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Chirurgia cardiaca - Touch Cardiology

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<strong>Chirurgia</strong> della radice aortica in un paziente con sindrome di Marfan e con “fragilità<br />

familiare” dell’ostio coronarico destro: utilizzo strategico del sigillante chirurgico Coseal.<br />

Abstract<br />

Parole chiave<br />

© TOUC H B R I E F I N GS 2 0 11<br />

Luigi Chiariello MD, Fabio Bertoldo MD, PhD, Antonio Scafuri MD<br />

U.O.C. Cardiochirurgia, Fondazione PTV “Policlinico Tor Vergata”, Roma, Italia<br />

<strong>Chirurgia</strong> <strong>cardiaca</strong><br />

La chirurgia dell’aorta toracica ascendente si associa ad un aumentato rischio di sanguinamento postoperatorio, soprattutto nei casi in cui la<br />

procedura coinvolge la radice aortica. Infatti, in tali circostanze la necessità del reimpianto degli osti coronarici sulla protesi vascolare aumenta<br />

questo rischio ed inoltre comporta un rischio aggiuntivo di complicanze a carico non soltanto degli osti coronarici, ma anche del primo<br />

tratto delle arterie coronarie. Queste complicanze risultano ovviamente più frequenti nei pazienti affetti da connettivopatie, come ad esempio<br />

la sindrome di Marfan o altre fibrillinopatie, in cui è possibile osservare un’estrema fragilità della parete aortica.<br />

In queste condizioni, risulta doveroso mettere in atto tutte quelle strategie necessarie a ridurre al minimo il rischio di complicanze emorragiche<br />

e non, correlate all’unica porzione di parete aortica malata che non viene rimossa, ma reimpiantata. Tra le varie misure strategiche,<br />

l’utilizzo di un sigillante chirurgico applicato direttamente sia sulle anastomosi di reimpianto degli osti coronarici che su quella tra protesi<br />

vascolare ed aorta ascendente distale o arco aortico prossimale, sembrerebbe l’approccio strategico più efficace.<br />

Riportiamo un caso di un paziente di 44 anni, di sesso maschile, affetto da sindrome di Marfan e con diagnosi di ectasia anuloaortica con<br />

insufficienza valvolare di grado lieve e dilatazione della radice aortica e dell’aorta toracica ascendente, sottoposto ad intervento chirurgico di<br />

sostituzione della radice aortica e dell’aorta toracica ascendente con reimpianto della valvola nativa e successivamente degli osti coronarici,<br />

secondo la tecnica di David I modificata. La particolarità di questo paziente era rappresentata da un’estrema fragilità familiare a carico degli<br />

osti coronarici e del primo tratto dell’arteria coronaria destra. Rispetto alle strategie preventive messe in atto in alcuni suoi familiari già<br />

sottoposti a chirurgia della radice aortica, ma che si erano rivelate inefficaci, in questo paziente avevamo deciso di aggiungere anche l’utilizzo<br />

di un sigillante chirurgico, il Coseal (Baxter Healthcare Corporation, Hayward, California, USA), applicandolo direttamente sulle anastomosi di<br />

reimpianto degli osti coronarici, appena completate. Probabilmente, proprio grazie a questo ulteriore e nuovo approccio strategico, il paziente<br />

non aveva presentato nel suo decorso postoperatorio complicanze emorragiche o di altra natura a carico del primo tratto dell’arteria coronaria<br />

destra, a differenza di altri tre suoi familiari.<br />

Questo particolare caso clinico, sembrerebbe avvalorare l’efficacia clinica dell’utilizzo di sigillanti chirurgici in una chirurgia a particolare<br />

rischio emorragico ed in condizioni di predisposizione familiare alla fragilità dei tessuti, come si osserva nelle connettivopatie e nelle fibrillinopatie<br />

in particolare.<br />

Coseal, surgical sealant, hemostatic agent, polyethylene glycol, cardiac surgery.<br />

Notifica: L’autore non ha conflitti d’interesse da dichiarare<br />

Indirizzo per la corrispondenza: Luigi Chiariello Fondazione PTV "Policlinico Tor Vergata" U.O.C. Cardiochirurgia Viale Oxford, 81 00133 Roma Italia<br />

