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Spedizione in abbonamento postale 45% articolo 2, comma 20/B, legge 662/96, Milano<br />
il mensile della strada<br />
numero 134<br />
anno 14<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
2 50€<br />
de’<strong>te</strong>nis<br />
www.scarpde<strong>te</strong>nis.it<br />
ventuno L’Europa, cosa nostra<br />
In balia<br />
del mal di mare<br />
Marinai, vita grama.<br />
Fatica, solitudine, pochi<br />
diritti. Come se la passa il popolo delle navi? Lo chiarisce un’indagine. Ma nei porti c’è chi aiuta<br />
Milano Le ronde sospese Torino A lezione da suor Simona Genova Cornigliano cambia un Pop<br />
Vicenza Luci e ombre in mensa Rimini Vittime della Burocrazia Firenze Gli amici credono in me<br />
Napoli Laviamo via i pregiudizi Catania Piana non omologata Palermo C’è lavoro per la Santuzza
Nuove celle<br />
e scorciatoie<br />
Roberto Davanzo<br />
direttore Caritas Ambrosiana<br />
Il medioevo dell’assis<strong>te</strong>nza<br />
che ci radica nel futuro<br />
Parlare di carcere. È di nuovo <strong>te</strong>mpo, per<br />
dare eco ai segnali di malessere che da<br />
molti istituti di pena si sollevano a causa<br />
di un rinnovato sovraffollamento.<br />
L’effetto-indulto è durato ben poco. La soluzione<br />
all’annoso problema vede due strade praticabili.<br />
La prima: aumentiamo le strutture di de<strong>te</strong>nzione,<br />
costruiamo nuove carceri. La seconda (più impegnativa)<br />
va a ricercare, ad esempio, le cause della<br />
percentuale di recidiva vergognosamen<strong>te</strong> alta (68%)<br />
che carat<strong>te</strong>rizza la popolazione delle patrie galere. <strong>Per</strong><br />
trarne alcuni in<strong>te</strong>rrogativi, che aprono altrettan<strong>te</strong> pis<strong>te</strong> di<br />
lavoro: per svuotare le carceri, per renderle sempre più occasione<br />
di cambiamento e non solo di punizione, perchè<br />
non investire in figure educative? <strong>Per</strong>chè non favorire la mediazione,<br />
quindi la riconciliazione, tra chi ha commesso un<br />
reato e le vittime? <strong>Per</strong>chè non po<strong>te</strong>nziare meccanismi di accesso<br />
al lavoro dei de<strong>te</strong>nuti e misure al<strong>te</strong>rnative alla de<strong>te</strong>nzione?<br />
Invece, fanno ancora notizia, come accade agli eventi eccezionali,<br />
gli istituti in cui i de<strong>te</strong>nuti vengono messi in condizione<br />
di intraprendere esperienze di cooperazione. E in<br />
tivù ci va, ma come caso strano, il carcere dove si produce<br />
un panettone di ottima qualità, o dove le donne allestiscono<br />
a<strong>te</strong>lier di sartoria con annesse sfila<strong>te</strong>. Non dovrebbe<br />
essere questa la norma?<br />
Certo, la gen<strong>te</strong> è spaventata, le campagne mediatiche<br />
enfatizzano i delitti più efferati, l’insicurezza è gridata<br />
ovunque. Ma quali strumenti ci diamo per misurare<br />
se a fine pena il de<strong>te</strong>nuto ha compreso davvero la gravità<br />
del suo reato? Che garanzie abbiamo, dopo tutto ciò<br />
che è costato alla collettività, circa le sue reali in<strong>te</strong>nzioni<br />
di riparare al danno commesso?<br />
Diquestocipiacerebbesentirparlare,in<strong>te</strong>mpidicarceri<br />
iperaffolla<strong>te</strong>. Magari si arriverà a reputare necessaria<br />
la costruzione di nuove prigioni. Ma al <strong>te</strong>rmine di un percorso<br />
virtuoso, non di una scorciatoia mediatica.<br />
Paolo Brivio<br />
editoriali<br />
Le vacanze servono a staccare. E magari a sorprendersi del passato,<br />
per augurarsi un differen<strong>te</strong> futuro. Una piccola vertigine di meraviglia<br />
e pensiero mi ha colto una mattina di fine luglio a Brugge,<br />
meta turistica di punta del Belgio fiammingo, un <strong>te</strong>mpo (tardo Medioevo)<br />
capitale commerciale e finanziaria d’Europa.Tra tan<strong>te</strong> perle che fanno<br />
memoria di quel passato, l’aus<strong>te</strong>ro Ospedale di San Giovanni: oggi<br />
tramutato in museo, propone – accanto a fulgidi <strong>te</strong>sori d’ar<strong>te</strong> – la diligen<strong>te</strong><br />
ricostruzione di una vicenda di cure protrattasi per otto secoli.<br />
In breve: il Sint-Jan Hospitaal fu concepito, nel XII secolo, come perno<br />
di un sis<strong>te</strong>ma di welfare – diremmo oggi – che lo vedeva collaboran<strong>te</strong><br />
con altri luoghi di ospitalità, di asilo, di assis<strong>te</strong>nza. Malati e disabili,<br />
lebbrosi e inabili psichici,ma anche poveri e pellegrini,vedove e orfani:<br />
la città, attraverso le sue istituzioni, provvedeva ai bisogni di una<br />
variegata pla<strong>te</strong>a di “ultimi”, torma di esseri storpi, cenciosi, abbandonati,<br />
bersagliati dal destino,a quel <strong>te</strong>mpo tutt’altro che“invisibili”.<br />
Certo, quel sis<strong>te</strong>ma funzionava secondo cri<strong>te</strong>ri che la storia ha<br />
criticato e superato: istituzionalizzazione, assis<strong>te</strong>nzialismo, pa<strong>te</strong>rnalismo,<br />
proselitismo. Ma prepo<strong>te</strong>n<strong>te</strong> emerge, dalle <strong>te</strong>che, dai<br />
documenti,dai reperti del museo di Brugge,la volontà di una società<br />
urbana avanzatissima (per l’epoca) di porre la cura dei deboli<br />
al culmine della vita comunitaria.<br />
Il Sint-Jan Hospitaal, e le strutture sue consimili, erano<br />
voluti, finanziati e controllati dalla municipalità, trami<strong>te</strong> un<br />
consiglio nel quale erano rappresenta<strong>te</strong> le éli<strong>te</strong> cittadine,<br />
amministratori e notabili, capi delle corporazioni e delle<br />
gilde: efficien<strong>te</strong> esempio di in<strong>te</strong>rvento pubblico,con il decisivo<br />
concorso del privato sociale (allora rappresentato<br />
dalle congregazioni religiose: la cura dei malati e l’organizzazione<br />
della vita quotidiana erano compito di frati<br />
e suore). In definitiva la politica, l’imprenditoria e la finanza,<br />
in una città che si dice abbia inventato la Borsa,<br />
ponevano al vertice della piramide delle virtù civiche la<br />
realizzazione e la patrimonializzazione delle istituzioni di<br />
pro<strong>te</strong>zione sociale. E la ricchezza della comunità veniva<br />
di fatto redistribuita in modo da soddisfare i bisogni (se<br />
non i diritti) della sua componen<strong>te</strong> più fragile.<br />
Dovremmo rispolverare quello spirito,nell’Europa che<br />
nel 2010 celebrerà l’Anno continentale di lotta alla povertà.<br />
Ma nella quale molti concepiscono il welfare come<br />
un elemento residuale, una preoccupazione la<strong>te</strong>rale, quasi<br />
un fastidio costituzionale,che deve costare il meno possibile,<br />
per non appesantire le capacità competitive di società<br />
vota<strong>te</strong> a correre e a crescere, e pazienza se qualcuno resta<br />
indietro, scartato, indesiderato, persino colpevolizzato.<br />
Guardiamo dunque alle Fiandre del XII secolo, per preparare<br />
al meglio l’Anno europeo venturo. E onorare davvero<br />
le radici civiche, umanistiche e cristiane su cui è incardinata<br />
la nostra storia: da esse è germogliata un’Europa<br />
dell’accoglienza,della cura e dell’apertura,che<br />
ci spetta di aggiornare e rivitalizzare.
cos’è<br />
È un giornale di strada non profit. È un’impresa<br />
sociale che vuole dar voce e opportunità di reinserimento<br />
a persone senza dimora o emargina<strong>te</strong>. È un’occasione<br />
di lavoro e un progetto di comunicazione. È il primo passo<br />
per recuperare la dignità. In vendita agli inizi del mese.<br />
come leggerci<br />
<strong>Scarp</strong> de’ <strong>te</strong>nis è una tribuna per i pensieri e i racconti<br />
di chi vive sulla strada. È uno strumento di analisi<br />
delle questioni sociali e dei fenomeni di povertà.<br />
Nella prima par<strong>te</strong>, articoli e storie di portata nazionale.<br />
Nella sezione <strong>Scarp</strong> città, spazio alle redazioni locali.<br />
Ventuno si occupa di economia solidale, stili di vita<br />
e globalizzazione. Infine, caleidoscopio: vetrina<br />
di appuntamenti, recensioni e rubriche... di strada!<br />
dove vanno i vostri 2,50 euro<br />
Vendere il giornale significa lavorare, non fare<br />
accattonaggio. Il venditore trattiene una quota<br />
sul prezzo di copertina. Contributi e ri<strong>te</strong>nu<strong>te</strong> fiscali<br />
li prende in carico l’editore. Quanto<br />
resta è destinato a progetti di solidarietà.<br />
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Redazione centrale - milano<br />
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sommario<br />
Fotoreportage<br />
Visioni di uomini “captivi” p.6<br />
scarp Italia<br />
Inchiesta<br />
Carceri: le sbarre del disonore p.10<br />
Testimoni<br />
Vittime del mal di mare p.18<br />
Reportage<br />
Viaggio a Calais: “Mi rifugio nella giungla” p.24<br />
scarp città<br />
Milano<br />
Berretti equivoci, ronde sospese p.28<br />
Danze in metrò, passione underground p.32<br />
Passi nell’oscurità, ansia e affidamento p.36<br />
Torino<br />
A lezione dalla suora p.38<br />
Genova<br />
Cornigliano cambia un Pop p.40<br />
Vicenza<br />
Buoni i pasti ma non ci vado più p.42<br />
Rimini<br />
Malato e sfrattato respiro in auto p.44<br />
Firenze<br />
Gli amici che credono in me p.46<br />
Napoli<br />
Laviamo via l’intolleranza p.48<br />
Catania<br />
La Piana resis<strong>te</strong> all’omologazione p.52<br />
Palermo<br />
C’è lavoro per la Santuzza p.54<br />
scarp ventuno<br />
Agenda sociale<br />
Europa, affare di tutti p.58<br />
Torna il baratto<br />
Se io do una cosa a <strong>te</strong> p.64<br />
caleidoscopio<br />
Rubriche e notizie in breve p.69<br />
scarp de’ <strong>te</strong>nis<br />
Il mensile della strada<br />
Da un’idea di Pietro Greppi e da un paio di scarpe - anno 14 n. 134 set<strong>te</strong>mbre 2009 - costo di una copia: 2,50 euro<br />
<strong>Per</strong> abbonarsi a un anno di <strong>Scarp</strong>: versamento di 25 €<br />
- c/c postale 37696200 (causale AbboNAmeNto ScArP de’ <strong>te</strong>NIS)<br />
Redazione di strada e redazione giornalistica via Copernico 1, 20125 Milano (aperto da lunedì a giovedì 8-12.30 e 14-16.30, venerdì 8-12.30), <strong>te</strong>l. 02.67.47.90.17,<br />
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Responsabile commerciale Max Mon<strong>te</strong>corboli Redazione di strada Antonio Mininni, Lorenzo De Angelis e Tiziana Boniforti Sito web Roberto Monevi Hanno collaborato<br />
Ambrogio, Angus, Mr Armonica, Carlos Asensio, Bad 10, Guido Benedetto, Riccardo Benvegnù, Simona Brambilla, Giovanni Bravo, L. C., Giuseppe Cintura, Piera Coppa,<br />
S<strong>te</strong>fania Culurgione, Demo, Alessandra Del Giudice, Angela De Rubeis, Julian Di Mambro, Sergio Gatto, Sissi Geraci, Silvia Giavarotti, Gaetano Toni Grieco, Chiara Lucchin,<br />
Mirco Mazzoli, Emanuele Merafina, Maya Mihailova, Mary, Nino Moxedano, S<strong>te</strong>fano Neri, Aida Odoardi, Marianna Palma, Daniela Palumbo, Ketty Panebianco, Domenico<br />
Paolo, Luca Pinardi, Antonio Pirozzi, Cinzia Rasi, Paolo Riva, Rossella Russello, Grazia Sacchi, Cristina Salviati, Generoso Simeone, Antonio Vanzillotta, Pietro Vultaggio,<br />
Yamada, Zaffiro, Marta Zanella, Pasquale Zuppardo Foto di copertina Marinai e volontari su una nave nel porto di Genova (Archivio S<strong>te</strong>lla Maris) Foto Absorbitorium<br />
(www.flickr.com/photos/absorbitorium), Alessandra Del Giudice, Luca Meola, Sesta Opera San Fedele (www.sestaopera.it), Archivio <strong>Scarp</strong> Disegni Silva<br />
Nesi, Psichedelio, Luigi Zetti Progetto grafico Francesco Camagna e Simona Corvaia Editore Oltre Società Cooperativa, via S. Bernardino 4, 20122<br />
Milano Presiden<strong>te</strong> Luciano Gualzetti Registrazione Tribunale di Milano n. 177 del 16 marzo 1996 Stampa Tiber, via della Volta 179, 24124 Brescia.<br />
Consentita la riproduzione di <strong>te</strong>sti, foto e grafici citando la fon<strong>te</strong> e inviandoci copia. Questo numero è in vendita dal 13 set<strong>te</strong>mbre al 10 ottobre 2009.<br />
Associato<br />
all’Unione<br />
Stampa<br />
<strong>Per</strong>iodica<br />
Italiana
Aforismi<br />
di merafina<br />
chI LA FA<br />
Chi la fa<br />
tira la corda<br />
rAGGI dI SoLe<br />
I raggi del sole<br />
fanno male alla <strong>te</strong>sta,<br />
i raggi della galera<br />
fanno piangere<br />
IL rubINetto<br />
Il rubinetto perde,<br />
lasciamolo perdere<br />
dietro le mura<br />
Vibrazioni<br />
al parco Sempione.<br />
Silenziosi<br />
come fantasmi<br />
in quattro si misero<br />
alle mie spalle<br />
tre femmine<br />
e un maschio,<br />
tre arpe e una chitarra<br />
agili sui ferri<br />
scorrevano le dita<br />
lieve e dolce<br />
il suono si profuse<br />
dolce miele per le orecchie<br />
sui ritmi dei tamburi<br />
agile scivolava<br />
lieve alitar di vita<br />
sul ritmico pulsar.<br />
Ambrogio<br />
Serenità<br />
Voglio la serenità<br />
per guardare<br />
il mondo in tanti sfondi<br />
e in tanti colori.<br />
Voglio la serenità<br />
in<strong>te</strong>riore, per colorare<br />
la mia anima,<br />
per scacciare via<br />
la mia malinconia.<br />
Voglio la serenità<br />
per guardare fuori<br />
un mondo più <strong>te</strong>nue<br />
senza tan<strong>te</strong> sfaccettature.<br />
Voglio solo la serenità<br />
per sfidare<br />
la vita.<br />
Voglio la serenità<br />
per vincere<br />
il mio male.<br />
Marianna Palma<br />
La casa fantasma<br />
Non accenni di vita<br />
oltre i vetri…<br />
ruggine<br />
e tarli<br />
compiono il rituale.<br />
Stralci di intonaco<br />
vellutati di muschi<br />
recano calore<br />
al prospetto offeso dal <strong>te</strong>mpo.<br />
Finestre serra<strong>te</strong>:<br />
percezioni visive<br />
fantasia e…<br />
giovani signore<br />
in preziose velet<strong>te</strong><br />
sorseggiano rosoli<br />
spettri<br />
visioni<br />
sfumati dai riflessi di sole.<br />
Questa è la casa fantasma<br />
ma non fa paura.<br />
Aida Odoardi<br />
anticamera<br />
Il mio sogno<br />
per <strong>te</strong><br />
Dondola la luna<br />
sul mio petto<br />
dice che se dorme con me<br />
si fa piccolo e stretto<br />
in cuor mio<br />
lo desidero tanto.<br />
Ma sono sicura<br />
che ne uscirà affranto.<br />
Le s<strong>te</strong>lle sorridono<br />
nessuno vuole la guerra<br />
una stretta di mano<br />
e finisce lì.<br />
Le nuvole si fanno scure<br />
il vento minaccioso<br />
più che mai,<br />
il sole fa capolino,<br />
il mio sogno per <strong>te</strong><br />
lo vivo ogni mattino.<br />
Cinzia Rasi<br />
oggi piove<br />
È ancora esta<strong>te</strong><br />
ma oggi è<br />
una brutta giornata, piove,<br />
non si può andare al mare,<br />
non si può andare nei prati<br />
per una bella scampagnata,<br />
che noia stare a casa,<br />
la noia molto pesa,<br />
ma un’idea<br />
mi viene in men<strong>te</strong>,<br />
invito a casa mia<br />
parecchia gen<strong>te</strong>,<br />
invito anche quella<br />
donna col tuppo,<br />
faremo tutti giochi di gruppo<br />
e chissà che con le donne<br />
in allegria<br />
non nasca in me<br />
una nuova simpatia?<br />
Mr Armonica<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis<br />
.5
Visioni<br />
di uomini<br />
“captivi”<br />
Sesta Opera San Fedele:<br />
la più antica associazione<br />
di volontariato carcerario<br />
della Lombardia. I suoi volontari<br />
(ben 150) operano a San Vittore<br />
già dal 1923; negli anni, si sono<br />
aggiunti quelli a Opera e Bolla<strong>te</strong>.<br />
Sesta Opera cerca di affrontare<br />
i bisogni del popolo delle carceri,<br />
soprattutto in <strong>te</strong>mpi di<br />
sovraffollamento, che esaspera<br />
il disagio e rende più difficile<br />
il percorso di rinascita personale<br />
e reinserimento sociale.<br />
Visi<strong>te</strong> ai de<strong>te</strong>nuti, aiuti ma<strong>te</strong>riali,<br />
centro d’ascolto, animazione<br />
culturale e spirituale, ma anche<br />
appartamenti per chi è uscito,<br />
sos<strong>te</strong>gno alle famiglie, formazione<br />
di volontari: i progetti sono tanti.<br />
Tra questi, i laboratori di fotografia.<br />
<strong>Per</strong> esprimere (nonostan<strong>te</strong> i mille<br />
divieti a fotografare) lo “stare<br />
dentro”. E il proprio “dentro”.<br />
Pietà a San Vittore<br />
La collaborazione tra Sesta Opera, centro culturale<br />
e galleria “San Fedele” e direzione del carcere di Bolla<strong>te</strong><br />
ha consentito di realizzare il progetto “Captivi”,<br />
corso di fotografia <strong>te</strong>nuto a San Vittore e Bolla<strong>te</strong>.<br />
Ne è nata una mostra delle migliori foto,<br />
con lo scopo di “ridurre l’opacità propria del carcere e<br />
superare la barriera fra la città libera e quella reclusa”.<br />
Le foto a fianco rappresentano il <strong>te</strong>ma della pietà,<br />
in<strong>te</strong>rpretato dai de<strong>te</strong>nuti. Anche le altre foto sono frutto<br />
dei laboratori nelle due prigioni lombarde<br />
6. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009
fotoreportage<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .7
Visioni di uomini “captivi”<br />
8. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
Il carcere, spazio<br />
chiuso: ogni “Punto<br />
di fuga” (foto a<br />
sinistra) ti riporta<br />
inesorabilmen<strong>te</strong><br />
alla claustrofobia<br />
di un <strong>te</strong> s<strong>te</strong>sso<br />
senza prospettive.<br />
E ti sbarra ogni<br />
opportunità, come<br />
accade al “de<strong>te</strong>nuto<br />
di San Vittore”<br />
(foto a destra).<br />
E poi c’è il dramma<br />
di chi subisce una<br />
reclusione “impropria”:<br />
come i figli delle madri<br />
de<strong>te</strong>nu<strong>te</strong>, nella “stanza<br />
dell’affettività” a<br />
Bolla<strong>te</strong> (foto sotto)
fotoreportage<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .9
Sovraffolla<strong>te</strong>. E in rivolta. Le prigioni italiane scoppiano<br />
Le sbarre<br />
del disonore<br />
A Tries<strong>te</strong> turni<br />
per dormire. A Milano<br />
non c’è spazio<br />
per stare in piedi.<br />
A Napoli si vive<br />
in 11 in celle da 4.<br />
Le patrie galere<br />
non sono mai sta<strong>te</strong><br />
così piene. Colpa<br />
della giustizia lenta<br />
e di leggi<br />
che producono<br />
sovraffollamento.<br />
Il governo propone<br />
di costruire nuovi<br />
peni<strong>te</strong>nziari.<br />
Ma molti operatori<br />
sociali sono scettici:<br />
meglio diversificare<br />
le pene, come si fa<br />
in tutta Europa<br />
10. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
di Francesco Chiavarini<br />
ATries<strong>te</strong> hanno finito le brande. Così, a turno, ogni not<strong>te</strong> uno è costretto<br />
a dormire per <strong>te</strong>rra fra i due“cas<strong>te</strong>lli”. Il direttore del peni<strong>te</strong>nziario alla fine ha dovuto<br />
prendere atto della realtà e, non avendo altri mezzi, ha scelto di regolamentare<br />
l’emergenza: per evitare che ci si accapigliasse ha istituito un registro. Il calendario<br />
indica in quale giorno devi cedere il tuo posto letto al compagno. Invece a Poggioreale,<br />
Napoli, dove si sta in undici in celle da quattro, per difendersi dall’afa<br />
africana d’agosto hanno inventato il turno dell’”asciugamanista”: ogni mezz’ora un<br />
de<strong>te</strong>nuto impregna d’acqua il <strong>te</strong>lo meno liso che ha, si arrampica sul muro e lo s<strong>te</strong>n-<br />
de tra le sbarre. Il sis<strong>te</strong>ma serve a placare<br />
l’alito roven<strong>te</strong> che proviene dai padiglioni.<br />
Così si sopravvive oggi, nelle patrie<br />
galere. Dove, secondo i dati diffusi<br />
dal minis<strong>te</strong>ro della giustizia a fine luglio,<br />
erano de<strong>te</strong>nu<strong>te</strong> 63.587 persone, mentre<br />
al massimo ce ne potrebbero stare, come<br />
stabilisce lo s<strong>te</strong>sso minis<strong>te</strong>ro, 43.327.<br />
Le “prigioni del disonore”, le hanno<br />
ribat<strong>te</strong>zza<strong>te</strong>. <strong>Per</strong>ché in luoghi come<br />
questi, sovraffollati all’inverosimile,<br />
ogni progetto di riabilitazione sociale –<br />
scopo dei sis<strong>te</strong>mi peni<strong>te</strong>nziari negli stati<br />
di diritto, finalità pre<strong>te</strong>sa dalla nostra<br />
Costituzione – diventa una barzelletta<br />
di cattivo gusto. È già tanto, infatti, se da<br />
posti così esci vivo. Come dimostra il<br />
numero delle morti in carcere: 30 suicidi<br />
nei primi set<strong>te</strong> mesi del 2009, denuncia<br />
l’associazione Antigone. Un record,<br />
un tasso 17 vol<strong>te</strong> superiore a quello riscontrabile<br />
nella società “es<strong>te</strong>rna”.<br />
Ogni mese 800 in più<br />
La situazione ha assunto contorni talmen<strong>te</strong><br />
drammatici da sca<strong>te</strong>nare in esta<strong>te</strong><br />
pro<strong>te</strong>s<strong>te</strong> un po’ in tutti i peni<strong>te</strong>nziari<br />
italiani: da Como a <strong>Per</strong>ugia, da Firenze a<br />
Trani. Lo stato delle nostre case di reclusione,<br />
in pieno agosto, ha destato<br />
l’at<strong>te</strong>nzione anche dei giudici della Cor<strong>te</strong><br />
europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo,<br />
che hanno condannato l’Italia a<br />
risarcire un de<strong>te</strong>nuto bosniaco per i<br />
“trattamenti inumani e degradanti” che<br />
era stato costretto a subire, causa sovraffollamento,<br />
duran<strong>te</strong> il suo periodo<br />
di de<strong>te</strong>nzione a Rebibbia, dove aveva<br />
scontato una pena di due anni per furto<br />
aggravato.<br />
«Siamo arrivati ad un<br />
punto limi<strong>te</strong>», ha ammesso<br />
il guardasigilli<br />
Angelino<br />
Alfano. In tre anni<br />
non solo sono<br />
stati cancellati gli effetti dell’indulto,<br />
approvato in mezzo a una marea di polemiche<br />
il 31 luglio del 2006, ma si è<br />
toccato un picco di presenze, quasi<br />
mai registrato nelle storia dell’Italia repubblicana.<br />
Come mai? Improvvisamen<strong>te</strong> sono<br />
aumentati i criminali? È cresciuta la capacità<br />
delle forze dell’ordine di assicurarli<br />
alla giustizia? In realtà, la spiegazione<br />
è più complicata. Secondo alcuni<br />
penalisti il dato è fisiologico: l’aumento<br />
del numero dei de<strong>te</strong>nuti è un fenomeno<br />
di sis<strong>te</strong>ma che, dal dopoguerra in<br />
poi, è stato affrontato con periodici in<strong>te</strong>rventi<br />
di condono. In mancanza di<br />
ques<strong>te</strong>“valvole di sfogo”, le carceri si saturano.<br />
Ciò è immancabilmen<strong>te</strong> successo,<br />
da quando sulla sicurezza si sono<br />
monta<strong>te</strong> campagne demagogiche,<br />
tanto che proporre altre amnistie o atti
di clemenza è diventato un tabù per i<br />
politici di ogni schieramento. Secondo<br />
mol<strong>te</strong> organizzazioni di volontariato<br />
che operano nelle carceri siamo, invece,<br />
di fron<strong>te</strong> a qualcosa di nuovo e più<br />
inquietan<strong>te</strong>.<br />
La crisi del sis<strong>te</strong>ma peni<strong>te</strong>nziario sarebbe<br />
il frutto di politiche securitarie.<br />
Guido Chiaretti, presiden<strong>te</strong> della Sesta<br />
Opera, associazione legata ai Gesuiti<br />
che opera nello storico carcere milanese<br />
di San Vittore, fa un’osservazione<br />
semplice: «Fino a tre anni fa, la popolazione<br />
carceraria cresceva in media di<br />
mille unità all’anno. Negli ultimi <strong>te</strong>mpi<br />
la crescita è stata in media di 800 persone<br />
al mese. Un aumento, insomma, di<br />
dieci vol<strong>te</strong> . Siccome è improbabile che<br />
via sia stata all’improvviso un’invasione<br />
di criminali, mi pare eviden<strong>te</strong> che questi<br />
numeri sono il frutto di provvedimenti<br />
che hanno fatto del carcere un<br />
FONTE: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, RISTREETTI ORIZZONTI E ASSOCIAZIONE ANTIGONE<br />
Sovraffollamento<br />
ecco i numeri<br />
63.587<br />
i de<strong>te</strong>nuti nelle carceri italiane<br />
al 20 luglio 2009, di cui 31.192<br />
condannati e 30.436 imputati<br />
43.327<br />
la capienza massima delle carceri<br />
prevista dal minis<strong>te</strong>ro<br />
231<br />
gli istituti (case di reclusione, case<br />
circondariali, ospedali psichiatrici<br />
giudiziari, case mandamentali)<br />
1.365<br />
i decessi in carcere dal 2000 al 2009<br />
501<br />
i suicidi in carcere dal 2000 al 2009<br />
9.406<br />
i de<strong>te</strong>nuti in misura al<strong>te</strong>rnativa;<br />
di questi 42 hanno commesso reati<br />
duran<strong>te</strong> l’esecuzione della pena<br />
l’inchiesta<br />
sostituto dell’in<strong>te</strong>rvento sociale».<br />
Secondo Chiaretti e i sos<strong>te</strong>nitori di<br />
questa <strong>te</strong>si, all’origine della crescita<br />
esponenziale dei de<strong>te</strong>nuti ci sarebbero<br />
due provvedimenti. Il primo: la legge<br />
sulla droga. Che, voluta dall’allora ministro<br />
Fini, e approvata sul finire del<br />
preceden<strong>te</strong> governo Berlusconi, ha abbassato<br />
i limiti del possesso di sostanze<br />
stupefacenti per i quali si finisce dentro.<br />
Il secondo: la legge ex Cirielli (detta“salva<br />
Previti”), che oltre ad abbreviare i<br />
<strong>te</strong>mpi di prescrizione dei processi (e a<br />
met<strong>te</strong>re al riparo il premier da alcune<br />
cause pendenti) ha aumentato le pene<br />
per chi, già condannato, commet<strong>te</strong><br />
nuovi reati. <strong>Per</strong> effetto combinato di<br />
questi provvedimenti, ad esempio, i<br />
piccoli consumatori-spacciatori di stupefacenti,<br />
invece di essere affidati a comunità<br />
di recupero, continuano a entrare<br />
e uscire dal carcere.<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .11
le sbarre del disonore<br />
Il paradosso di Schwarzenegger<br />
C’è poi un altro dato significativo. Quasi<br />
la metà dei de<strong>te</strong>nuti (30.436, al 30 luglio)<br />
è costituita da imputati: persone in<br />
at<strong>te</strong>sa di un primo o di un secondo giudizio<br />
(nel caso dei ricorrenti). Dal che si<br />
può dedurre che anche la cronica len<strong>te</strong>zza<br />
del nostro sis<strong>te</strong>ma giudiziario deve<br />
pure avere a che fare, con le condizioni<br />
delle nostre carceri. «Anche questo<br />
certamen<strong>te</strong> deve essere <strong>te</strong>nuto in<br />
considerazione. Siamo di fron<strong>te</strong> a un<br />
concorso di cause: leggi più repressive,<br />
len<strong>te</strong>zze, demagogia», sostiene, ecumenicamen<strong>te</strong>,<br />
Luigi Pagano, ex direttore<br />
del carcere milanese di San Vittore e<br />
provveditore delle carceri lombarde,<br />
che però punta l’indice su un altro<br />
aspetto: la difficoltà di applicare le pene<br />
al<strong>te</strong>rnative agli stranieri. «A molti di loro<br />
(e a SanVittore, per esempio, rappresentano<br />
il 70% dei de<strong>te</strong>nuti) non possiamo<br />
dare gli arresti domiciliari, anche<br />
se il reato commesso lo consentirebbe,<br />
semplicemen<strong>te</strong> perché non hanno, o<br />
non possono dimostrare, di avere un<br />
domicilio».<br />
Che fare allora? La ricetta all’esame<br />
del governo per migliorare le condizioni<br />
inumane in cui sono costretti a vivere<br />
molti de<strong>te</strong>nuti è costruire nuove carceri.<br />
Il piano firmato dal capodipartimento<br />
dell’amministrazione peni<strong>te</strong>nziaria,<br />
Franco Ionta, prevede una spesa<br />
di 1,59 miliardi di euro per creare<br />
17.129 nuovi posti entro il 2012. Tanti<br />
soldi che bisogna però ancora cercare.<br />
Nel frat<strong>te</strong>mpo è stata cancellata la Cas-<br />
12. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
sa delle Ammende che serviva al reinserimento<br />
dei de<strong>te</strong>nuti e alle vittime.<br />
Una delle poche, modes<strong>te</strong> voci nel bilancio<br />
dell’amministrazione peni<strong>te</strong>nziaria<br />
(150 milioni di euro) destinata<br />
agli in<strong>te</strong>rventi sociali.<br />
«Anche se alla fine si dovessero trovare<br />
i finanziamenti, magari proprio<br />
grazie al concorso di qualche privato<br />
che, come si ipotizza, deciderà di lanciarsi<br />
nel business peni<strong>te</strong>nziario oggi<br />
inesis<strong>te</strong>n<strong>te</strong>, il piano non bas<strong>te</strong>rebbe<br />
nemmeno ad assorbire i nuovi ingressi<br />
che si possono facilmen<strong>te</strong> immaginare»,<br />
sostiene Luca Massari, operatore di<br />
Indulto? Nuoce gravemen<strong>te</strong> al consenso,<br />
ma non alla sicurezza dei cittadini<br />
Indulto? Parolaccia! Tra le più<br />
impronunciabili dai politici italiani,<br />
pena una caduta verticale del<br />
consenso. Il rischio lo corre chi non<br />
prende le distanze dal provvedimento<br />
varato tre anni fa, dal governo Prodi<br />
ai suoi esordi, e costato moltissimo a<br />
quell’esecutivo, in <strong>te</strong>rmini di<br />
popolarità. <strong>Per</strong>ò la cattiva fama non<br />
appare meritata. È stato dimostrato,<br />
infatti, che i liberati grazie all’indulto<br />
del luglio 2006 sono tornati a<br />
compiere reati in numero molto<br />
inferiore rispetto a quanto accade,<br />
normalmen<strong>te</strong>, a chi la pena la sconta<br />
tutta. I dati presentati dai ricercatori<br />
dell’Università di Torino, aggiornati al<br />
30 giugno 2009, sono lampanti: gli<br />
indultati recidivi sono stati il 30,31%<br />
di quelli usciti dal carcere e il 21,78%<br />
di chi aveva scontato la pena<br />
prevalen<strong>te</strong>men<strong>te</strong> in misura<br />
al<strong>te</strong>rnativa. Significativo il confronto<br />
con il tasso di recidiva “ordinario”:<br />
68% fra la popolazione de<strong>te</strong>nuta, 30%<br />
fra quelli in misura al<strong>te</strong>rnativa. Tutto<br />
sommato, gli scarcerati di tre anni fa,<br />
nonostan<strong>te</strong> il provvedimento non<br />
fosse stato accompagnato da misure<br />
per favorirne l’inserimento sociale,<br />
non hanno tradito la fiducia loro<br />
accordata dallo stato. Ma chi glielo<br />
spiega, al cittadino comune, che<br />
indultato non è sinonimo di mostro?<br />
Caritas Ambrosiana, vicepresiden<strong>te</strong><br />
della Conferenza nazionale volontariato<br />
e giustizia, che riunisce gli enti non<br />
profit che si occupano di carcere. I conti<br />
sono presto fatti: con gli attuali trend<br />
di crescita della popolazione carceraria,<br />
nel 2012 avremo circa 100 mila de<strong>te</strong>nuti<br />
e, con l’attuazione del piano Ionta, circa<br />
60 mila posti. Una situazione ancora<br />
peggiore di quella attuale. « L’edilizia<br />
carceriera non è mai una scommessa<br />
vincen<strong>te</strong>. E proprio in questi giorni<br />
quello che sta accadendo in California<br />
lo dimostra – argomenta Massari –. Il<br />
governatore Schwarzenegger, che aveva<br />
puntato sul po<strong>te</strong>nziamento del sis<strong>te</strong>ma<br />
peni<strong>te</strong>nziario, ora è costretto a scarcerare<br />
il 27% dei de<strong>te</strong>nuti per l’eccessiva<br />
crescita dei costi. D’altra par<strong>te</strong> la storia<br />
recen<strong>te</strong> di tutti i paesi occidentali<br />
dimostra l’inesorabilità di una curiosa<br />
correlazione: anche in assenza di un incremento<br />
di reati e denunce, all’aumento<br />
dei posti in carcere corrisponde<br />
un maggior ricorso alla de<strong>te</strong>nzione.<br />
Riparare conviene a tutti<br />
I conti, ovviamen<strong>te</strong>, li sanno fare anche<br />
al minis<strong>te</strong>ro. Ed è forse per questo che<br />
ultimamen<strong>te</strong> Alfano sembra avere spostato<br />
il tiro. L’ultima soluzione che ha<br />
prospettato, in realtà non nuova, è stata<br />
il rimpatrio degli stranieri de<strong>te</strong>nuti nei<br />
paesi di origine: sarebbero circa 20 mila<br />
e senza di loro, in cella, si tornerebbe almeno<br />
ai numeri regolamentari. In realtà
una soluzione simile, oltre a costringerci<br />
ad ammet<strong>te</strong>re che non siamo in grado<br />
di riabilitare chi sbaglia, come vorrebbe<br />
la Costituzione, sarebbe anche<br />
onerosa e difficilmen<strong>te</strong> applicabile: i<br />
rimpatri si possono fare solo in presenza<br />
di accordi con i paesi es<strong>te</strong>ri di provenienza,<br />
che certo non muoiono dalla<br />
voglia di riprendersi poveracci che rappresentano<br />
un costo sociale. A meno di<br />
un deciso in<strong>te</strong>rvento dell’Unione europea.Tuttavia,<br />
nonostan<strong>te</strong> le generica disponibilità<br />
mostrata dalla Commissione<br />
dopo le usci<strong>te</strong> del ministro questa<br />
esta<strong>te</strong>, appare francamen<strong>te</strong> poco probabile<br />
un coinvolgimento risolutivo delle<br />
istituzioni di Bruxelles in una ma<strong>te</strong>ria,<br />
quella giudiziaria, di stretta compe<strong>te</strong>nza<br />
nazionale.<br />
Nessuna soluzione in vista, allora?<br />
Volontari, giuristi e docenti di diritto sos<strong>te</strong>ngono<br />
da <strong>te</strong>mpo che l’unico rimedio<br />
possibile al sovraffollamento delle carceri<br />
è incentivare l’applicazione delle<br />
pene al<strong>te</strong>rnative. In Europa si fa già così.<br />
Ad esempio in Germania finisce dietro<br />
le sbarre solo un condannato su<br />
quattro: gli altri scontano la pena fuori<br />
dal carcere. In Francia ogni anno vi sono<br />
più di 40 mila mediazioni penali,<br />
pratiche delle cosiddetta“giustizia riparativa”,<br />
che non prevede la carcerazione.<br />
«Chi sta in carcere – osserva Massari<br />
–, nella stragrande maggioranza dei<br />
casi, non è un pericoloso criminale.<br />
Normalmen<strong>te</strong> sconta pene di pochi<br />
mesi per reati contro il patrimonio (furti<br />
spesso di modesta entità) e per spaccio<br />
di stupefacenti, quindi dopo un<br />
<strong>te</strong>mpo breve è fuori, spesso più disagiato,<br />
arrabbiato e capace di delinquere di<br />
prima, dal momento che i nostri peni<strong>te</strong>nziari,<br />
così come sono oggi, sono<br />
spesso una scuola di criminalità. Piuttosto<br />
che <strong>te</strong>nerli in cella, converrebbe<br />
impegnarli in lavori socialmen<strong>te</strong> utili,<br />
met<strong>te</strong>rli nelle condizioni di capire il<br />
danno che hanno arrecato alla società<br />
e quindi di ripararvi».<br />
La “porta stretta”<br />
I dati sulla recidiva rappresentano il<br />
principale sos<strong>te</strong>gno a questa <strong>te</strong>si: il 68%<br />
dei de<strong>te</strong>nuti che hanno scontato la pena<br />
in carcere torna a delinquere una<br />
volta fuori, mentre commet<strong>te</strong> di nuovo<br />
il reato il 30% di quelli ai quali è stata applicata<br />
una qualsiasi misura al<strong>te</strong>rnativa.<br />
«Se ragionassimo con la <strong>te</strong>sta e non con<br />
L’analisi<br />
Le celle? Piene di poveracci:<br />
in carcere i piccoli malavitosi<br />
l’inchiesta<br />
Chi sta in carcere oggi? La maggior par<strong>te</strong> degli onesti<br />
cittadini pensa che dietro le sbarre ci siano tipi pericolosi: gen<strong>te</strong> che ha<br />
ammazzato, sequestrato, stuprato, rapinato (magari a mano armata)<br />
banche, gioiellerie, supermercati. D’altra par<strong>te</strong> è di loro, dei loro arresti,<br />
che tv e giornali parlano, quando – non sempre, purtroppo – le forze<br />
dell’ordine riescono ad assicurarli alla giustizia. Se invece si leggono le<br />
statistiche, ci si accorge che a finire in cella sono soprattutto poveracci.<br />
E ciò accade sempre di più, negli ultimi <strong>te</strong>mpi.<br />
La sola legge Fini-Giovanardi sulle droghe, introdotta a fine 2005, è<br />
responsabile del 40% delle de<strong>te</strong>nzioni. La legge ha abbassato i limiti di<br />
possesso di stupefacenti per cui si può essere tratti in arresto. La<br />
conseguenza è stata che il mercato delle sostanze è più fioren<strong>te</strong> che mai,<br />
come dimostra il largo uso che se ne fa in tutti gli strati della società,<br />
classe dirigen<strong>te</strong> compresa; mentre sono stati messi in carcere tanti<br />
piccoli spacciatori che, dopo poco <strong>te</strong>mpo, sono usciti di galera e hanno<br />
ripreso a fare esattamen<strong>te</strong> quello che facevano. Non solo. Sempre<br />
secondo le statistiche (che, chissà come mai, non riescono a fare notizia)<br />
il 46% dei nuovi carcerati nel 2008 erano stranieri. Tra questi c’erano<br />
anche immigrati che non avevano rispettato il provvedimento di<br />
espulsione, cioè non erano rientrati nel loro paese, dopo essere stati<br />
trovati senza documenti in regola. Reato punito con il carcere dalla legge<br />
Bossi-Fini.<br />
Così, un <strong>te</strong>rzo dei de<strong>te</strong>nuti in Italia deve scontare pene inferiori ai tre<br />
anni. <strong>Per</strong> ques<strong>te</strong> persone, spesso “poveracci” o bassissima manovalanza<br />
impiegata per disperazione che hanno commesso reati lievi, le<br />
organizzazioni di volontariato, ma anche i sindacati degli agenti<br />
peni<strong>te</strong>nziari, chiedono da <strong>te</strong>mpo al<strong>te</strong>rnative. Esis<strong>te</strong> un ventaglio di<br />
possibilità, dall’affidamento in prova al servizio sociale, dalla de<strong>te</strong>nzione<br />
domiciliare alla semilibertà. Ma, da qualche <strong>te</strong>mpo, le misure al<strong>te</strong>rative<br />
sono concesse con sempre maggiore difficoltà: secondo il Dipartimento<br />
dell’amministrazione peni<strong>te</strong>nziaria, i de<strong>te</strong>nuti in misura al<strong>te</strong>rnativa sono<br />
9.406, mentre nel 2007, quando la popolazione carceraria era inferiore<br />
all’attuale, erano 10.389.<br />
la pancia – avver<strong>te</strong> Massari – dovremmo<br />
concludere che è molto più pericoloso<br />
per la società <strong>te</strong>nere dentro chi sbaglia.<br />
Purtroppo, però, vale la legge<br />
dell’albero che cade e dei fili<br />
d’erba che crescono: fa<br />
molto più clamore<br />
una persona agli arresti<br />
domiciliari che<br />
scappa e delinque, di dieci<br />
ex de<strong>te</strong>nuti che, grazie<br />
al coraggio di<br />
qualche magistrato<br />
di sorveglianza e alla pazienza<br />
di tanti volontari, riescono a trovare<br />
un posto di lavoro».<br />
In realtà, tutti coloro che si occupano<br />
di carcere sanno che l’unica via d’u-<br />
scita, rispetto all’annosa questione del<br />
sovraffollamento delle galere italiche,<br />
passa per la “porta stretta” della<br />
riforma del sis<strong>te</strong>ma sanzionatorio.<br />
Nella<br />
preceden<strong>te</strong> legislatura<br />
una commissione<br />
<strong>te</strong>cnica, rigorosamen<strong>te</strong><br />
bipratisan,<br />
aveva <strong>te</strong>ntato di riformare<br />
il nostro codice<br />
penale, per renderlo<br />
più europeo. Non carceri<br />
in più, ma una più ampia gamma<br />
di pene. Caduto il governo Prodi, non<br />
se n’è fatto più nulla. Ragionevolezza<br />
vorrebbe – e il senso di umanità pure –<br />
che ci si tornasse sopra..<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .13
le sbarre del disonore<br />
14.<br />
Il modello che inventò<br />
il “Pane dei galeotti”<br />
Era attore. Visitò la prigione di Genova per caso. Da allora, ha fatto lievitare un’idea<br />
di Mirco Mazzoli<br />
Entrare in carcere per caso, provenendo da un altro mondo, e met<strong>te</strong>rsi<br />
in <strong>te</strong>sta di restarci, avviando“dentro” quello che sarebbe già difficile realizzare fuori.<br />
È la storia di Pietro Civello, un <strong>te</strong>mpo cover boy, oggi responsabile della cooperativa<br />
Sociale Tara e del panificio nato nella casa circondariale di Marassi, a Genova.<br />
<strong>Per</strong> vivere storie così bisogna andare decisamen<strong>te</strong> contro corren<strong>te</strong>, credere nell’obiettivo,<br />
rischiare, trovare persone lungimiranti che ti sos<strong>te</strong>ngono. «<strong>Per</strong> questo bisogna<br />
che io parta dal fondo, dai ringraziamenti – esordisce Civello –, perché senza<br />
la piena collaborazione dell’amministrazione peni<strong>te</strong>nziaria e del direttore, Salvatore<br />
Mazzeo, che ha sposato il nostro progetto, non avremmo potuto fare nulla».<br />
La Cooperativa Tara, di cui Civello è presiden<strong>te</strong>, ha aperto il panificio tre anni e<br />
mezzo fa, grazie ai macchinari acquistati<br />
dalla società Italforno, e da allora<br />
ha dato lavoro a 36 persone, avvicenda<strong>te</strong>si<br />
a seconda del proprio percorso e del<br />
fine pena; alcuni hanno trovato posti da<br />
panettiere, una volta usciti. Il panificio<br />
sforna 180 chili di pane al giorno e 170<br />
chili di focaccia diversi giorni alla settimana.<br />
«Cominciai a in<strong>te</strong>ressarmi di carcere<br />
per caso – racconta Civello –. Stavo<br />
seguendo una vicenda che riguardava<br />
anche una persona de<strong>te</strong>nuta. Così, un<br />
giorno, mi presentai al portone della casa<br />
circondariale, ma non mi fecero passare:<br />
ero sprovvisto di permesso».<br />
La disciplina e gli ingredienti<br />
Il primo impatto, con il mondo oltre il<br />
muro di guardia, venne più tardi. E fu<br />
scioccan<strong>te</strong>. «Davanti a quella gen<strong>te</strong> ammanettata,<br />
disperata, senza futuro, con<br />
colpe spesso pesanti,<br />
la mia reazione<br />
fu contrastan<strong>te</strong> –<br />
confessa oggi Civello<br />
–: mi apparvero<br />
uomini dotati<br />
di buone<br />
capacità, anda<strong>te</strong><br />
in rovina<br />
nello sfacelo<br />
della loro vicenda.<br />
Tornai<br />
scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
a casa e confidai a mia moglie che volevo<br />
fare qualcosa per loro». Questo genere<br />
di buoni propositi si infrangono<br />
spesso contro gli scogli del reale, specie<br />
se si è senza esperienza. Fino ad allora<br />
Civello aveva fatto il modello, l’attore di<br />
fotoromanzi e il cantan<strong>te</strong>. Una volta lasciata<br />
la carriera, aveva avviato prima<br />
una concessionaria d’auto, poi un’attività<br />
da libero professionista. All’impegno<br />
sociale, insomma, non aveva dedicato<br />
mol<strong>te</strong> energie. Non gli mancava,<br />
però, la capacità di credere nei propri<br />
propositi. «Sentivo di aver avuto molto<br />
dalla vita, volevo fare qualcosa, malgrado<br />
fossero in molti a sconsigliarmi. Presi<br />
appuntamento con il direttore Mazzeo:<br />
l’idea di una panet<strong>te</strong>ria lo trovò<br />
molto in<strong>te</strong>ressato. Pensai che, per chi vive<br />
in carcere, fare il pane po<strong>te</strong>sse essere<br />
non solo un mestiere, ma anche<br />
una rieducazione alla<br />
vita, con la<br />
sua disciplina<br />
e i suoi<br />
orari atipici.<br />
Infatti oggi i<br />
d e t e n u t i<br />
che lavorano<br />
con noi si<br />
alzano alle 2<br />
di not<strong>te</strong>, e<br />
alle 7.30 il pane prende le vie della distribuzione».<br />
La sperimentazione della proposta<br />
venne attuata nel carcere femminile di<br />
Pon<strong>te</strong>decimo, sempre a Genova, da cui<br />
alcune de<strong>te</strong>nu<strong>te</strong>, ogni giorno, raggiungevano<br />
un biscottificio locale. Poi arrivarono<br />
i macchinari per Marassi, vennero<br />
selezionati gli aspiranti al posto,<br />
cominciarono i corsi di formazione, la<br />
cooperativa fece le prime assunzioni.<br />
«In genere – ricapitola Civello – i de<strong>te</strong>nuti<br />
si dimostrano molto attaccati al lavoro:<br />
