoso delle vostre<br />
donne del Risorgimento, sempre a fianco dei<br />
loro uomini nel momento più grave della lotta.<br />
Tutto ciò che farete per i partigiani vi sarà reso<br />
al mille per cento, dalla patria riconquistata.<br />
E se qualcuno della vostra famiglia, qualcuno<br />
caro al vostro cuore vuol raggiungere i combattenti,<br />
non opponetevi, non piangete. Apritegli<br />
la porta e lasciatelo andare via. E’ l’unica<br />
strada giusta per un uomo, oggi, e ne sarete<br />
fiere e felici domani, quando, nelle città liberate,<br />
il vessillo scarlatto della giustizia sostituirà i<br />
tetri gagliardetti dei ladri e degli assassini<br />
(Trascrizione integrale dell’articolo di Renata<br />
Viganò, pubblicato sul giornale clandestino “La<br />
Comune”, n.5 - 1/15 marzo 1944)
Testimonianza di Prima Vespignani.<br />
Entrò nel PCI nel 1929, fu una delle prime<br />
dirigenti del movimento femminile antifascista<br />
imolese. A fianco di Nella Baroncini, organizzò<br />
i Gruppi di difesa della donna. Si occupò della<br />
distribuzione della stampa clandestina e della<br />
diffusione della medesima. Dopo la Liberazione<br />
ha continuato il suo impegno lavorando come<br />
attivista nell’UDI.<br />
[…] partecipavo alle riunioni, alla diffusione<br />
della stampa, alle scritte sui muri,<br />
all’assistenza alle famiglie dei compagni<br />
arrestati e soprattutto avevo il compito di<br />
accompagnare i vari funzionari del PCI<br />
mandati dal centro del partito che a quei<br />
tempi si trovava a Parigi. Assieme a<br />
Gustavo, che allora era il mio fidanzato,<br />
mi recavo al recapito di Castel San Pietro<br />
presso un falegname per ritirare la stampa<br />
proveniente dalla Francia […]<br />
[…] Conoscevo Nella Baroncini solamente<br />
di vista prima che fosse arresta e inviata<br />
al confino. Al suo ritorno a Imola fui<br />
messa in contatto con lei: era la responsabile<br />
dei Gruppi di difesa della donna. Da quel<br />
momento ho sempre lavorato al suo fianco.<br />
Andavamo a organizzare le donne in tutto<br />
il comprensorio, sempre in bicicletta perché<br />
il contributo delle DONNE<br />
non c’era altro mezzo che quello, oltretutto<br />
era tutta scassata e senza copertoni perché<br />
si aveva paura che i nazifascisti la portassero<br />
via. Andavamo a Bologna passando<br />
per Castenaso, si doveva attraversare il<br />
fiume in mezzo all’acqua. In primo luogo<br />
trasportavo le biciclette, infine portavo<br />
Nella sulle spalle perché non si bagnasse i<br />
piedi. Era tornata dal confino tanto malata!<br />
[…] Eravamo ben coscienti del pericolo al<br />
quale ci esponevamo. Dicevo: senza la<br />
farina non si fa il pane, senza la lotta non<br />
si ottiene nulla.<br />
Poi venne il giorno della Liberazione, una<br />
di quelle giornate che ti compensano dei<br />
sacrifici di tutta la vita. Quel giorno<br />
pensai: di giornate così piene di gioia non<br />
ne vivremo mai più.<br />
Gruppo di donne dell’UDI organizzano la “befana” per i bimbi poveri della montagna (in<br />
piedi, al centro: Prima Vespignani), Imola 1946<br />
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“incontrare la storia...”<br />
LIBERAZIONE RICOSTRUZIONE<br />
REPUBBLICA E COSTITUZIONE<br />
sala E<br />
Il 14 aprile 1945 le pattuglie polacche<br />
entrarono a Imola accolte dai partigiani<br />
GAP e SAP, dai dirigenti del CLN e dalla<br />
popolazione. Il giorno successivo i comandi<br />
alleati e la Compagnia della 36°<br />
