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Settembre-Dicembre N° 1 - 2003 - Salute per tutti

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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Vol. 1 - n. 1 - <strong>Settembre</strong>-<strong>Dicembre</strong> <strong>2003</strong><br />

Promozione ed educazione alla salute:<br />

prevenzione dei comportamenti a rischio in età adolescenziale<br />

T.L. Schwarzenberg, M.R. Buffone, C, Scardia<br />

La prevenzione del fumo di tabacco nell’adolescente:<br />

il ruolo del Pediatra di Famiglia<br />

C. Spaggiari<br />

Le patologie vulvari non neoplastiche nelle adolescenti<br />

V. De Sanctis, E. De Rosa, A.R. Virgili<br />

CASO CLINICO - RUBRICA ICONOGRAFICA - NOTE DI LABORATORIO<br />

DOMANDE E RISPOSTE - FRONT LINE<br />

Promozione ed educazione alla salute: prevenzione dei comportamenti a rischio<br />

in età adolescenzialeLe patologie vulvari non neoplastiche nelle adolescenti<br />

Organo ufficiale<br />

della Società Italiana<br />

di Medicina<br />

dell’Adolescenza<br />

Periodico quadrimestrale - Spedizione in abbonamento postale 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - Milano<br />

In caso di mancata consegna restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa.


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Editoriale<br />

Questo è il primo numero della Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza (R.I.M.A.).<br />

È, quindi, con grande piacere ed orgoglio che la Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

(S.I.M.A.), affiliata alla Società Italiana di Pediatria (S.I.P.) vara questa nuova iniziativa editoriale.<br />

La rivista rappresenta una naturale evoluzione del Notiziario SIMA curato con molto impegno dalla<br />

prof.ssa Teresa de Toni, nel 1997 e di SIMA notizie, pubblicato tre anni più tardi <strong>per</strong> iniziativa del<br />

Consiglio Direttivo della Società, ed in particolare <strong>per</strong> la grande passione del prof. Giuseppe Saggese<br />

e dott. Silvano Bertelloni.<br />

L’interesse <strong>per</strong> l’adolescenza, da parte dei pediatri, è stato ufficializzato nel 1975, quando è<br />

stato fondato il gruppo di studio dell’adolescenza della S.I.P.<br />

Nel 1992, lo stesso gruppo di pediatri ha ritenuto che era ormai giunto il momento di dare una maggiore dignità alla loro attività<br />

ed ha ritenuto che un mezzo <strong>per</strong> raggiungere questo scopo fosse costituito dalla fondazione della S.I.M.A., che si propone di o<strong>per</strong>are<br />

in stretta connessione con la S.I.P., pur mantenendo intatte la propria autonomia societaria ed i propri programmi.<br />

Gli scopi che la S.I.M.A. si propone sono i seguenti:<br />

1. ricerca<br />

2. coo<strong>per</strong>azione alla definizione dei programmi di insegnamento della adolescentologia<br />

3. aggiornamento dei pediatri<br />

4. sensibilizzazione delle autorità centrali e <strong>per</strong>iferiche ai programmi di salute dell’adolescenza<br />

5. attivazione di programmi specificatamente rivolti alla salvaguardia della salute degli adolescenti.<br />

Ci rendiamo conto che il programma è molto ambizioso, specie se confrontato con le forze delle quali attualmente disponiamo.<br />

Inoltre, la sua attuazione è resa particolarmente difficile dal particolare momento che stiamo vivendo. Tuttavia, un ragionevole ottimismo<br />

è possibile grazie all’entusiasmo ed alla competenza di coloro che della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza fanno<br />

parte. SIMA Notizie nasceva con l’intento di far conoscere a <strong>tutti</strong> i pediatri italiani le attività e le iniziative culturali e di aggiornamento<br />

promosse dalla S.I.M.A.<br />

La R.I.M.A. vuol essere un ulteriore segno concreto delle finalità della Società e, quindi, ha lo scopo di rappresentare un punto di<br />

incontro <strong>per</strong> <strong>tutti</strong> coloro che sono interessati all’adolescenza e che o<strong>per</strong>ano nell’ambito della ricerca, dei servizi, dell’insegnamento,<br />

della terapia, dell’educazione e del counselling.<br />

In linea con questa politica editoriale la R.I.M.A. verrà pubblicata tre volte all’anno e si occu<strong>per</strong>à di problemi acuti, cronici e preventivi<br />

che si riferiscono alla cura ed al benessere degli adolescenti. Pertanto, la rivista si rivolge a pediatri, internisti, medici di base,<br />

ginecologi, medici sportivi, psicologi, psichiatri, sociologi, nutrizionisti ed o<strong>per</strong>atori sanitari.<br />

L’impostazione della rivista, che potrà variare in rapporto ai temi che verranno trattati, sarà sostanzialmente la seguente:<br />

1. Editoriale<br />

2. Articoli di aggiornamento (2-3 <strong>per</strong> numero) e lavori originali<br />

3. Presentazione di casi clinici e rubrica iconografica (2 <strong>per</strong> numero)<br />

4. L’angolo dello specialista<br />

5. Note di laboratorio<br />

6. Front line: presentazione di es<strong>per</strong>ienze sul campo, progetti, idee anche in ambito non medico<br />

(scuola, associazioni, volontariato, mondo dello sport, etc.)<br />

7. La voce dei lettori (lettere inviate alla Redazione)<br />

8. Notizie S.I.M.A.<br />

9. Notizie dalle associazioni.<br />

È previsto una spazio <strong>per</strong> contributi scientifici, in lingua inglese, da parte di pediatri di altri Paesi.<br />

Tutti i Soci e non Soci sono invitati ad inviare contributi, consigli, suggerimenti e riflessioni.<br />

Il Comitato Editoriale della rivista è composto dal Consiglio Direttivo della S.I.M.A., dal fondatore del gruppo di studio della adolescentologia<br />

– prof. Ettore de Toni – e dai Past President della Società – prof. Calogero Vullo, prof.ssa Teresa de Toni, prof. Giuseppe Saggese.<br />

La segretaria di redazione è la signora Gianna Vaccari, della Divisione di Pediatria ed Adolescentologia dell’Arcispedale S. Anna di<br />

Ferrara. In questi anni la signora Vaccari, con molta passione e disponibilità, ha curato la raccolta del materiale scientifico <strong>per</strong> i testi:<br />

“Problemi ambulatoriali di Medicina dell’Adolescenza”, a cura di De Sanctis V., pubblicato da Pacini nel 1998 e “Manuale di<br />

Adolescentologia”, a cura di De Sanctis V., sempre della stessa casa editrice (2002). Sono certo che rappresenterà un punto di riferimento<br />

<strong>per</strong> quanto ci accingiamo a svolgere.<br />

Tutti noi, ed io in particolare, dobbiamo essere grati ai Colleghi che, con molto entusiasmo, hanno accettato di inviare<br />

un contributo scientifico <strong>per</strong> il primo numero della rivista e alla casa editrice Edizioni Scripta Manent di Milano <strong>per</strong> aver accolto<br />

la nostra richiesta. Ci auguriamo che questa fatica possa contribuire alla crescita culturale di <strong>tutti</strong> noi ed al miglioramento della<br />

assistenza <strong>per</strong> i nostri adolescenti.<br />

Siamo certi che l’impegno di <strong>tutti</strong> coloro che parteci<strong>per</strong>anno alla crescita della R.I.M.A. verrà adeguatamente apprezzato<br />

dai Lettori.<br />

Vincenzo De Sanctis<br />

1


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

DIRETTORE SCIENTIFICO<br />

Vincenzo De Sanctis (Ferrara)<br />

COMITATO EDITORIALE<br />

Silvano Bertelloni (Pisa)<br />

Antonietta Cervo (Pagani, Salerno)<br />

Salvatore Chiavetta (Palermo)<br />

Giampaolo De Luca (Amantea, Cosenza)<br />

Ettore De Toni (Genova)<br />

Teresa De Toni (Genova)<br />

Giuseppe Raiola (Catanzaro)<br />

Giuseppe Saggese (Pisa)<br />

Carlo Pintor (Cagliari)<br />

Calogero Vullo (Ferrara)<br />

SEGRETARIA DI REDAZIONE<br />

Gianna Vaccari (Ferrara)<br />

DIRETTORE RESPONSABILE<br />

Pietro Cazzola<br />

DIREZIONE MARKETING<br />

Armando Mazzù<br />

CONSULENZA GRAFICA<br />

Piero Merlini<br />

Registrazione<br />

Tribunale di Milano n. 404 del 23/06/<strong>2003</strong><br />

Scripta Manent s.n.c.<br />

Via Bassini, 41 - 20133 Milano<br />

Tel. 0270608091 - 0270608060<br />

Fax 0270606917<br />

E-mail: scriman@tin.it<br />

STAMPA<br />

Cromografica Europea s.r.l. Rho (MI)<br />

È vietata la riproduzione totale o parziale, con qualsiasi mezzo,<br />

di articoli, illustrazioni e fotografie senza l’autorizzazione scritta<br />

dell’Editore.<br />

L’Editore non risponde dell’opinione espressa dagli autori degli articoli.<br />

Ai sensi della legge 675/96 è possibile in qualsiasi momento opporsi<br />

all’invio della rivista comunicando <strong>per</strong> iscritto la propria decisione a:<br />

Edizioni Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano<br />

3<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Organo ufficiale<br />

della Società Italiana<br />

di Medicina dell’Adolescenza<br />

SOMMARIO<br />

Editoriale pag. 1<br />

V. De Sanctis<br />

Promozione ed educazione alla salute:<br />

prevenzione dei comportamenti a rischio<br />

in età adolescenziale pag. 4<br />

T.L. Schwarzenberg, M.R. Buffone, C, Scardia<br />

La prevenzione del fumo di tabacco<br />

nell’adolescente:<br />

il ruolo del Pediatra di Famiglia pag. 17<br />

C. Spaggiari<br />

Le patologie vulvari non neoplastiche<br />

nelle adolescenti pag. 25<br />

V. De Sanctis, E. De Rosa, A.R. Virgili<br />

Caso clinico<br />

Gonalgia <strong>per</strong>sistente in un adolescente<br />

diabetico secondario a condroblastoma<br />

dell’epifisi femorale prossimale pag. 36<br />

P. Banin, L. Malagutti, V. Moretti, V. De Sanctis<br />

Rubrica iconografica<br />

Una “strana” patologia testicolare pag. 40<br />

V. De Sanctis, G. Raiola, F. Rigon<br />

Note di Laboratorio<br />

La fosfatasi alcalina nel bambino<br />

e nell’adolescente:<br />

significato ed applicazione clinica pag. 42<br />

G. I. Baroncelli, S. Bertelloni, F. Sodini, S. Ruggieri,<br />

G. Saggese<br />

Domande e Risposte<br />

L’ecstasy pag. 45<br />

B. Grande, G. Raiola, M.C. Galati<br />

Front Line<br />

Educazione sessuale pag. 47<br />

C. Barlera<br />

Gli adolescenti? ….<br />

Saranno migliori genitori domani … pag. 49<br />

E. Silvio


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Promozione ed educazione<br />

alla salute:<br />

prevenzione<br />

dei comportamenti a rischio<br />

in età adolescenziale<br />

Dissertando di promozione, educazione alla salute e prevenzione è<br />

opportuno, anzitutto, definire l’esatto significato da attribuire a tali<br />

termini: queste definizioni dovranno, inoltre, fare riferimento al concetto<br />

di salute cui sono intimamente collegate e che di <strong>per</strong> sé è<br />

complesso e articolato e tuttora ampiamente dibattuto. 0 La classi-<br />

Tito Livio Schwarzenberg, Maria Raffaela Buffone, Camilla Scardia<br />

Servizio Speciale di Adolescentologia - Dipartimento di Scienze Ginecologiche, Perinatologia e Puericultura<br />

Università “La Sapienza”di Roma<br />

Riassunto<br />

L’età adolescenziale <strong>per</strong> la sua particolare natura e dinamica rappresenta un momento della vita che, <strong>per</strong> elezione,<br />

viene definito “a rischio” e su cui, <strong>per</strong>tanto, si può e si deve attuare un valido piano di prevenzione e di promozione della<br />

salute. È proprio nell’ambito dell’adolescentologia che il pediatra deve, quindi, riscoprire e valorizzare il proprio ruolo di “medico<br />

dello sviluppo e dell’educazione”, prendendosi cura del ragazzo <strong>per</strong> educarlo a condurre la propria vita in modo tale da<br />

sa<strong>per</strong> riconoscere ed evitare le principali situazioni capaci di comprometterne il benessere fisico, psichico e sociale.<br />

Le strategie di prevenzione vanno, anzitutto, orientate verso la sco<strong>per</strong>ta e potenziamento delle risorse <strong>per</strong>sonali e sociali proprie<br />

di ogni individuo. Non ci si deve, <strong>per</strong>ò, limitare ad informare gli adolescenti sui rischi <strong>per</strong> la propria salute e sulle ricadute<br />

sociali dei loro comportamenti, ma è necessario fare formazione, ovvero, fornire “motivazioni concrete <strong>per</strong> modificare i comportamenti<br />

individuali”, aiutando così i giovani nella loro crescita umana e sociale e rivolgendo particolare attenzione verso quei<br />

soggetti che sembrano essere maggiormente a rischio.<br />

Parole chiave: Adolescenti, comportamenti a rischio, prevenzione, promozione della salute, educazione alla salute, benessere.<br />

Health educational programs and prevention of behavioral<br />

risk factors in the adolescent age<br />

Summary<br />

Youth and teenage, in consideration of their distinctive nature and characteristics, represent particular <strong>per</strong>iods in<br />

life which, above all, are defined as “at risk” and along which, therefore, valid prevention and health promotion programs should<br />

be efficiently put into practice. As a consequence, within the framework of the adolescent medicine, pediatricians should find<br />

out again and enhance the value of their educational and developmental role, by taking care of patients, with the purpose to educate<br />

them to lead their lives by recognizing and avoiding the most significant situations, capable to compromise the physical,<br />

psychical, and social well being.<br />

The strategies of prevention should, first of all, be oriented towards the discovery and strengthening of peculiar <strong>per</strong>sonal and<br />

social resources, characteristic of every individual.<br />

To inform adolescents about the risks for their own health, and about the social effects and consequences of their behaviors, is<br />

absolutely not enough: it is necessary, in fact, also to provide real motivations, in order to modify the single behaviors, and helping<br />

them, consequently, in their human and <strong>per</strong>sonal growth, with particular attention towards those people who are deemed<br />

to be more “at risk” than others.<br />

Key words: Adolescents, behavioral risk factors, prevention, health education, health promotion, well being.<br />

5<br />

ca definizione di salute elaborata dalla OMS fin dal 1946 è quella<br />

ben nota di stato di completo benessere fisico, sociale e mentale.<br />

La salute in tale accezione “olistica” rappresenta, <strong>per</strong>tanto, il fine a<br />

cui <strong>tutti</strong> inevitabilmente e istintivamente tendiamo, sia come singoli<br />

individui, sia come collettività. Dalla necessità di preservare e


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Tabella 1. Definizioni di promozione della salute. Da: Health Tecnology Assessment, vol. 3 : n° 22;1999.<br />

Lalonde (1974) Strategia che mira a informare, influenzare e assistere sia i singoli che le organizzazioni sanitarie<br />

in modo da renderli più responsabili e più attivi nell’ambito della salute mentale e fisica.<br />

US Surgeron General (1979) Attività che i singoli individui e le diverse organizzazioni possono utilizzare <strong>per</strong> promuovere<br />

stili di vita salutari.<br />

US Office of Health Information (1980) Qualsiasi combinazione di interventi sanitari, politici ed economici designati a facilitare<br />

adattamenti ambientali e comportamentali <strong>per</strong> migliorare e proteggere la salute.<br />

Perry e Jessor (1983) L’applicazione di attività <strong>per</strong> incrementare lo stato di benessere e di salute nella sua globalità.<br />

WHO (1984,1986), Epps (1986) Il processo tramite il quale si rendono le <strong>per</strong>sone capaci di aumentare l’auto controllo<br />

e migliorare il proprio stato di salute.<br />

Goodstadt e Co-workers (1987) Il mantenimento ed incremento dei livelli già esistenti di salute tramite l’applicazione di efficaci<br />

programmi, l’a<strong>per</strong>tura di servizi e l’applicazione di una politica sanitaria adatta.<br />

Kar (1987) L’incremento dello stato di benessere e dell’evitamento dei comportamenti a rischio attravers<br />

il controllo dei fattori ambientali, sociali e biomedici capaci di influenzare lo stato di salute.<br />

O’Donnell (1989) La scienza o l’arte di aiutare le <strong>per</strong>sone a scegliere lo stile di vita più adatto <strong>per</strong> procedere verso<br />

uno stato ottimale di salute.<br />

Nutbeam (1986) Il processo che rende capaci (gli individui e le diverse comunità) di incrementare il controllo su<br />

tutto ciò che può influenzare lo stato di salute.<br />

Labonte (1992) Qualunque attività o programma che ha quale scopo quello di migliorare le condizioni sociali<br />

e ambientali <strong>per</strong> favorire l’es<strong>per</strong>ienza di benessere delle <strong>per</strong>sone.<br />

migliorare il proprio e altrui stato di salute nasce, poi, il concetto di<br />

promozione. Una recente pubblicazione dell’OMS (1) ha riportato<br />

diverse definizioni del concetto di promozione della salute<br />

(Tabella1): alcune delle quali si focalizzano sull’individuo in quanto<br />

tale, mentre altre danno più importanza alla componente ambientale<br />

e sociale. (2)<br />

Questo articolato ventaglio di definizioni del concetto di promozione<br />

della salute conferma, anzitutto, la possibilità di intervenire <strong>per</strong><br />

impedire o limitare il verificarsi e/o il diffondersi di avvenimenti sfavorevoli<br />

e/o dannosi attraverso la prevenzione (dal latino prae-venire<br />

– venire o arrivare prima).<br />

È facilmente intuibile, a questo punto, che <strong>per</strong> poter attuare un efficace<br />

intervento preventivo, occorre anticipare ovvero prevedere<br />

(prae-videre - vedere prima) il verificarsi dei potenziali eventi a<br />

rischio attraverso un’analisi sistematica dell’eziologia, della fenomenologia<br />

e dell’epidemiologia di ciascuno di essi.<br />

Pertanto, è possibile tener presente come filo conduttore i seguenti<br />

concetti: (3)<br />

conoscere <strong>per</strong> educare → educare <strong>per</strong> prevenire = conoscere<br />

<strong>per</strong> prevenire<br />

Ed è proprio nell’ambito dell’adolescentologia che il pediatra deve<br />

riscoprire e valorizzare il proprio ruolo di “ medico dello sviluppo e<br />

dell’educazione” (come è stato esplicitamente previsto dalla stessa<br />

OMS), prendendosi cura del ragazzo <strong>per</strong> educarlo a condurre la<br />

propria vita in modo tale da sa<strong>per</strong> riconoscere ed evitare le principali<br />

situazioni a rischio capaci di comprometterne il benessere fisico,<br />

psichico e sociale.<br />

Pur non essendo questa la sede <strong>per</strong> un’approfondita analisi etimo-<br />

6<br />

logica ed epistemologica della parola “educare” è ben noto che<br />

essa deriva dall’identico termine latino educare (intensivo di exducere,<br />

vale a dire trarre fuori – allevare).<br />

Se le strategie di prevenzione, quindi, vanno orientate verso la sco<strong>per</strong>ta<br />

e potenziamento delle risorse <strong>per</strong>sonali e sociali proprie di<br />

ogni individuo (ex-ducere) non ci si deve, <strong>per</strong>ò, limitare ad un’o<strong>per</strong>a<br />

di informazione sui rischi <strong>per</strong> la propria salute e sulle ricadute sociali<br />

dei propri comportamenti, ma è necessario fare formazione (introducere),<br />

ovvero, fornire “motivazioni reali <strong>per</strong> modificare i comportamenti<br />

individuali”, aiutando i giovani (cum-ducere) nella loro crescita<br />

umana e sociale e rivolgendo particolare attenzione verso i<br />

soggetti che sembrano essere maggiormente esposti.<br />

L’età adolescenziale, proprio <strong>per</strong> la sua particolare natura e dinamica,<br />

<strong>per</strong> i suoi aspetti di ricerca, di trasgressione, di crescita, di scelta,<br />

di identificazione, rappresenta il momento della vita che, <strong>per</strong> elezione,<br />

viene definito ”a rischio” e durante il quale si può e si deve<br />

attuare un valido piano di promozione della salute.<br />

Sono ormai innumerevoli le ricerche scientifiche (e pseudoscientifiche)<br />

condotte in questi ultimi anni, sugli adolescenti: si è indagato<br />

sui loro interessi, sulle abitudini alimentari, sui comportamenti sessuali,<br />

sulle devianze, sul consumo di droga, alcool e tabacco, ecc.<br />

Tali indagini, seppure condotte il più delle volte con modalità e finalità<br />

diverse e, quindi, difficilmente riproducibili e paragonabili tra loro<br />

hanno consentito, tuttavia, di accostarsi ai molteplici aspetti del<br />

mondo adolescenziale evidenziando quei comportamenti che possono<br />

essere, direttamente o indirettamente, di danno alla salute o<br />

alla vita stessa dell’adolescente e che la letteratura specialistica e il<br />

linguaggio comune definiscono, di conseguenza, a rischio.


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Comportamenti alimentari<br />

a rischio<br />

Il modificarsi delle condizioni di vita familiare e lavorativa associato<br />

al dilagante consumismo, hanno portato l’adolescente a <strong>per</strong>dere<br />

progressivamente molti punti di riferimento positivi sui quali informare<br />

i propri comportamenti e quello alimentare in particolare<br />

rimanendo, al contrario, in balia della moda e della pubblicità. Di<br />

conseguenza assai spesso il teenager mangia troppo o troppo<br />

poco (o, comunque, mangia male), usa il cibo come strumento<br />

autolesivo o come mezzo <strong>per</strong> meglio socializzare con i coetanei;<br />

non riesce a prevedere i danni che potrebbero derivare da una i<strong>per</strong>alimentazione<br />

o da una ipoalimentazione eccessivamente spinte.<br />

Inoltre, durante l’adolescenza in concomitanza con le profonde<br />

modificazioni psico-somatiche cui il giovane va incontro, il corpo<br />

diviene lo “specchio” di tale processo evolutivo rappresentando,<br />

<strong>per</strong> l’adolescente, il principale elemento di relazione con l’ambiente<br />

esterno. Ne consegue che l’insoddisfazione <strong>per</strong> il proprio corpo può<br />

alterare certi comportamenti alimentari ed essere causa, concausa<br />

o conseguenza di gravi turbe dell’alimentazione quali l’anoressia e<br />

la bulimia.<br />

Alla base dei comportamenti alimentari errati dei giovani un ruolo<br />

importante spetta anche al contesto socio-culturale: basti pensare<br />

all’ideale dominante di donna (alta e snella ma sinuosa) e all’ideale<br />

comune di uomo (alto, aitante e muscoloso). L’enfatizzazione della<br />

“linea” e della “forma”, lungi dal trasmettere una corretta educazione<br />

alimentare, rischiano di rinforzare, in uno status psicologico<br />

immaturo e vulnerabile, atteggiamenti nevrotici e/o fobie. Per altro,<br />

l’aspetto conviviale può rappresentare <strong>per</strong> l’adolescente un’occasione<br />

d’incontro con gli amici, un momento di tranquilla condivisione<br />

tra coetanei. Quindi, se da un lato esiste il culto della “penalizzazione”<br />

della dieta, dal lato opposto sopravvive la consuetudine dell’allegro<br />

spuntino “fuori pasto” e/o “fuori casa”.<br />

È fin troppo noto che l’alimentazione prevalente dell’adolescente si<br />

Promozione ed educazione alla salute: prevenzione dei comportamenti a rischio in età adolescenziale<br />

7<br />

discosta da quella che teoricamente viene considerata come dieta<br />

ottimale in quanto vi è un eccessivo apporto di energia totale, di<br />

grassi saturi, colesterolo, sale e zucchero con introito relativamente<br />

scarso di fibre, vitamine e sali minerali. L’ovvia conseguenza dell’attuale<br />

tendenza alimentare sono notoriamente il sovrappeso e l’obesità,<br />

che protraendosi nell’età adulta finiscono con il determinare un<br />

aumento di patologie acute e croniche (i<strong>per</strong>tensione, dislipidemie,<br />

patologie coronariche, i<strong>per</strong>insulinemia).<br />

L’obesità è ormai diventata un fenomeno globale, c’è chi parla addirittura<br />

di “epidemia globale”: negli U.S.A. il 25-33% della popolazione<br />

è in sovrappeso; in Europa, nell’ultimo decennio, il numero delle<br />

<strong>per</strong>sone sovrappeso è cresciuto del 30% e <strong>per</strong>fino in Cina, un Paese<br />

dove 25 anni fa l’alimentazione media era appena al di sopra dei<br />

minimi di sopravvivenza, c’è attualmente l’allarme obesità (<strong>per</strong> circa<br />

il 5% della popolazione). Si stima che una buona quota delle spese<br />

sanitarie dei Paesi occidentali è assorbito dalle cure contro le conseguenze<br />

dell’obesità e c’è già chi propone campagne anti-obesità<br />

(sulla falsa riga di quelle che, ormai da oltre dieci anni, combattono<br />

il fumo) anche suggerendo l’imposizione di una speciale tassa sui<br />

cibi ad alto contenuto di grassi (hamburger, salumi) <strong>per</strong> scoraggiarne<br />

e/o limitarne il consumo. Parallelamente, negli U.S.A., sono sorte<br />

delle associazioni chiamate “food police” come <strong>per</strong> esempio il<br />

“Center for Science in the Public Interest (CSPI)”: organizzazione<br />

nonprofit che ha quale scopo istituzionale quello di analizzare la<br />

qualità del cibo e di promuovere la salute pubblica attraverso una<br />

buona educazione alimentare (4) (Tabella 2).<br />

Comportamenti sessuali<br />

a rischio<br />

Un’indagine conoscitiva sui comportamenti a rischio degli adolescenti<br />

non può prescindere da una conoscenza dei comportamenti<br />

sessuali di questa peculiare fascia di popolazione: è proprio in<br />

Tabella 2. Riduzione della prevalenza dell’obesità: suggerimenti del “Food Police”. Da: Public Health Reports, volume 15, 2000.<br />

• Creare campagne <strong>per</strong> la promozione della salute enfatizzando i concetti del “mangiar sano” e “praticare attività fisica”.<br />

• Creare del <strong>per</strong>sonale “specializzato” (medici, paramedici o altri professionisti) in grado di educare i giovani ad un’alimentazione<br />

sana ed equilibrata rimuovendo comportamenti alimentari errati.<br />

• Inserire nel curriculum scolastico l’educazione alimentare.<br />

• Utilizzare i mass-media come strumento <strong>per</strong> la promozione della salute spostando l’attenzione dai cibi ad alto contenuto di grass<br />

e calorie a cibi “sani” (frutta, verdure, cereali).<br />

• Creare delle guide alla “dieta quotidiana” con indicazione sui valori nutrizionali e l’apporto di calorie dei principali alimenti.<br />

• Incentivare lo sviluppo di zone di ricreazione, zone pedonali, aree verdi.<br />

• Aumentare il costo dei cibi ad alto contenuto di grassi e calorie a favore dei cibi a più equilibrato valore nutrizionale.<br />

• Avvalersi dell’aiuto del National Nutrition Summit <strong>per</strong> lo sviluppo di campagne nazionali <strong>per</strong> la prevenzione dell’obesità<br />

e delle gravi conseguenze sulla salute di un’alimentazione errata.


