Leggi - dino nicolia
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IN GRAZIA DI DIO<br />
Insospettabili segreti della brava gente di Lucania<br />
di<br />
Dino Nicolia
Il negozio di Lucia<br />
"T'arricordi quando c'era ‘a poteca di Lucia Lulliarara<br />
sopa lo chiascio?” Disse Pinuccio di Gina a Ziza.<br />
"Eccome che me l'arricordo…" Rispose Ziza che, poi,<br />
aggiunse, "mi ricordo anche quando arrivava il pane da<br />
Montegiro, ni sciam' a fricà le muddiche”.<br />
2<br />
"Ah, le muddiche…pure io mi ricordo".<br />
"Eh…eravamo criature".<br />
Pinuccio di Gina sembrava sospirare le parole e<br />
Ziza faceva fatica ad ascoltarlo. Ogni tanto piegava la testa,<br />
sporgeva l'orecchio ma le parole, che Pinuccio trascinava dalle<br />
ossa delle narici, attraverso le labbra foniche, giungevano a<br />
Ziza ammosciate, quasi malate. Avevano già percorso un<br />
centinaio di metri insieme e non erano riusciti a dirsi che<br />
quattro parole. Mentre sembrava che finalmente la<br />
chiacchierata potesse decollare, i due si arrestarono. Videro<br />
passare Mimmo o' greco.<br />
Ziza.<br />
"Mimì che stai a fa?", chiese Pinuccio di Gina.<br />
"Me ne vado a casa", rispose o' greco.<br />
"Stavamo parlando de la poteca di Lucia…", disse<br />
“Ah, la poteca di Lucia…”, sospirò o’ greco.<br />
“Le muddiche…te le arricordi?” Chiese Ziza.<br />
Mimmo o' greco non rispose nulla.<br />
Aveva l'aria perplessa come se fosse appena<br />
successo un fatto che l'avesse contrariato. Di solito non era<br />
così. Parlava e faceva citazioni. Tante citazioni e non sempre<br />
gli riuscivano. Quella sera, invece, non parlò. Alzò il bavero<br />
della giacca e allungò il passo. Gli altri due rimasero in<br />
silenzio. Si scambiarono uno sguardo d'intesa e proseguirono.
Nella camminata e nella chiacchierata. Erano passati tante<br />
volte dal chiascio ma mai avevano parlato del negozio di<br />
Lucia che non c'era più. Pinuccio e Ziza sembravano quasi<br />
non essersene accorti.<br />
In realtà, Lucia non aveva chiuso il negozio. Aveva<br />
solo deciso di spostare l'attività in un'altra zona di Bigliano.<br />
“La spesa si fa con la macchina. La gente si sfastidia<br />
di camminare”, giustificò la scelta.<br />
Soprattutto, la gente si sfastidia quando fa freddo e a<br />
Bigliano fa sempre freddo.<br />
“Dieci mesi di freddo e due di freschetto”.<br />
La Madonna l'aveva voluto su un cocuzzolo di<br />
pietre, lontano dal mondo. E il Chiascio era lontano anche<br />
dalla periferia del mondo.<br />
“Se uno pensa di fare affari sopra lo Chiascio allora é<br />
meglio che se ne va dritto di corsa al Don Uva. Lo ricoverano<br />
e non lo rilasciano neanche se è la Madonna in persona a<br />
chiedere la grazia”.<br />
Lucia decise di cambiare posizione. Quel negozio<br />
sopra lo Chiascio portava solo fastidio e non sarebbe stato<br />
prudente restare in quei vicoli, se avesse voluto continuare a<br />
guadagnare.<br />
Il negozio di Lucia non esisteva più neanche nella<br />
memoria di Ziza e di Pinuccio di Gina. Non esisteva più<br />
neanche fisicamente. Il caseggiato che lo ospitava era stato<br />
abbattuto, dopo il terremoto del 1980. Non c’erano stati<br />
morti e le case vecchie di Bigliano non erano crollate. Il<br />
terremoto non le aveva fatte cadere ma aveva allargato le<br />
crepe, che si portavano addosso da anni. Alla fine, le case<br />
morte dei vicoli morti di Bigliano erano state abbattute,<br />
lasciando devastanti spazi vuoti.<br />
Non c'era più il negozio di Lucia, ma rimaneva il<br />
vuoto. E si era pensato di riempire lo spazio vuoto con il<br />
3
nulla. Pinuccio e Ziza erano passati tante volte di fronte a<br />
quello spazio vuoto ma, solo dopo aver incrociato Mimmo o’<br />
greco, avvertirono una strana nostalgia.<br />
“Era più bello quando c’era il negozio di Lucia e la<br />
gente inzìa in mezzo alla strada”.<br />
La sera in cui le parole ammosciate di Pinuccio di<br />
Gina sembravano morire sulle labbra foniche, Ziza aveva<br />
scoperto il nulla.<br />
4<br />
“Non c’è rimasto più niente in questo paese”.<br />
La noia della conversazione lo svegliava dall'agonia<br />
profonda della sua esistenza.<br />
“Penso ai gelati di Lucia e alle molliche lasciate dal<br />
panettiere di Montegiro”.<br />
Ziza aveva scoperto i gelati proprio nel negozio di<br />
Lucia. Era bambino ed era andato con la madre, Maria la<br />
guardaboschi, a comprare due etti di mortadella e un<br />
detersivo per lavare i piatti. Lucia, che non aveva mai visto<br />
Ziza, chiese a Maria se il bambino aggrappato alla sua gonna,<br />
fosse suo figlio.<br />
Dopo, la conferma ricevuta da Maria, esclamò,<br />
"…ma é proprio 'na bella criatura".<br />
Poi, lo accarezzò.<br />
“Avvicinati”, gli disse.<br />
Ziza si nascose dietro la gonna della madre. Poi, si<br />
avvicinò con il braccio disteso e il palmo della mano aperto.<br />
Lucia gli porse un cremino di panna, rivestito di cioccolato.<br />
Mangiò il primo gelato della sua vita grazie a Lucia. Erano da<br />
poco trascorse le cinque di un assolato pomeriggio di luglio.<br />
Davanti al negozio che non c'era più, ebbe<br />
l'impressione di riassaporare il gusto di quel cremino di<br />
panna, ricoperto di cioccolata. Ripassò la lingua sulle labbra
per verificare la sensazione ma non percepì più nulla. La<br />
sensazione era scomparsa.<br />
Intanto, Mimmo o' greco, dopo aver svoltato<br />
l'angolo, era scomparso dal loro orizzonte visivo. Non aveva<br />
fatto citazioni e non aveva neanche salutato. Né buongiorno,<br />
né buonasera. Si era allontanato, trafelato, come se avesse<br />
fretta di allontanarsi.<br />
Ziza tentò di rivitalizzare la conversazione con<br />
Pinuccio di Gina, "mi sentia li gelati di Lucia sopa 'a punta de la<br />
lingua".<br />
"A me, invece, piacìano le muddiche di pane", rispose<br />
Pinuccio di Gina.<br />
"Eccome…piacìano pure a me", sospirò Ziza.<br />
Il panettiere di Montegiro aveva l'abitudine di<br />
portare il pane nel negozio di Lucia nel primo pomeriggio, tra<br />
le cinque e le sei. Pinuccio e Ziza lo sapevano e lo<br />
attendevano supa lu Chiascio.<br />
“Il furgone bianco del panettiere arrivava sempre<br />
puntuale”.<br />
Una volta parcheggiato, Ziza e Pinuccio non<br />
avrebbero avuto molto tempo a disposizione per rubare le<br />
molliche di pane. Pochi secondi, cui si dovevano aggiungere<br />
alcuni minuti di conversazione tra il panettiere e Lucia.<br />
"Era bello perché mi sembrava de le rubbà", fece notare<br />
Pinuccio.<br />
In realtà, quelle molliche non le rubavano. Il<br />
panettiere sapeva benissimo che piacevano ai bambini di<br />
Bigliano e, per questo, lasciava le porte del furgone bianco<br />
aperte. Lo aveva rivelato il panettiere, ormai vecchio, a Ziza.<br />
"O' panettiere o' sapia che ne le pigliavamo", disse Ziza a<br />
Pinuccio.<br />
"Ma chi te l’ha detto?" Chiese Pinuccio.<br />
5
6<br />
"Me l’ha detto lui stesso", rispose Ziza.<br />
"Ma se s’incazzava sempre", osservò, sorpreso,<br />
Pinuccio.<br />
"Faceva solo finta di incazzarsi", replicò Ziza.<br />
Da quel giorno, lo spazio, un tempo occupato dal<br />
negozio di Lucia, non sarebbe più stato vuoto. Non ci<br />
sarebbe più stato il nulla, ma sarebbe stato per sempre<br />
occupato dal furgone bianco del panettiere di Montegiro.<br />
Ziza e Pinuccio proseguirono nel loro cammino,<br />
anche se il passo si era fatto più pesante. Non solo la<br />
conversazione languiva ma anche la camminata si trascinava.<br />
Eppure, entrambi non avevano fatto un cacchio dalla mattina<br />
alla sera. Ziza aveva bevuto la birra da Ciaramella e Pinuccio<br />
aveva lasciato la moglie in negozio e se ne era andato in<br />
campagna. Si era fatto qualche bicchiere di vino rosso e poi si<br />
era appisolato.<br />
Non erano passati neanche cinque minuti da<br />
quando avevano salutato Mimmo o' greco, che si udirono in<br />
lontananza due botti.<br />
"Che è stato?" Esclamarono entrambi.<br />
"Due botti", disse Ziza.<br />
"Sì, due botti", ripeté Pinuccio di Gina.<br />
"Roba di guaglioni", conclusero.<br />
Le loro strade si separarono vicino la casa di don<br />
Alfredo Spina. Ziza si buttò testa in giù per la discesa, che<br />
portava all'Aricedda, mentre Pinuccio provò ad inerpicarsi fino<br />
alle croci. Se avesse trovato la forza di salire, sarebbe rientrato<br />
a casa.<br />
Ziza giunse a casa prima di Pinuccio. 'A bionda lo<br />
stava aspettando per la cena.<br />
“Ho comprato il salmone affumicato”.
Ziza odiava il salmone affumicato e non capiva<br />
perché la moglie si ostinasse a comprarlo.<br />
"Aggia dice a Pinuccio che non te ne deve dare cchiù".<br />
'A bionda non disse niente. Rimase in silenzio a<br />
fare le sue cose.<br />
In fondo, lo disprezzava. Quella specie di marito non<br />
meritava nemmeno una parola.<br />
"Ma che cazzo è stasera. Nisciuno che vole parlà", pensò.<br />
'A bionda finì di apparecchiare la tavola. Prese del<br />
pan carré e tagliò le fette in due, a formare dei piccoli<br />
triangoli. Vi spalmò della maionese e vi aggiunse del salmone<br />
affumicato. Afferrò i triangolini di pan carré, ricoperti di<br />
maionese e salmone e li porse a Ziza, che li afferrò di mala<br />
voglia.<br />
sussurrò.<br />
“Che cazzo ha di speciale sto salmone affumicato”,<br />
Li mangiava quasi con disgusto. Avrebbe preferito<br />
una salsiccia, magari arrostita con le patate. Poi una birra,<br />
qualche rutto e, infine, a letto. Avrebbe preso la moglie e,<br />
come ogni sera, dopo averla penetrata, si sarebbe messo a<br />
ronfare. 'A bionda, viveva quel rito liturgico, che ogni sera si<br />
ripeteva, come una maledizione. Se solo avesse potuto<br />
togliersi di torno quella specie di marito, avrebbe acceso un<br />
cero alla Madonna. E se non fosse bastato, sarebbe andata a<br />
piedi al monte per dieci anni di seguito. Magari un incidente<br />
in mezzo alla strada.<br />
“Non che dovesse morire ma che almeno lo<br />
facesse stare ciunco in casa”.<br />
Non poteva continuare a spendere tutti i soldi che<br />
'A bionda guadagnava, bevendo birra nel bar di Ciaramella.<br />
“Se, invece, fosse rimasto ciunco in casa, non<br />
avrebbe dato fastidio”.<br />
7
A' bionda ogni sera faceva gli stessi pensieri e ogni<br />
sera finiva sempre nella stessa maniera, con lei piegata al suo<br />
destino. Quella sera, invece, il rituale non poté ripetersi.<br />
Prima che Ziza potesse attuare la prima parte del suo<br />
programma, sentì suonare alla porta.<br />
"Chi cazzo è? Non se piglia mai pace inda a sto' paese",<br />
disse alla moglie, che lo osservò con superficialità.<br />
Come al solito, non fece caso alle sue parole. Non<br />
lo degnò neanche di uno sguardo e si diresse verso la porta.<br />
Aveva già messo il ferretto e dovette toglierlo per aprirla. Si<br />
trovò di fronte Mario Settembrino.<br />
"Hanno sparato a Mimmo o' greco. Hanno sparato<br />
a Mimmo o' greco", lo sentì urlare.<br />
La camomilla del maresciallo Turtino<br />
Se ne stava buttato sul letto. Impaurito e sdraiato. Il<br />
bicchiere di acqua sul como<strong>dino</strong>, che Raluca gli aveva portato,<br />
non appena era riuscito a mettere piede in casa. Con la mano<br />
aveva messo la chiave nella toppa e strisciando si era infilato<br />
dentro. Era rimasto cinque minuti dietro la porta ad ansimare,<br />
sudare e imprecare.<br />
8<br />
“Bastardi, figli di un cane, ma che volete da me?”<br />
A fatica era riuscito a salire le scale fino a<br />
stravaccarsi sul letto. Aveva la gola secca, nonostante<br />
continuasse a bere. Anzi, più beveva e più sentiva la gola<br />
secca. In piedi, davanti al letto del miracolato, la madre, la<br />
sorella e Raluca. La madre piangeva mentre la sorella faceva<br />
avanti e indietro e ripeteva come un disco incantato che non<br />
era possibile che fosse davvero successo a suo fratello.<br />
“Chi poteva volergli tanto male da sparargli?”
Mimmo era sudato come non lo era mai stato in<br />
vita sua. Continuava a bere e a toccarsi. Si toccava la spalla, le<br />
gambe e poi di nuovo la spalla. Si toccava anche il viso. Si<br />
passava la mano destra sugli occhi, la bocca e le orecchie. Le<br />
palpava con attenzione.<br />
Si toccava dappertutto come per sincerarsi che<br />
davvero quelle pallottole, che aveva sentito fischiare vicino<br />
alle sue orecchie, non lo avessero colpito.<br />
“Oppure mi hanno colpito ed io non me ne sono<br />
accorto?”<br />
E chi era quella gente intorno a lui? Fantasmi o<br />
allucinazioni? Intanto sudava. Era un sudore freddo di paura,<br />
che impregnava le lenzuola.<br />
"Li muorti squagliati di 'sti figli di puttana", disse dopo<br />
essersi asciugato le labbra, "c'è mancato poco che mi facevano fuori.<br />
'Sti bastardi, figli di un cane. Che la Madonna se li pigli stasera<br />
stessa".<br />
Più lui inveiva contro i bastardi che lo avevano<br />
sparato, più la madre piangeva. E non erano solo lacrime ma<br />
grida e preghiere che accompagnavano i gesti delle mani. Se le<br />
batteva sul petto, con ritmo cadenzato. In una mano il<br />
fazzoletto bianco ricamato, nell'altra il rosario.<br />
"La Madonna ti ha fatto la grazia. Ti ha salvato. E<br />
mo' te ne deve fare un'altra. Si deve pigliare stasera stessa 'sti<br />
bastardi che ti hanno sparato", ansimava Filomena.<br />
"Non si dice mamma, non si dice", rispose la<br />
sorella, "non si augura la morte di nessuno".<br />
"Sarebbe stata meglio la morte di tuo fratello?"<br />
Intervenne Mimmo dal letto, che per la fretta di parlare stava<br />
quasi per affogarsi.<br />
"La Madonna sape come deve punire chi vole il male<br />
degli altri", chiuse il discorso Filomena.<br />
9
Sulla piazza, dove abitava Mimmo, si era raccolta la<br />
gente che normalmente accoglie la processione della<br />
Madonna. Ciaramella, con il grembiule bianco, aveva lasciato<br />
il banco e sostava con le mani conserte davanti al portone.<br />
Guardava con attenzione i buchi che i proiettili avevano<br />
provocato.<br />
"Quattro centimetri più a destra e lo pigliavano<br />
dritto in fronte".<br />
"E se lo portavano all'ospedale in coma profondo",<br />
aggiunse Radiouno.<br />
"Se gli andava bene se lo portavano all'ospedale. Se<br />
non gli andava bene, domani l’avremmo accompagnato dritto<br />
agli alberi pizzuti", rispose Ciaramella.<br />
10<br />
"O' voliano muorto", commentò Giannino.<br />
"Muorto, muorto. Quattro centimetri l'hanno<br />
salvato", ripeté Ciaramella, mentre mostrava agli altri la<br />
distanza, che separava il foro del proiettile con lo stipite del<br />
portone.<br />
Il balcone della stanza in cui giaceva Mimmo era<br />
aperto. Il miracolato doveva prendere aria. Dalla strada si<br />
potevano agevolmente intendere le voci, tanto più che tutti<br />
parlavano a voce alta. Quando non parlavano a voce alta,<br />
gridavano. Sopraggiunse un inatteso silenzio, quando si vide<br />
giungere la volante con il maresciallo Turtino e l'appuntato<br />
Scapagnin. I due carabinieri scesero dalla macchina, dopo<br />
aver parcheggiato di fronte al portone della casa di Mimmo.<br />
"Largo, largo…", intimò l'appuntato che<br />
accompagnava il maresciallo, "per cortesia, fuori dalle palle, è<br />
stato commesso un crimine".<br />
I due carabinieri erano scesi dalla volante con le<br />
pistole in bella vista. Altri due carabinieri erano sopraggiunti<br />
con un'altra volante. Dalla strada si continuava a sentire la<br />
sorella di Mimmo ripetere, "non è possibile, non è possibile".
"Certo che non è possibile. Deve esserci stato un<br />
errore", disse Mimmo, che aveva sentito la volante dei<br />
carabinieri sgommare in strada. "Qualcuno mi ha scambiato<br />
per un altro".<br />
Mentre lo diceva, si vide piombare nella stanza, che<br />
si trovava al piano di sopra, Turtino e Scapagnin. Il<br />
maresciallo Turtino giunse con il fiatone, lamentandosi.<br />
"Meglio gli appartamenti…meglio gli<br />
appartamenti", sospirava mentre cercava una sedia per<br />
riposarsi.<br />
“Prego, maresciallo”, disse la sorella di Mimmo,<br />
porgendogli la sedia, che aveva appena liberato.<br />
"Mimmo!" Esclamò Turtino.<br />
Mimmo lo guardò accentuando lo sguardo di<br />
sofferenza. Bevve e si toccò le gambe e la spalla.<br />
"Ma che cacchio mi combini? Ti fai sparare?"<br />
"E chi lo dice che volevano sparare proprio a me?"<br />
"Mimmo, mi prendi per il culo?"<br />
Poi si rivolse ai presenti.<br />
"Chiedo scusa alle signore, ma il signorino vuole<br />
prendermi per il culo".<br />
Mimmo.<br />
"Maresciallo, non mi permetterei mai".<br />
"Non lo farebbe mai", aggiunse la sorella di<br />
"E allora?"<br />
"E allora chi lo dice che mi volevano sparare proprio a<br />
me. Hanno fatto un errore. Io non c'entro niente con questa<br />
storia".<br />
"Ma di che storia parli?"<br />
11
"Come di che storia parlo? Che ne so io. Io me ne<br />
stavo tornando a casa e ho sentito due spari".<br />
12<br />
"Due spari vicino alle tue orecchie".<br />
"Mica tanto vicini”.<br />
"Mi continui a prendere per il culo?"<br />
"Se erano vicini mi avrebbero impallinato. Che ne<br />
pensate, maresciallo?"<br />
"E, infatti, ti hanno quasi impallinato"<br />
"Ma che dicete, marescià. Quella è gente che non<br />
sbaglia. Se mi volevano ammazzare, lo avrebbero già fatto.<br />
Non credete?"<br />
"Ma chi potìa volé ammazzà a figlima", esclamò la<br />
madre di Mimmo che, intanto, aveva smesso di piangere e<br />
pregare.<br />
"E questo ce lo deve dire il nostro Mimmo",<br />
rispose il maresciallo Turtino.<br />
Mimmo lo guardò con la coda dell'occhio. Aveva la<br />
testa ripiegata sul cuscino e in quella posizione non poteva<br />
che vedere il maresciallo di sfuggita.<br />
"Comunque, non mò. Arripigliati prima", concluse il<br />
maresciallo.<br />
"Fategli preparare 'na camomilla, signò. Ne tene bisogno il<br />
signorino", disse poi rivolgendosi alla madre di Mimmo.<br />
La sorella di Mimmo fece un leggero cenno con la<br />
testa mentre la madre riprese a piangere e a pregare. Raluca si<br />
diresse in cucina con l'intenzione di preparargli una<br />
camomilla. Mimmo che ne aveva compreso le intenzioni, la<br />
chiamò con le forze che gli erano rimaste e che dovevano<br />
essere non poche, considerato lo strillo che ne uscì fuori.<br />
"Lassa perde o' maresciallo. A camomilla ié pe' li malati.<br />
Porta 'nu bicchiere di vino che me serve pe' m'arripiglià prima".
In basso, Ciaramella era quello che aveva intorno il<br />
maggior numero di cristiani. Lo circondavano e lo ascoltavano.<br />
Diceva di aver visto due loschi individui allontanarsi con una<br />
motocicletta.<br />
“È vero, è vero!” Confermarono Radiouno e<br />
Radiodue.<br />
“Erano almeno quattro, su due motociclette”,<br />
disse, invece, Giannino.<br />
Ciaramella moriva dalla voglia di sapere ma non<br />
osava entrare nella casa di Mimmo. Tra l'altro non avrebbe<br />
potuto. L'appuntato Scapagnin si era messo di traverso<br />
proprio sulla porta di entrata della casa e la sorvegliava<br />
affinché nessuno la potesse valicare.<br />
“Andate, signori, andate”, ripeteva Scapagnin.<br />
Anche Maria 'A lauriota sarebbe voluta entrare per<br />
portare 'nu picca di conforto alla commara, la madre di Mimmo<br />
o' greco. L'appuntato che si trovava sulla porta d'entrata non<br />
aveva fatto eccezione.<br />
“Vada, signora, vada”, le intimò.<br />
Era e sarebbe dovuta rimanere fuori fin quando<br />
non terminavano i rilievi.<br />
"Che aggia fa? Facite ampressa o me ne posso scì?" Chiese<br />
Maria all’appuntato Scapagnin, per sapere se fosse stato il<br />
caso di attendere oppure se la cosa fosse andata per le lunghe.<br />
L'appuntato, che veniva dal nord, non comprese<br />
neanche una delle parole dette da Maria.<br />
"Vada signora, vada", ripeté.<br />
"Nun facite ampressa?"<br />
"Vada, signora, ho detto vada", ripeté per<br />
l’ennesima volta.<br />
Allora Maria decise di allontanarsi.<br />
13
"Sto' candeliere non sape dicere niente di cchù ca vada,<br />
signora, vada", disse Maria rivolgendosi ad Antonietta, mentre<br />
la teneva sottobraccio.<br />
Maria veniva da Lauria, un paese ai confini con la<br />
Calabria. Per questo era identificata a Bigliano come 'A<br />
lauriota. Come nel caso di Carmelina 'a napuletana, anche<br />
Maria era un nome assai comune e per evitare di confonderla<br />
con le altre cento Marie, i biglianesi avevano scelto il paese<br />
d'origine della sua famiglia per identificarla. Quando il nome<br />
di battesimo era comune, per facilitare l'identificazione della<br />
persona si utilizzava il paese di provenienza della famiglia. La<br />
cosa si complicava nel caso di provenienza da paesi non<br />
appartenenti alla Lucania. Si preferiva allora fare riferimento<br />
al capoluogo di provincia o di regione, più importante e<br />
conosciuto. Nel caso di Pinuccio, invece, non essendoci la<br />
possibilità di utilizzare il paese di provenienza, essendo la<br />
famiglia di Pinuccio chiaramente biglianese, si preferiva fare<br />
riferimento alla madre. Da qui Pinuccio di Gina.<br />
‘A nottata di Ciaramella<br />
La mattina successiva gli spari contro Mimmo o'<br />
greco, Bigliano si risvegliò quasi stordita. In tanti non<br />
avevano preso sonno. Giuseppe Di Dio si era girato e rigirato<br />
nel letto. Solo alle quattro si era addormentato ma non aveva<br />
potuto dormire che un paio di ore. Alle sei si era svegliato,<br />
come sempre. Sarebbe stato un normale lunedì di lavoro. Si<br />
preparò il caffè, si rasò e poi, dopo aver indossato la tuta da<br />
lavoro, uscì di casa. Sopra la tuta, indossò una vecchia giubba<br />
militare di colore verde, con cappuccio e fodera in lana di<br />
pecora.<br />
Aveva percorso appena un centinaio di metri,<br />
quando si ricordò di aver dimenticato qualcosa.<br />
14<br />
"La patina con gli gnummarieddi!" Esclamò.
Si trattava d’involtini di fegato e polmone, avvolti<br />
nella pancia del maiale, che Maria gli aveva preparato.<br />
Giunto in piazza, vide il bar di Ciaramella aperto.<br />
Dentro, con il gomito appoggiato al banco, intravide la<br />
sagoma corpulenta di Radiouno. Man mano che si avvicinava,<br />
la figura di Radiouno gli appariva sempre più nitida. Non solo<br />
appoggiava il gomito, ma l’intero corpo si stravaccava sul<br />
banco. Sembrava un miracolo che potesse reggere al suo peso<br />
sproporzionato.<br />
"Che cristiano! È diventato come un porco a forza di non<br />
fare niente".<br />
Dava l’impressione di aver bevuto come una<br />
spugna per l’intera nottata e di non essersi ancora ripreso.<br />
Ciaramella, invece, se ne stava seduto sull’unica sedia comoda<br />
esistente nel suo locale. Le altre, infatti, erano rigide e dure.<br />
Ciaramella non voleva che la gente ci si trovasse troppo bene.<br />
largo”.<br />
“Dopo la consumazione, è meglio se prendono il<br />
Il problema era, invece, che, nonostante la<br />
scomodità, i suoi clienti si fermavano molto più del dovuto.<br />
sonno?”<br />
“Ciaramé”, esclamò Giuseppe Di Dio, “stai ancora di<br />
“E chi ha visto o’ letto stanotte”, sospirò Ciaramella.<br />
Giuseppe non lo aveva mai visto spento come<br />
quella mattina. Neanche durante la festa della Madonna,<br />
quando teneva il bar aperto fino alle tre di notte.<br />
“Amo fatto ‘a nottata”, intervenne Radiouno.<br />
“E che vuoi, Peppì, tra carabinieri, rompicoglioni e fimmine<br />
disperate, nisciuno se ne vulia scì a dormì”.<br />
Ciaramella aveva la faccia di chi non aveva digerito<br />
la nottata. In realtà, era stato un buon business per lui. Aveva<br />
15
venduto gli stessi caffè, birre e amaro lucano che<br />
normalmente vendeva in una settimana.<br />
16<br />
“Che si è saputo?”<br />
“E che si vulia sapé”, disse Radiouno, sollevando la<br />
testa dal banco, “ieri l’hanno sparato, non l’anno scorso”.<br />
“Ziza dice che ieri Mimmo era strano. L’hanno<br />
visto prima che tornasse a casa e non parlava”, riferì<br />
Ciaramella che, la notte stessa della sparatoria, aveva iniziato a<br />
raccogliere notizie.<br />
parlava".<br />
Di Dio.<br />
"E chi l'avrebbe visto?"<br />
"Ziza e Pinuccio di Gina";<br />
"L'uno con la panza piena di birra e l'altro di vino".<br />
"Figurati quando ti puoi fidare".<br />
"No, no, Ziza m'ha detto che l'ha visto e non<br />
“Che vuol dire che non parlava?” Chiese Giuseppe<br />
“O’ sai com’è fatto Mimmo…parla, parla e<br />
straparla”.<br />
“E…”<br />
“E ieri non parlava”.<br />
“E perché non parlava?”<br />
“E vai a sapé perché o’ cristiano non parlava. Forse sapia<br />
la fine che le stavano facendo fare”, disse Radiouno, che ormai si<br />
era completamente sollevato dal banco.<br />
Giuseppe Di Dio diede uno sguardo all’orologio.<br />
Erano le sette meno un quarto. Salutò Ciaramella e Radiouno<br />
e si incamminò verso il cantiere. Arrivò alle sette meno<br />
cinque. Scostò il cancello tenuto serrato da un filo filato ed<br />
entrò. Non era ancora arrivato nessuno dei manovali, che
pure erano i primi che si presentavano la mattina. Si sedette<br />
sul muretto di cemento, che avrebbe fatto da contorno al<br />
giar<strong>dino</strong> di una delle palazzine in costruzione.<br />
Era il mese di gennaio. Le prime luci dell'alba lo<br />
coglievano assonnato e infreddolito. Con quelle temperature<br />
non avrebbe potuto resistere a lungo seduto sul muretto.<br />
Pensò che si sarebbe irrigidito come una fica gelata. Scese dal<br />
muretto e in attesa dei colleghi, iniziò a saltellare per scaldarsi.<br />
Si strofinava le mani e saltellava. Man mano che la luce del<br />
giorno saliva, il suo campo visivo si allargava. Appena arrivato<br />
sarebbe riuscito a vedere a due metri dal muretto di cemento,<br />
con il passare dei minuti, il suo orizzonte riusciva copriva<br />
l'intero lato del cantiere rivolto verso est.<br />
Arricciò più volte il naso. Sembrava che dieci<br />
trappole per i topi fossero scattate contemporaneamente.<br />
“Che fetore, che fetore", iniziò a ripetere.<br />
Saltellava, odorava e il suo volto si contorceva<br />
sempre più, fino a mostrare la sensazione dello schifo.<br />
bassa.<br />
"C'è qualche cosa nell'aria, stamattina", disse a voce<br />
Mentre lo diceva, venne attratto da quello che<br />
sembrava una busta nera di plastica, che la brezza leggera<br />
della mattina agitava, prima verso destra e poi verso sinistra.<br />
Si diresse nella direzione della busta di plastica nera che<br />
svolazzava e più si avvicinava e più il fetore diventava forte. Il<br />
viso era sempre più contorto e schifato. I baffi sembravano<br />
sovrapporsi alle labbra per quanto li avesse strizzati. Si<br />
trovava a due metri di distanza. Vide che non si trattava di<br />
una busta nera di plastica. Era un impermeabile che<br />
svolazzava. All'interno, un uomo riverso in posizione supina,<br />
con un paio di scarpe sporche sullo stomaco. Nonostante<br />
facesse freddo, la puzza del morto aveva impregnato l'aria<br />
circostante. Giuseppe si turò il naso con le mani e fece<br />
d'istinto due passi indietro. Un frammento di carta<br />
17
fuoriusciva dalla tasca dell'impermeabile. Giuseppe lo vide e<br />
lo raccolse.<br />
La madre di Torino Concetti<br />
Il cadavere era stato ritrovato proprio il giorno in<br />
cui Maria 'A lauriota aveva iniziato a preparare gli intestini per<br />
insaccare la carne e preparare le salsicce. Il cantiere della ditta<br />
Costruzioni Moreno fu posto sotto sequestro dai carabinieri<br />
della compagnia di Bigliano.<br />
Maria seppe del cadavere da Antonietta, andata a<br />
casa sua per aiutarla. Antonietta lo aveva appreso, a sua volta,<br />
nel negozio di Lucia.<br />
"Devo comprare le uova e la farina per preparare i<br />
firriciddi per il pranzo di domani, quando Maria tiene a tavola<br />
tutto il vicinato".<br />
Tra la gente del vicinato, avrebbe invitato anche 'a<br />
sfollata, una donna di quasi sessantacinque anni che,<br />
nonostante la vecchiaia, ancora mostrava segni di un<br />
portamento elegante ed arrogante allo stesso tempo.<br />
Nel negozio di Lucia, Antonietta entrò alle nove e<br />
venticinque, qualche istante prima del maresciallo a riposo De<br />
Stefano. Altri due clienti stavano già aspettando. Si trattava di<br />
Torino Concetti e Annalisa, la figlia di Paolino.<br />
18<br />
"Tengo da perdere almeno dieci minuti", pensò.<br />
Aveva tutto il tempo per scambiare quattro<br />
chiacchiere con Torino Concetti.<br />
“Devo chiedergli come sta la mamma? Sono,<br />
ormai, tre settimane che non si vede alla messa delle sei”.<br />
“Una fastidiosissima bronchite la costringe al<br />
letto”, gli aveva detto Torino, la settimana precedente.
Avrebbe voluto rendere pubbliche le notizie sulla<br />
madre di Torino Concetti alla messa della sei ma non fece in<br />
tempo a chiedere informazioni. La scena fu interamente<br />
occupata da De Stefano. Il maresciallo a riposo era stato<br />
incaricato dalla moglie dell’acquisto di un pacco di tagliatelle<br />
all’uovo e di duecento grammi di prosciutto crudo. Avrebbe<br />
preso anche una bottiglia di amaro lucano, ma per sua libera<br />
iniziativa.<br />
“Marescià, è vero quello che si dice in paese?” Gli<br />
chiese Lucia, non appena vide sbucare la sua inconfondibile<br />
sagoma.<br />
“ vero, è vero! Dopo la sparatoria, anche il<br />
morto”, rispose De Stefano, lasciando intuire di aver<br />
immediatamente compreso le allusioni di Lucia.<br />
La notizia del ritrovamento del cadavere di un<br />
uomo nel cantiere della ditta Costruzioni Moreno stava già<br />
circolando a Bigliano. Nel bar di Ciaramella e nel circolo se ne<br />
stava discutendo, nonostante fossero da poco passate le nove<br />
della mattina.<br />
“Peppino ha trovato ‘nu morto al cantiere du<br />
commendatore”, aveva riferito per primo Radiodue.<br />
“Si dice che o’ muorto è stato trovato intorno alle<br />
sette, all’apertura del cantiere”.<br />
Giuseppe Di Dio dapprima avvisò i colleghi, giunti<br />
dopo pochi minuti e poi il capocantiere, entrato dalla parte<br />
opposta. Il capocantiere, a sua vola, dopo essersi portato sul<br />
posto, telefonò al comando dei carabinieri di Bigliano.<br />
De Stefano aveva saputo della notizia direttamente<br />
dal maresciallo Turtino, che aveva incrociato la mattina verso<br />
le otto e un quarto.<br />
“Un uomo è stato trovato morto nel cantiere del<br />
commendatore Moreno. Mi raccomando, De Stefano, non lo<br />
dire in giro prima che si sappiano particolari più precisi”.<br />
19
Lo aveva raccontato subito dopo agli amici del<br />
circolo, con i quali era solito prendere il caffè, tra le otto e<br />
trenta e le nove.<br />
“Un uomo è stato trovato morto nel cantiere del<br />
commendatore Moreno. Mi raccomando, non lo dite in giro<br />
prima che si sappiano particolari più precisi”.<br />
Alle nove e venticinque, quando il maresciallo a<br />
riposo fece il suo ingresso nel negozio di Lucia, la notizia era<br />
già arrivata in quasi tutti gli esercizi pubblici di Bigliano. Lucia<br />
che conosceva De Stefano per il suo passato e per le amicizie<br />
che aveva conservato nell’Arma, andò sul sicuro quando gli<br />
chiese maggiori dettagli sull'accaduto.<br />
"Non si prende più pace in questo paese. Non<br />
succede mai niente e mo' tutto in una volta. Prima la<br />
sparatoria a quel povero cristo, che non fa male a nessuno, e<br />
poi il morto".<br />
L’osservazione di Lucia attirò l’attenzione di tutti i<br />
clienti, presenti in quel momento nel negozio.<br />
Antonietta che, vedendo Torino Concetti, avrebbe<br />
voluto sapere notizie della madre, si distrasse e preferì<br />
concentrarsi su De Stefano.<br />
20<br />
"E voi, maresciallo, che dite?"<br />
De Stefano, che faceva della sua capacità di<br />
networking un’arma d’influenza nell’ambito del tessuto sociale<br />
biglianese, si sentì orgoglioso per la domanda di Lucia ed<br />
iniziò a fornire maggiori dettagli.<br />
"Sono già stato informato dell'accaduto. Come voi<br />
sapete, io sono stato maresciallo e maresciallo si rimane<br />
sempre, anche quando si va in pensione. Come dicevo, i<br />
colleghi mi hanno informato prontamente dell'accaduto".<br />
"E siete fortunato voi, i vostri colleghi vi<br />
informano sempre", rispose Antonietta, con un pizzico<br />
d’invidia.
"Marescialli si è per sempre. Bisogna essere<br />
informati", rispose con orgoglio De Stefano, "e, grazie alle<br />
notizie che ho raccolto, posso dirvi con assoluta certezza che<br />
si tratta di un uomo".<br />
Lucia.<br />
"Un uomo, maresciallo? E di chi si tratta?" Chiese<br />
"Per il momento, i colleghi mi hanno informato<br />
solo che si tratta di un uomo".<br />
"Di Bigliano?" Chiese Torino Concetti.<br />
"Un uomo. Che importa se sia di Bigliano o meno.<br />
Posso dirvi che si tratta di un uomo e non di una donna",<br />
rispose infastidito De Stefano, che riteneva di aver già detto<br />
abbastanza.<br />
In realtà, De Stefano non aveva aggiunto molto alla<br />
crudezza della notizia, se non il particolare che si trattasse di<br />
un uomo. Non era molto, ma considerata l’importanza della<br />
novità, anche una semplice informazione aggiuntiva assumeva<br />
un valore del tutto particolare.<br />
De Stefano, ovviamente, aveva impiegato molto<br />
tempo prima di giungere a fornire il particolare che si trattasse<br />
di un uomo. Com’era solito fare, aveva iniziato la litania dei<br />
suoi trascorsi siciliani. Lucia e gli altri tre clienti avrebbero<br />
preferito che il maresciallo raccontasse immediatamente del<br />
fatto di sangue accaduto a Bigliano ma non osarono<br />
interromperlo. Anzi, per non urtare la sua sensibilità,<br />
mostrarono addirittura interesse. Quando pero Torino<br />
Concetti esagerò, chiedendo al maresciallo altri dettagli sui<br />
fatti di sangue vissuti in Sicilia, si guadagnò un’occhiataccia di<br />
rimprovero da parte delle due donne.<br />
De Stefano si soffermò, ovviamente, sull’arresto<br />
del famoso mafioso. Con gesti plateali, specificò la situazione<br />
e finanche il modello di armi usate.<br />
“Io precedevo il mio collega, maresciallo Tricase.<br />
Avevo sfondato la porta del suo appartamento con un colpo<br />
21
di spalle e mi ero diretto immediatamente in camera da letto,<br />
con la pistola in pugno, pronto a frantumargli il cervello, se<br />
solo avesse azzardato una mossa”.<br />
De Stefano si spostava da una parte all'altra del<br />
negozio per dare l'esatta misura dell'azione. Torino Concetti<br />
fece ampi cenni di assenso. Ad ogni movimento, anche il più<br />
impercettibile, ripeteva, "che coraggio!"<br />
Lo disse ben quattro volte, mentre Lucia,<br />
Antonietta e Annarita, la figlia di Paolino, ascoltarono senza<br />
fiatare, sperando che il racconto terminasse presto.<br />
Quando finalmente De Stefano giunse al cadavere<br />
rinvenuto poche ore prima, Annarita, la figlia di Paolino,<br />
chiese se fosse già stato reso il nome della persona.<br />
Stefano.<br />
22<br />
"L'avessi saputo, l'avrei detto", fece notare De<br />
Annarita arrossì, pensando di aver posto una<br />
domanda banale. Torino Concetti la guardò con<br />
compassione, esclamando,<br />
"Eh, certo…il maresciallo l'avrebbe detto…non c'è<br />
bisogno di chiedere certe cose".<br />
scusa.<br />
vicenda.<br />
Annarita chinò il capo, quasi per porgere le proprie<br />
Antonietta non poté soffermarsi molto sulla<br />
“Vado di fretta e devo comprare le uova per<br />
preparare i firriciddi. Vorrei continuare a chiacchierare ma<br />
proprio non posso”.<br />
Maria la stava attendendo. Chiese agli altri clienti di<br />
poter passare prima alla cassa, pagò ed uscì dal negozio. Gli<br />
altri rimasero ancora a discutere.
