Il Museo Archeologico Nazionale di Nuoro - Sardegna Cultura
Il Museo Archeologico Nazionale di Nuoro - Sardegna Cultura
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IL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE<br />
DI NUORO
In copertina<br />
Orune, Nuraghe Lulla. Figura in bronzo <strong>di</strong> offerente cantore.<br />
E<strong>di</strong>tor Susy Lella<br />
Impaginazione Stefania Marras<br />
Nuova e<strong>di</strong>zione 2006<br />
ISBN 88-7138-386-9<br />
Pubblicazione realizzata con il contributo del<br />
© Copyright 2006 by Carlo Delfino e<strong>di</strong>tore, Via Rolando 11/A, Sassari<br />
S.p.A.
17<br />
SARDEGNA ARCHEOLOGICA<br />
Carlo Delfino e<strong>di</strong>tore<br />
Guide e Itinerari<br />
<strong>Il</strong> <strong>Museo</strong> <strong>Archeologico</strong> <strong>Nazionale</strong><br />
<strong>di</strong> NUORO<br />
Maria Ausilia Fadda
STORIA DEL MUSEO<br />
<strong>Il</strong> <strong>Museo</strong> <strong>Archeologico</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong> è stato inaugurato il<br />
20 luglio 2002. La donazione al Ministero per i Beni e le Attività<br />
<strong>Cultura</strong>li da parte del Comune <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong> del palazzo appartenuto a<br />
Giorgio Asproni, ha consentito il trasferimento dei materiali archeologici<br />
dalla sede del vecchio <strong>Museo</strong> Speleo <strong>Archeologico</strong> in via Leonardo<br />
Da Vinci che fu inaugurato il 23 ottobre 1978 in occasione<br />
della XXII Riunione dell’Istituto Italiano <strong>di</strong> Preistoria e Protostoria.<br />
L’intensa attività degli speleologi del Gruppo Grotte Nuorese, che<br />
aveva portato ad importanti ritrovamenti <strong>di</strong> materiali d’interesse<br />
paleontologico e archeologico, fu determinante per la realizzazione<br />
del primo nucleo del <strong>Museo</strong> civico che conteneva la Collezione<br />
Comunale, raccolta agli inizi del 1900, costituita da un centinaio <strong>di</strong><br />
oggetti <strong>di</strong> epoca nuragica, ellenistica, romana e alto me<strong>di</strong>evale e una<br />
raccolta <strong>di</strong> 200 monete <strong>di</strong> epoche <strong>di</strong>verse. L’entusiasmo per un evento<br />
culturale così importante per la città <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong> spinse molti collezionisti<br />
privati a donare o a depositare gruppi <strong>di</strong> materiali archeologici<br />
<strong>di</strong> rilevante interesse scientifico e documentario, illustrati poi in<br />
un catalogo e<strong>di</strong>to in occasione della mostra del 1978. L’istituzione<br />
della sede della Soprintendenza Archeologica a <strong>Nuoro</strong>, il 15 gennaio<br />
del 1981, ha regolamentato la gestione del museo utilizzando personale<br />
<strong>di</strong> custo<strong>di</strong>a statale ed ha favorito un’intensa attività <strong>di</strong> ricerca in<br />
tutto il territorio della provincia. La ricerca archeologica, avviata<br />
prevalentemente a scopo <strong>di</strong> tutela, ha portato all’ acquisizione <strong>di</strong><br />
nuovi e copiosi materiali archeologici che non potevano essere esposti<br />
nel <strong>Museo</strong>, allocato in una sede inadeguata del piano terra delle<br />
scuole elementari Fer<strong>di</strong>nando Podda. Nel 1993 il museo venne chiuso<br />
definitivamente dopo <strong>di</strong>versi furti, per l’entrata in vigore delle<br />
nuove normative sulla sicurezza e l’impossibilità <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare i<br />
locali scolastici.<br />
La nuova esposizione è attualmente concentrata nel piano terra in<br />
attesa che i piani superiori del palazzo vengano adeguati ad uso<br />
museale.<br />
La guida del nuovo <strong>Museo</strong> è stata realizzata con il contributo del<br />
Banco <strong>di</strong> <strong>Sardegna</strong> che ha sempre mostrato grande sensibilità alla <strong>di</strong>vulgazione<br />
del patrimonio archeologico e storico-artistico dell’Isola.<br />
5
Si accede alle sale del <strong>Museo</strong> da un ampio giar<strong>di</strong>no che ha conservato<br />
la <strong>di</strong>sposizione originaria degli spazi che rispondeva alle<br />
esigenze <strong>di</strong> una importante casa padronale <strong>di</strong> fine Ottocento. La<br />
mancanza <strong>di</strong> spazi espositivi adeguati alla grande quantità <strong>di</strong> materiali<br />
acquisiti in tanti anni <strong>di</strong> ricerche archeologiche ha portato alla<br />
scelta dei materiali più significativi dei vari perio<strong>di</strong> e a destinare<br />
maggiore spazio alla ricostruzione <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> culto <strong>di</strong> epoca nuragica<br />
de<strong>di</strong>cati alla <strong>di</strong>vinità delle acque. Ampio spazio è stato de<strong>di</strong>cato<br />
agli aspetti sconosciuti dell’architettura, del costume, del<br />
gusto estetico e della vanità dei protosar<strong>di</strong> delle zone interne che si<br />
manifesta nella cura dei manufatti ma soprattutto negli oggetti<br />
d’ornamento personale.<br />
Nella prima sala <strong>di</strong> accoglienza per il pubblico è collocato un grande<br />
totem con un pannello cronologico che illustra i vari perio<strong>di</strong> della<br />
preistoria, della protostoria, e della storia con i riferimenti specifici<br />
delle <strong>di</strong>verse culture. Per facilitare la comprensione della cronologia<br />
le varie culture sono state esemplificate con oggetti in esposizione<br />
all’interno delle sale.<br />
MARIA AUSILIA FADDA<br />
MARISA ARCA, CATERINELLA TUVERI<br />
LA SEZIONE DI PALEONTOLOGIA<br />
La Sezione Paleontologica occupa la prima sala del <strong>Museo</strong> dove<br />
vengono presentati reperti provenienti dal giacimento paleontologico<br />
a vertebrati del Monte Tuttavista (Orosei, <strong>Sardegna</strong> centro-orientale)<br />
e della Grotta Corbeddu (Oliena, <strong>Sardegna</strong> centrale). Pannelli <strong>di</strong>dattici<br />
illustrano le <strong>di</strong>verse fasi <strong>di</strong> recupero dei fossili e la cronologia dei<br />
vari complessi faunistici del giacimento.<br />
<strong>Il</strong> giacimento<br />
L’area d’interesse paleontologico è ubicata a sud-ovest dell’abitato<br />
<strong>di</strong> Orosei, alle pen<strong>di</strong>ci orientali del Monte Tuttavista, nelle località<br />
denominate Canale Longu, Oroe e Santa Rughe, a quota compresa tra<br />
i 200 e 75 metri s.l.m. <strong>Il</strong> giacimento del Monte Tuttavista si trova<br />
6
all’interno <strong>di</strong> una vasta area, attualmente destinata a comparto estrattivo<br />
e a stabilimenti <strong>di</strong> lavorazione del materiale lapideo. L’attività <strong>di</strong><br />
cava, che si svolge a cielo aperto, mette in luce numerose cavità carsiche<br />
spesso colmate da se<strong>di</strong>menti argillosi e brecce che contengono<br />
resti fossili <strong>di</strong> vertebrati.<br />
<strong>Il</strong> controllo continuo dell’attività <strong>di</strong> cava, da parte <strong>di</strong> tecnici specializzati<br />
della Soprintendenza Archeologica, ha permesso il recupero<br />
del riempimento fossilifero <strong>di</strong> numerose cavità e fessure, che, veri<br />
e propri giacimenti paleontologici, hanno restituito un’ingente quantità<br />
<strong>di</strong> reperti (ad oggi il numero dei reperti recuperati supera gli<br />
80.000), <strong>di</strong> notevole interesse per la varietà dei taxa presenti e per lo<br />
stato <strong>di</strong> conservazione, generalmente buono.<br />
La fauna<br />
<strong>Il</strong> giacimento offre una ricca documentazione riferita a cinque<br />
classi <strong>di</strong> vertebrati: Pesci ossei, Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi.<br />
Dal punto <strong>di</strong> vista cronologico questi resti documentano un arco <strong>di</strong><br />
tempo compreso tra il Pliocene superiore e l’Olocene.<br />
I pesci sono presenti con alcune specie <strong>di</strong> ambiente marino, tipiche<br />
<strong>di</strong> acque poco profonde e <strong>di</strong> praterie a posidonia. È stata riconosciuta<br />
la presenza <strong>di</strong> alcuni labri<strong>di</strong> e precisamente del tordo nero, tordo<br />
marvizzo, donzella, <strong>di</strong> uno sciarrano e <strong>di</strong> un rappresentante della<br />
famiglia dei Ga<strong>di</strong><strong>di</strong>.<br />
<strong>Il</strong> rinvenimento <strong>di</strong> pesci fossili in un contesto <strong>di</strong>verso dal loro habitat<br />
in<strong>di</strong>ca la presenza <strong>di</strong> specie predatrici, a <strong>di</strong>eta anche pescivora,<br />
come le lontre e gli uccelli.<br />
I giacimenti <strong>di</strong> Orosei, per quanto riguarda gli anfibi e i rettili (tra<strong>di</strong>zionalmente<br />
stu<strong>di</strong>ati insieme e raggruppati in un’unica categoria:<br />
l’erpetofauna), si sono rivelati essere fra i più ricchi d’Italia, sia in<br />
termini d’abbondanza dei materiali sia <strong>di</strong> <strong>di</strong>versità della fauna. Sino<br />
ad ora sono stati stu<strong>di</strong>ati circa 17.000 resti attribuibili a 14 taxa, <strong>di</strong> cui<br />
quattro <strong>di</strong> anfibi e <strong>di</strong>eci <strong>di</strong> rettili.<br />
I resti attribuibili agli anfibi sono rappresentati soprattutto da vertebre<br />
e a tutt’oggi sono state identificate quattro specie: il <strong>di</strong>scoglosso<br />
sardo (Discoglossus sardus), il rospo smeral<strong>di</strong>no (Bufo viri<strong>di</strong>s), la<br />
raganella comune (Hyla arborea) e un geotritone (Speleomantes).<br />
Tutte le forme sono presenti attualmente in <strong>Sardegna</strong> e rappresenta-<br />
7
no specie endemiche rigidamente protette. I geotritoni vivono in<br />
ambienti cavernicoli e ricchi d’umi<strong>di</strong>tà; il <strong>di</strong>scoglosso sardo, presente<br />
in tutti i complessi montuosi dell’Isola, pre<strong>di</strong>lige ambienti fluviali,<br />
così come la raganella, <strong>di</strong>ffusa anche in ambienti boschivi e <strong>di</strong><br />
macchia me<strong>di</strong>terranea.<br />
I rettili sono presenti con 10 specie, una testuggine simile alla<br />
testuggine <strong>di</strong> Hermann (Testudo cf. T. hermanni), un geco non meglio<br />
determinabile (Gekkonidae), una piccola lucertola (Podarcis sp.), una<br />
lucertola <strong>di</strong> taglia me<strong>di</strong>a, comparabile a quella del ramarro (Lacerta<br />
sp.), una lucertola della famiglia Agamidae (Agama s.l.), rettili particolarmente<br />
adattati alla vita in ambienti ari<strong>di</strong> aperti, rocciosi e sabbiosi,<br />
la cui presenza viene in genere considerata come un’in<strong>di</strong>cazione<br />
<strong>di</strong> paleoambienti relativamente secchi. Sono inoltre presenti<br />
un’anfisbena (Amphisbaenia indet.), ossia una lucertola strisciante<br />
con arti estremamente ridotti, una biscia d’acqua (Natrix sp.), una<br />
vipera (Vipera sp.), dei colubri<strong>di</strong> e in generale serpenti indeterminati<br />
(Colubrines indet. e Serpentes indet.), il cui stu<strong>di</strong>o potrebbe ancora<br />
riservare interessanti sorprese.<br />
L’erpetofauna <strong>di</strong> Orosei ha consentito <strong>di</strong> scoprire che in passato<br />
vivevano in <strong>Sardegna</strong> alcune forme attualmente estinte sull’Isola: è il<br />
caso dei lacerti<strong>di</strong> <strong>di</strong> taglia me<strong>di</strong>a, delle agame e della vipera, a cui<br />
possono essere aggiunte le anfisbene, che sino ad ora sono state citate<br />
solo in un’altra località sarda. Agame e anfisbene sono attualmente<br />
estinte anche nella penisola italiana.<br />
L’avifauna è rappresentata da un consistente numero <strong>di</strong> reperti provenienti<br />
da quasi tutte le fessure. Sono stati in<strong>di</strong>viduati almeno 24<br />
taxa, <strong>di</strong> cui alcuni estinti. Sono presenti specie tipiche <strong>di</strong> ambienti<br />
rocciosi, come Aquila sp., Bubo cf. insularis, Athene sp., Pyrrhocorax<br />
graculus, Pyrrhocorax sp. e forme che in<strong>di</strong>cano la presenza <strong>di</strong><br />
palu<strong>di</strong> in zone non lontane dal Monte Tuttavista, come gli Anati<strong>di</strong> e i<br />
Ralli<strong>di</strong>.<br />
Sala I<br />
L’esposizione privilegia i reperti più importanti e significativi per<br />
la conoscenza e lo stu<strong>di</strong>o delle faune insulari endemiche, relativo alla<br />
classe dei Mammiferi.<br />
8
Vetrina n. 1<br />
De<strong>di</strong>cata ai Carnivori. Si osserva in primo piano il cranio <strong>di</strong> uno<br />
ienide del genere Chasmaporthetes, uno dei primi reperti rinvenuti<br />
dal naturalista G. Mele nel 1995, una novità assoluta non solo per la<br />
<strong>Sardegna</strong>, ma per il complesso delle faune endemiche insulari.<br />
<strong>Il</strong> genere Chasmaporthetes è il più raro tra gli ieni<strong>di</strong> presenti nelle<br />
località Plio-Pleistoceniche dell’Europa. Esso comunque presenta un<br />
ampio areale <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione nel Continente Euroasiatico (dalla<br />
Francia alla Cina). È inoltre da ricordare che Chasmaporthetes è l’unico<br />
rappresentante della famiglia ad aver attraversato lo Stretto <strong>di</strong><br />
Bering entrando a far parte delle associazioni faunistiche del Nord<br />
America.<br />
Chasmaporthetes presenta peculiari adattamenti, sia nello scheletro<br />
che nella dentatura. Lo scheletro denota un adattamento alla<br />
corsa, tipico dei felini, mentre nella dentatura il quarto premolare<br />
inferiore presenta una forma simmetrica che lo rende praticamente<br />
in<strong>di</strong>stinguibile da quella del genere Acinonyx, il ghepardo, <strong>di</strong> cui la<br />
specie Acinonyx Par<strong>di</strong>nensis era ampiamente <strong>di</strong>ffusa nel Plio-Pleistocene.<br />
Queste caratteristiche in<strong>di</strong>cano che Chasmaporthetes era<br />
adattato ad una caccia attiva, piuttosto che essere necrofago come gli<br />
altri ieni<strong>di</strong>, per questo motivo è stato incluso nel gruppo delle cosidette<br />
iene cacciatrici “hunting hyaenas”.<br />
La presenza <strong>di</strong> carnivori <strong>di</strong> grande taglia nelle associazioni insula-<br />
Fig. 1. Orosei,<br />
Monte Tuttavista.<br />
Cranio <strong>di</strong><br />
Chasmaporthetes<br />
nuova specie.<br />
9
i rappresenta una “eccezione”.<br />
In alto, a sinistra, si trovano un cranio completo con le man<strong>di</strong>bole<br />
in connessione anatomica e un cranio, <strong>di</strong> cui si conserva solo la parte<br />
superiore, appartenenti a due in<strong>di</strong>vidui della famiglia dei musteli<strong>di</strong>:<br />
Pannonictis sp.<br />
La famiglia Mustelide costituisce la maggior parte dei carnivori<br />
presenti attualmente in Europa e la varietà che si osserva nelle associazioni<br />
<strong>di</strong> oggi non trova riscontro nella documentazione fossile. I<br />
resti dei musteli<strong>di</strong> infatti, soprattutto per le forme relativamente fragili<br />
e <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni come donnola, ermellino e puzzola, costituiscono<br />
una parte minore del record fossile.<br />
<strong>Il</strong> genere Pannonictis è stato istituito da Kormos nel 1931 per i<br />
resti fossili <strong>di</strong> un mustelide <strong>di</strong> grande taglia rinvenuto in riempimenti<br />
<strong>di</strong> fessure carsiche in Ungheria. I rappresentanti <strong>di</strong> questo gruppo<br />
<strong>di</strong> piccoli carnivori sono comunque già presenti in Cina a partire dal<br />
Miocene superiore e presentano un’ampia <strong>di</strong>ffusione in Europa<br />
durante il Plio-Pleistocene.<br />
Fig. 2. Orosei, Monte Tuttavista. Cranio <strong>di</strong> Pannonictis.<br />
10
Sulla base della morfologia del cranio, Pannonictis mostra affinità<br />
con le specie riunite nella sottofamiglia Galictinae, che è attualmente<br />
rappresentata in Sud America dal genere Galictis, più comunemente<br />
noto come grisone.<br />
I musteli<strong>di</strong> si nutrono essenzialmente <strong>di</strong> carne, come piccoli ro<strong>di</strong>tori,<br />
rettili e uccelli, anche se sono note alcune specie con adattamento<br />
alla <strong>di</strong>eta onnivora.<br />
In alto a destra sono esposte le emiman<strong>di</strong>bole (destra e sinistra) del<br />
canide endemico della <strong>Sardegna</strong>, il Cynotherium sardous; alla stessa<br />
specie appartiene il cranio ancora parzialmente inglobato nel se<strong>di</strong>mento<br />
<strong>di</strong> cui è ben visibile il lato destro.<br />
Cynotherium sardous, descritto da Stu<strong>di</strong>ati nel 1857 su materiale<br />
rinvenuto a Monreale <strong>di</strong> Bonaria (Cagliari), è una delle specie meglio<br />
rappresentata nelle associazioni endemiche del Pleistocene superiore<br />
della <strong>Sardegna</strong>. Tuttavia, nonostante presenti una <strong>di</strong>screta documentazione<br />
fossile, non è ancora chiaro da quale canide presente nelle<br />
aree continentali, durante il Pleistocene, sia derivato.<br />
Fig. 3. Orosei, Monte Tuttavista. Man<strong>di</strong>bole <strong>di</strong> Cynotherium sardous.<br />
11
Stu<strong>di</strong> recenti hanno evidenziato che Cynotherium presenta analogie<br />
con il gruppo degli sciacalli e del coyote, anche se non è da escludere<br />
un legame con gli antenati europei del licaone, un canide attualmente<br />
<strong>di</strong>ffuso solamente nell’Africa sub-sahariana.<br />
È stato ipotizzato che Cynotherium sardous si nutrisse in particolare<br />
dell’octonide Prolagus, come suggerito dal fatto che queste due<br />
specie sono frequentemente associate nelle località fossilifere della<br />
<strong>Sardegna</strong>.<br />
Vetrine nn. 2 e 3<br />
Sono esposti vari crani e parti dello scheletro postcraniale <strong>di</strong> Bovi<strong>di</strong><br />
del genere Nesogoral, alcuni reperti ancora inglobati nella breccia<br />
sono in connessione anatomica.<br />
Si tratta <strong>di</strong> forme endemiche caratterizzate da piccole corna dritte,<br />
rivolte all’in<strong>di</strong>etro, muso piuttosto corto, man<strong>di</strong>bola massiccia, denti<br />
ipsodonti. Questi bovi<strong>di</strong> attualmente attribuiti alla sola specie Nesogoral<br />
melonii presentano affinità con le “capre selvatiche” asiatiche,<br />
sopratutto del genere Nemorhaedus.<br />
I resti più antichi, riferibili a più <strong>di</strong> quattro milioni <strong>di</strong> anni fa, sono<br />
12<br />
Fig. 4. Orosei, Monte Tuttavista.<br />
Cranio <strong>di</strong> Nesogoral melonii.
