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Il Museo Archeologico Nazionale di Nuoro - Sardegna Cultura

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IL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE<br />

DI NUORO


In copertina<br />

Orune, Nuraghe Lulla. Figura in bronzo <strong>di</strong> offerente cantore.<br />

E<strong>di</strong>tor Susy Lella<br />

Impaginazione Stefania Marras<br />

Nuova e<strong>di</strong>zione 2006<br />

ISBN 88-7138-386-9<br />

Pubblicazione realizzata con il contributo del<br />

© Copyright 2006 by Carlo Delfino e<strong>di</strong>tore, Via Rolando 11/A, Sassari<br />

S.p.A.


17<br />

SARDEGNA ARCHEOLOGICA<br />

Carlo Delfino e<strong>di</strong>tore<br />

Guide e Itinerari<br />

<strong>Il</strong> <strong>Museo</strong> <strong>Archeologico</strong> <strong>Nazionale</strong><br />

<strong>di</strong> NUORO<br />

Maria Ausilia Fadda


STORIA DEL MUSEO<br />

<strong>Il</strong> <strong>Museo</strong> <strong>Archeologico</strong> <strong>Nazionale</strong> <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong> è stato inaugurato il<br />

20 luglio 2002. La donazione al Ministero per i Beni e le Attività<br />

<strong>Cultura</strong>li da parte del Comune <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong> del palazzo appartenuto a<br />

Giorgio Asproni, ha consentito il trasferimento dei materiali archeologici<br />

dalla sede del vecchio <strong>Museo</strong> Speleo <strong>Archeologico</strong> in via Leonardo<br />

Da Vinci che fu inaugurato il 23 ottobre 1978 in occasione<br />

della XXII Riunione dell’Istituto Italiano <strong>di</strong> Preistoria e Protostoria.<br />

L’intensa attività degli speleologi del Gruppo Grotte Nuorese, che<br />

aveva portato ad importanti ritrovamenti <strong>di</strong> materiali d’interesse<br />

paleontologico e archeologico, fu determinante per la realizzazione<br />

del primo nucleo del <strong>Museo</strong> civico che conteneva la Collezione<br />

Comunale, raccolta agli inizi del 1900, costituita da un centinaio <strong>di</strong><br />

oggetti <strong>di</strong> epoca nuragica, ellenistica, romana e alto me<strong>di</strong>evale e una<br />

raccolta <strong>di</strong> 200 monete <strong>di</strong> epoche <strong>di</strong>verse. L’entusiasmo per un evento<br />

culturale così importante per la città <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong> spinse molti collezionisti<br />

privati a donare o a depositare gruppi <strong>di</strong> materiali archeologici<br />

<strong>di</strong> rilevante interesse scientifico e documentario, illustrati poi in<br />

un catalogo e<strong>di</strong>to in occasione della mostra del 1978. L’istituzione<br />

della sede della Soprintendenza Archeologica a <strong>Nuoro</strong>, il 15 gennaio<br />

del 1981, ha regolamentato la gestione del museo utilizzando personale<br />

<strong>di</strong> custo<strong>di</strong>a statale ed ha favorito un’intensa attività <strong>di</strong> ricerca in<br />

tutto il territorio della provincia. La ricerca archeologica, avviata<br />

prevalentemente a scopo <strong>di</strong> tutela, ha portato all’ acquisizione <strong>di</strong><br />

nuovi e copiosi materiali archeologici che non potevano essere esposti<br />

nel <strong>Museo</strong>, allocato in una sede inadeguata del piano terra delle<br />

scuole elementari Fer<strong>di</strong>nando Podda. Nel 1993 il museo venne chiuso<br />

definitivamente dopo <strong>di</strong>versi furti, per l’entrata in vigore delle<br />

nuove normative sulla sicurezza e l’impossibilità <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare i<br />

locali scolastici.<br />

La nuova esposizione è attualmente concentrata nel piano terra in<br />

attesa che i piani superiori del palazzo vengano adeguati ad uso<br />

museale.<br />

La guida del nuovo <strong>Museo</strong> è stata realizzata con il contributo del<br />

Banco <strong>di</strong> <strong>Sardegna</strong> che ha sempre mostrato grande sensibilità alla <strong>di</strong>vulgazione<br />

del patrimonio archeologico e storico-artistico dell’Isola.<br />

5


Si accede alle sale del <strong>Museo</strong> da un ampio giar<strong>di</strong>no che ha conservato<br />

la <strong>di</strong>sposizione originaria degli spazi che rispondeva alle<br />

esigenze <strong>di</strong> una importante casa padronale <strong>di</strong> fine Ottocento. La<br />

mancanza <strong>di</strong> spazi espositivi adeguati alla grande quantità <strong>di</strong> materiali<br />

acquisiti in tanti anni <strong>di</strong> ricerche archeologiche ha portato alla<br />

scelta dei materiali più significativi dei vari perio<strong>di</strong> e a destinare<br />

maggiore spazio alla ricostruzione <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> culto <strong>di</strong> epoca nuragica<br />

de<strong>di</strong>cati alla <strong>di</strong>vinità delle acque. Ampio spazio è stato de<strong>di</strong>cato<br />

agli aspetti sconosciuti dell’architettura, del costume, del<br />

gusto estetico e della vanità dei protosar<strong>di</strong> delle zone interne che si<br />

manifesta nella cura dei manufatti ma soprattutto negli oggetti<br />

d’ornamento personale.<br />

Nella prima sala <strong>di</strong> accoglienza per il pubblico è collocato un grande<br />

totem con un pannello cronologico che illustra i vari perio<strong>di</strong> della<br />

preistoria, della protostoria, e della storia con i riferimenti specifici<br />

delle <strong>di</strong>verse culture. Per facilitare la comprensione della cronologia<br />

le varie culture sono state esemplificate con oggetti in esposizione<br />

all’interno delle sale.<br />

MARIA AUSILIA FADDA<br />

MARISA ARCA, CATERINELLA TUVERI<br />

LA SEZIONE DI PALEONTOLOGIA<br />

La Sezione Paleontologica occupa la prima sala del <strong>Museo</strong> dove<br />

vengono presentati reperti provenienti dal giacimento paleontologico<br />

a vertebrati del Monte Tuttavista (Orosei, <strong>Sardegna</strong> centro-orientale)<br />

e della Grotta Corbeddu (Oliena, <strong>Sardegna</strong> centrale). Pannelli <strong>di</strong>dattici<br />

illustrano le <strong>di</strong>verse fasi <strong>di</strong> recupero dei fossili e la cronologia dei<br />

vari complessi faunistici del giacimento.<br />

<strong>Il</strong> giacimento<br />

L’area d’interesse paleontologico è ubicata a sud-ovest dell’abitato<br />

<strong>di</strong> Orosei, alle pen<strong>di</strong>ci orientali del Monte Tuttavista, nelle località<br />

denominate Canale Longu, Oroe e Santa Rughe, a quota compresa tra<br />

i 200 e 75 metri s.l.m. <strong>Il</strong> giacimento del Monte Tuttavista si trova<br />

6


all’interno <strong>di</strong> una vasta area, attualmente destinata a comparto estrattivo<br />

e a stabilimenti <strong>di</strong> lavorazione del materiale lapideo. L’attività <strong>di</strong><br />

cava, che si svolge a cielo aperto, mette in luce numerose cavità carsiche<br />

spesso colmate da se<strong>di</strong>menti argillosi e brecce che contengono<br />

resti fossili <strong>di</strong> vertebrati.<br />

<strong>Il</strong> controllo continuo dell’attività <strong>di</strong> cava, da parte <strong>di</strong> tecnici specializzati<br />

della Soprintendenza Archeologica, ha permesso il recupero<br />

del riempimento fossilifero <strong>di</strong> numerose cavità e fessure, che, veri<br />

e propri giacimenti paleontologici, hanno restituito un’ingente quantità<br />

<strong>di</strong> reperti (ad oggi il numero dei reperti recuperati supera gli<br />

80.000), <strong>di</strong> notevole interesse per la varietà dei taxa presenti e per lo<br />

stato <strong>di</strong> conservazione, generalmente buono.<br />

La fauna<br />

<strong>Il</strong> giacimento offre una ricca documentazione riferita a cinque<br />

classi <strong>di</strong> vertebrati: Pesci ossei, Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista cronologico questi resti documentano un arco <strong>di</strong><br />

tempo compreso tra il Pliocene superiore e l’Olocene.<br />

I pesci sono presenti con alcune specie <strong>di</strong> ambiente marino, tipiche<br />

<strong>di</strong> acque poco profonde e <strong>di</strong> praterie a posidonia. È stata riconosciuta<br />

la presenza <strong>di</strong> alcuni labri<strong>di</strong> e precisamente del tordo nero, tordo<br />

marvizzo, donzella, <strong>di</strong> uno sciarrano e <strong>di</strong> un rappresentante della<br />

famiglia dei Ga<strong>di</strong><strong>di</strong>.<br />

<strong>Il</strong> rinvenimento <strong>di</strong> pesci fossili in un contesto <strong>di</strong>verso dal loro habitat<br />

in<strong>di</strong>ca la presenza <strong>di</strong> specie predatrici, a <strong>di</strong>eta anche pescivora,<br />

come le lontre e gli uccelli.<br />

I giacimenti <strong>di</strong> Orosei, per quanto riguarda gli anfibi e i rettili (tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

stu<strong>di</strong>ati insieme e raggruppati in un’unica categoria:<br />

l’erpetofauna), si sono rivelati essere fra i più ricchi d’Italia, sia in<br />

termini d’abbondanza dei materiali sia <strong>di</strong> <strong>di</strong>versità della fauna. Sino<br />

ad ora sono stati stu<strong>di</strong>ati circa 17.000 resti attribuibili a 14 taxa, <strong>di</strong> cui<br />

quattro <strong>di</strong> anfibi e <strong>di</strong>eci <strong>di</strong> rettili.<br />

I resti attribuibili agli anfibi sono rappresentati soprattutto da vertebre<br />

e a tutt’oggi sono state identificate quattro specie: il <strong>di</strong>scoglosso<br />

sardo (Discoglossus sardus), il rospo smeral<strong>di</strong>no (Bufo viri<strong>di</strong>s), la<br />

raganella comune (Hyla arborea) e un geotritone (Speleomantes).<br />

Tutte le forme sono presenti attualmente in <strong>Sardegna</strong> e rappresenta-<br />

7


no specie endemiche rigidamente protette. I geotritoni vivono in<br />

ambienti cavernicoli e ricchi d’umi<strong>di</strong>tà; il <strong>di</strong>scoglosso sardo, presente<br />

in tutti i complessi montuosi dell’Isola, pre<strong>di</strong>lige ambienti fluviali,<br />

così come la raganella, <strong>di</strong>ffusa anche in ambienti boschivi e <strong>di</strong><br />

macchia me<strong>di</strong>terranea.<br />

I rettili sono presenti con 10 specie, una testuggine simile alla<br />

testuggine <strong>di</strong> Hermann (Testudo cf. T. hermanni), un geco non meglio<br />

determinabile (Gekkonidae), una piccola lucertola (Podarcis sp.), una<br />

lucertola <strong>di</strong> taglia me<strong>di</strong>a, comparabile a quella del ramarro (Lacerta<br />

sp.), una lucertola della famiglia Agamidae (Agama s.l.), rettili particolarmente<br />

adattati alla vita in ambienti ari<strong>di</strong> aperti, rocciosi e sabbiosi,<br />

la cui presenza viene in genere considerata come un’in<strong>di</strong>cazione<br />

<strong>di</strong> paleoambienti relativamente secchi. Sono inoltre presenti<br />

un’anfisbena (Amphisbaenia indet.), ossia una lucertola strisciante<br />

con arti estremamente ridotti, una biscia d’acqua (Natrix sp.), una<br />

vipera (Vipera sp.), dei colubri<strong>di</strong> e in generale serpenti indeterminati<br />

(Colubrines indet. e Serpentes indet.), il cui stu<strong>di</strong>o potrebbe ancora<br />

riservare interessanti sorprese.<br />

L’erpetofauna <strong>di</strong> Orosei ha consentito <strong>di</strong> scoprire che in passato<br />

vivevano in <strong>Sardegna</strong> alcune forme attualmente estinte sull’Isola: è il<br />

caso dei lacerti<strong>di</strong> <strong>di</strong> taglia me<strong>di</strong>a, delle agame e della vipera, a cui<br />

possono essere aggiunte le anfisbene, che sino ad ora sono state citate<br />

solo in un’altra località sarda. Agame e anfisbene sono attualmente<br />

estinte anche nella penisola italiana.<br />

L’avifauna è rappresentata da un consistente numero <strong>di</strong> reperti provenienti<br />

da quasi tutte le fessure. Sono stati in<strong>di</strong>viduati almeno 24<br />

taxa, <strong>di</strong> cui alcuni estinti. Sono presenti specie tipiche <strong>di</strong> ambienti<br />

rocciosi, come Aquila sp., Bubo cf. insularis, Athene sp., Pyrrhocorax<br />

graculus, Pyrrhocorax sp. e forme che in<strong>di</strong>cano la presenza <strong>di</strong><br />

palu<strong>di</strong> in zone non lontane dal Monte Tuttavista, come gli Anati<strong>di</strong> e i<br />

Ralli<strong>di</strong>.<br />

Sala I<br />

L’esposizione privilegia i reperti più importanti e significativi per<br />

la conoscenza e lo stu<strong>di</strong>o delle faune insulari endemiche, relativo alla<br />

classe dei Mammiferi.<br />

8


Vetrina n. 1<br />

De<strong>di</strong>cata ai Carnivori. Si osserva in primo piano il cranio <strong>di</strong> uno<br />

ienide del genere Chasmaporthetes, uno dei primi reperti rinvenuti<br />

dal naturalista G. Mele nel 1995, una novità assoluta non solo per la<br />

<strong>Sardegna</strong>, ma per il complesso delle faune endemiche insulari.<br />

<strong>Il</strong> genere Chasmaporthetes è il più raro tra gli ieni<strong>di</strong> presenti nelle<br />

località Plio-Pleistoceniche dell’Europa. Esso comunque presenta un<br />

ampio areale <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione nel Continente Euroasiatico (dalla<br />

Francia alla Cina). È inoltre da ricordare che Chasmaporthetes è l’unico<br />

rappresentante della famiglia ad aver attraversato lo Stretto <strong>di</strong><br />

Bering entrando a far parte delle associazioni faunistiche del Nord<br />

America.<br />

Chasmaporthetes presenta peculiari adattamenti, sia nello scheletro<br />

che nella dentatura. Lo scheletro denota un adattamento alla<br />

corsa, tipico dei felini, mentre nella dentatura il quarto premolare<br />

inferiore presenta una forma simmetrica che lo rende praticamente<br />

in<strong>di</strong>stinguibile da quella del genere Acinonyx, il ghepardo, <strong>di</strong> cui la<br />

specie Acinonyx Par<strong>di</strong>nensis era ampiamente <strong>di</strong>ffusa nel Plio-Pleistocene.<br />

Queste caratteristiche in<strong>di</strong>cano che Chasmaporthetes era<br />

adattato ad una caccia attiva, piuttosto che essere necrofago come gli<br />

altri ieni<strong>di</strong>, per questo motivo è stato incluso nel gruppo delle cosidette<br />

iene cacciatrici “hunting hyaenas”.<br />

La presenza <strong>di</strong> carnivori <strong>di</strong> grande taglia nelle associazioni insula-<br />

Fig. 1. Orosei,<br />

Monte Tuttavista.<br />

Cranio <strong>di</strong><br />

Chasmaporthetes<br />

nuova specie.<br />

9


i rappresenta una “eccezione”.<br />

In alto, a sinistra, si trovano un cranio completo con le man<strong>di</strong>bole<br />

in connessione anatomica e un cranio, <strong>di</strong> cui si conserva solo la parte<br />

superiore, appartenenti a due in<strong>di</strong>vidui della famiglia dei musteli<strong>di</strong>:<br />

Pannonictis sp.<br />

La famiglia Mustelide costituisce la maggior parte dei carnivori<br />

presenti attualmente in Europa e la varietà che si osserva nelle associazioni<br />

<strong>di</strong> oggi non trova riscontro nella documentazione fossile. I<br />

resti dei musteli<strong>di</strong> infatti, soprattutto per le forme relativamente fragili<br />

e <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni come donnola, ermellino e puzzola, costituiscono<br />

una parte minore del record fossile.<br />

<strong>Il</strong> genere Pannonictis è stato istituito da Kormos nel 1931 per i<br />

resti fossili <strong>di</strong> un mustelide <strong>di</strong> grande taglia rinvenuto in riempimenti<br />

<strong>di</strong> fessure carsiche in Ungheria. I rappresentanti <strong>di</strong> questo gruppo<br />

<strong>di</strong> piccoli carnivori sono comunque già presenti in Cina a partire dal<br />

Miocene superiore e presentano un’ampia <strong>di</strong>ffusione in Europa<br />

durante il Plio-Pleistocene.<br />

Fig. 2. Orosei, Monte Tuttavista. Cranio <strong>di</strong> Pannonictis.<br />

10


Sulla base della morfologia del cranio, Pannonictis mostra affinità<br />

con le specie riunite nella sottofamiglia Galictinae, che è attualmente<br />

rappresentata in Sud America dal genere Galictis, più comunemente<br />

noto come grisone.<br />

I musteli<strong>di</strong> si nutrono essenzialmente <strong>di</strong> carne, come piccoli ro<strong>di</strong>tori,<br />

rettili e uccelli, anche se sono note alcune specie con adattamento<br />

alla <strong>di</strong>eta onnivora.<br />

In alto a destra sono esposte le emiman<strong>di</strong>bole (destra e sinistra) del<br />

canide endemico della <strong>Sardegna</strong>, il Cynotherium sardous; alla stessa<br />

specie appartiene il cranio ancora parzialmente inglobato nel se<strong>di</strong>mento<br />

<strong>di</strong> cui è ben visibile il lato destro.<br />

Cynotherium sardous, descritto da Stu<strong>di</strong>ati nel 1857 su materiale<br />

rinvenuto a Monreale <strong>di</strong> Bonaria (Cagliari), è una delle specie meglio<br />

rappresentata nelle associazioni endemiche del Pleistocene superiore<br />

della <strong>Sardegna</strong>. Tuttavia, nonostante presenti una <strong>di</strong>screta documentazione<br />

fossile, non è ancora chiaro da quale canide presente nelle<br />

aree continentali, durante il Pleistocene, sia derivato.<br />

Fig. 3. Orosei, Monte Tuttavista. Man<strong>di</strong>bole <strong>di</strong> Cynotherium sardous.<br />

11


Stu<strong>di</strong> recenti hanno evidenziato che Cynotherium presenta analogie<br />

con il gruppo degli sciacalli e del coyote, anche se non è da escludere<br />

un legame con gli antenati europei del licaone, un canide attualmente<br />

<strong>di</strong>ffuso solamente nell’Africa sub-sahariana.<br />

È stato ipotizzato che Cynotherium sardous si nutrisse in particolare<br />

dell’octonide Prolagus, come suggerito dal fatto che queste due<br />

specie sono frequentemente associate nelle località fossilifere della<br />

<strong>Sardegna</strong>.<br />

Vetrine nn. 2 e 3<br />

Sono esposti vari crani e parti dello scheletro postcraniale <strong>di</strong> Bovi<strong>di</strong><br />

del genere Nesogoral, alcuni reperti ancora inglobati nella breccia<br />

sono in connessione anatomica.<br />

Si tratta <strong>di</strong> forme endemiche caratterizzate da piccole corna dritte,<br />

rivolte all’in<strong>di</strong>etro, muso piuttosto corto, man<strong>di</strong>bola massiccia, denti<br />

ipsodonti. Questi bovi<strong>di</strong> attualmente attribuiti alla sola specie Nesogoral<br />

melonii presentano affinità con le “capre selvatiche” asiatiche,<br />

sopratutto del genere Nemorhaedus.<br />

I resti più antichi, riferibili a più <strong>di</strong> quattro milioni <strong>di</strong> anni fa, sono<br />

