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Donato Matassino<br />
GENETICA E INDIVIDUALITÀ UMANA<br />
Clonazione e gestione del genoma<br />
Sulla spinta dell’emotività causata dalla notizia di poter clonare un essere vivente<br />
dall’organizzazione complessa quale un mammifero di grande mole, l’immaginario<br />
collettivo ha pensato immediatamente alla possibilità di clonare l’uomo con tutti i<br />
relativi problemi etici, determinando sia tanta curiosità che molta paura, specialmente<br />
per quanto concerne le possibilità di violare le basi della dignità umana.<br />
Indubbiamente, i vorticosi progressi della biologia sollecitano l’opinione pubblica a<br />
dubitare sia del significato che del valore, per il benessere fisico, psichico e sociale<br />
dell’uomo, del sapere e del progresso scientifico. Per inciso, si ricorda che la libertà<br />
della scienza ha il suo fondamento giuridico a livello di “rango costituzionale” (art. 33).<br />
Ritengo che il vivo interesse di conoscere (attitudine peculiare di uno scienziato) sia un<br />
elemento fondamentale proprio per la stessa dignità umana e per una sua sempre più<br />
marcata valorizzazione. In altre parole, la conoscenza ha un valore etico sempre<br />
superiore all’ignoranza. Pertanto, l’assiduo appassionato desiderio di sapere e il<br />
continuo progredire della conoscenza non sono assolutamente sindacabili dal punto di<br />
vista etico; viceversa, l’applicazione dei risultati della ricerca può essere orientata ad<br />
alterare gli equilibri di un sistema complesso come il pianeta “terra” e, quindi, può<br />
essere foriera di gravi effetti sugli essere umani come quelli causabili da gravi<br />
ingerenze e/o interferenze con la dignità umana. È a questo secondo livello che il<br />
problema etico si pone in tutta la sua valenza; ciò acquista sempre più rilevanza nella<br />
società in quanto ci avviamo velocemente verso una globalizzazione totale dell’attività<br />
antropica, ma con una forte accentuazione di una società a civiltà multiple quindi<br />
multiculturale, multietnica e multietica.<br />
Una forte accentuazione della multieticità può estrinsecarsi verso rapporti sempre<br />
“più virtuali” e sempre meno “virtuosi” fra ed entro la comunità di uomini. Trattasi di<br />
una tendenza che potrà essere foriera di gravi “guasti” nei rapporti sociali che<br />
potrebbero essere “irreversibili” per un lungo periodo di tempo. Da questa facile<br />
previsione scaturisce la necessità, da parte dell’uomo, di impegnare tutto il suo arsenale<br />
“culturale” per ridurre, in prima istanza, e per eliminare, in una seconda fase, gli effetti<br />
negativi del “virtualismo”. Questo virtualismo tende a sostituire il concetto di agorà con<br />
quello di Cyber Urbes, nel quale viene a mancare qualsiasi legame di tipo “geopsichico”<br />
e “culturale” con il territorio, quindi con la storia di ciascuno di noi inserito in<br />
un contesto sociale dinamico, ma fortemente ancorato alle tradizioni peculiari di un dato
territorio. Vi è, pertanto, una tendenza che sta caratterizzando alcune società “opulente”,<br />
ma prive di tradizione, a realizzare vere e proprie città “clonate” 1 .<br />
1. QUALCHE RIFLESSIONE CULTURALE<br />
Si può ritenere che esiste un rapporto primigenio tra uomo e natura; rapporto che li<br />
coinvolge reciprocamente, ma, per quanto mi riguarda, con un’attribuzione ontologica<br />
privilegiata all’uomo, se non di carattere “numinoso”. Questa visione è ampiamente<br />
giustificata anche dall’abissale differenza tra la vita dei viventi secondo la “natura” e la<br />
vita dei viventi secondo la “natura umana”; la seconda ha la capacità e il dovere di<br />
individuare nello spirito del pleròma, richiamato anche da san Paolo, la soluzione<br />
migliore del rapporto “uomo-natura”, in quanto l’uomo è portatore di una scienza<br />
“antica”: la sapienza 2 .<br />
Ritengo che la “specificità dell’uomo” non possa essere in discussione, anche se<br />
movimenti ecologisti, ambientalisti e animalisti tendono a una visione biocentrica in cui<br />
è compreso anche l’uomo. Pur riconoscendosi una qualche “soggettività” agli animali<br />
superiori, i “pretesi diritti” degli animali sarebbero privi del fondamento ontologico<br />
della “globalità”, per ciò non è pensabile di scomporre o frantumare il mondo dei diritti,<br />
perché se così fosse bisognerebbe proteggere (a esempio) il diritto della gazzella di non<br />
essere sbranata dal leone. Indubbiamente, l’uomo ha il dovere di assicurare all’animale,<br />
specialmente allevato, condizioni di benessere.<br />
Né è condivisibile quella corrente di pensiero meccanicistico che considera l’oggetto<br />
superiore a chi l’ha confezionato, per cui Anders qualifica quest’atteggiamento<br />
“vergogna prometeica”, quindi una sfida destinata al totale fallimento.<br />
Il binomio “futuro del cosmo-futuro dell’uomo” sarà sempre più inscindibile. Gli<br />
stessi maître à penser della scienza del Dio cristiano ritengono che qualsiasi violenza<br />
sulla natura “fa morire un pezzo di Dio” in senso figurato. Indubbiamente, immaginare<br />
il Dio cristiano come “coevolutore trascendente” è di una temerarietà unica, se non<br />
molto complessa, da quella nuova corrente di pensiero teologico che affronta in modo<br />
diverso dal passato l’evoluzione sia del cosmo che socio-culturale dell’uomo;<br />
evoluzione che, però, è un fine “intrinseco nello sviluppo dell’universo”; pertanto, non è<br />
il caso “a muovere le fila dell’evoluzione cosmica”. Questo nuovo modo di interpretare<br />
l’evoluzione dell’universo non vuole essere una maniera diversa di contrapposizione<br />
all’evoluzionismo darwiniano (mutazione, selezione e amplificazione) 3 .<br />
*<br />
Il testo di questa relazione è aggiornato a settembre 1999.<br />
1 Cf. D. MATASSINO, La biodiversità base insostituibile per una produzione animale a misura<br />
d’uomo, in Atti del III Convegno Nazionale Biodiversità - Tecnologie - Qualità (Reggio Calabria, 16-17<br />
giugno 1997), 29.<br />
2 Cf. D. MATASSINO, La zootecnia in un parco, in Atti del Convegno Il parco come punto d’incontro<br />
di problematiche socio-economiche di un territorio, con particolare riferimento alla zootecnia (Tignale<br />
[Brescia], 6 giugno 1997, 9.<br />
3 Cf. D. MATASSINO, Biodiversità e allevamento animale, Convegno su: ‘Zootecnia e parchi.<br />
Produzione di qualità e tutela dell’ambiente’ (Massa, 11-12 ottobre 1996), in Zootecnica e Nutrizione<br />
Animale 23 (1997) supplemento, 13.<br />
2
Questa diversa interpretazione dell’evoluzione cosmica diventa sempre più<br />
interessante che non mera memoria dell’evoluzionismo biologico. Questa originalità si<br />
concretizza nell’intendere l’evoluzionismo cosmico in parallelo a quello antropico:<br />
l’uomo è una componente, fondamentale, del sistema e, pertanto, egli è l’artefice<br />
principe del cambiamento e partecipa attivamente alla realizzazione del progetto<br />
allestito dal “coevolutore trascendente” 4 .<br />
L’avvenire dell’uomo è fortemente legato a quello del cosmo; pertanto, la capacità al<br />
costruttivismo sia dell’uomo che degli altri esseri viventi è la “chiave di volta” per un<br />
armonico e sano evoluzionismo cosmico, quindi antropico.<br />
Ed ecco che si passa da un’interpretazione statica del cosmo a una dinamica: lo<br />
stesso Dio cristiano non è più un “creatore immobile”, ma il propulsore dei processi<br />
evoluzionistici del cosmo e nei quali l’uomo svolge un insostituibile ruolo di<br />
protagonista serio e consapevole del suo operato secondo le indicazioni di<br />
sant’Agostino: ; pertanto,<br />
egli deve esercitare non il dominio del tiranno, ma quello del curatore e<br />
dell’amministratore sensibile ai messaggi e alle istanze che gli provengono dalla natura<br />
stessa per favorirla nel mantenimento di un equilibrio dinamico 5 .<br />
Tutto quello che finora abbiamo espresso conduce a una forte rivalutazione del<br />
pensiero del paleontologo filosofo gesuita padre Teilhard de Chardin: il cosmo tende a<br />
vitalizzarsi totalmente, la vita a umanizzarsi, l’uomo a ultraumanizzarsi, lo spirito a<br />
liberarsi della sua matrice materiale.<br />
Sulla base di questi principi cardini si deduce che l’uomo è la chiave della<br />
cosmogenesi, quindi dell’evoluzione globale dell’universo che si concretizza nel<br />
concetto finale che l’evoluzione cosmica fa perno su quella antropica diventando, così,<br />
cosciente di sé stessa 6 .<br />
La conflittualità, specialmente su base ideologica, è stata sempre foriera di eventi<br />
catastrofici; viceversa il dialogo e l’integrazione sono le condizioni necessarie, anche in<br />
biologia, per esaltare la “capacità al costruttivismo” di una biocenosi di cui l’uomo è<br />
parte integrante. Bisogna innescare processi comportamentali antropici tendenti a unire<br />
e a integrare gli interventi, più che a dividerli, al fine di perseguire il raggiungimento,<br />
grazie a percorsi dinamici spazialmente e temporalmente, di obiettivi comuni; obiettivi<br />
che non possono essere racchiusi in una mera visione teleonomica monodiana della vita<br />
sul pianeta terra, né in una semplicistica visione teleologica del cosmo, figurativamente<br />
identificabile con un vero e proprio caleidoscopio di realtà e di organizzazione. Un<br />
pericolo incombente è che questa attenzione dovuta possa facilmente sfociare in<br />
prospettive ideologiche. L’ideologia nella sua coniatura da parte del filosofo francese<br />
A.L.C. Destutt de Tracy, è un progetto di pensiero, elaborato a tavolino, al fine di<br />
4 Cf. ivi.<br />
5 Cf. D. MATASSINO, Il ruolo del germoplasma autoctono nell’ecosistema culturale, in Atti del<br />
Convegno Progetto ambiente 1992 (Colle Sannita [Benevento], 14-15 febbraio 1992), Impariamo dalla<br />
natura, L’Allevatore, 48 (1992), 17, 18.<br />
6 Cf. MATASSINO, Biodiversità e allevamento animale, in Atti del Convegno ‘Zootecnia e parchi.<br />
Produzione di qualità e tutela dell’ambiente’ (Massa, 11-12 ottobre 1996), Zootecnica e Nutrizione<br />
Animale, 23 (1997) supplemento, 13.<br />
3
spiegare e di chiarire fatti reali e di modificarli secondo un tracciato ritenuto razionale.<br />
Da qui l’aggettivazione scientifica della ragione e la pretesa di oggettività e di verità<br />
inconfutabili, con conseguente disprezzo per la realtà quando questa non collima con la<br />
propria teoria o tesi 7 .<br />
Il sacerdozio dell’uomo di scienza, come dice Giovanni Paolo II, non può<br />
misconoscere la forza dell’istanza etica, pur nell’utilità della conoscenza dei<br />
meravigliosi meccanismi biologici che presiedono alla vita di relazione, qualunque sia il<br />
suo livello di organizzazione: da quello submolecolare a quello ecosistemico. È il<br />
singolo ricercatore che, responsabilmente e ineludibilmente, deve porsi l’istanza etica.<br />
Pertanto, per quanto mi riguarda, il trinomio “posso- -voglio-faccio” non è eticamente<br />
condivisibile; questa concezione, propria dello “scientismo tecnologico”, si basa<br />
sull’assioma che tutto ciò che è realizzabile sia eticamente lecito.<br />
Per quanto mi riguarda, auspico che tutta l’umanità, sinergicamente e in modo<br />
determinante, contribuisca a costruire un futuro sempre più a “misura dell’uomo”, in<br />
quanto è la persona umana che va collocata al centro dell’universo, della società e della<br />
stessa scienza. In fondo, è il modello “personalista” che deve guidare qualsiasi azione<br />
dell’uomo. Solo una visione “personalista”, ben lontana da quella “monodiana” o da<br />
quella “pragmatista-utilitarista” o da quella “socio-biologica” sarà in grado di guidare le<br />
azioni umane in modo tale che queste abbiano sempre come fine l’uomo 8 .<br />
Dicevo recentemente 9 che questo concetto “personalistico” è anche alla base dei<br />
suggerimenti forniti dal Comitato nazionale italiano per la Bioetica, anche se con alcune<br />
precisazioni sul momento in cui si determina l’identità individuale umana.<br />
Sostanzialmente, sulla base cronologica dello sviluppo embrionale vi sono due correnti<br />
di pensiero:<br />
(a) la vita della persona (essere umano) inizia in modo pienamente individuale<br />
all’atto della fecondazione dell’ovulo da parte dello spermatozoo, essendo in quel<br />
momento presenti tutte le informazioni genetiche in grado di attuare e condurre a<br />
termine il progetto di sviluppo della persona; questo progetto è realizzabile grazie a tre<br />
fondamentali eventi biologici: (i) la coordinazione dei geni strutturali e regolatori; (ii) la<br />
continuità nella formazione dell’organismo; (iii) la gradualità di attuazione di un<br />
progetto individuale unico che da una conformazione lineare (DNA) passa a una<br />
pluridimensionale<br />
(b) la vita della persona (essere umano) inizia, in modo pienamente individuale,<br />
successivamente alla fusione dei due gameti (maschile e femminile); in questo caso, il<br />
momento iniziale viene a coincidere, sostanzialmente, con una delle seguenti tre età<br />
dell’embrione: (i) a 6 giorni, in quanto dalla fecondazione al 6. giorno le cellule<br />
embrionali sono ancora “totipotenti”, quindi in grado ognuna di evolversi singolarmente<br />
7 Cf. MATASSINO, Il ruolo del germoplasma autoctono nell’ecosistema culturale, in Atti del<br />
Convegno Progetto ambiente 1992 (Colle Sannita [Benevento], 14-15 febbraio 1992), in Impariamo<br />
dalla natura, L’Allevatore, 1992, 48 (17), 18.<br />
8 Cf. ivi.<br />
9 Cf. D. MATASSINO, Problematiche e applicazioni della clonazione degli animali in produzione<br />
zootecnica, in I Georgofili - Quaderni 1997, n. 6, Firenze (1998), 29.<br />
4
in un individuo completo distinto da un altro; (ii) a 14 giorni, poiché a tale età si ha la<br />
comparsa di una “rudimentale” organizzazione di un sistema nervoso centrale; questa<br />
età può essere anticipata all’8.-9. giorno sulla base della differenziazione cellulare; (iii)<br />
a 18 giorni, in base alla considerazione sul tempo di comparsa della “placca neurale”,<br />
quindi sulla presenza di una natura razionale.<br />
Indubbiamente, sulla base della seconda linea di pensiero qualsiasi “uomo in<br />
embrione” diventa un vero e proprio oggetto.<br />
Oggi, l’“ingegneria tessutale” può individuare altre fonti di reperimento di cellule<br />
staminali “totipotenti” al di fuori dell’“uomo in embrione” evitando così il sorgere di<br />
gravi problemi etici.<br />
Sulla base del Documento n. 5 (12 gennaio 1999) del Centro di Bioetica<br />
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, la “clonazione terapeutica” di un<br />
“uomo in embrione”<br />
(a) non può giustificare eticamente la manipolazione di un “uomo in embrione”<br />
in quanto non è “moralmente coerente” con il mezzo usato essendo inacettabile che un<br />
essere umano possa essere considerato e impiegato come un qualsiasi materiale<br />
biologico<br />
(b) snatura la funzione biologica dell’atto riproduttivo che è quello di generare<br />
un nuovo individuo<br />
(c) sconvolge totalmente la funzione genitoriale<br />
(d) comportando l’uccisione di un individuo umano, è in contrasto con quanto<br />
previsto persino dalla Convenzione europea sui Diritti dell’uomo e la biomedicina, la<br />
quale – anche se moralmente non è condivisibile – purtroppo prevede l’utilizzazione di<br />
embrioni in sovrannumero ottenuti con l’uso della tecnica della superovulazione e<br />
successiva inseminazione strumentale<br />
(e) introduce il deprecabile principio della discriminazione degli esseri umani<br />
sulla base dell’età della persona, rendendo legale il principio della discriminazione<br />
razziale, sopprimendo, quindi, il diritto di ogni essere umano di essere considerato<br />
(anche legalmente) come un membro paritario dell’umanità e sancendo l’attuazione di<br />
un “darwinismo sociale”<br />
(f) non può trovare legittimazione sulla base di scorciatoie semantiche nell’avere<br />
coniato il termine “corpo embrioide” per indicare un “uomo in embrione” ottenuto in<br />
vitro e, pertanto, candidato a essere distrutto per ricavarne “pezzi” di ricambio nella<br />
consapevolezza che si progetta di “generare, usare ed eliminare” un essere umano che<br />
dallo status di zigote è un individuo che inizia il suo cammino di “vivente” con un suo<br />
proprio e irripetibile progetto genetico<br />
(g) ha il dovere etico di individuare altri percorsi che siano immuni dall’uso<br />
dell’uomo in embrione come “oggetto biologico”; essendo l’uomo-ricercatore dotato<br />
d’infinita intelligenza e perspicacia in grado di affrontare e condurre studi ad hoc,<br />
specialmente con l’uso degli animali nel rispetto del loro stato di benessere.<br />
La “clonazione terapeutica” deve avere la forza intellettuale e morale di percorrere<br />
strade conformi alla dignità dell’essere umano, quale individuo unico e irripetibile.<br />
Nell’ambito della problematica della “protezione dei diritti dell’uomo e del genoma<br />
umano” non è superfluo ricordare quanto suggerito dal Comitato Nazionale Italiano di<br />
Bioetica: . Inoltre, lo stesso Comitato<br />
5
itiene che è indispensabile chiarire il significato scientifico di “genoma umano” allo<br />
scopo di ridurre, se non evitare, confusioni semantiche. Pertanto, partendo da due<br />
definizioni di genoma:<br />
(a) se per genoma si intende l’insieme di tutti i geni contenuti nel DNA di una<br />
singola persona, si dovrebbe propriamente dire che tale genoma è patrimonio della<br />
persona e non dell’umanità, così come il contenuto di un libro è di chi l’ha scritto non<br />
di chi lo legge<br />
(b) se per genoma si intende la memoria storica di tutti i geni che, discendendo<br />
per generazioni, sono arrivati fino a noi, cioè ai miliardi di individui che compongono la<br />
nostra specie, allora si può dire che il genoma fa parte del patrimonio comune (intenso<br />
come ricchezza ereditata) dell’umanità, così come la letteratura, intesa come raccolta di<br />
tutto ciò che è stato scritto, è patrimonio comune che fa parte della nostra storia; sarebbe<br />
opportuno che il testo della dichiarazione dell’Unesco (United Nations Educational,<br />
Scientific and Cultural Organization) recitasse: . Questa definizione, a livello del singolo essere umano, dovrebbe recitare:<br />
.<br />
Anche nel campo umano, ogni progresso conoscitivo, tecnico e operativo della<br />
biologia deve essere teleologicamente condizionato dalla irrinunciabile tutela della<br />
dignità, della libertà e di qualsiasi diritto della persona umana, grazie a norme di<br />
garanzia.<br />
Così come prevede la nostra Costituzione, è necessario valorizzare, sempre e<br />
congiuntamente, il diritto alla salute e il diritto all’equità nell’accesso alle risorse, fatto<br />
salve la dignità e l’autonomia della persona.<br />
La tutela di una specie, affinché non si estingua, è un dovere dell’umanità in quanto<br />
la variabilità biologica è la vera ricchezza del pianeta terra (e un domani del cosmo?).<br />
Ciò, in campo umano, significa assenza di qualsiasi discriminazione fra gli individui.<br />
L’identità individuale può non coincidere con l’identità genetica (gemelli<br />
monozigotici), almeno sulla base delle tecniche di laboratorio oggi disponibili, ma<br />
questa differenza non inficia il concetto di individualità personale, pur con i predetti<br />
“distingui”.<br />
Come detto in precedenza, indubbiamente, in una società multietica, multietnica,<br />
multiculturale, cioè a civiltà multiple l’interpretazione ontologica delle conoscenze<br />
biologiche dell’embrione risente delle opzioni morali ed etiche di colui che interpreta<br />
l’ontogenesi embrionale.<br />
2. LA CLONAZIONE<br />
