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Protisti - Liceo Classico Psicopedagogico Cesare Valgimigli

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1. Generalità sui <strong>Protisti</strong>.<br />

Con il termine protisti si intende di regola un raggruppamento biologico (regno) piuttosto eterogeneo, evolutosi dalle monere<br />

e dal quale hanno successivamente preso origine tutti gli organismi eucariotici. Secondo una definizione più generica,<br />

possiamo definire protisti tutti quegli organismi eucariotici che non è possibile classificare come piante, funghi o animali.<br />

Alcuni biologi considerano veri protisti soltanto gli organismi unicellulari e includono quelli pluricellulari in uno degli altri tre<br />

regni degli eucarioti. In realtà, vedremo che anche certi organismi a struttura pluricellulare possono essere classificati come<br />

protisti.<br />

I protisti hanno nel complesso caratteristiche metaboliche sorprendentemente varie, e in ciò essi sono secondi soltanto alle<br />

monere. Dal punto di vista della nutrizione, ad esempio, alcuni sono autotrofi mentre altri eterotrofi e con specializzazioni<br />

alimentari assai diverse; in alcuni casi è stata addirittura osservata la loro capacità di passare rapidamente dall'autotrofia alla<br />

eterotrofia.<br />

I protisti sono presenti in ogni ambiente; la maggior parte sono comunque acquatici, diffusi sia in ambiente marino che<br />

d‟acqua dolce, ma anche nei liquidi corporei di altri organismi, nei terreni umidi o nelle cortecce degli alberi marcescenti.<br />

I protisti e gli altri eucarioti.<br />

In molti casi è difficile tracciare una linea di<br />

demarcazione netta fra piante, funghi e animali, tutti<br />

organismi che si sono evoluti da comuni progenitori<br />

protisti seguendo vie diverse.<br />

Generalmente i protisti con caratteristiche simili a<br />

quelle degli animali, vengono definiti protozoi e distinti<br />

dai protofiti (alghe) che rappresentano protisti con<br />

caratteristiche di tipo vegetale. Esistono inoltre protisti<br />

che possono essere paragonati ai funghi: le muffe<br />

mucillaginose, i chitridi e le muffe d'acqua.<br />

1) La distinzione tra protisti e animali è relativamente<br />

semplice: si definisce animale un organismo<br />

pluricellulare, eterotrofo, che si nutre per ingestione.<br />

2) Le piante differiscono invece dai protisti per la<br />

capacità di sviluppare embrioni protetti dai tessuti<br />

materni.<br />

3) La distinzione tra funghi e protisti è comunque<br />

basata:<br />

· sull‟eventuale presenza di flagelli (mai presenti nei<br />

funghi)<br />

· sul tipo di gameti (in alcuni protisti esistono gameti<br />

maschili e femminili morfologicamente diversi, mentre<br />

ciò non si verifica nei funghi)<br />

· sulla presenza di uno stadio dicariotico (descritto nei<br />

funghi)<br />

· sulla composizione chimica della parete cellulare (i<br />

funghi possiedono pareti costituite principalmente da<br />

chitina).<br />

Prima di descrivere le modalità di vita e la<br />

classificazione degli eucarioti microbici, consideriamo le<br />

differenze tra le cellule eucariotiche e quelle<br />

procariotiche, cercando di capire come è avvenuto, nella<br />

storia della vita, il passaggio da procarioti a eucarioti.<br />

La perdita della parete, la comparsa<br />

del citoscheletro e delle membrane<br />

interne.<br />

La cellula eucariotica presenta moltissime differenze<br />

rispetto a quella procariotica. In particolare, nella cellula<br />

eucariotica sono presenti un ampio sistema<br />

di membrane interne e numerosi organuli che,<br />

nell‟insieme, svolgono complesse reazioni metaboliche;<br />

inoltre, il DNA è contenuto all‟interno di un nucleo vero<br />

e proprio, circondato da una membrana.<br />

Secondo i biologi, è impossibile che tutte queste novità<br />

siano comparse simultaneamente nel corso<br />

dell‟evoluzione. I resti fossili testimoniano che la cellula<br />

eucariotica comparve più di due miliardi di anni fa, ma<br />

non esistono dati che ci permettano di definire con<br />

certezza come sia avvenuto il passaggio dal progenitore<br />

procariotico. Proviamo allora a ricostruire la sequenza<br />

più logica che possa avere portato al nuovo tipo<br />

cellulare, senza dimenticare i cambiamenti globali<br />

concomitanti, come il passaggio graduale da<br />

un‟atmosfera priva di ossigeno a un‟atmosfera aerobica.<br />

Il primo passo verso la condizione eucariotica fu<br />

probabilmente la perdita della parete cellulare tipica<br />

della cellula procariotica ancestrale (▶figura 1). La<br />

perdita di questo involucro rigido rappresenta una<br />

conquista vantaggiosa per numerose ragioni: senza la<br />

parete, la cellula può aumentare maggiormente di<br />

dimensioni; inoltre, la superficie cellulare diventa<br />

flessibile, favorendo la comparsa di introflessioni ed<br />

estroflessioni della membrana (utili per inglobare cibo)<br />

ed aumentando l‟area destinata agli scambi con<br />

l‟esterno.<br />

Il ripiegamento della membrana plasmatica di una<br />

grossa cellula procariotica avrebbe dato origine al<br />

sistema di membrane interne e al nucleo, mentre un<br />

ulteriore stadio evolutivo sarebbe stato rappresentato<br />

dalla comparsa di un citoscheletro.


Il citoscheletro è costituito da microfilamenti e<br />

microtubuli formati da particolari proteine; oltre a<br />

sostenere la cellula e a mantenerne la forma, è utile<br />

anche nella divisione cellulare e per il trasporto di<br />

materiali nel citoplasma. In alcune cellule, inoltre, i<br />

microtubuli potrebbero essersi evoluti dando origine a<br />

un flagello.<br />

Il primo vero eucariote possedeva quindi un<br />

citoscheletro e un involucro nucleare, alcuni organuli e<br />

forse anche uno o due flagelli.<br />

L’acquisizione di mitocondri e<br />

cloroplasti avvenne per endosimbiosi.<br />

Mentre tutto questo stava avvenendo, i cianobatteri<br />

producevano ossigeno con la fotosintesi, innescando<br />

disastrose conseguenze per la maggior parte degli altri<br />

viventi, che erano anaerobici. Alcuni procarioti, tuttavia,<br />

riuscirono ad adattarsi, dando origine ai primi eucarioti<br />

capaci di fagocitosi. A questo punto, può essere entrata<br />

in gioco l‟endosimbiosi (▶figura 1), grazie alla quale si<br />

sarebbero originati i primi mitocondri e cloroplasti.<br />

Secondo la teoria dell‟endosimbiosi, i mitocondri<br />

avrebbero avuto origine da proteobatteri eterotrofi<br />

capaci di utilizzare l‟ossigeno. Questi proteobatteri<br />

sarebbero stati incorporati in cellule eucariotiche più<br />

grandi, evolvendosi poi in mitocondri. Inizialmente la<br />

funzione principale dei nuovi organuli era quella di<br />

limitare la tossicità dell‟ossigeno trasformandolo in<br />

acqua; più tardi, questo processo venne accoppiato alla<br />

sintesi di molecole ad alto contenuto energetico (ATP),<br />

dando il via alla respirazione cellulare.<br />

L‟endosimbiosi avrebbe quindi conferito grandi<br />

vantaggi sia all‟ospite (la possibilità di disporre di una<br />

maggiore quantità di energia e la capacità di vivere in<br />

ambiente aerobico) sia ai piccoli proteobatteri inglobati,<br />

che potevano svilupparsi in un ambiente protetto.<br />

L‟interdipendenza tra la cellula ospite e il proteobatterio<br />

sarebbe diventata sempre più stretta, tanto da rendere<br />

impossibile la sopravvivenza dei due sistemi separati.<br />

Alla fine di questo passaggio, la cellula eucariotica<br />

moderna risultò completa.<br />

Alcuni eucarioti oggi molto diffusi, le piante, sono il<br />

risultato di un‟ulteriore specializzazione:<br />

l‟incorporazione di un procariote simile ai cianobatteri<br />

attuali, destinato a diventare il cloroplasto. Si sarebbero<br />

formate così le cellule eucariotiche fotosintetiche tipiche<br />

dei vegetali.<br />

Ci sono varie prove a sostegno del modello<br />

endosimbiontico. Per esempio, i mitocondri e i<br />

cloroplasti odierni assomigliano molto ai batteri e infatti<br />

contengono piccole quantità di DNA, RNA e ribosomi<br />

più simili a quelli delle cellule batteriche che a quelli<br />

eucariotici. Inoltre, questa teoria può spiegare anche<br />

perché mitocondri e cloroplasti sono gli unici organuli<br />

cellulari circondati da due membrane: quella interna<br />

corrisponderebbe alla membrana plasmatica del<br />

batterio e quella esterna sarebbe quella della cellula<br />

ospite che si è invaginata per accoglierlo.<br />

La cellula eucariotica possiede caratteristiche molto<br />

funzionali: dal citoscheletro, che regola gli spostamenti<br />

nei comparti interni della cellula e permette varie<br />

modalità di locomozione, a organuli altamente<br />

specializzati. Come vedremo, grazie a questi nuovi<br />

strumenti i protisti hanno imparato a sfruttare molti<br />

ambienti e molte risorse.<br />

Figura 1. Dalla cellula procariotica alla cellula eucariotica.<br />

Una possibile sequenza degli eventi evolutivi che hanno portato<br />

alla comparsa della cellula eucariotica.<br />

Riproduzione e sessualità nei<br />

protisti.<br />

Sebbene la maggior parte degli eucarioti microbici<br />

mostri entrambi i tipi di riproduzione, asessuata e<br />

sessuata, alcuni gruppi non presentano affatto una<br />

riproduzione di tipo sessuato. Inoltre, come vedremo,<br />

non sempre sessualità e riproduzione sono legate in<br />

modo diretto.<br />

Quattro tipi di riproduzione asessuata<br />

I quattro processi di riproduzione asessuata che si<br />

riscontrano nei protisti sono i seguenti:


