il distretto bellunese dell'occhiale - Fondazione Fiera Milano
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6ENCICLOPEDIA<br />
DELLE ECONOMIE<br />
TERRITORIALI<br />
IL DISTRETTO<br />
BELLUNESE<br />
DELL’OCCHIALE<br />
Leadership mondiale<br />
e fine del <strong>distretto</strong>?<br />
a cura di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto<br />
QUADERNI FONDAZIONE FIERA MILANO<br />
LIBRI SCHEIWILLER
La produzione mondiale di occhiali e lenti vale 10<br />
m<strong>il</strong>iardi di euro e l’Italia con 2.774 m<strong>il</strong>ioni di fatturato è<br />
<strong>il</strong> primo produttore mondiale, con una quota pari al<br />
27% del totale; quota che sale però oltre <strong>il</strong> 70% per<br />
quanto riguarda <strong>il</strong> segmento lusso e a più del 50% per<br />
i brand prodotti su licenza nel mondo (Anfao, 2007).<br />
Un apparato produttivo di circa 1.050 imprese che<br />
occupano complessivamente 18.500 lavoratori (17,6<br />
addetti è la dimensione media di impresa) per un totale<br />
di 82 m<strong>il</strong>ioni di paia di occhiali prodotti nell’ultimo<br />
anno, di cui poco oltre 52 m<strong>il</strong>ioni sono occhiali da sole.<br />
Il <strong>distretto</strong> dell’occhiale di Belluno copre circa l’80%<br />
della produzione nazionale con 606 imprese, 11.660<br />
addetti, 1,5 m<strong>il</strong>iardi di fatturato complessivo; in questo<br />
territorio sono presenti le quattro grandi imprese, leader<br />
del mercato mondiale.<br />
Il taglio complessivo della presente ricerca si discosta<br />
parzialmente dallo schema ricorrente sv<strong>il</strong>uppato nelle<br />
precedenti monografie dell’Enciclopedia delle Economie<br />
Territoriale, non potendo non tenere conto che <strong>il</strong><br />
comparto dell’occhiale è un caso emblematico di forte<br />
successo aziendale che sta modificando, ancor più di<br />
altri sistemi produttivi locali, la radice territoriale che ha<br />
dato origine al fenomeno.<br />
Il Progetto dell’Enciclopedia delle Economie Territoriali<br />
nasce dall’attività istituzionale dell’Area Studi Sv<strong>il</strong>uppo<br />
e Formazione di <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano. Da<br />
anni impegnata in attività di ricerca in campo economico,<br />
territoriale e sociale, promuove e diffonde la cultura<br />
dello scambio. Dalle analisi di settore sul core business<br />
fieristico e congressuale alle analisi dei sistemi<br />
produttivi italiani, per fornire alla comunità economica<br />
spunti di riflessione originali.<br />
Al fine di sostenere la mission di <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano,<br />
l’Area è inoltre impegnata in progetti di sv<strong>il</strong>uppo sul<br />
territorio che circonda <strong>Fiera</strong>m<strong>il</strong>ano – Rho e nella realizzazione<br />
di azioni di natura formativa delle professionalità<br />
dell’intera f<strong>il</strong>iera fieristica.
6ENCICLOPEDIA<br />
DELLE ECONOMIE<br />
TERRITORIALI<br />
QUADERNI FONDAZIONE FIERA MILANO
6ENCICLOPEDIA<br />
DELLE ECONOMIE<br />
TERRITORIALI<br />
QUADERNI FONDAZIONE FIERA MILANO<br />
IL DISTRETTO<br />
BELLUNESE<br />
DELL’OCCHIALE<br />
Leadership mondiale<br />
e fine del <strong>distretto</strong>?<br />
a cura di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto<br />
LIBRI SCHEIWILLER
Enciclopedia delle Economie Territoriali, vol. 5<br />
supplemento a Quaderni di <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano<br />
n° 13, anno VIII, giugno 2008<br />
Proprietario: <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano<br />
Largo Domodossola 1, 20145 M<strong>il</strong>ano<br />
Tel. 02/499771<br />
www.fondazionefieram<strong>il</strong>ano.it<br />
www.fieram<strong>il</strong>anoedintorni.it<br />
Direzione editoriale: Libri Scheiw<strong>il</strong>ler,<br />
24 ORE Motta Cultura srl, M<strong>il</strong>ano<br />
www.mottaeditore.it<br />
www.librischeiw<strong>il</strong>ler.it<br />
Direttore responsab<strong>il</strong>e: Paola Ambrosino<br />
Direttore Enciclopedia delle Economie Territoriali: Enrica Baccini<br />
6° volume: Il <strong>distretto</strong> <strong>bellunese</strong> dell’occhiale<br />
Direzione scientifica: Alberto Bramanti e Mario A. Maggioni<br />
Autore: Francesca Gambarotto<br />
Coordinamento scientifico: Antonia Ventura Kleissl<br />
Coordinamento di redazione: Ersinija Galin, Andrea Lovati<br />
Credits<br />
Fotografie Archivio Storico <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano: pp. 8, 10, 18-19, 50-51,<br />
76-77, 112-113, 142-143<br />
Foto di Copertina:<br />
Elaborazione fotografie Archivio Storico <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano<br />
© <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano, 2009<br />
Pubblicazione registrata presso <strong>il</strong> Tribunale di M<strong>il</strong>ano,<br />
n. 680 del 30 novembre 2001<br />
6ENCICLOPEDIA<br />
DELLE ECONOMIE<br />
TERRITORIALI<br />
QUADERNI FONDAZIONE FIERA MILANO<br />
IL DISTRETTO<br />
BELLUNESE<br />
DELL’OCCHIALE<br />
Leadership mondiale<br />
e fine del <strong>distretto</strong>?<br />
9 Premessa<br />
di Enrica Baccini<br />
11 Presidio dei mercati e canali distributivi<br />
proprietari<br />
di Alberto Bramanti<br />
1 Opportunità e minacce dell’attuale contesto<br />
2 Gli andamenti lusinghieri del comparto occhiale<br />
3 Le chiavi di lettura della ricerca<br />
21 CAPITOLO 1<br />
Tra creatività produttiva e creazione<br />
di nuovi simboli di consumo<br />
di Francesca Gambarotto<br />
1.1 Il rapporto tra territorio e produzione:<br />
la definizione dell’identità territoriale<br />
1.2 L’origine del <strong>distretto</strong>: un intreccio tra<br />
risorse produttive e cultura del “voler fare”<br />
1.3 La f<strong>il</strong>iera di produzione e i modelli<br />
organizzativi adottati<br />
1.4 Storia e fisionomia delle imprese leader<br />
1.5 Il sistema distributivo acquista<br />
una nuova centralità nella f<strong>il</strong>iera<br />
produttiva dell’occhiale<br />
1.6 Internazionalizzazione ed esportazioni:<br />
un trend in crescita<br />
1.7 Gli attori istituzionali del <strong>distretto</strong><br />
1.8 Un’ipotesi di lettura dell’evoluzione<br />
del <strong>distretto</strong>
53 CAPITOLO 2<br />
L’analisi di b<strong>il</strong>ancio: performance di settore<br />
e caratteristiche di mercato<br />
di Alberto Bramanti e Armando Rungi<br />
2.1 Un settore a competizione crescente<br />
2.1.1 Scomposizione del mark-up a livello<br />
di settore<br />
2.2 L’apertura economica e le sue conseguenze<br />
2.3 La performance d’impresa e <strong>il</strong> contenuto<br />
di servizi nel prodotto finale<br />
2.3.1 Modificazioni nella dimensione d’impresa<br />
2.3.2 Analisi dei costi d’impresa<br />
2.4 Redditività e indebitamento<br />
2.4.1 Struttura del debito e ricorso<br />
all’autofinanziamento<br />
79 CAPITOLO 3<br />
L’analisi testuale: performance di settore<br />
e caratteristiche di mercato<br />
di Francesca Gambarotto<br />
3.1 Le performance del <strong>distretto</strong> a parole:<br />
introduzione alla lettura dei dati testuali<br />
3.2 Seguendo i sentieri delle parole: lettura<br />
della realtà distrettuale da punti<br />
di osservazione priv<strong>il</strong>egiati<br />
3.2.1 Una breve presentazione degli intervistati<br />
3.3 Con parole loro: <strong>il</strong> vocabolario degli attori<br />
istituzionali<br />
3.3.1 Le azioni del discorso: i verbi<br />
3.4 Parole e contesti: coerenze e diversità<br />
nell’uso delle parole<br />
3.4.1 La performance del <strong>distretto</strong><br />
3.4.2 Le trasformazioni della struttura produttiva<br />
3.4.3 Il processo di internazionalizzazione<br />
delle imprese del <strong>distretto</strong><br />
3.4.4 I cambiamenti a valle: la distribuzione<br />
degli occhiali<br />
3.4.5 Gli attori strategici del <strong>distretto</strong><br />
3.5 Cosa emerge dalla polifonia<br />
delle narrazioni? Punti di forza<br />
e di debolezza del <strong>distretto</strong><br />
115 CAPITOLO 4<br />
L’analisi testuale: produzione di conoscenza,<br />
innovazione e cultura del “saper fare”<br />
di Francesca Gambarotto<br />
4.1 Le imprese si raccontano<br />
4.2 L’orizzonte linguistico delle imprese:<br />
l’analisi dei verbi<br />
4.3 Azioni e reazioni delle imprese:<br />
un’analisi dei comportamenti<br />
4.3.1 R<strong>il</strong>evanza della dimensione nella percezione<br />
della realtà<br />
4.3.2 Punti di vista sulla performance d’impresa:<br />
l’analisi testuale delle sezioni<br />
del questionario<br />
4.4 Una riflessione finale: due velocità<br />
della competitività nel settore dell’occhiale<br />
145 CAPITOLO 5<br />
Politiche aziendali o politiche di <strong>distretto</strong>?<br />
di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto<br />
5.1 Un dialogo simulato tra attori priv<strong>il</strong>egiati<br />
e imprese<br />
5.2 Linee prioritarie e apprendimento collettivo<br />
5.3 Verso nuove politiche di <strong>distretto</strong>?<br />
163 APPENDICE<br />
Questionario alle imprese leader<br />
173 BIBLIOGRAFIA<br />
177 FONDAZIONE FIERA MILANO
Premessa<br />
ENRICA BACCINI<br />
Responsab<strong>il</strong>e Area Studi Sv<strong>il</strong>uppo e Formazione<br />
<strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano<br />
Nel percorso di studio sulle eccellenze italiane, non<br />
poteva mancare un approfondimento sul <strong>distretto</strong> dell’occhialeria<br />
del <strong>bellunese</strong>. La produzione di occhialeria italia-<br />
na non ha eguali per quantità e qualità dei prodotti. Un setto-<br />
re che al momento sembra molto stab<strong>il</strong>e e in grado di supe-<br />
rare “qualsiasi” crisi, pronto ad affrontare le turbolenze dei<br />
mercati, mai così imprevedib<strong>il</strong>i come negli ultimi anni.<br />
Il tutto grazie a un posizionamento internazionale unico e a<br />
un contesto territoriale molto particolare che, come per gli<br />
altri sistemi produttivi già analizzati, ha per anni beneficiato<br />
della tipica struttura distrettuale, ma che oggi pone alcune<br />
questioni molto importanti sul futuro di questa tipologia di<br />
organizzazione territoriale, aspetto sottolineato proprio in<br />
copertina con la provocatoria domanda “Leadership mondia-<br />
le e fine del <strong>distretto</strong>?”<br />
Un altro piccolo passo verso la conoscenza della caratteristi-<br />
ca struttura economica italiana che con questo sesto volu-<br />
me, ci ribadisce una volta di più, non solo la diversità fra l’Ita-<br />
lia e gli altri paesi, ma anche i tratti distintivi di ogni singolo<br />
sistema locale, ognuno con le proprie peculiarità e criticità,<br />
ma ognuno con le possib<strong>il</strong>ità per sostenere l’urto di questo<br />
particolare, complesso periodo storico.<br />
9
Presidio dei mercati<br />
e canali distributivi<br />
proprietari<br />
ALBERTO BRAMANTI<br />
Se <strong>il</strong> sistema del Made in Italy sta attraversando una fase di<br />
grande difficoltà (Fortis, 2005; Bramanti, Martignano, 2008)<br />
– e i distretti di specializzazione patiscono, benché in misura<br />
e intensità differenti (Anastasia, Corò, Minello, 2008), questa<br />
dinamica di medio-lungo periodo – <strong>il</strong> settore dell’occhiale evidenzia<br />
trend e prospettive ben differenti.<br />
Certamente è ragionevole supporre che la recente crisi di<br />
domanda e di fiducia si ripercuota in un rallentamento anche<br />
della domanda di occhiali, sebbene con andamenti differenziati<br />
per i singoli comparti/prodotti: meno r<strong>il</strong>evante per l’alta<br />
gamma, un po’ più mordente per l’occhiale da sole di media<br />
gamma, non particolarmente significativo, infine, per l’occhiale<br />
da vista.<br />
Si tratterà probab<strong>il</strong>mente, ed auspicab<strong>il</strong>mente, di un semplice<br />
rallentamento nei tassi di crescita (sui mercati più consolidati)<br />
in presenza, peraltro, di un trend di ampliamento di<br />
altri mercati Paese che negli ultimi anni sono cresciuti a tassi<br />
a due cifre, pur partendo da volumi molto bassi, e che<br />
continuano ad avere buone prospettive di crescita (Anfao,<br />
2007).<br />
Che <strong>il</strong> mercato dell’occhiale sia un mercato in “controtendenza”<br />
è confermato dal fatto che, in particolare, i volumi produttivi<br />
italiani sono progressivamente cresciuti per <strong>il</strong> gioco incrociato<br />
di una domanda mondiale in espansione e di una tenuta<br />
delle esportazioni italiane sui mercati internazionali.<br />
11
12<br />
1 Opportunità e minacce<br />
dell’attuale contesto<br />
L’attuale contesto storico si presenta pertanto con qualche<br />
minaccia e diverse opportunità. I profondi cambiamenti demografici,<br />
sociali, economici e culturali in atto non insidiano i vantaggi<br />
competitivi di cui finora ha goduto l’industria italiana e<br />
non pare in discussione la posizione di leadership a livello<br />
mondiale che ha saputo conquistarsi negli scorsi decenni,<br />
sebbene l’inseguimento da parte di Hong Kong e della Cina si<br />
faccia sentire.<br />
Un elemento specifico che spesso costituisce una criticità<br />
per altri comparti produttivi (e in modo specifico per <strong>il</strong> tess<strong>il</strong>eabbigliamento)<br />
è rappresentato dall’invecchiamento della popolazione<br />
su scala nazionale e globale, in particolare nei mercati<br />
più ricchi, dove la quota degli anziani è destinata ad ampliarsi<br />
nei prossimi anni. Per <strong>il</strong> mercato dell’occhiale ciò costituisce<br />
un interessante mercato di sbocco (occhiale da vista) anche<br />
per la crescente attenzione per i presidi medico-sanitari nei<br />
confronti della popolazione anziana e controb<strong>il</strong>ancia, almeno<br />
parzialmente, l’eventuale contrazione del mercato dell’occhiale<br />
da sole alla moda, maggiormente legato a un pubblico<br />
giovane.<br />
Prima di passare all’analisi del <strong>distretto</strong> e delle sue dinamiche<br />
sembra ut<strong>il</strong>e inquadrare l’andamento dell’intero comparto a<br />
livello nazionale anche per giustificare una valutazione che, in<br />
assenza di dati numerici, potrebbe apparire eccessivamente<br />
ottimistica.<br />
2 Gli andamenti lusinghieri<br />
del comparto occhiale<br />
La produzione mondiale di occhiali e lenti vale 10 m<strong>il</strong>iardi di<br />
euro (anno 2007) e l’Italia con 2.774 m<strong>il</strong>ioni di fatturato è <strong>il</strong><br />
primo produttore mondiale, con una quota pari al 27% del<br />
PRESIDIO DEI MERCATI E CANALI DISTRIBUTIVI PROPRIETARI<br />
Figura 1 – Industria italiana dell’occhiale (m<strong>il</strong>ioni di euro)<br />
Fonte: ANFAO, Italy, key figures 2007<br />
totale; quota che sale però oltre <strong>il</strong> 70% per quanto riguarda <strong>il</strong><br />
segmento lusso e a più del 50% per i brand prodotti su licenza<br />
nel mondo (Anfao, 2007).<br />
Questa quota del 27% è l’outcome di un apparato produttivo<br />
di circa 1.050 imprese che occupano complessivamente<br />
18.500 lavoratori (17,6 addetti è la dimensione media di impresa)<br />
per un totale di 82 m<strong>il</strong>ioni di paia di occhiali prodotti nell’ultimo<br />
anno, di cui poco oltre 52 m<strong>il</strong>ioni sono occhiali da sole.<br />
In momenti già contrassegnati da andamenti non entusiasmanti<br />
dei mercati mondiali e comunque da un euro forte che<br />
penalizza le esportazioni italiane sul mercato americano (e più<br />
in generale nell’area dollaro), la figura 1 evidenzia <strong>il</strong> progressivo<br />
e significativo trend di crescita del fatturato del settore<br />
negli ultimi cinque anni.<br />
Nonostante la crescita dell’import (+60% nell’ultimo quinquennio),<br />
sia l’export che <strong>il</strong> saldo netto della b<strong>il</strong>ancia commerciale di<br />
13
Figura 2 – Numeri indice dell’export e del saldo commerciale<br />
(2003-2007)<br />
14<br />
Fonte: Ns. elab. ANFAO, Italy, key figures 2007<br />
settore migliorano vistosamente nel periodo (cfr. figura 2), passando<br />
dal valore di 100 nell’anno iniziale a oltre 150 cinque<br />
anni dopo (i valori assoluti sono già ragguardevoli: export pari a<br />
1,5 m<strong>il</strong>iardi e saldo netto di 1,1 m<strong>il</strong>iardo nel 2003).<br />
Questa performance esportativa viene realizzata sul mercato<br />
americano, per oltre <strong>il</strong> 23% del totale dell’export nazionale, e<br />
sui primi tre mercati di sbocco dell’Italia – che sono gli USA,<br />
la Spagna e la Francia – per oltre <strong>il</strong> 45%.<br />
Ben si comprende dunque come l’industria italiana parta da<br />
una posizione di assoluta leadership, da difendere presidiando<br />
i canali distributivi (con attenzione ai singoli mercati) e<br />
mantenendo alto <strong>il</strong> contenuto di innovatività del prodotto, sia<br />
in termini di qualità dei materiali e delle lavorazioni sia in termini<br />
di design e contenuto di moda.<br />
Proprio questi requisiti segnalano, contestualmente, che<br />
anche in presenza di un buon prodotto, ma in assenza di ele-<br />
menti distintivi assoluti (brevetti o marchi) e senza <strong>il</strong> necessario<br />
presidio dei canali commerciali, la piccola impresa può<br />
trovarsi in difficoltà (Bramanti, Senn, 2002). Non è un caso<br />
dunque che <strong>il</strong> settore sia relativamente concentrato, sia territorialmente<br />
– <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhiale di Belluno copre circa<br />
l’80% della produzione nazionale (606 imprese, 11.660<br />
addetti, 1,5 m<strong>il</strong>iardi di fatturato complessivo) – sia dal punto<br />
di vista aziendale, con quattro grandi imprese (i gruppi leader<br />
del mercato), 475 società di capitale (di cui circa un terzo<br />
nel <strong>distretto</strong>) e poco meno di 600 micro imprese e imprese<br />
artigiane.<br />
3 Le chiavi di lettura<br />
della ricerca<br />
PRESIDIO DEI MERCATI E CANALI DISTRIBUTIVI PROPRIETARI<br />
Alla presentazione del <strong>distretto</strong> dell’occhiale – in chiave storica<br />
e secondo una prospettiva evolutiva – e dei principali attori<br />
che ne determinano le performance è dedicato <strong>il</strong> Capitolo 1<br />
che pone in campo un’ipotesi interpretativa stimolante (cfr. §<br />
1.6) a partire dall’identificazione di quattro differenti gruppi di<br />
attori industriali (Gambarotto, Rangone, Solari, 2002).<br />
Il taglio complessivo della presente ricerca si discosta così<br />
parzialmente dallo schema ricorrente sv<strong>il</strong>uppato nelle precedenti<br />
monografie dell’Enciclopedia delle Economie territoriali<br />
(Bramanti, Martignano, 2008). Dall’analisi dei maggiori players<br />
del <strong>distretto</strong> e degli attori istituzionali è emersa infatti un’ipotesi<br />
interpretativa del <strong>distretto</strong> in chiave di grande vitalità del settore<br />
ma di possib<strong>il</strong>e allentamento dei vincoli territoriali e, dunque,<br />
l’ipotesi del venire meno della solidità distrettuale.<br />
Si è scelto pertanto di approfondire le modificazioni strutturali<br />
in corso attraverso un duplice approccio fortemente innovativo:<br />
dapprima per mezzo di un’analisi “oggettiva” condotta<br />
sui b<strong>il</strong>anci aziendali di settore (cfr. Capitolo 2), confrontando<br />
a più riprese l’andamento nazionale di settore con quello territoriale;<br />
poi per mezzo di un approfondimento più qualitativo
16<br />
e “soggettivo” di analisi testuale dei “discorsi sul <strong>distretto</strong>”<br />
(cfr. Capitoli 3 e 4).<br />
Lo spaccato che emerge è di grande interesse e di forte problematicità.<br />
Il comparto dell’occhiale è infatti un caso emblematico<br />
di forte successo aziendale che si sta divaricando<br />
sempre più dalla radice territoriale che ha dato origine al fenomeno<br />
(Camuffo, 2003; Gambarotto, Solari, 2005). La lunga<br />
deriva che sembra già iniziata è certamente quella di un indebolimento<br />
ulteriore della piccola e micro impresa distrettuale,<br />
a meno di politiche di contrasto che facciano perno sulla presenza<br />
dei grandi leader e che mettano in rete le energie residue<br />
prima che sia troppo tardi.<br />
Il Capitolo finale (cfr. Capitolo 5) dedica poche considerazioni<br />
ad alcune linee operative in questa direzione.
Capitolo 1<br />
TRA CREATIVITÀ<br />
PRODUTTIVA E<br />
CREAZIONE DI NUOVI<br />
SIMBOLI DI CONSUMO
22<br />
Tra creatività<br />
produttiva e<br />
creazione di nuovi<br />
simboli di consumo<br />
FRANCESCA GAMBAROTTO<br />
«Esiste un rapporto forte tra territorio e produzione di occhiali.<br />
Un rapporto di radicamento e, al tempo stesso, di evoluzione<br />
organizzativa sia nella produzione che nella distribuzione<br />
dei prodotti.<br />
Le peculiarità sono riconducib<strong>il</strong>i alla capacità creativa degli<br />
anni ’90 che ha lanciato l’occhiale come nuovo oggetto di<br />
moda sfruttando la qualità di produzione acquisita nel produrre<br />
l’occhiale da vista. L’impegno di questi ultimi anni si è<br />
rivolto al consolidamento di questa “capacità creativa di<br />
fare” e alla ricerca del produrre un valore simbolico al consumo<br />
dell’occhiale da sole».<br />
1.1 Il rapporto tra territorio e<br />
produzione: la definizione<br />
dell’identità territoriale<br />
Risulta diffic<strong>il</strong>e stab<strong>il</strong>ire un rapporto univoco tra territorio e<br />
<strong>distretto</strong> dell’occhiale (De Lotto, 1994). In parte ciò è dovuto<br />
all’evoluzione del sistema produttivo – imprese che nascono<br />
e muoiono, cambiamenti nella struttura della popolazione e<br />
nuovi flussi di pendolarismo casa-lavoro – in parte è dovuto ai<br />
sistemi di r<strong>il</strong>evamento/definizione dei confini di un <strong>distretto</strong><br />
industriale.<br />
Figura 1.1 – Classificazione dei distretti industriali<br />
secondo la Regione Veneto<br />
Fonte: IPI (2002), Le mappe dei distretti industriali. Roma.<br />
A oggi è possib<strong>il</strong>e definire <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhialeria secondo<br />
due autorevoli fonti: ut<strong>il</strong>izzando l’applicazione regionale<br />
(delibera n. 79 del 22 novembre 1999) della legge 140/99<br />
(cfr. figura 1.1), oppure adottando la definizione di <strong>distretto</strong><br />
dell’ISTAT (cfr. figura 1.2) la quale nasce da una nuova partizione<br />
del territorio nazionale in sistemi locali del lavoro.<br />
23
Figura 1.2 – Classificazione dei distretti industriali<br />
24<br />
secondo l’ISTAT<br />
Fonte: IPI (2002), Le mappe dei distretti industriali. Roma.<br />
Queste due definizioni sono in parte distinte a causa del<br />
sistema di r<strong>il</strong>evazione.<br />
La definizione regionale è <strong>il</strong> frutto di una decisione partecipata in<br />
cui la Regione Veneto ha tenuto conto delle osservazioni provenienti<br />
dalle parti sociali (enti locali e associazioni di categoria)<br />
mentre la definizione ISTAT è <strong>il</strong> prodotto di un’analisi complessa<br />
1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />
che tiene conto della densità dei flussi di pendolarismo casalavoro<br />
e della specificità della specializzazione produttiva di un<br />
territorio. Sono 47 i comuni che definiscono <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhialeria<br />
secondo la Regione Veneto (45 della provincia di Belluno<br />
e 2 della provincia di Treviso) mentre per l’ISTAT <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> industriale<br />
(DI, da qui in poi) al 1999 risultava composto da Pieve di<br />
Cadore, Santo Stefano di Cadore, Pieve di Soligo (solo in parte).<br />
La definizione di DI della Regione risulta più ampia di quella<br />
statistica ma presenta un vincolo forte poiché definita per via<br />
amministrativa. I DI sono aree soggette a mutazioni nei confini<br />
poiché vivono con <strong>il</strong> susseguirsi degli eventi legati alla vita delle<br />
imprese e dei lavoratori. Dalla definizione ISTAT, infatti, se si<br />
raffronta l’area del DI r<strong>il</strong>evata al 1991 con quella del 2001 si<br />
osserva che <strong>il</strong> confine del DI si è modificato: al 2001 <strong>il</strong> <strong>distretto</strong><br />
dell’occhiale si allarga e viene definito anche dai territori di<br />
Auronzo di Cadore, Feltre, Pieve di Cadore e Ampezzo1 .<br />
Nel <strong>distretto</strong> dell’occhialeria sono comprese circa l’85% delle<br />
imprese che producono occhiali ma si possono trovare altre<br />
realtà produttive di questo settore in altri territori regionali<br />
(Vicenza, Castelfranco Veneto) e nazionali (Varese, Friuli<br />
Venezia-Giulia). Nell’ultimo decennio si sono moltiplicate inoltre<br />
nuove relazioni di produzione che investono aree geografiche<br />
in Asia e nell’Europa dell’Est e che contribuiscono ad<br />
allentare ulteriormente i vincoli territoriali di <strong>distretto</strong>.<br />
1.2 L’origine del <strong>distretto</strong>:<br />
un intreccio tra risorse<br />
produttive e cultura<br />
del “voler fare”<br />
La radice della specializzazione produttiva di questo territorio<br />
è riconducib<strong>il</strong>e principalmente a due fattori: la ricchezza di<br />
1 La definizione di Distretto Industriale dell’ISTAT è ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>e in forma comparativa solo<br />
per gli ultimi due censimenti (1991 e 2001) poiché mancano i dati sui flussi di pendolarismo<br />
nei censimenti precedenti.<br />
25
Tabella 1.1 – Evoluzione nell’industria dell’occhiale<br />
nella provincia di Belluno<br />
Anni<br />
Dimensione d’impresa (addetti)<br />
< 10<br />
11-50<br />
51-100<br />
> 100<br />
Totale<br />
Dimensione media<br />
26<br />
Unità locali<br />
82<br />
42<br />
7<br />
6<br />
137<br />
Addetti<br />
risorse produttive e l’accumulazione – attraverso un processo<br />
di apprendimento – di una conoscenza tacita.<br />
Il primo fu fattore strategico per la localizzazione iniziale dei<br />
primi stab<strong>il</strong>imenti. La ricchezza di numerosi corsi d’acqua a<br />
rapida potenza garantiva un’abbondante disponib<strong>il</strong>ità di energia<br />
idraulica che nel 1878 era una risorsa non fac<strong>il</strong>mente trasportab<strong>il</strong>e2<br />
(De Lotto, 1994).<br />
Oltre alla ricchezza energetica, l’area del Cadore offriva una<br />
manodopera a basso costo, con una forte attitudine al fare,<br />
che nasceva dalle difficoltà fisiche nel rendere produttiva<br />
l’agricoltura montana e dalla lavorazione del legname. Questi<br />
due fattori chiave resero concorrenziale la produzione cadorina<br />
rispetto quella dei produttori esteri. Nel guardare <strong>il</strong><br />
momento della nascita del <strong>distretto</strong>, si potrebbe osservare<br />
che la collocazione geografica avrebbe potuto incidere sfavorevolmente<br />
alla localizzazione/nascita delle imprese dell’oc-<br />
290<br />
968<br />
450<br />
892<br />
2.600<br />
2 In seguito, attraverso la trasformazione indiretta, l’energia idraulica venne trasformata<br />
in energia elettrica per mezzo di un gruppo turbina-alternatore, <strong>il</strong> quale attivava un<br />
motore che, a sua volta, metteva in moto le singole macchine di produzione mediante<br />
alberi di trasmissione a cinghie.<br />
1971 1981<br />
1991<br />
Unità locali<br />
412<br />
76<br />
10<br />
5<br />
203<br />
1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />
Addetti<br />
862<br />
1.644<br />
655<br />
1.107<br />
4.268<br />
Unità locali<br />
630<br />
78<br />
15<br />
10<br />
733<br />
Addetti<br />
2.400<br />
2.058<br />
940<br />
3.503<br />
8.903<br />
Unità locali<br />
19,0 8,4 12,1 17,3<br />
475<br />
141<br />
18<br />
12<br />
646<br />
2001<br />
chiale: <strong>il</strong> sistema dei trasporti era carente poiché escluso dalle<br />
principali direttrici di traffico.<br />
Tale perplessità rimane anche per periodi più recenti poiché<br />
l’autostrada arriverà solo fino a Pian di Vedoia, prima di Longarone,<br />
mentre la ferrovia, che all’epoca della prima fabbrica<br />
si fermava a Conegliano, più tardi farà capolinea solo fino a<br />
Calalzo di Cadore. Tuttavia tale “attrito spaziale” non si verifica:<br />
le materie prime e <strong>il</strong> prodotto finito sono poco pesanti e<br />
ingombranti, pertanto <strong>il</strong> costo di trasporto è basso. Il <strong>distretto</strong><br />
non ha mai particolarmente sofferto di problemi di trasporti<br />
(De Lotto, 1994).<br />
Dagli anni della prima impresa nata dalla collaborazione tra<br />
Angelo Frescura e Giovanni Lozza (1877), <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> si sv<strong>il</strong>uppa<br />
quantitativamente (cfr. tabella 1.1) grazie a quel processo<br />
di gemmazione d’imprese sul territorio così ben<br />
descritto da Becattini (1987).<br />
In termini qualitativi, i processi di f<strong>il</strong>iazione e imitazione genereranno<br />
apprendimento collettivo ovvero la capacità di modificare<br />
<strong>il</strong> coordinamento delle competenze distrettuali alle mutevolezze<br />
del mercato.<br />
Addetti<br />
1.373<br />
2.659<br />
1.176<br />
5.936<br />
11.144<br />
Fonte: Ns. elaborazione su vari censimenti ISTAT.<br />
27
28<br />
Il processo di “distrettualizzazione” inizia negli anni ’70, e continua<br />
nel decennio seguente, in cui si può osservare che la<br />
crescita del numero delle imprese supera quella degli occupati<br />
producendo quelle economie di agglomerazione che rendono<br />
profittevole la vicinanza fisica delle imprese.<br />
All’inizio degli anni ’90 <strong>il</strong> processo di spin-off delle imprese<br />
subisce un drastico rallentamento mentre a partire dalla metà<br />
del decennio si osserva la fine del processo stesso di gemmazione.<br />
Tuttavia tale evoluzione non segna negativamente la<br />
capacità occupazionale del <strong>distretto</strong>: al contrario <strong>il</strong> tasso di<br />
crescita dell’occupazione continua a registrare un andamento<br />
positivo con un rallentamento dalla metà degli anni ’90.<br />
In questi anni <strong>il</strong> quadro della competizione internazionale del<br />
settore diventa più intensa, la produzione tende a concentrarsi<br />
in poche imprese (4 grandi gruppi e 30 imprese di medie<br />
dimensioni) con conseguente concentrazione dell’occupazione:<br />
agli inizi degli anni ’80 le grandi imprese assorbivano <strong>il</strong><br />
17,6% dell’occupazione locale, le medie imprese <strong>il</strong> 23,2%<br />
mentre a metà degli anni ’90 le prime assorbono <strong>il</strong> 33,2% e le<br />
seconde <strong>il</strong> 18,5%.<br />
Il decennio degli anni ’90 segna dunque una rottura nel processo<br />
distrettuale tradizionale. Ut<strong>il</strong>izzando una metafora si<br />
può sostenere che si verifica una mutazione genetica che fa<br />
partire una nuova traiettoria evolutiva del <strong>distretto</strong>.<br />
Sempre nella prima parte dei ’90 <strong>il</strong> volume della domanda<br />
continua ad agire come fattore strategico per la crescita tradizionale<br />
del <strong>distretto</strong> (cfr. figura 1.3). Se lo sv<strong>il</strong>uppo vertiginoso<br />
vissuto dal <strong>distretto</strong> in quegli anni dal lato della domanda<br />
era sostenuto dalle svalutazioni della lira, dal lato dell’offerta<br />
veniva garantito dal modello di produzione della “specializzazione<br />
flessib<strong>il</strong>e” (Rullani et al., 1998).<br />
L’adozione delle tecnologie flessib<strong>il</strong>i e di un’organizzazione<br />
della produzione basata sui vantaggi agglomerativi ha stimolato<br />
i rapporti di complementarietà tra le imprese e quindi la<br />
proliferazione di imprese di piccole dimensioni, soprattutto di<br />
tipo artigianale, specializzate in alcune fasi di produzione e<br />
1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />
Figura 1.3 – Andamento del fatturato nella provincia di Belluno<br />
per <strong>il</strong> settore occhialeria (valori in m<strong>il</strong>ioni di euro)<br />
Fonte: Assindustria di Belluno<br />
nella subfornitura diretta (anche di capacità) nei confronti delle<br />
imprese maggiori, detentrici del rapporto con <strong>il</strong> mercato.<br />
Questa organizzazione flessib<strong>il</strong>e della produzione ha permesso<br />
alle grandi imprese di assorbire i volumi crescenti di<br />
domanda di occhiali provenienti da un mercato in forte evoluzione<br />
grazie al ruolo simbolico che l’occhiale comincia ad<br />
