Scarica il sample in formato PDF - L'amore spietato
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IL LIBRO<br />
La protagonista del romanzo, Arianna, è una giovane pittrice all’apice della carriera artistica.<br />
L’<strong>in</strong>contro con l’ero<strong>in</strong>a segna la sua <strong>in</strong>term<strong>in</strong>ab<strong>il</strong>e caduta nell’estasi post-psichedelica, cui seguirà<br />
la faticosa risalita con <strong>il</strong> sostegno di Narcotici Anonimi.<br />
Una narrazione avv<strong>in</strong>cente, toccante, a tratti ironica. Un romanzo a t<strong>in</strong>te forti, dai guizzi taglienti,<br />
narrato con sguardo duro, frontale, che tuttavia sa farsi lirico quando impatta sull’amore vero,<br />
l’amore <strong>spietato</strong>.
L’AUTORE<br />
Giulio Ranzanici è nato a Brescia dove attualmente vive e lavora.<br />
Nel 1992 ha pubblicato Scritti Invisib<strong>il</strong>i, raccolta di racconti, Edizioni l’Obliquo, Brescia.<br />
Nel dicembre ’98 ha pubblicato Onde Rosse - Prose, poesie, aforismi, Proposte Editoriali, Roma.<br />
Nel 2001, Campanotto Editore <strong>in</strong> Ud<strong>in</strong>e ha pubblicato <strong>il</strong> romanzo breve Saturn<strong>in</strong>o.<br />
Di Giulio Ranzanici si possono trovare racconti, brani, stralci, poesie, aforismi e recensioni <strong>in</strong><br />
numerose pag<strong>in</strong>e di Internet.
© 2012 by Giulio Ranzanici - All Rights Reserved<br />
Lupomarao-Ebooks<br />
Via Tri<strong>in</strong>ale 34/a – 25135 Brescia<br />
book@lupomarao.com www.lupomarao.com<br />
Cover Design by Roberto Mapelli<br />
ISBN 9788890734304<br />
ISBN–A 10.978.88907343/04<br />
Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore.<br />
Riproduzione anche parziale vietata <strong>in</strong> qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza <strong>il</strong> consenso scritto dell’autore.<br />
Web www.lamore<strong>spietato</strong>.it<br />
Ema<strong>il</strong> facebook@lamore<strong>spietato</strong>.it<br />
FB www.facebook.com/lamore<strong>spietato</strong><br />
Twitter @lamore<strong>spietato</strong>
Nessun problema può essere risolto dallo stesso<br />
livello di coscienza che l’ha creato.<br />
Albert E<strong>in</strong>ste<strong>in</strong><br />
Basta volere per elevarsi.<br />
Ermete Trismegisto, Poimandres<br />
Smettere di drogarsi non ha niente a che vedere<br />
con la forza di volontà e tutto a che fare con la resa.<br />
Anonimo
A chi ha patito i morsi della dipendenza,<br />
a chi ha pagato con la vita,<br />
a chi ha trovato Narcotici Anonimi,<br />
a chi ancora sta cercando.
1)<br />
RINGRAZIAMENTI<br />
Sono profondamente grato ai membri dei Gruppi Narcotici Anonimi di Brescia e di molti altri<br />
appartenenti a Gruppi italiani e stranieri di NA, senza i quali questo libro non sarebbe venuto alla<br />
luce.<br />
Sono altresì riconoscente ai dipendenti <strong>in</strong> recupero che hanno pazientemente letto le prime bozze e<br />
che mi hanno <strong>in</strong>coraggiato a cont<strong>in</strong>uare, fornendomi nel contempo i suggerimenti appropriati. Un<br />
r<strong>in</strong>graziamento speciale a chi ha saputo trovare <strong>il</strong> coraggio di aprirsi totalmente con me,<br />
procurandomi esperienze di vita vissuta, la propria, che la mia sola immag<strong>in</strong>azione non avrebbe<br />
potuto rappresentare.<br />
Nessuno di loro viene apertamente citato perché <strong>in</strong> pubblica sede resti anonimo – non così nella<br />
mia memoria, custode di voci, volti, emozioni, e riconoscenza.<br />
La mia gratitud<strong>in</strong>e si estende a quanti al di fuori di Narcotici Anonimi hanno <strong>in</strong> qualsiasi forma<br />
caldeggiato questo libro – soprattutto leggendolo e r<strong>il</strong>eggendolo – rendendone possib<strong>il</strong>e <strong>il</strong><br />
compimento. Un r<strong>in</strong>graziamento particolare a Stefania Dal Maso, Selene Ghioni, Luciana Polliotti,<br />
Laura Ragnoli, Serena Uberti Verbrugge, Alice Zoe Ranzanici, Giacomo Enrico Ranzanici, Enrico<br />
Ranzanici, e Louis Miguel Selvelli per <strong>il</strong> sostegno concreto che ciascuna/o di loro mi ha <strong>in</strong> un modo<br />
o nell’altro pazientemente fornito.<br />
Un grazie di cuore anche a Paola Capelli, Crist<strong>in</strong>a Nava, Chiara Rusconi per avermi ardentemente<br />
sostenuto nelle mie battaglie editoriali.<br />
La stesura def<strong>in</strong>itiva del romanzo è frutto di una radicale rielaborazione delle versioni precedenti,<br />
<strong>in</strong>viate a più riprese a un editore di portata nazionale. Benché a causa dell’aggravarsi della crisi<br />
