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Per te - Scarp de' tenis

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Spedizione in abbonamento postale 45% articolo 2, comma 20/B, legge 662/96, Milano<br />

il mensile della strada<br />

numero 134<br />

anno 14<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

2 50€<br />

de’<strong>te</strong>nis<br />

www.scarpde<strong>te</strong>nis.it<br />

ventuno L’Europa, cosa nostra<br />

In balia<br />

del mal di mare<br />

Marinai, vita grama.<br />

Fatica, solitudine, pochi<br />

diritti. Come se la passa il popolo delle navi? Lo chiarisce un’indagine. Ma nei porti c’è chi aiuta<br />

Milano Le ronde sospese Torino A lezione da suor Simona Genova Cornigliano cambia un Pop<br />

Vicenza Luci e ombre in mensa Rimini Vittime della Burocrazia Firenze Gli amici credono in me<br />

Napoli Laviamo via i pregiudizi Catania Piana non omologata Palermo C’è lavoro per la Santuzza


Nuove celle<br />

e scorciatoie<br />

Roberto Davanzo<br />

direttore Caritas Ambrosiana<br />

Il medioevo dell’assis<strong>te</strong>nza<br />

che ci radica nel futuro<br />

Parlare di carcere. È di nuovo <strong>te</strong>mpo, per<br />

dare eco ai segnali di malessere che da<br />

molti istituti di pena si sollevano a causa<br />

di un rinnovato sovraffollamento.<br />

L’effetto-indulto è durato ben poco. La soluzione<br />

all’annoso problema vede due strade praticabili.<br />

La prima: aumentiamo le strutture di de<strong>te</strong>nzione,<br />

costruiamo nuove carceri. La seconda (più impegnativa)<br />

va a ricercare, ad esempio, le cause della<br />

percentuale di recidiva vergognosamen<strong>te</strong> alta (68%)<br />

che carat<strong>te</strong>rizza la popolazione delle patrie galere. <strong>Per</strong><br />

trarne alcuni in<strong>te</strong>rrogativi, che aprono altrettan<strong>te</strong> pis<strong>te</strong> di<br />

lavoro: per svuotare le carceri, per renderle sempre più occasione<br />

di cambiamento e non solo di punizione, perchè<br />

non investire in figure educative? <strong>Per</strong>chè non favorire la mediazione,<br />

quindi la riconciliazione, tra chi ha commesso un<br />

reato e le vittime? <strong>Per</strong>chè non po<strong>te</strong>nziare meccanismi di accesso<br />

al lavoro dei de<strong>te</strong>nuti e misure al<strong>te</strong>rnative alla de<strong>te</strong>nzione?<br />

Invece, fanno ancora notizia, come accade agli eventi eccezionali,<br />

gli istituti in cui i de<strong>te</strong>nuti vengono messi in condizione<br />

di intraprendere esperienze di cooperazione. E in<br />

tivù ci va, ma come caso strano, il carcere dove si produce<br />

un panettone di ottima qualità, o dove le donne allestiscono<br />

a<strong>te</strong>lier di sartoria con annesse sfila<strong>te</strong>. Non dovrebbe<br />

essere questa la norma?<br />

Certo, la gen<strong>te</strong> è spaventata, le campagne mediatiche<br />

enfatizzano i delitti più efferati, l’insicurezza è gridata<br />

ovunque. Ma quali strumenti ci diamo per misurare<br />

se a fine pena il de<strong>te</strong>nuto ha compreso davvero la gravità<br />

del suo reato? Che garanzie abbiamo, dopo tutto ciò<br />

che è costato alla collettività, circa le sue reali in<strong>te</strong>nzioni<br />

di riparare al danno commesso?<br />

Diquestocipiacerebbesentirparlare,in<strong>te</strong>mpidicarceri<br />

iperaffolla<strong>te</strong>. Magari si arriverà a reputare necessaria<br />

la costruzione di nuove prigioni. Ma al <strong>te</strong>rmine di un percorso<br />

virtuoso, non di una scorciatoia mediatica.<br />

Paolo Brivio<br />

editoriali<br />

Le vacanze servono a staccare. E magari a sorprendersi del passato,<br />

per augurarsi un differen<strong>te</strong> futuro. Una piccola vertigine di meraviglia<br />

e pensiero mi ha colto una mattina di fine luglio a Brugge,<br />

meta turistica di punta del Belgio fiammingo, un <strong>te</strong>mpo (tardo Medioevo)<br />

capitale commerciale e finanziaria d’Europa.Tra tan<strong>te</strong> perle che fanno<br />

memoria di quel passato, l’aus<strong>te</strong>ro Ospedale di San Giovanni: oggi<br />

tramutato in museo, propone – accanto a fulgidi <strong>te</strong>sori d’ar<strong>te</strong> – la diligen<strong>te</strong><br />

ricostruzione di una vicenda di cure protrattasi per otto secoli.<br />

In breve: il Sint-Jan Hospitaal fu concepito, nel XII secolo, come perno<br />

di un sis<strong>te</strong>ma di welfare – diremmo oggi – che lo vedeva collaboran<strong>te</strong><br />

con altri luoghi di ospitalità, di asilo, di assis<strong>te</strong>nza. Malati e disabili,<br />

lebbrosi e inabili psichici,ma anche poveri e pellegrini,vedove e orfani:<br />

la città, attraverso le sue istituzioni, provvedeva ai bisogni di una<br />

variegata pla<strong>te</strong>a di “ultimi”, torma di esseri storpi, cenciosi, abbandonati,<br />

bersagliati dal destino,a quel <strong>te</strong>mpo tutt’altro che“invisibili”.<br />

Certo, quel sis<strong>te</strong>ma funzionava secondo cri<strong>te</strong>ri che la storia ha<br />

criticato e superato: istituzionalizzazione, assis<strong>te</strong>nzialismo, pa<strong>te</strong>rnalismo,<br />

proselitismo. Ma prepo<strong>te</strong>n<strong>te</strong> emerge, dalle <strong>te</strong>che, dai<br />

documenti,dai reperti del museo di Brugge,la volontà di una società<br />

urbana avanzatissima (per l’epoca) di porre la cura dei deboli<br />

al culmine della vita comunitaria.<br />

Il Sint-Jan Hospitaal, e le strutture sue consimili, erano<br />

voluti, finanziati e controllati dalla municipalità, trami<strong>te</strong> un<br />

consiglio nel quale erano rappresenta<strong>te</strong> le éli<strong>te</strong> cittadine,<br />

amministratori e notabili, capi delle corporazioni e delle<br />

gilde: efficien<strong>te</strong> esempio di in<strong>te</strong>rvento pubblico,con il decisivo<br />

concorso del privato sociale (allora rappresentato<br />

dalle congregazioni religiose: la cura dei malati e l’organizzazione<br />

della vita quotidiana erano compito di frati<br />

e suore). In definitiva la politica, l’imprenditoria e la finanza,<br />

in una città che si dice abbia inventato la Borsa,<br />

ponevano al vertice della piramide delle virtù civiche la<br />

realizzazione e la patrimonializzazione delle istituzioni di<br />

pro<strong>te</strong>zione sociale. E la ricchezza della comunità veniva<br />

di fatto redistribuita in modo da soddisfare i bisogni (se<br />

non i diritti) della sua componen<strong>te</strong> più fragile.<br />

Dovremmo rispolverare quello spirito,nell’Europa che<br />

nel 2010 celebrerà l’Anno continentale di lotta alla povertà.<br />

Ma nella quale molti concepiscono il welfare come<br />

un elemento residuale, una preoccupazione la<strong>te</strong>rale, quasi<br />

un fastidio costituzionale,che deve costare il meno possibile,<br />

per non appesantire le capacità competitive di società<br />

vota<strong>te</strong> a correre e a crescere, e pazienza se qualcuno resta<br />

indietro, scartato, indesiderato, persino colpevolizzato.<br />

Guardiamo dunque alle Fiandre del XII secolo, per preparare<br />

al meglio l’Anno europeo venturo. E onorare davvero<br />

le radici civiche, umanistiche e cristiane su cui è incardinata<br />

la nostra storia: da esse è germogliata un’Europa<br />

dell’accoglienza,della cura e dell’apertura,che<br />

ci spetta di aggiornare e rivitalizzare.


cos’è<br />

È un giornale di strada non profit. È un’impresa<br />

sociale che vuole dar voce e opportunità di reinserimento<br />

a persone senza dimora o emargina<strong>te</strong>. È un’occasione<br />

di lavoro e un progetto di comunicazione. È il primo passo<br />

per recuperare la dignità. In vendita agli inizi del mese.<br />

come leggerci<br />

<strong>Scarp</strong> de’ <strong>te</strong>nis è una tribuna per i pensieri e i racconti<br />

di chi vive sulla strada. È uno strumento di analisi<br />

delle questioni sociali e dei fenomeni di povertà.<br />

Nella prima par<strong>te</strong>, articoli e storie di portata nazionale.<br />

Nella sezione <strong>Scarp</strong> città, spazio alle redazioni locali.<br />

Ventuno si occupa di economia solidale, stili di vita<br />

e globalizzazione. Infine, caleidoscopio: vetrina<br />

di appuntamenti, recensioni e rubriche... di strada!<br />

dove vanno i vostri 2,50 euro<br />

Vendere il giornale significa lavorare, non fare<br />

accattonaggio. Il venditore trattiene una quota<br />

sul prezzo di copertina. Contributi e ri<strong>te</strong>nu<strong>te</strong> fiscali<br />

li prende in carico l’editore. Quanto<br />

resta è destinato a progetti di solidarietà.<br />

<strong>Per</strong> contattarci<br />

e chiedere di vendere<br />

Redazione centrale - milano<br />

cooperativa Oltre, via Copernico 1<br />

<strong>te</strong>l. 02.67.47.90.17<br />

fax 02.67.38.91.12 scarp@coopoltre.it<br />

Redazione torino<br />

associazione Opportunanda<br />

via Sant’Anselmo 21, <strong>te</strong>l. 011.65.07.306<br />

opportunanda@in<strong>te</strong>rfree.it<br />

Redazione Genova<br />

Fondazione Auxilium, via Bozzano 12<br />

<strong>te</strong>l. 010.52.99.528/544<br />

comunicazione@fondazioneauxilium.it<br />

Redazione Vicenza<br />

Caritas Vicenza, Contrà Torretti 38,<br />

<strong>te</strong>l. 0444.501469 - scarp@caritas.vicenza.it<br />

Redazione rimini<br />

Caritas Rimini, via Madonna della Scala 7,<br />

<strong>te</strong>l 0541.26040 - ufficiostampa@caritas.rimini.it<br />

Redazione Firenze<br />

Caritas Firenze, via De Pucci 2, <strong>te</strong>l.055.267701<br />

addettostampa@caritasfirenze.it<br />

Redazione Napoli<br />

cooperativa sociale La Locomotiva<br />

largo Donnaregina 12 <strong>te</strong>l. 081.44.15.07<br />

scarpdenapoli@virgilio.it<br />

Redazione catania<br />

Help cen<strong>te</strong>r Caritas Catania<br />

piazza Giovanni XXIII, <strong>te</strong>l. 095.434495<br />

redazione@<strong>te</strong>lestrada.it<br />

Redazione Palermo<br />

Caritas Palermo, vicolo San Carlo 62<br />

<strong>te</strong>l. 091.6174075<br />

scarpdepalermo@gmail.com<br />

sommario<br />

Fotoreportage<br />

Visioni di uomini “captivi” p.6<br />

scarp Italia<br />

Inchiesta<br />

Carceri: le sbarre del disonore p.10<br />

Testimoni<br />

Vittime del mal di mare p.18<br />

Reportage<br />

Viaggio a Calais: “Mi rifugio nella giungla” p.24<br />

scarp città<br />

Milano<br />

Berretti equivoci, ronde sospese p.28<br />

Danze in metrò, passione underground p.32<br />

Passi nell’oscurità, ansia e affidamento p.36<br />

Torino<br />

A lezione dalla suora p.38<br />

Genova<br />

Cornigliano cambia un Pop p.40<br />

Vicenza<br />

Buoni i pasti ma non ci vado più p.42<br />

Rimini<br />

Malato e sfrattato respiro in auto p.44<br />

Firenze<br />

Gli amici che credono in me p.46<br />

Napoli<br />

Laviamo via l’intolleranza p.48<br />

Catania<br />

La Piana resis<strong>te</strong> all’omologazione p.52<br />

Palermo<br />

C’è lavoro per la Santuzza p.54<br />

scarp ventuno<br />

Agenda sociale<br />

Europa, affare di tutti p.58<br />

Torna il baratto<br />

Se io do una cosa a <strong>te</strong> p.64<br />

caleidoscopio<br />

Rubriche e notizie in breve p.69<br />

scarp de’ <strong>te</strong>nis<br />

Il mensile della strada<br />

Da un’idea di Pietro Greppi e da un paio di scarpe - anno 14 n. 134 set<strong>te</strong>mbre 2009 - costo di una copia: 2,50 euro<br />

<strong>Per</strong> abbonarsi a un anno di <strong>Scarp</strong>: versamento di 25 €<br />

- c/c postale 37696200 (causale AbboNAmeNto ScArP de’ <strong>te</strong>NIS)<br />

Redazione di strada e redazione giornalistica via Copernico 1, 20125 Milano (aperto da lunedì a giovedì 8-12.30 e 14-16.30, venerdì 8-12.30), <strong>te</strong>l. 02.67.47.90.17,<br />

fax 02.67.38.91.12 Direttore responsabile Paolo Brivio Redazione S<strong>te</strong>fano Lampertico, Ettore Sutti, Francesco Chiavarini Segretaria di redazione Sabrina Montanarella<br />

Responsabile commerciale Max Mon<strong>te</strong>corboli Redazione di strada Antonio Mininni, Lorenzo De Angelis e Tiziana Boniforti Sito web Roberto Monevi Hanno collaborato<br />

Ambrogio, Angus, Mr Armonica, Carlos Asensio, Bad 10, Guido Benedetto, Riccardo Benvegnù, Simona Brambilla, Giovanni Bravo, L. C., Giuseppe Cintura, Piera Coppa,<br />

S<strong>te</strong>fania Culurgione, Demo, Alessandra Del Giudice, Angela De Rubeis, Julian Di Mambro, Sergio Gatto, Sissi Geraci, Silvia Giavarotti, Gaetano Toni Grieco, Chiara Lucchin,<br />

Mirco Mazzoli, Emanuele Merafina, Maya Mihailova, Mary, Nino Moxedano, S<strong>te</strong>fano Neri, Aida Odoardi, Marianna Palma, Daniela Palumbo, Ketty Panebianco, Domenico<br />

Paolo, Luca Pinardi, Antonio Pirozzi, Cinzia Rasi, Paolo Riva, Rossella Russello, Grazia Sacchi, Cristina Salviati, Generoso Simeone, Antonio Vanzillotta, Pietro Vultaggio,<br />

Yamada, Zaffiro, Marta Zanella, Pasquale Zuppardo Foto di copertina Marinai e volontari su una nave nel porto di Genova (Archivio S<strong>te</strong>lla Maris) Foto Absorbitorium<br />

(www.flickr.com/photos/absorbitorium), Alessandra Del Giudice, Luca Meola, Sesta Opera San Fedele (www.sestaopera.it), Archivio <strong>Scarp</strong> Disegni Silva<br />

Nesi, Psichedelio, Luigi Zetti Progetto grafico Francesco Camagna e Simona Corvaia Editore Oltre Società Cooperativa, via S. Bernardino 4, 20122<br />

Milano Presiden<strong>te</strong> Luciano Gualzetti Registrazione Tribunale di Milano n. 177 del 16 marzo 1996 Stampa Tiber, via della Volta 179, 24124 Brescia.<br />

Consentita la riproduzione di <strong>te</strong>sti, foto e grafici citando la fon<strong>te</strong> e inviandoci copia. Questo numero è in vendita dal 13 set<strong>te</strong>mbre al 10 ottobre 2009.<br />

Associato<br />

all’Unione<br />

Stampa<br />

<strong>Per</strong>iodica<br />

Italiana


Aforismi<br />

di merafina<br />

chI LA FA<br />

Chi la fa<br />

tira la corda<br />

rAGGI dI SoLe<br />

I raggi del sole<br />

fanno male alla <strong>te</strong>sta,<br />

i raggi della galera<br />

fanno piangere<br />

IL rubINetto<br />

Il rubinetto perde,<br />

lasciamolo perdere<br />

dietro le mura<br />

Vibrazioni<br />

al parco Sempione.<br />

Silenziosi<br />

come fantasmi<br />

in quattro si misero<br />

alle mie spalle<br />

tre femmine<br />

e un maschio,<br />

tre arpe e una chitarra<br />

agili sui ferri<br />

scorrevano le dita<br />

lieve e dolce<br />

il suono si profuse<br />

dolce miele per le orecchie<br />

sui ritmi dei tamburi<br />

agile scivolava<br />

lieve alitar di vita<br />

sul ritmico pulsar.<br />

Ambrogio<br />

Serenità<br />

Voglio la serenità<br />

per guardare<br />

il mondo in tanti sfondi<br />

e in tanti colori.<br />

Voglio la serenità<br />

in<strong>te</strong>riore, per colorare<br />

la mia anima,<br />

per scacciare via<br />

la mia malinconia.<br />

Voglio la serenità<br />

per guardare fuori<br />

un mondo più <strong>te</strong>nue<br />

senza tan<strong>te</strong> sfaccettature.<br />

Voglio solo la serenità<br />

per sfidare<br />

la vita.<br />

Voglio la serenità<br />

per vincere<br />

il mio male.<br />

Marianna Palma<br />

La casa fantasma<br />

Non accenni di vita<br />

oltre i vetri…<br />

ruggine<br />

e tarli<br />

compiono il rituale.<br />

Stralci di intonaco<br />

vellutati di muschi<br />

recano calore<br />

al prospetto offeso dal <strong>te</strong>mpo.<br />

Finestre serra<strong>te</strong>:<br />

percezioni visive<br />

fantasia e…<br />

giovani signore<br />

in preziose velet<strong>te</strong><br />

sorseggiano rosoli<br />

spettri<br />

visioni<br />

sfumati dai riflessi di sole.<br />

Questa è la casa fantasma<br />

ma non fa paura.<br />

Aida Odoardi<br />

anticamera<br />

Il mio sogno<br />

per <strong>te</strong><br />

Dondola la luna<br />

sul mio petto<br />

dice che se dorme con me<br />

si fa piccolo e stretto<br />

in cuor mio<br />

lo desidero tanto.<br />

Ma sono sicura<br />

che ne uscirà affranto.<br />

Le s<strong>te</strong>lle sorridono<br />

nessuno vuole la guerra<br />

una stretta di mano<br />

e finisce lì.<br />

Le nuvole si fanno scure<br />

il vento minaccioso<br />

più che mai,<br />

il sole fa capolino,<br />

il mio sogno per <strong>te</strong><br />

lo vivo ogni mattino.<br />

Cinzia Rasi<br />

oggi piove<br />

È ancora esta<strong>te</strong><br />

ma oggi è<br />

una brutta giornata, piove,<br />

non si può andare al mare,<br />

non si può andare nei prati<br />

per una bella scampagnata,<br />

che noia stare a casa,<br />

la noia molto pesa,<br />

ma un’idea<br />

mi viene in men<strong>te</strong>,<br />

invito a casa mia<br />

parecchia gen<strong>te</strong>,<br />

invito anche quella<br />

donna col tuppo,<br />

faremo tutti giochi di gruppo<br />

e chissà che con le donne<br />

in allegria<br />

non nasca in me<br />

una nuova simpatia?<br />

Mr Armonica<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis<br />

.5


Visioni<br />

di uomini<br />

“captivi”<br />

Sesta Opera San Fedele:<br />

la più antica associazione<br />

di volontariato carcerario<br />

della Lombardia. I suoi volontari<br />

(ben 150) operano a San Vittore<br />

già dal 1923; negli anni, si sono<br />

aggiunti quelli a Opera e Bolla<strong>te</strong>.<br />

Sesta Opera cerca di affrontare<br />

i bisogni del popolo delle carceri,<br />

soprattutto in <strong>te</strong>mpi di<br />

sovraffollamento, che esaspera<br />

il disagio e rende più difficile<br />

il percorso di rinascita personale<br />

e reinserimento sociale.<br />

Visi<strong>te</strong> ai de<strong>te</strong>nuti, aiuti ma<strong>te</strong>riali,<br />

centro d’ascolto, animazione<br />

culturale e spirituale, ma anche<br />

appartamenti per chi è uscito,<br />

sos<strong>te</strong>gno alle famiglie, formazione<br />

di volontari: i progetti sono tanti.<br />

Tra questi, i laboratori di fotografia.<br />

<strong>Per</strong> esprimere (nonostan<strong>te</strong> i mille<br />

divieti a fotografare) lo “stare<br />

dentro”. E il proprio “dentro”.<br />

Pietà a San Vittore<br />

La collaborazione tra Sesta Opera, centro culturale<br />

e galleria “San Fedele” e direzione del carcere di Bolla<strong>te</strong><br />

ha consentito di realizzare il progetto “Captivi”,<br />

corso di fotografia <strong>te</strong>nuto a San Vittore e Bolla<strong>te</strong>.<br />

Ne è nata una mostra delle migliori foto,<br />

con lo scopo di “ridurre l’opacità propria del carcere e<br />

superare la barriera fra la città libera e quella reclusa”.<br />

Le foto a fianco rappresentano il <strong>te</strong>ma della pietà,<br />

in<strong>te</strong>rpretato dai de<strong>te</strong>nuti. Anche le altre foto sono frutto<br />

dei laboratori nelle due prigioni lombarde<br />

6. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009


fotoreportage<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .7


Visioni di uomini “captivi”<br />

8. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

Il carcere, spazio<br />

chiuso: ogni “Punto<br />

di fuga” (foto a<br />

sinistra) ti riporta<br />

inesorabilmen<strong>te</strong><br />

alla claustrofobia<br />

di un <strong>te</strong> s<strong>te</strong>sso<br />

senza prospettive.<br />

E ti sbarra ogni<br />

opportunità, come<br />

accade al “de<strong>te</strong>nuto<br />

di San Vittore”<br />

(foto a destra).<br />

E poi c’è il dramma<br />

di chi subisce una<br />

reclusione “impropria”:<br />

come i figli delle madri<br />

de<strong>te</strong>nu<strong>te</strong>, nella “stanza<br />

dell’affettività” a<br />

Bolla<strong>te</strong> (foto sotto)


fotoreportage<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .9


Sovraffolla<strong>te</strong>. E in rivolta. Le prigioni italiane scoppiano<br />

Le sbarre<br />

del disonore<br />

A Tries<strong>te</strong> turni<br />

per dormire. A Milano<br />

non c’è spazio<br />

per stare in piedi.<br />

A Napoli si vive<br />

in 11 in celle da 4.<br />

Le patrie galere<br />

non sono mai sta<strong>te</strong><br />

così piene. Colpa<br />

della giustizia lenta<br />

e di leggi<br />

che producono<br />

sovraffollamento.<br />

Il governo propone<br />

di costruire nuovi<br />

peni<strong>te</strong>nziari.<br />

Ma molti operatori<br />

sociali sono scettici:<br />

meglio diversificare<br />

le pene, come si fa<br />

in tutta Europa<br />

10. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

di Francesco Chiavarini<br />

ATries<strong>te</strong> hanno finito le brande. Così, a turno, ogni not<strong>te</strong> uno è costretto<br />

a dormire per <strong>te</strong>rra fra i due“cas<strong>te</strong>lli”. Il direttore del peni<strong>te</strong>nziario alla fine ha dovuto<br />

prendere atto della realtà e, non avendo altri mezzi, ha scelto di regolamentare<br />

l’emergenza: per evitare che ci si accapigliasse ha istituito un registro. Il calendario<br />

indica in quale giorno devi cedere il tuo posto letto al compagno. Invece a Poggioreale,<br />

Napoli, dove si sta in undici in celle da quattro, per difendersi dall’afa<br />

africana d’agosto hanno inventato il turno dell’”asciugamanista”: ogni mezz’ora un<br />

de<strong>te</strong>nuto impregna d’acqua il <strong>te</strong>lo meno liso che ha, si arrampica sul muro e lo s<strong>te</strong>n-<br />

de tra le sbarre. Il sis<strong>te</strong>ma serve a placare<br />

l’alito roven<strong>te</strong> che proviene dai padiglioni.<br />

Così si sopravvive oggi, nelle patrie<br />

galere. Dove, secondo i dati diffusi<br />

dal minis<strong>te</strong>ro della giustizia a fine luglio,<br />

erano de<strong>te</strong>nu<strong>te</strong> 63.587 persone, mentre<br />

al massimo ce ne potrebbero stare, come<br />

stabilisce lo s<strong>te</strong>sso minis<strong>te</strong>ro, 43.327.<br />

Le “prigioni del disonore”, le hanno<br />

ribat<strong>te</strong>zza<strong>te</strong>. <strong>Per</strong>ché in luoghi come<br />

questi, sovraffollati all’inverosimile,<br />

ogni progetto di riabilitazione sociale –<br />

scopo dei sis<strong>te</strong>mi peni<strong>te</strong>nziari negli stati<br />

di diritto, finalità pre<strong>te</strong>sa dalla nostra<br />

Costituzione – diventa una barzelletta<br />

di cattivo gusto. È già tanto, infatti, se da<br />

posti così esci vivo. Come dimostra il<br />

numero delle morti in carcere: 30 suicidi<br />

nei primi set<strong>te</strong> mesi del 2009, denuncia<br />

l’associazione Antigone. Un record,<br />

un tasso 17 vol<strong>te</strong> superiore a quello riscontrabile<br />

nella società “es<strong>te</strong>rna”.<br />

Ogni mese 800 in più<br />

La situazione ha assunto contorni talmen<strong>te</strong><br />

drammatici da sca<strong>te</strong>nare in esta<strong>te</strong><br />

pro<strong>te</strong>s<strong>te</strong> un po’ in tutti i peni<strong>te</strong>nziari<br />

italiani: da Como a <strong>Per</strong>ugia, da Firenze a<br />

Trani. Lo stato delle nostre case di reclusione,<br />

in pieno agosto, ha destato<br />

l’at<strong>te</strong>nzione anche dei giudici della Cor<strong>te</strong><br />

europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo,<br />

che hanno condannato l’Italia a<br />

risarcire un de<strong>te</strong>nuto bosniaco per i<br />

“trattamenti inumani e degradanti” che<br />

era stato costretto a subire, causa sovraffollamento,<br />

duran<strong>te</strong> il suo periodo<br />

di de<strong>te</strong>nzione a Rebibbia, dove aveva<br />

scontato una pena di due anni per furto<br />

aggravato.<br />

«Siamo arrivati ad un<br />

punto limi<strong>te</strong>», ha ammesso<br />

il guardasigilli<br />

Angelino<br />

Alfano. In tre anni<br />

non solo sono<br />

stati cancellati gli effetti dell’indulto,<br />

approvato in mezzo a una marea di polemiche<br />

il 31 luglio del 2006, ma si è<br />

toccato un picco di presenze, quasi<br />

mai registrato nelle storia dell’Italia repubblicana.<br />

Come mai? Improvvisamen<strong>te</strong> sono<br />

aumentati i criminali? È cresciuta la capacità<br />

delle forze dell’ordine di assicurarli<br />

alla giustizia? In realtà, la spiegazione<br />

è più complicata. Secondo alcuni<br />

penalisti il dato è fisiologico: l’aumento<br />

del numero dei de<strong>te</strong>nuti è un fenomeno<br />

di sis<strong>te</strong>ma che, dal dopoguerra in<br />

poi, è stato affrontato con periodici in<strong>te</strong>rventi<br />

di condono. In mancanza di<br />

ques<strong>te</strong>“valvole di sfogo”, le carceri si saturano.<br />

Ciò è immancabilmen<strong>te</strong> successo,<br />

da quando sulla sicurezza si sono<br />

monta<strong>te</strong> campagne demagogiche,<br />

tanto che proporre altre amnistie o atti


di clemenza è diventato un tabù per i<br />

politici di ogni schieramento. Secondo<br />

mol<strong>te</strong> organizzazioni di volontariato<br />

che operano nelle carceri siamo, invece,<br />

di fron<strong>te</strong> a qualcosa di nuovo e più<br />

inquietan<strong>te</strong>.<br />

La crisi del sis<strong>te</strong>ma peni<strong>te</strong>nziario sarebbe<br />

il frutto di politiche securitarie.<br />

Guido Chiaretti, presiden<strong>te</strong> della Sesta<br />

Opera, associazione legata ai Gesuiti<br />

che opera nello storico carcere milanese<br />

di San Vittore, fa un’osservazione<br />

semplice: «Fino a tre anni fa, la popolazione<br />

carceraria cresceva in media di<br />

mille unità all’anno. Negli ultimi <strong>te</strong>mpi<br />

la crescita è stata in media di 800 persone<br />

al mese. Un aumento, insomma, di<br />

dieci vol<strong>te</strong> . Siccome è improbabile che<br />

via sia stata all’improvviso un’invasione<br />

di criminali, mi pare eviden<strong>te</strong> che questi<br />

numeri sono il frutto di provvedimenti<br />

che hanno fatto del carcere un<br />

FONTE: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, RISTREETTI ORIZZONTI E ASSOCIAZIONE ANTIGONE<br />

Sovraffollamento<br />

ecco i numeri<br />

63.587<br />

i de<strong>te</strong>nuti nelle carceri italiane<br />

al 20 luglio 2009, di cui 31.192<br />

condannati e 30.436 imputati<br />

43.327<br />

la capienza massima delle carceri<br />

prevista dal minis<strong>te</strong>ro<br />

231<br />

gli istituti (case di reclusione, case<br />

circondariali, ospedali psichiatrici<br />

giudiziari, case mandamentali)<br />

1.365<br />

i decessi in carcere dal 2000 al 2009<br />

501<br />

i suicidi in carcere dal 2000 al 2009<br />

9.406<br />

i de<strong>te</strong>nuti in misura al<strong>te</strong>rnativa;<br />

di questi 42 hanno commesso reati<br />

duran<strong>te</strong> l’esecuzione della pena<br />

l’inchiesta<br />

sostituto dell’in<strong>te</strong>rvento sociale».<br />

Secondo Chiaretti e i sos<strong>te</strong>nitori di<br />

questa <strong>te</strong>si, all’origine della crescita<br />

esponenziale dei de<strong>te</strong>nuti ci sarebbero<br />

due provvedimenti. Il primo: la legge<br />

sulla droga. Che, voluta dall’allora ministro<br />

Fini, e approvata sul finire del<br />

preceden<strong>te</strong> governo Berlusconi, ha abbassato<br />

i limiti del possesso di sostanze<br />

stupefacenti per i quali si finisce dentro.<br />

Il secondo: la legge ex Cirielli (detta“salva<br />

Previti”), che oltre ad abbreviare i<br />

<strong>te</strong>mpi di prescrizione dei processi (e a<br />

met<strong>te</strong>re al riparo il premier da alcune<br />

cause pendenti) ha aumentato le pene<br />

per chi, già condannato, commet<strong>te</strong><br />

nuovi reati. <strong>Per</strong> effetto combinato di<br />

questi provvedimenti, ad esempio, i<br />

piccoli consumatori-spacciatori di stupefacenti,<br />

invece di essere affidati a comunità<br />

di recupero, continuano a entrare<br />

e uscire dal carcere.<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .11


le sbarre del disonore<br />

Il paradosso di Schwarzenegger<br />

C’è poi un altro dato significativo. Quasi<br />

la metà dei de<strong>te</strong>nuti (30.436, al 30 luglio)<br />

è costituita da imputati: persone in<br />

at<strong>te</strong>sa di un primo o di un secondo giudizio<br />

(nel caso dei ricorrenti). Dal che si<br />

può dedurre che anche la cronica len<strong>te</strong>zza<br />

del nostro sis<strong>te</strong>ma giudiziario deve<br />

pure avere a che fare, con le condizioni<br />

delle nostre carceri. «Anche questo<br />

certamen<strong>te</strong> deve essere <strong>te</strong>nuto in<br />

considerazione. Siamo di fron<strong>te</strong> a un<br />

concorso di cause: leggi più repressive,<br />

len<strong>te</strong>zze, demagogia», sostiene, ecumenicamen<strong>te</strong>,<br />

Luigi Pagano, ex direttore<br />

del carcere milanese di San Vittore e<br />

provveditore delle carceri lombarde,<br />

che però punta l’indice su un altro<br />

aspetto: la difficoltà di applicare le pene<br />

al<strong>te</strong>rnative agli stranieri. «A molti di loro<br />

(e a SanVittore, per esempio, rappresentano<br />

il 70% dei de<strong>te</strong>nuti) non possiamo<br />

dare gli arresti domiciliari, anche<br />

se il reato commesso lo consentirebbe,<br />

semplicemen<strong>te</strong> perché non hanno, o<br />

non possono dimostrare, di avere un<br />

domicilio».<br />

Che fare allora? La ricetta all’esame<br />

del governo per migliorare le condizioni<br />

inumane in cui sono costretti a vivere<br />

molti de<strong>te</strong>nuti è costruire nuove carceri.<br />

Il piano firmato dal capodipartimento<br />

dell’amministrazione peni<strong>te</strong>nziaria,<br />

Franco Ionta, prevede una spesa<br />

di 1,59 miliardi di euro per creare<br />

17.129 nuovi posti entro il 2012. Tanti<br />

soldi che bisogna però ancora cercare.<br />

Nel frat<strong>te</strong>mpo è stata cancellata la Cas-<br />

12. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

sa delle Ammende che serviva al reinserimento<br />

dei de<strong>te</strong>nuti e alle vittime.<br />

Una delle poche, modes<strong>te</strong> voci nel bilancio<br />

dell’amministrazione peni<strong>te</strong>nziaria<br />

(150 milioni di euro) destinata<br />

agli in<strong>te</strong>rventi sociali.<br />

«Anche se alla fine si dovessero trovare<br />

i finanziamenti, magari proprio<br />

grazie al concorso di qualche privato<br />

che, come si ipotizza, deciderà di lanciarsi<br />

nel business peni<strong>te</strong>nziario oggi<br />

inesis<strong>te</strong>n<strong>te</strong>, il piano non bas<strong>te</strong>rebbe<br />

nemmeno ad assorbire i nuovi ingressi<br />

che si possono facilmen<strong>te</strong> immaginare»,<br />

sostiene Luca Massari, operatore di<br />

Indulto? Nuoce gravemen<strong>te</strong> al consenso,<br />

ma non alla sicurezza dei cittadini<br />

Indulto? Parolaccia! Tra le più<br />

impronunciabili dai politici italiani,<br />

pena una caduta verticale del<br />

consenso. Il rischio lo corre chi non<br />

prende le distanze dal provvedimento<br />

varato tre anni fa, dal governo Prodi<br />

ai suoi esordi, e costato moltissimo a<br />

quell’esecutivo, in <strong>te</strong>rmini di<br />

popolarità. <strong>Per</strong>ò la cattiva fama non<br />

appare meritata. È stato dimostrato,<br />

infatti, che i liberati grazie all’indulto<br />

del luglio 2006 sono tornati a<br />

compiere reati in numero molto<br />

inferiore rispetto a quanto accade,<br />

normalmen<strong>te</strong>, a chi la pena la sconta<br />

tutta. I dati presentati dai ricercatori<br />

dell’Università di Torino, aggiornati al<br />

30 giugno 2009, sono lampanti: gli<br />

indultati recidivi sono stati il 30,31%<br />

di quelli usciti dal carcere e il 21,78%<br />

di chi aveva scontato la pena<br />

prevalen<strong>te</strong>men<strong>te</strong> in misura<br />

al<strong>te</strong>rnativa. Significativo il confronto<br />

con il tasso di recidiva “ordinario”:<br />

68% fra la popolazione de<strong>te</strong>nuta, 30%<br />

fra quelli in misura al<strong>te</strong>rnativa. Tutto<br />

sommato, gli scarcerati di tre anni fa,<br />

nonostan<strong>te</strong> il provvedimento non<br />

fosse stato accompagnato da misure<br />

per favorirne l’inserimento sociale,<br />

non hanno tradito la fiducia loro<br />

accordata dallo stato. Ma chi glielo<br />

spiega, al cittadino comune, che<br />

indultato non è sinonimo di mostro?<br />

Caritas Ambrosiana, vicepresiden<strong>te</strong><br />

della Conferenza nazionale volontariato<br />

e giustizia, che riunisce gli enti non<br />

profit che si occupano di carcere. I conti<br />

sono presto fatti: con gli attuali trend<br />

di crescita della popolazione carceraria,<br />

nel 2012 avremo circa 100 mila de<strong>te</strong>nuti<br />

e, con l’attuazione del piano Ionta, circa<br />

60 mila posti. Una situazione ancora<br />

peggiore di quella attuale. « L’edilizia<br />

carceriera non è mai una scommessa<br />

vincen<strong>te</strong>. E proprio in questi giorni<br />

quello che sta accadendo in California<br />

lo dimostra – argomenta Massari –. Il<br />

governatore Schwarzenegger, che aveva<br />

puntato sul po<strong>te</strong>nziamento del sis<strong>te</strong>ma<br />

peni<strong>te</strong>nziario, ora è costretto a scarcerare<br />

il 27% dei de<strong>te</strong>nuti per l’eccessiva<br />

crescita dei costi. D’altra par<strong>te</strong> la storia<br />

recen<strong>te</strong> di tutti i paesi occidentali<br />

dimostra l’inesorabilità di una curiosa<br />

correlazione: anche in assenza di un incremento<br />

di reati e denunce, all’aumento<br />

dei posti in carcere corrisponde<br />

un maggior ricorso alla de<strong>te</strong>nzione.<br />

Riparare conviene a tutti<br />

I conti, ovviamen<strong>te</strong>, li sanno fare anche<br />

al minis<strong>te</strong>ro. Ed è forse per questo che<br />

ultimamen<strong>te</strong> Alfano sembra avere spostato<br />

il tiro. L’ultima soluzione che ha<br />

prospettato, in realtà non nuova, è stata<br />

il rimpatrio degli stranieri de<strong>te</strong>nuti nei<br />

paesi di origine: sarebbero circa 20 mila<br />

e senza di loro, in cella, si tornerebbe almeno<br />

ai numeri regolamentari. In realtà


una soluzione simile, oltre a costringerci<br />

ad ammet<strong>te</strong>re che non siamo in grado<br />

di riabilitare chi sbaglia, come vorrebbe<br />

la Costituzione, sarebbe anche<br />

onerosa e difficilmen<strong>te</strong> applicabile: i<br />

rimpatri si possono fare solo in presenza<br />

di accordi con i paesi es<strong>te</strong>ri di provenienza,<br />

che certo non muoiono dalla<br />

voglia di riprendersi poveracci che rappresentano<br />

un costo sociale. A meno di<br />

un deciso in<strong>te</strong>rvento dell’Unione europea.Tuttavia,<br />

nonostan<strong>te</strong> le generica disponibilità<br />

mostrata dalla Commissione<br />

dopo le usci<strong>te</strong> del ministro questa<br />

esta<strong>te</strong>, appare francamen<strong>te</strong> poco probabile<br />

un coinvolgimento risolutivo delle<br />

istituzioni di Bruxelles in una ma<strong>te</strong>ria,<br />

quella giudiziaria, di stretta compe<strong>te</strong>nza<br />

nazionale.<br />

Nessuna soluzione in vista, allora?<br />

Volontari, giuristi e docenti di diritto sos<strong>te</strong>ngono<br />

da <strong>te</strong>mpo che l’unico rimedio<br />

possibile al sovraffollamento delle carceri<br />

è incentivare l’applicazione delle<br />

pene al<strong>te</strong>rnative. In Europa si fa già così.<br />

Ad esempio in Germania finisce dietro<br />

le sbarre solo un condannato su<br />

quattro: gli altri scontano la pena fuori<br />

dal carcere. In Francia ogni anno vi sono<br />

più di 40 mila mediazioni penali,<br />

pratiche delle cosiddetta“giustizia riparativa”,<br />

che non prevede la carcerazione.<br />

«Chi sta in carcere – osserva Massari<br />

–, nella stragrande maggioranza dei<br />

casi, non è un pericoloso criminale.<br />

Normalmen<strong>te</strong> sconta pene di pochi<br />

mesi per reati contro il patrimonio (furti<br />

spesso di modesta entità) e per spaccio<br />

di stupefacenti, quindi dopo un<br />

<strong>te</strong>mpo breve è fuori, spesso più disagiato,<br />

arrabbiato e capace di delinquere di<br />

prima, dal momento che i nostri peni<strong>te</strong>nziari,<br />

così come sono oggi, sono<br />

spesso una scuola di criminalità. Piuttosto<br />

che <strong>te</strong>nerli in cella, converrebbe<br />

impegnarli in lavori socialmen<strong>te</strong> utili,<br />

met<strong>te</strong>rli nelle condizioni di capire il<br />

danno che hanno arrecato alla società<br />

e quindi di ripararvi».<br />

La “porta stretta”<br />

I dati sulla recidiva rappresentano il<br />

principale sos<strong>te</strong>gno a questa <strong>te</strong>si: il 68%<br />

dei de<strong>te</strong>nuti che hanno scontato la pena<br />

in carcere torna a delinquere una<br />

volta fuori, mentre commet<strong>te</strong> di nuovo<br />

il reato il 30% di quelli ai quali è stata applicata<br />

una qualsiasi misura al<strong>te</strong>rnativa.<br />

«Se ragionassimo con la <strong>te</strong>sta e non con<br />

L’analisi<br />

Le celle? Piene di poveracci:<br />

in carcere i piccoli malavitosi<br />

l’inchiesta<br />

Chi sta in carcere oggi? La maggior par<strong>te</strong> degli onesti<br />

cittadini pensa che dietro le sbarre ci siano tipi pericolosi: gen<strong>te</strong> che ha<br />

ammazzato, sequestrato, stuprato, rapinato (magari a mano armata)<br />

banche, gioiellerie, supermercati. D’altra par<strong>te</strong> è di loro, dei loro arresti,<br />

che tv e giornali parlano, quando – non sempre, purtroppo – le forze<br />

dell’ordine riescono ad assicurarli alla giustizia. Se invece si leggono le<br />

statistiche, ci si accorge che a finire in cella sono soprattutto poveracci.<br />

E ciò accade sempre di più, negli ultimi <strong>te</strong>mpi.<br />

La sola legge Fini-Giovanardi sulle droghe, introdotta a fine 2005, è<br />

responsabile del 40% delle de<strong>te</strong>nzioni. La legge ha abbassato i limiti di<br />

possesso di stupefacenti per cui si può essere tratti in arresto. La<br />

conseguenza è stata che il mercato delle sostanze è più fioren<strong>te</strong> che mai,<br />

come dimostra il largo uso che se ne fa in tutti gli strati della società,<br />

classe dirigen<strong>te</strong> compresa; mentre sono stati messi in carcere tanti<br />

piccoli spacciatori che, dopo poco <strong>te</strong>mpo, sono usciti di galera e hanno<br />

ripreso a fare esattamen<strong>te</strong> quello che facevano. Non solo. Sempre<br />

secondo le statistiche (che, chissà come mai, non riescono a fare notizia)<br />

il 46% dei nuovi carcerati nel 2008 erano stranieri. Tra questi c’erano<br />

anche immigrati che non avevano rispettato il provvedimento di<br />

espulsione, cioè non erano rientrati nel loro paese, dopo essere stati<br />

trovati senza documenti in regola. Reato punito con il carcere dalla legge<br />

Bossi-Fini.<br />

Così, un <strong>te</strong>rzo dei de<strong>te</strong>nuti in Italia deve scontare pene inferiori ai tre<br />

anni. <strong>Per</strong> ques<strong>te</strong> persone, spesso “poveracci” o bassissima manovalanza<br />

impiegata per disperazione che hanno commesso reati lievi, le<br />

organizzazioni di volontariato, ma anche i sindacati degli agenti<br />

peni<strong>te</strong>nziari, chiedono da <strong>te</strong>mpo al<strong>te</strong>rnative. Esis<strong>te</strong> un ventaglio di<br />

possibilità, dall’affidamento in prova al servizio sociale, dalla de<strong>te</strong>nzione<br />

domiciliare alla semilibertà. Ma, da qualche <strong>te</strong>mpo, le misure al<strong>te</strong>rative<br />

sono concesse con sempre maggiore difficoltà: secondo il Dipartimento<br />

dell’amministrazione peni<strong>te</strong>nziaria, i de<strong>te</strong>nuti in misura al<strong>te</strong>rnativa sono<br />

9.406, mentre nel 2007, quando la popolazione carceraria era inferiore<br />

all’attuale, erano 10.389.<br />

la pancia – avver<strong>te</strong> Massari – dovremmo<br />

concludere che è molto più pericoloso<br />

per la società <strong>te</strong>nere dentro chi sbaglia.<br />

Purtroppo, però, vale la legge<br />

dell’albero che cade e dei fili<br />

d’erba che crescono: fa<br />

molto più clamore<br />

una persona agli arresti<br />

domiciliari che<br />

scappa e delinque, di dieci<br />

ex de<strong>te</strong>nuti che, grazie<br />

al coraggio di<br />

qualche magistrato<br />

di sorveglianza e alla pazienza<br />

di tanti volontari, riescono a trovare<br />

un posto di lavoro».<br />

In realtà, tutti coloro che si occupano<br />

di carcere sanno che l’unica via d’u-<br />

scita, rispetto all’annosa questione del<br />

sovraffollamento delle galere italiche,<br />

passa per la “porta stretta” della<br />

riforma del sis<strong>te</strong>ma sanzionatorio.<br />

Nella<br />

preceden<strong>te</strong> legislatura<br />

una commissione<br />

<strong>te</strong>cnica, rigorosamen<strong>te</strong><br />

bipratisan,<br />

aveva <strong>te</strong>ntato di riformare<br />

il nostro codice<br />

penale, per renderlo<br />

più europeo. Non carceri<br />

in più, ma una più ampia gamma<br />

di pene. Caduto il governo Prodi, non<br />

se n’è fatto più nulla. Ragionevolezza<br />

vorrebbe – e il senso di umanità pure –<br />

che ci si tornasse sopra..<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .13


le sbarre del disonore<br />

14.<br />

Il modello che inventò<br />

il “Pane dei galeotti”<br />

Era attore. Visitò la prigione di Genova per caso. Da allora, ha fatto lievitare un’idea<br />

di Mirco Mazzoli<br />

Entrare in carcere per caso, provenendo da un altro mondo, e met<strong>te</strong>rsi<br />

in <strong>te</strong>sta di restarci, avviando“dentro” quello che sarebbe già difficile realizzare fuori.<br />

È la storia di Pietro Civello, un <strong>te</strong>mpo cover boy, oggi responsabile della cooperativa<br />

Sociale Tara e del panificio nato nella casa circondariale di Marassi, a Genova.<br />

<strong>Per</strong> vivere storie così bisogna andare decisamen<strong>te</strong> contro corren<strong>te</strong>, credere nell’obiettivo,<br />

rischiare, trovare persone lungimiranti che ti sos<strong>te</strong>ngono. «<strong>Per</strong> questo bisogna<br />

che io parta dal fondo, dai ringraziamenti – esordisce Civello –, perché senza<br />

la piena collaborazione dell’amministrazione peni<strong>te</strong>nziaria e del direttore, Salvatore<br />