Le prime indagini del maresciallo Turtino<br />
Antonietta si diresse, senza perdere tempo, verso la<br />
casa di Maria. Aveva fretta di arrivare per mettersi<br />
immediatamente al lavoro ma moriva anche dalla voglia di<br />
essere lei a dare la notizia clamorosa. Se avesse esitato, Maria<br />
avrebbe potuto apprenderla da qualcun altro.<br />
strada.<br />
"Nu muorto, 'nu muorto a lu' cantiere", ripeteva per<br />
Una delle sue specialità erano gli annunci funebri,<br />
specie se relative a persone morte improvvisamente. Se la<br />
persona morta era poi anche molto conosciuta, la<br />
soddisfazione nel dare la notizia era addirittura doppia.<br />
Il morto al cantiere era, pertanto, una notizia che<br />
valeva doppio. Gli elementi che aveva a disposizione non<br />
erano dettagliati ma il clamore era assicurato. A Bigliano<br />
normalmente faceva notizia la siccità, figurarsi il ritrovamento<br />
di un cadavere.<br />
Antonietta giunse velocemente a casa di Maria, che<br />
non abitava lontano dal negozio di Lucia. La sua casa si<br />
trovava subito dopo l'ufficio postale. Era sufficiente<br />
percorrere cinquanta metri e poi prendere sulla sinistra il<br />
vicolo con un’enorme casa bianca sullo sfondo. Bussò alla<br />
porta, che Maria aprì prontamente. La stava aspettando.<br />
Antonietta non le diede neanche il tempo di<br />
chiederle come stava, che esclamò, "hai sentito la novità?"<br />
"Che novità?" Rispose Maria, corrucciando il viso.<br />
"Ma come…Giuseppe non t'ha detto nind'? Le chiese<br />
Antonietta.<br />
"Ma io Giuseppe non o’ vedo da stamattina. uscito<br />
di casa verso le sei e mezza. Doveva faticare. Perché? Che<br />
m'avìa dicere?"<br />
23
"Hanno trovato ‘nu muort' a lu cantiere dove fatica<br />
Giuseppe".<br />
24<br />
Maria si spaventò.<br />
"Non ti preoccupare. Lu muorto non tiene niente a che fare<br />
con la gente che fatica a lu cantiere", le disse per tranquillizzarla.<br />
In realtà sapeva poco e quel poco lo aveva appreso<br />
da De Stefano, nel negozio di Lucia.<br />
Antonietta si era limitata a riferire le notizie che<br />
aveva appreso, ma non si era resa conto che il cadavere fosse<br />
stato rinvenuto proprio nel cantiere dove lavorava il marito di<br />
Maria.<br />
"E chi te lo ha detto? E Giuseppe?" Esclamò,<br />
spaventata.<br />
Antonietta provò nuovamente a rassicurarla ma<br />
non vi riuscì.<br />
Giuseppe si trovava nella stazione dei carabinieri di<br />
Bigliano, insieme agli altri operai.<br />
"Dobbiamo ascoltarvi tutti in merito al<br />
ritrovamento del cadavere. È la prassi".<br />
Si stava aspettando l'arrivo del sostituto<br />
procuratore presso il tribunale di Potenza, Arcibaldo De<br />
Castro. Nel frattempo, i carabinieri, coordinati dal maresciallo<br />
Turtino, raccoglievano le prime deposizioni dei manovali.<br />
Giuseppe aspettava il suo turno.<br />
"La tua é la testimonianza più importante e deve<br />
essere raccolta alla presenza del sostituto procuratore", gli<br />
disse Turtino.<br />
Intanto, giunse il commendatore Moreno per<br />
verificare personalmente cosa fosse successo nel suo cantiere.<br />
"Mi è stato riferito che debbo essere sentito per un<br />
affare di omicidio. Non so proprio a cosa fate riferimento ma
facimmo di pressa che tengo mille cose da fare", precisò non appena<br />
ebbe messo piede in caserma. Era furibondo.<br />
Giuseppe, invece, era perplesso.<br />
"'Sto muorto proprio non ci voleva".<br />
Con il cantiere chiuso, il commendatore gli avrebbe<br />
certamente decurtato la paga.<br />
"L'unica cosa buona è che posso aiutare Maria a<br />
fare le salsicce”, pensò Giuseppe.<br />
Il commendatore Moreno si fece portare un caffè<br />
dal carabiniere semplice, di piantone all'entrata. Non avrebbe<br />
potuto muoversi, ma data l'eccezionalità della situazione,<br />
nessuno lo notò.<br />
Quando arrivò il suo turno, anche se in realtà non<br />
era proprio il suo turno, si alzò di scatto, si sistemò i baffi e<br />
fece il suo ingresso nella stanza, a metà del lungo corridoio, a<br />
sinistra della porta di entrata. Turtino lo attendeva, seduto alla<br />
scrivania, che qualche minuto dopo avrebbe lasciato al<br />
sostituto procuratore.<br />
"Commendatore carissimo, mi dovete scusare se vi<br />
ho fatto incomodare ma non potevo fare altrimenti".<br />
volte.<br />
"Capisco, capisco", ripeté il commendatore due<br />
Intanto, prese posto sulla sedia, proprio di fronte<br />
alla scrivania del maresciallo.<br />
"Che disordine!" Dovette pensare nel vederla.<br />
C'erano carte e matite stemperate dappertutto.<br />
“Commendatore, questi stronzi di biglianesi non<br />
sanno che fare. Ieri hanno sparato a quell’inzallanuto di Mimmo,<br />
oggi hanno mandato agli alberi pizzuti 'sto povero cristiano”.<br />
“E ‘sti stronzi di biglianesi sanno come fare perdere<br />
tempo e denaro alla gente che fatica”.<br />
25
26<br />
“Appunto! Dite bene, commendatore”.<br />
“E dico bene. Certo che dico bene. Ammazzano la<br />
gente e me la vanno a sistemare nel mio cantiere. Voi me lo<br />
mettete sotto sequestro e io mi gratto la panza”.<br />
“Commendatore, e che c’entriamo noi. Vi mettono<br />
il cadavere nel cantiere e il giudice ve lo deve bloccare. Non si<br />
può fare altrimenti, purtroppo”.<br />
“E io quando le finisco le case? Ma gli operai me li<br />
paga il giudice? Come si chiama questo giudice?” Esclamò il<br />
commendatore Moreno, che aveva sciolto la cravatta e<br />
allentato la cintura dei pantaloni.<br />
lavoro”.<br />
“E che c’entra il giudice? Il poveretto fa il suo<br />
“E voi fatemi fare il mio”.<br />
"Ve lo facciamo fare, non vi preoccupate. Io solo<br />
posso capire che significa disturbare la gente che sta<br />
lavorando. Ieri sera me ne stavo tranquillo a casa a mangiare i<br />
peperoni ripieni e mi chiamano d'urgenza. Mi tolgo le<br />
pantofole e corro in caserma. I peperoni, non li avevo<br />
neanche toccati, credetemi commendatore. Li desideravo da<br />
una settimana e finalmente Teresa me li aveva preparati.<br />
Lascio i peperoni e corro. Ma non basta perché non era alla<br />
caserma che tenevano bisogno ma in paese. Mi metto in<br />
macchina, insieme al povero Scapagnin, e corro a casa di<br />
Mimmo o' greco. L'ho trovato che se ne stava tranquillo e<br />
beato sul letto, arrivirito da tutte le fimmine della famiglia. Io manco<br />
avìa mangiato e lui se ne stava spaparanzato sul letto. L'ho<br />
dovuto trattare pure con i guanti bianchi. Riposati, gli ho<br />
detto. E mentre lui si riposava, io dovevo lavorare. Finisco<br />
verso le sette di fare il rapporto, me ne stavo andando a casa e<br />
mi chiamano ‘nata vota".<br />
"E che volete, maresciallo. Si disturba sempre la<br />
gente che lavora come a noi".
"Che lavora e che non mangia. È da ieri a pranzo<br />
che vado avanti a caffè, senza toccare l'ombra di un panino,<br />
di una focaccia, niente di niente. I peperoni si saranno<br />
raffreddati, ormai".<br />
"Non mi parlate di peperoni, maresciallo. Io andrei<br />
a mangiare. Che ne dite?"<br />
"E dico che fate bene. Io non mi posso muovere.<br />
Devo aspettare il giudice e chissà quando se ne parla di<br />
mangiare. Però, prima di andare, devo farvi qualche<br />
domanda".<br />
“Vabbuò, vabbuò”, sospirò il commendatore<br />
Moreno, che aggiunse, “Ma ditemi, perché mi avete fatto<br />
chiamare?”<br />
“E come perché? Il cantiere è il vostro, non mio.<br />
Avete idea di chi ci ha messo il morto?”<br />
“Nessuna, maresciallo”.<br />
“C’è stata qualche questione con qualcuno che noi<br />
non sappiamo?” Chiese Turtino maliziosamente.<br />
“Macché! Io non ho tempo per questioni. Lavoro e<br />
basta. Proprio come fate voi”.<br />
“Comunque, non vi faccio perdere tempo…che né<br />
io, né voi ne abbiamo. Se vi viene in mente qualcosa...che<br />
so…un operaio che è stato licenziato, qualcuno che voleva<br />
soldi…una questione qualsiasi, mi avvisate gentilmente”.<br />
Il commendatore Moreno lasciò trapelare solo un<br />
grugnito di assenso. Si alzò dalla sedia e, senza neanche<br />
voltarsi, uscì dalla porta. Turtino aveva fatto prendere<br />
appunti all’appuntato Scapagnin, sistemato di fronte al<br />
computer per registrare le deposizioni. Era dalle otto e mezza<br />
della mattina che il poveretto stava trascrivendo le<br />
testimonianze. Aveva già raccolto le testimonianze di otto<br />
operai, compreso il capocantiere. Mancavano altri due<br />
manovali e Giuseppe Di Dio.<br />
27
Al capocantiere, Turtino aveva chiesto dettagli sulla<br />
costruzione che il Cantiere Moreno stava portando avanti.<br />
"Si tratta di un complesso residenziale da<br />
completare in tre anni, in architettura tipicamente<br />
mediterranea, composto da appartamenti a schiera,<br />
indipendenti su uno o due livelli, disposti a ferro di cavallo<br />
intorno ad un giar<strong>dino</strong>", riferì il capocantiere.<br />
Precisò che si trattava di due gradevoli complessi<br />
distanti l'uno dell'altro un centinaio di metri.<br />
"Ma servono davvero? Voglio dire, servono<br />
davvero edifici tanto grandi in un paese piccolo come<br />
Bigliano?” Chiese Turtino.<br />
"Se li costruiscono è perché servono", rispose con<br />
schiettezza il capocantiere.<br />
"Mi sembra un'esagerazione. ‘Ste case grandi…ma<br />
chi ci deve andare ad abitare? Qui la gente se ne va. Ieri è<br />
emigrata la famiglia di Paolo Fiore. Tutti se ne sono andati,<br />
padre, madre, figlio e figlia. Se ne sono andati a Carpi a<br />
lavorare in un maglificio. Lui qua non faceva niente e non si poteva<br />
campare".<br />
Il capocantiere non fornì nessuna motivazione<br />
particolare, se non che Bigliano si sarebbe sviluppato.<br />
"Sarà opportuno approntare le strutture necessarie<br />
per accogliere eventuali nuovi residenti".<br />
Erano motivazioni ottimistiche, frutto<br />
probabilmente di fiducia eccessiva, ma non potevano essere<br />
escluse a priori.<br />
"Abbiamo appreso la dinamica del ritrovamento<br />
del cadavere. Abbiamo atteso il medico legale per constatare<br />
l'avvenuto decesso e per avere una prima indicazione sulle<br />
cause della morte", riferì l'appuntato Scapagnin al maresciallo<br />
Turtino.<br />
28
Pertanto, alle otto e un quarto, quando Turtino<br />
incontrò De Stefano, già conosceva le cause della morte che,<br />
però, evitò di riferire al maresciallo a riposo.<br />
"De Stefano é stato un collega ma ora non fa più<br />
parte dell'Arma. E poi, questo pari pari va a riferire al circolo".<br />
Alle otto e un quarto, Turtino sapeva anche che<br />
probabilmente si trovava di fronte ad un caso di omicidio. Il<br />
medico legale gli aveva già fornito le sue impressioni, benché<br />
la posizione del cadavere potesse lasciar supporre anche un<br />
possibile suicidio.<br />
"Non solo la posizione, ma anche la dinamica del<br />
colpo può lasciare spazio all'ipotesi che si sia sparato da solo".<br />
La morte era stata provocata da un'emorragia<br />
cerebrale sopravvenuta in seguito ad un colpo di pistola<br />
sparato alla tempia. La pistola, era stata ritrovata vicino al<br />
cadavere, da far pensare che potesse essere stata utilizzata dal<br />
morto stesso. La posizione della pistola aveva lasciato Turtino<br />
nel dubbio.<br />
"Se si fosse trattato di suicidio, la pistola sarebbe<br />
dovuta rimanere nella sua mano destra. Invece, si trova vicino<br />
al corpo ma non nella sua mano destra, come se qualcuno<br />
volesse simulare un suicidio".<br />
Poteva anche essere possibile che, cadendo, la<br />
pistola gli fosse sfuggita di mano, ma già ad una prima<br />
rilevazione tecnica, non sembrava molto plausibile.<br />
Sulla base di questi elementi, il medico legale aveva<br />
optato per l'ipotesi di omicidio, senza escludere quella del<br />
suicidio.<br />
"Mi riservo di fornire la versione ufficiale e<br />
definitiva al più presto".<br />
"Allo stesso tempo, condurremo analisi balistiche<br />
sull’arma", precisò Turtino.<br />
29
Aveva l’impressione che fosse una pistola da tiro<br />
calibro 22, usata soprattutto nei paesi dell’Europa centrale e<br />
orientale.<br />
Intanto, Giuseppe Di Dio attendeva pazientemente<br />
il suo turno. Avrebbe dovuto formalizzare la sua deposizione.<br />
30<br />
"Lo richiede la prassi", gli era stato detto.<br />
Giuseppe era incerto sul significato del termine<br />
prassi, ma la sua limitata capacità di analisi gli aveva fatto<br />
intuire che si trattava di dover attendere ancora, prima di<br />
dover obbligatoriamente parlare con il maresciallo. Solo dopo<br />
sarebbe potuto rientrare a casa. Mentre aspettava, non gli<br />
venne assolutamente in mente che la moglie potesse essere in<br />
pensiero per lui. Infatti, per quanto Antonietta cercasse di<br />
rassicurarla, Maria continuava a pensare al marito.<br />
"E perché non torna? Vuoi vedé che hanno sparato<br />
proprio a lui?"<br />
"Marì, ti avrebbero già chiamato i carabinieri".<br />
Al comando della stazione dei carabinieri, le cose<br />
stavano andando per le lunghe. A ritardare il ritorno di<br />
Giuseppe a casa, contribuì un ulteriore inconveniente.<br />
Qualche minuto prima che Turtino congedasse il<br />
commendatore, giunse in caserma il sostituto procuratore<br />
Arcibaldo De Castro, accompagnato da un autista del<br />
Tribunale di Potenza. Dopo essere sceso dalla macchina, De<br />
Castro volle immediatamente recarsi sul luogo del<br />
ritrovamento del cadavere. Turtino fece chiamare Scapagnin e<br />
si diressero tutti e tre verso il cantiere del commendatore<br />
Moreno. Durante il tragitto, De Castro si fece spiegare da<br />
Turtino la dinamica del ritrovamento e comunicare gli<br />
elementi già noti.<br />
"Giudice, il morto è stato trovato da un operaio<br />
verso le sette. Ha detto che puzzava".<br />
"L'operaio o il morto?"
"Il morto, il morto".<br />
"Puzzava?"<br />
"Fetava che gli veniva quasi da vomitare"<br />
"È vero, Scapagnin, che il morto puzzava?"<br />
"Affermativo, maresciallo", rispose Scapagnin.<br />
"Maresciallo, che mi vuole dire?"<br />
"Giudice, il morto non deve essere morto da questa<br />
mattina. Puzzava e i morti puzzano solo dopo qualche<br />
giorno".<br />
"Cosa ha stabilito il medico legale?”<br />
"Ha detto che il morto doveva essere morto già da<br />
qualche giorno. Ma voi conoscete il dottore meglio di me. Per<br />
fargli dire che il morto non era di giornata ho dovuto<br />
insistere. Se fosse stato per lui, avremmo dovuto aspettare le<br />
analisi e tutto il resto. Gli ho detto, dottore, ma il morto puzza, se<br />
ne sono accorte pure le pietre. E il dottore solo allora ha detto.<br />
Maresciallo, ho il sospetto che abbiate ragione. Vi rendete conto<br />
che…".<br />
"Addirittura giorni, ha detto il medico legale?"<br />
“Beh, il dottore non ha detto proprio così,<br />
figuratevi se lo diceva senza avere le sue analisi. Ha detto che<br />
poteva essere, ma ve lo dico io. Quel morto non è di oggi”.<br />
“E quanti giorni sarebbero, secondo voi?”<br />
"Giorni, giorni, possono essere anche tre giorni,<br />
giudice. Non sono mica medico legale io".<br />
Intanto, Giuseppe che, fino ad allora se ne era stato<br />
seduto sulla panca di fronte all'ufficio del maresciallo Turtino,<br />
si alzò e iniziò a passeggiare nervosamente lungo il corridoio.<br />
In mattinata aveva parlato con Turtino ma non bastava.<br />
Doveva formalizzare le sue dichiarazioni di fronte al sostituto<br />
31
procuratore. Mentre infilava un passo dietro l'altro, pensava<br />
che avrebbe avuto bisogno di affilare i coltelli.<br />
"Devo andare da Zi' Antonio per farmi dare la<br />
carrucola per appendere il porco. Gliel'ho prestata l’anno<br />
scorso".<br />
Pensava al maiale che doveva ammazzare e al<br />
morto che, forse, era stato ammazzato.<br />
Il maiale di Giuseppe Di Dio<br />
Giuseppe venne interrogato da De Castro qualche<br />
minuto prima dell'una, dopo cinque ore di attesa. La<br />
deposizione durò trenta minuti.<br />
"Signor giudice, come già ho raccontato al<br />
maresciallo, stamattina mi trovavo al cantiere. Erano le sette<br />
meno cinque. Ero da solo perché la gente che lavora con me<br />
se la prende comodo. Si alza quando ié già fatto iuorno e si presenta<br />
al cantiere con calma. Io, invece, tengo il porco da governare e mi alzo<br />
quando canta o’ gaddo".<br />
"Continuate, continuate", disse De Castro, che<br />
seguiva con gli occhi sgranati e le mani giunte.<br />
Quel giudice sembrava un prete. Anche lo sguardo<br />
rigido e severo sembrava ricordare quello di Don Sabatino.<br />
"Dunque, faceva freddo e andavo di qua e di là.<br />
Sapete, giudice, faceva freddo assai. Sentivo una strana puzza.<br />
Mi sembrava che avevano ammazzato dieci zoccole e le<br />
avevano tutte infilate dentro una busta, tanto era il fetore. Ho<br />
visto una busta di plastica e, come era da venerdì che non si faticava, ho<br />
pensato che c'era da pulire ‘nata vota o' cantiere. Mi sono avvicinato e,<br />
invece, della busta di plastica, aggio visto o' muorto".<br />
32<br />
"Quando vicino siete andato?"
puzzava".<br />
"Tanto vicino da vedere che c'era nu' muorto che<br />
"E che avete fatto?"<br />
"M'aggio scantato e m'aggio portato le mani vicine al naso.<br />
E come si poteva sopportare quella puzza".<br />
"Avete chiamato qualcuno?"<br />
"No, perché è arrivato il capocantiere e lui ha<br />
chiamato alla caserma".<br />
vedeva".<br />
"Avete riconosciuto il cadavere?"<br />
"No, era appena fatto giorno. Si vedeva e non si<br />
"E che avete visto oltre al cadavere?"<br />
"Niente, signor giudice. Non ho visto niente".<br />
"Ne siete sicuro?"<br />
"E che potevo vedere? Era appena fatto giorno".<br />
"E che c'entra? Se vi siete avvicinato forse avete<br />
potuto vedere anche altro".<br />
"Io avvicinato? Per carità. Mi sono avvicinato un<br />
poco. Poi, ho visto il morto e mi sono allontanato. Ero<br />
scantato. Che può vedere una persona quando è scantata?"<br />
prima.<br />
Il giudice lo guardò con l'espressione severa di<br />
"Anche le persone scantate, come dite voi, possono<br />
vedere. Quindi, se vi dovessero tornare altre cose in mente,<br />
non esitate a rivolgervi alla caserma. Chiamate il maresciallo e<br />
fate presente quello che vi siete ricordato. C'è un morto di<br />
mezzo. Morto e forse ammazzato. Non ve lo scordate".<br />
"Per carità, maresciallo. Come me lo potrei<br />
scordare?"<br />
33
“Maresciallo, io avrei finito”, fece presente De<br />
Castro a Turtino, “non ho altri elementi da chiarire per il<br />
momento con il signor Di Dio”.<br />
34<br />
Turtino ringraziò Giuseppe e lo congedò.<br />
Giuseppe poté finalmente fare ritorno a casa. Maria<br />
nel vederlo, tirò un sospiro di sollievo.<br />
Il giorno seguente, sia Maria che Giuseppe si<br />
alzarono alle quattro e mezzo. Faceva di nuovo freddo, ma<br />
non nevicava.<br />
“Face il freddo giusto per scannare il porco”.<br />
Dopo aver bevuto il caffè d'orzo preparato da<br />
Maria secondo la ricetta di sua nonna, Giuseppe si mise<br />
subito al lavoro.<br />
“Devo preparare il materiale per la macellazione”.<br />
I coltelli li aveva affilati il pomeriggio precedente<br />
ma restavano da preparare le corde e i cordini.<br />
"Bisogna preparare anche il banco di appoggio".<br />
Alle sei in punto giunse Zi' Antonio, accompagnato<br />
da Pinuccio di Gina.<br />
Si fece bollire l'acqua e una volta portata a bollitura,<br />
Giuseppe andò con gli altri nel box in cui era rinchiuso il<br />
maiale. Per renderlo inoffensivo, venne immediatamente<br />
legato il muso con un cor<strong>dino</strong>. Con un'altra corda, Zi'<br />
Antonio gli legò le zampe posteriori.<br />
"Pote camminare ma non correre".<br />
Venne portato fuori dal box verso lo scannatoio.<br />
Esattamente alle sette e venticinque, fu issato sul banco da<br />
quattro persone. Dopo pochi minuti, venne scannato con un<br />
coltello dalla lama lunga e fine, conficcatagli nel collo.<br />
Antonietta, che seguiva da lontano, si avvicinò al banco per<br />
raccogliere il sangue.
“Ne serve tanto per preparare il sanguinaccio, che<br />
tanto piace a Ziza”.<br />
Maria, invece, iniziò a portare le pignate con l'acqua<br />
calda per pelare l’animale. Faceva la spola tra la cucina e lo<br />
scannatoio.<br />
"L'acqua in ebollizione deve essere usata con<br />
cautela e versata picca a picca per non scottare la pelle".<br />
Giuseppe radeva il pelo con il coltello per eliminare<br />
completamente le setole.<br />
più.<br />
"Pigliamo o' café", disse Giuseppe, che non ne poteva<br />
"Aggio messo le piedi di lu puorco inda la pignata per farli<br />
ammosciare. Aspettiamo ancora ‘nato poco per o’ café", disse Zi'<br />
Antonio.<br />
"Anto', io aggio passato due giorni difficili, nu' muorto ieri e<br />
nato muorto iosci".<br />
"Zi' Anto', pigliamo o' café e poi finimmo di tirare li<br />
zoccoli", disse Pinuccio di Gina.<br />
"Facimmo come volete voi", rispose Zi' Antonio.<br />
Quel maiale era stato particolarmente resistente e<br />
non era stato facile condurlo allo scannatoio. Pesava oltre<br />
duecento chili e i quattro, che lo avevano preso nel box,<br />
avevano dovuto fare molta fatica per immobilizzarlo.<br />
"Eh, che bella carne che amo fatto", fece notare Maria,<br />
mentre preparava il caffè.<br />
"Stavolta faremo delle belle salsicce", rispose<br />
Antonietta.<br />
"Non c'è niente da fa'. Quando o' maiale è allevato<br />
all'aria aperta e si mangia la roba bona, ti puoi leccare i baffi<br />
con la carne e le salsicce".<br />
35
"Altro che la carne di Giovannino o' macellaio.<br />
Quello compra carne di importazione. 'Na schifezza di carne.<br />
Intendiamoci, non perché non sia bona al gusto, ma chi ti può<br />
dare la certezza che li maiali so' allevati come si deve? "<br />
36<br />
"E chi te la vuole da'", rispose Giuseppe, sconsolato.<br />
La carcassa era ormai pronta per la macellazione<br />
vera e propria. Giuseppe praticò dei tagli alla base degli arti<br />
posteriori del maiale per legarlo alla corda della carrucola.<br />
Effettuò un taglio sul ventre della carcassa per estrarre le<br />
interiora. Passò alla divisione in mezzene, eseguendo un taglio<br />
lungo la colonna vertebrale. Usò l'accetta che aveva fatto<br />
affilare a Zi' Antonio. Maria lo assisteva e, dopo aver ottenuto<br />
le mezzene, le ripose nella cantina. Antonietta, intanto, aveva<br />
iniziato a lavare gli intestini, che avrebbe conservato in acqua<br />
e limone per insaccare le salsicce e le soprassate.<br />
Mentre si mangiavano i firriciddi, la conversazione<br />
fu piuttosto languida e di circostanza. Tutti mangiarono di<br />
gusto e ben quattro commensali fecero il bis. Si bevve del<br />
vino rosso, piuttosto robusto. Erano trascorse ventiquattro<br />
ore dal ritrovamento del cadavere e trentasei dalla sparatoria<br />
contro la casa di Mimmo o' greco.<br />
"Me'…mò ne ai cuntà quello ca ié successo ieri", chiese<br />
Antonietta con curiosità.<br />
Giuseppe, dopo aver scolato completamente il<br />
bicchiere, iniziò a parlare. Non si riusciva a capire se parlasse<br />
sotto l'effetto dello scanto, che aveva preso il giorno prima,<br />
oppure del vino rosso.<br />
"Ié stata 'na matinata disgraziata. Mai in vita mia avìa<br />
trovato 'nu muorto sparato. Era capitato tanti anni fa, quando<br />
spararono a Sante ma non ero stato io a trovarlo. Era stato<br />
Ciccillo o' ferraro a trova' o’ muorto. Inda o’ fossato, l'aveva trovato.<br />
Si era scantato e si era scordato di avvisa' li carabinieri. Alla sera,<br />
i carabinieri andarono da Ciccillo e l'arrestarono".<br />
"E che c'entra la storia di Sante?"
"Come che c'entra la storia di Sante? Allora non<br />
avete capito come funzionano le cose? Alla fine arrestano<br />
sempre chi ha trovato il morto".<br />
"Arrestarono a Ciccillo perché o' disgraziato aveva<br />
sparato a Sante. Se la faceva con la moglie. Era 'na storia di<br />
corna e tutti lo sapevano".<br />
"E chi l’ha detto?"<br />
"I carabinieri l'hanno detto".<br />
"Ecco, i carabinieri!…Ma non Ciccillo. O’disgraziato<br />
ha sempre detto che aveva trovato o' muorto e che si era<br />
dimenticato di avvisare la legge".<br />
"Peppì, o' cristiano era stato ammazzato da Ciccillo.<br />
Per questo o’ disgraziato, come lo chiami tu, si era dimenticato<br />
di avvisare la legge".<br />
"Cari miei, quando si ha a che fare con la legge, si<br />
perde sempre. Ciccillo è finito in galera per venti anni e, se<br />
non era per la buona condotta, ancora se ne stava a<br />
Bethlemme di Potenza".<br />
"E tu che c'entri?"<br />
"Io ho trovato il morto, cari miei, e la prima cosa<br />
che mi è venuta in mente è stato Ciccillo. Non voglio fa' a fine di<br />
Ciccillo. Per questo m'aggio scantato. Non m'aggio mica scantato per o'<br />
muorto. Ho pensato, questi mi arrestano come a Ciccillo. Me ne<br />
stavo fuscendo, quando è arrivato o' capocantiere e aggio dovuto<br />
dire che avevo trovato il morto".<br />
"E hai chiamato alla caserma?"<br />
"Macché! Lui ha chiamato la caserma. Io non ci<br />
tenevo a fare la fine di Ciccillo. E quando i carabinieri mi<br />
hanno chiesto se io avevo trovato il morto, io ho detto, si è<br />
vero, ma è stato il capocantiere a fare la telefonata. È per questo che<br />
non mi hanno arrestato. Perché non sanno chi l'ha trovato<br />
veramente".<br />
37
38<br />
"Peppì, sto' vino rosso ti ha dato inda ‘a capa".<br />
"Ma quale vino rosso? Io ci tengo alla mia libertà.<br />
Che matinata disgraziata!" Aggiunse Giuseppe.<br />
"Disgraziato è o' muorto che non torna cchiù", sospirò<br />
Antonietta.<br />
"E che vuole tornare. L'avevano sistemato per<br />
bene. Si vedeva ancora il sangue vicino la faccia. Gli avevano<br />
spappolato il cervello, la bocca e il naso. C'era sangue<br />
dappertutto e poi le scarpe sopra la panza".<br />
"E che ci facevano le scarpe sopra la panza?"<br />
"Forse il morto dopo essere stato sparato si è tolto<br />
le scarpe per poter entrare nella bara. Si tratta di un morto<br />
educato", disse sorridendo Pinuccio di Gina.<br />
"Può essere", ribadì Zi' Antonio, allargando la<br />
bocca e infilando una grossa salsiccia appena arrostita.<br />
"E poi le carte che teneva inda la saccoccia. Le ho viste e me<br />
le sono pigliate".<br />
"E perché?"<br />
"Perché io non voglio fa' a fine di Ciccillo. Meno cose si<br />
sanno e meglio è, cari miei".<br />
Il suo racconto divergeva dalla dichiarazione, che<br />
aveva reso ai carabinieri, ma se si fosse limitato a citare le<br />
cose dette in caserma, allora il racconto sarebbe finito nel giro<br />
di pochi minuti.<br />
"E in caserma che ti hanno detto?"<br />
"Il maresciallo diceva, come lo hai trovato? Dove<br />
lo hai trovato? A che ora lo hai trovato? E cosa hai fatto? E<br />
cosa non hai fatto? Mi aveva fatto la testa quanto 'nu pallone.<br />
'Na stanchezza…e poi il giudice, come lo hai trovato? Dove lo<br />
hai trovato? Sempre le stesse domande. Cinque ore ad<br />
aspettare per dire sempre le stesse cose".
"La legge, la legge", intervene Pinuccio di Gina,<br />
“questa è la legge, purtroppo!”<br />
"La legge de li poveri. È arrivato o' commendatore e<br />
cinque minuti e via".<br />
"Peppì, ma il cadavere l'hai trovato tu, mica il<br />
commendatore".<br />
"E ve lo avevo detto. Alla fine si rischia di andare<br />
in galera. Chi trova il cadavere è sempre tartassato. Per questo<br />
meno cose dici ai carabinieri e meglio stai".<br />
Giuseppe non poteva immaginare che il suo<br />
racconto sarebbe stato ripreso da Antonietta e diffuso, con<br />
tutte le imprecisioni di cui era intriso, nell'intero paese.<br />
I figli di Peppino di scumaredda<br />
Mentre a casa di Giuseppe si decidevano le parti<br />
del maiale da utilizzare, tutti i biglianesi erano venuti a<br />
conoscenza dell'identità del cadavere, ritrovato il giorno<br />
precedente. Si trattava di Michele Dolce. Un uomo di<br />
cinquanta anni, sposato con Franca Montervino e padre di<br />
due figli di ventisette e ventiquattro anni.<br />
A Bigliano, Michele Dolce era conosciuto, ma non<br />
tanto. Era uno di quelli che non faceva vita sociale. Non<br />
frequentava il circolo ma neanche il bar di Ciaramella. Non<br />
passeggiava lungo il corso la sera del sabato, né andava a<br />
messa la domenica. Ai matrimoni, in genere, presenziava la<br />
moglie, tranne quando si sposavano i membri della famiglia.<br />
Era capitato una sola volta che non avesse partecipato al<br />
matrimonio di un familiare.<br />
“Successo tre anni fa, quando Michele ebbe<br />
problemi al fegato”, ricordò Franca.<br />
39
ostico.<br />
40<br />
I biglianesi pensavano che Michele fosse un uomo<br />
“In realtà, Michele é stato un uomo molto timido.<br />
Non gli piaceva apparire e la presenza della gente intorno lo<br />
metteva in imbarazzo”.<br />
Aveva difficoltà nell'approccio.<br />
“Non sapeva bene come modulare il tono della<br />
voce. A volte, era troppo basso e non riusciva a farsi<br />
intendere”.<br />
Anche quando conobbe Franca, la moglie, fece<br />
fatica. I suoi due figli non avevano grandi aspirazioni. Il<br />
primo amava raccogliere funghi, mentre il secondo si<br />
dedicava a lavorare il legno. Entrambi, però, avevano<br />
capitalizzato le loro passioni.<br />
“Paolo ha un'azienda agricola, che produce funghi<br />
e poi li commercializza in Lucania, mentre Ernesto fa il<br />
restauratore di mobili antichi”.<br />
In comune con il padre ucciso avevano l'interesse a<br />
vivere in un mondo sano.<br />
Michele era nato a metà degli anni cinquanta ed era<br />
cresciuto nei vicoli di Bigliano. La casa dei suoi genitori si<br />
trovava a metà di Via Margherita di Savoia. Costruita in pietra<br />
un secolo prima, era stata rinnovata più volte.<br />
“I muri portanti sono molto spessi. Resistenti al<br />
freddo d'inverno, mantengono l’ambiente fresco d'estate”.<br />
La casa di Michele aveva perso progressivamente<br />
valore, mentre gli appartamenti nuovi con garage costavano<br />
sempre di più. Era un segno della modernità, mentre i vicoli<br />
rappresentavano un segno di antico. I figli di Michele Dolce<br />
la pensavano diversamente.<br />
“Abitare nelle strettole ti fa sentire in grazia di Dio”.
Ricevettero la notizia della morte del padre quando<br />
già avevano iniziato a lavorare.<br />
“Lo hanno visto, per l'ultima volta, tre sere prima<br />
per parlare di affari”, riferì la madre.<br />
“Poi, sono rientrato a casa”, dichiarò Paolo.<br />
“Sono uscito a bere una birra nel bar di<br />
Ciaramella”, ricordò Ernesto, precisando, “come faccio di<br />
solito”.<br />
La sera prima del ritrovamento del cadavere,<br />
Ernesto udì gli spari contro Mimmo o' greco, proprio mentre<br />
si trovava da Ciaramella.<br />
“Ebbi la sensazione forte che si trattasse di due<br />
botti. Se non fosse stato per lo scanto di Giannino, non mi sarei<br />
neanche alzato dalla sedia”.<br />
“Da quando tempo, non vedeva suo padre? Gli<br />
chiese Turtino.<br />
“Da tre giorni”, rispose, confermando la versione<br />
della madre.<br />
“E non era preoccupato?”<br />
“Preoccupato per cosa? Non era la prima volta che<br />
scompariva, senza dare notizie. Si rinchiudeva nella sua casa<br />
di casa di campagna, l’unico posto che lo facesse sentire se<br />
stesso”.<br />
La notizia della morte di Michele colse di sorpresa<br />
entrambi i figli, ma mentre Ernesto scoppiò in lacrime, Paolo<br />
rimase come impietrito. Non si fece sfuggire neanche una<br />
lacrime, né quel giorno, né il giorno seguente, né il giorno del<br />
funerale. Ernesto, invece, pianse molto non solo quando<br />
apprese la notizia, ma anche il giorno seguente. Il giorno del<br />
funerale, invece, non pianse. Si mostrò molto pensieroso, fin<br />
dalla mattina. Si svegliò intorno alle sette.<br />
41
mente”.<br />
42<br />
“Ho dormito poco e male. Mille ricordi nella mia<br />
Ripensando al padre e rivivendo la vita che aveva<br />
fatto nei vicoli, Ernesto ricomponeva la scenografia della sua<br />
strada. Tanti volti che l’avevano animata, erano scomparsi.<br />
"Papà ha raggiunto quelli che non ci sono più".<br />
Ernesto aveva sempre temuto di vivere il momento<br />
in cui sarebbe stato abbandonato dal padre, ma non avrebbe<br />
mai potuto immaginare che quel momento potesse giungere<br />
così presto e, soprattutto, in maniera tanto dolorosa e<br />
inaspettata.<br />
Di fronte la casa di Ernesto, un tempo c’era la<br />
bottega di Arnaldo o’scarparo.<br />
"Si era trovato il mestiere appiccicato addosso.<br />
Aveva molti clienti perché lavorava bene, ma non guadagnava<br />
tanto".<br />
Non si era mai sposato ma della sua vita<br />
sentimentale non importava nulla a nessuno. Molto più<br />
interessante era, invece, la vita di Peppino di Scumaredda, che<br />
aveva la sua bottega da falegname non lontano da quella di<br />
Arnaldo.<br />
"Guadagnava più dello scarparo e aveva anche<br />
trovato moglie".<br />
Si era sposato giovane e sua moglie aveva avuto<br />
due figli. Uno dei due figli era Mimmo o' greco. Di Mimmo e<br />
della sorella non si sapeva se fossero davvero figli di Peppino,<br />
perché erano nati nel periodo in cui Peppino si trovava in<br />
Svizzera.<br />
"I biglianesi avevano fatto i conti a partire dal suo<br />
matrimonio, ma i conti non tornavano".<br />
In realtà, i conti potevano anche tornare, ma si<br />
sarebbe dovuto tenere conto di alcune circostanze.
"Peppino si sposò con Filomena il 16 giugno alle<br />
ore undici. Era un sabato e faceva caldo. Partì per la Svizzera<br />
il 26 giugno, esattamente dieci giorni dopo il matrimonio. La<br />
prima figlia di Peppino nacque il 2 aprile dell’anno<br />
successivo”.<br />
Erano, pertanto, trascorsi quasi venti giorni in più<br />
rispetto alla scadenza naturale, se la bambina fosse stata<br />
concepita la sera stessa delle nozze. Se, invece, fosse stata<br />
concepita la sera prima della partenza di Peppino, sarebbero<br />
trascorsi dieci giorni in più della scadenza naturale.<br />
“Si poteva sempre pensare che il parto fosse stato<br />
ritardato a causa di eventi naturali, ma permaneva l'incertezza.<br />
Si trattava di dieci giorni, non di uno o due".<br />
I biglianesi avevano fatto subito i conti e avevano<br />
realizzato che esistevano i margini per approfondire il<br />
discorso e esercitare il beneficio del dubbio.<br />
"Era da ritenersi poco plausibile che la moglie<br />
avesse tradito Peppino, dopo solo pochi giorni dalla sua<br />
partenza, ma nessuno poteva mettere la mano sul fuoco".<br />
Si trattava di pochi giorni di differenza e sarebbe<br />
stato meglio soprassedere, se anche la nascita del secondo<br />
figlio di Peppino, Mimmo, non fosse stata per certi versi<br />
anomala.<br />
"Il bambino nacque mentre Peppino si trovava<br />
ancora in Svizzera, esattamente un anno e sei mesi dopo la<br />
nascita della prima figlia".<br />
I biglianesi avevano di nuovo fatto i conti e<br />
sembrava che anche in questo caso ci fossero gli estremi per<br />
dubitare.<br />
"Il bambino poteva essere realmente di Peppino<br />
solo nel caso in cui Peppino fosse stato a Bigliano al<br />
momento del concepimento, che si doveva far risalire<br />
all’inizio di gennaio. In effetti, Peppino era stato a Bigliano<br />
43
per Natale, ma già il 30 dicembre era dovuto ripartire per la<br />
Svizzera".<br />
Si riproponeva il problema del ritardo, che si era già<br />
posto in occasione della nascita del primo figlio. I biglianesi<br />
pensarono che due episodi simili ad una stessa donna fosse<br />
troppo. Tuttavia, anche in occasione della seconda nascita, i<br />
tempi erano talmente stretti che sarebbero potuti apparire<br />
plausibili. I biglianesi conclusero che i due bambini fossero da<br />
attribuirsi a Peppino, ma con qualche riserva.<br />
La sera in cui si verificò la sparatoria ai danni di<br />
Mimmo o' greco, la questione sulla paternità, ritornò di<br />
attualità. Peppino era morto da tempo, ma tanti biglianesi, che<br />
ricordavano per intero la faccenda, erano ancora vivi.<br />
"Capita sempre ai figli di puttana", disse 'A sfollata<br />
che, in fatto di puttanamenti, ne sapeva sicuramente più di altri.<br />
"In paese si diceva che ce l'avesse con Mimmo,<br />
perché Peppino di scumaredda l'aveva sedotta e abbandonata,<br />
prima che sposasse la moglie. L'aveva portata in un casale, in<br />
campagna, e l'aveva sverginata. Peppino aveva sempre negato<br />
ma 'A sfollata dava la colpa della sua solitudine a<br />
quell'episodio".<br />
Che fosse vero o meno, era un dato di fatto che la<br />
povera sfollata non fosse stata voluta in matrimonio da<br />
nessuno.<br />
Il giorno del funerale, Ernesto pensò a Peppino,<br />
anche se la sua bottega era chiusa da tempo. Avrebbe pensato<br />
anche ad altri cristiani di Via Margherita di Savoia, se il flusso<br />
dei ricordi non fosse stato interrotto dalle campane della<br />
chiesa, che suonavano a morto. La salma giunse direttamente<br />
dall’ospedale di Potenza, dove era stata eseguita l’autopsia.<br />
"I risultati ufficiali saranno resi noti dopo qualche<br />
giorno, ma le cause della morte di Michele Dolce sono, ormai,<br />
abbastanza chiare", disse Turtino.<br />
44<br />
"Omicidio?" Chiese conferma De Castro.
"Omicidio!" ribadì Turtino.<br />
Entrò in chiesa alle dieci e quaranta, con dieci<br />
minuti di ritardo rispetto all’orario stabilito. Ernesto si mise<br />
alla sinistra della madre. La destra fu occupata da Paolo, a sua<br />
volta sostenuto dalla moglie. L’omelia di don Sabatino fu<br />
molto accorata. Venne espressa compassione per i familiari,<br />
ma anche desiderio di giustizia.<br />
“La violenza si sta impadronendo anche dei piccoli<br />
paesi della nostra Lucania. È colpa del disagio sociale e della<br />
politica che non offre risposte”.<br />
Alla fine della funzione religiosa, don Sabatino<br />
benedì la bara e fece le condoglianze ai parenti. Abbracciò<br />
tutti, Ernesto, Paolo e la moglie, Franca. I biglianesi si misero<br />
in fila per le condoglianze ai parenti, posizionati in fondo alla<br />
chiesa. Tutti passavano e stringevano la mano a Paolo e<br />
Ernesto. Qualcuno li abbracciava. Quasi tutti, invece,<br />
abbracciarono la madre. Quando anche l'ultimo biglianese<br />
ebbe stretto la mano di Ernesto e Paolo e abbracciato Franca,<br />
si poté portare la bara nel carro funebre, che attendeva con la<br />
portiera aperta davanti alla chiesa. Si procedette mestamente<br />
fino al cimitero.<br />
I passi di Ernesto si incrociavano con quelli di<br />
Paolo, mentre il carro funebre scivolava lungo le strettole del<br />
paese. A metà strada, iniziò a piovere. Ernesto e Paolo<br />
lasciarono che la pioggia li bagnasse. Giunti al cimitero, il<br />
carro funebre si arrestò dolcemente. La bara venne prelevata<br />
dal carro funebre e girata in direzione del paese.<br />
"Era una volontà espressa da Michele. Il giorno in<br />
cui lo avrebbero portato al cimitero, prima di essere<br />
seppellito, avrebbe voluto vedere per l’ultima volta Bigliano",<br />
spiegò don Sabatino.<br />
Michele non faceva vita sociale ma amava molto il<br />
suo paese.<br />
45
"Ho provato con ogni mezzo a difenderlo<br />
dall’invadenza dei novelli barbari", disse il figlio, Paolo.<br />
I novelli barbari non erano più i pseudo capitani<br />
d’industria del nord che la democrazia cristiana aveva spinto<br />
verso la Lucania sull'onda della industrializzazione fittizia<br />
degli anni settanta, ma i grandi cercatori di petrolio.<br />
"Bastardi! Si sono gettati come falchi sulle<br />
ricchezze del sottosuolo biglianese per speculare sugli<br />
incentivi offerti dallo stato, lasciando solo detriti".<br />
Michele aveva continuato a vivere sulla sua terra,<br />
nonostante i biglianesi avessero svenduto i terreni ai falchi del<br />
petrolio.<br />
46<br />
"Sono contento! Michele Dolce non si sposta".<br />
Non era felice di quello che stava accadendo agli<br />
altri, ma era soddisfatto per non averla data vinta alla<br />
Compagnia delle perforazioni, sebbene il suo terreno non avesse<br />
più valore dal punto di vista agricolo.<br />
Dopo aver consentito a Michele di vedere per<br />
l’ultima volta Bigliano, la bara venne di nuovo girata per<br />
mantenere la tradizione di far entrare il morto al camposanto<br />
prima con i piedi e poi con la testa. In attesa della sepoltura,<br />
prevista per il giorno seguente, la famiglia rientrò a casa.<br />
Ernesto ripassò davanti le botteghe di Arnaldo e Peppino.<br />
Non esistevano più.<br />
"La morte di papà chiude definitivamente un’epoca<br />
della mia vita", pensò.<br />
Entrò in casa, socchiuse la porta dietro di sé e si<br />
diresse direttamente nella camera da letto, che il padre aveva<br />
condiviso con la madre.<br />
"È organizzata ancora come se in questa stanza<br />
dovesse vivere una coppia".<br />
C’era una camicia di Michele su una sedia ed il suo<br />
profumo sul comò. Piegate sul letto, due maglie intime
ianche. Vicino al como<strong>dino</strong>, dal lato in cui dormiva Michele,<br />
le pantofole, ordinate con la punta dirette verso la porta.<br />
Ernesto interpretò quella posizione come un cattivo presagio.<br />
"Le punta delle scarpe o delle pantofole dirette<br />
verso la porta mi hanno sempre portato male".<br />
Ernesto aprì l’anta destra dell’armadio che<br />
corrispondeva al lato in cui Michele aveva i suoi capi<br />
d’abbigliamento. Aprì il cassetto che si trovava giusto a metà<br />
e tirò fuori un vecchio carillon.<br />
"Lo hanno comprato quando sono stati in viaggio<br />
di nozze a Venezia, quasi trenta fa".<br />
Gli era capitato di farlo suonare un pomeriggio di<br />
primavera, mentre dalla finestra poteva vedere le rondini<br />
volare e il sole lentamente piegarsi dietro i monti all’orizzonte.<br />
"Si stava davvero in grazia in Dio".<br />
Il padre non c’era più e non ci sarebbe più stato. Il<br />
carillon era davanti a lui. Era tentato dal farlo suonare.<br />
Avrebbe voluto struggersi nel ricordo dei giorni felici, che<br />
non avrebbe più avuto. Lo guardò intensamente, poi lo prese<br />
tra le mani. Stava per far girare la manovella che si trovava<br />
sulla destra e, invece, si fermò. Depose il carillon e andò via<br />
dalla stanza.<br />
La decisione del caporedattore<br />
Il maresciallo Turtino continuava le indagini. Il<br />
giorno del funerale fece il punto della situazione con il<br />
sostituto procuratore, De Castro, che lo aveva convocato a<br />
Potenza.<br />
"A che punto sei, maresciallo?"Chiese De Castro.<br />
"Non saprei, giudice", balbettò Turtino.<br />
47
"E che cacchio!" Rispose De Castro, "una sparatoria,<br />
un morto e tu non sapresti".<br />
niente".<br />
48<br />
"Giudice, nessuno sa niente e nessuno ha visto<br />
"Manco fosse la Sicilia, maresciallo".<br />
"La Sicilia? A Bigliano è peggio. La gente pensa che<br />
in Sicilia la gente si ammazza, viene trovata nei cantieri e che<br />
a Bigliano c'è l'isola felice. La verità è che in Sicilia la gente si<br />
ammazza ma almeno si sa chi l'ammazza. C'è la mafia. Qui,<br />
chi cacchio è che ammazza la gente? La gente nun sape, nun<br />
vede".<br />
“La pistola?”<br />
“La pistola?"<br />
"L'arma del delitto, maresciallo".<br />
"Una pistola da tiro calibro 22, matricola raschiata<br />
e senza impronte. Utilizzata nei paesi dell’Europa centrale e<br />
orientale. La simulazione del suicidio era grossolana”.<br />
"Maresciallo, io me ne fotto delle simulazioni. Mi<br />
dovete dire come sono andate le cose nella realtà. Lo<br />
stipendio lo prendete e allora mi dovete dire a che punto<br />
siamo".<br />
"Stavo dicendo, appunto…non saprei. Non saprei<br />
se la sparatoria del Mimmo Telesca va per i cacchi suoi rispetto<br />
alla morte del Michele Dolce".<br />
"Pensate che i fatti siano scollegati?"<br />
"E come si fa a collegarli, giudice? Mimmo Telesca<br />
non ha mai fatto male a nessuno. Michele Dolce nemmeno".<br />
"E allora? Che mi vuoi dire? Che c'è un serial killer<br />
che si è svegliato una sera, ha cercato di ammazzare Mimmo<br />
Telesca, non ci è riuscito e il giorno dopo ha fatto fuori<br />
Michele Dolce?"