non solo perché in carcere lavorare<br />
è un modo per occupare la giornata,<br />
ma perché rappresenta una finestra<br />
aperta sul futuro. Questo dà a loro, e alle<br />
loro famiglie, spesso costret<strong>te</strong> a una
cronica precarietà, la speranza di una<br />
vita diversa. Molti sono stranieri che<br />
sperano di po<strong>te</strong>r proseguire questa attività<br />
anche al di fuori del carcere e di in<strong>te</strong>grarsi<br />
così nella società».<br />
Il profume attraversa le sbarre<br />
E impastare il futuro serve. Lo dimostra<br />
il fatto che nessuno dei quattro “panettieri”<br />
di Marassi usciti circa un anno fa è<br />
tornato a delinquere. Erano entrati per<br />
reati pesanti, droga, omicidio, rapine;<br />
sono usciti col pane caldo tra le mani. È<br />
il“Pane dei galeotti”, così lo hanno chiamato,<br />
ma non c’è nulla di truffaldino.<br />
Anzi, è fatto con i migliori ingredienti.<br />
«Un’analisi indipenden<strong>te</strong> condotta<br />
sui nostri prodotti ne ha certificato l’ottima<br />
qualità – s’inorgoglisce Civello, che<br />
coltiva altri ambiziosi progetti –. Vendiamo<br />
il pane a cinque supermercati<br />
genovesi e a realtà sociali che dispongono<br />
di mense. La nostra focaccia arriva<br />
in Lombardia,Veneto, Emilia Romagna.<br />
Ma dobbiamo continuare a crescere.<br />
Pensiamo a una linea di prodotti<br />
per celiaci e a una di pasticceria. E nel<br />
prossimo futuro ci piacerebbe aprire alcuni<br />
punti vendita in città, gestiti anche<br />
da de<strong>te</strong>nuti ai quali sono applica<strong>te</strong> misure<br />
al<strong>te</strong>rnative. Sarebbe un modo per<br />
far uscire l’esperienza dalle mura del<br />
carcere. D’altra par<strong>te</strong>, già il profumo del<br />
pane attraversa le sbarre…»..<br />
Il cappellano<br />
Vorrei prigioni “scuole di vita”<br />
anche per chi sta fuori<br />
Quanti uomini e donne sfiorano la nostra vita ogni giorno! Quanti<br />
di loro ogni giorno possono essere nella condizione po<strong>te</strong>nziale di delinquere, e<br />
rischiano quindi di cadere in una situazione dalla quale, per molti, è difficile,<br />
forse impossibile, rialzarsi. I modelli culturali del nostro <strong>te</strong>mpo ci portano alla<br />
società dell’apparenza e del possesso. Quale modello siamo, o diventiamo,<br />
per chi raggiunge il nostro paese da <strong>te</strong>rre sfortuna<strong>te</strong>, dove la sola<br />
sopravvivenza è una lotta quotidiana, da dove l’Italia appare un paradiso?<br />
Spesso, per ot<strong>te</strong>nere ques<strong>te</strong> illusioni di soddisfazione, in molti sono disposti a<br />
tutto. E spesso i più diseredati sono quelli che finiscono per popolare le<br />
nostre carceri, come quello fiorentino di Sollicciano. Quasi la metà della<br />
popolazione carceraria in Italia è composta da non italiani. Ci sarà un motivo.<br />
Ed è giusto in<strong>te</strong>rrogarsi su cosa stia alle spalle di atti che, se non possiamo<br />
giustificare, dobbiamo sforzarci di capire. Le condizioni di vita all’in<strong>te</strong>rno del<br />
carcere in genere, dunque anche a Sollicciano, sono difficili. Non è semplice<br />
pensare e attivare processi di recupero che, par<strong>te</strong>ndo da dentro la struttura<br />
peni<strong>te</strong>nziaria, accompagnino, anche fuori, persone che rimangono, anche<br />
dopo aver scontato la loro pena, uomini e donne in difficoltà, che necessitano<br />
di sos<strong>te</strong>gno e di aiuto concreto, per non ritrovarsi nuovamen<strong>te</strong>, dopo breve<br />
<strong>te</strong>mpo, nella s<strong>te</strong>ssa condizione di reclusione. In una condizione di<br />
sovraffollamento, l’aiuto che possiamo offrire in carcere va dall’assis<strong>te</strong>nza<br />
psicologica alla Parola di Dio e all’ascolto.<br />
l’inchiesta<br />
Io ri<strong>te</strong>ngo che proprio l’ascolto, l’esperienza del perdono e la fiducia nelle<br />
possibilità di riscatto siano fondamentali. Ogni spacciatore, omicida,<br />
rapinatore o altro prima di finire dentro ha vissuto fuori, nelle s<strong>te</strong>sse strade<br />
che percorriamo noi: a nessuno, anche a chi è sbagliato, dovrebbe essere<br />
negata la possibilità di riscattarsi, dunque di ritornare a quelle strade. Ma per<br />
far questo bisognerebbe imparare a vedere il carcere come luogo in cui si<br />
anticipa la realtà di una società che sa riscattarsi nel perdono e nell’aiuto<br />
concreto. Il crimine nasce dal disagio, dalla paura, da una men<strong>te</strong> malata,<br />
dall’illusione di po<strong>te</strong>r cambiare la propria vita frodando gli altri, sfruttandone la<br />
debolezza, prevaricando su essi. Chi delinque è considerato come anima<br />
persa, uno che non po<strong>te</strong>va che fare quello nella vita, da cui è bene guardarsi.<br />
Eppure in carcere ci finisce anche il vicino di casa, che un bel mattino si<br />
sveglia e uccide la moglie, o la madre che uccide il proprio bambino, o<br />
l’amministratore disonesto che raggira i clienti e il fisco.<br />
<strong>Per</strong> costoro, così come per gli stranieri illusi dal miraggio-Italia, o per i deboli<br />
che cedono alla <strong>te</strong>ntazione del crimine, sono convinto che, in base<br />
all’esperienza maturata in questi anni, si debbano studiare percorsi educativi.<br />
Che però andrebbero rivolti non solo ai carcerati. Dobbiamo pensare a<br />
un’azione inversa, in cui il carcerato diventa “soggetto educatore”, che narra<br />
la sua storia e fa capire agli altri, anche a giovani e ragazzi, il suo percorso di<br />
vita, rendendo esplicito e chiaro il momento di errore duran<strong>te</strong> il suo cammino.<br />
Nulla più della narrazione della propria esperienza può aiutare chi sta fuori, e<br />
soprattutto le nuove generazioni, a capire e a non cadere nell’errore della<br />
facile sopraffazione. Ecco io vorrei che davvero il carcere diventasse scuola di<br />
vita, ma per gli altri, per capire che cosa non è giusto fare e quale prezzo ogni<br />
azione comporta per la vita propria e per quella delle persone vicine. Mi pare<br />
un progetto degno di una vita, anche per chi questa vita è costretto a viverla<br />
dentro le mura di un carcere.<br />
don Vincenzo Russo<br />
cappellano casa circondariale di Firenze-Sollicciano<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis.15 .15
le sbarre del disonore<br />
«Clima che porta dentro<br />
chi non è un criminale»<br />
Paolo Foschini, cronista al Corriere, lavora con la “voce” dei tossici di San Vittore<br />
Voci dal <strong>te</strong>rzo raggio<br />
L’Oblò è il mensile di attualità e cultura<br />
realizzato da un gruppo di de<strong>te</strong>nuti<br />
del carcere milanese di San Vittore<br />
e distribuito gratis nelle librerie<br />
Feltrinelli di Milano.<br />
I de<strong>te</strong>nuti che lo scrivono<br />
sono quelli della “Nave”, reparto<br />
che l’Asl di Milano, insieme<br />
all’amministrazione peni<strong>te</strong>nziaria,<br />
ha strutturato da alcuni anni come<br />
settore di “trattamento avanzato”<br />
per de<strong>te</strong>nuti con problemi<br />
di tossicodipendenza.<br />
Tra i giornali scritti nelle carceri<br />
italiane, L’Oblò si distingue<br />
perché non parla “solo” di carcere.<br />
www.oblodellanave.blogspot.com<br />
16. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
di Francesco Chiavarini<br />
Paolo Foschini, giornalista di professione, cronista del Corriere della<br />
Sera, vecchia scuola dei segugi di strada, quelli un po’ allergici alla “cucina” dei<br />
lanci d’agenzia. Forse anche per questo ha deciso di affiancare Renato Pezzini,<br />
collega del Messaggero, alla direzione di L’Oblò, il mensile scritto dai de<strong>te</strong>nuti della<br />
“Nave”, il reparto per tossicodipendenti che si trova al quarto piano del <strong>te</strong>rzo<br />
raggio dello storico carcere milanese di SanVittore. Il giornale è un progetto editoriale<br />
(venduto nelle librerie Feltrinelli del capoluogo lombardo), ma anche un<br />
esperimento <strong>te</strong>rapeutico, grazie al quale chi sta dentro al carcere prova a guardare,<br />
come attraverso un oblò, appunto, la realtà che sta fuori.<br />
Foschini, anzitutto una previsione.<br />
Dopo un’esta<strong>te</strong> di pro<strong>te</strong>s<strong>te</strong> in<br />
tutti i (sovraffollatissimi) peni<strong>te</strong>nziari<br />
italiani, che cosa si vede dal<br />
tuo oblò? Nelle prigioni si prepara<br />
un autunno caldo?<br />
Non so quello che succederà in autunno.<br />
In realtà la situazione è difficile da<br />
<strong>te</strong>mpo. Tre anni fa l’indulto aveva un<br />
po’ allentato la pressione. E, nonostan<strong>te</strong><br />
le polemiche, aveva funzionato:<br />
non c’è stata l’impennata di reati che<br />
qualcuno aveva agitato come uno<br />
spauracchio. Ma oggi non sono più all’ordine<br />
del giorno della politica atti di<br />
clemenza come quelli, e non mi pare<br />
nemmeno che sia tanta la voglia di<br />
spingere su quelle pene al<strong>te</strong>rnative,<br />
pure già previs<strong>te</strong> dalla legge, che spesso<br />
si rivelano migliori del carcere non<br />
solo per il de<strong>te</strong>nuto, ma anche per la<br />
società, e che rappresentano la vera<br />
soluzione. Anzi, si sta andando nella<br />
direzione opposta. Diventano reati<br />
comportamenti che prima non lo erano.<br />
Ti riferisci al reato di immigrazione<br />
clandestina?<br />
Certo. È vero che la legge non punisce<br />
con il carcere gli stranieri irregolari.<br />
Ma questo provvedimento è figlio di<br />
un clima che avrà un effetto anche sul<br />
riempimento delle carceri: <strong>te</strong>mo che<br />
sempre più, nel nostro paese, finiranno<br />
dentro persone che non hanno una<br />
stoffa criminale, che non sono abitua<strong>te</strong><br />
al carcere, che non conoscono le regole<br />
non scrit<strong>te</strong> che hanno consentito<br />
in questi anni ai nostri peni<strong>te</strong>nziari di<br />
<strong>te</strong>nere, nonostan<strong>te</strong> tutto. Proprio ques<strong>te</strong><br />
persone provocheranno i maggiori<br />
problemi. Probabilmen<strong>te</strong>, ma spero<br />
di sbagliarmi, i nostri istituti diven<strong>te</strong>ranno<br />
sempre più simili ai centri di<br />
identificazione per stranieri. Che, come<br />
raccontano le cronache, possono<br />
essere posti addirittura peggiori.<br />
Cosa significa stare in undici in<br />
una cella da quattro?<br />
Se in una cella da due letti ci mettono<br />
quattro cas<strong>te</strong>lli, per stare in piedi rimangono<br />
50 centimetri, da dividere<br />
tra otto persone. Quindi, in realtà, eccetto<br />
l’ora d’aria, si è costretti a stare<br />
sdraiati sulla branda tutto il giorno.<br />
Messo così, il massimo che puoi fare è<br />
instupidirti davanti alla tv – e meno<br />
male che c’è la tv. Il carcere ti condanna<br />
all’immobilità e all’inedia. Nessuno<br />
ti viene a svegliare se la mattina non ti<br />
alzi. Nessuno ti chiede di lavorare. Il lavoro<br />
è ambitissimo dai de<strong>te</strong>nuti, ma i<br />
posti disponibili sono pochissimi. <strong>Per</strong><br />
la stragrande maggioranza dei carcerati,<br />
le giorna<strong>te</strong> sono un <strong>te</strong>mpo vuoto.<br />
Eppure ci sono alcune eccezioni…
Certo. Ma sono per l’appunto eccezioni,<br />
che dipendono dalla volontà di singoli<br />
funzionari, operatori sociali, medici<br />
dell’Asl, volontari, sacerdoti. Fortunatamen<strong>te</strong><br />
nelle nostre carceri lavorano<br />
ancora persone così, che si<br />
danno un gran da fare, perché ci credono.<br />
Ma all’istituzione nel suo complesso<br />
non in<strong>te</strong>ressa il recupero del<br />
de<strong>te</strong>nuto, benché sarebbe quello che<br />
esattamen<strong>te</strong> dovrebbe fare, secondo la<br />
Costituzione. All’istituzione peni<strong>te</strong>nziaria<br />
in<strong>te</strong>ressa solo che i de<strong>te</strong>nuti stiano<br />
tranquilli, che non diano noia.<br />
San Vittore è il carcere storico di<br />
Milano. Si trova in mezzo alla<br />
città, in qualche modo con la città<br />
ha sempre convissuto. Ci riesce<br />
ancora?<br />
Pur essendo sempre stato una casa<br />
circondariale, destinata quindi a persone<br />
in at<strong>te</strong>sa di giudizio, San Vittore<br />
aveva in passato sempre un certo numero<br />
di definitivi. Ora, invece, ospita<br />
esclusivamen<strong>te</strong> gen<strong>te</strong> di passaggio,<br />
che resta solo qualche mese. Ovviamen<strong>te</strong><br />
il cambiamento è dovuto alla<br />
riorganizzazione del sis<strong>te</strong>ma peni<strong>te</strong>nziario<br />
lombardo, ha una sua logica in<strong>te</strong>rna,<br />
ma per San Vittore ciò ha significato<br />
perdere par<strong>te</strong> della propria<br />
identità storica. Prima era un luogo<br />
dove era possibile, anche grazie alla<br />
struttura a raggi, un minimo di vita so-<br />
Prigionieri del gusto<br />
L’ingresso del laboratorio<br />
di pasticceria creato<br />
nel carcere di Opera: vi lavorano<br />
dieci de<strong>te</strong>nuti. Dati i buoni risultati<br />
della vendita dei prodotti<br />
nei supermercati Coop,<br />
i lavoranti diven<strong>te</strong>ranno venti<br />
ciale tra i de<strong>te</strong>nuti: oggi non è più così.<br />
La gen<strong>te</strong> va e viene, il turnover è altissimo,<br />
si creano più facilmen<strong>te</strong> <strong>te</strong>nsioni.<br />
E anche per gli operatori, poi, è<br />
diventato più complicato lavorare. È<br />
improbabile che riescano a portare a<br />
<strong>te</strong>rmine qualsiasi serio <strong>te</strong>ntativo di recupero,<br />
che richiede <strong>te</strong>mpi lunghi.<br />
Capacità rieducativa: davvero ormai<br />
cancellata, dal panorama peni<strong>te</strong>nziario<br />
italiano?<br />
Qualche isola c’è. <strong>Per</strong> rimanere in<br />
Lombardia, c’è il carcere di Bolla<strong>te</strong>, diventato<br />
un punto di riferimento nazionale.<br />
È una struttura moderna, per<br />
soli “definitivi”, dove la direttrice ha<br />
scelto di investire nel lavoro come<br />
strumento di riabilitazione. È l’unica<br />
strada. Ma perché esistano carceri come<br />
Bolla<strong>te</strong>, bisogna con<strong>te</strong>nere la popolazione<br />
de<strong>te</strong>nuta. E il solo modo per<br />
farlo è prevedere pene al<strong>te</strong>rnative. In<br />
realtà non servirebbe nessuna nuova<br />
legge. Bas<strong>te</strong>rebbe avere il coraggio di<br />
applicare fino in fondo quelle che ci<br />
sono già. .<br />
Buone pratiche<br />
“Ais Crim”<br />
dal carcere<br />
alla tavola<br />
l’inchiesta<br />
L’hanno chiamato,<br />
con indubbio gusto dell’ironia,<br />
“Ais Crim”. È il gelato prodotto<br />
dal carcere di Opera e veduto<br />
in alcuni supermercati Coop<br />
della provincia di Milano. Alla<br />
pasticceria sono impiegati<br />
in turni da un’ora dieci de<strong>te</strong>nuti<br />
(ma presto saranno venti).<br />
All’in<strong>te</strong>rno dello s<strong>te</strong>sso progetto,<br />
altri dieci conducono invece<br />
un allevamento di quaglie, anche<br />
questo dal nome emblematico:<br />
“Fattoria Al Cappone”. Le uova<br />
sono commercializza<strong>te</strong> dalla<br />
s<strong>te</strong>ssa ca<strong>te</strong>na.<br />
Ma mol<strong>te</strong> altre sono le iniziative.<br />
A Bolla<strong>te</strong>, sempre nei dintorni di<br />
Milano, ci sono una tipografia, una<br />
cooperativa di ca<strong>te</strong>ring, un vivaio.<br />
A Torino 11 de<strong>te</strong>nuti lavorano<br />
in cucina, 11 in falegnameria,<br />
5 nella minitorrefazione, 4<br />
nell’officina meccanica, 2 nel<br />
laboratorio di informatica<br />
che fa trattamento dati per conto<br />
dell’Università. A Padova 80<br />
preparano prodotti di alta<br />
pasticceria. A Verona 80 donne<br />
dell’istituto penale della Giudecca<br />
producono cosmetici con le pian<strong>te</strong><br />
officinali dell’orto che coltivano.<br />
Il lavoro in carcere dovrebbe<br />
essere la chiave di volta di ogni<br />
percorso di riabilitazione. Spesso<br />
non è così. <strong>Per</strong> mancanza di<br />
mezzi, di capacità o di volontà.<br />
Ci sono però alcune lodevoli<br />
eccezioni. Iniziative na<strong>te</strong> dalla<br />
volontà dei singoli: qualche<br />
direttore sensibile, qualche<br />
medico dell’Asl che ancora crede<br />
nel suo mestiere, tanti volontari<br />
e operatori sociali. Gocce<br />
nell’oceano dei problemi di un<br />
sis<strong>te</strong>ma peni<strong>te</strong>nziario sul punto<br />
di scoppiare, a causa di strutture<br />
vecchie e stracolme, personale<br />
insufficien<strong>te</strong> e mal pagato.<br />
Eppure la forza di volontà e<br />
l’in<strong>te</strong>lligenza di qualcuno<br />
riescono a rendere possibile ciò<br />
che prescrive la Costituzione.<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .17
Vita da marittimo: fatica, solitudine, lontananza. E pochi diritti<br />
Vittime<br />
del mal di mare<br />
Addio, vecchio<br />
lupo di mare.<br />
Cancellato<br />
dalla deregulation<br />
e dal silenzio.<br />
Molti uomini<br />
che lavorano<br />
sulle navi<br />
sono condannati<br />
a condizioni di vita<br />
assai pesanti.<br />
Gli equipaggi<br />
sono sempre più<br />
misti, perché chi<br />
arriva da paesi poveri<br />
è più facilmen<strong>te</strong><br />
ricattabile.<br />
<strong>Per</strong> fortuna,<br />
nei porti italiani<br />
c’è chi aiuta<br />
i marinai che stanno<br />
in un mare di guai...<br />
18. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
di Ettore Sutti<br />
Addio vecchio lupo di mare. Ucciso dalla globalizzazione, dalla deregulation<br />
e dal silenzio. Infatti, nonostan<strong>te</strong> i trasporti marittimi rappresentino circa il<br />
95%, in <strong>te</strong>rmini di tonnellaggio, e circa il 66%, in <strong>te</strong>rmini di valore, del commercio<br />
mondiale, si parla davvero troppo poco della condizione di vita e di lavoro a bordo<br />
delle navi.<br />
Secondo le ultime stime, 1 milione 200 mila persone di sesso maschile sarebbero<br />
impegna<strong>te</strong>, nel mondo, nella navigazione commerciale, di linea o tramp (trasporto<br />
di carico). Le condizioni di lavoro e di vita di ques<strong>te</strong> persone, a bordo delle navi,<br />
variano tantissimo, a seconda della serietà della compagnia di navigazione, del tipo<br />
di contratto, della nazionalità della nave. Oggi, infatti, è assai raro che i maritti-<br />
mi abbiano la s<strong>te</strong>ssa nazionalità della<br />
bandiera del naviglio su cui sono imbarcati.<br />
La concorrenza sempre più<br />
spietata e la ricerca del massimo profitto<br />
spinge sempre più gli armatori a imbarcare<br />
equipaggi misti, composti da<br />
persone che comunicano tra loro con<br />
difficoltà, provenienti da paesi poveri,<br />
quindi facilmen<strong>te</strong> “comprabili”, riducendo<br />
all’osso i <strong>te</strong>mpi di sosta al porto.<br />
Ma non è tutto. Ci sono anche i problemi<br />
dei secondi registri e delle bandiere<br />
di comodo. Paesi quali Italia o Germania,<br />
infatti, dispongono del cosiddetto<br />
“secondo registro”, che permet<strong>te</strong><br />
di imbarcare sulle navi equipaggi multinazionali,<br />
spesso con bassi livelli salariali<br />
e orari di lavoro pesantissimi.<br />
La pratica di bat<strong>te</strong>re bandiera di comodo,<br />
in base alla quale Panama è la<br />
più grande nazione marittima sulla <strong>te</strong>rra,<br />
seguita dalla Liberia e dalla Cina, e<br />
che consen<strong>te</strong> di avere navi bat<strong>te</strong>nti bandiera<br />
boliviana o mongola – stati senza<br />
sbocco al mare –, permet<strong>te</strong> invece di<br />
beneficiare di tassazioni più favorevoli<br />
e di aggirare leggi e regolamenti sulla sicurezza<br />
del lavoro.<br />
Un <strong>te</strong>rritorio di nessuno<br />
Soli, sfruttati, lontani dai propri affetti,<br />
con eleva<strong>te</strong> probabilità di rimanere vittima<br />
di incidenti sul lavoro, di naufragi<br />
e, ultimamen<strong>te</strong>, di essere abbordati da<br />
pirati: quella dei marittimi è insomma<br />
una realtà lontana mille miglia dall’immaginario<br />
creato dalla let<strong>te</strong>ratura.<br />
Questo perché il mare è ancora oggi<br />
un <strong>te</strong>rritorio di nessuno: l’unico luogo<br />
dove i marittimi possono far valere i lo-
o diritti, organizzare pro<strong>te</strong>s<strong>te</strong> e trovare<br />
qualcuno che li aiuti sono i porti.<br />
<strong>Per</strong>ò, purtroppo, proprio nei porti<br />
negli ultimi anni si stanno moltiplicando<br />
i casi di abbandono di navi da par<strong>te</strong><br />
degli armatori (l’ultimo caso in Italia riguarda<br />
un cargo cambogiano, ormeggiato<br />
a Civitavecchia dallo scorso 3 agosto).<br />
Le motivazioni sono mol<strong>te</strong>plici,<br />
ma alla base di tutto c’è, come sempre,<br />
un problema economico. Quando l’armatore“scompare”,<br />
assieme a lui svaniscono<br />
tutti coloro che devono provvedere<br />
alla manu<strong>te</strong>nzione ordinaria e alla<br />
“vita”della nave, ma soprattutto dell’equipaggio.<br />
In Italia molti armatori seri<br />
Fortunatamen<strong>te</strong> non tutti i marittimi vivono<br />
in ques<strong>te</strong> condizioni. Degli oltre<br />
cinque milioni di passaggi di marittimi<br />
che si registrano ogni anno nei porti italiani,<br />
buona par<strong>te</strong> sono effettuati da<br />
persone che navigano con armatori seri,<br />
che considerano la nave un luogo dove<br />
lo spazio per l’uomo e la sua dignità<br />
sono ancora riconosciuti.<br />
In Italia abbiamo molti esempi, citati<br />
anche a livello mondiale, di at<strong>te</strong>nzione<br />
alla vita e ai diritti dei naviganti, a<br />
cominciare dall’utilizzo, da par<strong>te</strong> di una<br />
compagnia di navi da crociera, dei cappellani<br />
di bordo, veri e propri ufficiali al<br />
welfare per l’equipaggio..<br />
Porto di Palermo<br />
“La casa lontano da casa”<br />
per chi rischia l’isolamento<br />
<strong>te</strong>stimoni<br />
“La casa lontano da casa”: è il motto della S<strong>te</strong>lla Maris, braccio<br />
operativo della Fondazione Migran<strong>te</strong>s, organismo che accoglie i marittimi<br />
nelle sue 23 sedi nei porti italiani, svolgendo assis<strong>te</strong>nza e apostolato.<br />
Ma è anche ciò che si augurano di incontrare tutti i marinai che vivono<br />
per lungo <strong>te</strong>mpo sulle navi. Il lavoro dei marittimi è un’occupazione che<br />
comporta obblighi pesanti. Primo fra tutti, proprio la distanza: sono costretti<br />
a stare via da casa per lunghi periodi, lontani da familiari e amici. Nessuna<br />
professione al mondo espone come questa ai rischi dell’isolamento. Inoltre,<br />
la vita a bordo è monotona e pesan<strong>te</strong>;<br />
spesso l’unico rifugio intimo sulle navi è<br />
dentro la cabina. Che diventa un luogo che<br />
estranea dalla nave s<strong>te</strong>ssa, il posto dove si<br />
può essere se s<strong>te</strong>ssi, indipenden<strong>te</strong>men<strong>te</strong> dal<br />
grado e dalle responsabilità.<br />
«I centri S<strong>te</strong>lla Maris – racconta Claudio<br />
Lombo, ex presiden<strong>te</strong> dell’Associazione<br />
nazionale marinai d’Italia (Anmi) e attuale<br />
consigliere nazionale per la Sicilia –, sono<br />
nati proprio per dare accoglienza e conforto<br />
a quelli che passano gran par<strong>te</strong> della loro<br />
vita lontani da casa. A Palermo questo<br />
aspetto non è più molto sentito, dato che<br />
non attraccano navi che compiono lunghi<br />
viaggi. Ma il bisogno si avvertiva nei primi<br />
anni Sessanta, quando monsignor Leonardo<br />
Bruno si accorse della necessità di tu<strong>te</strong>lare i<br />
marittimi che approdavano al porto.<br />
Cominciò dunque una presenza stabile come<br />
cappellano portuale, realizzando anche, con<br />
immensa dedizione, un centro S<strong>te</strong>lla Maris<br />
tra i più grandi ed efficienti d’Italia: è una<br />
sede enorme, con più di 50 stanze, una<br />
cappella, una sala riunioni, un ristoran<strong>te</strong> e<br />
Un mare<br />
di numeri<br />
5.204.031<br />
transiti di marittimi nei porti italiani<br />
1.940.266<br />
i transiti di marittimi extracomunitari<br />
nei porti italiani<br />
60<br />
i porti funzionanti in Italia<br />
120<br />
la media di giorni in cui il marittimo<br />
resta lontano da casa<br />
1.200.000<br />
le persone di sesso maschile che nel<br />
mondo sarebbero impegna<strong>te</strong> sui mari<br />
46%<br />
gli individui tra 22 e 35 anni, sul<br />
totale dei marittimi<br />
58%<br />
i marittimi sposati<br />
Questi dati derivano dalla ricerca “Il benessere<br />
dei lavoratori del mare”, realizzata dalla Fondazione<br />
Migran<strong>te</strong>s, trami<strong>te</strong> l’Apostolato del mare, presentata<br />
nei mesi scorsi in diversi porti italiani<br />
INFO www.s<strong>te</strong>llamaris.tv<br />
uffici di accoglienza. I marittimi italiani ricordano ancora gli sforzi e la sua<br />
attività instancabile». Oggi, nel centro, le camere destina<strong>te</strong> all’accoglienza<br />
sono diminui<strong>te</strong>, mentre altre sono sta<strong>te</strong> assegna<strong>te</strong> ai piloti del porto, ovvero a<br />
coloro che si occupano delle manovre delle imbarcazioni che entrano in rada.<br />
Da qualche <strong>te</strong>mpo si lavora, grazie all’impegno del nuovo direttore, monsignor<br />
Benedetto Genualdi, per attivare un’ospitalità 24 ore su 24: centro di<br />
accoglienza, forme di ascolto e aiuto per i marinai in difficoltà che approdano<br />
a Palermo.<br />
In concreto, l’obiettivo è creare un vero e proprio sis<strong>te</strong>ma di welfare<br />
per i lavoratori del mare. Il capitano di lungo corso Michele Mennella,<br />
comandan<strong>te</strong> di una motonave della Tirrenia, prova a esprimere l’essenza,<br />
ma anche le difficoltà della vita in mare. Par<strong>te</strong>ndo da un fatto vissuto<br />
di recen<strong>te</strong>. «Lo scorso 20 novembre c’era un mare fortissimo. Ho visto<br />
scendere da una nave i marinai distrutti da un viaggio che ha accumulato<br />
dodici ore di ritardo, su un mare forza nove. Ebbene, dopo sole tre ore<br />
di riposo, l’equipaggio era già pronto per un’altra corsa. Questo è il vero<br />
marinaio. Noi siamo sempre pronti».<br />
Rossella Russello<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .19
Vittime del mal di mare<br />
Uomini fantasma<br />
su navi moribonde<br />
A Genova mol<strong>te</strong> imbarcazioni abbandona<strong>te</strong>. E i marinai ci restano inattivi per mesi...<br />
di Mirco Mazzoli<br />
Più si scendono i piani di una nave, più la marineria si fa straniera e povera.<br />
Restano italiani o europei solo nei gradi alti di comando. Sulle navi merci e<br />
portacontainer, ma anche in quelle da crociera, dai sottoufficiali in giù sono stranieri<br />
extracomunitari. <strong>Per</strong> loro cer<strong>te</strong> mansioni non sono migliora<strong>te</strong> con il <strong>te</strong>mpo: gli scaricatori<br />
di carbone portano ancora stracci sulla faccia.Talvolta sono marittimi senza<br />
diritti: navigano sotto una “bandiera ombra”, riferita a qualche isola oceanica,<br />
inseriti nel“Secondo registro in<strong>te</strong>rnazionale”, dove per convenzione non esis<strong>te</strong> legge.<br />
Il mondo del mare ha le sue particolarità e anche quando il lavoro è tu<strong>te</strong>lato e<br />
regolamentato si tratta di un lavoro antico, nobile ma duro, spesso dimenticato da<br />
chi non si stacca dalla <strong>te</strong>rraferma. Mesi in navigazione senza <strong>te</strong>lefonare, brevi sos<strong>te</strong><br />
in porto, magari senza uscire dai varchi,<br />
in alcuni casi senza po<strong>te</strong>r scendere a<br />
<strong>te</strong>rra, perché l’11 set<strong>te</strong>mbre ha avuto effetti<br />
anche sui mari, restringendo i margini<br />
di libertà per le nazionalità indizia<strong>te</strong><br />
di <strong>te</strong>rrorismo.<br />
S<strong>te</strong>lla Maris, aiuto concreto<br />
L’associazione cattolica“S<strong>te</strong>lla Maris”<br />
incontra questo mondo ogni giorno:<br />
accoglie i marittimi nelle sue 23 sedi<br />
presenti in prossimità dei porti italiani,<br />
sale a bordo delle navi, svolge assis<strong>te</strong>nza<br />
e apostolato. È un’azione di vicinanza<br />
preziosa: chi pensasse a un’opera di<br />
proselitismo, farebbe un buco nell’acqua.<br />
Fu voluta, tra i primi, dal cardinal<br />
Giuseppe Siri, storico cardinale di Genova:<br />
percepiva come bisognosa la condizione<br />
dei marinai lontani da casa.<br />
Nel capoluogo ligure la S<strong>te</strong>lla Maris<br />
ha due sedi, perché, tra moli istituzionali<br />
e privati, Genova sovrasta 22 chilometri<br />
di porto, il più es<strong>te</strong>so d’Europa.<br />
«In passato avevamo ambienti più ampi,<br />
il cinema, il barbiere, svolgevamo<br />
anche servizi alberghieri – spiega il presiden<strong>te</strong><br />
dell’associazione genovese, il<br />
diacono Massimo Franzi –. All’epoca i<br />
marittimi restavano in porto anche una<br />
settimana, per consentire lo scarico delle<br />
merci. Oggi gli equipaggi sono molto<br />
ridotti e il porto è for<strong>te</strong>men<strong>te</strong> mecca-<br />
20. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
nizzato: questo consen<strong>te</strong> a una piccola<br />
nave di scaricare in poche ore; anche le<br />
navi di grandi dimensioni sostano per<br />
non più di un giorno. Ecco perché ci<br />
servono meno spazi».<br />
In realtà, ancora oggi, la sede principale,<br />
aperta tutti i giorni dalle 17.30 alle<br />
22.30, si es<strong>te</strong>nde su tre piani e ad essa<br />
si aggiunge quella distaccata nel porto<br />
privato diVoltri. Lo scopo è aiutare i marinai<br />
a ritrovare “casa lontano da casa”,<br />
come recita il motto dell’associazione:<br />
tra l’in<strong>te</strong>rnet point per videochiamare la<br />
famiglia, la cappella e la sala di lettura<br />
nella propria lingua, il piccolo bar e il biliardo,<br />
in compagnia dei volontari, la sede<br />
della S<strong>te</strong>lla Maris è un luogo dove fare<br />
il pieno di punti fermi, prima di risalire<br />
a bordo.<br />
«Una volta a <strong>te</strong>rra in genere i marittimi<br />
non cercano donne e alcol – osser-<br />
va Franzi –: questi sono in gran par<strong>te</strong><br />
s<strong>te</strong>reotipi. Chiedono invece di po<strong>te</strong>r<br />
chiamare casa, perché per settimane<br />
non hanno potuto contattarla, in mezzo<br />
al mare. Ricordo l’impressione che<br />
mi fece il gesto di un bambino dall’altro<br />
capo del mondo, il <strong>te</strong>ntativo di accarezzare<br />
quel suo papà che lo salutava dopo<br />
mesi, attraverso una nostra webcam».<br />
Il senso della missione della S<strong>te</strong>lla<br />
Maris è in questa fugacità: poche ore per<br />
ritrovare il mondo. E soven<strong>te</strong> per ritrovare<br />
Dio. «Il mare è più creden<strong>te</strong> della<br />
<strong>te</strong>rra, chi naviga ha un rapporto stretto<br />
con la presenza di Dio. Il mare è<br />
anche più in<strong>te</strong>rreligioso e dialogan<strong>te</strong>.<br />
Anche chi non è cattolico<br />
o cristiano vede nella nostra<br />
presenza un’occasione di spiritualità:<br />
si prega insieme, si offre<br />
la benedizione di Dio, perché in navigazione<br />
non ci sono opportunità simili».<br />
In mare resis<strong>te</strong> la fra<strong>te</strong>llanza<br />
Così capita anche che un gruppo di marittimi<br />
musulmani ringrazi per i servizi<br />
ricevuti e chieda di portare via un crocifisso:<br />
indebi<strong>te</strong> confusioni, per chi sta a<br />
<strong>te</strong>rra; un <strong>te</strong>nersi stretti tra fra<strong>te</strong>lli credenti,<br />
per chi prende il largo. «<strong>Per</strong> uscire<br />
dal porto i marittimi hanno bisogno di<br />
uno short pass, un permesso di soggiorno<br />
quotidiano.Tuttavia non ci limitiamo<br />
ad aprire la porta ai marittimi che bussano:<br />
al mattino, in stretta collaborazione<br />
con la Capitaneria di Porto, andiamo<br />
a incontrarli sulle navi, specie quando si<br />
sa che sos<strong>te</strong>ranno per poche ore. I nostri<br />
volontari sono sempre ben accolti: i marittimi<br />
sanno che portiamo a bordo <strong>te</strong>lefoni,<br />
ricariche e schede per cellulari,<br />
notiziari multilingue con una selezione
delle news principali dai paesi di provenienza,<br />
cartine della città, informazioni<br />
utili, ma<strong>te</strong>riale religioso. Inoltre mettiamo<br />
a disposizione un numero verde, attivo<br />
24 ore su 24, e un pulmino per facilitare<br />
gli spostamenti. Soprattutto, offriamo<br />
accoglienza e amicizia».<br />
È chiaro che la quotidiana frequentazione<br />
con gli equipaggi finisce per<br />
portare la S<strong>te</strong>lla Maris a rilevare le loro<br />
condizioni di vita e, insieme ad altri soggetti,<br />
quali i sindacati dei marittimi, a<br />
in<strong>te</strong>rvenire a tu<strong>te</strong>la dei diritti. I casi più<br />
gravi si verificano sulle navi bat<strong>te</strong>nti<br />
bandiere ombra, dove rifornimenti e<br />
stipendi possono facilmen<strong>te</strong> esaurirsi.<br />
Fino ai casi estremi in cui l’armatore abbandona<br />
in porto la nave con tutto l’equipaggio.<br />
Se provi a rintracciarlo trovi<br />
una casella postale che rimanda a un’altra<br />
casella postale, e alla fine ci si perde.<br />
Da lavoratori, i marinai diventano<br />
ostaggi di una porzione di mondo fatta<br />
a chiglia, impossibilitati a tornarsene a<br />
casa se non dopo trafile complesse e<br />
lunghi mesi di stallo. Quando capita, la<br />
S<strong>te</strong>lla Maris segue questi marittimi con<br />
un lavoro costan<strong>te</strong>.<br />
Bloccati nel porto<br />
Genova, gli operatori S<strong>te</strong>lla Maris<br />
soccorrono spesso i marittimi che<br />
restano a bordo di navi abbandona<strong>te</strong>,<br />
in at<strong>te</strong>sa di essere pagati e rimpatriati<br />
I reclusi delle navi abbandona<strong>te</strong><br />
L’ultima nave abbandonata nel porto di<br />
Genova si chiama“Tan-Trade”: bandiera<br />
mal<strong>te</strong>se, armatore turco sma<strong>te</strong>rializzato,<br />
set<strong>te</strong> marittimi azeri, tra cui una<br />
donna, senza contratti, senza stipendi<br />
da diverso <strong>te</strong>mpo. «La loro sosta forzata<br />
è durata otto mesi, dal dicembre 2008 al<br />
luglio scorso – racconta il presiden<strong>te</strong><br />
della S<strong>te</strong>lla Maris –. Insieme alle altre organizzazioni,<br />
siamo riusciti a far tornare<br />
tutti a casa in piccoli gruppi, con<br />
un’opera pazien<strong>te</strong> fatta di garanzie, rispetto<br />
delle leggi e difesa dei diritti».<br />
Un marinaio che abbandona la nave,<br />
anche in quelle condizioni, perde<br />
tutto ciò che gli spetta. Una nave ferma<br />
in porto è un corpo destinato a morire: a<br />
bordo finiscono ben presto la fornitura<br />
d’acqua e il carburan<strong>te</strong>, senza il quale si<br />
ferma tutto. La S<strong>te</strong>lla Maris rifornì i marinai<br />
di viveri, li <strong>te</strong>nne in contatto con le<br />
famiglie in Azerbaigian. Ci fu bisogno<br />
persino di abiti nuovi, perché la stagione<br />
passava dall’inverno all’esta<strong>te</strong> e i marittimi<br />
non si portano dietro tutto l’armadio.<br />
Svuotata del suo equipaggio, nelle<br />
settimane scorse la nave è stata sigillata<br />
e spostata a ridosso della Diga che racchiude<br />
il porto di Genova e messa in<br />
vendita dalle autorità compe<strong>te</strong>nti. Se<br />
troverà un acquiren<strong>te</strong>, par<strong>te</strong> del ricavato<br />
rifonderà i marittimi dei mesi a stipendio<br />
zero. Ma non è un esito probabile.<br />
E poi c’è Victor. Un’altra storia. «È<br />
stato un marittimo fantasma, tirato giù<br />
da una nave abbandonata nel 2000 –<br />
racconta Franzi –. Quando gli si offrì la<br />
possibilità di ritornare a casa, con i suoi<br />
connazionali, decise di restare, anche<br />
perché era stato lui la guida delle rivendicazioni<br />
del gruppo agli armatori. Sono<br />
passati diversi anni ed è sempre con<br />
noi, in regola con le leggi vigenti. <strong>Per</strong> lui<br />
è importan<strong>te</strong> trasferire agli altri marittimi<br />
lo s<strong>te</strong>sso aiuto che ha ricevuto a Genova».<br />
Da qualche <strong>te</strong>mpo, tuttavia,Victor<br />
ammet<strong>te</strong> che sta pensando di tornare<br />
a navigare. Il mare, antico, nobile e<br />
duro, chiama la sua gen<strong>te</strong>..<br />
<strong>te</strong>stimoni<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .21
Vittime del mal di mare<br />
L’onda anomala<br />
delle privatizzazioni<br />
I cambiamenti nei porti hanno esposto i lavoratori a vari rischi. Napoli non fa eccezione<br />
di Alessandra Del Giudice<br />
Un container da cui escono decine di corpi senza vita di cinesi. È l’immagine<br />
del porto di Napoli, suggerita al mondo dal libro e dal film Gomorra. Ma la<br />
fantasia sembra non rendere giustizia alla realtà. «La storia dei cinesi è un’invenzione<br />
– non ha dubbi, Emanuele Fernicola, responsabile regionale del settore marittimo<br />
portuale della Filt-Cgil –. Non risulta alle dogane di nessun paese al mondo<br />
che siano stati trovati corpi morti in un container. Impossibile che sia accaduto a<br />
Napoli, dove oltre 400 persone sono impegna<strong>te</strong> al <strong>te</strong>rminal cinese della Co.Na.Te.Co,<br />
per di più con un ottimo contratto di 2.100 euro al mese per 6 ore di lavoro al giorno».<br />
Insomma, lo spettacolo è una cosa, la realtà un’altra. Non priva, però, di ombre.<br />
Il settore marittimo è stato investito dalla crisi economica, ma in modo meno<br />
prepo<strong>te</strong>n<strong>te</strong> di altri settori. Piuttosto, le<br />
cose stanno cambiando a causa delle<br />
privatizzazioni. E Napoli (porto da oltre<br />
7.500 lavoratori, impegnati nei settori<br />
carico e scarico, cantieristica, crocieristica,<br />
carpen<strong>te</strong>ria, collegamenti con le<br />
isole, ristorazione) non fa eccezione.<br />
Lavoratori sempre più precari<br />
«In 29 anni di lavoro ho vissuto tutti i<br />
cambiamenti del settore portuale –<br />
racconta Antonio Iovine, operaio specializzato<br />
di 48 anni –. Si è passati dal<br />
monopolio di stato alla privatizzazione.<br />
Le imprese possono fare ciò che vogliono,<br />
infatti hanno ridotto i turni di<br />
lavoro. Oggi lavoriamo il 50% in meno.<br />
Non abbiamo nessuna garanzia e dobbiamo<br />
stare ad aspettare la chiamata.<br />
Ognuno di noi è addestrato a tutto: dal<br />
carico-scarico, alla conduzione dei<br />
mezzi meccanici, al lavoro d’ufficio. Il<br />
rischio per la sicurezza maggiore deriva<br />
dallo scarico delle merci che non sono<br />
sta<strong>te</strong> pre-imbraga<strong>te</strong> a bordo, come<br />
ferro e legname. Recen<strong>te</strong>men<strong>te</strong>, duran<strong>te</strong><br />
la discesa dei mezzi pesanti dalle<br />
navi una mia collega ha rischiato di restare<br />
schiacciata tra due camion. È riuscita<br />
a salvarsi solo gettandosi nella<br />
corsia la<strong>te</strong>rale, ma è finita in ospedale<br />
con una prognosi di 15 giorni. Abbiamo<br />
fatto vari scioperi, l’ultimo a luglio,<br />
22. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
ma non c’era nessun giornalista. Sembra<br />
che della nostra situazione non in<strong>te</strong>ressi<br />
a nessuno».<br />
Vincenzo Accardo, delegato Filt<br />
Cgil, marittimo di 35 anni, da 20 è imbarcato<br />
e si occupa del servizio alberghiero<br />
sullaTirrenia. Il 12 maggio aveva<br />
minacciato di gettarsi dal pennone del<br />
traghetto“Bithia”, attraccato al porto di<br />
Genova, per pro<strong>te</strong>stare contro il taglio<br />
delle linee Tirrenia Genova - Porto Torres<br />
e Genova - Olbia e per la salvaguardia<br />
del futuro dei tanti marittimi della<br />
compagnia.<br />
«Se ci tolgono il mare non ci resta<br />
nien<strong>te</strong> – esordisce –. Non c’è lavoro da<br />
nessuna par<strong>te</strong>, almeno questo era un<br />
settore che faceva sopravvivere. Lavoriamo<br />
12 ore al giorno, ma veniamo pagati<br />
per 11. Io prima ho lavorato come<br />
precario a 1.600 euro al mese. Finalmen<strong>te</strong><br />
mi hanno assunto a <strong>te</strong>mpo inde<strong>te</strong>rminato,<br />
ma per un incarico inferiore<br />
a quello che ricopro, infatti ora<br />
prendo 1.300 euro. E nonostan<strong>te</strong> il contratto<br />
ora ci vogliono ributtare fuori. Ci<br />
sono tan<strong>te</strong> persone che lavorano solo<br />
sei mesi l’anno e sono dispos<strong>te</strong> a tutto<br />
pur di avere un contratto. Spesso noi di<br />
Torre Del Greco ci trasferiamo in massa<br />
a Civitavecchia e dormiamo nel porto,<br />
pur di trovare un imbarco...».<br />
Sulle navi ci trattano da schiavi<br />
Questo accade perchè la situzione a Napoli<br />
è compromessa. «A Napoli non c’è nulla da<br />
fare – continua Vincenzo –; gli imbarchi si<br />
ot<strong>te</strong>ngono solo su raccomandazione o dietro<br />
pagamento. C’è il caporalato. Devi pagare<br />
500-1.000 euro per ot<strong>te</strong>nere un lavoro<br />
che poi non sai quanto dura. Ci trattano<br />
come bestie. Siamo come schiavi sulle navi.<br />
Spesso assumono personale straniero<br />
non solo per i lavori più umili, perché, semplicemen<strong>te</strong>,<br />
possono pagarli molto meno<br />
di noi. Sulla mia nave c’è un direttore di<br />
Il mare targato Napoli . il 60% degli armatori italiani è napoletano<br />
. dei 30 mila marittimi italiani, 20 mila sono<br />
della provincia di Napoli . 8 mila su 10 mila ufficiali italiani sono<br />
napoletani
macchine indiano: lo stipendio che<br />
prende in un mese, nel suo paese gli basta<br />
per un anno».<br />
Quello marittimo, storicamen<strong>te</strong>, è<br />
un settore carat<strong>te</strong>rizzato da grandi irregolarità<br />
lavorative, poiché le navi spesso<br />
non navigano tutto l’anno e quando<br />
sono ferme non necessitano di personale.<br />
<strong>Per</strong> questo circa l’80% dei marittimi<br />
non hanno un contratto a <strong>te</strong>mpo inde<strong>te</strong>rminato.<br />
Il contraltare è che quella<br />
dei marittimi è la ca<strong>te</strong>goria che ha il minimo<br />
salariale più alto: 1.580 dollari.<br />
«Un salario del genere è convenien<strong>te</strong><br />
soprattutto per chi vive in paesi dove<br />
il costo della vita è basso – conclude Fernicola<br />
–. Questa situzione, purtroppo,<br />
genera divisioni sulle navi. Non è raro<br />
che i marittimi italiani malsopportino<br />
gli stranieri, perché si ri<strong>te</strong>ngono svantaggiati<br />
rispetto al rapporto salario-costo<br />
della vita, e vorrebbero avere una paga<br />
più alta dei colleghi. Ad aggravare la<br />
situazione ci pensano le navi che battono<br />
bandiera di paesi che non rispettano<br />
gli accordi in<strong>te</strong>rnazionali. Filippine, Panama,<br />
Bermuda, Malta: spesso su navi<br />
registra<strong>te</strong> in questi paesi emergono fenomeni<br />
di schiavitù e lavoro forzato»..<br />
La storia<br />
C’è un procidano in ogni porto:<br />
grandi ufficiali, un po’ stralunati<br />
L’isola di Procida, nel<br />
golfo di Napoli, vanta un record<br />
particolare: un <strong>te</strong>rzo degli uomini in<br />
età da lavoro residenti nell’isola<br />
sono imbarcati sulle navi. E il 65%<br />
dei comandanti e il 90% dei capitani<br />
diplomati all’istituto nautico<br />
isolano, all’avanguardia per<br />
