n°25 - LUISS Business School
n°25 - LUISS Business School
n°25 - LUISS Business School
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Numero Numero Numero Numero XXV XXV XXV XXV<br />
Ottobre Ottobre Ottobre Ottobre 2012 2012 2012 2012<br />
Editoriale<br />
Editoriale<br />
Editoriale<br />
Editoriale<br />
di Gabriele Gabrielli<br />
Perché nascondere la<br />
fragilità umana nel lavoro?<br />
I<br />
n un recente approfondimento proposto da<br />
un quotidiano viene definita “generazione<br />
esausta” quella dei trentenni e quarantenni<br />
che non sanno più come bilanciare: da un<br />
lato, la corsa a ostacoli allestita da una società<br />
e da modelli di gestione degli affari fondati sul<br />
miglioramento continuo della performance; dall’altro,<br />
gli affetti, la famiglia, la cura di sé e degli altri beni<br />
relazionali. Una generazione, per dirla con le parole<br />
di Michela Marzano, illusa di “poter conciliare<br />
l’inconciliabile”. La vita, d’altra parte, rischia di apparire<br />
sempre più una faticosa occupazione dall’esito<br />
scontato: insoddisfazione, sensazione di non essere<br />
riusciti a far niente o poco, stress. Ci sentiamo impoveriti<br />
e svuotati da un canovaccio che conosciamo<br />
bene e che mette in scena personaggi noti. C’è chi “è<br />
stressato dall’ambizione, che dipende sempre dai<br />
giudizi altrui, uno dalla frenesia del commercio …<br />
alcuni sono continuamente occupati a creare pericoli<br />
agli altri … c’è chi si logora in una volontaria schiavitù,<br />
all’ingrato servizio dei potenti, molti non pensano<br />
che ad emulare l’altrui bellezza o a curare la propria<br />
…”.<br />
Come non ritrovarsi in<br />
questa limpida e articolata<br />
descrizione? Ce n’è per<br />
tutti. Non è però uno<br />
scritto contemporaneo e<br />
nemmeno moderno. Si<br />
tratta di un passaggio del<br />
De brevitate vitae scritto da<br />
Seneca quasi duemila anni<br />
fa. Questo per dire che il<br />
rischio di essere travolti<br />
da obiettivi falsi promossi da pratiche sociali, culturali<br />
e organizzative c’è sempre stato. E’ nella natura<br />
dell’uomo prestare il fianco al fascino dei molti idoli<br />
che costruiamo, come il successo a tutti i costi,<br />
l’eterna giovinezza, l’euforia del pensare di poter fare<br />
PRIMA A CURA DI GABRIELE GABRIELLI<br />
Sommario<br />
Sommario<br />
Editoriale: Perché nascondere la fragilità umana nel lavoro? - Lo spillo - L’aforisma -<br />
Prossimità: Learning 2.0: cavalcare la tigre senza finire tra le sue fauci (1)- Professioni: New<br />
skills for new jobs - Prospettive organizzative: Flexpatriate assignment - Personal skills:<br />
L’importanza di cambiare pelle -Press: La forza dell’evidenza - Pay for…I: Verso nuove forme<br />
d’informativa: l’Integrated Report- Pay for…II: Gli impatti gestionali delle operazioni di M&A -<br />
Pay for…III: Executive compensation. Quando lavorare paga e appaga.<br />
tutto ciò che ci piace (basta dire o scrivere “I like”)<br />
e che il mondo gira tutto intorno a noi. Sono alcuni<br />
dei rischi della post-modernità. Si possono trasformare<br />
in vere e proprie “trappole” se non c’è consapevolezza<br />
di quello che si fa e si rincorre. Occorre<br />
“risvegliarsi”, allora, per essere presenti a se stessi e<br />
al mondo. E’ questo il beneficio che porta la mindfulness,<br />
una risorsa scarsa nell’epoca attuale e per<br />
questo sempre più necessaria.<br />
Una maggiore consapevolezza si fa urgente anche<br />
nei luoghi di lavoro, un bene irrinunciabile per<br />
leader e manager che hanno la responsabilità di<br />
guidare persone e organizzazioni.<br />
In molte discussioni (anche nella rete) di questa<br />
fine estate c’è una traccia significativa della voglia<br />
di togliersi di dosso l’intorpidimento che ci rende<br />
esausti. Questo moto di consapevolezza prende<br />
forma almeno in tre direzioni.<br />
• La prima: che occorre liberarsi dal “mito<br />
dell’individualismo” sfrenato che ci fa credere di<br />
poter controllare tutto quello che ci circonda e<br />
potercela fare senza l’aiuto di nessuno, vagheggiando<br />
idee e miti di onnipotenza che prendono<br />
le sembianze del delirio manageriale.<br />
• La seconda: che domanda se è sensato costruire<br />
una società fondandola sul primato dei migliori.<br />
E’ davvero umano proporre modelli di vita civile<br />
e professionale ancorando il successo alla logica<br />
del prevalere su qualcun altro, perché altrimenti<br />
sei fuori?<br />
• La terza: che suggerisce, infine, di rimeditare<br />
l’essenza della nostra natura illuminandola per<br />
quel che è, un dono che contiene in sé il limite, la<br />
finitezza, la fragilità e quindi anche la possibilità<br />
di sbagliare.<br />
•<br />
Le implicazioni positive di questo moto di risveglio<br />
per la pratica e per il benessere personale e<br />
sociale sarebbero numerose. Vediamone alcune. Il<br />
riappropriarsi di un atteggiamento<br />
sano ed equilibrato<br />
nei riguardi del mondo<br />
(locus of control) ci aiuterebbe<br />
a comprendere meglio<br />
il significato della felice<br />
espressione di Thomas Merton<br />
che “l’uomo non è<br />
un’isola”.<br />
Non possiamo fare tutto da<br />
soli, né possiamo controllare<br />
tutte le variabili che influenzano il mondo che<br />
circonda e tanto meno modellarlo a nostro piacimento.<br />
(segue a pag. 2)<br />
Lo Lo Lo Lo spillo spillo spillo spillo<br />
di Pier Luigi Celli*<br />
Si fa presto a dire ‘lavoro’, con quel posto<br />
che prima o poi dovrà pure venir fuori e così anch’io mi<br />
sistemerò. In fondo sarebbe giusto, un ordine naturale per<br />
come dovrebbe girare questo mondo, se tutti avessero la<br />
loro chance e le cose riprendessero a disporsi giudiziosamente<br />
come un tempo.<br />
Io ero uno di quelli che aveva fiducia; vedrai, mi dicevo, non<br />
può essere che continui così, se sei bravo e ti fai valere,<br />
qualcuno che ti apprezzi prima o poi lo trovi di sicuro.<br />
Non ci ho fatto troppo caso ai primi rifiuti; è naturale,<br />
pensavo, come puoi pretendere di imbucare subito la porta<br />
giusta: sei alle prime armi, appena laureato, e non è detto<br />
poi che sia una gran laurea, vai a sapere cosa cercano veramente,<br />
oggi, con tutto il mondo sottosopra e la gente che ne<br />
ha troppe da pensare per rincorrere quelli che non si fermano<br />
mai.<br />
Così ho avuto pazienza.<br />
I colloqui non mi mancavano, soprattutto all’inizio; alcuni<br />
interessanti, altri noiosi, con quegli intervistatori che un po’<br />
finivano sempre col darti sui nervi per quanto si sbrigavano<br />
a tirar via, quasi si trattasse di pratiche di scarso interesse<br />
che bisognava comunque portare alla fine.<br />
Di proposte quasi nulla. Qualche spezzone di orario a riempir<br />
buchi temporanei,alcuni mestieri che non avevano nulla<br />
a che fare con i miei studi, o incarichi per procacciare affari<br />
minuti, di nessun rilievo professionale; persino umilianti.<br />
Ho resistito.<br />
Avevo la mia dignità da difendere e un titolo di studi da<br />
onorare; per non parlare della fatica che mi era costato.<br />
Ad accorgermi che le occasioni di colloquio si stavano<br />
diradando sempre più ci ho messo un po’ di tempo. Sapete,<br />
non è che stai sempre lì a tenere la contabilità, specie se via<br />
via che i mesi passano cominci a farci l’abitudine a questa<br />
vita un po’ così, senza molti punti di riferimento, con le<br />
giornate che si ammucchiano su, tra un bar, un giro con gli<br />
amici, qualche viaggio in esplorazione qua e là, la ragazza<br />
da curare, prima, e da inseguire poi.<br />
E’ passato del tempo; più di quello consentito.<br />
Così ora sono qui, ai mercati generali, che scarico cassette<br />
di frutta e verdura alle quattro di mattina. Non è un gran<br />
che, a voler essere seri, ma è sempre meglio di niente. Mi<br />
permette una certa autonomia: posso comprarmi le sigarette,<br />
andare qualche volta al cinema e in pizzeria; persino fare<br />