La clonazione, come tutte le biotecniche innovative (BI) riguardanti la gestione di un<br />
genoma, comporta forti implicazioni connesse alla visione teleologica del cosmo, che –<br />
6
come già detto – figurativamente è identificabile con un vero e proprio caleidoscopio di<br />
realtà e di organizzazione.<br />
Presumibilmente, il teleologismo e la teleonomia monodiana saranno direttamente<br />
e/o indirettamente influenzati.<br />
È noto che il termine “clonazione” deriva da “clone” cioè germoglio, pollone e che in<br />
biologia è la riproduzione agamica, naturale o non, di individui (uni - e pluricellulari)<br />
di organi, di tessuti e di cellule, presumibilmente tutti/e identici/che geneticamente. Nel<br />
caso di una molecola o di un gene si usa, normalmente, il termine di clonaggio.<br />
La moltiplicazione di singole molecole aventi determinate specificità di azione<br />
costituisce uno dei mirabili processi usati oggi (e forse ancora più nel futuro) per<br />
ottenere forti innovazioni di prodotti da utilizzare direttamente o da destinare alla<br />
produzione, a esempio, di farmaci nuovi in grado di ridurre o di eliminare l’azione di<br />
agenti patogeni. Questi ultimi sono caratterizzati da una continua e inesorabile<br />
variazione; quindi, necessità di ostacolare questo “evoluzionismo” con l’individuazione<br />
di sempre nuove molecole terapeutiche. La produzione di queste molecole da parte<br />
dell’uomo avviene grazie al processo “evoluzione molecolare guidata” (EMG). Questo<br />
processo segue, praticamente, le stesse fasi che caratterizzano l’evoluzionismo<br />
darwiniano: individuazione delle mutazioni, scelta delle mutazioni utili, moltiplicazione<br />
di queste ultime. Infatti, in laboratorio è possibile prendere in esame ben 10 13 differenti<br />
molecole alla volta.<br />
La diversità è la condizione necessaria per una intensa EMG. Questa diversità è<br />
risultato di una “naturale produzione” di copie di una sequenza di RNA, in quanto<br />
durante il processo replicativo si verifica qualche errore, quindi ottenimento di molecole<br />
diverse dalla molecola madre e, pertanto, si ha “mutazione”. Tutto ciò conduce<br />
all’ottenimento di una popolazione eterogenea di molecole dalla quale selezionare le<br />
molecole utili e moltiplicarle successivamente. In altre parole, a ogni generazione<br />
insorgono nuove mutazioni. Attraverso la concertazione di gestione della mutazione,<br />
della selezione e dell’amplificazione è possibile ottenere stabilità della peculiarità di<br />
azione di una molecola “nuova”. La EMG si realizza grazie a un vero e proprio processo<br />
di “corsa a ostacoli molecolare”, poiché le macromolecole attuano una reale<br />
competizione fra di loro allo scopo di superare gli “ostacoli funzionali” posti dal<br />
ricercatore.<br />
La prima dimostrazione dell’“evoluzione darwiniana” in laboratorio si deve a<br />
Spiegelman e ai suoi collaboratori. Questi Autori hanno rilevato che la velocità di<br />
autoreplicazione di una molecola è funzione della dimensione di una molecola: vi è<br />
correlazione positiva fra tempo di autoreplicazione e dimensione della molecola. Questo<br />
comportamento dell’EMG in laboratorio è stato eliminato con apposite procedure, per<br />
cui l’autoreplicazione non è più funzione della lunghezza della sequenza. Un<br />
procedimento, ormai classico e universale, è la reazione a catena della polimerasi<br />
(polymerase chain reaction, PCR) scoperta da Mullis nel 1985.<br />
Grazie alla PCR, oggi è possibile attuare una vasta gamma di vincoli selettivi e<br />
quindi intensificare notevolmente l’EMG; inoltre, la conoscenza della sequenza di basi<br />
permette di individuare la/e proprietà funzionale/i di una determinata molecola; nota la<br />
funzione di una molecola, è possibile, poi, utilizzarla per ottenere altre molecole come<br />
quelle a due bracci: uno funzionale (esecutore di un determinato compito) e uno<br />
genetico (descrizione codificata della composizione funzionale).<br />
7
Un vantaggio dell’EMG è quello di poter conservare all’infinito le diverse<br />
generazioni ottenute e utilizzarle, se necessario, al momento opportuno per ottenere<br />
nuovi catalizzatori, quindi innovazione nella/e proprietà strutturale/i e funzionale/i degli<br />
enzimi. Questa procedura viene chiamata “progettazione razionale degli enzimi”.<br />
Sulla base dei risultati dell’EMG, alcuni biochimici avanzano l’ipotesi che, grazie<br />
all’autoreplicazione, una molecola sarebbe un essere vivente e che tutta la vita esistente<br />
sul pianeta terra debba essersi evoluta da molecole aventi questa proprietà; molecole<br />
che sono state sottoposte continuamente a mutazione, a selezione e ad amplificazione da<br />
oltre 4 miliardi di anni.<br />
2.1. Cenni storici sulla clonazione<br />
Per quanto riguarda il suo uso da parte dell’uomo, questo metodo di riproduzione<br />
risale nella notte dei tempi negli organismi vegetali (propaggini, talee…), mentre negli<br />
animali, specialmente in quelli di interesse zootecnico, è molto recente, anche se i primi<br />
tentativi – per quanto è dato oggi di sapere – risalgono al secolo scorso ma<br />
limitatamente ad animali usati per ricerche di laboratorio. Entro una linea clonale, tutti<br />
gli individui prodotti, stante l’utilizzazione delle attuali tecniche di tipizzazione<br />
genetica, possono essere ritenuti geneticamente identici, salvo se si siano verificate<br />
mutazioni e/o variazioni dovute all’effetto di fattori ambientali.<br />
Storicamente, i primi esperimenti di clonazione risalgono al 1885, ad opera di<br />
Chabry in Francia e Roux in Germania, che affrontano per primi il problema della<br />
simmetria e della asimmetria dell’uovo. In particolare, Chabry, lavorando sull’uovo di<br />
ascidia (tunicati), distrugge uno dei due primi blastomeri pungendolo con un ago di<br />
vetro e rileva che l’altro blastomero continua irregolarmente nello sviluppo dando<br />
origine a un individuo incompleto, quindi non vitale. Analogo risultato ottiene Roux,<br />
distruggendo con un ago caldo uno dei due primi blastomeri dell’uovo di rana.<br />
Nel 1890 Heape esegue con successo il primo esperimento di embryo transfer.<br />
Nel 1893 Driesch compie sulle uova di riccio di mare un’esperienza simile a quella<br />
di Roux, ma con una tecnica un pò diversa: invece di uccidere uno dei due primi<br />
blastomeri e lasciarlo in situ, separa i primi due blastomeri e, ottiene la formazione di<br />
due embrioni completi, sebbene di dimensioni minori rispetto a quelle di un embrione<br />
non clonato. Driesch chiama totipotenza la capacità dei blastomeri di dare origine a un<br />
embrione completo e sistema armonico equipotenziale ogni parte di embrione capace di<br />
regolarsi; egli, inoltre, attribuisce questa totipotenza a un non ben definito spirito vitale<br />
(entelèchia) 10 . Heider definisce regolazione questo fenomeno e uova regolative o<br />
isotrope quelle che lo manifestano.<br />
Nei pesci (Morgan, 1893 e 1896) si ottengono embrioni completi allo stadio di<br />
morula (4 blastomeri).<br />
10 Entelèchia (o entelelècheia): (a) secondo Aristotele, è lo stato di perfetta attrazione raggiunto dalla<br />
sostanza in contrapposizione a “potenza”, (b) secondo Leibniz, è la sostanza individuale o “monade”, nel<br />
senso che essa ha in sé il perfetto fine organico del suo sviluppo; (c) in biologia, e per alcuni aspetti nel<br />
“vitalismo”, è il principio di “irriducibilità” (o teleologico, per certi versi) degli organismi viventi, anche i<br />
più semplici, all’azione di fattori – anche elementari – che obbediscono solamente a leggi fisiche e<br />
chimiche.<br />
8
Nelle uova di anfiosso la totipotenza del blastomero è limitata allo stadio di due<br />
cellule (Wilson 1893 e Conklin, 1933).<br />
Uova regolative sono fonite da alcuni celenterati, in cui i blastomeri isolati da una<br />
morula allo stadio di 16 cellule, sono ancora capaci di sviluppare individui completi<br />
(Zoia, 1895).<br />
Herlitzka (1896) ottiene, dai due primi blastomeri di un embrione di tritone, separati<br />
con un’ansa di capello, due embrioni completi, ma di dimensioni inferiori a un embione<br />
non clonato.<br />
Nei nemertini il blastomero, isolato da un embrione a 4 cellule, evolve in larva<br />
completa (Wilson, 1902; Yatsu, 1903; Zeleny, 1904).<br />
Nel 1923, sempre su tritone, Spemann e Ruud dimostrano che lo sviluppo di due<br />
embrioni completi dai due primi blastomeri dell’uovo interessa solo il 60% dei casi e<br />
che nel restante 40% uno dei due blastomeri si sviluppa fino a embrione completo e<br />
l’altro non raggiunge la fase di gastrula. A risultati non differenti giungono Montalenti e<br />
Maccagno nel 1935 operando su uova di lampreda. Sempre Spemann, dimostra che si<br />
possono ottenere due embrioni completi anche allo stadio di gastrula.<br />
Tra i mammiferi la poliembrionia è un evento regolare in alcuni armadilli del genere<br />
Tatusia: da un solo uovo fecondato si sviluppano da 4 a 8 embrioni con amnios<br />
intercomunicanti, ma contenuti in un unico corion. Le prime osservazioni su questo<br />
mammifero si possono far risalire a Newmann e Patterson (1910) e Fernandez (1913).<br />
Gemellarità monovulari sono descritte da Corner (1922) e Streeter (1923) nel maiale ed<br />
esse derivano dalla divisione del nodo embrionale prima della formazione dell’amnios.<br />
Probabilmente, anche nell’uomo la gemellarità monovulare potrebbe verificarsi secondo<br />
una modalità simile a quella descritta per alcuni armadilli.<br />
Nei mammiferi la gemellarità si può avere già allo stadio di embrione con due<br />
blastomeri, come riferiscono Huber (1915) in Mus norvegicus, Nicholas e Hall (1933-<br />
1934) in ratto, e Seidel 11 in coniglio.<br />
Nel 1936, Spemann suggerisce l’uso della clonazione somatica negli animali:<br />
impiantare il nucleo (carioplasto) di una cellula differenziata in un ovulo (citoplasto),<br />
previa asportazione del nucleo dell’ovulo. Le tecniche per eseguire questa clonazione<br />
sono perfezionate da Briggs e King 12 , operando su rana (Rana pipiens), usando nuclei di<br />
cellule della blastula e oociti “riceventi” enucleati attivati. Con queste ricerche viene<br />
dimostrato che le cellule della blastula sono totipotenti, in quanto si hanno girini a<br />
termine vivi, funzionali e diploidi nel 60% dei trasferimenti effettuati.<br />
L’uovo a mosaico o anisotropo, a differenza di quello regolativo, è considerato come<br />
una struttura differenziata in vari territori, ciascuno dei quali è già determinato verso un<br />
dato destino; ciò significa che tali territori embrionali, anche se tolti dalla posizione che<br />
normalmente occupano nell’embrione, si differenziano come se fossero rimasti in situ.<br />
Tipiche uova anisotrope sono quelle di ctenofori, di molluschi e di ascidia; nell’uovo<br />
di Dentalium, prima della segmentazione, si distinguono una zona equatoriale<br />
pigmentata e due calotte polari chiare, una al polo animale, l’altra al polo vegetativo;<br />
11 F. SEIDEL, Die Entwicklungspotenzen einer isolierten Blastomere des Zweizellenstadiums im<br />
Säugetierei, in Naturwissenschaften, 39 (1952), 355.<br />
12 R. BRIGGS - T.J. KING, Transplantation of living nuclei from blastula cells into enucleated frogs”<br />
eggs, in Proceedings of the National Academy of Sciences of theUnited States, 38 (1952), 455.<br />
9
quest’ultima, alla prima segmentazione, passa tutta in un blastomero e costituisce il<br />
cosiddetto lobo polare. Se si separano i primi due blastomeri, si ottiene da quello<br />
provvisto di lobo polare una larva completa, dall’altro una larva priva del mesoderma.<br />
I termini “regolativo” e “a mosaico” non dovrebbero, però, essere considerati due<br />
categorie separate; piuttosto essi sono i due poli di un continuum, per cui alcune specie<br />
sono più a mosaico o più regolative di altre.<br />
Si è giunti alla conclusione che non esistono uova simmetriche e il grado di<br />
asimmetria (anisotropia) subisce una variazione spazio-temporale nel corso dello<br />
sviluppo: essa è minore prima della fecondazione e aumenta dopo la fecondazione.<br />
Pertanto, la localizzazione delle sostanze organo-formative, cioè la determinazione dei<br />
vari abbozzi, è un processo graduale che si stabilizza nel corso dello sviluppo, in vari<br />
tempi secondo le diverse specie. Si può quindi parlare di uno stadio regolativo e di uno<br />
stadio a mosaico. In alcune uova l’asimmetria è già fissata prima della fecondazione, in<br />
altre si stabilisce dopo di questa, più o meno tardi allo stadio di sviluppo al quale si<br />
effettua lo splitting. Ciò spiega i risultati contraddittori ottenuti dagli esperimenti di<br />
separazione dei blastomeri.<br />
Le sostanze organo-formative sono disposte simmetricamente intorno all’asse polare,<br />
ma in modo diverso lungo quest’asse; ciò potrebbe spiegare il perché i primi 4<br />
blastomeri sono totipotenti, nel senso che appena compaiono le divisioni secondo piani<br />
equatoriali, i blastomeri perdono la loro totipotenza.<br />
L’uovo di mammifero sembra comportarsi come uovo “regolativo”: Seidel 13 (1952),<br />
distruggendo mediante agopuntura uno dei due blastomeri di un embrione di coniglio,<br />
ottiene da quello sopravvivente sviluppo normale.<br />
Utilizzando lo Xenopus laevis (rana), King e Briggs 14 dimostrano che:<br />
(a) l’uso di nuclei di blastula è efficace (girini normali che si nutrono) nell’80%<br />
degli impianti<br />
(b) l’impianto di nuclei di cellule da girini a stadi successivi di sviluppo<br />
(gastrula, morula, bottone codale, presenza del cuore) perde rapidamente efficacia;<br />
infatti, allo stadio di bottone codale i nuclei trasferiti provenienti da cellule somatiche<br />
sono incapaci di dirigere lo sviluppo normale fino allo stadio di girino; inoltre, questi<br />
Autori riferiscono che il mancato sviluppo a termine di girini funzionali si concretizza<br />
nell’ottenimento di soggetti con varie anomalie o aberrazioni.<br />
Numerose ricerche, sempre sulle rane 15 evidenziano che vi è una forte diversità di<br />
risposta al trasferimento nucleare a seconda della specie e del genere ed entro la specie e<br />
13 SEIDEL, Die Entwicklungspotenzen einer isolierten Blastomere des Zweizellenstadiums im<br />
Säugetierei, in Naturwissenschaften, 39 (1952), 355.<br />
14 T.J. KING - R. BRIGGS, Serial transplantation of embryonic nuclei, in Cold Spring Harbor<br />
Symposia on Quantitative Biology, 21 (1956), 271.<br />
15 Cf. J.B. GURDON, The developmental capacity of nuclei taken from intestinal epithelial cells of<br />
feeding tadpoles, in Journal of Embryolology and Experimental Morphology, 10 (1962), 622; ID.,<br />
Transplanted nuclei and cell differentiation, in Scientific American, 219 (1967), (6), 24; ID., Egg<br />
cytoplasm and gene control in development, in Proceedings Royal Society London [Biology], 198 (1977),<br />
211; J.B. GURDON - V. UEHLINGER, “Fertile” intestinal nuclei, in Nature, 210 (1966), 1240; M.A. DI<br />
BERNARDINO-T.J. KING, Development and cellular differentiation of neural nuclear transplants of<br />
known kariotypes, in Developmental Biology, 29 (1967), 385; J.B. GURDON - R.A. LASKEY - O.R,<br />
REEVERS, The developmental capacity of nuclei transplanted from keratinized cells of adult frogs, in<br />
10
il genere a seconda del tessuto usato, quindi vi sarebbe una marcata specificità genetica<br />
e, dentro questa, una elevatissima specificità tissutale.<br />
Per quanto concerne i mammiferi, il trasferimento nucleare viene applicato per la<br />
prima volta da Bromhall 16 nel coniglio.<br />
A partire dagli anni ‘80, le ricerche in questo campo sono fortemente incrementate,<br />
specialmente sui bovini 17 e sugli ovini 18 allo scopo di rendere routinale l’uso di questa<br />
biotecnica ai fini di aumentare la velocità del miglioramento genetico delle prestazioni<br />
riproduttive e produttive degli animali in produzione zootecnica. Nella specie suina si<br />
annoverano pochi esperimenti di trasferimento nucleare 19 .<br />
Nel topo sono descritti alcuni esperimenti di clonazione 20 .<br />
Journal of Embryology and Experimental Morphology, 34 (1975), 93; R.G. MCKINNEL, Cloning.<br />
Nuclear transplantation in Amphibia, Minneapolis 1978; R. BRIGGS, Genetics of cell type determination,<br />
in International Review of Cytolology, 9 (1979), supplemento, 107.<br />
16 J.D. BROMHALL, Nuclear transplantation in the rabbit egg, in Nature, 258 (1975), 719.<br />
17 J.M. ROBL - R. PRATHER - W. EYESTONE - F. BARNES - D. NORTHEY - B.GILLIGAN - N.L.<br />
FIRST, Nuclear transplantation in bovine embryos, in Theriogenology, 25 (1986), 189; J.M. ROBL - R.<br />
PRATHER - F. BARNES - W. EYESTONE - D. NORTHEY - B.GILLIGAN - N.L. FIRST, Nuclear<br />
transplantation in bovine embryos, in Journal of Animal Science, 64 (1987), 642; R.S. PRATHER - F.L.<br />
BARNES - M.M. SIMS - J.M. ROBL - W.H. EYESTONE - N.L. FIRST, Nuclear transplantation in the<br />
bovine embryo: assessment of donor nuclei and recipient oocyte, in Biology of Reproduction, 37 (1987),<br />
37, 869; K.R. BONDIOLI - M.E. WESTHUSIN - C.R. LOONEY, Production of identical bovine offspring<br />
by nuclear transfer, Theriogenology, 33 (1990), 165; D.E. MAREK - J.H. PRYOR - T.H., WHITESELL -<br />
C.R. LOONEY, Nuclear trasplantation in the bovine: effect of donor embryo age on subsequent embryo<br />
production, in Theriogenology, 33 (1990), 283; M.E. WESTHUSIN - M.J. LEVANDUSKI - R.<br />
SCARBOROUGH - C.R. LOONEY - K.R. BONDIOLI, Viable embryos and normal calves after nuclear<br />
transfer into Hoechst-stained enucleated demi-oocytes of cows, in Journal of Reproduction and Fertility,<br />
95 (1992), 475; S.L. STICE - C.L. KEEFER, Multiple generation bovine embryo cloning, in Biology of<br />
Reproduction, 48 (1993), 715; S.L. STICE - C.L. KEEFER - L. MATTEWS, Bovine nuclear transfer<br />
embryos: oocyte activation prior to blastomere fusion, in Molecular Reproduction and Develoment, 38<br />
(1994) , 61.<br />
18 S. M. WILLADSEN, Nuclear transplantation in sheep, Nature, 320 (1986), 63; L. C. SMITH - I.<br />
WILMUT, Influence of nuclear and cytoplasmatic activity on the development in vivo of sheep embryos<br />
after nuclear transplantation, in Biology of Reproduction, 40 (1989), 1.027; P. LOI - D. MATASSINO -<br />
M. LUCIA - J. BOYAZOGLU - P.CAPPAI, Production of genetically identical offsprings in sheep by<br />
nuclear transplantation, in Proceedings of VII Congress on University and Biotechnology Innovation<br />
(Genova, July 15-16, 1996), 82; P. LOI - S. BOYAZOGLU - S. LEDDA - S. NAITANA - P. CAPPAI -<br />
I.WILMUT - S. CASU, Embryo cloning in sheep: work in progress, in Theriogenology, 4 ( 1997), 1.<br />
19 J.M. ROBL - N.L. FIRST, Manipulation of gametes and embryos in the pig, in Journal of<br />
Reproduction and Fertility, 33 (Supplemento) (1985), 101; R.S. PRATHER - M.M. SIMS - N.L. FIRST,<br />
Nuclear transplantation in early pig embryos, in Biology of Reproduction, 41 (1989), 414.<br />
20 K. ILLMENSEE - P.C. HOPPE, Nuclear transplantation in Mus musculus: developmental potential<br />
of nuclei from preimplantation embryos, in Cell, 23 (1981), 9; J. MCGRATH - D. SOLTER, Nuclear<br />
transplantation in the mouse embryo using microsurgery and cell fusion, in Science, 220 (1983), 1300;<br />
ID., Nuclear transplantation in mouse embryos, in Journal of Experimental Zoology, 2281 (1983), 365;<br />
J.M. ROBL - B. GILLIGANCRITSER - N.L. FIRST, N.L., Nuclear transplantation in mouse embryos:<br />
assessment of recipient cell stage, in Biology of Reproduction, 34 (1986), 733; Y. TSOUDA - T. YASUI -<br />