programmi e <strong>te</strong>cnologie, trovano<br />
imbarco immediato nelle flot<strong>te</strong><br />
nazionali ed in<strong>te</strong>rnazionali.<br />
«Si dice che in ogni porto del mondo<br />
ci sia un procidano – racconta<br />
Maurizio Pisci<strong>te</strong>lli, preside<br />
dell’Istituto nautico e <strong>te</strong>soriere<br />
della Re<strong>te</strong> italiana nautica –.<br />
Spesso è vero. Mol<strong>te</strong> compagnie<br />
straniere apprezzano gli ufficiali<br />
italiani. I nostri contratti per<br />
capitani e macchinisti vanno<br />
dai 1.600 euro di un allievo ufficiale fino ai 7-8 mila euro di un comandan<strong>te</strong>.<br />
Tuttavia la vita degli imbarcati comporta numerosi sacrifici: le condizioni<br />
economiche sono in<strong>te</strong>ressanti, ma bisogna sopportare la lunga permanenza<br />
in mare. <strong>Per</strong>iodi di 2-3 mesi di riposo vengono al<strong>te</strong>rnati ad altrettanti di lavoro.<br />
Ma in alcuni casi si può restare lontani da casa anche per sei mesi filati».<br />
Proprio per la lunga assenza dei loro uomini, le donne procidane sono defini<strong>te</strong><br />
“vedove bianche”. Sono loro che portano avanti la famiglia duran<strong>te</strong> l’imbarco<br />
dei mariti. Eppure uno dei problemi più complessi con cui la comunità<br />
di Procida si confronta riguarda i periodi di sbarco dei marinai: quando sono<br />
a <strong>te</strong>rra, vivono spesso un vero e proprio senso di straniamento. <strong>Per</strong> aiutare<br />
i marittimi è nato, ben 98 anni fa, il Circolo dei capitani di Procida. «Riuniamo<br />
ex capitani, cerchiamo di orientare i ragazzi nello studio e nella professione,<br />
realizziamo corsi per naviganti – spiega il segretario del circolo, Antonio<br />
Costagliola, 65 anni, ex capo macchine andato in pensione a 55 anni (come<br />
è previsto per i lavori altamen<strong>te</strong> usuranti) con 38 anni di lavoro sulle spalle –.<br />
La vita del navigan<strong>te</strong> è dura. Mia figlia l’ho vista per la prima volta che aveva<br />
sei mesi. Quando scendevo a <strong>te</strong>rra mi sentivo stralunato, come se fossi sulla<br />
nave che rolla o beccheggia. Non avevo amici, me li sono fatti in pensione».<br />
Il circolo procidano non si limita ad attività formative e ricreative. Nel 1998<br />
ha intrapreso una dura battaglia legale per il risarcimento dei marittimi<br />
intossicati dall’amianto. «Fino al 1992, quando l’amianto è stato finalmen<strong>te</strong><br />
bandito – continua Costagliola –, lo scafo delle navi era rivestito da tonnella<strong>te</strong><br />
di questa sostanza. Ri<strong>te</strong>niamo che l’esposizione alle fibre cancerogene abbia<br />
causato il meso<strong>te</strong>lioma pleurico e il carcinoma polmonare (tumori alle vie<br />
respiratorie, ndr) a un gran numero di marittimi. Oggi seguiamo oltre 50 cause<br />
e in più di 500 ci siamo costituiti par<strong>te</strong> civile. Dal 1998 qualche processo<br />
è stato vinto. Il problema è che le normative non <strong>te</strong>ngono conto<br />
dell’impossibilità di risalire al curriculum vitae del lavoratore e alle quantità<br />
precisa di fibra con la quale è entrato in contatto, necessarie, secondo la<br />
legge per effettuare il ricorso. Mol<strong>te</strong> navi dell’epoca sono sta<strong>te</strong> dismesse o<br />
l’amianto è stato sostituito con lana di roccia o lana di vetro».<br />
<strong>te</strong>stimoni<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .23
Mi rifugio<br />
nella giungla<br />
Viaggio a Calais, dove migliaia di irregolari cercano di entrare nel Regno Unito<br />
di Paolo Riva<br />
Da maggio, quando i primi barconi di immigrati sono stati rimandati in<br />
Libia, l’Italia si è trovata nell’occhio del ciclone. L’azione del governo contro l’immigrazione<br />
irregolare, come dichiarato dall’Alto commissariato delle Nazioni Uni<strong>te</strong><br />
per i rifugiati (Unhcr), “minaccia l’accesso all’istituto dell’asilo politico nell’Unione<br />
europea” (che peraltro si sta preparando a varare un quadro comune di norme<br />
e misure in ma<strong>te</strong>ria), perché respinge po<strong>te</strong>nziali rifugiati verso la Libia, paese che<br />
non fornisce garanzie sul loro trattamento e sul rispetto dei loro diritti. Il Medi<strong>te</strong>rraneo<br />
e il confine italo-libico non sono però l’unica controversa frontiera lungo la<br />
quale i richiedenti asilo si giocano il futuro. Anche la Manica e il confine franco-britannico<br />
sono divenuti nell’ultimo decennio una tappa cruciale per molti richie-<br />
denti asilo che sono riusciti a penetrare<br />
le maglie della For<strong>te</strong>zza Europa. Ma<br />
neppure qui le condizioni per i rifugiati<br />
possono dirsi soddisfacenti.<br />
In fuga da guerre e povertà<br />
Lo sanno bene Ibrahim, Daniel, Suleman<br />
e Abdullah, che da <strong>te</strong>mpo vivono<br />
in edifici abbandonati o in rifugi di fortuna<br />
nel tratto di costa francese intorno<br />
a Calais, tris<strong>te</strong>men<strong>te</strong> ribat<strong>te</strong>zzato “la<br />
giungla”. I primi due vengono dall’Eritrea<br />
e, data la rigida suddivisione etnica<br />
instauratasi nel luogo, occupano una<br />
casa abbandonata, insieme ad altri migranti<br />
dal Corno d’Africa e dal Sudan.<br />
Vivono in condizioni igieniche disastrose.<br />
«Ho pagato 7 mila dollari per arrivare<br />
fin qui attraverso il Medi<strong>te</strong>rraneo<br />
– racconta Ibrahim – e ora cerco di arrivare<br />
in Inghil<strong>te</strong>rra illegalmen<strong>te</strong>, per poi<br />
chiedere asilo. Sono già stato scoperto<br />
una ventina di vol<strong>te</strong>, ma continuerò a<br />
provarci, per raggiungere mia moglie e i<br />
miei figli».<br />
Daniel in patria era un giornalista.<br />
«Non sono partito per soldi. A casa ero<br />
ben pagato, ma non libero di dire ciò<br />
che volevo – ricorda –. Ora userò qualsiasi<br />
mezzo per arrivare oltremanica:<br />
parlo un buon inglese e sono pronto a<br />
fare qualsiasi lavoro».<br />
Suleman e Abdullah invece, sono af-<br />
24. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
gani e insieme a iracheni, iraniani e tanti<br />
altri connazionali hanno trovato rifugio<br />
da qualche mese ai margini di Calais,<br />
in <strong>te</strong>nde o capanne realizza<strong>te</strong> con<br />
ma<strong>te</strong>riali di scarto. «Ho pagato 10 mila<br />
dollari e lasciato il mio villaggio perché<br />
non volevo combat<strong>te</strong>re – confida il primo<br />
–. I trafficanti ci hanno bendati e<br />
portati con piccoli bus in Europa attraverso<br />
Iran e Turchia. Sono partito convinto<br />
che l’Europa fosse un posto sicuro,<br />
mai avrei immaginato di dover vivere in<br />
ques<strong>te</strong> condizioni». Nemmeno Abdullah<br />
lo pensava, anche perché con gli europei<br />
lui ci aveva lavorato, in Afghanistan,<br />
traduttore per le forze Nato. I talebani,<br />
per rappresaglia, gli avevano bruciato<br />
la casa, così prese la decisione di<br />
fuggire. «Parlo inglese, collaboravo con<br />
A Lampedusa non approda più nessuno<br />
Il parroco: «Che fine fanno quelle persone?»<br />
«I respingimentI? L’impressione è che<br />
l’obiettivo sia far cambiare rotta<br />
all’immigrazione. E a Lampedusa<br />
sembra che ci stiano riuscendo.<br />
Ma uccidendo le speranze di persone<br />
che non hanno al<strong>te</strong>rnative alla fuga».<br />
Don S<strong>te</strong>fano Nastasi è il parroco della<br />
parrocchia San Gerlando, nella piazza di<br />
Lampedusa. Poche cose sfuggivano ai<br />
suoi occhi di pastore, oggi però il muro<br />
di silenzio lo rende incerto. «Arrivano<br />
in pochissimi – racconta –. Tutto si<br />
gioca al largo, l’importan<strong>te</strong> sembra non<br />
far approdare qui i migranti. Se sono<br />
troppo vicini li soccorrono e li portano<br />
al Cie dell’isola, ma solo per poche ore,<br />
poi sono dirottati altrove, in at<strong>te</strong>sa del<br />
rimpatrio. Il resto, i più, li consegnano<br />
ai libici: lì perdiamo il controllo. Non<br />
si comprende come la guardia costiera<br />
possa decidere se gli in<strong>te</strong>rcettati siano<br />
persone che possono chiedere asilo<br />
politico o clandestini. È fantasioso<br />
ri<strong>te</strong>nere che si riesca a distinguere<br />
in mare, in pochi minuti...».<br />
Lo conferma Le Quyen Ngo Dinh,<br />
vietnamita, rifugiata in Italia da anni,<br />
operatrice di Caritas Europa. «Il<br />
problema è che i flussi sono misti –<br />
spiega –. E che in Libia, la quale non<br />
ha aderito alla Convenzione di Ginevra<br />
del 1951 sul riconoscimento dello<br />
status di rifugiato, le condizioni di vita<br />
per i migranti sono disumane.<br />
È probabile che, almeno per un po’,<br />
Lampedusa cessi di essere una rotta<br />
frequentata. Negli ultimi anni l’Italia<br />
ha subito il fatto che la Spagna ha<br />
inasprito i controlli: i mercanti<br />
d’uomini hanno deviato sull’Italia.<br />
Ma non si può far pagare tutto ciò<br />
ai rifugiati: i respingimenti in mare<br />
affossano il diritto. È pur vero che<br />
il problema non dovrebbe essere solo<br />
italiano, bisogna creare un sis<strong>te</strong>ma<br />
di asilo pro<strong>te</strong>tto europeo. È questione<br />
economica e organizzativa: Unione<br />
europea, Unhcr e stati potrebbero<br />
unire le forze, le soluzioni esistono.<br />
Ma devono essere comuni». [d.p.]
Accampamento di migranti nella “giungla” di Calais Foto: Unhcr<br />
l’esercito britannico, ora la mia sola speranza<br />
è chiedere asilo nel Regno Unito».<br />
Come loro, sono ormai in molti a<br />
Calais, almeno un migliaio. Molti di più,<br />
se si considera tutta la porzione di costa<br />
set<strong>te</strong>ntrionale della Francia. Convinti di<br />
trovare nella <strong>te</strong>rra di Sua Maestà migliori<br />
opportunità di vita, Suleman e compagni<br />
si rifiutano di chiedere asilo in<br />
Francia – la normativa Ue consen<strong>te</strong> di<br />
farlo in uno solo degli stati membri –e<br />
cercano con ostinazione un passaggio<br />
nei rimorchi dei 7 mila camion che ogni<br />
giorno transitano per Calais.<br />
A spingerli sono la volontà di ricongiungersi<br />
ai familiari,<br />
la presenza<br />
di connazionali,<br />
la<br />
c o n o s c e n z a<br />
della lingua, la<br />
speranza di<br />
trovare lavoro<br />
grazie ai Giochi<br />
olimpici del<br />
2012, infine,<br />
anche una certa<br />
fama di paese generoso nei confronti<br />
dei rifugiati che la Gran Bretagna sembra<br />
essersi creata. A ostacolarli, invece, è<br />
un confine tra i più controllati al mondo,<br />
con la polizia di frontiera inglese<br />
che, con quasi 400 agenti in servizio a<br />
Calais, ha sventato nel 2008 ben 28 mila<br />
<strong>te</strong>ntativi di ingresso illegale nel paese,<br />
e quella francese che periodicamen<strong>te</strong><br />
in<strong>te</strong>rviene sgomberando i campi<br />
abusivi.<br />
Pronti a tutto, pur di passare<br />
Chi si è lasciato alle spalle guerre o dittature<br />
e ha viaggiato per migliaia di chilometri,<br />
tuttavia, non si dà per vinto,<br />
giunto a poche miglia di mare dalla meta<br />
agognata. E infatti, nonostan<strong>te</strong> le recenti<br />
bellicose dichiarazioni del ministro<br />
per l’immigrazione francese, Besson,<br />
e del collega inglese, Woolas, nei<br />
primi mesi del 2009 il numero di migranti<br />
colti dalle autorità mentre attraversavano<br />
illegalmen<strong>te</strong> la Manica è cresciuto<br />
del 100%; tra essi, ben mille a rischio<br />
di assideramento, fermati tra gennaio<br />
e marzo nelle celle frigorifere di<br />
alcuni autoarticolati.<br />
Ma questo<br />
è solo l’ultimo<br />
capitolo. La<br />
storia cominciò<br />
quando a<br />
Sangat<strong>te</strong>, pochi<br />
chilometri da<br />
Calais, un edificiodell’Eurotunnel<br />
(galleria<br />
ferroviaria sotto la Manica) venne riconvertito<br />
in un centro della Croce Rossa<br />
per richiedenti asilo. La struttura,<br />
pensata per 900 persone, è divenuta negli<br />
anni un ricettacolo per tutti coloro<br />
che cercavano fortuna nel Regno Unito,<br />
arrivando a contare 2 mila presenze. Era<br />
il 2002 e l’allora ministro dell’in<strong>te</strong>rno<br />
francese, Nicolas Sarkozy, decise di<br />
chiudere il centro senza dare al<strong>te</strong>rnative<br />
agli ospiti. Inizialmen<strong>te</strong> il numero dei<br />
reportage<br />
In Francia<br />
Clandestini<br />
come ebrei,<br />
punito chi li aiuta<br />
A giugno la “giungla”<br />
di Calais è cresciuta ancora e un<br />
nuovo accampamento si è aggiunto<br />
a quelli dei sempre più numerosi<br />
dei richiedenti asilo. Più di 500<br />
attivisti hanno campeggiato al<br />
“No Borders Camp”, organizzando<br />
attività e pro<strong>te</strong>s<strong>te</strong> che hanno<br />
denunciato le condizioni in cui<br />
i migranti vivono. La voce un po’<br />
estremista di “No Borders” – re<strong>te</strong><br />
in<strong>te</strong>rnazionale che si bat<strong>te</strong> per la<br />
libertà di movimento delle persone<br />
e per l’abolizione di ogni frontiera –<br />
non è però l’unica che si è levata in<br />
favore dei migranti. E, sebbene non<br />
siano sta<strong>te</strong> numerosissime, quella<br />
del regista francese Philippe Lioret<br />
ha creato scalpore. Il suo<br />
lungometraggio, Welcome,<br />
premiato all’ultimo festival<br />
di Berlino, racconta l’amicizia<br />
tra un insegnan<strong>te</strong> di nuoto di Calais<br />
e un giovane curdo deciso ad<br />
attraversare la Manica nuotando<br />
pur di arrivare in Inghil<strong>te</strong>rra. Una<br />
storia, come ha scoperto lo s<strong>te</strong>sso<br />
regista, del tutto verosimile lungo<br />
un confine che lui s<strong>te</strong>sso ha<br />
definito «la nostra versione della<br />
frontiera tra Messico e Usa».<br />
È un altro, però, il paragone che ha<br />
attirato at<strong>te</strong>nzione e polemiche su<br />
Lioret e la sua opera. Il cineasta<br />
francese ha infatti dichiarato, a<br />
proposito del trattamento riservato<br />
dalla polizia francese a coloro che<br />
forniscono assis<strong>te</strong>nza ai migranti,<br />
che «sembra di essere nel 1943<br />
quando si nascondevano gli ebrei<br />
in cantina». In più di un’occasione,<br />
infatti, gli agenti francesi hanno<br />
sanzionato (fino a 30 mila euro)<br />
o messo in stato di fermo<br />
il personale e i volontari delle<br />
associazioni che forniscono cibo<br />
e assis<strong>te</strong>nza ai migranti. Fino<br />
ad arrivare al punto tragicomico<br />
di aver trat<strong>te</strong>nuto in caserma per<br />
dieci ore Monique Pouille. Una<br />
signora di 59 anni, colpevole di<br />
aver permesso a un clandestino di<br />
ricaricare il suo <strong>te</strong>lefono cellulare...<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .25
Dietro i respingimenti<br />
Immigrazione illegale sconfitta?<br />
«Pochissimi arrivano via mare...»<br />
«Le uniche spiagge vuo<strong>te</strong> sono quelle di Lampedusa». Parola<br />
del capo del governo italiano, Silvio Berlusconi, che così, duran<strong>te</strong> l’esta<strong>te</strong>,<br />
ha voluto sos<strong>te</strong>nere, da un lato, che la crisi economica è fenomeno<br />
ingigantito dai media, dall’altro che il contrasto all’emigrazione clandestina<br />
operato dal suo governo è stato un successo.<br />
Almeno su quest’ultimo fron<strong>te</strong>, i numeri paiono dargli ragione. Nel 2009,<br />
secondo il minis<strong>te</strong>ro degli in<strong>te</strong>rni, si sono verificati 10 mila sbarchi in meno<br />
del 2008. Naturalmen<strong>te</strong> il giro di vi<strong>te</strong> contro i trafficanti di esseri umani non<br />
ha potuto impedire che si verificassero altre tragedie del mare: la più grave<br />
avrebbe fatto oltre 70 morti, secondo la ricostruzione dei cinque eritrei<br />
sopravvissuti, trovati il 20 agosto al largo dell’isola siciliana. E la nuova<br />
politica dei respingimenti ricaccia verso le cos<strong>te</strong> della Libia, paese con fama<br />
di non proprio specchiata democraticità, anche gli stranieri che, fuggendo<br />
da guerre e dittature, avrebbero diritto all’asilo. Ma questi appaiono effetti<br />
colla<strong>te</strong>rali: il prezzo da pagare per bloccare l’arrivo dei clandestini in Italia,<br />
circostanza dimostrata e obiettivo raggiunto, secondo i dati del Viminale.<br />
«Certo, i dati ufficiali... – sospira Maurizio Ambrosini, sociologo<br />
dell’immigrazione –. <strong>Per</strong>ò at<strong>te</strong>nzione. Il problema degli sbarchi non esaurisce<br />
quello dell’arrivo di clandestini (o meglio irregolari, come li chiamano in tutta<br />
Europa): secondo una ricerca dell’università di Oxford, arrivano in Europa via<br />
mare solo il 10-12% degli immigrati provenienti dall’Africa. Questo solo<br />
elemento, anche senza contare gli immigrati da Europa dell’est e America<br />
Latina, che non arrivano certo in nave, dovrebbe ricordare che una minima<br />
par<strong>te</strong> degli irregolari presenti nel nostro paese vi è giunta a bordo di quei<br />
gommoni che destano tanta at<strong>te</strong>nzione nei media. Dunque, fermare quelle<br />
barche non vuol dire risolvere il problema dell’immigrazione clandestina».<br />
Secondo gli studiosi di flussi migratori, il solo effetto che si può at<strong>te</strong>ndere<br />
dai maggiori controlli tra cos<strong>te</strong> nordafricane e Sicilia è che cambieranno le<br />
rot<strong>te</strong> dei trafficanti di uomini. «È sempre successo – commenta Le Quyen Ngo<br />
Dinh, operatrice di Caritas Europa ed esperta di diritto d’asilo –. Alla fine degli<br />
anni Novanta i curdi che scappavano dalla Turchia arrivavano in Calabria, gli<br />
albanesi in Puglia. Quando sono stati aumentati i pattugliamenti in quelle<br />
zone, gli sbarchi sono diminuiti, ma gli immigrati hanno continuato ad<br />
arrivare», cercando nuove por<strong>te</strong> di accesso all’Europa.<br />
«Quando agli scafisti di Valona è stato chiuso il canale di Otranto – ricorda<br />
Ambrosini – gli immigrati hanno cominciato ad entrare in Italia da Tries<strong>te</strong>, via<br />
<strong>te</strong>rra, attraverso l’ex Jugolsavia. I passatori ai quali si affidavano procuravano<br />
documenti falsi e corrompevano i funzionari di frontiera». Nuovi varchi e nuovi<br />
mezzi. Ma il flusso non si è in<strong>te</strong>rrotto. Accadrà così anche questa volta, sono<br />
pronti a giurare gli studiosi. E gli operatori e i volontari impegnati sul campo<br />
segnalano già sbarchi di nordafricani sulle cos<strong>te</strong> sarde.<br />
In realtà, tre quarti degli irregolari ha varcato le patrie frontiere in treno,<br />
aereo, auto, con un normalissimo permesso turistico: con quel documento ha<br />
cercato lavoro e domicilio, spesso non trovando né l’uno né l’altro. Così,<br />
scaduti i <strong>te</strong>rmini del soggiorno, è finito nel cono d’ombra degli stranieri senza<br />
diritti, degli uomini ombra. «Ciò significa che la sola misura efficace contro<br />
l’immigrazione irregolare sarebbe chiudere con il turismo. Almeno da certi<br />
paesi. Ma questo vorrebbe dire rinunciare anche ai rapporti di affari e alle<br />
relazioni diplomatiche con quegli stati. E questo non conviene a nessuno»,<br />
chiosa Ambrosini.<br />
Daniela Palumbo<br />
26. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
migranti diminuì, per poi tornare a crescere<br />
senza che nessuno si occupasse<br />
del problema. La Francia li ha ignorati,<br />
limitandosi a inviare la polizia antisommossa<br />
per demolirne di tanto in tanto<br />
gli accampamenti. Il Regno Unito ha in<strong>te</strong>nsificato<br />
i controlli e ha fatto pressioni<br />
affinché le condizioni di vita dei migranti<br />
non venissero migliora<strong>te</strong>, per non<br />
incoraggiare gli arrivi. Il tutto, condito da<br />
uno sgradevole e s<strong>te</strong>rile rimpallo di accuse<br />
tra ministri dell’immigrazione.<br />
Intorno all’imbocco dell’Eurotunnel,<br />
intanto, <strong>te</strong>nsione e violenza sono<br />
cresciu<strong>te</strong> di pari passo con i numeri delle<br />
presenze (stime parlano di 1.500-2<br />
mila accampati lungo la costa), con risse<br />
tra richiedenti asilo di diverse etnie,<br />
scontri tra gang di trafficanti, abitanti<br />
esasperati, un camionista accol<strong>te</strong>llato.<br />
Una situazione non più sos<strong>te</strong>nibile, che<br />
le autorità hanno promesso di risolvere.<br />
Serve una vera regia europea<br />
Nell’at<strong>te</strong>sa, la vita nella giungla è dura e<br />
il solo aiuto ai migranti viene dai volontari.<br />
Aissa Zabet è una di loro: «È la s<strong>te</strong>ssa<br />
storia in tutta Europa: i rifugiati continuano<br />
a spostarsi da uno stato all’altro<br />
perché pensano che altrove le condizioni<br />
siano migliori. E questo è ciò che le<br />
autorità vogliono; ogni nazione cerca di<br />
spingerli un poco più in là e la fine della<br />
corsa è spesso la Gran Bretagna».<br />
Le cifre sembrerebbero darle ragione:<br />
nel 2007 il Regno Unito ha ricevuto<br />
28.300 richies<strong>te</strong> di asilo politico (<strong>te</strong>rzo<br />
valore nell’Ue, dopo Norvegia e Francia)<br />
nonostan<strong>te</strong> la sua popolazione complessiva<br />
di rifugiati (299 mila) sia già la<br />
seconda più grande d’Europa. La situazione,<br />
però, è in continua evoluzione.<br />
Che lo si guardi dalle acque di Lampedusa<br />
o dalla giungla di Calais, è davvero<br />
arrivato il momento di affrontare il problema<br />
in maniera più “europea”..
Pacchetto sicurezza: dalla Fio.psd uno<br />
strumento sui rischi per i senza dimora<br />
Diario<br />
di diritti negati<br />
”Diario di un diritto negato” (nella foto sotto,la copertina). Si intitola così,<br />
senza tan<strong>te</strong> perifrasi, il documento preparato dalla Federazione italiana organismi<br />
per le persone senza dimora (Fio.psd), con l’obiettivo di ricostruire genesi e i<strong>te</strong>r<br />
parlamentare del discusso“Pacchetto sicurezza”, approvato in via definitiva dal parlamento<br />
lo scorso 2 luglio. Il fascicolo, una quarantina di pagine, è nato per documentare<br />
il cammino di una legge che avrà forti, e presumibilmen<strong>te</strong> negative ripercussioni<br />
sulle condizioni di vita dei senza dimora, alle quali rischia di precludere il<br />
riconoscimento dei diritti di cittadinanza elementari e l’accesso ai servizi sociali.<br />
Il “Diario” dimostra come questi rischi, discendenti dalle norme sulla residenza<br />
anagrafica (au<strong>te</strong>ntica “porta d’accesso” ai diritti di cittadinanza e ai servizi so-<br />
ciali) e sull’istituzione al minis<strong>te</strong>ro degli<br />
in<strong>te</strong>rni di un“registro delle persone senza<br />
dimora”, fossero stati ripetutamen<strong>te</strong><br />
segnalati al legislatore sia dalla Fio.psd<br />
che da altri soggetti sociali. Eppure il<br />
parlamento ha licenziato un “Pacchetto”<br />
che ignora tali indicazioni, indebolendo,<br />
nei fatti, il fondamentale istituto<br />
della residenza anagrafica e affermando,<br />
con il registro, una volontà di controllo<br />
sociale che può sfociare in pratiche<br />
di schedatura e di limitazione delle<br />
libertà individuali.<br />
Vigilanza e contrasto<br />
Il “Diario” è scaricabile, in formato pdf,<br />
dai siti della Fio.psd (www.fiopsd.org) e<br />
della campagna nazionale “Il residen<strong>te</strong><br />
della repubblica” (www.ilresiden<strong>te</strong>dellarepubblica.it),<br />
che nei mesi scorsi ha<br />
visto schierati, a difesa dei diritti delle<br />
persone senza dimora, Fio.psd e i principali<br />
giornali di strada italiani. La pubblicazione<br />
si propone come strumento<br />
di sensibilizzazione per supportare le<br />
azioni a difesa del diritto alla residenza<br />
anagrafica nei con<strong>te</strong>sti locali, e come<br />
occasione di informazione e riflessione.<br />
Una versione stampata da Fio.psd verrà<br />
inoltre diffusa in occasione di eventi<br />
pubblici.<br />
«Il “Pacchetto sicurezza” non ci ha<br />
resi né ci renderà più sicuri: saranno i<br />
fatti a dimostrarlo – commenta Paolo<br />
Pezzana, presiden<strong>te</strong> Fio.psd –. È importan<strong>te</strong><br />
perseverare in un’azione costan<strong>te</strong><br />
di vigilanza e contrasto rispetto alla sua<br />
applicazione nei <strong>te</strong>rritori. È nei <strong>te</strong>rritori,<br />
infatti, che si giocherà la vera partita di<br />
civiltà sui piani culturale ed amministrativo.<br />
Il“Pacchetto” colpisce in modo<br />
insidioso e nascosto la natura aperta e<br />
solidale del nostro ordinamento giuridico<br />
e della nostra tradizione. La nostra<br />
classe politica non se n’è avveduta; tocca<br />
(come sempre nella storia) alla società<br />
civile fare la sua par<strong>te</strong>»..<br />
A Milano<br />
In scena<br />
l’Homeless<br />
world cup<br />
L’Arena Civica di<br />
Milano, dal 6 set<strong>te</strong>mbre per una<br />
settimana, ha ospitato la settima<br />
edizione dell’Homeless World Cup:<br />
quasi 500 senza dimora da 48<br />
differenti nazioni si sono sfidati per<br />
strappare all’Afghanistan il titolo<br />
conquistato nel 2008 a Sidney.<br />
La competizione, nelle in<strong>te</strong>nzioni,<br />
offre ai par<strong>te</strong>cipanti occasioni di<br />
riscatto al punto che, secondo una<br />
ricerca dello scorso anno, il 71%<br />
di loro ha cambiato la propria vita<br />
dopo il torneo, il 29% ha trovato<br />
un impiego e il 38% ha migliorato<br />
la situazione abitativa.<br />
Ma, al <strong>te</strong>mpo s<strong>te</strong>sso, si propone<br />
anche di affrontare il problema<br />
homelessness sensibilizzando<br />
governi, media e opinione pubblica<br />
e lasciando in eredità al paese<br />
ospitan<strong>te</strong> strutture e progetti<br />
sportivi per i senza <strong>te</strong>tto.<br />
L’iniziativa è stata patrocinata<br />
da presidenza del consiglio<br />
e minis<strong>te</strong>ro della difesa italiani,<br />
insieme, tra gli altri, a comune e<br />
provincia di Milano e regione<br />
Lombardia. Sulla questione,<br />
Fio.psd ha espresso “sorpresa<br />
e sconcerto”, evidenziando come<br />
il governo, da un lato, sostiene<br />
una manifestazione che opera per<br />
“trovare soluzioni sempre migliori<br />
per combat<strong>te</strong>re l’homelessness”<br />
mentre dall’altro “compromet<strong>te</strong><br />
i diritti fondamentali” degli<br />
homeless nel nostro paese,<br />
trami<strong>te</strong> le norme del recen<strong>te</strong><br />
“Pacchetto sicurezza”.<br />
Chissà che ne pensano i ragazzi<br />
di Nuova Multietnica, associazione<br />
milanese che è nata per<br />
promuovere lo sport all’in<strong>te</strong>rno<br />
di un campo rom milanese<br />
e che dal 2003 organizza la<br />
rappresentativa italiana per la<br />
Homeless World Cup. Guidati<br />
dall’ex clandestino polacco<br />
Bogdan Kwappik, presiden<strong>te</strong><br />
e allenatore, la squadra ha vinto<br />
la competizione nel 2004 e nel<br />
2005. E ci ha riprovato a Milano.<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .27
Berretti equivoci,<br />
ronde sospese<br />
28. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
milano<br />
Stop del comune alle convenzioni (per 800 mila euro) con<br />
le associazioni per la sicurezza. Ora detta legge il “Pacchetto”<br />
Milano<br />
Tribù che ballano<br />
nella metropolitana,<br />
passione underground<br />
Torino<br />
A lezione da suor Simona:<br />
esperienza in Bolivia,<br />
stimoli anche per noi<br />
Genova<br />
Pop a Cornigliano:<br />
festa nel quartiere<br />
che deve ritrovarsi<br />
Vicenza<br />
In mensa pasti buoni,<br />
ma alcuni mascalzoni<br />
rovinano l’ambien<strong>te</strong><br />
Rimini<br />
Mimmo e Maria,<br />
vittime di uno sfratto<br />
e di Signora Burocrazia<br />
Firenze<br />
Tanto <strong>te</strong>mpo in carcere,<br />
ma ho trovato amici<br />
che credono in me<br />
Napoli<br />
Aggressioni ai gay:<br />
«Laviamo via<br />
pregiudizi e intolleranza»<br />
Catania<br />
Contro il lavoro minorile:<br />
le risorse di Librino<br />
in memoria di Iqbal Masih<br />
Palermo<br />
La città vuole liberarsi<br />
dai suoi mali:<br />
c’è lavoro per la Santuzza<br />
di Marta Zanella<br />
Nell'esta<strong>te</strong> roven<strong>te</strong> della politica italiana, tra scandali e derive securitarie<br />
e xenofobe, il parlamento ha approvato il “Pacchetto sicurezza” e, con esso,<br />
anche la possibilità per i cittadini di riunirsi volontariamen<strong>te</strong> in ronde per il<br />
controllo e la sicurezza delle città. Milano, a modo suo, le ronde le ha già sperimenta<strong>te</strong>:<br />
più simili a quelle legalizza<strong>te</strong> dal parlamento le na<strong>te</strong> nell'ultimo anno,<br />
più impronta<strong>te</strong> alla solidarietà e all'aiuto di disagiati e emarginati, invece, quelle<br />
“storiche”. Non a caso l'unica che finora ha portato questo nome è la “Ronda<br />
della carità e della solidarietà”, che da undici anni, girando Milano con un camper,<br />
distribuisce bevande, cibo e qualche vestito ai senza dimora della città. E<br />
poi ci sono esperienze avvia<strong>te</strong> da Caritas, Croce Rossa, City Angels e da numerose<br />
realtà del privato sociale: chi a piedi e chi con unità mobili, “pattugliano” regolarmen<strong>te</strong><br />
il <strong>te</strong>rritorio, incontrando e cercando di portare assis<strong>te</strong>nza e ascolto<br />
ai senza dimora, ai tossicodipendenti e alle persone in difficoltà che vivono per<br />
strada o nelle stazioni, alle prostitu<strong>te</strong> schiera<strong>te</strong> lungo i viali e la circonvallazione,<br />
ai giovanissimi nelle piazze e nei loro luoghi di ritrovo.<br />
Un affare da 800 mila euro<br />
Dallo scorso anno, invece, il comune ha<br />
pensato che per controllare Milano ci<br />
fosse bisogno di altro, e ha così affidato<br />
la vigilanza in strada - in via sperimentale<br />
- a tre organizzazioni cittadine, trami<strong>te</strong><br />
un appalto pubblico che assegnava<br />
a ciascuna 196 mila euro per prestare<br />
servizio per due anni, cioè fino all’aprile<br />
2010. Le tre organizzazioni, (City<br />
Angels, Associazione dei poliziotti italiani<br />
e Blue Berets), avevano il compito<br />
di presidiare, organizzando in ronde<br />
i propri volontari, 15 aree della<br />
città considera<strong>te</strong> critiche, segnalando<br />
alle forze dell’ordine casi di<br />
aggressioni, furti, risse. I Blue Berets,<br />
inoltre, avevano vinto un appalto,<br />
per altri 220 mila euro, per fare sorveglianza<br />
sulle tre linee della metropolitana<br />
dalle 22.30 alla chiusura notturna<br />
(cioè circa tre ore al giorno).<br />
All’inizio di luglio, però, il comune<br />
ha bloccato la convenzione con i Blue<br />
Berets, per sospendere poi anche quelle<br />
con Associazione poliziotti e City Angels.<br />
La decisione è arrivata dopo le po
Gli “osservatori”<br />
secondo il minis<strong>te</strong>ro<br />
Il regolamento varato dal minis<strong>te</strong>ro<br />
degli in<strong>te</strong>rni l’8 agosto, che disciplina<br />
le cosidet<strong>te</strong> “ronde”, istituisce<br />
in ciascuna prefettura l’elenco<br />
provinciale delle associazioni di<br />
cittadini prepos<strong>te</strong> a tale servizio.<br />
<strong>Per</strong> iscriversi le associazioni devono<br />
avere tra gli scopi sociali, risultanti<br />
dall’atto costitutivo o dallo statuto,<br />
quello di prestare attività di<br />
volontariato con finalità di solidarietà<br />
sociale nell’ambito della sicurezza<br />
urbana. Ma non solo. Le associazioni<br />
devono anche svolgere la propria<br />
attività gratuitamen<strong>te</strong> e senza fini<br />
di lucro, anche indiretto; non essere<br />
espressione di partiti o movimenti<br />
politici, nè di organizzazioni sindacali<br />
(nè essere ad alcun titolo riconducibili<br />
a questi soggetti) e non essere<br />
collega<strong>te</strong> a tifoserie organizza<strong>te</strong>.<br />
I compiti sono precisi. Le associazioni<br />
svolgono attività di mera osservazione<br />
in specifiche aree, segnalando alla<br />
polizia locale e alla polizia di stato<br />
eventi che possono arrecare danno<br />
alla sicurezza urbana.<br />
L’attività di osservazione può essere<br />
svolta da nuclei di non più di tre<br />
persone, maggiorenni, almeno una<br />
di età pari o superiore a 25 anni,<br />
e senza l’ausilio di mezzi motorizzati<br />
e di animali. Duran<strong>te</strong> l’attività<br />
i volontari devono essere in possesso<br />
di un documento di riconoscimento<br />
e non devono portare al seguito armi<br />
o altri oggetti atti ad offendere.<br />
I volontari dovranno poi indossare<br />
una casacca di colore giallo<br />
fluorescen<strong>te</strong>, con la scritta<br />
“osservatori volontari”, il logo<br />
dell’associazione, il nome del comune<br />
e un numero progressivo: vietato<br />
utilizzare uniformi, emblemi, simboli<br />
e altri segni distintivi.<br />
L’attività di segnalazione è effettuata<br />
utilizzando solo <strong>te</strong>lefoni cellulari<br />
o radio-ricetrasmit<strong>te</strong>nti. Gli<br />
“osservatori”, secondo il regolamento,<br />
devono avere buona salu<strong>te</strong> fisica e<br />
mentale, non fare uso di stupefacenti<br />
e non devono essere stati denunciati<br />
o condannati, anche con sen<strong>te</strong>nza<br />
non definitiva, per delitti non colposi.<br />
scarpmilano<br />
Sospeso l’accordo<br />
City Angels senza convenzione<br />
«Ma noi facciamo solidarietà»<br />
Sulla strada, di not<strong>te</strong>, nei posti considerati più insicuri, loro<br />
ci sono già da quindici anni. Con il loro basco blu e la maglia rossa sono<br />
diventati un punto di riferimento per chi gira in luoghi difficili come la<br />
stazione Centrale, soprattutto nelle ore di buio. Fin dall’inizio della loro<br />
attività, i City Angels (Angeli della città), nati su iniziativa di Mario Furlan<br />
(nella foto sotto, con alcuni volontari), presidiano alcuni luoghi per “aiutare<br />
i più deboli”: senza dimora e tossicodipendenti in primis, a cui<br />
distribuiscono bevande calde e coper<strong>te</strong>, ma anche donne che <strong>te</strong>mono<br />
violenze. Ora che<br />
la nuova legge rende possibile un altro tipo di ronda, Furlan prende<br />
le distanze. «C’è una differenza enorme tra il nostro lavoro e quello delle<br />
ronde descrit<strong>te</strong> dal decreto sicurezza, soprattutto perché noi non siamo<br />
una ronda, e non ci iscriveremo nemmeno all’albo dedicato. Noi siamo<br />
volontari che vanno sulla strada per fare solidarietà e sicurezza. Ma la<br />
sicurezza, per noi, passa attraverso la mediazione linguistica e culturale<br />
e l’aiuto agli emarginati. È chiaro, se vediamo una persona in una situazione<br />
di pericolo in<strong>te</strong>rveniamo, ma come chiunque dovrebbe fare».<br />
L’anno scorso il comune di Milano ha affidato un servizio di controllo<br />
e sicurezza a voi e altre due organizzazioni, l’Associazione nazionale<br />
poliziotti e i Blue Berets, che non hanno certo l’obiettivo della solidarietà.<br />
Rifiuta<strong>te</strong> di definirvi “ronda”, ma non rischia<strong>te</strong> di essere accomunati<br />
a ques<strong>te</strong> realtà?<br />
In seguito alle gius<strong>te</strong> e fonda<strong>te</strong> polemiche che hanno investito i Blue<br />
Berets, il comune ha sospeso anche la convenzione con noi. Non capisco<br />
perché, dal momento che la nostra attività è di tipo sociale e siamo sempre<br />
stati, fin da <strong>te</strong>mpi non sospetti, scettici sull’idea delle ronde.<br />
I City Angels hanno come obiettivo l’at<strong>te</strong>nzione agli ultimi, ma, come di<strong>te</strong><br />
voi s<strong>te</strong>ssi, in<strong>te</strong>rveni<strong>te</strong> anche nel caso in cui vede<strong>te</strong> “qualcosa che non va”:<br />
non c’è il rischio di privilegiare, magari in futuro, sull’onda del “Pacchetto”<br />
governativo, l’aspetto della sicurezza?<br />
Assolutamen<strong>te</strong> no, noi continuiamo a fare il lavoro che abbiamo sempre<br />
fatto, per noi la nuova legge non cambia le cose. Certo, se vediamo che<br />
una persona sta disturbando qualcun altro non ignoriamo la situazione. Ma<br />
facciamo né più né meno quello che ogni buon cittadino dovrebbe fare, cioè<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .29
scarpmilano<br />
lemiche per il fatto che il presiden<strong>te</strong> dei<br />
“Berretti Blu”, Vincenzo Scavo, è risultato<br />
iscritto come dirigen<strong>te</strong> all’Msi, il<br />
partito delle “ronde nere”, che ha per<br />
simbolo il sole nero, s<strong>te</strong>mma nazista.<br />
Più soldi per la polizia locale<br />
«Io credo che ques<strong>te</strong> ronde non torneranno<br />
a fare servizio, ma ciò che lo impedirà<br />
non è tanto il legame di questa<br />
associazione con l’estrema destra, ma<br />
il nuovo vincolo che il Pacchetto sicurezza<br />
ha posto per l’approvazione delle<br />
ronde – commenta Andrea Fanzago,<br />
consigliere comunale del Pd –. Il parlamento<br />
ha previsto che le ronde attiva<strong>te</strong><br />
debbano essere assolutamen<strong>te</strong> volontarie.<br />
Il vero problema è la questione<br />
economica: finora la giunta Moratti<br />
ha speso circa 800 mila euro per<br />
avere un servizio di vigilanza e controllo<br />
per due anni, e ora con la nuova legge<br />
questa spesa è diventata illegale.<br />
Con quei soldi avremmo potuto, ad<br />
esempio, finanziare i vigili urbani per<br />
fare lo s<strong>te</strong>sso servizio sulle strade, oppure<br />
completare la copertura del segnale<br />
dei cellulari su tutta la re<strong>te</strong> metropolitana,<br />
in modo che chi si trova in<br />
una situazione di emergenza possa<br />
chiedere aiuto rapidamen<strong>te</strong> con una<br />
chiamata o un messaggio al 113». Anche<br />
perché il servizio delle ronde è limitato<br />
in un orario ristretto, e non “copre”<br />
certo tutti i vagoni dei treni.<br />
La polemica è invece del tutto inutile<br />
e fuori luogo per il consigliere di<br />
maggioranza Aldo Brandirali (Pdl):<br />
«Inutile e stupida, perché par<strong>te</strong> dall’idea<br />
che un servizio pubblico possano<br />
svolgerlo solo agenti pubblici, e non lo<br />
si possa appaltare a privati. La storia<br />
dell’associazionismo milanese racconta<br />
che anche i privati possono svolgere<br />
un bene comune. Non vedo proprio<br />
quale sia il problema se un settore dell’amministrazione<br />
pubblica finanzia<br />
in<strong>te</strong>rventi di associazioni che contribuiscono<br />
a <strong>te</strong>nere l’ordine in città».<br />
Le cose cambiano però, puntualizza<br />
Brandirali, se si considerano gli scopi<br />
di ques<strong>te</strong> associazioni: «A me stanno<br />
bene associazioni come i City Angels,<br />
perché hanno un’impronta di solidarietà.<br />
Qui invece abbiamo affidato l’appalto<br />
a un’associazione che è altro: se le<br />
ronde devono farle persone che hanno<br />
una vocazione militaresca e di picchiatori,<br />
allora è giusto fermarle»..<br />
30. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
Le “ronde del sociale”<br />
Sulle tracce dell’“uomo cipolla”,<br />
in centro c’è sempre un amico<br />
L’“uomo cipolla” S<strong>te</strong>fania lo conosce da parecchio <strong>te</strong>mpo.<br />
È un senza dimora che, da anni, vive nel centro di Milano, tra San Babila<br />
e il portico di piazza dei Mercanti, dove si rifugia a dormire. Lei lo chiama<br />
così perché è un vecchietto minuto, ma che sembra un omone a causa<br />
dei mol<strong>te</strong>plici strati di vestiti che indossa, infilati uno sopra l’altro, e per<br />
i sacchetti di plastica, tutto il suo patrimonio, che porta legati addosso.<br />
S<strong>te</strong>fania Seccareccia ha cominciato ad avvicinarsi a lui quando era una<br />
volontaria dei City Angels e tut<strong>te</strong> le settimane faceva la “ronda” nel tragitto<br />
tra piazza Duomo e San Babila, distribuendo tè caldo ai tanti clochard che<br />
la sera si radunano in centro per passare la not<strong>te</strong>. Lo scorso anno ha deciso<br />
di lasciare i City Angels: «In autunno c’è stata una sorta di diaspora<br />
dei volontari storici: non ci riconoscevamo più negli scopi dell’associazione,<br />
ci sembrava che dall’obiettivo della solidarietà si fosse passati a quello<br />
della sicurezza. Ma una sicurezza “poliziesca”, non la sicurezza sociale che<br />
volevamo creare con l’assis<strong>te</strong>nza. E questo mutamento non ci stava bene».<br />
Nelle settimane successive, però, il dubbio ha preso a roderla, circa la sor<strong>te</strong><br />
del suo “uomo cipolla” e degli altri senza dimora del centro. «Con alcuni –<br />
racconta S<strong>te</strong>fania – avevamo instaurato un rapporto di conoscenza: col<br />
<strong>te</strong>mpo avevano iniziato a raccontarci qualcosa di loro, ci aspettavano tut<strong>te</strong><br />
le settimane. Così, dopo aver smesso di fare servizio “in divisa”, mi sono<br />
accorta che mi mancavano. E una sera, parlando con amici, anch’essi orfani<br />
dell’impegno in altre realtà sociali, abbiamo deciso di tornare sulla strada».<br />
Allora è nata Street Life (Vita di strada), che conta oggi, dopo otto mesi<br />
di attività, una ventina di volontari. Amano definirsi semplicemen<strong>te</strong><br />
“un gruppo di amici”, che ogni venerdì sera “fa la ronda” per distribuire<br />
qualcosa da bere e qualche pacchetto di cracker ai diseredati che<br />
bazzicano le vie centrali. «La bottiglietta di tè ovviamen<strong>te</strong> è la scusa per<br />
avvicinarli, l’obiettivo è conoscerli, ascoltarli e magari, per uno su cento,<br />
provare a fare qualcosa. Con qualcuno ci siamo riusciti. Ad esempio con<br />
un uomo che dormiva in stazione Centrale e ora, da un anno, vive in una<br />
comunità. È il nostro orgoglio». Street Life ha avviato una collaborazione<br />
con Sos Exodus, servizio storico della Centrale: «Don Antonio Mazzi,<br />
presiden<strong>te</strong> della Fondazione Exodus, da <strong>te</strong>mpo pensava di attivare anche<br />
un’unità di strada: noi uscivamo già il venerdì sera e così ci siamo proposti».<br />
Street Life è attiva in corso Vittorio Emanuele tutti i venerdì dalle 22<br />
alle 24; negli ultimi mesi, da quando i volontari sono aumentati, qualcuno<br />
si spinge nelle zone limitrofe, via Hoepli, piazza Liberty e piazza Diaz.<br />
Ma loro non sono stati certo i primi ad arrivare qui. Il centro di Milano non<br />
è mai “scoperto”: la Ronda della carità e della solidarietà, ad esempio, gira<br />
da ques<strong>te</strong> parti il lunedì e il mercoledì. «Parcheggiamo il nostro camper<br />
in piazza Fontana e i senza dimora della zona si concentrano qui, dove<br />
distribuiamo qualcosa da mangiare – spiega la presiden<strong>te</strong>, Magda Baietta –.<br />
Poi facciamo il giro a piedi, fino a piazza San Babila e ritorno. Quindi ci<br />
spostiamo alla stazione Cadorna il lunedì e a Porta Genova il mercoledì».<br />
Il giovedì in centro è il giorno dei City Angels, mentre tut<strong>te</strong> le altre sere<br />
è presen<strong>te</strong> un’unità mobile della Croce Rossa, affiancata il mar<strong>te</strong>dì<br />
dai volontari di Sant’Egidio. Ronda, City Angels e Croce Rossa (con<br />
l’aggiunta, ma solo in inverno, dei Fra<strong>te</strong>lli di San Francesco), quasi tutti<br />
i giorni percorrono con la loro unità mobile anche altre stazioni e altri<br />
quartieri della città. La Caritas, invece, da un paio di anni ha attivato una<br />
“ronda a piedi”, che presta servizio e ascolto ai senza dimora in orari diurni.