economica e f<strong>in</strong>anziaria alla f<strong>in</strong>e <strong>il</strong> romanzo non sia stato pubblicato <strong>in</strong> quella sede, desidero<br />
esprimere la mia riconoscenza ai lettori e agli editor che se ne sono occupati. Un grazie, dunque, a<br />
tutti loro per i suggerimenti e per le critiche rivelatesi preziose sia per l’elim<strong>in</strong>azione delle pag<strong>in</strong>e<br />
superflue (la prima versione era lunga esattamente <strong>il</strong> doppio di questa) sia per la revisione di non<br />
poche tra quelle rimaste.<br />
I personaggi e gli eventi narrati ne L’amore <strong>spietato</strong> non si riferiscono a alcuna persona vivente o<br />
vissuta, e qualsiasi co<strong>in</strong>cidenza è da ritenersi puramente casuale. Nondimeno l’umanità sottesa al<br />
racconto è autentica e reale, così che – per dirla con Salustio – queste cose non accaddero mai, ma<br />
sono sempre.<br />
Il Programma di Narcotici Anonimi 1 – per quanto esposto con <strong>il</strong> massimo rigore – <strong>in</strong>evitab<strong>il</strong>mente<br />
adombra la chiave <strong>in</strong>terpretativa dell’autore e asseconda le istanze di un’opera di narrativa. Nello<br />
scusarmi per le eventuali diversioni, desidero esprimere la mia più s<strong>in</strong>cera ammirazione nei<br />
confronti di chi, avendo senza colpa sperimentato l’<strong>in</strong>ferno <strong>in</strong> terra, ne è uscito solo per oggi<br />
v<strong>in</strong>citore, pronto a tendere la mano a quelli che stanno ancora lottando contro i propri demoni.<br />
La mia aspirazione – <strong>il</strong> mio desiderio – è che <strong>il</strong> racconto possa dare un contributo alla trasmissione<br />
di un messaggio di recupero possib<strong>il</strong>e a quanti ancora sono preda degli orrori della<br />
tossicodipendenza, aff<strong>in</strong>ché – se credono – possano sperimentarne la liberazione.<br />
Per <strong>in</strong>formazioni su NA <strong>in</strong> Italia e nel mondo si rimanda ai pr<strong>in</strong>cipali motori di ricerca presenti <strong>in</strong> Internet.
PROLOGO<br />
Mi chiamo Arianna e – mi è necessario scriverlo – sono una tossicodipendente. Nessuno sa cosa<br />
significhi essere la donna cattiva, la donna triste che sta dietro questi occhi azzurri. Potrei dire che<br />
sono, anzi ero, un’alchimista nera e nello stesso tempo la cavia della chimica dissennata e<br />
ab<strong>il</strong>issima che nemmeno sospettavo di essere, ma che, a conti fatti, <strong>in</strong>carnavo. Nessuno sa cosa<br />
significhi essere stata scelta per venire odiata. O almeno, così credevo f<strong>in</strong>o a nove anni, undici mesi<br />
e ventisette giorni fa.<br />
Se nella mia memoria resistono sensazioni, immag<strong>in</strong>i, f<strong>il</strong>amenti della follia di quei tempi lontani<br />
significa che essi meritano di essere riconsiderati, messi nero su bianco. Forse certe reliquie non se<br />
ne andranno, forse sono parte di me come la malattia che mi possiede, però voglio credere a chi mi<br />
ha detto che la forma scritta rallenterà la frequenza delle loro <strong>in</strong>cursioni nel mio cervello.<br />
Ormai è quasi un anno che Gherardo, la mia guida <strong>in</strong> Narcotici Anonimi, me lo ripete: Ari, se vuoi<br />
cont<strong>in</strong>uare a rimanere sobria, è ora che tu lo faccia, <strong>il</strong> tuo Quarto Passo, è ora che tu metta tutto per<br />
iscritto (dice proprio così: per iscritto con la I, e a me fa un po’ ridere), poi ci prendiamo un<br />
pomeriggio, andiamo dove vuoi tu, basta che ci sia gelato, cioccolato, pasticc<strong>in</strong>i,<br />
zuccheri, zuccheri Ari, e tu mi racconti tutto. Poi, scoppia <strong>in</strong> quella sua risata fragorosa e<br />
avvolgente, e mi abbraccia forte. La mia piccola Ari, dice, avessi vent’anni di meno, ride, non ti<br />
toccherei lo stesso, aggiunge facendosi serio, tra noi vampiri le relazioni d’amore non funzionano.<br />
Mai, ricordalo, mai e poi mai. Io lo guardo e sto zitta perché non ho niente da dire.<br />
Ora, alla vig<strong>il</strong>ia del mio decimo compleanno di pulizia da tutte le droghe alcol <strong>in</strong>cluso, mi sono<br />
presa tre giorni di pausa, miei, soltanto miei – qui, a casa, sola, senza nessuno, nemmeno Nicola,<br />
mio figlio – durante i quali scrivere gli eventi salienti di quell’epoca sconsiderata nonché di quella<br />
che l’ha seguita, chiamata la vita <strong>in</strong> recupero. Tre giorni per scrivere tutto, anzi due e mezzo,<br />