il pieno al vecchio motorino ereditato da mio padre.<br />
Non ho perso la speranza, però.<br />
Sono in attesa di incontrare un pezzo grosso della regione<br />
( almeno, è quello che continua a dirmi mia madre che gli<br />
cuce le camicie con le iniziali ) che si è impegnato a sistemarmi.<br />
Bisogna solo dargli tempo. C’è un certo affollamento di<br />
richieste; è comprensibile.<br />
Ma si avvicinano le elezioni, e questo a noi ci rincuora.<br />
*Direttore Generale <strong>LUISS</strong> Guido Carli
Perché nascondere la fragilità umana nel<br />
lavoro?<br />
(segue da pag. 1)<br />
Non possiamo fare a meno dell’altro, forse nemmeno<br />
del capo. C’è qualcuno che crede davvero che esistano<br />
le bossless company, o non sono piuttosto l’espressione<br />
più evoluta del processo di orizzontalizzazione delle<br />
organizzazioni? Vivendo nell’epoca<br />
dell’interconnessione, del resto, dovrebbe essere più<br />
facile interiorizzare questa verità e comportarci di<br />
conseguenza. Per esempio, ricercando e promuovendo<br />
-anche nelle imprese e nei contesti produttivi- cooperazione<br />
e lavoro di team, anziché incentivare “giocate<br />
singole”, costruendo e sperimentando con tenacia<br />
sistemi (carriera, status, remunerazione, ecc.) che<br />
premino lo sviluppo di quella che Richard Sennet<br />
chiama “mentalità collaborativa”. Da soli o insieme?<br />
Questa domanda sintetizza bene l’opzione che organizzazioni<br />
e imprese hanno di fronte per costruire<br />
politiche di gestione e sviluppo delle persone.<br />
Non può più reggere, poi, l’ideologia dell’up or out<br />
come linea guida per costruire la società in cui viviamo<br />
e come incentivo di carriera e misura del successo.<br />
Quello che occorre<br />
sollecitare è piuttosto<br />
una appassionata<br />
attenzione e cura per<br />
tutti, un forte senso<br />
di solidarietà e capacità<br />
di valorizzare<br />
ciascuno. Anche le<br />
imprese e le organiz-<br />
Prossimità A CURA DI FABRIZIO MAIMONE<br />
Learning 2.0:<br />
cavalcare la tigre senza<br />
finire tra le sue fauci (1)<br />
I<br />
l termine “Learning 2.0” è utilizzato per indicare,<br />
genericamente, quei sistemi che utilizzano<br />
i media digitali e, in particolar modo, i<br />
social media, per facilitare lo sviluppo<br />
dell’apprendimento informale e la creazione<br />
di community e network di apprendimento<br />
(AA.VV. 2009).<br />
La diffusione degli strumenti Web 2.0 (non solo) nei<br />
contesti formativi, suscita speranze ma anche inquietudini.<br />
Gli addetti ai lavori, come spesso accade<br />
in Italia quando si discute di innovazione (non solo<br />
nei processi di apprendimento), sembrano dividersi<br />
tra “apocalittici” (che temono la progressiva<br />
L’aforisma<br />
L’aforisma<br />
L’aforisma<br />
L’aforisma<br />
proposto da Franco Fontana*<br />
zazioni - se vogliono essere responsabili, cioè portatrici<br />
di un progetto che abbia risposte verso molti e<br />
non soltanto verso alcuni - dovrebbero spingere<br />
l’acceleratore verso questa direzione non elitaria ma<br />
inclusiva.<br />
Dal “risveglio” deriverebbere anche un’altra rilevante<br />
implicazione. Saremmo attrezzati per non cadere<br />
“nella trappola della perfezione”. Perché siamo vulnerabili<br />
e fragili. Possiamo sbagliare. Talvolta si<br />
eccelle, altre volte no e “nella vita non si deve sempre<br />
e solo cercare di essere i migliori”. Conseguire risultati<br />
diversi nei molti ambiti in cui si è impegnati<br />
(nella vita personale, familiare, sociale, professionale,<br />
ecc.) è la norma e non lo “stigma” da nascondere e<br />
di cui vergognarsi, direbbe Martha Nussbaum. E’ in<br />
questa prospettiva che andrebbero anche rilette<br />
molte delle politiche di welfare aziendale, ancorando<br />
le scelte delle imprese e del management a una visione<br />
dell’uomo, prima ancora che a una delle tante e<br />
caduche teorie degli affari. Risiede in questo difetto<br />
antropologico l’essenza del diverso atteggiarsi complessivo<br />
della società e delle organizzazioni quando<br />
considerano il lavoratore come risorsa e non come<br />
persona. Il lavoratore come risorsa<br />
umana è a termine e si consuma. Il<br />
lavoratore in quanto persona no,<br />
ha valore in sé e per sempre. Il<br />
primo fallisce, il secondo sbaglia e<br />
apprende. La risorsa umana, poi,<br />
dipende solo dalla combinazione<br />
e dal posto concessole dal processo<br />
di combinazione di altri fattori,<br />
la persona invece è libera e re-<br />
“digitalizzazione” dei processi formativi)<br />
e “integrati” (che, invece, sono<br />
entusiasti sostenitori della rivoluzione<br />
tecnologica). A parere di chi scrive,<br />
la verità sta nel mezzo.<br />
La bagarre scatenata, nei giorni scorsi,<br />
dal lancio della nuova versione del<br />
famosissimo “cellulare intelligente”<br />
(assurto al rango di feticcio consumistico),<br />
dimostrano che un prodotto<br />
tecnologico può diventare un<br />
fenomeno di costume, come la moda<br />
o la musica pop. Nel secolo scorso, lo<br />
psicologo russo Vygotskij ha scritto<br />
che gli strumenti materiali, come il<br />
linguaggio e i simboli, possono svolgere<br />
un ruolo di mediazione tra la<br />
persona e il suo mondo sociale e culturale.<br />
Le nuove tecnologie digitali sono diventate pervasive.<br />
I ragazzi della “generazione y”, nati dopo il 1978,<br />
sono cresciuti a pane e internet. Ma anche i cosiddetti<br />
migranti digitali, nati nell’era analogica (come<br />
chi scrive), ormai vivono immersi in una densa rete<br />
“...l a battaglia per la Qualità è uno dei prerequisiti per il successo delle<br />
vostre aziende e per il nostro successo collettivo”.<br />
Jacques Delors, discorso alla fondazione dell’EFQM 15 settembre 1988<br />
*Direttore <strong>LUISS</strong> <strong>Business</strong> <strong>School</strong><br />
Pagina 2<br />
sponsabile. Nell’agenda della politica e delle<br />
istituzioni, in quella dell’economia, delle imprese<br />
e del lavoro dovrebbe esserci questo<br />
impegno a “risvegliarsi”, per fondare su una<br />
diversa visione dell’uomo l’azione nelle rispettive<br />
sfere. Anche l’economia ha bisogno di una<br />
antropologia per coltivare l’umanità, piuttosto<br />
che per nasconderla o ghettizzarla.<br />
Per approfondire:<br />
• Bruni Luigino, L’impresa civile, Università Bocconi<br />
Editore, Milano, 2009<br />
• Goffman Erving, Stigma. L’identità negata, Ombre<br />
Corte, 2003<br />
• Marzano Michela, “La generazione esausti”, La<br />
Repubblica, 30 agosto 2012<br />
• Merton Thomas, Nessun uomo è un’isola, Grazanti,<br />
Milano, 1998<br />
• Monti Daniela, “Il mito dell’individualismo. Perché<br />
ci crediamo tanto?”, Corriere della Sera, 1 settembre<br />
2012<br />
• Nussbaum Martha C., Nascondere l’umanità, Ca-<br />
rocci, Roma, 2005<br />
• Nussbaum Martha C., Coltivare l’umanità. I classi-<br />
ci, il multiculturalismo, l’educazione contempora-<br />
nea, Carocci, Roma, 2006<br />
• Rampini Federico, “Senza capo. Agli ordini del<br />
manager collettivo”, La Repubblica, 2 settembre<br />
2012<br />
• Seneca, De brevitate vitae, Rizzoli, Milano, 2012<br />
• Sennet Richard, Insieme, Feltrinelli, Milano, 2012<br />
• Siegel Daniel J., Mindfulness e cervello, Raffaello<br />
Cortina Editore, Milano, 2009<br />
di connessioni virtuali, grazie alle nuove<br />
tecnologie. Quindi, i media digitali fanno<br />
parte della nostra vita e far finta che non<br />
esistano è un esercizio vano. Anche le organizzazioni<br />
devono fare i<br />
conti con le nuove tecnologie,<br />
imparando a cavalcare<br />
la tigre senza finire<br />
nelle sue fauci.<br />
Il fatto che le nuove tecnologie<br />
siano onnipresenti,<br />
non assicura che<br />
siano buone in sé. Il sole<br />
ci dona la luce e il calore,<br />
ma Archimede, più di<br />
duemila anni fa, è riuscito<br />
a trasformare la luce<br />
del sole in una temibile<br />
arma. Qualunque mezzo<br />
può essere buono o cattivo,<br />
a seconda dell’uso che<br />
ne facciamo e dei fini che<br />
