estratto - Immensa Aequora

estratto

Immensa Aequora
Ricerche archeologiche, archeometriche e informatiche
per la ricostruzione dell’economia e dei commerci
nel bacino occidentale del Mediterraneo
collana diretta da Gloria Olcese
1. e anfore greco italiche di Ischia: archeologia e archeometria.
Artigianato ed economia nel Golfo di Napoli
in preparazione:
2. Atlante dei siti di Produzione ceramica (Toscana, lazio, Campania e Sicilia).
Con le tabelle dei principali relitti del Mediterraneo occidentale
con carichi dall’Italia centro meridionale
estratto

GlorIA olCese
le Anfore greCo ITAlIChe dI ISChIA:
ArCheologIA e ArCheomeTrIA
Artigianato ed economia nel Golfo di Napoli
con contributi di Stefania Giunta, Ioannis Iliopoulos,
Valerie Thirion Merle e Giuseppe Montana
estratto

La ricerca è stata finanziata nelle prime fasi dalla F. Thyssen Stiftung di Bonn.
Parte delle analisi di laboratorio sono state possibili grazie ai fondi del MIUR
(Progetto FIRB RBNE03KWMF “Ricostruire i commerci nel Mediterraneo in epoca ellenistica e romana attraverso
nuovi approcci scientifici e tecnologici”)
Redazione a cura di Stefania Giunta
In copertina: I vigneti di Monte Vico (Lacco Ameno).
Seconda edizione
ISSN 2240-9831
ISBN 978-88-7140-471-4
Volume pubblicato con il contributo della Sezione di Archeologia
del Dipartimento di Scienze dell’Antichità della Sapienza, Università di Roma
© Roma 2012, Edizioni Quasar di Severino Tognon srl
via Ajaccio 43 - 00198 Roma, tel. 0685358444 fax 0685833591
e-mail: qn@edizioniquasar.it – www.edizioniquasar.it
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Carta di Ischia: 1: Lacco Ameno, Santa Restituta; 2: Lacco Ameno, Monte Vico; 3: Lacco Ameno, Baia di San Montano;
4: Casamicciola; 5: Cartaromana; 6: Promontorio di Punta Chiarito.

CAPITOLO I
Obiettivi, difficoltà e limiti di una ricerca
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Questo volume ha come argomento le anfore greco italiche di Ischia (e, indirettamente, del Golfo di Napoli) e uno dei
suoi obiettivi è quello di riunire e approfondire i risultati di indagini condotte, a più riprese, negli anni passati 1.
Lo studio fa parte di un progetto di ricerca più ampio relativo al quartiere artigianale sito sotto la Chiesa di Santa
Restituta di Lacco Ameno d’Ischia (fig. I.1 e I.2) e ai suoi reperti 2. All’area archeologica di Santa Restituta, scoperta
e indagata dal Rettore della Basilica Don Pietro Monti 3, è dedicato un volume che sarà pubblicato a breve e in cui
verrà preso in considerazione il tema della produzione ceramica a Ischia nel corso dei secoli, argomento ricco di
bibliografia e solo parzialmente toccato in questo lavoro.
Ischia, famosa per i suoi giacimenti argillosi 4, è stata “un polo produttivo” di ceramiche fin dall’epoca della colonizzazione
e per molti secoli 5; Plinio fa derivare il nome dell’isola non tanto da πίθηκος, la scimmia, quanto dai πίθοι, i
grandi contenitori in argilla o, più genericamente, i vasi (“Pithecusa, non a simiarum moltitudine, ut aliqui existimavere,
sed a figlinis doliorum”, Plinio, Naturalis Historia, III, 82) 6.
Uno degli scopi iniziali dell’indagine era l’individuazione e la caratterizzazione, anche in laboratorio, delle anfore greco
italiche della zona, cercando di mettere in evidenza le problematiche di carattere storico ed economico collegate
a tali contenitori; è indubbio che Ischia, un’isola così importante per l’archeologia italiana, costituisce un punto di
riferimento anche per conoscere la cultura materiale di età ellenistica 7.
L’interesse e l’abbondanza dei dati relativi alle anfore greco italiche hanno reso necessario estrapolare questa parte
divenuta più voluminosa in seguito all’ampliamento della ricerca ad altre aree del Mediterraneo 8, nel tentativo di trovare
conferme della circolazione della/e produzione/i del Golfo.
Aver estrapolato la parte dello studio che riguarda le anfore ha comportato qualche difficoltà organizzativa, poiché
tutti i dati relativi alle fornaci e all’area di rinvenimento si trovano nel volume in corso di preparazione; in questa
sede si è anticipato solo ciò che pareva indispensabile per la comprensione del contesto. Va comunque ricordato
che i materiali di Santa Restituta non provengono da scavi stratigrafici e la trattazione delle singole classi ha dovuto
purtroppo prescindere da una serie di informazioni fondamentali che avrebbero potuto chiarire argomenti importanti
trattati invece solo parzialmente.
Quali sono le anfore prodotte a Ischia (e/o a Napoli ?) ? Dove e quando le anfore hanno circolato? Quali sono i tipi ?
Quali i bolli ? Quali gli impasti? Sono solo alcune delle domande a cui si è cercato di dare una risposta con questo
lavoro. La ricerca è avanzata ma non è ancora conclusa, ciononostante è possibile cominciare a ricostruire la produzione
di anfore a Ischia e nel Golfo di Napoli. Caratteri morfologici dei recipienti, particolari tecnologici, modo di
bollare, impasti dalle caratteristiche ricorrenti, reiterazione di alcuni bolli o l’associazione di due nomi su di uno stesso
bollo, lasciano intravedere una produzione ampia e articolata, forse distribuita tra più officine e destinata a contenere
il vino dell’isola.
La seconda metà del Novecento è stata particolarmente
importante per lo studio delle “anfore greco
italiche”, destinate molto probabilmente al contenimento
del vino. In alcuni casi erano impiegate
anche per trasportare olive, pistacchi, acini di uva
e fibre di natura sconosciuta, come nel caso del
relitto della Secca di Capistello9. I numerosi lavori
dedicati alle greco italiche rendono superfluo tornare
sulla storia degli studi e sulla presentazione
delle problematiche legate alla tipologia e alla cronologia10.
Una delle domande principali riguarda l’individuazione
delle zone di origine dei contenitori che hanno
circolato, dal momento che sono pochi i dati relativi
ad aree di produzione11, fatto che ha reso fino Fig. I.1: La chiesa di S. Restituta a Lacco Ameno.

12 c a p i to l o i
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ad ora complessa anche la ricostruzione dei traffici
commerciali.
La fabbricazione di anfore greco italiche ha interessato
diverse zone dell’Italia tirrenica e adriatica12, ma non è altrettanto evidente che i contenitori di
tutti i centri di produzione abbiano circolato ad ampio
raggio. L’identificazione di Ischia, sito ben noto
per le sue argille e per la fabbricazione della ceramica
dallepoca della colonizzazione, come area di
produzione di greco italiche è il risultato di ricerche
recenti, raggiunto grazie all’incrocio di dati diversi
di carattere archeologico, epigrafico e archeometrico13.
Altrettanto recenti sono i tentativi di ricostruzione
della circolazione delle anfore appartenenti al gruppo
definito “Ischia/Golfo di Napoli” 14. Questa definizione
nasce dalla “scoperta” dell’esistenza di anfore greco italiche dalla morfologia simile (tipi IV, V, V/VI della
classificazione del van der Mersch15) e della presenza degli stessi bolli a Ischia e a Napoli, in primo luogo, ma anche
in altri contesti mediterranei16, tra cui alcuni siciliani. L’ipotesi che, almeno in qualche caso, si trattasse di contenitori
originari di una stessa area produttiva è stata formulata fin dall’inizio della ricerca, in base a criteri archeologici, macroscopici
ed epigrafici e in seguito ad alcuni controlli diretti sui reperti di più siti17. Il collegamento tra le anfore greco italiche e il Golfo di Napoli, spesso sostenuto ma mai provato, è stato possibile
grazie allo studio in laboratorio dei reperti di Ischia, che hanno consentito la caratterizzazione e il raggruppamento
dei campioni secondo criteri archeometrici.
In particolare, nelle argille utilizzate per la fabbricazione delle anfore sono stati riconosciuti alcuni markers mineralogici
caratteristici delle argille vulcaniche e alcune associazioni di minerali in quantità diverse, che sono
diventati gli indicatori delle ricerche in laboratorio18. Fig. I.2: Gli scavi sotto la chiesa di S. Restituta a Lacco Ameno.
Il motivo per cui queste produzioni ceramiche non sono
state individuate prima dipende innanzitutto dalla poca attenzione riservata in passato allo studio degli impasti,
ma anche dal fatto che non si tratta delle argille tipiche delle produzioni “campane” più tarde, come ad esempio
quelli delle anfore Dressel 2/4, bensì di impasti che non erano ancora stati riconosciuti e collegati ad una zona
di produzione.
I bolli in greco, il cui studio è stato combinato con l’analisi tipologica e con quella di laboratorio, sono stati l’altro importante
filo rosso della ricerca.
Negli anni ‘90, in contemporanea con le ricerche sul quartiere artigianale e sui suoi reperti, era stata condotta un’indagine
epigrafica sui bolli delle anfore di Lacco Ameno 19. Non poter contare su questo importante lavoro, rimasto
purtroppo inedito, ha comportato la ripresa ex novo dello studio dei bolli su anfore rinvenute a Lacco che, come altre
classi ceramiche, erano state nel frattempo sottoposte ad analisi di laboratorio, chimica e mineralogica nell’ambito di
un progetto comune che mirava a stabilire quali anfore fossero prodotte localmente e quali importate 20.
La ricerca epigrafica, per la quale sono necessarie competenze ben maggiori di quelle in possesso di chi scrive,
non è sicuramente esaustiva ed è da considerare funzionale all’indagine condotta che, come si è detto, aveva altri
obiettivi. Il catalogo dei bolli è quindi preliminare e si prefigge semplicemente di far conoscere i “supporti” oggetto
di studio archeologico e archeometrico, non solo di Ischia ma anche di altri siti e relitti (della Sicilia, in modo particolare).
In una seconda fase, le indagini sono state ampliate ad alcuni siti e relitti della Sicilia e del Mediterraneo occidentale,
per mezzo di un controllo diretto e di analisi di laboratorio, grazie ad un progetto ancora in corso 21, il cui scopo principale
è quello di mettere a confronto i contenitori di aree geografiche differenti, per verificare un’eventuale origine
comune 22.
Una delle fasi più interessanti della ricerca è stata la ripresa dello studio dei relitti eoliani (Filicudi F e Secca di Capistello)
23 che, con i loro carichi di anfore greco italiche, ben rappresentano la circolazione di vino nel periodo compreso
tra la fine del IV e la prima metà del III secolo a.C. L’attribuzione delle anfore dei due relitti al Golfo di Napoli è
uno dei risultati più significativi ottenuti nel corso della ricerca 24.
Mentre un primo articolo sulle anfore di Ischia veniva pubblicato 25, gli scavi della metropolitana di Napoli, diretti da
D. Giampaola per la Soprintendenza archeologica di Napoli, portavano alla luce ceramiche e anfore, anche greco
italiche, in una zona prossima al porto, già nota per i rinvenimenti di scarichi di ceramiche a vernice nera 26.

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In maniera del tutto insperata e nell’arco di poco tempo ci troviamo quindi nella condizione di poter approfondire la
conoscenza delle anfore e delle ceramiche; le ricerche sono ancora in corso ma è certo che il riesame di tanti dati
consentirà di conoscere meglio la storia economica di Neapolis e del Golfo.
Uno degli obiettivi ricorrenti degli studi di cultura materiale di questa zona della Campania 27 è quello di separare e
individuare la produzione ceramica di Ischia da quella di Napoli (ancora aperte sono le discussioni a proposito della
ceramica a vernice nera). Loperazione è piuttosto difficoltosa perché il patrimonio artigianale è comune e i dati
epigrafici sembrano riflettere una realtà sociale ed economica condivisa; anche lutilizzo di analisi di laboratorio non
sempre può essere dirimente, considerata la mancanza di ricerche mirate e di valori archeometrici di riferimento sulle
argille del Golfo di Napoli.
È opportuno comunque ricordare che nel periodo che vede la comparsa delle ceramiche a vernice nera e delle
anfore greco italiche, tale tentativo di separazione, forse, non è fondamentale, soprattutto se si condivide l’ipotesi,
sostenuta da più studiosi, che l’isola appartenga in questa fase a Napoli 28. Ischia ricoprirebbe quindi anche in età
ellenistica la funzione di quartiere artigianale “allargato”, forte della sua tradizione in campo ceramico e metallurgico,
tradizione che risale ai tempi della colonizzazione greca 29.
Là dove la distinzione delle ceramiche di Ischia e Napoli non è certa, la definizione di “anfore greco italiche di Ischia/
Golfo di Napoli” permette poi di contemplare anche le possibili produzioni di altri centri, di Napoli in primo luogo, ma
anche di siti del Golfo la cui attività artigianale nell’epoca considerata non è attualmente conosciuta.
Ai problemi citati, si aggiunge la difficoltà creata dalla lacunosità e dalla disomogeneità dei dati archeologici; nel caso
delle anfore, a Ischia sono attestate soprattutto anse bollate e pochi frammenti diagnostici. Nei due siti, inoltre, è
evidente la presenza, oltre che di ceramiche locali/regionali anche di molto materiale importato.
Il volume è strutturato in nove capitoli, a cui si aggiungono i cataloghi.
Il secondo capitolo è dedicato al vino di Ischia, che costituiva probabilmente il contenuto delle anfore greco italiche,
e alle strutture legate al mondo del vino sull’isola. Il terzo è incentrato sulla tipologia delle greco italiche di Ischia/
Golfo di Napoli. Il quarto capitolo tratta dei bolli in greco sulle greco italiche di Ischia e il quinto è un catalogo ragionato
di alcuni bolli e della loro circolazione. Il capitolo sesto comprende i dati archeometrici, chimici e mineralogici e i
contributi dei colleghi, V. Thirion Merle, G. Montana e I. Iliopoulos. I capitoli settimo e ottavo sono un tentativo di ricostruzione
della circolazione delle anfore greco italiche di Ischia/Golfo di Napoli; comprendono anche i dati preliminari
sulle analisi di laboratorio di siti siciliani. L’ultimo capitolo riassume i risultati ottenuti e contiene un primo tentativo di
interpretazione dei dati in chiave storico-economica.
Ringraziamenti
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L’indagine, per la complessità e l’ampiezza, si è protratta per più anni e molte sono le persone che l’hanno resa possibile.
M. Picon mi ha incoraggiato, molti anni fa, a occuparmi delle ceramiche di Ischia e del Golfo di Napoli; il suo
approccio allo studio dell’artigianato antico è per me un punto di riferimento fondamentale così come la sua amicizia.
W.D. Heilmeyer ha accolto con interesse e curiosità le proposte di studio che gli ho fatto quando ero borsista a
Berlino e mi ha sempre aiutato a realizzarle, nel caso di Ischia partecipando attivamente alle indagini 30. Negli ultimi
tempi ha accettato con pazienza infinita i ritardi del mio lavoro e la decisione di estrapolare la parte sulle anfore dalla
pubblicazione complessiva del quartiere artigianale di S. Restituta.
Il lavoro a Ischia è stato facilitato in ogni modo da S. De Caro, Soprintendente Archeologo per l’area di Napoli nel periodo
in cui la ricerca si è svolta, e da C. Gialanella, Ispettrice di zona. Proprio l’apertura e la disponibilità che hanno
contraddistinto la gestione della Soprintendenza di S. De Caro a Napoli hanno creato un’atmosfera di lavoro bella e
unica che è un po’ il sogno di ogni archeologo che abbia un progetto di ricerca. A G. Buchner devo alcune importanti
e dettagliate informazioni sulla geologia dell’isola e sulla situazione di S. Restituta.
Un apporto importante alla ricerca è stato dato da V. Merle e I. Iliopoulos, che mi hanno aiutata ad affrontare le difficili
problematiche connesse all’indagine archeometrica. F. Zevi ha riletto alcune parti di questo lavoro dandomi utili consigli.
Ringrazio F. Cordano per aver rivisto pazientemente con me alcuni bolli del capitolo V; A. Mele ha letto in tempi
brevissimi il capitolo IX. F. Salviat, forte della sua esperienza decennale a Thasos, mi ha dato indicazioni utilissime
per i bolli e per il sistema di produzione delle anfore.
Numerosi sono infine i colleghi che mi hanno autorizzato a prendere visione del materiale nelle aree di competenza
o che, in modi diversi, hanno contribuito all’avanzamento della ricerca. Li ricordo tutti con riconoscenza: C. Araneguì,
D. Asensio, G. Avagliano, N. Badoud, B. Basile, M. Benfari, V. Caminneci, L. Campagna, L. Castagna, G. Camodeca,
C. Capelli, R. Cantilena, F. Cibecchini, M. Cipriani, M. Crawford, A. D’Ambra, B. Dangréaux, A. De Filippis, A. De
Miro, M. T. Iannelli, S. Febbraro, E. Gailledrat, Y. Garlan, D. Giampaola, C. Greco, L. Guzzardi, D. Gullì, R. Gullo,
S. Gueli, P. Guzzo, C. Ingoglia, M. Lawall, M.C. Lentini, L. Long, L. Lazzarini, A. Marangou, L. Messina, A. Ollà, J.L.

14 c a p i to l o i
Ottaviani, M. Palaczyk, F. Pallarés, M.C. Parello, L. Pugliese, A. M. Rotella, G.Ruggi D’Aragona, V. Sampaolo, G.
Sarà, G. Spagnolo, S. Tusa, A. Villa.
S. Giunta è subentrata ad A. Rinaldi nella redazione scientifica di questo volume, portando a termine il suo compito
non facile con grande partecipazione e serietà professionale.
G. Murro e L. Ceccarelli hanno lavorato alle carte e I. Manzini ha rivisto la bibliografia, aiutando S. Giunta. M. Tognon
ha collaborato con grande disponibilità alla creazione di questo volume, attendendo con pazienza revisioni e correzioni.
Il mio lavoro non sarebbe stato possibile se Don Pietro Monti non avesse perseguito per tutta la sua vita, con la tenacia
e la simpatia che lo caratterizzavano, un “progetto” per la storia e l’archeologia di Ischia. Questo volume, come
l’altro che seguirà, sono dedicati a lui e al suo lavoro, con affetto e riconoscenza.
Gli amici di Santa Restituta, Immacolata, Gabriele, Filippo, Prospero e la sua famiglia che mi hanno accolto a Lacco
con amicizia, aiutandomi in ogni occasione, la bellezza e l’interesse del luogo hanno contribuito a creare un’atmosfera
piacevolissima e difficile da dimenticare.
Referenze grafiche e fotografiche:
I disegni delle anfore e dei bolli di Ischia contenuti questo volume sono a cura di:
estratto
Don Pietro Monti: I B.1, I B.2, I B.4, I B.8, I B.11, I B.26, I B.35, I B.45, I B.49, I B.62, I B.65, I B.69, I B.78, I B.79, I
B.86, I B.95, I B.109, I B.136, I B.137, I B.159, I B.194, I B.207, I B.211, I B.229, I B.231, I B.234, I B.245, I Teg.2, I
Teg.7, I Teg.8, I Teg.9.
A. Festuccia: I B.3, I B.123, I B.157, I B.224, I B.228, I Teg.3, II B.2, II B.4, II B.13, II B.30, II B.60, i bolli e le anfore di
Eraclea Minoa e Licata-Monte Sant.Angelo nei capitoli V e VIII (tranne dove diversamente indicato), il bollo M.VAL di
Marsala-Punta Scario nel capitolo VII, il bollo ANΔΡΩNOΣ di Selinunte e l’anfora di Piscinola nel capitolo VIII.
A. Zorzi: I B.17, I B.21, I B.43, I B.46, I B.54, I B.57, I B.61, I B.64, I B.70, I B.89, I B.97, I B.140, I B.142, I B.172, I
B.210, I B.213, I B.235, I B.236, I B.244, I Teg.6, II B.18, II B.22, II B.24, II B.52, II B.67, II B.68, II B.70, II B.73, le
anfore di Ischia (tranne dove diversamente indicato), i bolli e le anfore dei relitti Filicudi F e Secca di Capistello nei
capitoli III, V e VII (con ritocchi di E. Serafini), la figura IV.1.
E. Serafini: I B.63.
Le carte sono di G. Murro.
Le fotografie di buona qualità dei bolli del catalogo sono state effettuate da B. Pätzel, U.Eckertz Popp e D. Hunter.
Le altre, insieme alle foto delle anfore di siti diversi, sono a cura S. Giunta, A. Hiener e G. Olcese. La foto di copertina
è di A. Hiener.

NOTE
1 All’area di Santa Restituta sono stati dedicati nel corso
del progetto alcuni contributi preliminari (Olcese et al. 1996;
Heilmeyer 2001 e 2004; Olcese 1999, 2004, 2007), che si
aggiungono a quelli che erano già stati pubblicati in passato,
aventi come oggetto classi specifiche di materiali (Monti
1980, Monti 1991, Pedroni 1999, Scatozza Höricht 2007 ed
altri citati nei capitoli che seguono).
2 Il progetto nato, in accordo con la Soprintendenza Archeologica
di Napoli, negli anni ’90, durante un mio soggiorno di
studio a Berlino presso la Freie Universität, è stato finanziato
nella sua prima e più importante fase dalla Thyssen Stiftung
di Bonn. L’ultima fase della ricerca, concernente l’estensione
delle indagini a siti della Sicilia e del Mediterraneo, è stata invece
finanziata con i fondi del progetto ministeriale Firb citato
alla nota 8.
3 Monti 1980 e 1991.
4 Si vedano a questo proposito Buchner 1994 e il cap. VI di
questo volume.
5 Non è questa la sede per riportare la bibliografia completa
sulle ceramiche prodotte a Ischia e su quelle importate,
bibliografia che comprende contributi di primo piano di illustri
studiosi, tra cui, oltre a G. Buchner, B. D’Agostino, R.F.
Docter, C.W. Neeft, H.G. Niemeyer, D. Ridgway.
Rimando a Pithekoussai I per la raccolta delle pubblicazioni
relative al tema della produzione ceramica all'epoca della colonizzazione;
per il tema più generale dei giacimenti di argilla
di Ischia e lo sfruttamento anche in epoca recente, si vedano
Buchner 1994 e il cap. VI di questo volume.
6 La fonte pliniana è molto esplicita e corrisponde pienamente
alla realtà archeologica. Per una diversa etimologia del
nome, M. Torelli, L'immaginario greco dell'oltremare. La lekythos
eponima del pittore della Megera, Pausania I, 23, 5-6 e
Pithecusa, in Apoikia. Scritti in onore di G. Buchner, Annali di
Archeologia e Storia Antica, Napoli 1994, pp. 117 e 127.
Per i nomi di Ischia, Ridgway 1984, pp. 49-50. Bonfante
1992; Poccetti 1995.
7 La bibliografia di Ischia è ampia, anche se concentrata soprattutto
sullepoca della colonizzazione. Imprescindibili sono i
contributi di G. Buchner a cui si rimanda per la storia dellisola
e per la bibliografia precedente. La bibliografia complessiva su
Ischia è raccolta nel volume in corso di preparazione.
8 Si tratta di uno dei temi di ricerca del progetto Firb 2005-
2010 “Immensa Aequora” i cui obiettivi sono riassunti nel sito
internet www.immensaaequora.org e in Olcese 2010.
9 Frey et al. 1978, p. 289. Per il relitto della Secca di Capistello,
si veda il cap. VII.2 di questo volume.
10 Will 1982; Empereur, Hesnard, 1987; Manacorda 1986,
1989; Olcese 2004, 2007; Tchernia 1986, pp. 42-53; van der
Mersch 1994, 2001; Cibecchini 2007 con bibliografia precedente.
11 Il lavoro più completo è quello del van der Mersch 1994.
12 Si veda a titolo di esempio il recente volume sulle anfore
greco italiche di Cattolica, Malnati, Stoppioni (a cura di)
2008.
estratto
o b i e t t i v i, d i f f i c o lt à e limiti d i u n a r i c e r c a 15
13 Per la produzione ceramica nell’epoca della colonizzazione,
Pithekoussai I, a cui si rimanda anche per la bibliografia
precedente. Per gli studi recenti, archeologici e archeometrici,
Olcese et al. 1996; Olcese 2004, 2007.
14 Oltre ai lavori precedentemente citati, si ricorda la sessione
del convegno internazionale AIAC 2008 in cui sono stati
presentati da chi scrive i dati preliminari dello studio effettuato
sui relitti eoliani, anticipati in Olcese 2007.
15 Van der Mersch 1994.
16 Notizia preliminare è stata data nei lavori precedentemen-
te citati.
17 I primi indizi sono stati confermati prendendo visione delle
greco italiche di Pech Maho, nel 2000 grazie alla disponibilità
di E. Gailledrat.
18 Si vedano, a questo proposito, i testi di I. Iliopoulos e
G. Montana sulle analisi mineralogiche nel cap. VI.
19 La ricerca è stata argomento di una tesi di dottorato da
parte di S. Buchner a cui si deve un contributo sul bollo
ΜΑΜΑΡΚΟΣ, Buchner 1997.
20 Olcese et al. 1996; Olcese 1999.
21 Progetto Firb 2005-2010 a cui si è fatto cenno nella nota
8.
22 Spesso, infatti, non è sufficiente stabilire confronti morfologici
o epigrafici, basandosi solo sulle pubblicazioni; la fitta
rete di connessioni tra i materiali di Ischia, quelli di Napoli e
di altri centri del Mediterraneo è venuta alla luce solo grazie
alla visione diretta dei reperti e, in un secondo momento, grazie
alle analisi di laboratorio. Gli studi sulle anfore tendono
di solito a privilegiare l’aspetto tipologico o quello epigrafico
(spesso di tratta di bolli apposti su anse frammentarie) e di
rado le ipotesi archeologiche sono state sottoposte a verifica
con analisi di laboratorio che amplificano notevolmente le
possibilità interpretative dei dati.
23 Grazie alla collaborazione di R. Gullo, già Direttore del
Museo di Lipari, e dell’attuale Direttore M. Benfari, coadiuvati
da N. Ollà.
24 Si vedano i capitoli VII e IX di questo volume.
25 Olcese 2004.
26 De Caro, Giampaola 2004; Giampaola 2006; Febbraro,
Giampaola 2009; Febbraro et al. c.s. a.
27 “Campania” è stato utilizzato nel senso moderno del termine,
per indicare l’area corrispondente grosso modo alla
regione odierna.
28 L’ipotesi dell’appartenenza di Ischia a Napoli in epoca
ellenistica, in particolare nel periodo di diffusione delle greco
italiche, è data quasi per scontata e comunque sostenuta
da diversi studiosi (a titolo di esempio, Lepore 1952;
Lepore in Storia di Napoli I); non è invece condivisa da M.
Crawford che ritiene che Ischia facesse parte in questo
periodo dell’ager publicus, dipendendo da Cuma (“I think
Ischia was lost to Naples in the late 4 and was thereafter
ager publicus assigned to Cumae” M. Crawford, comunicazione
personale).
29 Raviola 1995, p. 117; l’Autore ha delineato la funzione ricoperta
da Pithecusa fin dalle origini, continuata nel corso
del tempo.
30 Il testo di W.D. Heilmeyer sullo scavo di S. Restituta è
inserito nel volume in corso di preparazione.

“Il vino è ‘l’acqua di Ischia’, e per pasteggiare non se
ne trova di migliore da Roma in giù. Non c’è dubbio
che venga bevuto in tutta Europa (sotto altri nomi)
come dimostra il grazioso spettacolo di tutti quei
bastimenti battenti bandiere straniere che sgomitano
nel piccolo porto circolare. Gusta allora il vino di ogni
grado di latitudine dell’isola, dal dorato torrente delle
mille botti di Forio al pallido ‘ichor’ color primula,
nettare divino trasudato dalle uve di montagna. E
prova anche i rossi…”
(N. Douglas, da “Isole d’estate”, Napoli, Guida 1988)
estratto

CAPITOLO II
Il vino di Ischia
II.1. Viti e vino a Ischia
Il modo con cui Norman Douglas ha descritto il vino di Ischia illustra
bene l’importanza che questo prodotto ha rivestito per l’isola
nel corso del tempo. Al momento della vendemmia a Ischia sono
dedicate anche le belle pagine di A. Maiuri, riportate alla fine del
capitolo.
Ancora oggi il paesaggio delle colture è piuttosto uniforme e caratterizzato
principalmente dalla vite 1, la cui coltivazione è favorita
dal clima e dai terreni vulcanici e, in tono minore, dal castagno
(fig. II.1).
Non è certo quando si sia diffusa la vite sull’isola, forse già
dall’epoca della colonizzazione greca e forse già prima; “Agricoltura
va intesa, a Ischia, nel senso di viticoltura e della vite segue
gli alti e i bassi“ ricorda la Niola Buchner che ha dedicato a Ischia un dettagliato studio geografico “In ogni caso era
sempre la coltura prevalente anche se fino al XVI secolo l’area occupata dalla boscaglia doveva essere più ampia,
come testimoniano taluni autori, vi era nell’isola gran varietà di frutta ed ortaggi, oltre ai terreni vitati. Nella prima metà
dello scorso secolo, comunque il dominio della vite era ormai da tempo assoluto…i traffici stessi erano, in passato,
in funzione dell’attività agricola: infatti i velieri trasportavano vino da Lacco, Forio ed Ischia a Roma, attraverso Civitavecchia
e a Genova” 2.
A Ischia, quindi, la vite per molto tempo è stata la risorsa agricola principale e la produzione del vino ha occupato fino
al secolo scorso una importante posizione nell’economia locale.
Il forte legame tra Ischia e il vino emerge anche dallo studio della lingua: una recente ricerca condotta ha permesso
infatti di recuperare nei dialetti di Ischia il “lessico” delle vigne, il linguaggio impiegato per definire le antiche
tecniche rurali connesse alla coltivazione della vite 3.
Alcuni toponimi rivelano il legame con il vino, ad esempio la località Maronti, il cui nome parrebbe indicare le
grotte per la conservazione del vino 4. Ancora oggi tutta l’isola è disseminata,
soprattutto nella parte interna, di tracce legate al mondo del vino,
in modo particolare palmenti e cellai, attribuiti ad epoche recenti. Il nome
stesso di Lacco si può collegare al greco λάκκος, che significa grotta,
cantina 5.
Fig. II.2: Donario di Aristeo (da Buchner
1949-50, fig. 1).
estratto
Fig. II.1: Vigneti di Monte Vico nell’area sovrastante
Lacco Ameno.
Strabone ha descritto l’eukarpia di Ischia, la fertilità della terra che facilita
le coltivazioni 6; quella della vite è ricordata anche dalle fonti di età romana
a proposito dell’ isola 7 e, più in generale, di altre zone della Campania 8.
Un’iscrizione greca rinvenuta a Lacco Ameno, su un donario, contiene una
dedica ad Aristeo, la divinità agricola particolarmente venerata in Eubea 9
(fig. II.2).
L’insediamento di Punta Chiarito, con più fasi abitative comprese tra l’VIII e
il VI secolo a.C., recentemente scavato da C. Gialanella e S. De Caro, ha
restituito una sorta di pigiatoio, un bacino in tufo di forma ovale con un versatoio, insieme ad anfore e a pithoi 10 (figg.
II.3-4). Intorno sono state ritrovate una serie di fosse di piantagione di vigne e i buchi lasciati dai pali delle viti che
dimostrano l’impianto precoce da parte dei coloni euboici 11.
La fabbricazione di anfore, documentata dalla Di Sandro per l’epoca arcaica 12 e quella delle anfore greco italiche in
età ellenistica, oggetto di questo stesso studio, oltre agli scarti di fornace di anfore tardo antiche provenienti sempre
da Lacco Ameno, dimostrano che la produzione di vino è una costante della realtà produttiva dell’isola.
Le anfore greco italiche sono infatti collegate alla produzione e alla circolazione del vino 13 che, come si è detto, da
sempre, è un punto di forza dell’economia non solo dell’isola ma, più in generale, del Golfo di Napoli e della Cam-

18 c a p i to l o ii
Fig. II.3: Pigiatoio di Punta Chiarito (da Brun 2004,
p. 162).
Fig. II.4: Pianta della casa di Punta Chiarito, VI secolo a.C.
(da De Caro, Gialanella 1998).
estratto
pania 14. Nella Campania felix aveva luogo la contesa tra Dioniso e Demetra (che rappresentano viticoltura e cerealicoltura),
come riferisce Plinio che commenta però ut veteres dixere, lasciando immaginare che si trattasse di una
realtà antica già ai suoi tempi 15.
Intorno all’anno 1000 d.C. il monte Vico, che sovrasta l’area della basilica di Santa Restituta, era coperto di vigne e
la coltivazione della vite è documentata a Lacco Ameno, Casamicciola, Fontana e Barano 16.
La collina del Monte Vico a Lacco Ameno, viene descritta, nel rogito dell’anno 1036, redatto per indicare i terreni
lasciati dal Conte Marino ai monaci benedettini di Lacco, come ammantata di vigne, “bineas”, con un casale con
annesso un palmento “palmentum et subscetorium (la pietra del mosto) suum ibidem” 17 (si veda il paragrafo II.3).
Nei pressi del casale “ad bicum”, sul Monte Vico, vicino ad abitazioni di epoca medievale nel cortile davanti a un
cellaio, fu trovata una “grossa pietra molare”, utilizzata forse per pressare l’uva dopo la pigiatura 18.
Le vigne sovrastano ancora oggi la zona occupata dal quartiere artigianale di Santa Restituta e l’area dove ora sorgono
le terme dell’hotel Regina Isabella 19 (fig. II.1). Sono anche altri i siti in cui è coltivata la vite nello stesso periodo,
tra esse la “vinea que nominatur de isco”, forse l’odierna “Jesca” nel comune di Serrara Fontana 20.
Tutta la zona di Lacco, ancora nel XVI secolo, è occupata da viti e a questo proposito si parla di “territorium arbustatum
et vitatum, in parte sterile et boscheto, sito in Casalis in Loco, ibi dicitur mezzavia” 21.
Come ricorda il Monti, in una relazione del 1650 si legge, a proposito della Chiesa di Santa Restituta, “Il convento
possiede…una vigna attaccata al monastero, d’un moggio circa, murata”; questa vigna secondo lo stesso Monti fu
posseduta ininterrottamente dalle origini fino al 1866 22.
Alla fine del 1500, Iasolino, l’autore dei Rimedi naturali che sono nell’isola di Pithecusa, descrive i vini della zona
compresa tra Santa Restituta a Lacco e San Pietro a Pantanello: “si vede anco questa parte piena di verdeggianti
giardini, e vigne, che producono Sorbigni e Grechi soavi” 23. L’Autore distingue tra “vini latini, vini leggeri non molto
alcolici, prodotti da uve vendemmiate e subito premute e vini greci, fatti con uve essicate, con elevato contenuto di
zucchero e per questo molto alcolici e robusti, tanto serbevoli da poter essere trasportati anche a distanza” 24.
Il Capaccio, nel 1771, ricorda, a proposito di Ischia, “Graecum vinum, quod ex eius agro promitur, laudabile. Latinum,
non contemnendum” 25; lo stesso autore ricorda che i vini ricavati dalle uve di San Montano venivano esportati a
Roma e nel Mediterraneo: “Hanc aliqui laudem tribuunt S. Montano, et scopulis, qui D. Annae dicuntur. Hinc Romam,
et ad loca mediterranea vina asportantur” 26.
Ancora nel 1822 l’Ultramontano indica il vino come “la principale risorsa dell’isola, che è la produzione più adatta
al suo suolo e alla sua esposizione. L’isola di Ischia è propriamente un solo grande vigneto. L’uva nera è in piccola
quantità rispetto a quella bianca. Anticamente la si metteva tutta insieme, alla rinfusa, nel torchio, il che produceva
un chiaretto poco pregiato, ma al presente si separa l’uva bianca dalla nera. I vini prodotti dall’isola di Ischia sono,
per tre quarti, bianchi, secchi, più o meno generosi, ma non di lunga durata” 27.
Recenti lavori, infine, permettono di raccogliere informazioni sulla coltivazione della vite e la produzione e il commercio
del vino a Ischia 28. Sull’isola prevalgono le uve bianche e la zona in cui ci sono le uve migliori con le coltivazioni
più intense è, alla fine dell’800, quella di Forio 29. Nella zona di Frassitelli la vite è coltivata in altura e dalle colline è
trasportata a valle (figg. II.5-6).
Il vino di Ischia mantiene una posizione importante fino agli anni ’40 del ’900 e tutta la vita dell’isola è dominata dalla produzione
e dal commercio del vino. Numerose sono le immagini delle banchine piene dei “carri di castagno nuovi, riempiti di
acqua di mare per il primo “abbonimento”, pratica antichissima che si ritrova negli scritti di diversi autori latini come Marco
Porcio Catone e che serviva a “disinfettare” il legno, e probabilmente a far precipitare il tartrato delle pareti, evitandone il

Fig. II.5: Vigneto di
Biancolella a Frassitelli,
a picco sul
mare (da Piancastelli
2002, p. 35).
Fig. II.6: Trasporto
dell’uva appena raccolta
lungo i tratturi
sulla montagna (da
Piancastelli 2002,
p. 36).
rimescolamento con il vino…i “carrati” impostati in file idonee venivano riempiti di vino
trasportato dalla campagna in barili sistemati su carretti trainati da muli o asini o cavalli…I
barili erano travasati nei carrati che, pieni, venivano caricati sul veliero che era
affiancato alla banchina o in navi più grandi che per le loro dimensioni non riuscivano
a entrare nel porto e rimanevano alla
fonda fuori del porto stesso. Il traffico
portuale era intenso ed esclusivo per
il vino” 30 (figg. II.7-8).
Don Pietro Monti raccontava che dal
porto di Forio e da quello di Lacco
Ameno partivano numerose imbarcazioni
destinate al trasporto del
vino, raccolto in botti sulle banchine.
La vita delle famiglie locali era condizionata
dalla riuscita dei raccolti, tanto
che, ancora agli inizi del ’900, da
essi dipendevano i matrimoni delle
ragazze e l’entità della loro dote 31.
II.2. Due modelli di coltivazione della vite a Ischia
Fig. II.9: Sistemi di allevamento della vite in Campania:
a) vite potata corta alla greca, b) alberata aversana
di derivazione etrusca, c) sistema a “giogo” da cui
è derivata la pergola (da Scienza, Boselli 2003, p. 24,
fig. 4, con disegni tratti da diversi autori antichi).
Fig. II.7: Barca in partenza da Ischia per il trasporto
delle botti di vino, pronta per raggiungere Marsala.
I siciliani utilizzavano il vino di Ischia, a bassa gradazione,
per tagliare quello locale di gradazione
maggiore (da Piancastelli 2002, p. 13).
estratto
il v i n o d i i s c h i a 19
Fig. II.8: Il trasporto del vino (da
Di Iorio 2002, copertina).
A Emilio Sereni dobbiamo il collegamento stabilito tra la coltivazione
arbustiva della vite - la vite maritata con albero - e la viticoltura
etrusca e tra la coltura della vite su palo - la vite jugata - e
la colonizzazione greca in area magno greca e massaliota 32 (fig.
II.9). Esiste infatti un doppio filone di tradizioni viticole italiche:
uno di derivazione orientale, mediato dai Greci, e uno “autoctono”
33.
Le modalità di coltivazione della vite sull’isola di Ischia conservano
traccia delle usanze del passato. Già il Monti ha dedicato
pagine interessanti a tale coltivazione, praticata in due modi: “a
spalliera e a pergolati perché rende più uva, come nell’interno
del comune di Ischia e di Serrara-Fontana, oppure bassa e as-
solata, perché le uve succose e quantitativamente inferiori, dessero maggiore gradazione al vino, come nei vigneti
del comune di Forio, Lacco Ameno, Barano” 34.
A Ischia persiste una divisione ideale dell’isola in due parti in cui la vite viene coltivata con sistemi diversi, che rispecchiano
palesemente sistemi di coltivazione antica 35. La parte orientale, quella che va grosso modo da Castiglione
ai Maronti è caratterizzata da una coltivazione alta su tutori morti di castagno - bassi (vinea), come nel napoletano
(pratica collegata al mondo greco) 36. Nella parte occidentale, invece, ci sono forme di allevamento a sostegno vivo
con alberello o spalliera detta “latina” (arbustum) 37, la vite “maritata all’albero”, privilegiato dalla viticoltura etrusca e
romana (fig. II.10).
La divisione dell’isola in due parti è sottolineata anche dalla piovosità differente, molto maggiore nella parte occidentale
e più ridotta in quella orientale (quella di Pithecusa) 38 (fig. II.11).