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Tabella 3. Distribuzione delle caratteristiche comportamentali<br />

in adolescenti di età < 20 anni (1990-1997)<br />

Orientamento sessuale<br />

Maschi (896) Femmine (861)<br />

N % N %<br />

Eterosessualità 821 91,6 861 100<br />

Omosessualità 75 8,4<br />

N. partners<br />

0 44 4,9 35 4,1<br />

1 413 46,1 579 67,2<br />

2 260 29,0 166 19,3<br />

3 88 9,8 38 4,4<br />

>3 93 0,3 43 5,0<br />

Uso di contraccettivi<br />

Nessuno 508 56,7 397 46,1<br />

Condom sempre 83 9,3 47 5,5<br />

Condom qualche volta 288 32,1 129 15,0<br />

Pillola – – 263 30,5<br />

IUD – – 5 0,6<br />

Altro – – 20 2,3<br />

Dati dell’ISS: Sistema Nazionale di Sorveglianza delle MST<br />

questo <strong>per</strong>iodo della vita che inizia, di regola, l’attività sessuale e<br />

con essa il rischio di contrarre e diffondere malattie e/o di incorrere<br />

in gravidanze indesiderate.<br />

Tasso <strong>per</strong> 1.000 donne<br />

25<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0<br />

Interruzioni volontarie di gravidanza <strong>per</strong> anno solare e <strong>per</strong> età della donna<br />

1981<br />

1982<br />

1983<br />

1984<br />

1985<br />

1986<br />

1987<br />

1988<br />

1989<br />

8<br />

1990<br />

Il problema delle malattie a trasmissione sessuale (MST o STD) tra<br />

gli adolescenti ha assunto negli ultimi anni un’enorme rilevanza epidemiologica,<br />

clinica e sociale. A tal fine può essere utile riportare<br />

alcuni dati epidemiologici, dal cui esame critico possono emergere<br />

riflessioni utili ai fini di un’efficace prevenzione.<br />

In Italia, dal settembre 1990 al dicembre 1997 sono stati segnalati al<br />

Sistema Nazionale di Sorveglianza (promosso e attivato dall’Istituto<br />

Su<strong>per</strong>iore della Sanità) 57.046 casi di MST: tra questi 1.757 (3,1%)<br />

sono stati diagnosticati in soggetti di età inferiore ai venti anni. Tra i<br />

maschi le malattie sessuali più diffuse sono risultate essere la condilomatosi<br />

genitale (30,7%) e le uretriti aspecifiche (infezioni determinate<br />

da agenti diversi dalla N. gonorrhoeae, dalla C. trachomatis<br />

e dal T. vaginalis). Tra le femmine si sono avuti numerosi casi di vaginiti<br />

aspecifiche (39,1%) e condilomatosi genitali (30%). (5) È interessante<br />

notare che gli adolescenti contraggono più frequentemente<br />

patologie virali o caratterizzate da scarsa sintomatologia come cerviciti<br />

da C. trachomatis e vaginiti aspecifiche, ma anche patologie<br />

meno frequenti tra gli adulti come la gonorrea. (6)<br />

La quasi totalità (91,6% dei maschi e il 100% delle femmine) dei<br />

1.757 adolescenti affetti da una MST ha dichiarato di avere avuto<br />

rapporti eterosessuali. Circa la metà dei maschi (46,1%) e i due terzi<br />

delle femmine (67,2%) riferivano un solo partner sessuale, mentre il<br />

10% dei maschi e il 5% delle femmine un numero su<strong>per</strong>iore a tre.<br />

La maggioranza degli adolescenti non aveva usato alcun contraccettivo<br />

durante i sei mesi precedenti la diagnosi di MST (57% dei<br />

maschi e 46% delle femmine) e circa 1/3 delle femmine riferiva di utilizzare<br />

la pillola anticoncezionale (Tabella 3).<br />

Altro problema fortemente legato alle abitudini sessuali degli adolescenti<br />

è il rischio di gravidanze indesiderate. Tuttavia, esaminando i<br />

Anni solari<br />

Età 15-19 anni<br />

Età 20-24 anni<br />

1991<br />

1992<br />

1993<br />

1994<br />

1995<br />

1996<br />

1997<br />

1998<br />

1999<br />

2000<br />

Figura 1.<br />

Trend delle IVG<br />

nelle adolescenti<br />

e nelle giovani<br />

italiane dal 1981<br />

al 2000.


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

dati ISTAT riguardanti il numero dei parti da adolescenti negli anni<br />

dal 1980 al 1995, si è assistito in Italia ad una marcata e progressiva<br />

riduzione del numero delle nascite da madri minorenni (forse<br />

anche <strong>per</strong>ché non tutte le gravidanze, ed in modo particolare quelle<br />

precoci, si concludono con una nascita) (7).<br />

Tale riduzione è assai più evidente tra le giovanissime (età inferiore<br />

ai 16 anni) dove il calo è stato su<strong>per</strong>iore al 90%, ma rilevante anche<br />

tra le diciottenni dove il calo su<strong>per</strong>a il 70%.<br />

Anche il numero di interruzioni volontarie di gravidanza nelle minorenni<br />

residenti in Italia ha seguito un trend decrescente nell’arco di<br />

tempo fino al 1995, da quando si è assistito ad un graduale ma<br />

costante aumento: da 5.670 IVG nel 1981 si è passati a 4.284 nel<br />

1986 a 3.524 nel 1991 e infine a 3.257 nel 1994. Nel 1995 si è osservata<br />

una risalita (3.634 casi di IVG) (8-10). Dalla Figura 1 si nota<br />

facilmente come dal 1995 il trend delle IVG sia stato accrescitivo.<br />

Stesso andamento in decrescendo, dal 1980 al 1995, si osserva<br />

dall’analisi del numero delle nascite e degli aborti in giovani adolescenti<br />

(15-19 anni) in molti Paesi industrializzati (11) (Tabella 4).<br />

È ben noto, tuttavia, che fino a tempi assai recenti è stato molto<br />

scarso l’interesse riservato alle problematiche di salute dei giovani e<br />

quasi inesistente una seria programmazione all’educazione sessuale.<br />

Per altro, che una corretta educazione sessuale tra i giovani sia<br />

non solo opportuna ma indispensabile è di <strong>per</strong> sé scontato: bisogna,<br />

quindi, istruire (somministrare nozioni quanto più possibile<br />

esatte e complete sull’argomento) ma anche educare (sviluppare le<br />

qualità intellettuali, e/o fisiche e/o morali dell’individuo secondo<br />

determinati principi). In campo sessuale si dovranno, quindi, insegnare<br />

i fondamenti biologici dell’anatomia e della fisiologia della<br />

riproduzione umana, ma si dovrà parlare anche chiaramente di<br />

masturbazione, di prostituzione, di omosessualità, come anche di<br />

contraccezione nell’ottica di quella che si chiama “procreazione<br />

responsabile”, cioè scelta volontaria della maternità e della paternità<br />

Promozione ed educazione alla salute: prevenzione dei comportamenti a rischio in età adolescenziale<br />

Tabella 4. Percentuali delle nascite e aborti tra le giovani adolescenti (15-19 anni). Da: Family plannig <strong>per</strong>spectives, 2000; 32(1):14-23<br />

Paese % di nascite % di aborti<br />

1980 1995 % di 1980 1995 % di<br />

cambiamento cambiamento<br />

Bulgaria 19,0 20,5 8 7,8 12,5 37<br />

Canada 8,4 12,4 49 29,7 19,2 -55<br />

Danimarca 5,5 2,0 -64 18,3 12,8 -43<br />

Inghilterra 9,3 6,4 -31 27,6 17,7 -56<br />

Francia 6,7 2,6 -61 14.,5 12,2 -19<br />

Grecia 12,2 4,7 -62 10,1 U U<br />

Ungheria 14,3 10,8 -25 10,3 14,9 31<br />

Italia 6,9 2,9 -58 7,8* 6,6* -18<br />

Spagna 7,0 3,3 -53 u 13,9* u<br />

U.S.A. 15,3 12,6 -18 29,2 19,3 -51<br />

U: non valido; * dati non completi<br />

9<br />

(anche nel caso di “genitorialità precoce”) (12). Ed inoltre, dovrebbe<br />

essere oggetto di insegnamento (almeno tra i ragazzi più grandi)<br />

anche una “prima” educazione al ruolo parentale vale a dire un<br />

addestramento culturale a diventare genitori ed a realizzarsi, nel<br />

momento opportuno, come buoni educatori <strong>per</strong> i propri figli.<br />

Bisognerà anche istruire gli adolescenti a proposito delle malattie a<br />

trasmissione sessuale e confrontarsi sui comportamenti della violenza<br />

e dello stupro come aberrazione disumana della sessualità ed<br />

estrema degradazione della vita relazionale ed istintiva. Preparare,<br />

quindi, i giovani alla vita sessuale significa in qualche modo anche<br />

insegnare a rispettare sé stessi e il prossimo, presentando quel tipo<br />

di sessualità propria della specie umana che è (o dovrebbe essere)<br />

la donazione, attraverso la quale la stessa sessualità genitale diventa<br />

strumento di relazione matura, fondata sull’offerta di sé.<br />

Tabella 5. Consigli utili <strong>per</strong> evitare MST e loro complicanze<br />

Astinenza.<br />

Evitare rapporti con partners occasionali e/o poco conosciuti.<br />

Mantenere rapporti stabili e reciprocamente fedeli<br />

con un solo partner.<br />

Usare correttamente e correntemente il preservativo ad ogni<br />

rapporto sessuale.<br />

Alla comparsa di qualsiasi sintomo sospetto sospendere<br />

l’attività sessuale e consultare il medico <strong>per</strong> una diagnosi<br />

precoce e <strong>per</strong> una valida e tempestiva terapia.<br />

Informare sempre il partner sessuale e coinvolgerlo<br />

nel programma diagnostico e terapeutico.<br />

Da: Schwarzenberg TL, Buffone R. Gli adolescenti e le malattie sessualmente<br />

trasmesse - aspetti epidemiologici, clinici e terapeutici (2000).


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Quanto al ruolo della famiglia in tale contesto, è fin troppo ovvio che<br />

ai genitori, innanzi tutto, spetta il diritto-dovere primario e inalienabile<br />

dell’educazione dei figli mai totalmente delegabile, neppure alla<br />

scuola. Ciò non di meno, le istituzioni educative e scolastiche diventano<br />

il migliore e più protetto ambiente in cui trattare certi tipi di problematiche:<br />

l’educazione affettiva-sessuale dovrebbe comunque<br />

procedere assieme con l’educazione delle altre componenti della<br />

<strong>per</strong>sonalità (intellettuale, civica, fisica, ecc.), essendo innegabile<br />

una stretta integrazione ed interdipendenza fra di esse <strong>per</strong>ché tutte,<br />

in egual modo, devono essere sviluppate se si vuole realizzare una<br />

vera educazione globale.<br />

Abitudini voluttuarie<br />

Nell’adolescenza l’abuso di alcool e/o di droga è spesso preceduto<br />

o associato a quello di tabacco e, in particolare, di sigarette con<br />

tutte le conseguenze negative che ne possono derivare, soprattutto<br />

nel lungo termine, <strong>per</strong> la salute e <strong>per</strong> la vita stessa. Gli abusi di<br />

tabacco e di alcool sono i più diffusi sia <strong>per</strong> la facilità con cui si possono<br />

re<strong>per</strong>ire tali sostanze, sia <strong>per</strong> le martellanti e accattivanti campagne<br />

pubblicitarie che ne hanno senza dubbio (specie nel recente<br />

passato) incentivato il consumo. Si stima che approssimativamente<br />

l’80% dei soggetti che fanno uso di tabacco abbiano iniziato a fumare<br />

ad un’età inferiore ai 18 anni (13) e che la numerosità degli adolescenti<br />

fumatori stia, quasi ovunque, aumentando: secondo il<br />

YRBSS (Youth Risk Behavior Surveillance System) il numero di adolescenti<br />

americani fumatori di sigarette è aumentato, passando dal<br />

27,5% nel 1991 al 36,4% nel 1997 (14-15).<br />

In Italia, secondo dati ISTAT del 2000, già a 18-19 anni un quinto dei<br />

ragazzi fuma (20,7%) e a 20-24 anni questa <strong>per</strong>centuale sale al<br />

29,2%. Una buona parte dei fumatori molto giovani si limita ancora<br />

nel numero quotidiano di sigarette: a 18-19 anni il 66,5% fuma meno<br />

di mezzo pacchetto al giorno (da 1 a 10 sigarette), mentre tra i 20 e<br />

i 24 anni aumenta la quota dei fumatori più accaniti (55,8%) (16).<br />

10<br />

I motivi che spingono l’adolescente a fumare sono innumerevoli.<br />

Accanto a fattori ambientali (famiglia, coetanei, mass-media) non<br />

bisogna trascurare le motivazioni <strong>per</strong>sonali. Adolescenti con <strong>per</strong>sonalità<br />

ribelle e indipendente avrebbero una maggiore propensione<br />

ad intraprendere questo comportamento a rischio. Inoltre, il <strong>per</strong>cepire<br />

l’atto del fumare come un’es<strong>per</strong>ienza rilassante e piacevole,<br />

che aumenta la concentrazione e allenta le tensioni come anche il<br />

non comprendere o sottovalutare certi rischi <strong>per</strong> la salute, sono cofattori<br />

che indurrebbero nell’adolescente un atteggiamento favorevole<br />

verso il consumo di sigarette.<br />

Nell’universo delle abitudini voluttuarie e dell’abuso di sostanze,<br />

quello di bevande alcoliche è il più diffuso e dilagante sia in Italia<br />

che nel resto del mondo, ma a differenza dell’abuso di altre droghe<br />

esso non genera, quasi mai, paura né evoca scenari di <strong>per</strong>icolo.<br />

L’alcool è divenuto, infatti, una sorta di droga sommersa, co<strong>per</strong>to da<br />

un’inspiegabile tolleranza sociale che contribuisce non poco a eclissare<br />

l’evidenza del fenomeno. Ne consegue che l’alcool non viene<br />

<strong>per</strong>cepito tra i giovani come sostanza <strong>per</strong>icolosa in quanto di uso<br />

comune, legalizzata e ampiamente pubblicizzata. Molti giovani, inoltre,<br />

non sembrano conoscere i rischi socio-sanitari correlati all’abuso<br />

di alcool, ne sottovalutano la <strong>per</strong>icolosità e tendono ad aderire in<br />

maniera sempre più diffusa alla cosiddetta cultura dello “sballo”,<br />

come alterazione dello stato di coscienza (17).<br />

Pur essendo difficile schematizzare il modello di adolescente consumatore<br />

di alcool (dal momento che esistono comportamenti<br />

diversi a seconda del contesto socio-culturale) possiamo, comunque,<br />

mettere in evidenza due fenomeni comuni:<br />

1. il progressivo abbassamento dell’età in cui i ragazzi cominciano<br />

a bere, dapprima occasionalmente e poi in modo abituale;<br />

2. l’incremento numerico dei “bevitori pesanti” al di sotto dei 20<br />

anni. Diverse indagini mostrano <strong>per</strong>centuali elevate di ragazzi<br />

che fanno uso, anche solo occasionalmente, di bevande alcoliche:<br />

negli Stati Uniti secondo i dati dell’YRBSS tale <strong>per</strong>centuale<br />

è di circa il 70% (15)<br />

Tabella 6. Giovani di età compresa tra 14 e 24 anni che consumano vino e birra, <strong>per</strong> classi di età e sesso.<br />

Anno 2001 (<strong>per</strong> 100 <strong>per</strong>sone della stessa età e sesso)<br />

Consumo Maschi Femmine<br />

14-17 aa 18-19 aa 20-24 aa 14-17 aa 18-19 aa 20- 24 aa<br />

Vino 23.3 46.4 58.0 15.6 25.7 34.9<br />

Oltre _ l /die 0.3 1.3 2.1 0.2 0.2 0.4<br />

1-2 bicchieri/die 3.4 9.2 16.4 1.0 2.3 5.6<br />

Vino raramente 14.7 28.5 33.2 10.5 17.1 24.6<br />

Birra 40.1 69.9 76.6 27.3 42.6 43.8<br />

Birra <strong>tutti</strong> i giorni 3.2 7.6 14.9 1.0 3.5 2.9<br />

Birra raramente 27.5 48.7 44.3 16.9 28.0 29.3<br />

Birra stagionalmente 9.4 13.5 17.5 9.4 11.1 11.6<br />

Da: Stili di vita e condizioni di salute. ISTAT – Anno 2002.


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Gli adolescenti che abusano pesantemente e frequentemente di<br />

bevande alcoliche sono soliti bere in contesti diversi, cioè in una<br />

grande varietà di situazioni, ambienti e occasioni. Risulta, inoltre,<br />

che molti ragazzi consumano l’alcool acquistato dai propri<br />

genitori con o senza il loro consenso, oppure in occasione di<br />

feste e di serate in discoteca (18).<br />

Nella Tabella 6 vengono presentati i dati, come elaborati dall’ISTAT,<br />

riguardanti il consumo di vino e birra da parte dei giovani italiani nell’anno<br />

2001 (16).<br />

Le motivazioni addotte dagli adolescenti <strong>per</strong> giustificare l’assunzione<br />

di alcool sono da ricercare nella necessità di vincere lo stato di<br />

timidezza, l’ansia e le frustrazioni, <strong>per</strong> aumentare l’effetto di altre<br />

droghe, <strong>per</strong> rilassarsi, <strong>per</strong> semplice prova, <strong>per</strong> passare il tempo con<br />

gli amici, <strong>per</strong> provare la sensazione di euforia e, talora, di ubriachezza.<br />

In materia di prevenzione dell’uso/abuso di sostanze voluttuarie<br />

sono state elaborate diverse strategie d’azione:<br />

1. interventi informativi; 2. interventi formativi.<br />

Interventi informativi:<br />

attraverso l’informazione indirizzata agli adolescenti sulle conseguenze<br />

negative derivanti dall’uso di alcool e fumo.<br />

Interventi formativi:<br />

qualora la prevenzione non possa incentrarsi solo sull’evidenziazione<br />

degli aspetti negativi di un certo atteggiamento, ma debba tenere<br />

anche conto della contingente <strong>per</strong>sonalità del giovane e della<br />

specifica situazione familiare e sociale.<br />

Ne consegue che bisogna favorire una migliore e più matura capacità<br />

di scelta dei giovani, ridurre la pubblicità di sostanze alcoliche e<br />

di sigarette, incrementare i prezzi di tali prodotti <strong>per</strong> renderli meno<br />

accessibili agli adolescenti, aumentare il controllo nelle discoteche<br />

e negli altri punti di maggiore ritrovo, rispettare e far rispettare le normative<br />

di legge che “proteggono” i minori dall’accesso ad alcool e<br />

fumo (articoli 689 e 730 del Codice Penale e norme collegate).<br />

Consumo di droghe<br />

e tossicodipendenze<br />

È ben noto che la tipologia dell’assunzione di droga nell’adolescenza<br />

può variare dall’uso occasionale, all’uso progressivo sino all’instaurarsi<br />

di una vera e propria dipendenza fisica. In Italia il numero<br />

di decessi <strong>per</strong> droga ha presentato tra il 1977 e il 1984, una progressiva<br />

ascesa con una diminuzione nel 1985 e un nuovo aumento<br />

fino al 1991.<br />

Secondo i dati ISTAT più recenti (19) su 4.651 adolescenti (età compresa<br />

tra 10 e 24 anni) deceduti nel 1997, l’1,7% delle femmine e il<br />

3,6% dei maschi era deceduto <strong>per</strong> overdose.<br />

Secondo i dati del YRBBS del 1997 negli USA uno studente su 10<br />

aveva fatto uso di marijuana prima dei 13 anni e l’1,1% aveva fatto<br />

uso di cocaina prima dei 13 anni (15); inoltre, il 17% degli studenti<br />

Promozione ed educazione alla salute: prevenzione dei comportamenti a rischio in età adolescenziale<br />

11<br />

in età adolescenziale risultava aver fatto uso di droghe illegali (LSD,<br />

PCP, ecstasy). Può essere interessante valutare i risultati di un’inchiesta<br />

eseguita su un campione di 1.121 giovani dai 15 ai 20 anni<br />

residenti a Reggio Emilia e interpellati sugli effetti degli spinelli: il<br />

21% di essi non li considera <strong>per</strong>icolosi, mentre il 35% ne considera<br />

dannoso solo l’utilizzo esagerato.<br />

L’idea prevalente che sembra farsi strada (non solo tra i teenager!)<br />

è quella che un uso moderato, ricreativo, delle sostanze cannabiche<br />

non costituisca un rischio <strong>per</strong> la propria salute psicofisica e soprattutto<br />

sia compatibile con gli impegni quotidiani: scuola o lavoro, attività<br />

sportiva, relazioni familiari o amicali. L’attrazione degli adolescenti<br />

<strong>per</strong> le droghe leggere è indissolubilmente legata alla ricerca<br />

degli stati di eccitamento e di benessere, ai problemi di socialità e<br />

definizione del sé. Fumare spinelli può, infatti, costituire una sfida al<br />

mondo dell’adulto <strong>per</strong> rimarcare la propria differenza e distanza;<br />

facilita la sensazione di appartenenza, soprattutto quando consente<br />

al giovane di essere accettato dal gruppo; costituisce un modo<br />

<strong>per</strong> dimostrare a chi rimane estraneo a questo tipo d’es<strong>per</strong>ienza che<br />

si è diversi, più coraggiosi, meno condizionati senza contare che<br />

l’uso di cannabis, come l’adesione a certe mode, a certi gusti musicali,<br />

può essere visto dall’adolescente come un modo <strong>per</strong> partecipare<br />

alla cultura giovanile.<br />

Tali dinamiche adolescenziali <strong>per</strong>mettono di escludere l’ipotesi <strong>per</strong><br />

cui dietro il consumo di droghe leggere si celi sempre una struttura<br />

psicologica instabile o tratti di vulnerabilità.<br />

Lo studio delle motivazioni al consumo di tali sostanze si sposta,<br />

quindi, dalla ricerca di <strong>per</strong>sonalità patologiche ad aspetti più generali<br />

legati allo stile di vita degli attuali adolescenti.<br />

Se è vero, tuttavia, che non <strong>tutti</strong> i ragazzi che fumano spinelli hanno<br />

problemi particolari o diventeranno tossicodipendenti, è altrettanto<br />

vero che quanto più un adolescente avverte delle difficoltà ad<br />

affrontare le numerose problematiche della propria fase evolutiva,<br />

tanto più aumenta la possibilità che le droghe, a partire da quelle<br />

leggere, possano apparirgli come un mezzo <strong>per</strong> ridurre l’ansia, l’angoscia,<br />

l’incertezza. In questi casi il rischio di avviarsi verso l’utilizzo<br />

di sostanze sempre più pesanti appare elevato, come dimostra il<br />

fatto che oltre il 95% degli eroinomani è partito dall’assunzione di<br />

droghe leggere.(20, 21)<br />

Dopo aver iniziato l’uso di una droga, l’adolescente può divenire<br />

consumatore abituale della sostanza e, successivamente, dipendente<br />

da essa.<br />

L’interazione con altri consumatori che approvano e rinforzano l’uso,<br />

l’invischiamento nell’ambiente di drogati e spacciatori, la distorta valutazione<br />

positiva degli effetti delle sostanze, la sottostima dei rischi e<br />

della gravità dell’assunzione di droghe, sono <strong>tutti</strong> fattori che favoriscono<br />

lo stabilizzarsi del consumo e la transizione da un’iniziale situazione<br />

di indipendenza ad uno stato di dipendenza totale.<br />

Anche in tale contesto la famiglia e la scuola devono motivare e indirizzare<br />

le scelte degli adolescenti, educandoli ad agire responsabilmente<br />

verso se stessi e verso gli altri. In tale contesto grande<br />

attenzione deve essere anche riservata alla gestione del tempo libero:<br />

i sempre più frequenti segnali di insofferenza e apatia tra i gio-


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

vani e il reiterarsi dei fenomeni di violenza e di teppismo devono stimolare<br />

azioni di contrasto da parte degli adulti, affinché vengano<br />

create strutture che favoriscano l’aggregazione, gli scambi culturali,<br />

i rapporti amicali, l’impegno sociale, lo sport.<br />

Comportamenti autolesivi<br />

o equivalenti<br />

Un suicidio o un tentato suicidio in un teenager possono apparire a<br />

prima vista frutto di un’azione improvvisa, incomprensibile e inconsulta;<br />

ma questa è solo l’apparenza in quanto, scavando in profondità,<br />

ci si accorge che alla base vi è quasi sempre un vissuto complesso<br />

e sofferto anche se, il più delle volte, può sfuggire la vera<br />

causa scatenante del tragico evento<br />

Vale la pena, quindi, parlare di “fattori di rischio della condotta suicidaria”:<br />

la <strong>per</strong>sonalità dell’adolescente talora fragile e frammentata<br />

con una sorta di “vulnerabilità psicologica”; la co-presenza di psicopatologie<br />

tra le quali la più frequente è la depressione; un rapporto<br />

disturbato con il proprio corpo, che viene sovente vissuto<br />

come estraneo, sconosciuto, incontrollabile non appartenente a sé;<br />

il contemporaneo consumo di alcool e/o droghe che possono<br />

aumentare l’impulsività e l’aggressività e distorcere la realtà; il difficile<br />

rapporto con la famiglia; i mass-media che tendono a rafforzare<br />

o esas<strong>per</strong>are certe situazioni di vulnerabilità giovanile; gli insuccessi<br />

scolastici; le delusioni affettive (22).<br />

Anche <strong>per</strong> la prevenzione delle condotte suicidarie è, quindi, importante<br />

il riconoscimento precoce dei segni d’allarme (larvati e/o palesi)<br />

e l’eventuale presa in carico presso strutture adeguate e dedicate<br />

dei soggetti (e delle famiglie) a rischio.<br />

La normativa<br />

Tutto quanto precede ha giustificato il sempre maggiore interesse<br />

della medicina ufficiale e della Pediatria in particolare, nei riguardi<br />

della tutela della salute degli adolescenti, con l’istituzione di centri,<br />

servizi e ambulatori di Adolescentologia. Parallelamente, seppure in<br />

maniera non sempre tempestiva ed adeguata, si sono attivate<br />

anche le forze politiche attraverso la promozione di iniziative concrete<br />

e dispositivi di legge. La matrice legislativa, sottesa alle attività<br />

di educazione alla salute, può essere fatta risalire alla legge 685/75<br />

recante “disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione,<br />

cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”;<br />

alla legge 833/78 art. 2 sulla riforma sanitaria laddove si individua<br />

nell’educazione alla salute un’attività fondamentale del Servizio<br />

Sanitario Nazionale e delle Unità Sanitarie Locali con compiti non<br />

soltanto informativi, ma con l’obiettivo di formare una moderna<br />

coscienza sanitaria del cittadino; all’art. 26 della legge 162 del 26<br />

giugno 1990, che prevede che le attività di educazione alla salute e<br />

d’informazione sui danni derivanti dall’alcolismo, dal tabagismo,<br />

dall’uso di sostanze psicotrope, nonché patologie correlate, siano<br />

12<br />

inquadrate nello svolgimento dell’attività educativa e didattica, attraverso<br />

l’approfondimento di specifiche tematiche nell’ambito delle<br />

discipline scolastiche curriculari. Tra gli altri principali riferimenti normativi<br />

si possono ricordare (23-25):<br />

- il T.U. 309/90: riguardante la scuola <strong>per</strong> l’educazione alla<br />

salute e la prevenzione della tossicodipendenza, agli art. 104 e 105<br />

<strong>per</strong> ogni ordine scolastico e all’art. 106 <strong>per</strong> la scuola su<strong>per</strong>iore. Tale<br />

testo unico è stato aggiornato con la legge 45 del 18 febbraio 1999<br />

<strong>per</strong> quanto riguarda il conferimento delle risorse: alle Regioni viene,<br />

<strong>per</strong>tanto, affidato il 75% delle risorse disponibili, da investire in progetti<br />

triennali riguardanti la promozione della salute dei giovani;<br />

- la legge 285 del 1997 (Legge Turco): che istituisce,<br />

presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Fondo<br />

Nazionale <strong>per</strong> l’Infanzia e l’Adolescenza finalizzato alla realizzazione<br />

di interventi a livello nazionale, regionale e locale <strong>per</strong> favorire la promozione<br />

dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione<br />

individuale e la socializzazione dell’infanzia e dell’adolescenza, privilegiando<br />

l’ambiente ad esse più confacente ovvero la famiglia<br />

naturale, adottiva o affidataria, in attuazione dei principi della<br />

Convenzione sui Diritti del Fanciullo resa esecutiva ai sensi della<br />

legge n. 176 del 27 maggio 1991, e degli art. 1 e 5 della legge n.104<br />

del 5 febbraio 1992;<br />

- legge 615/96 che prevede che il pediatra si occupi dell’educazione<br />

alla salute nei confronti dei propri assistiti: “al medico<br />

sono affidati, in una visione promozionale nei confronti della salute,<br />

compiti di educazione sanitaria e assistenza preventiva individuale,<br />

che hanno come obiettivi il controllo della crescita mediante <strong>per</strong>iodici<br />

bilanci di salute, la diagnosi precoce e l’identificazione dei fattori<br />

di rischio modificabili”;<br />

- DL 112 del 31 marzo 1998: <strong>per</strong> il decentramento dei<br />

compiti e delle funzioni dallo Stato alle Regioni e agli enti locali attraverso<br />

il conferimento dell’educazione alla salute, <strong>per</strong> competenza, a<br />

