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Saggio di Lassaigne

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<strong>Saggio</strong> <strong>di</strong> <strong>Lassaigne</strong><br />

Fusione, pirolisi e carbonizzazione riduttiva con so<strong>di</strong>o metallico.<br />

<strong>Saggio</strong> qualitativo <strong>di</strong> carattere generale per la ricerca <strong>di</strong> zolfo, azoto, alogeni nei<br />

composti organici.<br />

Procedura operativa:<br />

Indossare occhiali da laboratorio (flessibili) e guanti (ma non del tipo sottile da<br />

chirurgia, nel qual caso meglio nulla, in quanto un eventuale lapillo fonderebbe la<br />

gomma/plastica causando un’ustione anche peggiore, in caso <strong>di</strong> incidente).<br />

Si mescolano una piccola aliquota (circa 20‐30 mg) <strong>di</strong> campione solido finemente<br />

polverizzato in un tubicino da via secca insieme a due scagliette <strong>di</strong> Na metallico,<br />

tagliato sul momento (con i guanti!) e ben asciugato dall’etere <strong>di</strong> petrolio in cui è<br />

immerso, <strong>di</strong> circa la stessa massa o in lieve ulteriore eccesso, l’una posta sopra la<br />

sostanza, l’altra a metà tubicino. I campioni liqui<strong>di</strong>, specialmente quando basso<br />

bollenti e molto volatili, non sono adatti a essere usati tal quali per le per<strong>di</strong>te<br />

elevate che subirebbero al riscaldamento. In questi casi conviene farli adsorbire su<br />

soli<strong>di</strong> inerti, come il lattosio, o allumina, zeolite, kieselguhr o altre polveri minerali<br />

purificate, e solo dopo mescolarli alle scaglie <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o.<br />

Successivamente si intiepi<strong>di</strong>sce su fiamma, regolata a temperatura me<strong>di</strong>a (fiamma<br />

incolore silenziosa). È molto importante che nelle fasi iniziali il riscaldamento sia<br />

lento, graduale ed intermittente, per dare modo al so<strong>di</strong>o <strong>di</strong> fondere e al campione<br />

<strong>di</strong> completare progressivamente le reazioni <strong>di</strong> demolizione riduttiva senza che le<br />

stesse procedano in modo esplosivo ed incompleto (cosa che tendono spesso a<br />

fare ugualmente!), con per<strong>di</strong>te e spruzzi <strong>di</strong> sostanze fuse.<br />

Si noterà quasi sempre emissione <strong>di</strong> fumi e vapori (non foss’altro che per l’etere <strong>di</strong><br />

petrolio che bagna il so<strong>di</strong>o stesso).<br />

Dopo il riscaldamento preliminare a calore moderato (<strong>di</strong> durata proporzionale alla<br />

durata dei processi reattivi evidenti), si prosegue la calcinazione al calor rosso. Si<br />

regola la fiamma del Bunsen alla massima temperatura (apertura massima<br />

dell’aria, con fiamma corta, bicolore azzurra–blu e ruggente) e si arroventa il tubo<br />

da saggio sul cono ossidante.<br />

Nel frattempo si <strong>di</strong>spone un becker piuttosto alto e stretto con circa 5 ml <strong>di</strong> acqua<br />

<strong>di</strong>stillata e, non appena pronti, ci si lascia cadere dentro la provettina ancora<br />

incandescente (appena tolta dalla fiamma) orientata orizzontalmente. È<br />

importante che lo shock termico frantumi il più possibile il tubo da saggio.<br />

Malgrado gli occhiali gettare la provetta a braccio teso, senza guardare verso<br />

l’imboccatura del becker (residui <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o metallico si incen<strong>di</strong>eranno e potrebbero<br />

lanciare spruzzi <strong>di</strong> soluzione basica calda e/o minuscoli frammenti <strong>di</strong> metallo fuso<br />

o vetro). In ogni caso la procedura è pericolosa soltanto quando eseguita<br />

<strong>di</strong>strattamente o senza le dovute precauzioni. Finito lo sfrigolio, si frantumano per<br />

bene con pinze <strong>di</strong> metallo i “resti” della provettina, stemperando il residuo solido<br />

insolubile, per far <strong>di</strong>ssolvere meglio le componenti saline utili ai saggi specifici<br />

successivi. Soluzioni molto colorate <strong>di</strong> colori vivaci non sono segnali rassicuranti<br />

sulla corretta esecuzione (anche se vi sono eccezioni).<br />

Quin<strong>di</strong> si filtra su carta l’intera soluzione, detta soluzione madre <strong>di</strong> <strong>Lassaigne</strong>.<br />

