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testo pdf - Piccolo Principe

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ODISSEO<br />

PROGETTO PER IL RIENTRO ONOREVOLE ED ASSISTITO<br />

IN PATRIA DI DETENUTI STRANIERI<br />

Rapporto conclusivo<br />

A cura di:<br />

Grazia Macchieraldo, <strong>Piccolo</strong> <strong>Principe</strong><br />

Licia Rita Roselli e Stefania Carrera, AgeSoL<br />

Milano, marzo 2007


Indice<br />

Premessa al Progetto Odisseo pg 4<br />

Da dove muove Odisseo pg 6<br />

Premessa metodologica alla ricerca pg 12<br />

Le interviste<br />

Il Perù pg 16<br />

Domande area legale pg 17<br />

Commenti alle domande dell’area legale pg 21<br />

Domande area antropologico - culturale pg 23<br />

Commenti alle domande dell’area antropologico - culturale pg 36<br />

Domande area delle buone prassi pg 40<br />

Commenti alle domande dell’area delle buone prassi pg 46<br />

La Tunisia pg 47<br />

Domande area legale pg 48<br />

Commenti alle domande dell’area legale pg 52<br />

Domande area antropologico - culturale pg 54<br />

Commenti alle domande dell’area antropologico - culturale pg 65<br />

Domande area delle buone prassi pg 68<br />

Commenti alle domande dell’area delle buone prassi pg 72<br />

La Romania pg 73<br />

Domande area legale pg 74<br />

Commenti alle domande dell’area legale pg 80<br />

Domande area antropologico - culturale pg 82<br />

Commenti alle domande dell’area antropologico - culturale pg 93<br />

Domande area delle buone prassi pg 96<br />

Commenti alle domande dell’area delle buone prassi pg 100<br />

Quale senso fornisce la ricerca al Progetto Odisseo pg 101<br />

Ipotesi progettuali per i rientri onorevoli pg 103<br />

La sperimentazione dei rientri onorevoli<br />

Le persone pg 105<br />

I contesti pg 107<br />

La selezione dei candidati al rientro pg 107<br />

La scheda pg 108<br />

La descrizione dei casi pg 110<br />

Valutazione del Progetto pg 115


Premessa<br />

E’ stato osservato che i rimpatri forzati di migranti, che risiedono illegalmente nei paesi dell’Unione Europea,<br />

hanno un impatto fortemente negativo sia su chi torna, sia sulla società del paese d’origine.<br />

Il rimpatrio, infatti, è un’esperienza traumatica di per sé, anche se era già stato messo in conto, rappresenta<br />

un’interruzione della propria esperienza migratoria, e spesso è visto come una incapacità a soddisfare<br />

un’ambizione personale e come la perdita di potere a prendere decisioni sulla propria vita.<br />

Il ritorno se percepito come un fallimento, come l’effetto di una diminuzione delle proprie prospettive e delle<br />

proprie risorse, espone a un immediato rischio di nuova migrazione spesso illegale o di reclutamento in<br />

piccole organizzazioni criminali.<br />

Il ritorno viceversa può essere pianificato come una fase del percorso migratorio e l’assistenza socioeconomica<br />

nel processo di reintegrazione dei migranti nei loro paesi di origine, assicura a tale processo una<br />

sostenibilità di maggiore durata e una maggiore sicurezza sociale.<br />

L’esigenza di una progettazione e di un supporto al ritorno in patria dei migranti, in relazione alla loro<br />

reintegrazione economica, e che tenga conto anche degli aspetti psicologici del rimpatrio, è emersa in maniera<br />

chiara dalla ricerca che è stata svolta nell’ambito del Progetto ODISSEO e di cui diamo ampia esposizione in<br />

seguito.<br />

Intenti del progetto e perché un progetto di rientro onorevole.<br />

Il progetto Odisseo ha realizzato in primis una ricerca/azione che preparasse delle basi di conoscenza<br />

concreta per realizzare quindi interventi di rientro onorevole ed assistito rivolti a detenuti stranieri con decreto<br />

di espulsione che accettano di rientrare in patria, in modo da invertire la tendenza attuale che vede nelle<br />

espulsioni forzate la prevalente modalità di azione.<br />

Il progetto si è articolato in due aree di intervento poiché si ritiene che i percorsi di rientro debbano essere ben<br />

preparati ed organizzati, vista la complessità e le molteplici variabili in gioco.<br />

Il con<strong>testo</strong> di riferimento<br />

L’inasprimento delle politiche migratorie s’inserisce in un con<strong>testo</strong> internazionale più ampio: attualmente in<br />

Europa il rimpatrio forzato 1 coinvolge un numero sempre più grande di persone, con effetti dimostrativi nei<br />

Paesi ad ampia pressione migratoria 2.<br />

Occorre ricordare un dato: la maggior parte degli stranieri detenuti in carcere ha un decreto d’espulsione alle<br />

spalle, non solo in virtù dei reati commessi (espulsione per motivi di sicurezza, la cui esecuzione è prevista<br />

subito dopo la cessazione del periodo di custodia cautelare o di detenzione, art. 15, comma 1 bis, D. Lgs.<br />

286/98, come modificato dalla L. 189/02), ma anche perché durante il periodo di detenzione spesso non è<br />

possibile presentare, per una serie di motivi, presso le Questure la documentazione per il rinnovo del<br />

permesso di soggiorno.<br />

Le espulsioni forzate presentano costi economici, sociali e psicologici molto alti. Dal punto di vista economico,<br />

secondo Morozzo della Rocca, il costo per la realizzazione di un rimpatrio forzato si aggira intorno ai 6000<br />

euro 3 , mentre fonti ministeriali lo stimano intorno ai 1500 euro 4 . Dal punto di vista sociale e psicologico le<br />

pratiche di rientro forzato messe in atto sono poco dignitose: il ritorno diventa un momento drammatico,<br />

improvviso e non programmato, senza alcuna cura rispetto alla possibilità di reintegrazione sociale. Queste<br />

caratteristiche comportano costi non indifferenti sulla gestione dei flussi migratori nel medio-lungo periodo: uno<br />

1 Per rimpatrio forzato s’intende: “ Il ritorno obbligato nel Paese di origine, transito o in un altro Paese terzo, in base<br />

ad un atto amministrativo o giuridico”, la definizione è quella utilizzata e proposta dalla Commissione Europea, COM<br />

(2002) 564 def.<br />

2 A questo proposito si segnala che risultano in calo i respingimenti alla frontiera: nel 2002 sono stati 9.091, nel 2003<br />

5.930 e nel corso del primo semestre 2004 si sono registrati 3.124 provvedimenti, dati reperibili sul sito<br />

www.giustizia.it<br />

3 Morozzo della Rocca, Diritto, immigrazione e Cittadinanza, 2002, n.4<br />

4 L. Coslavi e F.Piperno con il coordinamento di F.Pastore, Rimpatrio forzato e poi? Analisi dell’impatto delle<br />

espulsioni di differenti categorie di migranti: un confronto tra Albania, Marocco e Nigeria, Rapporto di ricerca curaro<br />

da Cespi, p. 5. I dati sono reperibili su: www.cespi.it<br />

3


studio curato da UNICRI ha rilevato che nell’arco di 2-6 mesi molte delle persone rimpatriate forzatamente<br />

avevano tentato di giocare un’altra volta la chance dell’emigrazione 5.<br />

Da questo esempio si evince quanto sia alta la probabilità che un migrante rimpatriato forzatamente tenti<br />

nuovamente la strada dell’emigrazione, con effetti diretti anche sul business del traffico di esseri umani.<br />

Nonostante le problematiche emerse dall’analisi dei rimpatri forzati, le raccomandazioni della Commissione<br />

Europea e la condizione del nostro Paese configurato come meta di destinazione dei flussi migratori (regolari<br />

ed irregolari), risulta carente un approccio programmatico nei confronti dei rientri assistiti.<br />

In quest’ottica si è svolto “Odisseo - Progetto sul rientro onorevole” , suddiviso in due aree d'azione:<br />

AREA D'AZIONE 1: la ricerca<br />

La ricerca ha riguardato tre grandi aree di interesse, la cui esplorazione è indispensabile, vista la complessità<br />

dell'operazione di rientro assistito:<br />

Area legale<br />

Area socio-antropologica<br />

Area delle buone prassi<br />

La valutazione è avvenuta attraverso lo studio e l'approfondimento degli aspetti legali-giuridici e attraverso<br />

interviste in profondità a testimoni privilegiati, quali:<br />

Persone straniere interessate a questi programmi<br />

Operatori impegnati in progetti di rientro assistito<br />

Funzionari di polizia e personale delle Questure<br />

Funzionari consolari e delle ambasciate dei Paesi di attenzione<br />

• Rispetto all’ambito legale si sono individuate le condizioni necessarie previste dalla legislazione<br />

nazionale ed internazionale per la messa in atto di percorsi di rientro onorevole.<br />

• Per ciò che concerne il filone riguardante gli aspetti socio-antroplogici abbiamo considerato queste<br />

variabili:<br />

a. la famiglia di origine. Individuazione dei vincoli posti dal con<strong>testo</strong> familiare: l’accoglienza del migrante<br />

“in primis” è ri-accoglienza e comprensione da parte della rete parentale.<br />

b. Il lavoro e il reddito della persona. Valutare i tassi di inserimento lavorativo dei soggetti beneficiari del<br />

progetto e valutare gli aspetti qualitativi quali il grado di soddisfacimento (l'ipotesi di partenza è stata<br />

che un soggetto insoddisfatto e non appagato probabilmente mostrerà difficoltà di “tenuta”).<br />

c. Il tipo di reato commesso ed eventualmente il ruolo nell’organizzazione criminale. Coloro che si sono<br />

inseriti da professionisti nei circuiti criminosi difficilmente potranno accettare programmi di questo<br />

genere, a causa dei vincoli e degli aspetti economici.<br />

d. Dati di con<strong>testo</strong> valoriali. Analisi dei possibili livelli di stigmatizzatone derivanti dall’essersi macchiato<br />

di un reato e di aver fallito il proprio progetto migratorio.<br />

• Rispetto all'area delle buone prassi abbiamo provato ad enucleare pratiche funzionali che, al di là del<br />

singolo caso, possano adattarsi mediando i due contrapposti poli: alla necessità di ottimizzare delle<br />

procedure routinarie per facilitare e rendere più agile l’intervento e alla specificità di ogni singola<br />

esperienza. In questo senso abbiamo ritenuto che possano costituire l’incipit fondamentale per il<br />

successivo intervento di sperimentazione di rientri assistiti, oggetto dell’azione 2 del progetto Odisseo.<br />

Le variabili analizzate in questo ambito sono state:<br />

aspetti relativi alle pratiche burocratiche<br />

il livello di consapevolezza e di formazione del soggetto beneficiario<br />

l'armonizzazione tra i percorsi di rientro onorevole e il con<strong>testo</strong> socio-culturale di appartenenza<br />

5 UNICRI, Report of Field survey in Edo State Nigeria, Programme of Action against trafficking in minors and young<br />

women from Nigeria into Italy for the pur pose of sexual exploitation, July 2003, p. 69<br />

4


AREA D'AZIONE 2: la progettazione di due programmi di rientro assistito.<br />

La sperimentazione ha riguardato due detenuti stranieri della Seconda Casa di Reclusione di Milano<br />

Bollate<br />

L'intervento si è incentrato in:<br />

a. attività informativa rivolta a detenuti stranieri di orientamento di base su aspetti legali e sulla<br />

metodologia progettuale<br />

b. selezione dei beneficiari tra i detenuti stranieri presenti nella Seconda Casa di Reclusione di Milano<br />

Bollate<br />

c. percorso di counselling individuale come fase preparatoria ai progetti sperimentali di rientro assistito<br />

d. attività di orientamento al lavoro ed inserimento lavorativo nel paese d'origine ed eventualmente<br />

anche percorsi di adattamento/inserimento al lavoro in Italia durante l’espiazione pena (in<br />

collaborazione con azienda profit presente nella Casa di Reclusione di Bollate, che si è resa<br />

disponibile già in fase di progettazione a partecipare a questa sperimentazione con propri dipendenti<br />

interni PCDET- ovviamente volontari e consenzienti)<br />

Questi percorsi sperimentali di rientro onorevole costituiranno la base di partenza di cases studies, e<br />

strettamente connessi alla parte dedicata alla ricerca.<br />

L'approccio è stato integrato e bi-direzionale, attribuendo pari dignità alle 2 aree d'azione: la prima fornisce gli<br />

attrezzi di lavoro, la seconda si caratterizza nella messa in azione che fornirà nuovi spunti per progettazioni ed<br />

interventi futuri.<br />

Destinatari del progetto: Detenuti con decreto di espulsione o che vogliano rientrare nel paese d'origine.<br />

ONG e Istituzioni, a vario titolo, interessate ed operanti nell'ambito della popolazione straniera e delle azioni di<br />

rimpatrio volontario e di reinserimento socio - lavorativo di immigrati.<br />

Territori coinvolti: il progetto concentra le sue attività di indagine a Milano e avendo come fuoco le regioni<br />

maggiormente rappresentate delle comunità Tunisine, Rumene e Peruviane presenti in Italia.<br />

5


Da dove muove il progetto ODISSEO<br />

Qualche cifra sulle presenze, e sugli stranieri, in carcere<br />

PRESENTI al 31.12.2006<br />

Tipo Istituto Donne Uomini Totale Nr. Istituti<br />

CASE DI RECLUSIONE 37<br />

Condannati 108 4.642 4.750<br />

Imputati 34 1.077 1.111<br />

Internati 5 131 136<br />

Totale 147 5.850 5.997<br />

CASE CIRCONDARIALI 160<br />

Condannati 487 10.116 10.603<br />

Imputati 947 20.030 20.977<br />

Internati 6 22 28<br />

Totale 1.440 30.168 31.608<br />

ISTITUTI PER LE MISURE DI SICUREZZA 8<br />

Condannati 7 108 115<br />

Imputati 9 48 57<br />

Internati 67 1.161 1.228<br />

Totale 83 1.317 1.400<br />

Totale generale 1.670 37.335 39.005 205<br />

Presenze e Capienze Regione Lombardia distribuite per istituto, tipo, posizione giuridica e sesso al<br />

31/12/2006<br />

ISTITUTO TIPO CAPIENZA<br />

REGOLAMENTARE<br />

DETENUTI<br />

PRESENTI<br />

POSIZIONE GIURIDICA<br />

IMPUTATI CONDANNATI INTERNATI<br />

D U Tot D U Tot D U Tot D U Tot D U Tot<br />

BERGAMO CC 22 188 210 15 303 318 9 189 198 6 114 120 0 0 0<br />

BRESCIA "CANTON<br />

MONBELLO"<br />

CC 0 206 206 0 340 340 0 288 288 0 52 52 0 0 0<br />

BRESCIA "VERZIANO" CR 35 36 71 23 43 66 15 10 25 8 33 41 0 0 0<br />

BUSTO ARSIZIO CC 0 167 167 0 312 312 0 243 243 0 69 69 0 0 0<br />

CASTIGLIONE DELLE<br />

STIVIERE<br />

OPG 77 116 193 83 140 223 9 2 11 7 6 13 67 132 199<br />

COMO CC 50 371 421 20 315 335 14 183 197 6 132 138 0 0 0<br />

CREMONA CC 0 196 196 0 194 194 0 123 123 0 71 71 0 0 0<br />

LECCO CC 0 54 54 0 43 43 0 33 33 0 10 10 0 0 0<br />

LODI CC 0 57 57 0 56 56 0 42 42 0 14 14 0 0 0<br />

MANTOVA CC 23 96 119 8 129 137 4 100 104 4 29 33 0 0 0<br />

MONZA CC 71 349 420 86 505 591 57 363 420 29 142 171 0 0 0<br />

MILANO "SAN<br />

VITTORE"<br />

CC 63 604 667 102 1.000 1.102 72 879 951 30 121 151 0 0 0<br />

OPERA "I C.R." CR 45 832 877 42 1.074 1.116 2 255 257 40 819 859 0 0 0<br />

BOLLATE "II C.R." CR 0 919 919 0 710 710 0 292 292 0 418 418 0 0 0<br />

PAVIA CC 0 244 244 0 313 313 0 177 177 0 136 136 0 0 0<br />

SONDRIO CC 0 27 27 0 23 23 0 15 15 0 8 8 0 0 0<br />

VARESE CC 0 53 53 0 74 74 0 52 52 0 22 22 0 0 0<br />

VIGEVANO CC 56 180 236 65 240 305 32 147 179 33 93 126 0 0 0<br />

VOGHERA "N.C." CC 0 158 158 0 195 195 0 84 84 0 111 111 0 0 0<br />

Totale regione 19 442 4.853 5.295 444 6.009 6.453<br />

Fonte: D.A.P - SEZIONE STATISTICA<br />

214 3.477 3.691 163 2.400 2.563 67 132 199<br />

6


PERCENTUALI DI STRANIERI PER NAZIONALITA’PRESENTI NELLE CARCERI ITALIANE<br />

al 31/12/2006<br />

Popolazione detenuta straniera in Lombardia al 31-12-2006<br />

EUROPA AFRICA ASIA AMERICA ALTRO<br />

UE Ex Alba Roma Altri Tunisia Maro Alge Altri Medio Altri Nord Centro Sud Totale<br />

Jugos nia nia Paesi<br />

cco ria paesi oriente paesi<br />

lavia<br />

Europa<br />

Africa<br />

Asia<br />

475<br />

145<br />

382<br />

97<br />

234<br />

794<br />

134<br />

60<br />

267<br />

Da questi dati si rileva che su tutti gli Istituti penitenziari della Lombardia la presenza degli stranieri, anche<br />

dopo il provvedimento di Indulto del 31/7/2006, è ancora molto alta: infatti su 6.453 presenti 3.806 sono<br />

stranieri, ben oltre la metà.<br />

A tale scopo, per completezza di informazioni, si accenna a qualche cifra che riguarda il provvedimento di<br />

Indulto in Lombardia: infatti a fine dicembre erano 3.254 i detenuti che negli Istituti penitenziari lombardi (su<br />

una popolazione complessiva vicina alle 9000 unità) hanno beneficiato dell’indulto.<br />

Si tratta di 3.049 uomini (1757 italiani, 1292 stranieri) e 205 donne (90 italiane e 115 straniere).<br />

Di questi, 245 sono già rientrati negli istituti di pena (144 uomini stranieri, 96 italiani e 5 donne), la gran parte<br />

dei reingressi non dipende dall’aver commesso altri reati cosiddetti penali, ma spesso sono stranieri che dopo<br />

l’indulto hanno avuto il decreto di espulsione e non hanno ottemperato a tale ingiunzione.<br />

Questo è il panorama del sistema carcerario in Italia, ma affinché il quadro sia più chiaro occorre riferirsi alla<br />

legge sull’immigrazione n°189/2002, meglio nota coma Legge Bossi-Fini, che ha reso più stringenti i parametri<br />

tramite cui è possibile rimanere in territorio italiano, legando la permanenza regolare ad un contratto di lavoro;<br />

per questo motivo il permesso di soggiorno ha le vesti di un vero e proprio contratto di soggiorno.<br />

Sull’espulsione: dal momento che il legislatore ha posto tra i suoi scopi principali la lotta alla clandestinità ha<br />

reso più facili le espulsioni, anche se una successiva modificazione nel mese di novembre 2004 ha reso<br />

necessario un giudizio di convalida da parte del Giudice di Pace per tutti coloro che abbiano ricevuto un<br />

provvedimento di espulsione (Decreto legge n. 241/2004).<br />

46<br />

136<br />

4<br />

52<br />

230<br />

8<br />

3.806<br />

7


La Normativa di riferimento 6<br />

A) I principi generali contenuti nell’ordinamento penitenziario e nel DPR230/2000; la disciplina delle espulsioni.<br />

Nell’art. 1 dell’Ordinamento Penitenziario sono enunciati i principi generali concernenti il trattamento<br />

penitenziario. Al comma 1 si legge: ”il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve<br />

assicurare il rispetto della dignità della persona”, prosegue poi il comma 2, “il trattamento è improntato ad<br />

un’assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza, e condizioni economiche e<br />

sociali, ad opinioni politiche ed a credenze religiose”. L’art. 35 del D.P.R. n. 230/2000 (Regolamento recante<br />

norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà personale), rubricato<br />

“Detenuti ed internati stranieri”, recita così: ”nell’esecuzione delle misure privative della libertà nei confronti di<br />

cittadini stranieri, si deve tenere conto delle loro difficoltà linguistiche e delle differenze culturali. Devono<br />

essere favorite possibilità di contatto con le autorità consolari del loro Paese. Deve essere, inoltre, favorito<br />

l’intervento di operatori di mediazione culturale, anche attraverso convenzioni con gli enti locali o con<br />

organizzazioni di volontariato”.<br />

Aldilà della normativa relativa agli stranieri contenuta nell’ordinamento penitenziario e nel DPR230/00 sopra<br />

menzionata, per gli stranieri in carcere ha una diretta rilevanza la normativa relativa alla espulsione dal<br />

territorio italiano.<br />

L’espulsione dello straniero c.d. extracomunitario può essere disposta:<br />

1) dall’autorità giudiziaria a titolo di misura di sicurezza ai sensi dell’art.235 c.p., quando lo straniero sia<br />

condannato alla reclusione per un tempo non inferiore ai 10 anni; ancora, ai sensi dell’art.312 c.p., quando<br />

lo straniero sia condannato ad una pena detentiva per uno dei delitti contemplati dal Titolo I del c.p.; infine,<br />

l’art.15 del T.U. Immigrazione stabilisce che il giudice può ordinare l’espulsione dello straniero che sia<br />

condannato per taluno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del c.p.p., sempre che risulti socialmente<br />

pericoloso<br />

2) dall’autorità giudiziaria a titolo di sanzione sostitutiva (art.16 T.U. Immigrazione). Presupposti: a)<br />

condanna o applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. in relazione ad un reato non colposo; b)<br />

l’irrogazione di una pena detentiva entro il limite di due anni; c) la sussistenza di una delle situazioni<br />

legittimanti l’espulsione amministrativa ex art.13, comma 2 T.U. Immigrazione (vedi oltre); d)<br />

l’insussistenza delle condizioni per la sospensione condizionale della pena.<br />

3) dal Magistrato di Sorveglianza a titolo di sanzione alternativa alla detenzione (art.16 T.U. Immigrazione)<br />

quando lo straniero si trova in talune delle situazioni legittimanti l’espulsione amministrativa ex art.13,<br />

comma 2 T.U. Immigrazione (vedi oltre) e che deve scontare una pena detentiva, anche residua, non<br />

superiore ai due anni<br />

4) dal Prefetto a titolo di sanzione amministrativa ai sensi dell’ art.13, comma 2 T.U. Immigrazione:<br />

“L'espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero: a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi<br />

ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'articolo 10; b) si è trattenuto nel territorio dello<br />

Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da<br />

forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da<br />

più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo; c) appartiene a taluna delle categorie indicate<br />

nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto<br />

1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della<br />

legge 13 settembre 1982, n. 646.”<br />

5) Dal Ministro dell’Interno a titolo di sanzione amministrativa per motivi di ordine pubblico o di sicurezza<br />

dello Stato (art.13, comma 1 T.U. Immigrazione).<br />

B) Misure alternative alla detenzione e lavoro all’esterno ex art.21 O.P. La condizione dei cittadini stranieri in<br />

esecuzione pena è emersa autonomamente in riferimento ai condannati ammessi alle misure alternative alla<br />

detenzione. Due sono le domande principali alle quali rispondere: come disciplinare la presenza sul territorio<br />

nazionale di stranieri detenuti, privi di permesso di soggiorno o con un titolo scaduto e non rinnovato, al<br />

momento in cui gli stessi sono ammessi all'affidamento in prova, al lavoro esterno o ad altra misura alternativa<br />

prevista dalla legge; se optare o meno per la convertibilità del permesso di soggiorno per motivi di giustizia<br />

6 estratto da www.tsd.unifi.it/altrodir/<br />

8


(che riguarda sia chi è in attesa di un giudizio sia chi deve scontare la condanna definitiva comminata) in<br />

permesso di soggiorno per lavoro subordinato, nell'ipotesi di ammissione a una misura alternativa che implichi<br />

lo svolgimento di attività lavorativa.<br />

Su entrambi i punti si è pronunciata la circolare del 2 dicembre 2000, Ministero degli Interni, che ha ratificato<br />

come legittima la permanenza in territorio italiano dei detenuti ammessi alle misure alternative, stante<br />

l'espressa definizione della relativa ordinanza del Magistrato di Sorveglianza come un'autorizzazione in questo<br />

senso, e ha escluso la convertibilità fra i diversi titoli di soggiorno, che comporterebbe un necessario raffronto<br />

con le quote dei flussi d'ingresso programmati annualmente. La circolare ritiene, invece, legittimata l'attività<br />

lavorativa degli ammessi alle misure alternative sulla base della sola ordinanza del Magistrato di Sorveglianza.<br />

[…]La circolare n° 27 del 15 marzo 1993, Ministero del Lavoro - Direzione generale per l’impiego […] indica in<br />

modo puntuale i vari passaggi della procedura di avviamento al lavoro dei detenuti extracomunitari sprovvisti<br />

di permesso di soggiorno, realizzabile grazie a un apposito atto rilasciato dagli uffici provinciali e valido solo<br />

fino al termine della misura alternativa. Nello stesso senso vanno la circolare del 12 aprile 1999, Dipartimento<br />

Amministrazione Penitenziaria, e la lettera circolare 0444878 del 14 gennaio 2002, sempre proveniente dal<br />

D.A.P. Con la prima si precisa che, ai fini del rilascio del codice fiscale ai detenuti e agli internati<br />

extracomunitari, non occorre il possesso del permesso di soggiorno e che la mancanza di un valido<br />

documento può essere superata con la presentazione della richiesta di codice fiscale da parte del direttore<br />

dell’Istituto penitenziario o di un suo delegato. Con la seconda circolare viene eliminato ogni dubbio residuo<br />

circa la sussistenza del diritto agli assegni familiari per i detenuti extracomunitari lavoranti. Qualora vi siano<br />

incertezze sui dati riguardanti gli eventuali familiari a carico dei lavoratori detenuti, spetta alla competente<br />

amministrazione contattare i rispettivi consolati per effettuare le necessarie verifiche.<br />

Sull’immigrazione irregolare e i rimpatri 7<br />

I respingimenti. La polizia di frontiera è abilitata a disporre il respingimento degli stranieri che si presentano ai<br />

valichi di frontiera senza i necessari requisiti, quali documenti validi, visto d’ingresso, documentazione idonea<br />

a comprovare lo scopo del soggiorno e l’effettiva disponibilità di adeguati mezzi di sussistenza. La maggiore<br />

facilità ed economicità di contrastare gli irregolari alle frontiere tramite il respingimento fa sì che proprio<br />

attraverso questo strumento si sia realizzato un consistente numero di allontanamenti, seppure diminuito<br />

rispetto all’inizio del 2000.<br />

I respingimenti sono stati 48.437 nel 1999, 42.221 nel 2000, 41.058 nel 2001, 43.795 nel 2002, 27.397 nel<br />

2003, 24.528 nel 2004 e 23.878 nel 2005. La ragione della dimensione dei respingimenti è dovuta al fatto che<br />

gli immigrati di molte nazioni (quelle dell’Est Europa) sono stati esentati dal visto per motivi turistici e che<br />

quindi più agevolmente hanno potuto attraversare le frontiere. La frontiera terrestre è stata quella più implicata<br />

nei respingimenti, seguita dalla marittima. Gli sbarchi sono stati 20.143 nel 2001, 23.719 nel 2002, 14.331 nel<br />

2003, 13.635 nel 2004 e 22.939 nel 2005; questa notevole ripresa degli sbarchi in Italia è dovuta alle più<br />

severe condizioni di controllo a Ceuta e Melilla.<br />

Le espulsioni. Se ai respingimenti può essere attribuito un ruolo di prevenzione dell’immigrazione irregolare,<br />

le espulsioni rimangono i provvedimenti giudiziari o amministrativi attraverso cui si contrasta la presenza<br />

irregolare riscontrata sul territorio: in diverse fattispecie le espulsioni avvengono con accompagnamento<br />

coattivo alla frontiera e risultano perciò molto costose rispetto agli allontanamenti.<br />

Dal 2004 le espulsioni sono aumentate perché la legge 189/2002 ha incrementato le espulsioni coattive e<br />

ridotto i casi di applicazione delle intimazioni.<br />

Si riscontrano delle differenze per nazioni di origine. L’incidenza delle espulsioni è alta, confrontata con la<br />

rispettiva presenza irregolare, nei confronti degli immigrati provenienti da realtà geografiche molto distanti,<br />

7 tratto da: Immigrazione irregolare in Italia/Irregular Migration in Italy a cura di IDOS - Punto Nazionale di<br />

Contatto dell’European Migration Network (EMN) in collaborazione con il Dossier Statistico Immigrazione<br />

Caritas/Migrantes e con il supporto del Ministero dell’Interno. I dati relativi al 2005 sono stati forniti dalla Direzione<br />

Centrale Immigrazione e Polizia di Frontiera del Dipartimento Pubblica Sicurezza – Ministero dell’Interno. Da una<br />

ricerca sulla presenza irregolare nei diversi Stati membri promossa dalla Commissione Europea come supporto del<br />

programma“European Migration Network”. Roma, 27 giugno 2006<br />

9


come alcuni paesi dell’Africa subsahariana e del Medio ed Estremo Oriente, ma anche di marocchini, tunisini,<br />

ucraini e romeni.<br />

Non sempre l’espulsione avviene in maniera coatta. I non ottemperanti ai provvedimenti di espulsione sono<br />

quelle persone che, pur avendo ricevuto un provvedimento di intimazione all’espulsione o un ordine, da parte<br />

del questore, di lasciare il territorio dello Stato (entro 5 giorni dalla dimissione da un centro di permanenza),<br />

non hanno tuttavia dato esecuzione all’intimazione e si sono illegittimamente trattenuti in Italia. Nel 2005 si è<br />

trattato di 65.617 persone ed è così avvenuto che per la prima volta dal 1999 le persone allontanate sono<br />

risultate di meno rispetto a quelle che hanno avuto un provvedimento di espulsione.<br />

I rimpatri. A seguito dei provvedimenti di espulsione vengono predisposti, laddove l’immigrato irregolare non<br />

abbia ottemperato all’intimazione di lasciare l’Italia, i cosiddetti “rimpatri assistiti” ovvero l’accompagnamento<br />

del cittadino straniero verso il proprio paese d’origine.<br />

La politica dei rimpatri assistiti ha potuto esplicare tutta la sua efficacia solo a seguito della stipula di accordi<br />

bilaterali tra Italia e paesi di origine dei migranti. Gli accordi in questione prevedono una collaborazione<br />

bilaterale per contrastare i flussi irregolari, attraverso il coinvolgimento nelle misure di rimpatrio dei paesi di<br />

partenza e l’attribuzione a loro favore nei decreti di programmazione dei flussi di quote preferenziali di<br />

lavoratori ammessi ad entrare in Italia.<br />

L’Italia ha firmato 27 intese bilaterali in tema di riammissione, di cui 21 già in vigore. Contatti in materia sono<br />

stati avviati con numerosi altri paesi. Dei predetti 27 accordi:<br />

• 13 sono stati stipulati con paesi dell’UE (Austria, Cipro, Estonia, Francia, Grecia, Lettonia, Lituania,<br />

Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Ungheria);<br />

• 2 sono stati stipulati con paesi candidati (Bulgaria e Romania);<br />

• 12 riguardano paesi non-UE (Albania, Algeria, Croazia, Macedonia, Georgia, Marocco, Moldavia,<br />

Nigeria, Sri Lanka, Svizzera, Tunisia e Serbia-Montenegro).<br />

Le persone effettivamente espulse o rimpatriate sono state 23.955 nel 1999, 23.836 nel 2000, 34.390 nel<br />

2001, 44706 nel 2002, 37.756 nel 2003, 35.437 nel 2004 e 26.985 nel 2005, così ripartite: 16.690 espulsioni<br />

eseguite, e 10.295 riammissioni in forza degli appositi accordi.<br />

Per il terzo anno consecutivo, e in maniera consistente, è diminuito il numero delle persone rimpatriate, il che<br />

attesta i limiti delle strategie di contrasto. Le persone destinatarie di un provvedimento di espulsione, al quale<br />

non hanno ottemperato, sono state 40.489 nel 1999, 64.734 nel 2000, 58.207 nel 2001, 61.282 nel 2002,<br />

40.586 nel 2003, 45.697 nel 2004 e, come ricordato, 65.617 nel 2005.<br />

Oltre al rimpatrio assistito è previsto anche il “rimpatrio volontario assistito” caratterizzato dalla volontarietà e<br />

dall’assistenza che viene offerta a chi desidera tornare nel proprio paese.<br />

In nessun caso il rimpatrio volontario può avere luogo a seguito di un decreto di espulsione o di respingimento.<br />

L’assistenza al rimpatrio volontario consiste in un supporto concesso agli interessati dal momento in cui<br />

prendono la decisione di tornare, sino al loro arrivo nel paese di origine.<br />

Non si dispone di dati al riguardo se non per alcune esperienze pilota che hanno riguardato il reinserimento<br />

produttivo in patria di donne sfruttate ai fini sessuali (art. 18 del Dlg. 286/1998 consente il rilascio di un<br />

permesso temporaneo di soggiorno per motivi di protezione alle vittime del traffico di esseri umani)<br />

Trattenimenti presso i Centri di permanenza temporanea. Le persone transitate nei Centri di Permanenza<br />

Temporanea (CPT) sono state 13.863 nel 2003, 15.647 nel 2004 e 16.163 nel 2005. Nel 2004 le persone<br />

rimpatriate hanno inciso intorno al 50% sul totale dei trattenuti e non è pertanto significativamente aumentata,<br />

salvo che in alcuni CPT, la capacità di procedere all’effettivo allontanamento degli irregolari dopo il periodo di<br />

trattenimento.<br />

I costi del contrasto all’immigrazione irregolare. Secondo quanto riferisce la Corte dei Conti, il contrasto<br />

dell’immigrazione irregolare nel 2004 è costato all’Italia complessivamente 115.467.000 euro (circa 316 mila<br />

euro al giorno), un importo rilevante tanto più se paragonato all’ammontare totale destinato nello stesso anno<br />

a livello centrale a progetti di integrazione e assistenza agli immigrati (29 milioni di euro).<br />

10


Irregolarità e mercato del lavoro nero. L’attività di vigilanza sarebbe di per sé un deterrente tutt’altro che<br />

trascurabile per contrastare l’area del lavoro sommerso e sfruttato, che coinvolge un gran numero di irregolari,<br />

ma risulta di fatto insufficiente, specialmente in realtà produttive a notevole dispersione come l’agricoltura o<br />

eccessivamente frammentate come il settore della collaborazione familiare, come anche nel commercio e<br />

nelle piccole imprese. Il settore agricolo, in prevalenza stagionale, è uno degli ambiti di lavoro che assorbono<br />

maggiormente la manodopera immigrata irregolare e per questo è stato oggetto di una ricerca realizzata nel<br />

2004 dall’associazione umanitaria Medici Senza Frontiere (MSF), attraverso visite e interviste a 770 persone,<br />

hanno evidenziato condizioni di trattamento veramente disumane.<br />

Le visite ispettive vengono svolte su tutto il territorio nazionale dall’INPS, dall’INAIL e dal Nucleo Ispettivo dei<br />

Carabinieri presso il Ministero del Lavoro. Queste ultime nel 2005 hanno riguardato 24.555 aziende. All’interno<br />

di queste uno straniero su quattro non ha potuto dimostrare un rapporto di lavoro in regola e il 12,9% è<br />

risultato privo di permesso di soggiorno.<br />

Quanto alla tipologia del lavoro nero, nel Sud, a causa della disoccupazione diffusa, le infrazioni assumono un<br />

carattere più strutturale (aziende mai registrate, aziende fantasma). Nel Nord, invece, l’economia sommersa<br />

cerca di assumere facciate solo apparentemente regolari (ad esempio contratti fittizi di collaborazione<br />

coordinata e continuativa) o forme di lavoro subordinato fatte passare come autonomo (doppio lavoro,<br />

occultamento di ore lavorative).<br />

Date queste premesse risulta quanto mai difficile innestare circuiti virtuosi di sostegno alla legalità, che vede<br />

nel lavoro uno dei mezzi principali, in quanto esso, oltre che essere importante strumento per la realizzazione<br />

di sé, costituisce un fattore che influisce positivamente sui processi di inserimento sociale. Il lavoro in carcere<br />

e per gli ex-detenuti stranieri è merce rara, malgrado alcuni provvedimenti come la Circolare Ministeriale del<br />

’93 che ha permesso di fornire tutti gli stranieri in carcere di codice fiscale. Agli ostacoli burocratici e legislativi,<br />

ai problemi derivanti dalle caratteristiche socio-anagrafiche del target di riferimento, ovvero soggetti con livelli<br />

di istruzione bassi e quindi con poche risorse spendibili sul territorio, si aggiungono i problemi derivanti dai<br />

vincoli sociali e dai pregiudizi. In sintesi ci troviamo di fronte ad una popolazione che per i motivi sopra citati<br />

viene inserita in percentuale residuale nei pochi progetti di formazione e lavoro, malgrado la nostra<br />

Costituzione all’articolo 3 stabilisce che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla<br />

legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e<br />

sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto<br />

la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”<br />

Anche in Italia quindi è giunto il momento di studiare, progettare ed indagare al meglio queste situazioni,<br />

interrogandoci, senza pregiudizi, sulle reali vie percorribili per rientri assistiti caratterizzati anche da un efficace<br />

reinserimento socio-lavorativo.<br />

Crediamo che in Lombardia essendo una regione che è sempre stata molto sensibile ed inclusiva al problema<br />

migratorio, sia giunto il momento di farsi carico anche del problema dei detenuti stranieri con decreto di<br />

espulsione, seppur in via sperimentale, tenendo conto delle risorse disponibili: in quest’ottica abbiamo<br />

progettato e realizzato ODISSEO - Progetto per il rientro onorevole, e di seguito si presentato i risultati di:<br />

• La ricerca<br />

• la progettazione e sperimentazione di due percorsi di rientro assistito di soggetti in espiazione pena<br />

nella Seconda Casa di Reclusione di Milano Bollate, che volontariamente hanno voluto sottoporsi a<br />

questo percorso.<br />

11


PREMESSA METODOLOGICA ALLA RICERCA<br />

I passaggi metodologici che hanno portato alla realizzazione della ricerca sono stati:<br />

1. L’individuazione del numero di nazioni extra Unione Europea da coinvolgere nella ricerca. Per giungere a<br />

questa decisione il processo attivato è stato:<br />

a) La realizzazione di un’analisi preliminare della portata della ricerca che ha preso in considerazione:<br />

• i dati forniti dall’Ufficio stranieri della Polizia di Stato relativi alle espulsione effettuate in un<br />

semestre, dati indicanti i numeri delle persone espulse suddivise per nazionalità;<br />

• i dati forniti dal PRAP e dalle educatrici della seconda Casa di Reclusione di Bollate e della Casa<br />

Circondariale S. Vittore relativi al numero dei detenuti stranieri presenti negli Istituti Penitenziari di<br />

Opera, Bollate e S. Vittore suddivisi per nazionalità<br />

b) Il vaglio delle risorse umane ed economiche disponibili per realizzare la ricerca<br />

c) La messa a punto dell’ipotesi operativa relativa al numero delle nazioni su cui era possibile effettuare<br />

la ricerca<br />

Gli esiti di questa analisi preliminare hanno portato alla decisione di realizzare la ricerca su 3 paesi extra<br />

Unione Europea.<br />

2. L’individuazione delle specifiche nazioni su cui effettuare la ricerca. Per prendere questa decisione ci si è<br />

basati su:<br />

a) i dati forniti dall’Ufficio stranieri della Polizia di Stato relativi alle espulsione effettuate in un semestre,<br />

dati indicanti i numeri delle persone espulse suddivise per nazionalità e i dati forniti dal P.R.A.P., dalla<br />

seconda Casa di Reclusione di Bollate e dalla Casa Circondariale S. Vittore relativi al numero di<br />

detenuti stranieri presenti negli Istituti Penitenziari di Opera, Bollate e S. Vittore suddivisi per<br />

nazionalità<br />

b) le informazioni reperite sono state confrontate con una riflessione in merito alla scelta di differenziare<br />

piuttosto che di omologare le aree geografiche su cui concentrare la ricerca.<br />

La valutazione fatta ha considerato più funzionale differenziare le aree geografiche su cui concentrare la<br />

ricerca, in modo da avere la possibilità di verificare:<br />

• se diverse condizioni socio–economiche e geo-politiche potessero risultare variabili determinanti nella<br />

valutazione di fattibilità di interventi di rientro volontario assistito di persone detenute che, una volta<br />

scontata la pena, hanno ricevuto il decreto di espulsione<br />

• se diversi contesti determinassero la necessità di impostare i progetti di rientro onorevole sulla base di<br />

modalità specifiche, che tenessero conto di aspetti propri dell’area territoriale presa in esame.<br />

Sulla base dei dati reperiti e delle riflessioni realizzate sono stati scelti come paesi su cui focalizzare la<br />

ricerca Perù, Tunisia e Romania.<br />

3. L’individuazione delle fonti attraverso cui realizzare la ricerca. Tale scelta si è basata su:<br />

a) La valutazione della tipologia di informazioni indispensabili per poter verificare la fattibilità dei progetti<br />

di rientro onorevole e le modalità operative di realizzazione<br />

b) L’analisi di quali soggetti ed istituzioni potessero possedere le informazioni necessarie per produrre i<br />

risultati attesi dalla ricerca.<br />

12


La tipologia delle informazioni necessarie individuate sono state:<br />

• AREA LEGALE: presenza di accordi bilaterali, modalità operative del rimpatrio, normative favorenti od<br />

ostacolanti l’inserimento lavorativo per rimpatriati e per persone con esperienza di detenzione,<br />

aggiornamento dei certificati penali con condanne ricevute all’estero e uso dei certificati penali per la<br />

ricerca del lavoro.<br />

• AREA SOCIO – ANTROPOLOGICA: processi migratori, presenza aree di povertà, accoglienza di<br />

fronte ad un rientro forzato, conoscenza dei percorsi di rientro forzato, accoglienza di persone con<br />

un’esperienza detentiva, tipologie di reato commesse nella nazione presa in esame, esistenza di reati<br />

sopportati, localizzazione dei possibili inserimenti lavorativi nella nazione considerata, tipologia di<br />

lavoro e professionalità competitive, costo della vita.<br />

• AREA DELLE BUONE PRASSI: disponibilità alla solidarietà, esistenza di progetti di reinserimento<br />

lavorativo per rimpatriati e per ex detenuti, buone prassi di tali percorsi, possibilità e funzionalità per i<br />

progetti del coinvolgimento di enti istituzionali e di organizzazioni del privato sociale.<br />

Le fonti in possesso di tali informazioni sono state valutate essere:<br />

• Attori istituzionali: funzionari pubblici di Ambasciate, Consolati, Questura, e CPT<br />

• Organizzazioni del Terzo Settore operanti nell’area Stranieri e della Cooperazione internazionale<br />

• Organizzazioni pubbliche che si occupano di Cooperazione Internazionale, Commercio Estero e<br />

Camere di Commercio<br />

• Popolazione straniera proveniente dalle nazioni prese in esame dalla ricerca e regolarmente immigrati<br />

in Italia<br />

• Popolazione detenuta appartenente alle nazioni considerate dalla ricerca<br />

4. L’impostazione della prima bozza di intervista semi strutturata<br />

5. La verifica della prima bozza dell’intervista tramite:<br />

a) l’individuazione di persone competenti su ciascuno dei paesi focus della ricerca<br />

b) La scelta è ricaduta su: un magistrato del Tribunale del lavoro competente in materia penale della<br />

Romania, una cooperante competente del Perù, una docente universitaria competente di Tunisia.<br />

c) La messa in prova dell’intervista sottoponendola agli esperti sopra indicati<br />

Sono stati organizzati singoli incontri con ciascuno degli esperti individuati a cui è stata presentata la<br />

ricerca e sottoposta la prima bozza dell’intervista.<br />

Questa azione ha permesso di avviare una riflessione comune che ha consentito di correggere<br />

imprecisioni e di integrare aspetti mancanti portando alla stesura definitiva dell’intervista semi strutturata<br />

da sottoporre alle fonti individuate.<br />

6. La messa a punto della modalità di ricerca dei soggetti appartenenti alle fonti individuate.<br />

Sono stati usati strumenti quali: l’indagine su documentazione pubblicata relativamente al tema degli<br />

stranieri, dei rimpatri e di percorsi di rientro con accompagnamento, l’indagine su internet, l’attivazione<br />

degli esperti impiegati nella fase 5., il confronto con operatori del settore pubblico e del privato sociale.<br />

7. Avvio della fase di contatto con i potenziali intervistati.<br />

Il contatto è avvenuto telefonicamente, via e-mail e con l’invio di lettere di richiesta ufficiale per<br />

l’effettuazione dell’intervista via posta e fax. E’ stata prodotta una presentazione del progetto – ricerca che<br />

è stata fatta pervenire ai potenziali intervistati.<br />

8. Creazione della griglia per il riversamento dei dati provenienti dalle interviste<br />

13


9. La realizzazione delle interviste è avvenuta tramite:<br />

• Appuntamento con i singoli intervistati<br />

• La registrazione dell’intervista<br />

• Il riversamento dei dati raccolti sulla griglia appositamente creata<br />

10. L’analisi dei dati contenuti nella griglia e la definizione degli aspetti ritenuti significativi per la ricerca<br />

11. La scelta della modalità di presentazione del report finale<br />

12. La creazione del report finale<br />

I punti critici incontrati sono stati:<br />

• La fase 2. dei passaggi metodologici che hanno portato alla messa a punto e alla realizzazione della<br />

ricerca è stata compiuta a febbraio – marzo 2006. In quel periodo non avevamo informazioni relative alla<br />

possibilità che la Romania sarebbe entrata nell’Unione Europea a gennaio 2007. Rispetto all’area<br />

balcanica, in base ai dati in nostro possesso sul numero degli espulsi e sul numero dei detenuti, le nazioni<br />

che presentavano un particolare interesse per il progetto Odisseo erano la Romania e l’Albania. La scelta<br />

si è concretizzata sulla Romania a causa della sua maggiore stabilità socio – economica e della minore<br />

presenza di criminalità e di fenomeni legati all’illegalità. L’ingresso della Romania nell’Unione Europea ha<br />

comportato che i cittadini rumeni siano diventati cittadini comunitari. Dal punto di vista normativo tale<br />

cambiamento di condizione ha effetti significativi relativamente alla possibilità di emettere decreti di<br />

espulsione, perché i cittadini rumeni, in quanto comunitari, sono diventati praticamente inespellibili. La<br />

ricerca si è perciò occupata, a differenza dell’ipotesi originaria, di due nazioni extra Unione Europea, Perù<br />

e Tunisia, e di una nazione neo - comunitaria. Tale cambiamento ha presentato alcuni elementi<br />

interessanti, non previsti in fase di progettazione della ricerca, riguardanti l’approfondimento dello status<br />

delle persone ex detenute appartenenti a nazioni neo – comunitarie.<br />

• Durante la fase 3., relativamente all’individuazione delle fonti con informazioni di interesse per il progetto<br />

Odisseo, è emerso che i cittadini stranieri residenti nei loro stessi paesi d’origine, avrebbero potuto<br />

costituire una risorsa informativa particolarmente preziosa per la messa a fuoco degli aspetti socio –<br />

antropologici. Abbiamo dovuto rinunciare a sondare tale fonte poiché non avevamo previsto risorse<br />

economiche adeguate né per recarci direttamente nelle nazioni interessate dalla ricerca ed effettuare in<br />

loco delle interviste, né per impiegare mediatori o traduttori che avrebbero potuto individuare persone nel<br />

loro stesso paese d’origine per intervistarle anche a distanza.<br />

• La mancanza di disponibilità da parte dei funzionari delle Camere di Commercio e del Commercio Estero<br />

all’essere intervistati. La scelta di questa fonte era avvenuta nella fase 3. e nessuno aveva ipotizzato una<br />

tale indisponibilità. La difficoltà rilevata è stata l’incomprensione, da parte dei soggetti a cui ci siamo rivolti,<br />

del valore che avrebbero avuto per la ricerca le informazioni da loro fornite. L’impressione è stata che<br />

considerino gli aspetti commerciali come rigidamente separati dagli interventi di carattere sociale. Tale<br />

conclusione è da tenere presente per una eventuale creazione di rete che coinvolga anche questi attori,<br />

poiché è indispensabile prevedere una preliminare azione di sensibilizzazione ed informazione rispetto ai<br />

progetti di rientro volontario onorevole volta a stimolare la loro partecipazione e chiarire il loro specifico<br />

ruolo all’interno della rete.<br />

• Rispetto alla tipologia d’informazioni necessarie per la ricerca e alle fonti che avrebbero potuto fornirle<br />

(fase 3.) l’Area delle buone prassi ha dovuto confrontarsi col fatto che praticamente non esistono progetti<br />

sperimentati e realizzati di rientro onorevole per ex detenuti. Abbiamo quindi raccolto indicazioni<br />

14


elativamente alle buone prassi dei progetti di cooperazione internazionale e le abbiamo traslate<br />

sull’ipotesi progettuale di rientri onorevoli per ex detenuti.<br />

• In fase progettuale non abbiamo pensato ad una restituzione dei risultati ottenuti con la ricerca alle fonti<br />

informative che hanno permesso di raggiungere tali risultati, cioè le persone che si sono fatte intervistare.<br />

Abbiamo intenzione di programmare un incontro di restituzione non solo per dare un compimento al<br />

percorso a cui gli intervistati hanno partecipato e perché in taluni casi ci è stato espressamente richiesto,<br />

ma anche perché risulta essere un’azione per sondare il terreno della costruzione di reti intorno al progetto<br />

Odisseo.<br />

Punti di attenzione individuati:<br />

• Nella fase 10. di analisi dei dati emersi dalle interviste è stato rilevato il fenomeno del self report, ossia<br />

l’errore metodologico secondo cui la persona intervistata fornisce proiezioni personali piuttosto che la<br />

descrizione della realtà. Ciò avviene prevalentemente in attori istituzionali e rappresentanti di un potere e<br />

tale fenomeno viene determinato dal fatto che questi soggetti hanno la necessità del controllo<br />

dell’immagine, così che tendono a sostituire alla realtà una visione personale costruita sulla base della<br />

proiezione auspicata.<br />

15


INTERVISTE<br />

IL PERÙ<br />

Interviste realizzate con:<br />

FONTE: gruppo di controllo<br />

A. mediatrice culturale<br />

B. mediatrice culturale<br />

C. cittadino peruviano con regolare permesso di soggiorno<br />

D. cittadina peruviana senza permesso di soggiorno<br />

FONTE: detenuti<br />

E. Detenuto alla seconda Casa di Reclusione di Bollate<br />

F. Detenuta alla Casa Circondariale di S. Vittore<br />

G. Detenuta alla Casa Circondariale di S. Vittore<br />

FONTE: istituzionale<br />

H. Console aggiunto Perù<br />

I. Croce Rossa Italiana<br />

J. Cooperazione decentrata Comune di Milano<br />

K. Cooperazione internazionale Regione Lombardia<br />

L. Ufficio stranieri Polizia di Stato<br />

FONTE: cooperazione internazionale<br />

M. Cooperante con esperienza nei barrios di Lima<br />

N. Cooperante di ASPEM (associazione solidarietà paesi emergenti)<br />

O. Avvocato della Defensoria del pueblo 8 che collabora con ASPEM a Lima<br />

P. Cooperante Mani Tese<br />

Q. Caritas Ambrosiana<br />

8 La Defensoría del Pueblo è un organo costituzionale autonomo previsto dalla Costituzione del 1993. La sua mission consiste nel<br />

proteggere i diritti costituzionali e fondamentali della persona e della comunità, supervisionare la realizzazione dei doveri<br />

dell’amministrazione pubblica e la prestazione dei servizi pubblici alla cittadinanza.<br />

Titolare dell’istituzione è la Defensora del Pueblo, che la rappresenta e dirige. Viene eletta con il voto di almeno due terzi del<br />

Congresso della Repubblica, e il suo mandato dura cinque anni. Gode di inviolabilità, non risponde a livello civile ne penale alle<br />

raccomandazioni, segnalazioni, opinioni e indicazioni che emette nell’esercizio delle sue funzioni. Inoltre può operare in assoluta<br />

indipendenza nelle sue funzioni. È regolamentata dalla Costituzione stessa e dalla Legge Organica.<br />

La Defensoría non svolge funzioni penali o fiscali e non si sostituisce ad alcuna altra autorità. Non detta sentenze, non impone multe<br />

né sanzioni; le sue opinioni o manifestazioni di volontà non costituiscono atti amministrativi o giurisdizionali con effetto coercitivo.<br />

La realizzazione delle raccomandazioni o indicazioni che emette si basa sulla persuasione, attraverso la quale si cerca di formare<br />

coscienza nei poteri pubblici sul fatto che tali indicazioni debbano essere soggette alla legalità e al rispetto dei diritti dei cittadini.<br />

(http://www.ombudsman.gob.pe/defensoria.html)<br />

16


DOMANDE AREA LEGALE<br />

DOMANDA 1 Esiste una normativa di accordo tra lo Stato italiano e la sua nazione che regola il rientro forzato?<br />

Se sì, spiegare le regole degli accordi.<br />

A. Che io sappia non esiste<br />

B. Che io sappia no<br />

H. No<br />

L. Non lo so perché dipendono dal ministero degli esteri, certamente è più semplice con l’Albania dove abbiamo<br />

forze di polizia nostre per la formazione e l'istruzione, c'è una collaborazione massima con la Romania, c'è stato<br />

con la Bulgaria e non potrebbe essere altrimenti per chi fa istanza di entrare in Europa.<br />

O. Non mi risulta che esistano accordi tra Italia e Perù, o anche convenzioni locali che sostengano il reinserimento in<br />

Perù di peruviani ex detenuti o che abbiano avuto una sanzione in Italia (o in qualsiasi altro paese). Ci fu in alcuni<br />

casi l’intervento del capo dell’Istituto Penitenziario Peruviano, quando si venne a conoscenza di maltrattamenti<br />

perpetrati a detenuti peruviani in Cile e in Bolivia.<br />

DOMANDA 2 Come la sua nazione accoglie i soggetti rimpatriati? Spiegare, se esistono, le normative che definiscono<br />

delle condotte a cui i rimpatriati devono adempiere o le prassi consolidate a cui si attengono.<br />

A. Non c’è attenzione ai bisogni della persona, per esempio di dare alla persona una possibilità di stabilità<br />

economica e lavoro. A livello di servizi sociali non c'è aiuto. Noi peruviani non siamo sviluppati come voi, non c'è<br />

quella preoccupazione per la persona, per farla reinserire.<br />

B. Non se ne occupano, rientrano nel territorio nazionale normalmente e le persone continuano a fare la propria vita.<br />

Non c'è nessun passaggio di tipo istituzionale; mi è capitato di vedere persone che sono state espulse e quando<br />

sono ritornate in Perù è stato come se non fosse successo niente.<br />

C. Se l’espulsione è dovuta ad un reato grave la persona viene fermata dalla polizia che si informa sui motivi<br />

dell'espulsione. Questa persona verrà processata. I reati non gravi sono il furto (di auto o nel supermercato). Se<br />

viene espulso solo perché era irregolare, allora è un peruviano pulito e non gli viene fatto niente, è libero.<br />

D. Quando sbarcano dall'aereo vanno a casa, senza controlli né altro.<br />

H. Non c’è una condizione speciale per chi viene espulso. Molti espulsi tornano nel giro di pochi mesi, perché hanno<br />

una vita in Italia, con una loro famiglia. Ho conosciuto famiglie composte da più di 100 persone che vivono in<br />

Italia.<br />

L. Procedure che riguardano lo straniero che esce dal carcere per fine pena o per applicazione della pena<br />

sostitutiva: l'intervento della Questura si concretizza essenzialmente nell'espulsione (è il Prefetto che espelle, il<br />

Questore si limita ad eseguire il decreto del Prefetto nelle tre forme previste: accompagnamento alla frontiera<br />

immediato, trattenimento nel CPT, oppure ordine di lasciare il paese in 5 giorni). Per quelli che escono dal<br />

carcere, essendo persone che commettono reati, c'è sempre trattenimento al CPT, perché comporterebbe<br />

problemi rispetto al controllo sociale consegnare l'invito a una persona appena uscita dal carcere che potrebbe,<br />

per qualsiasi motivo, il giorno dopo commette un nuovo reato. Quindi preferiamo trattenerli al CPT in modo da<br />

essere sicuri di poterli accompagnare fisicamente alla frontiera. Nel caso in cui non hanno documenti, dopo 60<br />

giorni, come spesso avviene, vengono muniti dell'ordine del Questore di lasciare il paese entro 5 giorni e lasciati<br />

liberi. Non sono chiuse le vie al rilascio del permesso di soggiorno per gli stranieri che hanno subito una<br />

condanna, questo accade sempre quando sono coniugi di cittadini italiani o genitori di cittadini italiani, che<br />

acquistano lo status di inespellibili. In questi casi richiediamo la convivenza, si chiama il coniuge richiedendo<br />

l’autocertificazione della convivenza e alla persona straniera verrà dato un permesso per famiglia, che potrà<br />

essere convertito in lavoro.<br />

Art 16 della legge Bossi Fini prevede che si possa presentare istanza al giudice per ottenere di sostituire il carcere<br />

con il rientro nel paese d'origine quando la pena è sotto i 2 anni. Viene chiamato provvedimento deflattivo per<br />

sfoltire le carceri. Una volta che viene concessa l’applicazione dell'art.16, tale situazione viene trasmessa in<br />

Questura e la persona verrà accompagnata nel paese d’origine nel tempo necessario a trovare il biglietto per il<br />

rimpatrio. L'accompagnamento al paese d'origine è obbligatorio, non è come l'espulso normale, perciò se non c'è<br />

il passaporto non si può richiedere la pena alternativa. La richiesta può venire da chi ha un'identità certa o dai<br />

paesi i cui consolati sono disposti a riconoscere l'identità dei loro cittadini. Una volta arrivati nella loro nazione<br />

sono liberi.<br />

I reati ostativi al permanere nell'area Shenghen sono il 380 e 381, quelli che prevedono l'arresto obbligatorio in<br />

fragranza e l'arresto facoltativo, in più i reati sessuali, pedofilia, immigrazione clandestina, sfruttamento della<br />

prostituzione.<br />

Se una persona espulsa vuole rientrare ha la possibilità di richiedere il nulla osta speciale al rientro, la sanatoria<br />

non lo può aiutare perché, anche se cambia nome, ha depositato le impronte e viene subito individuato. Questo<br />

per voi significa che potete fare rientri onorevoli, offrire un'occasione nel paese d'origine, e se la persona non ce la<br />

fa a rimanere nel paese d'origine, piuttosto che rientrare clandestinamente (che non gli conviene perché ormai<br />

con le impronte non si sfugge più), appena maturano i termini potete farvi carico del deposito dell’istanza presso<br />

17


l'ambasciata. Dopo di che sulla legge sull'immigrazione non si può mai dare niente per scontato, perché è una<br />

legge modernissima, più volte modificata, plasmata da sentenze del TAR, della Corte di Cassazione e dei giudici<br />

ordinari, perciò non si può escludere nessun tipo di ulteriore modifica.<br />

Per sostenere le spese di rimpatrio c'è un capitolo in Prefettura. Per le espulsioni con l'art. 16 il biglietto viene<br />

automaticamente pagato. Se una persona è detenuta e vuole rientrare nel suo paese d’origine (alle condizioni di<br />

cui sopra) ha il diritto al rientro pagato.<br />

Q. Quello che succede è sostanzialmente che il consolato identifica la persona e deve rilasciargli un documento di<br />

viaggio. Nel momento in cui la persona passa la frontiera sul passaporto o sul documento di viaggio verrà messo<br />

il timbro da parte delle autorità di frontiera italiane di uscita dal territorio italiano. Questo perchè da quella data<br />

decorrono i 10 anni di divieto di reingresso in Italia. Prima erano 5 anni, la legge Bossi - Fini li ha aumentati a 10.<br />

Bisogna tener conto che generalmente quando viene fatto il rimpatrio le persone non vengono avvisate<br />

dell’imminente partenza, quindi si ritrovano nella situazione in cui i poliziotti li prelevano di mattina presto, li<br />

portano in aeroporto e li caricano sull'aereo scortati a seconda appunto della nazionalità del gruppo che deve<br />

essere rimpatriato. Queste persone possono immaginare che quell'aereo li riporti a casa, ma nessuno gli<br />

comunica niente. Questo per evitare problemi di sicurezza e di ordine all'interno del centro di permanenza<br />

temporanea. Una volta che sbarcano dall'aereo non sappiamo cosa accada.<br />

R. Non lo so perché come IOM non ci occupiamo del rimpatrio forzato, noi ci occupiamo solamente del rimpatrio<br />

volontario ed assistito. Siamo contro le espulsioni e non partecipiamo a questo tipo di rimpatrio.<br />

Quando il rimpatrio è assistito si tratta di rimpatri volontari. Noi assistiamo le persone dall’Italia fino alla<br />

destinazione finale e alla reintegrazione nel paese d'origine. Ci occupiamo di aiutare la persona a prendere una<br />

decisione consapevole per il rimpatrio usando il counselling, che la persona ottenga un documento di viaggio<br />

presso la sua Ambasciata nel caso in cui non ha il passaporto, di organizzare il viaggio, di fornirgli il visto di<br />

transito, di fornirgli assistenza in aeroporto a Roma e nel paese d'origine (perché abbiamo i nostri uffici) e di<br />

aiutarlo ad ottenere la reintegrazione (dipende da progetto a progetto) sempre attraverso la nostra rete nei paese<br />

d'origine.<br />

DOMANDA 3 Esistono, nella sua nazione, delle normative che favoriscono l’integrazione lavorativa dei soggetti<br />

rimpatriati?<br />

Se sì, spiegare la normativa.<br />

B. No, non c'è una legge<br />

C. No, l'aiuto viene dato da amici o famigliari<br />

D. Che io sappia non c'è una legge, non c'è proprio niente.<br />

H. No<br />

Q. Non esistono. Almeno le persone che abbiamo incontrato nuovamente perché sono tornate in Italia dopo un<br />

rimpatrio dicono che gran parte di loro cerca comunque di ritornare in Italia perché al loro paese di origine non<br />

hanno la possibilità di trovare lavoro, non hanno più nessuno avendo lasciato il paese da tanto tempo. Per cui<br />

presumibilmente vengono lasciati al loro destino.<br />

Mi viene in mente che il consolato del Perù, ad esempio, investe molto sui cittadini stranieri residenti all'estero,<br />

ovviamente perché ci sono molte rimesse, ma non investe niente sulle persone irregolari, se non agevolazioni<br />

durante i periodi di regolarizzazione con il rilascio dei documenti di identità piuttosto che altro.<br />

DOMANDA 4 Esistono, nella sua nazione, delle normative che ostacolano l’inserimento lavorativo dei soggetti<br />

rimpatriati?<br />

B. No, non credo che esistano<br />

C. No.<br />

H. No<br />

M. Se esiste non so. Faccio un paradosso: non è che non esista il divieto di sosta, se qualcuno parcheggia davanti al<br />

mio garage, quella persona è in divieto di sosta. Posso pretendere che i vigili vengano a portare via la macchina a<br />

Bergamo o a Milano. In Perù il problema è che non viene in mente a nessuno di chiamare i vigili, perché i vigili<br />

come entità sono lontani dalla loro realtà. Nella situazione descritta sopra, la prima cosa che uno fa è chiamare il<br />

vicino che magari è un po' più influente, per sua popolarità o per il fatto che in passato è stato un dirigente<br />

apprezzato ect. Il vicino ha voce in capito, individua di chi è l’auto, cerca il proprietario, gli chiede di spostare<br />

l’auto, quello la sposta. Oppure per far spostare la macchina si va dal dirigente protestando per il parcheggio in<br />

divieto di sosta.<br />

Magari la legislazione c'è, ma per la mia esperienza è molto più efficace ciò che viene ritenuto regola di<br />

convivenza della specifica comunità. Le comunità non sono isolate tra di loro, ma per il fatto che hanno questo<br />

senso innato di auto organizzarsi (vedi risposta a domanda 18) è l’assemblea che decide il divieto di sosta e, in<br />

questo modo, la regola viene rispettata.<br />

DOMANDA 5 Esistono, nella sua nazione, delle normative che favoriscono od ostacolano l’inserimento lavorativo di<br />

soggetti che hanno ricevuto condanne penali in patria o all’estero?<br />

A. La legge favorisce l'inserimento<br />

B. Là ci sono molte leggi sulla carta, ma in realtà ci sono tante cose che non si avverano, non si compiono. Perché è<br />

un paese talmente grande, c'è molta burocrazia, e molte leggi non vengono applicate. Se anche la legge<br />

18


prevedesse di favorire l'inserimento lavorativo per chi è stato in carcere, comunque tutto dipende dal datore di<br />

lavoro: se gli vuole dare lavoro glielo dà, se non vuole non glielo dà.<br />

H. Sì, ci sono programmi di reinserimento, di formazione – lavoro, sono gestiti a livello istituzionale<br />

O. Mi sembra che non esistano istituzioni private locali che si occupino in modo specifico dell’assistenza post<br />

penitenziaria. Sicuramente esistono alcune ONG che lavorano sulla riabilitazione di ex detenuti che durante la<br />

pena sono stati identificati come consumatori di droghe (ONG: Cedro; Perú Sin Drogas; etc…).<br />

DOMANDA 6 Nella sua nazione, vengono riportate sui certificati penali, rilasciati a suoi connazionali, le condanne<br />

ricevute all’estero?<br />

B. C'è la certificazione dei precedenti penali, che deve essere prodotta quando si richiede il passaporto o quando<br />

servono atti notarili, anche per il lavoro magari chiedono la fedina. Ma non so se vengono riportati anche i reati<br />

commessi all'estero.<br />

C. Se è una cosa grossa (tipo il brasiliano della Vanna Marchi) allora vengono riportati, ma per quelli piccoli è difficile<br />

che vengano riportati<br />

H. Non vengono riportate sul certificato penale le condanne ricevute all’estero.<br />

I. Sul certificato penale italiano viene registrato. Sul certificato penale del paese di origine non so. Bisogna tenere<br />

conto che la maggior parte dei cittadini extra comunitari in carcere hanno degli alias, questo comporta una<br />

difficoltà nell'identificazione. Nel caso il cittadino straniero abbia usato un alias non potrebbe mai avere un<br />

trasporto di informazioni sulla fedina penale del paese di origine. Se il cittadino straniero ha usato il proprio nome<br />

potrebbe esserci questo passaggio di informazioni dalla fedina penale italiana a quella del suo paese, ma è<br />

fantapolitica, nel senso che potrebbe esserci un lavoro da parte dell'Interpool così capillare, e dubito che ciò<br />

accada. A meno che non si tratta di reati che vanno a sfociare nell'internazionale, tipo traffico di armi, traffico di<br />

stupefacenti, terrorismo.<br />

L. Non credo proprio, tant'è vero che per la cittadinanza si richiede il casellario giudiziario del paese di origine. La<br />

banca dati Schengen è una banca dati comune ma per determinati reati: espulsioni, furto d'auto, monete. Non c'è<br />

una replica pari pari della nostra banca dati nei paesi d'origine, ancora si è arrivati a ciò. Soprattutto non sapremo<br />

mai se una persona è pregiudicata nel suo paese d'origine, lo sappiamo se ci fossero segnalazioni dell'Interpool.<br />

