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Don Ugo Ughi su Fede - Msac - Azione Cattolica Italiana

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Approfondimenti a cura della Segreteria Nazionale MSAC FINE GRANDE<br />

Un silenzio da abitare<br />

di <strong>Don</strong> <strong>Ugo</strong> <strong>Ughi</strong> (vice assistente generale - <strong>Azione</strong> <strong>Cattolica</strong> <strong>Italiana</strong>)<br />

E’ impressionante il silenzio degli amici di Giobbe di fronte al <strong>su</strong>o indescrivibile dolore fisico,<br />

morale e spirituale: “Sedettero accanto a lui in terra per sette giorni e sette notti. Nes<strong>su</strong>no gli<br />

rivolgeva la parola, perché vedevano che molto grande era il <strong>su</strong>o dolore” (Gb 2,13). Dinanzi<br />

alle sofferenze umane si impongono innanzitutto il silenzio e il rispetto, ma non un silenzio<br />

vuoto, rassegnato, fatalista, e possibilmente neppure arrabbiato, anche se sarebbe<br />

comprensibile.<br />

Poco per volta questo silenzio va abitato, perché il male di qualsiasi tipo non deve mai averla<br />

vinta. Questo è tanto più vero per chi crede in un “di più”: ricordiamo lo slogan dell’incontro<br />

con il Papa del 30 ottobre 2010. San Paolo usa, anzi, l’espressione “molto di più” per<br />

sottolineare la presenza liberante e salvifica di Gesù in un mondo segnato dal peccato, dal<br />

dolore e dalla morte.<br />

Di fronte alla tragedia immane del Giappone proviamo a cercare una parola di fede, che non<br />

esclude, tanto meno cancella, altre possibili parole umane più o meno sensate.<br />

Forse più che chiederci il perché, facciamo il tentativo di individuare un messaggio di<br />

speranza, racchiuso anche in situazioni umane terribili. Possiamo assomigliare ai cercatori<br />

d’oro di un tempo, che hanno affrontato fatiche e sofferenze incredibili pur di trovare il metallo<br />

prezioso. Quando lo hanno trovato, non si è presentato loro luccicante e rifinito, ma mescolato<br />

con scorie e bisognoso di purificazione. Hanno dovuto lavorare ancora (loro stessi o altri) fino<br />

ad arrivare al pezzo (spesso soltanto un pezzetto!) splendente nel <strong>su</strong>o straordinario valore.<br />

Proviamo a percorrere qualche pista, cominciando dalla considerazione che il creato, uomo<br />

compreso, è una incompiuta ed è in fase di trasformazione e di perfezionamento.<br />

Gen 3,15 dice che Dio consegnò il giardino all’uomo, perché “lo coltivasse e lo custodisse”.<br />

Vuol dire che così come sono, la terra e l’intera creazione si trovano ancora in fase di<br />

assestamento. E le trasformazioni sono talvolta (o spesso) dolorose. Anche nella nostra<br />

crescita personale conosciamo momenti critici, passaggi difficili, quando la sofferenza si fa più<br />

acuta. Sappiamo che soltanto così, attraversando e <strong>su</strong>perando crisi, possiamo crescere e<br />

diventare donne e uomini sempre più maturi, capaci di vivere e di gustare la bellezza della<br />

vita.<br />

Una seconda pista ci porta a non perdere di vista il futuro che Dio ci riserva e che è<br />

proiettato verso l’eternità. L’opera di Dio, come ogni opera, la si può apprezzare in maniera<br />

soddisfacente soltanto alla fine, nel <strong>su</strong>o compimento. Qui lo sguardo a Gesù diventa obbligato.<br />

Dio non assiste da lontano, quasi indifferente e impassibile, alle vicende umane, ma vi entra<br />

dentro e ci si immerge, le sperimenta nella <strong>su</strong>a carne, non cerca percorsi privilegiati, sa <strong>su</strong>lla<br />

<strong>su</strong>a pelle che cosa significhi sofferenza, dramma, tragedia. Passa attraverso la morte più<br />

ignominiosa per non lasciare indietro proprio nes<strong>su</strong>no. E risorge, per garantirci che l’ultima<br />

parola appartiene a Dio ed è una parola di vita, di pienezza, di felicità: per sempre!<br />

Dio non ha abbandonato i morti del Giappone, come non abbandona nes<strong>su</strong>no dei <strong>su</strong>oi figli<br />

che anzi rende partecipi della Pasqua di Gesù. “Sì, esiste la ri<strong>su</strong>rrezione della carne”, scrive il<br />

Papa nella enciclica Spe Salvi. “Esiste una giustizia. Esiste la revoca della sofferenza passata,<br />

la riparazione che ristabilisce il diritto”.<br />

Una terza pista riguarda l’attenzione e la preoccupazione che dobbiamo avere nei confronti<br />

della terra. Certo ora non siamo in grado di fermare terremoti e maremoti o di impedire uno<br />

t<strong>su</strong>nami, ma dobbiamo avere un maggiore rispetto e una più grande cura dell’ambiente in cui<br />

viviamo, favorendo il progresso della scienza allo scopo di utilizzare tutte le risorse possibili a<br />

vantaggio dell’uomo e di ogni uomo, mai contro l’uomo, mai contro qualcuno. Siamo ancora<br />

troppo simili a Caino che alla domanda di Dio “Dov’è tuo fratello?”, ha risposto: “Sono forse io<br />

il custode di mio fratello?”.<br />

Siamo chiamati a custodire e a far progredire la terra e l’uomo che la abita.<br />

Una quarta pista è aperta dalla constatazione della forza d’animo del popolo giapponese, che<br />

non si è arreso e non si arrende.


Approfondimenti a cura della Segreteria Nazionale MSAC FINE GRANDE<br />

Cristiani e non cristiani dobbiamo testimoniare e annunciare gli uni agli altri la speranza<br />

come forza che impedisce all’umanità di soccombere e che le fa sempre trovare ragioni di<br />

ripresa, di impegno, di collaborazione, di condivisione, perché possiamo avere anche noi lo<br />

sguardo di Dio che “vide quanto aveva fatto ed ecco era cosa buona, molto buona”.<br />

Le disgrazie non sono una punizione divina. “Chi ha peccato lui o i <strong>su</strong>oi genitori, perché sia<br />

nato cieco?”: è la domanda dei discepoli a Gesù che risponde: “Né lui ha peccato né i <strong>su</strong>oi<br />

genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio” (Gv 9,2-3).<br />

Che cosa cambia nella nostra mentalità, nelle nostre scelte e nei nostri comportamenti in<br />

seguito ai disastri naturali, perché possa emergere il meglio della nostra umanità? Proviamo a<br />

cercare qualche plausibile risposta.

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