Questa soluzione deve bastare per tutti i saggi paralleli seguenti, per cui deve<br />

essere prelevata in piccole aliquote senza sprecarla (essendo laboriosa da<br />

ripreparare).<br />

Ricerca degli elementi<br />

1) Ricerca dello zolfo<br />

Far cadere una goccia della soluzione alcalina sopra della carta da filtro imbevuta<br />

con (CH3COO)2Pb: la formazione <strong>di</strong> una macchia scura dovuta alla formazione <strong>di</strong><br />

solfuro <strong>di</strong> piombo nero insolubile.<br />

2) Ricerca dello azoto<br />

Si aggiunge una spatolina <strong>di</strong> FeSO4 (solfato ferroso) finemente macinato. Si<br />

formerà subito un precipitato gelatinoso e denso <strong>di</strong> colore dal grigio al verdastro,<br />

che col tempo si scurisce in superficie <strong>di</strong>ventando giallastro, poi ruggine, sino a<br />

marrone dovuto alla precipitazione <strong>di</strong> idrossido ferroso come gel insolubile che, al<br />

contatto con aria, si ossida facilmente ad idrossido ferrico ed ossido ferrico idrato.<br />

Contemporaneamente, anche se ciò non è visibile ad occhio, qualora sia presente<br />

azoto in forma <strong>di</strong> ione cianuro, si forma anche un complesso solubile e incolore,<br />

molto stabile, il ferrocianuro <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o: Na4[Fe(CN)6]. Si riscalda insufflando aria per<br />

alcuni minuti, sin quando si è formata una <strong>di</strong>screta quantità<br />

<strong>di</strong> ferro (III) per ossidazione con aria del ferro (II) in ambiente basico. Il ferro (III)<br />

complessa pure esso con il cianuro, per dare ferricianuro so<strong>di</strong>co, ma in maniera<br />

molto meno stabile del ferro (II). Si aci<strong>di</strong>fica poi la soluzione con H2SO4 2 N fino a<br />

pH nettamente acido, ma non in grande eccesso. Se il cianuro era assente, a<br />

questo punto il gel bruno verdastro si ri<strong>di</strong>ssolve tutto e la soluzione <strong>di</strong>venta<br />

sostanzialmente incolore, o al limite giallina pallida e limpida. Viceversa, se c’era<br />

cianuro e quin<strong>di</strong> azoto, il complesso ferrico (ferricianuro) viene decomposto<br />

dall’acido forte a ione ferrico libero (Fe 3+ ), mentre lo ione ferrocianuro rimane


integro [Fe(CN)6] 4– . Quando si liberano in reciproca presenza, questi due ioni<br />

formano un composto insolubile detto Blu <strong>di</strong> Prussia, <strong>di</strong> formula grossomodo:<br />

Fe4[Fe(CN)6]3 ferrocianuro o esacianoferrito ferrico<br />

Il Blu <strong>di</strong> Prussia a volte colora la soluzione in azzurro tenue quando <strong>di</strong>sperso<br />

finemente e/o l’azoto era stato fissato poco; in questo caso si può filtrare la<br />

soluzione su carta da filtro: la formazione <strong>di</strong> parti azzurro chiaro non rimuovibili<br />

anche dopo lavaggio in<strong>di</strong>ca saggio positivo per la ricerca dell’azoto.<br />

3) Ricerca degli alogeni : (Cl, Br, I)<br />

(a) In presenza accertata <strong>di</strong> zolfo e azoto, che interferiscono per la capacità <strong>di</strong><br />

precipitare il reattivo <strong>di</strong> indagine, bisogna eliminare tutti gli ioni solfuro e cianuro<br />

aggiungendo HNO3 2 N in eguale quantità alla soluzione alcalina. Si riscalda la<br />

soluzione su fiamma bassa agitando in continuazione riducendone il volume della<br />

metà: fare attenzione a non riscaldare troppo per evitare <strong>di</strong> perdere elementi.<br />