perché <strong>il</strong> pomeriggio del terzo <strong>in</strong>viterò Gherardo a casa mia, lo riempirò di dolci, di zuccheri, di<br />
gianduiotti e di un marasma di parole, poi andremo al gruppo <strong>in</strong>sieme per festeggiare con tutti gli<br />
altri i miei dieci anni di pulizia con un marasma di parole, di zuccheri e di dolci.<br />
Ho <strong>in</strong>contrato Gherardo – <strong>il</strong> mio sponsor, nel lessico di Narcotici Anonimi – alla mia prima<br />
riunione. Qualche membro del gruppo, a spizzichi e bocconi, mi ha raccontato la sua vita<br />
travagliata, che con <strong>il</strong> passare del tempo ho potuto ricostruire pressoché <strong>in</strong>tegralmente grazie alle<br />
confidenze dello stesso Gherardo. Ultimo genito di una famiglia tra le più antiche dell’aristocrazia<br />
tor<strong>in</strong>ese, drogato e alcolizzato f<strong>in</strong> dall’adolescenza, quando raggiunse l’età adulta venne messo alle<br />
strette dal padre, che sotto ricatto economico gli impose <strong>il</strong> proprio concetto di normalità,<br />
<strong>in</strong>timandogli di conseguire una laurea e di crearsi una famiglia. Gherardo fece buon viso a cattivo<br />
gioco, laureandosi <strong>in</strong> legge <strong>in</strong> quattro anni, sposandosi <strong>in</strong> chiesa l’anno dopo e triplicando nel corso<br />
di carriera e matrimonio <strong>il</strong> consumo di alcol e droghe. Intorno alla metà degli anni Settanta la<br />
moglie perse la vita <strong>in</strong> un <strong>in</strong>cidente stradale, lasciandolo solo con Aurelia, la loro unica figlia, nata<br />
tre anni prima. In seguito allo shock, Gherardo cercò di dare una svolta alla sua esistenza<br />
allontanandosi da Tor<strong>in</strong>o per trasferirsi con Aurelia nel castello di famiglia che dom<strong>in</strong>a Adro, <strong>in</strong><br />
Franciacorta, castello che <strong>il</strong> padre, <strong>in</strong> un moto di pietà nei confronti della nipot<strong>in</strong>a e di esasperazione<br />
verso <strong>il</strong> figlio, acconsentì a metter loro a disposizione. Superata la quarant<strong>in</strong>a, Gherardo si imbatté<br />
nel gruppo locale di Alcolisti Anonimi, grazie al quale <strong>in</strong> capo a pochi mesi si riab<strong>il</strong>itò da alcol e<br />
droghe. Qualche anno più tardi fondò a Brescia <strong>il</strong> gruppo di NA che tuttora entrambi frequentiamo.<br />
Oggi scrive saggi esoterici a carattere divulgativo e <strong>il</strong> suo ultimo libro – Il recupero del cuore – ha<br />
ottenuto un discreto successo. Ne avrebbe avuto di più se le tematiche fossero all<strong>in</strong>eate al f<strong>il</strong>one<br />
New Age, ma Gherardo è un uomo serio. Il suo sapere abbraccia svariati campi come la fisica<br />
quantistica, la cosmologia, l’astronomia, l’antropologia, l’alchimia, la letteratura, la musica e le arti<br />
figurative. Dice di non aver mai studiato tanto – nemmeno all’università – quanto negli anni del
ecupero. L’esoterismo, quello vero, lo appassiona e lui lo rende appassionante per i suoi lettori.<br />
Una volta, scherzando, mi ha detto: la New Age mi fa cagare, tranne che dal punto di vista<br />
f<strong>in</strong>anziario perché provo una specie di ammirazione per i bus<strong>in</strong>ess <strong>in</strong>cruenti e truffald<strong>in</strong>i. Grazie al<br />
cielo – ha sorriso – io non ho bisogno di imbrogliare nessuno.<br />
Pur essendo facoltoso, Gherardo ha la rara dote di non ostentarlo: è ricco e basta. Nemmeno per<br />
merito personale, l’ho sentito dire una volta <strong>in</strong> risposta a un ragazzo, nuovo-venuto al gruppo, che<br />
dopo averlo coperto di <strong>in</strong>sulti gli aveva dato del vecchio ricco sfondato. Franco, <strong>il</strong> ragazzo, era al<br />
suo secondo giorno di ast<strong>in</strong>enza da coca<strong>in</strong>a, o almeno così aveva detto durante la riunione. Aveva<br />
un cera verdognola, color latte-menta, si torceva le dita f<strong>in</strong>o a farle scrocchiare e appariva scosso da<br />
un tremito cont<strong>in</strong>uo che lo costr<strong>in</strong>geva a spostare repent<strong>in</strong>amente <strong>il</strong> baricentro da una gamba<br />
all’altra. Poi, all’improvviso, si era messo a gridare mitragliando l’aria con raffiche di frasi<br />
smozzicate e senza senso, <strong>in</strong>farcite di bestemmie e parolacce. Noi del gruppo eravamo tutti lì, sotto<br />
<strong>il</strong> portico a fumare dopo la riunione, e qualcuno aveva cercato di calmarlo, <strong>il</strong> ragazzo, anche per<br />