Mazzeo, che ha sposato il nostro progetto, non avremmo potuto fare nulla».<br />

La Cooperativa Tara, di cui Civello è presiden<strong>te</strong>, ha aperto il panificio tre anni e<br />

mezzo fa, grazie ai macchinari acquistati<br />

dalla società Italforno, e da allora<br />

ha dato lavoro a 36 persone, avvicenda<strong>te</strong>si<br />

a seconda del proprio percorso e del<br />

fine pena; alcuni hanno trovato posti da<br />

panettiere, una volta usciti. Il panificio<br />

sforna 180 chili di pane al giorno e 170<br />

chili di focaccia diversi giorni alla settimana.<br />

«Cominciai a in<strong>te</strong>ressarmi di carcere<br />

per caso – racconta Civello –. Stavo<br />

seguendo una vicenda che riguardava<br />

anche una persona de<strong>te</strong>nuta. Così, un<br />

giorno, mi presentai al portone della casa<br />

circondariale, ma non mi fecero passare:<br />

ero sprovvisto di permesso».<br />

La disciplina e gli ingredienti<br />

Il primo impatto, con il mondo oltre il<br />

muro di guardia, venne più tardi. E fu<br />

scioccan<strong>te</strong>. «Davanti a quella gen<strong>te</strong> ammanettata,<br />

disperata, senza futuro, con<br />

colpe spesso pesanti,<br />

la mia reazione<br />

fu contrastan<strong>te</strong> –<br />

confessa oggi Civello<br />

–: mi apparvero<br />

uomini dotati<br />

di buone<br />

capacità, anda<strong>te</strong><br />

in rovina<br />

nello sfacelo<br />

della loro vicenda.<br />

Tornai<br />

scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

a casa e confidai a mia moglie che volevo<br />

fare qualcosa per loro». Questo genere<br />

di buoni propositi si infrangono<br />

spesso contro gli scogli del reale, specie<br />

se si è senza esperienza. Fino ad allora<br />

Civello aveva fatto il modello, l’attore di<br />

fotoromanzi e il cantan<strong>te</strong>. Una volta lasciata<br />

la carriera, aveva avviato prima<br />

una concessionaria d’auto, poi un’attività<br />

da libero professionista. All’impegno<br />

sociale, insomma, non aveva dedicato<br />

mol<strong>te</strong> energie. Non gli mancava,<br />

però, la capacità di credere nei propri<br />

propositi. «Sentivo di aver avuto molto<br />

dalla vita, volevo fare qualcosa, malgrado<br />

fossero in molti a sconsigliarmi. Presi<br />

appuntamento con il direttore Mazzeo:<br />

l’idea di una panet<strong>te</strong>ria lo trovò<br />

molto in<strong>te</strong>ressato. Pensai che, per chi vive<br />

in carcere, fare il pane po<strong>te</strong>sse essere<br />

non solo un mestiere, ma anche<br />

una rieducazione alla<br />

vita, con la<br />

sua disciplina<br />

e i suoi<br />

orari atipici.<br />

Infatti oggi i<br />

d e t e n u t i<br />

che lavorano<br />

con noi si<br />

alzano alle 2<br />

di not<strong>te</strong>, e<br />

alle 7.30 il pane prende le vie della distribuzione».<br />

La sperimentazione della proposta<br />

venne attuata nel carcere femminile di<br />

Pon<strong>te</strong>decimo, sempre a Genova, da cui<br />

alcune de<strong>te</strong>nu<strong>te</strong>, ogni giorno, raggiungevano<br />

un biscottificio locale. Poi arrivarono<br />

i macchinari per Marassi, vennero<br />

selezionati gli aspiranti al posto,<br />

cominciarono i corsi di formazione, la<br />

cooperativa fece le prime assunzioni.<br />

«In genere – ricapitola Civello – i de<strong>te</strong>nuti<br />

si dimostrano molto attaccati al lavoro:<br />

non solo perché in carcere lavorare<br />

è un modo per occupare la giornata,<br />

ma perché rappresenta una finestra<br />

aperta sul futuro. Questo dà a loro, e alle<br />

loro famiglie, spesso costret<strong>te</strong> a una


cronica precarietà, la speranza di una<br />

vita diversa. Molti sono stranieri che<br />

sperano di po<strong>te</strong>r proseguire questa attività<br />

anche al di fuori del carcere e di in<strong>te</strong>grarsi<br />

così nella società».<br />

Il profume attraversa le sbarre<br />

E impastare il futuro serve. Lo dimostra<br />

il fatto che nessuno dei quattro “panettieri”<br />

di Marassi usciti circa un anno fa è<br />

tornato a delinquere. Erano entrati per<br />

reati pesanti, droga, omicidio, rapine;<br />

sono usciti col pane caldo tra le mani. È<br />

il“Pane dei galeotti”, così lo hanno chiamato,<br />

ma non c’è nulla di truffaldino.<br />

Anzi, è fatto con i migliori ingredienti.<br />

«Un’analisi indipenden<strong>te</strong> condotta<br />

sui nostri prodotti ne ha certificato l’ottima<br />

qualità – s’inorgoglisce Civello, che<br />

coltiva altri ambiziosi progetti –. Vendiamo<br />

il pane a cinque supermercati<br />

genovesi e a realtà sociali che dispongono<br />

di mense. La nostra focaccia arriva<br />

in Lombardia,Veneto, Emilia Romagna.<br />

Ma dobbiamo continuare a crescere.<br />

Pensiamo a una linea di prodotti<br />

per celiaci e a una di pasticceria. E nel<br />

prossimo futuro ci piacerebbe aprire alcuni<br />

punti vendita in città, gestiti anche<br />

da de<strong>te</strong>nuti ai quali sono applica<strong>te</strong> misure<br />

al<strong>te</strong>rnative. Sarebbe un modo per<br />

far uscire l’esperienza dalle mura del<br />

carcere. D’altra par<strong>te</strong>, già il profumo del<br />

pane attraversa le sbarre…»..<br />

Il cappellano<br />

Vorrei prigioni “scuole di vita”<br />

anche per chi sta fuori<br />

Quanti uomini e donne sfiorano la nostra vita ogni giorno! Quanti<br />

di loro ogni giorno possono essere nella condizione po<strong>te</strong>nziale di delinquere, e<br />

rischiano quindi di cadere in una situazione dalla quale, per molti, è difficile,<br />

forse impossibile, rialzarsi. I modelli culturali del nostro <strong>te</strong>mpo ci portano alla<br />

società dell’apparenza e del possesso. Quale modello siamo, o diventiamo,<br />

per chi raggiunge il nostro paese da <strong>te</strong>rre sfortuna<strong>te</strong>, dove la sola<br />

sopravvivenza è una lotta quotidiana, da dove l’Italia appare un paradiso?<br />

Spesso, per ot<strong>te</strong>nere ques<strong>te</strong> illusioni di soddisfazione, in molti sono disposti a<br />

tutto. E spesso i più diseredati sono quelli che finiscono per popolare le<br />

nostre carceri, come quello fiorentino di Sollicciano. Quasi la metà della<br />

popolazione carceraria in Italia è composta da non italiani. Ci sarà un motivo.<br />

Ed è giusto in<strong>te</strong>rrogarsi su cosa stia alle spalle di atti che, se non possiamo<br />

giustificare, dobbiamo sforzarci di capire. Le condizioni di vita all’in<strong>te</strong>rno del<br />

carcere in genere, dunque anche a Sollicciano, sono difficili. Non è semplice<br />

pensare e attivare processi di recupero che, par<strong>te</strong>ndo da dentro la struttura<br />

peni<strong>te</strong>nziaria, accompagnino, anche fuori, persone che rimangono, anche<br />

dopo aver scontato la loro pena, uomini e donne in difficoltà, che necessitano<br />

di sos<strong>te</strong>gno e di aiuto concreto, per non ritrovarsi nuovamen<strong>te</strong>, dopo breve<br />

<strong>te</strong>mpo, nella s<strong>te</strong>ssa condizione di reclusione. In una condizione di<br />

sovraffollamento, l’aiuto che possiamo offrire in carcere va dall’assis<strong>te</strong>nza<br />

psicologica alla Parola di Dio e all’ascolto.<br />

l’inchiesta<br />

Io ri<strong>te</strong>ngo che proprio l’ascolto, l’esperienza del perdono e la fiducia nelle<br />

possibilità di riscatto siano fondamentali. Ogni spacciatore, omicida,<br />

rapinatore o altro prima di finire dentro ha vissuto fuori, nelle s<strong>te</strong>sse strade<br />

che percorriamo noi: a nessuno, anche a chi è sbagliato, dovrebbe essere<br />

negata la possibilità di riscattarsi, dunque di ritornare a quelle strade. Ma per<br />

far questo bisognerebbe imparare a vedere il carcere come luogo in cui si<br />

anticipa la realtà di una società che sa riscattarsi nel perdono e nell’aiuto<br />

concreto. Il crimine nasce dal disagio, dalla paura, da una men<strong>te</strong> malata,<br />

dall’illusione di po<strong>te</strong>r cambiare la propria vita frodando gli altri, sfruttandone la<br />

debolezza, prevaricando su essi. Chi delinque è considerato come anima<br />

persa, uno che non po<strong>te</strong>va che fare quello nella vita, da cui è bene guardarsi.<br />

Eppure in carcere ci finisce anche il vicino di casa, che un bel mattino si<br />

sveglia e uccide la moglie, o la madre che uccide il proprio bambino, o<br />

l’amministratore disonesto che raggira i clienti e il fisco.<br />

<strong>Per</strong> costoro, così come per gli stranieri illusi dal miraggio-Italia, o per i deboli<br />

che cedono alla <strong>te</strong>ntazione del crimine, sono convinto che, in base<br />

all’esperienza maturata in questi anni, si debbano studiare percorsi educativi.<br />

Che però andrebbero rivolti non solo ai carcerati. Dobbiamo pensare a<br />

un’azione inversa, in cui il carcerato diventa “soggetto educatore”, che narra<br />

la sua storia e fa capire agli altri, anche a giovani e ragazzi, il suo percorso di<br />

vita, rendendo esplicito e chiaro il momento di errore duran<strong>te</strong> il suo cammino.<br />

Nulla più della narrazione della propria esperienza può aiutare chi sta fuori, e<br />

soprattutto le nuove generazioni, a capire e a non cadere nell’errore della<br />

facile sopraffazione. Ecco io vorrei che davvero il carcere diventasse scuola di<br />

vita, ma per gli altri, per capire che cosa non è giusto fare e quale prezzo ogni<br />

azione comporta per la vita propria e per quella delle persone vicine. Mi pare<br />

un progetto degno di una vita, anche per chi questa vita è costretto a viverla<br />

dentro le mura di un carcere.<br />

don Vincenzo Russo<br />

cappellano casa circondariale di Firenze-Sollicciano<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis.15 .15


le sbarre del disonore<br />

«Clima che porta dentro<br />

chi non è un criminale»<br />

Paolo Foschini, cronista al Corriere, lavora con la “voce” dei tossici di San Vittore<br />

Voci dal <strong>te</strong>rzo raggio<br />

L’Oblò è il mensile di attualità e cultura<br />

realizzato da un gruppo di de<strong>te</strong>nuti<br />

del carcere milanese di San Vittore<br />

e distribuito gratis nelle librerie<br />

Feltrinelli di Milano.<br />

I de<strong>te</strong>nuti che lo scrivono<br />

sono quelli della “Nave”, reparto<br />

che l’Asl di Milano, insieme<br />

all’amministrazione peni<strong>te</strong>nziaria,<br />

ha strutturato da alcuni anni come<br />

settore di “trattamento avanzato”<br />

per de<strong>te</strong>nuti con problemi<br />

di tossicodipendenza.<br />

Tra i giornali scritti nelle carceri<br />

italiane, L’Oblò si distingue<br />

perché non parla “solo” di carcere.<br />

www.oblodellanave.blogspot.com<br />

16. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

di Francesco Chiavarini<br />

Paolo Foschini, giornalista di professione, cronista del Corriere della<br />

Sera, vecchia scuola dei segugi di strada, quelli un po’ allergici alla “cucina” dei<br />

lanci d’agenzia. Forse anche per questo ha deciso di affiancare Renato Pezzini,<br />

collega del Messaggero, alla direzione di L’Oblò, il mensile scritto dai de<strong>te</strong>nuti della<br />

“Nave”, il reparto per tossicodipendenti che si trova al quarto piano del <strong>te</strong>rzo<br />

raggio dello storico carcere milanese di SanVittore. Il giornale è un progetto editoriale<br />

(venduto nelle librerie Feltrinelli del capoluogo lombardo), ma anche un<br />

esperimento <strong>te</strong>rapeutico, grazie al quale chi sta dentro al carcere prova a guardare,<br />

come attraverso un oblò, appunto, la realtà che sta fuori.<br />

Foschini, anzitutto una previsione.<br />

Dopo un’esta<strong>te</strong> di pro<strong>te</strong>s<strong>te</strong> in<br />

tutti i (sovraffollatissimi) peni<strong>te</strong>nziari<br />

italiani, che cosa si vede dal<br />

tuo oblò? Nelle prigioni si prepara<br />

un autunno caldo?<br />

Non so quello che succederà in autunno.<br />

In realtà la situazione è difficile da<br />

<strong>te</strong>mpo. Tre anni fa l’indulto aveva un<br />

po’ allentato la pressione. E, nonostan<strong>te</strong><br />

le polemiche, aveva funzionato:<br />

non c’è stata l’impennata di reati che<br />

qualcuno aveva agitato come uno<br />

spauracchio. Ma oggi non sono più all’ordine<br />

del giorno della politica atti di<br />

clemenza come quelli, e non mi pare<br />

nemmeno che sia tanta la voglia di<br />

spingere su quelle pene al<strong>te</strong>rnative,<br />

pure già previs<strong>te</strong> dalla legge, che spesso<br />

si rivelano migliori del carcere non<br />

solo per il de<strong>te</strong>nuto, ma anche per la<br />

società, e che rappresentano la vera<br />

soluzione. Anzi, si sta andando nella<br />

direzione opposta. Diventano reati<br />

comportamenti che prima non lo erano.<br />

Ti riferisci al reato di immigrazione<br />

clandestina?<br />

Certo. È vero che la legge non punisce<br />

con il carcere gli stranieri irregolari.<br />

Ma questo provvedimento è figlio di<br />

un clima che avrà un effetto anche sul<br />

riempimento delle carceri: <strong>te</strong>mo che<br />

sempre più, nel nostro paese, finiranno<br />

dentro persone che non hanno una<br />

stoffa criminale, che non sono abitua<strong>te</strong><br />

al carcere, che non conoscono le regole<br />

non scrit<strong>te</strong> che hanno consentito<br />

in questi anni ai nostri peni<strong>te</strong>nziari di<br />

<strong>te</strong>nere, nonostan<strong>te</strong> tutto. Proprio ques<strong>te</strong><br />

persone provocheranno i maggiori<br />

problemi. Probabilmen<strong>te</strong>, ma spero<br />

di sbagliarmi, i nostri istituti diven<strong>te</strong>ranno<br />

sempre più simili ai centri di<br />

identificazione per stranieri. Che, come<br />

raccontano le cronache, possono<br />

essere posti addirittura peggiori.<br />

Cosa significa stare in undici in<br />

una cella da quattro?<br />

Se in una cella da due letti ci mettono<br />

quattro cas<strong>te</strong>lli, per stare in piedi rimangono<br />

50 centimetri, da dividere<br />

tra otto persone. Quindi, in realtà, eccetto<br />

l’ora d’aria, si è costretti a stare<br />

sdraiati sulla branda tutto il giorno.<br />

Messo così, il massimo che puoi fare è<br />

instupidirti davanti alla tv – e meno<br />

male che c’è la tv. Il carcere ti condanna<br />

all’immobilità e all’inedia. Nessuno<br />

ti viene a svegliare se la mattina non ti<br />

alzi. Nessuno ti chiede di lavorare. Il lavoro<br />

è ambitissimo dai de<strong>te</strong>nuti, ma i<br />

posti disponibili sono pochissimi. <strong>Per</strong><br />

la stragrande maggioranza dei carcerati,<br />

le giorna<strong>te</strong> sono un <strong>te</strong>mpo vuoto.<br />

Eppure ci sono alcune eccezioni…


Certo. Ma sono per l’appunto eccezioni,<br />

che dipendono dalla volontà di singoli<br />

funzionari, operatori sociali, medici<br />

dell’Asl, volontari, sacerdoti. Fortunatamen<strong>te</strong><br />

nelle nostre carceri lavorano<br />

ancora persone così, che si<br />

danno un gran da fare, perché ci credono.<br />

Ma all’istituzione nel suo complesso<br />

non in<strong>te</strong>ressa il recupero del<br />

de<strong>te</strong>nuto, benché sarebbe quello che<br />

esattamen<strong>te</strong> dovrebbe fare, secondo la<br />

Costituzione. All’istituzione peni<strong>te</strong>nziaria<br />

in<strong>te</strong>ressa solo che i de<strong>te</strong>nuti stiano<br />

tranquilli, che non diano noia.<br />

San Vittore è il carcere storico di<br />

Milano. Si trova in mezzo alla<br />

città, in qualche modo con la città<br />

ha sempre convissuto. Ci riesce<br />

ancora?<br />

Pur essendo sempre stato una casa<br />

circondariale, destinata quindi a persone<br />

in at<strong>te</strong>sa di giudizio, San Vittore<br />

aveva in passato sempre un certo numero<br />

di definitivi. Ora, invece, ospita<br />

esclusivamen<strong>te</strong> gen<strong>te</strong> di passaggio,<br />

che resta solo qualche mese. Ovviamen<strong>te</strong><br />

il cambiamento è dovuto alla<br />

riorganizzazione del sis<strong>te</strong>ma peni<strong>te</strong>nziario<br />

lombardo, ha una sua logica in<strong>te</strong>rna,<br />

ma per San Vittore ciò ha significato<br />

perdere par<strong>te</strong> della propria<br />

identità storica. Prima era un luogo<br />

dove era possibile, anche grazie alla<br />

struttura a raggi, un minimo di vita so-<br />

Prigionieri del gusto<br />

L’ingresso del laboratorio<br />

di pasticceria creato<br />

nel carcere di Opera: vi lavorano<br />

dieci de<strong>te</strong>nuti. Dati i buoni risultati<br />

della vendita dei prodotti<br />

nei supermercati Coop,<br />

i lavoranti diven<strong>te</strong>ranno venti<br />

ciale tra i de<strong>te</strong>nuti: oggi non è più così.<br />

La gen<strong>te</strong> va e viene, il turnover è altissimo,<br />

si creano più facilmen<strong>te</strong> <strong>te</strong>nsioni.<br />

E anche per gli operatori, poi, è<br />

diventato più complicato lavorare. È<br />

improbabile che riescano a portare a<br />

<strong>te</strong>rmine qualsiasi serio <strong>te</strong>ntativo di recupero,<br />

che richiede <strong>te</strong>mpi lunghi.<br />

Capacità rieducativa: davvero ormai<br />

cancellata, dal panorama peni<strong>te</strong>nziario<br />

italiano?<br />

Qualche isola c’è. <strong>Per</strong> rimanere in<br />

Lombardia, c’è il carcere di Bolla<strong>te</strong>, diventato<br />

un punto di riferimento nazionale.<br />

È una struttura moderna, per<br />

soli “definitivi”, dove la direttrice ha<br />

scelto di investire nel lavoro come<br />

strumento di riabilitazione. È l’unica<br />

strada. Ma perché esistano carceri come<br />

Bolla<strong>te</strong>, bisogna con<strong>te</strong>nere la popolazione<br />

de<strong>te</strong>nuta. E il solo modo per<br />

farlo è prevedere pene al<strong>te</strong>rnative. In<br />

realtà non servirebbe nessuna nuova<br />

legge. Bas<strong>te</strong>rebbe avere il coraggio di<br />

applicare fino in fondo quelle che ci<br />

sono già. .<br />

Buone pratiche<br />

“Ais Crim”<br />

dal carcere<br />

alla tavola<br />

l’inchiesta<br />

L’hanno chiamato,<br />

con indubbio gusto dell’ironia,<br />

“Ais Crim”. È il gelato prodotto<br />

dal carcere di Opera e veduto<br />

in alcuni supermercati Coop<br />

della provincia di Milano. Alla<br />

pasticceria sono impiegati<br />

in turni da un’ora dieci de<strong>te</strong>nuti<br />

(ma presto saranno venti).<br />

All’in<strong>te</strong>rno dello s<strong>te</strong>sso progetto,<br />

altri dieci conducono invece<br />

un allevamento di quaglie, anche<br />

questo dal nome emblematico:<br />

“Fattoria Al Cappone”. Le uova<br />

sono commercializza<strong>te</strong> dalla<br />

s<strong>te</strong>ssa ca<strong>te</strong>na.<br />

Ma mol<strong>te</strong> altre sono le iniziative.<br />

A Bolla<strong>te</strong>, sempre nei dintorni di<br />

Milano, ci sono una tipografia, una<br />

cooperativa di ca<strong>te</strong>ring, un vivaio.<br />

A Torino 11 de<strong>te</strong>nuti lavorano<br />

in cucina, 11 in falegnameria,<br />

5 nella minitorrefazione, 4<br />

nell’officina meccanica, 2 nel<br />

laboratorio di informatica<br />

che fa trattamento dati per conto<br />

dell’Università. A Padova 80<br />

preparano prodotti di alta<br />

pasticceria. A Verona 80 donne<br />

dell’istituto penale della Giudecca<br />

producono cosmetici con le pian<strong>te</strong><br />

officinali dell’orto che coltivano.<br />

Il lavoro in carcere dovrebbe<br />

essere la chiave di volta di ogni<br />

percorso di riabilitazione. Spesso<br />

non è così. <strong>Per</strong> mancanza di<br />

mezzi, di capacità o di volontà.<br />

Ci sono però alcune lodevoli<br />

eccezioni. Iniziative na<strong>te</strong> dalla<br />

volontà dei singoli: qualche<br />

direttore sensibile, qualche<br />

medico dell’Asl che ancora crede<br />

nel suo mestiere, tanti volontari<br />

e operatori sociali. Gocce<br />

nell’oceano dei problemi di un<br />

sis<strong>te</strong>ma peni<strong>te</strong>nziario sul punto<br />

di scoppiare, a causa di strutture<br />

vecchie e stracolme, personale<br />

insufficien<strong>te</strong> e mal pagato.<br />

Eppure la forza di volontà e<br />

l’in<strong>te</strong>lligenza di qualcuno<br />

riescono a rendere possibile ciò<br />

che prescrive la Costituzione.<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .17


Vita da marittimo: fatica, solitudine, lontananza. E pochi diritti<br />

Vittime<br />

del mal di mare<br />

Addio, vecchio<br />

lupo di mare.<br />

Cancellato<br />

dalla deregulation<br />

e dal silenzio.<br />

Molti uomini<br />

che lavorano<br />

sulle navi<br />

sono condannati<br />

a condizioni di vita<br />

assai pesanti.<br />

Gli equipaggi<br />

sono sempre più<br />

misti, perché chi<br />

arriva da paesi poveri<br />

è più facilmen<strong>te</strong><br />

ricattabile.<br />

<strong>Per</strong> fortuna,<br />

nei porti italiani<br />

c’è chi aiuta<br />

i marinai che stanno<br />

in un mare di guai...<br />

18. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

di Ettore Sutti<br />

Addio vecchio lupo di mare. Ucciso dalla globalizzazione, dalla deregulation<br />

e dal silenzio. Infatti, nonostan<strong>te</strong> i trasporti marittimi rappresentino circa il<br />

95%, in <strong>te</strong>rmini di tonnellaggio, e circa il 66%, in <strong>te</strong>rmini di valore, del commercio<br />

mondiale, si parla davvero troppo poco della condizione di vita e di lavoro a bordo<br />

delle navi.<br />

Secondo le ultime stime, 1 milione 200 mila persone di sesso maschile sarebbero<br />

impegna<strong>te</strong>, nel mondo, nella navigazione commerciale, di linea o tramp (trasporto<br />

di carico). Le condizioni di lavoro e di vita di ques<strong>te</strong> persone, a bordo delle navi,<br />

variano tantissimo, a seconda della serietà della compagnia di navigazione, del tipo<br />

di contratto, della nazionalità della nave. Oggi, infatti, è assai raro che i maritti-<br />

mi abbiano la s<strong>te</strong>ssa nazionalità della<br />

bandiera del naviglio su cui sono imbarcati.<br />

La concorrenza sempre più<br />

spietata e la ricerca del massimo profitto<br />

spinge sempre più gli armatori a imbarcare<br />

equipaggi misti, composti da<br />

persone che comunicano tra loro con<br />

difficoltà, provenienti da paesi poveri,<br />

quindi facilmen<strong>te</strong> “comprabili”, riducendo<br />

all’osso i <strong>te</strong>mpi di sosta al porto.<br />

Ma non è tutto. Ci sono anche i problemi<br />

dei secondi registri e delle bandiere<br />

di comodo. Paesi quali Italia o Germania,<br />

infatti, dispongono del cosiddetto<br />

“secondo registro”, che permet<strong>te</strong><br />

di imbarcare sulle navi equipaggi multinazionali,<br />

spesso con bassi livelli salariali<br />

e orari di lavoro pesantissimi.<br />

La pratica di bat<strong>te</strong>re bandiera di comodo,<br />

in base alla quale Panama è la<br />

più grande nazione marittima sulla <strong>te</strong>rra,<br />

seguita dalla Liberia e dalla Cina, e<br />

che consen<strong>te</strong> di avere navi bat<strong>te</strong>nti bandiera<br />

boliviana o mongola – stati senza<br />

sbocco al mare –, permet<strong>te</strong> invece di<br />

beneficiare di tassazioni più favorevoli<br />

e di aggirare leggi e regolamenti sulla sicurezza<br />

del lavoro.<br />

Un <strong>te</strong>rritorio di nessuno<br />

Soli, sfruttati, lontani dai propri affetti,<br />

con eleva<strong>te</strong> probabilità di rimanere vittima<br />

di incidenti sul lavoro, di naufragi<br />

e, ultimamen<strong>te</strong>, di essere abbordati da<br />

pirati: quella dei marittimi è insomma<br />

una realtà lontana mille miglia dall’immaginario<br />

creato dalla let<strong>te</strong>ratura.<br />

Questo perché il mare è ancora oggi<br />

un <strong>te</strong>rritorio di nessuno: l’unico luogo<br />

dove i marittimi possono far valere i lo-


o diritti, organizzare pro<strong>te</strong>s<strong>te</strong> e trovare<br />

qualcuno che li aiuti sono i porti.<br />

<strong>Per</strong>ò, purtroppo, proprio nei porti<br />

negli ultimi anni si stanno moltiplicando<br />

i casi di abbandono di navi da par<strong>te</strong><br />

degli armatori (l’ultimo caso in Italia riguarda<br />

un cargo cambogiano, ormeggiato<br />

a Civitavecchia dallo scorso 3 agosto).<br />

Le motivazioni sono mol<strong>te</strong>plici,<br />

ma alla base di tutto c’è, come sempre,<br />

un problema economico. Quando l’armatore“scompare”,<br />

assieme a lui svaniscono<br />

tutti coloro che devono provvedere<br />

alla manu<strong>te</strong>nzione ordinaria e alla<br />

“vita”della nave, ma soprattutto dell’equipaggio.<br />

In Italia molti armatori seri<br />

Fortunatamen<strong>te</strong> non tutti i marittimi vivono<br />

in ques<strong>te</strong> condizioni. Degli oltre<br />

cinque milioni di passaggi di marittimi<br />

che si registrano ogni anno nei porti italiani,<br />

buona par<strong>te</strong> sono effettuati da<br />

persone che navigano con armatori seri,<br />

che considerano la nave un luogo dove<br />

lo spazio per l’uomo e la sua dignità<br />

sono ancora riconosciuti.<br />

In Italia abbiamo molti esempi, citati<br />

anche a livello mondiale, di at<strong>te</strong>nzione<br />

alla vita e ai diritti dei naviganti, a<br />

cominciare dall’utilizzo, da par<strong>te</strong> di una<br />

compagnia di navi da crociera, dei cappellani<br />

di bordo, veri e propri ufficiali al<br />

welfare per l’equipaggio..<br />

Porto di Palermo<br />

“La casa lontano da casa”<br />

per chi rischia l’isolamento<br />

<strong>te</strong>stimoni<br />

“La casa lontano da casa”: è il motto della S<strong>te</strong>lla Maris, braccio<br />

operativo della Fondazione Migran<strong>te</strong>s, organismo che accoglie i marittimi<br />

nelle sue 23 sedi nei porti italiani, svolgendo assis<strong>te</strong>nza e apostolato.<br />

Ma è anche ciò che si augurano di incontrare tutti i marinai che vivono<br />

per lungo <strong>te</strong>mpo sulle navi. Il lavoro dei marittimi è un’occupazione che<br />

comporta obblighi pesanti. Primo fra tutti, proprio la distanza: sono costretti<br />

a stare via da casa per lunghi periodi, lontani da familiari e amici. Nessuna<br />

professione al mondo espone come questa ai rischi dell’isolamento. Inoltre,<br />

la vita a bordo è monotona e pesan<strong>te</strong>;<br />

spesso l’unico rifugio intimo sulle navi è<br />

dentro la cabina. Che diventa un luogo che<br />

estranea dalla nave s<strong>te</strong>ssa, il posto dove si<br />

può essere se s<strong>te</strong>ssi, indipenden<strong>te</strong>men<strong>te</strong> dal<br />

grado e dalle responsabilità.<br />

«I centri S<strong>te</strong>lla Maris – racconta Claudio<br />

Lombo, ex presiden<strong>te</strong> dell’Associazione<br />

nazionale marinai d’Italia (Anmi) e attuale<br />

consigliere nazionale per la Sicilia –, sono<br />

nati proprio per dare accoglienza e conforto<br />

a quelli che passano gran par<strong>te</strong> della loro<br />

vita lontani da casa. A Palermo questo<br />

aspetto non è più molto sentito, dato che<br />

non attraccano navi che compiono lunghi<br />

viaggi. Ma il bisogno si avvertiva nei primi<br />

anni Sessanta, quando monsignor Leonardo<br />

Bruno si accorse della necessità di tu<strong>te</strong>lare i<br />

marittimi che approdavano al porto.<br />

Cominciò dunque una presenza stabile come<br />

cappellano portuale, realizzando anche, con<br />

immensa dedizione, un centro S<strong>te</strong>lla Maris<br />

tra i più grandi ed efficienti d’Italia: è una<br />

sede enorme, con più di 50 stanze, una<br />

cappella, una sala riunioni, un ristoran<strong>te</strong> e<br />

Un mare<br />

di numeri<br />

5.204.031<br />

transiti di marittimi nei porti italiani<br />

1.940.266<br />

i transiti di marittimi extracomunitari<br />

nei porti italiani<br />

60<br />

i porti funzionanti in Italia<br />

120<br />

la media di giorni in cui il marittimo<br />

resta lontano da casa<br />

1.200.000<br />

le persone di sesso maschile che nel<br />

mondo sarebbero impegna<strong>te</strong> sui mari<br />

46%<br />

gli individui tra 22 e 35 anni, sul<br />

totale dei marittimi<br />

58%<br />

i marittimi sposati<br />

Questi dati derivano dalla ricerca “Il benessere<br />

dei lavoratori del mare”, realizzata dalla Fondazione<br />

Migran<strong>te</strong>s, trami<strong>te</strong> l’Apostolato del mare, presentata<br />

nei mesi scorsi in diversi porti italiani<br />

INFO www.s<strong>te</strong>llamaris.tv<br />

uffici di accoglienza. I marittimi italiani ricordano ancora gli sforzi e la sua<br />

attività instancabile». Oggi, nel centro, le camere destina<strong>te</strong> all’accoglienza<br />

sono diminui<strong>te</strong>, mentre altre sono sta<strong>te</strong> assegna<strong>te</strong> ai piloti del porto, ovvero a<br />

coloro che si occupano delle manovre delle imbarcazioni che entrano in rada.<br />

Da qualche <strong>te</strong>mpo si lavora, grazie all’impegno del nuovo direttore, monsignor<br />

Benedetto Genualdi, per attivare un’ospitalità 24 ore su 24: centro di<br />

accoglienza, forme di ascolto e aiuto per i marinai in difficoltà che approdano<br />

a Palermo.<br />

In concreto, l’obiettivo è creare un vero e proprio sis<strong>te</strong>ma di welfare<br />

per i lavoratori del mare. Il capitano di lungo corso Michele Mennella,<br />

comandan<strong>te</strong> di una motonave della Tirrenia, prova a esprimere l’essenza,<br />

ma anche le difficoltà della vita in mare. Par<strong>te</strong>ndo da un fatto vissuto<br />

di recen<strong>te</strong>. «Lo scorso 20 novembre c’era un mare fortissimo. Ho visto<br />

scendere da una nave i marinai distrutti da un viaggio che ha accumulato<br />

dodici ore di ritardo, su un mare forza nove. Ebbene, dopo sole tre ore<br />

di riposo, l’equipaggio era già pronto per un’altra corsa. Questo è il vero<br />

marinaio. Noi siamo sempre pronti».<br />

Rossella Russello<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .19


Vittime del mal di mare<br />

Uomini fantasma<br />

su navi moribonde<br />

A Genova mol<strong>te</strong> imbarcazioni abbandona<strong>te</strong>. E i marinai ci restano inattivi per mesi...<br />

di Mirco Mazzoli<br />

Più si scendono i piani di una nave, più la marineria si fa straniera e povera.<br />

Restano italiani o europei solo nei gradi alti di comando. Sulle navi merci e<br />

portacontainer, ma anche in quelle da crociera, dai sottoufficiali in giù sono stranieri<br />

extracomunitari. <strong>Per</strong> loro cer<strong>te</strong> mansioni non sono migliora<strong>te</strong> con il <strong>te</strong>mpo: gli scaricatori<br />

di carbone portano ancora stracci sulla faccia.Talvolta sono marittimi senza<br />

diritti: navigano sotto una “bandiera ombra”, riferita a qualche isola oceanica,<br />

inseriti nel“Secondo registro in<strong>te</strong>rnazionale”, dove per convenzione non esis<strong>te</strong> legge.<br />

Il mondo del mare ha le sue particolarità e anche quando il lavoro è tu<strong>te</strong>lato e<br />

regolamentato si tratta di un lavoro antico, nobile ma duro, spesso dimenticato da<br />

chi non si stacca dalla <strong>te</strong>rraferma. Mesi in navigazione senza <strong>te</strong>lefonare, brevi sos<strong>te</strong><br />

in porto, magari senza uscire dai varchi,<br />

in alcuni casi senza po<strong>te</strong>r scendere a<br />

<strong>te</strong>rra, perché l’11 set<strong>te</strong>mbre ha avuto effetti<br />

anche sui mari, restringendo i margini<br />

di libertà per le nazionalità indizia<strong>te</strong><br />

di <strong>te</strong>rrorismo.<br />

S<strong>te</strong>lla Maris, aiuto concreto<br />

L’associazione cattolica“S<strong>te</strong>lla Maris”<br />

incontra questo mondo ogni giorno:<br />

accoglie i marittimi nelle sue 23 sedi<br />

presenti in prossimità dei porti italiani,<br />

sale a bordo delle navi, svolge assis<strong>te</strong>nza<br />

e apostolato. È un’azione di vicinanza<br />

preziosa: chi pensasse a un’opera di<br />

proselitismo, farebbe un buco nell’acqua.<br />

Fu voluta, tra i primi, dal cardinal<br />

Giuseppe Siri, storico cardinale di Genova:<br />

percepiva come bisognosa la condizione<br />

dei marinai lontani da casa.<br />

Nel capoluogo ligure la S<strong>te</strong>lla Maris<br />

ha due sedi, perché, tra moli istituzionali<br />

e privati, Genova sovrasta 22 chilometri<br />

di porto, il più es<strong>te</strong>so d’Europa.<br />

«In passato avevamo ambienti più ampi,<br />

il cinema, il barbiere, svolgevamo<br />

anche servizi alberghieri – spiega il presiden<strong>te</strong><br />

dell’associazione genovese, il<br />

diacono Massimo Franzi –. All’epoca i<br />

marittimi restavano in porto anche una<br />

settimana, per consentire lo scarico delle<br />

merci. Oggi gli equipaggi sono molto<br />

ridotti e il porto è for<strong>te</strong>men<strong>te</strong> mecca-<br />

20. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

nizzato: questo consen<strong>te</strong> a una piccola<br />

nave di scaricare in poche ore; anche le<br />

navi di grandi dimensioni sostano per<br />

non più di un giorno. Ecco perché ci<br />

servono meno spazi».<br />

In realtà, ancora oggi, la sede principale,<br />

aperta tutti i giorni dalle 17.30 alle<br />

22.30, si es<strong>te</strong>nde su tre piani e ad essa<br />

si aggiunge quella distaccata nel porto<br />

privato diVoltri. Lo scopo è aiutare i marinai<br />

a ritrovare “casa lontano da casa”,<br />

come recita il motto dell’associazione:<br />

tra l’in<strong>te</strong>rnet point per videochiamare la<br />

famiglia, la cappella e la sala di lettura<br />

nella propria lingua, il piccolo bar e il biliardo,<br />

in compagnia dei volontari, la sede<br />

della S<strong>te</strong>lla Maris è un luogo dove fare<br />

il pieno di punti fermi, prima di risalire<br />

a bordo.<br />

«Una volta a <strong>te</strong>rra in genere i marittimi<br />

non cercano donne e alcol – osser-<br />

va Franzi –: questi sono in gran par<strong>te</strong><br />

s<strong>te</strong>reotipi. Chiedono invece di po<strong>te</strong>r<br />

chiamare casa, perché per settimane<br />

non hanno potuto contattarla, in mezzo<br />

al mare. Ricordo l’impressione che<br />

mi fece il gesto di un bambino dall’altro<br />

capo del mondo, il <strong>te</strong>ntativo di accarezzare<br />

quel suo papà che lo salutava dopo<br />

mesi, attraverso una nostra webcam».<br />

Il senso della missione della S<strong>te</strong>lla<br />

Maris è in questa fugacità: poche ore per<br />

ritrovare il mondo. E soven<strong>te</strong> per ritrovare<br />

Dio. «Il mare è più creden<strong>te</strong> della<br />

<strong>te</strong>rra, chi naviga ha un rapporto stretto<br />

con la presenza di Dio. Il mare è<br />

anche più in<strong>te</strong>rreligioso e dialogan<strong>te</strong>.<br />

Anche chi non è cattolico<br />

o cristiano vede nella nostra<br />

presenza un’occasione di spiritualità:<br />

si prega insieme, si offre<br />

la benedizione di Dio, perché in navigazione<br />

non ci sono opportunità simili».<br />

In mare resis<strong>te</strong> la fra<strong>te</strong>llanza<br />

Così capita anche che un gruppo di marittimi<br />

musulmani ringrazi per i servizi<br />

ricevuti e chieda di portare via un crocifisso:<br />

indebi<strong>te</strong> confusioni, per chi sta a<br />

<strong>te</strong>rra; un <strong>te</strong>nersi stretti tra fra<strong>te</strong>lli credenti,<br />

per chi prende il largo. «<strong>Per</strong> uscire<br />

dal porto i marittimi hanno bisogno di<br />

uno short pass, un permesso di soggiorno<br />

quotidiano.Tuttavia non ci limitiamo<br />

ad aprire la porta ai marittimi che bussano:<br />

al mattino, in stretta collaborazione<br />

con la Capitaneria di Porto, andiamo<br />

a incontrarli sulle navi, specie quando si<br />

sa che sos<strong>te</strong>ranno per poche ore. I nostri<br />

volontari sono sempre ben accolti: i marittimi<br />

sanno che portiamo a bordo <strong>te</strong>lefoni,<br />

ricariche e schede per cellulari,<br />

notiziari multilingue con una selezione


delle news principali dai paesi di provenienza,<br />

cartine della città, informazioni<br />

utili, ma<strong>te</strong>riale religioso. Inoltre mettiamo<br />

a disposizione un numero verde, attivo<br />

24 ore su 24, e un pulmino per facilitare<br />

gli spostamenti. Soprattutto, offriamo<br />

accoglienza e amicizia».<br />

È chiaro che la quotidiana frequentazione<br />

con gli equipaggi finisce per<br />

portare la S<strong>te</strong>lla Maris a rilevare le loro<br />

condizioni di vita e, insieme ad altri soggetti,<br />

quali i sindacati dei marittimi, a<br />

in<strong>te</strong>rvenire a tu<strong>te</strong>la dei diritti. I casi più<br />

gravi si verificano sulle navi bat<strong>te</strong>nti<br />

bandiere ombra, dove rifornimenti e<br />

stipendi possono facilmen<strong>te</strong> esaurirsi.<br />

Fino ai casi estremi in cui l’armatore abbandona<br />

in porto la nave con tutto l’equipaggio.<br />

Se provi a rintracciarlo trovi<br />

una casella postale che rimanda a un’altra<br />

casella postale, e alla fine ci si perde.<br />

Da lavoratori, i marinai diventano<br />

ostaggi di una porzione di mondo fatta<br />

a chiglia, impossibilitati a tornarsene a<br />

casa se non dopo trafile complesse e<br />

lunghi mesi di stallo. Quando capita, la<br />

S<strong>te</strong>lla Maris segue questi marittimi con<br />

un lavoro costan<strong>te</strong>.<br />

Bloccati nel porto<br />

Genova, gli operatori S<strong>te</strong>lla Maris<br />

soccorrono spesso i marittimi che<br />

restano a bordo di navi abbandona<strong>te</strong>,<br />

in at<strong>te</strong>sa di essere pagati e rimpatriati<br />

I reclusi delle navi abbandona<strong>te</strong><br />

L’ultima nave abbandonata nel porto di<br />

Genova si chiama“Tan-Trade”: bandiera<br />

mal<strong>te</strong>se, armatore turco sma<strong>te</strong>rializzato,<br />

set<strong>te</strong> marittimi azeri, tra cui una<br />

donna, senza contratti, senza stipendi<br />

da diverso <strong>te</strong>mpo. «La loro sosta forzata<br />

è durata otto mesi, dal dicembre 2008 al<br />

luglio scorso – racconta il presiden<strong>te</strong><br />

della S<strong>te</strong>lla Maris –. Insieme alle altre organizzazioni,<br />

siamo riusciti a far tornare<br />

tutti a casa in piccoli gruppi, con<br />

un’opera pazien<strong>te</strong> fatta di garanzie, rispetto<br />

delle leggi e difesa dei diritti».<br />

Un marinaio che abbandona la nave,<br />

anche in quelle condizioni, perde<br />

tutto ciò che gli spetta. Una nave ferma<br />

in porto è un corpo destinato a morire: a<br />

bordo finiscono ben presto la fornitura<br />

d’acqua e il carburan<strong>te</strong>, senza il quale si<br />

ferma tutto. La S<strong>te</strong>lla Maris rifornì i marinai<br />

di viveri, li <strong>te</strong>nne in contatto con le<br />

famiglie in Azerbaigian. Ci fu bisogno<br />

persino di abiti nuovi, perché la stagione<br />

passava dall’inverno all’esta<strong>te</strong> e i marittimi<br />

non si portano dietro tutto l’armadio.<br />

Svuotata del suo equipaggio, nelle<br />

settimane scorse la nave è stata sigillata<br />

e spostata a ridosso della Diga che racchiude<br />

il porto di Genova e messa in<br />

vendita dalle autorità compe<strong>te</strong>nti. Se<br />

troverà un acquiren<strong>te</strong>, par<strong>te</strong> del ricavato<br />

rifonderà i marittimi dei mesi a stipendio<br />

zero. Ma non è un esito probabile.<br />

E poi c’è Victor. Un’altra storia. «È<br />

stato un marittimo fantasma, tirato giù<br />

da una nave abbandonata nel 2000 –<br />

racconta Franzi –. Quando gli si offrì la<br />

possibilità di ritornare a casa, con i suoi<br />

connazionali, decise di restare, anche<br />

perché era stato lui la guida delle rivendicazioni<br />

del gruppo agli armatori. Sono<br />

passati diversi anni ed è sempre con<br />

noi, in regola con le leggi vigenti. <strong>Per</strong> lui<br />

è importan<strong>te</strong> trasferire agli altri marittimi<br />

lo s<strong>te</strong>sso aiuto che ha ricevuto a Genova».<br />

Da qualche <strong>te</strong>mpo, tuttavia,Victor<br />

ammet<strong>te</strong> che sta pensando di tornare<br />

a navigare. Il mare, antico, nobile e<br />

duro, chiama la sua gen<strong>te</strong>..<br />

<strong>te</strong>stimoni<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .21


Vittime del mal di mare<br />

L’onda anomala<br />

delle privatizzazioni<br />

I cambiamenti nei porti hanno esposto i lavoratori a vari rischi. Napoli non fa eccezione<br />

di Alessandra Del Giudice<br />

Un container da cui escono decine di corpi senza vita di cinesi. È l’immagine<br />

del porto di Napoli, suggerita al mondo dal libro e dal film Gomorra. Ma la<br />

fantasia sembra non rendere giustizia alla realtà. «La storia dei cinesi è un’invenzione<br />

– non ha dubbi, Emanuele Fernicola, responsabile regionale del settore marittimo<br />

portuale della Filt-Cgil –. Non risulta alle dogane di nessun paese al mondo<br />

che siano stati trovati corpi morti in un container. Impossibile che sia accaduto a<br />

Napoli, dove oltre 400 persone sono impegna<strong>te</strong> al <strong>te</strong>rminal cinese della Co.Na.Te.Co,<br />

per di più con un ottimo contratto di 2.100 euro al mese per 6 ore di lavoro al giorno».<br />

Insomma, lo spettacolo è una cosa, la realtà un’altra. Non priva, però, di ombre.<br />