E: cardiochirurgia@uniroma2.it<br />

Ricevuto: 21 Ottobre 2011 Accettato: 30 Novembre 2011<br />

Case Report<br />

Un paziente di 44 anni e di sesso maschile, seguito presso il Presidio<br />

Regionale per la sindrome di Marfan della Fondazione PTV “Policlinico Tor<br />

Vergata”, dove era stata posta diagnosi di ectasia anuloaortica [1] con<br />

insufficienza valvolare di grado lieve e dilatazione della radice aortica e<br />

dell’aorta toracica ascendente, giungeva al Pronto Soccorso per dolore<br />

toracico irradiato alla regione interscapolare ed associato a sudorazione<br />

algida. Un elettrocardiogramma evidenziava ritmo sinusale ed escludeva<br />

la presenza di segni d’ischemia acuta in atto. Gli esami di laboratorio<br />

risultavano nella norma, ad eccezione di valori aumentati di glicemia. Una<br />

radiografia del torace in due proiezioni non evidenziava alcun reperto<br />

patologico. Infine, una tomografia computerizzata del torace e<br />

dell’addome eseguita senza e con mezzo di contrasto escludeva la<br />

presenza di sindrome aortica acuta. Pertanto, il paziente veniva ricoverato<br />

presso la U.O.C. Cardiochirurgia per completare l’iter diagnostico.<br />

L’anamnesi familiare era caratterizzata da un’importante presenza della<br />

sindrome di Marfan [2] e da alcuni casi di dissecazione aortica acuta. In<br />

particolare, tra i molti familiari affetti da sindrome di Marfan, un nipote,<br />

una sorella ed un figlio del paziente erano già stati sottoposti ad<br />

intervento cardiochirurgico ed i primi due avevano presentato<br />

gravissime complicazioni sul primo tratto dell’arteria coronaria destra.<br />

Un nipote del paziente, di 16 anni, era giunto alla nostra osservazione<br />

con la diagnosi di dissecazione aortica acuta di tipo A ed era stato<br />

sottoposto, in carattere d’emergenza, ad intervento chirurgico di<br />

1


<strong>Chirurgia</strong> della radice aortica in un paziente con sindrome di Marfan<br />

sostituzione della valvola aortica, della radice aortica e dell’aorta<br />

toracica ascendente e della concavità dell’arco aortico mediante<br />

protesi vascolare valvolata e con successivo reimpianto degli osti<br />

coronarici, secondo la tecnica di Bentall-De Bono modificata [3].<br />

Durante lo svezzamento dal bypass cardiopolmonare, si evidenziava<br />

sanguinamento in corrispondenza dell’anastomosi dell’ostio coronarico<br />

destro sulla protesi vascolare ed acinesia della parete inferiore del<br />

ventricolo sinistro ed ipocinesia diffusa del ventricolo destro, con<br />

evidenza di dissecazione del primo tratto dell’arteria coronaria destra.<br />

Pertanto, si rendeva necessario il confezionamento di un bypass<br />

coronarico in arteria mammaria interna destra in free graft tra protesi<br />

vascolare e tratto prossimale del ramo coronarico. Il decorso<br />

postoperatorio era esente da ulteriori complicazioni ed il paziente<br />

veniva trasferito in ottava giornata postoperatoria presso un centro di<br />

riabilitazione. Una sorella, di 39 anni, era giunta alla nostra osservazione<br />