20 c a p i to l o ii
Fig. II.10: Tecnica di coltivazione
della vite maritata ad
un albero di sostegno, di derivazione
etrusca e italica (disegno
di C.F. Boetius, in J.M.
Gesner, Scriptores Rei Rusticae,
Lipsia 1735, in Ciacci,
Zifferero 2007, p. 258).
Fig. II.11: L’isola di Ischia: le zone climatiche (da
Scienza, Boselli 2003).
Così descrive C. Haller la coltivazione
della vite a Ischia 39: “Nel vasto
bacino di Campagnano, ed a Pieo,
il ceppo di vite si arrampica liberamente
sui pioppi più alti ma nel
resto dell’isola si reprime il vigore
del pampino e lo si sacrifica su di
un sostegno, con la sola differenza
che nelle vigne più in basso si lascia
crescere di più il ceppo, che
viene tenuto più corto man mano
che il terreno s’innalza. Sui poggi
che danno il vino migliore, i sostegni
servono solo d’appoggio per una o
due traverse, intorno alle quali si attorcigliano
i pampini, crescono orizzontalmente
a destra e a sinistra, e
formano pergolati ad altezza d’uomo, di modo che vista dall’alto, la vigna sembra fatta
come una rete. Ogni vigna è circondata da muretti fatti a secco, senza malta e, per la maggior parte, le vigne situate
sul declivio delle colline, si compongono di un susseguirsi di terrazze più o meno strette, murate sul davanti, e innalzatesi
per gradi le une sulle altre. Nei piccoli sentieri che portano a queste vigne recintate, lo straniero può errare per
ore intere, come in un labirinto, tra due muri che gli impediscono di orientarsi”.
Attualmente è impossibile risalire alle varietà di vitigno coltivate in antico a Ischia 40.
Le viti aminee 41 sono tra le più importanti per la viticoltura campana e italica e anche tra quelle considerate peculiari
dell’Italia 42, tra le poche note agli antichi, secondo Columella 43. L’origine dell’aminaios sarebbe infatti da cercare nel
nord dell’Egeo e in epoca romana la vite aminea è coltivata “in Vesuvio monte surrentinisque collibus” 44, sulle pendici
del Vesuvio 45 e nella zona di Cuma 46.
La vite aminea era conosciuta per l’attitudine a essere coltivata su tutori vivi 47; in alcune zone dell’ager campanus, a
Capua ad esempio, il vino è anadendrites, prodotto da viti maritate a albero 48, così come anche a Cuma 49, dove la
“vite etrusca” era coltivata al “modo etrusco” 50.
II.3. Le evidenze archeologiche relative alla produzione del vino a Ischia: i palmenti
estratto
Nessun impianto di vinificazione in pietra o in muratura è stato ritrovato nelle colonie greche d’Occidente, tanto che
si è ipotizzato che in Magna Grecia e Sicilia venissero utilizzati strumenti di legno51. Uno dei pochi esempi di aree dedicate alla produzione del vino è stato rinvenuto forse proprio a Ischia, nel villaggio
di Punta Chiarito, datato agli inizi del VI secolo a.C., dove è stata portata alla luce la vasca ovale precedentemente
ricordata (figg. II.3-4, v. paragrafo II.1).
Alla trasformazione dell’uva in vino erano destinati in passato i pigiatoi, i cosiddetti palmenti (corrispondenti al
calcatorium dei Romani), grandi vasche, con annesse vasche più piccole, che vengono utilizzate per pigiare l’uva
e farla diventare mosto52. Numerose sono le tracce di pigiatoi rupestri, scavati nella roccia, che risalgono ad epoche
differenti; in Italia ne sono segnalati in Etruria, nel Lazio, in Campania, in Calabria53 e in Sicilia54 (fig. II.12).
L’interesse della ricerca archeologica nei confronti di questi spazi di trasformazione è piuttosto recente; studi in
diverse aree stanno dando risultati interessanti55, anche se spesso la mancanza di reperti e di scavi stratigrafici
rende difficoltoso l’inquadramento cronologico
delle strutture utilizzate (e riutilizzate) per lunghi
periodi di tempo.
I palmenti di Ischia sono costituiti nei casi più
semplici da due vasche rettangolari, una dove
si mette l’uva e comunicante tramite un foro con
un’altra vasca scavata più in basso dove scorre
il mosto (figg. II.13-14). Alcuni palmenti di Ischia
hanno invece tre vasche, due sopraelevate e
simmetriche, comunicanti con la terza vasca posta
più in basso56. Fig. II.12: Pigiatoi di Petralia Sottana (PA) (da Mingazzini 1940).

Tutta l’area centrale dell’isola
d’Ischia, dominata dalla presenza
del Monte Epomeo, è caratterizzata
da palmenti scavati
nel tufo e in massi staccati dalla
montagna, alcuni nel Bosco
della Falanga (figg. II.15-16),
altri sulla costa occidentale,
nell’area di Cartaromana 57.
Uno dei più imponenti e probabilmente
anche dei più antichi,
utilizzato in diverse epoche, è
proprio il palmento del Bosco
della Falanga, scavato nella
roccia. Mancano ricerche mirate
a una precisa datazione
di questa interessantissima
struttura, che risulta analoga
ad altre rinvenute in Calabria e
in Sicilia 58. La presenza di palmenti
nel Bosco della Falanga Fig. II.13-14: Le vasche dei palmenti del Bosco della Falanga.
Fig. II.15-16: Palmento scavato nel tufo nel Bosco della Falanga (fig. II.15: foto di A. D’Ambra).
si riallaccia ad un momento in cui il vigneto occupava il posto che
oggi occupano i castagni 59.
Gli insediamenti rurali umani di Ischia, le “case di pietra”, abitazioni
scavate nel tufo e nei massi caduti dall’Epomeo, e i cellai, le cantine
scavate nel tufo dove il vino viene conservato, vengono fatti risalire
al XV secolo 60; insieme ai palmenti costituiscono l’architettura rurale
dell’isola 61 (fig. II.17).
In realtà, già negli atti del periodo compreso tra il 1001 e il 1048 62,
si ricorda l’esistenza a Ischia, nel casale “qui nominatur ad bicum”,
di un palmentum e di un subscetorium, una vasca per il mosto, che
si trovava in mezzo alle vigne 63. Una ricerca sulla presenza di tali
strutture anche nell’antichità è ancora da affrontare 64.
il v i n o d i i s c h i a 21
Fig. II.17: Casa di pietra scavata nel tufo.
estratto

22 c a p i to l o ii
Vendemmia a Ischia
Per meglio riaffermarmi allanima dellisola, abbandono le
strade e i luoghi balneari e termali, e vado a vedere lultima
vendemmia lungo i sentieri che discendono dai castagneti
di Barano, di Serrara e di Buonopane, alle sabbie bollenti
della marina di Maronti, allincanto gemmato del promontorio
di S. Angelo. Sono in buona compagnia: il padre zoologo
illustre, il figlio paleontologo e tutti e due conoscitori come
pochi delle vicende geologiche dellisola; simbiosi familiare
scientifica perfetta; il che non impedisce alla nostra piccola
brigata di aver occhi e senso per la bellezza della giornata
vendemmiale.
Seguiamo uno dei sentieri più inconsueti, più dirupati
che precipita a mare sulla cresta di un costone fra burroni
profondi. Tutto il fianco dellisola è ricoperto da un gran banco
alluvionale di materiale vulcanico disceso dallEpomeo e
sedimentato sulle antiche lave e sui tufi originari: materiale
rassodato in altri banchi di conglomerato tufoide, ma
corrugato e tormentato da lento o violento lavorio delle
acque. È il regno sovrano delle erosioni, dei cedimenti, delle
frane. Un costone eroso dalle acque ci appare di un biancore
accecante di nevaio, trasformato in una selva di picchi di
ghiacciaio; ma sono guglie effimere; fan leffetto di un giuoco
di birilli vetrosi che a passarci in mezzo debbano infrangersi.
La punta della guglia è protetta da un ciottolo fluitato, da
una bomba trachitica, da un arboscello rinsecchito; se cade
quello schermo, anche la guglia franerà, si squaglierà al
suolo come un nevaio che si liquefaccia. Su una di quelle
guglie un giovane alunno della mia dotta guida che aveva
pratica di alpinismo, riuscì a raccogliere il fondo dì un dolio
romano: segno che un tempo quel dolio, o che fosse in quel
luogo o che vi fosse scivolato dallalto, aveva trovato il terreno
pianeggiante tanto da potervi sostare: testimone quel coccio
del profondo sconvolgimento avvenuto dalletà romana ad
oggi. In un terreno siffatto i sentieri diventano canaloni, rughe
chiuse fra ripe e muraglie; a volte il cammino è fessura e
frattura scavata dal piccone fra due pareti altissime sul
filo tagliente di una cresta, ed è naturale che per vincere
un appiombo sincavi una scalinata da cordata, o che per
mettere in comunicazione due valloni profondi, lingegnosità
dei villici abbia risolto un arduo problema di collegamento
con lapertura laterale dun cunicolo, con la perforazione dun
costone, con il taglio dun fornice.
Su questo terreno sconvolto, franoso, bibulo come una
pomice, asciutto come unesca, rosolato dal sole e dal
vento marino, fatto tepente dai bollori sotterranei, dal calore
segreto che vi corre dentro come il sangue nelle arterie,
alligna sovrana la vite: tutto il gran declivio del monte non
è che un immenso vigneto. Vigne dovunque: basse, a filari,
appoggiate ad umili canne o a pertiche, che non vè luogo
qui per lussuosi maritaggi con lolmo ed i pioppi della pingue
pianura, né sulle anguste terrazze o sulle groppe scoscese
dei costoni; né sul pendio precipite tagliato ad alti gradoni
tanto da dar piede ad un solo filare alla volta; né sulle frane
sprofondate appena vi si sia aperta un po di radura; né tra
le fosse dun burrone o in cima a un greppo da capre a far
amorosa contesa con il verde e loro delle ginestre. E vi
si arriva, come Dio vuole, per qualcuno di quei sentieruoli
appesi, appoggiati alla parete del monte come lo scalillo dei
vendemmiatori, o attraverso un camminamento in trincea, o
per via di qualcuno di quei cunicoli che risolvono allegramente
un problema di viabilità con un foro e un pertugio nella roccia
tenera del monte. Un paesaggio che dovrebbe apparirvi
nellorrore degli scoscendimenti e delle frane squallido in
quel candore accecante di terra combusta, e che vi appare
invece tutto raddolcito da quel manto frondoso di viti.
È lultima vendemmia, e incontriamo frotte di giovanetti e
di ragazze che risalgono il sentiero con il carico delle uve
già infrante dalla prima rinsaccata; i ragazzi con la tina sulla
spalla retta dallappoggio del braccio e dalla presa della mano
passata ad arco sul capo; le donne con la tina equilibrata sul
cercine dei capelli, mute e gravi, con gli occhi socchiusi come
per reggere meglio allo sforzo; qualche bestia someggiata
arranca verso il paese con le tine conformate a guisa del
basto da soma e che qui chiamano con un vocabolo poco
allegro: tavùto, chè la cassa da morto.
Le viti sono già spoglie e lafrore del mosto esala dal chiuso
dei cellai. Entriamo a caso in una vigna deserta quasi
nascosta tra le rughe dun costone e davanti alla porta del
cellaio franato, tra macerie di pietre e impannate divelte,
pende da una pergola poggiata contro la parete di tufo, un
prodigio di grappoli dorati, intramezzati da un ramo di cotogne
verdastre di unacerbità così aspra da sembrar dispettosa,
quasi di zitelle inacidite in mezzo a quel colore succulento e a
quellumore stillante di uve già sfatte e tormentate dal ronzio
goloso delle vespe.
E luomo qui conserva una sua pura e semplice primitività di
vita: né case, né ville, né fattorie interrompono quella purezza
di contorni; case e cellai sono le grotte scavate nel grembo
del monte. E tutto il monte appare perforato da tane e caverne
come una necropoli sicula delletà del bronzo. È uno degli
aspetti più tipici della vita rurale ischitana, ereditata chissà da
quale remota antichità, ed è forse la ragione per cui manca
ad Ischia una tradizione dellarchitettura paesana altrettanto
nobile quanto a Capri; alla vita dei campi basta la grotta chè
cellaio, palmento, cisterna e capanna di custodia.
Si aprono come celle eremitiche, come oratori paleocristiani,
come grotte e santuari del primo evo bizantino nella parete
tufacea del monte; la porta incavata generalmente entro un
più grande arcone, ha a fianco la nicchietta per la posa del
lume; chiusa da cancelli palificati con la stessa arte rude
del chiuso delle mandre e rinforzata da piuoli e da stecche
e decorata di ragnateli fuligginosi che, se non completano
lapparato di difesa, aggiungono unaria di solenne vetustà; a
fianco, sugli stipiti, due grandi crocioni tinti a calce; valgono a
tener lontano i ratti di campagna che in quel biancore vedono
chissà quale pericolo e quale minaccia. Linterno tutto a volta
e ad arcosoli da ipogeo cimiteriale, spesso quasi basilicale,
ha da un lato il palmento e la vasca per la premitura delle uve
e la raccolta del mosto, e in locale più ampio il cellaio per le
botti; il letto su di un graticciato di pertiche di castagno in un
rincasso della parete; la cisterna ben occultata; le provviste di
bocca messe al sicuro in una corba sospesa ad una trave; la
luce filtra a fatica attraverso le serrande e i ragnateli della porta
e, dovè possibile, da qualche segreto forame aperto nelle
pareti del monte. Il vino imbottato, dopo essersi crogiolato al
sole, fermenta e matura, ha la sua seconda vita nel grembo
della terra; quando lo spillano ed esce da quel tenebrone, ha
ancora tanto sole e calore, da risplendere ambrato. […]
Lettera da Ischia n. 9/1967,
da La rassegna di Ischia 2007 n. 5
estratto
Amedeo Maiuri
Fig. II.18 Bassorilievo con scena di vendemmia murato nella
parete di un albergo di Lacco Ameno.

NOTE
1 Niola Buchner 1965, p. 105.
2 Niola Buchner 1965, pp. 98-99.
3 M. Di Salvo in D’Ambra et al. 2006.
4 Scienza, Per una storia della viticoltura campana, p. 5 (da
internet). L’Autore, che ha ripreso parte dello studio in Scienza,
Boselli 2003, ritiene che il nome della località “maronti”
derivi da un lemma preario maran/maron, senza tuttavia dare
indicazioni più specifiche in proposito.
5 Nell’accezione di cellier il termine è usato da Machon di
Corinto (Chreiai, Ateneo 579 c) e da Aristofane, Assemblea
delle donne, verso 154, in relazione a una vendita di bibite,
come ricorda Salviat 1986, p. 179.
6 Strabone V, IV.9.
7 Plinio N.H. XXXI 5, 9; Stazio Silvae III, 5,104.
8 In Mele 2000 sono elencate le fonti relative alla penisola
sorrentina, Pompei e l’area vesuviana, Neapolis, Cuma e Capua:
Catone VI, 4 e VII, 2; Varrone I, 25 e 58; Strabone V, 4,
3, 243; Plinio N.H. XIV, 35.38.47.62.64.65.69.70; Columella,
III, 2, 10; Ateneo I, 265, D.
9 Buchner 1949-50.
10 De Caro, Gialanella 1998; Brun 2004.
11 Iliade II, 537; Teognide, 783-88; Sofocle F 255 Radt, per
fare solo qualche esempio. Si vedano a questo proposito le
osservazioni in Mele 2000, p. 39.
12 Di Sandro 1986; per una possibile produzione delle anfore
in epoca ancora precedente, Durando 1998.
13 Le anfore definite greco italiche sono state collegate alla
produzione del vino, anche se non è escluso che venissero
impiegate anche per trasportare altri prodotti, come del resto
hanno dimostrato i rinvenimenti del relitto della Secca di Capistello:
alcune delle anfore contenevano, come si è detto,
anche semi, presumibilmente di uva e di olive e fibre di origine
sconosciuta, Frey et al. 1978, p. 289.
14 Polibio (III.91,2) ricorda la pianura campana per la sua
fertilità, in riferimento all’età annibalica; Dionigi d’Alicarnasso
VII, 3, 2, ricorda l’area campana come polykarpotate. Per le
fonti sui vini della Campania,Tchernia 1986, pp. 324-335.
15 Plinio III, 60 in Mele 2000, pp. 39 e seguenti.
16 Monti 1991, p. 24 che riporta parte del rogito del Conte
Marino e della Contessa Teodora del 12 maggio 1036.
17 Il documento, visionato e in parte riportato da Don Pietro
Monti (in Monti 1980, p. 501 e seguenti; Monti 1991, p. 24), è
conservato nei Regii Neapolitani Archivii Monumenta, Napoli
1949.
18 Monti 1980, p. 503 nota 3 che cita V. Marone, Memorie su
l’isola di Ischia, p. 47. La pietra fu trasportata da Don Monti
- che la credeva però una pietra per macinare le olive - nelle
sale del Museo di Santa Restituta.
19 Monti 1980, p. 503.
20 Monti 1980, p. 506.
21 Monti 1980, p. 505, nota 6, si tratta della zona di Mezzavia,
sede di importanti ritrovamenti archeologici.
22 Monti 1980, p. 513, nota 19.
23 Iasolino 1588, citato da A. Monaco in Ambra et al. 2006.
24 Iasolino 1588; A. Monaco in D’Ambra et al. 2006, p. 102.
25 Capaccio 1771, Liber Secundus, p. 186.
26 Capaccio 1771, Liber Secundus, p. 185.
27 Haller 1822 (Tommaselli 2005), pp. 87 e seguenti.
28 Scienza, Boselli 2003; D’Ambra et al. 2006.
29 Frojo 1876.
30 A. Monaco in D’Ambra et al. 2006, pp. 104-105.
estratto
il v i n o d i i s c h i a 23
31 Comunicazione personale di Don Pietro Monti.
32 Sereni 1965 e 1981; Mele 2000, p. 42.
33 Scienza, Boselli 2003; Braconi 2007, pp. 161 e seguenti.
34 Monti 1991, p. 51.
35 Scienza, Boselli 2003.
36 Scienza, Boselli 2003, p. 24; si ipotizza che la persistenza
del termine di origine focese charax per indicare il palo per la
vite, diffuso dai Massalioti, sia riscontrabile fino al Mar Ligure,
in Veneto e in Emilia (Scienza, Boselli 2003, p. 26).
37 Scienza, Boselli 2003, p. 26.
38 Scienza, Boselli 2003.
39 Haller 1822 (Tommaselli 2005), p. 87.
40 Un elenco delle varietà di vite attestate a Ischia si trova
in D’Ascia 1867; sull’argomento si veda anche Monaco in
D’Ambra et al. 2006, pp. 85 e seguenti.
41 Voce Aminea, in RE I, II, coll. 1835-1837.
42 Catone VI, 4 e VII, 2; Varrone I, 25 e 28; Columella III, 2,
7-10; Plinio N.H. XIV, 21-22, 46-47; Palladio III, 9, 3-4; Geoponica,
II, 46, 3; VIII, 22, 1.
43 Columella III, 9, 3; l’informazione è riportata in Mele 2000,
p. 41; per le amineae si veda anche s.v. vinum, Daremberg,
Saglio 1873, vol. 9 pp. 912; s.v. Aminea, RE I, II, col. 1835.
44 Plinio N.H. XIV, 22.
45 Columella III, 2; Plinio N.H. XIV,4. Un’anfora riporta l’iscrizione
am(i)neu(m) Campan(um), Bull. Comunale 1879, p. 56.
46 Varrone I, 58 (aminaea minor) e Plinio N.H. XIV, 47; Ateneo
I, 26.
47 Scienza, Boselli 2003, p. 34.
48 Polibio XXXIV, 11.
49 Plinio N.H. XIV, 21 e Columella III, 2, 9.
50 Mele 2000, p. 42.
51 Brun 2007, p. 56.
52 I pigiatoi potevano essere anche in argilla oppure in muratura,
cementati con la malta e rivestiti di uno strato di malta,
forse a partire dall’epoca tardo repubblicana, oppure in legno
(Brun 2007, p. 58).
53 Brun 2007, pp. 55 e seguenti.
54 Van der Mersch 1994, p. 35: si tratta del “fouloir” di Petralia
Sottana (Pa).
55 A titolo di esempio si veda la ricerca condotta sui palmenti
di Ferruzzano, in Calabria, Sculli 2002.
56 Niola, Buchner 1965, p. 95.
57 D’Arbitrio Ziviello, Ziviello 1982.
58 Per la Calabria, Sculli 2002, per la Sicilia Mingazzini 1940,
van der Mersch 1994, pp. 34-36.
59 Niola Buchner 1965, p. 97.
60 D’Arbitrio Ziviello, Ziviello 1982, p. 15.
61 Niola Buchner 1965, pp. 88 e seguenti; D’Arbitrio Ziviello,
Ziviello 1982.
62 Monti 1991, p. 24 che riporta un passo di B. Capasso,
tratto dai Regesta Neapolitana (Capasso 1892).
63 Regii Neapoletani Archivi Monumenta edita ac illustrata,
vol. IV (1001-1048), Neapolis 1854, pp. 269-273, riportato in
Monti 1991, pp. 25-26.
64 Sono state effettuate ricognizioni preliminari nel Bosco
della Falanga, per approfondire lo studio di queste interessanti
strutture.
Nel Museo del contadino dell’isola di Ischia della famiglia
D’Ambra è ricostruito un palmento con una proposta della
tecnica di vinificazione, comprendente la pigiatura, la raccolta
del mosto e la torchiatura, con un metodo usato fino alla
metà del secolo scorso (per il vino di Ischia in epoca moderna,
D’Ambra et al. 2006).

Tipo III e III-IV Tipo IV Tipo V e V-VI
Tipo VI
Reperti dall’area delle fornaci di S. Restituta
(Lacco Ameno)
Tipologia preliminare delle anfore greco italiche di Ischia e del Golfo.
Scarico Gosetti
(Monte Vico)
Necropoli
(San Montano)
estratto

CAPITOLO III
Le anfore greco italiche antiche di Ischia
III.1. Le fornaci di Santa Restituta e le anfore greco italiche
Se la produzione di vino nel Golfo di Napoli è un fatto noto da tempo, mancavano fino ad ora i dati archeologici, archeometrici
ed epigrafici necessari a individuare e a caratterizzare le anfore locali di età ellenistica 1.
La fabbricazione di anfore a Ischia è documentata già nella seconda metà dell’VIII e nel VII secolo a.C. 2. Una recente
indagine, basata anche su metodi di laboratorio, ha dimostrato che le anfore di Pithecusa tipo A dalla necropoli di
San Montano 3 hanno composizioni compatibili con la situazione geologica locale; anche quelle di tipo B 4 sono state
prodotte localmente ed esportate nel Lazio, in Campania, in Sicilia e in Sardegna nel VII e nel VI secolo a.C. 5
Scarti di anfore di epoca tardo antica, raccolti a Lacco Ameno dall’altra parte della piazza rispetto alla Chiesa di Santa
Restituta ed esposti da Don Pietro Monti nel Museo (fig. III.9f), testimoniano a favore di una continuazione della
produzione anche in epoca più recente 6.
Il quadro che emerge è quello di una produzione di contenitori, probabilmente vinari 7, prolungata nel tempo.
Poiché pare comunemente accettato che la maggior parte delle anfore che erano prodotte in un sito erano destinate
a trasportare un prodotto originario di quello stesso sito 8, la produzione di vino di Ischia, di cui si è parlato nel capitolo
precedente, è evidentemente rimasta una risorsa dell’isola nel corso dei secoli.
Una prima descrizione dei forni di Santa Restituta di Lacco Ameno è già stata anticipata nel Bollettino di Archeologia
del 1996 9 e la pubblicazione definitiva dell’area artigianale è prevista per il volume successivo a questo 10.
Gli scavi da cui provengono le anfore occupano una superficie di 1500 mq circa, al di sotto dell’odierna Basilica
di S. Restituta sulla piazza principale di Lacco Ameno, alle falde nord-orientali del Monte Vico e a pochi passi dal
mare. Sono stati individuati i resti di sette fornaci (fig. III.1), anche se è possibile ritenere che ne dovessero esistere
altre, oltre ad una fornace destinata alla produzione della calce. Della fornace n. 6 si conservano in realtà solo
i resti dei muri esterni; la fornace non è stata scavata perché si trova sotto la casa adiacente la piazza di ingresso
alla basilica.
I resti conservati sotto la chiesa di Santa Restituta corrispondono con tutta probabilità a una parte del kerameikos
di Pithecusa, la cui estensione copriva una superficie molto maggiore, allargandosi verso il porto, la spiaggia e, in
parte, anche verso la piazza.
La posizione del quartiere artigianale corrisponde pienamente alle condizioni previste e generalmente riscontrate
anche nel mondo greco per le aree di produzione di anfore 11:
• la presenza di materia prima facilmente recuperabile
L’abbondanza di materia prima argillosa di qualità a Ischia è conosciuta 12.
• L’esistenza di vigneti nelle vicinanze
Tutta la zona di Monte Vico, che sovrasta il quartiere artigianale, è ricoperta ancor oggi da vigneti (si veda il
capitolo II).
• La facilità di far circolare le anfore
Il quartiere artigianale si trova in prossimità della riva di una delle insenature più protette di Lacco Ameno. Timeo
ricorda che “la maggior parte dei Sibariti possiede celliers vicino al mare, dove il vino viene fatto confluire
dai campi attraverso una canalizzazione: una parte è venduta fuori dal territorio, una parte è condotta alla città
attraverso battelli” 13.
• La vicinanza di un centro urbano o di un villaggio
Il quartiere artigianale è inserito nell’area abitata anticamente, alle falde del Monte Vico.
estratto
Ancora agli inizi del ventesimo secolo tutta la costa tra Lacco e Casamicciola era disseminata di fornaci ceramiche,
che oggi non esistono più 14 (fig. III.2).

26 c a p i to l o iii
4
7
6
2
5
Fig. III.1: Pianta del quartiere artigianale sotto la basilica di Santa Restituta: A deposito di argilla; B spazio per lasciugatura delle
tegole; C area di lavorazione per largilla; 1-7 fornaci (da Olcese et. al. 1996, rilievo di A. Maifreni).
1
3
estratto

Fig. III.2: Casamicciola, località Perrone: fabbricazione di ceramica (da
Buchner 1994, p. 42 fig. 1, foto Alinari fine ’800 o inizi ’900).
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 27
A Ischia, per ora, è noto solo il quartiere artigianale
di S. Restituta, anche se notizie riportate
da Don Pietro Monti lasciano intravedere la
possibilità di altre aree di produzione sull’isola,
ad esempio nella zona di Cartaromana 15, in
epoca probabilmente più recente.
Se la realtà delle isole greche in età ellenistica
può costituire un modello - basti pensare a
Thasos dove sono state individuate almeno una
ventina di officine 16 - è probabile che anche a
Ischia esistessero altre fornaci, concentrate o
disseminate sul territorio, per sfruttare le zone
ricche di materia prima.
Di grande interesse anche il caso di Rodi, in
cui la Perea - cioè la sua estensione continentale
- e le piccole isole che integrano il territorio
dell’isola principale hanno fornito la maggior
parte delle anfore, destinate al contenimento
del vino rodio 17.
Il periodo di utilizzo del quartiere artigianale di Santa Restituta copre un arco di tempo molto lungo, come la termoluminescenza
ha confermato, dalla metà/fine dellVIII secolo a.C. (fornace 1) al III/ II secolo a.C. (fornaci verso la
piazza) 18.
La fornace più antica è la prima (n. 1), a pianta circolare e pilastrino a croce, all’interno della quale è stata trovata
ceramica datata all’epoca tardo geometrica (fig. III.3).
La fornace n. 2 e la n. 7 sono successive e tra loro contemporanee. Le fornaci nn. 3, 4, 5 e 6 sono coeve e probabilmente
databili al periodo compreso tra il IV ed il III secolo a.C. (figg. III.1, III.4, III.5a-b).
Le fornaci nn. 2 e 3 (figg. III.1, III.3), sottoposte a interventi di rifacimento e modifica, hanno restituito reperti di età
tardo classica ed ellenistica.
2
Fig. III.3: Scavo delle fornaci di Santa Restituta: 1 - fornace circolare n. 1, 2 - fornace rettangolare n.
2, 3 - asciugatoio con tegole in situ (rilievo: A. Maifreni, F. Cortiana).
1
3
estratto

28 c a p i to l o iii
Fig. III.4: Scavo delle fornaci di Santa Restituta: fornaci nn. 4 e 5 (rilievo A. Maifreni).
4
estratto
Fig. III.5a-b: La fornace
n. 4.
Oltre ai forni esiste un’area per la lavorazione dell’argilla (collegata forse alla fornace n. 2) (fig. III.1, C), con vaschette
e i cui muri sono costituiti da tegoloni; all’interno dell’area sono stati rinvenuti alcuni mortai.
Un ulteriore spazio (da collegare probabilmente alla fornace n. 3) era dedicato all’asciugatura delle tegole (alcune
sono documentate ancora in situ) ed era coperto da una tettoia, retta da pali di legno di cui restano oggi i fori (fig.
III.1, B e III.3).
Nel corso del tempo il quartiere artigianale sembra essersi gradatamente spostato dalle falde nord-orientali del Monte
Vico, in cui è quasi incassata la fornace più antica rimasta, la n. 1, verso la zona in cui si trova oggi il cortile della
5

Fig. III.6: Sostegni di argilla per la cottura delle
anfore.
Fig. III.7: Frammenti diagnostici di anfore greco
italiche da Ischia, Santa Restituta (foto a
sinistra e prima foto in alto a destra) e scarico
Gosetti (seconda e terza foto a destra).
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 29
chiesa e la piazza, dove sono stati individuati alcuni resti delle fornaci probabilmente più recenti (fig. III.1, fornaci n.
5 e n. 6).
Nell’area di Santa Restituta i frammenti di anfore arcaiche sono pochi, così come è bassa la percentuale di anfore di
epoca ellenistica di importazione dal mondo greco (si tratta di alcuni frammenti di anfore rodie).
Durante il riesame del materiale dei vecchi scavi sono state rinvenute invece alcune centinaia di frammenti di anfore
greco italiche, tra cui qualche scarto di fornace, colli e pareti afflosciate (fig. III.9a-e) e alcuni grossi cilindri di argilla
destinati probabilmente a sostenere le anfore durante la cottura (fig. III.6); nei pressi del forno n. 3 è rimasta anche
della sabbia utilizzata probabilmente come degrassante per la fabbricazione dei recipienti.
I frammenti diagnostici sono pochi (si vedano le tavv. 1-10). Si tratta soprattutto di anse bollate, alcuni orli e puntali
cilindrici cavi, pareti (fig. III.7). Il materiale è frammentario e non sempre è possibile stabilire a quale tipo appartengano
le anfore: i tipi documentati sono il III, il IV, una forma di passaggio tra il IV e il V, forse il V 19, il V/VI e il VI (queste
ultime in quantità apparentemente inferiori) della classificazione del van der Mersch 20. Determinare il tipo delle anfore,
quando il materiale è così frammentario, è talora complesso 21.
Abbondano le anse prevalentemente frammentarie e spesso bollate. Solo in pochi casi è stato possibile associare
un bollo a un tipo preciso di anfora (si veda infra) anche se l’ampliamento della ricerca ad altri contesti ha in qualche
caso permesso di risalire alla tipologia del contenitore.
I bolli impressi su anse e provenienti dalle diverse aree di Pithecusa sono oltre trecento e riportano nomi greci (di probabile
origine ionico-euboica) e oschi, scritti in greco 22 (fig. III.9g-n); rivelano che i personaggi erano Pitecusani e Neapolitani
di vecchio ceppo coloniale, ma anche Campani o Sanniti 23 (si vedano a questo proposito i capitoli IV e V).
La fornace che ha prodotto anfore è probabilmente la numero 3 (fig. III.1, n. 3), di proporzioni maggiori e dove sono
stati recuperati alcuni scarti oltre che una concentrazione di anse bollate (tra cui si annoverano ΠAΡ, ΞEN, EΛ, XAP,
il bollo APΣT o APIΣT in cartiglio ovale).
Tra i bolli più attestati nell’area di Santa Restituta ci sono ZΩ (documentato anche su tegole 24) e ΠAP, pertinenti
probabilmente ad anfore tipo IV, che sembrano documentare una produzione contemporanea o comunque vicina nel
tempo di questi bolli.
Incollata sul piano della fornace 5 è stata rinvenuta invece un’ansa con bollo ΞEN TPE
(fig. III.9e).
È possibile che anche la fornace 4, probabilmente più recente, abbia prodotto anfore:
un collo, appartenente al tipo VI, è stato ritrovato sul piano di combustione ma
potrebbe trattarsi di materiale finito lì casualmente 25 (fig. III.8)
L’abbondante ceramica di fabbricazione locale, riportabile ad epoche diverse, ha for-
Fig. III.8: Anfora greco italica
tipo VI dalla fornace n. 4.
estratto
nito una base ideale per le indagini di laboratorio. Nelle fornaci di S. Restituta, durante
l’epoca ellenistica, si producevano ceramiche comuni e fini, laterizi e pesi da telaio

30 c a p i to l o iii
Scarti di fornace e anse bollate di anfore da S. Restituta
a b c
d
e f
g h i
l m n
estratto
Fig. III.9: a-e. Scarti di fornace di anfore greco italiche da S. Restituta (e. ansa con bollo ΞEN TPE che aderiva al piano della fornace
5, cat. I B.159); f. scarto di fornace di anfora tardo antica nel museo di S. Restituta (da Monti 1991, fig. 45); g-n. anse bollate
dall’area di S. Restituta.

le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 31
bollati 26, materiali che, sottoposti ad analisi chimica (XRF) e mineralogica insieme all’argilla, hanno fornito i dati di
riferimento indispensabili per caratterizzare le anfore prodotte localmente 27.
I bolli e le anfore che costituiscono il catalogo finale provengono da tre siti diversi di Lacco Ameno: 1) dall’area delle
fornaci sotto la chiesa di Santa Restituta (la maggior parte); 2) dallo “scarico Gosetti” 28, sulla collina dell’acropoli; 3)
dalla Necropoli di San Montano (dalle tombe ellenistiche).
Mentre i reperti dell’area di Santa Restituta sono piuttosto omogenei come tipologia, impasto (e anche i bolli si ripetono),
quelli delle altre aree - non produttive - in modo particolare quelli dello scarico Gosetti, hanno talvolta caratteristiche
morfologiche e di impasto differenti 29 e potrebbero rappresentare anche anfore prodotte altrove, non è chiaro
se a Ischia o in altri siti del Golfo e/o in area tirrenica centrale.
Le analisi di laboratorio hanno facilitato l’attribuzione alla zona di Ischia/Golfo di Napoli di alcune anfore e di alcuni
bolli; in altri casi è stato possibile almeno escludere un’origine diversa, rafforzando l’ipotesi della Campania come
area di provenienza della materia prima.
III.2. Alcuni dati sulla tipologia delle anfore greco italiche di Ischia e del Golfo di Napoli
estratto
I ritrovamenti di Ischia, se danno molte informazioni sulla possibile organizzazione della produzione e sulle problematiche
economiche dell’isola e del Golfo di Napoli grazie ai bolli conservati, non consentono però né di elaborare
una tipologia delle anfore greco italiche né di apportare dati cronologici nuovi (fig. della p. 24).
Spesso si tratta di frammenti con leggere variazioni morfologiche degli orli difficilmente attribuibili a un tipo piuttosto
che a un altro (tavv. 1-10). È il confronto con i reperti di contesti al di fuori dell’isola, in particolare con le anfore di
alcuni relitti eoliani 30, che ha permesso di precisare i dati lacunosi di Ischia 31.
Sono state mantenute le numerazioni della tipologia di Christian van der Mersch nel suo lavoro fondamentale del
1994, poiché sono ormai entrate a far parte della terminologia archeologica; è stata però omessa la sigla MGS (Magna
Grecia e Sicilia) che connota a priori un’area geografica di origine, come proposto in precedenza. Tale sigla potrà
essere sostituita in futuro dal nome dell’area o del sito di origine dei contenitori, se verrà individuata.
Non è chiaro quando appaiano con precisione in Campania le nuove anfore (il tipo IV e il V, in particolare) che assomigliano
alle anfore greche à lèvre en “champignon”, adottate tra IV e III secolo a.C. da diversi siti produttori di vino
o di olio del sud-est dell’Egeo 32, forse in seguito all’accordo da parte di una comunità che accetta uno “standard”
di volume, come è stato recentemente proposto 33. Purtroppo le condizioni frammentarie del materiale di Ischia non
consentono di effettuare verifiche che confermino o meno questa ipotesi; dati ulteriori potrebbero essere recuperati
dal confronto con reperti di Napoli e di altri siti e relitti 34.
In base agli studi precedentemente effettuati, una delle caratteristiche delle anfore greco italiche antiche rinvenute in
Italia è data dall’orlo triangolare, la cui inclinazione è stata considerata fin dall’inizio degli studi un elemento datante:
gli esemplari del IV secolo a.C. hanno orlo piano e orizzontale, mentre le greco italiche ad orlo triangolare obliquo
(conosciute nei siti precedenti la metà del III secolo a.C.) hanno un’inclinazione verso il basso che sembra aumentare
man mano che ci si avvicina allanfora tipo Dressel 1 35. Anche il puntale dei tipi IV e V è caratteristico: è cilindrico e
cavo.
Esistono moduli di grandezza variabile che non è possibile ricostruire in base ai reperti di Santa Restituta ma che
risultano dalle misure delle anse.
Un’anfora di modulo piccolo è esposta nel Museo di Villa Arbusto (tav. 9, n. 46, cat. III A.6). Un’altra, appartenente al
tipo IV, integra, decisamente più piccola dell’anfora grande di cui è però la copia, proviene invece da una tomba della
necropoli di Portella di Corso, in Sicilia: l’impasto e l’associazione con la kylix in ceramica a vernice nera di probabile
origine campana lasciano supporre che l’anfora sia stata importata in Sicilia (fig. VIII.6g, nel capitolo VIII).
Come si è detto, nelle pagine seguenti i dati di Ischia sono stati considerati insieme a quelli più completi di altri siti,
per ottenere il maggior numero di informazioni sui diversi tipi di greco italiche.
I frammenti diagnostici delle anfore di Ischia sono ritratti nelle tavole 1-10, alla fine del capitolo, dove si è cercato di
riportarli a tipi noti.
Il tentativo di raggruppamento e di attribuzione è preliminare e può presentare degli errori dal momento che spesso
è impossibile riportare un frammento di orlo a un tipo piuttosto che ad un altro. Per le descrizioni dei bolli e le relative
immagini si rimanda ai capitoli IV e V e ai cataloghi finali.
Le tavole 11-14, invece, riuniscono alcuni esemplari spesso integri di diverse località del Mediterraneo che hanno
attinenza con le greco italiche studiate e che vengono citate nel corso del lavoro.