C'è un fascicolo nella divisione anticrimine che si chiama “permanendo” che se uno per una volta viene segnalato<br />

per un fatto rimane lì. Certo quando una persona viene espulsa la polizia lo sa, perché la persona arriva<br />

segnalata, scortata, non so che iniziative possono prendere là. So che i cittadini di alcuni paesi temono tantissimo<br />

quello che gli può succedere nel loro paese.<br />

O. La pena comminata all’estero non viene registrata nei precedenti penali della persona in Perù.<br />

Q. Non vengono riportate. Il certificato del casellario dei carichi pendenti italiano riporta tutti procedimenti aperti in<br />

Italia. Per cui per avere questo genere di informazioni si devono fare altre verifiche, con altre procedure. I<br />

certificati rilasciati dai tribunali ordinari sul nostro territorio verificano solo procedimenti in Italia.<br />

Tutte le comunicazioni riguardanti il cittadino straniero vengono inviate al consolato o all'ambasciata che poi<br />

comunica alle proprie autorità, per cui in linea teorica si potrebbe venire a conoscenza delle condanne ricevute in<br />

un paese terzo. Poi non so quanto funzionino le amministrazioni e come funzionino, comunque nel caso che una<br />

persona ha subito delle condanne oppure che ci sono dei procedimenti penali in corso, gli atti vengono notificati<br />

anche ai consolati.<br />

DOMANDA 7 Per poter essere assunti da un datore di lavoro, si devono presentare le certificazioni dei carichi pendenti<br />

e delle fedine penali? E questo costituisce un pregiudizio per i datori di lavoro?<br />

B. Il datore di lavoro lo chiede. Se ci sono reati può essere un problema, a quel punto la cosa procede in base al<br />

criterio del datore di lavoro. Se il datore di lavoro se la sente, vede la persona che gli ispira fiducia, bene;<br />

altrimenti non gli dà lavoro. Ci sono alcuni lavori che le persone che hanno precedenti penali possono fare:<br />

l'ultima volta che sono stata in Perù (l'anno scorso) ho visto che li impiegano in lavori tipo guardie giurate, che<br />

tengono sotto controllo le costruzioni o la sicurezza di un locale. Gli fanno addirittura portare l'arma. Questo<br />

perché ad alcune delle persone che hanno commesso reati viene riconosciuta la capacità di essere svegli, furti,<br />

capaci di riconoscere le persone; per questo li fanno lavorare nella sicurezza.<br />

C. Le ditte grosse o medie lo richiedono, se la fedina penale non è pulita è un ostacolo perché la persona non è<br />

ritenuta sicura.<br />

D. Il datore di lavoro chiede i precedenti penali e se la persona ha precedenti fa fatica a trovare lavoro, spesso non<br />

riesce a trovare lavoro<br />

H. Viene richiesto per quasi tutti i lavori formali. Ma in Perù c’è una bassa percentuale di lavoro formale. Chi è stato<br />

in carcere deve lavorare nel settore informale.<br />

M. Molto del lavoro è in nero, cioè vai nel cantiere quando c'è lavoro e quando ti chiamano. Penso che le persone<br />

siano pagate a giornata e che il fenomeno sia qualcosa di equivalente al caporalato, così come lo conosciamo<br />

noi; lì è in proporzioni veramente devastanti. Chi decide che ha bisogno di 3 operai, va al barrio e ne prende 3.<br />

Finita la giornata gli dà i soldi e domani deciderà come vorrà. Al di là del fatto che la persona non ha un lavoro<br />

fisso, non sa neanche per quanto tempo lavorerà in uno specifico posto, perché glielo dicono di giorno in giorno.<br />

Molti bambini lavorano, i bambini maschi lavorano al mercato facendo il carico - scarico delle merci, oppure<br />

stanno al banco. Quelli più piccoli (4 anni) fanno lavori nel barrio, come per esempio le consegne. Le bambine<br />

19


sostanzialmente vanno in casa a fare le colf. Ci sono alcune che lo fanno a giornata, altre vivono nella casa dei<br />

datori di lavoro. A Cusco c’è il CAIT, si tratta di un'associazione che raccoglie le ragazze, in realtà le bambine,<br />

perché partono dai 4 anni di età, che sono scappate o che l'associazione ha recuperato da case della zona dove<br />

facevano le colf. Le bambine, anche piccolissime, vengono mandate dalla Serra a Cusco per andare a fare questo<br />

lavoro, perché una volta entrate in una casa stanno tutta la vita nella stessa casa. Fanno i mestieri in casa e non<br />

vengono pagate, perché si dà per scontato che il fatto che le lascino vivere in casa e che mangino è già<br />

abbastanza. Il problema è che ci sono episodi di abuso. C'è una mentalità che dà per scontato che nonostante<br />

una bambina abbia 4 o 5 anni, la bambina stira, pulisce, cucina, lavorando 15 - 17 ore al giorno. E' un lavoro da<br />

schiavi mentre chi tiene in casa le bambine si considera un filantropo.<br />

N. Nella maggior parte dei casi, per quanto riguarda il lavoro formale, il sapere di una passata detenzione preclude<br />

qualsiasi possibilità di ottenere un lavoro. La discriminazione è molto forte. Poi può anche dipendere dal tipo di<br />

reato che è stato commesso. Il Perù è un paese molto maschilista per cui, immagino, se il datore di lavoro<br />

maschio ha di fronte una persona che ha commesso un reato che possa diventare un oggetto di vanto, in questo<br />

caso il reato può anche essere sottovalutato. Anche se, per le situazioni che ho conosciuto, la permanenza nelle<br />

carceri peruviane lascia segni fisicamente visibili, per cui l’ex detenuto è anche molto riconoscibile all’esterno, per<br />

il tipo di tatuaggi, dal taglio di capelli; ci tengono molto a riportare sul proprio corpo i segni della vita carceraria. Il<br />

con<strong>testo</strong> lavorativo è fatto per la maggior parte di lavoro informale, la maggior parte della popolazione è o<br />

sottooccupata (lavori senza contratto e lavori occasionali – dal mattino alla sera tipo caporalato, oppure uno si<br />

inventa un lavoretto come andare a vendere le caramelle sull’autobus) o disoccupata. Sapendo che il lavoro<br />

formale a Lima riguarda il 7% della popolazione occupata, sono convinto che il fatto di essere stato in carcere<br />

precluda delle possibilità di lavoro formale. In Perù la popolazione disoccupata è il 7% della popolazione attiva, la<br />

percentuale della popolazione con un contratto formale è del 10 - 15%, il resto della popolazione è sottooccupata<br />

con lavori informali e senza contratto. Questa situazione è determinata dal fatto che il Perù non produce molto,<br />

quindi le occasioni di lavoro formale all’interno dell’industria sono poche. Fuori da Lima la realtà è completamente<br />

rurale, quindi lavoro informale, ciascuno coltiva il suo campo o magari lavora per un proprietario terriero però<br />

sicuramente senza contratto. Lima si è costituita negli ultimi 50 – 60 anni con una crescita velocissima e quindi<br />

l’informalità è ancora la caratteristica principale della città. E’ vero che a Lima ci sono 10.000.000 di abitanti, quasi<br />

la metà della popolazione di tutto il Perù, però l’informalità è fortissima. Lima cresce di 300.000 / 400.000 persone<br />

all’anno per emigrazioni interne. L’informalità è dovuta alla mancanza di leggi adeguate e di punizioni per<br />

l’inosservanza delle leggi, alla corruzione che consente di non applicare o violare le leggi senza rischiare una<br />

pena; tutto questo porta il datore di lavoro a non assumere una persona. In fondo non gli conviene, in questo<br />

modo può lasciare a casa una persona da un giorno all’altro, non pagargli le malattie, sostituire immediatamente<br />

una persone quando vuole, senza rischiare niente.<br />

20


COMMENTI ALLE DOMANDE DELL’AREA LEGALE – PERÙ<br />

Normativa d’accordo tra Italia e Perù<br />

Non esistono accordi di rientro tra Italia e Perù, ciò comporta che un programma di rientro onorevole –<br />

assistito debba prevedere una preliminare intesa tra le organizzazioni italiane che se ne occupano e il<br />

Consolato del Perù. Relativamente all’ottenimento di una intesa con il Consolato c’è da sottolineare che tale<br />

procedura rappresenterebbe un’inversione della linea di tendenza adottata finora dal Consolato medesimo,<br />

caratterizzata da un forte investimento sui cittadini regolarmente inseriti in Italia e da un relativo scarso<br />

interesse nei confronti degli irregolari. Questa condizione è stata da noi stessi percepita nel momento in cui è<br />

avvenuta la richiesta di intervistare un rappresentante del Consolato del Perù, infatti le prime risposte ricevute<br />

esprimevano il non interesse nel prendere in considerazione procedure volte al rientro onorevole,<br />

sottolineando l’assenza di comprensione del significato di un’azione di aiuto a cittadini peruviani per rientrare<br />

in Perù. Durante l’intervista tale percezione è andata stemperandosi; perciò quello che è accaduto fa pensare<br />

alla necessità di un intervento di sensibilizzazione preliminare alla sottoscrizione di un accordo di intesa per i<br />

rientri onorevoli – assistiti.<br />

Aspetti legislativi relativi alle procedure di rientro assistito<br />

Per quanto riguarda la procedura per il rientro onorevole – assistito è bene tenere conto che, nel caso un<br />

cittadino peruviano sia stato espulso perché irregolare, una volta rientrato in Perù è considerato un cittadino<br />

libero, senza sanzioni né procedimenti a suo carico. Questo comporta il fatto che è possibile attivare percorsi<br />

di rientro onorevole per i cittadini peruviani che hanno scontato la pena e hanno ricevuto il decreto di<br />

espulsione, sapendo che non ci saranno difficoltà nel momento dell’ingresso nel paese d’origine. Un’altra<br />

procedura che è possibile mettere in atto è la richiesta della pena alternativa, nel caso la pena da scontare sia<br />

inferiore ai 2 anni, che si concretizza nella presentazione dell’istanza al Giudice per ottenere di sostituire il<br />

carcere con il rientro nel paese d'origine. Nel caso il Giudice dia parere favorevole, la persona viene<br />

accompagnata nel suo paese d’origine e lì viene considerata una persona libera. Condizione necessaria per<br />

attivare tale procedura è che la persona detenuta sia in possesso del passaporto poiché la richiesta di pena<br />

alternativa può venire solo da chi ha un'identità certa o dai cittadini di quei paesi i cui Consolati sono disposti a<br />

riconoscerne l'identità. Perciò anche per poter impiegare questa procedura è indispensabile stabilire accordi di<br />

intesa con il Consolato del Perù.<br />

Legislazione in materia di lavoro<br />

Per quanto riguarda l’esistenza di una normativa che favorisca l’inserimento lavorativo di persone rimpatriate o<br />

ex detenuti le risposte ottenute sono contrastanti, in particolar modo il rappresentante del Consolato del Perù<br />

e persone appartenenti al gruppo di controllo sostengono l’esistenza di una legislazione in materia. Il punto di<br />

attenzione è relativo alla ricorrente affermazione che le leggi esistono sulla carta, ma difficilmente vengono<br />

applicate. Inoltre molte risposte fanno emergere un atteggiamento informale nella convivenza civile, tale per<br />

cui ciascuna comunità (barrio, quartiere) si dota di una propria auto – organizzazione, con regole proprie e<br />

condivise, che risulta essere più efficace, maggiormente conosciuta dagli abitanti del luogo e più rispettata<br />

delle leggi dello Stato. Questo aspetto indica la necessità ed il coinvolgimento delle realtà locali (barrio,<br />

quartieri, municipalità) negli accordi programmatici per i rientri onorevoli, poiché il livello locale pare essere<br />

essenziale per far conoscere e promuovere tra la popolazione i programmi e le iniziative, e quindi diventa<br />

indispensabile per favorire l’inserimento sociale.<br />

I certificati penali pare non costituiscano un problema, per quanto riguarda la possibilità di inserimento<br />

lavorativo, visto che i reati commessi fuori da Perù non vengono riportati sul casellario giudiziario peruviano,<br />

tranne quei reati a rilevanza internazionale (ossia il traffico di armi, il traffico di stupefacenti e il terrorismo). Il<br />

punto d’attenzione riguarda piuttosto l’organizzazione del lavoro peruviana, dove prevale il lavoro informale su<br />

quello formale e anche sulla condizione di disoccupato. E’ indispensabile tenere conto di questo aspetto per la<br />

creazione di qualsiasi inserimento lavorativo per le persone che usufruiscono del progetto di rientro onorevole,<br />

essendo fondamentale sia che la persona abbia un lavoro continuativo sia che non vengano messe in atto<br />

21


forme di discriminazione nei confronti della popolazione peruviana residente che non ha attivato processi<br />

migratori.<br />

E’ interessante notare che le persone detenute intervistate non hanno saputo rispondere a nessuna della<br />

domande dell'area legale, evidenziando una diffusa mancanza di conoscenza rispetto alla legislazione in<br />

materia di immigrazione, ai rapporti diplomatici esistenti tra Perù ed Italia e alla legislazione peruviana in<br />

materia di lavoro. Per quanto riguarda il progetto di rientro onorevole: l’assenza di informazioni da parte della<br />

popolazione detenuta ci indica che bisogna prevedere azioni volte al superamento di tale condizione. Risulta<br />

essere un elemento di riflessione anche per le persone detenute in generale, ossia anche per quello persone<br />

non interessate a progetti di rientro onorevole, visto che l’assenza d’informazioni può essere causa di<br />

comportamenti scorretti e illeciti, che potrebbero essere prevenuti con una semplice azione conoscitiva.<br />

22


DOMANDE AREA ANTROPOLOGICO – CULTURALE<br />

DOMANDA 8 Quali pensa siano le ragioni che hanno spinto suoi connazionali a cercare di emigrare?<br />

A. Sicuramente un bisogno tremendo a livello economico, perché il primo bisogno che ci spinge a emigrare è<br />

l'assenza di lavoro, molte volte non si ha una possibilità di lavoro e se si trova qualcosa non è abbastanza:<br />

semplicemente permette di mangiare, non dà abbastanza soldi. In Perù si vive una condizione di sopravvivenza:<br />

si vive alla giornata e senza sapere se si arriverà a domani.<br />

B. Sicuramente la povertà. Il Perù dopo gli anni '80, con il governo di Fujimori, ha vissuto una crisi economica molto<br />

pesante, tanto che quel governo è stato denominato il Fuji - shock. Sono state introdotte misure economiche che<br />

da un momento all'altro hanno portato ad una crisi molto pesante. Anche se già prima la gente migrava<br />

(soprattutto verso gli Stati Uniti, e successivamente c'è stato il boom della Spagna che è durato un periodo), con<br />

Fujimori c'è stata un'accentuazione della crisi soprattutto nei settori della classe media, che si è impoverita. Molte<br />

persone che stavano abbastanza bene e avevano delle risorse le hanno usate per andare via. Infatti la prima<br />

migrazione verso l'Italia è stata di persone laureate, che lavoravano nelle istituzioni pubbliche, molti avvocati,<br />

insegnanti. Le ultime migrazioni presentano caratteristiche diverse perché riguardano persone che sono riuscite<br />

ad emigrare tramite parenti, tramite il prestiti di soldi, hanno ipotecato le poche cose che avevano, per trovare i<br />

soldi per riuscire a venire. Attualmente il costo per arrivare con un passaporto che non è il tuo si aggira intorno ai<br />

5.000 - 6.000 euro.<br />

Sicuramente la povertà, la mancanza di lavoro, inoltre là in Perù a 25 anni sei già vecchio per lavorare. Abbiamo<br />

una visione dell'essere vecchio diversa che in Italia. In Italia anziano vuole dire 80 anni, in Perù vuol dire avere 60<br />

anni perché l'aspettativa di vita è minore. Il datore di lavoro ricerca persone giovani, soprattutto nei grandi<br />

magazzini (Esselunga) o grandi supermercati (Carrefour) si assumono persone giovanissime, cioè intorno ai 18<br />

anni. A 25 anni già si comincia a fare fatica a trovare lavoro. La popolazione del Perù è prevalentemente giovane.<br />

C. Dipende dalla persona, io ho lasciato il mio paese perché amo l'arte, ero all'università e volevo conoscere le opere<br />

d'arte europee. Qualcuno emigra per cercarsi un futuro, perché in Perù l'economia 5/6 anni fa era un po'<br />

sbilanciata, cioè non era sicura, c'era instabilità. Lo stipendio di un lavoratore o di un impiegato non riusciva a<br />

coprire il bisogno perché c'erano un sacco di spese. Quindi le persone cercavano di uscire per trovare una vita<br />

migliore.<br />

D. Per migliorare la propria situazione, stare un po' meglio, farsi un po' di soldi, migliorare il modo di vivere. Perché la<br />

situazione economica in Perù è caratterizzata dall’assenza di lavoro, e per chi lavora lo stipendio è bassissimo.<br />

E. Per la situazione economica e sociale, in Perù gli stipendi sono più bassi e la vita in Italia è più tranquilla e serena.<br />

In Italia ci sono più possibilità di migliorare la condizione di vita.<br />

F. Non c’è lavoro e lo stipendio è basso.<br />

G. Per lavorare, quello che si guadagna in Italia con un lavoro normale è uguale a quello che guadagna un dottore in<br />

Perù.<br />

H. La situazione economica, l’economia è in crisi.<br />

I. Ho poche notizie sul Perù perché sono poco presenti nel CPT.<br />

J. Le ragioni sono varie, la prima è sempre l'urgenza di miglioramento economico e della propria vita. Inoltre<br />

soprattutto da queste regioni funziona il tam tam del gruppo che è già venuto qua. Non credo che siano percorsi di<br />

emigrazioni strutturati con delle mete chiare di inserimento lavorativo.<br />

N. Le migrazioni verso altri paesi sono strettamente legate alle migrazioni interne che ci sono state negli ultimi 20<br />

anni (soprattutto dal 1980 al 2000). Due situazioni particolari: da una parte la violenza terroristica e la violenza<br />

politica, quindi la guerra interna che ha fatto 70.000 morti in 20 anni. Questa situazione ha prodotto dei movimenti<br />

fortissimi dall’interno, dalle zone rurali alla città e automaticamente questo ha prodotto una riduzione della<br />

possibilità di lavoro all’interno della città e quindi la fuga verso l’estero. Dall’altra parte c’è la questione economica<br />

che si è molto aggravata negli ultimi 20 anni, in particolare dal ’90 al ’95, perché sono state adottate una serie di<br />

misure finanziarie che hanno ridotto il potere d’acquisto di cento volte (il cosiddetto “pacchettasso”, che ha<br />

provocato da un giorno all’altro un’inflazione del 1000 per 1000). Le ragioni dell’emigrazione sono la mancanza di<br />

un’occupazione adeguata e la conoscenza delle condizioni di vita in altri paesi. Vale molto il richiamo da parte di<br />

chi è già emigrato. Il famigliare che è già in Italia, anche se disoccupato o in condizioni di difficoltà, non lo<br />

ammette mai, soprattutto con i parenti. Questo perché spesso la famiglia è compromessa, è impegnata nel<br />

rendere possibile l’emigrazione, quindi la famiglia conta molto su chi è emigrato e, nei primi due anni (periodo in<br />

cui è difficile trovare un lavoro in Italia) non dicono “guardate che ci siamo sbagliati, non è come avevamo pensato<br />

ect", comunque mentono. Questa dinamica, tipicamente peruviana, non facilita il freno all’emigrazione.<br />

La popolazione che si trasferisce a Lima dalle zone interne del paese è in condizioni di estrema povertà, abituata<br />

all’economia basata sull’agricoltura, sulla coltivazione del proprio campo e dell’allevamento delle proprie bestie,<br />

arrivano a Lima senza soldi e senza niente e non potrebbero mai intraprendere un viaggio verso l’Europa ed è<br />

difficile che cadano subito nelle mani di strozzini. E’ una questione proprio famigliare, cioè emigra in Europa chi ha<br />

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già qualcuno della famiglia qui. Invece chi emigra dalla sierra (dalle zone rurali) a Lima non ha parenti che sono<br />

emigrati in Europa, quindi chi arriva a Lima dalle zone rurali si ferma a Lima, almeno per un certo periodo. Anche<br />

perché chi viene dalle zone rurali è più abituato a fare lavori duri, è quindi più disposto a fare lavoracci mal pagati<br />

a Lima, si accontenta di quello. La popolazione che emigra è quella della classe media o medio – alta che negli<br />

ultimi 20 anni è diventata classe media o medio – bassa. Chi emigra all’esterno del Perù ha una famiglia che gli<br />

dà un certo supporto. Il poveraccio che emigra è una caso raro.<br />

Q. Per quanto riguarda il Perù non saprei dire specificamente. Non so i peruviani, ma in genere i sud americani<br />

realizzano le cosiddette catene migratorie, cioè il fatto che la presenza in Italia di parenti emigrati da molti anni,<br />

alcuni con la cittadinanza, comporta il fatto che altri li seguono.<br />

DOMANDA 9 In quali aree della sua nazione sono concentrate sacche di povertà?<br />

A. Non c'è un'area specifica, però sicuramente c'è un'alta percentuale nell'area della migrazione interna. Per<br />

esempio la gente della montagna emigra nella capitale perché in montagna non c'è acqua, luce, c’è poco da<br />

mangiare, si coltivano le patate e si vive solo di quello, quindi la gente è obbligata a migrare nella città. Migra e si<br />

trova in una realtà che non conosce, è senza casa, e si insedia in alcune zone specifiche della periferia di Lima,<br />

sulle colline di sabbia, le case sono di paglia, vivono in condizioni estreme. Spesso i bambini lavorano. Un'altra<br />

zona in cui non c'è possibilità di lavoro è quella del nord (la zona al confine con l’Ecuador), non c'è industria, ci<br />

sono le risorse naturali: il pesce, la farina di pesce, le spiagge. Un'altra molto povera è l'Amazzonia. E' una zona<br />

trascurata perché ancora si abita sugli alberi, con le palafitte, si vive in condizioni di estrema difficoltà.<br />

B. Lima nelle zone di periferia: i quartieri nuovi sono quartieri che nascono anche nella sabbia, avvengono invasione<br />

di terreni che apparentemente non appartengono a nessuno (perché dove c'è la sabbia chi vuoi che ci viva),<br />

allora prendono quel posto e vivono lì. Comincia così piano piano, finché arrivano a costruire facendo le tubature,<br />

però sono loro stessi che si muovono tramite la comunità, tra di loro si aiutano. Nel sud, centro - sud nelle Ande<br />

(Huancavelica e Andahuaylas) c'è povertà estrema, nelle zone rurali.<br />

C. Le Ande, ci sono paesini poveri che a volte non hanno neanche luce né acqua, vivono con l'acqua piovana.<br />

Anche nella Selva, nella zona orientale del Perù (Amazzonas).<br />

D. La zona delle Ande, c'è tanta povertà e fanno tanti figli per ignoranza perché non vanno a scuola. Alcune zone di<br />

Lima, le zone periferiche la gente vive con un tetto di legno, non c'è acqua in casa. Queste zone si chiamano<br />

inserro, che vuol dire dove ci sono le grotte, una zona desertica e desolata.<br />

E. Ci sono aree molto povere, ma non so i nomi<br />

F. Sono tante: Puno, Cusco, Huancayo. Nella stessa Lima ci sono tante zone povere.<br />

G. Il nord, la sierra, la selva.<br />

H. Le Ande. La situazione demografica è che a Lima risiede il 35 – 40 % della popolazione nazionale.<br />

J. Ci sono alcune aree rurali e anche le aree periurbane, per esempio sia i territori andini che le grosse zone intorno<br />

a Lima. Sono aree di estrema povertà, noi abbiamo seguito parecchi progetti nelle barriadas, in cui ci sono<br />

condizioni pesanti.<br />

M. Ti descrivo quello che ho visto arrivando dall'aeroporto. Scendi dall'aereo, esci dall'aeroporto e sei in una<br />

metropoli enorme, perciò dai per scontato che qualsiasi direzione prendi per un po' vedrai solo case. Siamo<br />

arrivati alle 11,30 di sera, sono venuti a prenderci all'aeroporto in macchina, luci notturne, dopo un'ora di costa<br />

(con l'oceano a destra e la metropoli a sinistra) e luci ininterrotte, penso che manchi poco ad uscire da Lima.<br />

Chiedo e mi rispondono che siamo quasi in periferia. Proseguiamo il viaggio in auto e si interrompono le luci alte<br />

delle case e si comincia a vedere qualcosa tipo un presepe, che si perde a vista d'occhio. Di notte non capisci di<br />

cosa si tratti. Alla mattina vedi delle dune ricoperte di materiale marrone che, se guardi bene, ti accorgi che sono<br />

baracche costruite sopra a dune di sabbia. A me sembrava di vedere città alta a Bergamo, prendi città alta, la radi<br />

al suolo e metti camionate e camionate di mattoni a caso, a questo punto hai un effetto simile. Questo territorio è<br />

diventato così negli anni tramite le invasioni, cioè flussi migratori provenienti da tutto il Perù che, per cercare<br />

fortuna, si dirigevano verso la metropoli. Una volta esaurito il posto in città hanno iniziato a fermarsi fuori. Sono<br />

chiamate invasioni perché sono organizzate, cioè gruppi di famiglie o villaggi interi si organizzano e partono<br />

insieme occupando un posto alla periferia di Lima. A ondate si creano queste cinture esterne che si allontanano<br />

sempre di più dalla metropoli, in questo modo si è formato quello che chiamano il cono sur. Le varie<br />

circonferenze, che rappresentano i diversi barrios, vengono chiamati con la data dell'invasione. Alle istituzioni quel<br />

terreno non interessa perché è desertico, nessuno andrà mai a impedirgli di costruire la propria casa. Quando<br />

l'invasione viene fatta da un villaggio o un gruppo di famiglie si portano dietro il proprio tessuto sociale, però<br />

affianco a loro c'è un altro gruppo e così via. Vengono tutti da posti diversi del Perù, dai posti più poveri: dalla<br />

montagne, dalla selva, qualcuno dalle parti del sud.<br />

Ciascun barrios è isolato dall'altro, spesso delimitato da strade, ma all'interno c'è un'eterogeneità culturale<br />

enorme. C'è gente che magari non riesce a comunicare perché parla dialetti diversi. A volte è difficile scambiarsi<br />

le esperienze e creare un tessuto sociale a causa dell'eterogeneità.<br />

N. In termini economici le sacche di povertà sono nelle zone rurali. Il Perù ha queste tre zone: costa, sierra e selva.<br />

Le città principali e più grosse sono sulla costa. La sierra è la zona delle montagne delle Ande peruviane e fino<br />

agli anni ’50 la maggior parte della popolazione viveva qui. Qui si concentra la maggior parte della povertà<br />

economica perché l’economia è basata sull’agricoltura e sull’allevamento. Questo vuol dire non è detto che in<br />

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famiglia gestiscano dei soldi. La zona della selva (o foresta amazzonica) è caratterizzata da povertà estrema a<br />

causa dell’inaccessibilità ai servizi, che magari non esistono neanche. L’economia è basata sul baratto o su altre<br />

forme alternative. Per quanto riguarda Lima le sacche di povertà si concentrano nelle zone immediatamente<br />

adiacenti al centro. Qui si trovano i primi insediamenti urbani, formatisi negli anni ’50 a causa della prima forte<br />

fuga dall’interno del paese dovuta a questioni economiche. I migranti si sono concentrati in questa zona,<br />

soprattutto nei distretti di La Victoria, San Luis e Lagostino, fermandosi su questo territorio per la vicinanza con il<br />

mercato generale della distribuzione di verdura (questo mercato serve tutta la città e offre la possibilità di trovare<br />

lavoro occasionale). Rispetto a questo primo flusso migratorio non c’è stata nessuna pianificazione urbana e<br />

tuttora i quartieri si costituiscono con invasioni. Altre sacche di povertà di Lima sono le zone periferiche, più<br />

povere economicamente di quelle del centro ma in condizioni migliori per quanto riguarda i rapporti sociali, perché<br />

la gente delle invasioni o dei nuovi insediamenti umani crede ancora negli aspetti tipici della sierra, quelli di<br />

solidarietà e di comunità. Mentre chi vive nelle zone centrali, guadagnando un po’ di soldi, sperimenta condizioni<br />

in cui aumentano le differenze e le invidie, per questa ragione le condizioni di vita, intese in termini di vulnerabilità<br />

sociale, sono peggiori per chi vive nelle zone povere del centro.<br />

DOMANDA 10 E da quali aree della sua nazione, a suo giudizio, partono gli emigrati?<br />

A. Soprattutto da Lima, ma chi emigra spesso non è nativo di Lima, piuttosto è emigrato dalla montagna e dal nord,<br />

si trovano a Lima con una realtà difficile e cerca un’alternativa fuori dal paese. Come luoghi di destinazione<br />

dell’emigrazione c'è l'Argentina (adesso non più), la Spagna e gli Stati Uniti, ora anche l'Italia.<br />

B. Adesso l’emigrazione è diffusa su tutto il territorio, all'inizio era prevalentemente da Lima. Negli ultimi anni sono<br />

arrivati da altre regioni. La dimostrazione di ciò è data dal fenomeno del regionalismo che dà identità e possibilità<br />

di unione creando comunità a seconda della regione di provenienza. Per esempio quelli del sud dell'Arequipa<br />

hanno le loro associazioni e comunità in Italia, spesso lo scopo di tali associazioni è quello di festeggiare i santi<br />

patroni peruviani e le feste patronali. Ci sono molti immigrati provenienti dal centro del Perù, cioè da Huancayo.<br />

Ogni gruppo crea la sua comunità, la sua associazione e attraverso l'associazione portano qua i festeggiamenti<br />

che facevano nella loro terra, lo fanno per riportare le proprie feste e tradizioni, per portare qua un pezzo di Perù.<br />

C. Qui io trovo tante persone che provengono dal centro, dal nord e anche dal sud, non c'è una zona particolare da<br />

cui provengono.<br />

Ci sono persone che aiutano i peruviani rimasti in patria, sono persone che se lo possono permettere perché<br />

hanno un bar o una piccola impresa e si mettono insieme in un'associazione in modo da poter inviare in Perù<br />

oggetti utili: libri, quaderni, giocattoli per Natale.<br />

D. Partono da qualsiasi parte del Perù.<br />

E. Vengono da tutto il Perù. Per noi è difficile arrivare in Europa. Per uscire dal Perù ci vuole il visto e questo richiede<br />

una casa, un conto corrente e dei soldi in banca. Allora bisogna procurarsi un passaporto falso e poi passare per<br />

un paese vicino: il Brasile, l’Argentina o l’Ecuador. Ci vogliono circa 2 mesi per arrivare a destinazione. La<br />

destinazione deve essere un paese grande: Francia o Germania, perché lì non ci sono tanti controlli.<br />

F. Da tutto il Perù.<br />

G. Da tutta la nazione.<br />

H. La maggior parte arrivano da Lima, Lima è il luogo di passaggio per tutti, perché è il luogo in cui si fanno i<br />

documenti. Le altre regioni da cui provengono sono: le Ande centrali e Huancayo.<br />

I. La mia impressione è che tutti arrivano a Lima e poi da Lima emigrano.<br />

J. I flussi migratori provengono da luoghi specifici, non sono generalizzati. Non ho informazioni precise sulle aree di<br />

provenienza.<br />

M. Mi sembra difficile che una persona da Iquitos, nella selva, o da Aguascaliente sul Machupicchu emigri<br />

direttamente in Italia. Il viaggio all'estero è la seconda tappa della disperazione, la prima è Lima. Il percorso<br />

potrebbe essere: una persona, nella sua cittadina di origine, vende le mucche, non riesce più tenere il campo, non<br />

ha più soldi e decida di andare a Lima, primo step. A Lima non trova lavora, fa la fame peggio di prima perché non<br />

ha nemmeno il campo di patate perché si trova su un luogo desertico, quindi, se appena ce la fa, emigra. Chi vive<br />

ad Iquitos l'Italia non sa neanche cosa sia, per questo mi sembra strano che arrivino direttamente da lì, mentre mi<br />

sembra più facile che l'Italia sia una seconda tappa del viaggio.<br />

N. Di solito i flussi migratori partono da Lima sia perché è statisticamente più grande e anche perché un passaggio<br />

da Lima viene fatto anche da chi proviene da altre zone del Perù. Passaggio vuol dire un tempo abbastanza<br />

prolungato. Chi viene dalle zone rurali magari non emigra direttamente a Lima, prima passa da una città delle<br />

zone interne del paese e poi va a Lima. Anche perché spesso si muovono a piedi, non avendo i soldi per pagare il<br />

mezzo di trasporto.<br />

DOMANDA 11 Dal suo punto di vista, nel progetto migratorio i suoi concittadini prevedono di ritornare in patria dopo<br />

alcuni anni, con i guadagni accumulati, e costruirsi una nuova attività, o desiderano solo andarsene?<br />

B. Tutti quelli che partono pensano di tornare, è difficile trovare qualcuno che dica "io rimango", tutti in genere si<br />

prefissano delle date per tornare (un anno, due anni). Faccio i soldi poi torno. Invece si trovano a vivere una<br />

situazione più facile in Italia, dove anche con poco si riesce a sopravvivere, viceversa in Perù non ha più<br />

opportunità perché ormai il lavoro lo ha perso, è già grande di età, allora non ce la fa a tornare. Ho visto persone<br />

che hanno provato a tornare e sono rientrate in Italia nel giro di un anno, dicendo che era impossibile. Anche se<br />

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svolgono attività autonome, non riescono e tornano in Italia. Non riescono perché sono abituati a vivere in un<br />

mondo dove c'è più accesso a tante cose che nel proprio paese non ci sono, è più facile trovare anche lavoro in<br />

Italia. Ormai si sono fatti un'idea del benessere, di quello che vuol dire alimentarsi bene, vivere bene, certo con<br />

quello che uno riesce a guadagnare. Quando tornano in Perù fanno il paragone. Con uno stipendio in Perù non è<br />

possibile avere oggetti ed abbigliamento come in Italia. Lo stipendio in Perù basta soltanto per mangiare. Invece<br />

in Italia lavorando, anche se non guadagni molto, riesci a organizzarti, a dividere. Si sono abituati all'idea del<br />

benessere occidentale e non riescono a riambientarsi in Perù, quindi tornano in Italia.<br />

C. Il 60% ritorna, perché è difficile che un sud americano si abitui alla vita quotidiana di un europeo. Pur stando in<br />

Italia, manteniamo la nostra cultura e le nostre abitudini, per esempio i pic-nic nei parchi. Risparmiamo soldi per<br />

poter comprare una casa e un'attività in Perù. Anch'io tornerò al mio paese a fare la mia vecchiaia, perché devo<br />

andare a morire là.<br />

D. Ci sono entrambe le situazioni, persone che vogliono accumulare un po' di soldi e poi tornare. Però alcuni,<br />

vedendo che la situazione economica in Perù non cambia, anzi peggiora, stanno cercando di aprire un negozio in<br />

Italia con i risparmi accumulati. E un pò alla volta fanno venire i loro famigliari in Italia. Ci sono persone che invece<br />

partono pensando di radicarsi in Italia, come me perché io sono sola in Perù, non ho famigliari.<br />

E. Tutti vogliono fare soldi per tornare, ma ci sono persone che si abituano al sistema di vita italiano e rimangono.<br />

F. Uno viene in Italia solo per lavorare e dopo ritornare in Perù, perché la famiglia è in Perù. Io non voglio tornare in<br />

Perù adesso perché non c’è lavoro e quello che c’è lo pagano poco. Voglio lavorare qui, risparmiare e tornare in<br />

Perù per aprire un negozio all’interno di un mercato grande nel centro di Lima. In Perù ho due figli che studiano da<br />

mantenere. Qui la vita è dura perché sono sola, è molto triste.<br />

G. Qualcuno pensa di far soldi e tornare. C’è qualcuno che rimane qua e porta la famiglia. Perché è diversa la vita<br />

qui e in Perù e dipende da come uno si trova. Per esempio a 13 anni in Perù puoi già essere madre, qui a<br />

quell’età si studia. Allora se una famiglia vuole che sua figlia studi cercherà di portarla qui e di rimanere in Italia. In<br />

Italia si vive più nel lusso.<br />

H. Per lo più rimangono in Italia, molti comprano la casa. Questo perché la situazione del Perù non migliora,<br />

l’economia non cresce.<br />

J. All'inizio del percorso migratorio c'è l'idea di tornare, poi dipende da come va l'inserimento, se questo c'è (ma a<br />

volte anche se non c'è si continua a tentare di restare qua) pensano di rimanere, infatti gli immigrati hanno<br />

comprato casa qua. Quando si parte la spinta del processo migratorio non è quella di pensare di andare a vivere<br />

all'estero per tutta la vita.<br />

N. Finora le situazioni che ho conosciuto direttamente presentano tutte il medesimo modello: “vado 2 anni,<br />

guadagno, ritorno”. Questo pensiero è tipico, così come è tipico che in realtà rimangono in Italia. Non ce la fanno.<br />

Perché o non guadagnano abbastanza oppure guadagnano abbastanza perciò dicono “ma chi me lo fa fare di<br />

tornare”. Il peruviano è legatissimo alle sue radici, ma questo non è detto che porti delle conseguenze<br />

nell’atteggiamento concreto nel quotidiano. In realtà il tradimento nei confronti della patria e nei confronti dei<br />

famigliari è un aspetto molto forte nelle scelte quotidiane che vengono fatte. Questo lo dicono gli stessi peruviani<br />

emigrati. Emigro in Italia con le lacrime agli occhi, ma un dispiacere reale non c’è. Nei primi anni di emigrazione<br />

dal Perù emigrava prima l’uomo e non era detto che manteneva fedeltà alla famiglia, spesso si ritrovava con<br />

un'altra famiglia in Italia. Ho visto che a lungo termine (10 – 15 anni) si rende un po’ più evidente il desiderio di<br />

tornare, si accorgono che gli manca troppo la loro cultura e le loro radici non in termini di nostalgia ma esistenziali<br />

oppure perché tornando hanno più possibilità, perché se una persona ha da parte un po’ di soldi in Perù può<br />

vivere ad una livello dignitoso.<br />

DOMANDA 12 Di fronte ad un rientro forzato, con decreto di espulsione dall’Italia, ritiene che ci sia un’accoglienza<br />

favorevole da parte dei famigliari del rimpatriato?<br />

A. Non credo, non vedo questa come una cosa positiva e gradevole per la persona. Mi immagino che la famiglia<br />

abbia difficoltà a prendersi carico di un'altra persona. Questo perché il fatto che quella persona sia già emigrata<br />

per la famiglia è un sollievo, se ritorna, e in più avendo scontato una pena, non viene accolta molto bene.<br />

B. La vivrebbero come una delusione grande. Io ho visto un caso di espulsione e il padre del ragazzo non glielo ha<br />

perdonato. Il ragazzo è stato espulso perché non aveva i documenti, è tornato subito nel giro di 24 ore, ma suo<br />

padre non lo ha perdonato. Non era colpa del ragazzo però il rapporto col padre si è guastato. Il padre aveva<br />

messo tutte le speranze in questo figlio che dall'Italia avrebbe aiutato la famiglia, per un futuro migliore e tutti i<br />

soldi spesi per realizzare l’emigrazione sono stati buttati via. I parenti la vivono come un fallimento.<br />

C. La famiglia lo accoglierebbe bene perché noi sud americani siamo legati alla nostra famiglia. La famiglia lo<br />

aiuterebbe, gli darebbe una mano cercandogli qualche lavoro.<br />

D. Che possono fare, niente.<br />

E. E’ un dispiacere. La famiglia cerca di aiutarlo per ripartire. La mia situazione è che tutta la mia famiglia principale<br />

è in Italia. In Perù ho visto persone che sono state espulse all’improvviso e senza soldi, e una volta rientrati si<br />

sono accorti che lì tutti si aspettano un regalo e un rientro da glorioso.<br />

F. Tristezza, le famiglie piangono perché non ricevono più le rimesse<br />

G. Bene perché ormai le cose sono fatte. Però per la persona stessa è una grande delusione perché torna senza<br />

neanche 1 euro. Considera che per arrivare in Europa ci voglio 5000 euro.<br />

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I. Credo che venga occultato quello che hanno fatto in Italia, soprattutto se hanno fatto qualcosa di poco chiaro.<br />

Problemi di essere accolti male riguardano solo quelle persone che sanno di avere delle pendenze con la<br />

giustizia, ma ciò non riguarda né la famiglia né gli amici né la comunità di appartenenza. Non ho mai visto atti di<br />

autolesionismo per la paura di rientrare a casa, in famiglia; li ho visti per la paura di dover scontare pene nel<br />

proprio paese d'origine.<br />

M. Non so. Dipende se la famiglia sa qualcosa, se la famiglia sapeva dov'era e cosa faceva. Se la persona non ha<br />

mai comunicato con la famiglia probabilmente un po' di resistenza la troverebbe, perché se non ha mai<br />

comunicato vuol dire che non ha mai mandato soldi e quindi la persona ha abbandonato completamente la<br />

famiglia. Può darsi che si instauri anche una dinamica per cui se non hai mai comunicato né mandato soldi, vuol<br />

dire che l'emigrazione era solo una scusa. Inoltre la famiglia nel frattempo non sarà stata lì ad aspettare, doveva<br />

continuare a viverre e avrà trovato soluzioni alternative. Perciò la persona una volta che rientra, non dico che sia<br />

inutile, ma la famiglia ormai il problema della propria sopravvivenza avrà trovato un modo per risolverlo. E se la<br />

persona non può entrare nella soluzione che la famiglia ha trovato, ammesso che la famiglia voglia farlo entrare,<br />

probabilmente la persona sarebbe di peso.<br />

Se si dovesse fare un progetto per cui l'intervento si limitasse a pagare il viaggio di ritorno ad una persona, penso<br />

che i problemi sarebbero enormi sia economici, sia di vissuto famigliare, sia di vissuto personale.<br />

Bisogna tenere conto anche di questo dato: molti uomini hanno più di una famiglia, anche all'interno dello stesso<br />

barrio. E' come se uno fosse poligamo, però in maniera molto forzata, cioè si crea un circolo vizioso dovuto al<br />

fatto che magari un uomo ha moglie e figli, una notte ubriaco l'uomo si infila in una casa diversa della propria,<br />

l'uomo sta con questa nuova donna per un po' di tempo e nasce un altro figlio. E così via con altre donne. Alcune<br />

storie sono allucinanti, hanno cercato di spiegarmene qualcuna, ma dopo poco io mi perdo nel racconto perché si<br />

creano questi circoli viziosi in un la situazione peggiora progressivamente.<br />

N. Premetto che non conosco situazioni di questo tipo, perciò mi baso sulla conoscenza sociologica del Perù e della<br />

famiglia peruviana. Posso riuscire ad immaginare diverse situazioni in cui le modalità di accoglienza dipendono<br />

anche da come ci si erano separati nel momento della migrazione. Le variabili sono: chi è il famigliare migrato, se<br />

è un figlio giovane magari viene anche accolto volentieri, a braccia aperte, anche dicendo “meno male, per fortuna<br />

che sei tornato”. Non credo che la stessa cosa accada nel momento in cui rientra un capo famiglia maschio,<br />

perché ci si basava molto sulla possibilità che questo mandasse a casa dei soldi. Immagino che ancora più<br />

drammatica è la situazione di un rimpatrio forzato di una donna, se è una mamma con ancora i figlio in Perù<br />

immagino che i figli l’accoglierebbero molto volentieri, invece la famiglia o il contorno (vicini) penso che<br />

sottolineerebbero molto l’aspetto del fallimento.<br />

DOMANDA 13 Di fronte ad un rientro forzato, ritiene che ci sia una qualche forma di accoglienza da parte della cerchia<br />

parentale o dai precedenti amici del rimpatriato?<br />

A. Non credo. Penserebbero che sei andato via, hai avuto la possibilità di migliorare, ma non l'hai fatto. Lo possono<br />

guardare come uno che ha fallito.<br />

B. Lo accoglierebbero.<br />

C. Lo accoglierebbero bene gli amici, non i conoscenti. Gli amici lo aiuterebbero a cercare lavoro nell'ambito in cui la<br />

persona è capace di operare.<br />

D. A loro non interessa.<br />

E. La maggior parte si nasconde, è brutto. Spesso inventano delle scuse.<br />

F. Qualcuno sarebbe triste, qualcuno si burlerebbe di lui perché non ha migliorato la sua situazione, non ha<br />

combinato niente di buono.<br />

G. Lo accoglierebbero bene, ma la maggior parte cerca di tornare.<br />

M. Quello che riesce ad emigrare è considerato il più fortunato del barrio perché ha recuperato i soldi per farlo. Allora<br />

magari nel barrio c'è qualcuno che è veramente amico di questa persona e vorrebbe aiutarlo, però è messo<br />

peggio di lui.<br />

La solidarietà potrebbe esserci in un paese dove tutti sono campesinos, ognuno ha il campo, e uno di loro ha<br />

avuto la sfortuna che gli si è seccato il pozzo o qualche altro accidente e in base a questo decide di andare a<br />

Lima. Se questa persona tornasse nel suo paese, magari i compaesani lo aiuterebbero. Ma se nessuno ha il<br />

campo, se nessuno ha il lavoro, più che offrirgli una birra, non credo sia possibile altro.<br />

N. Quando si tratta di coalizzarsi contro qualcun altro il peruviano è molto forte. Perciò se il peruviano emigrato<br />

rientra forzatamente in Perù e parla dell’Italia e della polizia che l’hanno arrestato o di chi l’ha tradito chi lo ascolta<br />

sarebbe solidale con lui.<br />

DOMANDA 14 La comunità di origine come accoglie un suo concittadino espulso da un’altra nazione?<br />

A. Anche la comunità ha dei pregiudizi, perché purtroppo se si sa che questa persona ha commesso dei reati si<br />

formano dei pregiudizi e questo potrebbe essere un motivo per non aiutarlo ad inserirsi nel lavoro, perché è stato<br />

un delinquente. E se lo era anche prima di andare via, ancora peggio. Tornerebbe a rubare, a delinquere. Perché<br />

troverebbe subito persone che gli direbbero "vieni a rubare con noi". Perché sono tante, e se questa persona<br />

proveniva da una zona depressa, è logico che per bisogno ritorni a delinquere.<br />

B. Sì ti accoglie, però poi parlano sottovoce. "Non ce l'ha fatta, poverino", pensando che è un fallito, che è uno che<br />

ha avuto sfortuna, che non è stato abbastanza furbo per farcela. Dal punto di vista culturale i peruviani sono molto<br />

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attenti a quello che gli altri dicono, ci si preoccupa moltissimo.<br />

C. Si sentirebbero due campane che suonano diversamente: qualcuno può dire che quella persona è stata cacciata<br />

perché ha commesso qualche reato, qualcun altro invece dirà "non sappiamo cosa è successo, perciò se bisogna<br />

dargli una mano, diamogliela". Quello che si pensa è che è difficile che una persona venga mandata via<br />

dall'Europa solo perché è irregolare, perciò se viene mandata via si pensa che abbia fatto qualcosa, qualche<br />

reato. Allora per un poco di tempo (qualche settimana) la gente lo guarderà male, dicendo “non bisogna parlare<br />

con lui perché è cattivo”. Però c'è qualcuno che potrà capire, qualcuno che penserà che lo ha fatto perché spinto<br />

dagli amici. Ci sono persone che capiscono e persone che non capiscono.<br />

D. Non ci sarebbe pregiudizio. Anche se ti fanno tornare indietro per forza, i compaesani non ci possono fare niente.<br />

Come si dice "hai perso, hai perso", e basta.<br />

M. Secondo me la persona preferirebbe rientrare in un barrios diverso da quello da cui era partito, perché in questo<br />

modo non sarebbe costretto a far fronte al fatto che lui è andato via per fare fortuna e torna sconfitto. Tornare<br />

sconfitto nel barrio da cui era partito da Lima, sarebbe comunque una sconfitta relativa perché lì c'è la gente che<br />

l'ha conosciuto quando lui è arrivato a Lima. Immagino che sia ancora più straziante e frustrante il fatto di tornare<br />

addirittura a casa propria. Anche perché da lì la persona mancherebbe da un tempo enorme, quindi tornerebbe<br />

dopo un sacco di tempo e allora o nessuno sa niente e la persona può raccontare qualsiasi cosa, la comunità<br />

quantomeno sa che la persona è stata a Lima perché era partita per Lima, e la persona non sarebbe costretta a<br />

raccontare che è emigrata in Italia e che ha avuto un’esperienza detentiva. In questo modo la persona tornerebbe<br />

a mani vuole, ma non tornerebbe da ex detenuto, mentre tornare da ex detenuto sommerebbe sconfitta a<br />

sconfitta. Certo, se la persona rientra all'interno di un progetto è diverso. Se rientra all'interno di una cooperativa<br />

con un inserimento lavorativo, la comunità lo accetterebbe meglio. Comunque un progetto del genere sarebbe più<br />

difficile da realizzare nella cittadina di origine della persona piuttosto che a Lima.<br />

N. In generale ha la possibilità di reinserirsi nella comunità territoriale o di vicinato o di relazioni. Può essere che a<br />

livello lavorativo venga valorizzato il fatto che ha avuto un’esperienza all’estero. Così come può essere che<br />

prevalga il disprezzo per il fallimento. Credo che dipenda molto dall’elemento caratteriale e attitudinale della<br />

persona, cioè se è una persona che per cui la comunità è contenta che ritorna è un conto, se è una persona che<br />

non era apprezzata dalla comunità allora verrà ancora più esclusa.<br />

O. Non mi risulta che ci sia un sentimento collettivo nei loro confronti; magari rimane circoscritto nell’ambito<br />

famigliare.<br />

P. Bisogna tenere in considerazione che questi soggetti normalmente sono persone che hanno deciso di emigrare<br />

dal loro paese. Quelli che vanno via fanno una scelta molto grossa ed hanno una certa reputazione. Chi va via fa<br />

una scelta individualista, nel senso che sceglie per il loro futuro e, al limite, si preoccupa di far tornare del denaro<br />

sulla loro famiglia o sulla loro comunità ristretta. Solitamente sono persone che hanno come primo obiettivo quello<br />

di migliorare la propria condizione e poi eventualmente quella dei parenti. Mentre chi rimane nel paese e cerca di<br />

lavorare lì per lo sviluppo di quel paese fa la scelta di impegnarsi per la propria comunità e per il proprio paese.<br />

Quindi le persone che se ne vanno hanno la fama che gli interessa innanzitutto organizzarsi la propria vita. Non<br />

c'è niente di disonorevole, però questo riemerge nel momento in cui tornano.<br />

Noi valutiamo la situazione di persone che tornano volontariamente senza i problemi delle persone che dovreste<br />

supportare voi (detenzione), tornano perché hanno deciso di tornare: ci hanno pensato su, considerano la famiglia<br />

una radice importante. Insomma fanno una valutazione dopo un'esperienza che è stata qui più o meno positiva,<br />

in alcuni casi anche molto positiva. Si tratta di persone che fanno una valutazione della loro esperienza all'estero<br />

sapendo di aver fatto molte cose, persone che hanno contatti ancora forti col loro paese e legami importanti, e<br />

quasi per coscienza si dicono che le competenze e risorse acquisite vanno spese per il proprio paese, per lo<br />

sviluppo del proprio paese e per la propria gente.<br />

Da lì nasce l'idea di poter legale progetti di sviluppo dei paesi terzi alle persone che rientrano. Alcune<br />

associazione ed amministrazioni hanno molto lavorato su questo approccio. Per esempio la regione Liguria e<br />

Veneto hanno inserito tra le priorità delle linee di finanziamento per i progetti di cooperazione allo sviluppo quella<br />

di favorire attività di sviluppo che nascano dalla comunità espatriata volte allo sviluppo del paese d’origine. Quindi<br />

questo concetto di inserire come fattore prioritario il rientro degli emigrati che possano essere attori di sviluppo nel<br />

paese d'origine c'è anche in una serie di amministrazioni pubbliche. E' una cosa che a dirla sembra bella e<br />

interessante, fascinosa quantomeno, anche abbastanza partecipata; poi bisogna vedere se si riesce a farla.<br />

DOMANDA 15 Le è capitato di leggere sui quotidiani o di vedere alla televisione, nella sua nazione, situazioni in cui<br />

venivano discriminati o, all’opposto, favorevolmente accettati degli ex-detenuti o dei rimpatriati per il<br />

fallimento di un progetto migratorio?<br />

A. Rimpatriati no, detenuti sì ma in Perù. C'è sempre il pregiudizio rispetto alla persone e poca accettazione.<br />

Vengono discriminati.<br />

B. Le persone che sono state nelle carceri peruviane vengono discriminate, è molto difficile che trovano lavoro (a<br />

parte le occupazioni legate alla sicurezza o i lavori sporchi – vedi risposta a domanda 7). Da noi si riconoscono<br />

subito le persone che sono state in carcere perché hanno i segni. Le carceri peruviane oltrepassano il limite<br />

dell'umano, sono superaffollate, tante persone muoiono, ci sono molti malati di H.I.V., non hanno medicine. Ogni<br />

giorno devi pagare per sopravvivere, per essere protetto da qualcuno, perché altrimenti o ti violentano o ti<br />

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ammazzano. I famigliari devono portare il mangiare. C'è un alto tasso di TBC. E' l'inferno. Queste persone hanno<br />

l'abitudine di marchiarsi il braccio, di farsi delle ferite. Ci sono liti, ci sono i gruppi suddivisi gerarchicamente.<br />

Quando ci sono gli scontri si tagliano. Le persone che sono state in carcere si riconoscono per i segni che<br />

possono portare sul corpo e in faccia. Perché la faccia cambia. Molti li riconoscono e tendono ad allontanarli, ne<br />

hanno paura. Chi è stato in carcere viene molto discriminato. Queste cose le so perché ne parlano i mass media e<br />

internet, in più io ho dei cugini poliziotti che mi hanno raccontato com'è il carcere. Chi entra in carcere è difficile<br />

che esca come prima, è segnato per sempre. Ci sono state anche tante persone innocenti che sono entrate in<br />

carcere, ma la giustizia non arriva mai, sono anni e anni che stanno lì, e a quel punto basta, si è guastata la<br />

persona.<br />

C. Conosco una persona che è stata rimpatriata perché aveva rubato ad una persona anziana. Questa persona era<br />

dispiaciuta perché in Italia stava bene e lavorava, però lui era ambizioso e voleva farsi i soldi dalla sera alla<br />

mattina. Dispiaciuto però troppo tardi, una persona che commette un errore deve pagarlo. Adesso questa persona<br />

lavora in Perù e fa i lavori che gli capitano, imbianchino, muratore, elettricista, giardiniere. Lavorando alla giornata,<br />

senza sicurezza, non ha un lavoro fisso. In Perù è difficile trovare un lavoro buono, dove puoi essere tranquillo.<br />

D. In Perù c'è sempre stata discriminazione nei confronti di chi è stato in carcere, nei confronti dei transessuali e<br />

anche per la razza: i neri o i cioli (= terrone) delle Ande.<br />

E. No<br />

F. La tv ne parla, ma solo come notizia.<br />

G. No<br />

H. No<br />

J. Non credo che se ne parli. L'attenzione è sulla migrazione positiva, sui successi. Tutti i paesi hanno ministeri per i<br />

loro immigrati all'esterno, anche le associazioni migranti che sono qui si stanno sempre più muovendo su discorsi<br />

positivi, della possibilità di investire nel paese d’origine l'esperienza acquisita qui o le risorse economiche.<br />

Sarebbe interessante sondare all'interno delle comunità di emigrati, che si stanno sempre più raggruppando. Per<br />

esempio la comunità peruviana ha appena fatto un incontro in cui hanno eletto un nuovo organismo<br />

rappresentativo di tutte le comunità peruviane, stanno tornando ad essere attivi. Noi ci stiamo incontrando con<br />

loro rispetto al discorso che si aprirà sulle rimesse. Come si sono raggruppate le comunità senegalesi, in passato.<br />

Sarebbe interessante in queste sedi di incontri sottoporre a loro la questione di cosa ne pensano dei fratelli più<br />

sfortunati.<br />

DOMANDA 16 Le è mai capitato di conoscere tra i suoi vicini di casa, nella sua nazione di origine, degli ex-detenuti o dei<br />

rimpatriati? Come vivevano?<br />

A. No<br />

B. No<br />

C. No<br />

D. Sì. Continuano con la loro vita, fanno fatica a trovare lavoro perché hanno precedenti penali.<br />

E. No<br />

F. No<br />

G. No<br />

H. No<br />

I. Secondo me bisogna scindere in due l’ambito: quelli che sono riusciti in Italia a fare le formiche (che hanno<br />

racimolato del denaro) e quindi nel loro paese hanno una prospettiva di vita dignitosa; e quelli che hanno fatto le<br />

cicale e che si trovano ad avere lo stesso identico problema di prima di migrare. Molti, moltissimi, di quelli che<br />

sono venuti a vivere in Europa, una volta che tornano, rimpiangono il modo di vivere europeo, anche gli stessi<br />

mussulmani.<br />

DOMANDA 17 Se il soggetto rimpatriato ha commesso all’estero un reato contro la persona o contro il patrimonio ed ha<br />

subito una pena, come lo accoglie la sua comunità?<br />

A. Non bene.<br />

B. Se non sanno niente, lui non lo direbbe, quindi passa come uno che è arrivato dall'Italia e basta. Io ho sentito di<br />

persone che hanno commesso un reato in Italia e vanno avanti ed indietro dall'Italia al Perù, non so come fanno<br />

anche perché sono illegali, e quando si trovano in Perù non dicono di essere stato in carcere. Tante persone<br />

fanno finta, basta non dirlo e nessuno se ne accorge.<br />

D. Lo tratterebbero in maniera normale.<br />

E. È più brutto.<br />

G. Lo accoglierebbero bene, mia madre preferirebbe che mi deportassero piuttosto che sapermi in galera. Se ci<br />

fosse la possibilità io tornerei in Perù, con un lavoro a tempo pieno che mi faccia guadagnare circa 300 euro al<br />

mese. Vorrei lavorare vicino a casa, nella mia provincia (Trujillo), farei qualsiasi lavoro.<br />

I. Non è detto che la famiglia e la comunità siano a conoscenza di quello che ha fatto in Italia. Quindi è una<br />

questione di relazioni interpersonali. Comunque non è vanto per nessuno aver compromesso la propria e l'altrui<br />

onestà, quindi sicuramente chi rientra lo omette e va tutto in sordina.<br />

J. Dipende dal crimine, una cosa è un omicidio, una cosa è una rapina, una cosa è una truffa.<br />

N. Da una parte può valere il tipo di reato che ha commesso. Per la famiglia è un po’ più difficile accoglierlo perché<br />

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imane un disonore nel momento in cui si sa che il rientro è forzato (per cui non in base alla volontà della persona)<br />

e ha anche commesso qualcosa di sbagliato. In questo caso il peruviano non entrerebbe in merito al giusto o<br />

sbagliato (son d’accordo o non sono d’accordo), piuttosto chi rientra sarebbe visto sotto una cattiva luce per il solo<br />

fatto che all’estero avrebbe dovuto guadagnare soldi che sarebbero serviti anche alla famiglia, mentre la persona<br />

è stata espulsa e la famiglia rimane senza il suo sostegno. Se la persona rientrante è stato in carcere questo<br />

produrrebbe un pettegolezzo che creerebbe emarginazione nei confronti della persona e della famiglia.<br />

O. Per quanto riguarda la percezione sociale nei confronti dell’ex detenuto, se si tratta di una persona che ha vissuto<br />

in un carcere peruviano la reazione della gente è abbastanza rigida: questo è dovuto alla sfiducia generalizzata<br />

nel sistema penitenziario peruviano, e alla certezza, quindi, che la pena non abbia sicuramente agito sul recupero<br />

di chi ha compiuto qualche delitto. Egli, quindi, diventa persona stigmatizzata ed emarginata, con scarsissime<br />

possibilità di reinserimento; è molto frequente trovare ex detenuti sugli autobus a chiedere carità, dato che il<br />

passato in carcere gli impedisce di trovare lavoro. Non ho invece notizie su ciò che succede nel caso di peruviani<br />

ex detenuti ed espulsi (o rimpatriati); forse perché ci sono pochi casi di questo tipo, o perché la gente non viene a<br />

conoscenza della cosa.<br />

DOMANDA 18 A quali condizioni di comportamento si attiva la possibilità di ricevere un aiuto dalla propria comunità e di<br />

essere valutati positivamente?<br />

A. La prima condizione è quella economica. Se la persona che torna avesse una possibilità di lavoro sicuro, sarebbe<br />

più facile per loro inserirsi nella comunità. Visto che per tanti professionisti, persone con lauree e master è difficile<br />

trovare lavoro. Per una persona con un passato pesante è molto più difficile.<br />

B. La comunità vede bene le persone a cui piace lavorare, che ci tengono al lavoro, perché il lavoro in Perù è un<br />

valore molto importante. Una persona viene valutata per quanto lavoro fa, per quanto sgobba. Questa è una cosa<br />

che viene molto ben vista dalla comunità, una persona che si vede che si dà da fare, che è attiva, che è onesta.<br />

C. Se sei educatore, rispettoso degli altri, lavori senza fare male a nessuno, allora sarai una persona rispettata. Se<br />

sei una persona che non dai una mano agli altri, allora pensano di te che sei menefreghista. Non c'è bisogno di<br />

portare l'abito del monaco.<br />

D. Vivere tranquillamente, lavorare, non commettere reati.<br />

E. Se non hai niente, non sei niente.<br />

F. Disposto a lavorare, onesto e grato.<br />

G. Ci aiutiamo perché noi siamo fatti così. Non viene aiutato chi si droga, ruba e beve.<br />

M. Se dovessi rispondere così su due piedi direi che se la persona offre la birra a tutti i suoi amici fa un salto di<br />

popolarità veramente enorme. Questa risposta vale più per la cerchia di persone amiche che per la comunità in<br />

generale.<br />

Pensando al barrio bisogna tenere in considerazione la sua organizzazione sociale. I peruviani hanno innato un<br />

senso dell'organizzazione strepitoso. Per esempio quando c'è un'invasione se il gruppo non è in numero<br />

sufficiente per creare da solo un barrio si mette d'accordo con tutti i gruppi confinanti ed immediatamente<br />

eleggono i dirigenti del barrio. C'è tutta una struttura gerarchica che loro danno per scontata, nel senso che<br />

quando si muove un gruppo di persone ci deve essere il dirigente della comunità ect., che fanno le veci di quella<br />

che sarebbe una normale istituzione del posto. Se una persona vuole discutere qualcosa con uno specifico barrio<br />

deve parlare con una persona specifica, che è riconosciuta dirigente del barrio e lo è perché è stato eletto da tutti<br />

gli abitanti del barrio. Questa modalità li aiuta perché fa sì che non sono completamente allo sbando, ovviamente<br />

dipende da chi hanno come dirigenti ma comunque i dirigenti sono espressione di quelli che abitano su quel<br />

territorio. Il fatto di avere questo tipo di organizzazione fa sì che di per sé c'è una figura astratta che rappresenta il<br />

barrio in cui una persona torna. Perciò i comportamenti indispensabili per entrare in una barrio in una maniera ben<br />

vista sono: contattare subito i dirigenti, presentarsi, spiegare quale è il progetto per cui la persona è tornata.<br />

Ovviamente questo vuol dire che chi si occupa del progetto deve occuparsi delle relazioni e dell'informazione ai<br />

dirigenti. Per la persona il fatto formare di arrivare e contattare subito i dirigenti potrebbe essere una cosa<br />

formalmente e importante, che lo metterebbe in buona luce. Perché andare dal dirigente è come andare in casa di<br />

tutti, siccome questo non lo si può fare, si va dal dirigente, che nell'assemblea periodica informerà il resto della<br />

popolazione.<br />

N. Le situazioni sono diverse. Per esempio ci sono espressioni di solidarietà molto forte che riguardano quasi tutte le<br />

comunità nei casi più estremi, intesi come condizioni di salute. In questi casi la solidarietà passa attraverso<br />

l’organizzazione di attività di quartiere per raccogliere soldi. Già la condizione di disoccupazione, per esempio un<br />

quarantenne licenziato, la solidarietà se la deve guadagnare un po’ di più. Essendo molto forte la discriminazione<br />

nei gruppi sociali in Perù, dipende molto chi è in condizione di bisogno: se è una persona significativa per la<br />

comunità, allora sì; ma se uno è un poveraccio e non conduce una vita sociale molto forte, quindi non ha relazioni<br />

particolari, in questo caso l’espressione di solidarietà è più ridotta. Le persone significative per la comunità sono i<br />

dirigenti popolari o i dirigenti di quartiere, che vengono eletti più o meno democraticamente dal quartiere. Altre<br />

persone che hanno valore sono i medici, il prete, il sindaco, le autorità che in qualche modo possono avere<br />

un’influenza sulla condizione di tutti i giorni. Viene considerato chi ce la fa, cioè chi costruisce un piano in più di<br />

casa o chi dipinge la facciata della casa. Poi dipende perché ci sono dei quartieri in cui viene valorizzata e<br />

considerata la persona che esprime un impegno molto forte nei confronti della comunità, a livello proprio di base<br />

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(occupandosi dei bambini, di comunità cristiana – cioè è un impegno sociale: lavorare con i diversamente abili,<br />

attività con anziani, condurre lotte di quartiere per ottenere l’asfalto delle strade, i marciapiedi, la corrente, l’acqua,<br />

la fogna).<br />

DOMANDA 19 Se il rimpatriato ha fatto parte all’estero di associazioni criminose, come viene accolto dalla sua comunità<br />

di appartenenza?<br />

B. Tutti parlerebbero sottovoce che è un mafioso, ne avrebbero paura, starebbero attenti e lontani.<br />

C. Se la persona rientra in una città grande non si viene a sapere. Se è di un paese piccolo a quel punto lo<br />

vedrebbero male, ci sarebbero chiacchiere. Questa persona non sarà felice a sentire quello che dicono di lui.<br />

D. La comunità lo rifiuterebbe.<br />

I. È un lupo in mezzo ai lupi, questo riguarda il tipo di codice presente nelle carceri, nel senso che ci sono reati gravi<br />

per la dignità (il reato di traffico internazionale di stupefacenti non è considerato così grave come uno stupro, dal<br />

loro punto di vista). Perciò chi ha commesso un reato “normale” viene visto come tutti gli altri, chi ha fatto uno<br />

stupro è considerato in maniera negativa. I reati non sopportati sono lo stupro e la violenza sui minori, è una<br />

percezione generalizzata.<br />

N. Male, perché anche attraverso le campagne mediatiche l’organizzazione criminale viene vista come danno per<br />

tutta le comunità. Un caso particolare è quello dell’organizzazione criminale a sfondo politico perché non è detto<br />

che ci sia una condanna da parte della comunità, fino a 5 – 6 anni fa non ci sarebbe stata una condanna per<br />

riconoscimento in quel movimento.<br />

DOMANDA 20 Quali sono le tipologie di reato che sono più compiute nella sua nazione e con quale intensità di pena<br />

vengono punite?<br />

A. C'è tanta delinquenza, si vedono tanti furti di auto e furti nella strada (scippi).<br />

B. I reati che si commettono di più in Perù sono il furto, la violenza sessuale su donne e bambini, omicidi. La pena è<br />

il carcere, chi riesce a scappare all'interno del paese difficilmente viene preso.<br />