presenti in depositi lagunari e <strong>di</strong> spiaggia che affiorano nella <strong>Sardegna</strong><br />
centro-occidentale, a Capo Mannu e a Mandriola, mentre quelli più noti<br />
e stu<strong>di</strong>ati provengono invece dalle brecce ossifere <strong>di</strong> Capo Figari (Golfo<br />
Aranci) ed hanno un’età <strong>di</strong> circa 1,9 milioni <strong>di</strong> anni.<br />
La specie Antilope (Nemorhaedus) melonii fu istituita dal paleontologo<br />
francese Dehaut nel 1911, proprio per un cranio, attualmente<br />
conservato presso il <strong>Museo</strong> <strong>di</strong> Paleontologia dell’Università <strong>di</strong> Torino,<br />
che era stato scoperto nelle brecce delle fessure carsiche <strong>di</strong> Capo<br />
Figari. Negli anni ’70, ricercatori dell’Università <strong>di</strong> Roma “La<br />
Sapienza” effettuarono ulteriori ricerche a Capo Figari, i nuovi resti<br />
del bovide, costituirono la base degli stu<strong>di</strong> effettuati da Gliozzi e<br />
Malatesta (1980), che hanno portato all’istituzione del nuovo genere<br />
Nesogoral.<br />
Nelle brecce fossilifere <strong>di</strong> Monte Tuttavista (Orosei) sono presenti<br />
più bovi<strong>di</strong>, probabilmente appartenenti ad almeno due generi ed a<br />
tre-quattro <strong>di</strong>verse specie, attualmente in corso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o.<br />
L’antenato, o gli antenati dei piccoli bovi<strong>di</strong> sar<strong>di</strong> hanno colonizzato<br />
l’Isola probabilmente durante il Messiniano, in un periodo in cui gran<br />
parte dell’area attualmente occupata dal Mar Me<strong>di</strong>terraneo era emersa.<br />
Vetrina n. 4<br />
Questa vetrina documenta la presenza nei giacimenti del Monte<br />
Tuttavista, <strong>di</strong> una specie, Megaceroides cazioti, ampiamente rap-<br />
Fig. 5. Orosei,<br />
Monte Tuttavista.<br />
Cranio <strong>di</strong><br />
Megaceros<br />
cazioti.<br />
13
presentata nei depositi del Pleistocene superiore della <strong>Sardegna</strong>,<br />
soprattutto in eolianiti ed in depositi <strong>di</strong> origine carsica: fessure o<br />
grotte.<br />
Megaceroides cazioti è caratterizzato da corna molto sviluppate,<br />
che possono raggiungere <strong>di</strong>mensioni comparabili a quelle dell’altezza<br />
al garrese (80-110 cm). La ricchezza <strong>di</strong> reperti ascrivibili a questa<br />
specie consente <strong>di</strong> osservare che, nel corso della sua permanenza nell’Isola,<br />
ha manifestato una riduzione <strong>di</strong> taglia e un adattamento a<br />
muoversi anche su suoli rocciosi.<br />
Era una specie che frequentava le zone costiere, avventurandosi<br />
sulle dune alla ricerca del sale in pozze d’acqua marina.<br />
<strong>Il</strong> cervo endemico della <strong>Sardegna</strong> e della Corsica, <strong>di</strong>scende da<br />
gran<strong>di</strong> cervi<strong>di</strong> continentali, alti più <strong>di</strong> due metri al garrese, del gruppo<br />
<strong>di</strong> Megaceroides verticornis che annovera forme presenti in Europa<br />
da oltre un milione a circa quattrocentomila anni fa.<br />
Vetrina n. 5<br />
<strong>Il</strong> <strong>di</strong>orama ricostruisce l’ambiente in cui si osservano i modelli<br />
ideali <strong>di</strong> alcune specie d’insettivori e arvicole, attualmente estinti,<br />
particolarmente abbondanti nei giacimenti paleontologici del Monte<br />
Tuttavista.<br />
In primo piano sono presenti vari reperti fossili appartenenti alle<br />
stesse specie rappresentate: Talpa sp., Nesiotites sp., Tyrrhenicola<br />
henseli.<br />
Vetrina n. 6<br />
I primi resti <strong>di</strong> Macaca fossile della <strong>Sardegna</strong> furono raccolti<br />
durante gli scavi condotti a Capo Figari da Forsyth Major e<br />
Dehaut, tra il 1910 e il 1914. In aggiunta al materiale rinvenuto in<br />
questa località si conosce un cranio appartenente ad un in<strong>di</strong>viduo<br />
giovanile rinvenuto negli anni ’60 a Is Oreris, presso Fluminimaggiore<br />
(CA).<br />
I rappresentanti <strong>di</strong> questa specie presentano una taglia paragonabile<br />
a quella delle più piccole macache attualmente viventi nelle<br />
aree insulari e peninsulari del sud-est asiatico.<br />
I depositi del giacimento <strong>di</strong> Orosei hanno restituito un campione<br />
decisamente abbondante della macaca endemica del Plio-Plei-<br />
14
stocene sardo. Analogamente al giacimento <strong>di</strong> Capo Figari, tra i<br />
resti rinvenuti ad Orosei dominano quelli appartenenti ad in<strong>di</strong>vidui<br />
giovani, spesso anche infantili. Per spiegare questa particolare<br />
abbondanza <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui giovani, è stata ipotizzata come causa dell’accumulo,<br />
l’azione predatoria da parte <strong>di</strong> rapaci <strong>di</strong>urni <strong>di</strong> grande<br />
taglia.<br />
Tutte le specie attuali del genere Macaca sono largamente vegetariane<br />
e si cibano <strong>di</strong> foglie, frutti, semi, fiori, anche se tutte integrano<br />
la loro <strong>di</strong>eta con insetti, uova e piccoli vertebrati.<br />
Fig. 6. Orosei,<br />
Monte<br />
Tuttavista.<br />
Cranio <strong>di</strong><br />
Macaca<br />
majori.<br />
15
Vetrina n. 7<br />
L’intera vetrina contiene il <strong>di</strong>orama della Valle <strong>di</strong> Lanaitto (Oliena)<br />
che illustra l’ambiente naturale relativo al Pleistocene superiore, realizzato<br />
sulla base della documentazione paleontologica dello scavo<br />
nella Grotta Corbeddu. In primo piano, sulla sinistra, si osserva l’uomo,<br />
durante un momento <strong>di</strong> caccia al cervo Megaceros cazioti, una<br />
delle specie presenti in quel periodo nella valle e documentata anche<br />
in varie località della <strong>Sardegna</strong>.<br />
La parte centrale è de<strong>di</strong>cata alla specie Prolagus sardus, molto<br />
abbondante nel deposito della grotta e in tutti i giacimenti paleontologici<br />
Plio-Quaternari.<br />
In associazione a questa specie si osserva il canide, Cynotherium<br />
sardous e due ro<strong>di</strong>tori Tyrrhenicola henseli e Ragamys orthodon,<br />
attualmente estinti, che appartengono a due <strong>di</strong>verse famiglie, rispettivamente<br />
a quella delle arvicole e a quella dei topi selvatici.<br />
Fig. 7. Oliena. Ricostruzione della Valle <strong>di</strong> Lanaitto sulla base dei dati dello<br />
scavo della Grotta Corbeddu.<br />
16
Queste specie mostrano una caratteristica tipica dei micromammiferi<br />
che si evolvono in ambiente insulare: la tendenza all’aumento<br />
della taglia corporea.<br />
Le in<strong>di</strong>cazioni sul loro modo <strong>di</strong> vita vengono dedotte da osservazioni<br />
sui rappresentanti attuali che abitano la penisola italiana. Sulla<br />
base degli stu<strong>di</strong> effettuati, si pensa che Tyrrenicola henseli potesse<br />
essere una specie che viveva in spazi piuttosto aperti, mentre<br />
Ragamys orthodon fosse legato ad un ambiente più boscoso.<br />
Vetrina n. 8<br />
Nella stessa sala è stata ricomposta la stratigrafia della Grotta Corbeddu<br />
che si apre nelle pareti calcaree nella Valle <strong>di</strong> Lanaitto. Negli<br />
anni Ottanta del secolo scorso, il paleontologo olandese Paul Sondaar<br />
iniziò all’interno della grotta una ricerca sul Prolagus sardus. La<br />
vetrina espone uno scheletro e una ricostruzione del Prolagus, un<br />
Lagomorfo molto simile agli attuali conigli selvatici, che durante la<br />
preistoria costituiva ancora un’importante base alimentare per l’uomo.<br />
L’esplorazione della grotta mise in luce i resti ossei del Megaceros<br />
cazioti, un cervo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni vissuto nel Pleistocene, che<br />
all’interno della valle non sembra aver subito il fenomeno del nanismo,<br />
documentato fra le stesse specie animali nelle isole del Me<strong>di</strong>terraneo<br />
ed in altri contesti insulari. In associazione a questa specie<br />
era presente il canide, Cynotherium sardous e due ro<strong>di</strong>tori Tyrrhenicola<br />
henseli e Ragamys orthodon, attualmente estinti, appartenenti a<br />
due <strong>di</strong>verse famiglie, rispettivamente a quella delle arvicole e a quella<br />
dei topi selvatici.<br />
<strong>Il</strong> ritrovamento, per la prima volta in <strong>Sardegna</strong>, <strong>di</strong> un mascellare ed<br />
un temporale umano, fanno supporre che l’uomo stesso con l’attività<br />
<strong>di</strong> caccia, sostituendo i predatori naturali che non sono stati documentati<br />
fra i resti faunistici della valle, abbia consentito una selezione<br />
della specie impedendo al cervo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare nano.<br />
Lo scavo della grotta ha restituito una particolare industria litica in<br />
calcare locale, composta da raschiatoi, bulini ed altri strumenti scheggiati<br />
che nell’esposizione vengono illustrati anche graficamente, e<br />
frammenti ceramici del Neolitico me<strong>di</strong>o con decorazione impressa.<br />
Seguono reperti in ossi<strong>di</strong>ana e in osso che testimoniano i vari<br />
momenti <strong>di</strong> frequentazione e la graduale evoluzione nella tecnica <strong>di</strong><br />
17
ealizzazione <strong>di</strong> strumenti<br />
prodotti per le<br />
<strong>di</strong>verse attività. La frequentazione<br />
della grotta<br />
è attestata fino al<br />
Bronzo antico con il<br />
rinvenimento, nella<br />
parte più esterna, <strong>di</strong><br />
strumenti litici, tripo<strong>di</strong><br />
e ciotoloni con ansa<br />
asciforme tipici della fase più antica della <strong>Cultura</strong> <strong>di</strong> Bonnanaro che<br />
si colloca nella fase finale del Bronzo antico (1800 a.C.).<br />
Pannelli <strong>di</strong>dattici<br />
Pannello che illustra la cronologia dei vari complessi faunistici del<br />
Monte Tuttavista.<br />
Pannelli che illustrano le cave <strong>di</strong> materiale lapideo del Monte Tuttavista<br />
dove si rinvengono i giacimenti paleontologici.<br />
Pannello che illustra le tecniche <strong>di</strong> recupero e <strong>di</strong> preparazione dei<br />
reperti fossili in cantiere.<br />
Pannello de<strong>di</strong>cato alla Grotta Corbeddu che illustra la pianta e la<br />
trincea dello scavo nella sala 2.<br />
18<br />
Fig. 8. Oliena,<br />
Grotta Corbeddu.<br />
Ricostruzione della<br />
stratigrafia con la<br />
fauna e i materiali<br />
archeologici.
Sala II<br />
L’esposizione dei materiali, a testimoniare l’uso delle grotte da parte<br />
dell’uomo nel territorio nuorese, continua nella Sala II, nelle vetrine, a<br />
partire dal lato destro, con i materiali neolitici provenienti dalla Grotta<br />
Rifugio e dalla Grotta del Guano nel territorio <strong>di</strong> Oliena. Un sintetico<br />
pannello <strong>di</strong>dattico illustra le peculiarità della cultura materiale e dei contesti<br />
archeologici del Neolitico. La quantità e qualità dei materiali vuole<br />
sfatare un ra<strong>di</strong>cato preconcetto che attribuisce ai territori delle zone<br />
interne fenomeni <strong>di</strong> attardamento ed isolamento culturale in considerzione<br />
della semplicità degli impianti planimetrici delle tombe ipogeiche,<br />
prive delle decorazioni simboliche che caratterizzano le necropoli<br />
della Nurra, del Logudoro e dell’Iglesiente. Si ritiene che le scelte architettoniche<br />
siano state in parte con<strong>di</strong>zionate dalle rocce <strong>di</strong>fficili da lavorare<br />
e soprattutto da un rituale <strong>di</strong>verso che pre<strong>di</strong>lige sepolture per singoli<br />
in<strong>di</strong>vidui o per piccoli nuclei familiari.<br />
Vetrina n. 1<br />
La prima vetrina contiene materiali del Neolitico me<strong>di</strong>o della <strong>Cultura</strong><br />
<strong>di</strong> Bonu Ighinu che prende il nome dall’omonima grotta nel comune<br />
<strong>di</strong> Mara (SS). Un raffinato vaso a collo cilindrico munito <strong>di</strong> due anse<br />
Fig. 9. Oliena, Grotta Rifugio. Vaso carenato con due anse zoomorfe e superfici<br />
con decorazioni tipiche della <strong>Cultura</strong> Bonu Ighinu (4700-4000 a.C.).<br />
20
Fig. 10. Oliena,<br />
Grotta Rifugio.<br />
Composizione<br />
ideale <strong>di</strong><br />
collane con<br />
elementi<br />
in pietra,<br />
conchiglie e<br />
zanne <strong>di</strong><br />
animali.<br />
Neolitico<br />
recente (3800-<br />
2900 a.C.).<br />
Fig. 11. Ollolai,<br />
riparo sotto<br />
roccia <strong>di</strong><br />
Sa Conca<br />
Fravihà.<br />
Idoletto fittile<br />
femminile<br />
acefalo.<br />
Neolitico<br />
recente<br />
(3800-2900<br />
a.C.).<br />
21
con appen<strong>di</strong>ci raffiguranti teste <strong>di</strong> animale stilizzate impostate sulla<br />
carena, segnata da due file <strong>di</strong> punti impressi. Le superfici, lucidate a<br />
stecca, sono decorate da festoni e triangoli pendenti e da elementi uncinati<br />
che potrebbero voler rappresentare una testa <strong>di</strong> muflone. Appartengono<br />
allo stesso ambito culturale le ciotole e le tazze decorate da<br />
tacche impresse che segnano l’orlo e la carena del vaso. Segue l’esposizione<br />
<strong>di</strong> punteruoli e spatole in osso, alcune collane, ricomposte<br />
idealmente, fatte con vaghi <strong>di</strong> molluschi, zanne <strong>di</strong> cinghiale o con l’alternanza<br />
<strong>di</strong> piccoli <strong>di</strong>schi forati in pietra <strong>di</strong> colore <strong>di</strong>verso. Dal grande<br />
riparo sotto roccia <strong>di</strong> Sa Conca Fravihà <strong>di</strong> San Basilio <strong>di</strong> Ollolai proviene<br />
l’idoletto fittile, a placca, <strong>di</strong> una <strong>di</strong>vinità femminile, mancante<br />
della testa, con due seni ben evidenziati che rimandano simbolicamente<br />
ai riti della fertilità che si svolgevano nel sito <strong>di</strong> rinvenimento. Un<br />
altro idoletto fittile, proveniente dalla Grotta del Guano, rappresenta un<br />
viso dai tratti animaleschi che giustificano la denominazione <strong>di</strong> “dea<br />
pipistrello”. La grotta, frequentata da una colonia <strong>di</strong> pipistrelli che<br />
hanno lasciato abbondanti quantità <strong>di</strong> guano (da cui deriva il nome), ha<br />
restituito abbondanti resti <strong>di</strong> vasi del Neolitico finale che, per le loro<br />
forme e <strong>di</strong>mensioni, fanno ritenere che all’interno della grotta si svol-<br />
22<br />
Fig. 12. Oliena,<br />
Grotta del Guano.<br />
Idoletto fittile femminile.<br />
Neolitico recente<br />
(3800-2900 a.C.).
Fig. 13. <strong>Il</strong>bono,<br />
necropoli<br />
ipogeica <strong>di</strong> Scerì.<br />
Testa<br />
miniaturistica <strong>di</strong><br />
idolo femminile<br />
in osso.<br />
Neolitico me<strong>di</strong>o<br />
(4000 a.C.).<br />
gessero anche riti religiosi. Un terzo idoletto miniaturistico in osso,<br />
proveniente dagli ipogei presenti sotto il Nuraghe Scerì <strong>di</strong> <strong>Il</strong>bono e del<br />
quale si conserva solo la testa, presenta le stesse caratteristiche degli<br />
idoli Bonu Ighinu, già noti in altri areali della <strong>Sardegna</strong>, rappresentati<br />
con un particolare copricapo. Gli idoletti esposti costituiscono dei rari<br />
esempi <strong>di</strong> rappresentazioni della <strong>di</strong>vinità femminile che non rientrano<br />
negli abituali rituali funerari e cultuali documentati nel Nuorese dove,<br />
finora, mancano esempi <strong>di</strong> idoli volumetrici, schematici a placca intera<br />
o a placca traforata <strong>di</strong>ffusi nelle altre aree della <strong>Sardegna</strong>. Nella stessa<br />
vetrina sono esposti resti <strong>di</strong> graminacee provenienti dalla Grotta del<br />
Guano che attestano la pratica dell’agricoltura da parte dell’uomo neolitico<br />
che, dopo la rivoluzione agricola, si inse<strong>di</strong>ò stabilmente anche<br />
nelle zone più interne del Nuorese privilegiando vallate attraversate da<br />
corsi d’acqua e zone collinari.<br />
Vetrina n. 2<br />
La fase finale del Neolitico è rappresentata, nella vetrina, da vasi<br />
d’impasto provenienti dalla Grotta del Guano e da due singolari vasi in<br />
pietra; si tratta <strong>di</strong> un vaso su piede proveniente da una tomba ipogeica<br />
23
Fig. 14. Oliena, tomba ipogeica <strong>di</strong> Su Avagliu. Vasetto in pietra biansato con<br />
piede ad anello. Neolitico recente (3800-2900 a.C.).<br />
<strong>di</strong> Su Avagliu (Oliena) e da un piattino in clorite scoperto nella Valle <strong>di</strong><br />
Locoe, nel territorio <strong>di</strong> Orgosolo, dove si conserva l’omonimo ipogeo,<br />
scavato in un trovante <strong>di</strong> roccia, ed i resti <strong>di</strong> un altro ipogeo con un<br />
antropomorfo capovolto inciso sulle pareti granitiche. <strong>Il</strong> piattino ha le<br />
superfici interne ed esterne decorate con un fitto motivo a spirali incise<br />
e figure geometriche angolate <strong>di</strong>sposte in modo irregolare su tutte le<br />
superfici. I materiali ceramici del Neolitico finale provenienti da <strong>di</strong>verse<br />
località del territorio della provincia <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong>, ripropongono le forme<br />
<strong>di</strong>ffuse in tutta l’Isola: vasi a cestello, vasi biconici con anse a tunnel o<br />
sottocutanee, pissi<strong>di</strong> con peducci, vasi a collo cilindrico <strong>di</strong>stinto, tripo<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> varie <strong>di</strong>mensioni, e dei pithoi per conservare derrate.<br />
Vetrina n. 3<br />
<strong>Il</strong> repertorio ceramico del Neolitico si completa con i materiali provenienti<br />
dalla necropoli <strong>di</strong> Su Monti <strong>di</strong> Orroli nel Sarcidano che, per la<br />
sua posizione centro-meri<strong>di</strong>onale, presenta nella tipologia dei manufatti<br />
molte affinità con i materiali del Cagliaritano. I vari tipi <strong>di</strong> vasi colpi-<br />
24
Fig. 15. Orgosolo, tomba ipogeica <strong>di</strong> Locoe. Piattino in clorite con superfici<br />
decorate a spirali. Neolitico recente (3800-2900 a.C.).<br />
Fig. 16. Oliena, Grotta del Guano. Peso da telaio fittile reniforme con due fori<br />
passanti. Neolitico recente (3800-2900 a.C.).<br />
25
26<br />
Fig. 17. Orroli,<br />
necropoli <strong>di</strong> Su Monti.<br />
Frammenti <strong>di</strong> vasi con<br />
le decorazioni del<br />
repertorio ceramico del<br />
Neolitico recente<br />
(3800-2900 a.C.).