"Non saprei".<br />
“Non saprei, non saprei…maresciallo, ma mi<br />
prendi per un fesso. Che siamo a New York? Abbiamo i serial<br />
killer noi?"<br />
Il maresciallo Turtino ascoltava lo sfogo del<br />
sostituto procuratore.<br />
Pensava, "Cosa ho detto di male? Che non so se i due fatti<br />
so' collegati? Ma come faccio a saperlo? Ho appena iniziato le indagini e<br />
sto' stronzo di giudice già mi vuole i risultati".<br />
Avrebbe voluto sbattergli la porta in faccia e<br />
tornare a Bigliano, invece, era costretto a spiegare.<br />
Riferì a De Castro che dagli interrogatori degli<br />
operai del cantiere non era stato possibile estrapolare nessuna<br />
informazione di rilievo. Nessuno di loro aveva visto niente di<br />
più rispetto alla scena del crimine, che si era presentata agli<br />
occhi dei carabinieri, sopraggiunti sul posto.<br />
"I figli li avete sentiti?"<br />
"Giudice, c'è stato il funerale. Non mi sembrava<br />
gentile disturbarli. Ho fatto giusto qualche domanda".<br />
"Che significa che non vi sembrava gentile?<br />
Maresciallo, vi ricordo per l'ennesima volta che questa volta<br />
c'è scappato un morto".<br />
"Giudice, io me lo ricordo bene ma datemi il<br />
tempo di fare le indagini. I figli stanno qui a Bigliano, non in<br />
cima al mondo. Non li abbiamo ancora interrogati ma lo<br />
faremo sicuramente con calma".<br />
"Ma quale calma? Fammi il piacere, Turtino",<br />
bisogna lavorare con maggior impegno. Sono molto deluso.<br />
Indagate più a fondo nella vita di Michele Dolce. Non può<br />
essere stato ammazzato senza alcun motivo”.<br />
49
Qualcosa doveva esserci e Turtino avrebbe dovuto<br />
scoprirlo. Almeno avrebbe dovuto fornirgli elementi su cui<br />
lavorare.<br />
“Maresciallo dobbiamo almeno essere in grado di<br />
poter costruire delle ipotesi…hai capito, maresciallo?” Disse<br />
De Castro a Turtino, prima di congedarlo.<br />
Lo chiamò due volte maresciallo nella stessa frase.<br />
Era il segno che Turtino avrebbe dovuto fare uno sforzo<br />
supplementare per soddisfare il sostituto procuratore.<br />
“Non vi preoccupate, giudice. Tutto quello che<br />
deve essere fatto, sarà fatto”.<br />
“Lo spero bene”, chiosò De Castro, aprendo la<br />
porta al maresciallo.<br />
Turtino uscì dall’ufficio della procura. Percorse il<br />
lungo corridoio che lo separava dall’uscita con il volto<br />
corrucciato, “a questo gli serve il colpevole e io dove lo trovo<br />
il colpevole? Gli devo indicare la pista e quale pista gli indico?<br />
Sono dodici anni che vivo a Bigliano e io manco lo<br />
conoscevo ‘sto Michele Dolce. Se ne stava per i cacchi suoi.<br />
Esce fuori per farsi ammazzare e io gli dovrei dire chi lo ha<br />
ammazzato? Quell’altro stronzo si fa sparare. Per fortuna che<br />
almeno quell’altro non si è fatto ammazzare. Dovevo trovare<br />
due colpevoli e io dove li trovo due colpevoli a Bigliano.<br />
Facessi il maresciallo a Milano, a Roma, a Napoli, sai quanti<br />
colpevoli potrei trovare. Ma qui, a Bigliano, dove li trovo?”.<br />
Mentre Turtino rifletteva a voce bassa, una sagoma<br />
conosciuta attraversava il corridoio in senso contrario.<br />
50<br />
“Buongiorno, maresciallo!”<br />
“Buongiorno, cancelliere!”<br />
Era il cancelliere Galasso di Pietragalla. Turtino lo<br />
aveva incontrato più volte, durante le sue missioni a Potenza.<br />
“Maresciallo, vi vedo sempre più spesso in<br />
tribunale”.
“Purtroppo, cancelliere. Questa mattina mi sono<br />
dovuto svegliare alle cinque per andare a pescare. Alle otto<br />
dovevo essere già a Potenza. De Castro si è messo in testa di<br />
risolvere un caso spinoso che due biglianesi mi hanno<br />
combinato in quattro e quattro otto”.<br />
“E che combinano questi biglianesi?”<br />
“E che possono combinare? Uno si è fatto sparare,<br />
un altro addirittura ammazzare. Quello che si è fatto sparare<br />
lo conosco bene, ma l’altro chi lo ha mai visto?”<br />
“La vita dei marescialli dei piccoli paesi si è fatta<br />
difficile”.<br />
“Potete ben dirlo. Qualsiasi cosa capita, se la deve<br />
vedere il maresciallo. Ammazzano e chiamano il maresciallo,<br />
sparano e chiamano il maresciallo, si sposa un cristiano, che<br />
uno manco conosce, e chiamano il maresciallo, mettono la<br />
corona ai caduti e chiamano il maresciallo. Ditemi, che vita è<br />
questa?”.<br />
“Ve l’ho detto…è dura la vita dei marescialli dei<br />
piccoli paesi”.<br />
“Facessi il maresciallo a Roma o Milano, me ne<br />
starei tranquillo nel mio ufficio e, se proprio capitasse una<br />
cosa brutta, si potrebbe cercare tra tanta gente. Tra tanta<br />
gente un paio di criminali escono sempre. Invece, 'sto giudice<br />
vuole che io, due criminali, li devo trovare a Bigliano”.<br />
“Ma voi fateglielo capire che le indagini sono<br />
difficili, che so io…ditegli che la gente non collabora”.<br />
“Niente, non lo vuole capire. A questo punto, non<br />
mi resta che inventarmi una pista. Il giudice vuole una pista e<br />
io mi invento una pista”.<br />
Il cancelliere annuiva ad ogni frase del maresciallo.<br />
Turtino si sentì confortato.<br />
pensò.<br />
“Almeno ho trovato uno che ragiona in questo tribunale”,<br />
51
Turtino si sentì rinfrancato. Qualche minuto prima,<br />
era uscito dall’ufficio di De Castro con il morale sotto i<br />
tacchi.<br />
"Il sostituto procuratore non apprezza i sacrifici<br />
che ho fatto. La nottata dopo la sparatoria contro Mimmo o’<br />
greco, non ho mangiato per un giorno intero, rinunciando ai<br />
peperoni, che desideravo da una settimana. Ho fatto sacrifici<br />
che De Castro non ha nemmeno preso in considerazione.<br />
Non c'è niente da fare. Il maresciallo é un lavoro con tanti<br />
sacrifici e poche gratifiche. Per fortuna che non manca molto<br />
alla pensione".<br />
Intanto, per evitare che De Castro gli potesse<br />
rovinare gli ultimi anni di servizio, doveva necessariamente<br />
trovare una pista. Fece convocare tutti quelli che<br />
conoscevano Michele Dolce, ad iniziare dai figli, Paolo e<br />
Ernesto, che vennero interrogati lo stesso giorno.<br />
Turtino, che non se la sentiva di tormentarli oltre il<br />
dovuto, evitò di convocarli in caserma.<br />
"Non mi sembra gentile", aveva detto al sostituto<br />
procuratore.<br />
Sarebbe stato lui a incomodarsi e a raggiungerli sui<br />
rispettivi posti di lavoro. Non volle neanche usare la volante<br />
di servizio.<br />
52<br />
"Li raggiungo a piedi".<br />
Incontrò per primo Paolo.<br />
“Mi dovete scusare, ma se fosse stato per me io<br />
non sarei neanche venuto ad incomodarvi. Posso capire bene<br />
come state e partecipo al vostro dolore. Un padre è sempre<br />
un padre. Io persi il mio quando avevo solo quindici anni.<br />
Posso capire la sofferenza che vi accompagna in questo<br />
momento”.<br />
“Siete gentile, maresciallo”, gli rispose Paolo.
Stava selezionando i funghi, che aveva trovato la<br />
mattina. Li divideva per specie e gettava quelli che non gli<br />
sembravano buoni. Turtino gli si era avvicinato. Si era seduto<br />
sulla prima sedia che aveva trovato libera. Per arrivare a casa<br />
di Paolo, aveva dovuto fare una leggera salita e ora ansimava.<br />
Parlava e ansimava.<br />
“Come vi stavo dicendo, il giudice desidera che si<br />
facciano indagini approfondite e voi siete i figli…potete<br />
capire, pertanto, la ragione per cui mi dispiace incomodarvi”.<br />
“Maresciallo, io non capisco. Posso dirvi solo<br />
questo. Non capisco”.<br />
“Cosa non capite? La ragione per cui vi sto<br />
incomodando?”<br />
“No. Non capisco perché sia stato ammazzato un<br />
uomo buono come mio padre, che non faceva male ad una<br />
mosca. Voi non lo avete conosciuto ma chiedete in giro alla<br />
gente che lo ha conosciuto. Un pezzo di pane. Hanno<br />
ammazzato un pezzo di pane”.<br />
“Il problema è proprio questo. Io l’ho detto pure al<br />
giudice. Avessero ammazzato un disgraziato, un delinquente,<br />
io avrei già trovato il colpevole. Il giudice non me lo doveva<br />
nemmeno chiedere. Due giorni e sarei andato io in persona a<br />
Potenza con il colpevole in catena. Glielo avrei portato nel<br />
suo ufficio. Invece, la buonanima di vostro padre era, come<br />
dite voi, una persona buona. E allora tutto diventa più<br />
complicato”.<br />
Paolo.<br />
“Una persona buona non si ammazza”, sospirò<br />
“E voi pensate che ci possa essere stato qualcuno a<br />
cui possa aver dato fastidio la bontà di vostro padre?”<br />
“A lui piaceva stare tranquillo per i fatti suoi, gli<br />
piaceva la terra e gli piaceva godersi l’aria”.<br />
53
“L’aria, ormai, non è più quella di una volta. Non la<br />
sentite la puzza di petrolio?”<br />
“E mio padre si lamentava proprio di quello.<br />
Diceva che non si poteva godere la sua terra. Si metteva<br />
all’aria aperta ma quell’aria, come dite voi, puzzava di<br />
petrolio”.<br />
54<br />
“E aveva pensato di vendersi la terra?”<br />
“Quello no. Se fosse stato per me l’avrei già<br />
venduta ma lui non ne voleva sapere. Niente da fare. La sua<br />
terra era e restava la sua terra. La terra, che il padre gli aveva<br />
dato, non si poteva vendere”.<br />
“E voi l’avreste venduta?”<br />
“Io l’avrei venduta. Non ci avrei pensato neanche<br />
due volte”.<br />
“E il desiderio del padre di vostro padre?”<br />
“Le cose cambiano nella vita, maresciallo: Non<br />
possiamo restare ancorati alle cose che non esistono più.<br />
Ecco, mio padre pensava alle cose che non esistono più.<br />
Mangiava come si mangiava una volta, il pane, il formaggio, la<br />
salsiccia. Si alzava presto perché il padre si alzava presto. La<br />
gente non gli piaceva perché non era più la sua gente”.<br />
“E vostro fratello?”<br />
“Mio fratello è un po’ come mio padre. Gli piace<br />
vivere nelle strettole di Bigliano. Pensa alla gente che c’era una<br />
volta. A volte mi parla di Arnaldo o’ scarparo e di Peppino di<br />
Scumaredda. Voi sapete chi sono?”.<br />
“Io sono a Bigliano da dodici anni. Non me li<br />
posso ricordare. Io, come vi dicevo, non mi ricordavo bene<br />
nemmeno di vostro padre”.<br />
“Lui se ne stava nella sua terra. Era la sua vita. La<br />
terra gliela aveva dato il padre”.
“Si dice anche che avesse avuto una buona eredità<br />
negli ultimi tempi?”<br />
“No, maresciallo. Si tratta di una piccola cosa, un<br />
uliveto a Montegiro con una piccola casetta”.<br />
“Solo un uliveto con una casetta?”<br />
“E cosa vi immaginavate? Se pensate alle questioni<br />
di eredità, ve lo dico subito, non c’era niente di che”.<br />
Il maresciallo Turtino abbozzò un sorriso. I<br />
movimenti di Paolo erano lenti, quasi maniacali per quanto<br />
sembrassero studiati.<br />
“Altre cose non ve ne vengono in mente?”<br />
“Ve l’ho detto subito. Io non capisco. Solo questo<br />
vi poso dire, non capisco. Chiedete a mio fratello. Forse lui<br />
capisce le cose che io non ho capito”.<br />
Il maresciallo Turtino abbozzò ad un secondo<br />
sorriso. L'odore dei funghi freschi, appena colti, impregnava<br />
l'aria. L'uomo, che aveva di fronte, gli faceva tenerezza. Lo<br />
osservava, mentre selezionava i funghi e pensava al dolore<br />
che avesse nell'anima. Il fiatone gli era passato. Non ansimava<br />
più. Si fece porgere un bicchiere d'acqua, che bevve tutto d'un<br />
fiato. Si passò il dorso della mano sulla bocca per togliersi le<br />
poche gocce d'acqua, rimaste appiccicate sui baffi. Si alzò<br />
dalla sedia e si avviò verso l'uscita.<br />
Paolo, che durante la conversazione aveva<br />
continuato a selezionare i funghi, alzò il capo.<br />
"Rimane l'assenza, maresciallo".<br />
"Quella rimarrà per sempre", rispose il maresciallo<br />
Turtino si ritrovò sull'apice della strada, che aveva<br />
percorso per raggiungere Paolo. La bottega di Ernesto non<br />
era lontana. Avrebbe dovuto svoltare sulla destra e infilarsi<br />
nella strettola, che porta al castello. Cinque minuti e sarebbe<br />
arrivato.<br />
55
56<br />
"Non l'ho avvisato. Chissà se riesco a trovarlo".<br />
Paolo aveva descritto il padre come un uomo<br />
buono, tradizionale, attaccato alla terra.<br />
"Cosa dirà Ernesto?"<br />
Dei due figli, Ernesto era il più sensibile, secondo<br />
le voci del bar di Ciaramella.<br />
“Dopo il lavoro, si ferma nel bar. Lo vedo di tanto<br />
in tanto, ma non conosco le sue abitudini”, dichiarò<br />
Ciaramella.<br />
Turtino aveva fatto chiedere in giro informazioni.<br />
“Come tutti sanno, Michele non faceva molta vita<br />
sociale e non aveva un giro di amicizie molto ampio”.<br />
All'appuntato Scapagnin avevano, comunque,<br />
riferito una notizia importante.<br />
"Tiene una certa amicizia con una femmina della<br />
Romania".<br />
"Lei la conosce?" Chiese Scapagnin a Mario<br />
Settembrino.<br />
"È una badante rumena, che io stesso ho segnalato<br />
a Mimmo o' greco per prendersi cura della madre".<br />
"Una badante?"<br />
"Una badante che non badava soltanto alla madre<br />
di Mimmo o' greco. Badava anche ad un uomo di campagna".<br />
"Cosa intende dire?"<br />
"Che la rumena era la commara dell'uomo di<br />
campagna. O' muorto stava in campagna. Fate voi i conti",<br />
concluse maliziosamente Mario.<br />
L'appuntato Scapagnin, che era nato a Segusino,<br />
nella provincia di Rovigo, non conosceva le nuances
linguistiche biglianesi. Interpretò il termine commara come<br />
comare e la riferì al maresciallo Turtino.<br />
"Il Settembrino Mario ha dichiarato, sotto forma di<br />
confidenza al sottoscritto, che l'uomo ritrovato nel cantiere<br />
avesse un'amicizia con una sua comare. Il Settembrino faceva<br />
una faccia strana quando lo dichiarava. Francamente, io<br />
maresciallo non vi trovo nulla di male. Lei cosa ne pensa?"<br />
Il maresciallo lo aveva guardato sconsolato.<br />
"Scapagnin, dalle tue parti le commare non<br />
esistono?"<br />
"Certo che esistono, maresciallo. Io vado sempre a<br />
trovare la Pina, la mia comare di battesimo".<br />
"Scapagnin, Scapagnin, mi fai disperare. Sei sicuro<br />
che il Settembrino abbia detto comare e non commara?"<br />
"Mi faccia pensare, maresciallo".<br />
"Pensa, pensa, Scapagnin".<br />
"Ecco, sembra che lei abbia ragione, maresciallo.<br />
Pensandoci mi viene in mente il termine commara".<br />
Turtino, giunto nei pressi della bottega di Ernesto,<br />
pensava alle confidenze raccolte da Scapagnin.<br />
“Con Paolo ho preferito non parlarne. E con<br />
Ernesto?”<br />
Lui frequentava il bar di Ciaramella e<br />
probabilmente era a conoscenza delle dicerie che<br />
riguardavano suo padre.<br />
“Mi regolerò nel corso della conversazione”.<br />
La bottega di Ernesto era aperta e l'uomo si<br />
trovava regolarmente al lavoro. Non c'era bisogno di bussare<br />
perché la porta era spalancata. Turtino entrò. Si mise<br />
immediatamente alla ricerca di una sedia ma in quella bottega<br />
di sedie libere non ce n'erano. Su una era appoggiata una<br />
57
piccola scarpiera da restaurare. Sull'altra, invece, alcuni<br />
attrezzi. Si guardò intorno. Oltre a non trovare una sedia<br />
libera, non trovava neanche Ernesto. Dopo pochi secondi, lo<br />
vide sbucare sulla porta.<br />
lavoro".<br />
58<br />
"Ero andato a prendere un caffè da Concetta".<br />
"Fate con comodo", rispose Turtino.<br />
"Già fatto, maresciallo. Un bel caffè e mi rimetto al<br />
"E chi è Concetta?" Chiese incuriosito il<br />
maresciallo.<br />
"Ma come, maresciallo, non conoscete Concetta, la<br />
figlia di Nuccia che faceva i servizi a casa di Luigi Parente?"<br />
"Concetta, la figlia di Nuccia? E chi non la<br />
conosce. Che bella fimmina. Beato voi che avete venti anni. Se<br />
ce li avessi io venti anni e chi ci starebbe in caserma?"<br />
"Bella fimmina. Dite bene, maresciallo. Però, tiene<br />
troppi grilli per la capa".<br />
"Non vi piace?"<br />
"Mi piace, mi piace. Il problema è che io no piaccio<br />
a lei. Tiene troppi grilli per la testa. Vuole gli uomini ricchi e<br />
belli".<br />
bello".<br />
"E voi non lo siete?"<br />
"Mi prendete per il culo? Io non sono né ricco, né<br />
"E i soldi di papà?"<br />
"Quali soldi? La terra non la voleva vendere, la casa<br />
che può valere?"<br />
"Si poteva vendere la terra. Quella vale o no?"<br />
"Vale perché c'è il petrolio sotto ma lui non se la<br />
voleva vendere".
"E voi non gliela avete detto?"<br />
"Per carità. La terra non si vende. Paolo se la<br />
sarebbe venduta ma io no".<br />
"Ma così vi potevate sposare a Concetta?"<br />
"Concetta è gentile, mi offre il caffè ma…"<br />
"Ma ora la terra ve la potete vendere".<br />
"No, quella non si tocca", disse Ernesto, che<br />
aggiunse, "maresciallo, ancora non mi avete detto a cosa<br />
debbo l'onore della vostra visita".<br />
"Queste non sono visite d'onore", rispose Turtino.<br />
"Posso immaginarlo".<br />
"Sono stato anche a casa di vostro fratello. Questa<br />
matassa è intricata e io la devo sbrigliare".<br />
"Dovete sbrogliarla, maresciallo. Non si ammazza<br />
la gente così".<br />
"Così come?"<br />
"Come è stato ammazzato mio padre. In un<br />
cantiere".<br />
"E come fate a sapere che vostro padre è stato<br />
ammazzato in un cantiere?"<br />
"Beh, l'hanno trovato lì".<br />
"Potrebbe anche non essere stato ammazzato nel<br />
cantiere. Magari lo hanno ucciso da un'altra parte e poi<br />
portato al cantiere".<br />
idea?"<br />
"E perché proprio al cantiere? In quel cantiere?"<br />
"Questo vorrei saperlo anch'io. Avete qualche<br />
"Io? E che idee ne posso avere io?"<br />
"Si tratta di una semplice domanda".<br />
59
60<br />
"E io vi rispondo che non ne posso sapere niente".<br />
"Forse vostro padre conosceva il commendatore<br />
Moreno?"<br />
"Può darsi".<br />
"Non lo sapete con certezza?"<br />
"Io non posso sapere niente con certezza. Ora<br />
sono uscite tante cose su mio padre. È inutile che lo tenga<br />
segreto, tanto prima o poi verrebbe a saperlo".<br />
"A cosa vi riferite?"<br />
"Beh, la storia con la rumena. Si dice anche questo<br />
di mio padre. Posso assicurarvi che non è vero. Mio padre<br />
voleva bene a mia madre e mai e poi mai l'avrebbe tradita".<br />
Ernesto parlava con un fiume in piena. Il<br />
maresciallo ascoltava.<br />
"Poi con una rumena, figuratevi, maresciallo. Mio<br />
padre era una persona seria".<br />
"Nessuno lo mette in dubbio".<br />
"Appunto! Nessuno lo mette in dubbio. Mio padre<br />
è stato ucciso due volte. La prima volta nel corpo, la seconda<br />
nell'anima. E con mio padre stanno cercando di ammazzare<br />
anche mia madre. E ora, abbiate pazienza…tengo da<br />
lavorare".<br />
Ernesto apparve visibilmente alterato. Prese il<br />
martello, appoggiato su una delle due sedie e lo batté<br />
nervosamente sopra un pezzo di legno, il primo che si trovò<br />
davanti.<br />
“Non è il caso di insistere”, pensò Turtino.<br />
I due fratelli avevano reagito diversamente. Paolo<br />
con calma, Ernesto, invece, con tutta la rabbia che aveva in<br />
corpo.
La costituzione della Repubblica federale socialista della<br />
Jugoslavia di Gian Galeazzo Standardo<br />
L’omicidio di Michele Dolce ebbe risalto a livello<br />
regionale. Se ne occuparono non solo i giornali, ma anche la<br />
televisione. In particolare, il quotidiano della Lucania affrontò<br />
la vicenda per ben sedici giorni di seguito. Comparvero<br />
articoli dalla prima alla settima pagina. Inizialmente, in prima<br />
pagina, in seguito, gli articoli scivolarono progressivamente<br />
verso la settima. L’ultimo articolo non si poteva neanche<br />
definire tale. Si trattava di un semplice trafiletto che metteva il<br />
punto finale sulla vicenda, almeno fin quando non si fossero<br />
presentati sviluppi importanti.<br />
Il caporedattore della televisione regionale decise di<br />
affidare il caso a Rocco Verrastro.<br />
“Non sembra una questione politica. Può essere<br />
affidata a un cane sciolto”.<br />
Non ci sarebbero stati politici da riverire che si<br />
potessero risentire.<br />
“Verrastro conosce già il territorio di Bigliano e sa<br />
come muoversi in quell’ambiente. Ha contatti e può<br />
raccogliere informazioni più agevolmente di altri”.<br />
Era reduce da un memorabile servizio sulla fiera<br />
del mobile di Matera. Aveva girato i padiglioni per cogliere<br />
tutte le novità del settore. Si era particolarmente soffermato<br />
sugli accessori, utili anche per arredare la sua casa, sempre<br />
perennemente in disordine. Non era ancora sposato, benché<br />
fosse stato più volte ad un passo dal matrimonio.<br />
La prima volta che corse il rischio di sposarsi aveva<br />
venticinque anni ed era fidanzato da due con una ragazza di<br />
Pontremoli, conosciuta all’Università di Pisa. La ragazza, di<br />
nome Gisella, aveva colpito Rocco per la sua vita,<br />
apparentemente misteriosa. Si erano incontrati per la prima<br />
volta al corso di diritto costituzionale comparato. Il loro<br />
61
sguardo si incrociò, mentre il professore Gian Galeazzo<br />
Standardo aveva appena iniziato a parlare della costituzione<br />
della Repubblica socialista federale della Jugoslavia del 1974.<br />
“In seguito alle tensioni interne, dovute al<br />
nazionalismo dei croati e alle tendenze liberali dei serbi, venne<br />
introdotto il diritto dei popoli costitutivi di staccarsi dalla<br />
federazione. Tale diritto non era previsto per le minoranze e<br />
per le province autonome”.<br />
Rocco rimase colpito e si girò verso la sua destra<br />
per verificare che anche altri avessero provato il suo stesso<br />
sentimento. Nessuno lo aveva seguito in quello sguardo di<br />
sorpresa, se non una ragazza seduta vicino la finestra. Ci fu<br />
un leggero cenno d’intesa, al quale Rocco non diede<br />
importanza. Finita la lezione, la ragazza si avvicinò a Rocco<br />
per commentare l’impossibilità per le province autonome di<br />
potersi separare, nel caso lo avessero voluto.<br />
62<br />
“Non mi sembra giusto”, gli disse.<br />
“Assolutamente!” Le rispose Rocco, “si tratta di un<br />
sopruso che nel tempo potrebbe produrre diversi problemi”.<br />
Per qualche minuto parlarono di Jugoslavia, poi si<br />
diressero verso l’uscita. Fecero ancora qualche passo insieme<br />
e si separarono. Rocco, tornando verso la casa dello studente,<br />
si fermò a comprare delle pile per il suo walkman. Uscendo<br />
dal negozio, pensò ancora a Gisella e alla discussione che<br />
avevano avuto. Intanto, un pensiero prepotente si stava<br />
insidiando nella sua mente, che avrebbe definitivamente<br />
scacciato dalla sua mente la ragazza, conosciuta all’università.<br />
“La Roma gioca la semifinale di coppa Italia contro<br />
la Sampdoria”.<br />
Rocco che tifava per la Roma ricordò di aver preso<br />
appuntamento con Gino Lavanga.<br />
“Ci vediamo al bar Belpasssi, vicino Piazza dei<br />
Miracoli”.
Durante la partita, però, ci pensò ancora due volte.<br />
La prima volta fu verso il ventesimo del primo tempo, in<br />
occasione di un calcio d’angolo battuto da Bruno Conti; la<br />
seconda nell’intervallo della partita, quando, parlando, con<br />
Gino Lavanga, spiegò l’articolo della costituzione jugoslava,<br />
che non riconosceva il diritto di recesso alle province<br />
autonome ed alle minoranze. Poi, non pensò più a Gisella, la<br />
ragazza di cui non conosceva ancora il nome.<br />
Nei giorni successivi la incontrò più volte.<br />
“Mi piace il timbro della tua voce”.<br />
"Il timbro della mia voce?"<br />
"Si. Il timbro è capace di rivelare il carattere delle<br />
persone".<br />
"Non ci credo".<br />
"Fai caso al timbro. Le persone tranquille hanno un<br />
timbro grave, pacato che infonde calma. Quelle agitate lo<br />
hanno acuto".<br />
"Io sarei agitata, quindi?"<br />
"Vivace, direi".<br />
"Hai già cambiato idea?".<br />
"Beh, quelle agitate sono anche vivaci".<br />
Risero entrambi ed esattamente un anno e due mesi<br />
dopo la discussione sulla costituzione jugoslava, si<br />
fidanzarono ufficialmente.<br />
Rocco chiese a Gisella di seguirlo a Potenza per<br />
presentarla ai genitori. Poco alla volta, però, si allontanarono<br />
e Rocco rimase solo.<br />
La confidenza del maresciallo a riposo De Stefano<br />
63
“È un precisino che ha l’abitudine di studiare nei<br />
dettagli i casi di cui si deve occupare”, diceva di lui il<br />
caporedattore.<br />
Verrastro preparò un servizio articolato non solo il<br />
giorno della scoperta del cadavere nel cantiere ma anche il<br />
giorno successivo ed il giorno del funerale. Trattò la notizia in<br />
maniera neutra, come si conviene ad un caso di cronaca nera.<br />
Nel servizio, andato in onda il giorno del funerale, fece<br />
riferimento alle indagini.<br />
“Nessun passo in avanti, nonostante siano trascorsi<br />
diversi giorno dall’omicidio”.<br />
Il procuratore capo pretese spiegazioni da De<br />
Castro che, a sua volta, le pretese da Turtino.<br />
64<br />
“Maresciallo, domani ti voglio a Potenza”.<br />
Verrastro, invece, telefonò a De Stefano per<br />
raccogliere ulteriori informazioni.<br />
“Maresciallo, mi dica qualcosa su Michele Dolce.<br />
Che tipo era?”<br />
“Era un uomo a cui piaceva stare per i fatti suoi.<br />
Gli piaceva la campagna. Non compariva molto in paese”.<br />
“E perché l’avrebbero ammazzato? Chi poteva<br />
avercela con lui, tanto da desiderarne la morte?”<br />
“Per ora si tratta di un mistero”, affermò il<br />
maresciallo a riposo, che poi, senza attendere altre domande<br />
da parte del giornalista, aggiunse, “l’unica voce che gira in<br />
paese è di una presunta amicizia di Michele Dolce con una<br />
badante rumena”.<br />
A Bigliano, da qualche tempo, viveva una comunità<br />
di rumeni, composta soprattutto da donne, che si occupavano<br />
degli anziani del paese. Prendevano poco più di 500 euro al<br />
mese. Non era tanto, ma a loro bastavano.
“A Bigliano possono guadagnare cinque volte di<br />
più che in Romania. Hanno lasciato mariti e figli e si sono<br />
trasferite”.<br />
"Maresciallo, si tratta dell'unica pista credibile.<br />
Sembra che Michele Dolce non abbia mai fatto niente per<br />
farsi notare".<br />
"Io stesso lo ricordo con difficoltà. Ogni tanto<br />
saliva in paese ma la sua vita la spendeva in campagna".<br />
di anni".<br />
"Quando lo ha visto l'ultima volta?"<br />
"Fammi pensare…"<br />
"Un mese fa? Due, tre?"<br />
"No, no, Rocco…si tratta di anni. Almeno un paio<br />
"Anni?"<br />
"Si faceva vedere raramente. Non saliva in paese<br />
neanche per la festa della Madonna. Se ne stava nel suo<br />
rifugio e nessuno lo vedeva".<br />
"E chi ha tirato fuori 'sta storia con 'sta rumena?"<br />
"Chiacchiere del bar di Ciaramella".<br />
"Pettegolezzi?"<br />
"E chi può dirlo? Da Ciaramella si dice tutto e il<br />
contrario di tutto. A volte ci si azzecca, a volte no".<br />
"E voi che pensate?"<br />
"Che per il momento è l'unica possibilità che<br />
abbiamo per cercare di capire quello che è successo".<br />
“Allora dobbiamo seguire questa pista, a<br />
prescindere dalla provenienza della donna".<br />
"Che si tratti di una rumena?"<br />
65
"Non guardi a questa situazione in maniera<br />
ideologica. Verifichiamo come avremmo verificato qualsiasi<br />
altra circostanza”.<br />
“Non ti preoccupare, Rocco. Mi muoverò come ho<br />
sempre fatto".<br />
“Presto verrò a Bigliano per fare il punto della<br />
situazione", concluse Verrastro.<br />
"Spero di vederti presto. Ti farò bere il vino<br />
nuovo”, gli rispose De Stefano.<br />
Il maresciallo a riposo si mise subito al lavoro. La<br />
sera stessa in cui parlò al telefono con Verrastro studiò un<br />
piano che potesse funzionare.<br />
“Non posso rivolgermi direttamente a Turtino per<br />
appurare le circostanze riferite dalle malelingue di Bigliano”.<br />
Si trattava, infatti, di materiale che poteva essere<br />
utile alle indagini in corso e, come tale, non sarebbero state<br />
certamente divulgate. Il maresciallo le avrebbe riferite solo nel<br />
caso non fossero state utili alle indagini ma in quel caso non<br />
sarebbero state utili neanche a lui, ne tantomeno a Rocco<br />
Verrastro.<br />
“Occorre seguire una pista meno scontata e più<br />
difficile. Come fare? Da chi informarsi?”<br />
Era questo il dilemma che accompagnò la notte del<br />
maresciallo a riposo. Non chiuse occhio fino all’una e<br />
trequarti, poi venne sopraffatto dalla fatica e dovette<br />
rassegnarsi al sonno. Ci avrebbe pensato il mattino seguente a<br />
trovare la soluzione.<br />
I fiori di loto di Antonietta<br />
Il sonno del maresciallo a riposo venne<br />
improvvisamente interrotto dalle urla di Celentano. Erano le<br />
66
sette del mattino di un martedì qualsiasi e un camioncino di<br />
colore rosso, con il telone sollevato nella parte posteriore, si<br />
aggirava per le strettole di Bigliano.<br />
“'A frutta…'a frutta fresca…”, urlava il conducente<br />
del camioncino rosso con il telone sollevato.<br />
Poi aspettava qualche secondo e urlava di nuovo,<br />
“'a verdura…'a verdura fresca”.<br />
Si fermava e riprendeva, scivolando lungo i vicoli<br />
con un andamento talmente lento che lo si poteva superare<br />
anche procedendo tranquillamente a piedi. Quando<br />
incontrava degli spiazzi, invece, si fermava.<br />
Il conducente del camioncino rosso con il telone si<br />
chiamava Celentano. Sarebbe più esatto dire che a Bigliano lo<br />
conoscevano come Celentano, per via delle canzoni, che il<br />
suo altoparlante trasmetteva ininterrottamente per attirare<br />
clienti. Era una forma di pubblicità sonora ante litteram, che<br />
aveva una sua efficacia.<br />
Aveva un meraviglioso orto nella campagna di<br />
Montegiro, che curava insieme alla madre.<br />
"L'orto produce in ogni periodo dell'anno. D'estate,<br />
melanzane, zucchine, pomodori e peperoni. D'inverno cavoli<br />
e broccoli".<br />
Con il passare del tempo, erano aumentati i clienti e<br />
Celentano aveva preso l’abitudine di comprare la roba dagli<br />
altri produttori della zona. La rivendeva andando a bussare<br />
alla porta dei biglianesi, scivolando lungo le strettole.<br />
Ogniqualvolta doveva mettere in evidenza un prodotto<br />
specifico, citava il nome del produttore e la zona di<br />
provenienza, come label di qualità.<br />
“I peperoni…i peperoni di Giacinto senza 'na mano; le<br />
melanzane…le melanzane di Margherita di Peppinella; i fagioli…i<br />
fagioli di o' sarconese”.<br />
67
Celentano raggiungeva i suoi clienti fin dentro<br />
l'uscio di casa. Molti di loro li conosceva e, quando non li<br />
vedeva arrivare all'appuntamento con il suo camioncino<br />
rosso, con il telone sollevato, li chiamava.<br />
“Antonietta, ti ho raccolto li cachini freschi,<br />
freschi…vieniteli a piglià…Antonié…li cachini, li cachini…conservati<br />
freschi, freschi apposta per te”.<br />
Chiamava anche la moglie di De Stefano, quando<br />
giungeva nei pressi della casa del maresciallo a riposo.<br />
“Signora Rosa, l’uva di Michele Dolce, acini piccoli<br />
e grossi… l'uva come piace a voi e come piace al<br />
maresciallo”.<br />
De Stefano ricordava di aver sentito Celentano<br />
citare l'uva di Michele Dolce, che sua moglie aveva comprato.<br />
"Sarebbe opportuno fare una chiacchierata con<br />
lui", pensò.<br />
Celentano, però, da qualche mese era scomparso<br />
dalle strettole di Bigliano.<br />
“Qua nessuno vole più le melanzane, nessuno vole i<br />
pomidori e…sangue de lu ciuccio…nisciuno vole cchiù niente. La gente<br />
si compra la rroba dove trova più convenienza. Ma ‘sta gente sape che<br />
rroba si piglia?”<br />
Diceva sempre le stesse cose, come un disco<br />
incantato sullo stesso giro, "non c'é più mercato e la gente<br />
ormai preferisce comprare la frutta e la verdura nei<br />
supermercati".<br />
Sul principio degli anni novanta erano stati aperti<br />
due supermercati, diventati sempre più grandi.<br />
Appartenevano a Gino Linzalata, figlio di Peppe senza<br />
giacchetta. I biglianesi li preferivano a Celentano.<br />
"Il problema é che Celentano vende solo la frutta e<br />
la verdura, mentre nel supermercato di Gino si può fare la<br />
spesa anche per una settimana intera".<br />
68
Anche il negozio di Lucia non faceva gli affari di<br />
una volta.<br />
"Non è servito a niente spostarsi dalle strettole al<br />
corso principale".<br />
C'erano stati vantaggi nel breve periodo, ma il<br />
supermercato di Gino aveva sconvolto le scelte strategiche<br />
fatte da Lucia.<br />
Lucia.<br />
Ai biglianesi non interessava né di Celentano, né di<br />
"Peggio per loro se non riescono ad essere<br />
competitivi".<br />
I prezzi proposti dai supermercati di Gino<br />
Linzalata erano molto più interessanti.<br />
“Anche la varietà dei prodotti é superiore.<br />
Celentano é stato capace di offrire solo le mele provenienti<br />
dal suo orto, mentre Gino fa arrivare le mele addirittura dal<br />
Kenia e per giunta senza buchi”, disse ‘A bionda, alla moglie<br />
di Pinuccio di Gina.<br />
"È il segno della modernità".<br />
Per via dei cambiamenti strutturali in atto, sarebbe<br />
stato inutile attendere Celentano in paese.<br />
"Vado a trovarlo in campagna per scambiare<br />
quattro chiacchiere", decise De Stefano.<br />
Lo fece un venerdì pomeriggio, approfittando dei<br />
primi raggi di sole, che sembravano anticipare la primavera.<br />
Non indossò il cappotto ma un maglione di lana sotto la<br />
giacca. Si fece portare alla masseria di Celentano da Mario<br />
Settembrino, che aveva la sua vigna nella stessa contrada.<br />
Dopo aver salutato Mario, si diresse in direzione<br />
della masseria. Percorse il viale alberato, che lo separava<br />
dall'orto, lentamente. Stava per aprire il cancello, quando<br />
69
improvvisamente fece retromarcia. "Roba da mette' le<br />
mutande a 'nu ciuccio", esclamò.<br />
Tirò verso di sé velocemente il cancello. Iniziò a<br />
tossire come se gli fosse venuta l'asma.<br />
70<br />
"Roba da mette' le mutande a 'nu ciuccio", ripeté.<br />
Aveva fatto alcuni passi in avanti ma un enorme<br />
cane bianco gli era venuto incontro e lo aveva obbligato a<br />
rinculare. Se non fosse stato tanto rapido da chiudere il<br />
cancello, se lo sarebbe ritrovato addosso.<br />
"Sembra nu' cane amaro", ripeteva tra sé e sé, mentre<br />
ansimava per la paura e per la corsa.<br />
"A cuccia, Rodrigo", sentì urlare da lontano.<br />
"Celentà?" Esclamò De Stefano.<br />
"Chi è?"<br />
"Il maresciallo De Stefano".<br />
"Rodrigo, non mozzicà o' maresciallo", disse<br />
Celentano.<br />
"Celentà, ma che te ne fai di 'sto cane amaro?"<br />
"Eh, marescià, qui non si sta più tranquilli come si<br />
stava 'na vota".<br />
“Non si sta tranquilli da nessuna parte”<br />
“Eh no, marescià, non è questo che volevo dire.<br />
Qui davvero non si sta più come ‘na vota”.<br />
“'Sto cane amaro a questo ti serve…”.<br />
De Stefano fece l’osservazione sul cane, mentre<br />
Rodrigo se ne stava accucciato ai piedi del padrone.<br />
“'Sto cane amaro, come dite voi, mi fa compagnia.<br />
Non può fare altro”.
cane”.<br />
“E che dovrebbe fare, Celentà? Questo è solo un<br />
“Lo so, lo so”, sospirò Celentano, “succedono cose<br />
strane da un po’ di tempo a 'sta parte. Sapete che l’altra sera<br />
hanno appicciato o’ fuoco al fienile di o’ sarconese?”<br />
“Ho sentito, ho sentito…”, rispose De Stefano<br />
che, in realtà, non era al corrente della notizia. Dovette<br />
pensare che sarebbe stato poco professionale mostrarsi<br />
all’oscuro di un fatto importante come l’incendio di un fienile.<br />
Sarebbe andato a discapito della sua reputazione.<br />
“Anche l’omicidio di Michele Dolce è un fatto<br />
strano”, fece notare De Stefano.<br />
“Ah, questo non lo so. Io conoscevo Michele<br />
perché mi dava l’uva, buona…ottima, anzi. Per il resto non ci<br />
avevo molto a che fare. Michele se ne stava per i fatti suoi.<br />
Era un solitario. Ogni tanto parlavamo, dell’uva, del vino,<br />
della terra. Lui si lamentava. Non gli piaceva più niente. Non<br />
gli piacevano come andavano le cose".<br />
cose?"<br />
"E perché non gli piacevano come andavano le<br />
"Perché? Me lo chiedete pure…"<br />
"Non te lo posso chiedere?"<br />
"Aveva ragione, Michele!".<br />
"Le cose non vanno bene?<br />
"Marescià, ma dove pensate di vivere? Non vi<br />
rendete conto voi stessi dello schifo che c'è in questo paese?"<br />
De Stefano non rispose. Sospirò, dopo qualche<br />
secondo, aggiunse.<br />
"Era lui che ti forniva l'uva?"<br />
"A Bigliano l’uva di Michele Dolce andava per<br />
nominata”.<br />
71
72<br />
“Celentà, lo devi dire a mia moglie”<br />
“Ma vostra moglie lo sa più di tutti”.<br />
“Ricordo, ricordo”.<br />
“E io ricordo quando la chiamavo, signora Rosa, l’uva<br />
di Michele…e subito la signora correva. Salutatemela quando<br />
tornate a Bigliano. Io, ormai, in paese non ci metto più piede.<br />
La gente non compra più niente. Dicono che, al<br />
supermercato di Gino Linzalata, la frutta costa di meno”.<br />
"Non te la devi prendere, Celentà. È la modernità.<br />
Pure a noi marescialli ci hanno fatto passare di modo. Guarda<br />
la televisione…solo commissari, ispettori…persino<br />
sovrintendenti ma marescialli, come quelli di una volta,<br />
neanche a sentirne parlare".<br />
"Ma almeno voi riuscite a campare con la pensione.<br />
Noi che prospettive abbiamo? Morire o partire. Come si facìa<br />
'na vota".<br />
"Tu l'hai conosciuto a Gina Linzalata?" Chiese De<br />
Stefano a Celentano.<br />
La loggia di Gino Linzalata<br />
Gino Linzalata era nato a Brighton il 29 marzo di<br />
un anno non ben precisato. Primo di quattro figli (due maschi<br />
e due femmine) di Peppe senza giacchetta, di mestiere<br />
ristoratore, e di Dee May.<br />
Di padre italiano e di madre inglese, Gino<br />
costituiva una miscela perfetta di pregi e difetti anglo-italiani.<br />
Degli inglesi aveva lo stile, sebbene la sua provenienza<br />
familiare non fosse proprio l'upper class. Degli italiani aveva la<br />
capacità di cadere sempre in piedi come i gatti, anche quando<br />
precipitava da cime elevate. Dalla sua origine paterna aveva<br />
anche ereditato la passione per la birra e per le sbronze.