rispetto dei vic<strong>in</strong>i, dato che erano le undici di sera. Ma Franco, anzi la sua malattia, era irremovib<strong>il</strong>e<br />
nella sua sete di distruzione. Qualcuno aveva m<strong>in</strong>acciato di prenderlo a pugni, noi ragazze eravamo<br />
<strong>in</strong>tervenute per calmare questi qualcuno, e <strong>il</strong> risultato era stato che tutti e tutte urlavamo per<br />
calmarci l’un l’altra.<br />
A questo punto Gherardo, che era già salito sulla moto, è smontato di sella e ignorando <strong>il</strong> gruppo si<br />
è rivolto a Franco con voce calma e risoluta.<br />
“Posso aiutarti?”<br />
“Vaffanculo.”<br />
“No, stasera preferisco parlare con te.”<br />
Noi siamo scoppiati a ridere: Gherardo è bisessuale, ma Franco non lo poteva sapere, perciò ci<br />
squadrava torvo, con aria di sfida. Gherardo ci ha ammonito con uno sguardo severo, penetrante.<br />
Stava cercando di aiutare Franco, di aiutare tutti noi, che ci eravamo zittiti per non perderci lo<br />
spettacolo.<br />
“Vaffanculo, vecchio bastardo. Sei ricco sfondato, me l’hanno detto cosa credi? E viene qui a<br />
predicare.”<br />
È stato allora che Gherardo ha detto: nemmeno per merito personale.<br />
“Hai ragione, sono vecchio, sono un bastardo, e sono ricco sfondato. Nemmeno per merito<br />
personale. Bastardi si nasce. Quanto al resto, <strong>il</strong> tempo è passato e sono diventato vecchio, <strong>il</strong> tempo è<br />
passato, i miei sono morti, ho ereditato e sono diventato ricco sfondato.”<br />
Poi, nel s<strong>il</strong>enzio che è seguito, ha aggiunto:<br />
“Ora mi sentirei meglio se tu ti sentissi un po’ meglio. Tu, per noi, sei la persona più importante.”<br />
A quel punto sarebbe stato bello se Franco avesse sentito ciò che tutti noi avevamo sentito. Forse<br />
però non era pulito, come <strong>in</strong> riunione ci aveva detto di essere. Forse non era vero che era passato da<br />
c<strong>in</strong>que grammi di coca al giorno all’ast<strong>in</strong>enza totale <strong>in</strong> due soli giorni. Doveva essere imbottito di<br />
droga, perciò si era comportato come un pazzo.<br />
Ma dopo le parole di Gherardo, adesso taceva. Noi lo guardavamo ammutoliti, <strong>in</strong> attesa. Franco si<br />
è limitato a sogghignare, ha girato i tacchi e borbottando qualcosa di <strong>in</strong>comprensib<strong>il</strong>e se n’è andato<br />
a testa bassa prendendo a calci una latt<strong>in</strong>a.<br />
Poco dopo Gherardo ha detto qualcosa come: fa freddo qui, che ne dite di andare <strong>in</strong> tisaneria,<br />
hanno dei nuovi biscotti niente male. Poi ha aggiunto: questo ragazzo tornerà, io ho impiegato<br />
vent’anni per smettere, Franco tornerà. Adesso andiamo che si gela.
PRIMO GIORNO<br />
Prima della miseria e della desolazione, prima del tempo <strong>in</strong> cui – pochi – sopravvivemmo<br />
boccheggiando per branchie, vi fu un’epoca di <strong>il</strong>lusione grandiosa per gli esemplari di una razza<br />
oscura e violenta, alla quale mi fu dato <strong>in</strong> sorte di appartenere <strong>in</strong> questa vita splendente e dannata, <strong>in</strong><br />
questa vita comune e fuori del comune come la vita di tutti.<br />
Quell’epoca precede di diverse lunghezze l’attentato alle Torri Gemelle, <strong>il</strong> crollo del Muro di<br />
Berl<strong>in</strong>o, Il cielo sopra Berl<strong>in</strong>o, Noi, i ragazzi dello zoo di Berl<strong>in</strong>o, e co<strong>in</strong>cide con <strong>il</strong> culm<strong>in</strong>e del<br />
Rock Progressivo, <strong>il</strong> rock di matrice s<strong>in</strong>fonico-barocca, che accelerò la fuga di molti cervelli dopati<br />
nei reami limitrofi dell’estasi psichedelica, del misticismo fiabesco e della paranoia.<br />
Anni dopo, i sopravvissuti la chiamarono l’epoca degli aghi lucenti.<br />
Gherardo F***, Il recupero del cuore (2007), p. 1
1.<br />
Nell’autunno del 1977, quando le organizzazioni di narcotrafficanti <strong>in</strong>ternazionali e le reti di<br />
spacciatori locali, con una manovra magistralmente concertata, fecero sparire per la seconda volta<br />
<strong>in</strong> tre anni hashish e marijuana dalle piazze di tutta Italia per immettere sul mercato, <strong>in</strong> loro<br />
sostituzione e a prezzi stracciati, tha<strong>il</strong>andese bianca pura al 76%, oltre vent’anni prima di approdare<br />
a Narcotici Anonimi, <strong>in</strong>iziai a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Brera. La scelta era stata <strong>in</strong><br />
massima parte frutto delle pressioni dei miei genitori, specialmente di mia madre, conv<strong>in</strong>ta che <strong>il</strong><br />