Y. SHIODA - D. NAKAMURA - T. UCHIDA - T. SUGIE, Full term development of mouse blastomere<br />
nuclei transplantated into enucleated two-cell embryos, in Journal of Experimental Zoology, 242 (1987),<br />
147.<br />
11
Una nuova “era” nella storia della clonazione ha avuto inizio con i primi successi nel<br />
trasferimento nucleare a partire da cellule somatiche fetali e adulte 21 (clonazione<br />
somatica), con evidenti potenzialità applicative per la selezione degli animali<br />
d’interesse zootecnico e per la produzione di animali transgenici. Dal 1997, infatti,<br />
numerosi gruppi di ricerca hanno replicato l’esperimento di Wilmut e altri (1997),<br />
operando su varie specie e con vari tipi di cellula somatica 22 . Nella tabella I sono<br />
riportate le tappe principali della storia della clonazione.<br />
2.2. Metodi e implicazioni biologiche<br />
A oggi, la produzione di cloni di mammiferi si ottiene con l’impiego di tre tecniche<br />
“classiche” e una “moderna”;<br />
(a) le prime sono:<br />
(i) splitting di un embrione<br />
(ii) trasferimento in un oocita enucleato (citoplasto) che funge da cellula<br />
ricevente di un nucleo (carioplasto) o di un blastomero o di una cellula<br />
staminale embrionale o di una cellula del bottone embrionale proveniente da<br />
opportune colture stabilizzate<br />
(iii) trasferimento diretto di un singolo blastomero in utero<br />
(b) la seconda è:<br />
(i) trasferimento di una cellula somatica “differenziata” in un citoplasto<br />
(oocita enucleato).<br />
21 K. CAMPBELL - J. MCWHIR - B. RITCHIE - I. WILMUT, Sheep cloned by nuclear transfer from a<br />
cultured cell line, in Nature, 380 (1996), 64; I. WILMUT - E. SCHNIEKE - J. MCWHIR - A.J. KIND -<br />
K.H.S. CAMPBELL, Viable offspring derived from foetal and adult mammalian cells, in Nature, 385<br />
(1997), 810.<br />
22 A.E. SCHNIEKE - A.J. KIND - K.RITCHIE, MYCOCK - A.R. SCOTT - M. RITCHIE - I. WILMUT -A.<br />
COLMAN - K.H.S. CAMPBELL, Human factor IX transgenic sheep produced by transfer of nuclei from<br />
transfected fetal fibroblasts, in Science, 278 (1997), 2130; J.B. CIBELLI - S.L. STICE - P. GOLUEKE - J.J.<br />
KANE - J.JERRY - C. BLACKWELL - F.A. PONCE DE LEON - J.M. ROBL, Cloned transgenic calves<br />
produced from nonquiescent fetal fibroblasts, in Science, 280 (1998), 1256; Y. KATO - T. TANI - Y.<br />
SOTOMARU - K. KUROKAWA - J. KATO - H. DOGUCHI YASUE - Y. TSUNODA, Eight calves cloned<br />
from somatic cells of a single adult, in Science, 282 (1998), 2095; X. VIGNON - P. CHESNÉ - D. LE<br />
BOURHIS - Y. HEYMAN - J.P. RENARD, Developmental potential of bovine embryos reconstructed with<br />
somatic nuclei from cultured skin and muscle fetal cells, in Theriogenology, 49 (1998), 392 (abstract); X.<br />
VIGNON - P. CHESNÉ - D. LE BOURHIS - J.P. FLECHON - Y. HEYMAN - J.P. RENARD, Developmental<br />
potential of bovine embryos reconstructed from enucleated matured oocytes fused with cultured somatic<br />
cell, in . Comptes Rendus de L’ Academie Des Sciences, 321 (1998), 735; T. WAKAYAMA - A.C.F.<br />
PERRY - M. ZUCCOTTI - K.R. JOHNSON - R. YANAGIMACHI, Full-term development of mice from<br />
enucleated oocyte injected with cumulus cell nuclei, in Nature, 394 (1998), 369; D.N. WELLS - P.M.<br />
MISICA - W.H. MCMILLAN - H.R. TERVIT, Production of cloned fetuses following nuclear transfer with<br />
cells from a fetal fibroblast cell line, in Theriogenology, 49 (1998), 330; D.N. WELLS - P.M. MISICA -<br />
H.R. TERVIT, Production of cloned calves following nuclear transfer with cultured adult mural<br />
granulosa cells, in Biology of Reproduction, 60 (1999), 996; D.N. WELLS - P.M. MISICA - J.T.<br />
FORSYTH - M.C. BERG - J.M. LANGE - H.R. TERVIT - W.H. VIVANICO, The use of adult somatic cell<br />
nuclear transfer to preserve the last surviving cow of Enderby Island cattle breed, in Theriogenology, 51<br />
(1999), 217; C. GALLI – R. DUCHI – R.M. MOOR – G. LAZZARI, Mammalian leukocytes contain all<br />
the genetic information necessary for the development of a new individual, in Cloning, 1 (1999), 3, 161.<br />
12
1. Splitting di un embrione. Consiste nel taglio meccanico di un embrione allo stadio<br />
di morula adulta o di blastocisti giovane (5-6 giorni di età) per ottenere due emiembrioni<br />
(figura I). Tale separazione può essere eseguita, con esito positivo, anche all’interno<br />
della zona pellucida (ZP), cioè della membrana che avvolge l’embrione.<br />
La produzione di soggetti geneticamente identici mediante l’uso della bisezione degli<br />
embrioni 23 permette, fra l’altro, di:<br />
(a) produrre gemelli monozigotici che rappresentano il modello biologico ideale<br />
per (i) lo studio delle interazioni genotipo-ambiente e delle influenze prenatali<br />
(interazione ricevente-embrione o feto) e (ii) poter anticipare e rendere più accurata la<br />
valutazione genetica del riproduttore (progeny test)<br />
(b) aumentare il numero di gravidanze per donatrice<br />
(c) determinare il sesso dell’embrione da trasferire nella ricevente.<br />
Fino a oggi lo splitting è stato eseguito per soddisfare eventuali interessi commerciali<br />
senza considerare profondamente i principi fondamentali dello sviluppo delle diverse<br />
specie animali in produzione zootecnica. Infatti, alcune considerazioni sono necessarie:<br />
(a) i meccanismi implicati nell’embriogenesi sono in discussione e, pertanto, la<br />
loro conoscenza è la pietra miliare per colui che è interessato alla clonazione di<br />
embrioni<br />
(b) l’estrapolazione da una specie all’altra va considerata solo a livello<br />
informativo, in quanto necessita individuare i modelli propri di ciascuna specie,<br />
considerando la diversità dell’ambiente “socio-biologico” proprio di ciascun gruppo<br />
tassonomico<br />
(c) un notevole contributo alla conoscenza delle prime fasi dell’embriogenesi<br />
sarà dato dagli studi sulla maturazione e sulla fertilizzazione degli oociti in vitro,<br />
essendo possibile indagare sui meccanismi che regolano il metabolismo di una<br />
blastocisti e il gradiente della “totipotenza” o “potenziale regolatore”, specialmente per<br />
quanto concerne la capacità dell’embrione di continuare il suo sviluppo anche in<br />
presenza di mortalità di alcune cellule; questa potenzialità è funzione, tra l’altro, del<br />
tempo di compattazione della morula, che, in alcune specie, avviene dopo un certo<br />
numero di divisioni mitotiche indipendentemente dal numero di cellule presenti 24 .<br />
23 R.J. MULLEN - F.K. HOORNBECK, Genetic aspects of fertility and endocrin organ size in rats, in<br />
Genetic Reearch, 16 (1970), 251; L.A. MOUSTAFÀ - J. HAHN - R. ROSELIUS,Versuche zur geschlechts<br />
best innaung an tag 6 und 7 alten rinderembryonen, in Berl, Munch. Tierarz Tl. Wschr., 91 (1978), 236;<br />
S.M. WILLADSEN, A method for culture of micromanipulated sheep embryos and its use to produce<br />
monozygotic twins, in Nature (London), 277 (1979), 298; J.P.OZIL - Y. HEYMAN - G.P. RENARD,<br />
Production of monozygotic twins by micromanipulation and cervical transfer in the cow, in Veterinary<br />
Record, 110 (1982), 126. Theriogenology, 30, (1982), 751; T.J. ILLIAMS - R.P. ELSDEN - G.E. SEIDEL<br />
Jr, Identical twin bovine pregnancies derived from bisected embryos, in Theriogenology, 17 (1982), 114,<br />
abstract; D. MATASSINO, Il futuro delle biotecnologie nelle produzioni animali: alcuni aspetti scientifici<br />
e tecnici, in Produzione Animale, 1 (1988), III Serie, 35; ID., Lo sviluppo delle biotecnologie: aspetti<br />
scientifici e prospettive per il futuro, in Atti Convegno “Le nuove frontiere della selezione: dalla<br />
fecondazione artificiale alle biotecnologie”, (Cremona, 18 settembre 1987) in L’Allevatore, 44 (1988),<br />
33, supplemento; ID., Micromanipolazione embrionale per l’incremento dell’efficienza riproduttiva dei<br />
bovini, in Atti XLIV Conv. SISVET, ( Stresa, 27-29 settembre,1990), 47.<br />
24 A. MCLAREN, The embryo, in C.R. Austin and R.V. Short (eds.), Reproduction in Mammals 2:<br />
Embryonic and Fetal Development, Cambridge University Press, 1982.<br />
13
2. Trasferimento in un oocita enucleato (citoplasto) di un nucleo (carioplasto) o di un<br />
blastomero o di una cellula staminale embrionale o di una cellula del bottone<br />
embrionale. Il trasferimento “nucleare” (TN), proposto (come già detto) per la prima<br />
volta da Spemann nel 1936 e attuato (per la prima volta) nei mammiferi (coniglio) da<br />
Bromhall (1975), è una biotecnica che potrà superare alcune limitazioni proprie dello<br />
splitting.<br />
a) Blastomero. Oggi, più che di TN, è bene parlare di trasferimento del blastomero,<br />
cioè di una cellula di un embrione allo stadio di morula. Biologicamente, si ha il<br />
riazzeramento dell’orologio che presiede all’embriogenesi e che permette all’embrione<br />
ricostituito di riprendere il suo sviluppo come se fosse una nuova cellula “uovo”<br />
fecondata. È importante considerare che con il trasferimento del singolo nucleo si ha<br />
sempre un effetto di trascinamento di una certa quantità di citoplasma che è tanto in più<br />
nell’impiego di una cellula embrionale.<br />
Lo sviluppo embrionale del mammifero è caratterizzato da una fase iniziale di<br />
inattività dello zigote, durante la quale le funzioni cellulari sono controllate da<br />
informazioni provenienti dal DNA mitocondriale che, come è noto, funziona in modo<br />
“semi-indipendente” e influenza il “metabolismo” del “costrutto” che si dovrà evolvere<br />
in embrione “clone”.<br />
Nei mammiferi (topo) l’importanza del contributo materno e di quello paterno per<br />
un’embriogenesi normale del prodotto del concepimento è largamente messa in<br />
evidenza dagli studi sull’imprinting parentale, fenomeno per il quale alleli identici a un<br />
determinato locus vengono resi funzionalmente diversi a seconda del genitore da cui<br />
provengono. Come conseguenza dell’imprinting, in un individuo, a livello del locus<br />
“imprintato”, l’allele ereditato da un genitore è attivo, mentre quello ereditato dall’altro<br />
genitore è reso silente.<br />
Le ricerche sull’imprinting 25 , rese possibili solo grazie all’impiego del TN,<br />
evidenziano che sia l’embrione in cui tutti i cromosomi (2n) sono di origine maschile 26<br />
che quello in cui tutti i cromosomi (2n) sono di origine femminile 27 non sono in grado<br />
di completare lo sviluppo embrionale; però, vi è una differenza marcata fra i due:<br />
(a) nell’embrione con corredo cromosomico interamente di origine maschile si<br />
ha un embrione somaticamente piccolo ma con annessi (placenta e sacco del tuorlo) ben<br />
sviluppati<br />
25 S.C. BARTON - M.A.H. - SURANI - M.L. - NORRIS, Role of paternal and maternal genomes in<br />
mouse development, in Nature, 311 (1984), 374; J. MCGRATH - D. SOLTER, Completion of mouse<br />
embryogenesis requires both the maternal and paternal genomes, in Cell, 37, 1984,179; S.C. BARTON -<br />
M.A.H. SURANI - M.L. NORRIS, Role of paternal and maternal genomes in mouse development, in<br />
Nature, 311 (1984), 374; D. SOLTER, Differential imprinting and expression of maternal and paternal<br />
genomes, in Annual Review of Genetics, 22 (1988), 127.<br />
26 Tale embrione si ottiene, sperimentalmente, sostituendo il pronucleo femminile di un uovo, subito<br />
dopo l’introduzione dello spermatozoo e prima della fusione dei due pronuclei (femminile e maschile),<br />
con il pronucleo maschile prelevato da un altro uovo nella medesima condizione fisiologica.<br />
27 Tale embrione si ottiene sostituendo il pronucleo maschile di un uovo, subito dopo l’introduzione<br />
dello spermatozoo e prima della fusione dei due pronuclei (femminile e maschile), con il pronucleo<br />
femminile prelevato da un altro uovo nella medesima condizione fisiologica<br />
14
(b) nell’embrione con corredo cromosomico interamente di origine femminile si<br />
ha un embrione somaticamente normale ma con annessi poco sviluppati.<br />
Da questi risultati si può ipotizzare che l’imprinting provoca nel genoma materno la<br />
disattivazione di geni determinanti lo sviluppo delle strutture extra-embrionali e, nel<br />
genoma paterno, la disattivazione di geni importanti per lo sviluppo dell’embrione.<br />
Pertanto, singolarmente i due genomi (materno e paterno) non sono totipotenti.<br />
Dal punto di vista della “capacità al costruttivismo”, l’armonica collaborazione fra<br />
informazioni dei due suddetti genomi assicurerebbe nei mammiferi la riproduzione<br />
sessuata a scapito di quella partenogenetica o di altre forme riproduttive tendenti a<br />
limitare la variabilità genetica.<br />
Per inciso, gli studi sull’imprinting parentale permettono di comprendere altri<br />
meccanismi biologici, molto interessanti zootecnicamente, quali – ad esempio – la<br />
“sovradominanza polare” a livello del locus callipige negli ovini il cui fenotipo è<br />
caratterizzato da un’ereditarietà non mendeliana 28 .<br />
Il tipo di rapporto fra il nucleo e l’ambiente “socio-biologico” del suo intorno<br />
costituisce un elemento determinante per lo sviluppo dell’embrione “clone”. Molte<br />
proteine di embrioni nella fase di pre-impianto sono note, ma non poche sono ignote,<br />
poiché probabilmente rimangono a livelli tali non identificabili con la strumentazione e<br />
la tecnica oggi disponibili. Particolare significato riveste l’attività della complessa<br />
struttura della membrana nucleare, specialmente per quanto concerne gli scambi tra<br />
nucleo e citoplasma. L’acquisizione che il controllo dell’inizio della mitosi è regolato da<br />
un meccanismo comune a tutte le cellule eucariotiche costituisce un elemento altamente<br />
favorevole per comprendere i biochimismi in atto durante l’inizio e il completamento<br />
della mitosi; lo stesso dicasi per la disponibilità di nuovi anticorpi atti ad affrontare in<br />
chiave immunochimica lo studio dell’organizzazione della fisiologia del nucleo 29 . Le<br />
attuali procedure per la clonazione mediante TN derivano da quella usata da<br />
Willadsen 30 , nel 1986, negli ovini.<br />
Le fasi salienti del TN [figura II 31 ] possono essere sintetizzate come segue:<br />
(a) maturazione in vivo e/o in vitro dell’oocita<br />
(b) enucleazione dell’oocita maturo<br />
(c) separazione dei blastomeri dell’embrione donatore<br />
(d) trasferimento del blastomero nell’oocita ricevente enucleato<br />
(e) fusione fra citoplasto e blastomero<br />
(f) messa in coltura, in vivo o in vitro, dell’embrione ricostituito<br />
28 N.E. COCKETT - S.P. JACKSON - T.L. SHAY - D. NIELSEN - S.S. MOORE - M.R.STEELE - W.<br />
BARENDSE - R.D. GREEN - M. GEORGES, Chromosomal localization of the callipyge gene in sheep<br />
(Ovis aries) using bovine DNA markers, in Proceeding of National Academy of Sciences of the United<br />
States, 91 (1994), 8, 3019; N.E. COCKETT - S.P. JACKSON - T.L. SHAY - F. FARNIR - S. BERGHMANS -<br />
D.M. SNOWDER - D.M. NIELSEN - M. GEORGES, Polar overdominance at the ovine callipyge locus, in<br />
Science, 273 (1996), 236.<br />
29 E.A. NIGG, Nuclear function and organization: the potential at immunochemical approaches, in<br />
International Review of Cytology, 110 (1990), 27<br />
30 M. WILLADSEN, Nuclear transplantation in sheep, in Nature, 320 (1986), 63.<br />
31 Le fotografie b ed e sono state riprese da S.E.A. BOYAZOGLU, Clonazione di embrioni mediante<br />
trapianto nucleare nella specie ovina. Tesi di Laurea, Università di Perugia, Facoltà di Medicina<br />
Veterinaria, 1997<br />
15
(g) trasferimento di quest’ultimo in una ricevente definitiva per il successivo<br />
sviluppo.<br />
Negli ultimi anni sono stati fatti notevoli progressi riguardo a:<br />
(a) utilizzo dell’oocita maturato in vitro [in vitro maturation (IVM)]<br />
(b) enucleazione dell’oocita<br />
(c) produzione di embrioni in vitro<br />
(d) efficienza della fusione.<br />
Maturazione dell’oocita. Il punto di partenza per l’attuazione del TN è l’ottenimento<br />
dell’oocita maturo [metafase II (MII)].<br />
Nelle specie di interesse zootecnico, attualmente, tre sono le metodiche che vengono<br />
utilizzate per ottenere oociti maturi (schema I):<br />
1. la superovulazione di femmine donatrici<br />
2. la maturazione in vitro di oociti prelevati da ovaie di soggetti macellati<br />
3. il prelievo in vivo dell’oocita mediante la tecnica dell’ovum pick up (OPU).<br />
Ciascuno di questi metodi comporta vantaggi e svantaggi 32 .<br />
Enucleazione. Consiste nell’aspirazione, mediante microago, del primo globulo<br />
polare e del pronucleo situato nella porzione di citoplasma adiacente a esso. Al fine di<br />
visualizzare il materiale da enucleare si ricorre all’uso di fluorocromi (in particolare<br />
l’Hoechst 33342 a base di bisbenzimide triidrocloride) che non influenzano<br />
negativamente la vitalità dell’embrione ricostituito. Prima di effettuare questi interventi<br />
di microchirurgia, l’oocita viene esposto a sostanze (citocalasina) che distruggono il suo<br />
citoscheletro, per cui esso diventa più elastico.<br />
Separazione dei blastomeri dell’embrione donatore. La prima operazione consiste<br />
nel rimuovere meccanicamente il rivestimento glicoproteico dell’embrione (zona<br />
pellucida); successivamente, si effettua la separazione dei blastomeri previa esposizione<br />
dell’embrione a soluzioni prive di ioni calcio per attenuare l’adesività delle cellule.<br />
Trasferimento del blastomero nell’oocita ricevente enucleato. Con la stessa<br />
micropipetta usata per l’enucleazione si procede, poi, al trasferimento di un blastomero<br />
nello spazio perivitellino.<br />
Fusione fra oocita ricevente e blastomero. Si realizza mediante esposizione di questi<br />
due componenti a impulsi elettrici di intensità e di durata variabile, previo<br />
posizionamento dell’embrione ricostituito in una camera di fusione fra due elettrodi di<br />
platino e in presenza di un medium elettrolitico. Questo trattamento fisico avrebbe la<br />
funzione sia di permettere l’apertura di pori nella parete del blastomero, per cui si<br />
vengono a instaurare comunicazioni citoplasmatiche che si concretizzano in una fusione<br />
completa fra le due cellule, sia di bloccare l’attività dell’H1 chinasi con conseguente<br />
inattivazione del MPF (maturation promoting factor). I livelli di MPF variano con l’età<br />
dell’oocita. La relazione temporale tra l’attivazione del citoplasto e la sua fusione con il<br />
blastomero non è ancora molto chiara.<br />
Messa in coltura, in vivo o in vitro dell’embrione ricostituito. A oggi, la coltura<br />
in vitro usata per l’embrione “normale” dà risultati accettabili per l’embrione<br />
“ricostituito” nella specie bovina; viceversa, nella specie ovina l’embrione “ricostituito”<br />
è fortemente influenzato dalle condizioni di coltura, quindi necessita di un<br />
32D. MATASSINO, Clonazione e trasferimento nucleare, in G. ENNE - G. ROSSI, La riproduzione in<br />
zootecnia, vol. II, Raiz, 61<br />
16
microambiente peculiare 33 ; per incrementare l’efficienza del TN, gli embrioni<br />
ricostituiti vengono inclusi in cilindri di agar e, successivamente, trasferiti in ovidotti di<br />
una ricevente temporanea, generalmente una pecora in fase luteinica. Dopo 6-7 giorni si<br />
procede al recupero di questi cilindretti, quindi all’isolamento degli embrioni (allo<br />
stadio di morula) e al loro trasferimento in riceventi definitive oppure vengono congelati<br />
previa vitrificazione.<br />
Stadio di sviluppo dell’embrione donatore. L’importanza della compatibilità tra<br />
la cellula donatrice e quella ricevente sulla vitalità degli embrioni è stata evidenziata da<br />
Smith e altri 34 che, nel topo, lavorando con citoplasti ottenuti da zigoti enucleati e<br />