12<br />

Fig. 4. Orosei, Monte Tuttavista.<br />

Cranio <strong>di</strong> Nesogoral melonii.


presenti in depositi lagunari e <strong>di</strong> spiaggia che affiorano nella <strong>Sardegna</strong><br />

centro-occidentale, a Capo Mannu e a Mandriola, mentre quelli più noti<br />

e stu<strong>di</strong>ati provengono invece dalle brecce ossifere <strong>di</strong> Capo Figari (Golfo<br />

Aranci) ed hanno un’età <strong>di</strong> circa 1,9 milioni <strong>di</strong> anni.<br />

La specie Antilope (Nemorhaedus) melonii fu istituita dal paleontologo<br />

francese Dehaut nel 1911, proprio per un cranio, attualmente<br />

conservato presso il <strong>Museo</strong> <strong>di</strong> Paleontologia dell’Università <strong>di</strong> Torino,<br />

che era stato scoperto nelle brecce delle fessure carsiche <strong>di</strong> Capo<br />

Figari. Negli anni ’70, ricercatori dell’Università <strong>di</strong> Roma “La<br />

Sapienza” effettuarono ulteriori ricerche a Capo Figari, i nuovi resti<br />

del bovide, costituirono la base degli stu<strong>di</strong> effettuati da Gliozzi e<br />

Malatesta (1980), che hanno portato all’istituzione del nuovo genere<br />

Nesogoral.<br />

Nelle brecce fossilifere <strong>di</strong> Monte Tuttavista (Orosei) sono presenti<br />

più bovi<strong>di</strong>, probabilmente appartenenti ad almeno due generi ed a<br />

tre-quattro <strong>di</strong>verse specie, attualmente in corso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o.<br />

L’antenato, o gli antenati dei piccoli bovi<strong>di</strong> sar<strong>di</strong> hanno colonizzato<br />

l’Isola probabilmente durante il Messiniano, in un periodo in cui gran<br />

parte dell’area attualmente occupata dal Mar Me<strong>di</strong>terraneo era emersa.<br />

Vetrina n. 4<br />

Questa vetrina documenta la presenza nei giacimenti del Monte<br />

Tuttavista, <strong>di</strong> una specie, Megaceroides cazioti, ampiamente rap-<br />

Fig. 5. Orosei,<br />

Monte Tuttavista.<br />

Cranio <strong>di</strong><br />

Megaceros<br />

cazioti.<br />

13


presentata nei depositi del Pleistocene superiore della <strong>Sardegna</strong>,<br />

soprattutto in eolianiti ed in depositi <strong>di</strong> origine carsica: fessure o<br />

grotte.<br />

Megaceroides cazioti è caratterizzato da corna molto sviluppate,<br />

che possono raggiungere <strong>di</strong>mensioni comparabili a quelle dell’altezza<br />

al garrese (80-110 cm). La ricchezza <strong>di</strong> reperti ascrivibili a questa<br />

specie consente <strong>di</strong> osservare che, nel corso della sua permanenza nell’Isola,<br />

ha manifestato una riduzione <strong>di</strong> taglia e un adattamento a<br />

muoversi anche su suoli rocciosi.<br />

Era una specie che frequentava le zone costiere, avventurandosi<br />

sulle dune alla ricerca del sale in pozze d’acqua marina.<br />

<strong>Il</strong> cervo endemico della <strong>Sardegna</strong> e della Corsica, <strong>di</strong>scende da<br />

gran<strong>di</strong> cervi<strong>di</strong> continentali, alti più <strong>di</strong> due metri al garrese, del gruppo<br />

<strong>di</strong> Megaceroides verticornis che annovera forme presenti in Europa<br />

da oltre un milione a circa quattrocentomila anni fa.<br />

Vetrina n. 5<br />

<strong>Il</strong> <strong>di</strong>orama ricostruisce l’ambiente in cui si osservano i modelli<br />

ideali <strong>di</strong> alcune specie d’insettivori e arvicole, attualmente estinti,<br />

particolarmente abbondanti nei giacimenti paleontologici del Monte<br />

Tuttavista.<br />

In primo piano sono presenti vari reperti fossili appartenenti alle<br />

stesse specie rappresentate: Talpa sp., Nesiotites sp., Tyrrhenicola<br />

henseli.<br />

Vetrina n. 6<br />

I primi resti <strong>di</strong> Macaca fossile della <strong>Sardegna</strong> furono raccolti<br />

durante gli scavi condotti a Capo Figari da Forsyth Major e<br />

Dehaut, tra il 1910 e il 1914. In aggiunta al materiale rinvenuto in<br />

questa località si conosce un cranio appartenente ad un in<strong>di</strong>viduo<br />

giovanile rinvenuto negli anni ’60 a Is Oreris, presso Fluminimaggiore<br />

(CA).<br />

I rappresentanti <strong>di</strong> questa specie presentano una taglia paragonabile<br />

a quella delle più piccole macache attualmente viventi nelle<br />

aree insulari e peninsulari del sud-est asiatico.<br />

I depositi del giacimento <strong>di</strong> Orosei hanno restituito un campione<br />

decisamente abbondante della macaca endemica del Plio-Plei-<br />

14


stocene sardo. Analogamente al giacimento <strong>di</strong> Capo Figari, tra i<br />

resti rinvenuti ad Orosei dominano quelli appartenenti ad in<strong>di</strong>vidui<br />

giovani, spesso anche infantili. Per spiegare questa particolare<br />

abbondanza <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui giovani, è stata ipotizzata come causa dell’accumulo,<br />

l’azione predatoria da parte <strong>di</strong> rapaci <strong>di</strong>urni <strong>di</strong> grande<br />

taglia.<br />

Tutte le specie attuali del genere Macaca sono largamente vegetariane<br />

e si cibano <strong>di</strong> foglie, frutti, semi, fiori, anche se tutte integrano<br />

la loro <strong>di</strong>eta con insetti, uova e piccoli vertebrati.<br />

Fig. 6. Orosei,<br />

Monte<br />

Tuttavista.<br />

Cranio <strong>di</strong><br />

Macaca<br />

majori.<br />

15


Vetrina n. 7<br />

L’intera vetrina contiene il <strong>di</strong>orama della Valle <strong>di</strong> Lanaitto (Oliena)<br />

che illustra l’ambiente naturale relativo al Pleistocene superiore, realizzato<br />

sulla base della documentazione paleontologica dello scavo<br />

nella Grotta Corbeddu. In primo piano, sulla sinistra, si osserva l’uomo,<br />

durante un momento <strong>di</strong> caccia al cervo Megaceros cazioti, una<br />

delle specie presenti in quel periodo nella valle e documentata anche<br />

in varie località della <strong>Sardegna</strong>.<br />

La parte centrale è de<strong>di</strong>cata alla specie Prolagus sardus, molto<br />

abbondante nel deposito della grotta e in tutti i giacimenti paleontologici<br />

Plio-Quaternari.<br />

In associazione a questa specie si osserva il canide, Cynotherium<br />

sardous e due ro<strong>di</strong>tori Tyrrhenicola henseli e Ragamys orthodon,<br />

attualmente estinti, che appartengono a due <strong>di</strong>verse famiglie, rispettivamente<br />

a quella delle arvicole e a quella dei topi selvatici.<br />

Fig. 7. Oliena. Ricostruzione della Valle <strong>di</strong> Lanaitto sulla base dei dati dello<br />

scavo della Grotta Corbeddu.<br />

16


Queste specie mostrano una caratteristica tipica dei micromammiferi<br />

che si evolvono in ambiente insulare: la tendenza all’aumento<br />

della taglia corporea.<br />

Le in<strong>di</strong>cazioni sul loro modo <strong>di</strong> vita vengono dedotte da osservazioni<br />

sui rappresentanti attuali che abitano la penisola italiana. Sulla<br />

base degli stu<strong>di</strong> effettuati, si pensa che Tyrrenicola henseli potesse<br />

essere una specie che viveva in spazi piuttosto aperti, mentre<br />

Ragamys orthodon fosse legato ad un ambiente più boscoso.<br />

Vetrina n. 8<br />

Nella stessa sala è stata ricomposta la stratigrafia della Grotta Corbeddu<br />

che si apre nelle pareti calcaree nella Valle <strong>di</strong> Lanaitto. Negli<br />

anni Ottanta del secolo scorso, il paleontologo olandese Paul Sondaar<br />

iniziò all’interno della grotta una ricerca sul Prolagus sardus. La<br />

vetrina espone uno scheletro e una ricostruzione del Prolagus, un<br />

Lagomorfo molto simile agli attuali conigli selvatici, che durante la<br />

preistoria costituiva ancora un’importante base alimentare per l’uomo.<br />

L’esplorazione della grotta mise in luce i resti ossei del Megaceros<br />

cazioti, un cervo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni vissuto nel Pleistocene, che<br />

all’interno della valle non sembra aver subito il fenomeno del nanismo,<br />

documentato fra le stesse specie animali nelle isole del Me<strong>di</strong>terraneo<br />

ed in altri contesti insulari. In associazione a questa specie<br />

era presente il canide, Cynotherium sardous e due ro<strong>di</strong>tori Tyrrhenicola<br />

henseli e Ragamys orthodon, attualmente estinti, appartenenti a<br />

due <strong>di</strong>verse famiglie, rispettivamente a quella delle arvicole e a quella<br />

dei topi selvatici.<br />

<strong>Il</strong> ritrovamento, per la prima volta in <strong>Sardegna</strong>, <strong>di</strong> un mascellare ed<br />

un temporale umano, fanno supporre che l’uomo stesso con l’attività<br />

<strong>di</strong> caccia, sostituendo i predatori naturali che non sono stati documentati<br />

fra i resti faunistici della valle, abbia consentito una selezione<br />

della specie impedendo al cervo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare nano.<br />

Lo scavo della grotta ha restituito una particolare industria litica in<br />

calcare locale, composta da raschiatoi, bulini ed altri strumenti scheggiati<br />

che nell’esposizione vengono illustrati anche graficamente, e<br />

frammenti ceramici del Neolitico me<strong>di</strong>o con decorazione impressa.<br />

Seguono reperti in ossi<strong>di</strong>ana e in osso che testimoniano i vari<br />

momenti <strong>di</strong> frequentazione e la graduale evoluzione nella tecnica <strong>di</strong><br />

17


ealizzazione <strong>di</strong> strumenti<br />

prodotti per le<br />

<strong>di</strong>verse attività. La frequentazione<br />

della grotta<br />

è attestata fino al<br />

Bronzo antico con il<br />

rinvenimento, nella<br />

parte più esterna, <strong>di</strong><br />

strumenti litici, tripo<strong>di</strong><br />

e ciotoloni con ansa<br />

asciforme tipici della fase più antica della <strong>Cultura</strong> <strong>di</strong> Bonnanaro che<br />

si colloca nella fase finale del Bronzo antico (1800 a.C.).<br />

Pannelli <strong>di</strong>dattici<br />

Pannello che illustra la cronologia dei vari complessi faunistici del<br />

Monte Tuttavista.<br />

Pannelli che illustrano le cave <strong>di</strong> materiale lapideo del Monte Tuttavista<br />

dove si rinvengono i giacimenti paleontologici.<br />

Pannello che illustra le tecniche <strong>di</strong> recupero e <strong>di</strong> preparazione dei<br />

reperti fossili in cantiere.<br />

Pannello de<strong>di</strong>cato alla Grotta Corbeddu che illustra la pianta e la<br />

trincea dello scavo nella sala 2.<br />

18<br />

Fig. 8. Oliena,<br />

Grotta Corbeddu.<br />

Ricostruzione della<br />

stratigrafia con la<br />

fauna e i materiali<br />

archeologici.


Sala II<br />

L’esposizione dei materiali, a testimoniare l’uso delle grotte da parte<br />

dell’uomo nel territorio nuorese, continua nella Sala II, nelle vetrine, a<br />

partire dal lato destro, con i materiali neolitici provenienti dalla Grotta<br />

Rifugio e dalla Grotta del Guano nel territorio <strong>di</strong> Oliena. Un sintetico<br />

pannello <strong>di</strong>dattico illustra le peculiarità della cultura materiale e dei contesti<br />

archeologici del Neolitico. La quantità e qualità dei materiali vuole<br />

sfatare un ra<strong>di</strong>cato preconcetto che attribuisce ai territori delle zone<br />

interne fenomeni <strong>di</strong> attardamento ed isolamento culturale in considerzione<br />

della semplicità degli impianti planimetrici delle tombe ipogeiche,<br />

prive delle decorazioni simboliche che caratterizzano le necropoli<br />

della Nurra, del Logudoro e dell’Iglesiente. Si ritiene che le scelte architettoniche<br />

siano state in parte con<strong>di</strong>zionate dalle rocce <strong>di</strong>fficili da lavorare<br />

e soprattutto da un rituale <strong>di</strong>verso che pre<strong>di</strong>lige sepolture per singoli<br />

in<strong>di</strong>vidui o per piccoli nuclei familiari.<br />

Vetrina n. 1<br />

La prima vetrina contiene materiali del Neolitico me<strong>di</strong>o della <strong>Cultura</strong><br />

<strong>di</strong> Bonu Ighinu che prende il nome dall’omonima grotta nel comune<br />

<strong>di</strong> Mara (SS). Un raffinato vaso a collo cilindrico munito <strong>di</strong> due anse<br />

Fig. 9. Oliena, Grotta Rifugio. Vaso carenato con due anse zoomorfe e superfici<br />

con decorazioni tipiche della <strong>Cultura</strong> Bonu Ighinu (4700-4000 a.C.).<br />

20


Fig. 10. Oliena,<br />

Grotta Rifugio.<br />

Composizione<br />

ideale <strong>di</strong><br />

collane con<br />

elementi<br />

in pietra,<br />

conchiglie e<br />

zanne <strong>di</strong><br />

animali.<br />

Neolitico<br />

recente (3800-<br />

2900 a.C.).<br />

Fig. 11. Ollolai,<br />

riparo sotto<br />

roccia <strong>di</strong><br />

Sa Conca<br />

Fravihà.<br />

Idoletto fittile<br />

femminile<br />

acefalo.<br />

Neolitico<br />

recente<br />

(3800-2900<br />

a.C.).<br />

21


con appen<strong>di</strong>ci raffiguranti teste <strong>di</strong> animale stilizzate impostate sulla<br />

carena, segnata da due file <strong>di</strong> punti impressi. Le superfici, lucidate a<br />

stecca, sono decorate da festoni e triangoli pendenti e da elementi uncinati<br />

che potrebbero voler rappresentare una testa <strong>di</strong> muflone. Appartengono<br />

allo stesso ambito culturale le ciotole e le tazze decorate da<br />

tacche impresse che segnano l’orlo e la carena del vaso. Segue l’esposizione<br />

<strong>di</strong> punteruoli e spatole in osso, alcune collane, ricomposte<br />

idealmente, fatte con vaghi <strong>di</strong> molluschi, zanne <strong>di</strong> cinghiale o con l’alternanza<br />

<strong>di</strong> piccoli <strong>di</strong>schi forati in pietra <strong>di</strong> colore <strong>di</strong>verso. Dal grande<br />

riparo sotto roccia <strong>di</strong> Sa Conca Fravihà <strong>di</strong> San Basilio <strong>di</strong> Ollolai proviene<br />

l’idoletto fittile, a placca, <strong>di</strong> una <strong>di</strong>vinità femminile, mancante<br />

della testa, con due seni ben evidenziati che rimandano simbolicamente<br />

ai riti della fertilità che si svolgevano nel sito <strong>di</strong> rinvenimento. Un<br />

altro idoletto fittile, proveniente dalla Grotta del Guano, rappresenta un<br />

viso dai tratti animaleschi che giustificano la denominazione <strong>di</strong> “dea<br />

pipistrello”. La grotta, frequentata da una colonia <strong>di</strong> pipistrelli che<br />

hanno lasciato abbondanti quantità <strong>di</strong> guano (da cui deriva il nome), ha<br />

restituito abbondanti resti <strong>di</strong> vasi del Neolitico finale che, per le loro<br />

forme e <strong>di</strong>mensioni, fanno ritenere che all’interno della grotta si svol-<br />

22<br />

Fig. 12. Oliena,<br />

Grotta del Guano.<br />

Idoletto fittile femminile.<br />

Neolitico recente<br />

(3800-2900 a.C.).


Fig. 13. <strong>Il</strong>bono,<br />

necropoli<br />

ipogeica <strong>di</strong> Scerì.<br />

Testa<br />

miniaturistica <strong>di</strong><br />

idolo femminile<br />

in osso.<br />

Neolitico me<strong>di</strong>o<br />

(4000 a.C.).<br />

gessero anche riti religiosi. Un terzo idoletto miniaturistico in osso,<br />

proveniente dagli ipogei presenti sotto il Nuraghe Scerì <strong>di</strong> <strong>Il</strong>bono e del<br />

quale si conserva solo la testa, presenta le stesse caratteristiche degli<br />

idoli Bonu Ighinu, già noti in altri areali della <strong>Sardegna</strong>, rappresentati<br />

con un particolare copricapo. Gli idoletti esposti costituiscono dei rari<br />

esempi <strong>di</strong> rappresentazioni della <strong>di</strong>vinità femminile che non rientrano<br />

negli abituali rituali funerari e cultuali documentati nel Nuorese dove,<br />

finora, mancano esempi <strong>di</strong> idoli volumetrici, schematici a placca intera<br />

o a placca traforata <strong>di</strong>ffusi nelle altre aree della <strong>Sardegna</strong>. Nella stessa<br />

vetrina sono esposti resti <strong>di</strong> graminacee provenienti dalla Grotta del<br />

Guano che attestano la pratica dell’agricoltura da parte dell’uomo neolitico<br />

che, dopo la rivoluzione agricola, si inse<strong>di</strong>ò stabilmente anche<br />

nelle zone più interne del Nuorese privilegiando vallate attraversate da<br />

corsi d’acqua e zone collinari.<br />

Vetrina n. 2<br />

La fase finale del Neolitico è rappresentata, nella vetrina, da vasi<br />

d’impasto provenienti dalla Grotta del Guano e da due singolari vasi in<br />

pietra; si tratta <strong>di</strong> un vaso su piede proveniente da una tomba ipogeica<br />

23


Fig. 14. Oliena, tomba ipogeica <strong>di</strong> Su Avagliu. Vasetto in pietra biansato con<br />

piede ad anello. Neolitico recente (3800-2900 a.C.).<br />

<strong>di</strong> Su Avagliu (Oliena) e da un piattino in clorite scoperto nella Valle <strong>di</strong><br />

Locoe, nel territorio <strong>di</strong> Orgosolo, dove si conserva l’omonimo ipogeo,<br />

scavato in un trovante <strong>di</strong> roccia, ed i resti <strong>di</strong> un altro ipogeo con un<br />

antropomorfo capovolto inciso sulle pareti granitiche. <strong>Il</strong> piattino ha le<br />

superfici interne ed esterne decorate con un fitto motivo a spirali incise<br />

e figure geometriche angolate <strong>di</strong>sposte in modo irregolare su tutte le<br />

superfici. I materiali ceramici del Neolitico finale provenienti da <strong>di</strong>verse<br />

località del territorio della provincia <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong>, ripropongono le forme<br />

<strong>di</strong>ffuse in tutta l’Isola: vasi a cestello, vasi biconici con anse a tunnel o<br />

sottocutanee, pissi<strong>di</strong> con peducci, vasi a collo cilindrico <strong>di</strong>stinto, tripo<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> varie <strong>di</strong>mensioni, e dei pithoi per conservare derrate.<br />

