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Leggi - dino nicolia

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IN GRAZIA DI DIO<br />

Insospettabili segreti della brava gente di Lucania<br />

di<br />

Dino Nicolia


Il negozio di Lucia<br />

"T'arricordi quando c'era ‘a poteca di Lucia Lulliarara<br />

sopa lo chiascio?” Disse Pinuccio di Gina a Ziza.<br />

"Eccome che me l'arricordo…" Rispose Ziza che, poi,<br />

aggiunse, "mi ricordo anche quando arrivava il pane da<br />

Montegiro, ni sciam' a fricà le muddiche”.<br />

2<br />

"Ah, le muddiche…pure io mi ricordo".<br />

"Eh…eravamo criature".<br />

Pinuccio di Gina sembrava sospirare le parole e<br />

Ziza faceva fatica ad ascoltarlo. Ogni tanto piegava la testa,<br />

sporgeva l'orecchio ma le parole, che Pinuccio trascinava dalle<br />

ossa delle narici, attraverso le labbra foniche, giungevano a<br />

Ziza ammosciate, quasi malate. Avevano già percorso un<br />

centinaio di metri insieme e non erano riusciti a dirsi che<br />

quattro parole. Mentre sembrava che finalmente la<br />

chiacchierata potesse decollare, i due si arrestarono. Videro<br />

passare Mimmo o' greco.<br />

Ziza.<br />

"Mimì che stai a fa?", chiese Pinuccio di Gina.<br />

"Me ne vado a casa", rispose o' greco.<br />

"Stavamo parlando de la poteca di Lucia…", disse<br />

“Ah, la poteca di Lucia…”, sospirò o’ greco.<br />

“Le muddiche…te le arricordi?” Chiese Ziza.<br />

Mimmo o' greco non rispose nulla.<br />

Aveva l'aria perplessa come se fosse appena<br />

successo un fatto che l'avesse contrariato. Di solito non era<br />

così. Parlava e faceva citazioni. Tante citazioni e non sempre<br />

gli riuscivano. Quella sera, invece, non parlò. Alzò il bavero<br />

della giacca e allungò il passo. Gli altri due rimasero in<br />

silenzio. Si scambiarono uno sguardo d'intesa e proseguirono.


Nella camminata e nella chiacchierata. Erano passati tante<br />

volte dal chiascio ma mai avevano parlato del negozio di<br />

Lucia che non c'era più. Pinuccio e Ziza sembravano quasi<br />

non essersene accorti.<br />

In realtà, Lucia non aveva chiuso il negozio. Aveva<br />

solo deciso di spostare l'attività in un'altra zona di Bigliano.<br />

“La spesa si fa con la macchina. La gente si sfastidia<br />

di camminare”, giustificò la scelta.<br />

Soprattutto, la gente si sfastidia quando fa freddo e a<br />

Bigliano fa sempre freddo.<br />

“Dieci mesi di freddo e due di freschetto”.<br />

La Madonna l'aveva voluto su un cocuzzolo di<br />

pietre, lontano dal mondo. E il Chiascio era lontano anche<br />

dalla periferia del mondo.<br />

“Se uno pensa di fare affari sopra lo Chiascio allora é<br />

meglio che se ne va dritto di corsa al Don Uva. Lo ricoverano<br />

e non lo rilasciano neanche se è la Madonna in persona a<br />

chiedere la grazia”.<br />

Lucia decise di cambiare posizione. Quel negozio<br />

sopra lo Chiascio portava solo fastidio e non sarebbe stato<br />

prudente restare in quei vicoli, se avesse voluto continuare a<br />

guadagnare.<br />

Il negozio di Lucia non esisteva più neanche nella<br />

memoria di Ziza e di Pinuccio di Gina. Non esisteva più<br />

neanche fisicamente. Il caseggiato che lo ospitava era stato<br />

abbattuto, dopo il terremoto del 1980. Non c’erano stati<br />

morti e le case vecchie di Bigliano non erano crollate. Il<br />

terremoto non le aveva fatte cadere ma aveva allargato le<br />

crepe, che si portavano addosso da anni. Alla fine, le case<br />

morte dei vicoli morti di Bigliano erano state abbattute,<br />

lasciando devastanti spazi vuoti.<br />

Non c'era più il negozio di Lucia, ma rimaneva il<br />

vuoto. E si era pensato di riempire lo spazio vuoto con il<br />

3


nulla. Pinuccio e Ziza erano passati tante volte di fronte a<br />

quello spazio vuoto ma, solo dopo aver incrociato Mimmo o’<br />

greco, avvertirono una strana nostalgia.<br />

“Era più bello quando c’era il negozio di Lucia e la<br />

gente inzìa in mezzo alla strada”.<br />

La sera in cui le parole ammosciate di Pinuccio di<br />

Gina sembravano morire sulle labbra foniche, Ziza aveva<br />

scoperto il nulla.<br />

4<br />

“Non c’è rimasto più niente in questo paese”.<br />

La noia della conversazione lo svegliava dall'agonia<br />

profonda della sua esistenza.<br />

“Penso ai gelati di Lucia e alle molliche lasciate dal<br />

panettiere di Montegiro”.<br />

Ziza aveva scoperto i gelati proprio nel negozio di<br />

Lucia. Era bambino ed era andato con la madre, Maria la<br />

guardaboschi, a comprare due etti di mortadella e un<br />

detersivo per lavare i piatti. Lucia, che non aveva mai visto<br />

Ziza, chiese a Maria se il bambino aggrappato alla sua gonna,<br />

fosse suo figlio.<br />

Dopo, la conferma ricevuta da Maria, esclamò,<br />

"…ma é proprio 'na bella criatura".<br />

Poi, lo accarezzò.<br />

“Avvicinati”, gli disse.<br />

Ziza si nascose dietro la gonna della madre. Poi, si<br />

avvicinò con il braccio disteso e il palmo della mano aperto.<br />

Lucia gli porse un cremino di panna, rivestito di cioccolato.<br />

Mangiò il primo gelato della sua vita grazie a Lucia. Erano da<br />

poco trascorse le cinque di un assolato pomeriggio di luglio.<br />

Davanti al negozio che non c'era più, ebbe<br />

l'impressione di riassaporare il gusto di quel cremino di<br />

panna, ricoperto di cioccolata. Ripassò la lingua sulle labbra


per verificare la sensazione ma non percepì più nulla. La<br />

sensazione era scomparsa.<br />

Intanto, Mimmo o' greco, dopo aver svoltato<br />

l'angolo, era scomparso dal loro orizzonte visivo. Non aveva<br />

fatto citazioni e non aveva neanche salutato. Né buongiorno,<br />

né buonasera. Si era allontanato, trafelato, come se avesse<br />

fretta di allontanarsi.<br />

Ziza tentò di rivitalizzare la conversazione con<br />

Pinuccio di Gina, "mi sentia li gelati di Lucia sopa 'a punta de la<br />

lingua".<br />

"A me, invece, piacìano le muddiche di pane", rispose<br />

Pinuccio di Gina.<br />

"Eccome…piacìano pure a me", sospirò Ziza.<br />

Il panettiere di Montegiro aveva l'abitudine di<br />

portare il pane nel negozio di Lucia nel primo pomeriggio, tra<br />

le cinque e le sei. Pinuccio e Ziza lo sapevano e lo<br />

attendevano supa lu Chiascio.<br />

“Il furgone bianco del panettiere arrivava sempre<br />

puntuale”.<br />

Una volta parcheggiato, Ziza e Pinuccio non<br />

avrebbero avuto molto tempo a disposizione per rubare le<br />

molliche di pane. Pochi secondi, cui si dovevano aggiungere<br />

alcuni minuti di conversazione tra il panettiere e Lucia.<br />

"Era bello perché mi sembrava de le rubbà", fece notare<br />

Pinuccio.<br />

In realtà, quelle molliche non le rubavano. Il<br />

panettiere sapeva benissimo che piacevano ai bambini di<br />

Bigliano e, per questo, lasciava le porte del furgone bianco<br />

aperte. Lo aveva rivelato il panettiere, ormai vecchio, a Ziza.<br />

"O' panettiere o' sapia che ne le pigliavamo", disse Ziza a<br />

Pinuccio.<br />

"Ma chi te l’ha detto?" Chiese Pinuccio.<br />

5


6<br />

"Me l’ha detto lui stesso", rispose Ziza.<br />

"Ma se s’incazzava sempre", osservò, sorpreso,<br />

Pinuccio.<br />

"Faceva solo finta di incazzarsi", replicò Ziza.<br />

Da quel giorno, lo spazio, un tempo occupato dal<br />

negozio di Lucia, non sarebbe più stato vuoto. Non ci<br />

sarebbe più stato il nulla, ma sarebbe stato per sempre<br />

occupato dal furgone bianco del panettiere di Montegiro.<br />

Ziza e Pinuccio proseguirono nel loro cammino,<br />

anche se il passo si era fatto più pesante. Non solo la<br />

conversazione languiva ma anche la camminata si trascinava.<br />

Eppure, entrambi non avevano fatto un cacchio dalla mattina<br />

alla sera. Ziza aveva bevuto la birra da Ciaramella e Pinuccio<br />

aveva lasciato la moglie in negozio e se ne era andato in<br />

campagna. Si era fatto qualche bicchiere di vino rosso e poi si<br />

era appisolato.<br />

Non erano passati neanche cinque minuti da<br />

quando avevano salutato Mimmo o' greco, che si udirono in<br />

lontananza due botti.<br />

"Che è stato?" Esclamarono entrambi.<br />

"Due botti", disse Ziza.<br />

"Sì, due botti", ripeté Pinuccio di Gina.<br />

"Roba di guaglioni", conclusero.<br />

Le loro strade si separarono vicino la casa di don<br />

Alfredo Spina. Ziza si buttò testa in giù per la discesa, che<br />

portava all'Aricedda, mentre Pinuccio provò ad inerpicarsi fino<br />

alle croci. Se avesse trovato la forza di salire, sarebbe rientrato<br />

a casa.<br />

Ziza giunse a casa prima di Pinuccio. 'A bionda lo<br />

stava aspettando per la cena.<br />

“Ho comprato il salmone affumicato”.


Ziza odiava il salmone affumicato e non capiva<br />

perché la moglie si ostinasse a comprarlo.<br />

"Aggia dice a Pinuccio che non te ne deve dare cchiù".<br />

'A bionda non disse niente. Rimase in silenzio a<br />

fare le sue cose.<br />

In fondo, lo disprezzava. Quella specie di marito non<br />

meritava nemmeno una parola.<br />

"Ma che cazzo è stasera. Nisciuno che vole parlà", pensò.<br />

'A bionda finì di apparecchiare la tavola. Prese del<br />

pan carré e tagliò le fette in due, a formare dei piccoli<br />

triangoli. Vi spalmò della maionese e vi aggiunse del salmone<br />

affumicato. Afferrò i triangolini di pan carré, ricoperti di<br />

maionese e salmone e li porse a Ziza, che li afferrò di mala<br />

voglia.<br />

sussurrò.<br />

“Che cazzo ha di speciale sto salmone affumicato”,<br />

Li mangiava quasi con disgusto. Avrebbe preferito<br />

una salsiccia, magari arrostita con le patate. Poi una birra,<br />

qualche rutto e, infine, a letto. Avrebbe preso la moglie e,<br />

come ogni sera, dopo averla penetrata, si sarebbe messo a<br />

ronfare. 'A bionda, viveva quel rito liturgico, che ogni sera si<br />

ripeteva, come una maledizione. Se solo avesse potuto<br />

togliersi di torno quella specie di marito, avrebbe acceso un<br />

cero alla Madonna. E se non fosse bastato, sarebbe andata a<br />

piedi al monte per dieci anni di seguito. Magari un incidente<br />

in mezzo alla strada.<br />

“Non che dovesse morire ma che almeno lo<br />

facesse stare ciunco in casa”.<br />

Non poteva continuare a spendere tutti i soldi che<br />

'A bionda guadagnava, bevendo birra nel bar di Ciaramella.<br />

“Se, invece, fosse rimasto ciunco in casa, non<br />

avrebbe dato fastidio”.<br />

7


A' bionda ogni sera faceva gli stessi pensieri e ogni<br />

sera finiva sempre nella stessa maniera, con lei piegata al suo<br />

destino. Quella sera, invece, il rituale non poté ripetersi.<br />

Prima che Ziza potesse attuare la prima parte del suo<br />

programma, sentì suonare alla porta.<br />

"Chi cazzo è? Non se piglia mai pace inda a sto' paese",<br />

disse alla moglie, che lo osservò con superficialità.<br />

Come al solito, non fece caso alle sue parole. Non<br />

lo degnò neanche di uno sguardo e si diresse verso la porta.<br />

Aveva già messo il ferretto e dovette toglierlo per aprirla. Si<br />

trovò di fronte Mario Settembrino.<br />

"Hanno sparato a Mimmo o' greco. Hanno sparato<br />

a Mimmo o' greco", lo sentì urlare.<br />

La camomilla del maresciallo Turtino<br />

Se ne stava buttato sul letto. Impaurito e sdraiato. Il<br />

bicchiere di acqua sul como<strong>dino</strong>, che Raluca gli aveva portato,<br />

non appena era riuscito a mettere piede in casa. Con la mano<br />

aveva messo la chiave nella toppa e strisciando si era infilato<br />

dentro. Era rimasto cinque minuti dietro la porta ad ansimare,<br />

sudare e imprecare.<br />

8<br />

“Bastardi, figli di un cane, ma che volete da me?”<br />

A fatica era riuscito a salire le scale fino a<br />

stravaccarsi sul letto. Aveva la gola secca, nonostante<br />

continuasse a bere. Anzi, più beveva e più sentiva la gola<br />

secca. In piedi, davanti al letto del miracolato, la madre, la<br />

sorella e Raluca. La madre piangeva mentre la sorella faceva<br />

avanti e indietro e ripeteva come un disco incantato che non<br />

era possibile che fosse davvero successo a suo fratello.<br />

“Chi poteva volergli tanto male da sparargli?”


Mimmo era sudato come non lo era mai stato in<br />

vita sua. Continuava a bere e a toccarsi. Si toccava la spalla, le<br />

gambe e poi di nuovo la spalla. Si toccava anche il viso. Si<br />

passava la mano destra sugli occhi, la bocca e le orecchie. Le<br />

palpava con attenzione.<br />

Si toccava dappertutto come per sincerarsi che<br />

davvero quelle pallottole, che aveva sentito fischiare vicino<br />

alle sue orecchie, non lo avessero colpito.<br />

“Oppure mi hanno colpito ed io non me ne sono<br />

accorto?”<br />

E chi era quella gente intorno a lui? Fantasmi o<br />

allucinazioni? Intanto sudava. Era un sudore freddo di paura,<br />

che impregnava le lenzuola.<br />

"Li muorti squagliati di 'sti figli di puttana", disse dopo<br />

essersi asciugato le labbra, "c'è mancato poco che mi facevano fuori.<br />

'Sti bastardi, figli di un cane. Che la Madonna se li pigli stasera<br />

stessa".<br />

Più lui inveiva contro i bastardi che lo avevano<br />

sparato, più la madre piangeva. E non erano solo lacrime ma<br />

grida e preghiere che accompagnavano i gesti delle mani. Se le<br />

batteva sul petto, con ritmo cadenzato. In una mano il<br />

fazzoletto bianco ricamato, nell'altra il rosario.<br />

"La Madonna ti ha fatto la grazia. Ti ha salvato. E<br />

mo' te ne deve fare un'altra. Si deve pigliare stasera stessa 'sti<br />

bastardi che ti hanno sparato", ansimava Filomena.<br />

"Non si dice mamma, non si dice", rispose la<br />

sorella, "non si augura la morte di nessuno".<br />

"Sarebbe stata meglio la morte di tuo fratello?"<br />

Intervenne Mimmo dal letto, che per la fretta di parlare stava<br />

quasi per affogarsi.<br />

"La Madonna sape come deve punire chi vole il male<br />

degli altri", chiuse il discorso Filomena.<br />

9


Sulla piazza, dove abitava Mimmo, si era raccolta la<br />

gente che normalmente accoglie la processione della<br />

Madonna. Ciaramella, con il grembiule bianco, aveva lasciato<br />

il banco e sostava con le mani conserte davanti al portone.<br />

Guardava con attenzione i buchi che i proiettili avevano<br />

provocato.<br />

"Quattro centimetri più a destra e lo pigliavano<br />

dritto in fronte".<br />

"E se lo portavano all'ospedale in coma profondo",<br />

aggiunse Radiouno.<br />

"Se gli andava bene se lo portavano all'ospedale. Se<br />

non gli andava bene, domani l’avremmo accompagnato dritto<br />

agli alberi pizzuti", rispose Ciaramella.<br />

10<br />

"O' voliano muorto", commentò Giannino.<br />

"Muorto, muorto. Quattro centimetri l'hanno<br />

salvato", ripeté Ciaramella, mentre mostrava agli altri la<br />

distanza, che separava il foro del proiettile con lo stipite del<br />

portone.<br />

Il balcone della stanza in cui giaceva Mimmo era<br />

aperto. Il miracolato doveva prendere aria. Dalla strada si<br />

potevano agevolmente intendere le voci, tanto più che tutti<br />

parlavano a voce alta. Quando non parlavano a voce alta,<br />

gridavano. Sopraggiunse un inatteso silenzio, quando si vide<br />

giungere la volante con il maresciallo Turtino e l'appuntato<br />

Scapagnin. I due carabinieri scesero dalla macchina, dopo<br />

aver parcheggiato di fronte al portone della casa di Mimmo.<br />

"Largo, largo…", intimò l'appuntato che<br />

accompagnava il maresciallo, "per cortesia, fuori dalle palle, è<br />

stato commesso un crimine".<br />

I due carabinieri erano scesi dalla volante con le<br />

pistole in bella vista. Altri due carabinieri erano sopraggiunti<br />

con un'altra volante. Dalla strada si continuava a sentire la<br />

sorella di Mimmo ripetere, "non è possibile, non è possibile".


"Certo che non è possibile. Deve esserci stato un<br />

errore", disse Mimmo, che aveva sentito la volante dei<br />

carabinieri sgommare in strada. "Qualcuno mi ha scambiato<br />

per un altro".<br />

Mentre lo diceva, si vide piombare nella stanza, che<br />

si trovava al piano di sopra, Turtino e Scapagnin. Il<br />

maresciallo Turtino giunse con il fiatone, lamentandosi.<br />

"Meglio gli appartamenti…meglio gli<br />

appartamenti", sospirava mentre cercava una sedia per<br />

riposarsi.<br />

“Prego, maresciallo”, disse la sorella di Mimmo,<br />

porgendogli la sedia, che aveva appena liberato.<br />

"Mimmo!" Esclamò Turtino.<br />

Mimmo lo guardò accentuando lo sguardo di<br />

sofferenza. Bevve e si toccò le gambe e la spalla.<br />

"Ma che cacchio mi combini? Ti fai sparare?"<br />

"E chi lo dice che volevano sparare proprio a me?"<br />

"Mimmo, mi prendi per il culo?"<br />

Poi si rivolse ai presenti.<br />

"Chiedo scusa alle signore, ma il signorino vuole<br />

prendermi per il culo".<br />

Mimmo.<br />

"Maresciallo, non mi permetterei mai".<br />

"Non lo farebbe mai", aggiunse la sorella di<br />

"E allora?"<br />

"E allora chi lo dice che mi volevano sparare proprio a<br />

me. Hanno fatto un errore. Io non c'entro niente con questa<br />

storia".<br />

"Ma di che storia parli?"<br />

11


"Come di che storia parlo? Che ne so io. Io me ne<br />

stavo tornando a casa e ho sentito due spari".<br />

12<br />

"Due spari vicino alle tue orecchie".<br />

"Mica tanto vicini”.<br />

"Mi continui a prendere per il culo?"<br />

"Se erano vicini mi avrebbero impallinato. Che ne<br />

pensate, maresciallo?"<br />

"E, infatti, ti hanno quasi impallinato"<br />

"Ma che dicete, marescià. Quella è gente che non<br />

sbaglia. Se mi volevano ammazzare, lo avrebbero già fatto.<br />

Non credete?"<br />

"Ma chi potìa volé ammazzà a figlima", esclamò la<br />

madre di Mimmo che, intanto, aveva smesso di piangere e<br />

pregare.<br />

"E questo ce lo deve dire il nostro Mimmo",<br />

rispose il maresciallo Turtino.<br />

Mimmo lo guardò con la coda dell'occhio. Aveva la<br />

testa ripiegata sul cuscino e in quella posizione non poteva<br />

che vedere il maresciallo di sfuggita.<br />

"Comunque, non mò. Arripigliati prima", concluse il<br />

maresciallo.<br />

"Fategli preparare 'na camomilla, signò. Ne tene bisogno il<br />

signorino", disse poi rivolgendosi alla madre di Mimmo.<br />

La sorella di Mimmo fece un leggero cenno con la<br />

testa mentre la madre riprese a piangere e a pregare. Raluca si<br />

diresse in cucina con l'intenzione di preparargli una<br />

camomilla. Mimmo che ne aveva compreso le intenzioni, la<br />

chiamò con le forze che gli erano rimaste e che dovevano<br />

essere non poche, considerato lo strillo che ne uscì fuori.<br />

"Lassa perde o' maresciallo. A camomilla ié pe' li malati.<br />

Porta 'nu bicchiere di vino che me serve pe' m'arripiglià prima".


In basso, Ciaramella era quello che aveva intorno il<br />

maggior numero di cristiani. Lo circondavano e lo ascoltavano.<br />

Diceva di aver visto due loschi individui allontanarsi con una<br />

motocicletta.<br />

“È vero, è vero!” Confermarono Radiouno e<br />

Radiodue.<br />

“Erano almeno quattro, su due motociclette”,<br />

disse, invece, Giannino.<br />

Ciaramella moriva dalla voglia di sapere ma non<br />

osava entrare nella casa di Mimmo. Tra l'altro non avrebbe<br />

potuto. L'appuntato Scapagnin si era messo di traverso<br />

proprio sulla porta di entrata della casa e la sorvegliava<br />

affinché nessuno la potesse valicare.<br />

“Andate, signori, andate”, ripeteva Scapagnin.<br />

Anche Maria 'A lauriota sarebbe voluta entrare per<br />

portare 'nu picca di conforto alla commara, la madre di Mimmo<br />

o' greco. L'appuntato che si trovava sulla porta d'entrata non<br />

aveva fatto eccezione.<br />

“Vada, signora, vada”, le intimò.<br />

Era e sarebbe dovuta rimanere fuori fin quando<br />

non terminavano i rilievi.<br />

"Che aggia fa? Facite ampressa o me ne posso scì?" Chiese<br />

Maria all’appuntato Scapagnin, per sapere se fosse stato il<br />

caso di attendere oppure se la cosa fosse andata per le lunghe.<br />

L'appuntato, che veniva dal nord, non comprese<br />

neanche una delle parole dette da Maria.<br />

"Vada signora, vada", ripeté.<br />

"Nun facite ampressa?"<br />

"Vada, signora, ho detto vada", ripeté per<br />

l’ennesima volta.<br />

Allora Maria decise di allontanarsi.<br />

13


"Sto' candeliere non sape dicere niente di cchù ca vada,<br />

signora, vada", disse Maria rivolgendosi ad Antonietta, mentre<br />

la teneva sottobraccio.<br />

Maria veniva da Lauria, un paese ai confini con la<br />

Calabria. Per questo era identificata a Bigliano come 'A<br />

lauriota. Come nel caso di Carmelina 'a napuletana, anche<br />

Maria era un nome assai comune e per evitare di confonderla<br />

con le altre cento Marie, i biglianesi avevano scelto il paese<br />

d'origine della sua famiglia per identificarla. Quando il nome<br />

di battesimo era comune, per facilitare l'identificazione della<br />

persona si utilizzava il paese di provenienza della famiglia. La<br />

cosa si complicava nel caso di provenienza da paesi non<br />

appartenenti alla Lucania. Si preferiva allora fare riferimento<br />

al capoluogo di provincia o di regione, più importante e<br />

conosciuto. Nel caso di Pinuccio, invece, non essendoci la<br />

possibilità di utilizzare il paese di provenienza, essendo la<br />

famiglia di Pinuccio chiaramente biglianese, si preferiva fare<br />

riferimento alla madre. Da qui Pinuccio di Gina.<br />

‘A nottata di Ciaramella<br />

La mattina successiva gli spari contro Mimmo o'<br />

greco, Bigliano si risvegliò quasi stordita. In tanti non<br />

avevano preso sonno. Giuseppe Di Dio si era girato e rigirato<br />

nel letto. Solo alle quattro si era addormentato ma non aveva<br />

potuto dormire che un paio di ore. Alle sei si era svegliato,<br />

come sempre. Sarebbe stato un normale lunedì di lavoro. Si<br />

preparò il caffè, si rasò e poi, dopo aver indossato la tuta da<br />

lavoro, uscì di casa. Sopra la tuta, indossò una vecchia giubba<br />

militare di colore verde, con cappuccio e fodera in lana di<br />

pecora.<br />

Aveva percorso appena un centinaio di metri,<br />

quando si ricordò di aver dimenticato qualcosa.<br />

14<br />

"La patina con gli gnummarieddi!" Esclamò.


Si trattava d’involtini di fegato e polmone, avvolti<br />

nella pancia del maiale, che Maria gli aveva preparato.<br />

Giunto in piazza, vide il bar di Ciaramella aperto.<br />

Dentro, con il gomito appoggiato al banco, intravide la<br />

sagoma corpulenta di Radiouno. Man mano che si avvicinava,<br />

la figura di Radiouno gli appariva sempre più nitida. Non solo<br />

appoggiava il gomito, ma l’intero corpo si stravaccava sul<br />

banco. Sembrava un miracolo che potesse reggere al suo peso<br />

sproporzionato.<br />

"Che cristiano! È diventato come un porco a forza di non<br />

fare niente".<br />

Dava l’impressione di aver bevuto come una<br />

spugna per l’intera nottata e di non essersi ancora ripreso.<br />

Ciaramella, invece, se ne stava seduto sull’unica sedia comoda<br />

esistente nel suo locale. Le altre, infatti, erano rigide e dure.<br />

Ciaramella non voleva che la gente ci si trovasse troppo bene.<br />

largo”.<br />

“Dopo la consumazione, è meglio se prendono il<br />

Il problema era, invece, che, nonostante la<br />

scomodità, i suoi clienti si fermavano molto più del dovuto.<br />

sonno?”<br />

“Ciaramé”, esclamò Giuseppe Di Dio, “stai ancora di<br />

“E chi ha visto o’ letto stanotte”, sospirò Ciaramella.<br />

Giuseppe non lo aveva mai visto spento come<br />

quella mattina. Neanche durante la festa della Madonna,<br />

quando teneva il bar aperto fino alle tre di notte.<br />

“Amo fatto ‘a nottata”, intervenne Radiouno.<br />

“E che vuoi, Peppì, tra carabinieri, rompicoglioni e fimmine<br />

disperate, nisciuno se ne vulia scì a dormì”.<br />

Ciaramella aveva la faccia di chi non aveva digerito<br />

la nottata. In realtà, era stato un buon business per lui. Aveva<br />

15


venduto gli stessi caffè, birre e amaro lucano che<br />

normalmente vendeva in una settimana.<br />

16<br />

“Che si è saputo?”<br />

“E che si vulia sapé”, disse Radiouno, sollevando la<br />

testa dal banco, “ieri l’hanno sparato, non l’anno scorso”.<br />

“Ziza dice che ieri Mimmo era strano. L’hanno<br />

visto prima che tornasse a casa e non parlava”, riferì<br />

Ciaramella che, la notte stessa della sparatoria, aveva iniziato a<br />

raccogliere notizie.<br />

parlava".<br />

Di Dio.<br />

"E chi l'avrebbe visto?"<br />

"Ziza e Pinuccio di Gina";<br />

"L'uno con la panza piena di birra e l'altro di vino".<br />

"Figurati quando ti puoi fidare".<br />

"No, no, Ziza m'ha detto che l'ha visto e non<br />

“Che vuol dire che non parlava?” Chiese Giuseppe<br />

“O’ sai com’è fatto Mimmo…parla, parla e<br />

straparla”.<br />

“E…”<br />

“E ieri non parlava”.<br />

“E perché non parlava?”<br />

“E vai a sapé perché o’ cristiano non parlava. Forse sapia<br />

la fine che le stavano facendo fare”, disse Radiouno, che ormai si<br />

era completamente sollevato dal banco.<br />

Giuseppe Di Dio diede uno sguardo all’orologio.<br />

Erano le sette meno un quarto. Salutò Ciaramella e Radiouno<br />

e si incamminò verso il cantiere. Arrivò alle sette meno<br />

cinque. Scostò il cancello tenuto serrato da un filo filato ed<br />

entrò. Non era ancora arrivato nessuno dei manovali, che


pure erano i primi che si presentavano la mattina. Si sedette<br />

sul muretto di cemento, che avrebbe fatto da contorno al<br />

giar<strong>dino</strong> di una delle palazzine in costruzione.<br />

Era il mese di gennaio. Le prime luci dell'alba lo<br />

coglievano assonnato e infreddolito. Con quelle temperature<br />

non avrebbe potuto resistere a lungo seduto sul muretto.<br />

Pensò che si sarebbe irrigidito come una fica gelata. Scese dal<br />

muretto e in attesa dei colleghi, iniziò a saltellare per scaldarsi.<br />

Si strofinava le mani e saltellava. Man mano che la luce del<br />

giorno saliva, il suo campo visivo si allargava. Appena arrivato<br />

sarebbe riuscito a vedere a due metri dal muretto di cemento,<br />

con il passare dei minuti, il suo orizzonte riusciva copriva<br />

l'intero lato del cantiere rivolto verso est.<br />

Arricciò più volte il naso. Sembrava che dieci<br />

trappole per i topi fossero scattate contemporaneamente.<br />

“Che fetore, che fetore", iniziò a ripetere.<br />

Saltellava, odorava e il suo volto si contorceva<br />

sempre più, fino a mostrare la sensazione dello schifo.<br />

bassa.<br />

"C'è qualche cosa nell'aria, stamattina", disse a voce<br />

Mentre lo diceva, venne attratto da quello che<br />

sembrava una busta nera di plastica, che la brezza leggera<br />

della mattina agitava, prima verso destra e poi verso sinistra.<br />

Si diresse nella direzione della busta di plastica nera che<br />

svolazzava e più si avvicinava e più il fetore diventava forte. Il<br />

viso era sempre più contorto e schifato. I baffi sembravano<br />

sovrapporsi alle labbra per quanto li avesse strizzati. Si<br />

trovava a due metri di distanza. Vide che non si trattava di<br />

una busta nera di plastica. Era un impermeabile che<br />

svolazzava. All'interno, un uomo riverso in posizione supina,<br />

con un paio di scarpe sporche sullo stomaco. Nonostante<br />

facesse freddo, la puzza del morto aveva impregnato l'aria<br />

circostante. Giuseppe si turò il naso con le mani e fece<br />

d'istinto due passi indietro. Un frammento di carta<br />

17


fuoriusciva dalla tasca dell'impermeabile. Giuseppe lo vide e<br />

lo raccolse.<br />

La madre di Torino Concetti<br />

Il cadavere era stato ritrovato proprio il giorno in<br />

cui Maria 'A lauriota aveva iniziato a preparare gli intestini per<br />

insaccare la carne e preparare le salsicce. Il cantiere della ditta<br />

Costruzioni Moreno fu posto sotto sequestro dai carabinieri<br />

della compagnia di Bigliano.<br />

Maria seppe del cadavere da Antonietta, andata a<br />

casa sua per aiutarla. Antonietta lo aveva appreso, a sua volta,<br />

nel negozio di Lucia.<br />

"Devo comprare le uova e la farina per preparare i<br />

firriciddi per il pranzo di domani, quando Maria tiene a tavola<br />

tutto il vicinato".<br />

Tra la gente del vicinato, avrebbe invitato anche 'a<br />

sfollata, una donna di quasi sessantacinque anni che,<br />

nonostante la vecchiaia, ancora mostrava segni di un<br />

portamento elegante ed arrogante allo stesso tempo.<br />

Nel negozio di Lucia, Antonietta entrò alle nove e<br />

venticinque, qualche istante prima del maresciallo a riposo De<br />

Stefano. Altri due clienti stavano già aspettando. Si trattava di<br />

Torino Concetti e Annalisa, la figlia di Paolino.<br />

18<br />

"Tengo da perdere almeno dieci minuti", pensò.<br />

Aveva tutto il tempo per scambiare quattro<br />

chiacchiere con Torino Concetti.<br />

“Devo chiedergli come sta la mamma? Sono,<br />

ormai, tre settimane che non si vede alla messa delle sei”.<br />

“Una fastidiosissima bronchite la costringe al<br />

letto”, gli aveva detto Torino, la settimana precedente.


Avrebbe voluto rendere pubbliche le notizie sulla<br />

madre di Torino Concetti alla messa della sei ma non fece in<br />

tempo a chiedere informazioni. La scena fu interamente<br />

occupata da De Stefano. Il maresciallo a riposo era stato<br />

incaricato dalla moglie dell’acquisto di un pacco di tagliatelle<br />

all’uovo e di duecento grammi di prosciutto crudo. Avrebbe<br />

preso anche una bottiglia di amaro lucano, ma per sua libera<br />

iniziativa.<br />

“Marescià, è vero quello che si dice in paese?” Gli<br />

chiese Lucia, non appena vide sbucare la sua inconfondibile<br />

sagoma.<br />

“ vero, è vero! Dopo la sparatoria, anche il<br />

morto”, rispose De Stefano, lasciando intuire di aver<br />

immediatamente compreso le allusioni di Lucia.<br />

La notizia del ritrovamento del cadavere di un<br />

uomo nel cantiere della ditta Costruzioni Moreno stava già<br />

circolando a Bigliano. Nel bar di Ciaramella e nel circolo se ne<br />

stava discutendo, nonostante fossero da poco passate le nove<br />

della mattina.<br />

“Peppino ha trovato ‘nu morto al cantiere du<br />

commendatore”, aveva riferito per primo Radiodue.<br />

“Si dice che o’ muorto è stato trovato intorno alle<br />

sette, all’apertura del cantiere”.<br />

Giuseppe Di Dio dapprima avvisò i colleghi, giunti<br />

dopo pochi minuti e poi il capocantiere, entrato dalla parte<br />

opposta. Il capocantiere, a sua vola, dopo essersi portato sul<br />

posto, telefonò al comando dei carabinieri di Bigliano.<br />

De Stefano aveva saputo della notizia direttamente<br />

dal maresciallo Turtino, che aveva incrociato la mattina verso<br />

le otto e un quarto.<br />

“Un uomo è stato trovato morto nel cantiere del<br />

commendatore Moreno. Mi raccomando, De Stefano, non lo<br />

dire in giro prima che si sappiano particolari più precisi”.<br />

19


Lo aveva raccontato subito dopo agli amici del<br />

circolo, con i quali era solito prendere il caffè, tra le otto e<br />

trenta e le nove.<br />

“Un uomo è stato trovato morto nel cantiere del<br />

commendatore Moreno. Mi raccomando, non lo dite in giro<br />

prima che si sappiano particolari più precisi”.<br />

Alle nove e venticinque, quando il maresciallo a<br />

riposo fece il suo ingresso nel negozio di Lucia, la notizia era<br />

già arrivata in quasi tutti gli esercizi pubblici di Bigliano. Lucia<br />

che conosceva De Stefano per il suo passato e per le amicizie<br />

che aveva conservato nell’Arma, andò sul sicuro quando gli<br />

chiese maggiori dettagli sull'accaduto.<br />

"Non si prende più pace in questo paese. Non<br />

succede mai niente e mo' tutto in una volta. Prima la<br />

sparatoria a quel povero cristo, che non fa male a nessuno, e<br />

poi il morto".<br />

L’osservazione di Lucia attirò l’attenzione di tutti i<br />

clienti, presenti in quel momento nel negozio.<br />

Antonietta che, vedendo Torino Concetti, avrebbe<br />

voluto sapere notizie della madre, si distrasse e preferì<br />

concentrarsi su De Stefano.<br />

20<br />

"E voi, maresciallo, che dite?"<br />

De Stefano, che faceva della sua capacità di<br />

networking un’arma d’influenza nell’ambito del tessuto sociale<br />

biglianese, si sentì orgoglioso per la domanda di Lucia ed<br />

iniziò a fornire maggiori dettagli.<br />

"Sono già stato informato dell'accaduto. Come voi<br />

sapete, io sono stato maresciallo e maresciallo si rimane<br />

sempre, anche quando si va in pensione. Come dicevo, i<br />

colleghi mi hanno informato prontamente dell'accaduto".<br />

"E siete fortunato voi, i vostri colleghi vi<br />

informano sempre", rispose Antonietta, con un pizzico<br />

d’invidia.


"Marescialli si è per sempre. Bisogna essere<br />

informati", rispose con orgoglio De Stefano, "e, grazie alle<br />

notizie che ho raccolto, posso dirvi con assoluta certezza che<br />

si tratta di un uomo".<br />

Lucia.<br />

"Un uomo, maresciallo? E di chi si tratta?" Chiese<br />

"Per il momento, i colleghi mi hanno informato<br />

solo che si tratta di un uomo".<br />

"Di Bigliano?" Chiese Torino Concetti.<br />

"Un uomo. Che importa se sia di Bigliano o meno.<br />

Posso dirvi che si tratta di un uomo e non di una donna",<br />

rispose infastidito De Stefano, che riteneva di aver già detto<br />

abbastanza.<br />

In realtà, De Stefano non aveva aggiunto molto alla<br />

crudezza della notizia, se non il particolare che si trattasse di<br />

un uomo. Non era molto, ma considerata l’importanza della<br />

novità, anche una semplice informazione aggiuntiva assumeva<br />

un valore del tutto particolare.<br />

De Stefano, ovviamente, aveva impiegato molto<br />

tempo prima di giungere a fornire il particolare che si trattasse<br />

di un uomo. Com’era solito fare, aveva iniziato la litania dei<br />

suoi trascorsi siciliani. Lucia e gli altri tre clienti avrebbero<br />

preferito che il maresciallo raccontasse immediatamente del<br />

fatto di sangue accaduto a Bigliano ma non osarono<br />

interromperlo. Anzi, per non urtare la sua sensibilità,<br />

mostrarono addirittura interesse. Quando pero Torino<br />

Concetti esagerò, chiedendo al maresciallo altri dettagli sui<br />

fatti di sangue vissuti in Sicilia, si guadagnò un’occhiataccia di<br />

rimprovero da parte delle due donne.<br />

De Stefano si soffermò, ovviamente, sull’arresto<br />

del famoso mafioso. Con gesti plateali, specificò la situazione<br />

e finanche il modello di armi usate.<br />

“Io precedevo il mio collega, maresciallo Tricase.<br />

Avevo sfondato la porta del suo appartamento con un colpo<br />

21


di spalle e mi ero diretto immediatamente in camera da letto,<br />

con la pistola in pugno, pronto a frantumargli il cervello, se<br />

solo avesse azzardato una mossa”.<br />

De Stefano si spostava da una parte all'altra del<br />

negozio per dare l'esatta misura dell'azione. Torino Concetti<br />

fece ampi cenni di assenso. Ad ogni movimento, anche il più<br />

impercettibile, ripeteva, "che coraggio!"<br />

Lo disse ben quattro volte, mentre Lucia,<br />

Antonietta e Annarita, la figlia di Paolino, ascoltarono senza<br />

fiatare, sperando che il racconto terminasse presto.<br />

Quando finalmente De Stefano giunse al cadavere<br />

rinvenuto poche ore prima, Annarita, la figlia di Paolino,<br />

chiese se fosse già stato reso il nome della persona.<br />

Stefano.<br />

22<br />

"L'avessi saputo, l'avrei detto", fece notare De<br />

Annarita arrossì, pensando di aver posto una<br />

domanda banale. Torino Concetti la guardò con<br />

compassione, esclamando,<br />

"Eh, certo…il maresciallo l'avrebbe detto…non c'è<br />

bisogno di chiedere certe cose".<br />

scusa.<br />

vicenda.<br />

Annarita chinò il capo, quasi per porgere le proprie<br />

Antonietta non poté soffermarsi molto sulla<br />

“Vado di fretta e devo comprare le uova per<br />

preparare i firriciddi. Vorrei continuare a chiacchierare ma<br />

proprio non posso”.<br />

Maria la stava attendendo. Chiese agli altri clienti di<br />

poter passare prima alla cassa, pagò ed uscì dal negozio. Gli<br />

altri rimasero ancora a discutere.


