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La Nutria - Casa dei Beni Comuni Treviso

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ZTL Wake Up! Numero 0<br />

LA NUTRIA, ATTUALITÀ E CULTURA FOGNESCA.<br />

COME RIFERISCE IL QUASI-ONNIPOTENTE PRO-SINDACO GENTILINI, NONOSTANTE VENT’ANNI<br />

DI PUGNO DI FERRO LA CITTÀ È INFESTATA DA UNA MINACCIOSA SPECIE ALIENA: IL DEGRADO<br />

E IL VUOTO HANNO GENERATO LA CATASTROFE, TREVISO È INVASA DALLE NUTRIE! QUESTI<br />

ANIMALETTI MEFITICI HANNO UN’ETÀ TRA I SEDICI E I TRENTACINQUE ANNI E POSSONO<br />

ESSERE OSSERVATI SOPRATTUTTO IN EDIFICI ABBANDONATI DA ANNI, NEI QUALI AMANO<br />

DEDICARSI AD ATTIVITÀ PROMISCUE INCOMPRENSIBILI AI PIÙ.<br />

SIETE CONFUSI DA QUESTA INSPIEGABILE CALATA DEI RODITORI SULLA CITTÀ D’ARTE?<br />

VOLETE APPROFONDIRE I SINGOLARI USI E COSTUMI DI QUESTE INGOMBRANTI MA TUTTO<br />

SOMMATO ADORABILI BESTIOLE? LEGGETE LA NUTRIA!<br />

LA NUTRIA È UN MEGAFONO SU CARTA STAMPATA PER LA VOCE DEL COLLETTIVO ZTL WAKE UP<br />

E PORTERÀ ANCHE SULLE STRADE I CONTENUTI CHE ABBIAMO FINORA DIVULGATO SUL WEB.<br />

OLTRE A INFORMAZIONI SU DI NOI E SULLE NOSTRE ATTIVITÀ, TROVERETE SPUNTI<br />

DI RIFLESSIONE LOCALI E FINESTRE SUL MONDO ESTERNO ALLE MURA CITTADINE.<br />

BUONA LETTURA...


