R08b-RELAZIONE RISCHIO ALLUVIONI_bacino Solofrana.pdf
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Caratteristiche geologiche e geomorfologiche a parte presenta l’area nei pressi della frazione<br />
Banzano di Montoro Superiore e sulla fascia pedemontana a nord del comune di Solofra;<br />
qui affiorano i depositi argilloso-arenacei che inducono altre tipologie di dissesto, ascrivibili<br />
agli scorrimenti rotazionali e/o traslazionali.<br />
La descrizione di dettaglio delle litologie affioranti nell’area di studio può essere riferita alla<br />
Cartografia Geologica dell'AdB Sarno - Progetto CARG ed. 2003.<br />
La morfologia che scaturisce dall’assetto geologico si presenta meno acclive e con un<br />
reticolo idrografico ben gerarchizzato.<br />
All’interno del <strong>bacino</strong> è possibile discriminare una falda superficiale che scorre nei terreni di<br />
copertura, ed una falda acquifera sotterranea che individua il torrente <strong>Solofrana</strong> come il<br />
principale punto di recapito proveniente dai rilievi circostanti, mentre, in altre, la alimenta<br />
e, conseguentemente la inquina. Le anzidette caratteristiche idrogeologiche comportano<br />
l’esistenza di una circolazione idrica per falde sovrapposte, parzialmente interconnesse dai<br />
flussi di drenanza attraverso gli strati semipermeabili e dalle soluzioni di continuità degli<br />
stessi. A grande scala si può fare quindi riferimento ad un’unica circolazione idrica<br />
sotterranea, mentre localmente si può fare spesso riferimento a più falde sovrapposte.<br />
L’aspetto idrografico del territorio in esame va esaminato distinguendo le problematiche del<br />
reticolo di valle (<strong>Solofrana</strong> in senso stretto) da quello di monte.<br />
Il torrente <strong>Solofrana</strong> si presenta arginato artificialmente in più punti, addirittura per tratti<br />
altrettanto lunghi si presenta tombato, di conseguenza l’azione geomorfica del corso<br />
d’acqua non agisce sul territorio circostante.<br />
Trattazione a parte merita l’analisi del reticolo montano; i valloni montani sono impostati<br />
lungo i versanti calcarei con abbondante copertura piroclastica, tali valloni incombono<br />
direttamente sui centri abitati, a volte non avendo nemmeno continuità idraulica con il<br />
reticolo di valle; infine gli stessi sono vie preferenziali di deflusso delle colate rapide di<br />
fango, in quanto la manutenzione lungo tali aste risulta essere quasi sempre scadente.<br />
Tettonica ed assetto strutturale<br />
La struttura dell’Appennino Meridionale è il risultato del trasporto orogenico in<br />
direzione E e NE, avvenuto tra il Miocene e almeno tutto il Pliocene superiore, che ha<br />
determinato il formarsi di una “catena a falde di ricoprimento” mediante il progressivo<br />
accavallamento ed embricazione tra le unità dei bacini interni e le unità della piattaforma<br />
carbonatica.<br />
I rilievi montuosi dell’area di studio sono situati tra la zona assiale della catena e quella<br />
interna (Tirrenica). In tale settore, le fasi tardive della tettogenesi compressiva, sono state<br />
accompagnate da episodi distensivi sinorogenici che hanno provocato un collasso di parti<br />
della catena, in direzione S e SE, mediante faglie normali a basso angolo (LANFs). Esse<br />
hanno profondamente modificato la configurazione della struttura a falde, determinando<br />
inoltre un notevole assottigliamento della pila, ma non hanno cambiato le originarie<br />
relazioni geometriche tra le diverse unità tettoniche.<br />
A partire dal Pleistocene, sia le strutture compressive (sovrascorrimenti) sia quelle<br />
distensive (faglie dirette a basso angolo), connesse alle fasi tettoniche precedenti, sono state<br />
tagliate da faglie dirette ad alto angolo (HANFs) che hanno determinato il sollevamento<br />
relativo dell’area.<br />
Studi specifici circa la distribuzione spazio-temporale e le caratteristiche della fagliazione<br />
quaternaria in Appennino meridionale indicano, per l’area in oggetto, la presenza di almeno<br />
3 sistemi di faglie ad attività recente.<br />
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