Le prime indagini del maresciallo Turtino<br />

Antonietta si diresse, senza perdere tempo, verso la<br />

casa di Maria. Aveva fretta di arrivare per mettersi<br />

immediatamente al lavoro ma moriva anche dalla voglia di<br />

essere lei a dare la notizia clamorosa. Se avesse esitato, Maria<br />

avrebbe potuto apprenderla da qualcun altro.<br />

strada.<br />

"Nu muorto, 'nu muorto a lu' cantiere", ripeteva per<br />

Una delle sue specialità erano gli annunci funebri,<br />

specie se relative a persone morte improvvisamente. Se la<br />

persona morta era poi anche molto conosciuta, la<br />

soddisfazione nel dare la notizia era addirittura doppia.<br />

Il morto al cantiere era, pertanto, una notizia che<br />

valeva doppio. Gli elementi che aveva a disposizione non<br />

erano dettagliati ma il clamore era assicurato. A Bigliano<br />

normalmente faceva notizia la siccità, figurarsi il ritrovamento<br />

di un cadavere.<br />

Antonietta giunse velocemente a casa di Maria, che<br />

non abitava lontano dal negozio di Lucia. La sua casa si<br />

trovava subito dopo l'ufficio postale. Era sufficiente<br />

percorrere cinquanta metri e poi prendere sulla sinistra il<br />

vicolo con un’enorme casa bianca sullo sfondo. Bussò alla<br />

porta, che Maria aprì prontamente. La stava aspettando.<br />

Antonietta non le diede neanche il tempo di<br />

chiederle come stava, che esclamò, "hai sentito la novità?"<br />

"Che novità?" Rispose Maria, corrucciando il viso.<br />

"Ma come…Giuseppe non t'ha detto nind'? Le chiese<br />

Antonietta.<br />

"Ma io Giuseppe non o’ vedo da stamattina. uscito<br />

di casa verso le sei e mezza. Doveva faticare. Perché? Che<br />

m'avìa dicere?"<br />

23


"Hanno trovato ‘nu muort' a lu cantiere dove fatica<br />

Giuseppe".<br />

24<br />

Maria si spaventò.<br />

"Non ti preoccupare. Lu muorto non tiene niente a che fare<br />

con la gente che fatica a lu cantiere", le disse per tranquillizzarla.<br />

In realtà sapeva poco e quel poco lo aveva appreso<br />

da De Stefano, nel negozio di Lucia.<br />

Antonietta si era limitata a riferire le notizie che<br />

aveva appreso, ma non si era resa conto che il cadavere fosse<br />

stato rinvenuto proprio nel cantiere dove lavorava il marito di<br />

Maria.<br />

"E chi te lo ha detto? E Giuseppe?" Esclamò,<br />

spaventata.<br />

Antonietta provò nuovamente a rassicurarla ma<br />

non vi riuscì.<br />

Giuseppe si trovava nella stazione dei carabinieri di<br />

Bigliano, insieme agli altri operai.<br />

"Dobbiamo ascoltarvi tutti in merito al<br />

ritrovamento del cadavere. È la prassi".<br />

Si stava aspettando l'arrivo del sostituto<br />

procuratore presso il tribunale di Potenza, Arcibaldo De<br />

Castro. Nel frattempo, i carabinieri, coordinati dal maresciallo<br />

Turtino, raccoglievano le prime deposizioni dei manovali.<br />

Giuseppe aspettava il suo turno.<br />

"La tua é la testimonianza più importante e deve<br />

essere raccolta alla presenza del sostituto procuratore", gli<br />

disse Turtino.<br />

Intanto, giunse il commendatore Moreno per<br />

verificare personalmente cosa fosse successo nel suo cantiere.<br />

"Mi è stato riferito che debbo essere sentito per un<br />

affare di omicidio. Non so proprio a cosa fate riferimento ma


facimmo di pressa che tengo mille cose da fare", precisò non appena<br />

ebbe messo piede in caserma. Era furibondo.<br />

Giuseppe, invece, era perplesso.<br />

"'Sto muorto proprio non ci voleva".<br />

Con il cantiere chiuso, il commendatore gli avrebbe<br />

certamente decurtato la paga.<br />

"L'unica cosa buona è che posso aiutare Maria a<br />

fare le salsicce”, pensò Giuseppe.<br />

Il commendatore Moreno si fece portare un caffè<br />

dal carabiniere semplice, di piantone all'entrata. Non avrebbe<br />

potuto muoversi, ma data l'eccezionalità della situazione,<br />

nessuno lo notò.<br />

Quando arrivò il suo turno, anche se in realtà non<br />

era proprio il suo turno, si alzò di scatto, si sistemò i baffi e<br />

fece il suo ingresso nella stanza, a metà del lungo corridoio, a<br />

sinistra della porta di entrata. Turtino lo attendeva, seduto alla<br />

scrivania, che qualche minuto dopo avrebbe lasciato al<br />

sostituto procuratore.<br />

"Commendatore carissimo, mi dovete scusare se vi<br />

ho fatto incomodare ma non potevo fare altrimenti".<br />

volte.<br />

"Capisco, capisco", ripeté il commendatore due<br />

Intanto, prese posto sulla sedia, proprio di fronte<br />

alla scrivania del maresciallo.<br />

"Che disordine!" Dovette pensare nel vederla.<br />

C'erano carte e matite stemperate dappertutto.<br />

“Commendatore, questi stronzi di biglianesi non<br />

sanno che fare. Ieri hanno sparato a quell’inzallanuto di Mimmo,<br />

oggi hanno mandato agli alberi pizzuti 'sto povero cristiano”.<br />

“E ‘sti stronzi di biglianesi sanno come fare perdere<br />

tempo e denaro alla gente che fatica”.<br />

25


26<br />

“Appunto! Dite bene, commendatore”.<br />

“E dico bene. Certo che dico bene. Ammazzano la<br />

gente e me la vanno a sistemare nel mio cantiere. Voi me lo<br />

mettete sotto sequestro e io mi gratto la panza”.<br />

“Commendatore, e che c’entriamo noi. Vi mettono<br />

il cadavere nel cantiere e il giudice ve lo deve bloccare. Non si<br />

può fare altrimenti, purtroppo”.<br />

“E io quando le finisco le case? Ma gli operai me li<br />

paga il giudice? Come si chiama questo giudice?” Esclamò il<br />

commendatore Moreno, che aveva sciolto la cravatta e<br />

allentato la cintura dei pantaloni.<br />

lavoro”.<br />

“E che c’entra il giudice? Il poveretto fa il suo<br />

“E voi fatemi fare il mio”.<br />

"Ve lo facciamo fare, non vi preoccupate. Io solo<br />

posso capire che significa disturbare la gente che sta<br />

lavorando. Ieri sera me ne stavo tranquillo a casa a mangiare i<br />

peperoni ripieni e mi chiamano d'urgenza. Mi tolgo le<br />

pantofole e corro in caserma. I peperoni, non li avevo<br />

neanche toccati, credetemi commendatore. Li desideravo da<br />

una settimana e finalmente Teresa me li aveva preparati.<br />

Lascio i peperoni e corro. Ma non basta perché non era alla<br />

caserma che tenevano bisogno ma in paese. Mi metto in<br />

macchina, insieme al povero Scapagnin, e corro a casa di<br />

Mimmo o' greco. L'ho trovato che se ne stava tranquillo e<br />

beato sul letto, arrivirito da tutte le fimmine della famiglia. Io manco<br />

avìa mangiato e lui se ne stava spaparanzato sul letto. L'ho<br />

dovuto trattare pure con i guanti bianchi. Riposati, gli ho<br />

detto. E mentre lui si riposava, io dovevo lavorare. Finisco<br />

verso le sette di fare il rapporto, me ne stavo andando a casa e<br />

mi chiamano ‘nata vota".<br />

"E che volete, maresciallo. Si disturba sempre la<br />

gente che lavora come a noi".


"Che lavora e che non mangia. È da ieri a pranzo<br />

che vado avanti a caffè, senza toccare l'ombra di un panino,<br />

di una focaccia, niente di niente. I peperoni si saranno<br />

raffreddati, ormai".<br />

"Non mi parlate di peperoni, maresciallo. Io andrei<br />

a mangiare. Che ne dite?"<br />

"E dico che fate bene. Io non mi posso muovere.<br />

Devo aspettare il giudice e chissà quando se ne parla di<br />

mangiare. Però, prima di andare, devo farvi qualche<br />

domanda".<br />

“Vabbuò, vabbuò”, sospirò il commendatore<br />

Moreno, che aggiunse, “Ma ditemi, perché mi avete fatto<br />

chiamare?”<br />

“E come perché? Il cantiere è il vostro, non mio.<br />

Avete idea di chi ci ha messo il morto?”<br />

“Nessuna, maresciallo”.<br />

“C’è stata qualche questione con qualcuno che noi<br />

non sappiamo?” Chiese Turtino maliziosamente.<br />

“Macché! Io non ho tempo per questioni. Lavoro e<br />

basta. Proprio come fate voi”.<br />

“Comunque, non vi faccio perdere tempo…che né<br />

io, né voi ne abbiamo. Se vi viene in mente qualcosa...che<br />

so…un operaio che è stato licenziato, qualcuno che voleva<br />

soldi…una questione qualsiasi, mi avvisate gentilmente”.<br />

Il commendatore Moreno lasciò trapelare solo un<br />

grugnito di assenso. Si alzò dalla sedia e, senza neanche<br />

voltarsi, uscì dalla porta. Turtino aveva fatto prendere<br />

appunti all’appuntato Scapagnin, sistemato di fronte al<br />

computer per registrare le deposizioni. Era dalle otto e mezza<br />

della mattina che il poveretto stava trascrivendo le<br />

testimonianze. Aveva già raccolto le testimonianze di otto<br />

operai, compreso il capocantiere. Mancavano altri due<br />

manovali e Giuseppe Di Dio.<br />

27


Al capocantiere, Turtino aveva chiesto dettagli sulla<br />

costruzione che il Cantiere Moreno stava portando avanti.<br />

"Si tratta di un complesso residenziale da<br />

completare in tre anni, in architettura tipicamente<br />

mediterranea, composto da appartamenti a schiera,<br />

indipendenti su uno o due livelli, disposti a ferro di cavallo<br />

intorno ad un giar<strong>dino</strong>", riferì il capocantiere.<br />

Precisò che si trattava di due gradevoli complessi<br />

distanti l'uno dell'altro un centinaio di metri.<br />

"Ma servono davvero? Voglio dire, servono<br />

davvero edifici tanto grandi in un paese piccolo come<br />

Bigliano?” Chiese Turtino.<br />

"Se li costruiscono è perché servono", rispose con<br />

schiettezza il capocantiere.<br />

"Mi sembra un'esagerazione. ‘Ste case grandi…ma<br />

chi ci deve andare ad abitare? Qui la gente se ne va. Ieri è<br />

emigrata la famiglia di Paolo Fiore. Tutti se ne sono andati,<br />

padre, madre, figlio e figlia. Se ne sono andati a Carpi a<br />

lavorare in un maglificio. Lui qua non faceva niente e non si poteva<br />

campare".<br />

Il capocantiere non fornì nessuna motivazione<br />

particolare, se non che Bigliano si sarebbe sviluppato.<br />

"Sarà opportuno approntare le strutture necessarie<br />

per accogliere eventuali nuovi residenti".<br />

Erano motivazioni ottimistiche, frutto<br />

probabilmente di fiducia eccessiva, ma non potevano essere<br />

escluse a priori.<br />

"Abbiamo appreso la dinamica del ritrovamento<br />

del cadavere. Abbiamo atteso il medico legale per constatare<br />

l'avvenuto decesso e per avere una prima indicazione sulle<br />

cause della morte", riferì l'appuntato Scapagnin al maresciallo<br />

Turtino.<br />

28


Pertanto, alle otto e un quarto, quando Turtino<br />

incontrò De Stefano, già conosceva le cause della morte che,<br />

però, evitò di riferire al maresciallo a riposo.<br />

"De Stefano é stato un collega ma ora non fa più<br />

parte dell'Arma. E poi, questo pari pari va a riferire al circolo".<br />

Alle otto e un quarto, Turtino sapeva anche che<br />

probabilmente si trovava di fronte ad un caso di omicidio. Il<br />

medico legale gli aveva già fornito le sue impressioni, benché<br />

la posizione del cadavere potesse lasciar supporre anche un<br />

possibile suicidio.<br />

"Non solo la posizione, ma anche la dinamica del<br />

colpo può lasciare spazio all'ipotesi che si sia sparato da solo".<br />

La morte era stata provocata da un'emorragia<br />

cerebrale sopravvenuta in seguito ad un colpo di pistola<br />

sparato alla tempia. La pistola, era stata ritrovata vicino al<br />

cadavere, da far pensare che potesse essere stata utilizzata dal<br />

morto stesso. La posizione della pistola aveva lasciato Turtino<br />

nel dubbio.<br />

"Se si fosse trattato di suicidio, la pistola sarebbe<br />

dovuta rimanere nella sua mano destra. Invece, si trova vicino<br />

al corpo ma non nella sua mano destra, come se qualcuno<br />

volesse simulare un suicidio".<br />

Poteva anche essere possibile che, cadendo, la<br />

pistola gli fosse sfuggita di mano, ma già ad una prima<br />

rilevazione tecnica, non sembrava molto plausibile.<br />

Sulla base di questi elementi, il medico legale aveva<br />

optato per l'ipotesi di omicidio, senza escludere quella del<br />

suicidio.<br />

"Mi riservo di fornire la versione ufficiale e<br />

definitiva al più presto".<br />

"Allo stesso tempo, condurremo analisi balistiche<br />

sull’arma", precisò Turtino.<br />

29


Aveva l’impressione che fosse una pistola da tiro<br />

calibro 22, usata soprattutto nei paesi dell’Europa centrale e<br />

orientale.<br />

Intanto, Giuseppe Di Dio attendeva pazientemente<br />

il suo turno. Avrebbe dovuto formalizzare la sua deposizione.<br />

30<br />

"Lo richiede la prassi", gli era stato detto.<br />

Giuseppe era incerto sul significato del termine<br />

prassi, ma la sua limitata capacità di analisi gli aveva fatto<br />

intuire che si trattava di dover attendere ancora, prima di<br />

dover obbligatoriamente parlare con il maresciallo. Solo dopo<br />

sarebbe potuto rientrare a casa. Mentre aspettava, non gli<br />

venne assolutamente in mente che la moglie potesse essere in<br />

pensiero per lui. Infatti, per quanto Antonietta cercasse di<br />

rassicurarla, Maria continuava a pensare al marito.<br />

"E perché non torna? Vuoi vedé che hanno sparato<br />

proprio a lui?"<br />

"Marì, ti avrebbero già chiamato i carabinieri".<br />

Al comando della stazione dei carabinieri, le cose<br />

stavano andando per le lunghe. A ritardare il ritorno di<br />

Giuseppe a casa, contribuì un ulteriore inconveniente.<br />

Qualche minuto prima che Turtino congedasse il<br />

commendatore, giunse in caserma il sostituto procuratore<br />

Arcibaldo De Castro, accompagnato da un autista del<br />

Tribunale di Potenza. Dopo essere sceso dalla macchina, De<br />

Castro volle immediatamente recarsi sul luogo del<br />

ritrovamento del cadavere. Turtino fece chiamare Scapagnin e<br />

si diressero tutti e tre verso il cantiere del commendatore<br />

Moreno. Durante il tragitto, De Castro si fece spiegare da<br />

Turtino la dinamica del ritrovamento e comunicare gli<br />

elementi già noti.<br />

"Giudice, il morto è stato trovato da un operaio<br />

verso le sette. Ha detto che puzzava".<br />

"L'operaio o il morto?"


"Il morto, il morto".<br />

"Puzzava?"<br />

"Fetava che gli veniva quasi da vomitare"<br />

"È vero, Scapagnin, che il morto puzzava?"<br />

"Affermativo, maresciallo", rispose Scapagnin.<br />

"Maresciallo, che mi vuole dire?"<br />

"Giudice, il morto non deve essere morto da questa<br />

mattina. Puzzava e i morti puzzano solo dopo qualche<br />

giorno".<br />

"Cosa ha stabilito il medico legale?”<br />

"Ha detto che il morto doveva essere morto già da<br />

qualche giorno. Ma voi conoscete il dottore meglio di me. Per<br />

fargli dire che il morto non era di giornata ho dovuto<br />

insistere. Se fosse stato per lui, avremmo dovuto aspettare le<br />

analisi e tutto il resto. Gli ho detto, dottore, ma il morto puzza, se<br />

ne sono accorte pure le pietre. E il dottore solo allora ha detto.<br />

Maresciallo, ho il sospetto che abbiate ragione. Vi rendete conto<br />

che…".<br />

"Addirittura giorni, ha detto il medico legale?"<br />

“Beh, il dottore non ha detto proprio così,<br />

figuratevi se lo diceva senza avere le sue analisi. Ha detto che<br />

poteva essere, ma ve lo dico io. Quel morto non è di oggi”.<br />

“E quanti giorni sarebbero, secondo voi?”<br />

"Giorni, giorni, possono essere anche tre giorni,<br />

giudice. Non sono mica medico legale io".<br />

Intanto, Giuseppe che, fino ad allora se ne era stato<br />

seduto sulla panca di fronte all'ufficio del maresciallo Turtino,<br />

si alzò e iniziò a passeggiare nervosamente lungo il corridoio.<br />

In mattinata aveva parlato con Turtino ma non bastava.<br />

Doveva formalizzare le sue dichiarazioni di fronte al sostituto<br />

31


procuratore. Mentre infilava un passo dietro l'altro, pensava<br />

che avrebbe avuto bisogno di affilare i coltelli.<br />

"Devo andare da Zi' Antonio per farmi dare la<br />

carrucola per appendere il porco. Gliel'ho prestata l’anno<br />

scorso".<br />

Pensava al maiale che doveva ammazzare e al<br />

morto che, forse, era stato ammazzato.<br />

Il maiale di Giuseppe Di Dio<br />

Giuseppe venne interrogato da De Castro qualche<br />

minuto prima dell'una, dopo cinque ore di attesa. La<br />

deposizione durò trenta minuti.<br />

"Signor giudice, come già ho raccontato al<br />

maresciallo, stamattina mi trovavo al cantiere. Erano le sette<br />

meno cinque. Ero da solo perché la gente che lavora con me<br />

se la prende comodo. Si alza quando ié già fatto iuorno e si presenta<br />

al cantiere con calma. Io, invece, tengo il porco da governare e mi alzo<br />

quando canta o’ gaddo".<br />

"Continuate, continuate", disse De Castro, che<br />

seguiva con gli occhi sgranati e le mani giunte.<br />

Quel giudice sembrava un prete. Anche lo sguardo<br />

rigido e severo sembrava ricordare quello di Don Sabatino.<br />

"Dunque, faceva freddo e andavo di qua e di là.<br />

Sapete, giudice, faceva freddo assai. Sentivo una strana puzza.<br />

Mi sembrava che avevano ammazzato dieci zoccole e le<br />

avevano tutte infilate dentro una busta, tanto era il fetore. Ho<br />

visto una busta di plastica e, come era da venerdì che non si faticava, ho<br />

pensato che c'era da pulire ‘nata vota o' cantiere. Mi sono avvicinato e,<br />

invece, della busta di plastica, aggio visto o' muorto".<br />

32<br />

"Quando vicino siete andato?"


puzzava".<br />

"Tanto vicino da vedere che c'era nu' muorto che<br />

"E che avete fatto?"<br />

"M'aggio scantato e m'aggio portato le mani vicine al naso.<br />

E come si poteva sopportare quella puzza".<br />

"Avete chiamato qualcuno?"<br />

"No, perché è arrivato il capocantiere e lui ha<br />

chiamato alla caserma".<br />

vedeva".<br />

"Avete riconosciuto il cadavere?"<br />

"No, era appena fatto giorno. Si vedeva e non si<br />

"E che avete visto oltre al cadavere?"<br />

"Niente, signor giudice. Non ho visto niente".<br />

"Ne siete sicuro?"<br />

"E che potevo vedere? Era appena fatto giorno".<br />

"E che c'entra? Se vi siete avvicinato forse avete<br />

potuto vedere anche altro".<br />

"Io avvicinato? Per carità. Mi sono avvicinato un<br />

poco. Poi, ho visto il morto e mi sono allontanato. Ero<br />

scantato. Che può vedere una persona quando è scantata?"<br />

prima.<br />

Il giudice lo guardò con l'espressione severa di<br />

"Anche le persone scantate, come dite voi, possono<br />

vedere. Quindi, se vi dovessero tornare altre cose in mente,<br />

non esitate a rivolgervi alla caserma. Chiamate il maresciallo e<br />

fate presente quello che vi siete ricordato. C'è un morto di<br />

mezzo. Morto e forse ammazzato. Non ve lo scordate".<br />

"Per carità, maresciallo. Come me lo potrei<br />

scordare?"<br />

33


“Maresciallo, io avrei finito”, fece presente De<br />

Castro a Turtino, “non ho altri elementi da chiarire per il<br />

momento con il signor Di Dio”.<br />

34<br />

Turtino ringraziò Giuseppe e lo congedò.<br />

Giuseppe poté finalmente fare ritorno a casa. Maria<br />

nel vederlo, tirò un sospiro di sollievo.<br />

Il giorno seguente, sia Maria che Giuseppe si<br />

alzarono alle quattro e mezzo. Faceva di nuovo freddo, ma<br />

non nevicava.<br />

“Face il freddo giusto per scannare il porco”.<br />

Dopo aver bevuto il caffè d'orzo preparato da<br />

Maria secondo la ricetta di sua nonna, Giuseppe si mise<br />

subito al lavoro.<br />

“Devo preparare il materiale per la macellazione”.<br />

I coltelli li aveva affilati il pomeriggio precedente<br />

ma restavano da preparare le corde e i cordini.<br />

"Bisogna preparare anche il banco di appoggio".<br />

Alle sei in punto giunse Zi' Antonio, accompagnato<br />

da Pinuccio di Gina.<br />

Si fece bollire l'acqua e una volta portata a bollitura,<br />

Giuseppe andò con gli altri nel box in cui era rinchiuso il<br />

maiale. Per renderlo inoffensivo, venne immediatamente<br />

legato il muso con un cor<strong>dino</strong>. Con un'altra corda, Zi'<br />

Antonio gli legò le zampe posteriori.<br />

"Pote camminare ma non correre".<br />

Venne portato fuori dal box verso lo scannatoio.<br />

Esattamente alle sette e venticinque, fu issato sul banco da<br />

quattro persone. Dopo pochi minuti, venne scannato con un<br />

coltello dalla lama lunga e fine, conficcatagli nel collo.<br />

Antonietta, che seguiva da lontano, si avvicinò al banco per<br />

raccogliere il sangue.


“Ne serve tanto per preparare il sanguinaccio, che<br />

tanto piace a Ziza”.<br />

Maria, invece, iniziò a portare le pignate con l'acqua<br />

calda per pelare l’animale. Faceva la spola tra la cucina e lo<br />

scannatoio.<br />

"L'acqua in ebollizione deve essere usata con<br />

cautela e versata picca a picca per non scottare la pelle".<br />

Giuseppe radeva il pelo con il coltello per eliminare<br />

completamente le setole.<br />

più.<br />

"Pigliamo o' café", disse Giuseppe, che non ne poteva<br />

"Aggio messo le piedi di lu puorco inda la pignata per farli<br />

ammosciare. Aspettiamo ancora ‘nato poco per o’ café", disse Zi'<br />

Antonio.<br />

"Anto', io aggio passato due giorni difficili, nu' muorto ieri e<br />

nato muorto iosci".<br />

"Zi' Anto', pigliamo o' café e poi finimmo di tirare li<br />

zoccoli", disse Pinuccio di Gina.<br />

"Facimmo come volete voi", rispose Zi' Antonio.<br />

Quel maiale era stato particolarmente resistente e<br />

non era stato facile condurlo allo scannatoio. Pesava oltre<br />

duecento chili e i quattro, che lo avevano preso nel box,<br />

avevano dovuto fare molta fatica per immobilizzarlo.<br />

"Eh, che bella carne che amo fatto", fece notare Maria,<br />

mentre preparava il caffè.<br />

"Stavolta faremo delle belle salsicce", rispose<br />

Antonietta.<br />

"Non c'è niente da fa'. Quando o' maiale è allevato<br />

all'aria aperta e si mangia la roba bona, ti puoi leccare i baffi<br />

con la carne e le salsicce".<br />

35


"Altro che la carne di Giovannino o' macellaio.<br />

Quello compra carne di importazione. 'Na schifezza di carne.<br />

Intendiamoci, non perché non sia bona al gusto, ma chi ti può<br />

dare la certezza che li maiali so' allevati come si deve? "<br />

36<br />

"E chi te la vuole da'", rispose Giuseppe, sconsolato.<br />

La carcassa era ormai pronta per la macellazione<br />

vera e propria. Giuseppe praticò dei tagli alla base degli arti<br />

posteriori del maiale per legarlo alla corda della carrucola.<br />

Effettuò un taglio sul ventre della carcassa per estrarre le<br />

interiora. Passò alla divisione in mezzene, eseguendo un taglio<br />

lungo la colonna vertebrale. Usò l'accetta che aveva fatto<br />

affilare a Zi' Antonio. Maria lo assisteva e, dopo aver ottenuto<br />

le mezzene, le ripose nella cantina. Antonietta, intanto, aveva<br />

iniziato a lavare gli intestini, che avrebbe conservato in acqua<br />

e limone per insaccare le salsicce e le soprassate.<br />

Mentre si mangiavano i firriciddi, la conversazione<br />

fu piuttosto languida e di circostanza. Tutti mangiarono di<br />

gusto e ben quattro commensali fecero il bis. Si bevve del<br />

vino rosso, piuttosto robusto. Erano trascorse ventiquattro<br />

ore dal ritrovamento del cadavere e trentasei dalla sparatoria<br />

contro la casa di Mimmo o' greco.<br />

"Me'…mò ne ai cuntà quello ca ié successo ieri", chiese<br />

Antonietta con curiosità.<br />

Giuseppe, dopo aver scolato completamente il<br />

bicchiere, iniziò a parlare. Non si riusciva a capire se parlasse<br />

sotto l'effetto dello scanto, che aveva preso il giorno prima,<br />

oppure del vino rosso.<br />

"Ié stata 'na matinata disgraziata. Mai in vita mia avìa<br />

trovato 'nu muorto sparato. Era capitato tanti anni fa, quando<br />

spararono a Sante ma non ero stato io a trovarlo. Era stato<br />

Ciccillo o' ferraro a trova' o’ muorto. Inda o’ fossato, l'aveva trovato.<br />

Si era scantato e si era scordato di avvisa' li carabinieri. Alla sera,<br />

i carabinieri andarono da Ciccillo e l'arrestarono".<br />

"E che c'entra la storia di Sante?"


"Come che c'entra la storia di Sante? Allora non<br />

avete capito come funzionano le cose? Alla fine arrestano<br />

sempre chi ha trovato il morto".<br />

"Arrestarono a Ciccillo perché o' disgraziato aveva<br />

sparato a Sante. Se la faceva con la moglie. Era 'na storia di<br />

corna e tutti lo sapevano".<br />

"E chi l’ha detto?"<br />

"I carabinieri l'hanno detto".<br />

"Ecco, i carabinieri!…Ma non Ciccillo. O’disgraziato<br />

ha sempre detto che aveva trovato o' muorto e che si era<br />

dimenticato di avvisare la legge".<br />

"Peppì, o' cristiano era stato ammazzato da Ciccillo.<br />

Per questo o’ disgraziato, come lo chiami tu, si era dimenticato<br />

di avvisare la legge".<br />

"Cari miei, quando si ha a che fare con la legge, si<br />

perde sempre. Ciccillo è finito in galera per venti anni e, se<br />

non era per la buona condotta, ancora se ne stava a<br />

Bethlemme di Potenza".<br />

"E tu che c'entri?"<br />

"Io ho trovato il morto, cari miei, e la prima cosa<br />

che mi è venuta in mente è stato Ciccillo. Non voglio fa' a fine di<br />

Ciccillo. Per questo m'aggio scantato. Non m'aggio mica scantato per o'<br />

muorto. Ho pensato, questi mi arrestano come a Ciccillo. Me ne<br />

stavo fuscendo, quando è arrivato o' capocantiere e aggio dovuto<br />

dire che avevo trovato il morto".<br />

"E hai chiamato alla caserma?"<br />

"Macché! Lui ha chiamato la caserma. Io non ci<br />

tenevo a fare la fine di Ciccillo. E quando i carabinieri mi<br />

hanno chiesto se io avevo trovato il morto, io ho detto, si è<br />

vero, ma è stato il capocantiere a fare la telefonata. È per questo che<br />

non mi hanno arrestato. Perché non sanno chi l'ha trovato<br />

veramente".<br />

37


38<br />

"Peppì, sto' vino rosso ti ha dato inda ‘a capa".<br />

"Ma quale vino rosso? Io ci tengo alla mia libertà.<br />

Che matinata disgraziata!" Aggiunse Giuseppe.<br />

"Disgraziato è o' muorto che non torna cchiù", sospirò<br />

Antonietta.<br />

"E che vuole tornare. L'avevano sistemato per<br />

bene. Si vedeva ancora il sangue vicino la faccia. Gli avevano<br />

spappolato il cervello, la bocca e il naso. C'era sangue<br />

dappertutto e poi le scarpe sopra la panza".<br />

"E che ci facevano le scarpe sopra la panza?"<br />

"Forse il morto dopo essere stato sparato si è tolto<br />

le scarpe per poter entrare nella bara. Si tratta di un morto<br />

educato", disse sorridendo Pinuccio di Gina.<br />

"Può essere", ribadì Zi' Antonio, allargando la<br />

bocca e infilando una grossa salsiccia appena arrostita.<br />

"E poi le carte che teneva inda la saccoccia. Le ho viste e me<br />

le sono pigliate".<br />

"E perché?"<br />

"Perché io non voglio fa' a fine di Ciccillo. Meno cose si<br />

sanno e meglio è, cari miei".<br />

Il suo racconto divergeva dalla dichiarazione, che<br />

aveva reso ai carabinieri, ma se si fosse limitato a citare le<br />

cose dette in caserma, allora il racconto sarebbe finito nel giro<br />

di pochi minuti.<br />

"E in caserma che ti hanno detto?"<br />

"Il maresciallo diceva, come lo hai trovato? Dove<br />

lo hai trovato? A che ora lo hai trovato? E cosa hai fatto? E<br />

cosa non hai fatto? Mi aveva fatto la testa quanto 'nu pallone.<br />

'Na stanchezza…e poi il giudice, come lo hai trovato? Dove lo<br />

hai trovato? Sempre le stesse domande. Cinque ore ad<br />

aspettare per dire sempre le stesse cose".


"La legge, la legge", intervene Pinuccio di Gina,<br />

“questa è la legge, purtroppo!”<br />

"La legge de li poveri. È arrivato o' commendatore e<br />

cinque minuti e via".<br />

"Peppì, ma il cadavere l'hai trovato tu, mica il<br />

commendatore".<br />

"E ve lo avevo detto. Alla fine si rischia di andare<br />

in galera. Chi trova il cadavere è sempre tartassato. Per questo<br />

meno cose dici ai carabinieri e meglio stai".<br />

Giuseppe non poteva immaginare che il suo<br />

racconto sarebbe stato ripreso da Antonietta e diffuso, con<br />

tutte le imprecisioni di cui era intriso, nell'intero paese.<br />

I figli di Peppino di scumaredda<br />

Mentre a casa di Giuseppe si decidevano le parti<br />

del maiale da utilizzare, tutti i biglianesi erano venuti a<br />

conoscenza dell'identità del cadavere, ritrovato il giorno<br />

precedente. Si trattava di Michele Dolce. Un uomo di<br />

cinquanta anni, sposato con Franca Montervino e padre di<br />

due figli di ventisette e ventiquattro anni.<br />

A Bigliano, Michele Dolce era conosciuto, ma non<br />

tanto. Era uno di quelli che non faceva vita sociale. Non<br />

frequentava il circolo ma neanche il bar di Ciaramella. Non<br />

passeggiava lungo il corso la sera del sabato, né andava a<br />

messa la domenica. Ai matrimoni, in genere, presenziava la<br />

moglie, tranne quando si sposavano i membri della famiglia.<br />

Era capitato una sola volta che non avesse partecipato al<br />

matrimonio di un familiare.<br />

“Successo tre anni fa, quando Michele ebbe<br />

problemi al fegato”, ricordò Franca.<br />

39


ostico.<br />

40<br />

I biglianesi pensavano che Michele fosse un uomo<br />

“In realtà, Michele é stato un uomo molto timido.<br />

Non gli piaceva apparire e la presenza della gente intorno lo<br />

metteva in imbarazzo”.<br />

Aveva difficoltà nell'approccio.<br />

“Non sapeva bene come modulare il tono della<br />

voce. A volte, era troppo basso e non riusciva a farsi<br />

intendere”.<br />

Anche quando conobbe Franca, la moglie, fece<br />

fatica. I suoi due figli non avevano grandi aspirazioni. Il<br />

primo amava raccogliere funghi, mentre il secondo si<br />

dedicava a lavorare il legno. Entrambi, però, avevano<br />

capitalizzato le loro passioni.<br />

“Paolo ha un'azienda agricola, che produce funghi<br />

e poi li commercializza in Lucania, mentre Ernesto fa il<br />

restauratore di mobili antichi”.<br />

In comune con il padre ucciso avevano l'interesse a<br />

vivere in un mondo sano.<br />

Michele era nato a metà degli anni cinquanta ed era<br />

cresciuto nei vicoli di Bigliano. La casa dei suoi genitori si<br />

trovava a metà di Via Margherita di Savoia. Costruita in pietra<br />

un secolo prima, era stata rinnovata più volte.<br />

“I muri portanti sono molto spessi. Resistenti al<br />

freddo d'inverno, mantengono l’ambiente fresco d'estate”.<br />

La casa di Michele aveva perso progressivamente<br />

valore, mentre gli appartamenti nuovi con garage costavano<br />

sempre di più. Era un segno della modernità, mentre i vicoli<br />

rappresentavano un segno di antico. I figli di Michele Dolce<br />

la pensavano diversamente.<br />

“Abitare nelle strettole ti fa sentire in grazia di Dio”.


Ricevettero la notizia della morte del padre quando<br />

già avevano iniziato a lavorare.<br />

“Lo hanno visto, per l'ultima volta, tre sere prima<br />

per parlare di affari”, riferì la madre.<br />

“Poi, sono rientrato a casa”, dichiarò Paolo.<br />

“Sono uscito a bere una birra nel bar di<br />

Ciaramella”, ricordò Ernesto, precisando, “come faccio di<br />

solito”.<br />

La sera prima del ritrovamento del cadavere,<br />

Ernesto udì gli spari contro Mimmo o' greco, proprio mentre<br />

si trovava da Ciaramella.<br />

“Ebbi la sensazione forte che si trattasse di due<br />

botti. Se non fosse stato per lo scanto di Giannino, non mi sarei<br />

neanche alzato dalla sedia”.<br />

“Da quando tempo, non vedeva suo padre? Gli<br />

chiese Turtino.<br />

“Da tre giorni”, rispose, confermando la versione<br />

della madre.<br />

“E non era preoccupato?”<br />

“Preoccupato per cosa? Non era la prima volta che<br />

scompariva, senza dare notizie. Si rinchiudeva nella sua casa<br />

di casa di campagna, l’unico posto che lo facesse sentire se<br />

stesso”.<br />

La notizia della morte di Michele colse di sorpresa<br />

entrambi i figli, ma mentre Ernesto scoppiò in lacrime, Paolo<br />

rimase come impietrito. Non si fece sfuggire neanche una<br />

lacrime, né quel giorno, né il giorno seguente, né il giorno del<br />

funerale. Ernesto, invece, pianse molto non solo quando<br />

apprese la notizia, ma anche il giorno seguente. Il giorno del<br />

funerale, invece, non pianse. Si mostrò molto pensieroso, fin<br />

dalla mattina. Si svegliò intorno alle sette.<br />

41


mente”.<br />

42<br />

“Ho dormito poco e male. Mille ricordi nella mia<br />

Ripensando al padre e rivivendo la vita che aveva<br />

fatto nei vicoli, Ernesto ricomponeva la scenografia della sua<br />

strada. Tanti volti che l’avevano animata, erano scomparsi.<br />

"Papà ha raggiunto quelli che non ci sono più".<br />

Ernesto aveva sempre temuto di vivere il momento<br />

in cui sarebbe stato abbandonato dal padre, ma non avrebbe<br />

mai potuto immaginare che quel momento potesse giungere<br />

così presto e, soprattutto, in maniera tanto dolorosa e<br />

inaspettata.<br />

Di fronte la casa di Ernesto, un tempo c’era la<br />

bottega di Arnaldo o’scarparo.<br />

"Si era trovato il mestiere appiccicato addosso.<br />

Aveva molti clienti perché lavorava bene, ma non guadagnava<br />

tanto".<br />

Non si era mai sposato ma della sua vita<br />

sentimentale non importava nulla a nessuno. Molto più<br />

interessante era, invece, la vita di Peppino di Scumaredda, che<br />

aveva la sua bottega da falegname non lontano da quella di<br />

Arnaldo.<br />

"Guadagnava più dello scarparo e aveva anche<br />

trovato moglie".<br />

Si era sposato giovane e sua moglie aveva avuto<br />

due figli. Uno dei due figli era Mimmo o' greco. Di Mimmo e<br />

della sorella non si sapeva se fossero davvero figli di Peppino,<br />

perché erano nati nel periodo in cui Peppino si trovava in<br />

Svizzera.<br />

"I biglianesi avevano fatto i conti a partire dal suo<br />

matrimonio, ma i conti non tornavano".<br />

In realtà, i conti potevano anche tornare, ma si<br />

sarebbe dovuto tenere conto di alcune circostanze.


"Peppino si sposò con Filomena il 16 giugno alle<br />

ore undici. Era un sabato e faceva caldo. Partì per la Svizzera<br />

il 26 giugno, esattamente dieci giorni dopo il matrimonio. La<br />

prima figlia di Peppino nacque il 2 aprile dell’anno<br />

successivo”.<br />

Erano, pertanto, trascorsi quasi venti giorni in più<br />

rispetto alla scadenza naturale, se la bambina fosse stata<br />

concepita la sera stessa delle nozze. Se, invece, fosse stata<br />

concepita la sera prima della partenza di Peppino, sarebbero<br />

trascorsi dieci giorni in più della scadenza naturale.<br />

“Si poteva sempre pensare che il parto fosse stato<br />

ritardato a causa di eventi naturali, ma permaneva l'incertezza.<br />

Si trattava di dieci giorni, non di uno o due".<br />

I biglianesi avevano fatto subito i conti e avevano<br />

realizzato che esistevano i margini per approfondire il<br />

discorso e esercitare il beneficio del dubbio.<br />

"Era da ritenersi poco plausibile che la moglie<br />

avesse tradito Peppino, dopo solo pochi giorni dalla sua<br />

partenza, ma nessuno poteva mettere la mano sul fuoco".<br />

Si trattava di pochi giorni di differenza e sarebbe<br />

stato meglio soprassedere, se anche la nascita del secondo<br />

figlio di Peppino, Mimmo, non fosse stata per certi versi<br />

anomala.<br />

"Il bambino nacque mentre Peppino si trovava<br />

ancora in Svizzera, esattamente un anno e sei mesi dopo la<br />

nascita della prima figlia".<br />

I biglianesi avevano di nuovo fatto i conti e<br />

sembrava che anche in questo caso ci fossero gli estremi per<br />

dubitare.<br />

"Il bambino poteva essere realmente di Peppino<br />

solo nel caso in cui Peppino fosse stato a Bigliano al<br />

momento del concepimento, che si doveva far risalire<br />

all’inizio di gennaio. In effetti, Peppino era stato a Bigliano<br />

43


per Natale, ma già il 30 dicembre era dovuto ripartire per la<br />

Svizzera".<br />

Si riproponeva il problema del ritardo, che si era già<br />

posto in occasione della nascita del primo figlio. I biglianesi<br />

pensarono che due episodi simili ad una stessa donna fosse<br />

troppo. Tuttavia, anche in occasione della seconda nascita, i<br />

tempi erano talmente stretti che sarebbero potuti apparire<br />

plausibili. I biglianesi conclusero che i due bambini fossero da<br />

attribuirsi a Peppino, ma con qualche riserva.<br />

La sera in cui si verificò la sparatoria ai danni di<br />

Mimmo o' greco, la questione sulla paternità, ritornò di<br />

attualità. Peppino era morto da tempo, ma tanti biglianesi, che<br />

ricordavano per intero la faccenda, erano ancora vivi.<br />

"Capita sempre ai figli di puttana", disse 'A sfollata<br />

che, in fatto di puttanamenti, ne sapeva sicuramente più di altri.<br />

"In paese si diceva che ce l'avesse con Mimmo,<br />

perché Peppino di scumaredda l'aveva sedotta e abbandonata,<br />

prima che sposasse la moglie. L'aveva portata in un casale, in<br />

campagna, e l'aveva sverginata. Peppino aveva sempre negato<br />

ma 'A sfollata dava la colpa della sua solitudine a<br />

quell'episodio".<br />

Che fosse vero o meno, era un dato di fatto che la<br />

povera sfollata non fosse stata voluta in matrimonio da<br />

nessuno.<br />

Il giorno del funerale, Ernesto pensò a Peppino,<br />

anche se la sua bottega era chiusa da tempo. Avrebbe pensato<br />

anche ad altri cristiani di Via Margherita di Savoia, se il flusso<br />

dei ricordi non fosse stato interrotto dalle campane della<br />

chiesa, che suonavano a morto. La salma giunse direttamente<br />

dall’ospedale di Potenza, dove era stata eseguita l’autopsia.<br />

"I risultati ufficiali saranno resi noti dopo qualche<br />

giorno, ma le cause della morte di Michele Dolce sono, ormai,<br />

abbastanza chiare", disse Turtino.<br />

44<br />

"Omicidio?" Chiese conferma De Castro.


"Omicidio!" ribadì Turtino.<br />

Entrò in chiesa alle dieci e quaranta, con dieci<br />

minuti di ritardo rispetto all’orario stabilito. Ernesto si mise<br />

alla sinistra della madre. La destra fu occupata da Paolo, a sua<br />

volta sostenuto dalla moglie. L’omelia di don Sabatino fu<br />

molto accorata. Venne espressa compassione per i familiari,<br />

ma anche desiderio di giustizia.<br />

“La violenza si sta impadronendo anche dei piccoli<br />

paesi della nostra Lucania. È colpa del disagio sociale e della<br />

politica che non offre risposte”.<br />

Alla fine della funzione religiosa, don Sabatino<br />

benedì la bara e fece le condoglianze ai parenti. Abbracciò<br />

tutti, Ernesto, Paolo e la moglie, Franca. I biglianesi si misero<br />

in fila per le condoglianze ai parenti, posizionati in fondo alla<br />

chiesa. Tutti passavano e stringevano la mano a Paolo e<br />

Ernesto. Qualcuno li abbracciava. Quasi tutti, invece,<br />

abbracciarono la madre. Quando anche l'ultimo biglianese<br />

ebbe stretto la mano di Ernesto e Paolo e abbracciato Franca,<br />

si poté portare la bara nel carro funebre, che attendeva con la<br />

portiera aperta davanti alla chiesa. Si procedette mestamente<br />

fino al cimitero.<br />

I passi di Ernesto si incrociavano con quelli di<br />

Paolo, mentre il carro funebre scivolava lungo le strettole del<br />

paese. A metà strada, iniziò a piovere. Ernesto e Paolo<br />

lasciarono che la pioggia li bagnasse. Giunti al cimitero, il<br />

carro funebre si arrestò dolcemente. La bara venne prelevata<br />

dal carro funebre e girata in direzione del paese.<br />

"Era una volontà espressa da Michele. Il giorno in<br />

cui lo avrebbero portato al cimitero, prima di essere<br />

seppellito, avrebbe voluto vedere per l’ultima volta Bigliano",<br />

spiegò don Sabatino.<br />

Michele non faceva vita sociale ma amava molto il<br />

suo paese.<br />

45


"Ho provato con ogni mezzo a difenderlo<br />

dall’invadenza dei novelli barbari", disse il figlio, Paolo.<br />

I novelli barbari non erano più i pseudo capitani<br />

d’industria del nord che la democrazia cristiana aveva spinto<br />

verso la Lucania sull'onda della industrializzazione fittizia<br />

degli anni settanta, ma i grandi cercatori di petrolio.<br />

"Bastardi! Si sono gettati come falchi sulle<br />

ricchezze del sottosuolo biglianese per speculare sugli<br />

incentivi offerti dallo stato, lasciando solo detriti".<br />

Michele aveva continuato a vivere sulla sua terra,<br />

nonostante i biglianesi avessero svenduto i terreni ai falchi del<br />

petrolio.<br />

46<br />

"Sono contento! Michele Dolce non si sposta".<br />

Non era felice di quello che stava accadendo agli<br />

altri, ma era soddisfatto per non averla data vinta alla<br />

Compagnia delle perforazioni, sebbene il suo terreno non avesse<br />

più valore dal punto di vista agricolo.<br />

Dopo aver consentito a Michele di vedere per<br />

l’ultima volta Bigliano, la bara venne di nuovo girata per<br />

mantenere la tradizione di far entrare il morto al camposanto<br />

prima con i piedi e poi con la testa. In attesa della sepoltura,<br />

prevista per il giorno seguente, la famiglia rientrò a casa.<br />

Ernesto ripassò davanti le botteghe di Arnaldo e Peppino.<br />

Non esistevano più.<br />

"La morte di papà chiude definitivamente un’epoca<br />

della mia vita", pensò.<br />

Entrò in casa, socchiuse la porta dietro di sé e si<br />

diresse direttamente nella camera da letto, che il padre aveva<br />

condiviso con la madre.<br />

"È organizzata ancora come se in questa stanza<br />

dovesse vivere una coppia".<br />

C’era una camicia di Michele su una sedia ed il suo<br />

profumo sul comò. Piegate sul letto, due maglie intime


ianche. Vicino al como<strong>dino</strong>, dal lato in cui dormiva Michele,<br />

le pantofole, ordinate con la punta dirette verso la porta.<br />

Ernesto interpretò quella posizione come un cattivo presagio.<br />

"Le punta delle scarpe o delle pantofole dirette<br />

verso la porta mi hanno sempre portato male".<br />

Ernesto aprì l’anta destra dell’armadio che<br />

corrispondeva al lato in cui Michele aveva i suoi capi<br />

d’abbigliamento. Aprì il cassetto che si trovava giusto a metà<br />

e tirò fuori un vecchio carillon.<br />

"Lo hanno comprato quando sono stati in viaggio<br />

di nozze a Venezia, quasi trenta fa".<br />

Gli era capitato di farlo suonare un pomeriggio di<br />

primavera, mentre dalla finestra poteva vedere le rondini<br />

volare e il sole lentamente piegarsi dietro i monti all’orizzonte.<br />

"Si stava davvero in grazia in Dio".<br />

Il padre non c’era più e non ci sarebbe più stato. Il<br />

carillon era davanti a lui. Era tentato dal farlo suonare.<br />

Avrebbe voluto struggersi nel ricordo dei giorni felici, che<br />

non avrebbe più avuto. Lo guardò intensamente, poi lo prese<br />

tra le mani. Stava per far girare la manovella che si trovava<br />

sulla destra e, invece, si fermò. Depose il carillon e andò via<br />

dalla stanza.<br />

La decisione del caporedattore<br />

Il maresciallo Turtino continuava le indagini. Il<br />

giorno del funerale fece il punto della situazione con il<br />

sostituto procuratore, De Castro, che lo aveva convocato a<br />

Potenza.<br />

"A che punto sei, maresciallo?"Chiese De Castro.<br />

"Non saprei, giudice", balbettò Turtino.<br />

47


"E che cacchio!" Rispose De Castro, "una sparatoria,<br />

un morto e tu non sapresti".<br />

niente".<br />

48<br />

"Giudice, nessuno sa niente e nessuno ha visto<br />

"Manco fosse la Sicilia, maresciallo".<br />

"La Sicilia? A Bigliano è peggio. La gente pensa che<br />

in Sicilia la gente si ammazza, viene trovata nei cantieri e che<br />

a Bigliano c'è l'isola felice. La verità è che in Sicilia la gente si<br />

ammazza ma almeno si sa chi l'ammazza. C'è la mafia. Qui,<br />

chi cacchio è che ammazza la gente? La gente nun sape, nun<br />

vede".<br />

“La pistola?”<br />

“La pistola?"<br />

"L'arma del delitto, maresciallo".<br />

"Una pistola da tiro calibro 22, matricola raschiata<br />

e senza impronte. Utilizzata nei paesi dell’Europa centrale e<br />

orientale. La simulazione del suicidio era grossolana”.<br />

"Maresciallo, io me ne fotto delle simulazioni. Mi<br />

dovete dire come sono andate le cose nella realtà. Lo<br />

stipendio lo prendete e allora mi dovete dire a che punto<br />

siamo".<br />

"Stavo dicendo, appunto…non saprei. Non saprei<br />

se la sparatoria del Mimmo Telesca va per i cacchi suoi rispetto<br />

alla morte del Michele Dolce".<br />

"Pensate che i fatti siano scollegati?"<br />

"E come si fa a collegarli, giudice? Mimmo Telesca<br />

non ha mai fatto male a nessuno. Michele Dolce nemmeno".<br />

"E allora? Che mi vuoi dire? Che c'è un serial killer<br />

che si è svegliato una sera, ha cercato di ammazzare Mimmo<br />

Telesca, non ci è riuscito e il giorno dopo ha fatto fuori<br />

Michele Dolce?"