Vetrina n. 3<br />

<strong>Il</strong> repertorio ceramico del Neolitico si completa con i materiali provenienti<br />

dalla necropoli <strong>di</strong> Su Monti <strong>di</strong> Orroli nel Sarcidano che, per la<br />

sua posizione centro-meri<strong>di</strong>onale, presenta nella tipologia dei manufatti<br />

molte affinità con i materiali del Cagliaritano. I vari tipi <strong>di</strong> vasi colpi-<br />

24


Fig. 15. Orgosolo, tomba ipogeica <strong>di</strong> Locoe. Piattino in clorite con superfici<br />

decorate a spirali. Neolitico recente (3800-2900 a.C.).<br />

Fig. 16. Oliena, Grotta del Guano. Peso da telaio fittile reniforme con due fori<br />

passanti. Neolitico recente (3800-2900 a.C.).<br />

25


26<br />

Fig. 17. Orroli,<br />

necropoli <strong>di</strong> Su Monti.<br />

Frammenti <strong>di</strong> vasi con<br />

le decorazioni del<br />

repertorio ceramico del<br />

Neolitico recente<br />

(3800-2900 a.C.).


scono per l’esuberante decorazione delle superfici, esterne ed interne,<br />

ottenuta con la tecnica ad impressione a crudo, graffita dopo la cottura,<br />

con applicazioni plastiche e con l’uso <strong>di</strong> pigmenti naturali. Motivi decorativi<br />

ricorrenti sono i festoni pendenti, i triangoli pendenti campiti da<br />

piccoli punti impressi, i cerchi concentrici <strong>di</strong>sposti sulle pareti globulari,<br />

i festoni impressi con rotelle dentate o punteruoli, evidenziati con<br />

particolari effetti cromatici dall’uso <strong>di</strong> ocre e paste a base <strong>di</strong> caolino. Le<br />

decorazioni sono enfatizzate da una accurata lucidatura delle superfici<br />

ottenuta con l’uso <strong>di</strong> brunitoi e spatole. Questa ricca produzione ceramica<br />

attesta un ra<strong>di</strong>cato gusto estetico che va interpretato come la conseguenza<br />

<strong>di</strong> un rassicurante tenore <strong>di</strong> vita che consentì all’uomo <strong>di</strong> rivolgere<br />

la sua attenzione agli aspetti funzionali ed estetici dei manufatti,<br />

alla costruzione <strong>di</strong> tombe ipogeiche che traevano ispirazione dall’architettura<br />

abitativa e alle rappresentazioni simboliche <strong>di</strong> <strong>di</strong>vinità maschili e<br />

femminili che interpretavano i cicli vitali della natura e rimandavano ai<br />

riti della fertilità. Le vetrine dei materiali neolitici contengono una scelta<br />

<strong>di</strong> cuspi<strong>di</strong> <strong>di</strong> freccia in ossi<strong>di</strong>ana, lame in selce, asce in pietra con una<br />

ricostruzione dell’antico sistema <strong>di</strong> immanicatura. Tra i materiali neolitici<br />

sono presenti alcuni strumenti <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> uso quoti<strong>di</strong>ano come una<br />

Fig. 18. Macomer, necropoli <strong>di</strong> Filigosa. Ciotole a profilo angolato e tazze<br />

mono e biansate. Eneolitico antico (2800 a.C.).<br />

27


Fig. 20. <strong>Nuoro</strong>, Villaggio eneolitico in Loc. Su Molimentu. Situle decorate al<br />

momento del rinvenimento (2600 a.C.).<br />

28<br />

Fig. 19. Oliena,<br />

Grotta Rifugio. Vaso<br />

pluriansato con<br />

superfici decorate da<br />

linee impresse e<br />

tacche oblique.<br />

Eneolitico me<strong>di</strong>o<br />

(2600 a.C.).


Fig. 21. <strong>Nuoro</strong>, Villaggio eneolitico in Loc. Su Molimentu. Situle con decorazione<br />

“a foglioline” e pesi da telaio (2600 a.C.).<br />

Fig. 22. <strong>Nuoro</strong>, Villaggio eneolitico in Loc. Su Molimentu. Situla con decorazioni<br />

geometriche impresse sul collo (2600 a.C.).<br />

29


lunga mazza in pietra con impugnatura, un peso da telaio fittile reniforme<br />

con due fori passanti e due fusaiole fittili biconiche che testimoniano<br />

l’arte della filatura e della tessitura. Completano l’esposizione un<br />

picco da scavo in pietra ed un pestello con resti <strong>di</strong> ocra rossa proveniente<br />

dalla tomba ipogeica <strong>di</strong> Ianna Ventosa <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong> che conserva tracce <strong>di</strong><br />

pigmenti colorati che originariamente ne ornavano le pareti.<br />

Sala II<br />

L’ENEOLITICO. ETÀ DEI PRIMI METALLI 2800 A.C.<br />

Vetrina n. 4<br />

Nella fase <strong>di</strong> passaggio dal Neolitico all’Eneolitico viene documentato<br />

in tutta l’Isola un cambiamento sostanziale nella scelta dei<br />

luoghi <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amento, ora in posizioni arroccate e fortificate, che<br />

apportò conseguenti cambiamenti nell’economia e nell’architettura.<br />

La prima Età dei metalli è rappresentata dalle culture <strong>di</strong> Filigosa e<br />

Abealzu che si affermano nel territorio nuorese lentamente e in modo<br />

<strong>di</strong>somogeneo. La <strong>Cultura</strong> <strong>di</strong> Filigosa, dalla eponima necropoli in<br />

domus de janas in agro <strong>di</strong> Macomer, è caratterizzata da una produzione<br />

<strong>di</strong> manufatti prevalentemente inornati che pre<strong>di</strong>lige forme <strong>di</strong><br />

vasi con carene molto marcate, vasi <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni, tazze<br />

mono e biansate, vasi a bottiglia, bicchieri. I vasi esposti nella vetrina<br />

mostrano chiaramente la scomparsa dell’ornato che si riduce a<br />

scarse decorazioni graffite, impresse e plastiche.<br />

Vetrina n. 5<br />

La successiva vetrina illustra le fasi evolute dell’età del Rame<br />

con i materiali <strong>di</strong> <strong>Cultura</strong> Monte Claro, dal nome dell’eponima<br />

necropoli scoperta nel centro urbano <strong>di</strong> Cagliari. I materiali ceramici<br />

<strong>di</strong> questo periodo sono documentati in tutta l’Isola ma con<br />

evidenti varianti, nelle forme e nelle decorazioni, nel Campidano<br />

<strong>di</strong> Cagliari e Oristano e nel Sassarese. La produzione ceramica del<br />

Monte Claro dell’Ogliastra e della Barbagia ripropone forme<br />

vascolari chiuse ancora legate all’Eneolitico antico e caratterizzate<br />

da una decorazione detta “a foglioline”, documentata nella Grotta<br />

Rifugio, nel villaggio <strong>di</strong> Biriai <strong>di</strong> Oliena e nel villaggio Su Moli-<br />

30


mentu, alle pen<strong>di</strong>ci del Monte Ortobene <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong>. Le zone più<br />

periferiche della provincia, come la necropoli <strong>di</strong> Su Monti <strong>di</strong> Orroli<br />

e l’abitato <strong>di</strong> Bidu e Concas <strong>di</strong> Sorgono (dove si conserva la più<br />

alta concentrazione <strong>di</strong> menhirs), restituiscono contenitori ceramici<br />

<strong>di</strong> forma aperta con le superfici decorate a larghe scanalature parallele<br />

tipiche degli areali meri<strong>di</strong>onali.<br />

Dal villaggio <strong>di</strong> Biriai, che ha restituito abbondanti materiali <strong>di</strong><br />

un’unica fase culturale pura, provengono numerosi vasi con orlo<br />

espanso pluriansati, bicchieri monoansati, un piccolo coperchio<br />

con presa decorato da file <strong>di</strong> punti impressi. La vita e l’attività delle<br />

donne del villaggio è raccontata da pesi da telaio con una fila <strong>di</strong><br />

fori passanti nella parte apicale e con superfici decorate da motivi<br />

geometrici metopali, da pesi troncoconici con unico foro passante<br />

e fusaiole biconiche che testimoniano la lavorazione dei tessuti,<br />

prodotti prevalentemente con fibre animali. Allo stesso orizzonte<br />

culturale appartiene un vaso ad alto collo proveniente da una sepoltura<br />

scoperta nella Grotta Morroccu <strong>di</strong> Urzulei che si apre in una<br />

parete calcarea. La forma a fiasco del vaso rimanda alla <strong>Cultura</strong> <strong>di</strong><br />

Fig. 23. Oliena, Villaggio <strong>di</strong> Biriai. Pesi da telaio fittili con fori passanti e<br />

superfici con decorazioni metopali, fusaiole biconiche. Eneolitico me<strong>di</strong>o<br />

(2600 a.C.).<br />

31


ee.<br />

32<br />

Fig. 24. Urzulei, Grotta Morroccu.<br />

Vaso a fiasco biansato ornato da<br />

scanalature parallele sul collo.<br />

Eneolitico me<strong>di</strong>o (2600 a.C.).<br />

Abealzu, ma le quattro ansette<br />

<strong>di</strong>ametralmente opposte e le<br />

profonde linee parallele<br />

impresse in prossimità dell’orlo<br />

lo collocano nella <strong>Cultura</strong> <strong>di</strong><br />

Monte Claro tipica del Nuorese<br />

dove sembrano fondersi aspetti<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>verse fasi dell’Eneolitico.<br />

La lunga permanenza nella<br />

grotta ha lasciato sulle superfici<br />

evidenti concrezioni calca-<br />

Vetrina n. 6<br />

<strong>Il</strong> quadro illustrativo dell’Eneolitico si completa con i materiali<br />

provenienti dalla necropoli <strong>di</strong> Sas Concas <strong>di</strong> Oniferi che si inquadrano<br />

nell’ambito della <strong>Cultura</strong> Campaniforme (2300-2000 a.C.). <strong>Il</strong><br />

complesso <strong>di</strong> ipogei <strong>di</strong> Oniferi è fra i più noti della provincia <strong>di</strong><br />

<strong>Nuoro</strong> per l’articolazione planimetrica e soprattutto per le figurine<br />

antropomorfe del tipo “a candelabro” incise capovolte quasi a voler<br />

rappresentare simbolicamente la morte, in modo semplice e incisivo,<br />

come il contrario della vita. In altri siti del Nuorese esistono altre<br />

figure antropomorfe colte in preghiera o in una danza rituale, come<br />

quelle della Grotta del Bue Marino <strong>di</strong> Dorgali o quelle incise in un<br />

masso della spiaggia <strong>di</strong> Orrì <strong>di</strong> Tortolì visibile solo con la bassa<br />

marea. Seguono due antropomorfi recentemente scoperti in un ipogeo<br />

<strong>di</strong> Locoe a Orgosolo e nella parete del vestibolo della tomba ipogeica<br />

<strong>di</strong> Istevene <strong>di</strong> Mamoiada. Fra i materiali <strong>di</strong> Sas Concas sono<br />

esposte ciotole emisferiche con superfici decorate a bande parallele e<br />

motivi geometrici evidenziati dall’uso <strong>di</strong> paste bianche a contrasto<br />

con le superfici scure accuratamente lucidate. I corre<strong>di</strong> funerari comprendevano<br />

cuspi<strong>di</strong> <strong>di</strong> freccia in ossi<strong>di</strong>ana con alette oblique, penda-


Fig. 25. Collezione Marchi. Vaso <strong>di</strong> <strong>Cultura</strong> Campaniforme con decorazioni<br />

geometriche a bande parallele. Eneolitico finale (2300 a.C.).<br />

gli forati <strong>di</strong> gusci <strong>di</strong> molluschi e denti animali, tre placchette litiche<br />

rettangolari frammentarie (una proveniente dal Nuraghe San Pietro <strong>di</strong><br />

Torpè e una dalla Collezione Cabras <strong>di</strong> Orosei), note con il nome <strong>di</strong><br />

brassard, con due o tre fori all’estremità, che gli arcieri legavano al<br />

polso come bracciale <strong>di</strong> protezione. La stessa vetrina contiene tre bicchieri<br />

campaniformi da una collezione privata <strong>di</strong> Gavoi, con superfici<br />

decorate a fasce parallele con triangoli campiti da fitti punti<br />

impressi, che ripropongono forme e schemi decorativi del Campaniforme.<br />

I vasi a campana sono del tipo internazionale, così definito<br />

per la sua presenza in tutto il territorio europeo, <strong>di</strong>ffuso, con le stesse<br />

forme e le stesse decorazioni, da gruppi noma<strong>di</strong> che <strong>di</strong>vulgarono<br />

l’arte della metallurgia in tutta l’Europa. In <strong>Sardegna</strong> il vaso campaniforme<br />

è documentato in contesti funerari ed associato a deposizioni<br />

<strong>di</strong> <strong>Cultura</strong> Monte Claro o Bonnanaro, fino alle fasi finali dell’età<br />

del Bronzo antico.<br />

La <strong>Cultura</strong> <strong>di</strong> Bonnanaro (2000-1800 a.C.) è documentata nei<br />

manufatti del corredo funerario <strong>di</strong> una sepoltura in grotta (ve<strong>di</strong> Sala<br />

III, vetrina n. 5), ricostruita in una teca che separa le <strong>di</strong>verse sale. I<br />

33


Fig. 26. Dorgali, Grotta <strong>di</strong> Sisaia. Ricostruzione della sepoltura e del corredo<br />

funerario <strong>di</strong> una donna con i segni <strong>di</strong> varie patologie e una trapanazione<br />

cranica. Età del Bronzo antico-<strong>Cultura</strong> <strong>di</strong> Bonnanaro (2000 a.C.).<br />

Fig. 27. Particolare del foro <strong>di</strong> trapanazione in cui è stata reinserita la rondella<br />

ossea prelevata in precedenza e perfettamente saldata.<br />

34


esti ossei, trovati in posizione anatomica, appartengono ad una<br />

donna sepolta nella Grotta <strong>di</strong> Sisaia, che si apre su una parete <strong>di</strong> calcare<br />

nella Valle <strong>di</strong> Lanaitto, nel versante del comune <strong>di</strong> Dorgali. La<br />

donna, contrariamente ad ogni prassi, è stata sepolta da sola con un<br />

corredo composto da un ciotolone ansato, un tegame troncoconico<br />

biansato e una macina in granito con superfici consumate dall’uso.<br />

Lo scheletro della defunta presenta chiari segni <strong>di</strong> paleopatologie: un<br />

tumore osseo al coccige, artrosi dorsale e lombare, fratture sull’osso<br />

del braccio sinistro, un evidente rachitismo e il segno <strong>di</strong> una trapanazione<br />

cranica con una perfetta saldatura della rondella ossea riposizionata<br />

dopo l’intervento chirurgico perfettamente riuscito. La trapanazione<br />

cranica della donna <strong>di</strong> Lanaitto desta grande interesse anche<br />

fra gli specialisti <strong>di</strong> neurochirurgia perché la donna è sopravissuta<br />

molto più a lungo <strong>di</strong> altri defunti esaminati in <strong>Sardegna</strong> e in Europa,<br />

dove la trapanazione cranica era molto <strong>di</strong>ffusa per motivi terapeutici<br />

e per motivi magico-religiosi.<br />

Vetrina n. 7<br />

Le fasi finali dell’età del Bronzo antico introducono il periodo<br />

nuragico, il più noto della civiltà dei sar<strong>di</strong> che ha lasciato una tale<br />

quantità <strong>di</strong> testimonianze architettoniche da con<strong>di</strong>zionare il paesaggio<br />

dell’Isola ancora costellata da migliaia <strong>di</strong> torri.<br />

Una grande vetrina contiene un modellino <strong>di</strong> nuraghe in pietra da<br />

Noragugume. I fori praticati sul coronamento per l’inserimento <strong>di</strong> exvoto<br />

in bronzo, ricostruiti idealmente nell’esposizione, denunciano la<br />

sua provenienza da un luogo <strong>di</strong> culto sconosciuto. Le gran<strong>di</strong> olle a<br />

colletto, le ciotole ed i ciotoloni provengono dagli scavi nel Nuraghe<br />

Is Paras <strong>di</strong> Isili, a pianta complessa, che conserva la camera a falsa<br />

volta della torre centrale alta metri 11,50 e annoverata fra le più belle<br />

dell’Isola. Segue l’esposizione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> vasi miniaturistici della<br />

Collezione Bussu, provenienti dagli strati nuragici del riparo sotto<br />

roccia <strong>di</strong> Sa Conca Fravihà nel Monte San Basilio <strong>di</strong> Ollolai, nel<br />

quale è stata documentata una frequentazione ininterrotta a partire<br />

dal Neolitico me<strong>di</strong>o fino all’età del Ferro. Dal sito proviene un gruppo<br />

<strong>di</strong> asce a margini rialzati, una protome cervina e frammentari<br />

pugnali. Un’altra protome cervina proviene dal territorio <strong>di</strong> Silanus.<br />

Completano l’esposizione alcuni lisciatoi provenienti dai nuraghi<br />

35


Fig. 28. Noragugume,<br />

modello <strong>di</strong> nuraghe in basalto<br />

con fori apicali che sostenevano<br />

oggetti in bronzo.<br />

Età nuragica-Bronzo recente e<br />

finale (1300-1000 a.C.).<br />

Fig. 29. Ollolai, San Basilio.<br />

Vasetti miniaturistici.<br />

Età nuragica (1200-1000 a.C.).<br />

37


Fig. 30. Ollolai, San Basilio. Protome cervina in bronzo. Età nuragica<br />

(1000 a.C.).<br />

Fig. 31. Orani, Nuraghe Nurdole. Orgosolo, Nuraghe Sirilò. Lisciatoi litici<br />

uno dei quali con fori impervi. Età nuragica (1200-1000 a.C.).<br />

Nurdole (Orani) e Sirilò (Orgosolo): dagli ambienti del villaggio <strong>di</strong><br />

quest’ultimo nuraghe provengono una doppia ascia miniaturistica in<br />

piombo ed una piccola ascia a margini rialzati con tallone piatto.<br />

Vetrina n. 8<br />

La vetrina successiva contiene materiali provenienti dal villaggio<br />

santuario <strong>di</strong> Su Romanzesu (Pod<strong>di</strong> Arvu), nell’altopiano <strong>di</strong> Bitti. <strong>Il</strong><br />

sito è noto per la straor<strong>di</strong>naria concentrazione <strong>di</strong> tre templi “a<br />

megaron”, un tempio a pozzo con vasca lustrale e una grande area<br />

cerimoniale. Dal megaron 2, che in una fase e<strong>di</strong>lizia successiva<br />

venne trasformato in un cenotafio (una tomba simbolica de<strong>di</strong>cata ad<br />

un eroe <strong>di</strong>vinizzato), provengono punte e puntali <strong>di</strong> lancia in bronzo,<br />

numerosi resti ceramici, una notevole quantità <strong>di</strong> vaghi <strong>di</strong> collana<br />

d’ambra (una resina fossile arrivata nel santuario nuragico dai<br />

lontani paesi baltici, probabilmente attraverso traffici commerciali<br />

<strong>di</strong>retti ed in<strong>di</strong>retti). La forma e la lavorazione a scanalature parallele<br />

rimandano a tipologie documentate nel Polesine, nel Lazio ed in<br />

contesti micenei a partire dal 1300 a.C. Dall’area cerimoniale con<br />

38


Fig. 32. Bitti, Villaggio nuragico <strong>di</strong> Su Romanzesu. Composizione ideale <strong>di</strong><br />

collane con vaghi d’ambra con superfici a scanalature parallele <strong>di</strong> tipo<br />

“Tirinto” e “Allumiere”. Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />

Fig. 33. Bitti, Villaggio nuragico <strong>di</strong> Su Romanzesu. Particolare della vasca<br />

gradonata per le abluzioni rituali. Età nuragica (1500-900 a.C.).<br />

39


Fig. 34. Bitti, Villaggio nuragico <strong>di</strong> Su Romanzesu. Pozzo sacro. Planimetria<br />

e sezione. Età nuragica (1500-900 a.C.) (da Archeologia Viva 69, p. 61).<br />

40<br />

Fig. 35. Bitti,<br />

Villaggio nuragico<br />

<strong>di</strong> Su Romanzesu.<br />

Tempio a megaron. 1,<br />

5, 11-14, 16,<br />

18-19, 24-25, 30-31,<br />

33-34, 36-38:<br />

materiali dall’area<br />

esterna presso<br />

lingresso del<br />

vestibolo;<br />

2-4, 6-7, 10, 15, 17,<br />

20-22, 26-29, 35:<br />

materiali da<br />

vestibolo;<br />

8-9, 23, 32:<br />

materiali dalla cella.<br />

Età nuragica<br />

(1200-900 a.C.)