diploma di maturità artistica e <strong>il</strong> talento di cui la natura mi aveva abbondantemente dotato –<br />
consentendomi di guadagnare con la vendita dei miei quadri cifre da capogiro per <strong>il</strong> portafoglio di<br />
un’adolescente – non fossero sufficienti a fornire alla figlia di un presidente di banca uno status<br />
sociale adeguato alla posizione del padre.<br />
“Fallo per me” aveva detto papà una sera di settembre <strong>in</strong> cui ero andata a cena da loro, dopo che<br />
mamma era salita <strong>in</strong> camera perché le scoppiava la testa. “Tua madre è fatta così” aveva sospirato,<br />
e io mi ero chiesta se <strong>il</strong> suo essere fatta così avesse a che vedere con la testa che le scoppiava ogni<br />
c<strong>in</strong>que m<strong>in</strong>uti oppure con quello che mi diceva quando mi confrontava con Virg<strong>in</strong>ia, la figlia che<br />
aveva avuto prima di me, della quale non era consentito pronunciare <strong>il</strong> nome.<br />
“Tua sorella ci sarebbe andata senza tante storie” attaccava ogni volta mia madre.<br />
“Tu che ne sai di cosa avrebbe fatto mia sorella?” dicevo.<br />
“Non provare a <strong>in</strong>fangare la sua memoria” r<strong>in</strong>ghiava lei.<br />
“Senti, mamma” tentavo io, conc<strong>il</strong>iante.<br />
“Non voglio ascoltare una parola <strong>in</strong> più, mi scoppia la testa” urlava lei avviandosi rigidamente su<br />
per le scale. Ogni volta così.<br />
E ora papà mi aveva chiesto di farlo per lui, di frequentare l’accademia per amor suo.<br />
“Se non lo farai, mi renderà la vita impossib<strong>il</strong>e” sospirò desolato.<br />
“Io per voi non conto niente.”<br />
“Non parlare così. Sai quanto ti stimiamo.”<br />
“Stimiamo?”<br />
“Ari, per me sei brava, bravissima. E a diciannove anni sei quasi più ricca di me” sorrise, tentando<br />
di metterla sul ridere.<br />
Non dissi niente, né risi o sorrisi: non c’era niente da dire, niente per cui valesse la pena ridere o<br />
sorridere. C’era del vero, però. Anche se ero <strong>in</strong>f<strong>in</strong>itamente meno abbiente di lui, per <strong>il</strong> mio<br />
diciottesimo mi ero <strong>in</strong>testata una casa, comprata con i miei guadagni, un’impresa di cui essere fieri:<br />
un appartamento-studio nel cuore di Brescia, a distanza di sicurezza da dove vivevano loro, da dove<br />
viveva mia madre.<br />
“A me non importa che tu vada all’accademia. Ma se non lo farai, mi renderà la vita un <strong>in</strong>ferno.<br />
Per favore, Arianna…” scosse la testa papà. Era un uomo risoluto, un uomo di potere, tranne<br />
quando c’era di mezzo la cocciutagg<strong>in</strong>e di sua moglie.<br />
“D’accordo, ci andrò.”<br />
Mio padre si <strong>il</strong>lum<strong>in</strong>ò.<br />
“Ma lo faccio per te, non per lei” dissi caricando <strong>il</strong> lei di sordo furore. “E non prometto niente. Ci<br />
resterò f<strong>in</strong>ché riuscirò.”<br />
Frequentai per due mesi scarsi, dalla f<strong>in</strong>e di ottobre a poco dopo la metà di dicembre.<br />
Andavo alle lezioni di malavoglia, un paio di volte la settimana sì e no, dopo aver dormicchiato sul<br />
diretto Brescia-M<strong>il</strong>ano e essermi trasc<strong>in</strong>ata dalla Stazione Centrale all’accademia, stordita dagli<br />
effetti della rituale canna mattut<strong>in</strong>a che fumavo al risveglio sorseggiando caffè. L’improvvisa<br />
irreperib<strong>il</strong>ità di cannab<strong>in</strong>oidi per <strong>il</strong> momento non mi toccava, dato che potevo contare sulle<br />
abbondanti provviste che io, Loris e Mia avevamo accaparrato durante l’estate, <strong>in</strong> gran parte<br />
trascorsa <strong>in</strong>sieme a Amsterdam. All’accademia arrivavo <strong>in</strong> ritardo, <strong>in</strong> uno stato di <strong>in</strong>tontimento, di<br />
regola reso più <strong>in</strong>tenso da una seconda canna, fumata nei bagni, appena prima del mio <strong>in</strong>gresso <strong>in</strong><br />
aula. A differenza dei miei compagni, tesi f<strong>in</strong>o allo spasmo dalla smania di emergere – di trovare,
attraverso <strong>il</strong> riconoscimento artistico, una conferma al proprio traballante valore –, non nutrivo quel<br />
genere di aspettative, poiché sotto questo prof<strong>il</strong>o mi ritenevo appagata e forse lo ero. Così, stordita<br />
dal fumo e nel contempo animata da ciò che percepivo come un’<strong>in</strong>contestab<strong>il</strong>e superiorità nei<br />
confronti dell’accademia e del mondo <strong>in</strong>tero, tracciavo sul foglio qualche l<strong>in</strong>ea a matita oppure,<br />
