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-Introduzione<br />
E.N.I.A.P. – Copernico 2012<br />
DISPENSA DIRITTO DEL LAVORO E SINDACALE<br />
Il diritto del lavoro è quella branca del diritto che studia la discipl<strong>in</strong>a degli aspetti ed<br />
i problemi att<strong>in</strong>enti al rapporto di lavoro, e tutte le tematiche ad esso collegate.<br />
Si tratta di una discipl<strong>in</strong>a che si è sviluppata per regolare e attenuare i problemi<br />
sociali provocati dalla rivoluzione <strong>in</strong>dustriale, qu<strong>in</strong>di spazia dalla regolamentazione<br />
delle relazioni tra datore di lavoro e lavoratore a quella delle relazioni s<strong>in</strong>dacali<br />
(oggetto propriamente del diritto s<strong>in</strong>dacale) a quella att<strong>in</strong>ente alle assicurazioni<br />
sociali e previdenziali (di cui si occupa il diritto della previdenza e della sicurezza<br />
sociale).È uno di quei rami del diritto che più direttamente risente dell'<strong>in</strong>fluenza della<br />
situazione economica generale, occorrendo tradurre <strong>in</strong> norme e concetti legislativi le<br />
concezioni ideologiche o statalistiche del sistema di riferimento.<br />
In Italia, negli anni 1970 ci fu un grande dibattito, alla cui formazione contribuirono<br />
alcuni giuristi come G<strong>in</strong>o Giugni, la norma fondamentale <strong>in</strong> tema ancora oggi è il<br />
cosiddetto Statuto dei lavoratori, di cui alla legge 20 maggio 1970, n. 300.<br />
Riguardo al lavoro pubblico negli anni novanta ebbe avvio l'imponente fenomeno<br />
(dal punto di vista giuridico) della privatizzazione del diritto del lavoro pubblico <strong>in</strong><br />
Italia, di cui al D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive norme, poi confluite nel<br />
Testo unico D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.<br />
La liberalizzazione del mercato del lavoro privato risale <strong>in</strong>vece all'anno 2003, e<br />
precisamente alla legge 14 febbraio 2003, n. 30, meglio conosciuta come legge Biagi,<br />
dal nome del Prof. Marco Biagi). Anche questa riforma, completata dal D. Lgs. 10<br />
settembre 2003, n. 276, si può paragonare per portata e svolta a quelle del 1970 e del<br />
1993.<br />
-Le fonti del diritto del lavoro<br />
Fonti <strong>in</strong>ternazionali e comunitarie<br />
L'organizzazione <strong>in</strong>ternazionale di più antica data che opera nel campo del lavoro a<br />
livello mondiale è l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, della quale fanno parte<br />
attualmente 178 tra i 191 Stati membri delle Nazioni Unite, che svolge un'attività
normativa composta da raccomandazioni <strong>in</strong>dirizzate agli stati <strong>in</strong> materia di lavoro;<br />
raccomandazioni però che gli stessi stati devono recepire e ratificare <strong>in</strong> progetti di<br />
convenzioni all'<strong>in</strong>terno del proprio ord<strong>in</strong>amento. Se questo ha portato, almeno<br />
formalmente, ventate di civiltà e pr<strong>in</strong>cipi di civiltà giuridica nei Paesi membri meno<br />
sviluppati, ha avuto meno eco nei paesi a struttura giuridica più complessa come<br />
l'Italia, spesso dotata di una discipl<strong>in</strong>a giuridica ben più sviluppata del pr<strong>in</strong>cipio<br />
recepito.<br />
Portata ben più pesante hanno <strong>in</strong>vece gli atti emanati dall'Unione Europea, di cui<br />
l'Italia fa parte. Essendo <strong>in</strong>fatti molto più ristretta come organizzazione (27 membri) e,<br />
soprattutto, essendo le fonti comunitarie v<strong>in</strong>colanti e, nel caso dei regolamenti,<br />
direttamente applicabili dopo la loro emanazione, ci si trova di fronte ad una<br />
uniformazione fra gli Stati membri dell'Unione di molte materie concernenti il diritto<br />
del lavoro.<br />
Costituzione<br />
Il lavoro è uno dei pr<strong>in</strong>cipi fondamentali fissati dalla Costituzione della Repubblica<br />
Italiana, valore addirittura fondante della Repubblica stessa (art.1) e criterio ispiratore<br />
dell'emancipazione sociale, oltre che oggetto di forte tutela. L'art.35 «tutela il lavoro<br />
<strong>in</strong> tutte le sue forme ed applicazioni», mentre gli art. successivi dettano precisi criteri<br />
di determ<strong>in</strong>azione per materie delicate come retribuzione, orari di lavoro e ferie.<br />
Legge e atti aventi pari forza<br />
Come fonte centrale (almeno formalmente) dell'ord<strong>in</strong>amento giuridico italiano, la<br />
legge ord<strong>in</strong>aria (e gli atti con forza di legge) è lo strumento pr<strong>in</strong>cipale col quale lo<br />
Stato cerca di equilibrare i delicati equilibri delle parti co<strong>in</strong>volte nei rapporti di lavoro.<br />
Se alla f<strong>in</strong>e del XIX secolo il legislatore <strong>in</strong>tervenne solo per pr<strong>in</strong>cipi generali come lo<br />
sfruttamento dei m<strong>in</strong>ori o delle donne, col passare del tempo gli <strong>in</strong>terventi divennero<br />
sempre più frequenti e sempre più complessi. Così il codice civile del 1942 arrivò a<br />
dare immediatamente def<strong>in</strong>izione del lavoro subord<strong>in</strong>ato (art. 2094), pr<strong>in</strong>cipi generali<br />
del contratto di lavoro (art.2060) e soprattutto una discipl<strong>in</strong>a organica (oggi <strong>in</strong> gran<br />
parte aggiornata) per la tutela del lavoratore subord<strong>in</strong>ato.<br />
Dopo l'entrata <strong>in</strong> vigore della Costituzione, ci fu un'evoluzione della materia<br />
divisibile <strong>in</strong> tre periodi: un primo periodo di conservazione del modello di <strong>in</strong>tervento<br />
tradizionale, con l'allargamento delle tutele già esistenti (legge n.741 del 1959; legge<br />
n.1369 del 1960; legge n.230 del 1962). Un secondo periodo con la legge n.300 del<br />
1970 (il famoso e già citato Statuto dei lavoratori), con un provvedimento legislativo<br />
di sostegno alle organizzazioni s<strong>in</strong>dacali, con l'<strong>in</strong>troduzione del procedimento di<br />
repressione dell'azione antis<strong>in</strong>dacale. E, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, un terzo ed ultimo periodo<br />
d'<strong>in</strong>versione di tendenza e di contemperamento della tutela del lavoratore a favore
delle esigenze di efficienza e produttività delle imprese e per la liberalizzazione del<br />
mercato del lavoro.<br />
Autonomia collettiva<br />
Un importante dibattito si è acceso <strong>in</strong> dottr<strong>in</strong>a circa l'<strong>in</strong>dividuazione del fondamento<br />
dell'efficacia dei contratti collettivi di lavoro. Infatti, con l'abrogazione delle norme<br />
del sistema corporativo, il contratto collettivo non si poteva più considerare come un<br />
istituto pubblicistico (si veda l'art. 2077 c.c.). Occorre pertanto r<strong>in</strong>tracciare tale<br />
fondamento nell'autonomia privata (art. 1322 c.c.), e <strong>in</strong> tal caso risulta che<br />
l'autonomia collettiva sia, assieme all'autonomia <strong>in</strong>dividuale, una species del genere<br />
"autonomia privata". Il contratto collettivo produce dunque effetti v<strong>in</strong>colanti (art.<br />
2113 c.c.) nei confronti degli iscritti all'associazione s<strong>in</strong>dacale (datoriale o dei<br />
lavoratori) contraente a causa della sua natura e forza di atto di autonomia privata,<br />
dest<strong>in</strong>ato ad operare nell'ambito degli <strong>in</strong>teressi collettivi gestiti dalle parti sociali e<br />
sottratti al potere di regolamentazione dei s<strong>in</strong>goli (Scognamiglio).<br />
Interessi collettivi e <strong>in</strong>teressi generali<br />
Gli <strong>in</strong>teressi collettivi sono la somma e la s<strong>in</strong>tesi degli <strong>in</strong>teressi <strong>in</strong>dividuali di coloro<br />
che aderiscono alle associazioni s<strong>in</strong>dacali contraenti. Gli <strong>in</strong>teressi collettivi<br />
consistono nelle condizioni m<strong>in</strong>ime di trattamento economico e normativo.<br />
Gli <strong>in</strong>teressi generali sono <strong>in</strong>vece gli <strong>in</strong>teressi dell'<strong>in</strong>sieme della cittad<strong>in</strong>anza italiana.<br />
Pertanto, occorre non confondere gli <strong>in</strong>teressi collettivi e gli <strong>in</strong>teressi generali, dal<br />
momento che questi ultimi sono soddisfatti dal Governo, mentre i primi possono<br />
essere soddisfatti dai s<strong>in</strong>dacati. Da ciò discende che dalla concertazione tra Governo,<br />
s<strong>in</strong>dacati dei lavoratori e associazioni datoriali, non possono derivare v<strong>in</strong>coli giuridici<br />
per il Governo, poiché se fosse altrimenti si avrebbe che degli <strong>in</strong>teressi collettivi<br />
prevalgono sugli <strong>in</strong>teressi generali della nazione. In altre parole, gli <strong>in</strong>teressi collettivi<br />
hanno massima importanza sotto il profilo politico, ma non possono prevalere<br />
giuridicamente sugli <strong>in</strong>teressi generali, altrimenti la stessa democrazia verrebbe<br />
messa <strong>in</strong> pericolo.<br />
Il Governo pertanto non riceve dalla concertazione alcun obbligo giuridico che sia<br />
diretto all'adozione di atti con forza di legge. Il Governo può dichiarare di voler<br />
rispettare un dato protocollo ma poi, legittimamente, può anche decidere di non<br />
<strong>in</strong>tervenire per onorarlo o addirittura può anche emanare leggi ed atti con forza di<br />
legge che contrast<strong>in</strong>o con gli accordi assunti <strong>in</strong> sede di concertazione con le parti<br />
sociali. Chiaro è che <strong>in</strong> quest'ultima ipotesi, il Governo si rende responsabile<br />
politicamente di scelte, le quali porteranno irrimediabilmente allo scontro sociale.<br />
Contrattazione collettiva
L'altro strumento fondamentale della tutela del lavoratore è l'atto espressione<br />
pr<strong>in</strong>cipale dell'autonomia collettiva: il contratto collettivo di lavoro. La funzione<br />
primaria del contratto collettivo è quella di <strong>in</strong>tegrare e, se possibile, migliorare le<br />
tutele offerte al lavoratore dalla legge, adattandole ai vari tipi di contesti<br />
(professionale, merceologico, geografico..). La stessa legge spesso rimanda al<br />
contratto collettivo, fissando solo determ<strong>in</strong>ati pr<strong>in</strong>cipi e lasciando a quest'ultimo la<br />
peculiare discipl<strong>in</strong>a. Gli attuali contratti collettivi (cd di diritto comune) non hanno<br />
efficacia generale obbligatoria <strong>in</strong> quanto contratti di diritto privato stipulati tra<br />
soggetti privati (le organizzazioni dei datori e dei lavoratori). Essi trovano<br />
applicazione soltanto per i soggetti (datore di lavoro e lavoratore) che siano membri<br />
di dette associazioni s<strong>in</strong>dacali o che vi abbiano fatto espresso r<strong>in</strong>vio nel contratto<br />
<strong>in</strong>dividuale di lavoro. Vi sono tuttavia alcuni contratti collettivi degli anni '50 (circa<br />
8.000 è difficile fare una stima numerica degli accordi collettivi recepiti <strong>in</strong> D.P.R. ma<br />
sono sicuramente di molto <strong>in</strong>feriori a 1000 al massimo qualche cent<strong>in</strong>aio considerato<br />
che nel periodo considerato 1959-1961 e cioè prima del periodo antecedente alla<br />
sentenza della Corte Costituzionale del 1962, non si sono avuti più di 1400<br />
provvedimenti legislativi l'anno) che hanno ottenuto efficacia obbligatoria per essere<br />
stati recepiti da provvedimenti di legge che ne hanno riprodotto il contenuto <strong>in</strong> virtù<br />
della legge n. 741 del 1959. Ma tale escamotage, elaborato al f<strong>in</strong>e di superare la<br />
mancata attuazione dell'art. 39 della Costituzione (che permane tuttora), è stato<br />
dichiarato <strong>in</strong>costituzionale e non più utilizzato (rectius: è stata dichiarata illegittima la<br />
legge di proroga degli effetti della legge 741 resp<strong>in</strong>gendo così l'eccezione di<br />
<strong>in</strong>costituzionalità; quest'ultima aveva <strong>in</strong>fatti carattere unicamente cont<strong>in</strong>gente, anche<br />
e soprattutto <strong>in</strong> relazione all'art. 39 Cost.). Restano ancora <strong>in</strong> vigore anche alcuni<br />
contratti collettivi del periodo corporativo, soppresso nel 1945, ma mantenuti <strong>in</strong><br />