carioplasti ottenuti da embrioni a due cellule, hanno dimostrato che il citoplasto più<br />
avanzato (24÷28 ore dall’iniezione di hCG) era più competente a favorire lo sviluppo a<br />
morula o a blastocisti dell’embrione ricostituito (P
tecnica attualmente in uso prevede una prima digestione enzimatica (mediante l’impiego<br />
di pronasi) della zona pellucida al fine di permettere la separazione dei blastomeri.<br />
Questi ultimi, poiché sono legati tra di loro, fra l’altro, da ponti di calcio e di magnesio,<br />
possono essere facilmente isolati mediante l’impiego di un ago dal calibro appena più<br />
piccolo del blastomero. Successivamente, il singolo blastomero viene posizionato<br />
nell’utero della ricevente, preventivamente sincronizzata; pertanto, esso può essere<br />
considerato come un singolo embrione.<br />
A oggi, i primi risultati di questa tecnica impiegata nel suino lasciano intravedere la<br />
possibilità di impiegarla in maniera routinale negli allevamenti zootecnici: 25% di<br />
nascite dai blastomeri trasferiti (Shutang, c.p.).<br />
b) Cellula staminale embrionale (ES). Nel trasferimento di cellule non identificabili<br />
con il blastomero vengono realizzate le stesse fasi, salvo quelle inerenti<br />
all’approvvigionamento di embrioni.<br />
Nei mammiferi, l’ottenimento di prole clonata mediante trasferimento di cellule<br />
embrionali staminali (embryonic stem, ES) fornirebbe un metodo molto utile per la<br />
produzione di un gran numero di discendenti tra loro geneticamente identici, sulla base<br />
delle attuali conoscenze e delle metodiche di indagine.<br />
Storicamente, linee cellulari murine ES vengono stabilizzate dalla ICM di embrioni<br />
allo stadio di blastocisti mediante coltura su strati nutrienti di fibroblasti embrionali o di<br />
cellule epatiche di ratto o di bufalo 38 .<br />
L’isolamento di cellule ES-simili viene realizzato anche nel suino, nel bovino e<br />
nell’ovino. A oggi, però non vi è alcun lavoro sull’uso di cellule ES quali donatrici di<br />
nuclei. Il loro ciclo cellulare particolare, con una fase G1 molto breve, però, le<br />
renderebbe non particolarmente adatte alla riprogrammazione.<br />
Nella specie bovina sono state sviluppate linee cellulari embrionali simil-staminali 39 ;<br />
queste ultime sono state utilizzate come fonte di nuclei per il trasferimento nucleare, ma<br />
esse hanno portato allo sviluppo di feti non oltre il 60. giorno.<br />
c) Cellula del disco embrionale (ED). Nell’ovino, cellule del disco embrionale<br />
(embryonic disk, ED), provenienti da embrioni ovini all’età di 9 giorni, risulterebbero<br />
totipotenti e conservano la loro totipotenza anche dopo 3 passaggi in coltura, avendosi<br />
la nascita di agnelli vivi e vitali, con un’efficienza relativamente bassa 40 .<br />
Esperimenti di trasferimento nucleare a partire da nuclei donatori appartenenti al<br />
disco embrionale sono stati effettuati anche nel bovino 41 . In questa specie successi sono<br />
38 M.J. EVANS - M.H. KAUFMAN, Establishment in culture of pluripotential cells from mouse<br />
embryos, in Nature, 292 (1981), 154.<br />
39 S. SAITO e altri (1992), citato da J.B. CIBELLI - S.L. STICE - P. GOLUEKE - J.J. KANE - J.JERRY -<br />
C. BLACKWELL - F.A. PONCE DE LEON - J.M. ROBL, Cloned transgenic calves produced from<br />
nonquiescent fetal fibroblasts, in Science, 280 (1998),1256.<br />
40 K. CAMPBELL - J. MCWHIR - B. RITCHIE, B. - I. WILMUT, Production of live lambs following<br />
nuclear transfer of cultured embryonic disc cells, in Theriogenology, 43 (1995), 181.<br />
41 T. ITOH - Y. AOYAGI - M. KONISHI - H. ITAKURA - T. TAKEDOMI - S. YAZAWA - K. AKANE,<br />
Nuclear transfer of bovine embryonic disc cells, in Theriogenology, 49 (1998), 322.<br />
18
stati ottenuti anche con cellule della ICM, utilizzate sia subito dopo il loro isolamento<br />
che dopo un breve periodo di coltura 42 .<br />
d) Trasferimento di una cellula somatica differenziata in un citoplasto. Tentativi di<br />
clonazione con l’uso di cellule stabilizzate di organismi a vari stadi di sviluppo sono<br />
ricordati nel paragrafo sui cenni storici, specialmente con l’uso di rane.<br />
Wilmut e altri (1997), grazie a una metodica già usata 43 ,ottengono 5 agnelli<br />
originatisi da 3 nuove popolazioni di cellule stabilizzate provenienti rispettivamente da:<br />
(a) una ghiandola mammaria di una pecora dell’età di 6 anni a fine gravidanza<br />
(b) un feto dell’età di 26 giorni<br />
(c) un embrione dell’età di 9 giorni (cellule DE).<br />
L’uso di cellule stabilizzate “donatrici” di provenienza fetale ed embrionale dà<br />
risultati “operativi” non difformi da quelli noti, ma ancora molto inferiori a quelli<br />
ottenuti con l’uso del blastomero. Ciò sta a significare che bisognerà molto sperimentare<br />
prima di raggiungere risultati trasferibili operativamente; il che sarà possibile solo<br />
conoscendo i meccanismi molecolari che partecipano sia a quel meraviglioso<br />
meccanismo identificabile con la riprogrammazione nucleare, sia alla vita di relazione<br />
fra il citoplasto e il suo ospite.<br />
È stato evidenziato che il trattamento dei fibroblasti in coltura per 8 giorni in un<br />
mezzo contenente siero fetale bovino allo 0,5% ha un effetto positivo sull’efficienza del<br />
trasferimento nucleare: 39% di sviluppo a blastocisti contro il 20% registrato a partire<br />
da fibroblasti non sottoposti a tale trattamento (P
Le differenze comportamentali dei tre tipi di cellule “derivate” si protraggono anche<br />
sulle fasi successive (percentuale di morula e/o blastocisti ottenute, gravidanze<br />
diagnosticate e nascite).<br />
Per correttezza scientifica, gli autori precisano che:<br />
(a) il fenotipo della cellula somatica donatrice è sconosciuto<br />
(b) la coltura primaria contiene principalmente cellule epiteliali (90%) e le altre<br />
cellule sono da ascrivere a cellule mioepiteliali e fibroblasti<br />
(c) non è da escludere la possibilità che sia presente una piccola proporzione di<br />
cellule staminali relativamente indifferenziate, capaci di supportare la rigenerazione<br />
della ghiandola mammaria, specialmente nell’ultima fase di gestazione<br />
Alla luce di quanto riferito, sorgono alcuni dubbi da parte del mondo scientifico e<br />
scaturiscono alcune considerazioni:<br />
(a) non si può affermare matematicamente che Dolly sia nata in seguito a<br />
trasferimento di una cellula somatica differenziata; ciò viene ribadito anche dallo stesso<br />
Wilmut (1999), il quale sottolinea che la coltura di provenienza conteneva anche cellule<br />
meno specializzate, sempre presenti in piccola percentuale nella ghiandola mammaria<br />
(b) Dolly è nata trasferendo nel citoplasto una cellula proveniente da una<br />
popolazione di cellule di una coltura stabilizzata di cellule di ghiandola mammaria di<br />
una pecora dell’età di 6 anni<br />
(c) sia in questo esperimento che nel precedente 45 gli Autori sostengono che si<br />
tratta sempre di cellule differenziate, anche se provenienti da colture di cellule prelevate<br />
da embrioni<br />
(d) le cellule differenziate possono riacquistare la capacità di comportarsi come<br />
cellule totipotenti (embrionali), previa opportuna manipolazione.<br />
Queste incertezze, ed eventualmente altre, non sminuiscono l’eccezionalità<br />
dell’esperimento: la possibilità dello “sdifferenziamento cellulare”. Infatti, la perdita di<br />
totipotenza è stata, finora, sempre considerata un fenomeno irreversibile, quasi<br />
coincidente con un vero e proprio “dogma” nell’ambito della biologia molecolare.<br />
Un recente successo nella clonazione a partire da cellula somatica differenziata nella<br />
specie bovina viene riferito da Kato e altri 46 che, in seguito al trasferimento di cellule<br />
del cumulo ooforo e dell’ovidutto di una vacca adulta, ottengono la nascita di 8 vitelli su<br />
un totale di 10 blastocisti trasferite (successo dell’80%).<br />
Recentemente, anche nel topo, Wakayama e altri 47 , sperimentando il TN a partire da<br />
cellule del Sertoli, cellule neurali e cellule del cumulo ooforo, hanno ottenuto lo<br />
sviluppo di topi vivi e fertili soltanto con quest’ultimo tipo cellulare.<br />
45 K. CAMPBELL - J. MCWHIR - B. RITCHIE - I. WILMUT, Sheep cloned by nuclear transfer from a<br />
cultured cell line, in Nature, 380 (1996), 64.<br />
46 Y. KATO - T. TANI - Y. SOTOMARU - K. KUROKAWA - J. KATO - H. DOGUCHI YASUE - Y.<br />
TSUNODA, Eight calves cloned from somatic cells of a single adult, in Science, 282 (1998), 2095<br />
47 T. WAKAYAMA - A.C.F. PERRY - M. ZUCCOTTI - K.R. JOHNSON - R. YANAGIMACHI, Full-term<br />
development of mice from enucleated oocytesinjected with cumulus cell nuclei, in Nature, 394 (1998),<br />
369.<br />
20
a) Alcuni problemi. Un clone, così come oggi viene prodotto, non è il frutto di una<br />
manipolazione genetica. Indubbiamente la nascita di Dolly ha posto grandi interrogativi<br />
di natura sia etico-giuridica che biologica.<br />
Si potranno avere differenze nell’ottenimento di cloni in relazione al sesso del<br />
donatore?<br />
L’età del/la “donatore/trice” potrà influenzare l’attesa di vita di un clone?<br />
Il “testamento” o il “passato” o la “memoria” di una cellula somatica ha significato<br />
biologico se essa si evolverà in un nuovo individuo?<br />
La maggior parte della ricerca è rivolta alla clonazione da cellula fetale ed<br />
embrionale piuttosto che da cellula adulta. Secondo Eyestone 48 , fisiologo della<br />
riproduzione che lavora sugli animali transgenici alla PPL Therapeutics Inc a<br />
Blacksburg, Virginia, la cellula embrionale cresce più velocemente e l’animale che si<br />
ottiene vive più a lungo di quello clonato da cellula adulta.<br />
Un recente contributo alla soluzione della suddetta seconda domanda si deve a Shiels<br />
e altri 49 ; questi autori, comparando la lunghezza del telomero di Dolly e di altri due<br />
soggetti (6LL6 e 6LL7), nati anch’essi da TN, ma a partire da cellule di embrione ovino<br />
di razza Poll Dorset di 9 giorni e da fibroblasti di un feto ovino di razza Black Welsh di<br />
25 giorni di età rispettivamente, con quella sia della cellula “donatrice” (prima e dopo la<br />
permanenza in coltura) sia di soggetti di controllo della stessa età, riferiscono che il<br />
frammento di restrizione terminale (terminal restriction fragment, TRF), è<br />
significativamente inferiore (P
scartare essendo risultata significativa la differenza. L’ultimo esame veterinario degli<br />
animali ha confermato che i soggetti “cloni” godono ottima salute e il loro status è<br />
quello tipico di un soggetto della stessa età e appartenente a quella razza.<br />
Resta, comunque, da stabilire se l’età fisiologica attuale degli animali nati da TN<br />
riflette in modo preciso la dimensione del TRF.<br />
I modelli di senescenza cellulare basati sulla lunghezza del telomero 52 predicono che<br />
Dolly dovrebbe raggiungere una lunghezza critica del telomero più presto del controllo<br />
della stesa età. Bodnar e altri 53 riferiscono che la cellula umana normalmente priva di<br />
attività telomerasica, se transfettata con un vettore contenente il costrutto genico per la<br />
subunità catalitica della telomerasi, esibisce: telomeri più lunghi, una maggiore capacità<br />
di dividersi e positività nei confronti della beta-galattosidasi; questo ultimo è un marker<br />
biologico della senescenza cellulare.<br />
Comunque, l’ipotesi della perdita del potenziale proliferativo basata sulla<br />
modificazione del telomero si rivela molto complessa e richiede notevoli<br />
approfondimenti. A esempio, Strahel e Blackburn 54 evidenziano che la riduzione<br />
dell’attività telomerasica non ha alcun effetto sul fenotipo di linee cellulari immortali.<br />
Blasco e altri 55 riferiscono che cellule di topi knock out 56 con attività telomerasica<br />
nulla possono essere stabilizzate in coltura, al pari delle cellule normali, senza perdere<br />
la loro vitalità; pertanto, nel topo la lunghezza dei telomeri non è determinante per<br />
l’ottenimento delle linee cellulari stabilizzate e l’attività telomerasica non è necessaria<br />
per superare la “crisi” cioè il periodo di crescita lenta che precede l’“immortalizzazione”<br />
della cellula.<br />
A oggi, i tipi di cellula somatica capaci di supportare lo sviluppo completo di un<br />
individuo in seguito a trasferimento nucleare, sono: i fibroblasti fetali 57 , le cellule del<br />
52 A.M.J. OLOVNIKOF (1978), citato in P. G. SHIELS - A.J. KIND - K.H.S. CAMPBELL - D.<br />
WADDINGTON - I. WILMUT - A. COLMAN - A. SCHNIEKE, Analysis of telomere lenghts in cloned<br />
sheep; H.J. COOKE - B.A. SMITH, Variability at the telomeres of the human X/Y pseudoautosomal<br />
region, in Cold Spring Harbor Symposia Quantitative Biology, 51 (1986), 213; R.K. MOYZIS - J.M.<br />
BUCKINGHAM - L.S: CRAM - M. DANI - L.L. DEAVEN - M.D.JONES - J. MEYNE - R.L. RATLIFF - J.R.<br />
WU, A highly conserved repetitive DNA sequence, (TTAGGG)n, present at the telomeres of human<br />
chromosomes, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United Sciences , 85 (1988),<br />
6622; C.D. HARLEY - J.W. SHAY - S. LICHTSTEINER - W.E. WRIGHT, Extension of life span by<br />
introduction of telomerase into normal human cells, in Science, 279 (1998), 349.<br />
53 A.G. BODNAR - M. QUELLETTE - M., FROLKIS - S.E. HOLT - C.P. CHIU - G.B. MORIN – C.B.<br />
HARLEY – J.W. SHAY – S. LICHTSTEINER – W.E. WRIGHT, Extension of life span by introduction<br />
of telomerase into normal human cells, in Science, 279 (1998), 349<br />
54 C. STRHAL - E.H. BLACKBURN, Effect of reverse transcriptase inhibitors on telomere length and<br />
telomerase activity in two immortalized human cell lines, in Molecular Cell Biology, 16 (1996), 53<br />
55 M.A. BLASCO - W.L. LEE - M.P. HANDE - E. SAMPER - P.M. LANSDORP - A.D. RONALD -<br />
C.W.GREIDER, Telomere shortening and tumor formation by mouse cells lacking telomerase RNA, in<br />
Cell, 91 (1997), 25.<br />
56 Knock Out (KO): consiste nella sostituzione del gene “selvatico” (gene transplacement) con un suo<br />
derivato reso “inattivo” o “nullo” mediante una sequenza che ne compromette la funzione.<br />
57 WILMUT - E. SCHNIEKE - J. MCWHIR - A.J. KIND - K.H.S. CAMPBELL, Viable offspring derived<br />
from foetal and adult mammalian cells, in Nature, 385 (1997), 810; A.E. SCHNIEKE - A.J. KIND -<br />
K.RITCHIE, MYCOCK - A.R. SCOTT - M. RITCHIE - I. WILMUT - A.COLMAN - K.H.S. CAMPBELL,<br />
22
tessuto muscolare fetale, dell’epitelio fetale, neonatale e adulto 58 , dell’ovidutto e del<br />
cumulo ooforo 59 , della ghiandola mammaria 60 e il linfocito 61 , anche se alcuni tipi<br />
cellulari si sono rivelati più riprogrammabili di altri. La cellula meno differenziata<br />
sarebbe un “donatore” migliore rispetto a quella altamente specializzata; questo<br />
potrebbe spiegare l’insuccesso di Wakayama e altri 62 , con l’uso del neurone e della<br />
cellula del Sertoli. Anche quest’ultima ricerca pone molti interrogativi che stimolano la<br />
ricerca di base a studiare i meccanismi molecolari che presiedono allo sviluppo<br />
embrionale. Esso, infatti, dimostra che alcune cellule adulte possono essere clonate<br />
mentre altre no. È questo un problema biologico o tecnico? Se è biologico, cosa rende<br />
alcuni tipi cellulari riprogrammabili e altri no entro il tipo genetico e fra i tipi genetici?<br />
Informazioni utili potranno derivare dalla caratterizzazione dei geni espressi in maniera<br />
“stadio-specifica” durante lo sviluppo 63 ; i risultati di tali studi potrebbero essere<br />
utilizzati per conoscere se lo stesso set di geni è “spento” o “acceso” indipendentemente<br />
dal tipo genetico “donatore” e/o “ricevente”. In più, ogni “clone” rappresenta<br />
un’individualità biologica?<br />
Certamente una risposta sperimentale a questa domanda potrebbe consentire di<br />
affermare che alcuni geni debbono essere o “accesi” o “spenti” affinché il TN possa<br />
avere successo.<br />
Human factor IX transgenic sheep produced by transfer of nuclei from transfected fetal fibroblasts,<br />
Science, 278 (1997), 2130; J.B. CIBELLI - S.L. STICE - P. GOLUEKE - J.J. KANE - J.JERRY - C.<br />
BLACKWELL - F.A. PONCE DE LEON - J.M. ROBL, Cloned transgenic calves produced from<br />
nonquiescent fetal fibroblasts, in Science, 280 (1998), 1256; D.N. WELLS - P.M. MISICA - W.H.<br />
MCMILLAN - H.R. TERVIT, Production of cloned fetuses following nuclear transfer with cells from a<br />
fetal fibroblast cell line, in Theriogenology, 49 (1998), 330.<br />
58 X. VIGNON - P. CHESNÉ - D. LE BOURHIS - Y. HEYMAN - J.P. RENARD, Developmental potential<br />
of bovine embryos reconstructed with somatic nuclei from cultured skin and muscle fetal cells, in<br />
Theriogenology, 49 (1998), 392 (abstract); X. VIGNON - P. CHESNÉ - D. LE BOURHIS - J.P. FLECHON -<br />
Y. HEYMAN - J.P. RENARD, Developmental potential of bovine embryos reconstructed from enucleated<br />
matured oocytes fused with cultured somatic cells, in Comptes Rendus de L’Academie des Sciences, 321<br />
(1998), 735;<br />
59 Y. KATO - T. TANI - Y. SOTOMARU - K. KUROKAWA - J. KATO - H. DOGUCHI YASUE - Y.<br />
TSUNODA, Eight calves cloned from somatic cells of a single adult, in Science, 282 (1998), 2095; T.<br />
WAKAYAMA - A.C.F. PERRY - M. ZUCCOTTI - K.R. JOHNSON - R. YANAGIMACHI, Full - term<br />
development of mice from enucleated oocytesinjected with cumulus cell nuclei, in Nature, 394 (1998),<br />
369; D.N. WELLS - P.M. MISICA - H.R. TERVIT, Production of cloned calves following nuclear transfer<br />
with cultured adult mural granulosa cells, in Biology of Reproduction, 60 (1999), 996.<br />
60 I. WILMUT - E. SCHNIEKE - J. MCWHIR - A.J. KIND - K.H.S. CAMPBELL, Viable offspring<br />
derived from foetal and adult mammalian cells, in Nature, 385 (1997), 810.<br />
61 C. GALLI – R. DUCHI – R.M. MOOR – G. LAZZARI, Mammalian leukocytes contain all the<br />
genetic information necessary for the development of a new individual, in Cloning, 1 (1999), 3, 161<br />
62 T. WAKAYAMA - A.C.F. PERRY - M. ZUCCOTTI - K.R. JOHNSON - R. YANAGIMACHI, Full-term<br />
development of mice from enucleated oocytesinjected with cumulus cell nuclei, in Nature, 394 (1998),<br />
369.<br />
63 J.L. ROTHSTEIN - D. JOHNSON - J.A. DE LOIA - J.E. SKOWRONSKI - D.E. SOLTER - B.<br />
KNOWLES, Gene expression during preimplantion mouse development, in Genes & Developmment, 6,<br />
(1992), 1190; B. OH - S.Y. HWANG - D. SOLTER - B.B. KNOWLETZ, Splindlin a major maternal<br />
transcript expressed in the mouse during the transition from oocyte to embryo, in Development, 124<br />
(1997), 493.<br />
23
Solo la disponibilità di una congrua consistenza di popolazioni di cloni potrà<br />
permettere di studiare e di individuare le eventuali differenze (e loro natura) fra i<br />
soggetti entro una popolazione di cloni e tra le popolazioni di cloni.<br />
In che misura il genoma svolge un ruolo di programma e/o di “archivio<br />
d’informazioni”? Pertanto, il genoma svolge solo un ruolo di “interprete” del<br />
programma o anche di “operatore”? Come queste due funzioni vengono armonizzate?<br />
Quale ruolo può giocare l’apoptosi 64 o morte programmata di una cellula?<br />
Tante altre domande potrebbero ancora essere poste , ma credo che la risposta<br />
univoca è la necessità e l’utilità di ricercare, specialmente per migliorare lo stato di<br />
benessere dell’uomo.<br />
Infine, è da valutare sul piano biologico l’effetto di un incontrollato uso della<br />
clonazione, specialmente nei confronti dei rischi sanitari e della biodiversità.<br />
2.3. Applicazioni in zootecnia<br />