ZTL WAKE UP: LA NOSTRA STRADA FINO A QUI<br />

<strong>La</strong> Rete Facciamoci Spazio<br />

Le origini del collettivo ZTL Wake UP risalgono<br />

al 2009, con la formazione della<br />

Rete Facciamoci Spazio. Quell’anno il Centro<br />

Giovani, che era di fronte al Duomo<br />

(l’edificio è tuttora abbandonato), viene<br />

trasferito in locali più piccoli. Il vecchio<br />

Centro Giovani aveva una saletta che<br />

dava ai ragazzi trevigiani la possibilità<br />

di organizzare piccoli eventi; con la sua<br />

chiusura viene rimosso l’ultimo spazio sociale<br />

disponibile in città. <strong>La</strong> Rete Facciamoci<br />

Spazio si forma su idea di Alberto<br />

“Dubito” Feltrin, l’obbiettivo è quello di<br />

chiedere alla giunta uno spazio che sostituisca<br />

la saletta del Centro Giovani.<br />

L’amministrazione ci nega con varie scuse<br />

l’utilizzo del suolo pubblico a scopo<br />

di tenere iniziative di sensibilizzazione,<br />

violazione questa di un diritto basilare<br />

<strong>dei</strong> cittadini. Dopo molti sforzi riusciamo<br />

a ottenere degli incontri con l’assessore<br />

alle politiche sociali Michielon e una sua<br />

assistente. Ci viene risposto che possono<br />

essere messi a disposizione di tanto<br />

in tanto alcuni locali, ma solo chiedendo<br />

il permesso per ogni specifica attività.<br />

Inoltre non possiamo fare nulla che vada<br />

contro l’immagine della giunta, “ad esempio<br />

l’organizzazione di cineforum antirazzisti”.<br />

Dato che i cineforum razzisti non<br />

rientrano nel nostro campo di interesse,<br />

decliniamo l’offerta. Il fallimento della<br />

via istituzionale e dialogante spinge<br />

alcuni membri della Rete a mettere sul<br />

tavolo l’opzione dell’occupazione. Ma dopo<br />

il mancato raggiungimento degli obiettivi,<br />

il gruppo va pian piano sfaldandosi.<br />

Gli inizi di ZTL Wake UP<br />

Gli ex membri della Rete Facciamoci Spazio<br />

e tutti gli altri amici di Alberto<br />

tornano assieme in occasione della sua<br />

morte a vent’anni nell’Aprile 2012. Vogliamo<br />

organizzare un concerto in tempi brevi<br />

per ricordarlo, ma il comune oppone un<br />

muro burocratico inaggirabile nelle settimane<br />

a nostra disposizione. Alla fine<br />

Alberto, nato e cresciuto a <strong>Treviso</strong>, viene<br />

ricordato a Silea, dove una amministrazione<br />

più umana non pone alcun problema<br />

alla realizzazione del concerto. Forse è<br />

proprio questo episodio a rimuovere le ultime<br />

esitazioni.<br />

Il gruppo che ha organizzato il concerto<br />

decide di riprendere la battaglia per<br />

gli spazi ed è così che viene fondato<br />

il collettivo Zona Temporaneamente Libe-<br />

rata Wake UP. Sono presenti buona parte<br />

<strong>dei</strong> membri della vecchia Rete, ma questa<br />

volta anche moltissimi elementi non politicizzati<br />

e alla prima esperienza con<br />

l’impegno nel sociale. Un’ampia fetta è<br />

costituita da studenti, più che altro per<br />

motivi anagrafici, ma ci sono anche operai,<br />

precari/disoccupati e lavoratori del<br />

terziario (OSS, pizzaioli, commessi, ecc.)<br />

ZTL realizza tre occupazioni di tre giorni<br />

in alcuni <strong>dei</strong> molti edifici abbandonati<br />

all’interno del comune: l’ex Telecom di<br />

via Dandolo, il campetto delle Stiore e<br />

i bastioni Camuzzi. Non chiediamo soldi<br />

pubblici, ma solo di poter usare e aprire<br />

alla cittadinanza spazi che rimarrebbero<br />

comunque abbandonati al degrado. Ripuliamo<br />

e rendiamo agibili gli spazi occupati,<br />

e al loro interno organizziamo eventi musicali<br />

e culturali, laboratori e assemblee.<br />

Ogni occupazione è attraversata da<br />

centinaia di ragazzi, a testimonianza del<br />

fatto che quello degli spazi sociali è un<br />

