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Attualità - Una Hotel

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<strong>Attualità</strong><br />

Fa strada la proposta dell'onorevole Lella Golfo. Ecco cosa ne pensano le donne top mana|<br />

La Norvegia ha imposto le «quote tosa» nei consi<br />

ministrazione delle società quotate. Ed è stata una rivolu-<br />

zione. In Italia è allo studio una legge analoga. E, a parole,<br />

sono tutti d'accordo. Compresi Passera e Profumo<br />

di Chiara Grianti


I consiglio di amministrazione di Gruppo Unicredit sarà<br />

[femminile entro il 2018. È l'ambizioso obiettivo dell'ammi-<br />

^nistratore delegato Alessandro Profumo. Un insolito ma non<br />

dato progetto, che ha trovato concorde Corrado Passera,<br />

ceo di Intesa Sanpaolo, il quale, da parte sua, (entrambi hanno<br />

espressola propria opinione in una lettera aperta al Corriere della Sera) afferma:<br />

«Devo riconoscere che la sottorappresentanza femminile nei consigli di amministrazione<br />

in Italia è talmente clamorosa che, forse, dovremmo usare una misura drastica,<br />

anche se provvisoria, per innescare un circolo virtuoso». La misura in questione sarebbero<br />

le quote rosa ovvero l'obbligo per legge che una parte del consiglio di amministrazione<br />

o del management della società sia composta da donne.<br />

L'attenzione sul tema della rappresentanza femminile nel sistema economico nasce<br />

dalle modifiche del Codice di autodisciplina di Borsa Italiana volte a riequilibrare<br />

la composizione dei Cda dal punto di vista dell'età e del genere. E, ancor prima,<br />

dalla proposta di legge di Lella Golfo (Pdl), presidente di Fondazione Marisa Bellisario,<br />

che chiede l'istituzione di quote rosa del 30% nei consigli di amministrazione<br />

delle società quotate. Il modello è quello norvegese, dove dal 2003 una legge impone<br />

il 40% di presenza femminile nei board esecutivi: da allora la percentuale delle<br />

donne manager è passata dal 6% al 33%. Questo dimostrerebbe che le quote rosa<br />

non solo funzionano, ma sono uno strumento indispensabile per la parità. Tuttavia<br />

un principio elementare resta: chi merita viene premiato. Indipendentemente dal<br />

sesso. O non è così?<br />

La risposta di studiosi ed economisti è che le quote rosa sono un male necessario. Secondo<br />

Andrea Goldstein, senior economist dell'Ocse: «Se la critica che il meccanismo<br />

delle quote lede il principio del merito ha delle basi» spiega in un articolo pubblicato<br />

dal sito LaVoce.info «numerosi studi mostrano l'importanza di fattori extraeconomici<br />

-non necessariamente contrari al merito, ma sicuramente da esso distinti<br />

- nella selezione e socializzazione delle elite (...). I meccanismi di selezione delle<br />

elite (di cui gli amministratori di società quotate sono un esempio) si basa su dinamiche<br />

