00 I-VI (Page I) - Giornale Italiano di Cardiologia
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© 2<strong>00</strong>8 AIM Publishing Srl<br />
Per la corrispondenza:<br />
Prof. Pasquale Perrone<br />
Filar<strong>di</strong><br />
Dipartimento <strong>di</strong><br />
Me<strong>di</strong>cina Clinica,<br />
Scienze Car<strong>di</strong>ovascolari<br />
e Immunologiche<br />
Università degli Stu<strong>di</strong><br />
“Federico II”<br />
Via S. Pansini, 5<br />
80131 Napoli<br />
E-mail:<br />
fpperron@unina.it<br />
L’impiego della risonanza magnetica nei primi<br />
30 giorni dopo l’infarto<br />
Pasquale Perrone Filar<strong>di</strong>, Pierluigi Costanzo, Paolo Cesarano, Paola Gargiulo,<br />
Annamaria Iorio, Teresa Losco, Caterina Marciano, Oriana Scala, Fabio Marsico,<br />
Donatella Ruggiero, Antonio Marzano, Massimo Chiariello<br />
Dipartimento <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Clinica, Scienze Car<strong>di</strong>ovascolari e Immunologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> “Federico II”,<br />
Napoli<br />
(G Ital Car<strong>di</strong>ol 2<strong>00</strong>8; 9 (Suppl 1-7): 67S-69S)<br />
La risonanza magnetica nucleare (RMN) si<br />
è imposta negli ultimi anni come meto<strong>di</strong>ca<br />
<strong>di</strong> uso crescente in car<strong>di</strong>ologia, grazie allo<br />
sviluppo <strong>di</strong> sequenze <strong>di</strong> immagine e protocolli<br />
<strong>di</strong> analisi finalizzati alla stu<strong>di</strong>o della<br />
perfusione, funzione e caratterizzazione<br />
tissutale del ventricolo sinistro. L’utilità<br />
della RMN in car<strong>di</strong>ologia è emersa soprattutto<br />
nel campo della car<strong>di</strong>opatia ischemica<br />
cronica ed in particolare nella valutazione<br />
funzionale e tissutale della car<strong>di</strong>omiopatia<br />
<strong>di</strong>latativa ischemica.<br />
La peculiarità della RMN è legata principalmente<br />
alla capacità <strong>di</strong> fornire informazioni<br />
<strong>di</strong>rette sul substrato anatomo-patologico<br />
che sottende la <strong>di</strong>sfunzione contrattile<br />
regionale in pazienti con car<strong>di</strong>opatia ischemica<br />
cronica. Ovviamente, per motivi logistici<br />
facilmente comprensibili, la RMN non<br />
è una meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> impiego clinico routinario<br />
nell’ambito delle sindromi coronariche<br />
acute, ma è stata impiegata, soprattutto per<br />
stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> fisiopatologia, nelle fasi subacute<br />
dell’infarto miocar<strong>di</strong>co, ovvero a pochi<br />
giorni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dall’evento acuto.<br />
Nel contesto dell’infarto subacuto, la<br />
RMN fornisce informazioni sulle precise<br />
<strong>di</strong>mensioni dell’area infartuale, sul tipo <strong>di</strong><br />
danno miocar<strong>di</strong>co intervenuto e sulla prognosi<br />
dei pazienti in termini <strong>di</strong> mortalità,<br />
morbilità e rimodellamento avverso del<br />
ventricolo sinistro.<br />
In campo <strong>di</strong>agnostico, la RMN consente<br />
<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare, con imaging ottenuto dopo<br />
15-20 min dalla somministrazione <strong>di</strong> gadolinio,<br />
la presenza <strong>di</strong> aree <strong>di</strong> necrosi nelle<br />
quali il tracciante paramagnetico resta intrappolato,<br />
consentendo una visualizzazione<br />
<strong>di</strong>retta del tessuto necrotico che appare<br />
come un’area ad elevata densità rispetto al<br />
67S<br />