"Non saprei".<br />

“Non saprei, non saprei…maresciallo, ma mi<br />

prendi per un fesso. Che siamo a New York? Abbiamo i serial<br />

killer noi?"<br />

Il maresciallo Turtino ascoltava lo sfogo del<br />

sostituto procuratore.<br />

Pensava, "Cosa ho detto di male? Che non so se i due fatti<br />

so' collegati? Ma come faccio a saperlo? Ho appena iniziato le indagini e<br />

sto' stronzo di giudice già mi vuole i risultati".<br />

Avrebbe voluto sbattergli la porta in faccia e<br />

tornare a Bigliano, invece, era costretto a spiegare.<br />

Riferì a De Castro che dagli interrogatori degli<br />

operai del cantiere non era stato possibile estrapolare nessuna<br />

informazione di rilievo. Nessuno di loro aveva visto niente di<br />

più rispetto alla scena del crimine, che si era presentata agli<br />

occhi dei carabinieri, sopraggiunti sul posto.<br />

"I figli li avete sentiti?"<br />

"Giudice, c'è stato il funerale. Non mi sembrava<br />

gentile disturbarli. Ho fatto giusto qualche domanda".<br />

"Che significa che non vi sembrava gentile?<br />

Maresciallo, vi ricordo per l'ennesima volta che questa volta<br />

c'è scappato un morto".<br />

"Giudice, io me lo ricordo bene ma datemi il<br />

tempo di fare le indagini. I figli stanno qui a Bigliano, non in<br />

cima al mondo. Non li abbiamo ancora interrogati ma lo<br />

faremo sicuramente con calma".<br />

"Ma quale calma? Fammi il piacere, Turtino",<br />

bisogna lavorare con maggior impegno. Sono molto deluso.<br />

Indagate più a fondo nella vita di Michele Dolce. Non può<br />

essere stato ammazzato senza alcun motivo”.<br />

49


Qualcosa doveva esserci e Turtino avrebbe dovuto<br />

scoprirlo. Almeno avrebbe dovuto fornirgli elementi su cui<br />

lavorare.<br />

“Maresciallo dobbiamo almeno essere in grado di<br />

poter costruire delle ipotesi…hai capito, maresciallo?” Disse<br />

De Castro a Turtino, prima di congedarlo.<br />

Lo chiamò due volte maresciallo nella stessa frase.<br />

Era il segno che Turtino avrebbe dovuto fare uno sforzo<br />

supplementare per soddisfare il sostituto procuratore.<br />

“Non vi preoccupate, giudice. Tutto quello che<br />

deve essere fatto, sarà fatto”.<br />

“Lo spero bene”, chiosò De Castro, aprendo la<br />

porta al maresciallo.<br />

Turtino uscì dall’ufficio della procura. Percorse il<br />

lungo corridoio che lo separava dall’uscita con il volto<br />

corrucciato, “a questo gli serve il colpevole e io dove lo trovo<br />

il colpevole? Gli devo indicare la pista e quale pista gli indico?<br />

Sono dodici anni che vivo a Bigliano e io manco lo<br />

conoscevo ‘sto Michele Dolce. Se ne stava per i cacchi suoi.<br />

Esce fuori per farsi ammazzare e io gli dovrei dire chi lo ha<br />

ammazzato? Quell’altro stronzo si fa sparare. Per fortuna che<br />

almeno quell’altro non si è fatto ammazzare. Dovevo trovare<br />

due colpevoli e io dove li trovo due colpevoli a Bigliano.<br />

Facessi il maresciallo a Milano, a Roma, a Napoli, sai quanti<br />

colpevoli potrei trovare. Ma qui, a Bigliano, dove li trovo?”.<br />

Mentre Turtino rifletteva a voce bassa, una sagoma<br />

conosciuta attraversava il corridoio in senso contrario.<br />

50<br />

“Buongiorno, maresciallo!”<br />

“Buongiorno, cancelliere!”<br />

Era il cancelliere Galasso di Pietragalla. Turtino lo<br />

aveva incontrato più volte, durante le sue missioni a Potenza.<br />

“Maresciallo, vi vedo sempre più spesso in<br />

tribunale”.


“Purtroppo, cancelliere. Questa mattina mi sono<br />

dovuto svegliare alle cinque per andare a pescare. Alle otto<br />

dovevo essere già a Potenza. De Castro si è messo in testa di<br />

risolvere un caso spinoso che due biglianesi mi hanno<br />

combinato in quattro e quattro otto”.<br />

“E che combinano questi biglianesi?”<br />

“E che possono combinare? Uno si è fatto sparare,<br />

un altro addirittura ammazzare. Quello che si è fatto sparare<br />

lo conosco bene, ma l’altro chi lo ha mai visto?”<br />

“La vita dei marescialli dei piccoli paesi si è fatta<br />

difficile”.<br />

“Potete ben dirlo. Qualsiasi cosa capita, se la deve<br />

vedere il maresciallo. Ammazzano e chiamano il maresciallo,<br />

sparano e chiamano il maresciallo, si sposa un cristiano, che<br />

uno manco conosce, e chiamano il maresciallo, mettono la<br />

corona ai caduti e chiamano il maresciallo. Ditemi, che vita è<br />

questa?”.<br />

“Ve l’ho detto…è dura la vita dei marescialli dei<br />

piccoli paesi”.<br />

“Facessi il maresciallo a Roma o Milano, me ne<br />

starei tranquillo nel mio ufficio e, se proprio capitasse una<br />

cosa brutta, si potrebbe cercare tra tanta gente. Tra tanta<br />

gente un paio di criminali escono sempre. Invece, 'sto giudice<br />

vuole che io, due criminali, li devo trovare a Bigliano”.<br />

“Ma voi fateglielo capire che le indagini sono<br />

difficili, che so io…ditegli che la gente non collabora”.<br />

“Niente, non lo vuole capire. A questo punto, non<br />

mi resta che inventarmi una pista. Il giudice vuole una pista e<br />

io mi invento una pista”.<br />

Il cancelliere annuiva ad ogni frase del maresciallo.<br />

Turtino si sentì confortato.<br />

pensò.<br />

“Almeno ho trovato uno che ragiona in questo tribunale”,<br />

51


Turtino si sentì rinfrancato. Qualche minuto prima,<br />

era uscito dall’ufficio di De Castro con il morale sotto i<br />

tacchi.<br />

"Il sostituto procuratore non apprezza i sacrifici<br />

che ho fatto. La nottata dopo la sparatoria contro Mimmo o’<br />

greco, non ho mangiato per un giorno intero, rinunciando ai<br />

peperoni, che desideravo da una settimana. Ho fatto sacrifici<br />

che De Castro non ha nemmeno preso in considerazione.<br />

Non c'è niente da fare. Il maresciallo é un lavoro con tanti<br />

sacrifici e poche gratifiche. Per fortuna che non manca molto<br />

alla pensione".<br />

Intanto, per evitare che De Castro gli potesse<br />

rovinare gli ultimi anni di servizio, doveva necessariamente<br />

trovare una pista. Fece convocare tutti quelli che<br />

conoscevano Michele Dolce, ad iniziare dai figli, Paolo e<br />

Ernesto, che vennero interrogati lo stesso giorno.<br />

Turtino, che non se la sentiva di tormentarli oltre il<br />

dovuto, evitò di convocarli in caserma.<br />

"Non mi sembra gentile", aveva detto al sostituto<br />

procuratore.<br />

Sarebbe stato lui a incomodarsi e a raggiungerli sui<br />

rispettivi posti di lavoro. Non volle neanche usare la volante<br />

di servizio.<br />

52<br />

"Li raggiungo a piedi".<br />

Incontrò per primo Paolo.<br />

“Mi dovete scusare, ma se fosse stato per me io<br />

non sarei neanche venuto ad incomodarvi. Posso capire bene<br />

come state e partecipo al vostro dolore. Un padre è sempre<br />

un padre. Io persi il mio quando avevo solo quindici anni.<br />

Posso capire la sofferenza che vi accompagna in questo<br />

momento”.<br />

“Siete gentile, maresciallo”, gli rispose Paolo.


Stava selezionando i funghi, che aveva trovato la<br />

mattina. Li divideva per specie e gettava quelli che non gli<br />

sembravano buoni. Turtino gli si era avvicinato. Si era seduto<br />

sulla prima sedia che aveva trovato libera. Per arrivare a casa<br />

di Paolo, aveva dovuto fare una leggera salita e ora ansimava.<br />

Parlava e ansimava.<br />

“Come vi stavo dicendo, il giudice desidera che si<br />

facciano indagini approfondite e voi siete i figli…potete<br />

capire, pertanto, la ragione per cui mi dispiace incomodarvi”.<br />

“Maresciallo, io non capisco. Posso dirvi solo<br />

questo. Non capisco”.<br />

“Cosa non capite? La ragione per cui vi sto<br />

incomodando?”<br />

“No. Non capisco perché sia stato ammazzato un<br />

uomo buono come mio padre, che non faceva male ad una<br />

mosca. Voi non lo avete conosciuto ma chiedete in giro alla<br />

gente che lo ha conosciuto. Un pezzo di pane. Hanno<br />

ammazzato un pezzo di pane”.<br />

“Il problema è proprio questo. Io l’ho detto pure al<br />

giudice. Avessero ammazzato un disgraziato, un delinquente,<br />

io avrei già trovato il colpevole. Il giudice non me lo doveva<br />

nemmeno chiedere. Due giorni e sarei andato io in persona a<br />

Potenza con il colpevole in catena. Glielo avrei portato nel<br />

suo ufficio. Invece, la buonanima di vostro padre era, come<br />

dite voi, una persona buona. E allora tutto diventa più<br />

complicato”.<br />

Paolo.<br />

“Una persona buona non si ammazza”, sospirò<br />

“E voi pensate che ci possa essere stato qualcuno a<br />

cui possa aver dato fastidio la bontà di vostro padre?”<br />

“A lui piaceva stare tranquillo per i fatti suoi, gli<br />

piaceva la terra e gli piaceva godersi l’aria”.<br />

53


“L’aria, ormai, non è più quella di una volta. Non la<br />

sentite la puzza di petrolio?”<br />

“E mio padre si lamentava proprio di quello.<br />

Diceva che non si poteva godere la sua terra. Si metteva<br />

all’aria aperta ma quell’aria, come dite voi, puzzava di<br />

petrolio”.<br />

54<br />

“E aveva pensato di vendersi la terra?”<br />

“Quello no. Se fosse stato per me l’avrei già<br />

venduta ma lui non ne voleva sapere. Niente da fare. La sua<br />

terra era e restava la sua terra. La terra, che il padre gli aveva<br />

dato, non si poteva vendere”.<br />

“E voi l’avreste venduta?”<br />

“Io l’avrei venduta. Non ci avrei pensato neanche<br />

due volte”.<br />

“E il desiderio del padre di vostro padre?”<br />

“Le cose cambiano nella vita, maresciallo: Non<br />

possiamo restare ancorati alle cose che non esistono più.<br />

Ecco, mio padre pensava alle cose che non esistono più.<br />

Mangiava come si mangiava una volta, il pane, il formaggio, la<br />

salsiccia. Si alzava presto perché il padre si alzava presto. La<br />

gente non gli piaceva perché non era più la sua gente”.<br />

“E vostro fratello?”<br />

“Mio fratello è un po’ come mio padre. Gli piace<br />

vivere nelle strettole di Bigliano. Pensa alla gente che c’era una<br />

volta. A volte mi parla di Arnaldo o’ scarparo e di Peppino di<br />

Scumaredda. Voi sapete chi sono?”.<br />

“Io sono a Bigliano da dodici anni. Non me li<br />

posso ricordare. Io, come vi dicevo, non mi ricordavo bene<br />

nemmeno di vostro padre”.<br />

“Lui se ne stava nella sua terra. Era la sua vita. La<br />

terra gliela aveva dato il padre”.


“Si dice anche che avesse avuto una buona eredità<br />

negli ultimi tempi?”<br />

“No, maresciallo. Si tratta di una piccola cosa, un<br />

uliveto a Montegiro con una piccola casetta”.<br />

“Solo un uliveto con una casetta?”<br />

“E cosa vi immaginavate? Se pensate alle questioni<br />

di eredità, ve lo dico subito, non c’era niente di che”.<br />

Il maresciallo Turtino abbozzò un sorriso. I<br />

movimenti di Paolo erano lenti, quasi maniacali per quanto<br />

sembrassero studiati.<br />

“Altre cose non ve ne vengono in mente?”<br />

“Ve l’ho detto subito. Io non capisco. Solo questo<br />

vi poso dire, non capisco. Chiedete a mio fratello. Forse lui<br />

capisce le cose che io non ho capito”.<br />

Il maresciallo Turtino abbozzò ad un secondo<br />

sorriso. L'odore dei funghi freschi, appena colti, impregnava<br />

l'aria. L'uomo, che aveva di fronte, gli faceva tenerezza. Lo<br />

osservava, mentre selezionava i funghi e pensava al dolore<br />

che avesse nell'anima. Il fiatone gli era passato. Non ansimava<br />

più. Si fece porgere un bicchiere d'acqua, che bevve tutto d'un<br />

fiato. Si passò il dorso della mano sulla bocca per togliersi le<br />

poche gocce d'acqua, rimaste appiccicate sui baffi. Si alzò<br />

dalla sedia e si avviò verso l'uscita.<br />

Paolo, che durante la conversazione aveva<br />

continuato a selezionare i funghi, alzò il capo.<br />

"Rimane l'assenza, maresciallo".<br />

"Quella rimarrà per sempre", rispose il maresciallo<br />

Turtino si ritrovò sull'apice della strada, che aveva<br />

percorso per raggiungere Paolo. La bottega di Ernesto non<br />

era lontana. Avrebbe dovuto svoltare sulla destra e infilarsi<br />

nella strettola, che porta al castello. Cinque minuti e sarebbe<br />

arrivato.<br />

55


56<br />

"Non l'ho avvisato. Chissà se riesco a trovarlo".<br />

Paolo aveva descritto il padre come un uomo<br />

buono, tradizionale, attaccato alla terra.<br />

"Cosa dirà Ernesto?"<br />

Dei due figli, Ernesto era il più sensibile, secondo<br />

le voci del bar di Ciaramella.<br />

“Dopo il lavoro, si ferma nel bar. Lo vedo di tanto<br />

in tanto, ma non conosco le sue abitudini”, dichiarò<br />

Ciaramella.<br />

Turtino aveva fatto chiedere in giro informazioni.<br />

“Come tutti sanno, Michele non faceva molta vita<br />

sociale e non aveva un giro di amicizie molto ampio”.<br />

All'appuntato Scapagnin avevano, comunque,<br />

riferito una notizia importante.<br />

"Tiene una certa amicizia con una femmina della<br />

Romania".<br />

"Lei la conosce?" Chiese Scapagnin a Mario<br />

Settembrino.<br />

"È una badante rumena, che io stesso ho segnalato<br />

a Mimmo o' greco per prendersi cura della madre".<br />

"Una badante?"<br />

"Una badante che non badava soltanto alla madre<br />

di Mimmo o' greco. Badava anche ad un uomo di campagna".<br />

"Cosa intende dire?"<br />

"Che la rumena era la commara dell'uomo di<br />

campagna. O' muorto stava in campagna. Fate voi i conti",<br />

concluse maliziosamente Mario.<br />

L'appuntato Scapagnin, che era nato a Segusino,<br />

nella provincia di Rovigo, non conosceva le nuances


linguistiche biglianesi. Interpretò il termine commara come<br />

comare e la riferì al maresciallo Turtino.<br />

"Il Settembrino Mario ha dichiarato, sotto forma di<br />

confidenza al sottoscritto, che l'uomo ritrovato nel cantiere<br />

avesse un'amicizia con una sua comare. Il Settembrino faceva<br />

una faccia strana quando lo dichiarava. Francamente, io<br />

maresciallo non vi trovo nulla di male. Lei cosa ne pensa?"<br />

Il maresciallo lo aveva guardato sconsolato.<br />

"Scapagnin, dalle tue parti le commare non<br />

esistono?"<br />

"Certo che esistono, maresciallo. Io vado sempre a<br />

trovare la Pina, la mia comare di battesimo".<br />

"Scapagnin, Scapagnin, mi fai disperare. Sei sicuro<br />

che il Settembrino abbia detto comare e non commara?"<br />

"Mi faccia pensare, maresciallo".<br />

"Pensa, pensa, Scapagnin".<br />

"Ecco, sembra che lei abbia ragione, maresciallo.<br />

Pensandoci mi viene in mente il termine commara".<br />

Turtino, giunto nei pressi della bottega di Ernesto,<br />

pensava alle confidenze raccolte da Scapagnin.<br />

“Con Paolo ho preferito non parlarne. E con<br />

Ernesto?”<br />

Lui frequentava il bar di Ciaramella e<br />

probabilmente era a conoscenza delle dicerie che<br />

riguardavano suo padre.<br />

“Mi regolerò nel corso della conversazione”.<br />

La bottega di Ernesto era aperta e l'uomo si<br />

trovava regolarmente al lavoro. Non c'era bisogno di bussare<br />

perché la porta era spalancata. Turtino entrò. Si mise<br />

immediatamente alla ricerca di una sedia ma in quella bottega<br />

di sedie libere non ce n'erano. Su una era appoggiata una<br />

57


piccola scarpiera da restaurare. Sull'altra, invece, alcuni<br />

attrezzi. Si guardò intorno. Oltre a non trovare una sedia<br />

libera, non trovava neanche Ernesto. Dopo pochi secondi, lo<br />

vide sbucare sulla porta.<br />

lavoro".<br />

58<br />

"Ero andato a prendere un caffè da Concetta".<br />

"Fate con comodo", rispose Turtino.<br />

"Già fatto, maresciallo. Un bel caffè e mi rimetto al<br />

"E chi è Concetta?" Chiese incuriosito il<br />

maresciallo.<br />

"Ma come, maresciallo, non conoscete Concetta, la<br />

figlia di Nuccia che faceva i servizi a casa di Luigi Parente?"<br />

"Concetta, la figlia di Nuccia? E chi non la<br />

conosce. Che bella fimmina. Beato voi che avete venti anni. Se<br />

ce li avessi io venti anni e chi ci starebbe in caserma?"<br />

"Bella fimmina. Dite bene, maresciallo. Però, tiene<br />

troppi grilli per la capa".<br />

"Non vi piace?"<br />

"Mi piace, mi piace. Il problema è che io no piaccio<br />

a lei. Tiene troppi grilli per la testa. Vuole gli uomini ricchi e<br />

belli".<br />

bello".<br />

"E voi non lo siete?"<br />

"Mi prendete per il culo? Io non sono né ricco, né<br />

"E i soldi di papà?"<br />

"Quali soldi? La terra non la voleva vendere, la casa<br />

che può valere?"<br />

"Si poteva vendere la terra. Quella vale o no?"<br />

"Vale perché c'è il petrolio sotto ma lui non se la<br />

voleva vendere".


"E voi non gliela avete detto?"<br />

"Per carità. La terra non si vende. Paolo se la<br />

sarebbe venduta ma io no".<br />

"Ma così vi potevate sposare a Concetta?"<br />

"Concetta è gentile, mi offre il caffè ma…"<br />

"Ma ora la terra ve la potete vendere".<br />

"No, quella non si tocca", disse Ernesto, che<br />

aggiunse, "maresciallo, ancora non mi avete detto a cosa<br />

debbo l'onore della vostra visita".<br />

"Queste non sono visite d'onore", rispose Turtino.<br />

"Posso immaginarlo".<br />

"Sono stato anche a casa di vostro fratello. Questa<br />

matassa è intricata e io la devo sbrigliare".<br />

"Dovete sbrogliarla, maresciallo. Non si ammazza<br />

la gente così".<br />

"Così come?"<br />

"Come è stato ammazzato mio padre. In un<br />

cantiere".<br />

"E come fate a sapere che vostro padre è stato<br />

ammazzato in un cantiere?"<br />

"Beh, l'hanno trovato lì".<br />

"Potrebbe anche non essere stato ammazzato nel<br />

cantiere. Magari lo hanno ucciso da un'altra parte e poi<br />

portato al cantiere".<br />

idea?"<br />

"E perché proprio al cantiere? In quel cantiere?"<br />

"Questo vorrei saperlo anch'io. Avete qualche<br />

"Io? E che idee ne posso avere io?"<br />

"Si tratta di una semplice domanda".<br />

59


60<br />

"E io vi rispondo che non ne posso sapere niente".<br />

"Forse vostro padre conosceva il commendatore<br />

Moreno?"<br />

"Può darsi".<br />

"Non lo sapete con certezza?"<br />

"Io non posso sapere niente con certezza. Ora<br />

sono uscite tante cose su mio padre. È inutile che lo tenga<br />

segreto, tanto prima o poi verrebbe a saperlo".<br />

"A cosa vi riferite?"<br />

"Beh, la storia con la rumena. Si dice anche questo<br />

di mio padre. Posso assicurarvi che non è vero. Mio padre<br />

voleva bene a mia madre e mai e poi mai l'avrebbe tradita".<br />

Ernesto parlava con un fiume in piena. Il<br />

maresciallo ascoltava.<br />

"Poi con una rumena, figuratevi, maresciallo. Mio<br />

padre era una persona seria".<br />

"Nessuno lo mette in dubbio".<br />

"Appunto! Nessuno lo mette in dubbio. Mio padre<br />

è stato ucciso due volte. La prima volta nel corpo, la seconda<br />

nell'anima. E con mio padre stanno cercando di ammazzare<br />

anche mia madre. E ora, abbiate pazienza…tengo da<br />

lavorare".<br />

Ernesto apparve visibilmente alterato. Prese il<br />

martello, appoggiato su una delle due sedie e lo batté<br />

nervosamente sopra un pezzo di legno, il primo che si trovò<br />

davanti.<br />

“Non è il caso di insistere”, pensò Turtino.<br />

I due fratelli avevano reagito diversamente. Paolo<br />

con calma, Ernesto, invece, con tutta la rabbia che aveva in<br />

corpo.


La costituzione della Repubblica federale socialista della<br />

Jugoslavia di Gian Galeazzo Standardo<br />

L’omicidio di Michele Dolce ebbe risalto a livello<br />

regionale. Se ne occuparono non solo i giornali, ma anche la<br />

televisione. In particolare, il quotidiano della Lucania affrontò<br />

la vicenda per ben sedici giorni di seguito. Comparvero<br />

articoli dalla prima alla settima pagina. Inizialmente, in prima<br />

pagina, in seguito, gli articoli scivolarono progressivamente<br />

verso la settima. L’ultimo articolo non si poteva neanche<br />

definire tale. Si trattava di un semplice trafiletto che metteva il<br />

punto finale sulla vicenda, almeno fin quando non si fossero<br />

presentati sviluppi importanti.<br />

Il caporedattore della televisione regionale decise di<br />

affidare il caso a Rocco Verrastro.<br />

“Non sembra una questione politica. Può essere<br />

affidata a un cane sciolto”.<br />

Non ci sarebbero stati politici da riverire che si<br />

potessero risentire.<br />

“Verrastro conosce già il territorio di Bigliano e sa<br />

come muoversi in quell’ambiente. Ha contatti e può<br />

raccogliere informazioni più agevolmente di altri”.<br />

Era reduce da un memorabile servizio sulla fiera<br />

del mobile di Matera. Aveva girato i padiglioni per cogliere<br />

tutte le novità del settore. Si era particolarmente soffermato<br />

sugli accessori, utili anche per arredare la sua casa, sempre<br />

perennemente in disordine. Non era ancora sposato, benché<br />

fosse stato più volte ad un passo dal matrimonio.<br />

La prima volta che corse il rischio di sposarsi aveva<br />

venticinque anni ed era fidanzato da due con una ragazza di<br />

Pontremoli, conosciuta all’Università di Pisa. La ragazza, di<br />

nome Gisella, aveva colpito Rocco per la sua vita,<br />

apparentemente misteriosa. Si erano incontrati per la prima<br />

volta al corso di diritto costituzionale comparato. Il loro<br />

61


sguardo si incrociò, mentre il professore Gian Galeazzo<br />

Standardo aveva appena iniziato a parlare della costituzione<br />

della Repubblica socialista federale della Jugoslavia del 1974.<br />

“In seguito alle tensioni interne, dovute al<br />

nazionalismo dei croati e alle tendenze liberali dei serbi, venne<br />

introdotto il diritto dei popoli costitutivi di staccarsi dalla<br />

federazione. Tale diritto non era previsto per le minoranze e<br />

per le province autonome”.<br />

Rocco rimase colpito e si girò verso la sua destra<br />

per verificare che anche altri avessero provato il suo stesso<br />

sentimento. Nessuno lo aveva seguito in quello sguardo di<br />

sorpresa, se non una ragazza seduta vicino la finestra. Ci fu<br />

un leggero cenno d’intesa, al quale Rocco non diede<br />

importanza. Finita la lezione, la ragazza si avvicinò a Rocco<br />

per commentare l’impossibilità per le province autonome di<br />

potersi separare, nel caso lo avessero voluto.<br />

62<br />

“Non mi sembra giusto”, gli disse.<br />

“Assolutamente!” Le rispose Rocco, “si tratta di un<br />

sopruso che nel tempo potrebbe produrre diversi problemi”.<br />

Per qualche minuto parlarono di Jugoslavia, poi si<br />

diressero verso l’uscita. Fecero ancora qualche passo insieme<br />

e si separarono. Rocco, tornando verso la casa dello studente,<br />

si fermò a comprare delle pile per il suo walkman. Uscendo<br />

dal negozio, pensò ancora a Gisella e alla discussione che<br />

avevano avuto. Intanto, un pensiero prepotente si stava<br />

insidiando nella sua mente, che avrebbe definitivamente<br />

scacciato dalla sua mente la ragazza, conosciuta all’università.<br />

“La Roma gioca la semifinale di coppa Italia contro<br />

la Sampdoria”.<br />

Rocco che tifava per la Roma ricordò di aver preso<br />

appuntamento con Gino Lavanga.<br />

“Ci vediamo al bar Belpasssi, vicino Piazza dei<br />

Miracoli”.


Durante la partita, però, ci pensò ancora due volte.<br />

La prima volta fu verso il ventesimo del primo tempo, in<br />

occasione di un calcio d’angolo battuto da Bruno Conti; la<br />

seconda nell’intervallo della partita, quando, parlando, con<br />

Gino Lavanga, spiegò l’articolo della costituzione jugoslava,<br />

che non riconosceva il diritto di recesso alle province<br />

autonome ed alle minoranze. Poi, non pensò più a Gisella, la<br />

ragazza di cui non conosceva ancora il nome.<br />

Nei giorni successivi la incontrò più volte.<br />

“Mi piace il timbro della tua voce”.<br />

"Il timbro della mia voce?"<br />

"Si. Il timbro è capace di rivelare il carattere delle<br />

persone".<br />

"Non ci credo".<br />

"Fai caso al timbro. Le persone tranquille hanno un<br />

timbro grave, pacato che infonde calma. Quelle agitate lo<br />

hanno acuto".<br />

"Io sarei agitata, quindi?"<br />

"Vivace, direi".<br />

"Hai già cambiato idea?".<br />

"Beh, quelle agitate sono anche vivaci".<br />

Risero entrambi ed esattamente un anno e due mesi<br />

dopo la discussione sulla costituzione jugoslava, si<br />

fidanzarono ufficialmente.<br />

Rocco chiese a Gisella di seguirlo a Potenza per<br />

presentarla ai genitori. Poco alla volta, però, si allontanarono<br />

e Rocco rimase solo.<br />

La confidenza del maresciallo a riposo De Stefano<br />

63


“È un precisino che ha l’abitudine di studiare nei<br />

dettagli i casi di cui si deve occupare”, diceva di lui il<br />

caporedattore.<br />

Verrastro preparò un servizio articolato non solo il<br />

giorno della scoperta del cadavere nel cantiere ma anche il<br />

giorno successivo ed il giorno del funerale. Trattò la notizia in<br />

maniera neutra, come si conviene ad un caso di cronaca nera.<br />

Nel servizio, andato in onda il giorno del funerale, fece<br />

riferimento alle indagini.<br />

“Nessun passo in avanti, nonostante siano trascorsi<br />

diversi giorno dall’omicidio”.<br />

Il procuratore capo pretese spiegazioni da De<br />

Castro che, a sua volta, le pretese da Turtino.<br />

64<br />

“Maresciallo, domani ti voglio a Potenza”.<br />

Verrastro, invece, telefonò a De Stefano per<br />

raccogliere ulteriori informazioni.<br />

“Maresciallo, mi dica qualcosa su Michele Dolce.<br />

Che tipo era?”<br />

“Era un uomo a cui piaceva stare per i fatti suoi.<br />

Gli piaceva la campagna. Non compariva molto in paese”.<br />

“E perché l’avrebbero ammazzato? Chi poteva<br />

avercela con lui, tanto da desiderarne la morte?”<br />

“Per ora si tratta di un mistero”, affermò il<br />

maresciallo a riposo, che poi, senza attendere altre domande<br />

da parte del giornalista, aggiunse, “l’unica voce che gira in<br />

paese è di una presunta amicizia di Michele Dolce con una<br />

badante rumena”.<br />

A Bigliano, da qualche tempo, viveva una comunità<br />

di rumeni, composta soprattutto da donne, che si occupavano<br />

degli anziani del paese. Prendevano poco più di 500 euro al<br />

mese. Non era tanto, ma a loro bastavano.


“A Bigliano possono guadagnare cinque volte di<br />

più che in Romania. Hanno lasciato mariti e figli e si sono<br />

trasferite”.<br />

"Maresciallo, si tratta dell'unica pista credibile.<br />

Sembra che Michele Dolce non abbia mai fatto niente per<br />

farsi notare".<br />

"Io stesso lo ricordo con difficoltà. Ogni tanto<br />

saliva in paese ma la sua vita la spendeva in campagna".<br />

di anni".<br />

"Quando lo ha visto l'ultima volta?"<br />

"Fammi pensare…"<br />

"Un mese fa? Due, tre?"<br />

"No, no, Rocco…si tratta di anni. Almeno un paio<br />

"Anni?"<br />

"Si faceva vedere raramente. Non saliva in paese<br />

neanche per la festa della Madonna. Se ne stava nel suo<br />

rifugio e nessuno lo vedeva".<br />

"E chi ha tirato fuori 'sta storia con 'sta rumena?"<br />

"Chiacchiere del bar di Ciaramella".<br />

"Pettegolezzi?"<br />

"E chi può dirlo? Da Ciaramella si dice tutto e il<br />

contrario di tutto. A volte ci si azzecca, a volte no".<br />

"E voi che pensate?"<br />

"Che per il momento è l'unica possibilità che<br />

abbiamo per cercare di capire quello che è successo".<br />

“Allora dobbiamo seguire questa pista, a<br />

prescindere dalla provenienza della donna".<br />

"Che si tratti di una rumena?"<br />

65


"Non guardi a questa situazione in maniera<br />

ideologica. Verifichiamo come avremmo verificato qualsiasi<br />

altra circostanza”.<br />

“Non ti preoccupare, Rocco. Mi muoverò come ho<br />

sempre fatto".<br />

“Presto verrò a Bigliano per fare il punto della<br />

situazione", concluse Verrastro.<br />

"Spero di vederti presto. Ti farò bere il vino<br />

nuovo”, gli rispose De Stefano.<br />

Il maresciallo a riposo si mise subito al lavoro. La<br />

sera stessa in cui parlò al telefono con Verrastro studiò un<br />

piano che potesse funzionare.<br />

“Non posso rivolgermi direttamente a Turtino per<br />

appurare le circostanze riferite dalle malelingue di Bigliano”.<br />

Si trattava, infatti, di materiale che poteva essere<br />

utile alle indagini in corso e, come tale, non sarebbero state<br />

certamente divulgate. Il maresciallo le avrebbe riferite solo nel<br />

caso non fossero state utili alle indagini ma in quel caso non<br />

sarebbero state utili neanche a lui, ne tantomeno a Rocco<br />

Verrastro.<br />

“Occorre seguire una pista meno scontata e più<br />

difficile. Come fare? Da chi informarsi?”<br />

Era questo il dilemma che accompagnò la notte del<br />

maresciallo a riposo. Non chiuse occhio fino all’una e<br />

trequarti, poi venne sopraffatto dalla fatica e dovette<br />

rassegnarsi al sonno. Ci avrebbe pensato il mattino seguente a<br />

trovare la soluzione.<br />

I fiori di loto di Antonietta<br />

Il sonno del maresciallo a riposo venne<br />

improvvisamente interrotto dalle urla di Celentano. Erano le<br />

66


sette del mattino di un martedì qualsiasi e un camioncino di<br />

colore rosso, con il telone sollevato nella parte posteriore, si<br />

aggirava per le strettole di Bigliano.<br />

“'A frutta…'a frutta fresca…”, urlava il conducente<br />

del camioncino rosso con il telone sollevato.<br />

Poi aspettava qualche secondo e urlava di nuovo,<br />

“'a verdura…'a verdura fresca”.<br />

Si fermava e riprendeva, scivolando lungo i vicoli<br />

con un andamento talmente lento che lo si poteva superare<br />

anche procedendo tranquillamente a piedi. Quando<br />

incontrava degli spiazzi, invece, si fermava.<br />

Il conducente del camioncino rosso con il telone si<br />

chiamava Celentano. Sarebbe più esatto dire che a Bigliano lo<br />

conoscevano come Celentano, per via delle canzoni, che il<br />

suo altoparlante trasmetteva ininterrottamente per attirare<br />

clienti. Era una forma di pubblicità sonora ante litteram, che<br />

aveva una sua efficacia.<br />

Aveva un meraviglioso orto nella campagna di<br />

Montegiro, che curava insieme alla madre.<br />

"L'orto produce in ogni periodo dell'anno. D'estate,<br />

melanzane, zucchine, pomodori e peperoni. D'inverno cavoli<br />

e broccoli".<br />

Con il passare del tempo, erano aumentati i clienti e<br />

Celentano aveva preso l’abitudine di comprare la roba dagli<br />

altri produttori della zona. La rivendeva andando a bussare<br />

alla porta dei biglianesi, scivolando lungo le strettole.<br />

Ogniqualvolta doveva mettere in evidenza un prodotto<br />

specifico, citava il nome del produttore e la zona di<br />

provenienza, come label di qualità.<br />

“I peperoni…i peperoni di Giacinto senza 'na mano; le<br />

melanzane…le melanzane di Margherita di Peppinella; i fagioli…i<br />

fagioli di o' sarconese”.<br />

67


Celentano raggiungeva i suoi clienti fin dentro<br />

l'uscio di casa. Molti di loro li conosceva e, quando non li<br />

vedeva arrivare all'appuntamento con il suo camioncino<br />

rosso, con il telone sollevato, li chiamava.<br />

“Antonietta, ti ho raccolto li cachini freschi,<br />

freschi…vieniteli a piglià…Antonié…li cachini, li cachini…conservati<br />

freschi, freschi apposta per te”.<br />

Chiamava anche la moglie di De Stefano, quando<br />

giungeva nei pressi della casa del maresciallo a riposo.<br />

“Signora Rosa, l’uva di Michele Dolce, acini piccoli<br />

e grossi… l'uva come piace a voi e come piace al<br />

maresciallo”.<br />

De Stefano ricordava di aver sentito Celentano<br />

citare l'uva di Michele Dolce, che sua moglie aveva comprato.<br />

"Sarebbe opportuno fare una chiacchierata con<br />

lui", pensò.<br />

Celentano, però, da qualche mese era scomparso<br />

dalle strettole di Bigliano.<br />

“Qua nessuno vole più le melanzane, nessuno vole i<br />

pomidori e…sangue de lu ciuccio…nisciuno vole cchiù niente. La gente<br />

si compra la rroba dove trova più convenienza. Ma ‘sta gente sape che<br />

rroba si piglia?”<br />

Diceva sempre le stesse cose, come un disco<br />

incantato sullo stesso giro, "non c'é più mercato e la gente<br />

ormai preferisce comprare la frutta e la verdura nei<br />

supermercati".<br />

Sul principio degli anni novanta erano stati aperti<br />

due supermercati, diventati sempre più grandi.<br />

Appartenevano a Gino Linzalata, figlio di Peppe senza<br />

giacchetta. I biglianesi li preferivano a Celentano.<br />

"Il problema é che Celentano vende solo la frutta e<br />

la verdura, mentre nel supermercato di Gino si può fare la<br />

spesa anche per una settimana intera".<br />

68


Anche il negozio di Lucia non faceva gli affari di<br />

una volta.<br />

"Non è servito a niente spostarsi dalle strettole al<br />

corso principale".<br />

C'erano stati vantaggi nel breve periodo, ma il<br />

supermercato di Gino aveva sconvolto le scelte strategiche<br />

fatte da Lucia.<br />

Lucia.<br />

Ai biglianesi non interessava né di Celentano, né di<br />

"Peggio per loro se non riescono ad essere<br />

competitivi".<br />

I prezzi proposti dai supermercati di Gino<br />

Linzalata erano molto più interessanti.<br />

“Anche la varietà dei prodotti é superiore.<br />

Celentano é stato capace di offrire solo le mele provenienti<br />

dal suo orto, mentre Gino fa arrivare le mele addirittura dal<br />

Kenia e per giunta senza buchi”, disse ‘A bionda, alla moglie<br />

di Pinuccio di Gina.<br />

"È il segno della modernità".<br />

Per via dei cambiamenti strutturali in atto, sarebbe<br />

stato inutile attendere Celentano in paese.<br />

"Vado a trovarlo in campagna per scambiare<br />

quattro chiacchiere", decise De Stefano.<br />

Lo fece un venerdì pomeriggio, approfittando dei<br />

primi raggi di sole, che sembravano anticipare la primavera.<br />

Non indossò il cappotto ma un maglione di lana sotto la<br />

giacca. Si fece portare alla masseria di Celentano da Mario<br />

Settembrino, che aveva la sua vigna nella stessa contrada.<br />

Dopo aver salutato Mario, si diresse in direzione<br />

della masseria. Percorse il viale alberato, che lo separava<br />

dall'orto, lentamente. Stava per aprire il cancello, quando<br />

69


improvvisamente fece retromarcia. "Roba da mette' le<br />

mutande a 'nu ciuccio", esclamò.<br />

Tirò verso di sé velocemente il cancello. Iniziò a<br />

tossire come se gli fosse venuta l'asma.<br />

70<br />

"Roba da mette' le mutande a 'nu ciuccio", ripeté.<br />

Aveva fatto alcuni passi in avanti ma un enorme<br />

cane bianco gli era venuto incontro e lo aveva obbligato a<br />

rinculare. Se non fosse stato tanto rapido da chiudere il<br />

cancello, se lo sarebbe ritrovato addosso.<br />

"Sembra nu' cane amaro", ripeteva tra sé e sé, mentre<br />

ansimava per la paura e per la corsa.<br />

"A cuccia, Rodrigo", sentì urlare da lontano.<br />

"Celentà?" Esclamò De Stefano.<br />

"Chi è?"<br />

"Il maresciallo De Stefano".<br />

"Rodrigo, non mozzicà o' maresciallo", disse<br />

Celentano.<br />

"Celentà, ma che te ne fai di 'sto cane amaro?"<br />

"Eh, marescià, qui non si sta più tranquilli come si<br />

stava 'na vota".<br />

“Non si sta tranquilli da nessuna parte”<br />

“Eh no, marescià, non è questo che volevo dire.<br />

Qui davvero non si sta più come ‘na vota”.<br />

“'Sto cane amaro a questo ti serve…”.<br />

De Stefano fece l’osservazione sul cane, mentre<br />

Rodrigo se ne stava accucciato ai piedi del padrone.<br />

“'Sto cane amaro, come dite voi, mi fa compagnia.<br />

Non può fare altro”.


cane”.<br />

“E che dovrebbe fare, Celentà? Questo è solo un<br />

“Lo so, lo so”, sospirò Celentano, “succedono cose<br />

strane da un po’ di tempo a 'sta parte. Sapete che l’altra sera<br />

hanno appicciato o’ fuoco al fienile di o’ sarconese?”<br />

“Ho sentito, ho sentito…”, rispose De Stefano<br />

che, in realtà, non era al corrente della notizia. Dovette<br />

pensare che sarebbe stato poco professionale mostrarsi<br />

all’oscuro di un fatto importante come l’incendio di un fienile.<br />

Sarebbe andato a discapito della sua reputazione.<br />

“Anche l’omicidio di Michele Dolce è un fatto<br />

strano”, fece notare De Stefano.<br />

“Ah, questo non lo so. Io conoscevo Michele<br />

perché mi dava l’uva, buona…ottima, anzi. Per il resto non ci<br />

avevo molto a che fare. Michele se ne stava per i fatti suoi.<br />

Era un solitario. Ogni tanto parlavamo, dell’uva, del vino,<br />

della terra. Lui si lamentava. Non gli piaceva più niente. Non<br />

gli piacevano come andavano le cose".<br />

cose?"<br />

"E perché non gli piacevano come andavano le<br />

"Perché? Me lo chiedete pure…"<br />

"Non te lo posso chiedere?"<br />

"Aveva ragione, Michele!".<br />

"Le cose non vanno bene?<br />

"Marescià, ma dove pensate di vivere? Non vi<br />

rendete conto voi stessi dello schifo che c'è in questo paese?"<br />

De Stefano non rispose. Sospirò, dopo qualche<br />

secondo, aggiunse.<br />

"Era lui che ti forniva l'uva?"<br />

"A Bigliano l’uva di Michele Dolce andava per<br />

nominata”.<br />

71


72<br />

“Celentà, lo devi dire a mia moglie”<br />

“Ma vostra moglie lo sa più di tutti”.<br />

“Ricordo, ricordo”.<br />

“E io ricordo quando la chiamavo, signora Rosa, l’uva<br />

di Michele…e subito la signora correva. Salutatemela quando<br />

tornate a Bigliano. Io, ormai, in paese non ci metto più piede.<br />

La gente non compra più niente. Dicono che, al<br />

supermercato di Gino Linzalata, la frutta costa di meno”.<br />

"Non te la devi prendere, Celentà. È la modernità.<br />

Pure a noi marescialli ci hanno fatto passare di modo. Guarda<br />

la televisione…solo commissari, ispettori…persino<br />

sovrintendenti ma marescialli, come quelli di una volta,<br />

neanche a sentirne parlare".<br />

"Ma almeno voi riuscite a campare con la pensione.<br />

Noi che prospettive abbiamo? Morire o partire. Come si facìa<br />

'na vota".<br />

"Tu l'hai conosciuto a Gina Linzalata?" Chiese De<br />

Stefano a Celentano.<br />

La loggia di Gino Linzalata<br />

Gino Linzalata era nato a Brighton il 29 marzo di<br />

un anno non ben precisato. Primo di quattro figli (due maschi<br />

e due femmine) di Peppe senza giacchetta, di mestiere<br />

ristoratore, e di Dee May.<br />

Di padre italiano e di madre inglese, Gino<br />

costituiva una miscela perfetta di pregi e difetti anglo-italiani.<br />

Degli inglesi aveva lo stile, sebbene la sua provenienza<br />

familiare non fosse proprio l'upper class. Degli italiani aveva la<br />

capacità di cadere sempre in piedi come i gatti, anche quando<br />

precipitava da cime elevate. Dalla sua origine paterna aveva<br />

anche ereditato la passione per la birra e per le sbronze.