di cooptazione. Gli insiders selezionano per entrare in questa elite al- •<br />

di<br />

a/<br />

ffq/fò, deputata<br />

d e / / 1 fe/<br />

del/'associazione/<br />

c/iìed& /'istituzione/<br />

di quote rosa de/<br />

30% nei : cdadette/<br />

società quotate/<br />

Gennaio 2010 Business People 69


<strong>Attualità</strong><br />

La classifica<br />

dell'European<br />

Professional Women's<br />

Network evidenzia<br />

la quota di consigli<br />

di amministrazione<br />

con almeno una donna<br />

e la percentuale<br />

di donne presenti<br />

nel board. L'Italia è tra<br />

i Paesi europei dove<br />

è più forte il peso<br />

del soffitto di cristallo<br />

che preclude alle<br />

donne il vertice<br />

70 Gennaio 2010<br />

tre persone con caratteristiche simili, tra cui in particolare<br />

un vissuto comune. Se ci sono tanti bocconiani, tanto<br />

per fare un esempio pratico, non è solo perché la Bocconi<br />

è un'ottima università, ma anche perché più bocconiani ci<br />

sono in un consiglio più aumentano le chance che un altro<br />

venga cooptato. In queste dinamiche ci sono effetti di<br />

soglia - per le donne in particolare fino a che sono poche<br />

(...) è difficile che possano suggerire agli altri amministratori<br />

un potenziale candidato».<br />

Anche Roger Abravanel, autore di Meritocrazia e animatore<br />

dell'omonimo blog, ha dedicato alle donne una delle<br />

sue proposte sul merito: «un aiuto temporaneo per vincere<br />

le barriere culturali che oggi rendono impossibile aumentare<br />

quel misero 3% di donne presenti nei Cda delle<br />

imprese italiane quotate». Che scendono, secondo 1' European<br />

Professional Women's Network, addirittura al 2,1%.<br />

Se le quote rosa appaiono come un forzatura, sono tuttavia<br />

intese come una forzatura temporanea indispensabile<br />

a fare un salto culturale. «Mi ha colpito leggere nella proposta<br />

presentata dall'onorevole Lella Golfo, che conosco<br />

e stimo da diversi anni» spiega Giannola Nonino, a.d. di<br />

Nonino Distillatori «che la presenza delle donne nei cda<br />

in Italia è solo del 3%. Quello che più mi impressiona è<br />

che molte di loro rivestono quel ruolo non solo e non tanto<br />

per capacità imprenditoriale ma anche in quanto proprietarie<br />

delle stesse società. La prima volta che ho sentito<br />

parlare di quote rosa, quelle in Norvegia, ho gridato allo<br />

scandalo. Infatti per l'educazione ricevuta dai miei genitori<br />

valutavo e valuto le persone non come maschi o femmine,<br />

ma come individui che devono raggiungere i loro<br />

obiettivi grazie a capacità, impegno e spirito di sacrificio.<br />

Ero contraria alle quote rosa perché mi sembravano una<br />

scorciatoia. Ma ho dovuto ricredermi: i risultati raggiunti<br />

nei Paesi che le hanno adottate sono stati tali che noi, per<br />

fare lo stesso, dovremmo attendere ancora decenni! ».<br />

«Credo che le donne dovrebbero poter ambire alla conquista<br />

delle posizioni» afferma Elena David, a.d. di <strong>Una</strong><br />

<strong>Hotel</strong>s & Resorts e presidente di Aica (Associazione italiana<br />