Neanche i continui soggiorni italiani gli avevano fatto<br />
preferire il vino alla birra.<br />
Peppe senza giacchetta era uno di quelli che aveva<br />
fatto come si facia 'na vota. Era emigrato in Inghilterra negli anni<br />
cinquanta.<br />
"Lo chiamavano senza giacchetta perché era<br />
emigrato in Inghilterra senza avere neanche i soldi per<br />
comprarsi una giacca", spiegò Celentano.<br />
A Brighton, però, aveva fatto fortuna.<br />
"Dapprima una pizzeria, poi un ristorante".<br />
Il figlio Gino aveva studiato in una public school a<br />
Brighton e aveva frequentato l'università del Sussex. A tempo<br />
perso aveva fatto l'aiuto fotografo in occasione dei<br />
matrimoni.<br />
"Gino aveva la doppia cittadinanza, inglese e<br />
italiana. Per questa ragione qualche giorno prima il<br />
compimento dei diciotto anni gli arrivò la cartolina verde dal<br />
ministero della difesa. Il viaggio dall'Inghilterra all'Italia era a<br />
spese del ministero e Gino ne approfittò per venire in Italia e<br />
salutare i nonni materni, che aveva visto nella sua vita solo<br />
due volte. Venne giudicato abile e arruolato, ma non si<br />
presentò il giorno in cui venne effettivamente chiamato a<br />
svolgere il servizio di leva. Ecco, questo per farvi capire chi è<br />
Gino Linzalata", disse Celentano a De Stefano.<br />
L'anno che avrebbe dovuto passare in caserma,<br />
invece, lo impiegò per fare un salto di qualità nella sua attività<br />
e da assistente divenne socio del prestigioso studio legale<br />
londinese, in cui lavorava da qualche anno. Smise di fare<br />
fotografie ai matrimoni.<br />
"Facìa l'avvocato ma parallelamente iniziò ad<br />
impegnarsi nell'edilizia, acquistando un terreno in Elisabeth<br />
Street a Brighton, grazie alle garanzie fornitegli da un amico<br />
di suo padre, che gli procurò anche un socio, il costruttore<br />
73
Adelmo Ferramosca, italiano di origine ma inglese di<br />
adozione".<br />
74<br />
Nacque la società Linzalata & Ferramosca.<br />
"Qualche anno dopo, aprì un cantiere nella vicina<br />
cittadina di Hove per costruire il primo condominio, senza<br />
riuscire a vendere un solo appartamento. Improvvisamente,<br />
non si sa come, riuscì a cederlo per intero ad una società<br />
pubblica".<br />
Nel frattempo, Gino si sposò con Elvira Casati,<br />
che aveva conosciuto a Brighton in un pub irlandese la sera<br />
del 17 marzo. Elvira, giovane laureata in economia aziendale,<br />
si trovava a Brighton per approfondire le sue conoscenze di<br />
inglese. Era giunta tre settimane prima del 17 marzo con un<br />
volo della British Airways, in partenza da Milano Linate a<br />
destinazione di Londra Gatwick. Il volo durò poco più di<br />
un'ora e trenta minuti e, sebbene fossero partiti con ventidue<br />
minuti di ritardo, riuscirono a sbarcare in orario. Quando<br />
Elvira decise di tornare in Italia, già sapeva di essere<br />
innamorata di Gino, benché ancora non avessero pronunciato<br />
nessuna frase che facesse pensare ad un impegno di lungo<br />
corso. Avevano già fatto l'amore e decisero che sarebbero<br />
rimasti in contatto. Dopo la partenza di Elvira, Gino avvertì<br />
un senso di vuoto. Già durante la seconda telefonata, decisero<br />
che non si sarebbero più lasciati. Si sposarono un anno e<br />
mezzo dopo in una fastosa cerimonia a Milano. Elvira era di<br />
ottima famiglia e Gino faceva un buon affare.<br />
Il maresciallo De Stefano aveva letto sul giornale<br />
che le holding di Gino erano state alimentate da denaro di<br />
dubbia provenienza.<br />
"L'anno dopo il matrimonio, Gino ricevette<br />
duecento milioni di sterline al valore corrente, di cui almeno<br />
una ventina in contanti".<br />
Erano gli anni in cui in Inghilterra si stava<br />
affermando il partito laburista del futuro premier Henry
Smith e nessuno riuscì a spiegare dove la società Linzalata &<br />
Ferramosca avesse recuperato le risorse.<br />
"Il mistero dei soldi arrivati all'improvviso,<br />
costituiscono un buco nero nella vita di Gino Linzalata, ma<br />
nessuno di quelli che gli sta vicino ha mai voluto parlarne".<br />
"Tene mille segreti 'sto Gina Linzalata", osservò<br />
Celentano.<br />
"Un altro buco nero è stata la sua presunta<br />
affiliazione alla loggia Seven", rincarò la dose De Stefano.<br />
Si trattava di un'associazione a carattere europeo,<br />
segreta ed occulta, scoperta per caso all'inizio degli anni<br />
ottanta da un giudice spagnolo. Il gran maestro venne<br />
arrestato, ma Gino uscì completamente indenne dalla<br />
vicenda.<br />
"L'aspetto misterioso non consiste tanto<br />
nell'associazione alla loggia, quanto nei misteriosi<br />
finanziamenti, che gli sono piovuti addosso".<br />
Quando la Loggia venne scoperta e dichiarata<br />
fuorilegge Linzalata disse ai giudici che lui nemmeno<br />
ricordava di avervi aderito.<br />
“Pensavo si trattasse di un club in cui si potesse<br />
giocare a ramino nelle fredde sere d'inverno”.<br />
Riferì al giudice spagnolo che, nello stesso periodo,<br />
aveva aderito anche ad altre tredici associazioni, tra cui una<br />
per leggere i libri di Jane Austin, una per discutere di<br />
trascendente e un'altra che riuniva gli amanti del roller ball.<br />
“Lei è capace di pattinare”, gli chiese il giudice.<br />
"Non ne sono capace, purtroppo. Mi piacerebbe,<br />
però," gli rispose Gino.<br />
“Non sa pattinare, dunque?”<br />
“Non mi sembrava corretto rifiutare un invito a far<br />
parte di un'associazione".<br />
75
Aggiunse che lo stesso metodo aveva adottato<br />
quando gli chiesero di far parte della Loggia Seven.<br />
"Sarebbe stato da maleducati rifiutare", provò a<br />
giustificarsi.<br />
Il giudice spagnolo non credette a nessuna delle sue<br />
giustificazioni ma non prese alcun provvedimento nei suoi<br />
confronti. Gino continuò tranquillamente la sua vita e i suoi<br />
affari. Dopo qualche anno si stabilì nel paese natìo di suo<br />
padre.<br />
“In realtà, a Bigliano ci sta per poco tempo ma la<br />
questione del petrolio lo porta a seguire molte vicende<br />
personalmente”.<br />
La poesia giambica di Mimmo o' greco<br />
Il giorno del congedo definitivo fu molto triste per<br />
De Stefano. Ai suoi colleghi disse che, finalmente, avrebbe<br />
potuto riposarsi, svegliarsi un po' più tardi e leggere i giornali<br />
senza essere disturbato. In realtà, continuò ad alzarsi presto e<br />
a leggere i giornali di sfuggita. Il tempo iniziò a posargli<br />
accanto la noia.<br />
“A volte, per ritrovare il sorriso mi tuffo negli<br />
armadi alla ricerca delle cose del passato”.<br />
Ma da quando aveva conosciuto Rocco Verrastro<br />
aveva smesso di rovistare negli armadi e si sentiva come<br />
rinato.<br />
“Sento, di avere di nuovo un compito da svolgere<br />
per una giusta causa”.<br />
L'omicidio di Michele Dolce lo aveva colpito<br />
particolarmente e fin dall'inizio se ne era interessato.<br />
Verrastro lo incaricò amichevolmente di prendere tutte le<br />
informazioni possibili su eventuali moventi, che avrebbero<br />
76
potuto spingere qualcuno a provocare la morte di Michele.<br />
De Stefano si mise immediatamente in azione.<br />
"L'unica nota apparentemente stonata nella pacifica<br />
vita di Michele sembra essere la presunta amicizia con la<br />
badante rumena, di cui si vocifera nel bar di Ciaramella".<br />
De Stefano appurò che la donna si chiamava<br />
Raluca e che aveva meno di quaranta anni. Ripensò a tutte le<br />
facce nuove che aveva visto a Bigliano negli ultimi tempi, ma<br />
non riuscì a sovrapporre con certezza un volto al nome di<br />
Raluca.<br />
“Sono indeciso tra quattro donne che possono<br />
corrispondere ad una rumena di poco meno di quaranta<br />
anni”.<br />
Poteva sembrare pretestuoso cercare di cogliere un<br />
legame nel rapporto tra i due, ma la presunta amicizia, se<br />
reale, non poteva essere considerata normale.<br />
"Non lo é per almeno due motivi. A Bigliano, un<br />
uomo sposato non può permettersi amicizie femminili. Il<br />
secondo motivo rimane legato alla provenienza della donna".<br />
Per quanto Verrastro avesse precisato a De Stefano<br />
di non trattare il caso in maniera ideologica, era inevitabile<br />
considerare che quella donna proveniva dall'Est.<br />
La prima cosa che De Stefano si propose di fare fu<br />
dare un volto a Raluca, poi si sarebbe pensato al resto. Sapeva<br />
che il gruppo delle badanti rumene si ritrovava ogni sera nella<br />
villa del paese.<br />
"Intorno alle sei, si riuniscono a piccoli gruppi per<br />
parlare e fumare qualche sigaretta".<br />
Quella sera, munito di giornale, qualche minuto<br />
prima delle sei, andò a sedersi sull'unica panchina, che non<br />
fosse all'ombra, per sfruttare gli ultimi raggi di sole. Aspettò<br />
qualche minuto e poi vide arrivare le badanti.<br />
"Non capisco niente di quello che dicono".<br />
77
Il suo scopo, tuttavia, si limitava a comprendere chi<br />
di loro fosse Raluca. Il nome venne pronunciato più volte e<br />
per De Stefano fu facile individuarla. Non era bella ma<br />
neanche brutta, piuttosto robusta, bionda tinta. Aveva un viso<br />
dolce, anche se triste. Al contrario delle sue amiche non<br />
sorrideva.<br />
Dopo aver identificato Raluca, gli riuscì facile<br />
metterla in relazione con la famiglia in cui viveva.<br />
"Fa da badante alla madre di Mimmo o' greco,<br />
proprio l'uomo a cui hanno sparato".<br />
testa.<br />
78<br />
Distese le braccia all'indietro e le incrociò sopra la<br />
"Possibile che il maresciallo Turtino non abbia<br />
colto la relazione esistente tra i due casi?"<br />
Dopo qualche istante di riflessione.<br />
"Comunque, si tratta di una fortuna. Mimmo<br />
frequenta il circolo e per me é più facile raccogliere particolari<br />
dettagliati su Raluca".<br />
Mimmo si fermava spesso a giocare a biliardo e, in<br />
primavera amava sedersi davanti al circolo. Leggeva il<br />
quotidiano della Lucania, di preferenza la pagina della cultura.<br />
Anche il contranome o' greco gli derivava da quelle letture.<br />
Aveva una passione per la letteratura classica greca. Citava<br />
spesso Omero ed Esiodo ma diceva che i suoi preferiti erano<br />
i poeti giambici. Si divertiva a leggere la poesia caratterizzata<br />
dal turpiloquio, dell'invettiva, dall'osceno e dal ridicolo.<br />
Trovava che potesse essere applicata alla Lucania attuale.<br />
Aveva studiato all'Università di Napoli, ma non si era mai<br />
laureato. Alla fine era ritornato a Bigliano, dove viveva con la<br />
madre anziana e la sorella più vecchia di lui di un paio di anni.<br />
Non aveva un'attività lavorativa remunerata, si occupava di<br />
una piccola vigna e di un pollaio che curava insieme a Raluca.<br />
"I soldi per campare gli vengono dalle pensioni<br />
della madre e della sorella, dicevano i maligni.
La madre prendeva una pensione di anzianità di<br />
cinquecento euro, mentre la sorella era riuscita ad ottenere<br />
una pensione di invalidità, il cui ammontare non era<br />
conosciuto con esattezza. Negli ultimi anni, alle due pensioni<br />
si erano aggiunti i soldi guadagnati per le vendite delle uova e<br />
dei polli.<br />
"Mia madre versa in condizioni di salute talmente<br />
precarie, tanto da non essere più autonoma. Le è stato<br />
riconosciuto un assegno di accompagnamento che noi<br />
vorremmo utilizzare per pagare una badante", disse a Mario<br />
Settembrino.<br />
Raluca".<br />
"Ti posso segnalare una fimmina che si chiama<br />
Sarebbe più esatto dire che fu la badante della<br />
madre di Mario Settembrino a segnalare Raluca a Mario che, a<br />
sua volta, la segnalò a Mimmo.<br />
La scelta di Raluca fu particolarmente apprezzata<br />
anche dalla sorella di Mimmo.<br />
"È una buona donna, proprio come quelle dei<br />
nostri paesi".<br />
Invece, la madre di Mimmo si lamentava ma il suo<br />
giudizio era altalenante e, come tale, non oggettivo.<br />
Le occupazioni di Mimmo erano pertanto,<br />
nell'ordine, il pollaio, la cura della vigna, la salute della madre,<br />
la gestione dell'orto e la poesia giambica.<br />
La Skoda dell'amica di Raluca<br />
De Stefano e Mimmo si conoscevano da tempo,<br />
benché non avessero un'amicizia intima. A Mimmo non<br />
piaceva giocare a carte e a De Stefano non piaceva giocare al<br />
biliardo. La mancata coincidenza degli interessi rendeva meno<br />
79
facile l'approccio, ma la comune frequentazione del circolo<br />
creava l'opportunità di discutere.<br />
"Potrei evitare giri di parole e chiedere direttamente<br />
a Mimmo notizie su Raluca, ma non mi sembra il giusto<br />
modo di procedere".<br />
Non lo era per diverse ragioni. Innanzitutto, c'era<br />
stata la sparatoria di mezzo.<br />
"Il povero Mimmo viene costantemente tartassato<br />
da Turtino. Ogni due giorni, l'appuntato Scapagnin lo va a<br />
prendere e lo porta in caserma".<br />
80<br />
Il maresciallo gli chiedeva sempre le stesse cose.<br />
"Allora, Mimì, ti è tornata la memoria? Mi vuoi dire<br />
o no chi ti voleva morto?"<br />
"Marescià, ma quale morto. Se mi avessero voluto<br />
morto, mi avrebbero già ammazzato. Si saranno sbagliati, ve<br />
l'ho detto. Chissà a chi volevano sparare quei bastardi".<br />
"Eh, certo! Uno decide di ammazzare una persona<br />
e dice fammi provare, forse il cristiano che devo sparare è<br />
quello".<br />
"E perché non vi pare possibile?"<br />
"Mimì, mi continui a prendere per il culo. Io te lo<br />
faccio saltare quel culo se non mi dici chi cacchio ti ha sparato".<br />
cose".<br />
"Maresciallo, ma che ne saccio. Posso sapere io 'ste<br />
"Ma porca miseria. Ma proprio a te dovevano<br />
sparare? Ma dico io, un pregiudicato, un ladro, il figlio di<br />
Panzaredda, per esempio. Se avessero sparato a lui, sapevo già<br />
chi poteva essere stato. Invece, niente. A chi cacchio vanno a<br />
sparare? A Mimmo Telesca che, sebbene non faccia un cacchio<br />
dalla mattina alla sera, non ha dato fastidio a nessuno".
"È colpa mia se non ho mai dato fastidio a<br />
nessuno? E poi chi lo dice che non faccio un cacchio dalla<br />
mattina alla sera. Il pollaio me lo curate forse voi?"<br />
"Il pollaio? Fammi il piacere, Mimì. Quante volte ci<br />
vai? Se non fosse per la fimmina che cura tua madre, i tuoi<br />
polli sarebbero già tutti morti".<br />
"La fimmina, la fimmina, sembra che face tutto lei. Lei<br />
cura a mia madre, lei cura i polli, lei governa la casa…"<br />
"Devi ringraziare Dio che l'hai trovata buona.<br />
Mario Settembrino si lamenta della sua. Dice che i peperoni<br />
ripieni non li sa cucinare. Che te ne fai di una fimmina che non<br />
sa cucinare i peperoni ripieni?"<br />
"Quelli li saprei fare pure io".<br />
"E non te ne potevi stare a casa a preparare i<br />
peperoni ripieni la sera che ti hanno sparato. Adesso, invece<br />
di venire tu qui a parlare di queste iatture, venivo io da te e ci<br />
mangiavamo i peperoni ripieni".<br />
"Si può sempre fare, maresciallo".<br />
"Fammi il piacere, Mimì. Te l'ho detto, tu te ne<br />
stavi a casa e, invece di sparare a te, sparavano al figlio di<br />
Panzaredda. Adesso avrei saputo da dove cominciare".<br />
"E io che ci posso fare?"<br />
"E io che gli dico al giudice che mi rompe i<br />
coglioni un giorno si e l'altro pure".<br />
"Marescià, ce l'ho detto pure io al giudice. Non mi<br />
crede, quello stronzo".<br />
"Ehi, attento a come parli che ti faccio arrestare per<br />
oltraggio".<br />
"Ma come? Dite che a voi rompe i coglioni e a me<br />
mi fate arrestare per oltraggio?"<br />
"Cacchi miei, Mimì"<br />
81
L'interrogatorio trisettimanale finiva sempre con la<br />
solita frase.<br />
"Mimì, mi raccomando. Se ti torna la memoria,<br />
vienimi a dire quello che sai".<br />
Mimmo faceva un cenno di assenso con la testa,<br />
salutava e se ne tornava al circolo.<br />
Per De Stefano, comunque, non c'era solo la<br />
sparatoria di mezzo. C'era anche la deontologia professionale.<br />
Non sarebbe stato quello il modo di fare indagini da parte di<br />
un maresciallo, sebbene a riposo.<br />
"Non posso chiedere a Mimmo informazioni<br />
apertamente".<br />
Occorre procurarsi le informazioni con<br />
discrezione, senza scoprire le proprie carte.<br />
"Ci sono di mezzo una sparatoria e un omicidio, non<br />
fatterelli di poco conto", pensava De Stefano, mentre decideva il<br />
modo più corretto per approcciare Mimmo.<br />
Sembrava, inoltre, poco opportuno che un uomo<br />
sposato come De Stefano chiedesse notizie di una badante<br />
rumena. Per quali motivi avrebbe dovuto chiedere<br />
informazioni? Aveva forse interesse di carattere sentimentale<br />
o semplicemente sessuale? Erano queste le domande di cui<br />
avrebbe dovuto inevitabilmente rendere conto.<br />
Sebbene De Stefano avesse avuto l'incarico da<br />
Verrastro di non trattare la vicenda in maniera ideologica, si<br />
era reso conto che difficilmente sarebbe potuto sfuggire ad<br />
un approccio del genere.<br />
"Un conto é chiedere informazioni in merito ad<br />
una biglianese, un altro chiedere informazioni sopra una<br />
badante rumena, per giunta già occupata".<br />
Gli unici motivi potevano essere dati dalla<br />
possibilità che la badante avesse voglia di cambiare famiglia e<br />
di occuparsi di altri anziani.<br />
82
"In quel caso la richiesta di informazioni sarebbe<br />
stata dettata da esigenze professionali, ma non é il caso di<br />
Raluca".<br />
Lei si trovava bene dalla famiglia di Mimmo,<br />
nonostante qualche giudizio negativo della madre.<br />
"In presenza di queste condizioni, chiedere<br />
informazioni in merito ad una badante rumena, per un uomo<br />
sposato come me, vuol dire esprimere un interesse di<br />
carattere sentimentale o semplicemente sessuale".<br />
De Stefano che ci teneva molto alla sua<br />
reputazione di marito esemplare non voleva assolutamente<br />
correre questo rischio.<br />
questa".<br />
"Ci sono altre strade meno accidentate rispetto a<br />
L'esperienza in Sicilia gli aveva fatto maturare lo<br />
spirito dell'investigatore, almeno così diceva lui. In realtà, a<br />
Bagheria non aveva condotto nessuna inchiesta importante.<br />
Era stato protagonista dell'arresto di un mafioso, ma si era<br />
limitato solo a seguirne gli spostamenti nei giorni precedenti.<br />
Quando entrò nel circolo, vide che Mimmo stava<br />
giocando a biliardo. Al tavolo delle carte, invece, c'era il dott.<br />
D'Eugenio. Si sedette, pertanto, con D'Eugenio, in attesa che<br />
Mimmo si liberasse.<br />
"Ho il tempo per fare una partita a carte con<br />
D'Eugenio ed unire l'utile al dilettevole".<br />
Poteva giocare a carte, che era la sua passione e,<br />
nello stesso tempo, tenere sott'occhio Mimmo, in attesa che<br />
finisse.<br />
"Devo ancora trovare una scusa per approcciarlo e<br />
poi discutere di Raluca, ma durante la partita un'idea mi verrà<br />
certamente in mente".<br />
Iniziò a giocare, dapprima distrattamente, perché<br />
doveva tenere d'occhio il biliardo, poi con sempre più<br />
83
coinvolgimento. Giocò a briscola e si fece prendere talmente<br />
dalla partita che, quando alla fine, si girò verso il biliardo per<br />
verificare che Mimmo avesse finito, non stava giocando più<br />
nessuno.<br />
84<br />
"'Sto stronzo è già andato via".<br />
De Stefano ebbe un gesto di stizza. Non si era<br />
comportato da bravo investigatore. I suoi compagni di gioco<br />
pensarono che quel gesto fosse stato determinato dalle cattive<br />
carte che gli erano capitate in mano.<br />
La sera successiva, De Stefano giunse al circolo<br />
qualche minuto prima delle sei, l'orario in cui Mimmo<br />
abitualmente arrivava.<br />
"Devo assolutamente precederlo, altrimenti mi<br />
frega ancora una volta".<br />
Aveva avuto l'intera notte per pensare ed aveva<br />
concluso che per approcciare Mimmo senza ingenerare<br />
sospetti, avrebbe dovuto offrire da bere a tutti e poi fermarsi<br />
a parlare con lui.<br />
"Fare l'investigatore, anche se per conto terzi, é<br />
dispendioso in termini economici, ma ne vale la pena,<br />
considerate le soddisfazioni che può portare".<br />
Qualche minuto dopo l'arrivo di Mimmo, prima<br />
ancora che lui si mettesse a giocare al biliardo, propose una<br />
birra per tutti. Mimmo gli si avvicinò, gli strinse la mano e lo<br />
ringraziò. De Stefano, dapprima si intrattenne con lui<br />
discorrendo di vigna e di vino. Poi chiese come andassero le<br />
cose a casa. Mimmo disse che tutto andava bene, specie da<br />
quando era arrivata Raluca. De Stefano colse al volo<br />
l'occasione.<br />
"Senti, Mimmo…ma come sono queste badanti<br />
della Romania?"<br />
"In che senso, maresciallo?"
"Mimmo, io sono sposato. Non ti credere che<br />
voglia sapere 'ste cose per chissà quale motivo. Voglio<br />
dire…lavorano bene? Sanno fare le cose di casa?"<br />
"Bene, bene…noi siamo contenti, anche se mia<br />
madre ogni tanto si lamenta", rispose Mimmo, senza fare caso<br />
all'attenzione che il maresciallo a riposo riponeva nel<br />
discorso.<br />
"Come mai tua madre si lamenta?" Chiese<br />
incuriosito De Stefano.<br />
"Come mai? Perché si deve lamentare…si lamenta<br />
sempre, mia madre", rispose Mimmo, sollevando le spalle,<br />
come per significare che chiunque fosse stata la persona che<br />
si fosse occupata della madre, lei avrebbe avuto sempre<br />
qualcosa da ridire.<br />
Poi precisò, "a volte, esce di casa, anche per<br />
un'intera serata…ma che vuole, maresciallo, ha pure diritto a<br />
prendere un po' d'aria. Mia madre non può pretendere che<br />
stia sempre con lei".<br />
"Certo, come no!" Affermò il maresciallo a riposo,<br />
mostrandosi solidale con le ragioni di Raluca.<br />
Intanto, nella sua mente emergevano i primi<br />
interrogativi.<br />
"Perché 'sta femmina esce la sera? Per vedere<br />
Michele Dolce?"<br />
Non disse nulla. Lasciò che fosse Mimmo a parlare<br />
e O' greco amava parlare. I biglianesi dicevano che fosse<br />
sufficiente solo metterlo in azione.<br />
"Maresciallo, Raluca sembra 'na fimmina delle parti<br />
nostre. In cucina è brava. Cucina la pasta, la carne, sa fare<br />
pure li firriciddi. Li fa un po' grossi ma sono buoni. A volte<br />
prepara la chorba delle parti sue che né a me, né a mia sorella<br />
piace ma mia madre dice che è buona e ce la mangiano. Sa<br />
fare i servizi. Deve essere sempre tutto in ordine quando c'è<br />
85
lei. Tiene l'ossessione per la polvere. Sta sempre con 'na pezza<br />
in mano. Ve l'ho detto, maresciallo. Sembra 'na fimmina delle<br />
parti nostre".<br />
86<br />
"È sposata?"<br />
"Si, sposata con due figli. Pensa al marito e ai figli. I<br />
soldi, come li prende, li spedisce in Romania".<br />
"Te la saresti dovuta prendere tu, Mimmo".<br />
"Ma che dite, maresciallo", disse O' greco, facendo<br />
un cenno di dissenso con la mano.<br />
"E perché? Se è come 'na fimmina delle parti nostre,<br />
ti saresti potuto casare con lei".<br />
"No, la fimmina mia deve essere vergine e<br />
soprattutto deve essere seria".<br />
Stefano.<br />
"E lei non lo è?" Chiese maliziosamente De<br />
"E chi dice niente, maresciallo. Però, io la mano sul<br />
fuoco non ce la metto per nessuna fimmina".<br />
De Stefano non aveva fatto altro che metterlo in<br />
azione. Non c'era bisogno di incalzarlo ulteriormente con le<br />
domande. O' greco raccontava spontaneamente. Iniziò a<br />
parlare degli immigrati e dei rumeni. Raccontò la storia di<br />
Raluca, giunta a Bigliano, dopo un interminabile viaggio in<br />
macchina.<br />
"È arrivata con una vecchia Skoda, guidata dal<br />
marito di una sua amica badante, che si é fermata nei pressi di<br />
Napoli. Poi ha preso l'autobus per arrivare a Bigliano".<br />
"Ed è stato difficile arrivare da Napoli a Bigliano?"<br />
Chiese De Stefano.<br />
"Maresciallo, non credo anche se era la prima volta<br />
che metteva i piedi fuori dalla Romania".<br />
"E chi l'avrebbe detto!"
"Raluca è una femmina di campagna, nata nella<br />
zona di Calarasi".<br />
"E dove si trova?"<br />
"Non mi chiedete dove si trova di preciso perché<br />
non o' saccio. Dovrebbe essere non lontano da Bucarest",<br />
precisò Mimmo.<br />
"E parlava italiano quando è arrivata?"<br />
"Inizialmente non conosceva nessuna parola di<br />
italiano, ma riuscivano a capirci ugualmente. Il rumeno ha<br />
diversi termini che si avvicinavano al latino e io li utilizzavo<br />
per farmi capire".<br />
"Bravo, Mimmo!"<br />
"Finalmente ho potuto dimostrare che il latino é<br />
una lingua viva, e non morta come mi volevano far credere".<br />
greco".<br />
"Sarebbe stato meglio se la femmina avesse parlato<br />
"Che fate, maresciallo? Mi sfottete".<br />
De Stefano sorrise.<br />
"Raluca mi ha raccontato che la vita in Romania é<br />
cambiata molto, ma non tanto rispetto a quelle che erano le<br />
attese della sua gente. A dir la verità, in campagna le cose<br />
sono anche peggiorate rispetto alla qualità della vita durante il<br />
periodo socialista".<br />
Raluca aveva raccontato che uno dei principali<br />
problemi era legato alla mancanza di mezzi meccanici. La<br />
terra era di ottima qualità, piuttosto fertile.<br />
"Purtroppo non ci sono abbastanza trattori per<br />
poterla lavorare".<br />
Costavano molto e non erano alla portata dei<br />
contadini rumeni. Durante il socialismo, si utilizzavano quelli<br />
comuni, ma ora nessuno voleva più mettere in comune nulla.<br />
87
uoi".<br />
88<br />
"E come fate senza trattori?"<br />
"Come facevano gli antichi, con gli aratri tirati dai<br />
"E cosa altro ti ha raccontato?" Chiese De Stefano.<br />
"Mi ha detto che la proprietà privata era un bene<br />
che andava difeso, anche da se stessa", rispose Mimmo.<br />
"Ma tu che ci hai capito?"<br />
"Dai discorsi che face Raluca non si riesce a capire<br />
se la gente ci ha guadagnato o meno dalla fine del socialismo.<br />
A volte ne parlava bene, a volte male".<br />
"Ha molte amiche?" Chiese il maresciallo a riposo,<br />
spostando il tiro sugli aspetti che più gli interessavano.<br />
"Non molte", rispose Mimmo, che aggiunse,<br />
"qualche altra badante con la quale condivide l'esperienza<br />
italiana e poi Rosa, la moglie di Giorgio Pepe".<br />
"E amici?" Chiese con malizia.<br />
"Dicevano che fosse amica del morto ammazzato,<br />
ma io non ne saccio niente".<br />
La domanda sugli amici non piacque a Mimmo o'<br />
greco. Lo si capì dal gesto che fece con la mano, simulando<br />
un atteggiamento di chiusura. Non si trattava di una domanda<br />
inappropriata, ma poteva spostare il discorso su un piano che<br />
Mimmo reputava pericoloso.<br />
Al maresciallo Turtino, che lo interrogava con<br />
cadenza regolare, aveva sempre detto che la sparatoria di cui<br />
era stato protagonista, fosse stata uno sbaglio.<br />
"Io non c'entro niente. Si tratta di un errore di<br />
persona".<br />
Temeva che la sparatoria potesse essere messa in<br />
relazione con il cadavere rinvenuto il giorno successivo.<br />
Aveva sempre detestato le controversie, proprio per evitare
coinvolgimenti di carattere giudiziario ed ora, suo malgrado,<br />
si trovava nel mezzo di una tempesta.<br />
Se avesse risposto a De Dtefano, si sarebbe potuto<br />
pensare che lui fosse depositario di chissà quali segreti. Per<br />
questo, preferì non fornire nessun dettaglio e troncare il<br />
discorso.<br />
"Ora, però, ci vorrebbe una bella partita a biliardo".<br />
L'atteggiamento di chiusura di Mimmo, finì, invece,<br />
per insospettire ulteriormente De Stefano.<br />
"Inutile forzare la situazione con ulteriori domande, che non<br />
farebbero altro che impaurirlo", pensò.<br />
Eppure, dalle parole dette, Mimmo dava<br />
l'impressione di sapere molto più di quello che aveva lasciato<br />
intendere.<br />
"Sarà possibile strappargli altre informazione?"<br />
L'interrogativo era destinato a rimanere senza<br />
risposta, almeno per quella sera. De Stefano preferì<br />
avvicinarsi al tavolo da gioco delle carte.<br />
"Mi aiuta a rimettere a poste le idee".<br />
In fondo, anche l'investigazione è come un gioco di<br />
carte. Per vincere é necessario avere le carte giuste in mano e<br />
quella sera non le aveva. Mimmo non gli aveva fornito<br />
nessuna informazione importante da trasferire a Rocco<br />
Verrastro, benché gli avesse ingenerato dei dubbi sui quali<br />
riteneva opportuno continuare ad indagare.<br />
"Devo continuare a frequentare la villa comunale<br />
dopo le sei".<br />
Dai movimenti delle badanti rumene avrebbe<br />
potuto cogliere spunto per la sua personale indagine.<br />
Mimmo se ne tornò, invece, al tavolo da biliardo,<br />
che trovò occupato. Diede uno sguardo alla bacheca, in cui<br />
89
c'era il foglio di carta con le prenotazioni. Notò che sette<br />
persone avevano già apposto il proprio nome.<br />
90<br />
"Mi sembra chiaro che questa sera non si gioca".<br />
Il caffè offertogli da De Stefano e la chiacchierata<br />
che ne era seguita gli avevano fatto perdere il turno. Rimase<br />
in piedi di fronte al biliardo per pochi minuti. Diede qualche<br />
consiglio su come giocare a Penelope e andò a sedersi sulla<br />
sedia di legno, sul marciapiede davanti alla porta d'entrata.<br />
Era una bella giornata primaverile, il sole ancora non era<br />
tramontato. Gli venne voglia di leggere il giornale, prima di<br />
ritornare a casa. Sfogliò il Quotidiano della Lucania per<br />
intero, ma non si soffermò su nessun articolo in particolare.<br />
Lesse velocemente i titoli. Ripose il giornale sulle ginocchia e<br />
si fermò per un attimo a riflettere.<br />
"De Stefano si sarebbe potuto evitare la domanda<br />
sugli amici di Raluca".<br />
Riprese la lettura del giornale. Non si soffermò solo<br />
sui titoli ma scelse anche un paio di articoli da leggere per<br />
intero. Come sua abitudine, scelse la pagina della cultura. Gli<br />
articoli scelti si riferivano a Rocco Scotellaro e alla civiltà<br />
contadina, che il letterato di Tricarico rappresentava nelle sue<br />
opere.<br />
"Un ampio spazio nella poesia scotellariana viene riservato<br />
ai genitori, in modo particolare al padre, verso cui il poeta nutre<br />
sentimenti di affetto e profondo rispetto. La sua improvvisa scomparsa<br />
era stata fonte di incommensurabile dolore e pentimento, come<br />
dimostrano alcune delle sue liriche più profonde".<br />
Mimmo lesse l'articolo con grande attenzione. Si<br />
emozionò. Due lacrime gli solcarono il viso. Lui le asciugò in<br />
fretta con il fazzoletto bianco, afferrato velocemente dalla<br />
tasca. Aveva perso il padre improvvisamente e aveva<br />
impiegato molto tempo per ridare un senso alla propria vita.<br />
Nel frattempo il tempo gli era sfuggito di mano. Si asciugò le<br />
lacrime continuando a leggere l'articolo, che si concentrava<br />
sul sottoproletariato rurale, paragonato agli acini maturi ma
piccoli di uva puttanella, di cui conosceva le angosce e le<br />
tribolazioni.<br />
Più volte, Mimmo si era fermato a riflettere,<br />
leggendo il romanzo di Rocco Scotellaro.<br />
"Chi sono ora gli acini di uva puttanella in Lucania,<br />
una terra abituata a stritolare i suoi figli, in cui si confonde il<br />
diritto con il favore e in cui la soglia di tolleranza é talmente<br />
elevata da rendere possibile qualsiasi tipo di umiliazione?".<br />
La sua volontaria rinuncia alla laurea era stata un<br />
gesto di ribellione, che tuttavia non aveva condotto a nulla, se<br />
non a vivere sulle spalle della madre e della sorella.<br />
"La Lucania stritola i propri figli, soprattutto se gli<br />
si rivoltavano contro. Li umilia ancora di più, togliendo loro<br />
anche la dignità che l'essere umano deve pretendere di avere".<br />
Ribellarsi o morire, oppure ribellarsi e morire.<br />
Mimmo aveva provato a condividere i suoi pensieri, ma non<br />
era servito a nulla. Nessuno lo aveva mai compreso.<br />
Quella sera evitò di condividere i suoi pensieri.<br />
Dopo aver terminato i due articoli, rimase ancora qualche<br />
minuto seduto sulla sedia di legno. Il giornale accartocciato<br />
sulle ginocchia e lo sguardo perso verso l'orizzonte. Il sole<br />
stava tramontando.<br />
"È tempo di tornare a casa".<br />
Mentre attraversava via Roma, gli tornava in mente<br />
la domanda di De Stefano sugli amici di Raluca.<br />
"È proprio vero che le disgrazie non capitano mai da sole.<br />
Domenica sera mi sparano e vabbé… posso capire una disgrazia, ma<br />
poi a chi vanno a ammazzare? Michele Dolce? E che si fa? La gente<br />
pensa a Raluca e naturalmente a me? Dico io…mi hanno sparato e può<br />
anche andare bene. Bisogna accettarlo ma almeno ammazzatene un<br />
altro. A Bigliano non siamo in tanti ma uno diverso da Michele Dolce,<br />
se si fosse cercato bene, si sarebbe potuto trovare".<br />
91
Quella domanda gli rimase nella testa fin quando<br />
non decise di andare a dormire. Il mattino seguente, si alzò<br />
alle sei.<br />
notte".<br />
92<br />
"Non sono riuscito a chiudere occhio per tutta la<br />
La sera precedente aveva mangiato la frittata con le<br />
cipolle e, come spesso gli capitava quando mangiava pesante,<br />
la notte si era girato e rigirato nel letto. All'alba aveva deciso<br />
che non valeva la pensa insistere e che, appena Ciaramella<br />
avesse aperto il bar, sarebbe andato a prendere un caffè con<br />
un cornetto alla marmellata. Dopo sarebbe andato al pollaio.<br />
"Così chiudiamo la bocca al maresciallo Turtino,<br />
che mi tratta come uno sfaticato".<br />
Pensò che nel bar avrebbe trovato qualcuno con<br />
cui chiacchierare.<br />
"E, se proprio non dovessi trovare nessuno, allora<br />
parlo con Ciaramella. Di argomenti interessanti da dibattere<br />
ce ne sono tanti".<br />
L'omicidio di Michele Dolce era uno delle possibili<br />
opzioni ma era, ovviamente, l'opzione che Mimmo preferiva<br />
di meno. Non gli andava di discorrere di Michele perché<br />
inevitabilmente si sarebbe fatto riferimento anche alla sua<br />
sparatoria.<br />
"È davvero improbabile che Ciaramella non sia<br />
ancora al corrente della diceria che gira in paese ormai da<br />
tempo e che la morte improvvisa e violenta di Michele ha<br />
riportato d'attualità. Anzi, a pensarci bene, è stato proprio a<br />
partire dal bar di Ciaramella che il pettegolezzo ha preso il<br />
volo".<br />
Tuttavia, non c'erano altre alternative a quell'ora<br />
della mattina.<br />
"Il circolo è chiuso e apre soltanto alle otto".<br />
Decise che avrebbe corso il rischio.