Fig. 36. Bitti,<br />

Villaggio nuragico <strong>di</strong><br />

Su Romanzesu.<br />

Tempio a megaron. 1, 3, 6, 9-<br />

10, 13-14, 20; materiali<br />

dall’area esterna presso<br />

l’ingresso del vestibolo,<br />

2, 4, 7-8, 12, 15-17; materiali<br />

da vestibolo, b5, 21; materiali<br />

dall’area esterna; 11, 18-19;<br />

materiali dalla cella; 22-26:<br />

materiali dalla capanna a sud<br />

del megaron.<br />

Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />

Fig. 37. Bitti,<br />

Villaggio nuragico <strong>di</strong><br />

Su Romanzesu. Punte e<br />

puntale <strong>di</strong> lancia in bronzo.<br />

Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />

41


un camminamento labirintico proviene il collo a forma <strong>di</strong> nuraghe,<br />

<strong>di</strong> una originaria fiasca del pellegrino che imita forme <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione<br />

egeo orientale poco <strong>di</strong>ffuse in contesti nuragici.<br />

Vetrina n. 9<br />

Confermano i contatti della <strong>Sardegna</strong> nuragica con altre civiltà del<br />

Me<strong>di</strong>terraneo i materiali del Nuraghe San Pietro <strong>di</strong> Torpè costruito<br />

nella piana attraversata dal fiume Posada, strategicamente controllata<br />

da imponenti nuraghi impostati sulle colline circostanti. La vita nel<br />

nuraghe ebbe inizio nel Bronzo me<strong>di</strong>o (1500 a.C.), documentato dai<br />

contenitori lavorati con uno strumento a pettine, da olle con orlo<br />

ingrossato e da singolari vasi supporto a clessidra. La vita del nuraghe<br />

continuò fino all’età del Ferro con chiari contatti con l’Italia centro-settentrionale,<br />

soprattutto con le popolazioni protovillanoviane<br />

inse<strong>di</strong>ate nelle regioni tirreniche. Uno specchio in bronzo con mani-<br />

42<br />

Fig. 38. Bitti,<br />

Villaggio nuragico <strong>di</strong><br />

Su Romanzesu.<br />

Collo <strong>di</strong> fiasca del pellegrino a<br />

forma <strong>di</strong> torre <strong>di</strong> nuraghe.<br />

Età nuragica (1000-900 a.C.).


Fig. 39. Torpè, Nuraghe San Pietro.<br />

Vasi su piede troncoconico.<br />

Età nuragica (1500-1200 a.C.).<br />

Fig. 40. Torpè, Nuraghe San Pietro.<br />

Specchio in bronzo con manico<br />

traforato lavorato a cor<strong>di</strong>cella.<br />

Età nuragica (1000-800 a.C.).<br />

43


co traforato lavorato a cor<strong>di</strong>cella, un pendaglio ed un bracciale a capi<br />

aperti esemplificano la produzione bronzea della prima età del Ferro.<br />

Dal nuraghe proviene una statuina fittile, realizzata in modo sommario,<br />

che probabilmente aveva un significato rituale nelle ultime fasi <strong>di</strong><br />

vita del monumento.<br />

Vetrina n. 10<br />

La vetrina successiva espone vasi d’impasto che esemplificano le<br />

più note tipologie del repertorio ceramico nuragico: dalle più arcaiche<br />

olle a tesa interna, con decorazione metopale, provenienti dalla<br />

tomba <strong>di</strong> giganti <strong>di</strong> S’Altare de Logula <strong>di</strong> Sarule, ai tegami troncoconici<br />

del Nuraghe Monte Idda <strong>di</strong> Posada, un nuraghe a corridoio<br />

costruito su uno sperone <strong>di</strong> calcare che controlla la sottostante pianura<br />

del fiume Posada. La particolare planimetria del nuraghe è il risultato<br />

dell’adattamento della muratura alla naturale conformazione<br />

della roccia che viene integrata nella tessitura muraria. L’abbondante<br />

quantità <strong>di</strong> tegami con decorazioni geometriche realizzate con uno<br />

strumento a pettine conferma la grande <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> questa tipologia<br />

ceramica soprattutto nella <strong>Sardegna</strong> centro-settentrionale, mentre è<br />

scarsamente documentata nel sud dell’Isola. Segue l’esposizione<br />

Fig. 41. Posada, Nuraghe Monte Idda. Frammenti <strong>di</strong> tegami con superfici<br />

interne decorate a pettine impresso. Età nuragica (1500-1300 a.C.).<br />

44


Fig. 42. Desulo, Monte Corte.<br />

Brocca piriforme decorata<br />

a tacche impresse <strong>di</strong>sposte<br />

a spina <strong>di</strong> pesce.<br />

Fig. 43. Orani,<br />

Nuraghe Sa Monza.<br />

Brocche askoi<strong>di</strong> frammentarie<br />

con anse e pareti con decorazioni<br />

geometriche impresse.<br />

Età nuragica (900-800 a.C.).<br />

45


della brocca piriforme da Monte Corte <strong>di</strong> Desulo con grande ansa<br />

decorata da profonde tacche <strong>di</strong>sposte a spina <strong>di</strong> pesce, delle brocche<br />

askoi<strong>di</strong> e delle anse a gomito rovesciato provenienti dal Nuraghe Sa<br />

Monza <strong>di</strong> Orani, con superfici ornate da decorazioni impresse che<br />

formano motivi floreali e <strong>di</strong>schi plastici che si inquadrano nelle fasi<br />

conclusive dell’età del Bronzo e nelle fasi iniziali dell’età del Ferro.<br />

Sala III<br />

Vetrina n. 1<br />

La Sala III inizia con una vetrina composta da oggetti <strong>di</strong> varia provenienza<br />

esposti con l’intento <strong>di</strong> ricostruire tutta la strumentazione<br />

impiegata nel laboratorio <strong>di</strong> un artigiano nuragico de<strong>di</strong>to alla lavorazione<br />

dei metalli.<br />

La materia prima è rappresentata da <strong>di</strong>versi frammenti <strong>di</strong> pani o<br />

Fig. 44. Composizione <strong>di</strong> vari strumenti utilizzati in una antica officina fusoria<br />

con i principali metalli usati per la composizione della lega <strong>di</strong> bronzo.<br />

Provenienza varia. Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />

46


lingotti <strong>di</strong> rame a forma <strong>di</strong> pelle <strong>di</strong> bue (Villagrande Strisaili), noti col<br />

nome <strong>di</strong> oxide-ingot, che rimandano a modelli <strong>di</strong>ffusi nei paesi dell’Egeo<br />

e del Vicino Oriente: le panelle circolari, piano convesse, rappresentano<br />

la tipologia più <strong>di</strong>ffusa nell’attività fusoria e nella tesaurizzazione<br />

del rame nel periodo nuragico. Fra gli strumenti è presente<br />

un crogiuolo d’impasto (Torpè) con frammenti <strong>di</strong> rame e <strong>di</strong> stagno<br />

(Villagrande Strisaili) componenti la lega del bronzo, una matrice <strong>di</strong><br />

fusione (<strong>Nuoro</strong>) usata per produrre in serie <strong>di</strong>versi strumenti <strong>di</strong> lavoro,<br />

una molla ed una paletta che l’artigiano fusore usava per governare<br />

il fuoco della fucina. Una navicella con protome bovina (Lula)<br />

ed un toro (Lo<strong>di</strong>ne) sono stati realizzati con la tecnica della cera persa<br />

che rendeva ogni oggetto unico. La vetrina contiene inoltre un grande<br />

lingotto <strong>di</strong>scoidale <strong>di</strong> piombo con due fori centrali che facilitavano<br />

il trasporto ed un altro pane <strong>di</strong> piombo frammentario <strong>di</strong> forma<br />

subellitica più comune. <strong>Il</strong> piombo, poiché fonde a basse temperature,<br />

era molto usato nella produzione <strong>di</strong> grappe o colate per tenere aderenti<br />

gli elementi architettonici, per fissare i bronzi votivi negli appositi<br />

basamenti in pietra per le offerte e, più raramente, per la produzione<br />

<strong>di</strong> piccoli animali o navicelle. Stu<strong>di</strong> recenti hanno <strong>di</strong>mostrato<br />

che i nuragici sperimentavano la formazione <strong>di</strong> leghe <strong>di</strong> bronzo sostituendo,<br />

in <strong>di</strong>verse percentuali, lo stagno con il piombo proveniente<br />

dai ricchi giacimenti <strong>di</strong> galena presenti in tutta l’Isola. <strong>Il</strong> proce<strong>di</strong>mento<br />

consentiva così <strong>di</strong> limitare il consumo dello stagno che, non<br />

Fig. 45. Oliena, Grotta Su Benticheddu. Orlo <strong>di</strong> bacile in lamina bronzea con<br />

attacco a tripla spirale e anello da presa. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />

Fig. 46. Oliena, Grotta Su Benticheddu. Orlo <strong>di</strong> bacile in lamina bronzea con<br />

attacco rettangolare decorato e anello da presa. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />

47


Fig. 47. Oliena, Villaggio <strong>di</strong> Costa Nighedda. Navicella in bronzo con protome<br />

bovina e scafo sostenuto da quattro peducci e con anello <strong>di</strong> sospensione.<br />

Età nuragica (1000-900 a.C.).<br />

Fig. 48. Oliena, Villaggio <strong>di</strong> Costa Nighedda. Anellone in bronzo. Età nuragica<br />

(1000-900 a.C.).<br />

48


essendo presente in <strong>Sardegna</strong>, veniva importato, con <strong>di</strong>fficoltà, dai<br />

lontani paesi produttori d’Oriente e d’Occidente.<br />

Vetrina n. 2<br />

L’abilità dei nuragici nella lavorazione dei metalli è ben rappresentata<br />

da due bacili in lamina bronzea, provenienti dalla Grotta Su Bentigheddu<br />

(Oliena), uno dei quali conserva l’orlo con maniglie con attacco a tripla<br />

spirale, <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione cipriota, e l’altro l’orlo con placca rettangolare.<br />

La vetrina contiene una pregevole navicella in bronzo, con protome bovina<br />

e lo scafo sostenuto da quattro peducci, che poteva essere tenuta con<br />

un anello <strong>di</strong> sospensione. Segue l’esposizione <strong>di</strong> una collana formata da<br />

<strong>di</strong>versi elementi biconici ricomposti idealmente, <strong>di</strong> pugnaletti, <strong>di</strong> bottoni<br />

a calotta, <strong>di</strong> un anellone e <strong>di</strong> bracciali provenienti da una capanna dell’inse<strong>di</strong>amento<br />

nuragico <strong>di</strong> Costa Nighedda <strong>di</strong> Oliena.<br />

Vetrina n. 3<br />

L’esposizione museale prosegue con la vetrina dei materiali provenienti<br />

da Su Tempiesu <strong>di</strong> Orune, uno dei più noti luoghi <strong>di</strong> culto nuragici<br />

della provincia <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong>. La fonte sacra è costruita in opera isodo-<br />

Fig. 49. Oliena,<br />

Villaggio <strong>di</strong> Costa Nighedda.<br />

Pugnaletto-pendaglio<br />

ad elsa gammata.<br />

Età nuragica (1000-900 a.C.).<br />

49


50<br />

Fig. 50. Orune,<br />

Fonte sacra <strong>di</strong> Su Tempiesu.<br />

Veduta del tempio e del bacino<br />

per la raccolta dell’acqua<br />

che scorreva dal pozzo.<br />

Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />

Fig. 51. Orune,<br />

Fonte sacra <strong>di</strong> Su Tempiesu.<br />

Composizione <strong>di</strong> una tavola<br />

per l’esposizione dei bronzi<br />

votivi che venivano fissati<br />

nei fori con colate <strong>di</strong> piombo.<br />

Età nuragica (1100-900 a.C.).


Fig. 52. Orune, Nuraghe Santa Lulla. Figura in bronzo <strong>di</strong> offerente cantore.<br />

<strong>Il</strong> viso mostra caratteri negroi<strong>di</strong> e le gambe flesse sono ancora inglobate nell’originaria<br />

colata <strong>di</strong> piombo che le fissava sulla base per le offerte del vicino<br />

tempio <strong>di</strong> Su Tempiesu. Età nuragica (1000-900 a.C.).<br />

ma con blocchi <strong>di</strong> rocce vulcaniche <strong>di</strong>sposti a filari regolari rispettando<br />

impianti idraulici già noti: vestibolo a pianta rettangolare con panchina<br />

laterale, piccola scala trapezoidale strombata all’esterno, vano circolare<br />

ipogeico con copertura a tholos che racchiudeva in profon<strong>di</strong>tà l’acqua<br />

sorgiva. Gli architetti del tempio <strong>di</strong> Orune, pur rispettando l’impianto<br />

planimetrico dei templi a pozzo, hanno elaborato moduli architettonici<br />

nuovi realizzando una struttura sopra suolo che si sviluppava in altezza<br />

per m 6,65 con una copertura a doppio spiovente. La facciata ha un timpano<br />

delimitato da una cornice in rilievo con vertice formato da un blocco<br />

trapezoidale che reggeva, in origine, venti spade votive in bronzo<br />

infisse negli appositi fori da colate <strong>di</strong> piombo. Da un pozzetto votivo<br />

esterno che riproduce, in scala minore, quello superiore e dall’area circostante<br />

destinata ai pellegrini, provengono i bronzi esposti nella vetri-<br />

51


Fig. 53. Fonni, Santuario <strong>di</strong> Gremanu. Veduta aerea del santuario che comprendeva<br />

nello stesso temenos vari e<strong>di</strong>fici con planimetrie <strong>di</strong>verse. Età<br />

nuragica (1300-900 a.C.).<br />

na. Si tratta <strong>di</strong> spade votive, spilloni, braccialetti, bottoni, stiletti votivi,<br />

una coppia <strong>di</strong> offerenti oranti, un orante con bastone. Dal Nuraghe Santa<br />

Lulla, posto sul colle che sovrasta il tempio, proviene una statuina <strong>di</strong><br />

offerente cantore, ancora infissa nella originaria colata <strong>di</strong> piombo, dai<br />

caratteri fisici negroi<strong>di</strong> e prognatismo molto marcato. La presenza <strong>di</strong><br />

panelle ed altri frammenti <strong>di</strong> bronzo fa supporre che la lavorazione del<br />

metallo collegata alla gestione del tempio si svolgesse nel vicino villaggio.<br />

La vetrina contiene una piccola matrice litica per produrre stiletti<br />

votivi, molto usati dai nuragici come amuleti apotropaici ed offerti nei<br />

santuari come ex-voto, proveniente dal Nuraghe Logomache <strong>di</strong> Fonni.<br />

Dal grande santuario <strong>di</strong> Gremanu <strong>di</strong> Fonni proviene una testina d’ariete<br />

in trachite che originariamente ornava un elemento architettonico<br />

appartenente ad una vasca per le abluzioni rituali. La vasca era costruita<br />

presso una serie <strong>di</strong> pozzi che raccoglievano le acque sorgive; queste<br />

venivano captate e convogliate, me<strong>di</strong>ante un complesso sistema <strong>di</strong> canalette<br />

composte da numerosi elementi ad incastro, verso l’abitato ed il<br />

santuario sottostante.<br />

52


Fig. 54. Oliena,<br />

Sa Sedda ’e Sos Carros.<br />

Askos in lamina <strong>di</strong> bronzo<br />

con versatoio a forma <strong>di</strong><br />

protome bovina.<br />

Età nuragica<br />

(1000-900 a.C.).<br />

Fig. 55. Oliena,<br />

Sa Sedda ’e Sos Carros.<br />

Particolare della protome<br />

cervina <strong>di</strong> una navicella in<br />

bronzo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni.<br />

Età nuragica<br />

(1000-900 a.C.).<br />

53


Vetrina n. 4<br />

<strong>Il</strong> tema portante dell’esposizione delle sale del periodo nuragico<br />

de<strong>di</strong>cate all’architettura religiosa del territorio nuorese continua con la<br />

ricostruzione della fonte <strong>di</strong> Sa Sedda ’e Sos Carros e l’esposizione dei<br />

materiali più significativi. All’interno <strong>di</strong> un isolato <strong>di</strong> capanne del villaggio<br />

nuragico è stato costruito, con blocchi squadrati <strong>di</strong> basalto, un<br />

ambiente circolare: al centro un se<strong>di</strong>le modanato alla base ed un grande<br />

bacile con foro passante. Sull’alzato è stato inserito un canale anulare<br />

con 9 protomi animali, con un foro passante attraverso il quale<br />

scorreva l’acqua raccolta in un bacino circolare soprastante costruito a<br />

gradoni. La raffinatezza architettonica e lo straor<strong>di</strong>nario progetto idraulico<br />

in<strong>di</strong>cano un uso cultuale dell’e<strong>di</strong>ficio, forse circoscritto ai riti<br />

domestici <strong>di</strong> una piccola comunità. <strong>Il</strong> primo impianto del luogo <strong>di</strong> culto<br />

si colloca nel Bronzo recente ma, dopo <strong>di</strong>verse mo<strong>di</strong>fiche all’architettura<br />

e a seguito del degrado delle strutture, a partire dal Bronzo finale,<br />

la fonte cambiò la sua originaria destinazione cultuale e venne utilizzata<br />

come ripostiglio per oggetti in bronzo frammentari destinati ad un<br />

nuovo ciclo <strong>di</strong> lavorazione. Gli oggetti, pur frammentari, mostrano una<br />

eccellente qualità nella tecnica <strong>di</strong> esecuzione, soprattutto una brocca<br />

askoide in lamina bronzea con protome bovina che si ispira a modelli<br />

ciprioti, una navicella <strong>di</strong> notevoli <strong>di</strong>mensioni con protome cervina e la<br />

splen<strong>di</strong>da protome <strong>di</strong> muflone <strong>di</strong> un’originaria navicella. Seguono<br />

<strong>di</strong>versi spilloni, resti <strong>di</strong> immanicature <strong>di</strong> strumenti da lavoro e <strong>di</strong> armi,<br />

contenitori emisferici in lamina bronzea, ricomposti e frammentari,<br />

alcuni vaghi <strong>di</strong> collana d’ambra e un pezzo d’ambra non lavorata. Tre<br />

uccelli su un perno a chiodo ornavano l’orlo del bacile centrale e le<br />

corna <strong>di</strong> una protome collegata al canale. <strong>Il</strong> ricco ripostiglio, che conteneva<br />

oltre 150 chili <strong>di</strong> bronzo, potrebbe essere legato ad una officina<br />

fusoria che sorgeva nelle vicinanze dell’abitato. Lo scavo, ancora in<br />

corso, potrà aggiungere preziose informazioni <strong>di</strong> carattere architettonico<br />

e sulla vita quoti<strong>di</strong>ana del villaggio.<br />

Sala IV<br />

Vetrina n. 1<br />

<strong>Il</strong> percorso espositivo inizia con la parziale ricostruzione <strong>di</strong> un tem-<br />