32 c a p i to l o iii
III.2.1. Tipo van der Mersch III = ISchIA/GOLFO DI NApOLI III (tavv. 1-2, nn. 1-5 e 6-10)
Alcuni orli frammentari rinvenuti a Santa Restituta sono riconducibili al tipo III, con orlo a quarto di cerchio (o ad
echino) e collo cilindrico, tipo documentato nel corso del IV e agli inizi del III secolo a.C. Qualche frammento ha l’orlo
superiormente diritto e incavato internamente; altri sembrano riportabili a tipi di passaggio tra il III e il IV.
Collegati a questi orli ci sono dei bolli (per esempio APICΤ, APIΣΤΟΚ, APIΣΤ•ΚΙP, forse APIΣΤ•XAP) 36, alcuni dei
quali sono scarti di fornace.
TIpO III o III/IV Ischia Altri siti / relitti
A (Gela, Manfria37 )
APICΤ, APIΣΤΟ, APIΣΤΟΚ, APIΣΤ•ΚΙP, APIΣΤ•[ ]
EΛ (?) EΛ (Selinunte)
MAMAPKOY
ΝΙΩ (Aleria38 )
[-]YTΩ / ΩTY
Tabella III.1: Associazione del tipo III o III/IV con i bolli in alcune località del Mediterraneo occidentale 39 .
III.2.2. Tipo van der Mersch IV = ISchIA/GOLFO di NApOLI IV (tavv. 1-4, nn. 6-10 e 11-24)
Il tipo IV, che corrisponde alla forma A2 della classificazione della Will 40, sembra essere preponderante tra i materiali
di Santa Restituta; alcuni esemplari rappresentano una forma di passaggio tra il tipo III e il IV.
Caratteristiche morfologiche
Si tratta di unanfora dal corpo affusolato e allungato. L’orlo è appiattito superiormente, piuttosto largo ed espanso,
tanto che il profilo appare a forma di triangolo 41.
Il collo è cilindrico a parete diritta; in qualche caso sul collo si nota una impressione digitale, con un segno simile a
una L 42. L’ansa, lunga e a sezione ovale, talora con un leggero rigonfiamento nella parte centrale, è di solito impostata
appena sotto l’orlo. Un breve spazio intercorre in genere tra l’orlo e il punto di attacco dell’ansa. Una ditata è
impressa spesso alla base dell’ansa (fig. III.13e), presente anche negli esemplari del relitto Filicudi F (fig. VII.6m,
capitolo VII) e di Aleria.
Lo stacco tra spalla e corpo è sottolineato da una carena arrotondata e bombata, in qualche caso leggermente
rigonfia. Il corpo è allungato e rastremato verso il basso; il puntale è cilindrico e cavo, di forma piuttosto allungata.
Le caratteristiche distintive di questo tipo dal successivo e, in generale, dalle altre greco italiche sono date dal collo
cilindrico lungo a parete diritta, dalle anse lunghe a sezione ovale e dalla carena poco pronunciata e bombata. Questa
anfora è documentata da un formato più grande e da uno più piccolo ma la frammentarietà dei pezzi di Ischia non
consente di definirne meglio le misure 43.
Una parte dei reperti appartenenti a questo tipo proviene dalla zona della fornace n. 3 e dall’area tra la fornace n. 4
e la n. 5 44. L’anfora di Ischia di tipo IV meglio conservata, rinvenuta nei pressi della fornace n. 4, è bollata con bollo
ΞEN (fig. III.10).
La concentrazione più elevata di anfore appartenenti al tipo in questione è stata recuperata a Napoli 45 durante i recenti
scavi della metropolitana e, in numero ancora maggiore, sul relitto eoliano Filicudi F 46.
Le anfore del relitto Filicudi F sono intere (tav. 11c-f) e permettono di descrivere le caratteristiche del tipo IV e le sue
misure: altezza tra 72,5 e 73,5 cm; diametro dell’orlo esterno intorno ai 18 cm; lunghezza delle anse tra 15,6 e 16,5
cm; lunghezza del collo tra 15 e 17,5 cm 47.
L’orlo a sezione triangolare ha la parte inferiore un po’ bombata.
Molti esemplari del relitto conservano tracce di pece all’interno,
che non appare invece mai nelle anfore di Ischia.
Fig. III.10: Anfora greco italica tipo IV con bollo
ΞEN.
estratto
Le anfore di Aleria dalle tombe 33, 67, 70, 71 (la cui datazione è
collocata tra la seconda metà e la fine del IV secolo a.C.) 48 sono
riportabili a questo tipo e sono simili agli esemplari del Golfo di
Napoli e del relitto Filicudi F (tav. 11a).
Le misure sono le seguenti: altezza 72 cm; diametro orlo 17 cm;
lunghezza anse 18 cm ca; lunghezza collo 17 cm; diametro ansa
4,5 cm.

le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 33
Associazioni tra il tipo IV e i bolli 49
L’appartenenza di un bollo a un tipo è provata solo quando il bollo è conservato su frammenti diagnostici. Questo
caso è piuttosto raro a Ischia, dove invece prevalgono le anse frammentarie bollate che non consentono di risalire a
un tipo preciso. Il confronto con bolli di altri siti è stato però di aiuto e ha permesso di redigere la tabella che segue.
Tutti i bolli attestati sul tipo IV sono in greco.
TIpO IV Ischia Altri siti / relitti
Certi ANΔΡ (Aleria 50 )
ΑΡIΣ
Γ/ΠAP corona M Γ /ΠAP corona M
Γ /ΠAP corona ME
Γ /ΠAP corona EY
(Napoli 51 ; Relitto Filicudi F 52 )
(Napoli 53 )
(Napoli 54 )
ΓΛAYK
EΛ EΛ (Napoli55 )
ZΩ (Relitto Filicudi F56 ; Gela57 )
ΛEΠTINA (Gela58 ; Leptis Magna59 )
ME (Poggio Marcato di Agnone60 )
MEΓ (Relitto Filicudi F61 ; Erice62 ΞEN
ΠΑΡ
)
ΠΥΘEA (Relitto Filicudi F63 )
[Π]OΣEI (Gela64 TINΘ
)
TPE (Gela65 )
TPEΒΙΩ (Napoli66 )
[ ]Σ
XAP
XAPI
XAPΜHΣ
XAPΜEΩ
(Napoli 67 )
(Relitto Filicudi F 68 )
(Gela, Manfria 69 )
(Napoli 70 )
Bollo non decifrabile (dal mare, zona di Paestum)
Incerti ANΔPΩ (Napoli71 )
ANTAΛΛ (Lipari72 )
APIΣTO73 ΔIONICO (Camarina74 )
EYΞ[ ] (Eraclea Minoa75 )
NYMΨIOC (Ensérune76 )
ΖΟΙΛ (Napoli77 )
XAPMEΩ (Cartagine78 )
TPE (Napoli79 )
Tabella III.2: Associazione del tipo IV con i bolli nelle diverse località del Mediterraneo occidentale 80 .
estratto
Impasto
L’impasto delle anfore di questo tipo è di colore prevalentemente beige rosato, più o meno intenso (Munsell 5 YR 7/6-
7/8-10 YR 8/3-8/4), in frattura marroncino tendente al rosato (Munsell 7.5 YR 7/4-5 YR6/4), con abbondanti inclusioni
vulcaniche di colore nero lucido (fig. III.11).
Analisi
Per i dati analitici nel dettaglio si rimanda al capitolo VI.
Alcuni frammenti di Ischia appartenenti al tipo IV, sottoposti ad analisi chimica, vanno a cadere nel gruppo D, di origine
locale. Si tratta di ISC 644 (APIΣTO), ISC 640 (ΓLAYK) (a cui si aggiunge ISC 651 con lo stesso bollo, di cui si
conserva solo l’ansa), ISC 647 e 648 ( EΛ), ISC 637 e 734 (TINΘ)(a cui si aggiunge ISC 646, di cui si conserva solo
l’ansa bollata), ISC 748 e 749 (ΠAP) (oltre all’ansa ISC 747, con lo stesso bollo) e ISC 735 ([ ]Σ). Allo stesso gruppo
appartiene anche l’ansa con bollo ΖΩ (ISC 638), da collegare con tutta probabilità al tipo IV, come documenta l’unico
esemplare integro con questo bollo, ritrovato sul relitto Filicudi F.

34 c a p i to l o iii
Fig. III.11: Impasti a confronto: greco italiche
dal relitto Filicudi F (a sinistra) e da
Ischia (a destra).
Dello stesso gruppo chimico fanno parte inoltre alcuni pezzi diagnostici
(orli, puntali) probabilmente attribuibili a questo tipo (ISC 728, 729, 730,
733, 737, 739).
Altri campioni di anfore di tipo IV vanno a cadere nell’insieme chimico E/F
che comprende anche anfore greco italiche di Napoli, fatto che potrebbe
testimoniare la produzione dello stesso tipo in officine e/o località diverse
del Golfo.
L’analisi mineralogica ha dimostrato che la gran parte degli esemplari pertinenti
ai campioni citati ha una composizione mineralogica compatibile con
il gruppo I la cui origine è discussa nel testo di I.Iliopoulos (capitolo VI); secondo
G. Montana la litologia è compatibile con i prodotti vulcanici affioranti
nell’isola di Ischia, in particolare quelli del Monte Epomeo (Montana, capitolo
VI).
Uno dei campioni (ISC 687 - bollo con la corona) cade nel gruppo IIa.
Confronti e circolazione 81
L’anfora tipo IV, con moduli differenti, è documentata, tra la fine del IV e gli
inizi del III secolo a.C., ad Ischia, a Napoli e in alcuni siti e relitti del Medi-
terraneo (tavv. 11-12). Per un approfondimento sulla circolazione si rimanda ai capitoli VII e VIII.
Gli esemplari di Napoli, provenienti dagli scavi della Metropolitana 82, sono molto simili a quelli di Ischia; un esemplare
è attestato anche a Paestum, proveniente però dal mare 83.
In Sicilia, il tipo IV è presente sul relitto Filicudi F 84 e in alcune tombe di Lipari, databili ancora nel corso del IV secolo
a.C. 85; inoltre in alcuni contesti della Sicilia meridionale. A Gela, ad esempio, sono stati rinvenuti una ventina di esemplari
integri, talora bollati con bolli documentati a Ischia e a Napoli 86, provenienti da contesti datati entro il 282 a.C. da
Adamesteanu e Orlandini. Parte di queste anfore è stata analizzata nel corso dello studio: le argille sono compatibili
con quelle di Ischia e del Golfo di Napoli (Iliopoulos, capitolo VI).
Anfore di tipo IV, in parte forse di produzione locale/regionale, sono documentate anche nel deposito della stoà ovest
di Camarina che è datato alla fase anteriore alla distruzione della città da parte dei Romani, nel 258 a.C. 87; in quel
deposito sembrano coesistere il tipo IV e il tipo V o V/VI 88, di produzione regionale e di importazione.
In Nord Africa il tipo IV è attestato a Mellita, in Tripolitania, dove alcuni esemplari sono stati rinvenuti in una tomba (si
veda il paragrafo III.5.1) 89.
Il tipo è presente forse anche a Ensérune, nella Francia meridionale, documentato purtroppo solo da un frammento
incompleto 90: interessante è il bollo, in greco, con un antroponimo - ΝΥΜΨΙΟC con sigma lunato - che sembrerebbe
essere lo stesso che compare anche su alcune tegole di Ischia 91.
Ad Aleria, in Corsica, dalla tomba 71 (300 e il 280 a.C.) 92 e dalla tomba 70 (300 e il 275 a.C.), provengono anfore tipo
IV, una delle quali con bollo ANΔР 93; un tipo analogo ma con corpo più espanso proviene dalla tomba 67 (350-320
a.C.).
Osservazioni conclusive
Il tipo IV è stato prodotto a Ischia, forse a Napoli e/o in altri centri del Golfo, attualmente non individuabili, probabilmente
in un’area piuttosto circoscritta.
Le attestazioni di Gela (in contesti precedenti il 282 a.C.), nelle tombe di Aleria, nonché i dati e le associazioni con
la ceramica a vernice nera del relitto del Filicudi F e i recenti rinvenimenti in contesti stratigrafici di Napoli, ne confermano
la datazione alla seconda metà/fine del IV-inizi III secolo a.C.
La circolazione di questo tipo non è stata ricostruita ancora completamente ma è emersa dalle prime verifiche effettuate
sulle anfore e sui bolli di alcuni relitti e siti di consumo: pare orientata soprattutto verso il Tirreno meridionale, la
Sicilia e, forse, verso il nord Africa (si vedano a questo proposito i capitoli VII e VIII).
Le analisi mineralogiche effettuate su materiali di Ischia, Napoli e in diversi siti e relitti della Sicilia, hanno confermato
che le argille sono compatibili con quelle delle ceramiche di Ischia/Golfo di Napoli.
III.2.3. Tipo van der Mersch V = ISchIA/GOLFO DI NApOLI V (tavv. 6-7, nn. 29-33 e 34-37)
estratto
Il tipo è rappresentato dall’anfora di alcuni relitti eoliani e, in particolare, da quelle del Relitto della Secca di Capistello
94 e corrisponde al tipo A1 della classificazione della Will 95.
A Ischia non sono molti i frammenti riportabili a questo tipo; un esemplare intero con bollo ANΔРΩ è conservato
presso il Magazzino di Mezzavia 96 (tav. 7, n. 35).

le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 35
Caratteristiche morfologiche
L’anfora tipo V, “a trottola”, ha un corpo più panciuto del IV, in qualche caso rastremato verso il basso; l’orlo, meno
largo e allungato di quello del tipo IV, è a sezione triangolare e leggermente inclinato verso l’esterno. Le anse, a sezione
ovale, sono più corte di quelle del tipo precedente e si impostano tra orlo e spalla, prima della carena. Anche
la spalla è più corta e ha una carena più marcata, sottolineata talvolta da un rigonfiamento caratteristico. Il collo è a
tronco di cono rovesciato. Il puntale è cilindrico e cavo, più corto di quello del tipo precedente.
Spesso è impossibile stabilire se i frammenti di Ischia siano pertinenti ai tipi V o al V/VI, cioè il tipo di passaggio alla
forma più recente (a questo proposito si veda oltre il paragrafo III.6).
L’unica anfora intera di Ischia pertinente a questo tipo, con bollo ANΔРΩ, ha le seguenti misure: altezza 61 cm; diametro
orlo 12,8 cm; lunghezza delle anse 12,5 cm; lunghezza del collo 11 cm; diametro massimo di espansione 36
cm (tav. 7, n. 35, cat. III A.1).
Le misure delle anfore del relitto della Secca di Capistello sono le seguenti: altezza tra 62 e 65 cm; diametro orlo
esterno: tra 15,8 e 18,5 cm, interno tra 10,4 e 12,5 cm; lunghezza delle anse tra 15,6 e 16,5 cm; lunghezza del collo
tra 8,5 e 11 cm; diametro massimo di espansione tra 33,8 e 35,4 cm; altezza del puntale tra 5,6 e 6,4 cm.
Associazioni tra il tipo V e i bolli 97
I bolli apposti sul tipo V sono in greco e in alcuni casi (al di fuori di Ischia), sui tipi più recenti (V/VI), anche in latino.
TIpO V Ischia Altri siti / relitti
Certi ANΔΡΩ 98
ΔI 101 (?)
[Δ]IONY 102 (?)
ΣATYΡOY
(o ΣATYΡ•V ?)
ANTAΛΛ (Lipari, Necropoli di Portinenti 99 )
ΒΙΩ (Secca di Capistello 100 )
ΔΙΩ (Secca di Capistello103 , Cartagena104 )
ΔIΩN (Gela, Capo Soprano105 )
EYΞ[ ] (Eraclea Minoa106 )
EYΞEN(Ω ?) (Secca di Capistello107 , Eraclea Minoa108 )
EYΞENOΥΑΡΙ (Napoli109 )
MA[ΡΙΟ](?) (Lipari, Necropoli di Portinenti, tomba 2553, fine IV prima metà III sec.
a.C. 110 )
NIΩ + anfora (Aleria, tomba 33111 )
ΝΟΙΩ (Antibes112 )
ΠA[--] (Lipari Necropoli di Portinenti, tomba 2431, prima metà III sec. a.C. 113 )
ΠAΡ
(Secca di Capistello
ΠAΡΗ
114 )
(Secca di Capistello, Relitto Roghi di Panarea115 )
ΠOP (?) (Secca di Capistello116 )
ΠIΣT (Secca di Capistello117 )
ΠΤΥ (Secca di Capistello118 )
ΦΙΛ (Populonia 119 )
ΧΑΡΗΣ, tra caducei (Secca di Capistello 120 )
XAΡM (Tour Fondue 121 )
Incerti ANTAΛ (?) (Ensérune 122 )
BIΩ (Cartagena 123 )
ΔIONICO (Camarina 124 )
TIpO V/VI (?) Ischia Altri siti / relitti
Certi ANΔΡΩ 125 ANΔ[-]Ω (Mellita 126 )
[I]EPΩ (Cartagena 127 )
M(..)AK(…)(Μεγακλης) (Pech Maho 128 )
ΜEΓΑΚΛ[ΗΣ] (?) (Tell-Sukas, Siria 129 )
[---A]KΛ (Lipari Necropoli di Portinenti tomba 2447, prima metà III sec. a.C. 130 )
ΣIM (Eraclea Minoa 131 )
estratto

36 c a p i to l o iii
ΣIMIA (Napoli 132 , Relitto della Meloria 133 )
XAPIΛA (Napoli)
N. AVLANI (Lipari Contrada Portinenti, tomba 2444, prima metà terzo III sec. a.C. 134 )
M.VAL [--] (Marsala, relitto della nave punica - Capo Boeo 135 )
N·V (Tour Fondue 136 )
Tabella III.3: Associazione del tipo V e V/VI con i bolli nelle diverse località del Mediterraneo occidentale 137 .
Impasto
Alcune anfore appartenenti a questo tipo hanno l’impasto caratteristico delle anfore di Ischia descritto per il tipo IV,
altre hanno impasti un po’ diversi, in qualche caso simili a quelli di anfore greco italiche rinvenute a Napoli.
Analisi
Controlli in laboratorio sono stati effettuati fino ad ora su anfore di Ischia e su quelle della Secca di Capistello; inoltre,
in Etruria meridionale (Cavalupo, necropoli di Vulci), nel Lazio (Pyrgi, Ostia, Roma) e nella Campania settentrionale
(Mondragone, Piscinola, Capua), nell’ambito del progetto Immensa Aequora.
Nessuna delle greco italiche di Ischia di tipo V va a cadere nel gruppo chimico D, quello considerato locale, mentre
l’insieme E/F ne contiene alcune. Sono troppo pochi i dati per poter attribuire queste anfore ad un’area precisa
che sembrerebbe comunque collocabile, in base ai dati a nostra disposizione, nel Golfo e, forse, anche in altri siti
dell’area tirrenica centrale.
Le greco italiche tipo V e V/VI dei relitti Secca di Capistello, della Tour Fondue e di Bon Capò 138 sono realizzate con
argille compatibili con quelle dell’area del Golfo di Napoli.
Le anfore dell’Etruria, di Ostia e della Campania settentrionale hanno una composizione mineralogica diversa e distinguibile
al microscopio da quelle del Golfo di Napoli 139. Per i dati analitici nel dettaglio si rimanda al capitolo VI.
Datazione
Alcuni dati sulla cronologia di questo tipo sono discussi in questo stesso capitolo, nel paragrafo III.6.
estratto
Confronti e circolazione 140
Il tipo V è un contenitore presente, se pur con varianti morfologiche, in diversi contesti del Mediterraneo occidentale
(tavv. 13-14). Per ulteriori dati sulla circolazione si rimanda ai capitoli VII e VIII.
Per quanto riguarda l’area tirrenica, i tipi V e V/VI sono attestati a Napoli, come risulta dall’esposizione del materiale
negli scavi della Metropolitana al Museo Archeologico di Napoli.
In Sicilia tipi simili sono documentati a Gela, ad esempio in via Pistillo, a Capo Soprano (prima del 282 a.C.), con bolli
già noti a Ischia; inoltre a Pech Maho (sito distrutto nel terzo quarto del III secolo a.C.) 141. Attestazioni riguardano
anche Cartagine 142.
In Etruria anfore di tipo V sono presenti, a titolo di esempio, a Norchia 143, da un contesto riferibile ai primi anni della
prima guerra punica, a Cavalupo 144, a Populonia 145, tra i materiali di Marina di Montalto - Poggio delle Murelle 146 e a
Pyrgi 147; nel Lazio, nella zona dell’ager portuensis 148.
Nella Campania settentrionale sono stati riconosciuti esemplari di questo tipo a Mondragone 149, a Piscinola (Sessa
Aurunca) 150 e a Capua 151.
Il tipo in questione è presente anche in diversi relitti 152, tra cui:
– Roghi 1 (Panarea, relitto datato al 300 a.C.)
– Secca di Capistello (Lipari, 300-280 a.C.) 153
– Filicudi B (fine IV secolo a.C.).
– Marsala - Punta Scario nave punica (oppure frequentazione ?) 154 (metà III secolo a.C. - ? -).
– Cabrera 2, sul relitto sono attestate insieme alle anfore greco italiche antiche anfore puniche Maña A e B e gutti in
ceramica a vernice nera (IV-III secolo a.C. - ? -) 155.
– Montecristo, Cala del Diavolo (prima metà del III - 250 a.C. - ? -) 156.
Molti degli esemplari che hanno circolato hanno impasti contenenti materiale vulcanico.
Al tipo V/VI, considerato di passaggio tra il tipo V e il VI, vengono attribuite le anfore greco italiche dei relitti indicati
di seguito, per cui si rimanda alla tabella del paragrafo III.6 157:
– Tour Fondue (Francia meridionale) (datato intorno al 250 a.C.).
– Meloria A, Livorno (datato al 240-220 a.C. sulla base della vernice nera).
– Bon Capò (Spagna) (datato al 240-220 a.C. in base alle datazione del Relitto della Meloria).
Osservazioni conclusive
È l’incrocio di dati tipologici, epigrafici e archeometrici che permette di attribuire al Golfo di Napoli alcune anfore di
tipo V, come già era stato proposto 158.

le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 37
L’anfora con bollo ANΔΡΩ di tipo V o V/VI, conservata nei magazzini di Mezzavia a Ischia, ha una composizione
mineralogica compatibile con la situazione geologica del Golfo di Napoli 159; il bollo ANΔΡΩ, inoltre, è conosciuto a
Napoli su un laterizio/sostegno e su di un’anfora forse di tipo IV 160.
Anche le anfore della Secca di Capistello sono state realizzate con argille compatibili con quelle dell’area Ischia/
Golfo di Napoli 161.
Una serie di prime verifiche in corso nei magazzini della Campania settentrionale ha permesso di evidenziare che
esistono delle produzioni locali. Tra esse vanno ricordate, ad esempio, le greco italiche di tipo V di Piscinola (nella
zona di Sessa Aurunca), rinvenute in tombe di fine IV/inizi III a.C. (fig. VIII.10c); hanno un impasto molto ricco di
inclusioni vulcaniche visibili a occhio nudo, facilmente separabili da quelle del Golfo.
Da verificare l’origine di alcune anfore rinvenute nell’area di Capua, dove esemplari di tipo V sono documentati tra i
materiali di Curti - Albergo degli Anziani, una delle quali, sottoposta ad analisi mineralogica, ha composizioni simili a
quelle delle anfore del Golfo, forse perché importata 162 (fig. VIII.10b).
Anfore greco italiche di tipo V e V/VI, le cui composizioni sono diverse dai gruppi di riferimento del Golfo di Napoli,
sono state rinvenute a Mondragone, Proprietà Schiappa 163 (fig. VIII.10d).
Nel Lazio, i contesti di Ostia/ager portuensis hanno restituito greco italiche tipo V, senza bolli, con impasti diversi e
ben distinguibili da quelli campani, come hanno confermato anche le analisi 164.
Il tipo è stato prodotto anche in altri centri, probabilmente in Etruria meridionale, forse nell’area di Pyrgi, sempre in
base alle prime analisi mineralogiche effettuate 165.
III.2.4.Tipo V/VI-VI = ISchIA/GOLFO DI NApOLI V/VI-VI (tavv. 7-10, nn. 38-43 e 44-53)
estratto
Le anfore greco italiche recenti (tipo VI) esulano da questo lavoro. A Ischia, tra i materiali delle fornaci di S. Restituta,
le percentuali di questi tipi sono più basse e i reperti provengono dalla proprietà Gosetti
o dalla necropoli di San Montano.
Tra i reperti delle fornaci c’è un’unica anfora intera (fig. III.12), attribuibile al gruppo delle
greco italiche recenti, e un orlo di collo rinvenuto all’interno della fornace n. 4 (fig. III.8).
Un altro esemplare intero, con bollo ΦΙΛΙΠΠΟΥ166 (tav. 9, n. 47, cat. III A.5), è documentato
al Museo di Villa Arbusto, proveniente da una tomba ellenistica; sempre dalla necropoli
proviene un orlo e collo di anfora con bollo ACKΛΗ167 (tav. 10, n. 52, cat. III.A2).
Un frammento di anfora tipo VI, con bollo TR. LOISIO (insieme a due anse con lo stesso
bollo), è stato recuperato nello scarico Gosetti (tav. 8, n. 45, cat. II A.20).
La fase più recente della produzione delle greco italiche, corrispondente al tipo VI, è
ricostruibile grazie ai recenti e abbondanti ritrovamenti di Napoli. Dai nuovi scavi della
Metropolitana, nell’area degli scavi di Piazza Nicola Amore, il tipo più recente di anfora
è attestato già a partire dall’ultimo quarto del III secolo a.C. 168 (fig. VIII.10e-f, capitolo
VIII). In questa zona sono state trovate numerose anfore, anche scarti, attribuibili al tipo
VI (fine III e metà II secolo a.C.) e al tipo di passaggio tra il VI e la Dr. 1 (secondo quarto
del II secolo a.C.) 169. Sempre in quest’area sono venuti alla luce due punzoni e un bollo
ΣΙΜΙΑ (da un contesto di seconda metà III secolo a.C.) 170 che ricordano i bolli ΣΙΜΙ,
ΣΙΜΙΑ, documentati sulle anfore greco italiche del relitto della Meloria171. Tipi V/VI-VI sono stati probabilmente prodotti da numerosi siti dell’area tirrenica, tra cui
Minturno, Mondragone, Caere/Pyrgi, come le prime analisi mineralogiche hanno permesso di stabilire172. Fig. III.12: Anfora greco italica
tipo VI da S. Restituta.
Associazioni tra il tipo V/VI-VI e i bolli 173
Tra i bolli apposti su anfore di tipo VI dalla necropoli di San Montano, alcuni sono ampiamente attestati anche in altri
siti del Mediterraneo.
ACKΛΗ, con sigma lunato, è presente a Ischia, su anfora tipo VI 174; ACKΛΗΠΙΑ (forse da aggiungere alla forma
ACKΛ), è documentato a Napoli (in un contesto della metà del II secolo a.C.) 175, ma lo stesso nome è attestato su
più bolli in siti diversi del Mediterraneo occidentale, con troncamenti differenti (si veda il capitolo V).
Il bollo ΦΙΛΙΠΠΟΥ è impresso su un’anfora di tipo VI conservata al Museo di Villa Arbusto a Ischia 176. Non è chiaro
che collegamento ci sia tra questo bollo e il bollo ΦΙΛ sul tipo V attestato a Populonia 177.
Su pochi esemplari del tipo VI è documentato il bollo latino TR. LOISIO (si veda il capitolo V).
Impasto
Gli impasti del bollo ACKΛΗ e del bollo TR. LOISIO, apparentemente diversi da quelli delle anfore greco italiche
antiche rinvenute a Ischia e diversi anche tra loro, contengono materiale vulcanico (tav. 54, in fondo al volume).
L’impasto dell’anfora bollata ΦΙΛΙΠΠΟΥ non è visibile perché l’anfora, intera, è esposta nel Museo di Villa Arbusto.

38 c a p i to l o iii
Analisi
Sono stati sottoposti ad analisi quattro frammenti con bollo ACKΛH, da Ischia e altri siti, di cui uno dalla necropoli di
San Montano pertinente al tipo VI 178; i campioni appartengono a gruppi mineralogici differenti 179. I dati a disposizione
non consentono di stabilire con certezza la localizzazione dell’area di origine dei gruppi che pare vada comunque
cercata nel Golfo di Napoli (si veda il capitolo VI).
I bolli di TR. LOISIO hanno degrassante analogo a quello locale ma con parametri tessiturali diversi. Sono stati
sottoposti ad analisi chimica più esemplari con questo stesso bollo, provenienti da località diverse, oltre ad Ischia,
Marsala, Sagunto e Erice.
I campioni confluiscono in un piccolo sottogruppo (allinizio della cluster) composto da otto anfore di cui quattro bollate
TR. LOISIO e una con bollo TPE (fig. VI.2). Tale sottogruppo si distingue per valori decisamente più elevati di
alluminio e manganese di quelli del gruppo chimico D, considerato locale (Thirion Merle, capitolo VI).
La composizione mineralogica di questo gruppetto che contiene i bolli di TR. LOISIO (Iliopoulos, gruppo IV) è simile
a quella della ceramica da cucina di Cuma 180, anche se il confronto è stato effettuato in base a dati bibliografici.
Le altre anfore che costituiscono questo sottogruppo sono greco italiche di tipo V rinvenute nella necropoli di Lipari;
quindi il centro che ha prodotto questi esemplari, ancora da individuare, ha prodotto sia tipi V che tipi VI, che sono
stati oggetto di circolazione ad ampio raggio.
Confronti e circolazione
I recenti rinvenimenti di Napoli lasciano supporre che le anfore con bollo ACKΛH (e, forse, anche bollate TR. LOI-
SIO 181) siano localizzabili nell’area del Golfo di Napoli.
È sconosciuta invece l’area di origine delle anfore con bollo ΦΙΛΙΠΠΟΥ, che potrebbe essere localizzabile nella stessa
zona o comunque nella fascia tirrenica centrale.
III.3. Tecnologia di fabbricazione delle anfore rinvenute a Ischia
estratto
Non sono molte le informazioni che abbiamo sulla fabbricazione delle anfore di Ischia.
Nei pressi della fornace n. 3 (fig. III.1), quella in cui sono state trovate diverse anse bollate, è ancora conservato un
accumulo di sabbia utilizzata probabilmente dai ceramisti come degrassante.
L’osservazione dei reperti consente di ricavare alcune informazioni sulle modalità di fabbricazione, che avveniva in
fasi successive: prima veniva modellato il corpo e, a seccaggio avvenuto, venivano apposte le anse - forse modellate
e bollate a parte - e alla fine il recipiente veniva cotto. Segni di ditate e di pressione per far aderire l’ansa al corpo
sono stati rinvenuti sul lato interno della spalla di alcune anfore (fig. III.13a-b).
Di particolare interesse, inoltre, sono alcune anse che conservano traccia dell’errore per cui sono state scartate. Una
spalla di anfora con bollo APIΣTO ripetuto conserva ben visibile la sede di congiunzione dell’ansa alla spalla 182, da
cui l’ansa si è staccata in modo netto (fig. III.13c). Un’ansa appartenente ad un’altra anfora, inoltre, si è conservata
interamente con la parte finale, che non aderiva alla spalla, liscia e uniforme 183 (fig. III.13d). Probabilmente, durante
la cottura o mentre le anfore venivano estratte dai forni, anse apposte forse frettolosamente, non aderendo bene alla
spalla, si staccavano, rendendo inservibile il recipiente che veniva scartato anche se già cotto.
La maggior parte delle anse di Santa Restituta sono bollate sul gomito e non è dato di vedere se un bollo si trovava
anche sul tratto di congiungimento tra la base dell’ansa e la spalla (come è attestato in alcune anfore del Filicudi F),
dal momento che le anse spesso sono frammentarie. Le lettere sono a rilievo e l’andamento del bollo è sia progressivo
che retrogrado.
I bolli sono per lo più quadrangolari o rettangolari, dal segno netto e preciso e sono impressi profondamente (come nel caso
del bollo ΞEN o ZΩ, fig. III.13f-g); altri sono rettangolari e allungati, talora dagli spigoli arrotondati. Altri bolli sono ovali.
L’impressione del bollo può essere longitudinale (nella stessa direzione dell’ansa) oppure trasversale (perpendicolare
all’ansa). In un caso il bollo (AΡIΣTO) è apposto due volte su di un frammento che potrebbe corrispondere ad una
spalla quasi piatta di anfora di tipo III o IV (fig. III.13h); potrebbe forse trattarsi anche di una “prova” di bollatura 184.
Anche il bollo TINΘ è apposto due volte, su di un’ansa 185 (fig. III.13i).
In qualche caso sono evidenti gli errori di impressione, documentati spesso anche sui bolli delle anfore rinvenute in
Grecia 186. In un caso, quello del bollo ANTAΛΛ, l’errore di impressione o la poca pressione esercitata, ha comportato
l’apposizione di un secondo bollo nelle immediate vicinanze 187 (fig. 13l). Errori di punzonatura si riscontrano anche
su scarti di fornace (AΡΣT) 188 (fig. III.13m, o).
Il bollo AΡIΣTΟΚΡ[ ] appare impresso due volte per una sorta di “scivolatura” 189 (fig. III.13n), in questo caso l’errore
produce un esito poco chiaro e si tratta forse di uno scarto. Dai materiali del relitto Filicudi F si ricava che le anfore
bollate due volte forse per errore (o perché uno dei bolli è poco leggibile) erano comunque utilizzate per il trasporto
(fig. VII.6f, capitolo VII).

Modalità di fabbricazione e di bollature delle anfore greco italiche
a. cat. II B.11 b. cat. II B.11
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 39
c. cat. I A. 10 = I B.21 d. cat. I B.69 e. cat. II B.11 (sopra) e I A.31 (sotto)
f. cat. I B. 141 g. cat. I B.123 h. cat. I A.10 = I B.21
i. cat. I A. 12 = I B. 213 l. I B. 3 m. cat. II B.11
n. I B.44 o. cat. I B. 118 p. cat. I B. 122
estratto
Fig. III.13: a-b, e. Segni della pressione delle dita su un’anfora greco italica da scarico Gosetti e su una da Santa Restituta; c.
spalla di anfora con doppio bollo APIΣTO con segno del luogo in cui era attaccata l’ansa; d. frammento di ansa con la parte finale
liscia e uniforme; f-i. alcune modalità di bollatura: bolli ΞEN e ZΩ in cartiglio profondo, doppio bollo APIΣTO, doppio bollo TINΘ;
l-o. errori di impressione di alcuni bolli di S. Restituta; p. segno di impressione da supporto su un’ansa di greco italica da Santa
Restituta.

40 c a p i to l o iii
Diversi frammenti, infine, sono scarti veri e propri 190.
Le anse bollate di Santa Restituta presentano talora il segno del punzone, una specie di piccolo avvallamento semicircolare,
situato di solito sul lato lungo, collegato a un segno di impressione, più o meno lungo e filiforme, simile
a quello creato da un supporto a bastoncino (fig. III.13p), documentato anche in cartigli di alcuni bolli di anfore del
Filicudi F (fig. VII.6e, capitolo VII) 191. La gran parte dei contenitori conserva, oltre a segni di lavorazione e rifinitura,
una ditata alla base dell’ansa (fig. III.13e), notata anche su alcune greco italiche di Napoli e del relitto Filicudi F.
Per una visione di insieme degli impasti delle anfore di Ischia, Napoli e di alcune altre località si veda la tav. 10bis.
estratto
III.4. Le anfore greco italiche di Ischia in rapporto a quelle di Napoli: qualche osservazione preliminare
I recenti scavi per la realizzazione della Metropolitana a Napoli, nella zona di Piazza Nicola Amore, hanno consentito
di portare alla luce, oltre a indicatori di produzione e scarti di fornace, numerose anfore greco italiche, in alcuni casi
bollate 192; si tratta in modo particolare dei tipi più recenti (V/VI, VI e anche VI/forma di passaggio alle Dr.1), di cui
esistono scarti di fornace; sono documentati però anche i tipi più antichi 193. In zona non sono state individuate per ora
strutture attribuibili con certezza a un quartiere artigianale, ma numerosi sono gli indizi che sembrano confermare la
presenza di un’area produttiva 194. Tra l’altro, la zona del ritrovamento non è molto lontana da quella in cui W. Johannowsky
individuò scarichi di ceramica a vernice nera, cioè Corso Umberto e dall’area in cui, anche più recentemente,
sono state trovate tracce della produzione in epoca tardo antica/medievale 195. Altre indagini avevano già portato alla
luce a Napoli i resti di un’altra possibile area produttiva, quella di vicolo San Marcellino 196.
In attesa che gli studi in corso aggiungano tasselli alla ricostruzione delle attività produttive di Napoli, si possono fare
alcune considerazioni generali.
Le anfore greco italiche antiche ritrovate a Ischia e quelle recuperate a Napoli hanno un aspetto simile, in alcuni casi
sono identiche e talora hanno anche gli stessi bolli. Ci si chiede quindi se si tratti di ceramica prodotta localmente
oppure importata da Ischia oppure ancora fabbricata a Napoli con le argille di Ischia, per seguire un’idea spesso
sostenuta in passato 197. Gli argomenti che si ripropongono e su cui riflettere sono principalmente due.
Composizioni chimico fisiche delle anfore e compatibilità con la situazione geologica di Napoli
Sono state espresse dai mineralogisti perplessità a immaginare a Napoli una produzione ceramica con le caratteristiche
di composizione delle anfore greco italiche rinvenute, per questioni di carattere geologico.
In base ai dati geologici noti, nell’area della città, non ci sono argille sedimentarie del tipo di quelle utilizzate per la
fabbricazione delle greco italiche. I recenti scavi della Metropolitana documentano però la produzione di anfore greco
italiche, almeno nella fase più recente. Se anche la continuazione della ricerca confermasse la produzione ceramica
nelle fasi più antiche, resterebbe comunque da stabilire l’origine della materia prima.
Si potrebbe pensare che l’argilla con la quale sono state fabbricate le anfore di Napoli sia stata importata - come già
è stato ipotizzato in passato per le ceramiche a vernice nera - e mescolata con le materie prime locali a disposizione
(cinerite?) 198; un frammento di anfora, analizzato con metodo mineralogico, sembrerebbe avvalorare l’ipotesi dell’impiego
di argille diverse 199. L’utilizzo a Napoli delle argille importate da Ischia non è però dimostrabile con i metodi di
laboratorio e tale eventualità è destinata a restare un’ipotesi.
Più favorevole è la situazione geologica di Ischia, le cui argille hanno una composizione compatibile con quella di
parte della ceramica rinvenuta nell’area dei forni, la cui produzione locale è avvalorata anche dal ritrovamento degli
scarti di fornace recuperati nell’area artigianale di Santa Restituta.
Presenza di ceramiche di importazione nei quartieri artigianali
A Ischia come a Napoli si pone il problema della possibile presenza accanto alle anfore locali di quelle di importazione,
fenomeno ben conosciuto nei quartieri artigianali, soprattutto quelli situati nei pressi dei porti. Sia Napoli che
Ischia, quindi, possono aver ricevuto anfore da centri “terzi”, situati in zona, oppure più lontani.
A Lacco Ameno sono presenti anfore greco italiche del tipo più recente (VI), rinvenute in percentuali abbondanti a Napoli.
Gli esemplari di Ischia provengono prevalentemente dallo scarico Gosetti e dalla necropoli, quindi da zone site
al di fuori del quartiere artigianale e la produzione locale è probabilmente cessata tra la fine del III e il II secolo a.C.
In definitiva, non siamo ancora in grado di stabilire se si trattasse di due (o più ?) produzioni parallele; per ora la fase
più antica è emersa chiaramente a Ischia.
Un’ulteriore ipotesi è che, ad una prima - e più antica - fase produttiva nell’area di Ischia, si sia affiancata, in un secondo momento,
la produzione di Napoli, prevalente nel periodo più recente. Solo un confronto serrato tra i materiali dei due contesti,
con l’apporto di analisi di laboratorio, potrà contribuire a una ricostruzione completa dellartigianato ceramico del Golfo.

le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 41
Le prime analisi effettuate su alcuni campioni di Napoli dimostrano che le anfore non hanno la stessa composizione
chimica del gruppo di Ischia, anche se le caratteristiche sono simili 200.
La definizione delle attività produttive nei due centri è importante anche per spiegare i rapporti tra l’isola e la terra
ferma. È possibile ipotizzare che le officine dei due centri producessero tipi simili (così come documentato in alcune
isole della Grecia) forse adottando tipi comuni e per la cui fabbricazione si seguivano “regole” condivise. I nomi
impressi nei bolli, che ritornano sugli esemplari di Ischia e su quelli di Napoli, potrebbero riflettere una situazione
economica e/o amministrativa simile o condivisa.
Questo potrebbe anche spiegare la somiglianza morfologica delle anfore e, nello stesso tempo, la varietà e l’eterogeneità
delle composizioni chimiche e mineralogiche dei reperti dei due siti. Si tratta però solo di ipotesi, passibili di
correzioni e che, per di più, presuppongono l’appartenenza in questo periodo di Ischia a Neapolis, ipotesi condivisa
da molti studiosi ma non da tutti 201.
Per ora, pur avanzando delle ipotesi sull’appartenenza di alcuni bolli ad Ischia ed altri a Napoli, si preferisce mantenere
la definizione “produzione Ischia/Golfo di Napoli” per i casi incerti, con l’intento di definire in tal modo la produzione di
un “comprensorio” che aveva forse adottato contenitori simili 202 e in cui si bollavano le anfore con i nomi di personaggi
che, in qualche caso, sembrerebbero essere gli stessi (si veda a questo proposito il capitolo IV).
III.5. Qualche elemento di cronologia per le anfore greco italiche antiche di Ischia e del Golfo di Napoli
Le anfore di Santa Restituta, frammentarie e spesso rinvenute al di fuori di contesti stratigrafici, non consentono di
apportare dati nuovi e conclusivi alla cronologia delle anfore greco italiche. Alcuni elementi sono comunque emersi
dallo studio e soprattutto dal confronto dei dati di Ischia con quelli delle anfore dei relitti e di siti di consumo. Vengono
qui proposti in attesa che l’edizione dei materiali di Napoli, che provengono invece da scavi stratigrafici, possa fornire
informazioni ulteriori su questi argomenti.
III.5.1. contemporaneità di attestazione del tipo IV e del tipo V e loro associazione con altri tipi anforici
Alcuni dati depongono a favore della coesistenza del tipo IV e del V che spesso sono simili, come rivela l’esame dei
contenitori interi dei relitti eoliani. In favore di una contemporaneità delle anfore tipo IV e dei primi tipi delle V si è
espresso K. Göransson che ha pubblicato le anfore di Euesperides, in Cirenaica 203; lo studioso ritiene infatti che il IV
e il V vadano considerati come un unico tipo.
Il rinvenimento di anfore greco italiche di tipo diverso in tombe puniche di Mellita 204 (non lontano da Sabratha), deposte
contemporaneamente, offre alcuni indizi sulla cronologia e, forse, anche sull’origine comune dei recipienti.
La tomba A comprende anfore greco italiche di tipo V, anfore di tipo punico a siluro 205 e “corinzie” B, oltre a ceramica
a vernice nera 206.
La tomba B comprende greco italiche tipo IV e V, anfore a siluro e “corinzie” B che, sulla base della tipologia, possono
essere attribuite alla fase più recente della produzione, tra la seconda metà del IV e il III secolo a.C. 207 (fig. VIII.12c,
capitolo VIII). I tipi IV e V coesistono nella tomba B, la cui datazione inizialmente proposta (seconda metà del II secolo
a.C.) probabilmente è da rivedere, come è stato recentemente suggerito 208. Le greco italiche di Mellita sono state
considerate di produzione locale dalla Bisi e, recentemente, “puniche” 209.
Un legame tra il tipo IV e il tipo V è dato anche dal bollo ANΔР/ ANΔРΩ: a Ischia è stata rinvenuta un’anfora tipo V o V/
VI bollata ANΔРΩ (tav. 13a), mentre ad Aleria il bollo ANΔР 210 è impresso su un’anfora greco italica tipo IV (tav. 11a). È
possibile che si tratti di un’omonimia ma il controllo diretto delle anfore esposte ad Aleria ha confermato la somiglianza con
i caratteri del bollo e degli impasti delle anfore di Ischia. Un bollo ANΔPΩ (con omega), inoltre, compare a Napoli su un’anfora
greco italica di tipo IV (?), da un contesto datato agli inizi del III secolo a.C. 211, e un ANΔР su un laterizio/sostegno. L’
analisi mineralogica conferma l’appartenenza possibile dell’anfora di Ischia alla produzione del Golfo di Napoli 212.
Sempre il bollo ANΔРΩ compare su di un’anfora tipo V/VI dalla tomba di Mellita (tav. 14m), citata precedentemente
213; una attestazione riguarda anche Camarina (si veda il capitolo V).
Va infine sottolineata anche la frequente associazione tra anfore greco italiche del tipo V e le corinzie B, associazione
che, già notata altrove 214, è stata riscontrata anche in alcune tombe della necropoli greco punica sotto il teatro di
Leptis Magna 215 e in diversi contesti della Sicilia meridionale 216.
Probabilmente queste due classi di anfore hanno circolato insieme, come risulta anche dai materiali di Euesperides 217; tale
associazione è stata interpretata, per i reperti di quel sito, come il risultato di una redistribuzione da parte della Sicilia.
III.5.2. Tipi e bolli in alcuni contesti datati del Mediterraneo
estratto
L’incrocio dei dati consente di stabilire dei punti fermi per la cronologia di alcuni esemplari di anfore greco italiche tipi
IV e V, probabilmente campane e, soprattutto, per alcuni bolli.