La clonazione ha suscitato nel mondo scientifico e operativo notevole interesse in<br />
quanto potrebbe costituire una strategia per raggiungere con maggiore velocità<br />
determinati obiettivi genetici e operativi da parte delle imprese zootecniche.<br />
La biotecnica innovativa del trasferimento nucleare viene, attualmente, impiegata in<br />
programmi di miglioramento genetico nelle maggiori specie di interesse zootecnico<br />
(bovini, ovini, caprini ecc.); attualmente buoni risultati sono stati ottenuti operando su<br />
bovini e ovini. Nella tabella II sono riportati alcuni risultati della clonazione nei bovini.<br />
La produzione di animali identici di elevato valore genetico porterebbe a un<br />
progresso genetico maggiore rispetto a quello ottenibile, ad esempio, con la sola<br />
inseminazione strumentale, come può rilevarsi dallo schema seguente riguardante i<br />
bovini da latte:<br />
biotecnica progresso genetico<br />
solo inseminazione strumentale (IS) 100<br />
IS + predeterminazione del sesso (PS) 115<br />
IS + trasferimento embrionale (TE) 134<br />
IS + PS + TE 149<br />
IS + trasferimento nucleare (TN) 159<br />
IS + PS + TN 174<br />
I risultati ottenibili porterebbero a innovazioni di processo e di prodotto per il<br />
miglioramento quali-quantitativo delle produzioni animali, contribuendo a fornire alle<br />
64 È noto che l’apoptosi ha una duplice funzione: (a) fisiologica: mantenere l’omeostasi tissutale<br />
attraverso un continuo bilanciamento tra la proliferazione e la morte cellulare al fine di mantenere<br />
costante il numero di cellule minime di ciascun tessuto, impedendo, in questo modo, fenomeni neoplastici<br />
e conseguenti proliferazioni incontrollate; (b) difensiva: più che una funzione vera e propria, si tratta di un<br />
meccanismo di azione che scatta ogni qualvolta si verifica un danno irreversibile al DNA cellulare<br />
(nucleare); in tal modo la cellula danneggiata si autodistrugge per evitare la proliferazione di se stessa e<br />
quindi del danno (o di anomalie) che potrebbe avere effetti destabilizzanti sul genoma.<br />
24
imprese zootecniche interessanti strumenti operativi capaci di aumentare il loro grado di<br />
competitività 65 .<br />
Altre considerazioni, quali una previsione meno errata dei costi di produzione e dei<br />
controlli delle prestazioni riproduttive e produttive, dovute alla dottrinale uniformità<br />
genetica degli individui clonati entro la linea di produzione, potrebbero costituire un<br />
ulteriore incentivo a investire fondi per ottimizzare questa biotecnica innovativa.<br />
L’impiego del TN, come biotecnica per la salvaguardia e la moltiplicazione dei tipi<br />
genetici in via di estinzione o di popolazioni a limitata diffusione, risulta estremamente<br />
importante, se non irrinunciabile 66 . Non sembri un controsenso, ma la variabilità<br />
genetica può essere salvaguardata avendo a disposizione diverse linee clonate.<br />
Probabilmente, sarà, almeno per diversi anni, la strategia da sviluppare e da<br />
impiegare per l’utilizzazione del potenziale produttivo delle risorse genetiche autoctone<br />
animali ai fini, anche, dell’ottenimento di alimenti per l’uomo in grado di contribuire,<br />
non secondariamente, alla soluzione della complessa problematica delle controversie<br />
nutrizionali; problematica che sarà sempre più attuale con la variazione in atto e futura<br />
della struttura demografica umana.<br />
La disponibilità di cloni geneticamente identici permetterà di studiare gli effetti di<br />
una vasta gamma di fattori ambientali sulle prestazioni riproduttive e produttive degli<br />
animali in produzione zootecnica e, quindi, di suggerire agli imprenditori zootecnici<br />
soluzioni ottimali in relazione a differenti microambienti di allevamento.<br />
Grandi vantaggi operativi potrebbero derivare dall’impiego di cellule somatiche;<br />
infatti, se la ricerca dovesse evidenziare l’assenza di effetti negativi sulla durata della<br />
vita riproduttiva e produttiva di cloni nati da cellule somatiche di soggetti dalle<br />
prestazioni note, sarà possibile incrementare la replicazione dei soggetti più produttivi.<br />
Lo stesso dicasi nel caso si voglia aumentare la numerosità di soggetti con particolari<br />
attitudini comportamentali frutto di combinazioni geniche difficilmente ripetibili con<br />
l’uso di altre tecniche riproduttive.<br />
101.<br />
65 D. MATASSINO, Biotecnologie: applicazioni e prospettive, in L’Italia agricola, 128 (1989), 3,<br />
66 Per un approfondimento relativo alla salvaguardia dei tipi genetici autoctoni in via di estinzione si<br />
rimanda a: D. MATASSINO, Il ruolo del germoplasma autoctono nell’ecosistema culturale, Conv.<br />
“Progetto ambiente 1992”, (Colle Sannita [Benevento], 14-15 febbraio 1992), in Impariamo dalla<br />
natura, L’Allevatore, 48 (1992), 17, 18; D. MATASSINO - M. PALAZZO - A. CAPPUCCIO,<br />
Micromanipolazione degli embrioni, in Atti Tavola Rotonda su “Biotecnologie avanzate e produzione<br />
animale”, (Reggio Emilia, 1 giugno 1993), ASPA, 1993, 19. D. MATASSINO, Quel bene culturale a<br />
salvaguardia del territorio, Conv. “Agricoltura, agriturismo e viabilità per il decollo di Tammaro e<br />
Fortore”, (Colle Sannita [Benevento], 11-12 maggio 1996) in L’Allevatore, 52 (1996), 27, 10; ID.,<br />
L’animale autoctono quale bene culturale, Atti Conv. “Ruolo del germoplasma animale autoctono nella<br />
salvaguardia del territorio”, (Bari, 17 settembre 1996), in Terra Pugliese, 45 (1996), 11-12, 3, in<br />
L’Allevatore, 53 (1997), (10), inserto; ID., Biodiversità e allevamento animale, Atti Conv. “Zootecnia e<br />
Parchi-Produzione di qualità e tutela dell’ambiente”, (Massa, 11-12 ottobre 1996), in Zootecnica e<br />
Nutrizione Animale, 23 (1997), supplemento, 13; ID., La zootecnia in un parco, Atti Conv. “Il parco come<br />
punto d’incontro di problematiche socio-economiche di un territorio, con particolare riferimento alla<br />
zootecnia”, (Tignale [BS], 6 giugno 1997), 9; ID., La biodiversità base insostituibile per una produzione<br />
animale a misura d’uomo, in Atti 3. Conv. Naz. “Biodiversità - Tecnologie - Qualità”, (Reggio Calabria,<br />
16-17 giugno 1997), 29; D.N. WELLS - P.M. MISICA - J.T. FORSYTH - M.C. BERG - J.M. LANGE - H.R.<br />
TERVIT - W.H. VIVANICO, The use of adult somatic cell nuclear transfer to preserve the last surviving<br />
cow of Enderby Island cattle breed, in Theriogenology, 51 (1999), 217.<br />
25
Secondo Smith 67 , nei bovini da carne sarebbe importante selezionare 2 tipi di cloni:<br />
(a) i cosiddetti cloni terminali, che vanno scelti e selezionati per le<br />
caratteristiche produttive, come tasso di accrescimento, vitalità, efficienza della<br />
conversione alimentare, composizione e qualità della carcassa; gli embrioni prodotti da<br />
questi cloni costituiranno la generazione futura per la produzione di animali da destinare<br />
alla macellazione<br />
(b) cloni materni, utilizzati come riceventi per i cloni terminali; essi vanno<br />
selezionati in base alle caratteristiche riproduttive (età alla pubertà, fertilità, facilità di<br />
parto, produzione di latte, longevità, propensione ai parti gemellari); tali cloni saranno<br />
utilizzati come animali da carne soltanto alla fine della carriera riproduttiva.<br />
La clonazione è la sola via che consentirà di utilizzare in un programma di selezione<br />
geni a comportamento non additivo. La clonazione, infatti, è tanto più efficiente rispetto<br />
alle tecniche tradizionali di miglioramento genetico quanto più il comportamento dei<br />
geni è di dominanza o epistatico; rientrano in tale categoria la fertilità e i caratteri a essa<br />
collegati.<br />
Nella specie ovina, date le difficoltà di utilizzazione dell’IS come mezzo di<br />
diffusione di materiale genetico di alto valore, la clonazione di riproduttori maschi<br />
sarebbe certamente una strategia vantaggiosa per rendere più efficienti i programmi di<br />
miglioramento genetico.<br />
Nella scelta del fondatore di un gruppo di cloni è necessario considerare l’animale<br />
nella sua globalità: infatti, l’animale non solo deve essere per il carattere scelto alcune<br />
deviazioni standard superiori alla media della popolazione, ma deve essere eccezionale<br />
anche per altre caratteristiche fondamentali (produzione di proteine, morfologia e<br />
caratteri legati alla riproduzione).<br />
I recenti successi ottenuti dall’impiego di cellule del cumulo ooforo e dell’ovidutto 68<br />
permettono di individuare in tali tipi cellulari un valido strumento per la produzione di<br />
femmine; in particolare, le cellule della granulosa possono essere ottenute facilmente<br />
senza danneggiare l’animale usando le tecniche standard di ovum pick up 69 .<br />
La clonazione con l’uso di una cellula somatica, come metodo riproduttivo routinale,<br />
richiederà indubbiamente la soluzione di tutta una serie di problemi come in parte<br />
evidenziato nel capitolo 3.2.3.1. e la conoscenza dei meccanismi genetici ed epigenetici<br />
che presiedono alla morfogenesi; in più, non si può affermare che biologicamente una<br />
cellula somatica “donatrice” possegga un genoma perfettamente identico a quello del<br />
soggetto di appartenenza.<br />
Un altro effetto da considerare è quello legato all’interazione tra i due citoplasmi:<br />
“donatore” e “ricevente”.<br />
67 C. SMITH, Cloning and genetic improvement of beef cattle, in Animal Production, 49 (1989), 49.<br />
68 Y. KATO - T. TANI - Y. SOTOMARU - K. KUROKAWA - J. KATO - H. DOGUCHI YASUE - Y.<br />
TSUNODA, Eight calves cloned from somatic cells of a single adult, in Science, 282 (1998), 2095; T.<br />
WAKAYAMA - A.C.F. PERRY - M. ZUCCOTTI - K.R. JOHNSON - R. YANAGIMACHI, Full-term<br />
development of mice from enucleated oocytesinjected with cumulus cell nuclei, in Nature, 394 (1998),<br />
369.<br />
69 M.C. PIETERSE - K.A. KAPPEN - THAM. KRUIP - MAN. TAVERNE, Aspiration of bovine oocytes<br />
during transvaginal ultrasound scanning of the ovaries, in Theriogenology, 30 (1988), 751.<br />
26
In definitiva, la clonazione può essere considerata una biotecnica innovativa da<br />
valutare positivamente nelle produzioni animali, purché essa costituisca uno strumento<br />
da utilizzare e da gestire correttamente per raggiungere chiari obiettivi utili per un<br />
futuro sempre più a misura d’uomo.<br />
2.3. Alcune limitazioni. Nel settore zootecnico, la tecnica riproduttiva della<br />
clonazione mediante TN avrà delle applicazioni limitate fino a quando essa è associata,<br />
sostanzialmente, ad alti costi e a una certa probabilità di ottenere soggetti portatori di<br />
anomalie fenotipiche.<br />
Alti costi. La quasi totalità dei vitelli “cloni”, finora prodotti, si deve a compagnie<br />
private. A causa dell’elevata richiesta di risorse finanziarie, questa biotecnica, non si è<br />
molto sviluppata negli Istituti di ricerca pubblici.<br />
Una situazione molto favorevole allo sviluppo della clonazione, quale tecnica<br />
routinale in produzione animale, si è avuta in questi ultimi anni in Giappone dove, nel<br />
tentativo di proteggere l’industria locale dalla competizione con gli Stati Uniti e con<br />
altri paesi, il Ministero dell’Agricoltura ha organizzato programmi per istruire i<br />
ricercatori dei principali centri di ricerca sull’uso di questa biotecnica innovativa.<br />
Inoltre, esistendo in Giappone un mercato caratterizzato da elevati prezzi di vendita<br />
della carne di “alta qualità”, è possibile sostenere anche alti costi per clonare un bovino<br />
da carne. Grazie a tale politica, stanno proliferando gruppi di ricerca 70 che, attraverso<br />
uno screening sistematico di cellule somatiche “donatrici” provenienti da vari tipi di<br />
tessuto (derma dell’orecchio, ovidutto, cumulo ooforo, muscolo, ecc.) di bovino, stanno<br />
intensificando le ricerche sulla produzione di cloni mediante il TN. Nonostante la<br />
ridondanza di ricerche e indipendentemente dall’efficienza nella produzione di cloni,<br />
tali esperimenti potrebbero aiutare a comprendere il meccanismo attraverso il quale le<br />
cellule sono riprogrammate per iniziare un nuovo processo di sviluppo. A tutt’oggi, ciò<br />
che accade nella “riprogrammazione cellulare” costituisce ancora un mistero.<br />
Anomalie fenotipiche. Le procedure di clonazione mediante TN non sono, a oggi,<br />
molto efficienti tabella II.<br />
Nel bovino, possiamo dire che il tallone di Achille è rappresentato dalla produzione,<br />
con una certa incidenza, di vitelli con anomalie fenotipiche e con un’alta percentuale di<br />
mortalità neonatale. Wilmut e Sales 71 e Garret e altri 72 riferiscono sui fattori che<br />
influenzano la prima fase di accrescimento uterino negli ovini e nei bovini. Walker e<br />
altri 73 descrivono i fattori che influenzano la durata della gestazione e il peso alla nascita<br />
degli agnelli.<br />
70 Y. KATO - T. TANI - Y. SOTOMARU - K. KUROKAWA - J. KATO - H. DOGUCHI YASUE - Y.<br />
TSUNODA, Eight calves cloned from somatic cells of a single adult, in Science, 282 (1998), 2095;<br />
IRITANI, (1998) comunicazione personale<br />
71 I. WILMUT - D.I. SALES, Effect of asynchronous environment on embryonic development in sheep,<br />
in Journal of Reproduction and Fertility, 61 (1981), 179.<br />
72 J.E. GARRET - R.D. GEISERT - M.T. ZAVY - G.L. MORGAN, Evidence for maternal regulation of<br />
early conceptus growth and development in beef cattle, in Journal of Reproduction and Fertility, 84<br />
(1988), 437.<br />
73 S.K.WALKER - T.M. HEARD - R.F. SEAMARK, In vitro culture of sheep embryos without coculture:<br />
success and perspectives, in Theriogenology, 37 (1992), 111; S.K. WALKER - T.M. HEARD -<br />
27
A eccezione di Willadsen e altri 74 che riferiscono su alcuni valori inerenti alla durata<br />
della gestazione, alla modalità del parto, al peso alla nascita e alle malformazioni fetali e<br />
neonatali in vitelli nati da TN, il primo studio comparativo fra biotecniche riproduttive<br />
innovative [TN e trasferimento embrionale (TE)] e convenzionali si deve a Wilson e<br />
altri 75 . Per il TN, questi ultimi Autori impiegano come “donatore” il blastomero. Da<br />
quest’ultima ricerca, condotta per il 70% sui tipi genetici Angus, Brangus e Simbrali, è<br />
emerso quanto riportato nelle tabelle III, IV, V e VI e nei grafici I e II.<br />
Sinteticamente, da queste tabelle e da questi grafici si rileva:<br />
(a) Nascita: entro il sesso, la biotecnica influenza significativamente il peso:<br />
(i) il vitello nato da clonazione pesa mediamente in più di quello nato da<br />
TE: 24% se maschio e 28% se femmina e di quello nato da (IS+IN): 35% se<br />
maschio e 37% se femmina<br />
(ii) il vitello nato da TE pesa mediamente in più di quello nato da IS-IN:<br />
8% se maschio e 7% se femmina;<br />
(b) 205 d di età: entro il sesso, la biotecnica influenza significativamente il peso:<br />
il soggetto “clone” pesa mediamente in più di quello nato da IS+IN: 3% se maschio e<br />
4% se femmina<br />
(c) 1 anno di età: entro il sesso, la biotecnica influenza significativamente il<br />
peso: il soggetto “clone” pesa mediamente in più di quello nato da TE: 4% se maschio e<br />
20% se femmina, e da quello nato da IS+IN: 4% se maschio e 22% se femmina,<br />
(d) fratellastri paterni:<br />
(i) nascita: entro il sesso, la biotecnica influenza significativamente il<br />
peso:<br />
- il vitello nato da clonazione pesa mediamente in più di quello<br />
nato da TE: 22% se maschio e 35% se femmina<br />
- il vitello nato da TE pesa mediamente in più di quello nato da<br />
IS+IN: 6% se maschio e 29% se femmina<br />
(ii) 205 giorni: entro il sesso, la biotecnica non influenza<br />
significativamente il peso<br />
(iii) 1 anno di età: entro il sesso, la biotecnica influenza<br />
significativamente il peso: il vitello nato da TN differisce (+12%) da quello nato<br />
da TE solo se femmina:<br />
(e) fratelli:<br />
(i) nascita: entro il sesso, la biotecnica influenza significativamente il<br />
peso: il vitello “clone” è più pesante di quello nato da TE: +22% se maschio e<br />
+25% se femmina<br />
T.M. BEE - A.B. FRENSHAM - D.M. WARNEST - R.F. SEAMARK, Culture of embryos of farm animals,<br />
in A. LAURIA - F. GANDOLFI, Embryonic Development and Manipulation in Animal Reproduction.<br />
Portaland Press, London, 1992, 77.<br />
74 S.M. WILLADSEN - R.E. JANZEN - R.J. MCALISTER - B.F. SHEA - G. HAMILTON - D.<br />
MCDERMAND, The viability of late morulae and blastocysts produced by nuclear transplantation in<br />
cattle, in Theriogenology, 35 (1991), 1, 161.<br />
75 J.M. WILSON - J.D. WILLIAMS - K.R. BONDIOLI - C.R., LOONEY - M.E. WESTHUSIN - D.F.<br />
MCCALLA, Comparison of birth weight and growth characteristics of bovine calves produced by nuclear<br />
transfer (cloning), embryo transfer and natural mating, in Animal Reproduction Science, 38 (1995), 73.<br />
28
(ii) a 205 giorni: entro il sesso, la biotecnica influenza significativamente<br />
il peso: il vitello “clone” è più pesante (8%) di quello nato da TE solo se<br />
maschio<br />
(iii) a 1 anno di età: entro il sesso, la biotecnica non influenza<br />
significativamente il peso<br />
(f) i vitelli nati da TN evidenziano una maggiore variabilità rispetto a quelli nati<br />
da IS+IN, siano essi maschio o femmina.<br />
In conclusione, Wilson e altri 76 evidenziano:<br />
(a) il maggior peso alla nascita del vitello (maschio o femmina) nato da TN<br />
rispetto a quello ottenuto da TE o da IS+IN si ha anche dopo che i pesi sono corretti o<br />
per il solo padre o per il padre e la madre<br />
(b) la variabilità del peso alla nascita dei vitelli fratelli nati da TE risulta quasi<br />
doppia di quella dei corrispettivi fratelli nati da IS + IN; lo stesso dicasi per il confronto<br />
fra i nati da TN e quelli da TE, per cui i TN evidenziano una variabilità quadrupla<br />
rispetto ai nati da IS+N; tutto ciò evidenzierebbe anche un effetto della “ricevente”<br />
(c) il tipo genetico della ricevente non influenza significativamente il peso alla<br />
nascita dei vitelli “cloni”<br />
(d) il peso alla nascita del vitello “clone” è indipendente dal genotipo sia del<br />
donatore dell’oocita che di quello del blastomero e l’interazione fra questi due genotipi<br />
non è statisticamente importante<br />
(e) i fratelli TN rispetto ai corrispettivi fratelli TE, per quanto concerne<br />
l’accrescimento intrauterino, crescono di più per un eventuale ipotetico effetto della<br />
tecnica di clonazione, non essendo possibile – a oggi – individuare altre motivazioni.<br />
A interpretazione del punto precedente, si ricorda che Garret e altri 77 riferiscono che<br />
l’accrescimento intrauterino può essere accelerato dai trattamenti ormonali cui vengono<br />
sottoposte le “riceventi”.<br />
Sembra che la mole del vitello non sia il problema primario. Westusin e altri 78 ,<br />
avendo rilevato il tipo di parto e le caratteristiche neonatali di più di 70 vitelli ottenuti<br />
mediante TN, riferiscono che molti di questi vitelli tendono ad avere, alla nascita,<br />
ipossia, ipoglicemia, tendenza all’ipotermia e alta concentrazione ematica di insulina.<br />
Molto interessante, è l’osservazione che se questi vitelli ricevono: un appropriato<br />
supporto terapeutico, un ambiente caldo, una flebo glucosata e una buona<br />
ossigenazione, nel giro di 2-3 giorni raggiungono uno stato fisiologico “normale”. Non<br />
vi sono correlazioni tra il peso alla nascita e la serietà delle disfunzioni neonatali.<br />
76 Ibidem.<br />
77 J.E. GARRET - R.D. GEISERT - M.T. ZAVY - G.L. MORGAN, Evidence for maternal regulation of<br />
early conceptus growth and development in beef cattle, in Journal of Reproduction and Fertility, 84<br />