perseguiamo.<br />
Lo sviluppo del Learning 2.0 dipende<br />
(soprattutto) dai principi e dalle scelte<br />
metodologiche. Tagliando con l’accetta la<br />
nostra analisi, possiamo individuare due<br />
diverse filosofie: un approccio tecnocentrico<br />
e un approccio umanistico.<br />
L’approccio tecno-centrico prefigura<br />
l’ascesa di un nuovo tipo umano, l’homo<br />
tecnologicus che, come nella trilogia di Matrix,<br />
si dis-incarna dalla sua umanità, per<br />
divenire una specie di cyborg digitale, ancora<br />
uomo (ma per quanto ancora?) ma<br />
anche (e sempre di più) identità virtuale.<br />
(segue a pag. 3)
Learning 2.0: cavalcare la tigre<br />
senza finire tra le sue fauci<br />
(segue da pag. 2)<br />
Il grande mito della letteratura cyber-punk,<br />
descritta da film-manifesto, come lo stesso<br />
Matrix e Johnny Mnemonic (ispirati da romanzi<br />
di fantascienza “cyber”). Alcuni approcci<br />
all’apprendimento mediato dalle nuove<br />
tecnologie, tendono a<br />
ridurre l’uomo alla sua<br />
dimensione cognitiva e a<br />
considerare la mente<br />
come una sorta di<br />
“sistema operativo”, riprogrammabile,utilizzando<br />
un linguaggio<br />
formale, e manipolabile<br />
(anche) attraverso<br />
l’utilizzo delle nuove<br />
tecnologie.<br />
Abbiamo poi un approccio<br />
che possiamo definire<br />
umanistico: secondo<br />
questa prospettiva, la<br />
tecnologia è uno strumento, non un fine. Chi<br />
adotta questa filosofia, presuppone che la<br />
relazione tra uomo e tecnologia non sia di<br />
segno univoco, ma duale: la tecnologia cambia<br />
l’uomo, come sostiene De Kerckhove (1996),<br />
ma allo stesso tempo l’uso che a livello perso-<br />
New skills<br />
for new jobs<br />
L<br />
a crisi ha portato il tasso di occupazione<br />
medio fino al 69%, e il tasso di<br />
disoccupazione fino al 10%; ipotizzando<br />
una stabilizzazione del mercato<br />
del lavoro ora, il raggiungimento<br />
di un tasso di occupazione del<br />
75% entro il 2020 richiede una crescita<br />
media dell'occupazione di poco superiore<br />
all'1% annuo. Colmare il divario per l'obiettivo<br />
sarà un compito facile. Poter disporre di una di<br />
una forza lavoro qualificata (sia in relazione ai<br />
sistemi professionali e produttivi tradizionali sia<br />
in ragione delle professioni emergenti, con particolare<br />
riferimento a quelle green) quale risorsa essenziale<br />
per sviluppare un'economia competitiva,<br />
sostenibile e innovativa, in linea con gli obiettivi<br />
della strategia Europa 2020, specie in tempi come i<br />
nostri di ristrettezze di bilancio e di una pressione<br />
della concorrenza mondiale senza precedenti.<br />
Il recente report di programmazione strategica in<br />
tema di occupazione (New skills and jobs in Europe:<br />
Pathways towards full employment, 2012 –<br />
Direzione Ricerca e Innovazione, Unità Scienze<br />
Sociali) individua alcune direzioni chiave alla base<br />
delle politiche nazionali ed EU in tema di sviluppo<br />
e valorizzazione delle professioni e di migliora-<br />
nale e sociale viene fatto dei media digitali<br />
contribuisce a plasmare i media stessi, attraverso<br />
la definizione di pratiche sociali e comunicative<br />
(Gherardi 2010, Bruni, Fasol e Nicolini,<br />
2005). Quindi, uomo e tecnologia sono<br />
interdipendenti. Le persone usando le tecnologie<br />
possono acquisire maggiore consapevolezza<br />
sulle proprie strutture cognitive e sviluppare<br />
pratiche riflessive, a livello individuale e<br />
sociale (Papert, 1980). I media possono facilitare<br />
processi di<br />
apprendimento<br />
sociale, fondati su<br />
dinamiche sociorelazionali<br />
(Siebert<br />
e altri, 2009). Chi<br />
scrive ritiene che<br />
solo un approccio<br />
che metta al centro<br />
la persona possa<br />
consentire uno<br />
sviluppo armonico e<br />
sostenibile dei nuovi<br />
sistemi di apprendimento.<br />
Un<br />
approccio di tipo inclusivo, che non faciliti la<br />
nascita di nuove forme di alienazione. Nella<br />
seconda parte di questo articolo vedremo alcuni<br />
esempi e proveremo a individuare alcune<br />
buone pratiche, per l’implementazione di sistemi<br />
di Learning 2.0 centrati sulla persona.<br />
mento del grado di flexicurity del mercato del lavoro<br />
(e/o dei suoi segmenti rilevanti). Esse fanno<br />
riferimento sia agli investimenti necessari per aumentare<br />
le opportunità di impiego -con particolare<br />
riferimento a giovani, adulti e migranti- sia a quelli<br />
relativi al miglioramento della qualità del lavoro,<br />
degli spazi di lavoro, della formazione. Il tema<br />
delle competenze rimane centrale sia per le professioni<br />
emergenti di alto profilo sia per i profili più<br />
dequalificati, anche e soprattutto in momenti di<br />
crisi recessiva, a sostegno della sostenibilità stessa<br />
delle politiche del lavoro e della crescita.<br />
Sulla base di una ricerca comparativa tra 17 progetti<br />
condotti a livello nazionale, il documento riporta<br />
una sintesi e valutazione critica delle principali<br />
evidenze in Europa su professioni, lavoro e competenze.<br />
In particolare, la ricerca dimostra in modo<br />
convincente, tra gli altri aspetti, che livelli di disoccupazione<br />
più bassi (e, parimenti, più alti gradi<br />
di creazione di lavoro e bacini di impiego) si correlano<br />
a:<br />
• sistemi di istruzione caratterizzati<br />
da un accesso<br />
più equo all'istruzione e<br />
formazione professionale<br />
continua formazione;<br />
• politiche del mercato del<br />
lavoro più ambiziose, che<br />
supportano una maggiore<br />
mobilità professionale<br />
(anche attraverso sistemi<br />
efficaci di validazione<br />
delle competenze e degli<br />
apprendiementi) e lavorativa<br />
(migliorando l'allineamento<br />
dinamico e il<br />
Per approfondire:<br />
• AA.<br />
• Bruni<br />
• Derrick<br />
• Gherardi<br />
• Siebert<br />
• Vygotskij<br />
Pagina 3<br />
VV. (2009),Learning 2.0: The Impact of Web 2.0 Innovations<br />
on Education and Training in Europe, JRC-IPTS Final report,<br />
European Commission;<br />
A., Fasol R., Nicolini D. (2005), Una prospettiva sociologica<br />
allo studio della telemedicina, Sociologia del lavoro, n.<br />
98;<br />
De Kerckhove (1996), La pelle della cultura. Un'indagine<br />
sulla nuova realtà elettronica, a cura di Christopher Dewdney.<br />
Genova, Costa & Nolan.<br />
S. (2010), Telemedicine: A practice-based approach to<br />
technology, Human relations, 63(4) 501–524;<br />
S., Mills V. and Tuff C. (2009), Pedagogy of workbased<br />
learning: the role of the learning group, Journal of Workplace<br />
Learning, Vol. 21 No. 6;<br />
L. (1990),Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche,<br />
a cura di L. Mecacci , Roma-Bari.<br />
Professioni A CURA DI VALENTINA CASTELLO<br />
•<br />
dialogo attivo nei vari segmenti del mercato<br />
del lavoro);<br />
sistemi di organizzazione del lavoro che<br />
valorizzano la “manutenzione” e lo sviluppo<br />
delle competenze e che non basta mantenere<br />
le persone in linea con le esigenze<br />
del mercato (make people fit for the<br />
market; mediante il miglioramento della<br />
loro capacità individuali), ma che è anche<br />
di grande importanza organizzare efficacemente<br />
i luoghi di lavoro in modo supportivo<br />
alle diverse esigenze ed abilità dei lavoratori<br />
(making the market fit for workers);<br />
• la crescente importanza delle competenze<br />
trasversali, che attraversano i confini delle<br />
discipline e delle professioni.<br />
Il documento sottolinea con forza, infine,<br />
come solo una efficace governance delle competenze<br />
(anche in termini di sistemi negoziati<br />
di flexicurity, di workplace democracy,<br />
la ripartizione equa del rischio negli investimenti<br />
in competenze)<br />
possa garantire il riforzo<br />
reciproco tra sviluppo<br />
delle competenze e creazione<br />
di lavoro in condizioni<br />
di crescente incertezza<br />
economica.