Il settore marittimo è stato investito dalla crisi economica, ma in modo meno<br />

prepo<strong>te</strong>n<strong>te</strong> di altri settori. Piuttosto, le<br />

cose stanno cambiando a causa delle<br />

privatizzazioni. E Napoli (porto da oltre<br />

7.500 lavoratori, impegnati nei settori<br />

carico e scarico, cantieristica, crocieristica,<br />

carpen<strong>te</strong>ria, collegamenti con le<br />

isole, ristorazione) non fa eccezione.<br />

Lavoratori sempre più precari<br />

«In 29 anni di lavoro ho vissuto tutti i<br />

cambiamenti del settore portuale –<br />

racconta Antonio Iovine, operaio specializzato<br />

di 48 anni –. Si è passati dal<br />

monopolio di stato alla privatizzazione.<br />

Le imprese possono fare ciò che vogliono,<br />

infatti hanno ridotto i turni di<br />

lavoro. Oggi lavoriamo il 50% in meno.<br />

Non abbiamo nessuna garanzia e dobbiamo<br />

stare ad aspettare la chiamata.<br />

Ognuno di noi è addestrato a tutto: dal<br />

carico-scarico, alla conduzione dei<br />

mezzi meccanici, al lavoro d’ufficio. Il<br />

rischio per la sicurezza maggiore deriva<br />

dallo scarico delle merci che non sono<br />

sta<strong>te</strong> pre-imbraga<strong>te</strong> a bordo, come<br />

ferro e legname. Recen<strong>te</strong>men<strong>te</strong>, duran<strong>te</strong><br />

la discesa dei mezzi pesanti dalle<br />

navi una mia collega ha rischiato di restare<br />

schiacciata tra due camion. È riuscita<br />

a salvarsi solo gettandosi nella<br />

corsia la<strong>te</strong>rale, ma è finita in ospedale<br />

con una prognosi di 15 giorni. Abbiamo<br />

fatto vari scioperi, l’ultimo a luglio,<br />

22. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

ma non c’era nessun giornalista. Sembra<br />

che della nostra situazione non in<strong>te</strong>ressi<br />

a nessuno».<br />

Vincenzo Accardo, delegato Filt<br />

Cgil, marittimo di 35 anni, da 20 è imbarcato<br />

e si occupa del servizio alberghiero<br />

sullaTirrenia. Il 12 maggio aveva<br />

minacciato di gettarsi dal pennone del<br />

traghetto“Bithia”, attraccato al porto di<br />

Genova, per pro<strong>te</strong>stare contro il taglio<br />

delle linee Tirrenia Genova - Porto Torres<br />

e Genova - Olbia e per la salvaguardia<br />

del futuro dei tanti marittimi della<br />

compagnia.<br />

«Se ci tolgono il mare non ci resta<br />

nien<strong>te</strong> – esordisce –. Non c’è lavoro da<br />

nessuna par<strong>te</strong>, almeno questo era un<br />

settore che faceva sopravvivere. Lavoriamo<br />

12 ore al giorno, ma veniamo pagati<br />

per 11. Io prima ho lavorato come<br />

precario a 1.600 euro al mese. Finalmen<strong>te</strong><br />

mi hanno assunto a <strong>te</strong>mpo inde<strong>te</strong>rminato,<br />

ma per un incarico inferiore<br />

a quello che ricopro, infatti ora<br />

prendo 1.300 euro. E nonostan<strong>te</strong> il contratto<br />

ora ci vogliono ributtare fuori. Ci<br />

sono tan<strong>te</strong> persone che lavorano solo<br />

sei mesi l’anno e sono dispos<strong>te</strong> a tutto<br />

pur di avere un contratto. Spesso noi di<br />

Torre Del Greco ci trasferiamo in massa<br />

a Civitavecchia e dormiamo nel porto,<br />

pur di trovare un imbarco...».<br />

Sulle navi ci trattano da schiavi<br />

Questo accade perchè la situzione a Napoli<br />

è compromessa. «A Napoli non c’è nulla da<br />

fare – continua Vincenzo –; gli imbarchi si<br />

ot<strong>te</strong>ngono solo su raccomandazione o dietro<br />

pagamento. C’è il caporalato. Devi pagare<br />

500-1.000 euro per ot<strong>te</strong>nere un lavoro<br />

che poi non sai quanto dura. Ci trattano<br />

come bestie. Siamo come schiavi sulle navi.<br />

Spesso assumono personale straniero<br />

non solo per i lavori più umili, perché, semplicemen<strong>te</strong>,<br />

possono pagarli molto meno<br />

di noi. Sulla mia nave c’è un direttore di<br />

Il mare targato Napoli . il 60% degli armatori italiani è napoletano<br />

. dei 30 mila marittimi italiani, 20 mila sono<br />

della provincia di Napoli . 8 mila su 10 mila ufficiali italiani sono<br />

napoletani


macchine indiano: lo stipendio che<br />

prende in un mese, nel suo paese gli basta<br />

per un anno».<br />

Quello marittimo, storicamen<strong>te</strong>, è<br />

un settore carat<strong>te</strong>rizzato da grandi irregolarità<br />

lavorative, poiché le navi spesso<br />

non navigano tutto l’anno e quando<br />

sono ferme non necessitano di personale.<br />

<strong>Per</strong> questo circa l’80% dei marittimi<br />

non hanno un contratto a <strong>te</strong>mpo inde<strong>te</strong>rminato.<br />

Il contraltare è che quella<br />

dei marittimi è la ca<strong>te</strong>goria che ha il minimo<br />

salariale più alto: 1.580 dollari.<br />

«Un salario del genere è convenien<strong>te</strong><br />

soprattutto per chi vive in paesi dove<br />

il costo della vita è basso – conclude Fernicola<br />

–. Questa situzione, purtroppo,<br />

genera divisioni sulle navi. Non è raro<br />

che i marittimi italiani malsopportino<br />

gli stranieri, perché si ri<strong>te</strong>ngono svantaggiati<br />

rispetto al rapporto salario-costo<br />

della vita, e vorrebbero avere una paga<br />

più alta dei colleghi. Ad aggravare la<br />

situazione ci pensano le navi che battono<br />

bandiera di paesi che non rispettano<br />

gli accordi in<strong>te</strong>rnazionali. Filippine, Panama,<br />

Bermuda, Malta: spesso su navi<br />

registra<strong>te</strong> in questi paesi emergono fenomeni<br />

di schiavitù e lavoro forzato»..<br />

La storia<br />

C’è un procidano in ogni porto:<br />

grandi ufficiali, un po’ stralunati<br />

L’isola di Procida, nel<br />

golfo di Napoli, vanta un record<br />

particolare: un <strong>te</strong>rzo degli uomini in<br />

età da lavoro residenti nell’isola<br />

sono imbarcati sulle navi. E il 65%<br />

dei comandanti e il 90% dei capitani<br />

diplomati all’istituto nautico<br />

isolano, all’avanguardia per<br />

programmi e <strong>te</strong>cnologie, trovano<br />

imbarco immediato nelle flot<strong>te</strong><br />

nazionali ed in<strong>te</strong>rnazionali.<br />

«Si dice che in ogni porto del mondo<br />

ci sia un procidano – racconta<br />

Maurizio Pisci<strong>te</strong>lli, preside<br />

dell’Istituto nautico e <strong>te</strong>soriere<br />

della Re<strong>te</strong> italiana nautica –.<br />

Spesso è vero. Mol<strong>te</strong> compagnie<br />

straniere apprezzano gli ufficiali<br />

italiani. I nostri contratti per<br />

capitani e macchinisti vanno<br />

dai 1.600 euro di un allievo ufficiale fino ai 7-8 mila euro di un comandan<strong>te</strong>.<br />

Tuttavia la vita degli imbarcati comporta numerosi sacrifici: le condizioni<br />

economiche sono in<strong>te</strong>ressanti, ma bisogna sopportare la lunga permanenza<br />

in mare. <strong>Per</strong>iodi di 2-3 mesi di riposo vengono al<strong>te</strong>rnati ad altrettanti di lavoro.<br />

Ma in alcuni casi si può restare lontani da casa anche per sei mesi filati».<br />

Proprio per la lunga assenza dei loro uomini, le donne procidane sono defini<strong>te</strong><br />

“vedove bianche”. Sono loro che portano avanti la famiglia duran<strong>te</strong> l’imbarco<br />

dei mariti. Eppure uno dei problemi più complessi con cui la comunità<br />

di Procida si confronta riguarda i periodi di sbarco dei marinai: quando sono<br />

a <strong>te</strong>rra, vivono spesso un vero e proprio senso di straniamento. <strong>Per</strong> aiutare<br />

i marittimi è nato, ben 98 anni fa, il Circolo dei capitani di Procida. «Riuniamo<br />

ex capitani, cerchiamo di orientare i ragazzi nello studio e nella professione,<br />

realizziamo corsi per naviganti – spiega il segretario del circolo, Antonio<br />

Costagliola, 65 anni, ex capo macchine andato in pensione a 55 anni (come<br />

è previsto per i lavori altamen<strong>te</strong> usuranti) con 38 anni di lavoro sulle spalle –.<br />

La vita del navigan<strong>te</strong> è dura. Mia figlia l’ho vista per la prima volta che aveva<br />

sei mesi. Quando scendevo a <strong>te</strong>rra mi sentivo stralunato, come se fossi sulla<br />

nave che rolla o beccheggia. Non avevo amici, me li sono fatti in pensione».<br />

Il circolo procidano non si limita ad attività formative e ricreative. Nel 1998<br />

ha intrapreso una dura battaglia legale per il risarcimento dei marittimi<br />

intossicati dall’amianto. «Fino al 1992, quando l’amianto è stato finalmen<strong>te</strong><br />

bandito – continua Costagliola –, lo scafo delle navi era rivestito da tonnella<strong>te</strong><br />

di questa sostanza. Ri<strong>te</strong>niamo che l’esposizione alle fibre cancerogene abbia<br />

causato il meso<strong>te</strong>lioma pleurico e il carcinoma polmonare (tumori alle vie<br />

respiratorie, ndr) a un gran numero di marittimi. Oggi seguiamo oltre 50 cause<br />

e in più di 500 ci siamo costituiti par<strong>te</strong> civile. Dal 1998 qualche processo<br />

è stato vinto. Il problema è che le normative non <strong>te</strong>ngono conto<br />

dell’impossibilità di risalire al curriculum vitae del lavoratore e alle quantità<br />

precisa di fibra con la quale è entrato in contatto, necessarie, secondo la<br />

legge per effettuare il ricorso. Mol<strong>te</strong> navi dell’epoca sono sta<strong>te</strong> dismesse o<br />

l’amianto è stato sostituito con lana di roccia o lana di vetro».<br />

<strong>te</strong>stimoni<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .23


Mi rifugio<br />

nella giungla<br />

Viaggio a Calais, dove migliaia di irregolari cercano di entrare nel Regno Unito<br />

di Paolo Riva<br />

Da maggio, quando i primi barconi di immigrati sono stati rimandati in<br />

Libia, l’Italia si è trovata nell’occhio del ciclone. L’azione del governo contro l’immigrazione<br />

irregolare, come dichiarato dall’Alto commissariato delle Nazioni Uni<strong>te</strong><br />

per i rifugiati (Unhcr), “minaccia l’accesso all’istituto dell’asilo politico nell’Unione<br />

europea” (che peraltro si sta preparando a varare un quadro comune di norme<br />

e misure in ma<strong>te</strong>ria), perché respinge po<strong>te</strong>nziali rifugiati verso la Libia, paese che<br />

non fornisce garanzie sul loro trattamento e sul rispetto dei loro diritti. Il Medi<strong>te</strong>rraneo<br />

e il confine italo-libico non sono però l’unica controversa frontiera lungo la<br />

quale i richiedenti asilo si giocano il futuro. Anche la Manica e il confine franco-britannico<br />

sono divenuti nell’ultimo decennio una tappa cruciale per molti richie-<br />

denti asilo che sono riusciti a penetrare<br />

le maglie della For<strong>te</strong>zza Europa. Ma<br />

neppure qui le condizioni per i rifugiati<br />

possono dirsi soddisfacenti.<br />

In fuga da guerre e povertà<br />

Lo sanno bene Ibrahim, Daniel, Suleman<br />

e Abdullah, che da <strong>te</strong>mpo vivono<br />

in edifici abbandonati o in rifugi di fortuna<br />

nel tratto di costa francese intorno<br />

a Calais, tris<strong>te</strong>men<strong>te</strong> ribat<strong>te</strong>zzato “la<br />

giungla”. I primi due vengono dall’Eritrea<br />

e, data la rigida suddivisione etnica<br />

instauratasi nel luogo, occupano una<br />

casa abbandonata, insieme ad altri migranti<br />

dal Corno d’Africa e dal Sudan.<br />

Vivono in condizioni igieniche disastrose.<br />

«Ho pagato 7 mila dollari per arrivare<br />

fin qui attraverso il Medi<strong>te</strong>rraneo<br />

– racconta Ibrahim – e ora cerco di arrivare<br />

in Inghil<strong>te</strong>rra illegalmen<strong>te</strong>, per poi<br />

chiedere asilo. Sono già stato scoperto<br />

una ventina di vol<strong>te</strong>, ma continuerò a<br />

provarci, per raggiungere mia moglie e i<br />

miei figli».<br />

Daniel in patria era un giornalista.<br />

«Non sono partito per soldi. A casa ero<br />

ben pagato, ma non libero di dire ciò<br />

che volevo – ricorda –. Ora userò qualsiasi<br />

mezzo per arrivare oltremanica:<br />

parlo un buon inglese e sono pronto a<br />

fare qualsiasi lavoro».<br />

Suleman e Abdullah invece, sono af-<br />

24. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

gani e insieme a iracheni, iraniani e tanti<br />

altri connazionali hanno trovato rifugio<br />

da qualche mese ai margini di Calais,<br />

in <strong>te</strong>nde o capanne realizza<strong>te</strong> con<br />

ma<strong>te</strong>riali di scarto. «Ho pagato 10 mila<br />

dollari e lasciato il mio villaggio perché<br />

non volevo combat<strong>te</strong>re – confida il primo<br />

–. I trafficanti ci hanno bendati e<br />

portati con piccoli bus in Europa attraverso<br />

Iran e Turchia. Sono partito convinto<br />

che l’Europa fosse un posto sicuro,<br />

mai avrei immaginato di dover vivere in<br />

ques<strong>te</strong> condizioni». Nemmeno Abdullah<br />

lo pensava, anche perché con gli europei<br />

lui ci aveva lavorato, in Afghanistan,<br />

traduttore per le forze Nato. I talebani,<br />

per rappresaglia, gli avevano bruciato<br />

la casa, così prese la decisione di<br />

fuggire. «Parlo inglese, collaboravo con<br />

A Lampedusa non approda più nessuno<br />

Il parroco: «Che fine fanno quelle persone?»<br />

«I respingimentI? L’impressione è che<br />

l’obiettivo sia far cambiare rotta<br />

all’immigrazione. E a Lampedusa<br />

sembra che ci stiano riuscendo.<br />

Ma uccidendo le speranze di persone<br />

che non hanno al<strong>te</strong>rnative alla fuga».<br />

Don S<strong>te</strong>fano Nastasi è il parroco della<br />

parrocchia San Gerlando, nella piazza di<br />

Lampedusa. Poche cose sfuggivano ai<br />

suoi occhi di pastore, oggi però il muro<br />

di silenzio lo rende incerto. «Arrivano<br />

in pochissimi – racconta –. Tutto si<br />

gioca al largo, l’importan<strong>te</strong> sembra non<br />

far approdare qui i migranti. Se sono<br />

troppo vicini li soccorrono e li portano<br />

al Cie dell’isola, ma solo per poche ore,<br />

poi sono dirottati altrove, in at<strong>te</strong>sa del<br />

rimpatrio. Il resto, i più, li consegnano<br />

ai libici: lì perdiamo il controllo. Non<br />

si comprende come la guardia costiera<br />

possa decidere se gli in<strong>te</strong>rcettati siano<br />

persone che possono chiedere asilo<br />

politico o clandestini. È fantasioso<br />

ri<strong>te</strong>nere che si riesca a distinguere<br />

in mare, in pochi minuti...».<br />

Lo conferma Le Quyen Ngo Dinh,<br />

vietnamita, rifugiata in Italia da anni,<br />

operatrice di Caritas Europa. «Il<br />

problema è che i flussi sono misti –<br />

spiega –. E che in Libia, la quale non<br />

ha aderito alla Convenzione di Ginevra<br />

del 1951 sul riconoscimento dello<br />

status di rifugiato, le condizioni di vita<br />

per i migranti sono disumane.<br />

È probabile che, almeno per un po’,<br />

Lampedusa cessi di essere una rotta<br />

frequentata. Negli ultimi anni l’Italia<br />

ha subito il fatto che la Spagna ha<br />

inasprito i controlli: i mercanti<br />

d’uomini hanno deviato sull’Italia.<br />

Ma non si può far pagare tutto ciò<br />

ai rifugiati: i respingimenti in mare<br />

affossano il diritto. È pur vero che<br />

il problema non dovrebbe essere solo<br />

italiano, bisogna creare un sis<strong>te</strong>ma<br />

di asilo pro<strong>te</strong>tto europeo. È questione<br />

economica e organizzativa: Unione<br />

europea, Unhcr e stati potrebbero<br />

unire le forze, le soluzioni esistono.<br />

Ma devono essere comuni». [d.p.]


Accampamento di migranti nella “giungla” di Calais Foto: Unhcr<br />

l’esercito britannico, ora la mia sola speranza<br />

è chiedere asilo nel Regno Unito».<br />

Come loro, sono ormai in molti a<br />

Calais, almeno un migliaio. Molti di più,<br />

se si considera tutta la porzione di costa<br />

set<strong>te</strong>ntrionale della Francia. Convinti di<br />

trovare nella <strong>te</strong>rra di Sua Maestà migliori<br />

opportunità di vita, Suleman e compagni<br />

si rifiutano di chiedere asilo in<br />

Francia – la normativa Ue consen<strong>te</strong> di<br />

farlo in uno solo degli stati membri –e<br />

cercano con ostinazione un passaggio<br />

nei rimorchi dei 7 mila camion che ogni<br />

giorno transitano per Calais.<br />

A spingerli sono la volontà di ricongiungersi<br />

ai familiari,<br />

la presenza<br />

di connazionali,<br />

la<br />

c o n o s c e n z a<br />

della lingua, la<br />

speranza di<br />

trovare lavoro<br />

grazie ai Giochi<br />

olimpici del<br />

2012, infine,<br />

anche una certa<br />

fama di paese generoso nei confronti<br />

dei rifugiati che la Gran Bretagna sembra<br />

essersi creata. A ostacolarli, invece, è<br />

un confine tra i più controllati al mondo,<br />

con la polizia di frontiera inglese<br />

che, con quasi 400 agenti in servizio a<br />

Calais, ha sventato nel 2008 ben 28 mila<br />

<strong>te</strong>ntativi di ingresso illegale nel paese,<br />

e quella francese che periodicamen<strong>te</strong><br />

in<strong>te</strong>rviene sgomberando i campi<br />

abusivi.<br />

Pronti a tutto, pur di passare<br />

Chi si è lasciato alle spalle guerre o dittature<br />

e ha viaggiato per migliaia di chilometri,<br />

tuttavia, non si dà per vinto,<br />

giunto a poche miglia di mare dalla meta<br />

agognata. E infatti, nonostan<strong>te</strong> le recenti<br />

bellicose dichiarazioni del ministro<br />

per l’immigrazione francese, Besson,<br />

e del collega inglese, Woolas, nei<br />

primi mesi del 2009 il numero di migranti<br />

colti dalle autorità mentre attraversavano<br />

illegalmen<strong>te</strong> la Manica è cresciuto<br />

del 100%; tra essi, ben mille a rischio<br />

di assideramento, fermati tra gennaio<br />

e marzo nelle celle frigorifere di<br />

alcuni autoarticolati.<br />

Ma questo<br />

è solo l’ultimo<br />

capitolo. La<br />

storia cominciò<br />

quando a<br />

Sangat<strong>te</strong>, pochi<br />

chilometri da<br />

Calais, un edificiodell’Eurotunnel<br />

(galleria<br />

ferroviaria sotto la Manica) venne riconvertito<br />

in un centro della Croce Rossa<br />

per richiedenti asilo. La struttura,<br />

pensata per 900 persone, è divenuta negli<br />

anni un ricettacolo per tutti coloro<br />

che cercavano fortuna nel Regno Unito,<br />

arrivando a contare 2 mila presenze. Era<br />

il 2002 e l’allora ministro dell’in<strong>te</strong>rno<br />

francese, Nicolas Sarkozy, decise di<br />

chiudere il centro senza dare al<strong>te</strong>rnative<br />

agli ospiti. Inizialmen<strong>te</strong> il numero dei<br />

reportage<br />

In Francia<br />

Clandestini<br />

come ebrei,<br />

punito chi li aiuta<br />

A giugno la “giungla”<br />

di Calais è cresciuta ancora e un<br />

nuovo accampamento si è aggiunto<br />

a quelli dei sempre più numerosi<br />

dei richiedenti asilo. Più di 500<br />

attivisti hanno campeggiato al<br />

“No Borders Camp”, organizzando<br />

attività e pro<strong>te</strong>s<strong>te</strong> che hanno<br />

denunciato le condizioni in cui<br />

i migranti vivono. La voce un po’<br />

estremista di “No Borders” – re<strong>te</strong><br />

in<strong>te</strong>rnazionale che si bat<strong>te</strong> per la<br />

libertà di movimento delle persone<br />

e per l’abolizione di ogni frontiera –<br />

non è però l’unica che si è levata in<br />

favore dei migranti. E, sebbene non<br />

siano sta<strong>te</strong> numerosissime, quella<br />

del regista francese Philippe Lioret<br />

ha creato scalpore. Il suo<br />

lungometraggio, Welcome,<br />

premiato all’ultimo festival<br />

di Berlino, racconta l’amicizia<br />

tra un insegnan<strong>te</strong> di nuoto di Calais<br />

e un giovane curdo deciso ad<br />

attraversare la Manica nuotando<br />

pur di arrivare in Inghil<strong>te</strong>rra. Una<br />

storia, come ha scoperto lo s<strong>te</strong>sso<br />

regista, del tutto verosimile lungo<br />

un confine che lui s<strong>te</strong>sso ha<br />

definito «la nostra versione della<br />

frontiera tra Messico e Usa».<br />

È un altro, però, il paragone che ha<br />

attirato at<strong>te</strong>nzione e polemiche su<br />

Lioret e la sua opera. Il cineasta<br />

francese ha infatti dichiarato, a<br />

proposito del trattamento riservato<br />

dalla polizia francese a coloro che<br />

forniscono assis<strong>te</strong>nza ai migranti,<br />

che «sembra di essere nel 1943<br />

quando si nascondevano gli ebrei<br />

in cantina». In più di un’occasione,<br />

infatti, gli agenti francesi hanno<br />

sanzionato (fino a 30 mila euro)<br />

o messo in stato di fermo<br />

il personale e i volontari delle<br />

associazioni che forniscono cibo<br />

e assis<strong>te</strong>nza ai migranti. Fino<br />

ad arrivare al punto tragicomico<br />

di aver trat<strong>te</strong>nuto in caserma per<br />

dieci ore Monique Pouille. Una<br />

signora di 59 anni, colpevole di<br />

aver permesso a un clandestino di<br />

ricaricare il suo <strong>te</strong>lefono cellulare...<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .25


Dietro i respingimenti<br />

Immigrazione illegale sconfitta?<br />

«Pochissimi arrivano via mare...»<br />

«Le uniche spiagge vuo<strong>te</strong> sono quelle di Lampedusa». Parola<br />

del capo del governo italiano, Silvio Berlusconi, che così, duran<strong>te</strong> l’esta<strong>te</strong>,<br />

ha voluto sos<strong>te</strong>nere, da un lato, che la crisi economica è fenomeno<br />

ingigantito dai media, dall’altro che il contrasto all’emigrazione clandestina<br />

operato dal suo governo è stato un successo.<br />

Almeno su quest’ultimo fron<strong>te</strong>, i numeri paiono dargli ragione. Nel 2009,<br />

secondo il minis<strong>te</strong>ro degli in<strong>te</strong>rni, si sono verificati 10 mila sbarchi in meno<br />

del 2008. Naturalmen<strong>te</strong> il giro di vi<strong>te</strong> contro i trafficanti di esseri umani non<br />

ha potuto impedire che si verificassero altre tragedie del mare: la più grave<br />

avrebbe fatto oltre 70 morti, secondo la ricostruzione dei cinque eritrei<br />

sopravvissuti, trovati il 20 agosto al largo dell’isola siciliana. E la nuova<br />

politica dei respingimenti ricaccia verso le cos<strong>te</strong> della Libia, paese con fama<br />

di non proprio specchiata democraticità, anche gli stranieri che, fuggendo<br />

da guerre e dittature, avrebbero diritto all’asilo. Ma questi appaiono effetti<br />

colla<strong>te</strong>rali: il prezzo da pagare per bloccare l’arrivo dei clandestini in Italia,<br />

circostanza dimostrata e obiettivo raggiunto, secondo i dati del Viminale.<br />

«Certo, i dati ufficiali... – sospira Maurizio Ambrosini, sociologo<br />

dell’immigrazione –. <strong>Per</strong>ò at<strong>te</strong>nzione. Il problema degli sbarchi non esaurisce<br />

quello dell’arrivo di clandestini (o meglio irregolari, come li chiamano in tutta<br />

Europa): secondo una ricerca dell’università di Oxford, arrivano in Europa via<br />

mare solo il 10-12% degli immigrati provenienti dall’Africa. Questo solo<br />

elemento, anche senza contare gli immigrati da Europa dell’est e America<br />

Latina, che non arrivano certo in nave, dovrebbe ricordare che una minima<br />

par<strong>te</strong> degli irregolari presenti nel nostro paese vi è giunta a bordo di quei<br />

gommoni che destano tanta at<strong>te</strong>nzione nei media. Dunque, fermare quelle<br />

barche non vuol dire risolvere il problema dell’immigrazione clandestina».<br />

Secondo gli studiosi di flussi migratori, il solo effetto che si può at<strong>te</strong>ndere<br />

dai maggiori controlli tra cos<strong>te</strong> nordafricane e Sicilia è che cambieranno le<br />

rot<strong>te</strong> dei trafficanti di uomini. «È sempre successo – commenta Le Quyen Ngo<br />

Dinh, operatrice di Caritas Europa ed esperta di diritto d’asilo –. Alla fine degli<br />

anni Novanta i curdi che scappavano dalla Turchia arrivavano in Calabria, gli<br />

albanesi in Puglia. Quando sono stati aumentati i pattugliamenti in quelle<br />

zone, gli sbarchi sono diminuiti, ma gli immigrati hanno continuato ad<br />

arrivare», cercando nuove por<strong>te</strong> di accesso all’Europa.<br />

«Quando agli scafisti di Valona è stato chiuso il canale di Otranto – ricorda<br />

Ambrosini – gli immigrati hanno cominciato ad entrare in Italia da Tries<strong>te</strong>, via<br />

<strong>te</strong>rra, attraverso l’ex Jugolsavia. I passatori ai quali si affidavano procuravano<br />

documenti falsi e corrompevano i funzionari di frontiera». Nuovi varchi e nuovi<br />

mezzi. Ma il flusso non si è in<strong>te</strong>rrotto. Accadrà così anche questa volta, sono<br />

pronti a giurare gli studiosi. E gli operatori e i volontari impegnati sul campo<br />

segnalano già sbarchi di nordafricani sulle cos<strong>te</strong> sarde.<br />

In realtà, tre quarti degli irregolari ha varcato le patrie frontiere in treno,<br />

aereo, auto, con un normalissimo permesso turistico: con quel documento ha<br />

cercato lavoro e domicilio, spesso non trovando né l’uno né l’altro. Così,<br />

scaduti i <strong>te</strong>rmini del soggiorno, è finito nel cono d’ombra degli stranieri senza<br />

diritti, degli uomini ombra. «Ciò significa che la sola misura efficace contro<br />

l’immigrazione irregolare sarebbe chiudere con il turismo. Almeno da certi<br />

paesi. Ma questo vorrebbe dire rinunciare anche ai rapporti di affari e alle<br />

relazioni diplomatiche con quegli stati. E questo non conviene a nessuno»,<br />

chiosa Ambrosini.<br />

Daniela Palumbo<br />

26. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

migranti diminuì, per poi tornare a crescere<br />

senza che nessuno si occupasse<br />

del problema. La Francia li ha ignorati,<br />

limitandosi a inviare la polizia antisommossa<br />

per demolirne di tanto in tanto<br />

gli accampamenti. Il Regno Unito ha in<strong>te</strong>nsificato<br />

i controlli e ha fatto pressioni<br />

affinché le condizioni di vita dei migranti<br />

non venissero migliora<strong>te</strong>, per non<br />

incoraggiare gli arrivi. Il tutto, condito da<br />

uno sgradevole e s<strong>te</strong>rile rimpallo di accuse<br />

tra ministri dell’immigrazione.<br />

Intorno all’imbocco dell’Eurotunnel,<br />

intanto, <strong>te</strong>nsione e violenza sono<br />

cresciu<strong>te</strong> di pari passo con i numeri delle<br />

presenze (stime parlano di 1.500-2<br />

mila accampati lungo la costa), con risse<br />

tra richiedenti asilo di diverse etnie,<br />

scontri tra gang di trafficanti, abitanti<br />

esasperati, un camionista accol<strong>te</strong>llato.<br />

Una situazione non più sos<strong>te</strong>nibile, che<br />

le autorità hanno promesso di risolvere.<br />

Serve una vera regia europea<br />

Nell’at<strong>te</strong>sa, la vita nella giungla è dura e<br />

il solo aiuto ai migranti viene dai volontari.<br />

Aissa Zabet è una di loro: «È la s<strong>te</strong>ssa<br />

storia in tutta Europa: i rifugiati continuano<br />

a spostarsi da uno stato all’altro<br />

perché pensano che altrove le condizioni<br />

siano migliori. E questo è ciò che le<br />

autorità vogliono; ogni nazione cerca di<br />

spingerli un poco più in là e la fine della<br />

corsa è spesso la Gran Bretagna».<br />

Le cifre sembrerebbero darle ragione:<br />

nel 2007 il Regno Unito ha ricevuto<br />

28.300 richies<strong>te</strong> di asilo politico (<strong>te</strong>rzo<br />

valore nell’Ue, dopo Norvegia e Francia)<br />

nonostan<strong>te</strong> la sua popolazione complessiva<br />

di rifugiati (299 mila) sia già la<br />

seconda più grande d’Europa. La situazione,<br />

però, è in continua evoluzione.<br />

Che lo si guardi dalle acque di Lampedusa<br />

o dalla giungla di Calais, è davvero<br />

arrivato il momento di affrontare il problema<br />

in maniera più “europea”..


Pacchetto sicurezza: dalla Fio.psd uno<br />

strumento sui rischi per i senza dimora<br />

Diario<br />

di diritti negati<br />

”Diario di un diritto negato” (nella foto sotto,la copertina). Si intitola così,<br />

senza tan<strong>te</strong> perifrasi, il documento preparato dalla Federazione italiana organismi<br />

per le persone senza dimora (Fio.psd), con l’obiettivo di ricostruire genesi e i<strong>te</strong>r<br />

parlamentare del discusso“Pacchetto sicurezza”, approvato in via definitiva dal parlamento<br />

lo scorso 2 luglio. Il fascicolo, una quarantina di pagine, è nato per documentare<br />

il cammino di una legge che avrà forti, e presumibilmen<strong>te</strong> negative ripercussioni<br />

sulle condizioni di vita dei senza dimora, alle quali rischia di precludere il<br />

riconoscimento dei diritti di cittadinanza elementari e l’accesso ai servizi sociali.<br />

Il “Diario” dimostra come questi rischi, discendenti dalle norme sulla residenza<br />

anagrafica (au<strong>te</strong>ntica “porta d’accesso” ai diritti di cittadinanza e ai servizi so-<br />

ciali) e sull’istituzione al minis<strong>te</strong>ro degli<br />

in<strong>te</strong>rni di un“registro delle persone senza<br />

dimora”, fossero stati ripetutamen<strong>te</strong><br />

segnalati al legislatore sia dalla Fio.psd<br />

che da altri soggetti sociali. Eppure il<br />

parlamento ha licenziato un “Pacchetto”<br />

che ignora tali indicazioni, indebolendo,<br />

nei fatti, il fondamentale istituto<br />

della residenza anagrafica e affermando,<br />

con il registro, una volontà di controllo<br />

sociale che può sfociare in pratiche<br />

di schedatura e di limitazione delle<br />

libertà individuali.<br />

Vigilanza e contrasto<br />

Il “Diario” è scaricabile, in formato pdf,<br />

dai siti della Fio.psd (www.fiopsd.org) e<br />

della campagna nazionale “Il residen<strong>te</strong><br />

della repubblica” (www.ilresiden<strong>te</strong>dellarepubblica.it),<br />

che nei mesi scorsi ha<br />

visto schierati, a difesa dei diritti delle<br />

persone senza dimora, Fio.psd e i principali<br />

giornali di strada italiani. La pubblicazione<br />

si propone come strumento<br />

di sensibilizzazione per supportare le<br />

azioni a difesa del diritto alla residenza<br />

anagrafica nei con<strong>te</strong>sti locali, e come<br />

occasione di informazione e riflessione.<br />

Una versione stampata da Fio.psd verrà<br />

inoltre diffusa in occasione di eventi<br />

pubblici.<br />

«Il “Pacchetto sicurezza” non ci ha<br />

resi né ci renderà più sicuri: saranno i<br />

fatti a dimostrarlo – commenta Paolo<br />

Pezzana, presiden<strong>te</strong> Fio.psd –. È importan<strong>te</strong><br />

perseverare in un’azione costan<strong>te</strong><br />

di vigilanza e contrasto rispetto alla sua<br />

applicazione nei <strong>te</strong>rritori. È nei <strong>te</strong>rritori,<br />

infatti, che si giocherà la vera partita di<br />

civiltà sui piani culturale ed amministrativo.<br />

Il“Pacchetto” colpisce in modo<br />

insidioso e nascosto la natura aperta e<br />

solidale del nostro ordinamento giuridico<br />

e della nostra tradizione. La nostra<br />

classe politica non se n’è avveduta; tocca<br />

(come sempre nella storia) alla società<br />

civile fare la sua par<strong>te</strong>»..<br />

A Milano<br />

In scena<br />

l’Homeless<br />

world cup<br />

L’Arena Civica di<br />

Milano, dal 6 set<strong>te</strong>mbre per una<br />

settimana, ha ospitato la settima<br />

edizione dell’Homeless World Cup:<br />

quasi 500 senza dimora da 48<br />

differenti nazioni si sono sfidati per<br />

strappare all’Afghanistan il titolo<br />

conquistato nel 2008 a Sidney.<br />

La competizione, nelle in<strong>te</strong>nzioni,<br />

offre ai par<strong>te</strong>cipanti occasioni di<br />

riscatto al punto che, secondo una<br />

ricerca dello scorso anno, il 71%<br />

di loro ha cambiato la propria vita<br />

dopo il torneo, il 29% ha trovato<br />

un impiego e il 38% ha migliorato<br />

la situazione abitativa.<br />

Ma, al <strong>te</strong>mpo s<strong>te</strong>sso, si propone<br />

anche di affrontare il problema<br />

homelessness sensibilizzando<br />

governi, media e opinione pubblica<br />

e lasciando in eredità al paese<br />

ospitan<strong>te</strong> strutture e progetti<br />

sportivi per i senza <strong>te</strong>tto.<br />

L’iniziativa è stata patrocinata<br />

da presidenza del consiglio<br />

e minis<strong>te</strong>ro della difesa italiani,<br />

insieme, tra gli altri, a comune e<br />

provincia di Milano e regione<br />

Lombardia. Sulla questione,<br />

Fio.psd ha espresso “sorpresa<br />

e sconcerto”, evidenziando come<br />

il governo, da un lato, sostiene<br />

una manifestazione che opera per<br />

“trovare soluzioni sempre migliori<br />

per combat<strong>te</strong>re l’homelessness”<br />

mentre dall’altro “compromet<strong>te</strong><br />

i diritti fondamentali” degli<br />

homeless nel nostro paese,<br />

trami<strong>te</strong> le norme del recen<strong>te</strong><br />

“Pacchetto sicurezza”.<br />

Chissà che ne pensano i ragazzi<br />

di Nuova Multietnica, associazione<br />

milanese che è nata per<br />

promuovere lo sport all’in<strong>te</strong>rno<br />

di un campo rom milanese<br />

e che dal 2003 organizza la<br />

rappresentativa italiana per la<br />

Homeless World Cup. Guidati<br />

dall’ex clandestino polacco<br />

Bogdan Kwappik, presiden<strong>te</strong><br />

e allenatore, la squadra ha vinto<br />

la competizione nel 2004 e nel<br />

2005. E ci ha riprovato a Milano.<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .27


Berretti equivoci,<br />

ronde sospese<br />

28. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

milano<br />

Stop del comune alle convenzioni (per 800 mila euro) con<br />

le associazioni per la sicurezza. Ora detta legge il “Pacchetto”<br />

Milano<br />

Tribù che ballano<br />

nella metropolitana,<br />

passione underground<br />

Torino<br />

A lezione da suor Simona:<br />

esperienza in Bolivia,<br />

stimoli anche per noi<br />

Genova<br />

Pop a Cornigliano:<br />

festa nel quartiere<br />

che deve ritrovarsi<br />

Vicenza<br />

In mensa pasti buoni,<br />

ma alcuni mascalzoni<br />

rovinano l’ambien<strong>te</strong><br />

Rimini<br />

Mimmo e Maria,<br />

vittime di uno sfratto<br />

e di Signora Burocrazia<br />

Firenze<br />

Tanto <strong>te</strong>mpo in carcere,<br />

ma ho trovato amici<br />

che credono in me<br />

Napoli<br />

Aggressioni ai gay:<br />

«Laviamo via<br />

pregiudizi e intolleranza»<br />

Catania<br />

Contro il lavoro minorile:<br />

le risorse di Librino<br />

in memoria di Iqbal Masih<br />

Palermo<br />

La città vuole liberarsi<br />

dai suoi mali:<br />

c’è lavoro per la Santuzza<br />

di Marta Zanella<br />

Nell'esta<strong>te</strong> roven<strong>te</strong> della politica italiana, tra scandali e derive securitarie<br />

e xenofobe, il parlamento ha approvato il “Pacchetto sicurezza” e, con esso,<br />

anche la possibilità per i cittadini di riunirsi volontariamen<strong>te</strong> in ronde per il<br />

controllo e la sicurezza delle città. Milano, a modo suo, le ronde le ha già sperimenta<strong>te</strong>:<br />

più simili a quelle legalizza<strong>te</strong> dal parlamento le na<strong>te</strong> nell'ultimo anno,<br />

più impronta<strong>te</strong> alla solidarietà e all'aiuto di disagiati e emarginati, invece, quelle<br />

“storiche”. Non a caso l'unica che finora ha portato questo nome è la “Ronda<br />

della carità e della solidarietà”, che da undici anni, girando Milano con un camper,<br />

distribuisce bevande, cibo e qualche vestito ai senza dimora della città. E<br />

poi ci sono esperienze avvia<strong>te</strong> da Caritas, Croce Rossa, City Angels e da numerose<br />

realtà del privato sociale: chi a piedi e chi con unità mobili, “pattugliano” regolarmen<strong>te</strong><br />

il <strong>te</strong>rritorio, incontrando e cercando di portare assis<strong>te</strong>nza e ascolto<br />

ai senza dimora, ai tossicodipendenti e alle persone in difficoltà che vivono per<br />

strada o nelle stazioni, alle prostitu<strong>te</strong> schiera<strong>te</strong> lungo i viali e la circonvallazione,<br />

ai giovanissimi nelle piazze e nei loro luoghi di ritrovo.<br />

Un affare da 800 mila euro<br />

Dallo scorso anno, invece, il comune ha<br />

pensato che per controllare Milano ci<br />

fosse bisogno di altro, e ha così affidato<br />

la vigilanza in strada - in via sperimentale<br />

- a tre organizzazioni cittadine, trami<strong>te</strong><br />

un appalto pubblico che assegnava<br />

a ciascuna 196 mila euro per prestare<br />

servizio per due anni, cioè fino all’aprile<br />

2010. Le tre organizzazioni, (City<br />

Angels, Associazione dei poliziotti italiani<br />

e Blue Berets), avevano il compito<br />

di presidiare, organizzando in ronde<br />

i propri volontari, 15 aree della<br />

città considera<strong>te</strong> critiche, segnalando<br />

alle forze dell’ordine casi di<br />

aggressioni, furti, risse. I Blue Berets,<br />

inoltre, avevano vinto un appalto,<br />

per altri 220 mila euro, per fare sorveglianza<br />

sulle tre linee della metropolitana<br />

dalle 22.30 alla chiusura notturna<br />

(cioè circa tre ore al giorno).<br />

All’inizio di luglio, però, il comune<br />

ha bloccato la convenzione con i Blue<br />

Berets, per sospendere poi anche quelle<br />

con Associazione poliziotti e City Angels.<br />

La decisione è arrivata dopo le po


Gli “osservatori”<br />

secondo il minis<strong>te</strong>ro<br />

Il regolamento varato dal minis<strong>te</strong>ro<br />

degli in<strong>te</strong>rni l’8 agosto, che disciplina<br />

le cosidet<strong>te</strong> “ronde”, istituisce<br />

in ciascuna prefettura l’elenco<br />

provinciale delle associazioni di<br />

cittadini prepos<strong>te</strong> a tale servizio.<br />

<strong>Per</strong> iscriversi le associazioni devono<br />

avere tra gli scopi sociali, risultanti<br />

dall’atto costitutivo o dallo statuto,<br />

quello di prestare attività di<br />

volontariato con finalità di solidarietà<br />

sociale nell’ambito della sicurezza<br />

urbana. Ma non solo. Le associazioni<br />

devono anche svolgere la propria<br />

attività gratuitamen<strong>te</strong> e senza fini<br />

di lucro, anche indiretto; non essere<br />

espressione di partiti o movimenti<br />

politici, nè di organizzazioni sindacali<br />

(nè essere ad alcun titolo riconducibili<br />

a questi soggetti) e non essere<br />

collega<strong>te</strong> a tifoserie organizza<strong>te</strong>.<br />

I compiti sono precisi. Le associazioni<br />

svolgono attività di mera osservazione<br />

in specifiche aree, segnalando alla<br />

polizia locale e alla polizia di stato<br />

eventi che possono arrecare danno<br />

alla sicurezza urbana.<br />

L’attività di osservazione può essere<br />

svolta da nuclei di non più di tre<br />

persone, maggiorenni, almeno una<br />

di età pari o superiore a 25 anni,<br />

e senza l’ausilio di mezzi motorizzati<br />

e di animali. Duran<strong>te</strong> l’attività<br />

i volontari devono essere in possesso<br />

di un documento di riconoscimento<br />

e non devono portare al seguito armi<br />

o altri oggetti atti ad offendere.<br />

I volontari dovranno poi indossare<br />

una casacca di colore giallo<br />

fluorescen<strong>te</strong>, con la scritta<br />

“osservatori volontari”, il logo<br />

dell’associazione, il nome del comune<br />

e un numero progressivo: vietato<br />

utilizzare uniformi, emblemi, simboli<br />

e altri segni distintivi.<br />

L’attività di segnalazione è effettuata<br />

utilizzando solo <strong>te</strong>lefoni cellulari<br />

o radio-ricetrasmit<strong>te</strong>nti. Gli<br />

“osservatori”, secondo il regolamento,<br />

devono avere buona salu<strong>te</strong> fisica e<br />

mentale, non fare uso di stupefacenti<br />

e non devono essere stati denunciati<br />

o condannati, anche con sen<strong>te</strong>nza<br />

non definitiva, per delitti non colposi.<br />

scarpmilano<br />

Sospeso l’accordo<br />

City Angels senza convenzione<br />

«Ma noi facciamo solidarietà»<br />

Sulla strada, di not<strong>te</strong>, nei posti considerati più insicuri, loro<br />

ci sono già da quindici anni. Con il loro basco blu e la maglia rossa sono<br />

diventati un punto di riferimento per chi gira in luoghi difficili come la<br />

stazione Centrale, soprattutto nelle ore di buio. Fin dall’inizio della loro<br />

attività, i City Angels (Angeli della città), nati su iniziativa di Mario Furlan<br />

(nella foto sotto, con alcuni volontari), presidiano alcuni luoghi per “aiutare<br />

i più deboli”: senza dimora e tossicodipendenti in primis, a cui<br />

distribuiscono bevande calde e coper<strong>te</strong>, ma anche donne che <strong>te</strong>mono<br />

violenze. Ora che<br />

la nuova legge rende possibile un altro tipo di ronda, Furlan prende<br />

le distanze. «C’è una differenza enorme tra il nostro lavoro e quello delle<br />

ronde descrit<strong>te</strong> dal decreto sicurezza, soprattutto perché noi non siamo<br />

una ronda, e non ci iscriveremo nemmeno all’albo dedicato. Noi siamo<br />

volontari che vanno sulla strada per fare solidarietà e sicurezza. Ma la<br />

sicurezza, per noi, passa attraverso la mediazione linguistica e culturale<br />

e l’aiuto agli emarginati. È chiaro, se vediamo una persona in una situazione<br />

di pericolo in<strong>te</strong>rveniamo, ma come chiunque dovrebbe fare».<br />

L’anno scorso il comune di Milano ha affidato un servizio di controllo<br />

e sicurezza a voi e altre due organizzazioni, l’Associazione nazionale<br />

poliziotti e i Blue Berets, che non hanno certo l’obiettivo della solidarietà.<br />

Rifiuta<strong>te</strong> di definirvi “ronda”, ma non rischia<strong>te</strong> di essere accomunati<br />

a ques<strong>te</strong> realtà?<br />

In seguito alle gius<strong>te</strong> e fonda<strong>te</strong> polemiche che hanno investito i Blue<br />

Berets, il comune ha sospeso anche la convenzione con noi. Non capisco<br />

perché, dal momento che la nostra attività è di tipo sociale e siamo sempre<br />

stati, fin da <strong>te</strong>mpi non sospetti, scettici sull’idea delle ronde.<br />

I City Angels hanno come obiettivo l’at<strong>te</strong>nzione agli ultimi, ma, come di<strong>te</strong><br />

voi s<strong>te</strong>ssi, in<strong>te</strong>rveni<strong>te</strong> anche nel caso in cui vede<strong>te</strong> “qualcosa che non va”:<br />

non c’è il rischio di privilegiare, magari in futuro, sull’onda del “Pacchetto”<br />

governativo, l’aspetto della sicurezza?<br />

Assolutamen<strong>te</strong> no, noi continuiamo a fare il lavoro che abbiamo sempre<br />

fatto, per noi la nuova legge non cambia le cose. Certo, se vediamo che<br />

una persona sta disturbando qualcun altro non ignoriamo la situazione. Ma<br />

facciamo né più né meno quello che ogni buon cittadino dovrebbe fare, cioè<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .29


scarpmilano<br />

lemiche per il fatto che il presiden<strong>te</strong> dei<br />

“Berretti Blu”, Vincenzo Scavo, è risultato<br />

iscritto come dirigen<strong>te</strong> all’Msi, il<br />

partito delle “ronde nere”, che ha per<br />

simbolo il sole nero, s<strong>te</strong>mma nazista.<br />

Più soldi per la polizia locale<br />

«Io credo che ques<strong>te</strong> ronde non torneranno<br />

a fare servizio, ma ciò che lo impedirà<br />

non è tanto il legame di questa<br />

associazione con l’estrema destra, ma<br />

il nuovo vincolo che il Pacchetto sicurezza<br />

ha posto per l’approvazione delle<br />

ronde – commenta Andrea Fanzago,<br />

consigliere comunale del Pd –. Il parlamento<br />

ha previsto che le ronde attiva<strong>te</strong><br />

debbano essere assolutamen<strong>te</strong> volontarie.<br />

Il vero problema è la questione<br />

economica: finora la giunta Moratti<br />

ha speso circa 800 mila euro per<br />

avere un servizio di vigilanza e controllo<br />

per due anni, e ora con la nuova legge<br />

questa spesa è diventata illegale.<br />

Con quei soldi avremmo potuto, ad<br />

esempio, finanziare i vigili urbani per<br />

fare lo s<strong>te</strong>sso servizio sulle strade, oppure<br />

completare la copertura del segnale<br />

dei cellulari su tutta la re<strong>te</strong> metropolitana,<br />

in modo che chi si trova in<br />

una situazione di emergenza possa<br />

chiedere aiuto rapidamen<strong>te</strong> con una<br />

chiamata o un messaggio al 113». Anche<br />

perché il servizio delle ronde è limitato<br />

in un orario ristretto, e non “copre”<br />

certo tutti i vagoni dei treni.<br />

La polemica è invece del tutto inutile<br />

e fuori luogo per il consigliere di<br />

maggioranza Aldo Brandirali (Pdl):<br />

«Inutile e stupida, perché par<strong>te</strong> dall’idea<br />

che un servizio pubblico possano<br />

svolgerlo solo agenti pubblici, e non lo<br />

si possa appaltare a privati. La storia<br />

dell’associazionismo milanese racconta<br />

che anche i privati possono svolgere<br />

un bene comune. Non vedo proprio<br />

quale sia il problema se un settore dell’amministrazione<br />

pubblica finanzia<br />

in<strong>te</strong>rventi di associazioni che contribuiscono<br />

a <strong>te</strong>nere l’ordine in città».<br />

Le cose cambiano però, puntualizza<br />

Brandirali, se si considerano gli scopi<br />

di ques<strong>te</strong> associazioni: «A me stanno<br />

bene associazioni come i City Angels,<br />

perché hanno un’impronta di solidarietà.<br />

Qui invece abbiamo affidato l’appalto<br />

a un’associazione che è altro: se le<br />

ronde devono farle persone che hanno<br />

una vocazione militaresca e di picchiatori,<br />

allora è giusto fermarle»..<br />

30. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

Le “ronde del sociale”<br />

Sulle tracce dell’“uomo cipolla”,<br />

in centro c’è sempre un amico<br />

L’“uomo cipolla” S<strong>te</strong>fania lo conosce da parecchio <strong>te</strong>mpo.<br />