tessuto circostante (“hyperenhancement”) 1 .<br />
In tale modo la RMN rappresenta l’unica<br />
tecnica finora <strong>di</strong>sponibile per stu<strong>di</strong> clinici<br />
nell’uomo capace <strong>di</strong> fornire un imaging della<br />
necrosi miocar<strong>di</strong>ca con elevata sensibilità,<br />
derivante dall’elevato potere <strong>di</strong> risoluzione<br />
spaziale. Quest’ultimo, superiore a<br />
quello delle meto<strong>di</strong>che ra<strong>di</strong>onucleari attualmente<br />
<strong>di</strong>sponibili, rende conto <strong>di</strong> come la<br />
RMN sia capace <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare piccole aree<br />
<strong>di</strong> tessuto necrotico non <strong>di</strong>agnosticate dalla<br />
me<strong>di</strong>cina nucleare 2,3 . Oltre a fornire una migliore<br />
sensibilità l’elevata risoluzione spaziale<br />
consente unicamente alla RMN la possibilità<br />
<strong>di</strong> valutare la localizzazione nell’ambito<br />
della parete miocar<strong>di</strong>ca delle aree<br />
<strong>di</strong> necrosi, precisandone il grado <strong>di</strong> interessamento<br />
transmurale. La localizzazione<br />
transmurale è dunque un ulteriore aspetto<br />
peculiare della RMN il cui significato e rilevanza<br />
clinica sono tuttora in corso <strong>di</strong> valutazione,<br />
ma che certamente fornisce importanti<br />
informazioni <strong>di</strong> natura fisiopatologica<br />
in considerazione del <strong>di</strong>fferente contributo<br />
all’ispessimento contrattile fornito dai <strong>di</strong>fferenti<br />
strati della parete miocar<strong>di</strong>ca.<br />
La visualizzazione del tessuto necrotico<br />
con “late enhancement” è una tecnica<br />
ormai consolidata nella valutazione della<br />
vitalità miocar<strong>di</strong>ca, capace <strong>di</strong> fornire accurate<br />
informazioni, anche in pazienti con<br />
recente infarto miocar<strong>di</strong>co, relative al destino<br />
funzionale <strong>di</strong> aree asinergiche. Infatti,<br />
il grado <strong>di</strong> estensione transmurale della<br />
necrosi è un pre<strong>di</strong>ttore accurato anche se<br />
non perfetto <strong>di</strong> recupero funzionale dopo<br />
rivascolarizzazione miocar<strong>di</strong>ca in pazienti<br />
con car<strong>di</strong>opatia ischemica 4 . In particolare,<br />
il potere pre<strong>di</strong>ttivo positivo, ovvero la capacità<br />
<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re il miglioramento contrat-
G Ital Car<strong>di</strong>ol Vol 9 Suppl 1-7 2<strong>00</strong>8<br />
tile, è molto elevato (>80%) in presenza <strong>di</strong> cicatrice<br />
miocar<strong>di</strong>ca che non superi il 20% della parete mentre<br />
il potere pre<strong>di</strong>ttivo negativo, ovvero la capacità <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re<br />
il mancato miglioramento funzionale, è altrettanto<br />
elevato in presenza <strong>di</strong> cicatrice che superi il 75%<br />
della parete miocar<strong>di</strong>ca. Esiste viceversa un’area <strong>di</strong> incertezza<br />
riguardo al miglioramento della funzione<br />
contrattile per valori <strong>di</strong> necrosi interme<strong>di</strong> nei quali il<br />
potere pre<strong>di</strong>ttivo si riduce intorno al 50%, similmente<br />
a quanto riportato per la me<strong>di</strong>cina nucleare (Figure 1-<br />
3) 4,5 . Tale area <strong>di</strong> incertezza è legata anche al fatto che,<br />
a parità <strong>di</strong> estensione transmurale <strong>di</strong> necrosi, la localizzazione<br />