ut<strong>il</strong>izzando direttamente <strong>il</strong> pennello, tra lo sbigottimento dei professori e la malcelata <strong>in</strong>vidia degli<br />
studenti, ultimavo e consegnavo <strong>il</strong> lavoro <strong>in</strong> meno di un’ora. Uscivo, di solito per andare a<br />
ubriacarmi nella penombra di un’enoteca maleodorante dai tavoli scuri e massicci, istoriati di scritte<br />
oscene e maldestri graffiti. Mi piacevano i v<strong>in</strong>i pastosi come l’Aleatico, che nutriva <strong>il</strong> mio stomaco<br />
vuoto di mezza matt<strong>in</strong>a, o come la Malvasia, <strong>il</strong> Bacio e altri passiti di cui ho scordato <strong>il</strong> nome, che si<br />
mescolavano liquorosi nelle viscere, addolcivano <strong>il</strong> cuore, e mi <strong>in</strong>fondevano un senso di pace,<br />
ipnotica e triste. Trangugiavo parecchi bicchieri perché, a parte quella smorzata mal<strong>in</strong>conia, con<br />
l’alcol – con molto alcol <strong>in</strong> corpo – riuscivo a non sentire più niente.<br />
All’accademia restai f<strong>in</strong>o alle feste di Natale, allorché partii per Cort<strong>in</strong>a con Loris e Mia, e dopo di<br />
allora a Brera non misi più piede. Il denaro rimastomi dopo l’acquisto dello studio e la destrezza di<br />
Loris, applicata alla ricchezza che qui trasuda anche dalle pietre – come diceva lui –, ci fornivano<br />
tutto quello di cui avevamo bisogno e molto, molto di più. Non per niente a Brescia lo<br />
chiamavano <strong>il</strong> conte, come <strong>il</strong> personaggio di Alan Ford, quello che correva fuori dai negozi con<br />
qu<strong>in</strong>tali di mercanzie rubate tra le braccia.<br />
Le vacanze <strong>in</strong>vernali si protrassero f<strong>in</strong>o a primavera <strong>in</strong>oltrata. In tutti quei mesi, non sciammo una<br />
volta, tuttavia non c’era giorno <strong>in</strong> cui la Jaguar di Loris non fosse carica di sci raccolti con la<br />
dis<strong>in</strong>voltura di chi coglie girasoli fuori dagli alberghi, ai piedi delle piste, dai portapacchi delle<br />
automob<strong>il</strong>i <strong>in</strong> sosta. Dato che era prudente non esibirli, gli sci viaggiavano <strong>in</strong> macch<strong>in</strong>a, <strong>in</strong>sieme a<br />
noi, ostacolando i movimenti e <strong>il</strong> cambio delle marce. Dagli sci si staccava sempre un po’ di neve<br />
che cadeva sui sed<strong>il</strong>i e presto si scioglieva formando pozze d’acqua gelida che ci bagnava <strong>il</strong> sedere.<br />
Un giorno Loris rimediò all’<strong>in</strong>conveniente rubando a una comitiva con bamb<strong>in</strong>i tre piccoli bob di<br />
plastica, che per qualche giorno adoperammo a mo’ di cusc<strong>in</strong>i supplementari. Ma si rivelarono<br />
scomodi, e un matt<strong>in</strong>o Loris, senza nemmeno fermare la macch<strong>in</strong>a, se ne liberò gettandoli dal<br />
f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>o nella pista da bob che costeggiava la strada. Lì devono stare, disse, quello è <strong>il</strong> loro posto.<br />
Io e Mia li vedemmo scivolare sulla neve: punti rossi subito <strong>in</strong>ghiottiti dalle curve paraboliche. Poi<br />
ci scambiammo uno sguardo perplesso: non era da Loris fare gesti <strong>in</strong>consulti.<br />
Le razzie di sci avvenivano di giorno, tra l’una e le due, quando gli sciatori si fermavano per <strong>il</strong><br />
pranzo. Questo era <strong>il</strong> nostro secondo lavoro. Il primo era notturno e si svolgeva nelle discoteche: io<br />
e Mia facevamo da polo di attrazione <strong>in</strong> pista per gli occhi masch<strong>il</strong>i e per molti occhi femm<strong>in</strong><strong>il</strong>i<br />
carichi di rabbia e gelosia. Indossavamo jeans att<strong>il</strong>lati, tagliati alle g<strong>in</strong>occhia e sotto le natiche,<br />
oppure m<strong>in</strong>igonne <strong>in</strong>gu<strong>in</strong>ali. Spesso ballavamo avv<strong>in</strong>ghiate, <strong>in</strong>scenando pose erotiche e baciandoci<br />
con la l<strong>in</strong>gua. Il conte <strong>in</strong>tanto si dava da fare: pellicce portate ai tavoli per essere esibite f<strong>in</strong>o<br />
all’ultimo e poi sbadatamente abbandonate sui divani, accend<strong>in</strong>i (soprattutto Dupont e Dunh<strong>il</strong>l),<br />
borsette, borselli da uomo, e pers<strong>in</strong>o pacchetti di sigarette.<br />
Bisogna prendere tutto quello che la vita ha da offrire, diceva poi, scaricando <strong>il</strong> bott<strong>in</strong>o nel baule<br />
