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La pittura del Risorgimento - Liceo G.D. Romagnosi

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DAL “QUADRO STORICO” ALLA STORIA NEI QUADRI:<br />

la <strong>pittura</strong> <strong>del</strong> <strong>Risorgimento</strong> italiano<br />

(testo <strong>del</strong>la conferenza tenuta dalle proff. Renata Pellegrino e Monica<br />

Silingardi in occasione <strong>del</strong> 150° anniversario <strong>del</strong>l’Unità d’Italia).<br />

1 - Introduzione: la quarta strofa <strong>del</strong>l’Inno di Mameli.<br />

“Dall’Alpi a Sicilia dovunque è Legnano, ogni uom di Feruccio ha il cuore e la<br />

mano, i bimbi d’Italia si chiaman Balilla,il suon d’ogni squilla i Vespri suonò”<br />

Collegamento alle immagini : D’azeglio “Battaglia di Legnano”, stampa<br />

“ Francesco Ferrucci all’assedio di Firenze”, monumento a Balilla, Hayez<br />

“Vespri Siciliani”<br />

Abbiamo scelto di iniziare il nostro discorso con la visualizzazione <strong>del</strong>la<br />

quarta strofa <strong>del</strong> nostro inno nazionale: non a caso, perché quando Goffredo<br />

Mameli (ritratto) scrive questi versi, non fa altro che seguire la cultura<br />

artistica in cui vive, quella <strong>del</strong> Romanticismo Storico: l’artista rivede gli eventi<br />

<strong>del</strong>la storia passata in chiave romantica, rendendoli allusione e preludio alla<br />

grande sollevazione patriottica che si spera stia per arrivare.<br />

Gli episodi infatti non sono scelti a caso : la resistenza dei Comuni lombardi<br />

contro Barbarossa, l’ eroica difesa di Firenze da parte <strong>del</strong> capitano Francesco<br />

Ferrucci, la sassata tirata dal monello genovese Balilla a un arrogante<br />

capitano austriaco, la sollevazione dei Siciliani contro i Francesi invasori,<br />

hanno come comune denominatore la ”cacciata <strong>del</strong>lo straniero”, tema<br />

portante <strong>del</strong>le lotte risorgimentali.<br />

Tema che si ritrova anche nelle prime opere di Verdi, dal Nabucco ai Vespri<br />

Siciliani (che non a caso riprendono lo stesso episodio narrato nel quadro di<br />

Hayez); ed è noto a tutti che Verdi fu, musicalmente, il maggior punto di<br />

riferimento dei patrioti risorgimentali, tanto che il suo nome veniva scritto sui<br />

muri come messaggio criptato di rivolta (Viva Verdi = Viva Vittorio Emanuele<br />

Re D’ Italia)<br />

Ma tornando al nostro inno: perché lo studente ventenne Mameli va a<br />

“pescare” i suoi esempi in un passato così lontano?<br />

<strong>La</strong> censura , che non permetteva di esprimersi chiaramente sui fatti di<br />

cronaca, non è una spiegazione valida; nello stesso inno, una strofa più in là,<br />

le allusioni al presente sono ben evidenti (“già l’aquila d’Austria le penne ha<br />

perdute”...”Il sangue d’Italia e il sangue polacco bevè col Cosacco ...”).<br />

E neppure è spiegazione pienamente sufficiente la predilezione romantica per<br />

il Medioevo (vista come “epoca dei sentimenti”, contrapposto alla fredda<br />

razionalità classica): infatti solo due degli episodi appartengono alla storia<br />

medioevale (Legnano e i Vespri Siciliani) mentre Francesco Ferrucci si colloca<br />

in pieno Rinascimento, e Balilla addirittura nel 1746.