vigore per legge per non creare un vuoto normativo. Ma il loro ruolo è ormai<br />
praticamente <strong>in</strong>esistente.<br />
Casi di estensione dell'efficacia del contratto collettivo<br />
L'efficacia del contratto collettivo può essere estesa anche a chi non aderisce a una<br />
delle associazioni s<strong>in</strong>dacali che lo ha stipulato, ma solo <strong>in</strong> limitate ipotesi. Se il<br />
contratto <strong>in</strong>dividuale contrasta con norme di legge, il giudice stabilisce il salario<br />
considerando le condizioni di trattamento economico contenute nel contratto<br />
collettivo. L'efficacia del contratto collettivo si estende anche a chi, pur non aderendo<br />
all'associazione stipulante, manifesta, con comportamenti concludenti ed <strong>in</strong> forma<br />
esplicita, la volontà di recepirne il contenuto.<br />
Usi, equità e autonomia <strong>in</strong>dividuale<br />
• La discipil<strong>in</strong>a del rapporto di lavoro può essere affidata agli usi normativi, nel<br />
caso <strong>in</strong> cui non ci siano disposizioni di legge o contratti collettivi relativi (art.<br />
2078 c.c., è da considerarsi abrogato l'art. 8 secondo comma delle disp. prel. al<br />
c.c.). Gli usi possono sussistere e prevalere anche <strong>in</strong> caso di disposizione di
legge se prevedono una tutela più efficiente, ma non prevalere sul contratto di<br />
lavoro. Gli usi aziendali sono da considerare come fonti del diritto del lavoro.<br />
Gli usi negoziali, rientrando nell'ambito dell'autonomia <strong>in</strong>dividuale, non<br />
possono essere considerati fonti del diritto del lavoro.<br />
• L'equità ha una funzione sia sussidiaria che determ<strong>in</strong>ativa:<br />
• funzione sussidiaria: quando il giudice, ove occorra, si rimetta a valutazioni di<br />
tipo equitativo per stabilire i connotati del giusto salario (si veda art. 36 Cost.)<br />
• funzione determ<strong>in</strong>ativa: l'art. 432 c.p.c. attribuisce al giudice il potere di<br />
liquidare <strong>in</strong> via equitativa le competenze del lavoratore.<br />
• L'autonomia <strong>in</strong>dividuale costituisce fonte di diritto nel senso limitato che il<br />
contratto che ne è espressione ha "forza di legge tra le parti" (art. 1372 c.c.)<br />
(Persiani-Proia).<br />
Il contratto <strong>in</strong>dividuale (volgarmente "lettera di assunzione") è il contratto stipulato<br />
dal s<strong>in</strong>golo lavoratore con il datore; tale contratto non può derogare alla legge, ma<br />
può contenere disposizioni <strong>in</strong> melius rispetto al contratto collettivo (ossia, oltre le<br />
condizioni m<strong>in</strong>ime di trattamento economico e normativo contenute nel contratto<br />
collettivo, il contratto <strong>in</strong>dividuale può stabilire ulteriori condizioni, ma solo a patto<br />
che siano più favorevoli per il lavoratore).<br />
-La costituzione.<br />
Lo Stato italiano nasce, da un punto di vista istituzionale, con la legge del 17 marzo<br />
1861 che attribuisce a Vittorio Emanuele II, «re di Sardegna», e ai suoi successori, il<br />
titolo di «re d'Italia». È la nascita giuridica di uno Stato italiano (anche se altri stati<br />
avevano già portato tale nome nel passato, dal regno longobardo per f<strong>in</strong>ire al regno<br />
napoleonico). La cont<strong>in</strong>uità tra il Regno di Sardegna e quello d'Italia è normalmente<br />
sostenuta <strong>in</strong> base all'estensione dell'applicazione della sua legge fondamentale, lo<br />
Statuto albert<strong>in</strong>o concesso da Carlo Alberto di Savoia nel 1848, a tutti i territori del<br />
regno d'Italia progressivamente annessi al regno sabaudo nel corso delle guerre<br />
d'<strong>in</strong>dipendenza. La conservazione dell'ord<strong>in</strong>ale d<strong>in</strong>astico da parte di Vittorio<br />
Emanuele, e l'estensione dello Statuto albert<strong>in</strong>o ai territori annessi hanno portato gli<br />
storici a parlare di "piemontizzazione" dello Stato italiano ad opera dei Savoia. Lo<br />
statuto albert<strong>in</strong>o rimase <strong>in</strong> vigore, qu<strong>in</strong>di, quasi 100 anni, dal 4 marzo 1848 al 1<br />
gennaio 1948, quando entrò <strong>in</strong> vigore la costituzione repubblicana.<br />
Lo Statuto albert<strong>in</strong>o fu simile alle altre costituzioni rivoluzionarie vigenti nel 1848 e<br />
rese l'Italia una monarchia costituzionale, con concessioni di poteri al popolo su base<br />
rappresentativa. Era una tipica costituzione ottriata (dal francese octroyée) , ossia<br />
concessa dal sovrano e da un punto di vista giuridico, si caratterizzava per la sua
natura flessibile, ossia derogabile ed <strong>in</strong>tegrabile <strong>in</strong> forza di atto legislativo ord<strong>in</strong>ario.<br />
Poco tempo dopo la sua entrata <strong>in</strong> vigore, proprio a causa della sua flessibilità, fu<br />
possibile portare l'Italia da una forma di monarchia costituzionale pura a quella di<br />
monarchia parlamentare, sul modo di operare tradizionale delle istituzioni <strong>in</strong>glesi<br />
(benché il potere esecutivo fosse detenuto completamente dal re, sempre più spesso il<br />
Consiglio dei m<strong>in</strong>istri rifiutò di restare <strong>in</strong> carica quando non gradito alla camera<br />
elettiva). Il primo Parlamento dello Stato unitario, <strong>in</strong> pr<strong>in</strong>cipio del 1861, si compose<br />
con un suffragio elettorale ristretto al 3% della popolazione; nel 1882 il diritto di voto<br />
fu portato al 7% della popolazione, con riforme nel 1912 e 1918 il diritto fu esteso<br />
f<strong>in</strong>o a una forma di suffragio universale maschile. [3] Benché l'articolo 1 proclamasse<br />
il cattolicesimo religione di stato, le relazioni fra la Santa Sede e lo Stato furono<br />
praticamente <strong>in</strong>terrotte tra il 1870 e il 1929, per via della Questione romana. Anche a<br />
causa della mancanza di rigidità dello Statuto, col giungere del fascismo lo Stato fu<br />
deviato verso un regime autoritario dove le forme di libertà pubblica f<strong>in</strong> qui garantite<br />
vennero stravolte: le opposizioni vennero bloccate o elim<strong>in</strong>ate, la Camera dei deputati<br />
fu abolita e sostituita dalla «Camera dei fasci e delle corporazioni», il diritto di voto<br />
fu cancellato; diritti, come quello di riunione e di libertà di stampa, furono piegati <strong>in</strong><br />
garanzia dello Stato fascista, mentre il partito unico fascista non funzionò come<br />
strumento di partecipazione, ma come strumento di <strong>in</strong>truppamento della società civile<br />
e di mobilitazione politica pilotata dall'alto. Tuttavia lo Statuto albert<strong>in</strong>o, nonostante<br />
le modifiche, non fu formalmente abolito.<br />
I rapporti con la Chiesa cattolica vennero <strong>in</strong>vece sanati e r<strong>in</strong>saldati tramite i Patti<br />
Lateranensi del 1929, che ristabilirono ampie relazioni politico-diplomatiche tra la<br />
Santa Sede e lo Stato italiano. Il 25 luglio 1943, verso la f<strong>in</strong>e della seconda guerra<br />
mondiale, Benito Mussol<strong>in</strong>i perse il potere, il re Vittorio Emanuele III nom<strong>in</strong>ò il<br />
maresciallo Pietro Badoglio per presiedere un governo che riprist<strong>in</strong>ò <strong>in</strong> parte le<br />
libertà dello statuto; <strong>in</strong>iziò così il cosiddetto «regime transitorio», di c<strong>in</strong>que anni, che<br />
term<strong>in</strong>ò con l'entrata <strong>in</strong> vigore della nuova Costituzione e le successive elezioni<br />
politiche dell'aprile 1948, le prime della storia repubblicana. Ricomparvero qu<strong>in</strong>di i<br />
partiti antifascisti costretti alla clandest<strong>in</strong>ità, riuniti nel Comitato di liberazione<br />
nazionale, decisi a modificare radicalmente le istituzioni per fondare uno Stato<br />
democratico. Con il progredire e il del<strong>in</strong>earsi della situazione, con i partiti antifascisti<br />
che <strong>in</strong>iziavano ad entrare nel governo, non fu possibile al re di riproporre uno Statuto<br />
albert<strong>in</strong>o eventualmente modificato e la stessa monarchia, giudicata compromessa<br />
con il precedente regime, era messa <strong>in</strong> discussione. La divergenza, <strong>in</strong> clima ancora<br />
bellico, trovò una soluzione temporanea, una «tregua istituzionale», <strong>in</strong> cui si stabiliva:<br />
la necessità di trasferire i poteri del re al figlio (ci fu un proclama del re il 12 aprile<br />
1944), il quale doveva assumere la carica provvisoria di luogotenente del regno,<br />
mettendo da parte temporaneamente la questione istituzionale; qu<strong>in</strong>di la<br />
convocazione di un'Assemblea Costituente <strong>in</strong>caricata di scrivere una nuova carta<br />
costituzionale, eletta a suffragio universale (giugno 1944) [4] . Fu poi esteso il diritto di<br />
voto alle donne (febbraio 1945) [5] e, ormai raggiunto il silenzio delle armi, fu <strong>in</strong>detto<br />
il referendum per la scelta fra repubblica e monarchia (marzo 1946). [6]
Formazione dell'Assemblea Costituente<br />
Dopo sei anni dall'<strong>in</strong>izio della seconda guerra mondiale e venti anni dall'<strong>in</strong>izio della<br />
dittatura, il 2 giugno 1946 si svolsero contemporaneamente il referendum<br />
istituzionale e l'elezione dell'Assemblea Costituente, con la partecipazione dell'89%<br />
degli aventi diritto [7] . Il 54% dei voti (più di 12 milioni) fu per lo stato repubblicano,<br />
superando di 2 milioni i voti a favore dei monarchici (che contestarono l'esito [8] ).<br />
L'Assemblea fu eletta con un sistema proporzionale e furono assegnati 556 seggi,<br />
distribuiti <strong>in</strong> 31 collegi elettorali.<br />
Ora i partiti del Comitato di liberazione nazionale cessarono di considerarsi uguali, e<br />
si poté constatare la loro rappresentatività. Dom<strong>in</strong>arono le elezioni tre grandi<br />
formazioni: la Democrazia Cristiana, che ottenne il 35,2% dei voti e 207 seggi; il<br />
Partito socialista, 20,7% dei voti e 115 seggi; il Partito comunista, 18,9% e 104 seggi.<br />
La tradizione liberale (riunita nella coalizione Unione Democratica Nazionale),<br />
protagonista della politica italiana nel periodo precedente la dittatura fascista, ottenne<br />
41 deputati, con qu<strong>in</strong>di il 6,8% dei consensi; il Partito repubblicano, anch'esso<br />
d'ispirazione liberale ma con un approccio differente nei temi sociali, 23 seggi, pari al<br />
4,4%. Mentre il Partito d'Azione, nonostante un ruolo di primo piano nella Resistenza,<br />
ebbe solo l'1,5% corrispondente a 7 seggi. Fuori dal coro, <strong>in</strong> opposizione alla politica<br />
del CLN, raccogliente voti dei fautori rimasti del precedente regime, c'è la<br />
formazione dell'Uomo qualunque, che prese il 5,3%, con 30 seggi assegnati.<br />
Giorgio La Pira [9] s<strong>in</strong>tetizzò le due concezioni costituzionali e politiche alternative<br />
dalle quali si <strong>in</strong>tendeva differenziare la nascente Carta, dist<strong>in</strong>guendone una "atomista,<br />
<strong>in</strong>dividualista, di tipo occidentale, rousseauiana" ed una "statalista, di tipo<br />
hegeliano". Secondo i costituenti, riferì La Pira, si pensò di differenziarla nel<br />
pr<strong>in</strong>cipio che per il pieno sviluppo della persona umana, a cui la nostra costituzione<br />
doveva tendere, era necessario non soltanto affermare i diritti <strong>in</strong>dividuali, non<br />
soltanto affermare i diritti sociali, ma affermare anche l'esistenza dei diritti delle<br />
comunità <strong>in</strong>termedie che vanno dalla famiglia s<strong>in</strong>o alla comunità <strong>in</strong>ternazionale.<br />
I lavori dovevano term<strong>in</strong>are il 25 febbraio 1947 ma la Costituente non verrà sciolta<br />
che il 31 gennaio 1948, dopo aver adottato la Costituzione il 22 dicembre con 458<br />
voti contro 62. La Costituzione entra <strong>in</strong> vigore il 1º gennaio 1948.<br />
La Costituzione è composta da 139 articoli (ma 5 articoli sono stati abrogati: 115;<br />
124; 128; 129; 130), divisi <strong>in</strong> quattro sezioni:<br />
• Pr<strong>in</strong>cipi fondamentali (articoli 1-12);<br />
• Parte prima: Diritti e doveri dei cittad<strong>in</strong>i (articoli 13-54);<br />
• Parte seconda: Ord<strong>in</strong>amento della Repubblica (articoli 55-139);<br />
• Disposizioni transitorie e f<strong>in</strong>ali (articoli I-XVIII).