scono per l’esuberante decorazione delle superfici, esterne ed interne,<br />
ottenuta con la tecnica ad impressione a crudo, graffita dopo la cottura,<br />
con applicazioni plastiche e con l’uso <strong>di</strong> pigmenti naturali. Motivi decorativi<br />
ricorrenti sono i festoni pendenti, i triangoli pendenti campiti da<br />
piccoli punti impressi, i cerchi concentrici <strong>di</strong>sposti sulle pareti globulari,<br />
i festoni impressi con rotelle dentate o punteruoli, evidenziati con<br />
particolari effetti cromatici dall’uso <strong>di</strong> ocre e paste a base <strong>di</strong> caolino. Le<br />
decorazioni sono enfatizzate da una accurata lucidatura delle superfici<br />
ottenuta con l’uso <strong>di</strong> brunitoi e spatole. Questa ricca produzione ceramica<br />
attesta un ra<strong>di</strong>cato gusto estetico che va interpretato come la conseguenza<br />
<strong>di</strong> un rassicurante tenore <strong>di</strong> vita che consentì all’uomo <strong>di</strong> rivolgere<br />
la sua attenzione agli aspetti funzionali ed estetici dei manufatti,<br />
alla costruzione <strong>di</strong> tombe ipogeiche che traevano ispirazione dall’architettura<br />
abitativa e alle rappresentazioni simboliche <strong>di</strong> <strong>di</strong>vinità maschili e<br />
femminili che interpretavano i cicli vitali della natura e rimandavano ai<br />
riti della fertilità. Le vetrine dei materiali neolitici contengono una scelta<br />
<strong>di</strong> cuspi<strong>di</strong> <strong>di</strong> freccia in ossi<strong>di</strong>ana, lame in selce, asce in pietra con una<br />
ricostruzione dell’antico sistema <strong>di</strong> immanicatura. Tra i materiali neolitici<br />
sono presenti alcuni strumenti <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> uso quoti<strong>di</strong>ano come una<br />
Fig. 18. Macomer, necropoli <strong>di</strong> Filigosa. Ciotole a profilo angolato e tazze<br />
mono e biansate. Eneolitico antico (2800 a.C.).<br />
27
Fig. 20. <strong>Nuoro</strong>, Villaggio eneolitico in Loc. Su Molimentu. Situle decorate al<br />
momento del rinvenimento (2600 a.C.).<br />
28<br />
Fig. 19. Oliena,<br />
Grotta Rifugio. Vaso<br />
pluriansato con<br />
superfici decorate da<br />
linee impresse e<br />
tacche oblique.<br />
Eneolitico me<strong>di</strong>o<br />
(2600 a.C.).
Fig. 21. <strong>Nuoro</strong>, Villaggio eneolitico in Loc. Su Molimentu. Situle con decorazione<br />
“a foglioline” e pesi da telaio (2600 a.C.).<br />
Fig. 22. <strong>Nuoro</strong>, Villaggio eneolitico in Loc. Su Molimentu. Situla con decorazioni<br />
geometriche impresse sul collo (2600 a.C.).<br />
29
lunga mazza in pietra con impugnatura, un peso da telaio fittile reniforme<br />
con due fori passanti e due fusaiole fittili biconiche che testimoniano<br />
l’arte della filatura e della tessitura. Completano l’esposizione un<br />
picco da scavo in pietra ed un pestello con resti <strong>di</strong> ocra rossa proveniente<br />
dalla tomba ipogeica <strong>di</strong> Ianna Ventosa <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong> che conserva tracce <strong>di</strong><br />
pigmenti colorati che originariamente ne ornavano le pareti.<br />
Sala II<br />
L’ENEOLITICO. ETÀ DEI PRIMI METALLI 2800 A.C.<br />
Vetrina n. 4<br />
Nella fase <strong>di</strong> passaggio dal Neolitico all’Eneolitico viene documentato<br />
in tutta l’Isola un cambiamento sostanziale nella scelta dei<br />
luoghi <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amento, ora in posizioni arroccate e fortificate, che<br />
apportò conseguenti cambiamenti nell’economia e nell’architettura.<br />
La prima Età dei metalli è rappresentata dalle culture <strong>di</strong> Filigosa e<br />
Abealzu che si affermano nel territorio nuorese lentamente e in modo<br />
<strong>di</strong>somogeneo. La <strong>Cultura</strong> <strong>di</strong> Filigosa, dalla eponima necropoli in<br />
domus de janas in agro <strong>di</strong> Macomer, è caratterizzata da una produzione<br />
<strong>di</strong> manufatti prevalentemente inornati che pre<strong>di</strong>lige forme <strong>di</strong><br />
vasi con carene molto marcate, vasi <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni, tazze<br />
mono e biansate, vasi a bottiglia, bicchieri. I vasi esposti nella vetrina<br />
mostrano chiaramente la scomparsa dell’ornato che si riduce a<br />
scarse decorazioni graffite, impresse e plastiche.<br />
Vetrina n. 5<br />
La successiva vetrina illustra le fasi evolute dell’età del Rame<br />
con i materiali <strong>di</strong> <strong>Cultura</strong> Monte Claro, dal nome dell’eponima<br />
necropoli scoperta nel centro urbano <strong>di</strong> Cagliari. I materiali ceramici<br />
<strong>di</strong> questo periodo sono documentati in tutta l’Isola ma con<br />
evidenti varianti, nelle forme e nelle decorazioni, nel Campidano<br />
<strong>di</strong> Cagliari e Oristano e nel Sassarese. La produzione ceramica del<br />
Monte Claro dell’Ogliastra e della Barbagia ripropone forme<br />
vascolari chiuse ancora legate all’Eneolitico antico e caratterizzate<br />
da una decorazione detta “a foglioline”, documentata nella Grotta<br />
Rifugio, nel villaggio <strong>di</strong> Biriai <strong>di</strong> Oliena e nel villaggio Su Moli-<br />
30
mentu, alle pen<strong>di</strong>ci del Monte Ortobene <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong>. Le zone più<br />
periferiche della provincia, come la necropoli <strong>di</strong> Su Monti <strong>di</strong> Orroli<br />
e l’abitato <strong>di</strong> Bidu e Concas <strong>di</strong> Sorgono (dove si conserva la più<br />
alta concentrazione <strong>di</strong> menhirs), restituiscono contenitori ceramici<br />
<strong>di</strong> forma aperta con le superfici decorate a larghe scanalature parallele<br />
tipiche degli areali meri<strong>di</strong>onali.<br />
Dal villaggio <strong>di</strong> Biriai, che ha restituito abbondanti materiali <strong>di</strong><br />
un’unica fase culturale pura, provengono numerosi vasi con orlo<br />
espanso pluriansati, bicchieri monoansati, un piccolo coperchio<br />
con presa decorato da file <strong>di</strong> punti impressi. La vita e l’attività delle<br />
donne del villaggio è raccontata da pesi da telaio con una fila <strong>di</strong><br />
fori passanti nella parte apicale e con superfici decorate da motivi<br />
geometrici metopali, da pesi troncoconici con unico foro passante<br />
e fusaiole biconiche che testimoniano la lavorazione dei tessuti,<br />
prodotti prevalentemente con fibre animali. Allo stesso orizzonte<br />
culturale appartiene un vaso ad alto collo proveniente da una sepoltura<br />
scoperta nella Grotta Morroccu <strong>di</strong> Urzulei che si apre in una<br />
parete calcarea. La forma a fiasco del vaso rimanda alla <strong>Cultura</strong> <strong>di</strong><br />
Fig. 23. Oliena, Villaggio <strong>di</strong> Biriai. Pesi da telaio fittili con fori passanti e<br />
superfici con decorazioni metopali, fusaiole biconiche. Eneolitico me<strong>di</strong>o<br />
(2600 a.C.).<br />
31
ee.<br />
32<br />
Fig. 24. Urzulei, Grotta Morroccu.<br />
Vaso a fiasco biansato ornato da<br />
scanalature parallele sul collo.<br />
Eneolitico me<strong>di</strong>o (2600 a.C.).<br />
Abealzu, ma le quattro ansette<br />
<strong>di</strong>ametralmente opposte e le<br />
profonde linee parallele<br />
impresse in prossimità dell’orlo<br />
lo collocano nella <strong>Cultura</strong> <strong>di</strong><br />
Monte Claro tipica del Nuorese<br />
dove sembrano fondersi aspetti<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>verse fasi dell’Eneolitico.<br />
La lunga permanenza nella<br />
grotta ha lasciato sulle superfici<br />
evidenti concrezioni calca-<br />
Vetrina n. 6<br />
<strong>Il</strong> quadro illustrativo dell’Eneolitico si completa con i materiali<br />
provenienti dalla necropoli <strong>di</strong> Sas Concas <strong>di</strong> Oniferi che si inquadrano<br />
nell’ambito della <strong>Cultura</strong> Campaniforme (2300-2000 a.C.). <strong>Il</strong><br />
complesso <strong>di</strong> ipogei <strong>di</strong> Oniferi è fra i più noti della provincia <strong>di</strong><br />
<strong>Nuoro</strong> per l’articolazione planimetrica e soprattutto per le figurine<br />
antropomorfe del tipo “a candelabro” incise capovolte quasi a voler<br />
rappresentare simbolicamente la morte, in modo semplice e incisivo,<br />
come il contrario della vita. In altri siti del Nuorese esistono altre<br />
figure antropomorfe colte in preghiera o in una danza rituale, come<br />
quelle della Grotta del Bue Marino <strong>di</strong> Dorgali o quelle incise in un<br />
masso della spiaggia <strong>di</strong> Orrì <strong>di</strong> Tortolì visibile solo con la bassa<br />
marea. Seguono due antropomorfi recentemente scoperti in un ipogeo<br />
<strong>di</strong> Locoe a Orgosolo e nella parete del vestibolo della tomba ipogeica<br />
<strong>di</strong> Istevene <strong>di</strong> Mamoiada. Fra i materiali <strong>di</strong> Sas Concas sono<br />
esposte ciotole emisferiche con superfici decorate a bande parallele e<br />
motivi geometrici evidenziati dall’uso <strong>di</strong> paste bianche a contrasto<br />
con le superfici scure accuratamente lucidate. I corre<strong>di</strong> funerari comprendevano<br />
cuspi<strong>di</strong> <strong>di</strong> freccia in ossi<strong>di</strong>ana con alette oblique, penda-
Fig. 25. Collezione Marchi. Vaso <strong>di</strong> <strong>Cultura</strong> Campaniforme con decorazioni<br />
geometriche a bande parallele. Eneolitico finale (2300 a.C.).<br />
gli forati <strong>di</strong> gusci <strong>di</strong> molluschi e denti animali, tre placchette litiche<br />
rettangolari frammentarie (una proveniente dal Nuraghe San Pietro <strong>di</strong><br />
Torpè e una dalla Collezione Cabras <strong>di</strong> Orosei), note con il nome <strong>di</strong><br />
brassard, con due o tre fori all’estremità, che gli arcieri legavano al<br />
polso come bracciale <strong>di</strong> protezione. La stessa vetrina contiene tre bicchieri<br />
campaniformi da una collezione privata <strong>di</strong> Gavoi, con superfici<br />
decorate a fasce parallele con triangoli campiti da fitti punti<br />
impressi, che ripropongono forme e schemi decorativi del Campaniforme.<br />
I vasi a campana sono del tipo internazionale, così definito<br />
per la sua presenza in tutto il territorio europeo, <strong>di</strong>ffuso, con le stesse<br />
forme e le stesse decorazioni, da gruppi noma<strong>di</strong> che <strong>di</strong>vulgarono<br />
l’arte della metallurgia in tutta l’Europa. In <strong>Sardegna</strong> il vaso campaniforme<br />
è documentato in contesti funerari ed associato a deposizioni<br />
<strong>di</strong> <strong>Cultura</strong> Monte Claro o Bonnanaro, fino alle fasi finali dell’età<br />
del Bronzo antico.<br />
La <strong>Cultura</strong> <strong>di</strong> Bonnanaro (2000-1800 a.C.) è documentata nei<br />
manufatti del corredo funerario <strong>di</strong> una sepoltura in grotta (ve<strong>di</strong> Sala<br />
III, vetrina n. 5), ricostruita in una teca che separa le <strong>di</strong>verse sale. I<br />
33
Fig. 26. Dorgali, Grotta <strong>di</strong> Sisaia. Ricostruzione della sepoltura e del corredo<br />
funerario <strong>di</strong> una donna con i segni <strong>di</strong> varie patologie e una trapanazione<br />
cranica. Età del Bronzo antico-<strong>Cultura</strong> <strong>di</strong> Bonnanaro (2000 a.C.).<br />
Fig. 27. Particolare del foro <strong>di</strong> trapanazione in cui è stata reinserita la rondella<br />
ossea prelevata in precedenza e perfettamente saldata.<br />
34
esti ossei, trovati in posizione anatomica, appartengono ad una<br />
donna sepolta nella Grotta <strong>di</strong> Sisaia, che si apre su una parete <strong>di</strong> calcare<br />
nella Valle <strong>di</strong> Lanaitto, nel versante del comune <strong>di</strong> Dorgali. La<br />
donna, contrariamente ad ogni prassi, è stata sepolta da sola con un<br />
corredo composto da un ciotolone ansato, un tegame troncoconico<br />
biansato e una macina in granito con superfici consumate dall’uso.<br />
Lo scheletro della defunta presenta chiari segni <strong>di</strong> paleopatologie: un<br />
tumore osseo al coccige, artrosi dorsale e lombare, fratture sull’osso<br />
del braccio sinistro, un evidente rachitismo e il segno <strong>di</strong> una trapanazione<br />
cranica con una perfetta saldatura della rondella ossea riposizionata<br />
dopo l’intervento chirurgico perfettamente riuscito. La trapanazione<br />
cranica della donna <strong>di</strong> Lanaitto desta grande interesse anche<br />
fra gli specialisti <strong>di</strong> neurochirurgia perché la donna è sopravissuta<br />
molto più a lungo <strong>di</strong> altri defunti esaminati in <strong>Sardegna</strong> e in Europa,<br />
dove la trapanazione cranica era molto <strong>di</strong>ffusa per motivi terapeutici<br />
e per motivi magico-religiosi.<br />
Vetrina n. 7<br />
Le fasi finali dell’età del Bronzo antico introducono il periodo<br />
nuragico, il più noto della civiltà dei sar<strong>di</strong> che ha lasciato una tale<br />
quantità <strong>di</strong> testimonianze architettoniche da con<strong>di</strong>zionare il paesaggio<br />
dell’Isola ancora costellata da migliaia <strong>di</strong> torri.<br />
Una grande vetrina contiene un modellino <strong>di</strong> nuraghe in pietra da<br />
Noragugume. I fori praticati sul coronamento per l’inserimento <strong>di</strong> exvoto<br />
in bronzo, ricostruiti idealmente nell’esposizione, denunciano la<br />
sua provenienza da un luogo <strong>di</strong> culto sconosciuto. Le gran<strong>di</strong> olle a<br />
colletto, le ciotole ed i ciotoloni provengono dagli scavi nel Nuraghe<br />
Is Paras <strong>di</strong> Isili, a pianta complessa, che conserva la camera a falsa<br />
volta della torre centrale alta metri 11,50 e annoverata fra le più belle<br />
dell’Isola. Segue l’esposizione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> vasi miniaturistici della<br />
Collezione Bussu, provenienti dagli strati nuragici del riparo sotto<br />
roccia <strong>di</strong> Sa Conca Fravihà nel Monte San Basilio <strong>di</strong> Ollolai, nel<br />
quale è stata documentata una frequentazione ininterrotta a partire<br />
dal Neolitico me<strong>di</strong>o fino all’età del Ferro. Dal sito proviene un gruppo<br />
<strong>di</strong> asce a margini rialzati, una protome cervina e frammentari<br />
pugnali. Un’altra protome cervina proviene dal territorio <strong>di</strong> Silanus.<br />
Completano l’esposizione alcuni lisciatoi provenienti dai nuraghi<br />
35
Fig. 28. Noragugume,<br />
modello <strong>di</strong> nuraghe in basalto<br />
con fori apicali che sostenevano<br />
oggetti in bronzo.<br />
Età nuragica-Bronzo recente e<br />
finale (1300-1000 a.C.).<br />
Fig. 29. Ollolai, San Basilio.<br />
Vasetti miniaturistici.<br />
Età nuragica (1200-1000 a.C.).<br />
37
Fig. 30. Ollolai, San Basilio. Protome cervina in bronzo. Età nuragica<br />
(1000 a.C.).<br />
Fig. 31. Orani, Nuraghe Nurdole. Orgosolo, Nuraghe Sirilò. Lisciatoi litici<br />
uno dei quali con fori impervi. Età nuragica (1200-1000 a.C.).<br />
Nurdole (Orani) e Sirilò (Orgosolo): dagli ambienti del villaggio <strong>di</strong><br />
quest’ultimo nuraghe provengono una doppia ascia miniaturistica in<br />
piombo ed una piccola ascia a margini rialzati con tallone piatto.<br />
Vetrina n. 8<br />
La vetrina successiva contiene materiali provenienti dal villaggio<br />
santuario <strong>di</strong> Su Romanzesu (Pod<strong>di</strong> Arvu), nell’altopiano <strong>di</strong> Bitti. <strong>Il</strong><br />
sito è noto per la straor<strong>di</strong>naria concentrazione <strong>di</strong> tre templi “a<br />
megaron”, un tempio a pozzo con vasca lustrale e una grande area<br />
cerimoniale. Dal megaron 2, che in una fase e<strong>di</strong>lizia successiva<br />
venne trasformato in un cenotafio (una tomba simbolica de<strong>di</strong>cata ad<br />
un eroe <strong>di</strong>vinizzato), provengono punte e puntali <strong>di</strong> lancia in bronzo,<br />
numerosi resti ceramici, una notevole quantità <strong>di</strong> vaghi <strong>di</strong> collana<br />
d’ambra (una resina fossile arrivata nel santuario nuragico dai<br />
lontani paesi baltici, probabilmente attraverso traffici commerciali<br />
<strong>di</strong>retti ed in<strong>di</strong>retti). La forma e la lavorazione a scanalature parallele<br />
rimandano a tipologie documentate nel Polesine, nel Lazio ed in<br />
contesti micenei a partire dal 1300 a.C. Dall’area cerimoniale con<br />
38
Fig. 32. Bitti, Villaggio nuragico <strong>di</strong> Su Romanzesu. Composizione ideale <strong>di</strong><br />
collane con vaghi d’ambra con superfici a scanalature parallele <strong>di</strong> tipo<br />
“Tirinto” e “Allumiere”. Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />
Fig. 33. Bitti, Villaggio nuragico <strong>di</strong> Su Romanzesu. Particolare della vasca<br />
gradonata per le abluzioni rituali. Età nuragica (1500-900 a.C.).<br />
39
Fig. 34. Bitti, Villaggio nuragico <strong>di</strong> Su Romanzesu. Pozzo sacro. Planimetria<br />
e sezione. Età nuragica (1500-900 a.C.) (da Archeologia Viva 69, p. 61).<br />
40<br />
Fig. 35. Bitti,<br />
Villaggio nuragico<br />
<strong>di</strong> Su Romanzesu.<br />
Tempio a megaron. 1,<br />
5, 11-14, 16,<br />
18-19, 24-25, 30-31,<br />
33-34, 36-38:<br />
materiali dall’area<br />
esterna presso<br />
lingresso del<br />
vestibolo;<br />
2-4, 6-7, 10, 15, 17,<br />
20-22, 26-29, 35:<br />
materiali da<br />
vestibolo;<br />
8-9, 23, 32:<br />
materiali dalla cella.<br />
Età nuragica<br />
(1200-900 a.C.)