"Vado da Ciaramella. Se il discorso dovesse<br />
scivolare sull'omicidio di Michele Dolce, mosterò un falso<br />
disinteresse, sperando di distoglierlo dal procedere su<br />
questioni che potrebbero mettermi in imbarazzo".<br />
Dopo aver fatto la barba, mentre ancora gli altri<br />
abitanti della casa dormivano, Mimmo si vestì, indossando gli<br />
stessi abiti del giorno precedente. Senza fare rumore, uscì di<br />
casa. Prese con sé anche una coppola marrone, di quelle che<br />
si usano in Sardegna. Giunse nel bar pochi minuti dopo<br />
Ciaramella, che stava scopando per terra.<br />
barista.<br />
"Come mai in giro di prima matina?", gli chiese il<br />
"Aggio passato na' brutta nuttata", rispose<br />
sinceramente Mimmo.<br />
"E come mai? Ti fischiano ancora le pallottole<br />
dell'altra sera?"<br />
"Aggio mangiato la frittata con le cipolle di Raluca ieri<br />
sera…troppo pesanti".<br />
Mimmo non si rese conto di aver trascinato subito<br />
il discorso proprio dove non avrebbe voluto. Aveva<br />
introdotto l'argomento di Raluca di sua spontanea iniziativa,<br />
senza neanche essere incalzato da Ciaramella. Il fatto di non<br />
aver dormito la notte lo aveva senza dubbio privato della<br />
lucidità necessaria per gestire una situazione come quella.<br />
Realizzò di aver commesso un errore solo qualche<br />
istante dopo, quando Ciaramella gli chiese:<br />
" Ah, Raluca! Che vita mena quella fimmina?"<br />
"E che ne saccio", rispose con tono seccato Mimmo.<br />
"Ma non lavora a casa tua?" Chiese di nuovo<br />
Ciaramella, sperando di ricevere una risposta più aperta.<br />
"Si, ma questo non significa che io aggia sapé che<br />
face", rispose sempre più seccato Mimmo.<br />
93
Mimmo.<br />
94<br />
Ciaramella rimase interdetto.<br />
"Se ne dicene tante supa quella femmina, o' sai?"<br />
"Se dicene supa tutte le femmine", provò a tagliare corto<br />
"Mimì, siente a me. Ma non è che ié stata per iedda che ti si<br />
truvato in mezzo?" Insinuò Ciaramella.<br />
me?"<br />
"Ma in mezzo a che?"<br />
"Mimì nun fa la parte di chi non vo' capisce" .<br />
"Ciaramé, pure tu si' convinto che voliuano proprio sparà a<br />
"Mimì, o' maresciallo tene ragione. Noi te verimo ogni<br />
iuorno quanno scienne a la caserma".<br />
"Ma che dici, Ciaramé? Ma quale ogni giorno?"<br />
"Vabbé, ogni due giorni?"<br />
"E se anche fosse, ti dico la stessa cosa che dico<br />
sempre al maresciallo. C'è stato un errore. Io non c'entro<br />
niente".<br />
Ciaramella sperava di far confessare Mimmo, ma la<br />
sua reticenza fece naufragare il progetto. Preferì non<br />
aggiungere nulla. Mimmo ancora non aveva ordinato e non<br />
voleva che la questione potesse distoglierlo dalla<br />
consumazione. Il business prima di tutto.<br />
Per questo, lasciò da parte l'argomento Raluca e<br />
disse, "preparo o' cafè, mimì?"<br />
"Si, si, prepara 'sto cafè, e fammelo piglià in santa pace".<br />
Ciaramella continuò a fare le sue cose e Mimmo<br />
prese a sorseggiare il caffé. Ogni tanto mozzicava un cornetto<br />
di marmellata. Non si scambiarono più nessuna parola.<br />
Dopo aver terminato uscì dal bar. Non erano<br />
ancora le sette, ma già la piazza era animata. Si erano già
posizionati due banchi. A destra il nipote di Rosanna aveva<br />
predisposto la frutta, mentre a sinistra c'era il banco del pesce.<br />
Biagio di Castellammare era arrivato a Bigliano verso le<br />
cinque, come faceva ogni venerdì. Vendeva un po' di tutto,<br />
spigole, merluzzo, pescespada e frutti di mare. Mimmo si<br />
avvicinò al banco di Biagio. Gli chiese come andassero le<br />
cose, poi comprò del merluzzo. Quando rientrò a casa, trovò<br />
tutti svegli. La madre si trovava nella camera da letto e Raluca,<br />
insieme alla sorella, in cucina.<br />
"Ti preparo o' café, Mimì?" Gli chiese la sorella.<br />
"Ne tengo proprio bisogno. Non aggio chiuso<br />
occhio per tutta la notte", le rispose Mimmo.<br />
frittata".<br />
"E perché? Che preoccupazione tieni?"<br />
"Macché preoccupazioni? 'A frittata...é stata 'a<br />
"Sicuro che non pensi ancora alla sparatoria?"<br />
"Macché sparatoria! T'aggio detto che è stata 'a frittata".<br />
Mimmo consegnò il merluzzo a Raluca, che seguiva<br />
in silenzio la conversazione tra lui e la sorella, e attese che il<br />
caffè fosse pronto. Si sedette al tavolo della cucina e lo<br />
sorseggiò con calma. La sorella salì al piano di sopra nella<br />
camera da letto della madre. Mimmo rimase da solo con<br />
Raluca.<br />
"Non vorrei trovarmi nei casini a causa tua", le<br />
disse con tono severo, guardandola fissa negli occhi.<br />
Raluca non rispose.<br />
"Non dici niente?" La incalzò Mimmo.<br />
"Abbiamo già parlato di queste cose. Io non c'entro<br />
niente", gli disse Raluca.<br />
Non poterono proseguire nel loro discorso, perché<br />
nel frattempo la sorella di Mimmo era ritornata in cucina.<br />
95
"Mamma ti sta aspettando. Ti devi sbrigare", disse<br />
a Raluca, che si affrettò.<br />
Prese un vassoio, vi posò una tazza di caffè, vi<br />
aggiunse delle fette di pane ed un barattolo di marmellata.<br />
Dopo essersi assicurata di aver preso tutto ciò che serviva per<br />
la colazione di Filomena, lasciò la cucina e si diresse verso le<br />
scale per salire al piano superiore.<br />
Anche la sorella di Mimmo andava di fretta.<br />
Doveva andare in chiesa.<br />
La soffiata di Radiodue<br />
Turtino, pressato dal sostituto procuratore,<br />
Arcibaldo De Castro, continuava ad indagare. Aveva letto con<br />
attenzione il referto del medico legale e aveva interrogato gli<br />
operai del cantiere, che si trovavano sul posto, al momento<br />
del ritrovamento del cadavere. In seguito, aveva iniziato a<br />
investigare sulla vita di Michele Dolce.<br />
"Non sembrano esserci elementi che possano far<br />
pensare al desiderio di qualcuno di vederlo morto. Era un<br />
uomo tranquillo, gli piaceva la campagna e non faceva vita<br />
sociale".<br />
96<br />
"Niente di niente?" Chiese Scapagnin.<br />
"L’unica circostanza che ci fornisce un’ipotesi di<br />
lavoro é la presunta amicizia con la badante rumena"<br />
Era una questione ormai divenuta di dominio<br />
pubblico, sulla quale anche De Stefano aveva concentrato la<br />
sua attenzione.<br />
"In verità, a voler essere pignoli, esiste anche<br />
un’altra ipotesi, che potrebbe essere scandagliata”.<br />
“Quale, maresciallo?” Chiese, incuriosito,<br />
Scapagnin.
“Michele Dolce aveva ricevuto un’eredità, di cui<br />
non si conosce con esattezza la consistenza, da una vecchia<br />
zia che viveva a Piombino, in Toscana”.<br />
“Un’eredità consistente potrebbe essere un<br />
movente interessante”.<br />
“I figli Paolo e Ernesto hanno detto che si tratta di<br />
poca roba, un uliveto e un casolare, ma un'analisi attenta della<br />
situazione ha rivelato alcune tensioni familiari nei giorni<br />
precedenti la morte del Dolce".<br />
"Si potrebbe approfondire", suggerì l'appuntato.<br />
"Al tempo, Scapagnin! Prima vorrei vederci chiaro<br />
sulla presunta amicizia con la badante rumena".<br />
Per prima cosa, Turtino ricostruì l’arrivo di Raluca<br />
a Bigliano.<br />
"La rumena é giunta in Italia a bordo di una<br />
vecchia Skoda, guidata dal marito di una sua amica badante".<br />
C’era, però, un aspetto che nessuno ancora<br />
conosceva e che aveva attirato l’attenzione del maresciallo.<br />
"Il marito dell’amica badante di Raluca é stato<br />
arrestato dopo essere arrivato in Italia, per poi essere<br />
rilasciato qualche settimana prima dell'omicidio di Michele<br />
Dolce. I colleghi della compagnia di Battipaglia lo hanno<br />
sorpreso in possesso di merce rubata".<br />
L'uomo era stato fermato per un controllo sulla<br />
strada che costeggia il mare, nei pressi di Pontecagnano. I<br />
carabinieri gli avevano chiesto i documenti e ispezionato la<br />
macchina. Nel cofano avevano rinvenuto un pacco<br />
contenente alcune macchine fotografiche digitali, due<br />
computer portatili e sette videocamere, poi risultate rubate in<br />
un negozio di Napoli.<br />
"Il marito dell’amica badante rumena di Raluca é<br />
stato arrestato e portato nel carcere di Salerno. Si è difeso<br />
dicendo che il pacco gli era stato dato da un amico".<br />
97
'Io non so nulla circa la provenienza della merce. Il<br />
mio compito era semplicemente quello di trasferirla a casa di<br />
un tizio, che mi stava aspettando a Eboli", dichiarò ai<br />
carabinieri.<br />
La vicenda apriva uno scenario interessante.<br />
Dimostrava che le frequentazioni di Raluca potevano essere<br />
non tanto innocenti, come, invece, venivano descritte dalla<br />
gente che la conosceva.<br />
"D'altra parte, é vero che Raluca conosceva l'uomo,<br />
arrestato con l'accusa di ricettazione, ma é altrettanto vero<br />
che non si può dimostrare nessun contatto con lui, dopo<br />
l'arrivo in Italia".<br />
Il giorno stesso in cui ricevette l'informativa dal<br />
comando di Battipaglia, Turtino fece convocare Raluca in<br />
caserma. Cercò di farlo in gran segreto ma il suo tentativo<br />
non riuscì. Nel giro di pochi minuti, sia nel bar di Ciaramella<br />
che nel circolo, l'argomento predominante di discussione<br />
divenne l'interrogatorio della badante rumena.<br />
98<br />
Da Ciaramella, la notizia venne data da Radiouno.<br />
"Mio cugino ha visto Raluca sulla via nova".<br />
Giannino, che stava leggendo il giornale,<br />
appoggiato sul frigorifero dei gelati, sollevò lo sguardo.<br />
"Sul viale? Da sola?"<br />
"Da sola, da sola".<br />
"E che ora erano?"<br />
"Le quattro".<br />
"'Na fimmina da sola sulla via nova alle quattro del<br />
pomeriggio?"<br />
"Appunto! Fate i conti voi…"<br />
"Deve averla chiamata o’ maresciallo", tirò le<br />
conclusioni Ciaramella sotto voce.
"E qui la faccenda si fa seria se è vero che o'<br />
maresciallo l'ha chiamata. Ma siamo sicuri che l'ha chiamata?<br />
Può darsi che la signora si faceva 'na passeggiata", rispose Ziza,<br />
che aveva smesso di sorseggiare la birra per seguire con più<br />
attenzione.<br />
"Ma quale passeggiata? Alle quattro sopra la via nova?<br />
Io lo sapevo. Questa è 'na storia di corna", disse Radiouno, che<br />
aveva smesso il cappotto e lo aveva appoggiato sulla sedia.<br />
"Ma siamo sicuri che era proprio lei?" Intervenne<br />
Tanino, mentre nel bar stava entrando Radiodue.<br />
"Cugì, dove hai visto la rumena oggi pomeriggio?"<br />
Chiese Radiouno, rivolgendosi al cugino di secondo grado.<br />
"Sopra la via nova, sopra la via nova", confermò<br />
Radiodue.<br />
La via nova a cui si faceva riferimento era il viale,<br />
abitualmente usato dai biglianesi per passeggiare, durante le<br />
calde serate d'estate. Il fatto che Raluca lo avesse percorso,<br />
alle quattro del pomeriggio e d'inverno, aveva suscitato la<br />
curiosità di Radiodue. Il sospetto che Raluca stesse andando<br />
dai carabinieri era forte.<br />
"Se Ciaramella potesse portare dei caffè in caserma,<br />
il dubbio sarebbe completamente eliminato".<br />
Ma quel giorno non arrivò nessuna richiesta di<br />
caffè nel bar di Ciaramella e il dubbio rimase tale. Nel circolo,<br />
invece, come sempre avveniva in questi casi, era De Stefano a<br />
tenere banco.<br />
“Le indagini sono ad una svolta”, disse con l’aria<br />
seria delle occasioni importanti.<br />
Nei giorni precedenti si era mostrato prudente nel<br />
chiedere notizie su Raluca, proprio per non ingenerare<br />
sospetti. Ora, invece, che i carabinieri sembravano aver rotto<br />
gli indugi, l'argomento della presunta amicizia tra Michele e<br />
Raluca poteva uscire allo scoperto.<br />
99
“Ora posso raccogliere tranquillamente le<br />
informazioni che mi ha richiesto Rocco. La mia reputazione<br />
è fuori discussione”.<br />
L'interrogatorio di Raluca<br />
La notizia dell'interrogatorio di Raluca era vera. Il<br />
maresciallo Turtino la fece attendere alcuni minuti davanti la<br />
porta del suo ufficio, prima di farla entrare. Era stata<br />
convocata quella stessa mattina, quando due carabinieri<br />
avevano suonato alla sua porta. Raluca li aveva accolti<br />
sull'uscio.<br />
100<br />
“Volete entrare?” Chiese loro.<br />
“Le dobbiamo consegnare solo una lettera di<br />
convocazione. Lei ci dovrebbe firmare la ricevuta”, le<br />
risposero.<br />
Si trattava di un prestampato, molto scarno e<br />
formale, nel quale era stato inserito solo il suo nome, con<br />
indicazione dell'orario in cui si sarebbe dovuta presentare in<br />
caserma. Raluca firmò per ricevuta consegna. Prese la lettera e<br />
la capovolse d'istinto per cercarne di cogliere subito il<br />
contenuto. Attese che i due carabinieri si fossero allontanati<br />
per richiudere il portone. Poi, andò in cucina e pianse.<br />
In casa non c'era nessuno, a parte Filomena, la<br />
madre di Mimmo che, però, si trovava al piano superiore, in<br />
camera da letto. Non si accorse di nulla. Quando Raluca<br />
smise di piangere, si sistemò il grembiule e iniziò a cucinare.<br />
“Non sarebbe possibile e neanche conveniente<br />
nascondere la convocazione a Mimmo e a sua sorella. Non<br />
servirebbe a niente, se non a dimostrare che di me non ci si<br />
può fidare”.<br />
Mimmo e sua sorella lo avrebbero certamente<br />
saputo al circolo oppure nel bar di Ciaramella.
“Ho paura di perdere il posto di lavoro e di essere<br />
costretta a lasciare l'Italia”.<br />
Nei pochi minuti che separarono la visita dei<br />
carabinieri con il ritorno a casa della sorella di Mimmo,<br />
Raluca, che aveva smesso di piangere, decise che avrebbe<br />
raccontato la verità.<br />
“Mi devo presentare in caserma. Sono venuti i<br />
carabinieri a darmi questa”, disse, estraendo la lettera di<br />
convocazione dal cassetto in cui l’aveva riposta.<br />
Alle quattro e un quarto di quello stesso giorno si<br />
trovò nel corridoio, a sinistra dell'entrata della caserma. Dopo<br />
pochi minuti avrebbe incontrato il maresciallo. Cercava di<br />
sistemare le idee. Nonostante Turtino l'avesse formalmente<br />
convocata solo per raccogliere informazioni, Raluca avvertiva<br />
un senso di colpevolezza.<br />
“Sono le circostanze che mi fanno sentire<br />
colpevole”.<br />
Era rumena e aveva conosciuta la persona<br />
assassinata. Si trattava di due indizi che in un paese normale<br />
avrebbero potuto anche non significare nulla di importante,<br />
ma che a Bigliano potevano essere già considerati una mezza<br />
prova. Un terzo indizio avrebbe potuto costituire una prova<br />
intera contro di lei.<br />
Indossava una gonna nera ed un maglione a collo<br />
alto grigio. Sulle spalle aveva appoggiato un impermeabile. Di<br />
fuori c'era una leggera brezza ed un pallido sole faceva<br />
capolino tra le nuvole. La finestra, appena socchiusa alle sue<br />
spalle, lasciava entrare un filo d'aria che la rincuorava. Le<br />
portava la mente lontano, ai prati verdi di Calarasi. Era seduta<br />
composta, con le mani incrociate. Quando l'appuntato le<br />
disse di entrare, lei accennò ad un sorriso.<br />
"Si sieda, signora", disse Turtino, alzando lo<br />
sguardo verso di lei.<br />
101
Fino ad allora aveva letto i documenti, che si<br />
trovavano sulla sua scrivania. Tra quelle carte, c'era anche<br />
l'informativa, riguardante il marito dell'amica di Raluca, giunta<br />
da Battipaglia.<br />
"Cortesemente riferisca le sue generalità", chiese<br />
Turtino, abbozzando uno sguardo, che a Raluca apparve<br />
severo.<br />
La badante rumena con voce chiara pronunciò il<br />
proprio nome, cognome da nubile e da sposata, la data e il<br />
luogo di nascita. Infine, comunicò la residenza e il domicilio.<br />
102<br />
"Avete le carte in regola, suppongo".<br />
"Certo che ho le carte in regola. Lavoro e mi<br />
pagano regolarmente".<br />
"E non vi manca la Romania?"<br />
"Mi mancano i miei figli".<br />
"Ah, avete dei figli. E pure un marito, suppongo?"<br />
"Pure un marito".<br />
A quel punto, il maresciallo le spiegò che il motivo<br />
per cui era stata convocata era da mettere in relazione alla sua<br />
presunta amicizia con Michele Dolce.<br />
"Il nome Michele Dolce vi dice qualcosa?"<br />
"È quello trovato morto?"<br />
"Appunto! Lo conoscevate?"<br />
"Si, lo conoscevo".<br />
“Come l’avete conosciuto?”<br />
“Un pomeriggio in campagna, mentre ero per<br />
strada. Si é fermato con la sua macchina e mi ha dato un<br />
passaggio fino in paese”.<br />
“Fino in paese?”
“In realtà, non siamo giunti fino in paese. Mi ha<br />
lasciato un po' prima”.<br />
Michele.<br />
Aggiunse di essere stata colpita dalla dolcezza di<br />
"Era un tipo che non parlava molto ma il suo<br />
sguardo trasmetteva serenità".<br />
"Che cosa intende dire?" Le chiese il maresciallo.<br />
"Niente di particolare. Solo che quello sguardo<br />
infondeva serenità".<br />
Turtino continuava a non capire cosa realmente<br />
Raluca volesse dire con quell'affermazione. Più non capiva e<br />
più la scrutava, come se fosse alla ricerca di qualcosa.<br />
"Mi scusi la domanda, ma sapete…le<br />
circostanze…Si trattava solo di amicizia o di altro?"<br />
L'appuntato, seduto alla scrivania, di fronte al<br />
computer, volse per un attimo lo sguardo verso Raluca,<br />
tradendo una curiosità che andava oltre il legittimo interesse a<br />
conoscere le cose da parte di un investigatore. Raluca, invece,<br />
non si scompose.<br />
"Mi aspettavo questa domanda. Io l'ho sempre<br />
vissuta come un'amicizia"<br />
"Cosa intendete dire?"<br />
"Quello che ho detto, che si trattava di<br />
un'amicizia".<br />
Turtino apparve confuso. Non era abituato a<br />
ricevere quel tipo di risposte. Non sapeva se le sfumature<br />
delle affermazioni di Raluca fossero dovute alla non perfetta<br />
conoscenza della lingua oppure nascondessero un preciso<br />
disegno della donna.<br />
"Uno tra noi due non capisce bene l'italiano",<br />
esclamò Turtino, con un tono alterato, "amicizia e altro,<br />
chiamatelo come volete, sono due cose completamente<br />
103
diverse. Voi dite di averlo vissuta come un'amicizia ma che<br />
cosa rappresentava per il Dolce?"<br />
104<br />
"Avreste dovuto chiederlo a lui".<br />
"Non fate la spiritosa, signora".<br />
"Io l'ho vissuta come un'amicizia. Ve lo ripeto<br />
ancora una volta".<br />
Raluca era stata molto semplice nelle sue risposte.<br />
Aveva detto che Michele le trasmetteva serenità e che lei<br />
aveva vissuto quel rapporto come un'amicizia. Turtino,<br />
invece, continuava ad avere dei dubbi. Anzi, l'incontro con<br />
Raluca non fece altro che avvalorarli. Preferì, dato che<br />
continuava a non capire, non insistere sulla presunta amicizia<br />
di Raluca con Michele. Fece domande sul marito dell'amica,<br />
recentemente arrestato.<br />
"Conoscete il signor Martisor Tomescu?"<br />
"Non mi sembra".<br />
"E la signora Cornelia Tomescu?"<br />
"Si, Cornelia la conosco".<br />
"È una sua amica?"<br />
"In un certo senso si".<br />
"In un certo senso, io l'ho vissuta,<br />
eccetera…signora, non mi piace il tono delle vostre risposte.<br />
Dovete essere chiara".<br />
"Io sono chiara, signore".<br />
"Allora iniziamo a fare chiarezza. Lei conosce<br />
Cornelia Tomescu ma non conosce Martisor Tomescu".<br />
"Si, chi è Martisor?"<br />
"Glielo dico io chi è Martisor”.<br />
“Si, ditemi”.
“È il marito di Cornelia Tomescu, che voi dite<br />
essere amica vostra, in un certo senso. È la persona che ha<br />
guidato la macchina quando voi siete venuti in Italia ed è la<br />
stessa persona che è stata arrestata per ricettazione".<br />
Raluca apparve sorpresa.<br />
"Ricettazione?"<br />
"Non sapete cosa significa?”<br />
“Non sono italiana”.<br />
“Allora, ve lo spiego io”.<br />
“Spiegatemelo”.<br />
“Il vostro amico aveva merce rubata nella sua<br />
macchina. I colleghi di Battipaglia dicono che il furto non sia<br />
stata opera sua e che lui aveva solo la merce in macchina. Io<br />
ho i miei dubbi ma me li tengo per me. Comunque, è un reato<br />
grave, cara signora".<br />
"Mi dispiace".<br />
"Vi dispiace?"<br />
"Certo. Io non ne sapevo niente?"<br />
"Allora perché avete negato di conoscerlo?"<br />
"Perché voi avete detto Martisor Tomescu. La<br />
moglie lo chiamava Martie".<br />
"E non è la stessa cosa?"<br />
"Si, è la stessa cosa".<br />
"E perché avete negato, allora?"<br />
"Non l'ho negato. Solo non ci ho pensato".<br />
"Voi non sapete niente delle attività criminali di<br />
Martisor Tomescu".<br />
"Non so niente. L'ho conosciuto perché mi ha<br />
portato in Italia".<br />
105
"L'appuntato Scapagnin ha fatto alcuni controlli.<br />
Pare che dal suo telefono siano state fatte telefonate verso<br />
l'utenza di Martisor Tomescu".<br />
volte".<br />
106<br />
"Ma io conosco la moglie. L'ho chiamata due o tre<br />
"Scapagnin ha trovato oltre dieci telefonate<br />
registrate".<br />
"Non mi ricordo. Due, tre o dieci. Non mi ricordo.<br />
Dopo la partenza da Calarasi….".<br />
"Eravate al corrente delle sue attività criminali?" La<br />
interruppe Turtino, mentre Raluca stava raccontando il<br />
viaggio fatto con i suoi connazionali fino a Napoli.<br />
"Assolutamente no!" Rispose prontamente Raluca,<br />
che poi aggiunse, "e non credo nemmeno che sia un<br />
criminale. Io ho conosciuto una persona buona".<br />
"Solo persone buone conoscete voi. La gente spara,<br />
c'è chi muore e le persone sono buone. La gente ruba, si fa<br />
trovare nella macchina merce rubate e le persone sono<br />
buone", sbottò Turtino, contrariato.<br />
Era rimasto calmo fino a quel momento, ma<br />
l'incertezza in cui le affermazioni di Raluca lo avevano fatto<br />
sprofondare, lo mettevano di cattivo umore. Raluca, che<br />
aveva detto che Michele le infondeva serenità e che il marito<br />
della badante era buono, non rispose. Piegò lo sguardo.<br />
Turtino, invece, apparve sempre più contrariato per non<br />
essere riuscito a mettere insieme nulla di veramente<br />
interessante per il sostituto procuratore, che stava seguendo la<br />
vicenda dal suo ufficio di Potenza. Chiuse l'incontro dicendo<br />
a Raluca che certamente si sarebbero risentiti.<br />
“Per ora, può andare”.<br />
La ringraziò e la congedò. Qualche giorno dopo,<br />
però, l’avrebbe riconvocata.
“Fai chiamare la badante”, disse a Scapagnin, “sarà<br />
il sostituto procuratore in persona ad interrogarla”.<br />
Turtino riteneva che De Castro fosse una persona<br />
di cultura superiore alla sua.<br />
“Saprà comprendere più facilmente le sfumature<br />
delle sue osservazioni”.<br />
Per quel pomeriggio, la vicenda dell'omicidio di<br />
Michele Dolce non produsse altre novità. Nel bar di<br />
Ciaramella si fecero alcune illazioni, mentre nel circolo se ne<br />
parlò appena.<br />
“Ne parlerò con il mio vecchio collega”, disse De<br />
Stefano, riferendosi a Turtino.<br />
Il giorno successivo venne a sapere dell’informativa<br />
proveniente dalla compagnia di Battipaglia.<br />
“La badante rumena ha avuto delle frequentazioni<br />
equivoche”.<br />
Non sembrava quella santa donna che veniva<br />
descritta. Aveva sempre detto di essere giunta in Italia per<br />
lavorare onestamente, guadagnare e inviare i soldi in<br />
Romania, per sostenere i figli, che erano rimasti nelle<br />
campagne di Calarasi. Il contatto che, invece, aveva avuto con<br />
un uomo, arrestato per ricettazione, gettava una luce sinistra<br />
sulla sua vita.<br />
Il gallo di don Nicolino Laureto<br />
Nonostante il maresciallo Turtino cercasse di<br />
scandagliare la vita di Michele Dolce alla ricerca di particolari,<br />
che potessero condurlo sulla pista buona, continuava a non<br />
emergere nulla di particolarmente rilevante. Le poche persone<br />
che lo conoscevano dicevano che Michele conservava un<br />
amore viscerale per la sua terra.<br />
107
“Rappresentava l'espressione del suo essere più<br />
profondo e lui si sentiva legato ad ogni zolla di quel terreno.<br />
Non ha mai voluto abbandonarlo, nonostante tutti i suoi<br />
vicini lo avessero fatto”.<br />
Eppure, il suo terreno giocava un ruolo importante<br />
nella zona in cui era situato. Si trovava su una falla ricca di<br />
petrolio, in una posizione privilegiata per procedere<br />
all'estrazione.<br />
La terra era stata un punto di riferimento anche per<br />
suo nonno e per suo padre. Era lì che aveva appreso dal<br />
nonno a dire che si sentiva in grazia di Dio. Si trattava di uno<br />
stato esemplare, in cui la mente perdeva ogni contatto con la<br />
realtà, si liberava di tutte le preoccupazioni e vagava libera. Il<br />
senso di benessere si trasferiva al corpo fino a renderlo in<br />
perfetta simbiosi con la natura circostante. La grazia di Dio<br />
era uno stato temporaneo, particolarmente intenso che si<br />
poteva provare solo in particolari circostanze. La quotidianità<br />
della vita rurale favoriva la creazione di quello stato.<br />
La grazia di Dio sarebbe potuta sopravvivere in un<br />
mondo complesso, vissuto velocemente e senza il calore<br />
dell'autenticità del contatto umano?<br />
“La modernità ci allontana dalla grazia di Dio”,<br />
aveva detto ai suoi figli, proprio qualche giorno prima di<br />
morire.<br />
108<br />
Per Michele non c'erano mai stati dubbi.<br />
“La terra rappresenta l'ultimo baluardo di un<br />
mondo che sta cambiando, che sottrae il ricordo di quello che<br />
rimane della grazia di Dio, senza darci nulla in cambio”.<br />
L'anno in cui nacque Michele lo ricordavano tutti,<br />
ma non tanto per la nascita di Michele, quanto per la grande<br />
nevicata che si abbatté su Bigliano.<br />
“La neve seppellì gli usci delle case e si scavarono<br />
delle gallerie per favorire il transito nelle strade”.
Mentre la neve cadeva, in una povera casa in via<br />
Margherita di Savoia, nasceva Michele, secondogenito di una<br />
famiglia di contadini. Erano le nove della sera quando si<br />
ruppero le acque e venne chiamata la levatrice, che però non<br />
c'era. Era tornata al suo paese per far visita alla madre<br />
ammalata e non era più potuta ritornare a Bigliano. Venne<br />
chiamato il medico condotto, che all'epoca era anche sindaco<br />
del paese, don Nicolino Laureto. Il medico giunse<br />
nottetempo con il cappotto sul pigiama e la vestaglia. Il parto<br />
fu difficile, ma grazie al prodigarsi di Don Nicolino nacque<br />
un bel bambino.<br />
Il padre del bambino appena nato fu molto felice<br />
per la nascita di un maschio.<br />
nonna.<br />
“Mi aiuterà nelle faccende di campagna”.<br />
"Tanti figli, tanta provvidenza", disse, invece, la<br />
Era un modo come un altro per darsi reciproca<br />
giustificazione delle nidiate familiari, anche se si nasceva<br />
ereditando la povertà dei padri.<br />
Il bambino appena nato era molto piccolo, tanto<br />
che fu messo dentro una scatola di scarpe, imbottita di<br />
bambagia. Preoccupato per la respirazione affannosa del<br />
neonato, quella notte don Nicolino fece un continuo viavai,<br />
da casa sua a quella dei Dolce. Non abitava lontano e poteva<br />
raggiungerla a piedi. Il problema era la neve, che cadeva<br />
ininterrottamente da tante ore. Don Nicolino, per paura di<br />
scivolare, mise dei calzini di lana sulle scarpe per avere una<br />
migliore presa sul terreno. All'alba, quando erano già le<br />
cinque, chiese al padre di andargli a prendere un gallo, il più<br />
grande e il più forte che avesse nel pollaio. Il padre di Michele<br />
non capiva. Gli sembrava strano che don Nicolino gli avesse<br />
chiesto di andare a prendere un gallo, grande e forte, alle<br />
cinque del mattino.<br />
109
"Dottò, accirimo o’ gaddo pe lu battesimo", disse,<br />
provando a convincere il medico, che, invece, con un tono di<br />
rimprovero gli intimò di andarlo a prendere subito.<br />
"Non è per festeggiare che devi a prendere il gallo.<br />
Serve per salvare la vita a tuo figlio".<br />
Il pover’uomo non capiva. Appariva sempre più<br />
confuso. Il bambino era nato, si trovava in una scatola con la<br />
bambagia e sembrava al sicuro.<br />
110<br />
“A cosa potera servire un gallo, grande e forte?”<br />
Sebbene continuasse a non capire, il padre di<br />
Michele obbedì all'ordine del medico. Corse nel pollaio, scelse<br />
il gallo che gli sembrava il più grande e il più forte e ritornò a<br />
casa. Don Nicolino prese il becco tra le mani e lo infilò<br />
nell'ano del piccolo. Per tranquillizzare il pover’uomo che,<br />
intanto, si era seduto su una sedia di paglia in fondo alla<br />
stanza, il medico disse, "uno dei due dovrà morire".<br />
Il pover’uomo sobbalzò sulla sedia. Ancora<br />
ansimava per la corsa che aveva fatto qualche minuto prima,<br />
quando era andato nel pollaio per cercare un gallo grande e<br />
forte. Si asciugò il sudore sulla fronte con un fazzoletto<br />
bianco, che aveva nella tasca posteriore dei pantaloni. Non si<br />
sentiva affatto tranquillo per la frase pronunciata dal medico.<br />
Per questo, il sudore gli colò ancora più copioso sulla fronte.<br />
"Madonna, non figli'ma", implorò con voce bassa.<br />
Le donne accesero un cero davanti all'immagine<br />
della Madonna di Bigliano e iniziarono a pregare. Intanto, il<br />
gallo, cercando disperatamente di respirare, si dimenava tra le<br />
mani del medico, che con forza continuava a tenergli il becco<br />
conficcato nell'ano del piccolo. All'improvviso, il gallo, per<br />
quanto grande e forte, non ce la fece più. Strabuzzò gli occhi<br />
e morì. A quel punto, don Nicolino sorrise, mentre il respiro<br />
del bambino si fece più sereno.<br />
"Dottò, o' gaddo ie murt pe la puzza", disse il padre del<br />
bambino.
Il medico sorrise. Poi, facendosi serio, disse, "il<br />
gallo è morto perché volendo inspirare, ha liberato le viscere<br />
di tuo figlio, vittima di un blocco intestinale".<br />
Le donne si fecero il segno della croce e smisero di<br />
pregare. Il cero rimase acceso. Il giorno seguente ne venne<br />
acceso un altro. Grazie a don Nicolino, che aveva fatto un<br />
viavai tutta la notte e ad un gallo che era stato sacrificato,<br />
Michele poté nascere in una fredda notte d'inverno. Il gallo<br />
venne cucinato, la domenica, dalla nonna di Michele. La neve<br />
smise di cadere solo due settimane dopo.<br />
Nonna Peppa cucinò le patatelle in brodo, un<br />
impasto di patate e uova, ridotto in piccole palle, che<br />
venivano fritte e poi messe nel brodo di pollo. La paura della<br />
notte precedente era passata. Il bambino era salvo e si poteva<br />
finalmente festeggiare.<br />
“Ho chiesto la grazia, che la Madonna ci ha fatto”.<br />
Nonna Peppa aveva pregato per la vita del<br />
bambino, appena nato. Aveva acceso tutte le candele, che<br />
aveva in casa. Alcune erano benedette di San Michele del<br />
Gargano, altre dell'Incoronata di Foggia, di Santa Lucia di<br />
Sassinoro, di San Donato di Pietracatella, di Santa Maria della<br />
Strada di Matrice, della Madonna della Difesa di Casacalenda,<br />
di quella di Montecastello, Montevergine e Pompei.<br />
Nessuno poteva toccarle.<br />
"È peccato", diceva.<br />
Non furono utilizzate neanche l'anno in cui nacque<br />
Michele e nevicò tanto. La corrente elettrica andava e veniva,<br />
ma le candele rimasero al loro posto. Il nonno di Michele<br />
mise tanta legna ad ardere per fare luce al posto delle candele.<br />
Le stagioni di Bigliano passarono, una dietro l’altra,<br />
accompagnando l’infanzia di Michele. D’inverno, con la terra<br />
ricoperta di neve, il nonno passava intere giornate all'angolo<br />
del camino per revisionare gli arnesi da usare nei campi.<br />
Nonna Peppa, invece, filava la lana, faceva le calze e<br />
111
ammendava il guardaroba. Michele, seduto per terra ai loro<br />
piedi, osservava i nonni.<br />
“A volte, mi fermavo a fissare lungamente la<br />
fiamma del camino che finiva per accecarmi. Mi portavo le<br />
mani agli occhi per sfregarmeli. Poi tornavo a fissare di nuovo<br />
la fiamma”.<br />
La disponibilità dell'appuntato De Rosa<br />
De Stefano, intanto, proseguiva le sue personali<br />
indagini, avendo come punto di riferimento Raluca. Decise di<br />
appostarsi nella villa comunale per tenerla d'occhio, mentre<br />
incontrava le sue connazionali, nella tradizionale riunione<br />
pomeridiana.<br />
112<br />
“Devo verificare eventuali movimenti sospetti”.<br />
C'era, tuttavia, un ostacolo che impediva a De<br />
Stefano di agire con la massima efficacia, la lingua. Le badanti<br />
parlavano in rumeno. Aveva già fatto fatica ad apprendere il<br />
siciliano, quando era stato a Bagheria. Il rumeno sarebbe stato<br />
per lui una battaglia senza speranza di avere successo.<br />
Quando aveva pedinato il famoso mafioso, aveva<br />
ascoltato dei discorsi in siciliano.<br />
“Non era un idioma familiare ma ero riuscito a<br />
districarmi”.<br />
Con il rumeno sarebbe stato più difficile trovare<br />
una soluzione. Pensò allora di comprare un piccolo<br />
vocabolario rumeno-italiano. La sua strategia prevedeva di<br />
notare le parole più ricorrenti e di trovarle sul vocabolario. In<br />
un secondo momento, avrebbe incrociato le parole con la<br />
gestualità, in modo da poter venire a capo del senso del<br />
discorso.
“Si tratta di un metodo d'investigazione molto<br />
complesso che necessita grande attenzione e coordinazione”.<br />
Occorreva, prima di tutto, ascoltare, poi scrivere le<br />
parole più ricorrenti, trovarle sul vocabolario e metterle in<br />
relazione con la gestualità.<br />
Il giorno in cui fece il suo primo appostamento<br />
provò a seguire la strategia, che aveva messo a punto, ma fu<br />
un disastro.<br />
“Le parole vengono scandite con un accento da cui<br />
risulta difficile derivarne l'ortografia”.<br />
Alla fine della giornata fece il bilancio, concludendo<br />
che l'operazione aveva prodotto risultati insoddisfacenti.<br />
“Sono riuscito ad identificare solo tre parole, Buna<br />
ziua, La revedere, Ai inteles”.<br />
Ne cercò il significato sul vocabolario, ma rimase<br />
deluso. Le tre parole significavano, Buongiorno, Arrivederci e Hai<br />
capito.<br />
“Non sono di nessun aiuto alla mia ricerca”.<br />
Dunque, il bilancio della giornata era magrissimo.<br />
“Sono rimasto appostato per un'ora e mezzo,<br />
riuscendo a cogliere solo sei parole, di tre sono riuscito ad<br />
identificarne la corretta ortografia. Le ho trovate, ma non é<br />
servito a nulla”.<br />
Le aveva anche messe in relazione alla gestualità,<br />
ma il risultato era stato ugualmente negativo. De Stefano<br />
concluse che il metodo elaborato, non dava nessun risultato e<br />
poteva essere tranquillamente abbandonato.<br />
“Bisogna elaborare una nuova strategia molto più<br />
efficace”.<br />
Bisognava, soprattutto, fare in fretta.<br />
113
“Verrastro mi ha chiesto informazioni da giorni e<br />
non sono riuscito a raccogliere nulla di importante”.<br />
Decise che avrebbe dovuto adottare un metodo più<br />
invasivo, che sebbene lo avesse esposto, lo avrebbe<br />
certamente ripagato in termini di informazioni raccolte.<br />
“Il nuovo metodo consiste nel chiedere<br />
esplicitamente, alle persone che la conoscono, informazioni<br />
su Raluca”.<br />
Come primo passo, sarebbe andato personalmente<br />
a Battipaglia, per verificare che relazione potesse esistere tra il<br />
marito dell'amica, arrestato per ricettazione, e la badante<br />
rumena.<br />
Il giorno della missione a Battipaglia si alzò di<br />
primo mattino. Uscì alle otto e trenta ed alle nove prese<br />
l'autobus. Giunse a destinazione intorno alle dieci. Dopo<br />
essere sceso dall'autobus, si guardò intorno. Vide un'anziana<br />
signora che passava con le buste della spesa e la fermò.<br />
indicò.<br />
114<br />
“Dove si trova la caserma dei carabinieri?”<br />
L'anziana signora, con le buste della spesa, gliela<br />
“Non si trova lontano e potete facilmente<br />
raggiungerla a piedi”.<br />
Il giorno prima aveva telefonato al suo vecchio<br />
collega, maresciallo Tricase, incontrato ai tempi del soggiorno<br />
siciliano, che gli aveva segnalato un giovane appuntato di<br />
Battipaglia. De Stefano giunse in caserma. Al carabiniere, di<br />
guardia all'entrata, mostrò la tessera di riconoscimento.<br />
“Sono il maresciallo a riposo, De Stefano, vorrei<br />
parlare con il collega appuntato De Rosa”.<br />
Il carabiniere di guardia lo fece accomodare sulla<br />
poltrona, in uno stanzino, alla destra della porta di ingresso.<br />
Dopo pochi minuti giunse l'appuntato De Rosa.
"Con chi ho il piacere di interloquire?" Chiese De<br />
Stefano, alzandosi in piedi.<br />
"Sono l'appuntato De Rosa", rispose l'altro.<br />
"Molto bene! Io sono il maresciallo De Stefano".<br />
Aveva omesso di dire di essere a riposo, ma vuoi<br />
per il profumo, che si poteva respirava in caserma, vuoi per la<br />
tentazione di porsi in posizione di superiorità rispetto ad un<br />
subordinato, non era riuscito a resistere alla tentazione.<br />
"Vengo a nome del maresciallo Tricase, vecchio<br />
collega, che mi ha indicato la sua persona".<br />
"Ah, il maresciallo Tricase. Gran brava persona".<br />
"Eh, dice bene. Siamo stati insieme in Sicilia, bei<br />
tempi quelli. Di ordine, di passione, di coinvolgimento".<br />
"Il maresciallo Tricase me ne ha parlato spesso".<br />
"Le ha detto di quando abbiamo arrestato il<br />
mafioso?"<br />
"No, non mi pare", rispose imbarazzato De Rosa.<br />
"Ah, beh… avrebbe dovuto dirglielo. È stata<br />
un'azione importante", rispose De Stefano, deluso.<br />
"Eh purtroppo non me lo ha detto".<br />
"Lo prendemmo nel letto, la mattina. Azione<br />
condotta dal maresciallo Tricase e dal sottoscritto".<br />
"Bene, bene", rispose De Rosa.<br />
"Se lo faccia raccontare, appuntato. Erano tempi di<br />
ordine, di passione…"<br />
"…e di coinvolgimento"<br />
"Appunto! Di coinvolgimento".<br />
"Immagino che volesse vedermi per altro", provò a<br />
tagliare corto De Rosa.<br />
115
confuso.<br />
116<br />
"Come dice?" Rispose De Stefano, leggermente<br />
Gli capitava sempre così, quando iniziava a parlare<br />
delle sue imprese siciliane. Si immergeva nei ricordi e stentava<br />
a riemergere.<br />
"Non credo volesse parlarmi della Sicilia", fece<br />
notare De Rosa.<br />
"La Sicilia? Bei tempi di ordine di…”<br />
De Rosa lo interruppe.<br />
“Maresciallo, allora?”<br />
“Si, si…Sono qui per chiederle delle informazioni.<br />
Spero di non violare nessun segreto. Se non può darmele,<br />
non lo faccia. Il dovere prima di tutto. Se lo ricordi,<br />
appuntato."<br />
"Mi dica che tipo di informazioni cerca".<br />
"Si è sparsa la voce dell'arresto di un rumeno per<br />
ricettazione".<br />
"Vuole che glielo confermi?"<br />
"Se possibile".<br />
"Si ricorda il nome?"<br />
"Eh, veramente…"<br />
"Ho capito, non se lo ricorda. Mi faccia controllare.<br />
Quando sarebbe avvenuto?"<br />
"Un paio di settimane fa".<br />
L'appuntato De Rosa chiese il permesso di<br />
allontanarsi. Dopo qualche minuto, fece ritorno con una<br />
cartellina di plastica sotto il braccio.<br />
"È stato fortunato, maresciallo. Abbiamo arrestato<br />
un solo uomo di cittadinanza rumena nell'ultimo mese. Pensi<br />
che un mese fa, ne abbiamo arrestati ben tredici. Se non si
fosse ricordato il nome, sarebbe stato un bel problema<br />
poterlo individuare".<br />
"Sa, i nomi si dimenticano", provò a giustificarsi<br />
De Stefano, ridimensionandosi rispetto alla tracotanza<br />
iniziale.<br />
"Si, abbiamo arrestato un uomo per ricettazione.<br />
Un pesce piccolo, niente di importante. Il povero Cristo lo<br />
utilizzavano per trasferire merce rubata. Detto tra noi, non<br />
siamo neanche sicuri che il povero Cristo fosse al corrente di<br />
quello che stava facendo. Lo stiamo verificando".<br />
"Capisco, capisco", rispose De Stefano.<br />
"Scusi, maresciallo, le faccio io una domanda",<br />
chiese De Rosa con tono dubitativo, al quale De Stefano<br />
rispose con un cenno di assenso.<br />
"Perché le interessa questa vicenda?"<br />
"Sto svolgendo delle indagini private e, mi<br />
interessava sapere notizie sul povero Cristo", precisò De<br />
Stefano.<br />
"Sono le sole cose che le posso dire, maresciallo.<br />
Anzi, le ho già detto troppo, proprio perché lei è venuto a<br />
nome del maresciallo Tricase. Ho sempre grande riverenza<br />
nei suoi confronti".<br />
Stefano.<br />
"Grande maresciallo, il Tricase", aggiunse De<br />
"Non mi ha detto, però, perché ha bisogno di<br />
quelle informazioni. Lei sa cose che noi non sappiamo?"<br />
De Stefano fece presente all'appuntato che a<br />
Bigliano il povero Cristo veniva messo in relazione con una<br />
tale Raluca, alla quale aveva dato un passaggio dalla Romania<br />
a Napoli.<br />
"Mai sentito parlare di questa donna", disse senza<br />
mezzi termini l'appuntato.<br />
117
De Rosa aggiunse che dalle indagini sul povero<br />
Cristo non era emerso nulla di importante, a parte l'episodio<br />
della ricettazione, che lo aveva condotto in prigione.<br />
"Uscirà presto, sebbene il reato c'è e noi lo<br />
abbiamo colto in flagranza", aggiunse De Rosa.<br />
De Stefano disse che ne comprendeva le ragioni.<br />
Ringraziò l'appuntato De Rosa, il quale a sua volta pregò De<br />
Stefano di portare i suoi saluti al grande maresciallo Tricase,<br />
amico di entrambi.<br />
De Stefano, uscì dalla caserma intorno alle undici.<br />
Avrebbe dovuto attendere ancora tre ore prima di riprendere<br />
l'autobus per ritornare a Bigliano. Era molto soddisfatto.<br />
“Devo assolutamente chiamare Rocco Verrastro.<br />
Ci sono informazioni importanti”.<br />
Fece ritorno alla stazione degli autobus, acquistò<br />
un giornale nell'edicola, che si trovava poco lontano e si<br />
sedette su una panchina. Finalmente poté rilassarsi e leggere il<br />
giornale.<br />
L’alibi di Raluca<br />
De Stefano lesse dapprima i titoli della cronaca, poi<br />
un articolo sulla crisi finanziaria internazionale e, quindi si<br />
fermò di nuovo a riflettere. Quando mancavano solo quindici<br />
righe alla fine, gli tornò di nuovo in mente Raluca.<br />
118<br />
“Quella donna mi fa tenerezza”.<br />
L’aveva osservata con discrezione, ma senza<br />
soffermarsi sui particolari.<br />
“Non sta bene che un uomo sposato, nella mia<br />
posizione, osservi una donna con eccessiva attenzione”.