acquisire nel settore della moda. I vantaggi della frammentazione<br />
della produzione sono generati dall’abbattimento dei<br />
costi di transazione e dalla socializzazione del rischio d’impresa.<br />
Ciò è stato possib<strong>il</strong>e grazie al capitale sociale proprio di<br />
questo territorio e di questa comunità abituata a rapporti di<br />
reciprocità e di condivisione.<br />
Il successo esploso alla fine degli anni ’80 e che è durato fino<br />
alla metà del decennio successivo non è dipeso unicamente<br />
dalle variazioni nei prezzi relativi generati dalle svalutazioni.<br />
Altre ragioni di carattere strutturale hanno permesso di<br />
rispondere rapidamente ai cambiamenti della domanda: la<br />
flessib<strong>il</strong>ità produttiva; <strong>il</strong> buon rapporto qualità-prezzo dei prodotti<br />
immessi nel mercato; l’elevata varietà di modelli e delle<br />
linee tradizionali e moderne degli articoli offerti.<br />
29
30<br />
Tuttavia <strong>il</strong> fattore chiave che lanciò <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> su una parabola<br />
ascendente fu la produzione dell’occhiale da sole e la<br />
nascita dell’occhiale griffato. Gli accordi tra le maggiori<br />
imprese e le grandi firme della moda internazionale modificarono<br />
la struttura produttiva del settore a partire dalla fine<br />
degli anni ’80 e aprirono la produzione a un mercato internazionale.<br />
Il dinamismo generato da questi cambiamenti produsse,<br />
tuttavia, una sovradimensionamento di capacità produttiva<br />
poiché la crescita della domanda richiese la concentrazione<br />
di tutte le forze imprenditoriali che venivano creandosi<br />
nella cultura del fare e quindi nella produzione. Venne<br />
sfruttata in modo particolare la prossimità geografica per<br />
controllare la qualità, introdurre innovazioni incrementali sia<br />
di processo che di prodotto, per sfruttare economie di varietà<br />
e quindi produrre piccoli lotti di prodotti. Crebbero, in<br />
modo particolare, i subfornitori, capaci di rispondere alle<br />
necessità produttive delle grandi imprese ma caratterizzati<br />
da un basso dinamismo imprenditoriale e da una scarsa attitudine<br />
alla cooperazione commerciale.<br />
Questa tipologia d’imprese, sicuramente funzionale nell’assorbire<br />
eccessi di domanda, diventa però un elemento a<br />
rischio – cerniera frag<strong>il</strong>e del sistema – nei momenti di consolidamento<br />
e stab<strong>il</strong>ità dei mercati. Si tratta infatti di imprese<br />
non autonome che non assegnano particolare r<strong>il</strong>evanza ai fattori<br />
di prossimità (geografica, organizzativa, cognitiva, relazionale)<br />
nella loro attività produttiva. La loro capacità di apprendimento<br />
è concentrata nel “fare” e poca attenzione viene riposta<br />
all’elaborazione di strategie e nell’acquisizione di informazioni<br />
per valutare piani d’investimento rivolti a innovare la<br />
conoscenza tacita dell’impresa (Gambarotto, Rangone, Solari,<br />
2002).<br />
Nella seconda metà degli anni ’90 queste imprese sono le<br />
prime a registrare situazioni di sofferenza in termini di fatturato<br />
e nella crescita dei margini di profitto. Poiché la numerosità<br />
delle imprese definite subfornitrici era particolarmente elevata,<br />
la battuta d’arresto della crescita settoriale portò alla<br />
1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />
fac<strong>il</strong>e conclusione che <strong>il</strong> settore fosse in crisi. La numerosità<br />
delle imprese artigiane si è ridotta del 40% passando dalle<br />
circa 700 unità nel 1997 alle circa 400 del 2008.<br />
Diffic<strong>il</strong>e però parlare di crisi del settore dell’occhiale quando<br />
l’occupazione continua a crescere e si registrano aumenti del<br />
fatturato e redditività per le imprese di grandi e medie dimensioni.<br />
Più ragionevole parlare di redistribuzione del valore<br />
aggiunto prodotto e di un doloroso processo di riorganizzazione<br />
del <strong>distretto</strong> soprattutto a sfavore delle imprese più piccole.<br />
La perdita di vantaggio competitivo di queste imprese in<br />
parte è legata all’emergere della concorrenza del Far East<br />
sulla variab<strong>il</strong>e dei costi di produzione e, in parte, è legata ai<br />
cambiamenti nei prezzi relativi verificatisi in seguito all’introduzione<br />
dell’euro.<br />
A partire dal 2000 <strong>il</strong> vantaggio competitivo del <strong>distretto</strong> cambia<br />
forma e sostanza: si accentua la verticalizzazione del<br />
<strong>distretto</strong> che modifica la distribuzione delle quasi-rendite a<br />
favore delle imprese più grandi (Gambarotto, Solari, 2008).<br />
Non nascono nuove imprese perché l’imprenditorialità presenta<br />
costi fissi iniziali (costi sommersi) e rischi elevati. In<br />
questo nuovo panorama geografico della produzione, le<br />
imprese esistenti sono maggiormente impegnate in strategie<br />
commerciali per acquisire nuove nicchie di mercato e/o nuove<br />
partnership distributive.<br />
Cambia anche l’attitudine degli imprenditori dal “voler fare” a<br />
un nuovo “saper fare”; mutano cioè quei fattori di produzione<br />
considerati elementi strategici per la performance delle<br />
imprese e che richiedono l’accumulazione di “conoscenza<br />
tacita” attraverso un costante processo di apprendimento.<br />
Fattore cruciale diventa la creatività che acquista una nuova<br />
centralità. I designer diventano un nodo importante nella nuova<br />
struttura delle relazioni venutasi a creare con <strong>il</strong> processo di<br />
riorganizzazione (Rullani, et al., 1998).<br />
Alcuni attori priv<strong>il</strong>egiati lamentano <strong>il</strong> fatto che non ci sia stata<br />
lungimiranza nel decennio precedente nell’adeguare la scuola<br />
professionale dell’area verso la formazione di queste com-<br />
31
32<br />
petenze e mantenere invece la formazione in ruoli più tradizionali<br />
legati al mantenimento della qualità manifatturiera. La<br />
capacità creativa per un prodotto maturo come l’occhiale non<br />
è fac<strong>il</strong>e da sv<strong>il</strong>uppare (PSTL, 2000). Da un lato, perché esistono<br />
vincoli normativi ben precisi – l’occhiale è un prodotto<br />
medicale e richiede pertanto standard ben precisi – e, dall’altro,<br />
perché occorre conoscere gli aspetti tecnici di produzione<br />
che rendono <strong>il</strong> manufatto un prodotto di qualità, capace di<br />
accompagnare lo status simbolico creato dalle tendenze della<br />
moda e di qualificare uno st<strong>il</strong>e di vita.<br />
1.3 La f<strong>il</strong>iera di produzione<br />
e i modelli organizzativi<br />
adottati<br />
L’occhiale è un prodotto povero da un punto di vista della<br />
manifattura ma non per questo banale. Dal capitale di conoscenza<br />
accumulato negli anni, inizialmente con la produzione<br />
di occhiali da vista e, più recentemente, con la produzione di<br />
occhiali da sole che fanno tendenza, sono emerse alcune fasi<br />
di produzione specifiche sia per la produzione di occhiali da<br />
vista e per attività specifiche sia per l’occhiale da sole.<br />
Prima di descrivere tali specificità è opportuno richiamare sinteticamente<br />
le fasi di produzione che compongono la f<strong>il</strong>iera<br />
standard di produzione:<br />
• ideazione e progettazione dell’occhiale;<br />
• fabbricazione di parti staccate dell’occhiale, di minuterie e<br />
di altri componenti;<br />
• saldatura di componenti;<br />
• trattamenti di completamento: galvanici, rivestimenti o verniciatura;<br />
• rifiniture e montaggio finale.<br />
A fianco al processo standard della produzione dell’occhiale<br />
– che può essere ripartito in circa 60 fasi di lavorazione – per<br />
garantire la qualità del prodotto finito esistono fasi specifiche;<br />
1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />
l’occhiale da vista e quelli per attività specifiche (dispositivi di<br />
protezione del capo, dispositivi di sicurezza per attività sportive<br />
e lavorative) sono infatti prodotti medicali che richiedono <strong>il</strong><br />
rispetto di sicurezza del prodotto ottico.<br />
La certificazione del prototipo è una fase di assoluta r<strong>il</strong>evanza<br />
per dichiarare la qualità del prodotto finito. Significativo notare<br />
che l’evoluzione della normativa all’interno del <strong>distretto</strong> ha<br />
generato un sistema di certificazione ben superiore a quello<br />
definito dalla normativa europea.<br />
L’occhiale da sole che esprime un life style possiede una specificità<br />
produttiva nella fase di ideazione: creatività, design e<br />
st<strong>il</strong>e sono fattori immateriali che caratterizzano <strong>il</strong> prodotto per<br />
la moda e che lo connotano come status symbol per <strong>il</strong> consumatore<br />
(De Toni, Nassimbeni, 2003).<br />
Secondo le classificazioni ISTAT (ATECO ’91), i settori coinvolti<br />
nella produzione dell’occhiale sono:<br />
• codice 33.40 – Fabbricazione di strumenti ottici e di attrezzature<br />
fotografiche;<br />
• codice 28.51 – Trattamento e rivestimento dei metalli entro<br />
<strong>il</strong> quale si trova <strong>il</strong> “Trattamento attività galvaniche”;<br />
• codice 18.24.2 – Confezioni varie e accessori per l’abbigliamento<br />
entro <strong>il</strong> quale si trova anche la voce “Fabbricazione<br />
astucci per occhiali”.<br />
Come appena richiamato l’occhiale che viene prodotto nel<br />
<strong>distretto</strong> è un prodotto maturo ma non banale. In questo territorio<br />
si concentra una produzione di qualità e quindi occhiali<br />
di lusso e di qualità medio-alta.<br />
Le modalità organizzative che caratterizzano l’attività produttiva<br />
del <strong>distretto</strong> sono riconducib<strong>il</strong>i a due tipologie.<br />
• Il modello integrato di produzione, che si caratterizza per<br />
<strong>il</strong> mantenimento del controllo dell’intero processo produttivo.<br />
Questo processo viene generalmente adottato dalle<br />
imprese leader del settore e per le produzioni di occhiali di<br />
lusso. L’internalizzazione dell’intera f<strong>il</strong>iera produttiva garantisce<br />
da un lato <strong>il</strong> contenimento di costi di produzione per<br />
un bene di alta qualità e <strong>il</strong> controllo dei tempi di realizzazio-<br />
33
34<br />
ne del prodotto finito per rispondere tempestivamente alle<br />
richieste del mercato della moda. La produzione è organizzata<br />
per linee interne dove gli obiettivi produttivi sono specificati<br />
dal piano di produzione che regola l’intero ciclo.<br />
• Il modello reticolare di produzione, che rappresenta la<br />
tipica organizzazione produttiva distrettuale caratterizzata<br />
dalla divisione sociale del lavoro. Le imprese, soprattutto di<br />
medie dimensioni, sfruttano le economie di specializzazione<br />
facendo svolgere a imprese più piccole fasi specifiche<br />
di lavorazione come, ad esempio, la galvanica, la lucidatura<br />
o la verniciatura. Il coordinamento delle fasi di produzione è<br />
più diffic<strong>il</strong>e da gestire rispetto al modello precedente che<br />
sfrutta i vantaggi derivanti da una struttura gerarchicamente<br />
definita. In questo caso <strong>il</strong> controllo e <strong>il</strong> coordinamento è<br />
garantito dalla vicinanza geografica e da fattori sociali quali<br />
la reputazione sul rispetto dei tempi di consegna e sulla<br />
qualità del lavoro finito. I vantaggi di questo modello organizzativo<br />
sono la specializzazione flessib<strong>il</strong>e, l’abbattimento<br />
dei costi di transazione e la trasformazione di costi fissi tipici<br />
di una struttura gerarchica in costi variab<strong>il</strong>i.<br />
La reputazione acquisita attraverso <strong>il</strong> rispetto delle finalità contrattuali<br />
(tempi di consegna, qualità del sem<strong>il</strong>avorato, ecc.)<br />
definiscono la durata dei rapporti tra le imprese. Gli accordi<br />
che vengono stipulati tra fornitore e committente all’interno<br />
della f<strong>il</strong>iera produttiva sono normalmente di lungo periodo.<br />
Tuttavia <strong>il</strong> perseguimento delle strategie di costo da parte delle<br />
imprese sia leader che innovative ha modificato i rapporti di<br />
produzione interni al <strong>distretto</strong> generando una trasformazione<br />
della struttura organizzativa della produzione stessa (cfr. tabella<br />
1.1). Le possib<strong>il</strong>ità di produrre a un terzo in Cina e in India<br />
hanno contribuito alla fuoriuscita dal mercato di molte imprese<br />
artigiane e all’arresto del processo di gemmazione.<br />
L’internazionalizzazione è iniziata non solo per i vantaggi di<br />
costo ma anche perché nel Far East le imprese sono in grado<br />
di raggiungere livelli produttivi notevoli. Alcuni attori del<br />
<strong>distretto</strong> sostengono che le produzioni cinesi sono di scarsa<br />
1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />
qualità. È vero che nei paesi asiatici si producono occhiali di<br />
fascia bassa ma d’altronde non si può nascondereche <strong>il</strong> processo<br />
di apprendimento maturato in questi anni dai cinesi li<br />
ha resi capaci di produrre componenti di buona fattura, competitivi<br />
sul piano della qualità con quelli realizzati nel <strong>distretto</strong>.<br />
1.4 Storia e fisionomia<br />
delle imprese leader<br />
Le imprese leader del <strong>distretto</strong> – ma più precisamente dell’intero<br />
settore dell’occhiale – sono, in ordine di r<strong>il</strong>evanza economica,<br />
Luxottica, Saf<strong>il</strong>o, De Rigo e Marcolin (cfr. tabella 1.2).<br />
LUXOTTICA — Luxottica ha acquisito un ruolo di leader nel settore<br />
grazie alla lungimiranza del suo fondatore, Leonardo Del<br />
Vecchio3 . Inizia la sua attività ad Agordo nel 1961 e lancia la<br />
sua prima linea di occhiali con <strong>il</strong> marchio Luxottica pochi anni<br />
dopo. Inizia una politica espansiva per imporsi sul mercato<br />
agli inizi degli anni ’80. A partire dal 1988 dà vita a una strategia<br />
di accordi con le grandi firme della moda: Armani,<br />
Byblos, Genny, Giugiaro, Valentino, Yves Saint Laurent, Oliver,<br />
Emporio Armani, Tacchini, Moschino, Web, Bulgari, Ferragamo,<br />
Ungaro, Chanel, Prada, Versace, fino alla recente<br />
acquisizione del 2005 di Donna Karan e DKNY. Alla strategia<br />
degli accordi con le grandi firme, Luxottica affianca una strategia<br />
di acquisizione di marchi consolidati nel settore degli<br />
occhiali: a partire dagli anni ’90, vengono acquistate inizialmente<br />
marche italiane, Vogue e Persol mentre nel 1999<br />
avviene l’importante acquisto di Ray-Ban, <strong>il</strong> noto brand americano<br />
più venduto nel mondo.<br />
3 I soci fondatori di Luxottica sas nel 1961 furono in realtà tre, proprietari per un terzo<br />
ciascuno, di cui due di capitale accomandanti – Francesco de Cortà (1922-1981) e<br />
Vittorio Toscani (1927-1966) già titolari di una ben avviata occhialeria in Valle di Cadore<br />
– e un giovane incisore e artigiano proveniente da M<strong>il</strong>ano, Leonardo Del Vecchio.<br />
Luxottica sas beneficiò inizialmente di un generoso finanziamento a fondo perduto BIM<br />
e della donazione di un ottimo terreno da parte del comune di Agordo. Del Vecchio r<strong>il</strong>evò<br />
le quote societarie (i due terzi in mano agli accomandanti) nel 1969, quando la<br />
Luxottica aveva 63 addetti.<br />
35
Tabella 1.2 – Le grandi imprese del <strong>distretto</strong><br />
(B<strong>il</strong>anci consolidati 2006)<br />
Leader<br />
di settore<br />
Luxottica<br />
di cui Italia<br />
Saf<strong>il</strong>o<br />
De Rigo<br />
Marcolin<br />
Leader<br />
di settore<br />
Luxottica<br />
Saf<strong>il</strong>o<br />
De Rigo<br />
Marcolin<br />
36<br />
Totale<br />
49.325<br />
7.027<br />
7.359<br />
4.796<br />
821<br />
Totale<br />
4.676,20<br />
1.122,00<br />
558,5<br />
157,4<br />
(a) gli operai sono circa l’80%<br />
dei dipendenti italiani del Gruppo<br />
Numero dipendenti<br />
Dirigenti<br />
–<br />
–<br />
77<br />
45<br />
23<br />
di cui:<br />
Impiegati<br />
e Quadri<br />
–<br />
–<br />
2.265<br />
3.832<br />
439<br />
Fatturato m<strong>il</strong>ioni di €<br />
di cui (composizione %):<br />
Operai<br />
–<br />
(a)<br />
4.461<br />
887<br />
359<br />
Reta<strong>il</strong> Wholesale<br />
70%<br />
4%<br />
71%<br />
0%<br />
30%<br />
96%<br />
29%<br />
100%<br />
Fonte: Elaborazioni Intesa Sanpaolo su b<strong>il</strong>anci aziendali<br />
Un ulteriore segno di distinzione nelle strategie imprenditoriali<br />
del gruppo Luxottica è rintracciab<strong>il</strong>e nella riorganizzazione<br />
della distribuzione dei prodotti. Sempre negli anni ’90 l’azienda<br />
aumenta <strong>il</strong> controllo dei mercati finali acquisendo alcune<br />
importanti catene distributive negli Stati Uniti e nel resto del<br />
mondo (LensCrafters e Sunglass Hut International, OPSM in<br />
Australia). Rafforza inoltre la sua presenza nei mercati mondiali<br />
con l’apertura di 38 f<strong>il</strong>iali commerciali direttamente o<br />
indirettamente controllate.<br />
Il successo di Luxottica nei mercati internazionali è dipeso<br />
anche da una strategia produttiva rivolta a un forte controllo<br />
sul ciclo produttivo. La produzione di Luxottica è integrata<br />
verticalmente, con una forte flessib<strong>il</strong>ità produttiva interna gra-<br />
1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />
zie a investimenti tecnologici e all’automazione delle linee<br />
produttive (Camuffo, 2003). Inoltre l’integrazione verticale<br />
della produzione stimola l’investimento continuo in Ricerca e<br />
Sv<strong>il</strong>uppo (R&S) in settori particolari come la prototipazione<br />
rapida, la lavorazione di leghe metalliche pregiate, e la ricerca<br />
di nuovi materiali. Il consolidamento della leadership di Luxottica<br />
avviene con la quotazione alla borsa di New York nel<br />
1990 e successivamente, nel 2003, l’ingresso del titolo<br />
anche alla borsa di M<strong>il</strong>ano.<br />
SAFILO — Il Gruppo Saf<strong>il</strong>o è <strong>il</strong> secondo produttore di occhiali<br />
dopo Luxottica. Nasce nel 1964 a Calalzo di Cadore per<br />
mano di Guglielmo Tabacchi. Negli anni ’70 viene acquistato<br />
<strong>il</strong> Centro Servizi di Padova al quale farà seguito la sede amministrativa.<br />
La strategia degli accordi con le grandi firme inizia<br />
alla fine degli anni ’80: <strong>il</strong> primo è Gucci seguito da Pierre Cardin,<br />
Diesel, Christian Dior, Max Mara, Valentino, Oliver, Nine<br />
West, Foss<strong>il</strong>, Kate Spade, Yves Saint Laurent, Saks Fifth Avenue,<br />
Bottega Veneta, Stella McCartney, Liz Claiborne, Boucheron,<br />
Alexander McQueen, Giorgio Armani, Emporio Armani,<br />
J.Lo by Jennifer Lopez, 55DSL, Marc Jacobs, Juicy Couture,<br />
Imatra, Marc by Marc Jacobs, Boss Hugo Boss, A/X<br />
Armani Exchange, Hugo by Hugo Boss, Balenciaga,<br />
Max&Co., Banana Republic, e dagli inizi del 2008 Jimmy<br />
Choo. Oltre alle collezioni con le grandi firme della moda,<br />
Saf<strong>il</strong>o produce anche con marchi propri: Saf<strong>il</strong>o, Oxydo, Blue<br />
Bay, Carrera e Smith.<br />
Il modello produttivo adottato non è quello della completa<br />
integrazione verticale. Saf<strong>il</strong>o ricorre a fasi esterne di produzione<br />
in Asia, Italia e negli Stati Uniti. L’integrazione verticale viene<br />
adottata quindi per i volumi attesi di vendita e si ricorre ad<br />
aziende terziste per le eventuali eccedenze. L’investimento in<br />
innovazione tecnologica è elevato: ha costituito Saf<strong>il</strong>o Ricerche<br />
come società autonoma detiene un elevato numero di<br />
brevetti sui prodotti del settore. A fianco all’innovazione tecnologica,<br />
Saf<strong>il</strong>o investe anche nella ricerca di soluzioni creative<br />
per mantenere ampia la varietà dei prodotti offerti.<br />
37
38<br />
La strategia distributiva di Saf<strong>il</strong>o si differenzia da quella di<br />
Luxottica. I punti di forza sono le f<strong>il</strong>iali commerciali e i distributori<br />
esclusivi sebbene anche quest’azienda abbia acquistato<br />
nel 2002 la catena distributiva Solstice negli Stati Uniti e nel<br />
2006 la catena di 64 negozi di Loop Vision in Spagna.<br />
La strategia finanziaria dell’azienda inizia solo recentemente:<br />
nel 2005 viene quotata alla Borsa di M<strong>il</strong>ano.<br />
DE RIGO — La terza impresa considerata leader nel settore è<br />
stata fondata dai fratelli De Rigo. È un gruppo giovane che<br />
nasce alla fine degli anni ’70 e che in un decennio circa cresce<br />
a forte velocità fino a raggiungere i 1.051 dipendenti nel<br />
1995 e i 4.796 nel 2006. Di fatto è la prima impresa che definisce<br />
la propria strategia di produzione nell’occhiale da sole.<br />
Sarà <strong>il</strong> successo registrato da questa azienda con la produzione<br />
dei propri marchi Police, Lozza e Sting che spingerà<br />
Luxottica, Saf<strong>il</strong>o e Marcolin su questo tipo di occhiale. Anche<br />
per quest’azienda gli accordi con le grandi firme della moda<br />
iniziano a tessersi negli anni ’90: Fendi, Etro, La Perla, Furla<br />
Escada, Chopard, Ermeneg<strong>il</strong>do Zegna, Celine, Givenchy,<br />
Loewe, Jean Paul Gaultier, Pirelli.<br />
La strategia distributiva è più sim<strong>il</strong>e a quella di Saf<strong>il</strong>o: possiede<br />
f<strong>il</strong>iali dirette in tutto <strong>il</strong> mondo mentre gestisce una rete di<br />
rappresentanti in Italia. Copre ottanta paesi raggiunti attraverso<br />
distributori indipendenti. Alla fine degli anni ’90 inizia ad<br />
acquisire catene distributive: prima la Dollond & Aitchison,<br />
catena inglese di ottica, poi la General Optica, catena di ottica<br />
in territorio spagnolo e portoghese. La De Rigo Group è<br />
quotata alla borsa di New York dal 20 ottobre 1995.<br />
MARCOLIN SPA — La quarta grande impresa del <strong>distretto</strong> è la<br />
Marcolin Spa che nasce agli inizi degli anni ’60 a Vallesella di<br />
Cadore per trasferirsi poi alla fine degli anni ’80 a Longarone.<br />
Il successo arriva con la produzione di aste in laminato oro, la<br />
successiva vendita delle montature complete in laminato oro<br />
negli Stati Uniti negli anni ’70 e la spinta verso una strategia<br />
marketing-oriented. In quegli anni nasce Marcolin Svizzera,<br />
Germania e Spagna, Benelux. Gli accordi con le grandi firme,<br />
1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />
che affiancano i marchi housebrand, cominciano nel 1994:<br />
Fendissime, Dolce e Gabbana, Replay Eyes, Chloé Lunettes,<br />
Roberto Cavalli, Tom Ford, Ferrari, JustCavalli, Timberland,<br />
MontBlanc, Kenneth Cole, Miss Sixty, CoverGirl, Cébé.<br />
Occupa 860 dipendenti, ha adottato un modello produttivo di<br />
integrazione verticale e possiede tre stab<strong>il</strong>imenti: lo storico di<br />
Vallesella di Cadore, Longarone e lo stab<strong>il</strong>imento di Claut in<br />
provincia di Pordenone.<br />
La produzione è organizzata in base ai materiali ut<strong>il</strong>izzati<br />
(metallo, acetato pantografato e acetato iniettato). Le fasi di<br />
lavorazione sono in gran parte svolte negli stab<strong>il</strong>imenti italiani<br />
perchè obiettivo principale di Marcolin è quello di garantire la<br />
soddisfazione del cliente offrendo un prodotto personalizzato<br />
di alta qualità. In questi anni è andata crescendo la strategia<br />
di vendita attraverso la creazione di nuove società di distribuzione<br />
in Asia e negli Stati Uniti. Dal 1999 è quotata presso la<br />
Borsa Valori di M<strong>il</strong>ano.<br />
1.5 Il sistema distributivo<br />
acquista una nuova<br />
centralità nella f<strong>il</strong>iera<br />
produttiva dell’occhiale<br />
La nuova centralità della produzione degli occhiali da sole e<br />
di quelli griffati non poteva non portare con sé anche dei cambiamenti<br />
strutturali nella distribuzione e commercializzazione<br />
degli occhiali: la parabola di crescita e di consolidamento sui<br />
mercati internazionali dei quattro leader di settore lo testimonia<br />
in modo evidentissimo. Fintanto che la produzione era<br />
prevalentemente determinata dall’occhiale da vista, <strong>il</strong> rapporto<br />
con <strong>il</strong> consumatore era dettato dall’ottico. L’ottico era, ed è,<br />
un intermediario importante per la vendita di occhiali come<br />
strumento medicale poiché guida <strong>il</strong> consumatore nella scelta<br />
e nell’acquisto di un prodotto che deve rispondere a requisiti<br />
precisi (anallergicità, ergonomia, qualità delle lenti, ecc.).<br />
39
40<br />
L’occhiale da sole invece presenta caratteristiche più vicine al<br />
capo d’abbigliamento, è più suscettib<strong>il</strong>e alle stagioni della<br />
moda e <strong>il</strong> cliente vuole poter scegliere autonomamente. Questa<br />
differenza tra <strong>il</strong> bisogno “medicale” dell’occhiale da vista e<br />
<strong>il</strong> “bisogno simbolico” dell’occhiale da sole ha richiesto una<br />
diversificazione nel servizio distributivo. L’altro fattore r<strong>il</strong>evante<br />
che ha influito sulle strutture a valle della f<strong>il</strong>iera è lo spostamento<br />
della produzione nel Far East; la necessità di abbattere<br />
i costi di produzione per mantenere posizioni competitive nei<br />
mercati internazionali ha generato un cambiamento nella distribuzione<br />
dei margini di profittab<strong>il</strong>ità ora spostati più a valle.<br />
Le strutture distributive adottate dalle imprese rispecchiano<br />
l’organizzazione delle imprese. Luxottica con un investimento<br />
finanziario market-oriented ha condizionato i canali distributivi<br />
delle altre imprese grandi e medie. Con l’apertura di 38 f<strong>il</strong>iali<br />
e 100 distributori e l’acquisto di due grandi catene distributive<br />
negli Stati Uniti – LensCrafters con 870 punti vendita e<br />
Sungluss Hut con 1.550 punti vendita nel Nord America e<br />
altri 300 in giro per <strong>il</strong> mondo – Luxottica ha acquisito un forte<br />
controllo del mercato internazionale e aumentato l’integrazione<br />
tra mercato e produzione poiché attraverso l’informatizzazione<br />
degli ordini diventa più realistica la previsione sull’andamento<br />
della domanda.<br />
Pur non essendo dotate di una struttura distributiva così complessa,<br />
le altre grandi imprese e quelle medie hanno spostato<br />
l’attenzione dal “saper fare” – considerata una funzione ormai<br />
acquisita – alla conoscenza dei mercati, per riconoscere la<br />
loro volat<strong>il</strong>ità, anticipare le tendenze e identificare nuove icone<br />
simboliche legate all’occhiale.<br />
Il numero dei grossisti è enormemente diminuito ed è cresciuto<br />
l’investimento diretto in f<strong>il</strong>iali e/o l’acquisto di catene distributive,<br />
soprattutto in Europa.<br />
Le piccole imprese mantengono invece una struttura semplificata<br />
dei canali informativi. La produzione si basa principalmente<br />
sull’emissione di un ordine che può venire raccolto<br />
direttamente attraverso <strong>il</strong> contatto creato da agenti che visita-<br />
1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />
no negozi e grossisti oppure attraverso la partecipazione a<br />
fiere come <strong>il</strong> Mido di M<strong>il</strong>ano, o <strong>il</strong> S<strong>il</strong>mo di Parigi. Per queste<br />
imprese <strong>il</strong> negozio al dettaglio, le catene distributive e i grossisti<br />
sono i committenti che stab<strong>il</strong>iscono la dimensione e <strong>il</strong><br />
tipo di commessa acquisendo in tal modo un ruolo di coordinatori<br />
della capacità produttiva delle imprese.<br />
Si può dedurre che, durante la fase espansiva della domanda,<br />
queste imprese si sono adeguate alla struttura organizzativa<br />
emersa, in cui l’attività commerciale veniva svolta da attori<br />
esterni, senza elaborare una struttura interna per la distribuzione<br />
dei prodotti. Chiaramente ciò significava minori costi e<br />
minori rischi nel breve periodo ma nel lungo periodo questa<br />
frammentazione ha presentato costi elevati. Infatti l’impossib<strong>il</strong>ità<br />
di fare previsioni strategiche da parte di molte piccole e<br />
micro imprese – per la lontananza dai mercati finali –, la mancanza<br />
di investimenti nella struttura organizzativa interna e la<br />
ridefinizione dei rapporti con gli attori esterni e coi precedenti<br />
clienti hanno reso estremamente frag<strong>il</strong>i molte imprese che,<br />
di fronte alla frenata della crescita della domanda4 hanno<br />
dovuto uscire dal mercato.<br />
1.6 Internazionalizzazione<br />
ed esportazioni: un trend<br />
in crescita<br />
Le figure 1.4a e 1.4b restituiscono un’immagine molto<br />
chiara della leadership italiana nel settore dell’occhiale ma,<br />
nello stesso tempo, evidenziano la grande vicinanza della<br />
produzione asiatica ai volumi di esportazione italiani; produzione<br />
asiatica che è cresciuta velocemente in una decina<br />
d’anni.<br />
4 Frenata, sia ben chiaro, non determinata dal calo della domanda mondiale, né dalla<br />
contrazione della quota di produzione italiana ma, piuttosto, dalla verticalizzazione dei<br />
processi produttivi e della crescita sostenuta (con acquisizione di quote di mercato)<br />
da parte delle imprese leader.<br />
41
Figura 1.4a – Quote di mercato (%) delle esportazioni<br />
di montature per occhiali (2005)<br />
Figura 1.4b – Quote di mercato (%) delle esportazioni<br />
di occhiali correttivi e protettivi (2005)<br />
1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />
Sebbene la qualità manifatturiera dei prodotti cinesi, grazie al<br />
processo di learning by doing, sia migliorata, rimane una differenza<br />
sostanziale tra la produzione <strong>bellunese</strong>, focalizzata sul<br />
prodotto di qualità medio-alta e di lusso, e la produzione cinese<br />
rivolta al prodotto di fascia medio-bassa.<br />
Questo diverso obiettivo produttivo mette chiaramente in<br />
luce la non fac<strong>il</strong>e sostituib<strong>il</strong>ità della produzione italiana con<br />
quella cinese per i prodotti di qualità superiore. Altra differenza<br />
significativa che crea un distacco tra le due aree di<br />
produzione è incorporata nel valore simbolico del prodotto.<br />
Il valore economico dell’occhiale è legato alla sua identità<br />
territoriale e all’appartenenza a uno st<strong>il</strong>e di vita – quello italiano<br />
– che vuole essere imitato dai consumatori nei mercati<br />
internazionali.<br />
Il trend crescente della produzione e delle esportazioni5 degli<br />
occhiali del <strong>distretto</strong> <strong>bellunese</strong> (cfr. figura 1.5) mette in evidenza<br />
la ripresa della crescita della domanda con <strong>il</strong> nuovo<br />
m<strong>il</strong>lennio grazie, in ordine d’importanza di quote di export, agli<br />
occhiali da sole (65% del totale export), alle montature (33%)<br />
e alle lenti oftalmiche (2%). In un decennio le quote di export<br />
sono passate dal 60% all’83% circa della produzione, crescita<br />
che sta a indicare <strong>il</strong> forte consolidamento della produzione<br />
del <strong>distretto</strong> sui mercati internazionali.<br />
Anche le importazioni crescono, soprattutto quelle provenienti<br />
dall’area asiatica (70%) per evidente crescita della produzione.<br />
Tuttavia continuano ad attestarsi su valori inferiori al<br />
30%. In quest’ultimo decennio l’incidenza delle importazioni<br />
sul totale della produzione passa dal 13% al 26%.<br />
Le principali aree di riferimento per le esportazioni sono l’Europa<br />
(49%), <strong>il</strong> mercato americano (32%) 6 e l’area asiatica<br />
(14%). Aree emergenti sono invece l’America Centrale e del<br />
Sud, la Russia e gli Emirati Arabi, sebbene questi ultimi rappresentino<br />
una quota molto piccola dell’export.<br />
Percentuali calcolate su dati in m<strong>il</strong>ioni<br />
di dollari correnti Fonte: Elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Unctad<br />
5 Nel 2006 sono stati esportati oltre 76 m<strong>il</strong>ioni di paia di occhiali.<br />
6 Gli Stati Uniti sono <strong>il</strong> primo mercato di riferimento dell’industria dell’occhiale con una<br />
