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il Trottatore - novembre 2009 - Associazione Nazionale Allevatori ...

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telli, Segretario Generale della<br />

S.I.R.E, e uno st<strong>il</strong>e di conduzione<br />

prettamente lombardo che univa<br />

alla concretezza un tocco d’umanità.<br />

Il programma delle corse si<br />

concretizzava, con lo scandire<br />

graduale dei grandi premi: Encat,<br />

Nazioni, Saint Leger (diventato poi<br />

<strong>Nazionale</strong>), Inverno, Europa, Orsi<br />

Mangelli, Gran Criterium, alla costante<br />

presenza di tutti i campioni<br />

nazionali ed internazionali.<br />

Se si diceva di San Siro che era la<br />

“Scala del Trotto” gran parte del<br />

merito spettava alla sua pista, curata<br />

con grande attenzione. In certi<br />

inverni rigidi con M<strong>il</strong>ano sotto<br />

una nevicata, la città imbalsamata<br />

di bianco e le strade quasi impraticab<strong>il</strong>i,<br />

trovavi a San Siro, prodigiosamente,<br />

la pista sgombra e le<br />

corse che avevano regolarmente<br />

inizio. E Dio solo sa quale esercito<br />

di uomini, al lavoro da ore antelucane,<br />

fosse stato necessario per<br />

raggiungere lo scopo.<br />

Di quegli inverni un ricordo che<br />

resta stampato nella memoria è<br />

quello dei bracieri di San Siro.<br />

C’era la neve ammassata ai bordi<br />

della pista, c’era un freddo polare,<br />

ma quei bracieri, intono ai quali si<br />

formavano capannelli di gente intirizzita,<br />

ti davano morale e conforto.<br />

Gli inverni di San Siro coincidevano<br />

con la stagione d’oro, un<br />

termine che Ugo Berti, direttore di<br />

quello che oggi si chiama Lo Sportsman,<br />

aveva coniato e lanciato<br />

sul giornale. E uno dei capisaldi<br />

della “stagione d’oro” era <strong>il</strong> Gran<br />

Premio d’Inverno, quello che segnò,<br />

come un battesimo, <strong>il</strong> debutto<br />

vittorioso di Muscletone. Il tre anni<br />

americano, acquistato dal grand’ufficiale<br />

Arturo Riva, la cui giubba<br />

a righe figurava tra le più famose<br />

dell’epoca, era giunto nelle<br />

Sergio Brighenti<br />

W<strong>il</strong>liam Casoli con Crevalcore<br />

scuderie di Finn da appena quaranta<br />

giorni.<br />

Si dice che <strong>il</strong> suo allenatore, che si<br />

chiamava Parshall, lo avesse accompagnato<br />

con una lettera in cui<br />

spiegava come <strong>il</strong> cavallo andasse<br />

vestito ed attaccato, ma mister<br />

Finn, che di suggerimenti non<br />

aveva certo bisogno, fece della lettera<br />

una pallottola di carta e la<br />

buttò nel cestino. Il cavallo era<br />

piccolo, ed anche per questo fisico<br />

ridotto, nonché per una fac<strong>il</strong>ità alla<br />

rottura, gli americani lo avevano<br />

ceduto ad un prezzo d’occasione.<br />

Ma Finn, sin dai primi attacchi,<br />

si accorse di avere nelle mani<br />

un trottatore eccezionale, dotato<br />

di una punta di velocità irresistib<strong>il</strong>e.<br />

Bastò una modifica di ferratura<br />

e le rotture d’incanto scomparvero.<br />

Muscletone volava e Finn lo<br />

presentò nell’“Inverno” che <strong>il</strong> suo<br />

nuovo allievo dominò, da 1.20.5<br />

davanti a Topsy Hanover. A gennaio<br />

dell’anno nuovo Muscletone<br />

andò a Parigi a vincere l’Amérique<br />

lasciando sbalorditi i francesi. E <strong>il</strong><br />

“doppio” Inverno-Amérique restò<br />

storico nella sua pur fantastica<br />

carriera. Muscletone fu <strong>il</strong> più<br />

grande successo di Alessandro<br />

Finn che, a chi lo interrogava sul<br />

segreto di tanto successo, rispondeva:<br />

“molto semplice, in America<br />

ferrato male, qui ferrato giusto”.<br />

Walter Baroncini, che con Finn<br />

ebbe un sodalizio professionale<br />

negli anni ’60, quando <strong>il</strong> mago<br />

russo stava terminando la carrie-<br />

ra, sulla capacità del maestro dell’est<br />

di indovinare sempre la ferratura<br />

è convinto che “fosse un<br />

dono di natura. Casoli ed io lo abbiamo<br />

osservato per anni dai bordi<br />

della pista, e quando ci accorgevamo<br />

che aveva trasformato un<br />

cavallo, correvamo dal maniscalco<br />

e gli chiedevamo quali modifiche e<br />

quali correzioni Finn gli avesse<br />

fatto effettuare. Così, qualche volta,<br />

gli abbiamo rubato qualcosa.<br />

Ma a lui bastava salire in sulky ad<br />

un cavallo o addirittura vederlo<br />

trottare per capire al volo come<br />

andava ferrato”. Certo Finn ha fatto<br />

scuola, ma i grandi dell’epoca,<br />

protagonisti a San Siro, furono<br />

tanti, Romolo Ossani, Nello Branchini,<br />

Dino Fabbrucci, Giulio Fabbrucci,<br />

Ugo Bottoni, Vincenzo Antonellini.<br />

E’ del 1952 l’istituzione della più<br />

<strong>il</strong>lustre corsa di San Siro: <strong>il</strong> Gran<br />

Premio delle Nazioni. La formula,<br />

abbattendo ogni steccato di protezionismo,<br />

recitava “per cavalli di<br />

3 anni ed oltre di ogni Paese, distanza<br />

metri 2100”. Alla prima<br />

edizione si verificò un episodio<br />

storico, che resta unico nei gran<br />

premi di San Siro. La Scuderia Orsi<br />

Mangelli presentava Hit Song,<br />

tre anni americano di alto rango,<br />

che era stato secondo nell’Hambletonian,<br />

ma la favorita era Cancanniere,<br />

sontuosa francese che<br />

aveva vinto due volte l’Amérique e<br />

che passava da dominatrice sulle<br />

piste europee.<br />

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