Provincia e Comune, rispettivamente <strong>per</strong> le scuole su<strong>per</strong>iori e dell’obbligo;<br />

- Direttiva n. 463 del 26 novembre 1998 del<br />

Ministero della Pubblica Istruzione <strong>per</strong> fornire linee di indirizzo <strong>per</strong><br />

l’attuazione, il monitoraggio e la valutazione degli interventi volti a<br />

garantire lo sviluppo delle potenzialità di ogni alunno, la realizzazione<br />

del diritto alla piena scolarità e qualità dell’istruzione e della formazione<br />

ed il recu<strong>per</strong>o delle situazioni che possono determinare<br />

comportamenti a rischio, abbandono precoce e dis<strong>per</strong>sione.<br />

Tali interventi, finalizzati in particolare ai temi dell’educazione alla<br />

salute, della prevenzione delle tossicodipendenze e al sostegno agli<br />

alunni delle aree maggiormente a rischio, sono destinati alle scuole<br />

di ogni ordine e grado.<br />

Abbiamo più volte ribadito che le finalità prioritarie di un progetto di<br />

educazione alla salute (26-28) devono essere volte a sottolineare<br />

non solo aspetti prettamente igienico-sanitari, ma anche l’importanza<br />

e il valore complessivo della <strong>per</strong>sona, in una dimensione più atti-


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

va e progettuale che chiami l’adolescente ad essere consapevole<br />

dei propri comportamenti, protagonista delle proprie scelte e capace<br />

di fruire serenamente delle proprie risorse fisiche, intellettive e<br />

affettive.<br />

Fornire all’adolescente questo tipo di educazione “globale” (educazione<br />

alla salute, alimentare, alla sessualità, alla non violenza, alla<br />

pace, alla legalità, alla multiculturalità) è certamente compito arduo:<br />

come educatori siamo <strong>tutti</strong> sollecitati a conoscere <strong>per</strong> informare,<br />

ma soprattutto siamo stimolati a rivedere in profondità certi nostri<br />

atteggiamenti e ad essere, eventualmente, educati noi stessi <strong>per</strong><br />

poter “formare” nuove <strong>per</strong>sonalità solide ed armoniche dal punto di<br />

vista psicologico, socio-affettivo, culturale e morale.<br />

E, anche se da un punto legislativo gli enunciati sono tanti, chiari e<br />

impositivi, tuttavia mancano quasi sempre le indicazioni metodologiche.<br />

Gli o<strong>per</strong>atori della salute non sanno strutturare correttamente<br />

iniziative di educazione sanitaria, anche se i corsi <strong>per</strong> medici, psicologi<br />

e assistenti sanitari contengono programmi appositamente<br />

studiati.<br />

Non esistono ancora ricerche che possano confermare l’efficacia e<br />

la validità di alcuni programmi di educazione sanitaria. Molti sono<br />

ancora gli interrogativi a<strong>per</strong>ti su cosa debba fare il medico che<br />

intenda promuovere l’educazione sanitaria, quali debbano essere le<br />

sue conoscenze di base e le sue fonti di informazione.<br />

Un modo semplice di approccio preventivo con il paziente può<br />

essere quello del counselling (29) durante il quale il medico deve:<br />

- conoscere il paziente e la sua famiglia:<br />

attraverso una buona anamnesi mirata non solo alla ricerca di<br />

patologie ma, anche alla sco<strong>per</strong>ta e conoscenza dell’ambiente e<br />

della cultura familiare;<br />

- avere un progetto e un obiettivo:<br />

gli interventi educazionali devono essere mirati, indirizzati a produrre<br />

cambiamenti specifici;<br />

- sa<strong>per</strong> educare:<br />

a. tenere presente le opinioni e l’ambiente culturale della famiglia,<br />

cercando di fornire informazioni e consigli adatti;<br />

b. dare l’informazione sempre in maniera chiara e comprensibile,<br />

utilizzando gli strumenti opportuni;<br />

c. consigliare sempre piccoli cambiamenti <strong>per</strong> raggiungere obiettivi<br />

semplici e gratificanti <strong>per</strong> la famiglia e poi, successivamente,<br />

puntare verso la realizzazione di obiettivi più importanti;<br />

d. indicare le modalità <strong>per</strong> creare nuovi comportamenti: spesso è<br />

più semplice che eliminarne uno già radicato;<br />

- supportare il proprio o<strong>per</strong>ato<br />

con basi scientifiche:<br />

fornire informazioni corrette e universalmente valide;<br />

- contestualizzare l’intervento educazionale:<br />

alcuni interventi hanno valore in base alla situazione locale e vengono<br />

applicati <strong>per</strong> modificare comportamenti rischiosi in un particolare<br />

contesto;<br />

Promozione ed educazione alla salute: prevenzione dei comportamenti a rischio in età adolescenziale<br />

13<br />

- considerare gli effetti collaterali:<br />

considerare l’eventuale relazione tra i diversi fattori di rischio e la<br />

possibilità di comparsa di problemi psicologici e relazionali;<br />

- attivare momenti di verifica:<br />

nell’ambito dell’educazione sanitaria mancano o sono molto<br />

scarsi studi relativi alla valutazione dell’efficacia degli interventi<br />

preventivi. Il medico adolescentologo, attraverso controlli <strong>per</strong>iodici<br />

può meglio verificare l’efficacia del messaggio trasmesso e la<br />

sua <strong>per</strong>sistenza in memoria.<br />

Si può a questo punto concludere ribadendo che l’educazione e la<br />

promozione alla salute in età adolescenziale non dovrebbero limitarsi<br />

a fornire solo aride indicazioni di tipo sanitario riguardanti<br />

norme generiche <strong>per</strong> un pronto soccorso, <strong>per</strong> un uso corretto dei<br />

farmaci e/o <strong>per</strong> una prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse<br />

come anche delle gravidanze indesiderate, ma devono<br />

concretizzarsi in “vera” educazione che riguardi il significato e il<br />

valore della propria <strong>per</strong>sona, con i relativi limiti e potenzialità, nel<br />

rispetto delle altre <strong>per</strong>sone con cui si stabilisce un rapporto umano,<br />

dove la tutela della propria salute non può né deve mai prescindere<br />

da un responsabile rispetto del bene altrui.<br />

Bibliografia<br />

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promotion evaluation. In: Evaluation W-EWGoHP; editor. Evaluation and<br />

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two systematic reviews. Health Tecology Assessment 1999; 3:22.<br />

3. Pietro M.L. Adolescenza e comportamenti a rischio. Brescia:<br />

Editrice La Scuola; 1995.<br />

4. Center for Science in the Public Interest (CSPI) Home page.<br />

http://www.cspinet.org/<br />

5. Giuliani M. Suligoi B. e the STD Surce Working group.<br />

Sentinel Surveil-lance of Sexually trasmitted Diseases in Italy. EURO<br />

Surveillance, 1998; 6:55-58.<br />

6. Schwarzenberg T.L. e Buffone M.R. Gli adolescenti e le malattie<br />

sessualmente trasmesse-aspetti epidemiologici, clinici e terapeutici. In:<br />

Atti del Congresso Pediatrico - Aggiornamenti in Adolescentologia.<br />

Jesi 25 novembre 2000, p. 11-28.<br />

7. Schwarzenberg T.L., Buffone M.R. e Tiberi I. La gravidanza e la nascita<br />

nei genitori adolescenti. In: Atti del congresso - Adolescenza: verso un<br />

approccio multidisciplinare. Catanzaro novembre 1999, p. 262-281.<br />

8. ISTAT- L’interruzione volontaria di gravidanza in Italia; Roma 1999.<br />

9. ISTAT-Un quadro socio-demografico e sanitario dalla legge 194 ad oggi;<br />

Roma 1999.<br />

10. ISTAT- L’interruzione volontaria di gravidanza in Italia; Roma 2000.<br />

11. Sing S. e Darroch Jacqueline E. Adolescent pregnancy and<br />

childbearing: levels and trends in developed countries.<br />

Family Planning Perspectives 2000; 32 (Suppl l1):14-23.<br />

12. Schwarzenberg T.L. L’educazione sessuale nella prospettiva adolescen


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

tologica: proposta <strong>per</strong> l’introduzione di un nuovo insegnamento di<br />

“educazione alla salute” nelle scuole di ogni ordine e grado.<br />

Difesa Sociale 1991; 3.<br />

13. US Departement of Health and Human Services. Preventing tobacco use<br />

among young people: a report of the Surgeon General. Atlanta: US Departement<br />

of Health and Human Services, Public Health Services, CDC, 1994.<br />

14. CDC (Centers for Disease Control). Tobacco use among high school<br />

students-United States, 1997.<br />

Morbidity and Mortality Weekly Report (MMWR) april 1998; 47(12).<br />

15. CDC Surveillance Summaries. Youth Risk Behavior Surveillance-United<br />

States, 1997. Morbidity and Mortality Weekly Report (MMWR)<br />

august 1998; 47 (Suppl 3).<br />

16. ISTAT-Stili di vita e condizioni di salute. Indagine multiscopo<br />

sulle famiglie “aspetti della vita quotidiana”; Roma 2002.<br />

17. Infanzia e adolescenza. Prevenzione promozione della salute (on line)<br />

http://www.infanziaeadolescenza.info/articoli_prev2.htm<br />

18. Wagenaar A.C., Finnegan J.R. Wolfson M. et al. Where and how adolescents<br />

obtain alcoholic beverages. Public Health Report 1993; 108 (4).<br />

19. ISTAT-Cause di morte - Anno 1997. Annuario 2000; 13.<br />

20. Adolescenza e droghe leggere. Danni e motivazioni dell’assunzione di<br />

droghe negli adolescenti (on line).<br />

L’Associazione Italiana Persone Down (A.I.P.D.) è un’associazione<br />

di genitori e tutori di <strong>per</strong>sone con sindrome Down; non<br />

ha fini di lucro e vuole essere soprattutto un punto di riferimento <strong>per</strong><br />

genitori, o<strong>per</strong>atori socio-sanitari e <strong>tutti</strong> coloro che sono interessati<br />

alla sindrome di Down.<br />

L’Associazione Italiana Persone Down Nazionale è stata costituita<br />

nel 1979 ed è formata da 27 sezioni; tra queste, la sezione di Pisa<br />

è nata nel 1988, quella di Livorno nel 1998.<br />

Gli scopi principali dell’A.I.P.D. sono:<br />

favorire il pieno sviluppo sociale, mentale ed espressivo delle<br />

<strong>per</strong>sone con sindrome di Down;<br />

aiutare le famiglie a confrontarsi ed a risolvere i problemi connessi<br />

con la nascita del bambino Down, la sua educazione, il<br />

suo inserimento nella scuola e nella società;<br />

diffondere tutte le informazioni inerenti la sindrome di Down;<br />

promuovere e favorire lo studio e la ricerca sulle cause e i fattori<br />

di rischio che favoriscono l’insorgenza della sindrome di<br />

Down, sulla prevenzione e sull’intervento più idoneo <strong>per</strong> lo<br />

sviluppo delle potenzialità delle <strong>per</strong>sone Down.<br />

Consapevoli della necessità di svolgere o<strong>per</strong>a di <strong>per</strong>suasione, stimolo<br />

e pressione, sia in sede locale che nazionale, l’Associazione è<br />

attivamente coinvolta nel re<strong>per</strong>imento di fondi al fine di sviluppare<br />

programmi e piani di ricerca sia in ambito medico che sociale <strong>per</strong> le<br />

14<br />

http://www.culturacattolica.it/contenuto/attualita/inrilievo/doc_droga/01.asp<br />

21. Perché i ragazzi fumano marijuana (on line)<br />

http://www.culturacattolica.it/contenuto/attualita/inrilievo/doc_droga/02.asp<br />

22. Schwarzenberg T.L. Rifiutare la vita: introduzione alla suicidologia<br />

adolescenziale. In: “Il suicidio nell’adolescenza” di A.L. Berman e D.A.<br />

Jobes – pp.339-355 (Edizioni Scientifiche Magi, Roma 1999).<br />

23. L’educazione alla salute nella scuola italiana (on line).<br />

http://digilander.iol.it/didattika/edsalute.htm<br />

24. Disposizioni <strong>per</strong> la promozione di diritti e di opportunità <strong>per</strong> l'infanzia e<br />

l'adolescenza (Provincia di Milano on line) http://preview.provincia.<br />

milano.it/serv_soc/infanzia_adolescenza/normativa.htm<br />

25. Diritto del Lavoro (on line) http://www.unicz.it/lavoro/Roma.htm<br />

26. Progetto di educazione alla salute, alla pace e alla legalità (on line).<br />

http://comune.sanremo.im.it/scuole/alighieri/ed_salute.htm<br />

27. Linee di azione prioritarie: reti integrate dei servizi, promozione della<br />

salute, potenziamento e qualificazione del distretto, comunicazione con<br />

i cittadini (on line). http://www.regione.emilia-romagna.it/sanita/prs/4..htm<br />

28. Adolescenza e disagio: prevenzione o promozione? (on line)<br />

http://www.ulss5.it/giornale/2002-1/geyser.htm<br />

29. Venturelli L, Caso G, Marengoni B. “L’educazione alla famiglia”<br />

in Pediatria di Famiglia. Milano: UTET Periodici Scientifici SRL; 2000.<br />

<strong>per</strong>sone affette da sindrome di Down. L’Associazione vuole inoltre<br />

essere di stimolo agli organi legislativi e di governo, sia in sede centrale<br />

centrale che regionali, nella corretta applicazione delle norme<br />

vigenti e nella elaborazione di nuovi provvedimenti a favore di soggetti<br />

con patologia cronica.<br />

I servizi offerti dall’Associazione sono:<br />

Servizio di consulenza su <strong>tutti</strong> gli aspetti inerenti la Sindrome<br />

di Down alle famiglie e agli o<strong>per</strong>atori socio-sanitari<br />

Attività di formazione e aggiornamento<br />

Servizio medico pediatrico e neuropsichiatrico<br />

Servizio medico <strong>per</strong> adulti<br />

Servizio di consulenza legale<br />

Corso di educazione all’autonomia rivolto ad adolescenti e<br />

giovani adulti con sindrome di Down a partire dal 14° anno<br />

di età<br />

Attività estive e vacanze<br />

Laboratorio informatico<br />

Corso di vela<br />

Corsi di nuoto e di attività psicomotorie<br />

Pedagogia dei genitori<br />

Casa Nostra (appartamento adibito a casa famiglia <strong>per</strong> i<br />

week-end)<br />

“Gioco e Imparo”: Corso di attività psico-pedagogico rivolto<br />

a bambini con sindrome di Down di età compresa tra i 3<br />

e i 13 anni.<br />

A.I.P.D. ONLUS - Sezione Pisa-Livorno<br />

V. C. Battisti, 55 - Pisa - Tel. e Fax. 050/48689 - E-mail aipdpili@interfree.it - Sito web www.aipdpili.org


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

La prevenzione<br />

del fumo di tabacco<br />

nell’adolescente:<br />

il ruolo del pediatra di famiglia<br />

Epidemiologia<br />

del fumo di tabacco<br />

Nei paesi sviluppati, di cui l’Italia fa parte, il tabagismo è la principale<br />

causa di morte prevenibile.<br />

L’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede un trend di crescita,<br />

<strong>per</strong> la mortalità fumo - correlata, dal 1990 al 2020, del 50% <strong>per</strong> i<br />

paesi sviluppati e del 400% <strong>per</strong> i paesi in via di sviluppo (1).<br />

In Italia si stimano 12 milioni di fumatori attivi con una prevalenza del<br />

17<br />

Claudia Spaggiari<br />

Pediatra di Famiglia<br />

Reggio Emilia<br />

Riassunto<br />

Il tabagismo è la principale causa di morte prevenibile. In seguito alle campagne di disinformazione delle multinazionali<br />

del tabacco l’opinione pubblica è stata <strong>per</strong> anni erroneamente convinta che l’inquinamento ambientale fosse più nocivo del<br />

fumo. Le sostanze presenti nel fumo di sigaretta sono altamente tossiche. Una di queste, la nicotina, induce dipendenza, con meccanismo<br />

biochimico simile alle altre droghe. Il tabagismo è una tossicodipendenza. L’abitudine al fumo si instaura di solito in adolescenza.<br />

La gravità dei danni sollecita una prevenzione primaria che va attuata molto precocemente, tramite progetti rigorosi e multidisciplinari.<br />

Il Pediatra di Famiglia risponde alle caratteristiche del professionista sanitario che può ottenere risultati efficaci nella<br />

prevenzione dal fumo in adolescenza. Col rapporto di fiducia che si instaura con la famiglia, il PdF può incidere positivamente, fin<br />

dalle prime età della vita, sui fattori che influenzano l’inizio all’abitudine tabagica, agendo in stretta collaborazione e coordinazione<br />

con le altre agenzie educative del territorio.<br />

Parole chiave: prevenzione, fumo di tabacco, adolescenti<br />

Promoting adolescent smoking prevention:<br />

the role of paediatrician<br />

Summary<br />

Tabagism is the main cause of avoidable death. Following the disinformation campaigns by the multinational producers<br />

of tobacco, the pubblic opinion, for years, has been wrongly <strong>per</strong>suaded that environmental pollution was worse than tobacco smoke.<br />

The substances contained in cigarette smoke are highly toxic. One of these, nicotine, leads to addiction through a biochemical process<br />

similar to other drugs. Tabagism is a drug addiction. Addiction to cigarettes usually begins during adolescence. The seriousness<br />

of the damage requires urgent, precautionary measures, to be carried out very precociously through rigorous, multidisciplinary projects.<br />

The Family Paediatrician (FP) embodies the figure of professional health who can achieve successful result in the prevention of smoking<br />

in adolescents. Thank to the relationship established with family, from the first years of life, the FP can positively work on the factors<br />

which lead to the beginning of the tobacco habit, acting together with other educational agencies of the territory.<br />

Key words: prevention, tobacco smoking, adolescents<br />

31.5 % nei maschi e del 17 % nelle femmine e 15 milioni di fumatori<br />

passivi: 1 su 4 ha meno di 14 anni (2).<br />

In Italia al fumo di tabacco sono attribuibili all’incirca 85.000 morti<br />

all’anno, di cui il 25 % in età compresa tra i 35 e 65 anni. (3)<br />

Il fumo di tabacco è responsabile di circa 1/3 di tutte le morti <strong>per</strong> cancro<br />

e del 15 % di tutte le cause di morte: una vittima ogni 7 minuti.


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Su 12 milioni di fumatori attivi si calcolano circa 9.900 morti da fumo<br />

passivo (4).<br />

Costituenti del fumo<br />

e loro effetti<br />

Quando il tabacco brucia , nella zona di combustione si raggiungono<br />

tem<strong>per</strong>ature intorno agli 800°C. Il fumo prodotto contiene sostanze,<br />

sia allo stato gassoso, che sottoforma di polveri, queste hanno<br />

un diametro medio di circa 0,22 micron: tali dimensioni <strong>per</strong>mettono<br />

la loro diffusione agli alveoli polmonari (5).<br />

Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il particolato<br />

fine (particulate matter PM), dis<strong>per</strong>so nell’aria ambientale, è<br />

responsabile di circa 500.000 decessi all’anno, su base mondiale.<br />

Un eccesso di articolato, di diametro inferiore ai 10 micron (PM 10),<br />

nell’ambiente “outdoor”, è associato ad un aumento della mortalità,<br />

soprattutto a causa delle patologie polmonari e cardiache.<br />

Studi effettuati da Invernizzi e coll. (6) indicano come nell’ambiente<br />

“indoor”, a causa della notevole massa di particolato fine (in prevalenza<br />

PM2,5 ) che una singola sigaretta è capace di liberare, si possono<br />

su<strong>per</strong>are di molto le concentrazioni consentite <strong>per</strong> legge nell’ambiente<br />

“outdoor”.<br />

Le sostanze presenti nel fumo di sigaretta sono più di 4.000, almeno<br />

200 di esse sono altamente tossiche (7).<br />

I componenti del fumo di tabacco possono essere suddivisi in 4<br />

grandi gruppi: nicotina, monossido di carbonio, irritanti, come biossido<br />

di azoto, formaldeide, acetone, fenoli, aldeidi ecc., sostanze<br />

cancerogene, quali ad esempio: idrocarburi policiclici aromatici,<br />

benzene, nitrosamine, nickel, cadmio, arsenico, diossine, amianto e<br />

polonio 210 alfa emittente (8) ad elevato potere ionizzante.<br />

Il danno biologico del polonio 210, <strong>per</strong> un fumatore di 20-30 sigarette<br />

al giorno, <strong>per</strong> 2 anni, è pari a quello di 300 Rx al torace.<br />

La gravità dei danni provocati dal fumo è correlata all’entità complessiva<br />

del suo uso.<br />

Sono <strong>per</strong>ciò determinanti il numero di anni di fumo, l’età d’inizio, il<br />

numero di sigarette fumate al giorno, la modalità di inalazione.<br />

Già nel 1979, il dipartimento americano della sanità pubblicò un<br />

volume dove si concludeva che il tabacco era divenuto una delle<br />

maggiori cause di mortalità.<br />

Dal 1991, l’OMS ha stabilito di proclamare il 31 maggio di ogni anno<br />

la “Giornata mondiale senza tabacco”, <strong>per</strong> sensibilizzare l’opinione<br />

pubblica. Queste notizie sono re<strong>per</strong>ibili ovunque, eppure la stragrande<br />

maggioranza dell’opinione pubblica è erroneamente convinta<br />

che l’inquinamento ambientale sia molto più nocivo del fumo.<br />

A questa convinzione hanno contribuito le campagne di disinformazione<br />

delle multinazionali del tabacco, che si sono impegnate a<br />

spostare l’attenzione comune verso i temi ambientalistici relativi<br />

all’inquinamento outdoor, come si deduce dagli archivi della Philip<br />

Morris, desecretati da quando Big Tobacco (le Multinazionali del<br />

tabacco ) ha <strong>per</strong>so la vertenza con lo stato del Minnesota! (9)<br />

Un lavoro di Kunzli del 2000 ristabilisce le giuste proporzioni tra i<br />

18<br />

danni da fumo e quelli da inquinamento esterno. L’inquinamento<br />

atmosferico è causa del 6% della mortalità totale contro un circa<br />

20% di quella da fumo di sigaretta. (10)<br />

Nicotina e dipendenza<br />

Per poter comprendere le ragioni che spingono a fumare e quindi<br />

<strong>per</strong> poter intraprendere un <strong>per</strong>corso di prevenzione, credo sia<br />

importante ricordare gli effetti della nicotina. La nicotina è un alcaloide,<br />

con la prerogativa di agire soprattutto sul sistema nervoso e<br />

cardiocircolatorio ed è responsabile della farmacodipendenza che<br />

assoggetta il fumatore. Inalata raggiunge le cellule cerebrali in circa<br />

10-20 secondi, è quindi più rapida degli oppiacei.<br />

Si lega ai recettori ad essa sensibili, situati nel cervello, nei gangli<br />

del sistema nervoso autonomo e nei surreni. Il suo metabolismo<br />

avviene a livello di fegato, polmone e rene, con la formazione di<br />

metaboliti inattivi come la cotinina, misurabile nella saliva e nelle<br />

urine, che viene utilizzata come marker di esposizione al fumo.<br />

Dosi basse di nicotina stimolano i recettori, dosi elevate li bloccano.<br />

A livello del sistema neuroendocrino, la nicotina provoca liberazione<br />

di mediatori chimici quali: acetilcolina, noradrenalina, dopamina e<br />

serotonina, con conseguente <strong>per</strong>cezione di una migliore <strong>per</strong>formance<br />

mentale, di miglioramento del tono dell’umore e della capacità<br />

di concentrazione. La proprietà della nicotina è di aumentare i<br />

livelli di dopamina nelle aree libiche, il che porta ad indurre e mantenere<br />

il comportamento compulsivo diretto all’assunzione della<br />

nicotina stessa. Il calo dei livelli della dopamina determinano il craving<br />

o desiderio <strong>per</strong>sistente, riferito durante la cessazione del fumo.<br />

Le basi biochimiche della dipendenza da eroina, cocaina e nicotina<br />

sono tra loro simili, così come sono simili tra loro gli effetti della<br />

dipendenza: l’uso compulsivo, l’effetto psicoattivo, il rinforzo comportamentale<br />

legato alla sostanza, la tolleranza farmacologica,<br />

dipendenza psicofisica, testimoniata dall’insorgenza della sindrome<br />

di astinenza (11).<br />

Nel 1994 il DSM IV codifica il tabagismo tra le patologie da dipendenza.<br />

Nel 1996 l’OMS inserisce il fumo di tabacco nella classificazione<br />

internazionale delle malattie, tra i “disordini mentali e del comportamento<br />

dovuti all’uso di sostanze psicoattive”, così il tabagismo fa<br />

parte ufficialmente delle tossicomanie.<br />

Le evidenze s<strong>per</strong>imentali suggeriscono che, mentre il rischio di<br />

diventare fumatore è dovuto al sovrapporsi di fattori sia ambientali<br />

che genetici, la <strong>per</strong>sistenza ha una forte componente quasi esclusivamente<br />

genetica.<br />

La genetica molecolare conferma il ruolo di recettori ed enzimi che<br />

potrebbero diventare bersagli di nuovi trattamenti farmacologici efficaci,<br />

garantendo una maggior probabilità di conseguire la disassuefazione<br />

dal tabagismo (12).<br />

Tuttavia il fumo di tabacco, insieme ad alcool e caffè, continua ad<br />

essere tra le droghe più diffuse e più comunemente accettate dalle<br />

società sviluppate.