42 c a p i to l o iii
campania
Piscinola
Anfore classificabili come tipo V sono state rinvenute nella necropoli di Piscinola (Sessa Aurunca), dove sono datate
al periodo compreso tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C., grazie all’associazione con ceramiche figurate
prodotte in un lasso limitato di tempo e rinvenute anch’esse nelle tombe 218 (tav. 14h e fig. VIII.10c).
Napoli
I recenti scavi della Metropolitana hanno portato alla luce numerose anfore greco italiche, provenienti da contesti
scavati stratigraficamente, parzialmente editi 219 (fig. VIII.10e-f, capitolo VIII).
In base a tali ritrovamenti le anfore greco italiche tipo IV sembrano attestate tra la fine del IV e gli inizi del III secolo
a.C., mentre le V-VI/Dressel 1 A sono documentate principalmente nella prima metà del II a.C. 220
Sicilia
Le anfore greco italiche campane e del Golfo di Napoli sembrano essere documentate nei centri punici o di influsso
punico della Sicilia. In alcuni siti della Sicilia meridionale, poi, compaiono bolli documentati anche a Ischia (si vedano
gli elenchi del capitolo V).
Gli scavi condotti da Orlandini e Adamesteanu a Gela 221, in alcuni quartieri della città ellenistica (abitati tra il 339 a.C.,
momento di ricostruzione da parte di Timoleonte, e il 282 a.C., data della distruzione operata da Phintias), e a Manfria
222 (dove fu portata alla luce una fattoria, abitata solo per circa un ventennio tra il 337 a.C. e il 310 a.C., quando fu
incendiata 223) hanno permesso di recuperare anfore greco italiche, anche bollate, molte delle quali mostrano evidenti
contatti con i contenitori di Ischia e del Golfo, confermati dalle analisi di laboratorio 224.
Tra i materiali di Gela è attestato il bollo ΖΩ, noto a Ischia, a Napoli e sul Filicudi F (legato al tipo IV) e su anfore
riportabili al tipo IV sono impressi i bolli ΛΕΠΤΙΝΑ e ΤΡΕ. Su di un’anfora di tipo V è documentato invece il bollo
ΔΙΩΝ. Sono inoltre attestati i bolli XAPM retrogrado, dalle case ellenistiche di Gela (fine IV/inizi III secolo a.C.), il
bollo MAMAP (da Capo Soprano) 225 e il bollo ΕΥΞΕΝΟΥ 226. Tra i bolli emersi dalle nuove indagini c’è anche XAPI 227,
documentato anche sul Filicudi F (tav. 11b, 14g e fig. VIII.7-8a-u, capitolo VIII).
A Manfria è presente il bollo XAΡMHΣ (in un contesto datato tra l’età di Timoleonte e Agatocle, 338-310 a.C.) 228 (tav.
12g e fig. VIII.8v-z, capitolo VIII).
A Lipari, anfore greco italiche, talora bollate, di tipo IV e V si ritrovano in tombe databili nel corso del IV secolo a.C. e
nella prima metà del III secolo a.C. 229 (fig. VIII.1, capitolo VIII).
Grecia
Koroni
Anfore greco italiche di tipo V sono state rinvenute nel campo di Koroni, in Attica, campo utilizzato per un periodo
circoscritto durante la guerra cremonidea (267-261 a.C.) 230 e quindi con un appiglio cronologico sicuro (tav. VIII.12a,
capitolo VIII). In base ai dati di questo sito, secondo il Görannson, le greco italiche tipo V sono databili nell’ambito di
100 anni, tra il 350 e il 260 a.C. 231 (la data bassa è stata suggerita dalla datazione delle anfore rodie 232).
corsica
Aleria
Le tombe di Aleria del periodo compreso tra la metà e la fine del IV secolo a.C. contengono anfore greco italiche di
tipo IV e V, associate a ceramica a vernice nera precampana 233.
III.5.3. Associazione di anfore greco italiche e ceramica a vernice nera: l’evidenza dei relitti eoliani
estratto
L’anfora greco italica tipo IV è associata sul Filicudi F a ceramica a vernice nera, a qualche pezzo di comune e ad
un’anfora punica 234.
La ceramica a vernice nera è costituita da skyphoi, kylikes e da due coppe. Gli skyphoi sono genericamente attribuibili
alla forma Lamboglia 43 e Morel 4373, documentati ampiamente in Campania, Magna Grecia e Sicilia tra il IV
e il III secolo a.C. La recente tipologia realizzata dalla Pontrandolfo per il materiale di Paestum e di Pontecagnano
permetterebbe di riportare gli skyphoi del relitto all’ultimo venticinquennio del IV e al primo venticinquennio del III
secolo a.C. 235, datazione che corrisponde a quella delle anfore greco italiche tipo IV.
I confronti più stringenti per questo skyphos riguardano il materiale di Capua rinvenuto nella necropoli di San Prisco,
recentemente pubblicata 236.
Anche per le kylikes non è stato individuato un confronto puntuale con la tipologia di Morel (si avvicinano al tipo
4264a1); recipienti simili sono stati rinvenuti nelle necropoli dell’area di Napoli (si veda oltre, capitolo VII).

le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 43
Sul relitto Filicudi F è presente infine un’unica anfora punica: si tratta del tipo Ramon Torres T.6.1.1.1., la cui appartenenza
al relitto è però messa in discussione 237.
Lanfora tipo V è associato sul relitto della Secca di Capistello a ceramica a vernice nera antica 238 (per questa classe
si rimanda al capitolo VII).
III.6. Le anfore greco italiche tipo V e V/VI e la cronologia di alcuni relitti: problemi aperti
estratto
Lo studio del materiale di Ischia e di altri siti e relitti pone alcuni quesiti di carattere generale inerenti la classificazione
e la distinzione dei tipi V e V/VI e la datazione di relitti che trasportarono queste anfore.
Le greco italiche del relitto della Secca di Capistello sono state considerate dal van der Mersch come il prototipo
del tipo V 239, la cui cronologia è compresa tra gli ultimi anni del IV secolo e la prima parte del III secolo a.C. (320 -
280/270 a.C. in particolare), in base all’attestazione di queste anfore in relitti e contesti di Magna Grecia e Sicilia 240.
Indicazioni cronologiche vengono anche dal campo fortificato di Koroni 241, in Attica, dove il tipo V è documentato
tra il 267 e il 261 a.C. 242. Se accettiamo l’opinione del Görannson 243, il tipo V, trattato dall’Autore insieme al tipo IV,
sarebbe databile tra il 350 e il 260 a.C.
Sempre il tipo V è documentato nella necropoli di Aleria, in Corsica, dove è stato rinvenuto in tombe di fine IV e prima
metà III secolo a.C. 244
Conferme di questa datazione vengono dal fatto che, molto spesso, nei siti di terra della Sicilia (Poggio Marcato di
Agnone e Gela, ad esempio) e in Tripolitania, le anfore di tipo IV e V si trovano associate ad anfore “corinzie” B, la
cui cronologia è compresa tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C.
Recenti ritrovamenti nell’area di Rimini, inoltre, riguardano molte anfore greco italiche di tipo V, di probabile produzione
adriatica, in uno scarico datato con precisione al periodo compreso tra il 295 e il 268 a.C. 245
Il van der Mersch fissa la circolazione del tipo V nella prima metà del III secolo a.C., datazione che pare confermata
anche dai dati della necropoli di Portinenti a Lipari 246. A questo stesso periodo e, comunque, ad una fase precedente
la prima guerra punica, l’Autore riconduce alcuni relitti con un carico di anfore tipo V, come la Torre della Meloria (prima
metà del III secolo a.C.) e il Montecristo (290 ± 20 a.C.), gli stessi per i quali, però, è stata recentemente proposta
una datazione più bassa (rispettivamente al 240-220 a.C. e al 250-220 a.C.) 247, che ha poi determinato a cascata la
datazione anche di altri relitti, come ad esempio quella del relitto Bon Capò, nella Penisola Iberica.
La rilettura delle pubblicazioni evidenzia, quindi, l’esistenza di opinioni differenti sulla cronologia di alcune imbarcazioni
che hanno fatto naufragio tra la fine del IV e la prima metà del III secolo (come riassunto nella tabella della
pagina che segue).
Viene quindi spontaneo chiedersi come si sia arrivati alla datazione di alcuni relitti (ad esempio la Torre della Meloria
o il Montecristo e di alcuni altri che avevano carichi simili come il Bon Capò 248 e il Cabrera 2 249). Il più delle volte la
cronologia è stabilita in base alla datazione delle anfore e della ceramica a vernice nera.
L’anfora viene definita come tipo V/VI; in diversi lavori recenti si fa infatti riferimento ad un’anfora di transizione tra
il tipo V precedentemente descritto e il tipo VI, più recente, dal corpo affusolato e allungato, dal collo lungo, talora a
tronco di cono rovesciato 250. Tale anfora “di passaggio” non sempre ha delle caratteristiche definite con certezza: pur
conservando alcune caratteri peculiari del tipo V, ha collo più lungo e, soprattutto, orlo più inclinato e sembrerebbe
preludere alle greco italiche recenti; viene pertanto considerata più recente e definita MGS V/VI 251.
Questo tipo di anfora, rinvenuto sul relitto della Meloria, è stato datato al periodo 240-220 a.C. grazie alla associazione
con ceramica a vernice nera, in particolare con kylikes di forma intermedia tra le Lamboglia 42 B e C (Morel
F4152/4153) 252, oltre a coppe Lamboglia 27. Di conseguenza per un blocco di relitti che avevano a bordo quest’anfora
è stata proposta una sequenza cronologica “a cascata”, scandita al venticinquennio: Montecristo, Meloria A,
Tour Fondue e Bon Capò, dal 250 al 220 a.C. 253; Sanguinaires A, Cala Rossa e Tour d’Agnello, a seguire, datati al
periodo 230-200 a.C. 254. Tale sequenza cronologica non corrisponde però, come si è detto, a quella che era stata
precedentemente proposta dal van der Mersch e, per alcuni relitti specifici 255, anche da altri autori.
Il riesame dei dati bibliografici portati a sostegno delle datazioni basse sia della Torre della Meloria che del Montecristo,
basate sulla ceramica a vernice nera e sulle stesse anfore, non si è rivelato pienamente dirimente. Le kylikes
a vernice nera non hanno una datazione circoscritta; tipi simili sembrerebbero essere spesso documentati e diffusi
anche in contesti più antichi, il tipo 42B in particolare 256.
Le anfore greco italiche del Relitto della Meloria, poi, sono datate alla metà del III secolo a.C. in base a confronti con
esemplari dal deposito di Camarina 257 (la cui datazione è probabilmente da collocare prima del 258 a.C., data della
distruzione della città da parte dei Romani) e con esemplari della Tour Fondue e di altri relitti che sono quelli di cui si
vorrebbero poter verificare le datazioni 258.

44 c a p i to l o iii
Relitto Autori dello scavo / prima
pubblicazione
Cala del Diavolo (Isola di
Montecristo, Livorno)
Tour Fondue (Penisola di
Giens, Francia)
Relitto della Torre, Secche di
Meloria (Livorno)
Metà III secolo a.C. o poco prima
(Maggiani 1982)
Metà del III sec. a.C. (Joncheray
1989, Dangréaux 1993-96)
Metà III secolo a.C.
(Bargagliotti et al. 1997)
Terrasini B (Palermo) Metà III secolo a.C.
(Purpura 1974, Giustolisi 1975)
Cabrera B / 2 (Isole Baleari,
Spagna)
L’Ametlla de Mar, Bon Capò
(Tarragona, Spagna)
Tour d’Agnello (Cap Corse,
Corsica)
Cala Rossa (Porto Vecchio,
Corsica)
Pointe Lequin 2 (Porquerolles,
Francia)
Tra la seconda metà del IV secolo
a.C. e l’inizio del III secolo a.C.
(Veny, Cerda 1972)
III-II secolo a.C.
(Vilaseca 1957-58)
“Abbastanza alto nel III secolo
a.C.”
(Liou 1982, p. 454)
III o inizio del II secolo a.C.
(Tchernia 1969, p. 496)
Fine del III secolo a.C.
(DRASM 1985 e Pomey et al.
1989)
Tabella III.4: Le datazioni di alcuni relitti con i carichi di greco italiche.
estratto
van der Mersch 1994 Altri autori
e 2001
ca. 290 a.C. (± 20) • ca. 300 a.C. (Morel 1985, pp. 176-177; Id. 1997,
p. 222 nota 58; van der Mersch 2001, p. 177)
• 250-240 a.C. (Cibecchini 2007)
• non oltre il 250-240 (Long 2004, p. 146)
• 250-225 (Cibecchini 2007, p. 53)
prima metà del III secolo • 240-220 a.C. (Cibecchini 2007)
a.C.
• 310-260 a.C. (Parker 1992)
• 220-200 a.C. (Cibecchini 2007)
ca. 250 a.C. (± 20) • seconda metà del III secolo a.C. (Nolla, Nieto
1989, p. 376)
• ca. 225-200 a.C. (Guerrero Ayuso et al. 1989, p.
125)
• 225-210 a.C. (Cibecchini 2007)
• 210-190 a.C. (Ramon Torres 1995, p. 62)
• ca. 200 a.C. (Ramon Torres 1994, p. 27)
ca. 260 a.C. (± 20) • fine del III secolo a.C. (Nolla, Nieto 1989, p. 374)
• 240-220 a.C. (Cibecchini 2007)
• 230-200 a.C. (Asensio i Vilaro, Martín i Menéndez
1998)
ca. 240 a.C. (± 20) • 300-275 a.C. circa (Parker 1992, p. 431)
• 210-200 a.C. (Cibecchini 2007)
ca. 240 a.C. (± 20) • 230-210 a.C. (Cibecchini 2007, Cibecchini et al.
2007)
ca. 240 a.C. (± 20) • 210-200 a.C. (Long 2004, pp. 149-150)
• 210-190 a.C. (Cibecchini 2007)
• ca. 200-150 a.C. (Parker 1992, p. 323)
Il relitto della Tour Fondue, ad esempio, è datato in base alla presenza di una coppa a pasta chiara massaliota intorno
al 250 a.C.; secondo L. Long la datazione di questo relitto non può essere abbassata oltre il 250/240 a.C. per la
presenza di un’anfora massaliota Bertucchi 5 e per i bolli greci sulle greco italiche 259.
Il recente esame delle anfore del Relitto della Secca di Capistello, infine, ha permesso di evidenziare che, nell’ambito
di un medesimo carico, sono comprese anfore dalle caratteristiche un po’ differenti; se queste anfore fossero
considerate separatamente, potrebbero condurre all’attribuzione di alcuni esemplari al tipo V e di altri al tipo V/VI; tali
differenze sono probabilmente dovute al fatto che i recipienti sono stati prodotti da officine e/o ceramisti diversi, ma
probabilmente nella stessa area, forse in un lasso di tempo non lontano, se fanno parte dello stesso carico.
Inoltre, alcune delle anfore attribuite al tipo V rinvenute nelle tombe della necropoli di Lipari 260, la cui datazione è
compresa tra la fine del IV e la prima metà del III secolo a.C., non sembrerebbero presentare differenze morfologiche
significative rispetto a quelle rinvenute nei relitti datati al periodo 250/220 a.C. 261
Pur ammettendo l’esistenza di tipi di transizione documentati anche da esemplari di passaggio dal tipo III al IV, ci si
chiede in definitiva se siano state sempre ben interpretate le differenze morfologiche che separerebbero il tipo V dal
VI e se, soprattutto, sia sempre possibile leggere le variazioni formali del tipo V -V/VI in termini di cronologia.
Un esempio di come sia stata interpretata in modo differente la tipologia di una stessa anfora è dato proprio dalle
greco italiche del relitto di Montecristo: alcuni autori (van der Mersch, Corsi e Morel) le datano alla prima metà del III
secolo a.C. per affinità con quelle della Secca di Capistello, altri le inseriscono nella serie dei relitti datati alla seconda
metà del III secolo a.C. e le attribuiscono al tipo V/VI 262.
In realtà, da un confronto solo bibliografico, pare che le anfore bollate in greco della Meloria A, della Tour Fondue e
quelle del Relitto di Montecristo siano simili tra loro e, in qualche caso, accostabili a esemplari della Secca di Capistello;
se così fosse, sarebbe forse preferibile seguire la cronologia “alta” proposta dal van der Mersch per il gruppo
di relitti Montecristo, Meloria A, Bon Capò e Tour Fondue, la cui provenienza dalla Campania sembra accertata dalle
analisi mineralogiche effettuate sulle anfore del Bon Capò e della Tour Fondue nell’ambito di questo lavoro 263.
Pare quindi opportuno raccogliere dati ulteriori sui tipi anforici, fin tanto che le differenze morfologiche non saranno
comprese meglio e in attesa che contesti scavati con metodo stratigrafico apportino elementi dirimenti alla datazione.
Va comunque anche presa in considerazione l’ipotesi che, in alcuni casi, le differenze morfologiche riscontrabili nelle
anfore tipo V e V/VI siano da attribuire alla fabbricazione in centri diversi di un medesimo “tipo”.

NOTE
1 Il collegamento tra il quartiere di Santa Restituta di Lacco
Ameno e la produzione di greco italiche è recente, Olcese et
al. 1996, Olcese 2004 e 2007.
2 Di Sandro 1986; Albore Livadie 1985, l’Autrice, a mio parere
correttamente, attribuisce a Pithecusa le anfore tipo 1/2 rinvenute
a Nuceria, datate al periodo compreso tra la fine del VII e
gli inizi del VI secolo a.C. (p. 93 e p. 131).
3 Pithekoussai I, tombe 344 e 461.
4 Provenienti dalle tombe 281 e 287.
5 Durando 1998.
6 Notizie di Don Pietro Monti; per le ceramiche tardo antiche di
Lacco, D’Agostino, Marazzi 1985.
7 Si ritiene che le greco italiche contenessero vino. Come si
è detto (nota 13 cap. II), però, non mancano attestazioni di
altri prodotti trasportati all’interno di questi contenitori: le anfore
del relitto della Secca di Capistello, ad esempio, pare trasportassero
uva, pistacchi, olive e fibre non identificate Frey et al.
1978, p. 289 (si deduce che si tratta di ipotesi); Parker 1992,
p. 396.
8 Finkielsztejn 2006, p. 32.
9 Olcese et. al. 1996.
10 Al volume di prossima pubblicazione si rimanda per la discussione
relativa alle fornaci e per i riferimenti bibliografici
completi.
11 Si vedano a questo proposito le osservazioni di Y. Garlan,
Garlan 2000, pp. 33 e seguenti.
12 Si veda il cap. VI.
13 Ateneo, Il banchetto dei Sofisti, XII, 519d.
14 Questo argomento, trattato ampiamente dalla bibliografia -
a titolo di esempio si ricordano Monti 1980, Buchner 1994 -
è ripreso nel volume in corso di edizione che farà seguito a
questo.
15 Monti 1980, p. 161.
16 Si veda la carta pubblicata in Garlan 2000, p. 39 fig. 17.
17 Empereur, Tuna 1989; Garlan 2000, p. 45 e fig. 18.
18 La datazione è stata ottenuta da M. Martini e E. Sibilia con il
metodo della termoluminescenza. I dati saranno pubblicati nel
secondo volume dedicato al quartiere artigianale.
19 L’incertezza è data dal fatto che il più delle volte si tratta di
frammenti di orlo.
20 Van der Mersch 1994 e 2001.
21 L’indagine allargata alle anfore greco italiche di altri siti e di
alcuni relitti ha fatto emergere numerose incongruenze nell’organizzazione
tipologica generale della classe - evidenti sono
in alcuni casi le diversità morfologiche nell’ambito di anfore attribuite
allo stesso tipo. Lo scopo di questo studio non è però
né una revisione del problema tipologico né la creazione di
una tipologia che sarà possibile solo con lo studio accurato di
siti scavati stratigraficamente.
22 Per i bolli di Ischia, Buchner 1997; Olcese 2004. I bolli in
greco sulle anfore e sui laterizi di Santa Restituta sono 255,
quelli di scarico Gosetti/Monte Vico sono 87, 12 sono quelli
della necropoli.
23 Lepore in Storia di Napoli I, cap. III, p. 252.
24 I Teg.4 - 247285, con impasto un po’ diverso da quello delle
anfore.
25 L’analisi chimica non è stata dirimente in quanto il campione
(ISC 634) si colloca alla fine della cluster, in posizione
marginale.
26 Lo studio di questi reperti confluirà nell’altro volume in corso
di preparazione.
27 I risultati completi verranno presentati nel volume succes-
sivo.
28 A proposito dello scarico Gosetti si veda il testo di Buchner,
in Di Sandro 1986. Si tratta del riempimento di una frattura
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 45
della montagna, costituito da moltissima ceramica intenzionalmente
lì riversata e la cui cronologia è molto ampia.
29 Per questo motivo il catalogo delle anfore e dei bolli rispecchia
le aree di rinvenimento.
30 Una revisione del carico dei relitti Filicudi F e Secca di Capistello
è in corso presso il Museo di Lipari nell’ambito del progetto
Immensa Aequora (www.immensaaequora.org).
31 Le condizioni in cui è avvenuto lo scavo rendono inutili le
procedure di quantificazione.
32 Fienkielsztejn 2006, p. 24.
33 Fienkielsztejn 2002 e 2006, p. 28.
34 In effetti verifiche sono programmate per le anfore dei relitti
eoliani.
35 Empereur, Hesnard 1987, p. 28.
36 Per la descrizione dei bolli e le relative immagini si rimanda
ai capitoli IV e V e ai cataloghi.
37 Adamesteanu 1958, p. 307.
38 Jehasse, Jehasse 1973, pl. 143, n. 357; per il bollo pl. 170
n. 357, dalla tomba 33 datata al 300-275 a.C. (p. 38).
39 Per le immagini dei bolli e dei tipi vedere le tavole alla fine del
cap. V. Per altri bolli del tipo III, van der Mersch 1994, p. 70.
40 Will 1982, p. 342.
41 Negli esemplari bollati Γ/ΠAP corona M, superiormente è
bombato, mentre in altri casi ha un leggero avvallamento sul
lato superiore. Si veda la scheda del cap. V.
42 Si potrebbe trattare di una traccia di lavorazione o di una
indicazione numerica.
43 Per il formato piccolo si veda la figura dell’esemplare siciliano
esposto al museo di Licata, fig. VIII.6g nel cap. VIII. Anche
tra le anfore del relitto Filicudi F esistono recipienti di misure
diverse, ma sempre pertinenti al modulo più grande (per le
misure delle anfore del Filicudi F si veda anche il cap. VII.1).
44 Un intervento effettuato da Don Pietro Monti a metà degli anni
’90 per installare una vetrina nei pressi della fornace n. 5 aveva
permesso di recuperare molti frammenti di anfore greco italiche.
45 Scavi coordinati da D. Giampaola, materiale in corso di studio
da parte di L. Pugliese.
46 Del relitto si parla più diffusamente nel cap. VII.
47 Si discosta leggermente da questi esemplari l’anfora con
bollo XAPI (17635, alta 70 cm e dal collo lungo 14 cm).
48 Jehasse, Jehasse 1973, p. 38.
49 Per la descrizione dei bolli e le relative immagini si rimanda
al capitoli IV e V e ai cataloghi.
50 Jehasse, Jehasse 1973, tav. 142 n. 1322, tomba 70.
51 Materiali visionati direttamente grazie alla cortesia di L.
Pugliese (per concessione di D. Giampaola); Febbraro, Giampaola,
Atlante c.s.
52 Olcese 2007, pp. 66-67; cap. VII in questo stesso volume.
53 Devo l’informazione a L. Pugliese; Febbraro, Giampaola,
Atlante c.s.
54 Si veda la nota precedente.
55 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s. da un contesto di inizi III
secolo a.C.
56 Olcese 2007, p. 65; cap. VII in questo stesso volume.
57 A Gela è attestato un bollo ZΩ su ansa (Adamesteanu, Orlandini
1956, p. 348 n. 2); su di un frammento di anfora tipo IV
è attestato un bollo che è simile a ZΩ ma l’omega ha un punto
centrale, come fosse una Θ, S. Giunta in corso di studio (si
veda anche il cap. VIII, p. 289).
58 Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 356 n. 5 (anfora tipo B),
visionato direttamente; S. Giunta in corso di studio (si veda
anche il cap. VIII, p. 289).
59 De Miro, Fiorentini 1977, p. 42 fig. 57 (tomba 5, anfora
n. 56).
60 Barra Bagnasco 1989, p. 95 n. 24, tav. XXXVII n. 24.
61 Olcese 2007, p. 65; cap. VII, in questo stesso volume.
62 Pepoli 1885, tav. V n. 9.
estratto

46 c a p i to l o iii
63 Olcese, in corso di studio (si veda anche il cap. VII in questo
stesso volume).
64 S. Giunta, in corso di studio (si veda anche il cap. VIII, p.
289); il bollo ΠΟΣΕΙ è attestato anche a Selinunte, Salinas
1884, p. 329.
65 S. Giunta, in corso di studio (si veda anche il cap. VIII, p.
289).
66 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s., 10 frammenti da un contesto
di fine IV/inizi III secolo a.C.
67 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s. Si tratta di ca. 30 esemplari
da contesti di fine IV/inizi III secolo a.C.
68 Olcese 2007, p. 68.
69 Adamesteanu 1958, p. 308. Si veda anche il testo di
S. Giunta, p. 289.
70 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
71 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s., per gli autori è incerto se
si tratti di un tipo IV, da un contesto di inizi III secolo a.C.
72 Campagna 2000, p. 455 n. 73. È incerto se sia un tipo IV
o V.
73 È incerto se appartenga al tipo III o IV o a una forma inter-
media.
74 Visionato direttamente nel Museo di Camarina (CAM
26.10.87). È incerto se si tratti di un’anfora di tipo IV o V.
75 Visionati direttamente ai magazzini di Eraclea (AGS 3881).
È incerto se si tratti di un’anfora di tipo IV o IV/V.
76 Jannoray 1955, p. 327, n. inv. 1952.345, silos 3, ENS 13.
77 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s., per gli Autori è incerto se
si tratti di un tipo IV, da un contesto di fine IV inizi III secolo a.C.
78 Wolff 1986 a, p. 148 fig. 9.
79 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s., per gli Autori è incerto se
si tratti di un tipo IV, da un contesto di fine IV inizi III.
80 Per le immagini dei bolli e dei tipi vedere le tavole alla fine
del cap. V.
81 Lo scopo del paragrafo non è quello di riportare tutti i confronti
bensì di considerare i siti in cui sono stati effettuati i
controlli nell’ambito di questo progetto. Figure e fotografie dei
materiali citati sono raccolte nei cap. VII e VIII e nelle tavv.
11-12.
82 Ho potuto vedere le anfore degli scavi napoletani grazie
alla cortesia delle colleghe Giampaola, Febbraro e Pugliese.
83 Si tratta di un’anfora recuperata casualmente, conservata
nei magazzini del Museo di Paestum, bollata con un bollo non
ben leggibile (si veda la fig. VIII.10a, nel cap. VIII).
84 Si veda il cap. VII.1.
85 Campagna 2000, p. 450, tombe 2538 e 2442 (350-325
a.C.).
86 Adamesteanu, Orlandini 1956 e 1960; i materiali di Gela
sono in corso di revisione a cura di Stefania Giunta per una
tesi di dottorato, si veda oltre in questo stesso volume (cap.
VIII).
87 Pelagatti 1984-85, pp. 687-692; ulteriori verifiche, mirate a
indagare gli impasti e a studiare i bolli, sono state effettuate al
Museo di Camarina.
88 Le anfore sono attribuite, probabilmente erroneamente, al
tipo VI da van der Mersch (van der Mersch 1994, p. 82). Per le
poche analisi effettuate a Camarina, si veda il cap. VIII.
89 Bisi 1969-70, p. 196, fig. 9, tav. LVI.4; Bisi 1971, tav. I, foto
n. 2 (terzo esemplare da sinistra), tav. II n. 2.
90 Di questo esemplare non si possiede il disegno ma solo
una fotografia.
91 Jannoray 1955, p. 327, silos 3, p. 12, scavi 1952, analisi
ENS 13.
92 Jehasse, Jehasse 1973, p. 366; in seguito a una visita del
Museo di Aleria ho ricevuto dal dott. Ottaviani, che ringrazio
per la disponibilità, una tabella riassuntiva dei dati sulle anfore
nella necropoli di Aleria. Da questa risulta la presenza di 16
anfore greco italiche (non viene operata una distinzione tra i
tipi) dalla necropoli T 1 / T 2, oltre alle cinque già segnalate dal-
estratto
lo Jehasse (si tratta per lo più dei tipi IV e V). Molte di queste
anfore conservano la caratteristica “ditata”.
93 I caratteri del bollo ANΔР (tav. 11a e cap. V, p. 92) sono
molto simili a quelli del bollo ANΔРΩ attestato ad Ischia su di
un’anfora di tipo V o V/VI (si veda oltre, il tipo V). Il controllo diretto
degli impasti della anfore esposte ad Aleria ha permesso
di stabilire la somiglianza con gli esemplari di Ischia e Napoli.
94 Van der Mersch 1994, p. 76. Per gli esemplari della Secca
di Capistello si veda il cap. VII in questo volume.
95 Will 1982, p. 342.
96 La provenienza non è purtroppo indicata ma si tratta di
un’anfora rinvenuta ad Ischia (comunicazione della Dott.ssa
Gialanella).
97 Per la descrizione dei bolli e le relative immagini si rimanda
ai capitoli IV e V e ai cataloghi.
98 Tipo V o V/VI.
99 Campagna 2000, p. 455 n. 73. È incerto se sia un tipo IV o V.
100 Blanck 1978; Olcese 2007.
101 Tipo V e IV/V-V (?).
102 Tipo IV/V-V (?).
103 Blanck 1978; Olcese 2007.
104 Martín Camino 1996, p. 17.
105 S. Giunta, studio in corso (si veda anche il cap. VIII, p.
289).
106 È incerto se si tratti di tipo IV o IV/V. Visionato direttamente
nei magazzini di Eraclea (si vedano i capitoli V e VIII).
107 Blanck 1978.
108 È incerto se si tratti di tipo IV o IV/V. Visionato direttamente
nei magazzini di Eraclea (si vedano i capitoli V e VIII).
109 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s. da un contesto di inizi
III secolo a.C.
110 Campagna 2000, p. 468 n. 50.
111 Jehasse, Jehasse 1973, p. 194 n. 357.
112 Van der Mersch 1994, p. 172.
113 Campagna 2000, p. 470 n. 56.
114 Blanck 1978.
115 Anfora esposta nel Museo di Panarea; devo l’informazione
a D. Galassi che ha concluso una tesi di laurea sul relitto Roghi
di Panarea (Le Formiche).
116 Il bollo viene attribuito, probabilmente per un errore, alle
anfore tipo IV nell’elenco del van der Mersch 1994, p. 174.
117 Blanck 1978; Olcese 2007.
118 Blanck 1978; Olcese 2007.
119 Romualdi (a cura di) 1992, p. 168 n. 50 (testo p. 167
n. 5).
120 Blanck 1978.
121 Dangréaux 1993-96, tipo V o V/VI.
122 Jannoray 1955, p. 327.
123 Martín Camino 1996, pp. 15 e seguenti; Marquez Villora,
Molina Vidal 2005, p. 336; il bollo è attribuito dagli Autori al tipo
V sulla base del confronto con il materiale della Secca di Capistello,
in quanto a Cartagena è conservata solo l’ansa.
124 Visionato direttamente nel Museo di Camarina (CAM
26.10.87). È incerto se si tratti di un’anfora di tipo IV o V.
125 Tipo V o V/VI.
126 Bisi 1969-70, p. 208, 18; Di Vita 1969-70, p. 230.
127 Martín Camino 1996, p. 37; Marquez Villora, Molina Vidal
2005, p. 336.
128 Van der Mersch 1994, p. 171.
129 Riis (a cura di) 1979, p. 56.
130 Campagna 2000, p. 468 n. 52.
131 Visionato direttamente nei magazzini di Eraclea.
132 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s., un bollo e due punzoni
da un contesto di seconda metà III secolo a.C.
133 Bargagliotti et al. 1997; Cibecchini 2002.
134 Campagna 2000, p. 470 n. 55.
135 Bollo visionato direttamente.
136 Dangréaux 1993-96.

