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fra stato e regioni segnali di intesa - CISL Scuola

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za <strong>di</strong> Adorno, Horkheimer, Derrida o Foucault<br />

sta proprio nel fatto che si tratta <strong>di</strong> intellettuali<br />

le cui opere hanno saputo trascendere il proprio<br />

ambito <strong>di</strong> appartenenza, lasciando dei segni<br />

sul terreno della cultura, dell’analisi sociale e<br />

filosofica che ancora oggi sono in grado <strong>di</strong> contrassegnare<br />

le tendenze del mondo in cui viviamo.<br />

Perciò appare un po’ spregiu<strong>di</strong>cato liquidare<br />

la portata critica <strong>di</strong> quelle proposte analitiche<br />

come residui bellici cui destinare “qualche lettura<br />

clandestina, un’ammirazione silenziosa e l’interpretazione<br />

informale delle loro opere”. Semmai,<br />

se davvero tali riflessioni non hanno più nulla<br />

da <strong>di</strong>re sui new me<strong>di</strong>a, allora a preoccupare è<br />

la possibilità che all’interno della rete non si <strong>di</strong>a<br />

più alcuno spessore simbolico. Questione che,<br />

peraltro, nel suo saggio Lovink coglie in tutta la<br />

sua ra<strong>di</strong>calità. Certamente la realtà del web 2.0<br />

non è più spiegabile attraverso quelle correnti <strong>di</strong><br />

pensiero, ma internet non è la realtà, o perlomeno<br />

non esaurisce il reale. Nel complesso, la questione<br />

della teoria sollevata da Lovink, pur apprezzabile<br />

nei suoi sforzi, non coglie nel segno<br />

perché mal posta: meglio, figlia <strong>di</strong> una visione ingenua<br />

del compito storico che caratterizzerebbe<br />

il sapere universitario. Purtroppo, l’idea per<br />

cui la principale funzione della teoria sia quella<br />

<strong>di</strong> “promuovere domande mirate socialmente<br />

decisive e al contempo stimolare coloro che<br />

con la teoria ci lavorano” è una mitologia: il sapere<br />

accademico serve a riprodurre il sapere accademico.<br />

Geert Lovink, teorico dei me<strong>di</strong>a e attivista, è<br />

una figura <strong>di</strong> intellettuale decisamente originale,<br />

provocatoria, ma soprattutto espressione <strong>di</strong><br />

un pensiero critico innovativo. Nell’attuale<br />

panorama culturale mon<strong>di</strong>ale,<br />

sempre sul crinale <strong>fra</strong> l’ambito universitario<br />

e quello della controcultura,<br />

si <strong>di</strong>stingue certamente per non<br />

essere inquadrabile nel clichè accademico<br />

tra<strong>di</strong>zionale.<br />

Nato ad Amsterdam nel 1959, ha<br />

stu<strong>di</strong>ato Scienze politiche all’Università<br />

<strong>di</strong> Amsterdam ed ha conseguito<br />

il Dottorato <strong>di</strong> Ricerca presso l’Università<br />

<strong>di</strong> Melbourne, in Australia.<br />

Nel 2004 è <strong>stato</strong> nominato professore <strong>di</strong> ricerca<br />

presso la Hogeschool van Amsterdam e profes-<br />

32 scuola e formazione<br />

D’altro canto, l’interessante progetto <strong>di</strong> Lovink<br />

<strong>di</strong> rintracciare modalità <strong>di</strong> lavoro che utilizzino<br />

pratiche e saperi informali, <strong>di</strong> ricorrere a <strong>di</strong>scipline<br />

alternative come per esempio quella del<br />

design per elaborare strumenti più raffinati <strong>di</strong> interpretazione<br />

della rete, per essere valido non ha<br />

bisogno necessariamente dell’approvazione <strong>di</strong><br />

una comunità scientifica così <strong>intesa</strong>.<br />

Infine, l’ultima parte è de<strong>di</strong>cata alla vera posta<br />

in gioco del saggio <strong>di</strong> Lovink: l’organizzazione<br />

delle reti per l’ambito culturale e politico. Da questo<br />

punto <strong>di</strong> vista, l’autore non ha dubbi sul fatto<br />

che internet stia dando forma all’organizzazione<br />

dei movimenti sociali: la primavera araba, il movimento<br />

degli In<strong>di</strong>gnados, <strong>di</strong> Occupy, casi come<br />

Culturemondo, la stessa Wikileaks ne sono la<br />

prova. Allo stesso tempo, saggiamente l’autore<br />

non esclude il politico dalla vita offline e sottolinea<br />

come le rivoluzioni non possano <strong>di</strong>pendere<br />

da Twitter e dalla rete, ma auspica un linguaggio<br />

che sappia sfruttare gli effetti sul mondo reale<br />

della ormai avvenuta convergenza tra vecchi<br />

e nuovi me<strong>di</strong>a. Da questo punto <strong>di</strong> vista, non si<br />

può non tenere conto delle possibilità che internet<br />

offre all’attivismo sociale: le pratiche cosiddette<br />

«orgnet» potrebbero sostituire nel tempo<br />

l’attuale rappresentazione dello <strong>stato</strong> liberal-democratico<br />

e riappropriarsi della produzione dell’opinione<br />

pubblica. Nuove forme istituzionali ed<br />

estetiche nascono nella rete, quello che Lovink<br />

ci <strong>di</strong>ce è che forse varrebbe la pena <strong>di</strong> misurarne<br />

la forza rivoluzionaria.<br />

Internet torni a essere sovversivo<br />

Colloquio tra M. Opipari e G. Lovink<br />

sore associato presso l’Università <strong>di</strong> Amsterdam.<br />

Attualmente è <strong>di</strong>rettore dell’Institute of Network<br />

Culture presso il Politecnico <strong>di</strong> Amsterdam. Poche<br />

informazioni che già tratteggiano<br />

la forma del giramondo senza<br />

ra<strong>di</strong>ci stabili, sia sotto il profilo<br />

culturale che del suo itinerario<br />

filosofico.<br />

Di formazione marxista, certamente<br />

ispirato dal pensiero critico<br />

della <strong>Scuola</strong> <strong>di</strong> Francoforte della<br />

cui ere<strong>di</strong>tà Lovink scrive esplicitamente<br />

in uno dei suoi saggi<br />

più importanti (Dark Fiber, p. 39-<br />

47), se ne <strong>di</strong>stacca durante il proprio<br />

percorso <strong>di</strong> ricerca, raggiunta la consapevolezza<br />

<strong>di</strong> come internet rappresenti un ogget-

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