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V PREMIO <strong>di</strong> poesia<br />
<strong>“LA</strong> <strong>LEONESSA”</strong><br />
Città <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong><br />
La Giuria era composta da:<br />
Caterina Grasso<br />
Sergio Isonni<br />
Alice Magri<br />
Giuseppe Magurno<br />
Iris Mario Perin<br />
Sara Tinnirello<br />
Presidente onorario Mario Labolani<br />
Coor<strong>di</strong>nata, senza <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto, da Alessia Biasiolo<br />
Si ringrazia per la cortese collaborazione:<br />
Banco <strong>di</strong> Verona e Novara<br />
Direzione Civici Musei <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong><br />
Fondazione CAB<br />
Ra<strong>di</strong>o Vera<br />
Tipolitografia S. Eustacchio
Non esiste ricetta per scrivere in versi, tranne quella della creatività. Lo <strong>di</strong>mostrano da alcuni<br />
anni i partecipanti al Premio <strong>di</strong> poesia “La Leonessa. Città <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>”, manifestazione letteraria<br />
organizzata dalla Nona Circoscrizione <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>, nata con l’intento <strong>di</strong> aprire una ribalta nazionale<br />
privilegiata che gode oggi, alla quinta e<strong>di</strong>zione, dell’adesione del Presidente della Repubblica.<br />
Centinaia sono i poeti che si esprimono, che comunicano pensieri, sentimenti, emozioni. Migliaia loro<br />
componimenti in vari i<strong>di</strong>omi che giungono alla Giuria del Premio da ogni luogo d’Italia e d’Europa.<br />
Ancora forte è il ricorso alla poesia quale esperienza utile alla vita dell’uomo, momento fondamentale<br />
d’incontro culturale con gli altri.<br />
Questa antologia, che ad ogni e<strong>di</strong>zione del “Leonessa” è riconoscimento della partecipazione e della<br />
qualità delle opere in concorso, <strong>di</strong>venta il vero premio per coloro che si cimentano con il linguaggio<br />
poetico.<br />
Che aprono il proprio “mondo spirituale” per offrire ai lettori la ricchezza della scrittura, il gusto<br />
della riflessione, la forza <strong>di</strong> un’arte che svela le parole del cuore e dell’intimo.<br />
Un rito che si rinnova e conquista nuove attenzioni, in un mondo dove la pervasività <strong>di</strong> massa della<br />
comunicazione ci rende spesso incapaci <strong>di</strong> esprimere noi stessi.<br />
La poesia non conosce declino, annovera nuovi adepti, trova anche oggi canali privilegiati per essere<br />
presentata ad un pubblico attento.<br />
L’intuizione del presidente Mario Labolani e della Commissione cultura circoscrizionale non può,<br />
quin<strong>di</strong>, che raccogliere consensi e apprezzamento per la vitalità che l’iniziativa ha sempre manifestato<br />
e può garantire per il futuro.<br />
Alberto Cavalli<br />
Presidente della Provincia <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>
Potrebbe apparire banale il <strong>di</strong>re che l’appuntamento con la poesia può valere, per la città <strong>di</strong><br />
<strong>Brescia</strong>, soltanto come momento annuale che riunisce in San Barnaba i poeti convenuti da ogni<br />
parte d’Italia.<br />
In realtà l’appuntamento con la poesia è uno stile <strong>di</strong> vita, o almeno così si auspica che sia, per tutti<br />
coloro che giungono a prendere in mano una penna per esprimere una parte <strong>di</strong> sé.<br />
Torniamo, ancora, a parlare del premio citta<strong>di</strong>no per eccellenza, capace <strong>di</strong> catapultare <strong>Brescia</strong> in ogni<br />
parte d’Italia e in buona parte d’Europa, per fare convergere in una data, e in un libretto, una serie <strong>di</strong><br />
liriche, testimonianza del nostro tempo e contributo al pensiero più illuminato da lasciare alla Storia.<br />
Quanti gran<strong>di</strong> si potrebbero citare per cercare <strong>di</strong> spiegare l’afflato poetico e la necessità del poetare;<br />
quanti esempi <strong>di</strong> chi, letterato in erba, si è trovato poeta per il gusto <strong>di</strong> impegnarsi a <strong>di</strong>re il segreto<br />
dell’anima.<br />
Virginia Wolf, ma già la nostra Laura Cereto; Virgilio e Dante, Pisolini o Luzi, non sono altro che<br />
significativi esempi <strong>di</strong> carature <strong>di</strong> persone capaci <strong>di</strong> lasciare all’universale ciò che la poesia significa.<br />
Leggere in ogni luogo e in ogni tempo Llorca o Neruda, significa che il respiro dello Spazio e del<br />
Tempo si può incarnare in qualcuno <strong>di</strong> noi ed essere tangibile speranza del realizzato, del possibile,<br />
del Vero.<br />
Ecco, la ricerca della vera poesia dà significato ad un premio letterario: stimolare le persone a<br />
scrivere, ma permettere ai poeti <strong>di</strong> allenarsi, <strong>di</strong> sforzarsi a dare <strong>di</strong> più e meglio, laddove l’offerta <strong>di</strong><br />
parole è così abbondante da giustificare soltanto il non plus ultra del possibile.<br />
Quin<strong>di</strong>, abbiamo tra le mani il segno chiaro e inequivocabile non soltanto <strong>di</strong> quanto le persone<br />
possono dare <strong>di</strong> sé, ma anche <strong>di</strong> quanto si debba scremare per cercare la Poesia (arduo ed ncomiabile<br />
lavoro dei giurati), quella Musa che permetta alla creatività <strong>di</strong> non morire anche nei perio<strong>di</strong> più bui,<br />
più ari<strong>di</strong>.<br />
Abbiamo tra le mani la certezza <strong>di</strong> avere trovato ancora poeti, in tutta Italia e non solo, in grado <strong>di</strong><br />
trasmettere l’estro, il gusto, le emozioni, i sentimenti. E, chissà, la poesia pura se avranno modo <strong>di</strong><br />
continuare a scrivere.<br />
“La Leonessa. Città <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>”, al quinto anno <strong>di</strong> vita, è riuscito nello scopo: ha trovato l’anello <strong>di</strong><br />
congiunzione <strong>di</strong> ogni parte della Penisola, <strong>di</strong> ogni parte <strong>di</strong> mente e cuore, e li ha riuniti sotto il blasone<br />
citta<strong>di</strong>no per coronare <strong>di</strong> cultura il sogno e l’impegno.<br />
Ancora una volta il plauso va alla Nona Circoscrizione del Centro Storico e alla felice intuizione che<br />
ha portato fin qui. Non rimane che un grazie a tutti, ciascuno sapendo nel proprio animo sensibile, ciò<br />
per cui vale.<br />
Paola Vilar<strong>di</strong><br />
Presidente del Consiglio Provinciale <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>
Ècon vero piacere che rivolgo un breve messaggio <strong>di</strong> saluto a tutti i partecipanti a questa V<br />
e<strong>di</strong>zione del concorso <strong>di</strong> poesia “La Leonessa. Città <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>”.<br />
Un primo lustro raggiunto, dunque, un traguardo importante: cinque e<strong>di</strong>zioni che costituiscono un<br />
prezioso scrigno, in cui la poesia - che da sempre non risponde, ma domanda - interroga la nostra<br />
quoti<strong>di</strong>anità, riportando al centro della nostra attenzione tutta la straor<strong>di</strong>naria valenza della scrittura,<br />
una musa capace <strong>di</strong> allontanarci, almeno per un attimo, dalla quoti<strong>di</strong>anità normalmente scan<strong>di</strong>ta,<br />
spesso assillata, dalla concretezza dei problemi, dall’urgenza delle risposte, per condurci lungo i li<strong>di</strong><br />
della serenità interiore.<br />
Un’utilità, come <strong>di</strong>mostrano anche i sempre più numerosi e qualificati partecipanti al concorso - un<br />
appuntamento fra i principali della nostra provincia - che la stessa poesia assomma ed assegna al<br />
proprio compito <strong>di</strong> comunicarci, con i suoi versi, ogni esperienza della vita quoti<strong>di</strong>ana. Ed<br />
inevitabilmente, leggendo i componimenti e le opere in concorso, non assume alcuna valenza retorica<br />
interrogarsi sul significato della poesia in questo inizio <strong>di</strong> terzo millennio.<br />
Qual è il compito, se ne rimane uno, che è ancora demandato alla poesia? Non si tratta affatto <strong>di</strong><br />
questioni secondarie. Ci sembra che da molti settori provenga una sorta <strong>di</strong> sospetto per quest'arte, un<br />
tempo l'Arte per antonomasia, che per la verità non <strong>di</strong> rado – sebbene nessuno lo possa <strong>di</strong>chiarare<br />
apertamente - oggi è quasi considerata morente, come in estinzione.<br />
La poesia non fa au<strong>di</strong>ence. E quin<strong>di</strong> non vi è un mercato <strong>di</strong>etro la poesia - oggi i libri <strong>di</strong> poesia<br />
vendono solo nelle collane a basso costo.<br />
Risorgono inoltre le arti che nei secoli passati risultavano minoritarie rispetto alla poesia. Sto<br />
parlando della canzone e della danza, e del loro seguito <strong>di</strong>ffuso, massivo. Infine, il successo della<br />
cinematografia, in<strong>di</strong>scutibilmente più fruibile, più spettacolare, più facile, anche quando si tratti <strong>di</strong><br />
opere estremamente complesse e sofisticate.<br />
Mi sembra, dunque, <strong>di</strong> scorgere la poesia affossata e resa moribonda.<br />
Fortunatamente però, la poesia pare oggi ritrovare slancio, una nuova vita sui fronti della lettura e<br />
della scrittura, come <strong>di</strong>mostra anche questa e<strong>di</strong>zione del concorso “La Leonessa”.<br />
Due in<strong>di</strong>catori, principalmente, <strong>di</strong> questo stato <strong>di</strong> cose: il crescente numero <strong>di</strong> autori vali<strong>di</strong>, soprattutto<br />
giovanissimi, ed il crescente interesse e la costante pratica per la poesia nella sua accezione più<br />
semplice, vale a <strong>di</strong>re la mera composizione in versi.<br />
Interesse per la vera poesia, dunque, e non quell’inesplicabile timore quasi reverenziale che era da<br />
tributare in passato a quest’arte. La riscoperta cioè, della poesia come energia, piacere, go<strong>di</strong>mento,<br />
estasi, bellezza. Una poesia, dunque, che riesce a trasmetterci le mille sfumature della gioia, del<br />
dolore, del ricordo e della speranza, una sorta <strong>di</strong> anello <strong>di</strong> congiunzione fra due misteri: quello del<br />
poeta e quello del lettore.<br />
Perché la poesia, come ci narrano i componimenti <strong>di</strong> questa V e<strong>di</strong>zione del concorso “La Leonessa”, è<br />
soprattutto e un modo <strong>di</strong> narrare la vita.<br />
Poesia il cui significato, però, rimane quello <strong>di</strong> sempre, <strong>di</strong> de<strong>di</strong>zione completa, libera e profonda alla<br />
parola. E <strong>di</strong> questo siamo grati ad ogni partecipante, a quanti con un solo verso ci aiutano a scavare<br />
entro la nostra anima, ricreare brandelli <strong>di</strong> verità.<br />
Paolo Corsini<br />
Sindaco <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>
I l raggiungimento della quinta e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> un Premio <strong>di</strong> poesia costituisce certamente un<br />
traguardo importante: merito dei tenaci e <strong>di</strong>sponibili organizzatori, merito delle centinaia <strong>di</strong> aspiranti<br />
poeti che, anno dopo anno, hanno reso sempre più vivace ed importante questa rassegna.<br />
Un Premio “La Leonessa. Città <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>” che è <strong>di</strong>venuto ormai appuntamento atteso dall’intera<br />
città; lo testimonia in primo luogo il numero dei partecipanti e la qualità dei componimenti elaborati<br />
per questa quinta e<strong>di</strong>zione del Premio, che motiva ragioni <strong>di</strong> ringraziamento verso gli organizzatori e<br />
la loro capacità <strong>di</strong> donare continuità all’intelligente intuizione originale.<br />
Un Premio, questa la mia convinzione, che raccomanda in qualche misura il ricorso alla poesia, e<br />
mantiene intatti i motivi <strong>di</strong> una “pratica” che definirei necessaria: scrivere e leggere poesie, ed i tanti<br />
concorrenti al Premio, così come la qualità delle opere vincitrici lo testimoniano, rappresenta<br />
l’ostinata volontà <strong>di</strong> utilizzare un adeguato linguaggio per comunicare emozioni e sentimenti,<br />
ricercando la bellezza <strong>di</strong> un verso o <strong>di</strong> una rima, utilizzando parole che richiedono tempo ed attenzione<br />
per essere pensate e scritte.<br />
Dalle opere pubblicate nelle pagine seguenti, emerge quin<strong>di</strong> la felice constatazione <strong>di</strong> come,<br />
fortunatamente, la poesia sia considerata ancora uno strumento <strong>di</strong> intensa espressività, forma<br />
privilegiata <strong>di</strong> comunicazione irrinunciabile, sentita, viva.<br />
Poesia per manifestare pensieri, descrivere sentimenti: una forma <strong>di</strong> comunicazione, quin<strong>di</strong>, capace <strong>di</strong><br />
ra<strong>di</strong>carsi nel vissuto personale più intimo ma allo stesso tempo comune.<br />
E <strong>di</strong> questo l’intera città ringrazia riconoscente, auspicando al Premio ed alle poesie pubblicate tutto il<br />
successo che meritano.<br />
Laura Castelletti<br />
Presidente del Consiglio Comunale <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>
F elice intuizione. E’ così che è stata definita la volontà della Circoscrizione che rappresento,<br />
<strong>di</strong> avere un Premio <strong>di</strong> poesia citta<strong>di</strong>no, summa ed elogio dei poeti bresciani che scrivono.<br />
Ed in effetti così si è rivelata nel tempo, dato che i risultati ottenuti sono stati ogni anno migliori, sia in<br />
termini <strong>di</strong> numero <strong>di</strong> adesioni, sia <strong>di</strong> qualità dei lavori pervenuti alla Segreteria organizzativa.<br />
Adesioni da ogni parte d’Italia e non solo, da ogni genere <strong>di</strong> persone, <strong>di</strong> ogni età e <strong>di</strong> svariato estro,<br />
tanto da permetterci <strong>di</strong> scoprire che si può poetare <strong>di</strong> tutto, a vari livelli.<br />
“La Leonessa. Città <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>” ricerca il livello più alto, che è il massimo dello stile <strong>di</strong> vita che si può<br />
auspicare per le persone, così come il nostro lavoro quoti<strong>di</strong>ano, a fianco dei citta<strong>di</strong>ni del Centro<br />
Storico, simboleggia il lavoro svolto in tutta Italia per il bene dei citta<strong>di</strong>ni che si rappresentano.<br />
Volere nel cuore della città un Premio, significa ridarle il cuore appunto, il senso dell’appartenere ad<br />
un’umanità che ha del vivere universale insito, che ha dei desideri e delle aspirazioni buone e pure<br />
ovunque.<br />
Sta a noi scegliere le migliori. Così come la valente Giuria del Premio ha scelto le migliori poesie<br />
pervenute tra centinaia.<br />
Descrivere il lavoro svolto è impossibile, così com’è impossibile spiegare cos’è la Poesia. Ci hanno<br />
provato in tanti e per riuscirci, soltanto altra poesia è stata prodotta, lasciando lo spazio all’infinito, a<br />
