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La voce nel metodo Orff - Insieme a Scuola

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Istituto Musicale Vincenzo Bellini – Catania<br />

<strong>Scuola</strong> di DIDATTICA DELLA MUSICA<br />

Corso di DIREZIONE DI CORO E REPERTORIO CORALE<br />

Anno Accademico 2006/2007<br />

Prof.ssa Elisa Poidomani<br />

LA VOCE NEL METODO ORFF<br />

ALLIEVA: Vincenza Emanuele


LA VOCE NEL METODO ORFF.<br />

AREA CREATIVA, EDUCAZIONE RITMICA ED EDUCAZIONE DELL’ORECCHIO.<br />

<strong>La</strong> “ missione” dell’insegnante è quella di educare il bambino con la musica.<br />

Per raggiungere meglio il fine, è bene che egli si munisca di uno strumento<br />

pedagogico: il <strong>metodo</strong>. Esso consiste non tanto, o non solo, in una somma di<br />

novità e di scoperte pedagogiche, quanto in un nuovo punto di vista ed in un<br />

particolare ordinamento degli elementi già conosciuti. Non è possibile quindi<br />

parlare di un <strong>metodo</strong> ideale o perfetto. L’efficacia di un <strong>metodo</strong> dipenderà in<br />

gran parte dal buon uso che ne farà l’insegnante: se egli sarà capace, saprà<br />

sfruttare con ottimi risultati un <strong>metodo</strong> poco buono e viceversa un buon <strong>metodo</strong><br />

perderà efficacia in mani inesperte. L’importante è, dunque, usare con libertà e<br />

larghezza di vedute i metodi esistenti. <strong>La</strong> <strong>metodo</strong>logia dello Schulwerk si ispira<br />

a principi didattici di stampo prettamente attivo e interdisciplinare. Principi che<br />

ne qualificano la ricchezza operativa e la pluralità di stimoli e che, appunto per<br />

questo, lo configurano non tanto come un “<strong>metodo</strong>” ma come una prassi<br />

<strong>metodo</strong>logica aperta all’apporto personale dell’insegnante. Tali principi mirano<br />

in primo luogo alla formazione generale dell’individuo, alla sua<br />

socializzazione, allo sviluppo delle sue capacità creative e intellettive,<br />

all’allenamento delle sue facoltà psico-motorie. In tale prospettiva, la musica<br />

diviene un mezzo più che uno scopo. L’apprendimento della musica non può<br />

essere avviato attraverso la teoria ma attraverso la pratica di forme musicali


elementari, adeguate ai diversi stadi evolutivi, intellettivi e fisici del bambino,<br />

che è chiamato a produrre in prima persona. Da tale pratica discendono man<br />

mano le prime fasi di razionalizzazione teorica. Il bambino ha un amore innato<br />

per la musica, ma spesso è ostile all’insegnamento musicale se forzato a<br />

rimanere immobile al pianoforte o ad un altro strumento; la sua vivacità si<br />

ribella contro l’esercizio musicale che impegna soltanto una piccola parte del<br />

suo corpo e della sua mente perché il bambino vuole che in qualsiasi cosa egli<br />

faccia si implichi tutta la sua persona. Vi sono moltissimi elementi musicali da<br />

potersi impartire attraverso il movimento prima che si arrivi alla teoria astratta e<br />

alla pratica strumentale. Ritmo, metro, pause,… possono essere rappresentati<br />

anche attraverso il movimento. Allora perché non utilizzarlo per sviluppare la<br />

musicalità infantile? <strong>La</strong> musica, soprattutto <strong>nel</strong>la fase del primo apprendimento,<br />

non è separabile dalle altre attività comunicativo espressive (linguaggio -<br />

immagine - danza); per questo, l’esito di ogni tratto del percorso educativo<br />

musicale si concreta in forme di performance integrata- musicale, coreutica e<br />

visuale. <strong>Orff</strong> avvicina il bambino alla musica innanzitutto facendogli far musica,<br />

abituandolo ad usare strutture sonore elementari, mezzi che egli è in grado di<br />

padroneggiare e comprendere in modo disinibito. Egli stimola il bambino ad<br />

inventare, elaborare, operare in prima persona, perché apprenda,<br />

sperimentandole, le caratteristiche e le possibilità dei diversi movimenti, segni,<br />

suoni, oggetti, forme, combinazioni. Allo stesso tempo, lo spinge ad indagare,<br />

scegliere, decidere autonomamente. In una didattica come quella <strong>Orff</strong> che


intende avvalersi di tutto quanto fa parte della normale attività del bambino, un<br />

