EDITORIALE Delfi e il moto coloniale greco: oracoli e fondazioni
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<strong>EDITORIALE</strong><br />
<strong>Delfi</strong> e <strong>il</strong> <strong>moto</strong> <strong>coloniale</strong> <strong>greco</strong>: <strong>oracoli</strong> e <strong>fondazioni</strong><br />
[La terra] è qualcosa di straordinariamente grande, e noi abitiamo in una<br />
piccola parte che va dal fiume Fasi alle Colonne di Eracle, stando intorno<br />
alle rive del mare come rane o formiche intorno a uno stagno.<br />
Platone, Fedone (109 B)<br />
Con un’efficacissima immagine Platone, nel V secolo a.C., descrive <strong>il</strong> Mare Mediterraneo e le popolazioni che<br />
vi si affacciavano e che ne solcarono, fin da tempi remotissimi, le acque alla ricerca di materie prime e di nuove<br />
terre da abitare, dando origine a quel fenomeno complesso noto come “colonizzazione”. Dopo secoli di<br />
frequentazioni più o meno sporadiche delle coste mediterranee abitate da genti indigene pressoché estranee<br />
ai Greci, a partire dall’VIII sec. a.C. gli spostamenti di gruppi umani da una costa all’altra del Mare Nostrum<br />
diventano più assidui e si delineano sempre di più come l’esito di una “programmazione accurata”. Apoikìa,<br />
che letteralmente significa “lontano da casa”, è <strong>il</strong> termine con cui meglio si definisce una colonia greca dal<br />
momento che essa non sembra avere un rapporto di dipendenza “politica” dalla madrepatria, ma un legame<br />
prevalentemente religioso. E, infatti, si dice che i coloni usavano portare con sé, nei nuovi insediamenti, una<br />
scint<strong>il</strong>la di fuoco presa dall’hestìa (<strong>il</strong> fuoco sacro) della loro città natale, grazie alla quale potevano continuare a<br />
mantenere, almeno simbolicamente, un’unione spirituale con la “distante” terra d’origine.<br />
Prima di fondare una colonia, secondo la tradizione, rappresentanti della madrepatria si recavano a <strong>Delfi</strong> per<br />
consultare l’oracolo, come nel caso di alcune fra le prime colonie greche in occidente (in particolare Siracusa,<br />
Reggio, Crotone e Taranto) la cui fondazione è attribuita, per l’appunto, all’intervento dell’oracolo pitico<br />
che assurse così a una fama panellenica proprio per <strong>il</strong> ruolo r<strong>il</strong>evante nei processi di colonizzazione: l’oracolo<br />
– cui era spesso affidata la scelta del capo, delle persone, dei luoghi, <strong>il</strong> giudizio sulla legittimità delle azioni<br />
finalizzate all’impresa e, di conseguenza, la delicatissima funzione di risolvere le tensioni legate al “gesto politico<br />
della fondazione” – non solo guidava <strong>il</strong> futuro fondatore, l’ecista, ma si delineava come solenne garante<br />
del successo dell’impresa insediativa. In realtà secondo alcuni miti, volti ad accrescere l’effetto drammatico dell’evento<br />
<strong>coloniale</strong>, non un ecista consapevole ma un uomo comune (<strong>il</strong> “surprised oikist” di cui parla Malkin)<br />
si recava presso <strong>il</strong> santuario per motivi personali (come nel caso di Miscello di Ripe, fondatore di Crotone),<br />
finendo con l’essere lì – del tutto ignaro del suo destino – selezionato direttamente dal dio per fondare la colonia.<br />
In questo modo si aveva l’impressione che la divinità scegliesse personalmente <strong>il</strong> suo strumento “politico”e<br />
che l’origine della colonia fosse interamente dovuta alla volontà del Pizio, <strong>il</strong> quale affermava <strong>il</strong> suo<br />
“patronato” sul nuovo movimento <strong>coloniale</strong> attraverso <strong>il</strong> titolo cultuale di Apollo Archegétes, “guida”. In realtà,<br />
probab<strong>il</strong>mente, <strong>il</strong> futuro fondatore si recava a <strong>Delfi</strong> con un piano già determinato, chiedendo al dio non tanto<br />
vere e proprie istruzioni relative al sito su cui fondare la colonia, ma una sorta di autorizzazione divina a<br />
un’impresa già di per sé concepita e che, espressa in forma positiva, servisse a incoraggiare <strong>il</strong> gruppo in procinto<br />
di partire.<br />
