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L'IMPERATORE MASSIMIANO ERCULIO - Imago Romae

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L’IMPERATORE <strong>MASSIMIANO</strong> <strong>ERCULIO</strong><br />

TRA FONTI STORICHE E DOCUMENTAZIONE ICONOGRAFICA<br />

di Annarena Ambrogi Pubblicato il 23 settembre 2008


Annarena Ambrogi L’imperatore Massimiano Erculio tra fonti storiche e documentazione iconografica<br />

Tra i nostri ricordi scolastici non può certo mancare quello relativo all’intricata e affascinante storia della crisi in cui precipitò l’impero romano nel III<br />

secolo d.C. e all’incredibile numero, particolarmente difficile da memorizzare, di imperatori, che si avvicendarono sul trono, a volte regnando solo per<br />

pochi mesi. Chi non ricorda che a introdurre un nuovo sistema di governo, la tetrarchia (il regno congiunto di quattro imperatori, due Augusti e due<br />

Cesari), in grado di risolvere i secolari problemi economici, sociali e difensivi di un impero ormai troppo vasto, fu il geniale Diocleziano?<br />

Di lui ricordiamo anche le Terme, i cui resti ancora dominano il paesaggio urbano di Roma. Esse, pur recando il suo nome, furono fatte erigere da un<br />

altro illustre romano, collega e amico di Diocleziano, spesso dimenticato o lasciato in secondo piano dagli storici antichi e moderni, ma che in realtà<br />

svolse un ruolo fondamentale nella storia di quegli anni. Egli, infatti, affiancò Diocleziano nella difficile impresa di risollevare le sorti di un impero ormai<br />

logorato da mille problemi interni e insidiato dalla sempre più forte pressione delle popolazioni barbariche dislocate lungo i confini.<br />

Si tratta di Gaius Aurelius Valerius Maximianus, noto più semplicemente come Massimiano Erculio, il cui appellativo dipende dallo stretto legame cultuale<br />

con il suo parens Ercole[1].<br />

La maggior parte delle nostre informazioni su Massimiano si ricava dai due<br />

panegirici che Mamertino compose in suo onore, il 21 aprile 289 e il 21 luglio (?)<br />

291; pur essendo per loro stessa natura tendenziosi, costituiscono una fonte<br />

preziosa, che riflette il punto di vista ufficiale della cancelleria imperiale[2].<br />

Tra le fonti cristiane, il De mortibus persecutorum di Lattanzio (250-325 ca.) può essere<br />

utile soprattutto per gli ultimi anni di Massimiano, mentre la Historia Ecclesiastica di<br />

Eusebio di Cesarea (265-340), è una fonte essenziale per la storia delle persecuzioni.<br />

Gli autori antichi mettono in risalto il carattere rozzo e la feroce brutalità di<br />

Massimiano, sottolineando che la sua indole rude e crudele si rispecchiava<br />

perfettamente nei tratti del volto. Soltanto le più tarde indicazioni di Malalas<br />

offrono un quadro diverso, tracciando un ritratto piuttosto idealizzato, che gli<br />

attribuisce capelli lisci, barba piena, carnagione scura, bel naso e begli occhi.<br />

Nominato Cesare nel 285 da Diocleziano, con il quale aveva condiviso le imprese<br />

militari giovanili, fu proclamato poco dopo, probabilmente già nel dicembre dello<br />

stesso anno, Augusto. Le sue grandi capacità militari e la necessità di difendere il<br />

limes renano, respingendo gli attacchi dei Franchi, avevano convinto Diocleziano a<br />

sceglierlo come collega e ad affidargli il governo della parte occidentale dell’Impero,<br />

con capitale a Milano.<br />

Massimiano, come abbiamo detto, aveva avuto una formazione prettamente militare:<br />

nato (tra il 241-246 oppure il21 luglio del 250: certamente era più giovane di<br />

Diocleziano) nelle vicinanze di Sirmium in Pannonia, da umili contadini, aveva fatto<br />

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Fig. 1 A - Medaglione aureo coniato a Roma nel 287,<br />

Diocleziano alla nostra sx., Massimiano a dx<br />

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una rapida carriera nell’esercito, al comando degli imperatori Aureliano e Probo.<br />

Prima del 278 aveva sposato la siriana Galeria Valeria Eutropia (nata prima del 260?-<br />