C. Sequestri di persona a scopo di estorsione, rapine in banca, furti ai tir e ai furgoni porta valore, furti nei grossi<br />

supermercati all'ora di chiusura. Questi reati sono puniti col carcere. Ma purtroppo la giustizia non è precisa, a<br />

volte sbaglia. Cioè chi dovrebbe avere una condanna di 30 anni, si trova ad averne 10. Se il reato è di terrorismo,<br />

gli danno una condanna perpetua.<br />

D. Il furto, la violenza sessuale su donne e bambini. Per pochi soldi sono disposti anche a tagliarti la gola. Per il furto<br />

la pena è leggera. Per la violenza sessuale la pena è l'ergastolo.<br />

E. Furto, rubano tutti dal presidente ai dipendenti, ai commercianti. Sulle pene non so, c’è molta corruzione nella<br />

polizia, tra i giudici.<br />

F. C’è di tutto, come qua. Le pene sono dure.<br />

H. Narcotraffico. Questo perché sulla Colombia c’è un grande controllo, per questa ragione i produttori di cocaina<br />

sono migrati in Perù. La pena dipende dal livello di partecipazione. C’è anche molta delinquenza minorile: furti. Se<br />

una persona ruba sotto un certo limite (es. 400 soles) non va in carcere. Non c’è il cumulo.<br />

M. Violenza su donne e bambini. Il problema della pena è che questi reati prima di essere perseguiti dovrebbero<br />

essere denunciati. In un tessuto sociale di quel tipo la denuncia di questo tipo di reato è quasi impossibile.<br />

Bisogna tenere conto che le istituzioni esistono però ci sono zone lasciate molto abbandonate a se stesse. Non so<br />

quanto l'anagrafe sia esistente in quei posti, credo che non si sappia quanti bambini ci siano, molte nascite non<br />

vengono neanche dichiarate (a volte perché non si sa neanche che cognome dare al bambino, a volte non vanno<br />

a dichiararli perché pensano che non ne valga la pena perché è il sesto o settimo figlio). La violenza su donne e<br />

bambini è talmente diffusa che non c'è la cultura della difesa dall'abuso nemmeno all'interno della comunità.<br />

Inoltre culturalmente c'è il fatto che se un uomo picchia sua moglie è come se le dimostrasse che ha un certo<br />

interesse nei cuoi confronti, perché quantomeno si prende la briga di picchiarla invece che non tornare neanche a<br />

casa. La donna che non denuncia l'abuso comunque considera il fatto che quantomeno il marito è presente.<br />

La microcriminalità è molto alta. Girando per il barrio si vedono baracche con le sbarre alle finestre, parlo di<br />

baracche con l'ondulex come tetto e sulla porta un lucchetto, sulle finestre delle sbarre. Allora se si sentono in<br />

dovere di mettere le sbarre vuol dire che c'è la possibilità che senza sbarre uno entri e rubi quelle poche cose che<br />

si possiedono. Secondo me il furto viene denunciato.<br />

N. Delinquenza comune, piccoli furti, piccolo spaccio (anche se il consumo è abbastanza limitato). In generale la<br />

pena in Perù è abbastanza forte, l’incarcerazione è immediata e il percorso verso il processo è abbastanza<br />

veloce. I minori vengono inviati nei carceri per adulti. Nei carceri non ci sono diversificazione dei settori in base al<br />

tipo di pena, tranne nel caso dei reati politici e di terrorismo. L’approccio carcerario è esclusivamente punitivo. Poi<br />

i reati legati alle lesioni nei confronti di persone nei casi di violenze e abusi sessuali e maltrattamento – violenza<br />

su minori e donne. Poi i reati legati alla corruzione ed evasioni fiscali.<br />

DOMANDA 21 Ci sono dei reati che vengono sopportati e non perseguiti nella sua nazione, perché sono compiuti da una<br />

grande quantità di persone o perché vengono ritenuti necessari alla sopravvivenza?<br />

A. Per i furti i ragazzi entrano in carcere per un'ora e dopo vengono lasciati.<br />

B. Il furto viene giudicato con qualche attenuante.<br />

C. Il furto leggero, per esempio se uno ruba una scooter - allora se lo prendono richiedono la restituzione dello<br />

scooter + qualche settimana di carcere. A Lima ci sono gruppi di 3 o 4 persona e rubano i soldi, se chi viene<br />

31


aggredito non dà i soldi viene malmenato e a volte accoltellato. Se le forze dell'ordine riescono a prenderli e a<br />

fargli un processo, la pena è di 3 o 4 mesi.<br />

D. Dare un nome falso, non avere i documenti.<br />

E. Quelli che fanno i governi, e la gente non capisce (in Italia la gente è più attenta a quello che fa il Parlamento, alle<br />

leggi che escono).<br />

H. Furti minori. Le denunce sono inferiori al 40% di tutti i furti compiuti.<br />

J. Probabilmente sì, anche proprio sui diritti.<br />

DOMANDA 22 Se dovessimo proporre degli inserimenti lavorativi nella sua nazione, dove è realistico che vengano<br />

proposti? Nelle città o nelle campagne? Dove esiste un tessuto industriale -artigianale o in altri luoghi? Ci<br />

indichi i luoghi.<br />

A. A Lima no, perché Lima è il punto di massima delinquenza del Perù, è un disastro per la delinquenza. Penserei<br />

magari ad una città più tranquilla, dove ci sia anche un pò di campagna, dove non ci sia tutta quella delinquenza.<br />

Tipo una città di montagna o una città del sud. Huancayo, Arequipa o Trujillo, che è una città sul mare ma molto<br />

più tranquilla. In queste città c'è artigianato, l'industria no perché è tutto centralizzato nella capitale. Comunque<br />

non penserei mai alla capitale, perché la capitale è come Sao Paulo.<br />

B. La ristorazione funziona bene a Lima o nei luoghi turistici (Cusco, Puno), per quanto riguarda l’artigianato dipende<br />

dalla zona, perché ogni regione ha il suo artigianato tipico. La produzione di pisco (una grappa tradizionale che<br />

viene esportata negli Stati Uniti) il luogo di produzione è a sud di Lima, nella provincia di Ica. Mentre la produzione<br />

di lukuma, un frutto usato per fare bevande calde e gelati, la produzione è tra le Ande e la costa, in una zona dove<br />

c'è un clima speciale.<br />

C. In una piccola città è difficile, perché lì ognuno fa il suo lavoro nel suo ambito, mentre in una grande città c'è più<br />

possibilità: Lima. Cusco, Trujillo, Huancayo, le capitali delle regioni.<br />

D. Dipende da dove provengono, bisogna far sì che la persona ritorni nel suo luogo d'origine<br />

F. Cercare lavori che danno un bello stipendio. In Perù sono retribuiti bene i lavori professionali, per es. lo chef.<br />

H. Lima, è la città più importante e ci sono molte organizzazioni che ci lavorano.<br />

J. Bisogna fare uno studio più approfondito sui singoli paesi. E poi dipende da dove provengono, perché se una<br />

persona proviene da un'area rurale e la sua unica esperienza metropolitana è stata a Milano ed è finita pure male,<br />

non è pensabile reinserirlo nell'area metropolitana di lima, perché sarebbe troppo complesso. Il territorio di<br />

dimensione medie è il luogo dove si può immaginare di avere un'attenzione maggiore da parte della comunità.<br />

Oramai le grandi aree metropolitane sono troppo dispersive e non è detto che garantiscano l'attenzione della<br />

comunità, mentre questo credo che sia un elemento indispensabile per un progetto come il vostro. Nelle aree<br />

medie il terziario offre ancora delle possibilità.<br />

K. I progetti di sviluppo agricolo per loro natura si realizzano nelle campagne, i progetti di formazione molto spesso<br />

tengono conto delle opportunità delle varie zone e in genere è più facile realizzarli nelle città. Tutto dipende dalle<br />

caratteristiche del territorio. In molti paesi terzi c’è interesse a sviluppare le aree rurali, aree che potenzialmente<br />

sono molto ricche e che necessitano di tecnica e modalità di coltivazione, offrono diverse possibilità. L’importante<br />

è sempre fare un’analisi generale per vedere quali sono le opportunità e sulla base di questo muoversi. Quello<br />

che chiamiamo lo studio di fattibilità del progetto, fatto in maniera dettagliata, perché le realtà sono molto diverse,<br />

da paese a paese si trovano cose molto differenti.<br />

N. Bisogna reinserirli nella comunità d’origine, sempre che risulti che ci siano le condizioni di accoglienza. In<br />

generale Lima, perché la maggior parte della popolazione che emigra viene da Lima. Tranne nel caso in cui la<br />

persona emigrata faceva già parte di bande di micro criminalità in Perù, in questo caso non ci sarebbero neanche<br />

le condizioni per un reinserimento nella sua comunità perché l’opzione banda di quartiere magari era l’unica<br />

possibilità, per cui sarebbe inopportuno un rientro in quel tipo di comunità. Inoltre laddove esistono bande di<br />

quartiere molto forti le comunità sono completamente sfasciate, perciò è impossibile un reinserimento perché è<br />

una zona senza possibilità. Se ci fosse un contatto, una collaborazione forte con qualcuno che è presente nel<br />

paese terzo, un’associazione, una istituzione o una ONG locale sarebbe possibile anche lavorare su quartieri<br />

difficili, facendo un percorso di reinserimento che sarebbe anche utile per la comunità. Inoltre è indispensabile un<br />

collegamento con il settore produttivo, imprenditoriale e occupazionale, perché un rientro in Perù deve essere per<br />

forza collegato con un reinserimento lavorativo. Poiché l’essere lavoratore è una condizione indispensabile per<br />

ottenere un riconoscimento positivo all’interno della comunità.<br />

Q. A me viene più in mente che si deve creare un progetto ad hoc per la persona e questo comporta l'avere dei<br />

referenti seri sul posto. Bisogna anche valutare la storia della persona, per esempio se la famiglia ha investito<br />

affinché la persona potesse recuperare risorse per tutti allora il discorso lavorativo è importante. Perciò è<br />

importante dargli un'opportunità lavorativa, soprattutto se viene dalla campagna e non ha risorse, in questo caso<br />

andrebbe bene anche che non rientrasse nel suo paesino e lo si inserisse in una città con una concreta possibilità<br />

di lavoro. Se invece la persona avesse avuto un'esperienza migratoria drammatica e avesse bisogno di un<br />

supporto da parte delle famiglia, allora sarebbe bene offrirgli un ritorno onorevole all'interno della propria famiglia.<br />

Dipende proprio dalla specifica situazione.<br />

DOMANDA 23 Che tipologie di lavoro ritiene appetibili e competitive per il mercato di lavoro della sua nazione?<br />

A. Portare là e far funzionare macchine, per esempio le macchine per l'olio di oliva. Ci sono molte olive ma non la<br />

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produzione dell'olio di oliva. L'olio di oliva è molto caro, se lo può permettere solo la gente che ha i soldi.<br />

B. Il settore artigianale, l'anno scorso ho visto che il turismo è molto in crescita ed insieme al turismo va molto<br />

l'artigianato e la cucina. Ci sono tante scuole di chef, scuole per diventare cuoco. La cucina si è molto stilizzata.<br />

Molti chef peruviani vanno all'estero a lavorare, a presentare una cucina un po' diversa da quella tradizionale, che<br />

ne presenta alcuni elementi più stilizzati per aderire ai gusti europei e di altri paesi. C'è anche tutto un lavoro di<br />

ricerca. Sono aumentati il numero di ristoranti che propongono cose diverse di cucina peruviana. La ristorazione<br />

funziona bene a Lima o nei luoghi turistici (Cusco, Puno), ci sono anche tanti ristoratori italiani che lavorano là.<br />

E' cresciuto tantissimo il mercato dell'artigianato, c'è una domanda pazzesca. Producono cose classiche, tipo<br />

tappeti, manufatti con telai, quadri, ceramica. Dipende dalla zona, perché ogni regione ha il suo tipico artigianato.<br />

C'è una ricerca di miglioramento della qualità, perché si vuole esportare.<br />

Rispetto al commercio del vino e del pisco (è una grappa tradizionale) c'è una crescita della commercializzazione,<br />

c’è stato un boom di esportazione negli Stati Uniti. Lo producono a sud di Lima, nella provincia di Ica, dove c'è il<br />

paese Pisco che si chiama come la bevanda. Ci sono i coltivatori di uva, che lavorano l'uva e non il mosto in base<br />

alla tradizione che hanno portato gli spagnoli. Questo tipo di grappa è molto delicata, sono cresciute tante aziende<br />

agricole che si dedicano a esportare questa bevanda negli Stati Uniti ed Europa.<br />

E' crescita l'esportazione della lukuma, un frutto esotico molto particolare, utilizzato per fare le bevande calde e i<br />

gelati; l'esportazione è verso gli Stati Uniti. Il frutto viene prodotto tra le Ande e la costa, in una zona dove c'è un<br />

clima speciale.<br />

Commercio di gioielli, ma non di primo livello bensì di secondo, l'argento soprattutto lavorato con pietre e semi<br />

tradizionali. Ci sono piccole ditte di artigiani che producono questo tipo di gioielli, sono molto belli, stilizzati,<br />

lavorati bene, con l'argento (l'oro non si propone molto a causa del costo). Questo chiama molto l'attenzione del<br />

turista.<br />

C. Operai nel settore edilizio o nella produzione tessile o alimentare (l'inscatolamento della frutta, per esempio).<br />

Penso a questo ambito perché immagino che gli imprenditori in questo ambito non avrebbero la preoccupazione<br />

dei furti e quindi non avrebbero pregiudizi, l'unica cosa che potrebbero prendere è la frutta perché i macchinari<br />

sono immensi. Lavoro artigianale, con una formazione specifica. Camerieri o cuochi nei ristoranti.<br />

D. Il lavoro autonomo come negoziante o come ambulante del mercato. Molte persone si stanno dedicando al lavoro<br />

autonomo, perché adesso è molto difficile trovare un lavoro stabile e fisso. La situazione è che ti chiamano per<br />

lavorare quando ce n'è bisogno, così a volte lavorano a volte non lavorano.<br />

E. Un operaio guadagna 150 euro al mese, è incomparabile con uno stipendio italiano<br />

G. Il lavoro in fabbrica, oppure l’agricoltura: asparagi e olio. Oppure l’artigianato.<br />

H. Artigianato, fornendo loro una formazione professionale.<br />

M. La raccolta dei rifiuti potrebbe venire organizzata, e non sarebbe una cosa difficile da fare, non comporta<br />

competenze particolari, permette di ricreare la relazione con il territorio perché si passa da tutte le case. Molte<br />

parrocchie lo fanno già, chi è organizzato lo fa.<br />

L'artigianato potrebbe essere un altro settore. Ci si potrebbe basare sul fatto che Lima ha il mercato centrale che<br />

è enorme e al suo interno c'è il mercato dell'artegiania che raccoglie tutti i lavori di artigianato di tutto il Perù.<br />

Perché, come spesso accade, il turista viaggia in Perù ma i souvenir li compra poco prima di ripartire per casa.<br />

Allora se si individuasse qualcosa che sono bravi a fare, qualcosa di legato alle loro radici e tradizioni culturali, ci<br />

potrebbe essere lo sbocco sul mercato centrale di Lima e con il commercio equo e solidale.<br />

L'altra possibilità è data dal turismo: nei luoghi di interesse turistico alcune persone si improvvisano come guide.<br />

Si potrebbe invece insegnargli il mestiere, migliorare l'italiano e organizzare un servizio di guide turistiche<br />

professionali.<br />

Rispetto alla situazione di disoccupazione cronica è importante offrire alle persone un lavoro continuativo, perché<br />

in questo modo si offre alle persone di entrare in un progetto, perciò oltre all'avere un lavoro avrebbero anche la<br />

possibilità di fare qualcosa di positivo per la propria comunità. Credo che se le persone si sentono parte di un<br />

progetto sono più agganciate e di conseguenza più affidabili. Per esempio nei primi locali che abbiamo costruito<br />

abbiamo insistito molto perché si facessero dei turni di pulizia, non solo perché ci vanno i bambini, ma anche<br />

perché se una persone è costretta a pulire un locale questo fa sì che la persona senta più suo il posto e quando<br />

qualcun altro lo sporca , dà fastidio non tanto perché bisogna pulirlo, ma perché è anche tuo. Inoltre se il progetto<br />

funziona, il farne parte dà una sensazione di orgoglio, e questo è un aggancio abbastanza forte. La popolarità<br />

della persona cresce e cresce la stima generale nei suoi confronti.<br />

N. E’ difficile rispondere a questa domanda perché essendo molto forte il lavoro informale si inventano veramente di<br />

tutto, è meglio che andiamo noi là a prendere qualche spunto per avviare qualche attività competitiva in Italia. Per<br />

quanto riguarda i giovani stanno nascendo alcune attività artistiche: arti circensi, spettacoli di strada, teatro,<br />

giocoleria, pittura, piccolo artigianato alternativo più creativo. Però è un lavoro autonomo perciò bisogna sostenerli<br />

attraverso borse di studio, corsi, sostegno alla costituzione dell’attività lavorativa oppure questi lavori vengono fatti<br />

attraverso realtà protette: ONG che lavora con i giovani su un’attività di avvio al lavoro, in questo caso è<br />

necessaria una collaborazione stretta con soggetti locali. In Perù ci sono tante ong, alcune lavorano molto bene<br />

coinvolgendo le comunità.<br />

DOMANDA 24 Quali professionalità dovremmo insegnare ai suoi connazionali da rimpatriare?<br />

33


A. Lavorare a livello di industrializzazione, insegnare a lavorare sulle macchine: tipo metalmeccanico. Disegno per le<br />

macchine. Abbiamo molte risorse naturali, la materia prima, ma non abbiamo l'industria di trasformazione.<br />

B. Design dei gioielli, come lavorare questi oggetti in argento. I disegni di questi oggetti. Portare nuove tecniche per<br />

realizzarli.<br />

La ristorazione, scuola di cucina, di alta cucina.<br />

Come amministrare e commercializzare l'artigianato, come migliorare la qualità degli oggetti artigianali.<br />

Design della moda, dei vestiti, anche da noi c'è il mercato cinese che ha invaso ma le cose nuove funzionano.<br />

Abiti tagliati bene, confezionati bene, con un prezzo contenuto hanno successo.<br />

Creare impresa, penso che persone detenute in Italia abbiano voglia di tornare nel proprio paese, penso anche<br />

che queste persone se lavorano in gruppo è meglio. Se fanno un percorso qua e poi tornano là e continuano a<br />

stare insieme, facendo sempre un percorso insieme, anche accompagnati per un periodo là, è meglio. Da noi c'è<br />

questa idea di fare le cose in comunità, fin dai tempi degli Inka, davanti alle avversità ci siamo messi sempre in<br />

gruppo, in comunità. Per esempio le Ande sono molto povere, il governo non fa niente, non c'è nessun aiuto ai<br />

contadini, loro fanno da soli e in comunità. Sarebbe bello formare un gruppo qua, accompagnarlo là, e ancora in<br />

gruppo aiutarli a fare un piccola impresa per tenerli insieme. Io vedo difficile che ce la facciano da soli, si<br />

sentirebbero persi.<br />

C. Dipende dalle capacità della persona, da cosa ha fatto, che tipo di formazione possiede. Potrebbe essere<br />

l'informatica o la pittura o la creazione artigianale.<br />

D. Formazione tecnica, sui macchinari per lavorare nell'industria.<br />

H. Pasticceria, falegnameria.<br />

I. Credo che la formazione sia indispensabile, in quali settori non saprei<br />

J. Bisogna pensare alla costruzione di un percorso per la persona, cioè sull'analisi delle possibilità che la persona<br />

ha, perciò l'impostazione di un percorso vincente per lo sviluppo della persona. Inoltre rapporti diretti con piccole e<br />

medie imprese che danno formazione, aumentare la loro consapevolezza di cittadinanza.<br />

M. Dipende dalla scolarizzazione delle persone con cui hai a che fare. Se la scolarizzazione è molto bassa bisogna<br />

insegnargli a fare un mestiere. Un mestiere che poi la persona possa fare anche in autonomia. Per esempio<br />

inventando, se gli si insegna a fare l'arrotino, la persona può prendersi una bici e svolgere il suo mestiere. Se gli si<br />

insegna a fare il falegname, il problema è che quando la persona torna deve trovare una falegnameria che lo<br />

faccia lavorare oppure i macchinari necessari. Allora credo che valga la pena insegnare professioni spendibili in<br />

maniera immediata.<br />

Nei barrios come Tablada, che è abbastanza recente, non c'è nessuno che comprerebbe una cucina o un mobile.<br />

Ci sono barrios formati da più anni che sono come delle piccole cittadine, e lì si trovano la falegnameria e<br />

quant'altro. Per i barrios come Tablada l'esempio dell'arrotino è calzante perché va incontro ad un bisogno<br />

fondamentale, in quanto qui se si ha un coltello che non taglia se ne prende un altro; lì se la famiglia ha un solo<br />

coltello di numero e non taglia, deve arrotarlo.<br />

Un'altra possibilità è proporre corsi per il micro-credito, in modo che quando la persona torna, in base al bisogno<br />

che vede, ha degli strumenti per decidere di intraprendere un'attività.<br />

N. Molte attività professionali sarebbero valorizzate in Perù, nel senso che se una persona fa un corso professionale<br />

in Italia verrebbe presa in considerazione in Perù, soprattutto perché garantirebbe una migliore qualità del<br />

prodotto. Per esempio nell’ambito del design. Le modalità di lavoro sono molto diverse in Italia e Perù. In Perù<br />

sono molto più avanti nella capacità di arrangiarsi cioè sistemano e aggiustano e costruiscono qualsiasi cosa<br />

senza mai bloccare la produzione nel caso in cui un pezzo mancasse, invece manca il prodotto di qualità. I settori<br />

possono essere il giardinaggio, l’informatica, le arti grafiche. Per quanto riguarda l’industria in generale se uno<br />

dimostra delle capacità, visto che lì spesso sono approssimativi, questo è un valore aggiunto. Poco interessanti le<br />

abilità che riguardano la forza. Altro ambito interessante è quello della contabilità, io non ho mai trovato nessuno<br />

in grado di lavorare in maniera esatta. Non sono in grado di gestire nulla di minimamente complesso dal punto<br />

amministrativo e contabile.<br />

DOMANDA 25 Qual è il costo della vita nella sua nazione di origine, rispetto al nostro tenore di vita? Quanto guadagna in<br />

media un lavoratore dipendente?<br />

A. In confronto a quello che si guadagna, il costo della vita è alto perché lo stipendio base è 100 euro. Per avere una<br />

casa, una macchina, per vivere normale servono 600/700 euro. Lo stipendio medio è 250 euro.<br />

B. Con un euro prendi 3 soles e mezzo, costa di più l'euro che il dollaro.<br />

Secondo le cifre ufficiali il reddito medio è di 400 soles al mese, ma la realtà è che il reddito medio è di 200 - 100<br />

soles. Con 200 soles al mese fai una vita da fame, una bolletta della luce costa in media 40 - 50 soles per una<br />

casa normale. Per tre persone facevamo una spesa alla settimana di 100 soles, mangiando bene ma facendo<br />

qualche restrizione.<br />

Le persone spesso mangiano una sola volta al giorno, alla sera devono un tea. Il riso costa, la frutta e la carne<br />

anche. Si mangiano solo le ossa della carne, con cui si fa il brodo. I negozianti non regalano più le teste del pollo,<br />

come facevano una volta, adesso bisogna comprarle. La situazione è abbastanza critica, un tempo le teste del<br />

pollo si davano ai cani, adesso vengono mangiate dalle persone.<br />

Ci sono persone che vivono con 5 soles al giorno, spesso vanno a mangiare alla mensa organizzata dal quartiere,<br />

34


aiutati dalle ONG e dallo Stato, riescono a cucinare con pochi soldi e così le persone in difficoltà riescono a<br />

mangiare una volta al giorno. Ormai in quasi tutti i quartieri ci sono queste attività, una volta erano solo nelle zone<br />

povere.<br />

C. Un infermiere o un professore che ha un famiglia non molto grande se la cava, ma arrivando a pelo a fine mese.<br />

Ci sono persone che commerciano e queste stanno bene. Un lavoratore manuale ha qualche problema a coprire i<br />

costi di un mese con il suo stipendio.<br />

D. Lo stipendio minimo per un lavoratore dipendente è 450 soles, che corrispondono a 120 euro al mese. Adesso<br />

per vivere devono lavorare sia il marito che la moglie perché solo per vivere in un mese si spendono 500 soles + il<br />

costo dell'affitto che si aggira intorno ai 150 euro al mese. E poi c'è da pagare la luce, il gas. Basta solo per la<br />

sopravvivenza.<br />

E. Una famiglia di 4 persone ha bisogno di 300 euro al mese = 1000 soles.<br />

F. Solo per mangiare servono 200 euro al mese, lo stipendio medio è di 100 – 120 euro<br />

G. Ci vogliono 500 euro al mese per una famiglia di 4 persone.<br />

H. Gli indicatori della Banca Mondiale sono precisi. Il problema è che non c’è lavoro. A un livello sociale basso le<br />

donne hanno poche opportunità lavorative, per le donne è impossibile, per l’uomo è difficile. La percentuale della<br />

popolazione povera vi aggira intorno al 50%.<br />

M. Quale sia il costo della vita in un barrio non so. Considera che nel primo progetto che abbiamo fatto, abbiamo<br />

costruito un locale di 2 piani in muratura, con tetto e tutto l'allestimento interno, al costo di 4800 euro.<br />

N. A Lima è un terzo di quello che può costare qua in media, tenendo conto di tutto compreso il pagamento delle<br />

tasse. Nelle zone periferiche le persone sopravvivono con 1 dollaro al giorno.<br />

DOMANDA Su quali paesi stranieri sarebbe meglio che realizzassimo il progetto Odisseo?<br />

25/a<br />

L. Più che sui paesi bisognerebbe concentrarsi sulla tipologia di reati. Probabilmente più il paese è lontano, più è<br />

difficile per lo straniero rientrare. Per esempio i sud americani temono tantissimo l'espulsione perché è proprio<br />

difficile affrontare un viaggio, mentre non lo è per i paesi collegati via terra. Mi concentrerei sulla tipologia di reati,<br />

darei per poco appetibile lo straniero che si è macchiato di violenza sessuale (e ce ne sono tanti), il loro destino è<br />

di essere espulsi, difficilmente questo ufficio valuterà positivamente la richiesta di rilascio di un permesso per<br />

lavoro anche se il posto di lavoro ci fosse. Spessa cosa per lo spaccio di stupefacenti. Mentre ci sono reati meno<br />

gravi, per esempio quelli contro il patrimonio (mentre per altri reati non si va in carcere, tipo il falso, la guida senza<br />

patente, la vendita abusiva di marchi contraffatti). Toglierei dalla casistica, nel senso che non me ne interesserei<br />

proprio, quelli che sono stati condannati per traffico di esseri umani, riduzione in schiavitù, sfruttamento della<br />

prostituzione. Da parte nostra è difficilissimo orientarci in senso positivo nei confronti di questi soggetti. Per<br />

quanto riguarda le etnie degli stranieri soggette ad espulsioni (che sono 7000 all'anno, di cui 2000 accompagnati<br />

alle frontiere) vedi allegato.<br />

Le donne processate per traffico di stupefacenti, che spesso provengono dal sud america e arrivano con una<br />

certa quantità di ovuli nello stomaco, non hanno intenzione di rimanere in Italia. Loro giocano alla lotteria, perché<br />

10.000 o 5.000 dollari cambiano loro l'intera esistenza, tant'è che i giudici raramente esigono che la condanna<br />

venga scontata in Italia perché non vengono considerate un soggetto pericoloso, perciò condannano e ordinano<br />

l'espulsione. In questi casi non c'è un profilo criminale alto, ma la pena di solito è elevata (4 - 6 anni). Non penso<br />

che queste donne perdano l’emolumento per il trasporto, gli verrà assicurato in patria.<br />

Le persone arrestate per furto (che è uno dei pochi reati che prevede la fragranza) vengono portate in camera di<br />

sicurezza, la mattina successiva hanno la direttissima, senza andare in carcere, di solito vengono condannati alla<br />

minima e hanno l'espulsione. E' tutto automatico, quindi voi non riuscite neanche a vederli. Se voleste farlo<br />

sareste i primi a lavorare sulle direttissime. Per lavorare sulle direttissime bisogna inserirsi in quei tempi morti che<br />

precedono l'udienza. Una volta fatta la direttissima vanno in via Corelli, perché non abbiamo mai il biglietto aereo<br />

pronto, e ci stanno da un minimo di 7 a un massimo di 60 giorni. Si può lavorare con questi stranieri perché<br />

stanno lì, al centro. In via Corelli i pochi posti disponibili sono dedicati ai carcerati, che sono per definizione<br />

pregiudicati visto che hanno una sentenza definitiva. Ci sono dei tempi minimi e massimi in cui si può lavorare. I<br />

tempi per i trattenuti si allungano di 48 ore perché il giudice di pace va in via Corelli a fare le convalide e in quella<br />

circostanza gli avvocati (quelli di fiducia) insistono per avere dal giudice qualche cosa. Quello è il momento, è<br />

l'udienza di convalida che si tiene in via Corelli davanti al giudice di pace. Normalmente hanno un giudice d'ufficio,<br />

perciò già sarebbe valida l'assistenza in questo senso. La convalida deve essere fatta entro 48 ore dal fermo.<br />

Il contributo che l'ufficio stranieri della P.S. potrebbe apportare al progetto Odisseo è quello di prendere in<br />

considerazione le vostre richieste, meramente conoscitive, certo non sulla personalità della persona, l'elenco dei<br />

precedenti, i reati fanno parte di quei dati sensibili che richiedono una delega delle persone, che passa attraverso<br />

l'avvocato di fiducia. Quello che possiamo dire per indirizzare, lo facciamo.<br />

R. Per quanto riguarda in generale l'America latina abbiamo avuto qualche caso di rientro assistito, forse verso il<br />

Perù 1 o 2 persone.<br />

35


COMMENTI ALLE DOMANDE DELL’AREA ANTROPOLOGICO – CULTURALE – PERÙ<br />

Le ragioni della migrazione<br />

Nelle risposte prevalgono ragioni di tipo economico collegate alla storia peruviana degli ultimi 20 anni. Le<br />

misure finanziarie adottate hanno provocato una forte inflazione che ha ridotto drasticamente il potere<br />

d’acquisto. Gli occupati riescono a guadagnare solo ciò che basta per la sopravvivenza, la condizione di chi<br />

svolge lavori informali e non continuativi è ai limiti della sopravvivenza e alle soglie della povertà. Le aree in<br />

cui si concentra la povertà sono molte: le Ande, la Selva, la foresta Amazzonica, i quartieri centrali e i quartieri<br />

periferici di Lima, questi ultimi si sono formati attraverso “invasioni” organizzate dovute alla costante<br />

migrazione interna che da diverse zone del paese preme verso la capitale.<br />

I processi migratori<br />

Le persone migrano a partire da qualsiasi zona peruviana e i movimenti migratori si caratterizzano come<br />

progressivi processi di avvicinamento alla capitale. L’avvicinamento si interrompe solo nel momento in cui la<br />

persona trova una sistemazione lavorativa che gli consenta la sopravvivenza. Nel caso ciò non avvenga<br />

prima, l’ultima tappa della migrazione interna è Lima. Lima può rappresentare il luogo di insediamento dei<br />

migranti o il trampolino di lancio per l’espatrio. Queste due opzioni vengono attivate in base alle condizioni<br />

socio – economiche, famigliari e culturali delle persone interessate. Per emigrare all’estero infatti è necessario<br />

possedere delle risorse economiche: per ottenere il visto o per procurasi un passaporto falso e per sostenere<br />

le spese per il viaggio. Si stima che il costo dell’emigrazione all’estero si aggiri intorno a 5.000 euro.<br />

Molte persone arrivate a Lima dall’interno del paese, soprattutto dalle zone rurali, non possiedono tali risorse<br />

ed inoltre sono culturalmente più abituate a svolgere lavori faticosi, riescono perciò ad adattarsi con maggiore<br />

facilità all’offerta di lavoro presente a Lima.<br />

Inoltre un fenomeno caratterizzante la migrazione peruviana è quello denominato delle “catene migratorie”, in<br />

molti partono per raggiungere parenti e conoscenti già migrati all’estero, questi ultimi raramente raccontano<br />

delle difficoltà da loro incontrate nell’inserimento socio – lavorativo nel paese che li ha accolti.<br />

Rimanere all’estero o tornare<br />

I fattori determinanti questa scelta sono: la riuscita del processo migratorio, il ricongiungimento famigliare,<br />

l’adattamento allo stile di vita occidentale.<br />

La decisione basata sulla riuscita del processo migratorio è considerata in maniera controversa, poiché<br />

preferiscono restare all’estero sia le persone che hanno avuto un processo migratorio di successo<br />

costruendosi una posizione di vita stabile all’estero, sia le persone con un processo migratorio incerto o fallito<br />

a causa della difficoltà di ammetterne la non riuscita e di tornare a casa a mani vuote con scarse prospettive di<br />

sopravvivenza.<br />

Il ricongiungimento famigliare fa parte della dinamica migratoria caratterizzata dal costituirsi di vere e proprie<br />

catene migratorie, intere famiglie emigrano e si stabiliscono all’estero. Di fronte a questa situazione il rientro<br />

nella propria nazione d’origine non è previsto, non essendoci più là una famiglia o punti affettivi e parentali di<br />

riferimento. La maggior parte delle persone che fanno questa scelta sanciscono la decisione di stabilizzarsi<br />

all’estero con l’acquisto della casa.<br />

Un ulteriore punto d’attenzione rilevato è quello relativo all’abituarsi, da parte della persona emigrata, allo stile<br />

di vita occidentale e alla conseguente difficoltà di un nuovo inserimento in patria. Una maggiore possibilità di<br />

cavarsela economicamente, una maggiore possibilità di acquisto di beni primari e secondari, uno stile di vita<br />

per cui le possibilità vengono date a prescindere dall’età anagrafica, (per cui nel caso delle donne la maternità<br />

non avviene necessariamente in giovane età) insieme alla sensazione di dover cominciare tutto da capo<br />

rientrando nella propria nazione, fanno preferire alle persone di rimanere all’estero piuttosto che tornare nel<br />

proprio paese.<br />

Modalità di accoglienza per un rientro forzato - La famiglia<br />

Le risposte evidenziano l’importanza di due aspetti specifici e separati: il legame affettivo e il rapporto<br />

economico.<br />

36


Per quanto riguarda il legame affettivo la famiglia sarebbe contenta di accogliere chi rientra, soprattutto se si<br />

tratta di figli giovani o di madri con bambini in Perù. Nel caso in cui il rientrante sia un maschio adulto un punto<br />

di attenzione riguarda il tipo di relazione che ha mantenuto con la famiglia, infatti due intervistati sottolineano<br />

come accadano spesso situazioni di “poligamia”, situazioni in cui l’uomo si crea più legami famigliari con<br />

moglie e figli diversi.<br />

Rispetto al rapporto economico il problema evidenziato è quello relativo all’affidamento economico che la<br />

famiglia fa sulla persona che emigra. Chi rimane in Perù si aspetta di essere sgravato dal mantenimento di<br />

una persona e possibilmente di ricevere rimesse. Ciò comporta che l’emigrazione è percepita come un<br />

sollievo e come una opportunità in più di sopravvivenza in Perù. Un rimpatrio provoca delusione, dispiacere,<br />

tristezza, e la preoccupazione legata all’interrogativo su cosa farà chi rientra. Sarà un peso per la famiglia? Si<br />

potrà inserire nella soluzione di sopravvivenza individuata dalla famiglia?<br />

Modalità di accoglienza per un rientro forzato - La cerchia parentale, gli amici e la comunità di origine<br />

Un punto essenziale riguarda la possibilità di esprimere concretamente solidarietà fornendo aiuto a chi rientra,<br />

questa potenzialità è scarsa per carenza di risorse, soprattutto nelle aree urbane. Le modalità di accoglienza<br />

dipendono da chi è la persona che rientra e dal tipo di relazioni amicali e sociali che aveva instaurato nel suo<br />

paese d’origine. Se la persona aveva un riconoscimento tra gli amici e all’interno della comunità e godeva di<br />

un apprezzamento, potrebbe prevalere una modalità di accoglienza aperta, disponibile nei confronti del<br />

rientrante. In questo caso verrebbe valorizzata l’esperienza migratoria rispetto a competenze professionali<br />

apprese all’estero. Se la persona invece non era particolarmente apprezzata prima della migrazione, potrebbe<br />

prevalere nei suoi confronti un atteggiamento negativo che andrebbe a sottolineare la scelta individualistica<br />

che la persona ha fatto nel momento dell’emigrazione e la colpevolizzazione della persona, considerata<br />

incapace, a causa del fallimento dell’esperienza migratoria, con la creazione di un pregiudizio negativo nei<br />

suoi confronti.<br />

Prevale la sensazione che l’esperienza di rientro o rimpatrio venga occultata, tanto che viene fornito il<br />

suggerimento di promuovere reinserimenti sociali e lavorativi in barrios e cittadine diverse da quella d’origine<br />

del rientrante.<br />

E’ importante sottolineare che la popolazione peruviana pare che non sappia che si può essere rimpatriati per<br />

il solo fatto di essere un emigrato irregolare, senza aver commesso un ulteriore reato. Si tratta di un dato da<br />

tenere in considerazione rispetto all’identificazione di un immaginario collettivo nei confronti di un rientrante.<br />

Modalità di accoglienza per un rientro forzato - I mass media<br />

La maggioranza degli intervistati dichiara che i mass media peruviani non parlano delle persone rimpatriate,<br />

prevale un’attenzione alla migrazione che riguarda i processi positivi e di successo.<br />

Rispetto alle persone con una esperienza di detenzione è rilevante tenere conto della descrizione che viene<br />

fatta delle carceri peruviane e delle condizioni di vita al loro interno. L’immaginario collettivo si basa su questo<br />

genere di informazioni e conoscenza, portando con sé pregiudizi e convinzioni specifiche. Essendo la<br />

condizione degli istituti Penitenziari italiani ed europei molto differente è bene tenere conto di questa<br />

discrepanza nelle presentazioni di progetti di rientro onorevole per ex detenuti.<br />

Tipologia di reati maggiormente commessi in Perù<br />

Furti: dai furti minori all’estorsione a scopo di rapina. Violenza sessuale nei confronti di minori e donne.<br />

Narcotraffico. Corruzione.<br />

Molti dei reati subiti non vengono denunciati, sia quelli relativi ai furti poiché non si vede l’utilità della denuncia<br />

sia quelli legati alle violenze, per condizione culturale diffusa che non prevede la difesa da questo genere di<br />

abusi.<br />

Reati sopportati<br />

Furti minori, falsificazione di documenti, corruzione.<br />

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Modalità di accoglienza per chi ha commesso un reato<br />

La persona rientrante ometterebbe di parlare dei suoi precedenti penali all’estero perché sarebbe ritenuto un<br />

disonore per la famiglia e darebbe adito a pettegolezzi che comporterebbero lo sua emarginazione, e,<br />

probabilmente, anche quella della famiglia.<br />

Tale situazione peggiora coll’aggravarsi del reato, l’appartenenza ad un’associazione criminale comporterebbe<br />

il rifiuto da parte della comunità d’appartenenza.<br />

Nei programmi di reinserimento per il rientro onorevole è importante tenere conto della tipologia di reato<br />

commesso, di come esso è percepito da chi l’ha commesso e dalla comunità ospitante. Sarebbero da<br />

escludere dal programma di rientro onorevole persone con un profilo criminale alto, che si sono macchiate di<br />

crimini quali traffico di esseri umani, riduzione in schiavitù, sfruttamento della prostituzione, violenza sessuale.<br />

Mentre ci sono reati meno gravi, per esempio quelli contro il patrimonio o quelli che prevedono la fragranza,<br />

che vengono percepiti con più indulgenza, perché commessi più per necessità e per mancanza di prospettive<br />

che per la reale appartenenza ad associazioni criminali e per l’identificazione della persona con profilo<br />

criminale alto. Rispetto al centro e al sud – America fanno parte di questa ultima tipologia le donne processate<br />

per traffico di stupefacenti, che arrivano con una relativamente scarsa quantità di ovuli nello stomaco. Queste<br />

donne non hanno un progetto migratorio, spesso partono lasciando a casa i figli affidati alle nonne o alle<br />

amiche, e hanno l’urgenza di rientrare non avendo nessuna intenzione di rimanere in Italia.<br />

Rispetto alle persone che rientreranno con programmi di rientro onorevole bisognerà prendere in<br />

considerazione la reale possibilità e la eventuale modalità di esplicitare l’avvenuta permanenza in un carcere<br />

italiano.<br />

Rispetto alla creazione della rete che la realizzazione del progetto Odisseo prevede bisogna individuare una<br />

modalità di presentazione adeguata della condizione degli Istituti Penitenziari italiani, della tipologia di reati<br />

commessi dai potenziali rientranti, prevedendo un’opera di sensibilizzazione e di contrasto ai pregiudizi<br />

negativi individuati.<br />

Condizioni di comportamento favorenti l’aiuto<br />

Il lavoro è un valore molto importante in Perù, ciò comporta che una persona per essere ben vista deve avere<br />

un lavoro e deve darsi da fare. Avere un lavoro significa anche avere una condizione di vita decente, e questo<br />

è un ulteriore elemento favorente l’inserimento sociale. Altri aspetti riguardano l’onestà, l’educazione, il rispetto<br />

per gli altri.<br />

Per potersi inserire nella comunità è indispensabile rispettare la gerarchia organizzativa della comunità stessa,<br />

presentandosi ai dirigenti territoriali, fornendo loro informazioni e creando relazioni.<br />

Non è da sottovalutare la radice culturale che determina la modalità attraverso cui la popolazione peruviana<br />

affronta le difficoltà, ossia il mettersi insieme, il darsi un’organizzazione ed una struttura, e il gestire in gruppo<br />

la situazione. Avviene così per le “invasioni” dei territori alla periferia di Lima e, in base alla testimonianza di<br />

una intervistata, si tratta di un portato antico, dei tempi degli Inka, secondo cui davanti alle avversità i peruviani<br />

si mettono sempre in gruppo, in comunità, mentre da soli si sentirebbero persi.<br />

Dove prevedere gli inserimenti lavorativi<br />

Le risposte delineano linee di tendenza diverse: c’è chi esclude Lima perché troppo dispersiva e con una<br />

presenza troppo alta di delinquenza, c’è chi pensa a Lima perché offre maggiori possibilità di inserimento<br />

lavorativo. Altri privilegiano le capitali regionali (Cusco, Trujillo, Huancayo) essendo abbastanza grandi per<br />

offrire possibilità, ma non così estese e dispersive come la capitale.<br />

Vengono delineate altre due ipotesi: l’una prevede di dare la precedenza alla provenienza della persona,<br />

reinserendola nel suo paese d’origine, l’altra alla professionalità sviluppata dalla persona (se di tipo agricolo in<br />

campagna, se di tipo artigianale e industriale in aree urbane e periurbane, etc.).<br />

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I lavori concorrenziali in Perù e la formazione professionale<br />

C’è una congruenza tra alcune risposte fornite rispetto alle attività professionali concorrenziali in Perù e<br />

l’offerta di qualificazione professionale da fornire, riguardano: il settore industriale relativamente all’area della<br />

trasformazione alimentare e dell’industria metalmeccanica; il settore della ristorazione e alberghiero; il settore<br />

artigianale con professionalità quali il pasticcere, il falegname, il design di gioielli e di moda.<br />

Interessante la sottolineatura relativa al fatto che molte attività professionali verrebbero valorizzate in Perù<br />

poiché una professionalizzazione conseguita all’estero garantirebbe una migliore qualità del prodotto.<br />

Altrettanto interessante la considerazione della carenza di contabili capaci.<br />

Un altro ambito da sondare è quello del micro-credito e dell’attenzione a pensare anche ad attività realizzabili<br />

nei barrios, per esempio l’organizzazione della raccolta rifiuti e del riciclaggio.<br />

Il costo della vita in Perù<br />

Le risposte indicano una necessità di guadagnare in uno spettro che va dai 200 ai 500 euro al mese.<br />

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DOMANDE AREA DELLE BUONE PRASSI<br />

DOMANDA 26 Le risulta che suoi connazionali rimpatriati abbiano trovato la solidarietà della loro comunità ed abbiano<br />

trovato un lavoro?<br />

C. Quando sono ancora in Italia vengono aiutati dal consolato del Perù (danno soldi per i bisogni primari) e le Caritas<br />

che sono in Italia (per mangiare e dormire). Però quando la persona arriva in Perù si deve arrangiare da sola. Il<br />

Perù è pieno di queste persone, non solo rimpatriati ma anche quelli che sono lì e che non hanno lavoro né la<br />

possibilità di mangiare. E' pieno.<br />

D. Non c'è nessuno che le aiuta, non interessa.<br />

J. Le persone che rimangono a lungo in Europa creano un po’ una frattura con il proprio paese e questo le porta a<br />

diventare straniero in Europa e straniero nel suo paese. In questi casi la solidarietà ce l’hanno più qua, perché<br />

organizzano il gruppo qua, là non hanno più un gruppo di riferimento: non penso che troverebbero nel loro paese<br />

una grande solidarietà. Per migrazioni più brevi penso che i legami rimangano abbastanza forti e se tornasse<br />

riceverebbero sostegno.<br />

DOMANDA 27 Esistono dei percorsi lavorativi costruiti ed offerti dalla sua comunità a suoi connazionali rimpatriati?<br />

B. Non ne ho mai sentito parlare.<br />

D. Credo di no.<br />

N. Ci sono occasioni di orientamento ed inserimento lavorativo, ma sui rimpatriati non so. Sono rivolti alle donne o ai<br />

giovani, quelli che abbandonano la scuola soprattutto. Noi a Lima ci occupiamo del tema del lavoro sul piano della<br />

formazione professionale, le attività di orientamento e di inserimento lavorativo ci mettono a contatto con quelle<br />

associazioni locali che svolgono un lavoro analogo. Sono soprattutto associazioni no profit, servizi non ne<br />

conosco.<br />

DOMANDA 28 (Per i cooperanti o camere di commercio) Avete mai aiutato ex-detenuti o rimpatriati a reinserirsi nel<br />

mondo del lavoro del loro paese di origine?<br />

DOMANDA 29 (Per i cooperanti o camere di commercio) Avete incontrato tra i lavoratori o tra i funzionari, dello stato con<br />

cui operate, degli ex-detenuti o dei rimpatriati dopo il fallimento di un progetto migratorio?<br />

K. Noi abbiamo avuto alcuni incontri con extra comunitari che vivono qui e vogliono realizzare alcune iniziative nei<br />

loro paesi, perché attraverso i contatti con i famigliari pensano di poter realizzare qualcosa nel loro paese.<br />

Difficilmente loro dicono voglio realizzare un progetto per tornare là, in genere dicono voglio realizzare questo per<br />

dare lavoro ad amici, famigliari ect.<br />

Non abbiamo mai incontrato funzionari stranieri con un’esperienza migratoria, probabilmente queste persone<br />

appartengono ad un ceto sociale che non è attratto dalla migrazione.<br />

N. No<br />

DOMANDA 30 (Per i cooperanti o camere di commercio) Siete a conoscenza di buone prassi o di normative che<br />

favoriscono il reinserimento di ex-detenuti o rimpatriati nel paese estero in cui operate? o nel vostro<br />

paese di origine?<br />

J. Rispetto al rientro assistito abbiamo partecipato ad alcuni tavoli di discussione sulla tematica per verificare la<br />

possibilità di trasferire l'esperienza dei servizi di assistenza italiani nei paesi terzi. Sappiamo che i problemi sono<br />

molti, che spesso i programmi non sono appropriati rispetto all'inserimento. Bisogna lavorare molto nei paesi terzi,<br />

perché senza una preparazione di rete forte questi rientri cadono, durano poco. Se il progetto di rientro fallisce la<br />

persona attiva un nuovo tentativo migratorio. Inoltre bisogna conoscere le realtà territoriali dove avverrà il rientro,<br />

in modo da poter valutare se esse sono adeguate al rientrante.<br />

I progetti che abbiamo sostenuto in Perù riguardavano: 1) il sostegno nel settore educativo della formazione<br />

professionale o nel settore dell'acqua per il miglioramento della distribuzione dell'acqua, per esempio a<br />

Villasalvador, che sono Pueblos Jovenes (che si trovano alla periferia di Lima). 2) lo sviluppo agricolo in zone<br />

rurali.<br />

Abbiamo avuto una unica esperienza di progetto di rientro di un gruppo di adulti con la comunità Eritrea. Questa<br />

esperienza è stata fatta con lo IOM. Era un esperimento nostro e anche loro, nel senso che era un progetto di<br />

rientro di gruppo, un gruppo di 12 persone. Né IOM né noi avevamo ancora fatto progetti di gruppo. E' stato fatto<br />

in collaborazione con la comunità Eritrea in Italia. Rispetto a questa esperienza le buone pratiche individuate<br />

sono: che ci sia una chiarezza del percorso, condivisione e partecipazione nella costruzione del percorso da parte<br />

del gruppo o della persona obbiettivo. Che sia garantito un adeguato percorso formativo qui prima che la persona<br />

rientri. Che là ci sia una agenzia di appoggio, che abbia anche la capacità di dare accesso al credito alle persone<br />

o al gruppo che rientra. Un'altra cosa che ha garantito la riuscita del nostro progetto è stato mantenere il legame<br />

con noi (il progetto era l'inserimento lavorativo nel campo delle telecomunicazioni, cioè mettere in piedi un servizio<br />

di video e ripresa per la televisione Eritrea e soggetti privati), quindi è stato fondamentale mantenere un legame<br />

tra la scuola di cinema e televisione del comune di Milano e loro. Tale legame era fatto di rapporti telefonici e<br />

scritti in modo che avessero garantito un supporto tecnico, se si spaccava una macchina o se era necessario un<br />

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pezzo di ricambio. E’ indispensabile prevedere di mantenere un legame nel tempo allentandolo poco alla volta. La<br />

stessa IOM ha come regola di imporre un periodo di tempo fisso prima che i mezzi di produzione passino di<br />

proprietà, tutte le telecamere per un x numero di anni sono rimaste di proprietà dell'IOM, solo in seguito è<br />

avvenuto il passaggio di proprietà.<br />

K. Noi puntiamo molto sul discorso della sostenibilità dei progetti, ovverosia che il progetto una volta concluso possa<br />

continuare senza il nostro coinvolgimento. Per questo diamo molta importanza al coinvolgimento nel progetto di<br />

soggetti locali e al fatto che nel progetto venga utilizzato anche del personale locale, che possa essere formato e<br />

che poi a sua volta possa formare. E’ importante anche il trasferimento di know how e di competenze e<br />

conoscenze da parte del soggetto italiano che realizza il progetto in collaborazione con la controparte locale.<br />

Teniamo molto a precisare il ruolo della controparte, che deve ricoprire un ruolo attivo. Quindi il trasferimento, la<br />

conoscenza, con un coinvolgimento attivo in modo che il progetto possa proseguire anche senza il soggetto<br />

italiano. Un altro elemento è uno studio, una valutazione a monte, delle opportunità che il territorio offre a livello<br />

locale. Per esempio ci sono dei progetti che si basano sulla medicina tradizionale, oppure che prevedono<br />

l’impiego di tecniche migliori per coltivazioni già presenti. Questa analisi di fattibilità iniziale è fondamentale per<br />

poter capire quali sono le opportunità che il territorio offre.<br />

In alcuni ambiti particolari, come quello sanitario, un contributo da parte dei soggetti europei è importante, se non<br />

fondamentale. Noi facciamo dei gemellaggi, per esempio tra ospedali lombardi e ospedali di paesi terzi. Quello<br />

che viene fatto in questi progetti è proprio il trasferimento di know how da personale sanitario europeo a personale<br />

dei paesi terzi. Proprio perché su alcuni ambiti gli europei hanno un livello di conoscenza superiore. Alcune volte è<br />

capitato anche che i medici italiani non avessero conoscenza tecnica superiore, ma il bisogno degli ospedali dei<br />

paesi terzi era rispetto agli aspetti organizzativi. Spesso nei paesi terzi non c’è l’idea di come si faccia<br />

l’organizzazione di un ospedale, quindi il nostro affiancamento è importante in questo senso. A volte hanno i<br />

mezzi ma non li sanno utilizzare al meglio, perciò l’affiancamento li aiuta in questo. Anche la forma di micro<br />

impresa rivolta alle donne viene realizzata con una forma di affiancamento per l’organizzazione della micro<br />

impresa, poi loro sono capaci. Per esempio io ho partecipato ad un convegno sulle donne africane e la cosa che<br />

mi ha stupita è stata che loro hanno chiesto di non mandare soldi ma risorse che le aiutassero a capire come<br />

organizzarsi, perché per il resto ci potevano pensare loro. E’ proprio un discorso di organizzazione delle varie<br />

attività in tutti i settori. La metodologia che riteniamo più funzionale è di prevedere una prima parte di progetto con<br />

un contributo consistente delle organizzazioni europee, poi una fase di affiancamento che mantenga un legame<br />

che progressivamente diminuisce fino a che la realtà del paese terzo diventa autonoma. Perché non bisogna<br />

pensare di abbandonarli immediatamente. Ci vuole un coinvolgimento loro, quando il progetto nasce deve essere<br />

progettato insieme (europei e paesi terzi), perché deve essere sentito, solo in questo modo sarà un progetto di<br />

successo, perché loro hanno partecipato alla creazione, in base alle loro esigenze. Anche i rappresentanti delle<br />

nostre associazioni, che conoscono le realtà locali e che vivono là da anni, non possono avere le esigenze che ha<br />

la persona che è nata in quel posto e che vive quella realtà, con una cultura diversa dalla nostra. Quindi il progetto<br />

deve essere condiviso. E’ necessario fin dalla progettazione coinvolgere le realtà locali dei paesi terzi, di chi poi<br />

avrà la gestione del progetto. In genere i progetti nascono sulla base di esigenze che sono locali. Per esempio nei<br />

progetti sanitari di gemellaggio, essi vengono fatti con i nostri ospedali, ma la componente maggiormente<br />

coinvolta non è quella dei medici bensì quella degli infermieri, perché c’è proprio bisogna di puntare l’intervento ad<br />

un livello organizzativo, è l’organizzazione dell’ospedale che manca. Nel caso del vostro progetto si tratta di un<br />

capovolgimento della logica che abbiamo esposto, perché l’esigenza parte da noi e dobbiamo farla capire a loro e<br />

coinvolgerli. Il problema è che avrete relazioni con paesi che non sono molto sensibili alle esigenze degli altri.<br />

Un progetto come il vostro di reinserimento lavorativo è bene che si basi sul ruolo che le donne hanno in queste<br />

culture.<br />

La cooperazione italiana ha affidato al Cesvi la stesura di uno strategy paper su migrazione e sviluppo. Si tratta di<br />

una cosa che sta sempre più interessando la platea internazionale, a livello di commissione europea è già stata<br />

istituita una commissione su questa tematica. L’Italia la sta definendo. La strategy paper serve a collegare il<br />

discorso migratorio al discorso dello sviluppo nei suoi vari aspetti, perché per ora si parla solo di rimesse, ma la<br />

tematica non è stata ancora affrontata in maniera precisa e analitica, per cui ci sono diverse visioni. Entro fine<br />

anno si dovrebbe arrivare ad un documento condiviso. E’ un argomento che è su tutti i tavoli. Ci accorgiamo che<br />

tanti organismi stanno occupandosi di questo problema.<br />

M. Per realizzare un progetto bisogna tenere conto delle caratteristiche dei barrios: ciascun barrios è isolato dall'altro,<br />

spesso delimitato da strade, ma all'interno c'è un'eterogeneità culturale enorme. C'è gente che magari non riesce<br />

a comunicare perché parla dialetti diversi. La conseguenza di ciò è l'importanza di fare progetti piccoli, a livello di<br />

singolo barrio, e di fare partecipare quasi obbligatoriamente le persone. Per esempio se si realizza un comedor<br />

(mensa), si apre una porta. Le donne manderebbero i figli perché lì mangerebbero, loro non dovrebbero<br />

occuparsene per qualche ora. In questo modo apri le porte, rompi le barriere, le persone arriverebbero da più<br />

parti, si incontrerebbero e potrebbero iniziare a parlare tra loro.<br />

Situazione e progetto realizzato.<br />

Posso raccontare la mia esperienza. Per fare qualcosa che avesse senso abbiamo pensato a quali fossero i<br />

bisogni, il primo bisogno che abbiamo visto era un bisogno di educazione e un bisogno di far lavorare le mamme.<br />

Perché il nucleo famigliare è completamente disgregato dal fatto che quando una persona ha una disoccupazione<br />

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così cronica, che per loro è quasi genetica, hanno una consapevolezza di questo disagio talmente profonda che<br />

non dico che lo giustifichino ma lo danno per scontato. Nel momento in cui una persona nasce povero e<br />

disoccupato, con padre povero e disoccupato, nonno povero e disoccupato, si dà per scontato che avrà un figlio<br />

povero e disoccupato, un nipote povero e disoccupato e così via. Io personalmente all'inizio avevo grosse<br />

difficoltà a giustificare l'atteggiamento che vedevo, per cui sembra che il tipico marito e padre peruviano è uno che<br />

appena ha due soldi, perché è stato fortunato ed è riuscito a lavorare 3 giorni dopo 3 mesi che stava a casa, ha<br />

guadagnato 10, 5 se li beve, 4 se li gioca, quello che avanza (se proprio è talmente ubriaco che non riesce a<br />

trovarseli in tasca) li trova la moglie e li usa per la famiglia. Questa cosa è difficile da giustificare quando arrivi da<br />

fuori e hai troppo poco tempo per capirla. Pian piano, parlandone anche con persone che erano lì da molto più<br />

tempo, si mette a fuoco che per loro è una cosa talmente endemica che anche se portassero a casa 10 per loro e<br />

per le generazioni future quei 10 non servirebbero, perché comunque tutti non avrebbero mai la possibilità di<br />

uscirne. E' come se uno sa che quella è la sua condizione e basta, non c'è niente da fare, è sempre stato così e<br />

sarà sempre così. Perciò non si vede perché sia necessario alzarsi alle 7 della mattina, invece che alle 10, per<br />

andare a cercare una lavoro in tutta Lima, quando si sa che non lo si troverà.<br />

Le donne sono più responsabili, forse perché i figli hanno una dipendenza fisica da loro, così la madre sviluppa<br />

una senso di responsabilità diverso da quello del padre. C'è anche forse un problema di dignità, l’uomo dovrebbe<br />

sostenere la sua famiglia, ma non ha prospettive per farlo, questa situazione mina la base, la dignità di una<br />

persona, quindi è anche per questo che si riducono in stati quasi ingiustificabili.<br />

Il problema è che le donne con figli piccoli non riescono a lavorare perché non sanno dove lasciare i bambini.<br />

Noi abbiamo pensato ad un progetto piccolo per dare modo alle donne di trovarsi insieme, in un posto dove<br />

possono portare i bambini e contemporaneamente lavorare. Abbiamo pensato ad un laboratorio di taglio e cucito,<br />

con affianco una saletta in cui potevano lasciare i bambini, quelli piccoli se li tenevano vicini, quelli in età<br />

prescolare erano seguiti da una volontaria che li aiutava a fare un po' di giochi, quelli più grandicelli invece di<br />

andare in giro stavano lì e qualcuno li aiutava nei compiti.<br />

Siamo riusciti a costruire i locali, con anche una biblioteca. Una volta che si è messo tutto in moto, tramite<br />

volontari e raccolta fondi, quel progetto sta in piedi da solo e lo gestiscono da lì perfettamente.<br />

Il laboratorio produce. Inizialmente è stato utilizzato per fare un corso di taglio e cucito, con una signora del luogo<br />

esperta che aveva una vecchia macchina da cucire. Il primo gruppo è stato di 6 o 7 donne, hanno fatto il corso e<br />

al termine del corso sono rimaste collegate a quei locali producevano guanti, sciarpe. Gli oggetti venivano venduti<br />

attraverso il collegamento con il turismo responsabile. Le cose si sono allargate perché tramite il turismo<br />

responsabile qualcuno gli ha fatto fare, per esempio, le bomboniere. Progetti molto piccoli che però, in quella<br />

realtà, hanno consentito a questo locale di raccogliere gente, accogliere altre donne, fare altri corsi, ampliarsi un<br />

po', farsi conoscere con altre persone, all'inizio turisti come me, che quando sono tornati in Italia si sono sentiti<br />

responsabilizzati nel fare qualcosa.<br />

Una volta avviato questo progetto, abbiamo pensato di realizzarne un altro: un presidio medico. Anche<br />

quest'ultimo è in uno stato abbastanza avanzato, lo stiamo facendo in collaborazione con il COOPE.<br />

A questo punto si tratta di vedere altri bisogni.<br />

Il bisogno di educazione prescolare e scolare è fortissimo, perché c'è un abbandono scolastico enorme. Mi ero<br />

fatto l'idea che l'abbandono fosse dovuto sostanzialmente alle condizioni precarie della famiglia dal punto di vista<br />

economico (i bambini di 6 anni lavorano). Approfondendo l'argomento ci si rende conto che la battaglia non è di<br />

cercare di non far lavorare i bambini (se i bambini non lavorano, non mangiano), semmai bisogna trovare un<br />

modo per farli lavorare in condizioni degne, senza sfruttamento e riuscire ad affiancare un progetto per dargli la<br />

possibilità di studiare. Altrimenti entrano in un circolo vizioso: è vero che si ha bisogno di lavorare per mangiare,<br />

però se questo impedisce di studiare, ciò comporta che la persona rimarrà in quello strato sociale lì (perché non<br />

potrà fare un lavoro che consenta di uscirne), verosimilmente nella futura famiglia che si creerà si riprodurrà lo<br />

stesso circolo vizioso, e in questo modo non si riesce a sradicare il problema. Già solo con il nostro progetto<br />

l'abbandono scolastico si è drasticamente ridotto in quel quartiere (quasi dell'80%) e sono molto interessanti i<br />

motivi per cui si è ridotto: la possibilità di avere un tavolo su cui scrivere, una sedia, di avere la luce. Questa<br />

esperienza fa capire meglio quali sono i problemi: la questione non è il fatto che uno non ha la possibilità di<br />

essere formato, anche il personale locale è competente, ma mancano le condizioni materiali.<br />

La popolazione infantile è esorbitante ed inoltre le strutture scolastiche sono limitate, allora la scuola è<br />

organizzata in turni, c'è il turno della mattina, del pomeriggio e della sera. In questo modo i bambini vanno a<br />

scuola e lavorano in orari diversi della stessa giornata.<br />

Per quanto riguarda la salute il problema principale è connesso alla malnutrizione, ci sono bambini malnutriti<br />

cronici, le patologie sono anemie, problemi agli occhi, infezioni intestinali. Il servizio sanitario nazionale è<br />

completamente privato, per farsi fare una visita bisogna presentarsi con la garza, i guanti, le siringhe ect.<br />

altrimenti non si viene visitati.<br />

Il grosso problema che c'è, è quello lavorativo. Secondo me c'è la possibilità di aprire cooperative per sviluppare<br />

occupazione, pensando a piccoli progetti: per esempio creare una cooperativa di raccolta e riciclo plastica. Con<br />

una persona che fa il giro delle case del suo barrios e raccoglie la plastica, questa plastica si può riciclare, anche<br />

inviandola in Italia (abbiamo già preso contatti con una azienda italiana che sarebbe interessata). Intorno ad<br />

un'attività di questo tipo si potrebbe collegare un'attività complementare per cui a chi fornisce la plastica si dà un<br />

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uono per il comedor (la mensa popolare) o un buono per visite sanitarie. In questo modo le famiglie del quartiere<br />

si sentirebbero parte del progetto, le famiglie sarebbero responsabilizzate rispetto a questa attività e si creerebbe<br />

un tessuto sociale che invece in quei posti è difficile da creare.<br />

N. No<br />

P. Gli esperimenti che come Mani Tese sono stati fatti sono stati tentativi dall'interno, nel senso che Mani Tese ha<br />

una grossa base associativa, con un sacco di volontari sparsi per l'Italia e in molti dei gruppi di Mani Tese ci sono<br />

anche degli extracomunitari che partecipano alle attività di volontariato. In particolare in alcuni gruppi ci sono delle<br />

comunità straniere che partecipano molto, per esempio il gruppo di Firenze ha un certo numero di volontari<br />

stranieri.<br />

L'esperienza che abbiamo avuto riguarda attività generatrici di reddito, per esempio la creazione di una<br />

produzione avicola in Benin, che sarebbe stata gestita da un'associazione locale che avrebbe coinvolto la<br />

comunità di un villaggio. Il villaggio avrebbe gestito l'attività produttiva per svilupparla.<br />

Il progetto sarebbe stato attivato, seguito e promosso da alcune di queste persone che rientrano dall'Italia.<br />

Segnalo due grandi problemi. La cosa è stata fatta perché Mani Tese ha ritenuto che andasse sperimentata sia<br />

come tipologia di aiuto alla cooperazione sia come un'azione di cooperazione partecipata promossa dalla nostra<br />

esperienza qui e dai rapporti tra i nostri soci volontari. Le persone coinvolte nel progetto tornano in Benin, prima<br />

debolezza grossissima è che questa associazione locale esiste e non esiste, nel senso che poi alla fine si basa<br />

sulle persone che sono rientrate e sulla loro sfera famigliare. Il fatto che tutto si svolga a partire da rapporti<br />

parentali crea qualche problema, perché gestire e monitorare in loco un progetto che viene gestito da una famiglia<br />

è molto più difficile che gestire un progetto gestito da una comunità in cui la gente si protegge a vicenda, invece<br />

nel caso della famiglia essa fa l'interesse della famiglia. Secondo problema: le persone che sono rientrate, nel<br />

nostro caso, hanno assunto l’atteggiamento degli “americani”. Cioè camminano a due metri da terra, mostrano di<br />

aver svoltato e di aver risolto la vita a sé e a tutta la famiglia, mostrano di aver fatto un'esperienza assolutamente<br />

inimmaginabile e si tengono distaccati culturalmente, si sentono elevati culturalmente. Quindi assumono il ruolo di<br />

capi della faccenda. In più tornano con una valigetta, un tot di soldi per promuovere un’attività e far lavorare tutti<br />

quanti. Quindi dal punto di vista culturale la cosa non funziona, cioè toglie tutta quella neutralità che invece ha il<br />

sostegno ad una comunità con la quale non c'è nessuna relazione. Perché invece qui si va sulle conoscenze.<br />

Altri problemi: non è stabile il fatto che queste persone se ne stiano lì, perché c'è chi dopo sei mesi gli viene il<br />

prurito per cui lì non vuole più vivere e gli viene la nostalgia dell'Italia, e così o tornano in Italia oppure vanno e<br />

vengono, perché magari si inventano un import - export, oppure prendono e vanno da un'altra parte perché lo<br />

hanno fatto una volta, è andata bene e lo possono rifare. Si questa modalità ha incidenza il fatto che quelle sono<br />

persone che hanno già fatto una scelta, il fatto di essere andati via da un villaggio rurale non è una scelta da<br />

niente, è una cosa che comporta pensiero, organizzazione, capacità comunicativa, è una cosa abbastanza<br />

importante. Quindi in qualche maniera è gente che non è detto che sia stabile lì, una volta tornata non è detto che<br />

ci stia, soprattutto se hanno fatto esperienze forti, importanti. Si tratta di persone che hanno fatto un passo avanti<br />

culturale perciò tornando indietro si rendono conto dei limiti della cultura e della famiglia, per esempio rispetto a<br />

come si organizzano i matrimoni, rispetto a come è strutturata la società in una zona rurale, e quindi culturalmente<br />

c'è un distacco. In base a ciò o la cosa va estremamente bene da un punto di vista economico oppure vanno,<br />

mettono su questa produzione, ci mettono tre o quattro persone che ci lavorano dentro, cioè fanno i responsabili<br />

di questa cosa, però senza in realtà arrivare a grandi risultati.<br />

Nel nostro caso i due progetti dal punto di vista della riuscita sono tutti e due andati male, nel senso non hanno<br />

ottenuto il risultato atteso né economicamente né culturalmente. Perché queste persone se ne sono tornate<br />

indietro, quello che è rimasto sul terreno è poco o niente, dove c'è qualcosa non ha niente di comunitario ma è<br />

assolutamente un'attività della famiglia. I nostri obiettivi non sono di far crescere piccoli imprenditori locali,<br />

abbiamo come obiettivo quello di sviluppare comunità, quindi per noi i due progetti realizzati non rappresentano<br />

un successo. Magari chi ha un obbiettivo sull'individuo, può considerare un successo il fatto che quell'individuo si<br />

sistemi.<br />

Inoltre nelle nostre esperienze le associazione locali esistono solo a condizione che ci sia la presenza di chi<br />

rientra, senza di loro non esistono. Quando sono stati giù a lavorare su questi progetti in realtà erano i padroni<br />

assoluti, nel senso che se io torno in Benin con una valigetta per fare un pollaio tu mai mi potrai dire "secondo me<br />