137 Per le immagini dei bolli e dei tipi vedere le tavole alla fine
del cap. V.
138 Le analisi sulle anfore di Bon Capò, i cui risultati sono in
corso di elaborazione, sono state possibili grazie alla collaborazione
di D. Asensio; quelle della Tour Fondue grazie a B.
Dangréaux.
139 Olcese, Thierrin Michael 2009; si veda anche il testo di I.
Iliopoulos in questo volume, cap. VI.
140 Figure e fotografie dei materiali citati sono raccolte nelle
tavole dei cap. VII e VIII e nella tavv. 13-14.
141 Gailledrat et al. 2008. Uno studio completo sulle anfore di
Pech Maho, mirato a distinguere quali siano da attribuire all’inizio
del III secolo a.C. e quali invece all’epoca della distruzione,
non è stato ancora effettuato.
142 Karthago III, p. 124, Abb. 17 n. 24.
143 Colonna Di Paolo, Colonna 1978, tomba PA 65, datata alla
seconda metà del III secolo a.C., tav. CCCXCIX, 2.
144 Materiale della necropoli esposto nel Museo di Vulci e conservato
nel magazzino.
145 Romualdi (a cura di) 1992, p. 168, nn. 50, 51, 52.
146 Incitti 1986, pp. 195-198, che ipotizza trattarsi di un relitto;
Parker 1992, p. 284.
147 Dati inediti, in corso di studio archeometrico da parte di I.
Iliopoulos nell’ambito del progetto Immensa Aequora.
148 Casale Bernocchi CB 53, inedito.
149 Proprietà Schiappa, Lonardo, Atlante c.s.
150 Necropoli di Piscinola (Sessa Aurunca), fine IV/inizi III secolo
a.C. Ringrazio le dott.sse Ruggi e De Filippis che mi hanno
mostrato il materiale di questa interessantissima necropoli
in corso di studio.
151 Capua-Curti, Albergo degli Anziani, dati inediti.
152 Per la bibliografia si veda oltre, nel cap. VII.
153 Per questo relitto si veda il cap. VII.
154 Frost et al. 1981; non è chiaro se si tratti del relitto di una
nave, forse da guerra, o di una frequentazione. Sull’anfora è
impresso un bollo in latino, si veda oltre il cap. VII.3.1.
155 Veny, Cerdà 1972, p. 312 fig. 4. Per il relitto sono state
proposte diverse datazioni, vedere la tabella nel par. III.6.
156 Il Maggiani data il relitto intorno o poco prima della metà del
III secolo a.C. (Maggiani 1982, p. 66). La Corsi propende invece
per gli inizi del III secolo a.C. (Corsi 1998), datazione non condivisa
dalla Cibecchini (Cibecchini 2002, p. 214 nota 21).
157 Per notizie più approfondite sulla circolazione, si veda il
cap. VII.
158 Van der Mersch 1994, p. 79.
159 In particolare il campione è un “loner” ma vicino al gruppo
II di Iliopoulos.
160 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s. Il bollo su sostegno, attualmente
inedito, mi è stato mostrato dalle colleghe Febbraro
e Pugliese.
161 Analisi mineralogiche in corso di studio.
162 Ringrazio la dott.ssa V. Sampaolo per avermi consentito di
prendere visioni di alcuni materiali dal territorio di Capua.
163 Lonardo, Atlante c.s. Per ulteriori analisi su Dressel 1 da
Mondragone, progetto Immensa Aequora e Thierrin Michael
1992.
164 Olcese, Thierrin Michael 2009.
165 Lettura dei dati di I. Iliopoulos nell’ambito del progetto Immensa
Aequora.
166 Pithekoussai I, tomba 31 (tav. 38).
167 Pithekoussai I, tomba 124 (tav. 38).
168 Febbraro et al. c.s. a; Febbraro in Febbraro et al. c.s. b.
169 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
170 La datazione è quella proposta in Febbraro, Giampaola
2009 e non corrisponde a quella da me segnalata erroneamente
in Olcese 2007.
estratto
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 47
171 Bargagliotti, Cibecchini 1998; Cibecchini 2002; Cibecchini
2007. Un bollo ΣIM è attestato anche tra anfore di Corcyra,
Calvet 1972, fig. 111 n. 103.
172 Studi in corso nell’ambito del progetto Immensa Aequora;
si veda a questo proposito il testo di I.Iliopoulos in questo volume
(cap. VI).
173 Per la descrizione dei bolli e le relative immagini si rimanda
ai capitoli IV e V e ai cataloghi.
174 Dalla tomba 124 della necropoli di San Montano, Pi-
thekoussai I.
175 Febbraro, Giampaola, Atlante, c.s.
176 Tomba 31 della necropoli di San Montano, Pithekoussai I.
177 Van der Mersch 1994, p. 176.
178 Cat. IIIA.2 (= IIIB.3), IS4.
179 Da Ischia SG 292, gruppo mineralogico IIIc e IS4 gruppo
mineralogico IIc; da Napoli (ACKΛHΠI) gruppo mineralogico
IIa; è stato analizzato anche un campione da Ensérune (ENS
15) ma solo chimicamente (insieme chimico F).
180 Si veda il testo di I. Iliopoulos (cap. VI).
181 Gruppo IV di Iliopoulos.
182 Si tratta del pezzo SR 170/247201 (cat. I B.21 = I A.10).
183 Si tratta del bollo M 155/247187 (ΔAMA) (cat. I B.69).
184 SR 170/247201 (ISC 644) (cat. I B.21 = I A.10).
185 247297 (ISC 637), tipo IV (cat. I B.213 = I A.12).
186 Garlan c.s., p. 7.
187 SR 191 (cat. I B.3).
188 A 46 LT di scarico Gosetti (cat. II B.11).
189 SR1801 (cat. I B.44)
190 ISC 733, 737, 730 (247192 APIΣTOK, ISC 621 ΞEN TPE
dal forno 5).
191 Diverso è, ad esempio, il punzone in argilla ritrovato a
Napoli negli scavi della Metropolitana, in corso di studio da
S. Febbraro, Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
192 Per le scoperte di Napoli, Giampaola 2006; Giampaola,
Carsana 2007; Febbraro et al. c.s. b; Febbraro, Giampaola
2009; Febbraro, Giampaola, Atlante c.s. Lo studio sulle anfore
è in corso da parte di L. Pugliese.
193 In corso di studio da parte di L. Pugliese. Non è certo se si
tratti di materiali di produzione locale.
194 Febbraro, Giampaola, Atlante, c.s.
195 Carsana 2004; Carsana et al. 2007.
196 Laforgia 1997; Soricelli et al. 1994.
197 Buchner, Rittmann 1948, p. 45.
198 Febbraro, Giampaola 2009.
199 Si tratta del campione 247204 (cat. I B.49).
200 Non è attualmente possibile escludere che argille di altre
zone di Ischia abbiano tali caratteristiche.
201 Lepore 1952; Lepore in Storia di Napoli I (con bibliografia
precedente). M. Crawford ritiene invece che nel periodo in questione
Ischia dipendesse da Cuma e facesse parte dell’ager
publicus (comunicazione personale; si veda il cap. I nota 28).
202 Analogamente alla situazione decritta nella Grecia di età
ellenistica (Garlan 2000, pp. 76-78; Finkielsztejn 2006, p. 28).
203 Göransson 2007, pp. 133-134: secondo l’Autore, allo stesso
modo, sono vicine nel tempo le produzioni medio-tarde del
tipo V e le prime tipo VI.
204 Bisi 1969-70 e 1971.
205 Anche sul relitto Filicudi F, associata ad anfore di tipo IV,
è documentata un’anfora “punica” a siluro che compare anche
nelle tombe di Mellita.
206 La ceramica a vernice nera è rappresentata da una coppa
a orlo rientrante e decorazione a fascia, simile ad alcuni esemplari
rinvenuti ad Ischia (Bisi 1969-70, fig. 16 n. 10).
207 Anfore “corinzie” sono state prodotte anche a Corcyra,
come hanno dimostrato gli studi di D. Kourkoumelis (Kourkoumelis
1997 e Colloque Athènes 2010) e anche gli studi archeometrici,
che ridimensionerebbero la produzione di Corinto;

48 c a p i to l o iii
Whitbread 1995, pp. 278-285, 344-346. Per le anfore corinzie,
Koehler 1979, pp. 39-40.
208 Bisi 1971, p. 26; Göransson 2007, p. 128.
209 Göransson 2007, p. 128 e nota 282.
210 Aleria n. 1322, tomba 70 - n. 357; Jehasse, Jehasse 1973,
pl. 142, n. 1322, pl. 143.
211 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
212 IS 3, loner, vicino al gruppo II (testo Iliopoulos, cap. VI).
213 Bisi 1969-70, p. 208 n. 18.
214 Göransson 2007, p. 226.
215 De Miro, Fiorentini 1977, tomba 5 a; in questo caso l’anfora
è bollata ΛEΠTINA, un bollo che compare anche su una
anfora tipo IV di Gela, con impasto simile a quello delle anfore
di Ischia.
216 Dati inediti dal progetto in corso (Immensa Aequora).
217 Göransson 2007, p. 226.
218 Si veda la nota 150.
219 Febbraro, Giampaola 2009; Febbraro, Giampaola, Atlante,
c.s.; Febbraro et al. c.s. b.
220 Febbraro Giampaola, Atlante c.s.; Febbraro et al. c.s.b.
221 Per Gela si veda l’approfondimento di S. Giunta nel cap.
VIII, pp. 288-289.
222 Adamesteanu 1958.
223 Adamesteanu 1958.
224 Tali affinità erano già emerse durante le prime fasi del progetto
sui materiali di Santa Restituta, per una prima notizia,
Olcese 2004.
225 Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 348, n. 3.
226 Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 361, fig. 5.
227 S. Giunta, tesi di dottorato.
228 Adamesteanu 1958.
229 Campagna 2000, p. 450, tombe 2538 e 2442 (350-325
a.C.).
230 Grace 1963, p. 327; Grace 1974, p. 197.
231 Görannson 2007, p. 134.
232 Grace 1963, Grace 1974; Görannson 2007, pp. 133-134.
L’anfora di Koroni era stata in un primo momento datata intorno
al 300; in seguito alla revisione della cronologia dei bolli rodii,
la Grace ha abbassato la data delle anfore rodie di Koroni
intorno al 270 a.C. G. Finkielsztejn ha ulteriormente abbassato
tale datazione al 267-265 a.C. e, di conseguenza, secondo
Görannson anche le MGS V di Koroni hanno probabilmente la
stessa cronologia.
233 Si veda il cap. VIII, par. VIII.4.
234 Ramon Torres 1995, T-6.1.1.1, datata alla fine del IV - prima
metà del III secolo a.C. in base al resto del carico.
235 Pontrandolfo 2000; per Fratte, Serritella et al. 2009, p. 111
fig. 18.
236 Benassai 2004, p. 204, tombe 1, 7, 39.
237 Ramon Torres 1995, p. 134; in realtà la Pallarés che sta
riesaminando i dati di scavo del Filicudi F ritiene che, per la
posizione, l’anfora facesse parte del carico (Pallarès, volume
sul Filicudi F, in corso di preparazione con chi scrive).
238 Blanck 1978.
239 Van der Mersch 1994, pp. 76 e seguenti.
240 Van der Mersch 1994, pp. 76-80, l’Autore riporta alcune
attestazioni datanti del tipo V, ad esempio la fattoria di Montegiordano
che fu abbandonata tra il 280 e il 270 a.C., Cozzo
Presepe, sito abbandonato nel 270 a.C. (van der Mersch
1994, p. 211 nota 194), Poggio Marcato di Agnone nei pressi di
Licata, insediamento abbandonato nei primi anni del III secolo
a.C. (Barra Bagnasco 1989, p. 95), Lilibeo (Bechtold 1999, p.
159 nota 19).
241 Vanderpool et al. 1962, p. 38 n. 44.
242 Si deve a G. Finkielsztejn l’abbassamento della cronologia
delle anfore rodie di Koroni e, di conseguenza, anche delle
greco italiche trovate nello stesso sito, Finkielszstejn 2001, p.
184; Göransson 2007, p. 134.
estratto
243 Si veda il paragrafo precedente e la nota 231.
244 Jehasse, Jehasse 1973, pl. 143 n. 357, dalla tomba 33,
bollata NIΩ + anfora, datata tra il 325 e il 275.
245 Malnati, Stoppioni (a cura di) 2008.
246 Van der Mersch 2001, p. 173; Campagna 2000, pp. 450
e seguenti.
247 Cibecchini 2004 e 2007. In particolare nel testo del 2007 F.
Cibecchini giudica inopportuno il rialzamento della cronologia
del relitto della Meloria operato dal van der Mersch (Cibecchini
2007, p. 52).
248 Il relitto di Bon Capò è stato pubblicato da D. Asensio
(Asensio i Vilaro, Martin i Menéndez 1998). La datazione del
relitto è avvenuta in base alle anfore datate per analogia a
quelle della Meloria (Asensio, comunicazione personale).
249 Per il Cabrera 2 Veny, Cerdà 1972 sembrano propendere
per una imbarcazione che trasportava i prodotti di una sola regione
e datata tra il IV e il III secolo a.C. (p. 322); tale datazione
sarebbe confortata da quella della vernice nera e dalla presenza
di un louterion; Parker (Parker 1992, p. 80) data il relitto al periodo
250-225 a.C. Lo stesso relitto è datato dalla Cibecchini al
225-210 a.C. (Cibecchini 2007, p. 53), senza precisazioni sulla
motivazione dell’abbassamento della data ma probabilmente
per quanto esposto a proposito del Montecristo, si veda il paragrafo
III.6.
250 Lattara 6, pp. 46 e seguenti; Lattara 14, pp. 45 e seguenti.
251 Lattara 14, pp. 45-70; Campagna 2000, p. 451; Cibecchini
2004, p. 63.
252 Bargagliotti et al. 1997, p. 46; Cibecchini 2004, p. 59.
253 Cibecchini 2004 e 2007.
254 Cibecchini 2007, p. 53.
255 Mi riferisco al relitto di Montecristo, ad esempio.
256 Ad Aleria, ad esempio, alla fine del IV secolo a.C. (Jehasse,
Jehasse 2001, n. 2489, pl. 51 e 52, testo p. 120), dalla tomba
122 A, verso il 325 a.C. “imitation attique, fréquente en Sicile”;
o ancora Jehasse, Jehasse 1973, T. 83 p. 399 (375-340 a.C.),
T. 99 n. 2142 (375-340 a.C.). Oppure ancora a Leptis Magna
(De Miro, Fiorentini 1977, fig. 94 nn. XII e XIII), oppure a Olbia
di Provenza dove sono considerate derivazione di modelli attici
di IV secolo e datate genericamente al III secolo a.C. (Bats
(a cura di) 1988, pp. 104-105). Ulteriori attestazioni di kylikes
simili ma con tutta probabilità ancora più antiche, si hanno in
Campania, a titolo di esempio a Fratte, dove sono considerate
tipiche della zona di Poseidonia (Serritella et al. 2009, p. 110).
Le altre forme della ceramica a vernice nera del relitto della
Meloria corrispondono almeno in parte ai tipi presenti anche
sulla Secca di Capistello (Coppa Blanck 8/Morel 2643; Blanck
5/Morel 2771; piatto da pesce Lamboglia 23; coppa Lamboglia
27 a/b).
257 Bargagliotti et al. 1997, p. 48 nota 20.
258 Anche la datazione di altri relitti, come ad esempio quella del
Bon Capò, è stata fissata in base alla datazione del relitto della
Meloria e del suo carico (Asensio, comunicazione personale).
259 Long 2004, p. 146 con bibliografia precedente.
260 Datazione compresa tra la fine del IV e gli inizi del III secolo
a.C. (tomba 2553) e della prima metà del III secolo a.C.
(tombe 2447, 2531, 2617, 2444, 2431, 2599, 2622, 2630).
261 Campagna 2000, p. 469 fig. 2 b-e.
262 Cibecchini 2007.
263 Le possibili implicazioni dell’accettazione di questa cronologia
sulla datazione di alcuni siti di terra (ad esempio di
alcuni oppida del sud della Francia, come Pech Maho) non
sono attualmente precisabili; l’argomento meriterebbe approfondimenti
ulteriori che tengano conto anche dei dati di scavo,
vecchi e nuovi. Uno studio completo delle anfore di Pech
Maho, mirato a distinguere quali siano i contenitori da attribuire
all’inizio del III secolo a.C. e quali invece all’epoca della distruzione,
non è stato ancora effettuato (per il sito, si veda da
ultimo Gailledrat et al. 2008).

Tav. 1
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 49
1. cat. I A.1 2. cat. I A.2
3. cat. I A.3 4. cat. I A.4
5. cat. I A.5 6. cat. I A.7
7. cat. I A.8 8. cat. I A.10
Tav. 1: Anfore greco italiche di Ischia (disegni scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo III i nn. 1-5, al tipo III/IV i nn. 6-8.
estratto

50 c a p i to l o iii
Tav. 2
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici
9. cat. II A.1 10. cat. II A.7
11. cat. I A.11 12. cat. II A.3
estratto
Tav. 2: Anfore greco italiche di Ischia (disegni scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo III/IV i nn. 9-10, al tipo IV i nn. 11-
12.

Tav. 3
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 51
13. cat. I A.19 14. cat. II A.4
15. cat. I A.12 16. cat. I A.13
17. cat. I A.14 18. cat. I A.15
Tav. 3: Anfore greco italiche di Ischia (disegni: scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo IV i nn. 13-18.
estratto

52 c a p i to l o iii
Tav. 4
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici
19. cat. I A.16 20. cat. I A.17
21. cat. I A.18 22. cat. I A.24
23. cat. II A.5 24. cat. I A.22
Tav. 4: Anfore greco italiche di Ischia (disegni: scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo IV i nn. 19-24.
estratto

Tav. 5
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 53
25. cat. II A.8 26. cat. II A.9
27. cat. II A.11 28. cat. II A.12
estratto
Tav. 5: Anfore greco italiche di Ischia (disegni: scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo IV/V i nn. 25-26, al tipo IV/V- V
(?) i nn. 27-28.

54 c a p i to l o iii
Tav. 6
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici
29. cat. II A.13 30. cat. II A.14
31. cat. I A.27
32. cat. I A.29 33. cat. I A.28
Tav. 6: Anfore greco italiche di Ischia (disegni scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo V i nn. 29-33.
estratto

Tav. 7
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 55
34. cat. II A.18 35. cat. III A.1
36. cat. II A.16 37. cat. II A.17
38. cat. I A.34 39. cat. I A.35
estratto
Tav. 7: Anfore greco italiche di Ischia (disegni interi: scala 1:8; colli: scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo V o V/VI i
nn. 34-37, al tipo V/VI-VI i nn. 38-39.

56 c a p i to l o iii
Tav.8
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici
40. cat. I A.36 41. cat. I A.37
42. cat. I A.38 43. cat. II A.21
44. cat. I A.39 45. cat. II A.20
estratto
Tav. 8: Anfore greco italiche di Ischia (disegni: scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo V/VI-VI i nn. 40-43, al tipo VI i nn.
44-45.

Tav. 9
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 57
46. cat. III A.6 47. cat. III A.5 (disegno da Pithekoussai I, tav. XXXVIII, 31)
48. cat. III A.4
(da Pithekoussai I, tav. CXVII, 66)
49. cat. I A.40
estratto
Tav. 9: Anfore greco italiche di Ischia (disegni interi: scala 1:8; colli: scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo VI i nn. 46-
49.

58 c a p i to l o iii
Tav. 10
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici
50. cat. III A.3 51. cat. II A.22
52. cat. III A.2 (disegno da Pithekoussai I, tav. XXXVIII, 124)
53. cat. I A.41
Tav. 10: Anfore greco italiche di Ischia (disegni: scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo VI i nn. 50-53.
estratto

Tav. 10bis
Anfore greco italiche dai siti della campania: impasti
Tav. 10bis: Impasti di anfore greco italiche della Campania a confronto.
estratto
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 59

60 c a p i to l o iii
Tav. 11
TIpO IV TIpO IV TIpO IV
ì
a. ANΔP (Aleria-1322) b. ΛEΠTINA (Gela) c. ZΩ (Filicudi F - 17621 - F 20)
d. ΓAP_corona_M (Filicudi F - 11022) e. MEΓ (Filicudi F - 17638 - F 120) f. XAPI (Filicudi F - 17635 - F 11)
Tav. 11: Anfore greco italiche tipo IV di alcuni siti a confronto (disegni anfore: scala 1:10).
estratto

Tav. 12
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 61
TIpO IV TIpO IV TIpO IV
g. XAPMHΣ (Gela - Manfria - MNF 1) h. ΓAP_corona_M (Ischia - II A.3 = II B.18) i. [ ]Σ (Ischia - I A.19 = I B.235)
l. ΞEN (Ischia - I. A.11: anfora, I B.155:
bollo)
o. TINΘ (Ischia - I A.13 = I B.210) p. EΛ (Ischia - I A.14: anfora, I. B.79:
bollo)
m. ΠAP (Ischia - I A.15 = I B.172) n. ΓΛΑΥK (Ischia - I A.16 = I B.64)
Tav. 12: Anfore greco italiche tipo IV di Ischia e altri siti a confronto (disegni: scala 1:6).
q. TINΘ (Ischia - I A.12: anfora; I B.212:
bollo)
estratto

62 c a p i to l o iii
Tav. 13
TIpO V o V/VI TIpO V TIpO V
a. ANΔPΩ (Ischia: III A.1=III B.1) b. V·BI (Pech-Maho) c. ΣIMI (Meloria A)
TIpO V TIpO V TIpO V
d. BIΩ (Secca di Capistello: 12846) e. EYΞENO (Secca di Capistello: 11028) f. ΠIΣT (Secca di Capistello: 12839)
Tav. 13: Anfore greco italiche tipo V e V/VI di Ischia e altri siti a confronto (disegni anfore: scala 1:10) (c. da Cibecchini 2007).
estratto

Tav. 14
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 63
TIpO V TIpO V TIpO V
g. ΔIΩN (Gela - GL 1) h. Priva di bollo (Piscinola - 318154) i. Priva di bollo (Montecristo A)
TIpO V TIpO V/VI TIpO V o V/VI
l. ΣIMIA (Meloria) m. ANΔ[ ]Ω (Mellita) n. XAPM (Tour Fondue)
TIpO IV/V - V (?) TIpO V TIpO IV/V - V (?)
o. [ ]ONY (Ischia: II A.12=II B.24) p. ΣATYPOY (o ΣATYP•V ?) (Ischia: II
A.13=II B.52)
q. ΔI (Ischia:I I A.11=II B.22)
estratto
Tav. 14: Anfore greco italiche tipo V e V/VI di Ischia e altri siti a confronto (disegni interi: scala 1:10; colli: scala 1:6) (g. da S.Giunta
tesi di dottorato; i. da Corsi 1998; l. da Bargagliotti et al. 1997; m. da Bisi 1969-70; n. da Dangréaux in DRASM 1994).

Bolli ZΩ e ZOIΛ a Ischia e altri siti.
estratto

estratto
CAPITOLO V
I nomi attestati sui bolli delle anfore greco italiche di Ischia e del Golfo di Napoli:
confronti nel Mediterraneo occidentale e dati di laboratorio
Il capitolo propone una interpretazione dei dati del catalogo e riunisce le informazioni a disposizione su alcuni bolli
rivenuti a Ischia e documentati anche in altre aree; è il risultato di numerose ricognizioni effettuate nei magazzini della
Sicilia e di qualche sito del Mediterraneo occidentale.
Le schede dei bolli sono state realizzate in base al controllo diretto della gran parte dei reperti che, in alcuni casi,
sono stati sottoposti anche ad analisi di laboratorio (chimica e/o mineralogica) per verificarne l’eventuale appartenenza
alla produzione Ischia/Golfo di Napoli.
Il capitolo non comprende pertanto tutti i bolli rinvenuti a Ischia elencati nel catalogo alla fine del volume, bensì solo
quelli più attestati oppure quelli di cui è stato possibile seguire la circolazione oppure ancora quelli che, per caratteristiche
peculiari, meritavano di essere discussi singolarmente. Anche per i bolli prescelti, i confronti non sono certamente
completi; la priorità di presentazione è stata data al materiale oggetto di confronto diretto.
Per l’elenco di tutti i bolli rinvenuti a Lacco Ameno, si vedano invece i cataloghi a conclusione del volume.
Il raggruppamento di alcuni bolli viene presentato come proposta; allo stesso modo le carte di distribuzione sono da
considerare preliminari e passibili di modifiche, anche a breve termine.
L’indagine effettuata ha permesso di individuare alcuni bolli che, pur non essendo attestati a Ischia/Napoli, potrebbero
essere originari di Napoli/Ischia o di centri di produzione del Golfo o, più in generale, della Campania.
Ad una introduzione generale sul bollo fanno seguito i dati sulla Tipologia delle anfore, che documentano su quali
tipi di anfore è attestato quel bollo.
La voce Analisi raccoglie i dati delle analisi chimiche e mineralogiche effettuate sul materiale di Ischia ma anche su
quello di confronto.
Completa la scheda del bollo la tabella dei pezzi considerati con le fotografie ed, eventualmente, i disegni. La precedenza
viene data ai reperti di Ischia; seguono quelli di Napoli e di altre località del Mediterraneo.
Le carte di distribuzione sono in scala 1:200, 1:500, 1:800 e 1:1000 e sono a cura di G. Murro. Se il bollo è attestato
a Ischia, compare sulla carta ma non nella legenda.
Le tavole 15-21 hanno come fine di consentire il collegamento tra i bolli e le anfore su cui i bolli sono apposti, provenienti
da località diverse.
La tabella V.I è un riepilogo dell’attestazione dei bolli su greco italiche in alcuni siti e relitti.
Per le abbreviazioni e le convenzioni grafiche si rimanda al testo dell’introduzione ai cataloghi, a p. 312.

92 c a p i to l o v
ANΔP, ANΔPΩ, ANΔPΩNOΣ
I bolli ANΔP ANΔPΩ, a cui si potrebbe forse aggiungere un bollo ANΔ attestato a Solunto 1, documentati in siti differenti
e su supporti di tipo diverso, sono probabilmente riportabili ad un medesimo nome (Ἄνδρων ?). È possibile
pensare ad omonimie ma la somiglianza di impasto e delle lettere delle matrici lascia ipotizzare che si tratti - almeno
per quanto riguarda le anfore più antiche bollate ANΔP e ANΔPΩ - della stessa produzione o di produzioni di una
stessa area. Nell’incertezza, i bolli vengono trattati separatamente nelle tabelle che seguono.
Nel bollo di Selinunte dopo la P sembrano esserci i segni ++, da leggere in realtà come Ω (ANΔPΩ) 2.
Il bollo ANΔPΩNOΣ è collegabile all’anfora greco italica più recente.
Tipologia delle anfore: tipo V o V/VI (Ischia, bollo ANΔPΩ, e a Mellita - Sabratha); tipo IV (Aleria, bollo ANΔP 3,
Napoli (?), bollo ANΔPΩ) (tav. 15).
Analisi: l’analisi mineralogica consente di attribuire al gruppo II l’anfora tipo V-V/VI rinvenuta a Ischia (il campione
è “loner” ma vicino al gruppo II). L’anfora di Selinunte, di cui è conservata solo l’ansa e la cui tipologia non è però
ricostruibile, appartiene al gruppo mineralogico IIIa (?).
Il bollo ANΔPΩNOΣ ha una composizione mineralogica simile a quella degli altri bolli analizzati (gruppo mineralogico IIb).
ANΔP
Località
Aleria, Tomba 70
ANΔP
Retrogrado
Tipo IV
Selinunte
1322
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
ANΔPΩ SL 13921 ISC 782
Insieme E
ANΔPΩ
Analisi
mineral.
SL 13921
Gr. IIIa (?)
Immagine
1322
SL 13921
Il bollo ANΔPΩ è apposto a Ischia su di un tipo V-V/VI e a Napoli su di un’anfora probabilmente di tipo IV, da un contesto
degli inizi del III secolo a.C., oltre che su di un sostegno forse utilizzato nell’ambito della cottura del materiale
ceramico 4. Lo stesso bollo è attestato su di un’anfora a Taranto 5.
Il bollo ANΔPΩ (IS 3) da Ischia è vicino al gruppo mineralogico II.
Località
Ischia (depositi di Mezzavia)
ANΔPΩ
Tipo V o V/VI
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
III B.1 (= III A.1) (s.n. inv.) IS 3
Loner (?)
vicino al
gr. II
Immagine
III B.1
estratto

Napoli - scavi metropolitana
ANΔPΩ
su anfora (tipo IV?) e su laterizio/sostegno
Camarina
ANΔ[ ]Ω
Retrogrado
Mellita (Sabratha)
ANΔ[ ]Ω
Retrogrado
Tipo V/VI
ANΔPΩNOΣ
CAM 14.4.84
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 93
Do c u m e n tat o a:
CAM 14.4.84
(da Bisi 1969-70)
– Napoli, su anfora e su sostegno (ANΔΡΩ, Febbraro,
Giampaola, Atlante c.s.);
– Taranto (ANΔPΩ, Viola 1885, p. 277 n. 147);
– Solunto (ANΔP, Museo; Garozzo 2003, p. 567);
– Erice (ANΔ e ΑΔΩΝΟ - ?, Pellegrini 1887, p. 272, nn.
564-ΑΔΩΝΟ-, 568-ANΔ- forse lettura errata);
– Selinunte (ANΔPΩ, visionato direttamente);
– Camarina (ANΔ[ ]Ω, Museo di Camarina, dalla Stoà
ovest, 14-4-84);
– Aleria (ANΔP, su anfora tipo IV, Jehasse, Jehasse
1973, tav. 142, n. 1322);
– Pech Maho (ANΔPΩ, retrogrado vetrina del Museo e
Museo, Amphores romaines et histoire économique,
p. 65, nota 89);
– Cartagine (ANΔP, Wolff 1986 a);
– Mellita (Sabratha, ANΔ[ ]Ω, su tipo V/VI - Bisi 1969-
70, p. 208, 18 e nello stesso testo, Di Vita 1969-70, p.
230).
Il bollo ANΔPΩNOΣ, attestato in diverse località 6, non è documentato a Ischia; non è certo se abbia a che fare con i
bolli precedenti, dal momento che appare sul tipo più recente di greco italica, il tipo VI, a Cartagena 7; lo stesso bollo è
attestato anche su di un’ansa frammentaria da Pech Maho (esposta al Museo di Sigean) e su un’altra di Selinunte visionate
direttamente (lesemplare di Selinunte proviene dal Golfo di Napoli). Nel caso di Cartagena i tre bolli ANΔPΩNOΣ
rinvenuti appartengono a un contesto della prima metà del III secolo a.C., anteriore alle guerre puniche 8.
Località
Selinunte - acropoli
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
ANΔPΩNOΣ SL 86/14 SL 4
Gr. IIb
Immagine
SL 86/14
estratto

94 c a p i to l o v
ANT, ANTA, ANTAΛ, ANTAΛΛ
Diverse sono le matrici dei bolli ANT, ANTA, ANTAΛ(Λ) - questultimo da ricollegare forse al nome Ἄνταλλος - mentre i
precedenti potrebbero essere in latino; sono state qui riunite anche se non sono attribuibili con certezza ad uno stesso
personaggio e alla stessa produzione (e per questo mantenute distinte in paragrafi diversi).
Il nome Ἄνταλλος è molto diffuso nelle iscrizioni della Sicilia durante l’epoca ellenistica, ma anche a Velia e nel Bruttium
9.
I bolli sono spesso retrogradi, la N e la T sono legate, così come le due lambda nel bollo ANTAΛΛ.
Tipologia delle anfore: l’esemplare di Lipari con bollo ANTAΛ è un tipo IV o V 10.
Analisi: le analisi chimiche effettuate consentono di attribuire i campioni analizzati all’insieme chimico E e F.
I campioni ISC 690 (ANT) e SR 191 (ANTAΛΛ) da Santa Restituta cadono nel gruppo mineralogico IIIc.
ANT
Il monogramma ANT è retrogrado, N e T sono legate; lo stesso monogramma è noto su tegole di Entella (dati non inseriti
nella carta) e Monte Iato 11, anche se è probabile che si tratti di produzioni differenti. Il bollo è documentato su un laterizio
da Velia 12.
Non è chiaro se esistano rapporti tra questo bollo su greco italiche e il bollo ANT che compare in legatura su Dr. 1, attribuito
all’atelier di Albinia 13; sempre su Dr. 1 il bollo ANT è documentato, insieme ad ANTIO, sul relitto La Ciotat 3 14.
Il monogramma ANT è presente anche su monete bronzee napoletane del periodo 320-280 a.C., secondo la cronologia
proposta dal Sambon 15. Il bollo di Ischia in questione (ISC 690), sottoposto ad analisi, appartiene all’insieme chimico F e
al gruppo mineralogico IIIc (?).
Località
Ischia - scarico Gosetti
ANT
Retrogrado
Nr. catalogo /
Nr. inventario
II B.2 (A 31-V 5)
II B.3 (SG 285-A 32)
Analisi
chimica
ISC 690
Insieme F
Analisi
mineral.
ISC 690
Gr. IIIc (?)
Do c u m e n tat o a:
– Taranto (IG XIV, 2393, 77b);
– Reggio Calabria (IG XIV, 2393, 77d);
– Selinunte (inedito, visionato direttamente
nei magazzini);
– Licata (ANΔPO?, lectio incerta, IG XIV,
2393, 77e);
– Palazzolo Acreide (IG XIV, 2393, 77c);
– Pech Maho (visionato direttamente);
– Mas Castellar Pontós (García Sánchez
1997, p. 260);
– La Vall d’Uixó (Arasa i Gil 2001, pp.
123-124, fig. 90);
– Cartagena (Marquez Villora, Molina Vidal
2005, p. 335).
Immagine
II B.2
estratto

ANTA
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 95
Le lettere sono grandi e chiare, la N e la T sono legate, la A ha per lo più il tratto mediano diritto. L’impasto è apparentemente
simile a quello delle anfore con bollo ΓAP/ ΠAP corona M (SG 279). Bolli molto simili sono stati rinvenuti
a Lilibeo 16 e a Eraclea Minoa 17. Come per ANT, non è possibile stabilire se ci siano rapporti con il bollo ANT che
compare in legatura su Dr. 1, attribuito all’atelier di Albinia 18, oppure ancora con il bollo ANTA, sempre su Dr. 1, documentato
in Francia, a Lattes 19.
Località
Ischia - scarico Gosetti
ANTA[ ]
Retrogrado
Lilibeo - collezione Whitaker
ANTA
nr. 26
Retrogrado
Eraclea Minoa
ANTA
Retrogrado
Ampurias
ANTA
Retrogrado
*Bollo ANT
Nr. catalogo /
Nr. inventario
II B.5 (V 5 - A 33)
648
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
II B.5
(da Garozzo 2000, tav. XCIX.2)
648
(da De Miro 1958, fig. 50 n. 15)
(da García Sánchez 1999, p. 236)
Do c u m e n tat o a:
– Monte Iato (K 481 in legatura, comunicazione
di M. Palaczyk);
– Lilibeo-collezione Whitaker (Garozzo
2000, p. 569);
– Eraclea Minoa (stessa matrice di Ischia,
De Miro 1958, p. 281, n. 15);
– Lattes (Recueil des timbres II, p. 27 n.
506);
– Ensérune (Museo, inv. 1950 -350; Jannoray
1955, p. 327);
– Ampurias (anfora greco italica III/II a.C.)
(García Sánchez 1999, p. 236 nr. 30);
– Ullastret (García Sánchez 1999, p.
236);
– Cartagine (CIL VIII, 22639, 23).
estratto

96 c a p i to l o v
ANTAΛΛ
Gli esemplari con questo bollo presentano caratteri simili, con le due lambda legate in basso. Il bollo da Santa Restituta
è impresso due volte, i campioni analizzati appartengono all’insieme E (ISC 689) ed F (ENS 14) e al gruppo
mineralogico IIIc (SR 191).
Località
Ischia - S. Restituta
AN[T]AΛΛ
Retrogrado
Ischia - scarico Gosetti
ANTAΛΛ
Retrogrado
[AN]TAΛΛ
Retrogrado
Lipari - necropoli di Portinenti
ANTAΛΛ
Tipo IV o V
retrogrado
Ensérune
ANTAΛ
Retrogrado
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
I B.3 (SR 191) SR 191
Gr. IIIc
II B.4 (239123)
II B.6 (SG 283) ISC 689
Insieme E
20709/b
S.1189 ENS 14
Insieme F
Immagine
I B.3
II B.4
II B.6
20709/b
(da Campagna 2000, tav. IVb)
S.1189
estratto

AΠOΛ
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 97
Tra i materiali di Lacco sono presenti solo due bolli riportabili al nome AΠΟΛ, di cui uno frammentario.
A Napoli, dagli scavi della Metropolitana, sono stati recuperati bolli AΠΟΛΛ[ ], di cui un esemplare di scarto (provienente
da un contesto di fine II - inizi I secolo a.C.) 20. Un bollo AΠΟΛ è documentato su di una tegola di Velia 21.
Località
Ischia - S. Restituta
AΠΟ[Λ]
Retrogrado
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I B.5 (AR 180)
AΠΟΛ I B.4 (SR 190-247305-AR
179)
Napoli - scavi metropolitana
AΠΟΛΛ[ ]
(incerto se si tratti di una
Dr. 1A)
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Do c u m e n tat o a:
– Lipari-Portinenti (Campagna 2000, p.
455, nr. 73);
– Erice (Pellegrini 1887, p. 273, nn. 569,
570 - IG XIV, 2393, 78);
– Lilibeo-collezione Whitaker (interpretato
come ANTAΛΛOY in Garozzo 2000, p.
569);
– Ensérune (S 1189, 1950-350 esposto nel
Museo; Jannoray 1955, p. 327 letto forse
erroneamente ANTAX).
Immagine
I B.5
I B.4
estratto

98 c a p i to l o v
AP, APIΣ, APΣT, APIC, APICT, APICTO, APIΣTOK, APIΣTOKPATEOΣ
Sono documentate numerose abbreviazioni connesse all’aggettivo ἄριστος e a nomi composti con questo aggettivo,
da collegare forse ad un nome, Άριστοκράτης, attestato al genitivo ΆPIΣTOKPATEOΣ, una sola volta per intero, tra
i materiali di Ischia Santa Restituta 22.
I bolli di Ischia, in cartiglio rettangolare o ovale, sono impressi su anse frammentarie; in pochi casi i frammenti sono
diagnostici (riportabili ad anfore tipo III e IV).
Uno dei bolli di Ischia è probabilmente uno scarto, visto che il punzone “scivolato” è stato impresso due volte e reca
il bollo APIΣTOKP[ ]. Un altro riporta, come si è detto, il nome al genitivo in -eoς, APIΣTOKPATEOΣ (si potrebbe
trattare di dialetto ionico o dorico) 23.
Da chiarire sono i rapporti tra questi bolli (che potrebbero essere troncature di uno stesso nome) e se ci sia qualche
collegamento con i bolli ΓAIOC APICTΩN e C·ARISTO 24, documentati su anfore di tipo V e V/VI in diverse località
della Sicilia 25 e a Cartagena 26.
Un bollo ARISTOCRA [- - -] con grafia latina e con la S retrograda si ritrova ad Ampurias 27 (non inserito nella carta
essendo incerta la pertinenza al gruppo).
Su monete argentee e bronzee di Neapolis, datate tra il 340 e il 280 a.C. 28, compare la sigla AΡ.
Tipologia delle anfore: a Ischia si tratta dei tipi III (bolli APICT e APIΣTOK), III o IV (bolli APIΣTO e APIΣTOK), IV
(bollo ΑΡIΣ) e VI (bollo APICT) (tav. 15).
Analisi: cinque campioni prelevati dai bolli di Ischia, con matrici diverse, sono stati sottoposti ad analisi chimica; tutti
cadono nel gruppo D.
Le analisi mineralogiche effettuate confermano la pertinenza dei campioni con bolli ΑΡIΣTOK (SR 131 da Ischia e
EM 11 da Eraclea Minoa), ΑΡIΣTO (A 9), ΑΡICT (ISC 635), APΣT o ΑΡIΣT (SR 1641) e di quello con bollo AP (ISC
639) al gruppo mineralogico I.
AP
Il bollo AP, in monogramma entro cartiglio quadrangolare o ovale, è documentato su anfore di Santa Restituta e su un
peso da telaio proveniente dalla zona delle fornaci; è impresso inoltre su due laterizi. Proprio per questo motivo e per
le analisi di laboratorio che ne hanno confermato la produzione locale, si è deciso di non estrapolarlo dagli altri bolli a
cartiglio rettangolare.
Un bollo AP in cartiglio di forma ellittica e seguito da un caduceo è attestato a Taranto 29. La marca AP in monogramma
è documentata anche su vasi greci 30.
Le analisi permettono di attribuire ISC 639 al gruppo mineralogico I (?) e al gruppo chimico D.
Località
Ischia - S. Restituta
Nr. catalogo /
Nr. inventario
AP I B.6 (247306-AR 57)
I B.7 (247307-AR 5 bis)
I B.8 (SR 130-AR 55)
I B.9 (AR 56)
I Teg.1 (TR 8)
Analisi
chimica
ISC 639
Gr. D
Analisi
mineral.
ISC 639
Gr. I (?)
Immagine
I B.8
estratto

Località
Ischia - scarico Gosetti
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 99
Nr. catalogo /
Nr. inventario
AP II B.7 (SG 135 - A 44)
II B.8 (SG 136 - A 45)
Ischia - S. Restituta (su peso da telaio)
AP
Retrogrado
APIΣ
1534
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
Il bollo APIΣ, in cartiglio quadrangolare e con le lettere A e P in nesso e A a barra spezzata, sigma a tratti divaricati,
anche retrogrado, è documentato su diversi bolli di Santa Restituta.
Un bollo APIΣ è presente su un’ansa di Monte Sant’Angelo di Licata, anche se la matrice è diversa da quella di
Ischia (le lettere A e P non sono in nesso). Una tegola da Velia reca il bollo API 31, frammentario, attestato anche su
di un’ansa di anfora da Taranto 32.
Località
Ischia - S. Restituta
APIΣ
Retrogrado
Ischia - scarico Gosetti
APIΣ
Retrogrado
Tipo IV
Esposto al museo di Villa
Arbusto
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I B.10 (M 153 - AR 88)
I B.11 (SR 171)
I B.12 (SR 171 - AR 29 bis)
II B.10 (= II A.5) (SG 280 -
A 49-239124)
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
II B.7
1534
Immagine
I B.11
II B.10
estratto

100 c a p i to l o v
Località
Licata - Monte S. Angelo
APIΣ s.n. inv.
APΣT (o APIΣT)
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
Ad Ischia il bollo APΣT, con sigma a tratti esterni divaricati, è documentato in monogramma e cartiglio ovale. Su una
tegola da Napoli è attestato il bollo ΑRIST in latino seguito dal simbolo della corona 33.
Il campione analizzato cade nel gruppo chimico D e in quello mineralogico I.
Località
Ischia - S. Restituta
APΣT o APIΣT
Retrogrado
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I B.16 (A 30)
I B.17 (SR 1641-A)
I B.18 (1613)
I B.19 (A 31-AR 39)
I B.20 (SR 1641)
Analisi
chimica
ISC 619
Gr. D
Analisi
mineral.
SR 1641
Gr. I
Immagine
I B.17
I B.19
estratto

Località
Ischia - scarico Gosetti
APΣT o APIΣT
Retrogrado
APIC
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 101
Nr. catalogo /
Nr. inventario
II B.11 (A 46 LT)
Il bollo con sigma lunato è documentato anche ad Erice 34.
Località
Ischia - scarico Gosetti
APIC
Retrogrado
Erice
APIC
APICT
Nr. catalogo /
Nr. inventario
II B.9 (47 LT)
Analisi
chimica
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Analisi
mineral.
Immagine
II B.11
Immagine
II B.9
(da Pepoli 1885, tav. V.3)
Il bollo APICT con sigma lunato è apposto su di un’anfora tipo III dall’area di Santa Restituta. Un’anfora, forse un tipo
VI, da una tomba della necropoli, reca questo stesso bollo 35.
Le analisi effettuate sul campione ISC 635 hanno confermato la sua pertinenza al gruppo chimico D e a quello mineralogico
I, locale.
Località
Ischia - S. Restituta
APICT
Tipo III
Ischia - necropoli di San Montano
APICT
Tipo VI
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
I B.15 (= I A.6) (s.n. inv.) ISC 635
Gr. D
III B.2 (= III A.4)
(166273-tomba 66)
Analisi
mineral.
ISC 635
Gr. I
Immagine
III B.2
estratto