Fig. 36. Bitti,<br />
Villaggio nuragico <strong>di</strong><br />
Su Romanzesu.<br />
Tempio a megaron. 1, 3, 6, 9-<br />
10, 13-14, 20; materiali<br />
dall’area esterna presso<br />
l’ingresso del vestibolo,<br />
2, 4, 7-8, 12, 15-17; materiali<br />
da vestibolo, b5, 21; materiali<br />
dall’area esterna; 11, 18-19;<br />
materiali dalla cella; 22-26:<br />
materiali dalla capanna a sud<br />
del megaron.<br />
Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />
Fig. 37. Bitti,<br />
Villaggio nuragico <strong>di</strong><br />
Su Romanzesu. Punte e<br />
puntale <strong>di</strong> lancia in bronzo.<br />
Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />
41
un camminamento labirintico proviene il collo a forma <strong>di</strong> nuraghe,<br />
<strong>di</strong> una originaria fiasca del pellegrino che imita forme <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione<br />
egeo orientale poco <strong>di</strong>ffuse in contesti nuragici.<br />
Vetrina n. 9<br />
Confermano i contatti della <strong>Sardegna</strong> nuragica con altre civiltà del<br />
Me<strong>di</strong>terraneo i materiali del Nuraghe San Pietro <strong>di</strong> Torpè costruito<br />
nella piana attraversata dal fiume Posada, strategicamente controllata<br />
da imponenti nuraghi impostati sulle colline circostanti. La vita nel<br />
nuraghe ebbe inizio nel Bronzo me<strong>di</strong>o (1500 a.C.), documentato dai<br />
contenitori lavorati con uno strumento a pettine, da olle con orlo<br />
ingrossato e da singolari vasi supporto a clessidra. La vita del nuraghe<br />
continuò fino all’età del Ferro con chiari contatti con l’Italia centro-settentrionale,<br />
soprattutto con le popolazioni protovillanoviane<br />
inse<strong>di</strong>ate nelle regioni tirreniche. Uno specchio in bronzo con mani-<br />
42<br />
Fig. 38. Bitti,<br />
Villaggio nuragico <strong>di</strong><br />
Su Romanzesu.<br />
Collo <strong>di</strong> fiasca del pellegrino a<br />
forma <strong>di</strong> torre <strong>di</strong> nuraghe.<br />
Età nuragica (1000-900 a.C.).
Fig. 39. Torpè, Nuraghe San Pietro.<br />
Vasi su piede troncoconico.<br />
Età nuragica (1500-1200 a.C.).<br />
Fig. 40. Torpè, Nuraghe San Pietro.<br />
Specchio in bronzo con manico<br />
traforato lavorato a cor<strong>di</strong>cella.<br />
Età nuragica (1000-800 a.C.).<br />
43
co traforato lavorato a cor<strong>di</strong>cella, un pendaglio ed un bracciale a capi<br />
aperti esemplificano la produzione bronzea della prima età del Ferro.<br />
Dal nuraghe proviene una statuina fittile, realizzata in modo sommario,<br />
che probabilmente aveva un significato rituale nelle ultime fasi <strong>di</strong><br />
vita del monumento.<br />
Vetrina n. 10<br />
La vetrina successiva espone vasi d’impasto che esemplificano le<br />
più note tipologie del repertorio ceramico nuragico: dalle più arcaiche<br />
olle a tesa interna, con decorazione metopale, provenienti dalla<br />
tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> S’Altare de Logula <strong>di</strong> Sarule, ai tegami troncoconici<br />
del Nuraghe Monte Idda <strong>di</strong> Posada, un nuraghe a corridoio<br />
costruito su uno sperone <strong>di</strong> calcare che controlla la sottostante pianura<br />
del fiume Posada. La particolare planimetria del nuraghe è il risultato<br />
dell’adattamento della muratura alla naturale conformazione<br />
della roccia che viene integrata nella tessitura muraria. L’abbondante<br />
quantità <strong>di</strong> tegami con decorazioni geometriche realizzate con uno<br />
strumento a pettine conferma la grande <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> questa tipologia<br />
ceramica soprattutto nella <strong>Sardegna</strong> centro-settentrionale, mentre è<br />
scarsamente documentata nel sud dell’Isola. Segue l’esposizione<br />
Fig. 41. Posada, Nuraghe Monte Idda. Frammenti <strong>di</strong> tegami con superfici<br />
interne decorate a pettine impresso. Età nuragica (1500-1300 a.C.).<br />
44
Fig. 42. Desulo, Monte Corte.<br />
Brocca piriforme decorata<br />
a tacche impresse <strong>di</strong>sposte<br />
a spina <strong>di</strong> pesce.<br />
Fig. 43. Orani,<br />
Nuraghe Sa Monza.<br />
Brocche askoi<strong>di</strong> frammentarie<br />
con anse e pareti con decorazioni<br />
geometriche impresse.<br />
Età nuragica (900-800 a.C.).<br />
45
della brocca piriforme da Monte Corte <strong>di</strong> Desulo con grande ansa<br />
decorata da profonde tacche <strong>di</strong>sposte a spina <strong>di</strong> pesce, delle brocche<br />
askoi<strong>di</strong> e delle anse a gomito rovesciato provenienti dal Nuraghe Sa<br />
Monza <strong>di</strong> Orani, con superfici ornate da decorazioni impresse che<br />
formano motivi floreali e <strong>di</strong>schi plastici che si inquadrano nelle fasi<br />
conclusive dell’età del Bronzo e nelle fasi iniziali dell’età del Ferro.<br />
Sala III<br />
Vetrina n. 1<br />
La Sala III inizia con una vetrina composta da oggetti <strong>di</strong> varia provenienza<br />
esposti con l’intento <strong>di</strong> ricostruire tutta la strumentazione<br />
impiegata nel laboratorio <strong>di</strong> un artigiano nuragico de<strong>di</strong>to alla lavorazione<br />
dei metalli.<br />
La materia prima è rappresentata da <strong>di</strong>versi frammenti <strong>di</strong> pani o<br />
Fig. 44. Composizione <strong>di</strong> vari strumenti utilizzati in una antica officina fusoria<br />
con i principali metalli usati per la composizione della lega <strong>di</strong> bronzo.<br />
Provenienza varia. Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />
46
lingotti <strong>di</strong> rame a forma <strong>di</strong> pelle <strong>di</strong> bue (Villagrande Strisaili), noti col<br />
nome <strong>di</strong> oxide-ingot, che rimandano a modelli <strong>di</strong>ffusi nei paesi dell’Egeo<br />
e del Vicino Oriente: le panelle circolari, piano convesse, rappresentano<br />
la tipologia più <strong>di</strong>ffusa nell’attività fusoria e nella tesaurizzazione<br />
del rame nel periodo nuragico. Fra gli strumenti è presente<br />
un crogiuolo d’impasto (Torpè) con frammenti <strong>di</strong> rame e <strong>di</strong> stagno<br />
(Villagrande Strisaili) componenti la lega del bronzo, una matrice <strong>di</strong><br />
fusione (<strong>Nuoro</strong>) usata per produrre in serie <strong>di</strong>versi strumenti <strong>di</strong> lavoro,<br />
una molla ed una paletta che l’artigiano fusore usava per governare<br />
il fuoco della fucina. Una navicella con protome bovina (Lula)<br />
ed un toro (Lo<strong>di</strong>ne) sono stati realizzati con la tecnica della cera persa<br />
che rendeva ogni oggetto unico. La vetrina contiene inoltre un grande<br />
lingotto <strong>di</strong>scoidale <strong>di</strong> piombo con due fori centrali che facilitavano<br />
il trasporto ed un altro pane <strong>di</strong> piombo frammentario <strong>di</strong> forma<br />
subellitica più comune. <strong>Il</strong> piombo, poiché fonde a basse temperature,<br />
era molto usato nella produzione <strong>di</strong> grappe o colate per tenere aderenti<br />
gli elementi architettonici, per fissare i bronzi votivi negli appositi<br />
basamenti in pietra per le offerte e, più raramente, per la produzione<br />
<strong>di</strong> piccoli animali o navicelle. Stu<strong>di</strong> recenti hanno <strong>di</strong>mostrato<br />
che i nuragici sperimentavano la formazione <strong>di</strong> leghe <strong>di</strong> bronzo sostituendo,<br />
in <strong>di</strong>verse percentuali, lo stagno con il piombo proveniente<br />
dai ricchi giacimenti <strong>di</strong> galena presenti in tutta l’Isola. <strong>Il</strong> proce<strong>di</strong>mento<br />
consentiva così <strong>di</strong> limitare il consumo dello stagno che, non<br />
Fig. 45. Oliena, Grotta Su Benticheddu. Orlo <strong>di</strong> bacile in lamina bronzea con<br />
attacco a tripla spirale e anello da presa. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />
Fig. 46. Oliena, Grotta Su Benticheddu. Orlo <strong>di</strong> bacile in lamina bronzea con<br />
attacco rettangolare decorato e anello da presa. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />
47
Fig. 47. Oliena, Villaggio <strong>di</strong> Costa Nighedda. Navicella in bronzo con protome<br />
bovina e scafo sostenuto da quattro peducci e con anello <strong>di</strong> sospensione.<br />
Età nuragica (1000-900 a.C.).<br />
Fig. 48. Oliena, Villaggio <strong>di</strong> Costa Nighedda. Anellone in bronzo. Età nuragica<br />
(1000-900 a.C.).<br />
48
essendo presente in <strong>Sardegna</strong>, veniva importato, con <strong>di</strong>fficoltà, dai<br />
lontani paesi produttori d’Oriente e d’Occidente.<br />
Vetrina n. 2<br />
L’abilità dei nuragici nella lavorazione dei metalli è ben rappresentata<br />
da due bacili in lamina bronzea, provenienti dalla Grotta Su Bentigheddu<br />
(Oliena), uno dei quali conserva l’orlo con maniglie con attacco a tripla<br />
spirale, <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione cipriota, e l’altro l’orlo con placca rettangolare.<br />
La vetrina contiene una pregevole navicella in bronzo, con protome bovina<br />
e lo scafo sostenuto da quattro peducci, che poteva essere tenuta con<br />
un anello <strong>di</strong> sospensione. Segue l’esposizione <strong>di</strong> una collana formata da<br />
<strong>di</strong>versi elementi biconici ricomposti idealmente, <strong>di</strong> pugnaletti, <strong>di</strong> bottoni<br />
a calotta, <strong>di</strong> un anellone e <strong>di</strong> bracciali provenienti da una capanna dell’inse<strong>di</strong>amento<br />
nuragico <strong>di</strong> Costa Nighedda <strong>di</strong> Oliena.<br />
Vetrina n. 3<br />
L’esposizione museale prosegue con la vetrina dei materiali provenienti<br />
da Su Tempiesu <strong>di</strong> Orune, uno dei più noti luoghi <strong>di</strong> culto nuragici<br />
della provincia <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong>. La fonte sacra è costruita in opera isodo-<br />
Fig. 49. Oliena,<br />
Villaggio <strong>di</strong> Costa Nighedda.<br />
Pugnaletto-pendaglio<br />
ad elsa gammata.<br />
Età nuragica (1000-900 a.C.).<br />
49
50<br />
Fig. 50. Orune,<br />
Fonte sacra <strong>di</strong> Su Tempiesu.<br />
Veduta del tempio e del bacino<br />
per la raccolta dell’acqua<br />
che scorreva dal pozzo.<br />
Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />
Fig. 51. Orune,<br />
Fonte sacra <strong>di</strong> Su Tempiesu.<br />
Composizione <strong>di</strong> una tavola<br />
per l’esposizione dei bronzi<br />
votivi che venivano fissati<br />
nei fori con colate <strong>di</strong> piombo.<br />
Età nuragica (1100-900 a.C.).
Fig. 52. Orune, Nuraghe Santa Lulla. Figura in bronzo <strong>di</strong> offerente cantore.<br />
<strong>Il</strong> viso mostra caratteri negroi<strong>di</strong> e le gambe flesse sono ancora inglobate nell’originaria<br />
colata <strong>di</strong> piombo che le fissava sulla base per le offerte del vicino<br />
tempio <strong>di</strong> Su Tempiesu. Età nuragica (1000-900 a.C.).<br />
ma con blocchi <strong>di</strong> rocce vulcaniche <strong>di</strong>sposti a filari regolari rispettando<br />
impianti idraulici già noti: vestibolo a pianta rettangolare con panchina<br />
laterale, piccola scala trapezoidale strombata all’esterno, vano circolare<br />
ipogeico con copertura a tholos che racchiudeva in profon<strong>di</strong>tà l’acqua<br />
sorgiva. Gli architetti del tempio <strong>di</strong> Orune, pur rispettando l’impianto<br />
planimetrico dei templi a pozzo, hanno elaborato moduli architettonici<br />
nuovi realizzando una struttura sopra suolo che si sviluppava in altezza<br />
per m 6,65 con una copertura a doppio spiovente. La facciata ha un timpano<br />
delimitato da una cornice in rilievo con vertice formato da un blocco<br />
trapezoidale che reggeva, in origine, venti spade votive in bronzo<br />
infisse negli appositi fori da colate <strong>di</strong> piombo. Da un pozzetto votivo<br />
esterno che riproduce, in scala minore, quello superiore e dall’area circostante<br />
destinata ai pellegrini, provengono i bronzi esposti nella vetri-<br />
51
Fig. 53. Fonni, Santuario <strong>di</strong> Gremanu. Veduta aerea del santuario che comprendeva<br />
nello stesso temenos vari e<strong>di</strong>fici con planimetrie <strong>di</strong>verse. Età<br />
nuragica (1300-900 a.C.).<br />
na. Si tratta <strong>di</strong> spade votive, spilloni, braccialetti, bottoni, stiletti votivi,<br />
una coppia <strong>di</strong> offerenti oranti, un orante con bastone. Dal Nuraghe Santa<br />
Lulla, posto sul colle che sovrasta il tempio, proviene una statuina <strong>di</strong><br />
offerente cantore, ancora infissa nella originaria colata <strong>di</strong> piombo, dai<br />
caratteri fisici negroi<strong>di</strong> e prognatismo molto marcato. La presenza <strong>di</strong><br />
panelle ed altri frammenti <strong>di</strong> bronzo fa supporre che la lavorazione del<br />
metallo collegata alla gestione del tempio si svolgesse nel vicino villaggio.<br />
La vetrina contiene una piccola matrice litica per produrre stiletti<br />
votivi, molto usati dai nuragici come amuleti apotropaici ed offerti nei<br />
santuari come ex-voto, proveniente dal Nuraghe Logomache <strong>di</strong> Fonni.<br />
Dal grande santuario <strong>di</strong> Gremanu <strong>di</strong> Fonni proviene una testina d’ariete<br />
in trachite che originariamente ornava un elemento architettonico<br />
appartenente ad una vasca per le abluzioni rituali. La vasca era costruita<br />
presso una serie <strong>di</strong> pozzi che raccoglievano le acque sorgive; queste<br />
venivano captate e convogliate, me<strong>di</strong>ante un complesso sistema <strong>di</strong> canalette<br />
composte da numerosi elementi ad incastro, verso l’abitato ed il<br />
santuario sottostante.<br />
52
Fig. 54. Oliena,<br />
Sa Sedda ’e Sos Carros.<br />
Askos in lamina <strong>di</strong> bronzo<br />
con versatoio a forma <strong>di</strong><br />
protome bovina.<br />
Età nuragica<br />
(1000-900 a.C.).<br />
Fig. 55. Oliena,<br />
Sa Sedda ’e Sos Carros.<br />
Particolare della protome<br />
cervina <strong>di</strong> una navicella in<br />
bronzo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni.<br />
Età nuragica<br />
(1000-900 a.C.).<br />
53
Vetrina n. 4<br />
<strong>Il</strong> tema portante dell’esposizione delle sale del periodo nuragico<br />
de<strong>di</strong>cate all’architettura religiosa del territorio nuorese continua con la<br />
ricostruzione della fonte <strong>di</strong> Sa Sedda ’e Sos Carros e l’esposizione dei<br />
materiali più significativi. All’interno <strong>di</strong> un isolato <strong>di</strong> capanne del villaggio<br />
nuragico è stato costruito, con blocchi squadrati <strong>di</strong> basalto, un<br />
ambiente circolare: al centro un se<strong>di</strong>le modanato alla base ed un grande<br />
bacile con foro passante. Sull’alzato è stato inserito un canale anulare<br />
con 9 protomi animali, con un foro passante attraverso il quale<br />
scorreva l’acqua raccolta in un bacino circolare soprastante costruito a<br />
gradoni. La raffinatezza architettonica e lo straor<strong>di</strong>nario progetto idraulico<br />
in<strong>di</strong>cano un uso cultuale dell’e<strong>di</strong>ficio, forse circoscritto ai riti<br />
domestici <strong>di</strong> una piccola comunità. <strong>Il</strong> primo impianto del luogo <strong>di</strong> culto<br />
si colloca nel Bronzo recente ma, dopo <strong>di</strong>verse mo<strong>di</strong>fiche all’architettura<br />
e a seguito del degrado delle strutture, a partire dal Bronzo finale,<br />
la fonte cambiò la sua originaria destinazione cultuale e venne utilizzata<br />
come ripostiglio per oggetti in bronzo frammentari destinati ad un<br />
nuovo ciclo <strong>di</strong> lavorazione. Gli oggetti, pur frammentari, mostrano una<br />
eccellente qualità nella tecnica <strong>di</strong> esecuzione, soprattutto una brocca<br />
askoide in lamina bronzea con protome bovina che si ispira a modelli<br />
ciprioti, una navicella <strong>di</strong> notevoli <strong>di</strong>mensioni con protome cervina e la<br />
splen<strong>di</strong>da protome <strong>di</strong> muflone <strong>di</strong> un’originaria navicella. Seguono<br />
<strong>di</strong>versi spilloni, resti <strong>di</strong> immanicature <strong>di</strong> strumenti da lavoro e <strong>di</strong> armi,<br />
contenitori emisferici in lamina bronzea, ricomposti e frammentari,<br />
alcuni vaghi <strong>di</strong> collana d’ambra e un pezzo d’ambra non lavorata. Tre<br />
uccelli su un perno a chiodo ornavano l’orlo del bacile centrale e le<br />
corna <strong>di</strong> una protome collegata al canale. <strong>Il</strong> ricco ripostiglio, che conteneva<br />
oltre 150 chili <strong>di</strong> bronzo, potrebbe essere legato ad una officina<br />
fusoria che sorgeva nelle vicinanze dell’abitato. Lo scavo, ancora in<br />
corso, potrà aggiungere preziose informazioni <strong>di</strong> carattere architettonico<br />
e sulla vita quoti<strong>di</strong>ana del villaggio.<br />
Sala IV<br />
Vetrina n. 1<br />
<strong>Il</strong> percorso espositivo inizia con la parziale ricostruzione <strong>di</strong> un tem-<br />
54
Fig. 56.<br />
Villagrande<br />
Strisaili,<br />
Tempio <strong>di</strong> Sa<br />
Carcaredda.<br />
Ricostruzione del<br />
focolare rituale<br />
con un esempio<br />
<strong>di</strong> tesaurizzazione<br />
<strong>di</strong> bronzi votivi,<br />
panelle e<br />
pani <strong>di</strong> rame <strong>di</strong><br />
tra<strong>di</strong>zione egea.<br />
Età nuragica<br />
(1200-900 a.C.).<br />
pietto nuragico in località Sa Carcaredda, Riu ’e Inu, in agro <strong>di</strong> Villagrande<br />
Strisaili. Si tratta <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio con doppio vestibolo che conduce<br />
ad un vano circolare (ve<strong>di</strong> planimetria) con pavimentazione lastricata.<br />