È un senza dimora che, da anni, vive nel centro di Milano, tra San Babila<br />

e il portico di piazza dei Mercanti, dove si rifugia a dormire. Lei lo chiama<br />

così perché è un vecchietto minuto, ma che sembra un omone a causa<br />

dei mol<strong>te</strong>plici strati di vestiti che indossa, infilati uno sopra l’altro, e per<br />

i sacchetti di plastica, tutto il suo patrimonio, che porta legati addosso.<br />

S<strong>te</strong>fania Seccareccia ha cominciato ad avvicinarsi a lui quando era una<br />

volontaria dei City Angels e tut<strong>te</strong> le settimane faceva la “ronda” nel tragitto<br />

tra piazza Duomo e San Babila, distribuendo tè caldo ai tanti clochard che<br />

la sera si radunano in centro per passare la not<strong>te</strong>. Lo scorso anno ha deciso<br />

di lasciare i City Angels: «In autunno c’è stata una sorta di diaspora<br />

dei volontari storici: non ci riconoscevamo più negli scopi dell’associazione,<br />

ci sembrava che dall’obiettivo della solidarietà si fosse passati a quello<br />

della sicurezza. Ma una sicurezza “poliziesca”, non la sicurezza sociale che<br />

volevamo creare con l’assis<strong>te</strong>nza. E questo mutamento non ci stava bene».<br />

Nelle settimane successive, però, il dubbio ha preso a roderla, circa la sor<strong>te</strong><br />

del suo “uomo cipolla” e degli altri senza dimora del centro. «Con alcuni –<br />

racconta S<strong>te</strong>fania – avevamo instaurato un rapporto di conoscenza: col<br />

<strong>te</strong>mpo avevano iniziato a raccontarci qualcosa di loro, ci aspettavano tut<strong>te</strong><br />

le settimane. Così, dopo aver smesso di fare servizio “in divisa”, mi sono<br />

accorta che mi mancavano. E una sera, parlando con amici, anch’essi orfani<br />

dell’impegno in altre realtà sociali, abbiamo deciso di tornare sulla strada».<br />

Allora è nata Street Life (Vita di strada), che conta oggi, dopo otto mesi<br />

di attività, una ventina di volontari. Amano definirsi semplicemen<strong>te</strong><br />

“un gruppo di amici”, che ogni venerdì sera “fa la ronda” per distribuire<br />

qualcosa da bere e qualche pacchetto di cracker ai diseredati che<br />

bazzicano le vie centrali. «La bottiglietta di tè ovviamen<strong>te</strong> è la scusa per<br />

avvicinarli, l’obiettivo è conoscerli, ascoltarli e magari, per uno su cento,<br />

provare a fare qualcosa. Con qualcuno ci siamo riusciti. Ad esempio con<br />

un uomo che dormiva in stazione Centrale e ora, da un anno, vive in una<br />

comunità. È il nostro orgoglio». Street Life ha avviato una collaborazione<br />

con Sos Exodus, servizio storico della Centrale: «Don Antonio Mazzi,<br />

presiden<strong>te</strong> della Fondazione Exodus, da <strong>te</strong>mpo pensava di attivare anche<br />

un’unità di strada: noi uscivamo già il venerdì sera e così ci siamo proposti».<br />

Street Life è attiva in corso Vittorio Emanuele tutti i venerdì dalle 22<br />

alle 24; negli ultimi mesi, da quando i volontari sono aumentati, qualcuno<br />

si spinge nelle zone limitrofe, via Hoepli, piazza Liberty e piazza Diaz.<br />

Ma loro non sono stati certo i primi ad arrivare qui. Il centro di Milano non<br />

è mai “scoperto”: la Ronda della carità e della solidarietà, ad esempio, gira<br />

da ques<strong>te</strong> parti il lunedì e il mercoledì. «Parcheggiamo il nostro camper<br />

in piazza Fontana e i senza dimora della zona si concentrano qui, dove<br />

distribuiamo qualcosa da mangiare – spiega la presiden<strong>te</strong>, Magda Baietta –.<br />

Poi facciamo il giro a piedi, fino a piazza San Babila e ritorno. Quindi ci<br />

spostiamo alla stazione Cadorna il lunedì e a Porta Genova il mercoledì».<br />

Il giovedì in centro è il giorno dei City Angels, mentre tut<strong>te</strong> le altre sere<br />

è presen<strong>te</strong> un’unità mobile della Croce Rossa, affiancata il mar<strong>te</strong>dì<br />

dai volontari di Sant’Egidio. Ronda, City Angels e Croce Rossa (con<br />

l’aggiunta, ma solo in inverno, dei Fra<strong>te</strong>lli di San Francesco), quasi tutti<br />

i giorni percorrono con la loro unità mobile anche altre stazioni e altri<br />

quartieri della città. La Caritas, invece, da un paio di anni ha attivato una<br />

“ronda a piedi”, che presta servizio e ascolto ai senza dimora in orari diurni.


l’altra milano<br />

Viene dalla Romania. Si è inventato un lavoro. Al pos<strong>te</strong>ggio Atm...<br />

Stampella e sorrisi di Cos<strong>te</strong>l,<br />

l’angelo delle macchinet<strong>te</strong><br />

di Antonio Vanzillotta<br />

C<br />

Al self service aiuta<br />

gli automobilisti frettolosi.<br />

«Così riesco a guadagnare<br />

qualcosa in maniera onesta»<br />

OSTEL È ARRIVATO DALLA ROMANIA DIGIUNO DI ITALIANO. PARLA POCO E MALE LA NOSTRA<br />

lingua. Ma l’insufficien<strong>te</strong> vocabolario non è un problema. Come molti suoi<br />

connazionali, si è inventato un “lavoro”. Utile a se s<strong>te</strong>sso e agli altri. Cos<strong>te</strong>l<br />

ci tiene a sottolineare che non ha padroni. E che non vuole creare disagi: né<br />

all’Atm, l’azienda di trasporto, che procura i clienti, e neanche agli automobilisti.<br />

Semplicemen<strong>te</strong>, ha scelto una mansione curiosa, al limi<strong>te</strong> innovativa:<br />

spiega agli u<strong>te</strong>nti come pagare il parcheggio della stazione della metropolitana<br />

di Famagosta.<br />

Cos<strong>te</strong>l è quaran<strong>te</strong>nne. Sul lavoro si muove con circospezione, dato che il<br />

suo impiego non è proprio regolare... Alle domande risponde in modo vago.<br />

Intanto i suoi occhi ballano; uno al clien<strong>te</strong>, uno alle scale.<br />

«Le forze dell’ordine, sia pubbliche che priva<strong>te</strong>, duran<strong>te</strong> le incursioni non<br />

sono molto simpatiche», racconta. La presenza di Cos<strong>te</strong>l non sembra, però,<br />

creare problemi. «Abbiamo un accordo di rispetto reciproco – spiegano dipendenti<br />

Atm di passaggio –. Finche sta giù, davanti alle macchinet<strong>te</strong>, senza<br />

dare fastidio, può stare tranquillo che nessuno lo caccia».<br />

Il lavoro di Cos<strong>te</strong>l è semplice quanto geniale. Pagare un parcheggio con<br />

una macchinetta automatica non è mai così<br />

semplice come sembra. Ed ecco che, in caso di<br />

necessità, compare lui, l’angelo custode del pos<strong>te</strong>ggio<br />

Atm. Un lavoratore “atipico”, che segue<br />

gli automobilisti con dedizione. Cos<strong>te</strong>l passeggia<br />

davanti ai distributori del parcheggio munito<br />

di stampelle e bicchiere per le offer<strong>te</strong>, sorride<br />

agli avventori, e tra questi c’è chi ricambia e chi china la <strong>te</strong>sta e prosegue.<br />

Quando capita che automobilisti frettolosi schiaccino i comandi del pagamento<br />

self-service in modo convulso, con scarsi risultati, Cos<strong>te</strong>l, con molta<br />

discrezione, chiede se si tratta di un parcheggio giornaliero o settimanale, e<br />

se serve o meno la ricevuta. Dopo un primo momento di sorpresa, non sono<br />

pochi quelli che si affidano all’uomo. Il quale, facendosi spazio con il suo<br />

modo goffo di camminare, si avvicina al distributore e in pochi secondi soddisfa<br />

il “clien<strong>te</strong>”, ricevendo in cambio qualche spicciolo.<br />

«Vedi? Non importuno nessuno. É un lavoro che mi diver<strong>te</strong> e mi piace.<br />

Non creo problemi a nessuno, riesco a guadagnare qualcosa in maniera<br />

onesta. E anche utile. Poi mi sono scelto un lavoro vicino a casa. Abito qui<br />

vicino: avendo problemi a camminare a lungo, questo è l’unico modo in cui<br />

riesco a sopravvivere in modo onesto». Quando chiediamo il motivo della<br />

stampella, dice solo che ha problemi, non aggiunge altro. Infine afferma che<br />

in Italia è solo di passaggio, e tra non molto tornerà al suo paese. Ma il suo<br />

carat<strong>te</strong>re introverso gli impedisce di dire di più. Sfoggia solo un sorriso. Lo<br />

s<strong>te</strong>sso sorriso che rivolge a tutti i clienti del “suo” parcheggio..<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis<br />

.31


scarpmilano<br />

Giovani e meno giovani. Breaker, latinos, filippini. Pure molti<br />

italiani. Tribù che ballano, nel sottopassaggio di porta Venezia<br />

Danze in metrò,<br />

passione underground<br />

di Simona Brambilla<br />

Sono italiani, africani, filippini. Ma anche ecuadoregni, peruviani e marocchini.<br />

Sono i ragazzi che ogni giorno ballano lungo il sottopassaggio della metropolitana<br />

di porta Venezia. Le persone che passano, anche se immerse nella vita<br />

frenetica di Milano, non possono fare a meno di lanciare uno sguardo verso questi<br />

ragazzi dai vestiti larghi e una grande passione per il ballo. Si fanno notare. Alcuni<br />

fanno passi di break dance o coreografie che lasciano davvero a bocca aperta.<br />

Nella Milano dei giovani non ci sono solo disco<strong>te</strong>che ed eccessi ma anche una passione<br />

che tutti i giorni porta decine di ragazzi ad allenarsi faticosamen<strong>te</strong>, per ore e<br />

ore, sotto la metropolitana, per strada e sui muretti.<br />

Alcuni dei ragazzi che oggi si possono trovare in porta Venezia, fino a qualche<br />

mese fa si ritrovavano sul famosissimo<br />

muretto di San Babila, da dove sono<br />

stati allontanati con “l’accusa” di appropriazione<br />

indebita di suolo pubblico.<br />

Loro, però, non si sono dati per vinti.<br />

E hanno cercato un altro luogo adatto<br />

per continuare a ballare.<br />

Occhio a non confondere i gruppi<br />

In metropolitana convivono gruppi diversi<br />

e occorre fare at<strong>te</strong>nzione a non<br />

confonderli: si possono incontrare i<br />

breaker, i latinos e i filippini.<br />

I primi sono giovani di diversa<br />

estrazione etnica, tra cui anche italiani,<br />

che hanno dai 14 ai 30 anni. Una differenza<br />

di età che ha una sua precisa ragione:<br />

tra i breaker vige una sorta di legge<br />

non scritta, per cui il ballo che praticano<br />

(la break dance) non si impara<br />

nelle scuole di danza, ma solo per strada,<br />

da persone più grandi e con maggiore<br />

esperienza. Anche Frod ha iniziato<br />

la sua carriera in San Babila e in portaVenezia,<br />

ora è un breaker di alto livello<br />

che fa anche in<strong>te</strong>rventi educativi<br />

nelle scuole, dove porta non solo una<br />

<strong>te</strong>cnica, ma la s<strong>te</strong>ssa cultura della strada.<br />

I breaker sono molto salutisti: non<br />

bevono, non fumano, si allenano duramen<strong>te</strong>.<br />

L’unico aiuto che si concedono<br />

sono bevande come gli in<strong>te</strong>gratori, che<br />

li aiutano a sopportare meglio gli sforzi<br />

32. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

fisici che il loro tipo di danza richiede.<br />

I latinos (latinoamericani), invece,<br />

fanno largo uso di alcolici, soprattutto<br />

birra, non duran<strong>te</strong> l’allenamento ma<br />

nelle loro esibizioni in disco<strong>te</strong>ca. Questi<br />

gruppi non curano molto l’aspetto<br />

coreografico, come accade invece per i<br />

breaker, ma lavorano molto sulla po<strong>te</strong>nza<br />

fisica delle loro performance per<br />

po<strong>te</strong>re par<strong>te</strong>cipare a vere e proprie sfide<br />

di ballo con altri gruppi della loro s<strong>te</strong>ssa<br />

area geografica di provenienza.<br />

Infine ci sono i filippini. Sono un<br />

gruppo molto chiuso, formato anche da<br />

preadolescenti e“specializzato” non solo<br />

in break e hip hop, ma anche in altri<br />

balli su basi di musica pop e disco. Rispetto<br />

agli altri gruppi, tra i filippini vi<br />

sono moltissime ragazzine, che ballano<br />

tra loro separa<strong>te</strong> dal gruppo dei maschi.<br />

Il ballo come espressione<br />

Maurizio, detto Mauz, è un giovane<br />

breaker che balla da alcuni mesi in portaVenezia.<br />

La sua storia è singolare: viene<br />

dalla Calabria, ha 25 anni e<br />

“breakka” da quando ne aveva 15, ha<br />

vissuto in Germania e ora è tornato in<br />

Italia, a Milano. In tutti questi spostamenti<br />

ha sempre ballato. Fin da piccolo<br />

si è dedicato anima e corpo alla<br />

break, documentandosi anche sulla<br />

« Una volta<br />

le sfide di break<br />

servivano per<br />

evitare le armi<br />

e la violenza.<br />

Oggi chi balla<br />

nella metro<br />

lo fa solo<br />

per passione»<br />

Foto di Luca Meola<br />

Sottosopra<br />

Un breaker prova nel corridoio della stazione<br />

di Porta Venezia della Linea 1 della<br />

metropolitana di Milano. Molti giovani hanno<br />

scelto la città sot<strong>te</strong>rranea per coltivare la loro<br />

passione per il ballo e socializzare con i loro<br />

coetanei, e in molti casi connazionali


storia di questa danza. «Inizialmen<strong>te</strong> i<br />

breaker si sfidavano ballando per avere<br />

il controllo del <strong>te</strong>rritorio, era un modo<br />

per evitare di usare armi e violenza –<br />

racconta Mauz, parlando delle origini<br />

della break dance, nata nel Bronx di<br />

New York tra gli afroamericani intorno<br />

al 1960, da dove si è espansa molto velocemen<strong>te</strong><br />

in tut<strong>te</strong> le zone“ghetto” delle<br />

grandi metropoli del mondo –. Oggi<br />

chi balla non lo fa per secondi fini, o in<br />

un ambien<strong>te</strong> criminoso, ma per passione.<br />

Una passione così coinvolgen<strong>te</strong> che<br />

a vol<strong>te</strong> è quasi una seconda vita».<br />

Esattamen<strong>te</strong> quella che muove Tonino,<br />

un ragazzo sudamericano che lavora<br />

in un supermercato milanese dalla<br />

mattina fino alle 5 del pomeriggio,<br />

ma appena stacca corre in porta Venezia<br />

ad allenarsi. «<strong>Per</strong>ché – racconta – la<br />

danza, fatta in modo serio, richiede<br />

tanta, ma tanta dedizione».<br />

Da San Babila li hanno cacciati. A<br />

PortaVenezia sono spesso mal sopportati,<br />

anche se animano un sottopasso<br />

abbandonato. Chissà che qualcuno<br />

non si accorga che questi ragazzi promuovono<br />

una forma di aggregazione<br />

(ar<strong>te</strong>?) capace di arricchire la città..<br />

scarpmilano<br />

L’educatore di strada<br />

Ballare, cioè in<strong>te</strong>grarsi<br />

«Ma il comune ci ha “tagliato”»<br />

«Il sottopassaggio della metropolitana di Porta Venezia è un<br />

non-luogo. Teoricamen<strong>te</strong>, avrebbero dovuto esserci dei negozi, ma per varie<br />

ragioni non sono mai stati aperti. Così c’è un lunghissimo spazio vuoto<br />

e inutilizzato, che da qualche <strong>te</strong>mpo viene usato da alcuni ragazzi come<br />

luogo di aggregazione e socializzazione». Così Luca Meola (nella foto)<br />

descrive il corridoio di porta Venezia, uno dei tanti spazi in cui ha lavorato<br />

come educatore di strada per Comunità Nuova. Fino al 2008<br />

il comune ha finanziato un progetto di educativa di strada,<br />

dando in appalto ad alcune associazioni varie zone delle<br />

città: quella di don Gino Rigoldi ha lavorato nella zona 3,<br />

che comprende Lambra<strong>te</strong>, Città Studi e Porta Venezia.<br />

Qui l’équipe ha conosciuto molti ragazzi e ha organizzato<br />

eventi, ad esempio tornei di basket o con<strong>te</strong>st di break dance.<br />

In che cosa consis<strong>te</strong> il lavoro dell’educatore di strada?<br />

La nostra missione è “agganciare” ragazzi pre-adolescenti<br />

e adolescenti, che di solito si ritrovano e socializzano nelle<br />

piazze, nei parcheggi, nei parchi, sui muretti, in metrò...<br />

Quali iniziative ave<strong>te</strong> realizzato con i ragazzi di porta Venezia?<br />

Con i breaker per due anni abbiamo organizzato con<strong>te</strong>st nella metro: vere<br />

e proprie sfide a ritmo di musica tra crew (gruppi). Purtroppo non siamo<br />

riusciti a lavorare molto con filippini e latinos: diversamen<strong>te</strong> dai breaker,<br />

che sono un gruppo poliedrico, sia per età che per nazionalità, sono<br />

compagnie omogenee e le barriere sono mol<strong>te</strong>.<br />

Chi sono dunque i ragazzi che ballano nella metro?<br />

In porta Venezia ci sono tre gruppi: breaker, latini e filippini. I primi sono<br />

ragazzi italiani, e per italiani in<strong>te</strong>ndo anche immigrati di seconda<br />

generazione ben in<strong>te</strong>grati, che vivono in varie parti della città e fanno par<strong>te</strong><br />

di una delle tan<strong>te</strong> crew. All’inizio ho conosciuto un gruppo che mi è rimasto<br />

impresso: i “Banana split”, erano lì quasi tutti i pomeriggi a ballare, ballare<br />

e ballare; stavano a Sesto Marelli, sono stati “sfrattati”, ora continuano<br />

in porta Venezia. Poi ci sono i latinos, che stanno ore e ore a imparare<br />

coreografie hip hop da proporre nelle disco<strong>te</strong>che sudamericane, dove si<br />

sfidano con altri connazionali. Infine i filippini: si ritrovano in alcuni periodi,<br />

ad esempio prima delle fes<strong>te</strong> della loro comunità, a preparare balletti.<br />

Questo progetto educativo si è concluso da oltre un anno. Come lavora<strong>te</strong><br />

oggi con i giovani che vivono questo angolo di Milano?<br />

Purtroppo con i ragazzi di porta Venezia non lavoriamo più: l’assessorato<br />

ai servizi sociali del comune, in un’ottica di riduzione dei servizi, non ha<br />

rinnovato l’appalto alle associazioni che si occupano di educativa di strada.<br />

Il progetto avrebbe dovuto ripartire sotto un’altra ves<strong>te</strong>, ma è tutto fermo.<br />

Quali altre iniziative ave<strong>te</strong> in corso?<br />

Stiamo lavorando con i latinos: negli ultimi mesi si sono verificati episodi<br />

spiacevoli all’in<strong>te</strong>rno dei gruppi appar<strong>te</strong>nenti a questa comunità. Ora più<br />

che mai, bisogna seguire questi ragazzi. Occorre renderli protagonisti della<br />

loro vita e dei loro spazi, per prevenire atti devianti, come l’omicidio,<br />

avvenuto poco <strong>te</strong>mpo a Milano, fa di un giovane membro dei Latin King.<br />

Quale è il livello di devianza e di criminalità tra i latinos?<br />

Non c’è criminalità, se con questo <strong>te</strong>rmine in<strong>te</strong>ndiamo spaccio di droga<br />

o racket. Loro non fanno par<strong>te</strong> di gruppi criminali, ma di vere e proprie<br />

famiglie di strada. Le risse tra bande non avvengono quasi mai per soldi<br />

o per il possesso del <strong>te</strong>rritorio, sono piuttosto scontri “simbolici”, perché<br />

è tipica della loro cultura una socializzazione alla violenza che molto<br />

spesso è legata al largo consumo di alcol.<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .33


storie di via brambilla<br />

I ragazzi del Triboniano scrivono all’assessore: «Ave<strong>te</strong> borse lavoro?»<br />

I rom vogliono lavorare<br />

ma non ci crede nessuno<br />

di Generoso Simeone<br />

I<br />

Sfidando se s<strong>te</strong>ssi e le regole<br />

del campo, i ragazzi hanno<br />

seguito corsi di formazione.<br />

Ma nessuno li vuole assumere<br />

in collaborazione con<br />

ROM NON VOGLIONO LAVORARE. È il luogo comune, spesso utilizzato da chi accusa<br />

i membri di questa etnia di non volersi in<strong>te</strong>grare nella nostra società. Ma nel caso<br />

dei 40 adolescenti del campo di viaTriboniano, area di 14 mila metri quadri,<br />

che il comune di Milano ha attrezzato per ospitare regolarmen<strong>te</strong> 600 rom, forse<br />

è il caso di dire che è vero il contrario: è il mondo del lavoro a non volere i rom.<br />

Da due anni, infatti, 40 ragazzi e ragazze dai 14 ai 18 anni, sono coinvolti dagli<br />

operatori della Casa della carità in vari percorsi formativi, con l’obiettivo di<br />

acquisire basi di conoscenza tali da garantirsi un’occupazione stabile. Dopo<br />

due anni di lavoro e studio, però, le occasioni di impiego per questi adolescenti<br />

sono pressoché nulle. «Sei rom? Abiti alTriboniano? No grazie, non abbiamo<br />

bisogno...». è quanto si sentono rispondere gli adolescenti ogni volta che si presentano<br />

a un po<strong>te</strong>nziale datore di lavoro. Le loro aspettative rimangono mortifica<strong>te</strong>,<br />

tanto che hanno scritto una let<strong>te</strong>ra all’assessore ai servizi sociali del comune<br />

di Milano, Mariolina Moioli, esortandola a in<strong>te</strong>rvenire con l’istituto delle<br />

borse-lavoro, che il comune può met<strong>te</strong>re a disposizione in questi casi. Sono<br />

solo due, però, quelle che Palazzo Marino nel frat<strong>te</strong>mpo è riuscito a garantire.<br />

Gli operatori della Casa della carità raccontano della grande fatica fatta per<br />

convincere questi ragazzi ad accettare i corsi di<br />

formazione. Si tratta di ragazzi che vivono quotidianamen<strong>te</strong><br />

in un con<strong>te</strong>sto sempre al limi<strong>te</strong><br />

dell’illegalità e che difficilmen<strong>te</strong> riescono a comprendere<br />

l’utilità di un percorso regolare di studi<br />

e professionalizzazione. Nonostan<strong>te</strong> ciò, in 40<br />

hanno hanno comunque deciso di cominciare<br />

questa strada e, spesso, i laboratori professionali sono stati abbinati al conseguimento<br />

della licenza di scuola media. Quindi, all’in<strong>te</strong>rno dei corsi di cucina,<br />

manu<strong>te</strong>nzione di in<strong>te</strong>rni ed elettricista, hanno seguito anche lezioni di italiano<br />

e ma<strong>te</strong>matica.<br />

In questo con<strong>te</strong>sto la collaborazione del SeAd, Servizio adolescenti del comune<br />

di Milano, e in particolare con il Centro di via Fleming, è stata decisiva.<br />

La maggior par<strong>te</strong> dei ragazzi ha fatto registrare una frequenza scolastica positiva.<br />

Le difficoltà ci sono sta<strong>te</strong>, specie all’inizio, ma con il passare dei mesi è<br />

cresciuto l’entusiasmo, anche perché si avvicinava il momento di met<strong>te</strong>rsi alla<br />

prova nel mondo del lavoro. Una possibilità che, però, finora è rimasta solo<br />

sulla carta. “Senza la possibilità di cogliere nuove vie – hanno scritto i ragazzi<br />

nella let<strong>te</strong>ra all’assessore – non ci sarà modo di lasciare quel mondo un po’ folle<br />

che è il campo di Triboniano”.<br />

Nel frat<strong>te</strong>mpo, infatti, sei di quei 40 ragazzi sono stati colti dalle forze dell’ordine<br />

in flagranza di reato. Due ragazzine sorprese a commet<strong>te</strong>re furti in un supermercato,<br />

quattro ragazzini beccati mentre rubavano dei motorini. Quando<br />

si è senza opportunità legali, si finisce per coglierne altre..<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .35


scarpmilano<br />

Serata a “Dialogo nel buio”, in<strong>te</strong>nsa proposta dell’Istituto<br />

dei Ciechi. Il panico si vince scoprendo gli altri come risorse<br />

Passi nell’oscurità<br />

ansia e affidamento<br />

di Grazia Sacchi<br />

Era da <strong>te</strong>mpo che volevo fare il percorso di “Dialogo nel Buio”, ma non<br />

mi decidevo. Dal 2005 in pianta stabile, all’Istituto dei Ciechi di via Vivaio, ”Dialogo”<br />

è stata visitata con curiosità e affetto da almeno 210 mila persone. E io non mi<br />

ero ancora decisa. Fino a un sabato mattina di poche settimane fa, al lavoro, quando<br />

ne parlo alle mie colleghe e loro, lancia in resta, si dimostrano entusias<strong>te</strong>. Al che<br />

– cosa strana – sono io a ritrarmi: la paura del buio e la claustrofobia mi pizzicano<br />

la ragione. Lo dico alle imperturbabili colleghe e Elena mi suggerisce di pensare a<br />

“Dialogo nel Buio” come a una prova da superare.<br />

Ha trovato il varco giusto, la Elena. Prendo la parola “possibilità” e la <strong>te</strong>ngo in<br />

saccoccia fino al venerdì della settimana dopo, quando finito il lavoro, alle 20, sia-<br />

mo pron<strong>te</strong> per andare a vedere l’effetto<br />

che fa questo buio. D’esta<strong>te</strong> (fino a<br />

set<strong>te</strong>mbre) il Cafènoir è anche all’aperto<br />

e una voltà lì, se si vuole visitare<br />

“Dialogo”, è sufficien<strong>te</strong> comunicare in<br />

quanti si è.Vengono formati gruppi da<br />

otto persone, e quando il gruppo è<br />

completo si entra. Ci dicono che c’è da<br />

aspettare un po’ e così prendiamo<br />

qualcosa al bar. Mi guardo intorno, e<br />

l’atto del guardare mi rende cari gli occhi:<br />

fra poco non li utilizzerò per 75 minuti<br />

e sa il cielo se ce la farò a sopportare<br />

tutta quell’oscurità.<br />

Sale il buio fuori e dentro di <strong>te</strong><br />

Tocca a noi, ci chiamano, si entra. Ci<br />

fanno lasciare le borse e qualsiasi fon<strong>te</strong><br />

luminosa (cellulari, palmari, orologi) in<br />

un armadietto, e ci danno il bastone<br />

bianco dei non vedenti, da <strong>te</strong>nere nella<br />

mano destra. Avanziamo. Otto persone<br />

in fila indiana con la mano sinistra appoggiata<br />

alla pare<strong>te</strong> che si piega a sinistra<br />

e poi ancora a sinistra, mentre la luce<br />

si dissolve nel grigio, poi nel grigio<br />

scuro, poi nel nero senza appello.<br />

Siamo nel buio, sono al buio. Giro la<br />

<strong>te</strong>sta, la alzo, cerco anche di vedere con<br />

il naso, ma non vedo nulla, non posso<br />

vedere più nulla. Ci siamo dissolti tutti,<br />

il nostro corpo è sparito nel fosco più<br />

profondo. Sembriamo delle radio, e le<br />

36. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

Foto: Absorbitorium<br />

nostre voci incontrano la voce femminile<br />

bellissima, tonda, allegra (e con una<br />

punta d’inflessione piemon<strong>te</strong>se) della<br />

guida, che ci prende in consegna.<br />

Si chiama Laura, è ipoveden<strong>te</strong>, fa la<br />

fisio<strong>te</strong>rapista e da due anni lavora anche<br />

a “Dialogo nel Buio”. è curioso il titolo<br />

che hanno dato a questa mostra,<br />

eppure è quello che sta accadendo nel<br />

nostro gruppo. Vicinanza fisica, contatti<br />

con scontro di bastoni bianchi,<br />

voci che chiamano altre voci per localizzarsi:<br />

l’at<strong>te</strong>nzione è sul dialogo e<br />

non sul buio.<br />

Un percorso per comprendere<br />

Solo chi parla esis<strong>te</strong>, nei 75 minuti di<br />

buio di questa mostra, frontiera oscura<br />

da attraversare, passaggio condensato<br />

di emozioni da accogliere e condividere.“Dialogo<br />

nel Buio” non sono mille<br />

metri quadrati che mettono in scena la<br />

condizione della cecità, simulandola<br />

per i normovedenti. è piuttosto un percorso<br />

di sensibilizzazione e confronto<br />

sull’emarginazione e la discriminazione<br />

in cui vivono i disabili visivi, puntando<br />

al dialogo, oltre gli s<strong>te</strong>reotipi e le difficoltà<br />

di approccio reciproco, tra il <strong>te</strong>ssuto<br />

normodotato della società e le capacità<br />

dei non vedenti o ipovedenti,<br />

mutazioni vitali originali, origina<strong>te</strong> dal<br />

loro vissuto.<br />

L’affidamento alla guida, a Laura, è<br />

totale. Prima di cominciare il giro, che si<br />

muoverà dentro cinque ambienti scenografati<br />

in modo realistico e separati<br />

da altrettan<strong>te</strong> por<strong>te</strong> scorrevoli, con Laura<br />

rimaniamo alcuni istanti fermi, per<br />

abituarci a questa nuova dimensione,<br />

sia nello spazio che in<strong>te</strong>riore.<br />

Passano i minuti e, complice il primo<br />

spazio che attraversiamo, ci sentia-


« La stanza che<br />

genera ansia<br />

racchiude<br />

una porzione<br />

di città: traffico,<br />

semafori, palazzi.<br />

Caos allo stato<br />

puro. Così vado<br />

a sbat<strong>te</strong>re contro<br />

il buio mentale»<br />

mo tutti molto più dis<strong>te</strong>si e avanziamo<br />

incuriositi e at<strong>te</strong>nti, toccando per <strong>te</strong>rra<br />

per capire dove camminiamo, o annusando<br />

e toccando le pian<strong>te</strong> aromatiche<br />

che ci sfiorano. Il buio è sempre meno<br />

ostile, è una sorpresa per me essere così<br />

calma e <strong>te</strong>nere a bada l’accoppiata<br />

“buio & claustrofobia”: questo accade<br />

(ce lo ricorda Laura) perché gli altri sensi<br />

si sono fatti avanti e stanno raccogliendo<br />

informazioni per farci orientare.<br />

Prosegue il giro, e i nostri piedi poggiano<br />

su qualcosa di soffice. Si cammina<br />

a fatica; aiutati da Laura, saliamo un<br />

gradino per sis<strong>te</strong>marci su quella che<br />

sembrerebbe una panca, ma poco dopo<br />

salpiamo. Ci muoviamo sull’acqua,<br />

dentro una not<strong>te</strong> che, penso, non è solo<br />

quella che scippa il sole quando è il momento,<br />

ma è quella che, per qualcuno,<br />

non finisce mai. È dura“navigare” e cercare<br />

di non ricordarsi com’è fatto il mare,<br />

cacciare dal mio archivio visivo la sua<br />

immagine. Non è proprio possibile. Se<br />

invece accolgo l’idea che ci stiamo spostando<br />

sull’acqua senza po<strong>te</strong>r vedere<br />

nien<strong>te</strong>, e mi concentro sul vento e sulle<br />

onde che cingono calme la chiglia, succede<br />

che la magia trova un posto sul<br />

piccolo gozzo, e in quegli istanti ogni<br />

destinazione diventa possibile in questo<br />

buio aperto che ci emoziona.<br />

La città, approccio devastan<strong>te</strong><br />

Altro“ambien<strong>te</strong>”, una casa, entriamo e ci<br />

sono un sacco di cose da toccare, riconoscere,<br />

persino una scritta a pare<strong>te</strong>. La<br />

presenza di alcuni libri su un tavolo fa<br />

scattare domande a Laura su come riesce<br />

a leggere. Ci parla della Barra Braille<br />

(che applicata a un qualsiasi compu<strong>te</strong>r,<br />

trasforma il con<strong>te</strong>nuto di una riga del<br />

monitor in un <strong>te</strong>sto Braille a rilievo), del-<br />

L’esperienza<br />

Camminare come e con i ciechi,<br />

un percorso che sensibilizza<br />

“Dialogo nel Buio”<br />

è una mostra grazie alla quale<br />

i visitatori percorrono nel buio<br />

un viaggio in diversi scenari realistici,<br />

esplorati con l’assis<strong>te</strong>nza di una guida<br />

non veden<strong>te</strong> o ipoveden<strong>te</strong>.<br />

. L’obiettivo di DnB è diffondere<br />

la cultura dell’in<strong>te</strong>grazione<br />

e promuovere il ruolo attivo<br />

delle persone non vedenti<br />

o ipovedenti nella società. L’ipovisione è un’al<strong>te</strong>razione che provoca<br />

un’acu<strong>te</strong>zza visiva molto ridotta. Restrizione del campo visivo,<br />

visione sfuocata, comparsa di macchie scure: questi alcuni fra i disagi<br />

che condizionano la vita quotidiana degli ipovedenti.<br />

Può essere un passaggio verso la cecità, parziale o totale.<br />

. DnB nasce nel 1988 da un’idea del giornalista <strong>te</strong>desco Andreas<br />

Heinecke, che realizza il primo percorso sensoriale a Francofor<strong>te</strong>.<br />

Da allora il successo di questa iniziativa si è clonato inarrestabile in 17<br />

paesi nel mondo, in Canada, Europa, Israele, Messico, Giappone e Brasile.<br />

. Dal 2005 DnB è all’Istituto dei Ciechi di Milano, una delle più antiche<br />

istituzioni della città, che da 170 anni si occupa delle problematiche<br />

lega<strong>te</strong> all’handicap visivo.<br />

INFO www.dialogonelbuio.org e www.istciechimilano.it<br />

la sin<strong>te</strong>si vocale<br />

(che è un apparecchioes<strong>te</strong>rnoin<strong>te</strong>rno<br />

al compu<strong>te</strong>r,<br />

che può<br />

farlo parlare, tramutando<br />

in suono<br />

il con<strong>te</strong>nuto<br />

dello schermo),<br />

dello screen reader<br />

(che è un programma che stabilisce<br />

quale par<strong>te</strong> dello schermo verrà evidenziato<br />

dalla Barra Braille e quale sarà letta<br />

dalla sin<strong>te</strong>si vocale) e di una nastro<strong>te</strong>ca,<br />

ben fornita di una selezione di libri<br />

su supporto digitale.<br />

La stanza che genera più ansia è ovviamen<strong>te</strong><br />

quella che racchiude una porzione<br />

di città, con traffico, semafori, palazzi,<br />

bancarelle di mercato e strada da<br />

attraversare. È caos puro, a cui s’aggiunge<br />

l’elicot<strong>te</strong>ro che passa rendendo inservibile<br />

il segnale acustico del semaforo<br />

che permet<strong>te</strong>rebbe il superamento<br />

dell’incrocio al momento opportuno.<br />

È l’udito che guida, con l’at<strong>te</strong>nzione<br />

massima riservata all’attimo in cui le<br />

macchine si fermano, per il rosso. Sempre<br />

nel buio arriviamo al bar: c’è musi-<br />

ca e vocìo diffuso,<br />

e proprio lì la<br />

mia claustrofobia<br />

mi fa pagare<br />

pegno, mandandomi<br />

dritta a<br />

sbat<strong>te</strong>re contro il<br />

buio mentale e<br />

respingen<strong>te</strong> che<br />

<strong>te</strong>mevo si presentasse<br />

in un’esperienza così.<br />

Riesco, però, di nuovo ad aprirlo,<br />

il mio buio, e a farci entrare quello<br />

che ascolto intorno a me, e che mi<br />

aiuta: una versione di Azzurro che sta<br />

nascendo es<strong>te</strong>mporanea dalle mani<br />

del suonatore Jones, al piano, e dal<br />

coro delle persone che sono sedu<strong>te</strong><br />

vicine, intorno al tavolo. Mi commuove<br />

cantare, nel buio, “mi accorgo<br />

di non avere più risorse senza di <strong>te</strong>” –<br />

al solito le canzoni, fa<strong>te</strong> sapienti, arrivano<br />

al momento giusto – e quel “mi<br />

accorgo di non avere più risorse senza<br />

di <strong>te</strong>” mi pare subito la frase faro<br />

che potrebbero sussurrarsi l’un l’altra,<br />

in un ipo<strong>te</strong>tico <strong>te</strong>lefono senza fili,<br />

le persone che si sono incontra<strong>te</strong><br />

qui, stasera..<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .37


38. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

torino<br />

Suor Simona si occupa, in Bolivia, di istruzione dei minori.<br />

Dalla sua esperienza, stimoli anche per noi...<br />

A lezione<br />

dalla suora<br />

di Pasquale Zuppardo<br />

Simona è una suora domenicana diTorino, che da quasi trent’anni è in<br />

missione in America Latina (Argentina prima, poi Bolivia). Incontrarla è stato come<br />

prendere una boccata di ossigeno. Suor Simona ha avuto il merito di farci ricordare<br />

che il mondo è ben più grande e complesso del nostro piccolo giardino, che <strong>te</strong>ntiamo<br />

di“difendere” con politiche sempre più respingenti. Politiche che, a ben guardare,<br />

raccolgono e racchiudono il sentire comune di tanti, e forse anche par<strong>te</strong> del<br />

nostro, preoccupati come siamo di difendere con le unghie e con i denti il nostro<br />

piccolo benessere.<br />

É come se la grave crisi strutturale che l’economia mondiale sta vivendo, imputabile<br />

ai “grandi” e ai “po<strong>te</strong>nti” del capitalismo sfrenato e senza limiti, dovesse essere<br />

pagata ul<strong>te</strong>riormen<strong>te</strong> da chi è più<br />

oppresso, sfruttato e impoverito in nome<br />

di quello s<strong>te</strong>sso capitalismo. A chi è Ely<br />

in difficoltà e <strong>te</strong>me per il futuro, come<br />

tanti italiani lo sono e lo saranno sem- Forse non l’hai mai capito<br />

pre di più, servono capri espiatori, a cui che sei dentro prepo<strong>te</strong>n<strong>te</strong><br />

imputare la colpa delle condizioni so-<br />

in un sogno infinito<br />

ciali differenti. È l’antica logica del divide<br />

et impera, una guerra tra poveri che che mi romba nella men<strong>te</strong>.<br />

viene alimentata senza che siamo capa-<br />

Tu con gli occhi tuoi stupendi<br />

ci di maturare la coscienza e acquisire<br />

la chiarezza sui meccanismi che divido- hai turbato la mia pace<br />

no il mondo in ricchi e poveri, sazi e af-<br />

e quei modi tuoi giocondi<br />

famati.<br />

par d’un angelo la voce.<br />

<strong>Per</strong>dersi per l’influenza<br />

Dolce Eliana sto morendo<br />

Suor Simona ha quasi sempre lavorato<br />

in quartieri molto popolari, con i bam- so di certo non ti avrò<br />

bini, facendo con loro e per loro recu-<br />

è comunque<br />

pero scolastico. Le classi in quei paesi<br />

sono molto affolla<strong>te</strong> e i bambini non<br />

un sogno in fondo<br />

possono essere seguiti in maniera ade-<br />

come tale lo vivrò.<br />

guata. I più fragili e i più deboli sono<br />

quindi destinati a rimanere indietro,<br />

Ora not<strong>te</strong> buia arriva<br />

abbandonati a se s<strong>te</strong>ssi…<br />

nel mio letto<br />

Quella che ci ha offerto suor Simo-<br />

senza sonno<br />

na è stata una prospettiva diversa,<br />

un’inversione di <strong>te</strong>ndenza: ha posto l’at- la tua faccia pura e viva<br />

<strong>te</strong>nzione sui più deboli, fatto importan-<br />

e silen<strong>te</strong><br />

<strong>te</strong> perché anche loro hanno diritto a crescere<br />

e a essere cittadini consapevoli e<br />

viene giorno.<br />

ar<strong>te</strong>fici del proprio destino. Si cresce e si<br />

Demo<br />

matura con l’istruzione e l’educazione.<br />

È un po’ come insegnare a pescare, invece<br />

che distribuire il pesce.<br />

Certi incontri sono poi molto importanti<br />

perché aiutano a riflet<strong>te</strong>re e a<br />

capire come le notizie forni<strong>te</strong> dai mezzi<br />

di comunicazione sono molto spesso<br />

pilota<strong>te</strong> e funzionali a un sis<strong>te</strong>ma escluden<strong>te</strong>.<br />

Suor Simona ci ha detto che la<br />

Bolivia è uno dei paesi più colpiti dalla<br />

recen<strong>te</strong> pandemia di influenza e le vacanze<br />

invernali (là ora è inverno) sono<br />

sta<strong>te</strong> protrat<strong>te</strong> a cinque settimane; lei<br />

era molto dispiaciuta perché in un periodo<br />

così lungo i bambini rischiano di<br />

perdersi. Forse non andranno più a<br />

scuola e nemmeno alle lezioni di recupero.<br />

Ripensandoci bene, qualcuno ha<br />

letto o sentito la notizia che in Bolivia c’è<br />

una così grave epidemia di influenza –e<br />

questo è un pericolo in un paese in cui<br />

le difese immunitarie sono indeboli<strong>te</strong><br />

dalla denutrizione – come e forse più<br />

che negli Stati Uniti? Certi uomini e cer<strong>te</strong><br />

donne valgono meno di altre, a seconda<br />

di dove sono colloca<strong>te</strong> o na<strong>te</strong>?<br />

Camminare con l’umanità<br />

Pensieri sparsi mi affiorano alla men<strong>te</strong><br />

dopo l’incontro con suor Simona, una<br />

persona semplice, senza retorica, che<br />

non crea barriere, che sen<strong>te</strong> come un<br />

compito affidatole quello di camminare<br />

a fianco di un’umanità ricca di valori<br />

e dignitosa, ma <strong>te</strong>nuta povera perché<br />

non cresca. È il suo contributo alla pace,<br />

alla fra<strong>te</strong>llanza, a un mondo migliore.<br />

E questo diventa stimolo per tutti,<br />

anche per me, a non assecondare politiche,<br />

prassi e mentalità scandalosamen<strong>te</strong><br />

respingenti e a favorire accoglienza<br />

per la crescita e la dignità di tutti.<br />

<strong>Per</strong>chè il mescolamento dei popoli e<br />

delle razze è una ricchezza per tutti..