Pagina 4<br />
Flexpatriate<br />
assignment<br />
L’<br />
i n t e r n a z i o n a l i z z a z i o n e<br />
dell’economia continua ad<br />
accelerare il passo. Per apprezzare<br />
l’entità del fenomeno<br />
basti pensare che nel mondo<br />
operano 82.000 gruppi multinazionali<br />
che impiegano complessivamente<br />
80 milioni di<br />
persone, pari al 4% della forza lavoro mondiale.<br />
Il loro fatturato corrisponde al 25% del prodotto<br />
lordo e controllano due terzi di tutto il commercio<br />
di beni e servizi a livello mondiale [1]. Oltre<br />
alle multinazionali un numero crescente di imprese,<br />
anche di piccole e medie dimensioni, gestisce<br />
attività oltre i confini domestici attraverso<br />
rapporti di import/export, contratti di subfornitura<br />
internazionale, forme di delocalizzazione<br />
produttiva, alleanze internazionali, fusioni e<br />
acquisizioni cross border.<br />
La gestione della mobilità globale costituisce<br />
una delle leve più importanti per favorire il coordinamento<br />
delle attività internazionali e assicurare<br />
lo sviluppo di leader con un mindset globale.<br />
Quest’ultimo aspetto sta acquisendo particolare<br />
rilevanza poiché l’orientamento internazionale è<br />
considerato un requisito essenziale per guidare<br />
organizzazioni che operano in uno scenario competitivo<br />
globale. Secondo alcune ricerche, ad<br />
esempio, le imprese che scelgono un amministratore<br />
delegato con esperienza internazionale conseguono<br />
migliori risultati in termini di redditività<br />
[2].<br />
Per favorire la mobilità globale, oltre ai programmi<br />
di espatrio tradizionali, le imprese ricorrono<br />
sempre più spesso a nuovi modelli di flexpatriate<br />
assignment [3]. Fra questi si possono distinguere<br />
almeno tre diverse tipologie [4]:<br />
Prospettive organizzative<br />
A CURA DI ALESSIA SAMMARRA<br />
• Espatri<br />
• International<br />
• Pendolari<br />
a breve termine: che, seppur con diverse<br />
varianti, consistono in delle missioni di lavoro<br />
all’estero più lunghe di un semplice viaggio di<br />
affari ma di durata inferiore all’anno, che general-<br />
mente non prevedono l’espatrio della famiglia.<br />
<strong>Business</strong> traveller: si tratta di incarichi<br />
di lavoro che richiedono di viaggiare frequentemente<br />
fra diverse sedi senza però prevedere<br />
un vero e proprio trasferimento.<br />
e incarichi a rotazione: si tratta a tutti<br />
gli effetti di incarichi dual desk.<br />
Nel primo caso, gli assegnatari lavorano in due Paesi<br />
trasferendosi da uno all’altro una o due volte a settimana,<br />
nel secondo, vi è alternanza di brevi periodi nei<br />
due posti. La ricerca ha evidenziato che queste nuove<br />
tipologie non sostituiscono gli espatri tradizionali,<br />
che continuano ad essere considerati uno strumento<br />
importante nella gran parte delle imprese che si trovano<br />
in uno stadio avanzato del processo di internazionalizzazione.<br />
Piuttosto costituiscono un allargamento<br />
del portafoglio di opzioni disponibili divenuto<br />
indispensabile per soddisfare le maggiori esigenze di<br />
integrazione globale delle imprese [5]. Si tratta di<br />
forme più flessibili che rispondono anche alle molteplici<br />
forme di internazionalizzazione cui oggi le imprese<br />
ricorrono, che oltre agli investimenti diretti<br />
esteri, includono modalità “più agili” come accordi,<br />
joint venture e progetti di collaborazione. Inoltre,<br />
l’allargamento del portafoglio di international assignment<br />
ben si sposa con la necessità di allargare il<br />
bacino di persone da coinvolgere in esperienze internazionali,<br />
sia perché permette di contenere gli investimenti<br />
nei programmi di mobilità globale includendo<br />
modalità meno costose rispetto agli espatri tradizionali,<br />
sia perché amplia il target di persone potenzialmente<br />
interessate grazie alla possibilità di scegliere<br />
incarichi che, pur avendo una dimensione<br />
internazionale, garantiscono un impatto più contenuto<br />
sulla vita privata rispetto agli espatri tradizionali.<br />
Non prevedendo il trasferimento dell’intero nucleo<br />
familiare, uno dei vantaggi dei flexpatriate assignment è<br />
quello di rendere l’incarico internazionale compatibile<br />
con la carriera del partner e/o con l’eventuale interesse<br />
dei figli a non cambiare scuola, cerchia di amicizie<br />
e stile di vita.<br />
Tab. - Vantaggi e criticità nella gestione di flexpatriate assignment<br />
Anche per il dipendente<br />
le esigenze<br />
di adattamento<br />
sono minori<br />
visto che<br />
l’incarico ha durata<br />
limitata o<br />
non richiede di<br />
trasferirsi completamente<br />
in<br />
altro Paese, riducendo<br />
quindi la<br />
p o r t a t a<br />
d e l l ’ e v e n t u a l e<br />
shock culturale<br />
che gli espatri<br />
tradizionali normalmentecomportano,<br />
almeno<br />
nella fase iniziale<br />
d e l l ’ i n c a r i c o .<br />
Inoltre, i flexpatriate<br />
assignment<br />
non indeboliscono<br />
il network<br />
professionale nel<br />
Paese di origine e soprattutto permettono di<br />
mantenere uno stretto legame con la casa<br />
madre, aspetto che potrebbe rivelarsi molto<br />
importante per le opportunità di carriera e<br />
promozioni una volta terminato l’incarico<br />
estero. Spesso gli espatriati lamentano che<br />
l’incarico internazionale, anziché garantire<br />
maggiori opportunità di crescita, finisce per<br />
diventare un ostacolo per la carriera per la<br />
cosiddetta sindrome “lontano dagli occhi,<br />
lontano dal cuore”. In effetti, la ricerca ha<br />
dimostrato che non si tratta di un timore del<br />
tutto privo di fondamento per chi intraprende<br />
un espatrio di medio-lungo termine (si<br />
veda anche l’articolo pubblicato nel numero<br />
19/2011 per un approfondimento su questo<br />
tema).<br />
Occorre tuttavia evidenziare che, pur costituendo<br />
forme più flessibili, questi incarichi<br />
possono comportare un aumento significativo<br />
dello stress da lavoro e pesare negativamente<br />
sul work life balance. I viaggi molto<br />
frequenti e la necessità di assentarsi dalla<br />
famiglia spesso comportano sacrifici personali<br />
importanti. Anche sotto il profilo professionale,<br />
il titolare dell’incarico è chiamato<br />
a confrontarsi con la diversità culturale e a<br />
dover sviluppare spiccate competenze relazionali.<br />
Inoltre, i continui spostamenti e la<br />
necessità di dover gestire un più ampio portafoglio<br />
di relazioni in contesti diversi potrebbe<br />
rendere difficile mantenere il livello<br />
di produttività a cui si era abituati. A fronte<br />
di tale complessità, non sempre le organizzazioni<br />
riservano ai flexpatriate assignment la<br />
necessaria attenzione in termini di selezione<br />
e preparazione all’incarico e di supporto al<br />
dipendente durante la sua durata. Si tratta di<br />
un errore che può pregiudicarne il buon<br />
esito. Anche questi incarichi internazionali,<br />
per avere successo, richiedono un’attenta<br />
progettazione e gestione da parte della Direzione<br />
HR che deve farli rientrare a pieno<br />
titolo negli investimenti destinati a rafforzare<br />
la mobilità globale.<br />
Per approfondire:<br />
1. Unctad (2010). World Investment Report, 2009.<br />