Neanche i continui soggiorni italiani gli avevano fatto<br />

preferire il vino alla birra.<br />

Peppe senza giacchetta era uno di quelli che aveva<br />

fatto come si facia 'na vota. Era emigrato in Inghilterra negli anni<br />

cinquanta.<br />

"Lo chiamavano senza giacchetta perché era<br />

emigrato in Inghilterra senza avere neanche i soldi per<br />

comprarsi una giacca", spiegò Celentano.<br />

A Brighton, però, aveva fatto fortuna.<br />

"Dapprima una pizzeria, poi un ristorante".<br />

Il figlio Gino aveva studiato in una public school a<br />

Brighton e aveva frequentato l'università del Sussex. A tempo<br />

perso aveva fatto l'aiuto fotografo in occasione dei<br />

matrimoni.<br />

"Gino aveva la doppia cittadinanza, inglese e<br />

italiana. Per questa ragione qualche giorno prima il<br />

compimento dei diciotto anni gli arrivò la cartolina verde dal<br />

ministero della difesa. Il viaggio dall'Inghilterra all'Italia era a<br />

spese del ministero e Gino ne approfittò per venire in Italia e<br />

salutare i nonni materni, che aveva visto nella sua vita solo<br />

due volte. Venne giudicato abile e arruolato, ma non si<br />

presentò il giorno in cui venne effettivamente chiamato a<br />

svolgere il servizio di leva. Ecco, questo per farvi capire chi è<br />

Gino Linzalata", disse Celentano a De Stefano.<br />

L'anno che avrebbe dovuto passare in caserma,<br />

invece, lo impiegò per fare un salto di qualità nella sua attività<br />

e da assistente divenne socio del prestigioso studio legale<br />

londinese, in cui lavorava da qualche anno. Smise di fare<br />

fotografie ai matrimoni.<br />

"Facìa l'avvocato ma parallelamente iniziò ad<br />

impegnarsi nell'edilizia, acquistando un terreno in Elisabeth<br />

Street a Brighton, grazie alle garanzie fornitegli da un amico<br />

di suo padre, che gli procurò anche un socio, il costruttore<br />

73


Adelmo Ferramosca, italiano di origine ma inglese di<br />

adozione".<br />

74<br />

Nacque la società Linzalata & Ferramosca.<br />

"Qualche anno dopo, aprì un cantiere nella vicina<br />

cittadina di Hove per costruire il primo condominio, senza<br />

riuscire a vendere un solo appartamento. Improvvisamente,<br />

non si sa come, riuscì a cederlo per intero ad una società<br />

pubblica".<br />

Nel frattempo, Gino si sposò con Elvira Casati,<br />

che aveva conosciuto a Brighton in un pub irlandese la sera<br />

del 17 marzo. Elvira, giovane laureata in economia aziendale,<br />

si trovava a Brighton per approfondire le sue conoscenze di<br />

inglese. Era giunta tre settimane prima del 17 marzo con un<br />

volo della British Airways, in partenza da Milano Linate a<br />

destinazione di Londra Gatwick. Il volo durò poco più di<br />

un'ora e trenta minuti e, sebbene fossero partiti con ventidue<br />

minuti di ritardo, riuscirono a sbarcare in orario. Quando<br />

Elvira decise di tornare in Italia, già sapeva di essere<br />

innamorata di Gino, benché ancora non avessero pronunciato<br />

nessuna frase che facesse pensare ad un impegno di lungo<br />

corso. Avevano già fatto l'amore e decisero che sarebbero<br />

rimasti in contatto. Dopo la partenza di Elvira, Gino avvertì<br />

un senso di vuoto. Già durante la seconda telefonata, decisero<br />

che non si sarebbero più lasciati. Si sposarono un anno e<br />

mezzo dopo in una fastosa cerimonia a Milano. Elvira era di<br />

ottima famiglia e Gino faceva un buon affare.<br />

Il maresciallo De Stefano aveva letto sul giornale<br />

che le holding di Gino erano state alimentate da denaro di<br />

dubbia provenienza.<br />

"L'anno dopo il matrimonio, Gino ricevette<br />

duecento milioni di sterline al valore corrente, di cui almeno<br />

una ventina in contanti".<br />

Erano gli anni in cui in Inghilterra si stava<br />

affermando il partito laburista del futuro premier Henry


Smith e nessuno riuscì a spiegare dove la società Linzalata &<br />

Ferramosca avesse recuperato le risorse.<br />

"Il mistero dei soldi arrivati all'improvviso,<br />

costituiscono un buco nero nella vita di Gino Linzalata, ma<br />

nessuno di quelli che gli sta vicino ha mai voluto parlarne".<br />

"Tene mille segreti 'sto Gina Linzalata", osservò<br />

Celentano.<br />

"Un altro buco nero è stata la sua presunta<br />

affiliazione alla loggia Seven", rincarò la dose De Stefano.<br />

Si trattava di un'associazione a carattere europeo,<br />

segreta ed occulta, scoperta per caso all'inizio degli anni<br />

ottanta da un giudice spagnolo. Il gran maestro venne<br />

arrestato, ma Gino uscì completamente indenne dalla<br />

vicenda.<br />

"L'aspetto misterioso non consiste tanto<br />

nell'associazione alla loggia, quanto nei misteriosi<br />

finanziamenti, che gli sono piovuti addosso".<br />

Quando la Loggia venne scoperta e dichiarata<br />

fuorilegge Linzalata disse ai giudici che lui nemmeno<br />

ricordava di avervi aderito.<br />

“Pensavo si trattasse di un club in cui si potesse<br />

giocare a ramino nelle fredde sere d'inverno”.<br />

Riferì al giudice spagnolo che, nello stesso periodo,<br />

aveva aderito anche ad altre tredici associazioni, tra cui una<br />

per leggere i libri di Jane Austin, una per discutere di<br />

trascendente e un'altra che riuniva gli amanti del roller ball.<br />

“Lei è capace di pattinare”, gli chiese il giudice.<br />

"Non ne sono capace, purtroppo. Mi piacerebbe,<br />

però," gli rispose Gino.<br />

“Non sa pattinare, dunque?”<br />

“Non mi sembrava corretto rifiutare un invito a far<br />

parte di un'associazione".<br />

75


Aggiunse che lo stesso metodo aveva adottato<br />

quando gli chiesero di far parte della Loggia Seven.<br />

"Sarebbe stato da maleducati rifiutare", provò a<br />

giustificarsi.<br />

Il giudice spagnolo non credette a nessuna delle sue<br />

giustificazioni ma non prese alcun provvedimento nei suoi<br />

confronti. Gino continuò tranquillamente la sua vita e i suoi<br />

affari. Dopo qualche anno si stabilì nel paese natìo di suo<br />

padre.<br />

“In realtà, a Bigliano ci sta per poco tempo ma la<br />

questione del petrolio lo porta a seguire molte vicende<br />

personalmente”.<br />

La poesia giambica di Mimmo o' greco<br />

Il giorno del congedo definitivo fu molto triste per<br />

De Stefano. Ai suoi colleghi disse che, finalmente, avrebbe<br />

potuto riposarsi, svegliarsi un po' più tardi e leggere i giornali<br />

senza essere disturbato. In realtà, continuò ad alzarsi presto e<br />

a leggere i giornali di sfuggita. Il tempo iniziò a posargli<br />

accanto la noia.<br />

“A volte, per ritrovare il sorriso mi tuffo negli<br />

armadi alla ricerca delle cose del passato”.<br />

Ma da quando aveva conosciuto Rocco Verrastro<br />

aveva smesso di rovistare negli armadi e si sentiva come<br />

rinato.<br />

“Sento, di avere di nuovo un compito da svolgere<br />

per una giusta causa”.<br />

L'omicidio di Michele Dolce lo aveva colpito<br />

particolarmente e fin dall'inizio se ne era interessato.<br />

Verrastro lo incaricò amichevolmente di prendere tutte le<br />

informazioni possibili su eventuali moventi, che avrebbero<br />

76


potuto spingere qualcuno a provocare la morte di Michele.<br />

De Stefano si mise immediatamente in azione.<br />

"L'unica nota apparentemente stonata nella pacifica<br />

vita di Michele sembra essere la presunta amicizia con la<br />

badante rumena, di cui si vocifera nel bar di Ciaramella".<br />

De Stefano appurò che la donna si chiamava<br />

Raluca e che aveva meno di quaranta anni. Ripensò a tutte le<br />

facce nuove che aveva visto a Bigliano negli ultimi tempi, ma<br />

non riuscì a sovrapporre con certezza un volto al nome di<br />

Raluca.<br />

“Sono indeciso tra quattro donne che possono<br />

corrispondere ad una rumena di poco meno di quaranta<br />

anni”.<br />

Poteva sembrare pretestuoso cercare di cogliere un<br />

legame nel rapporto tra i due, ma la presunta amicizia, se<br />

reale, non poteva essere considerata normale.<br />

"Non lo é per almeno due motivi. A Bigliano, un<br />

uomo sposato non può permettersi amicizie femminili. Il<br />

secondo motivo rimane legato alla provenienza della donna".<br />

Per quanto Verrastro avesse precisato a De Stefano<br />

di non trattare il caso in maniera ideologica, era inevitabile<br />

considerare che quella donna proveniva dall'Est.<br />

La prima cosa che De Stefano si propose di fare fu<br />

dare un volto a Raluca, poi si sarebbe pensato al resto. Sapeva<br />

che il gruppo delle badanti rumene si ritrovava ogni sera nella<br />

villa del paese.<br />

"Intorno alle sei, si riuniscono a piccoli gruppi per<br />

parlare e fumare qualche sigaretta".<br />

Quella sera, munito di giornale, qualche minuto<br />

prima delle sei, andò a sedersi sull'unica panchina, che non<br />

fosse all'ombra, per sfruttare gli ultimi raggi di sole. Aspettò<br />

qualche minuto e poi vide arrivare le badanti.<br />

"Non capisco niente di quello che dicono".<br />

77


Il suo scopo, tuttavia, si limitava a comprendere chi<br />

di loro fosse Raluca. Il nome venne pronunciato più volte e<br />

per De Stefano fu facile individuarla. Non era bella ma<br />

neanche brutta, piuttosto robusta, bionda tinta. Aveva un viso<br />

dolce, anche se triste. Al contrario delle sue amiche non<br />

sorrideva.<br />

Dopo aver identificato Raluca, gli riuscì facile<br />

metterla in relazione con la famiglia in cui viveva.<br />

"Fa da badante alla madre di Mimmo o' greco,<br />

proprio l'uomo a cui hanno sparato".<br />

testa.<br />

78<br />

Distese le braccia all'indietro e le incrociò sopra la<br />

"Possibile che il maresciallo Turtino non abbia<br />

colto la relazione esistente tra i due casi?"<br />

Dopo qualche istante di riflessione.<br />

"Comunque, si tratta di una fortuna. Mimmo<br />

frequenta il circolo e per me é più facile raccogliere particolari<br />

dettagliati su Raluca".<br />

Mimmo si fermava spesso a giocare a biliardo e, in<br />

primavera amava sedersi davanti al circolo. Leggeva il<br />

quotidiano della Lucania, di preferenza la pagina della cultura.<br />

Anche il contranome o' greco gli derivava da quelle letture.<br />

Aveva una passione per la letteratura classica greca. Citava<br />

spesso Omero ed Esiodo ma diceva che i suoi preferiti erano<br />

i poeti giambici. Si divertiva a leggere la poesia caratterizzata<br />

dal turpiloquio, dell'invettiva, dall'osceno e dal ridicolo.<br />

Trovava che potesse essere applicata alla Lucania attuale.<br />

Aveva studiato all'Università di Napoli, ma non si era mai<br />

laureato. Alla fine era ritornato a Bigliano, dove viveva con la<br />

madre anziana e la sorella più vecchia di lui di un paio di anni.<br />

Non aveva un'attività lavorativa remunerata, si occupava di<br />

una piccola vigna e di un pollaio che curava insieme a Raluca.<br />

"I soldi per campare gli vengono dalle pensioni<br />

della madre e della sorella, dicevano i maligni.


La madre prendeva una pensione di anzianità di<br />

cinquecento euro, mentre la sorella era riuscita ad ottenere<br />

una pensione di invalidità, il cui ammontare non era<br />

conosciuto con esattezza. Negli ultimi anni, alle due pensioni<br />

si erano aggiunti i soldi guadagnati per le vendite delle uova e<br />

dei polli.<br />

"Mia madre versa in condizioni di salute talmente<br />

precarie, tanto da non essere più autonoma. Le è stato<br />

riconosciuto un assegno di accompagnamento che noi<br />

vorremmo utilizzare per pagare una badante", disse a Mario<br />

Settembrino.<br />

Raluca".<br />

"Ti posso segnalare una fimmina che si chiama<br />

Sarebbe più esatto dire che fu la badante della<br />

madre di Mario Settembrino a segnalare Raluca a Mario che, a<br />

sua volta, la segnalò a Mimmo.<br />

La scelta di Raluca fu particolarmente apprezzata<br />

anche dalla sorella di Mimmo.<br />

"È una buona donna, proprio come quelle dei<br />

nostri paesi".<br />

Invece, la madre di Mimmo si lamentava ma il suo<br />

giudizio era altalenante e, come tale, non oggettivo.<br />

Le occupazioni di Mimmo erano pertanto,<br />

nell'ordine, il pollaio, la cura della vigna, la salute della madre,<br />

la gestione dell'orto e la poesia giambica.<br />

La Skoda dell'amica di Raluca<br />

De Stefano e Mimmo si conoscevano da tempo,<br />

benché non avessero un'amicizia intima. A Mimmo non<br />

piaceva giocare a carte e a De Stefano non piaceva giocare al<br />

biliardo. La mancata coincidenza degli interessi rendeva meno<br />

79


facile l'approccio, ma la comune frequentazione del circolo<br />

creava l'opportunità di discutere.<br />

"Potrei evitare giri di parole e chiedere direttamente<br />

a Mimmo notizie su Raluca, ma non mi sembra il giusto<br />

modo di procedere".<br />

Non lo era per diverse ragioni. Innanzitutto, c'era<br />

stata la sparatoria di mezzo.<br />

"Il povero Mimmo viene costantemente tartassato<br />

da Turtino. Ogni due giorni, l'appuntato Scapagnin lo va a<br />

prendere e lo porta in caserma".<br />

80<br />

Il maresciallo gli chiedeva sempre le stesse cose.<br />

"Allora, Mimì, ti è tornata la memoria? Mi vuoi dire<br />

o no chi ti voleva morto?"<br />

"Marescià, ma quale morto. Se mi avessero voluto<br />

morto, mi avrebbero già ammazzato. Si saranno sbagliati, ve<br />

l'ho detto. Chissà a chi volevano sparare quei bastardi".<br />

"Eh, certo! Uno decide di ammazzare una persona<br />

e dice fammi provare, forse il cristiano che devo sparare è<br />

quello".<br />

"E perché non vi pare possibile?"<br />

"Mimì, mi continui a prendere per il culo. Io te lo<br />

faccio saltare quel culo se non mi dici chi cacchio ti ha sparato".<br />

cose".<br />

"Maresciallo, ma che ne saccio. Posso sapere io 'ste<br />

"Ma porca miseria. Ma proprio a te dovevano<br />

sparare? Ma dico io, un pregiudicato, un ladro, il figlio di<br />

Panzaredda, per esempio. Se avessero sparato a lui, sapevo già<br />

chi poteva essere stato. Invece, niente. A chi cacchio vanno a<br />

sparare? A Mimmo Telesca che, sebbene non faccia un cacchio<br />

dalla mattina alla sera, non ha dato fastidio a nessuno".


"È colpa mia se non ho mai dato fastidio a<br />

nessuno? E poi chi lo dice che non faccio un cacchio dalla<br />

mattina alla sera. Il pollaio me lo curate forse voi?"<br />

"Il pollaio? Fammi il piacere, Mimì. Quante volte ci<br />

vai? Se non fosse per la fimmina che cura tua madre, i tuoi<br />

polli sarebbero già tutti morti".<br />

"La fimmina, la fimmina, sembra che face tutto lei. Lei<br />

cura a mia madre, lei cura i polli, lei governa la casa…"<br />

"Devi ringraziare Dio che l'hai trovata buona.<br />

Mario Settembrino si lamenta della sua. Dice che i peperoni<br />

ripieni non li sa cucinare. Che te ne fai di una fimmina che non<br />

sa cucinare i peperoni ripieni?"<br />

"Quelli li saprei fare pure io".<br />

"E non te ne potevi stare a casa a preparare i<br />

peperoni ripieni la sera che ti hanno sparato. Adesso, invece<br />

di venire tu qui a parlare di queste iatture, venivo io da te e ci<br />

mangiavamo i peperoni ripieni".<br />

"Si può sempre fare, maresciallo".<br />

"Fammi il piacere, Mimì. Te l'ho detto, tu te ne<br />

stavi a casa e, invece di sparare a te, sparavano al figlio di<br />

Panzaredda. Adesso avrei saputo da dove cominciare".<br />

"E io che ci posso fare?"<br />

"E io che gli dico al giudice che mi rompe i<br />

coglioni un giorno si e l'altro pure".<br />

"Marescià, ce l'ho detto pure io al giudice. Non mi<br />

crede, quello stronzo".<br />

"Ehi, attento a come parli che ti faccio arrestare per<br />

oltraggio".<br />

"Ma come? Dite che a voi rompe i coglioni e a me<br />

mi fate arrestare per oltraggio?"<br />

"Cacchi miei, Mimì"<br />

81


L'interrogatorio trisettimanale finiva sempre con la<br />

solita frase.<br />

"Mimì, mi raccomando. Se ti torna la memoria,<br />

vienimi a dire quello che sai".<br />

Mimmo faceva un cenno di assenso con la testa,<br />

salutava e se ne tornava al circolo.<br />

Per De Stefano, comunque, non c'era solo la<br />

sparatoria di mezzo. C'era anche la deontologia professionale.<br />

Non sarebbe stato quello il modo di fare indagini da parte di<br />

un maresciallo, sebbene a riposo.<br />

"Non posso chiedere a Mimmo informazioni<br />

apertamente".<br />

Occorre procurarsi le informazioni con<br />

discrezione, senza scoprire le proprie carte.<br />

"Ci sono di mezzo una sparatoria e un omicidio, non<br />

fatterelli di poco conto", pensava De Stefano, mentre decideva il<br />

modo più corretto per approcciare Mimmo.<br />

Sembrava, inoltre, poco opportuno che un uomo<br />

sposato come De Stefano chiedesse notizie di una badante<br />

rumena. Per quali motivi avrebbe dovuto chiedere<br />

informazioni? Aveva forse interesse di carattere sentimentale<br />

o semplicemente sessuale? Erano queste le domande di cui<br />

avrebbe dovuto inevitabilmente rendere conto.<br />

Sebbene De Stefano avesse avuto l'incarico da<br />

Verrastro di non trattare la vicenda in maniera ideologica, si<br />

era reso conto che difficilmente sarebbe potuto sfuggire ad<br />

un approccio del genere.<br />

"Un conto é chiedere informazioni in merito ad<br />

una biglianese, un altro chiedere informazioni sopra una<br />

badante rumena, per giunta già occupata".<br />

Gli unici motivi potevano essere dati dalla<br />

possibilità che la badante avesse voglia di cambiare famiglia e<br />

di occuparsi di altri anziani.<br />

82


"In quel caso la richiesta di informazioni sarebbe<br />

stata dettata da esigenze professionali, ma non é il caso di<br />

Raluca".<br />

Lei si trovava bene dalla famiglia di Mimmo,<br />

nonostante qualche giudizio negativo della madre.<br />

"In presenza di queste condizioni, chiedere<br />

informazioni in merito ad una badante rumena, per un uomo<br />

sposato come me, vuol dire esprimere un interesse di<br />

carattere sentimentale o semplicemente sessuale".<br />

De Stefano che ci teneva molto alla sua<br />

reputazione di marito esemplare non voleva assolutamente<br />

correre questo rischio.<br />

questa".<br />

"Ci sono altre strade meno accidentate rispetto a<br />

L'esperienza in Sicilia gli aveva fatto maturare lo<br />

spirito dell'investigatore, almeno così diceva lui. In realtà, a<br />

Bagheria non aveva condotto nessuna inchiesta importante.<br />

Era stato protagonista dell'arresto di un mafioso, ma si era<br />

limitato solo a seguirne gli spostamenti nei giorni precedenti.<br />

Quando entrò nel circolo, vide che Mimmo stava<br />

giocando a biliardo. Al tavolo delle carte, invece, c'era il dott.<br />

D'Eugenio. Si sedette, pertanto, con D'Eugenio, in attesa che<br />

Mimmo si liberasse.<br />

"Ho il tempo per fare una partita a carte con<br />

D'Eugenio ed unire l'utile al dilettevole".<br />

Poteva giocare a carte, che era la sua passione e,<br />

nello stesso tempo, tenere sott'occhio Mimmo, in attesa che<br />

finisse.<br />

"Devo ancora trovare una scusa per approcciarlo e<br />

poi discutere di Raluca, ma durante la partita un'idea mi verrà<br />

certamente in mente".<br />

Iniziò a giocare, dapprima distrattamente, perché<br />

doveva tenere d'occhio il biliardo, poi con sempre più<br />

83


coinvolgimento. Giocò a briscola e si fece prendere talmente<br />

dalla partita che, quando alla fine, si girò verso il biliardo per<br />

verificare che Mimmo avesse finito, non stava giocando più<br />

nessuno.<br />

84<br />

"'Sto stronzo è già andato via".<br />

De Stefano ebbe un gesto di stizza. Non si era<br />

comportato da bravo investigatore. I suoi compagni di gioco<br />

pensarono che quel gesto fosse stato determinato dalle cattive<br />

carte che gli erano capitate in mano.<br />

La sera successiva, De Stefano giunse al circolo<br />

qualche minuto prima delle sei, l'orario in cui Mimmo<br />

abitualmente arrivava.<br />

"Devo assolutamente precederlo, altrimenti mi<br />

frega ancora una volta".<br />

Aveva avuto l'intera notte per pensare ed aveva<br />

concluso che per approcciare Mimmo senza ingenerare<br />

sospetti, avrebbe dovuto offrire da bere a tutti e poi fermarsi<br />

a parlare con lui.<br />

"Fare l'investigatore, anche se per conto terzi, é<br />

dispendioso in termini economici, ma ne vale la pena,<br />

considerate le soddisfazioni che può portare".<br />

Qualche minuto dopo l'arrivo di Mimmo, prima<br />

ancora che lui si mettesse a giocare al biliardo, propose una<br />

birra per tutti. Mimmo gli si avvicinò, gli strinse la mano e lo<br />

ringraziò. De Stefano, dapprima si intrattenne con lui<br />

discorrendo di vigna e di vino. Poi chiese come andassero le<br />

cose a casa. Mimmo disse che tutto andava bene, specie da<br />

quando era arrivata Raluca. De Stefano colse al volo<br />

l'occasione.<br />

"Senti, Mimmo…ma come sono queste badanti<br />

della Romania?"<br />

"In che senso, maresciallo?"


"Mimmo, io sono sposato. Non ti credere che<br />

voglia sapere 'ste cose per chissà quale motivo. Voglio<br />

dire…lavorano bene? Sanno fare le cose di casa?"<br />

"Bene, bene…noi siamo contenti, anche se mia<br />

madre ogni tanto si lamenta", rispose Mimmo, senza fare caso<br />

all'attenzione che il maresciallo a riposo riponeva nel<br />

discorso.<br />

"Come mai tua madre si lamenta?" Chiese<br />

incuriosito De Stefano.<br />

"Come mai? Perché si deve lamentare…si lamenta<br />

sempre, mia madre", rispose Mimmo, sollevando le spalle,<br />

come per significare che chiunque fosse stata la persona che<br />

si fosse occupata della madre, lei avrebbe avuto sempre<br />

qualcosa da ridire.<br />

Poi precisò, "a volte, esce di casa, anche per<br />

un'intera serata…ma che vuole, maresciallo, ha pure diritto a<br />

prendere un po' d'aria. Mia madre non può pretendere che<br />

stia sempre con lei".<br />

"Certo, come no!" Affermò il maresciallo a riposo,<br />

mostrandosi solidale con le ragioni di Raluca.<br />

Intanto, nella sua mente emergevano i primi<br />

interrogativi.<br />

"Perché 'sta femmina esce la sera? Per vedere<br />

Michele Dolce?"<br />

Non disse nulla. Lasciò che fosse Mimmo a parlare<br />

e O' greco amava parlare. I biglianesi dicevano che fosse<br />

sufficiente solo metterlo in azione.<br />

"Maresciallo, Raluca sembra 'na fimmina delle parti<br />

nostre. In cucina è brava. Cucina la pasta, la carne, sa fare<br />

pure li firriciddi. Li fa un po' grossi ma sono buoni. A volte<br />

prepara la chorba delle parti sue che né a me, né a mia sorella<br />

piace ma mia madre dice che è buona e ce la mangiano. Sa<br />

fare i servizi. Deve essere sempre tutto in ordine quando c'è<br />

85


lei. Tiene l'ossessione per la polvere. Sta sempre con 'na pezza<br />

in mano. Ve l'ho detto, maresciallo. Sembra 'na fimmina delle<br />

parti nostre".<br />

86<br />

"È sposata?"<br />

"Si, sposata con due figli. Pensa al marito e ai figli. I<br />

soldi, come li prende, li spedisce in Romania".<br />

"Te la saresti dovuta prendere tu, Mimmo".<br />

"Ma che dite, maresciallo", disse O' greco, facendo<br />

un cenno di dissenso con la mano.<br />

"E perché? Se è come 'na fimmina delle parti nostre,<br />

ti saresti potuto casare con lei".<br />

"No, la fimmina mia deve essere vergine e<br />

soprattutto deve essere seria".<br />

Stefano.<br />

"E lei non lo è?" Chiese maliziosamente De<br />

"E chi dice niente, maresciallo. Però, io la mano sul<br />

fuoco non ce la metto per nessuna fimmina".<br />

De Stefano non aveva fatto altro che metterlo in<br />

azione. Non c'era bisogno di incalzarlo ulteriormente con le<br />

domande. O' greco raccontava spontaneamente. Iniziò a<br />

parlare degli immigrati e dei rumeni. Raccontò la storia di<br />

Raluca, giunta a Bigliano, dopo un interminabile viaggio in<br />

macchina.<br />

"È arrivata con una vecchia Skoda, guidata dal<br />

marito di una sua amica badante, che si é fermata nei pressi di<br />

Napoli. Poi ha preso l'autobus per arrivare a Bigliano".<br />

"Ed è stato difficile arrivare da Napoli a Bigliano?"<br />

Chiese De Stefano.<br />

"Maresciallo, non credo anche se era la prima volta<br />

che metteva i piedi fuori dalla Romania".<br />

"E chi l'avrebbe detto!"


"Raluca è una femmina di campagna, nata nella<br />

zona di Calarasi".<br />

"E dove si trova?"<br />

"Non mi chiedete dove si trova di preciso perché<br />

non o' saccio. Dovrebbe essere non lontano da Bucarest",<br />

precisò Mimmo.<br />

"E parlava italiano quando è arrivata?"<br />

"Inizialmente non conosceva nessuna parola di<br />

italiano, ma riuscivano a capirci ugualmente. Il rumeno ha<br />

diversi termini che si avvicinavano al latino e io li utilizzavo<br />

per farmi capire".<br />

"Bravo, Mimmo!"<br />

"Finalmente ho potuto dimostrare che il latino é<br />

una lingua viva, e non morta come mi volevano far credere".<br />

greco".<br />

"Sarebbe stato meglio se la femmina avesse parlato<br />

"Che fate, maresciallo? Mi sfottete".<br />

De Stefano sorrise.<br />

"Raluca mi ha raccontato che la vita in Romania é<br />

cambiata molto, ma non tanto rispetto a quelle che erano le<br />

attese della sua gente. A dir la verità, in campagna le cose<br />

sono anche peggiorate rispetto alla qualità della vita durante il<br />

periodo socialista".<br />

Raluca aveva raccontato che uno dei principali<br />

problemi era legato alla mancanza di mezzi meccanici. La<br />

terra era di ottima qualità, piuttosto fertile.<br />

"Purtroppo non ci sono abbastanza trattori per<br />

poterla lavorare".<br />

Costavano molto e non erano alla portata dei<br />

contadini rumeni. Durante il socialismo, si utilizzavano quelli<br />

comuni, ma ora nessuno voleva più mettere in comune nulla.<br />

87


uoi".<br />

88<br />

"E come fate senza trattori?"<br />

"Come facevano gli antichi, con gli aratri tirati dai<br />

"E cosa altro ti ha raccontato?" Chiese De Stefano.<br />

"Mi ha detto che la proprietà privata era un bene<br />

che andava difeso, anche da se stessa", rispose Mimmo.<br />

"Ma tu che ci hai capito?"<br />

"Dai discorsi che face Raluca non si riesce a capire<br />

se la gente ci ha guadagnato o meno dalla fine del socialismo.<br />

A volte ne parlava bene, a volte male".<br />

"Ha molte amiche?" Chiese il maresciallo a riposo,<br />

spostando il tiro sugli aspetti che più gli interessavano.<br />

"Non molte", rispose Mimmo, che aggiunse,<br />

"qualche altra badante con la quale condivide l'esperienza<br />

italiana e poi Rosa, la moglie di Giorgio Pepe".<br />

"E amici?" Chiese con malizia.<br />

"Dicevano che fosse amica del morto ammazzato,<br />

ma io non ne saccio niente".<br />

La domanda sugli amici non piacque a Mimmo o'<br />

greco. Lo si capì dal gesto che fece con la mano, simulando<br />

un atteggiamento di chiusura. Non si trattava di una domanda<br />

inappropriata, ma poteva spostare il discorso su un piano che<br />

Mimmo reputava pericoloso.<br />

Al maresciallo Turtino, che lo interrogava con<br />

cadenza regolare, aveva sempre detto che la sparatoria di cui<br />

era stato protagonista, fosse stata uno sbaglio.<br />

"Io non c'entro niente. Si tratta di un errore di<br />

persona".<br />

Temeva che la sparatoria potesse essere messa in<br />

relazione con il cadavere rinvenuto il giorno successivo.<br />

Aveva sempre detestato le controversie, proprio per evitare


coinvolgimenti di carattere giudiziario ed ora, suo malgrado,<br />

si trovava nel mezzo di una tempesta.<br />

Se avesse risposto a De Dtefano, si sarebbe potuto<br />

pensare che lui fosse depositario di chissà quali segreti. Per<br />

questo, preferì non fornire nessun dettaglio e troncare il<br />

discorso.<br />

"Ora, però, ci vorrebbe una bella partita a biliardo".<br />

L'atteggiamento di chiusura di Mimmo, finì, invece,<br />

per insospettire ulteriormente De Stefano.<br />

"Inutile forzare la situazione con ulteriori domande, che non<br />

farebbero altro che impaurirlo", pensò.<br />

Eppure, dalle parole dette, Mimmo dava<br />

l'impressione di sapere molto più di quello che aveva lasciato<br />

intendere.<br />

"Sarà possibile strappargli altre informazione?"<br />

L'interrogativo era destinato a rimanere senza<br />

risposta, almeno per quella sera. De Stefano preferì<br />

avvicinarsi al tavolo da gioco delle carte.<br />

"Mi aiuta a rimettere a poste le idee".<br />

In fondo, anche l'investigazione è come un gioco di<br />

carte. Per vincere é necessario avere le carte giuste in mano e<br />

quella sera non le aveva. Mimmo non gli aveva fornito<br />

nessuna informazione importante da trasferire a Rocco<br />

Verrastro, benché gli avesse ingenerato dei dubbi sui quali<br />

riteneva opportuno continuare ad indagare.<br />

"Devo continuare a frequentare la villa comunale<br />

dopo le sei".<br />

Dai movimenti delle badanti rumene avrebbe<br />

potuto cogliere spunto per la sua personale indagine.<br />

Mimmo se ne tornò, invece, al tavolo da biliardo,<br />

che trovò occupato. Diede uno sguardo alla bacheca, in cui<br />

89


c'era il foglio di carta con le prenotazioni. Notò che sette<br />

persone avevano già apposto il proprio nome.<br />

90<br />

"Mi sembra chiaro che questa sera non si gioca".<br />

Il caffè offertogli da De Stefano e la chiacchierata<br />

che ne era seguita gli avevano fatto perdere il turno. Rimase<br />

in piedi di fronte al biliardo per pochi minuti. Diede qualche<br />

consiglio su come giocare a Penelope e andò a sedersi sulla<br />

sedia di legno, sul marciapiede davanti alla porta d'entrata.<br />

Era una bella giornata primaverile, il sole ancora non era<br />

tramontato. Gli venne voglia di leggere il giornale, prima di<br />

ritornare a casa. Sfogliò il Quotidiano della Lucania per<br />

intero, ma non si soffermò su nessun articolo in particolare.<br />

Lesse velocemente i titoli. Ripose il giornale sulle ginocchia e<br />

si fermò per un attimo a riflettere.<br />

"De Stefano si sarebbe potuto evitare la domanda<br />

sugli amici di Raluca".<br />

Riprese la lettura del giornale. Non si soffermò solo<br />

sui titoli ma scelse anche un paio di articoli da leggere per<br />

intero. Come sua abitudine, scelse la pagina della cultura. Gli<br />

articoli scelti si riferivano a Rocco Scotellaro e alla civiltà<br />

contadina, che il letterato di Tricarico rappresentava nelle sue<br />

opere.<br />

"Un ampio spazio nella poesia scotellariana viene riservato<br />

ai genitori, in modo particolare al padre, verso cui il poeta nutre<br />

sentimenti di affetto e profondo rispetto. La sua improvvisa scomparsa<br />

era stata fonte di incommensurabile dolore e pentimento, come<br />

dimostrano alcune delle sue liriche più profonde".<br />

Mimmo lesse l'articolo con grande attenzione. Si<br />

emozionò. Due lacrime gli solcarono il viso. Lui le asciugò in<br />

fretta con il fazzoletto bianco, afferrato velocemente dalla<br />

tasca. Aveva perso il padre improvvisamente e aveva<br />

impiegato molto tempo per ridare un senso alla propria vita.<br />

Nel frattempo il tempo gli era sfuggito di mano. Si asciugò le<br />

lacrime continuando a leggere l'articolo, che si concentrava<br />

sul sottoproletariato rurale, paragonato agli acini maturi ma


piccoli di uva puttanella, di cui conosceva le angosce e le<br />

tribolazioni.<br />

Più volte, Mimmo si era fermato a riflettere,<br />

leggendo il romanzo di Rocco Scotellaro.<br />

"Chi sono ora gli acini di uva puttanella in Lucania,<br />

una terra abituata a stritolare i suoi figli, in cui si confonde il<br />

diritto con il favore e in cui la soglia di tolleranza é talmente<br />

elevata da rendere possibile qualsiasi tipo di umiliazione?".<br />

La sua volontaria rinuncia alla laurea era stata un<br />

gesto di ribellione, che tuttavia non aveva condotto a nulla, se<br />

non a vivere sulle spalle della madre e della sorella.<br />

"La Lucania stritola i propri figli, soprattutto se gli<br />

si rivoltavano contro. Li umilia ancora di più, togliendo loro<br />

anche la dignità che l'essere umano deve pretendere di avere".<br />

Ribellarsi o morire, oppure ribellarsi e morire.<br />

Mimmo aveva provato a condividere i suoi pensieri, ma non<br />

era servito a nulla. Nessuno lo aveva mai compreso.<br />

Quella sera evitò di condividere i suoi pensieri.<br />

Dopo aver terminato i due articoli, rimase ancora qualche<br />

minuto seduto sulla sedia di legno. Il giornale accartocciato<br />

sulle ginocchia e lo sguardo perso verso l'orizzonte. Il sole<br />

stava tramontando.<br />

"È tempo di tornare a casa".<br />

Mentre attraversava via Roma, gli tornava in mente<br />

la domanda di De Stefano sugli amici di Raluca.<br />

"È proprio vero che le disgrazie non capitano mai da sole.<br />

Domenica sera mi sparano e vabbé… posso capire una disgrazia, ma<br />

poi a chi vanno a ammazzare? Michele Dolce? E che si fa? La gente<br />

pensa a Raluca e naturalmente a me? Dico io…mi hanno sparato e può<br />

anche andare bene. Bisogna accettarlo ma almeno ammazzatene un<br />

altro. A Bigliano non siamo in tanti ma uno diverso da Michele Dolce,<br />

se si fosse cercato bene, si sarebbe potuto trovare".<br />

91


Quella domanda gli rimase nella testa fin quando<br />

non decise di andare a dormire. Il mattino seguente, si alzò<br />

alle sei.<br />

notte".<br />

92<br />

"Non sono riuscito a chiudere occhio per tutta la<br />

La sera precedente aveva mangiato la frittata con le<br />

cipolle e, come spesso gli capitava quando mangiava pesante,<br />

la notte si era girato e rigirato nel letto. All'alba aveva deciso<br />

che non valeva la pensa insistere e che, appena Ciaramella<br />

avesse aperto il bar, sarebbe andato a prendere un caffè con<br />

un cornetto alla marmellata. Dopo sarebbe andato al pollaio.<br />

"Così chiudiamo la bocca al maresciallo Turtino,<br />

che mi tratta come uno sfaticato".<br />

Pensò che nel bar avrebbe trovato qualcuno con<br />

cui chiacchierare.<br />

"E, se proprio non dovessi trovare nessuno, allora<br />

parlo con Ciaramella. Di argomenti interessanti da dibattere<br />

ce ne sono tanti".<br />

L'omicidio di Michele Dolce era uno delle possibili<br />

opzioni ma era, ovviamente, l'opzione che Mimmo preferiva<br />

di meno. Non gli andava di discorrere di Michele perché<br />

inevitabilmente si sarebbe fatto riferimento anche alla sua<br />

sparatoria.<br />

"È davvero improbabile che Ciaramella non sia<br />

ancora al corrente della diceria che gira in paese ormai da<br />

tempo e che la morte improvvisa e violenta di Michele ha<br />

riportato d'attualità. Anzi, a pensarci bene, è stato proprio a<br />

partire dal bar di Ciaramella che il pettegolezzo ha preso il<br />

volo".<br />

Tuttavia, non c'erano altre alternative a quell'ora<br />

della mattina.<br />

"Il circolo è chiuso e apre soltanto alle otto".<br />

Decise che avrebbe corso il rischio.