è meglio che lo facciamo così", i soldi li ho portati io perché sono andato in Italia, perché ho conosciuto certa<br />

gente, perché questa gente ha avuto fiducia di me e mi ha dato i soldi, quindi taci e il pollaio si fa come dico io.<br />

Mentre in una situazione normale di un nostro progetto ci sarebbe stato un comitato locale di gestione di questo<br />

pollaio e tutti avrebbero avuto la stessa possibilità di dire la loro opinione, con un equilibrio di posizioni. In questo<br />

caso c'è questa figura nuova che vale anche di più del capo villaggio perché alla fine è quello che sbaraglia tutto.<br />

DOMANDA 31 (Per i cooperanti o camere di commercio) Avete subito reati nel paese in cui avete operato? Quali reati? Li<br />

avete denunciati? Vedevate compiere reati e di che tipo?<br />

N. No<br />

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DOMANDA 32 (Per i cooperanti o camere di commercio) Pensa che per proporre degli inserimenti lavorativi di rimpatriati<br />

ci si possa affidare alle strutture di assistenza presenti nella nazione in cui opera, o ritiene che si possano<br />

raggiungere migliori risultati cercando l’aiuto di organizzazioni non governative di stati esteri?<br />

J. E' necessario coinvolgere il governo, almeno il governo locale ma anche le ONG presenti sul territorio. Bisogna<br />

avere una conoscenza buona delle ONG, perché succede che in questi paesi alcune ONG siano fasulle, bisogna<br />

prevedere anche la presenza di un espatriato che segua il progetto, perché basarlo solo su ONG locali è quanto<br />

mai pericoloso. Rispetto alle ONG locali è bene chiedere alle ONG italiane, perché di solito hanno rapporti con<br />

partner locali e quindi si può partire con un loro appoggio.<br />

K. E’ funzionale soprattutto lavorare con le associazioni perché riescono ad allacciare i rapporti con le municipalità,<br />

quindi col territorio, perchè le associazioni hanno la conoscenza del territorio. Ci deve essere anche una cornice<br />

politica, che favorirebbe progetti tipo il vostro, altrimenti il rischio è di iniziare un progetto che poi a livello di<br />

municipalità viene interpretato come qualcosa di imposto da un altro paese, e questo non è funzionale. E’ logico<br />

che i tempi della burocrazia sono diversi dai tempi delle associazioni, che operano molto rapidamente, mentre<br />

trovare gli accordi a livello politico è molto più lungo e complicato. Se c’è un accordo governativo è più facile per<br />

gli operatori portare avanti un certo tipo di progetto. Noi chiediamo che il progetto non sia calato dall’altro, ma<br />

chiediamo delle lettere di intesa e di partecipazione e collaborazione, con il coinvolgimento di associazioni sul<br />

territorio e della municipalità. Solo così può funzionare un progetto. A monte, visto il problema di cui vi occupate,<br />

se non c’è l’accordo col governo e con l’istituzione non credo il vostro progetto possa avere le gambe per<br />

camminare.<br />

Come cooperazione internazionale finanziamo progetti in tutti i settori. L’obiettivo del progetto deve favorire l’autosviluppo<br />

locale e ci deve essere una sinergia con le strategie locali, nel senso che deve comunque essere in<br />

appoggio delle municipalità o delle regioni. Ci deve essere una omogeneità con la strategia locale di sviluppo del<br />

paese e dell’area dove si va ad operare. I progetti vengono presentati da ONG e associazioni che hanno come<br />

attività prioritaria la cooperazione allo sviluppo. Gli ambito sono i più diversi: formazione professionale, sanità,<br />

agricoltura, cultura.<br />

Il reinserimento socio-lavorativo di persone con un percorso migratorio fallito può essere contemplato tra i progetti<br />

che finanziamo, ma deve essere concordato con le autorità locali. Le nostre ONG conoscono il territorio,<br />

collaborano con le municipalità e le associazioni locali. Per rendere operativo il vostro progetto è necessario<br />

creare degli accordi con le municipalità, i governi, fin dall’inizio del progetto.<br />

M. Non so se esistono ONG che si occupino di emigrati rimpatriati. Almeno a Tablada no. Le ONG si occupano di<br />

progetti educativi, creano comedor (che è fondamentale), c'è un progetto che è una specie di polisportiva che<br />

contatta i ragazzini un po' più grandi (dai 10 anni), ai quali interessa meno mangiare e l'aiuto a fare i compiti,<br />

mentre la squadra di pallacanestro, calcetto ect. Vengono usate per renderlo interessante. Viene preso il gioco<br />

come scusa educativa e in questo modo riesci a capire le storie dei ragazzi raggiungendoli attraverso l'interesse<br />

per il gioco e la divisa, che è il top dello specchietto. Ci sono i campionati tra i vari barrios. E' un modo anche per<br />

tenere collegati ai progetti i giovani del posto.<br />

N. Il passaggio attraverso le ONG è indispensabile. Senza escludere il contatto con le istituzioni e quello col territorio<br />

(associazioni). Non conosco lavori di successo realizzati tramite il contatto istituzionale. Questo perché le ong<br />

sono radicate nel territorio, più dei comuni e delle istituzioni. Le istituzioni svolgono i loro compiti in maniera<br />

burocratica, inoltre se lavori con le istituzioni non puoi tenere le cose sotto controllo. Le ONG mostrano maggiore<br />

interesse. Meglio rivolgersi ad ONG stabili e monotematiche, in questo modo si può condividere gli interessi ed<br />

attuare uno scambio reciproco su metodi, tematiche e loro approfondimenti. Bisogna evitare quelle realtà o<br />

organizzazioni che hanno un complesso di inferiorità perché risulta essere un impedimento al lavoro.<br />

O. A livello internazionale conosco l’esperienza del P.R.I. (Penal Reform International), una delle istituzioni più serie<br />

che lavora sulla riduzione delle misure di carcerazione, e potrebbe avere qualche conoscenza del tema di cui mi<br />

hai chiesto (www.penalreform.org). Hanno una presenza regionale in America Latina, e poco fa sono venuti in<br />

Perù per sostenere qualche progetto. A livello governativo, sarebbe interessante visionare il sito web della INPE<br />

(Istituto Penitenziario del Perù. http://www.inpe.gob.pe/contenidos.php?id=226&np=32&direccion=1), dove potete<br />

trovare qualche informazione sull’azione post penitenziaria. Anche se, a occhio, credo di poter dire che questo è<br />

un settore particolarmente debole dell’INPE (anche analizzando il dato molto elevato relativo alla ripetizione del<br />

reato da parte di ex detenuti). Considero comunque che l’INPE sia un punto di riferimento importante nel caso si<br />

voglia avviare un lavoro di reinserimento in Perù di peruviani che hanno scontato la loro pena in Italia.<br />

P. La cooperazione internazionale non finanzia attività ad individui e non supporta attività per individui, supporta<br />

invece attività per comunità e per gruppi, per associazioni, gruppi di produttori, gruppi di villaggio.<br />

Nella vostra idea progettuale l'azione è basata sull'individuo, quello che interessa è che l'individuo torni indietro, e<br />

quindi tutto si gioca sulla persona non sulla comunità.<br />

Il lavoro che dovrete fare voi è verificare cosa esiste e dove, e verificare se le persone disponibili a rientrare sono<br />

persone che possono entrare in quella realtà. Mi riferisco alle centinaia di progetti magari di formazione fatti anche<br />

dalle realtà non governative che hanno come beneficiari i locali e che potrebbero accogliere situazioni particolari.<br />

Questo potrebbe darvi l'occasione di collaborare con realtà che sul territorio già funzionano. Dei casi di<br />

abbinamento ci potranno certo essere.<br />

44


Sarebbe importante capire se c'è già un network capillare da cui si potrebbe partire. Le cose più capillari sono<br />

quelle organizzate dai religiosi. Dovete studiare quei paesi per vedere quali realtà ci sono. E poi bisogna fare una<br />

verifica in luogo, per trovare la disponibilità di una serie di centri ad accogliere dei nuovi beneficiari.<br />

Una questione importante da prevedere è chi fa il monitoraggio sul posto, bisogna garantirsi che la cosa sia<br />

seguita.<br />

Bisogna fare uno studio su quali sono le realtà recettive, i potenziali recettori di queste persone nei loro paesi<br />

(imprese, servizi sociali locali, ONG, missionari). Secondo me una cosa del genere costringe a lavorare ad hoc.<br />

45


COMMENTI ALLE DOMANDE SULLE BUONE PRASSI - PERÙ<br />

Non ci sono esperienze realizzate di progetti di rientro onorevole in Perù per persone ex detenute.<br />

Rispetto all’esperienza di rientro di alcuni cittadini eritrei (unica esperienza di cui si ha notizia) le buone prassi<br />

individuate riguardano:<br />

• chiarezza del percorso<br />

• condivisione e partecipazione nella costruzione del percorso da parte del gruppo o della persona<br />

obbiettivo<br />

• adeguato percorso formativo prima del rientro<br />

• presenza nel paese terzo di una agenzia di appoggio, che abbia anche la capacità di dare accesso al<br />

credito alle persone o al gruppo che rientra<br />

• prevedere un periodo in cui mantenere i legami anche a distanza, in modo da garantire un supporto anche<br />

tecnico. Il legame va mantenuto nel tempo e allentato poco alla volta.<br />

Rispetto ai progetti di cooperazione internazionale realizzati le buone prassi individuate riguardano:<br />

• coinvolgimento del governo, almeno a livello locale<br />

• coinvolgimento delle ONG presenti sul territorio, previo un preliminare monitoraggio per verificarne<br />

l’affidabilità<br />

• prevedere la presenza di almeno un cooperante che segua il progetto in loco<br />

• creare progetti sulla base di un’analisi di fattibilità<br />

• coinvolgere le realtà dei paesi terzi nella fase di progettazione<br />

• creare progetti che prevedano la sostenibilità, ovvero che il progetto una volta concluso possa continuare<br />

senza il coinvolgimento della cooperazione internazionale<br />

• prevedere l’impiego di personale locale nel progetto, in modo da garantire il trasferimento di know how e di<br />

competenze e conoscenze<br />

• indispensabilità di un ruolo attivo del partenariato del paese terzo<br />

Viene sottolineato l’importanza del ruolo delle donne per la buona riuscita dei progetti, sia per l’accoglienza in<br />

loco, sia se sono esse stesse oggetto di rientro assistito, essendo esse più affidabili degli uomini per ragioni<br />

culturali legate al ruolo all’interno della famiglia e alla funzione di accudimento dei figli.<br />

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INTERVISTE<br />

LA TUNISIA<br />

Interviste realizzate con:<br />

FONTE: gruppo di controllo<br />

A. Dottoranda Università<br />

B. Dottoranda Università<br />

C. Rappresentante associazione “Tribunale degli immigrati”<br />

D. Responsabile Associazione Tunisini di Milano<br />

FONTE: detenuti<br />

E. Detenuto alla seconda Casa di Reclusione di Bollate<br />

F. Detenuto alla seconda Casa di Reclusione di Bollate<br />

FONTE: istituzionale<br />

I. Croce Rossa Italiana<br />

J. Cooperazione decentrata Comune di Milano<br />

K. Cooperazione internazionale Regione Lombardia<br />

L. Ufficio stranieri Polizia di Stato<br />

FONTE: cooperazione internazionale<br />

M. Docente universitaria con esperienza di cooperazione internazionale<br />

P. Mani Tese<br />

Q. Caritas Ambrosiana<br />

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DOMANDE SULL’AREA LEGALE<br />

DOMANDA 1 Esiste una normativa di accordo tra lo Stato italiano e la sua nazione che regola il rientro forzato?<br />

Se si, spiegare le regole degli accordi.<br />

A. Immagino che ci sia però non so niente di preciso. So che ci sono degli accordi bilaterali, quelli per impedire<br />

l'immigrazione clandestina, ma non so se c'è qualcosa o meno rispetto ai rimpatri forzati<br />

C. Esistono degli accordi bilaterali tra Tunisia ed Italia già vecchi di tre anni per quanto riguarda il rimpatrio di<br />

clandestini. Il primo accordo è stato fatto a fine ’98, in quanto nell’estate del ’98 si è verificato il fenomeno delle<br />

barche (ne arrivavano anche 3000 al mese), sbarcavano a Lampedusa. In quel momento è stato siglato il primo<br />

accordo tra Italia e Tunisia in cambio di aiuti strutturali alla polizia, alla dogana tunisina, per combattere<br />

l’immigrazione clandestina. In questi accordi è previsto che nel momento in cui la persona clandestina viene<br />

identificata come tunisina, la Tunisia non può non accettarla. Mentre prima una persona senza passaporto non<br />

veniva accettata nel paese. Invece adesso quando la persona viene identificata come tunisina, lo stato tunisino ha<br />

l’obbligo di riaccoglierlo.<br />

Tutti i paesi che hanno firmato gli accordi bilaterali vengono premiati dall’Italia nei decreti flussi, nel senso che<br />

viene destinato a quei paesi un numero x di posti per persone provenienti da quei paesi.<br />

D. La Tunisia è uno dei paesi che ha firmato l’accordo con l’Italia secondo cui la Tunisia è tenuta a riconoscere i suoi<br />

cittadini, perciò le persone che vengono espulse passano dal consolato e lì gli viene fatto un documento per<br />

l’espatrio.<br />

L. Non lo so perché dipendono dal ministero degli esteri, certamente è più semplice con l’Albania dove abbiamo<br />

forze di polizia nostre per la formazione e l'istruzione, c'è una collaborazione massima con la Romania, c'è stato<br />

con la Bulgaria e non potrebbe essere altrimenti per chi fa istanza di entrare in Europa.<br />

M. Direi di sì, non la conosco nello specifico.<br />

Q. Esistono degli accordi di riammissione con la Tunisia, si tratta di accordi di collaborazione tra Italia e il paese di<br />

provenienza più che di rientro forzato. Nel senso che il cittadino straniero, che viene trovato sul territorio italiano<br />

senza permesso di soggiorno oppure che ha commesso un reato e si trova in carcere o che ha commesso un<br />

reato che non consente poi il rinnovo o l'ottenimento del permesso di soggiorno, ovviamente dovrà essere<br />

espulso. Viene quindi portato nel CPT e le autorità di pubblica sicurezza italiane hanno la possibilità di prendere i<br />

contatti con le autorità diplomatiche del paese di appartenenza della persona, affinché la persona venga<br />

identificata e gli venga rilasciato il documento di viaggio fondamentale per poter far rientrare la persona nel paese<br />

di origine. Se non esistono questi accordi di riammissione ovviamente è più difficile l'identificazione, perché non<br />

c'è la collaborazione da parte dei consolati, e quindi risulta vano il trattenimento di identificazione durante la<br />

permanenza nei CPT. Nel caso in cui la persona da rimpatriare non venga accompagnata in frontiera, essa, una<br />

volta scaduti i 60 giorni (tempo massimo di trattenimento), si ritrova sul territorio italiano con un invito, un obbligo,<br />

di lasciare l'Italia entro 5 giorni, che ovviamente non viene ottemperato.<br />

In cambio di questa collaborazione l'Italia prevede delle quote privilegiate di ingresso di cittadini stranieri<br />

provenienti da quei paesi con cui l'Italia ha sottoscritto questi accordi, all’interno della pubblicazione annuale del<br />

decreto flussi.<br />

Per i cittadini di paesi che non hanno sottoscritto accordi con l'Italia, quando essi si trovano nei centri di<br />

permanenza temporanea, le autorità di pubblica sicurezza chiedono al consolato, al presumibile consolato di<br />

competenza, la collaborazione. Ci sono consolati che non intendono collaborare con l'Italia perché non ci sono<br />

questi accordi, altri consolati che invece, a seconda del periodo storico, collaborano nonostante non ci siano<br />

accordi.<br />

DOMANDA 2 Come la sua nazione accoglie i soggetti rimpatriati? Spiegare, se esistono, le normative che definiscono<br />

delle condotte a cui i rimpatriati devono adempiere o le prassi consolidate a cui si attengono.<br />

A. Si sa pochissimo di queste cose. Sicuramente verrà accompagnato in una casa di detenzione e poi non so. Di<br />

queste cose non si parla nei telegiornali né nei giornali scritti, si può sentire qualcosa nei media esteri ma non nei<br />

media nazionali.<br />

C. La persona rimpatriata viene punita in base alla normativa che regola il fatto che la persona è uscita dal territorio<br />

tunisino in modo clandestino. La persona viene punita con un pena minima di un mese di carcere. Perciò tutte<br />

queste persone che vengono rispedite in Tunisia sicuramente passano dal carcere. La normativa viene applicata.<br />

Non c’è una via d’uscita alternativa, la persona viene arrestata, addirittura adesso hanno reso più severa la pena,<br />

che arriva anche a 6 mesi. Questa normativa è della Tunisia, non esiste né in Marocco né in Egitto. Solo la<br />

Tunisia punisce i suoi cittadini se escono dal territorio nazionale in modo irregolare. Addirittura la polizia nella<br />

dogana tunisina, al momento dell’uscita dei cittadini tunisini alla frontiera, controlla se hanno o meno i documenti<br />

di soggiorno dello stato in cui si stanno recando (Italia, Francia, ect), cioè fanno un lavori al posto degli organi di<br />

controllo degli stati di destinazione delle persone.<br />

D. Non è un piacere perché la Tunisia punta molto a fare una bella figura all’estero. Al rientro le persone hanno un<br />

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po’ di problemi con la polizia perché la polizia deve sapere cosa è successo, per quali motivi sono stati espulsi,<br />

per questione di sicurezza vengono interrogati. Sono liberi, ma hanno un invito per presentarsi al Ministero degli<br />

Interni o alla polizia della regione dove abitano.<br />

I. Non so. Per le persone che vengono rimpatriate e hanno già delle pendenze so che vengono accolte nella loro<br />

nazione direttamente dalla polizia locale.<br />

Le notizie che ho vengono da parte degli stranieri stessi ed in particolar modo per quanto riguarda la Tunisia,<br />

informazioni che riguardano il regime carcerario che è considerato più duro di quello italiano. La persone che deve<br />

essere rimpatriata e che sa che lo aspetta il carcere in Tunisia ha paura, preferirebbero scontare la pena in Italia.<br />

L. Procedure che riguardano lo straniero che esce dal carcere per fine pena o per applicazione della pena<br />

sostitutiva: l'intervento della Questura si concretizza essenzialmente o nell'espulsione (è il Prefetto che espelle, il<br />

Questore si limita ad eseguire il decreto del Prefetto nelle tre forme previste: accompagnamento alla frontiera<br />

immediato, trattenimento nel CPT, oppure ordine di lasciare il paese in 5 giorni). Per quelli che escono dal<br />

carcere, essendo persone che commettono reati, c'è sempre trattenimento al CPT, perché comporterebbe<br />

problemi rispetto al controllo sociale consegnare l'invito a una persona appena uscita dal carcere che potrebbe,<br />

per qualsiasi motivo, il giorno dopo commette un nuovo reato. Quindi preferiamo trattenerli al centro in modo da<br />

essere sicuri di poterli accompagnare fisicamente alla frontiera. Nel caso in cui non hanno documenti, dopo 60<br />

giorni, come spesso avviene, vengono muniti dell'ordine del Questore di lasciare il paese entro 5 giorni e lasciati<br />

liberi. Non sono chiuse le vie al rilascio del permesso di soggiorno per gli stranieri che hanno subito una<br />

condanna, questo accade sempre quando sono coniugi di cittadini italiani o genitori di cittadini italiani, che<br />

acquistano lo status di inespellibili. In questi casi richiediamo la convivenza, si chiama il coniuge richiedendo<br />

l’autocertificazione della convivenza e alla persona straniera verrà dato un permesso per famiglia, che potrà<br />

essere convertito in lavoro.<br />

Art 16 della legge Bossi Fini prevede che si possa presentare istanza al giudice per ottenere di sostituire il carcere<br />

con il rientro nel paese d'origine quando la pena è sotto i 3 anni. Viene chiamato provvedimento deflattivo per<br />

sfoltire le carceri. Una volta che viene concessa l’applicazione dell'art.16, tale situazione viene trasmessa in<br />

Questura e la persona verrà accompagnata nel paese d’origine nel tempo necessario a trovare il biglietto per il<br />

rimpatrio. L'accompagnamento al paese d'origine è obbligatorio, non è come l'espulso normale, perciò se non c'è<br />

il passaporto non si può richiedere la pena alternativa. La richiesta può venire da chi ha un'identità certa o dai<br />

paesi i cui consolati sono disposti a riconoscere l'identità dei loro cittadini. Una volta arrivati nella loro nazione<br />

sono liberi.<br />

I reati ostativi al permanere nell'area Shenghen sono il 380 e 381, quelli che prevedono l'arresto obbligatorio in<br />

fragranza e l'arresto facoltativo, in più i reati sessuali, pedofilia, immigrazione clandestina, sfruttamento della<br />

prostituzione.<br />

Se una persona espulsa vuole rientrare ha la possibilità di richiedere il nulla osta speciale al rientro, la sanatoria<br />

non lo può aiutare perché, anche se cambia nome, ha depositato le impronte e viene subito individuato. Questo<br />

per voi significa che potete fare rientri onorevoli, offrire un'occasione nel paese d'origine, e se la persona non ce la<br />

fa a rimanere nel paese d'origine, piuttosto che rientrare clandestinamente (che non gli conviene perché ormai<br />

con le impronte non si sfugge più), appena maturano i termini potete farvi carico del deposito dell’istanza presso<br />

l'ambasciata. Dopo di che sulla legge sull'immigrazione non si può mai dare niente per scontato, perché è una<br />

legge modernissima, più volte modificata, plasmata da sentenze del TAR, della Corte di Cassazione e dei giudici<br />

ordinari, perciò non si può escludere nessun tipo di ulteriore modifica.<br />

Per sostenere le spese di rimpatrio c'è un capitolo in Prefettura. Per le espulsioni con l'art. 16 il biglietto viene<br />

automaticamente pagato. Se una persona è detenuta e vuole rientrare nel suo paese d’origine (alle condizioni di<br />

cui sopra) ha il diritto al rientro pagato.<br />

Q. Quello che succede è sostanzialmente che il consolato identifica la persona e deve rilasciargli un documento di<br />

viaggio. Nel momento in cui la persona passa la frontiera sul passaporto o sul documento di viaggio verrà messo<br />

il timbro da parte delle autorità di frontiera italiane di uscita dal territorio italiano. Questo perchè da quella data<br />

decorrono i 10 anni di divieto di reingresso in Italia. Prima erano 5 anni, la legge Bossi - Fini li ha aumentati a 10.<br />

Bisogna tener conto che generalmente quando viene fatto il rimpatrio le persone non vengono avvisate<br />

dell’imminente partenza, quindi si ritrovano nella situazione in cui i poliziotti li prelevano di mattina presto, li<br />

portano in aeroporto e li caricano sull'aereo scortati a seconda appunto della nazionalità del gruppo che deve<br />

essere rimpatriato. Queste persone possono immaginare che quell'aereo li riporti a casa, ma nessuno gli<br />

comunica niente. Questo per evitare problemi di sicurezza e di ordine all'interno del centro di permanenza<br />

temporanea. Una volta che sbarcano dall'aereo non sappiamo cosa accada. Abbiamo qualche indicazione<br />

sporadica che ci è stata data da persone che poi sono rientrate in Italia. In alcuni paesi il fatto di uscire dal proprio<br />

paese irregolarmente è un reato, per cui nel momento in cui si rientra vengono arrestati e possono o pagare una<br />

multa, per altro abbastanza elevata, oppure si devono fare un certo numero di giorni in carcere (il carcere è<br />

abbastanza duro). Questo succede in Marocco, in Tunisia non so, in altri paesi africani succede così. Quando<br />

vengono rimpatriati vengono accolti dalla polizia di frontiera del paese di origine e vengono malmenati o<br />

comunque trattenuti anche se non esistono delle regole (per esempio questo succede in Nigeria e in altri paesi<br />

africani).<br />

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R. Non lo so perché come IOM non ci occupiamo del rimpatrio forzato, noi ci occupiamo solamente del rimpatrio<br />

volontario ed assistito. Siamo contro le espulsioni e non partecipiamo a questo tipo di rimpatrio.<br />

Quando il rimpatrio è assistito si tratta di rimpatri volontari. Noi assistiamo le persone dall’Italia fino alla<br />

destinazione finale e alla reintegrazione nel paese d'origine. Ci occupiamo di aiutare la persona a prendere una<br />

decisione consapevole per il rimpatrio usando il counselling, che la persona ottenga un documento di viaggio<br />

presso la sua Ambasciata nel caso in cui non ha il passaporto, di organizzare il viaggio, di fornirgli il visto di<br />

transito, di fornirgli assistenza in aeroporto a Roma e nel paese d'origine (perché abbiamo i nostri uffici) e di<br />

aiutarlo ad ottenere la reintegrazione (dipende da progetto a progetto) sempre attraverso la nostra rete nei paese<br />

d'origine.<br />

DOMANDA 3 Esistono, nella sua nazione, delle normative che favoriscono l’integrazione lavorativa dei soggetti<br />

rimpatriati?<br />

Se si, spiegare la normativa.<br />

C. No, niente<br />

D. E’ difficile, non ci sono normative che aiutano queste persone a trovare il lavoro. Loro devono ricominciare la loro<br />

vita lavorativa da capo, se ne devono occupare da soli.<br />

Q. Non esistono. Almeno le persone che abbiamo incontrato nuovamente perché sono tornate in Italia dopo un<br />

rimpatrio dicono che gran parte di loro cerca comunque di ritornare in Italia perché al loro paese di origine non<br />

hanno la possibilità di trovare lavoro, non hanno più nessuno avendo lasciato il paese da tanto tempo. Per cui<br />

presumibilmente vengono lasciati al loro destino.<br />

DOMANDA 4 Esistono, nella sua nazione, delle normative che ostacolano l’inserimento lavorativo dei soggetti<br />

rimpatriati?<br />

C. No, l’unico ostacolo è il carcere. Per il resto è come prima, cioè sono in cerca del paradiso. Anche perché la<br />

Tunisia non è un paese modello. Quasi tutti i paesi arabi sono paesi in cui vige la dittatura. In Tunisia la dittatura è<br />

un regime di polizia, c’è repressione, non ci sono libertà, ci sono sistematiche violazioni dei diritti umani. C’è molta<br />

corruzione, anche a livello imprenditoriale, non è possibile evitare la corruzione. Molti imprenditori falliscono<br />

perché appena hanno successo arriva qualcuno a chiedere una tangente. La corruzione è a tutti i livelli,<br />

amministrativo, politico. Attualmente in Presidente della Tunisia è malato, era un generale, e sono i suoi famigliari<br />

che gestiscono la politica. In Marocco la cosa è un po’ diversa, nonostante ci sia una monarchia, però in Marocco<br />

ci sono più libertà, anche per quanto riguarda gli investimenti, è più vicino al modello europeo. La corruzione c’è<br />

sempre, però non come in Tunisia.<br />

D. No perché sono considerati come tutte le altre persone.<br />

DOMANDA 5 Esistono, nella sua nazione, delle normative che favoriscono od ostacolano l’inserimento lavorativo di<br />

soggetti che hanno ricevuto condanne penali in patria o all’estero?<br />

C. Nessun aiuto. Addirittura in Tunisia adesso c’è il problema della disoccupazione anche dei laureati. Davanti alle<br />

ambasciate e ai consolati ci sono le file di persone che cercano di scappare. C’è gente che rischia la via pur di<br />

andare via, perché ci sono sempre tantissimi morti nello stretto tra la Sicilia e la Tunisia, morti dichiarati, morti non<br />

dichiarati, dispersi. I laureati che vogliono emigrare sono anche architetti e ingegneri che vengono in Italia e fanno<br />

i manovali, fanno di tutto.<br />

I posti riservati alla Tunisia per il decreto flussi vengono gestiti dall’ufficio di collocamento, purtroppo lì avviene<br />

tutto a pagamento. C’è chi paga 6.000.000 di dinari tunisini (=4000 euro), chi paga 6000 euro, in questo modo<br />

riescono ad ottenere il visto per venire qui. Anche quello è un sistema corrotto. Poi c’è il sistema di cooperazione,<br />

ci sono per lo più associazioni vicine alla chiesa, e nel sud della Tunisia hanno attivato delle scuole di formazione,<br />

insegnano un mestiere per far arrivare questa gente, ma sono scoppiate parecchie denuncie, specialmente nella<br />

zona di Roma. Infatti tanti lavoratori immigrati hanno denunciato queste associazioni perché una volta arrivati in<br />

Italia gli hanno sequestrato il passaporto, il permesso di soggiorno, vengono retribuiti con 100 euro al mese<br />

facendoli lavorare presso fabbriche come apprendisti. Diciamo che tutti i progetti che sono attualmente in corso<br />

sono progetti che non toccano veramente la popolazione, la popolazione non sente che c’è qualcosa, sanno che<br />

c’è qualcosa di corrotto, che bisogna avere soldi. Già dal ’98 è stato previsto che presso i consolati italiani<br />

all’estero ci dovrebbe essere una lista di lavoratori in attesa di essere chiamati, in base al decreto flussi, queste<br />

liste non sono mai state fatte. Non c’è mai stato questo aiuto concreto.<br />

D. In Tunisia non ci sono leggi che ostacolano chi ha avuto una condanna e nemmeno li aiutano.<br />

DOMANDA 6 Nella sua nazione, vengono riportate sui certificati penali, rilasciati a suoi connazionali, le condanne<br />

ricevute all’estero?<br />

C. No, sul certificato penale tunisino risultano solo le condanne ricevute in Tunisia. La Tunisia nel suo sistema<br />

penale ha l’extraterritorialità, nel senso che se un cittadino tunisino (anche se si trova in Italia, per esempio)<br />

commette un atto che per la Tunisia è un crimine viene giudicato in Tunisia anche in contumacia.<br />

D. Il certificato penale esiste, ma non so quali condanne vengono riportate<br />

I. Sul certificato penale italiano viene registrato. Sul certificato penale del paese di origine non so. Bisogna tenere<br />

conto che la maggior parte dei cittadini extra comunitari in carcere hanno degli alias, questo comporta una<br />

difficoltà nell'identificazione. Nel caso il cittadino straniero abbia usato un alias non potrebbe mai avere un<br />

trasporto di informazioni sulla fedina penale del paese di origine. Se il cittadino straniero ha usato il proprio nome<br />

50


potrebbe esserci questo passaggio di informazioni dalla fedina penale italiana a quella del suo paese, ma è<br />

fantapolitica, nel senso che potrebbe esserci un lavoro da parte dell'Interpool così capillare, e dubito che ciò<br />

accada. A meno che non si tratta di reati che vanno a sfociare nell'internazionale, tipo traffico di armi, traffico di<br />

stupefacenti, terrorismo.<br />

L. Non credo proprio, tant'è vero che per la cittadinanza si richiede il casellario giudiziario del paese di origine. La<br />

banca dati Schengen è una banca dati comune ma per determinati reati: espulsioni, furto d'auto, monete. Non c'è<br />

una replica pari pari della nostra banca dati nei paesi d'origine, ancora si è arrivati a ciò. Soprattutto non sapremo<br />

mai se una persona è pregiudicata nel suo paese d'origine, lo sappiamo se ci fossero segnalazioni dell'Interpool.<br />

C'è un fascicolo nella divisione anticrimine che si chiama “permanendo” che se uno per una volta viene segnalato<br />

per un fatto rimane lì. Certo quando una persona viene espulsa la polizia lo sa, perché la persona arriva<br />

segnalata, scortata, non so che iniziative possono prendere là. So che i cittadini di alcuni paesi temono tantissimo<br />

quello che gli può succedere nel loro paese.<br />

Q. Non vengono riportate. Il certificato del casellario dei carichi pendenti italiano riporta tutti procedimenti aperti in<br />

Italia. Per cui per avere questo genere di informazioni si devono fare altre verifiche, con altre procedure. I<br />

certificati rilasciati dai tribunali ordinari sul nostro territorio verificano solo procedimenti in Italia.<br />

Tutte le comunicazioni riguardanti il cittadino straniero vengono inviate al consolato o all'ambasciata che poi<br />

comunica alle proprie autorità, per cui in linea teorica si potrebbe venire a conoscenza delle condanne ricevute in<br />

un paese terzo. Poi non so quanto funzionino le amministrazioni e come funzionino, comunque nel caso che una<br />

persona ha subito delle condanne oppure che ci sono dei procedimenti penali in corso, gli atti vengono notificati<br />

anche ai consolati.<br />

DOMANDA 7 Per poter essere assunti da un datore di lavoro, si devono presentare le certificazioni dei carichi pendenti<br />

e delle fedine penali? E questo costituisce un pregiudizio per i datori di lavoro?<br />

A. Per gli impieghi pubblici sicuramente viene richiesto e la fedina penale deve essere pulita per essere assunti.<br />

B Le grandi aziende lo richiedono, insomma le aziende che fanno un contratto di lavoro e pagano i contributi, se la<br />

fedina penale non è pulita è un problema. Dai noi esiste anche il lavoro sommerso e in questo caso non viene<br />

richiesto il certificato penale.<br />

C. Non necessariamente, bisogna presentare la fedina penale solo per i lavori pubblici a cui si accede attraverso<br />

concorso. Tutto il sistema scolastico in Tunisia è fatto di concorsi, nel senso che quando si studia dopo 6 anni c’è<br />

un concorso che non si basa sul fatto che lo studente abbia raggiunto la media o meno, ma suoi posti disponibili<br />

nella scuola di grado superiore. Anche la maturità è fatta con un sistema di concorso, in Tunisia la maturità non è<br />

mai stati superata da più del 30% degli studenti, così il 70% viene bocciato ma non perché non ha raggiunto la<br />

media bensì perché non c’erano posti all’università. Questo è un sistema vecchio d’origine francese, che neanche<br />

la Francia lo usa più.<br />

D. I privati non richiedono il certificato penale, mentre il pubblico impiego lo richiede. Se c’è qualche condanna la<br />

persona non viene ammessa al concorso pubblico. La condotta è molto considerata in Tunisia.<br />

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COMMENTI ALLE DOMANDE SULL’AREA LEGALE - TUNISIA<br />

Normativa d’accordo tra Italia e Tunisia - Aspetti legislativi relativi alle procedure di rientro assistito<br />

Esistono accordi di riammissione tra Italia e Tunisia, si tratta di accordi di collaborazione che regolano anche il<br />

rimpatrio di persone emigrate clandestinamente, infatti in base a tali accordi la Tunisia è tenuta a riconoscere i<br />

suoi cittadini e a riaccoglierli.<br />

La legislazione tunisina prevede che la persona che rientra, nel caso sia uscita in maniera clandestina dal<br />

territorio, deve scontare una pena in carcere, che va da 1 a 6 mesi.<br />

Il sistema penale tunisino prevede l’extraterritorialità, ossia se un cittadino tunisino commette un atto, ovunque<br />

si trovi, che per la Tunisia è un crimine viene giudicato in patria anche in contumacia.<br />

Inoltre se un tunisino ha commesso un reato all’estero contro un cittadino tunisino, anche se ha già avuto una<br />

condanna all’estero e ha già scontato una pena, verrà nuovamente processato in Tunisia e potrà avere<br />

un’altra condanna separata. Per la legislazione tunisina infatti non ha rilevanza se la persona ha già scontato<br />

la pena per quel reato in Europa, poiché in Tunisia dovrà scontare la pena come condanna principale e non<br />

come pena integrativa; in pratica gli anni scontati all’estero non valgono.<br />

Per quanto riguarda i percorsi di rientro onorevole questi tre aspetti legislativi rappresentano dei punti<br />

d’attenzione, in quanto bisognerà valutare:<br />

• se gli ex detenuti tunisini se la sentano di rientrare affrontando da 1 a 6 mesi di detenzione, nel caso in cui<br />

siano emigrati clandestinamente. L’alternativa è verificare se c’è la possibilità di attivare percorsi senza<br />

incappare nel periodo di detenzione, anche se la persona interessata è uscita in maniera irregolare dal<br />

territorio tunisino.<br />

• Sarà indispensabile sondare con il potenziale candidato ad un progetto di rientro onorevole è se ha<br />

commesso reati che prevedono l’extraterritorialità.<br />

• Sarà indispensabile verificare se la persona ha commesso all’estero reati contro un cittadino tunisino.<br />

Le normativa sopra esposte potrebbero rendere problematica l’applicazione della procedura secondo cui è<br />

possibile richiedere una pena alternativa al carcere, nel caso la condanna da scontare sia inferiore ai 2 anni,<br />

che si concretizza nella presentazione dell’istanza al giudice per ottenere di sostituire il carcere con il rientro<br />

nel paese d'origine. Condizione necessaria per attivare tale procedura è che la persona detenuta sia in<br />

possesso del passaporto poiché la richiesta di pena alternativa può venire solo da chi ha un'identità certa o dai<br />

cittadini di quei paesi i cui Consolati sono disposti a riconoscerne l'identità. In questo caso l’esistenza di<br />

accordi bilaterali è da considerarsi un aspetto facilitante.<br />

Un aspetto di cui il progetto di rientro onorevole dovrebbe occuparsi è la prassi in base alla quale una persona<br />

all’uscita dal carcere, avendo scontato la pena, viene inviata e trattenuta nei Centri di Permanenza<br />

Temporanea affinché avvenga la sua identificazione (condizione necessaria per l’accompagnamento in<br />

frontiera). Bisognerebbe verificare se l’identificazione potesse essere anticipata durante il periodo di<br />

detenzione, in modo che la persona possa non passare per il CPT e, una volta scontata la pena o ottenuta<br />

l’alternativa alla pena, possa essere immediatamente accompagnata in frontiera. Questa procedura alternativa<br />

comporterebbe un risparmio di risorse economiche per lo Stato Italiano e la possibilità di dover effettuare un<br />

passaggio in meno per il cittadino straniero.<br />

Legislazione in materia di lavoro<br />

Per quanto riguarda l’esistenza di una normativa che favorisca l’inserimento lavorativo di persone rimpatriate o<br />

ex detenuti le risposte ottenute vanno tutte nella direzione dell’assenza di qualsiasi legislazione in materia, sia<br />

ostacolante che favorente, e della necessità che la persona se la cavi da sola.<br />

E’ interessante rilevare come l’assenza di intervento in materia di lavoro e la vicinanza della Tunisia all’Europa<br />

siano fattori determinanti per i protratti e successivi tentativi di emigrazione irregolare anche da parte di<br />

cittadini tunisini già rimpatriati.<br />

Per quanto riguarda la possibilità di inserimento lavorativo i certificati penali pare non costituiscano un<br />

problema, visto che i reati commessi fuori da Tunisia non vengono riportati sul casellario giudiziario tunisino,<br />

tranne quei reati a rilevanza internazionale (ossia il traffico di armi, il traffico di stupefacenti e il terrorismo).<br />

52


Un punto di attenzione è dato dalla percezione della presenza di una corruzione diffusa sul territorio tunisino e<br />

a diversi livelli. Bisogna tenerne conto per evitarla, impostando accordi solidi e funzionali.<br />

E’ interessante notare che le persone detenute intervistate non hanno saputo rispondere a nessuna della<br />

domande dell'area legale, evidenziando una diffusa mancanza di conoscenza rispetto alla legislazione in<br />

materia di immigrazione, ai rapporti diplomatici esistenti tra la Tunisia e l’Italia ed alla legislazione tunisina in<br />

materia di lavoro. Per quanto riguarda il progetto di rientro onorevole l’assenza di informazioni da parte della<br />

popolazione detenuta necessita di prevedere azioni volte al superamento di tale condizione.<br />

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DOMANDE AREA SOCIO – ANTROPOLOGICA<br />

DOMANDA 8 Quali pensa siano le ragioni che hanno spinto suoi connazionali a cercare di emigrare?<br />

A. L'aspirazione a cambiare vita, poiché in Tunisia in questi ultimi anni si sta verificando quello che più o meno sta<br />

succedendo anche qui, cioè gente che diventa sempre più ricca e gente che diventa sempre più povera e siccome<br />

noi dagli anni '80 fino agli anni '90 eravamo per l'80% una classe media abbastanza compatta, questo dislivello<br />

attuale ha creato un po' di scompiglio. I giovani sono tutti istruiti, cioè praticamente una grandissima percentuale<br />

ha la laurea. Quindi anche la laurea non è più un metro valido per poter competere nell'ambito del lavoro, perché<br />

tutti hanno la laurea. Per questo si pensa di più ai soldi piuttosto che ai valori e si cerca di fare i soldi in qualsiasi<br />

modo. Uno di questi modi è emigrare. Anche perché poi d'estate c'è il rientro degli immigrati con i macchinoni,<br />

gente che sembra che stia bene (che magari qui non mangia tutto l'anno per poter fare la scena quando<br />

sbarcano) e i giovani pensano che emigrando si possono fare i soldi facilmente e velocemente. Alcune volte c'è<br />

anche un disincanto, qui abbiamo conosciuto persone che sono laureate ma che fanno i muratori o i carpentieri,<br />

lavori puliti senza delinquere; la forza della disperazione fa sì che la gente che ha in mente di partire parte lo<br />

stesso. Magari senza troppe aspettative, però pensano che non sanno quello che trovano ma che sanno quello<br />

che lasciano. Pensano che peggio non si può stare, non sanno che si può stare peggio, prendono e vengono.<br />

L’Italia è considerata una tappa, di solito almeno, la gente non vuole stare in Italia.<br />

B. Le condizioni economiche e la mancanza di lavoro. Se una persona non riesce a trovare lavoro giù vede l’Europa<br />

come il sogno, il paradiso e visto che l’Italia è più vicina alla Tunisia è la prima cosa che si tenta. Si pensa che in<br />

Europa si possono fare soldi in breve tempo.<br />

D. La maggior parte per cercare di migliorare e di avere un futuro migliore, avere condizioni di vita migliori, sono<br />

motivi economici. I giovani sognano l’Europa perché pensano che qui avranno un futuro sicuro per l’aspetto<br />

economico e per la libertà.<br />

E. In Tunisia c’è poco lavoro ed è mal pagato.<br />

F. Perché non c’è libertà, che invece c’è in Italia.<br />

I. La ragione è legata alla possibilità o al sogno di poter cambiare vita, di avere un salario ben più alto di quello che<br />

può dare qualsiasi lavoro in Tunisia. So che anche un lavoratore regolare in Tunisia ha un salario veramente<br />

basso, quindi la chimera del guadagnare parecchi soldi porta alla migrazione. Per quanto riguarda la Tunisia le<br />

persone che sono passate dal CPT sono prevalentemente piccoli spacciatori, e non so se sono venuti in Italia a<br />

cercare una nuova vita, forse sono partiti credendo che in Italia sia più semplice passarla franca per certi tipi di<br />

lavoro. Perché comunque tunisini che non hanno commesso delitti noi non li vediamo, intendendo per delitti lo<br />

spaccio. Non so dire se partono proprio con questa visione rispetto all’Italia, so che sicuramente ritornano (una<br />

volta espulsi) convinti che quello è il miglior modo per guadagnare in Italia. Il ritorno dopo un'espulsione è una<br />

pratica sia dei tunisini sia dei rumeni, albanesi. Il discorso è diverso per chi parte da lontano, il Perù, la Nigeria.<br />

J. Le ragioni sono varie, la prima è sempre l'urgenza di miglioramento economico e della propria vita, poi soprattutto<br />

da queste regioni funziona il tam tam del gruppo che è già venuto qua. Non credo che siano percorsi di<br />

emigrazioni strutturati con delle mete chiare di inserimento lavorativo, per le persone che vengono dal Maghreb<br />

non credo si aspettino di trovarsi subito un lavoro. Vengono via da una situazione per migliorare la propria<br />

condizione economica, ma anche per venire fuori da una situazione di vita, di relazioni sociali e di prospettive che<br />

vivono come un disastro.<br />

M. C'è molto di sogno, di cambiamento radicale della propria vita: è sogno e fuga insieme. Perché in realtà in Tunisia<br />

non ci sono situazioni di estrema povertà, c'è una rete sociale che tiene, una rete famigliare che tiene, quindi non<br />

si fugge per fame. Si viene via per cercare lavoro, un lavoro molto remunerativo, c'è questa aspirazione. Perché là<br />

il lavoro operaio e manuale è a livelli di stipendi molto bassi, in rapporto anche all'aumento del costo della vita.<br />

Considerando anche che lo stile di vita è molto avanzato, perché su certi aspetti la Tunisia è un paese molto<br />

moderno, con tutte le nuove tecnologie, per esempio c'è stato questo nuovo impulso all'acquisto della macchina.<br />

C'è stata una modernizzazione di fatto del paese, che però negli ultimi anni ha portato ad un maggiore<br />

differenziazione tra chi è ricco e chi invece è sceso nella scala sociale, diventando più povero. Quella che ha<br />

sofferto soprattutto è la classe media, che ha dei salari (quelli da pubblico impiego) inconciliabili con un certo<br />

tenore di vita, che invece è il modello proposto. C'è una grossa frustrazione da parte dei giovani che studiano,<br />

perché la Tunisia ha un livello di scolarizzazione molto alto e l'istruzione funziona. Per cui loro studiano, lavorano<br />

per un certo tipo di preparazione e poi fanno fatica ad inserirsi.<br />

Ci sono delle motivazioni oggettiva all'emigrazione, collegate ad una non adeguatezza di quello che si potrà<br />

guadagnare, del lavoro che si potrà fare e della libertà da certi vincoli, dati da un lato dalle famiglie (c'è il desiderio<br />

di fuggire, di affermarsi autonomamente come individui, perché esiste ancora la famiglia allargata e quindi<br />

l'emigrazione di un membro della famiglia è qualcosa che coinvolge poi tutta la famiglia). Queste reti di solidarietà<br />

che salvano la situazione, nel senso che nessuno muore di fame, però poi tengono abbastanza prigionieri, legati.<br />

Quindi c'è un desiderio di emancipazione e anche un'aspirazione ad una vita meno controllata da parte dello stato<br />

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e delle istituzioni. Perché questo controllo c'è ed è pesante su di loro. Loro lo sentono, lo vivono, sanno che è così<br />

e che per il momento non si può fare altrimenti, questo peso c'è.<br />

Una minima parte ha anche una motivazione di tipo religioso, perché comunque è venuta maturando l'idea che in<br />

Europa l’islam può essere vissuto più liberamente, questo a causa del fatto che il paese tiene molto sotto controllo<br />

gli aspetti radicali dell'islam.<br />

Quello che attira molto è la rete di chi è venuto e ce l'ha fatta. Quindi il ritorno a questa idea del sogno, siccome<br />

altri ce l'hanno fatta. Senza tener conto che le condizioni sono realmente mutate, loro questo non lo mettono in<br />

conto, lo rifiutano, dicono "va bene la legge è diversa, questo non si può fare, però io ci provo lo stesso".<br />

Per il rientro l'offerta di un lavoro non basta, perché deve essere un lavoro di un certo tipo, che permetta loro di<br />

guadagnare, di avere un certo tipo di tenore sociale.<br />

Q. Per quanto riguarda la Tunisia le persone che arrivano sono giovani, tra l'altro istruiti e spesso arrivano da famiglie<br />

abbienti o comunque non povere, per cui l'idea è di trovare più libertà o più opportunità in Europa.<br />

DOMANDA 9 In quali aree della sua nazione sono concentrate sacche di povertà?<br />

A. Fino a qualche anno fa in alcune zone dell'entroterra non avevano acqua potabile né elettricità, ci sono zone in cui<br />

vivono quasi solo anziani e donne, perché tutti gli uomini sono emigrati. Succede che gli abitanti di alcune zone<br />

particolari sono emigrati tutti nello stesso posto, per esempio c'è una città nel Sael da cui sono venuti tutti in Italia:<br />

questo perché ne emigra uno, si trova bene, fa venire il fratello o il cugino, si creano delle catene migratorie. Là<br />

c'è un disagio economico schiacciante.<br />

B Nelle grandi città ci sono zone particolarmente povere e poi verso il nord - ovest della Tunisia (verso il confine con<br />

l’Algeria) e il sud (nella parte desertica). Da lì molti migrano verso le grandi città della Tunisia, tipo Sfax. Susah,<br />

Tunisi, che sono città dove ci sono lavori nel terziario. Così tutte le regioni dell'entroterra soffrono.<br />

C. La zona est della Tunisia. In Tunisia dall’indipendenza a tutt’oggi l’élite governativa è sempre provenuta dalla<br />

zona costiera del Sael. Mentre la zona est, sud – est è tutta una zona dimenticata non solo a livello di dirigenza<br />

politica ma anche a livello di strutture, di tutto. Sono zone molto povere.<br />

D. Il nord – ovest, centro.<br />

E. La maggior parte della Tunisia è povera.<br />

F. Le campagne.<br />

I. Non so. L'impressione è che tra le tre nazioni che prendete in considerazione, la Tunisia sia quella messa meglio<br />

dal punto di vista economico.<br />

M. Nel proletariato urbano. Non ho mai visto bidonville come in Marocco, però sicuramente ci sono situazioni di<br />

povertà, di disoccupazione. Ci sono anche dei sussidi sociali, il fatto che la scuola sia gratuita fa sì almeno che i<br />

bambini stiano a scuola parecchio; poi ci sono i dopo-scuola. Nelle campagne si tratta di una povertà di mezzi<br />

generale, di fame non si muore comunque. Di gente che raccoglie rifiuti, che dorme per strada, non ce n'è. Di<br />

gente che chiede l'elemosina ce n'è abbastanza.<br />

C'è una differenza tra città e campagna, ma nelle campagne la povertà è sentita fino ad un certo punto, più che<br />

altro sono le modalità di vita che cambiano perché viene condotta una vita molto semplice, di pastorizia. Si<br />

vedono ancora donne e bambini che lavorano insieme alle bestie tutto il giorno e non hanno grandi mezzi.<br />

DOMANDA 10 E da quali aree della sua nazione, a suo giudizio, partono gli emigrati?<br />

A. La gente che abita nella città più o meno sa di cosa si tratta, cosa vuole dire emigrare e che cosa si deve aspetta<br />

una persona che emigra. Sono persone che non hanno altra via d'uscita, quindi scelgono di emigrare. Non c'è una<br />

zona di provenienza specifica, vengono un po' dappertutto, però probabilmente in termini di statistica provengono<br />

più dall'entroterra che dalle città. Perché le città più o meno è abitata da gente un po' più sveglia. L’esistenza dei<br />

ricongiungimenti famigliari fa sì che certe zone siano più propense di altre all'emigrazione.<br />

B. Indifferentemente da tutta la nazione. Quelli che si trovano a Tunisi, visto che sono più vicini all’Italia, hanno<br />

maggiormente presente l'idea di emigrare.<br />

C. Partono da tutta la nazione, ma i punti di partenza sono i paesi costieri. Perciò c’è un trasferimento interno verso<br />

le aree costiere e da lì la partenza per l’estero. Da lì non partono solo i tunisini, ma anche persone provenienti<br />

dall’Egitto e dall’Africa nera. La Tunisia è un luogo di passaggio, addirittura lo stato tunisino può fare pressione<br />

sullo stato italiano controllando i flussi in partenza.<br />

D. Arrivano da tutte le regioni.<br />

F. Sfax, Susah, Meslir.<br />

I. Arrivano da tutti i territorio delle nazioni.<br />

M. Il fenomeno dell'emigrazione non interessa solo i giovani delle campagne e del sud, vengono via anche da Tunisi<br />

e dalle grandi città. Dove ci sono quartieri popolari, c'è molta disoccupazione, ci sono molti giovani a spasso, che<br />

hanno magari studiato. C'è molto lavoro nero, col turismo soprattutto, gente che vuole accompagnare, che vuole<br />

vendere, c'è un'economia sommersa.<br />

Una prima migrazione viene dal sud e dalla campagna verso Tunisi. In Tunisia tutto fa capo a Tunisi, adesso ci<br />

sono tentativi di investire in altre zone a tutti i livelli, sia con la creazione di distretti industriali, sia con le università.<br />

C'è una processo di decentralizzazione che dovrebbe servire a far decollare delle aree su tutto il territorio. Al sud<br />

ci sono molti investimenti anche per evitare la migrazione verso Tunisi.<br />

Q. Dalla Tunisia c'è una zona specifica, che precisamente non ricordo come si chiami, perché nelle schede che<br />

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facevamo allo sportello tutti dicevano di provenire da lì (oppure la ragione è che si rivolgevano a noi solo quelli<br />

provenienti da quella specifica zona).<br />

DOMANDA 11 Dal suo punto di vista, nel progetto migratorio i suoi concittadini prevedono di ritornare in patria dopo<br />

alcuni anni, con i guadagni accumulati, e costruirsi una nuova attività, o desiderano solo andarsene?<br />

A. Dipende dal percorso di emigrazione perché c'è l'emigrato che viene per far soldi, questo tipo di emigrato cerca di<br />

fare soldi quanto più può e poi torna. E c'è chi emigra per altre ragioni, per studio, perché non ce la fa più in un<br />

sistema politico determinato, piuttosto che gente che emigra per questioni famigliari. Questi non è detto che<br />

pensano di tornare in Tunisia. Però penso che in linea di massima tutti tornano. Dipende anche dal progetto di<br />

emigrazione iniziale, ci sono persone che vengono qua, non riescono ad integrarsi, non riescono a fare soldi né a<br />

trovare lavoro, però si ostinano a rimanere pur di non tornare e far la figura di colui che ha fallito. Tra le persone<br />

che conosco io, chi è riuscito a crearsi una buona situazione famigliare e lavorativa tende a rimanere qua e a<br />

creare qualche progetto in Tunisia per sé o per aiutare i famigliari, ma in linea di massima stanno qui.<br />

B. C'è l'idea di andare in Italia, farsi una fortuna e tornare in Tunisia. Durante il percorso migratorio questa idea viene<br />

cambiata, perché la persona arriva qua, si trova bene, trova un buon lavoro e decide di rimanere. Dipende<br />

sicuramente dalla persona, dai suoi progetti. Quelli che conosco io, praticamente tutti, hanno scelto di rimanere,<br />

fanno di tutto per fare il ricongiungimento famigliare per gli altri che sono rimasti in Tunisia (moglie, bambini,<br />

fratelli).<br />

C. C’è una differenza tra i maghrebini e gli egiziani. L’Egiziano e chi proviene dal Medio Oriente (Siria, Libano ect)<br />

partono con l’intenzione di stare dai 2 ai 4 anni, il tempo che ci vuole per migliorare la loro situazione e tornare al<br />

paese d’origine. Questo perché hanno un’identità religiosa e tradizionale forte. Avviene il contrario per quanto<br />

riguarda le persone provenienti dalla zona del Maghreb, il loro attaccamento alla loro identità è più debole, perciò<br />

non hanno problemi ad adattarsi all’Europa, non pensano a tornare dopo qualche anno. Per lo più vogliono<br />

stabilirsi definitivamente.<br />

D. Tantissimi cercano di avere un po’ di tempo per migliorare le condizioni economiche in modo da avere un<br />

risparmio e rientrare aprendo una piccola attività in Tunisia. Tanti non fanno il ricongiungimento famigliare,<br />

lasciano la famiglia e i bambini e appena migliorano le loro condizioni rientrano. Però ci sono casi che hanno<br />

ritardato un po’ a rientrare e si sono creati problemi famigliari. E’ un grande sacrificio, conosco persone che<br />

soffrono, ma non hanno tanta scelta, ogni anno sperano che sia l’ultimo, i figli diventano grandi e sono lontani dal<br />

padre, è la donna che li fa crescere. Ci sono persone con figli che sono arrivati all’università e loro sono ancora<br />

qua. Per i figli il padre sembra un estraneo, perché li vede un paio di volte all’anno.<br />

F. Ognuno ha la sua idea, io non sono venuto per stare per sempre in Italia, vado e torno.<br />

I. Per la Tunisia ho difficoltà a risponderti a causa dei casi che ho seguito, si tratta di persone che hanno commesso<br />

reati avendo intenzione di delinquere. Questi soggetti, una volta tornati nel loro paese, rientrano in Italia per<br />

continuare ad operare nell'illegalità. Quelli che ho incontrato io hanno interesse a rimanere in Europa.<br />

J. All'inizio del percorso migratorio c'è l'idea di tornare, poi dipende da come va l'inserimento, se questo c'è (ma a<br />

volte anche se non c'è si continua a tentare di restare qua) pensano di rimanere, infatti molti emigrati hanno<br />

comprato casa qua. Quando si parte la spinta del processo migratorio non è quella di pensare di andare a vivere<br />

all'estero per tutta la vita.<br />

M. Ci sono tutte e due. C'è una parte che non ha intenzione di rientrare. C'è una parte invece che ha intenzione di<br />

creare nel paese d’origine delle attività. Vogliono attività che siano anche molto di apparenza, c'è molta esibizione<br />

dei soldi. Non era così (conosco la Tunisia dall'inizio degli anni 80), era un paese molto dignitoso, una società con<br />

saldi valori. Adesso c'è una esibizione di ricchezza che comincia dall'aeroporto costruito completamente i marmo,<br />

con un stile che non è tunisino, e che poi continua a tutti i livelli.<br />

Q. Partendo dal nostro osservatorio la maggior parte dei tunisini intende rimanere in Italia, eventualmente spostarsi<br />

in altri paesi europei, ma non rientrare. Hanno fatto una scelta definitiva.<br />

DOMANDA 12 Di fronte ad un rientro forzato, con decreto di espulsione dall’Italia, ritiene che ci sia un’accoglienza<br />

favorevole da parte dei famigliari del rimpatriato?<br />

A. Dipende se la famiglia sapeva che genere di attività svolgeva fuori, nel senso che se uno si aspetta o sa che sia<br />

un delinquente comunque lo shock iniziale non è lo stesso di uno che pensa che il figlio lavori, sia una persona<br />

onesta, corretta e leale. In Tunisia ci sono due tipi di emigrazione, l'alta emigrazione e la bassa emigrazione,<br />

chiamiamole così grossolanamente. Chi emigra per lavorare o studiare di solito non va in Italia, ma in Francia,<br />

Canada, Germania. Chi piuttosto dell'aereo prende il gommone attiva un'emigrazione completamente diversa.<br />

Purtroppo anch'io mi sono dovuta confrontare con questo aspetto quando sono arrivata qui, nel senso che ho<br />

toccato con mano che i nostri connazionali sono di due tipi: la gente per bene che viene qui per lavorare e la<br />

gente che viene qui per rompere le scatole e compiere azioni illegali. Purtroppo le persone appartenenti alla<br />

seconda categoria sono in percentuali più alte. Per questo si è creata un'associazione mentale tra emigrare in<br />

Italia e il concetto di illegalità, comunque di spaccio. Ultimamente stanno uscendo fuori anche storie non di<br />

spaccio, ma ancora più gravi che riguardano persone che obbligano le proprie sorelle o mogli a prostituirsi.<br />

B. In maniera normale, la persona rimane uno della famiglia. In Tunisia c'è questa idea che gli emigrati che vengono<br />

in Italia lavorano nel business della droga. C'è un identikit del tunisino spacciatore che vive in Italia: ha<br />

un'acconciatura particolare con capelli un po' lunghi con tanto gel, collane vistose, atteggiamento spavaldo di chi<br />

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non teme niente e nulla, il macchinone con la musica a palla. Comunque in generale l’Italia viene sempre<br />

associata con la droga.<br />

C. Lo accoglie come uno che ha giocato una partita e ha perso. Comunque per loro non è una cosa vergognosa, e<br />

sanno che tenterà di nuovo.<br />

D. E’ molto dura. La società non perdona e anche i famigliari, vieni ritenuto un perdente, una persona che non è<br />

riuscita. Molte persone rischiano qualunque cosa pur di non tornare. Per quanto riguarda la famiglia dipende dalla<br />

sensibilità, il livello di istruzione, il livello culturale. La persona che rientra sente la cosa come se avesse fatto<br />

qualcosa di molto grave, come un grande complesso.<br />

E. Gli farebbe piacere rivederlo. Io parteciperei ad un programma di rientro onorevole a condizione che mi venga<br />

offerto un lavoro con cui posso vivere in Tunisia. Lo farei perché la mia famiglia è là e mi piacerebbe poter vivere<br />

con loro.<br />

F. Bene, infatti io scrivo sempre.<br />

I. Credo che venga occultato quello che hanno fatto in Italia, soprattutto se hanno fatto qualcosa di poco chiaro.<br />

Problemi di essere accolti male riguardano solo quelle persone che sanno di avere delle pendenze con la<br />

giustizia, ma ciò non riguarda né la famiglia né gli amici né la comunità di appartenenza. Non ho mai visto atti di<br />

autolesionismo per la paura di rientrare a casa, in famiglia; li ho visti per la paura di dover scontare pene nel<br />

proprio paese d’origine.<br />

J. Non ne ho idea. E secondo me l'accoglienza sarà molto diversa nei tre paesi che prendete in considerazione.<br />

M. In linea di massima il rientro è il segno di una sconfitta, in ogni caso. Secondo me loro tendono a nascondere il<br />

fatto che in Italia possano aver subito delle condanne. Tenderebbero a nasconderlo.<br />

Q. Male. Credo che tranne per il ragazzino che scappa, per gli altri senz'altro male. Perché in tutte le situazioni la<br />

famiglia investe, a livello economico, affettivo, emotivo. Pensando alle catene migratorie l'investimento significa<br />

che c'è una futuro per gli altri. Il rimpatrio forzato in cui uno torna con il vestito che ha indosso è sempre<br />

traumatico.<br />

DOMANDA 13 Di fronte ad un rientro forzato, ritiene che ci sia una qualche forma di accoglienza da parte della cerchia<br />

parentale o dai precedenti amici del rimpatriato?<br />

A. Tornare così è un fallimento colossale, è uno scandalo. Non penso tanto all'atteggiamento dei famigliari e amici,<br />

ma all'atteggiamento del rimpatriato stesso. Conoscevo due persone emigrate negli Stati Uniti che sono dovute<br />

tornare per vari motivi: l'uno è quasi impazzito, l'altro poco ci manca. Non so se questo sia dovuto al rifiuto della<br />

realtà di essere rimpatriato, del sentirsi comunque marchiato a vita da questa esperienza, o se anche<br />

l'atteggiamento della gente circostante abbia influito in qualche modo. Questo è difficile stabilirlo, bisogna vedere i<br />

casi concreti.<br />

B. Dipende, secondo me gli amici non glielo dicono in faccia che è un fallito, però magari parlano di questo alle sue<br />

spalle. Gli amici di solito sanno già come è andato e magari cosa faceva in Italia, quindi sono già preparati ad<br />

accoglierlo di nuovo.<br />

C. Lo accoglie come uno che ha giocato una partita e ha perso. Comunque per loro non è una cosa vergognosa, e<br />

sanno che tenterà di nuovo.<br />

D. E’ molto dura. La società non perdona. Molte persone rischiano qualunque cosa pur di non tornare. La persona<br />

che rientra sente la cosa come se avesse fatto qualcosa di molto grave, come un grande complesso.<br />

E. Qualcuno sarebbe contento e qualcun altro no, perché percepirebbe la persona rientrata come un nuovo<br />

concorrente.<br />

F. Se è da tanto che non ti vedono ti accolgono benissimo.<br />

M. Non ho conosciuto direttamente situazioni in cui sapessi di questa eventualità, però lo vedo nel fatto che sono<br />

molto restii a tornare indietro anche quando non hanno commesso un reato, proprio perché tornare indietro<br />

significa aver perso. Riguarda l'idea che si ha della migrazione, del fatto che partire significa fare fortuna. Loro<br />

partono con l'idea che comunque vada loro riusciranno a far fortuna, perché qualcuno prima di loro ce l'ha fatta.<br />

Se si porta l'esempio di chi non è riuscito non lo prendono neanche in considerazione. Se li si mette di fronte alle<br />

difficoltà, gli si chiede "ma quando sei là come fai, cosa fai", niente, non passa niente. Per questo dico che il<br />

tornare e creare delle condizioni perché possano inserirsi dovrebbe partire da molto prima, nel momento in cui<br />

uno si è messo nell'idea di partire è difficile. Anche se adesso è quello che si deve fare, tanti in un modo o<br />

nell'altro dovranno tornare.<br />

DOMANDA 14 La comunità di origine come accoglie un suo concittadino espulso da un’altra nazione?<br />

A. Il fatto di essere stato espulso è una macchia comunque, perché la gente sa che è stato espulso, ma non ne<br />

conosce il motivo. Magari lavorava e guadagnava soldi ma era senza documenti, la gente non va a guardare<br />

questo, ma guarda che è stato espulso. Siccome comunque non è una cosa positiva non penso che sarà<br />

guardato bene. Io credo che in Tunisia non si sa che dall’Europa si può essere espulsi anche senza aver<br />

commesso alcun reato, perciò se una persona viene espulsa gli altri si immaginano che abbia fatto qualcosa di<br />

male.<br />

B. L'emigrazione clandestina dalla Tunisia in Italia è diventata una cosa molto frequente e quindi tutti noi in Tunisia<br />

abbiamo presenti le conseguenze, nel senso che anche quando uno è rimpatriato non viene condannato dalla<br />

comunità, dagli amici, dai famigliari. Secondo me avrà una vita normale, non avrò problemi di esclusione dalla<br />

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comunità o dal giro degli amici. Avrà delle difficoltà ad essere reinserito nella società per trovare lavoro, per vivere<br />

una vita normale. Però a livello di comunità non avrò problemi drammatici. Penso che avrà problemi a trovare<br />

lavoro perché uno rimpatriato in Tunisia avrà fatto qualcosa di sbagliato e quindi quando cercherà lavoro avrà<br />

questo punto nero.<br />

C. E’ molto dura. La società non perdona. Molte persone rischiano qualunque cosa pur di non tornare. La persona<br />

che rientra sente la cosa come se avesse fatto qualcosa di molto grave, come un grande complesso.<br />

D. La società tunisina punisce queste persone perché pensa che abbiano avuto un’occasione e l’abbiano sprecata.<br />

Comunque in Tunisia quando una persona è espulsa non si va cosa ha fatto, solo lui lo sa, c’è privacy su questo<br />

aspetto. E le persone di solito lo tengono nascosto.<br />

F. Tutti verrebbero a salutarti, qualcuno verrebbe per un suo interesse. Se hai qualcosa da dare, tutti diventano<br />

amici. Altrimenti ti mollano e non ti frequentano più, senza trattarti male, ti ignorano e basta.<br />

P. Bisogna tenere in considerazione che questi soggetti normalmente sono persone che hanno deciso di emigrare<br />

dal loro paese. Quelli che vanno via fanno una scelta molto grossa ed hanno una certa reputazione. Chi va via fa<br />

una scelta individualista, nel senso che sceglie per il loro futuro e, al limite, si preoccupa di far tornare del denaro<br />

sulla loro famiglia o sulla loro comunità ristretta. Solitamente sono persone che hanno come primo obiettivo quello<br />

di migliorare la propria condizione e poi eventualmente quella dei parenti. Mentre chi rimane nel paese e cerca di<br />

lavorare lì per lo sviluppo di quel paese fa la scelta di impegnarsi per la propria comunità e per il proprio paese.<br />