All’interno è stato costruito un muro <strong>di</strong> piccoli blocchetti <strong>di</strong> calcare<br />
che originariamente delimitava un focolare rituale. <strong>Il</strong> muro serviva<br />
come base per sostenere dei blocchi <strong>di</strong> calcare, lavorati con profonde<br />
scanalature, che aderiscono perfettamente grazie all’uso delle grappe<br />
<strong>di</strong> piombo colato nelle apposite incisioni a T praticate sui lati interni.<br />
La composizione dei vari blocchi forma la sezione longitu<strong>di</strong>nale <strong>di</strong><br />
un nuraghe a pianta complessa che accentua la sacralità dell’e<strong>di</strong>ficio<br />
attraverso la rappresentazione del monumento nuragico per eccellenza<br />
considerato simbolo sacro <strong>di</strong> un’intera etnia. All’interno del tempietto<br />
55
Fig. 57. Villagrande Strisaili, Tempio <strong>di</strong> Sa Carcaredda. Particolare del deposito<br />
votivo con pugnaletti ad elsa gammata, bottoni, pugnali con manico massiccio,<br />
armille, bronzi figurati e <strong>di</strong>verse asce. Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />
Fig. 58. Villagrande Strisaili, Tempio <strong>di</strong> Sa Carcaredda. Particolare dei pie<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> un’originaria figurina in bronzo con sandali con zeppa e fascia obliqua.<br />
Età nuragica (1200-900 a.C.)<br />
56
Fig. 59. Villagrande Strisaili, Tempio <strong>di</strong> Sa Carcaredda. Esempio <strong>di</strong> tesaurizzazione<br />
<strong>di</strong> panelle, pani <strong>di</strong> rame <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione egea e asce a margini rialzati.<br />
Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />
e nell’area circostante venivano esposti, negli appositi basamenti rettangolari<br />
o a forma <strong>di</strong> nuraghe in miniatura, numerosi bronzi votivi<br />
figurati dei quali rimangono decine <strong>di</strong> pie<strong>di</strong> ancora inglobati nelle colate<br />
<strong>di</strong> piombo. Nei pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> una figurina sono rappresentati dei sandali<br />
composti da una grossa suola a più strati, una fascia <strong>di</strong> pelle orizzontale<br />
ed una obliqua cucite alla fascia posteriore. Esemplificano gli originari<br />
bronzetti staccati dalle basi una statuina <strong>di</strong> offerente ed un arciere<br />
con elmo sormontato da lunghe corna, considerate un elemento <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>stinzione e <strong>di</strong> prestigio nella gerarchia della nobiltà militare. La vetrina<br />
contiene uno scudo circolare umbonato <strong>di</strong> un originario guerriero <strong>di</strong><br />
notevoli <strong>di</strong>mensioni. Non và sottovalutato il fatto che gli artigiani che<br />
producevano bronzi destinati al mercato degli ex-voto nei luoghi <strong>di</strong><br />
culto, enfatizzavano intenzionalmente alcuni elementi somatici delle<br />
figurine umane ed animali forse per rendere più efficace la richiesta<br />
della grazia o il ringraziamento per averla ricevuta. Nel tempietto venivano<br />
offerti raffinati bottoni a semplice calotta conica o sormontati da<br />
vistose protomi animali, stiletti votivi ad elsa gammata e doppie fare-<br />
57
trine votive che i nuragici indossavano come amuleti apotropaici. Fra i<br />
bronzi figurati si <strong>di</strong>stingue un cinghialetto che l’artigiano ha rappresentato<br />
con pignola attenzione segnando le setole del dorso e del<br />
corpo. <strong>Il</strong> ricco donario, ricomposto parzialmente, conteneva pugnali,<br />
puntali <strong>di</strong> lancia, armille perfettamente conservate, elementi <strong>di</strong> collana<br />
in ambra e cristallo <strong>di</strong> rocca. La vetrina contiene una delle olle, in origine<br />
conservate all’interno <strong>di</strong> un vano-magazzino a<strong>di</strong>acente al tempio,<br />
che raccoglieva gli oggetti perio<strong>di</strong>camente staccati dalle basi o altri<br />
oggetti in bronzo che non potevano essere esposti. Le olle erano tenute<br />
in equilibrio da chili <strong>di</strong> panelle tronco coniche e piano convesse e da<br />
parti <strong>di</strong> pani <strong>di</strong> rame <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione egea. <strong>Il</strong> ripostiglio raccoglieva anche<br />
strumenti da lavoro come asce a margini rialzati, una doppia ascia a<br />
tagli paralleli, un’ascia martello, un’ascia a spuntoni laterali ed una<br />
doppia ascia con taglio ortogonale esposta nella vetrina n. 1 della Sala<br />
III. Nella vetrina sono esposte alcune parti <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> bacili in lamina <strong>di</strong><br />
bronzo con ripetute riparazioni con toppe tenute da ribattini. <strong>Il</strong> valore<br />
Fig. 60. Villagrande Strisaili, Tempio <strong>di</strong> S’Arcu ’e Is Forros. Veduta aerea del<br />
villaggio nuragico con tempio “a megaron”. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />
58
elevato dei contenitori in bronzo – la valutazione dei quali pùò essere<br />
verosimilmente ricostruita, in mancanza <strong>di</strong> fonti <strong>di</strong>rette, anche dai<br />
poemi omerici che descrivono contenitori e strumenti simili a quelli<br />
nuragici, donati come preziosi premi per le gare atletiche e per i giochi<br />
funebri – spiega perché venivano offerti nei santuari e conservati in una<br />
sorta <strong>di</strong> tesoro del tempio.<br />
Vetrina n. 2<br />
Nella vetrina successiva è esposto qualche frammento <strong>di</strong> tripode<br />
bronzeo con pareti traforate – simili a modelli ciprioti – proveniente dal<br />
tempio “a megaron” <strong>di</strong> S’Arcu ’e Is Forros <strong>di</strong> Villagrande Strisaili. <strong>Il</strong><br />
tempio con il prolungamento dei lati lunghi che delimitano il vestibolo<br />
anteriore e due ante posteriori, doppio in antis, è fra i più gran<strong>di</strong> della<br />
<strong>Sardegna</strong> (lung. m 17) e l’unico con quattro ambienti interni ed un grande<br />
temenos con panchine sulla parte anteriore. Dal donario provengono<br />
<strong>di</strong>verse basi in calcare alcune delle quali conservano le punte delle<br />
Fig. 61. Villagrande Strisaili, Tempio <strong>di</strong> S’Arcu ’e Is Forros. Frammenti <strong>di</strong> tripode<br />
bronzeo <strong>di</strong> tipo cipriota. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />
59
60<br />
Fig. 62. Villagrande Strisaili,<br />
Tempio <strong>di</strong> S’Arcu ’e Is Forros.<br />
Arciere con elmo, pettorale e<br />
placca <strong>di</strong> protezione.<br />
Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />
Fig. 63. Villagrande Strisaili,<br />
Tempio <strong>di</strong> S’Arcu ’e Is Forros.<br />
Pendaglio in bronzo con ascia<br />
a margini rialzati immanicata.<br />
Fibula a sanguisuga con<br />
decorazioni geometriche<br />
(1000-900 a.C.).
spade votive che si <strong>di</strong>fferenziavano da quelle d’uso per la maggiore lunghezza<br />
e la minore robustezza. Dall’area esterna proviene il modellino<br />
<strong>di</strong> nuraghe in calcare con fori per gli ex-voto che sostiene, in una ricostruzione<br />
ideale, un arciere con elmo sormontato da corna; il guerriero,<br />
con i tratti del viso geometrici, ha una doppia goliera, un pettorale decorato<br />
e una placca protettiva su una doppia tunica con maniche corte. L’elegante<br />
arciere indossa due bandelle sfrangiate sulle spalle ed una faretra<br />
con frecce e pugnale. Completano il ricercato abbigliamento gli schinieri<br />
decorati, legati alle gambe con lacci <strong>di</strong> pelle che evidenziano i forti<br />
polpacci del guerriero. Le offerte <strong>di</strong> oggetti in bronzo comprendevano<br />
un pendaglio raffigurante un’ascia a margini rialzati con l’immanicatura,<br />
un leoncino accosciato, asce a margini rialzati, parti <strong>di</strong> pani <strong>di</strong> rame<br />
<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione egea, lamine <strong>di</strong> contenitori bronzei <strong>di</strong> notevoli <strong>di</strong>mensioni.<br />
Dall’area circostante il megaron provengono i rarissimi frammenti <strong>di</strong><br />
stagno (ve<strong>di</strong> vetrina n. 1 della Sala III) che attestano l’attività fusoria nel<br />
Fig. 64. Ottana, località sconosciuta. Gruppo <strong>di</strong> daghe in bronzo a base semplice<br />
e due daghe con codolo uncinato <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione cipriota (1100-900 a.C.).<br />
61
sito che probabilmente si svolgeva all’interno <strong>di</strong> due singolari am-bienti<br />
circolari, con piccole aperture architravate alla base probabilmente<br />
funzionali all’inserimento <strong>di</strong> un mantice che alimentava il fuoco per<br />
portare i minerali alla temperatura <strong>di</strong> fusione. L’attività fusoria può essere<br />
ipotizzata anche per il ritrovamento <strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong> percussori litici,<br />
uno dei quali ha la forma <strong>di</strong> ariete, che potevano essere usati per la frantumazione<br />
dei minerali e per la presenza <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> matrici <strong>di</strong><br />
fusione. Dagli ambienti del villaggio circostante il tempio, proviene un<br />
torciere d’impasto con foro centrale sul piede e numerosi fori passanti<br />
sulle pareti. Le affinità tipologiche con <strong>di</strong>versi prodotti della metallurgia<br />
cipriota sono rappresentate da due daghe con codolo uncinato provenienti<br />
da una località sconosciuta del territorio <strong>di</strong> Ottana. Dallo stesso<br />
territorio proviene un gruppo <strong>di</strong><br />
daghe a base semplice in ottimo<br />
stato <strong>di</strong> conservazione. La stessa<br />
vetrina contiene un collare con<br />
catenelle terminanti con elementi<br />
foliati proveniente dagli strati<br />
recenziori del Nuraghe Sanu in<br />
località Taccu <strong>di</strong> Osini.<br />
62<br />
Fig. 65. Osini, Nuraghe Sanu.<br />
Collane in bronzo con catenelle<br />
terminanti con elementi foliati.<br />
Età nuragica (VIII-VII sec. a.C.).
Vetrina n. 3<br />
Le due vetrine successive sono interamente de<strong>di</strong>cate al Nuraghe<br />
Nurdole <strong>di</strong> Orani. Si tratta <strong>di</strong> un nuraghe complesso quadrilobato,<br />
e<strong>di</strong>ficato nelle fasi evolute del Bronzo me<strong>di</strong>o (1500 a.C.) contemporaneamente<br />
al villaggio circostante. A partire dal Bronzo recente<br />
(1300 a.C.) l’e<strong>di</strong>ficio ebbe profonde mo<strong>di</strong>fiche architettoniche e<br />
venne trasformato in un grande santuario che rimase in uso anche<br />
in età storica. L’acqua <strong>di</strong> una sorgente, che sgorgava nel cortile,<br />
venne incanalata in una fonte sacra costruita in opera isodoma con<br />
rocce <strong>di</strong> origine vulcanica trasportate da lontano. Dalla fonte,<br />
attraverso un complesso sistema <strong>di</strong> canali, l’acqua si versava in una<br />
grande vasca sottostante usata per le abluzioni lustrali. Numerosi<br />
blocchi, a T e a cuneo con la faccia a vista decorata da cornici e da<br />
<strong>di</strong>versi motivi geometrici incisi, erano originariamente sistemati<br />
sul coronamento del nuraghe – nei quattro lati – come un fregio<br />
decorativo composto da elementi <strong>di</strong>versi non riconducibili ad uno<br />
schema ripetitivo. Alcuni <strong>di</strong> questi blocchi esposti nelle vetrine<br />
Fig. 66. Orani (<strong>Nuoro</strong>). Complesso archeologico <strong>di</strong> Nurdole. Veduta aerea.<br />
Età nuragica (1500-900 a.C.).<br />
63
(ve<strong>di</strong> vetrina n. 1, sala VI), sono decorati con un motivo ra<strong>di</strong>ale<br />
tipico delle pintadere fittili usate come timbri per decorare pani<br />
rituali o tessuti. L’uso <strong>di</strong> questi simboli nell’architettura templare<br />
conferma la loro valenza magico religiosa. All’interno del tempio<br />
<strong>di</strong> Nurdole sono state trovate numerose basi d’offerta in pietra che<br />
conservano i resti degli originari bronzi figurati e delle spade ancora<br />
inglobate nel piombo. Alcune basi sono state usate come sostegno<br />
per <strong>di</strong>versi bronzi esposti nella vetrina. Dal ricchissimo deposito<br />
del santuario, per la mancanza <strong>di</strong> adeguati spazi espositivi, è<br />
stata tratta una scelta dei materiali più significativi idonea a evidenziare<br />
la varietà degli oggetti riferibili a <strong>di</strong>verse fasi del periodo<br />
nuragico. La selezione dei materiali ha privilegiato gli oggetti<br />
d’ornamento ed i gioielli che evidenziano un aspetto, fin’ora sconosciuto:<br />
la vanità delle popolazioni nuragiche delle zone interne<br />
che sono state sempre considerate vittime <strong>di</strong> fenomeni <strong>di</strong> attardamento<br />
e <strong>di</strong> isolamento culturale. Rientrano nel repertorio più conosciuto<br />
i bottoni a calotta conica e quelli sormontati da nuraghi<br />
complessi stilizzati, gli stiletti votivi con elsa gammata; le faretrine<br />
votive contenenti stocchi e pugnali avevano due occhielli all’estremità<br />
per poter essere infilate in un collare da esibire su entrambe<br />
le facce. Fra i gioielli <strong>di</strong> produzione nuragica sono invece meno<br />
<strong>di</strong>ffusi i pendagli riproducenti fiasche del pellegrino <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione<br />
cipriota, documentate anche in <strong>di</strong>versi contesti etruschi che ebbero<br />
contatti con la <strong>Sardegna</strong>.<br />
Vetrina n. 4<br />
L’esposizione continua con un pendaglio che riproduce in miniatura<br />
un corno potorio. Tutti i pendagli avevano un valore simbolico e<br />
venivano indossati come amuleti apotropaici. Esemplificano il gusto<br />
estetico dei nuragici una fibula cipriota, a conferma dei contatti fra le<br />
due isole, due fibule a sanguisuga con decorazioni geometriche ed<br />
una collana ricomposta idealmente con colossali vaghi d’ambra e<br />
pasta vitrea. Gli elementi <strong>di</strong> collana d’ambra, importata dai paesi baltici,<br />
hanno le superfici lavorate a scanalature parallele <strong>di</strong> una tipologia<br />
<strong>di</strong>ffusa nella Penisola, durante il Bronzo recente e finale soprattutto<br />
in contesti funerari, mentre in <strong>Sardegna</strong> si ritrovano prevalentemente<br />
nei luoghi <strong>di</strong> culto. L’esposizione continua con numerosi<br />
64
Fig. 67. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Blocchi <strong>di</strong> trachite con superfici<br />
decorate da una composizione <strong>di</strong> motivi geometrici incisi, provenienti dal<br />
coronamento del nuraghe trasformato in luogo <strong>di</strong> culto. Età nuragica (1200-<br />
900 a.C.).<br />
65
Fig. 68. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Pendaglio in bronzo a forma <strong>di</strong><br />
fiasca del pellegrino. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />
Fig. 69. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Raro esempio <strong>di</strong> fibula cipriota<br />
(1100-900 a.C.).<br />
Fig. 70. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Particolare della fibula cipriota<br />
(1100-900 a.C.).<br />
66
Fig. 71. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Collana composta da grani<br />
d’ambra, cristalli <strong>di</strong> rocca e pasta vitrea. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />
Fig. 72. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Testina in bronzo <strong>di</strong> donna<br />
ammantata. <strong>Il</strong> velo aderente alla testa mette in risalto il viso segnato da<br />
grosse sopracciglia, gran<strong>di</strong> occhi a globetto e naso a pilastrino. La bocca è<br />
una leggera fessura, ed il mento risulta rigidamente obliquo. Età nuragica<br />
(1100-900 a.C.).<br />
Fig. 73. Orani,<br />
Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole.<br />
Figurina bronzea <strong>di</strong><br />
sacerdotessa. Sulla testa porta<br />
un cappello su una<br />
capigliatura a trecce che<br />
scendono lateralmente ad<br />
incorniciare il viso con grosse<br />
sopracciglia, occhi a globetto<br />
e naso a pilastrino. Un ampio<br />
mantello con bor<strong>di</strong> decorati da<br />
linee oblique copre le braccia<br />
aperte e protese in avanti che<br />
reggono le bende sacre.<br />
Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />
67
Figg. 74. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Arciere con singolare copricapo<br />
a tiara con bandelle nella parte posteriore: sopra la tunica porta una<br />
stola. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />
68<br />
Fig. 75. Orani,<br />
Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole.<br />
Figurina maschile bronzea<br />
acefala. Le braccia protese in<br />
avanti in atto <strong>di</strong> preghiera,<br />
l’impostazione volumetrica<br />
della figura, l’assenza della<br />
rigi<strong>di</strong>tà e la nu<strong>di</strong>tà rituale,<br />
richiamano modelli<br />
tipicamente orientali.<br />
Età nuragica (900-700 a.C.).
Fig. 76. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Statuina bronzea riproducente<br />
una figura maschile che tiene fra le gambe una testa uguale ma <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />
più piccole. L’uomo, con il viso schiacciato, gli occhi ed il naso resi in<br />
modo sommario, porta le braccia in avanti e regge un oggetto non precisabile.<br />
La parte posteriore della figurina sottostante presenta sembianze animalesche.<br />
La figurina rappresenta probabilmente un vincitore che sottomette il<br />
nemico. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />
69
70<br />
Fig. 77. Orani,<br />
Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole.<br />
Figure bronzee <strong>di</strong> volpe accovacciata,<br />
scrofa e toro stante.<br />
Età nuragica (1100-900 a.C.).