Una volta ridotto il volume si reintegra aggiungendo un po’ <strong>di</strong> acqua.<br />

(b) In assenza <strong>di</strong> zolfo e azoto, si aci<strong>di</strong>fica l’aliquota <strong>di</strong> soluzione madre con HNO3<br />

sino a pH acido (cartina in<strong>di</strong>catore rossa) ma non in largo eccesso. Poi si<br />

aggiungono poche gocce <strong>di</strong> AgNO3 (argento nitrato) circa 0.1 M. In presenza <strong>di</strong><br />

alogeni si formano precipitati densi e “caseosi” <strong>di</strong> alogenuri <strong>di</strong> argento, dai colori<br />

simili ma non uguali. AgCl: bianco latteo, AgBr: color crema, AgI: giallo.<br />

È facile <strong>di</strong>stinguere il cloruro dagli altri due, in quando esso non è giallo, ma una<br />

prova più sicura consiste nel valutare la resistenza <strong>di</strong> questi precipitati insolubili<br />

alla ri<strong>di</strong>ssoluzione con reattivi ammoniacali. Per saggiarla ed identificare con<br />

precisione l’alogeno in questione, si centrifuga la sospensione quin<strong>di</strong> si decantano<br />

i precipitati soli<strong>di</strong>, eliminando la soluzione madre acida. Si aggiunge al solido<br />

(NH4)2CO3 (carbonato <strong>di</strong> ammonio) che solubilizza bene AgCl e poco AgBr e non<br />

solubilizza AgI. Quin<strong>di</strong> si agita bene in maniera da solubilizzare completamente il<br />

cloruro <strong>di</strong> argento, si centrifuga <strong>di</strong> nuovo e si decanta il liquido in una nuova<br />

provetta e a questo si aggiunge KI (ioduro <strong>di</strong> potassio): la formazione <strong>di</strong> un<br />

precipitato giallo <strong>di</strong> argento ioduro in<strong>di</strong>ca la positività del saggio per il cloro.<br />

(c) Conferma presenza cloro e bromo con acqua <strong>di</strong> cloro: alla soluzione alcalina,<br />

aci<strong>di</strong>ficata con HNO3 2N, viene ad<strong>di</strong>zionato 1 mL <strong>di</strong> CHCl3 e goccia a goccia acqua<br />

<strong>di</strong> cloro. Si <strong>di</strong>batte vigorosamente in modo <strong>di</strong> far entrare in contatto le due fasi e<br />

facilitare l’estrazione dell’alogeno elementare (Br2 o I2 o entrambi) da parte dello<br />

strato organico che si colorerà <strong>di</strong> rosa intenso/viola se è presente lo I2, o lo I2 e il<br />

Br2 o <strong>di</strong> giallo intenso se è presente Br2. Continuando ad aggiungere acqua <strong>di</strong> cloro<br />

I2 viene ulteriormente ossidato a IO3 ‐ che è incolore: la fase cloroformica sarà<br />

incolore se è presente solo I2 oppure assumerà una colorazione giallo intenso se è<br />

presente anche il Br2. Aggiungendo un eccesso <strong>di</strong> acqua <strong>di</strong> cloro (specialmente<br />

quando è preparata da poco e quin<strong>di</strong> molto ricca <strong>di</strong> Cl2) può essere ulteriormente<br />

ossidato anche il bromo a BrCl che è anch’esso incolore.<br />

Particolare attenzione deve essere posta quando si aggiunge acqua <strong>di</strong> cloro<br />

perché si potrebbe passare <strong>di</strong>rettamente alla massima ossidazione senza vedere<br />

le colorazioni interme<strong>di</strong>e <strong>di</strong> I2 e Br2 e quin<strong>di</strong> avere dei falsi negativi.<br />

