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il distretto bellunese dell'occhiale - Fondazione Fiera Milano

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6ENCICLOPEDIA<br />

DELLE ECONOMIE<br />

TERRITORIALI<br />

IL DISTRETTO<br />

BELLUNESE<br />

DELL’OCCHIALE<br />

Leadership mondiale<br />

e fine del <strong>distretto</strong>?<br />

a cura di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto<br />

QUADERNI FONDAZIONE FIERA MILANO<br />

LIBRI SCHEIWILLER


La produzione mondiale di occhiali e lenti vale 10<br />

m<strong>il</strong>iardi di euro e l’Italia con 2.774 m<strong>il</strong>ioni di fatturato è<br />

<strong>il</strong> primo produttore mondiale, con una quota pari al<br />

27% del totale; quota che sale però oltre <strong>il</strong> 70% per<br />

quanto riguarda <strong>il</strong> segmento lusso e a più del 50% per<br />

i brand prodotti su licenza nel mondo (Anfao, 2007).<br />

Un apparato produttivo di circa 1.050 imprese che<br />

occupano complessivamente 18.500 lavoratori (17,6<br />

addetti è la dimensione media di impresa) per un totale<br />

di 82 m<strong>il</strong>ioni di paia di occhiali prodotti nell’ultimo<br />

anno, di cui poco oltre 52 m<strong>il</strong>ioni sono occhiali da sole.<br />

Il <strong>distretto</strong> dell’occhiale di Belluno copre circa l’80%<br />

della produzione nazionale con 606 imprese, 11.660<br />

addetti, 1,5 m<strong>il</strong>iardi di fatturato complessivo; in questo<br />

territorio sono presenti le quattro grandi imprese, leader<br />

del mercato mondiale.<br />

Il taglio complessivo della presente ricerca si discosta<br />

parzialmente dallo schema ricorrente sv<strong>il</strong>uppato nelle<br />

precedenti monografie dell’Enciclopedia delle Economie<br />

Territoriale, non potendo non tenere conto che <strong>il</strong><br />

comparto dell’occhiale è un caso emblematico di forte<br />

successo aziendale che sta modificando, ancor più di<br />

altri sistemi produttivi locali, la radice territoriale che ha<br />

dato origine al fenomeno.<br />

Il Progetto dell’Enciclopedia delle Economie Territoriali<br />

nasce dall’attività istituzionale dell’Area Studi Sv<strong>il</strong>uppo<br />

e Formazione di <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano. Da<br />

anni impegnata in attività di ricerca in campo economico,<br />

territoriale e sociale, promuove e diffonde la cultura<br />

dello scambio. Dalle analisi di settore sul core business<br />

fieristico e congressuale alle analisi dei sistemi<br />

produttivi italiani, per fornire alla comunità economica<br />

spunti di riflessione originali.<br />

Al fine di sostenere la mission di <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano,<br />

l’Area è inoltre impegnata in progetti di sv<strong>il</strong>uppo sul<br />

territorio che circonda <strong>Fiera</strong>m<strong>il</strong>ano – Rho e nella realizzazione<br />

di azioni di natura formativa delle professionalità<br />

dell’intera f<strong>il</strong>iera fieristica.


6ENCICLOPEDIA<br />

DELLE ECONOMIE<br />

TERRITORIALI<br />

QUADERNI FONDAZIONE FIERA MILANO


6ENCICLOPEDIA<br />

DELLE ECONOMIE<br />

TERRITORIALI<br />

QUADERNI FONDAZIONE FIERA MILANO<br />

IL DISTRETTO<br />

BELLUNESE<br />

DELL’OCCHIALE<br />

Leadership mondiale<br />

e fine del <strong>distretto</strong>?<br />

a cura di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto<br />

LIBRI SCHEIWILLER


Enciclopedia delle Economie Territoriali, vol. 5<br />

supplemento a Quaderni di <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano<br />

n° 13, anno VIII, giugno 2008<br />

Proprietario: <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano<br />

Largo Domodossola 1, 20145 M<strong>il</strong>ano<br />

Tel. 02/499771<br />

www.fondazionefieram<strong>il</strong>ano.it<br />

www.fieram<strong>il</strong>anoedintorni.it<br />

Direzione editoriale: Libri Scheiw<strong>il</strong>ler,<br />

24 ORE Motta Cultura srl, M<strong>il</strong>ano<br />

www.mottaeditore.it<br />

www.librischeiw<strong>il</strong>ler.it<br />

Direttore responsab<strong>il</strong>e: Paola Ambrosino<br />

Direttore Enciclopedia delle Economie Territoriali: Enrica Baccini<br />

6° volume: Il <strong>distretto</strong> <strong>bellunese</strong> dell’occhiale<br />

Direzione scientifica: Alberto Bramanti e Mario A. Maggioni<br />

Autore: Francesca Gambarotto<br />

Coordinamento scientifico: Antonia Ventura Kleissl<br />

Coordinamento di redazione: Ersinija Galin, Andrea Lovati<br />

Credits<br />

Fotografie Archivio Storico <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano: pp. 8, 10, 18-19, 50-51,<br />

76-77, 112-113, 142-143<br />

Foto di Copertina:<br />

Elaborazione fotografie Archivio Storico <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano<br />

© <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano, 2009<br />

Pubblicazione registrata presso <strong>il</strong> Tribunale di M<strong>il</strong>ano,<br />

n. 680 del 30 novembre 2001<br />

6ENCICLOPEDIA<br />

DELLE ECONOMIE<br />

TERRITORIALI<br />

QUADERNI FONDAZIONE FIERA MILANO<br />

IL DISTRETTO<br />

BELLUNESE<br />

DELL’OCCHIALE<br />

Leadership mondiale<br />

e fine del <strong>distretto</strong>?<br />

9 Premessa<br />

di Enrica Baccini<br />

11 Presidio dei mercati e canali distributivi<br />

proprietari<br />

di Alberto Bramanti<br />

1 Opportunità e minacce dell’attuale contesto<br />

2 Gli andamenti lusinghieri del comparto occhiale<br />

3 Le chiavi di lettura della ricerca<br />

21 CAPITOLO 1<br />

Tra creatività produttiva e creazione<br />

di nuovi simboli di consumo<br />

di Francesca Gambarotto<br />

1.1 Il rapporto tra territorio e produzione:<br />

la definizione dell’identità territoriale<br />

1.2 L’origine del <strong>distretto</strong>: un intreccio tra<br />

risorse produttive e cultura del “voler fare”<br />

1.3 La f<strong>il</strong>iera di produzione e i modelli<br />

organizzativi adottati<br />

1.4 Storia e fisionomia delle imprese leader<br />

1.5 Il sistema distributivo acquista<br />

una nuova centralità nella f<strong>il</strong>iera<br />

produttiva dell’occhiale<br />

1.6 Internazionalizzazione ed esportazioni:<br />

un trend in crescita<br />

1.7 Gli attori istituzionali del <strong>distretto</strong><br />

1.8 Un’ipotesi di lettura dell’evoluzione<br />

del <strong>distretto</strong>


53 CAPITOLO 2<br />

L’analisi di b<strong>il</strong>ancio: performance di settore<br />

e caratteristiche di mercato<br />

di Alberto Bramanti e Armando Rungi<br />

2.1 Un settore a competizione crescente<br />

2.1.1 Scomposizione del mark-up a livello<br />

di settore<br />

2.2 L’apertura economica e le sue conseguenze<br />

2.3 La performance d’impresa e <strong>il</strong> contenuto<br />

di servizi nel prodotto finale<br />

2.3.1 Modificazioni nella dimensione d’impresa<br />

2.3.2 Analisi dei costi d’impresa<br />

2.4 Redditività e indebitamento<br />

2.4.1 Struttura del debito e ricorso<br />

all’autofinanziamento<br />

79 CAPITOLO 3<br />

L’analisi testuale: performance di settore<br />

e caratteristiche di mercato<br />

di Francesca Gambarotto<br />

3.1 Le performance del <strong>distretto</strong> a parole:<br />

introduzione alla lettura dei dati testuali<br />

3.2 Seguendo i sentieri delle parole: lettura<br />

della realtà distrettuale da punti<br />

di osservazione priv<strong>il</strong>egiati<br />

3.2.1 Una breve presentazione degli intervistati<br />

3.3 Con parole loro: <strong>il</strong> vocabolario degli attori<br />

istituzionali<br />

3.3.1 Le azioni del discorso: i verbi<br />

3.4 Parole e contesti: coerenze e diversità<br />

nell’uso delle parole<br />

3.4.1 La performance del <strong>distretto</strong><br />

3.4.2 Le trasformazioni della struttura produttiva<br />

3.4.3 Il processo di internazionalizzazione<br />

delle imprese del <strong>distretto</strong><br />

3.4.4 I cambiamenti a valle: la distribuzione<br />

degli occhiali<br />

3.4.5 Gli attori strategici del <strong>distretto</strong><br />

3.5 Cosa emerge dalla polifonia<br />

delle narrazioni? Punti di forza<br />

e di debolezza del <strong>distretto</strong><br />

115 CAPITOLO 4<br />

L’analisi testuale: produzione di conoscenza,<br />

innovazione e cultura del “saper fare”<br />

di Francesca Gambarotto<br />

4.1 Le imprese si raccontano<br />

4.2 L’orizzonte linguistico delle imprese:<br />

l’analisi dei verbi<br />

4.3 Azioni e reazioni delle imprese:<br />

un’analisi dei comportamenti<br />

4.3.1 R<strong>il</strong>evanza della dimensione nella percezione<br />

della realtà<br />

4.3.2 Punti di vista sulla performance d’impresa:<br />

l’analisi testuale delle sezioni<br />

del questionario<br />

4.4 Una riflessione finale: due velocità<br />

della competitività nel settore dell’occhiale<br />

145 CAPITOLO 5<br />

Politiche aziendali o politiche di <strong>distretto</strong>?<br />

di Alberto Bramanti e Francesca Gambarotto<br />

5.1 Un dialogo simulato tra attori priv<strong>il</strong>egiati<br />

e imprese<br />

5.2 Linee prioritarie e apprendimento collettivo<br />

5.3 Verso nuove politiche di <strong>distretto</strong>?<br />

163 APPENDICE<br />

Questionario alle imprese leader<br />

173 BIBLIOGRAFIA<br />

177 FONDAZIONE FIERA MILANO


Premessa<br />

ENRICA BACCINI<br />

Responsab<strong>il</strong>e Area Studi Sv<strong>il</strong>uppo e Formazione<br />

<strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano<br />

Nel percorso di studio sulle eccellenze italiane, non<br />

poteva mancare un approfondimento sul <strong>distretto</strong> dell’occhialeria<br />

del <strong>bellunese</strong>. La produzione di occhialeria italia-<br />

na non ha eguali per quantità e qualità dei prodotti. Un setto-<br />

re che al momento sembra molto stab<strong>il</strong>e e in grado di supe-<br />

rare “qualsiasi” crisi, pronto ad affrontare le turbolenze dei<br />

mercati, mai così imprevedib<strong>il</strong>i come negli ultimi anni.<br />

Il tutto grazie a un posizionamento internazionale unico e a<br />

un contesto territoriale molto particolare che, come per gli<br />

altri sistemi produttivi già analizzati, ha per anni beneficiato<br />

della tipica struttura distrettuale, ma che oggi pone alcune<br />

questioni molto importanti sul futuro di questa tipologia di<br />

organizzazione territoriale, aspetto sottolineato proprio in<br />

copertina con la provocatoria domanda “Leadership mondia-<br />

le e fine del <strong>distretto</strong>?”<br />

Un altro piccolo passo verso la conoscenza della caratteristi-<br />

ca struttura economica italiana che con questo sesto volu-<br />

me, ci ribadisce una volta di più, non solo la diversità fra l’Ita-<br />

lia e gli altri paesi, ma anche i tratti distintivi di ogni singolo<br />

sistema locale, ognuno con le proprie peculiarità e criticità,<br />

ma ognuno con le possib<strong>il</strong>ità per sostenere l’urto di questo<br />

particolare, complesso periodo storico.<br />

9


Presidio dei mercati<br />

e canali distributivi<br />

proprietari<br />

ALBERTO BRAMANTI<br />

Se <strong>il</strong> sistema del Made in Italy sta attraversando una fase di<br />

grande difficoltà (Fortis, 2005; Bramanti, Martignano, 2008)<br />

– e i distretti di specializzazione patiscono, benché in misura<br />

e intensità differenti (Anastasia, Corò, Minello, 2008), questa<br />

dinamica di medio-lungo periodo – <strong>il</strong> settore dell’occhiale evidenzia<br />

trend e prospettive ben differenti.<br />

Certamente è ragionevole supporre che la recente crisi di<br />

domanda e di fiducia si ripercuota in un rallentamento anche<br />

della domanda di occhiali, sebbene con andamenti differenziati<br />

per i singoli comparti/prodotti: meno r<strong>il</strong>evante per l’alta<br />

gamma, un po’ più mordente per l’occhiale da sole di media<br />

gamma, non particolarmente significativo, infine, per l’occhiale<br />

da vista.<br />

Si tratterà probab<strong>il</strong>mente, ed auspicab<strong>il</strong>mente, di un semplice<br />

rallentamento nei tassi di crescita (sui mercati più consolidati)<br />

in presenza, peraltro, di un trend di ampliamento di<br />

altri mercati Paese che negli ultimi anni sono cresciuti a tassi<br />

a due cifre, pur partendo da volumi molto bassi, e che<br />

continuano ad avere buone prospettive di crescita (Anfao,<br />

2007).<br />

Che <strong>il</strong> mercato dell’occhiale sia un mercato in “controtendenza”<br />

è confermato dal fatto che, in particolare, i volumi produttivi<br />

italiani sono progressivamente cresciuti per <strong>il</strong> gioco incrociato<br />

di una domanda mondiale in espansione e di una tenuta<br />

delle esportazioni italiane sui mercati internazionali.<br />

11


12<br />

1 Opportunità e minacce<br />

dell’attuale contesto<br />

L’attuale contesto storico si presenta pertanto con qualche<br />

minaccia e diverse opportunità. I profondi cambiamenti demografici,<br />

sociali, economici e culturali in atto non insidiano i vantaggi<br />

competitivi di cui finora ha goduto l’industria italiana e<br />

non pare in discussione la posizione di leadership a livello<br />

mondiale che ha saputo conquistarsi negli scorsi decenni,<br />

sebbene l’inseguimento da parte di Hong Kong e della Cina si<br />

faccia sentire.<br />

Un elemento specifico che spesso costituisce una criticità<br />

per altri comparti produttivi (e in modo specifico per <strong>il</strong> tess<strong>il</strong>eabbigliamento)<br />

è rappresentato dall’invecchiamento della popolazione<br />

su scala nazionale e globale, in particolare nei mercati<br />

più ricchi, dove la quota degli anziani è destinata ad ampliarsi<br />

nei prossimi anni. Per <strong>il</strong> mercato dell’occhiale ciò costituisce<br />

un interessante mercato di sbocco (occhiale da vista) anche<br />

per la crescente attenzione per i presidi medico-sanitari nei<br />

confronti della popolazione anziana e controb<strong>il</strong>ancia, almeno<br />

parzialmente, l’eventuale contrazione del mercato dell’occhiale<br />

da sole alla moda, maggiormente legato a un pubblico<br />

giovane.<br />

Prima di passare all’analisi del <strong>distretto</strong> e delle sue dinamiche<br />

sembra ut<strong>il</strong>e inquadrare l’andamento dell’intero comparto a<br />

livello nazionale anche per giustificare una valutazione che, in<br />

assenza di dati numerici, potrebbe apparire eccessivamente<br />

ottimistica.<br />

2 Gli andamenti lusinghieri<br />

del comparto occhiale<br />

La produzione mondiale di occhiali e lenti vale 10 m<strong>il</strong>iardi di<br />

euro (anno 2007) e l’Italia con 2.774 m<strong>il</strong>ioni di fatturato è <strong>il</strong><br />

primo produttore mondiale, con una quota pari al 27% del<br />

PRESIDIO DEI MERCATI E CANALI DISTRIBUTIVI PROPRIETARI<br />

Figura 1 – Industria italiana dell’occhiale (m<strong>il</strong>ioni di euro)<br />

Fonte: ANFAO, Italy, key figures 2007<br />

totale; quota che sale però oltre <strong>il</strong> 70% per quanto riguarda <strong>il</strong><br />

segmento lusso e a più del 50% per i brand prodotti su licenza<br />

nel mondo (Anfao, 2007).<br />

Questa quota del 27% è l’outcome di un apparato produttivo<br />

di circa 1.050 imprese che occupano complessivamente<br />

18.500 lavoratori (17,6 addetti è la dimensione media di impresa)<br />

per un totale di 82 m<strong>il</strong>ioni di paia di occhiali prodotti nell’ultimo<br />

anno, di cui poco oltre 52 m<strong>il</strong>ioni sono occhiali da sole.<br />

In momenti già contrassegnati da andamenti non entusiasmanti<br />

dei mercati mondiali e comunque da un euro forte che<br />

penalizza le esportazioni italiane sul mercato americano (e più<br />

in generale nell’area dollaro), la figura 1 evidenzia <strong>il</strong> progressivo<br />

e significativo trend di crescita del fatturato del settore<br />

negli ultimi cinque anni.<br />

Nonostante la crescita dell’import (+60% nell’ultimo quinquennio),<br />

sia l’export che <strong>il</strong> saldo netto della b<strong>il</strong>ancia commerciale di<br />

13


Figura 2 – Numeri indice dell’export e del saldo commerciale<br />

(2003-2007)<br />

14<br />

Fonte: Ns. elab. ANFAO, Italy, key figures 2007<br />

settore migliorano vistosamente nel periodo (cfr. figura 2), passando<br />

dal valore di 100 nell’anno iniziale a oltre 150 cinque<br />

anni dopo (i valori assoluti sono già ragguardevoli: export pari a<br />

1,5 m<strong>il</strong>iardi e saldo netto di 1,1 m<strong>il</strong>iardo nel 2003).<br />

Questa performance esportativa viene realizzata sul mercato<br />

americano, per oltre <strong>il</strong> 23% del totale dell’export nazionale, e<br />

sui primi tre mercati di sbocco dell’Italia – che sono gli USA,<br />

la Spagna e la Francia – per oltre <strong>il</strong> 45%.<br />

Ben si comprende dunque come l’industria italiana parta da<br />

una posizione di assoluta leadership, da difendere presidiando<br />

i canali distributivi (con attenzione ai singoli mercati) e<br />

mantenendo alto <strong>il</strong> contenuto di innovatività del prodotto, sia<br />

in termini di qualità dei materiali e delle lavorazioni sia in termini<br />

di design e contenuto di moda.<br />

Proprio questi requisiti segnalano, contestualmente, che<br />

anche in presenza di un buon prodotto, ma in assenza di ele-<br />

menti distintivi assoluti (brevetti o marchi) e senza <strong>il</strong> necessario<br />

presidio dei canali commerciali, la piccola impresa può<br />

trovarsi in difficoltà (Bramanti, Senn, 2002). Non è un caso<br />

dunque che <strong>il</strong> settore sia relativamente concentrato, sia territorialmente<br />

– <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhiale di Belluno copre circa<br />

l’80% della produzione nazionale (606 imprese, 11.660<br />

addetti, 1,5 m<strong>il</strong>iardi di fatturato complessivo) – sia dal punto<br />

di vista aziendale, con quattro grandi imprese (i gruppi leader<br />

del mercato), 475 società di capitale (di cui circa un terzo<br />

nel <strong>distretto</strong>) e poco meno di 600 micro imprese e imprese<br />

artigiane.<br />

3 Le chiavi di lettura<br />

della ricerca<br />

PRESIDIO DEI MERCATI E CANALI DISTRIBUTIVI PROPRIETARI<br />

Alla presentazione del <strong>distretto</strong> dell’occhiale – in chiave storica<br />

e secondo una prospettiva evolutiva – e dei principali attori<br />

che ne determinano le performance è dedicato <strong>il</strong> Capitolo 1<br />

che pone in campo un’ipotesi interpretativa stimolante (cfr. §<br />

1.6) a partire dall’identificazione di quattro differenti gruppi di<br />

attori industriali (Gambarotto, Rangone, Solari, 2002).<br />

Il taglio complessivo della presente ricerca si discosta così<br />

parzialmente dallo schema ricorrente sv<strong>il</strong>uppato nelle precedenti<br />

monografie dell’Enciclopedia delle Economie territoriali<br />

(Bramanti, Martignano, 2008). Dall’analisi dei maggiori players<br />

del <strong>distretto</strong> e degli attori istituzionali è emersa infatti un’ipotesi<br />

interpretativa del <strong>distretto</strong> in chiave di grande vitalità del settore<br />

ma di possib<strong>il</strong>e allentamento dei vincoli territoriali e, dunque,<br />

l’ipotesi del venire meno della solidità distrettuale.<br />

Si è scelto pertanto di approfondire le modificazioni strutturali<br />

in corso attraverso un duplice approccio fortemente innovativo:<br />

dapprima per mezzo di un’analisi “oggettiva” condotta<br />

sui b<strong>il</strong>anci aziendali di settore (cfr. Capitolo 2), confrontando<br />

a più riprese l’andamento nazionale di settore con quello territoriale;<br />

poi per mezzo di un approfondimento più qualitativo


16<br />

e “soggettivo” di analisi testuale dei “discorsi sul <strong>distretto</strong>”<br />

(cfr. Capitoli 3 e 4).<br />

Lo spaccato che emerge è di grande interesse e di forte problematicità.<br />

Il comparto dell’occhiale è infatti un caso emblematico<br />

di forte successo aziendale che si sta divaricando<br />

sempre più dalla radice territoriale che ha dato origine al fenomeno<br />

(Camuffo, 2003; Gambarotto, Solari, 2005). La lunga<br />

deriva che sembra già iniziata è certamente quella di un indebolimento<br />

ulteriore della piccola e micro impresa distrettuale,<br />

a meno di politiche di contrasto che facciano perno sulla presenza<br />

dei grandi leader e che mettano in rete le energie residue<br />

prima che sia troppo tardi.<br />

Il Capitolo finale (cfr. Capitolo 5) dedica poche considerazioni<br />

ad alcune linee operative in questa direzione.


Capitolo 1<br />

TRA CREATIVITÀ<br />

PRODUTTIVA E<br />

CREAZIONE DI NUOVI<br />

SIMBOLI DI CONSUMO


22<br />

Tra creatività<br />

produttiva e<br />

creazione di nuovi<br />

simboli di consumo<br />

FRANCESCA GAMBAROTTO<br />

«Esiste un rapporto forte tra territorio e produzione di occhiali.<br />

Un rapporto di radicamento e, al tempo stesso, di evoluzione<br />

organizzativa sia nella produzione che nella distribuzione<br />

dei prodotti.<br />

Le peculiarità sono riconducib<strong>il</strong>i alla capacità creativa degli<br />

anni ’90 che ha lanciato l’occhiale come nuovo oggetto di<br />

moda sfruttando la qualità di produzione acquisita nel produrre<br />

l’occhiale da vista. L’impegno di questi ultimi anni si è<br />

rivolto al consolidamento di questa “capacità creativa di<br />

fare” e alla ricerca del produrre un valore simbolico al consumo<br />

dell’occhiale da sole».<br />

1.1 Il rapporto tra territorio e<br />

produzione: la definizione<br />

dell’identità territoriale<br />

Risulta diffic<strong>il</strong>e stab<strong>il</strong>ire un rapporto univoco tra territorio e<br />

<strong>distretto</strong> dell’occhiale (De Lotto, 1994). In parte ciò è dovuto<br />

all’evoluzione del sistema produttivo – imprese che nascono<br />

e muoiono, cambiamenti nella struttura della popolazione e<br />

nuovi flussi di pendolarismo casa-lavoro – in parte è dovuto ai<br />

sistemi di r<strong>il</strong>evamento/definizione dei confini di un <strong>distretto</strong><br />

industriale.<br />

Figura 1.1 – Classificazione dei distretti industriali<br />

secondo la Regione Veneto<br />

Fonte: IPI (2002), Le mappe dei distretti industriali. Roma.<br />

A oggi è possib<strong>il</strong>e definire <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhialeria secondo<br />

due autorevoli fonti: ut<strong>il</strong>izzando l’applicazione regionale<br />

(delibera n. 79 del 22 novembre 1999) della legge 140/99<br />

(cfr. figura 1.1), oppure adottando la definizione di <strong>distretto</strong><br />

dell’ISTAT (cfr. figura 1.2) la quale nasce da una nuova partizione<br />

del territorio nazionale in sistemi locali del lavoro.<br />

23


Figura 1.2 – Classificazione dei distretti industriali<br />

24<br />

secondo l’ISTAT<br />

Fonte: IPI (2002), Le mappe dei distretti industriali. Roma.<br />

Queste due definizioni sono in parte distinte a causa del<br />

sistema di r<strong>il</strong>evazione.<br />

La definizione regionale è <strong>il</strong> frutto di una decisione partecipata in<br />

cui la Regione Veneto ha tenuto conto delle osservazioni provenienti<br />

dalle parti sociali (enti locali e associazioni di categoria)<br />

mentre la definizione ISTAT è <strong>il</strong> prodotto di un’analisi complessa<br />

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />

che tiene conto della densità dei flussi di pendolarismo casalavoro<br />

e della specificità della specializzazione produttiva di un<br />

territorio. Sono 47 i comuni che definiscono <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhialeria<br />

secondo la Regione Veneto (45 della provincia di Belluno<br />

e 2 della provincia di Treviso) mentre per l’ISTAT <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> industriale<br />

(DI, da qui in poi) al 1999 risultava composto da Pieve di<br />

Cadore, Santo Stefano di Cadore, Pieve di Soligo (solo in parte).<br />

La definizione di DI della Regione risulta più ampia di quella<br />

statistica ma presenta un vincolo forte poiché definita per via<br />

amministrativa. I DI sono aree soggette a mutazioni nei confini<br />

poiché vivono con <strong>il</strong> susseguirsi degli eventi legati alla vita delle<br />

imprese e dei lavoratori. Dalla definizione ISTAT, infatti, se si<br />

raffronta l’area del DI r<strong>il</strong>evata al 1991 con quella del 2001 si<br />

osserva che <strong>il</strong> confine del DI si è modificato: al 2001 <strong>il</strong> <strong>distretto</strong><br />

dell’occhiale si allarga e viene definito anche dai territori di<br />

Auronzo di Cadore, Feltre, Pieve di Cadore e Ampezzo1 .<br />

Nel <strong>distretto</strong> dell’occhialeria sono comprese circa l’85% delle<br />

imprese che producono occhiali ma si possono trovare altre<br />

realtà produttive di questo settore in altri territori regionali<br />

(Vicenza, Castelfranco Veneto) e nazionali (Varese, Friuli<br />

Venezia-Giulia). Nell’ultimo decennio si sono moltiplicate inoltre<br />

nuove relazioni di produzione che investono aree geografiche<br />

in Asia e nell’Europa dell’Est e che contribuiscono ad<br />

allentare ulteriormente i vincoli territoriali di <strong>distretto</strong>.<br />

1.2 L’origine del <strong>distretto</strong>:<br />

un intreccio tra risorse<br />

produttive e cultura<br />

del “voler fare”<br />

La radice della specializzazione produttiva di questo territorio<br />

è riconducib<strong>il</strong>e principalmente a due fattori: la ricchezza di<br />

1 La definizione di Distretto Industriale dell’ISTAT è ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>e in forma comparativa solo<br />

per gli ultimi due censimenti (1991 e 2001) poiché mancano i dati sui flussi di pendolarismo<br />

nei censimenti precedenti.<br />

25


Tabella 1.1 – Evoluzione nell’industria dell’occhiale<br />

nella provincia di Belluno<br />

Anni<br />

Dimensione d’impresa (addetti)<br />

< 10<br />

11-50<br />

51-100<br />

> 100<br />

Totale<br />

Dimensione media<br />

26<br />

Unità locali<br />

82<br />

42<br />

7<br />

6<br />

137<br />

Addetti<br />

risorse produttive e l’accumulazione – attraverso un processo<br />

di apprendimento – di una conoscenza tacita.<br />

Il primo fu fattore strategico per la localizzazione iniziale dei<br />

primi stab<strong>il</strong>imenti. La ricchezza di numerosi corsi d’acqua a<br />

rapida potenza garantiva un’abbondante disponib<strong>il</strong>ità di energia<br />

idraulica che nel 1878 era una risorsa non fac<strong>il</strong>mente trasportab<strong>il</strong>e2<br />

(De Lotto, 1994).<br />

Oltre alla ricchezza energetica, l’area del Cadore offriva una<br />

manodopera a basso costo, con una forte attitudine al fare,<br />

che nasceva dalle difficoltà fisiche nel rendere produttiva<br />

l’agricoltura montana e dalla lavorazione del legname. Questi<br />

due fattori chiave resero concorrenziale la produzione cadorina<br />

rispetto quella dei produttori esteri. Nel guardare <strong>il</strong><br />

momento della nascita del <strong>distretto</strong>, si potrebbe osservare<br />

che la collocazione geografica avrebbe potuto incidere sfavorevolmente<br />

alla localizzazione/nascita delle imprese dell’oc-<br />

290<br />

968<br />

450<br />

892<br />

2.600<br />

2 In seguito, attraverso la trasformazione indiretta, l’energia idraulica venne trasformata<br />

in energia elettrica per mezzo di un gruppo turbina-alternatore, <strong>il</strong> quale attivava un<br />

motore che, a sua volta, metteva in moto le singole macchine di produzione mediante<br />

alberi di trasmissione a cinghie.<br />

1971 1981<br />

1991<br />

Unità locali<br />

412<br />

76<br />

10<br />

5<br />

203<br />

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />

Addetti<br />

862<br />

1.644<br />

655<br />

1.107<br />

4.268<br />

Unità locali<br />

630<br />

78<br />

15<br />

10<br />

733<br />

Addetti<br />

2.400<br />

2.058<br />

940<br />

3.503<br />

8.903<br />

Unità locali<br />

19,0 8,4 12,1 17,3<br />

475<br />

141<br />

18<br />

12<br />

646<br />

2001<br />

chiale: <strong>il</strong> sistema dei trasporti era carente poiché escluso dalle<br />

principali direttrici di traffico.<br />

Tale perplessità rimane anche per periodi più recenti poiché<br />

l’autostrada arriverà solo fino a Pian di Vedoia, prima di Longarone,<br />

mentre la ferrovia, che all’epoca della prima fabbrica<br />

si fermava a Conegliano, più tardi farà capolinea solo fino a<br />

Calalzo di Cadore. Tuttavia tale “attrito spaziale” non si verifica:<br />

le materie prime e <strong>il</strong> prodotto finito sono poco pesanti e<br />

ingombranti, pertanto <strong>il</strong> costo di trasporto è basso. Il <strong>distretto</strong><br />

non ha mai particolarmente sofferto di problemi di trasporti<br />

(De Lotto, 1994).<br />

Dagli anni della prima impresa nata dalla collaborazione tra<br />

Angelo Frescura e Giovanni Lozza (1877), <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> si sv<strong>il</strong>uppa<br />

quantitativamente (cfr. tabella 1.1) grazie a quel processo<br />

di gemmazione d’imprese sul territorio così ben<br />

descritto da Becattini (1987).<br />

In termini qualitativi, i processi di f<strong>il</strong>iazione e imitazione genereranno<br />

apprendimento collettivo ovvero la capacità di modificare<br />

<strong>il</strong> coordinamento delle competenze distrettuali alle mutevolezze<br />

del mercato.<br />

Addetti<br />

1.373<br />

2.659<br />

1.176<br />

5.936<br />

11.144<br />

Fonte: Ns. elaborazione su vari censimenti ISTAT.<br />

27


28<br />

Il processo di “distrettualizzazione” inizia negli anni ’70, e continua<br />

nel decennio seguente, in cui si può osservare che la<br />

crescita del numero delle imprese supera quella degli occupati<br />

producendo quelle economie di agglomerazione che rendono<br />

profittevole la vicinanza fisica delle imprese.<br />

All’inizio degli anni ’90 <strong>il</strong> processo di spin-off delle imprese<br />

subisce un drastico rallentamento mentre a partire dalla metà<br />

del decennio si osserva la fine del processo stesso di gemmazione.<br />

Tuttavia tale evoluzione non segna negativamente la<br />

capacità occupazionale del <strong>distretto</strong>: al contrario <strong>il</strong> tasso di<br />

crescita dell’occupazione continua a registrare un andamento<br />

positivo con un rallentamento dalla metà degli anni ’90.<br />

In questi anni <strong>il</strong> quadro della competizione internazionale del<br />

settore diventa più intensa, la produzione tende a concentrarsi<br />

in poche imprese (4 grandi gruppi e 30 imprese di medie<br />

dimensioni) con conseguente concentrazione dell’occupazione:<br />

agli inizi degli anni ’80 le grandi imprese assorbivano <strong>il</strong><br />

17,6% dell’occupazione locale, le medie imprese <strong>il</strong> 23,2%<br />

mentre a metà degli anni ’90 le prime assorbono <strong>il</strong> 33,2% e le<br />

seconde <strong>il</strong> 18,5%.<br />

Il decennio degli anni ’90 segna dunque una rottura nel processo<br />

distrettuale tradizionale. Ut<strong>il</strong>izzando una metafora si<br />

può sostenere che si verifica una mutazione genetica che fa<br />

partire una nuova traiettoria evolutiva del <strong>distretto</strong>.<br />

Sempre nella prima parte dei ’90 <strong>il</strong> volume della domanda<br />

continua ad agire come fattore strategico per la crescita tradizionale<br />

del <strong>distretto</strong> (cfr. figura 1.3). Se lo sv<strong>il</strong>uppo vertiginoso<br />

vissuto dal <strong>distretto</strong> in quegli anni dal lato della domanda<br />

era sostenuto dalle svalutazioni della lira, dal lato dell’offerta<br />

veniva garantito dal modello di produzione della “specializzazione<br />

flessib<strong>il</strong>e” (Rullani et al., 1998).<br />

L’adozione delle tecnologie flessib<strong>il</strong>i e di un’organizzazione<br />

della produzione basata sui vantaggi agglomerativi ha stimolato<br />

i rapporti di complementarietà tra le imprese e quindi la<br />

proliferazione di imprese di piccole dimensioni, soprattutto di<br />

tipo artigianale, specializzate in alcune fasi di produzione e<br />

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />

Figura 1.3 – Andamento del fatturato nella provincia di Belluno<br />

per <strong>il</strong> settore occhialeria (valori in m<strong>il</strong>ioni di euro)<br />