con la diagnosi di ectasia anuloaortica con insufficienza valvolare di<br />

grado lieve e dilatazione della radice aortica e dell’aorta toracica<br />

ascendente e pertanto era stata sottoposta, in carattere d’elezione, ad<br />

intervento chirurgico di sostituzione della radice aortica e dell’aorta<br />

toracica ascendente con reimpianto della valvola aortica mediante<br />

protesi vascolare Valsalva e con successivo reimpianto degli osti<br />

coronarici, secondo la tecnica di David I modificata [4]. L’immediato<br />

decorso postoperatorio era complicato da improvviso ed abbondante<br />

sanguinamento dai drenaggi con tamponamento cardiaco e necessità<br />

di eseguire, in carattere d’emergenza ed in Terapia Intensiva, una<br />

riesplorazione chirurgica per la revisione dell’emostasi. Veniva<br />

evidenziata una lesione della parete del primo tratto dell’arteria<br />

coronaria destra, in prossimità dell’anastomosi di reimpianto del<br />

relativo ostio coronarico sulla protesi vascolare. La riparazione di tale<br />

lesione risultava particolarmente complessa e veniva eseguita con<br />

successo soltanto dopo aver preparato ed avviato di nuovo il bypass<br />

cardiopolmonare, necessario anche a causa dell’instabilità del quadro<br />

emodinamico. Nonostante la drammaticità di tale complicanza e della<br />

difficile e complessa gestione della stessa, la paziente superava<br />

brillantemente tale evento e dopo un decorso postoperatorio esente da<br />

ulteriori complicazioni, veniva trasferita in quinta giornata<br />

postoperatoria presso un centro di riabilitazione. Infine, un figlio di 20<br />

anni era giunto alla nostra osservazione con la diagnosi di ectasia<br />

anuloaortica con dilatazione della radice aortica e dell’aorta toracica<br />

ascendente ed insufficienza valvolare mitralica di grado medio (2+) e<br />

pertanto era stato sottoposto, in carattere d’elezione, ad intervento<br />

chirurgico di sostituzione della radice aortica e dell’aorta toracica<br />

ascendente con reimpianto della valvola aortica mediante protesi<br />

vascolare Valsalva e con successivo reimpianto degli osti coronarici,<br />

secondo la tecnica di David I modificata [4] ed a riparazione valvolare<br />

mitralica mediante anuloplastica con posizionamento di anello<br />

incompleto semi-rigido. L’immediato decorso postoperatorio era<br />

complicato da abbondante sanguinamento dai drenaggi con iniziali<br />

segni di tamponamento cardiaco e necessità di eseguire, in carattere<br />

d’urgenza, una riesplorazione chirurgica per la revisione dell’emostasi,<br />

che in questo caso non metteva in evidenza fonti attive maggiori di<br />

sanguinamento. Nonostante tale complicanza, dopo un decorso<br />

postoperatorio esente da ulteriori complicazioni, il paziente veniva<br />

trasferito in sesta giornata postoperatoria presso un centro di<br />

riabilitazione. Questi tre pazienti vengono regolarmente e<br />

periodicamente seguiti presso il Presidio Regionale per la sindrome di<br />

Marfan ed attualmente si presentano tutti in ottime condizioni generali<br />

con un follow-up che ha raggiunto 23 mesi, 8 mesi e 3 mesi<br />

rispettivamente.<br />

2<br />

Figura 1 Applicazione del sigillante chirurgico Coseal<br />

sull'anastomosi di reimpianto dell'ostio coronarico sinistro<br />

Oltre alla familiarità per sindrome di Marfan e per dissecazione aortica<br />

acuta, con una singolare fragilità a carico dell’arteria coronaria destra,<br />

il paziente presentava tra i fattori di rischio anche diabete mellito<br />

insulino-dipendente e dislipidemia mista. In anamnesi patologica<br />

remota era presente una pregressa gastrite.<br />

Un nuovo elettrocardiogramma evidenziava ritmo sinusale alla frequenza<br />

<strong>cardiaca</strong> di 79 bpm ed alterazioni aspecifiche della fase di ripolarizzazione<br />

ventricolare. Gli esami di laboratorio erano nella norma, ad eccezione di<br />

valori aumentati di glicemia, colesterolo totale, colesterolo-LDL e<br />

trigliceridi. La diagnosi di accettazione veniva confermata da un nuovo<br />

esame ecocardiografico transtoracico, che evidenziava ectasia<br />

anuloaortica asimmetrica (prevalente a livello del seno non-coronarico)<br />

con rigurgito valvolare di grado lieve (1+) e dilatazione della radice aortica<br />