quell’orizzonte che ci appare tanto prossimo e che, allo stesso tempo, forse mai raggiungeremo perché<br />
ne facciamo parte, perché vi siamo forse già.<br />
E’ un’avventura affascinante, capace <strong>di</strong> riempire pagine <strong>di</strong> volumi, critiche e commenti, a ciò che<br />
nessuno comunque spiega. Come un romanzo giallo <strong>di</strong> cui non si capiscono i contorni e <strong>di</strong> cui si ha<br />
fretta <strong>di</strong> capire la trama, senza mai arrivarci in fondo.<br />
Noi, ogni anno ormai da cinque anni, sembra ci siamo riusciti, raggruppando in San Barnaba la crema<br />
dei poeti le cui poesie hanno meritato attenzione: alcuni sono volti noti, a <strong>di</strong>mostrare il vero essere<br />
poeta; altri sono novelli emozionati personaggi che speriamo non perdano la capacità o la volontà, la<br />
pazienza e il desiderio, <strong>di</strong> lasciare qualcosa <strong>di</strong> sé agli altri.<br />
Atto <strong>di</strong> altruismo che cozza contro gli egoismi imperanti e che pure sostiene il concetto che soltanto<br />
donando ci si arricchisce: la IX Circoscrizione è riuscita a donare alla città un gioiello che è noto a<br />
molti, ovunque. Che si è fatto strada nell’immaginario come un Premio serio e ambito, in cui il<br />
riconoscimento va davvero alla lirica e non già alla spocchia <strong>di</strong> mettersi in mostra come<br />
amministratori anche <strong>di</strong> cultura.<br />
Un lungo lavoro, che pone le basi nell’umiltà dell’ascolto, della riflessione, del giu<strong>di</strong>zio che non è mai<br />
sui sentimenti e sulle intenzioni, ma sulla volontà <strong>di</strong> tramutare gli sfoghi personali in teneri stralci <strong>di</strong><br />
puro lirismo <strong>di</strong> valore letterario.<br />
Ringrazio l’organizzazione tecnica del Premio, un nome tra tutti quello <strong>di</strong> Alessia Biasiolo, per il<br />
paziente e oneroso lavoro svolto e auguro a tutti <strong>di</strong> ritrovarci ancora a parlare <strong>di</strong> poesia.<br />
Mario Labolani<br />
Presidente della IX Circoscrizione del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>
Trovarsi al traguardo impone <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare tutte le tappe che hanno portato alla meta. Anche<br />
quest’anno siamo giunti ad avere i risultati <strong>di</strong> un lungo lavoro, durato un anno, dall’indomani della<br />
premiazione precedente, per assicurare a <strong>Brescia</strong> un premio letterario che sia fiore all’occhiello<br />
citta<strong>di</strong>no, orgoglio <strong>di</strong> un’organizzazione che merita il plauso, modestamente, per avere garantito la<br />
libera partecipazione, l’ampia <strong>di</strong>vulgazione, il massimo respiro non già alla rincorsa ad un premio,<br />
all’accaparrarsi <strong>di</strong> un nuovo ninnolo per il salotto, quanto alla ricerca meticolosa della poesia dove<br />
c’è.<br />
Scovandola nei cassetti, “pretendendola” dalle scuole, suggerendola a quanti più possibile, per darle<br />
vita, voce, ragione <strong>di</strong> essere che è una delle ragioni dell’essere umano: ciò che è dentro, non ciò che è<br />
fuori.<br />
Per questo la Commissione Cultura della Nona Circoscrizione, ancora una volta ha sostenuto il lungo<br />
e puntiglioso lavoro organizzativo e tecnico del nostro Premio <strong>di</strong> poesia citta<strong>di</strong>no, nella certezza <strong>di</strong><br />
garantire un Premio serio, pulito, valido, proprio per la Poesia e soltanto per essa.<br />
“La Leonessa. Città <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>” cerca la poesia e soltanto essa viene premiata, chiunque siano i poeti,<br />
da ovunque e comunque arrivino e siano arrivati a scrivere.<br />
E la poesia riceve il riconoscimento, piccolo o grande che sia: viene elevata a modello, viene<br />
pubblicata a conoscenza <strong>di</strong> tutti, si eleva un rigo più su cercando <strong>di</strong> essere sprone al meglio.<br />
E’ a questo che servono i premi e ritengo si sia riusciti a perseverare su una linea <strong>di</strong> condotta che<br />
garantisca la continuità nel tempo e, soprattutto, la serietà e imparzialità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio, certi <strong>di</strong> essere in<br />
piccola, ma consistente parte, depositari <strong>di</strong> ciò che si ricerca nel poetare stesso.<br />
Ecco, quin<strong>di</strong>, che abbiamo tra le mani i risultati <strong>di</strong> uno scopo ben preciso: dare alla contemporaneità<br />
letteraria un apporto che non lasci in<strong>di</strong>fferenti e che sia esempio da seguire e perseguire ancora.<br />
Con sod<strong>di</strong>sfazione si è visto aumentare esponenzialmente il numero dei partecipanti, segno che da ogni<br />
luogo è stata riconosciuta la caratura del nostro Premio.<br />
Il mio ringraziamento, doveroso, va a tutti coloro che hanno reso possibile, ad ogni titolo, il<br />
raggiungimento <strong>di</strong> questo ambito traguardo della quinta e<strong>di</strong>zione. E, the last but not the least,<br />
all’Associazione Culturale “Sidus” che ha tenacemente condotto tecnicamente il concorso verso i<br />
li<strong>di</strong> più eccelsi degli allori poetici.<br />
Non posso esimermi, infine, dal ringraziare la Dr.ssa Alessia Biasiolo che ha curato l’aspetto tecnico<br />
ed organizzativo dell’intero Premio, <strong>di</strong>mostrando la passione che anima chi si occupa <strong>di</strong> Poesia e <strong>di</strong><br />
cultura in genere.<br />
Auspico ancora lunga vita, quin<strong>di</strong>, non soltanto a “La Leonessa”, ma alla Poesia nata con l’Uomo e<br />
suo determinante nella misura in cui la si esige pura e universale.<br />
Flavio Bonar<strong>di</strong><br />
Vice Presidente e Coor<strong>di</strong>natore<br />
della Commissione Attività Promozionali<br />
della IX Circoscrizione del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>
La quinta e<strong>di</strong>zione del Premio <strong>di</strong> poesia “La Leonessa. Città <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>” è stata coronata da un<br />
successo ambito e sperato <strong>di</strong> adesioni e <strong>di</strong> visibilità culturale senza precedenti nella sua storia.<br />
Oltre millequattrocento plichi ammessi (più del doppio rispetto lo scorso anno), per un totale <strong>di</strong> oltre<br />
duemila poesie provenienti da ogni parte d’Italia e da alcuni Paesi esteri, sia con componimenti in<br />
lingua italiana che in lingua straniera; sempre considerevole la partecipazione degli studenti delle<br />
scuole, ma molto più alta rispetto al solito l’adesione dei poeti in lingua italiana.<br />
Con sod<strong>di</strong>sfazione, l’organizzazione del Premio ha ottenuto l’adesione istituzionale del Presidente<br />
della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca<br />
e, quest’anno, anche del Ministero della Giustizia che ha <strong>di</strong>ramato il bando del Premio a tutti gli<br />
Istituti <strong>di</strong> pena nazionali, portando ai giurati molti componimenti poetici <strong>di</strong> buon livello.<br />
E’ <strong>di</strong> nuovo il valore delle poesie pervenute in lingua italiana a lasciare più a desiderare: i temi sono<br />
scontati, ripetitivi, prosastici, spenti. Non tanto perché dalla lingua italiana ci si aspetti <strong>di</strong> più, quanto<br />
perché nella lingua <strong>di</strong> Dante sanno scrivere tutti e la pretesa, con questo, <strong>di</strong> essere vate o letterato è<br />
più facile che non nella ricerca del giusto accento, tipica del componimento <strong>di</strong>alettale.<br />
Ottimi i componimenti in <strong>di</strong>aletto, <strong>di</strong> nuovo, per cui la selezione non è stata facile per i giurati che<br />
hanno puntigliosamente scremando con ancora maggiore rigi<strong>di</strong>tà e severità. Proprio a garanzia del<br />
Premio che si sta avviando ad essere uno dei più vali<strong>di</strong> della Penisola.<br />
La ricerca del verso, della motivazione, del senso, della musicalità della lirica da selezionare, hanno<br />
portato a dovere mettere da parte lavori non perché non fossero meritori, quanto perché le esigenze<br />
tecniche l’hanno imposto. Le opere selezionate rispondono ai criteri più stretti relativi al concetto più<br />
serio <strong>di</strong> poesia, scartando quelle che per i bambini delle scuole sono sembrate troppo manipolate dagli<br />
insegnanti o dai genitori; quelle che per le scuole me<strong>di</strong>e sono sembrate inverosimili; quelle delle<br />
scuole superiori o degli adolescenti <strong>di</strong> partecipazione non scolastica, che sono sembrate<br />
esageratamente pensate per essere state elaborate ed espresse in toni così cupi da ragazzi così giovani.<br />
L’introduzione della sezione a tema aperto fisso “Dolore e speranza”, ha portato a ricevere opere<br />
interessanti e in alto numero, per concludere con i <strong>di</strong>aletti e la lingua straniera. Le adesioni sono<br />
arrivate dalla Svizzera, dalla Danimarca, dalla Francia, dalla Germania. Sono giunte poesie in lingua<br />
greca, albanese, turca, araba, inglese, tedesca, francese, spagnola.<br />
“La Leonessa. Città <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>” ha <strong>di</strong>mostrato la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un percorso ideale che, dalle lingue<br />
<strong>di</strong>alettali locali, porta all’Italia e all’Europa e che apre orizzonti della conoscenza poetica.<br />
L’importanza <strong>di</strong> lasciare questi scritti è dovuta: il nostro contributo alla crescita culturale del<br />
mondo attuale, e futuro, deve essere impegno preciso e portato avanti con coraggio e determinazione,<br />
proprio per garantire che il concetto <strong>di</strong> poesia non vada stemperandosi nel paradossale verso sciolto<br />
che sottende, per molti, il poter <strong>di</strong>re tutto senza sottigliezze grammaticali, sintattiche, etiche.<br />
Ma una delle caratteristiche principali del nostro Premio, oltre che volere promuovere cultura, è<br />
quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziarsi dai concorsi che offrono una sorta <strong>di</strong> mercatizzazione della poesia, un valore<br />
manageriale che nulla ha a che fare con l’essenza anche evanescente, ma sostanziale, <strong>di</strong> un<br />
componimento nato per <strong>di</strong>ventare molteplice pur nella sua unicità e semplicità.<br />
Il <strong>di</strong>battito su cosa sia la poesia e verso dove vada la liricità contemporanea, non deve lasciare varchi<br />
al me<strong>di</strong>ocre che, insito in ognuno <strong>di</strong> noi, dev’essere cancellato nel momento in cui si legge e rilegge la<br />
poesia per inviarla ad una selezione. Selezione che consente <strong>di</strong> delimitare il terreno oltre il quale la<br />
poesia non nasce, ma anche il personale ego che offusca il giu<strong>di</strong>zio considerando positive poesie che<br />
non sono altro che sfoghi necessari alla persona. Eppure, anche in questo caso, sommo<br />
rispetto: “La Leonessa” ha fatto sì che molte persone riuscissero ad uscire da sé e ad inviare lavori
utili alla propria crescita personale. Il dovere del giurato è quello <strong>di</strong> scegliere cos’è il meglio e ciò al<br />
quale ogni singolo poeta partecipante deve tendere per essere davvero poeta.<br />
Ma non vieta a nessuno <strong>di</strong> scrivere né tanto meno toglie la penna <strong>di</strong> mano cestinando lavori che per<br />
l’Autore mantengono tutto il proprio significante.<br />
Il mio ringraziamento più sincero va, naturalmente, a Mario Labolani e a Flavio Bonar<strong>di</strong>, a nome<br />
della IX Circoscrizione che ha reso possibile la realizzazione del progetto; alla Provincia e al <strong>Comune</strong><br />
<strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>, al Signor Presidente della Repubblica e ai Ministeri. Senza con questo <strong>di</strong>menticare tutti<br />
coloro che hanno sostenuto il Premio, che ad ogni titolo hanno collaborato per la sua migliore<br />
realizzazione anche quest’anno e, soprattutto, i Giurati che hanno avuto un immane e gravoso lavoro.<br />
La sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> avere lavorato per la Cultura li appaga, ma la fatica <strong>di</strong> leggere centinaia <strong>di</strong><br />
componimenti non è stata in<strong>di</strong>fferente, soprattutto per come è stata approfon<strong>di</strong>ta.<br />
Quin<strong>di</strong> appuntamento al prossimo sforzo, alla prossima voglia <strong>di</strong> ritrovarci tra le righe <strong>di</strong> quest’idea<br />
felice che riempie d’orgoglio l’ideatrice e l’organizzazione tutta.<br />
Ci rimettiamo al lavoro.<br />
Alessia Biasiolo<br />
Presidente dell’Associazione Culturale “Sidus”<br />
Organizzatore tecnico del Premio
SCUOLA ELEMENTARE<br />
Insegnanti<br />
Maestra Simona Giuliani,<br />
Scuola Elementare “Sacra Famiglia”, Trento<br />
Maestra Giovanna Monini,<br />
Scuola Elementare <strong>di</strong> Pontegradella<br />
Nel selezionare le poesie della Scuola Elementare, si è preferito scegliere tra quelle che più<br />
sembravano aderenti allo stile personale <strong>di</strong> un bambino, privilegiando la semplicità e l’imme<strong>di</strong>atezza,<br />
a scapito <strong>di</strong> una ricercatezza troppo <strong>di</strong>dattica o almeno apparentemente forzata, tanto da fare pensare<br />
ad un intervento adulto, anche solo <strong>di</strong> stampo <strong>di</strong>dattico.<br />
UN VORTICE D’ARIA<br />
La poesia si presenta intimistica e descrittiva al contempo, in un felice accostamento tra sentimenti <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>fficile espressione e sensazioni note, ma allo stesso tempo ancora in erba.<br />
I BAMBINI DI TUTTO IL MONDO<br />
Poesia <strong>di</strong> stile classico, nata dall’idea del bambino <strong>di</strong> pace sì indotta dal mondo dei gran<strong>di</strong>, ma colorata<br />
<strong>di</strong> vaghe rime e <strong>di</strong> ardori spontanei, probabilmente me<strong>di</strong>ati dalla bellezza del sentire che è bella la<br />
tranquillità nella vita quoti<strong>di</strong>ana, soprattutto nel gruppo dei pari.<br />
SOLE<br />
Poesia classica, tipicamente infantile, che gioca sulla rappresentazione del sole nel <strong>di</strong>segno, ma che<br />
sottolinea il favore che l’astro gode tra i piccoli, amanti dello spazio e delle giornate ra<strong>di</strong>ose.<br />
Buone le rime che contrad<strong>di</strong>stinguono l’età del piccolo Autore.<br />
LA FESTA DEL PAPA’<br />
La rima è uno degli aspetti della poesia che più colpisce i bambini, per il suo carattere musicale che si<br />
presta facilmente alla memorizzazione e al gioco. Tema caro ai bambini, la Festa del papà è sintetizzata<br />
bene, in un misto <strong>di</strong> piacere del piccolo e del padre che coglie il senso della festa stessa.<br />
IL CARNEVALE<br />
Buona la rima trovata dal giovane Autore per concludere una descrizione originale; fa supporre un<br />
pensiero articolato <strong>di</strong>etro il breve componimento, che lo eleva rispetto alle moltissime altre che non<br />
sono state premiate per necessità <strong>di</strong> sintesi e significato del Premio.