La Costituzione è la fonte pr<strong>in</strong>cipale del diritto, cioè quella dalla quale dipendono<br />
tutte le altre. La Costituzione italiana è una costituzione scritta, rigida, lunga, votata,<br />
compromissoria, democratica e programmatica.<br />
• Innanzitutto, la normazione è contenuta <strong>in</strong> un testo legislativo scritto. La scelta<br />
è comune all'esperienza di civil law ed a quella di common law, con la grande<br />
eccezione della Gran Bretagna, paese nel quale la Costituzione è <strong>in</strong> forma orale<br />
(tranne alcuni documenti come la Magna Charta).<br />
• Inoltre, si dice che la Costituzione italiana è rigida. Con ciò si <strong>in</strong>dica che da un<br />
lato è necessario un procedimento parlamentare aggravato per la riforma dei<br />
suoi contenuti (non bastando la normale maggioranza ma la maggioranza<br />
qualificata dei componenti di ciascuna camera, e prevedendo per la revisione<br />
due successive deliberazioni a <strong>in</strong>tervallo non m<strong>in</strong>ore di tre mesi l'una dall'altra),<br />
e dall'altro che le disposizioni aventi forza di legge <strong>in</strong> contrasto con la<br />
Costituzione vengono rimosse con un procedimento <strong>in</strong>nanzi alla Corte<br />
costituzionale.<br />
• La Costituzione è lunga, ossia contiene disposizioni <strong>in</strong> molti settori del vivere<br />
civile, non limitandosi a <strong>in</strong>dicare le norme sulle fonti del diritto. In ogni caso,<br />
da questo punto di vista, è da dire che il disposto costituzionale presenta per<br />
larga parte carattere programmatico, venendo così <strong>in</strong> rilevanza solo <strong>in</strong> sede di<br />
<strong>in</strong>dirizzo per il legislatore o <strong>in</strong> sede di giudizio di legittimità degli atti aventi<br />
forza di legge. Il processo di consolidamento dei pr<strong>in</strong>cipi <strong>in</strong>dicati dalla<br />
Costituzione, attraverso la loro concretizzazione nella legge ord<strong>in</strong>aria (o,<br />
talvolta, nell'orientamento giurisprudenziale come è avvenuto per l'attuazione<br />
dell'articolo 36 relativamente al pr<strong>in</strong>cipio del trattamento economico m<strong>in</strong>imo<br />
previsto per i lavoratori dipendenti), è detto attuazione della Costituzione. Tale<br />
processo non è da considerarsi ancora concluso. Il legislatore costituzionale,<br />
<strong>in</strong>oltre, ha ritenuto di ritornare nella Costituzione repubblicana su alcune<br />
materie, per <strong>in</strong>tegrarle e ampliarle, adottando provvedimenti di legge<br />
costituzionale, tipici di tutte le costituzioni lunghe. Tali emendamenti sono<br />
<strong>in</strong>tegrazioni alla costituzione, approvate con lo stesso procedimento della<br />
revisione costituzionale, e costituiscono modificazioni più o meno profonde.<br />
Per quanto concerne l'attuazione e l'<strong>in</strong>tegrazione delle norme costituzionali, si<br />
ricorda ad esempio che la Corte costituzionale non venne attivata che nel 1955<br />
(le elezioni dei giudici tramite una legge non avvenne che nel 1953), che il<br />
Consiglio superiore della magistratura venne attivato nel 1958 e che le Regioni<br />
ord<strong>in</strong>arie vennero istituite nel 1970 (sebbene quattro regioni speciali vennero<br />
istituite nel 1948 e il Friuli Venezia Giulia nel 1963); il referendum abrogativo,<br />
<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, venne istituito con la legge 352 del 15 maggio 1970.<br />
• Votata perché rappresenta un patto tra i componenti del popolo italiano.<br />
• Compromissoria perché frutto di una particolare collaborazione tra tutte le<br />
forze politiche uscenti dal secondo conflitto mondiale.<br />
• Democratica perché è dato particolare rilievo alla sovranità popolare, ai<br />
s<strong>in</strong>dacati e ai partiti politici.
• Inf<strong>in</strong>e, è programmatica perché rappresenta un programma (attribuisce alle<br />
forze politiche il compito di rendere effettivi gli obiettivi fissati dai costituenti,<br />
e ciò attraverso provvedimenti legislativi non contrastanti con le disposizioni<br />
costituzionali).<br />
Nelle l<strong>in</strong>ee guida della Carta è ben visibile la tendenza all'<strong>in</strong>tesa e al compromesso<br />
dialettico tra gli autori. La Costituzione mette l'accento sui diritti economici e sociali<br />
e sulla loro garanzia effettiva. Si ispira anche ad una concezione antiautoritaria dello<br />
Stato con una chiara diffidenza verso un potere esecutivo forte e una fiducia nel<br />
funzionamento del sistema parlamentare, sebbene già nell'Ord<strong>in</strong>e del giorno Perassi [10]<br />
(con cui appunto si optò per una forma di governo parlamentare) venne prevista la<br />
necessità di <strong>in</strong>serire meccanismi idonei a tutelare le esigenze di stabilità governativa<br />
evitando ogni degenerazione del parlamentarismo. Non mancano importanti<br />
riconoscimenti alle libertà <strong>in</strong>dividuali e sociali, rafforzate da una tendenza<br />
solidaristica di base. Fu possibile, anche, grazie alla moderazione dei marxisti,<br />
confermare la validità dei Patti Lateranensi e permettere di accordare un'autonomia<br />
regionale tanto più marcata nelle isole e nelle regioni con forti m<strong>in</strong>oranze l<strong>in</strong>guistiche<br />
(aree <strong>in</strong> cui la sovranità italiana era stata messa <strong>in</strong> forte discussione durante l'ultima<br />
parte della guerra, e <strong>in</strong> parte lo era ancora durante i lavori costituenti).<br />
I pr<strong>in</strong>cipi fondamentali della costituzione italiana<br />
I primi dodici articoli della costituzione pongono i cosiddetti pr<strong>in</strong>cipi fondamentali.<br />
Anche se è possibile <strong>in</strong>dividuare, <strong>in</strong> via ermeneutica, come evidenziato <strong>in</strong> pacifica<br />
giurisprudenza costituzionale, ulteriori pr<strong>in</strong>cipi fondamentali nella parte II della<br />
Costituzione, come, ad esempio, il pr<strong>in</strong>cipio di <strong>in</strong>dipendenza della magistratura. I<br />
pr<strong>in</strong>cipi supremi dell’ord<strong>in</strong>amento costituzionale (non necessariamente co<strong>in</strong>cidenti<br />
con i primi dodici articoli) non possono essere oggetto di modifica attraverso il<br />
procedimento di revisione costituzionale previsto dai successivi articoli 138 e 139.<br />
La Costituzione coglie la tradizione liberale e giusnaturalista nel testo dell'articolo 2:<br />
esso <strong>in</strong>fatti sancisce che "la Repubblica 'riconosce' e garantisce i diritti <strong>in</strong>violabili<br />
dell'uomo". Tali diritti sono considerati diritti naturali, non creati giuridicamente<br />
dallo Stato ma ad esso preesistenti. Tale <strong>in</strong>terpretazione è riferita alla parola<br />
"riconoscere" che implica la preesistenza di un qualcosa.<br />
Il pr<strong>in</strong>cipio di laicità è stato enucleato dalla Corte costituzionale con la nota sentenza<br />
n. 203 del 1989; <strong>in</strong> base ad esso l'ord<strong>in</strong>amento italiano attribuisce valore e tutela alla<br />
religiosità umana come comportamento apprezzato nella sua generalità ed astrattezza,<br />
senza alcuna preferenza per qualsivoglia fede religiosa. Scaturisce dal "pr<strong>in</strong>cipio<br />
personalista", di cui all'articolo 2 e dal "pr<strong>in</strong>cipio di uguaglianza" (articolo 3).<br />
L'articolo 19, enunciando il diritto di tutti a professare la propria fede religiosa, <strong>in</strong><br />
qualsiasi forma, <strong>in</strong>dividuale o associata, specifica il riconoscimento della libertà<br />
religiosa come diritto <strong>in</strong>violabile dell'uomo. Per la mediazione politica<br />
dell'Assemblea costituente, per la forte pressione della Chiesa cattolica attraverso i
deputati democristiani, si stabilì, all'articolo 7, che Stato italiano e Chiesa cattolica<br />
sono, ciascuno nel proprio ord<strong>in</strong>e, sovrani e <strong>in</strong>dipendenti; all'articolo 8 che tutte le<br />
confessioni religiose sono egualmente libere e che a quelle diverse dalla cattolica<br />
veniva riconosciuto lo stesso regime di rapporti con lo Stato, per tutelare le loro<br />
specifiche esigenze, mediante accodi (le cd. "<strong>in</strong>tese"). Ma anche le formazioni sociali<br />
a carattere religioso che non hanno il radicamento sociale vasto e la complessità<br />
organizzativa che fa attribuire la qualifica di "confessione religiosa", godono<br />
dell'analoga specifica tutela precisata nell'articolo 20. Questo articolo pone limiti e<br />
divieti all'autorità civile, volti ad impedire discrim<strong>in</strong>azioni ed a garantire piena libertà<br />
a ogni forma organizzata della fede ("istituzioni o associazioni, a carattere<br />
ecclesiastico o con f<strong>in</strong>e di religione o di culto. La legislazione repubblicana e<br />
l'elaborazione della dottr<strong>in</strong>a del diritto ecclesiastico italiano, stentano ad adeguare i<br />
metodi al nuovo contesto democratico; così risulta ancora dom<strong>in</strong>ante la concezione<br />
che i diritti degli <strong>in</strong>dividui s<strong>in</strong>goli e delle organizzazioni religiose di qualsiasi tipo e<br />
natura, <strong>in</strong>vece di godere di una tutela diretta dalla legge, possono trovare tutela solo<br />
attraverso l'<strong>in</strong>termediazione di quei soggetti dom<strong>in</strong>anti che vengono chiamati<br />
"confessioni religiose" contemplati nell'articolo 8 e selezionati politicamente dai<br />
Governi, perpetuando così il modello del regime dittatoriale dei "diritti riflessi", per<br />
cui solo l'appartenenza agli enti riconosciuti dal fascismo consentiva il godimento dei<br />
diritti, attribuiti agli enti e "riflessi" sulle persone che a questi obbedissero. [11]<br />
È tipico degli stati democratici. Pur se la Repubblica è dichiarata una ed <strong>in</strong>divisibile,<br />
è riconosciuto e tutelato il pluralismo delle formazioni sociali (articolo 2), degli enti<br />
politici territoriali (articolo 5), delle m<strong>in</strong>oranze l<strong>in</strong>guistiche (articolo 6), delle<br />
confessioni religiose (articolo 8), delle associazioni (articolo 18), di idee ed<br />
espressioni (articolo 21), della cultura (articolo 33, comma 1), delle scuole (articolo<br />
33, comma 3), delle istituzioni universitarie e di alta cultura (articolo 33, comma 6),<br />
dei s<strong>in</strong>dacati (articolo 39) e dei partiti politici (articolo 49). È riconosciuta altresì<br />
anche la libertà delle stesse organizzazioni <strong>in</strong>termedie, e non solo degli <strong>in</strong>dividui che<br />
le compongono, <strong>in</strong> quanto le formazioni sociali meritano un ambito di tutela loro<br />
proprio. In ipotesi di contrasto fra il s<strong>in</strong>golo e la formazione sociale cui egli è<br />
membro, lo Stato non dovrebbe <strong>in</strong>tervenire. Il s<strong>in</strong>golo, tuttavia, deve essere lasciato<br />
libero di uscirne.<br />
I diritti <strong>in</strong>violabili sono riconosciuti all'<strong>in</strong>dividuo sia considerato s<strong>in</strong>golarmente sia<br />
nelle formazioni sociali adeguate allo sviluppo della personalità e f<strong>in</strong>alizzate alla<br />
tutela degli <strong>in</strong>teressi diffusi (<strong>in</strong>teressi comuni ai diversi gruppi che si sviluppano <strong>in</strong><br />
forma associata). Questi gruppi possono assumere diversi aspetti e tipologie,<br />
ugualmente rilevanti e degni di tutela per l'ord<strong>in</strong>amento: associazioni politiche,<br />
sociali, religiose, culturali, familiari.<br />
Ci sono riferimenti già agli articolo 1, comma 1 ed all'articolo 4, comma 2. Il lavoro<br />
non è solo un rapporto economico, ma anche un valore sociale che nobilita l'uomo.<br />
Non è solo un diritto, bensì anche un dovere che eleva il s<strong>in</strong>golo. Non serve ad
identificare una classe. Nello stato liberale la proprietà aveva più importanza, il<br />
lavoro ne aveva meno. I disoccupati, senza colpa, non devono comunque essere<br />
discrim<strong>in</strong>ati.<br />
Già gli altri tre pr<strong>in</strong>cipi sono tipici degli stati democratici, ma ci sono anche altri<br />
elementi a caratterizzarli: la preponderanza di organi elettivi e rappresentativi; il<br />
pr<strong>in</strong>cipio di maggioranza ma con tutela delle m<strong>in</strong>oranze (anche politiche); processi<br />
decisionali (politici e giudiziari) trasparenti e aperti a tutti; ma soprattutto il pr<strong>in</strong>cipio<br />
di sovranità popolare (articolo 1, comma 2).<br />
Come è affermato con chiarezza nell'articolo 3, tutti i cittad<strong>in</strong>i, senza dist<strong>in</strong>zione di<br />
sesso, di razza, di l<strong>in</strong>gua, di religione, di op<strong>in</strong>ioni politiche, di condizioni sociali e<br />
personali, sono uguali davanti alla legge (uguaglianza formale, comma 1). È compito<br />
dello Stato rimuovere gli ostacoli che di fatto limitano l'eguaglianza e qu<strong>in</strong>di gli<br />
<strong>in</strong>dividui di sviluppare pienamente la loro personalità sul piano economico, sociale e<br />
culturale (uguaglianza sostanziale, comma 2). Riguardo al pr<strong>in</strong>cipio di uguaglianza <strong>in</strong><br />
materia religiosa, l'articolo 8 dichiara che tutte le confessioni religiose, diverse da<br />
quella cattolica, sono egualmente libere davanti alla legge.<br />
Vuol dire che lo Stato ha il compito di aiutare le associazioni e le famiglie, attraverso<br />
la solidarietà politica, economica e sociale (art. 3 II comma, art.2). Esso <strong>in</strong>fatti deve<br />
rimuovere ogni ostacolo che impedisce la formazione della propria personalità.<br />
L'articolo 5 vieta ogni forma di secessione o di cessione territoriale ed è garantito dal<br />
sacro dovere di difendere la patria (sancito dall’articolo 52).<br />
Sempre l'articolo 5 che assicura alle collettività territoriali (Comuni, Prov<strong>in</strong>ce, Città<br />
metropolitane, Regioni) una forte autonomia dallo Stato (con conseguente<br />
attribuzione di poteri normativi e amm<strong>in</strong>istrativi propri), grazie alla quale i cittad<strong>in</strong>i<br />
sono <strong>in</strong> grado di partecipare più da vic<strong>in</strong>o e con maggiore <strong>in</strong>cisività alla vita politica<br />
del Paese. Da una prima lettura di questi pr<strong>in</strong>cipi traspare la volontà del Costituente,<br />
che aveva vissuto la tragica esperienza dell’oppressione nazi-fascista e della guerra di<br />
liberazione, di prendere le distanze non solo dal regime fascista, ma anche dal<br />
precedente modello di Stato liberale, le cui contraddizioni e <strong>in</strong>certezze avevano<br />
consentito l’<strong>in</strong>staurazione della dittatura. Il tipo d'organizzazione statale tracciato dal<br />
Costituente è quello dello Stato sociale di diritto che, per garantire eguali libertà e<br />
dignità a tutti i cittad<strong>in</strong>i, si fa carico di <strong>in</strong>tervenire attivamente <strong>in</strong> prima persona nella<br />
società e nell’economia. Il pr<strong>in</strong>cipio è rafforzato dall'articolo 57 che prevede<br />
l'elezione del Senato su base regionale.<br />
Come viene sancito dall'articolo 10, l'ord<strong>in</strong>amento italiano si conforma alle norme del<br />
diritto <strong>in</strong>ternazionale generalmente riconosciute; ciò comporta un "r<strong>in</strong>vio mobile"<br />
ovvero un adattamento automatico di tali norme nel nostro ord<strong>in</strong>amento. Inoltre<br />
l'articolo 11 consente, <strong>in</strong> condizioni di parità con gli altri stati, limitazioni alla<br />
sovranità nazionale, necessarie per assicurare una pacifica coesistenza tra le Nazioni.