bisogno sentito.<br />

<strong>La</strong> recezione sulla stampa e presso l’opinione<br />

pubblica è positiva. Non bisogna dimenticare<br />

che le occupazioni iniziano nel<br />

periodo di piena crisi della Lega a causa<br />

<strong>dei</strong> numerosi scandali di corruzione. <strong>La</strong><br />

giunta fatica dunque a erigersi a baluardo<br />

dell’ordine e della legalità (anche se ci<br />

ha riprovato di recente sperando in una<br />

facile amnesia da parte <strong>dei</strong> cittadini) e<br />

preferisce ignorarci.<br />

L’occupazione dell’ex Telecom<br />

Forti del consenso e consci della sordità<br />

della giunta, decidiamo di estendere a<br />

tempo indeterminato la quarta occupazione,<br />

che ha luogo il 27 dicembre di nuovo<br />

all’ex Telecom. L’edificio è abbandonato da<br />

quasi vent’anni, è in buone condizioni ma<br />

lo stato di abbandono è estremo. <strong>La</strong> proprietà<br />

è riconducibile per metà a Tronchetti<br />

Provera e per l’altra alla banca<br />

d’affari americana Morgan Stanley, grandi<br />

speculatori immobiliari e finanziari tra i<br />

massimi responsabili della crisi economica<br />

attuale. È stato acquisito in flagrante<br />

conflitto d’interessi e la proprietà è detenuta<br />

tramite un fondo fantoccio (Gamma<br />

RE) creato dalla Pirelli RE in Olanda per<br />

evitare di pagare le tasse in Italia. È<br />

infatti Gamma RE che possiede la quasi totalità<br />

delle azioni del proprietario formale,<br />

la società immobiliare Tecla.<br />

Cominciano lavori di restauro: eliminazione<br />

<strong>dei</strong> tanti rifiuti, pulizia, disboscamento,<br />

pittura <strong>dei</strong> muri, arredo, ripristino<br />

dell’impianto elettrico, ecc. Nel<br />

frattempo vengono organizzati gli ormai<br />

consolidati eventi. <strong>La</strong> reazione del vicinato<br />

sembra essere positiva, almeno per<br />

una sua parte significativa: non si formano<br />

comitati per lo sgombero ma al contrario<br />

diversi abitanti ci danno il loro sostegno<br />

anche materiale.<br />

A chi ci critica per aver violato la legalità<br />

e la proprietà privata, rispondiamo<br />

che la situazione di abbandono era un<br />

“abuso di diritto” e un caso di speculazione<br />

edilizia, e quindi illegale in partenza,<br />

che quasi tutti i grandi cambiamenti<br />

sociali in positivo sono avvenuti<br />

anche grazie a violazioni della legalità<br />

allo scopo di ottenere regole migliori,<br />

che i politici che ci attaccano sono gli<br />

ultimi a poter dare lezioni di legalità e<br />

che la costituzione dice che la funzione<br />

sociale della proprietà privata deve essere<br />

garantita.<br />

Lo sgombero e la manifestazione<br />

Emerge che lo sgombero non è una priorità<br />

né per la proprietà né per gli affittuari<br />

(la Telecom), arrivano invece immediatamente<br />

forti pressioni dal comune<br />

affinché parta la richiesta di sgombero.<br />

Il collettivo reagisce organizzando due<br />

assemblee pubbliche contro lo sgombero, a<br />

ogni assemblea partecipano circa trecento<br />

cittadini. Viene formato un comitato di<br />

garanti che avvia delle trattative con la<br />

proprietà.<br />

Nonostante i consensi e le tentate trattative,<br />

il percorso di ZTL all’ex Telecom<br />

viene troncato con lo sgombero violento da<br />

parte delle forze dell’ordine il 28 gennaio.<br />

I garanti si erano incontrati quel<br />

giorno con il prefetto che aveva concesso<br />

il tempo per tenere un appuntamento telefonico<br />

con la proprietà alle 17.00 del<br />

giorno stesso. <strong>La</strong> polizia invece si presenta<br />

in via Dandolo alle 15.00. A sgombero<br />

concluso parte un corteo fino alla sede<br />

del comune per chiedere spiegazioni. <strong>La</strong><br />

via è sbarrata dalle forze dell’ordine e<br />