Quindi le persone che se ne vanno hanno la fama che gli interessa innanzitutto organizzarsi la propria vita. Non<br />

c'è niente di disonorevole, però questo riemerge nel momento in cui tornano.<br />

Noi valutiamo la situazione di persone che tornano volontariamente senza i problemi delle persone che dovreste<br />

supportare voi (detenzione), tornano perché hanno deciso di tornare: ci hanno pensato su, considerano la famiglia<br />

una radice importante. Insomma fanno una valutazione dopo un'esperienza che è stata qui più o meno positiva,<br />

in alcuni casi anche molto positiva. Si tratta di persone che fanno una valutazione della loro esperienza all'estero<br />

sapendo di aver fatto molte cose, persone che hanno contatti ancora forti col loro paese e legami importanti, e<br />

quasi per coscienza si dicono che le competenze e risorse acquisite vanno spese per il proprio paese, per lo<br />

sviluppo del proprio paese e per la propria gente.<br />

Da lì nasce l'idea di poter legale progetti di sviluppo dei paesi terzi alle persone che rientrano. Alcune<br />

associazione ed amministrazioni hanno molto lavorato su questo approccio. Per esempio la regione Liguria e<br />

Veneto hanno inserito tra le priorità delle linee di finanziamento per i progetti di cooperazione allo sviluppo quella<br />

di favorire attività di sviluppo che nascano dalla comunità espatriata volte allo sviluppo del paese d’origine. Quindi<br />

questo concetto di inserire come fattore prioritario il rientro degli emigrati che possano essere attori di sviluppo nel<br />

paese d'origine c'è anche in una serie di amministrazioni pubbliche. E' una cosa che a dirla sembra bella e<br />

interessante, fascinosa quantomeno, anche abbastanza partecipata; poi bisogna vedere se si riesce a farla.<br />

DOMANDA 15 Le è capitato di leggere sui quotidiani o di vedere alla televisione, nella sua nazione, situazioni in cui<br />

venivano discriminati o, all’opposto, favorevolmente accettati degli ex-detenuti o dei rimpatriati per il<br />

fallimento di un progetto migratorio?<br />

A. Non ne parlano per niente, quello che so lo trovo via internet o da un passa parola. In Tunisia vivo in una città che<br />

ha un porto e conosco persone che lavorano al porto, loro dicono che quasi tutte le settimane tornano le salme di<br />

cittadini tunisini rimpatriate dall’Italia, morte a causa di reati di mafia, regolamenti di conti tra clan, piuttosto che<br />

spaccio di droga, non so esattamente. So con sicurezza che vengono rimpatriati e non si sa niente. I giornali<br />

parlano di quello che sono invitati a dire, magari se c'è qualche trattativa tra il governo italiano e tunisino per<br />

progetti, scambi, accordi bilaterali, flussi di immigrazione, di esperienze positive (come il flusso regolato di operai<br />

ed infermieri), gli accordi per i clandestini (ora dalla Tunisia partono molto meno barche di quanto partivano<br />

prima). Solo queste cose, che sono positive, vengono dette; non viene detto che magari qualche barchetta ce la<br />

fa comunque, che succedono cose poco piacevoli qui, non si sa assolutamente niente.<br />

B. Non ne parlano. Il nostro giornalismo non è così libero, cioè non si parla di tutto, si parla delle cose positive,<br />

mentre delle negative no. Per dire l'emigrazione clandestina, io sento spesso in televisione in Italia delle barche<br />

che arrivano, in Tunisia non si parla mai in televisione o in radio di questo.<br />

D. Non credo che ne parlino.<br />

E. No.<br />

F. No.<br />

J. Non credo che se ne parli. L'attenzione è sulla migrazione positiva, sui successi. Tutti i paesi hanno ministeri per i<br />

loro immigrati all'esterno, anche le associazioni migranti che sono qui si stanno sempre più muovendo su discorsi<br />

positivi, della possibilità di investire nel paese d’origine l'esperienza acquisita qui o le risorse economiche.<br />

Sarebbe interessante sondare all'interno delle comunità di emigrati, che si stanno sempre più raggruppando.<br />

Sarebbe interessante in queste sedi di incontro sottoporre a loro la questione di cosa ne pensano dei fratelli più<br />

sfortunati.<br />

M. Dei rientri non se ne parla. Si parla molto di quello che la Tunisia può fare per i suoi emigrati. Ci sono comitati di<br />

accoglienza, organizzano corsi di arabo durante l'estate, colonie per i bambini e i giovani figli di emigrati. E c'è<br />

questo insistere sui cittadini all'estero. Si parla di emigrati legali e che hanno una storia migratoria di inserimento,<br />

che hanno i figli e che si vuole che continuino ad essere tunisini.<br />

58


DOMANDA 16 Le è mai capitato di conoscere tra i suoi vicini di casa, nella sua nazione di origine, degli ex-detenuti o dei<br />

rimpatriati? Come vivevano?<br />

A. Io conoscevo quelle due persone di cui ho detto che sono emigrate in America. Credo che la situazione non sia<br />

paragonabile perché l’America è un altro mondo. Sono due persone che sono partite dalla mia città, che è sempre<br />

stata conosciuta per il gioco della pallacanestro. Erano due bravissimi giocatori, che sono stati là e si sono<br />

fermati. Poi uno dei due è dovuto tornare perché il papà stava male e una volta rientrato in Tunisia non è più<br />

riuscito a tornare negli Stati Uniti. L'altro invece ha lavorato e ha sposato una messicana in vista di prendere la<br />

cittadinanza americana, perché lei ce l'aveva, le cose non sono andate bene tra loro, lui l'ha picchiata ed è stato<br />

mandato via. Questi due vivevano in un'altra dimensione, in un altro mondo, avevano quello che volevano,<br />

guadagnavano, vivevano il sogno americano; tornati in Tunisia si trovano nel loro piccolo quartierino, senza niente<br />

da fare, con gli amici che gli dicono "sei un pirla". Vengono caricati da questa atmosfera di pressione. Tornano in<br />

una società che è completamente lontana da quella che per un po' hanno vissuto, ci si abitua velocemente alle<br />

cose migliori, ma quando si torna indietro si fa molta più fatica. Queste due persone stanno morendo dentro,<br />

stanno veramente male. Uno dei due è riuscito a cominciare a lavorare, attraverso conoscenze lavora nel porto, si<br />

tratta di una persona molto in gamba ma da quando era rientrato dall’America aveva sempre scatti, si innervosiva<br />

facilmente. Comunque è riuscito a trovare lavoro, non è stato emarginato (è quello che ha avuto i problemi con la<br />

moglie). L'altro non si è ripreso, non è riuscito a superare questa cosa.<br />

(Successivamente all’intervista la persona intervistata ha fatto sapere che il ragazzo espulso per i problemi con la<br />

moglie si è suicidato)<br />

B. Non ho conosciuto nessuno.<br />

C. Rimangono disoccupati aspettando la soluzione magica, cioè un’altra chance di uscire e tornare in Europa.<br />

D. Conosco una persona che era stato espulso dalla Francia, con la famiglia in Tunisia, e lui non riusciva a rimanere<br />

in Tunisia, ad entrare nella società tunisina di nuovo, alla fine è riuscito ad avere di nuovo un permesso. Se la<br />

persona ha un’indipendenza economica, se ha una possibilità economica, se riesce ad inserirsi economicamente<br />

anche se è stato espulso non ha importanza. In Tunisia si ragiona in termini di disponibilità economiche, perché<br />

non c’è un’assistenza dove l’istituzione si occupa di questi casi, questo tipo di accompagnamento manca.<br />

E. No.<br />

F. Di solito rubano o spacciano per raccogliere soldi per ripartire. Vogliono tornare in Italia perché in Tunisia l’unica<br />

possibilità di guadagnare è spacciare o rubare. Se non hai un mestiere non puoi fare niente. I mestieri buoni sono:<br />

fabbro, meccanico, falegname, venditore di mobili vecchi, barbiere professionale.<br />

I. Secondo me bisogna scindere in due l’ambito, quelli che sono riusciti in Italia a fare le formiche (che hanno<br />

racimolato del denaro) e quindi nel loro paese hanno una prospettiva di vita dignitosa; e quelli che hanno fatto le<br />

cicale e che si trovano ad avere lo stesso identico problema di quando sono venuti in Italia. Molti, moltissimi, di<br />

quelli che sono venuti a vivere in Europa, una volta che tornano, rimpiangono il modo di vivere europeo, anche gli<br />

stessi mussulmani.<br />

M. No.<br />

DOMANDA 17 Se il soggetto rimpatriato ha commesso all’estero un reato contro la persona o contro il patrimonio ed ha<br />

subito una pena, come lo accoglie la sua comunità?<br />

A. Dipende da qual è la comunità da cui proviene, perché in certi ambienti è un vanto aver commesso dei reati, a<br />

maggior ragione all'estero. Questi ambienti sono i quartieri malfamati delle varie città, a Tunisi si trovano sia<br />

dentro la città che fuori.<br />

B. Se faceva cose illegali prima di emigrare nel quartiere lo sapevano, in questo caso quando torna si presenta con<br />

una medaglia, dipende dal quartiere da dove proviene. Quando sono tornata d'estate ho avuto paura di andare in<br />

giro per Tunisi perché gli scippi sono cresciuti in modo incredibile, succedono delle cose allucinanti cioè uno ha<br />

paura di camminare in mezzo alla gente, è una cosa incredibile. La situazione è diventata molto critica in Tunisia.<br />

Poi tra l'altro forse c'entra anche la politica perché le prigioni sono sempre più piene, anche di personaggi politici,<br />

e il Presidente della Repubblica quando c'è una festa religiosa o nazionale fa uscire tutti. In questo modo le<br />

persone che commettono reati minori sono sempre fuori, in attività, male che vada fanno qualche mese di carcere<br />

e poi escono.<br />

C. Se il reato è stato commesso contro un cittadino tunisino allora verrà processato anche in Tunisia e anche se ha<br />

avuto una condanna qui avrà un’altra condanna in Tunisia separata, nel senso che per la legge tunisina non<br />

importa se la persona ha scontato la pena per quel reato in Europa perché in Tunisia verrà di nuovo condannata e<br />

dovrà scontare la pena come condanna principale e non come pena integrativa. In pratica gli anni scontati<br />

all’estero non valgono. Perciò una persona che ha commesso un reato contro un cittadino tunisino non vorrà mai<br />

e poi mai rientrare in Tunisia, perché lì verrà di nuovo processato. Se il reato commesso è contro una persona di<br />

altra nazionalità (non tunisina), chi ha commesso reato può rientrare in Tunisia e non avrà nessun. La famiglia, i<br />

parenti e gli amici lo accoglierebbero nello stesso modo che se non avesse commesso un reato.<br />

D. Non è visto bene, la gente non si fida, non è più ritenuto affidabile. Non conosco un caso in particolare, so in<br />

generale che molte persone espulse tentano di tornare. Conosco una persona che adesso è in carcere a<br />

Mantova, la sua famiglia gli ha proposto di tornare, ma lui non vuole, ha paura della reazione della società.<br />

E. Dipende da com’è la persona, se mette la testa a posto è ben accolta.<br />

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F. Non gli fanno niente, l’importante è che sei tornato sano.<br />

I. Non è detto che la famiglia e la comunità siano a conoscenza di quello che ha fatto in Italia. Quindi è una<br />

questione di relazioni interpersonali. Comunque non è vanto per nessuno aver compromesso la propria e l'altrui<br />

onestà, quindi sicuramente non ne parlano e va tutto in sordina.<br />

J. Dipende dal crimine, una cosa è un omicidio, una cosa è una rapina, una cosa è una truffa.<br />

M. Non mi viene in mente di aver mai letto qualcosa. Ci sono tante cose che non sono dette. Sicuramente è una<br />

società un po' come la nostra per certi aspetti, ci sono le madri che proteggono i figli. C'è anche una certa dose di<br />

ipocrisia nelle famiglie, per cui si cercherebbe di tenere nascosto il fatto.<br />

Q. Delle persone che abbiamo conosciuto sappiano che non dicono alla famiglia che hanno subito delle condanne.<br />

Lo tengono nascosto tranne che nelle lunghe detenzioni, soprattutto per chi doveva provvedere alla famiglia.<br />

DOMANDA 18 A quali condizioni di comportamento si attiva la possibilità di ricevere un aiuto dalla propria comunità e di<br />

essere valutati positivamente?<br />

A. In Tunisia c'è la propensione a dare una mano alle persone, non si nega nulla in generale. Perché c'è comunque<br />

la famiglia, gli amici, e qualcuno una mano te la dà. Se una persona, anche se ha sbagliato, dimostra di voler<br />

ricominciare e lavorare, di solito le persone sono disposte a dargli una mano. Anche nei primi momenti con aiuti<br />

economici, non muore sicuramente di fame perché c'è qualcuno che lo accoglie. In tutta la mia vita in Tunisia non<br />

ho mai sentito di uno che è morto di fame, c'è sempre qualcuno che dà una mano, da mangiare, qualche dritta.<br />

B. Il lavoro onesto. Comunque c'è solidarietà verso chi è in difficoltà e la disponibilità ad aiutare chi vuole fare una<br />

vista onesta anche se precedentemente ha sbagliato<br />

C. La Tunisia ha un popolo che è sempre stato aperto, è stato aperto a tutte le civilizzazioni perché sono passati<br />

romani, arabi ect, perciò non c’è un problema di comunicazione o socializzazione. La popolazione è molto aperta,<br />

senza difficoltà di comunicare con l’altro indipendentemente se l’altro è di un’altra razza o religione. C’è una<br />

disponibilità di fondo.<br />

D. Il successo. La Tunisia ha investito molto nell’istruzione perché una delle sue linee generali per costruire una<br />

persona è che uno deve imparare qualcosa o con la testa o con le mani. La Tunisia non avendo risorse di materie<br />

prime, deve contare sull’essere umano. La persona deve avere la capacità di integrarsi, di farsi un futuro e di<br />

migliorarsi. Molti lasciano la scuola prima, molti immigrati in Italia non sono riusciti a finire la scuola, molti si<br />

fermano prima, imparano un po’ di mestiere e poi lasciano. Ma l’indirizzo generale dello Stato è quello di<br />

diplomarsi o laurearsi. La maggioranza dei tunisini che stanno in carcere in Italia arrivano dalle grandi città:<br />

Tunisia e Biserta. Io credo che tanti di questi arrivano dai quartieri poveri della loro città oppure sono persone<br />

appartenenti a famiglie che stanno bene e la persona emigrata in Italia non vuole fare sacrifici, pensava che tutto<br />

sarebbe stato facile. Sono queste le persone che facilmente cadono nella trappola della criminalità. Mentre le<br />

persone che arrivano dalle città povere dell’ovest o del sud hanno tanta volontà, fanno sacrifici, hanno voglia di<br />

lavorare, e sono persone che riescono ad integrarsi.<br />

F. Chi lavora onestamente, senza frequentare delinquenti.<br />

M. La mia percezione è un po' di delusione, la Tunisia adesso è un paese che lavora molto sui soldi. Se una persona<br />

ha fortuna, va bene tutto. L'altra cosa che ha valore è la famiglia, un'attenzione verso la famiglia d'origine e verso i<br />

bambini. E' ancora visto in maniera molto più positiva l'uomo che si sposa. Anche se adesso c'è una situazione in<br />

cui le ragazze non vogliono sposarsi, le donne si danno molto più da fare, all'università e negli studi sono molto<br />

più brave dei ragazzi, quindi lavorano, si creano la loro autonomia e non vogliono sposarsi. Però la famiglia<br />

rimane ancora un valore forte. Sul tipo di lavoro c'è una tendenza a valorizzare di più il lavoro che ha a che fare<br />

con lo scambio di denaro quindi l'ambito commerciale piuttosto che il lavoro agricolo o manuale.<br />

DOMANDA 19 Se il rimpatriato ha fatto parte all’estero di associazioni criminose, come viene accolto dalla sua comunità<br />

di appartenenza?<br />

A. Lo accoglierebbe male, la comunità avrà paura e non lo aiuterà. Nel senso che comunque in una comunità sana<br />

questi comportamenti vengono condannati. Magari questa persona proviene da una famiglia che si è data da fare<br />

per risparmiare i soldi e far emigrare il figlio, fargli cambiare tenore di vita e il figlio spreca questa possibilità ed<br />

inoltre commette reati gravi, questo è visto come un tradimento.<br />

B. Lo accoglierebbe con un po' di cautela, nel senso avendo paura di quella persona.<br />

C. Se il reato è stato commesso contro un cittadino tunisino allora verrà processato anche in Tunisia e anche se ha<br />

avuto una condanna qui avrà un’altra condanna in Tunisia separata, nel senso che per la legge tunisina non<br />

importa se la persona ha scontato la pena per quel reato in Europa perché in Tunisia verrà di nuovo condannata e<br />

dovrà scontare la pena come condanna principale e non come pena integrativa. In pratica gli anni scontati<br />

all’estero non valgono. Perciò una persona che ha commesso un reato contro un cittadino tunisino non vorrà mai<br />

e poi mai rientrare in Tunisia, perché lì verrà di nuovo processato. Se il reato commesso è contro una persona di<br />

altra nazionalità (non tunisina), chi ha commesso reato può rientrare in Tunisia e non avrà nessun. La famiglia, i<br />

parenti e gli amici lo accoglierebbero nello stesso modo che se non avesse commesso un reato.<br />

D. Diventa più complicato perché vengono controllati ed hanno una vita molto difficile. Tutti li temono, la società li<br />

isola.<br />

F. La famiglia non ti abbandona.<br />

I. È un lupo in mezzo ai lupi, questo riguarda il tipo di codice presente nelle carceri, nel senso che ci sono reati gravi<br />

60


per la dignità (il reato di traffico internazionale di stupefacenti non è considerato così grave come uno stupro, dal<br />

loro punto di vista). Perciò chi ha commesso un reato “normale” viene visto come tutti gli altri, chi ha fatto uno<br />

stupro è considerato in maniera negativa. I reati non sopportati sono lo stupro e la violenza sui minori, è una<br />

percezione generalizzata.<br />

DOMANDA 20 Quali sono le tipologie di reato che sono più compiute nella sua nazione e con quale intensità di pena<br />

vengono punite?<br />

A. C'è un po' di tutto. Rapine e scippi sono moneta comune. Ci sono anche molti reati di corruzione, anche se non se<br />

ne parla tanto. I reati di droga vengono puniti duramente. Altro non so.<br />

B. La corruzione è diventata una cosa normale, chiedono chiaramente i soldi senza nessun problema. Reati<br />

sessuali, ma nessuno ne parla. Scippi e rapine.<br />

C. Furto (punito col carcere), assegni scoperti (è un reato punito col carcere).<br />

D. Furto, falsificazione di assegni o assegni scoperti, sono soprattutto reati collegati ai soldi. I carceri sono pieni di<br />

persone che fanno queste cose. In Tunisia non esiste qualcosa tipo la mafia, però ci sono dei piccoli criminali<br />

soprattutto nelle grandi città.<br />

E. Furto e spaccio.<br />

F. Furto e spaccio, le pene sono più pesanti che in Italia.<br />

M. Furti legati all'aumento della ricchezza, sono puniti anche abbastanza duramente. Quando la polizia interviene lo<br />

fa duramente, la situazione si aggrava se ci sono di mezzo gli stranieri o persone di un certo livello.<br />

I reati di droga, lo spaccio. L'alcool è in libera vendita in Tunisia (tranne in alcune zone), il consumo è molto<br />

elevato e c'è tanta gente che si ubriaca.<br />

DOMANDA 21 Ci sono dei reati che vengono sopportati e non perseguiti nella sua nazione, perché sono compiuti da una<br />

grande quantità di persone o perché vengono ritenuti necessari alla sopravvivenza?<br />

B. La corruzione.<br />

C. No, in quasi tutti i paesi arabi non viene tollerato nessun tipo di reato perché, trattandosi di dittature, non possono<br />

lasciare aperture.<br />

D. Se si ruba una bicicletta o rubare qualcosa ad un negoziante perché se ne ha bisogno, i piccoli furti.<br />

E. Quando capita per la prima volta.<br />

F. La rissa.<br />

I. In Tunisia lo spaccio, il tunisino, spacciatore in strada in Italia, non considera un reato quello che fa.<br />

J. Probabilmente sì, anche proprio sui diritti.<br />

M. Quelli legati alla convivenza, infrazioni varie ai regolamenti, al vivere civile. Corruzione. L'essere clandestini, non<br />

avere i documenti non è sentito più di tanto come un reato.<br />

Q. I cittadini tunisini che abbiamo incontrato e che sono stati in carcere sono stati accusati soprattutto di spaccio e<br />

loro lo consideravano una cosa da niente, normale. Per cui probabilmente hanno delle misure di valutazione<br />

diverse rispetto allo spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti.<br />

DOMANDA 22 Se dovessimo proporre degli inserimenti lavorativi nella sua nazione, dove è realistico che vengano<br />

proposti? Nelle città o nelle campagne? Dove esiste un tessuto industriale - artigianale o in altri luoghi?<br />

Ci indichi i luoghi.<br />

A. Per i tunisini, come per gli arabi, un'espulsione vuol dire perdere la faccia, e questa è la cosa peggiore che possa<br />

succedere. Allora è meglio che non rientri proprio nella sua città o paese d'origine. La situazione economica e<br />

politica sta peggiorando perché anche se una persona ha del capitale (mettiamo 10.000 euro) e vuole fare<br />

qualcosa, per riuscire deve corrompere, deve stare a certe regole perché altrimenti non riesce ad andare avanti.<br />

Quindi non è solo il disagio economico ma anche il fatto di vivere in una società che non ti offre niente e ti prende<br />

tutto. La Tunisia è una pentola a pressione perché soldi non ce ne sono, prospettive di miglioramento non ce n’è,<br />

non c'è libertà di espressione, né informazione; per contro la gente è abbastanza istruita, non sono dei cretini,<br />

capiscono, in Tunisia ci sono ovunque antenne satellitari che prendono tutti i canali del mondo e la gente guarda,<br />

si informa, perché c'è una sete di informazioni terribile. Così la gente si informa, si arrabbia e tiene tutto dentro,<br />

fino a che un giorno esplode.<br />

B. In Tunisia c'è gente laureata che non riesce a trovare lavoro, se torna che cosa fa? La situazione economica è<br />

che una persona che lavora in Comune prende 210 dinari e paga l'affitto 200 dinari, come fa a vivere? Con la<br />

corruzione. La situazione sociale ed economica in Tunisia è molto difficile, il costo della vita sta crescendo e lo<br />

stipendio è sempre quello. Quindi anche se si riesce a trovare lavoro la situazione rimane difficile lo stesso. La<br />

situazione in Tunisia sta peggiorando, mi spiace dirlo, non era così 5 o 6 anni fa, allora si viveva abbastanza<br />

bene, quando vado d'estate mi sento proprio male perché la situazione sta peggiorando purtroppo. E' una catena<br />

perché la politica in Tunisia ha reso la situazione molto critica.<br />

C. Il sud, sud – est, perché è la zona più povera. Lavorando lì si possono aiutare sia gli ex detenuti per il<br />

reinserimento sia lo stesso territorio.<br />

D. Se il progetto riguardasse un gruppo di persone sceglierei una città con le industrie, in modo che abbiano un<br />

lavoro continuativo. La provincia di Soux è una zona in cui ci sono già circa 150 ditte italiane, lì si aprirà nei<br />

prossimi anni un grande porto che diventerà la porta dell’Europa per l’Africa, il porto sarà fatto nell’acqua profonda<br />

e diventerà il primo porto in Africa. Questa provincia è molto interessante perché è vicina alle provincie povere<br />

61


della Tunisia ed è anche vicino alle città turistiche (Hammamet è a 40 km). Non è per caso che il porto verrà<br />

realizzato là. Se il progetto riguardasse persone singole bisogna far tesoro del mestiere che la persona conosce,<br />

facendogli aprire in Tunisia un’attività da collocare dove può produrre e vendere. Poi ci sono le attività agricole. In<br />

Tunisia si sta assistendo ad un grande rientro di europei, italiani per esempio. Ho visto persone che, nella mia<br />

regione di origine, hanno portato una società italiana; persone provenienti dalla Puglia, che hanno affittato dal<br />

Ministero dell’agricoltura dei terreni, tramite un tunisino che ha lavorato per loro in Puglia. Questa ditta ha fatto<br />

miracoli, quest’anno sono riusciti a coltivare anche i carciofi, io credevo che fosse impossibile. Coltivano i<br />

pomodori e poi li fanno secchi, facendoli essiccare sotto il sole. Esportano pressoché tutto e fanno lavorare<br />

tantissime persone, specialmente le donne, questa è stata una fortuna per tante famiglie povere. Questa modalità<br />

si sta diffondendo in tante zone, ci sono tanti rientri di persone italiane e europee che hanno esperienza in diversi<br />

settori, per esempio quello dell’olio, e stanno riuscendo bene in Tunisia. Io conosco un anziano agricoltore<br />

tunisino, lui lavorava dei terreni in Tunisia per una famiglia italiana, quando gli italiani se ne sono andati, lui si è<br />

reso conto che i tunisini non sono in grado di coltivare, i prodotti non sono più come quelli di prima, i tunisini non<br />

sono capaci di fare delle cose fatte bene. Il Ministero dell’agricoltura, che era gestito da ingegneri, ha fallito perché<br />

i terreni con l’acqua rimangono fermi.<br />

Nel turismo è difficile, perché c’è molta concorrenza e poi il lavoro è stagionale, perciò secondo me non è la scelta<br />

giusta.<br />

F. Dipende da qual è il mestiere della persona.<br />

J. Bisogna fare uno studio più approfondito sui singoli paesi. E poi dipende da dove provengono, perché se una<br />

persona proviene da un'area rurale e la sua unica esperienza metropolitana è stata a Milano ed è finita pure male,<br />

non è pensabile reinserirlo in un’area metropolitana, perché sarebbe troppo complesso. Il territorio di dimensione<br />

medie è il luogo dove si può immaginare di avere un'attenzione maggiore da parte della comunità. Oramai le<br />

grandi aree metropolitane sono troppo dispersive e non è detto che garantiscano l'attenzione della comunità,<br />

mentre questo credo che sia un elemento indispensabile per un progetto come il vostro. Nelle aree medie il<br />

terziario offre ancora delle possibilità.<br />

K. I progetti di sviluppo agricolo per loro natura si realizzano nelle campagne, i progetti di formazione molto spesso<br />

tengono conto delle opportunità delle varie zone e in genere è più facile realizzarli nelle città. Tutto dipende dalle<br />

caratteristiche del territorio. In molti paesi terzi c’è interesse a sviluppare le aree rurali, aree che potenzialmente<br />

sono molto ricche e che necessitano di tecnica e modalità di coltivazione, offrono diverse possibilità. L’importante<br />

è sempre fare un’analisi generale per vedere quali sono le opportunità e sulla base di questo muoversi. Quello<br />

che chiamiamo lo studio di fattibilità del progetto, fatto in maniera dettagliata, perché le realtà sono molto diverse,<br />

da paese a paese si trovano cose molto differenti.<br />

M. Luoghi: costa, deserto e siti archeologici per il turismo. Per agricoltura: tutte le aree appena dietro la costa ed<br />

alcune pianure e regioni del sud.<br />

Si sta realizzando la decentralizzazione con la creazione di distretti industriali in aree diverse da Tunisi. Lo stanno<br />

facendo in collaborazione con alcune Regioni italiane, che hanno avviato contatti per la creazione di società miste<br />

oppure società italiane che si insediano lì. La Lombardia è coinvolta, c'è poi il Veneto e il Lazio, la Toscana,<br />

l'Emilia Romagna, c'è un ufficio dell'Istituto per il commercio estero.<br />

Q. A me viene più in mente che si deve creare un progetto ad hoc per la persona e questo comporta l'avere dei<br />

referenti seri sul posto. Bisogna anche valutare la storia della persona, per esempio se la famiglia ha investito<br />

affinché la persona potesse recuperare risorse per tutti allora il discorso lavorativo è importante. Perciò è<br />

importante dargli un'opportunità lavorativa, soprattutto se viene dalla campagna e non ha risorse, in questo caso<br />

andrebbe bene anche che non rientrasse nel suo paesino e lo si inserisse in una città con una concreta possibilità<br />

di lavoro. Se invece la persona avesse avuto un'esperienza migratoria drammatica e avesse bisogno di un<br />

supporto da parte delle famiglia, allora sarebbe bene offrirgli un ritorno onorevole all'interno della propria famiglia.<br />

Dipende proprio dalla specifica situazione.<br />

DOMANDA 23 Che tipologie di lavoro ritiene appetibili e competitive per il mercato di lavoro della sua nazione?<br />

A. Inserirli in progetti di cooperazione tra Italia e Tunisia, so che ce ne sono nell'industria tessile e del cuoio. Il<br />

problema è che i salari in Tunisia sono diversi, cioè se in Italia si prendono 700 euro per un lavoro del genere, in<br />

Tunisia prenderà meno di 400 dinari (1 dinaro sono 75 centesimi) per cui il dislivello è forte. Potrebbero anche<br />

sfruttare la loro conoscenza dell'italiano lavorando in progetti di cooperazione Italia - Tunisia.<br />

C. Il sud – est è una zona completamente agricola, ci sono tantissimi terreni abbandonati anche se c’è acqua, i<br />

terreni sono privati e pubblici. Sono abbandonati perché lo Stato non finanzia la costruzione di pozzi. La politica<br />

economica del paese negli ultimi 30 anni si è basata sul turismo, solo sul turismo, perciò gli investimenti sono stati<br />

fatti sulla zona costiera.<br />

Fabbriche di scarpe, fabbriche tessili. Adesso c’è una data importante che è il 1° gennaio 2008, nel ’95 la Tunisia<br />

ha sottoscritto con la Comunità europea un accordo secondo il quale verrà tolta la dogana tunisina, perciò ci sarà<br />

un’apertura del mercato tunisino, questo da un lato aiuterà gli investimenti esteri (attualmente il problema per gli<br />

investitori è la dogana e il tornare in possesso degli investimenti), dall’altro lato farà fallire molte imprese, quelle<br />

che non sono competitive con le merci estere (europee o cinesi).<br />

D. La provincia di Soux è una zona in cui ci sono già circa 150 ditte italiane, lì si aprirà nei prossimi anni un grande<br />

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porto che diventerà la porta dell’Europa per l’Africa, il porto sarà fatto nell’acqua profonda e diventerà il primo<br />

porto in Africa. Poi ci sono le attività agricole. In Tunisia si sta assistendo ad un grande rientro di europei, italiani<br />

per esempio. Ho visto persone che, nella mia regione di origine, hanno portato una società italiana; persone<br />

provenienti dalla Puglia, che hanno affittato dal Ministero dell’agricoltura dei terreni, tramite un tunisino che ha<br />

lavorato per loro in Puglia. Questa ditta ha fatto miracoli, quest’anno sono riusciti a coltivare anche i carciofi, io<br />

credevo che fosse impossibile. Coltivano i pomodori e poi li fanno secchi, facendoli essiccare sotto il sole.<br />

Esportano pressoché tutto e fanno lavorare tantissime persone, specialmente le donne, questa è stata una<br />

fortuna per tante famiglie povere. Questa modalità si sta diffondendo in tante zone, ci sono tanti rientri di persone<br />

italiane e europee che hanno esperienza in diversi settori, per esempio quello dell’olio, e stanno riuscendo bene in<br />

Tunisia. Io conosco un anziano agricoltore tunisino, lui lavorava dei terreni in Tunisia per una famiglia italiana,<br />

quando gli italiani se ne sono andati, lui si è reso conto che i tunisini non sono in grado di coltivare, i prodotti non<br />

sono più come quelli di prima, i tunisini non sono capaci di fare delle cose fatte bene. Il Ministero dell’agricoltura,<br />

che era gestito da ingegneri, ha fallito perché i terreni con l’acqua rimangono fermi.<br />

E. Artigiani, con una base solida di capitale.<br />

F. Elettricista, barbiere professionale, fabbro, meccanico, falegname, venditore di mobili vecchi.<br />

I. Per quanto riguarda la Tunisia c'è una grande possibilità di instaurare dei servizi secondari per il turismo, cioè<br />

tutto quello che è l'indotto del turismo: il pullman con relativo autista, la guida per le visite, chi gestisce un<br />

maneggio etc.<br />

M. Gli imprenditori hanno problemi a trovare una certo tipo di manovalanza, che sia in grado di fare i lavori. C'è<br />

richiesta di manodopera: operai specializzati, artigiani, lavoratori dell'edilizia che abbiano un minimo di<br />

specializzazione. Tornitori, industria meccanica. Anche lì gli imprenditori che ho conosciuto preferiscono tutti le<br />

donne perché dicono che lavorano meglio, perché sono più motivate. Per loro avere un lavoro e uno stipendio<br />

significa emanciparsi e quindi ci tengono anche a lavorare bene, nel settore delle calzature e del tessile la<br />

stragrande maggioranza della manodopera è femminile.<br />

Nell'artigianato c'è stata una perdita di manodopera nei lavori legati all'edilizia, tipo falegnami, carpentieri. Questo<br />

genere di lavorazione è richiesta, tenendo conto che lì continuano a costruire e manca la manutenzione.<br />

Continuano a costruire alberghi, dopo due anni sono da buttare perché le riparazioni e la manutenzione non ci<br />

sono. Prima non era così perché c'erano artigiani, ma questa tradizione si è un po' persa.<br />

Negli alberghi c'è richiesta di personale. Uno dei settori in cui si punta molto è l'agricoltura, perché la Tunisia ha<br />

delle potenzialità per cui si stanno sviluppando coltivazioni in serra e di primizie, che rappresentano buone<br />

opportunità per l'esportazione. Di tratta di tutta quella parte di agricoltura che non è legata alla sussistenza ma<br />

all'esportazione. E nell'industria di trasformazione alimentare, sull'olio, sul vino, hanno investito parecchio, ne<br />

hanno migliorato la qualità per avere standard riconoscibili, lavorano molto sulle certificazioni, sul biologico.<br />

Hanno bisogno di tecnici. Sia nell'industria, che nell'agricoltura, che nel settore alberghiero hanno bisogno di<br />

quelle categorie intermedie, non di semplice manovalanza di base, ma lavoratori che abbiano delle competenze<br />

tecniche un poco più specializzate per lavorare in settori più moderni.<br />

Pesca, dove si stanno facendo società miste, si sta lavorando sulla trasformazione: sul modo di pescare e<br />

sull’industria di surgelazione, congelamento ed inscatolamento.<br />

DOMANDA 24 Quali professionalità dovremmo insegnare ai suoi connazionali da rimpatriare?<br />

A. La cosa migliore sarebbe fare accordi con le aziende, consultandole rispetto alle figure professionali che gli<br />

servono e di conseguenza formare le persone in quale competenze individuate.<br />

B. Falegnameria, lavorazione della ceramica.<br />

D. Bisogna insegnare i mestieri che i giovani tunisini al momento non vogliono più fare. Questa estate il sindaco del<br />

mio paese in Tunisia mi raccontava che c’è un piccolo artigiano di falegnameria che cercava due lavoratori per<br />

impiegarli in un’attività un po’ difficile, questo falegname non riusciva a trovare persone che lavorassero per più di<br />

una settimana. Perché il lavoro era troppo duro, ha avuto dei problemi per trovare una persona fissa. Servono<br />

anche nell’edilizia persone specializzate che sappiano fare un lavoro, perché al momento ce ne sono pochissime.<br />

Sono poche perché molti di quelli che sanno lavorare sono emigrati e i giovani non vogliono fare questo tipo di<br />

lavoro.<br />

F. Elettricista, barbiere professionale, fabbro, meccanico, falegname, venditore di mobili vecchi.<br />

I. Credo che la formazione sia indispensabile, in quali settori non saprei.<br />

J. Bisogna pensare alla costruzione di un percorso per la persona, basandosi sull'analisi delle possibilità che la<br />

persona ha, in modo da impostare un percorso vincente per lo sviluppo della persona. Inoltre creare rapporti<br />

diretti con piccole e medie imprese che danno formazione.<br />

DOMANDA 25 Qual è il costo della vita nella sua nazione di origine, rispetto al nostro tenore di vita? Quanto guadagna in<br />

media un lavoratore dipendente?<br />

A. E' minore dell’Italia.<br />

B. Il costo della vita rispetto all’Italia è minore, ma rispetto allo stipendio che una persona normale percepisce in<br />

Tunisia non ce la fa. Un'infermiera col suo stipendio ce la fa appena appena ad arrivare alla fine del mese.<br />

C. 3000 euro l’anno è il costo medio della vita.<br />

D. Una persona deve lavorare tutti i giorni per poter avere una vita dignitosa. Bisogna avere un lavoro che gli<br />

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garantisca di lavorare tutto l’anno.<br />

E. Il costo della vita è caro, ci vogliono 400 dinari per una famiglia di 3 persone.<br />

F. 300 dinari per 4 persone.<br />

M. Uno stipendio medio di un operaio è sui 200 - 300 dinari al mese che sono 200 euro. Mentre gli stipendi di un<br />

impiegato medio sono sugli 800 dinari che sono 600 euro, stipendi normali. Il costo della vita è molto aumentato,<br />

perché gli affitti a Tunisi partono come minimo dai 300 dinari. C'è da dire che molti hanno una casa di proprietà e<br />

questo rappresenta il sogno per tutti, proprio perché gli affitti sono elevati, e questo anche a causa del fatto che<br />

l'80% della popolazione è proprietaria di casa.<br />

Ci sono alcuni prezzi che sono tenuti molto bassi, cioè i generi di prima necessità, l'istruzione che è gratuita per<br />

tutti, i mezzi pubblici che però funzionano relativamente (soprattutto adesso che è aumentato il traffico per le<br />

strade). Ad esempio le spese per il taxi, che era un mezzo di trasporto molto usato da tutti, sono aumentate<br />

notevolmente nel giro di questi ultimi due o tre anni. L'aumento del costo della vita è tangibile.<br />

E poi c'è questa doppia economia, cioè ci sono i posti dove possono andare i turisti e le classi tunisine molto<br />

agiate, che si sono molto arricchite negli ultimi tempo, spendendo cifre paragonabili ai prezzi di centro Milano; e<br />

invece i posti in cui si può mangiare con mezzo dinaro.<br />

DOMANDA Su quali paesi stranieri sarebbe meglio che realizzassimo il progetto Odisseo?<br />

25/a<br />

L. Più che sui paesi bisognerebbe concentrarsi sulla tipologia di reati. Probabilmente più il paese è lontano, più è<br />

difficile per lo straniero rientrare. Mi concentrerei sulla tipologia di reati, darei per poco appetibile lo straniero che<br />

si è macchiato di violenza sessuale (e ce ne sono tanti), il loro destino è di essere espulsi, difficilmente questo<br />

ufficio valuterà positivamente la richiesta di rilascio di un permesso per lavoro anche se il posto di lavoro ci fosse.<br />

Spessa cosa per lo spaccio di stupefacenti. Mentre ci sono reati meno gravi, per esempio quelli contro il<br />

patrimonio (mentre per altri reati non si va in carcere, tipo il falso, la guida senza patente, la vendita abusiva di<br />

marchi contraffatti). Toglierei dalla casistica, nel senso che non me ne interesserei proprio, quelli che sono stati<br />

condannati per traffico di esseri umani, riduzione in schiavitù, sfruttamento della prostituzione. Da parte nostra è<br />

difficilissimo orientarci in senso positivo nei confronti di questi soggetti. Per quanto riguarda le etnie degli stranieri<br />

soggette ad espulsioni (che sono 7000 all'anno, di cui 2000 accompagnati alle frontiere) vedi allegato.<br />

Le persone arrestate per furto (che è uno dei pochi reati che prevede la fragranza) vengono portate in camera di<br />

sicurezza, la mattina successiva hanno la direttissima, senza andare in carcere, di solito vengono condannati alla<br />

minima e hanno l'espulsione. E' tutto automatico, quindi voi non riuscite neanche a vederli. Se voleste farlo<br />

sareste i primi a lavorare sulle direttissime. Per lavorare sulle direttissime bisogna inserirsi in quei tempi morti che<br />

precedono l'udienza. Una volta fatta la direttissima vanno in via Corelli, perché non abbiamo mai il biglietto aereo<br />

pronto, e ci stanno da un minimo di 7 a un massimo di 60 giorni. Si può lavorare con questi stranieri perché<br />

stanno lì, al centro. In via Corelli i pochi posti disponibili sono dedicati ai carcerati, che sono per definizione<br />

pregiudicati visto che hanno una sentenza definitiva. Ci sono dei tempi minimi e massimi in cui si può lavorare. I<br />

tempi per i trattenuti si allungano di 48 ore perché il giudice di pace va in via Corelli a fare le convalide e in quella<br />

circostanza gli avvocati (quelli di fiducia) insistono per avere dal giudice qualche cosa. Quello è il momento, è<br />

l'udienza di convalida che si tiene in via Corelli davanti al giudice di pace. Normalmente hanno un giudice d'ufficio,<br />

perciò già sarebbe valida l'assistenza in questo senso. La convalida deve essere fatta entro 48 ore dal fermo.<br />

Il contributo che l'ufficio stranieri della P.S. potrebbe apportare al progetto Odisseo è quello di prendere in<br />

considerazione le vostre richieste, meramente conoscitive, certo non sulla personalità della persona, l'elenco dei<br />

precedenti, i reati fanno parte di quei dati sensibili che richiedono una delega delle persone, che passa attraverso<br />

l'avvocato di fiducia. Quello che possiamo dire per indirizzare, lo facciamo.<br />

R. Abbiamo avuto una sola persona che è rientrata in Tunisia e nessuna in Marocco, perciò verso il Maghreb ci sono<br />

poche richieste per ora per il rientro.<br />

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COMMENTI ALLE DOMANDE DELL’AREA ANTROPOLOGICO – CULTURALE TUNISIA<br />

Le ragioni della migrazione e i processi migratori<br />

La migrazione è vissuta come un sogno e una fuga. Si fugge dalla frustrazione di non riuscire a trovare un<br />

lavoro adeguato alla propria preparazione e abbastanza remunerativo, si fugge per cercare maggiore libertà<br />

rispetto ai vincoli famigliari e politici. La condizione socio – economica tunisina viene rappresentata come<br />

fortemente influenzata da modelli di vita occidentali con stili consumistici, attualmente inconciliabili con il<br />

potere d’acquisto reale della maggior parte della popolazione. Non c’è povertà estrema, ma il lavoro operaio e<br />

manuale è retribuito con stipendi considerati bassi e c’è difficoltà a raggiungere livelli di occupazione consoni<br />

all’alto livello di istruzione. Sono presenti anche fenomeni di disoccupazione e di lavoro nero. Le condizioni<br />

delle zone rurali sono di maggiore difficoltà, con scarsità di infrastrutture e stili di vita molto semplici fondati<br />

sull’agricoltura e la pastorizia.<br />

Il sogno è di guadagnare molti soldi per garantirsi un futuro sicuro dal punto di vista economico e di<br />

emancipazione personale. Spesso si tratta di un sogno perché chi emigra non si costruisce un progetto<br />

migratorio sulla base della conoscenza della normative vigenti, delle condizioni socio – economiche dei luoghi<br />

di destinazione, ed invece parte confidando di farcela comunque. La modalità di tentare più volte di entrare in<br />

un paese europeo, anche dopo un’espulsione, pare essere molto diffusa.<br />

Le aree più povere della Tunisia sono il nord – ovest (al confine con l’Algeria), l’est e sud – est (nella parte<br />

desertica), l’entroterra e le periferie urbane. La provenienza di chi emigra è da tutta la nazione ma per quanto<br />

riguarda la Tunisia viene evidenziato il fenomeno delle “catena migratorie”.<br />

In Tunisia c’è un pensiero diffuso che divide l’emigrazione in due tipologie: la alta e la bassa. Chi appartiene<br />

alla alta emigrazione sceglie paesi di destinazione quali Francia, Germania e Canada. Chi mette in atto la<br />

bassa emigrazione si dirige verso l’Italia, facilmente raggiungibile con mezzi di fortuna.<br />

Per quanto riguarda i progetti di rientro onorevole:<br />

• viene sottolineato come sia indispensabile offrire un’occupazione che permetta un certo tenore di vita e<br />

non la mera sopravvivenza<br />

• è bene tenere conto che il Governo tunisino è interessato ad attuare una strategia di decentralizzazione,<br />

volta ad attivare nuovi distretti industriali e poli culturali, in modo da invertire la tendenza secondo cui tutte<br />

le attività economiche, produttive, intellettuali ed istituzionali fanno capo a Tunisi.<br />

Rimanere all’estero o tornare<br />

Gli intervistati delineano due distinti approcci rispetto al desiderio di stabilizzarsi all’estero o rientrare in patria:<br />

• c’è chi attribuisce alla migrazione la funzione di permettere di accumulare risorse economiche sufficienti<br />

ad avviare un’attività nel paese d’origine. In questo caso non viene messo in atto il ricongiungimento<br />

famigliare e vi sono un paio di rientri all’anno per incontrare la propria famiglia in Tunisia. La difficoltà<br />

evidenziata è collegata al tempo necessario per accumulare risorse sufficienti, spesso è superiore al<br />

previsto. Ciò presenta delle conseguenze soprattutto rispetto alla relazione padre – figlio: i figli crescono<br />

senza padre, si creano vissuti di lontananza e situazioni di incomprensione, i figli smettono di dare fiducia<br />

ai loro padri avendo più volte avuto rassicurazioni sul fatto che presto sarebbero tornati senza che ciò si<br />

realizzasse.<br />

• C’è chi decide di rimanere all’estero, si tratta di una scelta che difficilmente viene presa all’inizio del<br />

processo migratorio ma durante la migrazione. Un intervistato ha avanzato l’ipotesi che ciò avviene perché<br />

le persone del Maghreb hanno uno scarso attaccamento alla propria identità culturale e perciò riescono<br />

facilmente ad adattarsi allo stile di vita europeo.<br />

Modalità di accoglienza per un rientro forzato - La famiglia<br />

La modalità di accoglienza dipende dalla famiglia, dalla sua sensibilità e dal livello culturale – di istruzione.<br />

Prevale una sensazione di fallimento, che può essere incrementata dalla reazione della famiglia, ma che<br />

comunque appartiene a chi è stato costretto a rientrare. E’ una vergogna, una sconfitta, un poco stemperata<br />

dal fatto che c’è la consapevolezza che si può ritentare.<br />

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Modalità di accoglienza per un rientro forzato - La cerchia parentale, gli amici e la comunità di origine<br />

Un punto di attenzione individuato riguarda il pregiudizio negativo nei confronti di chi emigra in Italia, poiché in<br />

Tunisia si è creata un’associazione mentale tra emigrare in Italia e il concetto di illegalità, prevalentemente<br />

collegata allo spaccio. Si sa che la persona è stata espulsa, ma non se ne conosce il motivo, e pare che molti<br />

ignorino che si possa essere rimpatriati se non si ha il permesso di soggiorno.<br />

C’è la percezione che la persona abbia sprecato un’occasione, ma per lo più la difficoltà riguarda il rimpatriato<br />

stesso, che vive il ritorno come una colpa, un fallimento, facendo fatica a reinserirsi nella comunità locale.<br />

Gli intervistati riportano diverse testimonianze su come vivono in Tunisia persone che sono state rimpatriate,<br />

la cifra comune è data dalla difficoltà di reinserimento nella società tunisina e dalla ricerca di una nuova<br />

occasione per emigrare. Le ragioni di ciò sono la difficoltà a trovare lavoro, l’assenza di supporto<br />

all’inserimento lavorativo, l’interesse nei confronti di altri paesi e la difficoltà di riadattarsi al proprio.<br />

Modalità di accoglienza per un rientro forzato – Mass media<br />

I mass media non parlano dei rientri forzati, preferendo occuparsi dei processi migratori di successo e delle<br />

attività messe in opera dalla Tunisia a favore degli emigrati (comitati di accoglienza, corsi di arabo durante<br />

l’estate, colonie per bambini figli di emigrati). L’atteggiamento del Governo tunisino è che gli emigrati<br />

continuino ad essere tunisini e abbiano percorsi di inserimento nei paesi che li accolgono.<br />

Tipologia di reati maggiormente commessi in Tunisia<br />

Furti, falsificazione di assegni ed assegni scoperti, spaccio, abusi sessuali, corruzione.<br />

I reati sopportati<br />

La corruzione, perché molto diffusa; i piccoli furti commessi per necessità, reati collegati ad infrazioni dei<br />

regolamenti di convivenza civile, il non avere documenti (l’essere clandestini non è percepito come un reato),<br />

lo spaccio che viene considerato una cosa da niente, normale, non un reato.<br />

E’ stata espressa un’altra percezione secondo cui nei paesi arabi nessun reato è considerato sopportabile, per<br />

una questione di organizzazione politica – istituzionale.<br />

Modalità di accoglienza per chi ha commesso un reato<br />

Dipende dall’ambiente da cui proviene, poiché in alcuni quartieri “malfamati” è un vanto aver commesso un<br />

reato all’estero. Viceversa in altri ambienti non sarebbe più ritenuto affidabile e verrebbe trattato con cautela.<br />

Comunque non è detto che la persona espliciti quello che gli è accaduto all’estero, anzi si ritiene più probabile<br />

che lo nasconda. Viene rilevata anche la tendenza ad un sistema di protezione all’interno della famiglia, che<br />

quindi potrebbe saperlo e tenerlo nascosto ad altri.<br />

Per quanto riguarda l’aver fatto parte di associazioni criminali viene considerata un’azione di una certa gravità,<br />

forse anche perché la percezione generalizzata è che in Tunisia non esista qualcosa come la mafia. Malgrado<br />

ciò viene espressa la sensazione che la famiglia comunque riaccoglierebbe questa persona.<br />

Nei programmi di reinserimento per il rientro onorevole è importante tenere conto della tipologia di reato<br />

commesso, di come esso è percepito da chi l’ha commesso e dalla comunità in cui rientrerà. Sarebbero da<br />

escludere dal programma di rientro onorevole persone con un profilo criminale alto, che si sono macchiate di<br />

crimini quali traffico di esseri umani, riduzione in schiavitù, sfruttamento della prostituzione, violenza sessuale.<br />

Mentre ci sono reati meno gravi, per esempio quelli contro il patrimonio o quelli che prevedono la fragranza,<br />

che vengono percepiti con più indulgenza, perché commessi più per necessità e per mancanza di prospettive<br />

che per la reale appartenenza ad associazioni criminali e per l’identificazione della persona con profilo<br />

criminale alto.<br />

Un aspetto da sondare sarà quello di verificare la possibilità di coinvolgere nei progetti di rientro onorevole<br />

anche le persone arrestate per furto (che è uno dei pochi reati che prevede la fragranza). La procedura in<br />

questo caso è che al momento dell’arresto i sospettati vengono portati in camera di sicurezza e la mattina<br />

successiva hanno il processo per direttissima, senza andare in carcere, e che se sono condannati gli viene<br />

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data la pena minima e l'espulsione. Sono quindi condotti al Centro di Permanenza Temporaneo, perché non<br />

c’è mai il biglietto aereo pronto, per un periodo minimo di 7 giorni e massimo di 60 giorni.<br />

Per realizzare progetti di rientro onorevole con persone condannate per questo tipo di reato è indispensabile<br />

poter lavorare all’interno dei Centri di Permanenza Temporanea.<br />

Condizioni di comportamento favorenti l’aiuto<br />

Viene rilevata una disponibilità di fondo da parte della società Tunisia ad atteggiamenti di solidarietà e di aiuto<br />

anche nei confronti di chi ha sbagliato ed è disposto a non ripetere l’errore.<br />

Sono apprezzate le persone che lavorano onestamente e quelle che hanno successo, soprattutto economico.<br />

Dove prevedere gli inserimenti lavorativi<br />

Dalle interviste emergono tendenze diverse, l’una centrata sulla persona che si focalizza su:<br />

• Evitare di far rientrare la persona nella sua comunità di origine per non fargli vivere la frustrazione del<br />

fallimento<br />

• Costruire progetti ad hoc sulla persona che tengano conto delle sue relazioni famigliari e della possibilità<br />

di avere organizzazioni referenti serie sul posto<br />

• Impostare il progetto di reinserimento in base al mestiere che la persona sa fare<br />

L’altra centrata sul territorio, secondo cui:<br />

• È possibile pensare progetti che aiutino le persone ex detenute che rientrano e anche la comunità locale,<br />

in questo caso la collocazione ideale sarebbe nell’area sud e sud-est<br />

• Pensare a degli inserimenti lavorative presso ditte straniere che lavorano sul territorio tunisino, nella<br />

regione di Soux pare ve ne siano parecchie<br />

• Tenere in considerazione la regione di Soux perché è in costruzione un grande porto commerciale che ha<br />

l’ambizione di diventare il primo porto dell’Africa<br />

• Un settore interessante è l’agricoltura che recentemente ha visto un interesse da parte di imprenditori<br />

agrari stranieri, i quali hanno impiantato attività produttive basate su sistemi all’avanguardia e i cui prodotti<br />

sono destinati all’esportazione<br />

• Le attività turistiche risultano essere un settore controverso, poiché alcuni lo ritengono promettente mentre<br />

altri sottolineano la presenza di una forte concorrenza<br />

I lavori concorrenziali in Tunisia e la formazione professionale<br />

Nel settore industriale viene suggerito di attivare accordi con le aziende che lavorano in Tunisia che<br />

prevedano una riqualificazione professionale e l’inserimento lavorativo.<br />

In agricoltura la coltivazione in serre e di primizie per l’esportazione.<br />

Nel settore edilizio e dell’artigianato mancano operai specializzati e tecnici.<br />

Rispetto al turismo possono essere sviluppati i servizi secondari e l’indotto: autisti di pulman, guide, gestori di<br />

maneggi etc, ma servono anche persone che si occupino di manutenzione delle strutture.<br />

C’è stato un grande investimento sull’industria della trasformazione degli alimentari (olio, vino, pesce)<br />

Costo della vita<br />

Il costo della vita è molto elevato se rapportato al reddito.<br />

Un operaio guadagna 200 euro al mese, un impiegato 600 euro al mese.<br />

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DOMANDE AREA DELLE BUONE PRASSI<br />

DOMANDA 26 Le risulta che suoi connazionali rimpatriati abbiano trovato la solidarietà della loro comunità ed abbiano<br />

trovato un lavoro?<br />

A. I due ragazzi che erano emigrati in America hanno avuto la solidarietà delle famiglie perché li hanno riaccolti in<br />

casa, poi uno dei due è riuscito a trovare lavoro e comunque è stato aiutato a rientrare nel giro. C'è solidarietà<br />

perché dispiace veramente in questi casi. Il fatto di non avercela fatta e di avere sprecato una possibilità molto<br />

invidiata fa scattare da un lato una pietà e dall'altro il considerarlo come una persona che si è lasciata sfuggire<br />

un'occasione, che “se fosse capitata a me avrei sfruttato sicuramente meglio”. Quindi una solidarietà frammista ad<br />

un po' di cattiveria.<br />

K. Le persone che rimangono a lungo in Europa creano un po’ una frattura con il proprio paese e questo le porta a<br />

diventare straniere in Europa e straniere nel suo paese. In questi casi la solidarietà ce l’hanno più qua, perché<br />

organizzano il gruppo qua, non là: non penso che troverebbero nel loro paese una grande solidarietà. Per<br />

migrazioni più brevi penso che i legami rimangano abbastanza forti e se tornasse avrebbe il sostegno.<br />

DOMANDA 27 Esistono dei percorsi lavorativi costruiti ed offerti dalla sua comunità a suoi connazionali rimpatriati?<br />

C. No.<br />

DOMANDA 28 (Per i cooperanti o camere di commercio) Avete mai aiutato ex-detenuti o rimpatriati a reinserirsi nel<br />

mondo del lavoro del loro paese di origine?<br />

DOMANDA 29 (Per i cooperanti o camere di commercio) Avete incontrato tra i lavoratori o tra i funzionari, dello stato con<br />

cui operate, degli ex-detenuti o dei rimpatriati dopo il fallimento di un progetto migratorio?<br />

K. Noi abbiamo avuto alcuni incontri con extra comunitari che vivono qui e vogliono realizzare alcune iniziative nei<br />

loro paesi, perché attraverso i contatti con i famigliari pensano di poter realizzare qualcosa nel loro paese.<br />

Difficilmente loro dicono voglio realizzare un progetto per tornare là, in genere dicono voglio realizzare questo per<br />

dare lavoro ad amici, famigliari ect.<br />

Non abbiamo mai incontrato funzionari stranieri con un’esperienza migratoria, probabilmente queste persone<br />

appartengono ad un ceto sociale che non è attratto dalla migrazione.<br />

DOMANDA 30 (Per i cooperanti o camere di commercio) Siete a conoscenza di buone prassi o di normative che<br />

favoriscono il reinserimento di ex-detenuti o rimpatriati nel paese estero in cui operate? o nel vostro<br />

paese di origine?<br />

J. Rispetto al rientro assistito abbiamo partecipato ad alcuni tavoli di discussione sulla tematica per verificare la<br />

possibilità di trasferire l'esperienza dei servizi di assistenza italiani nei paesi terzi. Sappiamo che i problemi sono<br />

molti, che spesso i programmi non sono appropriati rispetto all'inserimento. Bisogna lavorare molto nei paesi terzi,<br />

perché senza una preparazione di rete forte questi rientri cadono, durano poco. Se il progetto di rientro fallisce la<br />

persona attiva un nuovo tentativo migratorio. Inoltre bisogna conoscere le realtà territoriali dove avverrà il rientro,<br />

in modo da poter valutare se esse sono adeguate al rientrante.<br />

I progetti che abbiamo sostenuto in Perù riguardavano: 1) il sostegno nel settore educativo della formazione<br />

professionale o nel settore dell'acqua per il miglioramento della distribuzione dell'acqua, per esempio a<br />

Villasalvador, che sono Pueblos Jovenes (che si trovano alla periferia di Lima). 2) lo sviluppo agricolo in zone<br />

rurali.<br />

Abbiamo avuto una unica esperienza di progetto di rientro di un gruppo di adulti con la comunità Eritrea. Questa<br />

esperienza è stata fatta con lo IOM. Era un esperimento nostro e anche loro, nel senso che era un progetto di<br />

rientro di gruppo, un gruppo di 12 persone. Né IOM né noi avevamo ancora fatto progetti di gruppo. E' stato fatto<br />

in collaborazione con la comunità eritrea in Italia. Rispetto a questa esperienza le buone pratiche individuate<br />

sono: che ci sia una chiarezza del percorso, condivisione e partecipazione nella costruzione del percorso da parte<br />

del gruppo o della persona obbiettivo. Che sia garantito un adeguato percorso formativo qui prima che la persona<br />

rientri. Che là ci sia una agenzia di appoggio, che abbia anche la capacità di dare accesso al credito alle persone<br />

o al gruppo che rientra. Un'altra cosa che ha garantito la riuscita del nostro progetto è stato mantenere il legame<br />

con noi (il progetto era l'inserimento lavorativo nel campo delle telecomunicazioni, cioè mettere in piedi un servizio<br />

di video e ripresa per la televisione eritrea e soggetti privati), quindi è stato fondamentale mantenere un legame<br />

tra la scuola di cinema e televisione del comune di Milano e loro. Tale legame era fatto di rapporti telefonici e<br />

scritti in modo che avessero garantito un supporto tecnico, se si spaccava una macchina o se era necessario un<br />

pezzo di ricambio. E’ indispensabile prevedere di mantenere un legame nel tempo allentandolo poco alla volta. La<br />

stessa IOM ha come regola di imporre un periodo di tempo fisso prima che i mezzi di produzione passino di<br />

proprietà, tutte le telecamere per un x numero di anni sono rimaste di proprietà dell'IOM, solo in seguito è<br />

avvenuto il passaggio di proprietà.<br />

K. Noi puntiamo molto sul discorso della sostenibilità dei progetti, ovverosia che il progetto una volta concluso possa<br />

continuare senza il nostro coinvolgimento. Per questo diamo molta importanza al coinvolgimento nel progetto di<br />

soggetti locali e al fatto che nel progetto venga utilizzato anche del personale locale, che possa essere formato e<br />

che poi a sua volta possa formare. E’ importante anche il trasferimento di know how e di competenze e<br />

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conoscenze da parte del soggetto italiano che realizza il progetto in collaborazione con la controparte locale.<br />

Teniamo molto a precisare il ruolo della controparte, che deve ricoprire un ruolo attivo. Quindi il trasferimento, la<br />

conoscenza, con un coinvolgimento attivo in modo che il progetto possa proseguire anche senza il soggetto<br />

italiano. Un altro elemento è uno studio, una valutazione a monte, delle opportunità che il territorio offre a livello<br />

locale. Per esempio ci sono dei progetti che si basano sulla medicina tradizionale, oppure che prevedono<br />

l’impiego di tecniche migliori per coltivazioni già presenti. Questa analisi di fattibilità iniziale è fondamentale per<br />

poter capire quali sono le opportunità che il territorio offre.<br />

In alcuni ambiti particolari, come quello sanitario, un contributo da parte dei soggetti europei è importante, se non<br />

fondamentale. Noi facciamo dei gemellaggi, per esempio tra ospedali lombardi e ospedali di paesi terzi. Quello<br />

che viene fatto in questi progetti è proprio il trasferimento di know how da personale sanitario europeo a personale<br />

dei paesi terzi. Proprio perché su alcuni ambiti gli europei hanno un livello di conoscenza superiore. Alcune volte è<br />

capitato anche che i medici italiani non avessero conoscenza tecnica superiore, ma il bisogno degli ospedali dei<br />

paesi terzi era rispetto agli aspetti organizzativi. Spesso nei paesi terzi non c’è l’idea di come si faccia<br />

l’organizzazione di un ospedale, quindi il nostro affiancamento è importante in questo senso. A volte hanno i<br />

mezzi ma non li sanno utilizzare al meglio, perciò l’affiancamento li aiuta in questo. Anche la forma di micro<br />

impresa rivolta alle donne viene realizzata con una forma di affiancamento per l’organizzazione della micro<br />

impresa, poi loro sono capaci. Per esempio io ho partecipato ad un convegno sulle donne africane e la cosa che<br />

mi ha stupita è stata che loro hanno chiesto di non mandare soldi ma risorse che le aiutassero a capire come<br />

organizzarsi, perché per il resto ci potevano pensare loro. E’ proprio un discorso di organizzazione delle varie<br />

attività in tutti i settori. La metodologia che riteniamo più funzionale è di prevedere una prima parte di progetto con<br />

un contributo consistente delle organizzazioni europee, poi una fase di affiancamento che mantenga un legame<br />

che progressivamente diminuisce fino a che la realtà del paese terzo diventa autonoma. Perché non bisogna<br />

pensare di abbandonarli immediatamente. Ci vuole un coinvolgimento loro, quando il progetto nasce deve essere<br />

progettato insieme (europei e paesi terzi), perché deve essere sentito, solo in questo modo sarà un progetto di<br />

successo, perché loro hanno partecipato alla creazione, in base alle loro esigenze. Anche i rappresentanti delle<br />

nostre associazioni, che conoscono le realtà locali e che vivono là da anni, non possono avere le esigenze che ha<br />

la persona che è nata in quel posto e che vive quella realtà, con una cultura diversa dalla nostra. Quindi il progetto<br />

deve essere condiviso. E’ necessario fin dalla progettazione coinvolgere le realtà locali dei paesi terzi, di chi poi<br />

avrà la gestione del progetto. In genere i progetti nascono sulla base di esigenze che sono locali. Per esempio nei<br />

progetti sanitari di gemellaggio, essi vengono fatti con i nostri ospedali, ma la componente maggiormente<br />

coinvolta non è quella dei medici bensì quella degli infermieri, perché c’è proprio bisogna di puntare l’intervento ad<br />

un livello organizzativo, è l’organizzazione dell’ospedale che manca. Nel caso del vostro progetto si tratta di un<br />

capovolgimento della logica che abbiamo esposto, perché l’esigenza parte da noi e dobbiamo farla capire a loro e<br />

coinvolgerli. Il problema è che avrete relazioni con paesi che non sono molto sensibili alle esigenze degli altri.<br />

In Tunisia abbiamo finanziato soprattutto progetti di micro-credito, tutti rivolti a donne. Questo perché le donne<br />

sono molto più affidabili degli uomini, sono più motivate e danno grandi soddisfazioni. Inoltre questi progetti vanno<br />

avanti, nel senso che rimangono continuativi nel tempo. Sono le donne il motore dello sviluppo. La cultura rende<br />

gli uomini inaffidabili; anche per il fatto che la donna, dovendosi occupare dei figli, ha una visione più valida<br />

dell’uomo, anche a livello organizzativo. Nelle regioni africane è la donna che va a prendere l’acqua, e l’uomo è lì,<br />

aspetta, a volte è molto violento. Nel convegno delle donne africane è intervenuta una donna, sorella del<br />

Presidente dello stato di cui, quando lui è stato ucciso, lei ha preso il posto. Nel suo intervento lei raccontava le<br />

violenze che ha subito da parte del marito con una tale tranquillità, per me inconcepibile. E’ l’uomo che conta, ma<br />

è inattivo, lui aspetta e pretende. Raccontavano che se c’è un pezzo di pane, la mamma lo divide col bambino o lo<br />

dà al bambino, il padre se lo mangia lui e non lo divide con nessuno.<br />

Un progetto come il vostro di reinserimento lavorativo è bene che si basi sul ruolo che le donne hanno in queste<br />

culture.<br />

In Marocco abbiamo finanziato un progetto di cooperativa femminile per realizzare tappeti. Anche lì la persona<br />

che lo sta portando avanti diceva che si trova molto entusiasmo e motivazione tra le donne.<br />

In un progetto in Libia c’era una ragazzina che era entusiasta di fare un corso di parrucchiera perché questo le<br />

consentiva di superare il suo isolamento, perché raccontava che le ragazzine stanno in casa e aspettano di<br />

sposarsi, questo è l’unico obbiettivo della loro vita. Gli organizzatori ci dicono che fanno proprio fatica a trovare le<br />

ragazze che seguano il corso.<br />

La cooperazione italiana ha affidato al Cesvi la stesura di uno strategy paper su migrazione e sviluppo. Si tratta di<br />

una cosa che sta sempre più interessando la platea internazionale, a livello di commissione europea è già stata<br />

istituita una commissione su questa tematica. L’Italia la sta definendo. La strategy paper serve a collegare il<br />

discorso migratorio al discorso dello sviluppo nei suoi vari aspetti, perché per ora si parla solo di rimesse, ma la<br />

tematica non è stata ancora affrontata in maniera precisa e analitica, per cui ci sono diverse visioni. Entro fine<br />

anno si dovrebbe arrivare ad un documento condiviso. E’ un argomento che è su tutti i tavoli. Ci accorgiamo che<br />

tanti organismi stanno occupandosi di questo problema.<br />

P. Gli esperimenti che come Mani Tese sono stati fatti sono stati tentativi dall'interno, nel senso che Mani Tese ha<br />

una grossa base associativa, con un sacco di volontari sparsi per l'Italia e in molti dei gruppi di Mani Tese ci sono<br />

anche degli extracomunitari che partecipano alle attività di volontariato. In particolare in alcuni gruppi ci sono delle<br />

69


comunità straniere che partecipano molto, per esempio il gruppo di Firenze ha un certo numero di volontari<br />

stranieri.<br />

L'esperienza che abbiamo avuto riguarda attività generatrici di reddito, per esempio la creazione di una<br />

produzione avicola in Benin, che sarebbe stata gestita da un'associazione locale che avrebbe coinvolto la<br />

comunità di un villaggio. Il villaggio avrebbe gestito l'attività produttiva per svilupparla.<br />

Il progetto sarebbe stato attivato, seguito e promosso da alcune di queste persone che rientrano dall'Italia.<br />