"Vado da Ciaramella. Se il discorso dovesse<br />

scivolare sull'omicidio di Michele Dolce, mosterò un falso<br />

disinteresse, sperando di distoglierlo dal procedere su<br />

questioni che potrebbero mettermi in imbarazzo".<br />

Dopo aver fatto la barba, mentre ancora gli altri<br />

abitanti della casa dormivano, Mimmo si vestì, indossando gli<br />

stessi abiti del giorno precedente. Senza fare rumore, uscì di<br />

casa. Prese con sé anche una coppola marrone, di quelle che<br />

si usano in Sardegna. Giunse nel bar pochi minuti dopo<br />

Ciaramella, che stava scopando per terra.<br />

barista.<br />

"Come mai in giro di prima matina?", gli chiese il<br />

"Aggio passato na' brutta nuttata", rispose<br />

sinceramente Mimmo.<br />

"E come mai? Ti fischiano ancora le pallottole<br />

dell'altra sera?"<br />

"Aggio mangiato la frittata con le cipolle di Raluca ieri<br />

sera…troppo pesanti".<br />

Mimmo non si rese conto di aver trascinato subito<br />

il discorso proprio dove non avrebbe voluto. Aveva<br />

introdotto l'argomento di Raluca di sua spontanea iniziativa,<br />

senza neanche essere incalzato da Ciaramella. Il fatto di non<br />

aver dormito la notte lo aveva senza dubbio privato della<br />

lucidità necessaria per gestire una situazione come quella.<br />

Realizzò di aver commesso un errore solo qualche<br />

istante dopo, quando Ciaramella gli chiese:<br />

" Ah, Raluca! Che vita mena quella fimmina?"<br />

"E che ne saccio", rispose con tono seccato Mimmo.<br />

"Ma non lavora a casa tua?" Chiese di nuovo<br />

Ciaramella, sperando di ricevere una risposta più aperta.<br />

"Si, ma questo non significa che io aggia sapé che<br />

face", rispose sempre più seccato Mimmo.<br />

93


Mimmo.<br />

94<br />

Ciaramella rimase interdetto.<br />

"Se ne dicene tante supa quella femmina, o' sai?"<br />

"Se dicene supa tutte le femmine", provò a tagliare corto<br />

"Mimì, siente a me. Ma non è che ié stata per iedda che ti si<br />

truvato in mezzo?" Insinuò Ciaramella.<br />

me?"<br />

"Ma in mezzo a che?"<br />

"Mimì nun fa la parte di chi non vo' capisce" .<br />

"Ciaramé, pure tu si' convinto che voliuano proprio sparà a<br />

"Mimì, o' maresciallo tene ragione. Noi te verimo ogni<br />

iuorno quanno scienne a la caserma".<br />

"Ma che dici, Ciaramé? Ma quale ogni giorno?"<br />

"Vabbé, ogni due giorni?"<br />

"E se anche fosse, ti dico la stessa cosa che dico<br />

sempre al maresciallo. C'è stato un errore. Io non c'entro<br />

niente".<br />

Ciaramella sperava di far confessare Mimmo, ma la<br />

sua reticenza fece naufragare il progetto. Preferì non<br />

aggiungere nulla. Mimmo ancora non aveva ordinato e non<br />

voleva che la questione potesse distoglierlo dalla<br />

consumazione. Il business prima di tutto.<br />

Per questo, lasciò da parte l'argomento Raluca e<br />

disse, "preparo o' cafè, mimì?"<br />

"Si, si, prepara 'sto cafè, e fammelo piglià in santa pace".<br />

Ciaramella continuò a fare le sue cose e Mimmo<br />

prese a sorseggiare il caffé. Ogni tanto mozzicava un cornetto<br />

di marmellata. Non si scambiarono più nessuna parola.<br />

Dopo aver terminato uscì dal bar. Non erano<br />

ancora le sette, ma già la piazza era animata. Si erano già


posizionati due banchi. A destra il nipote di Rosanna aveva<br />

predisposto la frutta, mentre a sinistra c'era il banco del pesce.<br />

Biagio di Castellammare era arrivato a Bigliano verso le<br />

cinque, come faceva ogni venerdì. Vendeva un po' di tutto,<br />

spigole, merluzzo, pescespada e frutti di mare. Mimmo si<br />

avvicinò al banco di Biagio. Gli chiese come andassero le<br />

cose, poi comprò del merluzzo. Quando rientrò a casa, trovò<br />

tutti svegli. La madre si trovava nella camera da letto e Raluca,<br />

insieme alla sorella, in cucina.<br />

"Ti preparo o' café, Mimì?" Gli chiese la sorella.<br />

"Ne tengo proprio bisogno. Non aggio chiuso<br />

occhio per tutta la notte", le rispose Mimmo.<br />

frittata".<br />

"E perché? Che preoccupazione tieni?"<br />

"Macché preoccupazioni? 'A frittata...é stata 'a<br />

"Sicuro che non pensi ancora alla sparatoria?"<br />

"Macché sparatoria! T'aggio detto che è stata 'a frittata".<br />

Mimmo consegnò il merluzzo a Raluca, che seguiva<br />

in silenzio la conversazione tra lui e la sorella, e attese che il<br />

caffè fosse pronto. Si sedette al tavolo della cucina e lo<br />

sorseggiò con calma. La sorella salì al piano di sopra nella<br />

camera da letto della madre. Mimmo rimase da solo con<br />

Raluca.<br />

"Non vorrei trovarmi nei casini a causa tua", le<br />

disse con tono severo, guardandola fissa negli occhi.<br />

Raluca non rispose.<br />

"Non dici niente?" La incalzò Mimmo.<br />

"Abbiamo già parlato di queste cose. Io non c'entro<br />

niente", gli disse Raluca.<br />

Non poterono proseguire nel loro discorso, perché<br />

nel frattempo la sorella di Mimmo era ritornata in cucina.<br />

95


"Mamma ti sta aspettando. Ti devi sbrigare", disse<br />

a Raluca, che si affrettò.<br />

Prese un vassoio, vi posò una tazza di caffè, vi<br />

aggiunse delle fette di pane ed un barattolo di marmellata.<br />

Dopo essersi assicurata di aver preso tutto ciò che serviva per<br />

la colazione di Filomena, lasciò la cucina e si diresse verso le<br />

scale per salire al piano superiore.<br />

Anche la sorella di Mimmo andava di fretta.<br />

Doveva andare in chiesa.<br />

La soffiata di Radiodue<br />

Turtino, pressato dal sostituto procuratore,<br />

Arcibaldo De Castro, continuava ad indagare. Aveva letto con<br />

attenzione il referto del medico legale e aveva interrogato gli<br />

operai del cantiere, che si trovavano sul posto, al momento<br />

del ritrovamento del cadavere. In seguito, aveva iniziato a<br />

investigare sulla vita di Michele Dolce.<br />

"Non sembrano esserci elementi che possano far<br />

pensare al desiderio di qualcuno di vederlo morto. Era un<br />

uomo tranquillo, gli piaceva la campagna e non faceva vita<br />

sociale".<br />

96<br />

"Niente di niente?" Chiese Scapagnin.<br />

"L’unica circostanza che ci fornisce un’ipotesi di<br />

lavoro é la presunta amicizia con la badante rumena"<br />

Era una questione ormai divenuta di dominio<br />

pubblico, sulla quale anche De Stefano aveva concentrato la<br />

sua attenzione.<br />

"In verità, a voler essere pignoli, esiste anche<br />

un’altra ipotesi, che potrebbe essere scandagliata”.<br />

“Quale, maresciallo?” Chiese, incuriosito,<br />

Scapagnin.


“Michele Dolce aveva ricevuto un’eredità, di cui<br />

non si conosce con esattezza la consistenza, da una vecchia<br />

zia che viveva a Piombino, in Toscana”.<br />

“Un’eredità consistente potrebbe essere un<br />

movente interessante”.<br />

“I figli Paolo e Ernesto hanno detto che si tratta di<br />

poca roba, un uliveto e un casolare, ma un'analisi attenta della<br />

situazione ha rivelato alcune tensioni familiari nei giorni<br />

precedenti la morte del Dolce".<br />

"Si potrebbe approfondire", suggerì l'appuntato.<br />

"Al tempo, Scapagnin! Prima vorrei vederci chiaro<br />

sulla presunta amicizia con la badante rumena".<br />

Per prima cosa, Turtino ricostruì l’arrivo di Raluca<br />

a Bigliano.<br />

"La rumena é giunta in Italia a bordo di una<br />

vecchia Skoda, guidata dal marito di una sua amica badante".<br />

C’era, però, un aspetto che nessuno ancora<br />

conosceva e che aveva attirato l’attenzione del maresciallo.<br />

"Il marito dell’amica badante di Raluca é stato<br />

arrestato dopo essere arrivato in Italia, per poi essere<br />

rilasciato qualche settimana prima dell'omicidio di Michele<br />

Dolce. I colleghi della compagnia di Battipaglia lo hanno<br />

sorpreso in possesso di merce rubata".<br />

L'uomo era stato fermato per un controllo sulla<br />

strada che costeggia il mare, nei pressi di Pontecagnano. I<br />

carabinieri gli avevano chiesto i documenti e ispezionato la<br />

macchina. Nel cofano avevano rinvenuto un pacco<br />

contenente alcune macchine fotografiche digitali, due<br />

computer portatili e sette videocamere, poi risultate rubate in<br />

un negozio di Napoli.<br />

"Il marito dell’amica badante rumena di Raluca é<br />

stato arrestato e portato nel carcere di Salerno. Si è difeso<br />

dicendo che il pacco gli era stato dato da un amico".<br />

97


'Io non so nulla circa la provenienza della merce. Il<br />

mio compito era semplicemente quello di trasferirla a casa di<br />

un tizio, che mi stava aspettando a Eboli", dichiarò ai<br />

carabinieri.<br />

La vicenda apriva uno scenario interessante.<br />

Dimostrava che le frequentazioni di Raluca potevano essere<br />

non tanto innocenti, come, invece, venivano descritte dalla<br />

gente che la conosceva.<br />

"D'altra parte, é vero che Raluca conosceva l'uomo,<br />

arrestato con l'accusa di ricettazione, ma é altrettanto vero<br />

che non si può dimostrare nessun contatto con lui, dopo<br />

l'arrivo in Italia".<br />

Il giorno stesso in cui ricevette l'informativa dal<br />

comando di Battipaglia, Turtino fece convocare Raluca in<br />

caserma. Cercò di farlo in gran segreto ma il suo tentativo<br />

non riuscì. Nel giro di pochi minuti, sia nel bar di Ciaramella<br />

che nel circolo, l'argomento predominante di discussione<br />

divenne l'interrogatorio della badante rumena.<br />

98<br />

Da Ciaramella, la notizia venne data da Radiouno.<br />

"Mio cugino ha visto Raluca sulla via nova".<br />

Giannino, che stava leggendo il giornale,<br />

appoggiato sul frigorifero dei gelati, sollevò lo sguardo.<br />

"Sul viale? Da sola?"<br />

"Da sola, da sola".<br />

"E che ora erano?"<br />

"Le quattro".<br />

"'Na fimmina da sola sulla via nova alle quattro del<br />

pomeriggio?"<br />

"Appunto! Fate i conti voi…"<br />

"Deve averla chiamata o’ maresciallo", tirò le<br />

conclusioni Ciaramella sotto voce.


"E qui la faccenda si fa seria se è vero che o'<br />

maresciallo l'ha chiamata. Ma siamo sicuri che l'ha chiamata?<br />

Può darsi che la signora si faceva 'na passeggiata", rispose Ziza,<br />

che aveva smesso di sorseggiare la birra per seguire con più<br />

attenzione.<br />

"Ma quale passeggiata? Alle quattro sopra la via nova?<br />

Io lo sapevo. Questa è 'na storia di corna", disse Radiouno, che<br />

aveva smesso il cappotto e lo aveva appoggiato sulla sedia.<br />

"Ma siamo sicuri che era proprio lei?" Intervenne<br />

Tanino, mentre nel bar stava entrando Radiodue.<br />

"Cugì, dove hai visto la rumena oggi pomeriggio?"<br />

Chiese Radiouno, rivolgendosi al cugino di secondo grado.<br />

"Sopra la via nova, sopra la via nova", confermò<br />

Radiodue.<br />

La via nova a cui si faceva riferimento era il viale,<br />

abitualmente usato dai biglianesi per passeggiare, durante le<br />

calde serate d'estate. Il fatto che Raluca lo avesse percorso,<br />

alle quattro del pomeriggio e d'inverno, aveva suscitato la<br />

curiosità di Radiodue. Il sospetto che Raluca stesse andando<br />

dai carabinieri era forte.<br />

"Se Ciaramella potesse portare dei caffè in caserma,<br />

il dubbio sarebbe completamente eliminato".<br />

Ma quel giorno non arrivò nessuna richiesta di<br />

caffè nel bar di Ciaramella e il dubbio rimase tale. Nel circolo,<br />

invece, come sempre avveniva in questi casi, era De Stefano a<br />

tenere banco.<br />

“Le indagini sono ad una svolta”, disse con l’aria<br />

seria delle occasioni importanti.<br />

Nei giorni precedenti si era mostrato prudente nel<br />

chiedere notizie su Raluca, proprio per non ingenerare<br />

sospetti. Ora, invece, che i carabinieri sembravano aver rotto<br />

gli indugi, l'argomento della presunta amicizia tra Michele e<br />

Raluca poteva uscire allo scoperto.<br />

99


“Ora posso raccogliere tranquillamente le<br />

informazioni che mi ha richiesto Rocco. La mia reputazione<br />

è fuori discussione”.<br />

L'interrogatorio di Raluca<br />

La notizia dell'interrogatorio di Raluca era vera. Il<br />

maresciallo Turtino la fece attendere alcuni minuti davanti la<br />

porta del suo ufficio, prima di farla entrare. Era stata<br />

convocata quella stessa mattina, quando due carabinieri<br />

avevano suonato alla sua porta. Raluca li aveva accolti<br />

sull'uscio.<br />

100<br />

“Volete entrare?” Chiese loro.<br />

“Le dobbiamo consegnare solo una lettera di<br />

convocazione. Lei ci dovrebbe firmare la ricevuta”, le<br />

risposero.<br />

Si trattava di un prestampato, molto scarno e<br />

formale, nel quale era stato inserito solo il suo nome, con<br />

indicazione dell'orario in cui si sarebbe dovuta presentare in<br />

caserma. Raluca firmò per ricevuta consegna. Prese la lettera e<br />

la capovolse d'istinto per cercarne di cogliere subito il<br />

contenuto. Attese che i due carabinieri si fossero allontanati<br />

per richiudere il portone. Poi, andò in cucina e pianse.<br />

In casa non c'era nessuno, a parte Filomena, la<br />

madre di Mimmo che, però, si trovava al piano superiore, in<br />

camera da letto. Non si accorse di nulla. Quando Raluca<br />

smise di piangere, si sistemò il grembiule e iniziò a cucinare.<br />

“Non sarebbe possibile e neanche conveniente<br />

nascondere la convocazione a Mimmo e a sua sorella. Non<br />

servirebbe a niente, se non a dimostrare che di me non ci si<br />

può fidare”.<br />

Mimmo e sua sorella lo avrebbero certamente<br />

saputo al circolo oppure nel bar di Ciaramella.


“Ho paura di perdere il posto di lavoro e di essere<br />

costretta a lasciare l'Italia”.<br />

Nei pochi minuti che separarono la visita dei<br />

carabinieri con il ritorno a casa della sorella di Mimmo,<br />

Raluca, che aveva smesso di piangere, decise che avrebbe<br />

raccontato la verità.<br />

“Mi devo presentare in caserma. Sono venuti i<br />

carabinieri a darmi questa”, disse, estraendo la lettera di<br />

convocazione dal cassetto in cui l’aveva riposta.<br />

Alle quattro e un quarto di quello stesso giorno si<br />

trovò nel corridoio, a sinistra dell'entrata della caserma. Dopo<br />

pochi minuti avrebbe incontrato il maresciallo. Cercava di<br />

sistemare le idee. Nonostante Turtino l'avesse formalmente<br />

convocata solo per raccogliere informazioni, Raluca avvertiva<br />

un senso di colpevolezza.<br />

“Sono le circostanze che mi fanno sentire<br />

colpevole”.<br />

Era rumena e aveva conosciuta la persona<br />

assassinata. Si trattava di due indizi che in un paese normale<br />

avrebbero potuto anche non significare nulla di importante,<br />

ma che a Bigliano potevano essere già considerati una mezza<br />

prova. Un terzo indizio avrebbe potuto costituire una prova<br />

intera contro di lei.<br />

Indossava una gonna nera ed un maglione a collo<br />

alto grigio. Sulle spalle aveva appoggiato un impermeabile. Di<br />

fuori c'era una leggera brezza ed un pallido sole faceva<br />

capolino tra le nuvole. La finestra, appena socchiusa alle sue<br />

spalle, lasciava entrare un filo d'aria che la rincuorava. Le<br />

portava la mente lontano, ai prati verdi di Calarasi. Era seduta<br />

composta, con le mani incrociate. Quando l'appuntato le<br />

disse di entrare, lei accennò ad un sorriso.<br />

"Si sieda, signora", disse Turtino, alzando lo<br />

sguardo verso di lei.<br />

101


Fino ad allora aveva letto i documenti, che si<br />

trovavano sulla sua scrivania. Tra quelle carte, c'era anche<br />

l'informativa, riguardante il marito dell'amica di Raluca, giunta<br />

da Battipaglia.<br />

"Cortesemente riferisca le sue generalità", chiese<br />

Turtino, abbozzando uno sguardo, che a Raluca apparve<br />

severo.<br />

La badante rumena con voce chiara pronunciò il<br />

proprio nome, cognome da nubile e da sposata, la data e il<br />

luogo di nascita. Infine, comunicò la residenza e il domicilio.<br />

102<br />

"Avete le carte in regola, suppongo".<br />

"Certo che ho le carte in regola. Lavoro e mi<br />

pagano regolarmente".<br />

"E non vi manca la Romania?"<br />

"Mi mancano i miei figli".<br />

"Ah, avete dei figli. E pure un marito, suppongo?"<br />

"Pure un marito".<br />

A quel punto, il maresciallo le spiegò che il motivo<br />

per cui era stata convocata era da mettere in relazione alla sua<br />

presunta amicizia con Michele Dolce.<br />

"Il nome Michele Dolce vi dice qualcosa?"<br />

"È quello trovato morto?"<br />

"Appunto! Lo conoscevate?"<br />

"Si, lo conoscevo".<br />

“Come l’avete conosciuto?”<br />

“Un pomeriggio in campagna, mentre ero per<br />

strada. Si é fermato con la sua macchina e mi ha dato un<br />

passaggio fino in paese”.<br />

“Fino in paese?”


“In realtà, non siamo giunti fino in paese. Mi ha<br />

lasciato un po' prima”.<br />

Michele.<br />

Aggiunse di essere stata colpita dalla dolcezza di<br />

"Era un tipo che non parlava molto ma il suo<br />

sguardo trasmetteva serenità".<br />

"Che cosa intende dire?" Le chiese il maresciallo.<br />

"Niente di particolare. Solo che quello sguardo<br />

infondeva serenità".<br />

Turtino continuava a non capire cosa realmente<br />

Raluca volesse dire con quell'affermazione. Più non capiva e<br />

più la scrutava, come se fosse alla ricerca di qualcosa.<br />

"Mi scusi la domanda, ma sapete…le<br />

circostanze…Si trattava solo di amicizia o di altro?"<br />

L'appuntato, seduto alla scrivania, di fronte al<br />

computer, volse per un attimo lo sguardo verso Raluca,<br />

tradendo una curiosità che andava oltre il legittimo interesse a<br />

conoscere le cose da parte di un investigatore. Raluca, invece,<br />

non si scompose.<br />

"Mi aspettavo questa domanda. Io l'ho sempre<br />

vissuta come un'amicizia"<br />

"Cosa intendete dire?"<br />

"Quello che ho detto, che si trattava di<br />

un'amicizia".<br />

Turtino apparve confuso. Non era abituato a<br />

ricevere quel tipo di risposte. Non sapeva se le sfumature<br />

delle affermazioni di Raluca fossero dovute alla non perfetta<br />

conoscenza della lingua oppure nascondessero un preciso<br />

disegno della donna.<br />

"Uno tra noi due non capisce bene l'italiano",<br />

esclamò Turtino, con un tono alterato, "amicizia e altro,<br />

chiamatelo come volete, sono due cose completamente<br />

103


diverse. Voi dite di averlo vissuta come un'amicizia ma che<br />

cosa rappresentava per il Dolce?"<br />

104<br />

"Avreste dovuto chiederlo a lui".<br />

"Non fate la spiritosa, signora".<br />

"Io l'ho vissuta come un'amicizia. Ve lo ripeto<br />

ancora una volta".<br />

Raluca era stata molto semplice nelle sue risposte.<br />

Aveva detto che Michele le trasmetteva serenità e che lei<br />

aveva vissuto quel rapporto come un'amicizia. Turtino,<br />

invece, continuava ad avere dei dubbi. Anzi, l'incontro con<br />

Raluca non fece altro che avvalorarli. Preferì, dato che<br />

continuava a non capire, non insistere sulla presunta amicizia<br />

di Raluca con Michele. Fece domande sul marito dell'amica,<br />

recentemente arrestato.<br />

"Conoscete il signor Martisor Tomescu?"<br />

"Non mi sembra".<br />

"E la signora Cornelia Tomescu?"<br />

"Si, Cornelia la conosco".<br />

"È una sua amica?"<br />

"In un certo senso si".<br />

"In un certo senso, io l'ho vissuta,<br />

eccetera…signora, non mi piace il tono delle vostre risposte.<br />

Dovete essere chiara".<br />

"Io sono chiara, signore".<br />

"Allora iniziamo a fare chiarezza. Lei conosce<br />

Cornelia Tomescu ma non conosce Martisor Tomescu".<br />

"Si, chi è Martisor?"<br />

"Glielo dico io chi è Martisor”.<br />

“Si, ditemi”.


“È il marito di Cornelia Tomescu, che voi dite<br />

essere amica vostra, in un certo senso. È la persona che ha<br />

guidato la macchina quando voi siete venuti in Italia ed è la<br />

stessa persona che è stata arrestata per ricettazione".<br />

Raluca apparve sorpresa.<br />

"Ricettazione?"<br />

"Non sapete cosa significa?”<br />

“Non sono italiana”.<br />

“Allora, ve lo spiego io”.<br />

“Spiegatemelo”.<br />

“Il vostro amico aveva merce rubata nella sua<br />

macchina. I colleghi di Battipaglia dicono che il furto non sia<br />

stata opera sua e che lui aveva solo la merce in macchina. Io<br />

ho i miei dubbi ma me li tengo per me. Comunque, è un reato<br />

grave, cara signora".<br />

"Mi dispiace".<br />

"Vi dispiace?"<br />

"Certo. Io non ne sapevo niente?"<br />

"Allora perché avete negato di conoscerlo?"<br />

"Perché voi avete detto Martisor Tomescu. La<br />

moglie lo chiamava Martie".<br />

"E non è la stessa cosa?"<br />

"Si, è la stessa cosa".<br />

"E perché avete negato, allora?"<br />

"Non l'ho negato. Solo non ci ho pensato".<br />

"Voi non sapete niente delle attività criminali di<br />

Martisor Tomescu".<br />

"Non so niente. L'ho conosciuto perché mi ha<br />

portato in Italia".<br />

105


"L'appuntato Scapagnin ha fatto alcuni controlli.<br />

Pare che dal suo telefono siano state fatte telefonate verso<br />

l'utenza di Martisor Tomescu".<br />

volte".<br />

106<br />

"Ma io conosco la moglie. L'ho chiamata due o tre<br />

"Scapagnin ha trovato oltre dieci telefonate<br />

registrate".<br />

"Non mi ricordo. Due, tre o dieci. Non mi ricordo.<br />

Dopo la partenza da Calarasi….".<br />

"Eravate al corrente delle sue attività criminali?" La<br />

interruppe Turtino, mentre Raluca stava raccontando il<br />

viaggio fatto con i suoi connazionali fino a Napoli.<br />

"Assolutamente no!" Rispose prontamente Raluca,<br />

che poi aggiunse, "e non credo nemmeno che sia un<br />

criminale. Io ho conosciuto una persona buona".<br />

"Solo persone buone conoscete voi. La gente spara,<br />

c'è chi muore e le persone sono buone. La gente ruba, si fa<br />

trovare nella macchina merce rubate e le persone sono<br />

buone", sbottò Turtino, contrariato.<br />

Era rimasto calmo fino a quel momento, ma<br />

l'incertezza in cui le affermazioni di Raluca lo avevano fatto<br />

sprofondare, lo mettevano di cattivo umore. Raluca, che<br />

aveva detto che Michele le infondeva serenità e che il marito<br />

della badante era buono, non rispose. Piegò lo sguardo.<br />

Turtino, invece, apparve sempre più contrariato per non<br />

essere riuscito a mettere insieme nulla di veramente<br />

interessante per il sostituto procuratore, che stava seguendo la<br />

vicenda dal suo ufficio di Potenza. Chiuse l'incontro dicendo<br />

a Raluca che certamente si sarebbero risentiti.<br />

“Per ora, può andare”.<br />

La ringraziò e la congedò. Qualche giorno dopo,<br />

però, l’avrebbe riconvocata.


“Fai chiamare la badante”, disse a Scapagnin, “sarà<br />

il sostituto procuratore in persona ad interrogarla”.<br />

Turtino riteneva che De Castro fosse una persona<br />

di cultura superiore alla sua.<br />

“Saprà comprendere più facilmente le sfumature<br />

delle sue osservazioni”.<br />

Per quel pomeriggio, la vicenda dell'omicidio di<br />

Michele Dolce non produsse altre novità. Nel bar di<br />

Ciaramella si fecero alcune illazioni, mentre nel circolo se ne<br />

parlò appena.<br />

“Ne parlerò con il mio vecchio collega”, disse De<br />

Stefano, riferendosi a Turtino.<br />

Il giorno successivo venne a sapere dell’informativa<br />

proveniente dalla compagnia di Battipaglia.<br />

“La badante rumena ha avuto delle frequentazioni<br />

equivoche”.<br />

Non sembrava quella santa donna che veniva<br />

descritta. Aveva sempre detto di essere giunta in Italia per<br />

lavorare onestamente, guadagnare e inviare i soldi in<br />

Romania, per sostenere i figli, che erano rimasti nelle<br />

campagne di Calarasi. Il contatto che, invece, aveva avuto con<br />

un uomo, arrestato per ricettazione, gettava una luce sinistra<br />

sulla sua vita.<br />

Il gallo di don Nicolino Laureto<br />

Nonostante il maresciallo Turtino cercasse di<br />

scandagliare la vita di Michele Dolce alla ricerca di particolari,<br />

che potessero condurlo sulla pista buona, continuava a non<br />

emergere nulla di particolarmente rilevante. Le poche persone<br />

che lo conoscevano dicevano che Michele conservava un<br />

amore viscerale per la sua terra.<br />

107


“Rappresentava l'espressione del suo essere più<br />

profondo e lui si sentiva legato ad ogni zolla di quel terreno.<br />

Non ha mai voluto abbandonarlo, nonostante tutti i suoi<br />

vicini lo avessero fatto”.<br />

Eppure, il suo terreno giocava un ruolo importante<br />

nella zona in cui era situato. Si trovava su una falla ricca di<br />

petrolio, in una posizione privilegiata per procedere<br />

all'estrazione.<br />

La terra era stata un punto di riferimento anche per<br />

suo nonno e per suo padre. Era lì che aveva appreso dal<br />

nonno a dire che si sentiva in grazia di Dio. Si trattava di uno<br />

stato esemplare, in cui la mente perdeva ogni contatto con la<br />

realtà, si liberava di tutte le preoccupazioni e vagava libera. Il<br />

senso di benessere si trasferiva al corpo fino a renderlo in<br />

perfetta simbiosi con la natura circostante. La grazia di Dio<br />

era uno stato temporaneo, particolarmente intenso che si<br />

poteva provare solo in particolari circostanze. La quotidianità<br />

della vita rurale favoriva la creazione di quello stato.<br />

La grazia di Dio sarebbe potuta sopravvivere in un<br />

mondo complesso, vissuto velocemente e senza il calore<br />

dell'autenticità del contatto umano?<br />

“La modernità ci allontana dalla grazia di Dio”,<br />

aveva detto ai suoi figli, proprio qualche giorno prima di<br />

morire.<br />

108<br />

Per Michele non c'erano mai stati dubbi.<br />

“La terra rappresenta l'ultimo baluardo di un<br />

mondo che sta cambiando, che sottrae il ricordo di quello che<br />

rimane della grazia di Dio, senza darci nulla in cambio”.<br />

L'anno in cui nacque Michele lo ricordavano tutti,<br />

ma non tanto per la nascita di Michele, quanto per la grande<br />

nevicata che si abbatté su Bigliano.<br />

“La neve seppellì gli usci delle case e si scavarono<br />

delle gallerie per favorire il transito nelle strade”.


Mentre la neve cadeva, in una povera casa in via<br />

Margherita di Savoia, nasceva Michele, secondogenito di una<br />

famiglia di contadini. Erano le nove della sera quando si<br />

ruppero le acque e venne chiamata la levatrice, che però non<br />

c'era. Era tornata al suo paese per far visita alla madre<br />

ammalata e non era più potuta ritornare a Bigliano. Venne<br />

chiamato il medico condotto, che all'epoca era anche sindaco<br />

del paese, don Nicolino Laureto. Il medico giunse<br />

nottetempo con il cappotto sul pigiama e la vestaglia. Il parto<br />

fu difficile, ma grazie al prodigarsi di Don Nicolino nacque<br />

un bel bambino.<br />

Il padre del bambino appena nato fu molto felice<br />

per la nascita di un maschio.<br />

nonna.<br />

“Mi aiuterà nelle faccende di campagna”.<br />

"Tanti figli, tanta provvidenza", disse, invece, la<br />

Era un modo come un altro per darsi reciproca<br />

giustificazione delle nidiate familiari, anche se si nasceva<br />

ereditando la povertà dei padri.<br />

Il bambino appena nato era molto piccolo, tanto<br />

che fu messo dentro una scatola di scarpe, imbottita di<br />

bambagia. Preoccupato per la respirazione affannosa del<br />

neonato, quella notte don Nicolino fece un continuo viavai,<br />

da casa sua a quella dei Dolce. Non abitava lontano e poteva<br />

raggiungerla a piedi. Il problema era la neve, che cadeva<br />

ininterrottamente da tante ore. Don Nicolino, per paura di<br />

scivolare, mise dei calzini di lana sulle scarpe per avere una<br />

migliore presa sul terreno. All'alba, quando erano già le<br />

cinque, chiese al padre di andargli a prendere un gallo, il più<br />

grande e il più forte che avesse nel pollaio. Il padre di Michele<br />

non capiva. Gli sembrava strano che don Nicolino gli avesse<br />

chiesto di andare a prendere un gallo, grande e forte, alle<br />

cinque del mattino.<br />

109


"Dottò, accirimo o’ gaddo pe lu battesimo", disse,<br />

provando a convincere il medico, che, invece, con un tono di<br />

rimprovero gli intimò di andarlo a prendere subito.<br />

"Non è per festeggiare che devi a prendere il gallo.<br />

Serve per salvare la vita a tuo figlio".<br />

Il pover’uomo non capiva. Appariva sempre più<br />

confuso. Il bambino era nato, si trovava in una scatola con la<br />

bambagia e sembrava al sicuro.<br />

110<br />

“A cosa potera servire un gallo, grande e forte?”<br />

Sebbene continuasse a non capire, il padre di<br />

Michele obbedì all'ordine del medico. Corse nel pollaio, scelse<br />

il gallo che gli sembrava il più grande e il più forte e ritornò a<br />

casa. Don Nicolino prese il becco tra le mani e lo infilò<br />

nell'ano del piccolo. Per tranquillizzare il pover’uomo che,<br />

intanto, si era seduto su una sedia di paglia in fondo alla<br />

stanza, il medico disse, "uno dei due dovrà morire".<br />

Il pover’uomo sobbalzò sulla sedia. Ancora<br />

ansimava per la corsa che aveva fatto qualche minuto prima,<br />

quando era andato nel pollaio per cercare un gallo grande e<br />

forte. Si asciugò il sudore sulla fronte con un fazzoletto<br />

bianco, che aveva nella tasca posteriore dei pantaloni. Non si<br />

sentiva affatto tranquillo per la frase pronunciata dal medico.<br />

Per questo, il sudore gli colò ancora più copioso sulla fronte.<br />

"Madonna, non figli'ma", implorò con voce bassa.<br />

Le donne accesero un cero davanti all'immagine<br />

della Madonna di Bigliano e iniziarono a pregare. Intanto, il<br />

gallo, cercando disperatamente di respirare, si dimenava tra le<br />

mani del medico, che con forza continuava a tenergli il becco<br />

conficcato nell'ano del piccolo. All'improvviso, il gallo, per<br />

quanto grande e forte, non ce la fece più. Strabuzzò gli occhi<br />

e morì. A quel punto, don Nicolino sorrise, mentre il respiro<br />

del bambino si fece più sereno.<br />

"Dottò, o' gaddo ie murt pe la puzza", disse il padre del<br />

bambino.


Il medico sorrise. Poi, facendosi serio, disse, "il<br />

gallo è morto perché volendo inspirare, ha liberato le viscere<br />

di tuo figlio, vittima di un blocco intestinale".<br />

Le donne si fecero il segno della croce e smisero di<br />

pregare. Il cero rimase acceso. Il giorno seguente ne venne<br />

acceso un altro. Grazie a don Nicolino, che aveva fatto un<br />

viavai tutta la notte e ad un gallo che era stato sacrificato,<br />

Michele poté nascere in una fredda notte d'inverno. Il gallo<br />

venne cucinato, la domenica, dalla nonna di Michele. La neve<br />

smise di cadere solo due settimane dopo.<br />

Nonna Peppa cucinò le patatelle in brodo, un<br />

impasto di patate e uova, ridotto in piccole palle, che<br />

venivano fritte e poi messe nel brodo di pollo. La paura della<br />

notte precedente era passata. Il bambino era salvo e si poteva<br />

finalmente festeggiare.<br />

“Ho chiesto la grazia, che la Madonna ci ha fatto”.<br />

Nonna Peppa aveva pregato per la vita del<br />

bambino, appena nato. Aveva acceso tutte le candele, che<br />

aveva in casa. Alcune erano benedette di San Michele del<br />

Gargano, altre dell'Incoronata di Foggia, di Santa Lucia di<br />

Sassinoro, di San Donato di Pietracatella, di Santa Maria della<br />

Strada di Matrice, della Madonna della Difesa di Casacalenda,<br />

di quella di Montecastello, Montevergine e Pompei.<br />

Nessuno poteva toccarle.<br />

"È peccato", diceva.<br />

Non furono utilizzate neanche l'anno in cui nacque<br />

Michele e nevicò tanto. La corrente elettrica andava e veniva,<br />

ma le candele rimasero al loro posto. Il nonno di Michele<br />

mise tanta legna ad ardere per fare luce al posto delle candele.<br />

Le stagioni di Bigliano passarono, una dietro l’altra,<br />

accompagnando l’infanzia di Michele. D’inverno, con la terra<br />

ricoperta di neve, il nonno passava intere giornate all'angolo<br />

del camino per revisionare gli arnesi da usare nei campi.<br />

Nonna Peppa, invece, filava la lana, faceva le calze e<br />

111


ammendava il guardaroba. Michele, seduto per terra ai loro<br />

piedi, osservava i nonni.<br />

“A volte, mi fermavo a fissare lungamente la<br />

fiamma del camino che finiva per accecarmi. Mi portavo le<br />

mani agli occhi per sfregarmeli. Poi tornavo a fissare di nuovo<br />

la fiamma”.<br />

La disponibilità dell'appuntato De Rosa<br />

De Stefano, intanto, proseguiva le sue personali<br />

indagini, avendo come punto di riferimento Raluca. Decise di<br />

appostarsi nella villa comunale per tenerla d'occhio, mentre<br />

incontrava le sue connazionali, nella tradizionale riunione<br />

pomeridiana.<br />

112<br />

“Devo verificare eventuali movimenti sospetti”.<br />

C'era, tuttavia, un ostacolo che impediva a De<br />

Stefano di agire con la massima efficacia, la lingua. Le badanti<br />

parlavano in rumeno. Aveva già fatto fatica ad apprendere il<br />

siciliano, quando era stato a Bagheria. Il rumeno sarebbe stato<br />

per lui una battaglia senza speranza di avere successo.<br />

Quando aveva pedinato il famoso mafioso, aveva<br />

ascoltato dei discorsi in siciliano.<br />

“Non era un idioma familiare ma ero riuscito a<br />

districarmi”.<br />

Con il rumeno sarebbe stato più difficile trovare<br />

una soluzione. Pensò allora di comprare un piccolo<br />

vocabolario rumeno-italiano. La sua strategia prevedeva di<br />

notare le parole più ricorrenti e di trovarle sul vocabolario. In<br />

un secondo momento, avrebbe incrociato le parole con la<br />

gestualità, in modo da poter venire a capo del senso del<br />

discorso.


“Si tratta di un metodo d'investigazione molto<br />

complesso che necessita grande attenzione e coordinazione”.<br />

Occorreva, prima di tutto, ascoltare, poi scrivere le<br />

parole più ricorrenti, trovarle sul vocabolario e metterle in<br />

relazione con la gestualità.<br />

Il giorno in cui fece il suo primo appostamento<br />

provò a seguire la strategia, che aveva messo a punto, ma fu<br />

un disastro.<br />

“Le parole vengono scandite con un accento da cui<br />

risulta difficile derivarne l'ortografia”.<br />

Alla fine della giornata fece il bilancio, concludendo<br />

che l'operazione aveva prodotto risultati insoddisfacenti.<br />

“Sono riuscito ad identificare solo tre parole, Buna<br />

ziua, La revedere, Ai inteles”.<br />

Ne cercò il significato sul vocabolario, ma rimase<br />

deluso. Le tre parole significavano, Buongiorno, Arrivederci e Hai<br />

capito.<br />

“Non sono di nessun aiuto alla mia ricerca”.<br />

Dunque, il bilancio della giornata era magrissimo.<br />

“Sono rimasto appostato per un'ora e mezzo,<br />

riuscendo a cogliere solo sei parole, di tre sono riuscito ad<br />

identificarne la corretta ortografia. Le ho trovate, ma non é<br />

servito a nulla”.<br />

Le aveva anche messe in relazione alla gestualità,<br />

ma il risultato era stato ugualmente negativo. De Stefano<br />

concluse che il metodo elaborato, non dava nessun risultato e<br />

poteva essere tranquillamente abbandonato.<br />

“Bisogna elaborare una nuova strategia molto più<br />

efficace”.<br />

Bisognava, soprattutto, fare in fretta.<br />

113


“Verrastro mi ha chiesto informazioni da giorni e<br />

non sono riuscito a raccogliere nulla di importante”.<br />

Decise che avrebbe dovuto adottare un metodo più<br />

invasivo, che sebbene lo avesse esposto, lo avrebbe<br />

certamente ripagato in termini di informazioni raccolte.<br />

“Il nuovo metodo consiste nel chiedere<br />

esplicitamente, alle persone che la conoscono, informazioni<br />

su Raluca”.<br />

Come primo passo, sarebbe andato personalmente<br />

a Battipaglia, per verificare che relazione potesse esistere tra il<br />

marito dell'amica, arrestato per ricettazione, e la badante<br />

rumena.<br />

Il giorno della missione a Battipaglia si alzò di<br />

primo mattino. Uscì alle otto e trenta ed alle nove prese<br />

l'autobus. Giunse a destinazione intorno alle dieci. Dopo<br />

essere sceso dall'autobus, si guardò intorno. Vide un'anziana<br />

signora che passava con le buste della spesa e la fermò.<br />

indicò.<br />

114<br />

“Dove si trova la caserma dei carabinieri?”<br />

L'anziana signora, con le buste della spesa, gliela<br />

“Non si trova lontano e potete facilmente<br />

raggiungerla a piedi”.<br />

Il giorno prima aveva telefonato al suo vecchio<br />

collega, maresciallo Tricase, incontrato ai tempi del soggiorno<br />

siciliano, che gli aveva segnalato un giovane appuntato di<br />

Battipaglia. De Stefano giunse in caserma. Al carabiniere, di<br />

guardia all'entrata, mostrò la tessera di riconoscimento.<br />

“Sono il maresciallo a riposo, De Stefano, vorrei<br />

parlare con il collega appuntato De Rosa”.<br />

Il carabiniere di guardia lo fece accomodare sulla<br />

poltrona, in uno stanzino, alla destra della porta di ingresso.<br />

Dopo pochi minuti giunse l'appuntato De Rosa.


"Con chi ho il piacere di interloquire?" Chiese De<br />

Stefano, alzandosi in piedi.<br />

"Sono l'appuntato De Rosa", rispose l'altro.<br />

"Molto bene! Io sono il maresciallo De Stefano".<br />

Aveva omesso di dire di essere a riposo, ma vuoi<br />

per il profumo, che si poteva respirava in caserma, vuoi per la<br />

tentazione di porsi in posizione di superiorità rispetto ad un<br />

subordinato, non era riuscito a resistere alla tentazione.<br />

"Vengo a nome del maresciallo Tricase, vecchio<br />

collega, che mi ha indicato la sua persona".<br />

"Ah, il maresciallo Tricase. Gran brava persona".<br />

"Eh, dice bene. Siamo stati insieme in Sicilia, bei<br />

tempi quelli. Di ordine, di passione, di coinvolgimento".<br />

"Il maresciallo Tricase me ne ha parlato spesso".<br />

"Le ha detto di quando abbiamo arrestato il<br />

mafioso?"<br />

"No, non mi pare", rispose imbarazzato De Rosa.<br />

"Ah, beh… avrebbe dovuto dirglielo. È stata<br />

un'azione importante", rispose De Stefano, deluso.<br />

"Eh purtroppo non me lo ha detto".<br />

"Lo prendemmo nel letto, la mattina. Azione<br />

condotta dal maresciallo Tricase e dal sottoscritto".<br />

"Bene, bene", rispose De Rosa.<br />

"Se lo faccia raccontare, appuntato. Erano tempi di<br />

ordine, di passione…"<br />

"…e di coinvolgimento"<br />

"Appunto! Di coinvolgimento".<br />

"Immagino che volesse vedermi per altro", provò a<br />

tagliare corto De Rosa.<br />

115


confuso.<br />

116<br />

"Come dice?" Rispose De Stefano, leggermente<br />

Gli capitava sempre così, quando iniziava a parlare<br />

delle sue imprese siciliane. Si immergeva nei ricordi e stentava<br />

a riemergere.<br />

"Non credo volesse parlarmi della Sicilia", fece<br />

notare De Rosa.<br />

"La Sicilia? Bei tempi di ordine di…”<br />

De Rosa lo interruppe.<br />

“Maresciallo, allora?”<br />

“Si, si…Sono qui per chiederle delle informazioni.<br />

Spero di non violare nessun segreto. Se non può darmele,<br />

non lo faccia. Il dovere prima di tutto. Se lo ricordi,<br />

appuntato."<br />

"Mi dica che tipo di informazioni cerca".<br />

"Si è sparsa la voce dell'arresto di un rumeno per<br />

ricettazione".<br />

"Vuole che glielo confermi?"<br />

"Se possibile".<br />

"Si ricorda il nome?"<br />

"Eh, veramente…"<br />

"Ho capito, non se lo ricorda. Mi faccia controllare.<br />

Quando sarebbe avvenuto?"<br />

"Un paio di settimane fa".<br />

L'appuntato De Rosa chiese il permesso di<br />

allontanarsi. Dopo qualche minuto, fece ritorno con una<br />

cartellina di plastica sotto il braccio.<br />

"È stato fortunato, maresciallo. Abbiamo arrestato<br />

un solo uomo di cittadinanza rumena nell'ultimo mese. Pensi<br />

che un mese fa, ne abbiamo arrestati ben tredici. Se non si


fosse ricordato il nome, sarebbe stato un bel problema<br />

poterlo individuare".<br />

"Sa, i nomi si dimenticano", provò a giustificarsi<br />

De Stefano, ridimensionandosi rispetto alla tracotanza<br />

iniziale.<br />

"Si, abbiamo arrestato un uomo per ricettazione.<br />

Un pesce piccolo, niente di importante. Il povero Cristo lo<br />

utilizzavano per trasferire merce rubata. Detto tra noi, non<br />

siamo neanche sicuri che il povero Cristo fosse al corrente di<br />

quello che stava facendo. Lo stiamo verificando".<br />

"Capisco, capisco", rispose De Stefano.<br />

"Scusi, maresciallo, le faccio io una domanda",<br />

chiese De Rosa con tono dubitativo, al quale De Stefano<br />

rispose con un cenno di assenso.<br />

"Perché le interessa questa vicenda?"<br />

"Sto svolgendo delle indagini private e, mi<br />

interessava sapere notizie sul povero Cristo", precisò De<br />

Stefano.<br />

"Sono le sole cose che le posso dire, maresciallo.<br />

Anzi, le ho già detto troppo, proprio perché lei è venuto a<br />

nome del maresciallo Tricase. Ho sempre grande riverenza<br />

nei suoi confronti".<br />

Stefano.<br />

"Grande maresciallo, il Tricase", aggiunse De<br />

"Non mi ha detto, però, perché ha bisogno di<br />

quelle informazioni. Lei sa cose che noi non sappiamo?"<br />

De Stefano fece presente all'appuntato che a<br />

Bigliano il povero Cristo veniva messo in relazione con una<br />

tale Raluca, alla quale aveva dato un passaggio dalla Romania<br />

a Napoli.<br />

"Mai sentito parlare di questa donna", disse senza<br />

mezzi termini l'appuntato.<br />

117


De Rosa aggiunse che dalle indagini sul povero<br />

Cristo non era emerso nulla di importante, a parte l'episodio<br />

della ricettazione, che lo aveva condotto in prigione.<br />

"Uscirà presto, sebbene il reato c'è e noi lo<br />

abbiamo colto in flagranza", aggiunse De Rosa.<br />

De Stefano disse che ne comprendeva le ragioni.<br />

Ringraziò l'appuntato De Rosa, il quale a sua volta pregò De<br />

Stefano di portare i suoi saluti al grande maresciallo Tricase,<br />

amico di entrambi.<br />

De Stefano, uscì dalla caserma intorno alle undici.<br />

Avrebbe dovuto attendere ancora tre ore prima di riprendere<br />

l'autobus per ritornare a Bigliano. Era molto soddisfatto.<br />

“Devo assolutamente chiamare Rocco Verrastro.<br />

Ci sono informazioni importanti”.<br />

Fece ritorno alla stazione degli autobus, acquistò<br />

un giornale nell'edicola, che si trovava poco lontano e si<br />

sedette su una panchina. Finalmente poté rilassarsi e leggere il<br />

giornale.<br />

L’alibi di Raluca<br />

De Stefano lesse dapprima i titoli della cronaca, poi<br />

un articolo sulla crisi finanziaria internazionale e, quindi si<br />

fermò di nuovo a riflettere. Quando mancavano solo quindici<br />

righe alla fine, gli tornò di nuovo in mente Raluca.<br />

118<br />

“Quella donna mi fa tenerezza”.<br />

L’aveva osservata con discrezione, ma senza<br />

soffermarsi sui particolari.<br />

“Non sta bene che un uomo sposato, nella mia<br />

posizione, osservi una donna con eccessiva attenzione”.