Fonte: Assindustria di Belluno<br />

nella subfornitura diretta (anche di capacità) nei confronti delle<br />

imprese maggiori, detentrici del rapporto con <strong>il</strong> mercato.<br />

Questa organizzazione flessib<strong>il</strong>e della produzione ha permesso<br />

alle grandi imprese di assorbire i volumi crescenti di<br />

domanda di occhiali provenienti da un mercato in forte evoluzione<br />

grazie al ruolo simbolico che l’occhiale comincia ad<br />

acquisire nel settore della moda. I vantaggi della frammentazione<br />

della produzione sono generati dall’abbattimento dei<br />

costi di transazione e dalla socializzazione del rischio d’impresa.<br />

Ciò è stato possib<strong>il</strong>e grazie al capitale sociale proprio di<br />

questo territorio e di questa comunità abituata a rapporti di<br />

reciprocità e di condivisione.<br />

Il successo esploso alla fine degli anni ’80 e che è durato fino<br />

alla metà del decennio successivo non è dipeso unicamente<br />

dalle variazioni nei prezzi relativi generati dalle svalutazioni.<br />

Altre ragioni di carattere strutturale hanno permesso di<br />

rispondere rapidamente ai cambiamenti della domanda: la<br />

flessib<strong>il</strong>ità produttiva; <strong>il</strong> buon rapporto qualità-prezzo dei prodotti<br />

immessi nel mercato; l’elevata varietà di modelli e delle<br />

linee tradizionali e moderne degli articoli offerti.<br />

29


30<br />

Tuttavia <strong>il</strong> fattore chiave che lanciò <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> su una parabola<br />

ascendente fu la produzione dell’occhiale da sole e la<br />

nascita dell’occhiale griffato. Gli accordi tra le maggiori<br />

imprese e le grandi firme della moda internazionale modificarono<br />

la struttura produttiva del settore a partire dalla fine<br />

degli anni ’80 e aprirono la produzione a un mercato internazionale.<br />

Il dinamismo generato da questi cambiamenti produsse,<br />

tuttavia, una sovradimensionamento di capacità produttiva<br />

poiché la crescita della domanda richiese la concentrazione<br />

di tutte le forze imprenditoriali che venivano creandosi<br />

nella cultura del fare e quindi nella produzione. Venne<br />

sfruttata in modo particolare la prossimità geografica per<br />

controllare la qualità, introdurre innovazioni incrementali sia<br />

di processo che di prodotto, per sfruttare economie di varietà<br />

e quindi produrre piccoli lotti di prodotti. Crebbero, in<br />

modo particolare, i subfornitori, capaci di rispondere alle<br />

necessità produttive delle grandi imprese ma caratterizzati<br />

da un basso dinamismo imprenditoriale e da una scarsa attitudine<br />

alla cooperazione commerciale.<br />

Questa tipologia d’imprese, sicuramente funzionale nell’assorbire<br />

eccessi di domanda, diventa però un elemento a<br />

rischio – cerniera frag<strong>il</strong>e del sistema – nei momenti di consolidamento<br />

e stab<strong>il</strong>ità dei mercati. Si tratta infatti di imprese<br />

non autonome che non assegnano particolare r<strong>il</strong>evanza ai fattori<br />

di prossimità (geografica, organizzativa, cognitiva, relazionale)<br />

nella loro attività produttiva. La loro capacità di apprendimento<br />

è concentrata nel “fare” e poca attenzione viene riposta<br />

all’elaborazione di strategie e nell’acquisizione di informazioni<br />

per valutare piani d’investimento rivolti a innovare la<br />

conoscenza tacita dell’impresa (Gambarotto, Rangone, Solari,<br />

2002).<br />

Nella seconda metà degli anni ’90 queste imprese sono le<br />

prime a registrare situazioni di sofferenza in termini di fatturato<br />

e nella crescita dei margini di profitto. Poiché la numerosità<br />

delle imprese definite subfornitrici era particolarmente elevata,<br />

la battuta d’arresto della crescita settoriale portò alla<br />

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />

fac<strong>il</strong>e conclusione che <strong>il</strong> settore fosse in crisi. La numerosità<br />

delle imprese artigiane si è ridotta del 40% passando dalle<br />

circa 700 unità nel 1997 alle circa 400 del 2008.<br />

Diffic<strong>il</strong>e però parlare di crisi del settore dell’occhiale quando<br />

l’occupazione continua a crescere e si registrano aumenti del<br />

fatturato e redditività per le imprese di grandi e medie dimensioni.<br />

Più ragionevole parlare di redistribuzione del valore<br />

aggiunto prodotto e di un doloroso processo di riorganizzazione<br />

del <strong>distretto</strong> soprattutto a sfavore delle imprese più piccole.<br />

La perdita di vantaggio competitivo di queste imprese in<br />

parte è legata all’emergere della concorrenza del Far East<br />

sulla variab<strong>il</strong>e dei costi di produzione e, in parte, è legata ai<br />

cambiamenti nei prezzi relativi verificatisi in seguito all’introduzione<br />

dell’euro.<br />

A partire dal 2000 <strong>il</strong> vantaggio competitivo del <strong>distretto</strong> cambia<br />

forma e sostanza: si accentua la verticalizzazione del<br />

<strong>distretto</strong> che modifica la distribuzione delle quasi-rendite a<br />

favore delle imprese più grandi (Gambarotto, Solari, 2008).<br />

Non nascono nuove imprese perché l’imprenditorialità presenta<br />

costi fissi iniziali (costi sommersi) e rischi elevati. In<br />

questo nuovo panorama geografico della produzione, le<br />

imprese esistenti sono maggiormente impegnate in strategie<br />

commerciali per acquisire nuove nicchie di mercato e/o nuove<br />

partnership distributive.<br />

Cambia anche l’attitudine degli imprenditori dal “voler fare” a<br />

un nuovo “saper fare”; mutano cioè quei fattori di produzione<br />

considerati elementi strategici per la performance delle<br />

imprese e che richiedono l’accumulazione di “conoscenza<br />

tacita” attraverso un costante processo di apprendimento.<br />

Fattore cruciale diventa la creatività che acquista una nuova<br />

centralità. I designer diventano un nodo importante nella nuova<br />

struttura delle relazioni venutasi a creare con <strong>il</strong> processo di<br />

riorganizzazione (Rullani, et al., 1998).<br />

Alcuni attori priv<strong>il</strong>egiati lamentano <strong>il</strong> fatto che non ci sia stata<br />

lungimiranza nel decennio precedente nell’adeguare la scuola<br />

professionale dell’area verso la formazione di queste com-<br />

31


32<br />

petenze e mantenere invece la formazione in ruoli più tradizionali<br />

legati al mantenimento della qualità manifatturiera. La<br />

capacità creativa per un prodotto maturo come l’occhiale non<br />

è fac<strong>il</strong>e da sv<strong>il</strong>uppare (PSTL, 2000). Da un lato, perché esistono<br />

vincoli normativi ben precisi – l’occhiale è un prodotto<br />

medicale e richiede pertanto standard ben precisi – e, dall’altro,<br />

perché occorre conoscere gli aspetti tecnici di produzione<br />

che rendono <strong>il</strong> manufatto un prodotto di qualità, capace di<br />

accompagnare lo status simbolico creato dalle tendenze della<br />

moda e di qualificare uno st<strong>il</strong>e di vita.<br />

1.3 La f<strong>il</strong>iera di produzione<br />

e i modelli organizzativi<br />

adottati<br />

L’occhiale è un prodotto povero da un punto di vista della<br />

manifattura ma non per questo banale. Dal capitale di conoscenza<br />

accumulato negli anni, inizialmente con la produzione<br />

di occhiali da vista e, più recentemente, con la produzione di<br />

occhiali da sole che fanno tendenza, sono emerse alcune fasi<br />

di produzione specifiche sia per la produzione di occhiali da<br />

vista e per attività specifiche sia per l’occhiale da sole.<br />

Prima di descrivere tali specificità è opportuno richiamare sinteticamente<br />

le fasi di produzione che compongono la f<strong>il</strong>iera<br />

standard di produzione:<br />

• ideazione e progettazione dell’occhiale;<br />

• fabbricazione di parti staccate dell’occhiale, di minuterie e<br />

di altri componenti;<br />

• saldatura di componenti;<br />

• trattamenti di completamento: galvanici, rivestimenti o verniciatura;<br />

• rifiniture e montaggio finale.<br />

A fianco al processo standard della produzione dell’occhiale<br />

– che può essere ripartito in circa 60 fasi di lavorazione – per<br />

garantire la qualità del prodotto finito esistono fasi specifiche;<br />

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />

l’occhiale da vista e quelli per attività specifiche (dispositivi di<br />

protezione del capo, dispositivi di sicurezza per attività sportive<br />

e lavorative) sono infatti prodotti medicali che richiedono <strong>il</strong><br />

rispetto di sicurezza del prodotto ottico.<br />

La certificazione del prototipo è una fase di assoluta r<strong>il</strong>evanza<br />

per dichiarare la qualità del prodotto finito. Significativo notare<br />

che l’evoluzione della normativa all’interno del <strong>distretto</strong> ha<br />

generato un sistema di certificazione ben superiore a quello<br />

definito dalla normativa europea.<br />

L’occhiale da sole che esprime un life style possiede una specificità<br />

produttiva nella fase di ideazione: creatività, design e<br />

st<strong>il</strong>e sono fattori immateriali che caratterizzano <strong>il</strong> prodotto per<br />

la moda e che lo connotano come status symbol per <strong>il</strong> consumatore<br />

(De Toni, Nassimbeni, 2003).<br />

Secondo le classificazioni ISTAT (ATECO ’91), i settori coinvolti<br />

nella produzione dell’occhiale sono:<br />

• codice 33.40 – Fabbricazione di strumenti ottici e di attrezzature<br />

fotografiche;<br />

• codice 28.51 – Trattamento e rivestimento dei metalli entro<br />

<strong>il</strong> quale si trova <strong>il</strong> “Trattamento attività galvaniche”;<br />

• codice 18.24.2 – Confezioni varie e accessori per l’abbigliamento<br />

entro <strong>il</strong> quale si trova anche la voce “Fabbricazione<br />

astucci per occhiali”.<br />

Come appena richiamato l’occhiale che viene prodotto nel<br />

<strong>distretto</strong> è un prodotto maturo ma non banale. In questo territorio<br />

si concentra una produzione di qualità e quindi occhiali<br />

di lusso e di qualità medio-alta.<br />

Le modalità organizzative che caratterizzano l’attività produttiva<br />

del <strong>distretto</strong> sono riconducib<strong>il</strong>i a due tipologie.<br />

• Il modello integrato di produzione, che si caratterizza per<br />

<strong>il</strong> mantenimento del controllo dell’intero processo produttivo.<br />

Questo processo viene generalmente adottato dalle<br />

imprese leader del settore e per le produzioni di occhiali di<br />

lusso. L’internalizzazione dell’intera f<strong>il</strong>iera produttiva garantisce<br />

da un lato <strong>il</strong> contenimento di costi di produzione per<br />

un bene di alta qualità e <strong>il</strong> controllo dei tempi di realizzazio-<br />

33


34<br />

ne del prodotto finito per rispondere tempestivamente alle<br />

richieste del mercato della moda. La produzione è organizzata<br />

per linee interne dove gli obiettivi produttivi sono specificati<br />

dal piano di produzione che regola l’intero ciclo.<br />

• Il modello reticolare di produzione, che rappresenta la<br />

tipica organizzazione produttiva distrettuale caratterizzata<br />

dalla divisione sociale del lavoro. Le imprese, soprattutto di<br />

medie dimensioni, sfruttano le economie di specializzazione<br />

facendo svolgere a imprese più piccole fasi specifiche<br />

di lavorazione come, ad esempio, la galvanica, la lucidatura<br />

o la verniciatura. Il coordinamento delle fasi di produzione è<br />

più diffic<strong>il</strong>e da gestire rispetto al modello precedente che<br />

sfrutta i vantaggi derivanti da una struttura gerarchicamente<br />

definita. In questo caso <strong>il</strong> controllo e <strong>il</strong> coordinamento è<br />

garantito dalla vicinanza geografica e da fattori sociali quali<br />

la reputazione sul rispetto dei tempi di consegna e sulla<br />

qualità del lavoro finito. I vantaggi di questo modello organizzativo<br />

sono la specializzazione flessib<strong>il</strong>e, l’abbattimento<br />

dei costi di transazione e la trasformazione di costi fissi tipici<br />

di una struttura gerarchica in costi variab<strong>il</strong>i.<br />

La reputazione acquisita attraverso <strong>il</strong> rispetto delle finalità contrattuali<br />

(tempi di consegna, qualità del sem<strong>il</strong>avorato, ecc.)<br />

definiscono la durata dei rapporti tra le imprese. Gli accordi<br />

che vengono stipulati tra fornitore e committente all’interno<br />

della f<strong>il</strong>iera produttiva sono normalmente di lungo periodo.<br />

Tuttavia <strong>il</strong> perseguimento delle strategie di costo da parte delle<br />

imprese sia leader che innovative ha modificato i rapporti di<br />

produzione interni al <strong>distretto</strong> generando una trasformazione<br />

della struttura organizzativa della produzione stessa (cfr. tabella<br />

1.1). Le possib<strong>il</strong>ità di produrre a un terzo in Cina e in India<br />

hanno contribuito alla fuoriuscita dal mercato di molte imprese<br />

artigiane e all’arresto del processo di gemmazione.<br />

L’internazionalizzazione è iniziata non solo per i vantaggi di<br />

costo ma anche perché nel Far East le imprese sono in grado<br />

di raggiungere livelli produttivi notevoli. Alcuni attori del<br />

<strong>distretto</strong> sostengono che le produzioni cinesi sono di scarsa<br />

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />

qualità. È vero che nei paesi asiatici si producono occhiali di<br />

fascia bassa ma d’altronde non si può nascondereche <strong>il</strong> processo<br />

di apprendimento maturato in questi anni dai cinesi li<br />

ha resi capaci di produrre componenti di buona fattura, competitivi<br />

sul piano della qualità con quelli realizzati nel <strong>distretto</strong>.<br />

1.4 Storia e fisionomia<br />

delle imprese leader<br />

Le imprese leader del <strong>distretto</strong> – ma più precisamente dell’intero<br />

settore dell’occhiale – sono, in ordine di r<strong>il</strong>evanza economica,<br />

Luxottica, Saf<strong>il</strong>o, De Rigo e Marcolin (cfr. tabella 1.2).<br />

LUXOTTICA — Luxottica ha acquisito un ruolo di leader nel settore<br />

grazie alla lungimiranza del suo fondatore, Leonardo Del<br />

Vecchio3 . Inizia la sua attività ad Agordo nel 1961 e lancia la<br />

sua prima linea di occhiali con <strong>il</strong> marchio Luxottica pochi anni<br />

dopo. Inizia una politica espansiva per imporsi sul mercato<br />

agli inizi degli anni ’80. A partire dal 1988 dà vita a una strategia<br />

di accordi con le grandi firme della moda: Armani,<br />

Byblos, Genny, Giugiaro, Valentino, Yves Saint Laurent, Oliver,<br />

Emporio Armani, Tacchini, Moschino, Web, Bulgari, Ferragamo,<br />

Ungaro, Chanel, Prada, Versace, fino alla recente<br />

acquisizione del 2005 di Donna Karan e DKNY. Alla strategia<br />

degli accordi con le grandi firme, Luxottica affianca una strategia<br />

di acquisizione di marchi consolidati nel settore degli<br />

occhiali: a partire dagli anni ’90, vengono acquistate inizialmente<br />

marche italiane, Vogue e Persol mentre nel 1999<br />

avviene l’importante acquisto di Ray-Ban, <strong>il</strong> noto brand americano<br />

più venduto nel mondo.<br />

3 I soci fondatori di Luxottica sas nel 1961 furono in realtà tre, proprietari per un terzo<br />

ciascuno, di cui due di capitale accomandanti – Francesco de Cortà (1922-1981) e<br />

Vittorio Toscani (1927-1966) già titolari di una ben avviata occhialeria in Valle di Cadore<br />

– e un giovane incisore e artigiano proveniente da M<strong>il</strong>ano, Leonardo Del Vecchio.<br />

Luxottica sas beneficiò inizialmente di un generoso finanziamento a fondo perduto BIM<br />

e della donazione di un ottimo terreno da parte del comune di Agordo. Del Vecchio r<strong>il</strong>evò<br />

le quote societarie (i due terzi in mano agli accomandanti) nel 1969, quando la<br />

Luxottica aveva 63 addetti.<br />

35


Tabella 1.2 – Le grandi imprese del <strong>distretto</strong><br />

(B<strong>il</strong>anci consolidati 2006)<br />

Leader<br />

di settore<br />

Luxottica<br />

di cui Italia<br />

Saf<strong>il</strong>o<br />

De Rigo<br />

Marcolin<br />

Leader<br />

di settore<br />

Luxottica<br />

Saf<strong>il</strong>o<br />

De Rigo<br />

Marcolin<br />

36<br />

Totale<br />

49.325<br />

7.027<br />

7.359<br />

4.796<br />

821<br />

Totale<br />

4.676,20<br />

1.122,00<br />

558,5<br />

157,4<br />

(a) gli operai sono circa l’80%<br />

dei dipendenti italiani del Gruppo<br />

Numero dipendenti<br />

Dirigenti<br />

–<br />

–<br />

77<br />

45<br />

23<br />

di cui:<br />

Impiegati<br />

e Quadri<br />

–<br />

–<br />

2.265<br />

3.832<br />

439<br />

Fatturato m<strong>il</strong>ioni di €<br />

di cui (composizione %):<br />

Operai<br />

–<br />

(a)<br />

4.461<br />

887<br />

359<br />

Reta<strong>il</strong> Wholesale<br />

70%<br />

4%<br />

71%<br />

0%<br />

30%<br />

96%<br />

29%<br />

100%<br />

Fonte: Elaborazioni Intesa Sanpaolo su b<strong>il</strong>anci aziendali<br />

Un ulteriore segno di distinzione nelle strategie imprenditoriali<br />

del gruppo Luxottica è rintracciab<strong>il</strong>e nella riorganizzazione<br />

della distribuzione dei prodotti. Sempre negli anni ’90 l’azienda<br />

aumenta <strong>il</strong> controllo dei mercati finali acquisendo alcune<br />

importanti catene distributive negli Stati Uniti e nel resto del<br />

mondo (LensCrafters e Sunglass Hut International, OPSM in<br />

Australia). Rafforza inoltre la sua presenza nei mercati mondiali<br />

con l’apertura di 38 f<strong>il</strong>iali commerciali direttamente o<br />

indirettamente controllate.<br />

Il successo di Luxottica nei mercati internazionali è dipeso<br />

anche da una strategia produttiva rivolta a un forte controllo<br />

sul ciclo produttivo. La produzione di Luxottica è integrata<br />

verticalmente, con una forte flessib<strong>il</strong>ità produttiva interna gra-<br />

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />

zie a investimenti tecnologici e all’automazione delle linee<br />

produttive (Camuffo, 2003). Inoltre l’integrazione verticale<br />

della produzione stimola l’investimento continuo in Ricerca e<br />

Sv<strong>il</strong>uppo (R&S) in settori particolari come la prototipazione<br />

rapida, la lavorazione di leghe metalliche pregiate, e la ricerca<br />

di nuovi materiali. Il consolidamento della leadership di Luxottica<br />

avviene con la quotazione alla borsa di New York nel<br />

1990 e successivamente, nel 2003, l’ingresso del titolo<br />

anche alla borsa di M<strong>il</strong>ano.<br />

SAFILO — Il Gruppo Saf<strong>il</strong>o è <strong>il</strong> secondo produttore di occhiali<br />

dopo Luxottica. Nasce nel 1964 a Calalzo di Cadore per<br />

mano di Guglielmo Tabacchi. Negli anni ’70 viene acquistato<br />

<strong>il</strong> Centro Servizi di Padova al quale farà seguito la sede amministrativa.<br />

La strategia degli accordi con le grandi firme inizia<br />

alla fine degli anni ’80: <strong>il</strong> primo è Gucci seguito da Pierre Cardin,<br />

Diesel, Christian Dior, Max Mara, Valentino, Oliver, Nine<br />

West, Foss<strong>il</strong>, Kate Spade, Yves Saint Laurent, Saks Fifth Avenue,<br />

Bottega Veneta, Stella McCartney, Liz Claiborne, Boucheron,<br />

Alexander McQueen, Giorgio Armani, Emporio Armani,<br />

J.Lo by Jennifer Lopez, 55DSL, Marc Jacobs, Juicy Couture,<br />

Imatra, Marc by Marc Jacobs, Boss Hugo Boss, A/X<br />

Armani Exchange, Hugo by Hugo Boss, Balenciaga,<br />

Max&Co., Banana Republic, e dagli inizi del 2008 Jimmy<br />

Choo. Oltre alle collezioni con le grandi firme della moda,<br />

Saf<strong>il</strong>o produce anche con marchi propri: Saf<strong>il</strong>o, Oxydo, Blue<br />

Bay, Carrera e Smith.<br />

Il modello produttivo adottato non è quello della completa<br />

integrazione verticale. Saf<strong>il</strong>o ricorre a fasi esterne di produzione<br />

in Asia, Italia e negli Stati Uniti. L’integrazione verticale viene<br />

adottata quindi per i volumi attesi di vendita e si ricorre ad<br />

aziende terziste per le eventuali eccedenze. L’investimento in<br />

innovazione tecnologica è elevato: ha costituito Saf<strong>il</strong>o Ricerche<br />

come società autonoma detiene un elevato numero di<br />

brevetti sui prodotti del settore. A fianco all’innovazione tecnologica,<br />

Saf<strong>il</strong>o investe anche nella ricerca di soluzioni creative<br />

per mantenere ampia la varietà dei prodotti offerti.<br />

37


38<br />

La strategia distributiva di Saf<strong>il</strong>o si differenzia da quella di<br />

Luxottica. I punti di forza sono le f<strong>il</strong>iali commerciali e i distributori<br />

esclusivi sebbene anche quest’azienda abbia acquistato<br />

nel 2002 la catena distributiva Solstice negli Stati Uniti e nel<br />

2006 la catena di 64 negozi di Loop Vision in Spagna.<br />

La strategia finanziaria dell’azienda inizia solo recentemente:<br />

nel 2005 viene quotata alla Borsa di M<strong>il</strong>ano.<br />

DE RIGO — La terza impresa considerata leader nel settore è<br />

stata fondata dai fratelli De Rigo. È un gruppo giovane che<br />

nasce alla fine degli anni ’70 e che in un decennio circa cresce<br />

a forte velocità fino a raggiungere i 1.051 dipendenti nel<br />

1995 e i 4.796 nel 2006. Di fatto è la prima impresa che definisce<br />

la propria strategia di produzione nell’occhiale da sole.<br />

Sarà <strong>il</strong> successo registrato da questa azienda con la produzione<br />

dei propri marchi Police, Lozza e Sting che spingerà<br />

Luxottica, Saf<strong>il</strong>o e Marcolin su questo tipo di occhiale. Anche<br />

per quest’azienda gli accordi con le grandi firme della moda<br />

iniziano a tessersi negli anni ’90: Fendi, Etro, La Perla, Furla<br />

Escada, Chopard, Ermeneg<strong>il</strong>do Zegna, Celine, Givenchy,<br />

Loewe, Jean Paul Gaultier, Pirelli.<br />

La strategia distributiva è più sim<strong>il</strong>e a quella di Saf<strong>il</strong>o: possiede<br />

f<strong>il</strong>iali dirette in tutto <strong>il</strong> mondo mentre gestisce una rete di<br />

rappresentanti in Italia. Copre ottanta paesi raggiunti attraverso<br />

distributori indipendenti. Alla fine degli anni ’90 inizia ad<br />

acquisire catene distributive: prima la Dollond & Aitchison,<br />

catena inglese di ottica, poi la General Optica, catena di ottica<br />

in territorio spagnolo e portoghese. La De Rigo Group è<br />

quotata alla borsa di New York dal 20 ottobre 1995.<br />

MARCOLIN SPA — La quarta grande impresa del <strong>distretto</strong> è la<br />

Marcolin Spa che nasce agli inizi degli anni ’60 a Vallesella di<br />

Cadore per trasferirsi poi alla fine degli anni ’80 a Longarone.<br />

Il successo arriva con la produzione di aste in laminato oro, la<br />

successiva vendita delle montature complete in laminato oro<br />

negli Stati Uniti negli anni ’70 e la spinta verso una strategia<br />

marketing-oriented. In quegli anni nasce Marcolin Svizzera,<br />

Germania e Spagna, Benelux. Gli accordi con le grandi firme,<br />

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />

che affiancano i marchi housebrand, cominciano nel 1994:<br />

Fendissime, Dolce e Gabbana, Replay Eyes, Chloé Lunettes,<br />

Roberto Cavalli, Tom Ford, Ferrari, JustCavalli, Timberland,<br />

MontBlanc, Kenneth Cole, Miss Sixty, CoverGirl, Cébé.<br />

Occupa 860 dipendenti, ha adottato un modello produttivo di<br />

integrazione verticale e possiede tre stab<strong>il</strong>imenti: lo storico di<br />

Vallesella di Cadore, Longarone e lo stab<strong>il</strong>imento di Claut in<br />

provincia di Pordenone.<br />

La produzione è organizzata in base ai materiali ut<strong>il</strong>izzati<br />

(metallo, acetato pantografato e acetato iniettato). Le fasi di<br />

lavorazione sono in gran parte svolte negli stab<strong>il</strong>imenti italiani<br />

perchè obiettivo principale di Marcolin è quello di garantire la<br />

soddisfazione del cliente offrendo un prodotto personalizzato<br />

di alta qualità. In questi anni è andata crescendo la strategia<br />

di vendita attraverso la creazione di nuove società di distribuzione<br />

in Asia e negli Stati Uniti. Dal 1999 è quotata presso la<br />

Borsa Valori di M<strong>il</strong>ano.<br />

1.5 Il sistema distributivo<br />

acquista una nuova<br />

centralità nella f<strong>il</strong>iera<br />

produttiva dell’occhiale<br />

La nuova centralità della produzione degli occhiali da sole e<br />

di quelli griffati non poteva non portare con sé anche dei cambiamenti<br />

strutturali nella distribuzione e commercializzazione<br />

degli occhiali: la parabola di crescita e di consolidamento sui<br />

mercati internazionali dei quattro leader di settore lo testimonia<br />

in modo evidentissimo. Fintanto che la produzione era<br />

prevalentemente determinata dall’occhiale da vista, <strong>il</strong> rapporto<br />

con <strong>il</strong> consumatore era dettato dall’ottico. L’ottico era, ed è,<br />

un intermediario importante per la vendita di occhiali come<br />

strumento medicale poiché guida <strong>il</strong> consumatore nella scelta<br />

e nell’acquisto di un prodotto che deve rispondere a requisiti<br />

precisi (anallergicità, ergonomia, qualità delle lenti, ecc.).<br />

39


40<br />

L’occhiale da sole invece presenta caratteristiche più vicine al<br />

capo d’abbigliamento, è più suscettib<strong>il</strong>e alle stagioni della<br />

moda e <strong>il</strong> cliente vuole poter scegliere autonomamente. Questa<br />

differenza tra <strong>il</strong> bisogno “medicale” dell’occhiale da vista e<br />

<strong>il</strong> “bisogno simbolico” dell’occhiale da sole ha richiesto una<br />

diversificazione nel servizio distributivo. L’altro fattore r<strong>il</strong>evante<br />

che ha influito sulle strutture a valle della f<strong>il</strong>iera è lo spostamento<br />

della produzione nel Far East; la necessità di abbattere<br />

i costi di produzione per mantenere posizioni competitive nei<br />

mercati internazionali ha generato un cambiamento nella distribuzione<br />

dei margini di profittab<strong>il</strong>ità ora spostati più a valle.<br />

Le strutture distributive adottate dalle imprese rispecchiano<br />

l’organizzazione delle imprese. Luxottica con un investimento<br />

finanziario market-oriented ha condizionato i canali distributivi<br />

delle altre imprese grandi e medie. Con l’apertura di 38 f<strong>il</strong>iali<br />

e 100 distributori e l’acquisto di due grandi catene distributive<br />

negli Stati Uniti – LensCrafters con 870 punti vendita e<br />

Sungluss Hut con 1.550 punti vendita nel Nord America e<br />

altri 300 in giro per <strong>il</strong> mondo – Luxottica ha acquisito un forte<br />

controllo del mercato internazionale e aumentato l’integrazione<br />

tra mercato e produzione poiché attraverso l’informatizzazione<br />

degli ordini diventa più realistica la previsione sull’andamento<br />

della domanda.<br />

Pur non essendo dotate di una struttura distributiva così complessa,<br />

le altre grandi imprese e quelle medie hanno spostato<br />

l’attenzione dal “saper fare” – considerata una funzione ormai<br />

acquisita – alla conoscenza dei mercati, per riconoscere la<br />

loro volat<strong>il</strong>ità, anticipare le tendenze e identificare nuove icone<br />

simboliche legate all’occhiale.<br />

Il numero dei grossisti è enormemente diminuito ed è cresciuto<br />

l’investimento diretto in f<strong>il</strong>iali e/o l’acquisto di catene distributive,<br />

soprattutto in Europa.<br />

Le piccole imprese mantengono invece una struttura semplificata<br />

dei canali informativi. La produzione si basa principalmente<br />

sull’emissione di un ordine che può venire raccolto<br />

direttamente attraverso <strong>il</strong> contatto creato da agenti che visita-<br />

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />

no negozi e grossisti oppure attraverso la partecipazione a<br />

fiere come <strong>il</strong> Mido di M<strong>il</strong>ano, o <strong>il</strong> S<strong>il</strong>mo di Parigi. Per queste<br />

imprese <strong>il</strong> negozio al dettaglio, le catene distributive e i grossisti<br />

sono i committenti che stab<strong>il</strong>iscono la dimensione e <strong>il</strong><br />

tipo di commessa acquisendo in tal modo un ruolo di coordinatori<br />

della capacità produttiva delle imprese.<br />

Si può dedurre che, durante la fase espansiva della domanda,<br />

queste imprese si sono adeguate alla struttura organizzativa<br />

emersa, in cui l’attività commerciale veniva svolta da attori<br />

esterni, senza elaborare una struttura interna per la distribuzione<br />

dei prodotti. Chiaramente ciò significava minori costi e<br />

minori rischi nel breve periodo ma nel lungo periodo questa<br />

frammentazione ha presentato costi elevati. Infatti l’impossib<strong>il</strong>ità<br />

di fare previsioni strategiche da parte di molte piccole e<br />

micro imprese – per la lontananza dai mercati finali –, la mancanza<br />

di investimenti nella struttura organizzativa interna e la<br />

ridefinizione dei rapporti con gli attori esterni e coi precedenti<br />

clienti hanno reso estremamente frag<strong>il</strong>i molte imprese che,<br />

di fronte alla frenata della crescita della domanda4 hanno<br />

dovuto uscire dal mercato.<br />

1.6 Internazionalizzazione<br />

ed esportazioni: un trend<br />

in crescita<br />

Le figure 1.4a e 1.4b restituiscono un’immagine molto<br />

chiara della leadership italiana nel settore dell’occhiale ma,<br />

nello stesso tempo, evidenziano la grande vicinanza della<br />

produzione asiatica ai volumi di esportazione italiani; produzione<br />

asiatica che è cresciuta velocemente in una decina<br />

d’anni.<br />

4 Frenata, sia ben chiaro, non determinata dal calo della domanda mondiale, né dalla<br />

contrazione della quota di produzione italiana ma, piuttosto, dalla verticalizzazione dei<br />

processi produttivi e della crescita sostenuta (con acquisizione di quote di mercato)<br />

da parte delle imprese leader.<br />

41


Figura 1.4a – Quote di mercato (%) delle esportazioni<br />

di montature per occhiali (2005)<br />

Figura 1.4b – Quote di mercato (%) delle esportazioni<br />

di occhiali correttivi e protettivi (2005)<br />

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />

Sebbene la qualità manifatturiera dei prodotti cinesi, grazie al<br />

processo di learning by doing, sia migliorata, rimane una differenza<br />

sostanziale tra la produzione <strong>bellunese</strong>, focalizzata sul<br />

prodotto di qualità medio-alta e di lusso, e la produzione cinese<br />

rivolta al prodotto di fascia medio-bassa.<br />

Questo diverso obiettivo produttivo mette chiaramente in<br />

luce la non fac<strong>il</strong>e sostituib<strong>il</strong>ità della produzione italiana con<br />

quella cinese per i prodotti di qualità superiore. Altra differenza<br />

significativa che crea un distacco tra le due aree di<br />

produzione è incorporata nel valore simbolico del prodotto.<br />

Il valore economico dell’occhiale è legato alla sua identità<br />

territoriale e all’appartenenza a uno st<strong>il</strong>e di vita – quello italiano<br />

– che vuole essere imitato dai consumatori nei mercati<br />

internazionali.<br />

Il trend crescente della produzione e delle esportazioni5 degli<br />

occhiali del <strong>distretto</strong> <strong>bellunese</strong> (cfr. figura 1.5) mette in evidenza<br />

la ripresa della crescita della domanda con <strong>il</strong> nuovo<br />

m<strong>il</strong>lennio grazie, in ordine d’importanza di quote di export, agli<br />

occhiali da sole (65% del totale export), alle montature (33%)<br />

e alle lenti oftalmiche (2%). In un decennio le quote di export<br />

sono passate dal 60% all’83% circa della produzione, crescita<br />

che sta a indicare <strong>il</strong> forte consolidamento della produzione<br />

del <strong>distretto</strong> sui mercati internazionali.<br />

Anche le importazioni crescono, soprattutto quelle provenienti<br />

dall’area asiatica (70%) per evidente crescita della produzione.<br />

Tuttavia continuano ad attestarsi su valori inferiori al<br />

30%. In quest’ultimo decennio l’incidenza delle importazioni<br />

sul totale della produzione passa dal 13% al 26%.<br />

Le principali aree di riferimento per le esportazioni sono l’Europa<br />

(49%), <strong>il</strong> mercato americano (32%) 6 e l’area asiatica<br />

(14%). Aree emergenti sono invece l’America Centrale e del<br />

Sud, la Russia e gli Emirati Arabi, sebbene questi ultimi rappresentino<br />

una quota molto piccola dell’export.<br />

Percentuali calcolate su dati in m<strong>il</strong>ioni<br />

di dollari correnti Fonte: Elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Unctad<br />

5 Nel 2006 sono stati esportati oltre 76 m<strong>il</strong>ioni di paia di occhiali.<br />

6 Gli Stati Uniti sono <strong>il</strong> primo mercato di riferimento dell’industria dell’occhiale con una<br />

quota di export superiore al 27%.<br />

42 43


Figura 1.5 – L’evoluzione della produzione dell’occhiale<br />

(valori in m<strong>il</strong>ioni di euro)<br />

44<br />

1.7 Gli attori istituzionali<br />

del <strong>distretto</strong><br />

Fonte: Elaborazioni Anfao su dati Coeweb ISTAT<br />

e Globale Trade Atlas<br />

Nel <strong>distretto</strong> dell’occhialeria l’azione collettiva ha svolto un<br />

ruolo attivo per le imprese di medie e piccole dimensioni nel<br />

processo di adattamento al cambiamento del contesto internazionale.<br />

Alla metà degli anni ’90, le associazioni di categoria<br />

e di settore offrono servizi per creare un “effetto leva a<br />

livello di sistema” e sostenere le imprese in investimenti per<br />

l’innovazione tecnologica.<br />

Sebbene <strong>il</strong> bisogno di un cambiamento nelle routine organizzative<br />

sia ora evidente, le imprese manifestano una diffidenza<br />

nei confronti di politiche o iniziative top-down e dimostrano,<br />

inizialmente, uno scarso interesse per collaborazioni con<br />

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />

questi attori istituzionali. L’unico attore che acquista in questo<br />

decennio un ruolo collettivo autorevole nel <strong>distretto</strong> è<br />

Certottica.<br />

CERTOTTICA — Nasce nel 1992 come società consort<strong>il</strong>e a capitale<br />

misto e finalizzata allo sv<strong>il</strong>uppo di una cultura della qualità.<br />