Ma l’amore<br />

che cos’è?<br />

scarptorino<br />

Quanti autori hanno trattato l’argomento! Ma nessuno<br />

ha saputo svelare il segreto. E così, un bambino domanda...<br />

di Luca Pinardi<br />

Un brivido sulla pelle, il sangue che ti riscalda con vampa<strong>te</strong> in tutto<br />

il corpo, la saliva che ti si secca in gola, e poi finalmen<strong>te</strong> un bacio sulla bocca con<br />

la persona che ami. E tutto questo lo chiami amore? Cos’è dunque un bacio?<br />

Secondo Edmond Rostand (nel suo Cyrano de Bergerac) il bacio è un apostrofo<br />

rosa tra le parole “t’amo”. Parole cor<strong>te</strong>, se vuoi, ma piene di significato: distingui<br />

il sesso dall’amore vero, gli dai una valenza sacrale che va oltre ogni <strong>te</strong>mpo.<br />

L’amore di coppia, dunque. Quanti autori hanno trattato questo argomento?<br />

Ma nessuno di loro ha mai saputo dire quale sia il segreto per far funzionare al<br />

meglio questo rapporto, pur fra le mille difficoltà della vita. Io sono portatore di<br />

ques<strong>te</strong> difficoltà, ma sono anche un’ottimista per natura e a differenza di Ro-<br />

stand – il suo pessimismo era tale che<br />

sospettava persino della sincerità dei<br />

pessimisti –, io credo veramen<strong>te</strong> nella<br />

lealtà dell’amore, anche quando questo<br />

si allontana nel <strong>te</strong>mpo fino a quasi<br />

sbiadire.<br />

Mi colse all’improvviso<br />

Un giorno mio figlio mi chiese: «Papà,<br />

che cos’è l’amore»? Mi colse così all’improvviso<br />

che esitai un attimo, poi<br />

gli dissi che l’amore è quando due persone<br />

si incontrano, si piacciono e sublimano<br />

il loro amore nell’atto più sacro<br />

e significativo: quello di procreare<br />

un figlio, amarlo, allevarlo e curarlo nel<br />

migliore dei modi nella loro unione<br />

coniugale. Mio figlio continuò dicendo<br />

che allora io e la mamma non ci<br />

amavamo più, visto che non abitavamo<br />

più insieme. Allora gli ho spiegato<br />

che a vol<strong>te</strong> le cose non vanno esattamen<strong>te</strong><br />

come le vorresti, semplicemen<strong>te</strong><br />

non andavamo più d’accordo e non<br />

riuscivamo più a dialogare, da qui la<br />

nostra scelta di lasciarci. Allora mio figlio<br />

mi mise in crisi dicendomi che allora<br />

non volevo più bene nemmeno a<br />

lui. Gli spiegai che io volevo ancora bene<br />

alla mamma e soprattutto a lui. Si<br />

mise a piangere e mi disse, tra un singhiozzo<br />

e l’altro: «Scusami papà, ma io<br />

non <strong>te</strong> ne voglio più».<br />

Sono passati diversi anni da allora,<br />

mio figlio ora è cresciuto e ha capito il<br />

vero significato del voler bene a una<br />

persona, frequentando una ragazza<br />

che ama e rispetta. Un giorno a questa<br />

ragazza confidò che io gli volevo veramen<strong>te</strong><br />

bene, che avrebbe voluto riallacciare<br />

il nostro rapporto e che sbagliava<br />

a non parlarmi più. Col <strong>te</strong>mpo<br />

tra noi si instaurò un sincero dialogo e<br />

capimmo tutti e due cosa significasse<br />

amare.<br />

Non ho nulla da aggiungere<br />

Vorrei qui esprimere un mio pensiero<br />

a riguardo di tut<strong>te</strong> le coppie: l’amore è<br />

ancora più for<strong>te</strong> quando a vol<strong>te</strong> si è<br />

lontani, ma non per questo cessa. L’amore,<br />

quello vero e sincero, è molto simile<br />

all’amicizia, purché ci sia dialogo,<br />

voglia di met<strong>te</strong>rsi in discussione con<br />

umiltà e sincerità, e le parti siano par<strong>te</strong>cipi<br />

attivamen<strong>te</strong> ai bisogni dell’altro,<br />

pur man<strong>te</strong>nendo la loro unicità di persone.<br />

Caro figlio, non ho nulla da aggiungere,<br />

se non che ti voglio bene e che mi<br />

dispiace se hai sofferto, ma sappi che<br />

anch’io ho sofferto nel non averti accanto<br />

mentre tu crescevi.<br />

Un bacio e un abbraccio, tuo papà<br />

Luca..<br />

<strong>Per</strong> <strong>te</strong><br />

Una mattina<br />

mi sono svegliata<br />

ed ero donna,<br />

ma la cosa più brutta<br />

era che tu<br />

non <strong>te</strong> ne sei mai accorto<br />

che quel bocciolo<br />

era sbocciato<br />

in una bellissima rosa<br />

e tu l’hai fatta<br />

appassire<br />

perché non l’hai<br />

saputa curare<br />

e così sono<br />

morta dentro,<br />

ma ora ho trovato <strong>te</strong><br />

che mi hai fatto<br />

di nuovo rifiorire,<br />

grazie di questo,<br />

amore mio.<br />

Piera Coppa<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .39


40. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

genova<br />

Un mese di festa nel quartiere ex industriale, che sta<br />

mutando pelle. «La trasformazione deve creare nuova socialità»<br />

Cornigliano<br />

cambia un Pop<br />

Festa popolare,<br />

spazio di incontro<br />

L’edizione 2009 di “Pop”,<br />

contrariamen<strong>te</strong> al solito,<br />

si è <strong>te</strong>nuta<br />

a villa Durazzo Bombrini,<br />

un luogo che non è<br />

il centro città<br />

e che lotta da anni<br />

contro il depauperamento,<br />

sociale e urbanistico<br />

di S<strong>te</strong>fano Neri<br />

«Quel che sarà Genova nei prossimi anni dipenderà dalle tan<strong>te</strong> scommesse<br />

che si giocano, in gran par<strong>te</strong>, su questo <strong>te</strong>rritorio. E siamo con<strong>te</strong>nti di po<strong>te</strong>r<br />

dare il nostro piccolo contributo, che ha voluto essere, per l’appunto, popolare».<br />

L’incontro con Gabriele Taddeo, presiden<strong>te</strong> di Arci Genova, ci ha spalancato le<br />

por<strong>te</strong> di “Pop”, evento culturale e sociale ospitato a Villa Durazzo Bombrini, a Cornigliano,<br />

nel periodo che è andato dall’8 luglio al 2 agosto. Una festa Pop, perché<br />

«Pop vuol dire popolare». Rivolta a tutti i cittadini e a tut<strong>te</strong> le fasce di età della popolazione.<br />

Ma soprattutto, <strong>te</strong>sa alla valorizzazione del <strong>te</strong>rritorio.<br />

Già, il <strong>te</strong>rritorio. Cornigliano, periferia ponentina di Genova, è un quartiere cambiato<br />

in modo quasi brutale, nel passaggio tra fine Ottocento e inizi Novecento: a<br />

spiagge, orti e campagne fiancheggia<strong>te</strong><br />

dalle ville dei nobili genovesi, si sostituirono<br />

le fabbriche, soprattutto per la produzione<br />

dell’acciaio. E le fabbriche portarono<br />

lavoro e futuro, ma si mangiarono<br />

le grazie del passato ed esalarono fumi<br />

e polveri, che annerivano i balconi.<br />

La stagione degli opposti – o il lavoro<br />

o la vita, l’ambien<strong>te</strong>, la storia, la bellezza,<br />

la salu<strong>te</strong> – restò inconciliabile per<br />

tutto il secolo breve, abbat<strong>te</strong>ndo le case<br />

comuni di una volta, le villeggiature di<br />

campagna che furono dei Doria, degli<br />

Spinola, dei Di Negro, con i loro frut<strong>te</strong>ti<br />

e i ricchi giardini che si affacciavano sul<br />

mare, persino il cas<strong>te</strong>llo ottocen<strong>te</strong>sco di<br />

Edilio Raggio, l’uomo più ricco d’Italia.<br />

Dopo i primi insediamenti di fine<br />

Ottocento (lo Stabilimento Delta, le Officine<br />

di riparazione navale Savoia, l’acciaieria<br />

Ansaldo di Campi), il vero sbarco<br />

industriale avvenne intorno alla seconda<br />

guerra mondiale, quando l’Italia<br />

volle dotarsi di un impianto siderurgico<br />

costiero a ciclo in<strong>te</strong>grale e Cornigliano<br />

parve il luogo stra<strong>te</strong>gicamen<strong>te</strong> più adatto:<br />

prima e dopo il conflitto, milioni di<br />

metri cubi di <strong>te</strong>rra colmarono il fondo<br />

marino e fecero da base per gli impianti<br />

maestosi che prima furono di Italsider,<br />

di proprietà statale, successivamen<strong>te</strong><br />

del gruppo privato Riva.<br />

I pescatori divennero operai e il mare<br />

sparì dalla loro vista, i contadini divennero<br />

laminatori e i campi smisero di<br />

fruttare. Il degrado urbano si appesantì<br />

e il <strong>te</strong>ssuto sociale divenne <strong>te</strong>rreno di<br />

forti contrasti, malgrado l’impegno di<br />

gruppi e comitati di quartiere, in particolare<br />

le “Donne di Cornigliano”, attivi<br />

per il recupero di una parziale vivibilità.<br />

Una svolta arrivò solo nel 2005: istituzioni,<br />

imprenditori, parti sociali, raggiungono<br />

l’accordo per porre fine alla<br />

produzione “a caldo”, più inquinan<strong>te</strong>,<br />

senza tagliare posti di lavoro, e riportarono<br />

alla città 350 mila metri quadri di<br />

<strong>te</strong>rritorio, oggi oggetto di una progettazione<br />

per riqualificarli. Dell’eleganza


che, nei secoli, aveva spinto Petrarca a<br />

cantarla e gli aristocratici inglesi a inserirla<br />

nel Grand Tour, Cornigliano è riuscita<br />

a conservare solo Villa Bombrini,<br />

per l’appunto.<br />

Lotta al depauperamento<br />

L’apertura del giardino diVilla Bombrini<br />

in occasione di Pop è stata dunque<br />

un gesto dallo spiccato valore simbolico,<br />

for<strong>te</strong>men<strong>te</strong> caldeggiato proprio dall’Arci:<br />

«Ha avuto l’in<strong>te</strong>nto – dichiara<br />

Taddeo – di sos<strong>te</strong>nere e vivificare una<br />

zona in profonda trasformazione,<br />

estremamen<strong>te</strong> fervida dal punto di vista<br />

associativo. La festa si è <strong>te</strong>nuta, contrariamen<strong>te</strong><br />

al solito, in un luogo che<br />

non è il centro città e che lotta contro il<br />

depauperamento, sociale e urbanistico».<br />

La villa «non è un luogo molto conosciuto»,<br />

ammet<strong>te</strong> il presiden<strong>te</strong> dell’Arci<br />

ed è sempre stata attorniata da<br />

uno stuolo di gasometri: Pop si è inserito<br />

in questo con<strong>te</strong>sto di riqualificazione<br />

e ha in<strong>te</strong>so offrire uno spazio di svago,<br />

cultura, gioco e par<strong>te</strong>cipazione. E, come<br />

già in altre occasioni, le realtà sociali<br />

e associative corniglianesi hanno offerto<br />

un ruolo di supporto indispensabile<br />

per realizzare e gestire le attività: «É<br />

stata una festa, ma soprattutto un momento<br />

di incontro: ha in<strong>te</strong>so favorire<br />

l’aggregazione delle persone, lavorando<br />

con i soggetti del <strong>te</strong>rritorio. Ha insomma<br />

cercato di costituire per il quartiere,<br />

con tutti suoi problemi, un momento<br />

di unione, per rinsaldare lo spirito<br />

di appar<strong>te</strong>nenza».<br />

Le iniziative hanno avuto il sos<strong>te</strong>gno<br />

del Municipio Medio Ponen<strong>te</strong> del<br />

comune di Genova e della “Società <strong>Per</strong><br />

Cornigliano”, che ha per soci regione Liguria,<br />

provincia e comune di Genova<br />

ed è proprietaria delle aree riconverti<strong>te</strong><br />

dello stabilimento siderurgico. Nel 2008<br />

ha acquistato Villa Bombrini, nell’ambito<br />

dell’opera di riqualificazione urbana<br />

del quartiere. Che oggi vive, in definitiva,<br />

un momento importan<strong>te</strong> della<br />

sua storia: «<strong>Per</strong>ché la sua trasformazione<br />

non sia solo un fatto urbanistico, ma<br />

abbia effetti sulla vita sociale – conclude<br />

Taddeo – è necessaria la par<strong>te</strong>cipazione<br />

attiva della cittadinanza e il coinvolgimento<br />

delle associazioni del <strong>te</strong>rritorio<br />

che, da <strong>te</strong>mpo, lavorano per consolidare<br />

il <strong>te</strong>ssuto civico. Con Pop<br />

abbiamo voluto incoraggiare questo<br />

processo»..<br />

scarpgenova<br />

I racconti del mare mosso<br />

La donna, il capitano e la canna<br />

Imprese di un salvatore seriale<br />

«Scusi scusi». «Parla con me?». «Sì, parlo con lei».<br />

«Mi dica…». «Le dico che di lì si deve spostare, perché se arriva un’onda<br />

la porta in acqua».<br />

Il mare…<br />

Mi stavo baciando con una ragazza. A un tratto arriva un’onda. E non<br />

la vedo più (la ragazza). Allora mi butto nell’onda e vedo se la trovo<br />

sott’acqua. Nel frat<strong>te</strong>mpo l’onda la riporta su, tra le mie braccia, e la traggo<br />

in salvo. La devo portare fuori di qua. A riva. Non le chiedo certo dei soldi,<br />

le ho salvato la vita gratis… Alla faccia dei campioni di nuoto che vincono<br />

le medaglie.<br />

Il mare…<br />

Un giorno ero sullo scoglio Serra. Silenzio. C’era un capitano di nave,<br />

che giocava in acqua con la sua barchetta a vela. Era la sua passione.<br />

A un certo punto sento un grido di aiuto. Era lui. Mi levo la ca<strong>te</strong>nina<br />

e nuoto verso di lui. Decio, il pescatore, lo porta a riva. Io all’inseguimento<br />

della barchetta, la riporto indietro. Un regalo, una ricompensa… Ma è una<br />

cosa che mi è venuta naturale!<br />

Il mare…<br />

Una mattina, sempre sullo scoglio Serra, c’era il mare che si ingrossava.<br />

Arriva una coppia di Milano. Dico alla moglie di spostarsi, perché se fosse<br />

arrivata un’onda l’avrebbe travolta… Una volta sulla passeggiata, da<br />

lontano, osservo la donna; arriva un’onda e la trascina in acqua. Il marito<br />

si butta in acqua, per salvarla. La moglie esce fuori e fa affondare il marito,<br />

aggrappandosi a lui. Io e Pino vediamo la scena e corriamo a salvarli.<br />

Io penso alla moglie, Pino al marito. Nel tragitto di ritorno cerco di<br />

rassicurarla. Gliel’avevo detto di allontanarsi… Io di mare me ne capisco…<br />

Il mare…<br />

Una mattina arrivo presto e mi faccio un giretto tra i pescatori. Riconosco<br />

un amico dell’Amt. Il mare gli strappa via la canna da pesca, che finisce<br />

in acqua. «Come va la pesca?», gli chiedo. «Il mare mi ha portato via<br />

la canna!». «Forse posso recuperarla io». «È un ricordo di mia moglie… ma<br />

il mare è mosso, lascia perdere!». «La posso recuperare… se è un ricordo<br />

la recupero!». Faccio passare le onde più po<strong>te</strong>nti. Prendo la prima ondina,<br />

il mare mi trascina, arriva un’altra onda, un’altra ancora, il vento… Aveva<br />

ragione lui… Non ho mai pregato mia mamma, non ho mai pregato Gesù:<br />

«Fammi tornare a riva, con la canna!». Nuoto verso i bagni comunali,<br />

un’onda dopo l’altra, sempre sopra le onde, il vento, la paura, quella paura<br />

che non so se torno a riva. Il vento sposta la canna. Maledetta canna e<br />

maledetto il momento in cui sono entrato in acqua… Devo uscire da ques<strong>te</strong><br />

sabbie mobili. Continuo a pregare, non so se ne esco vivo. Gli scogli,<br />

un pericolo. La passeggiata è piena di gen<strong>te</strong> che rumoreggia. Paura. Finchè<br />

acchiappo la canna. <strong>Per</strong> portarla a riva occorrerà ancora un quarto d’ora.<br />

La stanchezza. Piano piano torno a riva. Applausi, applausi, applausi.<br />

Il pescatore mi dice grazie. Ciao, ciao mare. Così bello, ma così pericoloso.<br />

Domenico Paolo<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .41


Vesna<br />

Stupore dentro le bottiglie sporche<br />

di polvere che incanta i cuori avari,<br />

di pietra già sbronzi la mattina<br />

nelle locande del Nordest.<br />

Vestita di cenci una fanciulla<br />

vaga con indolenza per un incerto sentiero<br />

fra gli alberi spogli e i sepolcri abbandonati<br />

di un cimi<strong>te</strong>ro dove i sospiri dei non morti<br />

le fanno da guardia. Musica di violini intorno<br />

attoniti i viandanti flauti suonano<br />

e le trombe da lontano avanzano len<strong>te</strong><br />

solenni le carovane dei profeti messi al bando<br />

e dei giocolieri annunciano<br />

il martirio di un Dio con la madre stuprata<br />

nato dal loro sangue misto.<br />

Un’indovina legge la mano ai passanti<br />

par<strong>te</strong>cipe per finta di mille aspettative<br />

non chiede che qualche soldo<br />

scaltra a far fessi i vigili che vengono<br />

a portarla in prigione.<br />

Vesna è solo una clandestina diversa,<br />

forse anche nemica,<br />

capelli dorati le solcano il petto<br />

negli occhi l’abisso<br />

di un grave peccato<br />

uccide chi la guarda,<br />

nelle strade sporche di fango<br />

danzano a piedi nudi le sorelle<br />

e improvvisano un canto<br />

veni<strong>te</strong> a noi figlie<br />

dei mortali ci nutriremo<br />

della vostra stirpe.<br />

La gen<strong>te</strong> le guarda ostile,<br />

quasi con odio,<br />

mentre fanno ondeggiare<br />

le gonne scompos<strong>te</strong><br />

sopra le cosce voluttuose,<br />

figlie notturne di una luna occulta.<br />

Han denti appuntiti<br />

sulle labbra insanguina<strong>te</strong><br />

e urlano a chi non le vuole<br />

chi se ne fot<strong>te</strong> delle tue paure?<br />

42.<br />

vicenza<br />

Tre mense, in città, offrono cibo a chi non ha nulla.<br />

Peccato che alcuni malin<strong>te</strong>nzionati rovinino l’ambien<strong>te</strong>...<br />

Buoni i pasti<br />

ma non ci vado più<br />

Pietro Vultaggio<br />

scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

di Maya Mihailova<br />

AVicenza sono attive tre mense per i poveri che, a turno, coprono tutti<br />

i giorni della settimana, garan<strong>te</strong>ndo un pasto caldo. In set<strong>te</strong> anni sono andata a<br />

mangiare in tutti questi posti. <strong>Per</strong> primo ho conosciuto il “Mezzanino” di contrà<br />

della Fascina: lì, dalle 9 alle 10 del mattino, puoi fare colazione con caffè, lat<strong>te</strong>, panini,<br />

brioche. Non ci sono limiti, puoi mangiare e bere quanto vuoi, anche portarti<br />

via un po’ di caffè o lat<strong>te</strong> caldo e un sacchetto di pane. Se il <strong>te</strong>mpo è brutto ti lasciano<br />

stare al caldo anche fino a mezzogiorno. Mar<strong>te</strong>dì, mercoledì e giovedì c’è la<br />

cena: primo, secondo e frutta o dolce. I volontari sono molto gentili, chiedono sempre<br />

se vuoi di più, se hai mangiato abbastanza. I pasti sono buoni e abbondanti.<br />

Al Mezzanino vanno a mangiare tra sessanta e cento persone e se è necessario<br />

ci si divide per turni, ma nessuno è mai<br />

stato mandato via affamato. Io però non<br />

ci vado più, perché mi vergogno del<br />

“nostro” at<strong>te</strong>ggiamento. In tanti arrivano<br />

sporchi, ubriachi o drogati, litigano<br />

tra di loro e con i volontari. E poi sono<br />

aggressivi, non sono mai con<strong>te</strong>nti, si lamentano<br />

del cibo, tan<strong>te</strong> vol<strong>te</strong> arrivano<br />

a fare a bot<strong>te</strong>, qualche <strong>te</strong>mpo fa si sono<br />

presi anche a col<strong>te</strong>lla<strong>te</strong>. Ero presen<strong>te</strong><br />

una volta, cinque anni fa, quando è<br />

scoppiata una rissa in mezzo ai tavoli e<br />

non sono più andata a mangiare lì. Sto<br />

male e non riesco più a mandare giù<br />

nien<strong>te</strong>, mi sento in colpa per loro. Qualche<br />

volta passo alla mattina, prendo un<br />

caffè, perché è buonissimo, me lo porto<br />

via e lo bevo su qualche panchina, ma<br />

mai di domenica che è il giorno libero<br />

delle badanti: arrivano a decine a fare<br />

colazione e a prendere il pane.<br />

Chissà se ne hanno bisogno, io non<br />

lo ri<strong>te</strong>ngo giusto: le persone che lavorano<br />

hanno uno stipendio, vitto e alloggio<br />

garantito, non dovrebbero accedere ai<br />

servizi offerti a chi non ha nien<strong>te</strong>, neanche<br />

un <strong>te</strong>tto.<br />

Santa Lucia e San Martino<br />

Tutti i lunedì, venerdì e sabato c’è il<br />

pranzo alla mensa dei frati francescani<br />

di Santa Lucia, gestita insieme a volontari.<br />

<strong>Per</strong> mangiare lì devi passare ogni 45<br />

giorni alla Caritas, da Luca, per iscriverti<br />

nell’elenco dei commensali. I pranzi<br />

sono buonissimi. La saletta è piccola,<br />

dieci o dodici posti, ma molto accoglien<strong>te</strong>.<br />

Il problema è che devi aspettare<br />

all’aperto finché si libera il posto per<br />

<strong>te</strong>. Gli ospiti sono più tranquilli. Forse<br />

perché se uno si comporta male viene<br />

espulso, cioè perde il diritto di mangiare<br />

lì per un certo periodo. E chi non vuole<br />

soffrire la fame sta at<strong>te</strong>nto. <strong>Per</strong>ò ci sono<br />

i“furbetti”, che, anche se espulsi, fanno<br />

finta di non capire l’italiano o cercano<br />

di convincere il responsabile che<br />

controlla l’elenco che sono appena passati<br />

in Caritas a iscriversi. Insomma,<br />

tanti credono che le regole siano valide<br />

solo per gli altri ma non per se s<strong>te</strong>ssi.<br />

Invece alla domenica e nei giorni di<br />

festa si può pranzare alla Caritas, nella<br />

“Casa San Martino”, dove ogni volta diversi<br />

gruppi di volontari preparano e<br />

servono il pranzo. Tutti possono venire<br />

a mangiare, basta iscriversi. <strong>Per</strong>ò anche<br />

lì non ci vado più. La situazione è più o<br />

meno la s<strong>te</strong>ssa del “Mezzanino”: alcuni<br />

sono sporchi, ubriachi, aggressivi, mancano<br />

di rispetto a chi si dedica ad accoglierli,<br />

a dare da mangiare a far sentire<br />

ognuno meno solo e disperato.<br />

I volontari servono in tavola e sparecchiano,<br />

si siedono a mangiare in


« Certi personaggi<br />

non apprezzano<br />

il bene.<br />

E mettono<br />

a disagio chi<br />

cerca un po’<br />

di normalità.<br />

Almeno quando<br />

mangia...»<br />

mezzo agli ospiti. Certi personaggi, però<br />

(e sono sempre gli s<strong>te</strong>ssi), non apprezzano<br />

il bene. Non sono mai con<strong>te</strong>nti, si<br />

lamentano per il cibo, pre<strong>te</strong>ndono un<br />

trattamento speciale: «Io non mangio<br />

questo, portami qualcos’altro».<br />

Le parole “per favore”, “prego”, “grazie”<br />

non esistono. Solo ordini. Ho sentito<br />

qualcuno di loro dire che i volontari<br />

preparano apposta certi piatti proprio<br />

perché sanno che loro non possono<br />

mangiarli. Non mi iscrivo più e non vado<br />

la domenica a mangiare, e nemmeno<br />

alle fes<strong>te</strong>.<br />

Spero che alla nuova mensa gli ospiti<br />

andranno con il dovuto rispetto e spero<br />

che si sia pensato a controllori o sorveglianti<br />

più at<strong>te</strong>nti. <strong>Per</strong> non permet<strong>te</strong>re<br />

ai malin<strong>te</strong>nzionati di disturbare e<br />

met<strong>te</strong>re in disagio chi cerca un po’ di<br />

normalità. Almeno finché mangia..<br />

scarpvicenza<br />

Collaborazione con Caritas<br />

Nuova mensa e altri progetti,<br />

i Frati Minori sono rimasti<br />

Padre Vittorio Bellè, superiore del convento francescano<br />

di Santa Lucia a Vicenza e vicario provinciale dei Frati Minori, ha annunciato<br />

un nuovo e importan<strong>te</strong> progetto per i senza <strong>te</strong>tto della città. La mensa<br />

dei poveri, già insediata nei locali del convento, verrà ampliata, resa più<br />

funzionale e arricchita con servizi: segretariato sociale, lavanderia,<br />

ripostiglio valigie, centro di ascolto e laboratorio occupazionale. Inoltre,<br />

con la gestione affidata alla Caritas, si avvierà un’esperienza di “housing<br />

sociale”: un monolocale, sobrio ma decoroso, sarà a disposizione delle<br />

persone che non sono in situazione di esclusione sociale, ma che si trovano<br />

ad affrontare una momentanea difficoltà abitativa. <strong>Per</strong> esempio, stranieri<br />

appena arrivati a Vicenza, in at<strong>te</strong>sa di cominciare un lavoro; separati<br />

momentaneamen<strong>te</strong> non in grado di far fron<strong>te</strong> alle spese per l’abitazione;<br />

coloro che perdono il lavoro. Insomma, un alloggio che consenta<br />

di trascorrere il <strong>te</strong>mpo necessario a ripianificare la propria esis<strong>te</strong>nza. Grazie<br />

all’in<strong>te</strong>rvento della Fondazione Cariverona, che contribuisce al progetto con<br />

2,4 milioni di euro, la ristrutturazione partirà entro il 2009; si prevede che<br />

la struttura sia funzionan<strong>te</strong> entro un anno e mezzo circa.<br />

La storia dei francescani a Vicenza è lunga. «Nel Capitolo del 2004<br />

avevamo deciso di lasciare il convento: eravamo rimasti in pochi anziani –<br />

spiega padre Vittorio –. Ma il vescovo Cesare Nosiglia ci ha chiesto di<br />

restare per collaborare con la diocesi a un programma socio-educativo, che<br />

oggi diventa realtà. La carità verso i poveri fa par<strong>te</strong> del nostro carisma,<br />

ispirato da San Francesco: è dal dopoguerra che ospitiamo la mensa per i<br />

poveri. Oggi la collaborazione con Caritas è un segno importan<strong>te</strong> e risponde<br />

a progetti di rein<strong>te</strong>grazione sociale e a una volontà di soluzione dei problemi<br />

che ci convincono. Ri<strong>te</strong>ngo poi che le cose fat<strong>te</strong> assieme sono quelle<br />

che riescono meglio. L’accordo con Caritas risale a più di un anno fa<br />

e ci ha permesso di riqualificare il servizio, sia sul fron<strong>te</strong> del volontariato,<br />

sia rispetto alle modalità con cui seguiamo le persone che si rivolgono<br />

a noi. Ora non diamo solo un pasto caldo, ma aiutiamo ad affrontare<br />

anche altre urgenze». Cristina Salviati<br />

Festa di compleanno<br />

per San Faustino,<br />

cucinano gli homeless<br />

Il centro diurno San Faustino<br />

accoglie i senza <strong>te</strong>tto che<br />

a Vicenza non hanno un posto<br />

dove passare le giorna<strong>te</strong>,<br />

e ha appena tagliato il traguardo<br />

dei trent’anni. Ospiti e volontari<br />

si sono adoperati per organizzare<br />

una settimana di fes<strong>te</strong>ggiamenti,<br />

che ha visto proporre un ricco<br />

programma di tornei, concerti<br />

e dibattiti pubblici.<br />

Quello nella foto è il momento<br />

della cena conclusiva, <strong>te</strong>nutasi<br />

nello splendido parco dell’antica<br />

chiesa di San Giorgio. Il menù<br />

è stato preparato dai senza<br />

diimora, che hanno mescolato<br />

piatti nostrani ed esotici.<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .43


Mimmo era pescatore. Ora è invalido. Ha perso pure la casa.<br />

Ne ha chiesta una popolare, ma Signora Burocrazia si oppone<br />

Malato e sfrattato<br />

respiro in auto<br />

di Angela De Rubeis<br />

Questa è la storia di una casa“negata”, di una famiglia quasi distrutta, di<br />

un uomo malato che a causa del suo stato di salu<strong>te</strong> ha perso il lavoro, di una vita vissuta<br />

tra l’automobile e“<strong>te</strong>tti” di fortuna. Storia di ordinaria amministrazione, anzi di<br />

ordinaria follia. Meglio ancora: storia di ordinaria amministrazione che conduce alla<br />

pazzia. Gli ingredienti ci sono tutti per raccontare una vicenda “senza fine”. Da<br />

una par<strong>te</strong> ci sono le vittime, dall’altra i carnefici (più o meno consapevoli) e a guardare<br />

dall’alto, nascosta nell’ombra, sopra tutto e tutti, c’è lei: Signora Burocrazia.<br />

Domenico Rupelli, detto Mimmo, ha 44 anni, è sposato con Maria che di anni<br />

ne ha 34. Siculi di nascita, ma abitanti a Rimini, fanno par<strong>te</strong> della comunità pelagiana,<br />

composta prevalen<strong>te</strong>men<strong>te</strong> di pescatori. Anche Mimmo è un pescatore, an-<br />

zi era un pescatore, visto che si è ammalato<br />

di insufficienza respiratoria grave<br />

(attualmen<strong>te</strong> è in <strong>te</strong>rapia ossigeno), e<br />

conseguen<strong>te</strong> cardiopatia e obesità, con Documento<br />

limitazione funzionale. I suoi 135 chili e<br />

il suo grave stato di salu<strong>te</strong> non gli hanno<br />

permesso di rinnovare la licenza di pesca.<br />

Così, nell’ottobre 2006, gli è stato<br />

tolto quello che in gergo si chiama “libretto<br />

di navigazione”, una sorta di diario<br />

nel quale vengono appuntati tutti i<br />

movimenti del lavoratore. Ma Mimmo<br />

ormai di andare per mare se lo può<br />

scordare, è stato dichiarato invalido civile,<br />

prima al 75% e recen<strong>te</strong>men<strong>te</strong> all’85%,<br />

e all’ebbrezza del mare aperto ha<br />

sostituito il fastidio della bombola dell’ossigeno.<br />

Emergenza per il 20%<br />

Purtroppo, si sa, una disgrazia innesca<br />

l’altra. Così, il 16 set<strong>te</strong>mbre 2006, sulla<br />

coppia si abbat<strong>te</strong> uno sfratto esecutivo<br />

(non causato da morosità). Data la sua<br />

condizione di salu<strong>te</strong>, Mimmo chiede al<br />

comune di po<strong>te</strong>r accedere alle graduatorie<br />

per ot<strong>te</strong>nere una casa popolare.<br />

Ma il peggio deve ancora arrivare. Quello<br />

della casa è un problema molto sentito<br />

a Rimini, tanto che anche la Caritas<br />

diocesana si è occupata varie vol<strong>te</strong> di<br />

questo <strong>te</strong>ma, redigendo diversi documenti<br />

del suo Osservatorio sulle po-<br />

44. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

rimini<br />

Qui, che fai?<br />

E dove vai?<br />

Hai documenti?<br />

Certo, si!<br />

Sei inglese?<br />

Sì signore!<br />

Hai viaggiato!<br />

Sì non ho finito.<br />

Non ho rubato,<br />

né ucciso!<br />

Ho lavorato,<br />

perché<br />

quello sguardo?<br />

Sono innocen<strong>te</strong>,<br />

non ho fatto<br />

nien<strong>te</strong>!<br />

<strong>Per</strong>ò, mi pare,<br />

non mi crede.<br />

Julian Di Mambro<br />

vertà. Il <strong>te</strong>sto La casa, un bene fondamentale<br />

in particolare denuncia il fatto<br />

che “Nel <strong>te</strong>rritorio riminese il problema<br />

abitativo è ancora grave e lontano da<br />

un’adeguata soluzione. La densità di<br />

edifici a ridosso della costa, il fenomeno<br />

della seconda casa e dell’investimento a<br />

solo scopo speculativo cui si è assistito<br />

nelle ultime stagioni, non fanno che accentuare<br />

la lievitazione dei prezzi”.<br />

L’emergenza casa riguarda il 20%<br />

della popolazione riminese, che non ha<br />

le “car<strong>te</strong>” per compe<strong>te</strong>re con il mercato<br />

edilizio, troppo aggressivo e distorto dai<br />

fenomeni speculativi citati. Così, delle<br />

71.790 unità abitative accatasta<strong>te</strong> nel<br />

2006, 13.506 risultavano non abita<strong>te</strong>.<br />

Numeri che si aggiungono al basso tasso<br />

di alloggi di edilizia residenziale pubblica<br />

(il 2%, contro il 5% della media nazionale<br />

e il 16% di quella europea).<br />

Ospiti del fra<strong>te</strong>llo<br />

Il peggio, si diceva, tornando a Mimmo<br />

e Maria, doveva però ancora arrivare.<br />

Mimmo è a Rimini dal 1987, ma da<br />

quando non ha più la casa risulta pure<br />

privo di residenza. La richiesta per avere<br />

una casa popolare può farla, ma prima<br />

deve regolarizzare la sua situazione,<br />

deve trovarsi un luogo dove “risiedere”,<br />

che at<strong>te</strong>sti il fatto che lui vive a Rimini.<br />

Così gli viene in aiuto il fra<strong>te</strong>llo Orlando,<br />

anche lui pescatore e proprietario<br />

dell’imbarcazione dove i due fra<strong>te</strong>lli<br />

hanno lavorato insieme per anni. Orlando<br />

è proprietario di una casa, dove vive<br />

con la moglie. L’abitazione è molto piccola,<br />

ma per aiutare il fra<strong>te</strong>llo è disposto<br />

a ospitarlo: gli met<strong>te</strong> a disposizione una<br />

piccola stanzetta con un letto a cas<strong>te</strong>llo,<br />

un tavolo e due sedie. La stanzetta è talmen<strong>te</strong><br />

angusta (oltre che umida) che i


due coniugi sono costretti a lasciare le<br />

proprie cose, compresa la biancheria, in<br />

macchina. A lungo e a tratti, Mimmo<br />

sarà costretto a lasciarvi pure la bombola<br />

di ossigeno e fare nell’automobile la<br />

<strong>te</strong>rapia che gli serve per respirare.<br />

Ma Mimmo è fiducioso, confida nelle<br />

istituzioni e crede che, nel suo stato di<br />

salu<strong>te</strong>, la casa richiesta non tarderà ad<br />

arrivare. Ma non ha fatto i conti con Signora<br />

Burocrazia. Nel 2006 (praticamen<strong>te</strong><br />

subito dopo lo sfratto) par<strong>te</strong> la<br />

prima richiesta per l’alloggio: quell’anno<br />

la famiglia Rupelli si trova al 389° posto<br />

in graduatoria, nel 2007 al 185°. Nel<br />

2008, scende al 251° posto e sempre nello<br />

s<strong>te</strong>sso anno (in una graduatoria aggiornata)<br />

addirittura al 485° posto. Che<br />

cosa è successo, a cosa è dovuto il tonfo?<br />

Reddito troppo basso<br />

Mimmo si informa. Il problema pare essere<br />

quella residenza a casa del fra<strong>te</strong>llo.<br />

«Ma come? – si chiede Mimmo –. Prima<br />

all’ufficio anagrafe mi dicono che se<br />

non risolvo la questione della residenza<br />

non posso accedere alle graduatorie,<br />

Alloggio miraggio<br />

Gli appartamenti di Viserba<br />

ai quali la famiglia Rupelli<br />

non ha potuto accedere<br />

(foto Riccardo Gallini)<br />

poi scopro che per questa residenza<br />

perdo punti di volta in volta...».<br />

A complicare le cose ci si met<strong>te</strong> pure<br />

un’eredità. Si, perchè Mimmo pare<br />

abbia ereditato l’ottava par<strong>te</strong> (da dividere<br />

con la madre e i sei fra<strong>te</strong>lli) di una casa<br />

che si trova nel suo paese d’origine. Si<br />

tratta di un edificio vecchio e fatiscen<strong>te</strong>,<br />

che di certo non cambia la situazione<br />

del “reddito” della famiglia Rupelli. Comunque<br />

complica la situazione, perché<br />

dal punto di vista della Burocrazia la<br />

coppia risulta aver detto il falso rispetto<br />

alla sua reale situazione patrimoniale.<br />

Anche in questo caso la situazione<br />

viene risolta, ma non senza causare una<br />

perdita di <strong>te</strong>mpo non indifferen<strong>te</strong>. Così,<br />

dopo varie peripezie e non facili confronti<br />

con gli ufficio casa e anagrafe del<br />

comune, qualcosa si muove. Siamo agli<br />

inizi del 2008: i Rupelli hanno fatto ri-<br />

scarprimini<br />

chiesta per accedere a uno dei 14 alloggi<br />

siti a Viserba, piccola frazione nei<br />

pressi di Rimini, ad affitto calmierato.<br />

Ma ben presto arriva l’ennesima<br />

cattiva notizia: i due non possono accedervi,<br />

perchè il loro reddito annuo è<br />

troppo basso. Mimmo prende una pensione<br />

che sfiora i 500 euro, la moglie ha<br />

lavorato per un certo periodo, ma il loro<br />

reddito lo scorso anno non superava<br />

i 9 mila euro (<strong>te</strong>tto richiesto). Altro intoppo,<br />

altro ricorso, altro nulla di fatto.<br />

Da allora, è passato un altro anno, in<br />

mezzo ci sono sta<strong>te</strong> altre richies<strong>te</strong> e altri<br />

no. Attualmen<strong>te</strong> la pratica è bloccata, si<br />

at<strong>te</strong>ndono rispos<strong>te</strong> nei prossimi mesi,<br />

quando il comune di Rimini redigerà un<br />

nuovo regolamento per l’attribuzione<br />

delle case popolari e stilerà una nuova<br />

graduatoria d’accesso. Mimmo e Maria<br />

vivono dentro questa storia. Storia di<br />

una casa“negata”, di una famiglia quasi<br />

distrutta, di un uomo malato che a causa<br />

del suo stato di salu<strong>te</strong> ha perso il lavoro.<br />

Di una vita vissuta tra l’automobile e<br />

“<strong>te</strong>tti” di fortuna. Di un paese i cui uffici,<br />

invece di aiutarli, sfornano esclusi..<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .45


Strada<br />

lunga scabrosa<br />

Sacco in mano o in spalla<br />

passo, passo senza vedere<br />

la fine del cammino,<br />

chilometro di disperazione<br />

che non finisce<br />

nella s<strong>te</strong>ssa ora di luce.<br />

La stanchezza conglomerata<br />

alla meditazione,<br />

promesse che non riposano<br />

nell’andare<br />

tra un passo e l’altro,<br />

conviventi del desiderio,<br />

camminano<br />

e vanno verso<br />

distin<strong>te</strong> opportunità,<br />

che al fine<br />

della giornata<br />

non danno felicità.<br />

Affaticato<br />

di solitudine,<br />

di parole da<strong>te</strong><br />

che si ripetono<br />

facendosi burla<br />

della fiacchezza.<br />

Carlos Asensio<br />

46. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

firenze<br />

Quasi 80 anni, dei quali 40 trascorsi in carcere. La sfida alla<br />

società, gli errori del passato. Ho pagato. E ho trovato un aiuto<br />

Gli amici<br />

che credono in me<br />

di Guido Benedetto<br />

Mi chiamo Guido Benedetto, sono nato il 2 luglio 1929, in una famiglia<br />

dell’altoVeneto. Nel 1938 emigrammo in Libia per volere del Duce, ma già nel<br />

1940 mi mandarono in collegio, e fino al 1943, mi sono ritrovato a girovagare in<br />

tutta Italia da istituto a istituto. Con l’invasione degli Alleati, tra le cui forze militari<br />

ho anche militato all’età di 15 anni, mi stabilizzai in alta Italia. Nel 1946 tornai in<br />

Libia, dove ho frequentato la scuola alberghiera fino al 1948. Tornato in Italia, ho<br />

lavorato in vari alberghi come cameriere e poi, negli anni Sessanta, come maître<br />

d’ho<strong>te</strong>l. Mi sono sposato nel 1961 e per diversi anni ho condotto una vita regolare,<br />

fino a che avvenne qualcosa di imponderabile, che mi destabilizzò.<br />

Sono incorso in diversi procedimenti penali, condanne mol<strong>te</strong>plici e severe.<br />

Nella mia incoscienza non mi sono curato<br />

della situazione, ho manifestato<br />

pro<strong>te</strong>rvia e sfida verso la società. Sono<br />

così andato incontro a difficoltà sempre<br />

maggiori: ho accumulato oltre 40<br />

anni di carcere, con quattro evasioni, e<br />

ho commesso vari reati per sopravvivere<br />

nella latitanza.<br />

Una mano dall’alto<br />

Verso gli anni Novanta, a circa 60 anni,<br />

ho cominciato a risvegliarmi dalla<br />

catastrofe che mi ha investito e sono<br />

tornato con ponderazione a trovare<br />

raziocinio e acquisizione di quei valori<br />

di cui ero in possesso nella mia “vita<br />

preceden<strong>te</strong>”. Tra ponderazione e riflessione,<br />

ho provato un profondo senso<br />

di disagio e rammarico per i danni arrecati.<br />

Ho sperimentato anche una<br />

netta virata verso quei principi cristiani<br />

che in un lontano passato erano sta<strong>te</strong><br />

le mie basi di vita, avendo militato<br />

negli anni Cinquanta nei Focolarini e<br />

avendo conosciuto a <strong>Per</strong>gine di Trento<br />

prima Valeria Ronchetti, poi la splendida<br />

Chiara Lubich.<br />

Credo che qualcuno da su mi abbia<br />

dato una mano, quella mano che<br />

auspicavo e speravo. Senza richiami<br />

eccessivi al Signore, che sono mol<strong>te</strong><br />

vol<strong>te</strong> maniacali e non razionali, ma<br />

con il fatalismo che mi distingue ho at-<br />

<strong>te</strong>so con somma pazienza e assoluta<br />

speranza. E poi la luce che si chiama<br />

Caritas e altro.<br />

La mia storia di vita potrebbe anche<br />

non in<strong>te</strong>ressare, ma ri<strong>te</strong>ngo utile<br />

evidenziarla non tanto per trarne pietismi<br />

o comprensione personale, quanto<br />

per la mia ampia consapevolezza di<br />

po<strong>te</strong>re fornire una <strong>te</strong>stimonianza nell’in<strong>te</strong>nto<br />

di dimostrare che la speranza,<br />

sorretta da valori sani e basata su<br />

principi spirituali forti, sia la base per<br />

continuare a vivere serenamen<strong>te</strong>, nella<br />

modestia e semplicità. Ora mi trovo in<br />

un con<strong>te</strong>sto che ha saputo comprendere<br />

il momento drammatico della<br />

mia esis<strong>te</strong>nza, accordandomi fiducia e<br />

credibilità nonostan<strong>te</strong> il mio disastroso<br />

passato. A quasi 80 anni, c’è chi ha avuto<br />

fiducia in me!<br />

Risiedo in un appartamentino<br />

Da un anno risiedo dunque in un appartamentino<br />

messo a disposizione da<br />

un parroco in un paese ai confini di Firenze.<br />

Un giovane sacerdo<strong>te</strong>, sensibile e<br />

pratico nell’espletare la sua missione,<br />

ha compreso nel senso più ampio il mio<br />

disastroso passato, cos<strong>te</strong>llato di immani<br />

sofferenze. Il suo essere vicino ai meno<br />

fortunati trova piena conferma nel<br />

suo operare con umana comprensione.