quota di export superiore al 27%.<br />
42 43
Figura 1.5 – L’evoluzione della produzione dell’occhiale<br />
(valori in m<strong>il</strong>ioni di euro)<br />
44<br />
1.7 Gli attori istituzionali<br />
del <strong>distretto</strong><br />
Fonte: Elaborazioni Anfao su dati Coeweb ISTAT<br />
e Globale Trade Atlas<br />
Nel <strong>distretto</strong> dell’occhialeria l’azione collettiva ha svolto un<br />
ruolo attivo per le imprese di medie e piccole dimensioni nel<br />
processo di adattamento al cambiamento del contesto internazionale.<br />
Alla metà degli anni ’90, le associazioni di categoria<br />
e di settore offrono servizi per creare un “effetto leva a<br />
livello di sistema” e sostenere le imprese in investimenti per<br />
l’innovazione tecnologica.<br />
Sebbene <strong>il</strong> bisogno di un cambiamento nelle routine organizzative<br />
sia ora evidente, le imprese manifestano una diffidenza<br />
nei confronti di politiche o iniziative top-down e dimostrano,<br />
inizialmente, uno scarso interesse per collaborazioni con<br />
1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />
questi attori istituzionali. L’unico attore che acquista in questo<br />
decennio un ruolo collettivo autorevole nel <strong>distretto</strong> è<br />
Certottica.<br />
CERTOTTICA — Nasce nel 1992 come società consort<strong>il</strong>e a capitale<br />
misto e finalizzata allo sv<strong>il</strong>uppo di una cultura della qualità.<br />
I soci principali sono Anfao (49%) e Veneto Innovazione<br />
Spa (25%), seguiti da una pluralità di soggetti regionali7 .<br />
I servizi di Certottica sono cresciuti nel tempo: oltre alla certificazione<br />
di qualità fornisce servizi per l’innovazione e per<br />
la formazione del personale8 e <strong>il</strong> suo ruolo ha acquisito maggiore<br />
r<strong>il</strong>evanza fino a diventare parte del Parco Scientifico<br />
Veneto “Gal<strong>il</strong>eo”.<br />
L’istituto di ricerca svolge oggi una funzione sinergica nel<br />
sistema reticolare di imprese nel <strong>distretto</strong>. Ha sv<strong>il</strong>uppato relazioni<br />
solide con circa la metà delle imprese innovative, con un<br />
quarto circa di imprese con un proprio prodotto e con gran<br />
parte delle imprese che producono componentistica. I rapporti<br />
sono meno solidi con le piccole imprese (Gambarotto,<br />
Solari, 2005).<br />
A partire dalla metà degli anni ’90 grazie ai fondi strutturali<br />
europei (Leader I e II) si intensifica un’attività di programmazione<br />
per lo sv<strong>il</strong>uppo del territorio. L’attività di governance<br />
messa in atto per rispettare <strong>il</strong> principio di sussidiarietà richiesto<br />
dall’Unione Europea coinvolge una pluralità di attori istituzionali<br />
locali attorno a un progetto rivolto alla promozione dello<br />
sv<strong>il</strong>uppo dell’occhialeria <strong>bellunese</strong>9 .<br />
7 Associazione industriali di Belluno (5%), CNA di Belluno (2,083%), Federazione Regionale<br />
Artigiano Veneto (2,083%), Associazione Industriali di Treviso (1,5%), CCIAA di<br />
Belluno, di Padova, di Vicenza, di Varese, di Treviso e di Venezia (ognuna con 1,5%),<br />
la Provincia di Belluno (5%), Federottica (1,334%), Comunità Montana Longaronese<br />
Zoldano (0,75%) e Comune di Longarone (0,75%).<br />
8 Certottica fornisce servizi di certificazione sui requisiti di sicurezza ed esegue rapporti<br />
di prova sui prototipi e caratteristiche tecnologiche di diversi prodotti oltre agli<br />
occhiali: caschi, protezioni per motociclisti, sci da discesa e da fondo, snowboard,<br />
bastoncini da sci ed equipaggiamento per l’alpinismo. A fianco ai servizi di validazione,<br />
l’Istituto fornisce un ventaglio molto ampio di corsi di formazione continua: dai corsi<br />
di alta formazione (design dell’occhiale, metodi di prototipazione, tecnologie innovative<br />
per l’occhiale), ai corsi sul risparmio energetico e le energie rinnovab<strong>il</strong>i nonché corsi<br />
per le piccole e medie imprese in diverse aree aziendali.<br />
9 L’iniziativa comunitaria Leader è uno strumento specifico della politica strutturale dell’Unione<br />
Europea rivolto a sperimentare metodologie locali, spesso innovative, di sv<strong>il</strong>uppo<br />
attraverso lo scambio di know-how e creazione di progetti di cooperazione transfrontaliere,<br />
transnazionali e interregionali.<br />
45
Figura 1.6 – Struttura del Progetto “Cittadella dell’Occhiale”<br />
46<br />
Fonte: Club dei Distretti Industriali, Newsletter n. 3, 1996<br />
CITTADELLA DELL’OCCHIALE — Nasce nel 1994 la Cittadella dell’Occhiale<br />
per coordinare le iniziative di promozione dello sv<strong>il</strong>uppo<br />
e per la creazione di servizi rivolti a r<strong>il</strong>anciare la competitività<br />
del <strong>distretto</strong> (cfr. figura 1.6).<br />
A distanza di più di dieci anni dalla partenza di questa iniziativa,<br />
i risultati ottenuti sono concentrati nella Ricerca e Innovazione<br />
grazie al forte coinvolgimento di Certottica. Sono<br />
stati realizzati quattro progetti di ricerca di tipo tecnico-ingegneristico<br />
e per la normazione dei dispositivi di protezione<br />
individuale.<br />
ANFAO — Tra gli attori istituzionali “storici” del <strong>distretto</strong>,<br />
Anfao è sicuramente <strong>il</strong> più importante. Nasce nel 1954 e<br />
riunisce la quasi totalità di imprese italiane del settore. Il suo<br />
obiettivo principale è quello di rafforzare le relazioni tra le<br />
imprese e di rappresentarne gli interessi all’estero. Organizza<br />
la più importante manifestazione fieristica del settore, <strong>il</strong><br />
Mido, evento di assoluta r<strong>il</strong>evanza per le imprese in quanto<br />
momento internazionale di incontro tra gli operatori del settore.<br />
Contribuisce inoltre alla creazione/mantenimento delle<br />
competenze all’interno del <strong>distretto</strong> e alla definizione delle<br />
norme di certificazione attraverso la partecipazione societaria<br />
di Certottica.<br />
1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />
ALTRI ATTORI — Esistono poi molti altri attori istituzionali nel<br />
<strong>distretto</strong>: Sipao (Sezione Industrie Produttrici Articoli Occhialeria),<br />
<strong>il</strong> consorzio Dolomiti Export, <strong>il</strong> Museo dell’Occhiale, <strong>il</strong><br />
Centro Servizi Occhialeria, Eurobic Dolomiti. Tutti rivolti a<br />
sostenere e migliorare la competitività delle imprese e lo sv<strong>il</strong>uppo<br />
del <strong>distretto</strong> dell’occhialeria.<br />
1.8 Un’ipotesi di lettura<br />
dell’evoluzione del <strong>distretto</strong><br />
Il <strong>distretto</strong> dell’occhialeria ha subito trasformazioni profonde<br />
in questi ultimi quindici anni. Fondamentalmente la forma<br />
attuale del <strong>distretto</strong> nasce dall’idea di trasformare un prodotto<br />
medicale quale l’occhiale da vista in un prodotto simbolico<br />
grazie all’investimento nel design e alla partnership con le<br />
grandi firme della moda10 . Il fattore di produzione “creatività”<br />
ha poi innescato un processo di sv<strong>il</strong>uppo quantitativo –<br />
aumento della domanda mondiale di occhiali, aumento del<br />
numero di imprese nel <strong>distretto</strong> per aumentare la capacità<br />
produttiva, aumento del numero di occupati nel <strong>distretto</strong> – e<br />
qualitativo diffic<strong>il</strong>mente imitab<strong>il</strong>e.<br />
Lo sv<strong>il</strong>uppo, tuttavia, non può essere infinito e la dimensione<br />
della domanda tenderà a saturarsi nel tempo soprattutto perché<br />
nuovi produttori – in particolare quelli del Far East – crescono<br />
più rapidamente dei nuovi mercati. Questo passaggio<br />
critico che ha coinvolto <strong>il</strong> secondo quinquennio degli anni ’90<br />
ha generato effetti divergenti: da un lato molte piccole imprese<br />
sono scomparse dal <strong>distretto</strong> per effetto di un ridimensionamento<br />
della domanda a loro direttamente rivolta; e, dall’altro, le<br />
grandi e medie imprese hanno consolidato <strong>il</strong> trend di crescita<br />
con un forte investimento nei canali distributivi.<br />
10 Dei 300 marchi presenti oggi sul mercato mondiale, 102 sono italiani (pari al 34%),<br />
65 statunitensi e 59 francesi. Questi tre paesi coprono <strong>il</strong> 76% dei marchi mondiali.<br />
Degli 83 produttori su licenza (anno 2005), 40 sono italiani, pari al 49%, 15 francesi<br />
e 10 statunitensi. I tre paesi coprono <strong>il</strong> 79% dei produttori su licenza.<br />
47
48<br />
È fac<strong>il</strong>e riconoscere come le imprese abbiano reagito ai riassetti<br />
dei mercati mondiali ut<strong>il</strong>izzando comportamenti “adattivi” legati<br />
alla singola esperienza organizzativa e alla conoscenza tacita<br />
accumulata. In altre parole, <strong>il</strong> processo evolutivo che si è messo<br />
in moto è dipeso dalle diverse capacità di assorbimento (absorptive<br />
capacities) delle imprese (Cohen e Levinthal,1990).<br />
Le grandi imprese hanno posto un vincolo al processo di<br />
adattamento delle imprese medie e piccole; le loro strategie<br />
distributive e le innovazioni introdotte nella gestione dei flussi<br />
informativi per adeguarsi all’evolvere della domanda hanno<br />
generato una maggiore verticalizzazione nella struttura delle<br />
relazioni tra imprese.<br />
Da alcune analisi fin qui condotte sulla struttura relazionale<br />
delle imprese nel <strong>distretto</strong> è emerso che si possono distinguere<br />
quattro cluster di imprese (Gambarotto, Solari, 2008).<br />
• Un primo insieme di imprese sfruttano le competenze del<br />
<strong>distretto</strong> e si connettono con una pluralità di attori. Sono<br />
imprese che hanno ut<strong>il</strong>izzato i servizi forniti dagli attori istituzionali,<br />
in particolare da Certottica, per introdurre innovazioni<br />
di processo e di prodotto. Hanno acquisito competenze<br />
organizzative e tecnologiche riverticalizzando la produzione<br />
e rinunciando, almeno in parte, al ricorso a subfornitori.<br />
• Un secondo insieme di imprese – che producono per<br />
conto terzi e posseggono una linea di produzione con marchio<br />
proprio – hanno invece ut<strong>il</strong>izzato canali informali per<br />
acquisire nuove conoscenze tecnologiche e organizzative.<br />
Soprattutto grazie ai rapporti con le imprese più grandi,<br />
hanno investito le loro risorse nel miglioramento dei processi<br />
di produzione e le loro strategie si sono concentrate<br />
sul contenimento dei costi.<br />
• Il terzo insieme di imprese riconoscib<strong>il</strong>e all’interno del<br />
<strong>distretto</strong> comprende le microimprese e i subfornitori. Sono<br />
imprese con una bassissima capacità di assorbimento<br />
delle informazioni, fortemente dipendenti da altre imprese<br />
e anche ampiamente sottocapitalizzate. Questo limite –<br />
dimensionale e di risorse – si è tradotto nell’incapacità ad<br />
1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />
acquisire nuove competenze sia direttamente, sia persino<br />
attraverso gli attori istituzionali del <strong>distretto</strong>.<br />
Si tratta di imprese che hanno qualche speranza di sopravvivenza<br />
solo aggregandosi, precondizione necessaria per provare<br />
a percorrere gli stessi sentieri innovativi già battuti dalle<br />
altre imprese.<br />
• Il quarto insieme di imprese contiene le imprese di componenti<br />
speciali quali, ad esempio, gli astucci per gli<br />
occhiali. Sono imprese che hanno mantenuto un rapporto<br />
molto stretto con le altre imprese del <strong>distretto</strong> acquisendo<br />
informazioni e mettendosi nelle condizioni di rispondere<br />
alle esigenze delle imprese produttrici. Hanno sv<strong>il</strong>uppato<br />
rapporti molto solidi con alcuni attori istituzionali che operano<br />
nel <strong>distretto</strong> per allineare le loro competenze con<br />
quelle delle altre imprese.<br />
Se, dunque, <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhiale ha sin qui mostrato una<br />
buona tenuta competitiva sui mercati internazionali, da cui è<br />
derivata una performance indubbiamente interessante per<br />
numerosi attori industriali, deve identificare ora un nuovo<br />
equ<strong>il</strong>ibrio produttivo interno che risponda alla deriva inesorab<strong>il</strong>e<br />
dei processi di delocalizzazione e al processo di verticalizzazione<br />
dei rapporti tra imprese, se vorrà mantenere una<br />
compattezza di <strong>distretto</strong> che si va rapidamente attenuando.<br />
49
Capitolo 2<br />
L’ANALISI DI BILANCIO:<br />
PERFORMANCE<br />
DI SETTORE E<br />
CARATTERISTICHE<br />
DI MERCATO
54<br />
L’analisi di b<strong>il</strong>ancio:<br />
performance<br />
di settore e<br />
caratteristiche<br />
di mercato<br />
ALBERTO BRAMANTI e ARMANDO RUNGI<br />
Una performance a livello macro-territoriale più che positiva –<br />
qual è quella emersa dal precedente Capitolo 1 – e la presenza<br />
di un nucleo oligopolistico di imprese che “fanno <strong>il</strong> mercato”,<br />
meritano un approfondimento anche a livello di dati di<br />
b<strong>il</strong>ancio. Questo secondo Capitolo è pertanto dedicato a<br />
un’analisi accurata delle performance di settore e delle caratteristiche<br />
di mercato; l’analisi mette in luce le modificazioni<br />
più significative registratesi negli anni 2000 seguendo uno<br />
schema articolato su diversi passaggi.<br />
Innanzitutto viene proposta una valutazione del grado di concentrazione<br />
del settore (indice di Herfindahl-Hirschman) e la<br />
sua variazione nell’ultimo triennio (cfr. § 2.1). L’analisi della concentrazione<br />
è affiancata da quella del mark-up, la cui variazione<br />
nel tempo indica quanto le imprese si sentano sotto pressione<br />
rispetto al prezzo di vendita (indice di Lerner; cfr. § 2.1.1). Una<br />
più alta competitività (diminuzione della concentrazione e contrazione<br />
dei margini di mark-up) si traduce in performance positive<br />
sui mercati internazionali (cfr. § 2.2). Dalla performance<br />
estera a quella interna e complessiva, <strong>il</strong> passo è breve, gli indicatori<br />
ut<strong>il</strong>izzati sono <strong>il</strong> fatturato per addetto (cfr. § 2.3) che evidenzia<br />
un differenziale tra <strong>il</strong> dato distrettuale e quello medio italiano<br />
con le imprese del <strong>distretto</strong> che evidenziano un maggiore<br />
addensamento nel segmento a più alta produttività.<br />
Il passaggio successivo indaga sulla struttura dei costi variab<strong>il</strong>i<br />
e sulla prevalenza dei costi per servizi nel <strong>distretto</strong>, e dei<br />
costi sul materiale a livello nazionale, con un’indicazione indiretta<br />
del posizionamento qualitativo delle produzioni distrettuali<br />
che tanto più salgono nella scala del valore aggiunto, tanto<br />
più sono ut<strong>il</strong>izzatrici di servizi di terziario dedicati e pregiati.<br />
Redditività e indebitamento sono infine esplorati per cogliere<br />
la ripresa recente – che nel <strong>distretto</strong> consente di recuperare i<br />
livelli di redditività del 2002 – e la necessità di finanziare i processi<br />
di ristrutturazione più impegnativi con risorse proprie<br />
piuttosto che con indebitamento finanziario (cfr. § 2.4).<br />
L’analisi dei risultati a livello di b<strong>il</strong>anci di impresa segnala dunque<br />
che la competizione nel settore nell’ultimo quinquennio è<br />
aumentata (a livello Italia) e <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhiale veneto ha<br />
risposto mostrando capacità distintive rispetto al resto d’Italia;<br />
l’esito territoriale si documenta in una migliore performance<br />
economica relativa.<br />
L’analisi qui proposta è fondata su dati di b<strong>il</strong>ancio delle imprese<br />
del settore degli occhiali11 , con un confronto tra <strong>il</strong> <strong>distretto</strong><br />
che si è storicamente formato nelle province di Belluno e Treviso<br />
e <strong>il</strong> resto d’Italia. I dati di b<strong>il</strong>ancio e le informazioni sulla<br />
proprietà delle imprese sono ricavati dal database AIDA, che<br />
copre circa <strong>il</strong> 90% delle imprese che hanno l’obbligo di presentare<br />
<strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio12 e tende a escludere solo imprese di piccolissime<br />
dimensioni. Il periodo coperto è quello tra <strong>il</strong> 2000 e<br />
<strong>il</strong> 200613 , un periodo di grande interesse per numerosi motivi:<br />
• l’accesso all’Unione Europea di nuovi paesi membri e quindi<br />
la presenza di nuovi mercati di sbocco nell’area Euro;<br />
11 Per la definizione del settore degli occhiali ut<strong>il</strong>izzeremo la classificazione delle attività<br />
industriali dell’ISTAT, ATECO 2002. Le categorie d’impresa incluse nell’analisi sono:<br />
“Fabbricazione di armature per occhiali di qualsiasi tipo; “Montatura in serie di occhiali<br />
comuni”; “Confezionamento e apprestamento di occhiali da vista e lenti a contatto”;<br />
“Fabbricazione di elementi ottici, compresa la fabbricazione di fibre ottiche non<br />
individualmente inguainate”; “Fabbricazione di lenti e strumenti ottici di precisione”.<br />
12 Confronto effettuato con i dati ISTAT delle imprese attive al 2006 distinte in forma giuridica.<br />
13 Il ritardo con cui vengono immessi i nuovi dati è di oltre un anno. I b<strong>il</strong>anci 2007 sono<br />
infatti resi disponib<strong>il</strong>i a partire da maggio-giugno dell’anno seguente. Vengono quindi<br />
riclassificati e inseriti nella banca dati a partire dall’autunno dell’anno successivo a<br />
quello a cui si riferiscono. Alla data di chiusura del presente Quaderno erano disponib<strong>il</strong>i<br />
dati 2007 solo parziali e senza una copertura soddisfacente del settore. Si è pertanto<br />
scelto di fermarsi all’anno 2006, ultimo dato completo ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>e.<br />
55
56<br />
• l’ingresso della Cina nell’Organizzazione Mondiale del<br />
Commercio (WTO) e, quindi, l’accresciuta concorrenza proveniente<br />
dai paesi emergenti;<br />
• l’implementazione di riforme del mercato del lavoro – nella<br />
direzione di un’accresciuta flessib<strong>il</strong>ità – che avrebbero<br />
potuto favorire la ristrutturazione di imprese per renderle<br />
più competitive sul mercato.<br />
Sulla base del campione ut<strong>il</strong>izzato, circa un terzo delle imprese<br />
italiane (171 su 475) sono dislocate sul territorio delle province<br />
di Belluno e Treviso, producendo però <strong>il</strong> 51% del fatturato<br />
nazionale. Delle prime 30 imprese in ordine di fatturato<br />
nel periodo, 16 sono in Veneto e di queste la sola provincia di<br />
Belluno ne annovera 10. Le imprese del Veneto danno lavoro<br />
al 64% circa degli addetti nel settore in Italia.<br />
2.1 Un settore a competizione<br />
crescente<br />
L’analisi qui presentata parte dalla constatazione che <strong>il</strong> settore<br />
dell’occhialeria ha vissuto modificazioni recenti legate a<br />
un’accresciuta competizione tra imprese, che ha influito sulla<br />
struttura di mercato e sulla sua evoluzione nel corso degli ultimi<br />
anni. Una competizione che, come già accennato, è largamente<br />
frutto di una forte apertura al commercio internazionale,<br />
dell’irrompere di nuove tecnologie e del consolidarsi di una<br />
domanda del consumatore più sofisticata.<br />
Una prima misura di questa accresciuta competizione è certamente<br />
rintracciab<strong>il</strong>e nelle modificazioni intercorse sulla<br />
struttura di mercato a livello italiano, lette attraverso una classica<br />
misura di concentrazione delle quote di mercato fornita<br />
dall’indice di Herfindahl-Hirschman14 . La concentrazione delle<br />
14 L’indice di concentrazione del mercato di Herfindahl-Hirschman è calcolato come la<br />
somma dei quadrati delle quote di mercato nel settore. Una sua diminuzione sta a<br />
indicare un miglioramento della concorrenza all’interno del mercato di riferimento. Un<br />
incremento dell’indice significa un peggioramento della concorrenza a favore di alcune<br />
imprese che concentrano maggiori quote di mercato.<br />
2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
Figura 2.1 – Indice di concentrazione Herfindahl-Hirschman<br />
Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA<br />
quote di mercato, e la sua variazione nel tempo, indica infatti<br />
quanto <strong>il</strong> potere di mercato si distribuisca in maniera ineguale<br />
fra le imprese che partecipano al settore occhialeria. L’indice<br />
di Herfindahl-Hirschman misura insomma quanto <strong>il</strong> settore si<br />
allontana da un contesto “perfettamente competitivo”, astrazione<br />
della teoria nella quale idealmente tutte le imprese<br />
avrebbero lo stesso potere di mercato.<br />
Una diminuzione dell’indice registra una distribuzione delle<br />
quote di mercato meno concentrata in poche imprese che<br />
dominano <strong>il</strong> settore mentre, all’opposto, un incremento dell’indice<br />
indicherebbe un maggiore scostamento dalla situazione<br />
di concorrenza perfetta.<br />
Nella figura 2.1 tale indice è stato calcolato per <strong>il</strong> periodo<br />
2004-2006 e si evince che, data l’usuale persistenza strutturale<br />
dell’indice nel tempo, <strong>il</strong> mercato degli occhiali ha sperimentato<br />
una evidente decrescita con uno spostamento<br />
del settore occhialeria verso un nuovo equ<strong>il</strong>ibrio caratterizzato<br />
da un potere di mercato meno concentrato all’anno<br />
57
58<br />
finale, grazie a una più forte competizione orizzontale tra<br />
imprese.<br />
La sola misura della concentrazione del mercato, seppure ut<strong>il</strong>e<br />
per un primo quadro generale del settore e delle due modificazioni<br />
negli anni recenti, deve essere considerata solo un<br />
punto di partenza dell’analisi; un’informazione che apre all’esigenza<br />
di comprendere come tale trasformazione si sia realizzata<br />
e da cosa derivi la redistribuzione di quote di mercato in<br />
atto all’interno del settore.<br />
Ciò che l’indice Herfindahl-Hirschman si limita a comunicare<br />
è che alcune imprese hanno ceduto potere di mercato a favore<br />
di altre. Il dato sintetico è però interpretativamente “povero”<br />
dal momento che non è neppure possib<strong>il</strong>e dire se le<br />
imprese che hanno ceduto potere di mercato siano rimaste<br />
attive sul mercato o ne siano uscite.<br />
Per andare più a fondo nell’interpretazione dei fenomeni diviene<br />
allora interessante ut<strong>il</strong>izzare un altro strumento che – sempre<br />
con l’obiettivo di misurare <strong>il</strong> potere di mercato e la sua<br />
redistribuzione nel tempo – è in grado di registrare la differenza<br />
tra <strong>il</strong> prezzo praticato e i costi sostenuti (<strong>il</strong> ben noto markup)<br />
e collegarlo all’analisi della concorrenza.<br />
Dal punto di vista economico infatti, se in un settore, a livello<br />
aggregato, <strong>il</strong> mark-up nel corso di un periodo tende a diminuire<br />
significa che i margini si sono compressi e dunque, verosim<strong>il</strong>mente,<br />
esistono pressioni concorrenziali che obbligano le<br />
imprese a ridurre i propri margini rispetto ai costi.<br />
Questo effetto può essere esito e conseguenza diretta, di<br />
una accresciuta concorrenza che determina una diminuzione<br />
del ricarico che un’impresa può fare partendo dai costi sostenuti<br />
per la produzione. Ciò potrebbe innescare una generale<br />
riduzione dei prezzi che porterebbe alcune imprese del settore<br />
al fallimento perché non in grado di sostenere un prezzo<br />
così basso. Ovviamente non si può nemmeno escludere che<br />
<strong>il</strong> settore si sia invece concentrato a valle, nella fase distributiva<br />
e che questo comprima i margini dei produttori a monte in<br />
forza del suo accresciuto potere di mercato.<br />
2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
Al contrario, nel caso di un aumento del mark-up, si avrebbe<br />
un segnale inequivocab<strong>il</strong>e di un certo allentamento della<br />
pressione concorrenziale così che le imprese presenti sul<br />
mercato siano in grado di ricavare un profitto maggiore a partire<br />
dai costi che hanno sostenuto.<br />
Nella figura 2.2, è possib<strong>il</strong>e osservare l’indice di Lerner aggregato,<br />
<strong>il</strong> quale – appunto – è in grado di misurare <strong>il</strong> mark-up<br />
praticato all’interno di un settore. Nel caso in esame, nel settore<br />
dell’occhiale, tale indice è diminuito nel corso del periodo<br />
considerato in maniera certamente significativa e ci fornisce<br />
una quantificazione dell’effetto della concorrenza come percepito<br />
dal produttore del settore occhialeria, con una diminuzione<br />
tra <strong>il</strong> 2000 e <strong>il</strong> 2006 del 15% in termini di differenza fra<br />
prezzo praticato e costi sostenuti15 .<br />
2.1.1 SCOMPOSIZIONE DEL MARK-UP<br />
A LIVELLO DI SETTORE<br />
A partire dall’indice aggregato l’analisi si sposta sulle componenti<br />
che concorrono a tale andamento – una diminuzione<br />
derivante da una accresciuta concorrenza nel settore occhialeria<br />
è l’ipotesi interpretativa assunta.<br />
In senso puramente teorico due sono le possib<strong>il</strong>i occorrenze:<br />
• imprese più efficienti possono essere entrate sul mercato<br />
– grazie alla presenza di minori barriere all’entrata di natura<br />
tecnologica (la tecnologia di produzione è ora diventata<br />
più accessib<strong>il</strong>e e più fac<strong>il</strong>e da implementare);<br />
• è cresciuta la produttività di alcune imprese già operanti<br />
nel settore, in grado pertanto di diminuire i propri costi di<br />
produzione e quindi di offrire <strong>il</strong> prodotto a un prezzo più<br />
basso rispetto ai concorrenti.<br />
Per avere un quadro più completo delle dinamiche sottostanti<br />
alle modificazioni della struttura di mercato – ipotizzata dalla<br />
decrescita dell’indice di concentrazione e dell’indice di Ler-<br />
15 L’indice di Lerner è dapprima calcolato a livello di impresa come Vendite - Costo<br />
materiali e servizi - Costo del lavoro/Vendite, dopo di che in aggregato si riporta la<br />
media ponderata sulla base delle quote di mercato delle imprese.<br />
59
Figura 2.2 – Indice di Lerner e sua scomposizione<br />
60<br />
Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA<br />
ner aggregato – è ut<strong>il</strong>e procedere alla scomposizione della<br />
variazione complessiva (pari a un 15% tra <strong>il</strong> 2000 e <strong>il</strong> 2006)<br />
nelle principali componenti che la determinano:<br />
• ingresso di nuove imprese (effetto entry);<br />
• fallimento di vecchie imprese (effetto exit);<br />
• comportamento delle imprese che sono rimaste attive sul<br />
mercato, a sua volta scomposto in tre componenti (effetto<br />
within, effetto riallocazione, ed effetto interazione).<br />
La scomposizione adottata richiede uno strumento relativamente<br />
sofisticato16 – ma di frequente ut<strong>il</strong>izzazione in questo<br />
tipo di studi – che permette alle singole componenti di raggiungere<br />
in somma algebrica l’effetto aggregato.<br />
A partire dalla figura 2.2 è possib<strong>il</strong>e discutere <strong>il</strong> contributo<br />
delle singole componenti sul risultato finale (la variazione dell’indice<br />
di Lerner per <strong>il</strong> settore). Il primo effetto, effetto entry –<br />
ovvero <strong>il</strong> contributo dato dalle imprese che accedono al mer-<br />
16 Qui si adotta una scomposizione di Laspeyres del price-cost margin aggregato settoriale<br />
grazie alla disponib<strong>il</strong>ità di dati a livello di impresa. L’indice di Lerner settoriale<br />
rappresenta la somma algebrica di questi singoli effetti.<br />
2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
cato per la prima volta – assume un valore positivo (mark-up<br />
più alto della media) e non contribuisce quindi ad aumentare<br />
la concorrenza all’interno del settore.<br />
Il valore positivo della componente va letto in termini negativi<br />
nel senso che un mark-up che cresce segnala una “attenuazione”<br />
della concorrenza. Le nuove imprese che entrano hanno<br />
elementi distintivi tali da consentire loro di “estrarre” dai<br />
prezzi di vendita praticati un mark-up superiore a quello delle<br />
imprese compessivamente già presenti sul mercato.<br />
L’effetto exit per <strong>il</strong> settore occhialeria, come risulta evidente<br />
dalla figura 2.2, è <strong>il</strong> maggior responsab<strong>il</strong>e della variazione in<br />
aggregato dell’indice. Se <strong>il</strong> mark-up di settore (dato medio)<br />
diminuisce significativamente nel quinquennio (-15%) per<br />
l’uscita di un certo numero di imprese dal settore (effetto exit,<br />
-18%), significa che a uscire dal mercato sono imprese col<br />
mark-up più alto della media e bisogna dunque supporre che<br />
non si tratti delle imprese che godono di un premium price nei<br />
confronti dei propri concorrenti ma, più fac<strong>il</strong>mente, di imprese<br />
che escono dal mercato perché appesantite da costi troppo<br />
alti rispetto a quello che <strong>il</strong> mercato è disposto a pagare.<br />
L’interpretazione dell’effetto within17 è un po’ meno intuitiva<br />
ma non di meno ut<strong>il</strong>e al fine di comprendere cosa sia successo<br />
nel corso degli ultimi anni nel settore occhialeria. La variazione<br />
in negativo dell’indice – che si ricorda ancora una volta<br />
cattura un effetto di riduzione del potere di mercato – è esattamente<br />
quello che ci si aspetta in un settore che diventa più<br />
competitivo.<br />
Il suo valore negativo sta ad indicare, a quote di mercato costanti,<br />
una diminuzione generalizzata del mark-up che può essere<br />
dovuta sia a una maggior competizione fra le imprese domestiche<br />
sia a una accresciuta importazione dall’estero di prodotti a<br />
minor prezzo e, dunque, una pressione competitiva al ribasso<br />
che ha tenuto più compresso <strong>il</strong> differenziale costi-prezzi.<br />
17 Esso rappresenta la variazione ponderata del mark-up a livello di impresa prendendo<br />
come pesi le quote di inizio periodo, cioè del 2000.<br />
61
62<br />
L’effetto within del settore occhialeria va letto in combinazione<br />
con l’effetto di riallocazione, <strong>il</strong> quale, tenendo fisso <strong>il</strong> mark-up e<br />
soffermandosi invece sulla variazione delle quote a livello di<br />
impresa, indica che quelle che hanno conquistato quote di<br />
mercato a scapito delle altre sono imprese che hanno un markup<br />
più alto. In questo caso la riallocazione di quote di mercato<br />
è avvenuta a favore di imprese che sono state in grado di differenziare<br />
<strong>il</strong> proprio prodotto così che <strong>il</strong> consumatore sia disposto<br />
a riconoscere un premium price per quel prodotto.<br />
Il confronto tra l’effetto di riallocazione e l’effetto within consente<br />
di identificare una situazione di mercato piuttosto dinamica<br />
nella quale, a fianco di imprese capaci di conquistare<br />
quote di mercato spostandosi su produzioni a maggior contenuto<br />
di valore aggiunto – verosim<strong>il</strong>mente attraverso l’innovazione<br />
e <strong>il</strong> soddisfacimento di consumatori con una domanda<br />
più sofisticata – vi sono imprese che devono invece comprimere<br />
<strong>il</strong> proprio mark-up per cercare di conservare la propria<br />
posizione nel mercato (o addirittura mantenersi in vita). In<br />
quest’ultimo caso la produzione è necessariamente più standardizzata,<br />
in linea con prezzi decrescenti.<br />
I due effetti (within e riallocazione) vanno in direzione opposta<br />
ma la riallocazione prevale, a indicare che la strategia di<br />
differenziazione del prodotto ha premiato maggiormente le<br />
imprese nel corso del periodo.<br />
L’ultimo a essere analizzato è l’effetto di interazione, <strong>il</strong> quale<br />
se ce ne fosse bisogno, conferma ulteriormente la presenza<br />
di una pressione competitiva che ha attraversato <strong>il</strong> mercato<br />
degli occhiali determinando, in media, una diminuzione delle<br />
quote di mercato fino alla possib<strong>il</strong>e fuoriuscita da parte di<br />
