Il destino di un uomo - Mario Biondi
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tutti. Bugie talmente fantastiche che a volte gli piaceva persino fare finta <strong>di</strong><br />
crederci.<br />
Finché lo stesso Lino usciva dall’acqua, andando ad asciugarsi al sole sulla<br />
stretta piattaforma rocciosa che preferiva. Donato lo raggi<strong>un</strong>geva dallo sp<strong>un</strong>zone<br />
<strong>di</strong> roccia dove gli piaceva appollaiarsi. Come se nulla fosse, continuavano<br />
la conversazione dal p<strong>un</strong>to in cui l’avevano interrotta. Di che cosa parlassero<br />
esattamente, mai ness<strong>un</strong>o se ne sarebbe ricordato, ma ogni volta si infervoravano<br />
nell’argomento, che verteva quasi invariabilmente sul tema della libertà<br />
da conquistare, dell’immenso mondo che si estendeva più in basso e che <strong>un</strong><br />
giorno dovevano arrivare a scoprire. Da soli, ben prima che arrivassero il beneplacito<br />
dell’autorità, i documenti del Regno d’Italia e il viatico dei frati. ’’Laggiù,<br />
laggiù’’, sembrava voler <strong>di</strong>re la destra <strong>di</strong> Lino, che a brevissimi intervalli si<br />
alzava a in<strong>di</strong>care oltre il p<strong>un</strong>to in cui il Torrent defluiva dal laghetto. ’’Laggiù.’’<br />
Nella Valgrande e oltre, come del resto in<strong>di</strong>cava anche la freccia d’ombra creata<br />
ogni sera dal Pic Br<strong>un</strong>.<br />
Ma anche il mondo subacqueo del laghetto aveva finito con lo stancare la<br />
fame <strong>di</strong> novità dell’ar<strong>di</strong>mentoso ragazzo. Era chiuso in se stesso. Finiva lì. Lino<br />
aveva rivolto i propri interessi altrove. Alle rocce che si innalzavano nere verso<br />
il Lapiaz, tagliate dal tortuoso canalone del Torrent. Sapeva fin troppo bene<br />
che da quella parte non era possibile scappare. <strong>Il</strong> budello procedeva in salita,<br />
<strong>di</strong>venendo sempre più stretto ed erto fino alla cascata vera e propria, ai pie<strong>di</strong><br />
del Pas des Sarrazins. Non era possibile uscirne. Ma era com<strong>un</strong>que <strong>un</strong> pezzo <strong>di</strong><br />
mondo che rendeva meno angusta quella specie <strong>di</strong> prigione naturale in cui il<br />
ragazzo si sentiva soffocare.<br />
L’acqua correva tra le pietre con <strong>un</strong> rombo minaccioso. Ogni tanto arrivava<br />
fino a lì il rumore crepitante <strong>di</strong> <strong>un</strong>a frana <strong>di</strong> rocce non più tenute insieme<br />
dal ghiaccio in cui durante l’inverno si trasformava l’acqua infiltrata negli interstizi.<br />
Al <strong>di</strong>sgelo e con la pioggia non era possibile pensare <strong>di</strong> entrarci. Sarebbero<br />
stati spazzati via come due ramoscelli. O schiacciati dalle pietre in rovinosa caduta.<br />
D’estate, invece, la furia dell’acqua <strong>di</strong>minuiva <strong>di</strong> molto, riducendosi a <strong>un</strong><br />
torrentaccio.<br />
Come inevitabile, <strong>un</strong> giorno Lino aveva deciso che era arrivato il momento<br />
<strong>di</strong> andare a guardare. Era la fine <strong>di</strong> luglio. Più estate <strong>di</strong> così non poteva essere.<br />
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