330 d.C.), dalla quale poco dopo ebbe Massenzio e nel 292 circa Fausta.<br />

Famoso per la rapidità delle sue imprese, appena eletto Cesare riuscì a sconfiggere le<br />

bande armate dei Bagaudi, che infestavano la Gallia; successivamente combattè<br />

contro i Germani (286-288), ristabilendo una certa sicurezza lungo il limes renano, e<br />

contro la sollevazione di Carausio, che si era impadronito della Britannia,<br />

assumendo la porpora imperiale.<br />

Ma è nella primavera-estate del 289 che arrivò il primo eclatante insuccesso: la flotta<br />

romana, sotto il comando di Massimiano, fu miseramente distrutta, permettendo a<br />

Carausio una impunità di sette anni. Tale perdita inferse un colpo durissimo alla<br />

fama dell’Augusto minore e la sua carriera ne risultò per sempre compromessa.<br />

Diocleziano, infatti, volse le spalle all’antico amico e collega, convincendosi della sua<br />

incapacità a reggere da solo l’Occidente, cosicchéa Milano il 1 marzo del 293<br />

Massimiano fu costretto a conferire a Costanzo Cloro il titolo di Cesare: a<br />

quest’ultimo furono assegnate Gallia e Britannia (e la difficile impresa di sconfiggere<br />

Carausio).<br />

Contemporaneamente o poco più tardi, Galerio assunse la porpora imperiale a<br />

Nicomedia, alla presenza di Diocleziano: era nata la tetrarchia.<br />

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Fig. 1 B - L'altra faccia del medaglione aureo<br />

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Fermo restando il principio che l’impero era patrimonium indivisum sotto la guida di<br />

Diocleziano, furono assegnate a Massimiano l’Italia (con la Sicilia e la Sardegna) e<br />

l’Africa e probabilmente anche la Spagna. Tra gli Augusti e i Cesari non c’era<br />

distinzione di competenze, ma solo divisione di compiti; infatti, mentre Costanzo si<br />

accingeva a sferrare l’attacco decisivo contro la Britannia, Massimiano accorse lungo<br />

il Reno, nella primavera inoltrata del 296, per guardargli le spalle ed impedire<br />

ulteriori incursioni barbariche.<br />

Le vittorie conseguite nel 298 da Massimiano sulle tribù maure della Cesariense,<br />

feroci, ma politicamente poco pericolose, concessero all’Africa un periodo di pace e<br />

di restaurazione politico-sociale. All’inizio del 299 l’Augusto d’Occidente giunse per<br />

la prima volta a Roma, ben accolto dal popolo e dal senato, e lì si incontrò, dopo<br />

otto anni, con Diocleziano.<br />

Gli anni seguenti furono macchiati dalle feroci persecuzioni cristiane: è nel 303 e<br />

304 chefurono emanati gli Editti anticristiani, la cui responsabilità è attribuita dalle<br />

fonti a Galerio, ma che certamente Massimiano si impegnò a far applicare con rigore<br />

in Occidente, mentre Costanzo in Britannia fu certamente più clemente.<br />

Il 20 novembre del 303 si celebrarono a Roma i vicennalia degli Augusti e i<br />

decennalia dei Cesari, contemporaneamente al dies imperii di Diocleziano, con una<br />

forzata anticipazione di quasi un anno rispetto al dies imperii di Massimiano, che<br />

sarebbe dovuto cadere nel 304.<br />

Si creò così una concordanza cronologica artificiosa, che con un preciso intento<br />

politico voleva sanzionare solennemente il sistema costituzionale tetrarchico,<br />

fondato sulla unità, sulla concordia e sulla successione pacifica al trono di coppie<br />

omogenee di Augusti e di Cesari. Infatti il 1 maggio del 305 avvenne la<br />

cerimonia congiunta dell’abdicazione dei due Augusti con la restituzione delle<br />

insegne del potere, davanti alla statua di Giove: Diocleziano a Nicomedia e<br />

Massimiano a Mediolanum.<br />

Quest’ultimo abdicò sotto la pressione di Diocleziano: le fonti menzionano<br />

apertamente il suo malcontento. Egli, allora, pur ritirandosi a vita privata, si stabilì<br />

non lontano da Roma per poter all’occorrenza intervenire: probabilmente al confine<br />

tra Campania e Lucania, nella zona di Salerno.<br />

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Fig. 2 A e Fig. 2 B (pag. successiva)<br />