imprese che praticavano prezzi troppo alti.<br />
L’effetto rappresenta <strong>il</strong> prodotto tra variazioni di quote di mercato<br />
e variazioni di mark-up e in questo caso <strong>il</strong> segno negativo<br />
registrato sta a indicare che le due variazioni vanno in direzioni<br />
opposte. Le imprese che all’inizio del periodo praticavano<br />
prezzi troppo alti hanno visto diminuire le proprie quote di<br />
mercato e <strong>il</strong> contrario è successo per quelle imprese che, par-<br />
2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
tendo da mark-up più basso, lo hanno aumentato e sono state<br />
in grado di praticare prezzi più alti grazie a una maggior<br />
qualità del prodotto.<br />
Ciò induce anche a riconoscere che la domanda del bene<br />
occhiale è tendenzialmente elastica al prezzo e che pertanto si<br />
possono aumentare i fatturati complessivi diminuendo i prezzi di<br />
vendita. Come già mostrato precedentemente, l’indice aggregato<br />
riportato dalla figura 2.2 non è altro che la somma algebrica<br />
degli effetti singoli analizzati sin qui nel dettaglio. A prevalere è la<br />
diminuzione del mark-up nel settore, grazie soprattutto alla fuoriuscita<br />
dal mercato di imprese inefficienti, ma come risultato di un<br />
effetto combinato in cui imprese già operanti sul mercato (effetto<br />
riallocazione) oppure imprese nuove entranti (effetto entry), sono<br />
risultate in grado di sostenere un prezzo superiore ai valori medi.<br />
Il risultato finale al 2006 sta quindi a indicare un processo di<br />
generale ristrutturazione che ha visto le imprese del comparto<br />
rispondere con alternative strategiche molto diverse tra loro.<br />
Quelle che sembrano mostrare la più alta probab<strong>il</strong>ità di successo<br />
sono certamente l’innovazione di prodotto e la ricerca<br />
del risparmio sui costi, realizzato anche con delocalizzazione di<br />
forniture e/o fornitori. Accanto alla risposta di tipo più tradizionale<br />
– la compressione dei propri margini di profitto con la<br />
riduzione del mark-up – altre imprese hanno preferito riposizionarsi<br />
su settori di domanda più esigenti, in alcuni casi addirittura<br />
incrementando <strong>il</strong> proprio margine di profitto. Dal momento<br />
che <strong>il</strong> comparto italiano detiene una quota di mercato dell’80%<br />
del segmento lusso, a questa strategia devono avere necessariamente<br />
partecipato molte imprese.<br />
2.2 L’apertura economica<br />
e le sue conseguenze<br />
Le dinamiche di ristrutturazione in atto nel settore degli occhiali<br />
– catturate dalle modificazioni della concentrazione e della<br />
redditività (cfr. § 2.1) – hanno certamente incontrato <strong>il</strong> favore<br />
63
Figura 2.3 – Saldo della b<strong>il</strong>ancia commerciale del settore<br />
degli occhiali. Il mondo, la Cina e l’Europa<br />
64<br />
Fonte: Ns. elaborazione su dati EUROSTAT-COMEXT<br />
del mercato internazionale come mostrano i dati riportati dalla<br />
figura 2.3. Il saldo tra esportazioni e importazioni verso <strong>il</strong> mondo<br />
ha cominciato a impennarsi proprio nel 2000 – come già<br />
precedentemente evidenziato dalla figura 2 (Capitolo introduttivo).<br />
La scomposizione del saldo per destinazione/origine del<br />
prodotto rivela peraltro delle profonde differenze a seconda<br />
che si tratti di economie sv<strong>il</strong>uppate o di paesi emergenti.<br />
Nel grafico qui riportato (figura 2.3), per semplicità, compaiono<br />
i saldi relativi alla Cina, in quanto paese emergente, e dell’Europa<br />
a 15 in quanto composta da paesi ad alto reddito. Le<br />
direzioni dei saldi in figura 2.3 sono evidentemente divergenti.<br />
Se le esportazioni sono state nettamente superiori alle<br />
importazioni nell’Europa a 15, le importazioni dalla Cina hanno<br />
spinto <strong>il</strong> saldo commerciale con questo paese ad assumere<br />
valori negativi già a partire dal 1995. Un analisi più dettagliata<br />
delle importazioni mostra che esse sono più che raddoppiate<br />
nel corso del decennio, seppure in termini di valori<br />
2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
monetari si siano tenute ben al di sotto di quanto dall’Italia è<br />
stato esportato verso paesi ad alto reddito. Qui l’ambivalenza<br />
del mercato emerge chiaramente: le imprese che riescono a<br />
raggiungere la domanda più sofisticata di prodotti ad alto<br />
contenuto di valore aggiunto non subiscono quella concorrenza<br />
proveniente da paesi emergenti che invece le imprese<br />
con minore capacità di innovazione sono costrette a subire, in<br />
una competizione sul prezzo a cui sono destinate a soccombere<br />
forse già nel breve periodo.<br />
2.3 Performance d’impresa<br />
e contenuto di servizi<br />
nel prodotto finale<br />
Una misura di performance di impresa frequentemente ut<strong>il</strong>izzata<br />
è <strong>il</strong> fatturato per addetto, che si può anche leggere<br />
come una proxy della produttività del lavoro. L’analisi della<br />
Figura 2.4 – La produttività delle imprese del <strong>distretto</strong>.<br />
Un confronto con <strong>il</strong> resto d’Italia<br />
Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA, anno 2006<br />
65
66<br />
figura 2.418 permette di r<strong>il</strong>evare quale sia la differenza tra <strong>il</strong><br />
<strong>distretto</strong> degli occhiali delle province di Belluno e Treviso e<br />
le imprese operanti nel settore dislocate nel resto d’Italia. Il<br />
relativo spostamento a destra della distribuzione di produttività<br />
del <strong>distretto</strong> rispetto al resto d’Italia sta a indicare che le<br />
imprese più produttive sono proprio quelle del <strong>distretto</strong><br />
(linea verde scuro), con invece una notevole presenza di<br />
imprese a media produttività nel resto del Paese (linea verde<br />
chiaro).<br />
2.3.1 MODIFICAZIONI NELLA DIMENSIONE<br />
D’IMPRESA<br />
Data la situazione di produttività qui presentata per <strong>il</strong> settore<br />
degli occhiali è opportuno chiedersi qual è stato l’impatto che<br />
le pressioni competitive degli ultimi anni hanno avuto sulla<br />
dimensione delle imprese. A livello complessivo essa è cresciuta<br />
sia pur leggermente nel settore: nell’ultimo quinquennio<br />
(2003-2007) la dimensione media passa infatti da un<br />
valore di 14 addetti/impresa ai 17,6 dell’anno finale.<br />
Questo è <strong>il</strong> quesito al quale le figure 2.5 e 2.6 intendono<br />
rispondere, con la prima figura che si riferisce alla distribuzione<br />
per dimensione nel resto d’Italia al 2000 e al 2006. È<br />
agevole verificare che le imprese che hanno dovuto fare<br />
downsizing, o che sono uscite dal mercato dato <strong>il</strong> nuovo<br />
contesto competitivo nel quale si sono trovate a operare,<br />
sono quelle di dimensione medio-piccola, tra i 10 e i 60<br />
dipendenti19 .<br />
Completamente diversa invece la situazione nel <strong>distretto</strong> dell’occhiale<br />
(cfr. figura 2.6), con un generale incremento della<br />
dimensione di impresa tra <strong>il</strong> 2000 e <strong>il</strong> 2006, indizio di un<br />
diverso effetto che <strong>il</strong> nuovo contesto economico ha avuto sulle<br />
imprese di Belluno e Treviso.<br />
18 Prima di costruire la distribuzione della produttività si è operata una trasformazione<br />
in logaritmi dei valori di produttività che rende <strong>il</strong> confronto “leggib<strong>il</strong>e”.<br />
19 Per ricavare <strong>il</strong> numero di dipendenti, ut<strong>il</strong>izzato qui come misura per determinare la<br />
dimensione di impresa, basta calcolare l’esponenziale del numero sulle ascisse:<br />
dimensione in termini di occupati = exp(x).<br />
2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
Figura 2.5 – La dimensione d’impresa nel resto d’Italia,<br />
dal 2000 al 2006<br />
Figura 2.6 – La dimensione d’impresa nel <strong>distretto</strong>,<br />
dal 2000 al 2006<br />
Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA<br />
Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA<br />
67
68<br />
Anche le imprese medio-piccole localizzate nel <strong>distretto</strong> che<br />
sono rimaste sul mercato (forse è <strong>il</strong> caso di aggiungerlo perché<br />
in questo perido in realtà ne sono morte 300) hanno<br />
maggiormente beneficiato del clima di crescita complessivo,<br />
a differenza di quanto avvenuto nel resto d’Italia, aumentando<br />
la propria dimensione relativamente agli anni precedenti.<br />
A cosa può essere dovuta la differenza qui r<strong>il</strong>evata tra <strong>il</strong> comportamento<br />
dell’impresa italiana media nel settore degli<br />
occhiali che ha dovuto ristrutturare in maniera tradizionale<br />
attraverso downsizing e le imprese localizzate nel <strong>bellunese</strong><br />
e nel trevigiano che invece hanno potuto investire e ampliare<br />
la propria attività assumendo nuovi addetti? Una risposta<br />
può essere trovata nel prodotto finale che viene proposto al<br />
consumatore, o meglio nella combinazione produttiva che<br />
porta al prodotto finale. È proprio questa la verifica finale<br />
condotta.<br />
2.3.2 ANALISI DEI COSTI D’IMPRESA<br />
Analizzando <strong>il</strong> conto economico delle imprese del settore, è<br />
possib<strong>il</strong>e verificare quale sia la struttura dei costi e come<br />
essa si differenzi tra costo delle materie prime, costo dei servizi<br />
e costo del lavoro.<br />
È quanto riportato nella figura 2.7, prima per l’intero settore in<br />
Italia e poi per le sole imprese del <strong>distretto</strong> degli occhiali veneto.<br />
Innanzitutto, la figura 2.7 mostra che <strong>il</strong> costo dei materiali continua<br />
a prevalere nella produzione dell’impresa media20 , seppure<br />
<strong>il</strong> costo per i servizi costituisca un elemento importante nella<br />
struttura del conto economico delle imprese del settore. Il costo<br />
del lavoro è relativamente meno importante rispetto alla somma<br />
di materie e servizi e comunque <strong>il</strong> margine che resta (ricavi meno<br />
costi variab<strong>il</strong>i) a copertura dei costi fissi e per la retribuzione del<br />
capitale è relativamente compresso. Esso costituisce in media<br />
soltanto l’11% dei ricavi nel 2006, sia nell’intero settore a livello<br />
nazionale sia nel <strong>distretto</strong> <strong>bellunese</strong>-trevigiano.<br />
20 Tutti i dati sono stati ponderati ut<strong>il</strong>izzando come pesi le quote di mercato.<br />
2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
Figura 2.7 – Struttura dei costi variab<strong>il</strong>i. Un confronto<br />
tra le imprese italiane e le sole imprese del<br />
<strong>distretto</strong> Belluno-Treviso (valori in migliaia di euro)<br />
Fonte: Ns. Elaborazione dei dati AIDA, anno 2006<br />
69
Figura 2.8 – Differenze nelle strutture dei costi variab<strong>il</strong>i<br />
tra le imprese italiane e le sole imprese del <strong>distretto</strong><br />
Belluno-Treviso (valori in migliaia di euro)<br />
70<br />
Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA, anno 2006<br />
Il terzo grafico – riportato nella figura 2.8 – mostra però una<br />
sostanziale differenza nella struttura dei costi fra le imprese<br />
del <strong>distretto</strong> e quelle del resto d’Italia. Date le medie ponderate<br />
del costo dei materiali e del costo dei servizi in entrambi i<br />
sottocampioni, nel grafico è rappresentata la differenza tra le<br />
prime e le seconde, mostrando che nel corso del periodo la<br />
spesa sostenuta dalle imprese del <strong>distretto</strong> è stata sempre<br />
relativamente minore nel caso dei materiali per la produzione<br />
e sempre relativamente maggiore nel caso dei servizi alla produzione.<br />
Nel caso dei materiali la differenza si accentua negli<br />
ultimi anni.<br />
Ricollegandosi a quanto detto precedentemente, <strong>il</strong> maggior<br />
contenuto di servizi qualifica in genere le produzioni destinate<br />
a soddisfare settori di domanda più sofisticata e/o, in particolare,<br />
la parte di design a monte e la parte di commercializzazione/pubblicità<br />
a valle.<br />
2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
Allo stesso tempo la differenza nel costo dei materiali potrebbe<br />
rappresentare l’indizio di un’accresciuta consapevolezza delle<br />
imprese in fatto di internazionalizzazione e di opportunità offerte<br />
dall’estero per risparmiare sui fattori della produzione. Come<br />
più volte r<strong>il</strong>evato dalla letteratura economica, le opportunità<br />
offerte dall’apertura dei mercati alle imprese – soprattutto in fatto<br />
di reperib<strong>il</strong>ità di fattori produttivi – sono spesso molto vantaggiose<br />
rispetto alle minacce che invece spesso vengono percepite<br />
nel caso di importazioni di prodotti concorrenti.<br />
2.4 Redditività e indebitamento<br />
Al fine di identificare gli effetti delle modificazioni strutturali in<br />
atto in termini di redditività sul settore degli occhiali nel<br />
<strong>distretto</strong> oggetto di analisi nella figura 2.9 viene presentata la<br />
media ponderata del rapporto EBITDA 21 sulle vendite espresso<br />
in percentuale.<br />
Questo rapporto sulle vendite è in grado di misurare, a livello<br />
di impresa, la percentuale di profitti dato <strong>il</strong> fatturato, annullando<br />
la distorsione che può essere data dalla dimensione di<br />
impresa che comporterebbe per forza di cose livelli di profitto<br />
maggiori. La ponderazione per la quota di mercato della singola<br />
impresa del <strong>distretto</strong> nel settore permette di tener conto<br />
ulteriormente della posizione relativa dell’impresa rispetto al<br />
resto del settore, fornendo un indice sintetico aggregato che<br />
cattura la redditività di un’impresa rappresentativa per ogni<br />
singolo anno del periodo considerato.<br />
Come è evidente dalla forma della curva rappresentata nella<br />
figura 2.9 <strong>il</strong> periodo della ristrutturazione ha coinciso con un<br />
drastico calo della redditività/profittab<strong>il</strong>ità delle imprese nel<br />
<strong>distretto</strong>, le quali solo nel 2006 hanno riconquistato i livelli del<br />
2002, mentre nel corso del triennio 2003-2005 hanno regi-<br />
21 L’EBITDA, in particolare, registra quali sono i profitti dell’attività caratteristica dell’impresa<br />
prima che a essi siano sottratte le spese per interessi, le imposte e gli ammortamenti.<br />
71
Figura 2.9 – Redditività media nel <strong>distretto</strong><br />
EBITDA/Vendite (%) nel <strong>distretto</strong> Belluno e Treviso<br />
Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA, anno 2006<br />
Figura 2.10 – Struttura del debito delle imprese nel <strong>distretto</strong>.<br />
Indebitamento a breve (IB) e a lungo termine (IL)<br />
Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA, anno 2006<br />
2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
strato tassi di profittab<strong>il</strong>ità molto bassi con un estremo nel<br />
2004 che ha sfiorato <strong>il</strong> 2%.<br />
Del resto, <strong>il</strong> triennio di scarsa profittab<strong>il</strong>ità coincide con <strong>il</strong><br />
periodo maggiormente interessato dalla ristrutturazione precedentemente<br />
indicata come riconfigurazione della struttura<br />
di mercato verso una dimensione più competitiva e una maggior<br />
concorrenza indotta dagli shock esterni di internazionalizzazione<br />
e progresso tecnologico.<br />
Il finanziamento della ristrutturazione per le imprese che intendono<br />
restare competitive nei propri mercati di riferimento è<br />
sempre un fattore determinante per <strong>il</strong> successo dei propri piani<br />
di investimento volti a ridefinire le proprie strategie, la riconfigurazione<br />
dei processi produttivi e lo sv<strong>il</strong>uppo di nuovi prodotti<br />
che vadano incontro alla mutevole domanda di mercato.<br />
2.4.1 STRUTTURA DEL DEBITO E RICORSO<br />
ALL’AUTOFINANZIAMENTO<br />
È per questo che qui di seguito risulta significativo accennare<br />
brevemente alla struttura del debito delle imprese nel <strong>distretto</strong>,<br />
prima nella figura 2.10 con la distinzione temporale tra<br />
indebitamento a breve e a lungo termine, poi nella figura 2.11<br />
attraverso <strong>il</strong> cosiddetto gearing ratio che rappresenta una<br />
misura in grado di indicare <strong>il</strong> grado in cui le attività dell’impresa<br />
sono finanziate da fondi proprietari o da fonti esterne di<br />
finanziamento. Il meccanismo adottato è sim<strong>il</strong>e a quello precedente.<br />
I rapporti annuali del <strong>distretto</strong> sono calcolati come<br />
media ponderata dei singoli rapporti a livello di impresa, adottando<br />
come pesi le rispettive quote di mercato.<br />
La prima constatazione che emerge dal diverso andamento<br />
delle due serie nella figura 2.10 è che gli anni maggiormente<br />
interessati alla ristrutturazione, quelli compresi nel triennio<br />
2003-2005, sono stati preceduti da un cambiamento nella<br />
maturità delle fonti di finanziamento già a partire dal 2002<br />
quando, a fronte di un aumento dell’indebitamento a lungo<br />
termine si è avuto, in media, un calo dell’indebitamento a breve<br />
per le imprese del settore occhiali nel <strong>distretto</strong>.<br />
72 73
Figura 2.11 – Il ricorso all’autofinanziamento.<br />
Gearing ratio (%) nel <strong>distretto</strong> Belluno e Treviso<br />
74<br />
Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA, anno 2006<br />
Il cambiamento nella struttura del debito in questo caso è<br />
indicativa della necessità delle imprese di investire in progetti<br />
di rinnovamento (di prodotto o di processo produttivo). Allo<br />
stesso tempo molte imprese con problemi di solvib<strong>il</strong>ità –<br />
generati da uno sb<strong>il</strong>anciamento degli impegni a breve termine<br />
– sono uscite dal mercato riaggiustando la media del settore<br />
verso imprese con impegni a più lungo termine perché<br />
appunto implicate in processi di ristrutturazione per i quali si<br />
richiedeva una fonte di finanziamento con una copertura temporale<br />
maggiore.<br />
Con la figura 2.11 l’analisi si sposta invece dalla copertura<br />
temporale delle fonti di finanziamento alla natura delle stesse,<br />
distinguendo tra fondi propri e fonti esterne. Come è agevole<br />
notare dalla pendenza del grafico, dal 2000 al 2006 <strong>il</strong> gearing<br />
ratio, calcolato come rapporto tra fonti proprie e fonti<br />
esterne, è drasticamente aumentato. Anche qui ci si riferisce<br />
all’indice settoriale come misura riferita a un’impresa rappre-<br />
2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
sentativa perché è <strong>il</strong> risultato di una media ponderata dei rapporti<br />
a livello di impresa ut<strong>il</strong>izzando come pesi le rispettive<br />
quote di mercato.<br />
La generale tendenza all’aumento del ricorso all’autofinanziamento<br />
ha visto però un notevole acceleramento nel periodo a<br />
partire dal 2003, dopo un’iniziale crescita seppure più moderata<br />
nel periodo precedente a partire dal 2000. In questo<br />
caso a contare molto sul dato settoriale sono le imprese che<br />
hanno guadagnato quote di mercato in seguito al fallimento<br />
delle meno efficienti che sono poi le imprese di maggiori<br />
dimensioni che possono quindi contare su fonti interne di<br />
autofinanziamento in modo più significativo.<br />
A parte comunque <strong>il</strong> dato netto di mortalità delle imprese del<br />
settore degli occhiali, che ha fatto pendere la b<strong>il</strong>ancia verso le<br />
imprese medio-grandi, <strong>il</strong> crescente ricorso all’autofinanziamento<br />
può essere anche indicativo della carenza di finanziamenti<br />
esterni per nuovi progetti di ristrutturazione in atto nelle imprese,<br />
le quali decidono di coprire tale carenza di fondi con <strong>il</strong> trattenimento<br />
di profitti che altrimenti sarebbero stati distribuiti ai<br />
soci sotto forma di dividendi. In momenti di profonda ristrutturazione,<br />
infatti, data la minore elasticità del mercato finanziario<br />
in Italia si verifica che <strong>il</strong> rapporto tra ricorso a fonti interne e <strong>il</strong><br />
ricorso a fonti esterne si sposti a favore delle prime.<br />
Anche questa considerazione, peraltro, sembra assegnare<br />
una certa superiorità alle imprese patrimonialmente solide e,<br />
quindi, a quelle di dimensione maggiore.<br />
75
Capitolo 3<br />
L’ANALISI TESTUALE:<br />
PERFORMANCE<br />
DI SETTORE E<br />
CARATTERISTICHE<br />
DI MERCATO
80<br />
L’analisi testuale:<br />
performance<br />
di settore e<br />
caratteristiche<br />
di mercato<br />
FRANCESCA GAMBAROTTO<br />
Dopo l’analisi di b<strong>il</strong>ancio (cfr. Capitolo 2) – che ha mostrato<br />
alcune acquisizioni fondamentali circa la solidità delle imprese<br />
e del loro contesto competitivo – nel presente Capitolo, come<br />
nel successivo, si torna a una dimensione più squisitamente<br />
qualitativa: quella della narrazione delle dinamiche del <strong>distretto</strong><br />
e delle problematicità che ne emergono, prima nella visione<br />
degli attori istituzionali protagonisti della vita del <strong>distretto</strong><br />
(Capitolo 3) e poi nella visione delle imprese (Capitolo 4).<br />
Nonostante lo strumento sia completamente diverso e <strong>il</strong> taglio<br />
apparentemente molto distante, apparirà chiara, a conclusione<br />
dell’analisi, la significativa unitarietà di giudizi, pur coi molti<br />
distinguo che attraversano trasversalmente le differenti tipologie<br />
di attori. Il racconto la narrazione, si sposano in modo coerente<br />
con i dati di b<strong>il</strong>ancio e li articolano, offrendone alcune<br />
chiavi interpretative “autentiche”, in quanto direttamente<br />
espresse dagli effettivi protagonisti del <strong>distretto</strong> stesso.<br />
Il presente Capitolo <strong>il</strong>lustra e discute i risultati ottenuti dall’analisi<br />
dei dati testuali raccolti intervistando testimoni priv<strong>il</strong>egiati<br />
del <strong>distretto</strong>.<br />
L’analisi del contenuto testuale rappresenta una nuova frontiera<br />
dell’analisi statistica che ut<strong>il</strong>izza le parole al posto dei numeri.<br />
Il numero è un dato sintetico che riduce la variab<strong>il</strong>ità della<br />
fenomenologia osservata al fine di trovare regolarità e relazioni<br />
tra elementi/fattori, allo scopo di semplificare <strong>il</strong> quadro interpretativo<br />
di fatti e fenomeni osservab<strong>il</strong>i. Il dato numerico è<br />
sicuramente uno strumento potente che consente di comparare,<br />
descrivere, interpretare, spiegare e attraverso <strong>il</strong> quale oggi<br />
si definiscono prescrizioni, ricette, norme di comportamento.<br />
Tuttavia, in questo passaggio dalla soggettività delle esperienze<br />
– la parola – alla costruzione dell’oggettività del dato<br />
numerico, si perde una parte d’informazione. In particolare, si<br />
rischia di perdere la conoscenza che gli attori economici si<br />
costruiscono giorno per giorno con l’esperienza e <strong>il</strong> senso<br />
comune, quella conoscenza tacita che si accumula attraverso<br />
processi di apprendimento, capacità di interpretazione dei<br />
fatti e risposte decisionali di fronte a un contesto economico<br />
sempre più incerto. In altre parole, con la costruzione del dato<br />
numerico si perde <strong>il</strong> significato che i soggetti assegnano alla<br />
realtà che stanno vivendo e l’interpretazione che ne danno.<br />
Volendo catturare questa conoscenza tacita, in quanto ut<strong>il</strong>e<br />
soprattutto per definire le azioni di policy, <strong>il</strong> ricercatore incontra<br />
diverse difficoltà. Per chi vuole infatti partire dalle soggettività<br />
degli attori economici per comprendere e spiegare – e quindi<br />
interpretare – i fatti della realtà, <strong>il</strong> problema è trovare una modalità<br />
di traduzione dell’esperienza in una descrizione della stessa.<br />
Questa distanza tra esperienza e descrizione è l’oggetto di studio<br />
dell’ermeneutica, oggi teoria generale dell’interpretazione,<br />
rivolta alla comprensione delle azioni umane. In questa analisi<br />
diventa centrale la facoltà di comunicare dei soggetti e quindi<br />
le diverse articolazioni del linguaggio che si confrontano.<br />
Il linguaggio assume così un ruolo importante per capire la<br />
complessità della realtà in quanto mette in luce le possib<strong>il</strong>ità<br />
dei soggetti di dare concretezza al pensiero, dare forma alla<br />
lingua, creare identità condivise. Ogni persona percepisce la<br />
realtà in modo differente, e possiede un orizzonte linguistico<br />
proprio. Poiché la lingua si costruisce a partire dal dialogo e<br />
nel prendere parte a un mondo comune, si può osservare e<br />
studiare quale rappresentazione offre di sé <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> a partire<br />
81
82<br />
dalle rappresentazioni linguistiche che ne danno alcuni soggetti-attori<br />
del <strong>distretto</strong> stesso. L’ipotesi di lavoro dalla quale <strong>il</strong><br />
presente Capitolo parte rientra nella logica appena descritta:<br />
ricostruire la dinamica recente del <strong>distretto</strong> dell’occhiale a<br />
partire dal confronto di interpretazioni soggettive (interviste) e<br />
restituire la descrizione simbolica della performance del <strong>distretto</strong><br />
in una polifonia di voci narranti, dopo aver sintetizzato i<br />
risultati attraverso l’analisi del contenuto testuale.<br />
3.1 Le performance<br />
del <strong>distretto</strong> a parole:<br />
introduzione alla lettura<br />
dei dati testuali<br />
L’analisi del contenuto testuale è «un processo di acquisizione,<br />
sintesi e restituzione delle informazioni presenti in una<br />
comunicazione scritta» (Tuzzi, 2003). È un metodo che permette<br />
di analizzare in maniera qualitativa tutto ciò che costituisce<br />
la densità del senso che viene attribuito a un’azione e/o<br />
esperienza. L’applicazione dell’analisi del contenuto richiede<br />
che <strong>il</strong> testo raccolto con le interviste aperte – <strong>il</strong> corpus testuale<br />
– venga elaborato e trasformato in un vocabolario delle forme<br />
grafiche semplici (parole) e complesse (segmenti testuali<br />
con forte cristallizzazione semantica, come ad esempio: carta<br />
di credito, angelo custode). Dopo aver normalizzato i testi<br />
raccolti – ovvero pulito da errori ortografici, scelto i separatori,<br />
controllato l’uso delle maiuscole – viene studiata la dimensione<br />
N del corpus composto dalle forme grafiche semplici<br />
(parole) che sono le unità statistiche qui trattate. La dimensione<br />
del vocabolario è invece data dal numero di parole diverse<br />
che sono state ut<strong>il</strong>izzate dagli attori intervistati e che diventano<br />
le variab<strong>il</strong>i statistiche da studiare22 .<br />
22 L’analisi è stata condotta ut<strong>il</strong>izzando <strong>il</strong> pacchetto software Taltac (Trattamento Automatico<br />
Lessicale e Testuale per l’Analisi del Contenuto di un Corpus) che permette di descrivere<br />
(Text Analysis) e interpretare (Text Mining) <strong>il</strong> contenuto di un corpus testuale.<br />
3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
3.2 Seguendo i sentieri delle<br />
parole: lettura della realtà<br />
da punti di osservazione<br />
priv<strong>il</strong>egiati<br />
Sono stati intervistati alcuni attori priv<strong>il</strong>egiati del <strong>distretto</strong> per<br />
r<strong>il</strong>evare differenze e comunanze nella lettura del processo di<br />
riorganizzazione che ha investito <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> in questi ultimi<br />
anni. L’obiettivo è quello di creare un dialogo tra i diversi punti<br />
di vista ut<strong>il</strong>izzando l’analisi del contenuto testuale. Le esperienze<br />
maturate da questi attori economici consegnano un<br />
quadro complesso del processo e con accenti diversi sui fattori<br />
strategici per la competitività del <strong>distretto</strong>.<br />
3.2.1 UNA BREVE PRESENTAZIONE<br />
DEGLI INTERVISTATI<br />
Per poter offrire un’interpretazione della complessità dei processi<br />
che hanno investito <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhiale in questi ultimi<br />
anni, sono stati intervistati sei testimoni priv<strong>il</strong>egiati (cfr.<br />
tabella 3.1) che, grazie al ruolo istituzionale che svolgono,<br />
guardano <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> da diversi punti d’osservazione23 .<br />
Questa ricchezza valutativa può tradursi nel rafforzamento di<br />
un’opinione tanto da creare una certezza e una condivisione<br />
di fatti e fenomeni (assonanza cognitiva) ma può anche tradursi<br />
in valutazioni antagoniste mostrando l’esistenza di differenze<br />
percettive (dissonanza cognitiva). Queste differenze<br />
possono essere ut<strong>il</strong>i nei momenti di cambiamento perché<br />
capaci di creare un dialogo e quindi una ricerca di una nuova<br />
interpretazione del <strong>distretto</strong> e delle sue linee di cambiamento<br />
(innovazione organizzativa).<br />
In questo Capitolo sono ricostruiti i sentieri di parole (autorappresentazione<br />
e comunicazione) degli intervistati: un insieme<br />
di attori istituzionali “generalisti” quali la Camera di Com-<br />
23 Nel sentire comune si dice che molti occhi vedono meglio di uno solo; questo significa<br />
che ogni occhio fissa l’attenzione su particolari elementi e che valuta i fatti sulla<br />
base di aspettative e obiettivi diversi.<br />
83
Tabella 3.1 – Gli attori del <strong>distretto</strong> intervistati<br />
Attori Istituzionali del Distretto<br />
Intervista 1: Distretto Veneto Regionale dell’Occhiale<br />
Intervista 2: Anfao<br />
Intervista 3: Assindustria<br />
Intervista 4: CCIAA<br />
Intervista 5: Certottica<br />
Intervista 6: Confartigianato<br />
84<br />
mercio, Confartigianato e Assindustria, attori istituzionali<br />
“specializzati” cioè legati al settore produttivo degli occhiali,<br />
come Anfao, e attori istituzionali “innovativi” come Certottica<br />
e <strong>il</strong> Distretto Veneto Regionale dell’Occhiale.<br />
Gli attori istituzionali del <strong>distretto</strong> sono già stati introdotti nel<br />
precedente Capitolo 1 (cfr. § 1.6), in particolare Anfao e<br />
Certottica che svolgono un ruolo istituzionale forte rappresentando<br />
le aziende italiane del settore in Italia e nel mondo,<br />
sostenendo le partnership tra imprese, organizzando<br />
progetti e strategie di settore – in particolare l’evento fieristico<br />
Mido a M<strong>il</strong>ano – e occupandosi di tecnologia, innovazione<br />
e certificazione.<br />
La Camera di Commercio di Belluno e le associazioni imprenditoriali<br />
territoriali – Confartigianato e Assindustria – rappresentano<br />
la business community territoriale e si sono mosse<br />
negli anni recenti offrendo ai propri associati e rappresentati<br />
servizi reali e consulenze ad ampio spettro.<br />
Il Distretto Veneto dell’Occhiale fa parte del sistema regionale<br />
dei distretti veneti (Venetian Clusters) e rappresenta<br />
una declinazione della nuova politica industriale della Regione.<br />
Obiettivo di questo soggetto territoriale è quello di promuovere<br />
l’innovazione tecnologica, la qualità di prodotto e<br />
di processo, la ricerca di economie di scala da parte delle<br />
imprese del settore, e la promozione del <strong>distretto</strong> e delle<br />
sue potenzialità.<br />
3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
3.3 Con parole loro:<br />
<strong>il</strong> vocabolario degli attori<br />
istituzionali<br />
Il lavoro di analisi testuale inizia con la creazione del vocabolario<br />
degli intervistati a partire dalle interviste raccolte. Tali<br />
interviste sono state trascritte e organizzate in un f<strong>il</strong>e unico<br />
con <strong>il</strong> quale si definisce <strong>il</strong> corpus testuale (N). Il corpus è<br />
composto da 17.050 forme grafiche totali (numero totale di<br />
parole espresse) collocandosi nella dimensione media dei<br />
corpora.<br />