E allora il motivo di questo rivolgersi al passato, da parte di Mameli come dei<br />

più o meno noti poeti e artisti <strong>del</strong> suo tempo, va cercato altrove, e<br />

precisamente nella tradizione sette - ottocentesca <strong>del</strong> ”quadro storico”.<br />

2 .Il “quadro storico” nella <strong>pittura</strong> neoclassica e romantica<br />

Benché ci fossero precedenti già nel Barocco (Velasquez: <strong>La</strong> resa di Breda),<br />

l’epoca d’oro <strong>del</strong> “quadro storico” è il Settecento – Primo Ottocento.<br />

Il Neoclassicismo, come il Romanticismo (i due movimenti dominanti di<br />

questo momento) rifiuta il presente, preferendo rivolgersi ad epoche passate,<br />

idealizzate come mo<strong>del</strong>li assoluti.<br />

In epoca neoclassica ci si rivolgeva al passato greco e latino per trovare<br />

esempi di virtù “illuministiche” che sostituissero le virtù religiose (J.L.David<br />

:Giuramento degli Orazi, Marat assassinato), oppure per encomiare i<br />

potenti, assimilandoli ai”mo<strong>del</strong>li archetipi”, i grandi uomini <strong>del</strong> passato (David:<br />

Napoleone al passo <strong>del</strong> Gran Sanbernardo).<br />

Ma già con l’epopea rivoluzionaria e napoleonica qualcosa sta cambiando<br />

nella <strong>pittura</strong> francese: si afferma la testimonianza <strong>del</strong> presente, anziché la<br />

rievocazione <strong>del</strong> passato.<br />

Il cambiamento stilistico portato dal Romanticismo cambia anche<br />

l’impostazione dei soggetti, eliminando le identificazioni classiche in favore<br />

<strong>del</strong>la soggettività e <strong>del</strong>la visione “emotiva” (Gericault: bozzetto di corazziere;<br />

Gros: Battaglia di Abukir; Goya: Los dos de mayo; Delacroix : <strong>La</strong> Libertà che<br />

guida il popolo).<br />

Il pittore torna ad essere “testimone <strong>del</strong> suo tempo”, non con la distaccata<br />

visione vedutistica illuminista, ma con una partecipazione “dall’interno”,<br />

spesso effettiva, ai fatti narrati.<br />

Ciò accade in Francia: ma in Italia?<br />

<strong>La</strong> terra <strong>del</strong> classicismo non può accogliere in pieno i “vaneggiamenti”<br />

romantici, la patria di Piero <strong>del</strong>la Francesca e di Raffaello non può rinunciare<br />

alla linea e all’inquadramento prospettico: ed ecco che arriva il<br />

”Romanticismo Storico” di Hayez. (Vespri siciliani, Il Bacio)<br />

3 Artisti sul campo: la <strong>pittura</strong> di storia in Italia.<br />

Gli anni <strong>del</strong> <strong>Risorgimento</strong> vedono la partecipazione diretta di numerosi artisti<br />

alle guerre per l’indipendenza e l’unificazione. Spronati dalle idee mazziniane,<br />

ritengono che solo in una nazione libera possa avvenire un rinnovamento dei<br />

linguaggi figurativi. I più anziani di loro, Giovanni Fattori e Nino Costa, sono<br />

già partecipi agli eventi <strong>del</strong> ’48-’49, il primo come fattorino di corrispondenza<br />

col Partito di Azione, Costa in prima linea in Veneto contro gli austriaci nel


’48, a Roma in difesa <strong>del</strong>la Repubblica di Mazzini nel ’49 insieme a Domenico<br />

e Gerolamo Induno, che avevano già’ partecipato alle Cinque Giornate di<br />

Milano . Alla seconda guerra d’indipendenza partecipano Telemaco Signorini,<br />

Diego Martelli, OdoardoBorrani; alla terza saranno con Garibaldi, fra gli altri,<br />

ancora Martelli, Sernesi, Abbati, Zandomeneghi.<br />

Sono i frequentatori <strong>del</strong> Caffè Michelangelo di Firenze, dove, dal 1850<br />

all’Unita’, gli artisti più vivi di tutta Italia dibattono i problemi nuovi di un’arte<br />

che parte alla conquista <strong>del</strong> vero, propugnata dai Realisti francesi.<br />

Sono loro la “gioventù entusiasta” che spinge Fattori a una “guerra dichiarata<br />

all’arte classica” e all’uso <strong>del</strong>la “macchia”.<br />

<strong>La</strong> rivolta politica quindi si affianca e sostiene una rivolta artistica, in nome di<br />

un linguaggio figurativo libero dalle costrizioni <strong>del</strong>l’Accademia e fe<strong>del</strong>e alla<br />

“natura <strong>del</strong>le cose”.<br />

Ecco quindi che i recenti fatti d’arme entrano prepotentemente nella <strong>pittura</strong> di<br />