della Jaguar parcheggiata fuori, dove ci precipitavamo dopo aver lasciato <strong>il</strong> locale a un suo segnale.<br />
Il cenno ce lo dava a bordo pista, <strong>in</strong>f<strong>il</strong>andosi le mani <strong>in</strong> tasca, dove stava con <strong>il</strong> cappotto già<br />
<strong>in</strong>dossato e una sigaretta tra i denti. Il cappotto era color cammello, fuori moda ma elegante, e per<br />
quanto fosse ampio e lungo, non si capiva come potesse accogliere tante cose e nasconderle <strong>in</strong><br />
modo così perfetto. Doveva essere per via della sua ab<strong>il</strong>ità <strong>in</strong>nata, un dono naturale sim<strong>il</strong>e a quello<br />
dei prestigiatori. Un’altra dote che lo caratterizzava era la sua misteriosa capacità di convertire, <strong>in</strong><br />
tempi brevissimi, la refurtiva <strong>in</strong> denaro. Arrivati a casa, Loris apriva <strong>il</strong> baule e ci consegnava denaro<br />
e gioielli avventatamente lasciati nelle borsette, con l’avvertimento di non <strong>in</strong>dossarli a Cort<strong>in</strong>a, se<br />
non <strong>in</strong> casa, magari nude, aggiungeva con un sorriso ammiccante. Poi spariva con <strong>il</strong> baule pieno di<br />
borsette, borselli e pellicce per ricomparire un paio d’ore dopo con un mazzo di banconote.<br />
Bisogna festeggiare, diceva stappando una bottiglia di Moët & Chandon o di Veuve Clicquot. Ari,<br />
rolla una canna; Mia, mio amor, com<strong>in</strong>cia a spogliarti, ord<strong>in</strong>ava. Noi eseguivamo: Loris era
conv<strong>in</strong>cente, pers<strong>in</strong>o risoluto dietro <strong>il</strong> suo fare da lacché, e con l’aiuto dell’alcol, del fumo e magari<br />
di un paio di acidi, fare sesso a tre ci sembrava la cosa più naturale del mondo.<br />
2.<br />
Una fredda notte di marzo, dopo aver ripulito l’ennesima discoteca, Loris si <strong>in</strong>erpicò per una<br />
strada secondaria fuori Cort<strong>in</strong>a. Nevicava fitto, una neve asciutta, granulosa, che sotto la sp<strong>in</strong>ta del<br />
tergicristallo rimbalzava come polistirolo dal parabrezza della Jaguar. I pendii più vic<strong>in</strong>i erano<br />
avvolti <strong>in</strong> una luce lunare, azzurrata; le sagome ondeggianti degli abeti carichi di neve tendevano<br />
all’<strong>in</strong>daco, come se quella nevicata avvenisse sul fondale di un lago <strong>in</strong> cui si agitavano alghe<br />
imponenti e bluastre. Osservavo <strong>il</strong> paesaggio estasiata, ripromettendomi di rimettere mano ai<br />
pennelli al più presto, immag<strong>in</strong>ando di arricchire la scena con una Venere sbocciata non dalla<br />
schiuma del mare ma da una coltre di neve azzurrata.<br />
“Ti piace qui?” ruppe l’<strong>in</strong>canto Loris rivolgendosi a Mia, mentre fermava la macch<strong>in</strong>a.<br />
“Sì, lascia i fari accesi.”<br />
“Ovvio. Tutto pronto?” Loris tirò di scatto <strong>il</strong> freno a mano.<br />
“Sono <strong>in</strong> borsa. Preparate <strong>in</strong> bagno mentre ti davi da fare con le pellicce. Dobbiamo solo farcele.<br />
Arianna non ti scoccia, vero?”<br />
“C’è qualcosa che dovrei sapere?”<br />
“Meglio non dire” canticchiò <strong>il</strong> conte, facendo <strong>il</strong> verso a Pensiero Stupendo di Patti Pravo, <strong>il</strong><br />
soundtrack del nostro trio. Mia lo accompagnò (si potrebbe trattare di bisogno d’amore) mentre<br />
scendevano dalla macch<strong>in</strong>a <strong>in</strong>curanti della neve che cont<strong>in</strong>uava a cadere. Io restai dov’ero, al centro<br />
del sed<strong>il</strong>e posteriore, ancora protesa <strong>in</strong> avanti per parlare con loro. Sotto la luce dei fari Mia frugò<br />
nella borsetta e porse a Loris due sir<strong>in</strong>ghe già cariche.<br />
“Prima tu, prima tu, mio amor” disse lui.<br />
Mia si sf<strong>il</strong>ò la pelliccia e la gettò sul cofano, qu<strong>in</strong>di si slacciò i jeans e li calò f<strong>in</strong>o alle g<strong>in</strong>occhia,<br />
esibendo quelle sue cosce lunari, lunghe e lisce come zanne. Poi abbassò le mutand<strong>in</strong>e e, f<strong>in</strong>gendo<br />
di non averne l’<strong>in</strong>tenzione, mi mostrò la fessura dep<strong>il</strong>ata. Intanto Loris, cont<strong>in</strong>uando a<br />
canticchiare, le saltellava attorno cercando <strong>il</strong> punto giusto, con fare da maggiordomo zelante.<br />
Teneva la sir<strong>in</strong>ga tra pollice e <strong>in</strong>dice, e <strong>il</strong> mignolo alzato, leggermente ricurvo. Alla f<strong>in</strong>e smise di<br />