l’altra milano<br />
Viene dalla Romania. Si è inventato un lavoro. Al pos<strong>te</strong>ggio Atm...<br />
Stampella e sorrisi di Cos<strong>te</strong>l,<br />
l’angelo delle macchinet<strong>te</strong><br />
di Antonio Vanzillotta<br />
C<br />
Al self service aiuta<br />
gli automobilisti frettolosi.<br />
«Così riesco a guadagnare<br />
qualcosa in maniera onesta»<br />
OSTEL È ARRIVATO DALLA ROMANIA DIGIUNO DI ITALIANO. PARLA POCO E MALE LA NOSTRA<br />
lingua. Ma l’insufficien<strong>te</strong> vocabolario non è un problema. Come molti suoi<br />
connazionali, si è inventato un “lavoro”. Utile a se s<strong>te</strong>sso e agli altri. Cos<strong>te</strong>l<br />
ci tiene a sottolineare che non ha padroni. E che non vuole creare disagi: né<br />
all’Atm, l’azienda di trasporto, che procura i clienti, e neanche agli automobilisti.<br />
Semplicemen<strong>te</strong>, ha scelto una mansione curiosa, al limi<strong>te</strong> innovativa:<br />
spiega agli u<strong>te</strong>nti come pagare il parcheggio della stazione della metropolitana<br />
di Famagosta.<br />
Cos<strong>te</strong>l è quaran<strong>te</strong>nne. Sul lavoro si muove con circospezione, dato che il<br />
suo impiego non è proprio regolare... Alle domande risponde in modo vago.<br />
Intanto i suoi occhi ballano; uno al clien<strong>te</strong>, uno alle scale.<br />
«Le forze dell’ordine, sia pubbliche che priva<strong>te</strong>, duran<strong>te</strong> le incursioni non<br />
sono molto simpatiche», racconta. La presenza di Cos<strong>te</strong>l non sembra, però,<br />
creare problemi. «Abbiamo un accordo di rispetto reciproco – spiegano dipendenti<br />
Atm di passaggio –. Finche sta giù, davanti alle macchinet<strong>te</strong>, senza<br />
dare fastidio, può stare tranquillo che nessuno lo caccia».<br />
Il lavoro di Cos<strong>te</strong>l è semplice quanto geniale. Pagare un parcheggio con<br />
una macchinetta automatica non è mai così<br />
semplice come sembra. Ed ecco che, in caso di<br />
necessità, compare lui, l’angelo custode del pos<strong>te</strong>ggio<br />
Atm. Un lavoratore “atipico”, che segue<br />
gli automobilisti con dedizione. Cos<strong>te</strong>l passeggia<br />
davanti ai distributori del parcheggio munito<br />
di stampelle e bicchiere per le offer<strong>te</strong>, sorride<br />
agli avventori, e tra questi c’è chi ricambia e chi china la <strong>te</strong>sta e prosegue.<br />
Quando capita che automobilisti frettolosi schiaccino i comandi del pagamento<br />
self-service in modo convulso, con scarsi risultati, Cos<strong>te</strong>l, con molta<br />
discrezione, chiede se si tratta di un parcheggio giornaliero o settimanale, e<br />
se serve o meno la ricevuta. Dopo un primo momento di sorpresa, non sono<br />
pochi quelli che si affidano all’uomo. Il quale, facendosi spazio con il suo<br />
modo goffo di camminare, si avvicina al distributore e in pochi secondi soddisfa<br />
il “clien<strong>te</strong>”, ricevendo in cambio qualche spicciolo.<br />
«Vedi? Non importuno nessuno. É un lavoro che mi diver<strong>te</strong> e mi piace.<br />
Non creo problemi a nessuno, riesco a guadagnare qualcosa in maniera<br />
onesta. E anche utile. Poi mi sono scelto un lavoro vicino a casa. Abito qui<br />
vicino: avendo problemi a camminare a lungo, questo è l’unico modo in cui<br />
riesco a sopravvivere in modo onesto». Quando chiediamo il motivo della<br />
stampella, dice solo che ha problemi, non aggiunge altro. Infine afferma che<br />
in Italia è solo di passaggio, e tra non molto tornerà al suo paese. Ma il suo<br />
carat<strong>te</strong>re introverso gli impedisce di dire di più. Sfoggia solo un sorriso. Lo<br />
s<strong>te</strong>sso sorriso che rivolge a tutti i clienti del “suo” parcheggio..<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis<br />
.31
scarpmilano<br />
Giovani e meno giovani. Breaker, latinos, filippini. Pure molti<br />
italiani. Tribù che ballano, nel sottopassaggio di porta Venezia<br />
Danze in metrò,<br />
passione underground<br />
di Simona Brambilla<br />
Sono italiani, africani, filippini. Ma anche ecuadoregni, peruviani e marocchini.<br />
Sono i ragazzi che ogni giorno ballano lungo il sottopassaggio della metropolitana<br />
di porta Venezia. Le persone che passano, anche se immerse nella vita<br />
frenetica di Milano, non possono fare a meno di lanciare uno sguardo verso questi<br />
ragazzi dai vestiti larghi e una grande passione per il ballo. Si fanno notare. Alcuni<br />
fanno passi di break dance o coreografie che lasciano davvero a bocca aperta.<br />
Nella Milano dei giovani non ci sono solo disco<strong>te</strong>che ed eccessi ma anche una passione<br />
che tutti i giorni porta decine di ragazzi ad allenarsi faticosamen<strong>te</strong>, per ore e<br />
ore, sotto la metropolitana, per strada e sui muretti.<br />
Alcuni dei ragazzi che oggi si possono trovare in porta Venezia, fino a qualche<br />
mese fa si ritrovavano sul famosissimo<br />
muretto di San Babila, da dove sono<br />
stati allontanati con “l’accusa” di appropriazione<br />
indebita di suolo pubblico.<br />
Loro, però, non si sono dati per vinti.<br />
E hanno cercato un altro luogo adatto<br />
per continuare a ballare.<br />
Occhio a non confondere i gruppi<br />
In metropolitana convivono gruppi diversi<br />
e occorre fare at<strong>te</strong>nzione a non<br />
confonderli: si possono incontrare i<br />
breaker, i latinos e i filippini.<br />
I primi sono giovani di diversa<br />
estrazione etnica, tra cui anche italiani,<br />
che hanno dai 14 ai 30 anni. Una differenza<br />
di età che ha una sua precisa ragione:<br />
tra i breaker vige una sorta di legge<br />
non scritta, per cui il ballo che praticano<br />
(la break dance) non si impara<br />
nelle scuole di danza, ma solo per strada,<br />
da persone più grandi e con maggiore<br />
esperienza. Anche Frod ha iniziato<br />
la sua carriera in San Babila e in portaVenezia,<br />
ora è un breaker di alto livello<br />
che fa anche in<strong>te</strong>rventi educativi<br />
nelle scuole, dove porta non solo una<br />
<strong>te</strong>cnica, ma la s<strong>te</strong>ssa cultura della strada.<br />
I breaker sono molto salutisti: non<br />
bevono, non fumano, si allenano duramen<strong>te</strong>.<br />
L’unico aiuto che si concedono<br />
sono bevande come gli in<strong>te</strong>gratori, che<br />
li aiutano a sopportare meglio gli sforzi<br />
32. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
fisici che il loro tipo di danza richiede.<br />
I latinos (latinoamericani), invece,<br />
fanno largo uso di alcolici, soprattutto<br />
birra, non duran<strong>te</strong> l’allenamento ma<br />
nelle loro esibizioni in disco<strong>te</strong>ca. Questi<br />
gruppi non curano molto l’aspetto<br />
coreografico, come accade invece per i<br />
breaker, ma lavorano molto sulla po<strong>te</strong>nza<br />
fisica delle loro performance per<br />
po<strong>te</strong>re par<strong>te</strong>cipare a vere e proprie sfide<br />
di ballo con altri gruppi della loro s<strong>te</strong>ssa<br />
area geografica di provenienza.<br />
Infine ci sono i filippini. Sono un<br />
gruppo molto chiuso, formato anche da<br />
preadolescenti e“specializzato” non solo<br />
in break e hip hop, ma anche in altri<br />
balli su basi di musica pop e disco. Rispetto<br />
agli altri gruppi, tra i filippini vi<br />
sono moltissime ragazzine, che ballano<br />
tra loro separa<strong>te</strong> dal gruppo dei maschi.<br />
Il ballo come espressione<br />
Maurizio, detto Mauz, è un giovane<br />
breaker che balla da alcuni mesi in portaVenezia.<br />
La sua storia è singolare: viene<br />
dalla Calabria, ha 25 anni e<br />
“breakka” da quando ne aveva 15, ha<br />
vissuto in Germania e ora è tornato in<br />
Italia, a Milano. In tutti questi spostamenti<br />
ha sempre ballato. Fin da piccolo<br />
si è dedicato anima e corpo alla<br />
break, documentandosi anche sulla<br />
« Una volta<br />
le sfide di break<br />
servivano per<br />
evitare le armi<br />
e la violenza.<br />
Oggi chi balla<br />
nella metro<br />
lo fa solo<br />
per passione»<br />
Foto di Luca Meola<br />
Sottosopra<br />
Un breaker prova nel corridoio della stazione<br />
di Porta Venezia della Linea 1 della<br />
metropolitana di Milano. Molti giovani hanno<br />
scelto la città sot<strong>te</strong>rranea per coltivare la loro<br />
passione per il ballo e socializzare con i loro<br />
coetanei, e in molti casi connazionali
storia di questa danza. «Inizialmen<strong>te</strong> i<br />
breaker si sfidavano ballando per avere<br />
il controllo del <strong>te</strong>rritorio, era un modo<br />
per evitare di usare armi e violenza –<br />
racconta Mauz, parlando delle origini<br />
della break dance, nata nel Bronx di<br />
New York tra gli afroamericani intorno<br />
al 1960, da dove si è espansa molto velocemen<strong>te</strong><br />
in tut<strong>te</strong> le zone“ghetto” delle<br />
grandi metropoli del mondo –. Oggi<br />
chi balla non lo fa per secondi fini, o in<br />
un ambien<strong>te</strong> criminoso, ma per passione.<br />
Una passione così coinvolgen<strong>te</strong> che<br />
a vol<strong>te</strong> è quasi una seconda vita».<br />
Esattamen<strong>te</strong> quella che muove Tonino,<br />
un ragazzo sudamericano che lavora<br />
in un supermercato milanese dalla<br />
mattina fino alle 5 del pomeriggio,<br />
ma appena stacca corre in porta Venezia<br />
ad allenarsi. «<strong>Per</strong>ché – racconta – la<br />
danza, fatta in modo serio, richiede<br />
tanta, ma tanta dedizione».<br />
Da San Babila li hanno cacciati. A<br />
PortaVenezia sono spesso mal sopportati,<br />
anche se animano un sottopasso<br />
abbandonato. Chissà che qualcuno<br />
non si accorga che questi ragazzi promuovono<br />
una forma di aggregazione<br />
(ar<strong>te</strong>?) capace di arricchire la città..<br />
scarpmilano<br />
L’educatore di strada<br />
Ballare, cioè in<strong>te</strong>grarsi<br />
«Ma il comune ci ha “tagliato”»<br />
«Il sottopassaggio della metropolitana di Porta Venezia è un<br />
non-luogo. Teoricamen<strong>te</strong>, avrebbero dovuto esserci dei negozi, ma per varie<br />
ragioni non sono mai stati aperti. Così c’è un lunghissimo spazio vuoto<br />
e inutilizzato, che da qualche <strong>te</strong>mpo viene usato da alcuni ragazzi come<br />
luogo di aggregazione e socializzazione». Così Luca Meola (nella foto)<br />
descrive il corridoio di porta Venezia, uno dei tanti spazi in cui ha lavorato<br />
come educatore di strada per Comunità Nuova. Fino al 2008<br />
il comune ha finanziato un progetto di educativa di strada,<br />
dando in appalto ad alcune associazioni varie zone delle<br />
città: quella di don Gino Rigoldi ha lavorato nella zona 3,<br />
che comprende Lambra<strong>te</strong>, Città Studi e Porta Venezia.<br />
Qui l’équipe ha conosciuto molti ragazzi e ha organizzato<br />
eventi, ad esempio tornei di basket o con<strong>te</strong>st di break dance.<br />
In che cosa consis<strong>te</strong> il lavoro dell’educatore di strada?<br />
La nostra missione è “agganciare” ragazzi pre-adolescenti<br />
e adolescenti, che di solito si ritrovano e socializzano nelle<br />
piazze, nei parcheggi, nei parchi, sui muretti, in metrò...<br />
Quali iniziative ave<strong>te</strong> realizzato con i ragazzi di porta Venezia?<br />
Con i breaker per due anni abbiamo organizzato con<strong>te</strong>st nella metro: vere<br />
e proprie sfide a ritmo di musica tra crew (gruppi). Purtroppo non siamo<br />
riusciti a lavorare molto con filippini e latinos: diversamen<strong>te</strong> dai breaker,<br />
che sono un gruppo poliedrico, sia per età che per nazionalità, sono<br />
compagnie omogenee e le barriere sono mol<strong>te</strong>.<br />
Chi sono dunque i ragazzi che ballano nella metro?<br />
In porta Venezia ci sono tre gruppi: breaker, latini e filippini. I primi sono<br />
ragazzi italiani, e per italiani in<strong>te</strong>ndo anche immigrati di seconda<br />
generazione ben in<strong>te</strong>grati, che vivono in varie parti della città e fanno par<strong>te</strong><br />
di una delle tan<strong>te</strong> crew. All’inizio ho conosciuto un gruppo che mi è rimasto<br />
impresso: i “Banana split”, erano lì quasi tutti i pomeriggi a ballare, ballare<br />
e ballare; stavano a Sesto Marelli, sono stati “sfrattati”, ora continuano<br />
in porta Venezia. Poi ci sono i latinos, che stanno ore e ore a imparare<br />
coreografie hip hop da proporre nelle disco<strong>te</strong>che sudamericane, dove si<br />
sfidano con altri connazionali. Infine i filippini: si ritrovano in alcuni periodi,<br />
ad esempio prima delle fes<strong>te</strong> della loro comunità, a preparare balletti.<br />
Questo progetto educativo si è concluso da oltre un anno. Come lavora<strong>te</strong><br />
oggi con i giovani che vivono questo angolo di Milano?<br />
Purtroppo con i ragazzi di porta Venezia non lavoriamo più: l’assessorato<br />
ai servizi sociali del comune, in un’ottica di riduzione dei servizi, non ha<br />
rinnovato l’appalto alle associazioni che si occupano di educativa di strada.<br />
Il progetto avrebbe dovuto ripartire sotto un’altra ves<strong>te</strong>, ma è tutto fermo.<br />
Quali altre iniziative ave<strong>te</strong> in corso?<br />
Stiamo lavorando con i latinos: negli ultimi mesi si sono verificati episodi<br />
spiacevoli all’in<strong>te</strong>rno dei gruppi appar<strong>te</strong>nenti a questa comunità. Ora più<br />
che mai, bisogna seguire questi ragazzi. Occorre renderli protagonisti della<br />
loro vita e dei loro spazi, per prevenire atti devianti, come l’omicidio,<br />
avvenuto poco <strong>te</strong>mpo a Milano, fa di un giovane membro dei Latin King.<br />
Quale è il livello di devianza e di criminalità tra i latinos?<br />
Non c’è criminalità, se con questo <strong>te</strong>rmine in<strong>te</strong>ndiamo spaccio di droga<br />
o racket. Loro non fanno par<strong>te</strong> di gruppi criminali, ma di vere e proprie<br />
famiglie di strada. Le risse tra bande non avvengono quasi mai per soldi<br />
o per il possesso del <strong>te</strong>rritorio, sono piuttosto scontri “simbolici”, perché<br />
è tipica della loro cultura una socializzazione alla violenza che molto<br />
spesso è legata al largo consumo di alcol.<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .33
storie di via brambilla<br />
I ragazzi del Triboniano scrivono all’assessore: «Ave<strong>te</strong> borse lavoro?»<br />
I rom vogliono lavorare<br />
ma non ci crede nessuno<br />
di Generoso Simeone<br />
I<br />
Sfidando se s<strong>te</strong>ssi e le regole<br />
del campo, i ragazzi hanno<br />
seguito corsi di formazione.<br />
Ma nessuno li vuole assumere<br />
in collaborazione con<br />
ROM NON VOGLIONO LAVORARE. È il luogo comune, spesso utilizzato da chi accusa<br />
i membri di questa etnia di non volersi in<strong>te</strong>grare nella nostra società. Ma nel caso<br />
dei 40 adolescenti del campo di viaTriboniano, area di 14 mila metri quadri,<br />
che il comune di Milano ha attrezzato per ospitare regolarmen<strong>te</strong> 600 rom, forse<br />
è il caso di dire che è vero il contrario: è il mondo del lavoro a non volere i rom.<br />
Da due anni, infatti, 40 ragazzi e ragazze dai 14 ai 18 anni, sono coinvolti dagli<br />
operatori della Casa della carità in vari percorsi formativi, con l’obiettivo di<br />
acquisire basi di conoscenza tali da garantirsi un’occupazione stabile. Dopo<br />
due anni di lavoro e studio, però, le occasioni di impiego per questi adolescenti<br />
sono pressoché nulle. «Sei rom? Abiti alTriboniano? No grazie, non abbiamo<br />
bisogno...». è quanto si sentono rispondere gli adolescenti ogni volta che si presentano<br />
a un po<strong>te</strong>nziale datore di lavoro. Le loro aspettative rimangono mortifica<strong>te</strong>,<br />
tanto che hanno scritto una let<strong>te</strong>ra all’assessore ai servizi sociali del comune<br />
di Milano, Mariolina Moioli, esortandola a in<strong>te</strong>rvenire con l’istituto delle<br />
borse-lavoro, che il comune può met<strong>te</strong>re a disposizione in questi casi. Sono<br />
solo due, però, quelle che Palazzo Marino nel frat<strong>te</strong>mpo è riuscito a garantire.<br />
Gli operatori della Casa della carità raccontano della grande fatica fatta per<br />
convincere questi ragazzi ad accettare i corsi di<br />
formazione. Si tratta di ragazzi che vivono quotidianamen<strong>te</strong><br />
in un con<strong>te</strong>sto sempre al limi<strong>te</strong><br />
dell’illegalità e che difficilmen<strong>te</strong> riescono a comprendere<br />
l’utilità di un percorso regolare di studi<br />
e professionalizzazione. Nonostan<strong>te</strong> ciò, in 40<br />
hanno hanno comunque deciso di cominciare<br />
questa strada e, spesso, i laboratori professionali sono stati abbinati al conseguimento<br />
della licenza di scuola media. Quindi, all’in<strong>te</strong>rno dei corsi di cucina,<br />
manu<strong>te</strong>nzione di in<strong>te</strong>rni ed elettricista, hanno seguito anche lezioni di italiano<br />
e ma<strong>te</strong>matica.<br />
In questo con<strong>te</strong>sto la collaborazione del SeAd, Servizio adolescenti del comune<br />
di Milano, e in particolare con il Centro di via Fleming, è stata decisiva.<br />
La maggior par<strong>te</strong> dei ragazzi ha fatto registrare una frequenza scolastica positiva.<br />
Le difficoltà ci sono sta<strong>te</strong>, specie all’inizio, ma con il passare dei mesi è<br />
cresciuto l’entusiasmo, anche perché si avvicinava il momento di met<strong>te</strong>rsi alla<br />
prova nel mondo del lavoro. Una possibilità che, però, finora è rimasta solo<br />
sulla carta. “Senza la possibilità di cogliere nuove vie – hanno scritto i ragazzi<br />
nella let<strong>te</strong>ra all’assessore – non ci sarà modo di lasciare quel mondo un po’ folle<br />
che è il campo di Triboniano”.<br />
Nel frat<strong>te</strong>mpo, infatti, sei di quei 40 ragazzi sono stati colti dalle forze dell’ordine<br />
in flagranza di reato. Due ragazzine sorprese a commet<strong>te</strong>re furti in un supermercato,<br />
quattro ragazzini beccati mentre rubavano dei motorini. Quando<br />
si è senza opportunità legali, si finisce per coglierne altre..<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .35
scarpmilano<br />
Serata a “Dialogo nel buio”, in<strong>te</strong>nsa proposta dell’Istituto<br />
dei Ciechi. Il panico si vince scoprendo gli altri come risorse<br />
Passi nell’oscurità<br />
ansia e affidamento<br />
di Grazia Sacchi<br />
Era da <strong>te</strong>mpo che volevo fare il percorso di “Dialogo nel Buio”, ma non<br />
mi decidevo. Dal 2005 in pianta stabile, all’Istituto dei Ciechi di via Vivaio, ”Dialogo”<br />
è stata visitata con curiosità e affetto da almeno 210 mila persone. E io non mi<br />
ero ancora decisa. Fino a un sabato mattina di poche settimane fa, al lavoro, quando<br />
ne parlo alle mie colleghe e loro, lancia in resta, si dimostrano entusias<strong>te</strong>. Al che<br />
– cosa strana – sono io a ritrarmi: la paura del buio e la claustrofobia mi pizzicano<br />
la ragione. Lo dico alle imperturbabili colleghe e Elena mi suggerisce di pensare a<br />
“Dialogo nel Buio” come a una prova da superare.<br />
Ha trovato il varco giusto, la Elena. Prendo la parola “possibilità” e la <strong>te</strong>ngo in<br />
saccoccia fino al venerdì della settimana dopo, quando finito il lavoro, alle 20, sia-<br />
mo pron<strong>te</strong> per andare a vedere l’effetto<br />
che fa questo buio. D’esta<strong>te</strong> (fino a<br />
set<strong>te</strong>mbre) il Cafènoir è anche all’aperto<br />
e una voltà lì, se si vuole visitare<br />
“Dialogo”, è sufficien<strong>te</strong> comunicare in<br />
quanti si è.Vengono formati gruppi da<br />
otto persone, e quando il gruppo è<br />
completo si entra. Ci dicono che c’è da<br />
aspettare un po’ e così prendiamo<br />
qualcosa al bar. Mi guardo intorno, e<br />
l’atto del guardare mi rende cari gli occhi:<br />
fra poco non li utilizzerò per 75 minuti<br />
e sa il cielo se ce la farò a sopportare<br />
tutta quell’oscurità.<br />
Sale il buio fuori e dentro di <strong>te</strong><br />
Tocca a noi, ci chiamano, si entra. Ci<br />
fanno lasciare le borse e qualsiasi fon<strong>te</strong><br />
luminosa (cellulari, palmari, orologi) in<br />
un armadietto, e ci danno il bastone<br />
bianco dei non vedenti, da <strong>te</strong>nere nella<br />
mano destra. Avanziamo. Otto persone<br />
in fila indiana con la mano sinistra appoggiata<br />
alla pare<strong>te</strong> che si piega a sinistra<br />
e poi ancora a sinistra, mentre la luce<br />
si dissolve nel grigio, poi nel grigio<br />
scuro, poi nel nero senza appello.<br />
Siamo nel buio, sono al buio. Giro la<br />
<strong>te</strong>sta, la alzo, cerco anche di vedere con<br />
il naso, ma non vedo nulla, non posso<br />
vedere più nulla. Ci siamo dissolti tutti,<br />
il nostro corpo è sparito nel fosco più<br />
profondo. Sembriamo delle radio, e le<br />
36. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
Foto: Absorbitorium<br />
nostre voci incontrano la voce femminile<br />
bellissima, tonda, allegra (e con una<br />
punta d’inflessione piemon<strong>te</strong>se) della<br />
guida, che ci prende in consegna.<br />
Si chiama Laura, è ipoveden<strong>te</strong>, fa la<br />
fisio<strong>te</strong>rapista e da due anni lavora anche<br />
a “Dialogo nel Buio”. è curioso il titolo<br />
che hanno dato a questa mostra,<br />
eppure è quello che sta accadendo nel<br />
nostro gruppo. Vicinanza fisica, contatti<br />
con scontro di bastoni bianchi,<br />
voci che chiamano altre voci per localizzarsi:<br />
l’at<strong>te</strong>nzione è sul dialogo e<br />
non sul buio.<br />
Un percorso per comprendere<br />
Solo chi parla esis<strong>te</strong>, nei 75 minuti di<br />
buio di questa mostra, frontiera oscura<br />
da attraversare, passaggio condensato<br />
di emozioni da accogliere e condividere.“Dialogo<br />
nel Buio” non sono mille<br />
metri quadrati che mettono in scena la<br />
condizione della cecità, simulandola<br />
per i normovedenti. è piuttosto un percorso<br />
di sensibilizzazione e confronto<br />
sull’emarginazione e la discriminazione<br />
in cui vivono i disabili visivi, puntando<br />
al dialogo, oltre gli s<strong>te</strong>reotipi e le difficoltà<br />
di approccio reciproco, tra il <strong>te</strong>ssuto<br />
normodotato della società e le capacità<br />
dei non vedenti o ipovedenti,<br />
mutazioni vitali originali, origina<strong>te</strong> dal<br />
loro vissuto.<br />
L’affidamento alla guida, a Laura, è<br />
totale. Prima di cominciare il giro, che si<br />
muoverà dentro cinque ambienti scenografati<br />
in modo realistico e separati<br />
da altrettan<strong>te</strong> por<strong>te</strong> scorrevoli, con Laura<br />
rimaniamo alcuni istanti fermi, per<br />
abituarci a questa nuova dimensione,<br />
sia nello spazio che in<strong>te</strong>riore.<br />
Passano i minuti e, complice il primo<br />
spazio che attraversiamo, ci sentia-
« La stanza che<br />
genera ansia<br />
racchiude<br />
una porzione<br />
di città: traffico,<br />
semafori, palazzi.<br />
Caos allo stato<br />
puro. Così vado<br />
a sbat<strong>te</strong>re contro<br />
il buio mentale»<br />
mo tutti molto più dis<strong>te</strong>si e avanziamo<br />
incuriositi e at<strong>te</strong>nti, toccando per <strong>te</strong>rra<br />
per capire dove camminiamo, o annusando<br />
e toccando le pian<strong>te</strong> aromatiche<br />
che ci sfiorano. Il buio è sempre meno<br />
ostile, è una sorpresa per me essere così<br />
calma e <strong>te</strong>nere a bada l’accoppiata<br />
“buio & claustrofobia”: questo accade<br />
(ce lo ricorda Laura) perché gli altri sensi<br />
si sono fatti avanti e stanno raccogliendo<br />
informazioni per farci orientare.<br />
Prosegue il giro, e i nostri piedi poggiano<br />
su qualcosa di soffice. Si cammina<br />
a fatica; aiutati da Laura, saliamo un<br />
gradino per sis<strong>te</strong>marci su quella che<br />
sembrerebbe una panca, ma poco dopo<br />
salpiamo. Ci muoviamo sull’acqua,<br />
dentro una not<strong>te</strong> che, penso, non è solo<br />
quella che scippa il sole quando è il momento,<br />
ma è quella che, per qualcuno,<br />
non finisce mai. È dura“navigare” e cercare<br />
di non ricordarsi com’è fatto il mare,<br />
cacciare dal mio archivio visivo la sua<br />
immagine. Non è proprio possibile. Se<br />
invece accolgo l’idea che ci stiamo spostando<br />
sull’acqua senza po<strong>te</strong>r vedere<br />
nien<strong>te</strong>, e mi concentro sul vento e sulle<br />
onde che cingono calme la chiglia, succede<br />
che la magia trova un posto sul<br />
piccolo gozzo, e in quegli istanti ogni<br />
destinazione diventa possibile in questo<br />
buio aperto che ci emoziona.<br />
La città, approccio devastan<strong>te</strong><br />
Altro“ambien<strong>te</strong>”, una casa, entriamo e ci<br />
sono un sacco di cose da toccare, riconoscere,<br />
persino una scritta a pare<strong>te</strong>. La<br />
presenza di alcuni libri su un tavolo fa<br />
scattare domande a Laura su come riesce<br />
a leggere. Ci parla della Barra Braille<br />
(che applicata a un qualsiasi compu<strong>te</strong>r,<br />
trasforma il con<strong>te</strong>nuto di una riga del<br />
monitor in un <strong>te</strong>sto Braille a rilievo), del-<br />
L’esperienza<br />
Camminare come e con i ciechi,<br />
un percorso che sensibilizza<br />
“Dialogo nel Buio”<br />
è una mostra grazie alla quale<br />
i visitatori percorrono nel buio<br />
un viaggio in diversi scenari realistici,<br />
esplorati con l’assis<strong>te</strong>nza di una guida<br />
non veden<strong>te</strong> o ipoveden<strong>te</strong>.<br />
. L’obiettivo di DnB è diffondere<br />
la cultura dell’in<strong>te</strong>grazione<br />
e promuovere il ruolo attivo<br />
delle persone non vedenti<br />
o ipovedenti nella società. L’ipovisione è un’al<strong>te</strong>razione che provoca<br />
un’acu<strong>te</strong>zza visiva molto ridotta. Restrizione del campo visivo,<br />
visione sfuocata, comparsa di macchie scure: questi alcuni fra i disagi<br />
che condizionano la vita quotidiana degli ipovedenti.<br />
Può essere un passaggio verso la cecità, parziale o totale.<br />
. DnB nasce nel 1988 da un’idea del giornalista <strong>te</strong>desco Andreas<br />
Heinecke, che realizza il primo percorso sensoriale a Francofor<strong>te</strong>.<br />
Da allora il successo di questa iniziativa si è clonato inarrestabile in 17<br />
paesi nel mondo, in Canada, Europa, Israele, Messico, Giappone e Brasile.<br />
. Dal 2005 DnB è all’Istituto dei Ciechi di Milano, una delle più antiche<br />
istituzioni della città, che da 170 anni si occupa delle problematiche<br />
lega<strong>te</strong> all’handicap visivo.<br />
INFO www.dialogonelbuio.org e www.istciechimilano.it<br />
la sin<strong>te</strong>si vocale<br />
(che è un apparecchioes<strong>te</strong>rnoin<strong>te</strong>rno<br />
al compu<strong>te</strong>r,<br />
che può<br />
farlo parlare, tramutando<br />
in suono<br />
il con<strong>te</strong>nuto<br />
dello schermo),<br />
dello screen reader<br />
(che è un programma che stabilisce<br />
quale par<strong>te</strong> dello schermo verrà evidenziato<br />
dalla Barra Braille e quale sarà letta<br />
dalla sin<strong>te</strong>si vocale) e di una nastro<strong>te</strong>ca,<br />
ben fornita di una selezione di libri<br />
su supporto digitale.<br />
La stanza che genera più ansia è ovviamen<strong>te</strong><br />
quella che racchiude una porzione<br />
di città, con traffico, semafori, palazzi,<br />
bancarelle di mercato e strada da<br />
attraversare. È caos puro, a cui s’aggiunge<br />
l’elicot<strong>te</strong>ro che passa rendendo inservibile<br />
il segnale acustico del semaforo<br />
che permet<strong>te</strong>rebbe il superamento<br />
dell’incrocio al momento opportuno.<br />
È l’udito che guida, con l’at<strong>te</strong>nzione<br />
massima riservata all’attimo in cui le<br />
macchine si fermano, per il rosso. Sempre<br />
nel buio arriviamo al bar: c’è musi-<br />
ca e vocìo diffuso,<br />
e proprio lì la<br />
mia claustrofobia<br />
mi fa pagare<br />
pegno, mandandomi<br />
dritta a<br />
sbat<strong>te</strong>re contro il<br />
buio mentale e<br />
respingen<strong>te</strong> che<br />
<strong>te</strong>mevo si presentasse<br />
in un’esperienza così.<br />
Riesco, però, di nuovo ad aprirlo,<br />
il mio buio, e a farci entrare quello<br />
che ascolto intorno a me, e che mi<br />
aiuta: una versione di Azzurro che sta<br />
nascendo es<strong>te</strong>mporanea dalle mani<br />
del suonatore Jones, al piano, e dal<br />
coro delle persone che sono sedu<strong>te</strong><br />
vicine, intorno al tavolo. Mi commuove<br />
cantare, nel buio, “mi accorgo<br />
di non avere più risorse senza di <strong>te</strong>” –<br />
al solito le canzoni, fa<strong>te</strong> sapienti, arrivano<br />
al momento giusto – e quel “mi<br />
accorgo di non avere più risorse senza<br />
di <strong>te</strong>” mi pare subito la frase faro<br />
che potrebbero sussurrarsi l’un l’altra,<br />
in un ipo<strong>te</strong>tico <strong>te</strong>lefono senza fili,<br />
le persone che si sono incontra<strong>te</strong><br />
qui, stasera..<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .37
38. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
torino<br />
Suor Simona si occupa, in Bolivia, di istruzione dei minori.<br />
Dalla sua esperienza, stimoli anche per noi...<br />
A lezione<br />
dalla suora<br />
di Pasquale Zuppardo<br />
Simona è una suora domenicana diTorino, che da quasi trent’anni è in<br />
missione in America Latina (Argentina prima, poi Bolivia). Incontrarla è stato come<br />
prendere una boccata di ossigeno. Suor Simona ha avuto il merito di farci ricordare<br />
che il mondo è ben più grande e complesso del nostro piccolo giardino, che <strong>te</strong>ntiamo<br />
di“difendere” con politiche sempre più respingenti. Politiche che, a ben guardare,<br />
raccolgono e racchiudono il sentire comune di tanti, e forse anche par<strong>te</strong> del<br />
nostro, preoccupati come siamo di difendere con le unghie e con i denti il nostro<br />
piccolo benessere.<br />
É come se la grave crisi strutturale che l’economia mondiale sta vivendo, imputabile<br />
ai “grandi” e ai “po<strong>te</strong>nti” del capitalismo sfrenato e senza limiti, dovesse essere<br />
pagata ul<strong>te</strong>riormen<strong>te</strong> da chi è più<br />
oppresso, sfruttato e impoverito in nome<br />
di quello s<strong>te</strong>sso capitalismo. A chi è Ely<br />
in difficoltà e <strong>te</strong>me per il futuro, come<br />
tanti italiani lo sono e lo saranno sem- Forse non l’hai mai capito<br />
pre di più, servono capri espiatori, a cui che sei dentro prepo<strong>te</strong>n<strong>te</strong><br />
imputare la colpa delle condizioni so-<br />
in un sogno infinito<br />
ciali differenti. È l’antica logica del divide<br />
et impera, una guerra tra poveri che che mi romba nella men<strong>te</strong>.<br />
viene alimentata senza che siamo capa-<br />
Tu con gli occhi tuoi stupendi<br />
ci di maturare la coscienza e acquisire<br />
la chiarezza sui meccanismi che divido- hai turbato la mia pace<br />
no il mondo in ricchi e poveri, sazi e af-<br />
e quei modi tuoi giocondi<br />
famati.<br />
par d’un angelo la voce.<br />
<strong>Per</strong>dersi per l’influenza<br />
Dolce Eliana sto morendo<br />
Suor Simona ha quasi sempre lavorato<br />
in quartieri molto popolari, con i bam- so di certo non ti avrò<br />
bini, facendo con loro e per loro recu-<br />
è comunque<br />
pero scolastico. Le classi in quei paesi<br />
sono molto affolla<strong>te</strong> e i bambini non<br />
un sogno in fondo<br />
possono essere seguiti in maniera ade-<br />
come tale lo vivrò.<br />
guata. I più fragili e i più deboli sono<br />
quindi destinati a rimanere indietro,<br />
Ora not<strong>te</strong> buia arriva<br />
abbandonati a se s<strong>te</strong>ssi…<br />
nel mio letto<br />
Quella che ci ha offerto suor Simo-<br />
senza sonno<br />
na è stata una prospettiva diversa,<br />
un’inversione di <strong>te</strong>ndenza: ha posto l’at- la tua faccia pura e viva<br />
<strong>te</strong>nzione sui più deboli, fatto importan-<br />
e silen<strong>te</strong><br />
<strong>te</strong> perché anche loro hanno diritto a crescere<br />
e a essere cittadini consapevoli e<br />
viene giorno.<br />
ar<strong>te</strong>fici del proprio destino. Si cresce e si<br />
Demo<br />
matura con l’istruzione e l’educazione.<br />
È un po’ come insegnare a pescare, invece<br />
che distribuire il pesce.<br />
Certi incontri sono poi molto importanti<br />
perché aiutano a riflet<strong>te</strong>re e a<br />
capire come le notizie forni<strong>te</strong> dai mezzi<br />
di comunicazione sono molto spesso<br />
pilota<strong>te</strong> e funzionali a un sis<strong>te</strong>ma escluden<strong>te</strong>.<br />
Suor Simona ci ha detto che la<br />
Bolivia è uno dei paesi più colpiti dalla<br />
recen<strong>te</strong> pandemia di influenza e le vacanze<br />
invernali (là ora è inverno) sono<br />
sta<strong>te</strong> protrat<strong>te</strong> a cinque settimane; lei<br />
era molto dispiaciuta perché in un periodo<br />
così lungo i bambini rischiano di<br />
perdersi. Forse non andranno più a<br />
scuola e nemmeno alle lezioni di recupero.<br />
Ripensandoci bene, qualcuno ha<br />
letto o sentito la notizia che in Bolivia c’è<br />
una così grave epidemia di influenza –e<br />
questo è un pericolo in un paese in cui<br />
le difese immunitarie sono indeboli<strong>te</strong><br />
dalla denutrizione – come e forse più<br />
che negli Stati Uniti? Certi uomini e cer<strong>te</strong><br />
donne valgono meno di altre, a seconda<br />
di dove sono colloca<strong>te</strong> o na<strong>te</strong>?<br />
Camminare con l’umanità<br />
Pensieri sparsi mi affiorano alla men<strong>te</strong><br />
dopo l’incontro con suor Simona, una<br />
persona semplice, senza retorica, che<br />
non crea barriere, che sen<strong>te</strong> come un<br />
compito affidatole quello di camminare<br />
a fianco di un’umanità ricca di valori<br />
e dignitosa, ma <strong>te</strong>nuta povera perché<br />
non cresca. È il suo contributo alla pace,<br />
alla fra<strong>te</strong>llanza, a un mondo migliore.<br />
E questo diventa stimolo per tutti,<br />
anche per me, a non assecondare politiche,<br />
prassi e mentalità scandalosamen<strong>te</strong><br />
respingenti e a favorire accoglienza<br />
per la crescita e la dignità di tutti.<br />
<strong>Per</strong>chè il mescolamento dei popoli e<br />
delle razze è una ricchezza per tutti..
