09.06.2013 Views

RUVIDO, SPINOSO, FORTE, AUSTERO: IL CARDO - farmacia salvioni

RUVIDO, SPINOSO, FORTE, AUSTERO: IL CARDO - farmacia salvioni

RUVIDO, SPINOSO, FORTE, AUSTERO: IL CARDO - farmacia salvioni

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Agosto 2007 Agosto 27<br />

<strong>RUVIDO</strong>, <strong>SPINOSO</strong>, <strong>FORTE</strong>, <strong>AUSTERO</strong>: <strong>IL</strong> <strong>CARDO</strong><br />

LA BOTTEGA DELLO SPEZIALE<br />

Roberto Salvioni<br />

_____________________________<br />

Il mondo vegetale non finisce mai<br />

di stupirci se ci facciamo prendere<br />

dalla meravigliosa varietà delle specie<br />

e cominciamo ad osservarne le<br />

caratteristiche, le differenze, i comportamenti.<br />

Passeggiare nelle nostre campagne<br />

in questo mese, nel pieno dell'estate,<br />

ci permette di constatare che siamo<br />

in pieno periodo di fruttificazione:<br />

molte piante hanno esaurito il loro<br />

ciclo, si stanno seccando dopo essersi<br />

riprodotte ed aver fatto frutti e semi<br />

(pensiamo a tante graminacee già<br />

trebbiate e raccolte nei granai), altre<br />

si preparano a dare il meglio di sé<br />

in autunno.<br />

Mi piace parlare questo mese di quattro<br />

specie simili da tutti conosciute,<br />

i cardi: tre appartenenti alle composite,<br />

cioè il cardo mariano, il più<br />

importante in medicina, il cardo<br />

santo e la carlina; poi il cardo dei<br />

lanaioli delle dipsacacee. Il nome<br />

cardo è attribuito comunemente a<br />

tutte le piante che pungono: e questo<br />

lo constatiamo ogni volta che le<br />

avviciniamo, ma dobbiamo riconoscere<br />

che sono piante bellissime.<br />

Nella Bibbia le piante spinose menzionate<br />

sono una ventina, ma almeno<br />

due sembrano indicare due specie<br />

di cardi. Per il fatto di possedere<br />

spine vengono associate a concetti<br />

metaforicamente negativi come<br />

l'ostilità del suolo e la fatica<br />

dell'uomo. Designano inoltre una<br />

piccolezza insignificante: tutte le<br />

ragazze sono cardi paragonate alla<br />

bellezza della sposa; talvolta il cardo<br />

è messo in opposizione alla bellezza<br />

e alla maestosità del cedro del Libano.<br />

Quanto al Nuovo Testamento,<br />

che, per indicare il cardo, usa il termine<br />

tribolos, insegna che, come i<br />

fichi non possono cogliersi dai cardi,<br />

così le buone opere non si possono<br />

sperare dai falsi profeti (Mt. 7,16).<br />

Nella lettera agli Ebrei, la terra incolta<br />

che produce solo cardi è soggetta<br />

a maledizione e castigo (Ebr.<br />

6,8).<br />

Il cardo mariano (Silybum marianum<br />

Gaertn.) come gli altri è diffuso<br />

nei terreni incolti, ai bordi delle<br />

strade, dei corsi d'acqua, dei boschi.<br />

È una pianta robusta, alta fino a un<br />

metro e mezzo, con capolini color<br />

porpora, ben protetti dalle brattee<br />

cardo mariano<br />

i n f o l i n e : w w w . m u s e o d e l b r u n e l l o . i t<br />

dell'involucro, che sono ricurve e<br />

acutamente spinose alle estremità;<br />

le foglie sono grandi con denti che<br />

terminano in una spina gialla, vicino<br />

alle nervature presentano delle macchie<br />

bianche che, secondo la leggenda,<br />

sono gocce di latte cadute dal<br />

seno della Madonna quando fuggiva<br />

per sottrarre Gesù alla persecuzione<br />

di Erode: da qui l'origine del nome<br />

“mariano”. Fin dai tempi antichi è<br />

noto per uso alimentare: le foglie<br />

giovani si fanno in insalata, le radici<br />

e i capolini si cuociono in acqua con<br />

altri ortaggi; agli uccelli (cardellini)<br />

piacciono molto i suoi frutti, chiamati<br />

acheni, simili a piccoli semi. E<br />

proprio in questi è contenuta la sostanza<br />