subendocar<strong>di</strong>ca o subepicar<strong>di</strong>ca del tessuto<br />
necrotico è in grado <strong>di</strong> influenzare significativamente<br />
l’effetto della rivascolarizzazione sulla funzione contrattile.<br />
Infatti, anche se limitata a meno <strong>di</strong> un terzo<br />
dello spessore <strong>di</strong> parete ma se localizzata in sede subendocar<strong>di</strong>ca,<br />
la presenza <strong>di</strong> necrosi può definitivamente<br />
precludere la reversibilità della <strong>di</strong>sfunzione contrattile<br />
a riposo 6 . Tuttavia, la capacità della RMN <strong>di</strong> valutare<br />
nello stesso stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong>fferenti in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> vitalità, oltre<br />
all’estensione dell’area necrotica, può sostanzialmente<br />
migliorare l’accuratezza pre<strong>di</strong>ttiva. Infatti, è<br />
stato <strong>di</strong>mostrato che, in pazienti sottoposti a RMN 1<br />
settimana dopo l’evento acuto, valutando oltre alla<br />
transmuralità della necrosi, lo spessore della parete<br />
miocar<strong>di</strong>ca, la perfusione e la risposta alla dobutamina,<br />
il potere pre<strong>di</strong>ttivo per il recupero funzionale cresce<br />
fino a superare il 90% 7 .<br />
Figura 1. Esempio <strong>di</strong> paziente stu<strong>di</strong>ato presso il nostro Dipartimento<br />
con estesa area aneurismatica in sede apicale con evidenza <strong>di</strong> “late<br />
enhancement” transmurale alla risonanza magnetica nucleare (A) ed<br />
esteso e severo <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> captazione alla tomografia computerizzata ad<br />
emissione <strong>di</strong> fotone singolo (B).<br />
68S<br />
Figura 2. Esempio <strong>di</strong> paziente stu<strong>di</strong>ato presso il nostro Dipartimento<br />
con <strong>di</strong>fetto moderato-severo <strong>di</strong> captazione alla tomografia computerizzata<br />
ad emissione <strong>di</strong> fotone singolo dopo <strong>di</strong>piridamolo (tomogrammi superiori)<br />
ed a riposo (tomogrammi inferiori) (A) corrispondente ad area<br />
necrotica subendocar<strong>di</strong>ca in regione anterosettale e <strong>di</strong>latazione della camera<br />
ventricolare alla risonanza magnetica nucleare (B). La rivascolarizzazione<br />
<strong>di</strong> questo paziente non ha determinato cambiamenti della funzione<br />
e geometria ventricolari.<br />
Più recentemente, è stato descritto nei pazienti con<br />
necrosi miocar<strong>di</strong>ca subacuta, un altro aspetto morfologico<br />
del miocar<strong>di</strong>o, ovvero la presenza <strong>di</strong> aree <strong>di</strong> ridotta<br />
intensità del segnale paramagnetico (“hypoenhancement”)<br />
generalmente contestualizzate all’interno <strong>di</strong><br />
aree <strong>di</strong> aumentato segnale, ovvero <strong>di</strong> necrosi miocar<strong>di</strong>ca.<br />
In un recente stu<strong>di</strong>o del gruppo <strong>di</strong> Padova 8 è stata<br />
osservata una relazione temporale abbastanza stretta tra<br />
tipo <strong>di</strong> segnale <strong>di</strong> risonanza e tempo <strong>di</strong> ricanalizzazione<br />
dell’arteria responsabile in pazienti con recente infarto<br />
miocar<strong>di</strong>co sottoposti a rivascolarizzazione me<strong>di</strong>ante<br />
angioplastica primaria. In particolare è stato riportato<br />
che il tempo <strong>di</strong> ricanalizzazione dell’arteria infartuale<br />
era significativamente associato alla comparsa <strong>di</strong> necrosi<br />
(“hyperenhancement”) e, se ulteriormente prolungato,<br />