Ma l’amore<br />
che cos’è?<br />
scarptorino<br />
Quanti autori hanno trattato l’argomento! Ma nessuno<br />
ha saputo svelare il segreto. E così, un bambino domanda...<br />
di Luca Pinardi<br />
Un brivido sulla pelle, il sangue che ti riscalda con vampa<strong>te</strong> in tutto<br />
il corpo, la saliva che ti si secca in gola, e poi finalmen<strong>te</strong> un bacio sulla bocca con<br />
la persona che ami. E tutto questo lo chiami amore? Cos’è dunque un bacio?<br />
Secondo Edmond Rostand (nel suo Cyrano de Bergerac) il bacio è un apostrofo<br />
rosa tra le parole “t’amo”. Parole cor<strong>te</strong>, se vuoi, ma piene di significato: distingui<br />
il sesso dall’amore vero, gli dai una valenza sacrale che va oltre ogni <strong>te</strong>mpo.<br />
L’amore di coppia, dunque. Quanti autori hanno trattato questo argomento?<br />
Ma nessuno di loro ha mai saputo dire quale sia il segreto per far funzionare al<br />
meglio questo rapporto, pur fra le mille difficoltà della vita. Io sono portatore di<br />
ques<strong>te</strong> difficoltà, ma sono anche un’ottimista per natura e a differenza di Ro-<br />
stand – il suo pessimismo era tale che<br />
sospettava persino della sincerità dei<br />
pessimisti –, io credo veramen<strong>te</strong> nella<br />
lealtà dell’amore, anche quando questo<br />
si allontana nel <strong>te</strong>mpo fino a quasi<br />
sbiadire.<br />
Mi colse all’improvviso<br />
Un giorno mio figlio mi chiese: «Papà,<br />
che cos’è l’amore»? Mi colse così all’improvviso<br />
che esitai un attimo, poi<br />
gli dissi che l’amore è quando due persone<br />
si incontrano, si piacciono e sublimano<br />
il loro amore nell’atto più sacro<br />
e significativo: quello di procreare<br />
un figlio, amarlo, allevarlo e curarlo nel<br />
migliore dei modi nella loro unione<br />
coniugale. Mio figlio continuò dicendo<br />
che allora io e la mamma non ci<br />
amavamo più, visto che non abitavamo<br />
più insieme. Allora gli ho spiegato<br />
che a vol<strong>te</strong> le cose non vanno esattamen<strong>te</strong><br />
come le vorresti, semplicemen<strong>te</strong><br />
non andavamo più d’accordo e non<br />
riuscivamo più a dialogare, da qui la<br />
nostra scelta di lasciarci. Allora mio figlio<br />
mi mise in crisi dicendomi che allora<br />
non volevo più bene nemmeno a<br />
lui. Gli spiegai che io volevo ancora bene<br />
alla mamma e soprattutto a lui. Si<br />
mise a piangere e mi disse, tra un singhiozzo<br />
e l’altro: «Scusami papà, ma io<br />
non <strong>te</strong> ne voglio più».<br />
Sono passati diversi anni da allora,<br />
mio figlio ora è cresciuto e ha capito il<br />
vero significato del voler bene a una<br />
persona, frequentando una ragazza<br />
che ama e rispetta. Un giorno a questa<br />
ragazza confidò che io gli volevo veramen<strong>te</strong><br />
bene, che avrebbe voluto riallacciare<br />
il nostro rapporto e che sbagliava<br />
a non parlarmi più. Col <strong>te</strong>mpo<br />
tra noi si instaurò un sincero dialogo e<br />
capimmo tutti e due cosa significasse<br />
amare.<br />
Non ho nulla da aggiungere<br />
Vorrei qui esprimere un mio pensiero<br />
a riguardo di tut<strong>te</strong> le coppie: l’amore è<br />
ancora più for<strong>te</strong> quando a vol<strong>te</strong> si è<br />
lontani, ma non per questo cessa. L’amore,<br />
quello vero e sincero, è molto simile<br />
all’amicizia, purché ci sia dialogo,<br />
voglia di met<strong>te</strong>rsi in discussione con<br />
umiltà e sincerità, e le parti siano par<strong>te</strong>cipi<br />
attivamen<strong>te</strong> ai bisogni dell’altro,<br />
pur man<strong>te</strong>nendo la loro unicità di persone.<br />
Caro figlio, non ho nulla da aggiungere,<br />
se non che ti voglio bene e che mi<br />
dispiace se hai sofferto, ma sappi che<br />
anch’io ho sofferto nel non averti accanto<br />
mentre tu crescevi.<br />
Un bacio e un abbraccio, tuo papà<br />
Luca..<br />
<strong>Per</strong> <strong>te</strong><br />
Una mattina<br />
mi sono svegliata<br />
ed ero donna,<br />
ma la cosa più brutta<br />
era che tu<br />
non <strong>te</strong> ne sei mai accorto<br />
che quel bocciolo<br />
era sbocciato<br />
in una bellissima rosa<br />
e tu l’hai fatta<br />
appassire<br />
perché non l’hai<br />
saputa curare<br />
e così sono<br />
morta dentro,<br />
ma ora ho trovato <strong>te</strong><br />
che mi hai fatto<br />
di nuovo rifiorire,<br />
grazie di questo,<br />
amore mio.<br />
Piera Coppa<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .39
40. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
genova<br />
Un mese di festa nel quartiere ex industriale, che sta<br />
mutando pelle. «La trasformazione deve creare nuova socialità»<br />
Cornigliano<br />
cambia un Pop<br />
Festa popolare,<br />
spazio di incontro<br />
L’edizione 2009 di “Pop”,<br />
contrariamen<strong>te</strong> al solito,<br />
si è <strong>te</strong>nuta<br />
a villa Durazzo Bombrini,<br />
un luogo che non è<br />
il centro città<br />
e che lotta da anni<br />
contro il depauperamento,<br />
sociale e urbanistico<br />
di S<strong>te</strong>fano Neri<br />
«Quel che sarà Genova nei prossimi anni dipenderà dalle tan<strong>te</strong> scommesse<br />
che si giocano, in gran par<strong>te</strong>, su questo <strong>te</strong>rritorio. E siamo con<strong>te</strong>nti di po<strong>te</strong>r<br />
dare il nostro piccolo contributo, che ha voluto essere, per l’appunto, popolare».<br />
L’incontro con Gabriele Taddeo, presiden<strong>te</strong> di Arci Genova, ci ha spalancato le<br />
por<strong>te</strong> di “Pop”, evento culturale e sociale ospitato a Villa Durazzo Bombrini, a Cornigliano,<br />
nel periodo che è andato dall’8 luglio al 2 agosto. Una festa Pop, perché<br />
«Pop vuol dire popolare». Rivolta a tutti i cittadini e a tut<strong>te</strong> le fasce di età della popolazione.<br />
Ma soprattutto, <strong>te</strong>sa alla valorizzazione del <strong>te</strong>rritorio.<br />
Già, il <strong>te</strong>rritorio. Cornigliano, periferia ponentina di Genova, è un quartiere cambiato<br />
in modo quasi brutale, nel passaggio tra fine Ottocento e inizi Novecento: a<br />
spiagge, orti e campagne fiancheggia<strong>te</strong><br />
dalle ville dei nobili genovesi, si sostituirono<br />
le fabbriche, soprattutto per la produzione<br />
dell’acciaio. E le fabbriche portarono<br />
lavoro e futuro, ma si mangiarono<br />
le grazie del passato ed esalarono fumi<br />
e polveri, che annerivano i balconi.<br />
La stagione degli opposti – o il lavoro<br />
o la vita, l’ambien<strong>te</strong>, la storia, la bellezza,<br />
la salu<strong>te</strong> – restò inconciliabile per<br />
tutto il secolo breve, abbat<strong>te</strong>ndo le case<br />
comuni di una volta, le villeggiature di<br />
campagna che furono dei Doria, degli<br />
Spinola, dei Di Negro, con i loro frut<strong>te</strong>ti<br />
e i ricchi giardini che si affacciavano sul<br />
mare, persino il cas<strong>te</strong>llo ottocen<strong>te</strong>sco di<br />
Edilio Raggio, l’uomo più ricco d’Italia.<br />
Dopo i primi insediamenti di fine<br />
Ottocento (lo Stabilimento Delta, le Officine<br />
di riparazione navale Savoia, l’acciaieria<br />
Ansaldo di Campi), il vero sbarco<br />
industriale avvenne intorno alla seconda<br />
guerra mondiale, quando l’Italia<br />
volle dotarsi di un impianto siderurgico<br />
costiero a ciclo in<strong>te</strong>grale e Cornigliano<br />
parve il luogo stra<strong>te</strong>gicamen<strong>te</strong> più adatto:<br />
prima e dopo il conflitto, milioni di<br />
metri cubi di <strong>te</strong>rra colmarono il fondo<br />
marino e fecero da base per gli impianti<br />
maestosi che prima furono di Italsider,<br />
di proprietà statale, successivamen<strong>te</strong><br />
del gruppo privato Riva.<br />
I pescatori divennero operai e il mare<br />
sparì dalla loro vista, i contadini divennero<br />
laminatori e i campi smisero di<br />
fruttare. Il degrado urbano si appesantì<br />
e il <strong>te</strong>ssuto sociale divenne <strong>te</strong>rreno di<br />
forti contrasti, malgrado l’impegno di<br />
gruppi e comitati di quartiere, in particolare<br />
le “Donne di Cornigliano”, attivi<br />
per il recupero di una parziale vivibilità.<br />
Una svolta arrivò solo nel 2005: istituzioni,<br />
imprenditori, parti sociali, raggiungono<br />
l’accordo per porre fine alla<br />
produzione “a caldo”, più inquinan<strong>te</strong>,<br />
senza tagliare posti di lavoro, e riportarono<br />
alla città 350 mila metri quadri di<br />
<strong>te</strong>rritorio, oggi oggetto di una progettazione<br />
per riqualificarli. Dell’eleganza
che, nei secoli, aveva spinto Petrarca a<br />
cantarla e gli aristocratici inglesi a inserirla<br />
nel Grand Tour, Cornigliano è riuscita<br />
a conservare solo Villa Bombrini,<br />
per l’appunto.<br />
Lotta al depauperamento<br />
L’apertura del giardino diVilla Bombrini<br />
in occasione di Pop è stata dunque<br />
un gesto dallo spiccato valore simbolico,<br />
for<strong>te</strong>men<strong>te</strong> caldeggiato proprio dall’Arci:<br />
«Ha avuto l’in<strong>te</strong>nto – dichiara<br />
Taddeo – di sos<strong>te</strong>nere e vivificare una<br />
zona in profonda trasformazione,<br />
estremamen<strong>te</strong> fervida dal punto di vista<br />
associativo. La festa si è <strong>te</strong>nuta, contrariamen<strong>te</strong><br />
al solito, in un luogo che<br />
non è il centro città e che lotta contro il<br />
depauperamento, sociale e urbanistico».<br />
La villa «non è un luogo molto conosciuto»,<br />
ammet<strong>te</strong> il presiden<strong>te</strong> dell’Arci<br />
ed è sempre stata attorniata da<br />
uno stuolo di gasometri: Pop si è inserito<br />
in questo con<strong>te</strong>sto di riqualificazione<br />
e ha in<strong>te</strong>so offrire uno spazio di svago,<br />
cultura, gioco e par<strong>te</strong>cipazione. E, come<br />
già in altre occasioni, le realtà sociali<br />
e associative corniglianesi hanno offerto<br />
un ruolo di supporto indispensabile<br />
per realizzare e gestire le attività: «É<br />
stata una festa, ma soprattutto un momento<br />
di incontro: ha in<strong>te</strong>so favorire<br />
l’aggregazione delle persone, lavorando<br />
con i soggetti del <strong>te</strong>rritorio. Ha insomma<br />
cercato di costituire per il quartiere,<br />
con tutti suoi problemi, un momento<br />
di unione, per rinsaldare lo spirito<br />
di appar<strong>te</strong>nenza».<br />
Le iniziative hanno avuto il sos<strong>te</strong>gno<br />
del Municipio Medio Ponen<strong>te</strong> del<br />
comune di Genova e della “Società <strong>Per</strong><br />
Cornigliano”, che ha per soci regione Liguria,<br />
provincia e comune di Genova<br />
ed è proprietaria delle aree riconverti<strong>te</strong><br />
dello stabilimento siderurgico. Nel 2008<br />
ha acquistato Villa Bombrini, nell’ambito<br />
dell’opera di riqualificazione urbana<br />
del quartiere. Che oggi vive, in definitiva,<br />
un momento importan<strong>te</strong> della<br />
sua storia: «<strong>Per</strong>ché la sua trasformazione<br />
non sia solo un fatto urbanistico, ma<br />
abbia effetti sulla vita sociale – conclude<br />
Taddeo – è necessaria la par<strong>te</strong>cipazione<br />
attiva della cittadinanza e il coinvolgimento<br />
delle associazioni del <strong>te</strong>rritorio<br />
che, da <strong>te</strong>mpo, lavorano per consolidare<br />
il <strong>te</strong>ssuto civico. Con Pop<br />
abbiamo voluto incoraggiare questo<br />
processo»..<br />
scarpgenova<br />
I racconti del mare mosso<br />
La donna, il capitano e la canna<br />
Imprese di un salvatore seriale<br />
«Scusi scusi». «Parla con me?». «Sì, parlo con lei».<br />
«Mi dica…». «Le dico che di lì si deve spostare, perché se arriva un’onda<br />
la porta in acqua».<br />
Il mare…<br />
Mi stavo baciando con una ragazza. A un tratto arriva un’onda. E non<br />
la vedo più (la ragazza). Allora mi butto nell’onda e vedo se la trovo<br />
sott’acqua. Nel frat<strong>te</strong>mpo l’onda la riporta su, tra le mie braccia, e la traggo<br />
in salvo. La devo portare fuori di qua. A riva. Non le chiedo certo dei soldi,<br />
le ho salvato la vita gratis… Alla faccia dei campioni di nuoto che vincono<br />
le medaglie.<br />
Il mare…<br />
Un giorno ero sullo scoglio Serra. Silenzio. C’era un capitano di nave,<br />
che giocava in acqua con la sua barchetta a vela. Era la sua passione.<br />
A un certo punto sento un grido di aiuto. Era lui. Mi levo la ca<strong>te</strong>nina<br />
e nuoto verso di lui. Decio, il pescatore, lo porta a riva. Io all’inseguimento<br />
della barchetta, la riporto indietro. Un regalo, una ricompensa… Ma è una<br />
cosa che mi è venuta naturale!<br />
Il mare…<br />
Una mattina, sempre sullo scoglio Serra, c’era il mare che si ingrossava.<br />
Arriva una coppia di Milano. Dico alla moglie di spostarsi, perché se fosse<br />
arrivata un’onda l’avrebbe travolta… Una volta sulla passeggiata, da<br />
lontano, osservo la donna; arriva un’onda e la trascina in acqua. Il marito<br />
si butta in acqua, per salvarla. La moglie esce fuori e fa affondare il marito,<br />
aggrappandosi a lui. Io e Pino vediamo la scena e corriamo a salvarli.<br />
Io penso alla moglie, Pino al marito. Nel tragitto di ritorno cerco di<br />
rassicurarla. Gliel’avevo detto di allontanarsi… Io di mare me ne capisco…<br />
Il mare…<br />
Una mattina arrivo presto e mi faccio un giretto tra i pescatori. Riconosco<br />
un amico dell’Amt. Il mare gli strappa via la canna da pesca, che finisce<br />
in acqua. «Come va la pesca?», gli chiedo. «Il mare mi ha portato via<br />
la canna!». «Forse posso recuperarla io». «È un ricordo di mia moglie… ma<br />
il mare è mosso, lascia perdere!». «La posso recuperare… se è un ricordo<br />
la recupero!». Faccio passare le onde più po<strong>te</strong>nti. Prendo la prima ondina,<br />
il mare mi trascina, arriva un’altra onda, un’altra ancora, il vento… Aveva<br />
ragione lui… Non ho mai pregato mia mamma, non ho mai pregato Gesù:<br />
«Fammi tornare a riva, con la canna!». Nuoto verso i bagni comunali,<br />
un’onda dopo l’altra, sempre sopra le onde, il vento, la paura, quella paura<br />
che non so se torno a riva. Il vento sposta la canna. Maledetta canna e<br />
maledetto il momento in cui sono entrato in acqua… Devo uscire da ques<strong>te</strong><br />
sabbie mobili. Continuo a pregare, non so se ne esco vivo. Gli scogli,<br />
un pericolo. La passeggiata è piena di gen<strong>te</strong> che rumoreggia. Paura. Finchè<br />
acchiappo la canna. <strong>Per</strong> portarla a riva occorrerà ancora un quarto d’ora.<br />
La stanchezza. Piano piano torno a riva. Applausi, applausi, applausi.<br />
Il pescatore mi dice grazie. Ciao, ciao mare. Così bello, ma così pericoloso.<br />
Domenico Paolo<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .41
Vesna<br />
Stupore dentro le bottiglie sporche<br />
di polvere che incanta i cuori avari,<br />
di pietra già sbronzi la mattina<br />
nelle locande del Nordest.<br />
Vestita di cenci una fanciulla<br />
vaga con indolenza per un incerto sentiero<br />
fra gli alberi spogli e i sepolcri abbandonati<br />
di un cimi<strong>te</strong>ro dove i sospiri dei non morti<br />
le fanno da guardia. Musica di violini intorno<br />
attoniti i viandanti flauti suonano<br />
e le trombe da lontano avanzano len<strong>te</strong><br />
solenni le carovane dei profeti messi al bando<br />
e dei giocolieri annunciano<br />
il martirio di un Dio con la madre stuprata<br />
nato dal loro sangue misto.<br />
Un’indovina legge la mano ai passanti<br />
par<strong>te</strong>cipe per finta di mille aspettative<br />
non chiede che qualche soldo<br />
scaltra a far fessi i vigili che vengono<br />
a portarla in prigione.<br />
Vesna è solo una clandestina diversa,<br />
forse anche nemica,<br />
capelli dorati le solcano il petto<br />
negli occhi l’abisso<br />
di un grave peccato<br />
uccide chi la guarda,<br />
nelle strade sporche di fango<br />
danzano a piedi nudi le sorelle<br />
e improvvisano un canto<br />
veni<strong>te</strong> a noi figlie<br />
dei mortali ci nutriremo<br />
della vostra stirpe.<br />
La gen<strong>te</strong> le guarda ostile,<br />
quasi con odio,<br />
mentre fanno ondeggiare<br />
le gonne scompos<strong>te</strong><br />
sopra le cosce voluttuose,<br />
figlie notturne di una luna occulta.<br />
Han denti appuntiti<br />
sulle labbra insanguina<strong>te</strong><br />
e urlano a chi non le vuole<br />
chi se ne fot<strong>te</strong> delle tue paure?<br />
42.<br />
vicenza<br />
Tre mense, in città, offrono cibo a chi non ha nulla.<br />
Peccato che alcuni malin<strong>te</strong>nzionati rovinino l’ambien<strong>te</strong>...<br />
Buoni i pasti<br />
ma non ci vado più<br />
Pietro Vultaggio<br />
scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
di Maya Mihailova<br />
AVicenza sono attive tre mense per i poveri che, a turno, coprono tutti<br />
i giorni della settimana, garan<strong>te</strong>ndo un pasto caldo. In set<strong>te</strong> anni sono andata a<br />
mangiare in tutti questi posti. <strong>Per</strong> primo ho conosciuto il “Mezzanino” di contrà<br />
della Fascina: lì, dalle 9 alle 10 del mattino, puoi fare colazione con caffè, lat<strong>te</strong>, panini,<br />
brioche. Non ci sono limiti, puoi mangiare e bere quanto vuoi, anche portarti<br />
via un po’ di caffè o lat<strong>te</strong> caldo e un sacchetto di pane. Se il <strong>te</strong>mpo è brutto ti lasciano<br />
stare al caldo anche fino a mezzogiorno. Mar<strong>te</strong>dì, mercoledì e giovedì c’è la<br />
cena: primo, secondo e frutta o dolce. I volontari sono molto gentili, chiedono sempre<br />
se vuoi di più, se hai mangiato abbastanza. I pasti sono buoni e abbondanti.<br />
Al Mezzanino vanno a mangiare tra sessanta e cento persone e se è necessario<br />
ci si divide per turni, ma nessuno è mai<br />
stato mandato via affamato. Io però non<br />
ci vado più, perché mi vergogno del<br />
“nostro” at<strong>te</strong>ggiamento. In tanti arrivano<br />
sporchi, ubriachi o drogati, litigano<br />
tra di loro e con i volontari. E poi sono<br />
aggressivi, non sono mai con<strong>te</strong>nti, si lamentano<br />
del cibo, tan<strong>te</strong> vol<strong>te</strong> arrivano<br />
a fare a bot<strong>te</strong>, qualche <strong>te</strong>mpo fa si sono<br />
presi anche a col<strong>te</strong>lla<strong>te</strong>. Ero presen<strong>te</strong><br />
una volta, cinque anni fa, quando è<br />
scoppiata una rissa in mezzo ai tavoli e<br />
non sono più andata a mangiare lì. Sto<br />
male e non riesco più a mandare giù<br />
nien<strong>te</strong>, mi sento in colpa per loro. Qualche<br />
volta passo alla mattina, prendo un<br />
caffè, perché è buonissimo, me lo porto<br />
via e lo bevo su qualche panchina, ma<br />
mai di domenica che è il giorno libero<br />
delle badanti: arrivano a decine a fare<br />
colazione e a prendere il pane.<br />
Chissà se ne hanno bisogno, io non<br />
lo ri<strong>te</strong>ngo giusto: le persone che lavorano<br />
hanno uno stipendio, vitto e alloggio<br />
garantito, non dovrebbero accedere ai<br />
servizi offerti a chi non ha nien<strong>te</strong>, neanche<br />
un <strong>te</strong>tto.<br />
Santa Lucia e San Martino<br />
Tutti i lunedì, venerdì e sabato c’è il<br />
pranzo alla mensa dei frati francescani<br />
di Santa Lucia, gestita insieme a volontari.<br />
<strong>Per</strong> mangiare lì devi passare ogni 45<br />
giorni alla Caritas, da Luca, per iscriverti<br />
nell’elenco dei commensali. I pranzi<br />
sono buonissimi. La saletta è piccola,<br />
dieci o dodici posti, ma molto accoglien<strong>te</strong>.<br />
Il problema è che devi aspettare<br />
all’aperto finché si libera il posto per<br />
<strong>te</strong>. Gli ospiti sono più tranquilli. Forse<br />
perché se uno si comporta male viene<br />
espulso, cioè perde il diritto di mangiare<br />
lì per un certo periodo. E chi non vuole<br />
soffrire la fame sta at<strong>te</strong>nto. <strong>Per</strong>ò ci sono<br />
i“furbetti”, che, anche se espulsi, fanno<br />
finta di non capire l’italiano o cercano<br />
di convincere il responsabile che<br />
controlla l’elenco che sono appena passati<br />
in Caritas a iscriversi. Insomma,<br />
tanti credono che le regole siano valide<br />
solo per gli altri ma non per se s<strong>te</strong>ssi.<br />
Invece alla domenica e nei giorni di<br />
festa si può pranzare alla Caritas, nella<br />
“Casa San Martino”, dove ogni volta diversi<br />
gruppi di volontari preparano e<br />
servono il pranzo. Tutti possono venire<br />
a mangiare, basta iscriversi. <strong>Per</strong>ò anche<br />
lì non ci vado più. La situazione è più o<br />
meno la s<strong>te</strong>ssa del “Mezzanino”: alcuni<br />
sono sporchi, ubriachi, aggressivi, mancano<br />
di rispetto a chi si dedica ad accoglierli,<br />
a dare da mangiare a far sentire<br />
ognuno meno solo e disperato.<br />
I volontari servono in tavola e sparecchiano,<br />
si siedono a mangiare in
« Certi personaggi<br />
non apprezzano<br />
il bene.<br />
E mettono<br />
a disagio chi<br />
cerca un po’<br />
di normalità.<br />
Almeno quando<br />
mangia...»<br />
mezzo agli ospiti. Certi personaggi, però<br />
(e sono sempre gli s<strong>te</strong>ssi), non apprezzano<br />
il bene. Non sono mai con<strong>te</strong>nti, si<br />
lamentano per il cibo, pre<strong>te</strong>ndono un<br />
trattamento speciale: «Io non mangio<br />
questo, portami qualcos’altro».<br />
Le parole “per favore”, “prego”, “grazie”<br />
non esistono. Solo ordini. Ho sentito<br />
qualcuno di loro dire che i volontari<br />
preparano apposta certi piatti proprio<br />
perché sanno che loro non possono<br />
mangiarli. Non mi iscrivo più e non vado<br />
la domenica a mangiare, e nemmeno<br />
alle fes<strong>te</strong>.<br />
Spero che alla nuova mensa gli ospiti<br />
andranno con il dovuto rispetto e spero<br />
che si sia pensato a controllori o sorveglianti<br />
più at<strong>te</strong>nti. <strong>Per</strong> non permet<strong>te</strong>re<br />
ai malin<strong>te</strong>nzionati di disturbare e<br />
met<strong>te</strong>re in disagio chi cerca un po’ di<br />
normalità. Almeno finché mangia..<br />
scarpvicenza<br />
Collaborazione con Caritas<br />
Nuova mensa e altri progetti,<br />
i Frati Minori sono rimasti<br />
Padre Vittorio Bellè, superiore del convento francescano<br />
di Santa Lucia a Vicenza e vicario provinciale dei Frati Minori, ha annunciato<br />
un nuovo e importan<strong>te</strong> progetto per i senza <strong>te</strong>tto della città. La mensa<br />
dei poveri, già insediata nei locali del convento, verrà ampliata, resa più<br />
funzionale e arricchita con servizi: segretariato sociale, lavanderia,<br />
ripostiglio valigie, centro di ascolto e laboratorio occupazionale. Inoltre,<br />
con la gestione affidata alla Caritas, si avvierà un’esperienza di “housing<br />
sociale”: un monolocale, sobrio ma decoroso, sarà a disposizione delle<br />
persone che non sono in situazione di esclusione sociale, ma che si trovano<br />
ad affrontare una momentanea difficoltà abitativa. <strong>Per</strong> esempio, stranieri<br />
appena arrivati a Vicenza, in at<strong>te</strong>sa di cominciare un lavoro; separati<br />
momentaneamen<strong>te</strong> non in grado di far fron<strong>te</strong> alle spese per l’abitazione;<br />
coloro che perdono il lavoro. Insomma, un alloggio che consenta<br />
di trascorrere il <strong>te</strong>mpo necessario a ripianificare la propria esis<strong>te</strong>nza. Grazie<br />
all’in<strong>te</strong>rvento della Fondazione Cariverona, che contribuisce al progetto con<br />
2,4 milioni di euro, la ristrutturazione partirà entro il 2009; si prevede che<br />
la struttura sia funzionan<strong>te</strong> entro un anno e mezzo circa.<br />
La storia dei francescani a Vicenza è lunga. «Nel Capitolo del 2004<br />
avevamo deciso di lasciare il convento: eravamo rimasti in pochi anziani –<br />
spiega padre Vittorio –. Ma il vescovo Cesare Nosiglia ci ha chiesto di<br />
restare per collaborare con la diocesi a un programma socio-educativo, che<br />
oggi diventa realtà. La carità verso i poveri fa par<strong>te</strong> del nostro carisma,<br />
ispirato da San Francesco: è dal dopoguerra che ospitiamo la mensa per i<br />
poveri. Oggi la collaborazione con Caritas è un segno importan<strong>te</strong> e risponde<br />
a progetti di rein<strong>te</strong>grazione sociale e a una volontà di soluzione dei problemi<br />
che ci convincono. Ri<strong>te</strong>ngo poi che le cose fat<strong>te</strong> assieme sono quelle<br />
che riescono meglio. L’accordo con Caritas risale a più di un anno fa<br />
e ci ha permesso di riqualificare il servizio, sia sul fron<strong>te</strong> del volontariato,<br />
sia rispetto alle modalità con cui seguiamo le persone che si rivolgono<br />
a noi. Ora non diamo solo un pasto caldo, ma aiutiamo ad affrontare<br />
anche altre urgenze». Cristina Salviati<br />
Festa di compleanno<br />
per San Faustino,<br />
cucinano gli homeless<br />
Il centro diurno San Faustino<br />
accoglie i senza <strong>te</strong>tto che<br />
a Vicenza non hanno un posto<br />
dove passare le giorna<strong>te</strong>,<br />
e ha appena tagliato il traguardo<br />
dei trent’anni. Ospiti e volontari<br />
si sono adoperati per organizzare<br />
una settimana di fes<strong>te</strong>ggiamenti,<br />
che ha visto proporre un ricco<br />
programma di tornei, concerti<br />
e dibattiti pubblici.<br />
Quello nella foto è il momento<br />
della cena conclusiva, <strong>te</strong>nutasi<br />
nello splendido parco dell’antica<br />
chiesa di San Giorgio. Il menù<br />
è stato preparato dai senza<br />
diimora, che hanno mescolato<br />
piatti nostrani ed esotici.<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .43
Mimmo era pescatore. Ora è invalido. Ha perso pure la casa.<br />
Ne ha chiesta una popolare, ma Signora Burocrazia si oppone<br />
Malato e sfrattato<br />
respiro in auto<br />
di Angela De Rubeis<br />
Questa è la storia di una casa“negata”, di una famiglia quasi distrutta, di<br />
un uomo malato che a causa del suo stato di salu<strong>te</strong> ha perso il lavoro, di una vita vissuta<br />
tra l’automobile e“<strong>te</strong>tti” di fortuna. Storia di ordinaria amministrazione, anzi di<br />
ordinaria follia. Meglio ancora: storia di ordinaria amministrazione che conduce alla<br />
pazzia. Gli ingredienti ci sono tutti per raccontare una vicenda “senza fine”. Da<br />
una par<strong>te</strong> ci sono le vittime, dall’altra i carnefici (più o meno consapevoli) e a guardare<br />
dall’alto, nascosta nell’ombra, sopra tutto e tutti, c’è lei: Signora Burocrazia.<br />
Domenico Rupelli, detto Mimmo, ha 44 anni, è sposato con Maria che di anni<br />
ne ha 34. Siculi di nascita, ma abitanti a Rimini, fanno par<strong>te</strong> della comunità pelagiana,<br />
composta prevalen<strong>te</strong>men<strong>te</strong> di pescatori. Anche Mimmo è un pescatore, an-<br />
zi era un pescatore, visto che si è ammalato<br />
di insufficienza respiratoria grave<br />
(attualmen<strong>te</strong> è in <strong>te</strong>rapia ossigeno), e<br />
conseguen<strong>te</strong> cardiopatia e obesità, con Documento<br />
limitazione funzionale. I suoi 135 chili e<br />
il suo grave stato di salu<strong>te</strong> non gli hanno<br />
permesso di rinnovare la licenza di pesca.<br />
Così, nell’ottobre 2006, gli è stato<br />
tolto quello che in gergo si chiama “libretto<br />
di navigazione”, una sorta di diario<br />
nel quale vengono appuntati tutti i<br />
movimenti del lavoratore. Ma Mimmo<br />
ormai di andare per mare se lo può<br />
scordare, è stato dichiarato invalido civile,<br />
prima al 75% e recen<strong>te</strong>men<strong>te</strong> all’85%,<br />
e all’ebbrezza del mare aperto ha<br />
sostituito il fastidio della bombola dell’ossigeno.<br />
Emergenza per il 20%<br />
Purtroppo, si sa, una disgrazia innesca<br />
l’altra. Così, il 16 set<strong>te</strong>mbre 2006, sulla<br />
coppia si abbat<strong>te</strong> uno sfratto esecutivo<br />
(non causato da morosità). Data la sua<br />
condizione di salu<strong>te</strong>, Mimmo chiede al<br />
comune di po<strong>te</strong>r accedere alle graduatorie<br />
per ot<strong>te</strong>nere una casa popolare.<br />
Ma il peggio deve ancora arrivare. Quello<br />
della casa è un problema molto sentito<br />
a Rimini, tanto che anche la Caritas<br />
diocesana si è occupata varie vol<strong>te</strong> di<br />
questo <strong>te</strong>ma, redigendo diversi documenti<br />
del suo Osservatorio sulle po-<br />
44. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
rimini<br />
Qui, che fai?<br />
E dove vai?<br />
Hai documenti?<br />
Certo, si!<br />
Sei inglese?<br />
Sì signore!<br />
Hai viaggiato!<br />
Sì non ho finito.<br />
Non ho rubato,<br />
né ucciso!<br />
Ho lavorato,<br />
perché<br />
quello sguardo?<br />
Sono innocen<strong>te</strong>,<br />
non ho fatto<br />
nien<strong>te</strong>!<br />
<strong>Per</strong>ò, mi pare,<br />
non mi crede.<br />
Julian Di Mambro<br />
vertà. Il <strong>te</strong>sto La casa, un bene fondamentale<br />
in particolare denuncia il fatto<br />
che “Nel <strong>te</strong>rritorio riminese il problema<br />
abitativo è ancora grave e lontano da<br />
un’adeguata soluzione. La densità di<br />
edifici a ridosso della costa, il fenomeno<br />
della seconda casa e dell’investimento a<br />
solo scopo speculativo cui si è assistito<br />
nelle ultime stagioni, non fanno che accentuare<br />
la lievitazione dei prezzi”.<br />
L’emergenza casa riguarda il 20%<br />
della popolazione riminese, che non ha<br />
le “car<strong>te</strong>” per compe<strong>te</strong>re con il mercato<br />
edilizio, troppo aggressivo e distorto dai<br />
fenomeni speculativi citati. Così, delle<br />
71.790 unità abitative accatasta<strong>te</strong> nel<br />
2006, 13.506 risultavano non abita<strong>te</strong>.<br />
Numeri che si aggiungono al basso tasso<br />
di alloggi di edilizia residenziale pubblica<br />
(il 2%, contro il 5% della media nazionale<br />
e il 16% di quella europea).<br />
Ospiti del fra<strong>te</strong>llo<br />
Il peggio, si diceva, tornando a Mimmo<br />
e Maria, doveva però ancora arrivare.<br />
Mimmo è a Rimini dal 1987, ma da<br />
quando non ha più la casa risulta pure<br />
privo di residenza. La richiesta per avere<br />
una casa popolare può farla, ma prima<br />
deve regolarizzare la sua situazione,<br />
deve trovarsi un luogo dove “risiedere”,<br />
che at<strong>te</strong>sti il fatto che lui vive a Rimini.<br />
Così gli viene in aiuto il fra<strong>te</strong>llo Orlando,<br />
anche lui pescatore e proprietario<br />
dell’imbarcazione dove i due fra<strong>te</strong>lli<br />
hanno lavorato insieme per anni. Orlando<br />
è proprietario di una casa, dove vive<br />
con la moglie. L’abitazione è molto piccola,<br />
ma per aiutare il fra<strong>te</strong>llo è disposto<br />
a ospitarlo: gli met<strong>te</strong> a disposizione una<br />
piccola stanzetta con un letto a cas<strong>te</strong>llo,<br />
un tavolo e due sedie. La stanzetta è talmen<strong>te</strong><br />
angusta (oltre che umida) che i
due coniugi sono costretti a lasciare le<br />
proprie cose, compresa la biancheria, in<br />
macchina. A lungo e a tratti, Mimmo<br />
sarà costretto a lasciarvi pure la bombola<br />
di ossigeno e fare nell’automobile la<br />
<strong>te</strong>rapia che gli serve per respirare.<br />
Ma Mimmo è fiducioso, confida nelle<br />
istituzioni e crede che, nel suo stato di<br />
salu<strong>te</strong>, la casa richiesta non tarderà ad<br />
arrivare. Ma non ha fatto i conti con Signora<br />
Burocrazia. Nel 2006 (praticamen<strong>te</strong><br />
subito dopo lo sfratto) par<strong>te</strong> la<br />
prima richiesta per l’alloggio: quell’anno<br />
la famiglia Rupelli si trova al 389° posto<br />
in graduatoria, nel 2007 al 185°. Nel<br />
2008, scende al 251° posto e sempre nello<br />
s<strong>te</strong>sso anno (in una graduatoria aggiornata)<br />
addirittura al 485° posto. Che<br />
cosa è successo, a cosa è dovuto il tonfo?<br />
Reddito troppo basso<br />
Mimmo si informa. Il problema pare essere<br />
quella residenza a casa del fra<strong>te</strong>llo.<br />
«Ma come? – si chiede Mimmo –. Prima<br />
all’ufficio anagrafe mi dicono che se<br />
non risolvo la questione della residenza<br />
non posso accedere alle graduatorie,<br />
Alloggio miraggio<br />
Gli appartamenti di Viserba<br />
ai quali la famiglia Rupelli<br />
non ha potuto accedere<br />
(foto Riccardo Gallini)<br />
poi scopro che per questa residenza<br />
perdo punti di volta in volta...».<br />
A complicare le cose ci si met<strong>te</strong> pure<br />
un’eredità. Si, perchè Mimmo pare<br />
abbia ereditato l’ottava par<strong>te</strong> (da dividere<br />
con la madre e i sei fra<strong>te</strong>lli) di una casa<br />
che si trova nel suo paese d’origine. Si<br />
tratta di un edificio vecchio e fatiscen<strong>te</strong>,<br />
che di certo non cambia la situazione<br />
del “reddito” della famiglia Rupelli. Comunque<br />
complica la situazione, perché<br />
dal punto di vista della Burocrazia la<br />
coppia risulta aver detto il falso rispetto<br />
alla sua reale situazione patrimoniale.<br />
Anche in questo caso la situazione<br />
viene risolta, ma non senza causare una<br />
perdita di <strong>te</strong>mpo non indifferen<strong>te</strong>. Così,<br />
dopo varie peripezie e non facili confronti<br />
con gli ufficio casa e anagrafe del<br />
comune, qualcosa si muove. Siamo agli<br />
inizi del 2008: i Rupelli hanno fatto ri-<br />
scarprimini<br />
chiesta per accedere a uno dei 14 alloggi<br />
siti a Viserba, piccola frazione nei<br />
pressi di Rimini, ad affitto calmierato.<br />
Ma ben presto arriva l’ennesima<br />
cattiva notizia: i due non possono accedervi,<br />
perchè il loro reddito annuo è<br />
troppo basso. Mimmo prende una pensione<br />
che sfiora i 500 euro, la moglie ha<br />
lavorato per un certo periodo, ma il loro<br />
reddito lo scorso anno non superava<br />
i 9 mila euro (<strong>te</strong>tto richiesto). Altro intoppo,<br />
altro ricorso, altro nulla di fatto.<br />
Da allora, è passato un altro anno, in<br />
mezzo ci sono sta<strong>te</strong> altre richies<strong>te</strong> e altri<br />
no. Attualmen<strong>te</strong> la pratica è bloccata, si<br />
at<strong>te</strong>ndono rispos<strong>te</strong> nei prossimi mesi,<br />
quando il comune di Rimini redigerà un<br />
nuovo regolamento per l’attribuzione<br />
delle case popolari e stilerà una nuova<br />
graduatoria d’accesso. Mimmo e Maria<br />
vivono dentro questa storia. Storia di<br />
una casa“negata”, di una famiglia quasi<br />
distrutta, di un uomo malato che a causa<br />
del suo stato di salu<strong>te</strong> ha perso il lavoro.<br />
Di una vita vissuta tra l’automobile e<br />
“<strong>te</strong>tti” di fortuna. Di un paese i cui uffici,<br />
invece di aiutarli, sfornano esclusi..<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .45
Strada<br />
lunga scabrosa<br />
Sacco in mano o in spalla<br />
passo, passo senza vedere<br />
la fine del cammino,<br />
chilometro di disperazione<br />
che non finisce<br />
nella s<strong>te</strong>ssa ora di luce.<br />
La stanchezza conglomerata<br />
alla meditazione,<br />
promesse che non riposano<br />
nell’andare<br />
tra un passo e l’altro,<br />
conviventi del desiderio,<br />
camminano<br />
e vanno verso<br />
distin<strong>te</strong> opportunità,<br />
che al fine<br />
della giornata<br />
non danno felicità.<br />
Affaticato<br />
di solitudine,<br />
di parole da<strong>te</strong><br />
che si ripetono<br />
facendosi burla<br />
della fiacchezza.<br />
Carlos Asensio<br />
46. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
firenze<br />
Quasi 80 anni, dei quali 40 trascorsi in carcere. La sfida alla<br />
società, gli errori del passato. Ho pagato. E ho trovato un aiuto<br />
Gli amici<br />
che credono in me<br />
di Guido Benedetto<br />
Mi chiamo Guido Benedetto, sono nato il 2 luglio 1929, in una famiglia<br />
dell’altoVeneto. Nel 1938 emigrammo in Libia per volere del Duce, ma già nel<br />
1940 mi mandarono in collegio, e fino al 1943, mi sono ritrovato a girovagare in<br />
tutta Italia da istituto a istituto. Con l’invasione degli Alleati, tra le cui forze militari<br />
ho anche militato all’età di 15 anni, mi stabilizzai in alta Italia. Nel 1946 tornai in<br />
Libia, dove ho frequentato la scuola alberghiera fino al 1948. Tornato in Italia, ho<br />
lavorato in vari alberghi come cameriere e poi, negli anni Sessanta, come maître<br />
d’ho<strong>te</strong>l. Mi sono sposato nel 1961 e per diversi anni ho condotto una vita regolare,<br />
fino a che avvenne qualcosa di imponderabile, che mi destabilizzò.<br />
Sono incorso in diversi procedimenti penali, condanne mol<strong>te</strong>plici e severe.<br />
Nella mia incoscienza non mi sono curato<br />
della situazione, ho manifestato<br />
pro<strong>te</strong>rvia e sfida verso la società. Sono<br />
così andato incontro a difficoltà sempre<br />
maggiori: ho accumulato oltre 40<br />
anni di carcere, con quattro evasioni, e<br />
ho commesso vari reati per sopravvivere<br />
nella latitanza.<br />
Una mano dall’alto<br />
Verso gli anni Novanta, a circa 60 anni,<br />
ho cominciato a risvegliarmi dalla<br />
catastrofe che mi ha investito e sono<br />
tornato con ponderazione a trovare<br />
raziocinio e acquisizione di quei valori<br />
di cui ero in possesso nella mia “vita<br />
preceden<strong>te</strong>”. Tra ponderazione e riflessione,<br />
ho provato un profondo senso<br />
di disagio e rammarico per i danni arrecati.<br />
Ho sperimentato anche una<br />
netta virata verso quei principi cristiani<br />
che in un lontano passato erano sta<strong>te</strong><br />
le mie basi di vita, avendo militato<br />
negli anni Cinquanta nei Focolarini e<br />
avendo conosciuto a <strong>Per</strong>gine di Trento<br />
prima Valeria Ronchetti, poi la splendida<br />
Chiara Lubich.<br />
Credo che qualcuno da su mi abbia<br />
dato una mano, quella mano che<br />
auspicavo e speravo. Senza richiami<br />
eccessivi al Signore, che sono mol<strong>te</strong><br />
vol<strong>te</strong> maniacali e non razionali, ma<br />
con il fatalismo che mi distingue ho at-<br />
<strong>te</strong>so con somma pazienza e assoluta<br />
speranza. E poi la luce che si chiama<br />
Caritas e altro.<br />
La mia storia di vita potrebbe anche<br />
non in<strong>te</strong>ressare, ma ri<strong>te</strong>ngo utile<br />
evidenziarla non tanto per trarne pietismi<br />
o comprensione personale, quanto<br />
per la mia ampia consapevolezza di<br />
po<strong>te</strong>re fornire una <strong>te</strong>stimonianza nell’in<strong>te</strong>nto<br />
di dimostrare che la speranza,<br />
sorretta da valori sani e basata su<br />
principi spirituali forti, sia la base per<br />
continuare a vivere serenamen<strong>te</strong>, nella<br />
modestia e semplicità. Ora mi trovo in<br />
un con<strong>te</strong>sto che ha saputo comprendere<br />
il momento drammatico della<br />
mia esis<strong>te</strong>nza, accordandomi fiducia e<br />
credibilità nonostan<strong>te</strong> il mio disastroso<br />
passato. A quasi 80 anni, c’è chi ha avuto<br />
fiducia in me!<br />
Risiedo in un appartamentino<br />
Da un anno risiedo dunque in un appartamentino<br />
messo a disposizione da<br />
un parroco in un paese ai confini di Firenze.<br />
Un giovane sacerdo<strong>te</strong>, sensibile e<br />
pratico nell’espletare la sua missione,<br />
ha compreso nel senso più ampio il mio<br />
disastroso passato, cos<strong>te</strong>llato di immani<br />
sofferenze. Il suo essere vicino ai meno<br />
fortunati trova piena conferma nel<br />
suo operare con umana comprensione.