ruolo primario è svolto dall’impiego specifico del linguaggio. Si può lavorare<br />

ampiamente con la <strong>voce</strong> parlata, basta manipolare un testo e renderlo<br />

interessante e divertente da un punto di vista musicale. Le filastrocche, ad<br />

esempio, rappresentano una possibilità di educazione musicale;mettendo in<br />

evidenza di volta in volta fonemi o gruppi consonantici viene rafforzata la<br />

musicalità delle parole in modo da far vivere i testi e animarli. <strong>La</strong> lingua parlata<br />

diventa, così, un piacevole stimolo per sollecitare il senso musicale dei bambini,<br />

grazie all’utilizzazione del fraseggio, della dinamica e del ritmo. L’impiego<br />

specifico del linguaggio, <strong>nel</strong> <strong>metodo</strong> <strong>Orff</strong>, comporta l’utilizzazione autonoma di<br />

tre tipi di materiali verbali:<br />

1) Fonemi; 2) Parole isolate; 3) Testi.<br />

Il loro impiego si articola in due fasi distinte:<br />

- la prima è quella del consolidamento e dell’arricchimento delle possibilità di<br />

espressione verbale del bambino;<br />

- la seconda è la fase dell’utilizzazione di questi materiali per la costruzione di<br />

eventi sonori.<br />

Fonemi = la loro prima fase di impiego comprende gli esercizi di preparazione<br />

alla dizione articolata di specifici gruppi consonantici o vocalici e gli esercizi<br />

che si propongono di esplorare tutti i suoni di cui è capace l’emissione<br />

fonematica, che in una seconda fase verranno utilizzati formalmente: i fonemi si


utilizzeranno per la costruzione di veri e propri brani oppure per la definizione<br />

di gruppi timbrici da utilizzare in esercizi d’improvvisazione .<br />

Parole isolate = la loro prima fase d’impiego comprende esercizi che ricercano<br />

parole rimate o assonanti o con prevalenza di determinate vocali o consonanti.<br />

L’utilizzazione formale di questo tipo di materiale verbale è analoga a quella<br />

dei fonemi con l’unica differenza di servirsi di sequenze di parole invece che di<br />

fonemi e offre pertanto meno varietà.<br />

Testi = la prima fase d’impiego dei testi è rappresentata dalla semplice<br />

declamazione. Si può contribuire alla formazione di una sensibilità espressiva<br />

mediante un gioco: quello di recitare un testo cambiando intonazione<br />

(monocorde, gaia, arrabbiata, ecc…) o con intonazioni contraffatte che possono<br />

ottenersi usando le diverse posizioni della laringe (falsetto, gutturale, sotto<strong>voce</strong>,<br />

ecc…) o cambiando le posizioni della bocca (aperta, chiusa, con i denti fuori,<br />

ecc…).E’ possibile anche declamare il testo con inflessioni di personaggi noti o<br />

immaginari: un generale che dà ordini, una famosa annunciatrice televisiva,<br />

ecc… Altre intonazioni sono ricavabili dalle inflessioni dialettali (siciliane,<br />

romagnole, venete…) o di diversa provenienza internazionale (inglese,<br />

francese…). <strong>La</strong> declamazione di un testo può diventare poi una forma<br />

autonoma. Per esempio, si può utilizzare una filastrocca popolare per costruire<br />

un esercizio ritmico, oppure ad un testo declamato si può aggiungere una<br />

sonorizzazione di sfondo.


Anche l’esperienza ritmica si basa inizialmente sulla lingua parlata. Per<br />

cominciare si useranno materiali verbali semplici: per esempio i nomi stessi dei<br />

bambini (perché li fa sentire protagonisti), oppure i nomi di fiori, cose, animali,<br />

ecc… che saranno trasformati in unità ritmiche diverse mischiandole a<br />

piacimento (successione, sovrapposizione, proporzionalità). Oltre all’impiego di<br />

parole isolate, per l’esercitazione ritmica è molto più stimolante utilizzare conte,<br />

filastrocche e non - sense (testi che tendono al suono verbale in sé, più che alla<br />

comunicazione di un significato). Per quanto riguarda le filastrocche, è<br />

consigliabile partire da quelle monocellulari, ossia da quelle che utilizzano un<br />

medesimo materiale ritmico su diverse parole. Ciò consente l’apprendimento<br />

della filastrocca <strong>nel</strong> suo complesso e l’apprendimento della specifica cellula<br />

ritmica alla cui assimilazione ogni filastrocca mira.<br />

Il secondo passo sul terreno dell’esperienza ritmica, rispetto alle filastrocche<br />

monocellulari, ci porta alla razionalizzazione delle cellule elementari binarie<br />

attraverso l’associazione della scansione verbale con la notazione<br />

convenzionale. Qui l’attenzione si sposta verso procedure analitiche: si<br />

utilizzerà la cellula come minimo elemento significante e indivisibile da<br />

utilizzare per le costruzioni ritmiche. Infatti, le cinque cellule binarie elementari<br />

( ) estrapolate dai testi si possono combinare liberamente e<br />

si possono utilizzare per la creazione e costruzione di ostinati anche a strati<br />

(utili per illustrare praticamente la proporzionalità dei valori ritmici).