Era l’unica pista che le indagini ufficiali seguivano<br />
ed era stata anche l’unica pista per lui. Più ci pensava e più si<br />
rendeva conto di come il coinvolgimento di Raluca potesse<br />
essere stato dettato solo da motivi ideologici.<br />
“In fondo, che movente avrebbe avuto Raluca per<br />
uccidere Michele Dolce? Motivi passionali? Potrebbe essere<br />
ma prima bisogna accertare che esista una relazione tra i due”.<br />
Per il momento, invece, non si era riuscito ad<br />
appurare nulla.<br />
“Potrebbe essere stato per motivi non passionali,<br />
come per esempio un tentativo di furto, ma non esiste nessun<br />
indizio, che possa far pensare alla donna”.<br />
De Stefano finì di leggere l’articolo sulla crisi<br />
finanziaria internazionale. Ritornò a pensare a Raluca.<br />
“La mia impressione è che le indagini ufficiali si<br />
stiano piegando ad una logica perversa, che non ha nulla a<br />
che fare con la ricerca della verità”.<br />
Bisognava fare in fretta ed assicurare un colpevole<br />
alla giustizia. Lo richiedevano sia i vertici della magistratura<br />
potentina, sia l’opinione pubblica lucana. De Stefano, tuttavia,<br />
ragionava esclusivamente sulla base di intuizioni.<br />
“Riconosco che non c’è nulla di logico in quello<br />
che sto pensando”.<br />
Infatti, era il sentimento piuttosto che la stringente<br />
razionalità, a fargli pensare che Raluca non c’entrasse nulla<br />
con l’omicidio di Michele Dolce. I motivi passionali non<br />
potevano essere esclusi del tutto.<br />
“Potrebbe esistere realmente una relazione tra<br />
Michele e la rumena”.<br />
Per quel che riguarda, invece, i motivi non<br />
passionali, le informazioni dell’appuntato De Rosa<br />
escludevano, di fatto, che Raluca facesse parte di<br />
un’organizzazione criminale.<br />
119
“Se davvero fosse colpevole, allora si deve pensare<br />
che abbia agito da sola”.<br />
120<br />
A quel punto c’era solo una cosa da fare.<br />
“Bisogna verificare dove Raluca si trovasse la notte<br />
del delitto”.<br />
De Stefano sentì di essere ringiovanito di almeno<br />
trenta anni, quando gli venne in mente il termine alibi.<br />
Avvertì di nuovo il brivido, che solo un vero investigatore è<br />
capace di sentirsi addosso. La sua vita, che sembrava essersi<br />
spenta nel momento in cui era andato in pensione, ritornava<br />
ad essere interessante.<br />
“Non appena arrivo a Bigliano, ne parlo con<br />
Mimmo o’ greco. È lui il punto da cui ripartire”.<br />
L’autobus che lo avrebbe riportato a casa giunse a<br />
Battipaglia con dieci minuti di ritardo. C’erano ad attenderlo<br />
otto donne e tre uomini. Quattro si fermarono a Eboli, altre<br />
quattro a Sicignano e due proseguirono per Atena. De<br />
Stefano che aveva acquistato un biglietto di andata\ritorno,<br />
era seduto in terza fila.<br />
“La mattinata spesa a Battipaglia mi ha<br />
confortato”.<br />
Prima di giunsero a Bigliano, si addormentò.<br />
Il mattino seguente, alle sei, squillò il telefono a<br />
casa Turtino. Il maresciallo era nella fase di sonno più<br />
profondo, quando venne svegliato. Aveva faticato a prendere<br />
sonno e non aveva nessuna voglia di alzarsi. Il telefono si<br />
trovava nella stanza accanto. Smise di squillare. Turtino<br />
riprovò ad addormentarsi.<br />
“Chiunque mi cerchi, può riprovare<br />
tranquillamente verso le otto”.<br />
Chinò la testa sul cuscino e chiuse gli occhi. Il<br />
silenzio non durò che pochi istanti. Il telefono riprese a<br />
squillare.
“Rompicoglioni di merda”.<br />
Turtino scese dal letto, infilò le pantofole e si<br />
diresse nel soggiorno, dove si trovava il telefono. Sollevò la<br />
cornetta e rispose. Dall'altro capo del filo, una voce metallica.<br />
"Maresciallo, ti ho svegliato?"<br />
Turtino riconobbe immediatamente la voce di De<br />
Castro. Farfugliò alcune parole poco chiare, che il sostituto<br />
procuratore fece finta di intendere ma che in realtà non<br />
comprese.<br />
"Tra qualche minuto parto da Potenza. Nel giro di<br />
un'oretta dovrei essere a Bigliano".<br />
"Tra un'oretta a Bigliano?" Ripeté Turtino,<br />
frastornato.<br />
"Maresciallo, non ti vedo reattivo. Forza, non mi<br />
dire che stavi dormendo. Sono le sei, per diamine".<br />
"Vi aspetto, giudice…E dove vi aspetto?"<br />
"In caserma, maresciallo, in caserma, per diamine.<br />
Turtino reattivo, per cortesia. Qui succedono fatti<br />
importanti".<br />
"Mi rendo immediatamente operativo. In questo<br />
momento, mi trovo ancora a casa ma nel giro di pochi minuti<br />
sarò disponibile in caserma".<br />
Abbassò la cornetta e si mise ad imprecare.<br />
"Mannaggia a me che mi sono messo in mente di<br />
fare il maresciallo. Pochi onori e tanto oneri".<br />
"Ti preparo il caffè?" Lo interruppe la moglie.<br />
"Questo rompicoglioni me lo fa andare di traverso<br />
il caffè", esclamò Turtino.<br />
Corse in bagno a radersi, facendo attenzione a non<br />
tagliarsi. Non avrebbe avuto il tempo per stemperare il sangue<br />
121
e non voleva macchiare la camicia pulita, che si apprestava ad<br />
indossare.<br />
Non appena ebbe finito di radersi, andò in cucina.<br />
Bevve il caffè velocemente e corse in camera da letto a<br />
vestirsi. Mentre indossava la sua divisa da maresciallo, iniziò a<br />
riflettere su quali potessero essere le ragioni che spingevano<br />
De Castro a precipitarsi a Bigliano all'alba.<br />
“Non lo ha fatto neanche il giorno in cui é stato<br />
scoperto il cadavere di Michele Dolce”.<br />
Turtino uscì di casa esattamente ventisei minuti<br />
dopo la telefonata di De Castro.<br />
“Ho poco più di mezz'ora per mettere in ordine il<br />
dossier e presentarlo al sostituto procuratore”.<br />
Lungo il percorso che lo conduceva da casa in<br />
caserma, fece delle amare riflessioni.<br />
"Che mestiere difficile! Mio figlio non deve assolutamente<br />
fare il maresciallo. O se lo deve fare si deve scegliere un posto come si<br />
deve. Non come ho fatto io. Mi hanno proposto Bigliano e io ho<br />
accettato, sicuro che finalmente si poteva stare tranquilli.<br />
Invece…sparano a quello, ammazzano a quell'altro. Poi trovi un<br />
giudice rompicoglioni e non si riesce più neanche a dormire. Ma dico<br />
io…alle sei di mattina si va a trovare la gente? Che mestiere difficile!"<br />
Quando varcò il portone della caserma, trovò il<br />
piantone mezzo addormentato.<br />
"Sveglia, sveglia…se pensate di essere venuti a<br />
Bigliano per dormire vi sbagliate. In questo paese non si<br />
dorme. Capito? In questo paese non si dorme".<br />
Entrò nel suo ufficio. Gettò il soprabito sulla<br />
poltroncina di velluto rosso, che campeggiava in fondo alla<br />
stanza e si sedette alla scrivania. Era ancora buio e dovette<br />
accendere la luce per illuminare la stanza. Cercò<br />
affannosamente il dossier di Michele Dolce. Riprese in mano<br />
la deposizione di Raluca. La lesse un paio di volte,<br />
122
soffermandosi sempre sul passaggio che non lo convinceva,<br />
l'amicizia con Martisor Tomescu. Lesse anche la perizia<br />
balistica sull’arma, che De Castro aveva richiesto. Purtroppo,<br />
non venivano evidenziati elementi aggiuntivi rispetto a quelli<br />
iniziali.<br />
“Resta il fatto che l’arma venga utilizzata<br />
soprattutto nei paesi dell’Europa centrale e orientale”.<br />
Dopo venti minuti, giunse il sostituto procuratore.<br />
Entrò nell'ufficio del maresciallo e chiese immediatamente la<br />
cortesia di avere un caffè.<br />
"Un caffè veramente buono", precisò.<br />
Per Turtino la precisazione di De Castro voleva<br />
significare che il caffè doveva provenire dal bar di Ciaramella,<br />
che faceva il migliore espresso di Bigliano.<br />
“Non si sa se dipenda dalla miscela o da qualche<br />
altro piccolo segreto ma, chiunque voglia gustare il vero caffè,<br />
deve rivolgersi a lui”.<br />
Allo stesso tempo, il maresciallo si rendeva conto<br />
che se avesse ordinato il caffè da Ciaramella, l'incontro<br />
mattutino con De Castro non sarebbe potuto rimanere<br />
segreto.<br />
“D'altra parte, il sostituto procuratore non ha dato<br />
nessuna indicazione specifica”.<br />
Al telefono gli aveva detto che si stava dirigendo a<br />
Bigliano e che si sarebbero dovuti incontrare. Aveva fatto<br />
menzione di possibili sviluppi ma non aveva precisato<br />
nessuna esigenza di riservatezza. Decise che poteva correre il<br />
rischio di chiamare Ciaramella.<br />
123
La comunicazione non verbale di Giuseppe Di Dio<br />
Quando nel bar di Ciaramella squillò il telefono,<br />
c'erano solo due persone, che stavano prendendo il caffè.<br />
Una di queste era Giuseppe Di Dio, l'altro era un commesso<br />
di Potenza.<br />
Giuseppe era di passaggio. Stava andando al<br />
cantiere e, lungo il cammino, si era fermato nel bar per<br />
chiedere un'informazione.<br />
“Addomanda a Ciaramella che sape tutto”, gli aveva<br />
suggerito la moglie.<br />
Era entrato nel bar dieci minuti prima, quando<br />
Ciaramella stava ancora mettendo a posto la merce, fornitagli<br />
dal commesso di Potenza.<br />
124<br />
“Salute, Ciaramé”.<br />
Il barista, piegato su se stesso, nel tentativo di<br />
sollevare delle scatole di cartone piene di bottiglie di liquore,<br />
lo vide con la coda dell'occhio.<br />
"Dammi ‘na mano, Peppì", gli chiese, nel vederlo<br />
spuntare sulla porta del bar.<br />
Giuseppe non esitò e si avvicinò. Insieme<br />
sollevarono la scatola di cartone, che doveva essere piuttosto<br />
pesante. Lo si capiva dai lunghi sospiri che i due emettevano.<br />
Poi, ne sollevarono un'altra e un'altra ancora. In tutto ne<br />
sollevarono quattro. Ciaramella tornò al banco del bar e<br />
preparò i caffè per Giuseppe e per il commesso.<br />
"Andò posso trovà dei polli buoni?" Chiese Giuseppe.<br />
"Vai a l'allevamento di Mimmo o' greco, dicono che c'è<br />
robba bbona", rispose Ciaramella, senza pensarci neanche un<br />
secondo.<br />
Poi aggiunse, "pure i prezzi so' buoni".
Giuseppe avrebbe voluto rassicurarsi che davvero<br />
si trattasse di roba buona, come diceva Ciaramella ma non ci fu<br />
l’opportunità, perché in quell'istante giunse la telefonata dalla<br />
caserma.<br />
"Scendo immediatamente", rispose il barista, felice<br />
per la richiesta.<br />
Ciaramella, come se fosse stato mozzicato dalla<br />
tarantola, iniziò a fare tutto velocemente.<br />
“Si vede che non vedi l'ora di arrivare”.<br />
Non diede più retta né a Giuseppe, né al<br />
commesso, che gli aveva portato le bottiglie di liquore da<br />
Potenza.<br />
“Vado di pressa”, disse semplicemente.<br />
“Anch’io vado di pressa”, rispose Giuseppe.<br />
Aveva fretta di arrivare presto al cantiere, perché<br />
quel giorno doveva finire di lavorare in anticipo.<br />
“Vai in campagna a procurarti i polli”, gli aveva<br />
ordinato la moglie.<br />
bar.<br />
Terminò di bere il caffè ed uscì a passo svelto dal<br />
La giornata di lavoro di Giuseppe Di Dio non fu<br />
diversa dalle altre. Durante la pausa, mangiò con gli altri<br />
operai. Verso le cinque, invece di rientrare a casa, si diresse<br />
verso la campagna. Ciaramella gli aveva detto di andare<br />
all'allevamento di Mimmo o' greco, benché non avesse avuto<br />
il tempo di spiegargli esattamente il cammino da fare.<br />
“Non deve essere difficile trovarlo”, pensò<br />
Giuseppe.<br />
Giunto in campagna, si diresse da O' sarconese,<br />
nella speranza che gli avrebbe saputo indicare la strada per<br />
raggiungere il pollaio. Lo vide in mezzo al campo, intento a<br />
trapiantare degli alberi di melo.<br />
125
“Nonostante, O' sarconese tiene quasi settanta<br />
anni, zappa ancora velocemente”.<br />
Giuseppe attese che facesse una pausa e che<br />
rivolgesse lo sguardo verso di lui, fuori dal recinto.<br />
"O' pollaio di Mimmo o' greco?" Urlò al momento<br />
opportuno.<br />
O' Sarconese alzò lo sguardo e indicò la destra con<br />
la mano sollevata. Mentre indicava la direzione, unì e sollevò<br />
le labbra come per indicare perplessità. Giuseppe, a sua volta,<br />
scrollò la spalla e allargò le braccia. La comunicazione non<br />
verbale a Bigliano aveva più significato di quella verbale. Le<br />
labbra sollevate e unite di O' Sarconese non lasciavano<br />
presagire nulla di buono. Giuseppe apparve perplesso ma non<br />
chiese ulteriori spiegazioni. O' Sarconese si passò il dorso<br />
della mano sulla fronte e si rimise a zappare, più rapidamente<br />
di prima. Dove quell'uomo scarno e canuto potesse prendere<br />
la forza era un mistero.<br />
Giuseppe giunse a destinazione dopo solo dieci<br />
minuti. L'allevamento si trovava non lontano dal torrente, in<br />
una zona, un tempo immersa nel verde. Si trattava di un<br />
territorio che stimolava la sua memoria. L'aveva frequentata<br />
in passato, benché non ricordasse con esattezza il periodo.<br />
“E dove sta la campagna? In non vedo che<br />
cemento”.<br />
126<br />
La presenza del torrente, però, lo rassicurò.<br />
“Almeno quello è uguale a come me lo ricordo io”.<br />
Parchéggiò la sua vecchia uno fire nel piazzale<br />
sterrato, davanti all'allevamento. Si diresse verso l'entrata. Il<br />
puzzo che proveniva dall'allevamento era davvero<br />
insopportabile.<br />
“Ma come si face a vivere qui?” Si chiese.<br />
Sollevò lo sguardo verso il cielo e rimase immobile<br />
per qualche secondo. Iniziò ad avanzare lentamente ma non
vide nessuno. La porta principale, in direzione del piazzale<br />
sterrato, era aperta. Fece pochi passi e la varcò. Si trovò di<br />
fronte uno spettacolo terrificante. Centinaia di polli<br />
ammassati in uno spazio ristrettissimo.<br />
“Porca puttana! Si tratta di un allevamento<br />
completamente automatizzato”.<br />
Provò un senso di pietà per i polli, che vivevano a<br />
contatto l'uno dall'altro e che non avevano neanche lo spazio<br />
per aprire le ali. Potevano mangiare a sufficienza, anche se<br />
non era difficile immaginare la qualità del cibo che quei polli<br />
ingoiavano. Guardò l'intero capannone che li ospitava e ne<br />
rimase sconvolto. Uscì dal capannone e corse verso la<br />
macchina.<br />
“Non vedo l’ora di tornare a lu paese. Questa non è<br />
campagna!”<br />
Uscendo, pensò di bagnarsi le mani nel torrente.<br />
“Devo pulizzarmi di ‘sta puzza”.<br />
Avrebbe voluto annegare la realtà del pollaio. Fece<br />
alcuni passi e si trovò sulla riva. Le gambe affondavano nel<br />
terreno. Faceva fatica a restare in piedi. Mentre si avvicinava<br />
al corso d'acqua scivolò e pose le mani per terra. Con la punta<br />
delle dita della mano destra, non percepì il terreno sotto la sua<br />
mano.<br />
“E che è ‘sta cosa?”<br />
Aveva appoggiato la mano su un pezzo di carta.<br />
Ormai con il culo per terra, tentò di ricomporsi. Sollevò il<br />
pezzo di carta. Era sporco e l'acqua aveva cancellato<br />
l'inchiostro quasi per intero.<br />
“Si leggono solo alcune lettere, scritte a<br />
stampatello”.<br />
Si sollevò da terra velocemente.<br />
“Qui non si pote sta’”.<br />
127
Avvertiva il puzzo dei polli dappertutto, sulle mani,<br />
sul viso, perfino nei capelli. Rinunciò a lavarsi le mani. Corse<br />
indietro verso il piazzale antistante la porta d'entrata. Sollevò<br />
di nuovo lo sguardo verso il cielo. Si infilò in macchina. Fece<br />
inversione di marcia e si diresse verso Bigliano.<br />
La decisione clamorosa del sostituto procuratore<br />
128<br />
Raluca si trovava nella villa comunale.<br />
“Ha sempre avuto un sorriso triste sulle labbra ma<br />
oggi il suo sorriso appare ancora più triste”, notò De Stefano<br />
mentre la osservava.<br />
Probabilmente Raluca in quel momento avrebbe<br />
voluto trovarsi in un posto diverso. Forse avrebbe voluto<br />
essere nella sua Calarasi.<br />
“Anch’io sarei stato triste se mi fossi trovato in un<br />
paese straniero”.<br />
Ricordò la sera in cui aveva messo piede nella<br />
caserma di Bagheria, dopo un viaggio iniziato all’alba. Il<br />
pensiero della Sicilia lo ricondusse alla sua attività di<br />
investigatore.<br />
“Sono qui per osservare una femmina che si trova<br />
implicata in una torbida vicenda”.<br />
Non era il momento di abbandonarsi a<br />
sentimentalismi, che non avrebbero fatto altro che distrarlo.<br />
“Il dovere prima di tutto”, ripeté a se stesso.<br />
Stava osservando Raluca perché doveva appurare<br />
alcune circostanze. La sera successiva ne avrebbe parlato con<br />
Rocco Verrastro. Avevano fissato un appuntamento<br />
telefonico per fare il punto sulle indagini parallele che stava<br />
conducendo.
Intanto, le indagini ufficiali, condotte dal<br />
maresciallo Turtino e coordinate dal sostituto procuratore De<br />
Castro, si stavano sviluppando in maniera decisiva. La visita<br />
mattutina di De Castro stava per produrre risultati clamorosi.<br />
I due avevano verificato con attenzione l’unica pista che<br />
seguivano, che conduceva a Raluca.<br />
“Altre possibilità vanno scartate, perché la vita di<br />
Michele Dolce é stata scandagliata in profondità”, disse<br />
Turtino a De Castro.<br />
Non era emerso nulla di sospetto.<br />
“Esiste solo il contatto con Raluca, benché ancora<br />
non sia possibile appurare con certezza di cosa si tratti. Il<br />
primo interrogatorio della rumena non ha prodotto risultati<br />
significativi”.<br />
“Com’è possibile che non sai cosa ci sia stato tra i<br />
due?” Insinuò De Castro, indispettito.<br />
Turtino.<br />
"Giudice, mi avete preso per un ruffiano?" Rispose<br />
"Macché ruffiano, Turtino! Fai la persona seria! Un<br />
carabiniere di un piccolo paese dovrebbe sapere vita, morte e<br />
miracoli di tutti".<br />
De Castro era in difficoltà. Si mostrò nervoso e<br />
suscettibile. Turtino aveva interrogato Raluca. Le aveva<br />
chiesto quali fossero i suoi rapporti con la vittima, ma non era<br />
riuscito a capire cosa Raluca volesse realmente dire. Aveva la<br />
sensazione di essere stato poco incisivo.<br />
“…Ma posso rivelarlo al sostituto procuratore?”<br />
Avrebbe dovuto ammettere di aver dimenticato di<br />
appurare l'elemento più importante. Per evitare ulteriori<br />
rimproveri, Turtino provò una via d'uscita.<br />
“Giudice…hem….io ho verificato la cosa presso la<br />
signora rumena. Ho chiesto quale fosse il suo rapporto con il<br />
129
morto. Posso dire che, sebbene non abbia avuto, una risposta<br />
chiara, ritengo che la signora ne sia stata l’amante”.<br />
“Ecco…vedi maresciallo che quando vuoi<br />
riusciamo ad produrre dei risultati”, esclamò De Castro con<br />
soddisfazione,<br />
Aggiunse, “sappiamo che c’era una relazione tra i<br />
due, altrimenti che si frequentavano a fare….dico bene,<br />
maresciallo?”<br />
130<br />
“Benissimo, giudice!”<br />
“Del resto, maresciallo, lei ha mai visto che un<br />
uomo e una donna si frequentino qui a Bigliano, senza che ci<br />
sia un interesse…diciamo sentimentale?”<br />
“Ma certo che no!”<br />
“Siamo in un piccolo paese, non in una grande<br />
città. La gente mormora se vede un uomo e una donna che si<br />
frequentano. Non è conveniente”<br />
“Appunto! Non è conveniente. Ci deve essere stato<br />
per forza una relazione tra la vittima e la signora rumena”,<br />
affermò in maniera definitiva il sostituto procuratore.<br />
La conversazione, fino ad allora piuttosto serrata,<br />
venne improvvisamente interrotta dall’appuntato Scapagnin,<br />
che bussò alla porta.<br />
“Sono arrivati i caffè”, disse l’appuntato. “Li faccio<br />
portare?”<br />
“No, vengo a prenderli io”, rispose prontamente<br />
Turtino. Sapeva che Ciaramella si sarebbe intrufolato e voleva<br />
evitare che mettesse piede dentro l’ufficio, mentre il dossier<br />
sul caso di Michele Dolce si trovava in bella vista sulla<br />
scrivania. D’altra parte, sapeva anche che avrebbe dovuto<br />
dargli qualche frammento di notizia, se voleva toglierselo<br />
velocemente dai piedi. Turtino si allontanò brevemente e De<br />
Castro ne approfittò per rileggere l’interrogatorio della donna.
Quando Turtino ritornò in ufficio, posò le tazzine<br />
sulla scrivania. De Castro bevve il caffè, mentre dava un<br />
ulteriore sguardo ai documenti, che aveva tra le mani.<br />
“Maresciallo, non possiamo permetterci di perdere<br />
altro tempo. L’opinione pubblica si aspetta un’iniziativa da<br />
parte nostra. Non possiamo farci vedere che brancoliamo nel<br />
buio. Capisce…”<br />
Turtino intuì che a breve ci sarebbe stata una svolta<br />
ma non immaginava che De Castro avesse l'intenzione di<br />
andare fino in fondo.<br />
“Questo benedetto Michele Dolce non può essersi<br />
ammazzato da solo. Sappiamo che conduceva una vita<br />
particolarmente sedentaria, apparentemente non aveva<br />
nemici, sappiamo che aveva una relazione con una rumena,<br />
sappiamo che un amico di questa rumena è stato arrestato,<br />
sappiamo che la pistola utilizzata è usata soprattutto nei paesi<br />
dell’Europa centrale e orientale…”, farfugliò De Castro.<br />
“Giudice, non mi resta che convocare la signora<br />
rumena”.<br />
“Bene! Lo faccia!” Intimò a quel punto De Castro.<br />
“Non è più tempo di tentennamenti, maresciallo. Le firmo un<br />
mandato di arresto. Il nostro obiettivo sarà quella di farla<br />
confessare”.<br />
Ormai, la sua strategia appariva chiara.<br />
“Utilizzeremo la carcerazione preventiva come<br />
strumento di pressione”.<br />
Turtino rimase perplesso, ma non lo diede a<br />
vedere. Era stato lui a condurre De Castro su quella strada ed<br />
era stato lui ad affermare che Raluca avesse una relazione con<br />
Michele Dolce.<br />
“Si sente in colpa? Chiese De Castro.<br />
“Perché dovrei, giudice?”<br />
131
132<br />
“No, non dovrebbe. Avevo l’impressione…”<br />
“Nessuna impressione. Lei si sente in colpa?”<br />
“Maresciallo, non dica stronzate…”<br />
Anche De Castro non avvertiva il senso di colpa.<br />
In entrambi, non si avvertiva nessuno squilibrio tra il proprio<br />
benessere e la percezione della sofferenza altrui. Il carcere<br />
non sarebbe stato certamente piacevole, ma per Raluca,<br />
abituata alla sofferenza, non sarebbe stato difficile da<br />
sopportare. Lo pensarono entrambi.<br />
La rivelazione di Mimmo o’ greco<br />
L’arresto di Raluca venne eseguito il giorno<br />
successivo all’alba. Quattro carabinieri si presentarono a casa<br />
di Mimmo o’ greco. Suonarono alla porta. La sorella di<br />
Mimmo andò ad aprire. Si spaventò quando vide i carabinieri.<br />
Li accolse, farfugliando e corse a svegliare subito il fratello,<br />
che dormiva al piano superiore.<br />
"Che succede?" Chiese Mimmo alla sorella, mezzo<br />
addormentato.<br />
"I carabinieri, i carabinieri…", farfugliò la sorella.<br />
Mimmo si rivestì e zompò le scale quattro alle volte,<br />
per arrivare in fretta alla porta. I carabinieri gli mostrarono il<br />
mandato di arresto per Raluca.<br />
"Sveglia Raluca", intimò Mimmo alla sorella.<br />
La sorella di Mimmo salì le scale, che portavano al<br />
piano superiore. Era molto agitata e non sapeva con quale<br />
stato d'animo la badante avrebbe accolto la notizia. La trovò<br />
sveglia, seduta sul letto.<br />
"Ti stanno aspettando", le disse, senza specificare<br />
chi ci fosse ad attenderla.
Raluca uscì dalla stanza in camicia da notte. Scese<br />
la scala e si avvicinò ai carabinieri.<br />
"Cosa volete da me?" Chiese.<br />
"Dovete vestirvi, prendere le cose che vi servono,<br />
metterle in una borsa e venire in caserma con noi".<br />
La sorella scoppiò a piangere. Anche Mimmo si<br />
fece sfuggire una lacrima. Solo la madre non si accorse di<br />
nulla e continuò a dormire, nonostante il trambusto. Raluca,<br />
invece, rimase impassibile. Ritornò nella sua stanza, si vestì<br />
con gli abiti del giorno prima, preparò una borsa con pochi<br />
effetti personali e ridiscese al piano terra. Sembrava<br />
rassegnata al suo destino. Salutò Mimmo e sua sorella e si<br />
diresse verso la macchina dei carabinieri, parcheggiata a pochi<br />
metri dal portone. Il bar di Ciaramella non era ancora aperto.<br />
Per strada solo un cane, incuriosito, che si fermò a guardare la<br />
scena.<br />
“Dovremo condurla in carcere”, le spiegarono<br />
quando giunse in caserma.<br />
“Con quale accusa?” Chiese.<br />
“Omicidio volontario”.<br />
La notizia dell’arresto fece il giro del paese. De<br />
Stefano la apprese al circolo. Rimase perplesso. Gli tornava in<br />
mente il suo viso triste.<br />
"Sarò arrugginito ma questa storia non mi convince",<br />
pensò, sorseggiando il caffè.<br />
Gli era di fronte il dottor d'Eugenio, "maresciallo,<br />
una briscola?"<br />
"Come dite, dottore?"<br />
"Una briscola a undici?"<br />
"Non ora, dottore, scusate ma devo correre a casa".<br />
133
D'Eugenio guardò stupito il maresciallo a riposo,<br />
mentre riponeva la tazzina del caffè sul tavolo. De Stefano si<br />
alzò di scatto, prese l'impermeabile, buttato sulla sedia e si<br />
avviò verso l'uscita.<br />
"Cosa potrà avere di tanto urgente da fare?", pensò<br />
D'Eugenio, mentre lo vide allontanarsi dal circolo.<br />
“Devo assolutamente chiedere a Turtino le modalità<br />
dell'arresto”, pensò De Stefano, ritornando verso casa.<br />
La prima sensazione era che il fermo della rumena<br />
fosse stato dettato dall’esigenza di rispondere ad una generica<br />
domanda giustizialista.<br />
"Se, però, l'alibi é stato verificato e Raluca risulta<br />
non avere nessuna copertura per la sera del delitto, l'arresto<br />
potrebbe avere un fondamento valido", considerò in un<br />
secondo momento.<br />
Stefano.<br />
134<br />
Alle sette e mezzo di sera, Verrastro telefonò a De<br />
“Per tutto il giorno, ho preparato il servizio<br />
sull’arresto. Domani vengo a Bigliano”.<br />
“Bene, Rocco!”<br />
“Che ne pensa, maresciallo?”<br />
“Cosa vuoi che ti dica, Rocco. Io ho la sensazione<br />
che la rumena non c’entri con questo omicidio. Ho in mente<br />
il suo viso triste. Non mi sembra il volto di un'assassina”.<br />
“Si tratta di una sua sensazione oppure ha in mano<br />
qualcosa?” Ribatté prontamente Verrastro.<br />
“No, per il momento io non ho ancora niente, ma<br />
anche loro credo non abbiano niente. Ho la sensazione che la<br />
rumena sia stata messa in mezzo”.<br />
"Potrebbe essere stata messa in mezzo solo per<br />
risolvere il caso? Mi sembra una responsabilità enorme da<br />
parte di De Castro”.
“Beh, i giudici…”<br />
Verrastro lo interruppe.<br />
“E poi chi glielo dice che loro non abbiano in<br />
mano niente? Crede davvero che si siano mossi senza una<br />
copertura?"<br />
"Rocco, è una sensazione. Se tu avessi visto il volto<br />
di quella donna…"<br />
"Ho visto fin troppi assassini nascondersi dietro<br />
una maschera".<br />
"Non mi sembrava una maschera. Sono stato in<br />
Sicilia e so distinguere la finzione dalla realtà".<br />
Verrastro non fece nessun commento. Riferì al<br />
maresciallo a riposo di essere stato al palazzo di giustizia di<br />
Potenza.<br />
“Ho notato una certa soddisfazione, non tanto per<br />
aver centrato un obiettivo, quanto per aver aperto un<br />
cammino”.<br />
"Il caso non è chiuso. Si deve andare più a fondo”,<br />
disse De Stefano, ostentando sicureza.<br />
“Qualcosa mi dice che lei avverta il bisogno di<br />
trovare un percorso alternativo e più convincente”.<br />
Si diedero appuntamento al giorno successivo,<br />
quando Verrastro sarebbe andato a Bigliano per preparare il<br />
servizio di aggiornamento sul caso Michele Dolce. De<br />
Stefano poggiò la cornetta del telefono e si diresse verso il<br />
soggiorno. Si sedette al tavolo e prese una penna con un<br />
pezzo di carta. Fece dei disegni, che la moglie non comprese.<br />
In realtà non disegnò nulla di compiuto. Si limitò a fare degli<br />
schizzi.<br />
Disegnare lo aiutava a pensare e mettere in ordine<br />
le idee. Era un metodo appreso dal capitano Leone, per<br />
stimolare la concentrazione. Anche al circolo aveva<br />
135
accontato la storia del capitano Leone ma pochi lo avevano<br />
ascoltato.<br />
Nel bar di Ciaramella, l’arresto della badante, che<br />
lavorava a casa di Mimmo o’ greco, divenne l'argomento<br />
preferito di discussione. Metà dei clienti si schierò a favore di<br />
Raluca e l’altra metà contro. Le due fazioni rispecchiavano<br />
fedelmente la divisione esistente nel paese, tra innocentisti e<br />
colpevolisti.<br />
Giannino l’opinionista, che normalmente si<br />
occupava di politica, soprattutto locale, espresse il suo<br />
giudizio.<br />
"La rumena è innocente. Si sta cercando solo un<br />
capro espiatorio".<br />
Ziza si chiese cosa fosse un capro espiatorio. Non<br />
riuscì a trovare una risposta e continuò a bere la birra.<br />
Ciaramella, che ugualmente non sapeva cosa fosse un capro<br />
espiatorio, si disse d'accordo con Giannino. L'avvocato Di<br />
Cillio, invece, si schierò dalla parte dei colpevolisti.<br />
136<br />
"Alea iacta est", disse con tono solenne.<br />
Ziza continuò a non capire e a bere la sua birra.<br />
Ciaramella si disse d'accordo anche con l'avvocato Di Cillio.<br />
Anzi, più d'accordo con Di Cillio che con Giannino.<br />
"Diciamo le cose come stanno", disse Ciaramella,<br />
rivolgendosi a Giannino. "Lui la voleva lasciare e lei lo ha<br />
fatto fuori".<br />
"Perché avrebbe dovuto farlo?" Rispose Giannino.<br />
"Lui la manteneva. Non voleva più dargli i soldi e<br />
lei…bam…lo ha ucciso".<br />
"Perché avrebbe dovuto mantenerla?"<br />
"Perché le rumene si fanno mantenere".<br />
"Ma che dici? Lei lavorava onestamente"
"Onestamente? Con quello che gli dava Mimmo o'<br />
greco non si sarebbe potuta comprare neanche un paio di<br />
pantaloni".<br />
"Stai esagerando?"<br />
"Esagero? Dici che esagero? Sai quanto gli passava<br />
Mimmo al mese?"<br />
"Quanto?"<br />
"500 euro".<br />
"E non sono abbastanza 500 euro?"<br />
"Che ci fai con 500 euro. La signora tene nu' marito e<br />
due figli".<br />
"E tu che ne sai?"<br />
"O' saccio, o' saccio".<br />
Intervenne l'avvocato Di Cillio.<br />
"Cari signori, il punto non è costituito dai 500 euro.<br />
Possono sembrare pochi in Italia ma in Romania sono tanti.<br />
Ve lo assicuro".<br />
"Ah, sono tanti….", osservò Ciaramella.<br />
"Vedi, lo dice pure l'avvocato", intervenne<br />
prontamente Giannino.<br />
"Fatemi continuare….", chiese l'avvocato Di Cillio,<br />
con il tipico tono di chi si sente depositario della verità.<br />
"Il punto è un altro".<br />
"Quale?" Chiese Giannino.<br />
"Il punto è che questi uomini e queste donne, che<br />
vengono dalla Romania, sono per loro natura violenti".<br />
"È vero, è vero…", mormorò Ciaramella, mentre<br />
lavava i bicchieri, sporchi di cordial.<br />
137
"Ammazzano, derubano…ah, quanti crimini<br />
vengono commessi. Noi avvocati non sappiamo come<br />
difenderli", fece notare con una punta d'orgoglio Di Cillio.<br />
"Siete voi il difensore?" Chiese ingenuamente<br />
Ciaramella.<br />
"Macché, Ciaramella. Io non difenderei mai una<br />
donna di quelle parti. Sono una persona onesta io", ribatté<br />
prontamente Di Cillio, disturbato per la domanda del barista.<br />
La realtà era che nessuno aveva pensato che Di<br />
Cillio fosse stato chiamato a difendere Raluca. Tutti sapevano<br />
che aveva pochi clienti e che, a parte la famiglia e qualche<br />
amico, nessuno si sarebbe fatto difendere da lui.<br />
"Scusate”, intervenne nuovamente Giannino, "ma<br />
se la signora è considerata colpevole, come la mettete con la<br />
sparatoria contro Mimì?"<br />
Cillio.<br />
138<br />
"E quale sarebbe il nesso?" Chiese l'avvocato Di<br />
Giannino rimase perplesso. Non tanto perché non<br />
sapesse rispondere, quanto perché non comprese il termine<br />
nesso.<br />
"Voglio dire", precisò l'avvocato Di Cillio, "la<br />
signora ha ucciso l'amante. Che c'entra Mimmo Telesca?"<br />
"Avvocà, scusate, ma un po' deve c'entrare. Non è<br />
che a Bigliano ogni giorno si spara la gente. La sera prima<br />
hanno sparato a Mimmo, il giorno dopo hanno trovato il<br />
morto…voglio dire, un nesso come dite voi, ci deve essere",<br />
disse Ciaramella.<br />
"E quelli si saranno sbagliati. Dovevano<br />
ammazzare Michele Dolce e hanno sparato a Mimmo o'<br />
greco".<br />
"E allora come può essere stata la badante. Lei lo<br />
conosceva a Mimmo. Non si poteva sbagliare", intervenne<br />
Radiouno, "se voleva sparare a Michele Dolce, sparava a
Michele Dolce. C'è una bella differenza tra Michele Dolce e<br />
O' greco".<br />
"E che ne so io, che ne so", rispose innervosito<br />
l'avvocato Di Cillio, "io faccio delle ipotesi. È chiaro che il<br />
caso non l'ho studiato. Non sono io l'avvocato difensore.<br />
Fossi stato l'avvocato difensore e ripeto, non avrei mai<br />
accettato di esserlo, adesso avrei potuto darvi tutte le risposte<br />
del caso".<br />
"Effettivamente la risposta è complicata",<br />
intervenne Ciaramella per supportare Di Cillio, "se l'avvocato<br />
avesse studiato il caso, tutto sarebbe stato chiaro".<br />
"E poi chi lo dice che la rumena è già colpevole.<br />
Esiste la presunzione d'innocenza. È vero, avvocato?"<br />
"E come no? Esiste la presunzione d'innocenza,<br />
anche per i rumeni".<br />
Nessuno aggiunse nulla ma tutti compresero<br />
perché Di Cillio avesse pochi clienti.<br />
La relazione clandestina di Michele Dolce<br />
Alle sei del giorno seguente, De Stefano attese<br />
Mimmo al circolo. I due si sedettero al tavolo, davanti alla<br />
porta d'ingresso. Si fecero portare due caffè macchiati e<br />
iniziarono a discutere.<br />
"Mimmo, non si può dire se Raluca sia colpevole o<br />
meno fin quando non si conosceranno le motivazioni<br />
dell'arresto. Sarebbe importante sapere dove la donna si<br />
trovasse la sera dell'omicidio. Bisognerebbe verificare il suo<br />
alibi", disse De Stefano.<br />
A quel punto, Mimmo abbassò lo sguardo. Il<br />
maresciallo a riposo capì che c’era qualcosa che non andava.<br />
“C’è un problema, maresciallo”.<br />
139
“Mimmo, non mi dire che Raluca non ha un alibi<br />
per quella notte?”<br />
“La sera prima del ritrovamento del cadavere,<br />
Raluca si era incontrata con Michele. Questo lo so per certo".<br />
140<br />
"Ne sei certo?"<br />
"Certissimo, marescià".<br />
"Perché si sarebbe incontrata con la vittima?"<br />
"La volta precedente non ho voluto dirglielo, ma<br />
tra di loro c’era una relazione”, sussurrò Mimmo all’orecchio<br />
del maresciallo a riposo.<br />
De Stefano si portò le mani sul volto.<br />
“Questo complica le cose”.<br />
“Maresciallo, io sono certo dell’innocenza di<br />
Raluca”, sussurrò di nuovo Mimmo all’orecchio del<br />
maresciallo.<br />
“Come fai ad esserne certo?”<br />
“Perché Raluca voleva bene a Michele e non<br />
avrebbe mai potuto desiderare la sua morte”.<br />
De Stefano assunse un atteggiamento ancora più<br />
pensieroso. Abbassò lo sguardo e si sfilò gli occhiali,<br />
passandosi la mano destra sul volto.<br />
“Maresciallo, aiutate Raluca. Lei non c’entra niente<br />
in questa brutta vicenda".<br />
"E tu come fai a saperlo?"<br />
"Lo sento, maresciallo".<br />
"Pure io lo sento…ma lo sentivo di più prima,<br />
quando non sapevo che la sera del delitto, Raluca avesse<br />
incontrato la vittima".<br />
"E che vuol dire? Se lo sentivate prima, dovrete<br />
sentirlo anche ora".