(1) scissione binaria, cioè semplice divisione della<br />

cellula dell‟organismo genitore;<br />

(2) scissione multipla, ovvero suddivisione del genitore<br />

in più di due cellule figlie;<br />

(3) gemmazione, cioè crescita di un nuovo individuo<br />

sulla superficie della cellula originaria;<br />

(4) formazione di spore, cellule specializzate capaci di<br />

svilupparsi in nuovi organismi completi.<br />

Questi tipi di riproduzione offrono il vantaggio di<br />

produrre un grande numero di discendenti in tempi<br />

rapidi, e risultano particolarmente efficienti se le<br />

condizioni ambientali sono favorevoli. In tutti e quattro i<br />

casi i figli saranno perfettamente identici al<br />

microrganismo di partenza; una popolazione di<br />

individui geneticamente identici, originati per<br />

riproduzione asessuata, è chiamata clone.<br />

La riproduzione sessuata: dai gameti allo<br />

zigote<br />

La riproduzione sessuata è la più complicata e comporta<br />

la formazione di speciali cellule chiamate gameti. I<br />

gameti si originano per meiosi, un tipo di divisione che<br />

dimezza il corredo genetico della cellula originaria. Con<br />

la fecondazione, il gamete proveniente dal padre si<br />

fonde con quello proveniente dalla madre dando origine<br />

a un nuovo organismo chiamato zigote.<br />

Alternanza di generazione.<br />

Alcune alghe e alcuni protisti simili ai funghi sono<br />

caratterizzati da alternanza di generazioni, nella quale<br />

un organismo diploide produttore di spore (sporofito)<br />

da origine a un organismo pluricellulare aploide<br />

produttore di gameti (gametofito); dalla fusione di due<br />

gameti si origina successivamente un nuovo organismo<br />

diploide (▶figura 2). L'organismo diploide, quello<br />

aploide, oppure entrambi, possono anche riprodursi<br />

asessualmente. L'organismo aploide e quello diploide<br />

differiscono dunque geneticamente, ma possono anche<br />

non mostrare differenze a livello morfologico. Se il<br />

gametofito è morfologicamente uguale allo sporofito, si<br />

parla di alternanza di generazione isomorfa, viceversa,<br />

si alternanza di generazioni eteromorfa.<br />

Di regola, nei protisti pluricellulari, nei funghi e nelle<br />

piante, i gameti non vengono prodotti direttamente dal<br />

processo meiotico.<br />

Alcune cellule specializzate dell'organismo diploide,<br />

definite sporociti, si dividono infatti per meiosi<br />

producendo quattro spore da cui prenderà origine, in<br />

seguito a successive divisioni mitotiche, un organismo<br />

pluricellulare aploide, detto gametofito. Quest'ultimo<br />

produrrà i gameti per mitosi o per citocinesi. Al<br />

contrario delle spore, i gameti possono invece produrre<br />

nuovi organismi soltanto fondendosi con altri gameti.<br />

Dalla fusione di due gameti si origina uno zigote<br />

diploide e da quest'ultimo, per successive divisioni<br />

mitotiche, deriva lo sporofito. Dagli sporociti prodotti<br />

dallo sporofito si formano infine spore aploidi che<br />

ricominciano il ciclo.<br />

Figura 2. Alternanza di generazione.<br />

In alcuni protisti si può osservare un'alternanza tra la<br />

generazione diploide, che produce spore, e la generazione<br />

aploide, che produce gameti.<br />

Esistono poi casi di processi sessuati ma non<br />

riproduttivi, come la coniugazione che si verifica nei<br />

ciliati.<br />

Particolarità di alcuni protisti.<br />

Vacuoli contrattili.<br />

I protisti che vivono nelle acque dolci si trovano immersi<br />

in un mezzo ipotonico, e poiché possiedono un<br />

potenziale osmotico più negativo di quello<br />

dell'ambiente esterno, essi tendono ad assorbire<br />

costantemente acqua per osmosi. Diversi gruppi di<br />

protisti possiedono tuttavia particolari strutture definite<br />

vacuoli contrattili (▶figura 3), che consentono loro di<br />

vivere in ambienti ipotonici: l'acqua assorbita in eccesso<br />

viene infatti convogliata nei vacuoli ed espulsa.<br />

Figura 3. I vacuoli contrattili.<br />

Quando il vacuolo è pieno, un minuscolo poro si apre alla<br />

superficie della cellula permettendo la comunicazione con<br />

l'esterno. A questo punto il vacuolo si contrae rapidamente<br />

espellendo all‟esterno il proprio contenuto.


Un semplice ma interessante esperimento conferma che<br />

l'espulsione dell'acqua costituisce la funzione principale<br />

dei vacuoli contrattili. Osservando dei parameci al<br />

microscopio, si possono facilmente notare i loro vacuoli<br />

che si contraggono con una frequenza caratteristica.<br />

Ponendo successivamente alcuni di questi organismi in<br />

soluzioni con differente potenziale osmotico, si può<br />

osservare come il ritmo di contrazione dei loro vacuoli<br />

pulsanti cambi in relazione alla differenza di potenziale<br />

con l'ambiente esterno: quanto meno negativo sarà il<br />

potenziale della soluzione, tanto più ipertonici saranno i<br />

parameci rispetto a essa e tanto più velocemente i loro<br />

vacuoli assorbiranno acqua e aumenteranno il ritmo di<br />

contrazione. Al contrario, i vacuoli cesseranno di<br />

contrarsi quando la concentrazione del mezzo di<br />

sospensione sarà isotonica rispetto all'ambiente<br />

cellulare dei parameci.<br />

Endosimbiosi.<br />

Il fenomeno dell‟endosimbiosi prevede che organismi<br />

appartenenti a specie diverse vivano insieme, uno<br />

dentro l'altro ed è largamente diffuso fra i protisti, che<br />

possono fungere sia da ospiti che da endosimbionti. Ad<br />

esempio il protista Myxotricha paradoxa, ospita al suo<br />

interno e sulla sua superficie una varietà di batteri<br />

simbionti.<br />

2. I protozoi: protisti simili agli animali.<br />

I protozoi sono eucarioti unicellulari, eterotrofi per ingestione.<br />

I Flagellati o Mastigofori.<br />

Tutti i membri del phylum Mastigofori, che comprende<br />

sia organismi autotrofi che eterotrofi, possiedono uno o<br />

più flagelli e sono per questo comunemente definiti<br />

flagellati.<br />

Si tratta del più ampio (oltre 10000 specie descritte) e di<br />

gran lunga più eterogeneo phylum di protisti.<br />

Un tipico flagellato è Euglena (▶figura 5, figura 6).<br />

Esso si sposta grazie al movimento di uno dei due<br />

flagelli di cui è provvisto, e che fornisce la spinta<br />

necessaria tramite un movimento ondulatorio.<br />

Figura 4. L‟endosimbiosi tra alghe e radiolari.<br />

Alcune alghe endosimbionti che vivono all'interno di questi<br />

radiolari, forniscono loro il cibo e parte della pigmentazione<br />

visibile attraverso il rivestimento esterno. Sia i radiolari che le<br />

alghe sono protisti.<br />

Tutti i radiolari (phylum Sarcodina), ad esempio,<br />

ospitano al loro interno protisti fotosintetici (▶figura 4)<br />

e appaiono verdastri o giallastri a seconda del tipo di<br />

endosimbionti. Quest'associazione risulta vantaggiosa<br />

sia per i radiolari, che possono così sfruttare i prodotti<br />

della fotosintesi degli ospiti, sia per gli endosimbionti,<br />

che presumibilmente possono beneficiare sia dei<br />

metaboliti prodotti dai radiolari che di una certa<br />

protezione fisica.<br />

I protozoi sono organismi eucariotici unicellulari, capaci di compiere movimenti, di reagire a stimoli di varia natura, di<br />

ingerire particelle alimentari e di riprodursi.<br />

I protozoi vengono suddivisi in quattro phyla a seconda della capacità di movimento e delle modalità della locomozione:<br />

Flagellati si spostano mediante flagelli<br />

Sarcodini si spostano emettendo pseudopodi<br />

Ciliati si spostano mediante ciglia<br />

Sporozoi non sono dotati di strutture adibite al movimento<br />

Figura 5. Euglena, un flagellato fotosintetico.<br />

Nella fotografia si notano i numerosi cloroplasti di Euglena.


Figura 6. Struttura di Euglena, un flagellato fotosintetico.<br />

Nella figura è riportata la struttura di Euglena, un flagellato<br />

fotosintetico fra i più conosciuti. Fra le sue strutture più<br />

caratteristiche vi sono i cloroplasti. Lo stigma è formato da<br />

un accumulo di pigmenti e ha probabilmente una funzione<br />

correlata al fotorecettore<br />

Euglena si riproduce per mitosi e citodieresi, ovvero<br />

tramite la modalità più semplice. Da un punto di vista<br />

trofico, Euglena mostra un'estrema flessibilità. In piena<br />

luce si comporta da organismo autotrofo, e impiega i<br />

propri cloroplasti per sintetizzare composti organici<br />

tramite la fotosintesi. Se invece viene mantenuto<br />

nell'oscurità, esso perde i pigmenti fotosintetici e inizia<br />

a nutrirsi esclusivamente di materia organica morta.<br />

Tale processo è tuttavia completamente reversibile<br />

poiché, se riportato alla luce, Euglena è capace di<br />

ripristinare i propri pigmenti e di tornare autotrofo.<br />

È stato inoltre osservato che cellule di Euglena trattate<br />

con certi antibiotici o sostanze mutagene perdono<br />

completamente i pigmenti fotosintetici divenendo<br />

incapaci, anche nelle generazioni successive, di<br />

effettuare la fotosintesi. Le cellule che ne derivano<br />

continuano in ogni caso a sopravvivere come eterotrofi.<br />

A causa della forte diversità nelle specializzazioni<br />

alimentari, i Mastigophora sono spesso considerati<br />

cellule con caratteristiche intermedie tra piante e<br />

animali. Alcuni flagellati coloniali, di colore verde e<br />

relativamente grandi, appaiono in realtà abbastanza<br />

simili alle alghe verdi, mentre altri ricordano addirittura<br />

gli stadi acquatici mobili di alcune piante terrestri. Altri<br />

flagellati ricordano invece per molti aspetti piccoli<br />

animali; alcune specie del genere Euglena, ad esempio,<br />

sono sprovviste di cloroplasti e si nutrono predando<br />

altri protisti.<br />

Una grande quantità di altri «zooflagellati» (flagellati<br />

simili ad animali), così definiti per distinguerli dalle<br />

forme più simili a piante, o «fitoflagellati», vivono come<br />

parassiti interni di altri animali, compreso l'uomo.<br />

Ad esempio, nell'apparato digerente delle termiti che si<br />

nutrono di legno è presente una vasta gamma di<br />

zooflagellati che possiedono alcune fra le più bizzarre e<br />

complicate strutture corporee descritte fra i protisti.<br />

All‟interno dei protozoi flagellati esiste una notevole<br />

diversità morfologica.<br />

I generi Euglena e Volvox sono entrambi fotosintetici e<br />

vengono da taluni classificati come alghe. Altri, come<br />

Trypanosoma, vengono invece considerati protozoi in<br />

senso stretto.<br />

Occorre inoltre ricordare che Euglena e i generi<br />

fotosintetici a essa affini (in totale circa 800 specie)<br />

vengono talvolta considerati come un phylum distinto,<br />

gli Euglenophyta.<br />

Un gruppo di flagellati, i coanoflagellati, è infine<br />

considerato come progenitore delle spugne, il più<br />

antico phylum di animali tutt'ora viventi. I poriferi sono<br />

infatti organismi coloniali, piuttosto che veri e propri<br />

pluricellulari, e i coanoflagellati mostrano strette<br />

somiglianze con le tipiche cellule delle spugne.<br />

All'interno del phylum dei Mastigophora si possono<br />

invece osservare tutti i termini di passaggio tra<br />

organismi unicellulari e pluricellulari.<br />

Volvox, (▶figura 7) ad esempio, forma colonie<br />

sorprendentemente grandi e ben organizzate. In questo<br />

caso le cellule non sono ancora differenziate in tessuti e<br />

organi, come invece accade nelle piante e negli animali,<br />

ma le colonie mostrano quale potrebbe essere stato il<br />

primo gradino evolutivo verso l'organizzazione<br />

pluricellulare.<br />

Figura 7. Colonie di Volvox.<br />

Si osservi la regolare distanza delle cellule e la presenza di colonie<br />

figlie all'interno della colonia principale. Questi<br />

organismi fotosintetici vengono talvolta classificati come alghe<br />

verdi, un altro gruppo di protisti.<br />

Inoltre, gli stadi intermedi tra lo stato unicellulare di<br />

Euglena e quello coloniale di Volvox sono rappresentati<br />

da forme coloniali meno organizzate, come quelle di<br />

Gonium e di Pandorina (▶figura 8).<br />

Figura 8. Gonium e Pandorina sono forme coloniali meno<br />

organizzate.<br />

Nel genere Gonium (a sinistra) le cellule sono tutte delle stesse<br />

dimensioni. Nel genere Pandorina (a destra) si assiste ad un<br />

inizio di specializzazione e di differenziazione in quanto le<br />

cellule anteriori della colonia mostrano macchie oculari di<br />

maggiori dimensioni.