Gli intervistati rappresentano le unità statistiche di analisi che<br />
hanno espresso i propri punti di vista attorno ad alcune r<strong>il</strong>evanti<br />
questioni riguardanti <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhiale: la performance<br />
recente del <strong>distretto</strong>; le trasformazioni della struttura<br />
produttiva; <strong>il</strong> processo di internazionalizzazione in corso; i<br />
cambiamenti nella distribuzione e commercializzazione degli<br />
occhiali; <strong>il</strong> ruolo degli attori strategici.<br />
L’analisi parte dal vocabolario (V) degli attori istituzionali del<br />
<strong>distretto</strong> ricco di 2.982 parole ut<strong>il</strong>izzate (forme grafiche distinte).<br />
Questi primi dati numerici misurano la ricchezza lessicale<br />
e consentono di verificare se <strong>il</strong> corpus può essere trattato<br />
statisticamente. Le due misure ut<strong>il</strong>izzate riguardano la dimensione<br />
del vocabolario e <strong>il</strong> tipo di ricercatezza del linguaggio<br />
degli intervistati. Queste due misure V/N = 17,49% e<br />
V1(N)/V(N) = 55,6% dicono che le interviste possono essere<br />
trattate statisticamente; la prima misura valuta se <strong>il</strong> vocabolario<br />
è sufficientemente limitato per l’analisi del contenuto<br />
testuale mentre la seconda misura lessicometrica dice che la<br />
popolazione di parole ut<strong>il</strong>izzate una sola volta (parole originali,<br />
V1) è accettab<strong>il</strong>e secondo i criteri dell’analisi testuale<br />
semiautomatica.<br />
La prima analisi del vocabolario è rivolta alle classi di frequenza<br />
e, in particolare, alla partizione di parole molto frequenti,<br />
mediamente frequenti e poco frequenti. Il software normalmente<br />
restituisce un vocabolario di parole ordinato per fre-<br />
85
Tabella 3.2 – Analisi del vocabolario<br />
degli interlocutori priv<strong>il</strong>egiati<br />
Forma grafica Occorrenze totali Fasce Frequenza cumulata<br />
di 634,00 Alta 3,72<br />
che 514,00 Alta 6,73<br />
è 440,00 Alta 9,31<br />
e<br />
…<br />
323,00 Alta 11,21<br />
sono 233,00 Alta 19,52<br />
non<br />
…<br />
226,00 Alta 20,85<br />
quindi 149,00 Alta 27,35<br />
perché<br />
…<br />
136,00 Media 28,15<br />
aziende 125,00 Media 32,76<br />
prodotto 111,00 Media 34,15<br />
<strong>distretto</strong><br />
…<br />
106,00 Media 35,41<br />
mercato<br />
…<br />
56,00 Media 42,76<br />
imprese 48,00 Media 44,01<br />
occhiale<br />
…<br />
48,00 Media 44,29<br />
noi 41,00 Media 46,60<br />
abbiamo 40,00 Media 47,08<br />
fatto<br />
…<br />
39,00 Media 47,54<br />
io 34,00 Media 50,10<br />
all’ 34,00 Media 50,30<br />
produzione 32,00 Bassa 50,49<br />
molto 32,00 Bassa 50,67<br />
fiera<br />
…<br />
31,00 Bassa 51,23<br />
qualità<br />
…<br />
27,00 Bassa 53,59<br />
distribuzione 25,00 Bassa 54,66<br />
impresa 25,00 Bassa 54,95<br />
segue...<br />
3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
Forma grafica Occorrenze totali Fasce Frequenza cumulata<br />
azienda 25,00 Bassa 55,10<br />
comunque 25,00 Bassa 55,24<br />
innovazione<br />
…<br />
24,00 Bassa 55,52<br />
Luxottica<br />
…<br />
17,00 Bassa 60,19<br />
cliente 12,00 Bassa 64,99<br />
commerciale 12,00 Bassa 65,06<br />
lavoro<br />
…<br />
12,00 Bassa 65,13<br />
ricerca 8,00 Bassa 70,37<br />
fuori 8,00 Bassa 70,42<br />
progetto<br />
…<br />
8,00 Bassa 70,46<br />
mantenere 6,00 Bassa 74,70<br />
nicchia<br />
…<br />
6,00 Bassa 74,73<br />
competenze 6,00 Bassa 74,84<br />
territorio<br />
…<br />
6,00 Bassa 74,87<br />
tendenza 4,00 Bassa 80,31<br />
espansione 4,00 Bassa 80,33<br />
parlando 4,00 Bassa 80,35<br />
griffato<br />
…<br />
4,00 Bassa 80,38<br />
imputare 2,00 Bassa 90,13<br />
realizzata<br />
…<br />
2,00 Bassa 90,14<br />
sopravvivenza<br />
…<br />
2,00 Bassa 90,21<br />
responsab<strong>il</strong>ità 1,00 Bassa 98,36<br />
rivedere<br />
…<br />
1,00 Bassa 98,39<br />
riconvertite<br />
…<br />
1,00 Bassa 98,43<br />
ospitiamo 1,00 Bassa 100,00<br />
Fonte: Ns. elaborazione su interviste dirette<br />
86 87
88<br />
quenza d’uso a partire dalla parola più ut<strong>il</strong>izzata a quella che<br />
compare una sola volta. Nella tabella 3.2 viene riportato uno<br />
stralcio del vocabolario ut<strong>il</strong>izzato.<br />
Nella fascia di parole ad alta frequenza del vocabolario si trovano<br />
la maggior parte delle parole vuote, cioè quelle parole<br />
che vengono ut<strong>il</strong>izzate per costruire <strong>il</strong> discorso e che articolano<br />
<strong>il</strong> linguaggio: articoli, congiunzioni, negazioni, preposizioni,<br />
aggettivi.<br />
La parola di è quella più ut<strong>il</strong>izzata nel corpus e copre <strong>il</strong><br />
3,72% delle occorrenze (numero di volte in cui compare una<br />
parola nel testo) presenti nel testo, seguita da altre preposizioni<br />
come e in che sottolineano <strong>il</strong> carattere descrittivo del<br />
discorso che viene analizzando. Le preposizioni come non e<br />
per evidenziano invece l’intenzionalità del parlante (Bolasco,<br />
1999).<br />
Nella fascia di parole di media frequenza si trovano le prime<br />
parole chiave del discorso polifonico sul <strong>distretto</strong> dell’occhiale:<br />
aziende, prodotto, <strong>distretto</strong> con un numero di occorrenze<br />
abbastanza sim<strong>il</strong>e (125, 111, 106) mentre con circa la<br />
metà di occorrenze appaiono mercato, imprese, occhiale<br />
(rispettivamente, 56, 48, 48).<br />
Nella prima parte della fascia di bassa frequenza emergono le<br />
parole principali – piene di significato – del discorso, siano<br />
esse sostantivi o aggettivi: produzione, fiera, punto, settore,<br />
occhiali, qualità. Via via che si scende di rango si<br />
continuano a trovare parole piene, meno ut<strong>il</strong>izzate all’interno<br />
del testo ma che non si possono definire meno importanti.<br />
Infatti, possono catturare un punto di vista diverso e quindi<br />
arricchire <strong>il</strong> quadro interpretativo.<br />
Prima di procedere all’analisi delle concordanze e cioè alla<br />
ricostruzione del senso delle parole all’interno dei contesti<br />
specifici in cui la parola è situata (Giuliano, La Rocca, 2008)<br />
nell’analisi della struttura del testo è ut<strong>il</strong>e premettere una nota<br />
specifica ai verbi, nucleo del discorso ed elemento linguistico<br />
ricco di informazione per rappresentare gli eventi del <strong>distretto</strong><br />
che qui interessano.<br />
3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
3.3.1 LE AZIONI DEL DISCORSO: I VERBI<br />
Le frasi di un discorso possono metaforicamente essere considerate<br />
delle rappresentazioni sceniche in cui i nomi o loro<br />
sostituti (pronomi, frasi soggettive, ecc.) sono gli attori e <strong>il</strong><br />
verbo esprime l’azione che compiono mentre sono in scena<br />
(Tesnière, 1966). Il verbo è dunque colui che mette in relazione<br />
e che si trova al centro della scena e che può richiedere<br />
diverse performance agli altri componenti del discorso.<br />
Esclusi i verbi aus<strong>il</strong>iari che portano verso un’analisi strettamente<br />
linguistica, si può osservare che gli intervistati hanno<br />
ut<strong>il</strong>izzato 352 forme verbali. Le azioni del discorso più disperse<br />
nel corpus e quindi più ut<strong>il</strong>izzate dagli intervistati sono<br />
riportate in tabella 3.3.<br />
Le prime 8 forme verbali presentano un indice di dispersione<br />
che osc<strong>il</strong>la tra <strong>il</strong> 90% e <strong>il</strong> 70%. Sono nuclei del discorso che<br />
mettono in luce l’attenzione generale per la capacità produttiva<br />
del <strong>distretto</strong> e la necessità di condividere una nuova forma di<br />
comportamento (produttivo) del <strong>distretto</strong>. I verbi di modo potere<br />
e dovere dicono qual è l’atteggiamento del soggetto e definiscono<br />
la consapevolezza del cambiamento mentre la necessità<br />
di trovare le modalità adeguate per evolvere sono legate alle<br />
forme verbali andare, diventare, riuscire.<br />
Se ci si concentra sulla distribuzione delle forme verbali, è<br />
interessante r<strong>il</strong>evare che alcune di esse caratterizzano <strong>il</strong> punto<br />
di vista degli intervistati.<br />
• Per l’intervistato Anfao vendere, vedere e volere sono<br />
nuclei significativi del discorso orientato al tema della<br />
distribuzione dell’occhiale.<br />
• Per la Camera di Commercio le azioni attorno alle quali attivare<br />
un cambiamento del <strong>distretto</strong> sono cambiare, capire,<br />
cercare.<br />
• Per Confartigianato la descrizione della performance<br />
recente del <strong>distretto</strong> ruota attorno a chiedere, creare,<br />
volere, vedere lasciando intendere che è necessario trovare<br />
un nuovo network organizzativo che coinvolga le<br />
imprese della piccola industria.<br />
89
Tabella 3.3 – Stralcio delle forme verbali ut<strong>il</strong>izzate<br />
Lemma<br />
Occorrenze<br />
Totali<br />
ANFAO CCIAA Confartigianato<br />
3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
90 91<br />
Distretto<br />
Veneto<br />
Assoindustria Certottica Dispersione Uso<br />
produrre 15 2 1 7 1 2 2 0,78 11,74<br />
venire 39 1 1 10 14 9 4 0,76 29,47<br />
potere 66 15 1 7 20 8 15 0,73 48,51<br />
dovere 37 4 0 16 7 3 7 0,72 26,47<br />
parlare 11 2 0 3 1 3 2 0,71 7,85<br />
andare 52 15 2 9 8 12 6 0,71 37,05<br />
diventare 16 4 1 4 1 5 1 0,71 11,38<br />
riuscire 14 2 0 2 2 4 4 0,70 9,83<br />
arrivare 15 1 1 0 3 4 6 0,69 10,35<br />
delocalizzare 10 0 1 2 5 1 1 0,68 6,81<br />
volere 19 4 0 8 1 3 3 0,67 12,81<br />
trovare 12 0 0 4 3 2 3 0,67 8,05<br />
uscire 7 0 1 3 1 1 1 0,67 4,67<br />
cambiare 20 2 4 2 6 3 3 0,65 13,08<br />
sapere 11 1 0 3 5 0 2 0,64 7,08<br />
vedere 18 5 0 5 4 3 1 0,64 11,55<br />
gestire 15 2 0 2 6 0 5 0,62 9,25<br />
cercare 19 0 2 4 12 1 0 0,54 10,31<br />
decidere 4 1 0 1 2 0 0 0,51 2,06<br />
chiedere 11 1 0 8 0 0 2 0,42 4,57<br />
capire 8 1 3 1 2 1 0 0,40 3,22<br />
vendere 18 10 0 2 0 5 1 0,37 6,67<br />
creare 10 1 0 8 0 1 0 0,35 3,54<br />
• Dal punto di vista del Distretto Veneto Regionale cercare,<br />
gestire, cambiare, delocalizzare, sapere sono le azioni<br />
del discorso che vengono ut<strong>il</strong>izzate per disegnare <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o<br />
del sistema produttivo dell’occhiale a partire dal comportamento<br />
dell’impresa.<br />
Queste azioni sottolineano la lettura critica e diagnostica dell’intervistato<br />
nell’obiettivo di identificare i punti di forza e di<br />
debolezza del sistema occhiale oggi.<br />
Fonte: Ns. elaborazione su interviste dirette<br />
• Le azioni più frequentemente ut<strong>il</strong>izzate da Assoindustria<br />
dopo andare, venire, potere sono vendere e arrivare,<br />
<strong>il</strong> che sottolinea come per l’industria medio-grande del<br />
settore, la commercializzazione del prodotto rappresenti<br />
l’elemento strategico sul quale puntare.<br />
• Infine, per Certottica gestire e arrivare enucleano la<br />
necessità di investire per <strong>il</strong> futuro, soprattutto nella creazione<br />
di un nuovo sistema di norme che tuteli <strong>il</strong> prodotto ita-
92<br />
liano ma che sostenga le libere scelte localizzative delle<br />
imprese.<br />
È interessante anche notare che <strong>il</strong> verbo di modo potere<br />
viene ut<strong>il</strong>izzato maggiormente da Anfao, Distretto Regionale<br />
Veneto e Certottica mentre dovere principalmente da<br />
Confartigianto seguito sempre dal Distretto Regionale<br />
Veneto e Certottica, quasi a segnare una diversa intenzione<br />
dei parlanti: potere, in questo contesto narrativo, è<br />
un’azione rivolta allo sfruttamento delle potenzialità inespresse<br />
del <strong>distretto</strong> mentre dovere richiama un’aspettativa<br />
di comportamento nei rapporti tra grandi e medio-piccole<br />
imprese.<br />
3.4 Parole e contesti:<br />
coerenze e diversità<br />
nell’uso delle parole<br />
Dopo l’analisi di alcune parti del vocabolario, è appropriato<br />
restituire le parole ai contesti semantici, ut<strong>il</strong>izzando alcune<br />
parole chiave emerse dallo studio delle fasce di frequenza.<br />
Questa operazione di analisi del contenuto testuale si chiama<br />
analisi delle concordanze.<br />
Ut<strong>il</strong>izzando i riferimenti tematici a cui rinviano le parole chiave,<br />
vengono ricostruite concettualmente le relazioni tra parole<br />
e contesti tematici per proporre una polifonia tra i discorsi<br />
dei parlanti.<br />
3.4.1 LA PERFORMANCE DEL DISTRETTO<br />
Partendo dalla parola pivot distrett*, si nota che essa compare<br />
complessivamente 82 volte nel discorso e si posiziona principalmente<br />
nella parte iniziale dell’intervista, quando gli intervistati<br />
parlano della performance del <strong>distretto</strong> e verso la fine della<br />
stessa, quando parlano degli attori strategici del <strong>distretto</strong>.<br />
Del <strong>distretto</strong> parlano a lungo gli intervistati del Distretto Veneto<br />
Regionale e di Confartigianato.<br />
3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
Tabella 3.4 – Distribuzione della parole pivot “<strong>distretto</strong>”<br />
Forma<br />
grafica<br />
ANFAO CCIAA<br />
Confartigianato<br />
Distretto<br />
Veneto<br />
Assoindustria<br />
Certottica<br />
<strong>distretto</strong><br />
<strong>distretto</strong><br />
3 6 20 31 11 7<br />
dell’occhiale 1 0 1 3 0 1<br />
distretti 1 0 2 0 1 0<br />
Fonte: Ns. elaborazione su interviste dirette<br />
Il primo dei due intervistati racconta la performance del<br />
<strong>distretto</strong> nella sua evoluzione storico-territoriale. Partendo dal<br />
processo di ristrutturazione organizzativa del <strong>distretto</strong> innescato<br />
dalla strategia de-localizzativa delle imprese leader, <strong>il</strong><br />
parlante sottolinea come tale processo di adattamento sia<br />
stato imposto dall’evoluzione dei mercati e dalla necessità di<br />
trovare o mantenere una competitività economica e quindi<br />
una profittab<strong>il</strong>ità per le imprese:<br />
«[…] Il fatto è che quando le cose invece sono cambiate, le<br />
aziende che sono riuscite, o crescendo al proprio interno<br />
ovvero organizzandosi meglio nella capacità appunto di distribuire<br />
l’attività sul <strong>distretto</strong>, quanto meno quella di programmare<br />
meglio la produzione quindi anche con un rapporto più<br />
franco e diretto verso la clientela […] queste aziende sono<br />
riuscite a essere più competitive» (Intervista Distretto Veneto).<br />
Anche l’intervistato di Confartigianto dedica un’ampia parte<br />
del suo discorso a descrivere l’evoluzione del <strong>distretto</strong> ma la<br />
sua premessa è meno centrata sul comportamento economico<br />
delle singole imprese quanto sul <strong>distretto</strong> inteso come un<br />
sistema organico, con specifiche funzionalità e una sua elasticità<br />
definita dalla presenza di una popolazione di imprese di<br />
piccole e medie dimensioni. La sua attenzione è principalmente<br />
rivolta a descrivere gli effetti dei cambiamenti avvenuti<br />
nella competitività territoriale, aspetto questo che, dal suo<br />
punto vista, è stato poco valutato dalle imprese leader:<br />
93
94<br />
«[…] È proprio stata trasferita la manodopera dalle piccole e<br />
medie aziende alle grandi aziende. Oggi Luxottica ha 6.500<br />
dipendenti. Non lo vedo come una trasformazione positiva.<br />
Assolutamente no. Perché non c’è più <strong>distretto</strong>. Ma non c’è<br />
più <strong>distretto</strong> in termini di valore aggiunto. Lei conosce anche<br />
altri distretti. Il <strong>distretto</strong> della scarpa perché ha molte più possib<strong>il</strong>ità<br />
di tornare vivo? Perché è complessivamente strutturato<br />
in maniera totalmente diversa. Sono rimaste le grandi<br />
imprese, le piccole, le medie. È una piramide molto larga»<br />
(Intervista Confartigianato).<br />
Le strategie commerciali delle grandi imprese hanno attivato<br />
un meccanismo di selezione che ha irrigidito <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> a causa<br />
del forte tasso di mortalità e basso tasso di natalità delle<br />
imprese e che non necessariamente si sarebbe verificato se<br />
ci fosse stata una “politica di accompagnamento” per le piccole<br />
imprese rivolta a potenziare processi di apprendimento<br />
su fattori strategici come, ad esempio, l’innovazione tecnologica<br />
o la formazione.<br />
Secondo <strong>il</strong> parlante della Camera di Commercio di Belluno, la<br />
performance del <strong>distretto</strong> è la risultante del processo delocalizzativo<br />
e di una particolare innovazione: la certificazione della<br />
qualità di prodotto. Questa innovazione normativa portava<br />
con sé la necessità di rivedere l’organizzazione della f<strong>il</strong>iera<br />
produttiva con conseguente riduzione del numero delle fasi di<br />
produzione. Non è stato possib<strong>il</strong>e governare questo cambiamento<br />
con una strategia di <strong>distretto</strong> perché le PMI hanno<br />
dimostrato una rigidità d’apprendimento organizzativo. Ciò va<br />
interpretato nella sua radice socio-culturale:<br />
«[…] A che cosa possiamo imputare questo fallimento? In<br />
realtà c’è da capire piuttosto che colpevolizzare <strong>il</strong> comportamento<br />
dei piccoli imprenditori. Non bisogna dimenticare che<br />
la montagna era un’area di forte povertà ed emigrazione. La<br />
monocultura dell’occhiale ha permesso a molte famiglie di<br />
tornare a vivere in questi luoghi, e di uscire dalla miseria e<br />
quindi si capisce abbastanza fac<strong>il</strong>mente la loro diffidenza a<br />
condividere una strategia commerciale. Sono gran lavoratori.<br />
3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
Pensano solo a lavorare. Ma questa è stata la loro forza.<br />
Sono quindi molto diffidenti verso le strategie di <strong>distretto</strong>»<br />
(Intervista CCIAA).<br />
Nella diagnosi di Certottica le criticità del <strong>distretto</strong> sono state<br />
la mancanza di managerialità e di investimenti in innovazione<br />
e ricerca. A monte di queste carenze, <strong>il</strong> parlante ha identificato<br />
una relazione asimmetrica tra grandi e piccole imprese poiché<br />
queste ultime hanno mantenuto un comportamento gregario<br />
rispetto alle grandi senza valutare i cambiamenti a valle<br />
che si stavano verificando: aumento della domanda e nuovo<br />
sistema distributivo dell’occhiale. Ma se l’innovazione di prodotto<br />
si può definire specifica dell’impresa e quindi uno strumento<br />
diffic<strong>il</strong>mente ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>e per modificare l’organizzazione<br />
distrettuale, l’innovazione di processo può diventare <strong>il</strong> fattore<br />
chiave per lo sv<strong>il</strong>uppo del <strong>distretto</strong> perché genera un processo<br />
di apprendimento collettivo e produce una competitività<br />
territoriale attraverso la condivisione di una conoscenza tecnologica:<br />
«[…] Ma quando trattasi di processo la cosa è diversa. Il processo<br />
è un bene che va spalmato su tutto <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> non<br />
può essere mantenuto solo all’interno di nicchie. Quindi<br />
quando si modifica una fase processuale, questa ha una via<br />
lunga […]. Ecco perché su questo tipo di percorso c’è stata<br />
una maturazione condivisa e anche una osmosi […]. Con i<br />
nostri tecnici ut<strong>il</strong>izziamo quel tipo di hardware e quindi trasferiamo<br />
poi i risultati della ricerca su questo gruppo misto<br />
grandi e piccoli; qui siamo tutti in cordata i benefici nostri<br />
non sono per noi e quindi vanno spalmati tra quelli che hanno<br />
creduto in questa scommessa […]. Occorre mettersi<br />
insieme e riuscire a cambiare quell’atteggiamento difensivo<br />
all’interno del <strong>distretto</strong> in una strategia di tipo cooperativo.<br />
Non siamo ancora arrivati a una maturazione condivisa su<br />
questo tipo di esigenza» (Intervista Certottica).<br />
La forma grafica <strong>distretto</strong> compare poche volte nella narrazione<br />
di Anfao e l’ut<strong>il</strong>izzo che ne viene fatto è, principalmente,<br />
di tipo propositivo:<br />
95
96<br />
«Quello che si può fare come strategia di <strong>distretto</strong> è promozionare<br />
certe capacità, certe qualità del prodotto fatto in Italia,<br />
Made in Italy, studiato in una certa maniera […]. Potrebbe<br />
essere una delle strategie di <strong>distretto</strong> puntare sulla formazione<br />
di competenze particolari, queste figure chiavi che<br />
possono mettere insieme anche la produzione della piccola<br />
impresa con le richieste della grande impresa – infine, un<br />
indizio sui rapporti con le banche – non credo che le banche<br />
abbiano aiutato <strong>il</strong> <strong>distretto</strong>…» (Intervista Anfao).<br />
Nel discorso di Assindustria <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> viene descritto come<br />
un’entità in trasformazione e destinata a trasformarsi ancora, in<br />
futuro. Si trova che <strong>distretto</strong> è in relazione a trasformazione,<br />
esiste in maniera diversa, si evolverà, rimarrà, collaborazione.<br />
È un contesto narrativo “certo” che interpreta i fatti e i fenomeni<br />
economici avvenuti in questi anni come necessari e funzionali<br />
per la definizione dell’identità del <strong>distretto</strong> e quelli futuri come<br />
occasioni per consolidare la sua competitività.<br />
3.4.2 LE TRASFORMAZIONI<br />
DELLA STRUTTURA PRODUTTIVA<br />
Rispetto alle trasformazioni della struttura produttiva del<br />
<strong>distretto</strong>, gli intervistati presentano un quadro interpretativo<br />
molto coerente. Con radice prod* sono risultati 16 casi e<br />
due segmenti linguistici. I soggetti che parlano in modo più<br />
approfondito dei temi della produzione sono quelli del Distretto<br />
Veneto Regionale, Certottica e Confartigianato. Dalla lettura<br />
della tabella 3.5 che riporta gli intervalli tematici dell’uso<br />
della parola produzione, emerge che:<br />
• <strong>il</strong> parlante del Distretto dell’Occhiale (intervista 1) parla di<br />
produzione «in termini di consegna; qualità e realizzazione<br />
del pezzo; saper organizzare; programmare meglio; <strong>il</strong><br />
surplus di produzione prima realizzato nel <strong>distretto</strong>;<br />
imprenditori troppo legati alla produzione»;<br />
• Certottica (intervista 5) si esprime invece attorno ai temi<br />
del capitale di conoscenza: «dal prototipo alla produzione<br />
all’ingegnerizzazione; diversità nei volumi di produzione».<br />
3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
• La Camera di Commercio ne dà invece una descrizione<br />
organizzativa: «all’interno del <strong>distretto</strong> è più fac<strong>il</strong>e mantenere<br />
un controllo sulla produzione; diversità nell’organizzazione<br />
della produzione che rende diffic<strong>il</strong>e l’integrazione<br />
della f<strong>il</strong>iera»;<br />
• la Confartigianato esprime una valutazione sul comportamento<br />
produttivo delle piccole e medie imprese: «la piccola<br />
e media impresa non ha idee nuove. La domanda c’è.<br />
Ci sarebbe la domanda, è che la produzione deve essere<br />
tale da soddisfare la domanda»;<br />
• mentre Anfao parla di «produzione conto terzi, di tempi di<br />
produzione, di distribuzione della produzione del settore<br />
per dimensione e importanza delle imprese».<br />
Poiché qui interessano le trasformazioni che sono avvenute in<br />
questi anni nell’organizzazione della produzione si è fatta<br />
ricerca dei contesti narrativi che riguardano questo tema. Dalla<br />
ricerca congiunta di prod* e innov* è emerso che i processi<br />
innovativi e la produzione di conoscenza all’interno del<br />
<strong>distretto</strong> hanno seguito una bidirezionalità, dall’alto verso <strong>il</strong><br />
basso e viceversa.<br />
«La grande innovazione l’hanno fatta le grandi perché hanno<br />
i mezzi. […] Ma tanta è venuta anche dalle piccole» (Intervista<br />
Assindustria).<br />
«Molte delle innovazioni di prodotto sono partite dal basso<br />
cioè dalle PMI, nell’interazione con la GI» (Intervista CCIAA).<br />
Nel discorso del parlante del Distretto Veneto, l’innovazione<br />
tecnologica appare un fattore radicato nella realtà produttiva<br />
grazie anche all’attivazione di progetti congiunti con Certottica<br />
e all’ut<strong>il</strong>izzo di finanziamenti erogati dalla Regione con la<br />
legge n. 8/2003 (Patti per lo Sv<strong>il</strong>uppo distrettuale e metadistrettuale).<br />
Occorre mettere in evidenza che nel processo di trasformazione<br />
produttiva del <strong>distretto</strong>, Certottica ha giocato – e gioca<br />
tutt’ora – un ruolo chiave sebbene incontri ancora alcune difficoltà<br />
non tanto nella realizzazione e sv<strong>il</strong>uppo di progetti<br />
quanto nella loro diffusione:<br />
97
Tabella 3.5 – Insieme di forme grafiche con radice prod*<br />
Forma<br />
grafica<br />
98<br />
Occorrenze totali<br />
ANFAO<br />
«… sull’innovazione tecnologica vera e propria ci sono stati<br />
alcuni progetti di Certottica per esempio <strong>il</strong> riporto laser […]<br />
e altri progetti di prototipazione che sicuramente hanno dato<br />
degli elementi importanti che però stanno soffrendo proprio<br />
della ut<strong>il</strong>izzazione perché ci sono pochi attori» (Intervista<br />
Confartigianato).<br />
Una voce che si distingue da quelle precedenti è quella di<br />
Anfao che sostiene <strong>il</strong> primato del design sulla tecnologia:<br />
«A cambiare i trend, a spostare da una parte all’altra è la<br />
moda più che la tecnologia. La tecnologia per certi versi si<br />
adatta» (Intervista Anfao).<br />
Rispetto l’evoluzione tecnologica, <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> viene percepito<br />
dagli attori come un territorio all’avanguardia per due ragioni<br />
3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
CCIAA Confartigianato Distretto Veneto Assoindustria Certottica<br />
prodotto 81 6 3 16 27 5 24<br />
produrre 8 2 0 4 0 1 1<br />
produzione 31 5 2 1 19 0 4<br />
produzioni 4 0 1 1 2 0 0<br />
produttivi 7 0 2 0 3 1 1<br />
produttori 5 0 1 1 1 1 1<br />
producono 4 0 1 2 1 0 0<br />
produttivo 2 0 0 0 2 0 0<br />
produrne 1 0 0 1 0 0 0<br />
prodotto finito 3 0 0 1 1 0 1<br />
produttiva 4 0 0 1 0 3 0<br />
prodotti 8 0 1 4 0 2 1<br />
produttive 3 0 1 0 0 2 0<br />
producendo 1 0 0 0 0 1 0<br />
produco 1 0 0 0 0 0 1<br />
producessero 1 0 0 1 0 0 0<br />
prodotto occhiale 3 0 0 0 3 0 0<br />
prodotto griffato 3 2 0 1 0 0 0<br />
specifiche. La prima riguarda la velocità di acquisizione di<br />
capitale tecnologico; in questi ultimi 15 anni è cresciuta<br />
l’adozione di nuove tecnologie produttive nella ricerca di<br />
migliorare la performance produttiva soprattutto in termini di<br />
qualità di prodotto. La seconda riguarda l’istituzione e crescita<br />
di Certottica che funge sia da coordinatore della R&S che<br />
da attore chiave per i processi di knowledge sp<strong>il</strong>lover.<br />
3.4.3 IL PROCESSO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE<br />
DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO<br />
Attorno al tema dell’internazionalizzazione delle imprese sono<br />
emerse posizioni diverse: chi sostiene sia stata una scelta ineluttab<strong>il</strong>e<br />
perché dettata dal mercato e chi invece sostiene una<br />
99
Tabella 3.6 – Occorrenze della delocalizzazione<br />
Forme grafiche Occorrenze<br />
delocalizzato 2<br />
delocalizzazioni 1<br />
delocalizzazione 7<br />
delocalizzare 6<br />
delocalizzata 1<br />
delocalizzando 1<br />
internazionale 4<br />
internazionalizzazione 2<br />
interna 1<br />
100<br />
posizione critica rispetto tale scelta. Il contrasto, tuttavia, non<br />
si cristallizza attorno alla scelta “delocalizzazione sì, delocalizzazione<br />
no” quanto alla mancanza di una governance del cambiamento<br />
localizzativo di alcune imprese (parti d’imprese) e<br />
alle conseguenze territoriali che ha generato (cfr. tabella 3.6).<br />
L’analisi parte dalla situazione del contesto internazionale. Il<br />
parlante del Distretto Regionale Veneto spiega che la diminuzione<br />
di importanza della distanza geografica sia in termini di<br />
costo di trasporto sia di costo organizzativo ha favorito l’adozione<br />
di strategie di costo da parte delle imprese leader del<br />
<strong>distretto</strong>. La produzione interna è calata, «grazie o forse per<br />
colpa di una situazione internazionale che favorisce delocalizzazioni<br />
verso l’Estremo Oriente chiaramente dove le produzioni<br />
hanno prezzi altamente più competitivi e dove c’è da<br />
dire che anche <strong>il</strong> livello di capacità in termini produttivi dei<br />
nostri concorrenti è cresciuto molto velocemente negli ultimi<br />
vent’anni.» (Intervista Distretto Veneto).<br />
L’internazionalizzazione della produzione genera un vantaggio<br />
economico che per essere acquisito richiede alle imprese<br />
una struttura organizzativa capace di gestire i tempi di produzione<br />
dislocati in varie aree del mondo. Questa trasformazione<br />
del sistema economico internazionale, che prima degli<br />
anni ’90 fondava la competitività sui cambiamenti nei prezzi<br />
3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
relativi dei beni, in un’economia globale dove <strong>il</strong> vantaggio<br />
economico è dato dalla capacità di acquisire una struttura<br />
reticolare e un’organizzazione complessa della gestione dei<br />
flussi di fattori di produzione e beni finiti, ha generato un<br />
duplice cambiamento all’interno del <strong>distretto</strong>: da un lato le<br />
grandi imprese hanno delocalizzato fasi o linee di produzione,<br />
dall’altro le piccole hanno cominciato a ristrutturarsi, a diventare<br />
più propositive rispetto alla domanda, cercando di diventare<br />
imprese più dinamiche e più attente all’evoluzione dei<br />
mercati. In realtà non sono molte le piccole e medie imprese<br />
che sono riuscite ad appropriarsi di questa meta-competenza<br />
– la capacità di apprendimento – e a sopravvivere.<br />
I parlanti di Assindustria e Distretto Regionale Veneto mettono<br />
in evidenza che <strong>il</strong> processo di delocalizzazione è assolutamente<br />
limitato a poche aziende e non ha avuto natura selvaggia.<br />
Implicitamente ciò tende a minimizzare la relazione tra<br />
processi delocalizzativi e mortalità di piccole imprese imputando<br />
una maggior causa ai cambiamenti strutturali dei mercati.<br />
Se si osserva <strong>il</strong> processo della delocalizzazione mettendosi<br />
dalla parte delle imprese leader e di quelle innovative, e<br />
si tiene ben presente <strong>il</strong> processo di globalizzazione, si capisce<br />
la loro duplice esigenza di guadagnare in competitività<br />
economica e di essere presenti sui mercati asiatici perché<br />
mercati in crescita, in fase di forte affermazione nella geoeconomia<br />
mondiale.<br />
Quando si cambia prospettiva e si guarda lo stesso fenomeno<br />
con gli occhi di un piccolo imprenditore, si osserva più<br />
fac<strong>il</strong>mente che la delocalizzazione ha dei costi collettivi che<br />
ricadono sulla struttura distrettuale generando una fisiologica<br />
mortalità di microimprese non specializzate ma anche la<br />
scomparsa di PMI che negli anni ‘90 avevano acquisito competenze<br />
specifiche per garantire la qualità produttiva degli<br />
occhiali (come ad esempio la fase della galvanica).<br />
È convinzione di tutti gli intervistati che <strong>il</strong> processo di delocalizzazione<br />
sia stato un passaggio obbligato nell’evoluzione del<br />
<strong>distretto</strong> tanto che Certottica in qualità di fornitore di servizi<br />
101
Tabella 3.7 – Alcune forme grafiche con radice pivot distribu*<br />
e commer*<br />
Forma<br />
grafica<br />
102<br />
Occorrenze totali<br />
ANFAO<br />
per la R&S e di garante della qualità dei prodotti riterrebbe ut<strong>il</strong>e<br />
aprire una f<strong>il</strong>iale in Asia per essere là dove i mercati nascono<br />
e tutelare <strong>il</strong> prodotto italiano. Se la globalizzazione e le<br />
scelte r<strong>il</strong>ocalizzative delle imprese pongono come problema<br />