De Stefano era stato preso in contropiede. Pensava<br />
che l’alibi di Raluca non fosse stato verificato.<br />
“Ho sottovalutato il lavoro di Turtino”.<br />
Diversi dubbi si affastellarono nella sua mente Era<br />
stato quasi certo dell'innocenza di Raluca ma la rivelazione di<br />
Mimmo sparigliava nuovamente le carte.<br />
Mentre faceva queste riflessioni, ripensò al sorriso<br />
triste di Raluca.<br />
“Il suo volto non può mentire tanto<br />
spudoratamente”.<br />
Ad un’analisi più attenta, appariva chiaro che,<br />
avendo incontrato Michele Dolce la sera prima della sua<br />
morte, la posizione di Raluca si complicava.<br />
“Forse, non la pregiudica del tutto, Mimmo!”<br />
“Dite che non la pregiudica del tutto?”<br />
“Forse”.<br />
“Forse”, ribadì Mimmo.<br />
“Perché queste cose non le hai dette al maresciallo<br />
Turtino?"<br />
"Perché quello stronzo mi vuole fottere".<br />
"Un maresciallo dell'arma non fotte nessuno",<br />
rispose De Stefano, risentito.<br />
"Quello stronzo mi vuole fottere. Mi chiama un<br />
giorno si e l'altro pure. Vuole sapere chi mi ha sparato. Ma<br />
che ne saccio? Chi mi ha sparato? Non o' saccio"<br />
De Stefano ascoltava. Continuava a inforcare e<br />
sfilare gli occhiali a goccia, con un comportamento che stava<br />
diventando compulsivo.<br />
"Io non aggio mai fatto male a nisciuno. O' maresciallo<br />
Turtino non o' vole capisce. Pensa che la gente mi spara perché<br />
141
aggio fatto qualche cosa. Non lo so, non lo so chi mi ha<br />
sparato. E poi siamo sicuri che volevano sparare proprio a<br />
me?"<br />
La chiacchierata tra De Stefano e Mimmo venne<br />
interrotta dall'arrivo di Rocco Verrastro. Il giornalista<br />
potentino salutò De Stefano.<br />
"Ti presento Mimmo Telesca. È l'uomo coinvolto<br />
nella sparatoria".<br />
"Mi fa piacere di conoscerla", rsipose Verrastro,<br />
che non pensava di trovarsi di fronte ad un uomo di<br />
quarantacinque anni. Lo immaginava più vecchio. Dopo<br />
avergli stretto la mano, chiese un caffè macchiato.<br />
"Stavo dicendo proprio ora al maresciallo che io<br />
non c'entro niente con la sparatoria".<br />
"Allora non è lei l'uomo a cui hanno sparato?"<br />
Chiese Verrastro.<br />
"Hanno sparato nella mia direzione ma non è detto<br />
che volessero sparare proprio a me".<br />
"Mimmo, diciamo che ti sei salvato per ventinove e<br />
trenta", commentò De Stefano.<br />
"Marescià, allora pure voi la pesante come l'altro<br />
maresciallo? Neanche voi mi credete quando vi dico che io<br />
non c'entro niente".<br />
confuso.<br />
142<br />
"Ho solo detto che l'hai scampata bella".<br />
"Allora è lei che hanno sparato?" Chiese Verrastro<br />
"Se volete dire che hanno sparato verso di me,<br />
ditelo pure, ma io non c'entro niente. Diteglielo al maresciallo<br />
Turtino che non mi crede".<br />
Verrastro e De Stefano si guardarono senza<br />
commentare.
"Maresciallo, vorrei intervistare l'operaio che ha<br />
trovato il cadavere nel cantiere. L'altra volta non aveva voluto<br />
parlare con me. Vorrei provare a risentirlo", disse Verrastro,<br />
preferendo cambiare discorso.<br />
"A quest'ora, Peppino mangia. Non lo troviamo in<br />
piazza. Dovremmo andare a vedere a casa sua".<br />
"Lo telefoniamo prima?"<br />
"E perché? Non c'è bisogno".<br />
I due si avviarono verso la casa di Giuseppe Di<br />
Dio, mentre Mimmo o' greco rimase seduto al tavolo a<br />
leggere il giornale. Attraversarono la piazza, poi passarono di<br />
fronte al bar di Ciaramella, infilarono il vicolo vicino<br />
all'ufficio postale e si ritrovarono sul Chiascio. Ancora<br />
qualche passo e si sarebbero trovati vicino la casa con le mura<br />
rosa di Giuseppe Di Dio. Bussarono alla porta. Si sentì una<br />
voce dall'interno, che li invitava ad entrare.<br />
"Permesso?"<br />
"Trasite, trasite".<br />
Verrastro e De Stefano avanzarono lentamente.<br />
Dall'entrata si poteva vedere una luce fioca nella<br />
stanza accanto.<br />
Antonietta si fece incontro ai due.<br />
l'onore?"<br />
"Oh, il maresciallo De Stefano. A cosa dobbiamo<br />
"Antonietta, io e questo giovane dovremmo<br />
conferire con Giuseppe".<br />
"Che dovete fare?"<br />
"Parlare, Antonié", rispose De Stefano ad<br />
Antonietta che sul termine conferire era rimasta perplessa.<br />
fuoco".<br />
"Ah, parlare…e venite, venite. Peppino ié vicino a lu<br />
143
144<br />
"Peppino, buonasera",<br />
"Buonasera, maresciallo. A cosa dobbiamo<br />
l'onore?" Esclamò Giuseppe Di Dio, tentando di sollevarsi<br />
dalla sedia per stringere la mano ai due ospiti.<br />
"Stai…stai comodo, Peppì. Io e questo giovane<br />
vorremmo parlare con te".<br />
"Io me lo ricordo 'sto giovane".<br />
"Certamente, anch'io mi ricordo di lei. Avrei voluto<br />
intervistarla ma lei mi disse che non se la sentiva", intervenne<br />
Verrastro.<br />
"E io non saccio parlà troppo bene, caro mio".<br />
"Vi posso aiutare io", rispose Verrastro.<br />
"E che mi volete aiutare. Quando iuno nun sape parlà,<br />
nun sape parlà. C'è poco da fare".<br />
"Significa che manco stavolta possiamo<br />
accontentare questo giovane?", intervenne De Stefano.<br />
dicere?"<br />
Stefano.<br />
"Marescià, ma che devo dire io a la televisione. Che posso<br />
"Potete, potete, se volete", insinuò Verrastro.<br />
"Oppure non volete?" Terminò il pensiero De<br />
"Marescià, io certe cose non le posso dire. Aggio<br />
avuto la sfortuna di trovare lu muorto e mo' m'aggia fa' li fatti<br />
miei".<br />
"Peppì, hanno arrestato 'na femmina che forse non<br />
c'entra niente".<br />
"E questo io non o' posso sapé".<br />
"Perché? Sapete altro?"<br />
"Io nun saccio niente, giovane".
Poi, Giuseppe aggiunse, "quello che saccio l'aggio<br />
detto ai carabinieri".<br />
"Peppì, che hai visto quella mattina?"<br />
"O' muorto e basta".<br />
"E basta?"<br />
"E basta!"<br />
Giuseppe stava perdendo la pazienza. Aveva<br />
appena finito di mangiare la salsiccia con le uova. Se le sentiva<br />
già sullo stomaco per colpa del maresciallo e di Verrastro.<br />
"Vi porto un bicchiere di vino?" Chiese Maria.<br />
"Porta o' vino che questi mi stanno facendo<br />
affogare".<br />
"Non lo fate arrabbiare che si alza la pressione",<br />
disse Maria, mentre versava il vino.<br />
"Anche il vino la fa alzare", intervenne Verrastro.<br />
"Quella è tutta salute, giovanotto", rispose<br />
Giuseppe con convinzione.<br />
Antonietta servì quattro bicchieri colmi di vino.<br />
Uno era per Verrastro, uno per il maresciallo a riposo e due<br />
per il marito.<br />
Dopo aver bevuto, mentre De Stefano e Verrastro<br />
stavano per alzarsi, Giuseppe li chiamò a sé.<br />
"Siete due delinquenti…mi farete arrestare".<br />
Prese dalla tasca dei pantaloni due pezzi di carta e li<br />
porse a De Stefano.<br />
"Ecco, uno l'aggio trovato vicino a o' muorto e l'altro vicino<br />
a o' pollaio di o' greco".<br />
"Di che si tratta?"<br />
"Non o' saccio e non o' voglio sapé".<br />
145
De Stefano prese dalla mano di Giuseppe i due<br />
frammenti di carta e li mise in tasca.<br />
146<br />
"Peppì, siete ‘na brava persona", esclamò De Stefano.<br />
"E le brave persone vanno in galera", rispose<br />
Giuseppe Di Dio.<br />
“Non ci vanno in galera, non ti preoccupare”.<br />
“Marescià, io sono rimasto fuori da questa storia e<br />
fuori voglio rimanere. Io non vi ho dato niente”.<br />
Il maresciallo a riposo e Verrastro sorrisero.<br />
I contatti del maresciallo Tricase<br />
De Stefano e Verrastro iniziarono a esaminare i due<br />
frammenti di carta, ritrovati da Giuseppe Di Dio. Per farlo al<br />
riparo da sguardi indiscreti, si chiusero nella casa di campagna<br />
del maresciallo. Faceva freddo e De Stefano accese il fuoco.<br />
Dopo aver sbarrato le finestre, si sedettero al tavolo, vicino al<br />
caminetto. Metà della tavola era apparecchiata con delle olive<br />
nere, due pezzi di salsiccia e una bottiglia di vino rosso. L'altra<br />
metà era, invece, completamente sgombra. De Stefano prese<br />
dalla tasca della giacca i due frammenti di carta e li depose nel<br />
mezzo della parte sgombra. Vicino depose anche una lenta<br />
d'ingrandimento, che aveva tirato fuori dal taschino della<br />
giacca. Si trattava di una lenta d'ingrandimento che De<br />
Stefano conservava fin dai tempi della Sicilia. Per ritrovarla,<br />
aveva impiegato un giorno intero. Si era fatto aiutare dalla<br />
moglie e, finalmente, l'aveva trovata in un vecchio album di<br />
francobolli del Brasile.<br />
“Verifichiamo prima i frammenti di carta. Poi<br />
mangiamo” propose De Stefano.
Verrastro prese il frammento di carta più grande,<br />
che Giuseppe Di Dio aveva detto di aver ritrovato nei pressi<br />
del torrente, vicino al pollaio di Mimmo o' greco.<br />
Stefano.<br />
“È in condizioni davvero pessime”, commentò De<br />
Alcune lettere erano visibili ma gran parte del<br />
foglio era stato rovinato dall'umidità.<br />
“L'inchiostro si é quasi del tutto sciolto”.<br />
De Stefano si tolse gli occhiali a goccia e prese tra<br />
le mani la lente di ingrandimento. Osservò entrambi i<br />
frammenti.<br />
"Rocco, potrebbero essere parte di un unico<br />
documento".<br />
Verrastro chiese di verificare.<br />
“Mi faccia vedere”.<br />
De Stefano glieli porse.<br />
“I due frammenti sembrano realmente dello stesso<br />
tipo di carta”, confermò Verrastro.<br />
Stefano.<br />
“E contengono gli stessi caratteri”, aggiunse De<br />
“Non è chiaro, però, se siano solo due frammenti<br />
di un foglio di carta grande o se il foglio di carta si riduca ai<br />
due frammenti”.<br />
“Io direi piuttosto che entrambi facciano parte di<br />
un unico documento”.<br />
Verrastro osservò più attentamente.<br />
“Su quello ritrovato vicino al pollaio di Mimmo o'<br />
greco si possono leggere chiaramente alcune lettere, mentre<br />
sull'altro, ritrovato vicino al morto, sono riportate alcune<br />
parole, che fanno pensare ad una citazione di articoli del<br />
codice civile”.<br />
147
Erano le sole cose che si potevano distinguere.<br />
Purtroppo, non era possibile andare oltre.<br />
148<br />
"E' un rebus, maresciallo".<br />
"Non si capisce molto", confermò De Stefano.<br />
"Il problema è che l'acqua del fiume ha fatto<br />
sciogliere l'inchiostro. Ci sono delle macchie che non è facile<br />
decifrare".<br />
I frammenti di carta venero girati e rigirati ma il<br />
risultato fu sempre lo stesso. I due convennero che occorreva<br />
rivolgersi ad un esperto.<br />
"In Sicilia avevamo esperti di primissimo livello",<br />
disse De Stefano, "si trattava di gente che lavorava. Ah, che<br />
tempi! Tempi di ordine, di passione e di coinvolgimento".<br />
"Bisognerebbe rintracciare uno di quelli. Un<br />
vecchio collega disposto a darci una mano".<br />
"E dove lo trovo?"<br />
"Il maresciallo che l'ha aiutata a Battipaglia non era<br />
con lei in Sicilia?"<br />
"E che c'entra Tricase?"<br />
"Lui potrebbe aiutarci".<br />
De Stefano non appariva convinto. Verrastro lo<br />
spinse a provare. Il maresciallo a riposo, inforcò gli occhiali a<br />
goccia, che aveva momentaneamente deposto sul tavolo, e<br />
provò a cercare nella sua agendina il numero di Tricase.<br />
"Eccolo, Tricase, maresciallo Tonino".<br />
"Lo chiami, maresciallo".<br />
"A quest'ora? Sono le dieci di sera".<br />
"Provi, maresciallo".<br />
Verrastro gli porse il suo telefono portatile. De<br />
Stefano inforcò nuovamente gli occhiali e compose il numero
di telefono di Tricase. Dopo tre squilli, il collega maresciallo<br />
rispose.<br />
"Tricase, sono De Stefano…"<br />
La telefonata durò circa dieci minuti. Nove<br />
vennero spesi per ricordare la Sicilia e uno per affrontare il<br />
vero motivo della chiamata. Tricase disse che aveva<br />
conservato il contatto con un esperto della scientifica di<br />
Palermo.<br />
"Lo prevengo circa la possibilità di una telefonata<br />
da parte del collega, maresciallo De Stefano", aggiunse.<br />
I due ex colleghi si salutarono. Verrastro raccolse il<br />
suo telefono portatile dalle mani del maresciallo a riposo.<br />
Solo un tecnico della scientifica avrebbe potuto aiutarli a<br />
scoprire i segreti di quei due frammenti di carta, ammesso che<br />
ci fossero dei segreti da svelare.<br />
"Per il momento abbiamo solo due pezzi di carta,<br />
qualche lettera incisa e nulla di più. Non è detto che questi<br />
elementi ci possano aiutare", osservò Verrastro.<br />
"Può darsi che non servano ma un elemento<br />
importante è già sotto i nostri occhi".<br />
"Quale maresciallo? Io francamente non lo vedo".<br />
"I due frammenti di carta sono stati ritrovati dalla<br />
stessa persona".<br />
"Giuseppe Di Dio".<br />
"Ovvero, l'uomo che ha scoperto il cadavere di<br />
Michele Dolce".<br />
"Ma questo già lo sapevamo".<br />
"Un attimo, Rocco".<br />
"Sapevamo solo che Giuseppe Di Dio avesse<br />
scoperto il cadavere di Michele Dolce".<br />
149
"Certamente ma lo stesso Giuseppe Di Dio ha<br />
scoperto anche il secondo frammento di carta."<br />
150<br />
"Non capisco dove vuole arrivare?"<br />
"Dove ha scoperto il secondo frammento?"<br />
"Vicino al pollaio di Mimmo Telesca".<br />
"Esatto! Mimmo Telesca. Ovvero la persona a cui<br />
hanno sparato".<br />
"Ora capisco!" Rispose Verrastro.<br />
Intanto, in caserma, Turtino se ne stava tranquillo.<br />
Se per Verrastro e De Stefano si aprivano nuovi scenari, per<br />
lui il caso si poteva dire risolto.<br />
chiuso.<br />
“Manca solo la confessione della rumena”.<br />
Se Raluca avesse confessato, il cerchio si sarebbe<br />
“E finalmente si potrà tornare a pescare in santa<br />
pace. Quello stronzo di De Castro mi ha talmente rotto le<br />
palle, tanto da farmi dimenticare come si mette l'amo alla<br />
canna”.<br />
In realtà, il cerchio non si sarebbe completamente<br />
chiuso. Rimaneva da risolvere la sparatoria contro Mimmo.<br />
vicenda.<br />
“Chi ha sparato a quell'inzallanuto?”<br />
De Castro sembrava non dare importanza alla<br />
“Preferisce concentrarsi sul caso dell'omicidio di<br />
Michele Dolce”.<br />
Sembrava che l'episodio della sparatoria, che aveva<br />
coinvolto Mimmo Telesca, lo infastidisse, come se fosse una<br />
complicazione piuttosto che un elemento di chiarezza.<br />
Turtino.<br />
"E se De Castro se ne fotte, me ne voglio fottere io?" Pensò
Tutto sommato, non c'era scappato il morto e<br />
chiunque fosse stato non sembrava importante. Si trattava di<br />
due botti e basta, più o meno come a Capodanno.<br />
"Se avessero voluto spararlo veramente, l'avrebbero<br />
sparato. Invece, l'inzallanuto se ne gira tranquillo per il paese.<br />
Continua a fare quello che faceva prima e nessuno gli ha più<br />
rotto le palle. Invece, io non riesco più a fare quello che<br />
facevo prima. E se lui ci riesce e io no, vuol dire che non lo<br />
volevano sparare veramente. E forse ha ragione lui. Si è<br />
trattato di un errore".<br />
Riguardo, invece, la situazione di Raluca, era vero il<br />
sospetto di De Stefano. Turtino non era stato poi tanto<br />
ingenuo. Aveva controllato l'alibi ed aveva scoperto che la<br />
sera dell'omicidio, lei si era vista realmente con Michele<br />
Dolce.<br />
“L'incontro é avvenuto nei pressi del pollaio di<br />
Mimmo o' greco”, confessò Raluca.<br />
De Castro che aveva più abilità di Turtino nel<br />
comprendere le sfumature, interrogò Raluca e quando la<br />
badante gli riferì che tra lei e Michele c'era un'amicizia che lei<br />
aveva sempre vissuto come tale, il sostituto procuratore disse,<br />
"ho capito, signora, un'amicizia con diritto di accesso".<br />
A quel punto, le era stato chiesto quando lo avesse<br />
visto l'ultima volta e la badante rivelò di averlo visto la sera<br />
prima che sparassero a Mimmo.<br />
O' greco era stato sparato di domenica. Quindi,<br />
Raluca aveva visto per l'ultima volta Michele Dolce il sabato.<br />
Il corpo era stato ritrovato il lunedì, all'apertura del cantiere.<br />
Il medico legale aveva stabilito l'ora della morte di circa<br />
trentasei ore precedente il ritrovamento.<br />
“Ne deriva che l'ora della morte di Michele Dolce é<br />
da far risalire al sabato sera. È, pertanto, compatibile con la<br />
nostra ipotesi. La badante rumena ha ammazzato il suo<br />
amante per motivi passionali”.<br />
151
152<br />
Era questa la conclusione del sostituto procuratore.<br />
"Michele aveva incontrato Raluca per comunicargli<br />
la decisione che aveva preso. Voleva mettere fine alla<br />
relazione. La moglie era venuto a saperlo. Non avrebbe<br />
tollerato ulteriormente la sua storia. Michele, di fronte al out<br />
out della moglie, aveva scelto di chiudere con la rumena",<br />
concluse De Castro il giorno in cui spiccò il mandato di<br />
arresto nei confronti della badante.<br />
In realtà, il maresciallo Turtino aveva espresso<br />
alcuni dubbi.<br />
"L’uso della pistola farebbe pensare ad un piano<br />
premeditato che non si concilia con questa ricostruzione".<br />
"Cosa vuol dire?"<br />
"Se si suppone che Michele abbia deciso di<br />
comunicarle la sua decisione quella sera, lei non avrebbe<br />
potuto saperlo in anticipo e non avrebbe avuto ragione di<br />
portare con sé un’arma”.<br />
"Ma io ho fatto solo un'ipotesi. Può darsi che la<br />
donna ne fosse già a conoscenza e che quello fosse l'ultimo<br />
appuntamento. In quel caso avrebbe deciso di regolare i<br />
conti".<br />
"E perché lo avrebbe fatto?"<br />
"Motivi passionali. Lo amava e non voleva che la<br />
lasciasse".<br />
"Ma allora avrebbe dovuto agire d'istinto".<br />
"Non sempre si agisce d'istinto. Avrebbe potuto<br />
calcolare il modo di eliminarlo per vendetta".<br />
Il maresciallo Turtino continuava ad esprimere<br />
perplessità e De Castro chiuse l'argomento con una secca<br />
presa di posizione.
"Maresciallo, noi arrestiamo la donna. Abbiamo<br />
sospetti sufficienti. Sarà a lei dimostrare che non c'entra<br />
niente".<br />
Si trattava di invertire l'onore della prova ma il<br />
sostituto procuratore non sembrava preoccuparsene.<br />
“In definitiva, si spicca un mandato di cattura nei<br />
confronti di una cittadina rumena. Non ci saranno problemi a<br />
ritrattare nel caso si fosse commesso un errore”.<br />
I rumeni erano sempre al centro della cronaca nera.<br />
“Può sempre capitare che in qualche caso ci si<br />
possa sbagliare”.<br />
Sarebbe apparso, nel peggiore dei casi, come un<br />
eccesso di prevenzione.<br />
“Per supportare la nostra iniziativa, sarebbe<br />
opportuno raccogliere la testimonianza della moglie di<br />
Michele Dolce. La signora dovrebbe confermare di essere a<br />
conoscenza della relazione clandestina del marito. Serve a<br />
coprirci le spalle, nel caso ci siano problemi”.<br />
La moglie di Michele Dolce venne ascoltata da<br />
Turtino il giorno stesso, alle undici della mattina. Si trovava in<br />
campagna, nella stessa terra che Michele, e prima di lui il<br />
padre e il nonno, avevano coltivato per anni.<br />
"Signora, mi dovete scusare se vi ho raggiunta così<br />
all'improvviso ma non volevo importunarvi più di tanto<br />
facendovi scendere in caserma. Ho pensato di venire io da<br />
voi".<br />
"Buongiorno, maresciallo! Avete fatto bene ma chi<br />
ve lo ha detto di venire in campagna?"<br />
"Vi ho vista nei giorni scorsi occuparvi della terra.<br />
Ho notato che ve ne state prendendo cura e ho pensato che<br />
avrei potuto trovarvi qui".<br />
"Sono sempre qui. Ci sono tante cose da fare".<br />
153
154<br />
"Cosa state facendo?"<br />
"Il frutteto, maresciallo. Mi sto occupando del<br />
frutteto".<br />
"E i vostri figli non vi aiutano,"<br />
"Paolo vorrebbe vendere la terra ma io non sono<br />
d'accordo. Michele non avrebbe mai voluto".<br />
"Perché vostro figlio vorrebbe vendere la terra?"<br />
"Perché dice che ormai non serve più".<br />
"Una terra serve sempre".<br />
"Spiegateglielo voi a Paolo. Io non so più come<br />
dirglielo".<br />
Il maresciallo Turtino accennò ad un sorriso.<br />
"I figli vogliono fare sempre di testa loro. Non<br />
credete che con i miei sia diverso. Io volevo farli studiare<br />
ingegneria e loro vogliono studiare scienze della<br />
comunicazione. La disoccupazione è garantita".<br />
La signora si avvicinò al maresciallo. Fino ad allora<br />
avevano parlato a distanza, la signora in mezzo al campo, il<br />
maresciallo sulla strada. Quando i due si trovarono faccia a<br />
faccia, il maresciallo Turtino passò ad occuparsi della vicenda<br />
di Michele.<br />
"Voi sapete che non mi piace fare pettegolezzi ma<br />
questa volta devo farvi una domanda, come dire, personale".<br />
"Posso immaginare, maresciallo".<br />
"Lo so, ne stanno parlando tutti in paese. Voi lo<br />
sapevate?"<br />
"Sapevo che Michele si vedeva con quella puttana".<br />
"Beh, si, lo sapevate?"<br />
"Si, lo sapevo".
tempo".<br />
"Da quando?"<br />
"Da qualche mese".<br />
"Da qualche mese?"<br />
"Si, vi sembra strano?"<br />
"No, si…beh, non immaginavo da così tanto<br />
"Avevo iniziato a sospettare che Michele avesse<br />
un'altra donna da quando usciva di sera. Lui abitualmente non<br />
frequentava il paese ma da un po' di tempo saliva. Era<br />
strano".<br />
"E come lo ha scoperto?"<br />
"Me lo ha detto lui".<br />
"In genere gli uomini non confessano".<br />
"Non è vero. È un modo di pensare comune che<br />
non sempre corrisponde alla realtà".<br />
"E cosa vi disse?"<br />
"Che aveva conosciuto una donna".<br />
"E basta?"<br />
"Il resto lo potete immaginare".<br />
"Quale fu la vostra reazione?"<br />
"Ho reagito come potrebbe reagire una donna<br />
qualsiasi. Io e Michele eravamo sposati da oltre trenta anni.<br />
Lui era sempre stato buono con me. Continuava ad esserlo<br />
ma quella donna proprio non ci voleva".<br />
"Gli avete detto di lasciarla?"<br />
"Certo. Chiunque lo avrebbe fatto. Chi potrebbe<br />
sopportare una situazione del genere? Siamo a Bigliano, non a<br />
Parigi dove si sopportano i menage a trois".<br />
"E che vuol dire?"<br />
155
corna".<br />
156<br />
"Che i biglianesi non sopportano le storie di<br />
"Ah…beh, certo".<br />
"Io gli avevo detto di lasciarla ma lui diceva sempre<br />
che lo avrebbe fatto ma poi non lo faceva mai. Smetteva per<br />
qualche giorno di uscire di sera ma poi riprendeva".<br />
"Sapevate che si trattava della badante rumena di<br />
Mimmo o' greco?"<br />
"Non lo sapevo. Lui non aveva mai voluto dirmelo.<br />
Diceva che si trattava di una donna di Montegiro".<br />
"E voi non vi siete mai informati?"<br />
"Ho provato ad informarmi a Montegiro da una<br />
mia amica che è sposata con un montegirese. Avevo anche il<br />
sospetto di chi potesse essere".<br />
"Di chi?"<br />
"Di una sua ex compagna di scuola, che io ho<br />
sempre odiato".<br />
"E quando ha scoperto che, invece, si trattava della<br />
badante di Mimmo o' greco?"<br />
"In questi giorni, quando tutti ne hanno iniziato a<br />
parlare. Come si dice, maresciallo, la cornuta è sempre l'ultima a<br />
sapere le cose".<br />
Il maresciallo Turtino fu soddisfatto del colloquio<br />
con Franca Dolce.<br />
“La signora ha confermato che Michele avesse una<br />
relazione con una donna, benché non fosse a conoscenza<br />
della sua identità”.<br />
L'ipotesi di De Castro veniva supportata da una<br />
testimonianza importante.<br />
In precedenza, partendo dal presupposto del<br />
coinvolgimento della badante rumena, De Castro aveva
provato anche a mettere insieme l'episodio della sparatoria<br />
con l'omicidio. Era addirittura arrivato a pensare che Mimmo<br />
avesse ragione.<br />
Raluca”.<br />
“In realtà non avrebbero voluto sparare a lui ma a<br />
I colpi erano stati diretti contro la casa, in cui<br />
abitavano entrambi.<br />
“Mimmo ha rischiato di essere colpito solo a causa<br />
di uno scambio di persona. Nell'oscurità, i delinquenti hanno<br />
confuso la sagoma di Raluca con la sua”.<br />
Il pensiero di De Castro, tuttavia, aveva molte falle,<br />
che Turtino gli aveva fatto notare.<br />
“La casa in cui i due abitano è ampiamente<br />
illuminata. Come si fa a confondere la sagoma di un uomo<br />
con quella di una donna? Ma, pur ammettendo che fosse stata<br />
realmente Raluca il bersaglio, allora anche il caso dell'omicidio<br />
di Michele Dolce si complica”.<br />
De Castro ne aveva concluso che sarebbe stato<br />
preferibile seguire la strada dell'omicidio passionale e provare<br />
a districare la matassa un poco alla volta.<br />
“È inutile arrovellarsi il cervello con altre ipotesi,<br />
che possano mettere insieme l'omicidio con la sparatoria”.<br />
L'obiettivo di soddisfare la procura di Potenza era<br />
stato raggiunto.<br />
“C'é un morto e c'é un potenziale colpevole”.<br />
Il lavoro investigativo era stato svolto. Non c'era<br />
ancora una pista per la sparatoria, ma in quel caso non c'era<br />
stato né il morto, né il ferito. La vicenda si poteva considerare<br />
chiusa.<br />
157
I solventi di Ceramia<br />
Chi, invece, non riusciva a considerare chiusa la<br />
vicenda era De Stefano. Grazie all'intermediazione del collega<br />
Tricase, aveva preso contatto con il perito palermitano,<br />
Ceramia.<br />
“L'inchiostro si é sciolto ma un abile tecnico<br />
potrebbe ricomporre il senso”, auspicò Verrastro.<br />
“Ceramia ha smesso di lavorare da quasi due anni<br />
ma scommetto qualsiasi cifra che sia ancora capace di<br />
decifrare il contenuto dei frammenti di carta ritrovati da<br />
Giuseppe Di Dio”.<br />
Al telefono, Ceramia aveva espresso meno certezze<br />
di De Stefano. Si era mantenuto sul vago, senza promettere<br />
alcun risultato..<br />
"Può essere ma può anche non essere. Si può<br />
capire ma si può anche non capire. Tutto dipende dallo stato<br />
di conservazione".<br />
158<br />
Decisero di incontrarsi e di esaminare i frammenti.<br />
“Ci vediamo a Palermo!”<br />
A quel punto, per De Stefano il problema sarebbe<br />
stato raggiungere la Sicilia.<br />
“Non ho voglia di giocarmi i soldi della pensione<br />
per andare fino a Palermo”.<br />
La moglie si era già lamentata più volte per le spese<br />
sostenute dal marito.<br />
“Sono mesi che mi avevi promesso il televisore<br />
nuovo e, invece, ancora andiamo avanti con quella vecchia<br />
carcassa, che ci ha regalato tua zia per le nozze d’argento”.<br />
“Lo compreremo, lo compreremo…”, provò a<br />
tagliare corto ma la moglie lo riportò con i piedi per terra.
“Sono stanca di queste promesse da maresciallo.<br />
Lo compreremo questo mese. Io mi sono già informato da<br />
Piero l’elettrotecnico".<br />
La signora Rosa aveva convenuto anche il prezzo,<br />
millecinquecento euro, da pagarsi in tre rate da cinquecento<br />
euro l’una. Se il marito avesse speso i soldi della pensione per<br />
il viaggio in Sicilia, avrebbe contravvenuto all'accordo.<br />
"Troveremo una soluzione alternativa. Qualcosa ci<br />
inventeremo", propose Verrastro.<br />
Le ipotesi prese in considerazione erano due. La<br />
prima era basata sull'aiuto delle persone conosciute durante il<br />
soggiorno siciliano.<br />
“Potrei andare dalla signora Berar<strong>dino</strong> e farmi<br />
ospitare per due giorni”.<br />
La seconda ipotesi era a lunga scadenza.<br />
“Potrei aspettare l'estate e accodarmi all'iniziativa<br />
del centro sociale, che ogni anno organizza il viaggio alle<br />
terme”.<br />
Entrambe le ipotesi comportavano alcuni aspetti<br />
negativi. La prima sarebbe stata disapprovata dalla signora<br />
Rosa, la seconda riportava le indagini alle calende greche.<br />
Verrastro immaginò una terza soluzione.<br />
“Potremmo cooptarla all'interno della troupe che<br />
andrà in Sicilia per seguire la fiera del gusto. Viaggio e<br />
alloggio gratis anche per lei”.<br />
De Stefano avrebbe occupato uno dei posti liberi in<br />
macchina e dormito insieme a Rocco, in una camera doppia.<br />
La signora Rosa non avrebbe avuto nulla da ridere. Nello<br />
stesso tempo, non ci sarebbe stato molto da aspettare.<br />
“Quando si parte?” Chiese De Stefano.<br />
“La fiera del gusto é programmata per giovedì<br />
prossimo”.<br />
159
giorno.<br />
160<br />
Si poteva approdare in Sicilia nel giro di qualche<br />
La sera prima di partire, De Stefano preparò con<br />
cura la valigia. Oltre alle camicie e a due pantaloni di cotone,<br />
infilò la cartellina plastificata che conservava i frammenti di<br />
carta, consegnatigli da Giuseppe Di Dio. Al mattino, si<br />
svegliò presto. Indossò la sua camicia sahariana preferita e<br />
uscì di casa. Fece una lunga passeggiata verso la strada<br />
provinciale, dove si fece trovare da Verrastro. La troupe della<br />
televisione regionale viaggiava su di una Volvo bianca. Alla<br />
guida l'operatore Rufino. Il maresciallo venne fatto<br />
accomodare sul sedile posteriore, dove c’erano diversi cavi<br />
elettrici, che De Stefano dovette togliere di mezzo per potersi<br />
ritagliare lo spazio per sedersi. Giunsero a Palermo dopo sei<br />
ore di viaggio, traversata dello stretto di Messina compresa.<br />
L'incontro con Ceramia era previsto per le dieci<br />
della mattina successiva nella pasticceria Scimone.<br />
“Già pregusto quei favolosi cannoli”.<br />
Decise che ne avrebbe mangiato almeno due e altri<br />
quattro li avrebbe portati alla moglie.<br />
“Io lavorerò l'intera mattinata, poi la raggiungo”,<br />
spiegò Verrastro.<br />
Nel frattempo, il maresciallo a riposo avrebbe<br />
iniziato il lavoro con Ceramia.<br />
La mattina dell'incontro, a Palermo pioveva. De<br />
Stefano avvertiva una fastidiosa emicrania, che non gli aveva<br />
fatto chiudere occhio per tutta la notte.<br />
"Colpa di questa maledetta umidità", sussurrò a<br />
Verrastro.<br />
Non si perse d'animo. Benché non avesse<br />
l'ombrello, decise che avrebbe ugualmente corso il rischio di<br />
bagnarsi e di aggravare le sue condizioni.<br />
“La pasticceria Scimone non é lontano”.
In dieci minuti raggiunse il luogo<br />
dell'appuntamento.<br />
Dopo mezz'ora, però, nessun perito si era<br />
presentato in pasticceria.<br />
"Due cannoli, un cappuccino e una pasta reale e di<br />
questo Ceramia neanche l'ombra".<br />
Passarono altri dieci minuti e del perito palermitano<br />
ancora nessuna notizia. Chiese un paio di volte al cameriere,<br />
che gli stava servendo l'ennesimo cannolo, se qualcuno avesse<br />
chiesto del maresciallo De Stefano ma ottenne una risposta<br />
negativa.<br />
“Nessuno lo ha cercato”.<br />
Non erano proprio i tempi di ordine, passione e<br />
coinvolgimento, che ricordava della Sicilia. Non solo pioveva,<br />
e la sua emicrania non accennava a diminuire, ma il lavoro di<br />
investigazione sembrava non poter ricevere l'impulso che ci si<br />
attendeva. Il perito se ne stava per i cacchi suoi in chissà quale<br />
parte della città.<br />
Quando già pensava di aver fatto un viaggio a<br />
vuoto, vide spuntare la sagoma di un uomo minuto con i<br />
baffi. Aveva le mani in tasca e sottobraccio una scatola di<br />
legno.<br />
"Maresciallo De Stefano?"<br />
"Si", rispose prontamente il maresciallo.<br />
"Mi scusi per il ritardo. Sono il perito Ceramia".<br />
"La stavo aspettando"<br />
"Mi devo scusare, ma la vede questa scatola che ho<br />
sottobraccio? Eh…non la trovavo più".<br />
"La scatola?"<br />
"Si, questa scatola qui", disse Ceramia mostrandola<br />
al maresciallo a riposo.<br />
161
carta?"<br />
162<br />
"Qui dentro c'è tutto quello che ci serve".<br />
"Lì dentro?"<br />
"Certo, maresciallo. Lei ce li ha portati i pezzi di<br />
De Stefano li prese dalla cartellina e stava per<br />
porgerli al perito, quando venne bruscamente interrotto.<br />
"Aspetti, questi pezzi di carta sono già stati troppo<br />
maltrattati. Me li lasci prendere con questa pinzetta".<br />
De Stefano ripose la cartellina plastificata sul<br />
tavolo. Ceramia li prese con cura e li osservò, girandoli prima<br />
verso il basso e poi verso l'alto.<br />
De Stefano osservava Ceramia, mentre Ceramia<br />
aveva la stessa espressione di un medico all'atto di esaminare<br />
un paziente malato di cancro.<br />
"Ridottti male, maresciallo. Ridotti molto male.<br />
Solo un miracolo potrebbe aiutarci".<br />
"Vuol dire che non c'è niente da fare?"<br />
"Non ho detto questo”.<br />
Poi ripeté, osservando i frammenti,<br />
“effettivamente, sono ridotti molto male".<br />
"E allora?"<br />
"E allora proviamo il miracolo".<br />
Prese un liquido dalla scatola di legno, lo agitò più<br />
volte. Poi con un contagocce versò alcune gocce sui fogli di<br />
carta. De Stefano allungò il collo per osservare da vicino.<br />
Dovette ritrarsi immediatamente perché il movimento brusco<br />
ebbe un effetto dirompente sulla sua testa. Avvertì un forte<br />
senso di nausea.<br />
"Si sente bene, maresciallo?" Gli chiese Ceramia,<br />
che aveva seguito la scena con la coda dell'occhio.
piove".<br />
"Questa maledetta emicrania. Sempre così quando<br />
De Stefano si fece portare un bicchiere d'acqua.<br />
Dalla tasca tirò fuori una pasticca che ingoiò rapidamente.<br />
reagire".<br />
"E allora?"<br />
"Pazienza, maresciallo. Dia il tempo alla sostanza di<br />
Dopo qualche minuto di attesa, sembrava che non<br />
fosse successo nulla. I pezzi di carta sembravano tale e quali a<br />
prima dell'intervento del perito.<br />
"Si vede qualcosa?" Chiese De Stefano, che dava<br />
l'impressione di essersi ripreso.<br />
"Un attimo, maresciallo".<br />
Ceramia trasse dalla scatola un altro liquido e ripeté<br />
l'operazione, che aveva compiuto in precedenza.<br />
Riprese in mano i frammenti. Poi esclamò, "sembra<br />
un contratto, maresciallo".<br />
"Un contratto di cosa?"<br />
"Un contratto".<br />
"E le lettere?<br />
"Dovrebbe essere il nome della persona che<br />
doveva firmare. Guardi qui la posizione".<br />
De Stefano fece un cenno di assenso.<br />
"E chi era questa persona?"<br />
"Come faccio a saperlo?"<br />
"Metta insieme le lettere, no?"<br />
"Non combaciano perfettamente…però<br />
potrebbero essere compatibili".<br />
"E quindi?"<br />
163
"Mi viene fuori NZ e poi TA, ma dovrebbero<br />
esserci altre lettere in mezzo".<br />
164<br />
"E quali?"<br />
"E ora vuole sapere troppo. Sono un perito, non<br />
un indovino", rispose Ceramia, mentre continuava ad<br />
osservare i frammenti.<br />
De Stefano che, intanto, aveva inforcato gli occhiali<br />
a goccia, stava prendendo nota di tutto quello che il perito<br />
diceva. Ogni tanto si passava la mano sulla testa per verificare<br />
lo stato del dolore. Quando ebbe finito, ripose la penna nel<br />
taschino interno della giacca.<br />
“Ceramia, lei non è stato molto chiaro”<br />
“Ho detto che potrebbe trattarsi di un contratto ma<br />
potrebbe anche non essere”.<br />
“Potrebbe o non potrebbe, Ceramia?”<br />
“Ho fatto un lavoro di deduzione. Ci sono delle<br />
lettere che, messe insieme, me lo fanno presumere”.<br />
“E come glielo fanno presumere?”<br />
“Mi sembra riconoscere l’intestazione di uno studio<br />
notarile”.<br />
“C’è il nome del notaio?”<br />
“E ora pretende troppo, maresciallo. Sono un<br />
perito e non un indovino”.<br />
Ceramia e De Stefano continuarono a discutere.<br />
Vennero raggiunti da Verrastro, che aveva finito di girare il<br />
servizio alla fiera del gusto.<br />
“Il perito, qui seduto di fronte a me, dice che<br />
potrebbe trattarsi di un contratto, Rocco”, esordì De Stefano.<br />
“Un contratto di locazione, di vendita, di cosa?”<br />
Chiese Verrastro.
“Belli miei, i pezzi di carta che mi avete dato erano<br />
davvero ridotti male. Dovrebbe trattarsi di un contratto. Si<br />
intuiscono anche alcune lettere che compongono il nome di<br />
uno dei due contraenti, ma niente di più”, precisò Ceramia.<br />
“Potrebbe lavorarci qualche altro giorno?”<br />
“Potrei, potrei…ma non vi assicuro nulla riguardo i<br />
risultati”.<br />
De Stefano e Verrastro convennero che sarebbe<br />
stato saggio lasciare che Ceramia lavorasse ancora qualche<br />
altro giorno sui frammenti di carta.<br />
“Ne riparliamo in seguito”.<br />
I due si congedarono dal perito palermitano e si<br />
diressero verso la Volvo bianca, che li avrebbe riportati in<br />
Lucania.<br />
“Riassaporo l’aria della Sicilia”, disse De Stefano,<br />
prima di sedersi sul sedile posteriore, in mezzo ai soliti cavi<br />
elettrici.<br />
Era la seconda volta che ritornava sull’isola dopo<br />
aver lasciato Bagheria.<br />
“Avverto una strana sensazione di amarezza, come<br />
se il tempo trascorso mi avesse tolto parte della mia<br />
esistenza”.<br />
Il suo essere si stava consumando e il ricordo<br />
struggente degli anni passati a Bagheria non facevano altro<br />
che tormentarlo ancora di più. Dai vetri della Volvo, guardava<br />
gli alberi che fuggivano uno dietro l’altro, nella<br />
manifestazione più esaltante della loro indifferenza. Ripiegò<br />
su se stesso per tutto il tragitto tra Palermo e Messina. Lo<br />
accompagnava il silenzio di Rocco.<br />
Giunti in Calabria, l’umore del maresciallo a riposo<br />
mutò repentinamente. Chiese a Verrastro se avesse fame. Si<br />
fermarono ad un autogrill nei pressi di Catanzaro. Seduti a<br />
tavola, fecero il punto della situazione.<br />
165
“Ci potrebbero essere solo un paio di persone in<br />
grado di chiarire le idee”.<br />
166<br />
“I figli del defunto?”<br />
“Esattamente!” Rispose De Stefano.<br />
“Bisogna capire che tipo di contratto stava<br />
firmando il padre. Doveva comprare? Doveva vendere?”<br />
“Il Dolce aveva appena ricevuto una consistente<br />
eredità da parte di una vecchia zia. A Bigliano lo sanno tutti.<br />
Potrebbe essere legato anche a quello”.<br />
“Una ragione in più per parlare con i figli del<br />
defunto. Li conosce, maresciallo?”.<br />
“Conosco Paolo, il maggiore dei due figli.<br />
Potremmo iniziare da lui”.<br />
Verrastro diede il suo assenso. Si poteva partire dal<br />
maggiore dei figli di Michele Dolce per cercare di avere<br />
informazioni che potessero far evolvere la loro inchiesta.<br />
Giunsero a Bigliano alle dieci e mezzo di sera. De<br />
Stefano si fece lasciare in piazza, a pochi metri dal bar di<br />
Ciaramella. La moglie lo attendeva a casa. Aveva preparato un<br />
piatto di brodo di pollo con le patatelle per accogliere il<br />
marito.<br />
I prataioli di Paolo Dolce<br />
“Sono prataioli quelli?” Chiese De Stefano,<br />
rivolgendosi a Paolo.<br />
Paolo.<br />
“Vi intendete di funghi, maresciallo”, rispose<br />
“Era una delle mie passioni. Lunghe passeggiate<br />
all’aria aperta. Ora le gambe non mi accompagnano più come<br />
prima”, precisò De Stefano.