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Analisi delle motivazioni che<br />

spingono a fumare<br />

Si accende la prima sigaretta <strong>per</strong> curiosità, <strong>per</strong> desiderio di imitazione<br />

o di sentirsi grandi, <strong>per</strong> appartenere a un gruppo o <strong>per</strong> acquisire<br />

sicurezza e fascino. La prima sigaretta non rappresenta una<br />

presa di decisione, ma la sospensione del giudizio <strong>per</strong> assecondare<br />

la condiscendenza degli altri, la voglia di compiacere o di mostrare<br />

un aspetto particolare di sé (13).<br />

L’abitudine al fumo si instaura di solito intorno all’adolescenza<br />

Gli adolescenti sottostimano la <strong>per</strong>icolosità del fumo.<br />

È alta la <strong>per</strong>centuale di sottostima del rischio di morte, degli anni di<br />

vita <strong>per</strong>si, del rischio di tumori. L’adolescente ritiene che la propria<br />

stima del rischio sia sufficiente <strong>per</strong> pianificare la decisione di smettere<br />

prima di entrare nella trappola della dipendenza (14).<br />

L’acquisizione della dipendenza in epoca adolescenziale è spesso<br />

determinata dal desiderio di assumere un comportamento trasgressivo,<br />

avvertito come proprio del mondo adulto e incoraggiato dal<br />

gruppo dei pari, <strong>per</strong> ricercare un accesso veloce all’area dell’adultità.<br />

Il fumo diviene un rito di iniziazione in grado di far transitare dall’incertezza<br />

dell’infanzia alla sicurezza di sentirsi appartenente al<br />

mondo adulto.Tuttavia il fumo di sigaretta ha la capacità di indurre<br />

dipendenza in tempi variabili tra i 3 e 5 anni, <strong>per</strong>ciò molti adolescenti<br />

che scelgono di fumare <strong>per</strong> essere accettati dai pari, <strong>per</strong> acquisire<br />

sicurezza, <strong>per</strong> sedare le ansie di crescita, <strong>per</strong> concentrarsi o rilassarsi<br />

o divertirsi si trovano fumatori cronici, già dipendenti (15).<br />

Tutto questo è ben conosciuto e studiato dalle multinazionali del<br />

tabacco, le quali hanno attuato strategie occulte <strong>per</strong> indurre l’iniziazione<br />

al fumo in età sempre più precoce, glissando le leggi vigenti<br />

nei vari stati. Sono molte le ricerche che dimostrano quanto Big<br />

Tobacco sia interessato ad analizzare e conoscere i bisogni giovanili,<br />

l’intento è quello di catturare i ragazzi attraverso immagini che<br />

comunicano indipendenza, libertà e autonomia, con l’obiettivo di<br />

rendere i giovani dipendenti dalla nicotina. Tra i documenti<br />

dell’Im<strong>per</strong>ial Tobacco (industria statunitense produttrice di sigarette)<br />

ci sono studi concernenti i motivi <strong>per</strong> cui i giovani iniziano a fumare<br />

e le sensazioni che essi provano. Si cita: “il maggior numero di tentativi<br />

di imparare a fumare si verifica tra i 12 e 13 anni”… “gli adolescenti<br />

cercano di mostrare il loro nuovo bisogno di indipendenza con<br />

un simbolo e le sigarette rispondono allo scopo” (16).<br />

Dal 1998, a seguito di un accordo (Master Settlement Agreement) tra<br />

46 stati USA e le compagnie produttrici di tabacco, le industrie del<br />

tabacco si sono impegnate a non incrementare il numero di fumatori,<br />

facendo cessare il marketing nei confronti di bambini e ragazzi.<br />

Tanto che hanno lanciato diverse campagne con slogan quali: “aiutiamo<br />

i giovani a decidere” “aiutare i giovani a dire di no”, questi<br />

interventi in realtà hanno la funzione di sottolineare il divieto, creando<br />

interesse e curiosità nei bambini e ragazzini, stimolando l’istinto<br />

alla trasgressione (17).<br />

Date tutte queste premesse, che non possono essere trascurate, ci<br />

si rende conto di come i programmi di prevenzione debbano essere<br />

attuati molto precocemente tramite un’organizzazione capillare e<br />

La prevenzione del fumo di tabacco nell’adolescente: il ruolo del pediatra di famiglia<br />

19<br />

multidisciplinare che non tralasci nessuno dei fattori implicati (emotivi,<br />

sociali, economici, culturali e relazionali) che spingono verso la<br />

dipendenza dal fumo (18).<br />

L’elenco in dettaglio dei fattori che possono influenzare l’inizio dell’abitudine<br />

tabagica sono:<br />

1. pubblicità indiretta (<strong>per</strong>sonaggi famosi che fumano);<br />

2. la precocità d’inizio al fumo predispone a diventare fumatori<br />

abituali;<br />

3. l’instaurarsi di abitudine tabagica è inversamente correlata<br />

allo stato socioeconomico;<br />

4. i ragazzi derivanti da famiglie in cui si fuma sono più predisposti<br />

a diventare fumatori;<br />

5. l’integrità del nucleo familiare risulta protettiva;<br />

6. il comportamento dei genitori è protettivo quando viene<br />

esercitato in modo normativo e di opposizione rispetto<br />

all’uso di tabacco;<br />

7. il frequentare gruppo di pari che fumano predispone a<br />

diventare fumatori cronici;<br />

8. i giovani fumatori (19) hanno un grado più alto di ansia da<br />

prestazione, attingono meno a risorse di socializzazione e<br />

benessere <strong>per</strong>sonale (sport, momenti di incontro…),<br />

hanno una ridotta stima di sé rispetto ai coetanei, più frequentemente<br />

assumono sostanze stupefacenti, hanno<br />

anche un’attitudine maggiore al<br />

rischio con più alta prevalenza<br />

di disturbi del comportamento<br />

alimentare o<br />

comunque legati alla <strong>per</strong>cezione<br />

del sé corporeo.<br />

Interventi istituzionali<br />

contro il tabagismo<br />

Nel 1998, in Italia, nel Piano Sanitario Nazionale, si pone <strong>per</strong> la prima<br />

volta la lotta al fumo tra gli interventi di salute pubblica prioritari.<br />

L’Osservatorio su Fumo, Alcool e Droga dell’Istituto Su<strong>per</strong>iore di<br />

Sanità ha redatto le linee guida <strong>per</strong> promuovere la cessazione dell’abitudine<br />

al fumo, comprensive di una guida breve <strong>per</strong> la realizzazione<br />

degli interventi, secondo le intenzioni del PSN 2002-2004 e<br />

riconfermate nel PSN <strong>2003</strong>-2005.<br />

L’obiettivo è la partecipazione attiva dei medici di famiglia su larga<br />

scala, <strong>per</strong> ottenere risultati a livello di gran parte della popolazione.<br />

In letteratura è ampiamente dimostrato come il consiglio del medico<br />

curante possa incrementare il numero di fumatori che fanno seri tentativi<br />

<strong>per</strong> smettere di fumare (20).


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Il fenomeno del tabagismo è molto complesso <strong>per</strong> i risvolti economici,<br />

psicologici e sociali che implica sulla salute e sulla qualità di<br />

vita dei cittadini, siano essi fumatori attivi o esposti al fumo passivo.<br />

Si tratta di una malattia di rilevanza sociale, <strong>per</strong>tanto il PSN si è<br />

posto come obiettivo che la prevalenza dei fumatori al di sopra dei<br />

14 anni di età non deve su<strong>per</strong>are il 20% <strong>per</strong> gli uomini e il 10% <strong>per</strong><br />

le donne, che la frequenza delle donne che fumano in gravidanza<br />

deve scendere a zero e che deve ridursi la prevalenza dei fumatori<br />

fra gli adolescenti.<br />

Questo ambizioso obiettivo si deve raggiungere convincendo e non<br />

costringendo il fumatore a rivedere le sue certezze e soprattutto<br />

aiutando chi non fuma a non iniziare.<br />

Progetti di prevenzione<br />

al tabagismo<br />

Fare prevenzione non mai è facile: occorrono risorse ingenti, i risultati<br />

si vedono tardi, la loro entità è modesta e la si garantisce solamente<br />

tramite la continuità delle azioni. In questo campo la prevenzione<br />

è ancora più difficile, <strong>per</strong>ché troppi sono gli elementi psicosociali<br />

confondenti e gli interessi in gioco (21).<br />

Gli elementi di efficacia emersi dalle es<strong>per</strong>ienze fin qui attuate sono:<br />

1. precocità d’inizio, meglio se a 10 anni di età<br />

2. ripetizione e continuità negli anni con progetti con un unico filo<br />

conduttore<br />

3. priorità della parte formativa ed educativa rispetto a quella informativa<br />

4. interattività con ragazzi protagonisti: tecniche come brain storming,<br />

discussione, role playing<br />

5. multidisciplinarietà: o<strong>per</strong>atori sanitari, psicologi, educatori<br />

6. globalità di approccio all’educazione alla salute<br />

7. inserimento curriculare e collaborazione degli insegnanti<br />

8. coinvolgimento delle famiglie e delle istituzioni scolastiche<br />

9. contesto di lotta al tabagismo con attività <strong>per</strong> la popolazione<br />

generale<br />

10. influenza del gruppo dei pari e di opinion leaders<br />

Secondo quanto proposto dalla National Mental Health Association<br />

Americana nella “Pianificazione degli interventi preventivi”, un rigoroso<br />

intervento di prevenzione primaria, quale dovrebbe essere quello<br />

rivolto a preadolescenti ed adolescenti, deve comprendere: studio<br />

dei bisogni, elaborazione degli obiettivi della prevenzione, definizione<br />

degli indicatori, lista delle risorse necessarie, identificazione<br />

delle fonti di finanziamento, ripartizione dei compiti, messa in o<strong>per</strong>a,<br />

valutazione, aggiustamento del programma.<br />

La prevenzione deve contare sull’impegno di professionisti che<br />

siano in grado di portare avanti il loro lavoro con risorse certe, con<br />

continuità e sulla base di progetti quantomeno verificabili, <strong>per</strong>sone<br />

20<br />

qualificate capaci di pensare ed agire sul lungo termine: insegnanti,<br />

educatori, psicologi, assistenti sanitari, medici.<br />

Ma chi, meglio del Pediatra di Famiglia, che ha affinato una sensibilità<br />

specifica verso la concezione di benessere legato alla qualità<br />

della vita e alla logica della prevenzione, può intervenire il più precocemente<br />

possibile, assicurando la continuità delle azioni anche<br />

nell’ottica del contenimento delle spese?<br />

Tra i ruoli istituzionali del Pediatra di Famiglia vi è la promozione e l’educazione<br />

alla salute.<br />

Tra gli obiettivi di salute che la Federazione Italiana Medici Pediatri intende<br />

portare avanti in collaborazione con la Associazioni dei Genitori,<br />

vi è la prevenzione dal fumo passivo, che è da vedere in un’ottica più<br />

ampia di prevenzione all’abitudine al fumo in adolescenza.<br />

Ma l’iter da seguire è molto impegnativo ed è impensabile che il<br />

Pediatra di Famiglia possa agire solamente in collaborazione con le<br />

Istituzioni Scolastiche e con le Associazioni dei Genitori.<br />

Occorre costruire una rete di servizi multidisciplinare, sotto la su<strong>per</strong>visione<br />

di un coordinatore qualificato, il quale possa farsi carico<br />

della globalità del progetto, che deve essere il risultato dell’integrazione<br />

di vari sottoprogetti presenti in tutto il territorio, uniti dall’ obiettivo<br />

comune di preservare l’infanzia e l’adolescenza dal tabacco.<br />

Le es<strong>per</strong>ienze italiane più significative sono state quelle indirizzate<br />

alle scuole medie inferiori. Nelle scuole le linee programmatiche <strong>per</strong><br />

la prevenzione del tabagismo sono finalizzate alla necessità di allontanare<br />

i giovani dal fumo, rendendoli consapevoli non solo dei rischi<br />

connessi a questa abitudine, ma soprattutto della dipendenza che si<br />

stabilisce tra fumatori e sigaretta. Bisogna rendere competenti gli<br />

insegnanti riguardo alle relazioni tra i diversi aspetti di educazione<br />

sanitaria: “Educare <strong>per</strong> orientare e orientare <strong>per</strong> imparare a scegliere”,<br />

<strong>per</strong>ché educare alla salute significa mettere in atto le strategie che<br />

rendono i ragazzi consapevoli delle conseguenze che può comportare<br />

non una scelta sbagliata, ma l’incapacità della scelta. Affrontare<br />

il tema del tabagismo a scuola significa imboccare una via con molti<br />

incroci: le abitudini familiari, i condizionamenti sociali, il rapporto con<br />

le regole, il vissuto <strong>per</strong>sonale della trasgressione, la relazione privata<br />

con l’immagine di sé, il tema della dipendenza,i simboli di salute e<br />

malattia nella società contemporanea,le tematiche della scelta, della<br />

libertà individuale, dell’assunzione di responsabilità. Significa occuparsi<br />

di consapevolezza, capacità di discriminazione critica, identità.<br />

Significa informare in modo corretto e prendersi cura delle fantasie,<br />

dei sogni, dei vissuti simbolici degli adolescenti (13).<br />

Sono state utilizzate delle guide metodologiche che riprendono il<br />

programma di prevenzione progettato dall’Università di Waterloo in<br />

collaborazione col Ministero della Sanità Canadese, poi modificato<br />

dal Servizio di Medicina di base di Rozzano Milanese e adattato alle<br />

diverse realtà in cui viene applicato. I dati di efficacia ottenuti a tre<br />

anni dall’inizio sono stati molto contrastanti a seconda delle aree di<br />

provenienza. Gli elementi discriminanti, emersi dall’analisi dei risultati,<br />

sono costituiti dalla <strong>per</strong>centuale di co<strong>per</strong>tura del territorio scolastico,<br />

dalla consistenza dell’intervento effettuato sulla popolazione e<br />

dalla presenza di centri antifumo sul territorio. Questa è la dimostrazione<br />

che, <strong>per</strong>ché la prevenzione sia efficace, un progetto deve


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

basarsi su tre livelli teorici e pratici di intervento quello <strong>per</strong>sonale,<br />

quello sociale e quello della comunicazione, i media, tra di loro integrati.Un<br />

esempio di coordinazione degli interventi può essere l’es<strong>per</strong>ienza<br />

della Regione Emilia Romagna.<br />

La Regione Emilia Romagna ha approntato, secondo le indicazioni<br />

del PSN, il Progetto Regionale Tabagismo (Delibera di giunta<br />

Regionale 785/99) e ha istituito un gruppo di lavoro regionale, coordinato<br />

dal Dottor Maurizio Laezza, già segretario nazionale della<br />

Consulta Italiana sul Tabagismo, <strong>per</strong> pianificare e diffondere interventi<br />

integrati di prevenzione e terapia dell’abitudine al fumo.<br />

Il Progetto Regionale Tabagismo si avvale in ogni Provincia di un<br />

“Gruppo Provincia senza fumo”, <strong>per</strong> il coordinamento dei 5 sottoprogetti<br />

riguardanti:<br />

Prevenzione dell’abitudine al fumo tra gli studenti della scuola<br />

dell’obbligo:”Lasciateci puliti” o “Liberi di scegliere” completato<br />

dal concorso Europeo: “Smoke free-class competition”<br />

Prevenzione dell’abitudine al fumo tra la popolazione generale<br />

<strong>per</strong> intervento dei Medici di Medicina Generale<br />

Corsi intensivi <strong>per</strong> smettere di fumare<br />

Ospedali e servizi sanitari senza fumo<br />

Luoghi di lavoro senza fumo.<br />

La realizzazione pratica di alcune di queste attività è stata via via<br />

resa possibile dall’impegno della Lega Italiana contro i Tumori di<br />

Reggio Emilia,che collabora con la Regione <strong>per</strong> il tutoraggio, la<br />

su<strong>per</strong>visione e la valutazione di efficacia dei conduttori di corsi <strong>per</strong><br />

smettere di fumare, dall’Istituto Oncologico Romagnolo, che ha<br />

svolto la valutazione di efficacia del programma didattico in<br />

Romagna e da alcune Aziende sanitarie locali.<br />

Ai sottoprogetti iniziali si sono affiancati dei progetti pilota quali:<br />

“Scuole libere dal fumo”, dal 2001 rivolto agli Istituti di scuola media<br />

su<strong>per</strong>iore; “Baby no smoke” dal 2001 rivolto alle donne della<br />

Provincia di Reggio Emilia che seguono i corsi di preparazione al<br />

parto e <strong>per</strong> ultimo: “Baby no smoke, difendi il tuo bambino dal fumo”<br />

dal settembre <strong>2003</strong>, rivolto alle famiglie, ai preadolescenti ed adolescenti<br />

della provincia di Reggio Emilia con il diretto intervento dei<br />

Pediatri di Famiglia.<br />

Credo sia importante tracciare il <strong>per</strong>corso effettuato <strong>per</strong> la realizzazione<br />

di questo ultimo progetto.<br />

Dal 2000 il PdF ha partecipato attivamente al “Gruppo Provincia<br />

senza fumo”, coordinato dal Presidente dell’Ordine dei Medici,<br />

dall’Azienda Ospedaliera, dall’Azienda USL, dal SerT, dal rappresentante<br />

dei Medici di Medicina generale, dal Servizio di Medicina<br />

del Lavoro, e dalla Lega contro i Tumori, che organizza la formazione<br />

degli insegnanti delle scuole medie inferiori e su<strong>per</strong>iori e coordina<br />

i progetti della scuola.<br />

Nell’ottobre 2001 i PdF di tutta la provincia hanno partecipato ad<br />

una prima giornata di formazione sui danni da esposizione al fumo<br />

passivo in gravidanza, in infanzia e in adolescenza e di formazione<br />

al counselling, secondo la metodologia dell’apprendimento attivo.<br />

Nel 2002 si è costituito un gruppo di PdF disponibili a fare parte del<br />

La prevenzione del fumo di tabacco nell’adolescente: il ruolo del pediatra di famiglia<br />

21<br />

“Progetto pilota Baby no smoke, difendi il tuo bambino dal fumo”, il<br />

progetto è stato poi ridefinito dai componenti del gruppo e sono<br />

stati preparati la cartellonistica e i testi degli opuscoli da distribuire<br />

alle famiglie.<br />

I PdF hanno inoltrato la domanda di approvazione del progetto<br />

all’Assessorato alle Politiche Sociali della Regione.<br />

Nel <strong>2003</strong> il progetto è stato approvato a livello Regionale, presentato<br />

e discusso a livello Aziendale ed esposto dai PdF in occasione<br />

della “Giornata mondiale senza tabacco”. Nel giugno <strong>2003</strong> i PdF<br />

hanno partecipato ad una seconda giornata di formazione relativamente<br />

alla metodologia da adottare, <strong>per</strong> offrire rinforzo motivazionale<br />

alle madri che hanno smesso di fumare in gravidanza e su<br />

come sensibilizzare preadolescenti ed adolescenti sull’importanza<br />

di dire no alle prime sigarette, affinando lo stile di comunicazione<br />

nella relazione terapeutica.<br />

Il ruolo del PdF in preadolescenza e adolescenza è di completamento<br />

al programma svolto nelle scuole. Ma non sarebbe stato<br />

possibile effettuare questo <strong>per</strong>corso senza la su<strong>per</strong>visione e lo stimolo<br />

costante di un tecnico, altamente qualificato nel campo della<br />

prevenzione ed educazione sanitaria, la Dottoressa Sandra Bosi,<br />

Specialista in Psicologia cognitiva e della formazione, della Lega<br />

Italiana contro i tumori di Reggio Emilia e consulente scientifico dell’ufficio<br />

tossico dipendenze sul progetto Regionale tabagismo.<br />

In campo preventivo, <strong>per</strong> ottenere qualche risultato positivo, non si<br />

può improvvisare, non è sufficiente il buon senso, né l’es<strong>per</strong>ienza<br />

accumulata negli anni.<br />

Conclusioni<br />

Il Pediatra di Famiglia risponde alle caratteristiche del professionista<br />

sanitario che può ottenere risultati efficaci e a basso costo nella prevenzione<br />

dal fumo in adolescenza: incidendo fin dalle prime età<br />

della vita sui fattori che possono influenzare l’inizio all’abitudine<br />

tabagica.<br />

Chi vive in una famiglia di fumatori è portato egli stesso a fumare<br />

precocemente, <strong>per</strong>tanto il PdF, collaborando con i corsi preparto,<br />

può accogliere positivamente le donne che hanno smesso di fumare<br />

in gravidanza e rinforzarle nel loro proposito, motivandole nella<br />

rinuncia.<br />

Il PdF, raggiungendo una larga parte della popolazione ed instaurando<br />

un rapporto continuativo, sia in corso di malattia che durante<br />

i bilanci di salute, offre la possibilità di accompagnare i genitori nelle<br />

loro scelte educative e di stili di vita.<br />

Il PdF, collaborando coi programmi di prevenzione scolastici, può<br />

aiutare a mettere in atto le strategie che rendono i ragazzi consapevoli<br />

delle proprie scelte.<br />

Col rapporto di fiducia che si viene ad instaurare col nucleo familiare<br />

il PdF può evidenziare precocemente i segnali di un disagio, analizzarli<br />

e affrontarli assieme ai genitori, valorizzando le caratteristiche<br />

positive di ognuno e aiutando il bambino a crescere in un corpo che<br />

cambia e che egli stesso deve incominciare a conoscere e capire.


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

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9. Clementi ML Breve viaggio negli archivi della Philip Morris.<br />

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contributions to smoking. Addiction 1997; 92:1277-1287<br />

13. Bosi S. Liberi di scegliere. Guida didattico metodologica <strong>per</strong> docenti<br />

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Ed. Lega Contro i Tumori-Onlus RE Giugno 2000<br />

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adolescenza. Manuale di prevenzione <strong>per</strong> la scuola e la famiglia.<br />

Franco Angeli Ed. 2002<br />

16. Calati M. Giovani nella rete. Osservatorio sul Tabacco, 2001<br />

17. Kirshenbaum M. et Al. Smoke Mirrors: How the Tobacco Industry buys<br />

and lies ist way to powerand profits. Advocacy Institute<br />

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Rassegna di Patologia dell’Apparato Respiratorio; 2000; 17:55-70<br />

21. Tinghino B. Efficacia della prevenzione del tabagismo.<br />

Tabaccologia <strong>2003</strong>;1:33-36<br />

The meeting will be of interest to all<br />

those who work in the area of childhood<br />

and adolescence, in particular pediatricians,<br />

endocrinologists, pediatric gynaecologists,<br />

human biologists, anthropologists,<br />

genetists, public health specialists,<br />

nutritionists, teachers and educators,<br />

scholars in the motor sciences and psychologists.<br />

Organizing committee<br />

L. Benso, V. Bruni, N. Cameron, B. Chiarelli,<br />

C. De Sanctis, G.F. De Stefano, O. Eiben, V. Fano,<br />

R. Hauspie, L. Iughetti, H. Lejarraga, S. Milani,<br />

F. Morabito, C. Pavía, R.J. Rona, R. Salti, L. Schell<br />

Scientific committee<br />

K. Ashizawa, S. Bernasconi, G. Bona, L. Cavallo,<br />

V. De Sanctis, H.G. Doerr, G.P. Donzelli,<br />

P.B. Eveleth, F. Galluzzi, G. Gilli, L. Hagenäs, R.M.<br />

Malina, L. Reinken, G. Saggese, R. Salti,<br />

L. Tatò, B. Zemel<br />

Scientific secretariat<br />

Centro Studi Auxologici,<br />

Piazza Madonna degli Aldobrandini, 1<br />

50123 Firenze Italy, Fax + 39 55 290932<br />

congress@auxologia.org<br />

Visit the web site www.auxologia.org<br />

for information and upcoming developments


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Le patologie vulvari<br />

non neoplastiche nelle adolescenti<br />

Introduzione<br />

L’ispezione dei genitali esterni nelle adolescenti, a differenza di<br />

quanto avviene nell’età prepuberale, non viene regolarmente effettuata<br />

a causa di molteplici fattori:<br />

mancata consuetudine, da parte del medico, ad effettuare un<br />

esame clinico dei genitali;<br />

convinzione che le patologie vulvari siano di rara osservazione e<br />

si accompagnino sempre a sintomi specifici;<br />

scarsa es<strong>per</strong>ienza dell’esaminatore nel riconoscere le patologie<br />

dell’area genitale;<br />

difficoltà, di ordine medico-legale, ad effettuare un’ispezione<br />

della vulva nelle adolescenti che si presentano non accompagnate<br />

nell’ambulatorio del medico ;<br />

frequente disagio da parte delle ragazze a sottoporsi ad un’ispezione<br />

dei genitali esterni.<br />

A causa di ciò diverse affezioni vulvari possono essere diagnostica-<br />

25<br />

Vincenzo De Sanctis, Emilia De Rosa*, Annarosa Virgili**<br />

Divisione di Pediatria ed Adolescentologia, Arcispedale S. Anna, Ferrara;<br />

*Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Ferrara;<br />

**Sezione di Dermatologia, Dipartimento di Medicina Clinica e S<strong>per</strong>imentale, Università di Ferrara<br />

Riassunto<br />

Questa review descrive le più comuni patologie vulvari non neoplastiche dell’adolescente e fornisce un approccio<br />

pratico <strong>per</strong> la diagnosi e terapia delle pazienti seguite in ambulatorio.<br />

Parole chiave: adolescenti, patologie vulvari.<br />

Vulvar non neoplastic disorders in adolescents<br />

Summary<br />

This review describes the most commonly vulvar non neoplastic disorders encounted in teenagers and provide<br />

practical approaches that can be incorporated into the office setting.<br />

Key words: adolescents, vulvar disorders.<br />

te tardivamente o non vengono adeguatamente inquadrate.<br />

Questa breve rassegna ha lo scopo di richiamare l’attenzione sulle<br />

patologie vulvari non neoplastiche di più comune osservazione nell’età<br />

adolescenziale (Tabella 1) e di fornire gli elementi essenziali <strong>per</strong><br />

un corretto orientamento diagnostico e terapeutico.<br />

Prima di effettuare l’esame clinico dei genitali esterni, bisognerà<br />

svolgere un’accurata indagine anamnestica (Tabella 2).<br />

È opportuno ricordare che la visita dovrà essere fatta:<br />

in presenza di un genitore o di un’infermiera;<br />

spiegando il procedimento ed illustrando le finalità dell’esame;<br />

rispettando la privacy della ragazza;<br />

in un ambiente tranquillo;<br />

utilizzando una buona fonte luminosa ed una lente d’ingrandimento.


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Tabella 1.<br />

Patologie vulvari non neoplastiche nell’età adolescenziale.<br />

Malconformative I<strong>per</strong>trofia delle piccole labbra<br />

Imene im<strong>per</strong>forato, micro<strong>per</strong>forato,<br />

settato<br />

I<strong>per</strong>trofia del clitoride<br />

Cistiche Cisti sebacee<br />

Cisti della ghiandola di Bartolini<br />

Ascesso della ghiandola di Skene<br />

Infettive Follicolite<br />

Foruncolo<br />

Idradenite suppurativa<br />

Intertrigine<br />

Mollusco contagioso<br />

Condiloma acuminato<br />

Linfogranuloma venereo<br />

Herpes simplex<br />

Sifilide<br />

Tinea<br />

Ectoparassitosi<br />

Miscellanea Vulvite<br />

Psoriasi<br />

Cheratosi follicolare<br />

Polipo fibroepiteliale<br />

Nevo melanocitico<br />

Lichen sclero-atrofico<br />

Morbo di Crohn<br />

Sindrome di Bechet<br />

Tabella 2. Indagine anamnestica<br />

<strong>per</strong> l’adolescente con sospetta patologia vulvare.<br />

È affetta da una patologia cronica sistemica o vulvare?<br />

È mestruata?<br />

Presenta <strong>per</strong>dite vaginali anomale?<br />

Accusa dolori addominali, disturbi urinari, prurito?<br />

Ha febbre, tumefazione delle linfoghiandole inguinali?<br />

È sessualmente attiva?<br />

Accusa dispareunia?<br />

Che tipo di metodo contraccettivo usa?<br />

Che tipo di biancheria intima, indumenti,<br />

articoli da toeletta usa?<br />

26<br />

Richiami di anatomia (1)<br />

Il presupposto fondamentale <strong>per</strong> una corretta interpretazione dell’anamnesi<br />

e dell’obiettività clinica è la conoscenza dello sviluppo<br />

genitale della ragazza.<br />

La vulva è costituita da due paia di pliche cutanee simmetriche<br />

(grandi e piccole labbra) tra le quali, nella porzione antero-su<strong>per</strong>iore,<br />

è collocato il clitoride.<br />

Le grandi labbra si riuniscono in avanti nella commessura anteriore,<br />

che si continua verso l’alto in un cuscinetto adiposo sovrastante la<br />

sinfisi pubica (monte di Venere), e posteriormente nella commessura<br />

posteriore, situata davanti all’ano.<br />

Le piccole labbra si uniscono anteriormente in due strutture che circondano<br />

il clitoride (prepuzio e frenulo bifido del clitoride) e posteriormente<br />

nella forchetta delimitante la fossetta navicolare. Al di<br />

sotto del clitoride è situato il vestibolo vulvare, area in cui sboccano<br />

l’uretra e la vagina. Sull’ostio vaginale si tende una sottile piega, in<br />

parte mucosa e in parte cutanea, l’imene (Figura 1).<br />

A livello della parete postero-laterale dello sbocco dell’uretra si<br />

aprono i dotti ghiandolari di Skene. Nella porzione infero-interna<br />

delle grandi labbra (in posizione oraria 5 e 7) sono localizzate le<br />

ghiandole del Bartolini.<br />

Lesioni malconformative<br />

della vulva (2-8)<br />

I<strong>per</strong>trofia delle piccole labbra<br />

Le piccole labbra si differenziano tra l’ottava e la decima settimana<br />

di vita embrionale. Alla nascita, in seguito al passaggio transplacentare<br />

di ormoni materni (estrogeni), assumono un aspetto tumido<br />

Figura 1.<br />

Anatomia della vulva.