centrale la gestione della complessità organizzativa, occorre<br />
creare un sistema federale dei servizi d’impresa per continuare<br />
a ut<strong>il</strong>izzare <strong>il</strong> capitale di conoscenza maturato e per ricostruire<br />
la rete d’imprese attraverso nuovi nodi, nuove funzioni.<br />
I punti di vista sulla delocalizzazione divergono riguardo la<br />
gestione di questo cambiamento localizzativo. Questo processo<br />
ha mutato l’occupab<strong>il</strong>ità all’interno del <strong>distretto</strong>: una parte<br />
“dell’imprenditorialità diffusa” del <strong>distretto</strong> si è spostata in altri<br />
settori produttivi, come <strong>il</strong> turismo, e una parte è stata riassorbita<br />
dalle imprese più grandi. In sostanza la delocalizzazione ha<br />
aumentato la verticalizzazione del <strong>distretto</strong> che ha generato da<br />
un lato un aumento dell’occupazione totale del settore e dall’altro<br />
una redistribuzione dell’occupab<strong>il</strong>ità facendo diminuire le<br />
opportunità imprenditoriali del settore che fino a pochi anni fa<br />
avevano caratterizzato questo sistema economico territoriale.<br />
3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
CCIAA Confartigianato Distretto Veneto Assoindustria Certottica<br />
distributore 3 2 0 0 1 0 0<br />
distributiva 3 2 0 0 1 0 0<br />
distribuzione 18 2 0 1 10 3 2<br />
distribuzione diretta<br />
commercializzazione<br />
5 0 0 0 5 0 0<br />
del prodotto 2 0 2 0 0 0 0<br />
commercializzare 1 0 0 1 0 0 0<br />
commerciali 3 0 0 2 0 1 0<br />
commercializzazione 2 0 0 0 0 1 1<br />
commerciale 10 0 2 3 3 1 1<br />
3.4.4 I CAMBIAMENTI A VALLE: LA DISTRIBUZIONE<br />
DEGLI OCCHIALI<br />
Come segnalato nel primo Capitolo, la globalizzazione dei<br />
mercati ha consegnato maggiore peso strategico alla fase di<br />
distribuzione nel settore degli occhiali. Se si prendono come<br />
parole pivot distribu* e commer* si osserva che i parlanti<br />
r<strong>il</strong>evano con molta chiarezza la rivoluzione avvenuta a valle del<br />
settore e gli effetti che ha generato sulla struttura del <strong>distretto</strong><br />
(cfr. tabella 3.7). In altre parole, i cambiamenti radicali nella<br />
catena distributiva hanno imposto mutamenti strutturali nella<br />
produzione e nella composizione della popolazione d’imprese<br />
del <strong>distretto</strong>.<br />
Il tema della distribuzione è argomento di assoluta criticità per<br />
<strong>il</strong> parlante del Distretto Veneto secondo <strong>il</strong> quale si dovrebbe<br />
ridurre la distanza tra l’impresa media e piccola con <strong>il</strong> mercato:<br />
«Un primo scalino da superare, abbastanza alto, è dovuto al<br />
fatto che la dimensione media delle aziende che fanno prodotto<br />
finito è tendenzialmente troppo piccola per poter<br />
affrontare singolarmente una iniziativa di distribuzione diret-<br />
103
104<br />
ta. Quello che <strong>il</strong> distributore prima riusciva a gestire adeguatamente<br />
[…], per esempio in termini di mercato, poteva essere<br />
importante per una piccola azienda. Ragionando con le<br />
catene invece la cosa cambia completamente in quanto<br />
sono distribuite in maniera ben diversa e quindi i numeri<br />
che richiedono e conseguentemente anche <strong>il</strong> prezzo del prodotto<br />
è diverso. In maniera costretta le piccole hanno scelto<br />
la nicchia. Tendenzialmente fino a oggi la situazione è stata<br />
quella di cercare nicchie di mercato sia in termini di prodotto<br />
che di distribuzione che garantissero ancora degli spazi. Il<br />
passo successivo credo sia quello sul quale stiamo spingendo<br />
[…] cercare di proporre direttamente <strong>il</strong> proprio prodotto.<br />
Su questo è un po’ di tempo che cerchiamo di spingere le<br />
aziende […]. Il limite primo è che la gestione di una distribuzione<br />
diretta richiede investimenti che non sono alla portata<br />
della singola azienda quindi la media delle piccole aziende<br />
non è in grado di sostenere gli investimenti di decine di<br />
m<strong>il</strong>ioni di euro per portare avanti un discorso di distribuzione<br />
diretta. È un argomento sul quale si discute. Le aziende<br />
sentono molto questa esigenza e continuano ad affacciarsi a<br />
queste possib<strong>il</strong>ità. Non si è realizzato però nulla di concreto<br />
perché c’è un po’ una visione abbastanza chiusa della propria<br />
realtà, c’è poca predisposizione ad aprirsi verso iniziative<br />
che vedono la rinuncia del proprio nel condividerlo con gli<br />
altri» (Intervista Distretto Veneto).<br />
Da questo stralcio d’intervista si evince che le PMI che popolano<br />
ancora oggi <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> incontrano difficoltà finanziarie ma<br />
soprattutto organizzative, poiché non riescono ad appropriarsi<br />
di una nuova routine commerciale fondata sulla cooperazione<br />
e la condivisione di strumenti di commercializzazione.<br />
Per costruire questo anello con <strong>il</strong> mercato, le imprese possono<br />
trasformare <strong>il</strong> rapporto di fiducia costruito nel tempo con i<br />
distributori in un legame distributivo quale la f<strong>il</strong>iale commerciale.<br />
Dal punto di vista del parlante di Anfao, questa modalità<br />
organizzata risulta la meno rischiosa e la più profittevole sul<br />
piano organizzativo. Tuttavia sono poche le imprese che sono<br />
3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
riuscite a realizzare questo passaggio per crearsi una rete<br />
distributiva. Le maggiori difficoltà sono i costi organizzativi e<br />
logistici che inizialmente devono sostenere per costruire un<br />
“saper gestire” e susseguentemente per mantenere la rete<br />
distributiva.<br />
A queste difficoltà di gestione, si sommano poi le difficoltà<br />
contingenti, generate dalla trasformazione avvenuta a valle<br />
della f<strong>il</strong>iera settoriale. Infatti la strategia di acquisizione delle<br />
catene distributive che sta diventando un must negli investimenti<br />
delle imprese medie per imitazione delle strategie delle<br />
imprese più grandi riduce le possib<strong>il</strong>ità di penetrazione diretta<br />
del mercato da parte delle imprese più piccole.<br />
L’elemento che può essere ut<strong>il</strong>izzato come fattore strategico<br />
per la distribuzione del prodotto occhiale è <strong>il</strong> sistema di norme<br />
che certifica la qualità e la provenienza del prodotto. Dalla<br />
narrazione di Certottica emerge che un adeguato sistema di<br />
norme è da intendersi come fattore strategico perché presidia<br />
la qualità dell’occhiale italiano e certifica la titolarità di<br />
nuove imprese a entrare in competizione e proporre un prodotto<br />
occhiale con gli standard qualitativi del prodotto italiano.<br />
Inoltre, garantisce <strong>il</strong> consumatore sulla caratteristica del<br />
Made in Italy del prodotto che sta acquistando poiché dà trasparenza<br />
alle modalità di produzione, al contenuto tecnologico,<br />
e garantisce la conformità del prodotto agli standard<br />
medicali sulla sicurezza del prodotto occhiale.<br />
«Perché non basta essere bravi nel produrre ma essere bravi<br />
nel gestire la metodologia di verifica del prodotto, della distribuzione<br />
del prodotto, della commercializzazione della garanzia<br />
cioè tutta la f<strong>il</strong>iera è formata ormai, non ci sono più barriere.<br />
Le barriere sono le norme, tu sei proprietario delle norme e<br />
anche in termini logistici più recenti tu sei protagonista del<br />
mondo. Questo è un altro aspetto intelligente di mettersi insieme<br />
piccoli e grandi perché le norme valgono per tutti, i comandamenti<br />
sono uguali per tutti» (Intervista Certottica).<br />
Tuttavia sul “made in” i punti di vista sono diversi. A fianco di<br />
chi crede nel valore di un sistema normativo coerente che radi-<br />
105
106<br />
calizzi <strong>il</strong> rapporto prodotto-territorio all’interno di un sistema<br />
economico globalizzato, c’è chi lo crede superfluo perché la<br />
qualità è garantita dal brand. Queste diverse prospettive si traducono<br />
in una difficoltà nel definire un “patto” e quindi un’azione<br />
condivisa anche a livello di sanzione poiché mancano gli<br />
elementi necessari per riconoscere a livello collettivo e difendere<br />
l’identità del prodotto occhiale sui mercati internazionali.<br />
3.4.5 GLI ATTORI STRATEGICI DEL DISTRETTO<br />
L’ultima sezione dell’intervista è stata dedicata agli attori strategici<br />
del <strong>distretto</strong>. Piuttosto condivisa l’osservazione che<br />
Certottica e Mido siano due istituzioni importanti del <strong>distretto</strong><br />
e quindi siano “attori” di due funzioni r<strong>il</strong>evanti: la R&S e la formazione<br />
per <strong>il</strong> primo, la commercializzazione e la comunicazione<br />
del prodotto occhiale <strong>il</strong> secondo. Certottica è un attore<br />
istituzionale proattivo che propone alle imprese investimenti<br />
in conoscenza e recepisce dalle stesse i fabbisogni tecnologici<br />
per realizzare progetti di R&S. Tuttavia la ricerca di soluzioni<br />
tecniche e tecnologiche non si limita alla definizione di<br />
innovazioni di processo e/o di prodotto ma genera, grazie alla<br />
creazione di partnership di imprese grandi e piccole, nuove<br />
forme di comunicazione e di coordinamento all’interno del<br />
<strong>distretto</strong>.<br />
Certottica rappresenta dunque un Knowledge-Intensive Business<br />
Service di natura istituzionale, attore strategico in quanto<br />
produce e trasferisce conoscenza all’interno del <strong>distretto</strong>.<br />
Tabella 3.8 – Occorrenze totali e distribuzione<br />
del termine pivot fier*<br />
Forma<br />
grafica<br />
Occorrenze totali<br />
ANFAO<br />
3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
Riguardo alla fiera, gli intervistati concordano sul ruolo importante<br />
che svolge sebbene anche questo abbia subito una trasformazione<br />
in questi ultimi 15 anni.<br />
Secondo <strong>il</strong> parlante di Certottica la fiera italiana, <strong>il</strong> Mido, ha<br />
saputo rinnovarsi e puntare sull’immagine, valorizzare l’innovazione<br />
e investire sulla velocità di collegamento tra prodotto e<br />
mercati. Il punto di vista del parlante di Confartigiano è invece<br />
diverso e più critico. La fiera dovrebbe diventare innanzitutto<br />
un punto d’incontro tra produttori in cui poter scambiare esperienze<br />
e saperi; osservazione che enfatizza la preoccupazione<br />
sul “poter continuare a produrre”. In altre parole la fiera dovrebbe<br />
far circolare conoscenza tacita per trovare soluzioni produttive.<br />
In realtà la fiera ha perso <strong>il</strong> suo ruolo “allocativo” ed è<br />
diventato più un luogo di rappresentanza, di marketing, un luogo<br />
dove si prendono contatti per “entrare in rete”. Diametralmente<br />
opposta la percezione della Camera di Commercio:<br />
«La fiera è uno strumento commerciale assolutamente fondamentale.<br />
Sono i momenti in cui le imprese entrano a contatto<br />
con i clienti. Qualcosa è cambiato nel modo di andare in fiera<br />
dei piccoli: mentre prima acquisivano uno spazio-bunker individuale,<br />
ora invece condividono un spazio comune. Questo dà<br />
una percezione diversa, un respiro più ampio. […] La fiera è<br />
stata e continua a essere un elemento essenziale per i piccoli<br />
imprenditori per avvicinarsi al mercato» (Intervista CCIAA).<br />
Momento essenziale anche per Assoindustria e Anfao sebbene<br />
oggi sia più un luogo di rappresentanza e meno un<br />
CCIAA Confartigianato Distretto Veneto Assoindustria Certottica<br />
fiera 23 1 3 7 5 5 2<br />
fiere 6 0 0 2 1 3 0<br />
107
108<br />
momento di raccolta di ordinativi. La ragione di questo cambiamento<br />
è ben spiegato dal parlante del Distretto Veneto:<br />
«Fino a quel periodo la fiera era sostanzialmente Mido. Per<br />
quanto ci riguarda era <strong>il</strong> momento in cui venivano raccolti la<br />
maggior parte degli ordini. Effettivamente era un momento di<br />
incontro con la clientela e dove si andavano a definire i contratti<br />
per i mesi futuri. Da lì in avanti è cambiato parecchio grazie a<br />
questa trasformazione che c’è stata nella distribuzione ma<br />
anche dal fatto che <strong>il</strong> prodotto è diventato sempre più un prodotto<br />
legato alla moda. Sono cresciute molto le griffe, la fiera si è un<br />
po’ trasformata da un punto di incontro per consolidare i rapporti<br />
in termini operativi a invece una vetrina di presentazione del<br />
prodotto che vedeva poi eventualmente gli ordini arrivare nei<br />
mesi successivi della fiera […]. Il primo obiettivo sul quale stiamo<br />
continuando a puntare e che ci dà un elenco di soddisfazioni<br />
è proprio quello di favorire l’aggregazione. Io credo che <strong>il</strong> fattore<br />
importante è spingere in quella direzione e facciamo tutto <strong>il</strong><br />
possib<strong>il</strong>e partendo dalla cosa più semplice che è quella di far sì<br />
che le aziende siano presenti anche in fiera anche tramite iniziative<br />
comuni legate al <strong>distretto</strong>. Quest’anno ad esempio, eravamo<br />
al Mido con le aziende del <strong>distretto</strong> e l’area che abbiamo acquisito<br />
come <strong>distretto</strong>, quindi mettendo tutte le aziende su uno spazio<br />
comune, erano più di 2.000 mq un risultato interessante ma<br />
che fatica ad andare al di là di questo: le aziende sono disposte<br />
a mettersi insieme due giorni per fare una fiera fanno invece fatica<br />
a fare qualcosa di più.» (Intervista Distretto Veneto).<br />
3.5 Cosa emerge dalla<br />
polifonia delle narrazioni?<br />
Punti di forza e di debolezza<br />
del <strong>distretto</strong><br />
Il <strong>distretto</strong> dell’occhiale è un sistema locale del lavoro che si è<br />
sempre distinto nel panorama distrettuale italiano per la sua<br />
performance. Nel Rapporto Annuale ISTAT 2007 (ISTAT, 2008)<br />
3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />
risulta essere <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> con la migliore performance nazionale.<br />
Tuttavia l’immagine che si ricostruisce dall’ascolto degli<br />
attori del <strong>distretto</strong> è più problematica del risultato che consegna<br />
l’insieme degli indicatori statistici e di b<strong>il</strong>ancio.<br />
Ovviamente, sono due punti di vista diversi quello dei dati statistici<br />
e quello delle parole. Il primo consente di svolgere<br />
un’analisi comparata tra distretti mentre con <strong>il</strong> secondo entrano<br />
in dialogo e, potenzialmente, si integrano diversi punti di<br />
osservazione sui comportamenti e quindi sulle scelte che<br />
hanno influenzato la fisionomia del <strong>distretto</strong>.<br />
Il dialogo attorno al tema della performance del <strong>distretto</strong> presenta<br />
una dissonanza: chi dice che <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> vive una fase<br />
espansiva e chi, invece, sostiene che <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> non esiste<br />
più. Questa divergenza è tuttavia generata dal fatto che l’oggetto<br />
osservato non è lo stesso: se si guarda alla competitività<br />
delle grandi e medie imprese allora si può dedurre che <strong>il</strong><br />
<strong>distretto</strong> gode di buona salute (Napoli, 2008), se invece si<br />
osserva la competitività del territorio e quindi si focalizza l’attenzione<br />
sulla popolazione delle imprese del <strong>distretto</strong>, allora<br />
emergono sofferenze e criticità (Gambarotto, Rangone, Solari,<br />
2002).<br />
Mentre per mantenere e/o far crescere la competitività, le<br />
imprese hanno puntato su scelte delocalizzative e gestito<br />
direttamente la vendita del prodotto occhiale, <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> –<br />
inteso come popolazione d’imprese – ha mostrato complessivamente<br />
una rigidità d’apprendimento organizzativo in quanto<br />
troppo concentrato sulla fase produttiva dell’occhiale e troppo<br />
poco sulla sua commercializzazione. Le scelte delle piccole<br />
e micro imprese di fronte a questo nuovo contesto economico<br />
mettono in evidenza una resistenza cognitiva ad ampliare<br />
l’orizzonte di valutazione di fronte al cambiamento e quindi<br />
una mancanza di managerialità per trovare soluzioni organizzative<br />
più adatte. Dall’altro lato questi limiti di valutazione hanno<br />
fatto maturare la necessità di trovare un nuovo modo di<br />
“fare impresa”, di trovare nuovi fattori chiave per r<strong>il</strong>anciare <strong>il</strong><br />
territorio e quindi <strong>il</strong> <strong>distretto</strong>.<br />
109
110<br />
Qui si apre un altro dialogo che parla dei fattori di r<strong>il</strong>ancio del<br />
<strong>distretto</strong> e quindi della competitività territoriale. In questo<br />
decennio, <strong>il</strong> territorio – inteso come insieme di attori istituzionali<br />
r<strong>il</strong>evanti – si è dotato di un soggetto forte per <strong>il</strong> coordinamento<br />
dei processi innovativi. Certottica, che inizialmente era<br />
guardata con sospetto dalla maggior parte delle imprese, nell’arco<br />
di 15 anni è riuscita ad acquisire una posizione r<strong>il</strong>evante<br />
tanto da diventare key-actor del <strong>distretto</strong>.<br />
Nell’economia globalizzata <strong>il</strong> fattore strategico per un territorio<br />
è la capacità di produrre conoscenza e potersi adattare ai<br />
veloci cambiamenti legati alla mutevolezza del contesto economico<br />
internazionale (Garofalo, 2007; Rullani, 2007).<br />
L’obiettivo è quello di generare un sistema produttivo-territoriale<br />
knowledge-intensive diffic<strong>il</strong>mente attaccab<strong>il</strong>e, nel breve<br />
periodo, da altre regioni del mondo, più concentrate a sfruttare<br />
la relativa abbondanza di fattore lavoro a basso costo o la<br />
relativa disponib<strong>il</strong>ità di capitali d’investimento. Certottica, in<br />
qualità di Knowledge-Intensive Business Service riveste<br />
attualmente un ruolo strategico per l’evoluzione del <strong>distretto</strong> e<br />
per la crescita della sua competitività territoriale.<br />
C’è, infine, un terzo dialogo che si è aperto tra i parlanti che<br />
esprime una dissonanza attorno al tema della normazione dell’occhiale<br />
italiano. Una soluzione è tanto importante quanto<br />
strategica per l’evoluzione del sistema distrettuale. Occorre<br />
che i diversi attori si confrontino per decidere se tutelare <strong>il</strong><br />
prodotto italiano dedicandogli una connotazione territoriale<br />
oppure se l’identità del prodotto rimane vincolata unicamente<br />
al brand e alla politica aziendale. È una scelta evolutiva andare<br />
in una direzione anziché in un’altra. E tale scelta richiede la<br />
partecipazione di tutti gli attori coinvolti (gli stakeholders del<br />
<strong>distretto</strong>) nella produzione del valore aggiunto.
Capitolo 4<br />
L’ANALISI TESTUALE:<br />
PRODUZIONE<br />
DI CONOSCENZA,<br />
INNOVAZIONE<br />
E CULTURA<br />
DEL “SAPER FARE”
116<br />
L’analisi testuale:<br />
produzione<br />
di conoscenza,<br />
innovazione<br />
e cultura<br />
del “saper fare”<br />
FRANCESCA GAMBAROTTO<br />
«Le imprese, protagoniste della produzione di conoscenza<br />
dipingono <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhiale come un sistema che compete<br />
a due velocità: da un lato la competitività internazionale di<br />
alcune imprese, da cui discende in larga misura la buona performance<br />
del <strong>distretto</strong>, dall’altro, una competitività territoriale<br />
che si trascina stancamente, legata alle difficoltà che molte<br />
piccole e medie imprese incontrano nell’adeguarsi alle nuove<br />
esigenze organizzative e distributive del prodotto occhiale»<br />
Il presente Capitolo è interamente dedicato all’analisi delle<br />
valutazioni e delle posizioni di sette importanti imprese del<br />
<strong>distretto</strong>, intervistate su diverse tematiche:<br />
• i cambiamenti nella struttura e nell’organizzazione produttiva;<br />
• l’adozione di innovazioni;<br />
• l’organizzazione della distribuzione;<br />
• l’investimento in capitale umano;<br />
• le relazioni mantenute dall’impresa nel <strong>distretto</strong>.<br />
Di queste sette imprese, quattro sono grandi imprese (oltre<br />
250 addetti) e tre sono imprese medie (tra 50 e 249 addetti).<br />
Pur ritenendo pienamente soddisfacente <strong>il</strong> materiale informa-<br />
tivo raccolto con queste interviste, è da segnalare che qualche<br />
difficoltà è emersa nell’ottenere la disponib<strong>il</strong>ità da parte<br />
delle imprese a r<strong>il</strong>asciare una testimonianza.<br />
Si possono avanzare diverse interpretazioni per questa difficoltà<br />
da parte delle imprese a raccontarsi. Innazittutto, in<br />
rapporto ad altri distretti, le imprese di questo <strong>distretto</strong> hanno<br />
una forte reticenza a condividere informazioni. Questa<br />
scarsa partecipazione a costruire una conoscenza condivisa<br />
è stata evidenziata anche nel Capitolo precedente da<br />
qualche testimone priv<strong>il</strong>egiato e può pertanto delineare un<br />
tratto caratteristico degli attori economici che popolano<br />
questo <strong>distretto</strong>.<br />
Una seconda interpretazione che invita a una riflessione<br />
riguarda <strong>il</strong> senso di appartenenza al <strong>distretto</strong>. Per molte<br />
imprese <strong>il</strong> <strong>distretto</strong>, come entità organizzativa, non esiste più.<br />
Risulta superfluo lo sforzo di capire la performance e l’evoluzione<br />
del <strong>distretto</strong> quando le imprese si sentono di giocare<br />
individualmente nel mercato globale.<br />
Per entrare nell’analisi, si presentano le variab<strong>il</strong>i ut<strong>il</strong>izzate per<br />
interpretare i testi delle interviste: sostanzialmente lo studio<br />
è stato condotto rispetto la dimensione dell’impresa intervistata<br />
e le sezioni del questionario (cfr. Appendice). La<br />
dimensione permette di individuare somiglianze e differenze<br />
nella descrizione della performance dell’impresa rispetto alle<br />
diverse capacità di previsione e valutazione del contesto<br />
economico mentre i temi specifici del questionario guidano a<br />
un’analisi qualitativa più completa sulle diverse aree funzionali<br />
dell’impresa.<br />
4.1 Le imprese si raccontano<br />
Il corpus testuale (N) che raccoglie tutte le interviste risulta di<br />
medie dimensioni, composto in totale da 23.063 forme grafiche<br />
(numero di parole espresse). Da questo testo si ottiene <strong>il</strong><br />
vocabolario (V) delle imprese – parole diverse ut<strong>il</strong>izzate –<br />
117
118<br />
composto da 3.577 forme grafiche. Anche in questo caso,<br />
come per i testimoni priv<strong>il</strong>egiati, la dimensione del vocabolario<br />
(V/N*100 = 15,5%) e la ricercatezza del linguaggio ut<strong>il</strong>izzato<br />
(V1/V*100 = 53,6%) risultano accettab<strong>il</strong>i ai fini dell’analisi<br />
testuale semiautomatica.<br />
In tabella 4.1 viene riportato uno stralcio del vocabolario<br />
per fasce di frequenza. Le forme grafiche con un’alta fascia<br />
di frequenza sono quelle che vengono ut<strong>il</strong>izzate per tessere<br />
<strong>il</strong> discorso narrativo e assorbono <strong>il</strong> 26% del vocabolario.<br />
Nella fascia di media frequenza si trovano le prime parole<br />
che costruiscono <strong>il</strong> discorso: le forme grafiche noi, perché,<br />
ma (rispettivamente 156, 155, 141) lasciano intendere<br />
che gli intervistati parlano dell’impresa come di una<br />
comunità di soggetti e spiegano le ragioni di scelte di funzionamento<br />
rivolte all’evoluzione del sistema produttivo<br />
(molto, Cina, Italia, anni) e dei mercati (occhiali,<br />
mercato, prodotti).<br />
Nella fascia di bassa frequenza si trovano la maggior parte delle<br />
parole piene cioè delle parole ut<strong>il</strong>izzate dagli intervistati con<br />
elevato significato. Tra queste risultano significative fiera, cinesi,<br />
innovazione, rapporti estero (rispettivamente, 32, 31,<br />
25, 24, 24) che lasciano intuire quali sono i temi attorno ai<br />
quali si sono soffermarti principalmente gli intervistati.<br />
Fondamentali sono quelli dell’organizzazione produttiva e<br />
delle modalità di creazione del prodotto (processo, lavoro,<br />
strutture, organizzazione, produttiva) e quello della<br />
distribuzione dei prodotti e della presenza sui mercati (made,<br />
direttamente, vantaggio, cliente, marketing).<br />
Come si evince dalla tabella 4.1 sono molte le parole cariche<br />
di senso che presentano la medesima frequenza nel<br />
corpus raccolto a dimostrazione che gli intervistati hanno<br />
offerto una descrizione articolata per ogni tema introdotto<br />
dall’intervistatore. Gli hapax, parole che compaiono solo<br />
una volta nel vocabolario, sono circa <strong>il</strong> 10% della frequenza<br />
cumulata e permettono di cogliere le diverse sfumature dei<br />
parlanti sui temi indagati.<br />
4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />
Tabella 4.1 – L’orizzonte linguistico delle imprese:<br />
<strong>il</strong> vocabolario dell’imprese intervistate<br />
Forma grafica Occorrenze totali Fasce Frequenza cumulata<br />
di 788 Alta 3,4<br />
è 638 Alta 6,2<br />
che 618 Alta 8,9<br />
non<br />
…<br />
426 Alta 12,7<br />
per<br />
…<br />
298 Alta 21,8<br />
abbiamo 238 Alta 25,1<br />
si 230 Alta 26,1<br />
con<br />
…<br />
215 Media 27,1<br />
noi 156 Media 31,1<br />
perché 155 Media 31,8<br />
ma<br />
…<br />
141 Media 32,4<br />
questo 108 Media 36,2<br />
prodotto<br />
…<br />
99 Media 37,0<br />
Cina 67 Media 41,5<br />
Italia 64 Media 42,0<br />
anni<br />
…<br />
63 Media 42,3<br />
occhiali 55 Media 45,6<br />
mercato 53 Media 45,8<br />
prodotti<br />
…<br />
52 Media 46,3<br />
occhiale 45 Media 48,4<br />
<strong>distretto</strong><br />
…<br />
45 Media 48,5<br />
nostra 34 Media 52,5<br />
fa 34 Media 52,6<br />
proprio<br />
…<br />
32 Bassa 52,8<br />
fiera 32 Bassa 53,1<br />
segue...<br />
119
Forma grafica Occorrenze totali Fasce Frequenza cumulata<br />
cinesi 31 Bassa 53,3<br />
…<br />
innovazione 25 Bassa 55,9<br />
…<br />
rapporti 24 Bassa 56,9<br />
estero 24 Bassa 57,0<br />
…<br />
sicuramente 23 Bassa 57,6<br />
processo 23 Bassa 57,7<br />
lavoro 23 Bassa 57,8<br />
imprese 23 Bassa 57,9<br />
…<br />
grande 18 Bassa 61,4<br />
strutture 18 Bassa 61,5<br />
problemi 18 Bassa 61,6<br />
made 18 Bassa 61,7<br />
organizzazione 18 Bassa 61,8<br />
…<br />
direttamente 18 Bassa 62,4<br />
produttiva 17 Bassa 62,4<br />
università 17 Bassa 62,5<br />
corsi 17 Bassa 62,6<br />
…<br />
vantaggio 16 Bassa 64,0<br />
tecnico 16 Bassa 64,1<br />
cliente 16 Bassa 64,2<br />
design 16 Bassa 64,2<br />
attività 16 Bassa 64,3<br />
tempo 16 Bassa 64,4<br />
investimenti 16 Bassa 64,4<br />
ricerca 16 Bassa 64,5<br />
distribuzione 15 Bassa 64,6<br />
Italy 15 Bassa 64,7<br />
marketing 15 Bassa 64,8<br />
dobbiamo 15 Bassa 64,8<br />
designer 15 Bassa 64,9<br />
…<br />
segue...<br />
4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />
Forma grafica Occorrenze totali Fasce Frequenza cumulata<br />
investire 9 Bassa 72,3<br />
modelli 9 Bassa 72,3<br />
trovare 9 Bassa 72,4<br />
volumi<br />
…<br />
9 Bassa 72,4<br />
esperienza 7 Bassa 75,0<br />
lavorando 7 Bassa 75,0<br />
internet<br />
…<br />
7 Bassa 75,1<br />
delocalizzare 4 Bassa 82,9<br />
crescere<br />
…<br />
4 Bassa 82,9<br />
terzista 2 Bassa 87,7<br />
culturale 2 Bassa 87,7<br />
segnali 2 Bassa 87,7<br />
cambiando<br />
…<br />
2 Bassa 87,7<br />
prototipisti 1 Bassa 95,9<br />
inventano<br />
…<br />
1 Bassa 95,9<br />
restyling 1 Bassa 99,7<br />
informatizzato<br />
…<br />
1 Bassa 99,7<br />
coordinamento 1 Bassa 100,0<br />
4.2 L’orizzonte linguistico delle<br />
imprese: l’analisi dei verbi<br />
Per individuare la percezione di sé nella narrazione, si possono<br />
analizzare le forme verbali più ut<strong>il</strong>izzate e condivise e cercare<br />
quelle che invece distinguono la narrazione delle grandi<br />
da quelle delle medie imprese. Le forme verbali ut<strong>il</strong>izzate dagli<br />
intervistati sono 432, delle quali 198 ut<strong>il</strong>izzate una sola volta,<br />
in un’unica modalità. In figura 4.1 si riportano alcune tra le forme<br />
verbali più ut<strong>il</strong>izzate esclusi i verbi aus<strong>il</strong>iari.<br />
120 121
Il risultato osservab<strong>il</strong>e è in parte dovuto al diverso peso delle<br />
grandi e medie imprese nel corpus disponib<strong>il</strong>e, ma in parte<br />
dipende dal modo in cui le imprese si rappresentano linguisticamente.<br />
Infatti, l’orizzonte linguistico delle grandi imprese è<br />
costruito attorno ad azioni (verbi) rivolte alla creazione della competitività<br />
aziendale – fare, lavorare, produrre, vendere –<br />
mentre le imprese medie valutano la loro performance rispetto<br />
alle risorse disponib<strong>il</strong>i – costare, stare, vedere, progettare.<br />
Una nota a parte deve essere dedicata ai verbi serv<strong>il</strong>i – potere,<br />
dovere e volere – che esprimono, rispettivamente,<br />
capacità, obbligo, e desiderio (cfr. figura 4.2). Incrociando <strong>il</strong><br />
risultato del grafico con le sezioni del questionario, si osserva<br />
che la grande impresa valuta di possedere maggiori assets,<br />
sia in termini di capacità produttiva, sia di capacità distributiva.<br />
In termini relativi, le medie imprese si sentono più legate a<br />
un comportamento normativo e quindi si sentono vincolate<br />
dall’esterno nell’introdurre cambiamenti, soprattutto nell’area<br />
produttiva (dovere = 33 GI; 29 MI).<br />
Nella sezione del questionario “Relazioni con <strong>il</strong> <strong>distretto</strong>”, i<br />
verbi serv<strong>il</strong>i presentano una frequenza significativa a dimostrazione<br />
del fatto che alcuni parlanti si esprimono criticamente<br />
nei confronti del <strong>distretto</strong> mentre altri sono più propositivi<br />
nel cercare un adattamento del <strong>distretto</strong> all’evoluzione<br />
dell’organizzazione produttiva e distributiva internazionale<br />
(cfr. tabella 4.2).<br />
4.3 Azioni e reazioni<br />
delle imprese: un’analisi<br />
dei comportamenti<br />
Per individuare i tratti comuni in un gruppo di intervistati o di<br />
alcune sezioni del testo, si può ut<strong>il</strong>izzare <strong>il</strong> linguaggio peculiare<br />
o specifico che permette di identificare parole chiave ovvero<br />
parole sovra/sotto ut<strong>il</strong>izzate nel corpus testuale che contraddistinguono<br />
un gruppo rispetto agli altri. In altri termini <strong>il</strong> linguag-<br />
4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />
Figura 4.1 – Alcune tra le forme verbali più ut<strong>il</strong>izzate<br />
Figura 4.2 – Verbi serv<strong>il</strong>i per dimensione d’impresa<br />
122 123
Tabella 4.2 – Verbi serv<strong>il</strong>i per sezioni del questionario<br />
Lemma<br />
124<br />
Camb<br />
prog*<br />
Innov Mercati <strong>Fiera</strong> Cu<br />
gio peculiare «può essere visto come la ricerca dell’insieme<br />
minimo di parole massimamente rappresentativo del vocabolario»<br />
(Bolasco, 1999, p. 223). Nel presente caso, <strong>il</strong> linguaggio<br />
peculiare viene analizzato rispetto ai soggetti intervistati<br />
(grandi e medie imprese) e rispetto ai temi dell’intervista.<br />
4.3.1 RILEVANZA DELLA DIMENSIONE<br />
NELLA PERCEZIONE DELLA REALTÀ<br />
Nella tabella che segue (cfr. tabella 4.3) viene riportato <strong>il</strong> linguaggio<br />
peculiare positivo (sovraut<strong>il</strong>izzato) delle grandi e<br />
medie imprese. Nell’analizzare la tabella si osserva una diversità<br />
di percezione della realtà, la quale emerge dalle narrazioni<br />
dei due gruppi parlanti: le GI si descrivono enfatizzando i<br />
termini stab<strong>il</strong>imenti, stab<strong>il</strong>imento, mondo mentre le MI si<br />
rapportano a <strong>distretto</strong>, produzione, strutture.<br />
A partire da queste forme grafiche si può avanzare una prima<br />
interpretazione del linguaggio peculiare: nella descrizione del<br />
loro comportamento le GI si rapportano al contesto dell’economia<br />