il sindaco non vuole concedersi. <strong>La</strong>nciamo<br />

quindi una manifestazione contro lo sgombero<br />

per il sabato seguente.<br />

Parte un’intensa campagna di terrorismo<br />

poliziesco e mediatico. Il centro è militarizzato,<br />

gli edifici vuoti e i negozi<br />

della Tim (!) presidiati dalle forze<br />

dell’ordine, Gobbo e Gentilini sono messi<br />

sotto scorta, alcuni membri del collettivo<br />

vengono seguiti a vista dalle volanti.<br />

Il sabato della manifestazione piove<br />

ininterrottamente, il vento è forte e la<br />

città deserta a parte trecento poliziotti.<br />

Eppure la partecipazione al corteo è altissima:<br />

mille persone. È lecito supporre<br />

che se non fosse piovuto sarebbero state<br />

oltre duemila. <strong>La</strong> manifestazione si svolge<br />

in modo festoso e senza incidenti. Forte<br />

di un consenso che va allargandosi sempre<br />

più e della riconfermatasi chiusura della<br />

giunta, ZTL si prepara a tornare...<br />

<strong>Treviso</strong> Wake UP!<br />

ztlwakeup.noblogs.org<br />

ztlwakeup@inventati.org<br />

facebook.com/ztlwakeup


GOBBO E GENTILINI COME MUBARAK ovvero...<br />

Lo strepitoso fallimento del risiko immobiliare<br />

Cosa accomuna i nostri amministratori<br />

all’ex dittatore egiziano Hosni Mubarak,<br />

dimessosi in seguito alle proteste della<br />

Primavera Araba? <strong>La</strong> prima cosa che salta<br />

in mente è senz’altro la gerontocrazia:<br />

Mubarak e Gentilini sono coetanei ed entrambi<br />

sembrano ritenere che l’aver sorpassato<br />

gli ottant’anni non sia un buon<br />

motivo per schiodarsi dalle poltrone. Ma<br />

la comunanza più profonda tra la giunta<br />

comunale e la cricca di Mubarak è la<br />

concezione dell’“amministrazione pubblica<br />

come privatizzazione non trasparente”,<br />

che in entrambi i casi si è risolta in uno<br />

strepitoso fallimento.<br />

<strong>La</strong> cricca di Mubarak ha tentato di applicare<br />

la teoria neoliberista per risolvere<br />

il problema del debito pubblico: privatizzare<br />

le proprietà dello stato in modo<br />

da rimpinguarne le finanze, vendendole al<br />

miglior offerente che le gestirà in modo<br />

più efficiente e competitivo. Ma nel mondo<br />

reale le cose non vanno mai così. <strong>La</strong> pratica<br />

neoliberista è infatti quella di vendere<br />

le proprietà pubbliche in totale assenza<br />

di trasparenza, a prezzi di favore,<br />

ad “amici” privati degli amministratori.<br />

In questo modo gli amministratori comprano<br />

la lealtà degli acquirenti, sperano<br />

di mantenere un controllo informale sulle<br />

proprietà cedute e possono aspettarsi che<br />

il favore verrà ricambiato in vari modi.<br />

Inutile dire che sono i cittadini a pagarne<br />

i costi. In Egitto la disoccupazione<br />

è aumentata, gli stipendi sono scesi, il<br />

debito non è diminuito e la popolazione si<br />

è finalmente ribellata. Facendo le dovute<br />

proporzioni, le cose non sono andate poi<br />

così diversamente nella piccola città di<br />

<strong>Treviso</strong>.<br />

Chiaramente nel caso di <strong>Treviso</strong> non abbiamo<br />

a che fare con la privatizzazione di<br />

aziende o servizi ma con la vendita a privati<br />

di diversi importanti immobili del<br />

centro storico attraverso il cosiddetto<br />

“risiko immobiliare”; un accordo tra Comune,<br />

Provincia e Fondazione Cassamarca.<br />

Gli immobili coinvolti sono l’ex questura,<br />

la Prefettura e il complesso del Duomo<br />

(che comprende l’ex tribunale, le ex carceri<br />

austriache, l’ex comando della polizia<br />

municipale e l’ex edificio del giudice<br />

conciliatore). Come prevedeva l’accordo,<br />

tali immobili sono stati ceduti dal comune<br />

e dalla Provincia a Cassamarca (nel<br />