Due aurei coniati (uno nella zecca di Roma) nel 288-293<br />

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La successione pacifica vagheggiata da Diocleziano si dimostrò subito un’utopia: la<br />

scelta di Severo, Cesare d’Occidente, e di Massimiano Daia, d’Oriente, fu un errore<br />

di valutazione politica, che provocò il subitaneo deterioramento dei rapporti tra i<br />

tetrarchi. Inoltre, i figli di Massimiano e di Costanzo Cloro, Massenzio e<br />

Costantino, si sentivano in diritto di vantare diritti di successione, secondo il<br />

principio dinastico radicato tra i militari, in pieno contrasto con il principio<br />

adottivo preferito da Diocleziano.<br />

Presto gli eventi precipitarono: in seguito alla morte ad Eburacum (York), il 25 luglio<br />

306, di Costanzo Cloro, suo figlio Costantino fu acclamato Augusto dalle truppe,<br />

ignorando il Cesare Severo. Galerio allora elevò Severo al ruolo di Augusto<br />

d’Occidente, riconoscendo a Costantino il ruolo di Cesare.<br />

A Roma Massenzio, considerato il legittimo erede al trono, il 28 ottobre del 306,<br />

assunse il titolo di princeps invictus, richiamando a Roma il padre in qualità di<br />

imperator Caesar Augustus.<br />

Severo, fallito il tentativo di assediare Roma nel marzo del 307, si rifugiò a Ravenna,<br />

dove, dopo aver restituito la porpora, morì nell’autunno del 307, ormai inutile<br />

intralcio ai vincitori.<br />

Intanto, all’inizio di aprile del 307, Costantino aveva sposato Fausta, la figlia minore<br />

di Massimiano, a lui promessa già da bambina: ciò avrebbe legato, secondo il<br />

principio dei matrimoni incrociati tra le famiglie dei tetrarchi, Costantino a<br />

Massimiano.<br />

Quest’ultimo, dopo un inutile tentativo di strappare la porpora imperiale dalle<br />

spalle del figlio Massenzio, strenuamente difeso dai soldati e dai pretoriani, fu<br />

costretto a fuggire da Roma e a rifugiarsi in Gallia dal genero Costantino, che, pur<br />

ospitandolo, considerò il suocero come homo privatus e non sostenne mai la sua<br />

causa: si limitò alla deferenza formale, senza i sostanziali aiuti militari, necessari per<br />

consolidarne la posizione.<br />

Per trovare una soluzione alla crisi dell’Occidente, nel novembre del 308, fu indetto<br />

un congresso a Carnuntum (Illirico), in cui Diocleziano, accordatosi con Galerio,<br />

costrinse Massimiano ad abdicare nuovamente. Poco dopo, Licinio fu proclamato il<br />

nuovo Augusto dell’Occidente.<br />

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La sollevazione dei Franchi fornì a Massimiano l’occasione per un nuovo tentativo<br />

di rivolta: mentre Costantino era occupato a sedare la rivolta, Massimiano ad Arles<br />

assunse per la terza volta la porpora. Rimasto, però, senza appoggio militare, fuggì<br />

alla volta di Marsiglia, dove Costantino lo raggiunse con le sue truppe.<br />

Furono i militari stessi a tradire Massimiano, aprendo le porte della città e<br />

consegnandolo al suo destino. Massimiano cercò fino all’ultimo di non arrendersi,<br />

arrivando perfino ad ordire un attentato contro il genero con l’aiuto della figlia<br />

Fausta, ma avvertito da quest’ultima, Costantino si fece sostituire da un eunuco,<br />

cogliendo il suocero sul fatto.<br />

Queste ultime tragiche vicende sono piuttosto confuse: certamente si può<br />

confermare la partecipazione di Fausta e l’estremo, disperato, tentativo di<br />