Figura 2.<br />

I<strong>per</strong>trofia unilaterale<br />

delle piccole labbra<br />

(V. De Sanctis,<br />

osservazione<br />

<strong>per</strong>sonale).<br />

Figura 3.<br />

Rappresentazione<br />

schematica delle<br />

malconformazioni<br />

dell’imene.<br />

A: micro<strong>per</strong>forato,<br />

B: im<strong>per</strong>forato,<br />

C: cribriforme.<br />

Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

ed i<strong>per</strong>emico. Successivamente si presentano molto piccole e di<br />

colore rosa chiaro. In epoca adolescenziale raggiungono dimensioni<br />

simili a quelle della donna adulta.<br />

L’i<strong>per</strong>trofia delle piccole labbra consiste in un’accentuazione dei<br />

meccanismi di crescita <strong>per</strong> cui le piccole labbra raggiungono e<br />

su<strong>per</strong>ano i 4 cm di larghezza. Tale patologia non riconosce una<br />

causa ben precisa. La possibile unilateralità dell’i<strong>per</strong>trofia (Figura 2)<br />

farebbe pensare ad una diversa risposta tissutale recettoriale alla<br />

stimolazione da parte degli estrogeni endogeni.<br />

27<br />

Le patologie vulvari non neoplastiche nelle adolescenti<br />

Nella maggior parte dei casi le pazienti vanno rassicurate; tuttavia,<br />

quando l’i<strong>per</strong>trofia labiale è causa di: irritazione locale con difficoltà<br />

ad attuare un’adeguata igiene <strong>per</strong>sonale, infezioni vulvovaginali e<br />

disagio od imbarazzo, si dovrà consigliare una labioplastica.<br />

Anomalie dell’imene<br />

Le anomalie dell’imene sono meno rare di quanto si pensi.<br />

Morfologicamente l’imene può presentarsi im<strong>per</strong>forato, puntiforme,<br />

cribriforme o settato (Figura 3).<br />

Imene im<strong>per</strong>forato<br />

Questa anomalia di sviluppo deve essere esclusa in tutte le bambine<br />

e le adolescenti. Nei casi non diagnosticati precocemente, si<br />

accompagna a dolori addominali, disuria, ritenzione urinaria, amenorrea<br />

primaria e presenza di massa sovrapubica (ematometra).<br />

Clinicamente la membrana imenale è tesa, bombata, di colore<br />

rosso scuro. La terapia consiste nell’incisione chirurgica dell’imene<br />

con svuotamento della raccolta ematica.<br />

Imene micro<strong>per</strong>forato<br />

È facilmente riconoscibile <strong>per</strong> la presenza di una piccola a<strong>per</strong>tura al<br />

di sotto dell’uretra. La terapia è chirurgica e consiste nell’incisione<br />

dell’imene seguita da sutura trasversale.<br />

I<strong>per</strong>trofia del clitoride<br />

Il clitoride normalmente presenta un diametro di 2-4 mm. Una clitoridomegalia<br />

(diametro su<strong>per</strong>iore a 10 mm) può essere idiopatica,<br />

ma più spesso è secondaria a infiammazione vulvare, neurofibromatosi,<br />

clitoridismo (equivalente femminile del priapismo, osservabile<br />

in caso di leucemia o in seguito all’assunzione di farmaci), stimolazione<br />

patologica di tipo androgenico [carcinoma surrenalico,<br />

carcinoma ovarico, sindrome adrenogenitale ad insorgenza tardiva;<br />

(Figure 4 e 5)], cisti dermoide o strozzatura causata da peli pubici.<br />

Figura 4 .<br />

I<strong>per</strong>trofia<br />

del clitoride in<br />

un’adolescente<br />

con sindrome<br />

adrenogenitale<br />

ad insorgenza<br />

tardiva<br />

(V. De Sanctis,<br />

osservazione<br />

<strong>per</strong>sonale).


Figura 5.<br />

I<strong>per</strong>trofia<br />

del clitoride in<br />

un’adolescente<br />

con sindrome<br />

adrenogenitale<br />

ad insorgenza<br />

tardiva<br />

(V. De Sanctis,<br />

osservazione<br />

<strong>per</strong>sonale).<br />

Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Lesioni cistiche della vulva (2-4)<br />

Cisti sebacee<br />

Si presentano sotto forma di piccole, multiple cisti che originano<br />

dalle corrispondenti ghiandole normalmente presenti nella vulva. In<br />

genere non provocano alcun disturbo.<br />

Raramente le cisti possono infettarsi in seguito a sfregamento,<br />

soprattutto se la ragazza usa pantaloni molto aderenti.<br />

Il trattamento consiste in impacchi caldo-umidi associati a terapia<br />

antibiotica <strong>per</strong> via locale o generale.<br />

Cisti della ghiandola del Bartolini<br />

Si presenta sotto forma di una tumefazione cistica rico<strong>per</strong>ta da cute<br />

normale localizzata nella porzione infero-interna delle grandi labbra<br />

(Figura 6); è la conseguenza di un’occlusione del dotto escretore<br />

della ghiandola causata da processi flogistici o da ristrettezza congenita<br />

del dotto stesso.<br />

Generalmente uniloculare, piccola ed asintomatica, la cisti può<br />

aumentare di dimensioni ed interferire con la deambulazione, la<br />

minzione e l’attività sessuale o infettarsi (bartolinite) e trasformarsi in<br />

ascesso, con comparsa di intenso dolore vulvare, edema locale,<br />

febbre.<br />

Le cisti asintomatiche non necessitano di trattamento; quelle sintomatiche<br />

richiedono una terapia antibiotica e possono necessitare di<br />

incisione e drenaggio. In caso di ascessi recidivanti si può ricorrere<br />

alla asportazione chirurgica.<br />

Ascesso della ghiandola di Skene<br />

L’uretra femminile è circondata da numerose strutture ghiandolari. I<br />

due principali dotti escretori (dotti di Skene, equivalenti rudimentali<br />

della prostata) sboccano nella parete postero-laterale dell’uretra<br />

distale. In seguito a processi flogistici si possono formare cisti ed<br />

28<br />

ascessi, che vengono spesso confusi con infezioni delle ghiandole<br />

del Bartolini.<br />

Le lesioni macroscopicamente si presentano con su<strong>per</strong>ficie liscia,<br />

bianca, translucida.<br />

A causa delle dimensioni, a volte notevoli, possono causare una<br />

compressione dell’aditus vaginale.<br />

La diagnosi differenziale con le infezioni delle ghiandole di Bartolini<br />

dovrà basarsi sulla diversa localizzazione della massa dolente, sulla<br />

fuoriuscita di pus dall’uretra in seguito alla compressione della<br />

tumefazione e sul fatto che l’ascesso dei dotti di Skene più spesso<br />

si associa a disturbi del tratto urinario inferiore quali disuria, pollachiuria<br />

ed incontinenza.<br />

L’approccio terapeutico è solitamente medico poiché l’intervento<br />

chirurgico comporta un elevato rischio di complicanze a carico delle<br />

vie urinarie.<br />

Lesioni infettive<br />

della vulva (3, 4, 9-11)<br />

Infezioni follicolari<br />

Sono solitamente causate da stafilococchi. Si definisce follicolite l’infezione<br />

del follicolo pilifero e della annessa ghiandola sebacea, che<br />

porta alla formazione di una piccola papula o pustola a decorso in<br />

genere favorevole. Se l’infezione si estende al tessuto <strong>per</strong>ifollicolare<br />

si parla di foruncolo.<br />

In questi casi è possibile osservare un nodulo dolente, duro, arrossato<br />

con pustola centrale. Si accompagna a dolore pulsante, rialzo<br />

termico ed adenopatia inguinale.<br />

Figura 6.<br />

Cisti del Bartolini<br />

(evidenziata<br />

dalle frecce).


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

La terapia consiste in impacchi caldo-umidi, antibioticoterapia<br />

generale e talvolta incisione e drenaggio della raccolta ascessuale.<br />

Infezioni ghiandolari<br />

L’idradenite suppurativa è un’infiammazione cronica recidivante<br />

delle ghiandole apocrine che di solito esordisce nel <strong>per</strong>iodo postpuberale.<br />

Il quadro vulvare può essere molto simile a quello che si<br />

riscontra nel morbo di Crohn. Numerosi farmaci (antibiotici, steroidi,<br />

isotretinoina, estroprogestinici, antiandrogeni) sono stati utilizzati<br />

con risultati variabili. Nei casi resistenti al trattamento medico, può<br />

essere necessaria la rimozione chirurgica di tutto il tessuto infetto.<br />

Intertrigine vulvo-<strong>per</strong>ineale<br />

L’intertrigine è un’infezione solitamente su<strong>per</strong>ficiale delle pieghe<br />

cutanee causata nella maggior parte dei casi da stafilococchi o da<br />

Candida. L’intertrigine vulvo-<strong>per</strong>ineale si osserva in genere nelle<br />

ragazze obese ed è secondaria a sfregamento. L’area irritata si presenta<br />

arrossata e talora edematosa e screpolata. La sintomatologia<br />

è caratterizzata da bruciore e prurito; nelle forme estese è presente<br />

dolore. La terapia consiste in un’accurata igiene locale e nell’uso di<br />

farmaci appropriati all’agente eziologico. È sconsigliato l’uso di collants,<br />

slips di fibra sintetica e pantaloni stretti.<br />

Mollusco contagioso<br />

È una malattia cutanea ad eziologia virale (Poxvirus, tipi 1 e 2) la cui<br />

trasmissione avviene generalmente <strong>per</strong> contatto. Il <strong>per</strong>iodo di incubazione<br />

può durare settimane o mesi. Le lesioni sono intensamente<br />

pruriginose e si presentano come papule emisferiche di 2-3 mm<br />

di diametro, con una caratteristica ombelicatura centrale da cui può<br />

fuoriuscire materiale biancastro. Le sedi più spesso coinvolte sono<br />

la parete addominale inferiore, il monte pubico, la faccia mediale<br />

delle cosce ed i genitali esterni. Se le lesioni si infettano assumono<br />

un aspetto simile a quello del foruncolo e in tal caso può essere presente<br />

una linfoadenite satellite. L’aspetto caratteristico delle lesioni<br />

è di solito sufficiente <strong>per</strong> formulare una diagnosi. La conferma potrà<br />

essere ottenuta dalla presenza di corpi da inclusione intracitoplasmatica<br />

nello striscio o dall’esame istologico della lesione cutanea.<br />

La crioterapia, il curettage e l’applicazione topica di podofillina sono<br />

trattamenti efficaci ma non essenziali, in quanto la maggior parte<br />

delle infezioni risultano autolimitanti con risoluzione spontanea entro<br />

6-12 mesi. Se le lesioni si infettano occorre inciderle e drenarle.<br />

Condiloma acuminato<br />

È una formazione verrucosa causata dal Papil-lomavirus umano<br />

(HPV, solitamente i tipi 6 e 11). Viene trasmessa attraverso i contatti<br />

sessuali o stretti contatti fisici nell’area genitale. Il <strong>per</strong>iodo d’incubazione<br />

varia da 1 a 20 mesi. Si presenta con papule piatte o formazioni<br />

vegetanti “a cavolfiore”, asintomatiche, di colorito variabile<br />

dal rosa carneo al rosso vivo. Caratteristica delle lesioni è la tendenza<br />

a crescere e diffondersi.<br />

Le zone vulvari più colpite sono le labbra ed il vestibolo.<br />

I condilomi acuminati possono essere trattati con applicazioni topi-<br />

29<br />

Le patologie vulvari non neoplastiche nelle adolescenti<br />

che ripetute di agenti chimici quali l’acido bicloroacetico, l’acido tricloroacetico,<br />

la podofillina o il suo principio attivo (podofillotossina<br />

purificata) e crioterapia. L’ablazione con CO 2 laser è indicata particolarmente<br />

nei casi di lesioni multiple ed estese.<br />

Herpes simplex<br />

L’Herpes simplex virus è un agente a trasmissione sessuale della<br />

famiglia delle Herpesviridae. Si presenta con due sierotipi (HSV1 e 2)<br />

che si distinguono <strong>per</strong> minime differenze antigeniche. L’infezione primaria<br />

genitale è caratterizzata da sintomi generali aspecifici (febbre,<br />

cefalea, mialgie, malessere generale) e da sintomi locali (dolore, bruciore,<br />

disuria, adenopatia inguinale e leucorrea).<br />

Le lesioni si presentano di solito come “grappoli” di vescicole eritematose<br />

e dolenti distribuite sulle grandi o piccole labbra che facilmente<br />

si rompono e si ulcerano.<br />

La sintomatologia aumenta di intensità nell’arco di una settimana,<br />

regredisce entro 10 giorni e si risolve in circa 3 settimane.<br />

La diagnosi è clinica, sierologica e colturale.<br />

Il trattamento con agenti antivirali (acyclovir) può ridurre la durata e<br />

la severità dei sintomi sia nell’infezione primaria che nelle recidive.<br />

L’acyclovir può essere somministrato <strong>per</strong> via orale, endovenosa o<br />

<strong>per</strong> applicazioni locali.<br />

Sifilide<br />

Il nodulo (che si manifesta generalmente dopo tre settimane dal<br />

contatto infettante), infiltrato e non dolente, si erode con fuoriuscita<br />

di gemizio altamente infettivo <strong>per</strong>ché ricco di spirochete.<br />

Tinea<br />

Le tinee o dermatofizie sono infezioni fungine su<strong>per</strong>ficiali limitate alla<br />

cute e agli annessi. La Tinea cruris, rara nelle femmine, si localizza<br />

a livello genitocrurale, partendo di solito dalla faccia mediale della<br />

coscia ed eventualmente estendendosi al <strong>per</strong>ineo. È caratterizzata<br />

da piccole lesioni eritemato-desquamative, che progressivamente<br />

si estendono e confluiscono tra loro formando una chiazza di forma<br />

ovalare. Tali lesioni sono solitamente molto pruriginose, simmetriche<br />

e a margini ben distinti.<br />

La diagnosi di certezza è basata sull’individuazione microscopica<br />

delle ife nel materiale lesionale, dopo che questo è stato trattato a<br />

caldo con idrato di potassio al 10%.<br />

Gli antimicotici topici risultano generalmente efficaci.<br />

Ectoparassitosi<br />

La scabbia è un’infestazione da acaro (Sarcoptes scabiei hominis)<br />

la cui trasmissione avviene <strong>per</strong> contatto interumano o con indumenti<br />

ed oggetti contaminati. Le sedi tipicamente coinvolte includono le<br />

ascelle, i polsi, gli spazi interdigitali e talvolta l’area genitale.<br />

È caratterizzata da prurito intenso, soprattutto notturno, e da lesioni<br />

da grattamento (escoriazioni lineari e papule escoriate).<br />

La diagnosi si basa sull’individuazione dei cunicoli e/o degli acari.<br />

Il trattamento si esegue con lindane all’1%, con crotamitone al 10%<br />

o con benzoato di benzile al 10%.


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

La ftiriasi del pube è una pediculosi che viene trasmessa <strong>per</strong> contatto<br />

interumano o con oggetti ed indumenti contaminati. Il prurito e le<br />

lesioni da grattamento sono generalmente limitati all’area genitale.<br />

La diagnosi va posta dopo visualizzazione del pidocchio e/o delle<br />

uova tenacemente adese alla base dei peli pubici. Il trattamento<br />

medico viene effettuato con <strong>per</strong>metrina all’1% e lindane all’1%.<br />

Miscellanea (2, 4, 12-14)<br />

Vulvite<br />

È una patologia frequente a tutte le età. Le vulviti sono dovute a<br />

diverse cause, in particolare:<br />

nelle adolescenti la vulvite batterica (da stafilococchi o streptococchi)<br />

primitiva è poco frequente; più spesso una vulvite batterica<br />

è secondaria a lesioni epidermiche causate da alterazioni<br />

vulvari di altra natura. Un’adeguata antibioticoterapia, <strong>per</strong>tanto,<br />

può eliminare la componente batterica della vulvite ma solo un<br />

intervento mirato sull’alterazione primitiva potrà evitare la comparsa<br />

di recidive;<br />

la vulvite da contatto è una reazione cutanea d’i<strong>per</strong>sensibilità<br />

ritardata verso specifici allergeni. È caratterizzata dalla comparsa<br />

di eritema, microvescicole e papule eritemato-pruriginose<br />

che, nelle forme più severe, si associano ad edema e vescicole<br />

più evidenti. Le lesioni cutanee possono <strong>per</strong>sistere fino a 3 settimane.<br />

A lungo andare la cute può subire processi di i<strong>per</strong>cheratosi<br />

ed acantosi;<br />

la vulvite irritativa è caratterizzata dalla comparsa, immediatamente<br />

dopo il contatto con la sostanza responsabile, di bruciore,<br />

eritema ed edema, in genere senza vescicole. Le lesioni possono<br />

durare da minuti ad ore a seconda della natura della<br />

sostanza e della durata del contatto (Figura 7).<br />

Gli allergeni e le sostanze irritanti più frequentemente responsabili<br />

di vulvite vengono riportati nella Tabella 3.<br />

L’allergia al lattice è oggi di sempre più frequente riscontro anche<br />

tra le adolescenti <strong>per</strong> cui, nei casi di fondato sospetto, è opportuno<br />

consigliare l’uso di condoms al poliuretano anziché al lattice.<br />

La terapia delle vulviti da contatto od irritative consiste nell’eliminare<br />

l’agente causale. Una rapida attenuazione dei sintomi<br />

può comunque essere ottenuta con l’uso degli antiistaminici e<br />

degli steroidi topici. Nei casi in cui la lesione vulvare è sede d’infezione,<br />

conseguente in genere a grattamento, possono essere<br />

applicate creme antibiotiche. Gli steroidi sistemici vanno riservati<br />

alle forme più severe;<br />

la vulvite da inclusione di smegma è un’affezione secondaria a<br />

scarsa igiene locale con accumulo, nelle pieghe del clitoride e<br />

nel solco tra le grandi e le piccole labbra, di smegma con conseguente<br />

arrossamento ed edema vulvare (Figura 8).<br />

La terapia consiste nella rimozione dello smegma e nell’impiego<br />

di soluzioni antisettiche <strong>per</strong> uso esterno;<br />

30<br />

la vulvite “adesiva” è un’affezione acquisita che si presenta<br />

generalmente tra i 2 e i 6 anni di vita. L’agglutinazione delle piccole<br />

labbra (anteriore, centrale, posteriore o completa) può<br />

essere secondaria a processi infiammatori. L’adesione si risolve<br />

di solito, ma non necessariamente, con l’inizio della pubertà<br />

(Figura 9).<br />

La <strong>per</strong>sistenza in età adolescenziale può essere dovuta ad agenti<br />

irritanti, micotici, batterici o a scarsa igiene. In questi casi si<br />

dovrà eseguire la separazione delle sinechie <strong>per</strong> via chirurgica.<br />

Tabella 3. Sostanze irritanti ed allergeni responsabili<br />

della comparsa di vulvite nell’età adolescenziale.<br />

(Modificata da: Rosenfield WD e Clark EJ.<br />

Clin Pediatr North Am 1991; 23:1550)<br />

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Scarsa igiene<br />

Figura 7.<br />

Vulvite irritativa da<br />

detergenti profumati<br />

(V. De Sanctis,<br />

osservazione<br />

<strong>per</strong>sonale).


Figura 8.<br />

Vulvite da inclusione<br />

di smegma<br />

(V. De Sanctis,<br />

osservazione<br />

<strong>per</strong>sonale).<br />

Figura 9.<br />

Vulvite adesiva,<br />

centrale,<br />

in un’adolescente<br />

di 14 anni<br />

(V. De Sanctis,<br />

osservazione<br />

<strong>per</strong>sonale).<br />

Figura 10.<br />

Polipo fibroepiteliale<br />

in un’adolescente<br />

di 12 anni<br />

(V. De Sanctis,<br />

osservazione<br />

<strong>per</strong>sonale).<br />

Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Psoriasi<br />

È un’infiammazione cutanea cronica, multifattoriale, che spesso<br />

esordisce alla pubertà. Le localizzazioni tipiche della psoriasi includono<br />

il cuoio capelluto, le su<strong>per</strong>fici estensorie degli arti, l’area<br />

lombo-sacrale, le unghie e l’area genitale.<br />

Le lesioni, talvolta molto pruriginose, si presentano sotto forma di<br />

chiazze eritemato-desquamative appena rilevate e a limiti netti, che<br />

31<br />

Le patologie vulvari non neoplastiche nelle adolescenti<br />

progressivamente si estendono fino a formare placche. Le squame<br />

si presentano tipicamente di colore bianco-argenteo.<br />

A livello genitale, tuttavia, la coesistenza di umidità, aumentata tem<strong>per</strong>atura<br />

locale e sfregamento può rendere le lesioni prive di squame,<br />

macerate e <strong>per</strong>tanto più eritematose, difficilmente distinguibili<br />

da quelle proprie delle micosi.<br />

La psoriasi vulvare in genere risponde agli steroidi <strong>per</strong> uso topico.<br />

Malattia di Darier o cheratosi follicolare<br />

È caratterizzata da acantolisi dell’epidermide. Si tratta di una condizione<br />

ereditaria trasmessa come carattere autosomico dominante,<br />

con esordio tra gli 8 ed i 16 anni.<br />

Le lesioni, che possono essere generalizzate o localizzate al volto e<br />

al tronco, si presentano come papule cheratosiche rosso-brune<br />

confluenti in placche.<br />

A livello vulvare hanno spesso aspetto vegetante e facilmente vanno<br />

incontro ad erosione. Il trattamento si basa su composti retinoidi<br />

topici o sistemici.<br />

Polipo fibroepiteliale<br />

È una lesione polipoide, solitamente peduncolata, localizzata tra l’orifizio<br />

uretrale e l’ostio vaginale (Figura 10).<br />

In genere è asintomatica, tuttavia in seguito a processi irritativi o<br />

traumi si può ulcerare o sanguinare. Quando è causa di notevole<br />

fastidio <strong>per</strong> la paziente, può essere asportata in anestesia locale.<br />

Nevo melanocitico (nevo comune)<br />

I nevi comuni possono localizzarsi in qualunque area della su<strong>per</strong>ficie<br />

corporea, inclusa la vulva. Solitamente si presentano come<br />

macule brune o nerastre del diametro di 2-5 mm, a bordi regolari e<br />

ben distinti. Il rischio di trasformazione maligna (melanoma) è piuttosto<br />

basso. L’asportazione di un nevo va presa in considerazione<br />

se sono presenti cambiamenti significativi nelle dimensioni e/o nel<br />

colore e/o nella morfologia.<br />

Lichen sclero-atrofico<br />

È una dermatosi su base autoimmunitaria che coinvolge la cute vulvare,<br />

<strong>per</strong>ineale e/o <strong>per</strong>ianale.<br />

L’esordio è più frequente prima della pubertà, è controverso che il<br />

quadro migliori nell’adolescenza, tuttavia alcune pazienti continuano<br />

a presentare una sintomatologia intermittente fino all’età adulta, con<br />

un’obiettività <strong>per</strong>sistente o ingravescente.<br />

I disturbi vulvari includono prurito, bruciore, dispareunia, sanguinamento;<br />

spesso sono inoltre presenti disuria, dolore alla defecazione<br />

e costipazione. Le lesioni esordiscono in genere come piccole aree<br />

maculo-papulari di colore bianco-madre<strong>per</strong>laceo, appiattite, che<br />

gradualmente confluiscono in chiazze più o meno grandi, a margini<br />

policiclici, di aspetto sclero-atrofico.<br />

Occasionalmente si riscontrano anche vescicole e bolle, talora<br />

emorragiche.<br />

Caratteristica è la distribuzione simmetrica delle lesioni con un<br />

aspetto ad “otto” intorno al vestibolo e all’ano (Figura 11).


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Figura 11.<br />

Lichen<br />

sclerosus<br />

(A. Virgili,<br />

osservazione<br />

<strong>per</strong>sonale).<br />

Gli esiti a distanza, in caso di mancato trattamento, possono essere<br />

rilevanti: atrofia delle piccole labbra e del clitoride, restringimento<br />

dell’introito vaginale, aderenza tra le labbra.<br />

La diagnosi può essere confermata dalla biopsia.<br />

La terapia di prima scelta prevede l’uso di steroidi topici; in molti<br />

casi i cicli terapeutici vanno ripetuti <strong>per</strong>iodicamente.<br />

Morbo di Crohn<br />

È una malattia granulomatosa cronica del tratto gastroenterico che<br />

può interessare anche la vulva con formazione di ulcere profonde,<br />

che causano intenso dolore e prurito. Raramente rappresentano la<br />

manifestazione d’esordio della malattia. La lesione vulvare può<br />

esordire come lesione distinta o può rappresentare l’estensione di<br />

una lesione anale. Per una diagnosi di certezza bisognerà richiedere<br />

un esame istologico della lesione.<br />

La localizzazione vulvare della malattia, generalmente, risponde al<br />

metronidazolo <strong>per</strong> via orale e agli steroidi <strong>per</strong> uso topico.<br />

Sindrome di Bechet<br />

È una sindrome rara, che esordisce spesso nell’adolescenza, caratterizzata<br />

da ulcere orali e genitali ricorrenti associate ad almeno due<br />

dei seguenti segni e sintomi: uveite, vasculite cutanea, artrite,<br />

meningoencefalite, i<strong>per</strong>reattività cutanea a traumi minori.<br />

Le ulcere genitali coinvolgono vulva, vagina e cervice causando<br />

intenso dolore e dispareunia, sono <strong>per</strong>sistenti e possono esitare in<br />

cicatrici ed aree di fibrosi. In assenza delle altre localizzazioni tipiche<br />

della sindrome, le lesioni vulvari sono difficilmente distinguibili da<br />

quelle dell’herpes primario.<br />

32<br />

Il trattamento consiste nell’impiego di steroidi <strong>per</strong> uso topico e <strong>per</strong><br />

via sistemica e di colchicina.<br />

Conclusioni<br />

Le alterazioni vulvari nelle teenagers sono piuttosto comuni ed<br />

abbracciano un’ampia gamma di patologie (15).<br />

È auspicabile che, in occasione dei bilanci di salute, il Pediatra-adolescentologo<br />

non si limiti alla raccolta dei sintomi che possono<br />

essere suggestivi di patologia vulvo-vaginale ma effettui anche un’ispezione<br />

dell’area genitale.<br />

Prima di eseguire tale controllo, è di fondamentale importanza che<br />

il medico spieghi nei dettagli quanto verrà fatto durante la visita e lo<br />

scopo dell’esame clinico.<br />

Nella maggior parte dei casi, l’obiettività distrettuale e l’esame clinico<br />

sono sufficienti <strong>per</strong> effettuare una corretta diagnosi. Nei casi<br />

dubbi, si dovrà ricorrere a specifici esami diagnostici ed eventualmente<br />

alla consulenza di altri specialisti.<br />

Bibliografia<br />

1. Dickerson RL. Human sex anatomy. Huntigton, Robert I. Krieger<br />

Publishing, 1971<br />

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15. Piippo S, Lenko H, Vuento R. Vulvar symptoms in paediatric and adolescent<br />

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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Gonalgia <strong>per</strong>sistente<br />

in un adolescente<br />

diabetico<br />

secondario<br />

a condroblastoma<br />

dell’epifisi femorale<br />

prossimale<br />

Patrizia Banin*, Vincenzo De Sanctis*, Valentina Moretti**<br />

*Divisione di Pediatria ed Adolescentologia, A.O. Arcispedale “S. Anna”, Ferrara<br />

**Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Ferrara<br />

Il condroblastoma é una rara forma di neoplasia benigna dell’osso<br />

(circa l’1% dei tumori ossei primitivi benigni) (1) di derivazione condroblastica.<br />

Esordisce tipicamente in età pediatrica e giovane-adulta,<br />

prevalentemente in adolescenza, prima della completa fusione<br />

delle cartilagini epifisarie. L’esordio entro i 20 anni di età viene riportato<br />

nell’83% dei pazienti da Springfield (2) e nel 62% da Ramappa<br />

(3). È la forma più comune di tumore solido primitivo dell’epifisi delle<br />

ossa lunghe in età evolutiva e colpisce più frequentemente il sesso<br />

maschile con un rapporto M/F di 2 a 1 (1, 2).<br />

Riportiamo il caso di un adolescente diabetico affetto da questa<br />

patologia che è giunto alla nostra osservazione con gonalgia <strong>per</strong>sistente<br />

isolata.<br />

Caso clinico<br />

Ragazzo di 17 anni seguito <strong>per</strong> diabete mellito di tipo 1 esordito<br />

all’età di 13 anni.<br />

All’inizio dell’estate 2000 inizia a lamentare dolore al ginocchio<br />

destro in assenza di traumi pregressi e segni locali di flogosi. Il sintomo<br />

viene attribuito alla pratica dell’attività sportiva agonistica e a<br />

favore di questo sembra deporre la buona risposta alla terapia con<br />

antiinfiammatori prescritta dal curante.<br />

Dopo 6-8 settimane, <strong>per</strong>sistendo la sintomatologia, vengono praticati<br />

esami ematochimici (emocromo, indici di flogosi, test reumatologici,<br />

markers tumorali ed indici del metabolismo osseo) e, dopo<br />

consulenza ortopedica, RMN del ginocchio con esito negativo.<br />

Dopo 2-3 settimane alla gonalgia si associano zoppia e dolore saltuario<br />

in sede inguinale omolaterale <strong>per</strong> cui vengono richieste indagini<br />

strumentali del bacino e dell’anca omolaterale.<br />

Lo studio radiologico evidenzia, a livello della testa femorale di<br />

destra, la presenza di un’area osteolitica rotondeggiante del diame-<br />

36<br />

Caso Clinico<br />

Riassunto<br />

Il condroblastoma è una neoplasia benigna dell’osso di<br />

derivazione condroblastica che esordisce tipicamente in età pediatrica<br />

e giovane-adulta.<br />

Interessa prevalentemente l’epifisi della spalla, anca e ginocchia.<br />

La terapia è chirurgica con svuotamento ed innesto spongioso.<br />

Viene riportato il caso di un adolescente diabetico di 17 anni con storia<br />

clinica di dolore al ginocchio destro come sintomo di esordio<br />

della neoplasia.<br />

Parole chiave: condroblastoma, gonalgia, adolescente diabetico<br />

Persistent knee pain in<br />

a diabetic adolescent secondary<br />

to chondroblastoma of hip<br />

Summary<br />

Chondroblastoma is a benign tumor of bone with relatively<br />

high incidence in older children and adolescents.<br />

The regions of the shoulders, hip and knee are mainly affected with<br />

preference for the epiphysis. Treatment consists of exocochleation<br />

and bone graft.<br />

A brief overview is given, as well as a presentation of a 17 years old<br />

adolescent boy with an unusual cause of knee pain due to chondroblastoma.<br />

Key words: chondroblastoma, knee pain, diabetic adolescents.<br />

tro di 2 x 2 cm, delimitata da sottile orletto osteosclerotico a profili<br />

regolari (Figura 1). La lesione appare metabolicamente attiva alla<br />

scintigrafia ossea e SPECT del bacino, mentre la scintigrafia ossea<br />

total-body esclude l’interessamento di altre sedi.<br />

La TAC (Figura 2) e la RMN del bacino confermano la presenza di<br />

una lesione osteolitica rotondeggiante di circa 2 cm di diametro con<br />

Figura 1.<br />

Rx bacino: a livello della<br />

testa femorale di destra<br />

è presente un’area<br />

osteolitica del ∅ di 2 x 2 cm<br />

delimitata da orletto<br />

osteosclerotico.