Tra i Flagellati si ritrovano anche molti organismi<br />

patogeni per l'uomo.<br />

La malattia del sonno è una malattia tropicale diffusa<br />

solo nelle regioni equatoriali dell'Africa provocata dal<br />

protozoo flagellato parassita, Trypanosoma brucei<br />

(▶figura 9).<br />

Figura 9. Trypanosoma brucei gambiense.<br />

E‟ il flagellato parassita che rappresenta la causa della malattia<br />

del sonno. Nei tripanosomi il flagello è disposto lungo il<br />

margine della cellula, come parte di una struttura detta<br />

membrana ondulante.<br />

Il vettore (ospite intermedio) di questo parassita è una<br />

mosca del genere Glossina, comunemente indicate con<br />

il nome di mosca tse-tse (▶figura 10), che può infettare<br />

sia gli animali selvatici che il bestiame domestico o<br />

l'uomo.<br />

Figura 10. Glossina palpalis, la mosca tse-tse.<br />

Questo genere di mosca è il vettore che trasmette il<br />

tripanosoma da una persona malata ad una sana, infettandola.<br />

Il nome "malattia del sonno" è dovuto al fatto che<br />

l'ultimo stadio della malattia è caratterizzata da apatia,<br />

sonnolenza e cachessia. Nell'ultima fase di questo<br />

stadio il malato non è più in grado di alzarsi né di<br />

mangiare.<br />

Si può diagnosticare mediante l'identificazione del<br />

parassita nel sangue (nello stadio iniziale) o nel liquido<br />

cefalo-rachidiano (nello stadio avanzato).<br />

Purtroppo sono disponibili solo farmaci sviluppati a<br />

metà del secolo scorso che presentano importanti<br />

effetti collaterali e scarsa efficacia terapeutica.<br />

È interessante chiedersi come mai per malattie così<br />

importanti come le tripanosomiasi non esistano ancora<br />

farmaci a grande diffusione. Una prima considerazione<br />

è che la sperimentazione «privata» di un nuovo farmaco<br />

richiede cospicui investimenti e molti anni di ricerche:<br />

ciò significa che gli eventuali ricavi derivati dalle future<br />

vendite dovrebbero compensare questi investimenti.<br />

Purtroppo, le tripanosomiasi colpiscono soprattutto le<br />

persone più povere dei Paesi in via di sviluppo, che non<br />

offrono incentivi finanziari ai potenziali investitori<br />

farmaceutici. Come fanno notare le organizzazioni<br />

internazionali che si occupano di salute, si tratta delle<br />

«malattie dimenticate» dai Paesi cosiddetti sviluppati.<br />

Un‟altra considerazione è che anche in Paesi che<br />

possiedono le capacità tecniche e industriali per la<br />

ricerca e la produzione di medicine, malattie di questo<br />

genere sono ugualmente difficili da combattere. I<br />

tripanosomi riescono infatti a ingannare il sistema<br />

immunitario umano, i vaccini stessi e gli eventuali<br />

farmaci perché mutano rapidamente, modificando di<br />

continuo le molecole di riconoscimento della superficie<br />

cellulare propria o della cellula infettata.<br />

Infine, a differenza delle cellule procariotiche dei<br />

batteri, questi microrganismi unicellulari sono<br />

eucariotici; le loro cellule sono molto simili alle nostre,<br />

e i farmaci in grado di ucciderli risultano tossici anche<br />

per il nostro organismo.<br />

Il ciclo vitale di Trypanosoma è descritto in (▶figura 11).<br />

Figura 11. Ciclo vitale di Trypanosoma brucei.<br />

Il ciclo prevede due fasi, una all‟interno del corpo della mosca<br />

tse-tse, e l‟altro all‟interno del corpo umano.<br />

Un gruppo particolare di flagellati comprende i parassiti<br />

del genere Giardia e Trichomonas. Essi presentano oltre<br />

ai flagelli, membrane ondulate che contribuiscono alla<br />

locomozione della cellula e sono caratterizzati dalla<br />

completa assenza di mitocondri.<br />

In passato, l‟assenza di mitocondri che si riscontra in<br />

questi due parassiti aveva fatto ritenere che questi<br />

potessero rappresentare il gruppo originario degli<br />

eucarioti.


Tuttavia, oggi si pensa che questa sia una caratteristica<br />

derivata, non primitiva, dovuta al parassitismo;<br />

probabilmente, gli antenati di questi organismi<br />

possedevano mitocondri che, nel corso dell‟evoluzione,<br />

si sono ridotti o sono stati persi. L‟esistenza attuale di<br />

organismi del genere mostra come la vita degli eucarioti<br />

sia possibile anche senza mitocondri, un fatto che<br />

rende particolarmente interessanti queste forme.<br />

Giardia lamblia (▶figura 12) è un comune parassita<br />

tropicale che contamina le acque potabili provocando la<br />

giardiasi intestinale; questo microrganismo contiene<br />

due nuclei cellulari ed è dotato di flagelli multipli.<br />

Figura 12. Giardia lamblia.<br />

E‟ il flagellato parassita che rappresenta la causa della malattia<br />

intestinale definita giardiasi.<br />

La giardiasi (o lambliasi) si manifesta come diarrea<br />

acuta o cronica debilitante e/o sindrome da<br />

malassorbimento. Il contagio avviene mediante<br />

ingestione di alimenti e bevande contaminate da cisti.<br />

Si può diagnosticare mediante l'identificazione del<br />

parassita o delle sue cisti nelle feci. Si può trattare con<br />

vari farmaci. Il ciclo vitale di Giardia è in (▶figura 13).<br />

Figura 12. Ciclo vitale di Giardia lamblia.<br />

Trichomonas vaginalis (▶figura 14) è invece<br />

responsabile di una malattia a trasmissione sessuale<br />

detta tricomoniasi che colpisce uomini e donne.<br />

Figura 14. Trichomonas vaginalis.<br />

E‟ il flagellato parassita che rappresenta la causa di una<br />

malattia venerea diffusa ma non grave.<br />

La tricomoniasi nella donna può provocare forte prurito<br />

locale, presenza di secrezioni anomale (perdite<br />

schiumose, giallastre e maleodoranti) associate o meno<br />

a dolore durante la minzione o i rapporti sessuali con<br />

un'esacerbarsi dei sintomi durante le mestruazioni.<br />

Nell'uomo può causare uretriti e prostatiti, che si<br />

manifestano sottoforma di piccole perdite e dolore<br />

nell'urinare. Spesso però, l‟infezione è asintomatica. Il<br />

contagio avviene quasi sempre per trasmissione<br />

sessuale, o anche attraverso il contatto con asciugamani<br />

o biancheria intima. La diagnosi viene effettuata<br />

ricercando in laboratorio la presenza del protozoo<br />

(Trichomonas) su campioni di essudato vaginale nella<br />

donna o di essudato uretrale o sperma nell'uomo. Si<br />

tratta con farmaci che, somministrati per via orale,<br />

vengono concentrati a livello urogenitale dove espletano<br />

la propria azione. (▶figura 15).<br />

Figura 15. Ciclo vitale di Trichomonas vaginalis.