Brigata di “Libero” entrarono in città.<br />
La città era finalmente libera, ma gli orrori<br />
della guerra non erano ancora finiti: il 17<br />
aprile vengono rinvenuti nel “pozzo<br />
Becca” i cadaveri orrendamente mutilati<br />
di 16 partigiani che la brigata nera in<br />
fuga, il 13 aprile, aveva gettato nel pozzo<br />
della fabbrica ortofrutticola Becca.<br />
Il 25 aprile, giorno della liberazione di<br />
Milano, gran parte dell’Italia settentrionale<br />
era liberata e nei giorni seguenti fascisti e<br />
tedeschi furono costretti alla resa.<br />
Il 2 giugno 1946 si tennero nuovamente,<br />
dopo vent’anni, libere elezioni e per la<br />
prima volta anche le donne poterono<br />
esercitare il diritto di voto. Gli elettori<br />
dovevano scegliere con un referendum<br />
fra monarchia e repubblica: gli Italiani<br />
scelsero la repubblica con 12.717.923<br />
voti contro i 10.719.284. Ma non ovunque:<br />
il Centro e il Nord votarono per la<br />
repubblica il Sud per la monarchia.<br />
Fra il 1946 e il 1947 l’Assemblea costituente<br />
preparò la nuova Costituzione<br />
della Repubblica Italiana che venne approvata<br />
nel dicembre del 1947 ed entrò<br />
in vigore il 1° gennaio del 1948.<br />
L’11 maggio 1948 quando la Carta costituzionale<br />
era già stata definitivamente<br />
E<br />
approvata Luigi Einaudi divenne il primo<br />
presidente della Repubblica italiana.<br />
La Costituzione nacque dall’accordo di<br />
tutte le forze politiche presenti nell’<br />
Assemblea costituente che, pur avendo<br />
posizioni a volte diverse, si sentivano<br />
accomunate dall’antifascismo, dalla Resistenza<br />
e dalla tremenda esperienza della<br />
guerra.<br />
La guerra però aveva lasciato profonde<br />
ferite e molti problemi da risolvere: ricostruire<br />
città, fabbriche, strade e ferrovie<br />
distrutte dai bombardamenti e trovare<br />
lavoro a milioni di persone. Ma soprattutto<br />
per ricominciare bisognava liberare<br />
terreni, strade, case, ponti e acquedotti<br />
dagli ordigni inesplosi; proiettili, bombe<br />
e mine, disposti nella maniera più impensata,<br />
erano in grado di scoppiare al minimo<br />
urto e di distruggere, uccidere, mutilare.<br />
Fu necessaria quindi l’opera di<br />
bonifica effettuata da volontari e da compagnie<br />
di militari specializzati. L’opera<br />
di bonifica costò la vita a centinaia di<br />
persone.
LIBERAZIONE<br />
liberazione ricostruzione<br />
repubblica e costituzione<br />
Postazioni di soldati polacchi nell’orto “Colombarina”, Imola 14 aprile 1945<br />
Donne e ragazzi in festa accompagnati in piazza maggiore da un partigiano<br />
SAP, Imola 15 aprile 1945<br />
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liberazione ricostruzione<br />
repubblica e costituzione<br />
la BONIFICA dei CAMPI MINATI<br />
Gruppo di sminatori imolesi, autunno 1945<br />
A Imola il primo nucleo di sminatori venne<br />
costituito subito dopo la Liberazione e lavorò,<br />
fino al 1948, rischiando continuamente la vita:<br />
11 di loro morirono, 6 rimasero feriti.<br />
Testimonianza di Mario Zanella, un ex sminatore.<br />
[…] nel 1946, quando avevo ventidue<br />
anni, lessi un bando che invitava a fare<br />
un corso per la bonifica dei campi minati.<br />
Mi iscrissi al corso e, un mese dopo, a marzo,<br />
ho cominciato questo lavoro […] il lavoro<br />
era molto pericoloso: dopo solo sei mesi erano<br />
già morte 2 delle 36 persone che avevano<br />
fatto il corso con me.<br />