Come viene sancito all'articolo 11, "L'Italia ripudia la guerra come strumento di<br />
offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie<br />
<strong>in</strong>ternazionali (ovvero consente l'uso di forze militari per la difesa del territorio <strong>in</strong><br />
caso di attacco militare da parte di altri paesi, ma non con <strong>in</strong>tenti espansionisti) e<br />
accetta una limitazione alla propria sovranità (ad esempio accetta di ospitare sul<br />
proprio territorio forze armate straniere) nell'<strong>in</strong>tento di promuovere gli organismi<br />
<strong>in</strong>ternazionali per assicurare il mantenimento della pace e della giustizia fra le<br />
Nazioni.<br />
Si <strong>in</strong>tende comunemente che questa seconda parte consenta all'Italia di partecipare ad<br />
una guerra <strong>in</strong> difesa di altre nazioni con le quali siano state <strong>in</strong>staurate alleanze (ad<br />
esempio <strong>in</strong> caso di attacco armato ad un paese membro della NATO).<br />
Appare <strong>in</strong>vece di controversa <strong>in</strong>terpretazione il fatto se sia rispettoso di questo<br />
pr<strong>in</strong>cipio costituzionale il partecipare ad azioni def<strong>in</strong>ite come "missioni di pace" e<br />
similari, o guerre che non rispondono ad azioni di offesa esplicita (vedasi il caso della<br />
guerra d'Iraq del 2003 e della Guerra In Libia del 2011).<br />
Si dovrebbe ricordare che oltre all'articolo 11, la cui <strong>in</strong>terpretazione è piuttosto ampia,<br />
ve ne sono altri sei che prendono <strong>in</strong> considerazione la guerra come una concreta<br />
possibilità. L'art 27, prevedeva la pena di morte <strong>in</strong> base al codice penale militare di<br />
guerra (ora ergastolo). L'art 60, proroga la vigenza di ciascuna camera, <strong>in</strong> caso di<br />
guerra. L'art 78, <strong>in</strong> cui le camere decretano lo stato di guerra. L'art 87, <strong>in</strong> cui è il<br />
presidente della repubblica a dichiarare lo stato di guerra. L'art 103, sulla<br />
giurisdizione dei tribunali militari <strong>in</strong> tempo di guerra. L'art 111, <strong>in</strong> cui non veniva<br />
ammesso ricorso per cassazione su sentenze emesse dai tribunali militari di guerra.<br />
(ora il ricorso è ammissibile).<br />
-Il lavoro subord<strong>in</strong>ato.<br />
Il lavoro subord<strong>in</strong>ato, anche detto lavoro dipendente, def<strong>in</strong>ito dall'art. 2094 del<br />
Codice Civile ed attualmente la forma lavorativa più diffusa nel mondo economico, è<br />
la figura di lavoro posta al centro del Diritto del Lavoro.<br />
Il lavoratore cede il proprio lavoro (tempo ed energie) ad un datore <strong>in</strong> modo<br />
cont<strong>in</strong>uativo, <strong>in</strong> cambio di una retribuzione monetaria e di garanzie di cont<strong>in</strong>uità.<br />
Normalmente il lavoro subord<strong>in</strong>ato è regolato da un contratto di lavoro, che stabilisce<br />
mansioni, luoghi e tempi della prestazione.<br />
A questa forma di lavoro vengono contrapposte le forme di lavoro autonomo (non<br />
garanzie, non cont<strong>in</strong>uità) e quelle di conduttori di impresa (imprenditore,<br />
amm<strong>in</strong>istratore), datori del lavoro subord<strong>in</strong>ato.<br />
Def<strong>in</strong>izione
La nozione giuridica di lavoro subord<strong>in</strong>ato più recente, parte dal presupposto<br />
dell'assoggettamento del prestatore di lavoro nei confronti del datore di lavoro,<br />
assoggettamento identificabile nella possibilità da parte del datore di lavoro di poter<br />
determ<strong>in</strong>are modalità e tempi di esecuzione dell'oggetto dell'obbligazione sorta dal<br />
contratto stipulato dalle parti.<br />
Inoltre, per l'identificazione di una fattispecie di lavoratore subord<strong>in</strong>ato, la<br />
giurisprudenza ha <strong>in</strong>dividuato alcuni criteri <strong>in</strong>diziari (mentre quello fondamentale<br />
rimane solo l'assoggettamento): la cont<strong>in</strong>uità della prestazione, che presuppone la<br />
natura dell'oggetto come attività e non risultato; il luogo di lavoro; l'obbligo di un<br />
determ<strong>in</strong>ato orario di lavoro più o meno flessibile, ma comunque determ<strong>in</strong>ato; una<br />
retribuzione anch'essa fissa e determ<strong>in</strong>ata, con l'assenza di rischio per il lavoratore.<br />
Per Scugniamillo, il v<strong>in</strong>colo della subord<strong>in</strong>azione si ha quando il prestatore mette a<br />
disposizione del datore le sue energie psico-fisiche al f<strong>in</strong>e della realizzazione di un<br />
bene o servizio nell'<strong>in</strong>teresse del datore. Si avrebbe pertanto un fenomeno di<br />
alienazione delle energie psico-fisiche del lavoratore al datore. La natura sociale di<br />
tale v<strong>in</strong>colo sarebbe da r<strong>in</strong>tracciare nel fatto che il prestatore subord<strong>in</strong>ato, anche a<br />
livelli dirigenziali, può svolgere il proprio lavoro solo tramite i mezzi e le strutture di<br />
cui dispone il datore. Fa eccezione il rapporto di lavoro a domicilio, per il quale il<br />
v<strong>in</strong>colo di subord<strong>in</strong>azione assume una def<strong>in</strong>izione "tecnica", ossia quella che<br />
def<strong>in</strong>isce il v<strong>in</strong>colo di subord<strong>in</strong>azione come l'assoggettamento del prestatore di lavoro<br />
nei confronti delle direttive del datore di carattere organizzativo, sulle modalità di<br />
esecuzione della prestazione, i requisiti, le caratteristiche e le f<strong>in</strong>alità del rapporto di<br />
lavoro.<br />
- Il lavoro autonomo<br />
Il lavoro autonomo è def<strong>in</strong>ito dall'art. 2222 del Codice Civile, che <strong>in</strong>dica quale<br />
lavoratore autonomo colui che si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o<br />
un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza v<strong>in</strong>colo di subord<strong>in</strong>azione<br />
nei confronti del committente.<br />
Differenza con il lavoro subord<strong>in</strong>ato<br />
A differenza del lavoratore subord<strong>in</strong>ato, il lavoratore autonomo assume<br />
un'obbligazione di risultato e non di mezzi: egli, cioè, non si obbliga a mettere a<br />
disposizione la propria forza lavoro per un determ<strong>in</strong>ato tempo, ma garantisce il<br />
raggiungimento di determ<strong>in</strong>ati risultati. Conseguenza di tale diversa natura è che il<br />
lavoratore autonomo svolge la propria attività con mezzi prevalentemente propri e<br />
non del committente, e con piena discrezionalità circa il tempo, il luogo e le modalità<br />
della prestazione. Non ha, dunque, v<strong>in</strong>coli di subord<strong>in</strong>azione nei confronti del<br />
committente, il quale non ha i poteri direttivi, di controllo e discipl<strong>in</strong>are tipici del<br />
datore di lavoro subord<strong>in</strong>ato. In ogni caso il prestatore di lavoro autonomo può essere<br />
obbligato al rispetto dei limiti e delle condizioni contenute nel contratto.