102 c a p i to l o v
APICTO
Il bollo, retrogrado, è caratterizzato da sigma lunato ed omicron piccola.
Località
Ischia - S. Restituta
[Α]ΡICTO
Retrogrado
ΑΡIΣTO
Nr catalogo /
Nr. inventario
I B.24 (AR 190)
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
Il bollo ΑΡIΣTO, in un caso, è impresso per due volte anche sulla spalla di un’anfora greco italica probabilmente di
tipo III o IV, rinvenuta nell’area delle fornaci di Santa Restituta (cat. I B.21, v. fig. III.13h).
Un bollo APIΣTO, male impresso, è documentato anche su di uno scarto di fornace di Lacco Ameno e, in caratteri latini,
su di una tegola da Puteoli, conservata al Museo di Napoli36; un bollo ΑΡIΣTO, su anfore di probabile provenienza
da Selinunte oggi al Museo di Palermo 37, sembra derivare probabilmente dalla stessa matrice dei bolli di Ischia 38.
Su una coppa in bucchero di VI secolo rinvenuta a Nocera Superiore è inciso Ἀρίστον39. Il campione di Ischia analizzato (ISC 644) appartiene al gruppo chimico D. L’analisi mineralogica consente di attribuire
lo stesso campione al gruppo mineralogico I.
Località
Ischia - S. Restituta
ΑΡIΣTO
Tipo III o IV
Ischia - scarico Gosetti
ΑΡIΣT[O]
Tipo III o IV
Selinunte (?) - Museo di Palermo
ΑΡIΣTO/ ΑΡIΣTOI/
ΑΡIΣTOK (?)
Nr catalogo /
Nr. inventario
I B.21 (= I A.10) (SR 170 -
247201 - A 9)
I B.22 (RI 8)
I B.23 (M 153 - AR 44)
II B.12 (= II A.2) (s.n. inv.)
47850
47857
47858
Analisi
chimica
ISC 644
Gr. D
Analisi
mineral.
A 9
Gr.I
I B.24
Immagine
I B.21
47858
estratto

APIΣTOK
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 103
Ad Ischia sono attestati almeno 18 bolli APIΣTOK. A e P sono in nesso, il sigma è a tratti divaricati e l’omicron è piccola;
alcune anfore con questo bollo sembrano appartenere al tipo III e III/IV.
Il bollo APIΣTOK è documentato anche ad Eraclea Minoa e, probabilmente, su di un’ansa conservata al Museo Palermo,
di incerta provenienza, forse da Selinunte 40.
Grazie alle analisi è possibile attribuire i campioni di Ischia al gruppo chimico D (ISC 643) e al gruppo mineralogico I
(?) (SR 131). Anche il campione di Eraclea cade nel gruppo mineralogico I (EM 11).
Località
Ischia - S. Restituta
APIΣTOK
Tipo III, III/IV e IV (?)
Eraclea Minoa
Nr catalogo /
Nr. inventario
I B.25 (AR 35)
I B.26 (247199 - AR 49)
I B.27 (247191)
I B.28 (SR 1797)
I B.29 (247189 - AR 45)
I B.30 (SR 1798)
I B.31 (247190 - SR 170-
AR 51)
I B.32 (SR 1799)
I B.33 (247196 - AR 36 - M
153)
I B.34 (247200 - AR 33)
I B.35 (= I A.3) (SR 131-
247195)
I B.36 (247197 - SR 170-
AR 50)
I B.37 (247192 - SR 170)
I B.38 (247194)
I B.39 (M 96 - AR 32)
I B.40 (AR 37)
I B.41 (247193)
I B.42 (AR 53 - SR 170)
Analisi
chimica
ISC 643
Gr. D
Analisi
mineral.
SR 131
Gr. I (?)
APIΣTOK s.n. inv. EM 11
Gr. I
Immagine
I B.26
I B.28
I B.35
estratto

104 c a p i to l o v
APIΣTOKPATEOΣ
Il punzone probabilmente è scivolato e il bollo è impresso due volte, l’una sovrapposta all’altra (I B.44).
Località
Ischia - S. Restituta
ΑΡIΣΤOΚΡ[ ]
ΑΡ[ ]ΣΤOΚΡAΤΕOΣ
Ampurias
ARISTOCRA [ ] con S
retrograda
Nr catalogo /
Nr. inventario
I B.44 (SR 1801)
I B.43 (247205)
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Do c u m e n tat o a:
Immagine
I B.44
I B.43
(da García Sánchez 1999, p. 236)
– Puteoli (tegola ARISTO, CIL X, I, 2392);
– Napoli (tegola ARIST + corona, CIL X, 2, p. 845,
8042, 18 = 31);
– Velia (tegola API, IG XIV, p. 599, 2403 n. 6);
– Taranto (AP + caduceo e API, Viola 1885, p.
277 e p. 278 n. 151);
– Erice (APIC, Pepoli 1885, tav. V, 3);
– Selinunte (APIΣTO e forse APIΣTOK, Museo di
Palermo, nn. inv. 47850, 47857, 47858);
– Eraclea Minoa (APIΣTOK, visionato direttamente
nei magazzini);
– Licata, Monte S. Angelo (APIΣ, visionato direttamente
nei magazzini).
estratto

APIΣT•KIP, APIΣT•XAP
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 105
Il bollo APIΣT•KIP (con I e P in nesso, l’occhiello della P è a metà della I), simile nella struttura all’altro, APIΣT•XAP,
è formato dalle abbreviazioni di due nomi, separati da un punto al centro. La tecnica di bollatura utilizzata sembra
analoga a quella documentata per il bollo ΣATYP•V (se non si tratta di ΣATYPOY, si veda oltre).
Il primo nome è documentato a Ischia sia sulle anfore che sulle tegole. Non è certo invece a quale nome sia da ricondurre
l’abbreviazione KIP, attualmente senza riscontro singolarmente sui bolli, forse al nome Kίρων (?) 41.
Il bollo APIΣT•XAP associa due nomi attestati anche da soli sulle anfore greco italiche e sulle tegole di Ischia. Non è
possibile sapere se l’abbreviazione XAΡ sia da ricollegare al gruppo ΧΑΡι- ΧΑΡιΛεΩΣ oppure al bollo XΑΡμεΩ, la
cui interpretazione pone ancora qualche problema (si veda oltre).
Tipologia delle anfore: tipo III (ΑΡIΣT•ΚιΡ) e III/IV (APIΣT•XAP) (Ischia, Santa Restituta) (tav. 15).
Analisi: l’analisi mineralogica consente di attribuire i bolli ΑΡIΣT•XAΡ (campione 247204 e ISC 736) al gruppo
mineralogico I; allo stesso gruppo appartengono anche i campioni SR 133 e, con qualche dubbio, IS 40
(ΑΡIΣT•ΚιΡ).
L’unica analisi chimica effettuata (ISC 736) permette di attribuire il campione al gruppo chimico D, locale.
Località
Ischia - S. Restituta
ΑΡIΣT•ΚΙΡ
Tipo III
ΑΡIΣT•XAΡ
Tipo III o III/IV
Nr catalogo /
Nr. inventario
I B.45 (247198-SR 133)
I B.46 (= I A.1) (s.n. inv.)
I B.47 (171 bis)
I B.48 (SR 134-247203)
I B.49 (247204)
I B.50 (M.V.129)
I B.51 (247202-AR 172)
I B.52 (ΑΡIΣT•X[ ]) (RI 19)
I B.53 (ΑΡIΣT•[ ]) (AR 172
ter)
I B.54 (ΑΡIΣT•[ ]) (= I A.7)
(A 4)
Analisi
chimica
ISC 736
Gr. D
Analisi
mineral.
SR 133
Gr. I
IS 40
Gr. I (?)
247204
Gr. I
ISC 736
Gr. I
Immagine
I B.45
I B.49
I B.54
estratto

106 c a p i to l o v
ACKΛH, ACKΛHΠI, ACKΛHΠIA
I bolli nella forma abbreviata sono probabilmente da ricondurre al nome comune Ἀσκληπιάδης e tutti sono caratterizzati
dal sigma lunato.
A Napoli negli scavi della Metropolitana numerose anfore greco italiche sono bollate con i bolli ACKΛ, ACKΛHΠI,
ACKΛHΠIA 42, dato che potrebbe deporre a favore di una produzione locale.
Le attestazioni del bollo ACKΛH a Cos e di ACKΛHΠ sulle coste del mar Nero 43, da un primo controllo bibliografico
limitato all’immagine, risulterebbero riferibili ad altre produzioni.
Non è chiaro se ci sia un rapporto tra i bolli di questo gruppo e un bollo da Lattes, in greco, forse letto male, oppure
con i bolli in caratteri latini - ASCLI - su Lamboglia 2 44 e su Dr. 2/4 45. Gli agoni Sebasteia, di età augustea, erano
chiamati anche Ἀσκληπίεια ο Ἀσκλήπεια 46: ci si chiede se anche le anfore con i bolli di questo gruppo potessero
essere in qualche modo collegate a festività e agli agoni (come ipotizzato per il bollo con la corona) 47 o se il bollo, più
semplicemente, rappresenti un nome molto comune.
Tipologia delle anfore: il bollo ACKΛ è documentato a Ischia su di un’anfora tipo VI facente parte del corredo della
tomba 124 della necropoli di San Montano, la cui cronologia è fissata, grazie alla presenza di monete, verso la fine
del III o, forse, agli inizi del II secolo a.C. 48 (tav. 16). I bolli rinvenuti a Napoli, documentati su anfore forse di tipo VI
provengono da un contesto della metà del II secolo a.C. 49.
Analisi: il campione di Ensérune ACKΛH (?) sottoposto ad analisi chimica appartiene all’insieme F.
Il campione di Ischia scarico Gosetti appartiene al gruppo mineralogico IIIc; l’anfora tipo VI della necropoli di San
Montano e quella dello stesso tipo da Napoli appartengono entrambe al gruppo mineralogico II (IIc, il campione della
necropoli di San Montano e IIa quello da Napoli).
Località
Ischia - scarico Gosetti
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
ACKΛΗ II B.13 (SG 292) SG 292
Gr. IIIc
Ischia - necropoli di San Montano
ACKΛΗ
Tipo VI
Erice
ACKΛ
III B.3 (= III A.2) (166510,
tomba 124)
IS 4
Gr. IIc
Immagine
II B.13
III B.3
(da Pepoli 1885, tav. V.5)
estratto

Lilibeo
ACKΛ
Ensérune
ACKΛH (?)
Retrogrado
Sagunto
ACK[ΛH]
Località
Napoli - scavi Metropolitana
ACKΛHΠI
Tipo VI
Ampurias
ACKΛ
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 107
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
s.n. inv. ENS 15
Insieme F
Analisi
mineral.
NNA 8
Gr. IIa
Immagine
(da Brugnone 1986, tav. XXI.4)
ENS 15
(da García Sánchez 1999, p. 237)
Do c u m e n tat o a:
– Napoli (Febbraro, Giampaola, Atlante
c.s.);
– Tarquinia (Serra Ridgway 1993, p. 135,
t. 124);
– Monte Iato (Isler 1979, p. 1220 n. 11;
bollo ovoidale, datato al periodo tardoellenistico
-?-);
– Erice (Pellegrini 1887, pp. 273-274,
nn. 578-583, ACKΛ, ACKΛΗ, ACKΛΗΠ
-sigma lunato, Pepoli 1885, p. 48);
– Lilibeo (Brugnone 1986, p. 104 n. 4);
– Ensérune (Jannoray 1955, p. 450;
ACFΛM ? dalla fase finale dell’occupazione);
– Ampurias (Almagro 1952, p. 44 n.
31, Garcia Sánchez 1999, p. 237
ACKΛ[---]);
– Sagunto (Araneguì Gasco 1995, p. 253,
fig. 9, forse letto male, primo terzo del II
secolo a.C.).
estratto

108 c a p i to l o v
BAPI
Il bollo, documentato a Ischia da due esemplari, ΒΑΡ[ι] e ΒΑ[Ρι], è attestato in diverse località della Sicilia, tra cui
Erice, Siracusa 50, Monte Iato e Segesta (su anfora greco italica datata al III secolo a.C.) oltre che sul relitto delle Isole
Sanguinaires, in Corsica 51.
Tipologia delle anfore: l’anfora del relitto delle Sanguinaires è simile al tipo VI.
Analisi: la diversità dell’impasto e il risultato dell’unica analisi chimica effettuata lasciano ipotizzare che le anfore con questo
bollo non siano prodotte a Ischia; l’analisi mineralogica permette di riportare il campione al gruppo IIIb.
Località
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Ischia - S. Restituta
ΒΑΡ[Ι] I B.55 (SR 1508)
I B.56 (247308)
Ischia - scarico Gosetti
BA[PI] II B.14 (A 11 bis)
Segesta
BAPI
Lilibeo
BAPI
Analisi
chimica
ISC 649
fine cluster
Analisi
mineral.
ISC 649
Gr. IIIb
Immagine
I B.55
(da Garozzo 1999, fig. 168)
(da Brugnone 1986, tav. XXI.7)
Do c u m e n tat o a:
– Monte Iato (comunicazione di M. Palaczyk);
– Erice (Pellegrini 1887, p. 283, nrr. 672-
674; la Brugnone ricorda che su una
tegola di Erice è impresso il bollo latino
BAR, Pellegrini 1887, p. 296, n. 792)
(Pepoli 1885, tav. VI, nr. 2);
– Segesta (Garozzo 1999, p. 313);
– Lilibeo (Brugnone 1986, p. 106 n. 6, Α a
barra diritta, P retrograda);
– Siracusa (IG XIV, 2393, 179);
– Corsica - relitto “Sanguinaires A”, datato
alla seconda metà del III secolo a.C.
(Alfonsi, Gandolfo 1997, p. 43, A 418)
oppure al periodo 210-190 a.C. (Cibecchini
2007, p. 53).
estratto

BI, BIΩ
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 109
Sono stati qui accorpati, in via ipotetica, il bollo BI in cartiglio ovale da Lacco Ameno (scarico Gosetti) e i due bolli
BIΩ provenienti da Lipari e da Camarina, che potrebbero però anche appartenere ad un’altra produzione. Il bollo BIΩ
attualmente non è noto a Ischia ma è documentato in numerosi siti della Sicilia 52, tra cui Erice 53 e Camarina; inoltre
a Taranto 54 e a Cartagena (anfora di tipo V ?) 55. Potrebbe corrispondere al genitivo ionico del nome Βίων oppure al
prenome osco BIΩ da mettere in rapporto forse con Βίωτος, o Βιωτός come proposto da C. van der Mersch che
ritiene che la presenza in contemporanea di BIΩ, BIΩΤ, BIΩΤΩΣ, BIΩΤΩΟΣ in uno stesso sito, Akrai, indichi che si
tratta del medesimo personaggio 56. Ciononostante si è preferito per ora inserire nella carta esclusivamente le attestazioni
del bollo BIΩ.
Su monete napoletane, datate al periodo 325-280 a.C. e al 272-250 a.C. e dalla Cantilena al 326-280 a.C. 57, è
presente l’abbreviazione BI; sulla parte piatta delle anse di una kelebe in vernice nera da Cuma è graffito BIO
TO 58.
Tipologia delle anfore: tipo V (Secca di Capistello, Cartagena) (tav. 16).
Località
Ischia - scarico Gosetti
Nr. catalogo /
Nr. inventario
BI II B.15 (SG 290 - A 18)
Lipari - Secca di Capistello
BIΩ
Tipo V
Erice
BIΩ
Camarina
10608 / 73593
12846
12847
12401
12391
12400
BIΩ CAM 23.2.84
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
II B.15
12400
(da Pepoli 1885, tav. II.6)
CAM 23.2.84
estratto

110 c a p i to l o v
Cartagena
BIΩ
Tipo V (?)
* Bollo BI
Località
Caduceo + BIΩ
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
(da Marquez Villora, Molina Vidal 2005,
p. 336)
Documentato a:
– Napoli (BIΩ - ? - da un contesto di fine
IV secolo a.C., Febbraro, Giampaola,
Atlante c.s.);
– Taranto (forse con una lettera ulteriore
dopo l’omega, Viola 1885, p. 278 n. 152,
IG XIV 2393, 180f);
– Secca di Capistello (Blanck 1978, p. 96;
Olcese, studi in corso);
– Monte Iato (K 5696, retrogrado, comunicazione
M. Palaczyk);
– Erice (Pepoli 1885, p. 21 e tav. II);
– Camarina (Stoà ovest, SG T 1, visionato
direttamente Museo di Camarina, impasto
simile agli esemplari di Ischia):
– Palazzolo Acreide (IG XIV, 2393, 180b);
– Cartagena (Martίn Camino 1996, p. 15 e
seguenti, Marquez Villora, Molina Vidal
2005, p. 336);
– Cartagine (Carton 1894, n. 69, p. 190).
Un bollo da Eraclea Minoa, visionato direttamente e disegnato, mostra - ma la lettura è incerta - un caduceo orizzontale
prima del nome BIΩ; sempre ad Eraclea, dalla bibliografia, è attestato un altro bollo letto come ΖΥΒιΩ 59.
Non è chiaro se intercorra un legame tra il bollo qui descritto e quelli del relitto della Secca di Capistello, dove alcune anfore
sono bollate con il semplice bollo BIΩ ed altre hanno invece il caduceo verticale che precede e segue il nome ΧΑΡΗΣ 60.
Analisi: l’analisi mineralogica dell’esemplare di Eraclea rivela somiglianza del bollo con le argille del gruppo IIa.
Località
Eraclea Minoa
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Caduceo (?) + BIΩ[ ] (?) AG.S. 3877 EM 10
Gr. IIa
Immagine
AG.S. 3877
estratto

BPEMΩNO[ ]
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 111
Il bollo è da riportare al nome Βρέμων che è raro; un’ansa di anfora da Eraclea Minoa, inedita, pare bollata con un
bollo analogo anche se la lettera dopo la E è di lettura incerta (anche la B è differente).
Località
Ischia - scarico Gosetti
Nr. catalogo /
Nr. inventario
BPEMΩNO[Σ] II B.16 (SG 291)
Eraclea Minoa
ΒΡEM(?) [ ] AG.S. 3858
BPI, BPICΩN
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
II B.16
AG.S. 3858
Il bollo ha il sigma lunato. Il nome, poco diffuso, è rappresentato a Ischia da 3 bolli, di cui due nella forma abbreviata
BPI, retrograda. L’unico collegamento possibile tra questo nome e la realtà ischitana sono le ninfe Βρίσαι, che in
Eubea crebbero Aristeo e il cui culto è attestato anche a Ischia 61.
Località
Ischia - S. Restituta
BPI
Retrogrado
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I B.57 (247309)
I B.58 (SR 1808)
ΒΡΙCΩΝ I B.59 (A 42)
Analisi
chimiche
Analisi
mineral.
Immagine
I B.57
I B.59
estratto

112 c a p i to l o v
ΓAP/ΠAP corona M
estratto
Questo bollo è documentato a Lacco Ameno solo su tre anse (una da Santa Restituta e due da scarico Gosetti), con
impasti apparentemente un po’ diversi da quelli tipici delle altre anfore rinvenute nel quartiere artigianale. A Napoli,
invece, è stato rinvenuto su più anse di anfore tipo IV negli scavi della Metropolitana, da contesti di fine IV/inizi III
secolo a.C. 62; ma è il relitto del Filicudi F (isole Eolie, datato tra il 300 e il 280 a.C.) che ha restituito un cospicuo
numero di questi bolli su anfore tipo IV, per lo più integre.
Il carico del relitto è in corso di revisione e l’indagine preliminare ha permesso di appurare che sono almeno 17 le
anfore che recano questo bollo, ricavato da una matrice molto chiara 63. Le lettere sono sottili e il bollo associa una Γ
(in alcuni casi molto evidente come in F61) oppure una Π 64 alle due lettere AP in nesso (ΓΑΡ o ΠΑΡ) e a un simbolo
- probabilmente una corona - formato da trattini che vanno verso l’esterno e verso l’interno. In qualche caso la Γ
è staccata dal monogramma AP, come se si trattasse di due nomi distinti. L’ultima lettera, dopo la corona, è una M,
sostituita in alcuni bolli delle anfore di Napoli anche da altre abbreviazioni come ME, EY, MAK 65, che corrispondono
anche alle iniziali di altri bolli attestati a Ischia e a Napoli.
Il confronto tra i materiali di Ischia e quelli del Filicudi F conferma che esistono matrici differenti.
Il bollo in questione è presente in Sicilia a Monte Sant’Angelo (Licata), inedito, a Monte Iato e, forse, a Selinunte.
Una parte delle anfore del Filicudi F è bollata con il bollo MEΓ; la M del bollo ΓAP corona M potrebbe rappresentare
l’abbreviazione del bollo MEΓ apposto sulle anfore greco italiche che costituiscono l’altra parte del carico, ma si tratta
solo di un’ipotesi.
Non è possibile sciogliere con certezza le abbreviazioni, che potrebbero indicare due nomi (idionimo e patronimico ?)
oppure ancora quello di un luogo o, ancora, il nome di un magistrato seguito da quello di un produttore. Si possono
fare delle ipotesi sui nomi, anche se l’impossibilità di stabilire la natura della prima lettera, in alcuni bolli, le rende
incerte: se si trattasse di una Π - ΠAP, il collegamento con il bollo ΠAP (e forse con ΠAPΗ ?) di Ischia verrebbe spontaneo.
Dagli elenchi di Fraser e Matthews risultano invece scarsi i nomi che iniziano con ΓAP 66.
Volendo poi mantenere, sempre in via di ipotesi, il confronto tra i bolli e le sigle della monetazione neapolitana (a
questo proposito si veda il capitolo IV), va registrata la presenza, su monete in argento datate tra il 317 e il 300 a.C. 67,
della sigla AP in nesso, talora accompagnata sul retro dalla sigla Γ (su alcuni didrammi argentei datati dal Sambon al
periodo tra il 325 e il 280 a.C. 68) oppure ancora la presenza su didrammi di un monogramma forse leggibile proprio
come ΓΑΡ o ΠΑΡ (fig. IV.7c). Una di queste monete raffigura tra l’altro una “statuette d’Artemis courant à dr. et tenant
devant elle un flambeau”; si potrebbe trattare insomma, come nel caso della corona, di una citazione delle corse
lampadiche e, forse, degli agoni (si veda il capitolo IX.7).
La corona ritratta sul bollo, stilizzata, è comune ed è simile alla corona di grano 69, che apparirà più tardi sulle tabulae
dei vincitori degli agoni di Napoli, i Sebastà, istituiti da Augusto nel 2 d.C. Queste feste si celebravano forse in sostituzione
di antiche festività, le feste lampadiche 70, durante le quali veniva portata la fiaccola votiva durante la corsa 71.
Sulla scorta di quanto noto in Grecia, dove le anfore panatenaiche, piene di olio degli olivi sacri, venivano assegnate
ai vincitori delle gare ginniche e delle corse di cavalli 72, si può forse ipotizzare che le anfore tipo IV con il loro contenuto
(vino probabilmente) fossero il premio di agoni locali oppure ancora ricordassero qualche evento particolare
come già attestato altrove, a Samos ad esempio (si vedano il capitolo IV.9 e il IX.7). Questo non escluderebbe che i
contenitori, con il loro contenuto, potessero essere anche oggetto di commercio 73.
Le lettere molto chiare e precise di questo bollo sono simili a quelle del bollo ПYΘEA impresso su anfore greco italiche
di tipo IV, trasportate sempre dal relitto Filicudi F (si veda nel capitolo VII, paragrafo VII.1.2). Considerata la somiglianza
dei contenitori, è possibile ipotizzare che le anfore che recano i due bolli provenissero dalla stessa officina.
La corona è impressa anche su di un laterizio da Napoli, bollato ΑRIST 74 con caratteri latini, fatto che potrebbe avvalorare
l’ipotesi di una produzione napoletana.
Compaiono corone anche su bolli di altre produzioni anforiche, ad esempio su anfore Dr. 1A rinvenute a Bibracte
oppure su anfore da Cipro considerate locali, dove le corone si accompagnano a monogrammi 75; inoltre su
puntali di anfore classificate come Dr. 2/4 della Tarraconense 76.
Un monogramma simile a questo, anche se con lettere molto più irregolari, è inciso su di uno stamnos da Vulci 77.
Tipologia delle anfore: tipo IV (Ischia, scarico Gosetti, Napoli, Filicudi F) (tav. 16).
Analisi: i campioni pertinenti a questo bollo, sottoposti ad analisi, sono 10 e provengono da Ischia, da Napoli e dal
relitto Filicudi F.
Le analisi mineralogiche sembrano confermare l’origine comune dei bolli dei tre siti (Ischia, Napoli e Filicudi F), nonostante
siano state rilevate delle differenze, forse dovute alla lavorazione.
I bolli sottoposti ad analisi mineralogica appartengono tutti al gruppo mineralogico II, se pur con differenze tessiturali
che giustificano la creazione di sottogruppi mineralogici IIa (campioni di Ischia e Napoli), IIb (campioni di Ischia e di
Filicudi F) e IIc (campioni di Ischia).

i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 113
L’unica anfora analizzata chimicamente (ISC 687 da Ischia-scarico Gosetti) cade nell’insieme chimico F.
Località
Ischia - S. Restituta
Nr. catalogo/
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
[Γ/Π]AP corona M I B.60 (AR 194) AR 194
Gr. IIb
Ischia - scarico Gosetti
[Γ/Π]AP corona M
Tipo IV
Napoli - scavi Metropolitana
Γ/ΠAP corona M
Tipo IV
Lipari - Filicudi F
Γ/ΠAPcorona M
Tipo IV
Licata - Monte S. Angelo
II B.18 (= II A.3) (SG 279-A
50)
II B.19 (s.n. inv.)
1859/2
1859/4
1859/13
1863/1
1863/6
17692
11025
Γ[ ] corona M s.n. inv.
11022; 11023; 11024;
14731; 14732; 14735;
17601 / F 192; 17612/F
116; 17616 / F 64; 17602 /
F 29; 17626 / F 28; 17629 /
F 23; 17633; 17637 / F 61;
17642 / F 63; 17646 / F 62
ISC 687
Insieme F
SG 279
Gr.IIa
IS 6
Gr.IIc
1859/2
1859/4
1859/13
1863/1
1863/6
Gr. IIa
FF 1
Gr. IIb
FF
11025
Gr. IIb
Immagine
I B.60
II B.18
17692
F 61
estratto

114 c a p i to l o v
ΓΛAY, ΓΛAYK, ΓΛAYKOΣ
Alcuni bolli di Ischia, con troncamenti differenti (ΓΛAY, su anfora e tegola, ΓΛAYK e ΓΛAYKOΣ su anfora) sono
probabilmente da riportare al nome ΓΛAYKOΣ, attestato anche per intero (I B.65); i caratteri sono piuttosto grandi
e chiari, la omicron è piccola, come spesso si è notato nei bolli rinvenuti a Ischia e come è caratteristico per l’epoca
ellenistica 78. Uno dei bolli è stato rinvenuto a fianco della fornace 5 (SR 1806).
Il nome Γλαũκος ha diverse attestazioni in Italia meridionale 79. Γλαύκη, invece, compare a Napoli in una iscrizione
della seconda metà del I secolo a.C. 80. Il bollo Γλαῦκος compare anche su anfore ellenistiche da Eraclea Pontica 81.
Γλαũ(κες) si ritrova come graffito su alcuni vasi greci, a precisazione del tipo di contenuto 82.
Glaucia, Glaucio e Glaucus, nomi molto comuni, sono attestati in latino in diverse località della Campania, tra cui ad
esempio Capua 83.
Molto incerti sono i confronti con le legende di alcune monete 84.
Tipologia delle anfore: uno dei bolli di S. Restituta è apposto su di un’anfora greco italica tipo IV (tav. 16).
Analisi: le analisi chimiche effettuate permettono di collocare le anfore con il bollo qui descritto nel gruppo D, di
probabile origine locale. Le analisi mineralogiche hanno confermato l’appartenenza dei campioni analizzati al gruppo
mineralogico I.
Località
Ischia - S. Restituta
ΓΛΑ[ ]
Retrogrado
ΓΛΑΥ
Retrogrado
Nr. catalogo/
Nr. inventario
I B.66 (247300-SR 172-AR
18 bis)
I B.67 (247299-SR 172- AR
19 bis)
I B.68 (s.n. inv.)
Analisi
chimica
Do c u m e n tat o a:
– Napoli (numerosi su tipo IV, associati a monete bronzee
di Neapolis del 326 a.C.);
– Filicudi F (tipo IV, bollo con la stessa matrice di Ischia;
Olcese, studi in corso);
– Monte Iato (K 16447, comunicazione M. Palaczyk);
– Selinunte (?) (Albore Livadie in Archeologia subacquea
2, p. 91, nota 2, letto come RAOM);
– Licata - Monte S. Angelo (inedito, magazzini del Museo).
Analisi
mineral.
Immagine
I B.67
I B.68
estratto

ΓΛΑΥ[K]
Retrogrado
ΓΛΑΥK
Retrogrado
Tipo IV
ΓΛΑΥKOΣ
Retrogrado
Località
Ischia - scarico Gosetti
ΓΛΑΥ
Su tegola
ΓNAI[ ]Y
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 115
Nr. catalogo/
Nr. inventario
I B.63 (SR 1806-A 18)
I B.61 (247298-SR 58-SR
172)
I B.62 (1493-AR 28)
I B.64 (= I A.16) (247302)
I B.65 (247301-AR 19)
II Teg.1 (s.n. inv.)
Analisi
chimica
ISC 651
Gr. D
ISC 640
Gr. D
Analisi
mineral.
1493
Gr. I
IS 39
Gr. I
Immagine
Il bollo è in cartiglio rettangolare. L’alfa sembra mancare del tratto centrale e un punto sembrerebbe sostituire la omicron
(come in ΣATYPOY ?). L’impasto di questo bollo è simile a quello del bollo con la corona e a quello dell’anfora
con bollo ΞENΩN.
Tra i prenomi oschi c’è GNAIVS (Lat. Gnaeus = CN.) 85.
Il nome ΓΝΑιΟΥ è documentato su monete napoletane d’argento datate dopo il 300-241 a.C. 86
Analisi: l’esemplare da scarico Gosetti cade nell’insieme chimico F e nel gruppo mineralogico IIa.
Località
Ischia - scarico Gosetti
ΓΝΑΙ[ ]Y
Retrogrado
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
II B.20 (SG 281) ISC 712
Insieme F
Analisi
mineral.
SG 281
Gr. IIa
I B.63
I B.61
I B.65
Immagine
II B.20
estratto

116 c a p i to l o v
ΔAMA
Sei bolli retrogradi (talora con lettere filiformi), alcuni dei quali sono ricavati da una stessa matrice, con impasti un
po’ differenti, provengono dallo scavo di Santa Restituta e, in particolare, dall’area della fornace 3. Il bollo potrebbe
corrispondere al nome Δάμαρχος, come un esemplare di Erice, oppure a Δαμάτριος 87. Bolli Δαμάτριος e
Δαμάσ(της) compaiono su bolli di anfore ellenistiche da Eraclea Pontica 88, anche se si tratta con tutta probabilità
di un’altra produzione. Il bollo ΔAMA è documentato anche su anfore Dr. 1 rinvenute a Formia 89.
Su monete bronzee napoletane documentate dal 250 a.C. compare l’abbreviazione ΔA 90.
Analisi: il campione sottoposto ad analisi chimica (ISC 653) ricade nel gruppo chimico D, di probabile origine locale.
Località
Ischia - S. Restituta
ΔΑΜΑ
Retrogrado
ΔI, ΔIΩ, ΔIΩΝ (?)
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I B.69 (247187-M 155-AR 24)
I B.70 (247185-M 207)
I B.71 (247186-M 84-AR 25)
I B.72 (247188- M 82-AR 26)
I B.73 (AR 27 bis)
I B.74 (AR 27 ter)
Analisi
chimica
ISC 653
Gr. D
Analisi
mineral.
Immagine
I tre bolli ΔI, ΔIΩ, ΔIΩN sono stati qui raggruppati ma non è certo se siano effettivamente riferibili a uno stesso personaggio
e ad una stessa produzione (e per questo motivo sono descritti singolarmente) 91.
ΔI
Il bollo ΔI è presente su di un’anfora di Santa Restituta in cartiglio rettangolare (impresso dopo un ampio spazio
vuoto). Il bollo ΔI in cartiglio ovale, a lettere rilevate, si ritrova su anfora greco italica di tipo IV/V - V (?) da scarico Gosetti;
in cartiglio quadrangolare è documentato anche su tre tegole di tipo ellenistico della tomba 108 della necropoli,
tomba datata al IV secolo 92. È interessante notare che su altre tegole della stessa tomba è apposto anche il bollo
ΣΤΑ, documentato sempre a Ischia anche su di un’anfora (si veda oltre, in questo catalogo).
La sigla Δι compare anche come graffito su anfore di Ischia e di Napoli e potrebbe anche essere l’indicazione di un
numerale 93; inoltre, come titulus pictus, è attestata su di un’anfora del relitto della Torre della Meloria 94 e su un’altra
di tipo V dalla necropoli di Portinenti a Lipari 95.
In Sicilia il bollo Δι è attestato su un’ansa di anfora forse da Selinunte, conservata al museo di Palermo 96, e a
Reggio 97. Un bollo ΔI, di matrice apparentemente diversa, è impresso su di un laterizio rinvenuto a Licata, Monte
Sant’Angelo, inedito, visionato direttamente.
Sulle monete argentee di Neapolis datate tra il 325 e il 280 a.C. e tra il 300 e il 282 a.C. compare la sigla ΔI 98.
Tipologia delle anfore: tipo IV/V e V (Ischia, S. Restituta e scarico Gosetti) (tav. 17).
Analisi: il campione di Ischia con bollo ΔI - ISC 708 - cade nell’insieme chimico E. L’analisi mineralogica ha permesso
di stabilire l’appartenenza delle due anfore bollate ΔI al gruppo mineralogico I (IS 5) e al gruppo IIa (ISC 708).
I B.70
estratto

Località
Ischia - S. Restituta
ΔΙ[ ]
Tipo V
Ischia - scarico Gosetti
ΔΙ
Tipo IV/V-V (?)
Ischia - necropoli di San Montano
ΔΙ
Su tegola
Selinunte
ΔΙ
Licata - Monte S. Angelo
ΔΙ s.n. inv.
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 117
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I B.75 (= I A.30) (s.n. inv.)
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
I B.76 (s.n. inv) IS 5
Gr. I
II B.22 (= II A.11) (28,11)
II B.23 (= II A.23) (SG 278)
III Teg.1 (tomba 108)
ISC 708
Insieme E
ISC 708
Gr. IIa
Immagine
I B.76
II B.22
III Teg.1
(da Salinas 1884, p. 329, n. 312)
estratto

118 c a p i to l o v
* L’asterisco segnala che si tratta di un graffito o di un titulus pictus
ΔIΩ, ΔIΩΝ
Il bollo ΔIΩ è documentato sulle anfore tipo V della Secca di Capistello 99 e a Cartagena 100, con caratteristiche però
differenti 101. Il bollo ΔIΩΝ si ritrova invece a Erice 102 e a Gela, su anfora greco italica tipo V 103, forse a Eraclea Minoa
(il bollo è frammentario).
Su monete bronzee di Neapolis datate al 320-280 a.C. è presente la sigla ΔIΩ 104.
Tipologia delle anfore: tipo V (Secca di Capistello, Gela) (tav. 17).
Analisi: sottoposti ad analisi mineralogica, i bolli dell’anfora della Secca di Capistello (ΔIΩ) e quello da Gela (ΔIΩΝ),
su tipo V, sono riconducibili rispettivamente ai gruppi mineralogici IIa e IIb.
Località
Lipari-Secca di Capistello
ΔIΩ
Tipo V
Eraclea Minoa
ΔIΩ[ ]
Retrogrado
Gela
ΔIΩN
Tipo V
12867
12390
12855
AG.S. 3882
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
SC 12867
Gr. IIa
s.n. inv. GL 1
Gr. IIb
Do c u m e n tat o a:
– Napoli (graffito) (?);
– Reggio Calabria (IG XIV, p. 594, n. 589
b);
– Lipari-Portinenti (titulus pictus, Campagna
2000, tav.IV, g);
– Selinunte (da Salinas 1884, p. 329, n.
312);
– Licata - Monte S. Angelo (su laterizio,
visionato direttamente);
– Relitto Torre della Meloria (titulus pictus,
Bargagliotti, Cibecchini 1998, fig. 3.4,
indicata però come ΔA nel testo).
Immagine
12390
AG.S. 3882
(da S. Giunta, tesi di dottorato)
estratto

* Bollo ΔIΩ
[Δ]IONY, ΔIONYCO, ΔIONYCO[Δ ?]
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 119
Documentato a:
– Secca di Capistello (ΔIΩ, Olcese, studi
in corso);
– Erice (ΔIΩN, IG XIV, 2393, 219);
– Eraclea Minoa (ΔIΩ[ ], visionato direttamente);
– Agrigento (ΔIΩN, Pellegrini 1887, p. 275,
nn. 594-595);
– Gela (ΔIΩN, visionato direttamente;
S. Giunta, studio in corso e cap. VIII, p.
289);
– Cartagena (ΔIΩ, Martín Camino 1996, p.
15);
– Cartagine (ΔIΩ, Carton 1894, p. 190, n.
70).
Esistono matrici differenti per questo bollo; i campioni [Δ]ιΟΝΥ (da Ischia, ISC 711) e ΔIONYCO (da Camarina) hanno
caratteri simili (la N visibilmente più grande delle altre lettere, la omicron piccola). Simili tra loro appaiono poi i bolli
[Δ]ιΟΝΥCΟ[Δ ?] da Ischia scarico Gosetti (SG 288) e ΔIONYC[ ] da Licata Monte Sant’Angelo.
Bolli analoghi sono anche [Δ]ιΟΝΥ e ΔIONYCO (con sigma lunato) di Monte San Giuliano in Sicilia 105. Diversamente
a Taranto è attestato un bollo ΔIONYCιOC, con sigma lunato 106, da riportare al nome Διονύσιος, molto diffuso e
documentato a Napoli da un’iscrizione nella tomba di vico Traetta 107. I bolli ΔIONY e ΔIONYCO, di Ischia e degli altri
siti citati, invece potrebbero ricollegarsi al nome Διονυσόδως (attestato anche in un’iscrizione di Ischia), se è valida
la lettura del bollo SG 288 con Δ finale.
La sigla ΔIO compare su monete bronzee di Neapolis datate tra il 340 e il 280 108.
Tipologia delle anfore: tipo IV/V e IV/V-V (Ischia, scarico Gosetti) (tav. 17).
Analisi: l’unico campione sottoposto ad analisi chimica (ISC 711) cade nell’insieme F.
Località
Ischia - scarico Gosetti
[Δ]ΙΟΝΥ
Tipo IV/V-V (?)
Ischia - scarico Gosetti
Nr. catalogo /
Nr. inventario
II B.24 (= II A.12) (A 77)
II B.25 (A 78 - V 5)
[Δ]ΙΟΝΥCΟ[Δ ?] II B.26 (SG 288-A 68)
Analisi
chimica
ISC 711
Insieme F
Analisi
mineral.
Immagine
II B.24
II B.26
estratto

120 c a p i to l o v
Erice
ΔIONYCO
Località
Licata - Monte S. Angelo
ΔIONYC[ ] s.n. inv.
Camarina
ΔIONYCO
Tipo IV o V (?)
Nr. catalogo /
Nr. inventario
CAM 26.10.87
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Do c u m e n tat o a:
Immagine
(da Pepoli 1885, tav. V.8)
CAM 26.10.87
– Taranto (Viola 1885, p. 275 n. 130);
– Monte San Giuliano (Pepoli 1885, tav. V. n. 10);
– Erice (Pepoli 1885, tav. V.8);
– Licata, Monte S. Angelo (visionato direttamente nei
magazzini del museo);
– Camarina (visionato direttamente nel museo di Camarina).
estratto