UN VORTICE D’ARIA<br />
La mattina mi svegliai.<br />
Freddo<br />
forte<br />
impetuoso<br />
era il vento che mi chiamava.<br />
Sento sollevare i miei pie<strong>di</strong><br />
e i capelli spettinare.<br />
Un vortice d’aria mi travolge.<br />
E’ una mattina senza frontiere.<br />
Primo premio<br />
Adele Fiocchi, Ferrara<br />
Classe Terza Scuola Elementare <strong>di</strong> Pontegradella (Ferrara)<br />
I BAMBINI DI TUTTO IL MONDO<br />
I bambini <strong>di</strong> tutto il mondo<br />
faranno insieme un girotondo<br />
e il mondo <strong>di</strong>verrà un grande cuore.<br />
Non ci sarà mai più la guerra,<br />
in tutto il mondo.<br />
Buttate le armi <strong>di</strong> tutto il mondo!<br />
Solo allora la pace regnerà<br />
e i bambini saranno felici.<br />
Niente più morte in tutto il mondo,<br />
allora la pace regnerà.<br />
Secondo premio<br />
Emma Sorrentino<br />
Classe Seconda Scuola Elementare “Sacra Famiglia”, Trento<br />
SOLE<br />
Sole, sole, sole,<br />
tu che splen<strong>di</strong> a tutte le ore,<br />
tu che illumini tutta la gente<br />
con la luna tua parente.<br />
Tu sei giallo e bello<br />
e a volte porti il cappello.<br />
Con i tuoi raggi gialli e rossi,<br />
a scuola ti <strong>di</strong>segniamo<br />
con gli occhi grossi, grossi.<br />
Terzo premio ex-aequo<br />
Chiara Pedrotti<br />
Classe Seconda Scuola Elementare “Sacra Famiglia”, Trento
LA FESTA DEL PAPA’<br />
Alla festa del papà<br />
tanto affetto ci sarà.<br />
Tanto affetto e tanto amore<br />
sono sempre nel mio cuore.<br />
Un regalo riceverà<br />
e ancor più felice lui sarà<br />
e la festa più bella sembrerà.<br />
Terzo premio ex-aequo<br />
Matteo Bolner<br />
Classe Seconda Scuola Elementare “Sacra Famiglia”, Trento<br />
IL CARNEVALE<br />
Farfalle, animali e fiori,<br />
sempre <strong>di</strong> tutti i colori.<br />
Ed ecco il conte che vien dal monte.<br />
Un pagliaccio con la tromba e il trombone<br />
continua a suonare con gran passione.<br />
Una tigre spunta da un cespuglio,<br />
appena la vedo io me la squaglio.<br />
Segnalata<br />
Maria Viola<br />
Classe Seconda Scuola Elementare “Sacra Famiglia”, Trento
SCUOLA MEDIA<br />
Insegnanti<br />
Prof. Maria Giovanna Rosotto,<br />
Scuola Me<strong>di</strong>a Statale “G. Bella”, Acqui Terme (Alessandria)<br />
Prof. Rosa Serina, Scuola Me<strong>di</strong>a<br />
“Santa Maria degli Angeli”, <strong>Brescia</strong><br />
La selezione delle opere pervenute dalla Scuola Me<strong>di</strong>a ha privilegiato le liriche maggiormente<br />
spontanee e più significative, tra le molte arrivate. Pur se il livello <strong>di</strong> tutte era apparentemente<br />
buono, la Giuria del Premio ha inteso sottolineare quelle che meno vivevano della luce riflessa dei<br />
novelli stu<strong>di</strong>, permettendo <strong>di</strong> estrapolare due poesie scevre <strong>di</strong> contestualizzazione classica, soprattutto<br />
pascoliana o carducciana.<br />
ALLO SPECCHIO: IL MIO RITRATTO IN POESIA<br />
Molto vivace e spontanea questa poesia che risente ancora dell’influenza della rima su una bambina<br />
che non è più tale, anche se la linea <strong>di</strong> demarcazione con il mondo dell’infanzia è così prossima da<br />
non sapere se vi si è ancora dentro o no.<br />
Ne risulta una lirica interessante, spiritosa e ricca <strong>di</strong> significati, visti con il giusto peso dalla Giuria, ma<br />
anche dall’interessata che non manca <strong>di</strong> estro critico verso se stessa, sapendosi prendere non troppo<br />
sul serio.<br />
LA SPIAGGIA<br />
Semplice, sintetica, scritta con la tecnica tipica delle poesie giapponesi, tuttavia questa lirica ha insito il<br />
senso ermetico più libero e bello, tanto da farne apprezzare il sottile pensiero e l’acuta osservazione<br />
sottostante.
ALLO SPECCHIO:<br />
IL MIO RITRATTO IN POESIA<br />
Mi guardo allo specchio,<br />
a volte per parecchio.<br />
Guardo un’adolescente<br />
che vuol crescere velocemente.<br />
Ma non dovrei avere fretta<br />
e apprezzare <strong>di</strong> più questa età benedetta.<br />
Sono grande, son piccina:<br />
cambio quasi ogni mattina.<br />
Osservo i miei occhi marroni<br />
spesso pieni <strong>di</strong> emozioni,<br />
sempre pronti al sorriso<br />
che illumina il viso.<br />
Ho il nasino un po’ a patata<br />
e sembro sempre abbronzata<br />
a causa del mio colorito<br />
che è il mio preferito.<br />
Ho una massa <strong>di</strong> capelli<br />
che sono un po’ ribelli,<br />
due labbra armoniose<br />
e risate contagiose.<br />
Credo d’esser una ragazzina,<br />
ma sono ancora un po’ bambina.<br />
Con le amiche mi piace chiacchierare,<br />
ma amo molto anche giocare.<br />
Son <strong>di</strong> certo permalosa,<br />
ma comunque generosa.<br />
Di amici ne ho parecchi<br />
e per lor son tutta orecchi.<br />
Nonostante i miei <strong>di</strong>fetti,<br />
che alle volte vedo netti,<br />
qualche cosa ho pur <strong>di</strong> buono<br />
e mi piaccio come sono.<br />
Primo premio<br />
Federica Gheda, <strong>Brescia</strong><br />
Classe Seconda A Scuola Me<strong>di</strong>a “Santa Maria degli Angeli”, <strong>Brescia</strong>
LA SPIAGGIA<br />
Strano alfabeto<br />
le impronte dei gabbiani<br />
là sulla sabbia.<br />
Segnalata<br />
Chiara Libertino, Acqui Terme (Alessandria)<br />
Classe Seconda E Scuola Me<strong>di</strong>a Statale “G. Bella”, Acqui Terme (Alessandria)
SCUOLA SUPERIORE<br />
Insegnanti<br />
Prof. Silvana De Aloe<br />
Istituto “Santa Maria degli Angeli”, <strong>Brescia</strong><br />
Prof. Maria Elisabetta Zandomeneghi<br />
Istituto “Aleardo Alear<strong>di</strong>”, Verona<br />
Nella maggior parte dei casi, le liriche dei ragazzi delle Scuole Superiori sono apparse molto<br />
inverosimili, con temi e trattazioni troppo forzate per essere considerate frutto della reale emozione o<br />
delle vere sensazioni degli Autori stessi.<br />
Sono state scelte, quin<strong>di</strong>, anche in questo caso, le opere più aderenti all’età in essere.<br />
SPERANZA<br />
Ottimo lo scorrere <strong>di</strong> questa lirica, fresca e profonda, in cui l’Autore denota senso critico e sensibilità<br />
descrittiva sia esteriore che introspettiva, nella giusta calibrazione <strong>di</strong> parole e <strong>di</strong> emozioni che<br />
rimangono, dopo la lettura, anche nel lettore.<br />
L’INVERNO<br />
Tipica poesia descrittiva, sottolinea non soltanto la capacità <strong>di</strong> osservazione cara ai migliori poeti, ma<br />
l’intimismo dell’osservazione stessa che, con versi semplici ed imme<strong>di</strong>ati, denota un buon substrato<br />
poetico nel giovane.<br />
DESERTO<br />
Felice l’accostamento tra le lande desertiche e la situazione femminile, in un tono fedele alla realtà dei<br />
luoghi descritti, eppure capace <strong>di</strong> cogliere l’essenza della vita nascosta sotto abiti neri e, appunto,<br />
schiene ricurve. La capacità <strong>di</strong> analisi si contestualizza in un buon<br />
lavoro.
SPERANZA<br />
E poi d’improvviso ti ho trovata,<br />
ti ho riconosciuta<br />
nella confusione quoti<strong>di</strong>ana,<br />
nello sguardo del frettoloso passante,<br />
nella spavalderia del giovane,<br />
nell’insistenza del bambino.<br />
Ma la tua concretezza<br />
l’ho riconosciuta<br />
nella mano <strong>di</strong> chi chiedeva,<br />
<strong>di</strong> chi insisteva,<br />
<strong>di</strong> chi non ha volto<br />
nell’in<strong>di</strong>fferenza altrui.<br />
Diversa nei tuoi aspetti,<br />
nelle tue sfaccettature, ma<br />
rassicurante e avvolgente con tutti,<br />
vincente in alcuni casi,<br />
amara in altri.<br />
E questa tua voglia <strong>di</strong> esistere<br />
accarezza anche me,<br />
mi illude <strong>di</strong> poter concretizzare,<br />
per un po’…,<br />
le mie fantasie.<br />
Primo premio<br />
Anna Trimeloni, Verona<br />
Classe Seconda A Istituto “Aleardo Alear<strong>di</strong>” (Verona)<br />
L’INVERNO<br />
La foglia secca cade triste,<br />
nel vento <strong>di</strong> neve,<br />
fiocchi can<strong>di</strong><strong>di</strong> <strong>di</strong> ghiaccio<br />
attraversano in fuga il cielo<br />
d’un grigio profondo.<br />
E noi guar<strong>di</strong>amo alla finestra<br />
il nostro fiato; è triste,<br />
<strong>di</strong>segnare sul vetro freddo<br />
figure invernali.<br />
Fiori e piante sfioriscono.<br />
L’erba è dura e scricchiola <strong>di</strong> gelo.<br />
Si adagia nei boschi <strong>di</strong> silenzio.<br />
Secondo premio<br />
Emanuele Bernardelli Curuz, Gussago (<strong>Brescia</strong>)<br />
Prima liceo Istituto “Santa Maria degli Angeli”, <strong>Brescia</strong>
DESERTO<br />
Terra arsa<br />
assetata<br />
sterile<br />
bruciata dal sole.<br />
Rocce corrose,<br />
bucate,<br />
scavate,<br />
scavate dal vento.<br />
Bimbi stanchi<br />
tristi<br />
soli<br />
esclusi dal mondo.<br />
Donne nere<br />
affaticate,<br />
ricurve,<br />
senza speranza.<br />
Terzo premio<br />
Jessica Castagnola, Castel Mella (<strong>Brescia</strong>)<br />
Prima liceo scientifico Istituto “Santa Maria degli Angeli”, <strong>Brescia</strong>
ADOLESCENTI NON SCOLASTICO<br />
NUOVO GIORNO<br />
Bella questa poesia che ritma un gioco sottile <strong>di</strong> crescita su parole usuali, per descrivere nuove<br />
emozioni e panorami dell’anima mai vissuti, ricchi <strong>di</strong> aspettative e allo stesso tempo evanescenti<br />
proprio come un filo <strong>di</strong> fumo. Così è, alla fine, la vita, sostanziale e fuggevole come gli anni<br />
dell’infanzia appena trascorsi, come ogni istante: determinante e vano.<br />
GOCCE DI MEMORIA<br />
Una poesia “adulta”, selezionata perché <strong>di</strong> buon livello anche se<br />
impegnata ed impegnativa per la giovane età dell’Autore. La Giuria<br />
ha valutato lo scorrere del verso, la pregnanza delle parole e l’alto<br />
contenuto dell’elaborato, sicuramente non scevro da influenze <strong>di</strong><br />
stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> lettura.