Paolo.<br />
“Ora potete venire a cercarli qui da me”, rispose<br />
De Stefano accennò ad un sorriso. Poi si fece serio.<br />
“Mi è dispiaciuto molto per il povero Michele”.<br />
Paolo abbassò gli occhi.<br />
“Se non fosse stato per quella puttana…”<br />
De Stefano preferì non proferire alcuna parola. Lui<br />
non era convinto della colpevolezza di Raluca. Avrebbe anche<br />
potuto trattarsi di un omicidio passionale, come sostenuto<br />
dalla procura ma, nel contesto delineato, come si poteva<br />
inquadrare la sparatoria di cui era stato vittima Mimmo o’<br />
greco? La procura aveva preferito sorvolare e non collegare i<br />
due episodi ma a De Stefano non sembrava possibile che i<br />
due episodi potessero rimanere slegati.<br />
“Il ritrovamento del cadavere é avvenuto solo una<br />
decina di ore dopo la sparatoria”.<br />
Verrastro aveva analizzato la vicenda ed era giunto<br />
alle stesse conclusioni di De Stefano.<br />
“La soluzione al mistero dell’omicidio di Michele<br />
Dolce deve comprendere anche la sparatoria contro Mimmo<br />
o’ greco”.<br />
Sebbene De Stefano avesse svolto queste<br />
riflessioni, preferì non commentare la frase di Paolo Dolce.<br />
“Mia madre ha molto sofferto per le rivelazioni su<br />
mio padre”.<br />
Era naturale che Paolo avvertisse un sentimento di<br />
ostilità nei confronti della rumena.<br />
“Il povero Michele stava concludendo un affare,<br />
prima che morisse?” Chiese De Stefano.<br />
“Un affare? Chi ve lo ha detto?”<br />
“ una domanda”.<br />
167
168<br />
“E come vi viene?”<br />
“Siete una famiglia di imprenditori”.<br />
“Che io sappia no. Mio padre non stava pensando<br />
a nessun affare”.<br />
“Avevate ricevuto anche dei soldi per l’eredità”.<br />
“Maresciallo, questi sarebbero anche cacchi nostri.<br />
Chi vi da l'autorizzazione a porre questo tipo di domande?”.<br />
“ Ci mancherebbe, ci mancherebbe. Non volevo<br />
assolutamente entrare negli affari della vostra famiglia.”<br />
“E allora?”<br />
“Lo sanno tutti a Bigliano che avevate ricevuto<br />
un'eredità Magari con quei soldi si potevano fare degli affari”.<br />
"E a voi cosa ve ne importa? Devo ricordarvi io<br />
che siete un maresciallo a riposo?"<br />
"Per carità, per carità…".<br />
"Scusatemi, maresciallo, ma io non capisco le<br />
vostre domande".<br />
"Era per discutere, Paolo".<br />
"E volete discutere dei fatti miei?"<br />
"Potrei anche farmi i fatti miei ma io non sono<br />
convinto che la procura abbia individuato il vero assassino di<br />
vostro padre".<br />
"Ma che dite?"<br />
"È una mia sensazione. Io sono solo un maresciallo<br />
a riposo. Lo avete detto voi".<br />
cose".<br />
"Scusatemi, maresciallo, ma…"<br />
"Ma…."<br />
"Ma dalla morte di mio padre sono cambiate tante
"In che senso?"<br />
“Mio padre non voleva né comprare, né vendere.<br />
Gli bastava quello che aveva. Quei bastardi del petrolio<br />
volevano la sua terra ma lui non gliela avrebbe mai data”.<br />
“I bastardi del petrolio?”<br />
“Era quello che ci aveva detto. Lui non avrebbe né<br />
comprato, né venduto niente. Vi ripeto, gli bastava quello che<br />
aveva”.<br />
"E quali cose sarebbero cambiate?"<br />
"Quella terra ora andrebbe venduta. Senza mio<br />
padre non ha più senso".<br />
"Ma non dicevate che vostro padre non aveva<br />
intenzione né di vendere, né di comprare".<br />
Paolo non rispose.<br />
De Stefano appariva confuso. Michele Dolce non<br />
voleva né comprare, né vendere.<br />
“E allora cosa significavano i frammenti di carta,<br />
ritrovati da Giuseppe Di Dio?”<br />
Ceramia aveva detto che si poteva ragionevolmente<br />
supporre che si trattasse di un contratto. De Stefano telefonò<br />
a Verrastro per comunicargli il risultato della chiacchierata<br />
con Paolo Dolce. Anche a Verrastro non tornavano i conti.<br />
“Può darsi che lui non volesse né comprare, né<br />
vendere, ma qualcuno poteva avere interesse a vendere<br />
oppure a comprare da lui”, disse Verrastro.<br />
“Il figlio ha detto che i bastardi del petrolio<br />
volevano la sua terra ma lui non era disposto a cederla”.<br />
“Beh, può darsi che si fosse deciso a vendere e che<br />
avesse fatto preparare un contratto. Poi è stato ammazzato e<br />
non ha potuto condurre in porto il suo proposito”.<br />
169
“E se ne andava in giro con una copia del contratto<br />
in tasca? Non mi sembra plausibile”, fece notare il maresciallo<br />
a riposo.<br />
“Perché aveva il contratto con sé? Può darsi che lui<br />
non volesse vendere ma il figlio avesse altre intenzioni”,<br />
rispose Verrastro.<br />
170<br />
"Un contrasto tra padre e figlio?"<br />
"Potrebbe essere".<br />
"Ma anche in questo caso ritorna sempre la solita<br />
domanda. Come si collega l'omicidio con la sparatoria contro<br />
Mimmo Telesca?"<br />
I due, per quanto si arrovellassero il cervello, non<br />
riuscirono a trovare una risposta adeguata.<br />
De Stefano venne incaricato da Verrastro di fare<br />
chiarezza sulla questione della terra, che la società delle<br />
perforazioni richiedeva e che Michele Dolce non voleva<br />
cedere. Ritornò da Celentano. Lui abitava non lontano dalla<br />
terra di Michele Dolce. Già durante il primo incontro aveva<br />
accennato alla questione e Celentano gli aveva dato alcune<br />
informazioni, che alla luce della novità costituite dai due<br />
frammenti di carta ritrovati, potevano risultare interessanti. Il<br />
secondo incontro avrebbe potuto ulteriormente chiarire<br />
alcuni aspetti della vicenda.<br />
L'incontro tra De Stefano e Celentano avvenne di<br />
pomeriggio. Non fu lungo perché Celentano aveva da fare.<br />
Ritornato a casa, De Stefano aggiornò Verrastro. Lo telefonò<br />
alla sede della televisione regionale.<br />
"Il fatto che Michele Dolce non volesse cedere la<br />
terra costituiva un problema per la società delle perforazioni.<br />
Si sarebbe dovuta trovare un'alternativa, piuttosto<br />
dispendiosa dal punto di vista economico".
"La società delle perforazioni preferiva che Michele<br />
Dolce si convincesse a cedere il terreno piuttosto che trovare<br />
un'alternativa?" Chiese Verrastro.<br />
"Il problema era che Michele non era affatto<br />
convinto. Non riusciva proprio ad immaginare la sua vita<br />
senza la terra, che era appartenuta al padre e al padre di suo<br />
padre", rispose De Stefano.<br />
"E se non era convinto perché avrebbe avuto in<br />
tasca un frammento di contratto?"<br />
"Rocco, per ora posso riferirti le cose che mi ha<br />
detto Celentano. La società delle perforazioni non capiva<br />
perché Michele fosse legato a quella terra senza valore<br />
economico. Loro erano disposti a dargli anche più del valore<br />
commerciale ma Michele non cedeva".<br />
"E come fa Celentano a sapere che la società delle<br />
perforazioni era disposta a pagare il terreno più del dovuto?"<br />
"Perché lui ha ricevuto un'offerta simile, ma non<br />
dalla società delle perforazioni?"<br />
" E da chi?"<br />
“Dice che si tratta di una società di<br />
intermediazione. In realtà, comunque, l'acquirente finale<br />
sarebbe la società delle perforazioni".<br />
"E di che offerta si tratta?"<br />
"Si tratta di un'offerta che non intende rifiutare.<br />
Ormai non riesce a smerciare la roba che produce e dice che<br />
non vale più la pena tenere la terra. Poco importa se la prende<br />
la società delle perforazioni oppure un'altra società".<br />
"Michele Dolce, invece, la sua terra non la voleva<br />
dare. È questo quello che ha riferito Celentano?"<br />
"Si, Celentano ha detto proprio così. Era stato<br />
Michele a dirgli che lui da quella terra non si sarebbe mosso".<br />
171
Ma quella terra, però, alla società delle perforazioni<br />
serviva. Non era una terra qualsiasi. Rinunciarvi avrebbe<br />
voluto dire una perdita importante in termini economici.<br />
La terra di O’sciancato<br />
Davanti al bar di Ciaramella, un lunedì mattina,<br />
verso le sette e mezzo, apparve una sagoma poco conosciuta.<br />
L’avvocato Di Cillio, dall’altro lato del marciapiede, rallentò il<br />
passo, provando a decifrare chi potesse essere. Allungò il<br />
collo, per mettere meglio a fuoco l'immagine. Non ci riuscì.<br />
Non ebbe successo neanche Sesto Calenda, qualche minuto<br />
dopo di lui.<br />
A partire da quel lunedì e fino al lunedì seguente, la<br />
sagoma continuò a sostare davanti al bar. Ciaramella gli<br />
serviva un bicchiere di birra più o meno ogni mezz’ora. La<br />
sagoma se ne stava seduta e beveva lentamente. Ogni tanto<br />
ruttava.<br />
“O’ sciancato addomanda ‘nata birra”, disse Ziza a<br />
Ciaramella verso le undici.<br />
Dall’altro lato del bancone, Ciaramella porse la<br />
birra a Ziza.<br />
“Fammi o’ piacere, portagliela tu. da stamattina che mi<br />
sta facendo fa’ avanti e indietro”.<br />
Ziza afferrò la birra e si diresse verso la porta.<br />
Prima di mettere il naso fuori, diede una strizzatina alla<br />
bottiglia. Poi, la porse allo sciancato che la prese, senza neanche<br />
alzare lo sguardo.<br />
I raggi del sole che illuminavano la facciata del bar,<br />
coglievano di striscio O’ sciancato. Benché ci fosse una<br />
piacevole brezza che anticipava la primavera, il bifolco<br />
indossava un vecchio pantalone di velluto a coste, una<br />
camicia sdrucita e un gilet anch’esso di velluto. Il capo se lo<br />
172
copriva con un cappello da pastore, che la pioggia e la neve<br />
avevano ammosciato. La barba bianca e il viso rugoso lo<br />
facevano apparire ancora più tetro e inquietante.<br />
Se ne stava seduto davanti al bar di Ciaramella<br />
ormai da tempo, come se una sentenza emessa da un<br />
tribunale immaginario lo avesse condannato alla disillusione.<br />
"Che ci face O' sciancato davanti o' bar?" Chiese Ziza.<br />
"È salito al paese", rispose Ciaramella.<br />
"Ha scoperto la civiltà".<br />
I clienti del bar sorrisero.<br />
“O’ cristiano se ne stava tranquillo inda la terra sua”,<br />
disse Ciaramella.<br />
sta’?"<br />
“E se ‘a terra sua iè tranquilla, perché non ci continua a<br />
“Dice che non tiene più ‘a terra”.<br />
“E che ne ha fatto?” Chiese, a sua volta, Giannino,<br />
che seguiva la conversazione.<br />
“Se l’è venduta”, rispose Ciaramella.<br />
“I soldi se li è fregati, però”, aggiunse.<br />
“E mo’ te li trasferisce pari pari a te”, rispose<br />
Giannino.<br />
Tutti sorrisero nuovamente.<br />
O’ sciancato non era mai salito al paese, per quanto<br />
fosse nato, cresciuto e pasciuto a Bigliano. Aveva sempre<br />
vissuto in campagna. Lì si era sposato e lì aveva lavorato.<br />
Anche quando il motozappa gli aveva quasi maciullato la<br />
gamba destra, aveva continuato a vivere in campagna.<br />
Zoppicava ma riusciva ugualmente a fare quello che doveva<br />
fare. La moglie lo aiutava e anche quando la moglie morì,<br />
continuò a vivere per la sua terra. Poteva vivere senza una<br />
gamba, senza la moglie ma non avrebbe mai potuto vivere<br />
173
senza la sua terra. Costituiva la sua identità e la sua essenza.<br />
Ziza, Ciaramella e Giannino non riuscivano a capire perché<br />
l’avesse venduta. Aveva preso dei soldi ma alla sua età, senza<br />
più moglie e senza figli, a cosa sarebbero serviti?<br />
Ciaramella continuava a servirgli tanta birra, da<br />
quando si era installato su una sedia del suo bar e non si era<br />
più mosso. Ogni tanto gliela faceva portare da Ziza.<br />
Per tutta la settimana, da quel lunedì al lunedì<br />
seguente, O' sciancato seguì lo stesso ritmo. Arrivava verso le<br />
sette della mattina, si sedeva e beveva. A mezzogiorno si<br />
allontanava, zoppicando, e dopo un paio di ore ritornava,<br />
sempre zoppicando. Continuava a bere fino a sera. Se non<br />
fosse stato per i rutti, nessuno si sarebbe accorto della sua<br />
presenza. Per sette giorni aprì la bocca solo per bere e per<br />
ruttare.<br />
Ciaramella non gli parlava. Gli serviva solo la birra<br />
e, quando lui non ne aveva voglia, gliela faceva portare da<br />
Ziza. Non si era mai chiesto perché quel bifolco avesse deciso<br />
all’improvviso di sbarcare in paese. Sapeva che aveva venduto<br />
la terra e basta.<br />
Dopo sette giorni che aveva bevuto e ruttato, O’<br />
sciancato entrò finalmente nel bar. Ciaramella provò un certo<br />
fastidio nel vederlo vicino al bancone ma non disse nulla.<br />
Sperò soltanto che a Di Cillio non venisse in mente di entrare<br />
proprio in quel momento. Che figura ci avrebbe fatto vicino<br />
all'avvocato?<br />
174<br />
Aggrottò semplicemente le sopracciglia.<br />
“Che paese che sta diventando, Bigliano”,<br />
commentò O’ sciancato.<br />
Ciaramella, che non aveva l'abitudine alla sua voce,<br />
aggrottò ulteriormente le sopracciglia. Lo guardava, rimaneva<br />
in silenzio e sperava che non entrasse l'avvocato Di Cillio.<br />
Sarebbe stata davvero una figura miserevole farsi trovare<br />
insieme ad un disgraziato del genere.
“Mi hanno fatto vendere l’unica cosa buona della<br />
vita mia. Sti' bastardi. Li soldi, li soldi…che me faccio io de li soldi.<br />
La terra era la vita mia. Solo la morte mi pote da la pace”, disse<br />
O’ sciancato.<br />
Ciaramella stappò una bottiglia di birra e gliela<br />
passò. O’ sciancato l’afferrò e se la portò verso il tavolo di<br />
legno davanti al bar.<br />
“Ma si pote vendere 'na cosa che non si vole vendere”,<br />
commentò Ciaramella, non appena O’ sciancato ebbe varcato<br />
la soglia del bar.<br />
Giannino, che stava leggendo il giornale,<br />
appoggiato al frigorifero dei gelati, alzò gli occhi. Non aveva<br />
degnato O’ sciancato di un solo sguardo, temendo che Di<br />
Cillio, entrando di soppiatto, lo potesse sorprendere. Non<br />
aveva udito con esattezza le sue parole ma aveva colto il<br />
senso del discorso.<br />
“Sembra che diversa gente abbia venduto la sua<br />
terra in campagna. Gino Linzalata sta investendo”.<br />
“Chiamali investimenti…”, disse Radiodue, che<br />
evidentemente conosceva le vere intenzioni di Gino.<br />
“La gente dice che sta investendo…”, intervenne il<br />
cugino di secondo grado, Radiouno.<br />
“Investimenti per modo dire", lo interruppe<br />
Radiodue, "Linzalata li compra perché li deve vendere. La<br />
società delle perforazioni li paga a peso d’oro. Lui se li prende<br />
da sta’ povera gente per pochi soldi e poi li vende alla società<br />
delle perforazioni”.<br />
“E la società delle perforazioni non farebbe prima<br />
a comprarseli per conto suo? Non mi sembra che sia un<br />
affare comprare da chi ha comprato prima di te”.<br />
“Evidentemente non ci guadagna solo Gino<br />
Linzalata”, rispose Ciaramella.<br />
175
perde?"<br />
176<br />
"E chi ci guadagna se la società delle perforazioni ci<br />
"La società delle perforazioni è una società<br />
pubblica. In Lucania si campa fregando i soldi al pubblico.<br />
Sono soldi di altri, non è così?"<br />
"Questo è vero. Se i soldi sono pubblici non sono<br />
di nessuno. Fanno bene a fregarseli".<br />
"E allora si dice che Gino Linzalata con la sua<br />
società si compra i terreni, li paga quello che li deve pagare e<br />
poi li vende alla società pubblica che glieli paga il doppio. Di<br />
quel doppio, un poco se li mette in tasca Gino e un altro<br />
poco quei porci che gli stanno dietro".<br />
"E così Gino ci guadagna il suo più un altro picca gratis".<br />
"I porci mangiano inda o' lavatiddo. Come credi che si<br />
sia comprato la villa a Maratea quel ladro di De Cesare?"<br />
"Perché ti lamenti? Non sono soldi che ti ha rubato<br />
a te. I soldi dello stato non sono di nessuno".<br />
"Lo so, però o' strunz di De Cesare ce li poteva dare<br />
pure a noi", disse Ziza.<br />
Tutti sorrisero.<br />
"E tu mica fai politica", rispose sorridendo<br />
Ciaramella.<br />
In quel bar, non era mai esistito il concetto di stato<br />
e neanche quello di legge. C’era sempre un porco da<br />
soddisfare, in un posto di comando, che campava per grazia<br />
ricevuta e che se ne fotteva della comunità.<br />
O’ sciancato, intanto, aveva perso la sua terra.<br />
Beveva birra dalla mattina alla sera, fatta eccezione per<br />
qualche breve pausa.<br />
Dopo sette giorni, Ciaramella non lo vide più<br />
arrivare. Aveva ormai fatto l'abitudine a quella sagoma poco<br />
conosciuta. In un certo senso, ci si era anche affezionato.
Avrebbe potuto dare fastidio all'avvocato Di Cillio ma, fatti<br />
bene i conti, O' sciancato consumava e consumava anche<br />
tanto. Gli affari erano affari e l'eventuale puzza sotto il naso<br />
di Di Cillio poteva anche essere messa da parte;<br />
Il lunedì che non lo vide arrivare, Ciaramella<br />
avvertì una strana sensazione. Ci pensò dalle sette alle otto,<br />
poi, con l'arrivo dei clienti, ci fece sempre meno caso.<br />
"O' sciancato non si vede oggi?" Chiese Ziza, non<br />
appena ebbe messo piede nel bar.<br />
"Non si è proprio visto. Normalmente alle sette è<br />
già scittato sopra la sedia, davanti al bar".<br />
Non si sarebbe visto più tardi e non si sarebbe<br />
visto neanche nei giorni seguenti. O' sciancato non si sarebbe<br />
più visto nel bar di Ciaramella.<br />
“È morto stamattina alle sei” diede la notizia<br />
Radiouno, “è stato trovato appeso ad un albero”.<br />
“Poteva avere senso una vita senza identità?” Si<br />
chiese Giannino.<br />
O’ sciancato aveva provato la stessa sensazione di<br />
Michele Dolce. Aveva vissuto sulla terra, dove i nonni lo<br />
avevano cresciuto. Non l’avrebbe abbandonata per nessuna<br />
cosa al mondo.<br />
Il corpo di O’ sciancato venne trovato da Mariano<br />
o’ meccanico.<br />
“L’ho visto penzolare da un albero nella terra che si<br />
era appena venduta”.<br />
Vide il corpo e diede subito l’allarme. Il medico<br />
legale che ne constatò il decesso, fece risalire la morte alla<br />
notte precedente. I funerali di O’ sciancato non interessarono<br />
nessuno a Bigliano. I quattro parenti che gli erano rimasti<br />
parteciparono più per pietà che per dolore.<br />
177
Il maresciallo De Stefano non conosceva O’<br />
sciancato. Non l’aveva mai visto in vita sua ma l’episodio lo<br />
incuriosiva.<br />
“Ho saputo da Pinuccio Bollettino, che<br />
frequentava sia il circolo che il bar di Ciaramella. Soprattutto,<br />
mi ha riferito che la sera prima di morire aveva imprecato<br />
contro la terra che aveva venduto”.<br />
Aveva scelto di suicidarsi proprio nella terra che<br />
non era più sua. Evidentemente perché la sentiva ancora sua.<br />
178<br />
“E allora perché l’aveva venduta?”<br />
La domanda frullava nella mente di De Stefano,<br />
tanto più che i frammenti di carta ritrovati nella giacca di<br />
Michele Dolce facevano pensare proprio ad un contratto di<br />
vendita.<br />
Il quotidiano della Lucania di Mario il barbiere<br />
Si era svegliato presto. Avrebbe voluto leggere il<br />
quotidiano della Lucania ma non riuscì a trovarlo in edicola.<br />
“Sono arrivate solo tre copie”, gli disse Mario il<br />
barbiere, “una per il bar di Ciaramella, l’altra per l’avvocato<br />
Di Cillio e la terza per Sesto Calenda”.<br />
Gli avanzava il tempo che avrebbe messo a<br />
disposizione della lettura del giornale, un’ora o poco più. Vide<br />
l’autobus che andava a Potenza e ci salì sopra. Approfittò del<br />
viaggio per appisolarsi. Le curve tra Tito e Satriano gli<br />
conciliavano il sonno. Aveva la sensazione di trovarsi in una<br />
barca a vela e faceva fatica a resistere. Nel dormiveglia, però,<br />
gli tornava prepotente un pensiero, come se avesse<br />
dimenticato di fare o di dire qualcosa.<br />
Giunto a Piazza XVIII Agosto, scese dall’autobus e<br />
si diresse verso la sede della televisione regionale. In pochi
minuti, si trovò nella sala d’attesa. Verrastro lo raggiunse con<br />
alcuni fogli di carta tra le mani. Gli chiese di attendere ancora<br />
qualche minuto.<br />
propose.<br />
“Andiamo a pranzo al ristorante La Pineta”, gli<br />
Mentre attendeva Verrastro, il pensiero prepotente<br />
di prima gli tornò in mente ma, per quanto tentasse di<br />
ricordare la cosa che doveva fare o dire, non riusciva proprio<br />
a metterla a fuoco.<br />
Verrastro lo fece attendere meno di quello che<br />
avrebbe potuto supporre.<br />
"Eccomi",<br />
"Se hai da fare, non importa. Posso aspettare",<br />
rispose De Stefano, che intanto aveva iniziato a leggere una<br />
rivista di automobili.<br />
"Già finito, maresciallo. Dovevo solo mettere<br />
insieme un servizio, girato ieri a Potenza, sul giuramento delle<br />
reclute del 91° battaglione fanteria Lucania".<br />
"Vedo che continui ad occuparti di cose<br />
importanti", ironizzò De Stefano.<br />
Verrastro sorrise. Prese la valigetta di pelle marrone<br />
e invitò il maresciallo a riposo a seguirlo. Nel parcheggio<br />
antistante la sede della televisione regionale, era parcheggiata<br />
la sua vecchia cinquecento.<br />
"Ha un problema alla batteria. Le dispiace,<br />
maresciallo, spingere".<br />
De Stefano si posizionò con le mani sul cofano,<br />
mentre Verrastro fece partire la cinquecento, inserendo la<br />
marcia e lasciando la frizione non appena la macchina, spinta<br />
da De Stefano, si trovò nella discesa, che da Piazza XVIII<br />
Agosto scivolava verso via Marconi.<br />
179
De Stefano, che aveva temuto di macchiarsi il<br />
cappotto, verificò che tutto fosse in ordine e si infilò dentro.<br />
"Avevo un po' di tempo e sono venuto a trovarti",<br />
disse De Stefano.<br />
"Ha fatto bene, maresciallo. Immagino che non sia<br />
solo una visita di piacere".<br />
nuovi".<br />
180<br />
"Beh, qualcosa di nuovo ci sarebbe".<br />
"Nuove scoperte?"<br />
"Direi piuttosto, ragionamenti".<br />
"Nuovi ragionamenti?"<br />
"Nuovi ragionamenti che scaturiscono da fatti<br />
"Quale sarebbe il fatto?"<br />
"La morte di O' sciancato".<br />
"E chi sarebbe questo Sciancato?"<br />
"Ti spiego…O' sciancato si è impiccato. Un uomo<br />
che aveva sempre vissuto in campagna e che non si era mai<br />
visto in paese. Io stesso che sono maresciallo non ne avevo<br />
conoscenza".<br />
"Non lo conosceva?"<br />
"Non lo conoscevo nel senso che non avevo mai<br />
parlato con lui. Ovviamente sapevo della sua esistenza. Aveva<br />
una terra non lontano da quella di Michele Dolce e di<br />
Celentano".<br />
"Il pover'uomo si è impiccato?"<br />
"Esattamente, si è impiccato, ma non è questo il<br />
fatto nuovo. O meglio, il fatto nuovo è questo ma solo<br />
perché mi aiuta a ragionare".<br />
"Ah, ecco i ragionamenti…."
“Michele Dolce aveva in tasca frammenti di un<br />
contratto di vendita e il figlio Paolo dice che non aveva<br />
nessuna intenzione di vendere. Celentano dice che deve<br />
vendere perché quasi obbligato e, ora, arriva il suicidio. O’<br />
sciancato si impicca per una terra che non voleva vendere”.<br />
“La gente ha bisogno di soldi e vende anche se non<br />
vorrebbe”.<br />
farlo”.<br />
“E poi ci ripensa e si ammazza?”<br />
“Non ci si ripensa dopo una settimana”.<br />
“Può darsi che non voglia vendere e sia costretto a<br />
"Ecco, il punto è proprio questo. Celentano, O'<br />
sciancato e Michele Dolce hanno in comune una cosa, la<br />
terra".<br />
"Una terra maledetta".<br />
"Ben detto! Una terra maledetta. Una terra di cui<br />
nessuno si vuole privare ma che tutti, in un modo o nell'altro,<br />
sono costretti a perdere".<br />
“Ma se l'elemento in comune è la terra, cosa c’entra<br />
Mimmo o’ greco. Quello ha un pollaio e chi se ne frega di<br />
quel pollaio?”<br />
“Magari vogliono compare anche quello”.<br />
“E per comprare il pollaio lo sparano e poi lo<br />
lasciano nelle sue mani”.<br />
senso".<br />
"Non avrebbe senso. Non avrebbe assolutamente<br />
Mentre De Stefano parlava, gli tornava sempre più<br />
prepotente la sensazione di aver dimenticato di dire o di fare<br />
una cosa importante. Era una sensazione che, tuttavia,<br />
scompariva di fronte alla discussione che stava avendo con<br />
Verrastro.<br />
181
Entrambi non avevano mai creduto alla tesi della<br />
procura secondo la quale le due vicende, la sparatoria e<br />
l’omicidio, fossero episodi non collegabili.<br />
“Non succede niente per mesi e poi capitano due<br />
crimini nel giro di poche ore?”<br />
I due erano sempre più convinti di trovarsi di<br />
fronte ad un'unica matassa che si sarebbe potuta sbrogliare<br />
solo tirando i fili uno per volta.<br />
“Il suicidio di O’ sciancato, se, da un lato, getta una<br />
luce sinistra sull’intera vicenda, dal'altro, fornisce un ulteriore<br />
elemento di riflessione”.<br />
Dopo il pranzo, De Stefano raggiunse Piazza Santa<br />
Maria. Da lì avrebbe preso l’autobus per rientrare a Bigliano.<br />
Durante il viaggio, come era solito fare, mise a punto la<br />
strategia che avrebbe seguito per continuare le sue indagini.<br />
Il caso, invece, non costituiva più un problema per<br />
De Castro e Turtino, che avevano ormai messo una pietra<br />
sopra l'intera vicenda. Il mistero della morta di Michele Dolce<br />
era stato risolto con l’arresto di Raluca. La badante rumena<br />
continuava a professarsi innocente ma sembrava rassegnata.<br />
Aveva ammesso di aver incontrato Michele Dolce il sabato<br />
sera, nei pressi del pollaio di Mimmo o’ greco, ma diceva di<br />
averlo lasciato quando l'amante era ancora vivo. Secondo, le<br />
informazioni, che filtravano dalla caserma, l’incontro tra i due<br />
amanti sarebbe durato venti minuti. In quel lasso di tempo<br />
sarebbe avvenuto il delitto. Raluca, invece, sosteneva di aver<br />
scambiato delle effusioni con Michele e di non aver fatto<br />
l’amore.<br />
“Ho parlato a lungo con lui ma non ha fatto<br />
assolutamente riferimento alla possibilità di interrompere la<br />
relazione”.<br />
De Castro era convinto che Raluca mentisse e<br />
Turtino ne aveva parlato con De Stefano.<br />
182
“Prima o poi la farà confessare. Il carcere l’aiuterà a<br />
fare la scelta giusta”.<br />
La circostanza dell’incontro tra Michele Dolce e<br />
Raluca, lasciava perplesso De Stefano, rispetto alla strategia<br />
seguita da De Castro.<br />
“Se da un lato potrebbe apparire giustificato<br />
supporre che Raluca potese uccidere il suo amante, dall'altro<br />
non si riesce a trovare il nesso con la sparatoria”.<br />
Il maresciallo a riposo rifletteva, mentre le colline<br />
lucane gli si sfilavano davanti. I contrasti dei colori lo<br />
portavano lontano e si mettevano in mezzo ai suoi pensieri.<br />
Mentre si trovava tra Tito e Satriano, al maresciallo ritornò<br />
prepotente il pensiero che lo stava tormentando. Gli venne in<br />
mente la moglie. La mattina era partito da Bigliano senza<br />
avvertirla.<br />
In grazia di Dio<br />
“Ecco quello che dovevo fare”, esclamò.<br />
Aveva appena terminato di litigare con la moglie,<br />
che sentì squillare il telefono. Era Ceramia da Palermo.<br />
“Non sempre le carte rivelano i segreti, ma a volte<br />
li rendono meno enigmatici”, disse il perito palermitano.<br />
“Questa è filosofia, caro Ceramia. Mi dica piuttosto<br />
se ha scoperto qualcosa di importante”, rispose De Stefano.<br />
“Non le svelerò alcun segreto ma le posso<br />
confermare che si trattava di una promessa di vendita e non<br />
di un contratto, come le avevo accennato in un primo<br />
momento. Sono riportati la descrizione del terreno e i mezzi<br />
di pagamento, che normalmente vengono inclusi in un<br />
compromesso. Se vuole, le indico alcuni dettagli”.<br />
"Certo, mi dica i dettagli", rispose De Stefano.<br />
183
"Dunque, si tratterebbe di un terreno di circa<br />
diecimila metri quadrati, attualmente agricolo, che ricade nella<br />
zona F1-F2 secondo il vecchio piano del 1977. Con il nuovo<br />
piano dovrebbe rientrare in zona adibita ad estrazione, in<br />
quanto non si potrebbe fattivamente realizzare altro. Il lotto<br />
sarebbe anche servito di accesso carrabile diretto da una<br />
strada diretta di otto metri, che nell'ultimo tratto si riduce a<br />
cinque metri. Il lotto risulta coltivato e pianeggiante".<br />
De Stefano prendeva appunti. Aveva tirato fuori<br />
dal taschino la sua agendina e segnava le informazioni, che<br />
riteneva importanti.<br />
184<br />
"Vado avanti, maresciallo?" Chiese Ceramia.<br />
“Per carità! Ho già le informazioni che mi servono.<br />
Piuttosto, ha scoperto altri elementi in relazione alle lettere<br />
riportate sui due frammenti?”<br />
“È questa era la seconda cosa che le volevo dire”.<br />
“Ascolto”.<br />
“Si tratta di lettere che vanno messe in<br />
combinazione. Ho rilevato la posizione e l’incisione sul foglio.<br />
Sono avvenute contestualmente e devono per forza di cose<br />
essere in corrispondenza”.<br />
De Stefano, infine, annotò sull’agendina, un<br />
compromesso di vendita per una terra che non si vuole vendere.<br />
Seguivano tre punti interrogativi.<br />
Salutò il perito palermitano e rimase qualche<br />
secondo immobile, seduto sulla sedia accanto al telefono. Poi,<br />
si alzò di scatto e si diresse verso lo spogliatoio della sua<br />
camera da letto. Smise la giacca da camera, indossò la camicia<br />
e la cravatta e uscì di casa. Alla moglie disse che sarebbe<br />
rientrato per l'ora di cena. Al circolo, vide Mimmo o’greco<br />
che giocava a carte. Attese pazientemente che finisse.<br />
“Tu sapevi che Raluca e Michele Dolce si erano<br />
visti nel tuo pollaio la sera dell’omicidio".
dire”.<br />
“Io non voglio sapere niente, maresciallo”.<br />
“E perché ti hanno sparato, allora?”<br />
“Non o’ saccio”.<br />
“Non o’ saccio, non o’ saccio…solo non o’ saccio sai<br />
Mimmo chiese al maresciallo di seguirlo in un<br />
angolo. De Stefano stava parlando a voce alta e Mimmo non<br />
voleva che altri potessero ascoltare la loro conversazione. De<br />
Stefano assecondò l'invito di Mimmo. I due si portarono<br />
nell'angolo del circolo, lontano dal bigliardo e dal tavolo delle<br />
carte.<br />
“Marescià, io solo non o’ saccio posso dire. Lo sapete che<br />
Michele Dolce è stato trovato senza scarpe? E quelle scarpe<br />
sapete che significano?"<br />
"È un linguaggio da mafiosi. Volete che non lo<br />
sappia. Sono stato tanti anni in Sicilia".<br />
capisco".<br />
"Appunto! Si tratta di un segnale".<br />
"Ma tu che c'entri con la Sicilia e con la mafia. Non<br />
"Io non c'entro niente ma i segnali li hanno<br />
imparati anche in Lucania"<br />
"Le scarpe indicano che Michele non può andare<br />
da nessun'altra parte".<br />
"…e anche che nessuno deve dire da dove sia<br />
venuto il cadavere".<br />
parlava.<br />
Il maresciallo a riposo annuiva, mentre Mimmo<br />
"Quelle scarpe sono un segnale per me se parlo.<br />
Perché credete che mi abbiano sparato? Per farmi stare zitto”.<br />
“Ma tu che dovresti dire?”<br />
185
“ questo il bello, marescià. Io veramente non o’ saccio.<br />
Saccio solo che non devo parlare con i carabinieri. Loro mi<br />
chiamano e io dico che non saccio niente. Questo è il mio<br />
compito”<br />
186<br />
“Ma come sarebbe a dire?”<br />
“A voi ve lo posso dire. Io lo so che le pallottole<br />
erano per me. Che pensate che quella gente spara per<br />
divertimento? E saccio pure che mi volevano dire di non<br />
parlare. Il bello è che io non ho niente da dire. E ora, se<br />
permettete, marescià, me ne vado a giocare a carte”.<br />
"Aspetta, Mimmo…il segnale era per te ma tu non<br />
sai cosa dovresti nascondere".<br />
"Credetemi, maresciallo. È proprio così".<br />
De Stefano vide arrivare il dottor D’Eugenio. Lo<br />
salutò ma non si intrattenne con lui. Tornò a casa. Quella sera<br />
stessa chiamò Verrastro.<br />
"Rocco, questa matassa mi sta facendo perdere la<br />
testa. Stasera ho la stessa terribile emicrania di Palermo".<br />
"Dovrebbe prendere quelle pasticche che le avevo<br />
consigliato", ripose Verrastro.<br />
"Non servirebbero a niente. Questa storia mi sta<br />
facendo impazzire".<br />
"La chiave è nella sparatoria contro Mimmo".<br />
"Ne sono convinto anch'io".<br />
"Solo la sparatoria ci potrebbe indirizzare nella<br />
giusta direzione".<br />
"Lui che dice?"<br />
"Lui dice di non sapere".<br />
"E voi ci credete?"<br />
"Mi sono fatto anch'io la stessa domanda".
"E come avete risposto?"<br />
"Per questo ti ho chiamato".<br />
"Avete trovato la risposta?"<br />
"Ho trovato l'unica risposta plausibile".<br />
"Quale sarebbe?"<br />
“Mimmo sarebbe stato sparato non per quello che<br />
ha visto, ma per quello che avrebbe potuto vedere”.<br />
"Cosa glielo fa supporre?"<br />
"Lui in realtà non è stato sparato con la volontà di<br />
ammazzarlo, ma solo di avvertirlo".<br />
"Avvertirlo?"<br />
"Si, le scarpe trovate sulla panza del morto<br />
costituiscono il primo avvertimento per Mimmo. Un<br />
avvertimento generico, capisci, Rocco. Gli assassini ci dicono<br />
solo quello che non si deve fare. Solo la sparatoria chiarisce<br />
chi quelle cose non le deve fare".<br />
"Mimmo"<br />
"Appunto, Mimmo"<br />
"Ma lui dice di non sapere. Siamo al punto di<br />
partenza".<br />
"E lui potrebbe davvero non sapere".<br />
"E siamo al punto di partenza".<br />
"A meno che…"<br />
"A meno che?"<br />
"A meno che lui davvero non abbia visto ma<br />
avrebbe potuto vedere".<br />
“Dove?”<br />
“Nel suo pollaio"<br />
187
"I frammenti di carta? Si sta riferendo a quello,<br />
maresciallo?"<br />
"Un frammento di carta è stato ritrovato vicino al<br />
pollaio da Giuseppe Di Dio ".<br />
188<br />
"L'altro era nella tasca di Michele Dolce".<br />
"Ceramia ci ha detto che i frammenti appartengono<br />
ad un unico foglio".<br />
"Dunque Mimmo avrebbe ragione. Era stato<br />
avvisato non per quello che aveva visto ma per quello che<br />
avrebbe potuto vedere".<br />
"Il frammento di carta".<br />
“Il frammento di carta che Mimmo non ha mai<br />
visto e che Giuseppe Di Dio ha ritrovato”.<br />
“Ma questo gli assassini non lo sanno”.<br />
“Evidentemente non lo sanno”.<br />
"Rocco, su quel frammento c'è la firma<br />
dell'assassino".<br />
pollaio".<br />
"Michele Dolce sarebbe stato ammazzato nel<br />
“Nel pollaio o comunque vicino al pollaio. La sera<br />
del sabato aveva incontrato Raluca nei pressi del pollaio. Ma<br />
non è lei che lo ha ammazzato".<br />
Verrastro ascoltava il maresciallo a riposo parlare<br />
ma, ormai, la vicenda era chiara anche per lui.<br />
"Lei dice la verità. Lo ha lasciato ma i suoi assassini<br />
lo hanno raggiunto"<br />
"Il nome dell'assassino è sul compromesso".<br />
"Infatti, gli hanno chiesto di firmare il<br />
compromesso di vendita. Lui non ha voluto e lo hanno<br />
sparato. Si trattava di una proposta che non ammetteva
epliche. Quella terra era troppo importante. Si erano presi la<br />
terra di Celentano, quella di O' sciancato, mancava quella di<br />
Michele".<br />
"Non tutto, però, è andato come i suoi assassini<br />
avevano previsto".<br />
"Probabilmente Michele avrà strappato il contratto<br />
e sul luogo del delitto sono rimasti frammenti del<br />
compromesso che al buio non è stato più facile ritrovare".<br />
"A quel punto, il rischio era che Mimmo potesse<br />
ritrovarli nel suo pollaio o nei pressi. Per questo l’hanno<br />
sparato. Solo per avvisarlo che non avrebbe dovuto parlare”.<br />
“Una sorta di principio di precauzione”.<br />
“Eh, lo hanno sparato per precauzione ma<br />
sparandolo hanno fornito un'indicazione fondamentale.<br />
Abbiamo potuto collegare la sparatoria con l’omicidio”.<br />
"Se Mimmo avesse visto il frammento del<br />
compromesso di vendita strappato da Michele Dolce, che gli<br />
assassini non hanno potuto recuperare, avrebbe potuto capire<br />
il nome del mandante. Per questo l’hanno avvisato,<br />
sparandolo".<br />
"Il caso ha voluto che una parte di quei frammenti<br />
siano finiti in tasca a Michele. Prima di essere ucciso, aveva<br />
strappato il contratto. Una parte di quei frammenti gli era<br />
rimasta nelle mani. Deve averli infilati in tasca prima di<br />
morire".<br />
“Non si sarebbe mai saputo niente se Giuseppe Di<br />
Dio non avesse ritrovato entrambi i frammenti?”<br />
“Può darsi”.<br />
"Non resta che individuare il nome di chi voleva<br />
Michele Dolce morto".<br />
“E sul compromessi vendita c’è la firma di chi<br />
voleva la morte di Michele Dolce”.<br />
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"Il nome ce lo ha dato Ceramia".<br />
“NZ più TA”.<br />
“Il nome sul compromesso”.<br />
“Il nome di chi compra le terre a Bigliano”.<br />
"Di chi ha comprato la terra di Celentano e quella<br />
di O' sciancato".<br />
“Il nome di chi voleva la morte di Michele Dolce,<br />
l’unico biglianese che non si era piegato alla sua logica”.<br />
“Gino Linzalata”.<br />
“Non resta che avvisare i carabinieri”.<br />
"A quello ci penserà Carmine Crocco".<br />
De Stefano e Verrastro sorrisero.<br />
Era un sorriso amaro. L'unico sorriso che una terra<br />
amara come la Lucania fosse capace di generare.<br />
Quella sera stessa, Verrastro iniziò a scrivere il suo<br />
articolo. Descrisse tutti i particolari della vicenda. Era finito<br />
un uomo ma si chiudeva un'epoca. Era finita l'epoca della<br />
grazia di Dio. Il giorno seguente Turtino lesse l’articolo<br />
firmato da Carmine Crocco, brigante lucano. Sbatté con rabbia<br />
il giornale sul tavolo e depose la sua canna.<br />
“Non si va più a pesca”.<br />
Dopo qualche minuto, giunse puntuale la<br />
telefonata di De Castro.<br />
“Tieniti pronto, maresciallo! Le indagini<br />
riprendono immediatamente”.