I soci principali sono Anfao (49%) e Veneto Innovazione<br />

Spa (25%), seguiti da una pluralità di soggetti regionali7 .<br />

I servizi di Certottica sono cresciuti nel tempo: oltre alla certificazione<br />

di qualità fornisce servizi per l’innovazione e per<br />

la formazione del personale8 e <strong>il</strong> suo ruolo ha acquisito maggiore<br />

r<strong>il</strong>evanza fino a diventare parte del Parco Scientifico<br />

Veneto “Gal<strong>il</strong>eo”.<br />

L’istituto di ricerca svolge oggi una funzione sinergica nel<br />

sistema reticolare di imprese nel <strong>distretto</strong>. Ha sv<strong>il</strong>uppato relazioni<br />

solide con circa la metà delle imprese innovative, con un<br />

quarto circa di imprese con un proprio prodotto e con gran<br />

parte delle imprese che producono componentistica. I rapporti<br />

sono meno solidi con le piccole imprese (Gambarotto,<br />

Solari, 2005).<br />

A partire dalla metà degli anni ’90 grazie ai fondi strutturali<br />

europei (Leader I e II) si intensifica un’attività di programmazione<br />

per lo sv<strong>il</strong>uppo del territorio. L’attività di governance<br />

messa in atto per rispettare <strong>il</strong> principio di sussidiarietà richiesto<br />

dall’Unione Europea coinvolge una pluralità di attori istituzionali<br />

locali attorno a un progetto rivolto alla promozione dello<br />

sv<strong>il</strong>uppo dell’occhialeria <strong>bellunese</strong>9 .<br />

7 Associazione industriali di Belluno (5%), CNA di Belluno (2,083%), Federazione Regionale<br />

Artigiano Veneto (2,083%), Associazione Industriali di Treviso (1,5%), CCIAA di<br />

Belluno, di Padova, di Vicenza, di Varese, di Treviso e di Venezia (ognuna con 1,5%),<br />

la Provincia di Belluno (5%), Federottica (1,334%), Comunità Montana Longaronese<br />

Zoldano (0,75%) e Comune di Longarone (0,75%).<br />

8 Certottica fornisce servizi di certificazione sui requisiti di sicurezza ed esegue rapporti<br />

di prova sui prototipi e caratteristiche tecnologiche di diversi prodotti oltre agli<br />

occhiali: caschi, protezioni per motociclisti, sci da discesa e da fondo, snowboard,<br />

bastoncini da sci ed equipaggiamento per l’alpinismo. A fianco ai servizi di validazione,<br />

l’Istituto fornisce un ventaglio molto ampio di corsi di formazione continua: dai corsi<br />

di alta formazione (design dell’occhiale, metodi di prototipazione, tecnologie innovative<br />

per l’occhiale), ai corsi sul risparmio energetico e le energie rinnovab<strong>il</strong>i nonché corsi<br />

per le piccole e medie imprese in diverse aree aziendali.<br />

9 L’iniziativa comunitaria Leader è uno strumento specifico della politica strutturale dell’Unione<br />

Europea rivolto a sperimentare metodologie locali, spesso innovative, di sv<strong>il</strong>uppo<br />

attraverso lo scambio di know-how e creazione di progetti di cooperazione transfrontaliere,<br />

transnazionali e interregionali.<br />

45


Figura 1.6 – Struttura del Progetto “Cittadella dell’Occhiale”<br />

46<br />

Fonte: Club dei Distretti Industriali, Newsletter n. 3, 1996<br />

CITTADELLA DELL’OCCHIALE — Nasce nel 1994 la Cittadella dell’Occhiale<br />

per coordinare le iniziative di promozione dello sv<strong>il</strong>uppo<br />

e per la creazione di servizi rivolti a r<strong>il</strong>anciare la competitività<br />

del <strong>distretto</strong> (cfr. figura 1.6).<br />

A distanza di più di dieci anni dalla partenza di questa iniziativa,<br />

i risultati ottenuti sono concentrati nella Ricerca e Innovazione<br />

grazie al forte coinvolgimento di Certottica. Sono<br />

stati realizzati quattro progetti di ricerca di tipo tecnico-ingegneristico<br />

e per la normazione dei dispositivi di protezione<br />

individuale.<br />

ANFAO — Tra gli attori istituzionali “storici” del <strong>distretto</strong>,<br />

Anfao è sicuramente <strong>il</strong> più importante. Nasce nel 1954 e<br />

riunisce la quasi totalità di imprese italiane del settore. Il suo<br />

obiettivo principale è quello di rafforzare le relazioni tra le<br />

imprese e di rappresentarne gli interessi all’estero. Organizza<br />

la più importante manifestazione fieristica del settore, <strong>il</strong><br />

Mido, evento di assoluta r<strong>il</strong>evanza per le imprese in quanto<br />

momento internazionale di incontro tra gli operatori del settore.<br />

Contribuisce inoltre alla creazione/mantenimento delle<br />

competenze all’interno del <strong>distretto</strong> e alla definizione delle<br />

norme di certificazione attraverso la partecipazione societaria<br />

di Certottica.<br />

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />

ALTRI ATTORI — Esistono poi molti altri attori istituzionali nel<br />

<strong>distretto</strong>: Sipao (Sezione Industrie Produttrici Articoli Occhialeria),<br />

<strong>il</strong> consorzio Dolomiti Export, <strong>il</strong> Museo dell’Occhiale, <strong>il</strong><br />

Centro Servizi Occhialeria, Eurobic Dolomiti. Tutti rivolti a<br />

sostenere e migliorare la competitività delle imprese e lo sv<strong>il</strong>uppo<br />

del <strong>distretto</strong> dell’occhialeria.<br />

1.8 Un’ipotesi di lettura<br />

dell’evoluzione del <strong>distretto</strong><br />

Il <strong>distretto</strong> dell’occhialeria ha subito trasformazioni profonde<br />

in questi ultimi quindici anni. Fondamentalmente la forma<br />

attuale del <strong>distretto</strong> nasce dall’idea di trasformare un prodotto<br />

medicale quale l’occhiale da vista in un prodotto simbolico<br />

grazie all’investimento nel design e alla partnership con le<br />

grandi firme della moda10 . Il fattore di produzione “creatività”<br />

ha poi innescato un processo di sv<strong>il</strong>uppo quantitativo –<br />

aumento della domanda mondiale di occhiali, aumento del<br />

numero di imprese nel <strong>distretto</strong> per aumentare la capacità<br />

produttiva, aumento del numero di occupati nel <strong>distretto</strong> – e<br />

qualitativo diffic<strong>il</strong>mente imitab<strong>il</strong>e.<br />

Lo sv<strong>il</strong>uppo, tuttavia, non può essere infinito e la dimensione<br />

della domanda tenderà a saturarsi nel tempo soprattutto perché<br />

nuovi produttori – in particolare quelli del Far East – crescono<br />

più rapidamente dei nuovi mercati. Questo passaggio<br />

critico che ha coinvolto <strong>il</strong> secondo quinquennio degli anni ’90<br />

ha generato effetti divergenti: da un lato molte piccole imprese<br />

sono scomparse dal <strong>distretto</strong> per effetto di un ridimensionamento<br />

della domanda a loro direttamente rivolta; e, dall’altro, le<br />

grandi e medie imprese hanno consolidato <strong>il</strong> trend di crescita<br />

con un forte investimento nei canali distributivi.<br />

10 Dei 300 marchi presenti oggi sul mercato mondiale, 102 sono italiani (pari al 34%),<br />

65 statunitensi e 59 francesi. Questi tre paesi coprono <strong>il</strong> 76% dei marchi mondiali.<br />

Degli 83 produttori su licenza (anno 2005), 40 sono italiani, pari al 49%, 15 francesi<br />

e 10 statunitensi. I tre paesi coprono <strong>il</strong> 79% dei produttori su licenza.<br />

47


48<br />

È fac<strong>il</strong>e riconoscere come le imprese abbiano reagito ai riassetti<br />

dei mercati mondiali ut<strong>il</strong>izzando comportamenti “adattivi” legati<br />

alla singola esperienza organizzativa e alla conoscenza tacita<br />

accumulata. In altre parole, <strong>il</strong> processo evolutivo che si è messo<br />

in moto è dipeso dalle diverse capacità di assorbimento (absorptive<br />

capacities) delle imprese (Cohen e Levinthal,1990).<br />

Le grandi imprese hanno posto un vincolo al processo di<br />

adattamento delle imprese medie e piccole; le loro strategie<br />

distributive e le innovazioni introdotte nella gestione dei flussi<br />

informativi per adeguarsi all’evolvere della domanda hanno<br />

generato una maggiore verticalizzazione nella struttura delle<br />

relazioni tra imprese.<br />

Da alcune analisi fin qui condotte sulla struttura relazionale<br />

delle imprese nel <strong>distretto</strong> è emerso che si possono distinguere<br />

quattro cluster di imprese (Gambarotto, Solari, 2008).<br />

• Un primo insieme di imprese sfruttano le competenze del<br />

<strong>distretto</strong> e si connettono con una pluralità di attori. Sono<br />

imprese che hanno ut<strong>il</strong>izzato i servizi forniti dagli attori istituzionali,<br />

in particolare da Certottica, per introdurre innovazioni<br />

di processo e di prodotto. Hanno acquisito competenze<br />

organizzative e tecnologiche riverticalizzando la produzione<br />

e rinunciando, almeno in parte, al ricorso a subfornitori.<br />

• Un secondo insieme di imprese – che producono per<br />

conto terzi e posseggono una linea di produzione con marchio<br />

proprio – hanno invece ut<strong>il</strong>izzato canali informali per<br />

acquisire nuove conoscenze tecnologiche e organizzative.<br />

Soprattutto grazie ai rapporti con le imprese più grandi,<br />

hanno investito le loro risorse nel miglioramento dei processi<br />

di produzione e le loro strategie si sono concentrate<br />

sul contenimento dei costi.<br />

• Il terzo insieme di imprese riconoscib<strong>il</strong>e all’interno del<br />

<strong>distretto</strong> comprende le microimprese e i subfornitori. Sono<br />

imprese con una bassissima capacità di assorbimento<br />

delle informazioni, fortemente dipendenti da altre imprese<br />

e anche ampiamente sottocapitalizzate. Questo limite –<br />

dimensionale e di risorse – si è tradotto nell’incapacità ad<br />

1. TRA CREATIVITÀ PRODUTTIVA E CREAZIONE DI NUOVI SIMBOLI DI CONSUMO<br />

acquisire nuove competenze sia direttamente, sia persino<br />

attraverso gli attori istituzionali del <strong>distretto</strong>.<br />

Si tratta di imprese che hanno qualche speranza di sopravvivenza<br />

solo aggregandosi, precondizione necessaria per provare<br />

a percorrere gli stessi sentieri innovativi già battuti dalle<br />

altre imprese.<br />

• Il quarto insieme di imprese contiene le imprese di componenti<br />

speciali quali, ad esempio, gli astucci per gli<br />

occhiali. Sono imprese che hanno mantenuto un rapporto<br />

molto stretto con le altre imprese del <strong>distretto</strong> acquisendo<br />

informazioni e mettendosi nelle condizioni di rispondere<br />

alle esigenze delle imprese produttrici. Hanno sv<strong>il</strong>uppato<br />

rapporti molto solidi con alcuni attori istituzionali che operano<br />

nel <strong>distretto</strong> per allineare le loro competenze con<br />

quelle delle altre imprese.<br />

Se, dunque, <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhiale ha sin qui mostrato una<br />

buona tenuta competitiva sui mercati internazionali, da cui è<br />

derivata una performance indubbiamente interessante per<br />

numerosi attori industriali, deve identificare ora un nuovo<br />

equ<strong>il</strong>ibrio produttivo interno che risponda alla deriva inesorab<strong>il</strong>e<br />

dei processi di delocalizzazione e al processo di verticalizzazione<br />

dei rapporti tra imprese, se vorrà mantenere una<br />

compattezza di <strong>distretto</strong> che si va rapidamente attenuando.<br />

49


Capitolo 2<br />

L’ANALISI DI BILANCIO:<br />

PERFORMANCE<br />

DI SETTORE E<br />

CARATTERISTICHE<br />

DI MERCATO


54<br />

L’analisi di b<strong>il</strong>ancio:<br />

performance<br />

di settore e<br />

caratteristiche<br />

di mercato<br />

ALBERTO BRAMANTI e ARMANDO RUNGI<br />

Una performance a livello macro-territoriale più che positiva –<br />

qual è quella emersa dal precedente Capitolo 1 – e la presenza<br />

di un nucleo oligopolistico di imprese che “fanno <strong>il</strong> mercato”,<br />

meritano un approfondimento anche a livello di dati di<br />

b<strong>il</strong>ancio. Questo secondo Capitolo è pertanto dedicato a<br />

un’analisi accurata delle performance di settore e delle caratteristiche<br />

di mercato; l’analisi mette in luce le modificazioni<br />

più significative registratesi negli anni 2000 seguendo uno<br />

schema articolato su diversi passaggi.<br />

Innanzitutto viene proposta una valutazione del grado di concentrazione<br />

del settore (indice di Herfindahl-Hirschman) e la<br />

sua variazione nell’ultimo triennio (cfr. § 2.1). L’analisi della concentrazione<br />

è affiancata da quella del mark-up, la cui variazione<br />

nel tempo indica quanto le imprese si sentano sotto pressione<br />

rispetto al prezzo di vendita (indice di Lerner; cfr. § 2.1.1). Una<br />

più alta competitività (diminuzione della concentrazione e contrazione<br />

dei margini di mark-up) si traduce in performance positive<br />

sui mercati internazionali (cfr. § 2.2). Dalla performance<br />

estera a quella interna e complessiva, <strong>il</strong> passo è breve, gli indicatori<br />

ut<strong>il</strong>izzati sono <strong>il</strong> fatturato per addetto (cfr. § 2.3) che evidenzia<br />

un differenziale tra <strong>il</strong> dato distrettuale e quello medio italiano<br />

con le imprese del <strong>distretto</strong> che evidenziano un maggiore<br />

addensamento nel segmento a più alta produttività.<br />

Il passaggio successivo indaga sulla struttura dei costi variab<strong>il</strong>i<br />

e sulla prevalenza dei costi per servizi nel <strong>distretto</strong>, e dei<br />

costi sul materiale a livello nazionale, con un’indicazione indiretta<br />

del posizionamento qualitativo delle produzioni distrettuali<br />

che tanto più salgono nella scala del valore aggiunto, tanto<br />

più sono ut<strong>il</strong>izzatrici di servizi di terziario dedicati e pregiati.<br />

Redditività e indebitamento sono infine esplorati per cogliere<br />

la ripresa recente – che nel <strong>distretto</strong> consente di recuperare i<br />

livelli di redditività del 2002 – e la necessità di finanziare i processi<br />

di ristrutturazione più impegnativi con risorse proprie<br />

piuttosto che con indebitamento finanziario (cfr. § 2.4).<br />

L’analisi dei risultati a livello di b<strong>il</strong>anci di impresa segnala dunque<br />

che la competizione nel settore nell’ultimo quinquennio è<br />

aumentata (a livello Italia) e <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhiale veneto ha<br />

risposto mostrando capacità distintive rispetto al resto d’Italia;<br />

l’esito territoriale si documenta in una migliore performance<br />

economica relativa.<br />

L’analisi qui proposta è fondata su dati di b<strong>il</strong>ancio delle imprese<br />

del settore degli occhiali11 , con un confronto tra <strong>il</strong> <strong>distretto</strong><br />

che si è storicamente formato nelle province di Belluno e Treviso<br />

e <strong>il</strong> resto d’Italia. I dati di b<strong>il</strong>ancio e le informazioni sulla<br />

proprietà delle imprese sono ricavati dal database AIDA, che<br />

copre circa <strong>il</strong> 90% delle imprese che hanno l’obbligo di presentare<br />

<strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio12 e tende a escludere solo imprese di piccolissime<br />

dimensioni. Il periodo coperto è quello tra <strong>il</strong> 2000 e<br />

<strong>il</strong> 200613 , un periodo di grande interesse per numerosi motivi:<br />

• l’accesso all’Unione Europea di nuovi paesi membri e quindi<br />

la presenza di nuovi mercati di sbocco nell’area Euro;<br />

11 Per la definizione del settore degli occhiali ut<strong>il</strong>izzeremo la classificazione delle attività<br />

industriali dell’ISTAT, ATECO 2002. Le categorie d’impresa incluse nell’analisi sono:<br />

“Fabbricazione di armature per occhiali di qualsiasi tipo; “Montatura in serie di occhiali<br />

comuni”; “Confezionamento e apprestamento di occhiali da vista e lenti a contatto”;<br />

“Fabbricazione di elementi ottici, compresa la fabbricazione di fibre ottiche non<br />

individualmente inguainate”; “Fabbricazione di lenti e strumenti ottici di precisione”.<br />

12 Confronto effettuato con i dati ISTAT delle imprese attive al 2006 distinte in forma giuridica.<br />

13 Il ritardo con cui vengono immessi i nuovi dati è di oltre un anno. I b<strong>il</strong>anci 2007 sono<br />

infatti resi disponib<strong>il</strong>i a partire da maggio-giugno dell’anno seguente. Vengono quindi<br />

riclassificati e inseriti nella banca dati a partire dall’autunno dell’anno successivo a<br />

quello a cui si riferiscono. Alla data di chiusura del presente Quaderno erano disponib<strong>il</strong>i<br />

dati 2007 solo parziali e senza una copertura soddisfacente del settore. Si è pertanto<br />

scelto di fermarsi all’anno 2006, ultimo dato completo ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>e.<br />

55


56<br />

• l’ingresso della Cina nell’Organizzazione Mondiale del<br />

Commercio (WTO) e, quindi, l’accresciuta concorrenza proveniente<br />

dai paesi emergenti;<br />

• l’implementazione di riforme del mercato del lavoro – nella<br />

direzione di un’accresciuta flessib<strong>il</strong>ità – che avrebbero<br />

potuto favorire la ristrutturazione di imprese per renderle<br />

più competitive sul mercato.<br />

Sulla base del campione ut<strong>il</strong>izzato, circa un terzo delle imprese<br />

italiane (171 su 475) sono dislocate sul territorio delle province<br />

di Belluno e Treviso, producendo però <strong>il</strong> 51% del fatturato<br />

nazionale. Delle prime 30 imprese in ordine di fatturato<br />

nel periodo, 16 sono in Veneto e di queste la sola provincia di<br />

Belluno ne annovera 10. Le imprese del Veneto danno lavoro<br />

al 64% circa degli addetti nel settore in Italia.<br />

2.1 Un settore a competizione<br />

crescente<br />

L’analisi qui presentata parte dalla constatazione che <strong>il</strong> settore<br />

dell’occhialeria ha vissuto modificazioni recenti legate a<br />

un’accresciuta competizione tra imprese, che ha influito sulla<br />

struttura di mercato e sulla sua evoluzione nel corso degli ultimi<br />

anni. Una competizione che, come già accennato, è largamente<br />

frutto di una forte apertura al commercio internazionale,<br />

dell’irrompere di nuove tecnologie e del consolidarsi di una<br />

domanda del consumatore più sofisticata.<br />

Una prima misura di questa accresciuta competizione è certamente<br />

rintracciab<strong>il</strong>e nelle modificazioni intercorse sulla<br />

struttura di mercato a livello italiano, lette attraverso una classica<br />

misura di concentrazione delle quote di mercato fornita<br />

dall’indice di Herfindahl-Hirschman14 . La concentrazione delle<br />

14 L’indice di concentrazione del mercato di Herfindahl-Hirschman è calcolato come la<br />

somma dei quadrati delle quote di mercato nel settore. Una sua diminuzione sta a<br />

indicare un miglioramento della concorrenza all’interno del mercato di riferimento. Un<br />

incremento dell’indice significa un peggioramento della concorrenza a favore di alcune<br />

imprese che concentrano maggiori quote di mercato.<br />

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

Figura 2.1 – Indice di concentrazione Herfindahl-Hirschman<br />

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA<br />

quote di mercato, e la sua variazione nel tempo, indica infatti<br />

quanto <strong>il</strong> potere di mercato si distribuisca in maniera ineguale<br />

fra le imprese che partecipano al settore occhialeria. L’indice<br />

di Herfindahl-Hirschman misura insomma quanto <strong>il</strong> settore si<br />

allontana da un contesto “perfettamente competitivo”, astrazione<br />

della teoria nella quale idealmente tutte le imprese<br />

avrebbero lo stesso potere di mercato.<br />

Una diminuzione dell’indice registra una distribuzione delle<br />

quote di mercato meno concentrata in poche imprese che<br />

dominano <strong>il</strong> settore mentre, all’opposto, un incremento dell’indice<br />

indicherebbe un maggiore scostamento dalla situazione<br />

di concorrenza perfetta.<br />

Nella figura 2.1 tale indice è stato calcolato per <strong>il</strong> periodo<br />

2004-2006 e si evince che, data l’usuale persistenza strutturale<br />

dell’indice nel tempo, <strong>il</strong> mercato degli occhiali ha sperimentato<br />

una evidente decrescita con uno spostamento<br />

del settore occhialeria verso un nuovo equ<strong>il</strong>ibrio caratterizzato<br />

da un potere di mercato meno concentrato all’anno<br />

57


58<br />

finale, grazie a una più forte competizione orizzontale tra<br />

imprese.<br />

La sola misura della concentrazione del mercato, seppure ut<strong>il</strong>e<br />

per un primo quadro generale del settore e delle due modificazioni<br />

negli anni recenti, deve essere considerata solo un<br />

punto di partenza dell’analisi; un’informazione che apre all’esigenza<br />

di comprendere come tale trasformazione si sia realizzata<br />

e da cosa derivi la redistribuzione di quote di mercato in<br />

atto all’interno del settore.<br />

Ciò che l’indice Herfindahl-Hirschman si limita a comunicare<br />

è che alcune imprese hanno ceduto potere di mercato a favore<br />

di altre. Il dato sintetico è però interpretativamente “povero”<br />

dal momento che non è neppure possib<strong>il</strong>e dire se le<br />

imprese che hanno ceduto potere di mercato siano rimaste<br />

attive sul mercato o ne siano uscite.<br />

Per andare più a fondo nell’interpretazione dei fenomeni diviene<br />

allora interessante ut<strong>il</strong>izzare un altro strumento che – sempre<br />

con l’obiettivo di misurare <strong>il</strong> potere di mercato e la sua<br />

redistribuzione nel tempo – è in grado di registrare la differenza<br />

tra <strong>il</strong> prezzo praticato e i costi sostenuti (<strong>il</strong> ben noto markup)<br />

e collegarlo all’analisi della concorrenza.<br />

Dal punto di vista economico infatti, se in un settore, a livello<br />

aggregato, <strong>il</strong> mark-up nel corso di un periodo tende a diminuire<br />

significa che i margini si sono compressi e dunque, verosim<strong>il</strong>mente,<br />

esistono pressioni concorrenziali che obbligano le<br />

imprese a ridurre i propri margini rispetto ai costi.<br />

Questo effetto può essere esito e conseguenza diretta, di<br />

una accresciuta concorrenza che determina una diminuzione<br />

del ricarico che un’impresa può fare partendo dai costi sostenuti<br />

per la produzione. Ciò potrebbe innescare una generale<br />

riduzione dei prezzi che porterebbe alcune imprese del settore<br />

al fallimento perché non in grado di sostenere un prezzo<br />

così basso. Ovviamente non si può nemmeno escludere che<br />

<strong>il</strong> settore si sia invece concentrato a valle, nella fase distributiva<br />

e che questo comprima i margini dei produttori a monte in<br />

forza del suo accresciuto potere di mercato.<br />

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

Al contrario, nel caso di un aumento del mark-up, si avrebbe<br />

un segnale inequivocab<strong>il</strong>e di un certo allentamento della<br />

pressione concorrenziale così che le imprese presenti sul<br />

mercato siano in grado di ricavare un profitto maggiore a partire<br />

dai costi che hanno sostenuto.<br />

Nella figura 2.2, è possib<strong>il</strong>e osservare l’indice di Lerner aggregato,<br />

<strong>il</strong> quale – appunto – è in grado di misurare <strong>il</strong> mark-up<br />

praticato all’interno di un settore. Nel caso in esame, nel settore<br />

dell’occhiale, tale indice è diminuito nel corso del periodo<br />

considerato in maniera certamente significativa e ci fornisce<br />

una quantificazione dell’effetto della concorrenza come percepito<br />

dal produttore del settore occhialeria, con una diminuzione<br />

tra <strong>il</strong> 2000 e <strong>il</strong> 2006 del 15% in termini di differenza fra<br />

prezzo praticato e costi sostenuti15 .<br />

2.1.1 SCOMPOSIZIONE DEL MARK-UP<br />

A LIVELLO DI SETTORE<br />

A partire dall’indice aggregato l’analisi si sposta sulle componenti<br />

che concorrono a tale andamento – una diminuzione<br />

derivante da una accresciuta concorrenza nel settore occhialeria<br />

è l’ipotesi interpretativa assunta.<br />

In senso puramente teorico due sono le possib<strong>il</strong>i occorrenze:<br />

• imprese più efficienti possono essere entrate sul mercato<br />

– grazie alla presenza di minori barriere all’entrata di natura<br />

tecnologica (la tecnologia di produzione è ora diventata<br />

più accessib<strong>il</strong>e e più fac<strong>il</strong>e da implementare);<br />

• è cresciuta la produttività di alcune imprese già operanti<br />

nel settore, in grado pertanto di diminuire i propri costi di<br />

produzione e quindi di offrire <strong>il</strong> prodotto a un prezzo più<br />

basso rispetto ai concorrenti.<br />

Per avere un quadro più completo delle dinamiche sottostanti<br />

alle modificazioni della struttura di mercato – ipotizzata dalla<br />

decrescita dell’indice di concentrazione e dell’indice di Ler-<br />

15 L’indice di Lerner è dapprima calcolato a livello di impresa come Vendite - Costo<br />

materiali e servizi - Costo del lavoro/Vendite, dopo di che in aggregato si riporta la<br />

media ponderata sulla base delle quote di mercato delle imprese.<br />

59


Figura 2.2 – Indice di Lerner e sua scomposizione<br />

60<br />

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA<br />

ner aggregato – è ut<strong>il</strong>e procedere alla scomposizione della<br />

variazione complessiva (pari a un 15% tra <strong>il</strong> 2000 e <strong>il</strong> 2006)<br />

nelle principali componenti che la determinano:<br />

• ingresso di nuove imprese (effetto entry);<br />

• fallimento di vecchie imprese (effetto exit);<br />

• comportamento delle imprese che sono rimaste attive sul<br />

mercato, a sua volta scomposto in tre componenti (effetto<br />

within, effetto riallocazione, ed effetto interazione).<br />

La scomposizione adottata richiede uno strumento relativamente<br />

sofisticato16 – ma di frequente ut<strong>il</strong>izzazione in questo<br />

tipo di studi – che permette alle singole componenti di raggiungere<br />

in somma algebrica l’effetto aggregato.<br />

A partire dalla figura 2.2 è possib<strong>il</strong>e discutere <strong>il</strong> contributo<br />

delle singole componenti sul risultato finale (la variazione dell’indice<br />

di Lerner per <strong>il</strong> settore). Il primo effetto, effetto entry –<br />

ovvero <strong>il</strong> contributo dato dalle imprese che accedono al mer-<br />

16 Qui si adotta una scomposizione di Laspeyres del price-cost margin aggregato settoriale<br />

grazie alla disponib<strong>il</strong>ità di dati a livello di impresa. L’indice di Lerner settoriale<br />

rappresenta la somma algebrica di questi singoli effetti.<br />

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

cato per la prima volta – assume un valore positivo (mark-up<br />

più alto della media) e non contribuisce quindi ad aumentare<br />

la concorrenza all’interno del settore.<br />

Il valore positivo della componente va letto in termini negativi<br />

nel senso che un mark-up che cresce segnala una “attenuazione”<br />

della concorrenza. Le nuove imprese che entrano hanno<br />

elementi distintivi tali da consentire loro di “estrarre” dai<br />

prezzi di vendita praticati un mark-up superiore a quello delle<br />

imprese compessivamente già presenti sul mercato.<br />

L’effetto exit per <strong>il</strong> settore occhialeria, come risulta evidente<br />

dalla figura 2.2, è <strong>il</strong> maggior responsab<strong>il</strong>e della variazione in<br />

aggregato dell’indice. Se <strong>il</strong> mark-up di settore (dato medio)<br />

diminuisce significativamente nel quinquennio (-15%) per<br />

l’uscita di un certo numero di imprese dal settore (effetto exit,<br />

-18%), significa che a uscire dal mercato sono imprese col<br />

mark-up più alto della media e bisogna dunque supporre che<br />

non si tratti delle imprese che godono di un premium price nei<br />

confronti dei propri concorrenti ma, più fac<strong>il</strong>mente, di imprese<br />

che escono dal mercato perché appesantite da costi troppo<br />

alti rispetto a quello che <strong>il</strong> mercato è disposto a pagare.<br />

L’interpretazione dell’effetto within17 è un po’ meno intuitiva<br />

ma non di meno ut<strong>il</strong>e al fine di comprendere cosa sia successo<br />

nel corso degli ultimi anni nel settore occhialeria. La variazione<br />

in negativo dell’indice – che si ricorda ancora una volta<br />

cattura un effetto di riduzione del potere di mercato – è esattamente<br />

quello che ci si aspetta in un settore che diventa più<br />

competitivo.<br />

Il suo valore negativo sta ad indicare, a quote di mercato costanti,<br />

una diminuzione generalizzata del mark-up che può essere<br />

dovuta sia a una maggior competizione fra le imprese domestiche<br />

sia a una accresciuta importazione dall’estero di prodotti a<br />

minor prezzo e, dunque, una pressione competitiva al ribasso<br />

che ha tenuto più compresso <strong>il</strong> differenziale costi-prezzi.<br />

17 Esso rappresenta la variazione ponderata del mark-up a livello di impresa prendendo<br />

come pesi le quote di inizio periodo, cioè del 2000.<br />

61


62<br />

L’effetto within del settore occhialeria va letto in combinazione<br />

con l’effetto di riallocazione, <strong>il</strong> quale, tenendo fisso <strong>il</strong> mark-up e<br />

soffermandosi invece sulla variazione delle quote a livello di<br />

impresa, indica che quelle che hanno conquistato quote di<br />

mercato a scapito delle altre sono imprese che hanno un markup<br />

più alto. In questo caso la riallocazione di quote di mercato<br />

è avvenuta a favore di imprese che sono state in grado di differenziare<br />

<strong>il</strong> proprio prodotto così che <strong>il</strong> consumatore sia disposto<br />

a riconoscere un premium price per quel prodotto.<br />

Il confronto tra l’effetto di riallocazione e l’effetto within consente<br />

di identificare una situazione di mercato piuttosto dinamica<br />

nella quale, a fianco di imprese capaci di conquistare<br />

quote di mercato spostandosi su produzioni a maggior contenuto<br />

di valore aggiunto – verosim<strong>il</strong>mente attraverso l’innovazione<br />

e <strong>il</strong> soddisfacimento di consumatori con una domanda<br />

più sofisticata – vi sono imprese che devono invece comprimere<br />

<strong>il</strong> proprio mark-up per cercare di conservare la propria<br />

posizione nel mercato (o addirittura mantenersi in vita). In<br />

quest’ultimo caso la produzione è necessariamente più standardizzata,<br />

in linea con prezzi decrescenti.<br />

I due effetti (within e riallocazione) vanno in direzione opposta<br />

ma la riallocazione prevale, a indicare che la strategia di<br />

differenziazione del prodotto ha premiato maggiormente le<br />

imprese nel corso del periodo.<br />

L’ultimo a essere analizzato è l’effetto di interazione, <strong>il</strong> quale<br />

se ce ne fosse bisogno, conferma ulteriormente la presenza<br />

di una pressione competitiva che ha attraversato <strong>il</strong> mercato<br />

degli occhiali determinando, in media, una diminuzione delle<br />

quote di mercato fino alla possib<strong>il</strong>e fuoriuscita da parte di<br />

imprese che praticavano prezzi troppo alti.<br />

L’effetto rappresenta <strong>il</strong> prodotto tra variazioni di quote di mercato<br />

e variazioni di mark-up e in questo caso <strong>il</strong> segno negativo<br />

registrato sta a indicare che le due variazioni vanno in direzioni<br />

opposte. Le imprese che all’inizio del periodo praticavano<br />

prezzi troppo alti hanno visto diminuire le proprie quote di<br />

mercato e <strong>il</strong> contrario è successo per quelle imprese che, par-<br />

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

tendo da mark-up più basso, lo hanno aumentato e sono state<br />

in grado di praticare prezzi più alti grazie a una maggior<br />

qualità del prodotto.<br />

Ciò induce anche a riconoscere che la domanda del bene<br />

occhiale è tendenzialmente elastica al prezzo e che pertanto si<br />

possono aumentare i fatturati complessivi diminuendo i prezzi di<br />

vendita. Come già mostrato precedentemente, l’indice aggregato<br />

riportato dalla figura 2.2 non è altro che la somma algebrica<br />

degli effetti singoli analizzati sin qui nel dettaglio. A prevalere è la<br />

diminuzione del mark-up nel settore, grazie soprattutto alla fuoriuscita<br />

dal mercato di imprese inefficienti, ma come risultato di un<br />

effetto combinato in cui imprese già operanti sul mercato (effetto<br />

riallocazione) oppure imprese nuove entranti (effetto entry), sono<br />

risultate in grado di sostenere un prezzo superiore ai valori medi.<br />

Il risultato finale al 2006 sta quindi a indicare un processo di<br />

generale ristrutturazione che ha visto le imprese del comparto<br />

rispondere con alternative strategiche molto diverse tra loro.<br />

Quelle che sembrano mostrare la più alta probab<strong>il</strong>ità di successo<br />

sono certamente l’innovazione di prodotto e la ricerca<br />

del risparmio sui costi, realizzato anche con delocalizzazione di<br />

forniture e/o fornitori. Accanto alla risposta di tipo più tradizionale<br />

– la compressione dei propri margini di profitto con la<br />

riduzione del mark-up – altre imprese hanno preferito riposizionarsi<br />

su settori di domanda più esigenti, in alcuni casi addirittura<br />

incrementando <strong>il</strong> proprio margine di profitto. Dal momento<br />

che <strong>il</strong> comparto italiano detiene una quota di mercato dell’80%<br />

del segmento lusso, a questa strategia devono avere necessariamente<br />

partecipato molte imprese.<br />

2.2 L’apertura economica<br />

e le sue conseguenze<br />

Le dinamiche di ristrutturazione in atto nel settore degli occhiali<br />

– catturate dalle modificazioni della concentrazione e della<br />

redditività (cfr. § 2.1) – hanno certamente incontrato <strong>il</strong> favore<br />

63


Figura 2.3 – Saldo della b<strong>il</strong>ancia commerciale del settore<br />

degli occhiali. Il mondo, la Cina e l’Europa<br />

64<br />

Fonte: Ns. elaborazione su dati EUROSTAT-COMEXT<br />

del mercato internazionale come mostrano i dati riportati dalla<br />

figura 2.3. Il saldo tra esportazioni e importazioni verso <strong>il</strong> mondo<br />

ha cominciato a impennarsi proprio nel 2000 – come già<br />

precedentemente evidenziato dalla figura 2 (Capitolo introduttivo).<br />

La scomposizione del saldo per destinazione/origine del<br />

prodotto rivela peraltro delle profonde differenze a seconda<br />

che si tratti di economie sv<strong>il</strong>uppate o di paesi emergenti.<br />