NUOVO GIORNO<br />
Uno schiocco,<br />
è già domani.<br />
Il fumo del passato<br />
si <strong>di</strong>sperde<br />
da una finestra aperta.<br />
E’ fuggito il mio passato,<br />
fuori,<br />
in rivoli nell’aria;<br />
io osservo come un lontano film.<br />
Primo premio<br />
Serena Panaro, Acqui Terme (Alessandria)<br />
GOCCE DI MEMORIA<br />
Gocce delicate<br />
solcano il viso<br />
nell’interminabile viaggio.<br />
Racchiusi<br />
in enormi scatole<br />
stanno i ricor<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> una vita,<br />
in<strong>di</strong>fesi,<br />
spaventati,<br />
quasi esanimi…<br />
la paura<br />
scorro fluttuante<br />
nel sangue,<br />
il cuore<br />
aumenta i suoi battiti,<br />
l’angoscia e un unico<br />
terribile timore:<br />
lasciare la cara<br />
immagine<br />
nel fondo impolverato<br />
della breve esistenza.<br />
Segnalata<br />
Clau<strong>di</strong>a Mor, Leno (<strong>Brescia</strong>)
SEZIONE A TEMA “DOLORE E SPERANZA”<br />
SOGNI E AQUILONI<br />
Bellissima questa lirica che scuote le corde più profonde dell’anima. Fedele al tema in<strong>di</strong>cato, è intrisa<br />
<strong>di</strong> speranza, delimitando il dolore al suo senso vero: la crescita profonda dell’essere, la capacità <strong>di</strong><br />
sublimarlo nel sogno che è speranza e certezza che ogni sofferenza porterà frutti <strong>di</strong> novello vigore<br />
umano.<br />
L’Autore è riuscito a convergere in questa poesia il senso profondo dell’essere Poeta. Appunto quel<br />
“sognerò ancora per chi non lo può fare”, linea <strong>di</strong> demarcazione tra chi scrive liriche e chi si esercita<br />
con la penna. Ottimo il componimento, quin<strong>di</strong>, sotto tutti i punti <strong>di</strong> vista.<br />
IL DONO PREZIOSO DEL TEMPO<br />
Il sottile andamento ermetico <strong>di</strong> questa poesia traccia un limite tra il dolore della solitaria esistenza<br />
umana che il poeta sente sempre immannentemente, e la speranza alla quale si aggrappa l’Uomo<br />
anche quando non ne avrebbe ragione. E’ il confine della fede, in senso lato, che <strong>di</strong>fferenzia le persone<br />
e che chi sa scrivere poesie coglie in modo eccelso. Se la speranza non si concretizza nella poesia,<br />
alfiere della letteratura più pura soprattutto quando nata nell’angoscia che permette <strong>di</strong> scoprire l’animo<br />
più profondo, come potrebbe perdurare nella Storia dell’umanità?
SOGNI E AQUILONI<br />
Sognerò tra lacrime e sorrisi,<br />
nella polvere degli sconfitti<br />
dove non rinasce mai<br />
l’araba fenice.<br />
E seminerò arcobaleni <strong>di</strong> sogni<br />
negli anfratti più bui<br />
della coscienza,<br />
là dove gli angeli<br />
hanno timore <strong>di</strong> volare.<br />
Sarò nell’aurora<br />
dei sogni che nascono<br />
quando l’anima è cemento,<br />
pronto a rialzare<br />
le vele del cuore<br />
al vento della sorte.<br />
E sognerò ancora<br />
per chi non lo può fare,<br />
in queste notti<br />
pesanti come roccia<br />
scaglierò verso il cielo<br />
aquiloni <strong>di</strong> speranza.<br />
Primo premio<br />
Clau<strong>di</strong>o Bellini, Valenza (Alessandria)<br />
IL DONO PREZIOSO DEL TEMPO<br />
Ormai più non speravo<br />
<strong>di</strong> potere trovare<br />
un sostegno inatteso,<br />
una mano fraterna<br />
per la mia depressa,<br />
solitaria, notturna,<br />
angosciante aritmia.<br />
Non avevo progetti<br />
e neppure rimpianti,<br />
non più… ma ora,<br />
nell’afa tetra e penosa<br />
d’un mattino d’umido caldo,<br />
come destato dall’impugnare<br />
una lama tagliente,<br />
come dolor che ridesta speranza,<br />
qualcuno ha bussato.<br />
Dal grigio d’un giorno che annuncia<br />
le ore infinite e roventi<br />
<strong>di</strong> questo deserto d’agosto,<br />
una mano si è tesa:
“Ciao, come stai…<br />
mi manda la Banca del Tempo”.<br />
Ora so che a mezza mattina<br />
sentirò chiamare all’ingresso,<br />
qualcuno il mio nome <strong>di</strong>rà.<br />
Nell’attesa, trascorre quel tempo<br />
che sembrava vuoto, infinito.<br />
Ora c’è qualcuno che viene<br />
per me, per me solamente.<br />
Sulla porta sta scritto il mio nome<br />
ma sapevo <strong>di</strong> esser nessuno.<br />
Forse, ora, ho trovato un amico.<br />
Segnalata<br />
Luciano Rossi, Brugherio (Milano)
LINGUA ITALIANA<br />
RESTARE IN QUOTA<br />
Di rara bellezza questa poesia ricca <strong>di</strong> significato e <strong>di</strong> accoramento, portata alla speranza e non al<br />
ripiegamento su se stessi, fulgore <strong>di</strong> termini ricercati nella loro semplicità, a connotare sensazioni alle<br />
quali è <strong>di</strong>fficile dare voce. L’Autore ben l’ha fatto, aprendo un panorama sulla con<strong>di</strong>zione dell’anziano,<br />
tale non per ragioni d’età: colui che viene messo in un canto (dalla società, dalla vita, dalla salute, dalla<br />
famiglia), ma che non si arrende alla non vita.<br />
LA POSTA<br />
L’uso adulto della rima, denota la capacità del Poeta <strong>di</strong> ancorare il suo pensiero allo stile anche laddove<br />
le parole uscirebbero soltanto con rabbia e a vortice senza schemi. Lo spaccato <strong>di</strong> vita è inusuale, ben<br />
sostenuto nell’andamento, ben tracciato nella lirica che non giu<strong>di</strong>ca, ma pone mille interrogativi, mille<br />
problematiche e un unico grande significato. Sempre c’è una via liberatoria, che in questo caso è<br />
rappresentata dalla posta, dal mondo esterno così spesso crudele e cattivo, ma che pure può dare<br />
un’alternativa al trascorrere uguale dei giorni. In fondo l’Autore ha colto il significato anche <strong>di</strong><br />
questo Premio <strong>di</strong> poesia.<br />
CESSA UN AMORE<br />
Un avvenimento molto comune nella vita <strong>di</strong> tutti, <strong>di</strong> solito molto gettonato ma anche bistrattato<br />
poeticamente, è qui reso soffice, importante, musicale, pur nella sua struggente malinconia. L’Autore<br />
ha dato estro raffinato alla lirica, sintetica e significativa.<br />
ROSA D’INVERNO<br />
Poesia colta, ricercata, <strong>di</strong> stampo classico, è condotta con sapienza ed ha il pregio <strong>di</strong> non essere solo<br />
descrizione (come apparentemente può sembrare), ma sottile significato emotivo.<br />
(E’ GIUNTO IL MOMENTO)<br />
La lirica è semplice ed imme<strong>di</strong>ata: rende partecipi <strong>di</strong> un evento scontato e magico, quello dell’attesa e<br />
della nascita del figlio che si immagina e si spera in molti mo<strong>di</strong>, fino al momento <strong>di</strong> conoscerlo<br />
davvero. Così è anche la nascita delle poesie, creature delle quali, ìmalgrado esserne autori, non se ne<br />
conosce mai del tutto il confine e il portamento.<br />
A MIO PADRE<br />
Molte sono le poesie de<strong>di</strong>cate al padre giunte alla Segreteria del Premio. Questa si <strong>di</strong>stingue tra tutte<br />
proprio per la chiusura: “e il dolore nascosto/ per non farci male.” Grande verità prettamente maschile,<br />
tipicamente paterna, quando si vuole nascondere ai figli il tormento dei propri giorni. E quando i figli<br />
vogliono, poi, nascondere il proprio tormento nella consapevolezza <strong>di</strong> stare per perdere chi li ha<br />
generati. Poesia bella, profonda.
RESTARE IN QUOTA<br />
Quando avanzano gli anni<br />
e la vita si flette<br />
sulle fatiche che non sai più reggere,<br />
<strong>di</strong>vieni saggio come un Salmo antico<br />
che ognuno apprezza, eppur non sa ascoltare,<br />
se non <strong>di</strong>strattamente e <strong>di</strong> sfuggita.<br />
Sei parola scolpita su una roccia<br />
ammantata <strong>di</strong> muschio e <strong>di</strong> licheni<br />
- parola che il viandante proprio ignora -<br />
sei una voce amputata da erompenti<br />
marosi, sei aquilone che trascina<br />
in alti strati il vento, tra stupori<br />
d’azzurro e d’orizzonti,<br />
senza fili ancorati a mani chiuse.<br />
E più non conti, ma non t’accontenti<br />
d’esser posto in un canto. Trovi allora,<br />
con grinta inau<strong>di</strong>ta, vie <strong>di</strong> scampo<br />
per rimanere in quota e sforbiciare<br />
griglie <strong>di</strong> luce e scaglie d’infinito<br />
sui frantumi <strong>di</strong> tempo che ritaglia<br />
da una vita che spasima, ancor tua.<br />
Primo premio<br />
Rosetta Mor Abbiati, Verolanuova (<strong>Brescia</strong>)<br />
LA POSTA<br />
Volano schiaffi parole e sgabelli<br />
rimangono in terra sangue e capelli<br />
giornata <strong>di</strong> sole per niente è servita<br />
qui si <strong>di</strong>mostra il <strong>di</strong>sprezzo alla vita<br />
cattivi, imbruttiti dal carcere duro<br />
chi ci rimette è sempre il più puro<br />
si sfoga la rabbia coi mezzi più strani<br />
non passa un sol giorno che si usan le mani<br />
l’aria è pesante in ogni stagione<br />
se non reagisci sei solo un buffone<br />
non sai come fare <strong>di</strong> fronte ai soprusi<br />
questa è la scuola <strong>di</strong> tutti gli abusi<br />
trascini il passato come un triste fardello<br />
soltanto la posta è il momento più bello.<br />
Secondo premio<br />
Salvatore Neri, Genova
CESSA UN AMORE<br />
ritrovarsi<br />
all’incrocio<br />
per <strong>di</strong>rsi<br />
ti amo,<br />
e poi<br />
nel groviglio<br />
<strong>di</strong> mille parole<br />
lasciarsi<br />
alle spalle<br />
un vuoto,<br />
una svolta,<br />
il niente<br />
che assembla<br />
il grigiore<br />
dei cuori<br />
e volgere<br />
gli occhi<br />
e non sapere<br />
perché<br />
Terzo premio<br />
Gilberto Antonioli, Verona<br />
ROSA D’INVERNO<br />
Spuntasti sullo stelo esile e chiaro<br />
nel tremito d’un vento alto, feroce,<br />
passeggera frustata nella carne<br />
bianca, del poco, che s’ar<strong>di</strong>va al sole,<br />
e nei miei occhi dentro a un riflesso a croce<br />
sul tempo che cadeva senza pace.<br />
Fosti, fra le piante vuote, un respiro<br />
<strong>di</strong> luce nelle mie mani a corolla<br />
intorno al tuo corpo esile e sperduto.<br />
Segnalata<br />
Lia Cucconi, Torino<br />
E’ GIUNTO IL MOMENTO<br />
E’ giunto il momento.<br />
Il dono che hai chiesto<br />
mi abita il grembo<br />
e la mia danza<br />
guadagna un movimento.<br />
Ancora pochi mesi e<br />
dondolerà tra le tue braccia<br />
ma ora nell’attesa si riposa
mentre ondeggio nella mia seta<br />
e mi chiedo<br />
se avrà i tuoi occhi.<br />
Segnalata<br />
Rossella Stefini, <strong>Brescia</strong><br />
A MIO PADRE<br />
Di te mi resterà, padre,<br />
la sapienza della vita.<br />
Di te i silenzi lunghi<br />
eloquenti più della parola.<br />
Di te gli occhi azzurri<br />
confusi con l’azzurro<br />
dei cieli della mia infanzia.<br />
Di te la forza antica<br />
degli antichi valori,<br />
il rifiuto degli ideali tra<strong>di</strong>ti,<br />
la fatica del vivere<br />
in consapevole solitu<strong>di</strong>ne.<br />
Di te, padre, la <strong>di</strong>gnità<br />
del pane conquistato<br />
con quoti<strong>di</strong>ano sudore<br />
senza lamento.<br />
Di te gli occhi lustri <strong>di</strong> pianto<br />
bambino,<br />
e il dolore nascosto<br />
per non farci male.<br />