Il concetto di mancanza di subord<strong>in</strong>azione si comprende meglio se si pensa a quelle<br />
categorie di lavoratori autonomi che, per def<strong>in</strong>zione, non hanno committenti ma, più<br />
propriamente, clienti, come i commercianti.<br />
Dist<strong>in</strong>zioni all'<strong>in</strong>terno del lavoro autonomo<br />
Nel lavoro autonomo si dist<strong>in</strong>guono due ampie categorie corrispondenti alle<br />
prestazioni di tipo manuale e di quelle di tipo <strong>in</strong>tellettuale. In quest'ultima categoria<br />
rientrano le libere professioni <strong>in</strong>tellettuali del sistema ord<strong>in</strong>istico o del sistema<br />
associativo.<br />
Nei lavoratori autonomi di tipo manuale vanno considerati i commercianti, gli<br />
artigiani e, <strong>in</strong> generale, quelli che la legge considera piccoli imprenditori.<br />
Nel lavoro autonomo rientrano alcune forme di collaborazione parasubord<strong>in</strong>ata, che<br />
si dist<strong>in</strong>guono per la prestazione dell'attività lavorativa <strong>in</strong> forma non subord<strong>in</strong>ata ma<br />
neanche totalmente autonoma, bensì <strong>in</strong> forma coord<strong>in</strong>ata e, spesso, <strong>in</strong>serita<br />
nell'organizzazione dell'imprenditore committente. Rientrano <strong>in</strong> queste forme di<br />
collaborazione autonoma le cosiddette Co.Co.Co, ormai sostituite (a parte alcuni casi<br />
specificatamente previsti dalla legge) dal lavoro a progetto anche detto Co.Co.Pro, e<br />
altre forme di Lavoro parasubord<strong>in</strong>ato.<br />
L'esistenza ambigua di "parasubord<strong>in</strong>ati" dà luogo a varie confusioni. Un clamoroso<br />
esempio è il problema della Gestione Separata dell'INPS [1], che mette <strong>in</strong>sieme i<br />
parasubord<strong>in</strong>ati e i professionisti senza cassa di categoria con prestazioni diverse (per<br />
esempio, i professionisti non possono avere l'<strong>in</strong>dennità di malattia) e con carichi<br />
diversi di contributi. I contributi dell'INPS sono ripartiti nel caso dei parasubord<strong>in</strong>ati<br />
come 1/3 a carico dei lavoratori e 2/3 a carico del datore di lavoro. Invece nel caso<br />
dei professionisti, i contributi sono totalmente a carico dei lavoratori. La natura quasi<br />
subord<strong>in</strong>ata dei parasubord<strong>in</strong>ati ha sp<strong>in</strong>to l'aliquota della Gestione Separata dell'INPS<br />
f<strong>in</strong>o a 27,72% dal 01/01/2012 senza dare prestazioni corrispondenti ai professionisti<br />
iscritte nella stessa Gestione Separata dell'INPS che subiscono un'aliquota ben<br />
superiore rispetto agli altri professionisti e ai commercianti.<br />
Dal punto di vista fiscale c'è molta differenza tra lavoratore autonomo (ha ritenuta di<br />
acconto e non deve iscriversi alla camera di commercio) e imprenditore <strong>in</strong>dividuale<br />
(non ha ritenuta di acconto e deve iscriversi alla camera di commercio), anche se<br />
l'imprenditore <strong>in</strong>dividuale è, a volte, assimilato al lavoratore autonomo.<br />
-Lavoro parasubord<strong>in</strong>ato<br />
L'espressione lavoro parasubord<strong>in</strong>ato nel diritto italiano <strong>in</strong>dica un tipo di lavoro che<br />
presenta caratteristiche <strong>in</strong>termedie tra quelle del lavoro subord<strong>in</strong>ato e quelle del
lavoro autonomo. Di sicura rilevanza sul piano processuale, ha sempre maggiori<br />
implicazioni anche sostanziali, soprattutto dopo il d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276,<br />
recante attuazione delle deleghe <strong>in</strong> materia di occupazione e mercato del lavoro, di<br />
cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30 (cosiddetta legge Biagi).<br />
Il Codice Civile<br />
Il Codice civile italiano dist<strong>in</strong>gue <strong>in</strong> modo netto, anzi reciso, il prestatore di lavoro<br />
subord<strong>in</strong>ato - che, ai sensi dell'art. 2094, opera "alle dipendenze o sotto la direzione<br />
dell'imprenditore" - dal contratto d'opera, proprio del lavoratore autonomo, il quale,<br />
come recita l'art. 2222, "si obbliga a compiere... un'opera o un servizio, con lavoro<br />
prevalentemente proprio e senza v<strong>in</strong>colo di subord<strong>in</strong>azione". Questa dicotomia è poi<br />
arricchita dall'appalto, <strong>in</strong> cui l'obbligo di compiere un'opera o un servizio è assunto<br />
da una parte "con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio<br />
rischio" (art. 1655), ossia, secondo la communis op<strong>in</strong>io, nell'ambito di un'attività di<br />
impresa appaltatrice.<br />
Restano qu<strong>in</strong>di fuori del Libro V del Codice, se non addirittura da qualsiasi discipl<strong>in</strong>a<br />
legale, tutti quei rapporti di lavoro che sono estranei ai modelli economici recepiti, e<br />
<strong>in</strong> certa guisa contrapposti, dal legislatore del 1942: l'<strong>in</strong>dustria fordista da un lato,<br />
dall'altro la galassia delle botteghe e gli studi professionali. Soltanto il contratto di<br />
agenzia riceve una propria discipl<strong>in</strong>a, all'<strong>in</strong>terno del Libro IV: secondo l'art. 1742,<br />
con esso "una parte assume stabilmente l'<strong>in</strong>carico di promuovere, per conto dell'altra,<br />
verso retribuzione, la conclusione di contratti <strong>in</strong> una zona determ<strong>in</strong>ata".<br />
In questa def<strong>in</strong>izione vediamo rispecchiata la caratteristica peculiare del lavoro<br />
parasubord<strong>in</strong>ato, ossia la compresenza di subord<strong>in</strong>azione e autonomia. Nessun dubbio<br />
che la conclusione dei contratti sia un'attività che non si può svolgere "a catena di<br />
montaggio": l'agente, al pari del mandatario e del commissionario, deve godere di una<br />
certa autonomia negoziale. E, tuttavia, diversamente da questi, egli si è assunto un<br />
<strong>in</strong>carico stabile: la sua prestazione <strong>in</strong> favore del preponente - che, di norma, sarà<br />
un'impresa commerciale - fa parte di un rapporto dest<strong>in</strong>ato a durare. Perciò, il<br />
preponente avrà tutto l'<strong>in</strong>teresse a prevedere, nel contratto, forme di controllo<br />
sull'attività dell'agente e di verifica dei risultati.<br />
Dalla riforma del 1973 alla "legge Biagi"<br />
La def<strong>in</strong>izione orig<strong>in</strong>aria lascia alcuni dubbi:<br />
• F<strong>in</strong>o a che punto può sp<strong>in</strong>gersi il controllo da parte del preponente, senza che<br />
si abbia una vera e propria subord<strong>in</strong>azione?<br />
• F<strong>in</strong>o a che punto esso è il frutto di una libera negoziazione tra le parti, e non,<br />
piuttosto, di un prepotere contrattuale del contraente imprenditore?
Queste domande, pressoché ignorate dal legislatore del 1942, riassumono il senso e il<br />
problema sempre aperto del lavoro "parasubord<strong>in</strong>ato": <strong>in</strong>dividuare le situazioni<br />
concrete che, pur non rientrando nella subord<strong>in</strong>azione vera e propria, richiedono,<br />
oggettivamente, l'applicazione di (alcune) forme di tutela proprie di quella.<br />
Non a caso, il legislatore riconosce questo genere di rapporti e ne fornisce la reductio<br />
ad unum proprio con la Legge 533/1973, meglio nota come "riforma del processo del<br />
lavoro". L'art. 409 c.p.c., enumerando le controversie sottoposte al nuovo rito -<br />
considerato mirabile strumento di giustizia sociale - vi comprende anche i "rapporti di<br />
agenzia, di rappresentanza commerciale e altri rapporti di collaborazione che si<br />
concret<strong>in</strong>o <strong>in</strong> una prestazione d'opera cont<strong>in</strong>uativa e coord<strong>in</strong>ata, prevalentemente<br />
personale, anche se non a carattere subord<strong>in</strong>ato" (ivi, n.3).<br />
Orbene, mentre gli agenti e i rappresentanti di commercio sono stati discipl<strong>in</strong>ati dalla<br />
L. 204/1985, il vasto settore delle "collaborazioni coord<strong>in</strong>ate e cont<strong>in</strong>uative"<br />
(co.co.co.), come ben presto prese a chiamarle la prassi, rimase sprovvisto di una<br />
discipl<strong>in</strong>a legale (con l'eccezione, pur non trascurabile, della previdenza): per questo<br />
è sorta l'abitud<strong>in</strong>e di parlarne come di lavori o contratti "atipici", spesso con una<br />
connotazione negativa.<br />
Proprio a questa atipicità (normativa, non sociologica) ha <strong>in</strong>teso ovviare il legislatore,<br />
con il D.Lgs. 276/2003 (cd. "riforma Biagi"), che, all'art. 61, <strong>in</strong>troduce il contratto a<br />
progetto come tipo contrattuale dei rapporti di co.co.co., diversi dall'agenzia e dalla<br />
rappresentanza di commercio.<br />
La prassi, qu<strong>in</strong>di, ha coniato per tali rapporti la nuova sigla di "co.co.pro."<br />
(collaborazioni professionali o a progetto).<br />
La parasubord<strong>in</strong>azione nella giurisprudenza [modifica]<br />
La problematicità della def<strong>in</strong>izione di lavoro parasubord<strong>in</strong>ato cui sopra si accennava<br />
è ben presente nella giurisprudenza, di legittimità come di merito.<br />
Anche recentemente la Cassazione, con sentenza n. 17564 del 1º settembre 2004, ha<br />
affermato la rilevanza esclusivamente processuale del "lavoro autonomo cosiddetto<br />
parasubord<strong>in</strong>ato". Da ciò deriva una maggior attenzione nel tratteggiare la l<strong>in</strong>ea di<br />
demarcazione tra lavoro subord<strong>in</strong>ato e lavoro parasubord<strong>in</strong>ato, posto che la<br />
qualificazione della fattispecie concreta ha delle precise conseguenze sul piano del<br />
diritto sostanziale da applicare.<br />
La giurisprudenza ha perciò <strong>in</strong>dividuato una serie di <strong>in</strong>dici esteriori, dalla cui<br />
presenza fa discendere la sussunzione del rapporto sotto la fattispecie di lavoro<br />
subord<strong>in</strong>ato, ricorrendo altrimenti alla figura del lavoro autonomo parasubord<strong>in</strong>ato.
Così si è affermato che, pur dietro a relazioni formalmente riconducibili a una<br />
collaborazione autonoma, si celano rapporti di lavoro subord<strong>in</strong>ato perché<br />
caratterizzati dalla osservanza di un v<strong>in</strong>colo di orario di lavoro legato alla chiusura<br />
dei locali, dall’assoggettamento al potere direttivo e discipl<strong>in</strong>are del datore di lavoro,<br />
dal versamento a cadenze fisse della retribuzione, dalla proprietà degli strumenti di<br />
lavoro <strong>in</strong> capo al datore di lavoro, e dall’assenza di rischio (cfr. Cassazione, 4<br />
febbraio 2002, n. 1420).<br />
Al riguardo, si deve <strong>in</strong>oltre rammentare come "l'assoggettamento alle altrui direttive<br />
rappresenta l'elemento tipico al quale bisogna riferirsi" (Cass., 19 novembre 1998, n.<br />
11711).<br />
-Il contratto di lavoro<br />
Nell'ord<strong>in</strong>amento italiano, il contratto di lavoro dipendente è un contratto tipico e<br />
nom<strong>in</strong>ato (cioè <strong>in</strong>dividuato e discipl<strong>in</strong>ato dalla legge), bilaterale, s<strong>in</strong>allagmatico, e il<br />
più delle volte oneroso essendo possibile seppur raramente un tipologia lavorativa<br />
detta "lavoro gratuito". Questa discipl<strong>in</strong>a è possibile solo ove vi siano v<strong>in</strong>coli tali di<br />
solidarietà, comunanza di ideologia ecc. da creare una prestazione, speciale ma pur<br />
sempre di lavoro.<br />
Il contratto di lavoro dipendente si costituisce attraverso il consenso delle parti<br />
(accordo). La capacità di stipulare validamente un contratto di lavoro da parte del<br />
prestatore si acquista al raggiungimento dell'età m<strong>in</strong>ima per l'ammissione al lavoro,<br />
elevata dal 1º gennaio 2007 dalla legge f<strong>in</strong>anziaria 2007, del 27 dicembre 2006 n. 296,<br />
art. 1 comma 622, al compimento del 15º anno di età. In precedenza la legge stabiliva<br />
<strong>in</strong> 15 anni, età abbassata a 14 per date attività, come le agricole, ed elevata a 16 per<br />
certi lavori pesanti o pericolosi, l'età m<strong>in</strong>ima per l'<strong>in</strong>izio dell'attività lavorativa.<br />
La causa tipica del contratto di lavoro è lo scambio tra il lavoro (<strong>in</strong>tellettuale o<br />
manuale) prestato <strong>in</strong> posizione subord<strong>in</strong>ata e la retribuzione.<br />
Dal contratto derivano pertanto due obbligazioni speculari: quella del datore di lavoro<br />
di corrispondere la retribuzione dovuta, e quella del lavoratore subord<strong>in</strong>ato di prestare<br />
la propria opera "alle dipendenze e sotto la direzione" del datore (art. 2094 c.c.).<br />
La dottr<strong>in</strong>a oggi prevalente collega alla causa del contratto anche l'obbligo del datore<br />
di fornire un ambiente di lavoro sicuro. L'obbligo di sicurezza, sebbene imposto dalla<br />
legge (art. 2087 c.c.; d.lgs. 81/08), viene così configurato come una precisa<br />
obbligazione contrattuale posta <strong>in</strong> capo al datore di lavoro.