alla comparsa <strong>di</strong> “hypoenhancement”. Il fenomeno<br />
dell’“hypoenhancement” è stato associato alla presenza<br />
<strong>di</strong> ostruzione microvascolare ovvero <strong>di</strong> “no-reflow”<br />
dell’area ischemica, con conseguente stravaso<br />
emorragico. Tale correlato anatomo-patologico è stato<br />
recentemente confermato dallo stesso gruppo <strong>di</strong> Padova<br />
che ha descritto il riscontro autoptico <strong>di</strong> due casi <strong>di</strong><br />
infarto del miocar<strong>di</strong>o successivamente deceduti per<br />
shock car<strong>di</strong>ogeno nei quali era stato osservato “hypoenhancement”<br />
in vivo <strong>di</strong>mostrando al controllo istologico<br />
che si trattava <strong>di</strong> stravaso emorragico 9 . In pratica,
dunque, l’aspetto della riduzione della densità dell’area<br />
infartuale rappresenterebbe un’evoluzione peggiorativa<br />
del danno necrotico con completa <strong>di</strong>struzione del microcircolo<br />
e indebolimento della parete miocar<strong>di</strong>ca. Il<br />
significato clinico e la rilevanza <strong>di</strong> tali osservazioni sono<br />
ancora incerti anche se non vi è dubbio che la possibilità<br />
<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are in vivo con accuratezza questi fenomeni<br />
rappresenta un’enorme potenzialità per lo stu<strong>di</strong>o<br />
della fisiopatologia dell’infarto miocar<strong>di</strong>co nell’uomo.<br />
Clinicamente, è stato riportato che la transmuralità della<br />
necrosi osservata con RMN è un pre<strong>di</strong>ttore <strong>di</strong> rimodellamento<br />
avverso del ventricolo sinistro e <strong>di</strong> mortalità<br />
nelle settimane o mesi successivi all’infarto, con un potere<br />
prognostico simile o superiore a quello della frazione<br />
<strong>di</strong> eiezione e dei volumi ventricolari 1,10 . Allo stesso<br />
modo, la presenza <strong>di</strong> ostruzione microvascolare è<br />
stata riportata come un pre<strong>di</strong>ttore prognostico in<strong>di</strong>pendente<br />
<strong>di</strong> mortalità e <strong>di</strong> rimodellamento del ventricolo sinistro<br />
in pazienti con infarto miocar<strong>di</strong>co recente 11,12 .<br />
Conclusioni<br />
L’impiego della RMN nei primi 30 giorni dall’infarto<br />
miocar<strong>di</strong>co acuto riveste attualmente un ruolo prevalente<br />
<strong>di</strong> ricerca in vivo riguardo alla fisiopatologia dell’evoluzione<br />
del danno miocar<strong>di</strong>co e del fenomeno del<br />
“no-reflow” in pazienti sottoposti a ricanalizzazione<br />
meccanica. Sul piano clinico, le potenzialità <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />
accurato del ventricolo sinistro, nei suoi aspetti morfologici,<br />
perfusionali e tissutali rappresentano una formidabile<br />
opportunità, la cui rilevanza nella gestione del<br />
paziente con recente infarto miocar<strong>di</strong>co sarà verosimilmente<br />
valutabile nel corso del prossimo futuro.<br />
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69S<br />
P Perrone Filar<strong>di</strong> et al - La RMN nei primi 30 giorni dopo l’infarto<br />
Figura 3. Correlazione tra livelli <strong>di</strong> transmuralità valutati con “late enhancement” (a sinistra) e livelli <strong>di</strong> captazione <strong>di</strong> tallio (a destra) in segmenti miocar<strong>di</strong>ci<br />
asinergici e probabilità <strong>di</strong> recupero funzionale dopo rivascolarizzazione. Adattata da Kim et al. 4 e da Perrone Filar<strong>di</strong> et al. 5 .<br />
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