Segnalo due grandi problemi. La cosa è stata fatta perché Mani Tese ha ritenuto che andasse sperimentata sia<br />

come tipologia di aiuto alla cooperazione sia come un'azione di cooperazione partecipata promossa dalla nostra<br />

esperienza qui e dai rapporti tra i nostri soci volontari. Le persone coinvolte nel progetto tornano in Benin, prima<br />

debolezza grossissima è che questa associazione locale esiste e non esiste, nel senso che poi alla fine si basa<br />

sulle persone che sono rientrate e sulla loro sfera famigliare. Il fatto che tutto si svolga a partire da rapporti<br />

parentali crea qualche problema, perché gestire e monitorare in loco un progetto che viene gestito da una famiglia<br />

è molto più difficile che gestire un progetto gestito da una comunità in cui la gente si protegge a vicenda, invece<br />

nel caso della famiglia essa fa l'interesse della famiglia. Secondo problema: le persone che sono rientrate, nel<br />

nostro caso, hanno assunto l’atteggiamento degli “americani”. Cioè camminano a due metri da terra, mostrano di<br />

aver svoltato e di aver risolto la vita a sé e a tutta la famiglia, mostrano di aver fatto un'esperienza assolutamente<br />

inimmaginabile e si tengono distaccati culturalmente, si sentono elevati culturalmente. Quindi assumono il ruolo di<br />

capi della faccenda. In più tornano con una valigetta, un tot di soldi per promuovere un’attività e far lavorare tutti<br />

quanti. Quindi dal punto di vista culturale la cosa non funziona, cioè toglie tutta quella neutralità che invece ha il<br />

sostegno ad una comunità con la quale non c'è nessuna relazione. Perché invece qui si va sulle conoscenze.<br />

Altri problemi: non è stabile il fatto che queste persone se ne stiano lì, perché c'è chi dopo sei mesi gli viene il<br />

prurito per cui lì non vuole più vivere e gli viene la nostalgia dell'Italia, e così o tornano in Italia oppure vanno e<br />

vengono, perché magari si inventano un import - export, oppure prendono e vanno da un'altra parte perché lo<br />

hanno fatto una volta, è andata bene e lo possono rifare. Si questa modalità ha incidenza il fatto che quelle sono<br />

persone che hanno già fatto una scelta, il fatto di essere andati via da un villaggio rurale non è una scelta da<br />

niente, è una cosa che comporta pensiero, organizzazione, capacità comunicativa, è una cosa abbastanza<br />

importante. Quindi in qualche maniera è gente che non è detto che sia stabile lì, una volta tornata non è detto che<br />

ci stia, soprattutto se hanno fatto esperienze forti, importanti. Si tratta di persone che hanno fatto un passo avanti<br />

culturale perciò tornando indietro si rendono conto dei limiti della cultura e della famiglia, per esempio rispetto a<br />

come si organizzano i matrimoni, rispetto a come è strutturata la società in una zona rurale, e quindi culturalmente<br />

c'è un distacco. In base a ciò o la cosa va estremamente bene da un punto di vista economico oppure vanno,<br />

mettono su questa produzione, ci mettono tre o quattro persone che ci lavorano dentro, cioè fanno i responsabili<br />

di questa cosa, però senza in realtà arrivare a grandi risultati.<br />

Nel nostro caso i due progetti dal punto di vista della riuscita sono tutti e due andati male, nel senso non hanno<br />

ottenuto il risultato atteso né economicamente né culturalmente. Perché queste persone se ne sono tornate<br />

indietro, quello che è rimasto sul terreno è poco o niente, dove c'è qualcosa non ha niente di comunitario ma è<br />

assolutamente un'attività della famiglia. I nostri obiettivi non sono di far crescere piccoli imprenditori locali,<br />

abbiamo come obiettivo quello di sviluppare comunità, quindi per noi i due progetti realizzati non rappresentano<br />

un successo. Magari chi ha un obbiettivo sull'individuo, può considerare un successo il fatto che quell'individuo si<br />

sistemi.<br />

Inoltre nelle nostre esperienze le associazione locali esistono solo a condizione che ci sia la presenza di chi<br />

rientra, senza di loro non esistono. Quando sono stati giù a lavorare su questi progetti in realtà erano i padroni<br />

assoluti, nel senso che se io torno in Benin con una valigetta per fare un pollaio tu mai mi potrai dire "secondo me<br />

è meglio che lo facciamo così", i soldi li ho portati io perché sono andato in Italia, perché ho conosciuto certa<br />

gente, perché questa gente ha avuto fiducia di me e mi ha dato i soldi, quindi taci e il pollaio si fa come dico io.<br />

Mentre in una situazione normale di un nostro progetto ci sarebbe stato un comitato locale di gestione di questo<br />

pollaio e tutti avrebbero avuto la stessa possibilità di dire la loro opinione, con un equilibrio di posizioni. In questo<br />

caso c'è questa figura nuova che vale anche di più del capo villaggio perché alla fine è quello che sbaraglia tutto.<br />

DOMANDA 31 (Per i cooperanti o camere di commercio) Avete subito reati nel paese in cui avete operato? Quali reati? Li<br />

avete denunciati? Vedevate compiere reati e di che tipo?<br />

DOMANDA 32 (Per i cooperanti o camere di commercio) Pensa che per proporre degli inserimenti lavorativi di rimpatriati<br />

ci si possa affidare alle strutture di assistenza presenti nella nazione in cui opera, o ritiene che si possano<br />

raggiungere migliori risultati cercando l’aiuto di organizzazioni non governative di stati esteri?<br />

C. Bisogna puntare più sui rapporti istituzionali per evitare la corruzione e poter gestire il controllo, anche perché in<br />

Tunisia la società civile e tutte le sue componenti non sono libere di agire, non hanno un margine d’azione. Gli<br />

enti istituzionali da coinvolgere sono Comuni, Regioni, lo Stato, bisogna fare degli accordi scritti, che prevedano<br />

degli strumenti di controllo. Per avere una cosa concreta bisogna rivolgersi allo Stato, non ci sono altre soluzioni.<br />

Per arrivare allo Stato bisogna attivare un contatto diretto, perché essendoci molta corruzione se si aumentano i<br />

passaggi ognuno cercherà di portare acqua a casa sua. Potreste inserire il vostro progetto dentro un programma<br />

di cooperazione già in atto.<br />

D. Ci vuole un appoggio politico, collegamenti con le aziende in modo da sapere dove sono i posti di lavoro, bisogna<br />

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avere un appoggio da chi segue queste persone anche per esempio all’interno del consolato. La Tunisia ha delle<br />

buone istituzione e i progetti promossi da enti europei vengono bene accolti.<br />

J. E' necessario coinvolgere il governo, almeno il governo locale ma anche le ONG presenti sul territorio. Bisogna<br />

avere una conoscenza buona delle ONG, perché succede che in questi paesi alcune ONG siano fasulle, bisogna<br />

prevedere anche la presenza di un espatriato che segua il progetto, perché basarlo solo su ONG locali è quanto<br />

mai pericoloso. Rispetto alle ONG locali è bene chiedere alle ONG italiane, perché di solito hanno rapporti con<br />

partner locali e quindi si può partire con un loro appoggio.<br />

K. E’ funzionale soprattutto lavorare con le associazioni perché riescono ad allacciare i rapporti con le municipalità,<br />

quindi col territorio, perché le associazioni hanno la conoscenza del territorio. Ci deve essere anche una cornice<br />

politica, che favorirebbe progetti tipo il vostro, altrimenti il rischio è di iniziare un progetto che poi a livello di<br />

municipalità viene interpretato come qualcosa di imposto da un altro paese, e questo non è funzionale. E’ logico<br />

che i tempi della burocrazia sono diversi dai tempi delle associazioni, che operano molto rapidamente, mentre<br />

trovare gli accordi a livello politico è molto più lungo e complicato. Se c’è un accordo governativo è più facile per<br />

gli operatori portare avanti un certo tipo di progetto. Noi chiediamo che il progetto non sia calato dall’altro, ma<br />

chiediamo delle lettere di intesa e di partecipazione e collaborazione, con il coinvolgimento di associazioni sul<br />

territorio e della municipalità. Solo così può funzionare un progetto. A monte, visto il problema di cui vi occupate,<br />

se non c’è l’accordo col governo e con l’istituzione non credo il vostro progetto possa avere le gambe per<br />

camminare.<br />

Come cooperazione internazionale finanziamo progetti in tutti i settori. L’obiettivo del progetto deve favorire l’autosviluppo<br />

locale e ci deve essere una sinergia con le strategie locali, nel senso che deve comunque essere in<br />

appoggio delle municipalità o delle regioni. Ci deve essere una omogeneità con la strategia locale di sviluppo del<br />

paese e dell’area dove si va ad operare. I progetti vengono presentati da ONG e associazioni che hanno come<br />

attività prioritaria la cooperazione allo sviluppo. Gli ambito sono i più diversi: formazione professionale, sanità,<br />

agricoltura, cultura.<br />

Il reinserimento socio-lavorativo di persone con un percorso migratorio fallito può essere contemplato tra i progetti<br />

che finanziamo, ma deve essere concordato con le autorità locali. Le nostre ONG conoscono il territorio,<br />

collaborano con le municipalità e le associazioni locali. Per rendere operativo il vostro progetto è necessario<br />

creare degli accordi con le municipalità, i governi, fin dall’inizio del progetto.<br />

P. La cooperazione internazionale non finanzia attività ad individui e non supporta attività per individui, supporta<br />

invece attività per comunità e per gruppi, per associazioni, gruppi di produttori, gruppi di villaggio.<br />

Nella vostra idea progettuale l'azione è basata sull'individuo, quello che interessa è che l'individuo torni indietro, e<br />

quindi tutto si gioca sulla persona non sulla comunità.<br />

Il lavoro che dovrete fare voi è verificare cosa esiste e dove, e verificare se le persone disponibili a rientrare sono<br />

persone che possono entrare in quella realtà. Mi riferisco alle centinaia di progetti magari di formazione fatti anche<br />

dalle realtà non governative che hanno come beneficiari i locali e che potrebbero accogliere situazioni particolari.<br />

Questo potrebbe darvi l'occasione di collaborare con realtà che sul territorio già funzionano. Dei casi di<br />

abbinamento ci potranno certo essere.<br />

Sarebbe importante capire se c'è già un network capillare da cui si potrebbe partire. Le cose più capillari sono<br />

quelle organizzate dai religiosi. Dovete studiare quei paesi per vedere quali realtà ci sono. E poi bisogna fare una<br />

verifica in luogo, per trovare la disponibilità di una serie di centri ad accogliere dei nuovi beneficiari.<br />

Una questione importante da prevedere è chi fa il monitoraggio sul posto, bisogna garantirsi che la cosa sia<br />

seguita.<br />

Bisogna fare uno studio su quali sono le realtà recettive, i potenziali recettori di queste persone nei loro paesi<br />

(imprese, servizi sociali locali, ONG, missionari). Secondo me una cosa del genere costringe a lavorare ad hoc.<br />

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COMMENTI ALLE DOMANDE DELL’AREA DELLE BUONE PRASSI - TUNISIA<br />

Non ci sono esperienze realizzate di progetti di rientro onorevole in Tunisia per persone ex detenute.<br />

Rispetto alla specificità tunisina gli elementi sottolineati dagli intervistati sono stati:<br />

• La necessità di puntare sui rapporti istituzionali, come garanzia volta ad evitare fenomeni corruttivi e per<br />

creare accordi che prevedano la possibilità di gestire il controllo del progetto. Gli enti istituzionali da<br />

coinvolgere sono Comuni, Regioni, lo Stato, con i quali sottoscrivere programmi di intesa e convenzioni.<br />

• Evitare il moltiplicarsi di passaggi e il coinvolgimento di molti livelli diversi per scongiurare il rischio di<br />

imbattersi nella corruzione.<br />

• Verificare la possibilità di inserire il progetto di rientro onorevole all’interno di un programma di<br />

cooperazione già in atto.<br />

• Attivare collegamenti con le aziende già operanti sul territorio tunisino<br />

Rispetto all’esperienza di rientro di alcuni cittadini eritrei le buone prassi individuate riguardano:<br />

• chiarezza del percorso<br />

• condivisione e partecipazione nella costruzione del percorso da parte del gruppo o della persona<br />

obbiettivo<br />

• adeguato percorso formativo prima del rientro<br />

• presenza nel paese terzo di una agenzia di appoggio, che abbia anche la capacità di dare accesso al<br />

credito alle persone o al gruppo che rientra<br />

• prevedere un periodo in cui mantenere i legami anche a distanza, in modo da garantire un supporto anche<br />

tecnico. Il legame va mantenuto nel tempo e allentato poco alla volta.<br />

Rispetto ai progetti di cooperazione internazionale realizzati le buone prassi individuate riguardano:<br />

• coinvolgimento del governo, almeno a livello locale<br />

• coinvolgimento delle ONG presenti sul territorio, previo un preliminare monitoraggio per verificarne<br />

l’affidabilità<br />

• prevedere la presenza di almeno un cooperante che segua il progetto in loco<br />

• creare progetti sulla base di un’analisi di fattibilità<br />

• coinvolgere le realtà dei paesi terzi nella fase di progettazione<br />

• creare progetti che prevedano la sostenibilità, ovverosia che il progetto una volta concluso possa<br />

continuare senza il coinvolgimento della cooperazione internazionale<br />

• prevedere l’impiego di personale locale nel progetto, in modo da garantire il trasferimento di know how e di<br />

competenze e conoscenze<br />

• indispensabilità di un ruolo attivo del partenariato del paese terzo<br />

Viene sottolineato l’importanza del ruolo delle donne per la buona riuscita dei progetti.<br />

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INTERVISTE<br />

LA ROMANIA<br />

Interviste realizzate con:<br />

FONTE: gruppo di controllo<br />

A. Mediatrice culturale<br />

B. Mediatrice culturale<br />

C. Rappresentate Associazione Rumeni in Italia<br />

D. Donna rumena con regolare permesso di soggiorno<br />

FONTE: detenuti<br />

E. Detenuto alla seconda Casa di Reclusione di Bollate di etnia rom<br />

F. Detenuto alla seconda Casa di Reclusione di Bollate<br />

G. Detenuto alla seconda Casa di Reclusione di Bollate<br />

FONTE: istituzionale<br />

I. Croce Rossa Italiana<br />

J. Cooperazione decentrata Comune di Milano<br />

K. Cooperazione internazionale Regione Lombardia<br />

L. Ufficio stranieri Polizia di Stato<br />

M. Console generale della Romania<br />

FONTE: cooperazione internazionale<br />

Q. Caritas Ambrosiana<br />

R. IOM (International Organization of Migration)<br />

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DOMANDE AREA LEGALE<br />

DOMANDA 1 Esiste una normativa di accordo tra lo Stato italiano e la sua nazione che regola il rientro forzato?<br />

Se si, spiegare le regole degli accordi.<br />

A. Le persone nei CPT vengono mandate in Romania con trasporto pagato dalla Stato Italiano. Quando arrivano in<br />

Romania vengono presi in consegna dalle forze dell'ordine, fanno un colloquio e dopo sono persone libere.<br />

Questo comporta solo che quelle persone non possono più rientrare in Italia e nello spazio Schengen per 5 anni.<br />

E' la parte Europea che determina questa proibizione, non la parte rumena.<br />

C. Per quanto so io non c’è un accordo diplomatico di reciprocità tra Italia e Romania. Per evitare problematiche di<br />

reati da parte dei rumeni sul territorio italiano (come anche da parte degli italiani sul territorio rumeno) è stato fatto<br />

un altro accordo secondo cui il ministero degli affari interni rumeni ha inviato in Italia una persona adatta per fare il<br />

collegamento con la polizia italiana. Qui al Consolato c’è un colonnello, come c’è anche a Roma, che<br />

intervengono per i reati gravi o per i ricercati.<br />

I. Per quanto riguarda la Romania c'è un accordo bilaterale, quindi i controlli da parte della Questura sono molto più<br />

veloci perché le autorità consolari rumene rilasciano dei lasciapassare collettivi. Cioè non vanno ad individuare<br />

persona per persona, ma collettivamente. Infatti sono previsti, a differenza di altre nazioni, dei voli charter in<br />

accordo con la polizia rumena che spesso viene direttamente a prendere le persone da espatriare in Italia, e li<br />

riportano in patria.<br />

L. Non lo so perché dipendono dal Ministero degli esteri, certamente è più semplice con l’Albania, dove le forze di<br />

polizia italiane si sono recate per formare ed istruire le forze di polizia rumene, in questo caso c'è una<br />

collaborazione massima; ciò accade anche con la Romania, c'è stato con la Bulgaria, e non potrebbe essere<br />

altrimenti per le nazioni che fanno istanza di entrare in Europa.<br />

M. Devo fare una premessa, la comunità rumena composta da persone legali e illegali, è la più importante in Italia.<br />

Come numero di reati commessi in Italia gli emigrati rumeni sono al terzo posto, ma se si rapporta questo dato al<br />

numero dei rumeni presenti in Italia si scende al diciassettesimo posto. Per questa ragione le Questure italiane<br />

dicono che non hanno grossi problemi con i rumeni. Inoltre l'80% dei reati sono reati alla legge di immigrazione, a<br />

causa del fatto che l’Italia è l'unico paese dello spazio Schengen nel quale in 8 giorni la persona deve procurarsi il<br />

permesso di soggiorno. Alla gran parte dei rumeni succede che mettono il visto dello spazio Schengen tra<br />

Ungheria ed Austria, spesso sono stati 3 giorni in Austria, 2 in Germania, 2 in Francia, e arrivano in Italia che sono<br />

già in colpa. Per quanto riguarda gli altri reati si tratta di reati minori, rubano qualcosa da mangiare, mettono due<br />

giacche una sopra l'altra ai supermercati, non si tratta di criminalità organizzata. Anche nel campo della<br />

prostituzione, ambito in cui ci sono molte cittadine rumene (anche minorenni), queste sono gestite dalle catene di<br />

sfruttamento di altre nazioni. Si sono firmati degli accordi tra Romania e quasi tutti i paesi dell'Unione Europea e<br />

dello spazio Schengen, uno dei primi fu con l’Italia, i cosiddetti accordi di riammissione, secondo i quali quelli che<br />

non hanno rispettato le leggi italiane, per vari motivi, possono essere rimandati in Romania. Ci sono anche<br />

accordi di estradizione e ci sono anche accordi affinché la pena venga scontata in Romania. Questi accori<br />

funzionano veramente bene, anche per il fatto che, secondo gli accordi fatti, ci sono sia in frontiera italiana ufficiali<br />

romeni che lavorano insieme a quelli italiani, sia in frontiera rumena ufficiali italiani che lavorano insieme a quelli<br />

rumeni. E in più, secondo un altro accordo, l’Italia ha in Romania rappresentanti della polizia italiana, e la<br />

Romania ha in Italia (presso l'ambasciata e i consolati) addetti rumeni che lavorano insieme alle Questure,<br />

carabinieri, polizia locale e così via.<br />

Q. Esistono degli accordi di riammissione con la Romania, si tratta di accordi di collaborazione tra Italia e il paese di<br />

provenienza più che di rientro forzato. Nel senso che il cittadino straniero, che viene trovato sul territorio italiano<br />

senza permesso di soggiorno oppure che ha commesso un reato e si trova in carcere o che ha commesso un<br />

reato che non consente poi il rinnovo o l'ottenimento del permesso di soggiorno, ovviamente dovrà essere<br />

espulso. Viene quindi portato nel CPT e le autorità di pubblica sicurezza italiane hanno la possibilità di prendere i<br />

contatti con le autorità diplomatiche del paese di appartenenza della persona, affinché la persona venga<br />

identificata e gli venga rilasciato il documento di viaggio fondamentale per poter far rientrare la persona nel paese<br />

di origine. Se non esistono questi accordi di riammissione ovviamente è più difficile l'identificazione, perché non<br />

c'è la collaborazione da parte dei consolati, e quindi risulta vano il trattenimento di identificazione durante la<br />

permanenza nei CPT. Nel caso in cui la persona da rimpatriare non venga accompagnata in frontiera, essa, una<br />

volta scaduti i 60 giorni (tempo massimo di trattenimento), si ritrova sul territorio italiano con un invito, un obbligo,<br />

di lasciare l'Italia entro 5 giorni, che ovviamente non viene ottemperato.<br />

In cambio di questa collaborazione l'Italia prevede delle quote privilegiate di ingresso di cittadini stranieri<br />

provenienti da quei paesi con cui l'Italia ha sottoscritto questi accordi, all’interno della pubblicazione annuale del<br />

decreto flussi.<br />

Per i cittadini di paesi che non hanno sottoscritto accordi con l'Italia, quando essi si trovano nei centri di<br />

permanenza temporanea, le autorità di pubblica sicurezza chiedono al consolato, al presumibile consolato di<br />

competenza, la collaborazione. Ci sono consolati che non intendono collaborare con l'Italia perché non ci sono<br />

74


questi accordi, altri consolati che invece, a seconda del periodo storico, collaborano nonostante non ci siano<br />

accordi.<br />

R. Io non li conosco come accordi tra paesi, comunque c'è collaborazione. Noi come organizzazione internazionale<br />

abbiamo una collaborazione buona, in particolare l'abbiamo avuto con l'ambasciata e il governo rumeno, anche<br />

attraverso il nostro ufficio in Romania, ma anche qua. Abbiamo un'ottima collaborazione nel caso di rientri dei<br />

rumeni.<br />

DOMANDA 2 Come la sua nazione accoglie i soggetti rimpatriati? Spiegare, se esistono, le normative che definiscono<br />

delle condotte a cui i rimpatriati devono adempiere o le prassi consolidate a cui si attengono.<br />

A. Dall'anno scorso c'è una legge che prevede il ritiro del passaporto in dogana rumena per chi veniva espulso<br />

dall'Italia e anche per le persone che non rispettavano il termine di tre mesi per il soggiorno di turismo. Il<br />

passaporto potrà poi essere ritirato presso gli Uffici di polizia delle diverse città. Viene riconsegnato ad alcune<br />

condizioni, ma non ricordo quali. L'anno scorso in tv hanno fatto vedere queste persone abbastanza disperate<br />

davanti alle dogane. Ora questa legge è stata cambiata per cui oggi la legge dice che se superano il periodo del<br />

visto ed esso scade, poi non possono più uscire dalla Romania per 5 anni, non c'è più un ritiro forzato del<br />

passaporto. I rimpatriati sono tantissimi. Gli fanno il colloquio e dopo sono trattati come tutti gli altri normali<br />

cittadini.<br />

B. Sicuramente ci sono centri di accoglienza anche in Romania per quelli che rientrano mandati dall'Italia con un<br />

foglio di via. Le strutture hanno come organizzazione un'assistente sociale e i poliziotti del Ministero degli interni.<br />

Però non saprei dire cosa fanno perché non ho mai lavorato in un progetto del genere.<br />

C. C’è una legge recente (n° 148) che si riferisce a quelli con reati minori (la maggior parte riguarda il fatto che le<br />

persone non hanno il permesso di soggiorno, sul territorio italiano al momento si stima che ci siano 700.000<br />

rumeni clandestini) tale legge prevede che al rientro alla persona non succede niente, è libera, ma se la persona<br />

cerca di nuovo di passare la frontiera verso l’Europa essa viene fermata in base agli accordi Schengen. La legge<br />

prevede, in particolare nei rapporti con l’Italia, che per una persona rimpatriata in Romania essa verrà richiamata<br />

dai giudici in Romania e, in base alle ragioni per cui ha avuto il rimpatrio, i giudici sentenziano se confermarlo o<br />

ritirarlo, nel caso venga ritirato la persona avrà diritto di entrare in tutti i paesi dell’area Schengen tranne che in<br />

Italia. Nel 2007 con l’ingresso in Comunità europea della Romania tutti gli accordi collegati a Schengen cadranno,<br />

probabilmente in maniera progressiva nel tempo. Nella discussione del parlamento europeo sull’ingresso della<br />

Romania nell’Unione europea molti Stati erano perplessi e avrebbero voluto più tempo in modo che la Romania<br />

riuscisse ad arrivare ad un livello di sviluppo tale per cui i cittadini rumeni non fossero portati ad emigrare per<br />

sopravvivere. Per questo sono convinto che fin quando la Romania riesce a cambiare le leggi interne, per metterle<br />

in linea con quelle europee, nel campo dell’emigrazione la cintura sarà un po’ stretta, per non lasciare che i<br />

rumeni se ne vadano dove vogliono e quando vogliono, come gli altri cittadini europei. Questo a causa della paura<br />

degli Stati europei che troppe persone emigrino dalla Romania.<br />

F. Timbrano il passaporto e lo trattengono. Dopo un po' di tempo arriva a casa l'autorizzazione per avere un nuovo<br />

passaporto e puoi andare a ritirarlo.<br />

G. Mettono un timbro sul passaporto e così non si può più uscire per 5 anni dalla Romania.<br />

I. Non so. Per le persone che vengono rimpatriate e hanno già delle pendenze so che vengono accolte nella loro<br />

nazione direttamente dalla polizia locale.<br />

Procedure che riguardano lo straniero che esce dal carcere per fine pena o per applicazione della pena<br />

sostitutiva: l'intervento della Questura si concretizza essenzialmente o nell'espulsione (è il Prefetto che espelle, il<br />

Questore si limita ad eseguire il decreto del Prefetto nelle tre forme previste: accompagnamento alla frontiera<br />

immediato, trattenimento nel CPT, oppure ordine di lasciare il paese in 5 giorni). Per quelli che escono dal<br />

carcere, essendo persone che commettono reati, c'è sempre trattenimento al CPT, perché comporterebbe<br />

problemi rispetto al controllo sociale consegnare l'invito a una persona appena uscita dal carcere che potrebbe,<br />

per qualsiasi motivo, il giorno dopo commette un nuovo reato. Quindi preferiamo trattenerli al centro in modo da<br />

essere sicuri di poterli accompagnare fisicamente alla frontiera. Nel caso in cui non hanno documenti, dopo 60<br />

giorni, come spesso avviene, vengono muniti dell'ordine del Questore di lasciare il paese entro 5 giorni e lasciati<br />

liberi. Non sono chiuse le vie al rilascio del permesso di soggiorno per gli stranieri che hanno subito una<br />

condanna, questo accade sempre quando sono coniugi di cittadini italiani o genitori di cittadini italiani, che<br />

acquistano lo status di inespellibili. In questi casi richiediamo la convivenza, si chiama il coniuge richiedendo<br />

l’autocertificazione della convivenza e alla persona straniera verrà dato un permesso per famiglia, che potrà<br />

essere convertito in lavoro. I cittadini rumeni dal 1° gennaio diventano europei e ciò comporta che saranno<br />

inespellibili, tutti gli europei sono inespellibili. Quando parliamo di <strong>testo</strong> unico sull'immigrazione parliamo solo di<br />

extracomunitari, mentre i comunitari sono regolati - in quanto stranieri - da un'altra legge che è del 2000,<br />

modificata nel 2002 e ultimamente ancora modificata, che li considera inespellibili. Essi possono stare in Italia<br />

liberamente, in teoria fino a 90 giorni, ma nessuno gli chiede contezza, hanno bisogno del permesso nel momento<br />

in cui iniziano a lavorare. Stiamo recependo la direttiva europea per cui scomparirà anche il permesso per i<br />

comunitari. E siccome al momento la metà delle espulsioni sono di cittadini rumeni e albanesi, l'anno prossimo<br />

avremo un abbattimento drastico delle espulsioni. Il rumeno, al pari di un francese, che sconta la pena, se non è<br />

una persona pericolosa per la sicurezza nazionale tanto da scomodare il Ministro, rimane qua come libero<br />

75


cittadino, inespellibile, perché non si può espellere una persona che non ha limiti a circolare in Europa. I<br />

comunitari hanno diritto a rimanere in Italia un anno per attesa occupazione.<br />

Art 16 della legge Bossi Fini prevede che si possa presentare istanza al giudice per ottenere di sostituire il carcere<br />

con il rientro nel paese d'origine quando la pena è sotto i 3 anni. Viene chiamato provvedimento deflattivo per<br />

sfoltire le carceri. Una volta che viene concessa l’applicazione dell'art.16, tale situazione viene trasmessa in<br />

Questura e la persona verrà accompagnata nel paese d’origine nel tempo necessario a trovare il biglietto per il<br />

rimpatrio. L'accompagnamento al paese d'origine è obbligatorio, non è come l'espulso normale, perciò se non c'è<br />

il passaporto non si può richiedere la pena alternativa. La richiesta può venire da chi ha un'identità certa o dai<br />

paesi i cui consolati sono disposti a riconoscere l'identità dei loro cittadini. Una volta arrivati nella loro nazione<br />

sono liberi.<br />

I reati ostativi al permanere nell'area Schengen sono il 380 e 381, quelli che prevedono l'arresto obbligatorio in<br />

fragranza e l'arresto facoltativo, in più i reati sessuali, pedofilia, immigrazione clandestina, sfruttamento della<br />

prostituzione.<br />

Se una persona espulsa vuole rientrare ha la possibilità di richiedere il nulla osta speciale al rientro, la sanatoria<br />

non lo può aiutare perché, anche se cambia nome, ha depositato le impronte e viene subito individuato. Questo<br />

per voi significa che potete fare rientri onorevoli, offrire un'occasione nel paese d'origine, e se la persona non ce la<br />

fa a rimanere nel paese d'origine, piuttosto che rientrare clandestinamente (che non gli conviene perché ormai<br />

con le impronte non si sfugge più), appena maturano i termini potete farvi carico del deposito dell’istanza presso<br />

l'ambasciata. Dopo di che sulla legge sull'immigrazione non si può mai dare niente per scontato, perché è una<br />

legge modernissima, più volte modificata, plasmata da sentenze del TAR, della Corte di Cassazione e dei giudici<br />

ordinari, perciò non si può escludere nessun tipo di ulteriore modifica.<br />

Per sostenere le spese di rimpatrio c'è un capitolo in Prefettura. Per le espulsioni con l'art. 16 il biglietto viene<br />

automaticamente pagato. Se una persona è detenuta e vuole rientrare nel suo paese d’origine (alle condizioni di<br />

cui sopra) ha il diritto al rientro pagato.<br />

M. Vi sono due tipi di rimpatrio: 1) con una ordinanza del Prefetto che li obbliga a rimpatriare in 5 giorni (per quelli<br />

che non hanno commesso reati), 2) con i voli di bandiera speciali accolti da ufficiali rumeni quando giungono. Un<br />

giudice valuta a secondo dei documenti che vengono presentati, in base all'indagine che viene fatta, se ha una<br />

pena da finire di scontare viene portato in un carcere rumeno oppure possono venire esaminati i reati in quel<br />

momento e giudicati secondo la legge rumena (che è quasi identica a quella italiana ed identica alle norme della<br />

Comunità europea). Ho un'altra osservazione la Kee Comunitarie è stata completamente assorbita dalla Romania<br />

e dunque non ci sono differenze indicative, non ci sono aspetti che non sono in concordanza. I documenti e le<br />

procedure usate sono stabilite già con questo accordo normativo, dunque sono sempre accompagnati con dei<br />

giustificativi che vengono esaminati in Romania. Un ultima osservazione rispetto alla Romania la situazione è un<br />

po' speciale perché la Romania sarà membro dall'Unione europea dal gennaio 2007, dunque entreranno in vigore<br />

tutte le norme europee.<br />

Q. Quello che succede è sostanzialmente che il consolato identifica la persona e deve rilasciargli un documento di<br />

viaggio. Nel momento in cui la persona passa la frontiera sul passaporto o sul documento di viaggio verrà messo<br />

il timbro da parte delle autorità di frontiera italiane di uscita dal territorio italiano. Questo perchè da quella data<br />

decorrono i 10 anni di divieto di reingresso in Italia. Prima erano 5 anni, la legge Bossi - Fini li ha aumentati a 10.<br />

Bisogna tener conto che generalmente quando viene fatto il rimpatrio le persone non vengono avvisate<br />

dell’imminente partenza, quindi si ritrovano nella situazione in cui i poliziotti li prelevano di mattina presto, li<br />

portano in aeroporto e li caricano sull'aereo scortati a seconda appunto della nazionalità del gruppo che deve<br />

essere rimpatriato. Queste persone possono immaginare che quell'aereo li riporti a casa, ma nessuno gli<br />

comunica niente. Questo per evitare problemi di sicurezza e di ordine all'interno del centro di permanenza<br />

temporanea. Una volta che sbarcano dall'aereo non sappiamo cosa accada.<br />

Per quanto riguarda la Romania viene annullato il passaporto, viene messo un timbro e annullato per cui quella<br />

persona non può più uscire dalla Romania (con quel passaporto). Però non vengono trattenuti.<br />

R. Non lo so perché come IOM non ci occupiamo del rimpatrio forzato, noi ci occupiamo solamente del rimpatrio<br />

volontario ed assistito. Siamo contro le espulsioni e non partecipiamo a questo tipo di rimpatrio.<br />

Quando il rimpatrio è assistito si tratta di rimpatri volontari. Noi assistiamo le persone dall’Italia fino alla<br />

destinazione finale e alla reintegrazione nel paese d'origine. Ci occupiamo di aiutare la persona a prendere una<br />

decisione consapevole per il rimpatrio usando il counselling, che la persona ottenga un documento di viaggio<br />

presso la sua Ambasciata nel caso in cui non ha il passaporto, di organizzare il viaggio, di fornirgli il visto di<br />

transito, di fornirgli assistenza in aeroporto a Roma e nel paese d'origine (perché abbiamo i nostri uffici) e di<br />

aiutarlo ad ottenere la reintegrazione (dipende da progetto a progetto) sempre attraverso la nostra rete nei paese<br />

d'origine.<br />

DOMANDA 3 Esistono, nella sua nazione, delle normative che favoriscono l’integrazione lavorativa dei soggetti<br />

rimpatriati?<br />

Se si, spiegare la normativa.<br />

A. Non c'è niente che favorisce.<br />

C. Non c’è nessuna legge in tal senso perché una persona espulsa nel momento in cui arriva in Romania è libera di<br />

76


fare quello che vuole.<br />

M. Una normativa esiste per tutti quelli che hanno subito una pena, anche in Romania. Una volta scontata la pena<br />

hanno un'offerta di lavoro, che rispetti la loro qualifica professionale; se durante la pena ha seguito corsi di<br />

qualificazione gli viene cercato un posto in lavoro nel campo in cui si è formato. Se ha famiglia con bambini, i<br />

bambini entrano nell'attenzione di un'agenzia speciale che si chiama Agenzia nazionale per la protezione dei<br />

minori, che alle famiglie in difficoltà accorda una tutela speciale per i minori; se i genitori non sono capaci di<br />

sostenerli possono ricevere aiuti sociali, per esempio per il pagamento del riscaldamento, per la situazione di<br />

disoccupazione. Un'osservazione, non si deve fare il paragone tra i programmi e le cifre che esistono in Italia o in<br />

Belgio o in Germania con quelle che esistono in Romania, tutto è in rapporto con lo stipendio medio rumeno (lo<br />

stipendio medio è quasi 200 euro al mese). L'aiuto sociale non può essere più alto per esempio dello stipendio di<br />

un professore universitario. Tutti questi programmi sono a livello governativo, adesso iniziano ad occuparsene<br />

anche delle ONG. Da noi la società civile ha un storia abbastanza recente, adesso si sta cristallizzando, in molti<br />

campi è già molto attiva, in altri campi è in stato di formazione. Cominciano ad esserci delle ONG che iniziano<br />

piccoli programmi e progetti per accordare un'assistenza alle persone che si trovano in difficoltà di vario tipo:<br />

handicap, situazioni famigliari difficili, persone che sono state in carcere. Di principio le cose funzionano come in<br />

Italia, solo che con meno rendimento, a causa della scarsa forma economica del paese, questo è uno dei<br />

principali ostacoli.<br />

Q. Non esistono. Almeno le persone che abbiamo incontrato nuovamente perché sono tornate in Italia dopo un<br />

rimpatrio dicono che gran parte di loro cerca comunque di ritornare in Italia perché al loro paese di origine non<br />

hanno la possibilità di trovare lavoro, non hanno più nessuno avendo lasciato il paese da tanto tempo. Per cui<br />

presumibilmente vengono lasciati al loro destino.<br />

La Romania sta tentando delle politiche più ampie con accordi e investimenti. La stessa cosa è avvenuta in Libia.<br />

Però fanno parte di politiche molto più ampie che non sono legate al destino di chi rientra con decreti di<br />

espulsione. Queste strategie non è detto che poi abbiamo delle ripercussioni pratiche sulle persone espulse<br />

dall’Europa.<br />

Mi viene in mente che il consolato del Perù, ad esempio, investe molto sui cittadini stranieri residenti all'estero,<br />

ovviamente perché ci sono molte rimesse, ma non investe niente sulle persone irregolari, se non agevolazioni<br />

durante i periodi di regolarizzazione con il rilascio dei documenti di identità piuttosto che altro. Cosa che, ad<br />

esempio, il consolato della Romania non fa. Il consolato della Romania considera tutti i cittadini scomodi, nel<br />

senso che il consolato non agevola niente, non solo rispetto ai clandestini, nemmeno per gli altri. Se hai bisogno<br />

di prendere contatti con il consolato, per qualsiasi cosa, ci metti code, il fatto che al telefono non rispondono. Ora<br />

noi siamo a Milano, ma se uno arriva anche solo da qualsiasi altro posto del nord Italia è impossibile. Per cui li<br />

modo con cui la Romania tratta i propri immigrati è inesistente.<br />

R. In Romania sì, hanno molte possibilità anche attraverso il loro governo che ultimamente si sta muovendo anche<br />

perché entrerà nella comunità europea. Abbiamo notato che c'è un miglioramento enorme perché c'è più<br />

disponibilità da parte delle autorità locali, è migliorata la situazione rispetto ai diritti umani in particolare verso i<br />

rom.<br />

DOMANDA 4 Esistono, nella sua nazione, delle normative che ostacolano l’inserimento lavorativo dei soggetti<br />

rimpatriati?<br />

A. No.<br />

B. No.<br />

C. Non c’è nessuna legge in tal senso perché una persona espulsa nel momento in cui arriva in Romania è libera di<br />

fare quello che vuole.<br />

M. Non esistono.<br />

DOMANDA 5 Esistono, nella sua nazione, delle normative che favoriscono od ostacolano l’inserimento lavorativo di<br />

soggetti che hanno ricevuto condanne penali in patria o all’estero?<br />

A. Non so se in Romania è ancora in vigore una legge per cui sulla carta di identità la serie era specifica per persone<br />

che avevano ricevuto condanne. In questo modo al primo controllo di polizia si capiva che quella persona aveva<br />

avuto delle condanne. Essendo un numero molto alto di persone con condanne, secondo me ci si è fatta<br />

l'abitudine, cioè se uno ha voglia di lavorare viene inserito comunque.<br />

La serie era riconoscibile da tutti.<br />

B. No. Il cittadino rumeno ha tutti i diritti di una persona che è stata assolta e che ha scontato la pena.<br />

C. In Romania quando un carcerato esce fuori dal carcere ha il diritto di trovare un posto di lavoro. Le leggi rumene<br />

lo obbligano, quando si presenta in un posto di lavoro, di far vedere i documenti che attestano che è stato in<br />

carcere. Nel caso che non lo fa, già diventa un reato.<br />

M. Una normativa esiste per tutti quelli che hanno subito una pena, anche in Romania. Una volta scontata la pena<br />

hanno un'offerta di lavoro, che rispetti la loro qualifica professionale; se durante la pena ha seguito corsi di<br />

qualificazione gli viene cercato un posto in lavoro nel campo in cui si è formato. Se ha famiglia con bambini, i<br />

bambini entrano nell'attenzione di un'agenzia speciale che si chiama Agenzia nazionale per la protezione dei<br />

minori, che alle famiglie in difficoltà accorda una tutela speciale per i minori; se i genitori non sono capaci di<br />

sostenerli possono ricevere aiuti sociali, per esempio per il pagamento del riscaldamento, per la situazione di<br />

77


disoccupazione. Un'osservazione, non si deve fare il paragone tra i programmi e le cifre che esistono in Italia o in<br />

Belgio o in Germania con quelle che esistono in Romania, tutto è in rapporto con lo stipendio medio rumeno (lo<br />

stipendio medio è quasi 200 euro al mese). L'aiuto sociale non può essere più alto per esempio dello stipendio di<br />

un professore universitario. Tutti questi programmi sono a livello governativo, adesso iniziano ad occuparsene<br />

anche delle ONG. Da noi la società civile ha un storia abbastanza recente, adesso si sta cristallizzando, in molti<br />

campi è già molto attiva, in altri campi è in stato di formazione. Cominciano ad esserci delle ONG che iniziano<br />

piccoli programmi e progetti per accordare un'assistenza alle persone che si trovano in difficoltà di vario tipo:<br />

handicap, situazioni famigliari difficili, persone che sono state in carcere. Di principio le cose funzionano come in<br />

Italia, solo che con meno rendimento, a causa della scarsa forma economica del paese, questo è uno dei<br />

principali ostacoli.<br />

R. Non so. Mi sono trovata per caso ad assistere qualche persone che è uscita dal carcere perché quest'anno<br />

gestisco il programma umanitario. Abbiamo potuto accettare i casi che non hanno avuto espulsione, perché in<br />

pratica tutti quelli che escono dal carcere dovrebbero avere il decreto di espulsione per legge, però succede, per<br />

caso probabilmente, che non vengano accompagnati dal commissariato alla Questura e qualcuno rimane senza<br />

espulsione. Noi abbiamo assistito qualche persona, uno verso la Serbia, uno verso un paese asiatico e uno verso<br />

l’America latina. Per assisterli abbiamo bisogno di un certificato che attesti che hanno scontato la pena e della<br />

certezza che non sia stato espulso.<br />

DOMANDA 6 Nella sua nazione, vengono riportate sui certificati penali, rilasciati a suoi connazionali, le condanne<br />

ricevute all’estero?<br />

A. Per quel che so io ultimamente sì, perché stanno collaborando la giustizia italiana e rumena. Stanno cercando di<br />

fare una rete per facilitare il loro lavoro.<br />

B. Sì. Tipo il foglio del casellario penale. Se l'ha ricevuta all'estero non so se viene scritto.<br />

D. Penso di sì, perché la Polizia inserisce tutto quello che succede.<br />

F. Sì vengono riportate.<br />

G. Le condanne all'estero non vengono riportate.<br />

I. Sul certificato penale italiano viene registrato. Sul certificato penale del paese di origine non so. Bisogna tenere<br />

conto che la maggior parte dei cittadini extra comunitari in carcere hanno degli alias, questo comporta una<br />

difficoltà nell'identificazione. Nel caso il cittadino straniero abbia usato un alias non potrebbe mai avere un<br />

trasporto di informazioni sulla fedina penale del paese di origine. Se il cittadino straniero ha usato il proprio nome<br />

potrebbe esserci questo passaggio di informazioni dalla fedina penale italiana a quella del suo paese, ma è<br />

fantapolitica, nel senso che potrebbe esserci un lavoro da parte dell'Interpool così capillare, e dubito che ciò<br />

accada. A meno che non si tratta di reati che vanno a sfociare nell'internazionale, tipo traffico di armi, traffico di<br />

stupefacenti, terrorismo.<br />

L. Non credo proprio, tant'è vero che per la cittadinanza si richiede il casellario giudiziario del paese di origine. La<br />

banca dati Schengen è una banca dati comune ma per determinati reati: espulsioni, furto d'auto, monete. Non c'è<br />

una replica pari pari della nostra banca dati nei paesi d'origine, ancora si è arrivati a ciò. Soprattutto non sapremo<br />

mai se una persona è pregiudicata nel suo paese d'origine, lo sappiamo se ci fossero segnalazioni dell'Interpool.<br />

C'è un fascicolo nella divisione anticrimine che si chiama “permanendo” che se uno per una volta viene segnalato<br />

per un fatto rimane lì. Certo quando una persona viene espulsa la polizia lo sa, perché la persona arriva<br />

segnalata, scortata, non so che iniziative possono prendere là. So che i cittadini di alcuni paesi temono tantissimo<br />

quello che gli può succedere nel loro paese.<br />

Q. Non vengono riportate. Il certificato del casellario dei carichi pendenti italiano riporta tutti procedimenti aperti in<br />

Italia. Per cui per avere questo genere di informazioni si devono fare altre verifiche, con altre procedure. I<br />

certificati rilasciati dai tribunali ordinari sul nostro territorio verificano solo procedimenti in Italia.<br />

Tutte le comunicazioni riguardanti il cittadino straniero vengono inviate al consolato o all'ambasciata che poi<br />

comunica alle proprie autorità, per cui in linea teorica si potrebbe venire a conoscenza delle condanne ricevute in<br />

un paese terzo. Poi non so quanto funzionino le amministrazioni e come funzionino, comunque nel caso che una<br />

persona ha subito delle condanne oppure che ci sono dei procedimenti penali in corso, gli atti vengono notificati<br />

anche ai consolati.<br />

DOMANDA 7 Per poter essere assunti da un datore di lavoro, si devono presentare le certificazioni dei carichi pendenti<br />

e delle fedine penali? E questo costituisce un pregiudizio per i datori di lavoro?<br />

A. Se è privato no, se è statale sì. Il pregiudizio dipende dalla ragione che ha portato alla condanna, perché ci sono<br />

cose gravi che potrebbero mettere a rischio i colleghi di lavoro allora c'è pregiudizio; in genere non c'è pregiudizio.<br />

B. Il datore di lavoro richiede il certificato. Per quanto riguarda il pregiudizio dipende molto da che tipo di datore di<br />

lavoro è.<br />

C. No, non viene richiesto.<br />

D. Il datore di lavoro chiede il casellario giudiziario, che è valido per 6 mesi. Se sul casellario risulta qualcosa, il<br />

datore di lavoro valuta di che cosa si tratta. Poi dipende da che tipo di lavoro si sta cercando. La situazione è più<br />

incerta, ma non è compromessa.<br />

F. Il datore di lavoro non lo chiede. Lo chiedono solo per fare la patente (te la fanno fare solo se non hai condanne<br />

pesanti).<br />

78


G. Il datore di lavoro lo chiede e ne tiene conto.<br />

M. Dipende dal campo di attività. Se si tratta di un impiego pubblico il casellario giudiziario deve essere pulito. Ci<br />

sono campi dove non lo chiedono sempre, i privati se trovano un buon lavoratore tengono conto di meno della<br />

fedina penale. Certo che esiste (come in Italia) una diffidenza, anche a livello di mentalità, contro quelli che hanno<br />

fatto un reato. Non credo che uno che ha rubato possa essere assunto come contabile in banca. Forse le ONG<br />

dovranno lavorare per attenuare l'ostilità che esiste rispetto a quelli che hanno commesso un reato.<br />

79


COMMETI DOMANDE AREA LEGALE – ROMANIA<br />

Il 1° gennaio 2007 la Romania è entrata nell’Unione Europea, perciò i cittadini rumeni sono comunitari a tutti<br />

gli effetti, in quanto tali sono persone che non hanno limiti rispetto alla libertà di circolare in Europa e perciò<br />

sono inespellibili. Anche un cittadino rumeno, una volta scontata la pena non riceve più il decreto di espulsione<br />

tranne il caso in cui si tratti di persona ritenuta pericolosa per la sicurezza nazionale, in questo caso il<br />

Ministero dell’Interno emana un decreto di espulsione.<br />

Per ciò che concerne la Romania gli accordi collegati a Schengen decadranno in maniera progressiva, ancora<br />

non si conoscono i tempi di tale passaggio.<br />

Normativa d’accordo tra Italia e Romania - Aspetti legislativi relativi alle procedure di rientro assistito<br />

Esistono accordi di riammissione tra Italia e Romania, si tratta di accordi di collaborazione che regolano anche<br />

il rimpatrio di persone emigrate clandestinamente, infatti in base a tali accordi la Romania è tenuta a<br />

riconoscere i suoi cittadini e a riaccoglierli.<br />

Esistono anche accordi di estradizione ed è previsto che il cittadino rumeno detenuto nelle carceri europee<br />

possa finire di scontare la pena in Romania.<br />

Le procedure relative all’espulsione di cittadini rumeni prevedono che:<br />

• L’autorità di frontiera italiana metta un timbro sul passaporto della persona in uscita<br />

• A partire dalla data del timbro decorrono i 10 anni previsti dalla Legge Bossi – Fini di divieto di reingresso<br />

in Italia<br />

• Se un cittadino rumeno con passaporto timbrato cerca nuovamente di passare la frontiera (con quel<br />

passaporto) viene fermato<br />

• In Romania viene messo in atto un procedimento giuridico volto a confermare o eliminare il decreto di<br />

espulsione, perciò c’è la possibilità per la persona espulsa e rientrata in Romania di un annullamento del<br />

provvedimento che la riguarda, in questo caso sarà di nuovo libera di circolare nello spazio Schengen<br />

Viene sottolineato da più parti che la collaborazione tra Italia e Romania è buona e che gli accordi vengono<br />

applicati e funzionano.<br />

Legislazione in materia di lavoro<br />

Le dichiarazioni degli intervistati sono contrastanti. Alcuni sostengono che il Governo rumeno si sta muovendo<br />

nella direzione di favorire l’integrazione lavorativa per i soggetti svantaggiati e lo sta facendo anche per<br />

adeguarsi alla normativa dei paesi europei. In tale direzione c’è chi dichiara che esiste già una normativa che<br />

riguarda tutte le persone che hanno scontato una pena, anche sul territorio rumeno, che prevede un’offerta di<br />

lavoro e un sostegno sociale soprattutto per le persone con famiglia e con difficoltà economiche. Fino a poco<br />

tempo fa tutti questi programmi erano gestiti dal Governo, ma recentemente hanno iniziato ad organizzarsi sul<br />

territorio rumeno delle ONG che si stanno occupando anche della gestione di queste attività.<br />

Altri invece sostengono che non ci sia nessuna normativa che favorisca l’inserimento delle persone<br />

svantaggiate.<br />

Certificati penali e inserimento lavorativo<br />

Una persona intervistata dichiara che in passato le carte di identità delle persone che avevano ricevute<br />

condanne avevano dei numeri di serie speciali, essendo tali numeri di serie conosciuti da tutti, l’individuazione<br />

di chi aveva avuto problemi con la giustizia era immediata. Non si ha riscontro che ancora oggi venga attuata<br />

questa pratica.<br />

Per quanto riguarda la possibilità di inserimento lavorativo i certificati penali pare non costituiscano un<br />

problema, visto che i reati commessi fuori dalla Romania non vengono riportati sul casellario giudiziario<br />

rumeno, tranne quei reati a rilevanza internazionale (ossia il traffico di armi, il traffico di stupefacenti e il<br />

terrorismo).<br />

80


E’ interessante notare che le persone detenute intervistate non hanno saputo rispondere a nessuna della<br />

domande dell'area legale, evidenziando una diffusa mancanza di conoscenza rispetto alla legislazione in<br />

materia di immigrazione, ai rapporti diplomatici esistenti tra Romania ed Italia e alla legislazione rumena in<br />

materia di lavoro. Per quanto riguarda il progetto di rientro onorevole l’assenza di informazioni da parte della<br />

popolazione detenuta necessita di prevedere azioni volte al superamento di tale condizione.<br />

81


DOMANDE AREA ANTROPOLOGICO – CULTURALE<br />

DOMANDA 8 Quali pensa siano le ragioni che hanno spinto suoi connazionali a cercare di emigrare?<br />

A. Ci sono tante categorie. La categoria con il numero di persone più alto è "vado, lavoro un anno - due - tre, torno<br />

in Romania con i soldi fatti ed investo in Romania. La categoria successiva è rappresentata da quelli che vengono<br />

per stabilirsi qua, per lavorare, per crearsi delle condizioni di vita migliore dal punto di vista economico.<br />

Ultimamente sembra che in Romania stiano nascendo delle possibilità altrettanto interessanti. Una categoria, ma<br />

non molto consistente, viene per studiare e poi ci sono quelli che vengono per cercare affari, import – export.<br />

B. Ragioni economiche e sociali. Per le ragioni sociali mi riferisco ai rom che sono un po' emarginati. Non perché non<br />

hanno i diritti, anzi adesso con la nostra entrata nella comunità hanno più diritti che i rumeni, però è stato sempre<br />

così in Romania, non c'è niente da fare. Quindi anche dandogli tutti i diritti possibili, loro sono un gruppo speciale.<br />

L'emarginazione è dovuta al fatto che hanno vissuto sempre al limite dell'integrazione, ai margini delle grandi città,<br />

nei paesi piccoli le loro case erano sempre costruite fuori dal paese, vivevano nella loro comunità, come lavoro<br />

praticavano lavori non qualificati. E' sempre stato così.<br />

C. Ceaucescu ha messo in atto una dittatura bestiale, che ha messo in ginocchio tutto il paese per 45 anni. Nel<br />

dicembre ’89, in due giorni è cambiato tutto. All’improvviso si sono spalancate le porte del paese. All’inizio è uscita<br />

poca gente dal paese. Ma il livello di povertà era elevato, malgrado la disoccupazione non esistesse. L’apertura<br />

delle porte ha cambiato non solo i parametri di vita sociale, ma anche quelli economico – politici. All’improvviso si<br />

è visto che le tecnologie impiegate erano antiquate, che i prodotti industriali non erano competitivi. Così nel giro di<br />

due anni le industrie hanno chiuso le porte e quasi il 30% della popolazione rumena si è trovata per strada.<br />

Persone preparate all’improvviso si sono trovate senza lavoro, senza la possibilità di portare il pane a casa.<br />

L’agricoltura era in mano agli anziani, perché i giovani preferivano il lavoro in fabbrica. Fino alla firma da parte<br />

della Romania dell’accordo Schengen, i rumeni per uscire dal paese dovevano fare file di settimane davanti al<br />

Consolato per ricevere il visto sul passaporto. Nel 2001 eravamo presenti in Italia quasi 80.000 rumeni. Dopo<br />

l’accordo Schengen per uscire dal paese era sufficiente il passaporto e si poteva andare dove si voleva in base<br />

alle condizioni Schengen (90 giorni, non di più). Quelli che sono usciti non sono mai ritornati indietro.<br />

D. Questo è un discorso molto ampio, dipende dall’economia, dalla vita che non è così facile, dalla difficoltà di<br />

trovare un posto di lavoro. Allora la persona cerca questa via di mezzo, di andare all’estero, di provare, perché<br />

vengono e provano; ci sono persone che non sia abituano e allora vanno via. Non si abituano alle condizioni, alle<br />

abitudini, al clima. Soprattutto per i più giovani c’è anche il fatto di aver voglia di cambiare, di vedere un altro<br />

mondo, la curiosità di vedere altre nazioni (come si lavora, come si guadagna e come si sta in un altro paese), di<br />

verificare se riescono ad integrarsi in un altro luogo e di vedere se riescono a fare qualcosa di più per loro.<br />

Quando decidono di partire cercano di andare da qualcuno che conoscono, perché da soli è più difficile. Vanno da<br />

qualche amico, conoscente, che li ospita per qualche tempo.<br />

E. Per lavorare, ma andando avanti e indietro perché in Romania ho la mia famiglia.<br />

F. In Romania il lavoro c'è, ma si guadagna poco e con quello che guadagni non riesci a fare niente<br />

G. In Romania non ci sono soldi. C'è lavoro, ma non per tutti. Per avere un posto buono bisogna avere il diploma<br />

oppure avere conoscenze. Altrimenti il lavoro è a singhiozzo, qualche giorno lavori e qualche altro non lavori.<br />

I. Per quanto riguarda i rumeni la ragione è legata alla possibilità o al sogno di poter cambiare vita, di avere un<br />

salario ben più alto di quello che si può ricevere con qualsiasi lavoro in Romania. So che anche un lavoratore<br />

regolare in Romania ha un salario veramente basso, quindi la chimera del guadagnare parecchi soldi porta alla<br />

migrazione.<br />

J. Le ragioni sono varie, la prima è sempre l'urgenza di miglioramento economico e della propria vita. Inoltre<br />

soprattutto da queste regioni funziona il tam tam del gruppo che è già venuto qua. Non credo che siano percorsi di<br />

emigrazioni strutturati con delle mete chiare di inserimento lavorativo, soprattutto per i giovani rumeni, che sono<br />

gli ultimi che sono arrivati. Vengono via da una situazione (la mia esperienza è soprattutto in Albania, dove ho<br />

lavorato 2 anni) per migliorare la propria condizione economica, ma anche per venire fuori da una situazione di<br />

vita, di relazioni sociali e di prospettive, disastrosa.<br />

M. In Italia ci sono due tipi di emigrazione rumena. La prima era l'emigrazione storica, rappresentata da quelli venuti<br />

in Italia prima della caduta del comunismo, che scappavano per motivi politici sia di libertà personale e contro le<br />

costrizioni del sistema. Questa emigrazione è formata soprattutto da intellettuali, professori, medici, artisti, ce ne<br />

sono un sacco a Milano e in Lombardia (direttori di ospedali, medici). Dopo il 2000 il motivo è stato di tipo<br />

economico, facilitato dal fatto che c'è una vicinanza linguistica, infatti un rumeno fin dall'inizio riesce a parlare un<br />

po' di italiano, nel giro di 2 o 3 settimane non ha più problemi di capire e farsi capire, in 6 mesi i membri di una<br />

famiglia rumena che si trova in Italia parlano tra di loro in italiano. Hanno questo desiderio di integrazione(che è<br />

negativo da un punto di vista culturale rumeno, però positivo per loro), per cui diventano veramente italiani. Non<br />

hanno problemi di lingua, anche culturalmente non ci sono grandi differenze. La stessa cosa accade agli italiani in<br />

Romania, pochi lo sanno ma una delle prime migrazioni italiane fu verso la Romania, e anche attualmente<br />

82


formano un gruppo etnico perfettamente inserito, con il diritto di aver un rappresentante nel Parlamento rumeno<br />

indipendentemente dal numero dei voti. Ci sono più di 65.000 italiani in Romania, ci sono più di 20.000 piccole e<br />

medie imprese italiane in Romania, dunque è un flusso da entrambe le parti e non in un solo senso. Il principale<br />

motivo dell’emigrazione rumena è economico, ed in Italia c'è bisogno di manodopera, anche qualificata. Seppur<br />

dal punto di vista della struttura culturale e sociale abbiamo un handicap generato da 50 anni di dittatura, dal<br />

punto di vista professionale e scientifico siamo ben preparati in alcuni campi (soprattutto nei campi scientifici:<br />

matematica, fisica, informatica). Gli emigrati rumeni hanno trovato in Italia accoglienza ed ospitalità, e questo è<br />

merito del popolo italiano che è il meno razzista del mondo. C'è sempre stato un legame speciale, particolare, tra<br />

Italia e Romania. I rumeni hanno un'apertura speciale per gli italiani e viceversa. I rumeni in Italia sono occupati<br />

maggiormente nell'edilizia, tanto che il sindaco di Torino diceva che non avrebbe potuto fare le olimpiadi invernali<br />

senza i romeni; agricoltura, soprattutto sui vigneti perché anche noi abbiamo questa tradizioni; sono occupati<br />

come badanti, che è un fenomeno strano perché fanno da badanti ex maestre e professoresse con un livello<br />

culturale altissimo; come medici e assistenti infermieri, dove abbiamo una tradizione e una preparazione di prima<br />

qualità; e ultimamente ci sono molti giovani informativi, perché abbiamo una scuola di qualità. Gli imprenditori<br />

italiani cercano i rumeni anche in Italia perché i rumeni vogliono lavorare il sabato e la domenica, le assistenti<br />

infermiere voglio fare i turni di notte, per guadagnare un po' di più e mandano i soldi a casa. In questo modo si<br />

comprano la casa, un pezzo di terra.<br />

Q. Per il gruppo dei rumeni senz'altro la povertà. Per i rom rumeni oltre alla povertà c'è anche un grosso pregiudizio<br />

da parte della Romania nei loro confronti, però questo se lo ritrovano in tutti i paesi. Per gli altri c'è una discorso di<br />

povertà e un tentativo di migliorare la propria situazione rispetto ad un paese che è sfasciato (anche per le<br />

ragazze che accettano di emigrare non sapendo, o avendo informazioni vaghe, rispetto a quello che vengono a<br />

fare). Sfasciato dal punto di vista politico, sociale, economico. Un paese che si deve tirare fuori da una situazione<br />

di grossa povertà e da una situazione politica che è stata per tanti anni bloccata, con tutto quello che ciò significa<br />

rispetto al discorso di formazione di una coscienza civica. Sono molte le componenti di cui bisogna tenere conto:<br />

è un paese arretrato rispetto all'occidente. La gente emigra per un discorso di povertà ma anche per un discorso<br />

di opportunità. L'economia è prettamente di sussistenza. Per dire, i giovani frequentano l'università e l’Europa li<br />

attrae.<br />

Il gruppo rom presenta problematiche maggiori rispetto agli altri, con problematiche più forti rispetto ai percorsi di<br />

integrazione; anche se in Romania erano inseriti in abitazioni e avevano percorsi scolastici, ciò non toglie che<br />

sono stati soggetti a politiche e comportamenti discriminatori, per cui anche in Romania erano emarginati e<br />

ghettizzati. Un arrivo in Italia rimane con queste caratteristiche, si portano dietro questo vissuto e anche<br />

concretamente lo agiscono. Poi dipende dai gruppi rom di appartenenza, perché alcuni gruppi hanno delle<br />

modalità integrative in termini positivi, per cui si possono considerare come qualsiasi altro cittadino straniero.<br />

Dipende dalla storia che ciascun gruppo ha vissuto.<br />

R. La povertà. Ci sono anche stati casi di diritti umani violati, ma la maggior parte emigra per ragioni economiche.<br />

DOMANDA 9 In quali aree della sua nazione sono concentrate sacche di povertà?<br />

A. La parte dell'est Romania - vicino alla Moldavia, lì il livello di vita è molto basso e c'è una cultura della migrazione.<br />

Solo per dire, in Italia in strada le prostitute sono in maggioranza provenienti da quella regione. Questa è la zona<br />

più povera del paese.<br />

B. Intorno alle grandi città. Le regioni di pianura vicino a Craiova, dove è concentrata anche una grande popolazione<br />

rom. Nelle zone poco industrializzate, tipo verso l'est al confine con la repubblica Moldavia.<br />

C. La campagna. Moldavia, Dobrogia.<br />

D. La regione Moldavia, è stata sempre un po’ povera, c’era solo l’agricoltura, le industrie non erano sviluppate.<br />

E. Nella regione di Valsea.<br />

G. Ci sono, ma non so quali sono.<br />

M. La Moldavia è l'area meno sviluppata e più povera, la zona est della Moldavia è la più povera e credo che la metà<br />

delle persone emigrate da lì vengono a fare i documenti al consolato generale di Milano. E' chiaro che se uno si<br />

stabilisce in un luogo comincia a formare una isola di quella zona, per esempio persone del nord della Romania (il<br />

nord della Transilvania) si sono stabiliti in qualche migliaia a Lodi, persone della zona del centro della Moldavia<br />

sono più di 200.000 in Piemonte, vengono dove sono venuti i primi e si raggruppano. Esistono in Romania zone<br />

meno sviluppate e quelle danno la maggior parte dell'emigrazione.<br />

Q. In Romania tutta la campagna, che è la stragrande maggioranza del paese, è in condizione di povertà. Le città<br />

presentano il fenomeno di molte metropoli, cioè di attrarre persone. Poi probabilmente ci sono anche delle regioni<br />

specifiche particolarmente povere, ma non sono in grado di indicarle. Anche a seconda dell'etnia di appartenenza<br />

sono più o meno facilitati, se uno appartiene al gruppo ungherese, rispetto al gruppo rumeno rispetto al gruppo<br />

rom ha più o meno privilegi, condizioni diverse, opportunità diverse.<br />

DOMANDA 10 E da quali aree della sua nazione, a suo giudizio, partono gli emigrati?<br />

A. La migrazione viene da qualsiasi parte.<br />

B. Vengono da Craiova la popolazione rom, si tratta di una zona di pianura dove l'agricoltura non ha grande<br />

successo adesso, perché nessuno investe nelle piccole aziende. Molti rumeni arrivano dal Maranuesh, una zona<br />

al centro nord.<br />

83


D. Dopo la rivoluzione dell’’89 i primi ad andare via sono state le persone della regione Moldavia e sono andati via in<br />

tanti. Adesso arrivano da tutta la Romania.<br />

E. Da tutta la nazione.<br />

F. Da tutta la nazione.<br />

G. Da tutta la nazione.<br />

I. Per quanto riguarda i rumeni arrivano da tutti i territorio delle nazioni.<br />

J. Proviene da luoghi specifici, non è generalizzata. Non ho informazioni precise sulle aree di provenienza.<br />

M. Quasi dappertutto, con qualche eccezione, per esempio dalla zona di Timisoara non esistono emigrati romeni<br />

perché gli italiani sono venuti lì. Nella zona di Timisoara si parla più veneto che rumeno, la Confindustria del<br />

triveneto ha fatto una delle sue riunioni annuali lì. Lì non esiste disoccupazione. Nella zona di Bucarest lo stesso.<br />

Forse da lì arriva qualche giovane informatico.<br />

R. Se iniziano a venire partendo da un'area della Romania e si stabiliscono in un'area geografica dell’Italia, poi fanno<br />

venire anche altri da quell'area. Perciò probabilmente dipende dai primi che sono partiti perché poi quelli<br />

richiamano gli altri. In questo modo abbiamo individuato non solo l'area da cui provengono, ma anche l'area di<br />

destinazione in Italia. Per questa ragione per gestire i rimpatri abbiamo organizzato dei ponti tra i comuni da dove<br />

provengono e quelli in cui sono emigrati.<br />

DOMANDA 11 Dal suo punto di vista, nel progetto migratorio i suoi concittadini prevedono di ritornare in patria dopo<br />

alcuni anni, con i guadagni accumulati, e costruirsi una nuova attività, o desiderano solo andarsene?<br />

A. La maggioranza pensa di tornare in Romania con i soldi accumulati e di investirli nell'acquisto dell'appartamento e<br />

dell'automobile. L'acquisto dell'appartamento è importante. Quando tornano poi si fermano in Romania.<br />

B. Il progetto migratorio è quello di lavorare per qualche anno, sacrificandosi e tornare in Romania per lavorare e<br />

costruire qualcosa, tipo acquistare la casa e la terra.<br />

C. Quelli che vogliono stare in Italia si capisce subito perché chiedono la cittadinanza italiana, si stima che siano<br />

intorno a 500 persone quelle che hanno già la cittadinanza. Molti chiedono il domicilio in Italia, ma non la<br />

cittadinanza. Il resto lavorano qui per mandare in Romania soldi per costruirsi una casa o per iniziare qualche<br />

affare, questi sono la maggior parte. Ogni anno entrano in Romania quasi 35.000.000 di euro di rimesse. La<br />

pensione è un problema gravissimo, perché non ci sono accordi di reciprocità per il congiungimento della<br />

pensione italiana con quella rumena.<br />

D. Parlando di me sono qui per creare un futuro ai miei figli, che sono qui con me. Credo che se i giovani si sposano<br />

e si fanno un vita, sono disposti a rimanere qua. Io no, quando sarà, voglio tornare. La cittadinanza sarà bella, ma<br />

io non mi sento di prenderla, perché non lascerei la mia cittadinanza mai. Mi piace tanto qua, ma voglio tornare.<br />