Nel grafico qui riportato (figura 2.3), per semplicità, compaiono<br />

i saldi relativi alla Cina, in quanto paese emergente, e dell’Europa<br />

a 15 in quanto composta da paesi ad alto reddito. Le<br />

direzioni dei saldi in figura 2.3 sono evidentemente divergenti.<br />

Se le esportazioni sono state nettamente superiori alle<br />

importazioni nell’Europa a 15, le importazioni dalla Cina hanno<br />

spinto <strong>il</strong> saldo commerciale con questo paese ad assumere<br />

valori negativi già a partire dal 1995. Un analisi più dettagliata<br />

delle importazioni mostra che esse sono più che raddoppiate<br />

nel corso del decennio, seppure in termini di valori<br />

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

monetari si siano tenute ben al di sotto di quanto dall’Italia è<br />

stato esportato verso paesi ad alto reddito. Qui l’ambivalenza<br />

del mercato emerge chiaramente: le imprese che riescono a<br />

raggiungere la domanda più sofisticata di prodotti ad alto<br />

contenuto di valore aggiunto non subiscono quella concorrenza<br />

proveniente da paesi emergenti che invece le imprese<br />

con minore capacità di innovazione sono costrette a subire, in<br />

una competizione sul prezzo a cui sono destinate a soccombere<br />

forse già nel breve periodo.<br />

2.3 Performance d’impresa<br />

e contenuto di servizi<br />

nel prodotto finale<br />

Una misura di performance di impresa frequentemente ut<strong>il</strong>izzata<br />

è <strong>il</strong> fatturato per addetto, che si può anche leggere<br />

come una proxy della produttività del lavoro. L’analisi della<br />

Figura 2.4 – La produttività delle imprese del <strong>distretto</strong>.<br />

Un confronto con <strong>il</strong> resto d’Italia<br />

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA, anno 2006<br />

65


66<br />

figura 2.418 permette di r<strong>il</strong>evare quale sia la differenza tra <strong>il</strong><br />

<strong>distretto</strong> degli occhiali delle province di Belluno e Treviso e<br />

le imprese operanti nel settore dislocate nel resto d’Italia. Il<br />

relativo spostamento a destra della distribuzione di produttività<br />

del <strong>distretto</strong> rispetto al resto d’Italia sta a indicare che le<br />

imprese più produttive sono proprio quelle del <strong>distretto</strong><br />

(linea verde scuro), con invece una notevole presenza di<br />

imprese a media produttività nel resto del Paese (linea verde<br />

chiaro).<br />

2.3.1 MODIFICAZIONI NELLA DIMENSIONE<br />

D’IMPRESA<br />

Data la situazione di produttività qui presentata per <strong>il</strong> settore<br />

degli occhiali è opportuno chiedersi qual è stato l’impatto che<br />

le pressioni competitive degli ultimi anni hanno avuto sulla<br />

dimensione delle imprese. A livello complessivo essa è cresciuta<br />

sia pur leggermente nel settore: nell’ultimo quinquennio<br />

(2003-2007) la dimensione media passa infatti da un<br />

valore di 14 addetti/impresa ai 17,6 dell’anno finale.<br />

Questo è <strong>il</strong> quesito al quale le figure 2.5 e 2.6 intendono<br />

rispondere, con la prima figura che si riferisce alla distribuzione<br />

per dimensione nel resto d’Italia al 2000 e al 2006. È<br />

agevole verificare che le imprese che hanno dovuto fare<br />

downsizing, o che sono uscite dal mercato dato <strong>il</strong> nuovo<br />

contesto competitivo nel quale si sono trovate a operare,<br />

sono quelle di dimensione medio-piccola, tra i 10 e i 60<br />

dipendenti19 .<br />

Completamente diversa invece la situazione nel <strong>distretto</strong> dell’occhiale<br />

(cfr. figura 2.6), con un generale incremento della<br />

dimensione di impresa tra <strong>il</strong> 2000 e <strong>il</strong> 2006, indizio di un<br />

diverso effetto che <strong>il</strong> nuovo contesto economico ha avuto sulle<br />

imprese di Belluno e Treviso.<br />

18 Prima di costruire la distribuzione della produttività si è operata una trasformazione<br />

in logaritmi dei valori di produttività che rende <strong>il</strong> confronto “leggib<strong>il</strong>e”.<br />

19 Per ricavare <strong>il</strong> numero di dipendenti, ut<strong>il</strong>izzato qui come misura per determinare la<br />

dimensione di impresa, basta calcolare l’esponenziale del numero sulle ascisse:<br />

dimensione in termini di occupati = exp(x).<br />

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

Figura 2.5 – La dimensione d’impresa nel resto d’Italia,<br />

dal 2000 al 2006<br />

Figura 2.6 – La dimensione d’impresa nel <strong>distretto</strong>,<br />

dal 2000 al 2006<br />

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA<br />

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA<br />

67


68<br />

Anche le imprese medio-piccole localizzate nel <strong>distretto</strong> che<br />

sono rimaste sul mercato (forse è <strong>il</strong> caso di aggiungerlo perché<br />

in questo perido in realtà ne sono morte 300) hanno<br />

maggiormente beneficiato del clima di crescita complessivo,<br />

a differenza di quanto avvenuto nel resto d’Italia, aumentando<br />

la propria dimensione relativamente agli anni precedenti.<br />

A cosa può essere dovuta la differenza qui r<strong>il</strong>evata tra <strong>il</strong> comportamento<br />

dell’impresa italiana media nel settore degli<br />

occhiali che ha dovuto ristrutturare in maniera tradizionale<br />

attraverso downsizing e le imprese localizzate nel <strong>bellunese</strong><br />

e nel trevigiano che invece hanno potuto investire e ampliare<br />

la propria attività assumendo nuovi addetti? Una risposta<br />

può essere trovata nel prodotto finale che viene proposto al<br />

consumatore, o meglio nella combinazione produttiva che<br />

porta al prodotto finale. È proprio questa la verifica finale<br />

condotta.<br />

2.3.2 ANALISI DEI COSTI D’IMPRESA<br />

Analizzando <strong>il</strong> conto economico delle imprese del settore, è<br />

possib<strong>il</strong>e verificare quale sia la struttura dei costi e come<br />

essa si differenzi tra costo delle materie prime, costo dei servizi<br />

e costo del lavoro.<br />

È quanto riportato nella figura 2.7, prima per l’intero settore in<br />

Italia e poi per le sole imprese del <strong>distretto</strong> degli occhiali veneto.<br />

Innanzitutto, la figura 2.7 mostra che <strong>il</strong> costo dei materiali continua<br />

a prevalere nella produzione dell’impresa media20 , seppure<br />

<strong>il</strong> costo per i servizi costituisca un elemento importante nella<br />

struttura del conto economico delle imprese del settore. Il costo<br />

del lavoro è relativamente meno importante rispetto alla somma<br />

di materie e servizi e comunque <strong>il</strong> margine che resta (ricavi meno<br />

costi variab<strong>il</strong>i) a copertura dei costi fissi e per la retribuzione del<br />

capitale è relativamente compresso. Esso costituisce in media<br />

soltanto l’11% dei ricavi nel 2006, sia nell’intero settore a livello<br />

nazionale sia nel <strong>distretto</strong> <strong>bellunese</strong>-trevigiano.<br />

20 Tutti i dati sono stati ponderati ut<strong>il</strong>izzando come pesi le quote di mercato.<br />

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

Figura 2.7 – Struttura dei costi variab<strong>il</strong>i. Un confronto<br />

tra le imprese italiane e le sole imprese del<br />

<strong>distretto</strong> Belluno-Treviso (valori in migliaia di euro)<br />

Fonte: Ns. Elaborazione dei dati AIDA, anno 2006<br />

69


Figura 2.8 – Differenze nelle strutture dei costi variab<strong>il</strong>i<br />

tra le imprese italiane e le sole imprese del <strong>distretto</strong><br />

Belluno-Treviso (valori in migliaia di euro)<br />

70<br />

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA, anno 2006<br />

Il terzo grafico – riportato nella figura 2.8 – mostra però una<br />

sostanziale differenza nella struttura dei costi fra le imprese<br />

del <strong>distretto</strong> e quelle del resto d’Italia. Date le medie ponderate<br />

del costo dei materiali e del costo dei servizi in entrambi i<br />

sottocampioni, nel grafico è rappresentata la differenza tra le<br />

prime e le seconde, mostrando che nel corso del periodo la<br />

spesa sostenuta dalle imprese del <strong>distretto</strong> è stata sempre<br />

relativamente minore nel caso dei materiali per la produzione<br />

e sempre relativamente maggiore nel caso dei servizi alla produzione.<br />

Nel caso dei materiali la differenza si accentua negli<br />

ultimi anni.<br />

Ricollegandosi a quanto detto precedentemente, <strong>il</strong> maggior<br />

contenuto di servizi qualifica in genere le produzioni destinate<br />

a soddisfare settori di domanda più sofisticata e/o, in particolare,<br />

la parte di design a monte e la parte di commercializzazione/pubblicità<br />

a valle.<br />

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

Allo stesso tempo la differenza nel costo dei materiali potrebbe<br />

rappresentare l’indizio di un’accresciuta consapevolezza delle<br />

imprese in fatto di internazionalizzazione e di opportunità offerte<br />

dall’estero per risparmiare sui fattori della produzione. Come<br />

più volte r<strong>il</strong>evato dalla letteratura economica, le opportunità<br />

offerte dall’apertura dei mercati alle imprese – soprattutto in fatto<br />

di reperib<strong>il</strong>ità di fattori produttivi – sono spesso molto vantaggiose<br />

rispetto alle minacce che invece spesso vengono percepite<br />

nel caso di importazioni di prodotti concorrenti.<br />

2.4 Redditività e indebitamento<br />

Al fine di identificare gli effetti delle modificazioni strutturali in<br />

atto in termini di redditività sul settore degli occhiali nel<br />

<strong>distretto</strong> oggetto di analisi nella figura 2.9 viene presentata la<br />

media ponderata del rapporto EBITDA 21 sulle vendite espresso<br />

in percentuale.<br />

Questo rapporto sulle vendite è in grado di misurare, a livello<br />

di impresa, la percentuale di profitti dato <strong>il</strong> fatturato, annullando<br />

la distorsione che può essere data dalla dimensione di<br />

impresa che comporterebbe per forza di cose livelli di profitto<br />

maggiori. La ponderazione per la quota di mercato della singola<br />

impresa del <strong>distretto</strong> nel settore permette di tener conto<br />

ulteriormente della posizione relativa dell’impresa rispetto al<br />

resto del settore, fornendo un indice sintetico aggregato che<br />

cattura la redditività di un’impresa rappresentativa per ogni<br />

singolo anno del periodo considerato.<br />

Come è evidente dalla forma della curva rappresentata nella<br />

figura 2.9 <strong>il</strong> periodo della ristrutturazione ha coinciso con un<br />

drastico calo della redditività/profittab<strong>il</strong>ità delle imprese nel<br />

<strong>distretto</strong>, le quali solo nel 2006 hanno riconquistato i livelli del<br />

2002, mentre nel corso del triennio 2003-2005 hanno regi-<br />

21 L’EBITDA, in particolare, registra quali sono i profitti dell’attività caratteristica dell’impresa<br />

prima che a essi siano sottratte le spese per interessi, le imposte e gli ammortamenti.<br />

71


Figura 2.9 – Redditività media nel <strong>distretto</strong><br />

EBITDA/Vendite (%) nel <strong>distretto</strong> Belluno e Treviso<br />

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA, anno 2006<br />

Figura 2.10 – Struttura del debito delle imprese nel <strong>distretto</strong>.<br />

Indebitamento a breve (IB) e a lungo termine (IL)<br />

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA, anno 2006<br />

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

strato tassi di profittab<strong>il</strong>ità molto bassi con un estremo nel<br />

2004 che ha sfiorato <strong>il</strong> 2%.<br />

Del resto, <strong>il</strong> triennio di scarsa profittab<strong>il</strong>ità coincide con <strong>il</strong><br />

periodo maggiormente interessato dalla ristrutturazione precedentemente<br />

indicata come riconfigurazione della struttura<br />

di mercato verso una dimensione più competitiva e una maggior<br />

concorrenza indotta dagli shock esterni di internazionalizzazione<br />

e progresso tecnologico.<br />

Il finanziamento della ristrutturazione per le imprese che intendono<br />

restare competitive nei propri mercati di riferimento è<br />

sempre un fattore determinante per <strong>il</strong> successo dei propri piani<br />

di investimento volti a ridefinire le proprie strategie, la riconfigurazione<br />

dei processi produttivi e lo sv<strong>il</strong>uppo di nuovi prodotti<br />

che vadano incontro alla mutevole domanda di mercato.<br />

2.4.1 STRUTTURA DEL DEBITO E RICORSO<br />

ALL’AUTOFINANZIAMENTO<br />

È per questo che qui di seguito risulta significativo accennare<br />

brevemente alla struttura del debito delle imprese nel <strong>distretto</strong>,<br />

prima nella figura 2.10 con la distinzione temporale tra<br />

indebitamento a breve e a lungo termine, poi nella figura 2.11<br />

attraverso <strong>il</strong> cosiddetto gearing ratio che rappresenta una<br />

misura in grado di indicare <strong>il</strong> grado in cui le attività dell’impresa<br />

sono finanziate da fondi proprietari o da fonti esterne di<br />

finanziamento. Il meccanismo adottato è sim<strong>il</strong>e a quello precedente.<br />

I rapporti annuali del <strong>distretto</strong> sono calcolati come<br />

media ponderata dei singoli rapporti a livello di impresa, adottando<br />

come pesi le rispettive quote di mercato.<br />

La prima constatazione che emerge dal diverso andamento<br />

delle due serie nella figura 2.10 è che gli anni maggiormente<br />

interessati alla ristrutturazione, quelli compresi nel triennio<br />

2003-2005, sono stati preceduti da un cambiamento nella<br />

maturità delle fonti di finanziamento già a partire dal 2002<br />

quando, a fronte di un aumento dell’indebitamento a lungo<br />

termine si è avuto, in media, un calo dell’indebitamento a breve<br />

per le imprese del settore occhiali nel <strong>distretto</strong>.<br />

72 73


Figura 2.11 – Il ricorso all’autofinanziamento.<br />

Gearing ratio (%) nel <strong>distretto</strong> Belluno e Treviso<br />

74<br />

Fonte: Ns. elaborazione su dati AIDA, anno 2006<br />

Il cambiamento nella struttura del debito in questo caso è<br />

indicativa della necessità delle imprese di investire in progetti<br />

di rinnovamento (di prodotto o di processo produttivo). Allo<br />

stesso tempo molte imprese con problemi di solvib<strong>il</strong>ità –<br />

generati da uno sb<strong>il</strong>anciamento degli impegni a breve termine<br />

– sono uscite dal mercato riaggiustando la media del settore<br />

verso imprese con impegni a più lungo termine perché<br />

appunto implicate in processi di ristrutturazione per i quali si<br />

richiedeva una fonte di finanziamento con una copertura temporale<br />

maggiore.<br />

Con la figura 2.11 l’analisi si sposta invece dalla copertura<br />

temporale delle fonti di finanziamento alla natura delle stesse,<br />

distinguendo tra fondi propri e fonti esterne. Come è agevole<br />

notare dalla pendenza del grafico, dal 2000 al 2006 <strong>il</strong> gearing<br />

ratio, calcolato come rapporto tra fonti proprie e fonti<br />

esterne, è drasticamente aumentato. Anche qui ci si riferisce<br />

all’indice settoriale come misura riferita a un’impresa rappre-<br />

2. L’ANALISI DI BILANCIO: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

sentativa perché è <strong>il</strong> risultato di una media ponderata dei rapporti<br />

a livello di impresa ut<strong>il</strong>izzando come pesi le rispettive<br />

quote di mercato.<br />

La generale tendenza all’aumento del ricorso all’autofinanziamento<br />

ha visto però un notevole acceleramento nel periodo a<br />

partire dal 2003, dopo un’iniziale crescita seppure più moderata<br />

nel periodo precedente a partire dal 2000. In questo<br />

caso a contare molto sul dato settoriale sono le imprese che<br />

hanno guadagnato quote di mercato in seguito al fallimento<br />

delle meno efficienti che sono poi le imprese di maggiori<br />

dimensioni che possono quindi contare su fonti interne di<br />

autofinanziamento in modo più significativo.<br />

A parte comunque <strong>il</strong> dato netto di mortalità delle imprese del<br />

settore degli occhiali, che ha fatto pendere la b<strong>il</strong>ancia verso le<br />

imprese medio-grandi, <strong>il</strong> crescente ricorso all’autofinanziamento<br />

può essere anche indicativo della carenza di finanziamenti<br />

esterni per nuovi progetti di ristrutturazione in atto nelle imprese,<br />

le quali decidono di coprire tale carenza di fondi con <strong>il</strong> trattenimento<br />

di profitti che altrimenti sarebbero stati distribuiti ai<br />

soci sotto forma di dividendi. In momenti di profonda ristrutturazione,<br />

infatti, data la minore elasticità del mercato finanziario<br />

in Italia si verifica che <strong>il</strong> rapporto tra ricorso a fonti interne e <strong>il</strong><br />

ricorso a fonti esterne si sposti a favore delle prime.<br />

Anche questa considerazione, peraltro, sembra assegnare<br />

una certa superiorità alle imprese patrimonialmente solide e,<br />

quindi, a quelle di dimensione maggiore.<br />

75


Capitolo 3<br />

L’ANALISI TESTUALE:<br />

PERFORMANCE<br />

DI SETTORE E<br />

CARATTERISTICHE<br />

DI MERCATO


80<br />

L’analisi testuale:<br />

performance<br />

di settore e<br />

caratteristiche<br />

di mercato<br />

FRANCESCA GAMBAROTTO<br />

Dopo l’analisi di b<strong>il</strong>ancio (cfr. Capitolo 2) – che ha mostrato<br />

alcune acquisizioni fondamentali circa la solidità delle imprese<br />

e del loro contesto competitivo – nel presente Capitolo, come<br />

nel successivo, si torna a una dimensione più squisitamente<br />

qualitativa: quella della narrazione delle dinamiche del <strong>distretto</strong><br />

e delle problematicità che ne emergono, prima nella visione<br />

degli attori istituzionali protagonisti della vita del <strong>distretto</strong><br />

(Capitolo 3) e poi nella visione delle imprese (Capitolo 4).<br />

Nonostante lo strumento sia completamente diverso e <strong>il</strong> taglio<br />

apparentemente molto distante, apparirà chiara, a conclusione<br />

dell’analisi, la significativa unitarietà di giudizi, pur coi molti<br />

distinguo che attraversano trasversalmente le differenti tipologie<br />

di attori. Il racconto la narrazione, si sposano in modo coerente<br />

con i dati di b<strong>il</strong>ancio e li articolano, offrendone alcune<br />

chiavi interpretative “autentiche”, in quanto direttamente<br />

espresse dagli effettivi protagonisti del <strong>distretto</strong> stesso.<br />

Il presente Capitolo <strong>il</strong>lustra e discute i risultati ottenuti dall’analisi<br />

dei dati testuali raccolti intervistando testimoni priv<strong>il</strong>egiati<br />

del <strong>distretto</strong>.<br />

L’analisi del contenuto testuale rappresenta una nuova frontiera<br />

dell’analisi statistica che ut<strong>il</strong>izza le parole al posto dei numeri.<br />

Il numero è un dato sintetico che riduce la variab<strong>il</strong>ità della<br />

fenomenologia osservata al fine di trovare regolarità e relazioni<br />

tra elementi/fattori, allo scopo di semplificare <strong>il</strong> quadro interpretativo<br />

di fatti e fenomeni osservab<strong>il</strong>i. Il dato numerico è<br />

sicuramente uno strumento potente che consente di comparare,<br />

descrivere, interpretare, spiegare e attraverso <strong>il</strong> quale oggi<br />

si definiscono prescrizioni, ricette, norme di comportamento.<br />

Tuttavia, in questo passaggio dalla soggettività delle esperienze<br />

– la parola – alla costruzione dell’oggettività del dato<br />

numerico, si perde una parte d’informazione. In particolare, si<br />

rischia di perdere la conoscenza che gli attori economici si<br />

costruiscono giorno per giorno con l’esperienza e <strong>il</strong> senso<br />

comune, quella conoscenza tacita che si accumula attraverso<br />

processi di apprendimento, capacità di interpretazione dei<br />

fatti e risposte decisionali di fronte a un contesto economico<br />

sempre più incerto. In altre parole, con la costruzione del dato<br />

numerico si perde <strong>il</strong> significato che i soggetti assegnano alla<br />

realtà che stanno vivendo e l’interpretazione che ne danno.<br />

Volendo catturare questa conoscenza tacita, in quanto ut<strong>il</strong>e<br />

soprattutto per definire le azioni di policy, <strong>il</strong> ricercatore incontra<br />

diverse difficoltà. Per chi vuole infatti partire dalle soggettività<br />

degli attori economici per comprendere e spiegare – e quindi<br />

interpretare – i fatti della realtà, <strong>il</strong> problema è trovare una modalità<br />

di traduzione dell’esperienza in una descrizione della stessa.<br />

Questa distanza tra esperienza e descrizione è l’oggetto di studio<br />

dell’ermeneutica, oggi teoria generale dell’interpretazione,<br />

rivolta alla comprensione delle azioni umane. In questa analisi<br />

diventa centrale la facoltà di comunicare dei soggetti e quindi<br />

le diverse articolazioni del linguaggio che si confrontano.<br />

Il linguaggio assume così un ruolo importante per capire la<br />

complessità della realtà in quanto mette in luce le possib<strong>il</strong>ità<br />

dei soggetti di dare concretezza al pensiero, dare forma alla<br />

lingua, creare identità condivise. Ogni persona percepisce la<br />

realtà in modo differente, e possiede un orizzonte linguistico<br />

proprio. Poiché la lingua si costruisce a partire dal dialogo e<br />

nel prendere parte a un mondo comune, si può osservare e<br />

studiare quale rappresentazione offre di sé <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> a partire<br />

81


82<br />

dalle rappresentazioni linguistiche che ne danno alcuni soggetti-attori<br />

del <strong>distretto</strong> stesso. L’ipotesi di lavoro dalla quale <strong>il</strong><br />

presente Capitolo parte rientra nella logica appena descritta:<br />

ricostruire la dinamica recente del <strong>distretto</strong> dell’occhiale a<br />

partire dal confronto di interpretazioni soggettive (interviste) e<br />

restituire la descrizione simbolica della performance del <strong>distretto</strong><br />

in una polifonia di voci narranti, dopo aver sintetizzato i<br />

risultati attraverso l’analisi del contenuto testuale.<br />

3.1 Le performance<br />

del <strong>distretto</strong> a parole:<br />

introduzione alla lettura<br />

dei dati testuali<br />

L’analisi del contenuto testuale è «un processo di acquisizione,<br />

sintesi e restituzione delle informazioni presenti in una<br />

comunicazione scritta» (Tuzzi, 2003). È un metodo che permette<br />

di analizzare in maniera qualitativa tutto ciò che costituisce<br />

la densità del senso che viene attribuito a un’azione e/o<br />

esperienza. L’applicazione dell’analisi del contenuto richiede<br />

che <strong>il</strong> testo raccolto con le interviste aperte – <strong>il</strong> corpus testuale<br />

– venga elaborato e trasformato in un vocabolario delle forme<br />

grafiche semplici (parole) e complesse (segmenti testuali<br />

con forte cristallizzazione semantica, come ad esempio: carta<br />

di credito, angelo custode). Dopo aver normalizzato i testi<br />

raccolti – ovvero pulito da errori ortografici, scelto i separatori,<br />

controllato l’uso delle maiuscole – viene studiata la dimensione<br />

N del corpus composto dalle forme grafiche semplici<br />

(parole) che sono le unità statistiche qui trattate. La dimensione<br />

del vocabolario è invece data dal numero di parole diverse<br />

che sono state ut<strong>il</strong>izzate dagli attori intervistati e che diventano<br />

le variab<strong>il</strong>i statistiche da studiare22 .<br />

22 L’analisi è stata condotta ut<strong>il</strong>izzando <strong>il</strong> pacchetto software Taltac (Trattamento Automatico<br />

Lessicale e Testuale per l’Analisi del Contenuto di un Corpus) che permette di descrivere<br />

(Text Analysis) e interpretare (Text Mining) <strong>il</strong> contenuto di un corpus testuale.<br />

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

3.2 Seguendo i sentieri delle<br />

parole: lettura della realtà<br />

da punti di osservazione<br />

priv<strong>il</strong>egiati<br />

Sono stati intervistati alcuni attori priv<strong>il</strong>egiati del <strong>distretto</strong> per<br />

r<strong>il</strong>evare differenze e comunanze nella lettura del processo di<br />

riorganizzazione che ha investito <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> in questi ultimi<br />

anni. L’obiettivo è quello di creare un dialogo tra i diversi punti<br />

di vista ut<strong>il</strong>izzando l’analisi del contenuto testuale. Le esperienze<br />

maturate da questi attori economici consegnano un<br />

quadro complesso del processo e con accenti diversi sui fattori<br />

strategici per la competitività del <strong>distretto</strong>.<br />

3.2.1 UNA BREVE PRESENTAZIONE<br />

DEGLI INTERVISTATI<br />

Per poter offrire un’interpretazione della complessità dei processi<br />

che hanno investito <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhiale in questi ultimi<br />

anni, sono stati intervistati sei testimoni priv<strong>il</strong>egiati (cfr.<br />

tabella 3.1) che, grazie al ruolo istituzionale che svolgono,<br />

guardano <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> da diversi punti d’osservazione23 .<br />

Questa ricchezza valutativa può tradursi nel rafforzamento di<br />

un’opinione tanto da creare una certezza e una condivisione<br />

di fatti e fenomeni (assonanza cognitiva) ma può anche tradursi<br />

in valutazioni antagoniste mostrando l’esistenza di differenze<br />

percettive (dissonanza cognitiva). Queste differenze<br />

possono essere ut<strong>il</strong>i nei momenti di cambiamento perché<br />

capaci di creare un dialogo e quindi una ricerca di una nuova<br />

interpretazione del <strong>distretto</strong> e delle sue linee di cambiamento<br />

(innovazione organizzativa).<br />

In questo Capitolo sono ricostruiti i sentieri di parole (autorappresentazione<br />

e comunicazione) degli intervistati: un insieme<br />

di attori istituzionali “generalisti” quali la Camera di Com-<br />

23 Nel sentire comune si dice che molti occhi vedono meglio di uno solo; questo significa<br />

che ogni occhio fissa l’attenzione su particolari elementi e che valuta i fatti sulla<br />

base di aspettative e obiettivi diversi.<br />

83


Tabella 3.1 – Gli attori del <strong>distretto</strong> intervistati<br />

Attori Istituzionali del Distretto<br />

Intervista 1: Distretto Veneto Regionale dell’Occhiale<br />

Intervista 2: Anfao<br />

Intervista 3: Assindustria<br />

Intervista 4: CCIAA<br />

Intervista 5: Certottica<br />

Intervista 6: Confartigianato<br />

84<br />

mercio, Confartigianato e Assindustria, attori istituzionali<br />

“specializzati” cioè legati al settore produttivo degli occhiali,<br />

come Anfao, e attori istituzionali “innovativi” come Certottica<br />

e <strong>il</strong> Distretto Veneto Regionale dell’Occhiale.<br />

Gli attori istituzionali del <strong>distretto</strong> sono già stati introdotti nel<br />

precedente Capitolo 1 (cfr. § 1.6), in particolare Anfao e<br />

Certottica che svolgono un ruolo istituzionale forte rappresentando<br />

le aziende italiane del settore in Italia e nel mondo,<br />

sostenendo le partnership tra imprese, organizzando<br />

progetti e strategie di settore – in particolare l’evento fieristico<br />

Mido a M<strong>il</strong>ano – e occupandosi di tecnologia, innovazione<br />

e certificazione.<br />

La Camera di Commercio di Belluno e le associazioni imprenditoriali<br />

territoriali – Confartigianato e Assindustria – rappresentano<br />

la business community territoriale e si sono mosse<br />

negli anni recenti offrendo ai propri associati e rappresentati<br />

servizi reali e consulenze ad ampio spettro.<br />

Il Distretto Veneto dell’Occhiale fa parte del sistema regionale<br />

dei distretti veneti (Venetian Clusters) e rappresenta<br />

una declinazione della nuova politica industriale della Regione.<br />

Obiettivo di questo soggetto territoriale è quello di promuovere<br />

l’innovazione tecnologica, la qualità di prodotto e<br />

di processo, la ricerca di economie di scala da parte delle<br />

imprese del settore, e la promozione del <strong>distretto</strong> e delle<br />

sue potenzialità.<br />

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

3.3 Con parole loro:<br />

<strong>il</strong> vocabolario degli attori<br />

istituzionali<br />

Il lavoro di analisi testuale inizia con la creazione del vocabolario<br />

degli intervistati a partire dalle interviste raccolte. Tali<br />

interviste sono state trascritte e organizzate in un f<strong>il</strong>e unico<br />

con <strong>il</strong> quale si definisce <strong>il</strong> corpus testuale (N). Il corpus è<br />

composto da 17.050 forme grafiche totali (numero totale di<br />

parole espresse) collocandosi nella dimensione media dei<br />

corpora.<br />

Gli intervistati rappresentano le unità statistiche di analisi che<br />

hanno espresso i propri punti di vista attorno ad alcune r<strong>il</strong>evanti<br />

questioni riguardanti <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhiale: la performance<br />

recente del <strong>distretto</strong>; le trasformazioni della struttura<br />

produttiva; <strong>il</strong> processo di internazionalizzazione in corso; i<br />

cambiamenti nella distribuzione e commercializzazione degli<br />

occhiali; <strong>il</strong> ruolo degli attori strategici.<br />

L’analisi parte dal vocabolario (V) degli attori istituzionali del<br />

<strong>distretto</strong> ricco di 2.982 parole ut<strong>il</strong>izzate (forme grafiche distinte).<br />

Questi primi dati numerici misurano la ricchezza lessicale<br />

e consentono di verificare se <strong>il</strong> corpus può essere trattato<br />

statisticamente. Le due misure ut<strong>il</strong>izzate riguardano la dimensione<br />

del vocabolario e <strong>il</strong> tipo di ricercatezza del linguaggio<br />

degli intervistati. Queste due misure V/N = 17,49% e<br />

V1(N)/V(N) = 55,6% dicono che le interviste possono essere<br />

trattate statisticamente; la prima misura valuta se <strong>il</strong> vocabolario<br />

è sufficientemente limitato per l’analisi del contenuto<br />

testuale mentre la seconda misura lessicometrica dice che la<br />

popolazione di parole ut<strong>il</strong>izzate una sola volta (parole originali,<br />

V1) è accettab<strong>il</strong>e secondo i criteri dell’analisi testuale<br />

semiautomatica.<br />

La prima analisi del vocabolario è rivolta alle classi di frequenza<br />

e, in particolare, alla partizione di parole molto frequenti,<br />

mediamente frequenti e poco frequenti. Il software normalmente<br />

restituisce un vocabolario di parole ordinato per fre-<br />

85


Tabella 3.2 – Analisi del vocabolario<br />

degli interlocutori priv<strong>il</strong>egiati<br />

Forma grafica Occorrenze totali Fasce Frequenza cumulata<br />

di 634,00 Alta 3,72<br />

che 514,00 Alta 6,73<br />

è 440,00 Alta 9,31<br />

e<br />

…<br />

323,00 Alta 11,21<br />

sono 233,00 Alta 19,52<br />

non<br />

…<br />

226,00 Alta 20,85<br />

quindi 149,00 Alta 27,35<br />

perché<br />

…<br />

136,00 Media 28,15<br />

aziende 125,00 Media 32,76<br />

prodotto 111,00 Media 34,15<br />

<strong>distretto</strong><br />

…<br />

106,00 Media 35,41<br />

mercato<br />

…<br />

56,00 Media 42,76<br />

imprese 48,00 Media 44,01<br />

occhiale<br />

…<br />

48,00 Media 44,29<br />

noi 41,00 Media 46,60<br />

abbiamo 40,00 Media 47,08<br />

fatto<br />

…<br />

39,00 Media 47,54<br />

io 34,00 Media 50,10<br />

all’ 34,00 Media 50,30<br />

produzione 32,00 Bassa 50,49<br />

molto 32,00 Bassa 50,67<br />

fiera<br />

…<br />

31,00 Bassa 51,23<br />

qualità<br />

…<br />

27,00 Bassa 53,59<br />

distribuzione 25,00 Bassa 54,66<br />

impresa 25,00 Bassa 54,95<br />

segue...<br />

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

Forma grafica Occorrenze totali Fasce Frequenza cumulata<br />

azienda 25,00 Bassa 55,10<br />

comunque 25,00 Bassa 55,24<br />

innovazione<br />

…<br />

24,00 Bassa 55,52<br />

Luxottica<br />

…<br />

17,00 Bassa 60,19<br />

cliente 12,00 Bassa 64,99<br />

commerciale 12,00 Bassa 65,06<br />

lavoro<br />

…<br />

12,00 Bassa 65,13<br />

ricerca 8,00 Bassa 70,37<br />

fuori 8,00 Bassa 70,42<br />

progetto<br />

…<br />

8,00 Bassa 70,46<br />

mantenere 6,00 Bassa 74,70<br />

nicchia<br />

…<br />

6,00 Bassa 74,73<br />

competenze 6,00 Bassa 74,84<br />

territorio<br />

…<br />

6,00 Bassa 74,87<br />

tendenza 4,00 Bassa 80,31<br />

espansione 4,00 Bassa 80,33<br />

parlando 4,00 Bassa 80,35<br />

griffato<br />

…<br />

4,00 Bassa 80,38<br />

imputare 2,00 Bassa 90,13<br />

realizzata<br />

…<br />

2,00 Bassa 90,14<br />

sopravvivenza<br />

…<br />

2,00 Bassa 90,21<br />

responsab<strong>il</strong>ità 1,00 Bassa 98,36<br />

rivedere<br />

…<br />

1,00 Bassa 98,39<br />

riconvertite<br />

…<br />

1,00 Bassa 98,43<br />

ospitiamo 1,00 Bassa 100,00<br />

Fonte: Ns. elaborazione su interviste dirette<br />

86 87


88<br />

quenza d’uso a partire dalla parola più ut<strong>il</strong>izzata a quella che<br />

compare una sola volta. Nella tabella 3.2 viene riportato uno<br />

stralcio del vocabolario ut<strong>il</strong>izzato.<br />

Nella fascia di parole ad alta frequenza del vocabolario si trovano<br />

la maggior parte delle parole vuote, cioè quelle parole<br />

che vengono ut<strong>il</strong>izzate per costruire <strong>il</strong> discorso e che articolano<br />

<strong>il</strong> linguaggio: articoli, congiunzioni, negazioni, preposizioni,<br />

aggettivi.<br />

La parola di è quella più ut<strong>il</strong>izzata nel corpus e copre <strong>il</strong><br />