con diametro trasverso massimo di circa 47 mm estesa al tratto<br />

prossimale dell’aorta toracica ascendente e con perdita della giunzione<br />

senotubulare. Le dimensioni della radice aortica e dell’aorta toracica<br />

ascendente corrispondevano a quelle misurate precedentemente con la<br />

tomografia computerizzata del torace e dell’addome eseguita senza e con<br />

mezzo di contrasto, presso il Pronto Soccorso. Un esame coronarografico<br />

evidenziava circolazione coronarica a dominanza destra ed escludeva la<br />

presenza di stenosi emodinamicamente significative ed<br />

angiograficamente dimostrabili a carico dell’albero coronarico, ad<br />

eccezione di una stenosi del 30% presente sul tratto medio dell’arteria<br />

discendente anteriore. In considerazione dell’età (44 anni), dell’altezza<br />

(183 cm), del peso (82 Kg) e quindi della sua superficie corporea (2,04 m2), l’aortic ratio [5], cioè il rapporto tra diametro misurato e diametro atteso a<br />

livello della radice aortica, risultava di 1,3 e lo Z-score risultava di 3.<br />

Pertanto, completato l’iter diagnostico e posta l’indicazione al trattamento<br />

della patologia espansiva della radice aortica, il paziente veniva sottoposto<br />

ad intervento chirurgico, in carattere d’elezione.<br />

L’anestesia veniva condotta secondo il protocollo in uso presso il nostro<br />

centro. Il monitoraggio emodinamico veniva garantito da un catetere<br />

arterioso posizionato in arteria radiale destra, da un catetere venoso<br />

centrale posizionato in vena giugulare interna destra e dall’utilizzo del<br />

catetere di Swan-Ganz. L’esame ecocardiografico transesofageo<br />

intraoperatorio (Philips iE33) confermava i reperti evidenziati<br />

dall’esame ecocardiografico transtoracico ed in particolare l’ectasia<br />

anuloaortica con il rigurgito valvolare di grado lieve (1+) e la dilatazione<br />

della radice aortica estesa all’aorta toracica ascendente e con perdita<br />

della giunzione senotubulare. L’ACT (tempo di coagulazione attivato)<br />

preoperatorio era di 141 secondi.<br />

E U R O P E A N C A R D I O L O G Y


Dopo la sternotomia mediana longitudinale, l’apertura e la sospensione<br />

del pericardio e dopo la somministrazione di una dose iniziale di<br />

eparina sodica di 25.000 U.I. per via endovenosa, in base al test doserisposta<br />

HRT eseguito con Hemochron ® Response Whole Blood<br />

Coagulation System (Cremascoli & Iris s.r.l., Milano, Italy) per ottenere<br />

un’anticoagulazione completa con un ACT superiore a 480 secondi, si<br />

procedeva alla preparazione per il bypass cardiopolmonare con<br />

cannulazione arteriosa in arco aortico (cannula per arterie ed arco<br />

flessibile Medtronic DLP ® 714 24 Fr.) e con cannulazione venosa<br />

selettiva nella vena cava superiore (cannula venosa single stage<br />

Medtronic DLP ® 661 28 Fr.) ed in quella inferiore (cannula venosa single<br />

stage Medtronic DLP ® 661 30 Fr.). Il bypass cardiopolmonare veniva<br />

condotto mantenendo un flusso non pulsato (in media 2,4 l/min/m2 ) in<br />

normotermia a 36°C, con una pompa roller (Terumo ® Advanced<br />

Perfusion System 1) ed utilizzando un’ossigenatore a membrana a fibre<br />

cave PrimO2x (Sorin Group, Cobe Cardiovascular ® , Arvada, CO, USA) ed<br />

un circuito Sorin (Sorin Group, Corporate Headquarters Sorin S.p.A.,<br />

Milano, Italy). Il priming era costituito da 500 ml di ringer acetato<br />

(Fresenius Kabi Italia s.r.l., Isola della Scala, Verona, Italy), 500 ml di<br />

idrossietil amido (Fresenius Kabi Italia s.r.l., Isola della Scala, Verona,<br />

Italy) e 160 ml di mannitolo al 18% (Fresenius Kabi Italia s.r.l., Isola della<br />