più importante, la silimarina.<br />

Oggi è usata in varie forme di danno<br />

epatico di origine tossi-metabolica<br />

(ad es. da alcool, da sostanze tossiche<br />

industriali ecc.), nelle alterazioni<br />

funzionali del fegato durante e dopo<br />

epatiti, nelle epatopatie degenerative<br />

croniche (come ad esempio cirrosi<br />

e steatosi epatica), nelle epatopatie<br />

latenti. La silimarina agisce da antagonista<br />

nei confronti di numerosi<br />

agenti tossici. Particolare è la sua<br />

azione contro i velenosi alcaloidi<br />

della Amanita falloide, fungo presente<br />

anche nei nostri boschi: la<br />

silimarina modifica la struttura della<br />

membrana esterna della cellula epatica<br />

in modo da impedirne la penetrazione<br />

da parte delle tossine, e<br />

stimola anche la capacità di rigenerazione<br />

del fegato con la produzione<br />

di nuove cellule. Alla tisana con i<br />

frutti triturati oggi si preferisce l'uso<br />

di preparati standardizzati in silimarina,<br />

presenti nella produzione industriale<br />

farmaceutica. Efficace è anche<br />

l'impiego della Tintura Madre: 30<br />

gocce, in acqua, tre volte al giorno.<br />

Il cardo santo (Cnicus benedictus<br />

L.), diffuso fino a 1000 metri di<br />

altezza nelle regioni tirreniche è più<br />

piccolo del mariano, ha fusto eretto<br />

(10-60 cm ) villoso, lunghe foglie<br />

color verde pallido, pennatifide, fiori<br />

gialli in capolini vellutati, quasi lanosi,<br />

con brattee esterne fogliate ed<br />

interne lanceolate, gialle con spine<br />

pennate, frutto bruno sormontato da<br />

un corto piumetto. Un tempo era<br />

considerato un tesoro per i poveri e<br />

apprezzato come la panacea di ogni<br />

male. L'agronomo francese Olivier<br />

de Serres, XVI secolo, ebbe a scrivere<br />

che i semi, nel vino bianco,


Agosto 28 Agosto 2007<br />

cardo santo cardo dei lanaioli<br />

i n f o l i n e : w w w . m u s e o d e l b r u n e l l o . i t


Agosto 2007 Pagina 29<br />

hanno la proprietà di aiutare la memoria.<br />

Anche Shakespeare lo apprezzava<br />

come calmante dei cuori ansiosi.<br />

In realtà è un eccellente febbrifugo<br />

mentre, per uso esterno, un efficace<br />

antisettico.<br />

La carlina (Carlina acaulis L.), da<br />

noi chiamata ironicamente “socera”,<br />

ha la caratteristica di essere priva di<br />

fusto, o di averlo allo stato embrionale,<br />

per cui la pianta rimane aderente<br />

al suolo.<br />

È pianta perenne: praticamente un<br />

grosso e bellissimo capolino da 6 a<br />

12 cm di diametro, con brattee argentee<br />

ad aureola, foglie a raggiera,<br />

molto spinose (da cui l'ironico nomignolo),<br />

radice corta tozza e spesso<br />

a spirale. Una volta, nella medicina<br />

popolare, gli estratti in aceto della<br />

droga, la radice, venivano impiegati<br />

esternamente per curare varie forme<br />

di infezioni cutanee; oggi non è più<br />

usata. Mi piace però riportare un<br />

impiego della carlina molto curioso:<br />

il fiore può considerarsi un piccolo<br />

igrometro naturale tanto è vero che<br />

nei casolari di campagna del nord<br />

Europa vengono esposti, a mazzi,<br />

all'esterno. Quando il tempo è bello<br />

e secco le brattee sono ben aperte e<br />

distese, in previsione di pioggia o di<br />

temporali le brattee si inclinano verso<br />

l'interno ricoprendo il capolino.<br />

Intrigante per noi montalcinesi è<br />

l'origine del nome di questa pianta.<br />

Secondo la leggenda, il suo uso sarebbe<br />

stato provvidenziale contro la<br />

peste per le armate di Carlo Magno<br />

(da qui “carlina”), come è riportato<br />

anche nel Mattioli e nel Lemery; la<br />

leggenda dice anche che la parte più<br />