« Sono incorso<br />
in condanne<br />
mol<strong>te</strong>plici<br />
e severe.<br />
Ho manifestato<br />
pro<strong>te</strong>rvia verso<br />
la società.<br />
Ho accumulato<br />
anche quattro<br />
evasioni»<br />
Trovo altrettanto giusto e doveroso<br />
menzionare chi ha guidato quanto è<br />
stato realizzato intorno a me (parlo della<br />
Caritas di Firenze): dirottandomi in<br />
questo con<strong>te</strong>sto, ha scelto di investire su<br />
un uomo che dalla sofferenza usciva<br />
maciullato e per la sua volontà di riemergere<br />
nel con<strong>te</strong>sto civile ha trovato<br />
comprensione. Mi è stata donata quella<br />
tranquillità che non ho mai avuto, e<br />
con essa tanta dignità e tanto rispetto.<br />
La riconoscenza verso chi mi aiuta è<br />
infinita. Ri<strong>te</strong>ngo poi doveroso dare<br />
chiara risposta nelle mie motivazioni di<br />
riconoscenza al parroco e alla Caritas di<br />
Firenze, dando atto al loro coraggio nel<br />
riporre fiducia e stima verso un uomo<br />
che ha sbagliato per molto <strong>te</strong>mpo, ma<br />
che ha anche pagato con una lunga<br />
permanenza in carcere, trascorrendovi<br />
quasi 40 anni della sua vita. Il mio peregrinare<br />
nelle varie carceri italiane è stato<br />
oltremodo disagevole e difficile.<br />
Dentro di me vi era un vero confronto<br />
con la par<strong>te</strong> buona dei miei valori, che<br />
grazie a Dio erano preponderanti al<br />
punto di farmi meditare e sperare che<br />
il resto della mia vita sarebbe stato meno<br />
disagevole e duro, facendomi trovare<br />
la tanto agognata serenità e dandomi<br />
ancora una possibilità di riscatto<br />
verso la società e verso Dio.<br />
Vivo nella serenità più ampia<br />
Non mi voglio dilungare circa tutto l’i<strong>te</strong>r<br />
dei quasi 40 anni trascorsi nelle“patrie<br />
galere”, ma ri<strong>te</strong>ngo doveroso dare<br />
un piccolo consiglio a chi di anni ne ha<br />
molti meno di me: le storie di vita altrui<br />
possono essere utili al fine di cogliere<br />
segnali per trovare la capacità di vivere<br />
in pienezza i valori che la vita offre.<br />
Potrei accennare alle mie traversie<br />
Poesia<br />
Lo scopo ritrovato<br />
Ho visto come ti nascondevi dalla pioggia<br />
e sfuggivi al freddo, come bussavi<br />
e chiedevi e mentre aspettavi<br />
balbettavi fradicio e ti ho sentito amico.<br />
Ti ho visto sussultare cuore sensibile cuore commosso<br />
cuore devoto cuore sincero<br />
in cerca di qualcosa di più<br />
di un pezzo di pane o dell’amara soddisfazione di imbrogliare<br />
e ho sentito le tue lacrime calde scenderti sulle guance<br />
lacrime di mare singhiozzi di dolore e di durezza<br />
con <strong>te</strong> s<strong>te</strong>sso.<br />
scarpfirenze<br />
Ti ho visto cercarti un riparo sopra il capo e dormire sull’asfalto<br />
dimenticandoti del faticoso ripetuto giorno<br />
e ancora una volta di come ti saresti potuto amare<br />
e non l’hai fatto<br />
sotto una coperta di cielo la tua casa<br />
sognare ancora quei cavalli liberi<br />
quell’odore di <strong>te</strong>rra e il vento sul collo<br />
quel profumo di fiori del tuo primo amore e la voce di tuo padre<br />
e ho visto Dio che ti osservava e per rialzarti<br />
sono venuto giù con <strong>te</strong> sull’asfalto<br />
mostrandoti la volontà e l’azione<br />
la speranza e la caparbietà di non mollare<br />
e quando mi hai chiesto di lasciarti lì che per <strong>te</strong> era troppo dura<br />
ti ho ricordato di quando anch’io come <strong>te</strong><br />
ero in esilio nelle vie tortuose dell’anima<br />
con gli occhi lucidi tra follia e amore<br />
pur io non riconoscevo più il bene dal male<br />
finchè mi decisi a seminare<br />
e questa volta di aspettare<br />
aspettare e desiderare<br />
aspettare e agire con amore<br />
finchè mi fossi rincuorato di dolcezza<br />
riscoprendo lo scopo della vita<br />
che avevo perso e dimenticato<br />
non inutilizzarsi e nemmeno inseguire gli altri e il mondo<br />
poiché non è il mondo la casa dell’anima nostra<br />
né la <strong>te</strong>rra del nostro amato Amore<br />
ma spogliarsi del nostro piccolo io<br />
causa di ogni nostro dolore<br />
e tornare a casa, tornare a Dio.<br />
Zaffiro<br />
infantili, vissu<strong>te</strong> in seno alla famiglia,<br />
ma credo, anche qui, di non dovere<br />
dare risalto a quelle che potrebbero essere<br />
in<strong>te</strong>rpreta<strong>te</strong> come “scuse di comodo”,<br />
porta<strong>te</strong> per discolparsi e addossare<br />
le mie sofferenze ad altri. Al di<br />
là del periodo della mia gioventù, segnato<br />
dalle sofferenze della guerra e da<br />
tan<strong>te</strong> altre carenze, causa<strong>te</strong> dalla mia<br />
permanenza in collegi, il fatto di avere<br />
frequentato la scuola alberghiera e poi<br />
lavorato per qualche anno come maître<br />
d’ho<strong>te</strong>l non è valso a pormi fuori da<br />
rischi e conseguenze.<br />
Credo che tale esperienza abbia segnato<br />
negativamen<strong>te</strong> la mia vita, ma<br />
ecco il risultato: ho conosciuto amici<br />
veri, prima la Caritas, poi il parroco.<br />
Grazie amici, miei cari, vivo nella serenità<br />
più ampia, dando un valore immenso<br />
a tutto quello che è stato nel bene<br />
e nel male. Grazie ancora..<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .47
48. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
napoli<br />
Un’esta<strong>te</strong> di aggressioni alle persone omosessuali.<br />
E persino a chi le difende. In<strong>te</strong>rvista al presiden<strong>te</strong> di “I Ken”<br />
Laviamo via<br />
l’intolleranza<br />
di Antonio Pirozzi<br />
Il 21 giugno scorso in Piazza Bellini si è verificato un atto di aggressione<br />
nei riguardi di Maria Luisa Mazzarella, una ragazza di 26 anni“colpevole” di aver<br />
difeso un amico omosessuale dagli insulti di alcuni ragazzi. Questo è uno dei tanti<br />
episodi di violenza omofoba avvenuti negli ultimi <strong>te</strong>mpi, e ripetutisi con sconcertan<strong>te</strong><br />
frequenza per tutta l’esta<strong>te</strong> in altre parti d’Italia, a cominciare da Roma.<br />
Abbiamo chiesto il parere su questa escalation di violenza e intolleranza a Carlo<br />
Cremona, presiden<strong>te</strong> dell’associazione I Ken, nata tre anni e mezzo fa a Napoli,<br />
che si prefigge di riunire omosessuali ed e<strong>te</strong>ro nella lotta alle discriminazioni. «Maria<br />
Luisa era“colpevole” di aver difeso dagli insulti un suo amico gay. A causa dei colpi,<br />
Maria Luisa ha rischiato di perdere un occhio. <strong>Per</strong>ò, nonostan<strong>te</strong> le manifesta-<br />
zioni di solidarietà giun<strong>te</strong> alla ragazza<br />
da tutta Italia, le persone che hanno accolto<br />
Maria Luisa in ospedale le hanno<br />
detto:“Fatti i fatti tuoi”.Tuttavia lei è de- La casa<br />
cisa a continuare a lottare contro la vio- Torno a casa la sera,<br />
lenza omofoba».<br />
C’è stata giustizia?<br />
La giustizia va fatta secondo l’i<strong>te</strong>r previ-<br />
dopo un giorno lungo e faticoso.<br />
Mi ritrovo nel mio nido lugubre.<br />
sto: è stata fatta una denuncia per lesio- Squallido e freddo. Fermo al centro.<br />
ni aggrava<strong>te</strong>, ma dobbiamo aspettare le Osservo con occhio vigile<br />
indagini delle forze dell’ordine. Tre ragazzi<br />
si sono costituiti, dando una versione<br />
diversa dei fatti, escludendo la<br />
ciò che mi circonda.<br />
Nien<strong>te</strong>, non c’è nien<strong>te</strong><br />
matrice omofoba. Ma questo è da di- che attira la mia at<strong>te</strong>nzione.<br />
mostrare. Importan<strong>te</strong> è il valore simbo-<br />
Non c’è nien<strong>te</strong><br />
lico del gesto di Maria Luisa, premiata<br />
dal sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino,<br />
con la medaglia d’oro al valore civi-<br />
che mi fa emozionare.<br />
Dinanzi a me c’è il vuoto,<br />
le. Sono sta<strong>te</strong> raccol<strong>te</strong> moltissime firme il buio totale. Sono preso<br />
per chiedere la s<strong>te</strong>ssa onorificenza al<br />
da una profonda<br />
presiden<strong>te</strong> della repubblica, Giorgio<br />
Napolitano.<br />
C’è ancora molta intolleranza a<br />
malinconia<br />
e penso che<br />
Napoli?<br />
una casa fredda<br />
Ultimamen<strong>te</strong> ci sono stati diversi gravi senza un raggio di sole<br />
episodi di violenza omofoba. Ad esempio<br />
nei confronti di un ragazzo pakistano<br />
da par<strong>te</strong> della sua comunità, ma poi-<br />
che la riscalda,<br />
è come un nido<br />
ché in Pakistan l’omosessualità viene<br />
di rondini<br />
punita con la pena di mor<strong>te</strong>, il rischio quando viene a mancare<br />
per la sua incolumità era talmen<strong>te</strong> grande<br />
che non ha voluto denunciare. Un al-<br />
il calore della mamma.<br />
tro episodio ha visto coinvolto un mi-<br />
Sergio Gatto<br />
nore, quotidianamen<strong>te</strong> molestato alla<br />
fermata della Ferrovia Cumana da un<br />
gruppo di bulli. Solo dopo mesi il ragazzo<br />
ha parlato dell’accaduto agli insegnanti.<br />
Purtroppo non esis<strong>te</strong> la punizione<br />
per il reato di omofobia; inoltre in alcuni<br />
stati l’omosessualità viene perseguita<br />
dalla legge e gli stranieri che<br />
giungono da noi ne sono condizionati.<br />
<strong>Per</strong> questi e altri motivi, nessuno denuncia<br />
le aggressioni; talora le vittime,<br />
giudica<strong>te</strong>“diverse” dalla società, finiscono<br />
col credere di essersi merita<strong>te</strong> la violenza,<br />
solo perché hanno manifestato la<br />
loro natura.<br />
Come nasce l’associazione I Ken?<br />
In inglese significa “io posso”, ma il nome<br />
rimanda anche a quello del bambolotto<br />
compagno di Barbie. Il nostro simbolo<br />
è una saponetta e lo slogan è: “Lava<br />
via il pregiudizio”. L’obiettivo dell’associazione<br />
è migliorare la vita dei gay,<br />
delle lesbiche e dei trans. In particolare<br />
siamo impegnati sui <strong>te</strong>mi del lavoro,<br />
della salu<strong>te</strong> ma anche della cittadinanza<br />
attiva. Cerchiamo di sfatare la mentalità<br />
rispetto alla quale ogni attività proposta<br />
dalle associazioni gay è fatta dai<br />
gay e solo per i gay. Noi abbiamo il progetto<br />
di superare il limi<strong>te</strong> della differenza,<br />
rappresentando un mondo in cui si<br />
possono riconoscere tutti. L’associazione<br />
cerca di aiutare anche le famiglie e gli<br />
amici dei gay a comprenderli e a immedesimarsi<br />
nei loro problemi. Sono il<br />
presiden<strong>te</strong> fin dalla nascita dell’associazione.<br />
Il mio è un lavoro volontario e<br />
coordino le attività e i progetti di I Ken.<br />
Quali sono le difficoltà che incontra<strong>te</strong>?<br />
Difficoltà di carat<strong>te</strong>re economico, sia<br />
per il sos<strong>te</strong>gno poco concreto delle istituzioni,<br />
sia per il ritardo nel pagamento
« Talora<br />
le vittime,<br />
giudica<strong>te</strong><br />
“diverse”<br />
dalla società,<br />
finiscono<br />
col credere<br />
di essersi<br />
merita<strong>te</strong><br />
la violenza»<br />
dei progetti che esse ci affidano. Inoltre<br />
non abbiamo una sede pubblica e dobbiamo<br />
appoggiarci alla Cgil. Un altro<br />
problema è la scarsa legittimità riconosciuta<br />
alla nostra proposta culturale.<br />
Molti sos<strong>te</strong>ngono che l’omosessualità<br />
sia una malattia, un disturbo<br />
della personalità. Come replica<strong>te</strong>?<br />
Il 17 maggio 1990 l’Organizzazione<br />
mondiale della sanità ha eliminato l’omosessualità<br />
dalla lista delle malattie<br />
mentali, considerandola un’inclinazione<br />
naturale. Infatti il 17 maggio è la<br />
Giornata contro l’omofobia. Chi vuole<br />
pensare all’omosessualità come a una<br />
malattia forse ha nostalgia dei campi di<br />
concentramento dove, a causa della loro<br />
“natura”, sono stati rinchiusi anche<br />
tantissimi omosessuali. Secondo la psicanalisi<br />
chi ha paura degli omosessuali<br />
probabilmen<strong>te</strong> reprime la sua omosessualità;<br />
in fondo ha paura di se s<strong>te</strong>sso.<br />
Esis<strong>te</strong> una stima della percentuale<br />
di omosessuali?<br />
Gli omosessuali nel mondo sono circa<br />
il 10% della popolazione, 600 mila solo<br />
in Campania, ma solo l’1% lo dichiara.<br />
Siamo invisibili ma in realtà, se pensiamo<br />
che una persona su dieci è omosessuale,<br />
anche se non lo sappiamo, ci sarà<br />
un omosessuale nella nostra cerchia familiare,<br />
tra i nostri amici o tra i colleghi<br />
di lavoro.<br />
In Italia quali diritti sono riconosciuti<br />
ai gay ?<br />
Nessun diritto è riconosciuto a gay, lesbiche<br />
e trans. Quando l’omosessualità<br />
viene tollerata è una sorta di concessione,<br />
ma non un diritto. Esis<strong>te</strong> un paese a<br />
due velocità: quello reale, che è piuttosto<br />
disponibile, e quello delle istituzioni,<br />
che non lo è. Non esis<strong>te</strong> provvedimento<br />
in favore dei gay neanche a livello co-<br />
munale, provinciale e regionale, da par<strong>te</strong><br />
di nessun partito politico. Invece a livello<br />
mondiale qualcosa sta cambiando:<br />
negli Stati Uniti, Barack Obama ha<br />
dichiarato giugno il mese dei diritti gay.<br />
Anche i media trasmettono una visione<br />
dell’omosessualità distorta, ad esempio<br />
o c’è la censura sul Gay Pride o vengono<br />
mostra<strong>te</strong> immagini false, trat<strong>te</strong> dal Carnevale<br />
di Rio.<br />
Come è andato il Gay Pride di Napoli?<br />
Straordinariamen<strong>te</strong> bene. Siamo stati<br />
noi ad organizzarlo con il supporto dell’associazione“Arci-lesbiche”.<br />
Abbiamo<br />
voluto realizzare una manifestazione<br />
più politica, sociale e culturale, meno<br />
eccentrica. Insieme a noi hanno marciato<br />
immigrati, precari, emarginati, le<br />
“famiglie arcobaleno” e i bambini. É stato<br />
un momento importan<strong>te</strong> di confronto<br />
e in<strong>te</strong>grazione tra culture diverse.<br />
I gay sono discriminati anche nel-<br />
La forza della tolleranza<br />
Mamma e figlio mentre sfilano<br />
insieme per le vie di Napoli<br />
duran<strong>te</strong> il Gay Pride<br />
scarpnapoli<br />
l’ambito del lavoro?<br />
Certamen<strong>te</strong>. Gli omosessuali sono benvoluti<br />
solo in certi ambiti lavorativi, ad<br />
esempio se fanno gli stilisti o i parrucchieri.<br />
Non se fanno i top manager o i<br />
professori...<br />
Quali sono gli ostacoli culturali che<br />
impediscono l’in<strong>te</strong>grazione di gay<br />
e lesbiche?<br />
Io non penso di appar<strong>te</strong>nere a una cultura<br />
di minoranza, mi auguro di rappresentare<br />
la cultura di maggioranza. Una<br />
cultura democratica basata sull’antifascismo,<br />
la lotta alla camorra e la pratica<br />
dell’antiviolenza. Siamo cittadini come<br />
gli altri e crediamo che ogni persona<br />
nella sua complessità sia portatrice di<br />
diritti. Appar<strong>te</strong>niamo tutti a un’unica<br />
cultura, che met<strong>te</strong> insieme le diversità e<br />
le in<strong>te</strong>gra.<br />
È possibile il dialogo tra Chiesa e<br />
omosessuali?<br />
Sarebbe auspicabile, soprattutto sos<strong>te</strong>nendo<br />
l’Onu nel sanzionare i paesi dove<br />
vengono perseguitati gli omosessuali.<br />
La Chiesa come casa comune dei fedeli<br />
è aperta alle diversità. Non vedo<br />
perchè non dovrebbe esserlo anche con<br />
gli omosessuali..<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .49
scarpnapoli<br />
Non ero mai stato a <strong>te</strong>atro. Ci sono andato grazie a <strong>Scarp</strong>.<br />
Un’esperienza bellissima. E adesso vorrei vedere Eduardo<br />
L’emozione<br />
della mia “prima”<br />
Pensando<br />
a domani<br />
Che bel mare che bel cielo.<br />
Mi domando e dico:<br />
come sarà domani?<br />
E come sarà stanot<strong>te</strong>?<br />
Domani rispunta il sole<br />
che scalda tutti gli esseri<br />
la <strong>te</strong>rra e tutto il mondo<br />
e stanot<strong>te</strong> sulla sabbia<br />
mi metto piano piano<br />
a contare le s<strong>te</strong>lle<br />
e mi met<strong>te</strong>rò<br />
a cercare quella<br />
che mi dovrà<br />
accompagnare<br />
in paradiso.<br />
E quando<br />
ci sarà silenzio<br />
e me ne andrò<br />
piano piano<br />
arrivando in paradiso<br />
la mia <strong>te</strong>sta penserà<br />
che se sulla <strong>te</strong>rra<br />
si pensasse al domani<br />
tutto si potrebbe fare.<br />
Antonio Pirozzi<br />
50. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
di Bad 10<br />
Avevo sempre pensato che andare a <strong>te</strong>atro sarebbe stata una cosa bellissima,<br />
dato che non ci ero mai andato. Non avevo idea di come fosse fatto e dell’“ambien<strong>te</strong>”<br />
che lo frequenta. Sapevo che si può assis<strong>te</strong>re a spettacoli di ogni genere<br />
e ognuno può seguire quello che gli in<strong>te</strong>ressa. Finalmen<strong>te</strong>, dopo tanti anni, sono<br />
riuscito ad andarci grazie ai laboratori di scrittura (che io frequento il mar<strong>te</strong>dì) e di<br />
giornalismo (che io non frequento) condotti a <strong>Scarp</strong>. Insieme ai compagni di corso<br />
siamo andati mar<strong>te</strong>dì 9 giugno all’appuntamento alle 19,30, fuori dal <strong>te</strong>atroTrianon<br />
Viviani, in piazzaVincenzo Calenda, nel quartiere popolare di Forcella.<br />
Io ero là dalle 18.30, in quanto era il mio giorno di vendita in strada del giornale.<br />
Stando fuori dal <strong>te</strong>atro con molto anticipo, ho proposto <strong>Scarp</strong> alle persone che en-<br />
travano, non capendo che non erano<br />
spettatori, ma attori o meglio attrici. Infatti<br />
lo spettacolo si chiamava La scena<br />
delle donne: ombre e presenze.<br />
Lo spettacolo faceva par<strong>te</strong> della rassegna<br />
“Fringe” del Teatro Festival Italia<br />
ed è stato realizzato nell’ambito di un laboratorio<br />
formato da donne e ragazze<br />
dei quartieri a rischio di Napoli. Nell’at<strong>te</strong>sa,<br />
già la mia men<strong>te</strong> fantasticava di co-<br />
Ero andata a <strong>te</strong>atro solo pochissime vol<strong>te</strong>, tanto<br />
<strong>te</strong>mpo fa, quando ero adolescen<strong>te</strong>. Mi recai al <strong>te</strong>atro Bellini, in<br />
compagnia di mia sorella più grande, a vedere Nino D’Angelo.<br />
I biglietti, li ebbi in regalo da un amico di mio padre che anch’io<br />
conoscevo. Quando entrammo nel <strong>te</strong>atro notai subito<br />
che era magnifico, grande, tutto illuminato. Un signore ci indicò<br />
il nostro posto, ero molto emozionata<br />
e notai che, a differenza dei concerti<br />
dove si fa più confusione e le emozioni<br />
si mostrano molto più aper<strong>te</strong>, a <strong>te</strong>atro<br />
bisogna stare in modo composto.<br />
Ma quando entrò il cantan<strong>te</strong>, gli applausi<br />
e le invocazioni non mancarono.<br />
Nino incominciò non solo a cantare, ma<br />
prima di ogni sua canzone introduceva<br />
me fosse fatto un <strong>te</strong>atro, non avendolo<br />
mai visto dal vivo. Mi rifacevo a qualche<br />
immagine vista in tv della pla<strong>te</strong>a e dei<br />
palchetti del San Carlo. Il mio fantasticare<br />
fu in<strong>te</strong>rrotto dall’arrivo dei miei colleghi<br />
e poi da quello della nostra coordinatrice<br />
che andò a prendere i biglietti,<br />
donatici dall’associazione “In<strong>te</strong>rno 5”,<br />
che aveva organizzato il “Fringe”.<br />
Bella serata, ma è meglio Nino<br />
Di nuovo a <strong>te</strong>atro. Non mi è piaciuto tanto. Invece quella volta, al Bellini, ascoltai D’Angelo,<br />
di Marianna<br />
Palma<br />
il pezzo con un monologo. Lo spettacolo<br />
durò due ore, il <strong>te</strong>atro era pieno di<br />
gen<strong>te</strong> di ogni età, Nino D’Angelo è il re<br />
della canzone napoletana...<br />
Scende sempre da cavallo<br />
D’Angelo fu in<strong>te</strong>rvistato in una trasmissione<br />
di Paolo Bonolis (Il senso della vita)<br />
e rispose con una frase che mi è rimasta<br />
impressa: «Anche se tutti i fan mi<br />
fanno salire sul cavallo, io scendo sempre».<br />
Questo ci fa capire che, anche se da<br />
bambino aveva sofferto la miseria, se l’è<br />
guadagnato il suo successo, essendo<br />
sempre una persona umile e disponibi-
Poi siamo entrati, facendo la fila insieme<br />
agli altri spettatori. All’ingresso le<br />
maschere ci hanno staccato i biglietti,<br />
consegnandoci un bigliettino insieme<br />
all’altra metà del biglietto dove c’era disegnata<br />
una rana. Lo spettacolo era formato<br />
da tre parti distin<strong>te</strong> e separa<strong>te</strong>.<br />
Ombre e lan<strong>te</strong>rne<br />
<strong>Per</strong> la prima par<strong>te</strong> ci hanno fatto met<strong>te</strong>re<br />
sul loggione; mi è mancato il fiato dall’emozionenelvederedalìtuttalapla<strong>te</strong>a<br />
e il palco. Lo spettacolo era un ballo-sfilata,<br />
in cui le attrici erano vesti<strong>te</strong> in modo<br />
molto allegro con stili di epoche diverse<br />
e i costumi erano fatti da loro. <strong>Per</strong><br />
il secondo spettacolo ci hanno diviso in<br />
gruppi e ci hanno accompagnato sul<br />
palco, poi hanno chiuso la <strong>te</strong>nda ed è<br />
iniziato uno spettacolo fatto da ombre<br />
cinesi. Quando la <strong>te</strong>nda si è aperta, nella<br />
pla<strong>te</strong>a c’erano le donne che ballavano<br />
<strong>te</strong>nendo in mano una fiaccola accesa.<br />
Ci siamo poi seduti in pla<strong>te</strong>a ed è iniziata<br />
la <strong>te</strong>rza par<strong>te</strong> dello spettacolo, in<br />
cui le attrici hanno recitato scendendo<br />
in pla<strong>te</strong>a e poiché si rivolgevano al pubblico,<br />
sembrava che volessero dialogare,<br />
ma appena cercavi di rispondere subito<br />
si rivolgevano a un altro.<br />
Si è trattata davvero di una bellissima<br />
esperienza, vorrei di nuovo provarla.<br />
La prossima volta mi piacerebbe vedere<br />
una commedia, magari di Eduardo<br />
de Filippo, ambientata in un con<strong>te</strong>sto<br />
popolare. .<br />
il re della canzone napoletana<br />
le, che non si è mai montata di <strong>te</strong>sta.<br />
Dopo tanti anni sono tornata a <strong>te</strong>atro<br />
grazie a <strong>Scarp</strong>, ma soprattutto ad<br />
Alessandra del Giudice, che si è fatta in<br />
quattro per farci avere i biglietti. Insieme<br />
a lei abbiamo deciso quale spettacolo<br />
vedere e poi ci siamo divisi in due gruppi<br />
di quattro persone, io sono capitata<br />
con Sergio Gatto, Bruno Limone, Antonio<br />
Pirozzi, Piotr Kowalczyt.<br />
Lo spettacolo La gattoparda era al<br />
<strong>te</strong>atro Trianon Viviani. È durato quasi<br />
un’oretta, non mi è piaciuto tanto. Ma<br />
comunque è stata una bella serata trascorsa<br />
insieme ai miei colleghi..<br />
Precedenti di uno spettatore<br />
Sceneggia<strong>te</strong> e commedie<br />
tra delusioni, risa<strong>te</strong> e lacrime<br />
Una domenica di dicembre, non ricordo quale giorno e nemmeno<br />
l’anno, ma solo che ero alle superiori, invitato da un amico andai a <strong>te</strong>atro<br />
per assis<strong>te</strong>re a una sceneggiata napoletana. Il Teatro 2000 si trovava<br />
all’inizio del corso Garibaldi ed arrivammo pochi minuti prima dell’inizio<br />
della rappresentazione. Era la prima volta che entravo in un <strong>te</strong>atro,<br />
la curiosità nel vedere come era fatto all’in<strong>te</strong>rno non mi fece visionare<br />
la locandina per conoscere il titolo e il cast di attori. Rimasi deluso quando<br />
mi trovai di fron<strong>te</strong> una struttura diversa da come l’avevo immaginata.<br />
La sceneggiata si intitolava Miracolo di Natale, in<strong>te</strong>rpretata da Mario<br />
e Sal Da Vinci, protagonisti principali. Il <strong>te</strong>atro era un cinema adattato,<br />
aveva un’unica sala, le poltrone erano di legno e il palco era ancora chiuso<br />
da un <strong>te</strong>ndone di colore rosso. La sceneggiata era divisa in tre atti, ma tutto<br />
sommato ci divertimmo; tra risa<strong>te</strong> e lacrime trascorse la serata e dopo<br />
facemmo ritorno a casa. In seguito andai a vedere una commedia<br />
napoletana al <strong>te</strong>atro Cilea, Mpriestame a mugliereta, di Gaetano Di Maio.<br />
Il <strong>te</strong>atro era bello, le poltrone erano numera<strong>te</strong> e le persone venivano<br />
accompagna<strong>te</strong> ai posti assegnati dalle maschere. Le scene erano cura<strong>te</strong><br />
e gli attori indossavano costumi del Set<strong>te</strong>cento. Ho frequentato il <strong>te</strong>atro<br />
Sannazzaro assis<strong>te</strong>ndo ad alcune commedie messe in scena dalla<br />
compagnia di Luisa Con<strong>te</strong> e Nino Taranto. L’ultima opera <strong>te</strong>atrale l’ho vista<br />
al Trianon, con i colleghi di <strong>Scarp</strong>. Non voglio fare commenti dato che<br />
la commedia rappresentata non è riuscita a coinvolgermi. La trama non mi<br />
in<strong>te</strong>ressava, non mi è piaciuta l’in<strong>te</strong>rpretazione degli attori, i due monologhi<br />
fatti dall’attrice protagonista in dialetto siciliano, con canti e balli, non<br />
hanno attirato la mia at<strong>te</strong>nzione; ero completamen<strong>te</strong> assen<strong>te</strong>.<br />
Sergio Gatto<br />
Il viaggio<br />
Ricordi dell’esta<strong>te</strong> ’94,<br />
la mia prima e unica vacanza<br />
scarpnapoli<br />
Nel 1994 ho fatto la mia prima ed unica vacanza. Con i miei<br />
amici Pedro ed Eduardo siamo andati al Pozon de la Dolores, a nord della<br />
Spagna, nei pressi di Santander. Avevo 24 anni, i miei amici la mia s<strong>te</strong>ssa<br />
età. Pedro stava economicamen<strong>te</strong> meglio. Il mezzo di trasporto era<br />
la sua auto, che era nuova. La macchina ci serviva per andare di not<strong>te</strong><br />
in disco<strong>te</strong>ca a Reinosa, che è una vera e grande città. Non avevamo molti<br />
soldi per andare in un altro posto e la particolarità di questo era che non<br />
aveva limi<strong>te</strong> di permanenza ed era gratis, si mangiava bene in modo<br />
economico e abbondan<strong>te</strong>. La maggior par<strong>te</strong> del <strong>te</strong>mpo lo passavamo<br />
in macchina perché il luogo dove mangiavamo e la disco<strong>te</strong>ca erano distanti<br />
più di 50 chilometri da dove dormivamo. Siamo andati a vedere un villaggio<br />
sommerso: il lago che ci hanno costruito sopra era più importan<strong>te</strong> del<br />
villaggio s<strong>te</strong>sso, serviva infatti per con<strong>te</strong>ner acqua in esta<strong>te</strong> e utilizzarla<br />
quando ce n’era poca. Si intravedeva il campanile della chiesa del villaggio<br />
spuntare dal lago. In inverno la laguna dove abbiamo trascorso le nostre<br />
vacanze gela completamen<strong>te</strong>. Intorno tutto è innevato ed è anche una zona<br />
ottima per praticare sport nordici e sciare. Negli ultimi anni quella zona<br />
è diventata sempre più turistica e riesce ad attirare un numero crescen<strong>te</strong><br />
di visitatori, favorendo l’arricchimento economico del luogo. Ma, forse,<br />
snaturandone un po’ l’anima. Carlos Asensio<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .51
52. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
catania<br />
Viaggio alla scoperta della comunità albanese siciliana:<br />
intat<strong>te</strong> da cinque secoli lingua e cultura originarie<br />
La Piana resis<strong>te</strong><br />
all’omologazione<br />
di Ketty Panebianco<br />
Piana degli Albanesi è stata fondata alla fine del XV secolo quando, in<br />
seguito all’invasione ottomana dei Balcani, numerosi gruppi di profughi albanesi<br />
cercarono rifugio nelle vicine cos<strong>te</strong> dell’Italia meridionale e della Sicilia, dove si stabilirono,<br />
fondando un gran numero di insediamenti rurali.<br />
Gli arbëreshë (nome che designa in generale gli albanesi della diaspora medievale)<br />
diedero vita alla loro diaspora verso la Sicilia intorno al 1485. Il più grosso centro<br />
albanese dell’isola è Piana degli Albanesi. Il paese, edificato sulle falde di una<br />
collinetta, dominava un’es<strong>te</strong>sa area pianeggian<strong>te</strong> dalla quale, con mol<strong>te</strong> probabilità,<br />
derivò il nome: Piana degli Albanesi.<br />
Le condizioni in cui avvenne l’esodo iniziale, che vedeva gli esuli albanesi in<br />
una posizione di prestigio e rispetto, oltre<br />
a permet<strong>te</strong>re una sis<strong>te</strong>mazione definitiva<br />
e a garantire agli esuli una vita<br />
tranquilla e laboriosa, consentì loro di Angelo<br />
salvaguardare le loro tradizioni e la loro<br />
In una luminosa<br />
autonomia. Quegli esuli, scacciati dall’avanzata<br />
musulmana, godevano di mattina di fine dicembre<br />
un’alta considerazione presso la cristia- incontrai una farfalla,<br />
nità occidentale.<br />
una ragazza dal viso<br />
Oltre a conservare gelosamen<strong>te</strong> la<br />
loro identità, gli albanesi della diaspora angelico e dolcissimo<br />
hanno contribuito in maniera rilevan<strong>te</strong> con degli occhioni<br />
anche alla nascita del sentimento na-<br />
da cerbiatta incorniciati<br />
zionale nella lontana madrepatria. Infatti<br />
alcuni tra i più illustri protagonisti da occhiali tondi<br />
della Rinascenza Albanese provenivano che ne esaltavano<br />
proprio dall’insediamento siculo.<br />
ancor più<br />
Miriade di bandiere<br />
la dolcezza.<br />
Agli inizi del XXI secolo, ciò che forse più Da quel momento<br />
stupisce è notare che l’attaccamento al-<br />
in avanti,<br />
la tanto amata madrepatria non si è<br />
spento né affievolito. I siculo-albanesi<br />
in sogno<br />
manifestano un vivissimo rapporto<br />
o in momenti<br />
sentimentale con l’odierna Albania. An-<br />
particolarmenti difficili,<br />
cora oggi non è difficile vedere sventolare<br />
sui balconi di Piana degli Albanesi mi apparve spesso<br />
miriadi di bandiere rosse con l’aquila<br />
la visione di lei<br />
bicipi<strong>te</strong> in occasione delle fes<strong>te</strong> di pae-<br />
come di un angelo.<br />
se o dei matrimoni.<br />
Allo s<strong>te</strong>sso modo, ancora oggi gli<br />
Angus<br />
arbëreshë soffrono per le tristi vicende<br />
che in questi ultimi anni hanno in<strong>te</strong>res-<br />
sato l’Albania e il Kosovo. È forse questa<br />
matassa di sentimenti che spiega la <strong>te</strong>nacia<br />
con cui sono riusciti a preservare<br />
saldamen<strong>te</strong> la loro identità e la loro lingua,<br />
sopravvivendo alla repressione culturale<br />
e alla de-nazionalizzazione forzata<br />
perpetra<strong>te</strong> in epoca fascista, nonché<br />
all’omologazione culturale nell’epoca<br />
della cultura di massa e alla linea che<br />
permea le politiche nei confronti della<br />
diversità etnica e linguistica.<br />
Folklorico e ornamentale<br />
Il piccolo miracolo arbëreshë si deve al<br />
ruolo esercitato dai due istituti religiosi<br />
di rito orientale, con sede in Calabria (Il<br />
Collegio Corsini-Sant’Adriano) e in Sicilia<br />
(Seminario greco-albanese di Palermo,<br />
fondato nel 1735, poi trasferito a<br />
Piana degli Albanesi nel 1945) e dalle<br />
università di Palermo e Cosenza.<br />
È una legge storica, infatti, che sopravvivano<br />
solo le lingue e le culture che<br />
possono sviluppare proprie forti istituzioni<br />
culturali, da cui possano attingere<br />
linfa vitale e legittimazione e imporre alle<br />
culture e alle lingue dominanti una<br />
propria dignità. In ciò consis<strong>te</strong> la chiave<br />
della loro sopravvivenza.<br />
Emblematica è in questo senso una<br />
canzone popolare che viene intonata in<br />
ogni ricorrenza pubblica, profana e religiosa,<br />
il Canto dell’esule, che si è tramandato<br />
nei secoli e recita: “Oh bella<br />
Morea, come ti ho lasciata e più non ti<br />
ho rivista, lì ho il signor mio padre, lì ho<br />
la signora mia madre, lì ho anche il fra<strong>te</strong>llo<br />
mio. Oh bella Morea, come ti ho lasciata<br />
e mai più ti ho rivista”.<br />
Altra peculiarità che connota ques<strong>te</strong><br />
comunità è la lingua, rimasta straordinariamen<strong>te</strong><br />
vicina a quella madre, tanto<br />
che oggi è possibile la comunicazione
« La lingua<br />
parlata<br />
è rimasta<br />
incredibilmen<strong>te</strong><br />
vicina a quella<br />
madre:<br />
un albanese<br />
e un “pianoto”<br />
si capiscono<br />
benissimo»<br />
tra un albanese d’Albania e un “pianoto”.<br />
Le battaglie <strong>te</strong>nacemen<strong>te</strong> sos<strong>te</strong>nu<strong>te</strong><br />
dalla comunità hanno portato il riconoscimento<br />
della minoranza arbëreshe da<br />
par<strong>te</strong> dello stato italiano in base alla legge<br />
482 del 1999. Ma loro pensano ancora<br />
che la loro cultura sia minacciata. E<br />
non a torto. Come detto, la peculiarità di<br />
ques<strong>te</strong> popolazioni si è conservata anche<br />
grazie alla presenza di istituzioni<br />
culturali, ma oggi la lingua e la cultura<br />
di ques<strong>te</strong> genti sono relega<strong>te</strong> in un ambito<br />
quasi folklorico e “ornamentale”, e<br />
ciò non è di buon auspicio per il futuro.<br />
Se infatti una lingua non conferisce<br />
prestigio al parlan<strong>te</strong> e, anzi, lo relega e lo<br />
consegna a un’immagine grot<strong>te</strong>sca e distorta,<br />
difficilmen<strong>te</strong> la vecchia generazione<br />
sarà disposta a trasmet<strong>te</strong>rla a<br />
quella successiva. In un orizzon<strong>te</strong> culturale<br />
che premia “leggerezza” e “omogeneità”,<br />
sarà difficile per una tradizione<br />
“pesan<strong>te</strong>” di cinquecento anni guadagnarsi<br />
un posto nel <strong>te</strong>rzo millennio..<br />
Le risorse di Librino<br />
In memoria di Iqbal Masih,<br />
contro il lavoro minorile<br />
scarpcatania<br />
A Librino, quartiere periferico concepito e nato negli anni<br />
Settanta come “città sa<strong>te</strong>lli<strong>te</strong>” di Catania, opera il centro “Iqbal Masih”.<br />
Si tratta di un gruppo di persone che volontariamen<strong>te</strong> e liberamen<strong>te</strong><br />
gestisce, organizza e svolge diverse attività, autofinanziandosi.<br />
Nel quartiere mancano spazi di aggregazione sociale e il gruppo met<strong>te</strong><br />
a disposizione il suo spazio per dare l’opportunità a tutti agli abitanti<br />
del quartiere di incontrarsi e socializzare pacificamen<strong>te</strong>.<br />
I bambini possono usufruire del doposcuola e par<strong>te</strong>cipare ad attività<br />
artistiche e ricreative. Ma l’impegno forse più importan<strong>te</strong> del centro<br />
è quello di occuparsi, trami<strong>te</strong> inchies<strong>te</strong>, raccolta di dati e denunce, dello<br />
sfruttamento del lavoro minorile e del lavoro in nero, piaga che si pensa<br />
riferibile solo a paesi lontani, ma che invece è presen<strong>te</strong> anche vicino a noi.<br />
Valentina è una volontaria del centro “Iqbal Masih”. Spiega che<br />
la maggior par<strong>te</strong> dei bambini di loro conoscenza, a 13 anni lasciano<br />
la scuola e iniziano a lavorare. Purtroppo la scuola non può fare nulla,<br />
perché mol<strong>te</strong> vol<strong>te</strong> sono proprio i genitori che spingono i minori<br />
ad abbandonare gli studi e spesso a farli lavorare, pure in famiglia o con<br />
la paren<strong>te</strong>la, ad esempio come muratori o pescatori. Ma anche la mafia con<br />
i suoi in<strong>te</strong>ressi è presen<strong>te</strong> nel quartiere e così i minori ne divengono preda,<br />
avviati allo spaccio di droga e a diversi tipi di furti.<br />
Questa è la realtà dei fatti e non esis<strong>te</strong> alcun controllo, data la latitanza<br />
delle istituzioni. Il centro “Masih” ha recen<strong>te</strong>men<strong>te</strong> organizzato<br />
una “Settimana contro lo sfruttamento minorile”. A Catania, in piazza<br />
dell’Università, un gruppo di bambini, accompagnati allegramen<strong>te</strong> dalla<br />
musica, ha recitato e ballato, raccontando le storie di bambini lavoratori,<br />
tra cui quella di colui che da il nome al centro.<br />
Iqbal era un bambino pachistano. A 4 anni i suoi genitori lo vendet<strong>te</strong>ro<br />
per 16 dollari a una fabbrica di tappeti, dove era costretto a lavorare<br />
13 ore al giorno. A 10 anni ebbe la fortuna di essere liberato da un uomo,<br />
il presiden<strong>te</strong> del Fron<strong>te</strong> di liberazione del lavoro forzato in Pakistan. Iqbal<br />
iniziò a bat<strong>te</strong>rsi per tutti i bambini sfruttati e le sue coraggiose denunce<br />
causarono la chiusura di decine di fabbriche di tappeti. Portò la sua<br />
<strong>te</strong>stimonianza anche in altri paesi asiatici,<br />
in occiden<strong>te</strong> e negli Stati Uniti. Il suo<br />
obiettivo era diventare avvocato, per po<strong>te</strong>r<br />
lottare e difendere i milioni di bambini<br />
costretti a lavorare in tutto il mondo.<br />
Ma il suo sogno non potè avverarsi.<br />
Iqbal a 12 anni, nel 1995, fu ucciso dagli<br />
uomini della mafia dei tappeti, per avere<br />
avuto il coraggio di denunciare ciò che<br />
avviene nel suo paese. Iqbal rimane<br />
comunque un simbolo del coraggio e dei<br />
diritti dei minori. Lo <strong>te</strong>stimoniano le sue<br />
parole: «Non ho paura del mio padrone,<br />
ora è lui ad aver paura di me».<br />
Sissi Geraci<br />
Ricordando Iqbal<br />
Un momento della manifestazione<br />
contro il lavoro minorile<br />
svol<strong>te</strong>si in piazza dell’Università<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .53
“U fistinu” celebra a luglio Santa Rosalia. Festa amata: il carro<br />
trionfale illustra la voglia di Palermo di vincere i propri mali<br />
C’è lavoro<br />
per la Santuzza<br />
La danza<br />
dello spirito<br />
Mentre cala l’ala vorticosa<br />
per i pendii maestri<br />
il Respiro Supremo muta ogn’or.<br />
Qual nebbioso fremito s’allesta<br />
al sentier di una valle caliginosa,<br />
Esso si immerge,<br />
gabbiano impavido,<br />
rapido, silenzioso,<br />
ferendo l’aere brumoso.<br />
Un tremulo fruscìo furtivo<br />
si culla<br />
su rive che<strong>te</strong><br />
d’una spiaggia<br />
fumosa.<br />
Tumultuoso,<br />
irruen<strong>te</strong>,<br />
scivola,<br />
librandosi<br />
in una fiamma<br />
vaporosa<br />
che sventola<br />
su aspre<br />
cime nevose.<br />
L. C.<br />
54. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
palermo<br />
di Giuseppe Cintura <strong>te</strong>sto raccolto da Rossella Russello<br />
Si è abbassato il sipario sul festino di Santa Rosalia, il numero trecentottanta.<br />
Palermo dal 9 al 15 luglio, come ogni anno, ha dedicato alla sua patrona una<br />
festa popolare, nota come u fistinu. Festa ricca di manifestazioni culturali, spettacoli<br />
piro<strong>te</strong>cnici e una solenne processione. <strong>Per</strong> le vie del centro storico, in occasione del<br />
festino, i cantastorie intonano i canti della tradizione popolare, che celebrano la<br />
Santuzza (espressione comune usata dai devoti per riferirsi in modo affettuoso a<br />
santa Rosalia) e la leggenda del suo eremitaggio nella grotta sul mon<strong>te</strong> Pellegrino, vicino<br />
Palermo. A Santuzza miraculusa è una vicenda riferita a quell’anno maledetto,<br />
il 1624, in cui la mor<strong>te</strong> nera, la pes<strong>te</strong>, falciava la popolazione di Palermo. Nessun<br />
rimedio umano era riuscito ad arrestare il morbo: solo dopo una strage di 30 mila<br />
morti, Santa Rosalia sconfisse la pes<strong>te</strong>.<br />
La rappresentazione della città devastata<br />
dall’epidemia apre lo spettacolo<br />
in cat<strong>te</strong>drale. Il simbolo della vittoria<br />
contro la pes<strong>te</strong> è stato l’incedere, dalla<br />
cat<strong>te</strong>drale al Foro Italico, di un foltissimo<br />
cor<strong>te</strong>o dietro l’imponen<strong>te</strong> carro<br />
trionfale della Santuzza, pesan<strong>te</strong> set<strong>te</strong><br />
tonnella<strong>te</strong> e trasportato da sessanta<br />
marinai.<br />
Il mio sogno, incoronarla<br />
Un sogno che ho, sin da quando ero<br />
bambino, è salire sul carro per po<strong>te</strong>r salutare<br />
la Santuzza e po<strong>te</strong>rla incoronare,<br />
proprio quello che fa il sindaco ogni anno.<br />
Ricordo che da piccolo andavo con<br />
mio padre alla processione, quanto<br />
camminavamo! <strong>Per</strong> farmi riposare e soprattutto<br />
per cercare di realizzare, almeno<br />
in minima par<strong>te</strong>, il mio sogno, mio<br />
papà mi faceva sedere sul lato pos<strong>te</strong>riore<br />
del carro. Ero felicissimo e orgoglioso<br />
di mio padre per ciò che aveva fatto.<br />
Gli anni passano e le cose cambiano,<br />
ma la nostra festa rimane sempre e<br />
quest’anno sono andato a fes<strong>te</strong>ggiare<br />
la patrona insieme alla comunità con<br />
cui vivo. La nostra serata è cominciata<br />
con una cena tipica: lo sfincione, una<br />
focaccia di pasta molliccia lievitata,<br />
con salsa di pomodoro e cipolla a fet<strong>te</strong>,<br />
pan grattato, caciocavallo a pezzettini<br />
e acciughe sala<strong>te</strong>, e del buon dolce (il<br />
“gelato di campagna”, sorta di torrone<br />
<strong>te</strong>nero, fatto di zucchero e pistacchi).<br />
La serata è poi proseguita con la<br />
processione. Il carro, con il suo lento incedere,<br />
avanzava in direzione della marina,<br />
al grido corale di «Viva Palermo e<br />
Santa Rosalia». La festa è stata dedicata<br />
Volontari siciliani, esta<strong>te</strong> a<br />
Superata la fase acuta della<br />
emergenza post-<strong>te</strong>rremoto, il numero<br />
dei volontari presenti in Abruzzo<br />
non diminuisce. Anche la Caritas<br />
diocesana di Palermo si è recata<br />
in Abruzzo per contribuire all’azione<br />
di sos<strong>te</strong>gno alle popolazioni colpi<strong>te</strong><br />
dal sisma. La delegazione Caritas<br />
siciliana, che opera in gemellaggio<br />
con quella lombarda, ha promosso<br />
attività che si svolgono nel comune di<br />
Paganica, dove sono allesti<strong>te</strong> cinque<br />
<strong>te</strong>ndopoli. Da subito, raccontano<br />
i volontari, sono stati immersi<br />
nelle difficoltà che la vita nelle <strong>te</strong>nde<br />
provoca, cercando di stabilire una<br />
continuità tra i vari turni di volontari<br />
che si sono succeduti nei centri<br />
di ascolto aperti tra le <strong>te</strong>nde.