Massimiano. Poco dopo (agli inizi del 310 a Marsiglia), fu trovato appeso alla trave<br />

della sua camera: si uccise (o fu ucciso), impiccandosi.<br />

Costantino probabilmente si trovò nella necessità di eliminare il suocero per<br />

mettersi al sicuro da qualsiasi altro complotto. Forse alla fine ci fu anche un<br />

riavvicinamento tra Massimiano e Massenzio, avendo entrambi come nemico<br />

comune Costantino. Secondo l’autore dell’Epitome de Caesaribus morì all’età di<br />

sessant’anni.<br />

Qualche tempo dopo la morte, Massenzio proclamò Massimiano divus, attribuendo<br />

la responsabilità della sua tragica fine a Costantino. La damnatio memoriae venne<br />

decretata più tardi, quando Costantino scese in Italia per lo scontro decisivo contro<br />

Massenzio. Sembra anzi che sia stato proprio il Senato di Roma a sancire, dopo la<br />

vittoria di Ponte Milvio (28 ottobre 312), in omaggio al vincitore, la condanna di<br />

Massenzio e quella di suo padre.<br />

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Fig. 3 - Rappresentazione dei Tetrarchi sulle coppie di colonne porfiretiche,<br />

inserite nell’angolo sud-ovest della facciata meridionale della Basilica<br />

di S. Marco, a Venezia. .<br />

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Fig. 4 A - Diocleziano e Galerio<br />

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Fig. 4 B - Costanzo Cloro e Massimiano<br />

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Fig. 5 A - Costanzo Cloro<br />

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Fig. 5 B - Diocleziano<br />

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Solo in un secondo momento probabilmente il corpo di Massimiano fu traslato a<br />

Milano, sua residenza preferita, dove è probabile che si fosse fatto costruire un<br />

mausoleo. Dalle fonti sappiamo che, in conseguenza della condanna alla damnatio<br />

memoriae, furono abbattute le statue e i ritratti di Massimiano e le iscrizioni che lo<br />

menzionavano: questo è un dato importante per la ricostruzione dell’identità storica<br />

ed iconografica dell’Augusto di Occidente.<br />

In effetti le uniche immagini certe di Massimiano sono quelle monetali, mentre dei<br />

ritratti scultorei attribuitigli, nessuna identificazione risulta sicura ed accettata con<br />

unanimità dalla comunità scientifica.<br />

Le difficoltà di identificazione sono aggravate dalla nuova temperie formale<br />

tardoantica, che nella costruzione dei volumi prediligeva forme stereometriche, a<br />

massa compatta, e nella resa fisionomica semplificava ed affievoliva i tratti facciali<br />

sulla superficie del blocco, disponendoli secondo le regole della simmetria e<br />

dell’uguaglianza, intorno al punto focale costituito dallo sguardo.<br />

I ritratti imperiali tetrarchici, perciò, ci appaiono come immagini spersonalizzate: gli<br />

imperatori diventano tutti uguali, in perfetta sintonia con il programma politico<br />

dioclezianeo, che pone alla base della costruzione tetrarchica la concordia e l’unità<br />

imperiale, entrambe dipendenti dalla perfetta similitudo dei tetrarchi, poiché la<br />

somiglianza è l’immagine stessa della loro concordia. Inoltre, in questo periodo al<br />

fenomeno della similitudo si affianca quello dello scambio di effigie tra i tetrarchi;<br />

alcune zecche creano perfino tipi generici (le cd. effigi banali) copiati da altre<br />

monete e adattabili ad ogni dinasta.<br />

Nonostante ciò, le immagini monetali di riferimento per Massimiano rimangono<br />

quelle coniate nelle zecche occidentali dell’Impero, in quella parte cioè sotto il suo<br />

diretto governo: esse appaiono più individualizzate e attendibili.<br />

In questi ritratti Massimiano è rappresentato sempre in età avanzata e, nelle ultime,<br />

già con aspetto senile. Egli si caratterizza, distinguendosi da Diocleziano (FIGG.1A e<br />

1B), per la sagoma più massiccia e pesante, per gli occhi rotondi, il mento forte e<br />

prominente, le guance ricoperte da un collare di barba, il collo possente e massiccio.<br />

La fronte è bassa e rugosa, leggermente svasata verso l’alto, il naso breve e all’insù,<br />

mentre gli occhi hanno la palpebra superiore molto arcuata.<br />

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Figg. 6 / 7A / 7B - Coppia di tetrarchi (Diocleziano e Massimiano).<br />