2. Daily C.M., Certo S.T., Dalton D.R. (2000).<br />
International experience in the executive suite: the path<br />
to prosperity?, Strategic Management Journal,<br />
21: 515-523.<br />
3. Mayerhofer H., Hartmann L.C., Michelitsch-<br />
Riedl G. e Kollinger I. (2004). Flexpatriate<br />
assignments: a neglected issue in global staffing,<br />
International Journal of Human Resource<br />
Management, 15: 1371-1389.<br />
4. Prandstaller F. e Quacquarelli B. (2011). Risorse<br />
Umane Internazionali, Apogeo, Milano.<br />
5. Scullion H. e Collings D.G. (2006). Alternative<br />
forms of international assignments, in H. Scullion<br />
and D.G. Collings (eds) Global Staffing, London,<br />
Routledge. Studies, 29: 159-177.
Pagina 5<br />
L’importanza di<br />
cambiare pelle<br />
Quattro lessons learned<br />
sull’innovazione<br />
“A lot of people in our industry haven't had very diverse<br />
experiences.<br />
So they don't have enough dots to connect, and they end up<br />
with very linear solutions without a broad perspective on<br />
the problem.<br />
The broader one's understanding of the human experience,<br />
the better design we will have.”<br />
Steve Jobs<br />
S<br />
iamo a neanche una decina di anni fa.<br />
Passeggiando per il vostro quartiere, in<br />
una zona che frequentate poco, notate<br />
una promettente libreria, molto ben<br />
organizzata e piena di idee. Un punto<br />
vendita tradizionale che vende volumi<br />
di ogni tipo e qualche accessorio per la lettura.<br />
Ripassate di lì per caso l’altro ieri e trovate tutto<br />
completamente cambiato.<br />
Al posto del piccolo esercizio commerciale scoprite<br />
ora un ipermercato gigante, fornito di ogni tipo<br />
di prodotto e tecnologia. Incuriositi, lasciate la<br />
vostra auto nel mega parcheggio e vi affacciate al<br />
suo interno. Praticamente nulla è rimasto della<br />
vecchia libreria: il luogo è supermoderno, pieno di<br />
luci e di attrattive: vi si possono trovare dagli elettrodomestici<br />
agli oggetti di arredamento ,<br />
dall’abbigliamento alla componentistica elettronica.<br />
Un grande settore è anche dedicato a libri e<br />
musica … Chissà, pensate, il vecchio negozio avrà<br />
chiuso e, al suo posto, si sarà trasferita una qualche<br />
succursale di una catena multinazionale …<br />
Ma poi vi avvicinate alla cassa e vedete che il titolare<br />
originario è lì e continua a fare il suo lavoro.<br />
Come è possibile? I nuovi proprietari gli avranno<br />
conservato il posto? Che cosa è accaduto? Lo andate<br />
a salutare e vi comunica che sì, il business è un<br />
po’ cambiato, tutto è cresciuto in maniera esponenziale,<br />
da libreria il negozio si è trasformato in<br />
piattaforma unificata multicanale, ma la squadra è<br />
praticamente la stessa dei vecchi tempi<br />
Personal Skills A CURA DI BARBARA PARMEGGIANI<br />
(naturalmente con tante persone<br />
in più) e le cose continuano<br />
ad andare a gonfie vele. Tanto<br />
che si sono aperti negozi simili<br />
a livello globale e gli investimenti<br />
fioccano.<br />
In che strano luogo siete capitati?<br />
Dove accadono simili avventure?<br />
Uscendo fuor di metafora,<br />
ci troviamo nello spazio<br />
siderale dell’e-commerce e il<br />
nostro simbolico “cassiere” si<br />
chiama Jeff Bezos , ovvero colui<br />
che in pochi anni ha permesso<br />
ad Amazon di realizzare una<br />
simile incredibile avventura.<br />
Molte sono le novità propagate da questo straordinario<br />
player del web, a partire dal fatto che<br />
al suo esordio, l’azienda ha saputo introdurre un<br />
algoritmo di analisi delle interazioni on-line che<br />
potesse “intuire” i gusti di ciascun singolo cliente,<br />
studiando i comportamenti d’acquisto dei<br />
suoi milioni di acquirenti. Ormai diffusa in molti<br />
altri siti è la proposta che viene mostrata ad<br />
ogni singola ricerca su Amazon: “Chi ha acquistato<br />
questo articolo ha acquistato anche …”,<br />
che stimola ad ampliare il proprio ordine e a<br />
comprare altra merce correlata alla precedente.<br />
In altre parole, ti fanno sapere che cosa vuoi tu!<br />
E di solito ci azzeccano … spingendoti ad un<br />
nuovo acquisto<br />
Una soluzione che ha fatto scuola. Ma non è<br />
certo la sola o la più importante. Il segreto è<br />
nella capacità di trasformazione e nella velocità<br />
alla quale si evolve e si cambia pelle.<br />
“Essere nati per la trasformazione richiede il<br />
coraggio di focalizzarsi prima di ogni altra cosa<br />
sul consegnare valore al cliente” sostiene Scott<br />
Anthony, uno dei guru contemporanei dei processi<br />
di innovazione nel business. “E’ proprio da<br />
lì che bisogna partire … Identificare valore significa<br />
anzitutto pensare ad una importante caratteristica<br />
o attività non supportata o mal supportata<br />
che i clienti vorrebbero trovare in un prodotto<br />
servizio, e partire da lì per individuare una<br />
soluzione ben definita, anche se profondamente<br />
diversa da ciò che siamo in grado di offrire oggi.<br />
“Se volete continuamente rivitalizzare il servizio<br />
che offrite ai vostri clienti, non<br />
potete fermavi a fare ciò in cui siete<br />
bravi” suggerisce ancora Jeff Bezos,<br />
dichiarato Person of the Year di<br />
Time Magazine nel 1999, guadagnandosi<br />
così la copertina più prestigiosa<br />
dell’Occidente, “dovete<br />
continuamente chiedervi ciò di cui i<br />
vostri clienti hanno bisogno e ciò<br />
che chiedono. Poi, non importa<br />
quanto sia difficile, è meglio che<br />
diventiate bravi a farlo!"<br />
Quali sono dunque le caratteristiche<br />
di un ambiente innovatore? Ne<br />
ho individuate almeno quattro.<br />
Il punto di partenza, come dicevamo,<br />
è l’ attitudine a focalizzarsi sui<br />
clienti e a saperli osservare in tutte<br />
le loro sfumature, in una<br />
sorta di indagine antropologica<br />
di costumi e<br />
necessità più o meno<br />
palesi.<br />
La seconda è la capacità<br />
di pensare in maniera<br />
spregiudicata (nel senso<br />
etimologico della parola,”senza<br />
pregiudizi o<br />
idee preconfezionate), in<br />
maniera aperta, non convenzionale,<br />
in grado di<br />
sfidare il luogo comune e<br />
il “si è sempre fatto così”.<br />
A ciò va coniugata poi l’abilità di trasformarsi<br />
velocemente di conseguenza, che implica una<br />
costante tensione a superare le routine inefficaci,<br />
ad adottare nuove abitudini, ad abbracciare<br />
il nuovo nella pratica quotidiana.<br />
La quanta ha a che fare con il superamento<br />
della sindrome da insuccesso. Non sempre<br />
infatti l’innovazione dipende dall’effort personale.<br />
E’ un processo che ha al suo interno un<br />
elevato tasso di aleatorietà (progetti troppo<br />
ambiziosi o costosi, timing non congruente,<br />
raggio d’azione troppo ampio, progetti che non<br />
sono “giusti” per l’azienda …). I motivi<br />
dell’insuccesso possono essere tanti, a volte<br />
pura e semplice sfortuna.<br />
Ma per affrontarli sembra importante la regola<br />
del GIORNO 26 del Little Book of Innovation:<br />
come posso motivare e retribuire<br />
l’innovazione? Risposta flash: non premiare<br />
l’innovazione a partire dai risultati ottenuti,<br />
ma ancorare i rewards ad atteggiamenti e comportamenti<br />
innovativi, anche se gli output …<br />
non sono così brillanti.<br />
Con una cultura aziendale ispirata a queste<br />