3,72% delle occorrenze (numero di volte in cui compare una<br />

parola nel testo) presenti nel testo, seguita da altre preposizioni<br />

come e in che sottolineano <strong>il</strong> carattere descrittivo del<br />

discorso che viene analizzando. Le preposizioni come non e<br />

per evidenziano invece l’intenzionalità del parlante (Bolasco,<br />

1999).<br />

Nella fascia di parole di media frequenza si trovano le prime<br />

parole chiave del discorso polifonico sul <strong>distretto</strong> dell’occhiale:<br />

aziende, prodotto, <strong>distretto</strong> con un numero di occorrenze<br />

abbastanza sim<strong>il</strong>e (125, 111, 106) mentre con circa la<br />

metà di occorrenze appaiono mercato, imprese, occhiale<br />

(rispettivamente, 56, 48, 48).<br />

Nella prima parte della fascia di bassa frequenza emergono le<br />

parole principali – piene di significato – del discorso, siano<br />

esse sostantivi o aggettivi: produzione, fiera, punto, settore,<br />

occhiali, qualità. Via via che si scende di rango si<br />

continuano a trovare parole piene, meno ut<strong>il</strong>izzate all’interno<br />

del testo ma che non si possono definire meno importanti.<br />

Infatti, possono catturare un punto di vista diverso e quindi<br />

arricchire <strong>il</strong> quadro interpretativo.<br />

Prima di procedere all’analisi delle concordanze e cioè alla<br />

ricostruzione del senso delle parole all’interno dei contesti<br />

specifici in cui la parola è situata (Giuliano, La Rocca, 2008)<br />

nell’analisi della struttura del testo è ut<strong>il</strong>e premettere una nota<br />

specifica ai verbi, nucleo del discorso ed elemento linguistico<br />

ricco di informazione per rappresentare gli eventi del <strong>distretto</strong><br />

che qui interessano.<br />

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

3.3.1 LE AZIONI DEL DISCORSO: I VERBI<br />

Le frasi di un discorso possono metaforicamente essere considerate<br />

delle rappresentazioni sceniche in cui i nomi o loro<br />

sostituti (pronomi, frasi soggettive, ecc.) sono gli attori e <strong>il</strong><br />

verbo esprime l’azione che compiono mentre sono in scena<br />

(Tesnière, 1966). Il verbo è dunque colui che mette in relazione<br />

e che si trova al centro della scena e che può richiedere<br />

diverse performance agli altri componenti del discorso.<br />

Esclusi i verbi aus<strong>il</strong>iari che portano verso un’analisi strettamente<br />

linguistica, si può osservare che gli intervistati hanno<br />

ut<strong>il</strong>izzato 352 forme verbali. Le azioni del discorso più disperse<br />

nel corpus e quindi più ut<strong>il</strong>izzate dagli intervistati sono<br />

riportate in tabella 3.3.<br />

Le prime 8 forme verbali presentano un indice di dispersione<br />

che osc<strong>il</strong>la tra <strong>il</strong> 90% e <strong>il</strong> 70%. Sono nuclei del discorso che<br />

mettono in luce l’attenzione generale per la capacità produttiva<br />

del <strong>distretto</strong> e la necessità di condividere una nuova forma di<br />

comportamento (produttivo) del <strong>distretto</strong>. I verbi di modo potere<br />

e dovere dicono qual è l’atteggiamento del soggetto e definiscono<br />

la consapevolezza del cambiamento mentre la necessità<br />

di trovare le modalità adeguate per evolvere sono legate alle<br />

forme verbali andare, diventare, riuscire.<br />

Se ci si concentra sulla distribuzione delle forme verbali, è<br />

interessante r<strong>il</strong>evare che alcune di esse caratterizzano <strong>il</strong> punto<br />

di vista degli intervistati.<br />

• Per l’intervistato Anfao vendere, vedere e volere sono<br />

nuclei significativi del discorso orientato al tema della<br />

distribuzione dell’occhiale.<br />

• Per la Camera di Commercio le azioni attorno alle quali attivare<br />

un cambiamento del <strong>distretto</strong> sono cambiare, capire,<br />

cercare.<br />

• Per Confartigianato la descrizione della performance<br />

recente del <strong>distretto</strong> ruota attorno a chiedere, creare,<br />

volere, vedere lasciando intendere che è necessario trovare<br />

un nuovo network organizzativo che coinvolga le<br />

imprese della piccola industria.<br />

89


Tabella 3.3 – Stralcio delle forme verbali ut<strong>il</strong>izzate<br />

Lemma<br />

Occorrenze<br />

Totali<br />

ANFAO CCIAA Confartigianato<br />

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

90 91<br />

Distretto<br />

Veneto<br />

Assoindustria Certottica Dispersione Uso<br />

produrre 15 2 1 7 1 2 2 0,78 11,74<br />

venire 39 1 1 10 14 9 4 0,76 29,47<br />

potere 66 15 1 7 20 8 15 0,73 48,51<br />

dovere 37 4 0 16 7 3 7 0,72 26,47<br />

parlare 11 2 0 3 1 3 2 0,71 7,85<br />

andare 52 15 2 9 8 12 6 0,71 37,05<br />

diventare 16 4 1 4 1 5 1 0,71 11,38<br />

riuscire 14 2 0 2 2 4 4 0,70 9,83<br />

arrivare 15 1 1 0 3 4 6 0,69 10,35<br />

delocalizzare 10 0 1 2 5 1 1 0,68 6,81<br />

volere 19 4 0 8 1 3 3 0,67 12,81<br />

trovare 12 0 0 4 3 2 3 0,67 8,05<br />

uscire 7 0 1 3 1 1 1 0,67 4,67<br />

cambiare 20 2 4 2 6 3 3 0,65 13,08<br />

sapere 11 1 0 3 5 0 2 0,64 7,08<br />

vedere 18 5 0 5 4 3 1 0,64 11,55<br />

gestire 15 2 0 2 6 0 5 0,62 9,25<br />

cercare 19 0 2 4 12 1 0 0,54 10,31<br />

decidere 4 1 0 1 2 0 0 0,51 2,06<br />

chiedere 11 1 0 8 0 0 2 0,42 4,57<br />

capire 8 1 3 1 2 1 0 0,40 3,22<br />

vendere 18 10 0 2 0 5 1 0,37 6,67<br />

creare 10 1 0 8 0 1 0 0,35 3,54<br />

• Dal punto di vista del Distretto Veneto Regionale cercare,<br />

gestire, cambiare, delocalizzare, sapere sono le azioni<br />

del discorso che vengono ut<strong>il</strong>izzate per disegnare <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o<br />

del sistema produttivo dell’occhiale a partire dal comportamento<br />

dell’impresa.<br />

Queste azioni sottolineano la lettura critica e diagnostica dell’intervistato<br />

nell’obiettivo di identificare i punti di forza e di<br />

debolezza del sistema occhiale oggi.<br />

Fonte: Ns. elaborazione su interviste dirette<br />

• Le azioni più frequentemente ut<strong>il</strong>izzate da Assoindustria<br />

dopo andare, venire, potere sono vendere e arrivare,<br />

<strong>il</strong> che sottolinea come per l’industria medio-grande del<br />

settore, la commercializzazione del prodotto rappresenti<br />

l’elemento strategico sul quale puntare.<br />

• Infine, per Certottica gestire e arrivare enucleano la<br />

necessità di investire per <strong>il</strong> futuro, soprattutto nella creazione<br />

di un nuovo sistema di norme che tuteli <strong>il</strong> prodotto ita-


92<br />

liano ma che sostenga le libere scelte localizzative delle<br />

imprese.<br />

È interessante anche notare che <strong>il</strong> verbo di modo potere<br />

viene ut<strong>il</strong>izzato maggiormente da Anfao, Distretto Regionale<br />

Veneto e Certottica mentre dovere principalmente da<br />

Confartigianto seguito sempre dal Distretto Regionale<br />

Veneto e Certottica, quasi a segnare una diversa intenzione<br />

dei parlanti: potere, in questo contesto narrativo, è<br />

un’azione rivolta allo sfruttamento delle potenzialità inespresse<br />

del <strong>distretto</strong> mentre dovere richiama un’aspettativa<br />

di comportamento nei rapporti tra grandi e medio-piccole<br />

imprese.<br />

3.4 Parole e contesti:<br />

coerenze e diversità<br />

nell’uso delle parole<br />

Dopo l’analisi di alcune parti del vocabolario, è appropriato<br />

restituire le parole ai contesti semantici, ut<strong>il</strong>izzando alcune<br />

parole chiave emerse dallo studio delle fasce di frequenza.<br />

Questa operazione di analisi del contenuto testuale si chiama<br />

analisi delle concordanze.<br />

Ut<strong>il</strong>izzando i riferimenti tematici a cui rinviano le parole chiave,<br />

vengono ricostruite concettualmente le relazioni tra parole<br />

e contesti tematici per proporre una polifonia tra i discorsi<br />

dei parlanti.<br />

3.4.1 LA PERFORMANCE DEL DISTRETTO<br />

Partendo dalla parola pivot distrett*, si nota che essa compare<br />

complessivamente 82 volte nel discorso e si posiziona principalmente<br />

nella parte iniziale dell’intervista, quando gli intervistati<br />

parlano della performance del <strong>distretto</strong> e verso la fine della<br />

stessa, quando parlano degli attori strategici del <strong>distretto</strong>.<br />

Del <strong>distretto</strong> parlano a lungo gli intervistati del Distretto Veneto<br />

Regionale e di Confartigianato.<br />

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

Tabella 3.4 – Distribuzione della parole pivot “<strong>distretto</strong>”<br />

Forma<br />

grafica<br />

ANFAO CCIAA<br />

Confartigianato<br />

Distretto<br />

Veneto<br />

Assoindustria<br />

Certottica<br />

<strong>distretto</strong><br />

<strong>distretto</strong><br />

3 6 20 31 11 7<br />

dell’occhiale 1 0 1 3 0 1<br />

distretti 1 0 2 0 1 0<br />

Fonte: Ns. elaborazione su interviste dirette<br />

Il primo dei due intervistati racconta la performance del<br />

<strong>distretto</strong> nella sua evoluzione storico-territoriale. Partendo dal<br />

processo di ristrutturazione organizzativa del <strong>distretto</strong> innescato<br />

dalla strategia de-localizzativa delle imprese leader, <strong>il</strong><br />

parlante sottolinea come tale processo di adattamento sia<br />

stato imposto dall’evoluzione dei mercati e dalla necessità di<br />

trovare o mantenere una competitività economica e quindi<br />

una profittab<strong>il</strong>ità per le imprese:<br />

«[…] Il fatto è che quando le cose invece sono cambiate, le<br />

aziende che sono riuscite, o crescendo al proprio interno<br />

ovvero organizzandosi meglio nella capacità appunto di distribuire<br />

l’attività sul <strong>distretto</strong>, quanto meno quella di programmare<br />

meglio la produzione quindi anche con un rapporto più<br />

franco e diretto verso la clientela […] queste aziende sono<br />

riuscite a essere più competitive» (Intervista Distretto Veneto).<br />

Anche l’intervistato di Confartigianto dedica un’ampia parte<br />

del suo discorso a descrivere l’evoluzione del <strong>distretto</strong> ma la<br />

sua premessa è meno centrata sul comportamento economico<br />

delle singole imprese quanto sul <strong>distretto</strong> inteso come un<br />

sistema organico, con specifiche funzionalità e una sua elasticità<br />

definita dalla presenza di una popolazione di imprese di<br />

piccole e medie dimensioni. La sua attenzione è principalmente<br />

rivolta a descrivere gli effetti dei cambiamenti avvenuti<br />

nella competitività territoriale, aspetto questo che, dal suo<br />

punto vista, è stato poco valutato dalle imprese leader:<br />

93


94<br />

«[…] È proprio stata trasferita la manodopera dalle piccole e<br />

medie aziende alle grandi aziende. Oggi Luxottica ha 6.500<br />

dipendenti. Non lo vedo come una trasformazione positiva.<br />

Assolutamente no. Perché non c’è più <strong>distretto</strong>. Ma non c’è<br />

più <strong>distretto</strong> in termini di valore aggiunto. Lei conosce anche<br />

altri distretti. Il <strong>distretto</strong> della scarpa perché ha molte più possib<strong>il</strong>ità<br />

di tornare vivo? Perché è complessivamente strutturato<br />

in maniera totalmente diversa. Sono rimaste le grandi<br />

imprese, le piccole, le medie. È una piramide molto larga»<br />

(Intervista Confartigianato).<br />

Le strategie commerciali delle grandi imprese hanno attivato<br />

un meccanismo di selezione che ha irrigidito <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> a causa<br />

del forte tasso di mortalità e basso tasso di natalità delle<br />

imprese e che non necessariamente si sarebbe verificato se<br />

ci fosse stata una “politica di accompagnamento” per le piccole<br />

imprese rivolta a potenziare processi di apprendimento<br />

su fattori strategici come, ad esempio, l’innovazione tecnologica<br />

o la formazione.<br />

Secondo <strong>il</strong> parlante della Camera di Commercio di Belluno, la<br />

performance del <strong>distretto</strong> è la risultante del processo delocalizzativo<br />

e di una particolare innovazione: la certificazione della<br />

qualità di prodotto. Questa innovazione normativa portava<br />

con sé la necessità di rivedere l’organizzazione della f<strong>il</strong>iera<br />

produttiva con conseguente riduzione del numero delle fasi di<br />

produzione. Non è stato possib<strong>il</strong>e governare questo cambiamento<br />

con una strategia di <strong>distretto</strong> perché le PMI hanno<br />

dimostrato una rigidità d’apprendimento organizzativo. Ciò va<br />

interpretato nella sua radice socio-culturale:<br />

«[…] A che cosa possiamo imputare questo fallimento? In<br />

realtà c’è da capire piuttosto che colpevolizzare <strong>il</strong> comportamento<br />

dei piccoli imprenditori. Non bisogna dimenticare che<br />

la montagna era un’area di forte povertà ed emigrazione. La<br />

monocultura dell’occhiale ha permesso a molte famiglie di<br />

tornare a vivere in questi luoghi, e di uscire dalla miseria e<br />

quindi si capisce abbastanza fac<strong>il</strong>mente la loro diffidenza a<br />

condividere una strategia commerciale. Sono gran lavoratori.<br />

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

Pensano solo a lavorare. Ma questa è stata la loro forza.<br />

Sono quindi molto diffidenti verso le strategie di <strong>distretto</strong>»<br />

(Intervista CCIAA).<br />

Nella diagnosi di Certottica le criticità del <strong>distretto</strong> sono state<br />

la mancanza di managerialità e di investimenti in innovazione<br />

e ricerca. A monte di queste carenze, <strong>il</strong> parlante ha identificato<br />

una relazione asimmetrica tra grandi e piccole imprese poiché<br />

queste ultime hanno mantenuto un comportamento gregario<br />

rispetto alle grandi senza valutare i cambiamenti a valle<br />

che si stavano verificando: aumento della domanda e nuovo<br />

sistema distributivo dell’occhiale. Ma se l’innovazione di prodotto<br />

si può definire specifica dell’impresa e quindi uno strumento<br />

diffic<strong>il</strong>mente ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>e per modificare l’organizzazione<br />

distrettuale, l’innovazione di processo può diventare <strong>il</strong> fattore<br />

chiave per lo sv<strong>il</strong>uppo del <strong>distretto</strong> perché genera un processo<br />

di apprendimento collettivo e produce una competitività<br />

territoriale attraverso la condivisione di una conoscenza tecnologica:<br />

«[…] Ma quando trattasi di processo la cosa è diversa. Il processo<br />

è un bene che va spalmato su tutto <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> non<br />

può essere mantenuto solo all’interno di nicchie. Quindi<br />

quando si modifica una fase processuale, questa ha una via<br />

lunga […]. Ecco perché su questo tipo di percorso c’è stata<br />

una maturazione condivisa e anche una osmosi […]. Con i<br />

nostri tecnici ut<strong>il</strong>izziamo quel tipo di hardware e quindi trasferiamo<br />

poi i risultati della ricerca su questo gruppo misto<br />

grandi e piccoli; qui siamo tutti in cordata i benefici nostri<br />

non sono per noi e quindi vanno spalmati tra quelli che hanno<br />

creduto in questa scommessa […]. Occorre mettersi<br />

insieme e riuscire a cambiare quell’atteggiamento difensivo<br />

all’interno del <strong>distretto</strong> in una strategia di tipo cooperativo.<br />

Non siamo ancora arrivati a una maturazione condivisa su<br />

questo tipo di esigenza» (Intervista Certottica).<br />

La forma grafica <strong>distretto</strong> compare poche volte nella narrazione<br />

di Anfao e l’ut<strong>il</strong>izzo che ne viene fatto è, principalmente,<br />

di tipo propositivo:<br />

95


96<br />

«Quello che si può fare come strategia di <strong>distretto</strong> è promozionare<br />

certe capacità, certe qualità del prodotto fatto in Italia,<br />

Made in Italy, studiato in una certa maniera […]. Potrebbe<br />

essere una delle strategie di <strong>distretto</strong> puntare sulla formazione<br />

di competenze particolari, queste figure chiavi che<br />

possono mettere insieme anche la produzione della piccola<br />

impresa con le richieste della grande impresa – infine, un<br />

indizio sui rapporti con le banche – non credo che le banche<br />

abbiano aiutato <strong>il</strong> <strong>distretto</strong>…» (Intervista Anfao).<br />

Nel discorso di Assindustria <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> viene descritto come<br />

un’entità in trasformazione e destinata a trasformarsi ancora, in<br />

futuro. Si trova che <strong>distretto</strong> è in relazione a trasformazione,<br />

esiste in maniera diversa, si evolverà, rimarrà, collaborazione.<br />

È un contesto narrativo “certo” che interpreta i fatti e i fenomeni<br />

economici avvenuti in questi anni come necessari e funzionali<br />

per la definizione dell’identità del <strong>distretto</strong> e quelli futuri come<br />

occasioni per consolidare la sua competitività.<br />

3.4.2 LE TRASFORMAZIONI<br />

DELLA STRUTTURA PRODUTTIVA<br />

Rispetto alle trasformazioni della struttura produttiva del<br />

<strong>distretto</strong>, gli intervistati presentano un quadro interpretativo<br />

molto coerente. Con radice prod* sono risultati 16 casi e<br />

due segmenti linguistici. I soggetti che parlano in modo più<br />

approfondito dei temi della produzione sono quelli del Distretto<br />

Veneto Regionale, Certottica e Confartigianato. Dalla lettura<br />

della tabella 3.5 che riporta gli intervalli tematici dell’uso<br />

della parola produzione, emerge che:<br />

• <strong>il</strong> parlante del Distretto dell’Occhiale (intervista 1) parla di<br />

produzione «in termini di consegna; qualità e realizzazione<br />

del pezzo; saper organizzare; programmare meglio; <strong>il</strong><br />

surplus di produzione prima realizzato nel <strong>distretto</strong>;<br />

imprenditori troppo legati alla produzione»;<br />

• Certottica (intervista 5) si esprime invece attorno ai temi<br />

del capitale di conoscenza: «dal prototipo alla produzione<br />

all’ingegnerizzazione; diversità nei volumi di produzione».<br />

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

• La Camera di Commercio ne dà invece una descrizione<br />

organizzativa: «all’interno del <strong>distretto</strong> è più fac<strong>il</strong>e mantenere<br />

un controllo sulla produzione; diversità nell’organizzazione<br />

della produzione che rende diffic<strong>il</strong>e l’integrazione<br />

della f<strong>il</strong>iera»;<br />

• la Confartigianato esprime una valutazione sul comportamento<br />

produttivo delle piccole e medie imprese: «la piccola<br />

e media impresa non ha idee nuove. La domanda c’è.<br />

Ci sarebbe la domanda, è che la produzione deve essere<br />

tale da soddisfare la domanda»;<br />

• mentre Anfao parla di «produzione conto terzi, di tempi di<br />

produzione, di distribuzione della produzione del settore<br />

per dimensione e importanza delle imprese».<br />

Poiché qui interessano le trasformazioni che sono avvenute in<br />

questi anni nell’organizzazione della produzione si è fatta<br />

ricerca dei contesti narrativi che riguardano questo tema. Dalla<br />

ricerca congiunta di prod* e innov* è emerso che i processi<br />

innovativi e la produzione di conoscenza all’interno del<br />

<strong>distretto</strong> hanno seguito una bidirezionalità, dall’alto verso <strong>il</strong><br />

basso e viceversa.<br />

«La grande innovazione l’hanno fatta le grandi perché hanno<br />

i mezzi. […] Ma tanta è venuta anche dalle piccole» (Intervista<br />

Assindustria).<br />

«Molte delle innovazioni di prodotto sono partite dal basso<br />

cioè dalle PMI, nell’interazione con la GI» (Intervista CCIAA).<br />

Nel discorso del parlante del Distretto Veneto, l’innovazione<br />

tecnologica appare un fattore radicato nella realtà produttiva<br />

grazie anche all’attivazione di progetti congiunti con Certottica<br />

e all’ut<strong>il</strong>izzo di finanziamenti erogati dalla Regione con la<br />

legge n. 8/2003 (Patti per lo Sv<strong>il</strong>uppo distrettuale e metadistrettuale).<br />

Occorre mettere in evidenza che nel processo di trasformazione<br />

produttiva del <strong>distretto</strong>, Certottica ha giocato – e gioca<br />

tutt’ora – un ruolo chiave sebbene incontri ancora alcune difficoltà<br />

non tanto nella realizzazione e sv<strong>il</strong>uppo di progetti<br />

quanto nella loro diffusione:<br />

97


Tabella 3.5 – Insieme di forme grafiche con radice prod*<br />

Forma<br />

grafica<br />

98<br />

Occorrenze totali<br />

ANFAO<br />

«… sull’innovazione tecnologica vera e propria ci sono stati<br />

alcuni progetti di Certottica per esempio <strong>il</strong> riporto laser […]<br />

e altri progetti di prototipazione che sicuramente hanno dato<br />

degli elementi importanti che però stanno soffrendo proprio<br />

della ut<strong>il</strong>izzazione perché ci sono pochi attori» (Intervista<br />

Confartigianato).<br />

Una voce che si distingue da quelle precedenti è quella di<br />

Anfao che sostiene <strong>il</strong> primato del design sulla tecnologia:<br />

«A cambiare i trend, a spostare da una parte all’altra è la<br />

moda più che la tecnologia. La tecnologia per certi versi si<br />

adatta» (Intervista Anfao).<br />

Rispetto l’evoluzione tecnologica, <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> viene percepito<br />

dagli attori come un territorio all’avanguardia per due ragioni<br />

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

CCIAA Confartigianato Distretto Veneto Assoindustria Certottica<br />

prodotto 81 6 3 16 27 5 24<br />

produrre 8 2 0 4 0 1 1<br />

produzione 31 5 2 1 19 0 4<br />

produzioni 4 0 1 1 2 0 0<br />

produttivi 7 0 2 0 3 1 1<br />

produttori 5 0 1 1 1 1 1<br />

producono 4 0 1 2 1 0 0<br />

produttivo 2 0 0 0 2 0 0<br />

produrne 1 0 0 1 0 0 0<br />

prodotto finito 3 0 0 1 1 0 1<br />

produttiva 4 0 0 1 0 3 0<br />

prodotti 8 0 1 4 0 2 1<br />

produttive 3 0 1 0 0 2 0<br />

producendo 1 0 0 0 0 1 0<br />

produco 1 0 0 0 0 0 1<br />

producessero 1 0 0 1 0 0 0<br />

prodotto occhiale 3 0 0 0 3 0 0<br />

prodotto griffato 3 2 0 1 0 0 0<br />

specifiche. La prima riguarda la velocità di acquisizione di<br />

capitale tecnologico; in questi ultimi 15 anni è cresciuta<br />

l’adozione di nuove tecnologie produttive nella ricerca di<br />

migliorare la performance produttiva soprattutto in termini di<br />

qualità di prodotto. La seconda riguarda l’istituzione e crescita<br />

di Certottica che funge sia da coordinatore della R&S che<br />

da attore chiave per i processi di knowledge sp<strong>il</strong>lover.<br />

3.4.3 IL PROCESSO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE<br />

DELLE IMPRESE DEL DISTRETTO<br />

Attorno al tema dell’internazionalizzazione delle imprese sono<br />

emerse posizioni diverse: chi sostiene sia stata una scelta ineluttab<strong>il</strong>e<br />

perché dettata dal mercato e chi invece sostiene una<br />

99


Tabella 3.6 – Occorrenze della delocalizzazione<br />

Forme grafiche Occorrenze<br />

delocalizzato 2<br />

delocalizzazioni 1<br />

delocalizzazione 7<br />

delocalizzare 6<br />

delocalizzata 1<br />

delocalizzando 1<br />

internazionale 4<br />

internazionalizzazione 2<br />

interna 1<br />

100<br />

posizione critica rispetto tale scelta. Il contrasto, tuttavia, non<br />

si cristallizza attorno alla scelta “delocalizzazione sì, delocalizzazione<br />

no” quanto alla mancanza di una governance del cambiamento<br />

localizzativo di alcune imprese (parti d’imprese) e<br />

alle conseguenze territoriali che ha generato (cfr. tabella 3.6).<br />

L’analisi parte dalla situazione del contesto internazionale. Il<br />

parlante del Distretto Regionale Veneto spiega che la diminuzione<br />

di importanza della distanza geografica sia in termini di<br />

costo di trasporto sia di costo organizzativo ha favorito l’adozione<br />

di strategie di costo da parte delle imprese leader del<br />

<strong>distretto</strong>. La produzione interna è calata, «grazie o forse per<br />

colpa di una situazione internazionale che favorisce delocalizzazioni<br />

verso l’Estremo Oriente chiaramente dove le produzioni<br />

hanno prezzi altamente più competitivi e dove c’è da<br />

dire che anche <strong>il</strong> livello di capacità in termini produttivi dei<br />

nostri concorrenti è cresciuto molto velocemente negli ultimi<br />

vent’anni.» (Intervista Distretto Veneto).<br />

L’internazionalizzazione della produzione genera un vantaggio<br />

economico che per essere acquisito richiede alle imprese<br />

una struttura organizzativa capace di gestire i tempi di produzione<br />

dislocati in varie aree del mondo. Questa trasformazione<br />

del sistema economico internazionale, che prima degli<br />

anni ’90 fondava la competitività sui cambiamenti nei prezzi<br />

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

relativi dei beni, in un’economia globale dove <strong>il</strong> vantaggio<br />

economico è dato dalla capacità di acquisire una struttura<br />

reticolare e un’organizzazione complessa della gestione dei<br />

flussi di fattori di produzione e beni finiti, ha generato un<br />

duplice cambiamento all’interno del <strong>distretto</strong>: da un lato le<br />

grandi imprese hanno delocalizzato fasi o linee di produzione,<br />

dall’altro le piccole hanno cominciato a ristrutturarsi, a diventare<br />

più propositive rispetto alla domanda, cercando di diventare<br />

imprese più dinamiche e più attente all’evoluzione dei<br />

mercati. In realtà non sono molte le piccole e medie imprese<br />

che sono riuscite ad appropriarsi di questa meta-competenza<br />

– la capacità di apprendimento – e a sopravvivere.<br />

I parlanti di Assindustria e Distretto Regionale Veneto mettono<br />

in evidenza che <strong>il</strong> processo di delocalizzazione è assolutamente<br />

limitato a poche aziende e non ha avuto natura selvaggia.<br />

Implicitamente ciò tende a minimizzare la relazione tra<br />

processi delocalizzativi e mortalità di piccole imprese imputando<br />

una maggior causa ai cambiamenti strutturali dei mercati.<br />

Se si osserva <strong>il</strong> processo della delocalizzazione mettendosi<br />

dalla parte delle imprese leader e di quelle innovative, e<br />

si tiene ben presente <strong>il</strong> processo di globalizzazione, si capisce<br />

la loro duplice esigenza di guadagnare in competitività<br />

economica e di essere presenti sui mercati asiatici perché<br />

mercati in crescita, in fase di forte affermazione nella geoeconomia<br />

mondiale.<br />

Quando si cambia prospettiva e si guarda lo stesso fenomeno<br />

con gli occhi di un piccolo imprenditore, si osserva più<br />

fac<strong>il</strong>mente che la delocalizzazione ha dei costi collettivi che<br />

ricadono sulla struttura distrettuale generando una fisiologica<br />

mortalità di microimprese non specializzate ma anche la<br />

scomparsa di PMI che negli anni ‘90 avevano acquisito competenze<br />

specifiche per garantire la qualità produttiva degli<br />

occhiali (come ad esempio la fase della galvanica).<br />

È convinzione di tutti gli intervistati che <strong>il</strong> processo di delocalizzazione<br />

sia stato un passaggio obbligato nell’evoluzione del<br />

<strong>distretto</strong> tanto che Certottica in qualità di fornitore di servizi<br />

101


Tabella 3.7 – Alcune forme grafiche con radice pivot distribu*<br />

e commer*<br />

Forma<br />

grafica<br />

102<br />

Occorrenze totali<br />

ANFAO<br />

per la R&S e di garante della qualità dei prodotti riterrebbe ut<strong>il</strong>e<br />

aprire una f<strong>il</strong>iale in Asia per essere là dove i mercati nascono<br />

e tutelare <strong>il</strong> prodotto italiano. Se la globalizzazione e le<br />

scelte r<strong>il</strong>ocalizzative delle imprese pongono come problema<br />

centrale la gestione della complessità organizzativa, occorre<br />

creare un sistema federale dei servizi d’impresa per continuare<br />

a ut<strong>il</strong>izzare <strong>il</strong> capitale di conoscenza maturato e per ricostruire<br />

la rete d’imprese attraverso nuovi nodi, nuove funzioni.<br />

I punti di vista sulla delocalizzazione divergono riguardo la<br />

gestione di questo cambiamento localizzativo. Questo processo<br />

ha mutato l’occupab<strong>il</strong>ità all’interno del <strong>distretto</strong>: una parte<br />

“dell’imprenditorialità diffusa” del <strong>distretto</strong> si è spostata in altri<br />

settori produttivi, come <strong>il</strong> turismo, e una parte è stata riassorbita<br />

dalle imprese più grandi. In sostanza la delocalizzazione ha<br />

aumentato la verticalizzazione del <strong>distretto</strong> che ha generato da<br />

un lato un aumento dell’occupazione totale del settore e dall’altro<br />

una redistribuzione dell’occupab<strong>il</strong>ità facendo diminuire le<br />

opportunità imprenditoriali del settore che fino a pochi anni fa<br />

avevano caratterizzato questo sistema economico territoriale.<br />

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

CCIAA Confartigianato Distretto Veneto Assoindustria Certottica<br />

distributore 3 2 0 0 1 0 0<br />

distributiva 3 2 0 0 1 0 0<br />

distribuzione 18 2 0 1 10 3 2<br />

distribuzione diretta<br />

commercializzazione<br />

5 0 0 0 5 0 0<br />

del prodotto 2 0 2 0 0 0 0<br />

commercializzare 1 0 0 1 0 0 0<br />

commerciali 3 0 0 2 0 1 0<br />

commercializzazione 2 0 0 0 0 1 1<br />

commerciale 10 0 2 3 3 1 1<br />

3.4.4 I CAMBIAMENTI A VALLE: LA DISTRIBUZIONE<br />

DEGLI OCCHIALI<br />

Come segnalato nel primo Capitolo, la globalizzazione dei<br />

mercati ha consegnato maggiore peso strategico alla fase di<br />

distribuzione nel settore degli occhiali. Se si prendono come<br />

parole pivot distribu* e commer* si osserva che i parlanti<br />

r<strong>il</strong>evano con molta chiarezza la rivoluzione avvenuta a valle del<br />

settore e gli effetti che ha generato sulla struttura del <strong>distretto</strong><br />

(cfr. tabella 3.7). In altre parole, i cambiamenti radicali nella<br />

catena distributiva hanno imposto mutamenti strutturali nella<br />

produzione e nella composizione della popolazione d’imprese<br />

del <strong>distretto</strong>.<br />

Il tema della distribuzione è argomento di assoluta criticità per<br />

<strong>il</strong> parlante del Distretto Veneto secondo <strong>il</strong> quale si dovrebbe<br />

ridurre la distanza tra l’impresa media e piccola con <strong>il</strong> mercato:<br />

«Un primo scalino da superare, abbastanza alto, è dovuto al<br />

fatto che la dimensione media delle aziende che fanno prodotto<br />

finito è tendenzialmente troppo piccola per poter<br />

affrontare singolarmente una iniziativa di distribuzione diret-<br />

103


104<br />

ta. Quello che <strong>il</strong> distributore prima riusciva a gestire adeguatamente<br />

[…], per esempio in termini di mercato, poteva essere<br />

importante per una piccola azienda. Ragionando con le<br />

catene invece la cosa cambia completamente in quanto<br />

sono distribuite in maniera ben diversa e quindi i numeri<br />

che richiedono e conseguentemente anche <strong>il</strong> prezzo del prodotto<br />

è diverso. In maniera costretta le piccole hanno scelto<br />

la nicchia. Tendenzialmente fino a oggi la situazione è stata<br />

quella di cercare nicchie di mercato sia in termini di prodotto<br />

che di distribuzione che garantissero ancora degli spazi. Il<br />

passo successivo credo sia quello sul quale stiamo spingendo<br />

[…] cercare di proporre direttamente <strong>il</strong> proprio prodotto.<br />

Su questo è un po’ di tempo che cerchiamo di spingere le<br />

aziende […]. Il limite primo è che la gestione di una distribuzione<br />

diretta richiede investimenti che non sono alla portata<br />

della singola azienda quindi la media delle piccole aziende<br />

non è in grado di sostenere gli investimenti di decine di<br />

m<strong>il</strong>ioni di euro per portare avanti un discorso di distribuzione<br />

diretta. È un argomento sul quale si discute. Le aziende<br />

sentono molto questa esigenza e continuano ad affacciarsi a<br />

queste possib<strong>il</strong>ità. Non si è realizzato però nulla di concreto<br />

perché c’è un po’ una visione abbastanza chiusa della propria<br />

realtà, c’è poca predisposizione ad aprirsi verso iniziative<br />

che vedono la rinuncia del proprio nel condividerlo con gli<br />

altri» (Intervista Distretto Veneto).<br />

Da questo stralcio d’intervista si evince che le PMI che popolano<br />

ancora oggi <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> incontrano difficoltà finanziarie ma<br />

soprattutto organizzative, poiché non riescono ad appropriarsi<br />

di una nuova routine commerciale fondata sulla cooperazione<br />

e la condivisione di strumenti di commercializzazione.<br />

Per costruire questo anello con <strong>il</strong> mercato, le imprese possono<br />

trasformare <strong>il</strong> rapporto di fiducia costruito nel tempo con i<br />

distributori in un legame distributivo quale la f<strong>il</strong>iale commerciale.<br />

Dal punto di vista del parlante di Anfao, questa modalità<br />

organizzata risulta la meno rischiosa e la più profittevole sul<br />

piano organizzativo. Tuttavia sono poche le imprese che sono<br />

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

riuscite a realizzare questo passaggio per crearsi una rete<br />

distributiva. Le maggiori difficoltà sono i costi organizzativi e<br />

logistici che inizialmente devono sostenere per costruire un<br />

“saper gestire” e susseguentemente per mantenere la rete<br />

distributiva.<br />

A queste difficoltà di gestione, si sommano poi le difficoltà<br />

contingenti, generate dalla trasformazione avvenuta a valle<br />

della f<strong>il</strong>iera settoriale. Infatti la strategia di acquisizione delle<br />

catene distributive che sta diventando un must negli investimenti<br />

delle imprese medie per imitazione delle strategie delle<br />

imprese più grandi riduce le possib<strong>il</strong>ità di penetrazione diretta<br />

del mercato da parte delle imprese più piccole.<br />

L’elemento che può essere ut<strong>il</strong>izzato come fattore strategico<br />

per la distribuzione del prodotto occhiale è <strong>il</strong> sistema di norme<br />

che certifica la qualità e la provenienza del prodotto. Dalla<br />

narrazione di Certottica emerge che un adeguato sistema di<br />

norme è da intendersi come fattore strategico perché presidia<br />

la qualità dell’occhiale italiano e certifica la titolarità di<br />

nuove imprese a entrare in competizione e proporre un prodotto<br />

occhiale con gli standard qualitativi del prodotto italiano.<br />

Inoltre, garantisce <strong>il</strong> consumatore sulla caratteristica del<br />