Era l’unica pista che le indagini ufficiali seguivano<br />

ed era stata anche l’unica pista per lui. Più ci pensava e più si<br />

rendeva conto di come il coinvolgimento di Raluca potesse<br />

essere stato dettato solo da motivi ideologici.<br />

“In fondo, che movente avrebbe avuto Raluca per<br />

uccidere Michele Dolce? Motivi passionali? Potrebbe essere<br />

ma prima bisogna accertare che esista una relazione tra i due”.<br />

Per il momento, invece, non si era riuscito ad<br />

appurare nulla.<br />

“Potrebbe essere stato per motivi non passionali,<br />

come per esempio un tentativo di furto, ma non esiste nessun<br />

indizio, che possa far pensare alla donna”.<br />

De Stefano finì di leggere l’articolo sulla crisi<br />

finanziaria internazionale. Ritornò a pensare a Raluca.<br />

“La mia impressione è che le indagini ufficiali si<br />

stiano piegando ad una logica perversa, che non ha nulla a<br />

che fare con la ricerca della verità”.<br />

Bisognava fare in fretta ed assicurare un colpevole<br />

alla giustizia. Lo richiedevano sia i vertici della magistratura<br />

potentina, sia l’opinione pubblica lucana. De Stefano, tuttavia,<br />

ragionava esclusivamente sulla base di intuizioni.<br />

“Riconosco che non c’è nulla di logico in quello<br />

che sto pensando”.<br />

Infatti, era il sentimento piuttosto che la stringente<br />

razionalità, a fargli pensare che Raluca non c’entrasse nulla<br />

con l’omicidio di Michele Dolce. I motivi passionali non<br />

potevano essere esclusi del tutto.<br />

“Potrebbe esistere realmente una relazione tra<br />

Michele e la rumena”.<br />

Per quel che riguarda, invece, i motivi non<br />

passionali, le informazioni dell’appuntato De Rosa<br />

escludevano, di fatto, che Raluca facesse parte di<br />

un’organizzazione criminale.<br />

119


“Se davvero fosse colpevole, allora si deve pensare<br />

che abbia agito da sola”.<br />

120<br />

A quel punto c’era solo una cosa da fare.<br />

“Bisogna verificare dove Raluca si trovasse la notte<br />

del delitto”.<br />

De Stefano sentì di essere ringiovanito di almeno<br />

trenta anni, quando gli venne in mente il termine alibi.<br />

Avvertì di nuovo il brivido, che solo un vero investigatore è<br />

capace di sentirsi addosso. La sua vita, che sembrava essersi<br />

spenta nel momento in cui era andato in pensione, ritornava<br />

ad essere interessante.<br />

“Non appena arrivo a Bigliano, ne parlo con<br />

Mimmo o’ greco. È lui il punto da cui ripartire”.<br />

L’autobus che lo avrebbe riportato a casa giunse a<br />

Battipaglia con dieci minuti di ritardo. C’erano ad attenderlo<br />

otto donne e tre uomini. Quattro si fermarono a Eboli, altre<br />

quattro a Sicignano e due proseguirono per Atena. De<br />

Stefano che aveva acquistato un biglietto di andata\ritorno,<br />

era seduto in terza fila.<br />

“La mattinata spesa a Battipaglia mi ha<br />

confortato”.<br />

Prima di giunsero a Bigliano, si addormentò.<br />

Il mattino seguente, alle sei, squillò il telefono a<br />

casa Turtino. Il maresciallo era nella fase di sonno più<br />

profondo, quando venne svegliato. Aveva faticato a prendere<br />

sonno e non aveva nessuna voglia di alzarsi. Il telefono si<br />

trovava nella stanza accanto. Smise di squillare. Turtino<br />

riprovò ad addormentarsi.<br />

“Chiunque mi cerchi, può riprovare<br />

tranquillamente verso le otto”.<br />

Chinò la testa sul cuscino e chiuse gli occhi. Il<br />

silenzio non durò che pochi istanti. Il telefono riprese a<br />

squillare.


“Rompicoglioni di merda”.<br />

Turtino scese dal letto, infilò le pantofole e si<br />

diresse nel soggiorno, dove si trovava il telefono. Sollevò la<br />

cornetta e rispose. Dall'altro capo del filo, una voce metallica.<br />

"Maresciallo, ti ho svegliato?"<br />

Turtino riconobbe immediatamente la voce di De<br />

Castro. Farfugliò alcune parole poco chiare, che il sostituto<br />

procuratore fece finta di intendere ma che in realtà non<br />

comprese.<br />

"Tra qualche minuto parto da Potenza. Nel giro di<br />

un'oretta dovrei essere a Bigliano".<br />

"Tra un'oretta a Bigliano?" Ripeté Turtino,<br />

frastornato.<br />

"Maresciallo, non ti vedo reattivo. Forza, non mi<br />

dire che stavi dormendo. Sono le sei, per diamine".<br />

"Vi aspetto, giudice…E dove vi aspetto?"<br />

"In caserma, maresciallo, in caserma, per diamine.<br />

Turtino reattivo, per cortesia. Qui succedono fatti<br />

importanti".<br />

"Mi rendo immediatamente operativo. In questo<br />

momento, mi trovo ancora a casa ma nel giro di pochi minuti<br />

sarò disponibile in caserma".<br />

Abbassò la cornetta e si mise ad imprecare.<br />

"Mannaggia a me che mi sono messo in mente di<br />

fare il maresciallo. Pochi onori e tanto oneri".<br />

"Ti preparo il caffè?" Lo interruppe la moglie.<br />

"Questo rompicoglioni me lo fa andare di traverso<br />

il caffè", esclamò Turtino.<br />

Corse in bagno a radersi, facendo attenzione a non<br />

tagliarsi. Non avrebbe avuto il tempo per stemperare il sangue<br />

121


e non voleva macchiare la camicia pulita, che si apprestava ad<br />

indossare.<br />

Non appena ebbe finito di radersi, andò in cucina.<br />

Bevve il caffè velocemente e corse in camera da letto a<br />

vestirsi. Mentre indossava la sua divisa da maresciallo, iniziò a<br />

riflettere su quali potessero essere le ragioni che spingevano<br />

De Castro a precipitarsi a Bigliano all'alba.<br />

“Non lo ha fatto neanche il giorno in cui é stato<br />

scoperto il cadavere di Michele Dolce”.<br />

Turtino uscì di casa esattamente ventisei minuti<br />

dopo la telefonata di De Castro.<br />

“Ho poco più di mezz'ora per mettere in ordine il<br />

dossier e presentarlo al sostituto procuratore”.<br />

Lungo il percorso che lo conduceva da casa in<br />

caserma, fece delle amare riflessioni.<br />

"Che mestiere difficile! Mio figlio non deve assolutamente<br />

fare il maresciallo. O se lo deve fare si deve scegliere un posto come si<br />

deve. Non come ho fatto io. Mi hanno proposto Bigliano e io ho<br />

accettato, sicuro che finalmente si poteva stare tranquilli.<br />

Invece…sparano a quello, ammazzano a quell'altro. Poi trovi un<br />

giudice rompicoglioni e non si riesce più neanche a dormire. Ma dico<br />

io…alle sei di mattina si va a trovare la gente? Che mestiere difficile!"<br />

Quando varcò il portone della caserma, trovò il<br />

piantone mezzo addormentato.<br />

"Sveglia, sveglia…se pensate di essere venuti a<br />

Bigliano per dormire vi sbagliate. In questo paese non si<br />

dorme. Capito? In questo paese non si dorme".<br />

Entrò nel suo ufficio. Gettò il soprabito sulla<br />

poltroncina di velluto rosso, che campeggiava in fondo alla<br />

stanza e si sedette alla scrivania. Era ancora buio e dovette<br />

accendere la luce per illuminare la stanza. Cercò<br />

affannosamente il dossier di Michele Dolce. Riprese in mano<br />

la deposizione di Raluca. La lesse un paio di volte,<br />

122


soffermandosi sempre sul passaggio che non lo convinceva,<br />

l'amicizia con Martisor Tomescu. Lesse anche la perizia<br />

balistica sull’arma, che De Castro aveva richiesto. Purtroppo,<br />

non venivano evidenziati elementi aggiuntivi rispetto a quelli<br />

iniziali.<br />

“Resta il fatto che l’arma venga utilizzata<br />

soprattutto nei paesi dell’Europa centrale e orientale”.<br />

Dopo venti minuti, giunse il sostituto procuratore.<br />

Entrò nell'ufficio del maresciallo e chiese immediatamente la<br />

cortesia di avere un caffè.<br />

"Un caffè veramente buono", precisò.<br />

Per Turtino la precisazione di De Castro voleva<br />

significare che il caffè doveva provenire dal bar di Ciaramella,<br />

che faceva il migliore espresso di Bigliano.<br />

“Non si sa se dipenda dalla miscela o da qualche<br />

altro piccolo segreto ma, chiunque voglia gustare il vero caffè,<br />

deve rivolgersi a lui”.<br />

Allo stesso tempo, il maresciallo si rendeva conto<br />

che se avesse ordinato il caffè da Ciaramella, l'incontro<br />

mattutino con De Castro non sarebbe potuto rimanere<br />

segreto.<br />

“D'altra parte, il sostituto procuratore non ha dato<br />

nessuna indicazione specifica”.<br />

Al telefono gli aveva detto che si stava dirigendo a<br />

Bigliano e che si sarebbero dovuti incontrare. Aveva fatto<br />

menzione di possibili sviluppi ma non aveva precisato<br />

nessuna esigenza di riservatezza. Decise che poteva correre il<br />

rischio di chiamare Ciaramella.<br />

123


La comunicazione non verbale di Giuseppe Di Dio<br />

Quando nel bar di Ciaramella squillò il telefono,<br />

c'erano solo due persone, che stavano prendendo il caffè.<br />

Una di queste era Giuseppe Di Dio, l'altro era un commesso<br />

di Potenza.<br />

Giuseppe era di passaggio. Stava andando al<br />

cantiere e, lungo il cammino, si era fermato nel bar per<br />

chiedere un'informazione.<br />

“Addomanda a Ciaramella che sape tutto”, gli aveva<br />

suggerito la moglie.<br />

Era entrato nel bar dieci minuti prima, quando<br />

Ciaramella stava ancora mettendo a posto la merce, fornitagli<br />

dal commesso di Potenza.<br />

124<br />

“Salute, Ciaramé”.<br />

Il barista, piegato su se stesso, nel tentativo di<br />

sollevare delle scatole di cartone piene di bottiglie di liquore,<br />

lo vide con la coda dell'occhio.<br />

"Dammi ‘na mano, Peppì", gli chiese, nel vederlo<br />

spuntare sulla porta del bar.<br />

Giuseppe non esitò e si avvicinò. Insieme<br />

sollevarono la scatola di cartone, che doveva essere piuttosto<br />

pesante. Lo si capiva dai lunghi sospiri che i due emettevano.<br />

Poi, ne sollevarono un'altra e un'altra ancora. In tutto ne<br />

sollevarono quattro. Ciaramella tornò al banco del bar e<br />

preparò i caffè per Giuseppe e per il commesso.<br />

"Andò posso trovà dei polli buoni?" Chiese Giuseppe.<br />

"Vai a l'allevamento di Mimmo o' greco, dicono che c'è<br />

robba bbona", rispose Ciaramella, senza pensarci neanche un<br />

secondo.<br />

Poi aggiunse, "pure i prezzi so' buoni".


Giuseppe avrebbe voluto rassicurarsi che davvero<br />

si trattasse di roba buona, come diceva Ciaramella ma non ci fu<br />

l’opportunità, perché in quell'istante giunse la telefonata dalla<br />

caserma.<br />

"Scendo immediatamente", rispose il barista, felice<br />

per la richiesta.<br />

Ciaramella, come se fosse stato mozzicato dalla<br />

tarantola, iniziò a fare tutto velocemente.<br />

“Si vede che non vedi l'ora di arrivare”.<br />

Non diede più retta né a Giuseppe, né al<br />

commesso, che gli aveva portato le bottiglie di liquore da<br />

Potenza.<br />

“Vado di pressa”, disse semplicemente.<br />

“Anch’io vado di pressa”, rispose Giuseppe.<br />

Aveva fretta di arrivare presto al cantiere, perché<br />

quel giorno doveva finire di lavorare in anticipo.<br />

“Vai in campagna a procurarti i polli”, gli aveva<br />

ordinato la moglie.<br />

bar.<br />

Terminò di bere il caffè ed uscì a passo svelto dal<br />

La giornata di lavoro di Giuseppe Di Dio non fu<br />

diversa dalle altre. Durante la pausa, mangiò con gli altri<br />

operai. Verso le cinque, invece di rientrare a casa, si diresse<br />

verso la campagna. Ciaramella gli aveva detto di andare<br />

all'allevamento di Mimmo o' greco, benché non avesse avuto<br />

il tempo di spiegargli esattamente il cammino da fare.<br />

“Non deve essere difficile trovarlo”, pensò<br />

Giuseppe.<br />

Giunto in campagna, si diresse da O' sarconese,<br />

nella speranza che gli avrebbe saputo indicare la strada per<br />

raggiungere il pollaio. Lo vide in mezzo al campo, intento a<br />

trapiantare degli alberi di melo.<br />

125


“Nonostante, O' sarconese tiene quasi settanta<br />

anni, zappa ancora velocemente”.<br />

Giuseppe attese che facesse una pausa e che<br />

rivolgesse lo sguardo verso di lui, fuori dal recinto.<br />

"O' pollaio di Mimmo o' greco?" Urlò al momento<br />

opportuno.<br />

O' Sarconese alzò lo sguardo e indicò la destra con<br />

la mano sollevata. Mentre indicava la direzione, unì e sollevò<br />

le labbra come per indicare perplessità. Giuseppe, a sua volta,<br />

scrollò la spalla e allargò le braccia. La comunicazione non<br />

verbale a Bigliano aveva più significato di quella verbale. Le<br />

labbra sollevate e unite di O' Sarconese non lasciavano<br />

presagire nulla di buono. Giuseppe apparve perplesso ma non<br />

chiese ulteriori spiegazioni. O' Sarconese si passò il dorso<br />

della mano sulla fronte e si rimise a zappare, più rapidamente<br />

di prima. Dove quell'uomo scarno e canuto potesse prendere<br />

la forza era un mistero.<br />

Giuseppe giunse a destinazione dopo solo dieci<br />

minuti. L'allevamento si trovava non lontano dal torrente, in<br />

una zona, un tempo immersa nel verde. Si trattava di un<br />

territorio che stimolava la sua memoria. L'aveva frequentata<br />

in passato, benché non ricordasse con esattezza il periodo.<br />

“E dove sta la campagna? In non vedo che<br />

cemento”.<br />

126<br />

La presenza del torrente, però, lo rassicurò.<br />

“Almeno quello è uguale a come me lo ricordo io”.<br />

Parchéggiò la sua vecchia uno fire nel piazzale<br />

sterrato, davanti all'allevamento. Si diresse verso l'entrata. Il<br />

puzzo che proveniva dall'allevamento era davvero<br />

insopportabile.<br />

“Ma come si face a vivere qui?” Si chiese.<br />

Sollevò lo sguardo verso il cielo e rimase immobile<br />

per qualche secondo. Iniziò ad avanzare lentamente ma non


vide nessuno. La porta principale, in direzione del piazzale<br />

sterrato, era aperta. Fece pochi passi e la varcò. Si trovò di<br />

fronte uno spettacolo terrificante. Centinaia di polli<br />

ammassati in uno spazio ristrettissimo.<br />

“Porca puttana! Si tratta di un allevamento<br />

completamente automatizzato”.<br />

Provò un senso di pietà per i polli, che vivevano a<br />

contatto l'uno dall'altro e che non avevano neanche lo spazio<br />

per aprire le ali. Potevano mangiare a sufficienza, anche se<br />

non era difficile immaginare la qualità del cibo che quei polli<br />

ingoiavano. Guardò l'intero capannone che li ospitava e ne<br />

rimase sconvolto. Uscì dal capannone e corse verso la<br />

macchina.<br />

“Non vedo l’ora di tornare a lu paese. Questa non è<br />

campagna!”<br />

Uscendo, pensò di bagnarsi le mani nel torrente.<br />

“Devo pulizzarmi di ‘sta puzza”.<br />

Avrebbe voluto annegare la realtà del pollaio. Fece<br />

alcuni passi e si trovò sulla riva. Le gambe affondavano nel<br />

terreno. Faceva fatica a restare in piedi. Mentre si avvicinava<br />

al corso d'acqua scivolò e pose le mani per terra. Con la punta<br />

delle dita della mano destra, non percepì il terreno sotto la sua<br />

mano.<br />

“E che è ‘sta cosa?”<br />

Aveva appoggiato la mano su un pezzo di carta.<br />

Ormai con il culo per terra, tentò di ricomporsi. Sollevò il<br />

pezzo di carta. Era sporco e l'acqua aveva cancellato<br />

l'inchiostro quasi per intero.<br />

“Si leggono solo alcune lettere, scritte a<br />

stampatello”.<br />

Si sollevò da terra velocemente.<br />

“Qui non si pote sta’”.<br />

127


Avvertiva il puzzo dei polli dappertutto, sulle mani,<br />

sul viso, perfino nei capelli. Rinunciò a lavarsi le mani. Corse<br />

indietro verso il piazzale antistante la porta d'entrata. Sollevò<br />

di nuovo lo sguardo verso il cielo. Si infilò in macchina. Fece<br />

inversione di marcia e si diresse verso Bigliano.<br />

La decisione clamorosa del sostituto procuratore<br />

128<br />

Raluca si trovava nella villa comunale.<br />

“Ha sempre avuto un sorriso triste sulle labbra ma<br />

oggi il suo sorriso appare ancora più triste”, notò De Stefano<br />

mentre la osservava.<br />

Probabilmente Raluca in quel momento avrebbe<br />

voluto trovarsi in un posto diverso. Forse avrebbe voluto<br />

essere nella sua Calarasi.<br />

“Anch’io sarei stato triste se mi fossi trovato in un<br />

paese straniero”.<br />

Ricordò la sera in cui aveva messo piede nella<br />

caserma di Bagheria, dopo un viaggio iniziato all’alba. Il<br />

pensiero della Sicilia lo ricondusse alla sua attività di<br />

investigatore.<br />

“Sono qui per osservare una femmina che si trova<br />

implicata in una torbida vicenda”.<br />

Non era il momento di abbandonarsi a<br />

sentimentalismi, che non avrebbero fatto altro che distrarlo.<br />

“Il dovere prima di tutto”, ripeté a se stesso.<br />

Stava osservando Raluca perché doveva appurare<br />

alcune circostanze. La sera successiva ne avrebbe parlato con<br />

Rocco Verrastro. Avevano fissato un appuntamento<br />

telefonico per fare il punto sulle indagini parallele che stava<br />

conducendo.


Intanto, le indagini ufficiali, condotte dal<br />

maresciallo Turtino e coordinate dal sostituto procuratore De<br />

Castro, si stavano sviluppando in maniera decisiva. La visita<br />

mattutina di De Castro stava per produrre risultati clamorosi.<br />

I due avevano verificato con attenzione l’unica pista che<br />

seguivano, che conduceva a Raluca.<br />

“Altre possibilità vanno scartate, perché la vita di<br />

Michele Dolce é stata scandagliata in profondità”, disse<br />

Turtino a De Castro.<br />

Non era emerso nulla di sospetto.<br />

“Esiste solo il contatto con Raluca, benché ancora<br />

non sia possibile appurare con certezza di cosa si tratti. Il<br />

primo interrogatorio della rumena non ha prodotto risultati<br />

significativi”.<br />

“Com’è possibile che non sai cosa ci sia stato tra i<br />

due?” Insinuò De Castro, indispettito.<br />

Turtino.<br />

"Giudice, mi avete preso per un ruffiano?" Rispose<br />

"Macché ruffiano, Turtino! Fai la persona seria! Un<br />

carabiniere di un piccolo paese dovrebbe sapere vita, morte e<br />

miracoli di tutti".<br />

De Castro era in difficoltà. Si mostrò nervoso e<br />

suscettibile. Turtino aveva interrogato Raluca. Le aveva<br />

chiesto quali fossero i suoi rapporti con la vittima, ma non era<br />

riuscito a capire cosa Raluca volesse realmente dire. Aveva la<br />

sensazione di essere stato poco incisivo.<br />

“…Ma posso rivelarlo al sostituto procuratore?”<br />

Avrebbe dovuto ammettere di aver dimenticato di<br />

appurare l'elemento più importante. Per evitare ulteriori<br />

rimproveri, Turtino provò una via d'uscita.<br />

“Giudice…hem….io ho verificato la cosa presso la<br />

signora rumena. Ho chiesto quale fosse il suo rapporto con il<br />

129


morto. Posso dire che, sebbene non abbia avuto, una risposta<br />

chiara, ritengo che la signora ne sia stata l’amante”.<br />

“Ecco…vedi maresciallo che quando vuoi<br />

riusciamo ad produrre dei risultati”, esclamò De Castro con<br />

soddisfazione,<br />

Aggiunse, “sappiamo che c’era una relazione tra i<br />

due, altrimenti che si frequentavano a fare….dico bene,<br />

maresciallo?”<br />

130<br />

“Benissimo, giudice!”<br />

“Del resto, maresciallo, lei ha mai visto che un<br />

uomo e una donna si frequentino qui a Bigliano, senza che ci<br />

sia un interesse…diciamo sentimentale?”<br />

“Ma certo che no!”<br />

“Siamo in un piccolo paese, non in una grande<br />

città. La gente mormora se vede un uomo e una donna che si<br />

frequentano. Non è conveniente”<br />

“Appunto! Non è conveniente. Ci deve essere stato<br />

per forza una relazione tra la vittima e la signora rumena”,<br />

affermò in maniera definitiva il sostituto procuratore.<br />

La conversazione, fino ad allora piuttosto serrata,<br />

venne improvvisamente interrotta dall’appuntato Scapagnin,<br />

che bussò alla porta.<br />

“Sono arrivati i caffè”, disse l’appuntato. “Li faccio<br />

portare?”<br />

“No, vengo a prenderli io”, rispose prontamente<br />

Turtino. Sapeva che Ciaramella si sarebbe intrufolato e voleva<br />

evitare che mettesse piede dentro l’ufficio, mentre il dossier<br />

sul caso di Michele Dolce si trovava in bella vista sulla<br />

scrivania. D’altra parte, sapeva anche che avrebbe dovuto<br />

dargli qualche frammento di notizia, se voleva toglierselo<br />

velocemente dai piedi. Turtino si allontanò brevemente e De<br />

Castro ne approfittò per rileggere l’interrogatorio della donna.


Quando Turtino ritornò in ufficio, posò le tazzine<br />

sulla scrivania. De Castro bevve il caffè, mentre dava un<br />

ulteriore sguardo ai documenti, che aveva tra le mani.<br />

“Maresciallo, non possiamo permetterci di perdere<br />

altro tempo. L’opinione pubblica si aspetta un’iniziativa da<br />

parte nostra. Non possiamo farci vedere che brancoliamo nel<br />

buio. Capisce…”<br />

Turtino intuì che a breve ci sarebbe stata una svolta<br />

ma non immaginava che De Castro avesse l'intenzione di<br />

andare fino in fondo.<br />

“Questo benedetto Michele Dolce non può essersi<br />

ammazzato da solo. Sappiamo che conduceva una vita<br />

particolarmente sedentaria, apparentemente non aveva<br />

nemici, sappiamo che aveva una relazione con una rumena,<br />

sappiamo che un amico di questa rumena è stato arrestato,<br />

sappiamo che la pistola utilizzata è usata soprattutto nei paesi<br />

dell’Europa centrale e orientale…”, farfugliò De Castro.<br />

“Giudice, non mi resta che convocare la signora<br />

rumena”.<br />

“Bene! Lo faccia!” Intimò a quel punto De Castro.<br />

“Non è più tempo di tentennamenti, maresciallo. Le firmo un<br />

mandato di arresto. Il nostro obiettivo sarà quella di farla<br />

confessare”.<br />

Ormai, la sua strategia appariva chiara.<br />

“Utilizzeremo la carcerazione preventiva come<br />

strumento di pressione”.<br />

Turtino rimase perplesso, ma non lo diede a<br />

vedere. Era stato lui a condurre De Castro su quella strada ed<br />

era stato lui ad affermare che Raluca avesse una relazione con<br />

Michele Dolce.<br />

“Si sente in colpa? Chiese De Castro.<br />

“Perché dovrei, giudice?”<br />

131


132<br />

“No, non dovrebbe. Avevo l’impressione…”<br />

“Nessuna impressione. Lei si sente in colpa?”<br />

“Maresciallo, non dica stronzate…”<br />

Anche De Castro non avvertiva il senso di colpa.<br />

In entrambi, non si avvertiva nessuno squilibrio tra il proprio<br />

benessere e la percezione della sofferenza altrui. Il carcere<br />

non sarebbe stato certamente piacevole, ma per Raluca,<br />

abituata alla sofferenza, non sarebbe stato difficile da<br />

sopportare. Lo pensarono entrambi.<br />

La rivelazione di Mimmo o’ greco<br />

L’arresto di Raluca venne eseguito il giorno<br />

successivo all’alba. Quattro carabinieri si presentarono a casa<br />

di Mimmo o’ greco. Suonarono alla porta. La sorella di<br />

Mimmo andò ad aprire. Si spaventò quando vide i carabinieri.<br />

Li accolse, farfugliando e corse a svegliare subito il fratello,<br />

che dormiva al piano superiore.<br />

"Che succede?" Chiese Mimmo alla sorella, mezzo<br />

addormentato.<br />

"I carabinieri, i carabinieri…", farfugliò la sorella.<br />

Mimmo si rivestì e zompò le scale quattro alle volte,<br />

per arrivare in fretta alla porta. I carabinieri gli mostrarono il<br />

mandato di arresto per Raluca.<br />

"Sveglia Raluca", intimò Mimmo alla sorella.<br />

La sorella di Mimmo salì le scale, che portavano al<br />

piano superiore. Era molto agitata e non sapeva con quale<br />

stato d'animo la badante avrebbe accolto la notizia. La trovò<br />

sveglia, seduta sul letto.<br />

"Ti stanno aspettando", le disse, senza specificare<br />

chi ci fosse ad attenderla.


Raluca uscì dalla stanza in camicia da notte. Scese<br />

la scala e si avvicinò ai carabinieri.<br />

"Cosa volete da me?" Chiese.<br />

"Dovete vestirvi, prendere le cose che vi servono,<br />

metterle in una borsa e venire in caserma con noi".<br />

La sorella scoppiò a piangere. Anche Mimmo si<br />

fece sfuggire una lacrima. Solo la madre non si accorse di<br />

nulla e continuò a dormire, nonostante il trambusto. Raluca,<br />

invece, rimase impassibile. Ritornò nella sua stanza, si vestì<br />

con gli abiti del giorno prima, preparò una borsa con pochi<br />

effetti personali e ridiscese al piano terra. Sembrava<br />

rassegnata al suo destino. Salutò Mimmo e sua sorella e si<br />

diresse verso la macchina dei carabinieri, parcheggiata a pochi<br />

metri dal portone. Il bar di Ciaramella non era ancora aperto.<br />

Per strada solo un cane, incuriosito, che si fermò a guardare la<br />

scena.<br />

“Dovremo condurla in carcere”, le spiegarono<br />

quando giunse in caserma.<br />

“Con quale accusa?” Chiese.<br />

“Omicidio volontario”.<br />

La notizia dell’arresto fece il giro del paese. De<br />

Stefano la apprese al circolo. Rimase perplesso. Gli tornava in<br />

mente il suo viso triste.<br />

"Sarò arrugginito ma questa storia non mi convince",<br />

pensò, sorseggiando il caffè.<br />

Gli era di fronte il dottor d'Eugenio, "maresciallo,<br />

una briscola?"<br />

"Come dite, dottore?"<br />

"Una briscola a undici?"<br />

"Non ora, dottore, scusate ma devo correre a casa".<br />

133


D'Eugenio guardò stupito il maresciallo a riposo,<br />

mentre riponeva la tazzina del caffè sul tavolo. De Stefano si<br />

alzò di scatto, prese l'impermeabile, buttato sulla sedia e si<br />

avviò verso l'uscita.<br />

"Cosa potrà avere di tanto urgente da fare?", pensò<br />

D'Eugenio, mentre lo vide allontanarsi dal circolo.<br />

“Devo assolutamente chiedere a Turtino le modalità<br />

dell'arresto”, pensò De Stefano, ritornando verso casa.<br />

La prima sensazione era che il fermo della rumena<br />

fosse stato dettato dall’esigenza di rispondere ad una generica<br />

domanda giustizialista.<br />

"Se, però, l'alibi é stato verificato e Raluca risulta<br />

non avere nessuna copertura per la sera del delitto, l'arresto<br />

potrebbe avere un fondamento valido", considerò in un<br />

secondo momento.<br />

Stefano.<br />

134<br />

Alle sette e mezzo di sera, Verrastro telefonò a De<br />

“Per tutto il giorno, ho preparato il servizio<br />

sull’arresto. Domani vengo a Bigliano”.<br />

“Bene, Rocco!”<br />

“Che ne pensa, maresciallo?”<br />

“Cosa vuoi che ti dica, Rocco. Io ho la sensazione<br />

che la rumena non c’entri con questo omicidio. Ho in mente<br />

il suo viso triste. Non mi sembra il volto di un'assassina”.<br />

“Si tratta di una sua sensazione oppure ha in mano<br />

qualcosa?” Ribatté prontamente Verrastro.<br />

“No, per il momento io non ho ancora niente, ma<br />

anche loro credo non abbiano niente. Ho la sensazione che la<br />

rumena sia stata messa in mezzo”.<br />

"Potrebbe essere stata messa in mezzo solo per<br />

risolvere il caso? Mi sembra una responsabilità enorme da<br />

parte di De Castro”.


“Beh, i giudici…”<br />

Verrastro lo interruppe.<br />

“E poi chi glielo dice che loro non abbiano in<br />

mano niente? Crede davvero che si siano mossi senza una<br />

copertura?"<br />

"Rocco, è una sensazione. Se tu avessi visto il volto<br />

di quella donna…"<br />

"Ho visto fin troppi assassini nascondersi dietro<br />

una maschera".<br />

"Non mi sembrava una maschera. Sono stato in<br />

Sicilia e so distinguere la finzione dalla realtà".<br />

Verrastro non fece nessun commento. Riferì al<br />

maresciallo a riposo di essere stato al palazzo di giustizia di<br />

Potenza.<br />

“Ho notato una certa soddisfazione, non tanto per<br />

aver centrato un obiettivo, quanto per aver aperto un<br />

cammino”.<br />

"Il caso non è chiuso. Si deve andare più a fondo”,<br />

disse De Stefano, ostentando sicureza.<br />

“Qualcosa mi dice che lei avverta il bisogno di<br />

trovare un percorso alternativo e più convincente”.<br />

Si diedero appuntamento al giorno successivo,<br />

quando Verrastro sarebbe andato a Bigliano per preparare il<br />

servizio di aggiornamento sul caso Michele Dolce. De<br />

Stefano poggiò la cornetta del telefono e si diresse verso il<br />

soggiorno. Si sedette al tavolo e prese una penna con un<br />

pezzo di carta. Fece dei disegni, che la moglie non comprese.<br />

In realtà non disegnò nulla di compiuto. Si limitò a fare degli<br />

schizzi.<br />

Disegnare lo aiutava a pensare e mettere in ordine<br />

le idee. Era un metodo appreso dal capitano Leone, per<br />

stimolare la concentrazione. Anche al circolo aveva<br />

135


accontato la storia del capitano Leone ma pochi lo avevano<br />

ascoltato.<br />

Nel bar di Ciaramella, l’arresto della badante, che<br />

lavorava a casa di Mimmo o’ greco, divenne l'argomento<br />

preferito di discussione. Metà dei clienti si schierò a favore di<br />

Raluca e l’altra metà contro. Le due fazioni rispecchiavano<br />

fedelmente la divisione esistente nel paese, tra innocentisti e<br />

colpevolisti.<br />

Giannino l’opinionista, che normalmente si<br />

occupava di politica, soprattutto locale, espresse il suo<br />

giudizio.<br />

"La rumena è innocente. Si sta cercando solo un<br />

capro espiatorio".<br />

Ziza si chiese cosa fosse un capro espiatorio. Non<br />

riuscì a trovare una risposta e continuò a bere la birra.<br />

Ciaramella, che ugualmente non sapeva cosa fosse un capro<br />

espiatorio, si disse d'accordo con Giannino. L'avvocato Di<br />

Cillio, invece, si schierò dalla parte dei colpevolisti.<br />

136<br />

"Alea iacta est", disse con tono solenne.<br />

Ziza continuò a non capire e a bere la sua birra.<br />

Ciaramella si disse d'accordo anche con l'avvocato Di Cillio.<br />

Anzi, più d'accordo con Di Cillio che con Giannino.<br />

"Diciamo le cose come stanno", disse Ciaramella,<br />

rivolgendosi a Giannino. "Lui la voleva lasciare e lei lo ha<br />

fatto fuori".<br />

"Perché avrebbe dovuto farlo?" Rispose Giannino.<br />

"Lui la manteneva. Non voleva più dargli i soldi e<br />

lei…bam…lo ha ucciso".<br />

"Perché avrebbe dovuto mantenerla?"<br />

"Perché le rumene si fanno mantenere".<br />

"Ma che dici? Lei lavorava onestamente"


"Onestamente? Con quello che gli dava Mimmo o'<br />

greco non si sarebbe potuta comprare neanche un paio di<br />

pantaloni".<br />

"Stai esagerando?"<br />

"Esagero? Dici che esagero? Sai quanto gli passava<br />

Mimmo al mese?"<br />

"Quanto?"<br />

"500 euro".<br />

"E non sono abbastanza 500 euro?"<br />

"Che ci fai con 500 euro. La signora tene nu' marito e<br />

due figli".<br />

"E tu che ne sai?"<br />

"O' saccio, o' saccio".<br />

Intervenne l'avvocato Di Cillio.<br />

"Cari signori, il punto non è costituito dai 500 euro.<br />

Possono sembrare pochi in Italia ma in Romania sono tanti.<br />

Ve lo assicuro".<br />

"Ah, sono tanti….", osservò Ciaramella.<br />

"Vedi, lo dice pure l'avvocato", intervenne<br />

prontamente Giannino.<br />

"Fatemi continuare….", chiese l'avvocato Di Cillio,<br />

con il tipico tono di chi si sente depositario della verità.<br />

"Il punto è un altro".<br />

"Quale?" Chiese Giannino.<br />

"Il punto è che questi uomini e queste donne, che<br />

vengono dalla Romania, sono per loro natura violenti".<br />

"È vero, è vero…", mormorò Ciaramella, mentre<br />

lavava i bicchieri, sporchi di cordial.<br />

137


"Ammazzano, derubano…ah, quanti crimini<br />

vengono commessi. Noi avvocati non sappiamo come<br />

difenderli", fece notare con una punta d'orgoglio Di Cillio.<br />

"Siete voi il difensore?" Chiese ingenuamente<br />

Ciaramella.<br />

"Macché, Ciaramella. Io non difenderei mai una<br />

donna di quelle parti. Sono una persona onesta io", ribatté<br />

prontamente Di Cillio, disturbato per la domanda del barista.<br />

La realtà era che nessuno aveva pensato che Di<br />

Cillio fosse stato chiamato a difendere Raluca. Tutti sapevano<br />

che aveva pochi clienti e che, a parte la famiglia e qualche<br />

amico, nessuno si sarebbe fatto difendere da lui.<br />

"Scusate”, intervenne nuovamente Giannino, "ma<br />

se la signora è considerata colpevole, come la mettete con la<br />

sparatoria contro Mimì?"<br />

Cillio.<br />

138<br />

"E quale sarebbe il nesso?" Chiese l'avvocato Di<br />

Giannino rimase perplesso. Non tanto perché non<br />

sapesse rispondere, quanto perché non comprese il termine<br />

nesso.<br />

"Voglio dire", precisò l'avvocato Di Cillio, "la<br />

signora ha ucciso l'amante. Che c'entra Mimmo Telesca?"<br />

"Avvocà, scusate, ma un po' deve c'entrare. Non è<br />

che a Bigliano ogni giorno si spara la gente. La sera prima<br />

hanno sparato a Mimmo, il giorno dopo hanno trovato il<br />

morto…voglio dire, un nesso come dite voi, ci deve essere",<br />

disse Ciaramella.<br />

"E quelli si saranno sbagliati. Dovevano<br />

ammazzare Michele Dolce e hanno sparato a Mimmo o'<br />

greco".<br />

"E allora come può essere stata la badante. Lei lo<br />

conosceva a Mimmo. Non si poteva sbagliare", intervenne<br />

Radiouno, "se voleva sparare a Michele Dolce, sparava a


Michele Dolce. C'è una bella differenza tra Michele Dolce e<br />

O' greco".<br />

"E che ne so io, che ne so", rispose innervosito<br />

l'avvocato Di Cillio, "io faccio delle ipotesi. È chiaro che il<br />

caso non l'ho studiato. Non sono io l'avvocato difensore.<br />

Fossi stato l'avvocato difensore e ripeto, non avrei mai<br />

accettato di esserlo, adesso avrei potuto darvi tutte le risposte<br />

del caso".<br />

"Effettivamente la risposta è complicata",<br />

intervenne Ciaramella per supportare Di Cillio, "se l'avvocato<br />

avesse studiato il caso, tutto sarebbe stato chiaro".<br />

"E poi chi lo dice che la rumena è già colpevole.<br />

Esiste la presunzione d'innocenza. È vero, avvocato?"<br />

"E come no? Esiste la presunzione d'innocenza,<br />

anche per i rumeni".<br />

Nessuno aggiunse nulla ma tutti compresero<br />

perché Di Cillio avesse pochi clienti.<br />

La relazione clandestina di Michele Dolce<br />

Alle sei del giorno seguente, De Stefano attese<br />

Mimmo al circolo. I due si sedettero al tavolo, davanti alla<br />

porta d'ingresso. Si fecero portare due caffè macchiati e<br />

iniziarono a discutere.<br />

"Mimmo, non si può dire se Raluca sia colpevole o<br />

meno fin quando non si conosceranno le motivazioni<br />

dell'arresto. Sarebbe importante sapere dove la donna si<br />

trovasse la sera dell'omicidio. Bisognerebbe verificare il suo<br />

alibi", disse De Stefano.<br />

A quel punto, Mimmo abbassò lo sguardo. Il<br />

maresciallo a riposo capì che c’era qualcosa che non andava.<br />

“C’è un problema, maresciallo”.<br />

139


“Mimmo, non mi dire che Raluca non ha un alibi<br />

per quella notte?”<br />

“La sera prima del ritrovamento del cadavere,<br />

Raluca si era incontrata con Michele. Questo lo so per certo".<br />

140<br />

"Ne sei certo?"<br />

"Certissimo, marescià".<br />

"Perché si sarebbe incontrata con la vittima?"<br />

"La volta precedente non ho voluto dirglielo, ma<br />

tra di loro c’era una relazione”, sussurrò Mimmo all’orecchio<br />

del maresciallo a riposo.<br />

De Stefano si portò le mani sul volto.<br />

“Questo complica le cose”.<br />

“Maresciallo, io sono certo dell’innocenza di<br />

Raluca”, sussurrò di nuovo Mimmo all’orecchio del<br />

maresciallo.<br />

“Come fai ad esserne certo?”<br />

“Perché Raluca voleva bene a Michele e non<br />

avrebbe mai potuto desiderare la sua morte”.<br />

De Stefano assunse un atteggiamento ancora più<br />

pensieroso. Abbassò lo sguardo e si sfilò gli occhiali,<br />

passandosi la mano destra sul volto.<br />

“Maresciallo, aiutate Raluca. Lei non c’entra niente<br />

in questa brutta vicenda".<br />

"E tu come fai a saperlo?"<br />

"Lo sento, maresciallo".<br />

"Pure io lo sento…ma lo sentivo di più prima,<br />

quando non sapevo che la sera del delitto, Raluca avesse<br />

incontrato la vittima".<br />

"E che vuol dire? Se lo sentivate prima, dovrete<br />

sentirlo anche ora".