Cenni sui processi e reazioni<br />

Innanzi tutto occorre sottolineare che molti dettagli <strong>di</strong> ciò che avviene durante la<br />

prima fase del saggio, la mineralizzazione degli eteroatomi, non sono neppure ben<br />

noti.<br />

Il campione viene fuso in presenza <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o (un forte agente riducente, attivo<br />

prevalentemente come agente S.E.T., o “single electron transfer”, cioè riducente<br />

ra<strong>di</strong>calico) a temperature anche superiori a 400°. Le temperature effettive variano<br />

notevolmente durante gli sta<strong>di</strong> del saggio. Inizialmente, quando sono presenti<br />

frazioni e prodotti volatili <strong>di</strong> pirolisi, l’aumento <strong>di</strong> temperatura è frenato dalla loro<br />

vaporizzazione, ma sul finale, quando rimangono soltanto frammenti minerali,<br />

salini e residui carboniosi, la temperatura è quella del vetro arroventato (500°‐<br />

600°). L’unico evento ragionevolmente sicuro è l’ad<strong>di</strong>zione ossidativa al metallo<br />

da parte dei legami carbonio alogeno, ra<strong>di</strong>cal–anionica (questa reazione è parente<br />

<strong>di</strong> un processo chiamato accoppiamento <strong>di</strong> Wurtz), subita da rottura e formazione<br />

<strong>di</strong> ioni alogenuro e ra<strong>di</strong>cali al carbonio, che reagiscono ulteriormente<br />

condensando o venendo ridotti ancora dal so<strong>di</strong>o.<br />

Il residuo nerastro è SEMPRE costituito da :<br />

1) CGraph ‐ carbone (carbonio amorfo), originatosi per pirolisi, <strong>di</strong>sidratazione e<br />

deidrogenazione termiche. Si forma in prevalenza nelle fasi finali<br />

dell’arroventamento. Può contenere “intercalati” atomi <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o (come il catodo<br />

delle pile al litio), idrossido <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o ed altro. In effetti uno dei rari frammenti<br />

metallorganici inerti a queste con<strong>di</strong>zioni estreme che si può formare in tracce è<br />

l’acetiluro <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o NaC≡CNa, salino e resistente alla riduzione, che però non viene<br />

cercato nei saggi dato che non è <strong>di</strong>agnostico <strong>di</strong> alcun gruppo funzionale<br />

particolare. Inoltre, nell’istante stesso dell’idrolisi della miscela rovente con acqua<br />

si libera e si incen<strong>di</strong>a insieme all’idrogeno.


2) Na2CO3 ‐ carbonato <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o (originato dall’azione combinata dell’umi<strong>di</strong>tà<br />

atmosferica e/o dell’ossigeno estratto riduttivamente dal campione, quando<br />

presente, e poi dalla carbonatazione con CO2 atmosferica).<br />

3) Na ‐ tracce <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o metallico residuo (possono abbondare se l’arroventamento<br />

è stato troppo breve e/o il dosaggio <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o metallico iniziale troppo generoso).<br />

Questo residuo causa spesso un’esplosione abbastanza vivace nella rottura della<br />

provettina da via secca rovente gettata nell’acqua fredda, dato che il so<strong>di</strong>o, e<br />

l’idrogeno che produce, si incen<strong>di</strong>ano.<br />

4) Na2O / NaOH ‐ tracce <strong>di</strong> idrossido/ossido <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o.<br />

A seconda del tipo <strong>di</strong> campione, il residuo può poi contenere anche :<br />

5) NaCN ‐ cianuro <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o : se e solo se il campione contiene azoto, ma non<br />

sempre. Esistono infatti alcuni falsi negativi, ossia campioni azotati che fissano<br />

molto male l’azoto in queste con<strong>di</strong>zioni. Varie possono essere le ragioni, ma<br />

principalmente appartenenti a due categorie:<br />

a. Composti contenenti azoto ammoniacale inorganico o in forma <strong>di</strong> ammine<br />

(anche le solfonammi<strong>di</strong> primarie possono a volte dare il problema). Entrambi i<br />

casi perdono azoto troppo facilmente ma in una forma molto volatile, che non<br />

reagisce bene col so<strong>di</strong>o, non si fissa come cianuro e viene persa nei vapori.<br />

Talvolta un uso oculato della cartina in<strong>di</strong>catrice avvicinata al tubicino da via<br />

secca durante l'emissione <strong>di</strong> fumi consente <strong>di</strong> intercettare questo particolare<br />

tipo <strong>di</strong> “azoto volatile” (non elemento, ovviamente!). Bisogna però saper<br />