Gruppo scultoreo conservato presso la Biblioteca Vaticana<br />

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I tratti rivelano un aspetto brutale e rozzo, concordante con la descrizione lasciataci<br />

dai cronisti e in armonia con il carattere rude descritto da Lattanzio (FIGG.2A e<br />

2B). Gli stessi principi di uniformità fisionomica e di forte astrazione geometrica<br />

caratterizzano anche la ritrattistica plastica tetrarchica.<br />

Per simboleggiare la coesione di tutto l’impero, pur nella divisione territoriale, i<br />

tetrarchi si fanno rappresentare in gruppo, allacciati in uno stretto abbraccio, come<br />

sulle coppie di colonne porfiretiche conservate a Venezia, inserite nell’angolo sudovest<br />

della facciata meridionale della Basilica di S. Marco (FIGG. 3), e nella<br />

Biblioteca Vaticana. Le prime provengono dal complesso monumentale del<br />

Philadelphion di Costantinopoli (come rivela il ritrovamento del piede mancante di<br />

una figura del gruppo), da dove furono prelevate dai Veneziani durante la IV<br />

Crociata nel 1204.<br />

Esse presentano i quattro personaggi in un identico costume militare, composto dal<br />

paludamentum e dalla corazza attraversata da una ricca cintura gemmata, e reggono<br />

ognuno nella mano sinistra una lunga spada con manico a testa di aquila e fodero<br />

tempestato di gemme.<br />

Indossano il pileus pannonicus, il tipico cappello cilindrico che Eutropio (storico del<br />

IV secolo) ci dice introdotto da Diocleziano. I visi, simili l’uno all’altro, sono<br />

costruiti geometricamente, con volti ovali, occhi a mandorla, pesantemente delineati<br />

e sormontati da sopracciglia drammaticamente arcuate. Rughe profonde solcano<br />

con linee orizzontali la fronte, verticali la radice del naso.<br />

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I capelli sono a calotta unitaria liscia, con netta demarcazione sulla fronte e sulle<br />

tempie. La barba corta, con brevi tratti incisi, è portata solo dal tetrarca di sinistra:<br />

quello più anziano, l’Augusto. Nuova è l’iconografia dell’abbraccio: con tale gesto,<br />

oltre al concetto di Concordia augustorum e di fratellanza, si vuole alludere<br />

all’ordinato equilibrio delle successioni, al regolare trapasso dei poteri dagli Augusti<br />

ai Cesari, su cui si basa la stabilità dell’impero.<br />

Gli studiosi hanno proposto di riconoscere nel gruppo del lato est: Galerio, glabro, e<br />

Diocleziano, barbato; nell’altro gruppo sul lato nord, invece, Costanzo Cloro e<br />

Massimiano (FIGG. 4A / 4B e 5A / 5B): l’immagine, con l’ovale corto e di forma<br />

larga e appiattita, la fronte bassa, il collo tozzo e massiccio e la mascella quadrata,<br />

riflette abbastanza da vicino le fattezze di Massimiano sulle monete occidentali.<br />

Collegato al gruppo di Venezia è l’analogo gruppo conservato nella Biblioteca<br />

Vaticana (FIGG. 6 e 7A / 7B): probabile è la provenienza delle due colonne gemelle<br />

dal tempio del Sole di Aureliano (tra piazza S. Silvestro e via del Corso) a Roma.<br />

Secondo la maggioranza degli studiosi una coppia raffigura i due Augusti, l’altra i<br />

Cesari. Nel gruppo vaticano l’unico elemento distintivo non è la barba, essendo tutti<br />

e quattro i personaggi barbati, ma la presenza in una coppia di rughe profonde sulla<br />

fronte, probabilmente connotanti la loro maggiore età ed esperienza: si tratterebbe<br />

allora degli Augusti, Diocleziano e Massimiano.<br />

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Fig. 8 - Testa barbata di marmo bianco attribuita a Massimiano<br />

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Altri ritratti sono stati attribuiti a Massimiano anche dalla critica più recente, ma,<br />

nonostante i numerosi tentativi, le uniche testimonianze certe, escludendo le teste<br />

generiche dei gruppi porfiretici, rimangono soltanto quelle monetali, poiché nessun<br />

ritratto plastico del rude, ma tenace tetrarca di Occidente sembra potersi identificare<br />

con assoluta certezza.<br />

Tutti e quattro i personaggi recano una corona di alloro e stringono un globo nella<br />

mano sinistra. I corpi, tozzi e cubici, sono rappresentati frontalmente e senza<br />

riguardo per le forme anatomiche.<br />

Una testa barbata di marmo bianco, rinvenuta nella villa gallo-romana di Chiragan<br />