54


Fig. 56.<br />

Villagrande<br />

Strisaili,<br />

Tempio <strong>di</strong> Sa<br />

Carcaredda.<br />

Ricostruzione del<br />

focolare rituale<br />

con un esempio<br />

<strong>di</strong> tesaurizzazione<br />

<strong>di</strong> bronzi votivi,<br />

panelle e<br />

pani <strong>di</strong> rame <strong>di</strong><br />

tra<strong>di</strong>zione egea.<br />

Età nuragica<br />

(1200-900 a.C.).<br />

pietto nuragico in località Sa Carcaredda, Riu ’e Inu, in agro <strong>di</strong> Villagrande<br />

Strisaili. Si tratta <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio con doppio vestibolo che conduce<br />

ad un vano circolare (ve<strong>di</strong> planimetria) con pavimentazione lastricata.<br />

All’interno è stato costruito un muro <strong>di</strong> piccoli blocchetti <strong>di</strong> calcare<br />

che originariamente delimitava un focolare rituale. <strong>Il</strong> muro serviva<br />

come base per sostenere dei blocchi <strong>di</strong> calcare, lavorati con profonde<br />

scanalature, che aderiscono perfettamente grazie all’uso delle grappe<br />

<strong>di</strong> piombo colato nelle apposite incisioni a T praticate sui lati interni.<br />

La composizione dei vari blocchi forma la sezione longitu<strong>di</strong>nale <strong>di</strong><br />

un nuraghe a pianta complessa che accentua la sacralità dell’e<strong>di</strong>ficio<br />

attraverso la rappresentazione del monumento nuragico per eccellenza<br />

considerato simbolo sacro <strong>di</strong> un’intera etnia. All’interno del tempietto<br />

55


Fig. 57. Villagrande Strisaili, Tempio <strong>di</strong> Sa Carcaredda. Particolare del deposito<br />

votivo con pugnaletti ad elsa gammata, bottoni, pugnali con manico massiccio,<br />

armille, bronzi figurati e <strong>di</strong>verse asce. Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />

Fig. 58. Villagrande Strisaili, Tempio <strong>di</strong> Sa Carcaredda. Particolare dei pie<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> un’originaria figurina in bronzo con sandali con zeppa e fascia obliqua.<br />

Età nuragica (1200-900 a.C.)<br />

56


Fig. 59. Villagrande Strisaili, Tempio <strong>di</strong> Sa Carcaredda. Esempio <strong>di</strong> tesaurizzazione<br />

<strong>di</strong> panelle, pani <strong>di</strong> rame <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione egea e asce a margini rialzati.<br />

Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />

e nell’area circostante venivano esposti, negli appositi basamenti rettangolari<br />

o a forma <strong>di</strong> nuraghe in miniatura, numerosi bronzi votivi<br />

figurati dei quali rimangono decine <strong>di</strong> pie<strong>di</strong> ancora inglobati nelle colate<br />

<strong>di</strong> piombo. Nei pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> una figurina sono rappresentati dei sandali<br />

composti da una grossa suola a più strati, una fascia <strong>di</strong> pelle orizzontale<br />

ed una obliqua cucite alla fascia posteriore. Esemplificano gli originari<br />

bronzetti staccati dalle basi una statuina <strong>di</strong> offerente ed un arciere<br />

con elmo sormontato da lunghe corna, considerate un elemento <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stinzione e <strong>di</strong> prestigio nella gerarchia della nobiltà militare. La vetrina<br />

contiene uno scudo circolare umbonato <strong>di</strong> un originario guerriero <strong>di</strong><br />

notevoli <strong>di</strong>mensioni. Non và sottovalutato il fatto che gli artigiani che<br />

producevano bronzi destinati al mercato degli ex-voto nei luoghi <strong>di</strong><br />

culto, enfatizzavano intenzionalmente alcuni elementi somatici delle<br />

figurine umane ed animali forse per rendere più efficace la richiesta<br />

della grazia o il ringraziamento per averla ricevuta. Nel tempietto venivano<br />

offerti raffinati bottoni a semplice calotta conica o sormontati da<br />

vistose protomi animali, stiletti votivi ad elsa gammata e doppie fare-<br />

57


trine votive che i nuragici indossavano come amuleti apotropaici. Fra i<br />

bronzi figurati si <strong>di</strong>stingue un cinghialetto che l’artigiano ha rappresentato<br />

con pignola attenzione segnando le setole del dorso e del<br />

corpo. <strong>Il</strong> ricco donario, ricomposto parzialmente, conteneva pugnali,<br />

puntali <strong>di</strong> lancia, armille perfettamente conservate, elementi <strong>di</strong> collana<br />

in ambra e cristallo <strong>di</strong> rocca. La vetrina contiene una delle olle, in origine<br />

conservate all’interno <strong>di</strong> un vano-magazzino a<strong>di</strong>acente al tempio,<br />

che raccoglieva gli oggetti perio<strong>di</strong>camente staccati dalle basi o altri<br />

oggetti in bronzo che non potevano essere esposti. Le olle erano tenute<br />

in equilibrio da chili <strong>di</strong> panelle tronco coniche e piano convesse e da<br />

parti <strong>di</strong> pani <strong>di</strong> rame <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione egea. <strong>Il</strong> ripostiglio raccoglieva anche<br />

strumenti da lavoro come asce a margini rialzati, una doppia ascia a<br />

tagli paralleli, un’ascia martello, un’ascia a spuntoni laterali ed una<br />

doppia ascia con taglio ortogonale esposta nella vetrina n. 1 della Sala<br />

III. Nella vetrina sono esposte alcune parti <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> bacili in lamina <strong>di</strong><br />

bronzo con ripetute riparazioni con toppe tenute da ribattini. <strong>Il</strong> valore<br />

Fig. 60. Villagrande Strisaili, Tempio <strong>di</strong> S’Arcu ’e Is Forros. Veduta aerea del<br />

villaggio nuragico con tempio “a megaron”. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />

58


elevato dei contenitori in bronzo – la valutazione dei quali pùò essere<br />

verosimilmente ricostruita, in mancanza <strong>di</strong> fonti <strong>di</strong>rette, anche dai<br />

poemi omerici che descrivono contenitori e strumenti simili a quelli<br />

nuragici, donati come preziosi premi per le gare atletiche e per i giochi<br />

funebri – spiega perché venivano offerti nei santuari e conservati in una<br />

sorta <strong>di</strong> tesoro del tempio.<br />

Vetrina n. 2<br />

Nella vetrina successiva è esposto qualche frammento <strong>di</strong> tripode<br />

bronzeo con pareti traforate – simili a modelli ciprioti – proveniente dal<br />

tempio “a megaron” <strong>di</strong> S’Arcu ’e Is Forros <strong>di</strong> Villagrande Strisaili. <strong>Il</strong><br />

tempio con il prolungamento dei lati lunghi che delimitano il vestibolo<br />

anteriore e due ante posteriori, doppio in antis, è fra i più gran<strong>di</strong> della<br />

<strong>Sardegna</strong> (lung. m 17) e l’unico con quattro ambienti interni ed un grande<br />

temenos con panchine sulla parte anteriore. Dal donario provengono<br />

<strong>di</strong>verse basi in calcare alcune delle quali conservano le punte delle<br />

Fig. 61. Villagrande Strisaili, Tempio <strong>di</strong> S’Arcu ’e Is Forros. Frammenti <strong>di</strong> tripode<br />

bronzeo <strong>di</strong> tipo cipriota. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />

59


60<br />

Fig. 62. Villagrande Strisaili,<br />

Tempio <strong>di</strong> S’Arcu ’e Is Forros.<br />

Arciere con elmo, pettorale e<br />

placca <strong>di</strong> protezione.<br />

Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />

Fig. 63. Villagrande Strisaili,<br />

Tempio <strong>di</strong> S’Arcu ’e Is Forros.<br />

Pendaglio in bronzo con ascia<br />

a margini rialzati immanicata.<br />

Fibula a sanguisuga con<br />

decorazioni geometriche<br />

(1000-900 a.C.).


spade votive che si <strong>di</strong>fferenziavano da quelle d’uso per la maggiore lunghezza<br />

e la minore robustezza. Dall’area esterna proviene il modellino<br />

<strong>di</strong> nuraghe in calcare con fori per gli ex-voto che sostiene, in una ricostruzione<br />

ideale, un arciere con elmo sormontato da corna; il guerriero,<br />

con i tratti del viso geometrici, ha una doppia goliera, un pettorale decorato<br />

e una placca protettiva su una doppia tunica con maniche corte. L’elegante<br />

arciere indossa due bandelle sfrangiate sulle spalle ed una faretra<br />

con frecce e pugnale. Completano il ricercato abbigliamento gli schinieri<br />

decorati, legati alle gambe con lacci <strong>di</strong> pelle che evidenziano i forti<br />

polpacci del guerriero. Le offerte <strong>di</strong> oggetti in bronzo comprendevano<br />

un pendaglio raffigurante un’ascia a margini rialzati con l’immanicatura,<br />

un leoncino accosciato, asce a margini rialzati, parti <strong>di</strong> pani <strong>di</strong> rame<br />

<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione egea, lamine <strong>di</strong> contenitori bronzei <strong>di</strong> notevoli <strong>di</strong>mensioni.<br />

Dall’area circostante il megaron provengono i rarissimi frammenti <strong>di</strong><br />

stagno (ve<strong>di</strong> vetrina n. 1 della Sala III) che attestano l’attività fusoria nel<br />

Fig. 64. Ottana, località sconosciuta. Gruppo <strong>di</strong> daghe in bronzo a base semplice<br />

e due daghe con codolo uncinato <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione cipriota (1100-900 a.C.).<br />

61


sito che probabilmente si svolgeva all’interno <strong>di</strong> due singolari am-bienti<br />

circolari, con piccole aperture architravate alla base probabilmente<br />

funzionali all’inserimento <strong>di</strong> un mantice che alimentava il fuoco per<br />

portare i minerali alla temperatura <strong>di</strong> fusione. L’attività fusoria può essere<br />

ipotizzata anche per il ritrovamento <strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong> percussori litici,<br />

uno dei quali ha la forma <strong>di</strong> ariete, che potevano essere usati per la frantumazione<br />

dei minerali e per la presenza <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> matrici <strong>di</strong><br />

fusione. Dagli ambienti del villaggio circostante il tempio, proviene un<br />

torciere d’impasto con foro centrale sul piede e numerosi fori passanti<br />

sulle pareti. Le affinità tipologiche con <strong>di</strong>versi prodotti della metallurgia<br />

cipriota sono rappresentate da due daghe con codolo uncinato provenienti<br />

da una località sconosciuta del territorio <strong>di</strong> Ottana. Dallo stesso<br />

territorio proviene un gruppo <strong>di</strong><br />

daghe a base semplice in ottimo<br />

stato <strong>di</strong> conservazione. La stessa<br />

vetrina contiene un collare con<br />

catenelle terminanti con elementi<br />

foliati proveniente dagli strati<br />

recenziori del Nuraghe Sanu in<br />

località Taccu <strong>di</strong> Osini.<br />

62<br />

Fig. 65. Osini, Nuraghe Sanu.<br />

Collane in bronzo con catenelle<br />

terminanti con elementi foliati.<br />

Età nuragica (VIII-VII sec. a.C.).


Vetrina n. 3<br />

Le due vetrine successive sono interamente de<strong>di</strong>cate al Nuraghe<br />

Nurdole <strong>di</strong> Orani. Si tratta <strong>di</strong> un nuraghe complesso quadrilobato,<br />

e<strong>di</strong>ficato nelle fasi evolute del Bronzo me<strong>di</strong>o (1500 a.C.) contemporaneamente<br />

al villaggio circostante. A partire dal Bronzo recente<br />

(1300 a.C.) l’e<strong>di</strong>ficio ebbe profonde mo<strong>di</strong>fiche architettoniche e<br />

venne trasformato in un grande santuario che rimase in uso anche<br />

in età storica. L’acqua <strong>di</strong> una sorgente, che sgorgava nel cortile,<br />

venne incanalata in una fonte sacra costruita in opera isodoma con<br />

rocce <strong>di</strong> origine vulcanica trasportate da lontano. Dalla fonte,<br />

attraverso un complesso sistema <strong>di</strong> canali, l’acqua si versava in una<br />

grande vasca sottostante usata per le abluzioni lustrali. Numerosi<br />

blocchi, a T e a cuneo con la faccia a vista decorata da cornici e da<br />

<strong>di</strong>versi motivi geometrici incisi, erano originariamente sistemati<br />

sul coronamento del nuraghe – nei quattro lati – come un fregio<br />

decorativo composto da elementi <strong>di</strong>versi non riconducibili ad uno<br />

schema ripetitivo. Alcuni <strong>di</strong> questi blocchi esposti nelle vetrine<br />

Fig. 66. Orani (<strong>Nuoro</strong>). Complesso archeologico <strong>di</strong> Nurdole. Veduta aerea.<br />

Età nuragica (1500-900 a.C.).<br />

63


(ve<strong>di</strong> vetrina n. 1, sala VI), sono decorati con un motivo ra<strong>di</strong>ale<br />

tipico delle pintadere fittili usate come timbri per decorare pani<br />

rituali o tessuti. L’uso <strong>di</strong> questi simboli nell’architettura templare<br />

conferma la loro valenza magico religiosa. All’interno del tempio<br />

<strong>di</strong> Nurdole sono state trovate numerose basi d’offerta in pietra che<br />

conservano i resti degli originari bronzi figurati e delle spade ancora<br />

inglobate nel piombo. Alcune basi sono state usate come sostegno<br />

per <strong>di</strong>versi bronzi esposti nella vetrina. Dal ricchissimo deposito<br />

del santuario, per la mancanza <strong>di</strong> adeguati spazi espositivi, è<br />

stata tratta una scelta dei materiali più significativi idonea a evidenziare<br />

la varietà degli oggetti riferibili a <strong>di</strong>verse fasi del periodo<br />

nuragico. La selezione dei materiali ha privilegiato gli oggetti<br />

d’ornamento ed i gioielli che evidenziano un aspetto, fin’ora sconosciuto:<br />

la vanità delle popolazioni nuragiche delle zone interne<br />

che sono state sempre considerate vittime <strong>di</strong> fenomeni <strong>di</strong> attardamento<br />

e <strong>di</strong> isolamento culturale. Rientrano nel repertorio più conosciuto<br />

i bottoni a calotta conica e quelli sormontati da nuraghi<br />

complessi stilizzati, gli stiletti votivi con elsa gammata; le faretrine<br />

votive contenenti stocchi e pugnali avevano due occhielli all’estremità<br />

per poter essere infilate in un collare da esibire su entrambe<br />

le facce. Fra i gioielli <strong>di</strong> produzione nuragica sono invece meno<br />

<strong>di</strong>ffusi i pendagli riproducenti fiasche del pellegrino <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione<br />

cipriota, documentate anche in <strong>di</strong>versi contesti etruschi che ebbero<br />

contatti con la <strong>Sardegna</strong>.<br />

Vetrina n. 4<br />

L’esposizione continua con un pendaglio che riproduce in miniatura<br />

un corno potorio. Tutti i pendagli avevano un valore simbolico e<br />

venivano indossati come amuleti apotropaici. Esemplificano il gusto<br />

estetico dei nuragici una fibula cipriota, a conferma dei contatti fra le<br />

due isole, due fibule a sanguisuga con decorazioni geometriche ed<br />

una collana ricomposta idealmente con colossali vaghi d’ambra e<br />

pasta vitrea. Gli elementi <strong>di</strong> collana d’ambra, importata dai paesi baltici,<br />

hanno le superfici lavorate a scanalature parallele <strong>di</strong> una tipologia<br />

<strong>di</strong>ffusa nella Penisola, durante il Bronzo recente e finale soprattutto<br />

in contesti funerari, mentre in <strong>Sardegna</strong> si ritrovano prevalentemente<br />

nei luoghi <strong>di</strong> culto. L’esposizione continua con numerosi<br />

64


Fig. 67. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Blocchi <strong>di</strong> trachite con superfici<br />

decorate da una composizione <strong>di</strong> motivi geometrici incisi, provenienti dal<br />

coronamento del nuraghe trasformato in luogo <strong>di</strong> culto. Età nuragica (1200-<br />

900 a.C.).<br />

65


Fig. 68. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Pendaglio in bronzo a forma <strong>di</strong><br />

fiasca del pellegrino. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />

Fig. 69. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Raro esempio <strong>di</strong> fibula cipriota<br />

(1100-900 a.C.).<br />

Fig. 70. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Particolare della fibula cipriota<br />

(1100-900 a.C.).<br />

66


Fig. 71. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Collana composta da grani<br />

d’ambra, cristalli <strong>di</strong> rocca e pasta vitrea. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />

Fig. 72. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Testina in bronzo <strong>di</strong> donna<br />

ammantata. <strong>Il</strong> velo aderente alla testa mette in risalto il viso segnato da<br />

grosse sopracciglia, gran<strong>di</strong> occhi a globetto e naso a pilastrino. La bocca è<br />

una leggera fessura, ed il mento risulta rigidamente obliquo. Età nuragica<br />

(1100-900 a.C.).<br />

Fig. 73. Orani,<br />

Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole.<br />

Figurina bronzea <strong>di</strong><br />

sacerdotessa. Sulla testa porta<br />

un cappello su una<br />

capigliatura a trecce che<br />

scendono lateralmente ad<br />

incorniciare il viso con grosse<br />

sopracciglia, occhi a globetto<br />

e naso a pilastrino. Un ampio<br />

mantello con bor<strong>di</strong> decorati da<br />

linee oblique copre le braccia<br />

aperte e protese in avanti che<br />

reggono le bende sacre.<br />

Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />

67


Figg. 74. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Arciere con singolare copricapo<br />

a tiara con bandelle nella parte posteriore: sopra la tunica porta una<br />

stola. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />

68<br />

Fig. 75. Orani,<br />

Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole.<br />

Figurina maschile bronzea<br />

acefala. Le braccia protese in<br />

avanti in atto <strong>di</strong> preghiera,<br />

l’impostazione volumetrica<br />

della figura, l’assenza della<br />

rigi<strong>di</strong>tà e la nu<strong>di</strong>tà rituale,<br />

richiamano modelli<br />

tipicamente orientali.<br />

Età nuragica (900-700 a.C.).


Fig. 76. Orani, Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole. Statuina bronzea riproducente<br />

una figura maschile che tiene fra le gambe una testa uguale ma <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />

più piccole. L’uomo, con il viso schiacciato, gli occhi ed il naso resi in<br />

modo sommario, porta le braccia in avanti e regge un oggetto non precisabile.<br />

La parte posteriore della figurina sottostante presenta sembianze animalesche.<br />

La figurina rappresenta probabilmente un vincitore che sottomette il<br />

nemico. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />

69


70<br />

Fig. 77. Orani,<br />

Tempio nuragico <strong>di</strong> Nurdole.<br />

Figure bronzee <strong>di</strong> volpe accovacciata,<br />

scrofa e toro stante.<br />

Età nuragica (1100-900 a.C.).