(1988), 437.<br />
78 M.E. WESTUSIN – M.J. LEVANDUSKI – R. D. BONDIOLI – Viable embryos and normal calves<br />
after nuclear transfer into Hoechst stained enucleated demi-oocytes of cow, in Journal of Reproduction<br />
and Fertility, 95 (1992), 475<br />
29
Anche altri studi 79 sulla clonazione bovina, mediante trasferimento di blastomeri,<br />
evidenziano problemi simili.<br />
È da notare, inoltre, che i suddetti problemi alla nascita, che interessano i nati da<br />
cloni, si hanno anche per soggetti nati da embrioni ottenuti in vitro 80 .<br />
Il basso tasso di sopravvivenza dei nati potrebbe in parte essere legato a una<br />
componente epigenetica dovuta alla clonazione e alle procedure a essa correlate, come a<br />
esempio le condizioni di coltura (carenze o eccessi nel mezzo di coltura), responsabili di<br />
una inadeguata attivazione del genoma embrionale.<br />
Holliday 81 , infatti, riferisce che la cellula somatica esibisce cambiamenti dell’attività<br />
genica in seguito a variazioni del pattern di metilazione del DNA indotte dalla coltura in<br />
vitro; tali cambiamenti provocano errori nell’attivazione o nella disattivazione di geni<br />
specifici con concomitanti variazioni dell’attività trascrizionale e dei prodotti genici,<br />
quindi del fenotipo. Sono stati isolati in vitro mutanti con difetti di metilazione del<br />
DNA. A esempio, il gene per la solfatasi steroidea, normalmente attivo, localizzato nella<br />
regione pseudo-autosomica del cromosoma X, può diventare inattivo in coltura e viene<br />
successivamente riattivato dal trattamento con 5-azacitidina, che è un inibitore della<br />
metilazione del DNA 82 .<br />
Sono anche noti esempi di geni attivi, introdotti mediante transfezione, che,<br />
successivamente, diventano inattivi durante i passaggi di routine in laboratorio,<br />
probabilmente quale risultato della metilazione de novo 83 .<br />
In questo contesto il fenomeno epigenetico dell’imprinting genomico merita studi<br />
approfonditi. Dei geni “imprintati”, finora identificati, diversi sono implicati nello<br />
79 F.B. GARRY - R. ADAMS - J.P. MC CANN - K.G. ODDE (1996), citato da Y. KATO - T. TANI - Y.<br />
SOTOMARU - K. KUROKAWA - J. KATO - H. DOGUCHI YASUE - Y. TSUNODA, Eight calves cloned<br />
from somatic cells of a single adult, in Science, 282 (1998), 2095.<br />
80 S.K.WALKER - T.M. HEARD - R.F. SEAMARK, In vitro culture of sheep embryos without coculture:<br />
success and perspectives, in Theriogenology, 37 (1992), 111; S.K. WALKER - T.M. HEARD -<br />
T.M. BEE - A.B. FRENSHAM - D.M. WARNEST - R.F. SEAMARK, Culture of embryos of farm animals,<br />
in A. LAURIA E F. GANDOLFI, Embryonic Development and Manipulation in Animal Reproduction.<br />
Portaland Press, London, 1992, 77; E. BEHBOODI - G.B. ANDERSON - R.H. BON DURRANT - S.L.<br />
CARGILL - B.R. KREUSCHER - J.F. MEDRANO - J.D.MURRAY, Birth of large calves that developed<br />
from in vitro-derived bovine embryos, in Theriogenology, 44 (1995), 227; P.F. FARIN - C.E. FARIN,<br />
Transfer of bovine embryos produced in vivo or in vitro: survival and fetal development, in Biology of<br />
Reproduction, 52 (1995), 676; S.K. WALKER - K.M. HARTWITCH - R.F. SEAMARK, The production of<br />
unusually large offspring following embryo manipulation: concepts and challenges, in Theriogenology,<br />
45 (1996), 111.<br />
81 R. HOLLIDAY, DNA methylation levels of maternal and paternal genomes during preimplantation<br />
development, in Philosofical Transactions of the Royal Society of London – Series B - Biological<br />
Sciences, B326 (1990), 329.<br />
82 D.F. SCHORDERET - E.A.KEITGES - P.M. DUBOIS - S.M. GARTLER, Inactivation and reactivation<br />
of sex-linked steroid sulphatase gene murine cell culture, in Somatic Cell and Molecular Genetics, 14<br />
(1988), 113.<br />
83 M.M. GEBARA - C. DREVON - S.A. HARCOURT - H. STEINGRIMSDOTTIRM - R. JAMES - J.F.<br />
BURKE - C.F., ARLETT - A.R. LEHMANN, Inactivation of a transfected gene in human fibroblasts can<br />
occur by deletion, amplification, phenotypic switching or methylation, in Molecular Cell Biology, 7<br />
(1997), 1459; D.F. SCHORDERET - E.A.KEITGES - P.M. DUBOIS - S.M. GARTLER, Inactivation and<br />
reactivation of sex-linked steroid sulphatase gene murine cell culture, in Somatic Cell and Molecular<br />
Genetics, 14 (1988), 113.<br />
30
sviluppo embrionale e fetale. Essi includono: il gene per il “fattore di crescita 2<br />
insulino-simile” (IGF2, insulin-like growth factor II) e quello per il suo recettore<br />
(IGF2r, insulin-like growth factor II receptor). Nel topo, come conseguenza<br />
dell’imprinting, il gene IGF2 si esprime solo se è ereditato dal padre, mentre il gene<br />
IGF2r si esprime solo se è ereditato dalla madre; pertanto, il cromosoma paterno è<br />
portatore del fattore di crescita 84 , mentre quello materno è portatore del gene che<br />
codifica per il recettore 85 . Il basso successo della clonazione potrebbe essere dovuto a<br />
una perdita casuale dell’imprinting “corretto” durante la “riprogrammazione”.<br />
Attraverso il TN da cellule somatiche è possibile dedurre se l’imprinting è cancellato<br />
o è conservato. Nella cellula somatica adulta del mammifero uno dei due cromosomi X<br />
è ordinariamente inattivo, mentre nell’embrione (stadio di pre-impianto) entrambi i<br />
cromosomi sono funzionalmente attivi. Pertanto, è possibile sia ottenere molte<br />
informazioni sul meccanismo di inattivazione del cromosoma X monitorando ciò che<br />
accade dopo il TN sia trasferire tali conoscenze anche agli altri geni.<br />
Anche i fattori citoplasmatici e il modo in cui essi interagiscono con il nucleo sono<br />
essenziali per lo sviluppo embrionale. Perturbazioni di questo ambiente extragenico<br />
possono causare anomalie dello sviluppo e della metilazione di alcuni geni 86 .<br />
L’incidenza di neonati molto grandi può essere marcatamente ridotta utilizzando<br />
l’albumina sierica bovina (BSA, bovine serum albumin) per la coltura degli embrioni<br />
bovini 87 .<br />
L’elevata percentuale di impianto e la bassa percentuale di feti ottenuti e di sviluppo<br />
a termine registrati nel TN indicano che diversi fattori morfogenetici possono essere<br />
coinvolti nello sviluppo post-impianto degli embrioni/feti.<br />
a) Epigenesi. Essa studia i cambiamenti temporanei o permanenti dell’attività dei<br />
geni che si verificano durante lo sviluppo dell’individuo a partire dalla zigote. Il<br />
termine “epigenetica” è stato introdotto per la prima volta da Waddington nel 1953.<br />
La teoria epigenetica risale al 18. secolo; essa è stata proposta da Wolff, in antitesi a<br />
quella preformista, per spiegare come la minuscola quantità di materiale contenuto in<br />
uno zigote possa dirigere la trasformazione di questa singola cellula iniziale in un essere<br />
84 T.M. DE CHIARA - E.J. ROBERTSON - A. EFSTRATIADIS, Parental imprinting of the mouse<br />
insulin-like growth factor 2 gene, in Cell, 64 (1991), 849.<br />
85 D.P. BARLOW - R. STOGER - B.G. HERMANN - K. SAITO - N.SCHWEIFER, The mouse insulin-like<br />
growth factor type 2 receptor is imprinted and closely linked to the TME locus, in Nature, 349, (1991),<br />
84.<br />
86 C. BABINET - V. RICHOUX - J.L.GUENET - J.P. RENARD, The DDK inbred strain as a model for<br />
the study of interactions betweeen parental genomes and egg cytoplasm in mouse preimplantation<br />
development, in Development, (suppl.), 81 (1990); L.R. CHEN - M.C. WU, M.C. - Y.L. SHIUE, The<br />
cytoplasmatic effect of enucleated Landrance ooocytes on the expression of small-ear nucleus in nuclear<br />
transplanted pigs, in Proceedings of 12th International Congress on Animal Reproduction, 3, (1992),<br />
375 (abstr.); W. REIK - I. ROMER - S.C. BARTON - M.A. SURANI - S.K. HOWLETT - J. KLOSE,<br />
Adult phenotype in the mouse can be affected by epigenetic events in the early embryo, in Development,<br />
119 (1993), 933.<br />
87 J.G. THOMSON - D.K. GARDNER - P.A. PUGH - W.H. MCMILLAN - H.R. TERVIT, Lamb birth<br />
weight following transfer is affected by the culture system used for preelongation development of<br />
embryos, in Journal of Reproduction and Fertility, Series N.13, (1994), 25.<br />
31
vivente complesso come l’uomo. Secondo la teoria epigenetica, a differenza dell’ipotesi<br />
preformista secondo la quale l’adulto si trovava già preformato (homunculus) nello<br />
spermatozoo (secondo gli spermatisti) o nella cellula uovo (secondo gli ovisti), la<br />
cellula sessuale non contiene assolutamente alcunché che assomigli all’organismo che si<br />
svilupperà da essa.<br />
Il fenotipo delle cellule eucariotiche è determinato dalla combinazione di due tipi di<br />
informazione: quella genetica, rappresentata dalla sequenza di basi del DNA e quella<br />
epigenetica, che comprende tutte le modificazioni che subisce il DNA durante lo<br />
sviluppo dell’individuo a partire dallo zigote.<br />
Si ritiene che i cambiamenti epigenetici siano dovuti a interazioni specifiche tra DNA<br />
e proteine.<br />
In particolare, l’attenzione è stata focalizzata sulla metilazione del DNA quale<br />
meccanismo epigenetico fondamentale di controllo dell’attività genica.<br />
La metilazione del DNA avviene per trasferimento del gruppo metilico della Sadenosilmetionina<br />
al C-5 della citosina, con formazione della 5-metilcitosina. Il sito del<br />
DNA che viene metilato è rappresentato dal dinucleotide CG (cioè da una citosina che<br />
precede immediatamente una guanina nella sequenza).<br />
Si ipotizza che esistano fattori proteici di trascrizione specifici che riconoscono<br />
sequenze metilate e non metilate e interagiscono con l’RNA polimerasi. Poiché i<br />
“doppietti” CG sono molto frequenti nel genoma e da soli non conferirebbero<br />
specificità, si ritiene che siano le sequenze circostanti i dinucleotidi metilati “essenziali”<br />
per il riconoscimento da parte delle proteine.<br />
Affinché i “doppietti” CG metilati possano svolgere un ruolo di regolazione,<br />
considerando la loro elevata presenza sul DNA, si presume che essi siano inclusi in<br />
sequenze di basi più lunghe che verrebbero riconosciute da proteine specifiche.<br />
Il pattern di metilazione può essere ereditato nel corso della divisione cellulare;<br />
quando il DNA retrovirale viene iniettato in embrioni di topo prima dell’impianto , esso<br />
viene integrato nel cromosoma e viene metilato de novo e inattivato 88 (Jahner e altri,<br />
1982). Questa inattivazione persiste nel corso dello sviluppo e viene mantenuta.<br />
Se la metilazione del DNA è essenziale per il normale controllo dell’attività genica<br />
durante lo sviluppo, difetti nella metilazione possono avere gravi conseguenze<br />
fenotipiche sulle cellule somatiche.<br />
Clough e altri 89 , Gasson e altri 90 e Hickey e Jones 91 riferiscono che geni attivati in<br />
linee cellulari permanenti possono di nuovo essere inattivati durante la crescita,<br />
probabilmente attraverso la metilazione de novo. Si parla, pertanto, di “epimutazione”<br />
per indicare una modificazione del normale processo epigenetico del DNA per<br />
distinguerla dalla mutazione classica, che è dovuta a cambiamenti nella sequenza del<br />
88 Jahner e altri (1982). Citato da HOLLIDAY, R. The inheritance of epigenetic defects, in Science,<br />
238 (1987), 163<br />
89 CLOUGH e altri (1982). Citato da HOLLIDAY, R. The inheritance of epigenetic defects, in<br />
Science, 238 (1987), 163<br />
90 GASSON e altri (1983). Citato da HOLLIDAY, R. The inheritance of epigenetic defects, in<br />
Science, 238 (1987), 163<br />
91 WILSON e JONES (1983). Citato da HOLLIDAY, R. The inheritance of epigenetic defects, in<br />
Science, 238 (1987), 163<br />
32
DNA. Inoltre, la mutazione classica, indotta da agenti che danneggiano il DNA, ha una<br />
frequenza relativamente bassa e non è riparabile una volta fissata nel genoma. La<br />
“epimutazione” ha una frequenza elevata e, quando è eterozigote, può essere riparata<br />
mediante eventi di ricombinazione durante la meiosi 92 ; quest’evento potrebbe spiegare<br />
l’affermarsi della riproduzione sessuata a scapito di quella asessuata nel corso<br />
dell’evoluzione.<br />
Wilson e Jones 93 riferiscono sulla continua perdita di metilazione del DNA durante la<br />
crescita di cellule diploidi. La perdita dei gruppi metilici può avvenire attraverso alcuni<br />
meccanismi, tra cui i seguenti:<br />
(a) bassa efficienza delle metilasi di mantenimento<br />
(b) presenza di basi anomale nel DNA emimetilato, prodotte spontaneamente o<br />
da agenti esterni che inibiscono l’azione delle metilasi di mantenimento<br />
(c) danni a livello del DNA seguiti da riparo per escissione, che danno luogo alla<br />
formazione di regioni emimetilate, le quali, se si formano in corrispondenza della<br />
forcella di replicazione o nell’elica che funziona da stampo per la sintesi del DNA,<br />
danno luogo alla produzione di sequenze non metilate<br />
(d) presenza di alcune sostanze, come a esempio l’etionina, che inibiscono la<br />
formazione della 5-adenosilmetionina, che funziona come fonte di gruppi metilici<br />
durante il processo di mutilazione del DNA<br />
Le cellule coltivate in vitro perdono progressivamente la metilazione; se, però, la<br />
coltura cellulare viene resa “stabilizzata”, il grado di metilazione viene conservato nelle<br />
successive generazioni cellulari; in tali linee la perdita è bilanciata dalla metilazione de<br />
novo.<br />
Alcuni eventi biologici, quali: il differenziamento, l’inattivazione del cromosoma X<br />
nella femmina di mammifero, l’imprinting e la riprogrammazione genica delle cellule<br />
germinali prima della fertilizzazione, l’invecchiamento e la cancerogenesi, sono<br />
riconducibili a effetti di fattori epigenetici.<br />
Differenziamento. A favore del coinvolgimento della metilazione del DNA nei<br />
processi di differenziamento vi sono numerose ricerche:<br />
(a) quando geni metilati e non metilati sono stati introdotti in cellule di<br />
mammifero coltivate in vitro, si è osservato che solo i geni non metilati si sono espressi;<br />
ciò può essere ritenuta quale prova della trasmissione generazionale degli schemi di<br />
metilazione del DNA, dato che il DNA estraneo ha conservato il suo stato di<br />
metilazione per molte generazioni<br />
(b) quando un gene metilato è introdotto in una cellula che esprime normalmente<br />
quel gene, il gene inserito viene subito demetilato e attivato; per contro, quando le<br />
versioni metilate dei geni vengono introdotte in cellule non specializzate, rimangono<br />
metilate e inattive; ciò interessa, a esempio:<br />
(i) il gene dell’insulina nelle cellule pancreatiche<br />
92 R. HOLLIDAY, Controlling Events in Meiosis, in C.W. EVANS - H. G. DICKINSON (eds.),<br />
Company of Biologists, Cambridge 1984, U.K., 381.<br />
93 WILSON e JONES (1983). Citato da HOLLIDAY, R. The inheritance of epigenetic defects, in<br />
Science, 238 (1987), 163<br />
33
(ii) il gene della vitellogenina, la cui espressione, indotta da ormoni, è<br />
associata alla demetilazione specifica della regione regolatrice del gene<br />
(iii) il gene per la cristallina (una proteina del cristallino dell’occhio), che<br />
viene demetilato nelle cellule del cristallino prima di essere attivato<br />
(c) l’azacitidina, che blocca la metilazione del DNA, riattiva l’espressione di<br />
geni prima “silenti”; la 5-azacitidina è un prodotto sintetico e chimicamente è un<br />
analogo della citidina: in posizione 5, anziché avere un atomo di carbonio, ha uno di<br />
azoto; essa, pertanto, non può essere metilata; questa base, sotto forma di<br />
desossiribonucleotide, può essere incorporata nel DNA, e il DNA che ne risulta non può<br />
essere metilato; la 5-azacitidina è citotossica, ma a basse concentrazioni (2x 10-6M) può<br />
essere usata; Jones e Taylor (citati da Holliday, 1989) riferiscono che i fibroblasti<br />
(cellule indifferenziate del tessuto connettivo) si possono trasformare in altri tipi<br />
cellulari (mioblasti e quindi in cellule muscolari e adipociti) in seguito al trattamento<br />
con azacitidina; è dimostrato che il differenziamento delle cellule muscolari è associato<br />
con la perdita della metilazione in un particolare gene regolatore; il che dimostra che lo<br />
stato di metilazione dei geni può davvero influire sulle modalità di sviluppo e quindi sul<br />
differenziamento delle cellule.<br />
Inattivazione del cromosoma X nella femmina di mammifero. Tale fenomeno si<br />
verifica in ogni cellula somatica al momento dell’impianto dell’embrione nell’utero;<br />
l’uovo s’impianta nell’utero allo stadio più o meno avanzato di blastocisti, ovvero al 4.-<br />
5. giorno di gravidanza; si sa che, nel topo, almeno fino allo stadio embrionale di 16<br />
cellule, tutti e due i cromosomi X sono ancora attivi; in tale fenomeno è coinvolta la<br />
metilazione del DNA.<br />
L’inattivazione è permanente nel senso che essa persiste nelle successive generazioni<br />
delle cellule.<br />
Il processo di inattivazione è casuale perché in alcune cellule si inattiva il cromosoma<br />
X di origine paterna e in altre quello di origine materna; pertanto, per i loci eterozigoti<br />
presenti sul cromosoma X, in caso di individui di sesso femminile , si osserva un<br />
fenotipo a mosaico: gruppi di cellule che esprimono l’uno o l’altro degli alleli. Per<br />
esempio, il gatto con mantello “variegato” a macchie nere e gialle (gatto “colocòlo”) è<br />
sempre femmina. Il gatto di sesso maschile, figlio di questa gatta “colocòlo” è o “giallo”<br />
o “nero”. Il mantello “colocòlo” della femmina (genotipo C Y C B ) è dovuto<br />
all’inattivazione casuale di uno dei due cromosomi X nelle cellule all’inizio dello<br />
sviluppo: se è inattivato il cromosoma X portatore dell’allele C B si hanno le macchie di<br />
pelo giallo, se è inattivato il cromosoma X portatore dell’allele CY si hanno quelle di<br />
pelo nero. Eccezionalmente si ha un maschio con mantello “variegato” e questo ha<br />
invariabilmente una costituzione cromosomica XXY, però uno dei due cromosomi X è<br />
inattivo ed è visibile come corpo di Barr in ciascuna cellula somatica.<br />
Anche nella specie umana sono noti mosaici dovuti all’inattivazione di uno dei due<br />
cromosomi X. Per esempio, la displasia anidrotica ectodermica, responsabile degli<br />
“uomini sdentati di Sind” dà luogo a mosaicismo nella femmina eterozigote.<br />
Quest’ultima ha aree della mandibola con denti e altre senza e ha zone della pelle con<br />
ghiandole sudoripare e zone senza.<br />
L’esame dei geni legati al cromosoma X di mammifero, come a esempio<br />
l’ipoxantina-guanina fosforibosiltrasferasi (HGPRT), il fosfoglicerato chinasi glucosio e<br />
il fosfato deidrogenasi, evidenzia che lo stato inattivo è correlato con la metilazione<br />
34
delle isole HTF associate a questi geni, mentre le isole non metilate si trovano sul X<br />
attivo . Dato che nelle cellule somatiche lo stato attivo e quello inattivo vengono<br />
ereditati stabilmente, anche lo schema di metilazione in tali regioni viene stabilmente<br />
mantenuto.<br />
La compensazione di dosaggio dei geni strutturali nei mammiferi non coinvolge siti<br />
di regolazione associati ai geni che mappano sul cromosoma X. Piuttosto, il cromosoma<br />
X dei mammiferi deve contenere uno o più siti a livello dei quali viene iniziata<br />
l’inattivazione. Una volta che un cromosoma è stato scelto per l’inattivazione, la sua<br />
condensazione impedisce l’espressione di tutti i geni presenti. L’inattivazione del<br />
cromosoma X nella femmina mammifera è controllata da una regione specifica che<br />