Altre forme di sovrapposizione sono la scansione del testo in canone , o il suo<br />

accompagnamento mediante la ripetizione in ostinato di una delle sue cellule; il<br />

testo può essere anche ripetuto in forma d’eco o distribuendo l’esecuzione tra i<br />

vari gruppi. Quest’ultimo esercizio può essere sviluppato in modo progressivo:<br />

prima si distribuisce fra i due gruppi l’intera conta, poi metà conta, singoli versi,<br />

mezzi versi, fino ad isolare le cellule ritmiche più piccole. Ad un certo punto del<br />

percorso la filastrocca viene scritta alla lavagna in associazione con i valori<br />

ritmici convenzionali: al di sotto di ogni cellula verbale viene scritta la<br />

corrispondente cellula ritmica in notazione tradizionale (la finalità, infatti, è<br />

quella di far conoscere al bambino la notazione tradizionale). In questa fase la<br />

notazione non è che un insieme di figure che corrispondono a determinate<br />

scansioni verbali. E’ importante non perdere di vista questa dimensione , perché<br />

tutte le operazioni elementari svolte in questa fase dell’attività avvengono a<br />

partire dalle parole e non dai ritmi che esse incarnano.<br />

Per quanto riguarda l’“educazione dell’orecchio” <strong>Orff</strong> non si riferisce alla<br />

pratica del dettato musicale che si limita ad identificare e trascrivere note e<br />

ritmo di una melodia. Di un suono, infatti, si possono riconoscere anche altre<br />

caratteristiche come l’intensità, il timbro, la distanza, la direzione e il percorso.<br />

L’educazione dell’orecchio inizia con l’identificazione e la differenziazione dei<br />

rumori ambientali o di quelli prodotti dalle azioni più abituali. Il ricorso agli<br />

strumenti, invece, deve osservare una gradualità, perché è più facile riconoscere<br />

timbri e dinamiche che non ritmi e altezze. Per questo, si svolgeranno esercizi


elativi a ciascuna caratteristica del suono. Distanza, direzione e percorso sono<br />

le più trascurate dall’educazione dell’orecchio tradizionale; in una didattica<br />

come quella <strong>Orff</strong>, invece, vanno considerate perché il movimento è presente<br />

<strong>nel</strong>l’attività musicale elementare. Gli esercizi di educazione dell’orecchio legati<br />

al movimento interessano, inizialmente, determinate caratteristiche e variazioni<br />

del suono. Il bambino, in un primo momento, viene sollecitato da un segnale<br />

musicale a compiere un movimento generico; poi fa corrispondere movimenti<br />

più specifici alle variazioni del suono (ad esempio: smorzamento di un suono,<br />

accelerazione delle sue ripetizioni, ecc…). Questi esercizi servono ad introdurre<br />

i bambini all’individuazione delle singole caratteristiche del suono. Un campo<br />

più vasto è invece rappresentato da quegli esercizi in cui il movimento ha la<br />

funzione di interpretare un suono; questi sviluppano <strong>nel</strong> bambino un<br />

approfondito controllo delle proprie possibilità motorie e, allo stesso tempo,<br />

sviluppano notevolmente l’orecchio, in quanto richiedono distinzioni molto<br />

sottili (ad esempio: individuare la dislocazione di strumenti identici e vicini,<br />

suonati con la stessa intensità). I primi esercizi di educazione dell’orecchio<br />

legati alla <strong>voce</strong> saranno collettivi e si baseranno su fasce vocali di intonazione<br />

libera ed altezza diversa (acuta - media e grave) che consentono un gioco di<br />

timbri stimolante che può anche dar luogo ad esercizi d’improvvisazione. Nel<br />

passaggio al canto intonato, invece, l’insegnante provvederà a graduare i<br />

materiali di cui intende servirsi, utilizzando liberamente canti modali e tonali,<br />

canoni, ostinati melodici, canti per terze, quarte, quinte, seste, ecc… .

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