I Sarcodini.<br />

I Sarcodini, ovvero le amebe e gli altri protisti a loro<br />

affini, sono organismi capaci di formare pseudopodi,<br />

cioè estensioni citoplasmatiche prive di una forma<br />

definita. Nella letteratura popolare, il termine ameba è<br />

spesso usato per indicare una massa informe di<br />

sostanza vivente, ovvero la forma più semplice di vita<br />

«animale» che si possa immaginare. L'esame di una<br />

tipica ameba ci permette di comprendere come possa<br />

essersi originato questo riferimento.<br />

Un'ameba (▶figura 16) consiste in una singola cellula<br />

che si nutre di piccoli organismi e di particelle<br />

organiche per fagocitosi, cioè mediante l'emissione di<br />

processi citoplasmatici definiti pseudopodi. Le particelle<br />

alimentari vengono concentrate in vacuoli alimentari<br />

all'interno del citoplasma e qui lentamente digerite e<br />

assimilate. Gli pseudopodi funzionano anche come<br />

organi di movimento.<br />

Figura 16. Amoeba proteus.<br />

Nella foto si vede un ameba con diversi pseudopodi.<br />

Nonostante le apparenze, l'ameba non è tuttavia un<br />

organismo primitivo. Sempre maggiori indizi<br />

suggeriscono infatti che la semplice struttura di questi<br />

organismi sia in realtà una condizione derivata<br />

secondariamente nel corso dell'evoluzione e che il<br />

phylum dei Sarcodina si sia originato da progenitori<br />

appartenenti al phylum dei Mastigophora.<br />

Mastigamoeba aspera, (▶figura 17) una specie con<br />

caratteristiche intermedie tra i Sarcodina e i<br />

Mastigophora potrebbe essere classificata a buon diritto<br />

in entrambi i phyla.<br />

Figura 17. Un'ameba con caratteristiche intermedi<br />

Mastigamoeba aspera possiede sia pseudopodi che flagello;<br />

questa specie viene considerata spesso come una forma<br />

intermedia tra il phylum dei Mastigophora e quello dei<br />

Sarcodina.<br />

Inoltre, le amebe del genere Naegleria, alcune delle<br />

quali possono causare una malattia letale del sistema<br />

nervoso, possiedono un ciclo biologico a due stadi, uno<br />

rappresentato da cellule di tipo ameboide, e l'altro da<br />

cellule flagellate.<br />

Le amebe sono quindi forme piuttosto specializzate di<br />

protisti, adattate alla vita acquatica in ambienti lacustri,<br />

fluviali o di altro genere. Il loro tipico movimento<br />

ameboide e la modalità con cui inglobano particelle<br />

alimentari, le rendono tuttavia adatte soprattutto a una<br />

vita in ambienti ricchi di organismi sedentari o di<br />

particelle organiche non mobili. Altri Sarcodina<br />

mostrano un grado senz'altro maggiore di<br />

specializzazione; la loro organizzazione cellulare è più<br />

simile a quella animale e consente un adattamento al<br />

ruolo di predatori, parassiti o detritivori. Nessuna di<br />

queste forme è invece fotosintetica. Vi sono inoltre<br />

amebe che vivono entro particolari rivestimenti formati<br />

da granelli di sabbia cementati insieme, oppure<br />

all'interno di gusci spinosi o squamosi da loro stessi<br />

prodotti.<br />

Un altro interessante gruppo di Sarcodina è quello dei<br />

foraminiferi (▶figura 18), organismi prevalentemente<br />

marini capaci di secernere involucri di carbonato di<br />

calcio, (CaCO3) I loro pseudopodi sono lunghi, filiformi e<br />

ramificati e sporgono all'esterno del guscio attraverso<br />

minuscoli pori (foramina), formando una sorta di rete<br />

viscosa che viene impiegata per catturare altri<br />

organismi. Dopo la riproduzione, che avviene per<br />

mitosi, le nuove cellule abbandonano il guscio della<br />

cellula madre e ne formano altri.<br />

Figura 18. I foraminiferi sono dotati di rivestimenti calcarei.<br />

I gusci dei foraminiferi sono formati da una matrice proteica<br />

indurita da carbonato di calcio. Nell‟arco di milioni di anni, i loro<br />

residui hanno dato origine a immensi depositi di calcare e alle<br />

spiagge sabbiose. In questa microfotografia sono illustrate<br />

numerose specie diverse.<br />

I rivestimenti dei foraminiferi, accumulatisi sui fondi<br />

oceanici nel corso delle ere geologiche, formano in varie<br />

parti del mondo depositi calcarei spessi fino ad alcune<br />

migliaia di metri ed estesi per milioni di chilometri<br />

quadrati. Gli scheletri dei foraminiferi formano talvolta<br />

anche la sabbia di alcune spiagge, e un grammo di<br />

questa sabbia può contenere fino a 50000 gusci. I<br />

rivestimenti delle singole specie di foraminiferi hanno


forme caratteristiche e si conservano facilmente come<br />

fossili nei sedimenti marini. Ogni periodo geologico è,<br />

fra l'altro, caratterizzato da peculiari specie di tali<br />

organismi e per questa ragione, oltre al fatto di essere<br />

particolarmente abbondanti, i resti dei foraminiferi sono<br />

preziosi indicatori per la classificazione e la datazione<br />

delle rocce sedimentarie.<br />

Gli eliozoi (▶figura 19) sono Sarcodini caratterizzati da<br />

un rivestimento di pseudopodi rigidi e di forma<br />

allungata. Come i foraminiferi, essi vivono liberi<br />

nell'acqua (sia dolce che salata) e utilizzano gli<br />

pseudopodi per intrappolare organismi di dimensioni<br />

inferiori.<br />

Figura 19. Un eliozoo.<br />

Gli eliozoi sono sarcodini dotati di pseudopodi rigidi disposti a<br />

raggiera che conferiscono al protozoo la forma di “sole”.<br />

Un terzo gruppo con caratteristiche biologiche simili<br />

alle precedenti è quello dei radiolari (▶figura 20). Si<br />

tratta di protisti esclusivamente marini, fra i quali si<br />

possono osservare forme particolarmente eleganti.<br />

Figura 20. I radiolari sono caratterizzati da un involucro vitreo<br />

finemente decorato.<br />

I radiolari sono dotati di prolungamenti a forma di spicole (A) e<br />

secernono complessi rivestimenti silicei (B).<br />

Quasi tutte le specie di radiolari sono capaci di<br />

secernere involucri trasparenti di solito silicei (SiO2), dai<br />

quali si protendono verso l'esterno pseudopodi<br />

aghiformi. Gli involucri delle diverse specie sono<br />

estremamente vari e risultano spesso caratterizzati da<br />

elaborati disegni geometrici. Alcuni radiolari sono<br />

inoltre fra i protisti di maggiori dimensioni, con<br />

involucri che misurano diversi millimetri di diametro.<br />

Grandi ammassi di scheletri di radiolari, risalenti anche<br />

a 700 milioni di anni fa, formano vasti sedimenti sui<br />

fondi degli oceani, soprattutto nelle regioni tropicali.<br />

I Ciliati.<br />

I Ciliati, sono organismi unicellulari caratterizzati dalla<br />

presenza di ciglia sulla loro superficie cellulare. Insieme<br />

ai Mastigophora, questo gruppo spicca per varietà di<br />

forme e importanza ecologica. I ciliati sono tutti<br />

organismi eterotrofi e possiedono strutture corporee<br />

molto più specializzate della maggior parte dei flagellati<br />

e degli altri protisti.<br />

Una caratteristica peculiare dei Ciliati è la presenza di<br />

due diversi tipi di nuclei, un macronucleo e, all'interno<br />

della stessa cellula, fino a 80 micronuclei. I micronuclei,<br />

tipici nuclei eucariotici diploidi, sono essenziali per la<br />

ricombinazione del patrimonio genetico delle cellule,<br />

mentre i macronuclei, che possono essere sia diploidi<br />

che poliploidi, controllano la sintesi proteica e<br />

presiedono alle attività vegetative.<br />

Paramecium (▶figura 21) un genere particolarmente<br />

studiato, può essere scelto come esempio per<br />

descrivere la complessa struttura e il comportamento<br />

dei ciliati. La superficie della cellula, dalla tipica forma a<br />

fagiolo, è coperta da un'elaborata pellicola, una<br />

struttura composta principalmente da una membrana<br />

esterna e da uno strato interno di strutture vescicolari<br />

strettamente aderenti, definite alveoli. La pellicola<br />

comprende anche uno strato di organuli, detti tricocisti,<br />

con funzione difensiva, che in caso di stimolazione<br />

meccanica o chimica possono essere emessi in pochi<br />

millisecondi sotto forma di filamenti rigidi.<br />

Figura 21. I parameci hanno una struttura complessa.<br />

Il disegno illustra schematicamente l‟anatomia interna di<br />

un Paramecium.


Le ciglia sono strutture capaci di garantire un tipo di<br />

locomozione generalmente più preciso di quello<br />

generato dai flagelli o dagli pseudopodi. Un paramecio<br />

può infatti dirigere il battito delle ciglia per spostarsi sia<br />

avanti che indietro, con un tipico movimento a spirale.<br />

Esso è inoltre in grado di cambiare rapidamente<br />

direzione qualora incontri uno stimolo negativo.<br />

(▶figura 22).<br />

Alcuni fra i ciliati di maggiori dimensioni detengono il<br />

primato della velocità nel regno dei protisti, superando i<br />

due millimetri al secondo. Alcune ciglia hanno inoltre<br />

una funzione sensoria e sono capaci di trasmettere gli<br />

stimoli al resto del citoplasma, rendendo possibile una<br />

maggiore coordinazione dei rapidi movimenti dell'intero<br />

organismo.<br />

Figura 22. Paramecio.<br />

La fotografia mostra un esemplare di un Paramecium.<br />

I parameci si riproducono generalmente per divisione<br />

cellulare: i micronuclei si dividono mitoticamente,<br />

mentre i macronuclei vengono semplicemente ripartiti<br />

fra le cellule figlie (▶figura 23).<br />

Figura 23. Ciclo vitale di Paramecium.<br />

In Paramecium si alternano riproduzione asessuata e<br />

coniugazione.<br />

Nei parameci è stata descritta anche una forma<br />

piuttosto elaborata di riproduzione sessuale detta<br />

coniugazione (▶figura 24).<br />

Figura 24. Coniugazione in Paramecium.<br />

Quando due individui entrano in coniugazione, si fondono e<br />

si scambiano i micronuclei, e ciò consente una<br />

ricombinazione genetica. Dopo la coniugazione, le cellule si<br />

separano e tornano a vivere come individui indipendenti.<br />

In questo processo due individui si portano a stretto<br />

contatto e uniscono le loro regioni anteriori. Nelle ore<br />

successive, in ognuna delle due cellule tutti i<br />

micronuclei degenerano, tranne uno che si divide per<br />

meiosi. Ognuno dei quattro nuclei così formatisi va<br />

successivamente incontro a divisione mitotica; si<br />

ottengono così otto nuclei aploidi, sette dei quali<br />

degenerano e uno si riproduce nuovamente per mitosi.<br />

Il risultato finale è quindi la produzione di due nuclei<br />

aploidi. Nel frattempo il macronucleo degenera e<br />

scompare. Uno dei due nuclei aploidi rimane nella<br />

cellula di origine, mentre l'altro migra nella cellula del<br />

partner dove si fonde con il corrispondente nucleo<br />

aploide: in questo modo si attua un processo di<br />

ricombinazione genetica con formazione di un nuovo<br />

nucleo diploide. Questo scambio è fra l'altro reciproco e<br />

ognuno dei due parameci cede e riceve la stessa<br />

quantità di DNA. Dopo che i due individui si sono<br />

separati, il nucleo diploide di ciascuno si divide<br />

mitoticamente, producendo due nuovi nuclei diploidi. Di<br />

questi, uno è destinato a dare origine al macronucleo e<br />

l'altro, per successive mitosi, ai micronuclei.<br />

La coniugazione di Paramecium è un processo sessuale<br />

di ricombinazione genetica, ma non può essere<br />

considerato un processo riproduttivo poiché comincia e<br />

termina con le stesse due cellule.<br />

Tale processo risulta tuttavia periodicamente necessario<br />

affinché le varie generazioni agamiche di parameci<br />

possano susseguirsi.<br />

Alcuni esperimenti hanno infatti dimostrato che i cloni a<br />

cui non è consentito di compiere la coniugazione<br />

possono sopravvivere per non più di 350 divisioni<br />

cellulari prima di scomparire.<br />

Le strutture descritte per Paramecium sono comuni alla<br />

maggior parte dei ciliati. Alcuni di questi organismi si<br />

caratterizzano tuttavia per la particolare complessità dei<br />

loro organuli. In alcuni ciliati, ad esempio, alcune ciglia<br />

possono fondersi e formare strutture dette cirri, capaci<br />

di muoversi in maniera indipendente ma coordinata,<br />

permettendo così all'organismo di spostarsi quasi<br />

«camminando» sopra una superficie (▶figura 25). La<br />

locomozione è inoltre coordinata da strutture<br />

paragonabili a fibre nervose dette neurofibrille. Queste<br />

raggiungono i singoli cirri, ed è stato sperimentalmente<br />

dimostrato che la loro recisione provoca la perdita di<br />

coordinazione dei cirri. In molti casi sono inoltre<br />

presenti nel citoplasma fibre paragonabili a quelle<br />

muscolari, i cosiddetti mionemi. In alcuni ciliati come ad<br />

esempio Vorticella (▶figura 26), le contrazioni dei<br />

mionemi permettono una rapida retrazione del<br />

peduncolo nel caso l'organismo venga disturbato.


Anche Stentor, molto comune nelle acque dolci,<br />

presenta una struttura complessa (▶figura 27).<br />

Figura 25. Ciliati ipotrichi.<br />

Questi ciliati si spostano mediante ciuffi di ciglia detti cirri,<br />

Figura 26. Vorticella.<br />

E‟ un genere di ciliati che vive nei fondali stagnanti ancorata con<br />

un pseudopodio. Ai bordi della cavità orale sono presenti ciglia<br />

che creando un piccolo vortice risucchiano le prede (altri<br />

microorganismi). Generalmente vivono in colonie.<br />

Figura 27. Stentor.<br />

E‟ un genere di ciliati, che prende il nome dall‟eroe greco<br />

Stentor. La sua forma ricorda quella di una trombetta.<br />

Il più alto livello di organizzazione citoplasmatica si<br />

osserva comunque in quei ciliati che vivono nel tratto<br />

digerente dei ruminanti, e che sono provvisti non solo<br />

di mionemi, neurofibrille e sistemi di ciglia fuse, ma<br />

anche di uno «scheletro citoplasmatico» e di una sorta<br />

di apparato digerente formato da strutture paragonabili<br />

a «bocca», «esofago» e «ano».<br />

Quando si esaminano le complesse strutture di questi e<br />

di altri protisti, si deve comunque ricordare che la loro<br />

organizzazione resta quella di organismi unicellulari. La<br />

complessità strutturale dei pluricellulari è invece basata<br />

sulla specializzazione e sulla coordinazione di cellule di<br />

tipo diverso.<br />

Gli Sporozoi.<br />

Gli sporozoi sono protozoi esclusivamente parassiti, il<br />

cui nome deriva dalla presenza, almeno in alcune<br />

specie, di stadi infettivi simili a spore. Gli sporozoi<br />

differiscono dalla maggior parte degli altri protisti per la<br />

mancanza di vacuoli contrattili; in questo caso<br />

l'ingresso di acqua è limitato dalla rigidità della pellicola<br />

esterna, che impedisce al tempo stesso un eccessivo<br />

rigonfiamento della cellula. Gli sporozoi hanno<br />

generalmente una forma ameboide, ma ciò non indica<br />

in alcun modo una relazione con i Sarcodina, quanto<br />

piuttosto un caso di convergenza evolutiva.<br />

Al pari di molti altri parassiti obbligatori, gli sporozoi<br />

possiedono cicli vitali molto complessi, in cui si<br />

alternano stadi di riproduzione sessuale e asessuale,<br />

spesso legati a ospiti diversi.<br />

Fra i più noti sporozoi vi sono senza dubbio i parassiti<br />

del genere Plasmodium (▶figura 28), un gruppo<br />

altamente specializzato che conduce parte del proprio<br />

ciclo vitale all'interno delle cellule ematiche dell'uomo<br />

causando la malaria, una delle malattie più diffuse a<br />

livello mondiale.<br />

Figura 28. Plasmodium, il plasmodio della malaria.<br />

Plasmodium è l‟agente eziologico della malaria.<br />

Il vettore di questo parassita è rappresentato dalle<br />

femmine di zanzara del genere Anopheles (▶figura 29)<br />

che, in seguito alla puntura, immettono i plasmodi allo<br />

stadio di sporozoiti nel circolo sanguigno dell'uomo.