Fig. 78. Orani, Tempio nuragico<br />
<strong>di</strong> Nurdole. Figurina in bronzo <strong>di</strong><br />
leone leggermente inclinato sulle<br />
zampe anteriori. La testa, volta<br />
in<strong>di</strong>etro, mostra la bocca<br />
spalancata scontornata da una<br />
linea incisa. <strong>Il</strong> leone, finora<br />
sconosciuto nell’iconografia dei<br />
bronzetti nuragici, si colloca<br />
nell’ambito del periodo<br />
Orientalizzante (VII sec. a.C.)<br />
Fig. 79. Orani, Tempio nuragico<br />
<strong>di</strong> Nurdole. Gallo acefalo in<br />
bronzo, appartenente ad un<br />
albero <strong>di</strong> navicella votiva. Le ali<br />
sono segnate da due profonde<br />
scanalature; le due robuste zampe<br />
con speroni poggiano su una base<br />
rettangolare.<br />
Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />
pugnali a base semplice, a lingua da presa e a manico massiccio, ed<br />
un gruppo <strong>di</strong> spilloni semplici e con capocchie lavorate. Alcune teste<br />
<strong>di</strong> originarie figurine bronzee rappresentano una donna ammantata<br />
con gran<strong>di</strong> occhi a globetto, guerrieri con elmo cornuto.<br />
Segue l’esposizione <strong>di</strong> punte <strong>di</strong> lancia con immanicatura a cannone,<br />
puntali decorati con motivi geometrici a fasce parallele e <strong>di</strong>verse punte<br />
71
<strong>di</strong> frecce in bronzo. Fra i bronzi figurati si evidenzia un offerente che<br />
indossa una tunica corta con orlo decorato: porta una lunga stola sulle<br />
spalle ed un singolare copricapo a tiara con due bandelle posteriori.<br />
Una sacerdotessa orante con cappello conico e mantello con bor<strong>di</strong><br />
decorati, porta delle bende sul braccio; una figura maschile tiene fra le<br />
gambe una figura, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni più piccole, con la testa uguale e la<br />
parte posteriore del corpo con sembianze animalesche, mentre l’uomo<br />
porta le braccia in avanti e stringe un oggetto imprecisabile. La figurina<br />
potrebbe rappresentare un vincitore che sottopone il nemico.<br />
Seguono alcuni offerenti ed oranti, rappresentati in movimento e con<br />
una nu<strong>di</strong>tà rituale che risente <strong>di</strong> influenze del mondo orientale, in contrapposizione<br />
alla rigida geometria e allo spontaneo verismo dei bronzetti<br />
nuragici. Un bronzetto con il viso orrido e un’enorme bocca porta<br />
una spada <strong>di</strong> proporzioni enormi rispetto al corpo. <strong>Il</strong> deposito votivo ha<br />
restituito numerosi animali, soprattutto tori, arieti, una volpe, una scrofa,<br />
un gallo acefalo ed un leone retrospicente. <strong>Il</strong> leone, assente nell’iconografia<br />
dei bronzetti nuragici, può essere frutto <strong>di</strong> scambi com-<br />
Fig. 80. Esterzili, Tempio “a megaron” <strong>di</strong> Domu de Orgia. Foto dall’alto dopo<br />
lo scavo. Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />
72
merciali con mercati dell’area tirrenica nel periodo Orientalizzante.<br />
Dal Nuraghe Nurdole provengono copiosi materiali ceramici, che attestano<br />
la frequentazione del santuario a partire dal Bronzo recente e fino<br />
all’età del Ferro, caratterizzati dalla presenza <strong>di</strong> numerose brocche<br />
askoi<strong>di</strong> con decorazioni geometriche.<br />
Sala V<br />
Vetrina n. 1<br />
La sala nuragica si completa con i materiali bronzei provenienti dal<br />
tempio “a megaron” <strong>di</strong> Domu de Orgia <strong>di</strong> Esterzili. Si tratta del più<br />
grande tempio <strong>di</strong> questa tipologia: costruito sul Monte Cuccureddì,<br />
un’altura dove confluivano importanti vie <strong>di</strong> transumanza che le popolazioni<br />
locali percorrevano durante gli spostamenti, per motivi climatici<br />
ed altimetrici, verso il Gerrei e il Salto <strong>di</strong> Quirra. Nel vestibolo del<br />
tempio, durante recenti scavi, è stato scoperto uno straor<strong>di</strong>nario com-<br />
Fig. 81. Esterzili,<br />
Tempio <strong>di</strong> Domu de<br />
Orgia. Statuina in bronzo<br />
<strong>di</strong> cacciatore che offre un<br />
cervo mentre un cane,<br />
che porta il collare, tenta<br />
<strong>di</strong> sbranare la preda. Con<br />
l’altra mano offre un<br />
piatto con una fionda e<br />
uno stocco. Età nuragica<br />
(1100-900 a.C.).<br />
73
Fig. 82. Esterzili, Tempio <strong>di</strong> Domu de Orgia. Sacerdotessa orante con ampio<br />
mantello che tiene una torcia con la mano sinistra. Età nuragica (1100-900<br />
a.C.).<br />
Fig. 83. Arciere in bronzo con elmo carenato sormontato da corna. Indossa<br />
su una corta tunica un gonnellino borchiato <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione orientale. Età<br />
nuragica (1100-900 a.C.)<br />
plesso <strong>di</strong> figure bronzee composto, come in una scena d’offerta, da<br />
<strong>di</strong>versi personaggi. Un cacciatore offerente tiene con una mano un piatto<br />
con uno stocco ed una fionda, mentre sostiene un cervo morente che<br />
un cane, con collare e la coda rivolta in alto, tenta <strong>di</strong> sbranare. <strong>Il</strong> cacciatore<br />
è circondato da due oranti con un pugnale sul petto, uno dei quali<br />
acefalo, che offrono un’olla a colletto cilindrico sostenuta da una corda.<br />
Seguono due sacerdotesse – che indossano lunghe tuniche con orli<br />
decorati ed ampi mantelli tenuti sulle spalle da larghi passanti nastriformi<br />
– che pregano con le braccia aperte tenendo nella mano destra un<br />
lume acceso. <strong>Il</strong> gruppo comprende un arciere con elmo cornuto che<br />
indossa un inconsueto gonnellino borchiato <strong>di</strong> foggia orientale: si tratta<br />
74
Fig. 84. Esterzili, Tempio <strong>di</strong> Domu de Orgia. Gruppo <strong>di</strong> figure bronzee ricomposte<br />
in una ideale base per le offerte. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />
forse <strong>di</strong> un guerriero <strong>di</strong> una particolare guarnigione militare presente<br />
nella <strong>Sardegna</strong> nuragica. Erano compresi nell’offerta un toro stante con<br />
gran<strong>di</strong> corna al centro delle quali poggia un uccello, un elegantissimo<br />
muflone stante con corna ricurve realizzate con eccezionale verismo ed<br />
un uccello con foro passante che originariamente era infilato su una<br />
spada e offerto simbolicamente come preda <strong>di</strong> caccia. Un’altra figura<br />
maschile <strong>di</strong> offerente che porta un muflone sulle spalle proviene da un<br />
piccolo spazio delimitato da lastre ortostatiche, costruito nella grande<br />
cella del tempio e usato come ripostiglio. I bronzi <strong>di</strong> Domu de Orgia<br />
hanno strettissime affinità tipologiche con i bronzetti del vicino santuario<br />
<strong>di</strong> Santa Vittoria <strong>di</strong> Serri e <strong>di</strong> altri monumenti ogliastrini, tanto da<br />
poter ipotizzare l’esistenza <strong>di</strong> una importante officina fusoria specializzata<br />
nella produzione <strong>di</strong> ex-voto <strong>di</strong> gran pregio artigianale che venivano<br />
venduti in <strong>di</strong>versi luoghi <strong>di</strong> culto del Sarcidano e dell’Ogliastra.<br />
Vetrina n. 2<br />
Nella Sala V l’esposizione continua con una raccolta <strong>di</strong> materiali<br />
d’importazione, provenienti da collezioni private e da recenti scavi<br />
75
archeologici, che documentano i rapporti commerciali della <strong>Sardegna</strong><br />
con <strong>di</strong>versi paesi me<strong>di</strong>terranei. La vetrina presenta alcuni frammenti<br />
<strong>di</strong> vaso miceneo provenienti da una località ignota <strong>di</strong> Orosei e<br />
una coppa protocorinzia rinvenuta nel santuario <strong>di</strong> Nurdole. Dallo<br />
stesso santuario proviene una brocca in bucchero con orlo trilobato,<br />
una testina frammentaria <strong>di</strong> kuros <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione ionica, una statuina<br />
fittile <strong>di</strong> Demetra con porcellino: tutti elementi che documentano la<br />
frequentazione del luogo <strong>di</strong> culto per un arco <strong>di</strong> tempo lunghissimo,<br />
iniziata in epoca nuragica e continuata fino al periodo romano. Dal<br />
territorio <strong>di</strong> Torpè proviene una piccola coppa su piede a vernice nera<br />
mentre è ignota la provenienza <strong>di</strong> un askos <strong>di</strong> bucchero. Dal villaggio<br />
nuragico <strong>di</strong> Ruinas, <strong>di</strong>strutto duranti i lavori per l’impianto <strong>di</strong> un<br />
vigneto, nella Valle <strong>di</strong> Lanaitto <strong>di</strong> Oliena, proviene una fiasca del pellegrino<br />
<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione punica, del III sec. a.C., con corpo lenticolare e<br />
quattro anse funzionali all’inserimento <strong>di</strong> una cinghia per il traspor-<br />
76<br />
Fig. 85. Oliena,<br />
Villaggio <strong>di</strong> Ruinas.<br />
Fiasca del pellegrino con<br />
corpo lenticolare e quattro<br />
anse per l’inserimento<br />
della cinghia per il<br />
trasporto. Sul collo<br />
strombato si leggono le<br />
lettere S.V. (III sec. a.C.).
Fig. 86. Collezione Bacchisio Latte. Unguentari ariballici corinzi. Provenienza<br />
ignota (VII-VI sec. a.C.).<br />
Fig. 87. Collezione Bacchisio Latte. Coppa attica con scene <strong>di</strong> convivio. Provenienza<br />
ignota (V sec. a.C.).<br />
77
Fig. 88. Orroli, Nuraghe Arrubiu. Alabastron miceneo <strong>di</strong> forma cilindrica con<br />
tre piccole anse. Superfici decorate a fasce <strong>di</strong> linee (Tardo Ella<strong>di</strong>co III A2<br />
1400-1300 a.C.).<br />
78
Fig. 89. Orgosolo, Villaggio nuragico <strong>di</strong> Sirilò. Frammenti <strong>di</strong> vaso attico a<br />
figure rosse con scene <strong>di</strong> palestra (V-IV sec. a.C.).<br />
Fig. 90. Lo<strong>di</strong>ne, villaggio nuragico Soroeni. Raro askos ad anatrella con<br />
superfici decorate da motivi geometrici. Si conserva la coda e la parte superiore<br />
del corpo (VIII-VII sec. a.C.).<br />
79
Fig. 91. Frammento <strong>di</strong> vaso corinzio con antilopi (VII sec. a.C.).<br />
Fig. 92. Siniscola, Monte Lattu. Frammento <strong>di</strong> cratere apulo a figure rosse<br />
(IV-III sec. a.C.).<br />
Fig. 93. Orgosolo, Monte Novo San Giovanni. Brocca in lamina bronzea. Età<br />
romana imperiale.<br />
80
to; le superfici sono decorate da anelli concentrici <strong>di</strong> vernice rosso<br />
bruna e sul collo strombato si conserva una sigla con le lettere S.V.<br />
Appartenevano alla Collezione <strong>di</strong> Bacchisio Latte due ariballoi (V<br />
sec. a.C.) che contenevano unguenti preziosi, una piccola coppa attica<br />
a figure nere con scene <strong>di</strong> convivio <strong>di</strong> provenienza sconosciuta. Si<br />
evidenzia un vaso miceneo alabastron, rinvenuto nella torre centrale<br />
del Nuraghe Arrubiu <strong>di</strong> Orroli noto per la sua singolare complessità<br />
planimetrica, costituito da una torre centrale, cinque torri aggiunte e<br />
un antemurale con nove torri. L’alabastron <strong>di</strong> forma cilindrica con<br />
tre piccole anse e superfici decorate da fasci <strong>di</strong> linee, trova una collocazione<br />
cronologica nel Tardo Ella<strong>di</strong>co III A 2 (1400-1300 a.C.) e<br />
costituisce uno dei rari esempi della presenza <strong>di</strong> testimonianze micenee<br />
nell’interno dell’Isola ed un prezioso elemento <strong>di</strong> datazione.<br />
Segue l’esposizione <strong>di</strong> alcuni frammenti <strong>di</strong> un vaso attico a figure<br />
rosse, con scene <strong>di</strong> palestra riproducenti figure che stringono lo strigile,<br />
proveniente da scavi recenti fatti nel villaggio nuragico <strong>di</strong> Sirilò<br />
<strong>di</strong> Orgosolo, ed un singolare askos ad anatrella con decorazioni geometriche<br />
impresse proveniente dal villaggio nuragico <strong>di</strong> Sirilò <strong>di</strong><br />
Lo<strong>di</strong>ne. I frammenti residui dell’askos sono decorati da fasce campite<br />
da motivi a spina <strong>di</strong> pesce e da cerchielli impressi, tipici delle produzioni<br />
ceramiche dell’età del Ferro <strong>di</strong>ffuse in <strong>Sardegna</strong> ed in ambiti<br />
peninsulari protovillanoviani. Completano l’esposizione un frammento<br />
<strong>di</strong> vaso corinzio con antilopi ed un frammento <strong>di</strong> vaso apulo<br />
proveniente dal territorio <strong>di</strong> Siniscola.<br />
Vetrina n. 3<br />
La vetrina successiva espone una brocca in lamina bronzea <strong>di</strong> epoca<br />
romana imperiale, proveniente da Monte Novo San Giovanni nel territorio<br />
del Supramonte <strong>di</strong> Orgosolo che ha restituito numerose monete in<br />
bronzo coniate dopo il III sec. d.C. Segue la parte superiore <strong>di</strong> un vaso<br />
bronzeo proveniente da Ruinas (Oliena) con orlo estroflesso e due anse<br />
orizzontali contrapposte con attacchi formati da due mani, realizzate<br />
sommariamente in modo schematico che riconducono a tipologie del<br />
II sec. a.C. Fra i materiali bronzei sono esposte una lucerna monolicne<br />
con serbatoio bacellato e presa con riflettore ed una lucernetta bilicne<br />
con anelli per il filo <strong>di</strong> sospensione.<br />
81
Fig. 94. Orosei, Sa Linnarta. Tabulae defixionis in piombo con iscrizioni incise<br />
che augurano malefici. Anticamente venivano fissate nei santuari o deposte<br />
nelle tombe.<br />
82
Vetrina n. 4<br />
I reperti successivi provengono prevalentemente dalla Collezione<br />
Cabras, da un unico ripostiglio contenuto in un vaso d’impasto rinvenuto<br />
nel centro abitato del comune <strong>di</strong> Loculi. Si tratta <strong>di</strong> 9 braccialetti<br />
in bronzo ad ellisse aperta con decorazioni geometriche <strong>di</strong> epoca nuragica,<br />
un bracciale a manetta d’argento massiccio con decorazioni a cerchielli,<br />
numerosi elementi <strong>di</strong> collana in pasta vitrea idealmente ricomposti,<br />
una collana ricomposta <strong>di</strong> vaghi a spirale biconici, cilindrici e globulari<br />
con un elemento centrale che imita un vago ad astragalo. Completano<br />
la vetrina i materiali scoperti nel centro urbano <strong>di</strong> Orani, composti<br />
da tre fusaiole <strong>di</strong> steatite e una lucerna monolicne. Da una località<br />
ignota <strong>di</strong> Gavoi provengono alcuni splen<strong>di</strong><strong>di</strong> esempi <strong>di</strong> lucerne bilicni<br />
con anse plastiche a riflettore triangolare, a crescente lunare, a foglie <strong>di</strong><br />
acanto, a forma <strong>di</strong> aquila, che esemplificano tipologie <strong>di</strong>ffuse nel III sec.<br />
d.C. La vetrina successiva espone, su un supporto con due lenti d’ingran<strong>di</strong>mento,<br />
due tavolette in piombo, tabulae defixionis, che anticamente<br />
venivano infisse nei santuari per richiedere malefici contro qualcuno<br />
attraverso l’invocazione agli dei, oppure venivano deposte nelle<br />
sepolture usando il defunto come messaggero per la richiesta agli dei<br />
inferi. Le rarissime tabelle fanno parte della Collezione Cabras e provengono<br />
dalla fonte sacra compresa nel villaggio nuragico <strong>di</strong> Sa Linnarta<br />
che rimase in uso in epoca romana.<br />
Vetrine nn. 5 e 6<br />
Provengono dal territorio del Sarcidano i materiali della Collezione<br />
Piras, esposta solo in parte. Si tratta <strong>di</strong> un contenitore in ceramica<br />
invetriata, trovato nel centro abitato <strong>di</strong> Orroli, <strong>di</strong> una collana in pasta<br />
vitrea da Su Monti e <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi unguentari in vetro iridescente <strong>di</strong><br />
epoca romana. I numerosi materiali della raccolta, provenienti dalle<br />
necropoli scoperte fortuitamente durante lavori agricoli o l’apertura<br />
<strong>di</strong> tracciati stradali, comprendono patere <strong>di</strong> ceramica “campana C”,<br />
databili tra la fine del II ed il I sec. a.C., <strong>di</strong>verse patere <strong>di</strong> ceramica<br />
aretina con bollo <strong>di</strong> fabbrica in planta pe<strong>di</strong>s, tazze da mensa biansate<br />
a “pareti sottili” e vasi <strong>di</strong> “sigillata chiara” <strong>di</strong> epoca imperiale.<br />
Vetrina n. 7<br />
Chiude l’esposizione della Sala V una vetrina che raccoglie varie<br />
83
Fig. 96. Galtellì, Chiesa <strong>di</strong> San Pietro. Lamine in bronzo decorate appartenenti<br />
al vestiario <strong>di</strong> inumati rinvenuti in tombe a cassone nell’area esterna<br />
alla chiesa (XV sec.).<br />
84<br />
Fig. 95. Galtellì,<br />
Chiesa <strong>di</strong><br />
San Pietro.<br />
Gruppo <strong>di</strong><br />
bottoni in<br />
argento, lisci e<br />
mammellati,<br />
appartenenti al<br />
vestiario degli<br />
inumati<br />
rinvenuti in<br />
tombe a cassone<br />
nell’area<br />
esterna alla<br />
chiesa<br />
(XV sec.).