globale narrando dei cambiamenti introdotti nell’organizzazione<br />
della produzione, l’adozione di innovazioni, e la partecipazione<br />
agli eventi fieristici, mentre <strong>il</strong> discorso delle MI è contestualizzato<br />
nei cambiamenti che hanno coinvolto <strong>il</strong> territorio, e quindi <strong>il</strong><br />
<strong>distretto</strong>, in termini di creazione di una nuova divisione del lavoro.<br />
Quando le GI parlano di stab<strong>il</strong>imenti ne descrivono la dimensione<br />
(persone), i cambiamenti che hanno introdotto (pro-<br />
Rel<br />
Distretto<br />
potere 40 8 21 7 4 20<br />
dovere 30 5 7 5 3 12<br />
volere 21 5 8 3 0 10<br />
*Per le intestazioni delle colonne<br />
si faccia riferimento all’Appendice<br />
4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />
cesso di riorganizzazione, processo produttivo, controllo<br />
del processo) e gli effetti a monte (fornitore):<br />
«I fornitori erano italiani ma anche qui per un fatto di costo<br />
sono rimasti pochi italiani e molti cinesi. Anche per <strong>il</strong> materiale<br />
italiano dobbiamo stab<strong>il</strong>irci in Cina per <strong>il</strong> prezzo. Sotto<br />
questo aspetto viviamo un cambiamento della produzione<br />
interna, continuo» (GI-intervista 6).<br />
«Il rapporto con i fornitori è elastico, se un fornitore a un<br />
determinato punto del processo produttivo ci dice che non è<br />
capace di farlo ma è capace di fare altro – in linea con quello<br />
che noi chiediamo – diamo l’ok per questa modificazione<br />
in corso d’opera stante che i costi rimangano gli stessi del<br />
preventivo che ci era stato fatto» (GI-intervista 7).<br />
Questi cambiamenti nella struttura delle relazioni a monte in<br />
parte è dovuta a cambiamenti localizzativi e organizzativi e in<br />
parte alla necessità di trovare nuovi adattamenti ai processi<br />
innovativi che vengono introdotti nelle fasi di progettazione e<br />
produzione degli occhiali:<br />
«Tutto <strong>il</strong> processo di innovazione è diffic<strong>il</strong>e da distinguere<br />
[…]. Se andiamo nelle tecnologie non ci siamo, se andiamo<br />
sullo sv<strong>il</strong>uppo di nuove architetture di materiali non è <strong>il</strong><br />
nostro settore. Se misuriamo la quota di fatturato in termini<br />
di cambiamento organizzativo è altissima. Perché poi abbiamo<br />
cambiato sistema informatico, andiamo su cifre molto<br />
grandi per noi» (GI-intervista 6).<br />
«Io ora parlavo di innovazione di prodotto, di innovazione<br />
tecnica. L’ innovazione di design per noi è la norma» (GIintervista<br />
7).<br />
I processi innovativi, infatti, richiedono cambiamenti nelle relazioni<br />
con altri agenti economici e generalmente modificano i<br />
rapporti con i fornitori per ottimizzare i flussi di produzione e<br />
ridurre i costi di produzione.<br />
I parlanti delle imprese medie si concentrano invece sull’attualità<br />
e raccontano del cambiamento che hanno attivato:<br />
«Stiamo portando avanti un progetto insieme a un partner<br />
[…]. Stiamo lavorando molto con le grandi catene distributi-<br />
125
Tabella 4.3 – Stralcio del linguaggio peculiare positivo<br />
delle grandi imprese (GI) e medie imprese (MI)<br />
Forma<br />
grafica*<br />
Occorrenze<br />
GI<br />
Specificità<br />
GI<br />
Forma<br />
grafica<br />
Occorrenze<br />
MI<br />
Specificità<br />
MI<br />
mestiere 10 pos_orig avuto 11 pos<br />
in realtà 14 pos_orig perché 85 pos<br />
comunque 16 pos_orig strutture 14 pos<br />
stab<strong>il</strong>imenti 14 pos_orig nostra 23 pos<br />
quelle 13 pos_orig po’ 26 pos<br />
punto di vista 11 pos progetto 10 pos<br />
fornitore 13 pos imprese 10 pos<br />
stab<strong>il</strong>imento 13 pos sono 133 pos<br />
cioè 14 pos euro 12 pos<br />
grande 16 pos aziende 29 pos<br />
senso 16 pos hanno 35 pos<br />
processo 19 pos adesso 12 pos<br />
persone 19 pos ultimi 17 pos<br />
innovazione 19 pos in Romania 13 pos<br />
quelli 19 pos ci 71 pos<br />
invece 19 pos tempi 10 pos<br />
mondo 23 pos dobbiamo 11 pos<br />
avere 23 pos livello 24 pos<br />
proprio 25 pos anni 35 pos<br />
fiera 25 pos essere 24 pos<br />
nostro 35 pos <strong>distretto</strong> 22 pos<br />
era 38 pos possiamo 9 pos<br />
io 41 pos produzione 24 pos<br />
tutto 42 pos marchi 12 pos<br />
occhiali 42 pos stiamo 13 pos<br />
però 44 pos viene 15 pos<br />
molto 49 pos momento 17 pos<br />
quello 50 pos<br />
fare 60 pos<br />
se 81 pos<br />
noi 108 pos<br />
*Le parole evidenziate in tabella presentano la particolarità di essere state<br />
ut<strong>il</strong>izzate nel corpus unicamente dalle grandi imprese e vengono definite<br />
“specificità originali” (pos_org= positive originali).<br />
4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />
ve europee; prodotto tecnico a marchio delle catene. Perché<br />
con queste catene possiamo lavorare in modo tecnologico in<br />
tempi rapidi» (MI-intervista 1).<br />
«Nel momento stesso che la produzione cinese è aumentata<br />
di qualità e a costi nettamente inferiori abbiamo tagliato i<br />
subfornitori del territorio a favore di quelli cinesi […]. Noi<br />
investimenti all’estero non ne stiamo facendo. Stiamo<br />
acquistando ma non investimenti diretti all’estero. Prodotto<br />
sem<strong>il</strong>avorato» (MI-intervista 4).<br />
«Stiamo pensando più al consumatore che all’ottico, vogliamo<br />
garantire al consumatore un prodotto curato […]. Facciamo<br />
continuamente investimenti, nonostante la condizione<br />
economica, terrorismo mediale che c’è in questo momento,<br />
dove tutto va male. Stiamo facendo i nostri investimenti lo<br />
stesso» (MI-intervista 5).<br />
Le imprese medie del <strong>distretto</strong>, proprio per loro caratteristica<br />
strutturale, sono imprese molto orientate alla creazione del<br />
prodotto nell’accezione produttiva prima ancora che st<strong>il</strong>istica.<br />
L’apertura verso i mercati rimane una variab<strong>il</strong>e strategica<br />
importante ma è subordinata al “saper fare”, all’uso e alla<br />
conoscenza delle tecnologie, alla messa in atto di progetti per<br />
ri-organizzare i processi informativi all’interno dell’impresa.<br />
Nella descrizione di questo processo, i parlanti non possono<br />
mancare di soffermarsi sui cambiamenti avvenuti nel <strong>distretto</strong>:<br />
«Subfornitori all’interno del <strong>distretto</strong>? Qualcosina ma poca<br />
roba che sono a polmone nel momento in cui ci sono delle<br />
impennate come l’occhiale da sole. Nel momento di stagionalità<br />
dobbiamo ricorrere a ore straordinarie o delegare all’esterno<br />
le maggior punte di lavoro che abbiamo» (MI-intervista 4).<br />
Ciò che emerge è che nelle strutture relazionali tra le imprese<br />
del territorio sono inevitab<strong>il</strong>mente avvenuti dei cambiamenti:<br />
le imprese del <strong>distretto</strong> sopravvissute al periodo di crisi della<br />
prima metà degli anni ’90, hanno dovuto adeguarsi alla nuova<br />
competizione internazionale nella produzione prima ancora<br />
dei mercati finali. Tuttavia, come r<strong>il</strong>evato con le analisi dei<br />
b<strong>il</strong>anci nel terzo Capitolo, la produzione distrettuale si è mod-<br />
126 127
128<br />
ficata anche in seguito all’aumento della competitività interna<br />
al <strong>distretto</strong> per riuscire a mantere o migliorare <strong>il</strong> posizionamento<br />
sul mercato. In parte le imprese hanno attuato strategie<br />
difensive, cioè di costo, e in parte hanno adottato progetti<br />
innovativi nella gestione dei flussi informativi e/o nella tempistica<br />
della progettazione e prototipazione dei prodotti.<br />
4.3.2 PUNTI DI VISTA SULLA PERFORMANCE<br />
DELL’IMPRESA: L’ANALISI TESTUALE<br />
DELLE SEZIONI DEL QUESTIONARIO<br />
Nella prima sezione del questionario sono state raccolte le<br />
testimonianze dei parlanti rispetto ai cambiamenti introdotti nella<br />
struttura e nell’organizzazione produttiva. Dai testi raccolti è<br />
stato estratto <strong>il</strong> linguaggio peculiare, cioè quei termini linguistici<br />
attorno ai quali si è costruito <strong>il</strong> racconto dei nostri narranti.<br />
Riguardo a questa prima sezione del questionario, i racconti si<br />
snodano attorno ai seguenti nuclei tematici (cfr. tabella 4.4).<br />
a) I cambiamenti localizzativi nella struttura produttiva (Cina,<br />
Romania); i processi delocalizzativi sono stati descritti,<br />
soprattutto dalle grandi imprese, come fase necessaria per<br />
rispondere all’aumento dei volumi della domanda. Anche le<br />
imprese medie descrivono la delocalizzazione come una<br />
necessità strategica ma, nel mantenere una resposab<strong>il</strong>ità<br />
sociale dell’impresa, osservano i molti risvolti negativi che<br />
questo processo ha generato e tuttora genera nella produzione<br />
della conoscenza tecnica e produttiva dell’occhiale<br />
nel <strong>distretto</strong>.<br />
b) I cambiamenti nella qualità dei prodotti in seguito all’entrata<br />
di questi nuovi attori economici nella f<strong>il</strong>iera produttiva; chi dice<br />
che i cinesi sono più affidab<strong>il</strong>i dei subfornitori locali, chi invece<br />
ritiene la produzione cinese poco competitiva rispetto alla<br />
qualità del prodotto finale. Ancora, chi ritiene questa scelta un<br />
boomerang negativo sulla reputazione del prodotto poiché si<br />
perde l’identità italiana del prodotto.<br />
c) Il cambiamento nella f<strong>il</strong>iera locale della produzione che ha<br />
subito una vera rivoluzione in questo decennio trasformando<br />
4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />
<strong>il</strong> <strong>distretto</strong> cadorino dell’occhiale in un cluster industriale fondato<br />
su reti lunghe di produzione in cui i tempi di consegna<br />
diventano l’elemento chiave del funzionamento organizzativo.<br />
d) Il ruolo sempre più imperativo della moda nella produzione<br />
che da un lato rappresenta <strong>il</strong> punto di forza nella produzione<br />
dell’occhiale ma dall’altro <strong>il</strong> nuovo prodotto ‘occhiale di<br />
moda’ impone un maggior controllo dei prezzi di produzione<br />
per mantenere aperta la concorrenza tra le imprese per<br />
assicurarsi <strong>il</strong> portfolio degli st<strong>il</strong>isti.<br />
A corollario di queste priorità nel cambiamento organizzativo e<br />
nella produzione, è stata data importanza anche alla formazione<br />
e all’aggiornamento delle competenze delle risorse umane24 .<br />
Nella seconda sezione, gli intervistati hanno parlato di innovazione<br />
e R&S a partire dal loro impegno rispetto al fatturato<br />
aziendale (cfr. tabella 4.5). Tutte le imprese intervistate evidenziano<br />
una forte sensib<strong>il</strong>ità per <strong>il</strong> tema innovazione: alcune<br />
brevettano prodotti mentre qualcuna ritiene l’innovazione di<br />
prodotto (design) come una routine aziendale. Alcune sono<br />
più impegnate in innovazioni incrementali per aumentare la<br />
capacità produttiva e l’efficienza tecnica, mentre altre ancora<br />
stringono partnership con enti di ricerca per conoscere le<br />
funzionalità di nuovi materiali o di nuove tecnologie.<br />
L’innovazione di processo risulta, soprattutto per le medie imprese,<br />
un fattore chiave per l’evoluzione dell’azienda poiché produce<br />
quello scarto necessario con le produzioni asiatiche (maggiore<br />
tecnologia = maggiore qualità di prodotto) che genera la<br />
competitività dell’impresa cadorina. Strategico dunque produrre<br />
conoscenza e capitalizzare l’investimento in conoscenza.<br />
Le grandi imprese sono invece più sensib<strong>il</strong>i all’innovazione<br />
organizzativa poiché la maggiore dimensione dell’impresa<br />
sommata alla “dispersione localizzativa” richiede un maggior<br />
controllo delle fasi e dei tempi di produzione. Sebbene limitatamente<br />
alle imprese intervistate si può sostenere che l’inno-<br />
24 Questo tema tuttavia non è stato molto approfondito durante l’intervista perché<br />
avrebbe richiesto una disponib<strong>il</strong>ità ulteriore da parte dell’intervistato.<br />
129
Tabella 4.4 – Specificità positive per la sezione “cambiamenti<br />
nella struttura e nell’organizzazione”<br />
Forma grafica Occorrenze totali<br />
130<br />
Specificità<br />
(CAMB_PROG)<br />
noi 150 pos<br />
prodotto 87 pos<br />
produzione 42 pos<br />
in Cina 47 pos<br />
fare 81 pos<br />
loro 49 pos<br />
occhiale 45 pos<br />
prima 36 pos<br />
cinesi 31 pos<br />
all’interno 27 pos<br />
struttura 21 pos<br />
fornitori 19 pos<br />
marchi 18 pos<br />
in Romania 18 pos<br />
dobbiamo 15 pos<br />
servizio 15 pos<br />
stab<strong>il</strong>imento 14 pos<br />
stab<strong>il</strong>imenti 14 pos<br />
fornitore 14 pos<br />
punto 14 pos<br />
moda 13 pos<br />
subfornitori 12 pos<br />
essendo 11 pos<br />
forza 11 pos<br />
scelta 10 pos<br />
prezzi 10 pos<br />
vazione viene reputata un mutamento continuo e necessario<br />
per integrare le diverse componenti dell’impresa (sia interne<br />
che esterne) e garantire la stab<strong>il</strong>ità del sistema aziendale.<br />
Il terzo tema che è stato trattato durante l’intervista è stato quello<br />
della distribuzione e dei mercati (cfr. tabella 4.6). Come si<br />
4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />
evince dalle prime forme grafiche i parlanti spiegano le forme<br />
della distribuzione e distinguono le quote tra Italia, Europa e<br />
resto del mondo. Si nota una certa variab<strong>il</strong>ità strategica tra gli<br />
intervistati: chi distribuisce direttamente con una propria forza<br />
vendita nei diversi mercati, chi ha iniziato a comperare piccole<br />
catene di vendita in Europa, chi vende ai grandi distributori e/o<br />
agli ottici. La vendita all’ottico riguarda non solo l’occhiale da<br />
vista ma anche occhiali da sole con un mercato di “nicchia”.<br />
Nel descrivere la distribuzione, risulta ineludib<strong>il</strong>e per i parlanti<br />
una breve descrizione dei cambiamenti intervenuti in seguito alle<br />
strategie di vendita di Luxottica la quale, oramai da più di una<br />
decina d’anni, ha investito a valle controllando direttamente <strong>il</strong><br />
mercato. Questo accorciamento della catena distributiva ha<br />
permesso a Luxottica di aumentare <strong>il</strong> cash flow e ridurre <strong>il</strong> valore<br />
economico dell’incertezza del mercato degli occhiali (effetto<br />
moda). Inoltre, tale innovazione a valle ha generato una conseguente<br />
redistribuzione del valore aggiunto prodotto e ha generato<br />
una grande attenzione ai mercati da parte di altre imprese:<br />
«Luxottica ha fatto tanto ma comunque sia non è che controlla<br />
<strong>il</strong> mercato perché 5.000 negozi nel mondo su un m<strong>il</strong>ione<br />
nel reta<strong>il</strong> mondiale resta limitata» (GI-intervista 7).<br />
Una nota particolare va dedicata al ruolo delle manifestazioni<br />
fieristiche nella commercializzazione del prodotto occhiale<br />
(cfr. tabella 4.7). Gli intervistati sostengono che la fiera è<br />
importante come momento di contatto tra i due lati del mercato,<br />
domanda e offerta, ma nel tempo ha perso la sua valenza<br />
di “scambio commerciale”. Non è più infatti un luogo dove si<br />
raccolgono ordinativi e dove si genera <strong>il</strong> match tra i bisogni<br />
del mercato e la capacità di produzione, bensì è diventato un<br />
luogo di costruzione o consolidamento dell’immagine dell’azienda.<br />
Ciò lascia intendere che, attualmente, la reputazione<br />
aziendale dipende in misura più significativa dalla gestione<br />
della comunicazione dell’immagine aziendale e dalla capacità<br />
di mantenere nel tempo un elevato standard informativo sulla<br />
qualità del prodotto. Si potrebbe ipotizzare che la qualità del<br />
prodotto – e quindi <strong>il</strong> know-how produttivo – sia un dato<br />
131
Tabella 4.5 – Specificità positive sezione “Innovazione e R&S”<br />
Forma grafica Occorrenze totali<br />
132<br />
Specificità<br />
(INNOV)<br />
abbiamo 213 pos<br />
prodotto 87 pos<br />
anno 41 pos<br />
fatturato 26 pos<br />
processo 23 pos<br />
innovazione 22 pos<br />
design 14 pos<br />
lavorazioni 12 pos<br />
materiali 11 pos<br />
progetto 11 pos<br />
nuove 10 pos<br />
mestiere 10 pos<br />
università 10 pos<br />
acquisito, e che resti invece uno spazio competitivo sulla<br />
capacità di gestire l’informazione esterna, cioè la presentazione<br />
e la reputazione dell’impresa sul mercato.<br />
Il Mido, la fiera italiana dell’occhialeria, rimane la più importante<br />
per tutti gli intervistati e l’unica che vale la pena di frequentare<br />
in maniera continuativa:<br />
«La fiera sicuramente è un momento di incontro per noi. […]<br />
Il problema è <strong>il</strong> rapporto costo-fiera.» (GI-intervista 6).<br />
«La più significativa? Mido, chiaramente. In caso di scelta,<br />
sceglierei <strong>il</strong> Mido perché permette valore aggiunto. Nel senso<br />
che quando vado al Mido porto a casa ordini di produzione.<br />
L’affluenza di compratori è molto elevata, specialmente<br />
compratori esteri. […] Per me le fiere dovranno trasformarsi<br />
molto» (MI-intervista 5).<br />
L’evento fieristico sebbene subisca la concorrenza di altri “luoghi”<br />
di contatto, dai più tradizionali incontri-evento in azienda,<br />
ai road-events organizzati dall’impresa per presentare le nuove<br />
collezioni ai distributori e rivenditori, alla creazione di nuove<br />
4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />
Tabella 4.6 – Specificità positive sezione “Mercati e distribuzione”<br />
Forma grafica Occorrenze totali<br />
Specificità<br />
(MERCATI)<br />
Italia 64 pos<br />
mercato 43 pos<br />
Europa 25 pos<br />
paesi 17 pos<br />
quota 16 pos<br />
Made in Italy 14 pos<br />
marchio 14 pos<br />
marketing 13 pos<br />
distribuzione 13 pos<br />
Luxottica 33 pos<br />
mercati 17 pos<br />
direttamente 16 pos<br />
vista 16 pos<br />
cliente 16 pos<br />
export 13 pos<br />
ottico 12 pos<br />
ottici 11 pos<br />
negozi 10 pos<br />
Francia 10 pos<br />
commercializzazione 10 pos<br />
Germania 10 pos<br />
forme di comunicazione ut<strong>il</strong>izzando la rete internet, mantiene<br />
una posizione strategica nelle attività di comunicazione delle<br />
imprese: «La strategia perseguita quando si va in fiera é quella<br />
di cercare di capire <strong>il</strong> trend di mercato e proporre dei prodotti<br />
che siano in grado di prenderlo» (MI-Intervista 1).<br />
Tuttavia, a causa dei costi espositivi e di organizzazione, le<br />
imprese sono selettive sugli eventi fieristici, «noi nel prossimo<br />
anno non parteciperemo al S<strong>il</strong>mo, a nessuna fiera europea<br />
se non al Mido […]» (GI-Intervista 2); «L’evento fiera, selezionando,<br />
può essere rivisto. Ci sono quelle che servono e<br />
quelle che non servono e vanno tagliate» (GI-Impresa 6).<br />
133
134<br />
La scelta dell’evento fieristico è subordinata alla r<strong>il</strong>evanza strategica<br />
dell’evento stesso nel processo di creazione della<br />
conoscenza e per la creazione di network d’imprese: «tenga<br />
presente che in una fiera dell’occhialeria come <strong>il</strong> Mido c’è<br />
un’area grande quanto un campo da calcio in cui sono presenti<br />
i produttori di particolari per l’occhialeria; tutti gli altri<br />
sono quelli che montano occhiali. Se io ho qualcosa di interessante,<br />
di nuovo da proporre al 90% degli altri (…) allora<br />
vado in fiera, e qui mi serve la fiera […]» (GI-Intervista 3).<br />
«Stiamo riducendo molto la partecipazione alle fiere ed è la<br />
tendenza di tutti […]. Noi nel prossimo anno non partecipereremo<br />
al S<strong>il</strong>mo, a nessuna fiera europea se non al Mido […].<br />
Sempre di più organizziamo la nostra fiera cioè chiamiamo i<br />
nostri distributori, li portiamo una settimana per esempio a<br />
Venezia. […] E poi altro discorso è <strong>il</strong> costo. La fiera è diventata<br />
proibitiva in fatto di costi. Lo spazio dello stand diventa<br />
sempre di più <strong>il</strong> modo per mostrare i muscoli ai concorrenti<br />
con dei costi assolutamente pazzeschi […]» (MI-intervista 2).<br />
«Se <strong>il</strong> trend è positivo <strong>il</strong> Mido e le fiere sono positive. Ma<br />
ormai sono più un momento di incontro e, fra l’altro, mi sembra<br />
che le aziende stiano riesaminando questi investimenti,<br />
visti i costi. Vedi <strong>il</strong> S<strong>il</strong>mo che sicuramente quest’anno prenderà<br />
una grossa ridimensionata» (MI-intervista 4).<br />
L’ultima sezione del questionario affronta <strong>il</strong> tema delle relazioni<br />
dell’impresa con altri attori del <strong>distretto</strong>.<br />
Dalla tabella 4.8 e dall’individuazione dei contesti testuali in cui i<br />
parlanti raccontano delle relazioni all’interno del <strong>distretto</strong> emerge<br />
che anche dopo aver attraversato un lungo periodo di crisi, le<br />
imprese del <strong>distretto</strong> hanno scarse relazioni tra loro, raramente di<br />
cooperazione e prevalentemente di subfornitura. La crisi non<br />
sembra aver fatto crescere i rapporti di scambio di informazioni e<br />
di conoscenze all’interno del <strong>distretto</strong>. Ciò indebolisce la capacità<br />
di consolidare <strong>il</strong> patrimonio di conoscenze prodotte poiché<br />
l’apprendimento e la capitalizzazione della conoscenza si attivano<br />
attraverso <strong>il</strong> processo di diffusione dell’innovazione (Rullani,<br />
2007). Sembra sia mancata una lettura critica della fase di crisi<br />
4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />
Tabella 4.7 – Specificità positive per la sezione “fiera”<br />
Forma grafica Occorrenze totali<br />
Specificità<br />
(FIERA)<br />
tutti 43 pos<br />
quanto 12 pos<br />
momento 28 pos<br />
vengono 24 pos<br />
sicuramente 23 pos<br />
fanno 23 pos<br />
clienti 19 pos<br />
costi 19 pos<br />
fiere 19 pos<br />
organizzazione 18 pos<br />
MIDO 17 pos<br />
sistema 12 pos<br />
ordini 12 pos<br />
da un punto di vista distrettuale mentre le singole aziende hanno<br />
tradotto gli eventi e i cambiamenti all’interno delle loro analisi di<br />
b<strong>il</strong>ancio. Risulta ancora assente un apprendimento collettivo sulle<br />
funzioni strategiche del <strong>distretto</strong> per <strong>il</strong> futuro.<br />
Selezionando le due forme grafiche <strong>distretto</strong> e relazioni, si<br />
osserva che tutte le imprese medie, e solo una tra le grandi, <strong>il</strong>lustrano<br />
una loro valutazione dei cambiamenti intervenuti nell’area:<br />
«Diciamo che ci sono dei vantaggi a restare nel <strong>distretto</strong> nel<br />
senso che esiste un bacino di risorse, quindi quando c’è<br />
necessità di cercare sul mercato esperienze, eccetera, si<br />
trovano […]. Probab<strong>il</strong>mente vivendoci dentro uno ha sempre<br />
dato per scontato <strong>il</strong> valore della prossimità territoriale<br />
[…]. Scambiare informazioni, know-how con le imprese del<br />
<strong>distretto</strong>? Dovremmo farlo molto di più, scambiamo per ora<br />
quello strettamente necessario.<br />
Più o meno lo scambio è informale anche se non è proprio<br />
improvvisato perché coi fornitori dai quali compriamo occhiali<br />
ci sono rapporti lunghi, a volte decennali, noi abbiamo del-<br />
135
Tabella 4.8 – Specificità della sezione “Relazioni con <strong>il</strong> <strong>distretto</strong>”<br />
Forma grafica Occorrenze totali<br />
136<br />
Specificità<br />
(Rel <strong>distretto</strong>)<br />
aziende 48 pos<br />
<strong>distretto</strong> 37 pos<br />
non 401 pos<br />
sono 265 pos<br />
anni 63 pos<br />
hanno 60 pos<br />
parte 50 pos<br />
fa 34 pos<br />
lavoro 23 pos<br />
rapporti 19 pos<br />
qualche 19 pos<br />
Cadore 17 pos<br />
magari 13 pos<br />
imprese 11 pos<br />
bisogno 11 pos<br />
Certottica 10 pos<br />
penso 10 pos<br />
le persone che di mestiere fanno l’industrializzatore di<br />
occhiali presso terzi» (GI-intervista 7).<br />
«Troppa concentrazione, non è positivo dal lato distrettuale,<br />
perché poi troppa concentrazione può portare a degli scompensi<br />
nel momento di calo del lavoro. Si crea anche una<br />
competizione interna che non è sana. […] Non c’è mai stato<br />
un grande scambio di competenze, ci sono aziende e aziende.<br />
Ci sono scambi di favori tipo “non riesco a trovare questo<br />
materiale, me lo dai, eccetera”. Mentre sulla commercializzazione<br />
è diffic<strong>il</strong>e. I problemi sono logistici di produzione, di<br />
operation […]. Come dicevamo prima non sono certo che <strong>il</strong><br />
<strong>distretto</strong> esista. […] Si può fare qualcosa, si può guardare al<br />
futuro, ci sono imprese che vogliono continuare a produrre<br />
qui, sicuramente ci devono essere delle sinergie del come<br />
4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />
produrre meglio e magari a costi più bassi, tramite ulteriori<br />
innovazioni tecnologiche, di processi. Ma ci vuole sempre la<br />
disponib<strong>il</strong>ità di più teste» (MI-intervista 5).<br />
«[…] Qui cambia radicalmente la situazione; quindi questa<br />
cosa del Made in Italy è una grande bugia che viene<br />
raccontata ai piccoli produttori come se fosse la loro salvezza.<br />
Non lo è. Il Cadore un grande centro di ricerca?<br />
Ma le pare che alla Luxottica, Saf<strong>il</strong>o abbiano bisogno di<br />
questo? Secondo me <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> del Cadore è morto»<br />
(GI-intervista 2).<br />
La lettura che le imprese intervistate propongono sull’indebolimento<br />
del ruolo del <strong>distretto</strong> è riconducib<strong>il</strong>e alla mancanza<br />
da parte delle piccole e medie imprese dell’area di managerialità<br />
e di analisi riorganizzativa come già evidenziato da<br />
qualche testimone priv<strong>il</strong>egiato. Risulta quindi un problema di<br />
adeguamento culturale, di trasformazione della produzione<br />
da artigianale a piccola industria. Se nella fase del boom<br />
distrettuale la gemmazione d’impresa ha permesso l’adeguamento<br />
del <strong>distretto</strong> allo sv<strong>il</strong>uppo di una domanda mondiale<br />
dell’occhiale, oggi – ut<strong>il</strong>izzando la stessa metafora – sembra<br />
necessaria una gemmazione di esperienze e quindi la creazione<br />
di una cultura produttiva di <strong>distretto</strong> fortemente basata<br />
sull’innovazione e su un’organizzazione distrettuale prevalentemente<br />
industriale.<br />
4.4 Una riflessione finale:<br />
le due velocità<br />
della competitività<br />
nel settore dell’occhiale<br />
L’espandersi dell’economia globalizzata ha necessariamente<br />
imposto alle imprese di questo <strong>distretto</strong> una riflessione, per<br />
alcuni versi implicita, sulle strategie di produzione e distribuzione.<br />
Le imprese hanno dovuto modificare <strong>il</strong> loro orizzonte di<br />
scelta a fronte di un aumento d’incertezza generato dai merca-<br />
137
138<br />
ti. Una valutazione più rigorosa del rischio d’impresa ha imposto<br />
alle imprese un processo di apprendimento <strong>il</strong> quale, a sua<br />
volta, ha attivato una nuova declinazione della produzione di<br />
conoscenza. Attualmente, per le grandi imprese, la produzione<br />
di conoscenza dipende prevalentemente dalle forti fluttuazioni<br />
dei mercati perchè l’occhiale è diventato un prodotto di moda,<br />
carico di valore simbolico e fac<strong>il</strong>mente mutevole.<br />
Per innovare tempestivamente <strong>il</strong> prodotto, le grandi imprese<br />
hanno aumentato lo sforzo finanziario per creare un contatto<br />
diretto con <strong>il</strong> cliente, capire i suoi desideri e le sue aspettative.<br />
In altri termini, le grandi imprese hanno necessità di<br />
aumentare <strong>il</strong> controllo del mercato per ridurre l’incertezza sui<br />
rendimenti attesi dagli investimenti in tecnologie e nuovi prodotti<br />
e mantenere/far crescere la profittab<strong>il</strong>ità. Questo in parte<br />
spiega perché le grandi imprese non sembrano particolarmente<br />
sensib<strong>il</strong>i al tema della normazione del prodotto occhiale.<br />
Poiché possiedono una forza contrattuale autonoma legata ai<br />
marchi, <strong>il</strong> loro potere di mercato è subordinato alle partnership<br />
con gli st<strong>il</strong>isti di maggior prestigio e quindi risultano poco<br />
sensib<strong>il</strong>i alla necessità di tutelare <strong>il</strong> prodotto occhiale in quanto<br />
prodotto italiano. Per loro, la competizione si gioca a livello<br />
di “portfolio marchi” e non di “made in”. Pertanto le grandi<br />
imprese sono impegnate a dimostrare <strong>il</strong> loro ‘saper fare’ alle<br />
grandi case di moda, consolidando e potenziando le competenze<br />
interne necessarie a costruire rapporti durevoli e profittevoli<br />
con questi attori.<br />
Le medie imprese hanno invece attivato <strong>il</strong> loro processo di<br />
apprendimento a partire dalla valutazione delle loro capacità<br />
produttive di fronte ai cambiamenti avvenuti nel settore in<br />
questo ultimo decennio. Queste imprese medie sono riuscite<br />
a crearsi una buona performance puntando su prodotti di nicchia<br />
e cercando di migliorare la gestione dei flussi informativi<br />
per raggiungere gli standard attualmente imposti dai mercati.<br />
Tuttavia la valutazione delle singole imprese mette in evidenza<br />
l’eterogeneità nella lettura del contesto e delle strategie che<br />
sono state adottate. Si contrappongono, infatti, due orizzonti<br />
4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />
strategici diversi: c’è chi preferisce mantenere la propria identità<br />
territoriale e quindi <strong>il</strong> suo radicamento nelle relazioni produttive<br />
all’interno del <strong>distretto</strong> – sebbene ciò comporti un aggravio<br />
di costi – e chi, invece, preferisce adottare una strategia imitativa,<br />
riproducendo in scala più piccola i cambiamenti organizzativi<br />
introdotti dalle grandi imprese nella produzione (delocalizzazione<br />
o subfornitura asiatica), nella distribuzione (acquisizione<br />
di catene di vendita) e nel marketing (Redini, 2008).<br />
È interessante notare che nelle relazioni con <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> emerge<br />
una difficoltà di valutazione (contrariamente alla valutazione<br />
delle strategie d’impresa). Competitività del <strong>distretto</strong> e<br />
competitività delle singole imprese viaggiano oramai a due<br />
velocità diverse. Sicuramente questa evoluzione dipende, in<br />
parte, dalla verticalizzazione del <strong>distretto</strong> e dal potere acquisito<br />
dalle imprese leader del settore, ma si può anche avanzare<br />
l’ipotesi che le imprese con buona performance del <strong>distretto</strong><br />
non abbiano maturato un punto di vista sulla necessità di<br />
possedere un buon contesto locale condiviso nella produzione<br />
di conoscenza. Chi dice che <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> è morto, chi lamenta<br />
la scarsità di comunicazione, chi ritiene superflua qualsiasi<br />
azione rivolta a r<strong>il</strong>anciare l’identità produttiva di quest’area.<br />
Si potrebbe dire che la buona performance del <strong>distretto</strong> viene<br />
registrata perché alcune imprese sono competitive ma che, in<br />
realtà, <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> in sé non è affatto competitivo e non è<br />
necessario che sia competitivo (Anastasia, Corò, Minello,<br />
2008). Che cosa può aver determinato questa diversità tra<br />
competitività d’impresa e competitività del territorio? Avanzando<br />
un’ipotesi che verrà ripresa nel prossimo Capitolo, si<br />
può sostenere che, da un lato, è mancato un patto tra le diverse<br />
tipologie di imprese nel processo di riorganizzazione localizzativa<br />
per mantenere, all’interno dell’area, la capacità di produrre<br />
e diffondere la conoscenza sia del “sapere fare” che del<br />
“saper innovare”, dall’altro, è mancata una condivisione<br />
cognitiva sulle criticità e potenzialità del <strong>distretto</strong> per poter<br />
intervenire, nei momenti di congiuntura negativa, con azioni<br />
condivise sulla capacità di adattamento del sistema.<br />
139
Capitolo 5<br />
POLITICHE AZIENDALI<br />
O POLITICHE<br />
DI DISTRETTO?