De Stefano era stato preso in contropiede. Pensava<br />

che l’alibi di Raluca non fosse stato verificato.<br />

“Ho sottovalutato il lavoro di Turtino”.<br />

Diversi dubbi si affastellarono nella sua mente Era<br />

stato quasi certo dell'innocenza di Raluca ma la rivelazione di<br />

Mimmo sparigliava nuovamente le carte.<br />

Mentre faceva queste riflessioni, ripensò al sorriso<br />

triste di Raluca.<br />

“Il suo volto non può mentire tanto<br />

spudoratamente”.<br />

Ad un’analisi più attenta, appariva chiaro che,<br />

avendo incontrato Michele Dolce la sera prima della sua<br />

morte, la posizione di Raluca si complicava.<br />

“Forse, non la pregiudica del tutto, Mimmo!”<br />

“Dite che non la pregiudica del tutto?”<br />

“Forse”.<br />

“Forse”, ribadì Mimmo.<br />

“Perché queste cose non le hai dette al maresciallo<br />

Turtino?"<br />

"Perché quello stronzo mi vuole fottere".<br />

"Un maresciallo dell'arma non fotte nessuno",<br />

rispose De Stefano, risentito.<br />

"Quello stronzo mi vuole fottere. Mi chiama un<br />

giorno si e l'altro pure. Vuole sapere chi mi ha sparato. Ma<br />

che ne saccio? Chi mi ha sparato? Non o' saccio"<br />

De Stefano ascoltava. Continuava a inforcare e<br />

sfilare gli occhiali a goccia, con un comportamento che stava<br />

diventando compulsivo.<br />

"Io non aggio mai fatto male a nisciuno. O' maresciallo<br />

Turtino non o' vole capisce. Pensa che la gente mi spara perché<br />

141


aggio fatto qualche cosa. Non lo so, non lo so chi mi ha<br />

sparato. E poi siamo sicuri che volevano sparare proprio a<br />

me?"<br />

La chiacchierata tra De Stefano e Mimmo venne<br />

interrotta dall'arrivo di Rocco Verrastro. Il giornalista<br />

potentino salutò De Stefano.<br />

"Ti presento Mimmo Telesca. È l'uomo coinvolto<br />

nella sparatoria".<br />

"Mi fa piacere di conoscerla", rsipose Verrastro,<br />

che non pensava di trovarsi di fronte ad un uomo di<br />

quarantacinque anni. Lo immaginava più vecchio. Dopo<br />

avergli stretto la mano, chiese un caffè macchiato.<br />

"Stavo dicendo proprio ora al maresciallo che io<br />

non c'entro niente con la sparatoria".<br />

"Allora non è lei l'uomo a cui hanno sparato?"<br />

Chiese Verrastro.<br />

"Hanno sparato nella mia direzione ma non è detto<br />

che volessero sparare proprio a me".<br />

"Mimmo, diciamo che ti sei salvato per ventinove e<br />

trenta", commentò De Stefano.<br />

"Marescià, allora pure voi la pesante come l'altro<br />

maresciallo? Neanche voi mi credete quando vi dico che io<br />

non c'entro niente".<br />

confuso.<br />

142<br />

"Ho solo detto che l'hai scampata bella".<br />

"Allora è lei che hanno sparato?" Chiese Verrastro<br />

"Se volete dire che hanno sparato verso di me,<br />

ditelo pure, ma io non c'entro niente. Diteglielo al maresciallo<br />

Turtino che non mi crede".<br />

Verrastro e De Stefano si guardarono senza<br />

commentare.


"Maresciallo, vorrei intervistare l'operaio che ha<br />

trovato il cadavere nel cantiere. L'altra volta non aveva voluto<br />

parlare con me. Vorrei provare a risentirlo", disse Verrastro,<br />

preferendo cambiare discorso.<br />

"A quest'ora, Peppino mangia. Non lo troviamo in<br />

piazza. Dovremmo andare a vedere a casa sua".<br />

"Lo telefoniamo prima?"<br />

"E perché? Non c'è bisogno".<br />

I due si avviarono verso la casa di Giuseppe Di<br />

Dio, mentre Mimmo o' greco rimase seduto al tavolo a<br />

leggere il giornale. Attraversarono la piazza, poi passarono di<br />

fronte al bar di Ciaramella, infilarono il vicolo vicino<br />

all'ufficio postale e si ritrovarono sul Chiascio. Ancora<br />

qualche passo e si sarebbero trovati vicino la casa con le mura<br />

rosa di Giuseppe Di Dio. Bussarono alla porta. Si sentì una<br />

voce dall'interno, che li invitava ad entrare.<br />

"Permesso?"<br />

"Trasite, trasite".<br />

Verrastro e De Stefano avanzarono lentamente.<br />

Dall'entrata si poteva vedere una luce fioca nella<br />

stanza accanto.<br />

Antonietta si fece incontro ai due.<br />

l'onore?"<br />

"Oh, il maresciallo De Stefano. A cosa dobbiamo<br />

"Antonietta, io e questo giovane dovremmo<br />

conferire con Giuseppe".<br />

"Che dovete fare?"<br />

"Parlare, Antonié", rispose De Stefano ad<br />

Antonietta che sul termine conferire era rimasta perplessa.<br />

fuoco".<br />

"Ah, parlare…e venite, venite. Peppino ié vicino a lu<br />

143


144<br />

"Peppino, buonasera",<br />

"Buonasera, maresciallo. A cosa dobbiamo<br />

l'onore?" Esclamò Giuseppe Di Dio, tentando di sollevarsi<br />

dalla sedia per stringere la mano ai due ospiti.<br />

"Stai…stai comodo, Peppì. Io e questo giovane<br />

vorremmo parlare con te".<br />

"Io me lo ricordo 'sto giovane".<br />

"Certamente, anch'io mi ricordo di lei. Avrei voluto<br />

intervistarla ma lei mi disse che non se la sentiva", intervenne<br />

Verrastro.<br />

"E io non saccio parlà troppo bene, caro mio".<br />

"Vi posso aiutare io", rispose Verrastro.<br />

"E che mi volete aiutare. Quando iuno nun sape parlà,<br />

nun sape parlà. C'è poco da fare".<br />

"Significa che manco stavolta possiamo<br />

accontentare questo giovane?", intervenne De Stefano.<br />

dicere?"<br />

Stefano.<br />

"Marescià, ma che devo dire io a la televisione. Che posso<br />

"Potete, potete, se volete", insinuò Verrastro.<br />

"Oppure non volete?" Terminò il pensiero De<br />

"Marescià, io certe cose non le posso dire. Aggio<br />

avuto la sfortuna di trovare lu muorto e mo' m'aggia fa' li fatti<br />

miei".<br />

"Peppì, hanno arrestato 'na femmina che forse non<br />

c'entra niente".<br />

"E questo io non o' posso sapé".<br />

"Perché? Sapete altro?"<br />

"Io nun saccio niente, giovane".


Poi, Giuseppe aggiunse, "quello che saccio l'aggio<br />

detto ai carabinieri".<br />

"Peppì, che hai visto quella mattina?"<br />

"O' muorto e basta".<br />

"E basta?"<br />

"E basta!"<br />

Giuseppe stava perdendo la pazienza. Aveva<br />

appena finito di mangiare la salsiccia con le uova. Se le sentiva<br />

già sullo stomaco per colpa del maresciallo e di Verrastro.<br />

"Vi porto un bicchiere di vino?" Chiese Maria.<br />

"Porta o' vino che questi mi stanno facendo<br />

affogare".<br />

"Non lo fate arrabbiare che si alza la pressione",<br />

disse Maria, mentre versava il vino.<br />

"Anche il vino la fa alzare", intervenne Verrastro.<br />

"Quella è tutta salute, giovanotto", rispose<br />

Giuseppe con convinzione.<br />

Antonietta servì quattro bicchieri colmi di vino.<br />

Uno era per Verrastro, uno per il maresciallo a riposo e due<br />

per il marito.<br />

Dopo aver bevuto, mentre De Stefano e Verrastro<br />

stavano per alzarsi, Giuseppe li chiamò a sé.<br />

"Siete due delinquenti…mi farete arrestare".<br />

Prese dalla tasca dei pantaloni due pezzi di carta e li<br />

porse a De Stefano.<br />

"Ecco, uno l'aggio trovato vicino a o' muorto e l'altro vicino<br />

a o' pollaio di o' greco".<br />

"Di che si tratta?"<br />

"Non o' saccio e non o' voglio sapé".<br />

145


De Stefano prese dalla mano di Giuseppe i due<br />

frammenti di carta e li mise in tasca.<br />

146<br />

"Peppì, siete ‘na brava persona", esclamò De Stefano.<br />

"E le brave persone vanno in galera", rispose<br />

Giuseppe Di Dio.<br />

“Non ci vanno in galera, non ti preoccupare”.<br />

“Marescià, io sono rimasto fuori da questa storia e<br />

fuori voglio rimanere. Io non vi ho dato niente”.<br />

Il maresciallo a riposo e Verrastro sorrisero.<br />

I contatti del maresciallo Tricase<br />

De Stefano e Verrastro iniziarono a esaminare i due<br />

frammenti di carta, ritrovati da Giuseppe Di Dio. Per farlo al<br />

riparo da sguardi indiscreti, si chiusero nella casa di campagna<br />

del maresciallo. Faceva freddo e De Stefano accese il fuoco.<br />

Dopo aver sbarrato le finestre, si sedettero al tavolo, vicino al<br />

caminetto. Metà della tavola era apparecchiata con delle olive<br />

nere, due pezzi di salsiccia e una bottiglia di vino rosso. L'altra<br />

metà era, invece, completamente sgombra. De Stefano prese<br />

dalla tasca della giacca i due frammenti di carta e li depose nel<br />

mezzo della parte sgombra. Vicino depose anche una lenta<br />

d'ingrandimento, che aveva tirato fuori dal taschino della<br />

giacca. Si trattava di una lenta d'ingrandimento che De<br />

Stefano conservava fin dai tempi della Sicilia. Per ritrovarla,<br />

aveva impiegato un giorno intero. Si era fatto aiutare dalla<br />

moglie e, finalmente, l'aveva trovata in un vecchio album di<br />

francobolli del Brasile.<br />

“Verifichiamo prima i frammenti di carta. Poi<br />

mangiamo” propose De Stefano.


Verrastro prese il frammento di carta più grande,<br />

che Giuseppe Di Dio aveva detto di aver ritrovato nei pressi<br />

del torrente, vicino al pollaio di Mimmo o' greco.<br />

Stefano.<br />

“È in condizioni davvero pessime”, commentò De<br />

Alcune lettere erano visibili ma gran parte del<br />

foglio era stato rovinato dall'umidità.<br />

“L'inchiostro si é quasi del tutto sciolto”.<br />

De Stefano si tolse gli occhiali a goccia e prese tra<br />

le mani la lente di ingrandimento. Osservò entrambi i<br />

frammenti.<br />

"Rocco, potrebbero essere parte di un unico<br />

documento".<br />

Verrastro chiese di verificare.<br />

“Mi faccia vedere”.<br />

De Stefano glieli porse.<br />

“I due frammenti sembrano realmente dello stesso<br />

tipo di carta”, confermò Verrastro.<br />

Stefano.<br />

“E contengono gli stessi caratteri”, aggiunse De<br />

“Non è chiaro, però, se siano solo due frammenti<br />

di un foglio di carta grande o se il foglio di carta si riduca ai<br />

due frammenti”.<br />

“Io direi piuttosto che entrambi facciano parte di<br />

un unico documento”.<br />

Verrastro osservò più attentamente.<br />

“Su quello ritrovato vicino al pollaio di Mimmo o'<br />

greco si possono leggere chiaramente alcune lettere, mentre<br />

sull'altro, ritrovato vicino al morto, sono riportate alcune<br />

parole, che fanno pensare ad una citazione di articoli del<br />

codice civile”.<br />

147


Erano le sole cose che si potevano distinguere.<br />

Purtroppo, non era possibile andare oltre.<br />

148<br />

"E' un rebus, maresciallo".<br />

"Non si capisce molto", confermò De Stefano.<br />

"Il problema è che l'acqua del fiume ha fatto<br />

sciogliere l'inchiostro. Ci sono delle macchie che non è facile<br />

decifrare".<br />

I frammenti di carta venero girati e rigirati ma il<br />

risultato fu sempre lo stesso. I due convennero che occorreva<br />

rivolgersi ad un esperto.<br />

"In Sicilia avevamo esperti di primissimo livello",<br />

disse De Stefano, "si trattava di gente che lavorava. Ah, che<br />

tempi! Tempi di ordine, di passione e di coinvolgimento".<br />

"Bisognerebbe rintracciare uno di quelli. Un<br />

vecchio collega disposto a darci una mano".<br />

"E dove lo trovo?"<br />

"Il maresciallo che l'ha aiutata a Battipaglia non era<br />

con lei in Sicilia?"<br />

"E che c'entra Tricase?"<br />

"Lui potrebbe aiutarci".<br />

De Stefano non appariva convinto. Verrastro lo<br />

spinse a provare. Il maresciallo a riposo, inforcò gli occhiali a<br />

goccia, che aveva momentaneamente deposto sul tavolo, e<br />

provò a cercare nella sua agendina il numero di Tricase.<br />

"Eccolo, Tricase, maresciallo Tonino".<br />

"Lo chiami, maresciallo".<br />

"A quest'ora? Sono le dieci di sera".<br />

"Provi, maresciallo".<br />

Verrastro gli porse il suo telefono portatile. De<br />

Stefano inforcò nuovamente gli occhiali e compose il numero


di telefono di Tricase. Dopo tre squilli, il collega maresciallo<br />

rispose.<br />

"Tricase, sono De Stefano…"<br />

La telefonata durò circa dieci minuti. Nove<br />

vennero spesi per ricordare la Sicilia e uno per affrontare il<br />

vero motivo della chiamata. Tricase disse che aveva<br />

conservato il contatto con un esperto della scientifica di<br />

Palermo.<br />

"Lo prevengo circa la possibilità di una telefonata<br />

da parte del collega, maresciallo De Stefano", aggiunse.<br />

I due ex colleghi si salutarono. Verrastro raccolse il<br />

suo telefono portatile dalle mani del maresciallo a riposo.<br />

Solo un tecnico della scientifica avrebbe potuto aiutarli a<br />

scoprire i segreti di quei due frammenti di carta, ammesso che<br />

ci fossero dei segreti da svelare.<br />

"Per il momento abbiamo solo due pezzi di carta,<br />

qualche lettera incisa e nulla di più. Non è detto che questi<br />

elementi ci possano aiutare", osservò Verrastro.<br />

"Può darsi che non servano ma un elemento<br />

importante è già sotto i nostri occhi".<br />

"Quale maresciallo? Io francamente non lo vedo".<br />

"I due frammenti di carta sono stati ritrovati dalla<br />

stessa persona".<br />

"Giuseppe Di Dio".<br />

"Ovvero, l'uomo che ha scoperto il cadavere di<br />

Michele Dolce".<br />

"Ma questo già lo sapevamo".<br />

"Un attimo, Rocco".<br />

"Sapevamo solo che Giuseppe Di Dio avesse<br />

scoperto il cadavere di Michele Dolce".<br />

149


"Certamente ma lo stesso Giuseppe Di Dio ha<br />

scoperto anche il secondo frammento di carta."<br />

150<br />

"Non capisco dove vuole arrivare?"<br />

"Dove ha scoperto il secondo frammento?"<br />

"Vicino al pollaio di Mimmo Telesca".<br />

"Esatto! Mimmo Telesca. Ovvero la persona a cui<br />

hanno sparato".<br />

"Ora capisco!" Rispose Verrastro.<br />

Intanto, in caserma, Turtino se ne stava tranquillo.<br />

Se per Verrastro e De Stefano si aprivano nuovi scenari, per<br />

lui il caso si poteva dire risolto.<br />

chiuso.<br />

“Manca solo la confessione della rumena”.<br />

Se Raluca avesse confessato, il cerchio si sarebbe<br />

“E finalmente si potrà tornare a pescare in santa<br />

pace. Quello stronzo di De Castro mi ha talmente rotto le<br />

palle, tanto da farmi dimenticare come si mette l'amo alla<br />

canna”.<br />

In realtà, il cerchio non si sarebbe completamente<br />

chiuso. Rimaneva da risolvere la sparatoria contro Mimmo.<br />

vicenda.<br />

“Chi ha sparato a quell'inzallanuto?”<br />

De Castro sembrava non dare importanza alla<br />

“Preferisce concentrarsi sul caso dell'omicidio di<br />

Michele Dolce”.<br />

Sembrava che l'episodio della sparatoria, che aveva<br />

coinvolto Mimmo Telesca, lo infastidisse, come se fosse una<br />

complicazione piuttosto che un elemento di chiarezza.<br />

Turtino.<br />

"E se De Castro se ne fotte, me ne voglio fottere io?" Pensò


Tutto sommato, non c'era scappato il morto e<br />

chiunque fosse stato non sembrava importante. Si trattava di<br />

due botti e basta, più o meno come a Capodanno.<br />

"Se avessero voluto spararlo veramente, l'avrebbero<br />

sparato. Invece, l'inzallanuto se ne gira tranquillo per il paese.<br />

Continua a fare quello che faceva prima e nessuno gli ha più<br />

rotto le palle. Invece, io non riesco più a fare quello che<br />

facevo prima. E se lui ci riesce e io no, vuol dire che non lo<br />

volevano sparare veramente. E forse ha ragione lui. Si è<br />

trattato di un errore".<br />

Riguardo, invece, la situazione di Raluca, era vero il<br />

sospetto di De Stefano. Turtino non era stato poi tanto<br />

ingenuo. Aveva controllato l'alibi ed aveva scoperto che la<br />

sera dell'omicidio, lei si era vista realmente con Michele<br />

Dolce.<br />

“L'incontro é avvenuto nei pressi del pollaio di<br />

Mimmo o' greco”, confessò Raluca.<br />

De Castro che aveva più abilità di Turtino nel<br />

comprendere le sfumature, interrogò Raluca e quando la<br />

badante gli riferì che tra lei e Michele c'era un'amicizia che lei<br />

aveva sempre vissuto come tale, il sostituto procuratore disse,<br />

"ho capito, signora, un'amicizia con diritto di accesso".<br />

A quel punto, le era stato chiesto quando lo avesse<br />

visto l'ultima volta e la badante rivelò di averlo visto la sera<br />

prima che sparassero a Mimmo.<br />

O' greco era stato sparato di domenica. Quindi,<br />

Raluca aveva visto per l'ultima volta Michele Dolce il sabato.<br />

Il corpo era stato ritrovato il lunedì, all'apertura del cantiere.<br />

Il medico legale aveva stabilito l'ora della morte di circa<br />

trentasei ore precedente il ritrovamento.<br />

“Ne deriva che l'ora della morte di Michele Dolce é<br />

da far risalire al sabato sera. È, pertanto, compatibile con la<br />

nostra ipotesi. La badante rumena ha ammazzato il suo<br />

amante per motivi passionali”.<br />

151


152<br />

Era questa la conclusione del sostituto procuratore.<br />

"Michele aveva incontrato Raluca per comunicargli<br />

la decisione che aveva preso. Voleva mettere fine alla<br />

relazione. La moglie era venuto a saperlo. Non avrebbe<br />

tollerato ulteriormente la sua storia. Michele, di fronte al out<br />

out della moglie, aveva scelto di chiudere con la rumena",<br />

concluse De Castro il giorno in cui spiccò il mandato di<br />

arresto nei confronti della badante.<br />

In realtà, il maresciallo Turtino aveva espresso<br />

alcuni dubbi.<br />

"L’uso della pistola farebbe pensare ad un piano<br />

premeditato che non si concilia con questa ricostruzione".<br />

"Cosa vuol dire?"<br />

"Se si suppone che Michele abbia deciso di<br />

comunicarle la sua decisione quella sera, lei non avrebbe<br />

potuto saperlo in anticipo e non avrebbe avuto ragione di<br />

portare con sé un’arma”.<br />

"Ma io ho fatto solo un'ipotesi. Può darsi che la<br />

donna ne fosse già a conoscenza e che quello fosse l'ultimo<br />

appuntamento. In quel caso avrebbe deciso di regolare i<br />

conti".<br />

"E perché lo avrebbe fatto?"<br />

"Motivi passionali. Lo amava e non voleva che la<br />

lasciasse".<br />

"Ma allora avrebbe dovuto agire d'istinto".<br />

"Non sempre si agisce d'istinto. Avrebbe potuto<br />

calcolare il modo di eliminarlo per vendetta".<br />

Il maresciallo Turtino continuava ad esprimere<br />

perplessità e De Castro chiuse l'argomento con una secca<br />

presa di posizione.


"Maresciallo, noi arrestiamo la donna. Abbiamo<br />

sospetti sufficienti. Sarà a lei dimostrare che non c'entra<br />

niente".<br />

Si trattava di invertire l'onore della prova ma il<br />

sostituto procuratore non sembrava preoccuparsene.<br />

“In definitiva, si spicca un mandato di cattura nei<br />

confronti di una cittadina rumena. Non ci saranno problemi a<br />

ritrattare nel caso si fosse commesso un errore”.<br />

I rumeni erano sempre al centro della cronaca nera.<br />

“Può sempre capitare che in qualche caso ci si<br />

possa sbagliare”.<br />

Sarebbe apparso, nel peggiore dei casi, come un<br />

eccesso di prevenzione.<br />

“Per supportare la nostra iniziativa, sarebbe<br />

opportuno raccogliere la testimonianza della moglie di<br />

Michele Dolce. La signora dovrebbe confermare di essere a<br />

conoscenza della relazione clandestina del marito. Serve a<br />

coprirci le spalle, nel caso ci siano problemi”.<br />

La moglie di Michele Dolce venne ascoltata da<br />

Turtino il giorno stesso, alle undici della mattina. Si trovava in<br />

campagna, nella stessa terra che Michele, e prima di lui il<br />

padre e il nonno, avevano coltivato per anni.<br />

"Signora, mi dovete scusare se vi ho raggiunta così<br />

all'improvviso ma non volevo importunarvi più di tanto<br />

facendovi scendere in caserma. Ho pensato di venire io da<br />

voi".<br />

"Buongiorno, maresciallo! Avete fatto bene ma chi<br />

ve lo ha detto di venire in campagna?"<br />

"Vi ho vista nei giorni scorsi occuparvi della terra.<br />

Ho notato che ve ne state prendendo cura e ho pensato che<br />

avrei potuto trovarvi qui".<br />

"Sono sempre qui. Ci sono tante cose da fare".<br />

153


154<br />

"Cosa state facendo?"<br />

"Il frutteto, maresciallo. Mi sto occupando del<br />

frutteto".<br />

"E i vostri figli non vi aiutano,"<br />

"Paolo vorrebbe vendere la terra ma io non sono<br />

d'accordo. Michele non avrebbe mai voluto".<br />

"Perché vostro figlio vorrebbe vendere la terra?"<br />

"Perché dice che ormai non serve più".<br />

"Una terra serve sempre".<br />

"Spiegateglielo voi a Paolo. Io non so più come<br />

dirglielo".<br />

Il maresciallo Turtino accennò ad un sorriso.<br />

"I figli vogliono fare sempre di testa loro. Non<br />

credete che con i miei sia diverso. Io volevo farli studiare<br />

ingegneria e loro vogliono studiare scienze della<br />

comunicazione. La disoccupazione è garantita".<br />

La signora si avvicinò al maresciallo. Fino ad allora<br />

avevano parlato a distanza, la signora in mezzo al campo, il<br />

maresciallo sulla strada. Quando i due si trovarono faccia a<br />

faccia, il maresciallo Turtino passò ad occuparsi della vicenda<br />

di Michele.<br />

"Voi sapete che non mi piace fare pettegolezzi ma<br />

questa volta devo farvi una domanda, come dire, personale".<br />

"Posso immaginare, maresciallo".<br />

"Lo so, ne stanno parlando tutti in paese. Voi lo<br />

sapevate?"<br />

"Sapevo che Michele si vedeva con quella puttana".<br />

"Beh, si, lo sapevate?"<br />

"Si, lo sapevo".


tempo".<br />

"Da quando?"<br />

"Da qualche mese".<br />

"Da qualche mese?"<br />

"Si, vi sembra strano?"<br />

"No, si…beh, non immaginavo da così tanto<br />

"Avevo iniziato a sospettare che Michele avesse<br />

un'altra donna da quando usciva di sera. Lui abitualmente non<br />

frequentava il paese ma da un po' di tempo saliva. Era<br />

strano".<br />

"E come lo ha scoperto?"<br />

"Me lo ha detto lui".<br />

"In genere gli uomini non confessano".<br />

"Non è vero. È un modo di pensare comune che<br />

non sempre corrisponde alla realtà".<br />

"E cosa vi disse?"<br />

"Che aveva conosciuto una donna".<br />

"E basta?"<br />

"Il resto lo potete immaginare".<br />

"Quale fu la vostra reazione?"<br />

"Ho reagito come potrebbe reagire una donna<br />

qualsiasi. Io e Michele eravamo sposati da oltre trenta anni.<br />

Lui era sempre stato buono con me. Continuava ad esserlo<br />

ma quella donna proprio non ci voleva".<br />

"Gli avete detto di lasciarla?"<br />

"Certo. Chiunque lo avrebbe fatto. Chi potrebbe<br />

sopportare una situazione del genere? Siamo a Bigliano, non a<br />

Parigi dove si sopportano i menage a trois".<br />

"E che vuol dire?"<br />

155


corna".<br />

156<br />

"Che i biglianesi non sopportano le storie di<br />

"Ah…beh, certo".<br />

"Io gli avevo detto di lasciarla ma lui diceva sempre<br />

che lo avrebbe fatto ma poi non lo faceva mai. Smetteva per<br />

qualche giorno di uscire di sera ma poi riprendeva".<br />

"Sapevate che si trattava della badante rumena di<br />

Mimmo o' greco?"<br />

"Non lo sapevo. Lui non aveva mai voluto dirmelo.<br />

Diceva che si trattava di una donna di Montegiro".<br />

"E voi non vi siete mai informati?"<br />

"Ho provato ad informarmi a Montegiro da una<br />

mia amica che è sposata con un montegirese. Avevo anche il<br />

sospetto di chi potesse essere".<br />

"Di chi?"<br />

"Di una sua ex compagna di scuola, che io ho<br />

sempre odiato".<br />

"E quando ha scoperto che, invece, si trattava della<br />

badante di Mimmo o' greco?"<br />

"In questi giorni, quando tutti ne hanno iniziato a<br />

parlare. Come si dice, maresciallo, la cornuta è sempre l'ultima a<br />

sapere le cose".<br />

Il maresciallo Turtino fu soddisfatto del colloquio<br />

con Franca Dolce.<br />

“La signora ha confermato che Michele avesse una<br />

relazione con una donna, benché non fosse a conoscenza<br />

della sua identità”.<br />

L'ipotesi di De Castro veniva supportata da una<br />

testimonianza importante.<br />

In precedenza, partendo dal presupposto del<br />

coinvolgimento della badante rumena, De Castro aveva


provato anche a mettere insieme l'episodio della sparatoria<br />

con l'omicidio. Era addirittura arrivato a pensare che Mimmo<br />

avesse ragione.<br />

Raluca”.<br />

“In realtà non avrebbero voluto sparare a lui ma a<br />

I colpi erano stati diretti contro la casa, in cui<br />

abitavano entrambi.<br />

“Mimmo ha rischiato di essere colpito solo a causa<br />

di uno scambio di persona. Nell'oscurità, i delinquenti hanno<br />

confuso la sagoma di Raluca con la sua”.<br />

Il pensiero di De Castro, tuttavia, aveva molte falle,<br />

che Turtino gli aveva fatto notare.<br />

“La casa in cui i due abitano è ampiamente<br />

illuminata. Come si fa a confondere la sagoma di un uomo<br />

con quella di una donna? Ma, pur ammettendo che fosse stata<br />

realmente Raluca il bersaglio, allora anche il caso dell'omicidio<br />

di Michele Dolce si complica”.<br />

De Castro ne aveva concluso che sarebbe stato<br />

preferibile seguire la strada dell'omicidio passionale e provare<br />

a districare la matassa un poco alla volta.<br />

“È inutile arrovellarsi il cervello con altre ipotesi,<br />

che possano mettere insieme l'omicidio con la sparatoria”.<br />

L'obiettivo di soddisfare la procura di Potenza era<br />

stato raggiunto.<br />

“C'é un morto e c'é un potenziale colpevole”.<br />

Il lavoro investigativo era stato svolto. Non c'era<br />

ancora una pista per la sparatoria, ma in quel caso non c'era<br />

stato né il morto, né il ferito. La vicenda si poteva considerare<br />

chiusa.<br />

157


I solventi di Ceramia<br />

Chi, invece, non riusciva a considerare chiusa la<br />

vicenda era De Stefano. Grazie all'intermediazione del collega<br />

Tricase, aveva preso contatto con il perito palermitano,<br />

Ceramia.<br />

“L'inchiostro si é sciolto ma un abile tecnico<br />

potrebbe ricomporre il senso”, auspicò Verrastro.<br />

“Ceramia ha smesso di lavorare da quasi due anni<br />

ma scommetto qualsiasi cifra che sia ancora capace di<br />

decifrare il contenuto dei frammenti di carta ritrovati da<br />

Giuseppe Di Dio”.<br />

Al telefono, Ceramia aveva espresso meno certezze<br />

di De Stefano. Si era mantenuto sul vago, senza promettere<br />

alcun risultato..<br />

"Può essere ma può anche non essere. Si può<br />

capire ma si può anche non capire. Tutto dipende dallo stato<br />

di conservazione".<br />

158<br />

Decisero di incontrarsi e di esaminare i frammenti.<br />

“Ci vediamo a Palermo!”<br />

A quel punto, per De Stefano il problema sarebbe<br />

stato raggiungere la Sicilia.<br />

“Non ho voglia di giocarmi i soldi della pensione<br />

per andare fino a Palermo”.<br />

La moglie si era già lamentata più volte per le spese<br />

sostenute dal marito.<br />

“Sono mesi che mi avevi promesso il televisore<br />

nuovo e, invece, ancora andiamo avanti con quella vecchia<br />

carcassa, che ci ha regalato tua zia per le nozze d’argento”.<br />

“Lo compreremo, lo compreremo…”, provò a<br />

tagliare corto ma la moglie lo riportò con i piedi per terra.


“Sono stanca di queste promesse da maresciallo.<br />

Lo compreremo questo mese. Io mi sono già informato da<br />

Piero l’elettrotecnico".<br />

La signora Rosa aveva convenuto anche il prezzo,<br />

millecinquecento euro, da pagarsi in tre rate da cinquecento<br />

euro l’una. Se il marito avesse speso i soldi della pensione per<br />

il viaggio in Sicilia, avrebbe contravvenuto all'accordo.<br />

"Troveremo una soluzione alternativa. Qualcosa ci<br />

inventeremo", propose Verrastro.<br />

Le ipotesi prese in considerazione erano due. La<br />

prima era basata sull'aiuto delle persone conosciute durante il<br />

soggiorno siciliano.<br />

“Potrei andare dalla signora Berar<strong>dino</strong> e farmi<br />

ospitare per due giorni”.<br />

La seconda ipotesi era a lunga scadenza.<br />

“Potrei aspettare l'estate e accodarmi all'iniziativa<br />

del centro sociale, che ogni anno organizza il viaggio alle<br />

terme”.<br />

Entrambe le ipotesi comportavano alcuni aspetti<br />

negativi. La prima sarebbe stata disapprovata dalla signora<br />

Rosa, la seconda riportava le indagini alle calende greche.<br />

Verrastro immaginò una terza soluzione.<br />

“Potremmo cooptarla all'interno della troupe che<br />

andrà in Sicilia per seguire la fiera del gusto. Viaggio e<br />

alloggio gratis anche per lei”.<br />

De Stefano avrebbe occupato uno dei posti liberi in<br />

macchina e dormito insieme a Rocco, in una camera doppia.<br />

La signora Rosa non avrebbe avuto nulla da ridere. Nello<br />

stesso tempo, non ci sarebbe stato molto da aspettare.<br />

“Quando si parte?” Chiese De Stefano.<br />

“La fiera del gusto é programmata per giovedì<br />

prossimo”.<br />

159


giorno.<br />

160<br />

Si poteva approdare in Sicilia nel giro di qualche<br />

La sera prima di partire, De Stefano preparò con<br />

cura la valigia. Oltre alle camicie e a due pantaloni di cotone,<br />

infilò la cartellina plastificata che conservava i frammenti di<br />

carta, consegnatigli da Giuseppe Di Dio. Al mattino, si<br />

svegliò presto. Indossò la sua camicia sahariana preferita e<br />

uscì di casa. Fece una lunga passeggiata verso la strada<br />

provinciale, dove si fece trovare da Verrastro. La troupe della<br />

televisione regionale viaggiava su di una Volvo bianca. Alla<br />

guida l'operatore Rufino. Il maresciallo venne fatto<br />

accomodare sul sedile posteriore, dove c’erano diversi cavi<br />

elettrici, che De Stefano dovette togliere di mezzo per potersi<br />

ritagliare lo spazio per sedersi. Giunsero a Palermo dopo sei<br />

ore di viaggio, traversata dello stretto di Messina compresa.<br />

L'incontro con Ceramia era previsto per le dieci<br />

della mattina successiva nella pasticceria Scimone.<br />

“Già pregusto quei favolosi cannoli”.<br />

Decise che ne avrebbe mangiato almeno due e altri<br />

quattro li avrebbe portati alla moglie.<br />

“Io lavorerò l'intera mattinata, poi la raggiungo”,<br />

spiegò Verrastro.<br />

Nel frattempo, il maresciallo a riposo avrebbe<br />

iniziato il lavoro con Ceramia.<br />

La mattina dell'incontro, a Palermo pioveva. De<br />

Stefano avvertiva una fastidiosa emicrania, che non gli aveva<br />

fatto chiudere occhio per tutta la notte.<br />

"Colpa di questa maledetta umidità", sussurrò a<br />

Verrastro.<br />

Non si perse d'animo. Benché non avesse<br />

l'ombrello, decise che avrebbe ugualmente corso il rischio di<br />

bagnarsi e di aggravare le sue condizioni.<br />

“La pasticceria Scimone non é lontano”.


In dieci minuti raggiunse il luogo<br />

dell'appuntamento.<br />

Dopo mezz'ora, però, nessun perito si era<br />

presentato in pasticceria.<br />

"Due cannoli, un cappuccino e una pasta reale e di<br />

questo Ceramia neanche l'ombra".<br />

Passarono altri dieci minuti e del perito palermitano<br />

ancora nessuna notizia. Chiese un paio di volte al cameriere,<br />

che gli stava servendo l'ennesimo cannolo, se qualcuno avesse<br />

chiesto del maresciallo De Stefano ma ottenne una risposta<br />

negativa.<br />

“Nessuno lo ha cercato”.<br />

Non erano proprio i tempi di ordine, passione e<br />

coinvolgimento, che ricordava della Sicilia. Non solo pioveva,<br />

e la sua emicrania non accennava a diminuire, ma il lavoro di<br />

investigazione sembrava non poter ricevere l'impulso che ci si<br />

attendeva. Il perito se ne stava per i cacchi suoi in chissà quale<br />

parte della città.<br />

Quando già pensava di aver fatto un viaggio a<br />

vuoto, vide spuntare la sagoma di un uomo minuto con i<br />

baffi. Aveva le mani in tasca e sottobraccio una scatola di<br />

legno.<br />

"Maresciallo De Stefano?"<br />

"Si", rispose prontamente il maresciallo.<br />

"Mi scusi per il ritardo. Sono il perito Ceramia".<br />

"La stavo aspettando"<br />

"Mi devo scusare, ma la vede questa scatola che ho<br />

sottobraccio? Eh…non la trovavo più".<br />

"La scatola?"<br />

"Si, questa scatola qui", disse Ceramia mostrandola<br />

al maresciallo a riposo.<br />

161


carta?"<br />

162<br />

"Qui dentro c'è tutto quello che ci serve".<br />

"Lì dentro?"<br />

"Certo, maresciallo. Lei ce li ha portati i pezzi di<br />

De Stefano li prese dalla cartellina e stava per<br />

porgerli al perito, quando venne bruscamente interrotto.<br />

"Aspetti, questi pezzi di carta sono già stati troppo<br />

maltrattati. Me li lasci prendere con questa pinzetta".<br />

De Stefano ripose la cartellina plastificata sul<br />

tavolo. Ceramia li prese con cura e li osservò, girandoli prima<br />

verso il basso e poi verso l'alto.<br />

De Stefano osservava Ceramia, mentre Ceramia<br />

aveva la stessa espressione di un medico all'atto di esaminare<br />

un paziente malato di cancro.<br />

"Ridottti male, maresciallo. Ridotti molto male.<br />

Solo un miracolo potrebbe aiutarci".<br />

"Vuol dire che non c'è niente da fare?"<br />

"Non ho detto questo”.<br />

Poi ripeté, osservando i frammenti,<br />

“effettivamente, sono ridotti molto male".<br />

"E allora?"<br />

"E allora proviamo il miracolo".<br />

Prese un liquido dalla scatola di legno, lo agitò più<br />

volte. Poi con un contagocce versò alcune gocce sui fogli di<br />

carta. De Stefano allungò il collo per osservare da vicino.<br />

Dovette ritrarsi immediatamente perché il movimento brusco<br />

ebbe un effetto dirompente sulla sua testa. Avvertì un forte<br />

senso di nausea.<br />

"Si sente bene, maresciallo?" Gli chiese Ceramia,<br />

che aveva seguito la scena con la coda dell'occhio.


piove".<br />

"Questa maledetta emicrania. Sempre così quando<br />

De Stefano si fece portare un bicchiere d'acqua.<br />

Dalla tasca tirò fuori una pasticca che ingoiò rapidamente.<br />

reagire".<br />

"E allora?"<br />

"Pazienza, maresciallo. Dia il tempo alla sostanza di<br />

Dopo qualche minuto di attesa, sembrava che non<br />

fosse successo nulla. I pezzi di carta sembravano tale e quali a<br />

prima dell'intervento del perito.<br />

"Si vede qualcosa?" Chiese De Stefano, che dava<br />

l'impressione di essersi ripreso.<br />

"Un attimo, maresciallo".<br />

Ceramia trasse dalla scatola un altro liquido e ripeté<br />

l'operazione, che aveva compiuto in precedenza.<br />

Riprese in mano i frammenti. Poi esclamò, "sembra<br />

un contratto, maresciallo".<br />

"Un contratto di cosa?"<br />

"Un contratto".<br />

"E le lettere?<br />

"Dovrebbe essere il nome della persona che<br />

doveva firmare. Guardi qui la posizione".<br />

De Stefano fece un cenno di assenso.<br />

"E chi era questa persona?"<br />

"Come faccio a saperlo?"<br />

"Metta insieme le lettere, no?"<br />

"Non combaciano perfettamente…però<br />

potrebbero essere compatibili".<br />

"E quindi?"<br />

163


"Mi viene fuori NZ e poi TA, ma dovrebbero<br />

esserci altre lettere in mezzo".<br />

164<br />

"E quali?"<br />

"E ora vuole sapere troppo. Sono un perito, non<br />

un indovino", rispose Ceramia, mentre continuava ad<br />

osservare i frammenti.<br />

De Stefano che, intanto, aveva inforcato gli occhiali<br />

a goccia, stava prendendo nota di tutto quello che il perito<br />

diceva. Ogni tanto si passava la mano sulla testa per verificare<br />

lo stato del dolore. Quando ebbe finito, ripose la penna nel<br />

taschino interno della giacca.<br />

“Ceramia, lei non è stato molto chiaro”<br />

“Ho detto che potrebbe trattarsi di un contratto ma<br />

potrebbe anche non essere”.<br />

“Potrebbe o non potrebbe, Ceramia?”<br />

“Ho fatto un lavoro di deduzione. Ci sono delle<br />

lettere che, messe insieme, me lo fanno presumere”.<br />

“E come glielo fanno presumere?”<br />

“Mi sembra riconoscere l’intestazione di uno studio<br />

notarile”.<br />

“C’è il nome del notaio?”<br />

“E ora pretende troppo, maresciallo. Sono un<br />

perito e non un indovino”.<br />

Ceramia e De Stefano continuarono a discutere.<br />

Vennero raggiunti da Verrastro, che aveva finito di girare il<br />

servizio alla fiera del gusto.<br />

“Il perito, qui seduto di fronte a me, dice che<br />

potrebbe trattarsi di un contratto, Rocco”, esordì De Stefano.<br />

“Un contratto di locazione, di vendita, di cosa?”<br />

Chiese Verrastro.


“Belli miei, i pezzi di carta che mi avete dato erano<br />

davvero ridotti male. Dovrebbe trattarsi di un contratto. Si<br />

intuiscono anche alcune lettere che compongono il nome di<br />

uno dei due contraenti, ma niente di più”, precisò Ceramia.<br />

“Potrebbe lavorarci qualche altro giorno?”<br />

“Potrei, potrei…ma non vi assicuro nulla riguardo i<br />

risultati”.<br />

De Stefano e Verrastro convennero che sarebbe<br />

stato saggio lasciare che Ceramia lavorasse ancora qualche<br />

altro giorno sui frammenti di carta.<br />

“Ne riparliamo in seguito”.<br />

I due si congedarono dal perito palermitano e si<br />

diressero verso la Volvo bianca, che li avrebbe riportati in<br />

Lucania.<br />

“Riassaporo l’aria della Sicilia”, disse De Stefano,<br />

prima di sedersi sul sedile posteriore, in mezzo ai soliti cavi<br />

elettrici.<br />

Era la seconda volta che ritornava sull’isola dopo<br />

aver lasciato Bagheria.<br />

“Avverto una strana sensazione di amarezza, come<br />

se il tempo trascorso mi avesse tolto parte della mia<br />

esistenza”.<br />

Il suo essere si stava consumando e il ricordo<br />

struggente degli anni passati a Bagheria non facevano altro<br />

che tormentarlo ancora di più. Dai vetri della Volvo, guardava<br />

gli alberi che fuggivano uno dietro l’altro, nella<br />

manifestazione più esaltante della loro indifferenza. Ripiegò<br />

su se stesso per tutto il tragitto tra Palermo e Messina. Lo<br />

accompagnava il silenzio di Rocco.<br />

Giunti in Calabria, l’umore del maresciallo a riposo<br />

mutò repentinamente. Chiese a Verrastro se avesse fame. Si<br />

fermarono ad un autogrill nei pressi di Catanzaro. Seduti a<br />

tavola, fecero il punto della situazione.<br />

165


“Ci potrebbero essere solo un paio di persone in<br />

grado di chiarire le idee”.<br />

166<br />

“I figli del defunto?”<br />

“Esattamente!” Rispose De Stefano.<br />

“Bisogna capire che tipo di contratto stava<br />

firmando il padre. Doveva comprare? Doveva vendere?”<br />

“Il Dolce aveva appena ricevuto una consistente<br />

eredità da parte di una vecchia zia. A Bigliano lo sanno tutti.<br />

Potrebbe essere legato anche a quello”.<br />

“Una ragione in più per parlare con i figli del<br />

defunto. Li conosce, maresciallo?”.<br />

“Conosco Paolo, il maggiore dei due figli.<br />

Potremmo iniziare da lui”.<br />

Verrastro diede il suo assenso. Si poteva partire dal<br />

maggiore dei figli di Michele Dolce per cercare di avere<br />

informazioni che potessero far evolvere la loro inchiesta.<br />

Giunsero a Bigliano alle dieci e mezzo di sera. De<br />

Stefano si fece lasciare in piazza, a pochi metri dal bar di<br />

Ciaramella. La moglie lo attendeva a casa. Aveva preparato un<br />

piatto di brodo di pollo con le patatelle per accogliere il<br />

marito.<br />

I prataioli di Paolo Dolce<br />

“Sono prataioli quelli?” Chiese De Stefano,<br />

rivolgendosi a Paolo.<br />

Paolo.<br />

“Vi intendete di funghi, maresciallo”, rispose<br />

“Era una delle mie passioni. Lunghe passeggiate<br />

all’aria aperta. Ora le gambe non mi accompagnano più come<br />

prima”, precisò De Stefano.