EYΞ, EYΞENO[?], EYΞENΩ
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 121
Il bollo EYΞENO (con omicron) è attestato a Ischia solo su anfore provenienti da scarico Gosetti e non dal quartiere
artigianale di Santa Restituta: l’ansa mostra una sbavatura di argilla sulla parte finale del bollo (non è chiaro se ha
terminazione in omicron o se il bollo sia da attribuire al gruppo successivo).
Alcune osservazioni riguardano la grafia: la Ξ è attraversata da una barra verticale piuttosto marcata (che compare
in molti degli esemplari - ad esempio in quello di Selinunte -) e che assomiglia al segno di alberello dell’alfabeto “nucerino”,
il cui valore fonologico è KS 109.
Il nome εὔξενος è piuttosto comune e compare, con matrici un po’ diverse, su bolli rinvenuti a Napoli (EYΞENOY
API, si veda oltre) e in più località della Sicilia, tra cui Selinunte 110, Eraclea Minoa 111, Licata 112 e su due anse di anfore
greco italiche di Gela, distrutta nel 282 a.C. (la matrice di quest’ultimo esemplare è un po’ differente e la terminazione
è in ω, forse letta in modo errato [ ]ΥΞεΛΩ) 113. Un esemplare di Selinunte, conservato a Palermo e inedito, presenta,
dopo l’omicron, un tratto verticale di chiusura (o si tratta di una iota?) riscontrato anche a fine del bollo XAPII. Un bollo
analogo, ma più trasandato nella fattura, è impresso anche sulle anfore tipo V del relitto della Secca di Capistello (si
veda il capitolo VII).
Non è possibile stabilire con certezza se si tratti di omonimie o di riferimenti ad uno stesso personaggio 114. In molti
casi il modo di bollare e l’impasto farebbero pensare a prodotti di una stessa officina (o comunque di una stessa area)
e anche le analisi di laboratorio supportano questa ipotesi.
εΥ compare anche, come graffito, su un’anfora di tipo IV/V conservata al Museo di Villa Arbusto 115.
Su alcune delle anfore greco italiche di Napoli compare l’abbreviazione εΥ, dopo il bollo ΓΑΡ/ΠAP corona (si veda
la scheda di questo bollo); potrebbe forse trattarsi dell’abbreviazione di questo nome.
La sigla εΥΞ compare anche graffita su alcuni vasi a figure rosse rinvenuti a Vulci 116.
Le sigle εΥΞ oppure εΥ, infine, si ritrovano su didracmi argentei di Napoli, datati dal Sambon tra il 325 e il 241
a.C. 117, mentre una datazione tra il 300/280 e il 317/310-300 è stata proposta più recentemente 118.
Tipologia delle anfore: gli esemplari della Secca di Capistello e il campione di Napoli (bollo EΥΞENOYAPI) appartengono
al tipo V; un bollo di Eraclea Minoa (con bollo EΥΞ[ ]) è apposto su frammento riportabile a un tipo IV o IV/V
(tav. 17).
Analisi: otto campioni di anfore con questo bollo sono stati sottoposti ad analisi mineralogica, due dallo scarico
Gosetti a Lacco Ameno (A 10, A 20), di cui uno con bollo εΥΞεΝΟΥΑΡι, uno da un’anfora del relitto della Secca di
Capistello (12872), due da Eraclea Minoa (EM 6, EM 9), due da Gela (GL 5, GL 21) e un ultimo da Napoli, dagli scavi
della metropolitana (AMN 2, con bollo εΥΞεΝΟΥΑΡι).
In base a tali analisi, viene esclusa un’origine siciliana per tutti i campioni, che appartengono ai diversi sottogruppi
del gruppo mineralogico II, di probabile origine campana, circoscrivibile forse al Golfo di Napoli (solo l’esemplare
da Eraclea Minoa, EM 6, e quello con bollo εΥΞεΝΟΥΑΡι da scarico Gosetti, A 20, appartengono al sottogruppo
IIIc).
Località
Ischia - scarico Gosetti
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
ΕΥΞΕΝΟ[?] II B.29 (A 10) A 10
Gr. IIc
Secca di Capistello
ΕΥΞΕΝ[Ω ? ]
Tipo V
12872
9068/73652
11028/7359
12398
12845
SC 12872
Gr. IIa
Immagine
II B.29
12872
estratto

122 c a p i to l o v
Località
Selinunte (?) - Museo di Palermo
E[Y]ΞENOI 48031
Selinunte
EYΞENΩ (?)
Eraclea Minoa
EYΞENΩ
Retrogrado
EYΞ[ ]
Tipo IV o IV/V
[ ] YΞENΩ
Retrogrado
Gela
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
AG.S. 3883 EM 6
Gr. IIIc
AG.S. 3881 EM 9
Gr. IIa
646
[E] ΥΞEN[Ω ?] GL 5
GL 21
GL 5
Gr. IIa
GL 21
Gr. IIa
Immagine
48031
(da Salinas 1884, p. 329, n. 767)
AG.S. 3883
AG.S. 3881
646
(da De Miro 1958, fig. 50 n. 24)
GL 5
(da S. Giunta, tesi di dottorato)
estratto

ΕΥΞΕΝΟΥΑΡΙ
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 123
Molto interessante è il bollo da scarico Gosetti che presenta l’associazione di due nomi εΥΞεΝΟΥ e ΑΡι.
La omicron è piccola e si ritrova anche in altri bolli rinvenuti a Ischia (dove talora compare una traccia del trascinamento
del punzone). L’abbreviazione del secondo nome, ΑΡι, potrebbe essere riconducibile al gruppo AP, APIΣ,
APICT, APICTO precedentemente trattato.
Un bollo εΥΞεΝΟΥΑΡι proviene da Napoli, dove è documentato in contesti degli inizi del III secolo a.C., forse su
anfora tipo V 119.
Su monete argentee di Neapolis datate al 317/310-300 a.C. compaiono le sigle εΥΞ e AP 120.
Tipologia delle anfore: tipo V (Napoli).
Analisi: il campione da Ischia appartiene al gruppo mineralogico IIIc, l’esemplare da Napoli - AMN 2 - al gruppo
mineralogico IIa e all’insieme chimico F. I gruppi mineralogici di appartenenza sono gli stessi del bollo precedente.
Località
Ischia - scarico Gosetti
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
ΕΥΞΕΝΟΥΑΡΙ II B.30 (A 20) A 20
Gr. IIIc
Napoli
EYΞENOY API
tipo V
* Bollo εΥΞεΝΟΥΑΡι
NNA 2 AMN 2
Insieme F
NNA 2
Gr. IIa
Do c u m e n tat o a:
Immagine
II B.30
– Napoli (Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.);
– Relitto della Secca di Capistello (anfora tipo V, Olcese,
studi in corso);
– Selinunte (Salinas 1884, p. 329 n. 767);
– Selinunte (?) (Museo di Palermo, inv. 48031);
– Eraclea Minoa (con Ω finale, forse un genitivo) (De
Miro 1958, p. 282, n. 24);
– Licata (IG XIV, 2393, 257 b, desinenza in u);
– Gela (Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 360 n. 11
e fig. 5 p. 361; [--]YΞEΛΩ, con omega, forse letto
male, simile al bollo delle anfore della Secca di Capistello;
S. Giunta, studio in corso e cap. VIII, p. 289).
estratto

124 c a p i to l o v
EΛ
Il bollo è documentato su 15 anse di anfore greco italiche, rinvenute in prevalenza nell’area della fornace di Santa
Restituta; il digamma a traverse orizzontali, che si ritrova anche in Sicilia, secondo il Dubois è da ricollegare agli Eubei
della costa tirrenica o agli Oschi dell’interno 121; costituisce la prima lettera del bollo e si ritrova anche da solo inciso su
un’ansa di anfora (cat. I B.78) 122. Il segno (come nel successivo bollo IBI) è molto probabilmente utilizzato per rendere,
in caratteri greci, il suono U consonantico della lingua latina. La E è legata in basso alla Λ, in quasi tutti i bolli.
Il bollo compare a Santa Restituta anche sulla parte posteriore della matrice di una maschera, impresso molto leggermente
tanto da non esser più quasi visibile. EΛ è attestato anche su un’anfora greco italica tipo IV di Napoli,da
un contesto di inizi III secolo a.C. 123 e su un frammento di anfora greco italica simile al tipo III (?) che ho potuto vedere
tra i materiali del Museo di Palermo, provenienti forse da Selinunte 124.
Il nome non è greco; non è chiaro se appartenga a una persona di origine osca o se si tratti del prenome etrusco VEL 125; il
gentilizio Velcaeus è attestato come graffito (VelXaie) su di una coppa in vernice nera dal Museo Nazionale di Napoli 126.
Su monete di bronzo datate verso il 250-210 a.C. compare la scritta EΛEXA, il nome di una città conosciuta solo attraverso
la sua monetazione - si è ipotizzato in passato che si trattasse del villaggio di Pallica tra Atella e Napoli 127.
Non è chiaro infine se ci sia un rapporto tra questo bollo e i bolli CE su greco italiche, probabilmente di tipo VI, da
Mas Castellar-Pontós 128.
Tipologia delle anfore: due degli esemplari di Santa Restituta corrispondono ai tipi III/IV e IV 129 (tav. 18). A Napoli il
bollo è impresso su di un’anfora tipo IV, mentre l’esemplare di Selinunte sembra un tipo III.
Analisi: gli esemplari sottoposti ad analisi chimica (ISC 647 e 648) cadono nel gruppo D, probabilmente locale. L’analisi
mineralogica effettuata su di un unico campione (SR 1473) ha permesso di collocarlo nel gruppo mineralogico I.
Località
Ischia - S. Restituta
ΕΛ
tipi III/IV e IV
Ischia - scarico Gosetti
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I B.79 (SR 1473-247235-A
16)
I B.80 (= I A.22) (247236)
I B.81 (247231-AR 96)
I B.82 (RI 1)
I B.83 (247230-M 157)
I B.84 (247229-AR 95)
I B.85 (247232-AR 97)
I B.86 (247233-SR 1474-
AR 98)
I B. 87 (RI 2)
I B.88 (s.n. inv.)
I B.89 (= I A.14) (247237)
I B.90 (M 86-AR 101)
I B.91 (100)
I B.92 (AR 104)
ΕΛ II B.31 (A 58)
Analisi
chimica
ISC 648
Gr. D
ISC 647
Gr. D
Analisi
mineral.
SR
1473
Gr. I
Immagine
I B.79
II B.31
estratto

Località
Napoli - scavi Metropolitana
EΛ
Tipo IV
Selinunte (?) - Museo di Palermo
ΕΛ
Tipo III (?)
IBI
48040
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 125
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Do c u m e n tat o a:
Immagine
48040
– Napoli (Febbraro, Giampaola, Atlante c.s);
– Selinunte (?) - Museo di Palermo (inedito, visionato
direttamente).
estratto
Il bollo in questione è documentato su una tegola da Santa Restituta entro cartiglio ovale e si riferisce probabilmente
a un nome osco. Il digamma ha la forma di una parentesi quadra, la stessa che si trova anche nel bollo EΛ, per
rendere, in caratteri greci, il suono U consonantico della lingua latina (si veda sopra).
Interessante il confronto con un bollo analogo da Eraclea Minoa, IBIΩ, su ansa di anfora di tipologia sconosciuta, la
cui ultima lettera è un’omega e permette forse di riferire il bollo alla morfologia greca 130.
La sigla IBI appare anche su monete bronzee da Napoli (datate intorno tra il 320 a.C. e il 280) 131; su altre, di argento,
datate dopo il 300-241 a.C. 132, e di bronzo, datate al 320-280 compare l’abbreviazione I.
Analisi: l’unica analisi effettuata è mineralogica e riguarda l’esemplare da Eraclea Minoa che appartiene al gruppo
IIIb.

126 c a p i to l o v
Località
Ischia - S. Restituta
IBI
Su tegola
Eraclea Minoa
IBI Ω (?)
Retrogrado
ZOIΛ, ZΩ
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I Teg.3 (TR 6)
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
AG.S. 3908 EM 14
Gr. IIIb
Immagine
I Teg.3
AG.S. 3908
estratto
Il nome greco Ζωίλος, piuttosto comune, è molto frequente tra i bolli di Ischia. Va notata la discrepanza grafica
nell’uso dell’omicron e dell’omega nelle due diverse forme: undici esemplari sono attestati nella forma ZOIΛ
retrograda con omicron, mentre sono trentacinque i bolli nella forma abbreviata ΖΩ, con omega spesso senza
apici (oppure omicron ?), in cartiglio quadrangolare o rettangolare; quest’ultimo bollo è documentato anche su
una tegola da Santa Restituta.
Quasi tutti i bolli ZΩ sono stati rinvenuti nei pressi della fornace 6 (il nr. 1803 proviene dall’area tra il forno 4 e il 5,
mentre il 1509 viene dal forno 3).
Le anse con bollo ZΩ sono a sezione circolare e appartengono ad anfore di modulo piccolo e grande, mentre
quelle con bollo ZOIΛ sono apparentemente più piccole e hanno sezione circolare e talora ovale. Purtroppo a
Ischia non esistono esemplari diagnostici che consentano di risalire al tipo di anfora; il bollo ZΩ è conosciuto però
anche fuori da Ischia, ad esempio su di un’anfora intera tipo IV del relitto Filicudi F 133 e in diversi siti della Sicilia,
tra cui Gela 134.
I ritrovamenti consentono di datare l’anfora e il bollo al periodo compreso tra la fine del IV e gli inizi del III secolo
a.C.
Bolli ZΩI compaiono su alcune tegole di Lipari 135 e a Monte Iato, su anfore 136.
Il bollo ZOIΛ è documentato su anse di anfora a Napoli in un contesto di fine IV-inizi III secolo a.C. 137, a Siracusa 138
e a Eraclea Minoa 139, insieme ad altri bolli noti a Ischia.
È attestato un bollo Zωίλου anche nella Collezione dell’Università Cattolica di Milano 140; la zeta è retrograda e l’omega
lunata.
Uniscrizione di tarda età ellenistica rinvenuta a Napoli menziona uno Ζωίλος Ζωίλου 141, che aveva ricoperto la carica
di φρήταρχος, capo di una fratria 142. Una lapide da Napoli databile sempre ad età ellenistica nomina uno Ζωίλος
vincitore nei giochi pitici che il Kaibel identificava con il personaggio della lapide precedentemente citata, mentre la
Miranda sostiene che si tratti di un nome molto comune e propende per un’omonimia 143.
Una stele marmorea ed un’iscrizione dipinta della seconda metà del I a.C. ritrovata a Napoli, riportano il nome

i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 127
Zωίλου 144, evidentemente molto comune in quell’area e che ritorna anche su di una iscrizione di Metaponto datata
intorno al 250 a.C. 145.
Uno Ζωίλος Ζωίλου Κυμαĩος, infine, è documentato da un’iscrizione sepolcrale di Atene, datata al IV secolo
a.C. 146.
Tipologia delle anfore: tipo IV (relitto Filicudi F) (tav. 18).
Analisi: due campioni ΖΩ e ZOIΛ (ISC 638 e ISC 654) sottoposti ad analisi chimica, appartengono al gruppo D, di
origine locale. L’analisi chimica effettuata in un secondo momento (e per questo non inserita nella cluster) sembra
consentire l’attribuzione del campione di Gela (GL 4) allo stesso gruppo chimico delle anfore di Ischia bollate con
questo bollo.
Le analisi mineralogiche depongono a favore di un’origine comune di cinque esemplari bollati ΖΩ che ricadono nel
gruppo mineralogico I; tra essi alcuni provengono dalla Sicilia (GL 4, MSA 1, CLTB 2). Allo stesso gruppo mineralogico
appartiene anche il campione ZOIΛ da Eraclea Minoa.
ZΩ
Le anfore del relitto Filicudi F, bollate con questo bollo, appartengono al tipo IV (tav. 18).
Tutti i campioni analizzati appartengono al gruppo chimico D e al mineralogico I.
Località
Ischia - S. Restituta
Nr. catalogo /
Nr. inventario
ZΩ I B.104 (RI 14)
I B.105 (SR 1807)
I B.106 (RI 12)
I B.107 (A 35 - AR 140)
I B.108 (A 36)
I B.109 (s.n. inv.)
I B.110 (RI 16)
I B.111 (AR 123)
I B.112 (SR 1805)
I B.113 (SR 1804)
I B.114 (AR 134)
I B.115 (RI 11)
I B.116 (AR 121 - SR 175)
I B.117 (SR 175 - AR 122)
I B.118 (RI 10)
I B.119 (SR 175 - AR 143)
I B.120 (A 37bis - AR 119)
I B.121 (M 132 - AR 135)
I B.122 (SR 1509)
I B.123 (SR 1803)
I B.124 (1830 A)
I B.125 (247251)
I B.126 (AR 118)
I B.127 (RI 15)
I B.128 (SR 175)
I B.129 (AR 142)
I B.130 (RI 13)
I B.131 (RI 4)
I B.132 (AR 129)
I B.133 (AR 133)
I B.134 (RI 17)
I B.135 (SR 1818)
I Teg.4 (247285)
Analisi
chimica
ISC 638
Gr. D
Analisi
mineral.
SR 1509
Gr. I
SR 1803
Gr. I
Immagine
I B.109
I B.122
I B.123
I Teg.4
(su tegola)
estratto

128 c a p i to l o v
Località
Ischia - scarico Gosetti
Nr. catalogo /
Nr. inventario
ZΩ II B.32 (A 55 - V 5)
II B.33 (SG 342 - A 56)
II B.34 (A 57 - V 5)
Lipari - Filicudi F
ZΩ
Tipo IV
Caltabellotta
17621/F 20
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
ZΩ CLTB 2 CLTB 2
Gr. I
Licata - Monte S. Angelo
ZΩ MSA 1 MSA 1
Gr. I
Gela
ZΩ GL 4 GL 4 GL 4
Gr. I
ZOIΛ
Immagine
II B.32
17621/F 20
CLTB 2
MSA 1
GL 4
(da S. Giunta, tesi di dottorato)
estratto
Alcune anse di Ischia hanno un diametro più piccolo di quelle con bollo ZΩ, probabilmente perché di modulo ridotto.
Il bollo di Napoli, documentato forse su una greco italica tipo IV, proviene da un contesto di fine IV - inizi III secolo
a.C. 147.
Il campione ISC 654 cade nel gruppo chimico D; l’unica analisi mineralogica effettuata sull’esemplare di Eraclea
Minoa (EM 13) appartiene al gruppo mineralogico I.

Località
Ischia - S. Restituta
ZOIΛ
Retrogrado
Napoli - scavi Metropolitana
ZOIΛ
Tipo IV (?)
Eraclea Minoa
ZOIΛ
EM 57/9c
Retrogrado
* Bollo ZOIΛ
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 129
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I B.93
(247167-SR 173-AR 108)
I B.94 (SR 173-247170)
I B.95 (A 34)
I B.96 (247174-SR 173)
I B.97 (247168-AR 107)
I B.98
(247171-SR 173-AR 111)
I B.99 (247172)
I B.100
(247173-SR 173-AR 113)
I B.101 (247169-AR 110)
I B.102 (SR 173-AR 115)
I B.103 (AR 114)
641
Analisi
chimica
ISC 654
Gr. D
Analisi
mineral.
EM 13
Gr. I
Do c u m e n tat o a:
Immagine
I B.95
EM 57/9c
641
(da De Miro 1958, fig. 50 n. 13)
– Napoli (ZOIΛ, Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.);
– Velia (ZΩ su una tegola, Gallo 1966, p. 377 n. 86, Ω
lettere con caratteristiche diverse);
– Filicudi F (ZΩ, anfora 17621/F 20, Olcese, studi in
corso);
– Monte Iato (ZΩI,13015, comunicazione di M. Palaczyk);
– Caltabellotta - S. Benedetto (Ag) (ZΩ, inedito, visionato
direttamente);
– Eraclea Minoa (ZOIΛ, De Miro 1958, fig. 50 n. 13 e
visionato direttamente, non è certo se si tratti di due
esemplari diversi o dello stesso);
– Poggio Marcato di Agnone (ZΩ, inedito, visionato direttamente
nei magazzini del museo di Licata);
– Licata - Monte Sant’Angelo (ZΩ, inedito, visionato direttamente
nei magazzini del museo);
– Gela (ZΩ, Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 352, fig.
11 nr. 2, p. 361 fig. 5; S. Giunta, studio in corso e cap.
VIII, p. 289);
– Siracusa (ZOIΛ, IG XIV, p. 578 n. 261).
estratto

130 c a p i to l o v
ΘEΩN
È documentato un unico esemplare con impasto apparentemente un po’ diverso da quelli più comuni a Ischia.
Non è chiaro se si tratti di un antroponimo o di una indicazione di marca di proprietà “divina”, così come ipotizzato
a proposito di un’iscrizione ΘεΩ[ ] dipinta in nero su un cratere di fabbricazione locale proveniente dalla tomba 168
di Pithecusa del 725 a.C. circa 148.
Località
Ischia - S. Restituta
ΘΕΩΝ
Retrogrado
IEPΩ
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I B.136
(SR 189-247311-AR 163)
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
I B.136
Da riportare forse al nome Ἱέρων. Il bollo è in cartiglio rettangolare. L’omega ha i tratti della base allargati (come nel
bollo BIΩ della Secca di Capistello).
Il bollo è documentato a Lilibeo - IEPΩ 149 - a Cartagena - [I]EPΩ 150 - e nella necropoli di Lipari su tegola - IEPΩN - 151.
Se impresso su tegole si tratta forse di un contrassegno destinato al materiale da costruzione destinato ai santuari 152.
Non essendo state effettuate analisi, il bollo non è attribuibile con certezza ai gruppi individuati.
Tipologia delle anfore: l’esemplare di Cartagena su cui è apposto il bollo è classificato come tipo V-VI (datato però
dagli autori al 350-280 a.C. (?) ) 153. Garcίa Sánchez associa il bollo IEPΩ al tipo V 154.
Località
Ischia - S. Restituta
ΙΕΡΩ
Retrogrado
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I B.137 (247313-M 262-AR
16)
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
I B.137
estratto

Lilibeo
ΙΕΡΩ
Cartagena
[Ι]ΕΡΩ
Retrogrado
Tipo V-VI
IΣ
Località
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 131
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
(da Brugnone 1986, tav. XXI. 11 a)
(da Martín Camino 1996, p. 37)
Do c u m e n tat o a:
– Lipari Portinenti (IEPΩN su tegola, Cavalier,
Brugnone 1986, tav. XXXVI c);
– Lilibeo (Brugnone 1986, tav. XXI. 11 a);
– Cartagena (Martín Camino 1996, p. 37;
Marquez Villora, Molina Vidal 2005, p.
336).
Il bollo, di lettura incerta, impresso su ansa frammentaria non è ricollegabile ad un tipo preciso; corrisponde, ma
probabilmente si tratta di una casualità, alla sigla che si ritrova sulle monete in argento e in bronzo napoletane del
periodo 270-250 a.C. e di un gruppo di zecche campane, legate da un accordo di natura politico-finanziaria 155.
Analisi: l’analisi mineralogica permette di attribuire l’esemplare al gruppo mineralogico IIIc.
Località
Ischia - scarico Gosetti
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
IΣ II B.36 (A 53 bis) A 53b
Gr. IIIc
Immagine
II B.36
estratto

132 c a p i to l o v
KAPΠOY
Questo bollo è presente solo su di un’ansa di Lacco Ameno e la modalità di impressione, in negativo, è differente da
quella degli altri esemplari.
Un bollo ΚΑΡΠΟΥ è documentato anche ad Erice 156. Su di una lucerna rinvenuta ad Atri è impresso il bollo
KAPΠOΣ 157.
Località
Ischia - S. Restituta
Nr. catalogo /
Nr. inventario
ΚΑΡΠΟΥ I B.138 (247319)
ΛΟΥ, ΛΟΥΚΙΟΥ
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
I B.138
I bolli che seguono sono attestati solo su laterizi, nessuno dei quali proviene dall’area delle fornaci di Santa Restituta.
È interessante rilevare che una delle iscrizioni rinvenute a Ischia, una dedica ad Aristeo, nomina un μεγακλ[ῆς]
Λουκίου 158.
Su monete argentee di Neapolis, datate al 350-280 a.C. e al 300-241 a.C., è presente la sigla ΛΟΥ 159.
Località
Ischia - scarico Gosetti
ΛΟΥΚΙΟΥ II Teg.6 (27)
ΛΟΥΔΗ
Esposto al museo di Villa
Arbusto
MAIΩ
Nr. catalogo /
Nr. inventario
II Teg.5 (239127)
Analisi
chimico
Analisi
mineral.
Immagine
II Teg.5
estratto
Due bolli sono stati rinvenuti nello scarico Gosetti. Il cartiglio è rettangolare; il bollo è retrogrado e presenta alle
quattro estremità dei punti a rilievo (segni analoghi sono utilizzati per riquadrare i testi epigrafici nelle iscrizioni della
penisola sorrentina 160 oppure, più in generale, sono utilizzati come segni divisori 161).
Secondo il van der Mersch il nome μαίων è piuttosto raro al di fuori della zona di Napoli 162 e potrebbe trattarsi di un antroponimo
osco grecizzato 163; il bollo potrebbe corrispondere al genitivo di μαίος o essere il nominativo di μαίων 164.
Un’iscrizione greca di Lacco Ameno (IG XIV 894), oggi perduta, da riportare secondo il Cassola al III secolo a.C.,
nominava un μάιος Πάκυλλοu, uno dei due arkontes dal nome osco grecizzato che avrebbero innalzato un muro di
fortificazione nell’area di Monte Vico 165.
Su un’anfora della necropoli di San Montano (da una tomba datata tra il 750 e il 730 a.C.) compare un graffito interpretato
come μαίο[νος] (?), da un nominativo μαίων 166.
A Lacco Ameno è attestato anche un altro bollo con desinenza in -ιω, cioè ΩΟιΩ; a questi bolli si aggiungono NOIΩ
(da Antibes 167 e da Eraclea Minoa 168) e, forse, NIΩ (da Aleria 169), sempre su anfore greco italiche.

Località
Ischia - scarico Gosetti
MAIΩ
Retrogrado
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 133
Nr. catalogo /
Nr. inventario
II B.37 (s.n. inv.)
II B.38 (A 25)
MAK, MAKKOΣ, MAKKOY
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
II B.37
II B.38
Un unico bollo MAKKOY da S. Restituta, entro cartiglio rettangolare, è forse riconducibile a un nome osco al genitivo
170. Un altro bollo in forma abbreviata MAK, retrogrado, proviene dallo scarico Gosetti. Un bollo ΔHMAK, infine,
si trova su una tegola da una tomba ellenistica della necropoli 171; su un’altra tegola della stessa tomba è presente il
bollo εΡ retrogrado. A Napoli è documentato il bollo μΑΚΚΟΣ (o con omega ?), per intero, su anfora greco italica tipo
VI da un contesto di fine III - inizi II secolo a.C. 172; il bollo MAK compare anche in Sicilia su di un’ansa di anfora da
Morgantina 173 e a Lilibeo 174. Un graffito MAK è attestato a Sorrento su di una coppa in ceramica a vernice nera 175.
Si potrebbe trattare di un nome proprio μάκκος, Maccus, lo stesso utilizzato nella commedia atellana. Su monete
di bronzo attribuite ad Acerra e datate intorno alla metà del III secolo a.C. è documentata l’iscrizione Makkiis, che
fa riferimento forse a un magistrato 176; secondo il Cassola si tratta di cittadini di origine osca che diressero l’attività
della zecca (Makkiis, Maakkiis = Maccius su monete di IV e III secolo a.C.) 177. La famiglia dei Maccii è documentata
anche a Pompei, dove è considerata di origine sabellica 178.
Tipologia delle anfore: tipo VI (Napoli) 179.
Analisi: l’analisi mineralogica effettuata ha consentito di stabilire la possibile appartenenza del campione A 53a al
gruppo mineralogico IIIc.
Località
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Ischia - S. Restituta
MAKKΟY
Ischia - scarico Gosetti
I B.139 (s.n. inv.)
ΔH MAK (?)
II B.39 (A 53) A 53a
Retrogrado
Gr. IIIc
Ischia - necropoli di San Montano
ΔH MAK
III Teg.3 (tomba 123)
Retrogrado
Napoli - scavi Metropolitana
MAKKOΣ (o MAKKΩΣ ?)
Tipo VI
Immagine
II B.39
III Teg.3
estratto

134 c a p i to l o v
MAMAPKOY, ΔHMAMAP
Su laterizi (coppi) di Ischia compare il bollo ΔHMAMAP 180 che è forse da ricollegare all’altro, MAMAPKOY, genitivo
singolare di Ϻάμαρκος, attestato negli scavi di Santa Restituta su anfora greco italica di tipo III. L’impasto dell’anfora,
che non è stata sottoposta ad analisi, è un po’ differente da quello che si ritrova di solito nelle anfore locali.
I caratteri del bollo MAMAPKOY su anfora sono piccoli e “pieni”, diversi da quelli solitamente attestati sulle greco
italiche rinvenute a Lacco Ameno e diversi anche da quelli del bollo impresso sul coppo I Teg.6; i bolli si trovano
entro un cartiglio rettangolare che si assottiglia verso il fondo. I caratteri del bollo sul coppo, chiari, distanziati e ben
leggibili, sono simili a quelli dello stesso bollo documentato su di unanfora greco italica rinvenuta a Gela 181 (il sito è
abitato nel periodo circoscritto tra il 339/338 e il 282 a.C.).
Ϻάμαρκος è la versione greca del prenome osco Mamereks 182. Il nome è attestato a Napoli 183; è inoltre graffito
sull’esterno di una coppa a vernice nera rinvenuta a Pontecagnano e datata tra la fine del V e gli inizi del IV secolo
a.C. 184.
Il bollo [--]MAPKΩ su anfora conservata nel Museo di Palermo e proveniente forse da Selinunte ha caratteri ancora
diversi e appiattiti 185. Un’anfora greco italica da Mas Castellar-Pontós datata al 200-175 a.C. reca un bollo frammentario
MAM[- -]O[- - -] 186 (non inserito nella carta perché incerto).
Tipologia delle anfore: tipo III (Ischia, Santa Restituta) (tav. 18).
Analisi: l’unico campione analizzato chimicamente si colloca alla fine della cluster, in posizione marginale.
Località
Ischia - S. Restituta
ΜΑΜΑΡΚΟΥ
Retrogrado
Tipo III
Ischia - scarico Gosetti
[Μ]ΑΜΑΡΚΟΥ
Retrogrado
Selinunte (?) - Museo di Palermo
[MA]MAPKΩ (?)
Retrogrado
Gela
MAMAP
Retrogrado
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I B.140 (= I A.2)
(SR 1472-AR 188)
II B.40 (SG 282)
48050
s.n. inv.
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
I B.140
II B.40
48050
(da S. Giunta, tesi di dottorato)
estratto

Località
Ischia - S. Restituta
ΔHMAMAP
Retrogrado
su coppo
Ischia - scarico Gosetti
ΔHMAMAP
Retrogrado
su coppo
Esposto al museo di Villa
Arbusto
* Bollo ΔHMAMAP
NYMΠO, NYMΦOΔAIOΣ
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 135
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I Teg.5 (247286-TR 5)
Analisi
chimica
I Teg.6 (TR 4) ISC 641
fine cluster
II Teg.7 (239128)
II Teg.8 (239130)
Analisi
mineral.
Do c u m e n tat o a:
Immagine
I Teg.6
II Teg.8
– Monte Iato (comunicazione di M. Palaczyk);
– Selinunte (?) (inedito, visionato direttamente al Museo
di Palermo);
– Gela (Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 352, fig. 11;
S. Giunta, studio in corso e cap. VIII, p. 289).
estratto
Documentato su tegole e coppi, preceduto dalla sigla ΔH 187, il nome troncato è forse da collegare al bollo
NYMΦOΔAIOY, dato dalle Ninfe, impresso a Ischia su un’anfora dello scarico Gosetti (n. II B.42 del catalogo) o ad
altri nomi analoghi (la Π di NYMΠO corrisponde alla Φ, per la perdita di aspirazione tipica del dialetto ionico). Su
tegole di Lipari e a Erice è attestato il nome NYMΦΩΔΩPOΣ 188.
A Elis sono state rinvenute numerose anse di anfora con bollo NYMΦ, insieme ad altri bolli di possibile importazione
dalla Magna Grecia; per il bollo ΝΥμΦ vengono riportati confronti con esemplari da Siracusa e Akrai 189.
Non è possibile stabilire se ci sia un rapporto tra questi bolli e i bolli NY da Marsiglia 190 e [ ]YM apposto su una greco
italica, probabilmente recente, da Lattes 191.

136 c a p i to l o v
Su monete napoletane posteriori al 250 a.C. compare l’ abbreviazione NY 192, documentata anche su monete bronzee
da Neapolis datate tra il 300 e il 260 e il 250 e il 200 193.
Località
Ischia - scarico Gosetti
ΝΥΜΦΟΔΑΙΟΥ
NY[ ]
Nr. catalogo /
Nr. inventario
II B.42 (A 63)
II Teg.13 (s.n. inv.)
ΝΥΜΦΩΝ II B.43 (SG 296-A 64)
ΔHNYMΠΟ
Su coppo
ΔHNYM[ ]
Su coppo
Esposto al museo di Villa
Arbusto
[ ]HMYMΠO
Su coppo
Esposto al museo di Villa
Arbusto
ΔHNYΨI
II Teg.10 (V 5 - T 14)
II Teg.11 (239132)
II Teg.12 (239133)
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
II Teg.10
II Teg.11
II Teg.12
estratto
NYΨI è da collegare forse al prenome osco Νύμψιος che è documentato a Ischia sull’iscrizione detta di Lacco, pietra
oggi scomparsa che risale, secondo il Maiuri, al periodo della prima occupazione napoletana di Ischia. L’iscrizione ricordava
l’innalzamento di un muro di fortificazione e riportava i nomi osci grecizzati dei due comandanti: uno di essi è
Πάκιος Νυμφίος o Νυμψίου (a seconda della lettura proposta), arconte 194.
Secondo il Salomies, il nome Núμψιος e la variante Ny(m)psios, molto comuni a Napoli, possono essere collegati
all’italico Nium(p)sis = Numasios > Numerius 195.
Il nome Νύμψιος è attestato a Napoli: un Νύψιος Νεαπολίτης, ad esempio, militò come comandante dei mercenari
sotto Dioniso il Giovane nel 356 196.
Ci si chiede se il nome sia collegabile al Nymphius, princeps civitatis che consegnò nel 326 a.C. Neapolis ai Romani
197, come per i bolli del gruppo XAP, XAPI, XAPIΛεΩ, descritti oltre.
Un confronto diretto ha permesso di confermare che il bollo da Ensérune, Νύμψι o Νύμψιος 198, su anfora greco
italica, ha un impasto di tipo simile a quello delle anfore di Ischia/Napoli. L’anfora di Ensérune proviene da un silos
dell’insula IX, un contesto datato alla fine II/I a.C. 199; sempre a Ensérune è documentato anche un bollo di provenienza
sconosciuta con abbreviazione NY, con la Y che sormonta la N 200, simile alla sigla delle monete di Neapolis
(si veda la tabella 2 del capitolo IV).
Un bollo Νγμψι, con N retrograda, è attestato a Acris 201.
Alcune iscrizioni di III secolo a.C. del Serapieion C di Delo nominano un Agathon di Nympsios Petelinos 202.
Su iscrizioni latine di Capua 203 e di Casapulla 204, infine, compare il gentilizio Numpsius (Q. Numpsi, in caratteri latini).
Analisi: è stato effettuato un unico prelievo, dall’anfora di Ensérune; l’analisi chimica ha permesso di attribuirla all’insieme
E.