Storia italiana (C.Canella: Combattimento a Porta Tosa; Induno : Battaglia di<br />

Solferino e S.Martino; Palizzi: Il principe Amedeo ferito).<br />

Ciò avviene tuttavia secondo due diverse modalità: la prima privilegia gli<br />

episodi <strong>del</strong>la storia ufficiale, glorificando le virtù patriottiche tramite una<br />

forma nitida, impostata su disegno e prospettiva, dal rigore accademico<br />

(P.Senno: Il principe Amedeo di Savoia alla Battaglia di Custoza, I toscani a<br />

Curtatone, battaglia a cui l’artista ha partecipato di persona).<br />

Il tono narrativo è enfatico, mette in luce l’eroismo degli italiani, privilegia la<br />

chiarezza e l’intelligibilità <strong>del</strong> contenuto sulla ricerca formale<br />

Non dobbiamo dimenticare infatti che il pubblico, anche quello relativamente<br />

colto, cerca ancora nei quadri il ”significato”, che è considerato<br />

fondamentale e prioritario rispetto alla ”forma”: a questo proposito è<br />

interessante citare una frase di Carlo Lorenzini, in arte Collodi.<br />

Oltre che scrittore per bambini, Collodi era giornalista culturale per il<br />

quotidiano <strong>La</strong> Nazione, e proprio recensendo la prima esposizione nazionale<br />

di <strong>pittura</strong>, a Firenze (di cui parleremo tra breve) scrive il 14 gennaio 1860:<br />

”Sia detto una volta per sempre .... l’arte per l’arte è un libro difficile, nel<br />

quale non sanno leggere che pochi eletti; l’arte informata da un concetto<br />

civile e patriottico è una pagina dove leggono tutti,dall’erudito fino all’uomo<br />

<strong>del</strong> volgo. “<br />

Questo può spiegare bene anche la seconda modalità di rappresentazione<br />

dei temi risorgimentali, che tratta il tema patriottico in una dimensione<br />

affettiva e antieroica, quotidiana, rifiutando l’epopea celebrativa e<br />

soffermandosi sull’aspetto umano , a volte anche domestico e familiare, sulla<br />

vita che scorre a lato e dentro i grandi fatti <strong>del</strong>la storia. (Domenico Induno:<br />

Il richiamo di Garibaldi, L’arrivo <strong>del</strong> bollettino di Villafranca; Gerolamo<br />

Induno: Triste presentimento)<br />

Diversa e originalissima e’ la posizione di Fattori e dei Macchiaioli come<br />

Ferdinando Buonamici (Caserma di Modena…) o T.Signorini (L’artiglieria


toscana a Montechiaro…), che si soffermano sugli aspetti semplici e<br />

quotidiani <strong>del</strong>la vita militare: sono scene di bivacchi, di attese, di noia, di un<br />

tempo che scorre lento fra una battaglia e una scaramuccia; non le grandi<br />

manovre tattiche, gli alti ranghi ma il dietro le quinte, le retrovie, i soldati<br />

semplici, i nemici caduti, accomunati dallo stesso tragico destino.<br />

Emerge inoltre e soprattutto un’intensa ricerca formale: le immagini hanno<br />

una stesura rapida, creata dalla giustapposizione di tocchi cromatici corposi,<br />

attenti al risalto <strong>del</strong>le luci e <strong>del</strong>le ombre.<br />

Il 1861 vede la prima esposizione nazionale di <strong>pittura</strong>. Signorini vi espone<br />

Cacciata degli austriaci dalla borgata di Solferino, in cui i ricordi <strong>del</strong>la grande<br />

tradizione italiana (come la citazione <strong>del</strong>l’angelo in volo dalla Cacciata di<br />

Eliodoro di Raffaello) si coniugano con una pennellata nervosa e carica,<br />

memore <strong>del</strong>le sperimentazioni di Courbet.<br />

Il dipinto però viene violentemente attaccato dalla critica: anche se, per la<br />

stesura pittorica a tocchi minuti e vibranti, per la vivezza dei colori e per<br />

l’attenzione con cui vengono descritti uomini e cose il dipinto si pone a una<br />

distanza astrale dall’eloquenza celebrativa <strong>del</strong>le opere , più acclamate, di<br />