Paolo.<br />

“Ora potete venire a cercarli qui da me”, rispose<br />

De Stefano accennò ad un sorriso. Poi si fece serio.<br />

“Mi è dispiaciuto molto per il povero Michele”.<br />

Paolo abbassò gli occhi.<br />

“Se non fosse stato per quella puttana…”<br />

De Stefano preferì non proferire alcuna parola. Lui<br />

non era convinto della colpevolezza di Raluca. Avrebbe anche<br />

potuto trattarsi di un omicidio passionale, come sostenuto<br />

dalla procura ma, nel contesto delineato, come si poteva<br />

inquadrare la sparatoria di cui era stato vittima Mimmo o’<br />

greco? La procura aveva preferito sorvolare e non collegare i<br />

due episodi ma a De Stefano non sembrava possibile che i<br />

due episodi potessero rimanere slegati.<br />

“Il ritrovamento del cadavere é avvenuto solo una<br />

decina di ore dopo la sparatoria”.<br />

Verrastro aveva analizzato la vicenda ed era giunto<br />

alle stesse conclusioni di De Stefano.<br />

“La soluzione al mistero dell’omicidio di Michele<br />

Dolce deve comprendere anche la sparatoria contro Mimmo<br />

o’ greco”.<br />

Sebbene De Stefano avesse svolto queste<br />

riflessioni, preferì non commentare la frase di Paolo Dolce.<br />

“Mia madre ha molto sofferto per le rivelazioni su<br />

mio padre”.<br />

Era naturale che Paolo avvertisse un sentimento di<br />

ostilità nei confronti della rumena.<br />

“Il povero Michele stava concludendo un affare,<br />

prima che morisse?” Chiese De Stefano.<br />

“Un affare? Chi ve lo ha detto?”<br />

“ una domanda”.<br />

167


168<br />

“E come vi viene?”<br />

“Siete una famiglia di imprenditori”.<br />

“Che io sappia no. Mio padre non stava pensando<br />

a nessun affare”.<br />

“Avevate ricevuto anche dei soldi per l’eredità”.<br />

“Maresciallo, questi sarebbero anche cacchi nostri.<br />

Chi vi da l'autorizzazione a porre questo tipo di domande?”.<br />

“ Ci mancherebbe, ci mancherebbe. Non volevo<br />

assolutamente entrare negli affari della vostra famiglia.”<br />

“E allora?”<br />

“Lo sanno tutti a Bigliano che avevate ricevuto<br />

un'eredità Magari con quei soldi si potevano fare degli affari”.<br />

"E a voi cosa ve ne importa? Devo ricordarvi io<br />

che siete un maresciallo a riposo?"<br />

"Per carità, per carità…".<br />

"Scusatemi, maresciallo, ma io non capisco le<br />

vostre domande".<br />

"Era per discutere, Paolo".<br />

"E volete discutere dei fatti miei?"<br />

"Potrei anche farmi i fatti miei ma io non sono<br />

convinto che la procura abbia individuato il vero assassino di<br />

vostro padre".<br />

"Ma che dite?"<br />

"È una mia sensazione. Io sono solo un maresciallo<br />

a riposo. Lo avete detto voi".<br />

cose".<br />

"Scusatemi, maresciallo, ma…"<br />

"Ma…."<br />

"Ma dalla morte di mio padre sono cambiate tante


"In che senso?"<br />

“Mio padre non voleva né comprare, né vendere.<br />

Gli bastava quello che aveva. Quei bastardi del petrolio<br />

volevano la sua terra ma lui non gliela avrebbe mai data”.<br />

“I bastardi del petrolio?”<br />

“Era quello che ci aveva detto. Lui non avrebbe né<br />

comprato, né venduto niente. Vi ripeto, gli bastava quello che<br />

aveva”.<br />

"E quali cose sarebbero cambiate?"<br />

"Quella terra ora andrebbe venduta. Senza mio<br />

padre non ha più senso".<br />

"Ma non dicevate che vostro padre non aveva<br />

intenzione né di vendere, né di comprare".<br />

Paolo non rispose.<br />

De Stefano appariva confuso. Michele Dolce non<br />

voleva né comprare, né vendere.<br />

“E allora cosa significavano i frammenti di carta,<br />

ritrovati da Giuseppe Di Dio?”<br />

Ceramia aveva detto che si poteva ragionevolmente<br />

supporre che si trattasse di un contratto. De Stefano telefonò<br />

a Verrastro per comunicargli il risultato della chiacchierata<br />

con Paolo Dolce. Anche a Verrastro non tornavano i conti.<br />

“Può darsi che lui non volesse né comprare, né<br />

vendere, ma qualcuno poteva avere interesse a vendere<br />

oppure a comprare da lui”, disse Verrastro.<br />

“Il figlio ha detto che i bastardi del petrolio<br />

volevano la sua terra ma lui non era disposto a cederla”.<br />

“Beh, può darsi che si fosse deciso a vendere e che<br />

avesse fatto preparare un contratto. Poi è stato ammazzato e<br />

non ha potuto condurre in porto il suo proposito”.<br />

169


“E se ne andava in giro con una copia del contratto<br />

in tasca? Non mi sembra plausibile”, fece notare il maresciallo<br />

a riposo.<br />

“Perché aveva il contratto con sé? Può darsi che lui<br />

non volesse vendere ma il figlio avesse altre intenzioni”,<br />

rispose Verrastro.<br />

170<br />

"Un contrasto tra padre e figlio?"<br />

"Potrebbe essere".<br />

"Ma anche in questo caso ritorna sempre la solita<br />

domanda. Come si collega l'omicidio con la sparatoria contro<br />

Mimmo Telesca?"<br />

I due, per quanto si arrovellassero il cervello, non<br />

riuscirono a trovare una risposta adeguata.<br />

De Stefano venne incaricato da Verrastro di fare<br />

chiarezza sulla questione della terra, che la società delle<br />

perforazioni richiedeva e che Michele Dolce non voleva<br />

cedere. Ritornò da Celentano. Lui abitava non lontano dalla<br />

terra di Michele Dolce. Già durante il primo incontro aveva<br />

accennato alla questione e Celentano gli aveva dato alcune<br />

informazioni, che alla luce della novità costituite dai due<br />

frammenti di carta ritrovati, potevano risultare interessanti. Il<br />

secondo incontro avrebbe potuto ulteriormente chiarire<br />

alcuni aspetti della vicenda.<br />

L'incontro tra De Stefano e Celentano avvenne di<br />

pomeriggio. Non fu lungo perché Celentano aveva da fare.<br />

Ritornato a casa, De Stefano aggiornò Verrastro. Lo telefonò<br />

alla sede della televisione regionale.<br />

"Il fatto che Michele Dolce non volesse cedere la<br />

terra costituiva un problema per la società delle perforazioni.<br />

Si sarebbe dovuta trovare un'alternativa, piuttosto<br />

dispendiosa dal punto di vista economico".


"La società delle perforazioni preferiva che Michele<br />

Dolce si convincesse a cedere il terreno piuttosto che trovare<br />

un'alternativa?" Chiese Verrastro.<br />

"Il problema era che Michele non era affatto<br />

convinto. Non riusciva proprio ad immaginare la sua vita<br />

senza la terra, che era appartenuta al padre e al padre di suo<br />

padre", rispose De Stefano.<br />

"E se non era convinto perché avrebbe avuto in<br />

tasca un frammento di contratto?"<br />

"Rocco, per ora posso riferirti le cose che mi ha<br />

detto Celentano. La società delle perforazioni non capiva<br />

perché Michele fosse legato a quella terra senza valore<br />

economico. Loro erano disposti a dargli anche più del valore<br />

commerciale ma Michele non cedeva".<br />

"E come fa Celentano a sapere che la società delle<br />

perforazioni era disposta a pagare il terreno più del dovuto?"<br />

"Perché lui ha ricevuto un'offerta simile, ma non<br />

dalla società delle perforazioni?"<br />

" E da chi?"<br />

“Dice che si tratta di una società di<br />

intermediazione. In realtà, comunque, l'acquirente finale<br />

sarebbe la società delle perforazioni".<br />

"E di che offerta si tratta?"<br />

"Si tratta di un'offerta che non intende rifiutare.<br />

Ormai non riesce a smerciare la roba che produce e dice che<br />

non vale più la pena tenere la terra. Poco importa se la prende<br />

la società delle perforazioni oppure un'altra società".<br />

"Michele Dolce, invece, la sua terra non la voleva<br />

dare. È questo quello che ha riferito Celentano?"<br />

"Si, Celentano ha detto proprio così. Era stato<br />

Michele a dirgli che lui da quella terra non si sarebbe mosso".<br />

171


Ma quella terra, però, alla società delle perforazioni<br />

serviva. Non era una terra qualsiasi. Rinunciarvi avrebbe<br />

voluto dire una perdita importante in termini economici.<br />

La terra di O’sciancato<br />

Davanti al bar di Ciaramella, un lunedì mattina,<br />

verso le sette e mezzo, apparve una sagoma poco conosciuta.<br />

L’avvocato Di Cillio, dall’altro lato del marciapiede, rallentò il<br />

passo, provando a decifrare chi potesse essere. Allungò il<br />

collo, per mettere meglio a fuoco l'immagine. Non ci riuscì.<br />

Non ebbe successo neanche Sesto Calenda, qualche minuto<br />

dopo di lui.<br />

A partire da quel lunedì e fino al lunedì seguente, la<br />

sagoma continuò a sostare davanti al bar. Ciaramella gli<br />

serviva un bicchiere di birra più o meno ogni mezz’ora. La<br />

sagoma se ne stava seduta e beveva lentamente. Ogni tanto<br />

ruttava.<br />

“O’ sciancato addomanda ‘nata birra”, disse Ziza a<br />

Ciaramella verso le undici.<br />

Dall’altro lato del bancone, Ciaramella porse la<br />

birra a Ziza.<br />

“Fammi o’ piacere, portagliela tu. da stamattina che mi<br />

sta facendo fa’ avanti e indietro”.<br />

Ziza afferrò la birra e si diresse verso la porta.<br />

Prima di mettere il naso fuori, diede una strizzatina alla<br />

bottiglia. Poi, la porse allo sciancato che la prese, senza neanche<br />

alzare lo sguardo.<br />

I raggi del sole che illuminavano la facciata del bar,<br />

coglievano di striscio O’ sciancato. Benché ci fosse una<br />

piacevole brezza che anticipava la primavera, il bifolco<br />

indossava un vecchio pantalone di velluto a coste, una<br />

camicia sdrucita e un gilet anch’esso di velluto. Il capo se lo<br />

172


copriva con un cappello da pastore, che la pioggia e la neve<br />

avevano ammosciato. La barba bianca e il viso rugoso lo<br />

facevano apparire ancora più tetro e inquietante.<br />

Se ne stava seduto davanti al bar di Ciaramella<br />

ormai da tempo, come se una sentenza emessa da un<br />

tribunale immaginario lo avesse condannato alla disillusione.<br />

"Che ci face O' sciancato davanti o' bar?" Chiese Ziza.<br />

"È salito al paese", rispose Ciaramella.<br />

"Ha scoperto la civiltà".<br />

I clienti del bar sorrisero.<br />

“O’ cristiano se ne stava tranquillo inda la terra sua”,<br />

disse Ciaramella.<br />

sta’?"<br />

“E se ‘a terra sua iè tranquilla, perché non ci continua a<br />

“Dice che non tiene più ‘a terra”.<br />

“E che ne ha fatto?” Chiese, a sua volta, Giannino,<br />

che seguiva la conversazione.<br />

“Se l’è venduta”, rispose Ciaramella.<br />

“I soldi se li è fregati, però”, aggiunse.<br />

“E mo’ te li trasferisce pari pari a te”, rispose<br />

Giannino.<br />

Tutti sorrisero nuovamente.<br />

O’ sciancato non era mai salito al paese, per quanto<br />

fosse nato, cresciuto e pasciuto a Bigliano. Aveva sempre<br />

vissuto in campagna. Lì si era sposato e lì aveva lavorato.<br />

Anche quando il motozappa gli aveva quasi maciullato la<br />

gamba destra, aveva continuato a vivere in campagna.<br />

Zoppicava ma riusciva ugualmente a fare quello che doveva<br />

fare. La moglie lo aiutava e anche quando la moglie morì,<br />

continuò a vivere per la sua terra. Poteva vivere senza una<br />

gamba, senza la moglie ma non avrebbe mai potuto vivere<br />

173


senza la sua terra. Costituiva la sua identità e la sua essenza.<br />

Ziza, Ciaramella e Giannino non riuscivano a capire perché<br />

l’avesse venduta. Aveva preso dei soldi ma alla sua età, senza<br />

più moglie e senza figli, a cosa sarebbero serviti?<br />

Ciaramella continuava a servirgli tanta birra, da<br />

quando si era installato su una sedia del suo bar e non si era<br />

più mosso. Ogni tanto gliela faceva portare da Ziza.<br />

Per tutta la settimana, da quel lunedì al lunedì<br />

seguente, O' sciancato seguì lo stesso ritmo. Arrivava verso le<br />

sette della mattina, si sedeva e beveva. A mezzogiorno si<br />

allontanava, zoppicando, e dopo un paio di ore ritornava,<br />

sempre zoppicando. Continuava a bere fino a sera. Se non<br />

fosse stato per i rutti, nessuno si sarebbe accorto della sua<br />

presenza. Per sette giorni aprì la bocca solo per bere e per<br />

ruttare.<br />

Ciaramella non gli parlava. Gli serviva solo la birra<br />

e, quando lui non ne aveva voglia, gliela faceva portare da<br />

Ziza. Non si era mai chiesto perché quel bifolco avesse deciso<br />

all’improvviso di sbarcare in paese. Sapeva che aveva venduto<br />

la terra e basta.<br />

Dopo sette giorni che aveva bevuto e ruttato, O’<br />

sciancato entrò finalmente nel bar. Ciaramella provò un certo<br />

fastidio nel vederlo vicino al bancone ma non disse nulla.<br />

Sperò soltanto che a Di Cillio non venisse in mente di entrare<br />

proprio in quel momento. Che figura ci avrebbe fatto vicino<br />

all'avvocato?<br />

174<br />

Aggrottò semplicemente le sopracciglia.<br />

“Che paese che sta diventando, Bigliano”,<br />

commentò O’ sciancato.<br />

Ciaramella, che non aveva l'abitudine alla sua voce,<br />

aggrottò ulteriormente le sopracciglia. Lo guardava, rimaneva<br />

in silenzio e sperava che non entrasse l'avvocato Di Cillio.<br />

Sarebbe stata davvero una figura miserevole farsi trovare<br />

insieme ad un disgraziato del genere.


“Mi hanno fatto vendere l’unica cosa buona della<br />

vita mia. Sti' bastardi. Li soldi, li soldi…che me faccio io de li soldi.<br />

La terra era la vita mia. Solo la morte mi pote da la pace”, disse<br />

O’ sciancato.<br />

Ciaramella stappò una bottiglia di birra e gliela<br />

passò. O’ sciancato l’afferrò e se la portò verso il tavolo di<br />

legno davanti al bar.<br />

“Ma si pote vendere 'na cosa che non si vole vendere”,<br />

commentò Ciaramella, non appena O’ sciancato ebbe varcato<br />

la soglia del bar.<br />

Giannino, che stava leggendo il giornale,<br />

appoggiato al frigorifero dei gelati, alzò gli occhi. Non aveva<br />

degnato O’ sciancato di un solo sguardo, temendo che Di<br />

Cillio, entrando di soppiatto, lo potesse sorprendere. Non<br />

aveva udito con esattezza le sue parole ma aveva colto il<br />

senso del discorso.<br />

“Sembra che diversa gente abbia venduto la sua<br />

terra in campagna. Gino Linzalata sta investendo”.<br />

“Chiamali investimenti…”, disse Radiodue, che<br />

evidentemente conosceva le vere intenzioni di Gino.<br />

“La gente dice che sta investendo…”, intervenne il<br />

cugino di secondo grado, Radiouno.<br />

“Investimenti per modo dire", lo interruppe<br />

Radiodue, "Linzalata li compra perché li deve vendere. La<br />

società delle perforazioni li paga a peso d’oro. Lui se li prende<br />

da sta’ povera gente per pochi soldi e poi li vende alla società<br />

delle perforazioni”.<br />

“E la società delle perforazioni non farebbe prima<br />

a comprarseli per conto suo? Non mi sembra che sia un<br />

affare comprare da chi ha comprato prima di te”.<br />

“Evidentemente non ci guadagna solo Gino<br />

Linzalata”, rispose Ciaramella.<br />

175


perde?"<br />

176<br />

"E chi ci guadagna se la società delle perforazioni ci<br />

"La società delle perforazioni è una società<br />

pubblica. In Lucania si campa fregando i soldi al pubblico.<br />

Sono soldi di altri, non è così?"<br />

"Questo è vero. Se i soldi sono pubblici non sono<br />

di nessuno. Fanno bene a fregarseli".<br />

"E allora si dice che Gino Linzalata con la sua<br />

società si compra i terreni, li paga quello che li deve pagare e<br />

poi li vende alla società pubblica che glieli paga il doppio. Di<br />

quel doppio, un poco se li mette in tasca Gino e un altro<br />

poco quei porci che gli stanno dietro".<br />

"E così Gino ci guadagna il suo più un altro picca gratis".<br />

"I porci mangiano inda o' lavatiddo. Come credi che si<br />

sia comprato la villa a Maratea quel ladro di De Cesare?"<br />

"Perché ti lamenti? Non sono soldi che ti ha rubato<br />

a te. I soldi dello stato non sono di nessuno".<br />

"Lo so, però o' strunz di De Cesare ce li poteva dare<br />

pure a noi", disse Ziza.<br />

Tutti sorrisero.<br />

"E tu mica fai politica", rispose sorridendo<br />

Ciaramella.<br />

In quel bar, non era mai esistito il concetto di stato<br />

e neanche quello di legge. C’era sempre un porco da<br />

soddisfare, in un posto di comando, che campava per grazia<br />

ricevuta e che se ne fotteva della comunità.<br />

O’ sciancato, intanto, aveva perso la sua terra.<br />

Beveva birra dalla mattina alla sera, fatta eccezione per<br />

qualche breve pausa.<br />

Dopo sette giorni, Ciaramella non lo vide più<br />

arrivare. Aveva ormai fatto l'abitudine a quella sagoma poco<br />

conosciuta. In un certo senso, ci si era anche affezionato.


Avrebbe potuto dare fastidio all'avvocato Di Cillio ma, fatti<br />

bene i conti, O' sciancato consumava e consumava anche<br />

tanto. Gli affari erano affari e l'eventuale puzza sotto il naso<br />

di Di Cillio poteva anche essere messa da parte;<br />

Il lunedì che non lo vide arrivare, Ciaramella<br />

avvertì una strana sensazione. Ci pensò dalle sette alle otto,<br />

poi, con l'arrivo dei clienti, ci fece sempre meno caso.<br />

"O' sciancato non si vede oggi?" Chiese Ziza, non<br />

appena ebbe messo piede nel bar.<br />

"Non si è proprio visto. Normalmente alle sette è<br />

già scittato sopra la sedia, davanti al bar".<br />

Non si sarebbe visto più tardi e non si sarebbe<br />

visto neanche nei giorni seguenti. O' sciancato non si sarebbe<br />

più visto nel bar di Ciaramella.<br />

“È morto stamattina alle sei” diede la notizia<br />

Radiouno, “è stato trovato appeso ad un albero”.<br />

“Poteva avere senso una vita senza identità?” Si<br />

chiese Giannino.<br />

O’ sciancato aveva provato la stessa sensazione di<br />

Michele Dolce. Aveva vissuto sulla terra, dove i nonni lo<br />

avevano cresciuto. Non l’avrebbe abbandonata per nessuna<br />

cosa al mondo.<br />

Il corpo di O’ sciancato venne trovato da Mariano<br />

o’ meccanico.<br />

“L’ho visto penzolare da un albero nella terra che si<br />

era appena venduta”.<br />

Vide il corpo e diede subito l’allarme. Il medico<br />

legale che ne constatò il decesso, fece risalire la morte alla<br />

notte precedente. I funerali di O’ sciancato non interessarono<br />

nessuno a Bigliano. I quattro parenti che gli erano rimasti<br />

parteciparono più per pietà che per dolore.<br />

177


Il maresciallo De Stefano non conosceva O’<br />

sciancato. Non l’aveva mai visto in vita sua ma l’episodio lo<br />

incuriosiva.<br />

“Ho saputo da Pinuccio Bollettino, che<br />

frequentava sia il circolo che il bar di Ciaramella. Soprattutto,<br />

mi ha riferito che la sera prima di morire aveva imprecato<br />

contro la terra che aveva venduto”.<br />

Aveva scelto di suicidarsi proprio nella terra che<br />

non era più sua. Evidentemente perché la sentiva ancora sua.<br />

178<br />

“E allora perché l’aveva venduta?”<br />

La domanda frullava nella mente di De Stefano,<br />

tanto più che i frammenti di carta ritrovati nella giacca di<br />

Michele Dolce facevano pensare proprio ad un contratto di<br />

vendita.<br />

Il quotidiano della Lucania di Mario il barbiere<br />

Si era svegliato presto. Avrebbe voluto leggere il<br />

quotidiano della Lucania ma non riuscì a trovarlo in edicola.<br />

“Sono arrivate solo tre copie”, gli disse Mario il<br />

barbiere, “una per il bar di Ciaramella, l’altra per l’avvocato<br />

Di Cillio e la terza per Sesto Calenda”.<br />

Gli avanzava il tempo che avrebbe messo a<br />

disposizione della lettura del giornale, un’ora o poco più. Vide<br />

l’autobus che andava a Potenza e ci salì sopra. Approfittò del<br />

viaggio per appisolarsi. Le curve tra Tito e Satriano gli<br />

conciliavano il sonno. Aveva la sensazione di trovarsi in una<br />

barca a vela e faceva fatica a resistere. Nel dormiveglia, però,<br />

gli tornava prepotente un pensiero, come se avesse<br />

dimenticato di fare o di dire qualcosa.<br />

Giunto a Piazza XVIII Agosto, scese dall’autobus e<br />

si diresse verso la sede della televisione regionale. In pochi


minuti, si trovò nella sala d’attesa. Verrastro lo raggiunse con<br />

alcuni fogli di carta tra le mani. Gli chiese di attendere ancora<br />

qualche minuto.<br />

propose.<br />

“Andiamo a pranzo al ristorante La Pineta”, gli<br />

Mentre attendeva Verrastro, il pensiero prepotente<br />

di prima gli tornò in mente ma, per quanto tentasse di<br />

ricordare la cosa che doveva fare o dire, non riusciva proprio<br />

a metterla a fuoco.<br />

Verrastro lo fece attendere meno di quello che<br />

avrebbe potuto supporre.<br />

"Eccomi",<br />

"Se hai da fare, non importa. Posso aspettare",<br />

rispose De Stefano, che intanto aveva iniziato a leggere una<br />

rivista di automobili.<br />

"Già finito, maresciallo. Dovevo solo mettere<br />

insieme un servizio, girato ieri a Potenza, sul giuramento delle<br />

reclute del 91° battaglione fanteria Lucania".<br />

"Vedo che continui ad occuparti di cose<br />

importanti", ironizzò De Stefano.<br />

Verrastro sorrise. Prese la valigetta di pelle marrone<br />

e invitò il maresciallo a riposo a seguirlo. Nel parcheggio<br />

antistante la sede della televisione regionale, era parcheggiata<br />

la sua vecchia cinquecento.<br />

"Ha un problema alla batteria. Le dispiace,<br />

maresciallo, spingere".<br />

De Stefano si posizionò con le mani sul cofano,<br />

mentre Verrastro fece partire la cinquecento, inserendo la<br />

marcia e lasciando la frizione non appena la macchina, spinta<br />

da De Stefano, si trovò nella discesa, che da Piazza XVIII<br />

Agosto scivolava verso via Marconi.<br />

179


De Stefano, che aveva temuto di macchiarsi il<br />

cappotto, verificò che tutto fosse in ordine e si infilò dentro.<br />

"Avevo un po' di tempo e sono venuto a trovarti",<br />

disse De Stefano.<br />

"Ha fatto bene, maresciallo. Immagino che non sia<br />

solo una visita di piacere".<br />

nuovi".<br />

180<br />

"Beh, qualcosa di nuovo ci sarebbe".<br />

"Nuove scoperte?"<br />

"Direi piuttosto, ragionamenti".<br />

"Nuovi ragionamenti?"<br />

"Nuovi ragionamenti che scaturiscono da fatti<br />

"Quale sarebbe il fatto?"<br />

"La morte di O' sciancato".<br />

"E chi sarebbe questo Sciancato?"<br />

"Ti spiego…O' sciancato si è impiccato. Un uomo<br />

che aveva sempre vissuto in campagna e che non si era mai<br />

visto in paese. Io stesso che sono maresciallo non ne avevo<br />

conoscenza".<br />

"Non lo conosceva?"<br />

"Non lo conoscevo nel senso che non avevo mai<br />

parlato con lui. Ovviamente sapevo della sua esistenza. Aveva<br />

una terra non lontano da quella di Michele Dolce e di<br />

Celentano".<br />

"Il pover'uomo si è impiccato?"<br />

"Esattamente, si è impiccato, ma non è questo il<br />

fatto nuovo. O meglio, il fatto nuovo è questo ma solo<br />

perché mi aiuta a ragionare".<br />

"Ah, ecco i ragionamenti…."


“Michele Dolce aveva in tasca frammenti di un<br />

contratto di vendita e il figlio Paolo dice che non aveva<br />

nessuna intenzione di vendere. Celentano dice che deve<br />

vendere perché quasi obbligato e, ora, arriva il suicidio. O’<br />

sciancato si impicca per una terra che non voleva vendere”.<br />

“La gente ha bisogno di soldi e vende anche se non<br />

vorrebbe”.<br />

farlo”.<br />

“E poi ci ripensa e si ammazza?”<br />

“Non ci si ripensa dopo una settimana”.<br />

“Può darsi che non voglia vendere e sia costretto a<br />

"Ecco, il punto è proprio questo. Celentano, O'<br />

sciancato e Michele Dolce hanno in comune una cosa, la<br />

terra".<br />

"Una terra maledetta".<br />

"Ben detto! Una terra maledetta. Una terra di cui<br />

nessuno si vuole privare ma che tutti, in un modo o nell'altro,<br />

sono costretti a perdere".<br />

“Ma se l'elemento in comune è la terra, cosa c’entra<br />

Mimmo o’ greco. Quello ha un pollaio e chi se ne frega di<br />

quel pollaio?”<br />

“Magari vogliono compare anche quello”.<br />

“E per comprare il pollaio lo sparano e poi lo<br />

lasciano nelle sue mani”.<br />

senso".<br />

"Non avrebbe senso. Non avrebbe assolutamente<br />

Mentre De Stefano parlava, gli tornava sempre più<br />

prepotente la sensazione di aver dimenticato di dire o di fare<br />

una cosa importante. Era una sensazione che, tuttavia,<br />

scompariva di fronte alla discussione che stava avendo con<br />

Verrastro.<br />

181


Entrambi non avevano mai creduto alla tesi della<br />

procura secondo la quale le due vicende, la sparatoria e<br />

l’omicidio, fossero episodi non collegabili.<br />

“Non succede niente per mesi e poi capitano due<br />

crimini nel giro di poche ore?”<br />

I due erano sempre più convinti di trovarsi di<br />

fronte ad un'unica matassa che si sarebbe potuta sbrogliare<br />

solo tirando i fili uno per volta.<br />

“Il suicidio di O’ sciancato, se, da un lato, getta una<br />

luce sinistra sull’intera vicenda, dal'altro, fornisce un ulteriore<br />

elemento di riflessione”.<br />

Dopo il pranzo, De Stefano raggiunse Piazza Santa<br />

Maria. Da lì avrebbe preso l’autobus per rientrare a Bigliano.<br />

Durante il viaggio, come era solito fare, mise a punto la<br />

strategia che avrebbe seguito per continuare le sue indagini.<br />

Il caso, invece, non costituiva più un problema per<br />

De Castro e Turtino, che avevano ormai messo una pietra<br />

sopra l'intera vicenda. Il mistero della morta di Michele Dolce<br />

era stato risolto con l’arresto di Raluca. La badante rumena<br />

continuava a professarsi innocente ma sembrava rassegnata.<br />

Aveva ammesso di aver incontrato Michele Dolce il sabato<br />

sera, nei pressi del pollaio di Mimmo o’ greco, ma diceva di<br />

averlo lasciato quando l'amante era ancora vivo. Secondo, le<br />

informazioni, che filtravano dalla caserma, l’incontro tra i due<br />

amanti sarebbe durato venti minuti. In quel lasso di tempo<br />

sarebbe avvenuto il delitto. Raluca, invece, sosteneva di aver<br />

scambiato delle effusioni con Michele e di non aver fatto<br />

l’amore.<br />

“Ho parlato a lungo con lui ma non ha fatto<br />

assolutamente riferimento alla possibilità di interrompere la<br />

relazione”.<br />

De Castro era convinto che Raluca mentisse e<br />

Turtino ne aveva parlato con De Stefano.<br />

182


“Prima o poi la farà confessare. Il carcere l’aiuterà a<br />

fare la scelta giusta”.<br />

La circostanza dell’incontro tra Michele Dolce e<br />

Raluca, lasciava perplesso De Stefano, rispetto alla strategia<br />

seguita da De Castro.<br />

“Se da un lato potrebbe apparire giustificato<br />

supporre che Raluca potese uccidere il suo amante, dall'altro<br />

non si riesce a trovare il nesso con la sparatoria”.<br />

Il maresciallo a riposo rifletteva, mentre le colline<br />

lucane gli si sfilavano davanti. I contrasti dei colori lo<br />

portavano lontano e si mettevano in mezzo ai suoi pensieri.<br />

Mentre si trovava tra Tito e Satriano, al maresciallo ritornò<br />

prepotente il pensiero che lo stava tormentando. Gli venne in<br />

mente la moglie. La mattina era partito da Bigliano senza<br />

avvertirla.<br />

In grazia di Dio<br />

“Ecco quello che dovevo fare”, esclamò.<br />

Aveva appena terminato di litigare con la moglie,<br />

che sentì squillare il telefono. Era Ceramia da Palermo.<br />

“Non sempre le carte rivelano i segreti, ma a volte<br />

li rendono meno enigmatici”, disse il perito palermitano.<br />

“Questa è filosofia, caro Ceramia. Mi dica piuttosto<br />

se ha scoperto qualcosa di importante”, rispose De Stefano.<br />

“Non le svelerò alcun segreto ma le posso<br />

confermare che si trattava di una promessa di vendita e non<br />

di un contratto, come le avevo accennato in un primo<br />

momento. Sono riportati la descrizione del terreno e i mezzi<br />

di pagamento, che normalmente vengono inclusi in un<br />

compromesso. Se vuole, le indico alcuni dettagli”.<br />

"Certo, mi dica i dettagli", rispose De Stefano.<br />

183


"Dunque, si tratterebbe di un terreno di circa<br />

diecimila metri quadrati, attualmente agricolo, che ricade nella<br />

zona F1-F2 secondo il vecchio piano del 1977. Con il nuovo<br />

piano dovrebbe rientrare in zona adibita ad estrazione, in<br />

quanto non si potrebbe fattivamente realizzare altro. Il lotto<br />

sarebbe anche servito di accesso carrabile diretto da una<br />

strada diretta di otto metri, che nell'ultimo tratto si riduce a<br />

cinque metri. Il lotto risulta coltivato e pianeggiante".<br />

De Stefano prendeva appunti. Aveva tirato fuori<br />

dal taschino la sua agendina e segnava le informazioni, che<br />

riteneva importanti.<br />

184<br />

"Vado avanti, maresciallo?" Chiese Ceramia.<br />

“Per carità! Ho già le informazioni che mi servono.<br />

Piuttosto, ha scoperto altri elementi in relazione alle lettere<br />

riportate sui due frammenti?”<br />

“È questa era la seconda cosa che le volevo dire”.<br />

“Ascolto”.<br />

“Si tratta di lettere che vanno messe in<br />

combinazione. Ho rilevato la posizione e l’incisione sul foglio.<br />

Sono avvenute contestualmente e devono per forza di cose<br />

essere in corrispondenza”.<br />

De Stefano, infine, annotò sull’agendina, un<br />

compromesso di vendita per una terra che non si vuole vendere.<br />

Seguivano tre punti interrogativi.<br />

Salutò il perito palermitano e rimase qualche<br />

secondo immobile, seduto sulla sedia accanto al telefono. Poi,<br />

si alzò di scatto e si diresse verso lo spogliatoio della sua<br />

camera da letto. Smise la giacca da camera, indossò la camicia<br />

e la cravatta e uscì di casa. Alla moglie disse che sarebbe<br />

rientrato per l'ora di cena. Al circolo, vide Mimmo o’greco<br />

che giocava a carte. Attese pazientemente che finisse.<br />

“Tu sapevi che Raluca e Michele Dolce si erano<br />

visti nel tuo pollaio la sera dell’omicidio".


dire”.<br />

“Io non voglio sapere niente, maresciallo”.<br />

“E perché ti hanno sparato, allora?”<br />

“Non o’ saccio”.<br />

“Non o’ saccio, non o’ saccio…solo non o’ saccio sai<br />

Mimmo chiese al maresciallo di seguirlo in un<br />

angolo. De Stefano stava parlando a voce alta e Mimmo non<br />

voleva che altri potessero ascoltare la loro conversazione. De<br />

Stefano assecondò l'invito di Mimmo. I due si portarono<br />

nell'angolo del circolo, lontano dal bigliardo e dal tavolo delle<br />

carte.<br />

“Marescià, io solo non o’ saccio posso dire. Lo sapete che<br />

Michele Dolce è stato trovato senza scarpe? E quelle scarpe<br />

sapete che significano?"<br />

"È un linguaggio da mafiosi. Volete che non lo<br />

sappia. Sono stato tanti anni in Sicilia".<br />

capisco".<br />

"Appunto! Si tratta di un segnale".<br />

"Ma tu che c'entri con la Sicilia e con la mafia. Non<br />

"Io non c'entro niente ma i segnali li hanno<br />

imparati anche in Lucania"<br />

"Le scarpe indicano che Michele non può andare<br />

da nessun'altra parte".<br />

"…e anche che nessuno deve dire da dove sia<br />

venuto il cadavere".<br />

parlava.<br />

Il maresciallo a riposo annuiva, mentre Mimmo<br />

"Quelle scarpe sono un segnale per me se parlo.<br />

Perché credete che mi abbiano sparato? Per farmi stare zitto”.<br />

“Ma tu che dovresti dire?”<br />

185


“ questo il bello, marescià. Io veramente non o’ saccio.<br />

Saccio solo che non devo parlare con i carabinieri. Loro mi<br />

chiamano e io dico che non saccio niente. Questo è il mio<br />

compito”<br />

186<br />

“Ma come sarebbe a dire?”<br />

“A voi ve lo posso dire. Io lo so che le pallottole<br />

erano per me. Che pensate che quella gente spara per<br />

divertimento? E saccio pure che mi volevano dire di non<br />

parlare. Il bello è che io non ho niente da dire. E ora, se<br />

permettete, marescià, me ne vado a giocare a carte”.<br />

"Aspetta, Mimmo…il segnale era per te ma tu non<br />

sai cosa dovresti nascondere".<br />

"Credetemi, maresciallo. È proprio così".<br />

De Stefano vide arrivare il dottor D’Eugenio. Lo<br />

salutò ma non si intrattenne con lui. Tornò a casa. Quella sera<br />

stessa chiamò Verrastro.<br />

"Rocco, questa matassa mi sta facendo perdere la<br />

testa. Stasera ho la stessa terribile emicrania di Palermo".<br />

"Dovrebbe prendere quelle pasticche che le avevo<br />

consigliato", ripose Verrastro.<br />

"Non servirebbero a niente. Questa storia mi sta<br />

facendo impazzire".<br />

"La chiave è nella sparatoria contro Mimmo".<br />

"Ne sono convinto anch'io".<br />

"Solo la sparatoria ci potrebbe indirizzare nella<br />

giusta direzione".<br />

"Lui che dice?"<br />

"Lui dice di non sapere".<br />

"E voi ci credete?"<br />

"Mi sono fatto anch'io la stessa domanda".


"E come avete risposto?"<br />

"Per questo ti ho chiamato".<br />

"Avete trovato la risposta?"<br />

"Ho trovato l'unica risposta plausibile".<br />

"Quale sarebbe?"<br />

“Mimmo sarebbe stato sparato non per quello che<br />

ha visto, ma per quello che avrebbe potuto vedere”.<br />

"Cosa glielo fa supporre?"<br />

"Lui in realtà non è stato sparato con la volontà di<br />

ammazzarlo, ma solo di avvertirlo".<br />

"Avvertirlo?"<br />

"Si, le scarpe trovate sulla panza del morto<br />

costituiscono il primo avvertimento per Mimmo. Un<br />

avvertimento generico, capisci, Rocco. Gli assassini ci dicono<br />

solo quello che non si deve fare. Solo la sparatoria chiarisce<br />

chi quelle cose non le deve fare".<br />

"Mimmo"<br />

"Appunto, Mimmo"<br />

"Ma lui dice di non sapere. Siamo al punto di<br />

partenza".<br />

"E lui potrebbe davvero non sapere".<br />

"E siamo al punto di partenza".<br />

"A meno che…"<br />

"A meno che?"<br />

"A meno che lui davvero non abbia visto ma<br />

avrebbe potuto vedere".<br />

“Dove?”<br />

“Nel suo pollaio"<br />

187


"I frammenti di carta? Si sta riferendo a quello,<br />

maresciallo?"<br />

"Un frammento di carta è stato ritrovato vicino al<br />

pollaio da Giuseppe Di Dio ".<br />

188<br />

"L'altro era nella tasca di Michele Dolce".<br />

"Ceramia ci ha detto che i frammenti appartengono<br />

ad un unico foglio".<br />

"Dunque Mimmo avrebbe ragione. Era stato<br />

avvisato non per quello che aveva visto ma per quello che<br />

avrebbe potuto vedere".<br />

"Il frammento di carta".<br />

“Il frammento di carta che Mimmo non ha mai<br />

visto e che Giuseppe Di Dio ha ritrovato”.<br />

“Ma questo gli assassini non lo sanno”.<br />

“Evidentemente non lo sanno”.<br />

"Rocco, su quel frammento c'è la firma<br />

dell'assassino".<br />

pollaio".<br />

"Michele Dolce sarebbe stato ammazzato nel<br />

“Nel pollaio o comunque vicino al pollaio. La sera<br />

del sabato aveva incontrato Raluca nei pressi del pollaio. Ma<br />

non è lei che lo ha ammazzato".<br />

Verrastro ascoltava il maresciallo a riposo parlare<br />

ma, ormai, la vicenda era chiara anche per lui.<br />

"Lei dice la verità. Lo ha lasciato ma i suoi assassini<br />

lo hanno raggiunto"<br />

"Il nome dell'assassino è sul compromesso".<br />

"Infatti, gli hanno chiesto di firmare il<br />

compromesso di vendita. Lui non ha voluto e lo hanno<br />

sparato. Si trattava di una proposta che non ammetteva


epliche. Quella terra era troppo importante. Si erano presi la<br />

terra di Celentano, quella di O' sciancato, mancava quella di<br />

Michele".<br />

"Non tutto, però, è andato come i suoi assassini<br />

avevano previsto".<br />

"Probabilmente Michele avrà strappato il contratto<br />

e sul luogo del delitto sono rimasti frammenti del<br />

compromesso che al buio non è stato più facile ritrovare".<br />

"A quel punto, il rischio era che Mimmo potesse<br />

ritrovarli nel suo pollaio o nei pressi. Per questo l’hanno<br />

sparato. Solo per avvisarlo che non avrebbe dovuto parlare”.<br />

“Una sorta di principio di precauzione”.<br />

“Eh, lo hanno sparato per precauzione ma<br />

sparandolo hanno fornito un'indicazione fondamentale.<br />

Abbiamo potuto collegare la sparatoria con l’omicidio”.<br />

"Se Mimmo avesse visto il frammento del<br />

compromesso di vendita strappato da Michele Dolce, che gli<br />

assassini non hanno potuto recuperare, avrebbe potuto capire<br />

il nome del mandante. Per questo l’hanno avvisato,<br />

sparandolo".<br />

"Il caso ha voluto che una parte di quei frammenti<br />

siano finiti in tasca a Michele. Prima di essere ucciso, aveva<br />

strappato il contratto. Una parte di quei frammenti gli era<br />

rimasta nelle mani. Deve averli infilati in tasca prima di<br />

morire".<br />

“Non si sarebbe mai saputo niente se Giuseppe Di<br />

Dio non avesse ritrovato entrambi i frammenti?”<br />

“Può darsi”.<br />

"Non resta che individuare il nome di chi voleva<br />

Michele Dolce morto".<br />

“E sul compromessi vendita c’è la firma di chi<br />

voleva la morte di Michele Dolce”.<br />

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"Il nome ce lo ha dato Ceramia".<br />

“NZ più TA”.<br />

“Il nome sul compromesso”.<br />

“Il nome di chi compra le terre a Bigliano”.<br />

"Di chi ha comprato la terra di Celentano e quella<br />

di O' sciancato".<br />

“Il nome di chi voleva la morte di Michele Dolce,<br />

l’unico biglianese che non si era piegato alla sua logica”.<br />

“Gino Linzalata”.<br />

“Non resta che avvisare i carabinieri”.<br />

"A quello ci penserà Carmine Crocco".<br />

De Stefano e Verrastro sorrisero.<br />

Era un sorriso amaro. L'unico sorriso che una terra<br />

amara come la Lucania fosse capace di generare.<br />

Quella sera stessa, Verrastro iniziò a scrivere il suo<br />

articolo. Descrisse tutti i particolari della vicenda. Era finito<br />

un uomo ma si chiudeva un'epoca. Era finita l'epoca della<br />

grazia di Dio. Il giorno seguente Turtino lesse l’articolo<br />

firmato da Carmine Crocco, brigante lucano. Sbatté con rabbia<br />

il giornale sul tavolo e depose la sua canna.<br />

“Non si va più a pesca”.<br />

Dopo qualche minuto, giunse puntuale la<br />

telefonata di De Castro.<br />

“Tieniti pronto, maresciallo! Le indagini<br />

riprendono immediatamente”.

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