E. Lavorare in Europa, ma fare avanti e indietro.<br />

F. Vogliono fermarsi in Europa.<br />

G. Qualcuno vuole fermarsi e qualcun altro non vuole. Torna in Romania chi ha guadagnato i soldi, è un problema<br />

tornare a casa senza soldi.<br />

I. La cittadina rumena di solito viene in Italia per lavorare e racimolare un gruzzolo con la prospettiva di tornare al<br />

suo paese comprandosi una casa e vivendo diversamente da come aveva vissuto nel passato, cioè togliersi dal<br />

regime di povertà in cui aveva vissuto. L'uomo rumeno dai 25 anni in su viene in Italia per trovare lavoro, i più<br />

giovani spesso cadono nella rete della delinquenza. Come tipologia di reato quello tipico è il ladro di<br />

appartamento. Comunque l'uomo rumeno vuole abbandonare il suo paese perché non gli ha dato molto e quindi<br />

preferisce cercare di mettere radici in Europa.<br />

J. All'inizio del percorso migratorio c'è l'idea di tornare, poi dipende da come va l'inserimento, se questo c'è pensano<br />

di rimanere (ma a volte anche se non c'è si continua a tentare di restare qua), molti immigrati hanno comprato<br />

casa qua. Quando si parte la spinta del processo migratorio non è quella di pensare di andare a vivere all'estero<br />

per tutta la vita.<br />

M. Il 95% partono con l'intenzione di tornare, poi di questi, una volta che hanno portato la moglie e i bambini, rimane<br />

un 20% che vuole tornare. La maggior parte all'inizio parte con l'intenzione di tornare, di farsi una casa, comprarsi<br />

un pezzo di terra in Romania.<br />

Q. Per la Romania non saprei, i rom vanno e vengono, continuano ad andare e venire, le famiglie sono famiglie<br />

allargate. Alcuni gruppi rom fanno una scelta di pendolarismo, questo è evidente per il fatto che non tengono<br />

bambini, appena il bambino è svezzato lo riportano in Romania, e arrivano tutti da uno stesso villaggio. Il che<br />

significa che il loro interesse è lavorare per garantirsi la sussistenza (lavorando o facendo l'elemosina) e che<br />

ritengono di avere più possibilità in Europa che non in Romania. Non hanno un progetto di rimanere o rientrare.<br />

Quello che dicono è che se là si stesse meglio magari torneremmo.<br />

R. Una persona che lascia il suo paese comunque nella testa ha l'idea di tornare un giorno. E' un suo sogno, poi non<br />

si sa mai se si realizza o no, ma questo c'è. Io pure ho questo sogno e penso che un giorno rientrerò, anche se<br />

vivo da 18 anni in Italia, sono integrata bene, mi trovo bene. Sicuramente questi saranno sempre i miei due paesi,<br />

Italia e Bosnia. Però io sento dentro di me che dovrei ritornare di nuovo nel mio paese. Certo c'è anche paura,<br />

non è facile affrontarla. Secondo me ogni persona che lascia il suo paese ha sempre l'idea di rientrare un giorno.<br />

DOMANDA 12 Di fronte ad un rientro forzato, con decreto di espulsione dall’Italia, ritiene che ci sia un’accoglienza<br />

favorevole da parte dei famigliari del rimpatriato?<br />

84


A. In genere i rimpatriati sono persone che hanno ignorato la legge sul permesso di soggiorno per turismo, che non è<br />

un reato grave, per la moralità non è considerata una cosa grave. Di conseguenza vengono accolti bene perché<br />

alla fine sono considerate delle vittime. Vengono considerati sfortunati, perché quando vengono portati al CPT e<br />

poi espulsi, tutti i beni che avevano in Italia vengono persi perché nessuno ha la possibilità di recuperali e portali a<br />

casa. Perciò hanno lavorato qua senza riuscire a portare niente a casa, è proprio un fallimento.<br />

B. Dipende molto dalla famiglia. Per i rom quando tornano si rivolgono alla loro comunità e ovviamente vengono<br />

accettati perché lì la delinquenza è vista bene, non c'è pregiudizio. Se capita ad una persona (non rom) di essere<br />

condannato e poi mandato in Romania, viene accolto dalla famiglia come una persona uscita dal carcere, non<br />

importa che viene dall'Italia. Ho conosciuto persone che non erano regolari qui e che sono stati mandati per forza<br />

in Romania, di solito provano a rientrare in Italia. Persone che hanno scontato una pena e che sono stati mandati<br />

in Romania non ne ho conosciute.<br />

C. Sono contenti di rivederlo, e immagino che il problema che si pongono sia la questione del lavoro, che non ha più.<br />

D. Penso bene. Conosco due casi, due ragazzi, le famiglie non li hanno accolti male, hanno capito quello che è<br />

successo e gli hanno consigliato di rimanere a casa perché la legge dice che non si può emigrare in Europa per 5<br />

anni dopo un rimpatrio forzato.<br />

E. Sono tristi.<br />

F. Rimangono delusi perché torni senza soldi e senza niente.<br />

G. Per venire in Italia si ha avuto un prestito, se torno senza niente come faccio a ripagare il prestito? Diventa un<br />

problema per tutta la famiglia. Qualcuno è arrivato a dover vendere la casa.<br />

Io parteciperei ad un progetto di rientro onorevole se mi viene offerto un lavoro pagato bene e sicuro, sono in Italia<br />

lontano dalla mia famiglia solo per lavorare.<br />

I. Credo che venga occultato quello che hanno fatto in Italia, soprattutto se hanno fatto qualcosa di poco chiaro. In<br />

Romania rispetto alle donne so che non è visto bene il fatto che si siano prostituite in Italia. Nei colloqui che<br />

abbiamo con gli ospiti le donne rumene raccontano che i loro genitori tendono a far finta di non sapere quello che<br />

la propria figlia fa in Italia, e quando torna l'accoglienza non è così dura o crudele come la ragazza stessa<br />

potrebbe immaginare. La ragazza di solito ha paura di non essere bene accolta immaginando che i genitori<br />

sappiano che lei si è prostituita in Italia, in realtà i genitori fanno più una sceneggiata e la cosa finisce lì.<br />

Problemi di essere accolti male riguardano solo quelle persone che sanno di avere delle pendenze con la<br />

giustizia, ma ciò non riguarda né la famiglia né gli amici né la comunità di appartenenza. Non ho mai visto atti di<br />

autolesionismo per la paura di rientrare a casa, in famiglia; li ho visti per la paura di dover scontare pene nel<br />

proprio paese d’origine.<br />

M. La famiglia lo accoglie con un po' di dispiacere perché non è riuscito, ma sono felici che sia tornato a casa.<br />

Q. Male. Credo che tranne per il ragazzino che scappa, per gli altri senz'altro male. Perché in tutte le situazioni la<br />

famiglia investe, a livello economico, affettivo, emotivo. Pensando alle catene migratorie l'investimento significa<br />

che c'è una futuro per gli altri. Il rimpatrio forzato in cui uno torna con il vestito che ha indosso è sempre<br />

traumatico.<br />

R. Questo dipende da come rientrano, in quali condizioni. Se ritorna una persona che qua è riuscita a guadagnare<br />

qualcosa ed inoltre è inserito nel nostro programma per la reintegrazione, questa persona è benvenuta. Dipende<br />

anche dai rapporti che ha avuto con i famigliari durante il periodo migratorio. Certo se una persona ha avuto delle<br />

difficoltà grosse qua e poi rientra e continua ad essere una problema lì, non è benvenuto. Nel nostro programma<br />

umanitario aiutiamo nel rientro le persone malate e spesso i famigliari non li vogliono lì, perché non sanno che<br />

fare con loro.<br />

DOMANDA 13 Di fronte ad un rientro forzato, ritiene che ci sia una qualche forma di accoglienza da parte della cerchia<br />

parentale o dai precedenti amici del rimpatriato?<br />

C. Di solito nessuno dice nulla.<br />

E. Mi hanno preso, che posso fare, mi hanno preso e devo tornare piuttosto che stare in carcere.<br />

F. Loro non capiscono perché sei tornato indietro.<br />

G. Gli dispiace, ma non gli interessa molto. Chi viene espulso prova a tornare, perché se rimane in Romania non ha<br />

niente da fare.<br />

M. Difficile dire, non l'ho mai vissuto personalmente. Secondo me portano con loro la croce di quello che non è<br />

riuscito, ma non è una croce molto pesante perché è almeno uno di quelli che ci ha provato, che già dà una<br />

fierezza in più. Secondo me questo non è un problema dal punto di vista sociologico.<br />

Q. In realtà le persone che provengono dalla Romania raccontano il rimpatrio ridendo, il concetto è vado e vengo, lo<br />

mettono in conto perché i rimpatri in Romania sono tantissimi per cui vanno e vengono. Per esempio chi usa il<br />

passaporto sa che deve rifarlo a causa del timbro. Però la Romania è vicina all'Italia, per cui l'investimento è più<br />

basso.<br />

R. Dipende da persona a persona. Non credo che la cerchia amicale faccia lo stesso ragionamento dei parenti,<br />

dipende cosa gli chiede uno quando rientra, se gli richiede qualcosa. Conosco bene la realtà balcanica per quanto<br />

riguarda il ritorno dove c'è stata la guerra. Lì ci sono stati problemi per le persone che ritornavano dopo essere<br />

scappate dalla guerra, persone che non aveva vissuto tutto quello che avevano vissuto quelli che erano rimasti. E<br />

in più tornavano assistito e tornavano magari anche con qualche soldo risparmiato, questo ha creato problemi.<br />

85


Così abbiamo realizzato dei progetti per i locali, per poi aiutare l'inserimento di chi rientrava, perché altrimenti chi<br />

era rimasto si sentiva discriminato nei confronti delle persone che rientravano. Abbiamo organizzato corsi di<br />

formazione di vario tipo, in agricoltura, per gli imprenditori, di microcredito, ai corsi partecipavano sia i residenti<br />

che quelli che rientravano. E durante la formazione si creava un rapporto che facilitava poi la reintegrazione e il<br />

reinserimento delle persone. Quelli che rientravano nei primi mesi del rientro erano aiutati grazie ad un piccolo<br />

aiuto economico previsto dal nostro programma (200 euro a persona). Inoltre gli forniamo un programma di<br />

reintegrazione, che ammonta a 1450 euro per nucleo famigliare, utilizzabili per cose ritenute necessarie, per<br />

esempio l'affitto di una casa, mettere a posto l'appartamento oppure per creare una piccola attività. Vengono<br />

anche aiutati nelle pratiche per l’ottenimento della pensione se sono anziani o dell'assistenza sociale in loco. Io<br />

sono bosniaca e conosco la realtà di quando si rientra per breve tempo: c'è molta aspettativa da parte di parenti e<br />

amici, perché pensano che chi vive all'estero ha soldi ed è benestante e torna con i soldi. Questa idea c'è.<br />

DOMANDA 14 La comunità di origine come accoglie un suo concittadino espulso da un’altra nazione?<br />

C. Di solito nessuno dice nulla.<br />

F. Si comportano male, parlano dicendo che non hai concluso niente<br />

J. Rispetto al rientro assistito abbiamo partecipato ad alcuni tavoli di discussione sulla tematica per trasferire<br />

l'esperienza dei servizi di assistenza italiani all’estero, in Romania per esempio. Lo scopo era di creare una rete<br />

che potesse garantire un effettivo rientro. E parliamo di minori. Sappiamo che i problemi sono molti, che spesso i<br />

programmi non sono appropriati rispetto all'inserimento. Bisogna lavorare molto nel paese, perché senza una<br />

preparazione di rete forte nel paese questi rientri cadono, durano poco. E se falliscono inevitabilmente ci sarà un<br />

nuovo tentativo migratorio. Non si può fare un programma di rientro assistito di un ragazzo albanese dandogli un<br />

tot numero di capre perché ritorni nello shatti a fare il pastore, da dove è scappato. Ma bisogna 1) che chi crea un<br />

progetto qui vada in uno shatti albanese in montagna e capisca che cos'è e se vale la pena di impostare un<br />

rientro così. Il punto debole è che difficilmente si riesce a creare un legame opportuno, cioè efficace nel paese in<br />

cui la persona deve tornare. Rispetto ai minori si stanno muovendo parecchie cose, certo dal punto di vista degli<br />

adulti è tutta un'altra visione.<br />

M. Non lo giudica male, giudicano male uno che ha fatto un reato, se lo compie in Romania o in Italia è la stessa<br />

cosa.<br />

DOMANDA 15 Le è capitato di leggere sui quotidiani o di vedere alla televisione, nella sua nazione, situazioni in cui<br />

venivano discriminati o, all’opposto, favorevolmente accettati degli ex-detenuti o dei rimpatriati per il<br />

fallimento di un progetto migratorio?<br />

A. Per gli ex detenuti le cose dipendono dai motivi delle condanne, nel senso che in Romania sono visti<br />

favorevolmente quelli che clonano le carte di credito, vengono considerati dei furbi, sfortunati ad aver preso una<br />

condanna, però accolti bene. Invece per traffico di droga, prostituzione, rapine a mano armata vengono trattati<br />

male.<br />

Le situazioni sono diverse, c'è da dire che la polizia è molto corrotta in Romania, di conseguenza la delinquenza<br />

diventa meno pesante, cioè è pesante dal punto di vista del cittadino che deve difendersi, ma c'è un numero molto<br />

alto di delinquenti. Durante il comunismo eravamo tutti delinquenti (cioè tutti rubavamo allo Stato, chi il pane<br />

perché lavorava al forno). Questa è la mentalità del popolo. A meno che non di tratta di qualcosa di molto grave,<br />

vengono trattati normalmente, non vengono né favoriti né discriminati.<br />

B. Non se ne parla.<br />

D. No.<br />

E. Non c'è discriminazione, ma neanche nessuno che ti aiuta.<br />

F. Se ne parla e si dice che sono stati costretti a delinquere perché non hanno trovato lavoro e avevano bisogno di<br />

soldi. Per loro non si fa niente. Le persone cercano di tornare in Italia perché in un giorno in Romania si guadagna<br />

1 e in Italia si guadagna 10.<br />

G. Sì, dicono che non vogliono i rumeni in Europa, mentre per la Romania è vantaggioso avere immigrati per le<br />

rimesse.<br />

J. Non credo che se ne parli. L'attenzione è sulla migrazione positiva, sui successi. Tutti i paesi hanno ministeri per i<br />

loro immigrati all'esterno, anche le associazioni migranti che sono qui si stanno sempre più muovendo su discorsi<br />

positivi, della possibilità di investire nel paese d’origine l'esperienza acquisita qui o le risorse economiche.<br />

Sarebbe interessante sondare all'interno delle comunità di emigrati, che si stanno sempre più raggruppando.<br />

Sarebbe interessante in queste sedi di incontro sottoporre a loro la questione di cosa ne pensano dei fratelli più<br />

sfortunati.<br />

M. I giornali ne parlano, per esempio c'è un quotidiano che pubblica una pagina settimanale con le lettere, i pensieri<br />

e fatti di vita di quelli che sono rimasti definitivamente all'estero (l'emigrazione rumena è forte non solo in Italia, ma<br />

anche in Spagna, in Canada, negli Stati Uniti), lo fanno per illustrare questo fenomeno e per far vedere sia i lati<br />

positivi sia i fenomeni negativi. Soprattutto da 2 o 3 anni c'è una preoccupazione sia a livello governativo che dei<br />

mass media, della società rumena. In Romania c'è già la carenza di mano d'opera in alcuni campi perché sono<br />

tutti all'estero, dunque c'è già una preoccupazione.<br />

R. Non lo so. I programmi che ho gestito io erano verso i Balcani e in questi casi ho notato che i mass media ne<br />

parlano perché il ritorno nei paesi dove c'è stata la guerra era importante. Inoltre tutti i nostri progetti di<br />

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eintegrazione sono stati portati sui media. I mass media hanno parlato bene dei nostri progetti apprezzando la<br />

formazione e la reintegrazione.<br />

DOMANDA 16 Le è mai capitato di conoscere tra i suoi vicini di casa, nella sua nazione di origine, degli ex-detenuti o dei<br />

rimpatriati? Come vivevano?<br />

A. No.<br />

B. Non ho mai avuto conoscenze dirette.<br />

D. Dei due casi che conosco, appartengono a famiglie normali, ma fanno fatica a trovare lavoro. In casa non hanno<br />

problemi, ma hanno problemi col lavoro. E poi c’è molto sfruttamento, perché sono giovani e vengono sfruttati,<br />

non gli fanno un contratto di lavoro, prima di essere assunti devono lavorare in nero con un salario basso. Nella<br />

mia regione ci sono molti imprenditori italiani e anche loro si sono comportati molto male con i lavoratori. Hanno<br />

fabbriche di scarpe e confezioni e sfruttano i lavoratori. Adesso la gente si è un po’ resa conto e comincia a non<br />

andare più a lavorare lì e a non vedere più bene questi imprenditori. Vengono a fare i padroni, mentre la gente ha<br />

bisogno di essere trattata con dignità e di venire trattata come gente normale, in maniera umana.<br />

E. No.<br />

F. No.<br />

G. Era dispiaciuto perché non aveva soldi né lavoro e non poteva mantenere la famiglia.<br />

I. Secondo me bisogna scindere in due l’ambito, quelli che sono riusciti in Italia a fare le formiche (che hanno<br />

racimolato del denaro) e quindi nel loro paese hanno una prospettiva di vita dignitosa; e quelli che hanno fatto le<br />

cicale e che si trovano ad avere lo stesso identico problema di quando sono venuti in Italia. Molti, moltissimi, di<br />

quelli che sono venuti a vivere in Europa, una volta che tornano, rimpiangono il modo di vivere europeo, anche gli<br />

stessi mussulmani.<br />

M. Molti li ho conosciuti qui in Italia per il mio lavoro. In Romania personalmente non ne ho conosciuti, però ho avuto<br />

alcuni riferimenti da parte di altre persone: qualcuno ha riconsiderato l'esperienza migratoria, perché tanti hanno<br />

fatto reati senza sapere e senza volere, spesso hanno avuto condanne che non hanno capito bene, spesso hanno<br />

avuto avvocati d'ufficio che non gli hanno accordato una buona assistenza. Quando rientrano hanno intenzione di<br />

far qualcosa in Romania perché dicono "ho fatto questa esperienza che non è per me, voglio mettere sull'avviso<br />

gli altri". Ci sono altri che aspettano che trascorra il tempo del divieto di entrare nello spazio Schengen per<br />

tornare. Dipende, anche i rumeni sono come tutti gli altri: c'è di tutto.<br />

DOMANDA 17 Se il soggetto rimpatriato ha commesso all’estero un reato contro la persona o contro il patrimonio ed ha<br />

subito una pena, come lo accoglie la sua comunità?<br />

C. Per questo è uguale in tutto il mondo. Comunque la famiglia lo capisce che è successo qualcosa, perché la<br />

persona detenuta improvvisamente sparisce, non si fa sentire, non manda i soldi ect.<br />

D. Dipende da quello che ha fatto, se ha rubato non è una cosa grossa, se ha fatto un crimine (omicidio) allora la<br />

famiglia non lo accoglierà facilmente.<br />

F. Pensano che è meglio che sia tornato a casa, piuttosto che rimanere fuori da solo. Un conto è se all'estero hai un<br />

lavoro e una casa, se non hai niente i genitori preferiscono che rientri.<br />

G. Non ne ho mai incontrati, in Romania non ci si interessa di quello che fanno le persone.<br />

I. Non è detto che la famiglia e la comunità siano a conoscenza di quello che ha fatto in Italia. Quindi è una<br />

questione di relazioni interpersonali. Comunque non è vanto per nessuno aver compromesso la propria e l'altrui<br />

onestà, quindi sicuramente lo nascondono e la cosa passa in sordina.<br />

J. Dipende dal crimine, una cosa è un omicidio, una cosa è una rapina, una cosa è una truffa.<br />

Q. Delle persone che abbiamo conosciuto sappiano che non dicono alla famiglia che hanno subito delle condanne.<br />

Lo tengono nascosto tranne che per le lunghe detenzioni, soprattutto chi doveva provvedere alla famiglia.<br />

DOMANDA 18 A quali condizioni di comportamento si attiva la possibilità di ricevere un aiuto dalla propria comunità e di<br />

essere valutati positivamente?<br />

A. Come popolo è abbastanza accogliente e si aiutano reciprocamente, se in un paesino c'è una famiglia povera tutti<br />

gli altri la sostengono.<br />

B. Il fatto di aver scontato una pena all'estero, perché quando fai due anni di carcere in Romania non è uguale come<br />

fare due anni di carcere in Italia, ha un valore in più, e quindi diventa una cosa importante. Per il resto dipende<br />

dalla famiglia e dalla comunità dove rientra questa persona, se è una famiglia normale è visto come uno che è<br />

tornato a casa. E' importante che ci sia un riferimento famigliare.<br />

C. In Romania c’è una corsa bestiale a guadagnare in qualsiasi modo. Il carattere comune dei rumeni era l’unione,<br />

l’accoglienza e la laboriosità. Ora un po’ si è perso il carattere dell’unione, dell’aiuto reciproco, perché il sistema<br />

dittatoriale ha provocato una grande paura generalizzata, si aveva paura anche del proprio vicino. Adesso è<br />

iniziata la corsa al guadagno perché la sensazione è di aver perso 45 anni della propria vita nella povertà.<br />

D. Apprezziamo l’onesta e la capacità di dice le cose come stanno e di dimostrare quello che si è, apprezziamo le<br />

persone limpide e che non nascondono. Dire la verità è sempre vincente. Essere una persona credibile grazie al<br />

proprio modo di lavorare, al proprio modo di essere, per come si comporta a casa nella sua famiglia.<br />

E. Nel mio paese non c'è nessuno che ti aiuti perché sono tutti nella stessa condizione. Il lavoro è irregolare per tutti.<br />

F. Stare in famiglia, avere un lavoro, non fare casino (cioè non rubare).<br />

G. Essere disponibili e gentili, dare confidenza agli altri.<br />

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M. Una delle poche cose buone che abbiamo ereditato dalla dittatura è stata un certo tipo di solidarietà, perché<br />

essendo tutti incastrati la solidarietà diventava uno dei pochi ami che avevamo. Questo sta gradualmente<br />

diminuendo perché la libertà e la democrazia hanno portato con sé anche eccessi, c'è chi non ha capito bene la<br />

democrazia perché la intende come la possibilità di fare tutto quello che si vuole. I rumeni sono specialmente<br />

sensibili nei confronti degli anziani, è una nostra vecchia tradizione, per i bambini, per chi ha un handicap. Per<br />

esempio quando non abbiamo la possibilità di rimpatriare qualche cittadino rumeno con questi problemi, portiamo<br />

il caso alla chiesa e lì si organizza una colletta e si trovano delle soluzioni volontarie.<br />

Per il resto la domanda è troppo generica e valida per tutto.<br />

R. Nell'esperienza di rientro nei Balcani ho notato che dipende sempre dalla persona, infatti ho notato che le persone<br />

che erano ben integrate in Italia e che hanno acquisito esperienze lavorative o di studio sono state più accettate<br />

nel paese d'origine, anche perché portano con sé un insegnamento e un'esperienza nuova utile al paese. La<br />

persona che non è riuscita ad integrarsi in Italia, avrà comunque difficoltà anche nella reintegrazione nel paese<br />

d'origine, perché si tratta di una questione personale, di un fattore personale che è molto importante, dipende<br />

dalla forza interiore della persona, il modo di reagire, di affrontare le situazioni. Però non è sempre detto, ci sono<br />

anche dei casi che avevano una pessima integrazione in Italia, ma che sono riusciti rientrando a reintegrarsi,<br />

trovando un lavoro e trovandosi a proprio agio nel loro ambiente, meglio che in Italia. Dipende molto da persona a<br />

persona, da caso a caso. Spesso queste persone hanno anche problemi psicologici perché non è semplice<br />

spostarsi da un paese ad un altro, poi di nuovo rientrare, sono tutti shock e dipende come questi shock vengono<br />

superati.<br />

DOMANDA 19 Se il rimpatriato ha fatto parte all’estero di associazioni criminose, come viene accolto dalla sua comunità<br />

di appartenenza?<br />

D. La mafia è arrivata dopo la rivoluzione, perché prima non c’era. La gente normale non la vede bene.<br />

E. Non lo vogliono più.<br />

F. La famiglia lo esclude perché ha fatto una cosa troppo grave.<br />

G. La famiglia non lo vedrebbe bene, non lo riprenderebbe in casa.<br />

I. È un lupo in mezzo ai lupi, questo riguarda il tipo di codice presente nelle carceri, nel senso che ci sono reati gravi<br />

per la dignità (il reato di traffico internazionale di stupefacenti non è considerato così grave come uno stupro, dal<br />

loro punto di vista). Perciò chi ha commesso un reato “normale” viene visto come tutti gli altri, chi ha fatto uno<br />

stupro è considerato in maniera negativa. I reati non sopportati sono lo stupro e la violenza sui minori, è una<br />

percezione generalizzata.<br />

M. La società rurale rumena è ancora un po' patriarcale, è una società semplice con valori chiari e determinati (come<br />

era la società italiana dopo la guerra), una civiltà contadina con aspetti positivi e negativi. Sono meno indulgenti<br />

per reati legati alla prostituzione, pedofilia, rispetto alla criminalità organizzata non capiscono bene di che cosa si<br />

tratti. La morale è ancora forte. In città non esiste, le persone si conoscono a mala pena.<br />

DOMANDA 20 Quali sono le tipologie di reato che sono più compiute nella sua nazione e con quale intensità di pena<br />

vengono punite?<br />

A. I reati più compiuti sono i furti.<br />

B. Quello che dice la cronaca sono i furti, la violenza sessuale (quello che vedo io alla televisione rumena) oppure<br />

omicidi passionali o famigliari. 10 anni fa si ammazzavano molto per la terra, dopo la legge della proprietà della<br />

terra si è innescata questa furia della proprietà, del desiderio di ottenere la terra, e fratelli e parenti si<br />

ammazzavano per la terra.<br />

Non so quali siano le pene.<br />

Dal punto di vista sociale vengono molto condannati i reati tipo la pedofilia e l'abuso sessuale, anche il carcere<br />

per le persone che commettono questi reati è duro.<br />

C. Furti. La mafia è cresciuta molto, capita che si ammazzano tra loro. La delinquenza è cresciuta molto, la droga si<br />

è molto diffusa. Il mondo occidentale ha portato tutto il bene e tutto il male anche in Romania, quello che capita<br />

qua capita anche in Romania<br />

D. I furti.<br />

E. Rubare cibo in un magazzino.<br />

F. Rubare in casa.<br />

G. Il furto, per un piccolo furto lasciano correre per la prima e la seconda volta che viene fatto, mentre per una rapina<br />

violenta la pena è di 6 o 8 anni.<br />

K In Romania vengono commessi molti reati sui minori sia perché i bambini sono deboli sia a causa del fenomeno<br />

dell’alcolismo, che è un problema molto forte ed è collegato alla disoccupazione. Prevale una cultura maschilista,<br />

che considera la donna e i minori in un certo modo. Queste sono problematiche che vengono tenute nascoste<br />

anche dal governo rumeno.<br />

M. Dal punto di vista sociale c'è stato uno iato, soprattutto negli ultimi anni della dittatura, per cui ci sono reati di<br />

violenza, anche collegati al consumo eccessivo di alcool, soprattutto nell'ambito famigliare. L'uomo padrone che<br />

calpesta la moglie e i figli e li considera la sua proprietà. Ci sono tantissimi furti per sopravvivenza, dovuti alla<br />

mancanza. Tra i giovani (e questo ci preoccupa) c'è una criminalità informatica di alto livello visto che c'è una<br />

grande preparazione informatica (pochi sanno che la seconda lingua che si parla in Romania è Microsoft), siamo<br />

88


tra i migliori nel bene e nel male. La maggior parte delle violenze sono violenze dovute al livello culturale e<br />

sociale, all’istruzione, per il consumo eccessivo dell'alcool e sono legate alle zone più povere del paese.<br />

DOMANDA 21 Ci sono dei reati che vengono sopportati e non perseguiti nella sua nazione, perché sono compiuti da una<br />

grande quantità di persone o perché vengono ritenuti necessari alla sopravvivenza?<br />

A. I furti, le rapine sono considerati spiegabili dalla situazione economica, che porta il popola a delinquere. Inoltre il<br />

numero di persone con delle condanne è molto alto. Il rumeno ha l'animo napoletano, le truffe sono considerate<br />

da furti non da delinquenti. Tutti i reati dove non si fa del male fisico sono considerati tipo Robin Hood, si toglie ai<br />

ricchi per dare ai poveri.<br />

B. Il reato economico tipo frode. Fondamentalmente non è visto come un reato.<br />

E. Se rubi una piccola cosa e hai un buon avvocato non vai in carcere.<br />

F. Se una persona è minorenne o incensurata lasciano perdere, ma la seconda volta che quella persona viene presa<br />

la mandano in carcere. Per un furto la pena è di 1 o 2 mesi, se rubi 10 cose calcolano la pena come se ne avessi<br />

rubata una sola.<br />

G. Quando non si paga una multa e il furto di cibo per mangiare.<br />

I. Per i rumeni il furto è considerata una cosa normale, se non ce la si fa a vivere allora si ruba.<br />

J. Probabilmente sì, anche proprio sui diritti.<br />

M. Secondo le leggi, che sono identiche a quelle italiane, no. Per il resto è come in Italia, se uno ha rubato un pane<br />

perché aveva fame anche il venditore del pane certe volte chiude un occhio.<br />

R. Posso parlare dei rom rimpatriati in Romania: loro hanno un atteggiamento nei confronti degli oggetti tutto<br />

particolare, nei confronti dei soldi hanno un atteggiamento culturale diverso. Non percepiscono il furto come reato.<br />

DOMANDA 22 Se dovessimo proporre degli inserimenti lavorativi nella sua nazione, dove è realistico che vengano<br />

proposti? Nelle città o nelle campagne? Dove esiste un tessuto industriale - artigianale o in altri luoghi?<br />

Ci indichi i luoghi.<br />

A. La maggioranza delle persone che scontano una pena in carcere in Italia sono persone che hanno commesso<br />

molti reati, a meno che non siano stati sfortunati da essere presi subito. Quando vengono presi di solito vengono<br />

presi senza soldi perché appena compiono un reato i soldi vengono mandati in Romania, senza una possibilità di<br />

recupero da parte dello stato italiano. Infatti tutti dichiarano, ed è vero, che non hanno beni. Da qui parte il mio<br />

dubbio sul fatto se loro vogliono essere aiutati, perché in genere loro hanno mandato così tanti soldi a casa che<br />

pagano la loro pena qua, poi quando vanno a casa tirano fuori i soldi e vivono da signori.<br />

Ci sono poi quelli presi al primo furto o quelli che facevano pochi soldi che potrebbero venire inseriti nel settore<br />

delle costruzioni, tipo muratori.<br />

B. Bisogna vedere se c'è una legge che favorisce le aziende che inseriscono queste persone. Bisogna vedere se per<br />

esempio lo Stato paga per queste persone metà dei contributi, se un privato che ha un'attività ha questi vantaggi li<br />

inserisce più facilmente.<br />

Nelle aree industrializzate c'è più richiesta, però anche nelle aree agricole - contadine dove servono meccanici per<br />

i trattori, dove sono molto ricercati quelli che coltivano la frutta (mele e vigna).<br />

D. Dipende se la persona ha un mestiere in mano allora bisogna cercare laddove può fare il suo mestiere. Se non ha<br />

un mestiere bisogna fargli fare un scuola.<br />

E. Io so fare il muratore, è l'unico mestiere che so fare, quindi posso fare quello. Lavorerei in qualsiasi posto, se mi<br />

pagano a giornata vorrei 60/80 euro al giorno, se ho un contratto a tempo indeterminato vanno bene 30 euro al<br />

giorno.<br />

F. Sono pochi i rumeni che accetterebbero un lavoro in Romania perché la paga è bassa. Se sono pagato bene non<br />

mi interessa né dove lavoro né che lavoro faccio. Comunque mi piacerebbe fare l'autista o il camionista e<br />

guadagnare circa 400 euro al mese, ma c'è tanta concorrenza.<br />

G. Un lavoro dove si guadagna bene, intorno ai 400 euro al mese.<br />

J. Bisogna fare uno studio più approfondito sui singoli paesi. E poi dipende da dove provengono, perché se una<br />

persona proviene da un'area rurale e la sua unica esperienza metropolitana è stata a Milano ed è finita pure male,<br />

non è pensabile reinserirlo in un’area metropolitana, perché sarebbe troppo complesso. Il territorio di dimensione<br />

medie è il luogo dove si può immaginare di avere un'attenzione maggiore da parte della comunità. Oramai le<br />

grandi aree metropolitane sono troppo dispersive e non è detto che garantiscano l'attenzione della comunità,<br />

mentre questo credo che sia un elemento indispensabile per un progetto come il vostro. Nelle aree medie il<br />

terziario offre ancora delle possibilità.<br />

K. I progetti di sviluppo agricolo per loro natura si realizzano nelle campagne, i progetti di formazione molto spesso<br />

tengono conto delle opportunità delle varie zone e in genere è più facile realizzarli nelle città. Tutto dipende dalle<br />

caratteristiche del territorio. In molti paesi terzi c’è interesse a sviluppare le aree rurali, aree che potenzialmente<br />

sono molto ricche e che necessitano di tecnica e modalità di coltivazione, offrono diverse possibilità. L’importante<br />

è sempre fare un’analisi generale per vedere quali sono le opportunità e sulla base di questo muoversi. Quello<br />

che chiamiamo lo studio di fattibilità del progetto, fatto in maniera dettagliata, perché le realtà sono molto diverse,<br />

da paese a paese si trovano cose molto differenti.<br />

M. Secondo me bisogna fare un progetto più complesso, più ampio, con più attori. Identificare le aree non è difficile,<br />

bisogna partire dalle persone detenute e vedere da dove provengono. Con la Regione Lombardia, con i fondi<br />

89


strutturali europei, si potranno fare sia investimenti per le infrastrutture sia per sviluppare quelle zone,<br />

valorizzando l'inserimento di queste persone e delle loro famiglie. Con la Camera di Commercio si possono<br />

attivare investitori italiani già presenti in Romania, si possono realizzare accordi bilaterali per avere delle<br />

agevolazioni sia per gli investitori sia per lo sviluppo di queste aree. Il governo rumeno è disponibile a questo.<br />

Inoltre c'è una certa autonomia locale nei campi economico e amministrativo, quindi i contatti giusti possono<br />

essere trovati e da parte nostra c'è la disponibilità a dare una mano d'aiuto.<br />

Q. Se penso alla Romania dipende dalle zone da cui arrivano maggiormente le persone. O si pensa a degli<br />

investimenti ad personam e quindi si verifica quello che la persona faceva, il livello di qualificazione professionale,<br />

l'età, e in base a questo gli si dà una borsa lavoro per formazione professionale e si cerca qualcuno che nel paese<br />

lo segua avendo fatto un'indagine, una ricerca, su quelle che possono essere le risorse del paese. In alcune aree<br />

della Romania i contadini arano con il cavallo, allora se una persone arriva da quel territorio e la sua famiglia è<br />

contadina, un trattore li può aiutare. Ma cosa significa un trattore? Oppure aiutarli a mettere in piedi un<br />

allevamento. Però questo funziona e non funziona, se mettono in piedi un allevamento c'è mercato? Oppure visto<br />

che ogni contadino che è nei dintorni delle grosse città ha uno spazio all'interno del mercato e quello spazio se lo<br />

gestisce, quindi ci porta le proprie risorse e le vende, allora si può facilitare cose di questo tipo. Però ci vogliono<br />

dei referenti precisi sul posto, e poi è indispensabile il verificare quali sono le risorse della persona, le competenze<br />

e su quale territorio rientra, per capire come poterlo supportare. Se penso ad alcuni villaggi so che non c'è niente<br />

da fare, si trovano in zone altamente depresse. Se una persona ha avuto un'esperienza migratoria in Europa, il<br />

pensare di rientrare in un paesino senza l'acqua, è quasi inconcepibile? A me viene più in mente un progetto ad<br />

hoc e questo comporta l'avere dei referenti seri sul posto. Bisogna anche valutare la storia della persona, per<br />

esempio se la famiglia ha investito affinché la persona potesse recuperare risorse per tutti allora il discorso<br />

lavorativo è importante. Perciò è importante dargli un'opportunità lavorativa, soprattutto se viene dalla campagna<br />

e non ha risorse, allora va bene anche che non rientri nel suo paesino ma in una città e gli si offra un lavoro. Se<br />

invece la persona avesse avuto un'esperienza migratoria drammatica e avesse bisogno di un supporto da parte<br />

delle famiglia, allora sarebbe bene offrirgli un ritorno onorevole all'interno della propria famiglia. Dipende proprio<br />

dalla specifica situazione.<br />

R. Dovreste collaborare con lo IOM perché come esperienza in questo settore siamo gli unici. Bisogna occuparsi non<br />

solo della questione del rientro e della reintegrazione, ma anche di tutta questa procedura per il ritorno che non è<br />

da poco (l'assistenza per l'ottenimento dei documenti - noi abbiamo ottimi rapporti con le ambasciate e con i<br />

governi; i visti di transito; l'assistenza in aeroporto; la procedura per la partenza, con la polizia di frontiera). In<br />

questa parte di lavoro noi siamo molto bene organizzati perché abbiamo reti in molti paesi del mondo. E'<br />

necessario attivare ottimi rapporti con i governi, con le istituzioni locali, perciò servono uffici in loco.<br />

Per le persone uscite dal carcere italiano che abbiamo assistito a rientrare, li abbiamo aiutati nella procedura per<br />

uscire dall’Italia e gli abbiamo dato un contributo di 400 euro sulla base di un loro piccolo progetto.<br />

DOMANDA 23 Che tipologie di lavoro ritiene appetibili e competitive per il mercato di lavoro della sua nazione?<br />

A. L'economia sta crescendo, ci sono tantissimi imprenditori, anche se la cultura dell'io padrone - tu schiavo è<br />

rimasta, comunque tutti i settori si stanno sviluppando, le fabbriche stanno riaprendo gestite da privati. Appetibili<br />

sono i lavori che fanno guadagnare, per le persone che non hanno studiano i lavori sono quelli del muratore,<br />

dell'operaio in fabbrica con i turni di notte, nei combinati chimici, in miniera. Sono i lavori che comportano più<br />

sacrifici fisici. Per chi ha studiato è appetibile il lavoro comodo e remunerativo, per esempio nelle banche private<br />

gli agenti che trattano i mutui.<br />

B. Le assicurazioni, ma devono avere un titolo di studio liceale, è un lavoro molto remunerativo (anche 500 euro al<br />

mese). Poi i lavori manuali.<br />

D. L’edilizia, anche se nei mesi invernali non c’è lavoro. Aziende agricole. Il settore turistico.<br />

E. Nella mia regione c'è agricoltura e allevamento, ma ognuno produce per sé. La terra è fertile.<br />

F. Industria del vetro e computer.<br />

G. Il lavoro in miniera, i minatori guadagnano bene.<br />

I. Da come immagino la Romania ci sono molte possibilità di collegarsi agli imprenditori italiani che hanno installato<br />

le loro imprese là.<br />

M. I mestieri appetibili sono quelli che richiedono la mano d'opera qualificata, in questo momento in Romania c'è un<br />

boom edilizio, quindi il campo edilizio è competitivo. Servono falegnami di qualità, dove l’Italia ha un grande<br />

tradizione. Si può migliorare la produzione del vino, con corsi ed assistenza per fare un vino di qualità. Nel campo<br />

delle cooperative agricole.<br />

DOMANDA 24 Quali professionalità dovremmo insegnare ai suoi connazionali da rimpatriare?<br />

A. Informatica perché nelle scuole non si impara.<br />

I rappresentanti per la vendita dei prodotti, in Romania non c'era questa professionalità.<br />

Operatori sociali, si sta muovendo qualcosa nel sociale ma sono pochi quelli formati.<br />

B. Idraulico, falegname, mestieri utili e richiesti, i meccanici che riparano le auto.<br />

D. Bisogna insegnargli il lavoro che gli piace, quello che gli piace fare perché se la persona vede in prima luogo la<br />

bellezza di quel lavoro, lo fa più volentieri.<br />

E. Faccio il muratore e non saprei cosa altro imparare, potrei migliorare nella pittura.<br />

90


F. Fare la patente.<br />

G. Fare il piastrellista (viene pagato bene). Poter guidare la macchina e quindi fare la patente.<br />

I. Credo che la formazione sia indispensabile, in quali settori non saprei.<br />

J. Bisogna pensare alla costruzione di un percorso per la persona, basandosi sull'analisi delle possibilità che la<br />

persona ha, in modo da impostare un percorso vincente per lo sviluppo della persona. Inoltre creare rapporti<br />

diretti con piccole e medie imprese che danno formazione.<br />

M. Bisogna inserirli all'interno del progetto più complesso, per esempio prendendo accordi con le imprese rispetto ai<br />

campi professionali su cui serve preparazione.<br />

R. Per esempio parlare bene l’italiano è una risorsa. Per il resto dipende da cosa facevano prima, quale mestiere,<br />

quali studi e quali sono i loro interessi per il futuro.<br />

DOMANDA 25 Qual è il costo della vita nella sua nazione di origine, rispetto al nostro tenore di vita? Quanto guadagna in<br />

media un lavoratore dipendente?<br />

A. Lo stipendio normale è 150 euro, i costi degli alimentari e dell'abbigliamento sono come in Italia. Quello stipendio<br />

non basta per fare la spesa, ma spesso ognuno ha il suo orto perciò non compra né frutta né carne né formaggio<br />

o uova. Si comprano i detersivi, l'olio, cose che non possono essere prodotte in proprio. In città è più difficile.<br />

Quello che è rimasto che ancora rende sono i terreni e le case. In Romania non c'è la mentalità del mutuo, l'idea<br />

di pagare a rate non è molto conosciuta, lì si acquista tutto con i soldi in mano.<br />

B. Il costo della vita è caro. Per l'affitto paghi 100 euro a Bucarest, meno nelle città piccole. Lo stipendio medio è di<br />

125 - 150 euro. Un professore di scuola media ha 125 - 150 euro al mese (dipende dagli anni di anzianità).<br />

Un'infermiera professionale può arrivare con i turni a 200 - 300 euro al mese. Il mangiare è caro, non così caro<br />

come in Italia. Per vivere una vita decente hai bisogno di almeno 300 euro al mese se hai la casa. Invece tanti<br />

hanno lo stipendio di 150 euro e magari devono pagare anche un affitto. Quelli che vivono in campagna ed hanno<br />

lavoro magari se la cavano meglio.<br />

C. Da qualche anno i prezzi di verdura e carne sono quasi uguali a quelli italiani, ma gli stipendi sono di 6 volte<br />

inferiori. Lo stipendio medio nazionale mensile è di 4.000.000 di lei, un chilo di carne costa 200.000 lei. Un chilo di<br />

pane costa 20.000 lei. Mia sorella che vive in Romania e ha una pensione da 2.800.000 lei al mese, dopo 10<br />

giorni finisce i soldi. In Romania c’è di tutto, prima quando andavi in un negozio non avevi scelta, adesso c’è di<br />

tutto ma la gente non se lo può permettere. 1 euro = 35.000 lei. Per vivere bene bisogna avere almeno<br />

15.000.000 di lei al mese, poco più di 400 euro<br />

D. Il costo della vita è quasi come qua, lo stipendio è molto basso, per questo tante persone fanno i prestiti in banca,<br />

la gente ha tanti tanti debiti. Fanno prestiti in più banche e non riescono a restituire i soldi.<br />

E. Servono 250 euro al mese (senza automobile).<br />

F. 300 euro al mese per una vita normale.<br />

G. Servono 400/500 euro al mese.<br />

M. I costi crescono ad un ritmo molto più accelerato in confronto agli stipendi, ma è un sacrificio che abbiamo<br />

calcolato per l'ammissione della Romania nell'unione europea. Ci sono tante cose che costano quasi come in<br />

Italia e qualche cosa ancora di più. Il livello dello stipendio è 8 o 10 volte inferiore. Ci sono anche cose che<br />

costano meno che in Italia. Anche qui si può notare un progresso per il fatto che negli ultimi anni la Romania ha<br />

avuto un tasso di crescita del PIL del 25%, questo non si è riflesso subito ma in 2 o 3 anni si vedrà. L'inflazione è<br />

scesa 3 anni fa sotto il 10 % da più del 100% di prima. Quest'anno sarà intorno al 5 o 6%. Sono dei segnali<br />

positivi, aspettiamo che si vedano anche nel costo della vita reale del cittadino.<br />

R. Quello che posso dire è che le persone che sono rientrate con noi in Romania riuscivano a comprarsi un pezzo di<br />

terreno o il materiale per costruirsi una casa, perciò il costo della vita è basso: penso che 300 / 400 euro sia un<br />

buono stipendio mensile lì.<br />

DOMANDA Su quali paesi stranieri sarebbe meglio che realizzassimo il progetto Odisseo?<br />

25/a<br />

L. Più che sui paesi bisognerebbe concentrarsi sulla tipologia di reati. Probabilmente più il paese è lontano, più è<br />

difficile per lo straniero rientrare. Mi concentrerei sulla tipologia di reati, darei per poco appetibile lo straniero che<br />

si è macchiato di violenza sessuale (e ce ne sono tanti), il loro destino è di essere espulsi, difficilmente questo<br />

ufficio valuterà positivamente la richiesta di rilascio di un permesso per lavoro anche se il posto di lavoro ci fosse.<br />

Spessa cosa per lo spaccio di stupefacenti. Mentre ci sono reati meno gravi, per esempio quelli contro il<br />

patrimonio (mentre per altri reati non si va in carcere, tipo il falso, la guida senza patente, la vendita abusiva di<br />

marchi contraffatti). Toglierei dalla casistica, nel senso che non me ne interesserei proprio, quelli che sono stati<br />

condannati per traffico di esseri umani, riduzione in schiavitù, sfruttamento della prostituzione. Da parte nostra è<br />

difficilissimo orientarci in senso positivo nei confronti di questi soggetti. Per quanto riguarda le etnie degli stranieri<br />

soggette ad espulsioni (che sono 7000 all'anno, di cui 2000 accompagnati alle frontiere) vedi allegato.<br />

Rispetto alla nazione da coinvolgere nel progetto bisogna puntare sull'est, i paesi che restano fuori dalla Comunità<br />

europea e che ci resteranno per molti anni. Non la Turchia, perché non ha un fenomeno migratorio rilevante in<br />

Italia. Tutti gli staterelli che sono nati dalla disgregazione della Russia, che sono poveri e meritevoli di assistenza:<br />

Georgia, Lituania, Ucraina. Le persone provenienti da queste nazioni cadono facilmente nelle reti criminali, perché<br />

sono molto poveri, arrivano in Italia e vengono convogliati sull'attività criminale che è sempre più redditizia di<br />

91


quella normale, perciò poi vengono arrestati. L'Ucraina è uno stato grande e la pressione per venire in Italia è<br />

forte. L'Ucraina è un paese ostico, mi pare che ancora sia a regime di doppio visto, cioè bisogna avere un<br />

permesso da loro per uscire e uno da noi per entrare. Però sono messi bene come attività criminale. E' come se si<br />

fosse verificato un passaggio di consegne: avevamo le bande degli albanesi, poi il paese si è stabilizzato e<br />

l’Albania non ha più una forte immigrazione e non si espelle più nessun albanese, la scommessa dello Stato<br />

italiano è stata vincente perché quel paese si è risollevato e non ci esporta più delinquenti. Poi è toccato alla<br />

Romania e adesso dovrebbe cessare. E' un fenomeno che si sposta. Le masse di clandestini arrivano da questi<br />

paesi più lontani, non grosse ondate. I rumeni hanno goduto dell'estensione del visto, mentre l'ucraino non può<br />

perché rischia dal momento in cui varca il suo confine. Per loro un espatrio clandestino è molto costoso e se<br />

questo progetto sfocia in un arresto è il fallimento di tutto il progetto di inserimento in Italia. Costosissimo progetto<br />

perché spendono mediamente tra i 5.000 e i 7.000 euro. Le persone arrestate per furto (che è uno dei pochi reati<br />

che prevede la fragranza) vengono portate in camera di sicurezza, la mattina successiva hanno la direttissima,<br />

senza andare in carcere, di solito vengono condannati alla minima e hanno l'espulsione. E' tutto automatico,<br />

quindi voi non riuscite neanche a vederli. Se voleste farlo sareste i primi a lavorare sulle direttissime. Per lavorare<br />

sulle direttissime bisogna inserirsi in quei tempi morti che precedono l'udienza. Una volta fatta la direttissima<br />

vanno in via Corelli, perché non abbiamo mai il biglietto aereo pronto, e ci stanno da un minimo di 7 a un massimo<br />

di 60 giorni. Si può lavorare con questi stranieri perché stanno lì, al centro. In via Corelli i pochi posti disponibili<br />

sono dedicati ai carcerati, che sono per definizione pregiudicati visto che hanno una sentenza definitiva. Ci sono<br />

dei tempi minimi e massimi in cui si può lavorare. I tempi per i trattenuti si allungano di 48 ore perché il giudice di<br />

pace va in via Corelli a fare le convalide e in quella circostanza gli avvocati (quelli di fiducia) insistono per avere<br />

dal giudice qualche cosa. Quello è il momento, è l'udienza di convalida che si tiene in via Corelli davanti al giudice<br />

di pace. Normalmente hanno un giudice d'ufficio, perciò già sarebbe valida l'assistenza in questo senso. La<br />

convalida deve essere fatta entro 48 ore dal fermo.<br />

Il contributo che l'ufficio stranieri della P.S. potrebbe apportare al progetto Odisseo è quello di prendere in<br />

considerazione le vostre richieste, meramente conoscitive, certo non sulla personalità della persona, l'elenco dei<br />

precedenti, i reati fanno parte di quei dati sensibili che richiedono una delega delle persone, che passa attraverso<br />

l'avvocato di fiducia. Quello che possiamo dire per indirizzare, lo facciamo.<br />

92


COMMENTI ALLE DOMANDE DELL’AREA ANTROPOLOGICO – CULTURALE<br />

ROMANIA<br />

Le ragioni della migrazione e i processi migratori<br />

Dal 2000 ad oggi le spinte alla migrazione sono date dall’esigenza di migliorare la propria condizione di vita<br />

dal punto di vista economico, perché in Romania c’è lavoro ma i salari sono bassi; i giovani sono mossi anche<br />

dal desiderio di conoscere paesi diversi e di verificare la propria capacità di integrazione; i rom hanno<br />

motivazioni di tipo sociale, collegate ad una situazione di pregiudizio negativo nei loro confronti e di<br />

emarginazione, malgrado negli ultimi anni abbiano acquisito molti diritti civili.<br />

I processi migratori sono caratterizzati da due fenomeni distinti: c’è chi parte per accumulare risorse<br />

economiche da investire in Romania, con la speranza di riuscire a tornare nel giro di pochi anni, e c’è chi parte<br />

pensando di stabilizzarsi all’estero. Durante la migrazione questa idea originaria muta, tanto che c’è chi stima<br />

che solo il 20 % degli emigrati decidono di rientrare in Romania, ma c’è anche chi aumenta la stima ad oltre il<br />

50%. Alcune testimonianze evidenziano che sono le donne quelle più propense a rientrare in patria, mentre gli<br />

uomini preferirebbero cercare di mettere radici in Europa. Condizione sine qua non per rientrare in patria è<br />

quella di avere accumulato risorse economiche durante l’esperienza migratoria.<br />

Viene evidenziata anche per la Romania la presenza di “catene migratorie”, con una caratteristica specifica: si<br />

raggiungono amici più che parenti. Tale fenomeno ha prodotto delle migrazioni selettive per regione, cioè in<br />

una certa provincia italiana la maggior parte della popolazione rumena immigrata proviene dallo stesso<br />

distretto rumeno.<br />

In questa fase storica sembra che la migrazione parta da tutto il territorio rumeno. Essendo la Moldavia una<br />

delle regioni più povere della Romania, molti degli emigrati provengono da lì. L’unico territorio non colpito dal<br />

fenomeno migratorio pare essere quello di Timisoara, a causa del grande investimento di risorse economiche<br />

straniere avvenuto negli ultimi anni (in questa area sono state impiantate 20.000 piccole e medie imprese<br />

italiane). La popolazione rom proviene prevalentemente da Craiova, il loro progetto migratorio prevede però<br />

costanti spostamenti da e per la Romania.<br />

Modalità di accoglienza per un rientro forzato - La famiglia<br />

L’espulsione pare non costituire un problema, né per chi viene espulso perché trovato senza permesso di<br />

soggiorno né per le persone che vengono rimpatriate dopo un periodo di detenzione. Nel primo caso la<br />

percezione riportata relativamente alle famiglie è la contentezza di rivedere il parente, la sottolineatura che<br />

l’emigrazione irregolare non è considerata moralmente riprovevole, il fatto che le persone rimpatriate in questo<br />

modo sono considerate vittime e sfortunate (perché durante il rimpatrio hanno perso tutti i loro averi), la<br />

preoccupazione del loro destino occupazionale in Romania, e la possibilità che si affronti di nuovo un percorso<br />

migratorio irregolare.<br />

Se l’avvio del percorso migratorio è avvenuto attraverso un prestito di denaro, il rimpatrio è vissuto in maniera<br />

molto pesante e negativa sia da parte della famiglia che da parte del rimpatriato spesso, perché si apre il<br />

problema di come pagare il debito contratto.<br />

Invece sono le stesse persone espulse che potrebbero soffrire soggettivamente di questa situazione, perché<br />

tornano a mani vuote e si sentono falliti.<br />

I rom vengono accettati dalle loro famiglie e dalla comunità, di solito provano a tornare in Europa.<br />

Modalità di accoglienza per un rientro forzato - La cerchia parentale, gli amici e la comunità di origine<br />

Di solito chi rientra lo fa portando la croce di quello che non è riuscito, ma non è una croce molto pesante<br />

perché è almeno uno che ci ha provato e perché l’investimento per il tentativo migratorio non è molto alto,<br />

essendo la Romania molto vicina all’Italia. Perciò la percezione è che dal punto di vista sociologico il rimpatrio<br />

non sia un problema, lo può essere a livello soggettivo per la singola persona che lo ha subito.<br />

Le testimonianze dirette di persona rimpatriate evidenziano che non hanno avuto grossi problemi nell’ambito<br />

famigliare e della comunità, bensì rispetto al lavoro, non solo perché hanno avuto difficoltà a trovare impiego<br />

ma anche perché viene evidenziato il fatto che in Romania c’è un evidente sfruttamento della forza lavoro,<br />

caratterizzato dal lavoro in nero e sottopagato (questo anche da parte degli imprenditori stranieri che hanno<br />

93


aperto realtà produttive in Romania e che iniziano a essere visti con diffidenza da parte della popolazione<br />

locale).<br />

Modalità di accoglienza per un rientro forzato – Mass media<br />

Le testimonianze in questo caso sono contrastanti: c’è chi dice che i mass media ne parlano illustrando i lati<br />

positivi e quelli negativi del processi migratori avendo anche uno scopo di contrasto all’emigrazione, poiché in<br />

Romania inizia a scarseggiare la mano d’opera; c’è chi sostiene invece che i mass media puntino l’attenzione<br />

sul fatto che l’Europa non voglia accogliere i rumeni; infine c’è chi dice che i mass media non parlano dei<br />

fenomeni migratori.<br />

Tipologia di reati maggiormente commessi in Romania<br />

Furti, clonazione di carte di credito, truffe, abusi sessuali su donne e minori, omicidi (in ambito mafioso,<br />

all’interno delle famiglie soprattutto per l’eredità dei terreni, passionali), reati collegati alla droga.<br />

I reati sopportati<br />

I furti minori perché sono considerati spiegabili dalla situazione economica, e le truffe che non sono viste come<br />

un reato.<br />

Modalità di accoglienza per chi ha commesso un reato<br />

Le modalità di accoglienza in questo caso sono varie e dipendono da molti fattori: se la persona dichiara ciò<br />

che le è accaduto; che tipo di reato ha commesso; se la famiglia se ne accorge anche senza che il diretto<br />

interessato lo dica; che tipo di rapporto c’è con la famiglia.<br />

Per quanto riguarda la partecipazione ad associazioni criminali invece la considerazione negativa è data per<br />

scontata.<br />

Condizioni di comportamento favorenti l’aiuto<br />

La popolazione rumena era incline alla solidarietà, .questa modalità di rapporto tra individui è andata<br />

attenuandosi a causa della dittatura che ha indotto una sensazione di paura generalizzata, e della grande<br />

corsa al successo economico che caratterizza quest’ultimo periodo. Legami di solidarietà e di sostegno<br />

reciproco sono attualmente messi in atto più facilmente nelle aree rurali piuttosto che nelle zone urbane.<br />

Altre condizioni favorenti l’aiuto sono: far parte di una famiglia, essere laborioso e riuscire ad avere<br />

un’occupazione; l’onestà (la capacità di dire le cose come stanno e di dimostrare quello che si è)<br />

Dove prevedere gli inserimenti lavorativi<br />

Dalle interviste emergono tendenze diverse, l’una centrata sulla persona che si focalizza su:<br />

• Costruire progetti ad hoc sulla persona che tengano conto delle sue relazioni famigliari e della possibilità<br />

di avere organizzazioni referenti serie sul posto<br />

• Impostare il progetto in base alla provenienza della persona, facendolo rientrare nella sua comunità e<br />

fornendogli aggiornamenti professionali per attività spendibili su quel territorio<br />

• Impostare il progetto di reinserimento in base al mestiere che la persona sa fare<br />

• Impostare il progetto in base all’individuazione di lavori ben retribuiti<br />

• Selezionare accuratamente i candidati ai programmi di rientro onorevole, poiché molte persone che hanno<br />

scontato una pena in Italia sono delinquenti abituali e hanno accumulato ingenti risorse economiche in<br />

Romania. Questo a causa dell’abitudine di inviare immediatamente il ricavato della attività criminale in<br />

modo che non possa essere sequestrato; così, pur risultando nulla tenenti in Italia, in Romania hanno la<br />

possibilità di contare su notevoli possibilità economiche.<br />

L’altra centrata sul territorio, secondo cui:<br />

• Puntare sulle aree industrializzate<br />

• Puntare sulle aree rurali, fornendo alle persone una qualifica professionale alta<br />

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• Attivare investitori italiani già presenti in Romania, creando accordi bilaterali che favoriscano gli investitori<br />

sia lo sviluppo locale<br />

I lavori concorrenziali in Romania e la formazione professionale<br />

I lavori concorrenziali sono quelli forniti dalla mano d’opera qualificata, perciò servirebbero corsi di<br />

riqualificazione professionale per mestieri nei settori edile (idraulici, piastrellisti, falegnami), nel settore<br />

meccanico, agricolo (in particolar modo per la produzione di vino).<br />

Un settore considerato in espansione è quello turistico, in questo caso la conoscenza dell’italiano è una<br />

risorsa in più da spendere.<br />

I detenuti intervistati hanno espresso il desiderio di poter fare la patente e poter lavorare come autisti.<br />

Alcuni intervistati hanno sottolineato la possibilità di collegarsi con le imprese che producono in Romania<br />

prendendo accordi sulla riqualificazione professionale del personale e su garanzie di assunzione.<br />

Costo della vita<br />

Lo stipendio mensile medio si aggira intorno ai 150 euro, per vivere decorosamente servono intorno ai 400<br />

euro al mese.<br />

95


DOMANDE AREA DELLE BUONE PRASSI<br />

DOMANDA 26 Le risulta che suoi connazionali rimpatriati abbiano trovato la solidarietà della loro comunità ed abbiano<br />

trovato un lavoro?<br />

A. Hanno trovato lavoro, dipende tutto dalla voglia di lavorare<br />

K. Le persone che rimangono a lungo in Europa creano un po’ una frattura con il proprio paese e questo le porta a<br />

diventare straniere in Europa e straniere nel suo paese. In questi casi la solidarietà ce l’hanno più qua, perché<br />

organizzano il gruppo qua, non là: non penso che troverebbero nel loro paese una grande solidarietà. Per<br />

migrazioni più brevi penso che i legami rimangano abbastanza forti e se tornasse avrebbe il sostegno..<br />

DOMANDA 27 Esistono dei percorsi lavorativi costruiti ed offerti dalla sua comunità a suoi connazionali rimpatriati?<br />

DOMANDA 28 (Per i cooperanti o camere di commercio) Avete mai aiutato ex-detenuti o rimpatriati a reinserirsi nel<br />

mondo del lavoro del loro paese di origine?<br />

DOMANDA 29 (Per i cooperanti o camere di commercio) Avete incontrato tra i lavoratori o tra i funzionari, dello stato con<br />

cui operate, degli ex-detenuti o dei rimpatriati dopo il fallimento di un progetto migratorio?<br />

K. Noi abbiamo avuto alcuni incontri con extra comunitari che vivono qui e vogliono realizzare alcune iniziative nei<br />

loro paesi, perché attraverso i contatti con i famigliari pensano di poter realizzare qualcosa nel loro paese.<br />

Difficilmente loro dicono voglio realizzare un progetto per tornare là, in genere dicono voglio realizzare questo per<br />

dare lavoro ad amici, famigliari ect.<br />

Non abbiamo mai incontrato funzionari stranieri con un’esperienza migratoria, probabilmente queste persone<br />

appartengono ad un ceto sociale che non è attratto dalla migrazione.<br />

R. In particolare nei Balcani, sono tanti anche ministri. Si tratta però di una situazione particolare, si sono trovati per<br />

forza in guerra e per forza se ne sono dovuti andare via. Erano persone con un certo livello di educazione e di<br />

esperienza, appena gli è stato possibile hanno voluto rientrare per loro era più facile rientrare e ricominciare nel<br />

loro paese.<br />

DOMANDA 30 (Per i cooperanti o camere di commercio) Siete a conoscenza di buone prassi o di normative che<br />

favoriscono il reinserimento di ex-detenuti o rimpatriati nel paese estero in cui operate? o nel vostro<br />

paese di origine?<br />

J. Abbiamo avuto una unica esperienza di progetto di rientro di un gruppo di adulti con la comunità Eritrea. Questa<br />

esperienza è stata fatta con lo IOM. Era un esperimento nostro e anche loro, nel senso che era un progetto di<br />

rientro di gruppo, un gruppo di 12 persone. Né IOM né noi avevamo ancora fatto progetti di gruppo. E' stato fatto<br />

in collaborazione con la comunità eritrea in Italia. Rispetto a questa esperienza le buone pratiche individuate<br />

sono: che ci sia una chiarezza del percorso, condivisione e partecipazione nella costruzione del percorso da parte<br />

del gruppo o della persona obbiettivo. Che sia garantito un adeguato percorso formativo qui prima che la persona<br />

rientri. Che là ci sia una agenzia di appoggio, che abbia anche la capacità di dare accesso al credito alle persone<br />

o al gruppo che rientra. Un'altra cosa che ha garantito la riuscita del nostro progetto è stato mantenere il legame<br />

con noi (il progetto era l'inserimento lavorativo nel campo delle telecomunicazioni, cioè mettere in piedi un servizio<br />

di video e ripresa per la televisione eritrea e soggetti privati), quindi è stato fondamentale mantenere un legame<br />

tra la scuola di cinema e televisione del comune di Milano e loro. Tale legame era fatto di rapporti telefonici e<br />

scritti in modo che avessero garantito un supporto tecnico, se si spaccava una macchina o se era necessario un<br />

pezzo di ricambio. E’ indispensabile prevedere di mantenere un legame nel tempo allentandolo poco alla volta. La<br />

stessa IOM ha come regola di imporre un periodo di tempo fisso prima che i mezzi di produzione passino di<br />

proprietà, tutte le telecamere per un x numero di anni sono rimaste di proprietà dell'IOM, solo in seguito è<br />

avvenuto il passaggio di proprietà.<br />

Rispetto alla Romania ho poche indicazioni, a parte tutte le storie legate alle migrazioni giovanili, agli interventi sui<br />

minori, minori infrattori, minori legati alla prostituzione.<br />

In Romania abbiamo sostenuto progetti di sostegno al disagio giovanile, perché rispetto alla Romania siamo in<br />

presenza di una situazione numericamente consistente: Progetti di sostegno sia a interventi realizzati là, per<br />

esempio di aiuto alle case alloggio (cioè cosa succede quando questi giovani hanno terminato il tempo della<br />

permanenza nelle istituzioni e non rientrano in famiglia), sia progetti realizzati in una zona della Romania con<br />

popolazione prevalentemente rom rispetto alla prevenzione all'emigrazione realizzato con ONG che lavorano con i<br />

giovani rispetto alla formazione e al sociale; un altro progetto è partito dall'esperienza dei centri di mediazioni<br />

lavoro del Comune di Milano, abbiamo trasferito questa esperienza in Romania dove è stato aperto uno sportello.<br />

K. Noi puntiamo molto sul discorso della sostenibilità dei progetti, ovverosia che il progetto una volta concluso possa<br />

continuare senza il nostro coinvolgimento. Per questo diamo molta importanza al coinvolgimento nel progetto di<br />

soggetti locali e al fatto che nel progetto venga utilizzato anche del personale locale, che possa essere formato e<br />

che poi a sua volta possa formare. E’ importante anche il trasferimento di know how e di competenze e<br />

conoscenze da parte del soggetto italiano che realizza il progetto in collaborazione con la controparte locale.<br />

Teniamo molto a precisare il ruolo della controparte, che deve ricoprire un ruolo attivo. Quindi il trasferimento, la<br />

96


conoscenza, con un coinvolgimento attivo in modo che il progetto possa proseguire anche senza il soggetto<br />

italiano. Un altro elemento è uno studio, una valutazione a monte, delle opportunità che il territorio offre a livello<br />

locale. Per esempio ci sono dei progetti che si basano sulla medicina tradizionale, oppure che prevedono<br />

l’impiego di tecniche migliori per coltivazioni già presenti. Questa analisi di fattibilità iniziale è fondamentale per<br />

poter capire quali sono le opportunità che il territorio offre.<br />

In alcuni ambiti particolari, come quello sanitario, un contributo da parte dei soggetti europei è importante, se non<br />

fondamentale. Noi facciamo dei gemellaggi, per esempio tra ospedali lombardi e ospedali di paesi terzi. Quello<br />

che viene fatto in questi progetti è proprio il trasferimento di know how da personale sanitario europeo a personale<br />

dei paesi terzi. Proprio perché su alcuni ambiti gli europei hanno un livello di conoscenza superiore. Alcune volte è<br />

capitato anche che i medici italiani non avessero conoscenza tecnica superiore, ma il bisogno degli ospedali dei<br />

paesi terzi era rispetto agli aspetti organizzativi. Spesso nei paesi terzi non c’è l’idea di come si faccia<br />

l’organizzazione di un ospedale, quindi il nostro affiancamento è importante in questo senso. A volte hanno i<br />

mezzi ma non li sanno utilizzare al meglio, perciò l’affiancamento li aiuta in questo. Anche la forma di micro<br />

impresa rivolta alle donne viene realizzata con una forma di affiancamento per l’organizzazione della micro<br />

impresa, poi loro sono capaci. Per esempio io ho partecipato ad un convegno sulle donne africane e la cosa che<br />

mi ha stupita è stata che loro hanno chiesto di non mandare soldi ma risorse che le aiutassero a capire come<br />

organizzarsi, perché per il resto ci potevano pensare loro. E’ proprio un discorso di organizzazione delle varie<br />

attività in tutti i settori. La metodologia che riteniamo più funzionale è di prevedere una prima parte di progetto con<br />

un contributo consistente delle organizzazioni europee, poi una fase di affiancamento che mantenga un legame<br />

che progressivamente diminuisce fino a che la realtà del paese terzo diventa autonoma. Perché non bisogna<br />

pensare di abbandonarli immediatamente. Ci vuole un coinvolgimento loro, quando il progetto nasce deve essere<br />

progettato insieme (europei e paesi terzi), perché deve essere sentito, solo in questo modo sarà un progetto di<br />

successo, perché loro hanno partecipato alla creazione, in base alle loro esigenze. Anche i rappresentanti delle<br />

nostre associazioni, che conoscono le realtà locali e che vivono là da anni, non possono avere le esigenze che ha<br />

la persona che è nata in quel posto e che vive quella realtà, con una cultura diversa dalla nostra. Quindi il progetto<br />

deve essere condiviso. E’ necessario fin dalla progettazione coinvolgere le realtà locali dei paesi terzi, di chi poi<br />

avrà la gestione del progetto. In genere i progetti nascono sulla base di esigenze che sono locali. Per esempio nei<br />

progetti sanitari di gemellaggio, essi vengono fatti con i nostri ospedali, ma la componente maggiormente<br />

coinvolta non è quella dei medici bensì quella degli infermieri, perché c’è proprio bisogna di puntare l’intervento ad<br />

un livello organizzativo, è l’organizzazione dell’ospedale che manca. Nel caso del vostro progetto si tratta di un<br />

capovolgimento della logica che abbiamo esposto, perché l’esigenza parte da noi e dobbiamo farla capire a loro e<br />

coinvolgerli. Il problema è che avrete relazioni con paesi che non sono molto sensibili alle esigenze degli altri.<br />