L'ord<strong>in</strong>amento italiano non prevede una particolare forma per il contratto di lavoro,<br />
che può pertanto essere concluso anche oralmente o per atti concludenti alla luce del<br />
pr<strong>in</strong>cipio generale di libertà della forma.<br />
La forma scritta può tuttavia essere imposta dalla contrattazione collettiva o dalla<br />
legge. Per previsione di legge sono ad esempio necessarie particolari forme nei<br />
seguenti casi:<br />
• Per l’arruolamento di personale marittimo: è necessario l’atto pubblico a pena<br />
di nullità<br />
• Per il contratto del personale dell'aria: è necessaria la forma scritta (v<strong>in</strong>colo<br />
probatorio)<br />
• Per il contratto di lavoro sportivo: è imposta la forma scritta a pena di nullità<br />
• Per il contratto di lavoro a tempo determ<strong>in</strong>ato: è previsto che il term<strong>in</strong>e risulti<br />
apposto per iscritto (se non si rispetta la forma, il rapporto si <strong>in</strong>tende a tempo<br />
<strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato)<br />
• Patto di prova e patto di non concorrenza: è necessaria la forma scritta,<br />
altrimenti si considerano come non apposti.<br />
La forma scritta è imposta <strong>in</strong>oltre, seppur <strong>in</strong>direttamente, da altre norme, che di fatto<br />
la rendono <strong>in</strong>dispensabile per assolvere a vari obblighi che il legislatore pone <strong>in</strong> capo<br />
al datore di lavoro a pena di sanzioni amm<strong>in</strong>istrative. A titolo di esempio si ricordano:<br />
• l'obbligo di consegnare al lavoratore, ai sensi del D. Lgs. n. 152/1997 art. 1,<br />
della legge n. 608/1996, della legge n. 133/2008, al momento dell'assunzione,<br />
un documento riportante generalità del datore di lavoro e del lavoratore, la<br />
durata delle ferie, la periodicità della retribuzione, il term<strong>in</strong>e di preavviso per il<br />
licenziamento e la durata normale giornaliera o settimanale di lavoro, oppure il<br />
copia del contratto di lavoro o ancora copia della Comunicazione obbligatoria<br />
di assunzione.<br />
• l'obbligo del datore di lavoro di comunicare per il tramite dei servizi telematici<br />
del M<strong>in</strong>istero del Lavoro che ha sostituito la comunicazione dal 1º marzo 2008<br />
ai Centri per l'impiego, almeno un giorno prima antecedentemente l'assunzione,<br />
il contenuto del contratto.<br />
Da notare che <strong>in</strong> caso di assenza di comunicazioni e di contratto il lavoratore viene<br />
considerato irregolare ai sensi dell'art. 36-bis legge n. 248/2006, a pena di pesanti<br />
sanzioni amm<strong>in</strong>istrative.<br />
L'oggetto del contratto di lavoro è costituito dalla prestazione lavorativa (manuale o<br />
<strong>in</strong>tellettuale) e dalla retribuzione che il datore di lavoro ha l'obbligo di corrispondere<br />
come controprestazione.
La concreta prestazione lavorativa è determ<strong>in</strong>ata contrattualmente, nel senso che il<br />
lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto, mansioni che<br />
vengono specificate nella lettera di assunzione.<br />
L'oggetto del contratto, oltre ad essere determ<strong>in</strong>ato o determ<strong>in</strong>abile, deve altresì<br />
essere lecito e possibile (artt. 1346 c.c.), pena la nullità del contratto (art. 1418 c.c.).<br />
La prestazione dedotta <strong>in</strong> contratto non può qu<strong>in</strong>di risolversi <strong>in</strong> un'attività impossibile<br />
(di fatto o di diritto), né può porsi <strong>in</strong> contrasto con norme imperative, con l'ord<strong>in</strong>e<br />
pubblico o con il buon costume.<br />
Quanto alla retribuzione, essa è normalmente quantificata, direttamente o<br />
<strong>in</strong>direttamente, dal contratto collettivo di lavoro di settore. L'art. 37 della<br />
Costituzione pone il divieto di discrim<strong>in</strong>azione nei confronti di lavoratrici donne e<br />
lavoratori m<strong>in</strong>ori, stabilendo che, a parità di lavoro, spetti a questi soggetti la<br />
medesima retribuzione dei lavoratori adulti di sesso maschile.<br />
Il contratto di lavoro può essere stipulato sia a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato che a tempo<br />
determ<strong>in</strong>ato mediante l'apposizione di un term<strong>in</strong>e f<strong>in</strong>ale di durata, cosiddetto<br />
contratto a tempo determ<strong>in</strong>ato o <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato.<br />
Il Decreto 368/2001 <strong>in</strong>troduce la discipl<strong>in</strong>a del term<strong>in</strong>e (art. 10, comma 1), una nuova<br />
tutela nel diritto del lavoro, specifica per i contratti diversi da quello a tempo<br />
<strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato, oltre a quelle già esistenti (la tutela reale e la tutela obbligatoria). Il<br />
datore che recede dal contratto a tempo determ<strong>in</strong>ato prima della scadenza è tenuto a<br />
corrispondere tutte le mensilità mancanti dalla data del licenziamento alla scadenza<br />
naturale. L'entità del risarcimento può essere sensibilmente più alta di quella<br />
corrisposta con la tutela reale, dipende unicamente dalla durata del contratto, e non<br />
dall'anzianità lavorativa del dipendente.<br />
Il datore di lavoro può ora ricorrere al contratto a term<strong>in</strong>e qualora sussistano ragioni<br />
di carattere<br />
1. tecnico (es. per assumere a term<strong>in</strong>e personale con professionalità diversa da<br />
quella normalmente impiegata <strong>in</strong> azienda)<br />
2. produttivo e organizzativo (es. picchi di produzione, ecc.)<br />
3. sostitutivo (ad esempio per sostituire lavoratori assenti)<br />
Non è peraltro necessario che tali ragioni dipendano da situazioni eccezionali ed<br />
imprevedibili.<br />
Possono sempre essere assunti a term<strong>in</strong>e, a presc<strong>in</strong>dere dalla sussistenza di ragioni<br />
particolari, i dirigenti, gli iscritti a liste di mobilità, i disabili, i lavoratori che hanno<br />
differito il pensionamento e i lavoratori del turismo (questi ultimi solo per servizi<br />
speciali e f<strong>in</strong>o a tre giorni).
La legge pone il divieto di assumere a term<strong>in</strong>e quando il datore <strong>in</strong>tenda sostituire<br />
temporaneamente lavoratori <strong>in</strong> sciopero, quando non abbia effettuato la valutazione<br />
dei rischi <strong>in</strong> azienda, o quando nell'unità produttiva si sia fatto ricorso negli ultimi 6<br />
mesi a licenziamenti collettivi, cassa <strong>in</strong>tegrazione o riduzioni d'orario.<br />
L'apposizione del term<strong>in</strong>e quale devono essere <strong>in</strong>serite anche specifiche motivazioni<br />
sul motivo del term<strong>in</strong>e, pena la conversione del contratto <strong>in</strong> contratto a tempo<br />
<strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato<br />
Alla scadenza del term<strong>in</strong>e, il rapporto si conclude di formale comunicazione.<br />
La proroga è possibile solo per contratti di durata <strong>in</strong>feriore a tre anni, solo una volta e<br />
con <strong>in</strong>dicazione delle ragioni. È altresì necessario il consenso del lavoratore ed è<br />
possibile solo se le mansioni che il lavoratore andrà a svolgere saranno le stesse del<br />
contratto orig<strong>in</strong>ario.<br />
Nel caso <strong>in</strong> cui il lavoratore cont<strong>in</strong>ui la sua prestazione oltre il limite prefissato e<br />
senza un accordo di proroga, egli ha diritto:<br />
• per un periodo di 30 giorni (50 per i contratti di durata superiore a 6 mesi) ad<br />
una maggiorazione retributiva (pari al 20% per i primi 10 giorni, al 40% per<br />
quelli successivi).<br />
• oltre il trentesimo giorno (c<strong>in</strong>quantesimo per i contratti superiori a sei mesi)<br />
alla conversione del rapporto <strong>in</strong> rapporto a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato.<br />
I suddetti term<strong>in</strong>i sono stati <strong>in</strong>seriti dalla Riforma Fornero, la precedente normativa<br />
prevedeva la conversione del rapporto a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato dopo un periodo di<br />
prosecuzione di fatto di 20 giorni per i contratti <strong>in</strong>frasemestrali e di 30 giorni per i<br />
contratti ultrasemestrali, con maggiorazione retributiva del 20% per i primi 10 giorni<br />
e del 40% per i giorni successivi.<br />
È ovviamente vietato il ricorso a una pluralità di contratti di lavoro a term<strong>in</strong>e stipulati<br />
a breve distanza l'uno dall'altro. Se il medesimo lavoratore è riassunto a term<strong>in</strong>e entro<br />
10 giorni dalla scadenza del precedente contratto (term<strong>in</strong>e aumentato a 20 giorni se il<br />
contratto scaduto aveva durata superiore a 6 mesi), il secondo contratto si considera a<br />
tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato<br />
La riforma Fornero (Luglio 2012) ha ampliato il periodo che deve <strong>in</strong>tercorrere tra un<br />
contratto a term<strong>in</strong>e ed un nuovo contratto. Il nuovo term<strong>in</strong>e è fissato <strong>in</strong> 60 giorni per<br />
contratti <strong>in</strong>feriori ai 6 mesi e 90 giorni per contratti superiori ai 6 mesi. In caso di<br />
mancato rispetto del suddetto term<strong>in</strong>e tra i due rapporti di lavoro, il nuovo contratto<br />
viene considerato a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato.<br />
Il rapporto si considera comunque a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato qualora il rapporto di<br />
lavoro, che abbia ad oggetto lo svolgimento di mansioni equivalenti, tra lo stesso
datore di lavoro e lo stesso lavoratore, abbia complessivamente superato i trentasei<br />
mesi comprensivi di proroghe e r<strong>in</strong>novi, <strong>in</strong>dipendentemente dai periodi di<br />
<strong>in</strong>terruzione che <strong>in</strong>tercorrono tra un contratto a term<strong>in</strong>e e l'altro.<br />
Vige il pr<strong>in</strong>cipio di non discrim<strong>in</strong>azione, per cui sotto il profilo del trattamento<br />
economico – normativo è stabilita la piena parificazione del lavoratore a tempo<br />
determ<strong>in</strong>ato con quello a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato.<br />
Il recesso ante tempus senza giusta causa da un contratto a tempo determ<strong>in</strong>ato è fonte<br />
di mero obbligo di risarcimento del danno, sia per il datore di lavoro che per il<br />
lavoratore. Non opera qu<strong>in</strong>di la tutela speciale contro i licenziamenti prevista dalla l.<br />
604/66 e dall’art. 18 St.lav.<br />
La durata è rimessa alla volontà delle parti, ma la legge prevede la durata massima<br />
per i seguenti contratti a term<strong>in</strong>e:<br />
• lavoratori <strong>in</strong> mobilità: massimo 19 mesi<br />
• lavoratori pensionabili: massimo 9 anni<br />
• lavoratori occasionali: massimo 5 giorni<br />
• settore aeroportuale: massimo 4 mesi (6 mesi se tra aprile ed ottobre)<br />
• dirigenti: massimo 5 anni<br />
Il contratto di lavoro può prevedere un periodo di prova, durante il quale ciascuna<br />
parte può recedere senza obbligo di preavviso.<br />
La legge richiede la forma scritta, <strong>in</strong> difetto della quale il patto si ha per non apposto.<br />
Oggetto del patto è la verifica delle capacità professionali e della personalità del<br />
lavoratore.<br />
In capo al datore di lavoro è posto l'obbligo di permettere l'effettivo svolgimento<br />
della prova.<br />
Durante il periodo di prova non trova applicazione la discipl<strong>in</strong>a sui licenziamenti: il<br />
recesso è discrezionale, e non deve essere motivato. Va però precisato che l’unica<br />
ragione per cui si può licenziare è il mancato superamento della prova. Di<br />
conseguenza, il licenziamento è illegittimo se il datore non ha consentito l'esecuzione<br />
della prova o se ha licenziato per una ragione discrim<strong>in</strong>atoria<br />
La legge prevede un triplice regime <strong>in</strong> caso di licenziamento illegittimo <strong>in</strong>timato<br />
durante il periodo di prova:<br />
• nel caso di recesso <strong>in</strong>valido <strong>in</strong> un normale rapporto di prova, ad esempio per<br />
l'<strong>in</strong>congruità del periodo, è previsto il solo risarcimento
• nel caso di recesso <strong>in</strong>valido da un rapporto di prova con l’avviato<br />
obbligatoriamente ex l. 482/68, è prevista la re<strong>in</strong>tegrazione nel posto di lavoro<br />
qualora l’esperimento non sia stato effettuato “con mansioni confacenti alla<br />
menomazione dell’<strong>in</strong>valido”.<br />
• nel caso di recesso nullo per motivo discrim<strong>in</strong>atorio, opera la l. 108/90, ed è<br />
qu<strong>in</strong>di stabilito l'obbligo di re<strong>in</strong>tegrazione nel posto di lavoro ex art. 18 St.lav.<br />
La durata del patto è stabilita dal contratto collettivo, che solitamente pone il limite di<br />
6 mesi. A presc<strong>in</strong>dere dalle previsioni del contratto collettivo, dopo i 6 mesi risulta<br />
applicabile la generale discipl<strong>in</strong>a di tutela contro i licenziamenti illegittimi.<br />
Il periodo di prova è calcolato come periodo di lavoro effettivo e se il rapporto si<br />
trasformi <strong>in</strong> rapporto a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato al prestatore saranno dovuti anche i<br />
contributi previdenziali (non si calcolano ferie, malattie, ecc.).<br />
La legge stabilisce che il dipendente non può compiere atti di concorrenza ai danni<br />
del proprio datore di lavoro. L’art. 2125 del Codice civile consente al datore di lavoro<br />
di tutelarsi anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro, prevedendo la possibilità<br />
di stipulare con il lavoratore un apposito patto di non concorrenza, <strong>in</strong> forza del quale<br />
il datore di lavoro si obbliga a corrispondere una somma di denaro al lavoratore e<br />
questi, a sua volta, si obbliga a non svolgere attività concorrenziale con quella del<br />
proprio datore una volta cessato il rapporto.<br />
Il patto di non concorrenza può essere perfezionato sia all’atto della stipula del<br />
contratto di lavoro, sia nel corso del rapporto, sia, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, al momento della sua<br />
cessazione. Il patto di non concorrenza deve, a pena di nullità, risultare da atto scritto<br />
(tale forma è qui prevista ad substantiam) e prevedere un corrispettivo <strong>in</strong> favore del<br />
lavoratore (nell’ipotesi <strong>in</strong> cui il corrispettivo sia irrisorio o troppo modesto rispetto al<br />
sacrificio imposto al lavoratore il patto sarà comunque nullo). Devono, <strong>in</strong>oltre,<br />
sempre a pena di nullità, essere <strong>in</strong>dicati limiti di oggetto, di tempo e di luogo, previsti<br />
non come alternativi tra loro. La durata massima del patto di non concorrenza è<br />
stabilita dalla legge <strong>in</strong> c<strong>in</strong>que anni per i dirigenti ed <strong>in</strong> tre per gli altri prestatori di<br />
lavoro (quadri, impiegati e operai). Nel caso <strong>in</strong> cui venga pattuita una durata<br />
maggiore, o non sia stabilita affatto, questa si <strong>in</strong>tende fissata nella misura prevista<br />
dalla legge.<br />
Il livello contrattuale delimita la responsabilità acquisita e una diversa retribuzione e<br />
compiti, questo livello a seconda della categoria lavorativa varia sia come variazione<br />
che di nom<strong>in</strong>azione (Lettere o numeri, o lettere e numeri), <strong>in</strong>oltre ha anche<br />
un'<strong>in</strong>fluenza regionale. [1]<br />
Ad ogni livello contrattuale è associato un m<strong>in</strong>imo tabellare. Il salario lordo del<br />
lavoratore non può essere <strong>in</strong>feriore ai m<strong>in</strong>imi tabellari stabiliti per il proprio livello<br />
contrattuale.
