00A_Saggio <strong>Crispolti</strong>OKk2:02_Saggio Campiglio 12-03-2009 14:57 Pagina 13 Introduzione alla disagevole pittura di Sergio Vacchi An Introduction to the Problematic Painting of Sergio Vacchi 13
00A_Saggio <strong>Crispolti</strong>OKk2:02_Saggio Campiglio 12-03-2009 14:57 Pagina 14 Lo scandalo di un percorso “avulso” (in una storicità “introiettata”) Enrico <strong>Crispolti</strong> 1. “… prima dell’impatto definitivo” (con una premessa sulla durata) “C’è una frase di Kafka per me molto misteriosa: ‘L’unica nostra salvezza è la morte ma non questa’. È come se la mia nave facesse acqua da tutte le parti ormai e si stesse avvicinando verso una riva piena di scogli, con cui probabilmente entrerà in collisione. Ecco io rappresento questi minuti di attesa, che poi sono decenni e forse anche un secolo, prima dell’impatto definitivo, dal quale non so se io stesso o qualcuno della mia nave si salverà raggiungendo la riva. Questo ‘oltre’, oltre la morte, per me rimane come sospeso, forse in attesa di un’altra morte, come dice Kafka.” Così Sergio Vacchi a Marco Tonelli, in una conversazione contenuta nel catalogo dell’antologica che come V Premio Scipione ho organizzato a Macerata, in Palazzo Ricci, nel 2002 1 . Sostanzialmente per due ragioni pongo queste sue parole in testa a un impegnativo viaggio fra motivazioni, modi e tempi dell’operare del pittore bolognese, poi romano, oggi e da tempo felicemente senese, attraverso un sessantennio di intensissima sua attività creativa. La prima delle ragioni è che, al contrario che nel caso di almeno diversi dei maestri sui quali si è formato, la creatività di Vacchi non ha subìto nel tempo un qualche appannamento, un qualche accenno di avvio di declino, insomma alcuna rischiosa flessione di tensione immaginativa e di attualità d’implicite argomentazioni. La sua creatività anzi si è ricaricata nel tempo attraverso circostanze immaginative differenti, fino alla straordinaria intensità della decina d’anni finora felicemente trascorsi, in consapevole vigile secessione, nel Castello di Grotti, appunto nel contado senese. Nella valutazione dell’apporto creativo di molti dei protagonisti del XX secolo, assai spesso ci si deve riferire maggiormente, quando non esclusivamente, a quanto realizzato in gioventù o poco più che nella prima maturità (riferendosi anche soltanto all’ambito italiano, è il caso di Balla quanto di Carrà, di De Chirico quanto 14 di Campigli, di Burri quanto di Morlotti, per esempio; assai poche risultandovi le eccezioni: certamente Fontana o Cagli, e prima Arturo Martini ma anche poi Moreni, per esempio, pur in un percorso creativo complessivamente non altrettanto esteso). Mentre, per densità propositiva e insieme motilità d’invenzioni iconico-visionarie, l’ulteriore stagione creativa che Vacchi sta vivendo fra scorcio degli anni novanta e questi primi dei duemila, verso e più che ottantenne, dunque la sua “vecchiaia” cronologica, risulta una delle più memorabili fra quante se ne possano indicare lungo appunto sessant’anni di suo appassionato totale riconoscersi in un comunicare pittorico esistenzialmente ben radicato; certamente corrispondendo a uno dei momenti più alti della sua creatività. E non soltanto in un senso da dire complementare rispetto a trascorsi altri momenti d’intensità creativa (come è stato nel caso di Fontana, sgranati quei momenti lungo un quarantennio), ma in quanto, al suo più alto livello d’intensità immaginativa e di complessità di interrogazione problematica, e in un passaggio propositivo nuovo, d’ulteriore a volte strepitosa disinvoltura d’invenzioni simboliche, vi si riassumono ed esaltano intenzioni dal pittore variamente formulate durante il suo lungo vissuto. La seconda ragione è che, proprio attraverso la straordinaria nuova intensità operativa, il patrimonio di motivazioni che ha alimentato le immaginose provocazioni monitorie formulate nel tempo nell’operare pittorico di Vacchi appare attualmente giunto quasi a intravedere (certo ideologicamente ma per passionalmente compartecipe intuizione) un rischioso ultimativo traguardo, quasi una teleologia profetica della sua avventura creativa antagonistica esistenzialmente profondamente avvinta. Pervenuta infine, questa, a un’interrogazione infatti estrema, di valenza ultimativa, nella quale sia in gioco un’identità propria e nostra, del tempo e dei comportamenti individuali e sociali che viviamo, sul profilo di un’allarmante, catastrofica, apocalittica escatologia umana vividamente prefigurata.