Capitolo II - La vertenza di Castelmonte

34 - LA SLAVIA FRIULANA NEGLI ANNI VENTI
emergenza e la dura vita dei campi, fatta di fatiche ingrate e di solitudine, si stemperava
nell'atmosfera conviviale ed amicale della lunga vigilia.
Un cattolico intransigente può chiedersi se tutto ciò sia fede cristiana. Ma più pertinente risulta
quest'altra domanda: -Un santuario, dove per l'esigenza della moralità, dell'igiene e della
funzionalità si programmano i pellegrinaggi, si attrezzano comodi alberghi, si aprono attraenti
negozi di chincaglierie sacre, si organizzano efficienti ricevitorie ecc., è espressione di una fede
più autentica-?
Questa improvvisa sensibilità per la casa di Dio e di Maria, che si traduce in disprezzo per le
miserevoli condizioni socio-economiche di un popolo, non tradisce forse un grave pervertimento
delle finalità stesse della religione e della fede? In parole povere una conduzione capitalistica
della religione e della devozione rende maggior gloria a Dio e a Maria di una festa popolare che
in ogni caso non ha mai offeso né umiliato un popolo anche se il suo comportamento non
corrispondeva in tutto ai canoni della morale cattolica?
Certo i tempi stavano mutando e le buone tradizioni popolari non avrebbero potuto
sopravvivere per molto. Ma il problema vero è quello della qualità del mutamento. La via scelta
in ogni caso è stata a tutto danno del popolo, cui è stata strappata la religione con la fede.