quattro caratteristiche sarà possibile assaporare<br />
in breve i vantaggi straordinari di una trasformazione<br />
tempestiva!<br />
Per approfondire:<br />
• Seizing<br />
• Scott<br />
• Matthew<br />
• TIME<br />
the White Space: <strong>Business</strong> Model Innovation<br />
for Growth and Renewal, Mark W. Johnson<br />
Press, Febbraio 2010.<br />
D. Anthony, The Little Black Book of Innovation:<br />
How It Works, How to Do It, Harvard<br />
<strong>Business</strong> <strong>School</strong> Publishing, 2012<br />
E. May, Guru Review: The Little Black<br />
Book of Innovation, Amex Open Forum, 24<br />
gennaio 2012<br />
Magazine Cover: Jeff Bezos - Person of the<br />
Year, 27 Dec 1999
Pagina 6<br />
La forza<br />
dell’evidenza<br />
L<br />
a crescente complessità e frenesia che<br />
connota le organizzazioni del terzo<br />
millennio richiede sempre più spesso<br />
ai manager di prendere decisioni<br />
rapide, talvolta istantanee. In situazioni<br />
di forte pressione può diventare<br />
quindi difficile fare “la scelta giusta”,<br />
ovvero individuare la risposta organizzativa e/o<br />
gestionale più appropriata. Ci si affida prevalentemente<br />
all’esperienza, all’intuito, al benchmark, ma<br />
più raramente ai fatti. Questa è la<br />
tesi provocatoriamente proposta<br />
da Denise Rousseau e Eric Barends<br />
in un recente articolo apparso<br />
sullo Human Resource<br />
Management Journal. Obiettivo<br />
degli autori è esortare ad un maggior<br />
ricorso ad un approccio<br />
“evidence-based”, ovvero suscitare<br />
interesse da parte del mondo<br />
degli HR “practitioner” ad avvalersi<br />
maggiormente di evidenze<br />
emerse da studi e ricerche empiriche<br />
come elementi a supporto<br />
dei processi decisionali.<br />
Per sostenere la loro tesi gli autori<br />
propongono un breve test. È<br />
vero o falso che:<br />
Verso nuove forme<br />
d’informativa:<br />
l’Integrated Report<br />
di Francesco Pasquale De Mutiis<br />
I<br />
I “Report Integrato”, questa sembra essere<br />
l’ultima frontiera in tema di informativa al pubblico.<br />
Si tratta di un vero e proprio “approccio<br />
alla trasparenza”, ossia rendicontare in maniera<br />
unitaria ed integrata le informazioni finanziarie,<br />
sociali, ambientali e di governance di un’intera<br />
organizzazione. Per la prima volta le aziende si<br />
troveranno quindi a dover predisporre un unico documento<br />
di informativa con il risultato da un lato, di accrescere<br />
il livello trasparenza verso la collettività e la comunità<br />
finanziaria e dall’altro, di ridurre la complessità<br />
legata agli obblighi di informativa.<br />
Se vogliamo, il primo stadio di questa “evoluzione informativa”<br />
si è avuto con la diffusione del cosiddetto bilancio<br />
di sostenibilità (o CSR Report).Con la progressiva<br />
globalizzazione dell’economia infatti, la richiesta di una<br />
sempre maggiore trasparenza circa le attività delle aziende<br />
da parte di tutti i portatori di interesse, ha fatto<br />
emergere nelle società (soprattutto di maggiori dimensioni)<br />
l’esigenza di presentare alla comunità esterna non<br />
solo le proprie performance finanziarie, ma anche quelle<br />
più propriamente derivanti dalla gestione di attività<br />
sociali ed ambientali.<br />
Il secondo step, nel processo di evoluzione dei sistemi di<br />
Press A CURA DI LAURA INNOCENTI<br />
• le<br />
• i<br />
persone con performance scarse traggono maggiore<br />
beneficio dai feed-back rispetto a quelle con<br />
performance elevate;<br />
conflitti relativi al “task” migliorano le performance<br />
di un gruppo, mentre quelli di natura rela-<br />
zionale le penalizzano;<br />
• i test che misurano l’integrità non sono affidabili<br />
poiché le persone tendono a mentire.<br />
A quanti avessero risposto affermativamente anche<br />
ad una sola di queste affermazioni gli autori rispondono<br />
facendo ricorso ad un vasto e consolidato corpo<br />
di ricerche empiriche che ne hanno dimostrato<br />
l’infondatezza.<br />
Adottare un approccio “evidence-based” richiede un<br />
cambiamento radicale rispetto alle modalità più<br />
consuete e in qualche modo rassicuranti che orientano<br />
generalmente le scelte di HRM. Significa, infatti,<br />
in primo luogo assumere una prospettiva<br />
critica non solo rispetto a<br />
c i ò c h e n o n f u n z i o n a<br />
nell’organizzazione, ma soprattutto<br />
rispetto a ciò che sembra<br />
funzionare. Significa non fermarsi<br />
ai risultati ma cercare risposte<br />
oggettive, dentro e fuori la propria<br />
organizzazione, che siano in grado<br />
di supportare in modo empirico<br />
le scelte effettuate.<br />
Come muoversi quindi nella direzione<br />
di un maggiore orientamento<br />
“evidence-based”? Gli autori individuano<br />
due passi fondamentali: il<br />
primo consiste nell’acquisire maggiore<br />
familiarità con gli studi e le<br />
ricerche condotte dalla comunità<br />
scientifica di riferimento. Benché talvolta risentano<br />
di un linguaggio autoreferenziale e possano risultare<br />
astrusi nella componente statistica, gli studi e le<br />
ricerche accademiche offrono evidenze empiriche<br />
solide e affidabili che possono fornite validi spunti<br />
di riflessione per chi opera nelle organizzazioni. Il<br />
secondo consiste nell’acquisire una maggiore sensibilità<br />
alla valorizzazione dei dati empici disponibili<br />
“in house”. Talvolta può capitare che le funzioni HR<br />
non riescano – per mancanza di tempo o di una<br />
specifica sensibilità – ad “estrarre” dai molteplici<br />
dati in loro possesso indicazioni che possono essere<br />
importanti nell’indirizzare le decisioni. Si tratta in<br />
alcuni casi di provare a leggere i dati con degli<br />
“occhiali” nuovi, in altri di andare ad acquisire mirate<br />
informazioni supplementari<br />
Un orientamento “evidence-based” risulta efficace<br />
poiché consente di “separare il grano dal loglio”,<br />
identificando le pratiche realmente più adatte per<br />
ciascuna organizzazione. Inoltre, il ricorso a dati<br />
empirici consente alla funzione HR di argomentare<br />
meglio le proprie decisioni, agendo il proprio ruolo<br />
di indirizzo con crescente empowerment. Last but<br />
not least, una maggiore sensibilità agli aspetti empirici<br />
può favorire crescenti occasioni di confronto<br />
e scambio tra i mondi talvolta troppo distanti<br />
dell’accademia e dell’azienda.<br />
Per approfondire:<br />
Pay for... A CURA DI GABRIELE GABRIELLI<br />
reporting, riguarda recentemente, la definizione di un<br />
modello di rendicontazione integrata che illustri in un<br />
solo documento sia le informazioni contabili e finanziarie<br />
(tipiche del bilancio civilistico) sia quelle sociali<br />
e ambientali (proprie del bilancio di sostenibilità ). E’<br />
importante ricordare come questo approccio non si<br />
esplichi nella somma delle informazioni all’interno di<br />
un unico Report, bensì nell’integrazione; illustrando<br />
cioè quelle che sono le sinergie tra le performance<br />
finanziarie e non finanziarie e le modalità secondo cui<br />
queste si influenzano a vicenda, evidenziando non<br />
solo i risultati della gestione passata, bensì la capacità<br />
dell’impresa di creare e mantenere valore nel corso del<br />
tempo dall’interazione di questi diversi fattori.<br />