alle vittime del mare, ma è stata anche<br />
all’insegna del risparmio. Il risparmio si<br />
è sentito in tutto, anche se lo scenario<br />
del Foro Italico, gremito di tanta gen<strong>te</strong><br />
che canta, balla, mangia e ride, fa per un<br />
attimo dimenticare questa crisi.<br />
La Nave dei miracoli<br />
Almeno il carro trionfale, comunque,<br />
era totalmen<strong>te</strong> nuovo. Ispirato al mare:<br />
la “Nave dei miracoli”. Il carro rappresentava<br />
un relitto, costruito con legno<br />
marino impreziosito dall’oro zecchino,<br />
adagiato su un letto di rose rosse.<br />
<strong>Per</strong> il palermitano doc, non è fistinu<br />
se gli vengono a mancare i babbaluci<br />
(lumache), che gusta comodamen<strong>te</strong><br />
seduto su una seggiola, con il<br />
naso all’insù verso il cielo che ammira<br />
i fuochi d’artifici, segno della conclusione<br />
della festa.<br />
In tanti affermano che con il carro<br />
trionfale i palermitani, insieme alla gloria<br />
della Santa, vogliano riaffermare la<br />
gloria della propria città. Certo è che,<br />
soprattutto in questi ultimi anni, il carro<br />
è metafora della voglia della città di<br />
trionfare sui propri mali, così come la<br />
sua Santuzza lo fece sulla pes<strong>te</strong>. Oggi<br />
come allora, la cittadinanza affida al<br />
miracoloso po<strong>te</strong>re della Santa il compito<br />
di risolvere ogni sorta di problema,<br />
dal malanno fisico alla pena amorosa,<br />
fino alla piaga della mafia. Il lavoro non<br />
le manca..<br />
Sulla strada<br />
Io e mio fra<strong>te</strong>llo, vita sfortunata<br />
Ma adesso vogliamo la rivincita<br />
La mia è una storia tris<strong>te</strong>, ma soprattutto sfortunata.<br />
Fin dall’infanzia subivo abusi sessuali in famiglia, non parlavo mai, ero molto<br />
timido e <strong>te</strong>rrorizzato. Mia madre non ha mai capito nulla e io, per non darle<br />
un dispiacere, facevo finta di nien<strong>te</strong> e subivo in silenzio. L’età avanzava<br />
e io ero sempre più legato a mia madre. Forse adesso mi rendo conto che<br />
ero anche troppo dipenden<strong>te</strong> da lei. E intanto rafforzavo sempre più anche<br />
il rapporto con mio fra<strong>te</strong>llo più piccolo, Mario. Quando è morta nostra<br />
madre, nel 2003, io e Mario siamo stati divisi, siamo andati a vivere a casa<br />
di due diverse sorelle. Convivenze difficili per entrambi.<br />
Io sono stato male, tanto da essere ricoverato in ospedale. Anche lì ero<br />
solo. I problemi diventavano sempre più frequenti e io ho cominciato a<br />
soffrire di depressione. La mia famiglia, o meglio quello che ne era rimasto,<br />
pian piano mi allontanava, mi disprezzavano, sino a che dovetti andarmene<br />
da casa. Così sono diventato un barbone. Quest’inferno è durato<br />
per un anno e mezzo. Io e mio fra<strong>te</strong>llo Mario abbiamo però trovato il modo<br />
per tornare a vivere insieme. Abbiamo vissuto per due anni in una casa<br />
abusiva, poi, grazie alla pensione di mio fra<strong>te</strong>llo (è schizzofrenico),<br />
abbiamo affittato un monolocale. La sfortuna purtroppo ci perseguita<br />
e la not<strong>te</strong> del 30 maggio è successo il caos. Alle 3 del mattino<br />
ho cominciato a sentire dei rumori, non capivo, pensavo si trattasse<br />
di una scossa di <strong>te</strong>rremoto. Un tonfo fortissimo è rimbombato in tutto<br />
l’appartamento e una nube di polvere si è sollevata. Era crollato<br />
il pavimento. <strong>Per</strong> fortuna sotto non ci abitava nessuno e noi riamo rimasti<br />
illesi. Ovviamen<strong>te</strong> non avevamo nessun contratto e quindi ci siamo trovati<br />
ancora una volta a vivere per strada. <strong>Per</strong> il momento siamo ospiti in<br />
un centro di accoglienza, ma questa è sola una sis<strong>te</strong>mazione provvisoria.<br />
Adesso io e Mario vogliamo prenderci la nostra rivincita, ricominciare<br />
da zero e cancellare il passato, per quanto è possibile. Siamo in cerca<br />
di un piccolo appartamento e di un po’ di felicità. Giovanni Bravo<br />
Paganica: il <strong>te</strong>rremoto si supera con l’ascolto e la condivisione<br />
I problemi, anche se abbastanza taciuti,<br />
sono tanti: la mancanza di privacy,<br />
dovuta alla condivisione delle <strong>te</strong>nde,<br />
che genera conflitti; l’apatia per i tanti<br />
giorni inoperosi; la s<strong>te</strong>ssa <strong>te</strong>mperatura,<br />
troppo calda di giorno e gelida di not<strong>te</strong>.<br />
Il compito dell’ascolto degli “at<strong>te</strong>ndati”<br />
si è dunque rivelato cruciale; ai centri si<br />
rivolgono anche persone di altri campi;<br />
le schede che vengono compila<strong>te</strong>,<br />
relative alle situazioni familiari di disagio<br />
sociale e psicologico, preludono<br />
a un eventuale in<strong>te</strong>rvento di sos<strong>te</strong>gno.<br />
Indimenticabili sono stati, sia per<br />
i volontari che per gli ospiti del campo<br />
“Paganica 5”, anche i momenti<br />
di animazione e i laboratori.<br />
Importantissimo inoltre<br />
l’accompagnamento e l’aiuto forniti<br />
alle persone più deboli: donne incin<strong>te</strong>,<br />
anziani e bambini. Il cammino verso<br />
la normalità è lungo e tortuoso, ma<br />
scarppalermo<br />
Solidarietà<br />
ai <strong>te</strong>rremotati<br />
Foto di gruppo<br />
per alcuni<br />
dei volontari<br />
della Caritas<br />
di Palermo<br />
che hanno passato<br />
l’esta<strong>te</strong> a Paganica<br />
al fianco<br />
dei <strong>te</strong>rremotati<br />
colpisce la voglia degli abruzzesi di<br />
essere protagonisti della ricostruzione,<br />
non solo vittime da commiserare.<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .55
Vacanze e viaggi<br />
I viaggi più belli sono quelli<br />
che si fanno sognando.<br />
I posti più belli<br />
e affascinanti<br />
sono quelli<br />
che non esistono ancora.<br />
Tutto ci stanno<br />
distruggendo<br />
e soprattutto<br />
i beni indispensabili<br />
per la vita:<br />
l’aria e l’acqua.<br />
Può darsi che ricrescano<br />
un giorno<br />
sopra macerie<br />
di metropoli irrespirabili<br />
devasta<strong>te</strong> dalla ricerca<br />
dei soldi solo per i soldi,<br />
dalla burocrazia<br />
immobile e falsa,<br />
dalla <strong>te</strong>cnologia<br />
inutile e dannosa,<br />
spesso stupida, superficiale,<br />
brutta e aggressiva,<br />
dove le persone sensibili<br />
sono considera<strong>te</strong><br />
carta straccia<br />
e dove c’è cattiveria,<br />
razzismo e violenza<br />
tra le pareti<br />
della propria abitazione…<br />
Silvia Giavarotti<br />
56. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
Africa<br />
In questa <strong>te</strong>rra<br />
c’è fame e dolore<br />
la loro vita<br />
ha lo s<strong>te</strong>sso colore<br />
della loro pelle.<br />
Africa <strong>te</strong>rra di chi<br />
ha sempre promesso.<br />
Africa vi<strong>te</strong> di tanti<br />
che aspettano ancora.<br />
Africa si muore uniti<br />
senza nien<strong>te</strong>.<br />
In questa <strong>te</strong>rra<br />
una donna aspetta<br />
nel suo dolore<br />
la speranza di chi<br />
è partito<br />
per cercare ricchezza.<br />
Donna arriverà<br />
il tuo uomo<br />
se la sua drammatica<br />
attraversata<br />
non finirà in fondo<br />
al mare.<br />
Africa stanca di chi<br />
promet<strong>te</strong> sempre.<br />
Africa di mille illusioni.<br />
Africa se il mondo in<strong>te</strong>ro<br />
lo vorrà<br />
la tua bandiera alzerai<br />
in cerca di una libertà.<br />
Nino Moxedano<br />
Ti penso<br />
C’è una bimba<br />
in giardino<br />
nell’ora in cui la sera<br />
s’incontra<br />
con la not<strong>te</strong>.<br />
Sorge la luna,<br />
splendida e tranquilla,<br />
e biancheggia<br />
tra i rami<br />
degli alberi silenti.<br />
Là at<strong>te</strong>ndeva la bimba,<br />
e ora guarda e ascolta;<br />
scompare il mondo<br />
e, per la bimba,<br />
altro non c’è<br />
che la maestosa Luna,<br />
Mary<br />
poesie di strada<br />
Riflessione<br />
Dall’essenza<br />
del tuo bisogno<br />
riconosciuto<br />
dal tuo in<strong>te</strong>rrogarti<br />
dopo il tuo vissuto,<br />
segnato dalle tan<strong>te</strong><br />
esperienze amare,<br />
dopo l’aver trovato<br />
sensazioni forti con me<br />
che avrei dovuto esserti<br />
amico, al tramonto<br />
di un giorno, uno<br />
dei tanti magici giorni,<br />
dopo una not<strong>te</strong><br />
di riflessione<br />
mi hai detto: sono sicura<br />
di non amarti;<br />
so che non ti amo<br />
ma scusami, scusami<br />
se ti ho permesso<br />
di avvicinarti troppo;<br />
anch’io ti chiedo scusa<br />
per quel fatale errore<br />
quello del guaritore<br />
che dell’ammalato<br />
si è innamorato;<br />
senza volerlo<br />
ho disturbato<br />
la tua men<strong>te</strong><br />
riaprendo<br />
vecchie feri<strong>te</strong><br />
ora vorrei aiutarti,<br />
esserti amico,<br />
essere orgoglioso<br />
di averti conosciuta<br />
questo vorrei…<br />
dopo una not<strong>te</strong><br />
di riflessione.<br />
Gaetano Toni Grieco<br />
Lenta<br />
la vita<br />
Lenta è la vita,<br />
l’orologio del <strong>te</strong>mpo,<br />
scandisce<br />
il lento trascorrere,<br />
di minuti, ore e giorni.<br />
Fermar vorresti,<br />
il lento invecchiar<br />
del tuo corpo.<br />
Nel lento trascorrere,<br />
della tua vita,<br />
ci sono giorni,<br />
che n’è valsa<br />
il dover vivere.<br />
Bad 10
ventuno<br />
Ventuno. Come il secolo nel<br />
quale viviamo, come l’agenda<br />
per il buon vivere, come<br />
l’articolo della Costituzione<br />
sulla libertà di espressione.<br />
Ventuno è la nostra<br />
idea di economia.<br />
Con qualche proposta per<br />
agire contro l’ingiustizia e<br />
l’esclusione sociale<br />
nelle scel<strong>te</strong> di ogni giorno.<br />
ventunodossier L’Europa che verrà.<br />
Dopo le elezioni di giugno, che hanno<br />
ridefinito il Parlamento di Strasburgo,<br />
ci siamo chiesti come si muoverà<br />
l’Ue in <strong>te</strong>ma di immigrazione,<br />
politiche 1sociali, ambien<strong>te</strong>.<br />
<strong>Per</strong>ché anche su questi <strong>te</strong>mi sarà<br />
sempre più l’Unione a decidere<br />
dossier a cura di Chiara Lucchin<br />
ventunoeconomia Io non vendo,<br />
scambio. In <strong>te</strong>mpi di crisi, trova<br />
nuova linfa l’idea, vecchia come<br />
il mondo, del baratto. Siamo andati<br />
a caccia di esperienze particolari.<br />
Come l’agriturismo che offre<br />
ospitalità, in cambio di...<br />
di S<strong>te</strong>fania Culurgioni<br />
ventunorighe L’Europa, grande<br />
progetto da sentire sempre più<br />
“nostro” a cura dell’Ufficio Europa<br />
di Caritas Ambrosiana<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .<br />
57
1<br />
ventunodossier<br />
Pochi europei hanno votato per il Parlamento. L’Unione appare<br />
lontana. Eppure è decisiva: analizziamo la sua agenda sociale<br />
L’Europa<br />
affare di tutti<br />
dossier a cura di Chiara Lucchin<br />
Quanto è cresciuta<br />
l’Europa che vollero<br />
nel dopoguerra<br />
De Gasperi, Schumann<br />
e Adenauer?<br />
Oggi il passo<br />
è rallentato, ma<br />
la strada percorsa<br />
è stata no<strong>te</strong>vole.<br />
Moneta unica, frontiere<br />
abbattu<strong>te</strong>, direttive<br />
comunitarie con valore<br />
normativo nei paesi<br />
membri. E ancora,<br />
l’ingresso dei paesi<br />
dell’est e gli arrivi<br />
di tanti migranti.<br />
A giugno, con il voto,<br />
l’Europarlamento<br />
ha assunto una nuova<br />
ves<strong>te</strong>. Quali sfide<br />
dovrà affrontare?<br />
Quali decisioni<br />
assumere, in ma<strong>te</strong>ria<br />
di politiche sociali,<br />
immigrazioni, ambien<strong>te</strong>?<br />
58. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
Il “peso” delle leggi europee<br />
Istituzioni lontane?<br />
Strasburgo decide per noi<br />
Tra il 4 e il 7 giugno 2009, i cittadini europei dei 27 stati membri dell’Unione<br />
hanno votato per eleggere i deputati del nuovo Parlamento europeo, che rimarranno<br />
in carica per i prossimi cinque anni. La bassa affluenza alle urne, registrata<br />
in particolare nei paesi dell’Europa centrale e dell’est, ha evidenziato, ancora<br />
una volta, il problema della disaffezione, nonché della distanza dei cittadini europei<br />
nei confronti delle istituzioni comunitarie. Infatti, dopo il fallimento del<br />
progetto di una costituzione per l’Europa, a causa della mancata ratifica del Trattato<br />
di Lisbona da par<strong>te</strong> dell’Irlanda, che ne ha bloccato l’approvazione, una certa<br />
indifferenza, mista a scetticismo, ha preso di mira il Parlamento europeo, l’istituzione<br />
comunitaria i cui membri sono eletti a suffragio universale diretto dal 1979<br />
e che rives<strong>te</strong> un ruolo rilevan<strong>te</strong> nel processo<br />
di elaborazione di quella normativa<br />
comunitaria che i parlamenti nazionali<br />
sono chiamati ad attuare.<br />
Purtroppo, anche nel nostro paese,<br />
non è percepito dalla maggioranza dei<br />
cittadini lo stretto legame tra l’ordinamento<br />
comunitario e quello nazionale.<br />
Ciò è dovuto probabilmen<strong>te</strong>, tra le altre<br />
cause, alla complessità dei processi decisionali<br />
comunitari, nonchè ai livelli<br />
istituzionali che ci separano dagli organismi<br />
comunitari e alla scarsa e spesso<br />
strumentale informazione che ci viene<br />
presentata dai governi nazionali attraverso<br />
i media.<br />
In altri <strong>te</strong>rmini, non è culturalmen<strong>te</strong><br />
acquisito fino a che punto i processi<br />
decisionali europei incidano sulle leggi<br />
che regolano la vita dei cittadini dell’Unione.<br />
Eppure, attualmen<strong>te</strong> circa il 75%<br />
delle leggi italiane sono emana<strong>te</strong> a seguito<br />
del necessario recepimento di atti<br />
comunitari!<br />
Come fare, dunque, perché i cittadini<br />
europei e italiani si avvicinino al<br />
Parlamento continentale? Anzitutto, è<br />
opportuno far acquisire consapevolez-
za riguardo all’importanza e alla possibilità<br />
di divenire portatori di istanze duran<strong>te</strong><br />
l’in<strong>te</strong>ro periodo della legislatura;<br />
difatti, un contatto con le istituzioni europee,<br />
da cittadini, è possibile sia attraverso<br />
gli strumenti di comunicazione<br />
messi a disposizione sul sito dell’Unione,<br />
sia per mezzo di reti e rappresentanze<br />
di organizzazioni operanti a<br />
Bruxelles, qualifica<strong>te</strong> per condurre un<br />
costan<strong>te</strong> dialogo e un’azione efficace di<br />
lobbying presso le istituzioni europee<br />
aper<strong>te</strong> a questo tipo di in<strong>te</strong>razione, come<br />
la Commissione europea, il Comitato<br />
economico e sociale e – appunto –<br />
il Parlamento europeo.<br />
Contrariamen<strong>te</strong> a quanto si pensa,<br />
anche il Parlamento di Strasburgo negli<br />
ultimi anni si è rivelata una istituzione<br />
disponibile al “dialogo civile”, attraverso<br />
l’apertura di canali consolidati<br />
che hanno consentito dal basso una<br />
reale influenza sul processo decisionale<br />
comunitario.<br />
L’in<strong>te</strong>razione della società civile<br />
con il Parlamento risponde anche alle<br />
esigenze degli europarlamentari i quali,<br />
chiamati a trattare mol<strong>te</strong>plici ma<strong>te</strong>rie,<br />
ricevono da organizzazioni radica<strong>te</strong><br />
negli stati membri dati aggiornati e<br />
pareri su azioni e misure da proporre e<br />
sos<strong>te</strong>nere nel corso dei lavori parlamentari.<br />
Sfide per un quinquennio<br />
Duran<strong>te</strong> la preceden<strong>te</strong> legislatura, nel<br />
settore della povertà e dell’inclusione<br />
sociale la mobilitazione della società civile<br />
nei confronti del Parlamento europeo<br />
ha consentito di realizzare alcune<br />
azioni di successo. Di fondamentale importanza<br />
è stato, per esempio, lo sblocco<br />
della direttiva sui servizi sociali di in<strong>te</strong>resse<br />
generale, che regola nel mercato<br />
unico l’erogazione di servizi di pubblico<br />
in<strong>te</strong>resse, anche sociali e sanitari,<br />
nonché, in <strong>te</strong>ma di grave emarginazione,<br />
l’adozione, da par<strong>te</strong> del Parlamento,<br />
nell’aprile 2008, della “Dichiarazione<br />
scritta per porre fine al problema dei<br />
senza fissa dimora”.<br />
Anche la legislatura che si è aperta<br />
in luglio ha già in agenda, tra gli altri,<br />
numerosi <strong>te</strong>mi di cruciale importanza<br />
per le organizzazioni della società civile<br />
e dei cittadini: le questioni sociali, l’immigrazione<br />
e l’ambien<strong>te</strong>.<br />
Riguardo al primo ambito, il problema<br />
dell’occupazione costituirà un <strong>te</strong>ma<br />
centrale della prossima legislatura, come<br />
dichiarato anche dal nuovo presiden<strong>te</strong><br />
del Parlamento, il polacco Jerzy<br />
Casa comune<br />
La sede del Parlamento europeo,<br />
a Strasburgo, in Francia,<br />
nel cuore dell’Europa continentale.<br />
Nella pagina successiva,<br />
lavori in aula<br />
Europa<br />
« Già oggi, circa<br />
il 75% delle<br />
leggi italiane<br />
sono emana<strong>te</strong><br />
a seguito<br />
del recepimento<br />
di atti<br />
comunitari»<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .59
ventunodossier<br />
« L’Europa<br />
che vogliamo,<br />
un continen<strong>te</strong><br />
nel quale<br />
i diritti umani<br />
e la solidarietà<br />
siano valori<br />
condivisi,<br />
la povertà<br />
sia sradicata,<br />
la democrazia<br />
par<strong>te</strong>cipativa<br />
rafforzata»<br />
60. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
Buzek. Infatti gli effetti della crisi finanziaria<br />
sull’economia reale hanno portato<br />
a un for<strong>te</strong> incremento della disoccupazione<br />
nell’Unione: il tasso di disoccupazione<br />
nel maggio 2009 nell’in<strong>te</strong>ra<br />
Ue è stato dell’8,9%, mentre un anno<br />
prima era del 6,8%. L’inevitabile conseguen<strong>te</strong><br />
impoverimento delle famiglie e<br />
l’aumento delle persone che vivono<br />
sotto la soglia di povertà ha conferito ul<strong>te</strong>riore<br />
urgenza al <strong>te</strong>ma del miglioramento<br />
delle tu<strong>te</strong>le previs<strong>te</strong> dal “modello<br />
sociale europeo”.<br />
Inoltre, la crisi dei mercati finanziari,<br />
iniziata nel 2008, ha reso ancor più<br />
necessario il miglioramento del quadro<br />
europeo di regolamentazione finanziaria,<br />
anche al fine di limitare le conseguenze<br />
dell’indebitamento delle famiglie<br />
e delle imprese.<br />
<strong>Per</strong> quanto concerne il <strong>te</strong>ma dell’immigrazione,<br />
l’arrivo ogni anno di<br />
molti immigrati, spesso in circostanze<br />
tragiche, ha spinto gli stati membri a<br />
cooperare alla gestione dei flussi migratori,<br />
in particolare nell’Europa meridio-<br />
costan<strong>te</strong> dialogo con le istituzioni europee<br />
e con le altre organizzazioni<br />
della società civile.<br />
Nelle settimane successive alle<br />
elezioni europee del 4-7 giugno 2009,<br />
reti della società civile operanti a livello<br />
europeo hanno utilizzato la possibilità<br />
di far sentire la propria voce<br />
lanciando appelli ai neodeputati del<br />
Parlamento europeo. I messaggi lanciati<br />
ai nuovi parlamentari non sono<br />
solo richies<strong>te</strong> su ma<strong>te</strong>rie specifiche,<br />
ma prendono anche la forma di ri-<br />
nale. Infatti, in seguito all’allargamento<br />
dello spazio Schengen, che ha previsto<br />
l’abolizione dei controlli sis<strong>te</strong>matici delle<br />
persone alle frontiere in<strong>te</strong>rne, al<br />
rafforzamento dei controlli alle frontiere<br />
es<strong>te</strong>rne e al coordinamento degli stati<br />
nell’affrontare il problema dell’immigrazione<br />
clandestina, si è creata una<br />
for<strong>te</strong> in<strong>te</strong>rdipendenza tra gli stati membri,<br />
che fa sì che qualsiasi decisione presa<br />
da uno stato abbia conseguenze sugli<br />
altri. Ora questa in<strong>te</strong>rdipendenza dovrà<br />
essere sos<strong>te</strong>nuta da atti normativi.<br />
Del resto, da diversi anni il Parlamento<br />
si occupa di immigrazione e asilo.<br />
In particolare, si è concentrato su alcuni<br />
aspetti: la lotta all’immigrazione<br />
clandestina, le sanzioni contro i datori<br />
di lavoro che sfruttano i clandestini, le<br />
regole per i rimpatri, la gestione dei lavoratori<br />
stranieri qualificati e le questioni<br />
culturali.<br />
Aspettando il Trattato<br />
Una <strong>te</strong>rza questione, apparen<strong>te</strong>men<strong>te</strong><br />
meno urgen<strong>te</strong>, ma di fondamentale ri-<br />
Il ruolo dei soggetti sociali<br />
«Cara Unione, ti chiedo...»<br />
Tempo di “dialogo civile”<br />
Il rallentamento del processo di in<strong>te</strong>grazione dell’Unione ha spinto<br />
le istituzioni europee ad avanzare ul<strong>te</strong>riormen<strong>te</strong> verso la realizzazione di<br />
una cittadinanza europea attiva e verso un effettivo coinvolgimento dei cittadini<br />
e delle loro forme organizza<strong>te</strong> nei processi decisionali dell’Ue. Il “dialogo<br />
civile”, così è stato denominato il dialogo tra le istituzioni europee e le organizzazioni<br />
della società civile, ha visto un legame sempre più stretto e un coinvolgimento<br />
sempre più ampio nei processi di elaborazione delle politiche e<br />
nelle discussioni sulle riforme dell’Ue.<br />
Negli ultimi anni, numerose reti, confederazioni, associazioni di organizzazioni<br />
europee si sono sempre più impegna<strong>te</strong> in percorsi di riflessione e di<br />
chiami a valori e principi, propos<strong>te</strong> di<br />
vision dell’Europa.<br />
Riforma “sociale” per Lisbona<br />
In particolare, sul <strong>te</strong>ma delle politiche<br />
sociali, povertà e immigrazione e ruolo<br />
delle organizzazioni che operano su<br />
questi <strong>te</strong>mi si sono espresse organizzazioni<br />
che operano nel mondo cooperativo,<br />
reti di livello europeo attive nella<br />
lotta alla povertà e all’esclusione sociale,<br />
organizzazioni ecclesiastiche come
levanza per il futuro e sulla quale gli eurodeputati<br />
dovranno impegnarsi, è il<br />
cambiamento climatico. Le istituzioni<br />
europee lavoreranno all’attuazione di<br />
una normativa comunitaria finalizzata<br />
a contrastare il cambiamento climatico<br />
e l’Ue dovrà inoltre impegnarsi per far<br />
subentrare un regime climatico mondiale<br />
a quello di Kyoto, che verrà concordato<br />
a Copenhagen a fine 2009.<br />
Tra gli impegni del nuovo Parlamento<br />
nella legislatura da poco avviata,<br />
ci sarà l’attuazione del Trattato di Lisbona,<br />
qualora dia esito positivo il nuovo<br />
referendum irlandese sulla sua ratifica,<br />
previsto per il 2 ottobre. Con l’auspicata<br />
entrata in vigore del Trattato, il funzionamento<br />
delle istituzioni comunitarie,<br />
reso più faticoso e complesso dall’allargamento<br />
dell’Europa a 27, acquisirà<br />
un quadro giuridico rinnovato e<br />
procedure decisionali semplifica<strong>te</strong> e più<br />
efficienti. In particolare il Parlamento<br />
europeo, acquisirà maggiori po<strong>te</strong>ri e al<br />
cittadino verrà dato un ruolo di in<strong>te</strong>rlocuzione<br />
più rilevan<strong>te</strong>. .<br />
Caritas Europa, Feantsa (Federazione<br />
europea delle organizzazioni che lavorano<br />
con i senza dimora), Eapn (Re<strong>te</strong><br />
europea per la lotta contro la povertà),<br />
Cooperatives Europe, Comece (Commissione<br />
degli episcopati della Comunità<br />
europea) e altre.<br />
La vision dell’Europa del futuro di<br />
ques<strong>te</strong> organizzazioni è quella di un<br />
continen<strong>te</strong> dove i diritti umani e la solidarietà<br />
tra persone e nazioni sono valori<br />
condivisi, povertà ed esclusione so-<br />
L’esito del voto<br />
L’Europa guarda a destra,<br />
primo presiden<strong>te</strong> dell’Est<br />
Dopo le elezioni svol<strong>te</strong>si nei 27 paesi dell’Unione all’inizio<br />
di giugno, il 14 luglio il nuovo Parlamento europeo ha dato l’avvio<br />
ai lavori della legislatura 2009-2014. Il Parlamento è stato rinnovato<br />
per circa metà dei suoi membri; sono stati nominati il presiden<strong>te</strong>,<br />
i vice e i presidenti delle commissioni parlamentari.<br />
La nuova assemblea è dominata dalle formazioni di centro-destra.<br />
I gruppi presenti a Strasburgo sono: Partito popolare europeo - Ppe<br />
(primo gruppo in parlamento), Alleanza progressista dei socialisti<br />
e democratici (S&D, secondo gruppo), Alleanza dei liberali e<br />
democratici per l’Europa (Alde), Verdi - Alleanza libera europea,<br />
Conservatori e Riformisti europei, Sinistra unita europea - Sinistra verde<br />
nordica (Gue-Ngl), Europa della libertà e della democrazia (Eld).<br />
Il polacco Jerzy Buzek è il primo politico provenien<strong>te</strong> dal blocco<br />
dell’Europa centro-orientale a rivestire un incarico presidenziale<br />
a livello europeo. La sua nomina è stata in<strong>te</strong>rpretata come un segnale<br />
di coinvolgimento verso i paesi dell’Europa centrale e dell’est,<br />
dove la par<strong>te</strong>cipazione alle elezioni è stata molto bassa. Primo<br />
vicepresiden<strong>te</strong> del parlamento è stato eletto l’italiano Gianni Pit<strong>te</strong>lla<br />
(Pd); per il resto, ai nostri connazionali è stata assegnata la presidenza<br />
di un esiguo numero di commissioni parlamentari.<br />
La Carta dei diritti fondamentali<br />
Tutti i diritti in un codice,<br />
ordinati secondo sei valori<br />
Tra gli allegati del Trattato di Lisbona è presen<strong>te</strong><br />
la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Con la ratifica<br />
del Trattato, la Carta (approvata a Nizza nel 2000) diven<strong>te</strong>rà<br />
giuridicamen<strong>te</strong> vincolan<strong>te</strong>. La Carta raccoglie per la prima volta<br />
in un <strong>te</strong>sto organico i diritti civili, politici, economici e sociali<br />
quali risultano dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi<br />
in<strong>te</strong>rnazionali comuni degli stati membri, dal Trattato sull’Unione<br />
europea, dalla Carta europea dei diritti dell’uomo, dalla Carta sociale<br />
europea e dalla Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali<br />
dei lavoratori, nonché della giurisprudenza della Cor<strong>te</strong> di giustizia<br />
e della Cor<strong>te</strong> dei diritti umani di Strasburgo.<br />
La Carta suddivide i diritti in sei ca<strong>te</strong>gorie di valori: “dignità”,<br />
“libertà”,“uguaglianza”,“solidarietà”, “cittadinanza”, “giustizia”.<br />
Anche duran<strong>te</strong> i lavori della Convenzione (il collegio che in dieci mesi<br />
ha codificato la Carta), la società civile ha par<strong>te</strong>cipato al processo,<br />
inviando un grande numero di contributi e sottolineando l’importanza<br />
di inserire nel documento la tu<strong>te</strong>la di specifici diritti, libertà e valori.<br />
A <strong>te</strong>stimonianza del fatto che, anche sulle questioni più rilevanti,<br />
un dialogo costruttivo con le istituzioni europee è praticabile.<br />
Europa<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .61
ventunodossier<br />
ciale sono stati sradicati, dialogo civile e<br />
democrazia par<strong>te</strong>cipativa rafforzati.<br />
Le reti europee che operano per la<br />
lotta contro la povertà e l’esclusione,<br />
davanti alla crisi attuale, che ha aggravato<br />
e reso ancor più palese il fallimento<br />
degli obiettivi della Stra<strong>te</strong>gia di Lisbona,<br />
i quali ponevano economia e<br />
competitività in primo piano, chiedono<br />
ai deputati di impostare la revisione della<br />
Stra<strong>te</strong>gia di Lisbona secondo un’accentuata<br />
visione sociale. Al Parlamento<br />
europeo è stato esplicitamen<strong>te</strong> indirizzato<br />
l’appello a invitare gli stati membri<br />
a rinforzare i sis<strong>te</strong>mi di pro<strong>te</strong>zione sociale<br />
e i modelli di stato sociale, ma anche<br />
a migliorare la loro efficacia nel prevenire<br />
la povertà nei paesi membri, attivandosi<br />
per attuare misure che fron<strong>te</strong>ggino<br />
la disoccupazione e le<br />
diseguaglianze.<br />
2010, Anno contro la povertà<br />
In riferimento alla decisione di proclamare<br />
il 2010 Anno europeo di lotta alla<br />
povertà e all’esclusione sociale, la società<br />
civile continentale, attraverso le<br />
sue reti, ha chiesto di non perdere l’occasione<br />
per monitorare e prendere in<br />
considerazione vecchie e nuove forme<br />
di povertà, sollecitando l’europarlamento<br />
a elaborare stra<strong>te</strong>gie concre<strong>te</strong>.<br />
Anche in ma<strong>te</strong>ria di immigrazione e<br />
asilo sono sta<strong>te</strong> fat<strong>te</strong> precise richies<strong>te</strong> ai<br />
parlamentari: bisogna operare per tu<strong>te</strong>lare<br />
i diritti degli immigrati che vengono<br />
in Europa per lavorare, creando un quadro<br />
legale adeguato e stabilendo misure<br />
che supportino gli immigrati nell’accesso<br />
all’informazione e forniscano un<br />
supporto reale all’in<strong>te</strong>grazione.<br />
Nell’ambito dell’asilo sono stati lanciati<br />
appelli affinché venga salvaguardato<br />
il diritto alla pro<strong>te</strong>zione in<strong>te</strong>rnazionale,<br />
stabilendo standard più elevati<br />
nel quadro del Sis<strong>te</strong>ma comune europeo<br />
per l’asilo, in riferimento in particolare<br />
a due Direttive europee: quella<br />
sulle procedure per l’asilo e quela sulle<br />
qualifiche dei rifugiati.<br />
In<strong>te</strong>ressan<strong>te</strong> è stata anche la richiesta,<br />
avanzata da una delle componenti<br />
fondamentali del <strong>te</strong>rzo settore in Italia,<br />
relativa al ruolo delle cooperative sociali<br />
nella lotta all’esclusione sociale e alla<br />
povertà. Il mondo della cooperazione<br />
ha chiesto ai deputati di operare affin-<br />
62. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
Trattato di Lisbona sotto esame<br />
La Carta per la nuova Europa<br />
(Irlanda permet<strong>te</strong>ndo)<br />
Come sarà l’Unione Europea, se il Trattato di Lisbona dovesse essere<br />
approvato anche dai cittadini irlandesi (nel referendum di ottobre)<br />
e dovesse dunque finalmen<strong>te</strong> entrare in vigore?<br />
Secondo le in<strong>te</strong>nzioni delle istituzioni europee, e degli stati che hanno<br />
ratificato o approvato il Trattato, l’Europa dovrà essere più democratica e<br />
trasparen<strong>te</strong>, grazie a:<br />
un ruolo rafforzato per il Parlamento europeo: esso sarà dotato di nuovi<br />
importanti po<strong>te</strong>ri, relativi alla legislazione e al bilancio dell’Unione e agli<br />
accordi in<strong>te</strong>rnazionali;<br />
un maggiore coinvolgimento dei parlamenti nazionali: l’in<strong>te</strong>rvento<br />
dell’Unione avverrà solo quando l’azione a livello europeo risulti più efficace<br />
(principio di sussidiarietà)<br />
una voce più for<strong>te</strong> per i cittadini: grazie alla “iniziativa dei cittadini”, un<br />
gruppo di un milione di essi potrà invitare la Commissione a presentare<br />
nuove propos<strong>te</strong>.<br />
Le istituzioni europee saranno anche più efficienti perché:<br />
il voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio sarà es<strong>te</strong>so a nuovi<br />
ambiti politici, per accelerare e rendere più efficienti i processi decisionali;<br />
un quadro istituzionale più stabile e semplice sarà consentito<br />
dall’istituzione della figura del Presiden<strong>te</strong> del Consiglio europeo (eletto per<br />
due anni e mezzo) e a nuove disposizioni per la composizione<br />
del Parlamento europeo e per una Commissione europea più “snella”;<br />
verrà migliorata la capacità di azione dell’Ue in diversi settori prioritari<br />
per l’Unione di oggi e per i cittadini: tra i quali “Libertà, sicurezza e<br />
giustizia”, salu<strong>te</strong> pubblica, cambiamenti climatici, servizi di in<strong>te</strong>resse<br />
generale, coesione <strong>te</strong>rritoriale, aiuti umanitari.<br />
Alcune misure garantiranno più diritti e valori, libertà, solidarietà e sicurezza:<br />
verrano precisati e rafforzati i valori e gli obiettivi su cui l’Unione<br />
si fonda e resa vincolan<strong>te</strong> la Carta dei diritti fondamentali;<br />
l’Unione e gli stati saranno <strong>te</strong>nuti ad agire congiuntamen<strong>te</strong> in uno spirito<br />
di solidarietà<br />
l’azione Ue in <strong>te</strong>ma di libertà, sicurezza e giustizia sarà rafforzata.<br />
Infine, il ruolo in<strong>te</strong>rnazionale dell’Ue sarà più rilevan<strong>te</strong> grazie al fatto che:<br />
la nuova figura di Alto rappresentan<strong>te</strong> dell’Unione per gli affari es<strong>te</strong>ri<br />
e la politica di sicurezza, che sarà anche vicepresiden<strong>te</strong> della Commissione,<br />
darà all’azione es<strong>te</strong>rna dell’Ue maggiore impatto e coerenza.<br />
chè il proprio ruolo nell’economia e<br />
nella società venga maggiormen<strong>te</strong> riconosciuto,<br />
in considerazione di alcune<br />
carat<strong>te</strong>ristiche di questo attore sociale:<br />
il perseguimento di obiettivi sociali median<strong>te</strong><br />
lo svolgimento di attività economiche<br />
e le radici locali. L’importanza del<br />
ruolo delle cooperative sociali come<br />
motore dello sviluppo e luogo per l’in-<br />
clusione sociale è stata portata all’at<strong>te</strong>nzione<br />
del Parlamento nella scorsa legislatura<br />
dall’Europarlamentare italiano<br />
Patrizia Toia, che ha presentato in<br />
aula il “Rapporto di iniziativa sull’economia<br />
sociale di mercato”, documento<br />
elaborato grazie anche alla consultazione<br />
di numerose organizzazioni del<br />
mondo cooperativo..
1 ventunoeconomia<br />
Fa bene alle relazioni. All’ambien<strong>te</strong>. Al portafoglio. Il baratto<br />
torna di moda grazie a in<strong>te</strong>rnet: io scambio, non pago<br />
Se io do<br />
una cosa a <strong>te</strong>...<br />
di S<strong>te</strong>fania Culurgioni<br />
La fantasia<br />
degli italiani,<br />
in <strong>te</strong>ma<br />
di baratto,<br />
non ha limiti.<br />
Basta dare<br />
un’occhiata<br />
al sito<br />
zerorelativo.it<br />
64. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
Siamo abituati a dare un prezzo alle cose che vogliamo possedere.<br />
A immaginarne il valore in <strong>te</strong>rmini monetari, a quantificare in euro la loro utilità.<br />
Ci siamo dimenticati che i soldi sono un’invenzione antica, certo, ma non<br />
così tanto. La prima forma di scambio che è apparsa nella storia del commercio<br />
è stata il baratto. Attraverso il baratto una persona po<strong>te</strong>va scambiare una<br />
merce in suo possesso con un’altra merce offerta da qualcun altro ed è solo nel<br />
corso dei secoli, con la diffusione della moneta come mezzo di pagamento, che<br />
questa forma di scambio primitiva è stata sostituita con il pagamento monetario.<br />
Eppure a vol<strong>te</strong> la storia torna sui suoi passi. Comprare senza spendere, acquistare<br />
qualcosa senza pagare, sono comportamenti tornati prepo<strong>te</strong>n<strong>te</strong>men-<br />
<strong>te</strong> di moda in questi ultimi anni. Soprattutto<br />
grazie a in<strong>te</strong>rnet: la re<strong>te</strong>, colorando<br />
questa antica forma di economia<br />
con nuove sfumature e con<br />
tan<strong>te</strong> curiosità, ha avuto un effetto<br />
moltiplicatore. E così oggi cresce il<br />
numero degli avventori dei mercatini<br />
del baratto, come anche il numero<br />
degli u<strong>te</strong>nti che visitano online siti<br />
predisposti a offrire oggetti in cambio<br />
di altri.<br />
In<strong>te</strong>rnet, ma non soltanto<br />
Uno dei più noti websi<strong>te</strong> che promuovono<br />
il baratto è www.zerorelativo.it,<br />
la prima community italiana di<br />
baratto virtuale. Basta iscriversi, inserire<br />
l’immagine dell’oggetto che si<br />
vuole scambiare, farne una descrizione<br />
scritta e poi met<strong>te</strong>rsi alla ricerca,<br />
spulciando tra le propos<strong>te</strong> degli altri<br />
bar<strong>te</strong>rs. Se per esempio voglio liberarmi<br />
di una nuovissima pentola che<br />
ho ricevuto come regalo di nozze e<br />
non ho mai usato, e trovo che un altro<br />
u<strong>te</strong>n<strong>te</strong> ha un cellulare che non gli serve<br />
e che vorrebbe scambiare, posso<br />
scrivergli e proporgli il baratto. Lui<br />
potrà accettare oppure rifiutare, ma<br />
se accet<strong>te</strong>rà, entrambi riceveremo i<br />
reciproci dati e a quel punto ci met<strong>te</strong>remo<br />
d’accordo per la spedizione.<br />
L’unica condizione è questa: non sono<br />
ammessi i soldi, né trattative di<br />
compravendita. L’unica “moneta” che<br />
esis<strong>te</strong> è l’oggetto.<br />
Ma in<strong>te</strong>rnet non è l’unica possibilità.<br />
Il baratto è una modalità di<br />
scambio elastica, adattabile a tan<strong>te</strong><br />
circostanze, applicabile a tan<strong>te</strong> realtà<br />
diverse.