Made in Italy del prodotto che sta acquistando poiché dà trasparenza<br />

alle modalità di produzione, al contenuto tecnologico,<br />

e garantisce la conformità del prodotto agli standard<br />

medicali sulla sicurezza del prodotto occhiale.<br />

«Perché non basta essere bravi nel produrre ma essere bravi<br />

nel gestire la metodologia di verifica del prodotto, della distribuzione<br />

del prodotto, della commercializzazione della garanzia<br />

cioè tutta la f<strong>il</strong>iera è formata ormai, non ci sono più barriere.<br />

Le barriere sono le norme, tu sei proprietario delle norme e<br />

anche in termini logistici più recenti tu sei protagonista del<br />

mondo. Questo è un altro aspetto intelligente di mettersi insieme<br />

piccoli e grandi perché le norme valgono per tutti, i comandamenti<br />

sono uguali per tutti» (Intervista Certottica).<br />

Tuttavia sul “made in” i punti di vista sono diversi. A fianco di<br />

chi crede nel valore di un sistema normativo coerente che radi-<br />

105


106<br />

calizzi <strong>il</strong> rapporto prodotto-territorio all’interno di un sistema<br />

economico globalizzato, c’è chi lo crede superfluo perché la<br />

qualità è garantita dal brand. Queste diverse prospettive si traducono<br />

in una difficoltà nel definire un “patto” e quindi un’azione<br />

condivisa anche a livello di sanzione poiché mancano gli<br />

elementi necessari per riconoscere a livello collettivo e difendere<br />

l’identità del prodotto occhiale sui mercati internazionali.<br />

3.4.5 GLI ATTORI STRATEGICI DEL DISTRETTO<br />

L’ultima sezione dell’intervista è stata dedicata agli attori strategici<br />

del <strong>distretto</strong>. Piuttosto condivisa l’osservazione che<br />

Certottica e Mido siano due istituzioni importanti del <strong>distretto</strong><br />

e quindi siano “attori” di due funzioni r<strong>il</strong>evanti: la R&S e la formazione<br />

per <strong>il</strong> primo, la commercializzazione e la comunicazione<br />

del prodotto occhiale <strong>il</strong> secondo. Certottica è un attore<br />

istituzionale proattivo che propone alle imprese investimenti<br />

in conoscenza e recepisce dalle stesse i fabbisogni tecnologici<br />

per realizzare progetti di R&S. Tuttavia la ricerca di soluzioni<br />

tecniche e tecnologiche non si limita alla definizione di<br />

innovazioni di processo e/o di prodotto ma genera, grazie alla<br />

creazione di partnership di imprese grandi e piccole, nuove<br />

forme di comunicazione e di coordinamento all’interno del<br />

<strong>distretto</strong>.<br />

Certottica rappresenta dunque un Knowledge-Intensive Business<br />

Service di natura istituzionale, attore strategico in quanto<br />

produce e trasferisce conoscenza all’interno del <strong>distretto</strong>.<br />

Tabella 3.8 – Occorrenze totali e distribuzione<br />

del termine pivot fier*<br />

Forma<br />

grafica<br />

Occorrenze totali<br />

ANFAO<br />

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

Riguardo alla fiera, gli intervistati concordano sul ruolo importante<br />

che svolge sebbene anche questo abbia subito una trasformazione<br />

in questi ultimi 15 anni.<br />

Secondo <strong>il</strong> parlante di Certottica la fiera italiana, <strong>il</strong> Mido, ha<br />

saputo rinnovarsi e puntare sull’immagine, valorizzare l’innovazione<br />

e investire sulla velocità di collegamento tra prodotto e<br />

mercati. Il punto di vista del parlante di Confartigiano è invece<br />

diverso e più critico. La fiera dovrebbe diventare innanzitutto<br />

un punto d’incontro tra produttori in cui poter scambiare esperienze<br />

e saperi; osservazione che enfatizza la preoccupazione<br />

sul “poter continuare a produrre”. In altre parole la fiera dovrebbe<br />

far circolare conoscenza tacita per trovare soluzioni produttive.<br />

In realtà la fiera ha perso <strong>il</strong> suo ruolo “allocativo” ed è<br />

diventato più un luogo di rappresentanza, di marketing, un luogo<br />

dove si prendono contatti per “entrare in rete”. Diametralmente<br />

opposta la percezione della Camera di Commercio:<br />

«La fiera è uno strumento commerciale assolutamente fondamentale.<br />

Sono i momenti in cui le imprese entrano a contatto<br />

con i clienti. Qualcosa è cambiato nel modo di andare in fiera<br />

dei piccoli: mentre prima acquisivano uno spazio-bunker individuale,<br />

ora invece condividono un spazio comune. Questo dà<br />

una percezione diversa, un respiro più ampio. […] La fiera è<br />

stata e continua a essere un elemento essenziale per i piccoli<br />

imprenditori per avvicinarsi al mercato» (Intervista CCIAA).<br />

Momento essenziale anche per Assoindustria e Anfao sebbene<br />

oggi sia più un luogo di rappresentanza e meno un<br />

CCIAA Confartigianato Distretto Veneto Assoindustria Certottica<br />

fiera 23 1 3 7 5 5 2<br />

fiere 6 0 0 2 1 3 0<br />

107


108<br />

momento di raccolta di ordinativi. La ragione di questo cambiamento<br />

è ben spiegato dal parlante del Distretto Veneto:<br />

«Fino a quel periodo la fiera era sostanzialmente Mido. Per<br />

quanto ci riguarda era <strong>il</strong> momento in cui venivano raccolti la<br />

maggior parte degli ordini. Effettivamente era un momento di<br />

incontro con la clientela e dove si andavano a definire i contratti<br />

per i mesi futuri. Da lì in avanti è cambiato parecchio grazie a<br />

questa trasformazione che c’è stata nella distribuzione ma<br />

anche dal fatto che <strong>il</strong> prodotto è diventato sempre più un prodotto<br />

legato alla moda. Sono cresciute molto le griffe, la fiera si è un<br />

po’ trasformata da un punto di incontro per consolidare i rapporti<br />

in termini operativi a invece una vetrina di presentazione del<br />

prodotto che vedeva poi eventualmente gli ordini arrivare nei<br />

mesi successivi della fiera […]. Il primo obiettivo sul quale stiamo<br />

continuando a puntare e che ci dà un elenco di soddisfazioni<br />

è proprio quello di favorire l’aggregazione. Io credo che <strong>il</strong> fattore<br />

importante è spingere in quella direzione e facciamo tutto <strong>il</strong><br />

possib<strong>il</strong>e partendo dalla cosa più semplice che è quella di far sì<br />

che le aziende siano presenti anche in fiera anche tramite iniziative<br />

comuni legate al <strong>distretto</strong>. Quest’anno ad esempio, eravamo<br />

al Mido con le aziende del <strong>distretto</strong> e l’area che abbiamo acquisito<br />

come <strong>distretto</strong>, quindi mettendo tutte le aziende su uno spazio<br />

comune, erano più di 2.000 mq un risultato interessante ma<br />

che fatica ad andare al di là di questo: le aziende sono disposte<br />

a mettersi insieme due giorni per fare una fiera fanno invece fatica<br />

a fare qualcosa di più.» (Intervista Distretto Veneto).<br />

3.5 Cosa emerge dalla<br />

polifonia delle narrazioni?<br />

Punti di forza e di debolezza<br />

del <strong>distretto</strong><br />

Il <strong>distretto</strong> dell’occhiale è un sistema locale del lavoro che si è<br />

sempre distinto nel panorama distrettuale italiano per la sua<br />

performance. Nel Rapporto Annuale ISTAT 2007 (ISTAT, 2008)<br />

3. L’ANALISI TESTUALE: PERFORMANCE DI SETTORE E CARATTERISTICHE DI MERCATO<br />

risulta essere <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> con la migliore performance nazionale.<br />

Tuttavia l’immagine che si ricostruisce dall’ascolto degli<br />

attori del <strong>distretto</strong> è più problematica del risultato che consegna<br />

l’insieme degli indicatori statistici e di b<strong>il</strong>ancio.<br />

Ovviamente, sono due punti di vista diversi quello dei dati statistici<br />

e quello delle parole. Il primo consente di svolgere<br />

un’analisi comparata tra distretti mentre con <strong>il</strong> secondo entrano<br />

in dialogo e, potenzialmente, si integrano diversi punti di<br />

osservazione sui comportamenti e quindi sulle scelte che<br />

hanno influenzato la fisionomia del <strong>distretto</strong>.<br />

Il dialogo attorno al tema della performance del <strong>distretto</strong> presenta<br />

una dissonanza: chi dice che <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> vive una fase<br />

espansiva e chi, invece, sostiene che <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> non esiste<br />

più. Questa divergenza è tuttavia generata dal fatto che l’oggetto<br />

osservato non è lo stesso: se si guarda alla competitività<br />

delle grandi e medie imprese allora si può dedurre che <strong>il</strong><br />

<strong>distretto</strong> gode di buona salute (Napoli, 2008), se invece si<br />

osserva la competitività del territorio e quindi si focalizza l’attenzione<br />

sulla popolazione delle imprese del <strong>distretto</strong>, allora<br />

emergono sofferenze e criticità (Gambarotto, Rangone, Solari,<br />

2002).<br />

Mentre per mantenere e/o far crescere la competitività, le<br />

imprese hanno puntato su scelte delocalizzative e gestito<br />

direttamente la vendita del prodotto occhiale, <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> –<br />

inteso come popolazione d’imprese – ha mostrato complessivamente<br />

una rigidità d’apprendimento organizzativo in quanto<br />

troppo concentrato sulla fase produttiva dell’occhiale e troppo<br />

poco sulla sua commercializzazione. Le scelte delle piccole<br />

e micro imprese di fronte a questo nuovo contesto economico<br />

mettono in evidenza una resistenza cognitiva ad ampliare<br />

l’orizzonte di valutazione di fronte al cambiamento e quindi<br />

una mancanza di managerialità per trovare soluzioni organizzative<br />

più adatte. Dall’altro lato questi limiti di valutazione hanno<br />

fatto maturare la necessità di trovare un nuovo modo di<br />

“fare impresa”, di trovare nuovi fattori chiave per r<strong>il</strong>anciare <strong>il</strong><br />

territorio e quindi <strong>il</strong> <strong>distretto</strong>.<br />

109


110<br />

Qui si apre un altro dialogo che parla dei fattori di r<strong>il</strong>ancio del<br />

<strong>distretto</strong> e quindi della competitività territoriale. In questo<br />

decennio, <strong>il</strong> territorio – inteso come insieme di attori istituzionali<br />

r<strong>il</strong>evanti – si è dotato di un soggetto forte per <strong>il</strong> coordinamento<br />

dei processi innovativi. Certottica, che inizialmente era<br />

guardata con sospetto dalla maggior parte delle imprese, nell’arco<br />

di 15 anni è riuscita ad acquisire una posizione r<strong>il</strong>evante<br />

tanto da diventare key-actor del <strong>distretto</strong>.<br />

Nell’economia globalizzata <strong>il</strong> fattore strategico per un territorio<br />

è la capacità di produrre conoscenza e potersi adattare ai<br />

veloci cambiamenti legati alla mutevolezza del contesto economico<br />

internazionale (Garofalo, 2007; Rullani, 2007).<br />

L’obiettivo è quello di generare un sistema produttivo-territoriale<br />

knowledge-intensive diffic<strong>il</strong>mente attaccab<strong>il</strong>e, nel breve<br />

periodo, da altre regioni del mondo, più concentrate a sfruttare<br />

la relativa abbondanza di fattore lavoro a basso costo o la<br />

relativa disponib<strong>il</strong>ità di capitali d’investimento. Certottica, in<br />

qualità di Knowledge-Intensive Business Service riveste<br />

attualmente un ruolo strategico per l’evoluzione del <strong>distretto</strong> e<br />

per la crescita della sua competitività territoriale.<br />

C’è, infine, un terzo dialogo che si è aperto tra i parlanti che<br />

esprime una dissonanza attorno al tema della normazione dell’occhiale<br />

italiano. Una soluzione è tanto importante quanto<br />

strategica per l’evoluzione del sistema distrettuale. Occorre<br />

che i diversi attori si confrontino per decidere se tutelare <strong>il</strong><br />

prodotto italiano dedicandogli una connotazione territoriale<br />

oppure se l’identità del prodotto rimane vincolata unicamente<br />

al brand e alla politica aziendale. È una scelta evolutiva andare<br />

in una direzione anziché in un’altra. E tale scelta richiede la<br />

partecipazione di tutti gli attori coinvolti (gli stakeholders del<br />

<strong>distretto</strong>) nella produzione del valore aggiunto.


Capitolo 4<br />

L’ANALISI TESTUALE:<br />

PRODUZIONE<br />

DI CONOSCENZA,<br />

INNOVAZIONE<br />

E CULTURA<br />

DEL “SAPER FARE”


116<br />

L’analisi testuale:<br />

produzione<br />

di conoscenza,<br />

innovazione<br />

e cultura<br />

del “saper fare”<br />

FRANCESCA GAMBAROTTO<br />

«Le imprese, protagoniste della produzione di conoscenza<br />

dipingono <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhiale come un sistema che compete<br />

a due velocità: da un lato la competitività internazionale di<br />

alcune imprese, da cui discende in larga misura la buona performance<br />

del <strong>distretto</strong>, dall’altro, una competitività territoriale<br />

che si trascina stancamente, legata alle difficoltà che molte<br />

piccole e medie imprese incontrano nell’adeguarsi alle nuove<br />

esigenze organizzative e distributive del prodotto occhiale»<br />

Il presente Capitolo è interamente dedicato all’analisi delle<br />

valutazioni e delle posizioni di sette importanti imprese del<br />

<strong>distretto</strong>, intervistate su diverse tematiche:<br />

• i cambiamenti nella struttura e nell’organizzazione produttiva;<br />

• l’adozione di innovazioni;<br />

• l’organizzazione della distribuzione;<br />

• l’investimento in capitale umano;<br />

• le relazioni mantenute dall’impresa nel <strong>distretto</strong>.<br />

Di queste sette imprese, quattro sono grandi imprese (oltre<br />

250 addetti) e tre sono imprese medie (tra 50 e 249 addetti).<br />

Pur ritenendo pienamente soddisfacente <strong>il</strong> materiale informa-<br />

tivo raccolto con queste interviste, è da segnalare che qualche<br />

difficoltà è emersa nell’ottenere la disponib<strong>il</strong>ità da parte<br />

delle imprese a r<strong>il</strong>asciare una testimonianza.<br />

Si possono avanzare diverse interpretazioni per questa difficoltà<br />

da parte delle imprese a raccontarsi. Innazittutto, in<br />

rapporto ad altri distretti, le imprese di questo <strong>distretto</strong> hanno<br />

una forte reticenza a condividere informazioni. Questa<br />

scarsa partecipazione a costruire una conoscenza condivisa<br />

è stata evidenziata anche nel Capitolo precedente da<br />

qualche testimone priv<strong>il</strong>egiato e può pertanto delineare un<br />

tratto caratteristico degli attori economici che popolano<br />

questo <strong>distretto</strong>.<br />

Una seconda interpretazione che invita a una riflessione<br />

riguarda <strong>il</strong> senso di appartenenza al <strong>distretto</strong>. Per molte<br />

imprese <strong>il</strong> <strong>distretto</strong>, come entità organizzativa, non esiste più.<br />

Risulta superfluo lo sforzo di capire la performance e l’evoluzione<br />

del <strong>distretto</strong> quando le imprese si sentono di giocare<br />

individualmente nel mercato globale.<br />

Per entrare nell’analisi, si presentano le variab<strong>il</strong>i ut<strong>il</strong>izzate per<br />

interpretare i testi delle interviste: sostanzialmente lo studio<br />

è stato condotto rispetto la dimensione dell’impresa intervistata<br />

e le sezioni del questionario (cfr. Appendice). La<br />

dimensione permette di individuare somiglianze e differenze<br />

nella descrizione della performance dell’impresa rispetto alle<br />

diverse capacità di previsione e valutazione del contesto<br />

economico mentre i temi specifici del questionario guidano a<br />

un’analisi qualitativa più completa sulle diverse aree funzionali<br />

dell’impresa.<br />

4.1 Le imprese si raccontano<br />

Il corpus testuale (N) che raccoglie tutte le interviste risulta di<br />

medie dimensioni, composto in totale da 23.063 forme grafiche<br />

(numero di parole espresse). Da questo testo si ottiene <strong>il</strong><br />

vocabolario (V) delle imprese – parole diverse ut<strong>il</strong>izzate –<br />

117


118<br />

composto da 3.577 forme grafiche. Anche in questo caso,<br />

come per i testimoni priv<strong>il</strong>egiati, la dimensione del vocabolario<br />

(V/N*100 = 15,5%) e la ricercatezza del linguaggio ut<strong>il</strong>izzato<br />

(V1/V*100 = 53,6%) risultano accettab<strong>il</strong>i ai fini dell’analisi<br />

testuale semiautomatica.<br />

In tabella 4.1 viene riportato uno stralcio del vocabolario<br />

per fasce di frequenza. Le forme grafiche con un’alta fascia<br />

di frequenza sono quelle che vengono ut<strong>il</strong>izzate per tessere<br />

<strong>il</strong> discorso narrativo e assorbono <strong>il</strong> 26% del vocabolario.<br />

Nella fascia di media frequenza si trovano le prime parole<br />

che costruiscono <strong>il</strong> discorso: le forme grafiche noi, perché,<br />

ma (rispettivamente 156, 155, 141) lasciano intendere<br />

che gli intervistati parlano dell’impresa come di una<br />

comunità di soggetti e spiegano le ragioni di scelte di funzionamento<br />

rivolte all’evoluzione del sistema produttivo<br />

(molto, Cina, Italia, anni) e dei mercati (occhiali,<br />

mercato, prodotti).<br />

Nella fascia di bassa frequenza si trovano la maggior parte delle<br />

parole piene cioè delle parole ut<strong>il</strong>izzate dagli intervistati con<br />

elevato significato. Tra queste risultano significative fiera, cinesi,<br />

innovazione, rapporti estero (rispettivamente, 32, 31,<br />

25, 24, 24) che lasciano intuire quali sono i temi attorno ai<br />

quali si sono soffermarti principalmente gli intervistati.<br />

Fondamentali sono quelli dell’organizzazione produttiva e<br />

delle modalità di creazione del prodotto (processo, lavoro,<br />

strutture, organizzazione, produttiva) e quello della<br />

distribuzione dei prodotti e della presenza sui mercati (made,<br />

direttamente, vantaggio, cliente, marketing).<br />

Come si evince dalla tabella 4.1 sono molte le parole cariche<br />

di senso che presentano la medesima frequenza nel<br />

corpus raccolto a dimostrazione che gli intervistati hanno<br />

offerto una descrizione articolata per ogni tema introdotto<br />

dall’intervistatore. Gli hapax, parole che compaiono solo<br />

una volta nel vocabolario, sono circa <strong>il</strong> 10% della frequenza<br />

cumulata e permettono di cogliere le diverse sfumature dei<br />

parlanti sui temi indagati.<br />

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />

Tabella 4.1 – L’orizzonte linguistico delle imprese:<br />

<strong>il</strong> vocabolario dell’imprese intervistate<br />

Forma grafica Occorrenze totali Fasce Frequenza cumulata<br />

di 788 Alta 3,4<br />

è 638 Alta 6,2<br />

che 618 Alta 8,9<br />

non<br />

…<br />

426 Alta 12,7<br />

per<br />

…<br />

298 Alta 21,8<br />

abbiamo 238 Alta 25,1<br />

si 230 Alta 26,1<br />

con<br />

…<br />

215 Media 27,1<br />

noi 156 Media 31,1<br />

perché 155 Media 31,8<br />

ma<br />

…<br />

141 Media 32,4<br />

questo 108 Media 36,2<br />

prodotto<br />

…<br />

99 Media 37,0<br />

Cina 67 Media 41,5<br />

Italia 64 Media 42,0<br />

anni<br />

…<br />

63 Media 42,3<br />

occhiali 55 Media 45,6<br />

mercato 53 Media 45,8<br />

prodotti<br />

…<br />

52 Media 46,3<br />

occhiale 45 Media 48,4<br />

<strong>distretto</strong><br />

…<br />

45 Media 48,5<br />

nostra 34 Media 52,5<br />

fa 34 Media 52,6<br />

proprio<br />

…<br />

32 Bassa 52,8<br />

fiera 32 Bassa 53,1<br />

segue...<br />

119


Forma grafica Occorrenze totali Fasce Frequenza cumulata<br />

cinesi 31 Bassa 53,3<br />

…<br />

innovazione 25 Bassa 55,9<br />

…<br />

rapporti 24 Bassa 56,9<br />

estero 24 Bassa 57,0<br />

…<br />

sicuramente 23 Bassa 57,6<br />

processo 23 Bassa 57,7<br />

lavoro 23 Bassa 57,8<br />

imprese 23 Bassa 57,9<br />

…<br />

grande 18 Bassa 61,4<br />

strutture 18 Bassa 61,5<br />

problemi 18 Bassa 61,6<br />

made 18 Bassa 61,7<br />

organizzazione 18 Bassa 61,8<br />

…<br />

direttamente 18 Bassa 62,4<br />

produttiva 17 Bassa 62,4<br />

università 17 Bassa 62,5<br />

corsi 17 Bassa 62,6<br />

…<br />

vantaggio 16 Bassa 64,0<br />

tecnico 16 Bassa 64,1<br />

cliente 16 Bassa 64,2<br />

design 16 Bassa 64,2<br />

attività 16 Bassa 64,3<br />

tempo 16 Bassa 64,4<br />

investimenti 16 Bassa 64,4<br />

ricerca 16 Bassa 64,5<br />

distribuzione 15 Bassa 64,6<br />

Italy 15 Bassa 64,7<br />

marketing 15 Bassa 64,8<br />

dobbiamo 15 Bassa 64,8<br />

designer 15 Bassa 64,9<br />

…<br />

segue...<br />

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />

Forma grafica Occorrenze totali Fasce Frequenza cumulata<br />

investire 9 Bassa 72,3<br />

modelli 9 Bassa 72,3<br />

trovare 9 Bassa 72,4<br />

volumi<br />

…<br />

9 Bassa 72,4<br />

esperienza 7 Bassa 75,0<br />

lavorando 7 Bassa 75,0<br />

internet<br />

…<br />

7 Bassa 75,1<br />

delocalizzare 4 Bassa 82,9<br />

crescere<br />

…<br />

4 Bassa 82,9<br />

terzista 2 Bassa 87,7<br />

culturale 2 Bassa 87,7<br />

segnali 2 Bassa 87,7<br />

cambiando<br />

…<br />

2 Bassa 87,7<br />

prototipisti 1 Bassa 95,9<br />

inventano<br />

…<br />

1 Bassa 95,9<br />

restyling 1 Bassa 99,7<br />

informatizzato<br />

…<br />

1 Bassa 99,7<br />

coordinamento 1 Bassa 100,0<br />

4.2 L’orizzonte linguistico delle<br />

imprese: l’analisi dei verbi<br />

Per individuare la percezione di sé nella narrazione, si possono<br />

analizzare le forme verbali più ut<strong>il</strong>izzate e condivise e cercare<br />

quelle che invece distinguono la narrazione delle grandi<br />

da quelle delle medie imprese. Le forme verbali ut<strong>il</strong>izzate dagli<br />

intervistati sono 432, delle quali 198 ut<strong>il</strong>izzate una sola volta,<br />

in un’unica modalità. In figura 4.1 si riportano alcune tra le forme<br />

verbali più ut<strong>il</strong>izzate esclusi i verbi aus<strong>il</strong>iari.<br />

120 121


Il risultato osservab<strong>il</strong>e è in parte dovuto al diverso peso delle<br />

grandi e medie imprese nel corpus disponib<strong>il</strong>e, ma in parte<br />

dipende dal modo in cui le imprese si rappresentano linguisticamente.<br />

Infatti, l’orizzonte linguistico delle grandi imprese è<br />

costruito attorno ad azioni (verbi) rivolte alla creazione della competitività<br />

aziendale – fare, lavorare, produrre, vendere –<br />

mentre le imprese medie valutano la loro performance rispetto<br />

alle risorse disponib<strong>il</strong>i – costare, stare, vedere, progettare.<br />

Una nota a parte deve essere dedicata ai verbi serv<strong>il</strong>i – potere,<br />

dovere e volere – che esprimono, rispettivamente,<br />

capacità, obbligo, e desiderio (cfr. figura 4.2). Incrociando <strong>il</strong><br />

risultato del grafico con le sezioni del questionario, si osserva<br />

che la grande impresa valuta di possedere maggiori assets,<br />

sia in termini di capacità produttiva, sia di capacità distributiva.<br />

In termini relativi, le medie imprese si sentono più legate a<br />

un comportamento normativo e quindi si sentono vincolate<br />

dall’esterno nell’introdurre cambiamenti, soprattutto nell’area<br />

produttiva (dovere = 33 GI; 29 MI).<br />

Nella sezione del questionario “Relazioni con <strong>il</strong> <strong>distretto</strong>”, i<br />

verbi serv<strong>il</strong>i presentano una frequenza significativa a dimostrazione<br />

del fatto che alcuni parlanti si esprimono criticamente<br />

nei confronti del <strong>distretto</strong> mentre altri sono più propositivi<br />

nel cercare un adattamento del <strong>distretto</strong> all’evoluzione<br />

dell’organizzazione produttiva e distributiva internazionale<br />

(cfr. tabella 4.2).<br />

4.3 Azioni e reazioni<br />

delle imprese: un’analisi<br />

dei comportamenti<br />

Per individuare i tratti comuni in un gruppo di intervistati o di<br />

alcune sezioni del testo, si può ut<strong>il</strong>izzare <strong>il</strong> linguaggio peculiare<br />

o specifico che permette di identificare parole chiave ovvero<br />

parole sovra/sotto ut<strong>il</strong>izzate nel corpus testuale che contraddistinguono<br />

un gruppo rispetto agli altri. In altri termini <strong>il</strong> linguag-<br />

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />

Figura 4.1 – Alcune tra le forme verbali più ut<strong>il</strong>izzate<br />

Figura 4.2 – Verbi serv<strong>il</strong>i per dimensione d’impresa<br />

122 123


Tabella 4.2 – Verbi serv<strong>il</strong>i per sezioni del questionario<br />

Lemma<br />

124<br />

Camb<br />

prog*<br />

Innov Mercati <strong>Fiera</strong> Cu<br />

gio peculiare «può essere visto come la ricerca dell’insieme<br />

minimo di parole massimamente rappresentativo del vocabolario»<br />

(Bolasco, 1999, p. 223). Nel presente caso, <strong>il</strong> linguaggio<br />

peculiare viene analizzato rispetto ai soggetti intervistati<br />

(grandi e medie imprese) e rispetto ai temi dell’intervista.<br />

4.3.1 RILEVANZA DELLA DIMENSIONE<br />

NELLA PERCEZIONE DELLA REALTÀ<br />

Nella tabella che segue (cfr. tabella 4.3) viene riportato <strong>il</strong> linguaggio<br />

peculiare positivo (sovraut<strong>il</strong>izzato) delle grandi e<br />

medie imprese. Nell’analizzare la tabella si osserva una diversità<br />

di percezione della realtà, la quale emerge dalle narrazioni<br />

dei due gruppi parlanti: le GI si descrivono enfatizzando i<br />

termini stab<strong>il</strong>imenti, stab<strong>il</strong>imento, mondo mentre le MI si<br />

rapportano a <strong>distretto</strong>, produzione, strutture.<br />

A partire da queste forme grafiche si può avanzare una prima<br />

interpretazione del linguaggio peculiare: nella descrizione del<br />

loro comportamento le GI si rapportano al contesto dell’economia<br />

globale narrando dei cambiamenti introdotti nell’organizzazione<br />

della produzione, l’adozione di innovazioni, e la partecipazione<br />

agli eventi fieristici, mentre <strong>il</strong> discorso delle MI è contestualizzato<br />

nei cambiamenti che hanno coinvolto <strong>il</strong> territorio, e quindi <strong>il</strong><br />

<strong>distretto</strong>, in termini di creazione di una nuova divisione del lavoro.<br />

Quando le GI parlano di stab<strong>il</strong>imenti ne descrivono la dimensione<br />

(persone), i cambiamenti che hanno introdotto (pro-<br />

Rel<br />

Distretto<br />

potere 40 8 21 7 4 20<br />

dovere 30 5 7 5 3 12<br />

volere 21 5 8 3 0 10<br />

*Per le intestazioni delle colonne<br />

si faccia riferimento all’Appendice<br />

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />

cesso di riorganizzazione, processo produttivo, controllo<br />

del processo) e gli effetti a monte (fornitore):<br />

«I fornitori erano italiani ma anche qui per un fatto di costo<br />

sono rimasti pochi italiani e molti cinesi. Anche per <strong>il</strong> materiale<br />

italiano dobbiamo stab<strong>il</strong>irci in Cina per <strong>il</strong> prezzo. Sotto<br />

questo aspetto viviamo un cambiamento della produzione<br />

interna, continuo» (GI-intervista 6).<br />

«Il rapporto con i fornitori è elastico, se un fornitore a un<br />

determinato punto del processo produttivo ci dice che non è<br />

capace di farlo ma è capace di fare altro – in linea con quello<br />

che noi chiediamo – diamo l’ok per questa modificazione<br />

in corso d’opera stante che i costi rimangano gli stessi del<br />

preventivo che ci era stato fatto» (GI-intervista 7).<br />

Questi cambiamenti nella struttura delle relazioni a monte in<br />

parte è dovuta a cambiamenti localizzativi e organizzativi e in<br />

parte alla necessità di trovare nuovi adattamenti ai processi<br />

innovativi che vengono introdotti nelle fasi di progettazione e<br />

produzione degli occhiali:<br />

«Tutto <strong>il</strong> processo di innovazione è diffic<strong>il</strong>e da distinguere<br />

[…]. Se andiamo nelle tecnologie non ci siamo, se andiamo<br />

sullo sv<strong>il</strong>uppo di nuove architetture di materiali non è <strong>il</strong><br />

nostro settore. Se misuriamo la quota di fatturato in termini<br />

di cambiamento organizzativo è altissima. Perché poi abbiamo<br />

cambiato sistema informatico, andiamo su cifre molto<br />

grandi per noi» (GI-intervista 6).<br />

«Io ora parlavo di innovazione di prodotto, di innovazione<br />

tecnica. L’ innovazione di design per noi è la norma» (GIintervista<br />

7).<br />

I processi innovativi, infatti, richiedono cambiamenti nelle relazioni<br />

con altri agenti economici e generalmente modificano i<br />

rapporti con i fornitori per ottimizzare i flussi di produzione e<br />

ridurre i costi di produzione.<br />

I parlanti delle imprese medie si concentrano invece sull’attualità<br />

e raccontano del cambiamento che hanno attivato:<br />

«Stiamo portando avanti un progetto insieme a un partner<br />

[…]. Stiamo lavorando molto con le grandi catene distributi-<br />

125


Tabella 4.3 – Stralcio del linguaggio peculiare positivo<br />

delle grandi imprese (GI) e medie imprese (MI)<br />

Forma<br />

grafica*<br />

Occorrenze<br />

GI<br />

Specificità<br />

GI<br />

Forma<br />

grafica<br />

Occorrenze<br />

MI<br />

Specificità<br />

MI<br />

mestiere 10 pos_orig avuto 11 pos<br />

in realtà 14 pos_orig perché 85 pos<br />

comunque 16 pos_orig strutture 14 pos<br />

stab<strong>il</strong>imenti 14 pos_orig nostra 23 pos<br />

quelle 13 pos_orig po’ 26 pos<br />

punto di vista 11 pos progetto 10 pos<br />

fornitore 13 pos imprese 10 pos<br />

stab<strong>il</strong>imento 13 pos sono 133 pos<br />

cioè 14 pos euro 12 pos<br />

grande 16 pos aziende 29 pos<br />

senso 16 pos hanno 35 pos<br />

processo 19 pos adesso 12 pos<br />

persone 19 pos ultimi 17 pos<br />

innovazione 19 pos in Romania 13 pos<br />

quelli 19 pos ci 71 pos<br />

invece 19 pos tempi 10 pos<br />

mondo 23 pos dobbiamo 11 pos<br />

avere 23 pos livello 24 pos<br />

proprio 25 pos anni 35 pos<br />

fiera 25 pos essere 24 pos<br />

nostro 35 pos <strong>distretto</strong> 22 pos<br />

era 38 pos possiamo 9 pos<br />

io 41 pos produzione 24 pos<br />

tutto 42 pos marchi 12 pos<br />

occhiali 42 pos stiamo 13 pos<br />

però 44 pos viene 15 pos<br />

molto 49 pos momento 17 pos<br />

quello 50 pos<br />

fare 60 pos<br />

se 81 pos<br />

noi 108 pos<br />

*Le parole evidenziate in tabella presentano la particolarità di essere state<br />

ut<strong>il</strong>izzate nel corpus unicamente dalle grandi imprese e vengono definite<br />

“specificità originali” (pos_org= positive originali).<br />

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />

ve europee; prodotto tecnico a marchio delle catene. Perché<br />

con queste catene possiamo lavorare in modo tecnologico in<br />

tempi rapidi» (MI-intervista 1).<br />

«Nel momento stesso che la produzione cinese è aumentata<br />

di qualità e a costi nettamente inferiori abbiamo tagliato i<br />

subfornitori del territorio a favore di quelli cinesi […]. Noi<br />

investimenti all’estero non ne stiamo facendo. Stiamo<br />

acquistando ma non investimenti diretti all’estero. Prodotto<br />

sem<strong>il</strong>avorato» (MI-intervista 4).<br />

«Stiamo pensando più al consumatore che all’ottico, vogliamo<br />

garantire al consumatore un prodotto curato […]. Facciamo<br />

continuamente investimenti, nonostante la condizione<br />

economica, terrorismo mediale che c’è in questo momento,<br />

dove tutto va male. Stiamo facendo i nostri investimenti lo<br />

stesso» (MI-intervista 5).<br />

Le imprese medie del <strong>distretto</strong>, proprio per loro caratteristica<br />

strutturale, sono imprese molto orientate alla creazione del<br />

prodotto nell’accezione produttiva prima ancora che st<strong>il</strong>istica.<br />

L’apertura verso i mercati rimane una variab<strong>il</strong>e strategica<br />

importante ma è subordinata al “saper fare”, all’uso e alla<br />

conoscenza delle tecnologie, alla messa in atto di progetti per<br />

ri-organizzare i processi informativi all’interno dell’impresa.<br />

Nella descrizione di questo processo, i parlanti non possono<br />

mancare di soffermarsi sui cambiamenti avvenuti nel <strong>distretto</strong>:<br />

«Subfornitori all’interno del <strong>distretto</strong>? Qualcosina ma poca<br />

roba che sono a polmone nel momento in cui ci sono delle<br />

impennate come l’occhiale da sole. Nel momento di stagionalità<br />

dobbiamo ricorrere a ore straordinarie o delegare all’esterno<br />

le maggior punte di lavoro che abbiamo» (MI-intervista 4).<br />

Ciò che emerge è che nelle strutture relazionali tra le imprese<br />

del territorio sono inevitab<strong>il</strong>mente avvenuti dei cambiamenti:<br />

le imprese del <strong>distretto</strong> sopravvissute al periodo di crisi della<br />

prima metà degli anni ’90, hanno dovuto adeguarsi alla nuova<br />

competizione internazionale nella produzione prima ancora<br />

dei mercati finali. Tuttavia, come r<strong>il</strong>evato con le analisi dei<br />

b<strong>il</strong>anci nel terzo Capitolo, la produzione distrettuale si è mod-<br />