Fig. 78. Orani, Tempio nuragico<br />

<strong>di</strong> Nurdole. Figurina in bronzo <strong>di</strong><br />

leone leggermente inclinato sulle<br />

zampe anteriori. La testa, volta<br />

in<strong>di</strong>etro, mostra la bocca<br />

spalancata scontornata da una<br />

linea incisa. <strong>Il</strong> leone, finora<br />

sconosciuto nell’iconografia dei<br />

bronzetti nuragici, si colloca<br />

nell’ambito del periodo<br />

Orientalizzante (VII sec. a.C.)<br />

Fig. 79. Orani, Tempio nuragico<br />

<strong>di</strong> Nurdole. Gallo acefalo in<br />

bronzo, appartenente ad un<br />

albero <strong>di</strong> navicella votiva. Le ali<br />

sono segnate da due profonde<br />

scanalature; le due robuste zampe<br />

con speroni poggiano su una base<br />

rettangolare.<br />

Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />

pugnali a base semplice, a lingua da presa e a manico massiccio, ed<br />

un gruppo <strong>di</strong> spilloni semplici e con capocchie lavorate. Alcune teste<br />

<strong>di</strong> originarie figurine bronzee rappresentano una donna ammantata<br />

con gran<strong>di</strong> occhi a globetto, guerrieri con elmo cornuto.<br />

Segue l’esposizione <strong>di</strong> punte <strong>di</strong> lancia con immanicatura a cannone,<br />

puntali decorati con motivi geometrici a fasce parallele e <strong>di</strong>verse punte<br />

71


<strong>di</strong> frecce in bronzo. Fra i bronzi figurati si evidenzia un offerente che<br />

indossa una tunica corta con orlo decorato: porta una lunga stola sulle<br />

spalle ed un singolare copricapo a tiara con due bandelle posteriori.<br />

Una sacerdotessa orante con cappello conico e mantello con bor<strong>di</strong><br />

decorati, porta delle bende sul braccio; una figura maschile tiene fra le<br />

gambe una figura, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni più piccole, con la testa uguale e la<br />

parte posteriore del corpo con sembianze animalesche, mentre l’uomo<br />

porta le braccia in avanti e stringe un oggetto imprecisabile. La figurina<br />

potrebbe rappresentare un vincitore che sottopone il nemico.<br />

Seguono alcuni offerenti ed oranti, rappresentati in movimento e con<br />

una nu<strong>di</strong>tà rituale che risente <strong>di</strong> influenze del mondo orientale, in contrapposizione<br />

alla rigida geometria e allo spontaneo verismo dei bronzetti<br />

nuragici. Un bronzetto con il viso orrido e un’enorme bocca porta<br />

una spada <strong>di</strong> proporzioni enormi rispetto al corpo. <strong>Il</strong> deposito votivo ha<br />

restituito numerosi animali, soprattutto tori, arieti, una volpe, una scrofa,<br />

un gallo acefalo ed un leone retrospicente. <strong>Il</strong> leone, assente nell’iconografia<br />

dei bronzetti nuragici, può essere frutto <strong>di</strong> scambi com-<br />

Fig. 80. Esterzili, Tempio “a megaron” <strong>di</strong> Domu de Orgia. Foto dall’alto dopo<br />

lo scavo. Età nuragica (1200-900 a.C.).<br />

72


merciali con mercati dell’area tirrenica nel periodo Orientalizzante.<br />

Dal Nuraghe Nurdole provengono copiosi materiali ceramici, che attestano<br />

la frequentazione del santuario a partire dal Bronzo recente e fino<br />

all’età del Ferro, caratterizzati dalla presenza <strong>di</strong> numerose brocche<br />

askoi<strong>di</strong> con decorazioni geometriche.<br />

Sala V<br />

Vetrina n. 1<br />

La sala nuragica si completa con i materiali bronzei provenienti dal<br />

tempio “a megaron” <strong>di</strong> Domu de Orgia <strong>di</strong> Esterzili. Si tratta del più<br />

grande tempio <strong>di</strong> questa tipologia: costruito sul Monte Cuccureddì,<br />

un’altura dove confluivano importanti vie <strong>di</strong> transumanza che le popolazioni<br />

locali percorrevano durante gli spostamenti, per motivi climatici<br />

ed altimetrici, verso il Gerrei e il Salto <strong>di</strong> Quirra. Nel vestibolo del<br />

tempio, durante recenti scavi, è stato scoperto uno straor<strong>di</strong>nario com-<br />

Fig. 81. Esterzili,<br />

Tempio <strong>di</strong> Domu de<br />

Orgia. Statuina in bronzo<br />

<strong>di</strong> cacciatore che offre un<br />

cervo mentre un cane,<br />

che porta il collare, tenta<br />

<strong>di</strong> sbranare la preda. Con<br />

l’altra mano offre un<br />

piatto con una fionda e<br />

uno stocco. Età nuragica<br />

(1100-900 a.C.).<br />

73


Fig. 82. Esterzili, Tempio <strong>di</strong> Domu de Orgia. Sacerdotessa orante con ampio<br />

mantello che tiene una torcia con la mano sinistra. Età nuragica (1100-900<br />

a.C.).<br />

Fig. 83. Arciere in bronzo con elmo carenato sormontato da corna. Indossa<br />

su una corta tunica un gonnellino borchiato <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione orientale. Età<br />

nuragica (1100-900 a.C.)<br />

plesso <strong>di</strong> figure bronzee composto, come in una scena d’offerta, da<br />

<strong>di</strong>versi personaggi. Un cacciatore offerente tiene con una mano un piatto<br />

con uno stocco ed una fionda, mentre sostiene un cervo morente che<br />

un cane, con collare e la coda rivolta in alto, tenta <strong>di</strong> sbranare. <strong>Il</strong> cacciatore<br />

è circondato da due oranti con un pugnale sul petto, uno dei quali<br />

acefalo, che offrono un’olla a colletto cilindrico sostenuta da una corda.<br />

Seguono due sacerdotesse – che indossano lunghe tuniche con orli<br />

decorati ed ampi mantelli tenuti sulle spalle da larghi passanti nastriformi<br />

– che pregano con le braccia aperte tenendo nella mano destra un<br />

lume acceso. <strong>Il</strong> gruppo comprende un arciere con elmo cornuto che<br />

indossa un inconsueto gonnellino borchiato <strong>di</strong> foggia orientale: si tratta<br />

74


Fig. 84. Esterzili, Tempio <strong>di</strong> Domu de Orgia. Gruppo <strong>di</strong> figure bronzee ricomposte<br />

in una ideale base per le offerte. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />

forse <strong>di</strong> un guerriero <strong>di</strong> una particolare guarnigione militare presente<br />

nella <strong>Sardegna</strong> nuragica. Erano compresi nell’offerta un toro stante con<br />

gran<strong>di</strong> corna al centro delle quali poggia un uccello, un elegantissimo<br />

muflone stante con corna ricurve realizzate con eccezionale verismo ed<br />

un uccello con foro passante che originariamente era infilato su una<br />

spada e offerto simbolicamente come preda <strong>di</strong> caccia. Un’altra figura<br />

maschile <strong>di</strong> offerente che porta un muflone sulle spalle proviene da un<br />

piccolo spazio delimitato da lastre ortostatiche, costruito nella grande<br />

cella del tempio e usato come ripostiglio. I bronzi <strong>di</strong> Domu de Orgia<br />

hanno strettissime affinità tipologiche con i bronzetti del vicino santuario<br />

<strong>di</strong> Santa Vittoria <strong>di</strong> Serri e <strong>di</strong> altri monumenti ogliastrini, tanto da<br />

poter ipotizzare l’esistenza <strong>di</strong> una importante officina fusoria specializzata<br />

nella produzione <strong>di</strong> ex-voto <strong>di</strong> gran pregio artigianale che venivano<br />

venduti in <strong>di</strong>versi luoghi <strong>di</strong> culto del Sarcidano e dell’Ogliastra.<br />

Vetrina n. 2<br />

Nella Sala V l’esposizione continua con una raccolta <strong>di</strong> materiali<br />

d’importazione, provenienti da collezioni private e da recenti scavi<br />

75


archeologici, che documentano i rapporti commerciali della <strong>Sardegna</strong><br />

con <strong>di</strong>versi paesi me<strong>di</strong>terranei. La vetrina presenta alcuni frammenti<br />

<strong>di</strong> vaso miceneo provenienti da una località ignota <strong>di</strong> Orosei e<br />

una coppa protocorinzia rinvenuta nel santuario <strong>di</strong> Nurdole. Dallo<br />

stesso santuario proviene una brocca in bucchero con orlo trilobato,<br />

una testina frammentaria <strong>di</strong> kuros <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione ionica, una statuina<br />

fittile <strong>di</strong> Demetra con porcellino: tutti elementi che documentano la<br />

frequentazione del luogo <strong>di</strong> culto per un arco <strong>di</strong> tempo lunghissimo,<br />

iniziata in epoca nuragica e continuata fino al periodo romano. Dal<br />

territorio <strong>di</strong> Torpè proviene una piccola coppa su piede a vernice nera<br />

mentre è ignota la provenienza <strong>di</strong> un askos <strong>di</strong> bucchero. Dal villaggio<br />

nuragico <strong>di</strong> Ruinas, <strong>di</strong>strutto duranti i lavori per l’impianto <strong>di</strong> un<br />

vigneto, nella Valle <strong>di</strong> Lanaitto <strong>di</strong> Oliena, proviene una fiasca del pellegrino<br />

<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione punica, del III sec. a.C., con corpo lenticolare e<br />

quattro anse funzionali all’inserimento <strong>di</strong> una cinghia per il traspor-<br />

76<br />

Fig. 85. Oliena,<br />

Villaggio <strong>di</strong> Ruinas.<br />

Fiasca del pellegrino con<br />

corpo lenticolare e quattro<br />

anse per l’inserimento<br />

della cinghia per il<br />

trasporto. Sul collo<br />

strombato si leggono le<br />

lettere S.V. (III sec. a.C.).


Fig. 86. Collezione Bacchisio Latte. Unguentari ariballici corinzi. Provenienza<br />

ignota (VII-VI sec. a.C.).<br />

Fig. 87. Collezione Bacchisio Latte. Coppa attica con scene <strong>di</strong> convivio. Provenienza<br />

ignota (V sec. a.C.).<br />

77


Fig. 88. Orroli, Nuraghe Arrubiu. Alabastron miceneo <strong>di</strong> forma cilindrica con<br />

tre piccole anse. Superfici decorate a fasce <strong>di</strong> linee (Tardo Ella<strong>di</strong>co III A2<br />

1400-1300 a.C.).<br />

78


Fig. 89. Orgosolo, Villaggio nuragico <strong>di</strong> Sirilò. Frammenti <strong>di</strong> vaso attico a<br />

figure rosse con scene <strong>di</strong> palestra (V-IV sec. a.C.).<br />

Fig. 90. Lo<strong>di</strong>ne, villaggio nuragico Soroeni. Raro askos ad anatrella con<br />

superfici decorate da motivi geometrici. Si conserva la coda e la parte superiore<br />

del corpo (VIII-VII sec. a.C.).<br />

79


Fig. 91. Frammento <strong>di</strong> vaso corinzio con antilopi (VII sec. a.C.).<br />

Fig. 92. Siniscola, Monte Lattu. Frammento <strong>di</strong> cratere apulo a figure rosse<br />

(IV-III sec. a.C.).<br />

Fig. 93. Orgosolo, Monte Novo San Giovanni. Brocca in lamina bronzea. Età<br />

romana imperiale.<br />

80


to; le superfici sono decorate da anelli concentrici <strong>di</strong> vernice rosso<br />

bruna e sul collo strombato si conserva una sigla con le lettere S.V.<br />

Appartenevano alla Collezione <strong>di</strong> Bacchisio Latte due ariballoi (V<br />

sec. a.C.) che contenevano unguenti preziosi, una piccola coppa attica<br />

a figure nere con scene <strong>di</strong> convivio <strong>di</strong> provenienza sconosciuta. Si<br />

evidenzia un vaso miceneo alabastron, rinvenuto nella torre centrale<br />

del Nuraghe Arrubiu <strong>di</strong> Orroli noto per la sua singolare complessità<br />

planimetrica, costituito da una torre centrale, cinque torri aggiunte e<br />

un antemurale con nove torri. L’alabastron <strong>di</strong> forma cilindrica con<br />

tre piccole anse e superfici decorate da fasci <strong>di</strong> linee, trova una collocazione<br />

cronologica nel Tardo Ella<strong>di</strong>co III A 2 (1400-1300 a.C.) e<br />

costituisce uno dei rari esempi della presenza <strong>di</strong> testimonianze micenee<br />

nell’interno dell’Isola ed un prezioso elemento <strong>di</strong> datazione.<br />

Segue l’esposizione <strong>di</strong> alcuni frammenti <strong>di</strong> un vaso attico a figure<br />

rosse, con scene <strong>di</strong> palestra riproducenti figure che stringono lo strigile,<br />

proveniente da scavi recenti fatti nel villaggio nuragico <strong>di</strong> Sirilò<br />

<strong>di</strong> Orgosolo, ed un singolare askos ad anatrella con decorazioni geometriche<br />

impresse proveniente dal villaggio nuragico <strong>di</strong> Sirilò <strong>di</strong><br />

Lo<strong>di</strong>ne. I frammenti residui dell’askos sono decorati da fasce campite<br />

da motivi a spina <strong>di</strong> pesce e da cerchielli impressi, tipici delle produzioni<br />

ceramiche dell’età del Ferro <strong>di</strong>ffuse in <strong>Sardegna</strong> ed in ambiti<br />

peninsulari protovillanoviani. Completano l’esposizione un frammento<br />

<strong>di</strong> vaso corinzio con antilopi ed un frammento <strong>di</strong> vaso apulo<br />

proveniente dal territorio <strong>di</strong> Siniscola.<br />

Vetrina n. 3<br />

La vetrina successiva espone una brocca in lamina bronzea <strong>di</strong> epoca<br />

romana imperiale, proveniente da Monte Novo San Giovanni nel territorio<br />

del Supramonte <strong>di</strong> Orgosolo che ha restituito numerose monete in<br />

bronzo coniate dopo il III sec. d.C. Segue la parte superiore <strong>di</strong> un vaso<br />

bronzeo proveniente da Ruinas (Oliena) con orlo estroflesso e due anse<br />

orizzontali contrapposte con attacchi formati da due mani, realizzate<br />

sommariamente in modo schematico che riconducono a tipologie del<br />

II sec. a.C. Fra i materiali bronzei sono esposte una lucerna monolicne<br />

con serbatoio bacellato e presa con riflettore ed una lucernetta bilicne<br />

con anelli per il filo <strong>di</strong> sospensione.<br />

81


Fig. 94. Orosei, Sa Linnarta. Tabulae defixionis in piombo con iscrizioni incise<br />

che augurano malefici. Anticamente venivano fissate nei santuari o deposte<br />

nelle tombe.<br />

82


Vetrina n. 4<br />

I reperti successivi provengono prevalentemente dalla Collezione<br />

Cabras, da un unico ripostiglio contenuto in un vaso d’impasto rinvenuto<br />

nel centro abitato del comune <strong>di</strong> Loculi. Si tratta <strong>di</strong> 9 braccialetti<br />

in bronzo ad ellisse aperta con decorazioni geometriche <strong>di</strong> epoca nuragica,<br />

un bracciale a manetta d’argento massiccio con decorazioni a cerchielli,<br />

numerosi elementi <strong>di</strong> collana in pasta vitrea idealmente ricomposti,<br />

una collana ricomposta <strong>di</strong> vaghi a spirale biconici, cilindrici e globulari<br />

con un elemento centrale che imita un vago ad astragalo. Completano<br />

la vetrina i materiali scoperti nel centro urbano <strong>di</strong> Orani, composti<br />

da tre fusaiole <strong>di</strong> steatite e una lucerna monolicne. Da una località<br />

ignota <strong>di</strong> Gavoi provengono alcuni splen<strong>di</strong><strong>di</strong> esempi <strong>di</strong> lucerne bilicni<br />

con anse plastiche a riflettore triangolare, a crescente lunare, a foglie <strong>di</strong><br />

acanto, a forma <strong>di</strong> aquila, che esemplificano tipologie <strong>di</strong>ffuse nel III sec.<br />

d.C. La vetrina successiva espone, su un supporto con due lenti d’ingran<strong>di</strong>mento,<br />

due tavolette in piombo, tabulae defixionis, che anticamente<br />

venivano infisse nei santuari per richiedere malefici contro qualcuno<br />

attraverso l’invocazione agli dei, oppure venivano deposte nelle<br />

sepolture usando il defunto come messaggero per la richiesta agli dei<br />

inferi. Le rarissime tabelle fanno parte della Collezione Cabras e provengono<br />

dalla fonte sacra compresa nel villaggio nuragico <strong>di</strong> Sa Linnarta<br />

che rimase in uso in epoca romana.<br />

Vetrine nn. 5 e 6<br />

Provengono dal territorio del Sarcidano i materiali della Collezione<br />

Piras, esposta solo in parte. Si tratta <strong>di</strong> un contenitore in ceramica<br />

invetriata, trovato nel centro abitato <strong>di</strong> Orroli, <strong>di</strong> una collana in pasta<br />

vitrea da Su Monti e <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi unguentari in vetro iridescente <strong>di</strong><br />

epoca romana. I numerosi materiali della raccolta, provenienti dalle<br />

necropoli scoperte fortuitamente durante lavori agricoli o l’apertura<br />

<strong>di</strong> tracciati stradali, comprendono patere <strong>di</strong> ceramica “campana C”,<br />

databili tra la fine del II ed il I sec. a.C., <strong>di</strong>verse patere <strong>di</strong> ceramica<br />

aretina con bollo <strong>di</strong> fabbrica in planta pe<strong>di</strong>s, tazze da mensa biansate<br />

a “pareti sottili” e vasi <strong>di</strong> “sigillata chiara” <strong>di</strong> epoca imperiale.<br />

Vetrina n. 7<br />

Chiude l’esposizione della Sala V una vetrina che raccoglie varie<br />

83


Fig. 96. Galtellì, Chiesa <strong>di</strong> San Pietro. Lamine in bronzo decorate appartenenti<br />

al vestiario <strong>di</strong> inumati rinvenuti in tombe a cassone nell’area esterna<br />

alla chiesa (XV sec.).<br />

84<br />

Fig. 95. Galtellì,<br />

Chiesa <strong>di</strong><br />

San Pietro.<br />

Gruppo <strong>di</strong><br />

bottoni in<br />

argento, lisci e<br />

mammellati,<br />

appartenenti al<br />

vestiario degli<br />

inumati<br />

rinvenuti in<br />

tombe a cassone<br />

nell’area<br />

esterna alla<br />

chiesa<br />

(XV sec.).