Figura 29. Anopheles, la zanzara anofele.<br />

Questo genere di zanzara è il vettore che trasmette il<br />

plasmodio da una persona malata ad una sana, infettandola.<br />

Figura 30.Ciclo vitale di Plasmodium.<br />

Le specie di Plasmodium che causano la malaria trascorrono<br />

parte del loro ciclo vitale nell'uomo e parte nella zanzara. I<br />

gametociti maschili e femminili, provenienti dal sangue umano,<br />

si trasformano nell'intestino della zanzara in gameti maschili e<br />

femminili. Lo zigote che si origina dalla fusione di due gameti<br />

si insinua fra le cellule dell'intestino formando una ciste.<br />

Questa può dividersi e dare origine a numerose cellule dette<br />

sporozoiti, che invadono le ghiandole salivari della zanzara.<br />

Quando la zanzara punge nuovamente una persona, gli<br />

sporozoiti vengono immessi nel circolo sanguigno di<br />

quest'ultima. Da qui essi raggiungono le cellule del fegato e del<br />

sistema linfatico, in cui si dividono e formano un nuovo tipo<br />

di cellule, i merozoiti. Questi possono invadere nuove cellule<br />

epatiche o del sistema linfatico, formando una nuova<br />

generazione di merozoiti, oppure possono penetrare nei<br />

globuli rossi. La moltiplicazione e l'accrescimento dei merozoiti<br />

causano la rottura dei globuli rossi e la liberazione delle cellule<br />

di Plasmodium, che invadono altre emazie con un ciclo che si<br />

ripete ogni 48 ore. All'interno dei globuli rossi, alcuni<br />

merozoiti si sviluppano poi in gametociti maschili e<br />

femminili, capaci di ricominciare il ciclo all'interno di una<br />

zanzara.<br />

Una volta giunte nel torrente circolatorio, le cellule<br />

parassite si spostano rapidamente nel fegato e nel<br />

sistema linfatico, dove si moltiplicano ripetutamente e<br />

assumono la forma di merozoiti. Successivamente i<br />

merozoiti tornano nel sistema circolatorio infestando i<br />

globuli rossi. All'interno di questi ultimi i parassiti si<br />

moltiplicano per circa due giorni, producendo ognuno<br />

fino a 36 nuovi plasmodi e causando la rottura del<br />

globulo rosso con conseguente rilascio dei nuovi<br />

parassiti, pronti ad attaccare altre cellule.<br />

Se un'altra Anopheles punge l'individuo malarico in<br />

questo stadio, alcune cellule di plasmodio possono<br />

essere risucchiate insieme al sangue e infettare la<br />

zanzara. A questo punto del ciclo i parassiti attaccano le<br />

cellule intestinali della zanzara, si riproducono e<br />

successivamente si portano nelle ghiandole salivari, da<br />

cui possono essere trasmessi a un altro ospite.<br />

Il ciclo vitale del Plasmodium (▶figura 30) può essere<br />

interrotto bonificando le aree paludose in cui le zanzare<br />

si riproducono. L'uso di insetticidi può inoltre rivelarsi<br />

utile per ridurre drasticamente le popolazioni di<br />

Anopheles, ma prima di adottare tale metodo occorre<br />

valutare attentamente tutti i possibili rischi ecologici e<br />

sanitari.<br />

La malaria si manifesta con forte febbre intermittente,<br />

brividi e irrigidimento muscolare, epatosplenomegalia<br />

(aumento del volume di fegato e milza); tachicardia e<br />

delirio, spesso compaiono in concomitanza con eventi<br />

febbrili acuti. La diagnosi si effettua sottoponendo a<br />

indagine emoscopica un campione di sangue prelevato<br />

dai capillari periferici (polpastrello o lobo auricolare)<br />

ove i plasmodi tendono a concentrarsi maggiormente.<br />

Purtroppo non esistono vaccini e i farmaci non sono<br />

molto efficaci. L‟unico rimedio risulta ancora oggi il<br />

chinino (▶figura 31) che si estrae dalla corteccia di una<br />

pianta tropicale, la Cinchona (▶figura 32).<br />

Figura 31. Formula di struttura del chinino.<br />

Questo alcaloide rappresenta il primo farmaco antimalarico ed<br />

ancora oggi rappresenta il principale rimedio nella lotta contro la<br />

malaria.<br />

Figura 32. Cinchona.<br />

E‟ il genere di piante tropicali originario delle Ande,<br />

comunemente nota con il nome di china. Dalla sua corteccia si<br />

estrae il chinino.


3. <strong>Protisti</strong> simili ai funghi.<br />

I protisti simili a funghi sono eucarioti unicellulari o plurinucleati, eterotrofi per assorbimento, generalmente privi di chitina e<br />

mancanti di fase dicariotica. Come è stato precedentemente accennato, questi protisti differiscono dai funghi per:<br />

· la presenza di flagelli (talvolta questi sono presenti solamente in alcuni stadi del loro ciclo vitale);<br />

· per la presenza di gameti maschili e femminili morfologicamente diversi;<br />

· almeno di regola, per la mancanza di chitina nella parete cellulare;<br />

· per l„assenza di uno stadio dicariotico (ovvero di uno stadio in cui in una singola cellula sono presenti due nuclei<br />

geneticamente distinti);<br />

I protisti simili ai funghi vengono suddivisi in tre phyla :<br />

Gimnomiceti funghi mucillaginosi<br />

Protomiceti chitridi e ipochitridi<br />

Oomiceti muffe d‟acqua<br />

Gimnomiceti.<br />

II phylum Gimnomiceti è costituito da due diversi gruppi<br />

di muffe mucillaginose: quelle acellulari (classe<br />

Mixomiceti), dette anche plasmodiali, e quelle a<br />

struttura cellulare (classe Acrasiomiceti). I due<br />

raggruppamenti mostrano tuttavia alcune caratteristiche<br />

comuni:<br />

Gli individui sono mobili, ingeriscono per endocitosi<br />

cibo particolato e formano spore su corpi fruttiferi<br />

eretti.<br />

Nel corso del loro ciclo vitale, inoltre, essi vanno<br />

incontro a sorprendenti modifiche strutturali, che<br />

prevedono uno stadio formato da cellule isolate che si<br />

nutrono per assorbimento.<br />

Alcune di queste muffe possono coprire una superficie<br />

di oltre un metro di diametro e raggiungere un peso di<br />

oltre 50 grammi.<br />

Individui di entrambe le classi si ritrovano<br />

principalmente in ambienti freschi e umidi come le<br />

foreste.<br />

Essi possono inoltre apparire come strutture incolori<br />

oppure di color arancio o giallo brillante.<br />

Mixomiceti (muffe mucillaginose acellulari)<br />

La forma acellulare delle muffe mucillaginose è<br />

costituita da una massa citoplasmatica priva di parete e<br />

contenente numerosi nuclei diploidi, che si estende sul<br />

substrato formando una fitta rete di filamenti e viene<br />

definita plasmodio. Il plasmodio dei mixomiceti è un<br />

esempio di cenocito, ovvero una struttura<br />

comprendente molti nuclei, delimitata da una sola<br />

membrana plasmatica. Il citoplasma esterno del<br />

plasmodio, di regola in uno stato meno fluido di quello<br />

interno, garantisce invece una certa rigidità alla<br />

struttura plasmodiale. Alcuni mixomiceti, come ad<br />

esempio quelli del genere Physarum (▶figura 33),<br />

forniscono un interessante esempio di plasticità<br />

citoplasmatica.<br />

Figura 33. I funghi mucillaginosi plasmodiali<br />

(A) I plasmodi di questo Physarum ricoprono una roccia. (B) I<br />

caratteristici corpi fruttiferi di Physarum (ingrandimento<br />

maggiore).<br />

Le regioni citoplasmatiche esterne possono infatti<br />

fluidificarsi, con conseguente flusso di citoplasma verso<br />

le aree periferiche e slittamento della massa<br />

plasmodiale in una determinata direzione. Questo<br />

movimento può talvolta cambiare direzione in seguito<br />

allo spostamento del citoplasma in una diversa porzione<br />

cellulare.