126 127


128<br />

ficata anche in seguito all’aumento della competitività interna<br />

al <strong>distretto</strong> per riuscire a mantere o migliorare <strong>il</strong> posizionamento<br />

sul mercato. In parte le imprese hanno attuato strategie<br />

difensive, cioè di costo, e in parte hanno adottato progetti<br />

innovativi nella gestione dei flussi informativi e/o nella tempistica<br />

della progettazione e prototipazione dei prodotti.<br />

4.3.2 PUNTI DI VISTA SULLA PERFORMANCE<br />

DELL’IMPRESA: L’ANALISI TESTUALE<br />

DELLE SEZIONI DEL QUESTIONARIO<br />

Nella prima sezione del questionario sono state raccolte le<br />

testimonianze dei parlanti rispetto ai cambiamenti introdotti nella<br />

struttura e nell’organizzazione produttiva. Dai testi raccolti è<br />

stato estratto <strong>il</strong> linguaggio peculiare, cioè quei termini linguistici<br />

attorno ai quali si è costruito <strong>il</strong> racconto dei nostri narranti.<br />

Riguardo a questa prima sezione del questionario, i racconti si<br />

snodano attorno ai seguenti nuclei tematici (cfr. tabella 4.4).<br />

a) I cambiamenti localizzativi nella struttura produttiva (Cina,<br />

Romania); i processi delocalizzativi sono stati descritti,<br />

soprattutto dalle grandi imprese, come fase necessaria per<br />

rispondere all’aumento dei volumi della domanda. Anche le<br />

imprese medie descrivono la delocalizzazione come una<br />

necessità strategica ma, nel mantenere una resposab<strong>il</strong>ità<br />

sociale dell’impresa, osservano i molti risvolti negativi che<br />

questo processo ha generato e tuttora genera nella produzione<br />

della conoscenza tecnica e produttiva dell’occhiale<br />

nel <strong>distretto</strong>.<br />

b) I cambiamenti nella qualità dei prodotti in seguito all’entrata<br />

di questi nuovi attori economici nella f<strong>il</strong>iera produttiva; chi dice<br />

che i cinesi sono più affidab<strong>il</strong>i dei subfornitori locali, chi invece<br />

ritiene la produzione cinese poco competitiva rispetto alla<br />

qualità del prodotto finale. Ancora, chi ritiene questa scelta un<br />

boomerang negativo sulla reputazione del prodotto poiché si<br />

perde l’identità italiana del prodotto.<br />

c) Il cambiamento nella f<strong>il</strong>iera locale della produzione che ha<br />

subito una vera rivoluzione in questo decennio trasformando<br />

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />

<strong>il</strong> <strong>distretto</strong> cadorino dell’occhiale in un cluster industriale fondato<br />

su reti lunghe di produzione in cui i tempi di consegna<br />

diventano l’elemento chiave del funzionamento organizzativo.<br />

d) Il ruolo sempre più imperativo della moda nella produzione<br />

che da un lato rappresenta <strong>il</strong> punto di forza nella produzione<br />

dell’occhiale ma dall’altro <strong>il</strong> nuovo prodotto ‘occhiale di<br />

moda’ impone un maggior controllo dei prezzi di produzione<br />

per mantenere aperta la concorrenza tra le imprese per<br />

assicurarsi <strong>il</strong> portfolio degli st<strong>il</strong>isti.<br />

A corollario di queste priorità nel cambiamento organizzativo e<br />

nella produzione, è stata data importanza anche alla formazione<br />

e all’aggiornamento delle competenze delle risorse umane24 .<br />

Nella seconda sezione, gli intervistati hanno parlato di innovazione<br />

e R&S a partire dal loro impegno rispetto al fatturato<br />

aziendale (cfr. tabella 4.5). Tutte le imprese intervistate evidenziano<br />

una forte sensib<strong>il</strong>ità per <strong>il</strong> tema innovazione: alcune<br />

brevettano prodotti mentre qualcuna ritiene l’innovazione di<br />

prodotto (design) come una routine aziendale. Alcune sono<br />

più impegnate in innovazioni incrementali per aumentare la<br />

capacità produttiva e l’efficienza tecnica, mentre altre ancora<br />

stringono partnership con enti di ricerca per conoscere le<br />

funzionalità di nuovi materiali o di nuove tecnologie.<br />

L’innovazione di processo risulta, soprattutto per le medie imprese,<br />

un fattore chiave per l’evoluzione dell’azienda poiché produce<br />

quello scarto necessario con le produzioni asiatiche (maggiore<br />

tecnologia = maggiore qualità di prodotto) che genera la<br />

competitività dell’impresa cadorina. Strategico dunque produrre<br />

conoscenza e capitalizzare l’investimento in conoscenza.<br />

Le grandi imprese sono invece più sensib<strong>il</strong>i all’innovazione<br />

organizzativa poiché la maggiore dimensione dell’impresa<br />

sommata alla “dispersione localizzativa” richiede un maggior<br />

controllo delle fasi e dei tempi di produzione. Sebbene limitatamente<br />

alle imprese intervistate si può sostenere che l’inno-<br />

24 Questo tema tuttavia non è stato molto approfondito durante l’intervista perché<br />

avrebbe richiesto una disponib<strong>il</strong>ità ulteriore da parte dell’intervistato.<br />

129


Tabella 4.4 – Specificità positive per la sezione “cambiamenti<br />

nella struttura e nell’organizzazione”<br />

Forma grafica Occorrenze totali<br />

130<br />

Specificità<br />

(CAMB_PROG)<br />

noi 150 pos<br />

prodotto 87 pos<br />

produzione 42 pos<br />

in Cina 47 pos<br />

fare 81 pos<br />

loro 49 pos<br />

occhiale 45 pos<br />

prima 36 pos<br />

cinesi 31 pos<br />

all’interno 27 pos<br />

struttura 21 pos<br />

fornitori 19 pos<br />

marchi 18 pos<br />

in Romania 18 pos<br />

dobbiamo 15 pos<br />

servizio 15 pos<br />

stab<strong>il</strong>imento 14 pos<br />

stab<strong>il</strong>imenti 14 pos<br />

fornitore 14 pos<br />

punto 14 pos<br />

moda 13 pos<br />

subfornitori 12 pos<br />

essendo 11 pos<br />

forza 11 pos<br />

scelta 10 pos<br />

prezzi 10 pos<br />

vazione viene reputata un mutamento continuo e necessario<br />

per integrare le diverse componenti dell’impresa (sia interne<br />

che esterne) e garantire la stab<strong>il</strong>ità del sistema aziendale.<br />

Il terzo tema che è stato trattato durante l’intervista è stato quello<br />

della distribuzione e dei mercati (cfr. tabella 4.6). Come si<br />

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />

evince dalle prime forme grafiche i parlanti spiegano le forme<br />

della distribuzione e distinguono le quote tra Italia, Europa e<br />

resto del mondo. Si nota una certa variab<strong>il</strong>ità strategica tra gli<br />

intervistati: chi distribuisce direttamente con una propria forza<br />

vendita nei diversi mercati, chi ha iniziato a comperare piccole<br />

catene di vendita in Europa, chi vende ai grandi distributori e/o<br />

agli ottici. La vendita all’ottico riguarda non solo l’occhiale da<br />

vista ma anche occhiali da sole con un mercato di “nicchia”.<br />

Nel descrivere la distribuzione, risulta ineludib<strong>il</strong>e per i parlanti<br />

una breve descrizione dei cambiamenti intervenuti in seguito alle<br />

strategie di vendita di Luxottica la quale, oramai da più di una<br />

decina d’anni, ha investito a valle controllando direttamente <strong>il</strong><br />

mercato. Questo accorciamento della catena distributiva ha<br />

permesso a Luxottica di aumentare <strong>il</strong> cash flow e ridurre <strong>il</strong> valore<br />

economico dell’incertezza del mercato degli occhiali (effetto<br />

moda). Inoltre, tale innovazione a valle ha generato una conseguente<br />

redistribuzione del valore aggiunto prodotto e ha generato<br />

una grande attenzione ai mercati da parte di altre imprese:<br />

«Luxottica ha fatto tanto ma comunque sia non è che controlla<br />

<strong>il</strong> mercato perché 5.000 negozi nel mondo su un m<strong>il</strong>ione<br />

nel reta<strong>il</strong> mondiale resta limitata» (GI-intervista 7).<br />

Una nota particolare va dedicata al ruolo delle manifestazioni<br />

fieristiche nella commercializzazione del prodotto occhiale<br />

(cfr. tabella 4.7). Gli intervistati sostengono che la fiera è<br />

importante come momento di contatto tra i due lati del mercato,<br />

domanda e offerta, ma nel tempo ha perso la sua valenza<br />

di “scambio commerciale”. Non è più infatti un luogo dove si<br />

raccolgono ordinativi e dove si genera <strong>il</strong> match tra i bisogni<br />

del mercato e la capacità di produzione, bensì è diventato un<br />

luogo di costruzione o consolidamento dell’immagine dell’azienda.<br />

Ciò lascia intendere che, attualmente, la reputazione<br />

aziendale dipende in misura più significativa dalla gestione<br />

della comunicazione dell’immagine aziendale e dalla capacità<br />

di mantenere nel tempo un elevato standard informativo sulla<br />

qualità del prodotto. Si potrebbe ipotizzare che la qualità del<br />

prodotto – e quindi <strong>il</strong> know-how produttivo – sia un dato<br />

131


Tabella 4.5 – Specificità positive sezione “Innovazione e R&S”<br />

Forma grafica Occorrenze totali<br />

132<br />

Specificità<br />

(INNOV)<br />

abbiamo 213 pos<br />

prodotto 87 pos<br />

anno 41 pos<br />

fatturato 26 pos<br />

processo 23 pos<br />

innovazione 22 pos<br />

design 14 pos<br />

lavorazioni 12 pos<br />

materiali 11 pos<br />

progetto 11 pos<br />

nuove 10 pos<br />

mestiere 10 pos<br />

università 10 pos<br />

acquisito, e che resti invece uno spazio competitivo sulla<br />

capacità di gestire l’informazione esterna, cioè la presentazione<br />

e la reputazione dell’impresa sul mercato.<br />

Il Mido, la fiera italiana dell’occhialeria, rimane la più importante<br />

per tutti gli intervistati e l’unica che vale la pena di frequentare<br />

in maniera continuativa:<br />

«La fiera sicuramente è un momento di incontro per noi. […]<br />

Il problema è <strong>il</strong> rapporto costo-fiera.» (GI-intervista 6).<br />

«La più significativa? Mido, chiaramente. In caso di scelta,<br />

sceglierei <strong>il</strong> Mido perché permette valore aggiunto. Nel senso<br />

che quando vado al Mido porto a casa ordini di produzione.<br />

L’affluenza di compratori è molto elevata, specialmente<br />

compratori esteri. […] Per me le fiere dovranno trasformarsi<br />

molto» (MI-intervista 5).<br />

L’evento fieristico sebbene subisca la concorrenza di altri “luoghi”<br />

di contatto, dai più tradizionali incontri-evento in azienda,<br />

ai road-events organizzati dall’impresa per presentare le nuove<br />

collezioni ai distributori e rivenditori, alla creazione di nuove<br />

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />

Tabella 4.6 – Specificità positive sezione “Mercati e distribuzione”<br />

Forma grafica Occorrenze totali<br />

Specificità<br />

(MERCATI)<br />

Italia 64 pos<br />

mercato 43 pos<br />

Europa 25 pos<br />

paesi 17 pos<br />

quota 16 pos<br />

Made in Italy 14 pos<br />

marchio 14 pos<br />

marketing 13 pos<br />

distribuzione 13 pos<br />

Luxottica 33 pos<br />

mercati 17 pos<br />

direttamente 16 pos<br />

vista 16 pos<br />

cliente 16 pos<br />

export 13 pos<br />

ottico 12 pos<br />

ottici 11 pos<br />

negozi 10 pos<br />

Francia 10 pos<br />

commercializzazione 10 pos<br />

Germania 10 pos<br />

forme di comunicazione ut<strong>il</strong>izzando la rete internet, mantiene<br />

una posizione strategica nelle attività di comunicazione delle<br />

imprese: «La strategia perseguita quando si va in fiera é quella<br />

di cercare di capire <strong>il</strong> trend di mercato e proporre dei prodotti<br />

che siano in grado di prenderlo» (MI-Intervista 1).<br />

Tuttavia, a causa dei costi espositivi e di organizzazione, le<br />

imprese sono selettive sugli eventi fieristici, «noi nel prossimo<br />

anno non parteciperemo al S<strong>il</strong>mo, a nessuna fiera europea<br />

se non al Mido […]» (GI-Intervista 2); «L’evento fiera, selezionando,<br />

può essere rivisto. Ci sono quelle che servono e<br />

quelle che non servono e vanno tagliate» (GI-Impresa 6).<br />

133


134<br />

La scelta dell’evento fieristico è subordinata alla r<strong>il</strong>evanza strategica<br />

dell’evento stesso nel processo di creazione della<br />

conoscenza e per la creazione di network d’imprese: «tenga<br />

presente che in una fiera dell’occhialeria come <strong>il</strong> Mido c’è<br />

un’area grande quanto un campo da calcio in cui sono presenti<br />

i produttori di particolari per l’occhialeria; tutti gli altri<br />

sono quelli che montano occhiali. Se io ho qualcosa di interessante,<br />

di nuovo da proporre al 90% degli altri (…) allora<br />

vado in fiera, e qui mi serve la fiera […]» (GI-Intervista 3).<br />

«Stiamo riducendo molto la partecipazione alle fiere ed è la<br />

tendenza di tutti […]. Noi nel prossimo anno non partecipereremo<br />

al S<strong>il</strong>mo, a nessuna fiera europea se non al Mido […].<br />

Sempre di più organizziamo la nostra fiera cioè chiamiamo i<br />

nostri distributori, li portiamo una settimana per esempio a<br />

Venezia. […] E poi altro discorso è <strong>il</strong> costo. La fiera è diventata<br />

proibitiva in fatto di costi. Lo spazio dello stand diventa<br />

sempre di più <strong>il</strong> modo per mostrare i muscoli ai concorrenti<br />

con dei costi assolutamente pazzeschi […]» (MI-intervista 2).<br />

«Se <strong>il</strong> trend è positivo <strong>il</strong> Mido e le fiere sono positive. Ma<br />

ormai sono più un momento di incontro e, fra l’altro, mi sembra<br />

che le aziende stiano riesaminando questi investimenti,<br />

visti i costi. Vedi <strong>il</strong> S<strong>il</strong>mo che sicuramente quest’anno prenderà<br />

una grossa ridimensionata» (MI-intervista 4).<br />

L’ultima sezione del questionario affronta <strong>il</strong> tema delle relazioni<br />

dell’impresa con altri attori del <strong>distretto</strong>.<br />

Dalla tabella 4.8 e dall’individuazione dei contesti testuali in cui i<br />

parlanti raccontano delle relazioni all’interno del <strong>distretto</strong> emerge<br />

che anche dopo aver attraversato un lungo periodo di crisi, le<br />

imprese del <strong>distretto</strong> hanno scarse relazioni tra loro, raramente di<br />

cooperazione e prevalentemente di subfornitura. La crisi non<br />

sembra aver fatto crescere i rapporti di scambio di informazioni e<br />

di conoscenze all’interno del <strong>distretto</strong>. Ciò indebolisce la capacità<br />

di consolidare <strong>il</strong> patrimonio di conoscenze prodotte poiché<br />

l’apprendimento e la capitalizzazione della conoscenza si attivano<br />

attraverso <strong>il</strong> processo di diffusione dell’innovazione (Rullani,<br />

2007). Sembra sia mancata una lettura critica della fase di crisi<br />

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />

Tabella 4.7 – Specificità positive per la sezione “fiera”<br />

Forma grafica Occorrenze totali<br />

Specificità<br />

(FIERA)<br />

tutti 43 pos<br />

quanto 12 pos<br />

momento 28 pos<br />

vengono 24 pos<br />

sicuramente 23 pos<br />

fanno 23 pos<br />

clienti 19 pos<br />

costi 19 pos<br />

fiere 19 pos<br />

organizzazione 18 pos<br />

MIDO 17 pos<br />

sistema 12 pos<br />

ordini 12 pos<br />

da un punto di vista distrettuale mentre le singole aziende hanno<br />

tradotto gli eventi e i cambiamenti all’interno delle loro analisi di<br />

b<strong>il</strong>ancio. Risulta ancora assente un apprendimento collettivo sulle<br />

funzioni strategiche del <strong>distretto</strong> per <strong>il</strong> futuro.<br />

Selezionando le due forme grafiche <strong>distretto</strong> e relazioni, si<br />

osserva che tutte le imprese medie, e solo una tra le grandi, <strong>il</strong>lustrano<br />

una loro valutazione dei cambiamenti intervenuti nell’area:<br />

«Diciamo che ci sono dei vantaggi a restare nel <strong>distretto</strong> nel<br />

senso che esiste un bacino di risorse, quindi quando c’è<br />

necessità di cercare sul mercato esperienze, eccetera, si<br />

trovano […]. Probab<strong>il</strong>mente vivendoci dentro uno ha sempre<br />

dato per scontato <strong>il</strong> valore della prossimità territoriale<br />

[…]. Scambiare informazioni, know-how con le imprese del<br />

<strong>distretto</strong>? Dovremmo farlo molto di più, scambiamo per ora<br />

quello strettamente necessario.<br />

Più o meno lo scambio è informale anche se non è proprio<br />

improvvisato perché coi fornitori dai quali compriamo occhiali<br />

ci sono rapporti lunghi, a volte decennali, noi abbiamo del-<br />

135


Tabella 4.8 – Specificità della sezione “Relazioni con <strong>il</strong> <strong>distretto</strong>”<br />

Forma grafica Occorrenze totali<br />

136<br />

Specificità<br />

(Rel <strong>distretto</strong>)<br />

aziende 48 pos<br />

<strong>distretto</strong> 37 pos<br />

non 401 pos<br />

sono 265 pos<br />

anni 63 pos<br />

hanno 60 pos<br />

parte 50 pos<br />

fa 34 pos<br />

lavoro 23 pos<br />

rapporti 19 pos<br />

qualche 19 pos<br />

Cadore 17 pos<br />

magari 13 pos<br />

imprese 11 pos<br />

bisogno 11 pos<br />

Certottica 10 pos<br />

penso 10 pos<br />

le persone che di mestiere fanno l’industrializzatore di<br />

occhiali presso terzi» (GI-intervista 7).<br />

«Troppa concentrazione, non è positivo dal lato distrettuale,<br />

perché poi troppa concentrazione può portare a degli scompensi<br />

nel momento di calo del lavoro. Si crea anche una<br />

competizione interna che non è sana. […] Non c’è mai stato<br />

un grande scambio di competenze, ci sono aziende e aziende.<br />

Ci sono scambi di favori tipo “non riesco a trovare questo<br />

materiale, me lo dai, eccetera”. Mentre sulla commercializzazione<br />

è diffic<strong>il</strong>e. I problemi sono logistici di produzione, di<br />

operation […]. Come dicevamo prima non sono certo che <strong>il</strong><br />

<strong>distretto</strong> esista. […] Si può fare qualcosa, si può guardare al<br />

futuro, ci sono imprese che vogliono continuare a produrre<br />

qui, sicuramente ci devono essere delle sinergie del come<br />

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />

produrre meglio e magari a costi più bassi, tramite ulteriori<br />

innovazioni tecnologiche, di processi. Ma ci vuole sempre la<br />

disponib<strong>il</strong>ità di più teste» (MI-intervista 5).<br />

«[…] Qui cambia radicalmente la situazione; quindi questa<br />

cosa del Made in Italy è una grande bugia che viene<br />

raccontata ai piccoli produttori come se fosse la loro salvezza.<br />

Non lo è. Il Cadore un grande centro di ricerca?<br />

Ma le pare che alla Luxottica, Saf<strong>il</strong>o abbiano bisogno di<br />

questo? Secondo me <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> del Cadore è morto»<br />

(GI-intervista 2).<br />

La lettura che le imprese intervistate propongono sull’indebolimento<br />

del ruolo del <strong>distretto</strong> è riconducib<strong>il</strong>e alla mancanza<br />

da parte delle piccole e medie imprese dell’area di managerialità<br />

e di analisi riorganizzativa come già evidenziato da<br />

qualche testimone priv<strong>il</strong>egiato. Risulta quindi un problema di<br />

adeguamento culturale, di trasformazione della produzione<br />

da artigianale a piccola industria. Se nella fase del boom<br />

distrettuale la gemmazione d’impresa ha permesso l’adeguamento<br />

del <strong>distretto</strong> allo sv<strong>il</strong>uppo di una domanda mondiale<br />

dell’occhiale, oggi – ut<strong>il</strong>izzando la stessa metafora – sembra<br />

necessaria una gemmazione di esperienze e quindi la creazione<br />

di una cultura produttiva di <strong>distretto</strong> fortemente basata<br />

sull’innovazione e su un’organizzazione distrettuale prevalentemente<br />

industriale.<br />

4.4 Una riflessione finale:<br />

le due velocità<br />

della competitività<br />

nel settore dell’occhiale<br />

L’espandersi dell’economia globalizzata ha necessariamente<br />

imposto alle imprese di questo <strong>distretto</strong> una riflessione, per<br />

alcuni versi implicita, sulle strategie di produzione e distribuzione.<br />

Le imprese hanno dovuto modificare <strong>il</strong> loro orizzonte di<br />

scelta a fronte di un aumento d’incertezza generato dai merca-<br />

137


138<br />

ti. Una valutazione più rigorosa del rischio d’impresa ha imposto<br />

alle imprese un processo di apprendimento <strong>il</strong> quale, a sua<br />

volta, ha attivato una nuova declinazione della produzione di<br />

conoscenza. Attualmente, per le grandi imprese, la produzione<br />

di conoscenza dipende prevalentemente dalle forti fluttuazioni<br />

dei mercati perchè l’occhiale è diventato un prodotto di moda,<br />

carico di valore simbolico e fac<strong>il</strong>mente mutevole.<br />

Per innovare tempestivamente <strong>il</strong> prodotto, le grandi imprese<br />

hanno aumentato lo sforzo finanziario per creare un contatto<br />

diretto con <strong>il</strong> cliente, capire i suoi desideri e le sue aspettative.<br />

In altri termini, le grandi imprese hanno necessità di<br />

aumentare <strong>il</strong> controllo del mercato per ridurre l’incertezza sui<br />

rendimenti attesi dagli investimenti in tecnologie e nuovi prodotti<br />

e mantenere/far crescere la profittab<strong>il</strong>ità. Questo in parte<br />

spiega perché le grandi imprese non sembrano particolarmente<br />

sensib<strong>il</strong>i al tema della normazione del prodotto occhiale.<br />

Poiché possiedono una forza contrattuale autonoma legata ai<br />

marchi, <strong>il</strong> loro potere di mercato è subordinato alle partnership<br />

con gli st<strong>il</strong>isti di maggior prestigio e quindi risultano poco<br />

sensib<strong>il</strong>i alla necessità di tutelare <strong>il</strong> prodotto occhiale in quanto<br />

prodotto italiano. Per loro, la competizione si gioca a livello<br />

di “portfolio marchi” e non di “made in”. Pertanto le grandi<br />

imprese sono impegnate a dimostrare <strong>il</strong> loro ‘saper fare’ alle<br />

grandi case di moda, consolidando e potenziando le competenze<br />

interne necessarie a costruire rapporti durevoli e profittevoli<br />

con questi attori.<br />

Le medie imprese hanno invece attivato <strong>il</strong> loro processo di<br />

apprendimento a partire dalla valutazione delle loro capacità<br />

produttive di fronte ai cambiamenti avvenuti nel settore in<br />

questo ultimo decennio. Queste imprese medie sono riuscite<br />

a crearsi una buona performance puntando su prodotti di nicchia<br />

e cercando di migliorare la gestione dei flussi informativi<br />

per raggiungere gli standard attualmente imposti dai mercati.<br />

Tuttavia la valutazione delle singole imprese mette in evidenza<br />

l’eterogeneità nella lettura del contesto e delle strategie che<br />

sono state adottate. Si contrappongono, infatti, due orizzonti<br />

4. L’ANALISI TESTUALE: PRODUZIONE DI CONOSCENZA, INNOVAZIONE E CULTURA DEL “SAPER FARE”<br />

strategici diversi: c’è chi preferisce mantenere la propria identità<br />

territoriale e quindi <strong>il</strong> suo radicamento nelle relazioni produttive<br />

all’interno del <strong>distretto</strong> – sebbene ciò comporti un aggravio<br />

di costi – e chi, invece, preferisce adottare una strategia imitativa,<br />

riproducendo in scala più piccola i cambiamenti organizzativi<br />

introdotti dalle grandi imprese nella produzione (delocalizzazione<br />

o subfornitura asiatica), nella distribuzione (acquisizione<br />

di catene di vendita) e nel marketing (Redini, 2008).<br />

È interessante notare che nelle relazioni con <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> emerge<br />

una difficoltà di valutazione (contrariamente alla valutazione<br />

delle strategie d’impresa). Competitività del <strong>distretto</strong> e<br />

competitività delle singole imprese viaggiano oramai a due<br />

velocità diverse. Sicuramente questa evoluzione dipende, in<br />

parte, dalla verticalizzazione del <strong>distretto</strong> e dal potere acquisito<br />

dalle imprese leader del settore, ma si può anche avanzare<br />

l’ipotesi che le imprese con buona performance del <strong>distretto</strong><br />

non abbiano maturato un punto di vista sulla necessità di<br />

possedere un buon contesto locale condiviso nella produzione<br />

di conoscenza. Chi dice che <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> è morto, chi lamenta<br />

la scarsità di comunicazione, chi ritiene superflua qualsiasi<br />

azione rivolta a r<strong>il</strong>anciare l’identità produttiva di quest’area.<br />

Si potrebbe dire che la buona performance del <strong>distretto</strong> viene<br />

registrata perché alcune imprese sono competitive ma che, in<br />

realtà, <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> in sé non è affatto competitivo e non è<br />

necessario che sia competitivo (Anastasia, Corò, Minello,<br />

2008). Che cosa può aver determinato questa diversità tra<br />

competitività d’impresa e competitività del territorio? Avanzando<br />

un’ipotesi che verrà ripresa nel prossimo Capitolo, si<br />

può sostenere che, da un lato, è mancato un patto tra le diverse<br />

tipologie di imprese nel processo di riorganizzazione localizzativa<br />

per mantenere, all’interno dell’area, la capacità di produrre<br />

e diffondere la conoscenza sia del “sapere fare” che del<br />

“saper innovare”, dall’altro, è mancata una condivisione<br />

cognitiva sulle criticità e potenzialità del <strong>distretto</strong> per poter<br />

intervenire, nei momenti di congiuntura negativa, con azioni<br />

condivise sulla capacità di adattamento del sistema.<br />

139


Capitolo 5<br />

POLITICHE AZIENDALI<br />

O POLITICHE<br />

DI DISTRETTO?


144<br />

Politiche aziendali<br />

o politiche di<br />

<strong>distretto</strong>?<br />

ALBERTO BRAMANTI e FRANCESCA GAMBAROTTO<br />

«Una riflessione conclusiva che mette a confronto i discorsi<br />

dei testimoni e delle imprese. Ci sono temi che potrebbero, e<br />

forse dovrebbero, diventare momenti di confronto di idee e<br />

di elaborazione di proposte di policy»<br />

5.1 Un dialogo simulato tra<br />

attori priv<strong>il</strong>egiati e imprese<br />

Le analisi fino a qui svolte – accanto alle positive performance<br />

– hanno messo in evidenza anche la molteplicità di criticità<br />

che in questa fase, congiunturale e strutturale a un tempo,<br />

<strong>il</strong> <strong>distretto</strong> attraversa. Sicuramente, <strong>il</strong> paradosso che cattura<br />

questa fase – e che potrebbe essere sintetizzato in: «<strong>il</strong><br />

<strong>distretto</strong> è competitivo ma non abbiamo una competitività di<br />

<strong>distretto</strong>» – lascia intendere che ci possono essere strategie<br />

d’intervento per correggere, almeno parzialmente, la lenta<br />

deriva su cui <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> è incamminato.<br />

Per meglio focalizzare i temi prioritari nell’agenda dei policy<br />

makers di <strong>distretto</strong> si sono messi a confronto i discorsi dei<br />

25 L’analisi delle corrispondenze è una metodologia di analisi statistica multivariata<br />

introdotta negli anni ’70 per lo studio di tabelle di contingenza generate dall’incrocio<br />

di due o più variab<strong>il</strong>i qualitative. È un’analisi di tipo fattoriale che ha come scopo<br />

quello di individuare dimensioni soggiacenti alla struttura dei dati, dimensioni intese<br />

a riassumere l’intreccio di relazioni di “interdipendenza” tra le variab<strong>il</strong>i originarie (Fabbris,<br />

1997; Bolasco, 1999).<br />

testimoni priv<strong>il</strong>egiati (cfr. Capitolo 3) con quelli delle imprese<br />

(cfr. Capitolo 4). Attraverso l’ut<strong>il</strong>izzo dell’analisi delle corrispondenze25<br />

sono state proiettate sul piano cartesiano le parole<br />

degli intervistati per r<strong>il</strong>evare sim<strong>il</strong>arità e differenze nei loro<br />

rispettivi prof<strong>il</strong>i tematici della narrazione (cfr. figure 5.1 e 5.2).<br />

In altre parole, si tratta di una tecnica statistica che permette<br />

di individuare l’associazione tra due variab<strong>il</strong>i qualitative e capire<br />

quale configurazione assume su uno spazio ridotto come<br />

quello cartesiano.<br />

Nella prima analisi delle corrispondenze (cfr. figura 5.1), quella<br />

relativa ai discorsi dei testimoni priv<strong>il</strong>egiati, risulta che esiste<br />

un’interdipendenza tra i discorsi dei parlanti.<br />

Lo spazio linguistico dentro al quale si costruisce la rappresentazione<br />

simbolica del <strong>distretto</strong> e della performance delle<br />

imprese si muove su due orizzonti linguistici: <strong>il</strong> primo – rappresentato<br />

sull’asse orizzontale – è quello relativo alla produzione<br />

di innovazione e conoscenza e, in particolare, viene<br />

determinato dalle parole università, normazione, made in<br />

Italy, aziende, risposta, prototipo; <strong>il</strong> secondo orizzonte<br />

dello spazio linguistico – rappresentato sull’asse verticale – è<br />

quello del cambiamento organizzativo ed emerge dalle<br />

parole f<strong>il</strong>iali, attività, Luxottica, vendere, marchi, secondo<br />

me, crescere, diventare.<br />

Guardando <strong>il</strong> diagramma di dispersione della figura 5.1 appare<br />

immediatamente evidente che esiste una diversità tra i temi<br />

del discorso di Certottica e quelli degli altri intervistati. Per<br />

quest’ultima i principali snodi del discorso sono enucleab<strong>il</strong>i<br />

attorno alla produzione di conoscenza e all’innovazione normativa<br />

per tutelare <strong>il</strong> prodotto. La dimensione più grande del<br />

triangolo per alcune parole mostra l’importanza relativa della<br />

parola nella creazione di senso del discorso del parlante. I<br />

due temi di Certottica sono molto intrecciati lasciando intuire<br />

che non è possib<strong>il</strong>e investire in R&S, creare delle partnership<br />

con l’università, investire nella prototipazione per produrre<br />

conoscenza se, contemporaneamente, non si tutela da un<br />

punto di vista normativo <strong>il</strong> prodotto Made in Italy.<br />

145


Figura 5.1 – Analisi delle corrispondenze, attori istituzionali<br />

146<br />

Inoltre, questo processo di produzione della conoscenza<br />

diventa di successo se si persegue uno sforzo comune grandi<br />

e piccoli nella creazione di una nuova cultura che permetta<br />

di affrontare le sfide generate dall’economia mondiale.<br />

A destra della dimensione linguistica cambiamento organizzativo<br />

(fattore verticale) si trovano addensati i discorsi di<br />

5. POLITICHE AZIENDALI O POLITICHE DI DISTRETTO?<br />

alcuni intervistati. Il punto di vista “prevalente” che sembra<br />

emergere dalla figura è quello di una necessità, oramai matura,<br />

di realizzare un prodotto che coinvolga le aziende del<br />

<strong>distretto</strong> in misura diversa dal passato (anni fa) a fronte dei<br />

cambiamenti introdotti dalla scelta di delocalizzare e con<br />

iniziative legate all’area. Tuttavia questo cambiamento<br />

147


Figura 5.2 – Analisi delle corrispondenze, imprese distrettuali<br />

148<br />

produttivo deve essere letto anche rispetto alle opportunità<br />

di crescere, diventare e delle nuove strategie distributive<br />

di Luxottica, che impongono una maggiore attenzione nel<br />

vendere un prodotto di moda.<br />

La posizione di Confartigianato, pur entrando nel merito sia<br />

della produzione di conoscenza sia del cambiamento organiz-<br />

5. POLITICHE AZIENDALI O POLITICHE DI DISTRETTO?<br />

zativo, non sembra assumere un ruolo prevalente: <strong>il</strong> suo contributo<br />

risulta infatti più marcato nella definizione del terzo e<br />

quarto fattore, qui non proiettati, che rappresentano i prof<strong>il</strong>i<br />

del cambiamento di sistema e del processo produttivo. In<br />

altri termini, <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o linguistico di Confartigianato si costruisce<br />

attorno all’evoluzione necessaria dopo <strong>il</strong> fenomeno Ci-<br />

149


150<br />

na e l’avanzata dei marchi, e <strong>il</strong> dovere di investire in innovazione<br />

per contenere i costi.<br />

La posizione del discorso di Camera di Commercio è invece<br />

più vicina a quella di Certottica poiché condivide la necessità<br />

di definire una certificazione della qualità del prodotto e <strong>il</strong><br />

bisogno di una tutela normativa. Inoltre, sostiene <strong>il</strong> ruolo di<br />

Certottica nella necessità di costruire progetti anche con<br />

l’università per la ricerca.<br />

Nella figura 5.2 vengono riportate, nello spazio cartesiano, le<br />

interdipendenze nei discorsi tra le imprese grandi e medie.<br />

La prima osservazione che si può fare guardando la figura è<br />

che le imprese medie e grandi si “spartiscono” lo spazio del<br />

corpus testuale, a eccezione dell’impresa Grande3 che, si<br />

può ipotizzare, è una impresa grande dal punto dimensionale<br />

ma media dal punto di vista organizzativo, e dell’impresa<br />

Media4 che assume un orizzonte linguistico con caratteristiche<br />

sia da grande che da media impresa.<br />

In questo caso gli orizzonti linguistici entro i quali è possib<strong>il</strong>e<br />

distinguere le posizioni delle imprese intervistate sono etichettab<strong>il</strong>i,<br />

<strong>il</strong> primo, come nuova cultura d’impresa (asse orizzontale)<br />

e, <strong>il</strong> secondo, come investire nella creatività del<br />

prodotto (asse verticale). Il primo chiama in gioco la struttura<br />

produttiva, fabbrica, progettare, mondo, mestiere, impresa<br />

(lato sinistro della figura) e la f<strong>il</strong>osofia del commercializzare<br />