L’idea di un B&B sul Lario<br />
Offro letto e colazione,<br />
voi lavorere<strong>te</strong> in campagna<br />
Baratto non significa solo passarsi di mano gli oggetti, ma anche<br />
scambiare una compe<strong>te</strong>nza che si possiede o un’opportunità di cui<br />
si dispone. Costanza Panella gestisce “La casa delle rondini”,<br />
Bed and Breakfast di Bellano, litorale lecchese del Lario. Recen<strong>te</strong>men<strong>te</strong><br />
ha lanciato questo appello: “Scambio ospitalità con collaborazione”.<br />
«La proposta è nata con l’apertura della casa nel 2003 – racconta –.<br />
Noi diamo un grande valore allo scambio e volevamo aprire la casa<br />
anche a persone che non possono pagare. Inoltre avevamo la necessità<br />
di trovare aiuto in lavori legati al man<strong>te</strong>nimento delle tradizionali colture<br />
del paesaggio <strong>te</strong>rrazzato». L’edificio si affaccia sul lago e offre<br />
la possibilità di dormirci gratis, grazie a questa nuova forma di baratto.<br />
«Abbiamo avuto due esperienze molto positive con una ragazza e<br />
un ragazzo minorenni – racconta la signora Costanza –: hanno trascorso<br />
qui una settimana ciascuno, con un programma concordato che<br />
scandiva la loro giornata in ore di lavoro con noi in campagna e ore<br />
libere. Poi abbiamo avuto una coppia di studenti universitari da Milano<br />
in un fine settimana e una coppia di musicisti che ci hanno allietato<br />
una serata in cambio dell’ospitalità. Un gruppo di ragazze mi hanno<br />
aiutata nella pulizia del giardino, in cambio di un laboratorio<br />
di conversazione con un insegnan<strong>te</strong> madrelingua inglese. Scambi<br />
occasionali anche per la vendemmia o il taglio dell’erba».<br />
Un altro esempio arriva da Firenze, dal B&B “Ospitale delle Rifiorenze”.<br />
Alcuni posti letto sono liberi per gli artisti di tutto il mondo, in cambio<br />
di una performance. Un modo per fare crescere relazioni come <strong>te</strong>rreno<br />
fertile per la cultura e la libera espressione. Anche questo è baratto.<br />
Posto letto e colazione<br />
Villa Colle, per esempio, è un Bed &<br />
Breakfast in provincia di Oristano, il titolare<br />
del quale ha deciso di offrire un<br />
posto letto e la prima colazione. In cambio,<br />
chiede alle<br />
persone in<strong>te</strong>ressa<strong>te</strong><br />
di met<strong>te</strong>re a<br />
disposizione i<br />
propri “talenti”. E<br />
così un nonno ha<br />
<strong>te</strong>lefonato dicendo<br />
che amava raccontare<br />
storie e la<br />
sera ha intrat<strong>te</strong>nuto<br />
gli ospiti con<br />
le sue favole, dormendo<br />
gratis. Altri<br />
sono arrivati portando<br />
marmella<strong>te</strong><br />
fat<strong>te</strong> in casa e olio<br />
Pagamento in talenti<br />
di oliva.<br />
Un in<strong>te</strong>rno di Villa Colle,<br />
Bed & Breakfast “barattabile” Intanto a<br />
a Bosa (Sardegna)<br />
Robbio Lomellina,<br />
in provincia<br />
di Pavia, un barbiere proprietario di un<br />
negozio ha deciso di barattare il taglio<br />
dei capelli: si riserva di valutare se farlo<br />
o non farlo, in base a quello che gli<br />
viene offerto. Un clien<strong>te</strong> gli ha portato<br />
un chilo di riso, un altro due galline: taglio<br />
accordato.<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .65
ventunoeconomia<br />
Dietro a ognuna di ques<strong>te</strong> trattative<br />
ci sono calcolo e mediazione, ma<br />
anche fantasia. E il baratto sembra tornare<br />
curiosamen<strong>te</strong> alla luce sempre<br />
più come una nuova pratica economica,<br />
che porta con sé vantaggi su cui sarebbe<br />
bene riflet<strong>te</strong>re. Prima di tutto fa<br />
bene all’ambien<strong>te</strong>, perché barattare significa<br />
riutilizzare qualcosa che già<br />
esis<strong>te</strong>. Poi fa chiaramen<strong>te</strong> bene al borsellino,<br />
dal quale non escono soldi: ottieni<br />
qualcosa che ti serve senza usare<br />
denaro, hai il vantaggio eventuale di liberarti<br />
di un oggetto che non ti era di<br />
nessuna utilità.<br />
Infine, fa bene anche alle relazioni,<br />
perché si tratta pur sempre di un modo<br />
per condividere un momento, uno<br />
scambio di opinioni, un oggetto vissuto,<br />
e per creare una re<strong>te</strong> di contatti e di<br />
compe<strong>te</strong>nze che potrebbero sempre<br />
tornare utili.<br />
ConsumAttori<br />
a cura del Movimento Consumatori <strong>te</strong>l. 06.48.80.053 - info@movimentoconsumatori.it<br />
Risparmio energetico, cominciamo da casa<br />
Piccoli gesti per evitare sprechi di energia<br />
1) <strong>Per</strong> illuminare la casa usiamo mediamen<strong>te</strong> il 13%<br />
del consumo totale di energia elettrica. Non è poco,<br />
meglio allora prendere in considerazione l’acquisto delle<br />
lampade fluorescenti compat<strong>te</strong>, che consentono di ridurre<br />
il consumo di energia del 70%: una lampada fluorescen<strong>te</strong><br />
da 25 watt fornisce la s<strong>te</strong>ssa quantità di luce di una<br />
lampadina a incandescenza da 100 watt. Inoltre hanno<br />
una vita media di 8 mila ore, rispetto alle mille delle<br />
lampadine comuni.<br />
2) <strong>Per</strong> l’illuminazione del giardino, la soluzione ideale<br />
ed ecologica è quella delle lampade solari: lampioncini<br />
dotati di bat<strong>te</strong>rie ricaricabili, alimentati da un minipannello<br />
solare in grado di resis<strong>te</strong>re a tut<strong>te</strong> le condizioni<br />
atmosferiche, e capace di accumulare energia anche<br />
senza insolazione diretta, ossia nelle giorna<strong>te</strong> nuvolose.<br />
3) Le lucine che segnalano un apparecchio acceso<br />
consumano energia e possono far spendere fino al 10%<br />
del totale della bolletta. Se non esis<strong>te</strong> il bottone on/off,<br />
basta staccare la spina. Non bisogna lasciare in ricarica<br />
più <strong>te</strong>mpo del necessario <strong>te</strong>lefonini, iPod e altri<br />
66. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
Il mercatino<br />
del baratto<br />
è sulla rampa<br />
di lancio attorno<br />
a San Siro<br />
Il mercatino di Milano<br />
Vantaggio, quest’ultimo, che muove<br />
un’altra delle esperienze crea<strong>te</strong> per promuovere<br />
il baratto: i mercatini ad esso<br />
dedicati, come HobbyPark, che a Milano<br />
aprirà nel parcheggio dello stadio di<br />
San Siro a partire dal 12 set<strong>te</strong>mbre. «Volevamo<br />
creare un canale praticabile da<br />
tutti coloro che vogliono rimpolpare le<br />
loro entra<strong>te</strong> met<strong>te</strong>ndo a frutto l’ingegno<br />
e la creatività, o semplicemen<strong>te</strong> liberarsi<br />
delle cose vecchie, confina<strong>te</strong> nei solai<br />
e nelle cantine, inutilizza<strong>te</strong> ma spesso<br />
funzionanti e impiegabili da altri», spiega<br />
Filippo Colonna, organizzatore dell’iniziativa<br />
e amministratore di Cipes, la<br />
società che gestisce autoparcheggi pubblici<br />
e privati, compreso quello dello<br />
stadio di San Siro.<br />
Giovani o anziani, disoccupati o studenti,<br />
in<strong>te</strong>re famiglie o coppie. Tutti potranno<br />
iscriversi per par<strong>te</strong>cipare, pagando<br />
30 euro all’organizzazione. Così<br />
si potrà entrare nell’area del mercatino<br />
con la propria automobile carica degli<br />
oggetti più vari e poi, col portabagagli<br />
aperto, si potrà vendere o scambiare la<br />
propria merce per tutta la durata del<br />
mercatino. «Sono certo – continua l’ideatore<br />
– che Hobbypark diven<strong>te</strong>rà un<br />
posto nel quale, in un’atmosfera rilassata<br />
e familiare, fare piccoli affari, arredare<br />
o personalizzare la casa, vivacizzare il<br />
guardaroba, scovare oggetti, mobili,<br />
suppellettili non di rado di valore»..<br />
dispositivi. Inoltre occorre fare at<strong>te</strong>nzione a non lasciare<br />
attaccato il trasformatore: se rimane inserito in una presa<br />
continua a consumare energia, anche se non è collegato<br />
al suo apparecchio.<br />
4) Gli elettrodomestici sono venduti corredati da tabelle<br />
<strong>te</strong>cniche che indicano i consumi e i costi di esercizio,<br />
con classi che vanno dalla “A” alla “G”. <strong>Per</strong> “A” si in<strong>te</strong>nde<br />
un apparecchio con i migliori standard di efficienza,<br />
man mano che si va avanti con le let<strong>te</strong>re i consumi<br />
energetici crescono.<br />
5) <strong>Per</strong> garantire la massima efficienza di frigoriferi<br />
e congelatori, non li si deve collocare vicino a un forno<br />
o ai fornelli e bisogna lasciare uno spazio di almeno 10<br />
centimetri prima della pare<strong>te</strong> per garantire una buona<br />
ventilazione. È bene poi verificare lo stato delle<br />
guarnizioni degli spor<strong>te</strong>lli e <strong>te</strong>nere pulito il condensatore<br />
(la serpentina), perché la polvere fa aumentare i consumi,<br />
non permet<strong>te</strong>ndo un buon raffreddamento.<br />
<strong>Per</strong> un uso efficien<strong>te</strong>, meglio met<strong>te</strong>re in frigo ai piani più<br />
bassi gli alimenti più deperibili e poi via via, a salire, fino<br />
a frutta e verdura. Bisogna evitare di riempire troppo<br />
il frigo e non met<strong>te</strong>re mai cibi caldi: il calore contribuisce<br />
a far formare la brina, e questa fa aumentare i consumi<br />
(oltre i 3 millimetri, anche il 30% in più).<br />
(Fine prima par<strong>te</strong>)<br />
2
1 ventunobrevi<br />
Confesercenti<br />
Racket, esta<strong>te</strong> calda.<br />
«Ma pagare il pizzo<br />
è inutile e rischioso»<br />
«La calda esta<strong>te</strong> del racket evidenzia<br />
la debolezza della mafia. Imprenditori,<br />
è inutile pagare il pizzo, denuncia<strong>te</strong>.<br />
Il diciot<strong>te</strong>simo anniversario della mor<strong>te</strong><br />
di Libero Grassi – ha dichiarato<br />
il presiden<strong>te</strong> di<br />
Confesercenti,<br />
Giovanni Felice –<br />
arriva dopo<br />
un’esta<strong>te</strong> di<br />
pesanti segnali da<br />
par<strong>te</strong> del racket.<br />
La ripresa<br />
dell’offensiva su<br />
questo fron<strong>te</strong> è<br />
una riprova della<br />
debolezza della<br />
mafia, costretta a uscire allo scoperto,<br />
cambiando alcuni canoni classici del<br />
comportamento mafioso. Nelle zone<br />
dove la mafia è tradizionalmen<strong>te</strong> più<br />
for<strong>te</strong>, fino a oggi il racket è stato<br />
imposto senza bisogno di ricorrere ad<br />
atti eclatanti, in quanto la “tranquillità”<br />
di una zona rappresenta l’essenza<br />
s<strong>te</strong>ssa del po<strong>te</strong>re mafioso, inoltre<br />
consen<strong>te</strong> lo svolgimento delle attività<br />
illeci<strong>te</strong> sotto traccia». <strong>Per</strong> il presiden<strong>te</strong><br />
di Confesercenti, che sostiene<br />
l’iniziativa “Addiopizzo” (nella foto,<br />
l’adesivo) oggi più che mai pagare<br />
il pizzo è un errore perché nessuno,<br />
tranne le forze dell’ordine e la<br />
magistratura, è in grado di “garantire”<br />
nulla, anzi la conseguenza certa è che,<br />
oltre al danno di pagare il pizzo, si<br />
subirà un processo per averlo fatto. Le<br />
indagini recenti dimostrano che sin<br />
dal momento della cattura gli estorsori<br />
elencano gli imprenditori che pagano,<br />
coinvolgendoli come complici.<br />
Bilanci di giustizia<br />
Le famiglie at<strong>te</strong>n<strong>te</strong><br />
spendono meno<br />
e si divertono di più<br />
Anche nel 2008 i “bilancisti” hanno<br />
speso meno. Lo si legge nel rapporto<br />
annuale presentato da Bilanci di<br />
giustizia, in occasione dell’incontro<br />
“Gustare la bellezza, costruire la<br />
speranza” <strong>te</strong>nutosi a Oropa a fine<br />
agosto. Le famiglie che aderiscono<br />
alla campagna hanno speso il 16%<br />
in meno rispetto alla media Istat:<br />
i risparmi maggiori arrivano dai<br />
consumi alimentari (39% in meno)<br />
e dal capitolo dedicato ai prodotti<br />
igienici (56% in meno). Merito di scel<strong>te</strong><br />
etiche, degli acquisti collettivi<br />
attraverso i Gas e dell’autoproduzione.<br />
Ma at<strong>te</strong>nzione, perché risparmiare<br />
non significa vivere “peggio”.<br />
Lo <strong>te</strong>stimoniano alcune voci del<br />
rapporto: ad esempio i bilancisti<br />
spendono più degli altri in divertimenti<br />
e cultura, a tavola scelgono alimenti<br />
biologici e per curarsi fanno ricorso<br />
anche a <strong>te</strong>rapie non convenzionali<br />
(ma sempre supporta<strong>te</strong> dal Servizio<br />
sanitario nazionale). <strong>Per</strong> risparmiare<br />
adottano semplici ricet<strong>te</strong>: acquistare<br />
direttamen<strong>te</strong> dai contadini, cucinare in<br />
casa pane e dolci. Nell’abbigliamento<br />
ritornano pratiche diffuse fino a<br />
qualche anno fa, come lo scambio<br />
di vestiti per la prima infanzia<br />
e premaman, ma c’è anche chi torna<br />
a lavorare a<br />
maglia. Gli uomini<br />
riscoprono<br />
i lavoretti<br />
in casa, imparano<br />
a riparare<br />
biciclet<strong>te</strong> e altri<br />
oggetti. Non<br />
mancano gli investimenti, mirati<br />
soprattutto a ridurre il consumo delle<br />
risorse naturali: fra pannelli solari,<br />
caldaie ed elettrodomestici efficienti, i<br />
bilancisti nel 2008 (rispetto alla media<br />
Istat del 2007) hanno ridotto del 50%<br />
i consumi di energia elettrica, del 44%<br />
quelli di acqua e del 20% di metano.<br />
Adiconsum all’Abi<br />
Moratoria sul credito<br />
per le famiglie<br />
in difficoltà<br />
«I dati della Cgia di Mestre<br />
sull’indebitamento delle famiglie<br />
confermano una <strong>te</strong>ndenza già<br />
ampiamen<strong>te</strong> denunciata. Di nuovo<br />
c’è che negli ultimi mesi la <strong>te</strong>ndenza<br />
all’indebitamento si sta accentuando,<br />
ma non solo. Stanno anche<br />
aumentando gli insolventi, il che<br />
evidenzia le maggiori difficoltà<br />
finanziarie delle famiglie».<br />
Così afferma l’Adiconsum in una<br />
let<strong>te</strong>ra all’Associazione bancaria<br />
italiana. Nella let<strong>te</strong>ra si sollecita<br />
l’associazione delle banche ad aprire<br />
un confronto per ricercare un’ipo<strong>te</strong>si<br />
di moratoria quanto al pagamento dei<br />
debiti delle famiglie al sis<strong>te</strong>ma<br />
creditizio. “Iniziativa già concordata<br />
con successo per i debiti delle piccole<br />
e medie imprese”, ricorda Adiconsum.<br />
Superenalotto<br />
Mani Tese: «Investire<br />
nei progetti di sviluppo<br />
del Sud del mondo”<br />
Investire nelle iniziative di aiuto<br />
al sud del mondo, per tradurre<br />
una fortuna inaspettata in un progetto<br />
di sviluppo globale. È questo il<br />
suggerimento che Angela Comelli,<br />
coordinatrice di Mani Tese, ha dato<br />
all’anonimo de<strong>te</strong>ntore della schedina<br />
del Superenalotto da<br />
147 milioni di euro,<br />
vinti in agosto in<br />
Toscana. «Occuparsi<br />
delle necessità della<br />
propria comunità<br />
locale potrebbe<br />
già rappresentare<br />
una risposta per far<br />
par<strong>te</strong>cipare gli altri<br />
alla propria fortuna.<br />
Ma bisognerebbe anche investire in<br />
altri ambiti. Con la nostra associazione<br />
promuoviamo progetti nei paesi del<br />
sud del mondo, la nostra azione è<br />
volta a cambiare il modo in cui la<br />
finanza agisce e cerchiamo di far sì<br />
che la sovranità alimentare diventi un<br />
diritto per tutti – sottolinea Comelli –.<br />
Met<strong>te</strong>re a disposizione par<strong>te</strong> della<br />
vincita in questo modo por<strong>te</strong>rebbe<br />
benefici a tutta la comunità. Non<br />
è carità pietosa, ma un’iniziativa<br />
di sviluppo globale».<br />
Rispetto alla vincita da capogiro, Mani<br />
Tese concorda con quanti vorrebbero<br />
limitare l’ammontare del mon<strong>te</strong>premi.<br />
«Va posto un <strong>te</strong>tto per evitare rincorse<br />
esaspera<strong>te</strong>, secondo cri<strong>te</strong>ri di moralità<br />
non compatibili col gioco d’azzardo».<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .67
ventun<br />
righe<br />
Europa, progetto da sentire nostro<br />
<strong>Per</strong> sentire l’Europa più vicina, sarebbe certamen<strong>te</strong> di grande aiuto po<strong>te</strong>r<br />
ricevere un’informazione puntuale e semplice attraverso i media, attraverso<br />
i livelli in<strong>te</strong>rmedi delle istituzioni e i mol<strong>te</strong>plici luoghi e spor<strong>te</strong>lli di informazione<br />
istituzionali.<br />
Qualcosa di cui dobbiamo prendere consapevolezza, e verso cui possiamo <strong>te</strong>ndere<br />
i nostri sforzi, è il fatto di essere attori di un cambiamento culturale che ci veda<br />
allo s<strong>te</strong>sso <strong>te</strong>mpo protagonisti e beneficiari dell’Europa, in quanto quello che viene<br />
deciso presso le istituzioni comunitarie influenza for<strong>te</strong>men<strong>te</strong> anche la nostra<br />
esis<strong>te</strong>nza quotidiana.<br />
L’Europa, questa unica e originalissima costruzione sovranazionale, è una nostra<br />
creazione, concepita per man<strong>te</strong>nere la pace nel nostro continen<strong>te</strong> prima,<br />
per farne un grande mercato di scambio rinunciando persino a bat<strong>te</strong>re moneta<br />
nazionale poi. Ora siamo approdati a un passaggio cruciale: bisogna creare<br />
l’Europa dei popoli, sempre più allargata, sempre più capace di attrarre nella<br />
sua orbita sempre nuovi paesi, sempre più equa e solidale. Il processo<br />
di in<strong>te</strong>grazione europea – non va dimenticato – ha fatto passi da gigan<strong>te</strong><br />
da quando ha avuto inizio e ha già attraversato momenti di difficoltà, forse anche<br />
più grandi di questo. L’importan<strong>te</strong> è continuare a credere in questo grande<br />
progetto, che ha alla base principi e valori fondamentali e che è fondato<br />
sulla capacità di rimanere sempre “uniti nella diversità”, anche davanti<br />
all’aumentare della complessità, quindi delle difficoltà.<br />
68. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
a cura dell’Ufficio Europa<br />
di Caritas Ambrosiana
Le drit<strong>te</strong> di<br />
Yamada<br />
Due parole su Robert Wilson, prima di raccontarvi<br />
quello che ho visto.<br />
RobertnasceaWaco,inTexas,nel1941,asorpresa,nel<br />
suo curriculum universitario, negli anni Sessanta, compare<br />
l’iscrizione ai corsi in business administration.<br />
Eviden<strong>te</strong>men<strong>te</strong>,però,qualcosacovanell’animadelragazzo-BobWilson,perchéalaureaquasiconseguitadecidediandareaNewYork,dovenel1965silaureeràinarchi<strong>te</strong>ttura.For<strong>te</strong>diesperienze<strong>te</strong>atraliedidatticheacontatto<br />
con bambini disabili, fonda nel 1968 una compagnia di<br />
danza sperimentale che intitola a Byrd Hoffman, preziosa<br />
<strong>te</strong>rapista che gli aveva insegnato a superare l’handicap<br />
dellabalbuzieea“sciogliereilcorpo”eisuoi“limiti”strutturali,cheèpoil’essenzamagico-artisticadellesuedispara<strong>te</strong><br />
visioni <strong>te</strong>atrali:Wilson forza i limiti del <strong>te</strong>atro con stile<br />
aus<strong>te</strong>ro e investiga nelle strutture dei movimenti semplici<br />
e lenti, dilatandoli nel <strong>te</strong>mpo e nello spazio.<br />
È regista, drammaturgo, coreografo, pittore, scultore,<br />
videoartista, designer del suono e della luce, e le sue mostre<br />
arrivano spesso a Milano. Come quest’ultima, che<br />
met<strong>te</strong>insiemetuttiisuoitalentienascedaunacollaborazione<br />
con un canale <strong>te</strong>levisivo, il Lab Hd, per cui Wilson<br />
ha pensato e mandato in onda in continuazione, decine<br />
edecinedivideo:eccodadovegiungonoiVoomPortraits,<br />
che sono nelle sale del primo piano di Palazzo Reale.<br />
IsabellaRossellini,JohnnyDepp,S<strong>te</strong>veBuscemi,SuzushiHanayagi,IsabelleHuppert,RobertDowneyJr.,Winona<br />
Ryder: sono alcuni nomi delle celebrità fini<strong>te</strong> nei meta-ritratti<br />
diWilson e che potre<strong>te</strong> osservare: il come lo decidere<strong>te</strong><br />
voi. La cosa bella che vorrei suggerirvi è che può<br />
diventare una specie di gioco. Infatti non sono “solo” dei<br />
ritrattiingranformatocherimangonolì,occhinegliocchi<br />
con voi che li scruta<strong>te</strong>. Non proprio.<br />
Wilson ha lasciato la <strong>te</strong>lecamera aperta sul soggetto<br />
(che ha ripreso in primo piano o in un’ambientazione) e<br />
poi ha lavorato in postproduzione sull’immagine, decidendo<br />
magari di lasciare il movimento (da cogliere) solo<br />
Uranio:<br />
i soldati<br />
denunciano<br />
“L’Italia chiamò”<br />
è un’inchiesta<br />
multimediale sugli<br />
effetti dell’uranio<br />
impoverito sui<br />
soldati italiani<br />
che hanno operato<br />
in Bosnia, Kosovo<br />
e Iraq. Il libro<br />
racconta la storia<br />
di quattro soldati,<br />
Luca, Emerico,<br />
Angelo<br />
e Salvatore,<br />
abbandonati<br />
e “oscurati”<br />
dall’esercito dopo<br />
essersi ammalati.<br />
Intanto i decessi<br />
dei soldati che<br />
hanno par<strong>te</strong>cipato<br />
a quelle missioni<br />
continuano…<br />
Leonardo<br />
Brogioni,<br />
Angelo Miotto,<br />
Mat<strong>te</strong>o Scanni<br />
L’Italia chiamò<br />
Ed. Ambien<strong>te</strong><br />
Milano 2009<br />
Pagine: 160<br />
Euro 16,90<br />
su alcune parti del girato (viso, occhi, mani, ad esempio), o di correggere i colori; ci ha aggiuntolacolonnasonoraoilparlato;oppure,ancora,peralcuniritrattihascovatounloop<br />
perfetto che si scopre solo dedicando un <strong>te</strong>mpo d’osservazione consono, umano, lento.<br />
Un <strong>te</strong>mpo d’osservazione che fa nascere - tra chi guarda e chi è guardato - un contatto<br />
(con Gao Xingjian), uno smarrimento (con Johnny Depp), un disagio, un’incomprensione,<br />
un sorriso (per un“lupo cattivo” solo in apparenza), una curiosità inca<strong>te</strong>nan<strong>te</strong> (col<br />
“ritratto” diWinona Ryder, ispirato a Giorni Felici di Beckett), un rispetto, una repulsione,<br />
una violenza (davanti al ritratto di S<strong>te</strong>ve Buscemi, struggen<strong>te</strong> macellaio), pure un desiderio<br />
di entrare di straforo nella visione notturna con RobinWright Penn, installazione che<br />
si mangia lo spazio dov’è, espandendosi fino a toccare nel profondo quello di chi guarda,<br />
diventando un paesaggio mentale pronto a ospitare l’immaginazione dello spettatore.<br />
Una nota stonata: perché alle mostre ci si va sempre sapendo che bisogna patire? Anche<br />
in questo caso l’allestimento non ha previsto neppure il fantasma di una sedia (solo<br />
un divanetto preso d’assalto nella sala col ritratto diWinona Ryder) per godere della visita<br />
e rinfrancare lo spirito del lato A. E, ogni tanto, pure quello del lato B..<br />
Robert Wilson Voom Portraits Milano, Palazzo Reale (piazza Duomo, 12) fino al 4 ottobre<br />
La differenza<br />
rende<br />
speciali<br />
“Il coniglietto Tito<br />
e le parole<br />
sal<strong>te</strong>rine” aiuta<br />
i bambini a capire<br />
la balbuzie. È una<br />
delle tan<strong>te</strong> storie<br />
racchiuse nel<br />
<strong>te</strong>sto Siamo<br />
Speciali , dove<br />
la diversità viene<br />
affrontata in<br />
modo semplice<br />
e diretto, in modo<br />
che il bambino<br />
si accosti ad essa<br />
senza resis<strong>te</strong>nze.<br />
Senza paure.<br />
E senza<br />
pregiudizi. Siamo<br />
speciali parla<br />
di cecità,<br />
di emozioni,<br />
di disabilità fisica,<br />
di balbuzie,<br />
di sindrome<br />
di Down,<br />
di enuresi<br />
e di iperattività.<br />
Paola Viezzer<br />
Siamo Speciali<br />
Ed. Erickson<br />
Trento 2009<br />
Pagine 127<br />
Euro 15<br />
lo scaffale<br />
Allarme<br />
bullismo<br />
a Milano<br />
Il rapporto<br />
su Milano<br />
della Fondazione<br />
Ambrosianeum<br />
scandaglia<br />
l’universo giovani<br />
cercando di capire<br />
come la città<br />
sta inves<strong>te</strong>ndo su<br />
ques<strong>te</strong> po<strong>te</strong>nziali<br />
risorse. Ne esce<br />
un quadro<br />
desolan<strong>te</strong>, con<br />
i giovani destini<br />
lasciati spesso alla<br />
sola responsabilità<br />
delle famiglie,<br />
senza che<br />
le istituzioni<br />
pubbliche facciano<br />
intravvedere<br />
progettualità né<br />
risorse investi<strong>te</strong>.<br />
A cura di Eugenio<br />
Zucchetti<br />
Milano 2009.<br />
Rapporto sulla città<br />
Ed. FrancoAngeli<br />
Milano 2009<br />
Pagine 206<br />
Euro 22<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis.<br />
69
On<br />
Sen<strong>te</strong>nza storica: per l’Atm<br />
può lavorare anche uno straniero<br />
<strong>Per</strong>de l’Atm, l’azienda di trasporti<br />
milanese, ed è obbligata a rimuovere<br />
il requisito della cittadinanza italiana<br />
(o di un paese Ue) dalle offer<strong>te</strong> di<br />
assunzione. Lo ha stabilito il tribunale<br />
di Milano, dando ragione al ricorso<br />
del cittadino marocchino Mohamed<br />
Hailoua, assistito da Avvocati <strong>Per</strong><br />
Nien<strong>te</strong> Onlus e dall’Associazione studi<br />
giuridici sull’immigrazione. Hailoua<br />
aveva fatto ricorso contro l’Atm, che<br />
non l’aveva ammesso alle selezioni<br />
per un posto di lavoro. I giudici hanno<br />
ri<strong>te</strong>nuto la decisione dell’azienda<br />
“una disparità di trattamento non<br />
legittima” che rientra nella nozione<br />
di “discriminazione” prevista<br />
dall’ordinamento. Nella sen<strong>te</strong>nza<br />
è scritto, fra l’altro, che il Tribunale<br />
“accerta e dichiara il carat<strong>te</strong>re<br />
discriminatorio del comportamento<br />
di Atm Spa, alla quale ordina<br />
la cessazione del comportamento<br />
e la rimozione della richiesta di<br />
cittadinanza tra i requisiti di selezione<br />
delle offer<strong>te</strong> di lavoro e delle propos<strong>te</strong><br />
di assunzione”. L’Atm è obbligata<br />
dunque a rimuovere il requisito<br />
della cittadinanza italiana dalle<br />
proprie offer<strong>te</strong> di assunzione, previsto<br />
da un Regio decreto del 1931.<br />
In Abruzzo “Epicentro Solidale”<br />
insegna l’autoproduzione<br />
Nelle zone <strong>te</strong>rremota<strong>te</strong> i comitati<br />
continuano a essere la forza vitale,<br />
spesso sostituendo le istituzioni<br />
nell’affrontare i problemi della<br />
quotidianità. Nella <strong>te</strong>ndopoli di Fossa,<br />
insieme all’associazione Ingegneri<br />
senza Frontiere, il comitato “Epicentro<br />
Solidale” ha installato un impianto<br />
solare <strong>te</strong>rmico, che garantisce<br />
acqua calda in qualsiasi momento<br />
della giornata alle oltre 300 persone<br />
che risiedono nel campo. Prima<br />
dell’in<strong>te</strong>rvento il campo di Fossa<br />
po<strong>te</strong>va contare su otto docce<br />
installa<strong>te</strong> all’in<strong>te</strong>rno di container,<br />
alimenta<strong>te</strong> in par<strong>te</strong> da un gruppo<br />
elettrogeno in cogenerazione.<br />
70. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
Milano<br />
Studenti stranieri<br />
senza mezzi, aiuti<br />
per studiare in Italia<br />
Entro il 15 ottobre l’associazione<br />
“Oltre il Pon<strong>te</strong> onlus Carla Appiani”<br />
accetta domande di studenti stranieri<br />
senza mezzi che vorrebbero studiare<br />
in Italia. Mission dell’associazione<br />
milanese, che collabora con la Casa<br />
della Carità nell’accoglienza degli<br />
studenti, è accompagnare gli s<strong>te</strong>ssi<br />
nel percorso di studio attraverso<br />
ospitalità, tutoring, sos<strong>te</strong>gno per<br />
imparare la lingua, contributo<br />
economico per comprare i libri,<br />
segretariato sociale per il permesso<br />
di soggiorno.<br />
INFO oltreilpon<strong>te</strong>@fastwebnet.it<br />
Milano<br />
Ar<strong>te</strong> e let<strong>te</strong>ratura<br />
dell’America Latina:<br />
pathos e memoria<br />
Allo spazio Oberdan di Milano fino<br />
al 4 ottobre è in mostra “Americas<br />
Latinas. Las fatigas del querer”.<br />
La difficile situazione politicoeconomico-sociale<br />
del continen<strong>te</strong><br />
ha generato pulsioni e passioni<br />
artistiche estremamen<strong>te</strong> forti,<br />
che rendono l’ar<strong>te</strong> con<strong>te</strong>mporanea<br />
latinoamericana una delle più<br />
in<strong>te</strong>ressanti dell’in<strong>te</strong>ro panorama<br />
in<strong>te</strong>rnazionale. Si tratta per lo più<br />
di un’ar<strong>te</strong> politica, di ribellione e<br />
di rivoluzione, per questo si tratta di<br />
un’ar<strong>te</strong> for<strong>te</strong>, densa, come ancora<br />
rimane for<strong>te</strong> in America Latina<br />
la memoria della conquista e<br />
dell’evangelizzazione europea,<br />
e violenta come violen<strong>te</strong> furono<br />
alcune sanguinarie usanze dei popoli<br />
indigeni precolombiani. Le opere<br />
espos<strong>te</strong> non danno un’in<strong>te</strong>rpretazione<br />
univoca e definitiva; esse sono<br />
piuttosto spunti poetici per avvicinarsi<br />
alla comprensione di un universo<br />
tanto lontano. La mostra è basata<br />
su alcuni nuclei <strong>te</strong>matici “chiave”<br />
(sangue, mor<strong>te</strong>, anima, natura, città),<br />
che saranno anche declinati<br />
e ripercorsi, allo Spazio Oberdan,<br />
attraverso contributi di autori<br />
e incontri rappresentativi della<br />
let<strong>te</strong>ratura latino-americana.<br />
INFO Spazio Oberdan 02.77406300<br />
Genova<br />
Dance giovane<br />
e solidarietà con<br />
i bambini del Gaslini<br />
Sabato 12 e 19 set<strong>te</strong>mbre<br />
l’associazione non profit “Musica<br />
per la Vita” organizza le ultime due<br />
sera<strong>te</strong> musicali al For<strong>te</strong> Sperone<br />
di Genova con band giovani,<br />
musica sperimentale e dj di fama<br />
in<strong>te</strong>rnazionale. Il festival, iniziato<br />
a giugno, ha due finalità: coinvolgere<br />
i giovani in sera<strong>te</strong> di dance con generi<br />
musicali adatti a loro e raccogliere<br />
fondi per l’ospedale Gaslini<br />
di Genova. I proventi delle sera<strong>te</strong><br />
saranno infatti devoluti al reparto<br />
pediatria della struttura sanitaria<br />
pubblica di Genova. <strong>Per</strong> raggiungere<br />
il For<strong>te</strong> (in via del <strong>Per</strong>alto al Righi)<br />
è a disposizione un servizio navetta.<br />
INFO www.musicaperlavita.org<br />
Genova<br />
Verso Ellis Island,<br />
quando i migranti<br />
erano gli italiani<br />
“Da Genova a Ellis Island. Il viaggio<br />
per mare ai <strong>te</strong>mpi della migrazione<br />
italiana” è la mostra sull’emigrazione<br />
dalla penisola che resta aperta<br />
a Genova, al Galata Museo del Mare<br />
(nella foto), fino al 30 set<strong>te</strong>mbre.<br />
Si tratta di un’esposizione assai vasta,<br />
che si snoda lungo otto sale e tre<br />
gallerie e che in<strong>te</strong>nde mostrare<br />
le condizioni di viaggio degli emigranti<br />
diretti negli Stati Uniti nel periodo<br />
tra il 1892 (anno in cui entrò<br />
in funzione Ellis Island, la “Porta<br />
dell’America”, stazione di approdo,<br />
selezione, quaran<strong>te</strong>na e schedatura<br />
su un’isoletta nel porto di New York)
e il 1914. La mostra rappresenta<br />
una tappa essenziale per<br />
la realizzazione del “MEM – Museo<br />
dell’Emigrazione”, sezione all’in<strong>te</strong>rno<br />
del Galata Museo del Mare.<br />
Rispetto alle mostre tradizionali<br />
sul <strong>te</strong>ma dell’emigrazione, per lo più<br />
fotografiche e documentarie,<br />
“Da Genova a Ellis Island” vuole<br />
far rivivere al visitatore l’esperienza<br />
del migrare attraverso una puntuale<br />
ricostruzione ambientale e storica,<br />
che unisce allestimenti marittimi<br />
originali a elementi multimediali.<br />
INFO www.galatamuseodelmare.it<br />
Firenze<br />
“Teatri Aperti”,<br />
più di cento eventi<br />
in cinque giorni<br />
Dal 23 al 27 set<strong>te</strong>mbre a Firenze<br />
si svolge Teatri Aperti, manifestazione<br />
aperta a tutti i cittadini e promossa<br />
dall’associazione “Firenze dei Teatri”.<br />
Quest’anno l’offerta culturale<br />
al pubblico sarà ancora più ricca:<br />
l’in<strong>te</strong>nso programma vedrà andare<br />
in scena non solo spettacoli <strong>te</strong>atrali,<br />
ma anche visi<strong>te</strong> guida<strong>te</strong> ai <strong>te</strong>atri<br />
storici, presentazioni di libri,<br />
laboratori sui mestieri del <strong>te</strong>atro,<br />
mostre, convegni e occasioni<br />
di riflessione e divertimento<br />
per tutta l’area metropolitana<br />
di Firenze. La nuova edizione punta<br />
inoltre al recupero di spazi inutilizzati,<br />
che anche in futuro si spera possano<br />
essere restituiti alla fruizione<br />
del pubblico.<br />
INFO www.firenzedei<strong>te</strong>atri.it<br />
Firenze<br />
“Realtà manipolata”,<br />
immagini di 23 autori<br />
tra oggettivo e falso<br />
Nel capoluogo toscano, alla<br />
Fondazione Palazzo Strozzi, dal 25<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 al 17 gennaio 2010<br />
si svolgerà la mostra fotografica<br />
dal titolo “Realtà manipola<strong>te</strong>: come<br />
le immagini ridefiniscono il mondo”.<br />
Con l’affermazione delle <strong>te</strong>cnologie<br />
digitali e l’enorme diffusione di immagini<br />
trami<strong>te</strong> i mezzi di comunicazione di<br />
massa e in<strong>te</strong>rnet, l’ambiguità fra reale<br />
e verosimile, fra oggettivo e apparen<strong>te</strong>,<br />
si è accentuata ul<strong>te</strong>riormen<strong>te</strong>,<br />
portando all’estremo il contrasto tra<br />
apparenza e verità e chiamando lo<br />
spettatore a un ruolo attivo nel definire<br />
come vero ciò che ha di fron<strong>te</strong>. Proprio<br />
la fotografia e i video si fondano sulla<br />
contraddittoria condizione di registrare<br />
la realtà e di essere allo s<strong>te</strong>sso <strong>te</strong>mpo<br />
strumenti della sua falsificazione.<br />
La mostra presenta dunque le opere<br />
di 23 artisti in<strong>te</strong>rnazionali che lavorano<br />
attraverso fotografie e video,<br />
manipolando la percezione del visibile<br />
e costruendo nuovi modelli di realtà.<br />
Ad esempio, al centro del lavoro<br />
dell’italiano Paolo Ventura c’è la guerra<br />
in Iraq: gli scenari sono costruiti<br />
utilizzando manichini e pupazzi vestiti<br />
da soldati; l’equivoco e la modificazione<br />
del reale sono utilizzati dall’artista per<br />
denunciare l’oggettiva manipolazione<br />
della “verità” della cronaca<br />
e delle immagini di guerra diffuse<br />
dai mezzi di comunicazione.<br />
INFO www.fondazionepalazzostrozzi.it<br />
Off<br />
caleidoscopio<br />
Nel mercato del lavoro<br />
le donne restano cenerentole<br />
Le donne italiane, in <strong>te</strong>ma di lavoro,<br />
non se la passano benissimo. È quanto<br />
emerge nel volume Donne, talento<br />
e <strong>te</strong>cnologia, pubblicato dal Gruppo<br />
24 Ore e che presenta una serie<br />
di dati che at<strong>te</strong>stano la mancanza<br />
di un’effettiva uguaglianza di genere<br />
nel mercato del lavoro italiano. In Italia<br />
il tasso di occupazione femminile<br />
è fermo al 47,2%, lontano dall’obiettivo<br />
stabilito dalla Commissione europea<br />
(60% di donne occupa<strong>te</strong> entro<br />
il 2010). Inoltre, a parità di livello<br />
gerarchico, lo stipendio di una donna<br />
è mediamen<strong>te</strong> inferiore del 15%<br />
rispetto a quello di un uomo. Nel mondo<br />
aziendale, poi, le donne in posizioni di<br />
responsabilità non superano il 17,2%<br />
e secondo l’Istat solo il 2% delle nostre<br />
connazionali fa par<strong>te</strong> del consiglio<br />
d’amministrazione di un’azienda<br />
quotata in Borsa, contro il 13,9%<br />
della Gran Bretagna e il 10,5% della<br />
Francia. In politica, il 20,5% degli eletti<br />
al parlamento è costituito da donne,<br />
contro il 31% delle eurodeputa<strong>te</strong><br />
e il 57,9% delle parlamentari svedesi.<br />
Sicurezza e immigrazione,<br />
ai media piacciono le bad news<br />
La facoltà di Scienze della<br />
comunicazione dell’università<br />
La Sapienza di Roma ha realizzato una<br />
ricerca dal titolo: “Cattive notizie.<br />
Sicurezza e immigrazione nei media<br />
italiani”. Dall’analisi è emerso che<br />
fanno notizia soprattutto omicidi<br />
e reati violenti, soprattutto se<br />
a compierli sono i migranti. La ricerca<br />
spiega che ques<strong>te</strong> bad news hanno<br />
inciso sul binomio immigrazionesicurezza<br />
perché nei media i due<br />
fenomeni si rimandano e si rafforzano<br />
a vicenda, diventando spesso oggetto<br />
di dibattito politico, nel quale le<br />
soluzioni sono espresse solo in <strong>te</strong>rmini<br />
di limitazioni nei confronti degli<br />
immigrati. I fatti di cronaca nera in<br />
<strong>te</strong>ma di immigrazione sono raccontati<br />
in larga par<strong>te</strong> dai tg con l’83,3%,<br />
contro il 61,7% dei quotidiani.<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .71
Street art<br />
di Emma Neri<br />
Cucina, giochi e... tombini:<br />
la strada ha volti sorprendenti<br />
“Saporìe”, a Cesena la cucina di strada per palati di qualità<br />
Il 25, 26 e 27 set<strong>te</strong>mbre gli appassionati della “cucina di strada”<br />
potranno contare su un ghiotto appuntamento. Cesena ospita infatti<br />
il Festival in<strong>te</strong>rnazionale dello street food, dal titolo: “Saporìe.<br />
Da Sicilia, Campania ed Emilia-Romagna il cibo di strada di qualità”.<br />
Duran<strong>te</strong> l’evento, sarà possibile assaggiare la migliore cucina<br />
di strada, che giungerà dalle regioni dove questa tradizione è più<br />
sviluppata. Nel centro storico della città romagnola, in piazza della<br />
Libertà, verrà allestita una “Piazza mercato” con tan<strong>te</strong> isole<br />
gastronomiche, con i profumi e sapori dei mercati rionali siciliani<br />
e delle strade napoletane e campane. Altre isole gastronomiche<br />
saranno dedica<strong>te</strong> al cibo di strada emiliano-romagnolo. Non<br />
mancheranno artisti di strada delle tre regioni protagonis<strong>te</strong>.<br />
INFO Tel. 0547.36.17.28 - info@confesercenticesena<strong>te</strong>.com<br />
“Tocatì”, i giochi dei nonni protagonisti nel centro di Verona<br />
Il 25, 26 e 27 set<strong>te</strong>mbre, a Verona, si svolge “Tocatì”, il Festival<br />
in<strong>te</strong>rnazionale dei giochi in strada. Tocatì è un evento unico in Italia<br />
e in Europa: il festival è il frutto dell’attività che l’Associazione<br />
Giochi Antichi (Aga) svolge dal 2002, bat<strong>te</strong>ndosi per la salvaguardia<br />
e la valorizzazione del gioco tradizionale. Si tratta di giochi semplici<br />
e antichissimi, che raccontano la storia millenaria del divertimento<br />
dei nostri avi, quando erano bambini. Ma non solo... Nello storico<br />
scenario del centro scaligero, in un’area di 200 mila metri quadrati,<br />
vie e piazze torneranno a essere luoghi di incontro e di festa, secondo<br />
strumenti e regole del passato: per tre giorni le comunità ludiche<br />
tradizionali proporranno oltre 50 giochi. La manifestazione è gratuita.<br />
INFO www.tocati.it<br />
A Milano i tombini diventano opere. <strong>Per</strong> raccontare la Re<strong>te</strong><br />
“Sopra il Sotto. Tombini Art raccontano la Città cablata”: è il titolo<br />
della mostra open air di tombini art in ghisa, in scena a Milano.<br />
Da giugno a novembre, in via Tortona, l’esposizione propone<br />
ar<strong>te</strong> in strada, in<strong>te</strong>rpretata da street artists affermati (108, 2501,<br />
Abbominevole, Bo130, Bros, Dem, El Gato<br />
Chimney, Faust, Luze, Maba, Microbo, Ozmo,<br />
Pho, Santy, S<strong>te</strong>n&Lex, Ufo5) che hanno<br />
liberamen<strong>te</strong> in<strong>te</strong>rpretato il <strong>te</strong>ma della re<strong>te</strong><br />
globale delle <strong>te</strong>lecomunicazioni. L’evento<br />
è stato organizzato da Metroweb, titolare<br />
della più grande re<strong>te</strong> di fibre ottiche<br />
in Europa. Gli artisti hanno progettato<br />
e realizzato 31 tombini di diverse dimensioni,<br />
che raccontano e in<strong>te</strong>rpretano il mondo<br />
sot<strong>te</strong>rraneo della fibra ottica, colorando le<br />
vie Tortona, Savona, Mon<strong>te</strong>video,<br />
Bergognone, Voghera, S<strong>te</strong>ndhal, Bugatti, Forcella, Novi, Cerano. Un<br />
oggetto quasi invisibile, il tombino, diventa visibile, scolpito, colorato,<br />
figurativo<br />
72. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
Catania<br />
Sport e non solo,<br />
un happening<br />
per l’in<strong>te</strong>grazione<br />
Tornei e gare di calcio, pallavolo,<br />
pallacanestro, calcio balilla, biliardo,<br />
ping pong, pallanuoto, staffetta<br />
a squadre, gare di ballo, caccia<br />
al <strong>te</strong>soro, giochi a squadre, spettacoli<br />
musicali e <strong>te</strong>atrali, showroom<br />
di danza<strong>te</strong>rapia e musico<strong>te</strong>rapica,<br />
un convegno sulla disabilità<br />
e l’inclusione sociale...<br />
È il fitto programma dell’“Happening<br />
dello sport per l’in<strong>te</strong>grazione”,<br />
che si svolgerà a Pietro Clarenza<br />
(Catania) dal 23 al 26 set<strong>te</strong>mbre.<br />
Protagonisti saranno giovani<br />
e adulti con disagio psichico<br />
o sociale, coinvolti attraverso<br />
enti pubblici o realtà del privato<br />
sociale, studenti delle scuole<br />
secondarie di secondo grado<br />
e universitari, operatori socio-sanitari<br />
del pubblico e del privato.<br />
INFO mariamammino@solcoct.it<br />
Palermo<br />
Buone prassi<br />
per l’ambien<strong>te</strong>,<br />
fiera alle Locomotive<br />
“Ecomedi<strong>te</strong>rranea 2009” si svolgerà<br />
a Palermo dal 24 al 27 set<strong>te</strong>mbre<br />
all’ex deposito delle Locomotive<br />
di Sant’Erasmo. Le <strong>te</strong>matiche<br />
ambientali e lo sviluppo sos<strong>te</strong>nibile<br />
saranno al centro della<br />
manifestazione. I settori sui quali<br />
si articolano le propos<strong>te</strong><br />
della fiera sono: aria, acqua,<br />
rifiuti, energia, natura, agricoltura<br />
e zoo<strong>te</strong>cnia, educazione<br />
e comunicazione ambientale,<br />
bioedilizia, mobilità sos<strong>te</strong>nibile,<br />
acquisti verdi, informatica, editoria<br />
e consulenza.<br />
Oltre alle propos<strong>te</strong> espositive, duran<strong>te</strong><br />
la fiera verranno realizzati convegni<br />
in<strong>te</strong>rnazionali, workshop<br />
e diverse iniziative di promozione,<br />
sensibilizzazione, studio e<br />
intrat<strong>te</strong>nimento rivol<strong>te</strong> a un pubblico<br />
sia di adulti che di bambini.<br />
INFO info@areasicilia.com
PanoraMi • Tre domande a Jim Kerr<br />
di Riccardo Benvegnù<br />
Il mondo aveva due strade, cantavamo Mandela Day<br />
caleidoscopio<br />
Era il 1989, esattamen<strong>te</strong> venti anni fa, quando Jim Kerr (foto a sinistra)<br />
e i suoi Simple Minds davano vita a un album capolavoro, il più in<strong>te</strong>nso e<br />
politicamen<strong>te</strong> impegnato della loro tren<strong>te</strong>nnale carriera: “Street Fighting<br />
Years”. La traccia numero 8,“Mandela Day”, consegnata alla storia,<br />
diverrà un inno. Che accompagnerà spesso la ricorrenza del 18 luglio:<br />
ogni anno, da allora, si celebra in quella data il grande leader sudafricano<br />
(foto a destra), nato nel 1918 proprio in quel giorno. In quella ricorrenza<br />
si afferma l’idea che ogni individuo ha il po<strong>te</strong>re di trasformare il mondo, la<br />
capacità di lasciare un segno.“Street Fighting Years” con<strong>te</strong>neva altri<br />
gioielli, come la “title track”, dedicata al musicista cileno Victor Jara, ucciso dal regime di Pinochet, oppure<br />
“Belfast Child”, sulla guerra nell’Irlanda del Nord, o ancora la struggen<strong>te</strong> “Biko” di Pe<strong>te</strong>r Gabriel, composta<br />
in memoria di un altro eroe sudafricano, leader della resis<strong>te</strong>nza contro il regime afrikaner, barbaramen<strong>te</strong><br />
assassinato nel 1977. Jim Kerr e la storica band scozzese sono stati a Milano, proprio in luglio, per una<br />
tappa della turnè “30 years live”. Lo abbiamo incontrato alla vigilia del concerto.<br />
Jim, in trent’anni di carriera qual è stato il miglior momento dei Simple Minds?<br />
Quello dei Simple Minds è stato un grande viaggio, non ci sono molti gruppi che hanno fatto musica elettronica, pop,<br />
da stadio, politica. Sono stati tutti momenti importanti e non saprei quale collocare al primo posto.<br />
Alla fine degli anni Ottanta Street Fighting Years ha consacrato il vostro impegno politico al fianco<br />
di Amnesty In<strong>te</strong>rnational: pensi che le vostre canzoni siano ancora attuali?<br />
Veramen<strong>te</strong> vent’anni fa il mondo era un altro mondo. Il mondo della politica era più facile da comprendere, c’erano due<br />
strade: left and right, sinistra e destra. In mezzo c’era un muro. C’erano l’America e c’era la Russia, l’apartheid e l’antiapartheid.<br />
Era facile capire da che par<strong>te</strong> stare. Ora è più complesso. Ma forse nulla è cambiato.Abbiamo ancora razzismo,<br />
ingiustizia.Anche se Mandela è libero, il razzismo continua.Anche se l’Irlanda del Nord ha ritrovato la pace, c’è guerra<br />
in tutto il mondo. Non escludo che in futuro i Simple Minds possano occuparsi ancora di ques<strong>te</strong> <strong>te</strong>matiche, ma...<br />
... ma non è più stagione per met<strong>te</strong>re la musica al servizio delle cause politiche?<br />
In realtà aspettiamo i gruppi più giovani. Noi abbiamo fatto la nostra par<strong>te</strong>. Oggi il 46664, numero che marchiava<br />
il prigioniero Mandela, è il logo di una fondazione umanitaria e il buon Nelson è un ex presiden<strong>te</strong> del Sudafrica che<br />
ha abbandonato la scena pubblica, ma dopo aver cambiato il suo paese. I Simple Minds sono un gruppo di rocker<br />
cinquan<strong>te</strong>nni. <strong>Per</strong> trasformare il mondo servono nuove energie, capaci di lasciare nuovi segni.<br />
Palermo<br />
Bambini stranieri<br />
crescono in ludo<strong>te</strong>ca,<br />
“adottarli” è aiutarli<br />
Dato che le casse del comune di<br />
Palermo sono in secca, la ludo<strong>te</strong>ca<br />
“Ubuntu”, che accoglie i bambini delle<br />
madri straniere lavoratrici, ha lanciato<br />
l’iniziativa “Adotta un bambino di<br />
Ubuntu”, per finanziare le spese<br />
di gestione e per i ma<strong>te</strong>riali per le<br />
attività. Hanno già aderito diverse<br />
associazioni, fra cui Libera. Si aderisce<br />
al progetto inviando un contributo<br />
mensile per uno dei bimbi accolti,<br />
in modo da permet<strong>te</strong>re alla madre<br />
di continuare a lavorare: spesso le<br />
mamme straniere sono colf o badanti.<br />
INFO centroubuntu@gmail.com<br />
Concorso / 1<br />
“Rinascere Uomo”<br />
grazie a gesti solidali,<br />
video e foto all’Opera<br />
L’Opera San Francesco<br />
di Milano organizza<br />
il concorso video-fotografico<br />
“Rinascere Uomo”.<br />
C’è <strong>te</strong>mpo fino al 1° ottobre<br />
per inviare foto o video,<br />
da caricare direttamen<strong>te</strong> sul sito<br />
della storica Opera meneghina.<br />
Il titolo, “Rinascere Uomo”,<br />
in<strong>te</strong>rpreta il <strong>te</strong>ma della rinascita,<br />
in<strong>te</strong>sa come superamento<br />
di un disagio grazie a un gesto<br />
di solidarietà da par<strong>te</strong> di un altro<br />
essere umano.<br />
INFO www.operasanfrancesco.it<br />
Concorso / 2<br />
“Io e l’altro”,<br />
il rispetto<br />
in uno scatto<br />
È stato lanciato il progetto fotografico<br />
“Io e l’altro. Pronti per una nuova sfida.<br />
Anzi, per un nuovo scatto”. Il bando<br />
di concorso, rivolto agli artisti<br />
emergenti, non solo italiani ma di tutto<br />
il mondo, met<strong>te</strong> a fuoco un delicato<br />
<strong>te</strong>ma sociale: “Ripensare il rispetto per<br />
l’altro”. Le fotografie devono cercare<br />
di creare un pon<strong>te</strong> ideale tra culture,<br />
etnie e religioni. Il bando scade<br />
il 15 set<strong>te</strong>mbre.<br />
INFO www.fonopoliforma.com<br />
pagine a cura<br />
di Daniela Palumbo<br />
set<strong>te</strong>mbre 2009 scarp de’ <strong>te</strong>nis .73
Vendere giornali di strada, strumento per superare la povertà<br />
Street magazine in Africa,<br />
contro l’aiuto gratuito<br />
di Paolo Riva – da Lusaka (Zambia)<br />
PROVOCATORIAMENTE SI POTREBBE AFFERMARE che è semplice fare un giornale di strada, nei cosiddetti<br />
paesi sviluppati. Secondo i dati forniti da Insp, la Re<strong>te</strong> in<strong>te</strong>rnazionale dei giornali<br />
di strada, se ne contano più di 50 in Europa, 27 tra Stati Uniti e Canada, uno in Australia<br />
e uno in Giappone. Tutti accomunati da un tratto distintivo: offrono occasioni di riscatto<br />
a persone senza dimora. Ma che succede se il modello viene esportato, per esempio,<br />
in Africa (dove le <strong>te</strong>sta<strong>te</strong> di strada son attualmen<strong>te</strong> 8)? A Nairobi, Johannesburg o<br />
Lusaka gran par<strong>te</strong> degli abitanti vive in sobborghi poveri non pianificati, privi di servizi e<br />
a rischio per la salu<strong>te</strong>: in con<strong>te</strong>sti del genere, avere un <strong>te</strong>tto sopra la <strong>te</strong>sta è davvero abbastanza<br />
per non essere considerati senza dimora?<br />
In ques<strong>te</strong> periferie, la differenza tra una casa vera e propria, una baracca e un tugurio<br />
diventa lieve, la definizione di esclusione sociale si complica e anche i protagonisti dei<br />
giornalidistradacambiano.«InAfrica,ibeneficiaridiprogetticomeilnostrosonoprevalen<strong>te</strong>men<strong>te</strong><br />
persone che hanno bisogno di un lavoro. I problemi di dipendenza o esclusione<br />
sociale sono gravi, ma spesso i nostri venditori hanno solo bisogno di un’opportunità<br />
concreta di guadagno», affermaTrudyVlok, che fa par<strong>te</strong> di The Big Issue South Africa<br />
sin da quando il più longevostreetmagazine del continen<strong>te</strong> è nato (nel 1996), reclutando<br />
venditori in diverse zone di Città del Capo, dove la disoccupazione tocca anche il 75%.<br />
È un con<strong>te</strong>sto simile a quello di Lusaka, dove dal 2007 viene venduto The Big Issue<br />
Zambia, una delle sei nuove <strong>te</strong>sta<strong>te</strong> (le altre sono in Kenya, Malawi, Etiopia, Nigeria e Burundi)<br />
di cui Insp ha promosso la nascita con il programma biennale “Focus on Africa”,<br />
che individua nei giornali di strada efficaci strumenti di lotta della povertà. E, infatti, per<br />
le strade dello Zambia, dove il prodotto in<strong>te</strong>rno lordo procapi<strong>te</strong> annuo è di circa 4 milioni<br />
di kwacha (800 dollari), i venditori di Big Issue guadagnano 5 mila kwacha per ogni copiavenduta.Nonostan<strong>te</strong>ciò,gliostacolinonsonopochi.«Ladifficoltàmaggiore–racconta<br />
il direttore, SambaYonga – è combat<strong>te</strong>re la cultura dell’aiuto gratuito, nella quale la nostrasocietàèda<strong>te</strong>mpoimmersa.Ivenditorifaticanoacapirechedevonocompraredanoi<br />
le copie del magazine, che andranno poi a vendere in strada»..<br />
Tarchiato Tappo - Il sollevatore di pesi<br />
74. scarp de’ <strong>te</strong>nis set<strong>te</strong>mbre 2009<br />
Africa calling