Fig. 97. Posada, Castello della Fava. Frammenti <strong>di</strong> maioliche rinascimentali<br />
<strong>di</strong> varia provenienza (XV sec. d.C.).<br />
testimonianze dell’Alto-me<strong>di</strong>oevo e del Rinascimento. Da una tomba<br />
a poliandro, del VII-VIII sec. d.C., scoperta nell’abitato <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong> provengono<br />
alcuni ar<strong>di</strong>glioni <strong>di</strong> affibbiagli in bronzo ed una punta <strong>di</strong> lancia<br />
in ferro appartenenti al vestiario e al corredo dei <strong>di</strong>eci inumati<br />
deposti nella sepoltura comune. Una raccolta <strong>di</strong> orecchini a cerchio<br />
in argento sono stati ritrovati in una località ignota <strong>di</strong> Orosei. Dalle<br />
tombe a cassone costruite intorno alla chiesa <strong>di</strong> San Pietro <strong>di</strong> Galtellì<br />
provengono alcuni bottoni mammillari in argento, un anello d’argento<br />
a castone, spilloni e lamine in bronzo decorate con incisioni<br />
riferibili al vestiario dei defunti e databili tra il XIV e il XV sec. d.C.<br />
La vetrina contiene alcuni frammenti <strong>di</strong> bacini e <strong>di</strong> brocche in maiolica<br />
rinascimentale raccolti nella <strong>di</strong>scarica sottostante il Castello della<br />
Fava <strong>di</strong> Posada. Fa parte della Collezione Comunale un sigillo del III<br />
vescovo della ripristinata <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Galtellì del 1700.<br />
85
Sala VI<br />
Vetrina n. 2<br />
Continua l’esposizione con i materiali della Collezione Comunale<br />
raccolti dal Canonico Mauro Sale che li affidò in custo<strong>di</strong>a al Comune<br />
<strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong>. La prima catalogazione della collezione risale al 7 maggio<br />
1937, quando l’intera raccolta venne consegnata alla Biblioteca Sebastiano<br />
Satta con un regolare atto ed un relativo verbale <strong>di</strong> consegna, firmato<br />
dal Canonico Sale, dai rappresentanti della Biblioteca e del<br />
Comune. La collezione, che nel corso degli anni si era arricchita <strong>di</strong><br />
nuovi materiali donati da privati, venne affidata il 18 agosto 1976 al<br />
Gruppo Grotte Nuorese che la espose in una mostra permanente in<br />
occasione della XXII Riunione dell’Istituto Italiano <strong>di</strong> Preistoria e Protostoria.<br />
Gli oggetti della collezione non presentano omogeneità tipologica<br />
e uguale appartenenza cronologica perché sono frutto <strong>di</strong> scoperte<br />
fortuite. La vetrina contiene numerosi vasetti miniaturistici d’impasto,<br />
lavorati in modo sommario, provenienti da Orulù, una località in<br />
agro <strong>di</strong> Orgosolo che conserva i resti <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> uso cultuale nuragico<br />
rimasto in uso in epoca romana imperiale. Fra i materiali nuragici<br />
si evidenziano le navicelle nuragiche, una delle quali, con protome<br />
cervina, ha uno scafo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni (cm 26,5) ed è considerata<br />
fra le più gran<strong>di</strong> dell’Isola. Un’altra navicella, con protome bovina, ha<br />
un anello <strong>di</strong> sospensione che si innesta nel punto <strong>di</strong> congiunzione <strong>di</strong><br />
quattro verghe bronzee che partono dai bor<strong>di</strong> dello scafo. Sono esposti<br />
inoltre <strong>di</strong>versi spilloni con capocchie lavorate, un bel bottone sormontato<br />
da un miniaturistico nuraghe quadrilobato e con superfici lavorate<br />
a cor<strong>di</strong>cella, un braccialetto. Provengono sempre dal deposito votivo <strong>di</strong><br />
Orulù, alcuni contenitori con lungo manico forato, trullae in lamina<br />
bronzea, <strong>di</strong> ottima fattura, ed alcuni attingitoi (símpula) in lamina sottile<br />
che venivano usati per le funzioni religiose. Sempre da Orgosolo<br />
provengono anse <strong>di</strong> secchielli ed altri contenitori in bronzo. Un esempio<br />
<strong>di</strong> attacco inferiore <strong>di</strong> ansa raffigurante una testa <strong>di</strong> Sileno barbuto<br />
testimonia, in epoca romana, una produzione o un commercio <strong>di</strong> oggetti<br />
<strong>di</strong> grande pregio artigianale anche nelle zone più interne della Barbagia<br />
ove si riteneva che non si fosse mai ra<strong>di</strong>cata la presenza romana.<br />
Fra i materiali romani sono esposte coppe <strong>di</strong> ceramica a “pareti sottili”<br />
e <strong>di</strong> “sigillata chiara” che si collocano tra la fine del I e il II sec. d.C.<br />
86
Fig. 98. Orgosolo, Località Orulù. Navicella bronzea con protome cervina. Le<br />
sue notevoli <strong>di</strong>mensioni (cm 26,5) e l’accurata tecnica <strong>di</strong> esecuzione in<strong>di</strong>cano<br />
l’importanza del deposito votivo. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />
Fig. 99. Orgosolo, Località Orulù e Monte Novo San Giovanni. Due trullae,<br />
una patera, una brocca e un attingitoio in lamina bronzea, provenienti da un<br />
deposito votivo. Età romana.<br />
87
Completano l’esposizione un gruppo <strong>di</strong> lucerne, una delle quali riporta<br />
il bollo Honorati, ed un Thymiaterion raffigurante la testa <strong>di</strong> Demetra<br />
con kàlathòs. Recenti scavi effettuati in una tomba <strong>di</strong> giganti a Sa Senepida,<br />
nel Supramonte <strong>di</strong> Orgosolo, che conteneva deposizioni funerarie<br />
<strong>di</strong> età imperiale sovrapposte a quelle nuragiche, ed il ritrovamento <strong>di</strong><br />
pregevoli brocche in lamina bronzea a Monte Novo San Giovanni, attestano<br />
una capillare presenza dei Romani nelle zone più interne ed<br />
impervie del territorio barbaricino soprattutto in età imperiale. La ricerca<br />
scientifica nel territorio nuorese ha messo in luce a Sant’Efis <strong>di</strong><br />
Orune, a Soroeni <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>ne, a Sirilò <strong>di</strong> Orgosolo, a Nuraghe Mannu <strong>di</strong><br />
Dorgali, già noti come villaggi nuragici, esempi inequivocabili d’inse-<br />
88<br />
Fig. 100. Orgosolo,<br />
Località Orulù.<br />
Attacco inferiore <strong>di</strong> ansa<br />
<strong>di</strong> contenitore in bronzo<br />
raffigurante la testa<br />
<strong>di</strong> un Sileno barbuto.<br />
Età romana.
<strong>di</strong>amenti abitativi stabili <strong>di</strong> sar<strong>di</strong> romanizzati che sfatano quella componente<br />
resistenziale che viene comunemente attribuita alle popolazioni<br />
delle zone interne. Appartengono alla stessa raccolta <strong>di</strong>versi affibbiagli<br />
in bronzo per cintura ed anelli del VII sec. d.C.<br />
Vetrina n. 3<br />
Fanno parte della Collezione Comunale <strong>di</strong>versi tesoretti monetali<br />
provenienti da Orulù <strong>di</strong> Orgosolo con monete delle Zecche <strong>di</strong> <strong>Sardegna</strong>,<br />
Sicilia, Cartagine, che si collocano nel IV-III sec. a.C. Un secondo ripostiglio<br />
scoperto nel 1929, durante lavori agricoli, nelle campagne <strong>di</strong><br />
Irgoli, in un piccolo vaso d’impasto, comprende 52 denari riferibili ad<br />
un periodo compreso fra il 116 e il 235 d.C., dall’imperatore Traiano a<br />
Severo Alessandro. Hanno una certa rarità i denari che raffigurano le<br />
donne della famiglia Cesarea, come Giulia Domna, Giulia Paola, Giulia<br />
Mesa, Giulia Mamea. Un terzo ripostiglio proviene dal Nuraghe<br />
Norgoe <strong>di</strong> Irgoli che conteneva 141 monete databili tra l’81 e il 96 d.C.<br />
con l’imperatore Domiziano e altre coniate tra il IV e il V sec. d.C.<br />
Appartengono alla raccolta comunale due monete d’oro <strong>di</strong> epoca rinascimentale<br />
<strong>di</strong> ignota provenienza. La vetrina contiene monete <strong>di</strong> recente<br />
acquisizione come un solido in oro <strong>di</strong> Valentiniano II del IV sec. d.C.,<br />
proveniente da Sant’Efis <strong>di</strong> Orune, un tremisse in oro <strong>di</strong> Liutprando proveniente<br />
dall’ipogeo neolitico <strong>di</strong> Su Anzu Iumpadu <strong>di</strong> Oliena, riutiliz-<br />
Fig. 101. Orune,<br />
Sant’Efis.<br />
Solido in oro <strong>di</strong><br />
Valentiniano III<br />
(425-455 d.C.).<br />
89
zato nel periodo bizantino. Recenti scavi nel Nuorese hanno messo in<br />
luce un tesoretto <strong>di</strong> monete del basso impero a Sa Carcaredda <strong>di</strong> Villagrande<br />
e un ripostiglio <strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong> monete a Soroeni <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>ne.<br />
Vetrina n. 4<br />
La Sala VI contiene la ricostruzione <strong>di</strong> una tomba romana del tipo<br />
“alla cappuccina”, composta da laterizi ed embrici, che conteneva il<br />
defunto, scoperta in una necropoli nel centro abitato <strong>di</strong> Galtellì ai<br />
pie<strong>di</strong> del Monte Tuttavista. La vasta necropoli, esplorata solo in parte<br />
durante lavori e<strong>di</strong>li, comprende sepolture in dolio – un grande vaso<br />
che conteneva il defunto in posizione fetale – ed “alla cappuccina”,<br />
obliterate da <strong>di</strong>versi metri <strong>di</strong> detriti alluvionali lasciati da fiume<br />
Cedrino che scorre nelle vicinanze. Accompagnava il defunto un corredo<br />
funerario composto da una brocchetta monoansata, un piatto <strong>di</strong><br />
ceramica comune ed un bicchiere a campana in vetro iridescente <strong>di</strong><br />
età imperiale. Un pannello <strong>di</strong>dattico illustra una completa tipologia<br />
delle sepolture <strong>di</strong> età romana.<br />
Fig. 102. Galtellì, centro abitato. Ricostruzione <strong>di</strong> tomba “alla cappuccina”<br />
con il defunto ed il corredo funerario composto da brocchetta, piatti e bicchiere<br />
in vetro bianco opaco (lattimo) iridescente. Età romana imperiale.<br />
90
Vetrina n. 5<br />
La vetrina successiva ricostruisce idealmente un fondale marino<br />
con i resti <strong>di</strong> un carico <strong>di</strong> nave romana naufragata presso le coste<br />
orientali della <strong>Sardegna</strong>. I numerosi relitti segnalati lungo la costa<br />
da Tertenia a San Teodoro, sono riferibili a navi onerarie che trasportavano<br />
prevalentemente grano, olio, laterizi. <strong>Il</strong> tratto <strong>di</strong> mare<br />
che restituisce abbondanti fasciami e i materiali del carico è localizzato<br />
tra la costa <strong>di</strong> Arbatax ed il Golfo <strong>di</strong> Orosei. I naufragi<br />
erano molto numerosi a causa delle caratteristiche della costa che<br />
presenta falesie a strapiombo sul mare intervallate da piccolissime<br />
cale che non facilitavano l’approdo delle navi in <strong>di</strong>fficoltà. Da questo<br />
tratto <strong>di</strong> costa, provengono i materiali della vetrina, in gran<br />
parte recuperati dalle reti dei pescherecci che praticano la pesca a<br />
strascico e dalle forze dell’or<strong>di</strong>ne che operano in Ogliastra. La<br />
ricostruzione fatta a scopo <strong>di</strong>dattico propone nell’insieme un orcio<br />
biansato <strong>di</strong> produzione africana, <strong>di</strong>verse anfore con concrezioni<br />
marine, un contenitore cilindrico in pietra ed un’altra conca con<br />
Fig. 103. Anfore <strong>di</strong> un’antica nave oneraria romana naufragata presso la<br />
costa orientale.<br />
91
Fig. 104. Composizione ideale <strong>di</strong> un carico <strong>di</strong> nave oneraria naufragata con<br />
materiali recuperati in Baronia e Ogliastra. Età romana.<br />
versatoio che facevano parte delle suppellettili <strong>di</strong> bordo. La stessa<br />
vetrina contiene <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> ceramica da mensa, piccole olle che<br />
potevano far parte del carico o degli oggetti d’uso dell’equipaggio,<br />
una lucerna fittile bilicne con ansa sormontata da presa a crescente<br />
lunare. Parti del fasciame in legno e <strong>di</strong>versi chio<strong>di</strong> in bronzo<br />
esemplificano le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> ritrovamento dei relitti delle navi.<br />
Un pannello <strong>di</strong>dattico illustra le <strong>di</strong>verse anfore documentate nei<br />
fondali del mare sardo: sono <strong>di</strong> tipo fenicio, etrusco, greco italico,<br />
romano massaliota, africano e venivano prodotte nei vari paesi che<br />
si affacciano sul Mare Me<strong>di</strong>terraneo per trasportare vino, olio, graminacee,<br />
carni salate. <strong>Il</strong> pannello mostra le più conosciute rotte <strong>di</strong><br />
navigazione dell’antichità ed i giorni <strong>di</strong> viaggio necessari per raggiungere<br />
i porti più importanti del Me<strong>di</strong>terraneo. Nella stessa sala<br />
sono esposte un’ancora punica in pietra e ancore in piombo <strong>di</strong> età<br />
romana.<br />
Nell’ultima sala l’esposizione continua con una stele funeraria<br />
proveniente da una necropoli del territorio <strong>di</strong> Nurri raffigurante i<br />
contorni del viso dalle gran<strong>di</strong> orecchie inciso in modo sommario.<br />
Seguono tre iscrizioni <strong>di</strong> epoca romana scolpite su lastra: la prima<br />
proviene dalla località Perda Litterada <strong>di</strong> Austis, l’antica stazione<br />
92
Fig. 105. Austis,<br />
Pedra Litterada.<br />
Cippo funerario con de<strong>di</strong>ca a<br />
Liberta <strong>di</strong> Secundus,<br />
morta a 35 anni,<br />
dal fratello Iucundus.<br />
Età romana.<br />
Fig. 106. Bitti,<br />
Iscrizione funeraria del soldato<br />
Decumus Cniensis, figlio <strong>di</strong> Cirneti<br />
morto a 32 anni in servizio alla<br />
coorte degli Aquitani<br />
dall’età <strong>di</strong> 17 anni. Età romana.<br />
93
Fig. 107. Fonni, Sorabile. Lastra marmorea de<strong>di</strong>cata al <strong>di</strong>o Silvano del bosco<br />
sorabense da parte <strong>di</strong> Culpius Severus, Procuratore dell’imperatore, Prefetto<br />
della Provincia <strong>di</strong> <strong>Sardegna</strong> nel 98-117 d.C.<br />
Augusta fondata lungo la strada montana che collegava le zone più<br />
interne con la strada più importante che andava da Caralis a Turris<br />
Libissonis (Porto Torres). L’iscrizione contiene una de<strong>di</strong>ca a Liberta<br />
<strong>di</strong> Secundus, morta a 35 anni, dal fratello Iucundus. La seconda epigrafe<br />
proveniente dal territorio <strong>di</strong> Bitti reca un’iscrizione funeraria<br />
del soldato Decumus Cniensis, figlio <strong>di</strong> Cirneti, morto a 32 anni, in<br />
servizio alla coorte degli Aquitani dall’età <strong>di</strong> 17 anni. La terza iscrizione,<br />
composta da <strong>di</strong>versi frammenti, proviene da Sorabile, in agro<br />
<strong>di</strong> Fonni, dove si conservano resti <strong>di</strong> un importante inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong><br />
età romana. Nella lastra (98-117 d.C.) si legge una de<strong>di</strong>ca al <strong>di</strong>o Silvano<br />
del bosco sorabense da parte <strong>di</strong> C. Ulpius Severus, Procuratore<br />
dell’imperatore, Prefetto della Provincia <strong>di</strong> <strong>Sardegna</strong>, che probabilmente<br />
durante una sua visita ai reparti militari nelle zone montane<br />
ricche <strong>di</strong> boschi, invoca la protezione del <strong>di</strong>o Silvano e <strong>di</strong> Diana.<br />
94
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100
Glossario<br />
Abside Parte della chiesa cristiana, solitamente semicircolare, alle<br />
spalle dell’altare. Nell’architettura nuragica in<strong>di</strong>ca il paramento<br />
murario ad andamento curvo della parte terminale<br />
del muro esterno delle tombe <strong>di</strong> giganti o <strong>di</strong> altri e<strong>di</strong>fici.<br />
Ad<strong>di</strong>zione Frontale, laterale, concentrica, etc. Dicesi nella architettura<br />
nuragica della sistemazione delle torri aggiunte del<br />
bastione in rapporto al mastio in generale o alla parte<br />
anteriore del medesimo.<br />
Aniconico Detto <strong>di</strong> cippo non figurato.<br />
Antemurale La cinta esterna delle fortificazioni che racchiude<br />
(o Protheichisma) al suo interno il mastio ed il bastione.<br />
Armatura Elemento in pietra (selce o ossi<strong>di</strong>ana) atto ad essere montato<br />
sulla punta <strong>di</strong> un’asticciola <strong>di</strong> legno a formare una<br />
freccia.<br />
Assise (o filare) Fila orizzontale <strong>di</strong> pietre <strong>di</strong> una struttura muraria.<br />
Atrio (o vestibolo) <strong>Il</strong> primo ingresso <strong>di</strong> qualunque e<strong>di</strong>ficio.<br />
Bancone Lunga “panca” costituita da vari blocchi accostati, che se-<br />
(o bancone-se<strong>di</strong>le) gue, in tutto o in parte, la parete interna del vano (camera<br />
del nuraghe o capanna). È presente anche nelle esedre<br />
delle tombe <strong>di</strong> giganti, con la duplice funzione <strong>di</strong> sostenere<br />
gli ortostati e <strong>di</strong> costituire un punto d’appoggio per<br />
le offerte ai defunti.<br />
Bastioni Analogamente ai castelli me<strong>di</strong>evali il giro <strong>di</strong> torri raccordate<br />
da cortinemurarie <strong>di</strong>sposte intorno alla torre centrale<br />
o mastio.<br />
Betilo Pietra eretta, spesso lavorata, ritenuta essere “abitazione<br />
del <strong>di</strong>o”. <strong>Il</strong> termine è <strong>di</strong> origine semitica (beth-’el), ma in<br />
<strong>Sardegna</strong> è usato sia riferito a manifestazioni delle culture<br />
prenuragiche, sia nuragiche e fenicio-puniche.<br />
Bilitico Elemento formato da due pietre sovrapposte.<br />
Brassard Placca generalmente quadrangolare in pietra con fori pervii<br />
alle estremità, interpretata comunemente come salvapolso.<br />
101
Cammino <strong>di</strong> ronda Stretto passaggio protetto da parapetto posto alla sommità<br />
delle fortificazioni per <strong>di</strong>fesa o sorveglianza.<br />
Car<strong>di</strong>ale Ceramica <strong>di</strong>ffusa nel Neolitico Antico del Me<strong>di</strong>terraneo,<br />
decorata me<strong>di</strong>ante impressioni sull’argilla prima della<br />
cottura, con il peristoma <strong>di</strong> una conchiglia (soprattutto il<br />
car<strong>di</strong>um, secondo una tecnica detta, appunto, car<strong>di</strong>ale).<br />
Cella Camera interna <strong>di</strong> un nuraghe.<br />