Data la portata dell’iniziativa e la numerosità degli<br />
attori coinvolti, sono stati costituiti veri e propri organismi<br />
internazionali allo scopo di studiare ed elaborare<br />
un modello di reporting coerente con le esigenze di<br />
trasparenza richiesta alle aziende di oggi, primo fra<br />
tutti è il Global Reporting Initiative (GRI) 1 considerata<br />
la massima autorità mondiale in materia di rendicontazione<br />
e sostenibilità. Ilpunto di partenza del<br />
GRI è stato la creazione, nel 2010, dell’International<br />
Integrated Reporting Council (IIRC) 2 , un comitato<br />
che riunisce i rappresentanti dei principali gruppi di<br />
stakeholder, per discutere le componenti del nuovo<br />
modello di rendicontazione aziendale. Il ruolo<br />
dell’IIRC, così come riportato sul sito<br />
dell’organizzazione, è:<br />
• “Reach a consensus among governments, listing authorities,<br />
business, investors, accounting bodies and standard setters<br />
for the best way to tackle the challenges of Integrated Repor-<br />
Rousseau, D.M, Barends, E.G.R (2011). Becoming an evidence-based<br />
practicioner, Human Resource Management<br />
Journal, 3:221-235.<br />
•<br />
ting;<br />
Identify priority areas where additional work is<br />
needed and provide a plan for development;<br />
• Develop an overarching Integrated Reporting<br />
framework, which sets out the scope and key components<br />
of Integrated Reporting (‘the <br />
•<br />
Framework’);<br />
Consider whether integrated reporting should be<br />
voluntary or mandatory;<br />
• Promote the adoption of Integrated Reporting by<br />
relevant regulators and report preparers”.<br />
Alla luce dell’attività di studio nell’ottobre<br />
2011 l’IIRC ha lanciato un Programma Pilota<br />
della durata di due anni a cui hanno aderito<br />
61 aziende leader a livello mondiale; tale<br />
programma ha lo scopo di facilitare la creazione<br />
di un framework globalmente condiviso<br />
per le pratiche di reporting integrato.<br />
Secondo quanto emerge dalle dichiarazioni<br />
dei leader dei suddetti istituti, entro il 2015<br />
tutte le imprese saranno tenute a comunicare<br />
le performance ambientali, sociali e di governance,<br />
mentre uno standard per il Reporting<br />
Integrato dovrà essere sviluppato, testato e<br />
approvato entro il 2020.<br />
Per approfondire:<br />
• https://www.globalreporting.org/Pages/<br />
default.aspx<br />
• http://www.theiirc.org/
Pagina 7<br />
Gli impatti<br />
gestionali delle<br />
operazioni di M&A<br />
di Aldo Santalco<br />
L<br />
e operazioni straordinarie di<br />
Merger & Acquisition (M&A)<br />
sono per loro natura di forte carattere<br />
strategico sia per<br />
l’azienda che compra (bidder) che<br />
per quella comprata/incorporata<br />
(target) ma possono anche essere fonti di<br />
notevoli complessità.<br />
I recenti trend evidenziano un calo di tali<br />
operazioni sia per numero che per valore<br />
economico (vedi fig. 1) oltre che a uno spostamento<br />
geografico verso il Continente<br />
asiatico (nel 2011 Cina + 21%, India +27%).<br />
In Europa,a maggio 2012, il deal di maggior<br />
valore è avvenuto nel settore industriale tra<br />
la Eaton Corporation e la Cooper Industries<br />
per un valore complessivo di 9,3 miliardi di<br />
euro, seguito dalla recente cessione a Cassa<br />
depositi e prestiti da parte di ENI del 30% di<br />
Snam per un contro valore di 3,5 miliardi di<br />
euro. Nonostante ciò c’è da dire che l’Italia<br />
non è mai stata particolarmente influente tra<br />
i Paesi europei in questo tipo di operazioni,<br />
rappresentando soltanto il 6,3% in termini<br />
di valore rispetto all’Europa. Nei primi nove<br />
mesi del 2012, il controvalore è stato pari a<br />
9,4 miliardi di euro, contro i 21 dello stesso<br />
periodo l’anno precedente (KPMG Corporate<br />
Finance Report).<br />
Per quanto riguarda invece i settori maggiormente<br />
interessati dalle operazioni di M&A,<br />
questi risultano essere quelli dei trasporti,<br />
dell’industria e dei beni di largo consumo.<br />
Tali operazioni, seppur siano un importante<br />
strumento per l’attuazione di delicate decisioni<br />
strategiche quali ad esempio una diversificazione<br />
di prodotto/settore/area geografica,<br />
richiedono un’estrema accuratezza nella<br />
loro gestione sia nel momento precedente<br />
che in quello successivo alla conclusione del<br />
deal. Gli impatti gestionali possono essere<br />
Fig. 1 - European M&A annual trend<br />
Fonte: Mergermarket – M&A Insider – June2012.<br />
infatti molteplici sia dal punto di vista economico<br />
che da quello del capitale umano. Dal<br />
punto di vista economico, ad esempio<br />
un’acquisizione a un prezzo eccessivamente<br />
alto potrebbe fortemente compromettere la<br />
situazione economico-patrimoniale del bidder,<br />
ma sono spesso gli aspetti legati al capitale<br />
umano a essere quelli maggiormente trascurati.<br />
Elementi di tipo puramente organizzativo<br />
come l’integrazione di due strutture organizzative<br />
– sempre più frequentemente risolta<br />
semplicemente con riduzioni del personale<br />
Fig. 2 - Principali cause di insuccesso in operazioni di M&A<br />
nella target company – ed elementi legati ai<br />
sistemi e ai processi – come l’integrazione delle<br />
diverse piattaforme IT – rappresentano tra le<br />
principali cause di insuccesso delle operazioni<br />
di M&A.<br />
Fig. 3 - Principali conseguenze di un insuccesso nell’integrazione culturale<br />
Fonte: Culture Integration in M&A – Survey Findings Aon Hewitt 2011.<br />
Pay for... A CURA DI GABRIELE GABRIELLI<br />
Fonte: Culture Integration in M&A – Survey Findings Aon Hewitt 2011.<br />
Forte attenzione è concentrata sul target<br />
price mentre poca viene data sulla implementazione<br />
di tali operazioni e sull’effettivo<br />
sfruttamento delle sinergie attese.<br />
L’integrazione di due aziende non può infatti<br />
trascurare, sia nella fase a priori che in<br />
quella dell’implementazione, elementi come<br />
le diverse culture aziendali e la loro compatibilità.<br />
Diversi valori, modi di lavorare,<br />
sistemi e processi se non accuratamente<br />
gestiti e comunicati, sono spesso causa di<br />
inefficienze, rallentamenti e peggioramento<br />
del clima aziendale.<br />
Tali criticità sono state confermare da una<br />
survey a livello globale sviluppata da Aon<br />
Hewitt su 123 aziende appartenenti a diversi<br />
settori in merito alle principali complessità<br />
dei processi di M&A.<br />
Con riferimento alle principali cause di<br />
insuccesso (vedi fig. 2), le aziende hanno<br />
indicato, oltre a un processo di integrazione<br />
più lungo del previsto (44%), principalmente<br />
aspetti legati all’human capital come<br />
quelli dell’integrazione culturale (33%),<br />
della comunicazione (32%) e la scarsa attenzione<br />
alle persone (30%).<br />
Con particolare riferimento alle conseguenze<br />
legate all’insuccesso nell’integrazione di<br />
diverse culture (vedi fig. 3), le aziende par-<br />
tecipanti all’indagine hanno evidenziato<br />
una perdita di produttività e di concentrazione<br />
(80%), una perdita di talenti chiave<br />
(78%), il fallimento nello sfruttamento delle<br />
sinergie auspicate (77%) e una riduzione<br />
dell’engagement della popolazione<br />
aziendale<br />
(73%).