Mentre si espande sul substrato, il plasmodio ingloba<br />

particelle di cibo, in prevalenza batteri, lieviti, spore di<br />

funghi e resti di piante e animali in decomposizione. Al<br />

processo di diffusione del plasmodio contribuisce anche<br />

una proteina contrattile, la mixo-miosina, organizzata<br />

in microfilamenti che, insieme a molecole simili a quelle<br />

della miosina, determinano il movimento. Allo stadio<br />

plasmodiale, le muffe possono accrescersi quasi<br />

indefinitamente, almeno finché esistono adeguate<br />

riserve di cibo e finché condizioni ambientali quali<br />

umidità e pH permangono favorevoli.<br />

Quando invece le condizioni esterne cambiano, possono<br />

verificarsi due diverse situazioni. Il plasmodio può<br />

formare una struttura di resistenza, lo sclerozio,<br />

consistente in una massa irregolare di strutture indurite<br />

simili a cellule, capace di trasformarsi nuovamente in un<br />

plasmodio qualora le condizioni tornino a essere<br />

favorevoli. In alternativa, il plasmodio può trasformarsi<br />

in una struttura fruttifera capace di produrre spore, lo<br />

sporangioforo. La rigidità di queste strutture<br />

peduncolate o ramificate è dovuta alla deposizione di<br />

cellulosa o chitina alla superficie delle cellule;<br />

componenti che sono invece assenti nelle altre fasi del<br />

ciclo vitale.<br />

I nuclei dei plasmodi sono diploidi e si dividono per<br />

meiosi durante lo sviluppo degli sporangiofori.<br />

Nella parte apicale di questi ultimi si sviluppano in<br />

seguito una o più protuberanze di varia forma e colore,<br />

dette sporangi, all'interno dei quali i nuclei aploidi<br />

vengono rivestiti da una parete rigida e si trasformano<br />

in spore. Se lo sporangioforo si dissecca, le spore<br />

vengono liberate nell'ambiente esterno e, germinando,<br />

danno origine a cellule aploidi, flagellate e prive di<br />

parete, capaci di moltiplicarsi mitoticamente o fungere<br />

da gameti. Se le condizioni ambientali non sono<br />

favorevoli, queste cellule possono incistarsi formando<br />

una nuova parete e funzionare così da forme di<br />

resistenza.<br />

Al manifestarsi di condizioni favorevoli, le cisti si<br />

aprono e rilasciano le cellule che, fondendosi due a due,<br />

formano uno zigote diploide. Da quest'ultimo, per<br />

successive divisioni mitotiche del nucleo non seguite da<br />

divisioni del citoplasma, può infine formarsi un nuovo<br />

plasmodio (▶figura 34).<br />

Figura 34. Ciclo vitale di un mixomicete.<br />

Acrasiomiceti (muffe mucillaginose cellulari)<br />

L'altro gruppo di Gymnomycota è composto da muffe<br />

con struttura cellulare, la cui forma vegetativa principale<br />

è rappresentata da una cellula ameboide (detta<br />

mixoameba) (▶figura 35).<br />

Figura 35. I funghi mucillaginosi cellulari.<br />

Il ciclo vitale del fungo Dictyostelium illustrato in una<br />

composizione fotografica (lo stesso esemplare è stato<br />

fotografato nei vari stadi di maturazione, e poi gli scatti sono<br />

stati montati in sequenza).<br />

Essa è dotata di un singolo nucleo aploide, si ciba<br />

inglobando batteri e altre particelle alimentari e si<br />

riproduce per mitosi o scissione. Gruppi di cellule<br />

isolate e indipendenti possono sopravvivere finché le<br />

condizioni esterne di umidità e disponibilità di cibo<br />

permangono favorevoli.<br />

Quando le condizioni diventano sfavorevoli, queste<br />

cellule sono in grado di aggregarsi e formare una<br />

struttura fruttifera detta pseudoplasmodio. Quest'ultimo<br />

differisce dalla vera struttura plasmodiale per il fatto<br />

che le singole cellule mantengono le loro membrane<br />

plasmatiche e quindi la loro identità; esso non può<br />

quindi essere considerato un cenocito. Il segnale<br />

chimico che stimola l'aggregazione delle mixoamebe è<br />

il 3',5'-adenosin monofosfato ciclico (cAMP), un<br />

«messaggero» che esercita un ruolo importante anche<br />

in certi processi metabolici degli animali.<br />

Uno pseudoplasmodio può spostarsi sul substrato per<br />

diverse ore prima di dare origine a una delicata<br />

struttura fruttifera peduncolata. Le cellule poste<br />

all'estremità del corpo fruttifero si sviluppano in spore,<br />

dotate di una parete sottile, che in seguito si staccano.<br />

Quando le condizioni ambientali tornano favorevoli, le<br />

spore germinano e danno origine a nuove mixoamebe.<br />

A questo ciclo di riproduzione asessuale se ne affianca<br />

talora uno sessuale, in cui due mixoamebe<br />

(possibilmente di due tipi sessuali diversi) si fondono<br />

formando una struttura sferica che successivamente<br />

germina, rilasciando nuove mixoamebe.<br />

Il ciclo vitale di un tipico acrasiomicete è descritto nella<br />

(▶figura 36).


Figura 36. Ciclo vitale di un acrasiomicete.<br />

Protomiceti.<br />

II phylum Protomiceti è costituito da organismi<br />

acquatici, talvolta classificati come funghi, suddivisi<br />

nelle due categorie dei chitridi e degli ipochitridi. La<br />

presenza di cellule flagellate suggerisce di includere i<br />

Protomiceti fra i protisti, sebbene le loro pareti cellulari<br />

siano costituite prevalentemente da chitina, come<br />

avviene nei veri funghi.<br />

Tutti gli appartenenti a questo phylum sono parassiti (di<br />

alghe, larve di insetti o nematodi) oppure saprobi, cioè<br />

organismi che si nutrono di materiale organico non<br />

vivente. Essi sono diffusi in habitat d‟acqua dolce o in<br />

suoli umidi; alcuni sono unicellulari mentre altri<br />

formano miceli, cioè ammassi di filamenti costituiti da<br />

catene ramificate di cellule. I due gruppi differiscono<br />

per alcuni dettagli strutturali e metabolici: i chitridi si<br />

riproducono sia sessualmente che asessualmente,<br />

mentre negli ipochitridi non sono mai stati osservati<br />

stadi sessuati.<br />

Il genere più studiato fra i chitridi è Allomyces,<br />

caratterizzato da alternanza di generazioni isomorfiche:<br />

esistono fasi aploidi e diploidi distinguibili<br />

esclusivamente sulla base del numero di cromosomi<br />

(▶figura 37).<br />

La generazione diploide di Allomyces produce per<br />

mitosi e citocinesi numerose spore diploidi flagellate<br />

dette zoospore. Zoospore aploidi possono tuttavia<br />

essere prodotte per meiosi e citocinesi in sporangi<br />

distinti. Al pari di certe alghe, molti di questi protisti<br />

sono inoltre capaci di riprodursi vegetativamente dalle<br />

zoospore prodotte nella fase aploide o diploide del loro<br />

ciclo vitale. Le spore diploidi, tuttavia, danno origine<br />

semplicemente a organismi diploidi, mentre dalle spore<br />

aploidi si formano organismi aploidi capaci di produrre<br />

gameti nella parte terminale dei filamenti che li<br />

compongono (ife). Un singolo organismo aploide può<br />

inoltre produrre sia gameti maschili che femminili entro<br />

strutture specializzate dette gametangi, nei quali i<br />

gameti maschili sono posti all'estremità di un‟ifa e<br />

quelli femminili appena al di sotto. Sia i gameti maschili<br />

che quelli femminili sono muniti di flagelli, e<br />

generalmente il gamete femminile produce una<br />

sostanza chimica capace di attrarre quelli maschili.<br />

Figura 37. Un chitridio.<br />

Allomyces, un tipico chitridio.<br />

Fra gli ipochitridi possiamo citare Rhizidiomyces<br />

apophysatus (▶figura 38), un parassita di protisti del<br />

phylum Oomycota. Quando una zoospora di R.<br />

apophysatus entra in contatto con la cellula di un<br />

ospite, essa perde i flagelli e produce estroflessioni<br />

germinative che si insinuano nei tessuti dell'ospite. Ne<br />

deriva una massa ramificata di rizoidi (strutture simili a<br />

radici) che si insinuano nel corpo dell'ospite.<br />

Il parassita forma così uno sporangio e sviluppa una<br />

particolare struttura a tubo attraverso la quale viene<br />

rilasciato materiale composto da citoplasma e nuclei. In<br />

seguito, da quest'ultimo si libera un grande numero di<br />

zoospore capaci di infettare nuovi ospiti e ricominciare<br />

così il ciclo.<br />

Figura 38. Un ipochitridio.<br />

Rhizidiomyces apophysatus, un ipochitridio.


Oomiceti.<br />

Il phylum degli Oomiceti è costituito da diversi protisti<br />

eterotrofi e comprende le muffe d‟acqua ed altri<br />

organismi terrestri.<br />

Le muffe d‟acqua sono filamentose e immobili e si<br />

nutrono per assorbimento, cioè secernono sostanze che<br />

digeriscono le grandi molecole di nutrienti scindendole<br />

in molecole più piccole, facili da assorbire.<br />

Una caratteristica distintiva di tutti gli Oomiceti è la<br />

presenza di flagelli nelle cellule riproduttive e di pareti<br />

cellulari contenenti cellulosa. Alcune specie presentano<br />

più nuclei racchiusi in una sola membrana plasmatica: i<br />

filamenti che costituiscono l‟oomicete, quindi, non sono<br />

separati internamente da pareti che confinino ciascun<br />

nucleo in una singola cellula. In questo modo, il<br />

citoplasma è un fluido continuo che fluisce nell‟intero<br />

corpo dell‟organismo.<br />

Gli Oomiceti sono generalmente diploidi per gran parte<br />

del loro ciclo vitale.<br />

Muffe d‟acqua comuni sono quelle del<br />

genere Saprolegnia (▶figura 39), acquatiche e<br />

saprofaghe, che rivestono di un feltro biancastro pesci o<br />

insetti morti nell‟acqua (▶figura 40). Il termine comune<br />

di «muffa», che deriva dall‟iniziale classificazione di tali<br />

forme nel regno dei funghi, non deve portare a<br />

confondere questi organismi con i veri funghi che<br />

portano questo nome.<br />

Figura 39. Saprolegnia parasitica.<br />

Un particolare che evidenzia le spore sessuali (oospore)<br />

prodotte all‟interno di strutture dette oogoni.<br />

Figura 40. Saprolegnia, un oomicete saprofita.<br />

Micelio della muffa d'acqua Saprolegnia che cresce sui resti di un<br />

pesce.<br />

Gli Oomiceti terrestri sono in genere decompositori<br />

innocui o utili, ma alcuni provocano malattie nelle<br />

piante coltivate. Ad esempio Plasmopara viticola è<br />

l‟agente eziologico della peronospora della vite, una<br />

delle principali malattie di questa pianta (▶figura 41). La<br />

muffa Phytophthora infestans, è invece la causa della<br />

peronospora della patata, e fu responsabile della<br />

distruzione dell'intero raccolto di patate, con<br />

conseguente carestia, nel 1845-1847 in Irlanda,<br />

carestia che causò la morte per fame di almeno un<br />

milione di persone e ne costrinse all'emigrazione<br />

almeno altri due (▶figura 42).<br />

Figura 41. Peronospora della vite.<br />

La peronospora della vite, Plasmopara viticola, è un<br />

microrganismo originario dell‟America e importato<br />

accidentalmente in Francia intorno al 1878, da cui si è poi<br />

diffuso in tutta Europa. Esso provoca una tipica malattia della<br />

vite, con un ciclo fortemente condizionato dalle condizioni<br />

climatiche. Si tratta della causa di una delle più diffuse e<br />

pericolose malattie della vite in molte regioni europee ed<br />

italiane.<br />

Figura 42. Peronospora della patata e del pomodoro.<br />

La peronospora della patata e del pomodoro, Phytophthora<br />

infestans, è un microrganismo che colpisce le piante della<br />

famiglia delle Solanacecee.


4. Le alghe: protisti simili alle piante.<br />

Le alghe sono eucarioti unicellulari, plurinucleati o pluricellulari, fotosintetici. Le forme pluricellulari hanno embrioni privi di<br />

tessuti materni.<br />

Le alghe sono degli organismi fotosintetici dai quali probabilmente dipende il 50-60% della fotosintesi che si compie<br />

sull'intero pianeta. La rimanente parte può essere attribuita alle piante, mentre il contributo dei cianobatteri e di altri batteri<br />

fotosintetici è trascurabile, sebbene esso possa risultare importante in alcuni ecosistemi acquatici.<br />

La principale differenza tra piante e alghe consiste nel fatto che nelle prime lo zigote da origine a un embrione pluricellulare<br />

protetto dai tessuti dell'individuo in cui si origina, mentre nelle seconde ciò non si verifica.<br />

Le alghe mostrano un'interessante varietà di forme. Alcune sono organismi unicellulari relativamente semplici, altre invece<br />

formano filamenti costituiti da cellule distinte o da strutture multinucleate (cenociti), e altre ancora sono pluricellulari,<br />

caratterizzate da complesse ramificazioni oppure a forma di foglia e con tessuti e organi ben distinti. Questa varietà di forme<br />

può essere presente anche all'interno dei singoli raggruppamenti di alghe, come ad esempio in quello delle alghe verdi<br />