Scala, Verona, Italy). La gestione dell’equilibrio acido-base veniva<br />

ottenuta con il controllo alpha-stat. Dopo l’avvio del bypass<br />

cardiopolmonare ed il clampaggio aortico, l’arresto cardioplegico e la<br />

protezione miocardica venivano garantiti con l’infusione di 2.000 ml di<br />

soluzione cardioplegica Bretschneider HTK (Custodiol ® , Dr. Franz Köhler<br />

Chemie GMBH, Bensheim, Germany) direttamente nel bulbo aortico. La<br />

scelta di questo tipo di soluzione cardioplegica era dettata non soltanto<br />

dalla necessità di un tempo lungo di clampaggio aortico, ma soprattutto<br />

dalla volontà di evitare ripetuti traumatismi sugli osti coronarici, in<br />

particolare quello destro, inevitabili con la somministrazione di un altro<br />

tipo di soluzione cardioplegica, come ad esempio quella ematica calda<br />

somministrata per via anterograda, che richiede somministrazioni ad<br />

intervalli regolari, ogni 20 minuti circa.<br />

Ottenuto l’arresto cardioplegico, veniva ispezionata la radice aortica e<br />

veniva eseguita un’accurata valutazione morfo-funzionale della valvola<br />

aortica. Quest’ultima appariva tricuspide, insufficiente e con cuspidi<br />

apparentemente normali ma non coaptanti per dilatazione dell’anulus e<br />

per stiramento delle commissure. La radice aortica, invece, presentava<br />

parete sottile e dilatazione estesa al tratto prossimale dell’aorta<br />

ascendente sovragiunzionale. Dopo la resezione completa dei seni di<br />

Valsalva fino all’anulus aortico e del tratto di aorta ascendente dilatata,<br />

preparando due bottoni di parete aortica in corrispondenza dei due osti<br />

coronarici, veniva eseguita la misurazione dell’anulus aortico e<br />

dell’altezza dei tre triangoli intercuspidali fino alle commissure. Veniva<br />

quindi utilizzata una protesi vascolare Terumo Vascutek Gelweave<br />

Valsalva 28 mm, che veniva suturata prossimalmente sull’anulus<br />

aortico mediante dodici punti singoli ad “U” in poliestere intrecciato e<br />

rivestito 4-0, disposti circonferenzialmente in posizione sottoanulare,<br />

con posizionamento della protesi all’esterno del residuo di radice<br />

aortica contenente la valvola aortica ed i triangoli intercuspidali.<br />

Venivano fissate le tre commissure all’interno della protesi vascolare,<br />

opportunamente orientate in corrispondenza della neo-giunzione<br />

senotubulare, con tre punti in polipropilene 5-0. A questo punto, la<br />

valvola aortica veniva reimpiantata anastomizzando il residuo di parete<br />

aortica sopranulare con tre suture continue in polipropilene 5-0<br />

dall’interno della protesi vascolare. Alla prova idrostatica, con soluzione<br />

fisiologica, la valvola aortica reimpiantata appariva continente, grazie<br />

ad un’adeguata coaptazione e ad un buon allineamento delle tre<br />

© T O U C H B R I E F I N G S 2 0 1 1<br />

<strong>Chirurgia</strong> <strong>cardiaca</strong><br />

cuspidi. Dopo la preparazione con cauterio di due orifizi sulla protesi<br />

vascolare in corrispondenza dei bottoni aortici, venivano reimpiantati i due<br />

osti coronarici, dapprima il sinistro e poi il destro, con due suture continue<br />

a sopraggitto in polipropilene 5-0, sulle quali veniva applicato, a campo<br />

operatorio asciutto, il sigillante chirurgico Coseal (Baxter Healthcare<br />

Corporation, Hayward, California, USA) (Figura 1). Infine, si procedeva a<br />

completare la ricostruzione dell’aorta ascendente, suturando distalmente<br />

la protesi vascolare sulla parte distale dell’aorta toracica ascendente con<br />

una sutura continua a sopraggitto in polipropilene 4-0.<br />

A questo punto, veniva rimosso il clamp aortico e si assisteva ad una<br />

ripresa spontanea dell’attività elettrica <strong>cardiaca</strong> in ritmo sinusale. Dopo<br />