I contratti collettivi nazionali contengono le declaratorie professionali, che<br />
def<strong>in</strong>iscono la mansione di lavoro corrispondente a ciascun livello contrattuale.<br />
Il lavoratore può presentare ricorso per assicurare la corrispondenza fra mansione<br />
effettivamente svolta, livello contrattuale e retribuzione.<br />
Il giudice del lavoro può ord<strong>in</strong>are il riconoscimento di un livello contrattuale, e<br />
relativa retribuzione, pert<strong>in</strong>ente con la mansione che il lavoratore svolge, e degli<br />
arretrati di stipendio (fra il vecchio e il nuovo livello, più favorevole) a partire dalla<br />
data <strong>in</strong> cui si accerta che il dipendente ha <strong>in</strong>iziato a prestare effettivamente tale<br />
mansione.<br />
Viceversa, se si accerta che il lavoratore è adibito a mansioni <strong>in</strong>feriori a quelle per le<br />
quali è stato assunto o al suo ultimo livello contrattuale, il giudice può ord<strong>in</strong>are il<br />
riprist<strong>in</strong>o della precedente mansione, e disporre un risarcimento per il danno<br />
biologico, di immag<strong>in</strong>e e patrimoniale derivanti dal demansionamento.<br />
Dietro richiesta del datore e del lavoratore, il contratto di lavoro può essere certificato<br />
davanti alle commissioni istituite presso le Prov<strong>in</strong>cie e le Direzioni Prov<strong>in</strong>ciali del<br />
Lavoro. Se certificato, il contratto di lavoro da semplice scrittura privata assume<br />
maggiore forza di atto amm<strong>in</strong>istrativo, <strong>in</strong> quanto stipulato alla presenza di entrambe<br />
le parti contraenti, si tratta di un certificato, emesso non da un s<strong>in</strong>golo pubblico<br />
ufficiale, ma da una commissione che rappresenta tutte le amm<strong>in</strong>istrazioni co<strong>in</strong>volte<br />
dagli effetti giuridici di tale contratto. Il contratto è opponibile dalle parti contraenti,<br />
da INPS e INAIL.<br />
La certificazione tutela maggiormente le parti contraenti e, nella relazione che<br />
accompagna la legge istitutiva, ha dichiaratamente lo scopo di ridurre il contenzioso<br />
giuslavoristico:<br />
• fornendo un atto di certificazione che pone il contratto di lavoro quale<br />
documento fondamentale di riferimento <strong>in</strong> sede di contenzioso, e un ulteriore<br />
documento che dovrebbe agevolare l'<strong>in</strong>terpretazione del giudice;<br />
• riducendo le casistiche di ricorso al giudice del lavoro. La certificazione<br />
specifica il foro competente e i term<strong>in</strong>i per presentare ricorso, che possono<br />
differire dal giudice del lavoro competente per zona. Il giudice del lavoro può<br />
sempre essere adito per:<br />
o erronea qualificazione del rapporto;<br />
o difformità tra quanto dichiarato e quanto posto <strong>in</strong> essere;<br />
o vizio di consenso.<br />
La proposta di legge 1167-B del 2010, art. 30, stabilisce la centralità e il valore<br />
v<strong>in</strong>colante dei contratti di lavoro e della certificazione, che vengono estesi alla<br />
generalità degli attori, <strong>in</strong>clusi i giudici del lavoro, e dei possibili ambiti di <strong>in</strong>tervento,<br />
tutti contenziosi <strong>in</strong> materia di lavoro. Secondo la norma, dopo i contratti collettivi, il<br />
contratto <strong>in</strong>dividuale e la certificazione sono le pr<strong>in</strong>cipali fonti di cui tutte le parti e il
giudice del lavoro devono tenere conto, si rafforza il loro valore v<strong>in</strong>colante anche nei<br />
confronti del giudice (comma 2), si afferma che la certificazione ha valore v<strong>in</strong>colante<br />
non più solamente per la qualificazione dei contratti, ma per qualsiasi contenzioso <strong>in</strong><br />
materia di lavoro.<br />
Il collegato lavoro approvato dal Senato il 3 marzo 2010 sostituisce nuovamente l'art.<br />
75 della Legge Biagi con il seguente: «Art. 75. – (F<strong>in</strong>alità). – 1. Al f<strong>in</strong>e di ridurre il<br />
contenzioso <strong>in</strong> materia di lavoro, le parti possono ottenere la certificazione dei<br />
contratti <strong>in</strong> cui sia dedotta, direttamente o <strong>in</strong>direttamente, una prestazione di lavoro<br />
secondo la procedura volontaria stabilita nel presente titolo». La nuova norma<br />
prevede che il giudice non possa discostarsi da quanto concordato fra le parti, che il<br />
controllo giudiziale si limiti all'accertamento del presupposto di legittimità, e non<br />
possano essere estese al s<strong>in</strong>dacato di merito delle motivazioni tecniche, organizzative<br />
e produttive che motivano l'atto di licenziamento.<br />
-Servizi per l’impiego<br />
Le riforme avvenute a partire dalla metà degli anni novanta hanno profondamente<br />
modificato le regole relative al mercato del lavoro nonché i Servizi ad esso relativi. Il<br />
mutamento è <strong>in</strong>iziato con la Legge Bassan<strong>in</strong>i, la n. 59/1997, che ha modificato<br />
ampiamente le precedenti strutture pubbliche. Con il D. Lgs. 23 dicembre 1997, n.<br />
469, attuativa della legge Bassan<strong>in</strong>i, sono state istituiti, pertanto, i Centri per<br />
l'impiego, dest<strong>in</strong>ati ad essere regolati da apposita Legge regionale.<br />
I compiti conferiti alle Regioni, prima detenuti dallo Stato, sono:<br />
• <strong>in</strong> materia di collocamento dei lavoratori presso datori di lavoro privati,<br />
compresi quelli agricoli, dello spettacolo, domestici, non comunitari, a<br />
domicilio, ecc.;<br />
• <strong>in</strong> materia di lavoratori disabili, cosiddetto collocamento obbligatorio ai sensi<br />
della L. 68/1999;<br />
• <strong>in</strong> materia di avviamento dei lavoratori v<strong>in</strong>citori di pubblico concorso, tranne<br />
quelli delle Amm<strong>in</strong>istrazioni statali centrali;<br />
• preselezione ed <strong>in</strong>contro tra domanda e offerta di lavoro;<br />
• <strong>in</strong>iziative per <strong>in</strong>crementare il lavoro femm<strong>in</strong>ile;<br />
• programmazione <strong>in</strong> materia di mercato del lavoro, soggetti svantaggiati,<br />
tiroc<strong>in</strong>i, ecc.<br />
Diversa è <strong>in</strong>vece la funzione della Direzione prov<strong>in</strong>ciale del lavoro che rimane<br />
competente per le funzioni statali non conferite alle Regioni. Infatti rimangono allo<br />
Stato:<br />
• vigilanza <strong>in</strong> materia di lavoro, che la effettua tramite gli Ispettori del Lavoro;<br />
• conciliazione delle vertenze di lavoro, svolta tramite le Commissioni presso le<br />
Direzioni Prov<strong>in</strong>ciali del Lavoro;
• coord<strong>in</strong>amento del SIL, il Sistema Informativo Lavoro (di cui si dirà);<br />
• raccordo con gli organismi <strong>in</strong>ternazionali e dell'Unione europea.<br />
La Regione <strong>in</strong> attuazione del D. Lgs. n. 469/1997, art. 4, mediante una Legge<br />
regionale istituisce i propri servizi regionali per l'impiego, def<strong>in</strong>iti dal Decreto<br />
semplicemente Centri per l'Impiego; nelle varie Regioni essi sono stati variamente<br />
denom<strong>in</strong>ati: Centri Regionali per il Lavoro, Centri Regionali per l'Impiego, Centri<br />
Servizi per il Lavoro, ecc. Di norma, ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. a) del D. Lgs.<br />
n. 469/1997, i Centri per l'Impiego sono attribuiti dalle Regioni alle Prov<strong>in</strong>ce, al f<strong>in</strong>e<br />
di rendere il servizio su un bac<strong>in</strong>o di circa 100.000 abitanti (art. 4, comma 1, lett. f, D.<br />
Lgs. n. 469/1997). Per le Regioni a Statuto speciale, ovvero: Friuli-Venezia Giulia,<br />
Sardegna, Sicilia, Valle d'Aosta, nonché per le Prov<strong>in</strong>ce Autonome di Bolzano e<br />
Trento sono fatte salve le speciali previsioni statutarie.<br />
Diversa dai Servizi pubblici per il lavoro è l'<strong>in</strong>troduzione di aziende private che si<br />
occupano di collocamento dei lavoratori. Infatti, con il D. Lgs. n. 297/2002, <strong>in</strong>sieme<br />
alla Riforma Biagi, <strong>in</strong>troduce la figura dei soggetti privati: le Agenzie per il lavoro.<br />
L’<strong>in</strong>troduzione di soggetti privati è dovuta a sollecitazioni dell'Unione europea che<br />
aveva più volte sanzionato l'Italia d<strong>in</strong>nanzi alla Corte di giustizia europea per il<br />
monopolio pubblico nel collocamento dei lavoratori. In tal modo la legge crea un<br />
modello <strong>in</strong> regime di concorrenza tra i servizi pubblici e gli operatori privati<br />
autorizzati.<br />
Ai f<strong>in</strong>i dell'<strong>in</strong>contro tra domanda e offerta nel mercato del lavoro viene istituito il<br />
Sistema Informativo Lavoro, detto SIL dall'art. 11, comma 1, del D. Lgs. n. 469/1997.<br />
Il SIL per espressa def<strong>in</strong>izione legislativa è costituito da "l'<strong>in</strong>sieme delle strutture<br />
organizzative, delle risorse hardware e software e di rete ai f<strong>in</strong>i dei compiti<br />
su<strong>in</strong>dicati". Il SIL si avvale del Sistema Pubblico di Connettività e del suo precursore<br />
la Rete Unitaria della Pubblica Amm<strong>in</strong>istrazione, al f<strong>in</strong>e di realizzare i compiti ed i<br />
servizi istituzionali attraverso forme moderne.<br />
Realizzazioni di tale proposito sono:<br />
• il sistema delle Comunicazioni Obbligatorie, <strong>in</strong> cooperazione applicativa con i<br />
sistemi <strong>in</strong>formatici del M<strong>in</strong>istero del lavoro;<br />
• la Borsa cont<strong>in</strong>ua nazionale del lavoro;<br />
• il sistema delle Dimissioni volontarie, abrogato dal giugno 2008 (d.l. 25 giugno<br />
2008, n. 112 conv. nella legge 9 agosto 2008, n. 133);<br />
• il sistema della comunicazione telematica del Prospetto Informativo<br />
Collocamento Mirato, c.d.Prospetto disabili, ex art. 40, comma 4, della legge 9<br />
agosto 2008, n. 133.