funge da interruttore, nota come “centro di inattivazione” (Xic, X-inactivation centre),<br />
che rappresenta il punto in cui inizia e da cui si diffonde l’inattivazione 94 ; esso è stato<br />
localizzato in una regione di 450kb del cromosoma X di topo; questa stessa regione<br />
rappresenta anche la sede del gene Xist (inactivating the single X Chromosome = gene<br />
responsabile della inattivazione del singolo cromosoma X) 95 . È dimostrato 96 che tale<br />
gene controlla l’inattivazione del cromosoma X; esso, inoltre, mostra un comportamento<br />
atipico per il fatto che il suo prodotto non è una proteina, ma un RNA nucleare che si<br />
lega al cromosoma X inattivo 97 . Herzing e altri 98 hanno evidenziato che Xist, introdotto<br />
in un “autosoma”, è sufficiente di per sé a indurre l’inattivazione, e che l’RNA<br />
codificato dal gene Xist si localizza in vicinanza dell’“autosoma” in cui il gene viene<br />
integrato.<br />
Sebbene sia chiaro che il gene Xist è richiesto per l’inattivazione del cromosoma X,<br />
il meccanismo ancora non è stato chiarito.<br />
Riprogrammazione genica della cellula germinale prima della fertilizzazione. La<br />
cellula germinale non segue un corso unidirezionale tipico della cellula somatica.<br />
Nell’individuo omogametico durante la meiosi, o immediatamente prima di questa, il<br />
cromosoma X “inattivo” viene attivato per effetto di fattori epigenetici al fine della<br />
produzione di gameti contenenti il cromosoma X “attivo”.<br />
Sia nella cellula uovo che nello spermatozoo l’imprinting viene prima cancellato e<br />
poi ristabilito; in questo modo i due cromosomi omologhi perdono il vecchio imprinting<br />
ereditato dai genitori e acquisiscono la nuova impronta maschile o femminile: nello<br />
spermatozoo i geni “imprintati” presenti sui cromosomi ereditati dalla madre perdono<br />
94 M.F. LYON, Some milestones in the history of X-chromosome inactivation, Annu. Rev. Genet., 26<br />
(1992), 16; S. RASTAN, X Chromosome inactivation and the Xist gene, in Current Opinion in Genetics<br />
and Development , 4 (1994), 292.<br />
95 J.T. LEE - W.M. STRAUS - J.A. DAUSMAN - R.A. JAENISCH, 450 kb transgene displays properties<br />
of fhe mammalian X-inactivation center, in Cell, 86 (1996), 83.<br />
96 G.D. PENNY - G.F. KAY - S.A. SHEARDOWN - S. RASTAN - N. BROCKDORFF, Requirement for<br />
Xist in X chromosome inactivation, in Nature, 379 (1996). 131.<br />
97 J.T. LEE - W.M. STRAUS - J.A. DAUSMAN - R.A. JAENISCH, 450 kb transgene displays properties<br />
of fhe mammalian X-inactivation center, in Cell, 86 (1996), 83; C.M. CLEMSON - J.A. MCNEIL - H.F.<br />
WILLARD - J.B. LAWRENCE, Xist RNA paints the inactive X chromosome at interphase: evidence for a<br />
nowel RNA involved in nuclear/chromosome structure, in Journal of Cell Biology, 132 (1996), 259.<br />
98 L.B.K. HERZING - J.T. ROMER - J.M.HORN - A. ASHWORTH, Xist has properties of the Xchromosome<br />
inactivation centre, in Nature, 386 (1997), 272.<br />
35
l’impronta femminile e assumono quella maschile, nella cellula uovo i geni ereditati dal<br />
padre perdono l’impronta paterna e acquistano quella materna. Questa<br />
riprogrammazione del genoma al momento della meiosi può comportare cambiamenti<br />
negli schemi di metilazione, consistenti in metilazione de novo o in demetilazione del<br />
DNA cromosomico.<br />
Tada e altri 99 , al fine di studiare le modificazioni epigenetiche a carico della linea<br />
germinale, hanno analizzato l’effetto della cellula germinale embrionale (EG) su un<br />
ibrido somatico EG-linfocito timico, evidenziando che le cellule EG sono capaci di<br />
riprogrammare un nucleo adulto, come testimoniato dalla demetilazione di molti geni<br />
“imprintati”.<br />
Nello stesso tempo, però, nelle cellule germinali è importante l’attività delle metilasi<br />
di mantenimento per evitare la trascrizione dei geni che si esprimono nelle cellule<br />
somatiche.<br />
Invecchiamento. Wilson e Jones 100 (citati da Holliday) riferiscono che la durata della<br />
vita della cellula umana in coltura dipende dal numero di divisioni compiute da tale<br />
cellula e non dal tempo cronologico. È stato dimostrato che il numero di siti metilati sul<br />
DNA diminuisce all’aumentare del numero delle divisioni cellulari e che, a un certo<br />
punto, la cellula finisce con il perdere la capacità di proliferare. Che questa incapacità di<br />
moltiplicarsi, legata all’età, sia almeno in parte una conseguenza della perdita di<br />
metilazione è suggerito da esperimenti in cui la cellula coltivata viene trattata con<br />
azacitidina. Un unico trattamento su cellula giovane ha uno scarso effetto sul<br />
funzionamento o sulla velocità di crescita della cellula. Ma, a quanto pare, la cellula<br />
ricorda di essere stata esposta all’azacitidina e muore nettamente prima della cellula non<br />
trattata.<br />
Un’altra prova della riduzione del livello di metilazione del DNA con l’incremento<br />
dell’età è data dal fatto che un gene presente sul cromosoma X “inattivo” viene<br />
riattivato con una bassa frequenza nell’animale giovane e con un incremento<br />
progressivo della frequenza con il progredire dell’età dell’individuo. Analogamente, un<br />
gene indispensabile per la formazione del pigmento è reso silente quando viene inserito<br />
in un cromosoma X “inattivo”, per cui si ha un mantello albino; lo stesso gene viene<br />
progressivamente attivato a mano a mano che l’animale che lo ha ricevuto invecchia e<br />
così il mantello dell’animale ricevente mostra una crescente pigmentazione.<br />
Recentemente, Thomas e Fretts 101 ipotizzano che i fenomeni epigenetici a carico del<br />
cromosoma X nel sesso femminile potrebbero essere parzialmente responsabili della<br />
maggiore longevità della donna rispetto all’uomo: infatti, tali Autori riferiscono sulla<br />
presenza, a livello del cromosoma X, di un gene essenziale per la riparazione del DNA;<br />
nel maschio, difetti a carico di tale gene comportano una compromissione della capacità<br />
di riparare danni che insorgono nel corso della divisione cellulare, favorendo, quindi,<br />
l’invecchiamento; viceversa nel sesso femminile, il cromosoma X reso inattivo,<br />
99 M. TADA - T. TADA - L. LEFEBVRE - S.C. BARTON - M.A. SURANI, Embryonic germ cells induce<br />
epigenetic reprogramming of somatic nucleus in hybrid cells, in The Embo Journal, 18 (1997), 21, 6510.<br />
100 WILSON e JONES (1983). Citato da HOLLIDAY, R. The inheritance of epigenetic defects, in<br />
Science, 238 (1987), 163<br />
101 T.P. THOMAS - P.R. FRETTS, Perché le donne vivono più a lungo degli uomini, in Le Scienze<br />
Dossier, 2 (1999), 92.<br />
36
diventerebbe più attivo con il progredire dell’età, per cui si verificherebbe un vero e<br />
proprio processo di riattivazione del cromosoma omologo “inattivo”.<br />
Cancerogenesi. La “epimutazione” potrebbe giocare un ruolo importante nella<br />
cancerogenesi 102 . Finora i cambiamenti nella metilazione del DNA non sono chiamati in<br />
causa direttamente nella cancerogenesi, ma esistono in questo senso prove indirette. Per<br />
esempio, l’azacitidina è un cancerogeno potente, che negli animali di laboratorio induce<br />
una gamma di tumori più ampia che non altri noti cancerogeni. Si sa che essa agisce<br />
sulla metilazione del DNA e, pertanto, pare ragionevole sospettare che le alterazioni<br />
negli schemi di metilazione che essa determina contribuiscano alla cancerogenesi.<br />
2.4. Altre applicazioni<br />
La clonazione, abbinata ad altre biotecnologie, può essere utilizzata sia per<br />
raggiungere nuovi risultati, sia per migliorare metodi già esistenti 103 .<br />
La possibilità di produrre individui mediante TN a partire da cellule in coltura apre<br />
nuove prospettive per l’ottenimento di soggetti transgenici; infatti, è possibile trasfettare<br />
in vitro qualsiasi tipo di cellula con sequenze di DNA esogeno e utilizzare la cellula<br />
trasfettata come “donatrice” di nucleo per il TN. Tale linea operativa è stata seguita con<br />
successo da Schnieke e altri 104 e da Cibelli e altri 105 .<br />
L’uso della transgenia potrà svolgere un ruolo importante per:<br />
102 H. HUYNH - L. ALPERT - M. POLLAK, Silencing of the mammary-derived growth inhibitor<br />
(MDGI) gene in breast neoplasms is associated with epigenetic changes, in Cancer Research, 56 (1996),<br />
21, 4865; D. DAO - C.P. WALSH - L. YUAN - D. GORELOV - L. FENG - T. HENSLE - P. NISEN - D.J.<br />
YAMASHIRO - T.H. BESTOR - B. TYCKO, Multipoint analysis of human chromosome 11p15/mouse<br />
distal chromosome 7: inclusion of H19/IGF2 in the minimal WT2 region, gene specificity of H19<br />
silencing in Wilms” tumorigenesis and methylation hyper-dependence of H19 imprinting, in Human<br />
Molecular Genetics, 8 (1999), 7, 1337; M.A. FREVEL - S.J. SOWERBY - G.B. PETERSEN - A.E. REEVE,<br />
Methylation sequencing analysis refines the region of H19 epimutation in Wilms tumor, in Journal of<br />
Biological Chemistry , 274, 41 (1999), 29331.<br />
103 Per un approfondimento degli aspetti scientifici e tecnici delle biotecnologie, nonché delle<br />
problematiche a esse correlate, si rimanda a: D. MATASSINO, Il futuro delle biotecnologie nelle<br />
produzioni animali: alcuni aspetti scientifici e tecnici, in Produzione Animale, 1, III Serie, 1988, 35; ID.,<br />
Lo sviluppo delle biotecnologie: aspetti scientifici e prospettive per il futuro, in. L’Allevatore, 44, 1988,<br />
33, supplemento (Atti Conv. “Le nuove frontiere della selezione: dalla fecondazione artificiale alle<br />
biotecnologie”, [Cremona, 18 settembre 1987]); D. MATASSINO - M. PALAZZO - A. CAPPUCCIO,<br />
Micromanipolazione degli embrioni in Atti Tavola Rotonda su: “Biotecnologie avanzate e produzione<br />
animale”, (Reggio Emilia, 1 giugno 1993), ASPA, 1993, 19; D. MATASSINO - G. ROSSI, Biotechnologies<br />
and genetic improvement, in Proceedings of Third Course on Biotechnology of Reproduction in Buffaloes<br />
under the Auspices of 5 th World Buffalo Congress (Caserta, 6-10 ottobre 1997), Bubalus Bubalis, 4<br />
(1998), supplemento 2, 269; D. MATASSINO, Tecnologie innovative nell’agricoltura e<br />
nell’agroindustria, in Atti Tercer Seminario “Tendencias de la Investigación Agricola en el ámbito<br />
Mediterráneo” – Ponencias ( Madrid, 25-26 maggio 1998)<br />
104 A.E. SCHNIEKE - A.J. KIND - K.RITCHIE, MYCOCK - A.R. SCOTT - M. RITCHIE - I. WILMUT -<br />
A.COLMAN - K.H.S. CAMPBELL, Human factor IX transgenic sheep produced by transfer of nuclei from<br />
transfected fetal fibroblasts, in Science, 278, 1997, 2130.<br />
105 J.B. CIBELLI - S.L. STICE - P. GOLUEKE - J.J. KANE - J.JERRY - C. BLACKWELL - F.A. PONCE<br />
DE LEON - J.M. ROBL, Cloned transgenic calves produced from nonquiescent fetal fibroblasts, in<br />
Science, 280 (1998), 1256.<br />
37
(a) la produzione di molecole di elevato valore biologico per l’uomo; i primi<br />
esperimenti inerenti alla produzione di animali transgenici risalgono agli anni ’70 106 ; nel<br />
1982 Palmiter 107 , operando sul gene MT-hGH (metallothionein-growth hormone fusion<br />
gene = costrutto genico ottenuto dalla fusione tra il promotore del gene per la<br />
metallotioneina e il gene per l’ormone della crescita), ottengono la produzione di topi<br />
“giganti” (peso corporeo adulto doppio rispetto a quello dei topi normali); successivi<br />
esempi di transgenia applicata agli animali domestici sono riportati da: Mintz e<br />
Cronmiller 108 ; Hammer e altri 109 ; Fabricant e altri 110 , McEvoy e altri 111 ; il risultato delle<br />
ricerche di Gordon e altri 112 con l’ottenimento di topi transgenici capaci di produrre<br />
l’attivatore della plasminogeno umano nel latte può essere considerato la pietra<br />
“miliare” per le ricerche concernenti produzione di farmaci nel latte di mammiferi di<br />
interesse zootecnico geneticamente modificati (gene pharming); da allora, le ricerche in<br />
tale settore sono notevolmente intensificate su varie specie animali allo scopo di<br />
migliorare la resa in prodotto nel latte sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo;<br />
le tappe principali del gene pharming sono riportate da Wall 113 ; Velander e altri 114 ,<br />
operando nella specie suina, riescono a ottenere circa 1 g di proteina C biologicamente<br />
attiva per litro di latte 115 ; la sostituzione dei costosissimi bioreattori convenzionali per<br />
106 R. JAENISCH, Germ line integration and Mendelian transmission of the esogenous Moloney<br />
leukemia virus, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States, 77 (1976), 12,<br />
7380<br />
107 R.D. PALMITER - R.L.BRIRISTER - R.E.HAMMER - M.G. ROSENFELD - M.C. BIRNBERG - R.M.<br />
EVANS, Dramatic growth of mice that develop from eggs microinjected with metallothionein-growth<br />
hormone fusion gene, in Nature, 300 (1982), 611.<br />
108 B. MINTZ - A. CRONMILLER, in Somatic Cell and Genetics, 7 (1981), 489.<br />
109 R.E. HAMMER - V.G. PURSEL - C.E. REXROAD - R.J. WALL - D.J. BOLT - K.M. EBERT - R.D.<br />
PALMITER - R.L. BRISTER, Production of transgenic rabbits, sheep and pigs by microinjection, in<br />
Nature, 315(1985), 680.<br />
110 J.D. FABRICANT - L.C. NUTI - B.S. MINHAS - W.C. BAKER - J.S. CAPEHART - P. MARROCK - J.H.<br />
CHALMERS - M.W. BRADBURY - J.E. WARNACK, Gene transfer in gcats, in Proceedings of Annual<br />
Conference of International Embryo Transfer Society (Dublin, Ireland, 25-27 January, 1987), 229.<br />
111 T.G. MCEVOY - M. STOCK - T. BARRY - B. KEANE - F. GANNON - J.M. SREENAN, Direct gene<br />
transfer by microinjection, in Proceedings of Annual Conference of International Embryo Transfer<br />
Society (Dublin, Ireland, 25-27 January, 1987), 258.<br />
112 K. GORDON - E. LEE - J.A.VITALE - A.E. SMITH - H. WESTPHAL - L. HENNIGHAUSEN,<br />
Production of human tissue plasminogen activator in transgenic mouse milk, in Bio/Technology, 5<br />
(1987), 1183.<br />
113 R.J. WALL, Biotecnology for the production of modified and innovative animal products;<br />
transgenic livestock bioreactors, in Proceedings of 8 th World Conference on Animal Production - Special<br />
Symposium & Plenary Sessions, (Seoul, June 28-July 4, 1998), 364.<br />
114 W.H. VELANDER - W. LUBON - W.N. DROHAN, Animali transgenici per la produzione di<br />
farmaci, in Le Scienze 346 (1997), 64<br />
115 Per ulteriori approfondimenti sulla transgenesi si rimanda a: R.J. WALL - D.J., BOLT - W.I. FRELS<br />
- H.W. HAWK - D. KING - V.G. PURSEL - C.E. REXROAD - R.M. ROHAN, Transgenic farm animals:<br />
current state of the art, in AgBiotech News and Info 2 (1990), 391; V.B. REDDY - J.A. VITALE - C. WEI -<br />
M. MONTAYA - ZAVALA - S.L. STICE - J. BALISE - J. M. ROBL, Expression of human growth hormone<br />
in the milk of transgenic mice, in Animal Biotechnology, 2 (1991), 15; M.A. PERSUY - M.G.<br />
STINNAKRE - C. PRINTZ - M.F. MAHE - J.C. MERCIER, High level expression of the-casein gene in<br />
38
la produzione di farmaci, basati sulle colture cellulari, con gli animali di interesse<br />
zootecnico comporta notevoli vantaggi economici e operativi; la ghiandola mammaria,<br />
infatti, consente di concentrare la produzione della proteina desiderata in un singolo<br />
compartimento, dal quale può venire facilmente recuperata; inoltre, l’epitelio alveolare<br />
della ghiandola mammaria è in grado di fornire alla proteina prodotta tutte le<br />
modificazioni post-traduzionali necessarie affinché la proteina possa acquistare l’attività<br />
biologica appropriata; vari studi 116 evidenziano che tra le specie esaminate vi sono<br />
differenze per quanto concerne le modificazioni post-traduzionali; tali differenze<br />
possono influire positivamente sulla funzionalità della molecola prodotta quando<br />
somministrata all’uomo; a esempio, alcune modificazioni post-traduzionali tipiche della<br />
specie umana promuovono la rapida rimozione della sostanza da parte del fegato,<br />
mentre la stessa proteina, prodotta dal maiale, contiene modificazioni post-traduzionali<br />
che ne ritardano la rimozione; in questo modo la proteina viene impiegata come farmaco<br />
ad azione ritardata; la ricerca attuale è orientata verso la produzione di animali<br />
transgenici contenenti due transgeni: uno che codifica per la proteina d’interesse, l’altro<br />
transgenic mice, in European Journal of Biochemestry, 205 (1992), 887; R.D. BREMEL, Prospects for<br />
modification of milk proteins and fat composition through genetic engineering, in Atti XXVII Simposio<br />
Internazionale di Zootecnia, (Milano, 3 aprile 1992), 27; A.S. CARVER - M.A. DALRYMPLE - G.<br />
WRIGHT - D.S. COTTOM - D.B. REEVES - Y.H. GIBSON - J.L. KEENAN - J.D. BARRASS - A.R. SCOTT -<br />
A. COLMAN - I.GARNER, Transgenic livestock as bioreactors: stable expression of human alpha-1antitrypsin<br />
by a flock of sheep, in Biotechnology 11 (1993), 1263; K.M. EBERT - J.E.S. SCHINDLER,<br />
Transgenic farm animals: progress report, in Theriogenology, 39 (1993),121; V.G. PURSEL - C.E.<br />
REXROAD, Recent progress in the transgenic modification of swine and sheep, in Molecular<br />
Reproduction and Development, 36 (1993), 251; E. DEVINOY - D. THEPOT - STINNAKRE - M.G.<br />
FONTAINE - H. GRABOWSKI - C. PUISSANT - A. PAVIRANI - L.M. HOUDEBINE, High level production<br />
of human growth hormone in the milk of transgenic mice: the upstream region of the rabbit whey acidic<br />
protein (WAP) gene targets transgene expression to the mammary gland, in Transgenic Research, 3<br />
(1994), 79; G.T. BLECK - R. JIMÈNEZ - FLORES - M.B. WHEELER, Production of transgenic animals<br />
with altered milk as a tool to modify milk composition, increase animal growth and improve reproductive<br />
performance, in G.F. GREPPI - G. ENNE, in Animal Production & Biotechnology (Atti XXIX Simposio<br />
Internazionale di Zootecnia, [Milano, 13-14 maggio, 1994]), Elsevier, 1995, 1; M. LAVITRANO - V.<br />
LULLI - B. MAIONE - S. SPERANDIO - M. ZANI - M. FRANCOLINI - G. ZORAQI - C. SPADAFORA,<br />
Sperm DNA interaction: sperm cells as vectors of exogenous DNA for the production of transgenic<br />
animals, in Animal Production & Biotechnology (Atti XXIX Simposio Internazionale di Zootecnia,<br />
[Milano, 13-14 maggio, 1994]), Elsevier, 1995, 111; C.S. LEE - K. KIM - D.Y. YU - K.K. LEE, An<br />
efficient expression of human growth hormone (hGH) in the milk of transgenic mice using rat<br />
__casein/hGH fusion genes, in Applied Biochemistry and Biotechnology, 56 (1996), 211; R.J. WALL -<br />
D.E. KERR - K.R. BONDIOLI, Transgenic dairy cattle: genetic engineering on a large scale, in Journal<br />
of Dairy Science, 80 (1997), 2213; R.J. WALL, Biotecnology for the production of modified and<br />
innovative animal products; transgenic livestock bioreactors, in Proceedings of 8 th World Conference on<br />
Animal Production - Special Symposium & Plenary Sessions, (Seoul, June 28-July 4, 1998), 364.<br />
116 W.N. DROHAN - D.W. ZHANG - R.K. PALEYANDA - R. CHANG - M. WROBLE - H.W.<br />
VELANDER - H. LUBON, Inefficient processing of human protein C in the mouse mammary gland, in<br />
Transgenic Research, 3 (1994), 355; D.C. JAMES - R.B. FREE<strong>DM</strong>AN - M. HOARE - O.W. OGONAH -<br />
B.C. ROONEY - O.A. LARIONOV - V.N. DOBROVOLSKY - O.V. LAGUTIN - N. JENKINS, N-<br />
Glycosylation of recombinant human interferon-gamma produced in different animal expression systems,<br />
in Bio/Technology, 13 (1995), 592; T. MORCOL - R.M. AKERS - J.L. JOHNSON - B.L. WILLIAMS - F.C.<br />
GWAZDAUSKAS - J.W. KNIGHT - H. LUBON - R.K. PALEYANDA - W. DROHAN - W. H. VELANDER,<br />
The porcine mammary gland as a bioreactor for complex proteins, in Annuals of NewYork Academy<br />
Sciences of United States, 721 (1994), 218<br />