caso della prefettura, l’edificio dev’essere<br />

ceduto dalla Provincia a Cassamarca<br />

che dovrebbe a sua volta passarlo al comune),<br />

in cambio della costruzione della<br />

Cittadella delle Istituzioni nell’area<br />

Appiani, dove molte istituzioni con sede<br />

in centro avrebbero dovuto trasferirsi,<br />

pagando ovviamente l’affitto a Cassamarca.<br />

Le proprietà pubbliche non sono state<br />

quindi vendute al miglior offerente, infatti<br />

non c’è stata nessuna asta per determinarne<br />

il vero prezzo, e tutti gli<br />

accordi sono stati presi a porte chiuse.<br />

Non solo metà del centro è di fatto<br />

passato nelle mani di una fondazione<br />

soggetto di diritto privato, che non risponde<br />

alle regole democratiche, ma anche<br />

le nuove sedi fuori dal centro non sono<br />

pubbliche ma di proprietà di questa stessa<br />

fondazione. Il progetto è stato avviato<br />

proprio appena prima dello scoppio<br />

della bolla immobiliare gonfiata anche da<br />

simili manovre, e questo ha senz’altro<br />

contribuito al suo fallimento. <strong>La</strong> Cittadella<br />

delle Istituzioni è per metà vuota,<br />

la Camera di Commercio ha rifiutato di<br />

trasferircisi ritenendolo non conveniente.<br />

Il prefetto non vuole spostarsi nella<br />

nuova villa costruitagli a Sant’Artemio<br />

con grande dispendio di denaro pubblico<br />

e per il momento non intende trasferire<br />

gli uffici della prefettura alla Cittadella<br />

delle Istituzioni, generando i pietosi<br />

battibecchi sui giornali in cui Muraro<br />

ha addirittura minacciato di mandare la<br />

celere a sgomberarlo. Gli edifici venduti<br />

sono ormai vuoti da anni, dato che i discutibili<br />

progetti di abitazioni di lusso<br />

a cui erano stati destinati faticano a<br />

decollare.<br />

Ma ovviamente a pagare il prezzo del flop<br />

sono stati anche i cittadini. Il centro è<br />

andato svuotandosi, il centro giovani non<br />

ha più la sala dove i ragazzi trevigiani<br />

avevano la possibilità di organizzare iniziative,<br />

i luoghi di aggregazione a cielo<br />

aperto sono stati eliminati togliendo<br />

alberi e panchine e tramite continui e<br />

spesso gratuiti controlli sui giovani da<br />

parte della polizia, i commercianti dicono<br />

di risentire del fatto che la città sta<br />

diventando un luogo sempre meno attraente<br />

per il tempo libero, la perdita degli<br />

edifici pubblici non è stata compensata in<br />

nessun modo con altri spazi o servizi, la<br />

città è costellata di “buchi neri” abbandonati<br />

e di muri che non fanno altro che<br />

dimostrare come la giunta non sia stata in<br />

grado di risolvere i problemi, ma solo di<br />

tentare di nasconderli.<br />

Insomma, anche a <strong>Treviso</strong>, accordi di privatizzazione<br />

non trasparenti tra gli amministratori<br />

pubblici i loro soci nel<br />

settore privato hanno portato a progetti<br />

economici dispendiosi quanto inefficienti,<br />

i cui costi si sono riversati sui cittadini.<br />

E anche a <strong>Treviso</strong>, i principali responsabili<br />

sembrano non voler capire che<br />

chi sbaglia paga, e anzi non rinunciano a<br />

un briciolo della loro arroganza. Noi del<br />

collettivo ZTL Wake UP abbiamo tentato di<br />

portare la problematica dell’assenza di<br />

spazi di aggregazione e cultura per i giovani<br />

all’attenzione delle istituzioni nel<br />

2009, quando ci chiamavamo ancora Rete<br />

Facciamoci Spazio. Constatando la chiusura<br />

e l’ottusità degli amministratori,<br />

abbiamo capito che per portare un cambiamento<br />

reale abbiamo bisogno anche noi,<br />

nel nostro piccolo, della nostra Piazza<br />

Tahrir. Per questo non porremo fine alle<br />

occupazioni.

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