Segnalata<br />
Rosa Serina, <strong>Brescia</strong>
DIALETTI ITALIANI<br />
FETENZIA E PUISIA<br />
Dialetto napoletano-campano<br />
Poesia ricca <strong>di</strong> argomenti attuali che fanno recitare Pulcinella nel richiamo <strong>di</strong> antichi, noti e provati<br />
detti e proverbi <strong>di</strong> cui è ricca la tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>alettale. Sbagliano i migliori scienziati a preoccuparsi<br />
per l’acqua, l’aria e la terra inquinate: è dell’uomo che devono preoccuparsi, è lui che devono<br />
sollecitare, come fa il poeta a tenere pulito il suo pezzo <strong>di</strong> strada e <strong>di</strong> … coscienza.<br />
I cassonetti della “fetenzìa” sarebbero dunque i primi testimoni <strong>di</strong> codesto ravve<strong>di</strong>mento sociale.<br />
Il linguaggio è molto incisivo e ricco <strong>di</strong> immagini appropriate e stimolanti: la composizione mantiene<br />
un ritmo piacevole che la rende preziosa.<br />
SE ON GIORNO…<br />
Dialetto ro<strong>di</strong>gino<br />
Lirica ben costruita sia esteticamente, sia per valore pregnante: come essere solidali? Anzitutto la<br />
parola “amico” che ritorna spesso, ci rivela il sentimento che deve unire fra loro gli uomini; la<br />
reciprocità <strong>di</strong> tale solidarietà si scopre alla fine: cercami, ch’è forse anch’io posso aver bisogno <strong>di</strong> te.<br />
Così il Poeta, uomo generoso e modesto insieme (“potrei non essere capace <strong>di</strong> tenere il tuo passo”) si<br />
offre con dolcezza all’amicizia che comporta un cammino comune con la con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> gioie e dolori,<br />
mentre confessa il suo bisogno <strong>di</strong> avere l’amico accanto quando fosse necessario. Poesia che fa<br />
riflettere come già R. Kipling fece con i suoi iterativi “se…” nella lettera al figlio.<br />
PARRU<br />
Dialetto siciliano<br />
Sonetto perfettamente costruito in linea con la tra<strong>di</strong>zione letteraria e con la passionalità isolana.<br />
Codesto è un amore che ha bisogno <strong>di</strong> essere nutrito dalle parole, graffiante e gridato finché non venga<br />
ricambiato da un “Ti amo tanto”. L’Autore ci consegna un testo forte, che documenta quale sia il<br />
linguaggio della sua calda Isola.<br />
SEGNALAZIONI<br />
Le poesie, nei <strong>di</strong>aletti italici, dalle Alpi alla Sicilia, hanno rappresentato una cospicua partecipazione<br />
all’o<strong>di</strong>erna e<strong>di</strong>zione del Premio <strong>di</strong> poesia “La Leonessa”, e tutte <strong>di</strong> buona levatura, sia come linguaggio<br />
letterario sia come contenuti. Quelle che risultano segnalate sono pregevoli forse poco più <strong>di</strong> altre pure<br />
meritevoli ma, per motivi evidenti <strong>di</strong>… spazio, è stato giocoforza estrapolarne soltanto tre.<br />
La prima <strong>di</strong> queste dal titolo MARIO, che col cambio dell’accento tonico <strong>di</strong>venta “MARìO”, cioè<br />
marito, è un affettuoso riconoscimento della passione che l’Autore nutre per la sua donna, anche se<br />
il tempo delle effusioni dei fidanzatini, da nascondere, è ormai trascorso.<br />
Eh sì, quando c’è ancora tanto amore e desiderio… “un baso xe massa poco”!<br />
Poi c’è CO-E MOEN IN TA STACCA, viaggio <strong>di</strong> un emarginato in mezzo ai rottami <strong>di</strong> auto in<br />
demolizione che, tra un se<strong>di</strong>le ed uno strapuntino, vecchi e strappati, <strong>di</strong>vide i suoi sonni e forse<br />
anche i sogni con un altro vagabondo: spiraglio <strong>di</strong> luce su vite spesso ignorate, aperto con l’aiuto del<br />
vernacolo ligure.<br />
In <strong>di</strong>aletto veronese, invece, NONO NANE, ovvero l’intenso piacere del giovane nipote <strong>di</strong> star lì con il<br />
nonno nel silenzio del giorno che scorre e finisce e <strong>di</strong> assaporare la sua calda vicinanza che gli dà<br />
grande sicurezza e rinnova il senso della vita.<br />
P.I.M.
FETENZIA E PUISIA<br />
(<strong>di</strong>aletto napoletano)<br />
Pulecenella ch’è voce ‘e populo,<br />
va rusecanno pruviérbie antiche:<br />
”Nun sputà ‘ncielo, ca ‘nfaccia te torna”<br />
“Chello ca simmene po’ t’arrecuoglie”…<br />
e “Chi semmena viento arrecoglie tempesta”…<br />
doppo, “Chi chiagne se stoja ll’uocchie”…<br />
‘A quanno l’ommo tene ‘o grasso ‘ncanna,<br />
sempe ‘e cchiù cresce chistu Super-Ego…<br />
Se vénne ‘o core pe’ trenta denare<br />
e ‘o Dio, ‘a “TRINO”, addeventa “QUATTRINO”…<br />
Muntagne ‘munnezza int’ ’e viche, int’ ‘e cchiazze,<br />
pe’ mmano ‘e camorra addeventa ricchezza…<br />
sta chi prutesta, l’appiccia e se ‘ncazza<br />
e chi po’ s’affoca pe’ ‘o fummo e p’a puzza!<br />
Io m’arricordo quann’ero criaturo,<br />
‘nu culo ‘e sicchio, sulo “scupatura”…<br />
Mo si t’affacce ‘int’ ‘e casciuniette,<br />
nc’è pane a palate e criature mò nate…<br />
‘ ‘E meglie scenziate se sò preoccupate<br />
pe’ l’acqua, pe’ l’aria e pe’ ‘a terra malata<br />
e nun s’addonano sti piezze gruosse<br />
ca ‘o male è annascuso ‘int ‘a l’ommo stesso.<br />
Da ‘e prime juorne ca Dio ‘o ‘mpastaje,<br />
chino ‘e superbia, nu’ ‘o rispettaje<br />
e ‘o figlio, Caino, ca ‘o frate scannaje,<br />
aprette ferita ca nun stagna maje…<br />
Ma p’’o mistero ‘e chist’essere umano<br />
ce po’ sta ‘nu munno senza velene<br />
nu munno che ancora po’ ffà meraviglia<br />
pe’ nu <strong>di</strong>mane ‘e speranza a ‘sti figlie.<br />
Paragunanno ‘o munno a chesta via,<br />
addo’ ‘nce tene ‘a casa ognuno ‘e nuje,<br />
‘nt’’a niente scumparesse ‘a fetenzia<br />
si ognuno pulezzasse a parte soja…<br />
E ognuno l’hadda fà ‘sta parte soja,<br />
pe’ assapurà ‘int ‘o core l’alleria<br />
e perdunateme ‘sta fesseria:<br />
”Si accumminciassemo cu’ ‘na puisia?”<br />
FETENZIA E POESIA<br />
Pulcinella ch’è voce <strong>di</strong> popolo<br />
va rosicando proverbi antichi:<br />
”Non sputare in cielo che in faccia ti torna”<br />
“Quello che semini poi raccogli”…<br />
e “Chi semina vento raccoglie tempesta”…
dopo, “Chi piange si asciuga gli occhi”…<br />
Da quando l’uomo ha grasso alla gola,<br />
sempre più cresce questo Super-Ego…<br />
Si vende il cuore per trenta denari<br />
e Dio da “TRINO”, <strong>di</strong>venta “QUATTRINO”…<br />
Montagne <strong>di</strong> mondezza nei vicoli e piazze,<br />
per mano della camorra <strong>di</strong>ventano ricchezza…<br />
c’è poi chi protesta, l’accende e s’incazza<br />
e chi poi soffoca per il fumo e la puzza!<br />
Io ricordo quand’ero bambino,<br />
un fondo <strong>di</strong> secchio, solo “scopatura”…<br />
Or se t’affacci nei cassonetti,<br />
c’è pane a palate e creature appena nate…<br />
I migliori scienziati si sono preoccupati<br />
per l’acqua, per l’aria e per la terra malata<br />
e non s’accorgono sti pezzi grossi<br />
che il male è nascosto nell’uomo stesso.<br />
Dai primi giorni che Dio “l’impastò”,<br />
pieno <strong>di</strong> superbia, non lo rispettò<br />
ed il figlio Caino che il fratello scannò<br />
aprì una ferita che mai si stagnò…<br />
Ma, per il “mistero” <strong>di</strong> quest’essere umano<br />
ci può essere un mondo senza veleni,<br />
un mondo che ancora può far meraviglia<br />
per un domani <strong>di</strong> speranza a questi figli.<br />
Paragonando il mondo a questa via,<br />
dove ci tiene casa ognun <strong>di</strong> noi<br />
in un niente, scomparirebbe la fetenzia<br />
se ognuno pulisse il suo pezzo <strong>di</strong> via…<br />
E ognuno deve fare la sua parte,<br />
per assaporare in cuore l’allegria<br />
… E perdonatemi questa fesseria:<br />
“Se iniziassimo con una poesia?”<br />
Primo premio<br />
Peppe Mirra, Saviano (Napoli)
SE UN GIORNO…<br />
Non camminarmi davanti, amico,<br />
potrei non essere capace<br />
<strong>di</strong> tenere il tuo passo;<br />
non camminarmi <strong>di</strong>etro, amico,<br />
potrei non sapere dove ti porto;<br />
camminiamo fianco a fianco,<br />
staremo sempre insieme.<br />
Se un giorno, amico,<br />
ti venisse voglia <strong>di</strong> piangere,<br />
chiamami.<br />
Non ti prometto <strong>di</strong> farti ridere,<br />
ma posso piangere con te.<br />
Se un giorno, amico,<br />
ti venisse voglia <strong>di</strong> fuggire,<br />
chiamami.<br />
Non ti prometto <strong>di</strong> fermarti,<br />
ma potrei fuggire con te.<br />
Se un giorno, amico,<br />
ti venisse voglia <strong>di</strong> non parlare più,<br />
chiamami.<br />
Non ti prometto che starò buono<br />
che non ti farò neppure una domanda…<br />
Ma…<br />
Se un giorno… amico mio,<br />
tu mi chiami e io non ti rispondo,<br />
cercami <strong>di</strong> corsa:<br />
forse “io” ho bisogno <strong>di</strong> te.<br />
SE ON GIORNO…<br />
(<strong>di</strong>aletto ro<strong>di</strong>gino)<br />
Nó caminarme davanti, amigo,<br />
podaria nó èssare bòn<br />
de tenere el tò passo;<br />
nó caminarme dedrìo, amigo,<br />
podaria nó savére dove te porto;<br />
camineremo fianco a fianco,<br />
staremo sempre insieme.<br />
Se on giorno, amigo,<br />
te vegnésse vòja de pianzare,<br />
ciamàme.<br />
Nó te prometo de farte ridare,<br />
ma posso piànzare có ti.<br />
Se on giorno, amigo,<br />
te vegnésse vòja de scampare,<br />
ciamàme.<br />
Nó te prometo de fermarte,
ma podaria scampàre có ti.<br />
Se on giorno, amigo,<br />
te vegnésse vòja de nó parlare più,<br />
ciamàme.<br />
Nó te prometo che starò bòn<br />
che nó te farò gnanca na domanda…<br />
Ma…<br />
Se on giorno… amigo mio,<br />
ti te mé ciàmi e mi nó te rispondo,<br />
çercàme de corsa:<br />
forse “mi” go bisogno de ti.<br />
Secondo premio<br />
Luciano Bonvento, Buso (Rovigo)
PARRU<br />
(<strong>di</strong>aletto siciliano)<br />
Finu a quannu mi nesci u sciatu, parru:<br />
non mi poi cummannari ‘i stari mutu;<br />
non mi mettu ‘nt’on cantu, non mi stutu:<br />
zzappu sti carti cu picu e sciamarru!<br />
Finìù? No, non finisci a cursa ancora,<br />
non po’ finiri chuddu ch’è ‘nfinitu;<br />
comu un pe<strong>di</strong> <strong>di</strong> ruguru m’inzitu<br />
‘nte to pinzeri, e non ni scappu fora!<br />
Comu un ruvetto ti sgranciu u miduddu,<br />
ti spunnu a bucca ‘i ll’arma, comu lanza:<br />
comu non ‘bbentu iò, n’aviri nuddu<br />
rizzettu, e sempri un pisu supra a panza,<br />
finu a quannu non <strong>di</strong>ci a stu zzunuddu:<br />
iò t’amu tantu, chi nenti n’avanza.<br />
PARLO<br />
Fino a quando mi esce il fiato, io parlo:<br />
non mi puoi comandare <strong>di</strong> stare muto;<br />
non mi metto in un canto, non mi spengo:<br />
zappo queste carte con marra e piccone.<br />
Finì? No, non finisce la corsa ancora,<br />
non può finire quello che è infinito;<br />
come una pianta <strong>di</strong> quercia mi “insito”<br />
nei tuoi pensieri e non me ne scappo fuori.<br />
Come un rovo graffio il tuo cervello,<br />
ti sfondo la bocca dell’anima, come una lancia:<br />
come non trovo pace io, non devi avere nessun<br />
riposo, e sempre un peso sulla pancia,<br />
fino a quando non <strong>di</strong>ci a questo poveraccio<br />
io ti amo tanto, che non ne avanza niente.<br />
Terzo premio<br />
Giuseppe Corica, Messina
MARIO<br />