Cèntina Elemento ligneo <strong>di</strong> supporto per la costruzione <strong>di</strong> un<br />
arco. In senso traslato è usato come cornice arcuata.<br />
Chiave <strong>di</strong> volta Pietra posta all’apice <strong>di</strong> un arco o <strong>di</strong> una volta e verso la<br />
quale convergono le spinte.<br />
Chiusino Lastra in pietra posta a sbarrare gli ingressi nelle sepolture,<br />
siano esse domus de janas (grotticelle funerarie) siano<br />
tombe <strong>di</strong> giganti.<br />
Ciclopica Dicesi della costruzione a secco con massi <strong>di</strong> gran<strong>di</strong><br />
(tecnica o architettura) <strong>di</strong>mensioni irregolari, <strong>di</strong>sposti a file orizzontali sovrapposte<br />
più o meno regolari.<br />
Cista (litica) Struttura a forma <strong>di</strong> “scatola” formata da lastre messe a<br />
coltello e a<strong>di</strong>bita ad uso funerario.<br />
Commessura <strong>Il</strong> punto <strong>di</strong> contatto fra pietra e pietra nella muratura.<br />
Concio Pietra appositamente lavorata per essere messa in opera<br />
nella muratura. Detta anche ‘pietra concia’. In genere le<br />
pietre dei nuraghi, anche se‘concie’, presentano all’esterno<br />
una faccia più o meno piana e all’interno del muro un prolungamento<br />
all’incirca conico che si chiama ‘coda’. Da cui<br />
‘concio a coda’.<br />
Copertura angolare Equivale a copertura ogivale e quin<strong>di</strong> non ‘tabulata’ <strong>di</strong> un<br />
vano, la cui sezione trasversale risulta perciò superiormente<br />
ad angolo più o meno acuto.<br />
Coppelle Cavità, più o meno emisferiche, scavate nella roccia.<br />
Corso Fila <strong>di</strong> pietre <strong>di</strong>sposte orizzontalmente in muratura. Dicesi<br />
anche assise o filare.<br />
Cortina Tratto <strong>di</strong> mura che collega fra loro due torri.<br />
<strong>Cultura</strong> L’insieme delle attività umane rappresentate dai manufatti<br />
(cultura materiale) e dalle credenze (culti, riti, etc.) proprie<br />
<strong>di</strong> una società.<br />
102
Disimpegno Vano, corridoio, scala o altro ambiente che collega due<br />
vani o l’interno e l’esterno <strong>di</strong> essi.<br />
Dolmen Tomba megalitica a camera, <strong>di</strong> pianta rettangolare o poligonale.<br />
Domus de janas Letteralmente “casa delle fate”, in<strong>di</strong>ca le tombe preistoriche<br />
sarde, d’età neolitica e calcolitica, scavate nella roccia,<br />
spesso articolate in molti ambienti intercomunicanti.<br />
Talvolta esse sono arricchite da motivi architettonici e<br />
simbolici <strong>di</strong>pinti o scolpiti (teste bovine, corna, spirali,<br />
elementi del tetto e delle pareti, etc.).<br />
Dromos Corridoio <strong>di</strong> accesso a camera funeraria: è usato per elemento<br />
strutturale <strong>di</strong> grotticella artificiale o sepoltura<br />
megalitica.<br />
Esedra Area sacra, prevalentemente semicircolare, antistante la<br />
facciata delle tombe <strong>di</strong> giganti.<br />
Facies Aspetto particolare e <strong>di</strong>stinto <strong>di</strong> una cultura.<br />
Falsa cupola Volta a base circolare, costituita da filari <strong>di</strong> pietre in<br />
aggetto usata in <strong>Sardegna</strong> nelle camere interne dei nuraghi<br />
o nei templi a pozzo.<br />
Falsa Porta Finta porta, scolpita, incisa o <strong>di</strong>pinta sulla parete <strong>di</strong> fondo<br />
del vano maggiore nelle “domus de janas”.<br />
Feritoia Stretta apertura verticale delle murature che nei nuraghi<br />
si allarga verso l’interno; serviva per l’illuminazione e<br />
l’areazione <strong>di</strong> corridoi, celle, etc.<br />
Filare Allineamento <strong>di</strong> una fila orizzontale <strong>di</strong> pietre della muratura.<br />
Finestrino <strong>di</strong> scarico Vuoto lasciato nelle murature subito sopra un architrave<br />
per evitare che il peso delle medesime gravi sul centro<br />
dell’architrave stesso, provocandone la rottura.<br />
Fittile Sinonimo <strong>di</strong> oggetto in terracotta, argilla, etc.<br />
Garetta o Nicchia che si apre solitamente sul lato sinistro <strong>di</strong> chi acgaritta<br />
<strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a cede all’an<strong>di</strong>to <strong>di</strong> ingresso <strong>di</strong> un nuraghe.<br />
Giunto È il punto in cui le pietre <strong>di</strong> una muratura combaciano fra<br />
<strong>di</strong> loro.<br />
Incastro Inserimento <strong>di</strong> una struttura architettonica nuova su <strong>di</strong><br />
architettonico un’altra precedente legando le stesse con apposite pietre.<br />
103
Incinerazione Rito funerario che implica la combustione completa dei<br />
resti umani.<br />
Inumazione Rito funerario che implica la deposizione del cadavere in<br />
una tomba.<br />
Ipogeo Architettura sotterranea, grotticella artificiale.<br />
Lesena Fascia verticale in rilievo, semipilastro.<br />
Lesina Subbia, punteruolo.<br />
Lingotto Fusione <strong>di</strong> metallo in una forma specifica, utilizzata per il<br />
commercio. Spesso il suo peso è standard e ne è garantita la<br />
purezza. Nella <strong>Sardegna</strong> nuragica i lingotti <strong>di</strong> rame possono<br />
avere forma piano-convessa, a “panella”, oppure a “pelle<br />
<strong>di</strong> bue” (oxhide), del tipo così detto cretese-cipriota.<br />
Lobato Dicesi <strong>di</strong> bastione <strong>di</strong> pianta poligonale avente una torre<br />
circolare in corrispondenza degli spigoli, che risultano,<br />
perciò, o semplicemente arrotondati o più spesso sporgenti<br />
a forma <strong>di</strong> lobo, a due o tre quarti <strong>di</strong> cerchio: trilobato<br />
se triangolare, tetralobato se <strong>di</strong> pianta quadrilatera,<br />
pentalobato se <strong>di</strong> pianta pentagonale, etc.<br />
Mastio Torre principale e più antica in un nuraghe com-<br />
(o maschio o torrione) plesso o in genere in un castello.<br />
Megalitica Costruzione a secco con gran<strong>di</strong> lastre <strong>di</strong> sostegno <strong>di</strong>sposte<br />
(tecnica o architettura) in verticale o a coltello ed altre <strong>di</strong> copertura poggianti<br />
orizzontalmente sulle prime, come nei dolmen e nelle<br />
allées couvertes (corridoi dolmenici). In genere vale<br />
anche come costruzione fatta <strong>di</strong> massi <strong>di</strong> notevole mole.<br />
Megaron E<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> pianta rettangolare composto da una camera<br />
principale preceduta da un vestibolo. Al centro della sala<br />
principale si trova un focolare. In Grecia il tipo compare<br />
dai tempi del Neolitico; in <strong>Sardegna</strong> il termine è mutuato<br />
dalla Grecia.<br />
Menhir Monolite <strong>di</strong> varia forma, assai spesso allungata, infitto<br />
verticalmente nel terreno ed avente funzione sacrale o<br />
funeraria. Di <strong>di</strong>fficile datazione, non è da confondersi con<br />
i betili, <strong>di</strong> forma conica o troncoconica e attribuibili ad<br />
età nuragica. I menhir in <strong>Sardegna</strong> appartengono al<br />
mondo prenuragico.<br />
Mensolone Elemento <strong>di</strong> sostegno, sporgente, in pietra o in legno, che<br />
(o mensola) coronava la sommità della costruzione e serviva a regge-<br />
104
e nei nuraghi – e nei castelli in genere – gli sporti dei terrazzi<br />
delle torri e delle cortine.<br />
Microlito Utensile litico <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni ottenuto dalla lavorazione<br />
<strong>di</strong> una lama o scheggia. Presenta, talvolta, forma<br />
geometrica (triangoli, trapezi, semilune) ed era immanicato<br />
in legno o osso. <strong>Il</strong> complesso <strong>di</strong> questi oggetti è detto<br />
industria microlitica.<br />
Modanatura Listello che risalta dal piano e sottolinea cornici architettoniche.<br />
Modellino Piccola scultura in pietra o bronzo o altro materiale che<br />
<strong>di</strong> nuraghe ripete in scala minore (da pochi a 70 cm.) il nuraghe semplice<br />
o quello complesso (trilobato e quadrilobato).<br />
Necropoli Letteralmente: “città dei morti”. Ampia area destinata a<br />
sepolture.<br />
Nuraghe a corridoio E<strong>di</strong>ficio costituito prevalentemente da corridoi variamente<br />
(o protonuraghe) articolati, spesso coperti da lastroni orizzontali affiancati.<br />
Vi si trovano anche nicchie e piccoli ambienti, talora<br />
coperti a falsa volta.<br />
Nuraghe a tholos E<strong>di</strong>ficio caratteristico della <strong>Sardegna</strong> costituito, nella sua<br />
forma più semplice, da una torre troncoconica con vani<br />
circolari sovrapposti e coperti da falsa volta ottenuta con<br />
l’aggetto delle pietre delle pareti. I vani sono raccordati<br />
fra loro, nella forma più evoluta, da una scala elicoidale<br />
che corre nello spessore murario. La forma più complessa<br />
è costituita da una serie <strong>di</strong> torri (da una a cinque) che<br />
si <strong>di</strong>spongono attorno ad una torre semplice (mastio),<br />
unite fra loro da murature rettilinee o concavo-convesse.<br />
Un antemurale formato da torri e cortine rettilinee circonda<br />
talora il complesso.<br />
Nuraghe E<strong>di</strong>ficio con preminente funzione militare, costruito con<br />
pietre a secco e con celle coperte a ‘falsa volta’; appartiene<br />
alla Me<strong>di</strong>a e tarda Età del Bronzo e all’Età del Ferro<br />
della <strong>Sardegna</strong>. Quello più semplice, costituito da una<br />
sola torre, ha forma troncoconica.<br />
Ogiva Arco acuto che segue il profilo delle false volte delle<br />
camere e <strong>di</strong> an<strong>di</strong>ti dei nuraghi.<br />
Ortostato Larga pietra o lastra, <strong>di</strong>sposta verticalmente.<br />
Ossi<strong>di</strong>ana Vetro vulcanico, <strong>di</strong> colore grigio-nero, utilizzato nell’an-<br />
105
tichità per la fabbricazione <strong>di</strong> armi e strumenti. In <strong>Sardegna</strong><br />
ne sono assai ricche le pen<strong>di</strong>ci del Monte Arci (Oristano),<br />
da cui veniva commercializzata fino all’Italia centro-settentrionale,<br />
alla Corsica, alla Francia.<br />
Pa<strong>di</strong>glione Nelle “domus de janas”, vestibolo coperto con una sorta<br />
<strong>di</strong> tettoia scavata nella roccia.<br />
Paleosuolo L’antico piano <strong>di</strong> calpestio.<br />
Panella Sinonimo <strong>di</strong> lingotto <strong>di</strong> forma circolare piano-convessa.<br />
Paramento murario Aspetto costruttivo visibile della superficie della muratura.<br />
Parasta Lesena, semi pilastro.<br />
Peristalite Anello <strong>di</strong> lastre infisse a coltello oppure <strong>di</strong> pietre, a delimitare<br />
una tomba dolmenica.<br />
Petroglifi Motivi <strong>di</strong>pinti o incisi nella roccia.<br />
Pianta a T Schema planimetrico tipico <strong>di</strong> molti ipogei sar<strong>di</strong> nel<br />
quale la seconda stanza, a pianta rettangolare o trapezoidale,<br />
è <strong>di</strong>sposta in senso trasversale rispetto all’asse<br />
longitu<strong>di</strong>nale della tomba.<br />
Piattabanda Elemento costruttivo a forma <strong>di</strong> parallelepipedo, <strong>di</strong>sposto<br />
orizzontalmente in una serie numerosa che viene utilizzata<br />
per la copertura <strong>di</strong> an<strong>di</strong>ti o vani a soffitto piano.<br />
Piedritto Pilastro portante<br />
Pietra fitta Detto anche menhir. Monolite infitto verticalmente nel<br />
terreno, con funzione sacrale o funeraria.<br />
Posterula o postierla Ingresso secondario <strong>di</strong> un nuraghe o <strong>di</strong> un castello.<br />
Pozzo o Fonte sacra E<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> età nuragica destinato al culto delle acque.<br />
Prospezione Rilevamento <strong>di</strong> emergenze archeologiche.<br />
Protonuraghe E<strong>di</strong>ficio costituito prevalentemente da corridoi variamente<br />
(nuraghe a corridoio) articolati, spesso coperti da lastroni orizzontali affiancati.<br />
Vi si trovano anche nicchie e piccoli ambienti, talora<br />
coperti a falsa volta.<br />
Pseudocupola Sinonimo <strong>di</strong> falsa cupola.<br />
Retto-curvilineo Si <strong>di</strong>ce del perimetro <strong>di</strong> quei nuraghi complessi dove la<br />
(a profilo) curvatura delle torri risulta sporgente rispetto alla linea<br />
delle cortine.<br />
106
Ripostiglio Insieme <strong>di</strong> materiale metallico (monete, bronzi, metallo<br />
prezioso, etc.) depositato sotto terra oppure occultato nelle<br />
murature. Spesso il ripostiglio è racchiuso in un recipiente<br />
<strong>di</strong> terracotta.<br />
Scala elicoidale È la scala ricavata nello spessore murario che gira intorno<br />
alle celle sovrapposte del nuraghe avvitandosi quin<strong>di</strong><br />
come un’elica.<br />
Scarpa Inclinazione verso l’interno del muro esterno della<br />
costruzione; detta perciò anche ‘ritiro’.<br />
Selce Roccia <strong>di</strong> origine se<strong>di</strong>mentaria o metamorfica, che si rinviene<br />
sotto forma <strong>di</strong> noduli o liste. Nell’antichità costituiva<br />
materia prima per la fabbricazione <strong>di</strong> utensili o armi.<br />
Sepoltura primaria La deposizione <strong>di</strong> un cadavere in un sepolcro subito dopo<br />
la morte del soggetto. Può essere, a seconda della posizione,<br />
una deposizione <strong>di</strong>stesa, flessa (con le gambe<br />
ripiegate) o rannicchiata, supina o sul fianco.<br />
Sepoltura secondaria La deposizione delle sole ossa <strong>di</strong> un defunto, dopo la<br />
scarnificazione operata per esposizione, cremazione, etc.<br />
Specchio Parte piana <strong>di</strong> un elemento architettonico ribassato rispetto<br />
ad una cornice.<br />
Sporti Quella parte del terrazzo e delle cortine che, sprovvista <strong>di</strong><br />
parapetto ed appoggiata alle mensole, sporge rispetto al<br />
muro esterno superiore <strong>di</strong> torri e cortine.<br />
Stele Cippo o lastra verticale segnacolo <strong>di</strong> tomba o <strong>di</strong> valore votivo.<br />
Nelle tombe <strong>di</strong> giganti è sottolineata da una centina.<br />
Stratigrafia II sovrapporsi in un sito <strong>di</strong> depositi naturali o artificiali.<br />
L’accumulo <strong>di</strong> rifiuti, documentato dai resti della cultura<br />
materiale o da quelli <strong>di</strong> pasto, forma uno strato archeologico.<br />
Un temporaneo abbandono del sito in questione è<br />
documentato da terra sterile. Gli strati più bassi sono<br />
quelli più antichi, mentre man mano che si sale ci si avvicina<br />
sempre più alle epoche attuali.<br />
Strato archeologico L’accumulo dei rifiuti <strong>di</strong> un sito nel quale l’uomo ha soggiornato<br />
forma uno strato archeologico.<br />
Strombato Dicesi <strong>di</strong> ingresso, feritoie, etc. che si allargano progressivamente.<br />
Subquadrato Dicesi <strong>di</strong> blocco solo parzialmente squadrato.<br />
107
Tafone Termine <strong>di</strong> origine corsa per in<strong>di</strong>care le cavità naturali del<br />
granito dovute a processi <strong>di</strong> erosione.<br />
Temenos Muro <strong>di</strong> recinzione (haràm in punico) del tempio, che<br />
delimita l’area sacra dalla zona profana.<br />
Tempietto in Antis E<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> culto con pareti laterali che si allungano oltre<br />
l’asse trasversale dell’ingresso, creando in tal modo delle<br />
“ante”, nel solo prospetto o anche nel retroprospetto: nell’ultimo<br />
caso abbiamo una costruzione “doppiamente in<br />
antis”.<br />
Tholos Vano o costruzione circolare con copertura a falsa-volta o<br />
falsa-cupola ottenuta dal restringersi progressivo del cerchio<br />
<strong>di</strong> ciascun filare <strong>di</strong> pietre.<br />
Trilite Struttura formata da due pietre ortostatiche, spesso megalitiche,<br />
unite da una terza pietra orizzontale, posta ad<br />
architrave, poggiata sulle due precedenti.<br />
Tumulo Agglomerato <strong>di</strong> terra e pietre, spesso contenuto da una fila<br />
<strong>di</strong> massi (peristalite), che ricopre le sepolture megalitiche<br />
subaeree (dolmen, allées couvertes, tombe <strong>di</strong> giganti, etc.)<br />
formando una collinetta.<br />
Vano <strong>di</strong> scarico Vuoto creato in certi punti della muratura per <strong>di</strong>stribuire<br />
nei lati il peso della medesima.<br />
Vestibolo Vano, generalmente all’aperto, che precede la scala <strong>di</strong><br />
accesso dei templi a pozzo.<br />
Volta ogivale Dicesi della copertura <strong>di</strong> una cella o <strong>di</strong> un corridoio, ottenuo<br />
falsa volta ta con l’inclinazione (o ‘aggetto’) progressiva delle pareti<br />
interne senza la presenza <strong>di</strong> una ‘chiave <strong>di</strong> volta’.<br />
Volta tabulare Copertura <strong>di</strong> un corridoio o <strong>di</strong> una scala etc. con lastre<br />
(o piattabandata) <strong>di</strong>sposte orizzontalmente a creare un soffitto piano.<br />
Voltato Coperto a volta o falsa-volta.<br />
Zeppe Pietre piccole e scaglie interposte fra blocco e blocco <strong>di</strong><br />
una muratura per facilitare la stabilità dei medesimi.<br />
108
Sommario<br />
STORIA DEL MUSEO 5<br />
LA SEZIONE DI PALEONTOLOGIA 6<br />
<strong>Il</strong> giacimento 6<br />
La fauna 7<br />
Sala I 8<br />
Vetrina n. 1 9<br />
Vetrine n. 2 e 3 12<br />
Vetrina n. 4 13<br />
Vetrina n. 5 14<br />
Vetrina n. 6 14<br />
Vetrina n. 7 16<br />
Vetrina n. 8 17<br />
Pannelli <strong>di</strong>dattici 19<br />
Sala II 20<br />
Vetrina n. 1 20<br />
Vetrina n. 2 23<br />
Vetrina n. 3 24<br />
Sala II 30<br />
L’ENEOLITICO. ETÀ DEI PRIMI METALLI 2800 A.C. 30<br />
Vetrina n. 4 30<br />
Vetrina n. 5 30<br />
Vetrina n. 6 32<br />
Vetrina n. 7 35<br />
Vetrina n. 8 38<br />
Vetrina n. 9 42<br />
Vetrina n. 10 44<br />
109
Sala III 46<br />
Vetrina n. 1 46<br />
Vetrina n. 2 49<br />
Vetrina n. 3 49<br />
Vetrina n. 4 54<br />
Sala IV 54<br />
Vetrina n. 1 54<br />
Vetrina n. 2 59<br />
Vetrina n. 3 63<br />
Vetrina n. 4 64<br />
Sala V 73<br />
Vetrina n. 1 73<br />
Vetrina n. 2 75<br />
Vetrina n. 3 81<br />
Vetrina n. 4 83<br />
Vetrina nn. 5 e 6 83<br />
Vetrina n. 7 83<br />
Sala VI 86<br />
Vetrina n. 2 86<br />
Vetrina n. 3 89<br />
Vetrina n. 4 90<br />
Vetrina n. 5 91<br />
Bibliografia <strong>di</strong> riferimento 95<br />
Bibliografia 100<br />
Glossario 101<br />
110
Finito <strong>di</strong> stampare nel mese <strong>di</strong> gennaio 2006<br />
presso A.G.E., Via P.R. Pirotta 20/22, Roma