Figura 2.<br />

TAC femore destro<br />

prima dell’intervento<br />

chirurgico.<br />

Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

margini netti e sclerotici, con addensamento sfumato anche della<br />

spugnosa ossea adiacente.<br />

La lesione è costituita da tessuto parenchimatoso di media densità<br />

che assume modicamente il mezzo di contrasto, con alcune piccole<br />

calcificazioni nel suo contesto.<br />

Essa determina anche osteolisi della corticale ossea su<strong>per</strong>iore della<br />

testa senza interessamento dei tessuti molli circostanti né dello spazio<br />

articolare. Tali re<strong>per</strong>ti sembrano compatibili con una formazione<br />

espansiva a bassa aggressività.<br />

In base ai dati clinici e strumentali viene formulato il sospetto diagnostico<br />

di condroblastoma localizzato alla testa del femore destro.<br />

Il paziente è stato sottoposto ad intervento di svuotamento con<br />

innesto spongioso. L’indagine istologica praticata in occasione dell’intervento<br />

ha confermato la diagnosi.<br />

Discussione<br />

Il condroblastoma è un raro tumore dell’età evolutiva che tipicamente<br />

si rende manifesto in età adolescenziale con sintomatologia<br />

subdola e aspecifica (dolore locale e limitazione funzionale) <strong>per</strong> cui<br />

possono trascorrere settimane o anni, in media 20 mesi, dai primi<br />

sintomi prima che venga formulata la diagnosi (1, 4).<br />

Una gonalgia <strong>per</strong>sistente in un adolescente come sintomo d’esordio<br />

della neoplasia è stata descritta solo di recente da Nishihara (1).<br />

Nel nostro paziente la gonalgia, in assenza di anamnesi significativa<br />

<strong>per</strong> traumi pregressi e segni locali di flogosi, è stata dapprima<br />

attribuita all’attività sportiva agonistica. A favore di questo sembravano<br />

deporre la iniziale risposta alla terapia con analgesici, la negatività<br />

degli esami di laboratorio e la normalità delle indagini strumentali<br />

a carico del ginocchio. L’aggravarsi dei sintomi, la loro <strong>per</strong>sistenza<br />

e l’insorgenza di dolore inguinale omolaterale hanno indotto<br />

a sospettare una patologia a carico dell'anca.<br />

Le alterazioni riscontrate con le indagini strumentali sono risultati<br />

compatibili con la diagnosi di condroblastoma, confermata dall’esame<br />

istologico.<br />

Il condroblastoma si localizza elettivamente in un’epifisi o apofisi in<br />

prossimità della cartilagine di accrescimento.<br />

37<br />

Le sedi più colpite sono: l’epifisi prossimale dell’omero (tumore di<br />

Codman), l’estremità prossimale della tibia, le estremità prossimale<br />

e distale del femore. Sedi meno colpite: il cranio, le coste, le vertebre<br />

e le piccole ossa dei piedi (3, 5).<br />

Clinicamente il tumore si manifesta con dolore al movimento ed alla<br />

pressione dell’articolazione interessata e/o limitazione funzionale<br />

della stessa, in assenza di traumi pregressi o sintomi clinici di flogosi.<br />

Può coesistere una sinovite reattiva mentre sono molto rare le<br />

fratture patologiche (2, 5).<br />

All’esame radiologico, il tumore appare come una lesione osteolitica<br />

ovalare, con diametro di circa 5-6 cm. alla diagnosi, a margini ben<br />

definiti (tessuto osseo reattivo), localizzata eccentricamente nell’epifisi<br />

o lungo la cartilagine di coniugazione delle ossa lunghe. Sono frequenti<br />

calcificazioni centrali radiodense puntate o ad anello (2, 3, 5).<br />

In circa un quarto dei casi possono essere presenti aree cistiche (3,<br />

5, 6), che alla RMN corrispondono a raccolte fluide, esito di processi<br />

necrotici ed emorragici endolesionali.<br />

Il tumore può apparire localmente aggressivo, provocando erosione<br />

della corticale e invasione degli spazi articolari e/o delle metafisi (1,<br />

2), tanto da mimare una lesione maligna.<br />

La diagnosi differenziale va posta con il tumore a cellule giganti,<br />

l’encondroma, il condrosarcoma, il condrosarcoma a cellule chiare,<br />

le cisti aneurismatiche dell’osso, l’osteosarcoma, l’artrite settica atipica<br />

e l’osteomielite (1).<br />

La terapia è chirurgica ed il tipo di approccio dipende dallo stadio<br />

del tumore (1, 3, 7, 8). Il trattamento di scelta è il curettage della<br />

lesione con successivo innesto osseo (2, 3, 9-11).<br />

La prognosi è generalmente benigna. Tuttavia, in rapporto alla sede<br />

di sviluppo, non sono infrequenti degli esiti locali (deficit funzionali e<br />

compromissione della crescita dell’osso).<br />

Inoltre, in circa il 15-20% dei pazienti la neoplasia ricorre dopo l’intervento<br />

chirurgico mentre occasionalmente può causare metastasi<br />

a distanza, <strong>per</strong> lo più a livello polmonare (3, 4).<br />

Sono stati riconosciuti finora due fattori prognostici sfavorevoli: il<br />

ritardo diagnostico e la sede di sviluppo della neoplasia. Il condroblastoma<br />

appare infatti più aggressivo quando origina dall’epifisi<br />

prossimale del femore o dal bacino (3).<br />

La prognosi non sembra invece influenzata da altri fattori. In particolare<br />

il sesso e l’età del paziente, le caratteristiche istologiche e le<br />

dimensioni della neoplasia non mostrano una correlazione statisticamente<br />

significativa con il rischio di recidive, anche se alcuni autori<br />

hanno segnalato una maggiore incidenza di ricadute <strong>per</strong> tumori di<br />

diametro maggiore al momento della diagnosi (2, 3).<br />

Ramappa (10) riporta i risultati di 73 pazienti affetti da CB: 29 di età<br />

su<strong>per</strong>iore a 20 anni e 44 di età inferiore a 20 anni.<br />

In questo secondo gruppo il tumore ha preso origine dall’epifisi prossimale<br />

del femore in 14 casi, il36% dei quali è andato incontro a ricaduta<br />

locale.<br />

La comparsa di metastasi con prognosi infausta è stata osservata<br />

nel 3% di <strong>tutti</strong> i pazienti, con maggiore incidenza negli adulti dopo<br />

recidiva (10).<br />

Il controllo a breve termine sembra indicare <strong>per</strong> il nostro paziente


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

un’evoluzione favorevole, ma <strong>per</strong> ora non è possibile stabilire se ci<br />

saranno esiti funzionali. Inoltre è necessario un controllo a distanza<br />

prolungata <strong>per</strong> verificare l’assenza di recidiva locale o metastasi.<br />

La sede della neoplasia potrebbe incidere sfavorevolmente sulla<br />

prognosi, mentre fattori prognostici favorevoli sono rappresentati<br />

dalla precocità della diagnosi e della terapia e, forse, dalle limitate<br />

dimensioni della neoplasia.<br />

Il condroblastoma va preso in considerazione nell’adolescente che<br />

presenta dolore e limitazione funzionale <strong>per</strong>sistenti “sine causa” a<br />

carico di un’articolazione. In particolare si deve pensare al condroblastoma<br />

dell’epifisi prossimale del femore nell’adolescente che<br />

presenta gonalgia <strong>per</strong>sistente o ricorrente in assenza di trauma pregresso<br />

e/o di sintomi clinico-strumentali di patologia del ginocchio.<br />

Bibliografia<br />

1. Nishihara RM, Helmstedter CS. Chondroblastoma: an unusual cause of<br />

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Convegno di Aggiornamento della<br />

Società Italiana di Medicina della Adolescenza<br />

(SIMA)<br />

38<br />

Gonalgia <strong>per</strong>sistente in un adolescente diabetico secondario a condroblastoma<br />

dell’epifisi femorale prossimale<br />

3. Ramappa AJ, Lee FYI, Tang P, Carlson JR, Gebhardt MC, Mankin HJ.<br />

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age. J Pediatr Orthoped (B) 1998; 7 (4): 293-7.<br />

IV Convegno<br />

delle Regioni Meridionali<br />

La Gestione<br />

dei Disturbi Adolescenziali<br />

tra Ospedale e Territorio<br />

Catanzaro 23-25 Aprile 2004<br />

Presidente del Congresso:<br />

Giuseppe Raiola (Catanzaro)<br />

Caso<br />

Clinico


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Rubrica<br />

iconografica<br />

Un ragazzo di 13 anni e 6 mesi, in fase intermedia di maturazione puberale, viene sottoposto ad<br />

ecografia testicolare <strong>per</strong> un varicocele sinistro.<br />

Il referto ecografico descrive la presenza di una “disomogeneità del parenchima testicolare associata<br />

a spots i<strong>per</strong>ecogeni in entrambi i didimi” (foto).<br />

Domande<br />

1) Qual è la diagnosi più probabile?<br />

2) Qual è la prevalenza della lesione nella popolazione generale?<br />

3) A che cosa è dovuta la presenza di “spots i<strong>per</strong>ecogeni” a livello testicolare?<br />

4) Si può associare ad altre patologie?<br />

5) Nel corso del follow-up quali esami bisognerà richiedere?<br />

Diagnosi → microlitiasi testicolare di III grado<br />

La microlitiasi del testicolo è una rara affezione, generalmente asintomatica,<br />

che colpisce generalmente entrambe le gonadi.<br />

L’unilateralità è stata riportata nel 2,7-27% dei casi.<br />

L’eziologia non è nota; alcuni Autori sostengono che sia secondaria<br />

ad un difetto delle cellule del Sertoli, responsabili della fagocitosi dei<br />

detriti intracellulari prodotti nei tubuli seminiferi.<br />

40<br />

La patologia si riscontra con maggiore frequenza nei soggetti con<br />

varicocele, criptorchidismo, asimmetria del volume testicolare,<br />

pseudoermafroditismo maschile e sindrome di Klinefelter.<br />

La prevalenza nella popolazione generale varia dall’1,4% al 2%.<br />

La microlitiasi testicolare è una patologia ben codificata sia dal<br />

punto di vista ecografico che istologico.


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Ecograficamente possono essere presenti 5 o più microliti, del diametro<br />

di 1-3 mm. Backus e coll, in rapporto al numero di calcificazioni,<br />

hanno descritto 3 gradi della lesione testicolare:<br />

I grado: presenza di 5-10 microliti<br />

II grado: presenza di 10-20 microliti<br />

III grado: presenza di oltre 20 microliti.<br />

È tipica l’assenza ecografica di finestra acustica, probabilmente<br />

secondaria alle piccole dimensioni dei microliti. Questa caratteristica<br />

ecografica è importante poiché <strong>per</strong>mette di differenziare la<br />

microlitiasi da altre patologie i<strong>per</strong>ecogene intratesticolari, quali:<br />

aree cicatriziali<br />

granulomi calcificati<br />

lipomi<br />

tumori adenomatoidi benigni.<br />

Queste lesioni sono in genere uniche e presentano dimensioni più<br />

grossolane. Istologicamente il microlita è dovuto alla presenza di<br />

calcificazioni eosinofile all’interno dei tubuli seminiferi, che possono<br />

essere interessati fino al 60%.<br />

Al microscopio elettronico si apprezza un nucleo centrale circondato<br />

da lamelle concentriche di fibre collagene che in uno stadio più<br />

avanzato occupano l’intero lume del tubulo seminifero, I tubuli possono<br />

essere di diametro normale o ridotto, con segni di arresto<br />

s<strong>per</strong>matogenetico. Le cellule del Leydig sono normali.<br />

In età adulta è stata segnalata una frequente associazione fra<br />

microlitiasi testicolare ed infertilità o neoplasia testicolare.<br />

Una revisione della letteratura, condotta da Miller nel 2002, riporta che:<br />

la prevalenza di infertilità può variare<br />

dallo 0,8% al 3,1%<br />

il rischio di poter sviluppare una neoplasia non è ben<br />

noto. Alcuni Autori, tuttavia, riportano che è più alto (da<br />

3 a 21 volte) nei soggetti con microlitiasi del testicolo.<br />

41<br />

Non sono disponibili protocolli ben codificati <strong>per</strong> il follow-up di questi<br />

pazienti. Un approccio ragionevole prevede un controllo annuale,<br />

clinico ed ecografico dei testicoli.<br />

Alcuni Autori consigliano di associare un monitoraggio dei markers<br />

tumorali (α-fetoproteina, βhCG) allo scopo di diagnosticare precocemente<br />

la comparsa di una patologia testicolare.<br />

Nei casi in cui viene documentata la presenza di una lesione focale<br />

del parenchima testicolare è indicata una biopsia o un trattamento<br />

chirurgico.<br />

Vincenzo De Sanctis<br />

U.O. di Pediatria ed Adolescentologia<br />

Azienda Ospedaliera Universitaria Arcispedale S. Anna, Ferrara<br />

Giuseppe Raiola<br />

U.O. di Pediatria-Auxoendocrinologia<br />

A.O. Pugliese-Ciaccio, Catanzaro<br />

Francesca Rigon<br />

Scuola di Specializzazione in Pediatria<br />

Università degli Studi, Ferrara<br />

Bibliografia essenziale<br />

1. Miller J.N.A.C., Sidhu P.S. Does testicular microlithiasis matter ?<br />

A Review. Clinical Radiology 57: 883-890, 2002<br />

2. Oliveto R., Meo A., Rossi L., Alessi G. Microlitiasi testicolare<br />

in età pediatrica. Rivista Italiana di Pediatria 27: 265-267, 2001<br />

3. Saitta F., Lobianco R., Vetrella S. Un caso di microlitiasi testicolare in un<br />

bambino di 3 anni. Pediatria Oggi Medica e Chirurgica 4: 114-116, 2002<br />

4. Bakus M.L., Mack L.A., Middleton W.D., King B.F., Winter T.C., True L.D.<br />

Testicular microlithiasis imaging appearances and pathologic<br />

correlation. Radiology 192: 781-785, 1994<br />

5. Dell’Acqua A., Toma P., Oddone M., Ciccone M.A., Marsili E., Derchi L.E.<br />

Testicular microlithiasis: US findings in six pediatric cases and literature<br />

review. European Radiology 9: 940-944, 1999


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

La fosfatasi alcalina<br />

nel bambino<br />

e nell'adolescente:<br />

significato<br />

ed applicazione clinica<br />

Giampiero I. Baroncelli, Silvano Bertelloni,<br />

Federica Sodini, Silvia Ruggieri, Giuseppe Saggese<br />

Dipartimento di Medicina della Procreazione e dell'Età Evolutiva<br />

Divisione di Pediatria, Università di Pisa<br />

La fosfatasi alcalina è uno dei parametri biochimici maggiormente<br />

valutati nella pratica clinica. Infatti, nonostante i problemi legati alla<br />

presenza di diversi isoenzimi circolanti, che ne possono influenzare<br />

l'interpretazione clinica, la notevole es<strong>per</strong>ienza acquisita da oltre 50<br />

anni nell'impiego clinico della fosfatasi alcalina fa si che tale parametro<br />

abbia ancora oggi un significato clinico importante.<br />

Nell'adulto la determinazione della fosfatasi alcalina trova indicazione<br />

soprattutto nella diagnosi e nel monitoraggio delle patologie<br />

epato-biliari o neoplastiche epatiche o ossee.<br />

Nel bambino la valutazione della fosfatasi alcalina viene invece<br />

usualmente effettuata nella diagnosi delle malattie metaboliche<br />

dello scheletro e, in particolare, del rachitismo in tutte le sue forme.<br />

Aspetti biochimici<br />

La fosfatasi alcalina fa parte di un largo gruppo di proteine che sono<br />

localizzate sulla su<strong>per</strong>ficie extracellulare della membrana cellulare.<br />

La fosfatasi alcalina è legata alla membrana cellulare tramite il complesso<br />

fosfatidil-inositolo-glicano ed etanolammina.<br />

Le fosfolipasi C e D sono responsabili del passaggio dalla forma<br />

legata alla membrana cellulare alla forma circolante. Il catabolismo e<br />

l'eliminazione della fosfatasi alcalina avvengono a livello epatico (1).<br />

Quattro geni sono coinvolti nella sintesi delle varie forme di fosfatasi<br />

alcalina; il gene che codifica <strong>per</strong> la fosfatasi alcalina "tessuto non<br />

specifica" che risulta espressa in vari tessuti (osso, fegato, rene, placenta<br />

nelle fasi iniziali di maturazione) e che è localizzato all'estremità<br />

terminale del braccio corto del cromosoma 1 e tre geni, localizzati<br />

all'apice del braccio lungo del cromosoma 2, che codificano <strong>per</strong> la<br />

sintesi della fosfatasi alcalina "tessuto specifica" intestinale, placentare<br />

(placenta matura) e delle cellule germinali ("placental-like").<br />

L'isoenzima osseo e quello epatico della fosfatasi alcalina differiscono<br />

tra loro soltanto a causa di modificazioni post-translazionali (1, 2).<br />

Isoforme circolanti<br />

Nel bambino circa l'80% (77-87%) dell'attività della fosfatasi alcalina<br />

nel siero è di origine ossea, circa il 15% deriva dal fegato ed il rima-<br />

42<br />

Note<br />

di laboratorio<br />

Riassunto<br />

La fosfatasi alcalina continua ad essere un parametro<br />

biochimico importante <strong>per</strong> la diagnosi e il monitoraggio<br />

delle patologie metaboliche dell'osso nel bambino e nell'adolescente.<br />

La determinazione dei suoi isoenzimi, che<br />

sono codificati da geni specifici, ed in particolare dell'isoenzima<br />

osseo ed epatico, consente, rispettivamente,<br />

una più accurata analisi clinica delle patologie ossee ed<br />

epatiche.<br />

I valori di fosfatasi alcalina sono influenzati sensibilmente<br />

dall'età con livelli più elevati nel bambino, e soprattutto nell'adolescente,<br />

rispetto all'adulto.<br />

nente 5% dall'intestino (3). L'isoenzima intestinale è più frequentemente<br />

evidenziabile negli individui di gruppo sanguigno B o 0 che<br />

mostrano soprattutto un incremento di tale isoforma dopo assunzione<br />

di alimenti ad alto contenuto lipidico (1).<br />

L'isoenzima epatico non è rilevabile nei primi 6 mesi di vita (4).<br />

Nell'adulto il rapporto tra isoenzima osseo ed isoenzima epatico<br />

della fosfatasi alcalina è di circa 1:1 (1).<br />

L'isoenzima osseo è prodotto dagli osteoblasti e riflette il processo<br />

di formazione ossea.<br />

Sebbene il il ruolo essenziale della fosfatasi alcalina di origine ossea<br />

sia ancora poco noto è molto probabile che tale enzima sia coinvolto<br />

nel processo di fosforilazione e di mineralizzazione della matrice<br />

ossea (1, 5, 6).<br />

Alcune neoplasie esprimono la sintesi di fosfatasi alcaline anomale<br />

(es. isoenzima Regan, isoenzimi carcinoplacentari) simili all'isoenzima<br />

placentare o delle cellule germinali (7).<br />

È stata trovata una fosfatasi alcalina di probabile origine renale che<br />

non è presente in circolo in condizioni normali ma che può comparire<br />

in corso di malattie renali o in alcuni pazienti che vanno incontro<br />

a rigetto dopo trapianto renale (7).<br />

Condizioni fisiologiche che influenzano<br />

i valori di fosfatasi alcalina<br />

L'età è un fattore che influenza sensibilmente i livelli circolanti di<br />

fosfatasi alcalina. I valori più elevati sono rilevabili durante i primi 2<br />

anni di vita e alla pubertà, che rappresentano i <strong>per</strong>iodi della vita nei<br />

quali la velocità di crescita scheletrica è più elevata (1, 2).<br />

Per quanto riguarda il <strong>per</strong>iodo puberale, i valori più elevati di fosfatasi<br />

alcalina si osservano nello stadio 3 e 4; successivamente, i valori<br />

diminuiscono piuttosto rapidamente raggiungendo quelli dell'adulto<br />

intorno alla fine dell'adolescenza (8, 9).


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

L'incremento puberale dei livelli di fosfatasi alcalina è dovuto all'aumento<br />

dell'isoenzima osseo mentre i valori dell'isoenzima epatico<br />

rimangono stabili ed entro i limiti dell'adulto (1).<br />

Nelle ragazze puberi è stato stimato che i valori dell'isoenzima<br />

osseo della fosfatasi alcalina risultano 10 volte più elevati, e quelli<br />

della fosfatasi alcalina totale 5 volte più elevati, rispetto a quelli dell'adulto<br />

(10).<br />

Il sesso non sembra influenzare in modo significativo i valori di<br />

fosfatasi alcalina nel bambino e nell'adolescente.<br />

I valori di fosfatasi alcalina aumentano prima nelle femmine che nei<br />

maschi in relazione al fatto che le femmine presentano un più precoce<br />

svilupppo puberale rispetto ai maschi (1).<br />

Tra 20 e 50 anni l'attività della fosfatasi alcalina è invece maggiore<br />

nell'uomo rispetto alla donna.<br />

Comunque, i valori dell'isoenzima osseo della fosfatasi alcalina<br />

sono sovrapponibili tra i due sessi fino a circa 50 anni.<br />

La donne nel <strong>per</strong>iodo post-menopausale hanno valori più elevati<br />

rispetto a quelle in epoca pre-menopausale (1).<br />

Durante la gravidanza vi è un incremento progressivo dei valori di<br />

fosfatasi alcalina, soprattutto nel 3° trimestre, <strong>per</strong> una aumentata<br />

sintesi dell'isoenzima placentare, che scompare poi entro 3-6 giorni<br />

dal parto (7).<br />

I valori di fosfatasi alcalina mostrano variazioni interindividuali, mentre<br />

le variazioni intraindividuali sono molto piccole.<br />

Le variazioni circadiane della fosfatasi alcalina sono inferiori al 4% e<br />

sembrerebbero essere riconducibili alle variazioni dell'isoenzima<br />

osseo (11).<br />

I livelli circolanti di fosfatasi alcalina possono variare sensibilmente<br />

in rapporto alla specificità del metodo utilizzato <strong>per</strong> la loro determinazione.<br />

Pertanto è opportuno che i valori osservati in un soggetto<br />

siano comparati con valori di riferimento <strong>per</strong> l'età ottenuti con la<br />

stessa metodica.<br />

Patologie caratterizzate da un aumento<br />

dei valori di fosfatasi alcalina<br />

nel bambino e nell'adolescente<br />

In Tabella 1 sono elencate le principali patologie che possono associarsi<br />

ad un aumento dei livelli di fosfatasi alcalina.<br />

Un'umentata attività della fosfatasi alcalina, in assenza di patologie<br />

epatiche o biliari, è un indice di una patologia ossea come ad es. il<br />

rachitismo, sia nella forma carenziale che nelle forme vitamina Dresistenti,<br />

nelle quali riflette una ridotta mineralizzazione della matrice<br />

ossea.<br />

In bambini con rachitismo carenziale la determinazione dei valori di<br />

fosfatasi alcalina si è dimostrata più utile e più economica sia <strong>per</strong> la<br />

diagnosi che <strong>per</strong> il monitoraggio biochimico degli effetti della terapia<br />

rispetto ad altri indici biochimici più sofisticati (12).<br />

Nell'osteodistrofia renale e nelle tubulopatie un incremento della<br />

fosfatasi alcalina è generalmente un indice di ridotta mineralizzazione<br />

ossea.<br />

Alcune patologie rare possono accompagnarsi ad un aumento della<br />

fosfatasi alcalina, soprattutto nelle fasi attive della malattia, come ad<br />

43<br />

Tabella 1.<br />

Patologie caratterizzate da un aumento dei valori<br />

di fosfatasi alcalina nel bambino e nell'adolescente.<br />

Rachitismo carenziale<br />

Rachitismi vitamina D-resistenti<br />

Osteodistrofia renale<br />

Tubulopatie<br />

I<strong>per</strong>paratiroidismo<br />

Osteogenesi im<strong>per</strong>fetta<br />

Osteoectasia con i<strong>per</strong>fosfatasia (Paget giovanile, AR)<br />

I<strong>per</strong>fosfatasia transitoria benigna<br />

I<strong>per</strong>fosfatasia <strong>per</strong>manente benigna familiare (AD)<br />

I<strong>per</strong>fosfatasia con ritardo mentale (AR)<br />

I<strong>per</strong>fosfatasia con i<strong>per</strong>ostosi progressiva (AD)<br />

Fibrodisplasia (miosite) ossificante progressiva<br />

Sindrome di McCune Albright<br />

Morbo di Crohn<br />

Terapia cronica con farmaci anticonvulsivanti induttori<br />

microsomiali (fenobarbital, difenilidantoina)<br />

Neoplasie ossee primitive o metastatiche<br />

Neoplasie epatiche primitive o metastatiche<br />

Patologie epato-biliari (ostruttive e infiammatorie)<br />

Rigetto di trapianto renale<br />

Formazione del callo osseo dopo una frattura<br />

AD: autosomica dominante; AR: autosomica recessiva.<br />

es. l'osteogenesi im<strong>per</strong>fetta, l'osteoectasia, la fibrodisplasia ossificante<br />

progressiva e la sindrome di McCune Albright.<br />

Una condizione particolare che usualmente si associa ad un<br />

aumento molto consistente dei valori di fosfatasi alcalina è l'i<strong>per</strong>fosfatasia<br />

transitoria benigna.<br />

In Tabella 2 sono riportate le caratteristiche essenziali di tale condizione<br />

che ne consentono il corretto inquadramento senza dovere<br />

ricorrere ad esami indaginosi e costosi.<br />

Patologie caratterizzate da ridotti valori<br />

di fosfatasi alcalina<br />

nel bambino e nell'adolescente<br />

Oltre a condizioni ereditarie, molto rare, dovute ad una anomalia del<br />

gene che codifica <strong>per</strong> la fosfatasi alcalina "tessuto non specifica",<br />

altre patologie più o meno frequenti, <strong>per</strong> cause spesso non ben<br />

definite, possono associarsi ad una riduzione dell'attività della fosfatasi<br />

alcalina (Tabella 3).<br />

La riduzione dei valori di fosfatasi alcalina in tali patologie riflette<br />

probabilmente un ridotto processo di formazione ossea.