- Concetto di s<strong>in</strong>dacato.<br />
Il s<strong>in</strong>dacato, nel diritto del lavoro, è un ente che rappresenta i lavoratori delle varie<br />
categorie produttive.<br />
Esistono così s<strong>in</strong>dacati dei lavoratori e s<strong>in</strong>dacati dei datori di lavoro. La storia dei<br />
s<strong>in</strong>dacati è però soprattutto storia dei lavoratori (operai, contad<strong>in</strong>i, impiegati) che si<br />
riuniscono allo scopo di difendere gli <strong>in</strong>teressi delle loro categorie.<br />
I s<strong>in</strong>dacati, nell'ambito della contrattazione collettiva nazionale, vengono anche<br />
def<strong>in</strong>iti parti sociali.<br />
Lo strumento di lotta per eccellenza del s<strong>in</strong>dacato è lo sciopero. Tuttavia, l'attività dei<br />
s<strong>in</strong>dacati viene espressa attraverso la contrattazione collettiva che risulta uno dei<br />
pr<strong>in</strong>cipali strumenti di autoregolamentazione per i rapporti di lavoro e per le relazioni<br />
s<strong>in</strong>dacali.<br />
Le prime forme di associazione dei lavoratori sorsero <strong>in</strong> Gran Bretagna: le Trade<br />
Unions. Le Trade Unions furono le prime vere forme di rappresentanza s<strong>in</strong>dacale.<br />
Furono essenzialmente dei s<strong>in</strong>dacati nazionali di mestiere che si formano <strong>in</strong> Gran<br />
Bretagna nel 1824, con lo scopo di rendere più sopportabili le condizioni di vita dei<br />
lavoratori nelle fabbriche dopo la rivoluzione <strong>in</strong>dustriale. La debolezza del nascente<br />
movimento operaio <strong>in</strong>glese viene però messa <strong>in</strong> luce nel 1834, quando fallisce il suo<br />
tentativo di unificarsi <strong>in</strong> una grande unione s<strong>in</strong>dacale nazionale. Tra il 1868 e il 1871<br />
vennero legalizzate e creato un organismo di coord<strong>in</strong>amento delle organizzazioni<br />
s<strong>in</strong>dacali (il TUC). In breve si diffusero anche <strong>in</strong> Belgio, Austria, Spagna, Francia<br />
(Bourses du Travail) e Germania (Gewerkschaften); <strong>in</strong> Francia e Germania furono<br />
aspramente avversati. In tutti questi Paesi i s<strong>in</strong>dacati furono accettati per legge. Nel<br />
1901 nacque la Federazione Internazionale S<strong>in</strong>dacale con sede ad Amsterdam cui<br />
aderirono s<strong>in</strong>dacati <strong>in</strong>glesi, francesi e degli Stati Uniti d'America.<br />
Questa Unione, sospesa durante la prima guerra mondiale,si ricostituì nel 1919 e nel<br />
1921 contava già ventic<strong>in</strong>que milioni di aderenti, nonostante fossero venute a<br />
mancare le adesioni dei s<strong>in</strong>dacati russi e statunitensi.<br />
Dal momento che entrambi lottavano per gli <strong>in</strong>teressi delle classi lavoratrici, spesso i<br />
s<strong>in</strong>dacati ed i partiti dei lavoratori (soprattutto quelli socialisti) si sono trovati <strong>in</strong><br />
posizioni molto vic<strong>in</strong>e o co<strong>in</strong>cidenti. Questo ha portato a confondere i reciproci ruoli.<br />
Si hanno così due teorie:<br />
• una che prevede la separazione tra s<strong>in</strong>dacato e partito. Il primo si occupa degli<br />
<strong>in</strong>teressi economici immediati dei lavoratori, l'altro degli <strong>in</strong>teressi politici e<br />
della trasformazione della società a favore dei lavoratori.<br />
• un'altra, di stampo len<strong>in</strong>ista, che vede il s<strong>in</strong>dacato come c<strong>in</strong>ghia di<br />
trasmissione tra il partito e le masse operaie. Non sono però strumenti<br />
subord<strong>in</strong>ati agli <strong>in</strong>teressi di partito, il s<strong>in</strong>dacato ha una funzione politica nello<br />
sp<strong>in</strong>gere i lavoratori all'impegno con e per il partito f<strong>in</strong>ché questo tutela i loro
<strong>in</strong>teressi. Allo stesso tempo il s<strong>in</strong>dacato è lo strumento per eccellenza che i<br />
lavoratori hanno a disposizione per far pressione sul partito aff<strong>in</strong>ché questo<br />
non si allontani dalla politica che essi, con la loro partecipazione, esprimono.<br />
Nell'ottica len<strong>in</strong>ista, dunque, il partito e il s<strong>in</strong>dacato devono avere funzioni<br />
differenti ma unità d'<strong>in</strong>tenti.<br />
Il term<strong>in</strong>e s<strong>in</strong>dacato è solitamente associato a quello dei lavoratori. In realtà, le<br />
associazioni di categoria cosiddette datoriali, ovvero quelle dei datori di lavoro, sono<br />
anch'essi, a tutti gli effetti, s<strong>in</strong>dacati <strong>in</strong> quando svolgono le classiche funzioni di<br />
rappresentanza, tutela, assistenza, ecc dei propri iscritti/associati. Esempi di s<strong>in</strong>dacati<br />
delle imprese sono: Confartigianato, Conf<strong>in</strong>dustria, Confcommercio, Federmeccanica,<br />
Confagricoltura, Contrasporto, Ass<strong>in</strong>tel. Si noti che alcuni di questi sono più<br />
propriamente federazioni di s<strong>in</strong>gole associazioni di categoria.<br />
I s<strong>in</strong>dacati delle imprese <strong>in</strong> Italia sono cent<strong>in</strong>aia.<br />
Il diritto s<strong>in</strong>dacale è quella branca del diritto che studia la figura del lavoratore da un<br />
punto di vista collettivo: oggetto dello studio della discipl<strong>in</strong>a sono tre argomenti<br />
pr<strong>in</strong>cipali: le organizzazioni s<strong>in</strong>dacali, lo sciopero e il contratto collettivo di lavoro.<br />
Nella storia dell'umanità, organizzazioni s<strong>in</strong>dacali pre-corporative sono sempre<br />
esistite, orig<strong>in</strong>ariamente <strong>in</strong> prospettiva di autosostentamento, e successivamente, con<br />
lo sviluppo del commercio e delle arti, abbracciando la forma consensuale e<br />
avvic<strong>in</strong>andosi all'attuale sistema odierno; f<strong>in</strong>o a non moltissimo tempo fa non c'era<br />
comunque un'adeguata normativa che discipl<strong>in</strong>asse la materia.<br />
Le basi dell'attuale diritto s<strong>in</strong>dacale vengono gettate durante la rivoluzione <strong>in</strong>dustriale,<br />
nel momento <strong>in</strong> cui nasce il nuovo tipo di rapporto lavorativo che tutt'oggi è presente,<br />
anche se <strong>in</strong> forma meno esasperata: una massa di persone (i lavoratori) mette a<br />
disposizione di altri (imprenditori o capitalisti) la proprie prestazioni ed energie<br />
lavorative.<br />
Si avvertiva dunque la necessità di norme che facessero da "mediatore" tra chi<br />
deteneva i mezzi di produzione e chi non ne aveva la possibilità e si manteneva<br />
lavorando per il primo. Tuttavia, sebbene il fenomeno fosse evidente a tutti, mancava<br />
totalmente una discipl<strong>in</strong>a al riguardo: ne derivarono il più delle volte abusi da parte<br />
dei potenti e sfruttamenti massicci delle masse proletarie che non godevano di alcuna<br />
tutela, nemmeno contro <strong>in</strong>fortuni e morti bianche.<br />
L'unica soluzione che avevano i lavoratori era ciò che dettava la logica: coalizzarsi<br />
fra loro per evitare lo sfruttamento, recuperando quella forza che <strong>in</strong>dividualmente non<br />
avevano. In questa maniera nascono le prime organizzazioni s<strong>in</strong>dacali rudimentali.
Queste organizzazioni non avevano propria discipl<strong>in</strong>a <strong>in</strong>terna ed erano viste da<br />
politici e capitalisti con notevole sfavore, soprattutto per gli strumenti di protesta che<br />
com<strong>in</strong>ciavano ad adottare: gli scioperi erano i più diffusi e contrastati.<br />
Le prime forme rudimentali di sciopero non erano ovviamente organizzate e decise<br />
come le attuali. Erano considerate <strong>in</strong>oltre come un <strong>in</strong>adempimento contrattuale<br />
all'obbligazione assunta dal lavoratore, che era chiaramente quella di lavorare. Ciò<br />
nonostante risultavano comunque efficaci, perché il datore di lavoro non poteva fare<br />
alcun tipo di ritorsione: il risarcimento era impossibile <strong>in</strong> quanto gli scioperanti erano<br />
solitamente nulla tenenti, mentre il non <strong>in</strong>tervenire avrebbe soltanto prolungato lo<br />
sciopero recando danno alla propria attività.<br />
L'unico modo per risolvere la controversia era giungere alla stipulazione di un<br />
contratto collettivo di lavoro, cioè un accordo sottoscritto dal s<strong>in</strong>dacato e<br />
dall'imprenditore e che fissasse il trattamento da applicare ai s<strong>in</strong>goli rapporti di lavoro.<br />
Tuttavia agli albori della società <strong>in</strong>dustriale la tutela collettiva del lavoratore non era<br />
un diritto consolidato come appare oggi, <strong>in</strong> quanto ad esempio lo scioperante doveva<br />
comunque competere con la concorrenza di chi non aveva scioperato o di chi era<br />
stato assunto successivamente dal datore a condizioni contrattuali che potevano<br />
essere decise dalle due parti <strong>in</strong>dipendentemente.<br />
Le organizzazioni s<strong>in</strong>dacali <strong>in</strong>tanto com<strong>in</strong>ciavano ad avere una propria struttura<br />
<strong>in</strong>terna, al vertice della quale vi era un organo def<strong>in</strong>ito <strong>in</strong> diversi modi, come ad<br />
esempio il collegio di probi viri.<br />
Il periodo corporativo dell'evoluzione del diritto s<strong>in</strong>dacale co<strong>in</strong>cide col ventennio<br />
fascista: è durante il regime che appare una discipl<strong>in</strong>a relativa. Tuttavia il fenomeno<br />
s<strong>in</strong>dacale venne sottratto alla sfera della libera autonomia delle parti e <strong>in</strong>serito<br />
nell'organizzazione dello stato, entrando coerentemente nel f<strong>in</strong>e ultimo del regime<br />
fascista <strong>in</strong> ambito sociale: l'<strong>in</strong>teresse pubblico dell'economia.<br />
Nel seppure coerente sistema fascista nasce immediatamente un conflitto <strong>in</strong>evitabile<br />
fra capitale e lavoro. Alla base di questo sistema c'è la nozione di "categoria<br />
professionale" (o di corporazione), la quale viene, secondo l'ideologia fascista, prima<br />
dell'organizzazione s<strong>in</strong>dacale.<br />
Ogni categoria professionale aveva un proprio s<strong>in</strong>dacato, il quale era un soggetto di<br />
diritto pubblico, cioè un organo dello Stato, che contrattava con il corrispondente<br />
s<strong>in</strong>dacato fascista degli imprenditori. La libertà s<strong>in</strong>dacale, cioè la libertà dei lavoratori<br />
di organizzarsi <strong>in</strong> forma collettiva nel modo ritenuto più opportuno fu negata ed i<br />
lavoratori furono rappresentati per legge dai s<strong>in</strong>dacati istituiti dal regime.<br />
Fu istituita, <strong>in</strong>oltre, una Magistratura del lavoro che aveva competenze giuridiche e,<br />
soprattutto, economiche: decideva lei stessa spesso le controversie <strong>in</strong>vece dei<br />
lavoratori organizzati.
Il corporativismo fascista negava l'esistenza del conflitto di classe, proprio perché<br />
secondo l'ideologia sulla quale si fondava, lavoratori e imprese dovevano tendere<br />
verso il f<strong>in</strong>e comune del superiore <strong>in</strong>teresse dell'economia nazionale. Sulla base di<br />
questa premessa, il codice penale del 1930 (quello tuttora vigente) vietò tutte le<br />
diverse forme di conflitto e punì come delitti lo sciopero dei lavoratori e la serrata<br />
delle imprese <strong>in</strong> tutte le loro manifestazioni.<br />
L'assetto corporativo viene cancellato formalmente nel 1944, un anno dopo la f<strong>in</strong>e del<br />
fascismo, ed esplicitamente abolito con l'entrata <strong>in</strong> vigore della Costituzione della<br />
Repubblica italiana nel 1948. Fondamentali a riguardo sono gli artt. gli 39 e 40.<br />
Mentre il secondo riconosce il diritto di sciopero, il primo getta le basi essenziali e<br />
fondamentali dell'attuale diritto s<strong>in</strong>dacale e qu<strong>in</strong>di di tutto il diritto del lavoro, perché<br />
<strong>in</strong>troduce il pr<strong>in</strong>cipio fondamentale di libertà s<strong>in</strong>dacale: "l'organizzazione s<strong>in</strong>dacale è<br />
libera", recita il primo comma dell'art. 39 e da questa norma deriva anche il<br />
pluralismo s<strong>in</strong>dacale. La libertà s<strong>in</strong>dacale e la possibilità di costituire più s<strong>in</strong>dacati<br />
sono a fondamento di ogni sistema democratico. Un enorme passo <strong>in</strong> avanti venne<br />
compiuto nel 1970, con l'emanazione del cosiddetto Statuto dei lavoratori che<br />
costituì una delle norme fondamentali anche e soprattutto per il diritto del lavoro.