Si bonificavano circa 20 mq al giorno, si<br />
lavorava sei giorni alla settimana e la<br />
paga era quella di un operaio specializzato<br />
a cui erano aggiunte 600 lire di indennizzo<br />
per il “rischio”. Ogni squadra era composta<br />
di tre uomini, la mia squadra ha<br />
raccolto 33000 pezzi di materiale esplosivo<br />
(fra bombe, granate e mine) in due anni<br />
e tre mesi […]<br />
Sminare un terreno è un lavoro lungo,<br />
pericoloso e che richiede molta attenzione.<br />
Le mine che hanno parti in metallo sono<br />
identificabili col metal detector, ma le<br />
mine senza parti in metallo (come la tof<br />
di fabbricazione tedesca) richiedono un<br />
lavoro più lungo: si posa nel terreno da<br />
sminare, delimitato da cordicelle, un telaio<br />
(40 x 80 cm.) costituito da 9 quadratini<br />
e si punzona in quattro punti ogni quadratino<br />
con un’asta lunga circa 2,5 m.<br />
cercando di far entrare l’asta nel terreno<br />
con un’angolatura di 45 gradi. Se non si<br />
trovavano ostacoli si procedeva a ispezionare<br />
il quadratino successivo.<br />
Quando venivano trovate le mine venivano<br />
raccolte in gruppi di quattro o cinque e si<br />
facevano saltare tutti i giorni ad un’ora<br />
prestabilita […]
Si tolgono i manifesti fascisti e si mettono quelli inneggianti ai polacchi e ai patrioti, Imola 15 aprile 1945<br />
Ma la lotta non è finita: un’altra grande lotta, rude e dolorosa, ci attende: La lotta per la<br />
resurrezione del nostro Paese, la lotta per trarre la nostra Italia dalla catastrofe immane in cui<br />
è stata criminosamente gettata.<br />
Il segreto della vittoria in questa lotta civica e civile sta nell’unità di popolo attorno ai partiti<br />
che lottano per la emancipazione delle masse lavoratrici, nella stretta unità fra gli operai,<br />
contadini, intellettuali.<br />
Dalle tombe dei nostri martiri, dalla tomba di Antonio Gramsci, di Giacomo Matteotti, di Carlo<br />
Rosselli, di Amendola, di don Minzoni, si eleva alto e ammonitore il grido di “unità, unità”.<br />
Questo grido deve essere accolto da noi come alto dovere civico, come un dovere sacro. La vittoria<br />
in questa grandiosa lotta, dovrà ridare all’Italia il posto che le compete nel concerto delle grandi<br />
nazioni civili, dovrà assicurare al suo popolo la pace duratura, la libertà, il lavoro ed il pane,<br />
l’istruzione, la gioia di vivere […]<br />
Anselmo Marabini, Discorso agli imolesi nel giorno del ritorno dall’esilio
sommario<br />
Uomini e donne imolesi tra fascismo e democrazia<br />
- Incontrare la storia p.3<br />
- Vent’anni di fascismo e antifascismo p.4-11<br />
- La guerra e la popolazione civile p.12-17<br />
- La resistenza all’occupazione nazista p.18-22<br />
- La repressione nazifascista p.23-27<br />
- La lotta partigiana della 36° Brigata Garibaldi p.28-32<br />
- Il contributo delle donne p.33-37<br />
- Liberazione ricostruzione Repubblica e Costituzione p.38-41<br />
Le testimonianze provengono dal libro di Livia Morini Per essere libere, due dal<br />
ciclostilato Il fascismo, la Resistenza, le donne curato da alcune alunne del Liceo<br />
scientifico di Imola nel 1981.<br />
Si ringrazia Marco Orazi del C.I.D.R.A. per l’aiuto prestato nella ricerca del<br />
materiale iconografico.<br />
Un ringraziamento a Prima Vespignani per l’intervista rilasciata e alla famiglia<br />
che ha messo a disposizione la foto Befana dell’UDI per la pubblicazione sul<br />
quaderno.<br />
Stampato a Imola - gennaio 2009