P.Senno (I toscani a Curtatone).<br />

Piace invece alla critica Il 26 aprile 1859… di Odoardo Borrani (la data si<br />

riferisce al passaggio di Firenze al nuovo regno d’Italia). <strong>La</strong> scena, ambientata<br />

in un interno e risolta con grande attenzione alla luce, fonde elementi cari al<br />

quadro di storia in costume e <strong>del</strong> quadro di genere, presentando una giovane<br />

donna intenta a cucire la bandiera tricolore.<br />

<strong>La</strong> resa pittorica ha un fare morbido e tenero, anche nella stesura <strong>del</strong> colore;<br />

Si tratta di una <strong>pittura</strong> solo apparentemente semplice, perché guarda anche<br />

a grandi esempi <strong>del</strong> passato, dagli interni fiamminghi di Vermeer, a Ceruti, a<br />

Chardin .<br />

Si rappresenta così anche l’appartata partecipazione al <strong>Risorgimento</strong><br />

<strong>del</strong>l’universo femminile, a cui si riconosce il ruolo di educare e governare gli<br />

uomini di casa , contribuendo così alla formazione <strong>del</strong>la patria.<br />

Pittore di soldati volle essere anche Giovanni Fattori, nelle tavolette di piccole<br />

dimensioni, che si configurano come appunti visivi, taccuini <strong>del</strong>la memoria, in<br />

cui sperimenta l’accostamento di campi di colore privi di chiaroscuro<br />

(bozzetti) e nei dipinti più meditati di grande dimensione (Il campo italiano ….<br />

Magenta, 1860-62, con cui vince il premio Ricasoli, suo primo riconoscimento<br />

pubblico), che mostrano una complessità costruttiva e disegnativa maggiore,<br />

pur nella modernità <strong>del</strong>le scelte .<br />

Qui appare chiaro che Fattori guarda alla gloriosa giornata di Magenta con<br />

l’occhio disincantato di chi legge un evento bellico per quello che e’ sempre<br />

stato: un tributo di sangue.<br />

Al centro <strong>del</strong> dipinto le suore di carità che leniscono le sofferenze dei feriti,<br />

austriaci e francesi, a sinistra uomini uccisi, soldati senza espressione, segnati<br />

dalla cru<strong>del</strong>tà degli scontri.


Questa impostazione radicalmente antieroica e antiretorica caratterizzerà<br />

sempre la <strong>pittura</strong> di Fattori, (Assalto alla Madonna <strong>del</strong>la Scoperta,1878) fino<br />

agli ultimi, amari e disincantati dipinti come <strong>La</strong> Battaglia di Custoza (1876-<br />

88) Il Quadrato di Villafranca 1880 (stroncato dalla critica; vi proponiamo<br />

alcune frasi dall’articolo di commento de L’Illustrazione Italiana: ”...è<br />

impossibile sognare i nostri bellissimi soldati più brutti, più sciatti, meno<br />

soldati nella tenuta.... tutto è scialbo, diafano, scolorito, fragile,inconsistente<br />

come le spoglie secche <strong>del</strong>le cicale.”<br />

In Hurra’ ai valorosi, guerra <strong>del</strong> 1866 (dipinto nel 1907) un gruppo di reduci<br />

sta tornando a cavallo nelle retrovie, lungo una strada polverosa. Le<br />

espressioni sono scoraggiate e abbattute, gli uomini sembrano avanzare a<br />

fatica mentre a sinistra alcuni cavalli irrompono dopo avere disarcionato i<br />

cavalieri, immagine simbolica di fallimento. <strong>La</strong> <strong>pittura</strong> e’ magra, lascia<br />

intravedere il segno grafico e la tela, una sorta di drammatico non finito; le<br />

figure in primo piano sono tagliate come in Degas. Il dipinto e’ un’ennesima<br />

riflessione , a distanza di mezzo secolo, sui fatti drammatici <strong>del</strong>la terza guerra<br />

d’Indipendenza e sembra descrivere ancora una volta la guerra come un<br />

destino amaro, una terribile necessità <strong>del</strong>la storia, i cui unici eroi sono i<br />

contadini sottratti dal campo per indossare una divisa. Del resto Fattori<br />

stesso, in una lettera a Diego Martelli, dice: ”...se trovo cose che urtino questi<br />

eroi da teatro dei burattini,le farò vedere – farò vedere cos’è il soldato e la<br />

sua missione per la patria, e come lo compensano...”<br />

4 Dalla testimonianza storica alla “esaltazione eroica” : le<br />

stampe popolari.<br />

E’ interessante osservare come la volontà di testimoniare realisticamente i<br />

fatti, che permea i quadri dei “pittori di battaglia” come Palizzi o Induno, e lo<br />

stesso Fattori, non si ritrovi nelle stampe popolari, grande mezzo di diffusione<br />