39
per migliorare le modificazioni post-traduzionali e quindi la resa in proteina<br />
biologicamente attiva; con elevati livelli di espressione del transgene (a esempio<br />
produzione maggiore di 2g/litro) e una quantità di latte prodotto per lattazione maggiore<br />
di 250 litri, un piccolo gregge di pecore transgeniche, mantenute in condizioni<br />
controllate, può produrre una quantità sufficiente di proteina a scopo terapeutico; nella<br />
tabella VII sono riportate le esigenze di organismi transgenici necessari per soddisfare la<br />
richiesta annuale di alcuni prodotti terapeutici in USA; la produzione di sostanze<br />
farmacologicamente attive nel latte degli animali di interesse zootecnico ottenuti<br />
mediante TN a partire da cellule in coltura rese transgeniche potrebbe costituire una<br />
valida ed efficiente alternativa alla tecnica classica della microiniezione per<br />
l’ottenimento degli animali transgenici; il TN, infatti, rispetto alla microiniezione, che<br />
nei grossi animali ha una bassa efficienza e costi molto elevati, presenta i seguenti<br />
vantaggi operativi:<br />
(i) consente di verificare, attraverso l’inserimento di un marcatore,<br />
l’integrazione del costrutto transgenico in vitro e quindi di selezionare le cellule<br />
portatrici del transgene, senza dover attendere la nascita dell’animale; in particolare,<br />
l’utilizzo della cellula mammaria quale fonte dell’individuo geneticamente<br />
modificato permetterebbe di testare direttamente in coltura la secrezione della<br />
molecola desiderata; una diretta conseguenza di ciò è che la produzione di organismi<br />
transgenici mediante il TN utilizza meno della metà degli animali che vengono<br />
impiegati con la microiniezione; infatti, quest’ultima tecnica comporta la produzione<br />
di un elevato numero di soggetti transgenici dai quali bisogna escludere quelli in cui<br />
il transgene, a causa del fenomeno dell’inserzione casuale, non presenta la<br />
distribuzione voluta; poiché il fenomeno dell’inserzione casuale è tanto più marcato<br />
quanto minore è la dimensione del costrutto da inserire, si è cercato di ovviare a tale<br />
inconveniente mediante l’utilizzo delle cellule ES, nelle quali, grazie a particolari<br />
metodi di trasfezione, come la lipofezione o la fusione con cellule di lievito, è<br />
possibile inserire grandi porzioni di DNA; tale approccio, però è limitato dalla<br />
disponibilità di cellule ES; infatti, sebbene sia stato possibile isolare con successo<br />
questo tipo di cellula nel topo e nel maiale e, recentemente, anche nell’uomo 117 , non<br />
sono stati riportati successi nella generazione di cellule ES nella maggior parte dei<br />
mammiferi di interesse zootecnico<br />
(ii) viene superato il necessario passaggio attraverso lo stadio di chimera,<br />
rendendo disponibile l’animale geneticamente modificato in prima generazione; negli<br />
ovini, con la microiniezione, il tempo necessario per ottenere un gregge produttore di<br />
latte transgenico è di 3,5 anni se il fondatore è una femmina e 2,5 anni se il fondatore<br />
è un maschio; con il trasferimento nucleare i tempi si riducono a 1,5 anni<br />
(b) ottenimento di animali geneticamente modificati in modo tale che i loro<br />
organi siano compatibili con il sistema immunitario dell’uomo e siano quindi<br />
utilizzabili con successo per il trapianto trans-specifico o “xenotrapianto”<br />
(c) messa a punto di modelli animali per lo studio degli elementi di regolazione<br />
dell’espressione genica nel corso dello sviluppo embrionale e della vita adulta<br />
117 J. GEARHART, New Potential for Human Embryonic Stem Cells, in Science 282 (1998), 1.061.<br />
40
(d) messa a punto di modelli per lo studio e la comprensione delle basi genetiche<br />
di malattie umane ereditarie; in tale contesto, un campo potenziale di applicazione, non<br />
privo di problematiche legate al benessere dell’animale, è la rapida produzione di<br />
mammiferi di grandi dimensioni portatori di difetti genetici simili a quelli che si<br />
verificano nell’uomo; la pecora, a esempio, rispetto al topo , potrebbe costituire un<br />
valido modello per lo studio della fibrosi cistica perché il suo polmone è più simile a<br />
quello dell’uomo; inoltre, dato che la pecora ha una vita media più lunga di quella del<br />
topo, si potrebbero verificare gli effetti a lungo termine di un trattamento terapeutico<br />
(e) utilizzo di organismi geneticamente modificati per valutare la capacità del<br />
transgene di ripristinare il fenotipo normale in un animale knock out, in modo da<br />
verificare che il fenotipo prodotto dalla distruzione del gene sia dovuto al gene stesso e<br />
non all’alterazione o all’espressione di altri geni che si trovano nelle vicinanze del locus<br />
inattivato; la tecnica del knock out si rivela inoltre particolarmente utile per lo studio<br />
delle malattie ereditarie recessive là dove non vi sono i corrispettivi modelli animali di<br />
malattie umane; con gli animali knock out, infatti, una volta che sia stato individuato il<br />
gene responsabile della malattia umana, è possibile isolarne l’omologo murino,<br />
disattivarlo nelle cellule ES e ottenere prima animali eterozigoti e, successivamente<br />
omozigoti per la mutazione in quel determinato gene<br />
(f) anche la profilassi nei confronti della BSE (bovine spongiform<br />
encephalopathy) potrebbe trarre giovamento attraverso la clonazione a partire da cellule<br />
modificate in cui sia stato eliminato il gene della proteina prionica<br />
(g) ottenimento di animali con qualità di accrescimento migliorate; tale<br />
opportunità, sebbene molto interessante per le evidenti ricadute sul sistema ‘produzione<br />
animale’, non sempre viene realizzata con risultati positivi; a esempio, Pursel 118 (1990)<br />
riferisce che il sovradosaggio dell’ormone della crescita favorisce l’insorgenza<br />
dell’ulcera gastrica<br />
(h) modificazione della composizione in grassi e proteine del latte al fine di<br />
migliorare la resa in formaggio e di ridurre la carica microbica 119 ; l’importanza dello<br />
studio delle varianti genetiche delle caseine e l’influenza di queste ultime sulle<br />
caratteristiche lattodinamometriche del latte sono state ampiamente esaminate da<br />
Matassino 120 , Matassino e altri 121 e Zullo e altri 122 in varie specie di interesse<br />
118 V.G. PURSEL, Expression and performance in transgenic pigs, in Journal of Reproduction and<br />
Fertility, 40 (supplemento) (1990), 235<br />
119 T. RICHARDSON, Chemical modifications and genetic engineering of food proteins, in Journalof<br />
Dairy Science, 68 (1985), 2753; I. WILMUT - A.L. ARCHIBALD - S. HARRIS - M. MC CLENAGHAN -<br />
J.P. SIMONS - C.B. WHITELAW - A.J. CLARK, Modification of milk composition, in Journal of<br />
Reproduction and Fertility, 41 (Supplemento), (1990), 135; H.C. YOM - R.D. BREMEL, Genetic<br />
engineering of milk composition: modification of milk components in lactanting transgenic animals, in<br />
American Journal of Clinical Nutrition, 58 (1995), 299; L.M. HOUDEBINE, Production of<br />
pharmaceutical proteins from transgenic animals, in Journal of Biotechnology, 34 (1994), 287; E.A.<br />
MAGA - J.D. MURRAY, Mammary gland expression of transgenes and the potential for altering the<br />
properties of milk, in Bio/Technology, 13 (1995), 1452.<br />
120 D. MATASSINO, Il miglioramento genetico nei bovini per la produzione di tipi di latte finalizzati<br />
all’uomo, in Quaderni Frisona, maggio 1992, 70 (Atti Conv. su “Il ruolo del latte nell’alimentazione<br />
dell’uomo” [Paestum, 24-26 ottobre 1991])<br />
41
zootecnico; Jost e altri 123 ottengono topi transgenici in grado di produrre latte con un più<br />
basso contenuto di lattosio; un progetto molto ambizioso dell’industria biotecnologica<br />
dei transgeni è quello di “umanizzare” il latte bovino inserendo nei geni per le proteine<br />
del latte sequenze tipiche dei geni umani; nello schema II sono riportate le principali<br />
possibilità di modificazione del latte attraverso l’impiego dei transgeni.<br />
L’isolamento recente anche nella specie umana 124 di cellule ES provviste di elevata<br />
attività telomerasica e, in grado, dopo 4-5 mesi di proliferazione in vitro, ancora di<br />
differenziarsi in tutti i tipi di cellula derivate dei tre foglietti embrionali (ectoderma,<br />
mesoderma ed endoderma), offre, in associazione col TN, grandi prospettive in terapia<br />
umana.<br />
Le potenzialità in clinica per le cellule ES umane sono tutte ancora da scoprire;<br />
tuttavia, alcune di esse possono essere sinteticamente esplicitate come segue:<br />
(a) studio in vitro dell’embriogenesi, con particolare riguardo a quelle fasi<br />
peculiari della specie umana le quali, pertanto, non possono essere estrapolate dalle<br />
ricerche condotte su altre specie<br />
(b) studio delle anomalie dello sviluppo embrionale attraverso l’ottenimento di<br />
linee cellulari con modificazioni geniche mirate<br />
(c) scoperta di geni umani<br />
(d) test con farmaci e sostanze potenzialmente tossiche<br />
(e) fonte di cellule per il trapianto di tessuti e di cellule, nonché per la terapia<br />
genica.<br />
Nel campo dei trapianti, possono essere impiegate, oltre che per fornire popolazioni<br />
di cellule per il trapianto, anche come strategia per prevenire o almeno minimizzare il<br />
rigetto, attraverso:<br />
(a) l’ottenimento di linee cellulari ES rappresentative dei principali alleli del<br />
sistema maggiore di istocompatibilità<br />
(b) ottenimento di linee donatrici universali in cui i geni MHC siano stati<br />
geneticamente modificati<br />
(c) ottenimento di cellule ES fatte su misura attraverso la transgenesi e il gene<br />
targeting in cui i geni MHC del ricevente sono introdotti nelle cellule ES attraverso la<br />
ricombinazione omologa<br />
(d) produzione di cellule ES che contengono il genoma del ricevente.<br />
Alcuni scienziati propongono di produrre, anche se ciò non è eticamente<br />
condivisibile dallo scrivente, linee permanenti e stabili di cellule ES utilizzando<br />
121 D. MATASSINO - C.M.A. BARONE - R. BUONO - P. COLATRUGLIO - A. ZULLO - M. MASCIA,<br />
M. (1993). Protein polymorphism and quanti-qualitative characteristics of milk from Italian Friesian and<br />
Brown cows. I. Chemical composition, in Produzione Animale, III Serie, 6 (1993), 75.<br />
122 A. ZULLO - C.M.A. BARONE - P.COLATRUGLIO - D. MATASSINO, Lactodynaometric<br />
charateristics of buffalo milk, in Produzione Animale, III Serie, 6 (1993), 1.<br />
123 B. JOST - J.L. VILOTTE - I. DULUC - J.L. RODEAU - J.L. FREUND, Production of low-lactose milk<br />
by ectopic expression of intestinal lactase in the mouse mammary gland, in Nature Biotechnology 17<br />
(1999), 160.<br />
124 J.A. THOMSON - J. ITSKOVITZ - ELDOR - S.S. SHAPIRO - M.A. WAKNITZ - J.J. SWIERGIEL -<br />
V.S. MARSHALL - J.M. JONES, Embryonic stem cell lines derived from human blastocysts, in Science,<br />
282 (1998), 1145.<br />
42
“embrione umano” ottenuto mediante trasferimento di una cellula donatrice del paziente<br />
in un “oocita umano ricevente”; successivamente le cellule ES verrebbero indotte a<br />
differenziarsi a seconda delle necessità: sostituire o riparare tessuti danneggiati;<br />
un’alternativa priva di problemi etici è quella di impiegare ES recuperabili dal cordone<br />
ombelicale.<br />
3. BREVETTABILITÀ DELLE INVENZIONI BIOTECNOLOGICHE<br />
Cosa dire della direttiva europea n. 44 del 12.V.1998 sulla brevettabilità delle<br />
innovazioni biotecnologiche? Prima di dare alcune risposte, ricordo che questa Direttiva<br />
definisce . Inoltre, credo<br />
volutamente, vi è perfetta sinonimia fra “scoperta” e “invenzione”.<br />
Non condivido:<br />
(a) il comma 2 dell’art. 3 là dove recita: è brevettabile;<br />
(b) il comma 2 dell’art. 5 là dove recita: .<br />
Tutto l’impianto della direttiva risente, logicamente, dell’impostazione della predetta<br />
“sinonimia”.<br />
Ad esempio, sono accettabili l’invenzione e l’uso del sistema biologico terminator<br />
che può essere impiegato per rendere “biologicamente sterile” un seme prodotto da<br />
determinati “organismi geneticamente modificati”? per il momento vegetali e un<br />
domani animali (?).<br />
Si rifletta, poi, sul principio generale enunciato nel comma 2. dell’art. 3 per tutte le<br />
conseguenze che esso avrà sul livello di biodiversità (animale, fungina, microbica,<br />
vegetale, ecc.) specialmente nei Paesi in via sviluppo (PVS).<br />
4. CONCLUSIONI<br />
1. Si può considerare che tutte le BI sono una condizione necessaria, specialmente<br />
nel lungo periodo, per qualsiasi processo di sviluppo economico generale e specifico.<br />
L’era delle BI può essere considerata alla stregua di quelle che caratterizzano le<br />
innovazioni “industriali” e che come tali vengono definite “rivoluzioni”. Queste ultime,<br />
per la loro caratterizzazione di lungo periodo, sono state chiamate da Schumpeter “cicli<br />
Kondratieff”, in omaggio all’economista russo che li aveva teorizzati negli anni venti.<br />
Possiamo ipotizzare che la quinta rivoluzione “industriale” sarà caratterizzata<br />
dall’impiego delle BI in numerosi campi della vita produttiva; per cui, grazie a questo<br />
nuovo “ciclo Kondratieff” sarà possibile raggiungere dinamici ed elevati gradi di<br />
differenziazione nella produzione di beni che andranno a soddisfare esigenze tra loro<br />
affini, ma sempre meno identiche.<br />
43
2. Siamo stati educati, fortunatamente, al pluralismo che, mutatis mutandis, coincide<br />
con il polimorfismo biologico. Tuttavia, questo polimorfismo che portiamo dentro di<br />
noi dovrebbe incoraggiarci a ricercare una soluzione quanto più possibile unitaria anche<br />
se attraverso una gamma ideale di sistemi diversi che vengano incontro al polimorfismo<br />
biologico che portiamo dentro di noi. Il pluralismo è una grande filosofia<br />
comportamentale, in quanto esso deve essere comprensione degli altri, deve essere una<br />
questione morale e comportamentale e non deve essere una questione di fede e di<br />
capacità intellettiva. Educare al pluralismo non deve significare insegnare il dubbio e la<br />
diffidenza, o peggio ancora, la neutralità. Scomodando J. Piaget e procrastinando l’età<br />
evolutiva oltre quella adolescenziale, noi, che abbiamo superato un determinato<br />
traguardo temporale, abbiamo il dovere di educare nel pluralismo, nel senso di rispettare<br />
il diritto di espressione di ciascuna entità culturale e di giungere a una soluzione,<br />
dinamica nel tempo e nello spazio, che sia in grado di interpretare le diversità<br />
nell’unicità teleologica. Diceva J. Maritain che lo scetticismo è altrettanto dannoso e<br />
intollerante come il fanatismo. Educare nel pluralismo deve significare garantire a<br />
ciascuna entità culturale di poter verificare la propria convinzione nel rispetto di quella<br />
degli altri.<br />
3. La realtà è sondabile all’infinito: la scepsi deve sempre guidare il politico, il<br />
ricercatore e l’operatore specialmente se operano nel campo biologico (considerata la<br />
complessità dei rapporti fra le varie componenti di tale sistema); essi devono sempre<br />
assumere un atteggiamento (un comportamento) di dubbio verso i risultati ottenuti da<br />
qualsiasi processo cognitivo. Così comportandosi, si pone un impegno vero e autentico,<br />
perché – come il montanaro che procede con passo lento, cadenzato e continuo – si sa di<br />
poter raggiungere orizzonti lontani e sempre nuovi e gratificanti.<br />
4. I cambiamenti che vi saranno, grazie al dinamismo cognitivo in atto, costituiranno<br />
i punti focali del vivere delle future generazioni umane. Generazioni che risentiranno in<br />
modo più o meno marcato delle contrapposizioni ideologiche che scaturiranno da una<br />
diversa visione e da una differente consapevolezza dell’effetto dei precedenti<br />
cambiamenti. A loro volta, questi ultimi solo apparentemente interesseranno la vita<br />
materiale, ma, in realtà, si ripercuoteranno su quelle che saranno le modalità e le idee di<br />
concepire la vita sociale, la vita di relazione, la vita di solidarietà. Tutto quanto ora detto<br />
influirà sulle forze morali che sempre di più dovranno impegnare le future scelte della<br />
società affinché si dia vita a una civiltà fortemente avanzata, ma profondamente<br />
rispettosa dei canoni fondamentali che regolano la vita di solidarietà delle genti.<br />
5. Bisognerà evitare assolutamente che il pianeta terra si potrà trasformare in quella<br />
che viene chiamata una “roulette ecologica”. Sulla base di questo futuribile scenario,<br />
Rifkin, presidente della Foundation of Economic Trends di Washington, ha posto alcune<br />
domande alle quali bisognerà dare risposte non elusive: .<br />
6. Dice Jacob 125 (1997): . È questo un<br />
125 F. JACOB – La Souris, la Mouche et l’Homme, Odile Jacob, Paris, 1997.<br />
44
cambiamento totale di prospettiva che è sopraggiunto nel mondo della biologia nel<br />
corso di questi ultimi anni. Lo scienziato naviga tra due poli: il desiderabile e il<br />
possibile. Senza il possibile, il desiderabile non è che sogno. Senza il desiderabile, il<br />
possibile non è che noia. Spesso è difficile resistere al sogno, ma la sperimentazione<br />
permette di contenere l’immaginazione. A ogni tappa, lo scienziato è obbligato a esporsi<br />
alla critica e all’esperienza per limitare la parte del sogno nella rappresentazione che<br />
egli elabora. Il metodo scientifico consiste nel confrontare senza tregua ciò che<br />
potrebbe essere e ciò che è. È questione qui di molecole, di riproduzione e del bricolage<br />
dell’evoluzione. È questione pure del metodo che seguono i biologi, con cui essi<br />
esaminano “il bello e il vero, il bene e il male”.<br />
7. È il singolo ricercatore che, responsabilmente e ineludibilmente, deve porsi<br />
l’istanza etica. Infatti, il sacerdozio dell’uomo di scienza, come ha sottolineato<br />
Giovanni Paolo II, non può misconoscere la forza dell’istanza etica, pur nell’utilità<br />
della conoscenza dei meravigliosi meccanismi biologici che presiedono alla vita di<br />
relazione, qualunque sia il suo livello di organizzazione: da quello submolecolare a<br />
quello ecosistemico.<br />
8. È da auspicare che tutta l’umanità, sinergicamente e in modo determinante,<br />
contribuisca a costruire un futuro sempre più a misura dell’uomo, in quanto è la<br />
persona umana che va collocata al centro dell’universo, della società e della stessa<br />
scienza. In fondo, è questo modello personalista che deve guidare qualsiasi azione<br />
dell’uomo. Solo una visione personalista, ben lontana da quella monodiana o da quella<br />
pragmatista-utilitarista o da quella socio-biologica, sarà in grado di guidare le azioni<br />
umane in modo tale che queste abbiano sempre come fine l’uomo.<br />
9. Viviamo in una società il cui programma principe è la soddisfazione di tutti i<br />
desideri con una corsa frenetica verso la saturazione che può significare “pienezza”<br />
anche del pensiero. Lo strumento principe per ridurre, se non evitare, questa “pienezza”<br />
del pensiero è la “palestra” di formazione e sviluppo delle idee: la scuola di ogni ordine<br />
e grado. Solo in essa è possibile far sviluppare le forme nobili della inquietudine del<br />
pensiero di cui era pervaso sant’Agostino (inquietum cor nostrum). Concludo con<br />
questa frase dello scrittore francese J. Green: .<br />
10. Concludo con la seguente espressione da l’Ecclesiaste (1,18) e con una domanda<br />
che sottopongo alla riflessione: . È vero?<br />
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