144<br />
Politiche aziendali<br />
o politiche di<br />
<strong>distretto</strong>?<br />
ALBERTO BRAMANTI e FRANCESCA GAMBAROTTO<br />
«Una riflessione conclusiva che mette a confronto i discorsi<br />
dei testimoni e delle imprese. Ci sono temi che potrebbero, e<br />
forse dovrebbero, diventare momenti di confronto di idee e<br />
di elaborazione di proposte di policy»<br />
5.1 Un dialogo simulato tra<br />
attori priv<strong>il</strong>egiati e imprese<br />
Le analisi fino a qui svolte – accanto alle positive performance<br />
– hanno messo in evidenza anche la molteplicità di criticità<br />
che in questa fase, congiunturale e strutturale a un tempo,<br />
<strong>il</strong> <strong>distretto</strong> attraversa. Sicuramente, <strong>il</strong> paradosso che cattura<br />
questa fase – e che potrebbe essere sintetizzato in: «<strong>il</strong><br />
<strong>distretto</strong> è competitivo ma non abbiamo una competitività di<br />
<strong>distretto</strong>» – lascia intendere che ci possono essere strategie<br />
d’intervento per correggere, almeno parzialmente, la lenta<br />
deriva su cui <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> è incamminato.<br />
Per meglio focalizzare i temi prioritari nell’agenda dei policy<br />
makers di <strong>distretto</strong> si sono messi a confronto i discorsi dei<br />
25 L’analisi delle corrispondenze è una metodologia di analisi statistica multivariata<br />
introdotta negli anni ’70 per lo studio di tabelle di contingenza generate dall’incrocio<br />
di due o più variab<strong>il</strong>i qualitative. È un’analisi di tipo fattoriale che ha come scopo<br />
quello di individuare dimensioni soggiacenti alla struttura dei dati, dimensioni intese<br />
a riassumere l’intreccio di relazioni di “interdipendenza” tra le variab<strong>il</strong>i originarie (Fabbris,<br />
1997; Bolasco, 1999).<br />
testimoni priv<strong>il</strong>egiati (cfr. Capitolo 3) con quelli delle imprese<br />
(cfr. Capitolo 4). Attraverso l’ut<strong>il</strong>izzo dell’analisi delle corrispondenze25<br />
sono state proiettate sul piano cartesiano le parole<br />
degli intervistati per r<strong>il</strong>evare sim<strong>il</strong>arità e differenze nei loro<br />
rispettivi prof<strong>il</strong>i tematici della narrazione (cfr. figure 5.1 e 5.2).<br />
In altre parole, si tratta di una tecnica statistica che permette<br />
di individuare l’associazione tra due variab<strong>il</strong>i qualitative e capire<br />
quale configurazione assume su uno spazio ridotto come<br />
quello cartesiano.<br />
Nella prima analisi delle corrispondenze (cfr. figura 5.1), quella<br />
relativa ai discorsi dei testimoni priv<strong>il</strong>egiati, risulta che esiste<br />
un’interdipendenza tra i discorsi dei parlanti.<br />
Lo spazio linguistico dentro al quale si costruisce la rappresentazione<br />
simbolica del <strong>distretto</strong> e della performance delle<br />
imprese si muove su due orizzonti linguistici: <strong>il</strong> primo – rappresentato<br />
sull’asse orizzontale – è quello relativo alla produzione<br />
di innovazione e conoscenza e, in particolare, viene<br />
determinato dalle parole università, normazione, made in<br />
Italy, aziende, risposta, prototipo; <strong>il</strong> secondo orizzonte<br />
dello spazio linguistico – rappresentato sull’asse verticale – è<br />
quello del cambiamento organizzativo ed emerge dalle<br />
parole f<strong>il</strong>iali, attività, Luxottica, vendere, marchi, secondo<br />
me, crescere, diventare.<br />
Guardando <strong>il</strong> diagramma di dispersione della figura 5.1 appare<br />
immediatamente evidente che esiste una diversità tra i temi<br />
del discorso di Certottica e quelli degli altri intervistati. Per<br />
quest’ultima i principali snodi del discorso sono enucleab<strong>il</strong>i<br />
attorno alla produzione di conoscenza e all’innovazione normativa<br />
per tutelare <strong>il</strong> prodotto. La dimensione più grande del<br />
triangolo per alcune parole mostra l’importanza relativa della<br />
parola nella creazione di senso del discorso del parlante. I<br />
due temi di Certottica sono molto intrecciati lasciando intuire<br />
che non è possib<strong>il</strong>e investire in R&S, creare delle partnership<br />
con l’università, investire nella prototipazione per produrre<br />
conoscenza se, contemporaneamente, non si tutela da un<br />
punto di vista normativo <strong>il</strong> prodotto Made in Italy.<br />
145
Figura 5.1 – Analisi delle corrispondenze, attori istituzionali<br />
146<br />
Inoltre, questo processo di produzione della conoscenza<br />
diventa di successo se si persegue uno sforzo comune grandi<br />
e piccoli nella creazione di una nuova cultura che permetta<br />
di affrontare le sfide generate dall’economia mondiale.<br />
A destra della dimensione linguistica cambiamento organizzativo<br />
(fattore verticale) si trovano addensati i discorsi di<br />
5. POLITICHE AZIENDALI O POLITICHE DI DISTRETTO?<br />
alcuni intervistati. Il punto di vista “prevalente” che sembra<br />
emergere dalla figura è quello di una necessità, oramai matura,<br />
di realizzare un prodotto che coinvolga le aziende del<br />
<strong>distretto</strong> in misura diversa dal passato (anni fa) a fronte dei<br />
cambiamenti introdotti dalla scelta di delocalizzare e con<br />
iniziative legate all’area. Tuttavia questo cambiamento<br />
147
Figura 5.2 – Analisi delle corrispondenze, imprese distrettuali<br />
148<br />
produttivo deve essere letto anche rispetto alle opportunità<br />
di crescere, diventare e delle nuove strategie distributive<br />
di Luxottica, che impongono una maggiore attenzione nel<br />
vendere un prodotto di moda.<br />
La posizione di Confartigianato, pur entrando nel merito sia<br />
della produzione di conoscenza sia del cambiamento organiz-<br />
5. POLITICHE AZIENDALI O POLITICHE DI DISTRETTO?<br />
zativo, non sembra assumere un ruolo prevalente: <strong>il</strong> suo contributo<br />
risulta infatti più marcato nella definizione del terzo e<br />
quarto fattore, qui non proiettati, che rappresentano i prof<strong>il</strong>i<br />
del cambiamento di sistema e del processo produttivo. In<br />
altri termini, <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o linguistico di Confartigianato si costruisce<br />
attorno all’evoluzione necessaria dopo <strong>il</strong> fenomeno Ci-<br />
149
150<br />
na e l’avanzata dei marchi, e <strong>il</strong> dovere di investire in innovazione<br />
per contenere i costi.<br />
La posizione del discorso di Camera di Commercio è invece<br />
più vicina a quella di Certottica poiché condivide la necessità<br />
di definire una certificazione della qualità del prodotto e <strong>il</strong><br />
bisogno di una tutela normativa. Inoltre, sostiene <strong>il</strong> ruolo di<br />
Certottica nella necessità di costruire progetti anche con<br />
l’università per la ricerca.<br />
Nella figura 5.2 vengono riportate, nello spazio cartesiano, le<br />
interdipendenze nei discorsi tra le imprese grandi e medie.<br />
La prima osservazione che si può fare guardando la figura è<br />
che le imprese medie e grandi si “spartiscono” lo spazio del<br />
corpus testuale, a eccezione dell’impresa Grande3 che, si<br />
può ipotizzare, è una impresa grande dal punto dimensionale<br />
ma media dal punto di vista organizzativo, e dell’impresa<br />
Media4 che assume un orizzonte linguistico con caratteristiche<br />
sia da grande che da media impresa.<br />
In questo caso gli orizzonti linguistici entro i quali è possib<strong>il</strong>e<br />
distinguere le posizioni delle imprese intervistate sono etichettab<strong>il</strong>i,<br />
<strong>il</strong> primo, come nuova cultura d’impresa (asse orizzontale)<br />
e, <strong>il</strong> secondo, come investire nella creatività del<br />
prodotto (asse verticale). Il primo chiama in gioco la struttura<br />
produttiva, fabbrica, progettare, mondo, mestiere, impresa<br />
(lato sinistro della figura) e la f<strong>il</strong>osofia del commercializzare<br />
<strong>il</strong> prodotto (lato destro). Il secondo lascia emergere <strong>il</strong><br />
bisogno di governo del processo di commercializzazione<br />
(marchi, grossi player input, normazione, creatività).<br />
Osservando <strong>il</strong> posizionamento dei parlanti nella figura, si r<strong>il</strong>evano<br />
due contrasti interessanti.<br />
Il primo è determinato dalla posizione reciproca delle imprese<br />
Grande6 e Grande7 e Media4 e Media5. Le grandi possiedono<br />
un prof<strong>il</strong>o narrativo centrato sul tema del consolidamento<br />
del vantaggio competitivo generato dal processo r<strong>il</strong>ocalizzativo<br />
(Cina, in Slovenia, volumi) e dalle nuove forme di<br />
commercializzazione del prodotto (collezioni, brand, a valle,<br />
reta<strong>il</strong>). Le imprese medie riconoscono invece di aver<br />
5. POLITICHE AZIENDALI O POLITICHE DI DISTRETTO?<br />
bisogno di migliorare le loro strategie di commercializzazione<br />
(grossi player, commerciale, nicchia, distribuzione) e di<br />
investire sia nella creatività che nella capacità produttiva<br />
(pezzi, stampo, tempi, costa).<br />
La percezione della performance aziendale di questi due cluster<br />
d’imprese è dunque riconducib<strong>il</strong>e, oltre che alla dimensionalità,<br />
alla loro diversa posizione nel ciclo di vita dell’impresa:<br />
le grandi, dopo aver ristrutturato organizzazione e distribuzione<br />
si concentrano sul consolidamento mentre le medie si<br />
trovano ancora dentro a un processo di cambiamento per<br />
definire una nuova cultura d’impresa.<br />
Nel secondo contrasto, centrato sulla definizione dell’identità<br />
dell’impresa, si trovano l’impresa Grande2 che pur dando<br />
valore alla fabbrica, al mestiere, alla f<strong>il</strong>iera, ai subfornitori,<br />
focalizza <strong>il</strong> suo discorso sui temi del mercato (marchi,<br />
modelli, mondo, Europa), e le imprese Media1 e Grande3<br />
maggiormente interessate a descrivere e spiegare l’importanza<br />
di ridescrivere l’identità d’impresa a partire dal<br />
<strong>distretto</strong> (progettare, cultura, garanzie finanziarie, collaborazione).<br />
Queste differenze nell’orizzonte linguistico dei parlanti lasciano<br />
intendere che la percezione della performance dell’impresa<br />
– sia della propria azienda che delle altre aziende – varia in<br />
misura significativa rispetto alla posizione dell’impresa nella<br />
f<strong>il</strong>iera produttiva (Napoli, 2008). Questo per dire che grandi e<br />
medie imprese possono non riuscire a “sintonizzarsi” in un<br />
possib<strong>il</strong>e dialogo poiché focalizzano la loro attenzione su<br />
diverse priorità: <strong>il</strong> vantaggio competitivo e <strong>il</strong> controllo del mercato<br />
per le grandi imprese, l’investimento in innovazione di<br />
prodotto, la creazione di una struttura distributiva e la ridefinizione<br />
di rapporti distrettuali per le medie imprese.<br />
Ovviamente queste diverse prospettive sugli sv<strong>il</strong>uppi dell’imprenditorialità<br />
nascono dall’esperienza e dalla conoscenza<br />
tacita di ogni impresa dipendendo, quindi, da naturali percorsi<br />
di apprendimento. Tuttavia, questi diversi sv<strong>il</strong>uppi della<br />
“razionalità” delle imprese possono contribuire – a volte in<br />
151
152<br />
misura non banale – alla incomunicab<strong>il</strong>ità tra le imprese stesse<br />
e alla loro incapacità di far evolvere in misura b<strong>il</strong>anciata<br />
(creazione di un benessere diffuso) la cultura economica<br />
dell’area.<br />
5.2 Linee prioritarie e<br />
apprendimento collettivo<br />
Se si mettono a confronto i prof<strong>il</strong>i tematici dei testimoni priv<strong>il</strong>egiati<br />
e delle imprese intervistate si possono distinguere<br />
alcune caratteristiche interessanti per r<strong>il</strong>evare <strong>il</strong> potenziale di<br />
crescita dell’apprendimento collettivo inteso come capacità<br />
di crescita del sistema distrettuale.<br />
Entrambi gli insiemi di parlanti sottolineano <strong>il</strong> ruolo dominante<br />
delle imprese leader sia all’interno del <strong>distretto</strong> che sui mercati.<br />
Il processo di verticalizzazione ha rafforzato nel tempo<br />
l’internalizzazione di molte fasi di produzione e/o la delocalizzazione<br />
di fasi di lavorazione labour-intensive.<br />
Nella letteratura teorica dei distretti, questo processo risulta<br />
fisiologico in una fase di maturità della crescita del <strong>distretto</strong><br />
(Garofalo, 2007; Rullani, 2007). Si può tuttavia segnalare che<br />
l’anomalia nel caso analizzato è determinata dalla centralità di<br />
una multinazionale, Luxottica, la quale ha vincolato sia l’orizzonte<br />
delle opportunità di investimento e di crescita di altre<br />
imprese già esistenti sia l’entrata di nuove imprese. L’influenza<br />
è stata tale che le imprese del <strong>distretto</strong> non hanno saputo<br />
comprendere nei tempi necessari quali erano i fattori critici per<br />
mantenere e/o accrescere la loro profittab<strong>il</strong>ità. Ciò ha portato<br />
a un irrigidimento del <strong>distretto</strong> nella sua capacità di trovare<br />
soluzioni adeguate per far crescere la competitività territoriale.<br />
In altre parole, <strong>il</strong> rafforzamento di Luxottica, soprattutto a valle,<br />
ha annullato le prospettive di sopravvivenza e di crescita di<br />
molte imprese che hanno scelto l’opzione exit per incapacità<br />
di riposizionamento delle loro competenze nel mercato e/o<br />
nella f<strong>il</strong>iera produttiva.<br />
5. POLITICHE AZIENDALI O POLITICHE DI DISTRETTO?<br />
Sicuramente <strong>il</strong> cambiamento organizzativo e l’innovazione<br />
di prodotto delle medie imprese può contribuire a ridurre la<br />
distanza nella percezione della realtà economica del settore<br />
che si è venuta creando tra le poche grandi imprese e la<br />
popolazione d’imprese del <strong>distretto</strong>.<br />
Per r<strong>il</strong>anciare la competitività distrettuale, la produzione di<br />
conoscenza diventa un fattore strategico (Rullani, 2007).<br />
Tuttavia tale conoscenza deve diffondersi all’interno del<br />
<strong>distretto</strong> e non restare patrimonio di pochi. Con la diffusione<br />
viene garantita la sua riproducib<strong>il</strong>ità, la sua accumulazione e<br />
la sua crescita perché, contrariamente agli altri beni economici,<br />
la conoscenza cresce quando viene condivisa.<br />
Eppure l’“allontanamento cognitivo”, acuitosi in questi anni, ha<br />
ridotto la capacità di creare spazi di condivisione e cooperazione,<br />
soprattutto tra grandi e piccole-medie imprese. Certottica svolge<br />
un servizio importante per la produzione della conoscenza che<br />
potrebbe risultare precondizione più fac<strong>il</strong>e se si generasse un<br />
“allineamento cognitivo” ovvero una minore distanza nella valutazione<br />
del suo ruolo proattivo all’interno dell’area distrettuale.<br />
Un altro fattore critico per far crescere la competitività territoriale<br />
è quello della ridescrizione delle funzioni e ruoli delle<br />
imprese all’interno del <strong>distretto</strong> (Redini, 2008). Si potrebbe<br />
dire che questo fattore è la conseguenza dei primi due e, sebbene<br />
ciò sia in larga misura vero, per una parte dipende<br />
anche dalla progettualità delle imprese sia in termini individuali<br />
sia come sistema produttivo. Non è sufficiente incentivare<br />
comportamenti cooperativi se la reciproca percezione delle<br />
imprese è di scarsa partecipazione nello scambio di informazioni<br />
e di non tutela dell’identità del prodotto occhiale.<br />
Pur ipotizzando, come sostengono molte imprese, che la creazione<br />
di una certificazione Made in Italy per <strong>il</strong> prodotto occhiale<br />
sia inut<strong>il</strong>e sul piano commerciale e della tutela dalla concorrenza<br />
sleale, questa innovazione normativa avrebbe un impatto<br />
molto forte nella definizione dell’identità distrettuale e potrebbe<br />
contribuire alla creazione di un nuovo orizzonte di investimenti e<br />
di innovazioni che darebbe slancio al <strong>distretto</strong> e al settore.<br />
153
154<br />
5.3 Verso nuove politiche<br />
<strong>distretto</strong>?<br />
Queste considerazioni, derivate dal confronto degli orizzonti<br />
linguistici degli intervistati, aiutano a interpretare e rafforzare <strong>il</strong><br />
quadro emerso dall’analisi dei b<strong>il</strong>anci: <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhiale<br />
è composto da un un numero consistente di aziende con una<br />
buona performance (171 sono le società di capitale operanti<br />
nel <strong>distretto</strong>) consolidatosi in seguito al processo di ricerca di<br />
un prodotto più differenziato e di maggiore qualità. Poiché la<br />
domanda internazionale del prodotto occhiale dimostra una<br />
certa elasticità al prezzo, si può dedurre che l’investimento in<br />
conoscenza – rivolto al miglioramento del prodotto e al contenimento<br />
dei prezzi di produzione – viene premiato dal mercato<br />
con aumenti di profittab<strong>il</strong>ità.<br />
Tuttavia, la produzione di conoscenza e la necessità di ut<strong>il</strong>izzare<br />
una maggior quantità di servizi per unità di prodotto<br />
richiedono l’embeddedness dell’impresa in un sistema capace<br />
di integrare informazione e saperi.<br />
Larga parte della letteratura sottolinea con forza <strong>il</strong> fatto che la<br />
forma distrettuale della produzione risulta essere un elemento<br />
strategico nell’attuale economia dei servizi (Rullani, 2007) dove<br />
la profittab<strong>il</strong>ità dell’imprese è sempre più legata alla capacità di<br />
saper acquisire e sfruttare fattori immateriali (competenze, creatività,<br />
informazione, ecc.). Il <strong>distretto</strong> è un luogo topico per la produzione<br />
della conoscenza poiché possiede molte caratteristiche<br />
favorevoli alla creazione (startup), miglioramento (upgrading), e<br />
condivisione (culture) della conoscenza.<br />
Tale premessa lascia intendere che esistono spazi di intervento<br />
per azioni di policy a livello di sistema nel <strong>distretto</strong> dell’occhiale<br />
perché questo possa rimanere luogo d’eccellenza non<br />
solo per qualche singola impresa26 .<br />
26 L’alternativa al <strong>distretto</strong> infatti è solo la grande impresa verticalmente integrata che<br />
riproduce al suo interno tutta la f<strong>il</strong>iera della produzione, accumulazione e scambio di<br />
conoscenza, ma con quanche rigidità in più che potrebbe trasformarsi in handicap in<br />
momenti di cambio più radicale del paradigma attuale.<br />
5. POLITICHE AZIENDALI O POLITICHE DI DISTRETTO?<br />
Si può pensare di ricucire la frattura tra competitività del<br />
<strong>distretto</strong> e competitività delle imprese intervenendo sul processo<br />
di creazione di una “razionalità collettiva” ovvero di una<br />
condivisione di obiettivi e finalità del <strong>distretto</strong>. I processi di<br />
governance e quindi di condivisione delle decisioni sono<br />
sempre diffic<strong>il</strong>i da attuare poiché richiedono una dedizione<br />
che spesso non si sposa con i tempi del mercato. Tuttavia un<br />
investimento nel medio periodo, mirato alla creazione di sp<strong>il</strong>lover<br />
di conoscenza da un lato, e di un orizzonte cognitivo<br />
condiviso, dall’altro potrebbero rivitalizzare la performance<br />
del <strong>distretto</strong> generando aspettative e prospettive positive di<br />
profittab<strong>il</strong>ità per le imprese.<br />
Da questo punto di vista vanno lette positivamente alcune<br />
azioni intraprese di recente da attori collettivi del territorio sia<br />
in tema di formazione professionale sia riguardo alla dimensione<br />
tecnologica – con specifica attenzione all’ut<strong>il</strong>izzo di<br />
nuovi materiali e alla prototipazione rapida27 – sia, infine,<br />
all’aggregazione e organizzazione delle imprese più piccole<br />
nelle fiere commerciali che contano per <strong>il</strong> settore.<br />
Nel contesto del <strong>distretto</strong> dell’occhialeria varesino (<strong>il</strong> secondo<br />
polo nazionale, sebbene fortemente distanziato da quello veneto)<br />
è stata proposta la metafora della “piccola orchestra di jazz”<br />
per indicare la modalità con cui le imprese (di piccola e media<br />
dimensione) fanno rete tra di loro in modo del tutto speciale:<br />
«fare gruppo anche senza esserlo, con una buona dose di<br />
improvvisazione adattandosi e a volte anticipando <strong>il</strong> cambiamento<br />
e comunque con un forte senso del “ritmo” (mercato).»<br />
(Bramanti, Senn, 2002, p. 248).<br />
Uno dei nodi di fondo del <strong>distretto</strong> <strong>bellunese</strong> per ciò che<br />
riguarda le PMI non è tanto se sia ut<strong>il</strong>e o possib<strong>il</strong>e, ma piuttosto<br />
a che condizioni può applicarsi anche a questo contesto<br />
la metafora della piccola orchesta di jazz.<br />
27 «Sv<strong>il</strong>uppare la progettazione dell’occhiale in un processo di collaborazione e “complicità”<br />
con l’ut<strong>il</strong>izzatore e <strong>il</strong> cliente: attenzione al design industriale, allo sv<strong>il</strong>uppo di<br />
tecniche e metodologie che fac<strong>il</strong>itino la “comunicazione” con <strong>il</strong> cliente finale (industrial<br />
design, sv<strong>il</strong>uppo 3D, prototipazione rapida)» (PSTL, 2000,0p.6).<br />
155
156<br />
Flessib<strong>il</strong>ità, personalizzazione e velocità rimangono infatti gli<br />
elementi strategici della tenuta (sopravvivenza) e del r<strong>il</strong>ancio<br />
di tante PMI. Formazione, innovazione e marketing sono i terreni<br />
su cui costruire nuove alleanze per non soccombere alla<br />
concorrenza dei grandi gruppi integrati e dei produttori emergenti<br />
low cost.
Appendice<br />
QUESTIONARIO<br />
ALLE IMPRESE LEADER
162<br />
Questionario<br />
alle imprese leader<br />
Informazioni sull’impresa<br />
Da reperire prima dell’intervista:<br />
• Nome dell’azienda:<br />
• Codice attività (ATECO):<br />
• Indirizzo:<br />
• Numero di telefono:<br />
• Sito internet:<br />
• Indirizzo e-ma<strong>il</strong>:<br />
• Fatturato:<br />
• Numero addetti:<br />
• Fascia di mercato occupata (alta-media-bassa):<br />
• Prodotti principali:<br />
• Lavorazioni effettuate:<br />
• Associato a:<br />
Questionario<br />
alle imprese leader<br />
• Nome dell’Intervistato:<br />
• Ruolo dell’Intervistato:<br />
• Data:<br />
COMPETITIVITÀ E CAMBIAMENTI<br />
NELLA STRUTTURA E NELL’ORGANIZZAZIONE<br />
PRODUTTIVA<br />
Processi e prodotti<br />
1) Quali sono i vostri prodotti? Quali, tra questi, sono più<br />
importanti in termini di vendite e/o di strategie aziendali?<br />
2) Su cosa si basa <strong>il</strong> vostro vantaggio competitivo? Su cosa<br />
puntate per essere competitivi? (prezzo contenuto, alta<br />
qualità del prodotto, servizio, tempi di consegna, altro…)<br />
3) Com’è organizzata la vostra produzione? Ricorrete alla<br />
lavorazione conto terzi e/o alla sub-fornitura, oppure svolgete<br />
tutte le fasi della produzione internamente all’azienda?<br />
4) Negli ultimi 5 anni avete riportato all’interno dell’azienda delle<br />
fasi del processo produttivo o delle lavorazioni svolte in precedenza<br />
da subfornitori esterni? Se sì per quale motivo?<br />
Questo cambiamento risponde ad una strategia di integrazione<br />
verticale od orizzontale (o altro) e con quali fini (ridurre<br />
i costi, controllare tempi e qualità, ecc.)?<br />
5) Negli ultimi 5 anni avete portato all’esterno dell’impresa fasi<br />
del processo produttivo e/o lavorazioni e/o acquistato<br />
componenti da altre imprese, prima realizzati/e all’interno<br />
della vostra azienda? Se si, dove sono localizzati i nuovi<br />
subfornitori: all’interno o all’esterno del <strong>distretto</strong> (e dove)?<br />
Quali fasi sono state esternalizzate e perchè?<br />
6) Che rapporti intrattenete generalmente con i subfornitori (si<br />
danno delle specifiche e al subfornitore è richiesto solo di eseguirle,<br />
oppure <strong>il</strong> subfornitore viene coinvolto nella progettazione<br />
ed ingegnerizzazione…)?<br />
7) Avete subfornitori che lavorano in esclusiva per voi? Per quale<br />
motivo avete voluto un rapporto in esclusiva?<br />
8) In generale cercate di avere rapporti in esclusiva (e per<br />
quali motivi) o promuovete quanto più possib<strong>il</strong>e l’autonomia<br />
del subfornitore?<br />
9) La vostra strategia in questo ambito è cambiata negli ultimi 5<br />
anni? Se sì, in che direzione: verso un controllo più rigido dei<br />
fornitori o, al contrario, verso un maggiore coinvolgimento degli<br />
stessi nel processo di progettazione e di ingegnerizzazione?<br />
10) Mettete in concorrenza tra loro i vostri subfornitori?<br />
11) Su che cosa in particolare (sul prezzo, sulla qualità, sui<br />
tempi di consegna, altro…)<br />
11) Il numero dei vostri subfornitori è variato negli ultimi 5 anni?<br />
È aumentato o diminuito? Per quali ragioni?<br />
163
164<br />
12) Comprate all’estero prodotti o lavorazioni che precedentemente<br />
facevate svolgere da subfornitori locali? Per quale<br />
ragione (minori costi, maggiore qualità e/o servizio, maggiore<br />
capacità di soluzione dei problemi e innovativa più in<br />
generale)? Dove sono localizzati i nuovi subfornitori?<br />
13) Quali sono i vantaggi (punti di forza) della vostra organizzazione<br />
produttiva (sfruttamento della flessib<strong>il</strong>ità, mantenimento<br />
di una struttura leggera, controllo su tutte le fasi<br />
della produzione, raggiungimento del cliente finale…)? E<br />
gli svantaggi (punti di debolezza)?<br />
14) Quali sono i cambiamenti strategici che pensate di realizzare<br />
per rimuovere, se ci sono, gli svantaggi e i limiti – anche potenziali<br />
– della vostra attuale organizzazione produttiva?<br />
15) L’impresa possiede:<br />
a. f<strong>il</strong>iali o consociate all’esterno del <strong>distretto</strong>?<br />
Da quanto tempo?<br />
15) b. f<strong>il</strong>iali o consociate all’interno del <strong>distretto</strong>?<br />
Da quanto tempo?<br />
16) Avete effettuato investimenti produttivi all’estero? Quali?<br />
Quali ragioni vi hanno portato ad effettuare tali investimenti<br />
(difficoltà nel reperimento della manodopera, minori costi<br />
del lavoro, ecc.)?<br />
17) Che conseguenze hanno comportato in termini di addetti<br />
per <strong>il</strong> territorio? (possib<strong>il</strong>i risposte; “nessuno, gli investimenti<br />
sono stati aggiuntivi”, oppure “abbiamo ridotto gli addetti<br />
locali alla produzione ma sono aumentati gli indiretti per cui<br />
<strong>il</strong> saldo è rimasto nullo o positivo”, oppure “abbiamo avuto<br />
una diminuzione degli addetti del <strong>distretto</strong>”)<br />
18) Prevedete di realizzare (ulteriori) investimenti all’estero? Con<br />
quali conseguenze per l’occupazione nel <strong>distretto</strong>?<br />
Innovazione e R&S<br />
19) Qual è la quota di fatturato destinata all’attività di R&S e<br />
all’introduzione di innovazioni (di processo, di prodotto e<br />
organizzative)? Qual è stato l’andamento degli investimenti<br />
in questo ambito nel corso degli ultimi 5 anni?<br />
APPENDICE. QUESTIONARIO ALLE IMPRESE LEADER<br />
20) Su quale tipologia di innovazione si sono concentrati gli<br />
investimenti negli ultimi 3 anni: innovazione di processo, di<br />
prodotto, organizzative?<br />
21) Quali sono le principali innovazioni introdotte per ciascuna<br />
di queste tipologie?<br />
22) Queste innovazioni hanno comportato l’introduzione di nuove<br />
figure professionali nell’azienda? Sono state reperite fac<strong>il</strong>mente?<br />
In caso contrario, da cosa è derivata la difficoltà?<br />
23) L’impresa ha usufruito di servizi di trasferimento tecnologico?<br />
Forniti da:<br />
23) • Università …<br />
23) • Centri servizi …<br />
23) • Et al. …<br />
24) L’impresa partecipa a progetti di ricerca e innovazione in<br />
collaborazione con altre imprese e/o centri di ricerca/Università?<br />
Quali sono questi soggetti e dove sono localizzati?<br />
Che caratteristiche e che finalità hanno questi progetti?<br />
DISTRIBUZIONE E MERCATI<br />
25) Qual è la quota dell’export sul fatturato dell’impresa? Quali<br />
mercati (nazionali ed esteri) servite? Quale percentuale del<br />
vostro fatturato è legata a ciascuno di questi mercati?<br />
26) La quota dell’export sul fatturato dell’impresa è aumentata<br />
o diminuita negli ultimi 3 anni? Quali mercati (nazionali ed<br />
esteri) hanno fatto registrare una contrazione, quali un<br />
incremento e quali una sostanziale stab<strong>il</strong>ità?<br />
27) Com’è organizzata la distribuzione dei vostri prodotti nei differenti<br />
mercati? (agenti, grossisti, ecc.)? Con quali principali<br />
differenze di comportamento e di strategia a seconda dell’area<br />
geografica?<br />
28) Come avete reagito ai cambiamenti intervenuti sul livello di<br />
esportazioni nei mercati nazionali ed esteri che servite?<br />
29) Avete attaccato nuovi mercati o nuovi segmenti di mercato<br />
negli ultimi tre anni? ? Se sì, quali?<br />
30) Avete attivato strategie per <strong>il</strong> rafforzamento della distribuzione<br />
negli ultimi 5 anni? (Rafforzamento del brand, Rafforza-<br />
165
166<br />
mento della rete di agenti, Costituzione di propri negozi monomarca,<br />
Realizzazione di accordi con nuovi distributori, Realizzazione<br />
di accordi e joint venture per la realizzazione di punti<br />
vendita sui mercati esteri, Costituzione di show room in paesi<br />
esteri, Rafforzamento della propria immagine presso <strong>il</strong> consumatore<br />
finale, Ut<strong>il</strong>izzo di tecnologie per <strong>il</strong> commercio elettronico,<br />
Attività di promozione e valorizzazione del marchio)<br />
31) Come garantite l’assistenza nei paesi lontani?<br />
32) In quale fascia di mercato si posizionano attualmente i vostri<br />
prodotti? Il vostro posizionamento sul mercato è cambiato<br />
negli ultimi 5 anni? Per quale motivo?<br />
33) Possedete unità commerciali in Italia e/o all’estero? Da<br />
quanto tempo?<br />
34) Avete rafforzato (in termini di addetti) le aree marketing e<br />
quella commerciale negli ultimi anni?<br />
35) Producete con un vostro marchio?<br />
36) Avete realizzato accordi con altre imprese per la commercializzazione<br />
dei vostri prodotti (per esempio per ampliare la<br />
gamma dei prodotti a catalogo)? Tali imprese sono interne<br />
o esterne al <strong>distretto</strong>?<br />
37) Esistono, a livello distrettuale, iniziative di promozione e<br />
marketing dei prodotti del <strong>distretto</strong>? Se sì, vi partecipate?<br />
Per quali motivi (non) vi partecipate?<br />
38) A quali fiere partecipate e con quale frequenza? La vostra<br />
partecipazione (in termini di frequenza e di spazi espositivi<br />
ut<strong>il</strong>izzati) è aumentata o diminuita nel corso degli ultimi<br />
anni? Per quale motivo?<br />
39) Qual è la strategia perseguita dall’impresa nella partecipazione<br />
alle fiere? Quali sono i principali motivi della partecipazione<br />
a tali manifestazioni?<br />
40) In che modo le manifestazioni fieristiche a cui partecipate potrebbero<br />
migliorare la propria offerta alle imprese del settore?<br />
CAPITALE UMANO<br />
41 La vostra impresa organizza/acquista corsi di formazione<br />
del personale? L’organizzazione dei corsi nel corso degli<br />
APPENDICE. QUESTIONARIO ALLE IMPRESE LEADER<br />
ultimi anni è stata incrementata o è diminuita? e per quale<br />
motivo (es. fa parte di una strategia aziendale di spostamento<br />
verso una fascia più alta di mercato; dipende dalla<br />
necessità di introdurre competenze e di innovare velocemente<br />
in un mercato sempre più competitivo; mancanza di<br />
risorse, ecc.)?<br />
42) Esistono sul territorio distrettuale scuole o centri formativi<br />
finalizzati allo sv<strong>il</strong>uppo delle competenze specifiche ricercate<br />
dalla vostra impresa?<br />
43) Il costo per la formazione del personale è stata una variab<strong>il</strong>e<br />
r<strong>il</strong>evante nelle decisioni di esternalizzazione e di delocalizzazione<br />
di alcune fasi del processo produttivo?<br />
LE RELAZIONI NEL DISTRETTO<br />
44) Quali vantaggi derivano per la vostra impresa dallo stare nel<br />
<strong>distretto</strong> (descrivere)? Li inglobate nelle vostre strategie?<br />
Se sì, come (esempi specifici)? Questi vantaggi si sono<br />
modificati nel corso degli ultimi anni (aumentati, diminuiti,<br />
cambiati)?<br />
45) Intrattenete rapporti di capitale/proprietari con altre imprese<br />
del <strong>distretto</strong>?<br />
45) Quanti e di quale tipo? Il numero di tali legami è aumentato<br />
o diminuito negli ultimi 5 anni?<br />
46) È frequente lo scambio di know-how e di informazioni con<br />
altre imprese indipendenti del <strong>distretto</strong>?<br />
46) Si svolge in modo formale (seminari, convegni, et al. …) o<br />
informale (contatti personali tra imprenditori)? Con quante<br />
imprese? Questi scambi si sono intensificati negli ultimi 5<br />
anni?<br />
INFORMAZIONI SULL’ANDAMENTO<br />
DELL’IMPRESA<br />
47) Qual è stata l’evoluzione del fatturato negli ultimi 3 anni?<br />
48) Qual è stata l’evoluzione del numero di addetti negli ultimi<br />
3 anni?<br />
49) Qual è stata l’evoluzione dell’export negli ultimi 3 anni?<br />
167
168<br />
SFIDE E OPPORTUNITÀ DEL DISTRETTO<br />
Spunti per la riflessione:<br />
• Le principali sfide del <strong>distretto</strong><br />
• Gli ingredienti di una nuova strategia competitiva (concentrazione/delocalizzazione..)<br />
• Ruolo enti pubblici ed associazioni di categoria<br />
• Il ruolo dell’ “azione di sistema”<br />
• …
Bibliografia<br />
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• Tuzzi A. (2003), L’analisi del contenuto. Introduzione ai<br />
metodi e alle tecniche di ricerca, Carocci, Roma.<br />
173
<strong>Fondazione</strong><br />
<strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano<br />
La <strong>Fondazione</strong> svolge attività e progetti di promozione e realizzazione<br />
di iniziative di sv<strong>il</strong>uppo economico, culturale, scientifico,<br />
di riqualificazione e di potenziamento delle infrastrutture.<br />
Questa la missione di <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano, che si definisce<br />
una fondazione di sv<strong>il</strong>uppo, un soggetto privato che opera su<br />
progetti di sv<strong>il</strong>uppo economico e territoriale, a fianco delle istituzioni<br />
e nell’interesse generale. Uno di questi – quello più noto<br />
– è stato la trasformazione del sistema fieristico m<strong>il</strong>anese.<br />
<strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano si è infatti dedicata negli ultimi anni<br />
all’obiettivo di dare alla sua <strong>Fiera</strong> una nuova infrastruttura dove<br />
operare, realizzando <strong>il</strong> nuovo quartiere <strong>Fiera</strong>m<strong>il</strong>ano.<br />
Dopo aver trasformato <strong>il</strong> “contenitore” dell’attività fieristica, oggi<br />
la <strong>Fondazione</strong> si rivolge al “contenuto”, con iniziative a supporto<br />
delle imprese, bacino di utenza del mercato fieristico, e con<br />
attività rivolte allo sv<strong>il</strong>uppo del territorio.<br />
Nata <strong>il</strong> 7 febbraio 2000 <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano è azionista di<br />
controllo del Gruppo <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano e di Sv<strong>il</strong>uppo Sistema <strong>Fiera</strong><br />
spa. La sua attività è oggi articolata su due f<strong>il</strong>iere:<br />
• la prima è rappresentata dalla f<strong>il</strong>iera fieristica. Tredici<br />
società, guidate da <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano spa, che offrono a organizzatori,<br />
espositori e visitatori i servizi necessari alla partecipazione<br />
agli eventi espositivi e congressuali.<br />
• la seconda f<strong>il</strong>iera è rappresentata dal servizio di engineering<br />
e contracting per la valorizzazione del territorio: un’attività<br />
di recente creazione che viene svolta dalla controllata<br />
Sv<strong>il</strong>uppo Sistema <strong>Fiera</strong> spa.<br />
I proventi dell’attività fieristica, così come quelli generati dalle<br />
grandi opere e dalle valorizzazioni territoriali, alimentano <strong>il</strong> patrimonio<br />
della <strong>Fondazione</strong>, che viene reinvestito in altri progetti<br />
coerenti con la sua missione di fondazione di sv<strong>il</strong>uppo.<br />
175
Finito di stampare<br />
nel mese di apr<strong>il</strong>e 2009<br />
a cura di 24 ORE Motta Cultura, M<strong>il</strong>ano<br />
Printed in Italy
ALBERTO BRAMANTI<br />
Professore Associato di Economia Applicata presso <strong>il</strong><br />
Dipartimento di Analisi Istituzionale e Management Pubblico<br />
dell’Università L. Bocconi di M<strong>il</strong>ano e responsab<strong>il</strong>e<br />
dell’area Economia Regionale del CERTeT (Centro di<br />
Economia Regionale, Trasporti e Turismo) della medesima<br />
Facoltà. Si è occupato e si occupa di: Modelli di sv<strong>il</strong>uppo<br />
e analisi territoriale; Politiche regionali, analisi delle<br />
“governance structures” e valutazione; Strumenti di<br />
analisi e metodologie quantitative; ICTs e competitività<br />
dei territori; Economia urbana e dei servizi.<br />
FRANCESCA GAMBAROTTO<br />
Professore Associato di Economia Applicata presso la<br />
Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova.<br />
Insegna Economia e Politica dell’innovazione nel corso di<br />
Laurea di Economia dell’impresa ed Economia del Territorio<br />
nel corso di Laurea di Scienze della Comunicazione.<br />
Le sue aree di ricerca comprendono: temi relativi alla<br />
teoria della localizzazione delle attività economiche, lo<br />
sv<strong>il</strong>uppo regionale e locale, l’analisi del ruolo delle istituzioni<br />
nei processi di crescita economica, l’influenza delle<br />
diverse forme di organizzazione del capitale nella produzione<br />
della conoscenza a livello regionale.<br />
CERTeT – Università Bocconi<br />
Il CERTeT nasce nel 1995 consolidando e ampliando<br />
una ricca tradizione di ricerca che negli anni ha toccato<br />
una molteplicità di tematiche con <strong>il</strong> comune denominatore<br />
di una specifica attenzione alla dimensione territoriale<br />
dei fenomeni economici.<br />
La sua mission è promuovere, coordinare e svolgere attività<br />
di ricerca di base e applicata sulle dinamiche di sv<strong>il</strong>uppo<br />
territoriale, con particolare riferimento all'economia regionale,<br />
dei trasporti, del turismo e alla valutazione di politiche<br />
regionali, locali e di coesione comunitaria.