Fig. 97. Posada, Castello della Fava. Frammenti <strong>di</strong> maioliche rinascimentali<br />

<strong>di</strong> varia provenienza (XV sec. d.C.).<br />

testimonianze dell’Alto-me<strong>di</strong>oevo e del Rinascimento. Da una tomba<br />

a poliandro, del VII-VIII sec. d.C., scoperta nell’abitato <strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong> provengono<br />

alcuni ar<strong>di</strong>glioni <strong>di</strong> affibbiagli in bronzo ed una punta <strong>di</strong> lancia<br />

in ferro appartenenti al vestiario e al corredo dei <strong>di</strong>eci inumati<br />

deposti nella sepoltura comune. Una raccolta <strong>di</strong> orecchini a cerchio<br />

in argento sono stati ritrovati in una località ignota <strong>di</strong> Orosei. Dalle<br />

tombe a cassone costruite intorno alla chiesa <strong>di</strong> San Pietro <strong>di</strong> Galtellì<br />

provengono alcuni bottoni mammillari in argento, un anello d’argento<br />

a castone, spilloni e lamine in bronzo decorate con incisioni<br />

riferibili al vestiario dei defunti e databili tra il XIV e il XV sec. d.C.<br />

La vetrina contiene alcuni frammenti <strong>di</strong> bacini e <strong>di</strong> brocche in maiolica<br />

rinascimentale raccolti nella <strong>di</strong>scarica sottostante il Castello della<br />

Fava <strong>di</strong> Posada. Fa parte della Collezione Comunale un sigillo del III<br />

vescovo della ripristinata <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Galtellì del 1700.<br />

85


Sala VI<br />

Vetrina n. 2<br />

Continua l’esposizione con i materiali della Collezione Comunale<br />

raccolti dal Canonico Mauro Sale che li affidò in custo<strong>di</strong>a al Comune<br />

<strong>di</strong> <strong>Nuoro</strong>. La prima catalogazione della collezione risale al 7 maggio<br />

1937, quando l’intera raccolta venne consegnata alla Biblioteca Sebastiano<br />

Satta con un regolare atto ed un relativo verbale <strong>di</strong> consegna, firmato<br />

dal Canonico Sale, dai rappresentanti della Biblioteca e del<br />

Comune. La collezione, che nel corso degli anni si era arricchita <strong>di</strong><br />

nuovi materiali donati da privati, venne affidata il 18 agosto 1976 al<br />

Gruppo Grotte Nuorese che la espose in una mostra permanente in<br />

occasione della XXII Riunione dell’Istituto Italiano <strong>di</strong> Preistoria e Protostoria.<br />

Gli oggetti della collezione non presentano omogeneità tipologica<br />

e uguale appartenenza cronologica perché sono frutto <strong>di</strong> scoperte<br />

fortuite. La vetrina contiene numerosi vasetti miniaturistici d’impasto,<br />

lavorati in modo sommario, provenienti da Orulù, una località in<br />

agro <strong>di</strong> Orgosolo che conserva i resti <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> uso cultuale nuragico<br />

rimasto in uso in epoca romana imperiale. Fra i materiali nuragici<br />

si evidenziano le navicelle nuragiche, una delle quali, con protome<br />

cervina, ha uno scafo <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni (cm 26,5) ed è considerata<br />

fra le più gran<strong>di</strong> dell’Isola. Un’altra navicella, con protome bovina, ha<br />

un anello <strong>di</strong> sospensione che si innesta nel punto <strong>di</strong> congiunzione <strong>di</strong><br />

quattro verghe bronzee che partono dai bor<strong>di</strong> dello scafo. Sono esposti<br />

inoltre <strong>di</strong>versi spilloni con capocchie lavorate, un bel bottone sormontato<br />

da un miniaturistico nuraghe quadrilobato e con superfici lavorate<br />

a cor<strong>di</strong>cella, un braccialetto. Provengono sempre dal deposito votivo <strong>di</strong><br />

Orulù, alcuni contenitori con lungo manico forato, trullae in lamina<br />

bronzea, <strong>di</strong> ottima fattura, ed alcuni attingitoi (símpula) in lamina sottile<br />

che venivano usati per le funzioni religiose. Sempre da Orgosolo<br />

provengono anse <strong>di</strong> secchielli ed altri contenitori in bronzo. Un esempio<br />

<strong>di</strong> attacco inferiore <strong>di</strong> ansa raffigurante una testa <strong>di</strong> Sileno barbuto<br />

testimonia, in epoca romana, una produzione o un commercio <strong>di</strong> oggetti<br />

<strong>di</strong> grande pregio artigianale anche nelle zone più interne della Barbagia<br />

ove si riteneva che non si fosse mai ra<strong>di</strong>cata la presenza romana.<br />

Fra i materiali romani sono esposte coppe <strong>di</strong> ceramica a “pareti sottili”<br />

e <strong>di</strong> “sigillata chiara” che si collocano tra la fine del I e il II sec. d.C.<br />

86


Fig. 98. Orgosolo, Località Orulù. Navicella bronzea con protome cervina. Le<br />

sue notevoli <strong>di</strong>mensioni (cm 26,5) e l’accurata tecnica <strong>di</strong> esecuzione in<strong>di</strong>cano<br />

l’importanza del deposito votivo. Età nuragica (1100-900 a.C.).<br />

Fig. 99. Orgosolo, Località Orulù e Monte Novo San Giovanni. Due trullae,<br />

una patera, una brocca e un attingitoio in lamina bronzea, provenienti da un<br />

deposito votivo. Età romana.<br />

87


Completano l’esposizione un gruppo <strong>di</strong> lucerne, una delle quali riporta<br />

il bollo Honorati, ed un Thymiaterion raffigurante la testa <strong>di</strong> Demetra<br />

con kàlathòs. Recenti scavi effettuati in una tomba <strong>di</strong> giganti a Sa Senepida,<br />

nel Supramonte <strong>di</strong> Orgosolo, che conteneva deposizioni funerarie<br />

<strong>di</strong> età imperiale sovrapposte a quelle nuragiche, ed il ritrovamento <strong>di</strong><br />

pregevoli brocche in lamina bronzea a Monte Novo San Giovanni, attestano<br />

una capillare presenza dei Romani nelle zone più interne ed<br />

impervie del territorio barbaricino soprattutto in età imperiale. La ricerca<br />

scientifica nel territorio nuorese ha messo in luce a Sant’Efis <strong>di</strong><br />

Orune, a Soroeni <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>ne, a Sirilò <strong>di</strong> Orgosolo, a Nuraghe Mannu <strong>di</strong><br />

Dorgali, già noti come villaggi nuragici, esempi inequivocabili d’inse-<br />

88<br />

Fig. 100. Orgosolo,<br />

Località Orulù.<br />

Attacco inferiore <strong>di</strong> ansa<br />

<strong>di</strong> contenitore in bronzo<br />

raffigurante la testa<br />

<strong>di</strong> un Sileno barbuto.<br />

Età romana.


<strong>di</strong>amenti abitativi stabili <strong>di</strong> sar<strong>di</strong> romanizzati che sfatano quella componente<br />

resistenziale che viene comunemente attribuita alle popolazioni<br />

delle zone interne. Appartengono alla stessa raccolta <strong>di</strong>versi affibbiagli<br />

in bronzo per cintura ed anelli del VII sec. d.C.<br />

Vetrina n. 3<br />

Fanno parte della Collezione Comunale <strong>di</strong>versi tesoretti monetali<br />

provenienti da Orulù <strong>di</strong> Orgosolo con monete delle Zecche <strong>di</strong> <strong>Sardegna</strong>,<br />

Sicilia, Cartagine, che si collocano nel IV-III sec. a.C. Un secondo ripostiglio<br />

scoperto nel 1929, durante lavori agricoli, nelle campagne <strong>di</strong><br />

Irgoli, in un piccolo vaso d’impasto, comprende 52 denari riferibili ad<br />

un periodo compreso fra il 116 e il 235 d.C., dall’imperatore Traiano a<br />

Severo Alessandro. Hanno una certa rarità i denari che raffigurano le<br />

donne della famiglia Cesarea, come Giulia Domna, Giulia Paola, Giulia<br />

Mesa, Giulia Mamea. Un terzo ripostiglio proviene dal Nuraghe<br />

Norgoe <strong>di</strong> Irgoli che conteneva 141 monete databili tra l’81 e il 96 d.C.<br />

con l’imperatore Domiziano e altre coniate tra il IV e il V sec. d.C.<br />

Appartengono alla raccolta comunale due monete d’oro <strong>di</strong> epoca rinascimentale<br />

<strong>di</strong> ignota provenienza. La vetrina contiene monete <strong>di</strong> recente<br />

acquisizione come un solido in oro <strong>di</strong> Valentiniano II del IV sec. d.C.,<br />

proveniente da Sant’Efis <strong>di</strong> Orune, un tremisse in oro <strong>di</strong> Liutprando proveniente<br />

dall’ipogeo neolitico <strong>di</strong> Su Anzu Iumpadu <strong>di</strong> Oliena, riutiliz-<br />

Fig. 101. Orune,<br />

Sant’Efis.<br />

Solido in oro <strong>di</strong><br />

Valentiniano III<br />

(425-455 d.C.).<br />

89


zato nel periodo bizantino. Recenti scavi nel Nuorese hanno messo in<br />

luce un tesoretto <strong>di</strong> monete del basso impero a Sa Carcaredda <strong>di</strong> Villagrande<br />

e un ripostiglio <strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong> monete a Soroeni <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>ne.<br />

Vetrina n. 4<br />

La Sala VI contiene la ricostruzione <strong>di</strong> una tomba romana del tipo<br />

“alla cappuccina”, composta da laterizi ed embrici, che conteneva il<br />

defunto, scoperta in una necropoli nel centro abitato <strong>di</strong> Galtellì ai<br />

pie<strong>di</strong> del Monte Tuttavista. La vasta necropoli, esplorata solo in parte<br />

durante lavori e<strong>di</strong>li, comprende sepolture in dolio – un grande vaso<br />

che conteneva il defunto in posizione fetale – ed “alla cappuccina”,<br />

obliterate da <strong>di</strong>versi metri <strong>di</strong> detriti alluvionali lasciati da fiume<br />

Cedrino che scorre nelle vicinanze. Accompagnava il defunto un corredo<br />

funerario composto da una brocchetta monoansata, un piatto <strong>di</strong><br />

ceramica comune ed un bicchiere a campana in vetro iridescente <strong>di</strong><br />

età imperiale. Un pannello <strong>di</strong>dattico illustra una completa tipologia<br />

delle sepolture <strong>di</strong> età romana.<br />

Fig. 102. Galtellì, centro abitato. Ricostruzione <strong>di</strong> tomba “alla cappuccina”<br />

con il defunto ed il corredo funerario composto da brocchetta, piatti e bicchiere<br />

in vetro bianco opaco (lattimo) iridescente. Età romana imperiale.<br />

90


Vetrina n. 5<br />

La vetrina successiva ricostruisce idealmente un fondale marino<br />

con i resti <strong>di</strong> un carico <strong>di</strong> nave romana naufragata presso le coste<br />

orientali della <strong>Sardegna</strong>. I numerosi relitti segnalati lungo la costa<br />

da Tertenia a San Teodoro, sono riferibili a navi onerarie che trasportavano<br />

prevalentemente grano, olio, laterizi. <strong>Il</strong> tratto <strong>di</strong> mare<br />

che restituisce abbondanti fasciami e i materiali del carico è localizzato<br />

tra la costa <strong>di</strong> Arbatax ed il Golfo <strong>di</strong> Orosei. I naufragi<br />

erano molto numerosi a causa delle caratteristiche della costa che<br />

presenta falesie a strapiombo sul mare intervallate da piccolissime<br />

cale che non facilitavano l’approdo delle navi in <strong>di</strong>fficoltà. Da questo<br />

tratto <strong>di</strong> costa, provengono i materiali della vetrina, in gran<br />

parte recuperati dalle reti dei pescherecci che praticano la pesca a<br />

strascico e dalle forze dell’or<strong>di</strong>ne che operano in Ogliastra. La<br />

ricostruzione fatta a scopo <strong>di</strong>dattico propone nell’insieme un orcio<br />

biansato <strong>di</strong> produzione africana, <strong>di</strong>verse anfore con concrezioni<br />

marine, un contenitore cilindrico in pietra ed un’altra conca con<br />

Fig. 103. Anfore <strong>di</strong> un’antica nave oneraria romana naufragata presso la<br />

costa orientale.<br />

91


Fig. 104. Composizione ideale <strong>di</strong> un carico <strong>di</strong> nave oneraria naufragata con<br />

materiali recuperati in Baronia e Ogliastra. Età romana.<br />

versatoio che facevano parte delle suppellettili <strong>di</strong> bordo. La stessa<br />

vetrina contiene <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> ceramica da mensa, piccole olle che<br />

potevano far parte del carico o degli oggetti d’uso dell’equipaggio,<br />

una lucerna fittile bilicne con ansa sormontata da presa a crescente<br />

lunare. Parti del fasciame in legno e <strong>di</strong>versi chio<strong>di</strong> in bronzo<br />

esemplificano le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> ritrovamento dei relitti delle navi.<br />

Un pannello <strong>di</strong>dattico illustra le <strong>di</strong>verse anfore documentate nei<br />

fondali del mare sardo: sono <strong>di</strong> tipo fenicio, etrusco, greco italico,<br />

romano massaliota, africano e venivano prodotte nei vari paesi che<br />

si affacciano sul Mare Me<strong>di</strong>terraneo per trasportare vino, olio, graminacee,<br />

carni salate. <strong>Il</strong> pannello mostra le più conosciute rotte <strong>di</strong><br />

navigazione dell’antichità ed i giorni <strong>di</strong> viaggio necessari per raggiungere<br />

i porti più importanti del Me<strong>di</strong>terraneo. Nella stessa sala<br />

sono esposte un’ancora punica in pietra e ancore in piombo <strong>di</strong> età<br />

romana.<br />

Nell’ultima sala l’esposizione continua con una stele funeraria<br />

proveniente da una necropoli del territorio <strong>di</strong> Nurri raffigurante i<br />

contorni del viso dalle gran<strong>di</strong> orecchie inciso in modo sommario.<br />

Seguono tre iscrizioni <strong>di</strong> epoca romana scolpite su lastra: la prima<br />

proviene dalla località Perda Litterada <strong>di</strong> Austis, l’antica stazione<br />

92


Fig. 105. Austis,<br />

Pedra Litterada.<br />

Cippo funerario con de<strong>di</strong>ca a<br />

Liberta <strong>di</strong> Secundus,<br />

morta a 35 anni,<br />

dal fratello Iucundus.<br />

Età romana.<br />

Fig. 106. Bitti,<br />

Iscrizione funeraria del soldato<br />

Decumus Cniensis, figlio <strong>di</strong> Cirneti<br />

morto a 32 anni in servizio alla<br />

coorte degli Aquitani<br />

dall’età <strong>di</strong> 17 anni. Età romana.<br />

93


Fig. 107. Fonni, Sorabile. Lastra marmorea de<strong>di</strong>cata al <strong>di</strong>o Silvano del bosco<br />

sorabense da parte <strong>di</strong> Culpius Severus, Procuratore dell’imperatore, Prefetto<br />

della Provincia <strong>di</strong> <strong>Sardegna</strong> nel 98-117 d.C.<br />

Augusta fondata lungo la strada montana che collegava le zone più<br />

interne con la strada più importante che andava da Caralis a Turris<br />

Libissonis (Porto Torres). L’iscrizione contiene una de<strong>di</strong>ca a Liberta<br />

<strong>di</strong> Secundus, morta a 35 anni, dal fratello Iucundus. La seconda epigrafe<br />

proveniente dal territorio <strong>di</strong> Bitti reca un’iscrizione funeraria<br />

del soldato Decumus Cniensis, figlio <strong>di</strong> Cirneti, morto a 32 anni, in<br />

servizio alla coorte degli Aquitani dall’età <strong>di</strong> 17 anni. La terza iscrizione,<br />

composta da <strong>di</strong>versi frammenti, proviene da Sorabile, in agro<br />

<strong>di</strong> Fonni, dove si conservano resti <strong>di</strong> un importante inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong><br />

età romana. Nella lastra (98-117 d.C.) si legge una de<strong>di</strong>ca al <strong>di</strong>o Silvano<br />

del bosco sorabense da parte <strong>di</strong> C. Ulpius Severus, Procuratore<br />

dell’imperatore, Prefetto della Provincia <strong>di</strong> <strong>Sardegna</strong>, che probabilmente<br />

durante una sua visita ai reparti militari nelle zone montane<br />

ricche <strong>di</strong> boschi, invoca la protezione del <strong>di</strong>o Silvano e <strong>di</strong> Diana.<br />

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100


Glossario<br />

Abside Parte della chiesa cristiana, solitamente semicircolare, alle<br />

spalle dell’altare. Nell’architettura nuragica in<strong>di</strong>ca il paramento<br />

murario ad andamento curvo della parte terminale<br />

del muro esterno delle tombe <strong>di</strong> giganti o <strong>di</strong> altri e<strong>di</strong>fici.<br />

Ad<strong>di</strong>zione Frontale, laterale, concentrica, etc. Dicesi nella architettura<br />

nuragica della sistemazione delle torri aggiunte del<br />

bastione in rapporto al mastio in generale o alla parte<br />

anteriore del medesimo.<br />

Aniconico Detto <strong>di</strong> cippo non figurato.<br />

Antemurale La cinta esterna delle fortificazioni che racchiude<br />

(o Protheichisma) al suo interno il mastio ed il bastione.<br />

Armatura Elemento in pietra (selce o ossi<strong>di</strong>ana) atto ad essere montato<br />

sulla punta <strong>di</strong> un’asticciola <strong>di</strong> legno a formare una<br />

freccia.<br />

Assise (o filare) Fila orizzontale <strong>di</strong> pietre <strong>di</strong> una struttura muraria.<br />

Atrio (o vestibolo) <strong>Il</strong> primo ingresso <strong>di</strong> qualunque e<strong>di</strong>ficio.<br />

Bancone Lunga “panca” costituita da vari blocchi accostati, che se-<br />

(o bancone-se<strong>di</strong>le) gue, in tutto o in parte, la parete interna del vano (camera<br />

del nuraghe o capanna). È presente anche nelle esedre<br />

delle tombe <strong>di</strong> giganti, con la duplice funzione <strong>di</strong> sostenere<br />

gli ortostati e <strong>di</strong> costituire un punto d’appoggio per<br />

le offerte ai defunti.<br />

Bastioni Analogamente ai castelli me<strong>di</strong>evali il giro <strong>di</strong> torri raccordate<br />

da cortinemurarie <strong>di</strong>sposte intorno alla torre centrale<br />

o mastio.<br />

Betilo Pietra eretta, spesso lavorata, ritenuta essere “abitazione<br />

del <strong>di</strong>o”. <strong>Il</strong> termine è <strong>di</strong> origine semitica (beth-’el), ma in<br />

<strong>Sardegna</strong> è usato sia riferito a manifestazioni delle culture<br />

prenuragiche, sia nuragiche e fenicio-puniche.<br />

Bilitico Elemento formato da due pietre sovrapposte.<br />

Brassard Placca generalmente quadrangolare in pietra con fori pervii<br />

alle estremità, interpretata comunemente come salvapolso.<br />

101


Cammino <strong>di</strong> ronda Stretto passaggio protetto da parapetto posto alla sommità<br />

delle fortificazioni per <strong>di</strong>fesa o sorveglianza.<br />

Car<strong>di</strong>ale Ceramica <strong>di</strong>ffusa nel Neolitico Antico del Me<strong>di</strong>terraneo,<br />

decorata me<strong>di</strong>ante impressioni sull’argilla prima della<br />

cottura, con il peristoma <strong>di</strong> una conchiglia (soprattutto il<br />

car<strong>di</strong>um, secondo una tecnica detta, appunto, car<strong>di</strong>ale).<br />

Cella Camera interna <strong>di</strong> un nuraghe.<br />

Cèntina Elemento ligneo <strong>di</strong> supporto per la costruzione <strong>di</strong> un<br />

arco. In senso traslato è usato come cornice arcuata.<br />

Chiave <strong>di</strong> volta Pietra posta all’apice <strong>di</strong> un arco o <strong>di</strong> una volta e verso la<br />

quale convergono le spinte.<br />

Chiusino Lastra in pietra posta a sbarrare gli ingressi nelle sepolture,<br />

siano esse domus de janas (grotticelle funerarie) siano<br />

tombe <strong>di</strong> giganti.<br />

Ciclopica Dicesi della costruzione a secco con massi <strong>di</strong> gran<strong>di</strong><br />

(tecnica o architettura) <strong>di</strong>mensioni irregolari, <strong>di</strong>sposti a file orizzontali sovrapposte<br />

più o meno regolari.<br />

Cista (litica) Struttura a forma <strong>di</strong> “scatola” formata da lastre messe a<br />

coltello e a<strong>di</strong>bita ad uso funerario.<br />

Commessura <strong>Il</strong> punto <strong>di</strong> contatto fra pietra e pietra nella muratura.<br />