(phylum Chlorophyta).<br />

Anche i cicli vitali delle alghe sono estremamente vari, e tutte, tranne le alghe rosse (phylum Rhodophyta), possiedono uno<br />

stadio con cellule flagellate mobili. In alcuni casi, ad esempio nei dinoflagellati (phylum Pyrrophyta), questa è addirittura la<br />

forma prevalente.<br />

Eccetto che per il mannitolo, i grassi e gli olii, tutti i composti di riserva delle alghe sono polimeri del glucosio, che<br />

differiscono gli uni dagli altri per il tipo di legame fra le molecole di glucosio adiacenti, per il grado di ramificazione delle<br />

catene polisaccaridiche e per le dimensioni della catena. Le sostanze pectiche che si trovano nelle pareti cellulari sono tutte<br />

polimeri di uno zucchero acido, l'acido galatturonico.<br />

Le alghe vengono suddivise in cinque phyla :<br />

Euglenofite euglene e forme affini<br />

Pirrofite dinoflagellati<br />

Crisofite diatomee<br />

Feofite alghe brune<br />

Rodofite alghe rosse<br />

Clorofite alghe verdi


Euglenofite.<br />

Per diversi botanici, questa divisione di alghe<br />

comprende quelle forme che per molti zoologi, fanno<br />

parte del phylum dei Flagellati. Le abbiamo già trattate<br />

tra i protozoi, ricordiamo solo che i pigmenti<br />

fotosintetici sono clorofilla a e clorofilla b, proprio come<br />

le alghe verdi (Clorofite) e le tutte le piante.<br />

Figura 5. Euglena.<br />

Euglena, una specie che può essere considerata sia<br />

protozoo, sia alga.<br />

Pirrofite.<br />

Le Pirrofite sono tutte alghe unicellulari con una<br />

caratteristica colorazione giallo-bruna, data dai<br />

pigmenti fotosintetici e dai pigmenti accessori presenti<br />

nei cloroplasti. Possiedono clorofilla a e clorofilla c.<br />

I dinoflagellati, il gruppo più rappresentativo di questo<br />

phylum, sono di grande interesse ecologico, evolutivo e<br />

morfologico, e sono probabilmente secondi soltanto<br />

alle diatomee (appartenenti al phylum delle<br />

Chrysophyta) come produttori fotosintetici di materia<br />

organica negli oceani.<br />

Molti dinoflagellati sono endosimbionti di altri protisti e<br />

invertebrati marini, come ad esempio i coralli, alla cui<br />

crescita contribuiscono con i loro prodotti fotosintetici.<br />

Altri, invece, sono incapaci di fotosintetizzare e vivono<br />

come parassiti di altri organismi marini.<br />

La struttura cellulare dei dinoflagellati è particolarmente<br />

interessante. Questi organismi possiedono due flagelli,<br />

di cui uno si trova alloggiato in un solco equatoriale<br />

intorno alla cellula e l'altro passa attraverso un solco<br />

longitudinale prima di protendersi libero verso l'esterno<br />

(▶figura 43).<br />

Figura 43. Dinoflagellati.<br />

Ceratium e Peridinium, due tipici dinoflagellati in cui è possibile<br />

notare il flagello assiale e quello equatoriale..<br />

Molti dinoflagellati sono organismi marini e alcuni di<br />

questi, che si riproducono abbondantemente nelle<br />

acque calde e tranquille, possono dare origine alle<br />

«maree rosse» (▶figura 44), così dette per la<br />

colorazione rossastra assunta dalle acque superficiali a<br />

causa della fluorescenza della clorofilla presente nei<br />

cloroplasti.<br />

Figura 44. Maree rosse.<br />

Alcuni dinoflagellati sono responsabili del fenomeno delle<br />

maree rosse.<br />

Alcune di queste specie producono inoltre sostanze<br />

neurotossiche, che sono in grado di uccidere migliaia di<br />

pesci. Anche il genere Gonyaulax emette una potente<br />

tossina, che può accumularsi senza alcun effetto nei<br />

crostacei, ma può uccidere un uomo che se ne cibi.<br />

Molti dinoflagellati sono inoltre bioluminescenti<br />

(▶figura 45); colture di questi organismi mantenute in<br />

completa oscurità emettono un debole scintillio. Se poi<br />

la coltura viene disturbata, agitando il mezzo di<br />

sospensione o facendovi gorgogliare dell'aria, ogni<br />

individuo può emettere lampi luminosi, anche un<br />

migliaio di volte più potenti della debole luminosità<br />

emessa inizialmente.<br />

Figura 45. Bioluminescenza.<br />

Molti dinoflagellati sono in grado di emettere luce grazie allo<br />

stesso meccanismo che viene utilizzato da altri organismi (come<br />

ad esempio, le lucciole): un enzima, definito luciferasi, ossida<br />

una sostanza detta luciferina e tale reazione chimica libera<br />

energia sotto forma luce visibile all‟occhio umano.


Crisofite (Alghe giallo-dorate).<br />

II phylum delle Crisofite comprende diatomee e altri<br />

organismi a esse simili. Gli individui di alcune specie<br />

sono unicellulari, mentre altri possono formare<br />

aggregati filamentosi. Possiedono sia clorofilla a che<br />

clorofilla c.<br />

Molte hanno un colore bruno o giallo per la presenza di<br />

abbondanti carotenoidi nei loro cloroplasti e tutte<br />

utilizzano crisolaminarina (un carboidrato) od olii come<br />

prodotti di riserva.<br />

Molte diatomee depositano silice (diossido di silicio<br />

SiO2) nelle loro pareti cellulari, che in alcune specie<br />

sono formate da due parti distinte (valve), con quella<br />

superiore che si sovrappone all'inferiore come un<br />

coperchio su una scatola. Le diatomee possono avere<br />

sia simmetria radiale che bilaterale.<br />

Questi organismi, marini o d'acqua dolce, sono<br />

caratterizzati da un'estrema varietà di forme e la loro<br />

tassonomia è interamente basata sulle caratteristiche<br />

delle pareti esterne (▶figura 46).<br />

Figura 46. Diatomee.<br />

Le diatomee mostrano una grande varietà di forme, di regola<br />

specie-specifiche.<br />

Le diatomee possono riprodursi sia sessualmente che<br />

asessualmente (▶figura 47).<br />

Nel caso della riproduzione asessuale, si verifica una<br />

divisione cellulare in cui ciascuna delle due cellule figlie<br />

eredita una delle due valve della cellula madre. È<br />

interessante notare che la parte mancante viene sempre<br />

riformata all'interno di quella già esistente. Questo<br />

processo è quindi caratterizzato da una progressiva<br />

diminuzione delle dimensioni dei nuovi individui a ogni<br />

evento riproduttivo, e se il processo si ripetesse sempre<br />

allo stesso modo, si arriverebbe alla scomparsa di<br />

questi organismi.<br />

La riproduzione sessuale risolve adeguatamente il<br />

problema: i gameti che ogni individuo produce sono<br />

privi di parete e si fondono formando uno zigote che,<br />

prima di costituire una nuova parete cellulare, aumenta<br />

notevolmente le proprie dimensioni e per questo esso<br />

viene anche definito auxospora, dal greco auxesis =<br />

aumento.<br />

Le diatomee sono diffuse ovunque nell„ambiente marino<br />

e di acqua dolce.<br />

I resti delle loro pareti contenenti silicio, molto<br />

resistenti alla decomposizione, possono accumularsi sui<br />

fondi oceanici e formare estesi giacimenti di rocce<br />

sedimentarie (diatomiti). La così detta terra di diatomee,<br />

ottenuta da queste rocce, trova numerosi impieghi<br />

industriali, come materiale per l'isolamento o la<br />

filtrazione e per la pulitura dei metalli.<br />

Figura 47. La riproduzione delle diatomee.<br />

Sotto: Nella riproduzione asessuale per mitosi e citodieresi<br />

(sequenza verticale sulla destra nella figura), ogni cellula figlia<br />

eredita una delle due valve; ogni cellula dovrà quindi produrre<br />

una nuova valva e quest'ultima si forma sempre all'interno di<br />

quella già esistente. In seguito, si verifica una progressiva<br />

riduzione dimensionale degli individui, interrotta dalla<br />

riproduzione sessuale: lo zigote (ciclo sulla sinistra), si accresce<br />

prima di ricostituire il proprio rivestimento.<br />

I dinoflagellati (Pirrofite) e le diatomee (crisofite) sono i<br />

principali responsabili del fenomeno di<br />

“eutrofizzazione” delle acque dei mari, dei laghi e dei<br />

fiumi che si verifica quando le concentrazione di sali<br />

minerali (contenenti N, P e K) raggiunge valori elevati. In<br />

questo caso, la proliferazione di queste alghe<br />

unicellulari, non seguita dallo smaltimento dei<br />

consumatori primari, determina una maggiore attività<br />

batterica, questo fatto induce un aumento del consumo<br />

di ossigeno, e la mancanza di quest‟ultimo provoca a<br />

sua volta la moria di animali marini (ad esempio dei<br />

pesci).


Feofite (Alghe brune).<br />

Le feofite, o alghe brune, sono organismi pluricellulari,<br />

composti da filamenti ramificati o da strutture fogliose<br />

definite talli . Il caratteristico colore, da cui deriva il loro<br />

nome, è determinato dalla presenza del carotenoide<br />

fucoxantina, presente in grandi quantità nei plastidi. La<br />

combinazione di questo pigmento giallo-arancio con il<br />

verde della clorofilla a e c determina il colore.<br />

Le feofite (▶figura 48) includono alcune fra le alghe di<br />

maggiori dimensioni (come ad esempio quelle del<br />

genere Macrocystis che può raggiungere la lunghezza di<br />

60 m). Si tratta di forme quasi esclusivamente marine,<br />

alcune delle quali galleggiano in mare aperto (l'esempio<br />

più noto è costituito dal Sargassum, che può costituire<br />

densi banchi nel mar dei Sargassi), mentre altre vivono<br />

attaccate alle rocce nelle regioni costiere. In queste<br />

ultime forme è presente, nella parte a contatto con il<br />

substrato, una struttura espansa a ventosa detta aptere,<br />

che consente una salda adesione.<br />

Alcune alghe brune possono formare steli simili a<br />

tronchi oppure lamine simili a foglie, mentre altre sono<br />

caratterizzate da cavità o vesciche piene di gas.<br />

Per ragioni non ancora ben chiare, queste cavità<br />

contengono spesso monossido di carbonio (circa il 5%<br />

del contenuto) in quantità sufficiente a uccidere un<br />

uomo.<br />

Oltre a questa organizzazione in organi, le specie di<br />

maggiori dimensioni mostrano anche un notevole grado<br />

di differenziazione dei loro tessuti. Spesso i filamenti<br />

fotosintetici sono localizzati nelle regioni più esterne<br />

dell'alga, mentre all'interno del tessuto fotosintetico<br />

sono localizzati filamenti di cellule allungate simili ai<br />

tessuti di conduzione delle piante superiori. Questi<br />

filamenti, formati da cellule svasate all'apice, formano<br />

strutture canalicolari che trasportano rapidamente i<br />

prodotti della fotosintesi (principalmente mannitolo)<br />

attraverso il corpo dell'alga.<br />

Figura 48. Un‟alga bruna.<br />

Fucus, una comune alga bruna.<br />

Il phylum Phaeophyta testimonia lo straordinario grado<br />

di diversità che caratterizza le alghe. Fra le alghe brune<br />

a struttura più semplice possiamo citare quelle del<br />

genere Ectocarpus, che formano filamenti ramificati,<br />

lunghi pochi centimetri, che crescono comunemente<br />

sulle conchiglie e sulle pietre sommerse. In questo caso<br />

il gametofito e lo sporofito possono essere distinti<br />

esclusivamente in base al numero di cromosomi o in<br />

base ai loro prodotti (rispettivamente zoospore o<br />

gameti); si hanno cioè generazioni isomorfe.<br />

Figura 49. Alghe brune.<br />

(A) La specie Pelvetia canaliculata mostra un esempio della<br />

struttura filamentosa delle alghe brune. (B) I filamenti dell‟alga<br />

microscopica Ectocarpus osservati al microscopio ottico. (C) Le<br />

palme di mare sono caratterizzate dalla presenza di fronde<br />

simili a «foglie». (D) Le palme di mare e molte altre specie di<br />

alghe brune aderiscono al substrato per mezzo di robuste<br />

strutture di ancoraggio.<br />

Altre alghe brune di maggiore complessità, come ad<br />

esempio le Laminaria (▶figura 49), sono caratterizzate<br />

da un'alternanza di generazioni di tipo eteromorfico, in<br />

cui la fase predominante è lo sporofito. Il gametofito,<br />

una struttura filamentosa e sottile, si origina invece da<br />

zoospore formatesi per meiosi in particolari regioni<br />

dello sporofito. Dal gametofito deriveranno poi gameti<br />

maschili e femminili.<br />

Nel genere Fucus si assiste infine a un'ulteriore<br />

riduzione del gametofito: non esiste una fase aploide<br />

pluricellulare, ma soltanto una fase aploide<br />

multinucleata, in cui i gameti sono prodotti<br />

direttamente per meiosi.<br />

Le pareti cellulari delle alghe brune possono contenere<br />

fino al 25% di acido alginico, un polimero di uno<br />

zucchero acido, piuttosto viscoso, capace di cementare<br />

cellule e filamenti e dunque in grado di funzionare<br />

come aptere. Questa sostanza viene impiegata<br />

commercialmente come emulsionante in gelati,<br />

cosmetici e altri prodotti.<br />

Figura 49. Ciclo vitale di un‟alga bruna.<br />

Laminaria è un‟alga bruna che presenta un ciclo vitale aplodiplobionte<br />

con alternanza di generazioni eteromorfiche.