un’accurata deareazione e con un monitoraggio continuo<br />

ecocardiografico transesofageo, si procedeva ad un progressivo<br />

svezzamento dal bypass cardiopolmonare, con l’ausilio di un supporto<br />

farmacologico (adrenalina e noradrenalina in infusione endovenosa<br />

continua). La durata del clampaggio aortico risultava di 120 minuti<br />

mentre la durata del bypass cardiopolmonare era di 146 minuti.<br />

Il controllo ecocardiografico transesofageo evidenziava un ottimo<br />

funzionamento della valvola aortica nativa reimpiantata: rigurgito<br />

valvolare residuo di grado trascurabile (


<strong>Chirurgia</strong> della radice aortica in un paziente con sindrome di Marfan<br />

postoperatoria, il paziente veniva trasferito presso il reparto di degenza.<br />

Dopo un decorso esente da complicazioni ed un controllo<br />

ecocardiografico transtoracico che confermava l’ottimo risultato della<br />

procedura di reimpianto secondo David I ed escludeva la presenza di<br />

versamento pericardico, il paziente veniva trasferito in quinta giornata<br />

postoperatoria presso un centro di riabilitazione.<br />

Dopo un mese circa dall’intervento il paziente si presentava, al<br />

controllo ambulatoriale postoperatorio, in buone condizioni generali,<br />

con una degenza presso il centro di riabilitazione che risultava esente<br />

da complicazioni. Un nuovo esame ecocardiografico transtoracico<br />

continuava a dimostrare l’ottimo risultato della procedura di reimpianto<br />

ed escludeva ancora la presenza di versamento pericardico. Anche<br />

questo paziente viene regolarmente e periodicamente seguito presso il<br />

Presidio Regionale per la sindrome di Marfan ed attualmente, a circa 2<br />

mesi dall’intervento chirurgico, si presenta in buone condizioni generali,<br />

senza aver mai manifestato alcuna complicanza durante questo<br />

periodo di follow-up.<br />

Un decorso postoperatorio esente da complicazioni ed in particolare da<br />

eventi a carico dell’ostio coronarico destro, in un paziente con<br />

sindrome di Marfan e con una spiccata e familiare fragilità dello stesso,<br />

stimola senza dubbio una serie di considerazioni. Inoltre, richiede una<br />

doverosa ricerca dei motivi che potrebbero aver contribuito a non<br />

rendere necessario né l’utilizzo di emoderivati o di prodotti<br />

farmacologici per il controllo del sanguinamento, né tantomeno il<br />

ricorso alla riesplorazione chirurgica per la revisione dell’emostasi.<br />

Una prima considerazione riguarda il traumatismo sugli osti coronarici,<br />

inevitabilmente correlato ad alcune modalità di somministrazione di<br />

particolari tipi di cardioplegia, che richiedono ad esempio ripetute<br />

somministrazioni ad intervalli regolari durante l’intervento. Ovviamente,<br />

tanto più lungo è il tempo di clampaggio aortico e tanto maggiore sarà<br />

il numero di somministrazioni richieste, con aumento proporzionale del<br />

potenziale traumatismo sugli osti coronarici. Nel nostro caso, l’utilizzo<br />

di una soluzione cardioplegica che richiede soltanto una singola<br />

somministrazione, potrebbe aver ridotto il potenziale traumatismo sugli<br />

osti coronarici. Lo stesso tipo di soluzione cardioplegica, però, era stata<br />