(<strong>di</strong>aletto veneziano)<br />
Te piase ciamarme par nome:<br />
ti <strong>di</strong>si Mario,<br />
ma drento de ti<br />
ti vol <strong>di</strong>r marìo.<br />
Anca sta sera,<br />
i fioi xe fora<br />
e nu,<br />
soi a casa,<br />
semo come do novixi.<br />
Me vien inamente de co,<br />
morosi,<br />
ae sconte te basavo<br />
e ti me <strong>di</strong>sevi:<br />
Mario basta.<br />
Sta sera, invese,<br />
no ti <strong>di</strong>si basta.<br />
Anca se Mario,<br />
oramai da un toco,<br />
el xe to marìo,<br />
el morbin,<br />
par bona sorte,<br />
no manca mai<br />
e par tutti do<br />
un baso<br />
xe massa poco.<br />
MARIO<br />
Ti piace chiamarmi per nome:<br />
<strong>di</strong>ci Mario,<br />
ma dentro <strong>di</strong> te<br />
vuoi <strong>di</strong>re marito.<br />
Anche questa sera,<br />
i ragazzi sono fuori<br />
e noi,<br />
soli in casa,<br />
siamo come due novizi.<br />
Mi viene in mente quando,<br />
ancora fidanzati,<br />
ti baciavo <strong>di</strong> nascosto<br />
e tu mi <strong>di</strong>cevi:<br />
Mario basta.<br />
Questa sera, invece,<br />
non <strong>di</strong>ci basta.<br />
Anche se Mario,<br />
ormai da tanto tempo,
è tuo marito,<br />
il desiderio,<br />
grazie al cielo,<br />
non manca mai<br />
e per tutti e due<br />
un bacio<br />
è troppo poco.<br />
Segnalata<br />
Mario Pettoello, San Donà <strong>di</strong> Piave (Venezia)
CO-E MOEN<br />
IN TA STACCA<br />
(<strong>di</strong>aletto ligure)<br />
Pass’o in to mezo<br />
a ‘na gragneua de rûmenta,<br />
a-o sciato fummözo <strong>di</strong> fummajeu<br />
e a-i resti de descareghe<br />
faete a çê averto.<br />
Co-e moen in ta stacca,<br />
conquisto rottami de auto rüzzenenti,<br />
appillæ da-o demolitò,<br />
pe trovà refûgio a-a l’ombra da seja,<br />
sott’a cascate de stelle.<br />
No conoscio i pigiami,<br />
ma solo coverte de giornali<br />
pe crovì a mae neutte.<br />
M’allongo<br />
in sci-o se<strong>di</strong>le sgaurou de fäsa pelle<br />
pe <strong>di</strong>vidde seûnni insemme<br />
a ’n’atro vagabondo<br />
e serrà i euggi<br />
a-o fattoriso da lunn-a.<br />
CON LE MANI<br />
IN TASCA<br />
Passo in mezzo alla gran<strong>di</strong>ne dei rifiuti,<br />
al fiato fumoso delle ciminiere,<br />
al residuo delle <strong>di</strong>scariche<br />
a cielo aperto.<br />
Con le mani in tasca,<br />
conquisto rottami<br />
<strong>di</strong> auto arrugginite,<br />
accavallate dallo sfasciacarrozze,<br />
per un asilo, alla sera,<br />
sotto cascate <strong>di</strong> stelle.<br />
Non ho civiltà <strong>di</strong> pigiama,<br />
ma solo coperte <strong>di</strong> giornali,<br />
per coprire la mia notte.<br />
Allungo il corpo sul se<strong>di</strong>le strappato<br />
<strong>di</strong> finta pelle<br />
per appropriarmi <strong>di</strong> sogni ad interim<br />
con altro homeless<br />
e chiudere gli occhi<br />
alla sorridente luna.<br />
Segnalata<br />
Armando Giorgi, Genova
NONO NANE<br />
(<strong>di</strong>aletto veronese)<br />
Star lì… co’l nono…<br />
a lissiàr mostàci inrodolè a penél<br />
(… anca i me penòti a livèl…<br />
con na sghìa ‘pena de spuàcio!…).<br />
Star lì in parécio e… soli<br />
nel sbrumàr saùgo dela gente<br />
par spartìr con lu<br />
el bocòn de l’ultima pì às-cia sbrancà<br />
del dì presente…<br />
Ma no parlar!,<br />
no baratàr el to crussiàr da bocia<br />
par na risposta!<br />
Star lì a biassàr chél saorìn de pace<br />
che mete i copi ala so vita.<br />
E lì fermarse.<br />
NONNO GIOVANNI<br />
Starsene lì… con il nonno<br />
a lisciare mustacchi<br />
arrotolati a pennello<br />
(…anche i miei peli matti a livello…<br />
con un filino appena <strong>di</strong> saliva!…).<br />
Stare lì bene accomodati e… soli<br />
nell’insipido an<strong>di</strong>rivieni della gente<br />
per spartire con lui<br />
il boccone dell’ultima<br />
più succulenta manciata<br />
del giorno che scorre…<br />
Ma non parlare!,<br />
non barattare il tuo importunare<br />
<strong>di</strong> ragazzo<br />
per una sua risposta!<br />
Stare lì ad assaporare<br />
quella sensazione <strong>di</strong> pace<br />
che mette un tetto alla sua vita.<br />
E lì fermarsi.<br />
68<br />
Segnalata<br />
Giovanni Benaglio, San Giovanni Lupatoto (Verona)
DIALETTO BRESCIANO<br />
LA MÈLA<br />
Molti bresciani DOC ancor oggi si chiedono se il fiume Mella in quanto sostantivo maschile, sia tale<br />
oppure femminile. Il Poeta, nel ricordo dei nonni, non ci svela l’arcano, ma coloro che abitano, come<br />
lui probabilmente le sue sponde, lo chiamano “La Mèla”.<br />
Il nostro Autore che sembra conoscerlo molto bene, ce lo descrive tra affettuosi ricor<strong>di</strong>, ma si<br />
rammarica che non sia più quello <strong>di</strong> una volta. C’è la nostalgia <strong>di</strong> chi, ragazzo, andava lungo le rive a<br />
pescare con balansì, guada, perù, tramacc e con… tanta fame sotto la cintura. Conclude che il fiume è<br />
cambiato in peggio, come la gente, e ciò lo rattrista. Benché l’argomento “fiume” sia forse un po’<br />
abusato letterariamente, qui riemerge in un linguaggio garbato e coerente, or<strong>di</strong>nato in quartine, che<br />
riscrive, con immagini peculiari, le tra<strong>di</strong>zioni delle genti bresciane.<br />
ANGIOLÌNA E LA NÈV<br />
Un vecchio lampione spia la neve illuminata dalla sua fioca luce ed osserva una bimba, l’Angiolina,<br />
che con la lingua fuori dalle labbra ne acchiappa i lievi fiocchi sciogliendoli in bocca. Chi ha una certa<br />
età ricorda <strong>di</strong> aver fatto codesto gioco infantile, quando per le strade si poteva andare col naso in aria.<br />
Così anche i ragazzetti nella neve rinnovavano “bioscarole e birulù”. Età che li trovava tutti alla<br />
sera nel letto a sognare il dolce bacio <strong>di</strong> un Angelo. L’Autore conduce in modo esemplare la lirica con<br />
un linguaggio <strong>di</strong> rara precisione sia grafica che lessicale. Sul contenuto, <strong>di</strong> facile comprensione, aleggia<br />
un’aura poetica <strong>di</strong>fficilmente imitabile.<br />
(L’ÖLTEMA ORASSIÙ)<br />
E’ questa la poesia <strong>di</strong> un uomo che umilmente riconosce i suoi torti ma, soprattutto, i meriti della<br />
moglie. Il Destino vuol portargliela via ed allora nasce una “orassiù”, non per sé, ma per lei.<br />
“Signur,… portamela miga via… piuttosto pren<strong>di</strong> l’anima mia…” così nasce l’accorata preghiera <strong>di</strong> un<br />
uomo che, forse tar<strong>di</strong>, fa un esame <strong>di</strong> coscienza e spera nella bontà <strong>di</strong>vina. Lirica senza fronzoli,<br />
essenziale e bene espressa.<br />
LA ÉTA<br />
L’Autore esor<strong>di</strong>sce con una ben precisa affermazione ottimistica: Tutto ha valore nella vita!, anche la<br />
cosa più insignificante come la “talamora” (ragnatela) grigia, apparentemente senza valore e, per<br />
giunta, trappola per ignari insetti, tesa da un ragno “èn pó slandrù”.<br />
Basta però poco, una goccia <strong>di</strong> rugiada ed un raggio <strong>di</strong> sole, per farlo apparire un gioiello luccicante.<br />
Nasce una domanda: chissà se ogni cosa, anche la più umile come la ragnatela, può riacquistare<br />
valore al tocco della natura? E’ proprio questa bella immagine finale che dà tono alla poesia e la<br />
soffonde <strong>di</strong> luce cristallina.<br />
SEGNALAZIONI<br />
Si deve premettere che la Commissione giu<strong>di</strong>catrice ha unanimemente riconosciuto tra le migliaia <strong>di</strong><br />
poesie pervenute un primato <strong>di</strong> espressività e <strong>di</strong> intelligenza alle liriche scritte nei <strong>di</strong>aletti, sia bresciani<br />
che italici, su quelle in lingua italiana, che spesso forse sono mero esercizio culturale ed estetico,<br />
piuttosto che rivoli <strong>di</strong> vera poesia che si svela attraverso l’Arte della Parola. Le poesie in <strong>di</strong>aletto<br />
bresciano (forse sarebbe meglio <strong>di</strong>re in lingua bresciana), giunte numerose, hanno tutte, salvo poche<br />
eccezioni, donato a chi le ha lette e valutate il grande piacere che nasce dalla scintilla accesa dell’Arte.<br />
Forse tutte meritano un elogio, ma si è potuto segnalarne solo alcune per ragioni evidenti <strong>di</strong>… spazio.<br />
Ecco dunque FIÖLA DE SCARPULÌ, inno all’onesta povertà dell’artigiano d’altri tempi ed al
iconoscente affetto <strong>di</strong> una figlia.<br />
ÓTER TÈMP, come la precedente, tesse la tela dei ricor<strong>di</strong> della prima giovinezza che rende felice<br />
anche la povertà, quando si mangiava solo polenta e polenta, si calzavano gli zoccoli e si indossavano<br />
i vestiti smessi dei fratelli maggiori, quando infine s’imparava a proprie spese che ai poveri la vita non<br />
regala niente. Ma c’era l’amore che attenuava i crucci e dava la forza <strong>di</strong> stare in pie<strong>di</strong>.<br />
LA FIOCADA ci riporta alla contemplazione della neve che gioca sempre un ruolo fantastico e<br />
fantasmagorico nella vita dei bambini che forse amano nel suo biancore quel mistero che essa svela nel<br />
posarsi sulle cose.<br />
C’è poi tanta nostalgia nel ricordare EL BAL DEL QUADRÈL, nostalgia <strong>di</strong> un amore semplice che,<br />
forte, continua: così ci par <strong>di</strong> vedere questi sposi innamorati, forse non più giovanissimi, ballare al<br />
ritmo <strong>di</strong> un “lento”, ripreso dalla ra<strong>di</strong>o lì tra la cucina ed il tinello <strong>di</strong> casa, abbracciati come un tempo.<br />
P.I.M.
LA MÈLA<br />
Me go gnamò capìt come sa ‘l ciama:<br />
me nono ‘l ma <strong>di</strong>sìa che l’era “EL MÈLA”,<br />
l’era <strong>“LA</strong> MÈLA” ‘nvece per me mama,<br />
me padèr al <strong>di</strong>sìa che l’era ach chèla.<br />
L’è l’unich fiom brèsà da sima a font,<br />
che al mont DASDANA el nas e che ‘l fenes<br />
èn do che l’acqua sò la sa sconfont<br />
co l’Oi, la sö ‘l confì col cremonés.<br />
Apena dopo Còi dè tota frèsa<br />
la cor per la Valtrompia industriùsa,<br />
e po’, pasada sota i poncc de Brèsa,<br />
la và a daquà la basa rigugliùsa.<br />
La Mèla adès l’è tota ‘ncanalada<br />
con arzègn facc dè prede e dè cèmènt,<br />
fa usura l’acqua tat che l’è ‘nquinada,<br />
èn pö, se ‘l piöv tre dé, la fa spàènt.<br />
Na olta ‘nvece gh’era l’acqua ciara,<br />
sa la biìa ontéra, frèsca e bèla,<br />
sö lo so rìe crìsìa la zuca amara,<br />
e faèm tocc uga ‘n del nost mar: la Mèla.<br />
Me ma recorde che, finìt le scöle,<br />
sesant’agn fa, d’estat, èn tép dè guèra,<br />
co i braz cicatrizacc da le aröle,<br />
s’andàa ‘n colonia èn spiagia sö la gèra.<br />
Pescaèm col balansì, guàda e perù,<br />
con del tramacc, ‘nà longa ret ‘ntréga,<br />
ciapaèm i barbe, bòse, lös, verù,<br />
e ‘l sanguanì col sach quand l’era ‘n frega.<br />
Sarèm èn tancc e töcc co nà gran fàm,<br />
ma ‘ndè la Mèla ènsèm sa daèm nà mà,<br />
adès che gom dè tot, dal pà al salàm,<br />
saludèm po gnè ‘l nost visì dè cà.<br />
Come la Mèla som cambiacc èn pès,<br />
gh’è tàta zènt èn gir col müs dè tóla,<br />
me ma la ‘nsòmie bèla amò dè spès,<br />
e ma desède con dè ‘n grop èn gola.