Rodofite (Alghe rosse).<br />

Quasi tutte le alghe rosse o Rodofite sono organismi<br />

pluricellulari. Il loro caratteristico colore rosso deriva<br />

dalla presenza del pigmento ficoeritrina nei cloroplasti.<br />

In aggiunta a tale sostanza, nelle alghe rosse sono<br />

presenti anche ficocianina, carotenoidi e clorofilla a.<br />

La maggior parte delle alghe rosse vive in ambiente<br />

marino e colonizza tutti gli habitat, dalle pozze di<br />

marea fino a profondità notevoli (anche 170 m se<br />

esistono nutrienti in quantità sufficiente e l'acqua è<br />

limpida abbastanza da consentire la penetrazione della<br />

luce). Gran parte delle specie vivono attaccate al<br />

substrato e sono provviste di aptere (▶figura 50).<br />

Figura 50. Alghe rosse.<br />

Due diverse specie di Rodofite che presentano la loro tipica<br />

colorazione dovuta a specifici pigmenti fotosintetici.<br />

Le alghe rosse hanno la capacità di cambiare la<br />

composizione relativa dei loro pigmenti fotosintetici in<br />

relazione alle condizioni di illuminazione, con<br />

conseguente cambiamento di colorazione: la stessa<br />

specie può apparire verde brillante se cresciuta in<br />

superficie, oppure rosso scuro se cresciuta in acque più<br />

profonde. In acque profonde, infatti, la maggior parte<br />

della luce che riesce a penetrare, e che può quindi<br />

essere impiegata per la fotosintesi, appartiene alla<br />

banda blu-verde dello spettro luminoso e quindi le<br />

alghe accumulano grandi quantità di ficoeritrina, il<br />

pigmento capace di assorbire tali lunghezze d'onda.<br />

Così, anche se la quantità di clorofilla è uguale a quella<br />

contenuta nelle alghe che vivono in superficie, la<br />

quantità di ficoeritrina accumulata fa apparire queste<br />

alghe di colore rosso anziché verde. La variazione della<br />

pigmentazione in dipendenza della lunghezza d'onda<br />

della luce viene indicata come adattamento cromatico<br />

(metacromatismo) (▶figura 51).<br />

Figura 51. L'assorbimento della luce da parte di un'alga rossa.<br />

Quando l'alga rossa Chondrus crispus cresce al di sotto dei 15 m<br />

di profondità, essa accumula ficoeritrina con cui può assorbire<br />

la luce blu-verde. In superficie, invece, l'accumulo di<br />

ficoeritrina è molto minore e l'alga assorbe principalmente nel<br />

rosso, tramite la clorofilla.<br />

Le alghe rosse accumulano i prodotti della fotosintesi<br />

sotto forma di amido delle floridee (composto da<br />

piccole catene ramificate di 15 unità di glucosio) e non<br />

possiedono cellule flagellate in alcuno stadio del loro<br />

ciclo vitale. I gameti maschili sono privi di parete e<br />

leggermente ameboidi, mentre quelli femminili sono<br />

completamente immobili.<br />

Alcune specie di alghe rosse, capaci di depositare<br />

carbonato di calcio all'interno e all'esterno delle loro<br />

pareti cellulari, contribuiscono alla formazione delle<br />

barriere coralline, poiché, dopo la morte delle cellule, il<br />

carbonato si accumula sui fondali formando talvolta<br />

cospicui ammassi.<br />

Alcune Rhodophyta possono produrre grandi quantità di<br />

sostanze polisaccaridiche mucillaginose, costituite<br />

principalmente da galattosio cui è legato un gruppo<br />

solfato. Questo materiale forma gelatine solide ed è la<br />

materia prima dell'agar, una sostanza assai usata per<br />

produrre substrati solubili in acqua, sui quali far<br />

crescere in laboratorio colture di tessuti oppure<br />

microrganismi.<br />

Alcune alghe rosse marine, infine, sono parassite di<br />

altre alghe. In questo caso l'ospite è un'alga<br />

normalmente fotosintetica mentre il parassita è un'alga<br />

incolore e non fotosintetica, che ottiene le sostanze<br />

nutritive dall'ospite. È stato scoperto che l'alga parassita<br />

Choreocolax è capace di inserire i propri nuclei<br />

all'interno delle cellule dell'alga rossa ospite<br />

Polysiphonia, modificandone il metabolismo. Questo è il<br />

primo esempio di un processo di trasferimento di nuclei<br />

dal parassita alle cellule viventi dell'ospite.


Clorofite (Alghe verdi).<br />

Le Clorofite, conosciute comunemente come alghe<br />

verdi, e i Mastigophora fotosintetici come Euglena e<br />

Volvox (che molti biologi includono fra le alghe verdi),<br />

sono gli unici protisti che possiedono l'intero corredo di<br />

pigmenti fotosintetici che caratterizzano le piante<br />

superiori. Il pigmento principale è la clorofilla a, ma al<br />

loro interno è presente anche la clorofilla b, che è<br />

presente solo nelle Euglenofite. I carotenoidi presenti in<br />

questi gruppi, prevalentemente 3-carotene e alcune<br />

xantofille (carotenoidi con uno o più gruppi ossidrilici),<br />

sono invece presenti anche nelle piante. Il principale<br />

prodotto di accumulo della fotosintesi è, come nelle<br />

piante superiori, l'amido, costituito da lunghe catene,<br />

talora ramificate, di glucosio.<br />

Queste somiglianze, insieme a considerazioni di altro<br />

tipo, hanno indotto a ipotizzare che le piante si siano<br />

evolute dalle alghe verdi.<br />

Questa uniformità dei pigmenti e dei prodotti di<br />

accumulo della fotosintesi è contrapposta a un'estrema<br />

varietà di forme (da ▶figura 52 a ▶figura 58):<br />

Figura 52. Chlorella.<br />

Un organismo unicellulare e flagellato, è un esempio del tipo di<br />

organizzazione più semplice.<br />

Figura 53. Oedogonium.<br />

Un un'alga filamentosa con un solo nucleo in ogni cellula.<br />

Figura 54. Cladophora.<br />

Un‟alga che mostra un'organizzazione pluricellulare con cellule<br />

multinucleate.<br />

Figura 55. Bryopsis<br />

Un‟alga tubulare e cenocitica, e forma setti che separano una<br />

cellula dall'altra soltanto durante la formazione delle strutture<br />

riproduttive.<br />

Figura 56. Acetabularia.<br />

Un „alga costituita da una singola cellula gigante mononucleata<br />

di forma caratteristica, che diviene plurinucleata soltanto alla<br />

fine del processo riproduttivo.<br />

Figura 57. Ulva lactuca.<br />

Alga nota comunemente come lattuga di mare, è costituita da<br />

una struttura laminare dello spessore di due cellule.<br />

Figura 58. Desmidiacee.<br />

Alghe unicellulari caratterizzate da pareti cellulari scolpite in<br />

maniera elaborata.


I cicli vitali delle alghe verdi sono caratterizzati da<br />

un'estrema variabilità. Esamineremo a titolo di esempio<br />

due di questi cicli, quello di Ulva lactuca (▶figura 59), e<br />

quello di Ulothrix.<br />

Figura 59. Ciclo vitale di Ulva lactuca.<br />

Questa alga verde presenta un ciclo vitale aplo-diplobionte con<br />

alternanza di generazioni isomorfiche.<br />

Lo sporofito diploide di Ulva lactuca è costituito da una<br />

«foglia» di alcuni centimetri di diametro, in cui si<br />

differenziano alcune cellule specializzate (sporociti).<br />

Attraverso il processo di meiosi e citocinesi, queste<br />

producono spore aploidi mobili (zoospore), capaci di<br />

nuotare grazie alla presenza di quattro flagelli. Quando<br />

una spora trova un ambiente adatto, essa si fissa, perde<br />

i flagelli, e inizia a dividersi mitoticamente, producendo<br />

un filamento sottile che si sviluppa in un'ampia lamina<br />

dello spessore di due cellule: il gametofito,<br />

morfologicamente identico allo sporofito diploide. Ogni<br />

spora contiene l'informazione genetica per un solo tipo<br />

sessuale, e un gametofito è capace di produrre<br />

esclusivamente gameti maschili o femminili, ma mai<br />

entrambi. I gameti si formano per mitosi all'interno di<br />

una singola cellula (gametangio) e non all'interno di una<br />

struttura pluricellulare specializzata come avviene nei<br />

muschi e nelle piante vascolari. Entrambi i tipi di gameti<br />

possiedono due flagelli (a differenza dei quattro delle<br />

zoospore) e sono mobili. I gameti femminili, tuttavia,<br />

appaiono decisamente più grandi di quelli maschili:<br />

questa condizione in cui i gameti sono<br />

morfologicamente distinguibili è detta anisogamia, e<br />

contrapposta all'isogamia di altre alghe e protisti, in cui<br />

i due tipi di gameti sono morfologicamente simili.<br />

Quando due gameti di tipo diverso si incontrano, essi si<br />

fondono, perdono i flagelli e dallo zigote che ne deriva<br />

si forma, per successive mitosi, un nuovo sporofito. I<br />

gameti che non riescono a incontrarne uno<br />

complementare con cui unirsi possono fissarsi al<br />

substrato, perdere i flagelli e, per mitosi, produrre<br />

nuovi gametofiti; in altre parole i gameti possono<br />

funzionare come zoospore, condizione questa molto<br />

rara. Un ciclo vitale come quello di Ulva, in cui sporofito<br />

e gametofito sono morfologicamente identici, è detto<br />

isomorfo.<br />

In altri protisti, invece, esistono generazioni<br />

eteromorfiche, con uno sporofito diverso dal<br />

gametofito. In una variante del ciclo eteromorfico, il<br />

ciclo aplonte, gametofiti pluricellulari producono gameti<br />

da cui deriva uno zigote con funzioni di sporocito. In<br />

altre parole, questo si divide immediatamente per<br />

meiosi, producendo spore che daranno origine a nuovi<br />

gametofiti. In questo tipo di ciclo, dunque, l'unico<br />

stadio diploide è lo zigote.<br />

Un esempio di ciclo aplonte è fornito dalle alghe del<br />

genere Ulothrix (▶figura 60).<br />

Figura 60. Ciclo vitale di Ulothrix.<br />

Questa alga verde presenta un ciclo vitale aplobionte.<br />

Altre alghe possiedono un ciclo diplonte come quello<br />

della maggior parte degli animali. In questo caso gli<br />

sporociti producono direttamente per meiosi i gameti, e<br />

dall'unione di questi si origina uno zigote che formerà<br />

un nuovo sporofito. Negli organismi che hanno un ciclo<br />

vitale di questo tipo tutte le cellule tranne i gameti sono<br />

diploidi. Tra i due estremi rappresentati dal ciclo<br />

aplonte e quello diplonte esistono casi in cui sia lo<br />

sporofito che il gametofito sono pluricellulari, ma una<br />

fase (generalmente lo sporofito) risulta nettamente<br />

predominante sull'altra.<br />

Un caso particolare di anisogamia, conosciuto come<br />

oogamia, è quello di Oedogonium, in cui il gamete<br />

femminile è grande e immobile, mentre quello maschile<br />

è piccolo e flagellato.

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