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Tabella 2.<br />

Caratteristiche principali dell'i<strong>per</strong>fosfatasia transitoria<br />

benigna.<br />

Frequenza: 1.1-3.5%<br />

Età di insorgenza: < 5 anni (maschi:femmine 1.2:1)<br />

Notevole e rapido incremento isolato dei valori<br />

di fosfatasi alcalina (> 5 volte i valori dell'adulto)*<br />

Isoenzimi della fosfatasi alcalina: usualmente aumento<br />

della frazione ossea ed epatica, raramente aumento<br />

della sola frazione intestinale<br />

Assenza di patologie ossee o epatiche<br />

Normalizzazione spontanea dei valori<br />

di fosfatasi alcalina (usualmente entro 4 mesi)*<br />

Etiologia: infettiva (virale: adenovirus, rotavirus, herpes<br />

virus, Epstein-Barr, cytomegalovirus, HIV; batterica: rara)<br />

Patologie associate: enterite, sindrome influenzale,<br />

infezione delle vie aeree su<strong>per</strong>iori, otite, VI malattia,<br />

infezione delle vie urinarie, mononucleosi, convulsioni<br />

febbrili, asintomatica<br />

Patogenesi: ridotta degradazione metabolica<br />

della fosfatasi alcalina (?)<br />

Può associarsi ad altre cause di fosfatasi alcalina<br />

aumentata<br />

* I valori di fosfatasi alcalina variano in relazione alla fase della malattia<br />

in cui vengono valutati<br />

Tabella 3.<br />

Patologie caratterizzate da una riduzione dei valori<br />

di fosfatasi alcalina nel bambino e nell'adolescente.<br />

Ipofosfatasia (AR)<br />

Pseudoipofosfatasia<br />

Odontoipofosfatasia<br />

Malnutrizione grave<br />

Ipotiroidismo<br />

Anemia grave<br />

Morbo di Wilson<br />

Celiachia<br />

Ipomagnesemia<br />

Deficit di Zn 2+<br />

Terapia cortisonica cronica<br />

Chemioterapia<br />

Intossicazione da vitamina D<br />

Trasfusioni massive di sangue o plasma<br />

Scorbuto<br />

La fosfatasi alcalina nel bambino e nell'adolescente: significato ed applicazione clinica<br />

44<br />

Conclusioni<br />

La determinazione dei valori di fosfatasi alcalina nel bambino e nell'adolescente<br />

è un indice molto utile <strong>per</strong> la valutazione del processo<br />

di formazione e di mineralizzazione ossea.<br />

In presenza di una normale funzionalità epatica e biliare, i valori di<br />

fosfatasi alcalina totale possono risultare utili nella diagnosi e nel<br />

monitoraggio della terapia di condizioni patologiche con alterato<br />

metabolismo osseo.<br />

Valori molto elevati possono suggerire, in assenza di altre patologie,<br />

la diagnosi di i<strong>per</strong>fosfatasia transitoria benigna, mentre valori molto<br />

ridotti, associati a specifiche lesioni scheletriche, sono suggestivi di<br />

ipofosfatasia.<br />

Un aumento o una netta diminuzione dei valori di fosfatasi alcalina<br />

necessita di ulteriori accertamenti <strong>per</strong> identificarne la causa.<br />

Un aumento o una netta diminuzione dei valori di fosfatasi alcalina<br />

necessita sempre di approfondimenti diagnostici.<br />

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Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

1. Cos’è l’Ecstasy?<br />

2. Su cosa e come agisce?<br />

L’ECSTASY<br />

Bernardo Grande, Giuseppe Raiola*, Maria Concetta Galati°<br />

Servizio <strong>per</strong> le tossicodipendenze, SER.T.- ASL 7, Catanzaro<br />

*U.O. di Pediatria-Ambulatorio di Auxoendocrinologia, A.O. “Pugliese-Ciaccio”-Catanzaro<br />

°U.O. di Ematoncologia Pediatrica, A.O. “Pugliese-Ciaccio”-Catanzaro<br />

Ecstasy è il nome popolare della Metilendiossimetamfetamina (MDMA), un derivato dell’amfetamina. E’ una<br />

sostanza semisintetica, prodotta nei laboratori clandestini, viene venduta sotto forma di pasticche che possono<br />

avere forme e colori fantasiosi<br />

Il contenuto medio di MDMA in una pasticca di ecstasy è pari a 75-150 mg. Alcune pasticche possono contenere<br />

anche Metilendiossiamfetamina (MDA, cosiddetta Love drug) o Metilendiossietamfetamina (MDEA o Eve).<br />

La MDMA agisce sul SNC, principalmente sul sistema serotinergico; dopo circa 20 minuti dall’assunzione,<br />

provoca il rilascio massivo di serotonina e, successivamente, la sua deplezione dai depositi intersinaptici. Il<br />

rilascio dura dalle tre alle sei ore <strong>per</strong> poi esaurirsi. La dose di ecstasy sufficiente a produrre l’effetto ricercato<br />

è mediamente compresa tra 50 e 100 mg.<br />

La serotonina è stata identificata come neurotrasmettitore circa 35 anni fa. Gli studi condotti in questi anni hanno<br />

<strong>per</strong>messo di definire con precisione il suo ruolo sul controllo del dolore, modulazione del tono dell’umore, modulazione<br />

dei cicli sonno-veglia, controllo dei meccanismi di fame e sazietà e regolazione del comportamento sessuale.<br />

Il rilascio di serotonina indotto artificialmente dall’ecstasy altera tutte le funzioni su riportate.<br />

Il massivo aumento di serotonina, nell’individuo che ne fa uso, aumenta la fiducia in sé, diminuisce il senso<br />

del <strong>per</strong>icolo, provoca un’accresciuta confidenza con gli altri, rimuove le barriere emotive e comunicative, esalta<br />

le sensazioni tattili, scioglie la tensione, induce un effetto ipnotico originato da luci e suoni, diminuisce l’impulsività<br />

ed aumenta la sensualità (ma non le <strong>per</strong>formances sessuali). La sensazione di fame e stanchezza si<br />

riducono e ciò consente di ottenere una notevole resistenza sulle piste da ballo.Gli effetti prodotti durano <strong>per</strong><br />

tutto il tempo durante il quale avviene il rilascio della serotonina.<br />

3. Perché l’Ecstasy è particolarmente ricercata dai giovani<br />

nelle discoteche?<br />

L’assunzione fa <strong>per</strong>cepire una maggiore possibilità di contatto e di comunicazione, in un ambiente come la<br />

discoteca, dove il volume dei suoni si aggira intorno ai 120-150 decibel, il linguaggio verbale serve a poconulla.<br />

Diventa importante avere uno strumento che aiuti a comunicare in maniera quasi mistica, nuova e alternativa<br />

attraverso la gestualità, il corpo, l’abbigliamento. Quindi l’ecstasy viene <strong>per</strong>cepita come un coadiuvante<br />

della comunicazione, che stimola la partecipazione nel gruppo ed eccita sentimenti di tribalità.<br />

4. L’uso di Ectasy può provocare danni ?<br />

Come è stato già detto il consumo di Ecstasy provoca il rilascio di serotonina e <strong>per</strong> 3 – 6 ore <strong>per</strong> poi esaurirsi.<br />

La successiva carenza di serotonina mediamente dura un giorno e può causare fatica, stanchezza, sonnolenza,<br />

emicrania, tristezza. Dopo ventiquattro ore il livello di serotonina ritorna nella norma.<br />

Se si è assunta una sola pasticca e <strong>per</strong> la prima volta, di solito non ci sono danni. Alcuni soggetti, tuttavia,<br />

sono particolarmente vulnerabili anche a basse dosi di ecstasy e possono presentare problemi acuti o<br />

<strong>per</strong>sistenti. Questo tipo di vulnerabilità neurologica, non prevedibile in anticipo, fa si che una singola dose<br />

45


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

possa provocare alterazioni prolungate e forse <strong>per</strong>manenti. In alcuni casi si sono verificati attacchi di panico<br />

che sono durati a lungo.<br />

Il consumo settimanale o bisettimanale di una normale dose di ecstasy (50-100 mg) provoca disturbi di<br />

natura neuropsicologica: incapacità di concentrazione, difficoltà di attenzione, disturbi della memoria e del<br />

sonno, <strong>per</strong>iodi di depressione o di ansia, disturbi dell’appetito. In alcuni casi si sono registrati episodi psicotici<br />

acuti e psicosi croniche di tipo paranoideo, episodi di depressione maggiore (con ideazione suicidaria),<br />

aumento dell’aggressività e della impulsività, aumentato desiderio nei confronti dei carboidrati (e della cioccolata<br />

in particolare), deficit cognitivi, inversione del ritmo sonno-veglia, <strong>per</strong>dita di peso.<br />

Tutto ciò è dovuto alla degenerazione selettiva dei fini assoni serotoninergici.<br />

L’assunzione di alte dosi (8-12 pasticche in una sola notte), anche nei casi di prima assunzione, produce<br />

nel cervello gli stessi danni di chi ha consumato una pasticca alla settimana <strong>per</strong> 1 o 2 anni.<br />

L’assunzione di molte pasticche nello stesso giorno è abitudine tipica di chi ha normalmente un livello di serotonina<br />

basso. Questi soggetti spesso hanno comportamenti irresponsabili, al limite del <strong>per</strong>icolo e sono alla<br />

ricerca di sensazioni forti <strong>per</strong> poter innalzare il basso livello di serotonina.<br />

5. L’assunzione di Ecstasy porta alla dipendenza?<br />

Il rapporto con il consumo di ecstasy è diverso rispetto al consumo di eroina, infatti il desiderio della sostanza<br />

non è irrefrenabile, tuttavia comunemente si ha la convinzione che non ci si possa divertire, ballare, sentire<br />

musica senza l’assunzione della sostanza. Questo tipo di dipendenza è detta psicologica.<br />

Alcuni soggetti assumono ripetutamente ecstasy al fine di rinforzare e mantenerne gli effetti gratificanti, ma<br />

dopo ripetute assunzioni gli effetti desiderati svaniscono lasciando il posto a quelli indesiderati.<br />

6. Cosa succede nel caso di assunzioni di dosi particolarmente elevate?<br />

L’assunzione di una dosa eccessiva provoca innalzamento della pressione arteriosa, accelerazione della frequenza<br />

cardiaca fino a 180 battiti al minuto, aumento della tem<strong>per</strong>atura corporea fino a 42°-43°C.<br />

Sono stati segnalati casi di emorragia cerebrale, convulsioni, coma, insufficienza renale acuta, epatite.<br />

Si possono verificare, inoltre, allucinazioni con comportamenti irrazionali e <strong>per</strong>icolosi.<br />

7. Si può morire da overdose di Ectasy?<br />

Certamente sì, se si assumono 15-20 compresse di ecstasy in una sola serata. Il rischio è più alto nelle donne<br />

e se si assumono contemporaneamente altre sostanze. Il decesso può essere determinato dall’insufficienza<br />

renale acuta, dall’aumento di tem<strong>per</strong>atura, dalla coagulazione intravascolare disseminata.<br />

Il surriscaldamento corporeo e la disidratazione prodotta da intensa e prolungata attività fisica del ballo possono<br />

aumentare il rischio di i<strong>per</strong>termia maligna.<br />

I soggetti con sensibilità spiccata alla sostanza possono presentare gli stessi effetti tossici anche se assumono<br />

dosi più basse.<br />

8. Incidenti stradali, che relazione c’è con l’assunzione di Ecstasy?<br />

Nelle ore successive all’ingestione, aumenta la probabilità di incidenti stradali; non è chiaro se ciò sia dovuto<br />

agli effetti di tipo allucinatorio, a quelli di deficit cognitivo (mancanza di concentrazione e attenzione), o<br />

ancora ad impulsi auto o eterodistruttivi. Una maggiore confidenza nelle proprie capacità può ridurre la <strong>per</strong>cezione<br />

del rischio. Le alterazioni delle <strong>per</strong>cezioni sensoriali e del tempo possono determinare un peggioramento<br />

delle prestazioni alla guida. A tutto ciò si aggiunge la stanchezza, accumulata in seguito all’intensa attività<br />

fisica in discoteca con conseguenti colpi di sonno, non appena l’effetto della sostanza si esaurisce.<br />

9. I danni sono prodotti dall’Ecstasy o dagli eventuali adulteranti<br />

presenti nelle compresse?<br />

Gli studi di tossicità negli animali sono stati valutati somministrando la sostanza pura (MDMA). Non si conoscono<br />

a sufficienza gli effetti degli adulteranti, che sembra possano potenziare l’effetto tossico dell’MDMA.<br />

10. Consumare o detenere Ecstasy è reato?<br />

L’uso <strong>per</strong>sonale, il possesso, l’acquisto e l’importazione, anche se di piccole dosi, è vietato ed è punito con<br />

sanzioni amministrative (art. 75 T.U.-D.P.R. 309/90) come sospensione della patente, del passaporto e del<br />

porto d’armi e l’obbligo di sottoporsi alle cure del caso presso il Ser.T.<br />

Vendere o anche cedere gratuitamente ecstasy comporta pene finanziarie e detentive la cui entità dipende<br />

dalla quantità di sostanza rilasciata. Per quanto concerne la guida, il codice della strada prevede l’arresto fino<br />

ad 1 mese, una multa fino a Euro 516, sospensione della patente fino a 3 mesi. Perseverare nel reato può<br />

aumentare le pene.<br />

46


Educazione sessuale<br />

Adolescenti e contraccettivi: due mondi ancora molto<br />

distanti. Lo rivelava, lo scorso anno, uno studio condotto in 24 scuole<br />

inglesi intervistando oltre 4000 ragazzi dai 14 ai 15 anni, che metteva<br />

<strong>per</strong>ò in luce il ruolo centrale della scuola del Regno Unito nell’informazione<br />

in tema di educazione sessuale.<br />

È così anche nel nostro paese ?<br />

“Diffondere informazioni corrette in modo capillare, come può fare<br />

solo la scuola, è fondamentale <strong>per</strong> evitare che i ragazzi, in un<br />

momento difficile come quello dell’adolescenza, quando entra in<br />

crisi il rapporto con gli adulti, siano lasciati da soli ad affrontare il problema,<br />

altrettanto difficile e complesso, della sessualità”, dice il dottor<br />

Vincenzo De Sanctis, direttore della Divisione di Pediatria e Adolescentologia<br />

dell’Università di Ferrara presso l’Arcispedale S.Anna.<br />

“Da una indagine svolta qualche anno proprio nel nostro paese, risulta<br />

infatti che il primo interlocutore <strong>per</strong> approfondire queste problematiche<br />

sono gli amici, seguiti dal fratello o dalla sorella maggiore, e<br />

solo da ultimo mamma, insegnanti e medici. Col grosso rischio che<br />

le informazioni siano scorrette, parziali, poste in modo inadatto ai<br />

ragazzi, aumentando ancor più la confusione, le incertezze e di conseguenza<br />

i rischi.”<br />

Ma in Italia, a differenza che in altri paesi europei, non c’è una legge<br />

che prevede l’educazione sessuale nelle scuole, né direttive che ne<br />

regolamentino modalità e programmi.<br />

“Da anni una proposta di legge presentata da diversi partiti attende<br />

di essere discussa, ma tutto è fermo a quel punto”, sottolinea la dottoressa<br />

Anna Sampaolo, psicologa dell’AIED, l’Associazione Italiana<br />

Educazione Demografica, che dagli anni ’50 si batte <strong>per</strong> una procreazione<br />

responsabile e <strong>per</strong> una crescita culturale e sociale in<br />

materia di sessualità cercando di diffondere una corretta informazione<br />

tra i giovani.<br />

“Ogni scuola <strong>per</strong>ciò procede come ritiene opportuno, e in base ad<br />

autonome valutazioni decide se proporre o meno l’argomento: tutto<br />

dipende dalla sensibilità e dall’iniziativa dei capi istituto e degli insegnanti<br />

di scienze.”<br />

Avviene così che in molte scuole i temi dell’educazione sessuale<br />

siano trattati dagli stessi insegnanti di scienze, ai quali, come materia<br />

“scientifica”, sembra dover appartenere.<br />

In altri casi, previa approvazione del programma da parte del consiglio<br />

di istituto e dei genitori, si invitano es<strong>per</strong>ti esterni, che possono<br />

essere docenti, specialisti o addirittura <strong>per</strong>sonaggi che attirano l’attenzione<br />

dei giovani, mentre altre scuole ancora si affidano ad associazioni<br />

come l’AIED (che offre questo servizio in diverse città), o più<br />

spesso, ad o<strong>per</strong>atori delle ASL, dal momento che l’unica legislazione<br />

che cita l’educazione sessuale è quella relativa ai consultori familiari,<br />

che quindi tra le loro competenze hanno anche questa funzione<br />

educativa.<br />

La decisione su se e quando e come attuare gli interventi è <strong>per</strong>ò<br />

lasciata alle singole ASL, che possono rispondere a richieste pro-<br />

Cristina Barlera<br />

Medico, Giornalista Scientifico<br />

Sermide (Mantova)<br />

47<br />

venienti dalle varie scuole, o proporre loro stesse specifici progetti,<br />

come nel caso dell’ASL città di Milano, che propone e realizza corsi<br />

<strong>per</strong> i ragazzi di tutte le scuole (dalle elementari alle su<strong>per</strong>iori), programmi<br />

<strong>per</strong> insegnanti e <strong>per</strong>sino <strong>per</strong> genitori, <strong>per</strong>ché possano poi<br />

essi stessi effettuare <strong>per</strong>corsi educativi.<br />

Su questo, tuttavia, stanno pesando sempre più i problemi economici:<br />

non poche ASL, infatti, si trovano in difficoltà nel proporre alle<br />

scuole programmi di educazione sessuale <strong>per</strong> carenza di fondi.<br />

Alcune utilizzano risorse destinate agli interventi preventivi nei confronti<br />

dell’AIDS o favore della popolazione giovanile in genere, ma lo<br />

scorso anno ha suscitato grande scalpore la decisione dell’ASL di<br />

Milano di far pagare un ticket piuttosto salato (200 euro <strong>per</strong> ogni<br />

classe) alle scuole che richiedono i corsi.<br />

Ticket che potrebbe obbligare le scuole dai bilanci più risicati a<br />

rinunciare a queste tematiche, anche <strong>per</strong>ché non sembrano esistere<br />

<strong>per</strong> questo tipo di progetto educativo finanziamenti specifici da<br />

parte del Ministero dell’Istru-zione.<br />

In genere i corsi delle ASL e delle associazioni specializzate sono<br />

portati avanti da due o<strong>per</strong>atori specificamente preparati a trattare<br />

l’educazione sessuale: uno di formazione sanitaria (medico, ginecologo<br />

o andrologo), e uno psicologo, così da poter leggere i vari<br />

temi da due prospettive, tecnico-scientifica e umana, e ricostruire<br />

nella dialettica e simbolicamente l’unità tra corpo e mente. Gli interventi<br />

si basano su una concezione di sessualità intesa nel suo complesso,<br />

come espressione di pensieri e emozioni ma anche di comportamenti,<br />

valori, stereotipi, costumi, norme culturali e giuridiche,<br />

proposta di solito attraverso lezioni diverse da quelle tradizionali,<br />

che partendo dal vissuto dei ragazzi li rendono attivi e partecipi.<br />

Ma non sempre è così: poche ASL possono <strong>per</strong>mettersi o<strong>per</strong>atori<br />

con una specifica formazione, soprattutto quando gli interventi nelle<br />

scuole sono sporadici. Non di rado, poi, l’educazione sessuale<br />

viene trattata nell’ambito di programmi o corsi più generali sull’adolescenza,<br />

la crescita, l’affettività, i rapporti con i genitori.<br />

“L’ideale sarebbe che le lezioni venissero tenute alla presenza degli<br />

insegnanti dei ragazzi, che li conoscono meglio, ne capiscono i linguaggi<br />

e i comportamenti, hanno con loro un rapporto quotidiano e<br />

affettivo indispensabile <strong>per</strong> stabilire un dialogo”, sottolinea il professor<br />

de Sanctis. “Questo consentirebbe di riprendere poi nella routine<br />

scolastica gli argomenti e i problemi scaturiti dagli incontri, <strong>per</strong> forza<br />

di cose limitati. L’importante, infatti, è dare continuità alla trattazione<br />

dell’argomento educazione sessuale, che altrimenti rischia di diventare<br />

un episodio isolato.”<br />

I corsi vengono più spesso effettuati nelle medie e nelle prime classi<br />

delle su<strong>per</strong>iori, ma in alcuni casi anche nelle scuole elementari.<br />

“Cambia, ovviamente, il modo con cui si parla di sesso ai ragazzi:<br />

alle elementari si fanno discorsi sulla sessualità in generale, partendo<br />

dalle differenze tra i sessi, i ruoli maschili e femminili, magari con<br />

l’ausilio di cartelloni e figure da loro stessi preparati”, dice la dotto-


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

ressa Sampaolo, responsabile dei corsi di educazione sessuale<br />

AIED a Roma. “Oppure dall’immagine che i bambini hanno del proprio<br />

corpo sessuato, dalle emozioni che suscita il disegnarlo, dalle<br />

parole che conoscono sul proprio corpo, sempre attraverso il gioco<br />

e la successiva riflessione”.<br />

Certi corsi <strong>per</strong> le elementari sono mirati in modo specifico alla prevenzione<br />

dell'abuso sessuale: puntano a indurre autostima nei piccoli,<br />

a insegnare loro a riconoscere le emozioni ma anche le possibili<br />

situazioni di rischio, a comunicare dubbi, curiosità, episodi che li<br />

hanno turbati, coinvolgendo <strong>per</strong> forza di cose insegnanti e genitori,<br />

<strong>per</strong> far capire loro come ascoltare i bambini, come farli parlare di<br />

temi imbarazzanti, come interpretare comportamenti e comunicazioni<br />

non verbali.<br />

Con i ragazzi più grandi, il punto di partenza sono le loro conoscenze<br />

e i loro quesiti, fatti emergere spesso attraverso lavori di gruppo:<br />

questo consente di dialogare con loro, e allo stesso tempo di rielaborare<br />

e ampliare le informazioni in loro possesso, spaziando dagli<br />

aspetti anatomici e fisiologici degli organi sessuali, ai risvolti emotivi<br />

e psicologici, ai diversi atteggiamenti che caratterizzano ragazzi e<br />

ragazze. Nell’adolescenza, infatti, non è facile trovare la propria<br />

dimensione sessuale: da un lato i ragazzi sono bombardati da messaggi<br />

dei media che parlano continuamente di corpo e sessualità, di<br />

cui sono <strong>per</strong>ò spettatori passivi, senza la possibilità di esprimere<br />

desideri, ansie, dubbi. Dall’altro, hanno grandi difficoltà nell’instaurare<br />

un dialogo con chi potrebbe dar loro delle risposte, gli adulti.<br />

Difficoltà che trovano la loro maggior espressione nel rapporto degli<br />

adolescenti con i contraccettivi. “Molta è la disinformazione, a cui si<br />

aggiungono fobie, pregiudizi, credenze sbagliate”, rivela la dottoressa<br />

Sampaolo. “Tra i ragazzi c’è una diffusa resistenza ad utilizzarli,<br />

<strong>per</strong> la convinzione che facciano <strong>per</strong>dere spontaneità al rapporto sessuale,<br />

lo rovinino, <strong>per</strong> il timore che la loro presenza inneschi tutta una<br />

serie di problemi e contrasti con l’altro sesso.” Molti poi sono convinti<br />

che il preservativo rischi continuamente di rom<strong>per</strong>si, che i primi<br />

rapporti sessuali non siano a rischio, che sia <strong>per</strong>icoloso solo il quattordicesimo<br />

giorno dopo le mestruazioni, e <strong>tutti</strong> appaiono terrorizza-<br />

Ma i ragazzi, cosa ne pensano ?<br />

48<br />

ti al solo pensiero di dover chiedere qualcosa al medico.<br />

“Occorre <strong>per</strong>ciò illustrare gli aspetti tecnici dei vari metodi, spiegando<br />

nei dettagli come impiegarli, far emergere dai ragazzi stessi,<br />

magari con frasi o domande anonime, i dubbi, le preoccupazioni, le<br />

difficoltà, <strong>per</strong> poi elaborarli e risolverli insieme”, spiega de Sanctis.<br />

“La contraccezione di emergenza, <strong>per</strong> esempio, suscita molta curiosità,<br />

ed è vista come se fosse la panacea di <strong>tutti</strong> i problemi legati al<br />

sesso: ma non si sa bene che cos’è, come funziona, come fare <strong>per</strong><br />

averla. Sta a noi educatori, in particolare proprio a noi medici, presentarla<br />

<strong>per</strong> quello che in effetti è, con i rischi che comporta, e fare<br />

in modo che non spinga i ragazzi alla deresponsabilizzazione.”<br />

Il primario sottolinea, inoltre, come la presenza del medico sia<br />

importante <strong>per</strong>ché non ci sono solo le gravidanze indesiderate da<br />

evitare, ma anche le malattie a trasmissione sessuale da prevenire,<br />

spesso sottovalutate dai ragazzi. “Sono due aspetti che non di rado<br />

vengono confusi e accomunati: molti dei più giovani credono che<br />

<strong>tutti</strong> i contraccettivi, proprio <strong>per</strong>ché contraccettivi, proteggano anche<br />

da virus e batteri che si trasmettono sessualmente, <strong>per</strong> cui bisogna<br />

spiegare e rimarcare, anche se la cosa a noi adulti appare ovvia, che<br />

solo il preservativo ha questa proprietà.”<br />

Consapevole dell’impatto che questi aspetti hanno sulla vita dei<br />

ragazzi di oggi, la Società di Medicina della Adolescenza (SIMA), di<br />

cui de Sanctis è presidente, in questi ultimi anni ha trattato sempre<br />

più spesso i temi della sessualità, dei comportamenti a rischio e<br />

delle malattie sessualmente trasmesse, in occasione di Congressi<br />

Nazionali, Corsi di Aggiornamento e Perfezionamento.<br />

“I pediatri di famiglia, quando si sono presentati a svolgere un ruolo<br />

di supporto ai docenti nelle scuole <strong>per</strong> l'educazione sessuale e la<br />

prevenzione dei comportamenti a rischio, sono stati accolti molto<br />

favorevolmente, dai docenti stessi, dai ragazzi, dalle famiglie”,<br />

aggiunge. “Tutto ciò sta ad indicare che si tratta di un approccio<br />

estremamente valido, che è indispensabile portare avanti, e che si<br />

dovranno trovare delle sinergie tra il Ministero della <strong>Salute</strong>, Ministero<br />

dell’Istruzione e Società Scientifiche <strong>per</strong> venire incontro alle esigenze<br />

degli adolescenti.”<br />

Secondo una indagine condotta in più paesi, la prima es<strong>per</strong>ienza sessuale in<br />

Italia si ha a 17,6 anni: un età più bassa rispetto alla media europea che è di 18,1 anni,<br />

ma più bassa rispetto ai ragazzi americani, che cominciano prima, a 16,4 anni.<br />

“Questo <strong>per</strong>ò significa che qualcuno a 14 anni a già avuto la prima es<strong>per</strong>ienza, e che altri<br />

l’avranno ben dopo i 17 anni, con una enorme disparità di conoscenze, difficoltà e problemi”,<br />

sottolinea de Sanctis. “Per questo le reazioni immediate a interventi educativi o anche<br />

solo a incontri sporadici sul tema dell’educazione sessuale sono molto diverse: si va da atteggiamenti<br />

molto riflessivi, a risate, a provocazioni, a silenzio”.<br />

Non è facile poi verificare quali risultati a lungo termine abbiano corsi e incontri. I consultori<br />

ASL hanno riscontrato effettivamente un incremento di accessi ai loro servizi, in particolare a quelli dedicati ai giovani,<br />

da parte di ragazzi che avevano seguito i corsi di educazione sessuale a scuola. Dall’ultima verifica effettuata<br />

nell’ASL città di Milano, <strong>per</strong> la quale sono stati compilati oltre 5500 questionari in una cinquantina di istituti su<strong>per</strong>iori,<br />

è emerso un elevato gradimento da parte dei ragazzi, che <strong>per</strong> la grandissima parte considerano molto utile l’es<strong>per</strong>ienza<br />

e desidererebbe ulteriori incontri.<br />

Gli argomenti ritenuti più interessanti sono, non a caso, la contraccezione (con quasi il 90 <strong>per</strong> cento<br />

delle preferenze), seguita dalla prevenzione dei comportamenti a rischio e dall’affettività.<br />

Le valutazioni globali differiscono tuttavia nei due sessi: i ragazzi si mostrano più critici e richiedono contenuti<br />

più aderenti all’es<strong>per</strong>ienza, mentre le ragazze chiedono di approfondire gli aspetti emotivi. Da ambo i sessi,<br />

<strong>per</strong>ò, viene assai chiaramente la richiesta di soffermarsi maggiormente sulla contraccezione.