IL MELLA<br />
Non ho ancora capito come lo si chiama:<br />
mio nonno mi <strong>di</strong>ceva che era “IL MELLA”,<br />
era <strong>“LA</strong> MELLA” invece per mia madre,<br />
mio padre <strong>di</strong>ceva che era la stessa cosa.<br />
E’ l’unico fiume bresciano dall’inizio alla fine<br />
che al monte Dasdana nasce e che finisce<br />
dove la sua acqua si confonde<br />
con l’Oglio sul confine col cremonese.<br />
Appena dopo Collio, velocemente,<br />
scorre per la Valtrompia industriosa,<br />
e poi, passata sotto i ponti <strong>di</strong> <strong>Brescia</strong>,<br />
va ad irrigare la Bassa rigogliosa.<br />
Il Mella ora è tutto incanalato<br />
con argini fatti <strong>di</strong> pietre e <strong>di</strong> cemento,<br />
fa raccapriccio l’acqua tanto è inquinata,<br />
e, se piove per tre giorni, fa paura.<br />
Una volta invece l’acqua era chiara<br />
e si beveva volentieri, fresca e bella,<br />
lungo le sue rive cresceva la dulcamara<br />
e facevamo tutti il bagno nel nostro mare: il Mella.<br />
Io mi ricordo che finite le scuole,<br />
sessant’anni fa, d’estate, in tempo <strong>di</strong> guerra,<br />
con sulle braccia le cicatrici delle vaccinazioni,<br />
si andava in colonia in spiaggia sulla ghiaia.<br />
Pescavamo col bilancino, guada e forchetta,<br />
con il tramaglio, una lunga rete intera,<br />
pigliavamo i barbi, chiozzi, lucci, vaironi,<br />
e le alborelle con il sacco quando erano in riproduzione.<br />
Eravamo in tanti e tutti con una grande fame,<br />
ma nel Mella insieme ci aiutavamo,<br />
adesso che abbiamo tutto, dal pane al salame,<br />
salutiamo più nemmeno il nostro vicino <strong>di</strong> casa.<br />
Come il Mella siamo cambiati in peggio,<br />
c’è molta gente in giro con la faccia <strong>di</strong> tolla,<br />
io me lo sogno bello ancora spesso<br />
e mi risveglio con un nodo alla gola!<br />
Premio Speciale della Giuria<br />
Mario Santi, Azzano Mella (<strong>Brescia</strong>)
ANGIOLÌNA E LA NÈV<br />
Dè sòta ‘l sò capèl<br />
zgnecàt,<br />
al vècc lampiu<br />
al löciàa söi resöi<br />
e ‘l faa stralüzer<br />
tortaröi dè falìe<br />
dè név giasàda,<br />
larghe còme zlèpe<br />
dè bombàs.<br />
Col nazilì leàt<br />
Dè fürbacìna<br />
E cò la léngua föra,<br />
ta ga curìet dré<br />
pèr desfantàle in bóca come màna<br />
dèl ciél e ta <strong>di</strong>zìet :<br />
« So dré a fà colasiù ! »<br />
Noàlter gnàri ‘nvéce,<br />
a guàl dè ‘n’ùra,<br />
ghérem za fàt<br />
trè biöscaröle<br />
e sènto birulù.<br />
Bagnàda mésa,<br />
anfélsa e strubiunàda,<br />
ta sa lasàet tirà<br />
da la nòna<br />
arènt al föch,<br />
pèr fàt antorcià sö<br />
dè stòrie e dè calùr.<br />
Isé ta ‘ndormenràet…<br />
e i àngei i bioscàa<br />
déter an dè l’tò ‘nsòme<br />
dè s.citìna,<br />
pèr postàt ón bazì<br />
söl nazilì leàt<br />
dè fürbacìna.
ANGIOLINA E LA NEVE<br />
Da sotto il suo cappello<br />
ammaccato,<br />
il vecchio lampione<br />
spiava sui marciapie<strong>di</strong><br />
e faceva luccicare<br />
vortici <strong>di</strong> fiocchi<br />
<strong>di</strong> neve gelata<br />
larghi come falde<br />
<strong>di</strong> cotone.<br />
Col nasino all’insù<br />
da furbetta<br />
e con la lingua fuori,<br />
le rincorrevi<br />
per scioglierle in bocca<br />
come manna dal cielo<br />
e <strong>di</strong>cevi: “Sto facendo colazione!”<br />
Noi maschietti invece,<br />
entro un’ora,<br />
avevamo già fatto<br />
tre piste <strong>di</strong> ghiaccio<br />
e cento ruzzoloni.<br />
Completamente bagnata,<br />
gelata e stropicciata,<br />
ti lasciavi attirare<br />
dalla nonna<br />
vicino al camino,<br />
per farti avvolgere<br />
<strong>di</strong> storie e <strong>di</strong> calore.<br />
Così ti addormentavi…<br />
e gli angeli scivolavano<br />
dentro il tuo sogno<br />
<strong>di</strong> bambina<br />
per posare un bacetto<br />
sul nasino all’insù<br />
da furbetta.<br />
Primo premio<br />
Memo Bortolozzi, Manerbio (<strong>Brescia</strong>)
(L’ÖLTEMA ORASSIÙ)<br />
Signur, chèsta sera<br />
dam la Tò opiniù,<br />
e Te farò l’öltema orassiù.<br />
A part el fato ché sé parlòm miga<br />
mai dè spès, ma ‘Öle dìt<br />
cóme la pense adès.<br />
Quand sére dré<br />
a nà a ciapà ‘l vul, o còme se <strong>di</strong>s<br />
a vegner a mancà,<br />
mè só sintit miga piö dè sul<br />
ma amò ‘n sò compagnia.<br />
Lé l’era lé ai pé del let<br />
matìna prèst quasi le sèt<br />
la ghìa pasat töta la nòt<br />
da la sera prima, quasi le òt.<br />
Mé moér, l’ho fada danà,<br />
me ‘n rende cont amò ‘n prensépe,<br />
miga apena ‘n fónd<br />
ma ché ‘Ölèt só ‘n òm dè pàja,<br />
chè’l bruza prèst chè’l dòrma e’l màja.<br />
Chè’l crèt dè iga semper risù<br />
sènza fermas nele stassiù,<br />
sènza ‘na piega, ‘n ripensament<br />
coi öcc saracc, còme la mènt<br />
che ‘tira drit sènza pensaga<br />
sènza saì, chè po’ s’el paga.<br />
Adès chè lé lè dré a ‘nda inacc,<br />
mé chè farói sènza dè lé<br />
sènza i mé Sancc ?<br />
Signur… portemela miga via<br />
lasem miga ché dè sul<br />
mé ghò bisogn dè la so compagnia.<br />
Se tè ‘nvece tè ghét bisogn<br />
dè l’anima dè argü,<br />
ciapa la mé, ché so nüsü<br />
lasomèga la vita sgombra,<br />
a lé ché la ghà vivit semper<br />
nela mé ombra.<br />
Isé sé mètom èl cör ‘n pas töcc dù,<br />
Té… e chèsto vècio crapù…
(L’ULTIMA PREGHIERA)<br />
Signore, questa sera<br />
dammi la Tua opinione<br />
e Ti farò l’ultima preghiera.<br />
A parte il fatto che non ci parliamo<br />
mai spesso, ma Voglio <strong>di</strong>rti<br />
come la penso adesso,<br />
quando stavo andando<br />
a prendere il volo, o come si <strong>di</strong>ce<br />
a venire a mancare,<br />
mi sono sentito non più da solo<br />
ma ancora in sua compagnia.<br />
Lei era lì ai pie<strong>di</strong> del letto<br />
mattino presto, quasi le sette<br />
aveva passato tutta la notte<br />
dalla sera prima, quasi le otto.<br />
Mia moglie, l’ho fatta <strong>di</strong>sperare,<br />
me ne rendo conto ancora dall’inizio,<br />
non solo ultimamente,<br />
ma cosa Vuoi sono un uomo <strong>di</strong> paglia,<br />
che brucia presto che dorme e mangia.<br />
Che crede <strong>di</strong> avere sempre ragione<br />
senza fermarsi nelle stazioni,<br />
senza una piega, un ripensamento<br />
con gli occhi chiusi, come la mente<br />
che tira <strong>di</strong>ritto senza pensarci<br />
senza sapere, che poi si paga.<br />
Ora che è lei a rischio della vita,<br />
io che farò senza <strong>di</strong> lei<br />
senza i miei Santi protettori?<br />
Signore… non portarmela via<br />
non lasciarmi qui da solo<br />
io ho bisogno della sua compagnia.<br />
Se Tu invece hai bisogno<br />
dell’anima <strong>di</strong> qualcuno,<br />
pren<strong>di</strong> la mia, che non son nessuno<br />
lasciamole la vita libera,<br />
a lei che ha vissuto sempre<br />
nella mia ombra.<br />
Così mettiamo il cuore in pace in due,<br />
Tu… e questo vecchio testone.<br />
Secondo premio<br />
Renato Hagman, <strong>Brescia</strong>
LA ÉTA<br />
Tot èl gha valùr<br />
èn dè la éta :<br />
ac la pòera, antipàtica<br />
mìzera talamóra<br />
chè la tè ‘mpégola ‘l mostas,<br />
lé, isé <strong>di</strong>licada e sütìla,<br />
sö pèr la rata vèrs la sima.<br />
Söl sentér, a bunùra,<br />
tra i ram dè bèdola<br />
a l’ària frèsca la sé <strong>di</strong>ndùla<br />
còn dèl sò ragn<br />
ön po slandrù<br />
postat èn dèl cantù<br />
prónt a sanfà<br />
la mòsca o ‘l taà<br />
chè ‘l pasa dè là.<br />
Ma ‘l-è asé<br />
on sbròf o ‘n pér dè gose<br />
dè modèsta rozàda<br />
a la prima spéra dè sul<br />
pèr fan ön laùr<br />
bèl dè nò dì e sterlüzènt<br />
còme ‘n <strong>di</strong>adéma töt d’arzent.