sgambettare e fece quello che doveva. Poi si scambiarono i ruoli, e Mia assunse quello<br />
dell’<strong>in</strong>fermiera perversa: ancora nuda dall’ombelico alle g<strong>in</strong>occhia, si passò la sir<strong>in</strong>ga sul ventre,<br />
scese alle grandi labbra e fece un gesto lascivo, come a stuzzicarsi. Poi addentò <strong>il</strong> tappo di<br />
protezione, abbassò i pantaloni di Loris, e gli piantò l’ago <strong>in</strong> una natica, sfoggiando consumata<br />
professionalità.<br />
Poco dopo risalirono <strong>in</strong> macch<strong>in</strong>a e si accesero vicendevolmente una sigaretta con affettata<br />
amab<strong>il</strong>ità. Tra sbuffi di fumo presero a baciarsi e a strusciarsi, f<strong>in</strong>ché Loris con una mano posata<br />
sulla coscia pallida di Mia si girò a guardarmi.<br />
“Dammi un bacio, Ari, lo sai che amo anche te. Dammi un bacio, dai. Anzi, baciatevi voi due.”<br />
“No, stasera, no. Andiamo a casa” dissi.<br />
Li odiai, quella sera. Erano così diversi, così lontani, così <strong>in</strong>differenti. Giunti a casa, non avevamo<br />
nemmeno scaricato la Jaguar. Lo facciamo domani, aveva detto Loris aprendo la porta. Ma come?<br />
avevo protestato, alla luce del giorno? Lui era entrato senza rispondere, e Mia mi era scivolata<br />
accanto lanciandomi dalla soglia un sorriso di superiorità. Perché non me l’avevano detto? Non<br />
c’erano segreti tra noi, perché non dirmi anche dell’ero<strong>in</strong>a?<br />
Sprofondata <strong>in</strong> poltrona, li guardavo <strong>in</strong> cagnesco: due automi abbracciati sul divano, due<br />
manich<strong>in</strong>i abbrustoliti dal fuoco, che godevano a ignorarmi. Di tanto <strong>in</strong> tanto sembravano rianimarsi<br />
per scambiarsi un sorriso d’<strong>in</strong>tesa e br<strong>in</strong>dare a Veuve Clicquot. Mi rannicchiai sulla poltrona
portando le g<strong>in</strong>occhia sotto <strong>il</strong> mento. Lentamente presi a rollarmi una canna che non gli avrei<br />
passato, che mi sarei fumata da sola, f<strong>in</strong>o al cartone.<br />
“Cos’hai, Ari?” disse a un tratto Loris, ostentando un sorriso candido.<br />
“Niente, cosa vuoi che abbia?”<br />
“È una brutta storia, volevamo tenerti fuori.”<br />
“Per questo vi siete fatti davanti a me? Perché è una brutta storia?”<br />
“È brutta ma bellissima. Ti consiglio di non provare” miagolò Mia.<br />
“E questa brutta, bellissima storia da quanto tempo va avanti?” domandai.<br />
“Non molto” disse Loris.<br />
“E perché non me l’avete detto? Magari poteva <strong>in</strong>teressare anche a me.”<br />
“Stiamo cercando di smettere.”<br />
“Dimmi la verità, Mia” dissi “da quanto va avanti?”<br />
“Due mesi” fece lei.<br />
“Un mese” dichiarò lui.<br />
“A chi devo credere?”<br />
“A tutti e due” sorrise Loris. “Due mesi dal primo sniffo, un mese dalla prima pera” precisò. Non<br />
faceva una piega.<br />
“Perché nel culo?” chiesi.<br />
“Perché vogliamo smettere, te l’ho già detto” rispose Mia.<br />
“Stasera è stata la prima volta per via <strong>in</strong>tramuscolare. Poi torneremo agli sniffi e alla f<strong>in</strong>e<br />
smetteremo del tutto” dichiarò Loris con fare sicuro.<br />
“E che differenza fa?” domandai.<br />
“Per via <strong>in</strong>tramuscolare non senti <strong>il</strong> flash, poi però lo sballo è uguale. Il vantaggio è che dà meno<br />
assuefazione e che non restano segni” disse Loris <strong>in</strong> tono professionale.<br />
“Sì, e lo svantaggio è che ne serve <strong>il</strong> doppio” fece Mia.<br />
“E chissenenfrega!” disse Loris. “I soldi non sono un problema.”<br />
“Ne avete ancora?” chiesi. Avevo la gola secca, ma sapevo che non era per via della canna.<br />
“Sì” disse Loris.<br />
“No” disse Mia.<br />
“A chi devo credere questa volta, brutti stronzi?” dissi, mettendo un’<strong>in</strong>tonazione di falsa tenerezza<br />
sulla parola stronzi.<br />
“A tutt’e due” disse Loris. “Ne abbiamo ancora un po’ per domani, perciò non ne abbiamo adesso<br />
per te, se è questo che volevi sapere. Comunque, se vuoi un consiglio, non com<strong>in</strong>ciare.”<br />
“E chi ha detto che voglio com<strong>in</strong>ciare?” borbottai.<br />
“A Cort<strong>in</strong>a non se ne trova, noi domani facciamo un salto a Brescia, vuoi venire?” chiese Mia con<br />
aria distratta.<br />
“No, sto qui a stirarvi le camicie… È davvero così bello, Mia?”<br />
“Di più, Ari, di più. In vena poi…”<br />
In vena mai, mi ripetei tutta la notte cercando <strong>in</strong>ut<strong>il</strong>mente di prendere sonno. In vena mai.