« Sono incorso<br />

in condanne<br />

mol<strong>te</strong>plici<br />

e severe.<br />

Ho manifestato<br />

pro<strong>te</strong>rvia verso<br />

la società.<br />

Ho accumulato<br />

anche quattro<br />

evasioni»<br />

Trovo altrettanto giusto e doveroso<br />

menzionare chi ha guidato quanto è<br />

stato realizzato intorno a me (parlo della<br />

Caritas di Firenze): dirottandomi in<br />

questo con<strong>te</strong>sto, ha scelto di investire su<br />

un uomo che dalla sofferenza usciva<br />

maciullato e per la sua volontà di riemergere<br />

nel con<strong>te</strong>sto civile ha trovato<br />

comprensione. Mi è stata donata quella<br />

tranquillità che non ho mai avuto, e<br />

con essa tanta dignità e tanto rispetto.<br />

La riconoscenza verso chi mi aiuta è<br />

infinita. Ri<strong>te</strong>ngo poi doveroso dare<br />

chiara risposta nelle mie motivazioni di<br />

riconoscenza al parroco e alla Caritas di<br />

Firenze, dando atto al loro coraggio nel<br />

riporre fiducia e stima verso un uomo<br />

che ha sbagliato per molto <strong>te</strong>mpo, ma<br />

che ha anche pagato con una lunga<br />

permanenza in carcere, trascorrendovi<br />

quasi 40 anni della sua vita. Il mio peregrinare<br />

nelle varie carceri italiane è stato<br />

oltremodo disagevole e difficile.<br />

Dentro di me vi era un vero confronto<br />

con la par<strong>te</strong> buona dei miei valori, che<br />

grazie a Dio erano preponderanti al<br />

punto di farmi meditare e sperare che<br />

il resto della mia vita sarebbe stato meno<br />

disagevole e duro, facendomi trovare<br />

la tanto agognata serenità e dandomi<br />

ancora una possibilità di riscatto<br />

verso la società e verso Dio.<br />

Vivo nella serenità più ampia<br />

Non mi voglio dilungare circa tutto l’i<strong>te</strong>r<br />

dei quasi 40 anni trascorsi nelle“patrie<br />

galere”, ma ri<strong>te</strong>ngo doveroso dare<br />

un piccolo consiglio a chi di anni ne ha<br />

molti meno di me: le storie di vita altrui<br />

possono essere utili al fine di cogliere<br />

segnali per trovare la capacità di vivere<br />

in pienezza i valori che la vita offre.<br />

Potrei accennare alle mie traversie<br />

Poesia<br />

Lo scopo ritrovato<br />

Ho visto come ti nascondevi dalla pioggia<br />

e sfuggivi al freddo, come bussavi<br />

e chiedevi e mentre aspettavi<br />

balbettavi fradicio e ti ho sentito amico.<br />

Ti ho visto sussultare cuore sensibile cuore commosso<br />

cuore devoto cuore sincero<br />

in cerca di qualcosa di più<br />

di un pezzo di pane o dell’amara soddisfazione di imbrogliare<br />

e ho sentito le tue lacrime calde scenderti sulle guance<br />

lacrime di mare singhiozzi di dolore e di durezza<br />

con <strong>te</strong> s<strong>te</strong>sso.<br />

scarpfirenze<br />

Ti ho visto cercarti un riparo sopra il capo e dormire sull’asfalto<br />

dimenticandoti del faticoso ripetuto giorno<br />

e ancora una volta di come ti saresti potuto amare<br />

e non l’hai fatto<br />

sotto una coperta di cielo la tua casa<br />

sognare ancora quei cavalli liberi<br />

quell’odore di <strong>te</strong>rra e il vento sul collo<br />

quel profumo di fiori del tuo primo amore e la voce di tuo padre<br />

e ho visto Dio che ti osservava e per rialzarti<br />

sono venuto giù con <strong>te</strong> sull’asfalto<br />

mostrandoti la volontà e l’azione<br />

la speranza e la caparbietà di non mollare<br />

e quando mi hai chiesto di lasciarti lì che per <strong>te</strong> era troppo dura<br />

ti ho ricordato di quando anch’io come <strong>te</strong><br />

ero in esilio nelle vie tortuose dell’anima<br />

con gli occhi lucidi tra follia e amore<br />

pur io non riconoscevo più il bene dal male<br />

finchè mi decisi a seminare<br />

e questa volta di aspettare<br />

aspettare e desiderare<br />

aspettare e agire con amore<br />

finchè mi fossi rincuorato di dolcezza<br />

riscoprendo lo scopo della vita<br />

che avevo perso e dimenticato<br />

non inutilizzarsi e nemmeno inseguire gli altri e il mondo<br />

poiché non è il mondo la casa dell’anima nostra<br />

né la <strong>te</strong>rra del nostro amato Amore<br />

ma spogliarsi del nostro piccolo io<br />

causa di ogni nostro dolore<br />

e tornare a casa, tornare a Dio.<br />

Zaffiro<br />

infantili, vissu<strong>te</strong> in seno alla famiglia,<br />

ma credo, anche qui, di non dovere<br />

dare risalto a quelle che potrebbero essere<br />

in<strong>te</strong>rpreta<strong>te</strong> come “scuse di comodo”,<br />

porta<strong>te</strong> per discolparsi e addossare<br />

le mie sofferenze ad altri. Al di<br />

là del periodo della mia gioventù, segnato<br />

dalle sofferenze della guerra e da<br />

tan<strong>te</strong> altre carenze, causa<strong>te</strong> dalla mia<br />

permanenza in collegi, il fatto di avere<br />

frequentato la scuola alberghiera e poi<br />

lavorato per qualche anno come maître<br />

d’ho<strong>te</strong>l non è valso a pormi fuori da<br />

rischi e conseguenze.<br />

Credo che tale esperienza abbia segnato<br />

negativamen<strong>te</strong> la mia vita, ma<br />

ecco il risultato: ho conosciuto amici<br />

veri, prima la Caritas, poi il parroco.<br />

Grazie amici, miei cari, vivo nella serenità<br />

più ampia, dando un valore immenso<br />

a tutto quello che è stato nel bene<br />

e nel male. Grazie ancora..<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .47


48. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

napoli<br />

Un’esta<strong>te</strong> di aggressioni alle persone omosessuali.<br />

E persino a chi le difende. In<strong>te</strong>rvista al presiden<strong>te</strong> di “I Ken”<br />

Laviamo via<br />

l’intolleranza<br />

di Antonio Pirozzi<br />

Il 21 giugno scorso in Piazza Bellini si è verificato un atto di aggressione<br />

nei riguardi di Maria Luisa Mazzarella, una ragazza di 26 anni“colpevole” di aver<br />

difeso un amico omosessuale dagli insulti di alcuni ragazzi. Questo è uno dei tanti<br />

episodi di violenza omofoba avvenuti negli ultimi <strong>te</strong>mpi, e ripetutisi con sconcertan<strong>te</strong><br />

frequenza per tutta l’esta<strong>te</strong> in altre parti d’Italia, a cominciare da Roma.<br />

Abbiamo chiesto il parere su questa escalation di violenza e intolleranza a Carlo<br />

Cremona, presiden<strong>te</strong> dell’associazione I Ken, nata tre anni e mezzo fa a Napoli,<br />

che si prefigge di riunire omosessuali ed e<strong>te</strong>ro nella lotta alle discriminazioni. «Maria<br />

Luisa era“colpevole” di aver difeso dagli insulti un suo amico gay. A causa dei colpi,<br />

Maria Luisa ha rischiato di perdere un occhio. <strong>Per</strong>ò, nonostan<strong>te</strong> le manifesta-<br />

zioni di solidarietà giun<strong>te</strong> alla ragazza<br />

da tutta Italia, le persone che hanno accolto<br />

Maria Luisa in ospedale le hanno<br />

detto:“Fatti i fatti tuoi”.Tuttavia lei è de- La casa<br />

cisa a continuare a lottare contro la vio- Torno a casa la sera,<br />

lenza omofoba».<br />

C’è stata giustizia?<br />

La giustizia va fatta secondo l’i<strong>te</strong>r previ-<br />

dopo un giorno lungo e faticoso.<br />

Mi ritrovo nel mio nido lugubre.<br />

sto: è stata fatta una denuncia per lesio- Squallido e freddo. Fermo al centro.<br />

ni aggrava<strong>te</strong>, ma dobbiamo aspettare le Osservo con occhio vigile<br />

indagini delle forze dell’ordine. Tre ragazzi<br />

si sono costituiti, dando una versione<br />

diversa dei fatti, escludendo la<br />

ciò che mi circonda.<br />

Nien<strong>te</strong>, non c’è nien<strong>te</strong><br />

matrice omofoba. Ma questo è da di- che attira la mia at<strong>te</strong>nzione.<br />

mostrare. Importan<strong>te</strong> è il valore simbo-<br />

Non c’è nien<strong>te</strong><br />

lico del gesto di Maria Luisa, premiata<br />

dal sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino,<br />

con la medaglia d’oro al valore civi-<br />

che mi fa emozionare.<br />

Dinanzi a me c’è il vuoto,<br />

le. Sono sta<strong>te</strong> raccol<strong>te</strong> moltissime firme il buio totale. Sono preso<br />

per chiedere la s<strong>te</strong>ssa onorificenza al<br />

da una profonda<br />

presiden<strong>te</strong> della repubblica, Giorgio<br />

Napolitano.<br />

C’è ancora molta intolleranza a<br />

malinconia<br />

e penso che<br />

Napoli?<br />

una casa fredda<br />

Ultimamen<strong>te</strong> ci sono stati diversi gravi senza un raggio di sole<br />

episodi di violenza omofoba. Ad esempio<br />

nei confronti di un ragazzo pakistano<br />

da par<strong>te</strong> della sua comunità, ma poi-<br />

che la riscalda,<br />

è come un nido<br />

ché in Pakistan l’omosessualità viene<br />

di rondini<br />

punita con la pena di mor<strong>te</strong>, il rischio quando viene a mancare<br />

per la sua incolumità era talmen<strong>te</strong> grande<br />

che non ha voluto denunciare. Un al-<br />

il calore della mamma.<br />

tro episodio ha visto coinvolto un mi-<br />

Sergio Gatto<br />

nore, quotidianamen<strong>te</strong> molestato alla<br />

fermata della Ferrovia Cumana da un<br />

gruppo di bulli. Solo dopo mesi il ragazzo<br />

ha parlato dell’accaduto agli insegnanti.<br />

Purtroppo non esis<strong>te</strong> la punizione<br />

per il reato di omofobia; inoltre in alcuni<br />

stati l’omosessualità viene perseguita<br />

dalla legge e gli stranieri che<br />

giungono da noi ne sono condizionati.<br />

<strong>Per</strong> questi e altri motivi, nessuno denuncia<br />

le aggressioni; talora le vittime,<br />

giudica<strong>te</strong>“diverse” dalla società, finiscono<br />

col credere di essersi merita<strong>te</strong> la violenza,<br />

solo perché hanno manifestato la<br />

loro natura.<br />

Come nasce l’associazione I Ken?<br />

In inglese significa “io posso”, ma il nome<br />

rimanda anche a quello del bambolotto<br />

compagno di Barbie. Il nostro simbolo<br />

è una saponetta e lo slogan è: “Lava<br />

via il pregiudizio”. L’obiettivo dell’associazione<br />

è migliorare la vita dei gay,<br />

delle lesbiche e dei trans. In particolare<br />

siamo impegnati sui <strong>te</strong>mi del lavoro,<br />

della salu<strong>te</strong> ma anche della cittadinanza<br />

attiva. Cerchiamo di sfatare la mentalità<br />

rispetto alla quale ogni attività proposta<br />

dalle associazioni gay è fatta dai<br />

gay e solo per i gay. Noi abbiamo il progetto<br />

di superare il limi<strong>te</strong> della differenza,<br />

rappresentando un mondo in cui si<br />

possono riconoscere tutti. L’associazione<br />

cerca di aiutare anche le famiglie e gli<br />

amici dei gay a comprenderli e a immedesimarsi<br />

nei loro problemi. Sono il<br />

presiden<strong>te</strong> fin dalla nascita dell’associazione.<br />

Il mio è un lavoro volontario e<br />

coordino le attività e i progetti di I Ken.<br />

Quali sono le difficoltà che incontra<strong>te</strong>?<br />

Difficoltà di carat<strong>te</strong>re economico, sia<br />

per il sos<strong>te</strong>gno poco concreto delle istituzioni,<br />

sia per il ritardo nel pagamento


« Talora<br />

le vittime,<br />

giudica<strong>te</strong><br />

“diverse”<br />

dalla società,<br />

finiscono<br />

col credere<br />

di essersi<br />

merita<strong>te</strong><br />

la violenza»<br />

dei progetti che esse ci affidano. Inoltre<br />

non abbiamo una sede pubblica e dobbiamo<br />

appoggiarci alla Cgil. Un altro<br />

problema è la scarsa legittimità riconosciuta<br />

alla nostra proposta culturale.<br />

Molti sos<strong>te</strong>ngono che l’omosessualità<br />

sia una malattia, un disturbo<br />

della personalità. Come replica<strong>te</strong>?<br />

Il 17 maggio 1990 l’Organizzazione<br />

mondiale della sanità ha eliminato l’omosessualità<br />

dalla lista delle malattie<br />

mentali, considerandola un’inclinazione<br />

naturale. Infatti il 17 maggio è la<br />

Giornata contro l’omofobia. Chi vuole<br />

pensare all’omosessualità come a una<br />

malattia forse ha nostalgia dei campi di<br />

concentramento dove, a causa della loro<br />

“natura”, sono stati rinchiusi anche<br />

tantissimi omosessuali. Secondo la psicanalisi<br />

chi ha paura degli omosessuali<br />

probabilmen<strong>te</strong> reprime la sua omosessualità;<br />

in fondo ha paura di se s<strong>te</strong>sso.<br />

Esis<strong>te</strong> una stima della percentuale<br />

di omosessuali?<br />

Gli omosessuali nel mondo sono circa<br />

il 10% della popolazione, 600 mila solo<br />

in Campania, ma solo l’1% lo dichiara.<br />

Siamo invisibili ma in realtà, se pensiamo<br />

che una persona su dieci è omosessuale,<br />

anche se non lo sappiamo, ci sarà<br />

un omosessuale nella nostra cerchia familiare,<br />

tra i nostri amici o tra i colleghi<br />

di lavoro.<br />

In Italia quali diritti sono riconosciuti<br />

ai gay ?<br />

Nessun diritto è riconosciuto a gay, lesbiche<br />

e trans. Quando l’omosessualità<br />

viene tollerata è una sorta di concessione,<br />

ma non un diritto. Esis<strong>te</strong> un paese a<br />

due velocità: quello reale, che è piuttosto<br />

disponibile, e quello delle istituzioni,<br />

che non lo è. Non esis<strong>te</strong> provvedimento<br />

in favore dei gay neanche a livello co-<br />

munale, provinciale e regionale, da par<strong>te</strong><br />

di nessun partito politico. Invece a livello<br />

mondiale qualcosa sta cambiando:<br />

negli Stati Uniti, Barack Obama ha<br />

dichiarato giugno il mese dei diritti gay.<br />

Anche i media trasmettono una visione<br />

dell’omosessualità distorta, ad esempio<br />

o c’è la censura sul Gay Pride o vengono<br />

mostra<strong>te</strong> immagini false, trat<strong>te</strong> dal Carnevale<br />

di Rio.<br />

Come è andato il Gay Pride di Napoli?<br />

Straordinariamen<strong>te</strong> bene. Siamo stati<br />

noi ad organizzarlo con il supporto dell’associazione“Arci-lesbiche”.<br />

Abbiamo<br />

voluto realizzare una manifestazione<br />

più politica, sociale e culturale, meno<br />

eccentrica. Insieme a noi hanno marciato<br />

immigrati, precari, emarginati, le<br />

“famiglie arcobaleno” e i bambini. É stato<br />

un momento importan<strong>te</strong> di confronto<br />

e in<strong>te</strong>grazione tra culture diverse.<br />

I gay sono discriminati anche nel-<br />

La forza della tolleranza<br />

Mamma e figlio mentre sfilano<br />

insieme per le vie di Napoli<br />

duran<strong>te</strong> il Gay Pride<br />

scarpnapoli<br />

l’ambito del lavoro?<br />

Certamen<strong>te</strong>. Gli omosessuali sono benvoluti<br />

solo in certi ambiti lavorativi, ad<br />

esempio se fanno gli stilisti o i parrucchieri.<br />

Non se fanno i top manager o i<br />

professori...<br />

Quali sono gli ostacoli culturali che<br />

impediscono l’in<strong>te</strong>grazione di gay<br />

e lesbiche?<br />

Io non penso di appar<strong>te</strong>nere a una cultura<br />

di minoranza, mi auguro di rappresentare<br />

la cultura di maggioranza. Una<br />

cultura democratica basata sull’antifascismo,<br />

la lotta alla camorra e la pratica<br />

dell’antiviolenza. Siamo cittadini come<br />

gli altri e crediamo che ogni persona<br />

nella sua complessità sia portatrice di<br />

diritti. Appar<strong>te</strong>niamo tutti a un’unica<br />

cultura, che met<strong>te</strong> insieme le diversità e<br />

le in<strong>te</strong>gra.<br />

È possibile il dialogo tra Chiesa e<br />

omosessuali?<br />

Sarebbe auspicabile, soprattutto sos<strong>te</strong>nendo<br />

l’Onu nel sanzionare i paesi dove<br />

vengono perseguitati gli omosessuali.<br />

La Chiesa come casa comune dei fedeli<br />

è aperta alle diversità. Non vedo<br />

perchè non dovrebbe esserlo anche con<br />

gli omosessuali..<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .49


scarpnapoli<br />

Non ero mai stato a <strong>te</strong>atro. Ci sono andato grazie a <strong>Scarp</strong>.<br />

Un’esperienza bellissima. E adesso vorrei vedere Eduardo<br />

L’emozione<br />

della mia “prima”<br />

Pensando<br />

a domani<br />

Che bel mare che bel cielo.<br />

Mi domando e dico:<br />

come sarà domani?<br />

E come sarà stanot<strong>te</strong>?<br />

Domani rispunta il sole<br />

che scalda tutti gli esseri<br />

la <strong>te</strong>rra e tutto il mondo<br />

e stanot<strong>te</strong> sulla sabbia<br />

mi metto piano piano<br />

a contare le s<strong>te</strong>lle<br />

e mi met<strong>te</strong>rò<br />

a cercare quella<br />

che mi dovrà<br />

accompagnare<br />

in paradiso.<br />

E quando<br />

ci sarà silenzio<br />

e me ne andrò<br />

piano piano<br />

arrivando in paradiso<br />

la mia <strong>te</strong>sta penserà<br />

che se sulla <strong>te</strong>rra<br />

si pensasse al domani<br />

tutto si potrebbe fare.<br />

Antonio Pirozzi<br />

50. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

di Bad 10<br />

Avevo sempre pensato che andare a <strong>te</strong>atro sarebbe stata una cosa bellissima,<br />

dato che non ci ero mai andato. Non avevo idea di come fosse fatto e dell’“ambien<strong>te</strong>”<br />

che lo frequenta. Sapevo che si può assis<strong>te</strong>re a spettacoli di ogni genere<br />

e ognuno può seguire quello che gli in<strong>te</strong>ressa. Finalmen<strong>te</strong>, dopo tanti anni, sono<br />

riuscito ad andarci grazie ai laboratori di scrittura (che io frequento il mar<strong>te</strong>dì) e di<br />

giornalismo (che io non frequento) condotti a <strong>Scarp</strong>. Insieme ai compagni di corso<br />

siamo andati mar<strong>te</strong>dì 9 giugno all’appuntamento alle 19,30, fuori dal <strong>te</strong>atroTrianon<br />

Viviani, in piazzaVincenzo Calenda, nel quartiere popolare di Forcella.<br />

Io ero là dalle 18.30, in quanto era il mio giorno di vendita in strada del giornale.<br />

Stando fuori dal <strong>te</strong>atro con molto anticipo, ho proposto <strong>Scarp</strong> alle persone che en-<br />

travano, non capendo che non erano<br />

spettatori, ma attori o meglio attrici. Infatti<br />

lo spettacolo si chiamava La scena<br />

delle donne: ombre e presenze.<br />

Lo spettacolo faceva par<strong>te</strong> della rassegna<br />

“Fringe” del Teatro Festival Italia<br />

ed è stato realizzato nell’ambito di un laboratorio<br />

formato da donne e ragazze<br />

dei quartieri a rischio di Napoli. Nell’at<strong>te</strong>sa,<br />

già la mia men<strong>te</strong> fantasticava di co-<br />

Ero andata a <strong>te</strong>atro solo pochissime vol<strong>te</strong>, tanto<br />

<strong>te</strong>mpo fa, quando ero adolescen<strong>te</strong>. Mi recai al <strong>te</strong>atro Bellini, in<br />

compagnia di mia sorella più grande, a vedere Nino D’Angelo.<br />

I biglietti, li ebbi in regalo da un amico di mio padre che anch’io<br />

conoscevo. Quando entrammo nel <strong>te</strong>atro notai subito<br />

che era magnifico, grande, tutto illuminato. Un signore ci indicò<br />

il nostro posto, ero molto emozionata<br />

e notai che, a differenza dei concerti<br />

dove si fa più confusione e le emozioni<br />

si mostrano molto più aper<strong>te</strong>, a <strong>te</strong>atro<br />

bisogna stare in modo composto.<br />

Ma quando entrò il cantan<strong>te</strong>, gli applausi<br />

e le invocazioni non mancarono.<br />

Nino incominciò non solo a cantare, ma<br />

prima di ogni sua canzone introduceva<br />

me fosse fatto un <strong>te</strong>atro, non avendolo<br />

mai visto dal vivo. Mi rifacevo a qualche<br />

immagine vista in tv della pla<strong>te</strong>a e dei<br />

palchetti del San Carlo. Il mio fantasticare<br />

fu in<strong>te</strong>rrotto dall’arrivo dei miei colleghi<br />

e poi da quello della nostra coordinatrice<br />

che andò a prendere i biglietti,<br />

donatici dall’associazione “In<strong>te</strong>rno 5”,<br />

che aveva organizzato il “Fringe”.<br />

Bella serata, ma è meglio Nino<br />

Di nuovo a <strong>te</strong>atro. Non mi è piaciuto tanto. Invece quella volta, al Bellini, ascoltai D’Angelo,<br />

di Marianna<br />

Palma<br />

il pezzo con un monologo. Lo spettacolo<br />

durò due ore, il <strong>te</strong>atro era pieno di<br />

gen<strong>te</strong> di ogni età, Nino D’Angelo è il re<br />

della canzone napoletana...<br />

Scende sempre da cavallo<br />

D’Angelo fu in<strong>te</strong>rvistato in una trasmissione<br />

di Paolo Bonolis (Il senso della vita)<br />

e rispose con una frase che mi è rimasta<br />

impressa: «Anche se tutti i fan mi<br />

fanno salire sul cavallo, io scendo sempre».<br />

Questo ci fa capire che, anche se da<br />

bambino aveva sofferto la miseria, se l’è<br />

guadagnato il suo successo, essendo<br />

sempre una persona umile e disponibi-


Poi siamo entrati, facendo la fila insieme<br />

agli altri spettatori. All’ingresso le<br />

maschere ci hanno staccato i biglietti,<br />

consegnandoci un bigliettino insieme<br />

all’altra metà del biglietto dove c’era disegnata<br />

una rana. Lo spettacolo era formato<br />

da tre parti distin<strong>te</strong> e separa<strong>te</strong>.<br />

Ombre e lan<strong>te</strong>rne<br />

<strong>Per</strong> la prima par<strong>te</strong> ci hanno fatto met<strong>te</strong>re<br />

sul loggione; mi è mancato il fiato dall’emozionenelvederedalìtuttalapla<strong>te</strong>a<br />

e il palco. Lo spettacolo era un ballo-sfilata,<br />

in cui le attrici erano vesti<strong>te</strong> in modo<br />

molto allegro con stili di epoche diverse<br />

e i costumi erano fatti da loro. <strong>Per</strong><br />

il secondo spettacolo ci hanno diviso in<br />

gruppi e ci hanno accompagnato sul<br />

palco, poi hanno chiuso la <strong>te</strong>nda ed è<br />

iniziato uno spettacolo fatto da ombre<br />

cinesi. Quando la <strong>te</strong>nda si è aperta, nella<br />

pla<strong>te</strong>a c’erano le donne che ballavano<br />

<strong>te</strong>nendo in mano una fiaccola accesa.<br />

Ci siamo poi seduti in pla<strong>te</strong>a ed è iniziata<br />

la <strong>te</strong>rza par<strong>te</strong> dello spettacolo, in<br />

cui le attrici hanno recitato scendendo<br />

in pla<strong>te</strong>a e poiché si rivolgevano al pubblico,<br />

sembrava che volessero dialogare,<br />

ma appena cercavi di rispondere subito<br />

si rivolgevano a un altro.<br />

Si è trattata davvero di una bellissima<br />

esperienza, vorrei di nuovo provarla.<br />

La prossima volta mi piacerebbe vedere<br />

una commedia, magari di Eduardo<br />

de Filippo, ambientata in un con<strong>te</strong>sto<br />

popolare. .<br />

il re della canzone napoletana<br />

le, che non si è mai montata di <strong>te</strong>sta.<br />

Dopo tanti anni sono tornata a <strong>te</strong>atro<br />

grazie a <strong>Scarp</strong>, ma soprattutto ad<br />

Alessandra del Giudice, che si è fatta in<br />

quattro per farci avere i biglietti. Insieme<br />

a lei abbiamo deciso quale spettacolo<br />

vedere e poi ci siamo divisi in due gruppi<br />

di quattro persone, io sono capitata<br />

con Sergio Gatto, Bruno Limone, Antonio<br />

Pirozzi, Piotr Kowalczyt.<br />

Lo spettacolo La gattoparda era al<br />

<strong>te</strong>atro Trianon Viviani. È durato quasi<br />

un’oretta, non mi è piaciuto tanto. Ma<br />

comunque è stata una bella serata trascorsa<br />

insieme ai miei colleghi..<br />

Precedenti di uno spettatore<br />

Sceneggia<strong>te</strong> e commedie<br />

tra delusioni, risa<strong>te</strong> e lacrime<br />

Una domenica di dicembre, non ricordo quale giorno e nemmeno<br />

l’anno, ma solo che ero alle superiori, invitato da un amico andai a <strong>te</strong>atro<br />

per assis<strong>te</strong>re a una sceneggiata napoletana. Il Teatro 2000 si trovava<br />

all’inizio del corso Garibaldi ed arrivammo pochi minuti prima dell’inizio<br />

della rappresentazione. Era la prima volta che entravo in un <strong>te</strong>atro,<br />

la curiosità nel vedere come era fatto all’in<strong>te</strong>rno non mi fece visionare<br />

la locandina per conoscere il titolo e il cast di attori. Rimasi deluso quando<br />

mi trovai di fron<strong>te</strong> una struttura diversa da come l’avevo immaginata.<br />

La sceneggiata si intitolava Miracolo di Natale, in<strong>te</strong>rpretata da Mario<br />

e Sal Da Vinci, protagonisti principali. Il <strong>te</strong>atro era un cinema adattato,<br />

aveva un’unica sala, le poltrone erano di legno e il palco era ancora chiuso<br />

da un <strong>te</strong>ndone di colore rosso. La sceneggiata era divisa in tre atti, ma tutto<br />

sommato ci divertimmo; tra risa<strong>te</strong> e lacrime trascorse la serata e dopo<br />

facemmo ritorno a casa. In seguito andai a vedere una commedia<br />

napoletana al <strong>te</strong>atro Cilea, Mpriestame a mugliereta, di Gaetano Di Maio.<br />

Il <strong>te</strong>atro era bello, le poltrone erano numera<strong>te</strong> e le persone venivano<br />

accompagna<strong>te</strong> ai posti assegnati dalle maschere. Le scene erano cura<strong>te</strong><br />

e gli attori indossavano costumi del Set<strong>te</strong>cento. Ho frequentato il <strong>te</strong>atro<br />

Sannazzaro assis<strong>te</strong>ndo ad alcune commedie messe in scena dalla<br />

compagnia di Luisa Con<strong>te</strong> e Nino Taranto. L’ultima opera <strong>te</strong>atrale l’ho vista<br />

al Trianon, con i colleghi di <strong>Scarp</strong>. Non voglio fare commenti dato che<br />

la commedia rappresentata non è riuscita a coinvolgermi. La trama non mi<br />

in<strong>te</strong>ressava, non mi è piaciuta l’in<strong>te</strong>rpretazione degli attori, i due monologhi<br />

fatti dall’attrice protagonista in dialetto siciliano, con canti e balli, non<br />

hanno attirato la mia at<strong>te</strong>nzione; ero completamen<strong>te</strong> assen<strong>te</strong>.<br />

Sergio Gatto<br />

Il viaggio<br />

Ricordi dell’esta<strong>te</strong> ’94,<br />

la mia prima e unica vacanza<br />

scarpnapoli<br />

Nel 1994 ho fatto la mia prima ed unica vacanza. Con i miei<br />

amici Pedro ed Eduardo siamo andati al Pozon de la Dolores, a nord della<br />

Spagna, nei pressi di Santander. Avevo 24 anni, i miei amici la mia s<strong>te</strong>ssa<br />

età. Pedro stava economicamen<strong>te</strong> meglio. Il mezzo di trasporto era<br />

la sua auto, che era nuova. La macchina ci serviva per andare di not<strong>te</strong><br />

in disco<strong>te</strong>ca a Reinosa, che è una vera e grande città. Non avevamo molti<br />

soldi per andare in un altro posto e la particolarità di questo era che non<br />

aveva limi<strong>te</strong> di permanenza ed era gratis, si mangiava bene in modo<br />

economico e abbondan<strong>te</strong>. La maggior par<strong>te</strong> del <strong>te</strong>mpo lo passavamo<br />

in macchina perché il luogo dove mangiavamo e la disco<strong>te</strong>ca erano distanti<br />

più di 50 chilometri da dove dormivamo. Siamo andati a vedere un villaggio<br />

sommerso: il lago che ci hanno costruito sopra era più importan<strong>te</strong> del<br />

villaggio s<strong>te</strong>sso, serviva infatti per con<strong>te</strong>ner acqua in esta<strong>te</strong> e utilizzarla<br />

quando ce n’era poca. Si intravedeva il campanile della chiesa del villaggio<br />

spuntare dal lago. In inverno la laguna dove abbiamo trascorso le nostre<br />

vacanze gela completamen<strong>te</strong>. Intorno tutto è innevato ed è anche una zona<br />

ottima per praticare sport nordici e sciare. Negli ultimi anni quella zona<br />

è diventata sempre più turistica e riesce ad attirare un numero crescen<strong>te</strong><br />

di visitatori, favorendo l’arricchimento economico del luogo. Ma, forse,<br />

snaturandone un po’ l’anima. Carlos Asensio<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .51


52. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

catania<br />

Viaggio alla scoperta della comunità albanese siciliana:<br />

intat<strong>te</strong> da cinque secoli lingua e cultura originarie<br />

La Piana resis<strong>te</strong><br />

all’omologazione<br />

di Ketty Panebianco<br />

Piana degli Albanesi è stata fondata alla fine del XV secolo quando, in<br />

seguito all’invasione ottomana dei Balcani, numerosi gruppi di profughi albanesi<br />

cercarono rifugio nelle vicine cos<strong>te</strong> dell’Italia meridionale e della Sicilia, dove si stabilirono,<br />

fondando un gran numero di insediamenti rurali.<br />

Gli arbëreshë (nome che designa in generale gli albanesi della diaspora medievale)<br />

diedero vita alla loro diaspora verso la Sicilia intorno al 1485. Il più grosso centro<br />

albanese dell’isola è Piana degli Albanesi. Il paese, edificato sulle falde di una<br />

collinetta, dominava un’es<strong>te</strong>sa area pianeggian<strong>te</strong> dalla quale, con mol<strong>te</strong> probabilità,<br />

derivò il nome: Piana degli Albanesi.<br />

Le condizioni in cui avvenne l’esodo iniziale, che vedeva gli esuli albanesi in<br />

una posizione di prestigio e rispetto, oltre<br />

a permet<strong>te</strong>re una sis<strong>te</strong>mazione definitiva<br />

e a garantire agli esuli una vita<br />

tranquilla e laboriosa, consentì loro di Angelo<br />

salvaguardare le loro tradizioni e la loro<br />

In una luminosa<br />

autonomia. Quegli esuli, scacciati dall’avanzata<br />

musulmana, godevano di mattina di fine dicembre<br />

un’alta considerazione presso la cristia- incontrai una farfalla,<br />

nità occidentale.<br />

una ragazza dal viso<br />

Oltre a conservare gelosamen<strong>te</strong> la<br />

loro identità, gli albanesi della diaspora angelico e dolcissimo<br />

hanno contribuito in maniera rilevan<strong>te</strong> con degli occhioni<br />

anche alla nascita del sentimento na-<br />

da cerbiatta incorniciati<br />

zionale nella lontana madrepatria. Infatti<br />

alcuni tra i più illustri protagonisti da occhiali tondi<br />

della Rinascenza Albanese provenivano che ne esaltavano<br />

proprio dall’insediamento siculo.<br />

ancor più<br />

Miriade di bandiere<br />

la dolcezza.<br />

Agli inizi del XXI secolo, ciò che forse più Da quel momento<br />

stupisce è notare che l’attaccamento al-<br />

in avanti,<br />

la tanto amata madrepatria non si è<br />

spento né affievolito. I siculo-albanesi<br />

in sogno<br />

manifestano un vivissimo rapporto<br />

o in momenti<br />

sentimentale con l’odierna Albania. An-<br />

particolarmenti difficili,<br />

cora oggi non è difficile vedere sventolare<br />

sui balconi di Piana degli Albanesi mi apparve spesso<br />

miriadi di bandiere rosse con l’aquila<br />

la visione di lei<br />

bicipi<strong>te</strong> in occasione delle fes<strong>te</strong> di pae-<br />

come di un angelo.<br />

se o dei matrimoni.<br />

Allo s<strong>te</strong>sso modo, ancora oggi gli<br />

Angus<br />

arbëreshë soffrono per le tristi vicende<br />

che in questi ultimi anni hanno in<strong>te</strong>res-<br />

sato l’Albania e il Kosovo. È forse questa<br />

matassa di sentimenti che spiega la <strong>te</strong>nacia<br />

con cui sono riusciti a preservare<br />

saldamen<strong>te</strong> la loro identità e la loro lingua,<br />

sopravvivendo alla repressione culturale<br />

e alla de-nazionalizzazione forzata<br />

perpetra<strong>te</strong> in epoca fascista, nonché<br />

all’omologazione culturale nell’epoca<br />

della cultura di massa e alla linea che<br />

permea le politiche nei confronti della<br />

diversità etnica e linguistica.<br />

Folklorico e ornamentale<br />

Il piccolo miracolo arbëreshë si deve al<br />

ruolo esercitato dai due istituti religiosi<br />

di rito orientale, con sede in Calabria (Il<br />

Collegio Corsini-Sant’Adriano) e in Sicilia<br />

(Seminario greco-albanese di Palermo,<br />

fondato nel 1735, poi trasferito a<br />

Piana degli Albanesi nel 1945) e dalle<br />

università di Palermo e Cosenza.<br />

È una legge storica, infatti, che sopravvivano<br />

solo le lingue e le culture che<br />

possono sviluppare proprie forti istituzioni<br />

culturali, da cui possano attingere<br />

linfa vitale e legittimazione e imporre alle<br />

culture e alle lingue dominanti una<br />

propria dignità. In ciò consis<strong>te</strong> la chiave<br />

della loro sopravvivenza.<br />

Emblematica è in questo senso una<br />

canzone popolare che viene intonata in<br />

ogni ricorrenza pubblica, profana e religiosa,<br />

il Canto dell’esule, che si è tramandato<br />

nei secoli e recita: “Oh bella<br />

Morea, come ti ho lasciata e più non ti<br />

ho rivista, lì ho il signor mio padre, lì ho<br />

la signora mia madre, lì ho anche il fra<strong>te</strong>llo<br />

mio. Oh bella Morea, come ti ho lasciata<br />

e mai più ti ho rivista”.<br />

Altra peculiarità che connota ques<strong>te</strong><br />

comunità è la lingua, rimasta straordinariamen<strong>te</strong><br />

vicina a quella madre, tanto<br />

che oggi è possibile la comunicazione


« La lingua<br />

parlata<br />

è rimasta<br />

incredibilmen<strong>te</strong><br />

vicina a quella<br />

madre:<br />

un albanese<br />

e un “pianoto”<br />

si capiscono<br />

benissimo»<br />

tra un albanese d’Albania e un “pianoto”.<br />

Le battaglie <strong>te</strong>nacemen<strong>te</strong> sos<strong>te</strong>nu<strong>te</strong><br />

dalla comunità hanno portato il riconoscimento<br />

della minoranza arbëreshe da<br />

par<strong>te</strong> dello stato italiano in base alla legge<br />

482 del 1999. Ma loro pensano ancora<br />

che la loro cultura sia minacciata. E<br />

non a torto. Come detto, la peculiarità di<br />

ques<strong>te</strong> popolazioni si è conservata anche<br />

grazie alla presenza di istituzioni<br />

culturali, ma oggi la lingua e la cultura<br />

di ques<strong>te</strong> genti sono relega<strong>te</strong> in un ambito<br />

quasi folklorico e “ornamentale”, e<br />

ciò non è di buon auspicio per il futuro.<br />

Se infatti una lingua non conferisce<br />

prestigio al parlan<strong>te</strong> e, anzi, lo relega e lo<br />

consegna a un’immagine grot<strong>te</strong>sca e distorta,<br />

difficilmen<strong>te</strong> la vecchia generazione<br />

sarà disposta a trasmet<strong>te</strong>rla a<br />

quella successiva. In un orizzon<strong>te</strong> culturale<br />

che premia “leggerezza” e “omogeneità”,<br />

sarà difficile per una tradizione<br />

“pesan<strong>te</strong>” di cinquecento anni guadagnarsi<br />

un posto nel <strong>te</strong>rzo millennio..<br />

Le risorse di Librino<br />

In memoria di Iqbal Masih,<br />

contro il lavoro minorile<br />

scarpcatania<br />

A Librino, quartiere periferico concepito e nato negli anni<br />

Settanta come “città sa<strong>te</strong>lli<strong>te</strong>” di Catania, opera il centro “Iqbal Masih”.<br />

Si tratta di un gruppo di persone che volontariamen<strong>te</strong> e liberamen<strong>te</strong><br />

gestisce, organizza e svolge diverse attività, autofinanziandosi.<br />

Nel quartiere mancano spazi di aggregazione sociale e il gruppo met<strong>te</strong><br />

a disposizione il suo spazio per dare l’opportunità a tutti agli abitanti<br />

del quartiere di incontrarsi e socializzare pacificamen<strong>te</strong>.<br />

I bambini possono usufruire del doposcuola e par<strong>te</strong>cipare ad attività<br />

artistiche e ricreative. Ma l’impegno forse più importan<strong>te</strong> del centro<br />

è quello di occuparsi, trami<strong>te</strong> inchies<strong>te</strong>, raccolta di dati e denunce, dello<br />

sfruttamento del lavoro minorile e del lavoro in nero, piaga che si pensa<br />

riferibile solo a paesi lontani, ma che invece è presen<strong>te</strong> anche vicino a noi.<br />

Valentina è una volontaria del centro “Iqbal Masih”. Spiega che<br />

la maggior par<strong>te</strong> dei bambini di loro conoscenza, a 13 anni lasciano<br />

la scuola e iniziano a lavorare. Purtroppo la scuola non può fare nulla,<br />

perché mol<strong>te</strong> vol<strong>te</strong> sono proprio i genitori che spingono i minori<br />

ad abbandonare gli studi e spesso a farli lavorare, pure in famiglia o con<br />

la paren<strong>te</strong>la, ad esempio come muratori o pescatori. Ma anche la mafia con<br />

i suoi in<strong>te</strong>ressi è presen<strong>te</strong> nel quartiere e così i minori ne divengono preda,<br />

avviati allo spaccio di droga e a diversi tipi di furti.<br />

Questa è la realtà dei fatti e non esis<strong>te</strong> alcun controllo, data la latitanza<br />

delle istituzioni. Il centro “Masih” ha recen<strong>te</strong>men<strong>te</strong> organizzato<br />

una “Settimana contro lo sfruttamento minorile”. A Catania, in piazza<br />

dell’Università, un gruppo di bambini, accompagnati allegramen<strong>te</strong> dalla<br />

musica, ha recitato e ballato, raccontando le storie di bambini lavoratori,<br />

tra cui quella di colui che da il nome al centro.<br />

Iqbal era un bambino pachistano. A 4 anni i suoi genitori lo vendet<strong>te</strong>ro<br />

per 16 dollari a una fabbrica di tappeti, dove era costretto a lavorare<br />

13 ore al giorno. A 10 anni ebbe la fortuna di essere liberato da un uomo,<br />

il presiden<strong>te</strong> del Fron<strong>te</strong> di liberazione del lavoro forzato in Pakistan. Iqbal<br />

iniziò a bat<strong>te</strong>rsi per tutti i bambini sfruttati e le sue coraggiose denunce<br />

causarono la chiusura di decine di fabbriche di tappeti. Portò la sua<br />

<strong>te</strong>stimonianza anche in altri paesi asiatici,<br />

in occiden<strong>te</strong> e negli Stati Uniti. Il suo<br />

obiettivo era diventare avvocato, per po<strong>te</strong>r<br />

lottare e difendere i milioni di bambini<br />

costretti a lavorare in tutto il mondo.<br />

Ma il suo sogno non potè avverarsi.<br />

Iqbal a 12 anni, nel 1995, fu ucciso dagli<br />

uomini della mafia dei tappeti, per avere<br />

avuto il coraggio di denunciare ciò che<br />

avviene nel suo paese. Iqbal rimane<br />

comunque un simbolo del coraggio e dei<br />

diritti dei minori. Lo <strong>te</strong>stimoniano le sue<br />

parole: «Non ho paura del mio padrone,<br />

ora è lui ad aver paura di me».<br />

Sissi Geraci<br />

Ricordando Iqbal<br />

Un momento della manifestazione<br />

contro il lavoro minorile<br />

svol<strong>te</strong>si in piazza dell’Università<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .53


“U fistinu” celebra a luglio Santa Rosalia. Festa amata: il carro<br />

trionfale illustra la voglia di Palermo di vincere i propri mali<br />

C’è lavoro<br />

per la Santuzza<br />

La danza<br />

dello spirito<br />

Mentre cala l’ala vorticosa<br />

per i pendii maestri<br />

il Respiro Supremo muta ogn’or.<br />

Qual nebbioso fremito s’allesta<br />

al sentier di una valle caliginosa,<br />

Esso si immerge,<br />

gabbiano impavido,<br />

rapido, silenzioso,<br />

ferendo l’aere brumoso.<br />

Un tremulo fruscìo furtivo<br />

si culla<br />

su rive che<strong>te</strong><br />

d’una spiaggia<br />

fumosa.<br />

Tumultuoso,<br />

irruen<strong>te</strong>,<br />

scivola,<br />

librandosi<br />

in una fiamma<br />

vaporosa<br />

che sventola<br />

su aspre<br />

cime nevose.<br />

L. C.<br />

54. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

palermo<br />

di Giuseppe Cintura <strong>te</strong>sto raccolto da Rossella Russello<br />

Si è abbassato il sipario sul festino di Santa Rosalia, il numero trecentottanta.<br />

Palermo dal 9 al 15 luglio, come ogni anno, ha dedicato alla sua patrona una<br />

festa popolare, nota come u fistinu. Festa ricca di manifestazioni culturali, spettacoli<br />

piro<strong>te</strong>cnici e una solenne processione. <strong>Per</strong> le vie del centro storico, in occasione del<br />

festino, i cantastorie intonano i canti della tradizione popolare, che celebrano la<br />

Santuzza (espressione comune usata dai devoti per riferirsi in modo affettuoso a<br />

santa Rosalia) e la leggenda del suo eremitaggio nella grotta sul mon<strong>te</strong> Pellegrino, vicino<br />

Palermo. A Santuzza miraculusa è una vicenda riferita a quell’anno maledetto,<br />

il 1624, in cui la mor<strong>te</strong> nera, la pes<strong>te</strong>, falciava la popolazione di Palermo. Nessun<br />

rimedio umano era riuscito ad arrestare il morbo: solo dopo una strage di 30 mila<br />

morti, Santa Rosalia sconfisse la pes<strong>te</strong>.<br />

La rappresentazione della città devastata<br />

dall’epidemia apre lo spettacolo<br />

in cat<strong>te</strong>drale. Il simbolo della vittoria<br />

contro la pes<strong>te</strong> è stato l’incedere, dalla<br />

cat<strong>te</strong>drale al Foro Italico, di un foltissimo<br />

cor<strong>te</strong>o dietro l’imponen<strong>te</strong> carro<br />

trionfale della Santuzza, pesan<strong>te</strong> set<strong>te</strong><br />

tonnella<strong>te</strong> e trasportato da sessanta<br />

marinai.<br />

Il mio sogno, incoronarla<br />

Un sogno che ho, sin da quando ero<br />

bambino, è salire sul carro per po<strong>te</strong>r salutare<br />

la Santuzza e po<strong>te</strong>rla incoronare,<br />

proprio quello che fa il sindaco ogni anno.<br />

Ricordo che da piccolo andavo con<br />

mio padre alla processione, quanto<br />

camminavamo! <strong>Per</strong> farmi riposare e soprattutto<br />

per cercare di realizzare, almeno<br />

in minima par<strong>te</strong>, il mio sogno, mio<br />

papà mi faceva sedere sul lato pos<strong>te</strong>riore<br />

del carro. Ero felicissimo e orgoglioso<br />

di mio padre per ciò che aveva fatto.<br />

Gli anni passano e le cose cambiano,<br />

ma la nostra festa rimane sempre e<br />

quest’anno sono andato a fes<strong>te</strong>ggiare<br />

la patrona insieme alla comunità con<br />

cui vivo. La nostra serata è cominciata<br />

con una cena tipica: lo sfincione, una<br />

focaccia di pasta molliccia lievitata,<br />

con salsa di pomodoro e cipolla a fet<strong>te</strong>,<br />

pan grattato, caciocavallo a pezzettini<br />

e acciughe sala<strong>te</strong>, e del buon dolce (il<br />

“gelato di campagna”, sorta di torrone<br />

<strong>te</strong>nero, fatto di zucchero e pistacchi).<br />

La serata è poi proseguita con la<br />

processione. Il carro, con il suo lento incedere,<br />

avanzava in direzione della marina,<br />

al grido corale di «Viva Palermo e<br />

Santa Rosalia». La festa è stata dedicata<br />

Volontari siciliani, esta<strong>te</strong> a<br />

Superata la fase acuta della<br />

emergenza post-<strong>te</strong>rremoto, il numero<br />

dei volontari presenti in Abruzzo<br />

non diminuisce. Anche la Caritas<br />

diocesana di Palermo si è recata<br />

in Abruzzo per contribuire all’azione<br />

di sos<strong>te</strong>gno alle popolazioni colpi<strong>te</strong><br />

dal sisma. La delegazione Caritas<br />

siciliana, che opera in gemellaggio<br />

con quella lombarda, ha promosso<br />

attività che si svolgono nel comune di<br />

Paganica, dove sono allesti<strong>te</strong> cinque<br />

<strong>te</strong>ndopoli. Da subito, raccontano<br />

i volontari, sono stati immersi<br />

nelle difficoltà che la vita nelle <strong>te</strong>nde<br />

provoca, cercando di stabilire una<br />

continuità tra i vari turni di volontari<br />

che si sono succeduti nei centri<br />

di ascolto aperti tra le <strong>te</strong>nde.


alle vittime del mare, ma è stata anche<br />

all’insegna del risparmio. Il risparmio si<br />

è sentito in tutto, anche se lo scenario<br />

del Foro Italico, gremito di tanta gen<strong>te</strong><br />

che canta, balla, mangia e ride, fa per un<br />

attimo dimenticare questa crisi.<br />

La Nave dei miracoli<br />

Almeno il carro trionfale, comunque,<br />

era totalmen<strong>te</strong> nuovo. Ispirato al mare:<br />

la “Nave dei miracoli”. Il carro rappresentava<br />

un relitto, costruito con legno<br />

marino impreziosito dall’oro zecchino,<br />

adagiato su un letto di rose rosse.<br />

<strong>Per</strong> il palermitano doc, non è fistinu<br />

se gli vengono a mancare i babbaluci<br />

(lumache), che gusta comodamen<strong>te</strong><br />

seduto su una seggiola, con il<br />

naso all’insù verso il cielo che ammira<br />

i fuochi d’artifici, segno della conclusione<br />

della festa.<br />

In tanti affermano che con il carro<br />

trionfale i palermitani, insieme alla gloria<br />

della Santa, vogliano riaffermare la<br />

gloria della propria città. Certo è che,<br />

soprattutto in questi ultimi anni, il carro<br />

è metafora della voglia della città di<br />

trionfare sui propri mali, così come la<br />

sua Santuzza lo fece sulla pes<strong>te</strong>. Oggi<br />

come allora, la cittadinanza affida al<br />

miracoloso po<strong>te</strong>re della Santa il compito<br />

di risolvere ogni sorta di problema,<br />

dal malanno fisico alla pena amorosa,<br />

fino alla piaga della mafia. Il lavoro non<br />

le manca..<br />

Sulla strada<br />

Io e mio fra<strong>te</strong>llo, vita sfortunata<br />

Ma adesso vogliamo la rivincita<br />

La mia è una storia tris<strong>te</strong>, ma soprattutto sfortunata.<br />

Fin dall’infanzia subivo abusi sessuali in famiglia, non parlavo mai, ero molto<br />

timido e <strong>te</strong>rrorizzato. Mia madre non ha mai capito nulla e io, per non darle<br />

un dispiacere, facevo finta di nien<strong>te</strong> e subivo in silenzio. L’età avanzava<br />

e io ero sempre più legato a mia madre. Forse adesso mi rendo conto che<br />

ero anche troppo dipenden<strong>te</strong> da lei. E intanto rafforzavo sempre più anche<br />

il rapporto con mio fra<strong>te</strong>llo più piccolo, Mario. Quando è morta nostra<br />

madre, nel 2003, io e Mario siamo stati divisi, siamo andati a vivere a casa<br />

di due diverse sorelle. Convivenze difficili per entrambi.<br />

Io sono stato male, tanto da essere ricoverato in ospedale. Anche lì ero<br />

solo. I problemi diventavano sempre più frequenti e io ho cominciato a<br />

soffrire di depressione. La mia famiglia, o meglio quello che ne era rimasto,<br />

pian piano mi allontanava, mi disprezzavano, sino a che dovetti andarmene<br />

da casa. Così sono diventato un barbone. Quest’inferno è durato<br />

per un anno e mezzo. Io e mio fra<strong>te</strong>llo Mario abbiamo però trovato il modo<br />

per tornare a vivere insieme. Abbiamo vissuto per due anni in una casa<br />

abusiva, poi, grazie alla pensione di mio fra<strong>te</strong>llo (è schizzofrenico),<br />

abbiamo affittato un monolocale. La sfortuna purtroppo ci perseguita<br />

e la not<strong>te</strong> del 30 maggio è successo il caos. Alle 3 del mattino<br />

ho cominciato a sentire dei rumori, non capivo, pensavo si trattasse<br />

di una scossa di <strong>te</strong>rremoto. Un tonfo fortissimo è rimbombato in tutto<br />

l’appartamento e una nube di polvere si è sollevata. Era crollato<br />

il pavimento. <strong>Per</strong> fortuna sotto non ci abitava nessuno e noi riamo rimasti<br />

illesi. Ovviamen<strong>te</strong> non avevamo nessun contratto e quindi ci siamo trovati<br />

ancora una volta a vivere per strada. <strong>Per</strong> il momento siamo ospiti in<br />

un centro di accoglienza, ma questa è sola una sis<strong>te</strong>mazione provvisoria.<br />

Adesso io e Mario vogliamo prenderci la nostra rivincita, ricominciare<br />

da zero e cancellare il passato, per quanto è possibile. Siamo in cerca<br />

di un piccolo appartamento e di un po’ di felicità. Giovanni Bravo<br />

Paganica: il <strong>te</strong>rremoto si supera con l’ascolto e la condivisione<br />