LA VITA<br />
Tutto ha valore<br />
nella vita:<br />
anche la povera, antipatica<br />
misera ragnatela<br />
che ti avvolge appiccicosa il viso,<br />
lei, così delicata e sottile,<br />
su per la salita verso la cima.<br />
Sul sentiero, alla mattina presto<br />
tra i rami <strong>di</strong> betulla<br />
si dondola all’aria fresca<br />
col suo ragno<br />
un po’ sfaccendato<br />
appostato nell’angolo<br />
pronto ad afferrare<br />
la mosca o il tafano<br />
che passa per <strong>di</strong> là.<br />
Ma è sufficiente<br />
uno spruzzo <strong>di</strong> pioggia o poche<br />
gocce<br />
<strong>di</strong> modesta rugiada<br />
al primo raggio sottile <strong>di</strong> sole<br />
per farne un oggetto<br />
bellissimo e luccicante<br />
come un <strong>di</strong>adema tutto d’argento.<br />
Terzo premio<br />
Enzo Franzoni, <strong>Brescia</strong>
EL BAL DEL QUADRÈL<br />
Ta séret bu a balà<br />
sul el bal del quadrèl<br />
e mé a smorsà zó ‘l sghèo<br />
per nöe emusiù.<br />
Ma ‘ntat che j-àer de braza<br />
i fàa mörer la fiama<br />
col gias negàt<br />
dent a ‘na coca cola,<br />
i noster öcc sincér,<br />
de döbe sensa ‘n vél,<br />
i s’è ‘ncontràcc sö l’ónda<br />
dei pensér.<br />
Sa sòm mai <strong>di</strong>cc: “Ta ‘òi bé!”<br />
ma chel’öciàda ciara,<br />
come ‘l riflès nel pós<br />
de luna piéna,<br />
asé l’è stada aliura,<br />
e amò l’è asé,<br />
a fa ‘ntresà d’amur<br />
töcc i nòst dé.<br />
IL BALLO DEL MATTONE<br />
Sapevi solo danzare<br />
il ballo del mattone<br />
e io soffocare<br />
gli sconosciuti impulsi <strong>di</strong> passione.<br />
Ma mentre le nostre labbra ardenti<br />
spegnevano le braci,<br />
col ghiaccio affogato<br />
in una coca cola,<br />
i nostri occhi sinceri,<br />
senza un attimo d’esitazione,<br />
si sono incontrati sull’onda<br />
dei nostri pensieri.<br />
Non ci siamo mai detti: “T’amo!”<br />
Ma quel nostro limpido sguardo,<br />
come luce <strong>di</strong> luna piena<br />
nel buio del pozzo,<br />
ci è bastato allora,<br />
e ancora ci basta,<br />
a fare intrecciare d’amore<br />
tutti i nostri giorni.<br />
Segnalata<br />
Giuliana Bernasconi, <strong>Brescia</strong>
LA FIOCADA<br />
Stèle de gias picinìne<br />
le caàlca ‘l vènt<br />
e le gìra,<br />
le birùla,<br />
le züga,<br />
le ùla,<br />
a svultulù le sa cor dré<br />
e le sterlüs come i me öcc<br />
che, contécc,<br />
i sa pèrt söi mucc embiancàcc.<br />
E mé,<br />
pütì col nas postàt<br />
a la belèssa de ‘na matìna spetàda<br />
ma <strong>di</strong>cùle,<br />
lezèr,<br />
èn chèsta balàda.<br />
LA NEVICATA<br />
Piccole stelle <strong>di</strong> ghiaccio<br />
cavalcano il vento<br />
e girano,<br />
ruotano,<br />
giocano,<br />
volano<br />
a capriole si rincorrono<br />
e brillano come i miei occhi<br />
che, felici,<br />
si perdono sulle colline imbiancate.<br />
Ed io,<br />
bambino con il naso appoggiato<br />
alla bellezza <strong>di</strong> un atteso mattino,<br />
mi sciolgo,<br />
leggero,<br />
in questa danza.<br />
Segnalata<br />
Fabio Ragnoli, Nuvolera (<strong>Brescia</strong>)
FIÖLA DE SCARPULÌ<br />
Mé, fiöla de scarpulì,<br />
galavrina co’ le so sübrine en pèl<br />
róse a fiurilì sbüzacc<br />
ènciodade dal sò papà.<br />
Mé, fiöla de scarpulì<br />
crisida a bròche e orasiù en latì,<br />
tra tomere en pèl e söle de curàm,<br />
arènt a lù che tacognàa pèse<br />
a sgalbèr vècc<br />
col spach empegolàt.<br />
Lu e la so minela<br />
presiusa come ‘n altar<br />
romét de lisne, de tenaje,<br />
de martèi e ferasì<br />
per mia fröstà i stialì.<br />
El sò laorà e mé<br />
che capie a la consegna<br />
cosa ulìa dì:<br />
<strong>di</strong>snà del dé chè é dré.<br />
Mé, fiola de scarpulì,<br />
adès ga dó valùr<br />
al bé che ‘l m’ha ulit<br />
dré a töt el so südur.<br />
FIGLIA DI CALZOLAIO<br />
Io figlia <strong>di</strong> calzolaio<br />
mi pavoneggiavo con le ciabattine rosse<br />
in pelle<br />
coi fiorellini traforati<br />
inchiodate dal mio papà.<br />
Io, figlia <strong>di</strong> calzolaio<br />
cresciuta a chio<strong>di</strong> e orazioni in latino,<br />
tra tomaie in pelle e suole <strong>di</strong> cuoio,<br />
accanto a lui che rattoppava pezze<br />
con spago impegolato<br />
a scarpacce vecchie.<br />
Lui ed il suo deschetto<br />
prezioso come un altare<br />
custode <strong>di</strong> lisne, <strong>di</strong> tenaglie,<br />
<strong>di</strong> martelli e <strong>di</strong> ferretti<br />
per non consumare i tacchi agli stivali.<br />
Il suo lavoro<br />
ed io che capivo dopo la consegna<br />
che ciò significava:<br />
pranzo dei giorni dopo.<br />
Io figlia <strong>di</strong> calzolaio
ora do valore<br />
al bene che mi ha voluto<br />
<strong>di</strong>etro a tutto il suo sudore.<br />
Segnalata<br />
Resy Pescatori Lucchini, Zanano (<strong>Brescia</strong>)
ÓTER TÈMP<br />
Nàem en pentèra sota ‘l sul de löi,<br />
curìem per le caedàgne e i sentér…<br />
El cör l’era cuntènt, perché siem fiöi,<br />
e fiurìa tante speranse en dei pensér.<br />
Mangiàem sèmper pulènta… tanta pulènta,<br />
perché de taöl ga n’era pòch o mìa.<br />
Zà a la matina, ‘ndèl lat, fresca freschènta<br />
o brustulìda, a secònd de come la piazìa.<br />
A scöla en Castèl i na mandàa coi truculì,<br />
argü finamai con sòta en tòch de cuertù.<br />
L’astucio de lègn, la pèna coi pinì<br />
i stàa déter en de ‘na bursa de cartù.<br />
Purtàem braghe cürte, camìza a pindulù,<br />
roba mìa pròpe fada sö müsüra,<br />
che pasàa da ‘n fradèl a l’òter, en sucesiù,<br />
che sa sfursàa de fa la sò fügüra.<br />
Gòm emparàt prèst, pörtròp a nòste spese,<br />
che la vita ai puarècc la ga regala gnènt ;<br />
anche se ta sét bù, magare sensa pretese,<br />
ta garé sèmper de trabülà: tègnel a mènt.<br />
Sìem come i uzilì che sa cuntènta<br />
de chèl che ‘l Cel el manda dé per dé.<br />
L’era asé l’amùr, che i cröse el ta ‘ndurmènta<br />
e ta dà la forsa per tignìt en pé.<br />
Quand sbucane stè mumèncc coi mé sculér,<br />
i ma arda con dù üciù de stralünàcc.<br />
E alura ma vé en döbe: “Ma él stat iér,<br />
o de pö de sinquant’àgn éi zà pasàcc?!”.<br />
ALTRI TEMPI<br />
Andavamo a pie<strong>di</strong> nu<strong>di</strong> sotto il sole <strong>di</strong> luglio,<br />
correvamo lungo i viottoli e i sentieri…<br />
il cuore era contento, perché eravamo ragazzi,<br />
e fiorivano tante speranze nei pensieri.<br />
Mangiavamo sempre polenta… tanta polenta,<br />
perché <strong>di</strong> pietanze ce n’erano poche o non c’erano.<br />
Già alla mattina, nel latte, fresca fresca<br />
o abbrustolita, secondo come piaceva.<br />
A scuola in Castello ci mandavano con gli zoccoli,<br />
alcuni perfino con sotto un pezzo <strong>di</strong> copertone.<br />
L’astuccio <strong>di</strong> legno, la penna coi pennini<br />
stavano dentro una borsa <strong>di</strong> cartone.<br />
Portavamo calzoni corti, camicia a penzoloni,<br />
roba non proprio fatta su misura,<br />
che passava da un fratello all’altro, in successione,<br />
che si sforzava <strong>di</strong> fare la sua figura.
Abbiamo imparato presto, purtroppo a nostre spese,<br />
che la vita ai poveri non regala niente;<br />
anche se sei buono, magari senza pretese,<br />
avrai sempre da tribolare: tienilo a mente.<br />
Eravamo come gli uccellini che si accontentano<br />
<strong>di</strong> ciò che il Cielo manda giorno per giorno.<br />
Bastava l’amore, che i crucci t’addormenta<br />
e ti dà la forza per tenerti in pie<strong>di</strong>.<br />
Quando sbocconcello questi momenti con i miei scolari,<br />
mi guardano con due occhioni da stralunati.<br />
E allora mi viene un dubbio: “Ma è stato ieri,<br />
o più <strong>di</strong> cinquant’anni son già passati?!”.<br />
Segnalata<br />
Pierino Pini, Montichiari (<strong>Brescia</strong>)
LINGUA STRANIERA<br />
LEBEN<br />
Sintesi <strong>di</strong> un’essenza che può essere variamente interpretata e che va colta nello “Spirito” sostanziale in<br />
cui ciascuno crede. Andamento asciutto e corretto.<br />
THERE WATCHING ME<br />
Poesia d’amore delineata con la carica sentimentale più esigente e netta, condotta bene nella stesura e<br />
nel proseguio.<br />
LE 15 AOÛT<br />
Tema scottante quello dell’abbandono degli animali domestici durante le ferie e qui descritto “dalla<br />
parte del cane” che viene lasciato in autostrada. La poesia si presenta estrosa nella conduzione<br />
del fatto deprecabile.<br />
THE WAY TO NANCHANG<br />
Originale la trattazione, colto lo scorrimento, la poesia è buona sia in lingua inglese che in lingua<br />
italiana e si propone come gesta <strong>di</strong> lontana eco, <strong>di</strong> cui spesso la poesia si effonde.<br />
A.B.
LEBEN<br />
Ewige Geste,<br />
Licht des Bestehens,<br />
lebenslängliches Herzklopfen,<br />
Raum, Zeit... allgemeine Seltenheit?<br />
Du besitzt es<br />
gebe ihm Wert, Kraft, Nahrung, Seele und Körper,<br />
den Weg erklimmend,<br />
zum Leben führen sie Dich.<br />
VITA<br />
Eterni ospiti,<br />
luce dell’esistenza,<br />
batticuori infiniti.<br />
Spazio, tempo… rarità universali?<br />
Tu possie<strong>di</strong> questo<br />
dando forza, valore, nutrimento, Spirito e corpo<br />
salendo il sentiero<br />
verso la vita, conducono a Te.<br />
Primo premio ex-aequo<br />
Pasquale Mongillo, Morbio Inferiore (Svizzera)
THERE WATCHING ME<br />
Look into my eyes,<br />
listen to all my cries,<br />
let me be your love,<br />
give me all I need…<br />
My tender love,<br />
lyin’ in your bed,<br />
so beautiful,<br />
so innocent, you…<br />
I feel empty here<br />
far away from you;<br />
only a hundred metres<br />
seems to be miles;<br />
an hour without you<br />
seems to be years;<br />
a love without you<br />
seems to be nothing.<br />
So I open my arms,<br />
open my heart,<br />
when I see you<br />
there watching me;<br />
then I come to you,<br />
free from my chains<br />
of darkness and hate:<br />
I’ve unchained my mind.<br />
You suffocate thoughts<br />
of my useless mind;<br />
eyes wide open, and<br />
with them my mouth…<br />
You put your forefinger<br />
on my lips, softly;<br />
don’t know why, but<br />
world’s turnin’ ‘round us.<br />
When lights go down<br />
another kiss to you;<br />
a moment here alone,<br />
we and the entire world…<br />
Now you whisper<br />
into my left ear<br />
our favourite song,<br />
that made me love you…
LA’ A GUARDARE ME<br />
Guarda nei miei occhi,<br />
ascolta tutti i miei pianti,<br />
lasciami essere il tuo amore,<br />
dammi tutto quello <strong>di</strong> cui ho bisogno…<br />
Mio tenero amore,<br />
sdraiata nel tuo letto,<br />
così bella,<br />
così innocente, tu…<br />
Mi sento vuoto qui<br />
lontano da te;<br />
solo cento metri<br />
sembrano essere miglia;<br />
un’ora senza <strong>di</strong> te<br />
sembra essere anni;<br />
un amore senza <strong>di</strong> te<br />
sembra essere il nulla.<br />
Così io apro le mie braccia,<br />
apro il mio cuore,<br />
quando ti vedo<br />
là a guardare me;<br />
allora vengo da te,<br />
libero dalle mie catene<br />
<strong>di</strong> tenebra e o<strong>di</strong>o:<br />
ho slegato la mia mente.<br />
Tu soffochi i pensieri<br />
della mia inutile mente;<br />
occhi aperti selvaggi, e<br />
con loro la mia bocca…<br />
Tu metti il tuo in<strong>di</strong>ce<br />
sulle mie labbra, dolcemente;<br />
non so perché, ma<br />
il mondo sta ruotando attorno a<br />
noi…<br />
Quando le luci s’abbassano<br />
un altro bacio a te;<br />
un momento qui soli,<br />
noi e il mondo intero…<br />
Ora mi sussurri<br />
nel mio orecchio sinistro<br />
la nostra canzone preferita,<br />
che mi ha fatto innamorare <strong>di</strong><br />
te…<br />
Primo premio ex-aequo<br />
Guido Gattavari, Busto Arsizio (Varese)
LE 15 AOÛT<br />
Vivat, c’est la fête;<br />
il n’y a plus rien qui m’inquiète.<br />
Mes patrons, tous pressés,<br />
font les valises pour l’été.<br />
Extraor<strong>di</strong>naire, qu’est-ce qu’il passe ?<br />
Je vais aussi moi à Palavas !<br />
Nous montons sur la voiture<br />
et à la hate, sans ceintures.<br />
Mais le pire, je sais,<br />
il doit encore arriver.<br />
Mes patrons méchants<br />
me font descendre sur l’autoroute brûlant<br />
Je n’ai pas compris,<br />
qu’est-ce que je dois faire ?<br />
Ici, il n’y a pas la mer!<br />
Je ne peux pas courir derrière à la voiture<br />
parce que ma course n’aura pas futur<br />
J’ai un pensée qui me tourne dans la tête,<br />
je suis seul et sans affect(ion)<br />
Maintenant, j’ai compris<br />
qu’est-ce que c’est le 15 Août :<br />
un jour d’a<strong>di</strong>eu sur l’autoroute.
IL 15 AGOSTO<br />
Evviva, è festa :<br />
non c’è più niente che mi preoccupi.<br />
I miei padroni fanno<br />
<strong>di</strong> fretta le valige per l’estate.<br />
Straor<strong>di</strong>nario, cosa succede?<br />
Vado anch’io a Palavas!<br />
Saliamo sull’automobile<br />
e per la fretta senza cinture.<br />
Ma il peggio, lo so,<br />
deve ancora arrivare.<br />
I meschini dei miei padroni mi fanno<br />
scendere sull’autostrada cocente.<br />
Non ho capito,<br />
cosa devo fare?<br />
Qua non c’è il mare!<br />
Non posso correre <strong>di</strong>etro all’auto<br />
perché la mia corsa è senza speranza.<br />
Ho un pensiero che mi gira per la testa<br />
sono solo e senza affetto.<br />
Ora ho capito<br />
cos’è il 15 agosto:<br />
un giorno d’ad<strong>di</strong>o in autostrada.<br />
Segnalata<br />
Alberto Mocchiutti, Oleggio (Novara)
THE WAY TO NANCHANG<br />
Trying the way to Nanchang far<br />
the Ancienst asleep in the wall will hear you<br />
on your saddle coming,<br />
the whinnying of your horse –the bag full of tin pans<br />
the satchel of rice-paper- the cobbles on the way;<br />
you will be brother to the wind, brother to the sand<br />
when the robber who hieds into the wood,<br />
escaped from gallows<br />
will take your life and catch your things<br />
leaving you laid on dust, being a coming dust.<br />
Trying the way to Nanchang far<br />
the Counsellor of the Emperor, masked as merchant,<br />
met Death in the shape of a knife.<br />
LA VIA PER NANCHANG<br />
Lungo la via per la lontana Nanchang<br />
gli avi nelle mura dormienti ti sentiranno<br />
giungere in sella,<br />
il nitrito del cavallo -la bisaccia colma <strong>di</strong> latta<br />
la cartella <strong>di</strong> carta <strong>di</strong> riso- i ciottoli sul sentiero;<br />
fratello del vento, fratello della sabbia, tu sarai,<br />
quando il ladrone che s’asconde alla boscaglia,<br />
sfuggito alla forca<br />
prenderà la tua vita, arraffando la tua merce,<br />
lasciandoti alla polvere, una polvere ventura.<br />
Lungo la via per la lontana Nanchang<br />
il Consigliere dell’Imperatore, travestito da mercante,<br />
trovò la Morte nella forma d’un pugnale.<br />
Segnalata<br />
Paolo Veronese, Maderno (<strong>Brescia</strong>)