utilizzata anche nel nipote del paziente, ma in quel caso questa<br />

strategia non si era rivelata efficace nell’evitare la temibile<br />

complicazione sull’ostio e sul primo tratto dell’arteria coronaria destra.<br />

Una seconda considerazione riguarda l’utilizzo della protesi Valsalva.<br />

1. Cooley DA. Annuloaortic ectasia. Ann Thorac Surg<br />

1979;28:303-4.<br />

2. Loeys BL, Dietz HC, Braverman AC, Callewaert BL, De<br />

Backer J, Devereux RB, Hilhorst-Hofstee Y, Jondeau G, Faivre<br />

L, Milewicz DM, Pyeritz RE, Sponseller PD, Wordsworth P, De<br />

Paepe AM. The revised Ghent nosology for the Marfan<br />

sindrome. J Med Genet 2010;47:476-85.<br />

4<br />

3. Bentall H, De Bono A. A technique for complete<br />

replacement of the ascending aorta. Thorax 1968;23:338-9.<br />

4. David TE, Feindel CM. An aortic valve-sparing operation for<br />

patients with aortic incompetence and aneurysm of the<br />

ascending aorta. J Thorac Cardiovasc Surg 1992;103:617-<br />

21.<br />

5. Roman M, Devereux RB, Kramer-Fox R, O’Loughlin J. Two-<br />

Tale protesi vascolare, ricreando i seni di Valsalva, sembrerebbe in<br />

grado di ridurre lo stress sulle anastomosi degli osti coronarici ed in<br />

particolare di quello destro [6]. Lo stesso tipo di protesi vascolare, però,<br />

era stata utilizzata anche nella sorella del paziente, ma in quel caso non<br />

si era potuto apprezzare il potenziale effetto protettivo sull’anastomosi<br />

dell’ostio coronarico destro.<br />

Una terza considerazione, infine, riguarda proprio l’utilizzo del sigillante<br />

chirurgico Coseal sulle due anastomosi degli osti coronarici nel nostro<br />

paziente, sulla base dell’esperienza maturata con i precedenti<br />

interventi chirurgici dei suoi familiari. Tale utilizzo strategico del<br />

sigillante chirurgico Coseal, non utilizzato precedentemente negli<br />

interventi chirurgici dei suoi familiari, sembrerebbe aver svolto il ruolo<br />

fondamentale in questo decorso postoperatorio esente da<br />

complicazioni emorragiche. Infatti, a differenza delle altre due strategie<br />

già adottate in precedenza, come l’utilizzo di una particolare soluzione<br />

cardioplegica e della protesi vascolare modificata con neo-seni di<br />

Valsalva, l’utilizzo strategico del sigillante chirurgico Coseal, in questo<br />

paziente, rappresenta l’unica vera novità nell’approccio all’ipotetica<br />

estrema vulnerabilità familiare dell’ostio e del primo tratto dell’arteria<br />

coronaria destra.<br />

In questa specifica circostanza, il sigillante chirurgico Coseal si è<br />

rivelato innanzitutto sicuro, in quanto non sono state evidenziate<br />

problematiche ad esso correlate.<br />

La sua efficacia è stata ampiamente dimostrata dallo scarso<br />

sanguinamento rilevato sia durante l’immediato periodo postoperatorio<br />

e sia dall’assenza di complicanze emorragiche tardive, condizioni che<br />

spiegano come non sia stata necessaria né una riesplorazione<br />

chirurgica per la revisione dell’emostasi e né la somministrazione di<br />

emoderivati o di prodotti farmacologici per il controllo del<br />

sanguinamento.<br />

Infine, esso sembrerebbe garantire un vantaggioso rapporto costoefficacia,<br />

con notevole risparmio di risorse economiche ed umane.<br />

In conclusione, l’utilizzo di un sigillante chirurgico come il CoSeal<br />

potrebbe rivelarsi sicuro, efficace ed estremamente vantaggioso nella<br />

chirurgia dell’aorta toracica ascendente ed in particolare nella chirurgia<br />

della radice aortica, soprattutto in quei casi in cui siano presenti<br />

patologie del connettivo e particolari condizioni, non soltanto familiari,<br />

di estrema fragilità dei tessuti.<br />

dimensional echocardiographic aortic root dimensions in<br />

normal children and adults. Am J Cardiol 1989;64:507-12.<br />

6. Weltert L, De Paulis R, Scaffa R, Maselli D, Bellisario A,<br />

D’Alessandro S. Re-creation of a sinuslike graft expansion<br />

in Bentall procedure reduces stress at the coronary button<br />

anastomoses: a finite element study. J Thorac Cardiovasc<br />

Surg 2009;137:1082-7.<br />

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