<strong>di</strong>stinguere il viraggio al blu tipico <strong>di</strong> eventuali schizzi <strong>di</strong> idrossido <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o fuso,<br />

non significativo, dal viraggio omogeneo e <strong>di</strong>ffuso dovuto alle<br />

ammine/ammoniaca. In ogni caso <strong>di</strong> norma questi casi possono comunque<br />

essere identificati me<strong>di</strong>ante la pirolisi per via secca con KOH e la cartina<br />

in<strong>di</strong>catore universale, che denuncerà meglio la presenza <strong>di</strong> vapori basici<br />

ammoniacali o <strong>di</strong> ammine.<br />

b. Alcuni composti contengono azoto in una forma troppo labile e che si<br />

frammenta subito, ma in vapori non basici. Ad esempio alcuni nitro e nitroso‐<br />

composti oppure azo e <strong>di</strong>azo‐composti possono perdere rispettivamente<br />

vapori nitrosi o persino azoto molecolare (NO, NO2, N2). Nessuno <strong>di</strong> questi<br />

vapori è basico, e non sempre il secondo, il biossido <strong>di</strong> azoto, che invece è<br />

acido, riesce a causare un viraggio acido nella cartina. È possibile però<br />

identificare questi composti con saggi appositi complementari (come quello<br />

con ioduro <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o/HCl/salda d’amido per i nitro e nitroso composti). Bisogna<br />

non interpretare mai il <strong>Lassaigne</strong> con il “paraocchi”, come ogni altro saggio. In<br />

ogni caso il falso negativo al <strong>Lassaigne</strong> non è una regola, ma <strong>di</strong>pende dalla<br />

struttura (ad esempio è più comune nei derivati sostituiti a un carbonio<br />

alifatico privo <strong>di</strong> idrogeni).<br />

c. Alcuni composti, molto rari, contengono azoto in una forma chimicamente<br />

assai stabile (come gli eterocicli aromatici più stabili, tipo la piri<strong>di</strong>na, e gli<br />

“aci<strong>di</strong>” all’azoto, come le immi<strong>di</strong>) e che richiede molto so<strong>di</strong>o e prolungato<br />

arroventamento prima <strong>di</strong> essere fissato come cianuro (se invece si forma<br />

cianato, cianammi<strong>di</strong> o urea, il saggio da un falso negativo). In questi casi<br />

un’esecuzione poco accurata può fornire falsi negativi facilmente.<br />

6) Na2S ‐ solfuro <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o: se e solo se il campione contiene zolfo. Esistono esempi<br />

<strong>di</strong> falsi negativi, molto rari, come accade in alcuni solfoni ciclici o che comunque<br />

frammentano molto facilmente per riscaldamento “estrudendo” anidride<br />

solforosa gassosa, che non ha quin<strong>di</strong> il tempo <strong>di</strong> essere fissata dal so<strong>di</strong>o metallico.<br />

Nuovamente, l’indagine con cartina in<strong>di</strong>catore, che in tali casi si arrossa per<br />

l’aci<strong>di</strong>tà della SO2, o anche con la cartina impregnata <strong>di</strong> <strong>di</strong>cromato <strong>di</strong> potassio ed<br />

acido acetico (che subisce un viraggio riduttivo dall’arancio pallido al verdazzurro)<br />

può far sospettare qualcosa, anche se non si tratta <strong>di</strong> in<strong>di</strong>zi sicuri e univoci.<br />

Anche certi aci<strong>di</strong> solfonici e loro sali e gli alchil/aril solfati e loro sali, possono “fare<br />

cilecca” ed essere convertiti a solfiti e/o solfati minerali, che si riducono a solfuri<br />

molto lentamente e parzialmente.<br />

7) Alogenuri <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o : NaCl, NaBr, NaI ‐ Sono presenti quando il campione<br />

contiene i rispettivi alogeni. I falsi negativi sono sostanzialmente assenti per gli<br />

alogeni citati. Per contro il fluoro, che forma col carbonio un legame fortissimo,<br />

non viene mai fissato come fluoruro <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o (e se anche è già contenuto nel<br />

campione come fluoruro ione, non viene evidenziato dal reattivo precipitante, il<br />

nitrato <strong>di</strong> argento in acido).

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