<strong>il</strong> prodotto (lato destro). Il secondo lascia emergere <strong>il</strong><br />

bisogno di governo del processo di commercializzazione<br />

(marchi, grossi player input, normazione, creatività).<br />

Osservando <strong>il</strong> posizionamento dei parlanti nella figura, si r<strong>il</strong>evano<br />

due contrasti interessanti.<br />

Il primo è determinato dalla posizione reciproca delle imprese<br />

Grande6 e Grande7 e Media4 e Media5. Le grandi possiedono<br />

un prof<strong>il</strong>o narrativo centrato sul tema del consolidamento<br />

del vantaggio competitivo generato dal processo r<strong>il</strong>ocalizzativo<br />

(Cina, in Slovenia, volumi) e dalle nuove forme di<br />

commercializzazione del prodotto (collezioni, brand, a valle,<br />

reta<strong>il</strong>). Le imprese medie riconoscono invece di aver<br />

5. POLITICHE AZIENDALI O POLITICHE DI DISTRETTO?<br />

bisogno di migliorare le loro strategie di commercializzazione<br />

(grossi player, commerciale, nicchia, distribuzione) e di<br />

investire sia nella creatività che nella capacità produttiva<br />

(pezzi, stampo, tempi, costa).<br />

La percezione della performance aziendale di questi due cluster<br />

d’imprese è dunque riconducib<strong>il</strong>e, oltre che alla dimensionalità,<br />

alla loro diversa posizione nel ciclo di vita dell’impresa:<br />

le grandi, dopo aver ristrutturato organizzazione e distribuzione<br />

si concentrano sul consolidamento mentre le medie si<br />

trovano ancora dentro a un processo di cambiamento per<br />

definire una nuova cultura d’impresa.<br />

Nel secondo contrasto, centrato sulla definizione dell’identità<br />

dell’impresa, si trovano l’impresa Grande2 che pur dando<br />

valore alla fabbrica, al mestiere, alla f<strong>il</strong>iera, ai subfornitori,<br />

focalizza <strong>il</strong> suo discorso sui temi del mercato (marchi,<br />

modelli, mondo, Europa), e le imprese Media1 e Grande3<br />

maggiormente interessate a descrivere e spiegare l’importanza<br />

di ridescrivere l’identità d’impresa a partire dal<br />

<strong>distretto</strong> (progettare, cultura, garanzie finanziarie, collaborazione).<br />

Queste differenze nell’orizzonte linguistico dei parlanti lasciano<br />

intendere che la percezione della performance dell’impresa<br />

– sia della propria azienda che delle altre aziende – varia in<br />

misura significativa rispetto alla posizione dell’impresa nella<br />

f<strong>il</strong>iera produttiva (Napoli, 2008). Questo per dire che grandi e<br />

medie imprese possono non riuscire a “sintonizzarsi” in un<br />

possib<strong>il</strong>e dialogo poiché focalizzano la loro attenzione su<br />

diverse priorità: <strong>il</strong> vantaggio competitivo e <strong>il</strong> controllo del mercato<br />

per le grandi imprese, l’investimento in innovazione di<br />

prodotto, la creazione di una struttura distributiva e la ridefinizione<br />

di rapporti distrettuali per le medie imprese.<br />

Ovviamente queste diverse prospettive sugli sv<strong>il</strong>uppi dell’imprenditorialità<br />

nascono dall’esperienza e dalla conoscenza<br />

tacita di ogni impresa dipendendo, quindi, da naturali percorsi<br />

di apprendimento. Tuttavia, questi diversi sv<strong>il</strong>uppi della<br />

“razionalità” delle imprese possono contribuire – a volte in<br />

151


152<br />

misura non banale – alla incomunicab<strong>il</strong>ità tra le imprese stesse<br />

e alla loro incapacità di far evolvere in misura b<strong>il</strong>anciata<br />

(creazione di un benessere diffuso) la cultura economica<br />

dell’area.<br />

5.2 Linee prioritarie e<br />

apprendimento collettivo<br />

Se si mettono a confronto i prof<strong>il</strong>i tematici dei testimoni priv<strong>il</strong>egiati<br />

e delle imprese intervistate si possono distinguere<br />

alcune caratteristiche interessanti per r<strong>il</strong>evare <strong>il</strong> potenziale di<br />

crescita dell’apprendimento collettivo inteso come capacità<br />

di crescita del sistema distrettuale.<br />

Entrambi gli insiemi di parlanti sottolineano <strong>il</strong> ruolo dominante<br />

delle imprese leader sia all’interno del <strong>distretto</strong> che sui mercati.<br />

Il processo di verticalizzazione ha rafforzato nel tempo<br />

l’internalizzazione di molte fasi di produzione e/o la delocalizzazione<br />

di fasi di lavorazione labour-intensive.<br />

Nella letteratura teorica dei distretti, questo processo risulta<br />

fisiologico in una fase di maturità della crescita del <strong>distretto</strong><br />

(Garofalo, 2007; Rullani, 2007). Si può tuttavia segnalare che<br />

l’anomalia nel caso analizzato è determinata dalla centralità di<br />

una multinazionale, Luxottica, la quale ha vincolato sia l’orizzonte<br />

delle opportunità di investimento e di crescita di altre<br />

imprese già esistenti sia l’entrata di nuove imprese. L’influenza<br />

è stata tale che le imprese del <strong>distretto</strong> non hanno saputo<br />

comprendere nei tempi necessari quali erano i fattori critici per<br />

mantenere e/o accrescere la loro profittab<strong>il</strong>ità. Ciò ha portato<br />

a un irrigidimento del <strong>distretto</strong> nella sua capacità di trovare<br />

soluzioni adeguate per far crescere la competitività territoriale.<br />

In altre parole, <strong>il</strong> rafforzamento di Luxottica, soprattutto a valle,<br />

ha annullato le prospettive di sopravvivenza e di crescita di<br />

molte imprese che hanno scelto l’opzione exit per incapacità<br />

di riposizionamento delle loro competenze nel mercato e/o<br />

nella f<strong>il</strong>iera produttiva.<br />

5. POLITICHE AZIENDALI O POLITICHE DI DISTRETTO?<br />

Sicuramente <strong>il</strong> cambiamento organizzativo e l’innovazione<br />

di prodotto delle medie imprese può contribuire a ridurre la<br />

distanza nella percezione della realtà economica del settore<br />

che si è venuta creando tra le poche grandi imprese e la<br />

popolazione d’imprese del <strong>distretto</strong>.<br />

Per r<strong>il</strong>anciare la competitività distrettuale, la produzione di<br />

conoscenza diventa un fattore strategico (Rullani, 2007).<br />

Tuttavia tale conoscenza deve diffondersi all’interno del<br />

<strong>distretto</strong> e non restare patrimonio di pochi. Con la diffusione<br />

viene garantita la sua riproducib<strong>il</strong>ità, la sua accumulazione e<br />

la sua crescita perché, contrariamente agli altri beni economici,<br />

la conoscenza cresce quando viene condivisa.<br />

Eppure l’“allontanamento cognitivo”, acuitosi in questi anni, ha<br />

ridotto la capacità di creare spazi di condivisione e cooperazione,<br />

soprattutto tra grandi e piccole-medie imprese. Certottica svolge<br />

un servizio importante per la produzione della conoscenza che<br />

potrebbe risultare precondizione più fac<strong>il</strong>e se si generasse un<br />

“allineamento cognitivo” ovvero una minore distanza nella valutazione<br />

del suo ruolo proattivo all’interno dell’area distrettuale.<br />

Un altro fattore critico per far crescere la competitività territoriale<br />

è quello della ridescrizione delle funzioni e ruoli delle<br />

imprese all’interno del <strong>distretto</strong> (Redini, 2008). Si potrebbe<br />

dire che questo fattore è la conseguenza dei primi due e, sebbene<br />

ciò sia in larga misura vero, per una parte dipende<br />

anche dalla progettualità delle imprese sia in termini individuali<br />

sia come sistema produttivo. Non è sufficiente incentivare<br />

comportamenti cooperativi se la reciproca percezione delle<br />

imprese è di scarsa partecipazione nello scambio di informazioni<br />

e di non tutela dell’identità del prodotto occhiale.<br />

Pur ipotizzando, come sostengono molte imprese, che la creazione<br />

di una certificazione Made in Italy per <strong>il</strong> prodotto occhiale<br />

sia inut<strong>il</strong>e sul piano commerciale e della tutela dalla concorrenza<br />

sleale, questa innovazione normativa avrebbe un impatto<br />

molto forte nella definizione dell’identità distrettuale e potrebbe<br />

contribuire alla creazione di un nuovo orizzonte di investimenti e<br />

di innovazioni che darebbe slancio al <strong>distretto</strong> e al settore.<br />

153


154<br />

5.3 Verso nuove politiche<br />

<strong>distretto</strong>?<br />

Queste considerazioni, derivate dal confronto degli orizzonti<br />

linguistici degli intervistati, aiutano a interpretare e rafforzare <strong>il</strong><br />

quadro emerso dall’analisi dei b<strong>il</strong>anci: <strong>il</strong> <strong>distretto</strong> dell’occhiale<br />

è composto da un un numero consistente di aziende con una<br />

buona performance (171 sono le società di capitale operanti<br />

nel <strong>distretto</strong>) consolidatosi in seguito al processo di ricerca di<br />

un prodotto più differenziato e di maggiore qualità. Poiché la<br />

domanda internazionale del prodotto occhiale dimostra una<br />

certa elasticità al prezzo, si può dedurre che l’investimento in<br />

conoscenza – rivolto al miglioramento del prodotto e al contenimento<br />

dei prezzi di produzione – viene premiato dal mercato<br />

con aumenti di profittab<strong>il</strong>ità.<br />

Tuttavia, la produzione di conoscenza e la necessità di ut<strong>il</strong>izzare<br />

una maggior quantità di servizi per unità di prodotto<br />

richiedono l’embeddedness dell’impresa in un sistema capace<br />

di integrare informazione e saperi.<br />

Larga parte della letteratura sottolinea con forza <strong>il</strong> fatto che la<br />

forma distrettuale della produzione risulta essere un elemento<br />

strategico nell’attuale economia dei servizi (Rullani, 2007) dove<br />

la profittab<strong>il</strong>ità dell’imprese è sempre più legata alla capacità di<br />

saper acquisire e sfruttare fattori immateriali (competenze, creatività,<br />

informazione, ecc.). Il <strong>distretto</strong> è un luogo topico per la produzione<br />

della conoscenza poiché possiede molte caratteristiche<br />

favorevoli alla creazione (startup), miglioramento (upgrading), e<br />

condivisione (culture) della conoscenza.<br />

Tale premessa lascia intendere che esistono spazi di intervento<br />

per azioni di policy a livello di sistema nel <strong>distretto</strong> dell’occhiale<br />

perché questo possa rimanere luogo d’eccellenza non<br />

solo per qualche singola impresa26 .<br />

26 L’alternativa al <strong>distretto</strong> infatti è solo la grande impresa verticalmente integrata che<br />

riproduce al suo interno tutta la f<strong>il</strong>iera della produzione, accumulazione e scambio di<br />

conoscenza, ma con quanche rigidità in più che potrebbe trasformarsi in handicap in<br />

momenti di cambio più radicale del paradigma attuale.<br />

5. POLITICHE AZIENDALI O POLITICHE DI DISTRETTO?<br />

Si può pensare di ricucire la frattura tra competitività del<br />

<strong>distretto</strong> e competitività delle imprese intervenendo sul processo<br />

di creazione di una “razionalità collettiva” ovvero di una<br />

condivisione di obiettivi e finalità del <strong>distretto</strong>. I processi di<br />

governance e quindi di condivisione delle decisioni sono<br />

sempre diffic<strong>il</strong>i da attuare poiché richiedono una dedizione<br />

che spesso non si sposa con i tempi del mercato. Tuttavia un<br />

investimento nel medio periodo, mirato alla creazione di sp<strong>il</strong>lover<br />

di conoscenza da un lato, e di un orizzonte cognitivo<br />

condiviso, dall’altro potrebbero rivitalizzare la performance<br />

del <strong>distretto</strong> generando aspettative e prospettive positive di<br />

profittab<strong>il</strong>ità per le imprese.<br />

Da questo punto di vista vanno lette positivamente alcune<br />

azioni intraprese di recente da attori collettivi del territorio sia<br />

in tema di formazione professionale sia riguardo alla dimensione<br />

tecnologica – con specifica attenzione all’ut<strong>il</strong>izzo di<br />

nuovi materiali e alla prototipazione rapida27 – sia, infine,<br />

all’aggregazione e organizzazione delle imprese più piccole<br />

nelle fiere commerciali che contano per <strong>il</strong> settore.<br />

Nel contesto del <strong>distretto</strong> dell’occhialeria varesino (<strong>il</strong> secondo<br />

polo nazionale, sebbene fortemente distanziato da quello veneto)<br />

è stata proposta la metafora della “piccola orchestra di jazz”<br />

per indicare la modalità con cui le imprese (di piccola e media<br />

dimensione) fanno rete tra di loro in modo del tutto speciale:<br />

«fare gruppo anche senza esserlo, con una buona dose di<br />

improvvisazione adattandosi e a volte anticipando <strong>il</strong> cambiamento<br />

e comunque con un forte senso del “ritmo” (mercato).»<br />

(Bramanti, Senn, 2002, p. 248).<br />

Uno dei nodi di fondo del <strong>distretto</strong> <strong>bellunese</strong> per ciò che<br />

riguarda le PMI non è tanto se sia ut<strong>il</strong>e o possib<strong>il</strong>e, ma piuttosto<br />

a che condizioni può applicarsi anche a questo contesto<br />

la metafora della piccola orchesta di jazz.<br />

27 «Sv<strong>il</strong>uppare la progettazione dell’occhiale in un processo di collaborazione e “complicità”<br />

con l’ut<strong>il</strong>izzatore e <strong>il</strong> cliente: attenzione al design industriale, allo sv<strong>il</strong>uppo di<br />

tecniche e metodologie che fac<strong>il</strong>itino la “comunicazione” con <strong>il</strong> cliente finale (industrial<br />

design, sv<strong>il</strong>uppo 3D, prototipazione rapida)» (PSTL, 2000,0p.6).<br />

155


156<br />

Flessib<strong>il</strong>ità, personalizzazione e velocità rimangono infatti gli<br />

elementi strategici della tenuta (sopravvivenza) e del r<strong>il</strong>ancio<br />

di tante PMI. Formazione, innovazione e marketing sono i terreni<br />

su cui costruire nuove alleanze per non soccombere alla<br />

concorrenza dei grandi gruppi integrati e dei produttori emergenti<br />

low cost.


Appendice<br />

QUESTIONARIO<br />

ALLE IMPRESE LEADER


162<br />

Questionario<br />

alle imprese leader<br />

Informazioni sull’impresa<br />

Da reperire prima dell’intervista:<br />

• Nome dell’azienda:<br />

• Codice attività (ATECO):<br />

• Indirizzo:<br />

• Numero di telefono:<br />

• Sito internet:<br />

• Indirizzo e-ma<strong>il</strong>:<br />

• Fatturato:<br />

• Numero addetti:<br />

• Fascia di mercato occupata (alta-media-bassa):<br />

• Prodotti principali:<br />

• Lavorazioni effettuate:<br />

• Associato a:<br />

Questionario<br />

alle imprese leader<br />

• Nome dell’Intervistato:<br />

• Ruolo dell’Intervistato:<br />

• Data:<br />

COMPETITIVITÀ E CAMBIAMENTI<br />

NELLA STRUTTURA E NELL’ORGANIZZAZIONE<br />

PRODUTTIVA<br />

Processi e prodotti<br />

1) Quali sono i vostri prodotti? Quali, tra questi, sono più<br />

importanti in termini di vendite e/o di strategie aziendali?<br />

2) Su cosa si basa <strong>il</strong> vostro vantaggio competitivo? Su cosa<br />

puntate per essere competitivi? (prezzo contenuto, alta<br />

qualità del prodotto, servizio, tempi di consegna, altro…)<br />

3) Com’è organizzata la vostra produzione? Ricorrete alla<br />

lavorazione conto terzi e/o alla sub-fornitura, oppure svolgete<br />

tutte le fasi della produzione internamente all’azienda?<br />

4) Negli ultimi 5 anni avete riportato all’interno dell’azienda delle<br />

fasi del processo produttivo o delle lavorazioni svolte in precedenza<br />

da subfornitori esterni? Se sì per quale motivo?<br />

Questo cambiamento risponde ad una strategia di integrazione<br />

verticale od orizzontale (o altro) e con quali fini (ridurre<br />

i costi, controllare tempi e qualità, ecc.)?<br />

5) Negli ultimi 5 anni avete portato all’esterno dell’impresa fasi<br />

del processo produttivo e/o lavorazioni e/o acquistato<br />

componenti da altre imprese, prima realizzati/e all’interno<br />

della vostra azienda? Se si, dove sono localizzati i nuovi<br />

subfornitori: all’interno o all’esterno del <strong>distretto</strong> (e dove)?<br />

Quali fasi sono state esternalizzate e perchè?<br />

6) Che rapporti intrattenete generalmente con i subfornitori (si<br />

danno delle specifiche e al subfornitore è richiesto solo di eseguirle,<br />

oppure <strong>il</strong> subfornitore viene coinvolto nella progettazione<br />

ed ingegnerizzazione…)?<br />

7) Avete subfornitori che lavorano in esclusiva per voi? Per quale<br />

motivo avete voluto un rapporto in esclusiva?<br />

8) In generale cercate di avere rapporti in esclusiva (e per<br />

quali motivi) o promuovete quanto più possib<strong>il</strong>e l’autonomia<br />

del subfornitore?<br />

9) La vostra strategia in questo ambito è cambiata negli ultimi 5<br />

anni? Se sì, in che direzione: verso un controllo più rigido dei<br />

fornitori o, al contrario, verso un maggiore coinvolgimento degli<br />

stessi nel processo di progettazione e di ingegnerizzazione?<br />

10) Mettete in concorrenza tra loro i vostri subfornitori?<br />

11) Su che cosa in particolare (sul prezzo, sulla qualità, sui<br />

tempi di consegna, altro…)<br />

11) Il numero dei vostri subfornitori è variato negli ultimi 5 anni?<br />

È aumentato o diminuito? Per quali ragioni?<br />

163


164<br />

12) Comprate all’estero prodotti o lavorazioni che precedentemente<br />

facevate svolgere da subfornitori locali? Per quale<br />

ragione (minori costi, maggiore qualità e/o servizio, maggiore<br />

capacità di soluzione dei problemi e innovativa più in<br />

generale)? Dove sono localizzati i nuovi subfornitori?<br />

13) Quali sono i vantaggi (punti di forza) della vostra organizzazione<br />

produttiva (sfruttamento della flessib<strong>il</strong>ità, mantenimento<br />

di una struttura leggera, controllo su tutte le fasi<br />

della produzione, raggiungimento del cliente finale…)? E<br />

gli svantaggi (punti di debolezza)?<br />

14) Quali sono i cambiamenti strategici che pensate di realizzare<br />

per rimuovere, se ci sono, gli svantaggi e i limiti – anche potenziali<br />

– della vostra attuale organizzazione produttiva?<br />

15) L’impresa possiede:<br />

a. f<strong>il</strong>iali o consociate all’esterno del <strong>distretto</strong>?<br />

Da quanto tempo?<br />

15) b. f<strong>il</strong>iali o consociate all’interno del <strong>distretto</strong>?<br />

Da quanto tempo?<br />

16) Avete effettuato investimenti produttivi all’estero? Quali?<br />

Quali ragioni vi hanno portato ad effettuare tali investimenti<br />

(difficoltà nel reperimento della manodopera, minori costi<br />

del lavoro, ecc.)?<br />

17) Che conseguenze hanno comportato in termini di addetti<br />

per <strong>il</strong> territorio? (possib<strong>il</strong>i risposte; “nessuno, gli investimenti<br />

sono stati aggiuntivi”, oppure “abbiamo ridotto gli addetti<br />

locali alla produzione ma sono aumentati gli indiretti per cui<br />

<strong>il</strong> saldo è rimasto nullo o positivo”, oppure “abbiamo avuto<br />

una diminuzione degli addetti del <strong>distretto</strong>”)<br />

18) Prevedete di realizzare (ulteriori) investimenti all’estero? Con<br />

quali conseguenze per l’occupazione nel <strong>distretto</strong>?<br />

Innovazione e R&S<br />

19) Qual è la quota di fatturato destinata all’attività di R&S e<br />

all’introduzione di innovazioni (di processo, di prodotto e<br />

organizzative)? Qual è stato l’andamento degli investimenti<br />

in questo ambito nel corso degli ultimi 5 anni?<br />

APPENDICE. QUESTIONARIO ALLE IMPRESE LEADER<br />

20) Su quale tipologia di innovazione si sono concentrati gli<br />

investimenti negli ultimi 3 anni: innovazione di processo, di<br />

prodotto, organizzative?<br />

21) Quali sono le principali innovazioni introdotte per ciascuna<br />

di queste tipologie?<br />

22) Queste innovazioni hanno comportato l’introduzione di nuove<br />

figure professionali nell’azienda? Sono state reperite fac<strong>il</strong>mente?<br />

In caso contrario, da cosa è derivata la difficoltà?<br />

23) L’impresa ha usufruito di servizi di trasferimento tecnologico?<br />

Forniti da:<br />

23) • Università …<br />

23) • Centri servizi …<br />

23) • Et al. …<br />

24) L’impresa partecipa a progetti di ricerca e innovazione in<br />

collaborazione con altre imprese e/o centri di ricerca/Università?<br />

Quali sono questi soggetti e dove sono localizzati?<br />

Che caratteristiche e che finalità hanno questi progetti?<br />

DISTRIBUZIONE E MERCATI<br />

25) Qual è la quota dell’export sul fatturato dell’impresa? Quali<br />

mercati (nazionali ed esteri) servite? Quale percentuale del<br />

vostro fatturato è legata a ciascuno di questi mercati?<br />

26) La quota dell’export sul fatturato dell’impresa è aumentata<br />

o diminuita negli ultimi 3 anni? Quali mercati (nazionali ed<br />

esteri) hanno fatto registrare una contrazione, quali un<br />

incremento e quali una sostanziale stab<strong>il</strong>ità?<br />

27) Com’è organizzata la distribuzione dei vostri prodotti nei differenti<br />

mercati? (agenti, grossisti, ecc.)? Con quali principali<br />

differenze di comportamento e di strategia a seconda dell’area<br />

geografica?<br />

28) Come avete reagito ai cambiamenti intervenuti sul livello di<br />

esportazioni nei mercati nazionali ed esteri che servite?<br />

29) Avete attaccato nuovi mercati o nuovi segmenti di mercato<br />

negli ultimi tre anni? ? Se sì, quali?<br />

30) Avete attivato strategie per <strong>il</strong> rafforzamento della distribuzione<br />

negli ultimi 5 anni? (Rafforzamento del brand, Rafforza-<br />

165


166<br />

mento della rete di agenti, Costituzione di propri negozi monomarca,<br />

Realizzazione di accordi con nuovi distributori, Realizzazione<br />

di accordi e joint venture per la realizzazione di punti<br />

vendita sui mercati esteri, Costituzione di show room in paesi<br />

esteri, Rafforzamento della propria immagine presso <strong>il</strong> consumatore<br />

finale, Ut<strong>il</strong>izzo di tecnologie per <strong>il</strong> commercio elettronico,<br />

Attività di promozione e valorizzazione del marchio)<br />

31) Come garantite l’assistenza nei paesi lontani?<br />

32) In quale fascia di mercato si posizionano attualmente i vostri<br />

prodotti? Il vostro posizionamento sul mercato è cambiato<br />

negli ultimi 5 anni? Per quale motivo?<br />

33) Possedete unità commerciali in Italia e/o all’estero? Da<br />

quanto tempo?<br />

34) Avete rafforzato (in termini di addetti) le aree marketing e<br />

quella commerciale negli ultimi anni?<br />

35) Producete con un vostro marchio?<br />

36) Avete realizzato accordi con altre imprese per la commercializzazione<br />

dei vostri prodotti (per esempio per ampliare la<br />

gamma dei prodotti a catalogo)? Tali imprese sono interne<br />

o esterne al <strong>distretto</strong>?<br />

37) Esistono, a livello distrettuale, iniziative di promozione e<br />

marketing dei prodotti del <strong>distretto</strong>? Se sì, vi partecipate?<br />

Per quali motivi (non) vi partecipate?<br />

38) A quali fiere partecipate e con quale frequenza? La vostra<br />

partecipazione (in termini di frequenza e di spazi espositivi<br />

ut<strong>il</strong>izzati) è aumentata o diminuita nel corso degli ultimi<br />

anni? Per quale motivo?<br />

39) Qual è la strategia perseguita dall’impresa nella partecipazione<br />

alle fiere? Quali sono i principali motivi della partecipazione<br />

a tali manifestazioni?<br />

40) In che modo le manifestazioni fieristiche a cui partecipate potrebbero<br />

migliorare la propria offerta alle imprese del settore?<br />

CAPITALE UMANO<br />

41 La vostra impresa organizza/acquista corsi di formazione<br />

del personale? L’organizzazione dei corsi nel corso degli<br />

APPENDICE. QUESTIONARIO ALLE IMPRESE LEADER<br />

ultimi anni è stata incrementata o è diminuita? e per quale<br />

motivo (es. fa parte di una strategia aziendale di spostamento<br />

verso una fascia più alta di mercato; dipende dalla<br />

necessità di introdurre competenze e di innovare velocemente<br />

in un mercato sempre più competitivo; mancanza di<br />

risorse, ecc.)?<br />

42) Esistono sul territorio distrettuale scuole o centri formativi<br />

finalizzati allo sv<strong>il</strong>uppo delle competenze specifiche ricercate<br />

dalla vostra impresa?<br />

43) Il costo per la formazione del personale è stata una variab<strong>il</strong>e<br />

r<strong>il</strong>evante nelle decisioni di esternalizzazione e di delocalizzazione<br />

di alcune fasi del processo produttivo?<br />

LE RELAZIONI NEL DISTRETTO<br />

44) Quali vantaggi derivano per la vostra impresa dallo stare nel<br />

<strong>distretto</strong> (descrivere)? Li inglobate nelle vostre strategie?<br />

Se sì, come (esempi specifici)? Questi vantaggi si sono<br />

modificati nel corso degli ultimi anni (aumentati, diminuiti,<br />

cambiati)?<br />

45) Intrattenete rapporti di capitale/proprietari con altre imprese<br />

del <strong>distretto</strong>?<br />

45) Quanti e di quale tipo? Il numero di tali legami è aumentato<br />

o diminuito negli ultimi 5 anni?<br />

46) È frequente lo scambio di know-how e di informazioni con<br />

altre imprese indipendenti del <strong>distretto</strong>?<br />

46) Si svolge in modo formale (seminari, convegni, et al. …) o<br />

informale (contatti personali tra imprenditori)? Con quante<br />

imprese? Questi scambi si sono intensificati negli ultimi 5<br />

anni?<br />

INFORMAZIONI SULL’ANDAMENTO<br />

DELL’IMPRESA<br />

47) Qual è stata l’evoluzione del fatturato negli ultimi 3 anni?<br />

48) Qual è stata l’evoluzione del numero di addetti negli ultimi<br />

3 anni?<br />

49) Qual è stata l’evoluzione dell’export negli ultimi 3 anni?<br />

167


168<br />

SFIDE E OPPORTUNITÀ DEL DISTRETTO<br />

Spunti per la riflessione:<br />

• Le principali sfide del <strong>distretto</strong><br />

• Gli ingredienti di una nuova strategia competitiva (concentrazione/delocalizzazione..)<br />

• Ruolo enti pubblici ed associazioni di categoria<br />

• Il ruolo dell’ “azione di sistema”<br />

• …


Bibliografia<br />

• Anastasia B., Corò G., Minello A. (2008), a cura di, L’evoluzione<br />

in atto nei distretti veneti: un’analisi trasversale<br />

degli elementi di criticità e degli orientamenti strategici.<br />

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e la metafora del jazz: la f<strong>il</strong>iera dell’occhialeria nel m<strong>il</strong>ieu<br />

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171


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• Fortis M. (2005), Le due sfide del Made in Italy: globalizzazione<br />

e innovazione. Collana della <strong>Fondazione</strong> Edison, Il<br />

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• Gambarotto F., Rangone M., Solari S. (2002), Competenze,<br />

attori, istituzioni. Le forme dell’apprendimento collettivo<br />

nel m<strong>il</strong>ieu dell’occhiale e della scarpa sportiva di Montebelluna,<br />

in Capello R., Camagni R., a cura di, Apprendimento<br />

collettivo e competitività territoriale, FrancoAngeli,<br />

M<strong>il</strong>ano, pp. 291-312.<br />

• Gambarotto F., Solari S. (2005), How do Local Institutions<br />

Contribut to Fostering Competitiveness of Industrial Clusters?<br />

The Upgrading Process in the Italian Eyewear<br />

System, in Giuliani E., Rabellotti R., van Dijk M.P., a cura di,<br />

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• Garofalo G. (2007), a cura di, Capitalismo distrettuale,<br />

localismi d’impresa, globalizzazione. Firenze University<br />

Press, Firenze.<br />

• IPI (2002), Le mappe dei distretti industriali. Roma<br />

• Napoli F. (2008), Imprese distrettuali. Una ricerca sulle<br />

problematiche economico-aziendali dell’innovazione e<br />

dell’internazionalizzazione. FrancoAngeli, M<strong>il</strong>ano.<br />

• PSTL (Polo Scientifico Tecnologico Lombardo) (2000), Ini-<br />

ziativa di miglioramento della competitività del cluster<br />

occhialeria in provincia di Varese. Busto Arsizio.<br />

• Rapporto Annuale ISTAT (2008). La situazione del Paese<br />

nel 2007. Istituto Nazionale di Statistica, Roma.<br />

• Redini V. (2008), Frontiere del “Made in Italy”. Ombre<br />

Corte, Verona.<br />

• Rullani E. et al. (1998), L’industria italiana degli occhiali.<br />

Prospettive, problemi aperti e possib<strong>il</strong>i iniziative. Ricerca<br />

realizzata da Network RLN per conto di EFOP-ANFAO.<br />

• Rullani E. (2007), Lo sv<strong>il</strong>uppo dei distretti industriali nell’economia<br />

della conoscenza, in Ferrari F., Em<strong>il</strong>iani E., a<br />

cura di, Processi di sv<strong>il</strong>uppo dei distretti multipolari. La<br />

gestione delle risorse umane per l’innovazione tecnologica<br />

e organizzativa, FrancoAngeli, M<strong>il</strong>ano, pp.15-18.<br />

• Tesnière L. (1959), Éléments de syntaxe structurale. Klincksieck,<br />

Paris.<br />

• Tuzzi A. (2003), L’analisi del contenuto. Introduzione ai<br />

metodi e alle tecniche di ricerca, Carocci, Roma.<br />

173


<strong>Fondazione</strong><br />

<strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano<br />

La <strong>Fondazione</strong> svolge attività e progetti di promozione e realizzazione<br />

di iniziative di sv<strong>il</strong>uppo economico, culturale, scientifico,<br />

di riqualificazione e di potenziamento delle infrastrutture.<br />

Questa la missione di <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano, che si definisce<br />

una fondazione di sv<strong>il</strong>uppo, un soggetto privato che opera su<br />

progetti di sv<strong>il</strong>uppo economico e territoriale, a fianco delle istituzioni<br />

e nell’interesse generale. Uno di questi – quello più noto<br />

– è stato la trasformazione del sistema fieristico m<strong>il</strong>anese.<br />

<strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano si è infatti dedicata negli ultimi anni<br />

all’obiettivo di dare alla sua <strong>Fiera</strong> una nuova infrastruttura dove<br />

operare, realizzando <strong>il</strong> nuovo quartiere <strong>Fiera</strong>m<strong>il</strong>ano.<br />

Dopo aver trasformato <strong>il</strong> “contenitore” dell’attività fieristica, oggi<br />

la <strong>Fondazione</strong> si rivolge al “contenuto”, con iniziative a supporto<br />

delle imprese, bacino di utenza del mercato fieristico, e con<br />

attività rivolte allo sv<strong>il</strong>uppo del territorio.<br />

Nata <strong>il</strong> 7 febbraio 2000 <strong>Fondazione</strong> <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano è azionista di<br />

controllo del Gruppo <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano e di Sv<strong>il</strong>uppo Sistema <strong>Fiera</strong><br />

spa. La sua attività è oggi articolata su due f<strong>il</strong>iere:<br />

• la prima è rappresentata dalla f<strong>il</strong>iera fieristica. Tredici<br />

società, guidate da <strong>Fiera</strong> M<strong>il</strong>ano spa, che offrono a organizzatori,<br />

espositori e visitatori i servizi necessari alla partecipazione<br />

agli eventi espositivi e congressuali.<br />

• la seconda f<strong>il</strong>iera è rappresentata dal servizio di engineering<br />

e contracting per la valorizzazione del territorio: un’attività<br />

di recente creazione che viene svolta dalla controllata<br />

Sv<strong>il</strong>uppo Sistema <strong>Fiera</strong> spa.<br />

I proventi dell’attività fieristica, così come quelli generati dalle<br />

grandi opere e dalle valorizzazioni territoriali, alimentano <strong>il</strong> patrimonio<br />

della <strong>Fondazione</strong>, che viene reinvestito in altri progetti<br />

coerenti con la sua missione di fondazione di sv<strong>il</strong>uppo.<br />

175


Finito di stampare<br />

nel mese di apr<strong>il</strong>e 2009<br />

a cura di 24 ORE Motta Cultura, M<strong>il</strong>ano<br />

Printed in Italy


ALBERTO BRAMANTI<br />

Professore Associato di Economia Applicata presso <strong>il</strong><br />

Dipartimento di Analisi Istituzionale e Management Pubblico<br />

dell’Università L. Bocconi di M<strong>il</strong>ano e responsab<strong>il</strong>e<br />

dell’area Economia Regionale del CERTeT (Centro di<br />

Economia Regionale, Trasporti e Turismo) della medesima<br />

Facoltà. Si è occupato e si occupa di: Modelli di sv<strong>il</strong>uppo<br />

e analisi territoriale; Politiche regionali, analisi delle<br />

“governance structures” e valutazione; Strumenti di<br />

analisi e metodologie quantitative; ICTs e competitività<br />

dei territori; Economia urbana e dei servizi.<br />

FRANCESCA GAMBAROTTO<br />

Professore Associato di Economia Applicata presso la<br />

Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova.<br />

Insegna Economia e Politica dell’innovazione nel corso di<br />

Laurea di Economia dell’impresa ed Economia del Territorio<br />

nel corso di Laurea di Scienze della Comunicazione.<br />

Le sue aree di ricerca comprendono: temi relativi alla<br />

teoria della localizzazione delle attività economiche, lo<br />

sv<strong>il</strong>uppo regionale e locale, l’analisi del ruolo delle istituzioni<br />

nei processi di crescita economica, l’influenza delle<br />

diverse forme di organizzazione del capitale nella produzione<br />

della conoscenza a livello regionale.<br />

CERTeT – Università Bocconi<br />

Il CERTeT nasce nel 1995 consolidando e ampliando<br />

una ricca tradizione di ricerca che negli anni ha toccato<br />

una molteplicità di tematiche con <strong>il</strong> comune denominatore<br />

di una specifica attenzione alla dimensione territoriale<br />

dei fenomeni economici.<br />

La sua mission è promuovere, coordinare e svolgere attività<br />

di ricerca di base e applicata sulle dinamiche di sv<strong>il</strong>uppo<br />

territoriale, con particolare riferimento all'economia regionale,<br />

dei trasporti, del turismo e alla valutazione di politiche<br />

regionali, locali e di coesione comunitaria.

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