I problemi, anche se abbastanza taciuti,<br />

sono tanti: la mancanza di privacy,<br />

dovuta alla condivisione delle <strong>te</strong>nde,<br />

che genera conflitti; l’apatia per i tanti<br />

giorni inoperosi; la s<strong>te</strong>ssa <strong>te</strong>mperatura,<br />

troppo calda di giorno e gelida di not<strong>te</strong>.<br />

Il compito dell’ascolto degli “at<strong>te</strong>ndati”<br />

si è dunque rivelato cruciale; ai centri si<br />

rivolgono anche persone di altri campi;<br />

le schede che vengono compila<strong>te</strong>,<br />

relative alle situazioni familiari di disagio<br />

sociale e psicologico, preludono<br />

a un eventuale in<strong>te</strong>rvento di sos<strong>te</strong>gno.<br />

Indimenticabili sono stati, sia per<br />

i volontari che per gli ospiti del campo<br />

“Paganica 5”, anche i momenti<br />

di animazione e i laboratori.<br />

Importantissimo inoltre<br />

l’accompagnamento e l’aiuto forniti<br />

alle persone più deboli: donne incin<strong>te</strong>,<br />

anziani e bambini. Il cammino verso<br />

la normalità è lungo e tortuoso, ma<br />

scarppalermo<br />

Solidarietà<br />

ai <strong>te</strong>rremotati<br />

Foto di gruppo<br />

per alcuni<br />

dei volontari<br />

della Caritas<br />

di Palermo<br />

che hanno passato<br />

l’esta<strong>te</strong> a Paganica<br />

al fianco<br />

dei <strong>te</strong>rremotati<br />

colpisce la voglia degli abruzzesi di<br />

essere protagonisti della ricostruzione,<br />

non solo vittime da commiserare.<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .55


Vacanze e viaggi<br />

I viaggi più belli sono quelli<br />

che si fanno sognando.<br />

I posti più belli<br />

e affascinanti<br />

sono quelli<br />

che non esistono ancora.<br />

Tutto ci stanno<br />

distruggendo<br />

e soprattutto<br />

i beni indispensabili<br />

per la vita:<br />

l’aria e l’acqua.<br />

Può darsi che ricrescano<br />

un giorno<br />

sopra macerie<br />

di metropoli irrespirabili<br />

devasta<strong>te</strong> dalla ricerca<br />

dei soldi solo per i soldi,<br />

dalla burocrazia<br />

immobile e falsa,<br />

dalla <strong>te</strong>cnologia<br />

inutile e dannosa,<br />

spesso stupida, superficiale,<br />

brutta e aggressiva,<br />

dove le persone sensibili<br />

sono considera<strong>te</strong><br />

carta straccia<br />

e dove c’è cattiveria,<br />

razzismo e violenza<br />

tra le pareti<br />

della propria abitazione…<br />

Silvia Giavarotti<br />

56. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

Africa<br />

In questa <strong>te</strong>rra<br />

c’è fame e dolore<br />

la loro vita<br />

ha lo s<strong>te</strong>sso colore<br />

della loro pelle.<br />

Africa <strong>te</strong>rra di chi<br />

ha sempre promesso.<br />

Africa vi<strong>te</strong> di tanti<br />

che aspettano ancora.<br />

Africa si muore uniti<br />

senza nien<strong>te</strong>.<br />

In questa <strong>te</strong>rra<br />

una donna aspetta<br />

nel suo dolore<br />

la speranza di chi<br />

è partito<br />

per cercare ricchezza.<br />

Donna arriverà<br />

il tuo uomo<br />

se la sua drammatica<br />

attraversata<br />

non finirà in fondo<br />

al mare.<br />

Africa stanca di chi<br />

promet<strong>te</strong> sempre.<br />

Africa di mille illusioni.<br />

Africa se il mondo in<strong>te</strong>ro<br />

lo vorrà<br />

la tua bandiera alzerai<br />

in cerca di una libertà.<br />

Nino Moxedano<br />

Ti penso<br />

C’è una bimba<br />

in giardino<br />

nell’ora in cui la sera<br />

s’incontra<br />

con la not<strong>te</strong>.<br />

Sorge la luna,<br />

splendida e tranquilla,<br />

e biancheggia<br />

tra i rami<br />

degli alberi silenti.<br />

Là at<strong>te</strong>ndeva la bimba,<br />

e ora guarda e ascolta;<br />

scompare il mondo<br />

e, per la bimba,<br />

altro non c’è<br />

che la maestosa Luna,<br />

Mary<br />

poesie di strada<br />

Riflessione<br />

Dall’essenza<br />

del tuo bisogno<br />

riconosciuto<br />

dal tuo in<strong>te</strong>rrogarti<br />

dopo il tuo vissuto,<br />

segnato dalle tan<strong>te</strong><br />

esperienze amare,<br />

dopo l’aver trovato<br />

sensazioni forti con me<br />

che avrei dovuto esserti<br />

amico, al tramonto<br />

di un giorno, uno<br />

dei tanti magici giorni,<br />

dopo una not<strong>te</strong><br />

di riflessione<br />

mi hai detto: sono sicura<br />

di non amarti;<br />

so che non ti amo<br />

ma scusami, scusami<br />

se ti ho permesso<br />

di avvicinarti troppo;<br />

anch’io ti chiedo scusa<br />

per quel fatale errore<br />

quello del guaritore<br />

che dell’ammalato<br />

si è innamorato;<br />

senza volerlo<br />

ho disturbato<br />

la tua men<strong>te</strong><br />

riaprendo<br />

vecchie feri<strong>te</strong><br />

ora vorrei aiutarti,<br />

esserti amico,<br />

essere orgoglioso<br />

di averti conosciuta<br />

questo vorrei…<br />

dopo una not<strong>te</strong><br />

di riflessione.<br />

Gaetano Toni Grieco<br />

Lenta<br />

la vita<br />

Lenta è la vita,<br />

l’orologio del <strong>te</strong>mpo,<br />

scandisce<br />

il lento trascorrere,<br />

di minuti, ore e giorni.<br />

Fermar vorresti,<br />

il lento invecchiar<br />

del tuo corpo.<br />

Nel lento trascorrere,<br />

della tua vita,<br />

ci sono giorni,<br />

che n’è valsa<br />

il dover vivere.<br />

Bad 10


ventuno<br />

Ventuno. Come il secolo nel<br />

quale viviamo, come l’agenda<br />

per il buon vivere, come<br />

l’articolo della Costituzione<br />

sulla libertà di espressione.<br />

Ventuno è la nostra<br />

idea di economia.<br />

Con qualche proposta per<br />

agire contro l’ingiustizia e<br />

l’esclusione sociale<br />

nelle scel<strong>te</strong> di ogni giorno.<br />

ventunodossier L’Europa che verrà.<br />

Dopo le elezioni di giugno, che hanno<br />

ridefinito il Parlamento di Strasburgo,<br />

ci siamo chiesti come si muoverà<br />

l’Ue in <strong>te</strong>ma di immigrazione,<br />

politiche 1sociali, ambien<strong>te</strong>.<br />

<strong>Per</strong>ché anche su questi <strong>te</strong>mi sarà<br />

sempre più l’Unione a decidere<br />

dossier a cura di Chiara Lucchin<br />

ventunoeconomia Io non vendo,<br />

scambio. In <strong>te</strong>mpi di crisi, trova<br />

nuova linfa l’idea, vecchia come<br />

il mondo, del baratto. Siamo andati<br />

a caccia di esperienze particolari.<br />

Come l’agriturismo che offre<br />

ospitalità, in cambio di...<br />

di S<strong>te</strong>fania Culurgioni<br />

ventunorighe L’Europa, grande<br />

progetto da sentire sempre più<br />

“nostro” a cura dell’Ufficio Europa<br />

di Caritas Ambrosiana<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .<br />

57


1<br />

ventunodossier<br />

Pochi europei hanno votato per il Parlamento. L’Unione appare<br />

lontana. Eppure è decisiva: analizziamo la sua agenda sociale<br />

L’Europa<br />

affare di tutti<br />

dossier a cura di Chiara Lucchin<br />

Quanto è cresciuta<br />

l’Europa che vollero<br />

nel dopoguerra<br />

De Gasperi, Schumann<br />

e Adenauer?<br />

Oggi il passo<br />

è rallentato, ma<br />

la strada percorsa<br />

è stata no<strong>te</strong>vole.<br />

Moneta unica, frontiere<br />

abbattu<strong>te</strong>, direttive<br />

comunitarie con valore<br />

normativo nei paesi<br />

membri. E ancora,<br />

l’ingresso dei paesi<br />

dell’est e gli arrivi<br />

di tanti migranti.<br />

A giugno, con il voto,<br />

l’Europarlamento<br />

ha assunto una nuova<br />

ves<strong>te</strong>. Quali sfide<br />

dovrà affrontare?<br />

Quali decisioni<br />

assumere, in ma<strong>te</strong>ria<br />

di politiche sociali,<br />

immigrazioni, ambien<strong>te</strong>?<br />

58. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

Il “peso” delle leggi europee<br />

Istituzioni lontane?<br />

Strasburgo decide per noi<br />

Tra il 4 e il 7 giugno 2009, i cittadini europei dei 27 stati membri dell’Unione<br />

hanno votato per eleggere i deputati del nuovo Parlamento europeo, che rimarranno<br />

in carica per i prossimi cinque anni. La bassa affluenza alle urne, registrata<br />

in particolare nei paesi dell’Europa centrale e dell’est, ha evidenziato, ancora<br />

una volta, il problema della disaffezione, nonché della distanza dei cittadini europei<br />

nei confronti delle istituzioni comunitarie. Infatti, dopo il fallimento del<br />

progetto di una costituzione per l’Europa, a causa della mancata ratifica del Trattato<br />

di Lisbona da par<strong>te</strong> dell’Irlanda, che ne ha bloccato l’approvazione, una certa<br />

indifferenza, mista a scetticismo, ha preso di mira il Parlamento europeo, l’istituzione<br />

comunitaria i cui membri sono eletti a suffragio universale diretto dal 1979<br />

e che rives<strong>te</strong> un ruolo rilevan<strong>te</strong> nel processo<br />

di elaborazione di quella normativa<br />

comunitaria che i parlamenti nazionali<br />

sono chiamati ad attuare.<br />

Purtroppo, anche nel nostro paese,<br />

non è percepito dalla maggioranza dei<br />

cittadini lo stretto legame tra l’ordinamento<br />

comunitario e quello nazionale.<br />

Ciò è dovuto probabilmen<strong>te</strong>, tra le altre<br />

cause, alla complessità dei processi decisionali<br />

comunitari, nonchè ai livelli<br />

istituzionali che ci separano dagli organismi<br />

comunitari e alla scarsa e spesso<br />

strumentale informazione che ci viene<br />

presentata dai governi nazionali attraverso<br />

i media.<br />

In altri <strong>te</strong>rmini, non è culturalmen<strong>te</strong><br />

acquisito fino a che punto i processi<br />

decisionali europei incidano sulle leggi<br />

che regolano la vita dei cittadini dell’Unione.<br />

Eppure, attualmen<strong>te</strong> circa il 75%<br />

delle leggi italiane sono emana<strong>te</strong> a seguito<br />

del necessario recepimento di atti<br />

comunitari!<br />

Come fare, dunque, perché i cittadini<br />

europei e italiani si avvicinino al<br />

Parlamento continentale? Anzitutto, è<br />

opportuno far acquisire consapevolez-


za riguardo all’importanza e alla possibilità<br />

di divenire portatori di istanze duran<strong>te</strong><br />

l’in<strong>te</strong>ro periodo della legislatura;<br />

difatti, un contatto con le istituzioni europee,<br />

da cittadini, è possibile sia attraverso<br />

gli strumenti di comunicazione<br />

messi a disposizione sul sito dell’Unione,<br />

sia per mezzo di reti e rappresentanze<br />

di organizzazioni operanti a<br />

Bruxelles, qualifica<strong>te</strong> per condurre un<br />

costan<strong>te</strong> dialogo e un’azione efficace di<br />

lobbying presso le istituzioni europee<br />

aper<strong>te</strong> a questo tipo di in<strong>te</strong>razione, come<br />

la Commissione europea, il Comitato<br />

economico e sociale e – appunto –<br />

il Parlamento europeo.<br />

Contrariamen<strong>te</strong> a quanto si pensa,<br />

anche il Parlamento di Strasburgo negli<br />

ultimi anni si è rivelata una istituzione<br />

disponibile al “dialogo civile”, attraverso<br />

l’apertura di canali consolidati<br />

che hanno consentito dal basso una<br />

reale influenza sul processo decisionale<br />

comunitario.<br />

L’in<strong>te</strong>razione della società civile<br />

con il Parlamento risponde anche alle<br />

esigenze degli europarlamentari i quali,<br />

chiamati a trattare mol<strong>te</strong>plici ma<strong>te</strong>rie,<br />

ricevono da organizzazioni radica<strong>te</strong><br />

negli stati membri dati aggiornati e<br />

pareri su azioni e misure da proporre e<br />

sos<strong>te</strong>nere nel corso dei lavori parlamentari.<br />

Sfide per un quinquennio<br />

Duran<strong>te</strong> la preceden<strong>te</strong> legislatura, nel<br />

settore della povertà e dell’inclusione<br />

sociale la mobilitazione della società civile<br />

nei confronti del Parlamento europeo<br />

ha consentito di realizzare alcune<br />

azioni di successo. Di fondamentale importanza<br />

è stato, per esempio, lo sblocco<br />

della direttiva sui servizi sociali di in<strong>te</strong>resse<br />

generale, che regola nel mercato<br />

unico l’erogazione di servizi di pubblico<br />

in<strong>te</strong>resse, anche sociali e sanitari,<br />

nonché, in <strong>te</strong>ma di grave emarginazione,<br />

l’adozione, da par<strong>te</strong> del Parlamento,<br />

nell’aprile 2008, della “Dichiarazione<br />

scritta per porre fine al problema dei<br />

senza fissa dimora”.<br />

Anche la legislatura che si è aperta<br />

in luglio ha già in agenda, tra gli altri,<br />

numerosi <strong>te</strong>mi di cruciale importanza<br />

per le organizzazioni della società civile<br />

e dei cittadini: le questioni sociali, l’immigrazione<br />

e l’ambien<strong>te</strong>.<br />

Riguardo al primo ambito, il problema<br />

dell’occupazione costituirà un <strong>te</strong>ma<br />

centrale della prossima legislatura, come<br />

dichiarato anche dal nuovo presiden<strong>te</strong><br />

del Parlamento, il polacco Jerzy<br />

Casa comune<br />

La sede del Parlamento europeo,<br />

a Strasburgo, in Francia,<br />

nel cuore dell’Europa continentale.<br />

Nella pagina successiva,<br />

lavori in aula<br />

Europa<br />

« Già oggi, circa<br />

il 75% delle<br />

leggi italiane<br />

sono emana<strong>te</strong><br />

a seguito<br />

del recepimento<br />

di atti<br />

comunitari»<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .59


ventunodossier<br />

« L’Europa<br />

che vogliamo,<br />

un continen<strong>te</strong><br />

nel quale<br />

i diritti umani<br />

e la solidarietà<br />

siano valori<br />

condivisi,<br />

la povertà<br />

sia sradicata,<br />

la democrazia<br />

par<strong>te</strong>cipativa<br />

rafforzata»<br />

60. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

Buzek. Infatti gli effetti della crisi finanziaria<br />

sull’economia reale hanno portato<br />

a un for<strong>te</strong> incremento della disoccupazione<br />

nell’Unione: il tasso di disoccupazione<br />

nel maggio 2009 nell’in<strong>te</strong>ra<br />

Ue è stato dell’8,9%, mentre un anno<br />

prima era del 6,8%. L’inevitabile conseguen<strong>te</strong><br />

impoverimento delle famiglie e<br />

l’aumento delle persone che vivono<br />

sotto la soglia di povertà ha conferito ul<strong>te</strong>riore<br />

urgenza al <strong>te</strong>ma del miglioramento<br />

delle tu<strong>te</strong>le previs<strong>te</strong> dal “modello<br />

sociale europeo”.<br />

Inoltre, la crisi dei mercati finanziari,<br />

iniziata nel 2008, ha reso ancor più<br />

necessario il miglioramento del quadro<br />

europeo di regolamentazione finanziaria,<br />

anche al fine di limitare le conseguenze<br />

dell’indebitamento delle famiglie<br />

e delle imprese.<br />

<strong>Per</strong> quanto concerne il <strong>te</strong>ma dell’immigrazione,<br />

l’arrivo ogni anno di<br />

molti immigrati, spesso in circostanze<br />

tragiche, ha spinto gli stati membri a<br />

cooperare alla gestione dei flussi migratori,<br />

in particolare nell’Europa meridio-<br />

costan<strong>te</strong> dialogo con le istituzioni europee<br />

e con le altre organizzazioni<br />

della società civile.<br />

Nelle settimane successive alle<br />

elezioni europee del 4-7 giugno 2009,<br />

reti della società civile operanti a livello<br />

europeo hanno utilizzato la possibilità<br />

di far sentire la propria voce<br />

lanciando appelli ai neodeputati del<br />

Parlamento europeo. I messaggi lanciati<br />

ai nuovi parlamentari non sono<br />

solo richies<strong>te</strong> su ma<strong>te</strong>rie specifiche,<br />

ma prendono anche la forma di ri-<br />

nale. Infatti, in seguito all’allargamento<br />

dello spazio Schengen, che ha previsto<br />

l’abolizione dei controlli sis<strong>te</strong>matici delle<br />

persone alle frontiere in<strong>te</strong>rne, al<br />

rafforzamento dei controlli alle frontiere<br />

es<strong>te</strong>rne e al coordinamento degli stati<br />

nell’affrontare il problema dell’immigrazione<br />

clandestina, si è creata una<br />

for<strong>te</strong> in<strong>te</strong>rdipendenza tra gli stati membri,<br />

che fa sì che qualsiasi decisione presa<br />

da uno stato abbia conseguenze sugli<br />

altri. Ora questa in<strong>te</strong>rdipendenza dovrà<br />

essere sos<strong>te</strong>nuta da atti normativi.<br />

Del resto, da diversi anni il Parlamento<br />

si occupa di immigrazione e asilo.<br />

In particolare, si è concentrato su alcuni<br />

aspetti: la lotta all’immigrazione<br />

clandestina, le sanzioni contro i datori<br />

di lavoro che sfruttano i clandestini, le<br />

regole per i rimpatri, la gestione dei lavoratori<br />

stranieri qualificati e le questioni<br />

culturali.<br />

Aspettando il Trattato<br />

Una <strong>te</strong>rza questione, apparen<strong>te</strong>men<strong>te</strong><br />

meno urgen<strong>te</strong>, ma di fondamentale ri-<br />

Il ruolo dei soggetti sociali<br />

«Cara Unione, ti chiedo...»<br />

Tempo di “dialogo civile”<br />

Il rallentamento del processo di in<strong>te</strong>grazione dell’Unione ha spinto<br />

le istituzioni europee ad avanzare ul<strong>te</strong>riormen<strong>te</strong> verso la realizzazione di<br />

una cittadinanza europea attiva e verso un effettivo coinvolgimento dei cittadini<br />

e delle loro forme organizza<strong>te</strong> nei processi decisionali dell’Ue. Il “dialogo<br />

civile”, così è stato denominato il dialogo tra le istituzioni europee e le organizzazioni<br />

della società civile, ha visto un legame sempre più stretto e un coinvolgimento<br />

sempre più ampio nei processi di elaborazione delle politiche e<br />

nelle discussioni sulle riforme dell’Ue.<br />

Negli ultimi anni, numerose reti, confederazioni, associazioni di organizzazioni<br />

europee si sono sempre più impegna<strong>te</strong> in percorsi di riflessione e di<br />

chiami a valori e principi, propos<strong>te</strong> di<br />

vision dell’Europa.<br />

Riforma “sociale” per Lisbona<br />

In particolare, sul <strong>te</strong>ma delle politiche<br />

sociali, povertà e immigrazione e ruolo<br />

delle organizzazioni che operano su<br />

questi <strong>te</strong>mi si sono espresse organizzazioni<br />

che operano nel mondo cooperativo,<br />

reti di livello europeo attive nella<br />

lotta alla povertà e all’esclusione sociale,<br />

organizzazioni ecclesiastiche come


levanza per il futuro e sulla quale gli eurodeputati<br />

dovranno impegnarsi, è il<br />

cambiamento climatico. Le istituzioni<br />

europee lavoreranno all’attuazione di<br />

una normativa comunitaria finalizzata<br />

a contrastare il cambiamento climatico<br />

e l’Ue dovrà inoltre impegnarsi per far<br />

subentrare un regime climatico mondiale<br />

a quello di Kyoto, che verrà concordato<br />

a Copenhagen a fine 2009.<br />

Tra gli impegni del nuovo Parlamento<br />

nella legislatura da poco avviata,<br />

ci sarà l’attuazione del Trattato di Lisbona,<br />

qualora dia esito positivo il nuovo<br />

referendum irlandese sulla sua ratifica,<br />

previsto per il 2 ottobre. Con l’auspicata<br />

entrata in vigore del Trattato, il funzionamento<br />

delle istituzioni comunitarie,<br />

reso più faticoso e complesso dall’allargamento<br />

dell’Europa a 27, acquisirà<br />

un quadro giuridico rinnovato e<br />

procedure decisionali semplifica<strong>te</strong> e più<br />

efficienti. In particolare il Parlamento<br />

europeo, acquisirà maggiori po<strong>te</strong>ri e al<br />

cittadino verrà dato un ruolo di in<strong>te</strong>rlocuzione<br />

più rilevan<strong>te</strong>. .<br />

Caritas Europa, Feantsa (Federazione<br />

europea delle organizzazioni che lavorano<br />

con i senza dimora), Eapn (Re<strong>te</strong><br />

europea per la lotta contro la povertà),<br />

Cooperatives Europe, Comece (Commissione<br />

degli episcopati della Comunità<br />

europea) e altre.<br />

La vision dell’Europa del futuro di<br />

ques<strong>te</strong> organizzazioni è quella di un<br />

continen<strong>te</strong> dove i diritti umani e la solidarietà<br />

tra persone e nazioni sono valori<br />

condivisi, povertà ed esclusione so-<br />

L’esito del voto<br />

L’Europa guarda a destra,<br />

primo presiden<strong>te</strong> dell’Est<br />

Dopo le elezioni svol<strong>te</strong>si nei 27 paesi dell’Unione all’inizio<br />

di giugno, il 14 luglio il nuovo Parlamento europeo ha dato l’avvio<br />

ai lavori della legislatura 2009-2014. Il Parlamento è stato rinnovato<br />

per circa metà dei suoi membri; sono stati nominati il presiden<strong>te</strong>,<br />

i vice e i presidenti delle commissioni parlamentari.<br />

La nuova assemblea è dominata dalle formazioni di centro-destra.<br />

I gruppi presenti a Strasburgo sono: Partito popolare europeo - Ppe<br />

(primo gruppo in parlamento), Alleanza progressista dei socialisti<br />

e democratici (S&D, secondo gruppo), Alleanza dei liberali e<br />

democratici per l’Europa (Alde), Verdi - Alleanza libera europea,<br />

Conservatori e Riformisti europei, Sinistra unita europea - Sinistra verde<br />

nordica (Gue-Ngl), Europa della libertà e della democrazia (Eld).<br />

Il polacco Jerzy Buzek è il primo politico provenien<strong>te</strong> dal blocco<br />

dell’Europa centro-orientale a rivestire un incarico presidenziale<br />

a livello europeo. La sua nomina è stata in<strong>te</strong>rpretata come un segnale<br />

di coinvolgimento verso i paesi dell’Europa centrale e dell’est,<br />

dove la par<strong>te</strong>cipazione alle elezioni è stata molto bassa. Primo<br />

vicepresiden<strong>te</strong> del parlamento è stato eletto l’italiano Gianni Pit<strong>te</strong>lla<br />

(Pd); per il resto, ai nostri connazionali è stata assegnata la presidenza<br />

di un esiguo numero di commissioni parlamentari.<br />

La Carta dei diritti fondamentali<br />

Tutti i diritti in un codice,<br />

ordinati secondo sei valori<br />

Tra gli allegati del Trattato di Lisbona è presen<strong>te</strong><br />

la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Con la ratifica<br />

del Trattato, la Carta (approvata a Nizza nel 2000) diven<strong>te</strong>rà<br />

giuridicamen<strong>te</strong> vincolan<strong>te</strong>. La Carta raccoglie per la prima volta<br />

in un <strong>te</strong>sto organico i diritti civili, politici, economici e sociali<br />

quali risultano dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi<br />

in<strong>te</strong>rnazionali comuni degli stati membri, dal Trattato sull’Unione<br />

europea, dalla Carta europea dei diritti dell’uomo, dalla Carta sociale<br />

europea e dalla Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali<br />

dei lavoratori, nonché della giurisprudenza della Cor<strong>te</strong> di giustizia<br />

e della Cor<strong>te</strong> dei diritti umani di Strasburgo.<br />

La Carta suddivide i diritti in sei ca<strong>te</strong>gorie di valori: “dignità”,<br />

“libertà”,“uguaglianza”,“solidarietà”, “cittadinanza”, “giustizia”.<br />

Anche duran<strong>te</strong> i lavori della Convenzione (il collegio che in dieci mesi<br />

ha codificato la Carta), la società civile ha par<strong>te</strong>cipato al processo,<br />

inviando un grande numero di contributi e sottolineando l’importanza<br />

di inserire nel documento la tu<strong>te</strong>la di specifici diritti, libertà e valori.<br />

A <strong>te</strong>stimonianza del fatto che, anche sulle questioni più rilevanti,<br />

un dialogo costruttivo con le istituzioni europee è praticabile.<br />

Europa<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .61


ventunodossier<br />

ciale sono stati sradicati, dialogo civile e<br />

democrazia par<strong>te</strong>cipativa rafforzati.<br />

Le reti europee che operano per la<br />

lotta contro la povertà e l’esclusione,<br />

davanti alla crisi attuale, che ha aggravato<br />

e reso ancor più palese il fallimento<br />

degli obiettivi della Stra<strong>te</strong>gia di Lisbona,<br />

i quali ponevano economia e<br />

competitività in primo piano, chiedono<br />

ai deputati di impostare la revisione della<br />

Stra<strong>te</strong>gia di Lisbona secondo un’accentuata<br />

visione sociale. Al Parlamento<br />

europeo è stato esplicitamen<strong>te</strong> indirizzato<br />

l’appello a invitare gli stati membri<br />

a rinforzare i sis<strong>te</strong>mi di pro<strong>te</strong>zione sociale<br />

e i modelli di stato sociale, ma anche<br />

a migliorare la loro efficacia nel prevenire<br />

la povertà nei paesi membri, attivandosi<br />

per attuare misure che fron<strong>te</strong>ggino<br />

la disoccupazione e le<br />

diseguaglianze.<br />

2010, Anno contro la povertà<br />

In riferimento alla decisione di proclamare<br />

il 2010 Anno europeo di lotta alla<br />

povertà e all’esclusione sociale, la società<br />

civile continentale, attraverso le<br />

sue reti, ha chiesto di non perdere l’occasione<br />

per monitorare e prendere in<br />

considerazione vecchie e nuove forme<br />

di povertà, sollecitando l’europarlamento<br />

a elaborare stra<strong>te</strong>gie concre<strong>te</strong>.<br />

Anche in ma<strong>te</strong>ria di immigrazione e<br />

asilo sono sta<strong>te</strong> fat<strong>te</strong> precise richies<strong>te</strong> ai<br />

parlamentari: bisogna operare per tu<strong>te</strong>lare<br />

i diritti degli immigrati che vengono<br />

in Europa per lavorare, creando un quadro<br />

legale adeguato e stabilendo misure<br />

che supportino gli immigrati nell’accesso<br />

all’informazione e forniscano un<br />

supporto reale all’in<strong>te</strong>grazione.<br />

Nell’ambito dell’asilo sono stati lanciati<br />

appelli affinché venga salvaguardato<br />

il diritto alla pro<strong>te</strong>zione in<strong>te</strong>rnazionale,<br />

stabilendo standard più elevati<br />

nel quadro del Sis<strong>te</strong>ma comune europeo<br />

per l’asilo, in riferimento in particolare<br />

a due Direttive europee: quella<br />

sulle procedure per l’asilo e quela sulle<br />

qualifiche dei rifugiati.<br />

In<strong>te</strong>ressan<strong>te</strong> è stata anche la richiesta,<br />

avanzata da una delle componenti<br />

fondamentali del <strong>te</strong>rzo settore in Italia,<br />

relativa al ruolo delle cooperative sociali<br />

nella lotta all’esclusione sociale e alla<br />

povertà. Il mondo della cooperazione<br />

ha chiesto ai deputati di operare affin-<br />

62. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

Trattato di Lisbona sotto esame<br />

La Carta per la nuova Europa<br />

(Irlanda permet<strong>te</strong>ndo)<br />

Come sarà l’Unione Europea, se il Trattato di Lisbona dovesse essere<br />

approvato anche dai cittadini irlandesi (nel referendum di ottobre)<br />

e dovesse dunque finalmen<strong>te</strong> entrare in vigore?<br />

Secondo le in<strong>te</strong>nzioni delle istituzioni europee, e degli stati che hanno<br />

ratificato o approvato il Trattato, l’Europa dovrà essere più democratica e<br />

trasparen<strong>te</strong>, grazie a:<br />

un ruolo rafforzato per il Parlamento europeo: esso sarà dotato di nuovi<br />

importanti po<strong>te</strong>ri, relativi alla legislazione e al bilancio dell’Unione e agli<br />

accordi in<strong>te</strong>rnazionali;<br />

un maggiore coinvolgimento dei parlamenti nazionali: l’in<strong>te</strong>rvento<br />

dell’Unione avverrà solo quando l’azione a livello europeo risulti più efficace<br />

(principio di sussidiarietà)<br />

una voce più for<strong>te</strong> per i cittadini: grazie alla “iniziativa dei cittadini”, un<br />

gruppo di un milione di essi potrà invitare la Commissione a presentare<br />

nuove propos<strong>te</strong>.<br />

Le istituzioni europee saranno anche più efficienti perché:<br />

il voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio sarà es<strong>te</strong>so a nuovi<br />

ambiti politici, per accelerare e rendere più efficienti i processi decisionali;<br />

un quadro istituzionale più stabile e semplice sarà consentito<br />

dall’istituzione della figura del Presiden<strong>te</strong> del Consiglio europeo (eletto per<br />

due anni e mezzo) e a nuove disposizioni per la composizione<br />

del Parlamento europeo e per una Commissione europea più “snella”;<br />

verrà migliorata la capacità di azione dell’Ue in diversi settori prioritari<br />

per l’Unione di oggi e per i cittadini: tra i quali “Libertà, sicurezza e<br />

giustizia”, salu<strong>te</strong> pubblica, cambiamenti climatici, servizi di in<strong>te</strong>resse<br />

generale, coesione <strong>te</strong>rritoriale, aiuti umanitari.<br />

Alcune misure garantiranno più diritti e valori, libertà, solidarietà e sicurezza:<br />

verrano precisati e rafforzati i valori e gli obiettivi su cui l’Unione<br />

si fonda e resa vincolan<strong>te</strong> la Carta dei diritti fondamentali;<br />

l’Unione e gli stati saranno <strong>te</strong>nuti ad agire congiuntamen<strong>te</strong> in uno spirito<br />

di solidarietà<br />

l’azione Ue in <strong>te</strong>ma di libertà, sicurezza e giustizia sarà rafforzata.<br />

Infine, il ruolo in<strong>te</strong>rnazionale dell’Ue sarà più rilevan<strong>te</strong> grazie al fatto che:<br />

la nuova figura di Alto rappresentan<strong>te</strong> dell’Unione per gli affari es<strong>te</strong>ri<br />

e la politica di sicurezza, che sarà anche vicepresiden<strong>te</strong> della Commissione,<br />

darà all’azione es<strong>te</strong>rna dell’Ue maggiore impatto e coerenza.<br />

chè il proprio ruolo nell’economia e<br />

nella società venga maggiormen<strong>te</strong> riconosciuto,<br />

in considerazione di alcune<br />

carat<strong>te</strong>ristiche di questo attore sociale:<br />

il perseguimento di obiettivi sociali median<strong>te</strong><br />

lo svolgimento di attività economiche<br />

e le radici locali. L’importanza del<br />

ruolo delle cooperative sociali come<br />

motore dello sviluppo e luogo per l’in-<br />

clusione sociale è stata portata all’at<strong>te</strong>nzione<br />

del Parlamento nella scorsa legislatura<br />

dall’Europarlamentare italiano<br />

Patrizia Toia, che ha presentato in<br />

aula il “Rapporto di iniziativa sull’economia<br />

sociale di mercato”, documento<br />

elaborato grazie anche alla consultazione<br />

di numerose organizzazioni del<br />

mondo cooperativo..


1 ventunoeconomia<br />

Fa bene alle relazioni. All’ambien<strong>te</strong>. Al portafoglio. Il baratto<br />

torna di moda grazie a in<strong>te</strong>rnet: io scambio, non pago<br />

Se io do<br />

una cosa a <strong>te</strong>...<br />

di S<strong>te</strong>fania Culurgioni<br />

La fantasia<br />

degli italiani,<br />

in <strong>te</strong>ma<br />

di baratto,<br />

non ha limiti.<br />

Basta dare<br />

un’occhiata<br />

al sito<br />

zerorelativo.it<br />

64. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

Siamo abituati a dare un prezzo alle cose che vogliamo possedere.<br />

A immaginarne il valore in <strong>te</strong>rmini monetari, a quantificare in euro la loro utilità.<br />

Ci siamo dimenticati che i soldi sono un’invenzione antica, certo, ma non<br />

così tanto. La prima forma di scambio che è apparsa nella storia del commercio<br />

è stata il baratto. Attraverso il baratto una persona po<strong>te</strong>va scambiare una<br />

merce in suo possesso con un’altra merce offerta da qualcun altro ed è solo nel<br />

corso dei secoli, con la diffusione della moneta come mezzo di pagamento, che<br />

questa forma di scambio primitiva è stata sostituita con il pagamento monetario.<br />

Eppure a vol<strong>te</strong> la storia torna sui suoi passi. Comprare senza spendere, acquistare<br />

qualcosa senza pagare, sono comportamenti tornati prepo<strong>te</strong>n<strong>te</strong>men-<br />

<strong>te</strong> di moda in questi ultimi anni. Soprattutto<br />

grazie a in<strong>te</strong>rnet: la re<strong>te</strong>, colorando<br />

questa antica forma di economia<br />

con nuove sfumature e con<br />

tan<strong>te</strong> curiosità, ha avuto un effetto<br />

moltiplicatore. E così oggi cresce il<br />

numero degli avventori dei mercatini<br />

del baratto, come anche il numero<br />

degli u<strong>te</strong>nti che visitano online siti<br />

predisposti a offrire oggetti in cambio<br />

di altri.<br />

In<strong>te</strong>rnet, ma non soltanto<br />

Uno dei più noti websi<strong>te</strong> che promuovono<br />

il baratto è www.zerorelativo.it,<br />

la prima community italiana di<br />

baratto virtuale. Basta iscriversi, inserire<br />

l’immagine dell’oggetto che si<br />

vuole scambiare, farne una descrizione<br />

scritta e poi met<strong>te</strong>rsi alla ricerca,<br />

spulciando tra le propos<strong>te</strong> degli altri<br />

bar<strong>te</strong>rs. Se per esempio voglio liberarmi<br />

di una nuovissima pentola che<br />

ho ricevuto come regalo di nozze e<br />

non ho mai usato, e trovo che un altro<br />

u<strong>te</strong>n<strong>te</strong> ha un cellulare che non gli serve<br />

e che vorrebbe scambiare, posso<br />

scrivergli e proporgli il baratto. Lui<br />

potrà accettare oppure rifiutare, ma<br />

se accet<strong>te</strong>rà, entrambi riceveremo i<br />

reciproci dati e a quel punto ci met<strong>te</strong>remo<br />

d’accordo per la spedizione.<br />

L’unica condizione è questa: non sono<br />

ammessi i soldi, né trattative di<br />

compravendita. L’unica “moneta” che<br />

esis<strong>te</strong> è l’oggetto.<br />

Ma in<strong>te</strong>rnet non è l’unica possibilità.<br />

Il baratto è una modalità di<br />

scambio elastica, adattabile a tan<strong>te</strong><br />

circostanze, applicabile a tan<strong>te</strong> realtà<br />

diverse.


L’idea di un B&B sul Lario<br />

Offro letto e colazione,<br />

voi lavorere<strong>te</strong> in campagna<br />

Baratto non significa solo passarsi di mano gli oggetti, ma anche<br />

scambiare una compe<strong>te</strong>nza che si possiede o un’opportunità di cui<br />

si dispone. Costanza Panella gestisce “La casa delle rondini”,<br />

Bed and Breakfast di Bellano, litorale lecchese del Lario. Recen<strong>te</strong>men<strong>te</strong><br />

ha lanciato questo appello: “Scambio ospitalità con collaborazione”.<br />

«La proposta è nata con l’apertura della casa nel 2003 – racconta –.<br />

Noi diamo un grande valore allo scambio e volevamo aprire la casa<br />

anche a persone che non possono pagare. Inoltre avevamo la necessità<br />

di trovare aiuto in lavori legati al man<strong>te</strong>nimento delle tradizionali colture<br />

del paesaggio <strong>te</strong>rrazzato». L’edificio si affaccia sul lago e offre<br />

la possibilità di dormirci gratis, grazie a questa nuova forma di baratto.<br />

«Abbiamo avuto due esperienze molto positive con una ragazza e<br />

un ragazzo minorenni – racconta la signora Costanza –: hanno trascorso<br />

qui una settimana ciascuno, con un programma concordato che<br />

scandiva la loro giornata in ore di lavoro con noi in campagna e ore<br />

libere. Poi abbiamo avuto una coppia di studenti universitari da Milano<br />

in un fine settimana e una coppia di musicisti che ci hanno allietato<br />

una serata in cambio dell’ospitalità. Un gruppo di ragazze mi hanno<br />

aiutata nella pulizia del giardino, in cambio di un laboratorio<br />

di conversazione con un insegnan<strong>te</strong> madrelingua inglese. Scambi<br />

occasionali anche per la vendemmia o il taglio dell’erba».<br />

Un altro esempio arriva da Firenze, dal B&B “Ospitale delle Rifiorenze”.<br />

Alcuni posti letto sono liberi per gli artisti di tutto il mondo, in cambio<br />

di una performance. Un modo per fare crescere relazioni come <strong>te</strong>rreno<br />

fertile per la cultura e la libera espressione. Anche questo è baratto.<br />

Posto letto e colazione<br />

Villa Colle, per esempio, è un Bed &<br />

Breakfast in provincia di Oristano, il titolare<br />

del quale ha deciso di offrire un<br />

posto letto e la prima colazione. In cambio,<br />

chiede alle<br />

persone in<strong>te</strong>ressa<strong>te</strong><br />

di met<strong>te</strong>re a<br />

disposizione i<br />

propri “talenti”. E<br />

così un nonno ha<br />

<strong>te</strong>lefonato dicendo<br />

che amava raccontare<br />

storie e la<br />

sera ha intrat<strong>te</strong>nuto<br />

gli ospiti con<br />

le sue favole, dormendo<br />

gratis. Altri<br />

sono arrivati portando<br />

marmella<strong>te</strong><br />

fat<strong>te</strong> in casa e olio<br />

Pagamento in talenti<br />

di oliva.<br />

Un in<strong>te</strong>rno di Villa Colle,<br />

Bed & Breakfast “barattabile” Intanto a<br />

a Bosa (Sardegna)<br />

Robbio Lomellina,<br />

in provincia<br />

di Pavia, un barbiere proprietario di un<br />

negozio ha deciso di barattare il taglio<br />

dei capelli: si riserva di valutare se farlo<br />

o non farlo, in base a quello che gli<br />

viene offerto. Un clien<strong>te</strong> gli ha portato<br />

un chilo di riso, un altro due galline: taglio<br />

accordato.<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .65


ventunoeconomia<br />

Dietro a ognuna di ques<strong>te</strong> trattative<br />

ci sono calcolo e mediazione, ma<br />

anche fantasia. E il baratto sembra tornare<br />

curiosamen<strong>te</strong> alla luce sempre<br />

più come una nuova pratica economica,<br />

che porta con sé vantaggi su cui sarebbe<br />

bene riflet<strong>te</strong>re. Prima di tutto fa<br />

bene all’ambien<strong>te</strong>, perché barattare significa<br />

riutilizzare qualcosa che già<br />

esis<strong>te</strong>. Poi fa chiaramen<strong>te</strong> bene al borsellino,<br />

dal quale non escono soldi: ottieni<br />

qualcosa che ti serve senza usare<br />

denaro, hai il vantaggio eventuale di liberarti<br />

di un oggetto che non ti era di<br />

nessuna utilità.<br />

Infine, fa bene anche alle relazioni,<br />

perché si tratta pur sempre di un modo<br />

per condividere un momento, uno<br />

scambio di opinioni, un oggetto vissuto,<br />

e per creare una re<strong>te</strong> di contatti e di<br />

compe<strong>te</strong>nze che potrebbero sempre<br />

tornare utili.<br />

ConsumAttori<br />

a cura del Movimento Consumatori <strong>te</strong>l. 06.48.80.053 - info@movimentoconsumatori.it<br />

Risparmio energetico, cominciamo da casa<br />

Piccoli gesti per evitare sprechi di energia<br />

1) <strong>Per</strong> illuminare la casa usiamo mediamen<strong>te</strong> il 13%<br />

del consumo totale di energia elettrica. Non è poco,<br />

meglio allora prendere in considerazione l’acquisto delle<br />

lampade fluorescenti compat<strong>te</strong>, che consentono di ridurre<br />

il consumo di energia del 70%: una lampada fluorescen<strong>te</strong><br />

da 25 watt fornisce la s<strong>te</strong>ssa quantità di luce di una<br />

lampadina a incandescenza da 100 watt. Inoltre hanno<br />

una vita media di 8 mila ore, rispetto alle mille delle<br />

lampadine comuni.<br />

2) <strong>Per</strong> l’illuminazione del giardino, la soluzione ideale<br />

ed ecologica è quella delle lampade solari: lampioncini<br />

dotati di bat<strong>te</strong>rie ricaricabili, alimentati da un minipannello<br />

solare in grado di resis<strong>te</strong>re a tut<strong>te</strong> le condizioni<br />

atmosferiche, e capace di accumulare energia anche<br />

senza insolazione diretta, ossia nelle giorna<strong>te</strong> nuvolose.<br />

3) Le lucine che segnalano un apparecchio acceso<br />

consumano energia e possono far spendere fino al 10%<br />

del totale della bolletta. Se non esis<strong>te</strong> il bottone on/off,<br />

basta staccare la spina. Non bisogna lasciare in ricarica<br />

più <strong>te</strong>mpo del necessario <strong>te</strong>lefonini, iPod e altri<br />

66. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

Il mercatino<br />

del baratto<br />

è sulla rampa<br />

di lancio attorno<br />

a San Siro<br />

Il mercatino di Milano<br />

Vantaggio, quest’ultimo, che muove<br />

un’altra delle esperienze crea<strong>te</strong> per promuovere<br />

il baratto: i mercatini ad esso<br />

dedicati, come HobbyPark, che a Milano<br />

aprirà nel parcheggio dello stadio di<br />

San Siro a partire dal 12 set<strong>te</strong>mbre. «Volevamo<br />

creare un canale praticabile da<br />

tutti coloro che vogliono rimpolpare le<br />

loro entra<strong>te</strong> met<strong>te</strong>ndo a frutto l’ingegno<br />

e la creatività, o semplicemen<strong>te</strong> liberarsi<br />

delle cose vecchie, confina<strong>te</strong> nei solai<br />

e nelle cantine, inutilizza<strong>te</strong> ma spesso<br />

funzionanti e impiegabili da altri», spiega<br />

Filippo Colonna, organizzatore dell’iniziativa<br />

e amministratore di Cipes, la<br />

società che gestisce autoparcheggi pubblici<br />

e privati, compreso quello dello<br />

stadio di San Siro.<br />

Giovani o anziani, disoccupati o studenti,<br />

in<strong>te</strong>re famiglie o coppie. Tutti potranno<br />

iscriversi per par<strong>te</strong>cipare, pagando<br />

30 euro all’organizzazione. Così<br />

si potrà entrare nell’area del mercatino<br />

con la propria automobile carica degli<br />

oggetti più vari e poi, col portabagagli<br />

aperto, si potrà vendere o scambiare la<br />

propria merce per tutta la durata del<br />

mercatino. «Sono certo – continua l’ideatore<br />

– che Hobbypark diven<strong>te</strong>rà un<br />

posto nel quale, in un’atmosfera rilassata<br />

e familiare, fare piccoli affari, arredare<br />

o personalizzare la casa, vivacizzare il<br />

guardaroba, scovare oggetti, mobili,<br />

suppellettili non di rado di valore»..<br />

dispositivi. Inoltre occorre fare at<strong>te</strong>nzione a non lasciare<br />

attaccato il trasformatore: se rimane inserito in una presa<br />

continua a consumare energia, anche se non è collegato<br />

al suo apparecchio.<br />

4) Gli elettrodomestici sono venduti corredati da tabelle<br />

<strong>te</strong>cniche che indicano i consumi e i costi di esercizio,<br />

con classi che vanno dalla “A” alla “G”. <strong>Per</strong> “A” si in<strong>te</strong>nde<br />

un apparecchio con i migliori standard di efficienza,<br />

man mano che si va avanti con le let<strong>te</strong>re i consumi<br />

energetici crescono.<br />

5) <strong>Per</strong> garantire la massima efficienza di frigoriferi<br />

e congelatori, non li si deve collocare vicino a un forno<br />

o ai fornelli e bisogna lasciare uno spazio di almeno 10<br />

centimetri prima della pare<strong>te</strong> per garantire una buona<br />

ventilazione. È bene poi verificare lo stato delle<br />

guarnizioni degli spor<strong>te</strong>lli e <strong>te</strong>nere pulito il condensatore<br />