<strong>del</strong>la storia e <strong>del</strong>la cronaca per tutto l’Ottocento.<br />

Fin dal Basso Medioevo le stampe (inizialmente xilografie, poi dopo il<br />

Quattrocento incisioni e acqueforti, e infine nell’Ottocento litografie) avevano<br />

avuto grande importanza nella diffusione di notizie presso il popolo<br />

analfabeta, che si trattasse di vite di santi o di incoronazioni di sovrani,<br />

proclamazione di nemici o di nuovi alleati.<br />

In queste litografie risorgimentali, che siano copie di quadri (Battaglia di<br />

Palestro) o originali, spesso allegati ai giornali o distribuite come “fogli<br />

volanti” (Gaudio di popolo a Napoli), fatti e personaggi sono ripresi secondo<br />

il gusto romantico, in chiave eroica e patetica, assecondando il pubblico che<br />

non ama troppo la ”quotidianità” <strong>del</strong> Realismo e non capisce le ardue<br />

sperimentazioni stilistiche dei pittori “moderni” (ricordate la citazione di<br />

Collodi ?)


Vediamo un esempio significativo in una serie di stampe relative ad un<br />

episodio avvenuto durante la battaglia di Curtatone.<br />

Il cannoniere toscano Elbano Gaspari, per una scintilla sfuggita alla torcia di<br />

accensione <strong>del</strong> mortaio, viene avvolto dalle fiamme: imperturbabile, si toglie<br />

camicia e calzoni e continua il suo lavoro, completamente nudo (il fatto è<br />

storico, e all’artigliere Gaspari andranno poi medaglia e riconoscimenti).<br />

Nella prima stampa, contemporanea ai fatti e firmata dall’incisore e pittore Q.<br />

Cenni, l’episodio è visto nel contesto <strong>del</strong>la battaglia, e <strong>del</strong>l’artigliere (di cui<br />

non viene fatto il nome) intravediamo il dorso nudo, in mezzo a molte altre<br />

figure in azione. Prevale quindi il senso <strong>del</strong>l’insieme, la battaglia testimoniata<br />

dal vero in tutti i suoi aspetti, anche disordinati e caotici....<br />

Nella seconda stampa, di poco più tarda, il fatto è stato isolato come su un<br />

palcoscenico e il cannoniere (di cui abbiamo il nome - Elbano Gaspari - nel<br />

titolo) campeggia al centro, in un bel nudo classico da Accademia con tanto<br />

di panneggio; il contesto però è ancora rispettato, i morti in primo piano e i<br />

militari che sparano nello sfondo sono credibilmente veristici...<br />

Nella terza stampa, di trent’anni più tardi, il realismo e la credibilità storica<br />

sono <strong>del</strong> tutto scomparsi : il soldato ( per l’occasione ribattezzato<br />

aristocraticamente “De Gasperi”) si staglia tra lampi di luce, con la fronte<br />

corrucciata e lo sguardo folle di un eroe wagneriano; e non a caso il titolo<br />

parla di ”eroico furore”.<br />

Questo cambiamento non è affatto casuale, ma segue un iter ben preciso,<br />

che riguarda tutto il percorso storico <strong>del</strong>la seconda metà <strong>del</strong>l’Ottocento: il<br />

<strong>Risorgimento</strong>, vissuto in prima persona, al tempo <strong>del</strong> suo svolgersi, come<br />

grande movimento collettivo e spontaneo (sia pure a livello di intellettuali e<br />

non di popolo) viene riproposto come “stagione di Eroi”, mettendo l’accento<br />

sul valore di singoli atti di coraggio per fornire alla nuova nazione i mo<strong>del</strong>li e<br />

gli esempi <strong>del</strong>la sua nuova realtà (che sostituiscono i mo<strong>del</strong>li “antichi” <strong>del</strong><br />

quadro storico classico). E questo spiega il relativo realismo <strong>del</strong>la seconda<br />

stampa.<br />

Ma poi si scopre (come già abbiamo detto citando Collodi e Fattori) che la<br />

realtà così come non è soddisfacente, anzi, a distanza di tempo le amarezze<br />