antica di S. Antimo, la cripta del IX<br />

secolo, fu voluta proprio da Carlo<br />

Magno in ringraziamento per la guarigione<br />

delle truppe ammorbate.<br />

L'ultima pianta di cui parliamo è il<br />

cardo dei lanaioli (Dipsacus fullonum<br />

L.). In campagna lo troviamo<br />

lungo i fossi, nei terreni incolti e<br />

argillosi, tra i ruderi, fino a 800 metri<br />

di altezza. È una pianta molto bella<br />

che può raggiungere i due metri; il<br />

fusto è robusto, ramificato, munito<br />

ovunque di corti aculei, e le vette<br />

terminano con teste irsute ovoidali,<br />

con involucro di lunghe foglioline,<br />

foglie intere opposte, nervature spinose<br />

e lamine saldate alla base che<br />

formano una caratteristica conca per<br />

raccogliere la pioggia e la rugiada.<br />

Il nome scientifico deriva, nella prima<br />

parte, dal greco dipsan akomai,<br />

lenisco la sete (per la ragione appena<br />

detta) e dal latino fullones, 'lanaioli',<br />

carlina<br />

appunto. E proprio per l'arte della<br />

lana è stato molto importante. I ricettacoli<br />

ovoidali secchi dei capolini<br />

erano impiegati per cardare (da cardo),<br />

cioè eliminare la borra superficiale<br />

dei tessuti di lana. Si adoperavano<br />

manualmente e solo in un<br />

secondo tempo furono applicati alle<br />

macchine; per questa ragione il cardo<br />

dei lanaioli era un tempo coltivato<br />

su larga scala. Ho una conoscenza<br />

diretta del vicino Casentino ed uno<br />

dei suoi prodotti caratteristici è il<br />

tessuto di lana che ne prende il nome,<br />

da sempre rifinito, pettinato, cardato<br />

appunto, con i capolini essiccati di<br />

questo cardo. La varietà coltivata<br />

(D. sativus, dai capolini, o garzi, più<br />

uniformi e compatti) viene seminata<br />

in pieno campo a febbraio-marzo;<br />

la raccolta dei garzi viene fatta a<br />

mano fra luglio e agosto dell'anno<br />

successivo, quando sono ben secchi.<br />

I garzi vengono ancora oggi usati<br />

per garzare (rendere pelosi) i tessuti,<br />

cioè per raffinare i panni rendendoli<br />

così più morbidi e lucenti. Il cardo<br />

vegetale, a differenza di quelli artificiali<br />

di acciaio e plastica, presentando<br />

le spine anche sulle pagine<br />

delle brattee dell'infruttescenza e<br />

non solo sulla parte apicale, permette<br />

di ottenere una lavorazione più fine<br />

che viene eseguita nella produzione<br />

di tessuti pregiati e nel tradizionale<br />

panno Casentino sul quale viene<br />

usato per ottenere il tipico “ricciolo”.<br />

Un'ultima breve notizia su un'altra<br />

di queste bellissime piante spinose,<br />

per ricordarne l'uso nell'antica arte<br />

di fabbricazione del formaggio. Questa<br />

importantissima funzione alimentare<br />

(permette di mantenere a lungo<br />

le proprietà nutritive del latte) è stata<br />

possibile grazie alla “presura” o “presame”<br />

ottenuto dal fiore del cardo<br />

selvatico, detto anche sgalera. Ne<br />

occorreva mezzo scrupolo per dieci<br />

libbre di latte, come riferisce Giovanni<br />

Targioni Tozzetti, uno dei fondatori<br />

dell'Accademia dei Georgofili<br />

di Firenze, nei suoi “Ragionamenti<br />

sull'Agricoltura Toscana” (Lucca<br />

1759), un piacevole e dotto saggio<br />

su quest'argomento.<br />

Occorre qui una breve nota. Non è<br />

mai facile verificare le equivalenze<br />

fra unità di misura prima<br />

dell'introduzione del sistema metrico<br />

decimale all'inizio del XIX secolo.<br />

La libbra toscana in quell'epoca dovrebbe<br />

corrispondere a 339,5 grammi:<br />

la libbra si divideva in 12 once,<br />

ed ogni oncia in 20 scrupoli, o scropoli,<br />

unità di misura usata soprattutto<br />

in <strong>farmacia</strong> pari dunque a 1,41 grammi.<br />