(la serpentina), perché la polvere fa aumentare i consumi,<br />

non permet<strong>te</strong>ndo un buon raffreddamento.<br />

<strong>Per</strong> un uso efficien<strong>te</strong>, meglio met<strong>te</strong>re in frigo ai piani più<br />

bassi gli alimenti più deperibili e poi via via, a salire, fino<br />

a frutta e verdura. Bisogna evitare di riempire troppo<br />

il frigo e non met<strong>te</strong>re mai cibi caldi: il calore contribuisce<br />

a far formare la brina, e questa fa aumentare i consumi<br />

(oltre i 3 millimetri, anche il 30% in più).<br />

(Fine prima par<strong>te</strong>)<br />

2


1 ventunobrevi<br />

Confesercenti<br />

Racket, esta<strong>te</strong> calda.<br />

«Ma pagare il pizzo<br />

è inutile e rischioso»<br />

«La calda esta<strong>te</strong> del racket evidenzia<br />

la debolezza della mafia. Imprenditori,<br />

è inutile pagare il pizzo, denuncia<strong>te</strong>.<br />

Il diciot<strong>te</strong>simo anniversario della mor<strong>te</strong><br />

di Libero Grassi – ha dichiarato<br />

il presiden<strong>te</strong> di<br />

Confesercenti,<br />

Giovanni Felice –<br />

arriva dopo<br />

un’esta<strong>te</strong> di<br />

pesanti segnali da<br />

par<strong>te</strong> del racket.<br />

La ripresa<br />

dell’offensiva su<br />

questo fron<strong>te</strong> è<br />

una riprova della<br />

debolezza della<br />

mafia, costretta a uscire allo scoperto,<br />

cambiando alcuni canoni classici del<br />

comportamento mafioso. Nelle zone<br />

dove la mafia è tradizionalmen<strong>te</strong> più<br />

for<strong>te</strong>, fino a oggi il racket è stato<br />

imposto senza bisogno di ricorrere ad<br />

atti eclatanti, in quanto la “tranquillità”<br />

di una zona rappresenta l’essenza<br />

s<strong>te</strong>ssa del po<strong>te</strong>re mafioso, inoltre<br />

consen<strong>te</strong> lo svolgimento delle attività<br />

illeci<strong>te</strong> sotto traccia». <strong>Per</strong> il presiden<strong>te</strong><br />

di Confesercenti, che sostiene<br />

l’iniziativa “Addiopizzo” (nella foto,<br />

l’adesivo) oggi più che mai pagare<br />

il pizzo è un errore perché nessuno,<br />

tranne le forze dell’ordine e la<br />

magistratura, è in grado di “garantire”<br />

nulla, anzi la conseguenza certa è che,<br />

oltre al danno di pagare il pizzo, si<br />

subirà un processo per averlo fatto. Le<br />

indagini recenti dimostrano che sin<br />

dal momento della cattura gli estorsori<br />

elencano gli imprenditori che pagano,<br />

coinvolgendoli come complici.<br />

Bilanci di giustizia<br />

Le famiglie at<strong>te</strong>n<strong>te</strong><br />

spendono meno<br />

e si divertono di più<br />

Anche nel 2008 i “bilancisti” hanno<br />

speso meno. Lo si legge nel rapporto<br />

annuale presentato da Bilanci di<br />

giustizia, in occasione dell’incontro<br />

“Gustare la bellezza, costruire la<br />

speranza” <strong>te</strong>nutosi a Oropa a fine<br />

agosto. Le famiglie che aderiscono<br />

alla campagna hanno speso il 16%<br />

in meno rispetto alla media Istat:<br />

i risparmi maggiori arrivano dai<br />

consumi alimentari (39% in meno)<br />

e dal capitolo dedicato ai prodotti<br />

igienici (56% in meno). Merito di scel<strong>te</strong><br />

etiche, degli acquisti collettivi<br />

attraverso i Gas e dell’autoproduzione.<br />

Ma at<strong>te</strong>nzione, perché risparmiare<br />

non significa vivere “peggio”.<br />

Lo <strong>te</strong>stimoniano alcune voci del<br />

rapporto: ad esempio i bilancisti<br />

spendono più degli altri in divertimenti<br />

e cultura, a tavola scelgono alimenti<br />

biologici e per curarsi fanno ricorso<br />

anche a <strong>te</strong>rapie non convenzionali<br />

(ma sempre supporta<strong>te</strong> dal Servizio<br />

sanitario nazionale). <strong>Per</strong> risparmiare<br />

adottano semplici ricet<strong>te</strong>: acquistare<br />

direttamen<strong>te</strong> dai contadini, cucinare in<br />

casa pane e dolci. Nell’abbigliamento<br />

ritornano pratiche diffuse fino a<br />

qualche anno fa, come lo scambio<br />

di vestiti per la prima infanzia<br />

e premaman, ma c’è anche chi torna<br />

a lavorare a<br />

maglia. Gli uomini<br />

riscoprono<br />

i lavoretti<br />

in casa, imparano<br />

a riparare<br />

biciclet<strong>te</strong> e altri<br />

oggetti. Non<br />

mancano gli investimenti, mirati<br />

soprattutto a ridurre il consumo delle<br />

risorse naturali: fra pannelli solari,<br />

caldaie ed elettrodomestici efficienti, i<br />

bilancisti nel 2008 (rispetto alla media<br />

Istat del 2007) hanno ridotto del 50%<br />

i consumi di energia elettrica, del 44%<br />

quelli di acqua e del 20% di metano.<br />

Adiconsum all’Abi<br />

Moratoria sul credito<br />

per le famiglie<br />

in difficoltà<br />

«I dati della Cgia di Mestre<br />

sull’indebitamento delle famiglie<br />

confermano una <strong>te</strong>ndenza già<br />

ampiamen<strong>te</strong> denunciata. Di nuovo<br />

c’è che negli ultimi mesi la <strong>te</strong>ndenza<br />

all’indebitamento si sta accentuando,<br />

ma non solo. Stanno anche<br />

aumentando gli insolventi, il che<br />

evidenzia le maggiori difficoltà<br />

finanziarie delle famiglie».<br />

Così afferma l’Adiconsum in una<br />

let<strong>te</strong>ra all’Associazione bancaria<br />

italiana. Nella let<strong>te</strong>ra si sollecita<br />

l’associazione delle banche ad aprire<br />

un confronto per ricercare un’ipo<strong>te</strong>si<br />

di moratoria quanto al pagamento dei<br />

debiti delle famiglie al sis<strong>te</strong>ma<br />

creditizio. “Iniziativa già concordata<br />

con successo per i debiti delle piccole<br />

e medie imprese”, ricorda Adiconsum.<br />

Superenalotto<br />

Mani Tese: «Investire<br />

nei progetti di sviluppo<br />

del Sud del mondo”<br />

Investire nelle iniziative di aiuto<br />

al sud del mondo, per tradurre<br />

una fortuna inaspettata in un progetto<br />

di sviluppo globale. È questo il<br />

suggerimento che Angela Comelli,<br />

coordinatrice di Mani Tese, ha dato<br />

all’anonimo de<strong>te</strong>ntore della schedina<br />

del Superenalotto da<br />

147 milioni di euro,<br />

vinti in agosto in<br />

Toscana. «Occuparsi<br />

delle necessità della<br />

propria comunità<br />

locale potrebbe<br />

già rappresentare<br />

una risposta per far<br />

par<strong>te</strong>cipare gli altri<br />

alla propria fortuna.<br />

Ma bisognerebbe anche investire in<br />

altri ambiti. Con la nostra associazione<br />

promuoviamo progetti nei paesi del<br />

sud del mondo, la nostra azione è<br />

volta a cambiare il modo in cui la<br />

finanza agisce e cerchiamo di far sì<br />

che la sovranità alimentare diventi un<br />

diritto per tutti – sottolinea Comelli –.<br />

Met<strong>te</strong>re a disposizione par<strong>te</strong> della<br />

vincita in questo modo por<strong>te</strong>rebbe<br />

benefici a tutta la comunità. Non<br />

è carità pietosa, ma un’iniziativa<br />

di sviluppo globale».<br />

Rispetto alla vincita da capogiro, Mani<br />

Tese concorda con quanti vorrebbero<br />

limitare l’ammontare del mon<strong>te</strong>premi.<br />

«Va posto un <strong>te</strong>tto per evitare rincorse<br />

esaspera<strong>te</strong>, secondo cri<strong>te</strong>ri di moralità<br />

non compatibili col gioco d’azzardo».<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .67


ventun<br />

righe<br />

Europa, progetto da sentire nostro<br />

<strong>Per</strong> sentire l’Europa più vicina, sarebbe certamen<strong>te</strong> di grande aiuto po<strong>te</strong>r<br />

ricevere un’informazione puntuale e semplice attraverso i media, attraverso<br />

i livelli in<strong>te</strong>rmedi delle istituzioni e i mol<strong>te</strong>plici luoghi e spor<strong>te</strong>lli di informazione<br />

istituzionali.<br />

Qualcosa di cui dobbiamo prendere consapevolezza, e verso cui possiamo <strong>te</strong>ndere<br />

i nostri sforzi, è il fatto di essere attori di un cambiamento culturale che ci veda<br />

allo s<strong>te</strong>sso <strong>te</strong>mpo protagonisti e beneficiari dell’Europa, in quanto quello che viene<br />

deciso presso le istituzioni comunitarie influenza for<strong>te</strong>men<strong>te</strong> anche la nostra<br />

esis<strong>te</strong>nza quotidiana.<br />

L’Europa, questa unica e originalissima costruzione sovranazionale, è una nostra<br />

creazione, concepita per man<strong>te</strong>nere la pace nel nostro continen<strong>te</strong> prima,<br />

per farne un grande mercato di scambio rinunciando persino a bat<strong>te</strong>re moneta<br />

nazionale poi. Ora siamo approdati a un passaggio cruciale: bisogna creare<br />

l’Europa dei popoli, sempre più allargata, sempre più capace di attrarre nella<br />

sua orbita sempre nuovi paesi, sempre più equa e solidale. Il processo<br />

di in<strong>te</strong>grazione europea – non va dimenticato – ha fatto passi da gigan<strong>te</strong><br />

da quando ha avuto inizio e ha già attraversato momenti di difficoltà, forse anche<br />

più grandi di questo. L’importan<strong>te</strong> è continuare a credere in questo grande<br />

progetto, che ha alla base principi e valori fondamentali e che è fondato<br />

sulla capacità di rimanere sempre “uniti nella diversità”, anche davanti<br />

all’aumentare della complessità, quindi delle difficoltà.<br />

68. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

a cura dell’Ufficio Europa<br />

di Caritas Ambrosiana


Le drit<strong>te</strong> di<br />

Yamada<br />

Due parole su Robert Wilson, prima di raccontarvi<br />

quello che ho visto.<br />

RobertnasceaWaco,inTexas,nel1941,asorpresa,nel<br />

suo curriculum universitario, negli anni Sessanta, compare<br />

l’iscrizione ai corsi in business administration.<br />

Eviden<strong>te</strong>men<strong>te</strong>,però,qualcosacovanell’animadelragazzo-BobWilson,perchéalaureaquasiconseguitadecidediandareaNewYork,dovenel1965silaureeràinarchi<strong>te</strong>ttura.For<strong>te</strong>diesperienze<strong>te</strong>atraliedidatticheacontatto<br />

con bambini disabili, fonda nel 1968 una compagnia di<br />

danza sperimentale che intitola a Byrd Hoffman, preziosa<br />

<strong>te</strong>rapista che gli aveva insegnato a superare l’handicap<br />

dellabalbuzieea“sciogliereilcorpo”eisuoi“limiti”strutturali,cheèpoil’essenzamagico-artisticadellesuedispara<strong>te</strong><br />

visioni <strong>te</strong>atrali:Wilson forza i limiti del <strong>te</strong>atro con stile<br />

aus<strong>te</strong>ro e investiga nelle strutture dei movimenti semplici<br />

e lenti, dilatandoli nel <strong>te</strong>mpo e nello spazio.<br />

È regista, drammaturgo, coreografo, pittore, scultore,<br />

videoartista, designer del suono e della luce, e le sue mostre<br />

arrivano spesso a Milano. Come quest’ultima, che<br />

met<strong>te</strong>insiemetuttiisuoitalentienascedaunacollaborazione<br />

con un canale <strong>te</strong>levisivo, il Lab Hd, per cui Wilson<br />

ha pensato e mandato in onda in continuazione, decine<br />

edecinedivideo:eccodadovegiungonoiVoomPortraits,<br />

che sono nelle sale del primo piano di Palazzo Reale.<br />

IsabellaRossellini,JohnnyDepp,S<strong>te</strong>veBuscemi,SuzushiHanayagi,IsabelleHuppert,RobertDowneyJr.,Winona<br />

Ryder: sono alcuni nomi delle celebrità fini<strong>te</strong> nei meta-ritratti<br />

diWilson e che potre<strong>te</strong> osservare: il come lo decidere<strong>te</strong><br />

voi. La cosa bella che vorrei suggerirvi è che può<br />

diventare una specie di gioco. Infatti non sono “solo” dei<br />

ritrattiingranformatocherimangonolì,occhinegliocchi<br />

con voi che li scruta<strong>te</strong>. Non proprio.<br />

Wilson ha lasciato la <strong>te</strong>lecamera aperta sul soggetto<br />

(che ha ripreso in primo piano o in un’ambientazione) e<br />

poi ha lavorato in postproduzione sull’immagine, decidendo<br />

magari di lasciare il movimento (da cogliere) solo<br />

Uranio:<br />

i soldati<br />

denunciano<br />

“L’Italia chiamò”<br />

è un’inchiesta<br />

multimediale sugli<br />

effetti dell’uranio<br />

impoverito sui<br />

soldati italiani<br />

che hanno operato<br />

in Bosnia, Kosovo<br />

e Iraq. Il libro<br />

racconta la storia<br />

di quattro soldati,<br />

Luca, Emerico,<br />

Angelo<br />

e Salvatore,<br />

abbandonati<br />

e “oscurati”<br />

dall’esercito dopo<br />

essersi ammalati.<br />

Intanto i decessi<br />

dei soldati che<br />

hanno par<strong>te</strong>cipato<br />

a quelle missioni<br />

continuano…<br />

Leonardo<br />

Brogioni,<br />

Angelo Miotto,<br />

Mat<strong>te</strong>o Scanni<br />

L’Italia chiamò<br />

Ed. Ambien<strong>te</strong><br />

Milano 2009<br />

Pagine: 160<br />

Euro 16,90<br />

su alcune parti del girato (viso, occhi, mani, ad esempio), o di correggere i colori; ci ha aggiuntolacolonnasonoraoilparlato;oppure,ancora,peralcuniritrattihascovatounloop<br />

perfetto che si scopre solo dedicando un <strong>te</strong>mpo d’osservazione consono, umano, lento.<br />

Un <strong>te</strong>mpo d’osservazione che fa nascere - tra chi guarda e chi è guardato - un contatto<br />

(con Gao Xingjian), uno smarrimento (con Johnny Depp), un disagio, un’incomprensione,<br />

un sorriso (per un“lupo cattivo” solo in apparenza), una curiosità inca<strong>te</strong>nan<strong>te</strong> (col<br />

“ritratto” diWinona Ryder, ispirato a Giorni Felici di Beckett), un rispetto, una repulsione,<br />

una violenza (davanti al ritratto di S<strong>te</strong>ve Buscemi, struggen<strong>te</strong> macellaio), pure un desiderio<br />

di entrare di straforo nella visione notturna con RobinWright Penn, installazione che<br />

si mangia lo spazio dov’è, espandendosi fino a toccare nel profondo quello di chi guarda,<br />

diventando un paesaggio mentale pronto a ospitare l’immaginazione dello spettatore.<br />

Una nota stonata: perché alle mostre ci si va sempre sapendo che bisogna patire? Anche<br />

in questo caso l’allestimento non ha previsto neppure il fantasma di una sedia (solo<br />

un divanetto preso d’assalto nella sala col ritratto diWinona Ryder) per godere della visita<br />

e rinfrancare lo spirito del lato A. E, ogni tanto, pure quello del lato B..<br />

Robert Wilson Voom Portraits Milano, Palazzo Reale (piazza Duomo, 12) fino al 4 ottobre<br />

La differenza<br />

rende<br />

speciali<br />

“Il coniglietto Tito<br />

e le parole<br />

sal<strong>te</strong>rine” aiuta<br />

i bambini a capire<br />

la balbuzie. È una<br />

delle tan<strong>te</strong> storie<br />

racchiuse nel<br />

<strong>te</strong>sto Siamo<br />

Speciali , dove<br />

la diversità viene<br />

affrontata in<br />

modo semplice<br />

e diretto, in modo<br />

che il bambino<br />

si accosti ad essa<br />

senza resis<strong>te</strong>nze.<br />

Senza paure.<br />

E senza<br />

pregiudizi. Siamo<br />

speciali parla<br />

di cecità,<br />

di emozioni,<br />

di disabilità fisica,<br />

di balbuzie,<br />

di sindrome<br />

di Down,<br />

di enuresi<br />

e di iperattività.<br />

Paola Viezzer<br />

Siamo Speciali<br />

Ed. Erickson<br />

Trento 2009<br />

Pagine 127<br />

Euro 15<br />

lo scaffale<br />

Allarme<br />

bullismo<br />

a Milano<br />

Il rapporto<br />

su Milano<br />

della Fondazione<br />

Ambrosianeum<br />

scandaglia<br />

l’universo giovani<br />

cercando di capire<br />

come la città<br />

sta inves<strong>te</strong>ndo su<br />

ques<strong>te</strong> po<strong>te</strong>nziali<br />

risorse. Ne esce<br />

un quadro<br />

desolan<strong>te</strong>, con<br />

i giovani destini<br />

lasciati spesso alla<br />

sola responsabilità<br />

delle famiglie,<br />

senza che<br />

le istituzioni<br />

pubbliche facciano<br />

intravvedere<br />

progettualità né<br />

risorse investi<strong>te</strong>.<br />

A cura di Eugenio<br />

Zucchetti<br />

Milano 2009.<br />

Rapporto sulla città<br />

Ed. FrancoAngeli<br />

Milano 2009<br />

Pagine 206<br />

Euro 22<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis.<br />

69


On<br />

Sen<strong>te</strong>nza storica: per l’Atm<br />

può lavorare anche uno straniero<br />

<strong>Per</strong>de l’Atm, l’azienda di trasporti<br />

milanese, ed è obbligata a rimuovere<br />

il requisito della cittadinanza italiana<br />

(o di un paese Ue) dalle offer<strong>te</strong> di<br />

assunzione. Lo ha stabilito il tribunale<br />

di Milano, dando ragione al ricorso<br />

del cittadino marocchino Mohamed<br />

Hailoua, assistito da Avvocati <strong>Per</strong><br />

Nien<strong>te</strong> Onlus e dall’Associazione studi<br />

giuridici sull’immigrazione. Hailoua<br />

aveva fatto ricorso contro l’Atm, che<br />

non l’aveva ammesso alle selezioni<br />

per un posto di lavoro. I giudici hanno<br />

ri<strong>te</strong>nuto la decisione dell’azienda<br />

“una disparità di trattamento non<br />

legittima” che rientra nella nozione<br />

di “discriminazione” prevista<br />

dall’ordinamento. Nella sen<strong>te</strong>nza<br />

è scritto, fra l’altro, che il Tribunale<br />

“accerta e dichiara il carat<strong>te</strong>re<br />

discriminatorio del comportamento<br />

di Atm Spa, alla quale ordina<br />

la cessazione del comportamento<br />

e la rimozione della richiesta di<br />

cittadinanza tra i requisiti di selezione<br />

delle offer<strong>te</strong> di lavoro e delle propos<strong>te</strong><br />

di assunzione”. L’Atm è obbligata<br />

dunque a rimuovere il requisito<br />

della cittadinanza italiana dalle<br />

proprie offer<strong>te</strong> di assunzione, previsto<br />

da un Regio decreto del 1931.<br />

In Abruzzo “Epicentro Solidale”<br />

insegna l’autoproduzione<br />

Nelle zone <strong>te</strong>rremota<strong>te</strong> i comitati<br />

continuano a essere la forza vitale,<br />

spesso sostituendo le istituzioni<br />

nell’affrontare i problemi della<br />

quotidianità. Nella <strong>te</strong>ndopoli di Fossa,<br />

insieme all’associazione Ingegneri<br />

senza Frontiere, il comitato “Epicentro<br />

Solidale” ha installato un impianto<br />

solare <strong>te</strong>rmico, che garantisce<br />

acqua calda in qualsiasi momento<br />

della giornata alle oltre 300 persone<br />

che risiedono nel campo. Prima<br />

dell’in<strong>te</strong>rvento il campo di Fossa<br />

po<strong>te</strong>va contare su otto docce<br />

installa<strong>te</strong> all’in<strong>te</strong>rno di container,<br />

alimenta<strong>te</strong> in par<strong>te</strong> da un gruppo<br />

elettrogeno in cogenerazione.<br />

70. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

Milano<br />

Studenti stranieri<br />

senza mezzi, aiuti<br />

per studiare in Italia<br />

Entro il 15 ottobre l’associazione<br />

“Oltre il Pon<strong>te</strong> onlus Carla Appiani”<br />

accetta domande di studenti stranieri<br />

senza mezzi che vorrebbero studiare<br />

in Italia. Mission dell’associazione<br />

milanese, che collabora con la Casa<br />

della Carità nell’accoglienza degli<br />

studenti, è accompagnare gli s<strong>te</strong>ssi<br />

nel percorso di studio attraverso<br />

ospitalità, tutoring, sos<strong>te</strong>gno per<br />

imparare la lingua, contributo<br />

economico per comprare i libri,<br />

segretariato sociale per il permesso<br />

di soggiorno.<br />

INFO oltreilpon<strong>te</strong>@fastwebnet.it<br />

Milano<br />

Ar<strong>te</strong> e let<strong>te</strong>ratura<br />

dell’America Latina:<br />

pathos e memoria<br />

Allo spazio Oberdan di Milano fino<br />

al 4 ottobre è in mostra “Americas<br />

Latinas. Las fatigas del querer”.<br />

La difficile situazione politicoeconomico-sociale<br />

del continen<strong>te</strong><br />

ha generato pulsioni e passioni<br />

artistiche estremamen<strong>te</strong> forti,<br />

che rendono l’ar<strong>te</strong> con<strong>te</strong>mporanea<br />

latinoamericana una delle più<br />

in<strong>te</strong>ressanti dell’in<strong>te</strong>ro panorama<br />

in<strong>te</strong>rnazionale. Si tratta per lo più<br />

di un’ar<strong>te</strong> politica, di ribellione e<br />

di rivoluzione, per questo si tratta di<br />

un’ar<strong>te</strong> for<strong>te</strong>, densa, come ancora<br />

rimane for<strong>te</strong> in America Latina<br />

la memoria della conquista e<br />

dell’evangelizzazione europea,<br />

e violenta come violen<strong>te</strong> furono<br />

alcune sanguinarie usanze dei popoli<br />

indigeni precolombiani. Le opere<br />

espos<strong>te</strong> non danno un’in<strong>te</strong>rpretazione<br />

univoca e definitiva; esse sono<br />

piuttosto spunti poetici per avvicinarsi<br />

alla comprensione di un universo<br />

tanto lontano. La mostra è basata<br />

su alcuni nuclei <strong>te</strong>matici “chiave”<br />

(sangue, mor<strong>te</strong>, anima, natura, città),<br />

che saranno anche declinati<br />

e ripercorsi, allo Spazio Oberdan,<br />

attraverso contributi di autori<br />

e incontri rappresentativi della<br />

let<strong>te</strong>ratura latino-americana.<br />

INFO Spazio Oberdan 02.77406300<br />

Genova<br />

Dance giovane<br />

e solidarietà con<br />

i bambini del Gaslini<br />

Sabato 12 e 19 set<strong>te</strong>mbre<br />

l’associazione non profit “Musica<br />

per la Vita” organizza le ultime due<br />

sera<strong>te</strong> musicali al For<strong>te</strong> Sperone<br />

di Genova con band giovani,<br />

musica sperimentale e dj di fama<br />

in<strong>te</strong>rnazionale. Il festival, iniziato<br />

a giugno, ha due finalità: coinvolgere<br />

i giovani in sera<strong>te</strong> di dance con generi<br />

musicali adatti a loro e raccogliere<br />

fondi per l’ospedale Gaslini<br />

di Genova. I proventi delle sera<strong>te</strong><br />

saranno infatti devoluti al reparto<br />

pediatria della struttura sanitaria<br />

pubblica di Genova. <strong>Per</strong> raggiungere<br />

il For<strong>te</strong> (in via del <strong>Per</strong>alto al Righi)<br />

è a disposizione un servizio navetta.<br />

INFO www.musicaperlavita.org<br />

Genova<br />

Verso Ellis Island,<br />

quando i migranti<br />

erano gli italiani<br />

“Da Genova a Ellis Island. Il viaggio<br />

per mare ai <strong>te</strong>mpi della migrazione<br />

italiana” è la mostra sull’emigrazione<br />

dalla penisola che resta aperta<br />

a Genova, al Galata Museo del Mare<br />

(nella foto), fino al 30 set<strong>te</strong>mbre.<br />

Si tratta di un’esposizione assai vasta,<br />

che si snoda lungo otto sale e tre<br />

gallerie e che in<strong>te</strong>nde mostrare<br />

le condizioni di viaggio degli emigranti<br />

diretti negli Stati Uniti nel periodo<br />

tra il 1892 (anno in cui entrò<br />

in funzione Ellis Island, la “Porta<br />

dell’America”, stazione di approdo,<br />

selezione, quaran<strong>te</strong>na e schedatura<br />

su un’isoletta nel porto di New York)


e il 1914. La mostra rappresenta<br />

una tappa essenziale per<br />

la realizzazione del “MEM – Museo<br />

dell’Emigrazione”, sezione all’in<strong>te</strong>rno<br />

del Galata Museo del Mare.<br />

Rispetto alle mostre tradizionali<br />

sul <strong>te</strong>ma dell’emigrazione, per lo più<br />

fotografiche e documentarie,<br />

“Da Genova a Ellis Island” vuole<br />

far rivivere al visitatore l’esperienza<br />

del migrare attraverso una puntuale<br />

ricostruzione ambientale e storica,<br />

che unisce allestimenti marittimi<br />

originali a elementi multimediali.<br />

INFO www.galatamuseodelmare.it<br />

Firenze<br />

“Teatri Aperti”,<br />

più di cento eventi<br />

in cinque giorni<br />

Dal 23 al 27 set<strong>te</strong>mbre a Firenze<br />

si svolge Teatri Aperti, manifestazione<br />

aperta a tutti i cittadini e promossa<br />

dall’associazione “Firenze dei Teatri”.<br />

Quest’anno l’offerta culturale<br />

al pubblico sarà ancora più ricca:<br />

l’in<strong>te</strong>nso programma vedrà andare<br />

in scena non solo spettacoli <strong>te</strong>atrali,<br />

ma anche visi<strong>te</strong> guida<strong>te</strong> ai <strong>te</strong>atri<br />

storici, presentazioni di libri,<br />

laboratori sui mestieri del <strong>te</strong>atro,<br />

mostre, convegni e occasioni<br />

di riflessione e divertimento<br />

per tutta l’area metropolitana<br />

di Firenze. La nuova edizione punta<br />

inoltre al recupero di spazi inutilizzati,<br />

che anche in futuro si spera possano<br />

essere restituiti alla fruizione<br />

del pubblico.<br />

INFO www.firenzedei<strong>te</strong>atri.it<br />

Firenze<br />

“Realtà manipolata”,<br />

immagini di 23 autori<br />

tra oggettivo e falso<br />

Nel capoluogo toscano, alla<br />

Fondazione Palazzo Strozzi, dal 25<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 al 17 gennaio 2010<br />

si svolgerà la mostra fotografica<br />

dal titolo “Realtà manipola<strong>te</strong>: come<br />

le immagini ridefiniscono il mondo”.<br />

Con l’affermazione delle <strong>te</strong>cnologie<br />

digitali e l’enorme diffusione di immagini<br />

trami<strong>te</strong> i mezzi di comunicazione di<br />

massa e in<strong>te</strong>rnet, l’ambiguità fra reale<br />

e verosimile, fra oggettivo e apparen<strong>te</strong>,<br />

si è accentuata ul<strong>te</strong>riormen<strong>te</strong>,<br />

portando all’estremo il contrasto tra<br />

apparenza e verità e chiamando lo<br />

spettatore a un ruolo attivo nel definire<br />

come vero ciò che ha di fron<strong>te</strong>. Proprio<br />

la fotografia e i video si fondano sulla<br />

contraddittoria condizione di registrare<br />

la realtà e di essere allo s<strong>te</strong>sso <strong>te</strong>mpo<br />

strumenti della sua falsificazione.<br />

La mostra presenta dunque le opere<br />

di 23 artisti in<strong>te</strong>rnazionali che lavorano<br />

attraverso fotografie e video,<br />

manipolando la percezione del visibile<br />

e costruendo nuovi modelli di realtà.<br />

Ad esempio, al centro del lavoro<br />

dell’italiano Paolo Ventura c’è la guerra<br />

in Iraq: gli scenari sono costruiti<br />

utilizzando manichini e pupazzi vestiti<br />

da soldati; l’equivoco e la modificazione<br />

del reale sono utilizzati dall’artista per<br />

denunciare l’oggettiva manipolazione<br />

della “verità” della cronaca<br />

e delle immagini di guerra diffuse<br />

dai mezzi di comunicazione.<br />

INFO www.fondazionepalazzostrozzi.it<br />

Off<br />

caleidoscopio<br />

Nel mercato del lavoro<br />

le donne restano cenerentole<br />

Le donne italiane, in <strong>te</strong>ma di lavoro,<br />

non se la passano benissimo. È quanto<br />

emerge nel volume Donne, talento<br />

e <strong>te</strong>cnologia, pubblicato dal Gruppo<br />

24 Ore e che presenta una serie<br />

di dati che at<strong>te</strong>stano la mancanza<br />

di un’effettiva uguaglianza di genere<br />

nel mercato del lavoro italiano. In Italia<br />

il tasso di occupazione femminile<br />

è fermo al 47,2%, lontano dall’obiettivo<br />

stabilito dalla Commissione europea<br />

(60% di donne occupa<strong>te</strong> entro<br />

il 2010). Inoltre, a parità di livello<br />

gerarchico, lo stipendio di una donna<br />

è mediamen<strong>te</strong> inferiore del 15%<br />

rispetto a quello di un uomo. Nel mondo<br />

aziendale, poi, le donne in posizioni di<br />

responsabilità non superano il 17,2%<br />

e secondo l’Istat solo il 2% delle nostre<br />

connazionali fa par<strong>te</strong> del consiglio<br />

d’amministrazione di un’azienda<br />

quotata in Borsa, contro il 13,9%<br />

della Gran Bretagna e il 10,5% della<br />

Francia. In politica, il 20,5% degli eletti<br />

al parlamento è costituito da donne,<br />

contro il 31% delle eurodeputa<strong>te</strong><br />

e il 57,9% delle parlamentari svedesi.<br />

Sicurezza e immigrazione,<br />

ai media piacciono le bad news<br />

La facoltà di Scienze della<br />

comunicazione dell’università<br />

La Sapienza di Roma ha realizzato una<br />

ricerca dal titolo: “Cattive notizie.<br />

Sicurezza e immigrazione nei media<br />

italiani”. Dall’analisi è emerso che<br />

fanno notizia soprattutto omicidi<br />

e reati violenti, soprattutto se<br />

a compierli sono i migranti. La ricerca<br />

spiega che ques<strong>te</strong> bad news hanno<br />

inciso sul binomio immigrazionesicurezza<br />

perché nei media i due<br />

fenomeni si rimandano e si rafforzano<br />

a vicenda, diventando spesso oggetto<br />

di dibattito politico, nel quale le<br />

soluzioni sono espresse solo in <strong>te</strong>rmini<br />

di limitazioni nei confronti degli<br />

immigrati. I fatti di cronaca nera in<br />

<strong>te</strong>ma di immigrazione sono raccontati<br />

in larga par<strong>te</strong> dai tg con l’83,3%,<br />

contro il 61,7% dei quotidiani.<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .71


Street art<br />

di Emma Neri<br />

Cucina, giochi e... tombini:<br />

la strada ha volti sorprendenti<br />

“Saporìe”, a Cesena la cucina di strada per palati di qualità<br />

Il 25, 26 e 27 set<strong>te</strong>mbre gli appassionati della “cucina di strada”<br />

potranno contare su un ghiotto appuntamento. Cesena ospita infatti<br />

il Festival in<strong>te</strong>rnazionale dello street food, dal titolo: “Saporìe.<br />

Da Sicilia, Campania ed Emilia-Romagna il cibo di strada di qualità”.<br />

Duran<strong>te</strong> l’evento, sarà possibile assaggiare la migliore cucina<br />

di strada, che giungerà dalle regioni dove questa tradizione è più<br />

sviluppata. Nel centro storico della città romagnola, in piazza della<br />

Libertà, verrà allestita una “Piazza mercato” con tan<strong>te</strong> isole<br />

gastronomiche, con i profumi e sapori dei mercati rionali siciliani<br />

e delle strade napoletane e campane. Altre isole gastronomiche<br />

saranno dedica<strong>te</strong> al cibo di strada emiliano-romagnolo. Non<br />

mancheranno artisti di strada delle tre regioni protagonis<strong>te</strong>.<br />

INFO Tel. 0547.36.17.28 - info@confesercenticesena<strong>te</strong>.com<br />

“Tocatì”, i giochi dei nonni protagonisti nel centro di Verona<br />

Il 25, 26 e 27 set<strong>te</strong>mbre, a Verona, si svolge “Tocatì”, il Festival<br />

in<strong>te</strong>rnazionale dei giochi in strada. Tocatì è un evento unico in Italia<br />

e in Europa: il festival è il frutto dell’attività che l’Associazione<br />

Giochi Antichi (Aga) svolge dal 2002, bat<strong>te</strong>ndosi per la salvaguardia<br />

e la valorizzazione del gioco tradizionale. Si tratta di giochi semplici<br />

e antichissimi, che raccontano la storia millenaria del divertimento<br />

dei nostri avi, quando erano bambini. Ma non solo... Nello storico<br />

scenario del centro scaligero, in un’area di 200 mila metri quadrati,<br />

vie e piazze torneranno a essere luoghi di incontro e di festa, secondo<br />

strumenti e regole del passato: per tre giorni le comunità ludiche<br />

tradizionali proporranno oltre 50 giochi. La manifestazione è gratuita.<br />

INFO www.tocati.it<br />

A Milano i tombini diventano opere. <strong>Per</strong> raccontare la Re<strong>te</strong><br />

“Sopra il Sotto. Tombini Art raccontano la Città cablata”: è il titolo<br />

della mostra open air di tombini art in ghisa, in scena a Milano.<br />

Da giugno a novembre, in via Tortona, l’esposizione propone<br />

ar<strong>te</strong> in strada, in<strong>te</strong>rpretata da street artists affermati (108, 2501,<br />

Abbominevole, Bo130, Bros, Dem, El Gato<br />

Chimney, Faust, Luze, Maba, Microbo, Ozmo,<br />

Pho, Santy, S<strong>te</strong>n&Lex, Ufo5) che hanno<br />

liberamen<strong>te</strong> in<strong>te</strong>rpretato il <strong>te</strong>ma della re<strong>te</strong><br />

globale delle <strong>te</strong>lecomunicazioni. L’evento<br />

è stato organizzato da Metroweb, titolare<br />

della più grande re<strong>te</strong> di fibre ottiche<br />

in Europa. Gli artisti hanno progettato<br />

e realizzato 31 tombini di diverse dimensioni,<br />

che raccontano e in<strong>te</strong>rpretano il mondo<br />

sot<strong>te</strong>rraneo della fibra ottica, colorando le<br />

vie Tortona, Savona, Mon<strong>te</strong>video,<br />

Bergognone, Voghera, S<strong>te</strong>ndhal, Bugatti, Forcella, Novi, Cerano. Un<br />

oggetto quasi invisibile, il tombino, diventa visibile, scolpito, colorato,<br />

figurativo<br />

72. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

Catania<br />

Sport e non solo,<br />

un happening<br />

per l’in<strong>te</strong>grazione<br />

Tornei e gare di calcio, pallavolo,<br />

pallacanestro, calcio balilla, biliardo,<br />

ping pong, pallanuoto, staffetta<br />

a squadre, gare di ballo, caccia<br />

al <strong>te</strong>soro, giochi a squadre, spettacoli<br />

musicali e <strong>te</strong>atrali, showroom<br />

di danza<strong>te</strong>rapia e musico<strong>te</strong>rapica,<br />

un convegno sulla disabilità<br />

e l’inclusione sociale...<br />

È il fitto programma dell’“Happening<br />

dello sport per l’in<strong>te</strong>grazione”,<br />

che si svolgerà a Pietro Clarenza<br />

(Catania) dal 23 al 26 set<strong>te</strong>mbre.<br />

Protagonisti saranno giovani<br />

e adulti con disagio psichico<br />

o sociale, coinvolti attraverso<br />

enti pubblici o realtà del privato<br />

sociale, studenti delle scuole<br />

secondarie di secondo grado<br />

e universitari, operatori socio-sanitari<br />

del pubblico e del privato.<br />

INFO mariamammino@solcoct.it<br />

Palermo<br />

Buone prassi<br />

per l’ambien<strong>te</strong>,<br />

fiera alle Locomotive<br />

“Ecomedi<strong>te</strong>rranea 2009” si svolgerà<br />

a Palermo dal 24 al 27 set<strong>te</strong>mbre<br />

all’ex deposito delle Locomotive<br />

di Sant’Erasmo. Le <strong>te</strong>matiche<br />

ambientali e lo sviluppo sos<strong>te</strong>nibile<br />

saranno al centro della<br />

manifestazione. I settori sui quali<br />

si articolano le propos<strong>te</strong><br />

della fiera sono: aria, acqua,<br />

rifiuti, energia, natura, agricoltura<br />

e zoo<strong>te</strong>cnia, educazione<br />

e comunicazione ambientale,<br />

bioedilizia, mobilità sos<strong>te</strong>nibile,<br />

acquisti verdi, informatica, editoria<br />

e consulenza.<br />

Oltre alle propos<strong>te</strong> espositive, duran<strong>te</strong><br />

la fiera verranno realizzati convegni<br />

in<strong>te</strong>rnazionali, workshop<br />

e diverse iniziative di promozione,<br />

sensibilizzazione, studio e<br />

intrat<strong>te</strong>nimento rivol<strong>te</strong> a un pubblico<br />

sia di adulti che di bambini.<br />

INFO info@areasicilia.com


PanoraMi • Tre domande a Jim Kerr<br />

di Riccardo Benvegnù<br />

Il mondo aveva due strade, cantavamo Mandela Day<br />

caleidoscopio<br />

Era il 1989, esattamen<strong>te</strong> venti anni fa, quando Jim Kerr (foto a sinistra)<br />

e i suoi Simple Minds davano vita a un album capolavoro, il più in<strong>te</strong>nso e<br />

politicamen<strong>te</strong> impegnato della loro tren<strong>te</strong>nnale carriera: “Street Fighting<br />

Years”. La traccia numero 8,“Mandela Day”, consegnata alla storia,<br />

diverrà un inno. Che accompagnerà spesso la ricorrenza del 18 luglio:<br />

ogni anno, da allora, si celebra in quella data il grande leader sudafricano<br />

(foto a destra), nato nel 1918 proprio in quel giorno. In quella ricorrenza<br />

si afferma l’idea che ogni individuo ha il po<strong>te</strong>re di trasformare il mondo, la<br />

capacità di lasciare un segno.“Street Fighting Years” con<strong>te</strong>neva altri<br />

gioielli, come la “title track”, dedicata al musicista cileno Victor Jara, ucciso dal regime di Pinochet, oppure<br />

“Belfast Child”, sulla guerra nell’Irlanda del Nord, o ancora la struggen<strong>te</strong> “Biko” di Pe<strong>te</strong>r Gabriel, composta<br />

in memoria di un altro eroe sudafricano, leader della resis<strong>te</strong>nza contro il regime afrikaner, barbaramen<strong>te</strong><br />

assassinato nel 1977. Jim Kerr e la storica band scozzese sono stati a Milano, proprio in luglio, per una<br />

tappa della turnè “30 years live”. Lo abbiamo incontrato alla vigilia del concerto.<br />

Jim, in trent’anni di carriera qual è stato il miglior momento dei Simple Minds?<br />

Quello dei Simple Minds è stato un grande viaggio, non ci sono molti gruppi che hanno fatto musica elettronica, pop,<br />

da stadio, politica. Sono stati tutti momenti importanti e non saprei quale collocare al primo posto.<br />

Alla fine degli anni Ottanta Street Fighting Years ha consacrato il vostro impegno politico al fianco<br />

di Amnesty In<strong>te</strong>rnational: pensi che le vostre canzoni siano ancora attuali?<br />

Veramen<strong>te</strong> vent’anni fa il mondo era un altro mondo. Il mondo della politica era più facile da comprendere, c’erano due<br />

strade: left and right, sinistra e destra. In mezzo c’era un muro. C’erano l’America e c’era la Russia, l’apartheid e l’antiapartheid.<br />

Era facile capire da che par<strong>te</strong> stare. Ora è più complesso. Ma forse nulla è cambiato.Abbiamo ancora razzismo,<br />

ingiustizia.Anche se Mandela è libero, il razzismo continua.Anche se l’Irlanda del Nord ha ritrovato la pace, c’è guerra<br />

in tutto il mondo. Non escludo che in futuro i Simple Minds possano occuparsi ancora di ques<strong>te</strong> <strong>te</strong>matiche, ma...<br />

... ma non è più stagione per met<strong>te</strong>re la musica al servizio delle cause politiche?<br />

In realtà aspettiamo i gruppi più giovani. Noi abbiamo fatto la nostra par<strong>te</strong>. Oggi il 46664, numero che marchiava<br />

il prigioniero Mandela, è il logo di una fondazione umanitaria e il buon Nelson è un ex presiden<strong>te</strong> del Sudafrica che<br />

ha abbandonato la scena pubblica, ma dopo aver cambiato il suo paese. I Simple Minds sono un gruppo di rocker<br />

cinquan<strong>te</strong>nni. <strong>Per</strong> trasformare il mondo servono nuove energie, capaci di lasciare nuovi segni.<br />

Palermo<br />

Bambini stranieri<br />

crescono in ludo<strong>te</strong>ca,<br />

“adottarli” è aiutarli<br />

Dato che le casse del comune di<br />

Palermo sono in secca, la ludo<strong>te</strong>ca<br />

“Ubuntu”, che accoglie i bambini delle<br />

madri straniere lavoratrici, ha lanciato<br />

l’iniziativa “Adotta un bambino di<br />

Ubuntu”, per finanziare le spese<br />

di gestione e per i ma<strong>te</strong>riali per le<br />

attività. Hanno già aderito diverse<br />

associazioni, fra cui Libera. Si aderisce<br />

al progetto inviando un contributo<br />

mensile per uno dei bimbi accolti,<br />

in modo da permet<strong>te</strong>re alla madre<br />

di continuare a lavorare: spesso le<br />

mamme straniere sono colf o badanti.<br />

INFO centroubuntu@gmail.com<br />

Concorso / 1<br />

“Rinascere Uomo”<br />

grazie a gesti solidali,<br />

video e foto all’Opera<br />

L’Opera San Francesco<br />

di Milano organizza<br />

il concorso video-fotografico<br />

“Rinascere Uomo”.<br />

C’è <strong>te</strong>mpo fino al 1° ottobre<br />

per inviare foto o video,<br />

da caricare direttamen<strong>te</strong> sul sito<br />

della storica Opera meneghina.<br />

Il titolo, “Rinascere Uomo”,<br />

in<strong>te</strong>rpreta il <strong>te</strong>ma della rinascita,<br />

in<strong>te</strong>sa come superamento<br />

di un disagio grazie a un gesto<br />

di solidarietà da par<strong>te</strong> di un altro<br />

essere umano.<br />

INFO www.operasanfrancesco.it<br />

Concorso / 2<br />

“Io e l’altro”,<br />

il rispetto<br />

in uno scatto<br />

È stato lanciato il progetto fotografico<br />

“Io e l’altro. Pronti per una nuova sfida.<br />

Anzi, per un nuovo scatto”. Il bando<br />

di concorso, rivolto agli artisti<br />

emergenti, non solo italiani ma di tutto<br />

il mondo, met<strong>te</strong> a fuoco un delicato<br />

<strong>te</strong>ma sociale: “Ripensare il rispetto per<br />

l’altro”. Le fotografie devono cercare<br />

di creare un pon<strong>te</strong> ideale tra culture,<br />

etnie e religioni. Il bando scade<br />

il 15 set<strong>te</strong>mbre.<br />

INFO www.fonopoliforma.com<br />

pagine a cura<br />

di Daniela Palumbo<br />

set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .73


Vendere giornali di strada, strumento per superare la povertà<br />

Street magazine in Africa,<br />

contro l’aiuto gratuito<br />

di Paolo Riva – da Lusaka (Zambia)<br />

PROVOCATORIAMENTE SI POTREBBE AFFERMARE che è semplice fare un giornale di strada, nei cosiddetti<br />

paesi sviluppati. Secondo i dati forniti da Insp, la Re<strong>te</strong> in<strong>te</strong>rnazionale dei giornali<br />

di strada, se ne contano più di 50 in Europa, 27 tra Stati Uniti e Canada, uno in Australia<br />

e uno in Giappone. Tutti accomunati da un tratto distintivo: offrono occasioni di riscatto<br />

a persone senza dimora. Ma che succede se il modello viene esportato, per esempio,<br />

in Africa (dove le <strong>te</strong>sta<strong>te</strong> di strada son attualmen<strong>te</strong> 8)? A Nairobi, Johannesburg o<br />

Lusaka gran par<strong>te</strong> degli abitanti vive in sobborghi poveri non pianificati, privi di servizi e<br />

a rischio per la salu<strong>te</strong>: in con<strong>te</strong>sti del genere, avere un <strong>te</strong>tto sopra la <strong>te</strong>sta è davvero abbastanza<br />

per non essere considerati senza dimora?<br />

In ques<strong>te</strong> periferie, la differenza tra una casa vera e propria, una baracca e un tugurio<br />

diventa lieve, la definizione di esclusione sociale si complica e anche i protagonisti dei<br />

giornalidistradacambiano.«InAfrica,ibeneficiaridiprogetticomeilnostrosonoprevalen<strong>te</strong>men<strong>te</strong><br />

persone che hanno bisogno di un lavoro. I problemi di dipendenza o esclusione<br />

sociale sono gravi, ma spesso i nostri venditori hanno solo bisogno di un’opportunità<br />

concreta di guadagno», affermaTrudyVlok, che fa par<strong>te</strong> di The Big Issue South Africa<br />

sin da quando il più longevostreetmagazine del continen<strong>te</strong> è nato (nel 1996), reclutando<br />

venditori in diverse zone di Città del Capo, dove la disoccupazione tocca anche il 75%.<br />

È un con<strong>te</strong>sto simile a quello di Lusaka, dove dal 2007 viene venduto The Big Issue<br />

Zambia, una delle sei nuove <strong>te</strong>sta<strong>te</strong> (le altre sono in Kenya, Malawi, Etiopia, Nigeria e Burundi)<br />

di cui Insp ha promosso la nascita con il programma biennale “Focus on Africa”,<br />

che individua nei giornali di strada efficaci strumenti di lotta della povertà. E, infatti, per<br />

le strade dello Zambia, dove il prodotto in<strong>te</strong>rno lordo procapi<strong>te</strong> annuo è di circa 4 milioni<br />

di kwacha (800 dollari), i venditori di Big Issue guadagnano 5 mila kwacha per ogni copiavenduta.Nonostan<strong>te</strong>ciò,gliostacolinonsonopochi.«Ladifficoltàmaggiore–racconta<br />

il direttore, SambaYonga – è combat<strong>te</strong>re la cultura dell’aiuto gratuito, nella quale la nostrasocietàèda<strong>te</strong>mpoimmersa.Ivenditorifaticanoacapirechedevonocompraredanoi<br />

le copie del magazine, che andranno poi a vendere in strada»..<br />

Tarchiato Tappo - Il sollevatore di pesi<br />

74. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />

Africa calling

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