Concio Pietra appositamente lavorata per essere messa in opera<br />

nella muratura. Detta anche ‘pietra concia’. In genere le<br />

pietre dei nuraghi, anche se‘concie’, presentano all’esterno<br />

una faccia più o meno piana e all’interno del muro un prolungamento<br />

all’incirca conico che si chiama ‘coda’. Da cui<br />

‘concio a coda’.<br />

Copertura angolare Equivale a copertura ogivale e quin<strong>di</strong> non ‘tabulata’ <strong>di</strong> un<br />

vano, la cui sezione trasversale risulta perciò superiormente<br />

ad angolo più o meno acuto.<br />

Coppelle Cavità, più o meno emisferiche, scavate nella roccia.<br />

Corso Fila <strong>di</strong> pietre <strong>di</strong>sposte orizzontalmente in muratura. Dicesi<br />

anche assise o filare.<br />

Cortina Tratto <strong>di</strong> mura che collega fra loro due torri.<br />

<strong>Cultura</strong> L’insieme delle attività umane rappresentate dai manufatti<br />

(cultura materiale) e dalle credenze (culti, riti, etc.) proprie<br />

<strong>di</strong> una società.<br />

102


Disimpegno Vano, corridoio, scala o altro ambiente che collega due<br />

vani o l’interno e l’esterno <strong>di</strong> essi.<br />

Dolmen Tomba megalitica a camera, <strong>di</strong> pianta rettangolare o poligonale.<br />

Domus de janas Letteralmente “casa delle fate”, in<strong>di</strong>ca le tombe preistoriche<br />

sarde, d’età neolitica e calcolitica, scavate nella roccia,<br />

spesso articolate in molti ambienti intercomunicanti.<br />

Talvolta esse sono arricchite da motivi architettonici e<br />

simbolici <strong>di</strong>pinti o scolpiti (teste bovine, corna, spirali,<br />

elementi del tetto e delle pareti, etc.).<br />

Dromos Corridoio <strong>di</strong> accesso a camera funeraria: è usato per elemento<br />

strutturale <strong>di</strong> grotticella artificiale o sepoltura<br />

megalitica.<br />

Esedra Area sacra, prevalentemente semicircolare, antistante la<br />

facciata delle tombe <strong>di</strong> giganti.<br />

Facies Aspetto particolare e <strong>di</strong>stinto <strong>di</strong> una cultura.<br />

Falsa cupola Volta a base circolare, costituita da filari <strong>di</strong> pietre in<br />

aggetto usata in <strong>Sardegna</strong> nelle camere interne dei nuraghi<br />

o nei templi a pozzo.<br />

Falsa Porta Finta porta, scolpita, incisa o <strong>di</strong>pinta sulla parete <strong>di</strong> fondo<br />

del vano maggiore nelle “domus de janas”.<br />

Feritoia Stretta apertura verticale delle murature che nei nuraghi<br />

si allarga verso l’interno; serviva per l’illuminazione e<br />

l’areazione <strong>di</strong> corridoi, celle, etc.<br />

Filare Allineamento <strong>di</strong> una fila orizzontale <strong>di</strong> pietre della muratura.<br />

Finestrino <strong>di</strong> scarico Vuoto lasciato nelle murature subito sopra un architrave<br />

per evitare che il peso delle medesime gravi sul centro<br />

dell’architrave stesso, provocandone la rottura.<br />

Fittile Sinonimo <strong>di</strong> oggetto in terracotta, argilla, etc.<br />

Garetta o Nicchia che si apre solitamente sul lato sinistro <strong>di</strong> chi acgaritta<br />

<strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a cede all’an<strong>di</strong>to <strong>di</strong> ingresso <strong>di</strong> un nuraghe.<br />

Giunto È il punto in cui le pietre <strong>di</strong> una muratura combaciano fra<br />

<strong>di</strong> loro.<br />

Incastro Inserimento <strong>di</strong> una struttura architettonica nuova su <strong>di</strong><br />

architettonico un’altra precedente legando le stesse con apposite pietre.<br />

103


Incinerazione Rito funerario che implica la combustione completa dei<br />

resti umani.<br />

Inumazione Rito funerario che implica la deposizione del cadavere in<br />

una tomba.<br />

Ipogeo Architettura sotterranea, grotticella artificiale.<br />

Lesena Fascia verticale in rilievo, semipilastro.<br />

Lesina Subbia, punteruolo.<br />

Lingotto Fusione <strong>di</strong> metallo in una forma specifica, utilizzata per il<br />

commercio. Spesso il suo peso è standard e ne è garantita la<br />

purezza. Nella <strong>Sardegna</strong> nuragica i lingotti <strong>di</strong> rame possono<br />

avere forma piano-convessa, a “panella”, oppure a “pelle<br />

<strong>di</strong> bue” (oxhide), del tipo così detto cretese-cipriota.<br />

Lobato Dicesi <strong>di</strong> bastione <strong>di</strong> pianta poligonale avente una torre<br />

circolare in corrispondenza degli spigoli, che risultano,<br />

perciò, o semplicemente arrotondati o più spesso sporgenti<br />

a forma <strong>di</strong> lobo, a due o tre quarti <strong>di</strong> cerchio: trilobato<br />

se triangolare, tetralobato se <strong>di</strong> pianta quadrilatera,<br />

pentalobato se <strong>di</strong> pianta pentagonale, etc.<br />

Mastio Torre principale e più antica in un nuraghe com-<br />

(o maschio o torrione) plesso o in genere in un castello.<br />

Megalitica Costruzione a secco con gran<strong>di</strong> lastre <strong>di</strong> sostegno <strong>di</strong>sposte<br />

(tecnica o architettura) in verticale o a coltello ed altre <strong>di</strong> copertura poggianti<br />

orizzontalmente sulle prime, come nei dolmen e nelle<br />

allées couvertes (corridoi dolmenici). In genere vale<br />

anche come costruzione fatta <strong>di</strong> massi <strong>di</strong> notevole mole.<br />

Megaron E<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> pianta rettangolare composto da una camera<br />

principale preceduta da un vestibolo. Al centro della sala<br />

principale si trova un focolare. In Grecia il tipo compare<br />

dai tempi del Neolitico; in <strong>Sardegna</strong> il termine è mutuato<br />

dalla Grecia.<br />

Menhir Monolite <strong>di</strong> varia forma, assai spesso allungata, infitto<br />

verticalmente nel terreno ed avente funzione sacrale o<br />

funeraria. Di <strong>di</strong>fficile datazione, non è da confondersi con<br />

i betili, <strong>di</strong> forma conica o troncoconica e attribuibili ad<br />

età nuragica. I menhir in <strong>Sardegna</strong> appartengono al<br />

mondo prenuragico.<br />

Mensolone Elemento <strong>di</strong> sostegno, sporgente, in pietra o in legno, che<br />

(o mensola) coronava la sommità della costruzione e serviva a regge-<br />

104


e nei nuraghi – e nei castelli in genere – gli sporti dei terrazzi<br />

delle torri e delle cortine.<br />

Microlito Utensile litico <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni ottenuto dalla lavorazione<br />

<strong>di</strong> una lama o scheggia. Presenta, talvolta, forma<br />

geometrica (triangoli, trapezi, semilune) ed era immanicato<br />

in legno o osso. <strong>Il</strong> complesso <strong>di</strong> questi oggetti è detto<br />

industria microlitica.<br />

Modanatura Listello che risalta dal piano e sottolinea cornici architettoniche.<br />

Modellino Piccola scultura in pietra o bronzo o altro materiale che<br />

<strong>di</strong> nuraghe ripete in scala minore (da pochi a 70 cm.) il nuraghe semplice<br />

o quello complesso (trilobato e quadrilobato).<br />

Necropoli Letteralmente: “città dei morti”. Ampia area destinata a<br />

sepolture.<br />

Nuraghe a corridoio E<strong>di</strong>ficio costituito prevalentemente da corridoi variamente<br />

(o protonuraghe) articolati, spesso coperti da lastroni orizzontali affiancati.<br />

Vi si trovano anche nicchie e piccoli ambienti, talora<br />

coperti a falsa volta.<br />

Nuraghe a tholos E<strong>di</strong>ficio caratteristico della <strong>Sardegna</strong> costituito, nella sua<br />

forma più semplice, da una torre troncoconica con vani<br />

circolari sovrapposti e coperti da falsa volta ottenuta con<br />

l’aggetto delle pietre delle pareti. I vani sono raccordati<br />

fra loro, nella forma più evoluta, da una scala elicoidale<br />

che corre nello spessore murario. La forma più complessa<br />

è costituita da una serie <strong>di</strong> torri (da una a cinque) che<br />

si <strong>di</strong>spongono attorno ad una torre semplice (mastio),<br />

unite fra loro da murature rettilinee o concavo-convesse.<br />

Un antemurale formato da torri e cortine rettilinee circonda<br />

talora il complesso.<br />

Nuraghe E<strong>di</strong>ficio con preminente funzione militare, costruito con<br />

pietre a secco e con celle coperte a ‘falsa volta’; appartiene<br />

alla Me<strong>di</strong>a e tarda Età del Bronzo e all’Età del Ferro<br />

della <strong>Sardegna</strong>. Quello più semplice, costituito da una<br />

sola torre, ha forma troncoconica.<br />

Ogiva Arco acuto che segue il profilo delle false volte delle<br />

camere e <strong>di</strong> an<strong>di</strong>ti dei nuraghi.<br />

Ortostato Larga pietra o lastra, <strong>di</strong>sposta verticalmente.<br />

Ossi<strong>di</strong>ana Vetro vulcanico, <strong>di</strong> colore grigio-nero, utilizzato nell’an-<br />

105


tichità per la fabbricazione <strong>di</strong> armi e strumenti. In <strong>Sardegna</strong><br />

ne sono assai ricche le pen<strong>di</strong>ci del Monte Arci (Oristano),<br />

da cui veniva commercializzata fino all’Italia centro-settentrionale,<br />

alla Corsica, alla Francia.<br />

Pa<strong>di</strong>glione Nelle “domus de janas”, vestibolo coperto con una sorta<br />

<strong>di</strong> tettoia scavata nella roccia.<br />

Paleosuolo L’antico piano <strong>di</strong> calpestio.<br />

Panella Sinonimo <strong>di</strong> lingotto <strong>di</strong> forma circolare piano-convessa.<br />

Paramento murario Aspetto costruttivo visibile della superficie della muratura.<br />

Parasta Lesena, semi pilastro.<br />

Peristalite Anello <strong>di</strong> lastre infisse a coltello oppure <strong>di</strong> pietre, a delimitare<br />

una tomba dolmenica.<br />

Petroglifi Motivi <strong>di</strong>pinti o incisi nella roccia.<br />

Pianta a T Schema planimetrico tipico <strong>di</strong> molti ipogei sar<strong>di</strong> nel<br />

quale la seconda stanza, a pianta rettangolare o trapezoidale,<br />

è <strong>di</strong>sposta in senso trasversale rispetto all’asse<br />

longitu<strong>di</strong>nale della tomba.<br />

Piattabanda Elemento costruttivo a forma <strong>di</strong> parallelepipedo, <strong>di</strong>sposto<br />

orizzontalmente in una serie numerosa che viene utilizzata<br />

per la copertura <strong>di</strong> an<strong>di</strong>ti o vani a soffitto piano.<br />

Piedritto Pilastro portante<br />

Pietra fitta Detto anche menhir. Monolite infitto verticalmente nel<br />

terreno, con funzione sacrale o funeraria.<br />

Posterula o postierla Ingresso secondario <strong>di</strong> un nuraghe o <strong>di</strong> un castello.<br />

Pozzo o Fonte sacra E<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> età nuragica destinato al culto delle acque.<br />

Prospezione Rilevamento <strong>di</strong> emergenze archeologiche.<br />

Protonuraghe E<strong>di</strong>ficio costituito prevalentemente da corridoi variamente<br />

(nuraghe a corridoio) articolati, spesso coperti da lastroni orizzontali affiancati.<br />

Vi si trovano anche nicchie e piccoli ambienti, talora<br />

coperti a falsa volta.<br />

Pseudocupola Sinonimo <strong>di</strong> falsa cupola.<br />

Retto-curvilineo Si <strong>di</strong>ce del perimetro <strong>di</strong> quei nuraghi complessi dove la<br />

(a profilo) curvatura delle torri risulta sporgente rispetto alla linea<br />

delle cortine.<br />

106


Ripostiglio Insieme <strong>di</strong> materiale metallico (monete, bronzi, metallo<br />

prezioso, etc.) depositato sotto terra oppure occultato nelle<br />

murature. Spesso il ripostiglio è racchiuso in un recipiente<br />

<strong>di</strong> terracotta.<br />

Scala elicoidale È la scala ricavata nello spessore murario che gira intorno<br />

alle celle sovrapposte del nuraghe avvitandosi quin<strong>di</strong><br />

come un’elica.<br />

Scarpa Inclinazione verso l’interno del muro esterno della<br />

costruzione; detta perciò anche ‘ritiro’.<br />

Selce Roccia <strong>di</strong> origine se<strong>di</strong>mentaria o metamorfica, che si rinviene<br />

sotto forma <strong>di</strong> noduli o liste. Nell’antichità costituiva<br />

materia prima per la fabbricazione <strong>di</strong> utensili o armi.<br />

Sepoltura primaria La deposizione <strong>di</strong> un cadavere in un sepolcro subito dopo<br />

la morte del soggetto. Può essere, a seconda della posizione,<br />

una deposizione <strong>di</strong>stesa, flessa (con le gambe<br />

ripiegate) o rannicchiata, supina o sul fianco.<br />

Sepoltura secondaria La deposizione delle sole ossa <strong>di</strong> un defunto, dopo la<br />

scarnificazione operata per esposizione, cremazione, etc.<br />

Specchio Parte piana <strong>di</strong> un elemento architettonico ribassato rispetto<br />

ad una cornice.<br />

Sporti Quella parte del terrazzo e delle cortine che, sprovvista <strong>di</strong><br />

parapetto ed appoggiata alle mensole, sporge rispetto al<br />

muro esterno superiore <strong>di</strong> torri e cortine.<br />

Stele Cippo o lastra verticale segnacolo <strong>di</strong> tomba o <strong>di</strong> valore votivo.<br />

Nelle tombe <strong>di</strong> giganti è sottolineata da una centina.<br />

Stratigrafia II sovrapporsi in un sito <strong>di</strong> depositi naturali o artificiali.<br />

L’accumulo <strong>di</strong> rifiuti, documentato dai resti della cultura<br />

materiale o da quelli <strong>di</strong> pasto, forma uno strato archeologico.<br />

Un temporaneo abbandono del sito in questione è<br />

documentato da terra sterile. Gli strati più bassi sono<br />

quelli più antichi, mentre man mano che si sale ci si avvicina<br />

sempre più alle epoche attuali.<br />

Strato archeologico L’accumulo dei rifiuti <strong>di</strong> un sito nel quale l’uomo ha soggiornato<br />

forma uno strato archeologico.<br />

Strombato Dicesi <strong>di</strong> ingresso, feritoie, etc. che si allargano progressivamente.<br />

Subquadrato Dicesi <strong>di</strong> blocco solo parzialmente squadrato.<br />

107


Tafone Termine <strong>di</strong> origine corsa per in<strong>di</strong>care le cavità naturali del<br />

granito dovute a processi <strong>di</strong> erosione.<br />

Temenos Muro <strong>di</strong> recinzione (haràm in punico) del tempio, che<br />

delimita l’area sacra dalla zona profana.<br />

Tempietto in Antis E<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> culto con pareti laterali che si allungano oltre<br />

l’asse trasversale dell’ingresso, creando in tal modo delle<br />

“ante”, nel solo prospetto o anche nel retroprospetto: nell’ultimo<br />

caso abbiamo una costruzione “doppiamente in<br />

antis”.<br />

Tholos Vano o costruzione circolare con copertura a falsa-volta o<br />

falsa-cupola ottenuta dal restringersi progressivo del cerchio<br />

<strong>di</strong> ciascun filare <strong>di</strong> pietre.<br />

Trilite Struttura formata da due pietre ortostatiche, spesso megalitiche,<br />

unite da una terza pietra orizzontale, posta ad<br />

architrave, poggiata sulle due precedenti.<br />

Tumulo Agglomerato <strong>di</strong> terra e pietre, spesso contenuto da una fila<br />

<strong>di</strong> massi (peristalite), che ricopre le sepolture megalitiche<br />

subaeree (dolmen, allées couvertes, tombe <strong>di</strong> giganti, etc.)<br />

formando una collinetta.<br />

Vano <strong>di</strong> scarico Vuoto creato in certi punti della muratura per <strong>di</strong>stribuire<br />

nei lati il peso della medesima.<br />

Vestibolo Vano, generalmente all’aperto, che precede la scala <strong>di</strong><br />

accesso dei templi a pozzo.<br />

Volta ogivale Dicesi della copertura <strong>di</strong> una cella o <strong>di</strong> un corridoio, ottenuo<br />

falsa volta ta con l’inclinazione (o ‘aggetto’) progressiva delle pareti<br />

interne senza la presenza <strong>di</strong> una ‘chiave <strong>di</strong> volta’.<br />

Volta tabulare Copertura <strong>di</strong> un corridoio o <strong>di</strong> una scala etc. con lastre<br />

(o piattabandata) <strong>di</strong>sposte orizzontalmente a creare un soffitto piano.<br />

Voltato Coperto a volta o falsa-volta.<br />

Zeppe Pietre piccole e scaglie interposte fra blocco e blocco <strong>di</strong><br />

una muratura per facilitare la stabilità dei medesimi.<br />

108


Sommario<br />

STORIA DEL MUSEO 5<br />

LA SEZIONE DI PALEONTOLOGIA 6<br />

<strong>Il</strong> giacimento 6<br />

La fauna 7<br />

Sala I 8<br />

Vetrina n. 1 9<br />

Vetrine n. 2 e 3 12<br />

Vetrina n. 4 13<br />

Vetrina n. 5 14<br />

Vetrina n. 6 14<br />

Vetrina n. 7 16<br />

Vetrina n. 8 17<br />

Pannelli <strong>di</strong>dattici 19<br />

Sala II 20<br />

Vetrina n. 1 20<br />

Vetrina n. 2 23<br />

Vetrina n. 3 24<br />

Sala II 30<br />

L’ENEOLITICO. ETÀ DEI PRIMI METALLI 2800 A.C. 30<br />

Vetrina n. 4 30<br />

Vetrina n. 5 30<br />

Vetrina n. 6 32<br />

Vetrina n. 7 35<br />

Vetrina n. 8 38<br />

Vetrina n. 9 42<br />

Vetrina n. 10 44<br />

109


Sala III 46<br />

Vetrina n. 1 46<br />

Vetrina n. 2 49<br />

Vetrina n. 3 49<br />

Vetrina n. 4 54<br />

Sala IV 54<br />

Vetrina n. 1 54<br />

Vetrina n. 2 59<br />

Vetrina n. 3 63<br />

Vetrina n. 4 64<br />

Sala V 73<br />

Vetrina n. 1 73<br />

Vetrina n. 2 75<br />

Vetrina n. 3 81<br />

Vetrina n. 4 83<br />

Vetrina nn. 5 e 6 83<br />

Vetrina n. 7 83<br />

Sala VI 86<br />

Vetrina n. 2 86<br />

Vetrina n. 3 89<br />

Vetrina n. 4 90<br />

Vetrina n. 5 91<br />

Bibliografia <strong>di</strong> riferimento 95<br />

Bibliografia 100<br />

Glossario 101<br />

110


Finito <strong>di</strong> stampare nel mese <strong>di</strong> gennaio 2006<br />

presso A.G.E., Via P.R. Pirotta 20/22, Roma

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