Il luogo da colonizzare doveva offrire la possib<strong>il</strong>ità di dividere tra coloni terre coltivab<strong>il</strong>i e le autorità delfiche<br />
preposte a interpretare i responsi del dio emessi dalla Pizia, la sacerdotessa di Apollo, potrebbero aver posseduto<br />
una certa quantità di informazioni su terre lontane, sia grazie alla posizione strategica del santuario in<br />
una zona centrale della Grecia, sia grazie all’apporto di viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo <strong>greco</strong><br />
che, con <strong>il</strong> proprio bagaglio di “avventure”, devono aver contribuito non poco ad accrescere le informazioni<br />
geografiche ut<strong>il</strong>i quanto meno a consigliare i coloni sui luoghi in cui recarsi.<br />
L’influenza che l’oracolo delfico esercitò sulla colonizzazione ellenica è ben documentata soprattutto a partire<br />
dal VI sec. a.C. quando <strong>il</strong> prestigio di questa istituzione religiosa si andò accrescendo proprio in funzione<br />
dell’esito positivo del fenomeno espansionistico, esploso due secoli prima. Apollo Pizio, in età classica, era<br />
molto noto per le colonie fondate sotto la sua egida e, come si deduce da un passo di Cicerone - “Quam vero
Graecia coloniam misit in Aeoliam, Ioniam, Asiam, Sic<strong>il</strong>iam, Italiam sine Pythio aut Dodonaeo aut Hammonis oraculo?”<br />
(Cic., De Div., 1,3) - anche <strong>il</strong> santuario di Dodona e quello di Ammone erano conosciuti per lo stesso motivo,<br />
tuttavia poche erano le <strong>fondazioni</strong> loro attribuite probab<strong>il</strong>mente perché, in età arcaica, in pieno boom del<br />
fenomeno <strong>coloniale</strong>, <strong>Delfi</strong> era molto più accessib<strong>il</strong>e geograficamente rispetto ai due distanti rivali.<br />
Secondo le fonti antiche, non era lecito fondare una colonia senza prima consultare l’oracolo: Erodoto, ad<br />
esempio, attribuisce proprio alla non avvenuta consultazione di Apollo l’insuccesso della spedizione di Dorieo<br />
in Libia (Hdt. V,42,2), sottolineando così l’importanza attribuita all’oracolo medesimo in queste imprese,<br />
importanza che fece sì che molte storie di fondazione di importanti poleis fossero create ad arte: questo perché<br />
tanta divenne la fama dell’oracolo delfico nell’antichità che, prima o poi, ogni colonia, anche se non interessata<br />
direttamente dall’intervento delfico, avrebbe “inventato” un interessante racconto sulle proprie origini<br />
abbellendolo con particolari desunti dal mito e dalle leggende locali delfiche ed elaborando <strong>oracoli</strong> fittizi con<br />
<strong>il</strong> duplice fine di creare un’analogia con le altre poleis e di “darsi una storia”.<br />
Le consultazioni dell’oracolo, sito ai piedi del monte Parnaso, avvenivano <strong>il</strong> settimo giorno di ogni mese e attiravano,<br />
in massa, genti greche e non greche. Il richiedente, dopo essersi purificato, compiva gli usuali sacrifici<br />
e attendeva, secondo l’ordine gerarchico imposto dagli abitanti di <strong>Delfi</strong> (che si erano riservati <strong>il</strong> diritto di prima<br />
consultazione), la sentenza del dio, emessa per bocca della Pizia e, successivamente, interpretata e, talvolta,<br />
tradotta in versi dai suoi sacerdoti.<br />
I problemi relativi al ruolo giocato dal santuario in ambito <strong>coloniale</strong> ruotano ancora oggi intorno all’autenticità<br />
degli <strong>oracoli</strong> di fondazione (alcuni dei quali farebbero risalire <strong>il</strong> preponderante intervento delfico già<br />
all’VIII sec.) e all’epoca e alla natura stessa dell’influenza delfica nella colonizzazione greca.<br />
Di questo e di molto altro ancora si parlerà in occasione del convegno internazionale Contestualizzare la ‘prima<br />
colonizzazione’: Archeologia, fonti, cronologia e modelli interpretativi fra l’Italia e <strong>il</strong> Mediterraneo, dedicato alla<br />
recentissima scomparsa del professore David Ridgway, che si terrà presso gli Istituti stranieri in Valle Giulia dal<br />
21 al 23 giugno p.v. e a cui ampio spazio è dato in questo numero di Forma Urbis.<br />
Simona Sanchirico<br />
Direttore Editoriale di Forma Urbis<br />
Panoramica di <strong>Delfi</strong> da Marmarià<br />
(Foto V. Nizzo)