Pagina 8<br />
Executive<br />
Compensation.<br />
Quando lavorare paga e<br />
appaga<br />
di Valentino Salvatore De Pietro<br />
P<br />
arlare di executive compensation significa<br />
analizzare le retribuzioni degli<br />
amministratori e dei massimi dirigenti<br />
d’impresa e confrontarli tenendo<br />
conto delle relazioni con le<br />
performance aziendali di questi. E’ un tema<br />
complesso, ma che ha alla base la correlazione<br />
tra la performance e le retribuzioni di top<br />
manager aziendali che percepiscono degli stipendi<br />
da capogiro, anche se non sono solo le<br />
retribuzioni pecuniarie a concorrere al benessere<br />
di questi individui. La strategia aziendale<br />
che sostiene a questa logica risiede nel ricercare<br />
il benessere dell’individuo, fornendogli una<br />
serie di elementi e soluzioni che, integrate tra<br />
loro permettano di incentivare al massimo il<br />
grado di soddisfazione del manager. Bisogna<br />
dunque mettere sulla bilancia le remunerazioni<br />
con le performance aziendali pianificate. Il pacchetto<br />
remunerativo di questi vertici aziendali<br />
può essere articolato come segue: c’è un compenso<br />
pecuniario fisso percepibile sotto forma<br />
di lavoro dipendente (RAL) o come compenso<br />
per la carica di amministratore (emolumento),<br />
ci sono poi dei benefici addizionali<br />
(assicurazioni, beni per la persona o la famiglia)<br />
e un compenso variabile legato alla valutazione<br />
di specifici obiettivipredeterminati.<br />
A sua volta la retribuzione<br />
variabile dipende<br />
dall’arco temporale<br />
di maturazione – è<br />
il caso dei Bonus o IBT<br />
(incentivi di breve<br />
termine) - connessi al<br />
conseguimento di obiettivi<br />
di portata annuale.<br />
L’incentivazione<br />
CURANO CURANO LE LE RUBRICHE:<br />
RUBRICHE:<br />
RUBRICHE:<br />
delle posizioni aziendali<br />
apicali che<br />
ricoprono ruoli particolarmenteimportanti<br />
viene spesso<br />
retribuita attraverso<br />
gli ILT (incentivi di<br />
lungo termine) che<br />
permettono di ridurre<br />
i rischi di shortermism;<br />
si propone<br />
dunque un premio<br />
che viene incassato dal manager alla fine di<br />
due o tre anni. In linea di massima si può far<br />
passare l’associazione per la quale gli incentivi<br />
monetari valgono per il breve periodo mentre<br />
gli incentivi azionari sono più efficaci per<br />
il lungo. Le aziende negli anni hanno capito<br />
quanto sia importante trattenere le loro risorse<br />
chiave ed è per questo che sono nati i<br />
benefits che vanno ad aggiungersi al pacchetto<br />
retributivo dei top manager. Questi benefits<br />
negli ultimi anni hanno raggiunto livelli<br />
di soddisfazione e variabilità tale che molti<br />
dirigenti apprezzano di più l’erogazione diretta<br />
di servizi da parte dell’azienda che non<br />
esclusivamente la retribuzione in denaro.<br />
Possiamo suddividere i benefits in tradizionali<br />
e perquisites; tra i primi troviamo: i fondi<br />
pensione, il rimborso delle spese sanitarie e le<br />
coperture del rischio decesso e infortunio; le<br />
perquisites, invece, sono benefits che ricoprono<br />
un più ampio spettro di categorie: prestiti<br />
personali a tassi agevolati, buoni pasto, cellulare<br />
aziendale, gestione flessibile dei giorni di<br />
ferie, servizi di fitness e<br />
wellness, la company car<br />
e per i top manager anche<br />
l’iscrizione a club<br />
esclusivi, l’utilizzo<br />
dell’autista o del jet privato,<br />
la consulenza finanziaria<br />
legale o fiscale,<br />
ecc...<br />
Per studiare queste dinamiche<br />
in maniera sistematica<br />
la <strong>LUISS</strong> <strong>Business</strong><br />
<strong>School</strong> ha creato un<br />
Gabriele Gabrielli Docente <strong>LUISS</strong> Guido Carli<br />
Responsabile Area Executive Education & People Management<br />
<strong>LUISS</strong> <strong>Business</strong> <strong>School</strong><br />
Fabrizio Maimone Docente Università LUMSA<br />
Valentina Castello Docente Università de L’Aquila<br />
Alessia Sammarra Docente Università de L’Aquila<br />
Barbara Parmeggiani Docente <strong>LUISS</strong> <strong>Business</strong> <strong>School</strong><br />
Laura Innocenti Docente <strong>LUISS</strong> <strong>Business</strong> <strong>School</strong><br />
Coordinamento:<br />
mlosito@luiss.it<br />
peoplenews@luiss.it<br />
tel. 06 85.225.251<br />
fax. 06 85.225.682<br />
Pay for... A CURA DI GABRIELE GABRIELLI<br />
apposito Osservatorio,<br />
che con<br />
il supporto di<br />
Confindustria e<br />
di partner aziendali<br />
studia<br />
la retribuzione<br />
dei membri dei<br />
board e la corporategovernanceaziendale.<br />
In un recente incontro tenutosi presso la<br />
<strong>LUISS</strong> dal titolo “Far crescere le imprese per far<br />
crescere il Paese”si è discusso di executive<br />
compensation assieme ad esperti di AON<br />
Hewitt. Si è analizzato lo stato<br />
dell’economia internazionale e nazionale,<br />
soffermandosi sull’evoluzione dei sistemi<br />
retributivi e incentivanti per il management<br />
aziendale.<br />
Dalle loro analisi traspare una crisi economica<br />
italiana che risente del rallentamento<br />
dell’economia mondiale; le difficoltà italiane<br />
legate alla crescita affondano le radici nel<br />
terreno di un fortissimo debito pubblico<br />
accumulato negli anni ‘70 e ‘80. Oggi, gli<br />
investimenti sono bloccati, le nostre aziende<br />
mostrano una capacità produttiva in eccesso<br />
e qualche difficoltà di reazione<br />
nell’aggiustare le proprie strategie di mercato.<br />
I consumi sono deboli, gli investimenti in<br />
calo e il contributo positivo arriva solo<br />
dall’interscambio con l’estero. Ma esiste<br />
ancora un barlume di speranza: le PMI italiane,<br />
infatti, mostrano di essere capaci di<br />
raggiungere mercati molto lontani, sintomo<br />
di vitalità del nostro tessuto industriale.<br />
Newsletter Newsletter Newsletter Newsletter a a a a cura cura cura cura dell’ dell’ dell’ dell’ Area Area Area Area Executive Executive Executive Executive Education Education Education Education & & & &<br />
People People People People Management Management Management Management <strong>LUISS</strong> <strong>LUISS</strong> <strong>LUISS</strong> <strong>LUISS</strong> <strong>Business</strong> <strong>Business</strong> <strong>Business</strong> <strong>Business</strong> <strong>School</strong> <strong>School</strong> <strong>School</strong> <strong>School</strong><br />
HANNO HANNO COLLABORATO COLLABORATO A A QUESTO QUESTO NUMERO:<br />
NUMERO:<br />
Francesco Pasquale De Mutiis Senior Consultant PriceWaterhouse<br />
Coopers Advisory<br />
Valentino Salvatore De Pietro Giornalista free lance<br />
Aldo Santalco Consultant Aon Hewitt