Anche in Albania abbiamo saputo di donne che vengono rinchiuse in casa, senza nessun diritto, solo doveri,<br />

sposate sulla base di accordi famigliari. In Albania una giovane di 20 anni non sposata è considerata una nullità<br />

per la società e una vergogna per la famiglia. Abbiamo finanziato un progetto di formazione con CELIM e ci<br />

raccontavano che c’era una grande difficoltà a far partecipare le donne al corso di formazione e, se arrivavano,<br />

venivano accompagnate dal marito o dal fidanzato o dal padre e alcune dalla suocera, che pretendevano di stare<br />

fuori dalla stanza. Questo corso è stato organizzato a 2 km dalla città e queste donne non erano mai state in città.<br />

Un progetto come il vostro di reinserimento lavorativo è bene che si basi sul ruolo che le donne hanno in queste<br />

culture.<br />

La cooperazione italiana ha affidato al Cesvi la stesura di uno strategy paper su migrazione e sviluppo. Si tratta di<br />

una cosa che sta sempre più interessando la platea internazionale, a livello di commissione europea è già stata<br />

istituita una commissione su questa tematica. L’Italia la sta definendo. La strategy paper serve a collegare il<br />

discorso migratorio al discorso dello sviluppo nei suoi vari aspetti, perché per ora si parla solo di rimesse, ma la<br />

tematica non è stata ancora affrontata in maniera precisa e analitica, per cui ci sono diverse visioni. Entro fine<br />

anno si dovrebbe arrivare ad un documento condiviso. E’ un argomento che è su tutti i tavoli. Ci accorgiamo che<br />

tanti organismi stanno occupandosi di questo problema.<br />

DOMANDA 31 (Per i cooperanti o camere di commercio) Avete subito reati nel paese in cui avete operato? Quali reati? Li<br />

avete denunciati? Vedevate compiere reati e di che tipo?<br />

J. Una volta uno scippo.<br />

R. Veramente i reati li ho subiti tutti in Italia, mi hanno rubato 3 volte, una volta il portafoglio e quest'anno tutta la<br />

borsa. Non ho mai subito un reato all'estero.<br />

DOMANDA 32 (Per i cooperanti o camere di commercio) Pensa che per proporre degli inserimenti lavorativi di rimpatriati<br />

ci si possa affidare alle strutture di assistenza presenti nella nazione in cui opera, o ritiene che si possano<br />

raggiungere migliori risultati cercando l’aiuto di organizzazioni non governative di stati esteri?<br />

J. E' necessario coinvolgere il governo, almeno il governo locale ma anche le ONG presenti sul territorio. Bisogna<br />

avere una conoscenza buona delle ONG, perché succede che in questi paesi le ONG siano fasulle, bisogna<br />

prevedere anche la presenza di un espatriato che segua il progetto, perché basarlo solo su ONG locali è quanto<br />

mai pericoloso. Rispetto alle ONG locali è bene chiedere alle ONG presenti in Italia, perché di solito queste ultime<br />

hanno rapporti con partner locali dei paesi terzi e quindi si può partire con un loro appoggio.<br />

K. E’ funzionale soprattutto lavorare con le associazioni perché riescono ad allacciare i rapporti con le municipalità,<br />

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quindi col territorio, perché le associazioni hanno la conoscenza del territorio. Ci deve essere anche una cornice<br />

politica, che favorirebbe progetti tipo il vostro, altrimenti il rischio è di iniziare un progetto che poi a livello di<br />

municipalità viene interpretato come qualcosa di imposto da un altro paese, e questo non è funzionale. E’ logico<br />

che i tempi della burocrazia sono diversi dai tempi delle associazioni, che operano molto rapidamente, mentre<br />

trovare gli accordi a livello politico è molto più lungo e complicato. Se c’è un accordo governativo è più facile per<br />

gli operatori portare avanti un certo tipo di progetto. Noi chiediamo che il progetto non sia calato dall’altro, ma<br />

chiediamo delle lettere di intesa e di partecipazione e collaborazione, con il coinvolgimento di associazioni sul<br />

territorio e della municipalità. Solo così può funzionare un progetto. A monte, visto il problema di cui vi occupate,<br />

se non c’è l’accordo col governo e con l’istituzione non credo il vostro progetto possa avere le gambe per<br />

camminare.<br />

Come cooperazione internazionale finanziamo progetti in tutti i settori. L’obiettivo del progetto deve favorire l’autosviluppo<br />

locale e ci deve essere una sinergia con le strategie locali, nel senso che deve comunque essere in<br />

appoggio delle municipalità o delle regioni. Ci deve essere una omogeneità con la strategia locale di sviluppo del<br />

paese e dell’area dove si va ad operare. I progetti vengono presentati da ONG e associazioni che hanno come<br />

attività prioritaria la cooperazione allo sviluppo. Gli ambito sono i più diversi: formazione professionale, sanità,<br />

agricoltura, cultura.<br />

Il reinserimento socio-lavorativo di persone con un percorso migratorio fallito può essere contemplato tra i progetti<br />

che finanziamo, ma deve essere concordato con le autorità locali. Le nostre ONG conoscono il territorio,<br />

collaborano con le municipalità e le associazioni locali. Per rendere operativo il vostro progetto è necessario<br />

creare degli accordi con le municipalità, i governi, fin dall’inizio del progetto.<br />

Q. In Romania ci sono strutture di assistenza pubbliche e del privato sociale, c'è anche tanto, la fatica è quella di fare<br />

rete. Sono restii non solo perché rumeni, tutte le associazioni sono restie a fare rete. Se si pensa che tantissime<br />

associazioni italiane sono andate in Romania, ed ognuna ha aperto un pezzettino. Non è così facile coordinarsi.<br />

Se penso all'esempio dei ragazzi di strada, per esempio quelli di Bucarest, su cui un sacco di associazioni hanno<br />

investito e stanno lavorando, però non esiste un coordinamento. Quando sono stata lì c'erano alcune associazioni<br />

che mi raccontavano dello sfacelo di questo non riuscire a fare un coordinamento, perché un ragazzo<br />

tranquillamente può vivere una settimana - 10 giorni - 1 mese in una associazione e nel momento in cui il progetto<br />

diventa più ingente nei suoi confronti se ne va e passa in un'altra struttura, con molta nonchalance, in questo<br />

modo se un ragazzo ha un proprio interesse ad uscire dalla strada, bene; ma se ha già fatto quella vita per un<br />

certo periodo di tempo e gli interessa mangiare, farsi la doccia o dormire in un letto tranquillamente, riesce a<br />

soddisfare questi bisogni senza nessun impegno. Queste associazioni si stanno interrogando profondamente e<br />

non sono riuscite ancora a trovare una strategia per decidere che tipo di intervento fare, come fare un intervento<br />

tutti insieme per evitare questo fenomeno, perché lavorare in quel modo non serve a niente ed è diventato quasi<br />

una modalità di vivere dei ragazzi di strada di Bucarest. Il fatto di tentare un discorso di insieme non è semplice.<br />

Inoltre i tempi occidentali non sono i tempi di altri paesi e questo comporta una fatica aggiuntiva rispetto alla<br />

gestione dei progetti e del denaro. Alcune cose stanno funzionando bene, altre no. In Romania sta avvenendo<br />

quello che è avvenuto in Albania, che sono stati investiti miliardi per un paese che comunque continua a far fatica<br />

a vivere.<br />

Funzionano i progetti che hanno tempi un po' lunghi, che riescono a trovare modalità di comunicazione che siano<br />

le stesse da tutte e due le parti (una cura al comprendersi, al non dare per scontato che ci siano gli stessi obiettivi,<br />

gli stessi criteri di attuazione), i progetti dove c'è un rispetto reciproco, la disponibilità a capire le esigenze<br />

reciproche. L'altro discorso è che nel momento in cui tu porti risorse o trovi dall'altra parte delle persone realmente<br />

solide, che non sono dipendenti dalle tue risorse (tipo "tu mi dai i soldi e dici che vuoi fare un pollaio e io te lo<br />

apro"; dopodiché se tutti i contadini del paese i polli ce li hanno e quindi non ne venderò mai uno, non me ne<br />

importa niente. Il concetto è: tu mi hai dato i soldi per costruire un pollaio, mi garantisci lo stipendio per due anni, e<br />

io per due anni ti faccio tutti i pollai che vuoi). Tutta la cooperazione internazionale si scontra con questo<br />

problema.<br />

E poi i tempi, i nostri tempi non sempre coincidono. Noi facciamo progetti e i progetti hanno i tempi. I più onesti ti<br />

dicono "non ce la facciamo col tempo che ci proponi, quindi non lo facciamo".<br />

Bisogna avere la capacità di muoversi su piccolo obiettivi e in modo progressivo.<br />

R. Della collaborazione con i governi ho già parlato, ed è una attività indispensabile. Noi abbiamo sempre lavorato<br />

con reti di ONG italiane e locali, queste ultime sono importanti ed è fondamentale collaborare con loro. Le ONG<br />

locali ci sono, sono presenti.<br />

ALTRO Ha senso fare un progetto come il nostro per i cittadini rumeni visto l’ingresso della Romania nell’unione<br />

europea?<br />

C. In questo momento non è possibile prevedere quali saranno le leggi che verranno emanate. Si possono fare dei<br />

ragionamenti logici. Per come vedo io le cose direi che è già tardi per attivare un progetto di questo tipo. Sono<br />

stati attivati progetti di rientro assistito per i rom in Romania da parte del Comune di Milano. Perché il progetto<br />

funzioni è necessario che la Romania partecipi al progetto di rientro assistito per gli ex detenuti, in modo da<br />

garantire l’inserimento socio-lavorativo una volta avvenuto il rientro. In questo modo, per esempio, si potrebbero<br />

fare degli accordi per l’assegnazione di terreni agricoli da parte dello Stato. Quello che voglio dire è che non basta<br />

l’assistenza in Italia, bisogna attivare una modalità di assistenza anche in Romania.<br />

98


Sono convinto che quando la Romania entrerà nell’Unione europea chiederà agli stati membri di aprire le porte<br />

del carcere per le persone che sono dentro a causa del fatto che non hanno il permesso di soggiorno, con<br />

l’obbligo per queste persone di rientrare in Romania.<br />

99


COMMENTI ALLE DOMANDE DELL’AREA DELLE BUONE PRASSI – ROMANIA<br />

Non ci sono esperienze realizzate di progetti di rientro onorevole in Romania per persone ex detenute.<br />

Rispetto alla specificità rumena gli elementi sottolineati dagli intervistati riguardano l’esistenza sul territorio di<br />

molte strutture di assistenza pubbliche e del privato sociale e la conseguente necessità di coordinamento<br />

attraverso la costruzione di reti. E’ stata anche sottolineata la difficoltà nel raggiungere tale obbiettivo, a causa<br />

del prevalere delle specificità e della cura del proprio interesse. Inoltre è indispensabile calibrare bene la<br />

tempistica dei progetti tenendo conto della differenza tra i tempi occidentali e quelli dei paesi terzi, realtà in cui<br />

i progetti in ambito sociale sono agli inizi e che quindi ancora non hanno un concreto bagaglio di esperienza e<br />

prassi consolidate.<br />

Rispetto all’esperienza di rientro di alcuni cittadini eritrei le buone prassi individuate riguardano:<br />

• chiarezza del percorso<br />

• condivisione e partecipazione nella costruzione del percorso da parte del gruppo o della persona<br />

obbiettivo<br />

• adeguato percorso formativo prima del rientro<br />

• presenza nel paese terzo di una agenzia di appoggio, che abbia anche la capacità di dare accesso al<br />

credito alle persone o al gruppo che rientra<br />

• prevedere un periodo in cui mantenere i legami anche a distanza, in modo da garantire un supporto anche<br />

tecnico. Il legame va mantenuto nel tempo e allentato poco alla volta.<br />

Rispetto ai progetti di cooperazione internazionale realizzati le buone prassi individuate riguardano:<br />

• coinvolgimento del governo, almeno a livello locale<br />

• coinvolgimento delle ONG presenti sul territorio, previo un preliminare monitoraggio per verificarne<br />

l’affidabilità<br />

• prevedere la presenza di almeno un cooperante che segua il progetto in loco<br />

• creare progetti sulla base di un’analisi di fattibilità<br />

• coinvolgere le realtà dei paesi terzi nella fase di progettazione<br />

• creare progetti che prevedano la sostenibilità, ovverosia che il progetto una volta concluso possa<br />

continuare senza il coinvolgimento della cooperazione internazionale<br />

• prevedere l’impiego di personale locale nel progetto, in modo da garantire il trasferimento di know how e di<br />

competenze e conoscenze<br />

• indispensabilità di un ruolo attivo del partenariato del paese terzo<br />

Anche qui si sottolinea l’importanza del ruolo delle donne per la tenuta e buona riuscita dei progetti.<br />

100


QUALE SENSO FORNISCE LA RICERCA AL PROGETTO ODISSEO<br />

La ricerca evidenzia quali siano gli aspetti favorevoli alla realizzazione di progetti di rientro onorevole assistito<br />

per persone detenute o ex detenute.<br />

Essi sono:<br />

• Rispetto al sistema penitenziario italiano:<br />

il fatto che questo tipo di intervento incide sul numero delle persone detenute, riducendolo; aspetto<br />

che presenta un elevato interesse a causa del rilevante numero di persone straniere detenute nelle<br />

carceri italiane e del Nord in particolare.<br />

il contenimento dei costi a carico del sistema giudiziario italiano, tanto che in questa medesima<br />

direzione si muove l’art. 16 della legge sull’immigrazione che prevede la possibilità di sostituire la<br />

detenzione in un carcere italiano con il rientro nel paese d'origine.<br />

Riuscire a fornire un valore rieducativo alla pena, mentre attualmente essa assume un significato<br />

puramente punitivo per le persone straniere. Infatti nel caso in cui un detenuto, una volta scontata la<br />

pena, riceva un decreto di espulsione, non è possibile per lui attivare nessun tipo di intervento sociale<br />

volto al reinserimento della persona sul territorio italiano. I progetti di rientro onorevole assistito<br />

permetterebbero di creare programmi di reinserimento socio-lavorativo nel paese d’origine del<br />

detenuto o ex detenuto, fornendo quindi una prospettiva rieducativa alla pena oltre che una<br />

prospettiva di vita nella legalità.<br />

• Rispetto alla persona straniera detenuta:<br />

Comprendere le ragioni socio – economiche che hanno dato origine al processo migratorio e le<br />

motivazioni socio – culturali per cui tali processo non è stato programmato sulla base di informazioni<br />

certe ed attendibili relative alle normative in vigore in materia di immigrazione e alle possibilità di<br />

inserimento nei paesi di destinazione del processo migratorio. Supportare la persona a crearsi ed a<br />

realizzare un piano di sviluppo che tenga conto dei dati individuali e di con<strong>testo</strong>. L’attivazione di<br />

questo tipo di processo permetterebbe alla persona di apprendere modalità di gestione della propria<br />

vita più funzionali attraverso la modalità del modellamento.<br />

Permettere che un processo migratorio fallito che non consente la sopravvivenza né del soggetto in<br />

questione né della sua famiglia, si trasformi in un progetto di successo, dove l’inserimento lavorativo<br />

diventa la premessa indispensabile per un reinserimento sociale.<br />

• Rispetto ai paesi terzi:<br />

Il vantaggio maggiore e più generale per il paese terzo è che i progetti di rientro onorevole fungano da<br />

stimolo alla creazione di un sistema di legalità all’interno della nazione; sistema di legalità che<br />

riguarda sia le politiche attive del lavoro sia processi di crescita della convivenza civile, volti a<br />

prevenire la migrazione illegale, che attualmente presenta altissimi costi in termini di vite umane perse<br />

o sprecate e in termini di risorse economiche.<br />

L’inversione di tendenza rispetto alla perdita di mano d’opera giovane e potenzialmente attiva, e al<br />

conseguente depauperamento del territorio in termini di risorse – lavoro.<br />

Per la riuscita di progetti di rientro onorevole è indispensabile tenere conto delle condizioni socio-<br />

economiche dei paesi di origine in modo da inserire i rientri assistiti per persone detenute o ex<br />

detenute all’interno di interventi più complessivi di sviluppo locale. Le ragioni di tali considerazioni<br />

sono dettate dalle buone prassi individuate dagli attori del pubblico e del privato sociale coinvolti nella<br />

ricerca che si occupano di Cooperazione Internazionale. In particolar modo l’attenzione alla<br />

sostenibilità dei progetti, alla capacità di trasmettere ai paesi terzi un know how che inserisca gli<br />

interventi in una strategia di empowerment, l’importanza del coinvolgimento dei paesi d’origine fin<br />

101


dalla fase di ideazione delle attività in una logica di progettazione partecipata che tenga conto dei loro<br />

bisogni e che li faccia sentire parte attiva della realizzazione del processo nella sua complessità.<br />

Questa prospettiva va nella direzione di coniugare i nostri bisogni con i loro: il bisogno italiano è quello<br />

di fornire un significato evolutivo alla pena scontata dai detenuti stranieri ed alleggerire il carico che il<br />

grande numero di detenuti stranieri dà al sistema giudiziario e penale italiano; il bisogno dei paesi terzi<br />

è collegato alla possibilità di sviluppo locale, al di fuori di una logica assistenziale. Un approccio così<br />

strutturato permetterebbe anche di non generare discriminazioni tra chi ha fallito un progetto<br />

migratorio e chi non ha avuto la possibilità di tentarlo.<br />

L’importanza di coinvolgere i diversi livelli dell’organizzazione civile dei paesi terzi: dalle istituzioni alle<br />

ONG locali, in modo da costruire alleanze funzionali alla realizzazione dei rientri e alla tenuta dei<br />

progetti in una futura situazione di autonomia, che non preveda più la presenza e il sostegno diretto di<br />

attori occidentali.<br />

I PUNTI DI ATTENZIONE<br />

L’analisi dei dati della ricerca fa emergere che in ciascuna delle nazioni prese in considerazione sono presenti<br />

fattori problematici.<br />

Rispetto al Perù:<br />

• La situazione economica caratterizzata da forte instabilità, da una scarsa presenza di offerta di lavoro<br />

regolare e dal prevalere di lavoro informale, da redditi bassi che permettono solo la sopravvivenza, da<br />

ampie aree di povertà<br />

• L’assenza di accordi bilaterali tra Italia e Perù<br />

• La necessità di compiere un’opera di sensibilizzazione nei confronti del Consolato peruviano essendo<br />

sconosciuti i progetti di rientro onorevole. Tale situazione delinea la necessità di compiere un’opera<br />

informativa e di chiarificazione preliminare in modo da evitare ambiguità, incomprensioni che potrebbero<br />

compromettere la disponibilità alla collaborazione<br />

• Il grande peso delle prassi informali, superiore a quello delle procedure formalizzate<br />

• La presenza del narcotraffico<br />

• La notevole distanza fisica che separa il Perù dall’Europa<br />

Rispetto alla Tunisia:<br />

• La normativa riguardante il rientro di cittadini tunisini emigrati irregolarmente<br />

• La forte presenza di corruzione<br />

• Il dubbio sullo spirito di solidarietà della società tunisina<br />

Rispetto alla Romania:<br />

• Il suo ingresso nell’Unione Europea<br />

• Lo sfruttamento della forza lavoro (anche da parte di imprenditori stranieri che hanno aperto realtà<br />

produttive in Romania e che iniziano a essere visti con diffidenza da parte della popolazione locale)<br />

caratterizzato dall’offrire lavoro in nero, sotto pagato e dal non garantire alcun diritto sindacale.<br />

I punti di attenzione qui sopra riportati non sono tali da scoraggiare l’avvio di un progetto di rientro onorevole<br />

per persone detenute o ex detenute, purché i progetti vengano costruiti in maniera differenziata e specifica,<br />

tale da tenere conto delle particolarità della nazione e dell’area geografica in cui i rientri devono avvenire.<br />

E’ quindi indispensabile individuare per ciascun paese preso in esame una formula adatta alle opportunità da<br />

costruire nel paese terzo e alla modalità di coinvolgimento dei soggetti istituzionali e del privato sociale.<br />

102


IPOTESI PROGETTUALI PER I RIENTRI ONOREVOLI<br />

Perù<br />

Considerati i punti di attenzione emersi, la formula più adeguata a questa nazione e all’area del Sud America<br />

in generale va nella direzione di valorizzare e creare alleanze progettuali con le ONG che da anni operano su<br />

questi territori sviluppando progetti di Cooperazione Internazionale. Grazie ai finanziamenti di molte Istituzioni<br />

europee si è sviluppata una significativa presenza di ONG, in cui personale europeo e personale dei paesi<br />

terzi collaborano attivamente.<br />

L’ipotesi progettuale di sviluppo del Progetto Odisseo prevede di coinvolgere le ONG operanti sul territorio sud<br />

americano, attraverso un’opera di monitoraggio, di valutazione del tipo di intervento realizzato e degli<br />

strumenti impiegati, della possibilità ed interesse alla collaborazione e delle modalità della collaborazione<br />

stessa. La prospettiva è quella di stimolare le ONG ad occuparsi dell’inserimento socio-lavorativo delle<br />

persone detenute o ex detenute, facendole diventare parte integrante dei loro progetti di sviluppo locale.<br />

Il ruolo delle organizzazioni italiane coinvolte nel progetto riguarderà la promozione della possibilità di rientro<br />

onorevole negli Istituti Penitenziari, la presa di contatto con i detenuti, la selezione dei beneficiari, la creazione<br />

delle condizioni amministrative-burocratiche necessarie alla realizzazione dei rientri (documenti di viaggio,<br />

identificazione della persona, ect.), la sensibilizzazione del Consolato peruviano al fine di ottenere<br />

collaborazione.<br />

Lo spazio di collaborazione tra ONG e organizzazioni italiane riguarda l’individuazione e la creazione di<br />

percorsi di aggiornamento e di formazione professionale favorenti l’inserimento lavorativo di chi rientrerà nel<br />

paese d’origine.<br />

E’ possibile individuare un primo target interessante per l’intervento ipotizzato in base ai percorsi migratori dei<br />

potenziali destinatari dell’intervento: le donne processate per traffico di stupefacenti, che trasportano su di sè<br />

una relativamente scarsa quantità di sostanza. Queste donne non hanno un progetto migratorio, spesso<br />

partono lasciando a casa i figli affidati alle nonne o alle amiche ed hanno l’urgenza di rientrare, non avendo<br />

nessuna intenzione di rimanere in Italia, ma di intraprendere un unico viaggio che, se andato a buon fine,<br />

risolleverà le sorti economiche di tutta la famiglia per un periodo anche lungo.<br />

Tunisia<br />

Le ipotesi di sviluppo progettuale che riguardano la Tunisia e l’area nord africana sono:<br />

1. Lo sviluppo di micro-attività imprenditoriali<br />

2. L’inserimento lavorativo nelle realtà produttive sviluppate da industriali italiani in quest’area territoriale<br />

3. La creazione di una agenzia di mediazione al lavoro<br />

1. E’ un intervento con una portata locale, che prevede il coinvolgimento di singole municipalità collocate<br />

prevalentemente nelle aree rurali. L’ipotesi di sviluppo è quella di fornire in Italia percorsi di formazione<br />

specifici rispetto a tecniche di coltivazione innovative e all’uso dello strumento del micro-credito e favorire<br />

l’apertura di micro-attività in Tunisia dove vengano occupati sia il target privilegiato di Odisseo sia la<br />

popolazione residente. Tale modalità di realizzazione di questa idea progettuale consentirebbe un più facile<br />

inserimento sociale dei detenuti ed ex detenuti rientranti, poiché essi diventerebbero parte di un gruppo di<br />

lavoro misto, che comprende anche persone residenti sul territorio stesso dell’intervento.<br />

2. Questa ipotesi prevede il coinvolgimento degli imprenditori con attività produttive in Tunisia (nei settori del<br />

turismo, dell’edilizia, del commercio, per esempio) volto alla creazione di una rete organica al fine di<br />

individuare le professionalità interessanti per il mercato del lavoro tunisino, organizzare per le persone<br />

detenute dei corsi di qualificazione professionali in settori concorrenziali, garantire un inserimento lavorativo in<br />

Tunisia alle persone che hanno partecipato con profitto al percorso di formazione professionale.<br />

103


3. Si tratta di un’idea progettuale di portata nazionale, ossia che necessita del coinvolgimento del Governo<br />

tunisino. L’Agenzia di mediazione al lavoro permetterebbe da una parte di occuparsi del rientro di detenuti ed<br />

ex detenuti nel paese terzo e allo stesso tempo di sviluppare una capacità di mediazione al lavoro per tutta la<br />

popolazione. Ciò significherebbe realizzare una politica di intervento sui servizi di incontro domanda/offerta di<br />

lavoro, aspetto attualmente carente dai dati emersi dalla ricerca, che evidenziano il prevalere di lavoro nero e<br />

informale.<br />

Perché tale operazione funzioni ed abbia senso, il sistema deve essere assolutamente legittimato in termini<br />

istituzionali sul territorio tunisino, solo in questo modo tale iniziativa andrebbe a stimolare la creazione di un<br />

sistema di legalità nel mercato del lavoro all’interno della nazione stessa.<br />

Il processo di creazione dell’Agenzia di mediazione al lavoro prevederebbe il coinvolgimento di:<br />

• Organizzazioni italiane con funzioni organizzative e progettuali e col compito di esportare know how e<br />

d’impiantare il sistema del servizio.<br />

• La creazione di una rete di imprenditori già attivi in Tunisia e commercianti interessati ai servizi offerti<br />

dall’agenzia di mediazione al lavoro<br />

• L’attivazione di percorsi di formazione professionale, realizzabili in Italia per le persone detenute e sul<br />

territorio tunisino per i residenti, volti alla qualificazione della mano d’opera e al suo inserimento funzionale<br />

nelle attività produttive individuate e coinvolte<br />

• L’attivazione di percorsi formativi in Tunisia volti alla creazione e implementazione del terzo e quarto<br />

settore, per esempio la formazione di tutor da impiegare nell’agenzia stessa e lo stimolo alla nascita e alla<br />

crescita dell’associazionismo e delle imprese sociali, collegate al principio dell’impresa.<br />

• La localizzazione dell’Agenzia di mediazione al lavoro potrebbe essere il territorio di Soux, che sta vivendo<br />

la costruzione di una enorme porto commerciale, oppure in un’area legata al turismo. La prima ipotesi si<br />

adeguerebbe alla volontà del Governo tunisino di decentralizzare le attività produttive rispetto alla capitale.<br />

Un primo target interessante per i percorsi di rientro onorevole in Tunisia è costituito da detenuti maschi, di età<br />

superiore ai 30 anni, con ripetuti tentativi migratori alle spalle e una famiglia in Tunisia. Si tratta di persone<br />

stanche dai continui tentativi di inserimento in occidente falliti e di persone con un solido legale affettivo e<br />

relazionale nel loro paese d’origine.<br />

Romania<br />

L’ipotesi di sviluppo del progetto Odisseo è collegata alla presenza di una fitta rete di aziende italiane sul<br />

territorio rumeno. In base a questo dato l’intervento più funzionale sarebbe quello di coinvolgere gli<br />

imprenditori italiani che hanno investito in Romania e creare con loro una rete, al fine di individuare le<br />

professionalità interessanti per l’inserimento nelle loro realtà produttive. Organizzare in collaborazione con gli<br />

imprenditori italiani dei corsi di qualificazione professionale nei settori concorrenziali individuati per i detenuti,<br />

e garantire l’inserimento lavorativo alle persone che hanno partecipato con profitto al percorso di formazione<br />

professionale.<br />

Perché un progetto di questo tipo funzioni in una realtà quale quella della Romania è indispensabile offrire<br />

interventi di formazione e/o aggiornamento professionale al fine di raggiungere standard qualitativi elevati e<br />

inserimenti lavorativi a livello medio o medio – alto, visto che la condizione indispensabile per poter prendere<br />

in considerazione il rientro in patria è quella di poter contate su una buona retribuzione.<br />

104


LE PERSONE<br />

LA SPERIMENTAZIONE DEI RIENTRI ONOREVOLI<br />

I dati forniti dalla ricerca hanno permesso di mettere a fuoco una procedura volta all’individuazione dei<br />

candidati al rientro onorevole e all’attivazione di questi percorsi.<br />

La modalità più funzionale identificata per facilitare la presa di decisione, verificare i pro e i contro e le opzioni<br />

alternative, mettere a punto un piano di inserimento socio – lavorativo personalizzato è l’impiego di attività di<br />

counselling e di orientamento.<br />

Abbiamo compreso l’importanza che i percorsi di counselling e di orientamento si focalizzino su alcuni punti di<br />

attenzione, specifici a seconda del paese di provenienza del soggetto interessato, in modo da sondare e<br />

valorizzare alcuni dati di con<strong>testo</strong> (personali, famigliari e territoriali) essenziali per la riuscita del rientro.<br />

Per il Perù e l’area del sud America le indicazioni sono:<br />

• Compiere una valutazione sulla tipologia del reato commesso<br />

• Approfondire il vissuto personale rispetto al rimpatrio<br />

• Verificare dove si trova la famiglia<br />

• Verificare le aspettative della famiglia rispetto al progetto migratorio della persona interessata<br />

• Verificare le condizioni che permettano una buona accoglienza in famiglia<br />

• Verificare se la persona ha creato nuovi nuclei famigliari e, in caso affermativo, cosa intende fare<br />

• Verificare se sono stati contratti debiti per sostenere i costi dell’emigrazione e, se la risposta è affermativa,<br />

conoscere a quanto ammontano<br />

• Valutare che tipo di relazione la persona aveva con la sua comunità locale<br />

• Verificare l’attaccamento allo stile di vita occidentale<br />

• Verificare se la persona è in grado di sostenere un percorso individuale o se è meglio attivare un percorso<br />

di gruppo<br />

• Valutare quale sia il luogo più appropriato per il rientro (la propria comunità d’origine o altro luogo nel<br />

paese d’origine)<br />

• Verificare la percezione che la persona ha del reato commesso e quella che ipotizza possano avere i<br />

famigliari, gli amici e la comunità locale<br />

• Realizzare un bilancio di competenze e verificare la possibilità di attivare un percorso di riqualificazione<br />

professionale<br />

• Progettare interventi che valorizzino la qualificazione professionale<br />

• Valutare il luogo di rientro tenendo conto della professionalità della persona e dell’offerta di lavoro in<br />

quell’ambito professionale<br />

• Individuare possibilità lavorative continuative e che garantiscano un reddito mensile compreso tra 200 e<br />

500 euro<br />

• Fornire un supporto che tenga conto della possibile colpevolizzazione rispetto al fallimento della<br />

migrazione e del possibile conseguente vissuto di frustrazione.<br />

• Individuare modalità attraverso cui presentarsi ai dirigenti territoriali dei barrios – quartieri<br />

• Focalizzare l’attenzione sull’analisi delle diverse condizioni degli Istituti Penitenziari italiani e peruviani e<br />

sui possibili pregiudizi negativi dei cittadini peruviani nei confronti dei detenuti<br />

• Soffermarsi sulla possibilità che ai cittadini peruviani manchino informazioni sulle possibili cause delle<br />

espulsioni e rimpatri, per esempio quelle legate al mancato possesso del permesso di soggiorno<br />

Per la Tunisia e l’area del nord Africa le indicazioni sono:<br />

• Compiere una valutazione sul reato commesso<br />

• Verificare se la persona ha commesso reati sottoponibili alla extraterritorialità o contro cittadini tunisini<br />

105


• Verificare se l’emigrazione è avvenuta in modo irregolare. In caso affermativo verificare a quali<br />

conseguenze andrebbe incontro la persona interessata al rientro. Verificare la sua disponibilità ad<br />

affrontare le conseguenze previste per l’emigrazione irregolare<br />

• Approfondire il vissuto personale rispetto al rimpatrio<br />

• Conoscere le condizioni socio – economiche della persona prima della scelta migratoria<br />

• Sondare le aspettative rispetto ad un inserimento lavorativo (retribuzione, orari, tipologia di contratto,<br />

tipologia di lavoro)<br />

• Realizzare un bilancio di competenze<br />

• Verificare l’opportunità di attivare un percorso di riqualificazione professionale<br />

• Verificare l’attaccamento allo stile di vita occidentale e la disponibilità ad adeguarsi alle condizioni socio –<br />

culturali del paese d’origine<br />

• Verificare dove si trova la famiglia<br />

• Verificare le aspettative della famiglia rispetto al progetto migratorio della persona interessata al rientro<br />

• Verificare il tipo di rapporto mantenuto coi figli, se ve ne fossero<br />

• Focalizzare l’attenzione sul pregiudizio negativo diffuso in Tunisia nei confronti di chi emigra in Italia e su<br />

come gestire questa difficoltà<br />

• Soffermarsi sulla possibilità che ai cittadini tunisini manchino informazioni sulle possibili cause delle<br />

espulsioni e rimpatri, per esempio quelle legate al mancato possesso del permesso di soggiorno<br />

• Verificare le condizioni che permetterebbero una buona accoglienza in famiglia<br />

• Verificare se sono stati contratti debiti per sostenere i costi dell’emigrazione e in caso affermativo a quanto<br />

ammontano<br />

• Verificare quale percezione la persona ha del reato commesso e quella che ipotizza possano avere<br />

famigliari, amici e concittadini<br />

• Valutare qual è il luogo più appropriato per il rientro (la propria comunità d’origine o altro luogo nel paese<br />

d’origine)<br />

• Valutare il luogo di rientro tenendo conto della professionalità della persona e dell’offerta di lavoro in<br />

quell’ambito professionale<br />

• Individuare possibilità lavorative che garantiscano la continuità ed un reddito medio (500 – 600 euro<br />

mensili)<br />

Per la Romania le indicazioni sono:<br />

• Compiere una valutazione sul reato commesso<br />

• Verificare l’interesse della persona a rientrare in Romania pur senza la costrizione del decreto di<br />

espulsione<br />

• Verificare se sono stati contratti debiti per sostenere i costi dell’emigrazione e in caso affermativo a quanto<br />

ammontano<br />

• Approfondire il vissuto personale rispetto al rimpatrio<br />

• Conoscere le condizioni socio – economiche della persona prima della scelta migratoria<br />

• Sondare le aspettative rispetto ad un inserimento lavorativo (retribuzione, orari, tipologia di contratto,<br />

tipologia di lavoro)<br />

• Realizzare un bilancio di competenze<br />

• Verificare l’opportunità di attivare un percorso di riqualificazione professionale<br />

• Verificare dove si trova la famiglia<br />

• Verificare le aspettative della famiglia rispetto al progetto migratorio della persona interessata al rientro<br />

• Verificare le condizioni che permetterebbero una buona accoglienza in famiglia<br />

• Verificare quale percezione la persona ha del reato commesso e quella che ipotizza possano avere<br />

famigliari, amici e concittadini<br />

• Valutare qual è il luogo più appropriato per il rientro (la propria comunità d’origine o altro luogo nel paese<br />

d’origine)<br />

106


• Valutare il luogo di rientro tenendo conto della professionalità della persona e dell’offerta di lavoro in<br />

quell’ambito professionale<br />

• Individuare possibilità lavorative che garantiscano la continuità ed un reddito medio (400 euro mensili)<br />

I CONTESTI<br />

Le indicazioni fornite dalla ricerca rispetto alla modalità attraverso cui attivare i percorsi di rientro onorevole<br />

riguardano:<br />

• La necessità di creare una rete sul territorio italiano composta da:<br />

♦ Gli Istituti Penitenziari coinvolti nel progetto, in particolar modo per quanto riguarda il livello operativo<br />

del progetto è indispensabile attivare modalità di collaborazione con gli educatori e assistenti sociali e<br />

con le organizzazioni che si occupano di formazione professionale e gestione dei laboratori all’interno<br />

dei penitenziari<br />

♦ I Consolati dei paesi coinvolti nel progetto, al fine di accordarsi sui modi e tempi dell’identificazione<br />

delle persone, sul rilascio dei documenti di viaggio e sulla modalità del rientro<br />

♦ L’ufficio stranieri della Questura da cui dipende la gestione dei rientri per art. 16 della legge Bossi –<br />

Fini e l’accompagnamento in frontiera<br />

♦ I Centri di Permanenza Temporanea, luogo in cui è possibile incontrare le persone processate per<br />

direttissima e a cui è stato contemporaneamente dato un decreto di espulsione<br />

• La necessità di costruire una rete operativa sul territorio dei paesi terzi composta da:<br />

♦ Le realtà organizzative sopra indicate, specifiche per ogni territorio individuato, in collaborazione con<br />

le quali strutturare il percorso di inserimento lavorativo<br />

♦ Soggetti operativi nel paese terzo che possano occuparsi del monitoraggio dell’inserimento lavorativo<br />

e del supporto all’inserimento sociale del cittadino rientrante<br />

Tali reti sono da costruire, perciò nella sperimentazione dei due casi di rientro onorevole non abbiamo potuto<br />

avvalerci di reti già strutturate, bensì individuare modalità alternative, caratterizzate dall’essere meno affidabili<br />

rispetto alla riuscita dell’intervento, ma le uniche a disposizione al momento.<br />

LA SELEZIONE DEI CANDIDATI AL RIENTRO ONOREVOLE<br />

L’assenza di reti già costituite funzionali alla realizzazione dei rientri onorevoli ha influenzato la fase di<br />

selezione dei candidati. Durante le interviste ai detenuti: tre di essi avevano espresso l’interesse a partecipare<br />

al progetto di rientro onorevole. Essi erano una donna peruviana, un detenuto rumeno e un detenuto tunisino.<br />

Non abbiamo ritenuto opportuno proporre loro un progetto di rientro onorevole poiché:<br />

• nessuno dei tre era inserito in percorsi di riqualificazione professionale in carcere né in attività di<br />

laboratorio<br />

• per quanto riguarda la donna peruviana:<br />

♦ l’assenza della rete sul territorio italiano non permetteva di poter usufruire di procedure condivise con<br />

il Consolato peruviano rispetto all’identificazione della persona e alle modalità di rientro<br />

♦ l’assenza della rete in Perù rendeva complesso individuare una ONG di appoggio con cui creare il<br />

progetto di reinserimento socio – lavorativo<br />

• per quanto riguarda il detenuto rumeno:<br />

♦ l’assenza della rete in Romania non permetteva di individuare una realtà produttiva in cui attivare<br />

l’inserimento lavorativo<br />

• per quanto riguarda il detenuto tunisino:<br />

107


♦ l’assenza della rete sul territorio italiano rendeva molto incerte le modalità del rientro, non possedendo<br />

accordi con il Consolato tunisino e quindi ignorando se la persona interessata avrebbe dovuto andare<br />

incontro ad un periodo di detenzione in Tunisia poiché era emigrato irregolarmente. Inoltre non gli si<br />

poteva garantire la tempistica dell’identificazione né le modalità del rientro.<br />

♦ L’assenza della rete sul territorio tunisino ha reso impossibile la creazione del progetto di<br />

reinserimento socio – lavorativo<br />

Per individuare una modalità volta a superare tali difficoltà abbiamo impostato la selezione dei candidati per il<br />

rientro onorevole ed assistito basandoci sulle risorse già a nostra disposizione, ovvero prioritariamente<br />

sull’azienda PC DET, quale partner del progetto Odisseo.<br />

PC DET gestisce un laboratorio informatico all’interno dell’Istituto Penitenziario di Bollate, fornendo a chi vi<br />

lavora una specializzazione professionale. Inoltre PC DET ha interesse ad avviare attività produttive e<br />

commerciali in paesi terzi, investendo su persone da lei formate e considerate affidabili per realizzare il suo<br />

progetto imprenditoriale.<br />

Abbiamo quindi valutato insieme al responsabile aziendale di PC DET quali fossero i potenziali candidati ai<br />

percorsi di rientro onorevole, prendendo in considerazione 3 persone. Un detenuto senegalese scarcerato con<br />

l’indulto, 1 detenuto rumeno e 1 detenuto moldavo.<br />

Abbiamo deciso di non attivare il percorso di rientro onorevole con il detenuto moldavo a causa delle<br />

scarsissime informazioni da noi possedute in questo momento sulla Moldavia (non essendo la Moldavia uno<br />

dei territorio presi in esame dalla ricerca).<br />

L’ipotesi di percorsi di rientro onorevole si è quindi focalizzata su l’ex detenuto senegalese e il detenuto<br />

rumeno.<br />

LA SCHEDA<br />

Abbiamo messo a punto e utilizzato una scheda per verificare la concreta possibilità di realizzare il percorso<br />

del rientro onorevole ed assistito. Tale scheda è stata ideata sulla base delle indicazioni emerse dalla ricerca,<br />

in merito ai punti di attenzione da sondare e verificare per attivare il rientro onorevole.<br />

Nome e cognome<br />

Luogo e data di nascita<br />

Istituto penitenziario<br />

Reparto<br />

Ha un domicilio in Italia?<br />

Se sì dove<br />

Conoscenza lingue.<br />

Quali<br />

Patente<br />

Documenti validi<br />

Recapito telefonico<br />

Inizio pena<br />

Fine pena<br />

Posizione giuridica<br />

Tipologia di reato<br />

Precedenti. Se sì quali<br />

Carichi pendenti.<br />

Se sì quali<br />

Recidiva<br />

DATI GENERALI<br />

POSIZIONE GIURIDICA<br />

108


Camera di consiglio<br />

Educatore<br />

Assistente sociale<br />

In possesso di sintesi<br />

Procedimenti disciplinari<br />

Stato civile<br />

Figli (numero, età)<br />

Luogo di residenza della<br />

famiglia<br />

Condizione abitativa<br />

precedente la<br />

migrazione<br />

(dove, con chi)<br />

Condizione abitativa<br />

attuale della famiglia nel<br />

paese d’origine<br />

Condizione economica<br />

della famiglia d’origine<br />

Nel suo paese la<br />

famiglia lo<br />

accoglierebbe?<br />

Se sì, a quali condizioni<br />

Stato di salute generale<br />

Terapie in corso<br />

Limiti per attività<br />

lavorativa<br />

Riconoscimento<br />

invalidità<br />

Uso sostante psicotrope,<br />

anche in passato<br />

(droghe, alcol…)<br />

Servizi di riferimento<br />

esterni<br />

Servizi di riferimento<br />

interni al carcere<br />

Da quanto tempo è in<br />

Italia?<br />

Ha vissuto in altre<br />

nazioni?<br />

Ha avuto il permesso di<br />

soggiorno?<br />

Se sì dove e per quanto<br />

tempo<br />

Qual è il suo titolo di<br />

studio, e dove lo ha<br />

conseguito?<br />

Ha partecipato a<br />

SITUAZIONE FAMIGLIARE<br />

SITUAZIONE SANITARIA<br />

PERCORSO MIGRATORIO<br />

109


percorsi di formazione o<br />

specializzazione<br />

all’interno o all’esterno<br />

del carcere?<br />

Quali lavori ha svolto nel<br />

suo paese d’origine?<br />

Quali lavori ha svolto nei<br />

paesi in cui è emigrato?<br />

Attualmente sta<br />

lavorando?<br />

Se sì dove?<br />

Inquadramento?<br />

Quali sono i motivi per<br />

cui desidera rientrare nel<br />

paese d’origine?<br />

Ha mantenuto legami<br />

con il suo paese?<br />

Quali?<br />

Quale lavoro/lavori<br />

vorrebbe svolgere nel<br />

suo paese d’origine?<br />

Quali caratteristiche<br />

dovrebbe avere il posto<br />

di lavoro<br />

(luogo geografico, orario,<br />

salario, tipo di<br />

contratto)?<br />

Immagina che potrebbe<br />

avere qualche difficoltà a<br />

rientrare in famiglia?<br />

Se sì, quali.<br />

Immagina che potrebbe<br />

avere qualche difficoltà<br />

con i suoi compaesani?<br />

Se sì, quali.<br />

LA DESCRIZIONE DEI CASI<br />

Primo caso<br />

Dati generali<br />

B.S., nato in Senegal a Kaolack il 06 luglio 1966<br />

Coniugato con 5 figli (il maggiore avuto da una relazione con donna nubile; due maschi di 9 e 7 anni e due<br />

femmine di 6 e 5 anni avuti dal matrimonio con Awa)<br />

Il con<strong>testo</strong> socio-familiare di provenienza<br />

Babacar è nato e cresciuto in Senegal, in un numeroso nucleo familiare con 5 figli. La famiglia d’origine non si<br />

può definire indigente, poiché proprietaria di alcuni terreni.<br />

Dopo aver terminato la scuola dell’obbligo, inizia a lavorare come carrozziere presso terzi.<br />

110


Ha un figlio, nato da una relazione con una donna che però non sposa. Successivamente prende in moglie<br />

Awa Ture, di professione sarta, dalla quale ha 3 figli. Nei primi anni di matrimonio la mamma di Babacar si<br />

ammala gravemente. La donna abita a Dakar dove ha una casa, ma costretta in carrozzella perde<br />

l’autosufficienza e viene accolta, per essere accudita, dalla famiglia di Babacar a Kaolack. E’ facile<br />

comprendere come nel giro di pochi anni Babacar si trovi a fronteggiare una situazione economica che via via<br />

si fa più difficile. Lo stipendio da carrozziere non basta a mantenere l’intera famiglia, la madre necessita di<br />

cure costose per potersi ristabilire, e le entrate non possono più contare sul contributo di Awa, che impegnata<br />

nell’accudimento dei figli e della suocera, ha abbandonato il lavoro di sarta.<br />

E’ in questo difficile momento, che nonostante l’attaccamento alla sua famiglia ed alla sua terra, Babacar<br />

medita il suo progetto migratorio e nell’intento di garantire un’esistenza decorosa alla famiglia decide di<br />

emigrare in Europa in cerca di fortuna.<br />

Il percorso migratorio<br />

L’occasione gli arriva a metà degli anni novanta, con l’aiuto di alcuni connazionali a cui è legato da lontani<br />

vincoli di parentela e che già risiedono nel nostro Paese, riesce ad approdare in Italia, dove viene accolto<br />

nella loro abitazione in un comune nell’hinterland di Milano.<br />

In effetti inizia da subito a lavorare come operaio in diverse cooperative, dove acquisisce professionalità come<br />

operaio polivalente: saldatore soprattutto, ma anche verniciatore e gessista. Manda la metà dello stipendio alla<br />

famiglia, con la quale mantiene regolari contatti telefonici.<br />

Dopo circa quattro anni riesce a tornare in Senegal per un periodo di vacanza, ed è in quell’ccasione che<br />

viene concepita l’ultimogenita, che però non è mai riuscito a conoscere ed ora ha cinque anni.<br />

Rientrato in Italia lavora in modo continuativo, con l’idea di ricongiungersi con l’intera famiglia a Milano.<br />

Durante un lavoro di saldatura però, un incidente all’occhio destro lo costringe a fermarsi. Viene operato, ma<br />

non riacquista completamente la vista e l’occhio rimane offeso. Da questo momento, anche a causa della<br />

solitudine data lontananza dalla famiglia e dal suo con<strong>testo</strong> d’origine, inizia a frequentare locali notturni e<br />

discoteche. Inevitabilmente, assieme ai suoi amici connazionali, viene a contatto con sostanze psicotrope<br />

(marijuana e cocaina) e pur non diventando tossicodipendente comincia a farne uso e a detenerne dosi in<br />

piccola quantità nella casa che divide con gli amici. E’ a seguito di un controllo da parte delle forze dell’ordine<br />

che viene arrestato e condannato a 4 anni di detenzione.<br />

L’esperienza detentiva<br />

E’ durante il periodo detentivo, costretto ad un periodo di forzata inattività, che Babacar ha modo di mettere a<br />

frutto questa esperienza totalizzante riflettendo e facendo una revisione critica sul suo percorso migratorio e<br />

sui trascorsi che lo hanno portato alla condanna, assumendosi ogni responsabilità per l’accaduto – in modo<br />

anche sin troppo rigido - e pianificando nuovi progetti per il futuro. Comincia ad affermare con forza e<br />

convinzione il suo desiderio di cambiare vita una volta uscito dal carcere, assicurando agli operatori che non<br />

riprenderà per nessun motivo la vita sregolata degli ultimi mesi, né tantomeno l’uso di sostanze stupefacenti.<br />

Non nasconde la sua condizione di detenuto alla famiglia, che sente settimanalmente durante la telefonata a<br />

cui hanno diritto le persone recluse, e a cui continua a mandare denaro. Di fatto, durante la sua detenzione,<br />

Babacar si è integrato nel difficile con<strong>testo</strong> del carcere, ha potuto costruire relazioni significative sia con gli<br />

Educatori Penitenziari che con tutti gli Operatori Sociali che a vario titolo si sono occupati del suo caso.<br />

Stimato anche dagli Agenti di reparto del Corpo di Polizia Penitenziaria per i suoi modi educati ed il rispetto<br />

delle regole intramurarie, inizia presto (tenuto conto dei tempi dilatati dell’Amministrazione Penitenziaria) a<br />

lavorare in mensa, dove si impegna con serietà ed entusiasmo, e gli viene perciò rinnovato l’incarico per tre<br />

anni.<br />

Nell’ultimo anno di detenzione inizia a lavorare presso la PC Det srl, società con forte mission sociale, nata<br />

per sviluppare l’inserimento lavorativo di soggetti detenuti. Pc Det conta su un punto vendita di PC usati a<br />

Novate Milanese, ma ha anche un’unità operativa all’interno del carcere che segue la manutenzione e<br />

l’assemblaggio delle parti informatiche. Il suo scopo è valorizzare e sviluppare il lavoro intramurario, previo<br />

periodo formativo che permette ai lavoratori di acquisire specifica professionalità nel settore, spendibile anche<br />

sull’esterno.<br />

111


Durante il periodo trascorso in PC Det, Babacar impara velocemente e si appassiona al mestiere,<br />

raddoppiando i suoi guadagni , e di conseguenza il contributo economico da mandare mensilmente alla<br />

famiglia.<br />

Gli sviluppi familiari<br />

Con i guadagni conseguiti durante il suo soggiorno in Italia – anche nel periodo di detenzione - Babacar ha<br />

potuto riscattare l’abitazione in cui vive la famiglia, garantire un’educazione ai due figli maggiori in un collegio<br />

di Religiose Missionarie (che tuttora frequentano) con l’intenzione di offrire questa possibilità anche alle due<br />

figlie minori.<br />

Inoltre, sempre con i soldi inviati mensilmente, la moglie ha potuto acquistare una macchina da cucire e<br />

l’attrezzatura necessaria per lavorare da casa e riacquistare un minimo di autonomia economica; la madre si è<br />

sottoposta ad un difficile e costoso intervento chirurgico, e pur non avendo riacquistato la completa mobilità<br />

degli arti inferiori, ha ripreso a camminare ed è ritornata nella sua casa di Dakar, portando con sé anche una<br />

delle due nipotine.<br />

Se da un lato l’emigrazione di Babacar ha permesso alla famiglia di condurre un’esistenza dignitosa e di<br />

risolvere tutte le esigenze di ordine economico, dall’altra ha minato pesantemente la coesione familiare. Oltre<br />

a non avere avuto la gioia di conoscere la figlia minore, anche il rapporto con Awa ha subito un duro<br />

contraccolpo a causa della lontananza che si protrae da più di cinque anni. Non ci è chiaro quali siano state le<br />

dinamiche che lo abbiano spinto a rivolgersi ad un avvocato ed a chiedere la separazione (fatta per procura)<br />

dalla moglie. Babacar afferma, e non abbiamo motivo di credere il contrario, che l’analisi della sua condizione<br />

gli ha fatto comprendere quanto non sia giusto tenere vincolata una donna al proprio marito che non vede da<br />

lungo tempo, e che solo per sua responsabilità ha trascorso gli ultimi anni in carcere.<br />

L’ipotesi progettuale<br />

Una volta dimesso, Babacar trova ospitalità presso alcuni connazionali in Milano.<br />

Vorrebbe continuare a lavorare per PC Det, ma nonostante sia un lavoratore molto apprezzato per la sua<br />

precisione e serietà, sull’esterno l’organico è al completo.<br />

Il Progetto di reinserimento lavorativo ORFEO, che ha preso in carico Babacar durante il periodo di<br />

detenzione, si attiva anche sull’esterno, riuscendo a reperire una postazione in Borsa Lavoro in una<br />

Cooperativa Sociale che si rende da subito disponibile ad accoglierlo.<br />

Ma il nodo critico da risolvere è costituito ora dal permesso di soggiorno, scaduto in carcere e da rinnovare.<br />

Nonostante, a dire di Babacar, venga consegnata tutta la documentazione richiesta, compresa la disponibilità<br />

della Cooperativa, a sei mesi dalla domanda, la Questura non ha ancora rinnovato il documento.<br />

Ciò comporta a Babacar l’impossibilità di essere assunto in regola, di partecipare al Bando Aler per<br />

l’assegnazione di alloggio popolare, l’aggancio con i Servizi Sociali per un contributo economico.<br />

Ma non si perde d’animo, ed inizia a lavorare ugualmente, ma senza contratto, presso varie cooperative.<br />

Abbandona l’ipotesi di inoltrare domanda per il ricongiungimento familiare: nonostante le varie peripezie, è<br />

riuscito a garantire alla propria famiglia in Senegal una vita dignitosa, e quindi preferisce non sradicarla,<br />

consapevole che in Italia la vita sia molto difficile e piena di insidie e trappole, a cui lui stesso non è riuscito a<br />

resistere. Propone l’idea di separazione ad Awa, che accetta.<br />

La proposta di Odisseo<br />

In questo momento di impasse, ciò che il Progetto Odisseo propone a Babacar è qualcosa di nuovo, rispetto ai<br />

suoi progetti originari, che però trova da subito riscontro.<br />

Babacar è stanco di lavorare senza un contratto regolare, di vivere lontano dai figli e allo stato attuale non<br />

intravede nessuna concreta possibilità di inserimento completo nella realtà del nostro Paese. Del resto, come<br />

lui stesso afferma, non ha mai pensato di stabilirsi definitivamente in Italia: ha sempre vissuto questa<br />

permanenza come momento di passaggio (più o meno lungo) che potesse permettergli di accantonare il<br />

capitale necessario per costituire un’attività in Senegal sufficientemente remunerativa.<br />

La retribuzione sufficiente per vivere, ammonta a 250-300 euro mensili, l’equivalente di uno stipendio medio in<br />

Senegal. Inoltre vorrebbe tornare a Dakar o Kaolack.<br />

112


Dopo una serie di colloqui di raccolta di informazioni, di approfondimento e di orientamento, e sulla base delle<br />

precise esigenze espresse da Babacar, nasce la proposta di rientro onorevole, qui sinteticamente esposta.<br />

Tale progetto comprende un sistema di microcredito scaglionato in cui è coinvolta anche l’azienda PC Det srl,<br />

dove ricordiamo, Babacar ha avuto modo di lavorare per un anno e che conosce molto bene. Prevede un<br />

percorso graduale e a tappe, con forte supporto d’ingresso, il cui ciclo dovrà compiersi in 6 mesi.<br />

Fase Preliminare:<br />

• Businnes planning fornito da PcDet (che avrebbe la possibilità di contare su un referente commerciale<br />

in Senegal)<br />

• Biglietto di sola andata per Dakar acquistato da PC Det<br />

Fase di start-up:<br />

• Inserimento di Babacar in azienda già operativa in Dakar, conosciuta da alcuni referenti italiani, per un<br />

breve periodo di affiancamento e successivamente apertura di un piccolo punto vendita autonomo.<br />

Tra le due opzioni proposte, rivendita e commercializzazione o manutenzione ed assistenza, Babacar<br />

sceglie la prima.<br />

• Sei mensilità garantite: i primi due mesi la retribuzione sarà di 280 euro, i due mesi successivi di 240<br />

euro, gli ultimi due di 200 euro.<br />

• Carico di PC usati (e loro parti) donati da PC Det, trasporto e tariffe doganali sempre a carico di PC<br />

Det per i primi due mesi. Successivamente, in un’ottica di gradualità, Babacar pagherà le spese<br />

doganali, poi le spese doganali ed il trasporto, sino a pagare anche il carico di merce, raggiungendo<br />

completa autonomia entro il sesto mese.<br />

Il Progetto di rientro onorevole avrà attuazione immediata, dopo aver completato le necessarie verifiche<br />

tecniche in corso.<br />

Il Centro di Solidarietà Come si è reso disponibile ad occuparsi del monitoraggio rispetto alla fase di start-up in<br />

Senegal, potendo contare su una rete informale e affidabile attraverso cui reperire le informazioni necessarie<br />

al monitoraggio.<br />

Secondo caso<br />

Dati generali<br />

B. M. Nato in Romania (CS) il 04.05.1971<br />

Domiciliato presso la Casa di Reclusione Milano Bollate<br />

Cittadinanza Rumena<br />

Passaporto valido<br />

Il con<strong>testo</strong> socio-familiare di provenienza<br />

Nel 2005, Brotac è un cittadino rumeno che vive con la famiglia a Timisoara.<br />

Convive con la compagna, con la quale ha due figli, il maggiore di 14 anni ed il minore di 8.<br />

Non ha mai pensato di emigrare in altro paese, poiché la situazione economica della famiglia non presenta<br />

particolari problematiche. Vivono in casa di proprietà, la compagna lavora part time in un bar e Brotac, pur<br />

avendo solo il diploma di licenza media, ha un buon posto di lavoro come impiegato nel settore amministrativo<br />

di un’azienda di trasporti, dove è entrato molti anni prima come fattorino.<br />

A seguito di crisi finanziaria dell’azienda e susseguente sua ristrutturazione interna, Brotac viene licenziato.<br />

Superato il primo momento di sconforto, si attiva e cerca un altro impiego, ma non riesce più a ricollocarsi.<br />

Dopo mesi di inattività, si fa tentare dai racconti di alcuni connazionali emigrati in Italia che vantano buoni<br />

guadagni, e decide, in modo clandestino e senza un preciso progetto migratorio, di seguirne l’esempio.<br />

113


Il percorso migratorio<br />

Una volta sopraggiunto in Italia, agli inizi del 2006, viene ospitato temporaneamente da alcuni amici<br />

connazionali a Milano. Comincia a cercare lavoro, nell’illusione che trovando un posto stabile possa<br />

regolarizzare la sua posizione in tempo relativamente breve.<br />

Ben presto si rende conto che senza permesso di soggiorno e non avendo una professionalità facilmente<br />

spendibile, conoscendo poco la lingua italiana, ciò che può trovare sono solo brevissime collaborazioni come<br />

manovale o muratore non qualificato, naturalmente non in regola e mal retribuite, che non gli permettono di<br />

sostentarsi in modo autonomo né di pensare alla possibilità di prendere un piccolo monolocale in affitto,<br />

poiché tra l’altro, la coabitazione con i compagni si fa via via più difficile e conflittuale. Resosi consapevole<br />

della criticità della situazione, e non vedendo sbocchi immediati, per arrotondare i suoi insufficienti guadagni si<br />

fa tentare dalla proposta di alcuni conoscenti che vivono di furti ed espedienti. Ma questa scelta non lo porta<br />

lontano, e viene arrestato mentre sta tentando una rapina a soli tre mesi da suo arrivo in Italia.<br />

L’esperienza detentiva<br />

Brotac, alla sua prima esperienza delinquenziale (in Romania non ha mai avuto precedenti penali) viene<br />

condannato a due anni di detenzione. A causa della precarietà della sua condizione abitativa e lavorativa che<br />

non consentono di pensare all’esecuzione di una pena alternativa al carcere, Brotac è costretto a scontare<br />

tutto il periodo della condanna in un Istituto Penitenziario. Nella Casa di Reclusione di Bollate dove è ristretto,<br />

ha la possibilità di partecipare da subito ad un corso di base per l’utilizzo di PC, che lo appassiona al settore<br />

informatico. Venuto a conoscenza che all’interno dell’Istituto opera un’unità operativa di PC Det, si candida<br />

immediatamente, e durante la selezione per il reclutamento di personale interno, viene scelto.<br />

Si appassiona molto al lavoro, che apprende con gran velocità. Riesce a risolvere complicati problemi tecnici e<br />

di manutenzione, tanto che diventa il punto di riferimento anche per gli altri colleghi, che ne riconoscono la<br />

competenza ed in un certo senso anche la leadership, che emerge in modo naturale. Per queste doti viene<br />

notato dal referente PC Det, che gli riconosce il ruolo di coordinamento all’interno del gruppo, che col suo<br />

contributo ha aumentato la produttività.<br />

La proposta di Odisseo e la contestuale proposta di PC Det<br />

In fase di progettazione del secondo percorso di rientro onorevole (come previsto da Odisseo), si era pensato<br />

di coinvolgere Brotac nella costituzione di una piccola impresa a Timisoara, come referente PC Det per la<br />

Romania.<br />

Le tappe del percorso erano del tutto simili a quelle proposte a Babacar: orientamento e progettazione<br />

d’impresa, elaborazione di businnes planning, acquisto di biglietto di sola andata, sistema di microcredito<br />

scaglionato con forte supporto d’ingresso da parte dell’azienda. Il tempo previsto per il raggiungimento<br />

dell’autonomia finanziaria era di 6 mesi.<br />

Agli inizi di quest’anno però lo scenario geopolitico è mutato, e con l’entrata della Romania nell’Unione<br />

Europea anche la posizione di Brotac è cambiata: da cittadino straniero senza permesso di soggiorno è<br />

divenuto cittadino dell’Unione Europea, quindi non scatta più automaticamente il decreto di espulsione all’atto<br />

del fine pena.<br />

Ma anche PC Det ha avuto sviluppi importanti sul territorio ed è in costituzione un nuovo punto vendita con<br />

magazzino nella città di Pavia, dove oltre a fare manutenzione ed assistenza dei Pc, si commercializzeranno<br />

anche macchinari riciclati. L’idea di PC Det è di inserire nell’organico, anche con mansioni di responsabilità, le<br />

persone che abbiano iniziato a lavorare in stato di detenzione, dando loro un’importante opportunità di<br />

reinserimento lavorativo qualificato. Brotac viene identificato come soggetto idoneo, sufficientemente<br />

autonomo per coprire un incarico di responsabilità, e contestualmente alla proposta di rientro onorevole di<br />

Odisseo gli viene offerta anche la possibilità di restare in Italia. Invitato a riflettere serenamente tra le due<br />

proposte, Brotac ha infine optato per quest’ultima, poiché l’apertura del nuovo show room coincide con la sua<br />

data di fine pena ed andrebbe a ricoprire il ruolo di responsabile della nuova unità. Oltre ad avere apprezzato<br />

l’importante riconoscimento alla professionalità acquisita, potrà contare su uno stipendio adeguato alla<br />

mansione, consentendogli di porre solide basi per un ricongiungimento in territorio italiano con la sua famiglia.<br />

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VALUTAZIONE del Progetto<br />

Alla presentazione del Progetto ODISSEO si era così previsto:<br />

“Strumenti: Il sistema di valutazione sarà costituito al fine di ottenere un monitoraggio sufficientemente<br />

esaustivo e indicazioni finalizzate al miglioramento delle performances per un eventuale proseguimento dello<br />

stesso, utilizzando gli strumenti di controllo qualità di AgeSoL UNI EN ISO 9001:2000 (certificata in data 24<br />

giugno 2003, N° SQU855AQ631).”<br />

Pertanto, si sono approntati strumenti di monitoraggio e valutazione agili nella sua somministrazione e<br />

gestione, nonché facilmente leggibili nel complesso anche per chi non ha agito direttamente nel progetto<br />

stesso.<br />

Sono state predisposte due schede di rilevazione del grado di soddisfazione delle azioni, proposte a due tipi di<br />

utenti diversamente coinvolti dai partner di progetto (operatori penitenziari, volontari, responsabili aziendali,<br />

cooperanti, detenuti ecc.)<br />

1. un campione selezionato di persone variamente coinvolte nel progetto<br />

2. ai due utenti detenuti a cui è stato progettato e predisposto il percorso di rientro onorevole<br />

in patria<br />

1. Sono state somministrate le schede di valutazione a un campione significativo di 9 persone variamente<br />

coinvolte nel progetto, così rappresentanti di diverse tipologie di operatori: due educatori di carcere, 1<br />

imprenditore, 8 operatori sociali (di cui 6 che agiscono direttamente dentro e fuori le carceri milanesi)<br />

che hanno collaborato in diverse occasioni e azioni del progetto.<br />

Alla Domanda “Chiarezza delle informazioni ricevute in merito alle attività e alle finalità del Progetto<br />

ODISSEO” 7 hanno risposto BUONO (il massimo del punteggio) e 2 DISCRETO<br />

Alla Domanda “Professionalità degli operatori: comportamento, comunicazione, competenza sulle<br />

problematiche su quanto attiene al progetto” 7 hanno risposto BUONO e 2 DISCRETO<br />

Alla Domanda “Assistenza durante le fasi di realizzazione del progetto” 4 hanno risposto DISCRETO, 2<br />

BUONO, per 3 NON APPLICABILE<br />

Alla Domanda “Assistenza per eventuali espletamenti degli adempimenti burocratici nella fase di<br />

realizzazione” 2 hanno risposto BUONO e 1 DISCRETO, per 5 NON APPLICABILE.<br />

Alla Domanda “Assistenza successiva per il rientro onorevole in patria” per tutti e 9 NON APPLICABILE<br />

2. Sono state somministrate le schede di valutazione predisposte ad hoc ai due utenti coinvolti nel<br />

progetto di rientro onorevole.<br />

Alla Domanda “Chiarezza delle informazioni ricevute in merito alle attività del Progetto ODISSEO”<br />

entrambi hanno risposto BUONO<br />

Alla Domanda “Professionalità degli operatori: ascolto, aiuto, suggerimenti, competenza sulle<br />

problematiche e sugli strumenti che riguardano l'orientamento e l'inserimento lavorativo, nonché il<br />

rientro in patria” entrambi hanno risposto BUONO<br />

Alla Domanda “Attività di informazione” entrambi hanno risposto BUONO<br />

Alla Domanda “Attività di orientamento/counselling” Uno ha risposto BUONO e uno DISCRETO<br />

Alla Domanda “Assistenza per preparazione avvio al lavoro e rientro in patria” Uno ha risposto Buono e<br />

per uno NON APPLICABILE poiché ha scelto di non rientrare in patria per la sua mutata condizione di<br />

cittadino neocomunitario (vedi relazione dell’utente).<br />

Come si evince, anche se c’è stato un certo grado d’eccesso positivo nel giudizio, tutte le persone coinvolte (a<br />

titolo volontario) nel progetto hanno espresso un alto grado di soddisfazione e di qualità nello svolgimento<br />

delle azioni intraprese dai nostri operatori.<br />

Bisogna inoltre sottolineare che gli operatori/funzionari della rete dei servizi che abbiamo avvicinato (dentro e<br />

fuori le carceri) hanno mostrato viva collaborazione e notevole interesse a questo tipo di progetto, al momento<br />

innovativo e unico nel panorama milanese.<br />

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