compagnie alberghiere) «partendo da un criterio di<br />

tipo meritocratico . Tuttavia, in un'ottica di accelerazione<br />

sono favorevole alla proposta di Lella Golfo. Questa non<br />

risolverà un problema culturale profondo: le donne devono<br />

essere consapevoli delle loro capacità e farle riconoscere<br />

al mondo dell'economia, della finanza, della sanità e di<br />

quant'altro. Le quote rosa andrebbero supportate da altri<br />

interventi per permettere alle lavoratrici di affrontare il<br />

proprio percorso professionale con serenità, come gli investimenti<br />

in asili e infrastnitture. Al di là della perdita di<br />

lavoro conseguente alle maternità a causa di forzature da<br />

parte delle aziende, sono numerose, infatti, le rinunce volontarie<br />

da parte di professioniste che preferiscono lasciare<br />

il lavoro per seguire il bambino, non potendo contare<br />

su altri tipi di supporto. Il secondo è di carattere culturale:<br />

deve crescere la determinazione delle donne nel mondo<br />

PAESE<br />

Norvegia,<br />

Svezia<br />

Danimarca,,<br />

Al RAGGI X<br />

BOARD CON UNA<br />

PRESENZA FEMMINILE<br />

Olanda 7QQA 19<br />

LussembL<br />

Belgio 7f)%<br />

Fonte: European Professional Women's Network, Monitor 2008


del lavoro. È necessario sfatare statistiche come quelle che<br />

ci raccontano che tre donne manager su quattro non hanno<br />

figli e rifiutare la visione di quelle manager che dicono<br />

che l'azienda viene prima dei figli. È vero che conciliare famiglia<br />

e lavoro richiede dei sacrifici, ma è possibile».<br />

«Sarà colpa della cultura o dell'educazione, ma ancora<br />

oggi, a parità di ruolo ricoperto, si pretende da una donna<br />

maggior preparazione rispetto all'uomo: lei è sempre<br />

sotto esame, sempre costretta a dimostrare di essere all'altezza.<br />

Non bastasse questo» prosegue Giannola Nonino<br />

«va ricordato che la donna, prima di essere manager, è<br />

figlia, moglie e madre: quindi non avrà tempo da dedicare<br />

a se stessa. L'ho sperimentato personalmente, e ora lo sto<br />

constatando con le mie figlie. Contrariamente agli uomini,<br />

poi, le donne che mirano a posti di responsabilità sono<br />

spesso costrette a fare una scelta drastica e ingiusta: la famiglia<br />

o la carriera! Mi auguro che lo Stato scelga le quote<br />

rosa, ma dia anche inizio alla realizzazione di strutture efficienti<br />

e sicure a favore dei bimbi fin dalla nascita. Soltanto<br />

così si permetterà a migliaia di donne di poter decidere<br />

il proprio futuro senza sacrificare se stesse».<br />

«La mia esperienza è emblematica» prosegue Elena David.<br />

«Non sono figlia di nessuno, vivo nella provincia e non<br />

sono entrata dalla porta principale. Ho conciliato carriera<br />

e famiglia grazie alla mia convinzione, a un marito che<br />

ha condiviso il mio percorso lavorativo e a un datore di lavoro<br />

illuminato. Le mie maternità hanno sempre coinciso<br />

con dei salti di carriera perché c'è stata l'intelligenza di<br />

capire che offrire nuovi stimoli lavorativi aiuta a superare<br />

momenti di crisi che è naturale avere quando hai un bimbetto<br />

piccino e devi decidere di uscire di casa per tornare<br />

poi la sera. Si fa con grande sacrificio. Ci sono stati anni in<br />

cui F80% dello stipendio se ne andava in tata, ma ho sempre<br />

pensato che fosse un investimento. Non ho mai dubitatodi<br />

avere la possibilità di lavorare e far carriera (è stata<br />

inserita nella classifica di Pwa delle 70 donne candidabili<br />

a far parte di un Cda di aziende pubbliche e private, ndr).<br />

Quanta, dipendeva da me e dalle circostanze». Q<br />

Jfe cloti/ie>/unno'meg/io-9<br />

Secondo la ricercVFattore D realizzatiraal Cerved, le donne occupano solo il 14,1 % dei consigli di<br />

amministrazione di tutte le società che hanno realizzato fatturati superiori a 10 milioni di euro. Solo<br />

nove donne sono presenti nei Cda delle prime 50 imprese italiane per fatturato. Le società poi in cui<br />

l'amministratore delegato, il presidente o comunque la figura di vertice è una donna sono solo 2.652, pari<br />

al 9,2% delle aziende con ricavi oltre i 10 milioni di euro. Il che è un controsenso perché la stessa ricerca<br />

dimostra che le società al femminile crescono a un ritmo medio annuo superiore, in termini di fatturato,<br />

rispetto a quello di imprese al maschile. Ma ha senso fare simili distinzioni di redditività tra uomini e donne?<br />

Per rispondere a questa domanda basta citare la lettera aperta scritta da Corrado Passera al Corriere della<br />

Sera: la piena valorizzazione dei talenti femminili «è una sfida manageriale e di civiltà che non ha niente a<br />

che vedere con l'omologazione e l'omogeneizzazione, intendendo semmai valorizzare l'esatto contrario,<br />

ovvero la biodiversità, perché solo confrontandosi nella diversità si cresce insieme, si crea efficienza<br />

organizzativa, si stabilisce quella fiducia che è la materia prima di ogni successo individuale e collettivo e si<br />

producono anche - perché non dirlo? - migliori risultati».<br />

Gennaio 2010 BusinessPeople 71

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