L'uso della presura per accagliare il<br />

latte per farne formaggio è da qualche<br />

tempo in disuso, sostituita da<br />

enzimi di origine animale più efficaci<br />

e standardizzabili, ma non può sfuggire<br />

l'importanza che ha avuto nella<br />

storia stessa dell'uomo e della sua<br />

alimentazione.<br />

Dopo questa panoramica, necessariamente<br />

breve, spero che osserveremo<br />

queste piante con maggiore simpatia,<br />

superando il disagio delle spine<br />

per coglierne la bellezza, severa e<br />

dolce al contempo.<br />

Per chiudere, un noto riferimento<br />

letterario di un autore… in tema:<br />

…<br />

Ma un asin bigio, rosicchiando un<br />

cardo]<br />

rosso e turchino, non si scomodò:<br />

tutto quel chiasso ei non degnò d'un<br />

guardo]<br />

e a brucar serio e lento seguitò.<br />

(G. Carducci, Davanti a San Guido)<br />

i n f o l i n e : w w w . m u s e o d e l b r u n e l l o . i t<br />

CARDI,<br />

CARDELLINI e CÀRDINI<br />

È la volta del cardo, di questa pianta<br />

da cui la fantasia popolare trae<br />

un cardare che è 'strigliare' o 'pettinare':<br />

«Ora ti cardo io!».<br />

Va da sé che l'immaginosa metafora<br />

trae origine dal gesto, che è il<br />

medesimo sia che si cardi la lana,<br />

si strigli un cavallo o si pettini, più<br />

o meno ironicamente, qualcuno.<br />

L'analogia del gesto presuppone,<br />

poi, quella degli oggetti, che siano,<br />

dunque, lana, crini o capelli; o, se<br />

proprio vogliamo spingerci fino in<br />

fondo, pecore, cavalli e uomini. E<br />

non sarà troppo difficile trovare<br />

nella tradizionale saggezza popolare<br />

e nella letteratura, o nella lingua,<br />

più di un esempio che conforti<br />

la sovrapposizione: dalle gentili<br />

immagini del «pastore di anime»<br />

e della «pecorella smarrita» a quella<br />

più volgare del «branco di pecoroni»,<br />

e giù giù fino ai mitologici<br />

centauri.<br />

Il cardo è, per noi, anche l'emblema<br />

di un'antica economia – che era<br />

tale in tutti i sensi, cioè davvero<br />

economica –, un'economia che,<br />

appunto, non poteva permettersi<br />

sprechi. È un fatto che il cardo<br />

bene attecchisce in una civiltà di<br />

pastori e, dunque, di lanaioli. Ma<br />

è grave errore – per più di un motivo<br />

– pensare che un oggetto abbia<br />

avuto nelle società antiche un solo<br />

valore, un solo significato, un solo<br />

uso. Il cardo, infatti, permette un<br />

ciclo – un riciclaggio! – assolutamente<br />

coerente: carda la lana e<br />

accaglia il latte! Non è certo un<br />

caso che dove son buoni i cardi –<br />

leggi carciofi, come a Chiusure –<br />

è buono anche il formaggio.<br />

Quanto al cardellino, il dizionario<br />

dice che quest'uccello è, come racconta<br />

il suo nome, un frequentatore<br />

di cardi. Chissà.<br />

Tuttavia è bene dire che il cardo,<br />

secondo noi, ha a che fare anche<br />

con il termine cardine (lat. cardo,<br />

inis). Naturalmente, i nostri vocabolari<br />

– la nostra civiltà – si guardano<br />

bene dal riunire le cose che<br />

hanno appena finito di suddividere,<br />

analizzare, sparpagliare, sezionare,<br />

specializzare, disgregare…<br />

Ebbene, immaginate un cardo, alto<br />

e diritto sul fusto da cui si diparte<br />

una corona di petali (o che so io),<br />

da cui si irraggia una ruota. Dal<br />

cardo, come dal cardine – quello<br />

della porta – si diparte il raggio<br />

del cerchio. Cardo e cardine sono<br />

il centro del cerchio, la punta del<br />

compasso sulla carta geografica:<br />

sono metafore di punti cardinali.<br />

E non è forse un cardo la rosa dei<br />

venti?<br />

Raffaele Giannetti

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!