(Alta Garonna, Francia) e conservata nel Museo di Toulouse, è stata attribuita da<br />

alcuni a Massimiano: essa appartiene ad un gruppo di quattro ritratti, tutti di grandi<br />

dimensioni, che raffigurano, oltre all’uomo barbato, una donna, un bambino e una<br />

bambina: rispettivamente Massimiano (FIG. 8), Galeria Valeria Eutropia (FIG. 9),<br />

Massenzio (FIG. 10) e Galeria Valeria Massimilla (FIG. 11), figlia di Galerio, che<br />

sposò Massenzio nel 293.<br />

L’identificazione che più di qualsiasi altra ha riscosso il consenso degli studiosi è<br />

quella con il ritratto conservato nelle Civiche Raccolte Archeologiche di Milano<br />

(inv. A 1158) (FIG. 12), sebbene anche in questo caso non manchino pareri<br />

discordi. Si tratta, comunque, di un capolavoro della ritrattistica tardoantica, che<br />

rappresenta un uomo di età matura, ma ancora nel pieno vigore fisico.<br />

La qualità pregevole del modellato naturalistico del viso, le sue dimensioni maggiori<br />

del vero indicano che si tratta del ritratto di un imperatore, sebbene dobbiamo<br />

ricordare che le grandi dimensioni in questo periodo costituiscono un dato<br />

importante, ma non esclusivo della ritrattistica imperiale, essendo il formato<br />

monumentale un privilegio anche delle persone di alto rango.<br />

L’intensa espressività del volto, sottolineata dalla sobria rugosità di guance e fronte,<br />

si concentra nella zona oculare con lo sguardo rivolto obliquamente. La cronologia<br />

del pezzo oscilla tra il III e il V secolo; è stato anche considerato un falso moderno.<br />

Animata è la discussione sull’identificazione del personaggio raffigurato: secondo<br />

alcuni si tratterebbe di Massimino Trace (235-238), ma la maggioranza degli studiosi<br />

vi riconosce Massimiano Erculio.<br />

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Fig. 9 - Galeria Valeria Eutropia<br />

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Quest’ultima proposta è confortata dalla provenienza del pezzo dai dintorni di<br />

Milano, dove era la residenza dell’Augusto di Occidente e dalla congruenza con le<br />

sue immagini monetali.<br />

ANNARENA AMBROGI<br />

NOTE<br />

[1] Per le notizie storiche ed iconografiche ricordiamo in particolare: Paulys<br />

Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft, XIV, 2, s.v. Maximianus<br />

Herculius, cc. 2486-2516 (Ensslin); Enciclopedia dell’Arte Antica, IV, s.v. Massimiano<br />

Erculio,pp. 921-923 (F.Panvini Rosati); R. Calza, Iconografia imperiale romana, Roma<br />

1972, pp. 119-131; A.Pasqualini, Massimiano Erculio. Per un’interpretazione della figura<br />

e dell’opera, Roma 1979.<br />

[2] Brevi cenni su Massimiano, ma di particolare valore, essendo le uniche<br />

narrazioni organiche sulla tetrarchia, sono contenuti nella Origo Constantini, da<br />

porre intorno al 337-360, e nei classici breviari di Aurelio Vittore (fu praefectus urbi<br />

nel 389, pubblicò le sue Historiae abbreviatae nel 360), di Eutropio (nei suoi Breviarii<br />

ab Urbe condita, dedicati all’imp. Valente (364-378) e dell’anonima Epitome de<br />

Caesaribus, sempre del IV secolo. Tra i bizantini dobbiamo ricordare Malalas (491-<br />

578), un siro ellenizzato del sec. VI, che compose un compendio di storia universale,<br />

però, spesso privo di senso critico.<br />

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Fig. 10 - Massenzio Fig. 11 - Galeria Valeria Massimilla<br />

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Fig. 12 B - Massimiano Erculio<br />

Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons<br />

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