<strong>del</strong>la realtà rischiano di offuscare la gloria passata.<br />

Ed ecco che sul finire <strong>del</strong> secolo ricadiamo nella visione emozionale romantica<br />

(un romanticismo ormai da melodramma) e la grande stagione risorgimentale<br />

viene “sceneggiata” per ottenere il massimo effetto di suggestione: non solo<br />

“stagione di eroi”, ma “grande epopea di fondazione” <strong>del</strong>lo Stato .<br />

Forse perché, esaurita la spinta ideale <strong>del</strong>le lotte di liberazione , lo stato<br />

unitario cominciava a mostrare le sue contraddizioni e i suoi problemi, l’arte è<br />

chiamata in soccorso, riproponendo una visione esaltante <strong>del</strong> passato<br />

risorgimentale .<br />

In quest’ottica si inseriscono anche i tanti “quadri di genere” non più ripresi<br />

“sul campo” ma costruiti in studio: una vera e propria “mozione degli affetti”,


che ricordi agli italiani scettici e disillusi <strong>del</strong>la fine <strong>del</strong> secolo quel clima di<br />

speranza, fiducia nel futuro, collaborazione ….<br />

6 - Conclusioni : Addio, mia bella , addio…..<br />

Siamo arrivati quasi alla fine: e come conclusione proponiamo due<br />

opere emblematiche di quest’ultimo percorso di “rivisitazione” degli<br />

eventi rinascimentali. (De Nigris: Impressioni di un quadro; Trezzini:<br />

Piccoli patrioti, poi tutta la serie degli ”Addìi <strong>del</strong> soldato”)<br />

Il primo quadro, di Giuseppe De Nigris, molto bello tecnicamente<br />

(notate gli effetti di luce sulla sedia, sui tessuti) ripropone il ”quadro<br />

nel quadro” alla maniera settecentesca: ma anziché ammirare opere<br />

antiche, qui gli spettatori meditano sul tema di Garibaldi ferito in<br />

Aspromonte, uno dei momenti più critici <strong>del</strong>la storia ottocentesca.<br />

Ma le riflessioni politiche lasciano il posto all’ ingenuo entusiasmo<br />

<strong>del</strong>la bambina, che indica l’eroe al fratellino (non a caso “travestito”<br />

da garibaldino).<br />

E infine il quadro di Angelo Trezzini, intitolato “Piccoli Patrioti”.<br />

Anche qui protagonisti sono i bambini; posati a terra i libri<br />

scolastici, stanno evidentemente compiendo quello che all’epoca si<br />

chiamava una “marachella”: notate il gesto <strong>del</strong> silenzio, con il dito<br />

sulle labbra, e la “vedetta “ appostata in cima al muro.<br />

Ma anziché rubare frutta, come nella tradizione, questi monelli<br />

scrivono sul cancello <strong>del</strong>l’austero collegio i versi <strong>del</strong> “Canto degli<br />

studenti volontari pisani”, assai più noto come “Addio mia bella<br />

addio”: forse la più cantata <strong>del</strong>le canzoni risorgimentali, ancora<br />

adesso nota, se non altro per il “passaggio” ad uno degli ultimi<br />

festival di San Remo.<br />

Abbiamo iniziato con i versi “storici” <strong>del</strong>l’inno di Mameli,<br />

concludiamo con questi versi, ugualmente scritti da studenti<br />

ventenni, non in chiave classica ed erudita, ma in chiave popolare e<br />

“partecipata”. E come accompagnamento visivo, ecco che scorrono<br />

i numerosi quadri che rappresentano “L’addio <strong>del</strong> volontario”:<br />

gradevoli o mediocri, moderni o accademici, testimoniano però tutti<br />

quel “vissuto” quella partecipazione personale alle vicende <strong>del</strong>la<br />

storia, che è forse l’eredità più importante, da recuperare oggi,<br />

<strong>del</strong>la grande epopea <strong>del</strong> <strong>Risorgimento</strong> italiano.

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