Gli adolescenti?… Saranno<br />

migliori genitori domani…<br />

Le premesse<br />

La scienza dell’adolescente ha incominciato a prendere corpo da<br />

circa quaranta anni a questa parte. Il primo articolo sul tema osservativo<br />

medico è rimbalzato dagli Stati Uniti in Italia nei primi anni settanta<br />

ed il termine “teen ager” ha sorpreso un po’ <strong>tutti</strong> a partire dai<br />

lettori della cronaca fino a <strong>tutti</strong> coloro che nella scuola e nella<br />

società in generale si interrogavano sui giovani. I giovani, genericamente<br />

raggruppati <strong>per</strong> età e <strong>per</strong> sesso, venivano a costituire un<br />

insieme di elementi fastidiosi che nel sociale, davano solo grattacapi.<br />

Il benessere im<strong>per</strong>ante nei paesi occidentali vedeva sempre di<br />

più l’emergenza di soggetti che, liberi da obblighi di lavoro impellente<br />

e da sostanziali e tradizionali influssi educativi familiari si trovavano<br />

a ciondolare nelle strade e nelle piazze, di giorno e di notte,<br />

creando non pochi interrogativi a <strong>tutti</strong>.<br />

I genitori impegnati nel lavoro finalmente disponibile, hanno sempre<br />

pensato che nel sostegno sociale allargato a <strong>tutti</strong>, visto il tanto<br />

decantato benessere economico, al problema giovani ci dovesse<br />

pensare la stessa società politica. Lo Stato doveva prendersi carico<br />

della questione educativa di queste figure di giovani che nessuno<br />

riusciva a ordinare. E visto che la scuola è sempre stato un centro<br />

di raccolta della gioventù si è pensato che gli insegnanti, in particolare,<br />

si dovessero prendere maggior cura di questa formazione da<br />

dare alle generazioni emergenti. In questo caso non si è tenuto<br />

conto, <strong>per</strong>ò di tutto quel processo generazionale che, influenzato<br />

dalla pros<strong>per</strong>ità lussuosa, ha sovvertito le gerarchie tradizionali della<br />

famiglia ed ha inviato a scuola non solo bambini e giovinetti docili e<br />

remissivi, ma anche contestatori progressivamente sempre più<br />

coscienti dei propri diritti. Nessuno quindi aveva capito, fino ad allora,<br />

quello che stava succedendo in queste nuove generazioni che,<br />

sempre piacevolmente giovani, venivano lasciate allo stato brado e<br />

questo <strong>per</strong> <strong>tutti</strong> gli impegni genitoriali e <strong>per</strong> tutte le tranquillizzazioni<br />

sociali di molte figure che prima avevano una certa influenza moderativa<br />

dei comportamenti giovanili.<br />

Gli insegnanti. I vigili metropolitani. Le forze dell’ordine. I magistrati.<br />

Tutte queste figure non trovavano più il loro tradizionale prestigio.<br />

Era sufficiente un cartello ammonitore: “…non calpestare i prati…”<br />

<strong>per</strong>ché i bambini che giocavano a palla nei giardini comunali si<br />

guardassero intorno alla ricerca del vecchio e serio vigile che girava<br />

stancamente in bicicletta nei vialetti.<br />

Era l’educazione rispettosa della società che veniva sottolineata<br />

dalla famiglia prima e dalla scuola in successione.<br />

Ma questo avveniva mezzo secolo fa.<br />

Dopo tanti interrogativi sui giornali su cosa fare con questi giovani.<br />

Dopo la creazione di tante figure di sostegno nella scuola, dapprima<br />

<strong>per</strong> ipotetiche soluzioni strutturali di miglioramento funzionale,<br />

ma poi anche <strong>per</strong> necessità politiche di creazione di posti di lavo-<br />

V. Enzo SILVIO<br />

Pediatra, Genova<br />

49<br />

ro, si è giunti all’aumento esponenziale di categorie professionali<br />

che parlando di giovani, hanno preso sempre di più ad interessarsi<br />

degli adolescenti. I tanti laureati in Facoltà di Magistero si sono riversati<br />

nella scuola, nei tribunali, negli uffici, nelle aziende, nelle fabbriche<br />

e si sono offerti a <strong>tutti</strong> come i risolutori di ogni problema emergente<br />

<strong>per</strong> le <strong>per</strong>sone in ansia e <strong>per</strong> lo Stato e le aziende.<br />

L’impreparazione di molti dirigenti statali in <strong>tutti</strong> i settori, ha tentato di<br />

pescare più <strong>per</strong>sone possibile e da più parti, finendo così di ingombrare<br />

sempre di più il campo da dissodare della adolescenza.<br />

Con il contemporaneo intervento medico, che non poteva mancare,<br />

e visto che negli studi sanitari non si aveva un settore <strong>per</strong> gli adolescenti,<br />

ma c’era una estremizzazione scientifica che conosceva i<br />

bambini e poi passava subito agli adulti, si è pensato di incominciare<br />

a lavorare nella ricerca sistematica di questa età di mezzo. Si<br />

sono così sviluppate l’auxologia che seguiva dapprima soltanto la<br />

crescita dei bambini ed ancora più si è sentita la necessità dell’endocrinologia<br />

pediatrica che ampliava e spiegava gli interrogativi<br />

puberali. Il medico pediatra si vedeva spianare una nuova distesa di<br />

fertile ricerca. La pubertà allargava enormemente il campo in termini<br />

auxologici ed in termini endocrinologici. E le capacità di psicoclinica<br />

insite nel medico si cimentavano sempre più entusiasticamente<br />

con i movimenti mentali dei giovani.<br />

Anche <strong>per</strong> la medicina si aveva così l’impatto con gli adolescenti.<br />

In tutte le nazioni che interpretavano l’esigenza medica di esplorare<br />

l’adolescenza, i pediatri emergevano <strong>per</strong>ché favoriti dallo sviluppo<br />

degli studi che dalla <strong>per</strong>inatologia e neonatologia continuava nell’infanzia<br />

e poi in tutto l’arco dell’età scolare. La progressione di logica<br />

della ricerca da parte dei medici dei bambini, entrava di forza nel<br />

<strong>per</strong>iodo della pubertà.<br />

La pubertà che è il secondo e forse il più importante momento critico<br />

disposto nella volta esistenziale, dopo la nascita e prima del climaterio<br />

(andro – menopausa).<br />

Si approfondivano le differenziazioni non solo fenotipiche della sessualità<br />

(maschile e femminile), ma anche le differenze comportamentali<br />

tra i due sessi che creavano sempre maggiori interrogativi in<br />

una famiglia ed in una scuola sempre più lontane dalla conoscenza<br />

progressiva della crescita fisica, mentale e sociale dei giovani. Le<br />

contestazioni verso i genitori e verso gli insegnanti si sommavano e<br />

si continuano a sommare. Per gli adolescenti non si trova un referente<br />

vero e capace. La società, in confusione, suggerisce sempre<br />

più altri soggetti. Gli amici intervengono con la loro confusa conoscenza<br />

del tema educativo e con il sentito dire. Il portinaio ed il verduraio<br />

sono i maggiori suggeritori di soluzioni. La pletora dei <strong>per</strong>sonaggi<br />

arriva alla confusione totale.


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Nascono così i molteplici raggi di una ruota che ha <strong>per</strong> fulcro gli<br />

adolescenti.<br />

I raggi sono <strong>per</strong>ò di lunghezza differente e la ruota spigolosa ballonzola<br />

nel tentare di girare e gli adolescenti rimangono incompresi.<br />

Si potrebbero evidenziare due raggruppamenti di tendenze osservative<br />

dei giovani:<br />

1. Quella sociopsicofilosofica in cui includere <strong>tutti</strong> i professionisti che<br />

utilizzano le osservazioni mentali proprie in funzione delle specifiche<br />

capacità interpretative e deduttive e quindi non scientifiche<br />

(magistrati, sociologi, psicologi, insegnanti, giornalisti etc…)<br />

2. Quella più organo scientifica che tende a quantificare gli effetti<br />

comportamentali dello sviluppo corporeo in correlazione con le<br />

situazioni culturali, economiche, caratteriali ed ambientali. I medici<br />

e la loro psicoclinica.<br />

I magistrati sono chiamati sempre più in causa <strong>per</strong> gli eccessi degli<br />

adolescenti. Eccessi che arrivano allo stupro di gruppo, alla rapina<br />

ed all’omicidio. Maschi e femmine talora si uniscono nell’aggredire.<br />

Le ragazze nella loro connaturata maternalità si atteggiano a protettrici<br />

dei loro giovani partners deviati. Queste ragazze arrivano fino a<br />

prostituirsi <strong>per</strong> avere la dose di droga dapprima necessaria solo a<br />

lui e poi anche a lei. Il furto. La rapina. Le sostanze tossiche. La<br />

discoteca. La ricerca pretestuosa della violenza dopo l’inebriante<br />

bevuta di alcolici condita di ekstasi. La velocità estrema della corsa<br />

in macchina nella notte buia in una strada alberata. I fari che cercano<br />

un albero.<br />

Lo scontro violento.<br />

Nella contestazione giovanile non c’è solo euforia <strong>per</strong> la vita libera e<br />

disordinata, c’è anche costernazione e paura, tristezza e solitudine.<br />

Nell’euforia si apre il baratro della continuazione dell’esistenza.<br />

Della domanda della ragione della vita. Il dubbio e non la certezza<br />

im<strong>per</strong>a in loro. Ed allora nella debolezza del giovane si risolve il tutto<br />

con l’abbandono della responsabilità che il soffio vitale gli ha affidato<br />

alla nascita.<br />

La Società conosce i giovani?<br />

Dopo trenta anni me lo domando ancora e la risposta è ancora tristemente<br />

negativa. Tutte le figure emergenti che si atteggiano a studiosi<br />

e conoscitori globali degli adolescenti peccano di presunzione.<br />

L’adolescente nella sua complessità è sconosciuto a se stesso.<br />

Non si conosce ed in questa posizione non conosce e non trova<br />

sostegni. La famiglia nella progressione migliorativa del lavoro che<br />

da contadino si è trasformato in industriale, lo ha abbandonato.<br />

Alcuni giovani si aiutano da soli nella tradizione sociale che tramandata<br />

loro geneticamente, si risveglia nella posatezza culturale derivata<br />

ai figli dai genitori. La sicurezza nel rispetto dell’etica da parte<br />

delle figure in casa è ancora oggi di notevole sostegno <strong>per</strong> molti<br />

adolescenti. In modo diverso si trovano quei giovani che sono nella<br />

necessità di trovare in solitudine le soluzioni nell’esistenza.<br />

Ed allora possiamo dire che molto della riuscita dipende dalla caratterialità.<br />

L’essere sinaptico ovvero il comportamento subordinato<br />

alle correlazioni interneuronali poligeniche, torna sempre più di frequente<br />

negli studi scientifici che ci spiegano molti lati oscuri della<br />

reazioni <strong>per</strong>sonali. Ed io aggiungo generazionali. Tutte le generazio-<br />

50<br />

ni impattano sempre con l’ambiente che cambia ed adeguano il loro<br />

“IO” globale e particolare dei singoli individui, alle situazioni innovative.<br />

In sostanza in questo adeguamento generazionale ci si consente<br />

di modificare progressivamente nei tempi quelle che sono<br />

state le es<strong>per</strong>ienze trasmesse dai genitori. In tal modo il mondo<br />

cambia nei pensieri e nei tecnicismi.<br />

Il firmamento tolemaico diviene galileiano.<br />

Forse in termini speculativi potremmo dire che il distacco o lo slivellamento<br />

delle generazioni è quel contrasto tra padri, madri, figli e<br />

figlie, che risiede nella incosciente consapevolezza che i discendenti<br />

modificano le es<strong>per</strong>ienze trasmesse dai genitori. I genitori si lamentano<br />

<strong>per</strong>ché non vogliono rinunciare al proprio mondo ed i figli urlano<br />

la loro voglia di rivoluzionare la situazione che trovano.<br />

Nascono nel tempo unioni di categorie di ricercatori che studiano<br />

l’adolescenza in ogni sua sfaccettatura. E si concretizzano raggruppamenti<br />

di studiosi che, di diverse professioni o religioni, intervengono<br />

nel dare le loro ritenute logiche spiegazioni alla situazione<br />

attuale degli adolescenti. Le spiegazioni di costoro, <strong>per</strong> molti risultano<br />

solo come delle forzature che tentano di dare chiarimenti a soggetti<br />

in crisi <strong>per</strong>sonale. Genitori e figli insoddisfatti rimangono nel<br />

distacco e nell’incomprensione reciproca.<br />

Si fanno piani sociali <strong>per</strong> chiamare a raccolta i genitori <strong>per</strong> informarli.<br />

Si fanno sforzi di unirli agli insegnanti <strong>per</strong> una reciproca collaborazione.<br />

Portare verso costoro in riunione, temi drammatici come possono<br />

essere la devianza verso la droga ed impastarli con il terrorismo<br />

giornalistico, o parlare del fumo di tabacco o del vino come se fossimo<br />

dinanzi al fantasma del castello, entrare nel merito della alimentazione<br />

in termini puramente teorici di grammi e di calorie a ragazzi<br />

maschi e femmine che vogliono solo ridurre il proprio peso <strong>per</strong> adeguarsi<br />

alle esigenze estetiche del momento, non è produttivo.<br />

Non c’è volontario che sia mai riuscito a mettere insieme genitori ed<br />

insegnanti <strong>per</strong> più di una volta e <strong>per</strong> un insieme maggiore di cinque<br />

o sei <strong>per</strong>sone.<br />

I ragazzi non conoscono se stessi e nessuno glielo spiega. Questo<br />

<strong>per</strong>ché ancora molti adulti sentendosi in posizione conflittuale con i<br />

ragazzi sono sempre più portati a rimproverali che a capirli. Il contrasto<br />

tra le due parti diviene sempre più consistente nel tempo e<br />

solo in momenti di crisi esistenziale o dianzi ai drammi della vita, gli<br />

adulti piangono la <strong>per</strong>dita dei giovani ed i giovani sono amareggiati<br />

dalla scomparsa dei loro cari e si pentono di non averli ascoltati.<br />

Insomma è un pianto improduttivo e reciprocamente inutile.<br />

Educazione preventiva<br />

Non si può arrivare a spiegare tutto il tema ad ogni singolo soggetto<br />

(genitore o giovane), ma dare alla parte in crescita, più recettiva e<br />

più desiderosa di sa<strong>per</strong>e, un primo esempio di notizie mai date né<br />

nel <strong>per</strong>iodo adolescenziale né in altri momenti della vita, tranne dopo<br />

che si è sbagliato, è ferma convinzione che possa migliorare la formazione<br />

dei giovani.<br />

Gli ambienti frequentati da loro saranno sani o meno, saranno difficili<br />

o meno, saranno complessi e praticati da soggetti eterogenei<br />

miti o aggressivi, ma se gli adolescenti si presenteranno a se stessi<br />

nel confronto con gli altri, con cognizioni più realistiche e senza


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

fantasie ipotizzate da<br />

“ignoranti” della materia,<br />

forse avranno maggiore<br />

capacità di scelta <strong>per</strong><br />

comprendere la loro posizione.<br />

I genitori non vogliono<br />

impegnarsi. Gli insegnanti<br />

rimangono indietro<br />

negli aggiornamenti pedagogici.<br />

I teorici della<br />

psiche utilizzano in genere,<br />

lo schematismo dottrinale<br />

dell’analisi comportamentale<br />

e dei segni<br />

zodiacali, <strong>per</strong> poi esaltarlo<br />

con la capacità interpretativa<br />

dei singoli analisti. Da qui deriva anche una domanda che<br />

ci si pone a livello di medicina e di magistratura, secondo cui non si<br />

capisce bene se il divismo narcisistico, tanto utilizzato in queste<br />

<strong>per</strong>izie, sia da assegnare all’esaminatore o all’esaminato.<br />

Per tutto questo rimaniamo ancora molto distanti dal far capire nella<br />

scuola la deflessione del profitto scolastico nel <strong>per</strong>iodo puberale.<br />

Quanto ancora si deve conoscere degli adolescenti!<br />

I loro interessi di ragazzi divergono dai programmi di insegnamento.<br />

In un secondo <strong>per</strong>iodo i giovani torneranno al piacere del conoscere,<br />

ma nei momenti dello sconvolgente e violento impeto del<br />

sesso sono come gli animali nella stagione degli amori. Il <strong>per</strong>icolo<br />

non si vede e tutto si concretizza nel desiderio della riproduzione<br />

della specie.<br />

Dopo secoli, la animalità del genere umano si può razionalizzare,<br />

ma non si può annullare.<br />

Per questo diviene utile dare ai giovani di oggi le nozioni più chiare<br />

rispetto al loro corpo. Insegniamo, parlando con tranquillità e trasparenza,<br />

della fisiologia della loro sessualità maschile e femminile.<br />

Incominciamo a far conoscere con naturalezza le pulsioni che portano<br />

alle prime es<strong>per</strong>ienze masturbatorie e poi di sesso maturo<br />

applicato nella pratica sessuologica a due. Facciamo capire gli<br />

eventi di questa maturazione come il menarca che non solo può<br />

essere chiarito con la rassicurazione materna, ma anche con la tranquillizzazione<br />

della fisiologia medica normale del ciclo. Spiegando<br />

la realizzazione del ciclo mensile ovulatorio o anovulatorio evitiamo<br />

che le giovinette vadano subito a utilizzare pillole anticoncezionali<br />

mascherate da cure <strong>per</strong> il ritmo mensile. Insegniamo il concetto e la<br />

metodica di autocontrollo del seno. Cerchiamo di far conoscere<br />

come l’uso dei farmaci non sia privo di effetti collaterali specialmente<br />

ad un’età in cui gli equilibri di stimolo ghiandolare e di retroazione<br />

verso il centro primario di funzione (feedback), non sono ancora<br />

stabilizzati. Evitiamo che la masturbazione femminile e maschile sia<br />

criminalizzata come causa di <strong>tutti</strong> i malanni del corpo e della mente.<br />

Spieghiamo la attività testicolare e l’anatomia maschile. La fisiologia<br />

del maschio e quella della femmina. Delucidiamo loro i <strong>per</strong>ché normali<br />

della evoluzione dei sessi. Parliamo delle devianze dalla media<br />

dei comportamenti sessuali.<br />

Facciamo comprendere ai giovani che la conoscenza di questi<br />

semplici argomenti della fisiologia e della anatomia umana debbo-<br />

51<br />

Gli adolescenti?... Saranno migliori genitori domani...<br />

no essere ado<strong>per</strong>ati <strong>per</strong> capire<br />

se stessi nelle tendenze<br />

interumane e nella disposizione<br />

aggressiva. Maschi e femmine<br />

divengono e si confermano<br />

diversi nel pensiero e<br />

nelle azioni, in questo <strong>per</strong>iodo<br />

della loro vita.<br />

I primi brividi al solo guardarsi<br />

saranno sempre una sorpresa<br />

piacevole anche se i<br />

giovani capiranno meglio <strong>per</strong>ché<br />

succedono questi batticuori.<br />

Educhiamoli alla nutrizione<br />

ed al rispetto delle norme<br />

acquisite in famiglia da es<strong>per</strong>ienze<br />

secolari. I cibi di mamma non sono solo buoni <strong>per</strong>ché sono<br />

quelli che hanno impostato il nostro olfatto e gusto alle prime es<strong>per</strong>ienze<br />

alimentari in casa, ma sono buoni anche <strong>per</strong>ché sono quei<br />

cibi che hanno subito la selezione culturale del paese in cui si è nati.<br />

Un piatto del sud italiano è diverso da una preparazione alpina <strong>per</strong><br />

esigenze climatiche e <strong>per</strong> selezioni di culture locali, quindi dobbiamo<br />

spiegarlo a molti giovani prima che questi si lascino incantare<br />

da ricette o peggio da diete riportate sui giornali.<br />

Entriamo nel merito educativo diretto ai giovani <strong>per</strong>ché siano capaci<br />

di comprendere i motivi del divario generazionale e <strong>per</strong>ché siano<br />

nella condizione di sostenere gli interrogativi dei loro futuri figlioli. I<br />

maschi rimangono ancora i più penalizzati in questa educazione<br />

odierna. I loro genitori, di frequente, non sanno nulla dell’adolescenza.<br />

In queste famiglie l’aiuto materno verso le figlie chiarisce,<br />

seppure non spiega molto. Ma i maschi sono lasciati a se stessi e<br />

molti padri dicono ancora oggi: “… mio figlio imparerà suo malgrado,<br />

come ho dovuto imparare io. Da solo!”<br />

A questa nozione educativa preventiva che potrà essere diretta ai giovani,<br />

si adatteranno tanti altri insegnamenti medici e sociali alfine di<br />

presentare, senza terrorismo verbale, argomenti come quello dei tossici,<br />

delle malattie in generale e di quelle sessotrasmesse in particolare,<br />

ma sempre nel rispetto e nel desiderio espresso dagli adolescenti<br />

di voler conoscere di più e di desiderare maggiori spiegazioni.<br />

Prepariamo meglio i ragazzi di oggi, e domani avremo, di sicuro, dei<br />

genitori più collaborativi nella educazione socio preventiva delle<br />

future generazioni.<br />

Come adolescentologi medici e <strong>per</strong> di più pediatri, dobbiamo impegnarci<br />

con maggiore decisione <strong>per</strong> coinvolgere altre figure (provveditori,<br />

insegnanti, genitori e tante altri come i sostegni scolastici o i<br />

magistrati), ma infine la ruota dell’adolescente avrà dei raggi di<br />

eguale misura.<br />

Nel prosieguo dell’esistenza, questa ruota potrà girare senza troppi<br />

sussulti e procederà senza grossolane sollecitazioni verso una vita<br />

migliore <strong>per</strong> un sempre maggior numero di figli dei giovani di oggi<br />

che potranno arrivare a procreare essendo più preparati alla conoscenza<br />

di se stessi. Con la conoscenza di se stessi potranno poi<br />

rassicurare i loro figli.<br />

Collaboriamo a farli oggi più consapevoli e gli attuali adolescenti<br />

saranno migliori genitori domani.


Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

Volume 1, n. 1, <strong>2003</strong><br />

Istruzioni agli Autori<br />

Obiettivo della rivista<br />

La Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza, organo<br />

ufficiale della Società Italiana di Medicina<br />

dell'Adole-scenza, si propone di favorire la cultura e<br />

la conoscenza degli aspetti medici, etici, educativi e<br />

psicosociali della età adolescenziale con l’obiettivo di<br />

migliorare l’approccio all’assistenza ed alle problematiche<br />

dell’età evolutiva.<br />

La Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza<br />

pubblica articoli di aggiornamento, articoli originali,<br />

casi clinici, note di laboratorio, rassegne specialistiche<br />

di Es<strong>per</strong>ti di diverse discipline mediche (pediatria,<br />

medicina legale, dermatologia, ginecologia,<br />

andrologia, odontoiatria, diagnostica di laboratorio<br />

e <strong>per</strong> immagini, medicina dello sport).<br />

Preparazione degli articoli<br />

Gli articoli devono essere dattiloscritti con doppio<br />

spazio su fogli A4 (210 x 297 mm), lasciando 20 mm<br />

<strong>per</strong> i margini su<strong>per</strong>iore, inferiore e laterali.<br />

La prima pagina deve contenere: titolo, nome e<br />

cognome degli autori, istituzione di appartenenza e<br />

relativo indirizzo.<br />

La seconda pagina deve contenere un riassunto in<br />

italiano ed in inglese e 2-5 parole chiave in italiano<br />

ed in inglese.<br />

Per la bibliografia, che deve essere essenziale,<br />

attenersi agli “Uniform Requirements for Manuscript<br />

submitted to Biomedical Journals” (New Eng J Med<br />

1997; 336:309).<br />

Più precisamente, le referenze bibliografiche devono<br />

essere numerate progressivamente nell’ordine<br />

in cui sono citate nel testo (in numeri arabi tra<br />

parentesi).<br />

I titoli delle riviste devono essere abbreviate secondo<br />

lo stile utilizzato nell’Index Medicus (la lista può<br />

essere eventualmente ottenuta al seguente sito<br />

web:<br />

http://www.nlm.nih.gov).<br />

Articoli standard di riviste<br />

Parkin MD, Clayton D, Black RJ, Masuyer E, Friedl<br />

HP, Ivanov E., et al. Childhood leukaemia in Europe<br />

after Chernobil: 5 year follow-up. Br J Cancer 1996;<br />

73:1006<br />

Articoli con organizzazioni come autore<br />

The Cardiac Society of Australia and New Zealand.<br />

Clinical exercise stress testing. Safety and <strong>per</strong>formance<br />

guidelines. Med J Aust 1996; 164:282<br />

52<br />

Articoli in supplementi al fascicolo<br />

Payne DK, Sullivan MD, Massie MJ. Women’s psychological<br />

reactions to breast cancer. Semin Oncol<br />

1996; 23 (Suppl 2):89<br />

Libri<br />

Ringsven MK, Bond D. Gerontology and leadership<br />

skill for nurses. 2nd ed. Albany (NY): Delmar<br />

Publisher; 1996<br />

Capitolo di un libro<br />

Phillips SJ, Whisnant JP. Hy<strong>per</strong>tension and stroke.<br />

In: Laragh JH, Brenner BM, editors. Hy<strong>per</strong>tension:<br />

pathophysiology, diagnosis, and management. 2nd<br />

ed. New York: Raven Press; 1995, p.465<br />

Figure e Tabelle<br />

Per favorire la comprensione e la memorizzazione<br />

del testo è raccomandato l’impiego di figure e<br />

tabelle.<br />

Per illustrazioni tratte da altre pubblicazioni è<br />

necessario che l’Autore fornisca il <strong>per</strong>messo scritto<br />

di riproduzione. Le figure (disegni, grafici, schemi,<br />

fotografie) devono essere numerate con numeri<br />

arabi secondo l’ordine con cui vengono citate nel<br />

testo ed accompagnate da didascalie redatte su un<br />

foglio separato.<br />

Le fotografie possono essere inviate come stampe,<br />

come diapositive, o come immagini elettroniche<br />

(formato JPEG; EPS, o TIFF).<br />

Ciascuna tabella deve essere redatta su un singolo<br />

foglio, recare una didascalia ed essere numerata<br />

con numeri arabi secondo l’ordine con cui viene<br />

citata nel testo<br />

Come e dove inviare gli articoli<br />

Oltre al dattiloscritto in duplice copia, è necessario<br />

inviare anche il dischetto magnetico (formato PC o<br />

Mac) contenente il file con il testo e le tabelle. Gli<br />

articoli vanno spediti al seguente indirizzo:<br />

Dott. Vincenzo de Sanctis<br />

Società Italiana<br />

di Medicina della Adolescenza<br />

Arcispedale S. Anna<br />

Corso Giovecca 203<br />

44100 Ferrara<br />

E-mail: vdesanctis@libero.it

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