Località
Ischia - S. Restituta
ΔHNYΨI
Retrogrado
su tegola
Ensérune
NYMΨIOC
Frammento di spalla, collo e
ansa (tipo IV ?)
ΞEN
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 137
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I Teg.8 (1712)
Analisi
chimica
1952.345, silos 3 ENS 13
Insieme E
Analisi
mineral.
Immagine
I Teg.8
1952.345
Dalle fornaci di Santa Restituta provengono 16 bolli ΞEN (di cui alcuni dalla fornace 3, come risulta dagli inventari
di Don Pietro Monti), uno solo dallo scarico Gosetti, dove è attestato anche il bollo ΞεΝΩΝ 205, che ha però caratteri
differenti (si veda oltre). Le anse sono massicce e a sezione vagamente triangolare.
Il bollo ΞEN è in cartiglio quadrangolare impresso profondamente, appena sotto il gomito, oppure perpendicolarmente
allansa; in alcuni casi è conservato il segno lasciato dall’estremità del punzone. Le lettere hanno più o meno la
stessa altezza, la Ξ è costituita dai tre tratti orizzontali (mentre nel bollo ΞεΝΤΡε, descritto oltre, i tratti sono attraversati
dalla barra verticale); la E ha il tratto mediano più corto degli altri.
Uno dei bolli - il n. 1598 (n. cat. I B.156) - è stato trovato sul fondo della fornace 3 206.
Il nome ΞEN è, in alcuni bolli, associato al nome ΤΡε (si veda oltre).
Tipologia delle anfore: un bollo ΞEN è apposto su di un’anfora, da Ischia, Santa Restituta, di tipo IV, di cui è conservato
l’orlo e il collo (I B.142) (tav. 18).
Analisi: il bollo, sottoposto ad analisi chimica, va a cadere nel gruppo chimico D; l’analisi mineralogica conferma
l’appartenenza del bollo al gruppo mineralogico I.
Località
Ischia - S. Restituta
ΞΕΝ
Tipo IV
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I B.141 (247182)
I B.142 (= I A.11) (RI 24)
I B.143 (247175-AR 151-
SR 174?)
I B.144 (247183-SR 174-AR 147)
I B.145 (M 78)
I B.146 (RI 21)
I B.147 (RI 20)
I B.148 (247179-M 154)
I B.149 (247178-AR 146)
I B.150 (247176-AR 152)
I B.151 (247180)
I B.152 (247177-M 154-AR 144)
I B.153 (M 158-AR 159)
I B.154 (247181-M 154-AR 153)
I B.155 (SR 174-AR 149-
247184)
I B.156 (1598)
Analisi
chimica
ISC 642
Gr. D
Analisi
mineral.
ISC 642
Gr. I
Immagine
I B.141
I B.142
I B.155
estratto

138 c a p i to l o v
Località
Ischia - scarico Gosetti
Nr. catalogo /
Nr. inventario
[Ξ]ΕΝ II B.44 (SG 294)
Selinunte (?) - Museo di Palermo
ΞΕΝ 48036
ΞEN TPE
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
Tra le anse bollate di Ischia, almeno otto recano questo bollo retrogrado; tutte sembrano derivare per lo più dalla
stessa matrice. Si tratta di anse a sezione triangolare, alcune appartenenti ad anfore di modulo piccolo. Il cartiglio è
rettangolare, profondo, talora con angoli arrotondati. Nella lettera Ξ i tratti orizzontali sono attraversati da una barra
verticale.
Il bollo è formato dall’abbreviazione di un nome greco e di uno osco associati 207 (si veda più avanti il bollo TPE). Una
delle anse bollate è stata rinvenuta all’interno della fornace 3 (M 105, n. cat. I B.162) insieme a un bollo AΡIΣTOK e ad
un bollo che raffigura un’anforina; un’altra era “incollata” al piano di cottura della fornace 5 (ISC 621, n. cat. I B.159).
Il bollo è probabilmente documentato anche in Sicilia, proveniente forse da Selinunte (materiale conservato al Museo
di Palermo, visionato direttamente) e a Segesta, anche se la lettura che ne viene data, ΞEN TII, non consente di
affermarlo con certezza 208.
Analisi: i due campioni analizzati cadono entrambi nel gruppo D, probabilmente locale. L’analisi mineralogica è
stata effettuata su tre campioni che, pur rivelando differenze tessiturali, sono da riportare al gruppo mineralogico
I.
Località
Ischia - S. Restituta
ΞΕΝ TPE
Retrogrado
I B.157 (1832)
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I B.158 (M 158 bis)
I B.159 (1507)
Selinunte (?) - Museo di Palermo
ΞΕΝ TPE
Retrogrado
I B.160 (264)
I B.161 (AR 156)
I B.162 (M 105-AR 157)
I B.163 (M 158-AR 159)
I B.164 (AR 160)
48043
Analisi
chimica
ISC 650
Gr. D
ISC 621
Gr. D
Analisi
mineral.
SR 1832
Gr. I
ISC 650
Gr. I
ISC
621/621
bis
Gr. I
Immagine
I B.157
I B.158
48043
estratto

Segesta
ΞΕΝTII (?)
* Bollo ΞEN
ΞENΩN
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 139
(da Garozzo 1999, fig. 172)
Il bollo in cartiglio rettangolare è apposto alla base dell’ansa, allo stesso modo di altri bolli su greco italiche da siti
diversi (ad esempio quelli delle greco italiche tipo IV del relitto Filicudi F).
I caratteri (grandi e ben leggibili) e il modo di bollare sono diversi da quelli dei bolli ΞEN e ΞENTPE, precedentemente
descritti. In questo bollo la Ξ è costituita da tre tratti orizzontali mentre nel bollo ΞENTPE la Ξ è attraversata dal tratto
verticale.
Non è chiaro se ci sia un rapporto tra questo bollo e quello rinvenuto a Erice, ΞεΝΩΝOΣ 209.
Analisi: il campione analizzato chimicamente appartiene all’insieme E.
Località
Ischia - scarico Gosetti
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
ΞΕΝΩ[Ν] II B.45 (s.n. inv.) ISC 692
Insieme E
Do c u m e n tat o a:
– Segesta (letto ΞεΝTII, Garozzo 1999, p. 314, n. 46,
fig. 172);
– Selinunte (?) (inedito, visionato direttamente al Museo
di Palermo).
Analisi
mineral.
Immagine
II B.45
estratto

140 c a p i to l o v
OBI, ΔHOBI
Il bollo è documentato su due tegole, in un caso preceduto da ΔH.
Il nome osco OBI(OS) (?) potrebbe corrispondere al prenome Ovius, attestato a Pompei e a Capua 210.
Località
Ischia - S. Restituta
OBI
Su tegola
Ischia - scarico Gosetti
OB[I]
ΔΗ [O]BI
Su tegola
ΠAP
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I Teg.9 (M 145-TR 2)
II Teg.15 (s.n. inv.)
II Teg.14 (s.n. inv.)
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
I Teg.9
estratto
Si tratta di uno dei bolli più documentati a Ischia nell’area delle fornaci (35 anse bollate solo nell’area delle fornaci di
Santa Restituta e 5 tra i reperti di scarico Gosetti), alcuni dei quali provengono dal fondo della fornace 3. Dalle misure
delle anse si potrebbe ipotizzare lesistenza di moduli diversi (medi e piccoli).
Le matrici sono diverse e il bollo in qualche caso è retrogrado. La Π è per lo più trilineare, in qualche caso curvilinea 211;
nelle iscrizioni della penisola sorrentina - Vico Equense, Nocera e Sorrento - questa lettera è rappresentata in maniera
diversa ma fondamentalmente le due varianti hanno tratti lineari (Vico Equense) o ad occhiello (Sorrento) 212.
Nei bolli di Ischia la alfa ha spesso la barra spezzata, talora diritta (almeno 12 esemplari da Santa Restituta). In alcuni
casi esiste uno stacco tra la lettera Π e le altre due in nesso (AP). In qualche bollo la rota è staccata con occhiello
rotondo, simile ad alcuni dei bolli delle anfore della Secca di Capistello (si vedano le immagini qui di seguito).
A Erice è documentato un bollo ΠAP 213. Un altro bollo ΠAP, da matrice diversa da quella di Santa Restituta, è presente
su anfore greco italiche di tipo V del relitto della Secca di Capistello e, forse, tra i materiali della necropoli di
Portinenti a Lipari 214. L’antroponimo ΠAP è documentato anche su mattoni di Velia 215.
Tra i materiali di Ischia/scarico Gosetti è conservato anche il bollo ΠAPH che, per la grafia e per l’impasto differente,
è stato tenuto separato.
A Eraclea Minoa è documentato un bollo ΠAPME 216 che, forse, ma non è certo, potrebbe costituire un’integrazione
dei bolli di Ischia; le lettere e la matrice sembrano però differenti da quelle del bollo qui descritto e per questo è stato
isolato dagli altri bolli del gruppo. Anche su monete di Neapolis compare la sigla ΠAPME 217.
È interessante notare che alcune coppe a vernice nera trovate nel sud della Francia (Ensérune), datate intorno al 250
a.C., riportano il bollo ΠAP 218 (fig. IX.1); le lettere, però, separate tra loro da segni di interpunzione, hanno una grafia
diversa, la rota ad esempio ha la parte superiore a triangolo (come alcune iscrizioni di Vico Equense 219). A Lattes un’anfora
greco italica di tipo recente reca un bollo ΠAP ma la grafia è differente (rota ha l’occhiello appuntito) 220.
La sigla ΠΑΡ (o ΓΑΡ ?) in monogramma è documentata su didrammi d’argento (fig. IV.7c).
Sia nel caso delle monete che per il bollo delle anfore è possibile che si tratti dell’abbreviazione di nomi di personaggi
privati o pubblici; numerosi sono i nomi che iniziano con le tre lettere, ma Παρμένων è forse il più probabile 221. Inoltre,
pur rimanendo nel campo delle ipotesi e in mancanza di effettivi riscontri, potrebbe venire spontaneo associare
la sigla ΠAP al nome ΠΑΡΘεΝΟΠΗ che Tolomeo (Georg. III 1, 69) ricorda essere una delle isole del golfo di Napoli
prima che un centro della terraferma 222.

i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 141
ΠAPME potrebbe corrispondere sempre a Παρμένων oppure a Παρμε(νίδης), come ipotizzato dal Sambon per la
sigla apposta sulle monete 223.
Tipologia delle anfore: tipo IV (Ischia, Santa Restituta); tipo V (Secca di Capistello, si tratta però di bolli con matrice
diversa) (tav. 18).
Analisi: i campioni sottoposti ad analisi chimica da Ischia (ISC 747, 748 e 749) e da Lipari (ISC 774) cadono tutti nel
gruppo D, mentre il bollo ΠΑΡΗ, descritto di seguito, appartiene all’insieme F.
Le analisi mineralogiche effettuate sulle anfore ISC 749 e ISC 747 con bollo ΠAP di Ischia Santa Restituta consentono
di attribuirle al gruppo mineralogico I.
Il campione da Lipari-Portinenti (ISC 774), marginale al gruppo D, appartiene al gruppo mineralogico IIIb; il campione
dal relitto della Secca di Capistello (SC 8) appartiene al gruppo IIa.
Località
Ischia - S. Restituta
ΠΑΡ
Tipo IV
Retrogrado per la variante
con P a occhiello tondo
Ischia - scarico Gosetti
ΠΑΡ
Retrogrado per la variante
con P a occhiello tondo
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I B.165 (247210 - SR 171)
I B.166 (247213)
I B.167 (247214)
I B.168 (247218)
I B.169 (247221)
I B.170 (247222 - SR 171)
I B.171 (247223)
I B.172 (= I A.15) (A 7)
I B.173 (AR 85)
I B.174 (247211)
I B.175 (247208 - SR 171)
I B.176 (247219)
I B.177 (M 77)
I B.178 (247314 - SR 171)
I B.179 (247215)
I B.180 (247209-AR 184-
SR 171)
I B.181 (247220)
I B.182 (AR 84-247117)
I B.183 (247216)
I B.184 (247212)
I B.185 (M 176 - AR 86)
I B.186 (247207 - SR 171)
I B.187 (RI 6)
I B.188 (SR 171)
I B.189 (AR 90)
I B.190 (RI 26)
I B.191 (247224)
I B.192 (247225 - AR 63)
I B.193 (247226)
I B.194 (= I A.23) (247227)
I B.195 (247228-AR 67)
I B.196 (RI 5)
I B.197 (RI 7)
I B.198 (A 41 - AR 65)
I B.199 (66)
II B.46 (A 33)
II B.47 (SG 344)
II B.48 (SG 189-40)
II B.49 (A 37)
II B.50 (A 38 - V 5)
Analisi
chimica
ISC 749
Gr. D
ISC 747
Gr. D
ISC 748
Gr. D
Analisi
mineral.
ISC 749
Gr. I
ISC 747
Gr. I
Immagine
I B.172
I B.173
I B.194
II B.47
estratto

142 c a p i to l o v
Località
Lipari - Secca di Capistello
ΠΑΡ
Tipo V
Lipari - necropoli Portinenti
ΠΑΡ (ΠΑ[T]Ρ o ΠΑ[Γ]Ρ)
Tipo V
ΠΑΡME
Località
Eraclea Minoa
ΠΑΡME
Retrogrado
* bollo ΠAPME
12850
9044/73667
12830
12833
12838
12842
12864
12865
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
T.2431 (18349) ISC 774
Gr. D
651
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
SC 8
Gr. IIa
LP 4
Gr. IIIb
Analisi
mineral.
Do c u m e n tat o a:
Immagine
12850
Immagine
651
(da De Miro 1958, fig. 50 n. 10)
– Velia (su mattoni, Gallo 1966, p. 376);
– Secca di Capistello (Frey et al. 1978, pp. 288-289;
Olcese, studi in corso);
– Lipari necropoli di Portinenti (Campagna 2000, p. 470
n. 56 bollo ΠA (ΓΡ) (?), su tipo V datato alla prima
metà del III secolo a.C.);
– Erice, (Pellegrini 1887, p. 279 n. 631);
– Eraclea Minoa (ΠAPME, De Miro 1958, p. 281 n. 10).
estratto

ΠAPH
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 143
Il bollo, impresso capovolto e alla base dell’ansa, è un po’ diverso dai bolli ΠAP precedentemente descritti. Anche
l’impasto ha caratteristiche macroscopiche apparentemente differenti. I caratteri sono nitidi e l’alfa ha il tratto mediano
diritto. È attestato anche su di un’anfora appartenente forse al carico del relitto “Roghi” di Panarea (fig. VII.21c,
foto di D. Galassi).
Tipologia delle anfore: tipo V (relitto della Secca di Capistello) (tav. 19); tipo IV/V (?) (relitto Roghi 1 - Panarea - ?).
Analisi: il campione analizzato da Ischia (scarico Gosetti) appartiene all’insieme chimico F e al gruppo mineralogico
IIa; a quest’ultimo appartengono anche le anfore della Secca di Capistello con lo stesso bollo.
Località
Ischia - scarico Gosetti
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
ΠΑΡΗ II B.51 (SG 276) ISC 686
Insieme F
Lipari - Secca di Capistello
ΠΑΡH
Tipo V
12859
12852
12874
9010; 12424/73616; 12822;
12827; 12829/73645; 12834;
12836; 12837; 12869
Analisi
mineral.
ISC 686
Gr. IIa
SC 12859
Gr. IIa
SC 12852
Gr. IIa
SC 12874
Gr. IIa
Do c u m e n tat o a:
Immagine
II B.51
12874
– Secca di Capistello (con alfa a barra diritta e a barra
spezzata) (Frey et al. 1978, p. 289; Blanck 1978, p. 96;
Olcese, studi in corso);
– Roghi 1 (Panarea) (?).
estratto

144 c a p i to l o v
ΠOP
Ad Ischia il bollo ΠOP è documentato solo tra i materiali di scarico Gosetti e su una tegola di una tomba ellenistica
della necropoli 224, tomba in cui sono depositati anche unguentari fusiformi.
Un’anfora del relitto della Secca di Capistello (300-280 a.C.) è bollata forse con un bollo ΠOP, ma la matrice sembra
differente da quella di Ischia.
Tipologia delle anfore: tipo V (Secca di Capistello) (tav. 19).
Analisi: l’anfora della Secca di Capistello, analizzata mineralogicamente, è simile alle ceramiche del gruppo mineralogico
I; mentre l’anfora rinvenuta a Ischia sembra appartenere al gruppo mineralogico IIb.
Località
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Ischia - S. Restituta
ΠOP o ΠOY (?) I B.201 (AR 91)
Ischia - necropoli di San Montano
ΠOP III Teg.4 (tomba 48)
Lipari - Secca di Capistello
ΠOP (o ΠOΠ) (?)
Tipo V
ΠYΘE
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
I B.202 (A 44) A 44
Gr. IIb
12870 SC 12870
Gr. I
Immagine
I B.201
III Teg.4 (da Pithekoussai I, tav. 45, 48)
Solo due bolli ΠYΘE sono stati recuperati a Lacco Ameno, uno proviene da Santa Restituta e l’altro dal Monte
Vico. La Π ha i tratti lineari e il secondo tratto della epsilon è breve. Il nome potrebbe essere Πυθέας, documentato
anche a Puteoli, in Sicilia e a Taranto, oltre che in diverse località della Grecia 225.
È verosimile che questo bollo abbia a che vedere con il bollo ΠYΘEA impresso sulle anfore tipo IV del relitto Filicudi
F, i cui caratteri sono molto nitidi e precisi (si veda oltre il capitolo VII), mentre è poco probabile che ci sia un collegamento
con il bollo ΠYΘΟ, da Morgantina, su ansa di greco italica 226.
Su un laterizio da Velia si trova la sigla ΠYΘ 227, mentre un’iscrizione su un rilievo ora al Museo di Napoli contiene, tra
gli altri, nomi analoghi 228. Su un’iscrizione tarda da Puteoli è attestato il nome Pytheas con caratteri latini 229.
Località
Ischia - S. Restituta
Nr. catalogo /
Nr. inventario
ΠΥΘΕ I B.203 (247315-AR 162)
I B.204 (AR 138 bis-AR
182 bis)
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
12870
Immagine
I B.204
estratto

ΣATYPOY (o ΣATYP•V ?)
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 145
Bollo ben impresso su anfora greco italica tipo V, dallo scarico Gosetti, corrisponde probabilmente al genitivo di
Σάτυρος, con omicron piccola (come è caratteristico dal IV secolo a.C. 230), sigma a tratti divaricati e rota ad occhiello
rotondo. Se si tratta di due nomi separati da un punto, ipotesi meno verosimile, la V potrebbe essere l’iniziale di un
nome in latino. Il punto di separazione dei nomi compare anche in altri bolli di Ischia (APIΣT•XAP, ad esempio). Tra
le anfore greco italiche di Pech Maho, una reca il bollo Λ·ΒІ 231 che contiene forse una la lettera V impressa in senso
contrario (o una lambda ?), un punto di separazione e la sigla BI 232. Tra i bolli della Troade della metà o terzo quarto
del III secolo a.C. esiste un Σάτυρoυ di produzione locale 233.
Non è possibile stabilire se ci sia un rapporto tra questo bollo e la gens dei Saturii 234, il cui gentilizio è raro. Tra le
iscrizioni del CIL è ricordato, tra gli altri, un Saturus Saturninus (CIL VI 9258, per quanto di pieno I secolo), che è
nominato tra i citrarii Neapolitani 235.
Tipologia dell’anfora: tipo V (Ischia, scarico Gosetti) (tav. 19).
Analisi: il campione analizzato appartiene all’insieme chimico E e al gruppo mineralogico IIIa.
Località
Ischia - scarico Gosetti
ΣΑΤΥΡΟΥ (o ΣΑΤΥΡ•V ?)
Tipo V
ΣI, ΣIM, ΣIMIA, ΣIMIAΣ
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
II B.52 (= II A.13) (SG 265) ISC 709
Insieme E
Analisi
mineral.
SG 265
Gr. III a
Immagine
II B.52
Non è chiaro se questi bolli di matrice differente siano da considerare insieme o se si tratti di abbreviazioni di nomi
diversi (e di produzioni eterogenee). Incerto poi è se vadano messi in connessione con il bollo ΣIMIA impresso su
anfore greco italiche tipo V/VI del relitto della Meloria, datato intorno alla metà del III secolo a.C. (per questo relitto e
la bibliografia si veda il capitolo VII).
A Napoli sono documentati bolli ΣI da un contesto della seconda metà del III secolo a.C., inoltre un bollo ΣIMIA e
persino due punzoni ΣIMIA provengono da un contesto di seconda metà del III secolo a.C. (tipo V/VI ?) 236.
In cartiglio rettangolare, forse da collegare ai bolli di Napoli e a quello del relitto della Meloria, è il bollo ΣIMIAΣ su di
un’ansa conservata al Museo di Palermo (proveniente da Selinunte ?).
Un bollo ΣIM (EM 7), apposto su di un’ansa frammentaria da Eraclea, è di probabile origine campana 237.
Il nome è documentato, tra gli altri, anche a Locri e in Sicilia 238. Il bollo ΣIM retrogrado è attestato anche su anfore
rinvenute a Salamina di Cipro e attribuite alla produzione di Corcira mentre un bollo ΣIMIAΣ è noto a Cartagine, su
di un’anfora forse rodia 239.
Tipologia delle anfore: tipo V/VI (Napoli, Eraclea Minoa, relitto Torre della Meloria) (tav. 19).
Analisi: il campione EM 7 appartiene al gruppo mineralogico I.
ΣI
Località
Napoli - scavi Metropolitana
ΣI
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
estratto

146 c a p i to l o v
ΣIM
Località
Eraclea Minoa
ΣIM
Tipo V/VI
ΣIMIA, ΣIMIAΣ
Località
Napoli - scavi Metropolitana
ΣIMIA
Tipo V/VI
Relitto Torre della Meloria
ΣIMIA
Retrogrado
Tipo V/VI
Selinunte (?) - Museo di Palermo
ΣIMIAΣ 47860
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
EM 77 EM 7
Gr. I
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
EM 77
Immagine
(da Bargagliotti et al. 1997)
Do c u m e n tat o a:
47860
– Napoli (Febbraro, Giampaola, Atlante
c.s);
– Selinunte (?) (inedito, visionato direttamente
nel museo di Palermo);
– Eraclea Minoa (inedito, visionato direttamente
nei magazzini del museo);
– Relitto Torre della Meloria (Bargagliotti
et al. 1997).
estratto

CTA, ΣTA, ΣTATI
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 147
Il bollo CTA (che è forse l’abbreviazione di un nome e di un gentilizio osco) con sigma lunato è documentato su di
un’ansa di anfora di Santa Restituta. Diverse sono le attestazioni del nome Cτατιοϲ in area campana 240.
La versione abbreviata ΣTA, con sigma a segmenti allargati e tau collegate nella parte superiore, compare su due
tegole della copertura di una tomba della necropoli, datata al IV secolo a.C. 241.
Il nome di Στατία μαμάρχου è attestato nelle iscrizioni dell’Ipogeo dei Cristallini a Napoli 242 ed è interessante
poiché associa due nomi presenti su bolli di Ischia e Napoli (si veda la scheda del bollo μΑμΑΡΚΟY in questo
catalogo).
Non è chiaro se ci siano rapporti tra l’abbreviazione in questione e il bollo ΣTAIΟΣ, impresso su di un’ansa da Erice 243
e su un’altra da Cartagine 244.
Un bollo ΣT con sigma non lunato è documentato anche a Gela, ma si tratta di un’anfora “corinzia B” 245.
La sigla ΣTA compare su monete napoletane d’argento datate tra il 325 e il 280 a.C. 246.
Se ipotizziamo che l’abbreviazione ΣTA sia da ricollegare ai nomi di una gens, a Capua e anche in molte zone del sud
Italia sono documentati gli Statii e gli Statilii, forse una gens lucana 247, mentre la gens Staia è una delle più eminenti
del Sannio agli inizi del III secolo 248.
Analisi: l’analisi mineralogica ha rivelato che si tratta di un campione diverso dagli altri analizzati.
Località
Ischia - S. Restituta
CΤΑ[ ]
Retrogrado
Ischia - scarico Gosetti
CΤΑΤΙ
Retrogrado
Esposto al museo di Villa
Arbusto
Ischia - necropoli di San Montano
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
I B.205 (s.n. inv.) IS 41
Loner
II B.53 (239122)
ΣΤΑ III Teg.5 (tomba 108)
Immagine
I B.205
II B.53
III Teg.5
estratto

148 c a p i to l o v
TINΘ,TINΘΩ (?)
TINΘ è uno dei bolli più attestati nell’area delle fornaci di S. Restituta (anfora greco italica tipo IV) e in un caso è forse
presente il bollo TINΘΩ, tra i materiali di scarico Gosetti. La matrice è per lo più retrograda e in un esemplare la bollatura
è doppia (fig. III.13i); sono attestati cartigli di misure diverse, alcuni grandi altri più piccoli.
Il bollo è impresso anche su più anse forse da Selinunte, conservate al museo di Palermo 249. La matrice dei bolli di
Ischia e quella dei bolli del Museo di Palermo sembra essere la stessa.
Il nome intero, forse di origine etrusca, era probabilmente Tίνθωρ, da ricollegare alla famiglia dei Tintorii/Tintirii 250; una
iscrizione di Napoli, dall’ipogeo della tomba D del sepolcreto di via Cristallini, ricorda un μάμαρχε Τίνθωρος, nome
che rivela una mescolanza di elementi greci, etruschi e oschi 251. I Tintirii ricorrono nei territori occupati dai Frentani, a
Herdonia, Tuder e presso i Ligures Baebiani 252.
Tipologia anfore: tipo IV (Ischia, Santa Restituta) (tav. 19).
Analisi: tre dei quattro campioni di Ischia analizzati chimicamente cadono nel gruppo D, considerato locale. Le due
analisi mineralogiche effettuate (ISC 637 e 734) consentono di attribuire le anfore al gruppo mineralogico I.
Località
Ischia - S. Restituta
TINΘ - TINΘΩ (?)
Destrorso e retrogrado
Tipo IV
Nr. catalogo /
Nr. inventario
I B.206 (A 37)
I B.207 (M 249-247296)
I B.208 (SR 1834)
I B.209 (1834)
I B.210 (= I A.13) (A 8 - AR
11 bis)
I B.211 (247295 - AR 7)
I B.212 (M 97-247294)
I B.213 (= I A.12) (247297-
M 263)
I B.214 (1830 B)
I B.215 (247291)
I B.216 (AR 21)
I B.217 (AR 22)
I B.218 (AR 23)
I B.219 (247292)
I B.220 (RI 18)
I B.221 (RI 25)
Analisi
chimica
ISC 646
Gr. D
ISC 734
Gr. D
ISC 637
Gr. D
ISC 645
fine cluster
Analisi
mineral.
ISC 734
Gr. I
ISC 637
Gr. I
Immagine
I B.206
I B.207
I B.211
I B.221
estratto

Località
Ischia - scarico Gosetti
TINΘ
Tipo IV (?)
Selinunte (?) - Museo di Palermo
TINΘ
Destrorso e retrogrado
Selinunte
TINΘ
Destrorso e retrogrado
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 149
Nr. catalogo /
Nr. inventario
II B.55 (= II A.6) (s.n. inv.)
48044
48054
48048
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Do c u m e n tat o a:
Immagine
II B.55
48044
48054
(da Salinas 1884, p. 329, nn. 653 e 358)
– Selinunte (Salinas 1884, p. 329, nn. 653, 358).
Al Museo di Palermo sono conservati 5 bolli TINΘ, di
provenienza incerta, forse da Selinunte.
estratto

150 c a p i to l o v
TPE, TPEBIΩ (?)
Il bollo TPE è documentato in percentuali basse tra i materiali di Santa Restituta e di scarico Gosetti, mentre tra i
materiali delle fornaci si ritrova più volte il bollo ΞEN TPE (si veda la scheda di questo bollo).
A Napoli il bollo TPE è apposto su anfora di tipo IV (?) e proviene da un contesto di fine IV - inizi III secolo
a.C. 253.
TPE, prenome osco troncato, è forse da mettere in collegamento con il bollo ΤΡεΒιΩ, molto diffuso in Campania e
in Magna Grecia 254 (si veda anche la scheda del bollo mutilo [---]εΒιΩ).
Bolli TPE, prevalentemente retrogradi, sono stati rinvenuti in diverse località della Sicilia, oltre che a Cartagine e a
Eusperides, in Cirenaica 255.
I bolli TPE, sia dal punto di vista della matrice che dell’impasto, non sembrerebbero aver nulla a che vedere con le
anfore bollate Trebio Loisio, da cui si distinguono anche in base all’analisi mineralogica. Un unico esemplare (ISC
691) appartiene allo stesso gruppo chimico dei bolli TR.LOISIO.
Di un certo interesse la presenza di un Τρέβιος, figlio di Zωίλος (nome tra i più attestati sui bolli di Pithecusa), a
Napoli, nell’ipogeo dei Cristallini 256.
Recenti ricerche effettuate sugli inventari del santuario di Delo 257 hanno contribuito a far emergere in maniera più
chiara la presenza “romana” a Delo intorno alla metà del III secolo a.C. Tra i nomi di coloro che hanno apposto una
dedica si ritrova un Trebius, negoziante in legno 258.
C. van der Mersch ricorda che esiste il vino campano Τρεβιλλικóς, di cui il bollo TPE potrebbe costituire il troncamento,
anche se è più logico pensare all’abbreviazione di un antroponimo, come l’Autore stesso propone 259.
Tipologia delle anfore: tipo IV (Napoli 260 e Gela 261) (tav. 20).
Analisi: le analisi chimiche effettuate consentono di attribuire il campione di Santa Restituta al gruppo D (ISC 694)
e gli altri due (da scarico Gosetti, ISC 691 e da Selinunte, ISC 785) all’insieme E.
In base alle analisi mineralogiche solo il campione ISC 694 da Santa Restituta è attribuibile con certezza a Ischia
(gruppo min. I). Gli altri ricadono in gruppi mineralogici differenti che sono però forse da collocare nel Golfo di Napoli.
Località
Ischia - S. Restituta
TPE
(non più reperibile)
Ischia - scarico Gosetti
TPE
Retrogrado
Napoli
TPE
Tipo IV (?)
Segesta
TPE
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
I B.222 (SR 1808) ISC 694
Gr. D
II B.56 (AG Go-63)
II B.57 (SG 295-A 24)
ISC 691
Sottogruppo
insieme E
Analisi
mineral.
ISC 694
Gr. I
IS 7
Gr. IIIa
1807 1807
Gr. IIa
Immagine
II B.56
(da Garozzo 1999, fig. 176)
estratto

Selinunte
TPE
Retrogrado
Località
Caltabellotta (AG)
TPE
Retrogrado
Eraclea Minoa
TPE
Retrogrado
Licata - Monte S. Angelo (AG)
TPE
Retrogrado
Gela
TPE
Retrogrado
Tipo IV
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 151
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
SL 13920 ISC 785
Insieme E
Analisi
mineral.
SL 13920
Gr. IIIc
s.n. inv. CLTB 1
Gr. IIa
EM 57/9 (644) EM 12
Gr. IIb
2654 MSA 2
Gr. IIa
s.n. inv. GL 26
Gr. IIa
Immagine
SL 13920
(da Salinas 1884, p. 329, n. 292)
CLTB 1
EM 57/9 (644)
MSA 2
(da S. Giunta, tesi di dottorato)
estratto

152 c a p i to l o v
[?]EBIΩ
Bollo in cartiglio rettangolare da Santa Restituta; le prime lettere non sono conservate, ciononostante è forse da
ricollegare al bollo TPEBIΩ a cui si è fatto cenno nella scheda precedente.
La lettura del bollo si deve a Don Pietro Monti che ne ha eseguito e pubblicato il disegno. La lettera B, con i due
occhielli separati, è molto simile a quella impressa su un peso da telaio prodotto localmente; la I ha la stessa altezza
della B mentre l’omega è più piccola, come si è notato in altri casi.
Il bollo TPEBIΩ è attestato su anfore tipo IV a Napoli, in contesti della fine IV - inizi III secolo a.C. 262.
Tipologia delle anfore: tipo IV (a Napoli 263).
Analisi: l’unico campione analizzato appartiene al gruppo chimico D.
Località
Ischia - S. Restituta
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
[?TP]EBIΩ I B.231 (M 88) ISC 652
Gr. D
Analisi
mineral.
Do c u m e n tat o a:
– Napoli (tipo IV (?), in contesti di fine IV/
inizi III secolo a.C.; Febbraro, Giampaola,
Atlante c.s.);
– Solunto (Museo e Garozzo 1999, p. 362);
– Segesta (Garozzo 1999, p. 316, n. 50,
fig. 176, n. 51, fig. 177);
– Selinunte (Salinas 1884, p. 329 n. 292,
impasto diverso dai soliti);
– Sciacca (Tirnetta 1978, p. 164);
– Caltabellotta - S. Benedetto (Ag) (inedito,
visionato direttamente);
– Eraclea Minoa (De Miro 1958, fig. 49 e,
fig. 50 n. 12, impasto diverso);
– Poggio Marcato di Agnone (2654) (inedito,
visionato direttamente nei magazzini
del museo di Licata);
– Licata - Monte S. Angelo (inedito, visionato
direttamente nei magazzini del museo)
(con impasto diverso dai soliti);
– Gela (da S. Giunta, studio in corso e
cap. VIII, p. 283);
– Cartagine, Byrsa (CIL 22637.103, vol.
VIII pars tertia, amphorae - Delattre
1894, p. 117 n. 49; Vegas 1991, p. 180
n. 34, p. 183 fig. 37, p. 208 fig. 45; Carton
1894, p. 191, n. 75, retrogrado);
– Eusperides (Göransson 2007, p. 130,
n. 239, p. 133);
– Tour Fondue (?) (Dangréaux in DRASSM
1996, fig. 90 n. 36).
Immagine
I B.231
estratto

[ ]YTΩ / ΩTY (?)
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 153
Non è del tutto chiaro se il bollo, in cartiglio ovale, sia costituito solo da tre lettere (come sembra) o se ce ne fosse
un’altra all’inizio, dal momento che non sono facilmente rintracciabili nomi che iniziano con le tre lettere YTΩ.
Se si trattasse di un bollo retrogrado ΩTY 264 potrebbe fare riferimento al tema dei nomi di uccelli (otos, otis) o al
nome di un gigante con Ω iniziale, ΩTYS, con una parte finale che non è conservata. L’omega è più piccola delle
altre lettere ed è come “sospesa”.
Tipologia dell’anfora: tipo III/IV (Ischia, scarico Gosetti) (tav. 20).
Analisi: il campione appartiene all’insieme chimico E e al gruppo mineralogico IIa.
Località
Ischia - scarico Gosetti
[ ]ΥΤΩ/ΩΤΥ (?)
Tipo III/IV
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
II B.67 (= II A.1) (SG 268) ISC 710
Insieme E
Do c u m e n tat o a:
– Napoli (tipo IV contesto con anfore di fine IV - inizi III
a.C., Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.);
– Erice (Pepoli 1885, tav. II, 6);
– Eloro (Militello 1966, p. 308 nota 1, il bollo è frammentario
come quello di Ischia).
Analisi
mineral.
SG 268
Gr. IIa
Immagine
II B.67
estratto

154 c a p i to l o v
ΦΙ, ΦΙΛΙΠΠOY
Il bollo ΦιΛιΠΠOY compare su un’anfora intera tipo VI della necropoli. È documentato anche a Erice 265 e a Segesta
266. Non esistono analisi e non è quindi possibile fare attribuzioni certe per questo bollo.
Un bollo frammentario [-]IΛιΠΠOY proviene da Mas Castellar Pontós 267.
Non è chiaro se il bollo Φι, impresso a Ischia su di un’anfora da Santa Restituta e su di un peso da telaio da scarico
Gosetti (L.T. 773), abbia a che vedere con il bollo ΦιΛιΠΠOY e con il bollo Φι inciso su alcune tegole di Lipari 268. Un
bollo Φι è attestato a Salamina di Cipro 269.
La sigla Φι è documentata anche su monete bronzee di Napoli datate al 320-280 a.C. 270, 240-210 a.C. 271 e 250-200
a.C. 272.
Tipologia delle anfore: tipo VI (Ischia, necropoli di San Montano) (tav. 20).
Località
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Ischia - S. Restituta
ΦΙ I B.223 (247316-AR 15)
Ischia - necropoli di San Montano
ΦΙΛΙΠΠOY
tipo VI
Erice
ΦΙΛΙΠΠ
Segesta
ΦΙΛΙΠΠOY
Mas Castellar Pontós
[Φ]ΙΛΙΠΠOY
III B.4 (= III A.5) (166192,
tomba 31)
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
I B.223
III B.4
(disegno da Pithekoussai I, tav. 38, 31)
(da Pepoli 1885, tav. VII.8)
(da Garozzo 1999, n. 178)
(da García Sánchez 1998, p. 233)
estratto

XAIPI
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 155
Il nome (Xαιρίων ?) deriva forse dalla base Xαιρ 273. Su di un’anfora di Cuma al Museo di Napoli è stato inciso un
graffito Xαιρίο (tre punti verticali) ειμί 274.
Il bollo XAIPI è attestato, con matrici diverse, anche in Sicilia, tra i materiali inediti di Eraclea e di Monte Sant’Angelo
di Licata (Museo, materiali inediti).
Su monete bronzee napoletane che appaiono dal 250 a.C. compare la sigla XAI 275.
Analisi: le analisi mineralogiche dei tre campioni da Santa Restituta ne consentono l’attribuzione al gruppo IIIb.
Località
Ischia - S. Restituta
Nr. catalogo /
Nr. inventario
ΧΑΙΡΙ I B.224 (247317-SR 188)
Eraclea Minoa
I B.225 (A 33-56)
I B.226 (A 32)
I B.227 (AR 14 bis-54)
XAIPI AG.S. 3873
Licata - Monte S. Angelo
XAIP[ ] (?) s.n. inv.
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
247317
Gr. IIIb
A 33
Gr. IIIb
A 32
Gr. IIIb
Immagine
I B.224
AG.S. 3873
estratto

156 c a p i to l o v
XAP, XAPI, XAPIΛA, XAPIΛEΩ
Sono stati qui riuniti alcuni bolli - presentati però di seguito singolarmente - che potrebbero far riferimento ai nomi
Xαρίλεως e Xαρίλας, documentati a Ischia anche nella forma più completa.
Il bollo XAP compare con matrici differenti (le lettere sono distinte oppure in monogramma) e potrebbe essere anche
l’abbreviazione di nomi diversi, non sempre collegabili a tipi anforici precisi.
Negli scavi di Santa Restituta XAP è presente sull’ansa di un’anfora (M 87, trovata nei pressi del forno 3, n. cat. I
B.229), con lettere abbastanza sottili, e anche su un laterizio preceduto dalla sigla ΔH (ΔHXA[P]?), fatto che già di
per sé potrebbe deporre a favore di una produzione locale.
Un bollo di scarico Gosetti ha la X e la A in monogramma, nell’altro invece le lettere non sono legate tra loro.
Il bollo XAP è attestato abbondantemente a Napoli negli scavi della Metropolitana, con lettere non legate, su anfore
greco italiche tipo IV (contesti di fine IV e inizi III secolo a.C.) 276.
Su di una tegola da Velia è impresso il bollo XAP 277. A Pech Maho è documentato, su un’ansa di anfora, un bollo
XAP in monogramma 278.
Gli esemplari della Sicilia, in particolare quelli di Segesta e Lilibeo, sono molto simili tra loro.
Non è chiaro se il gruppo XAP sia da collegare ai bolli ΧAPMHΣ (documentati su anfore greco italiche in Sicilia),
ΧAPHΣ (attestato sulle anfore greco italiche del relitto della Secca di Capistello) o ancora al bollo XAPI, attestato su
di un’anfora del relitto Filicudi F e a Gela, o a XAPII, su un’anfora di Selinunte.
Su monete argentee napoletane documentate tra il 325 e il 280 a.C. 279 è presente il gruppo XAPI o XA 280 oppure
XAP in monogramma 281. XAP in monogramma appare su monete bronzee di Neapolis 282, anche con la sigla ME.
Il possibile collegamento tra le abbreviazioni XAP, XAPI, XAPIΛEΩ (su monete e su anfore) e il Xαρίλεως che nel
326 a.C. consegnò la città ai Romani è già stato proposto da diversi autori 283.
Più tardo è il bollo ΧΑΡ retrogrado con lettere grandi che appare in diversi contesti della Francia meridionale, talora su anfore
Dressel 1 (a titolo di esempio Ensérune, Dressel 1 A ? 284) o su Dressel 1 A o 1 C dal relitto Riou 3, nella baia di Marsiglia 285.
Tipologia delle anfore: tipo IV (bollo XAP, Napoli 286; bollo XAPI, Filicudi F) (tav. 20); tipo V/VI - VI (?) (bollo XAPIΛA,
Napoli).
Analisi: quattro campioni analizzati con il metodo mineralogico (SG 284 - XAP, SL 17915 - XAPII, GL 34 - XAPI,
247318 - XAPIΛA), appartengono al gruppo III e hanno una composizione mineralogica compatibile con la situazione
geologica di Ischia/Golfo di Napoli, presentando caratteri simili ai campioni con bollo ACKΛH (SG 292 e NNA 8).
Sono state effettuate 2 analisi chimiche dei bolli XAP (ISC 688 da Ischia-scarico Gosetti, ENS 16 da Ensérune) e una
mineralogica (SG 284 da Ischia-scarico Gosetti) e riguardano bolli con matrici differenti.
Per un solo campione con il bollo XAPI è stata effettuata sia l’analisi chimica che quella mineralogica (ISC 783/SL
17915 da Selinunte).
L’analisi chimica attribuisce una posizione marginale ai campioni ISC 688 - XAP, ISC 783 - XAPII e AMP 618 - XAPIΛA
(forse per problemi di contaminazione).
Il campione da Ensérune ΧΑΡ (ENS 16) sembra appartenere all’insieme chimico E, mentre quello di Ischia con bollo
XAPIΛEΩ (ISC 696) appartiene al gruppo chimico D.
XAP
Località
Ischia - S. Restituta
Nr. catalogo /
Nr. inventario
[?]ΧΑΡ I B.229 (M 87 - AR 1)
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
I B.229
estratto

Località
Ischia - S. Restituta
ΔΗΧΑ[P](?)
Retrogrado
Ischia - scarico Gosetti
ΧΑΡ
(II B.58: XA in nesso)
Retrogrado
Napoli - scavi Metropolitana
XAP
tipo IV
Segesta
ΧΑΡ
Retrogrado
Lilibeo-collezione Whitaker
ΧΑΡ
Retrogrado
Eraclea Minoa
I Teg.11
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 157
Nr. catalogo /
Nr. inventario
II B.58 (SG 284 - A 27)
Analisi
chimica
II B.59 (A 28) ISC 688
Fine
cluster
nr. 29
ΧΑΡ AG. S. 3868
Analisi
mineral.
SG 284
Gr. IIIa
Immagine
I Teg.11
II B.58
II B.59
(da Garozzo 1999, fig. 179)
(da Garozzo 2000, tav. C.1)
AG.S. 3868
estratto

158 c a p i to l o v
Ensérune
Località
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
XAP 53.572 ENS 16
Insieme E
Pech Maho
XAP
(in monogramma)
PM 363-1962-F 34
* Bollo XAP (XA in nesso) o in monogramma (Pech Malo)
XAPI - XAPII
Analisi
mineral.
Do c u m e n tat o a:
Immagine
53.572
PM 363-1962-F 34
– Napoli (XAP, greco italica tipo IV in contesti
di fine IV - inizi III; Febbraro, Giampaola,
Atlante c.s.);
– Velia (su laterizi, Gallo 1966, p. 377 n.
85);
– Segesta (Garozzo 1999, p. 318, n. 53,
fig. 179);
– Lilibeo-collezione Whitaker (Garozzo
2000, p. 571);
– Eraclea Minoa (inedito, su ansa frammentaria,
visionato direttamente nei
magazzini del museo);
– Su anfora del Golfo di Fos (Dr. 1A o 1C,
con alfa a barra interrotta) (Amar, Liou
1984, p. 157, con altri confronti);
– Ensérune (Lamour Mayet 1980, n. 13);
– Pech Maho (Olcese 2004, p. 183, 1962,
PM 363 F 34);
– Mar Nero (Pridik 1917, p. 115 n. 344)
(non inserito nella carta);
– Alessandria (Botti 1897, p. 94 n. 99)
(non inserito nella carta).
estratto
I bolli XAPI, che provengono da Gela (dove il bollo è apposto su di un’ansa di un’anfora proveniente dalle abitazioni
ellenistiche) e dal relitto Filicudi F, sono molto simili; anche il XAPII di Selinunte si avvicina molto ai due precedenti,
da cui si distingue per la presenza di un tratto di chiusura o di un’altra I.
L’anfora del relitto Filicudi F appartiene al tipo IV.
Sia il campione di Selinunte che quello di Gela cadono nel gruppo mineralogico IIIb.

Località
Lipari - Filicudi F
XAPI
Retrogrado
Tipo IV
Gela
XAPI
Retrogrado
Selinunte
XAPII
Retrogrado
XAPIΛA
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 159
Nr. catalogo /
Nr. inventario
17635 / F 11
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
12468 GL 34
Gr. IIIb
SL 17915 ISC 783
Fine cluster
SL 17915
Gr. IIIb
Immagine
17635 / F 11
12468
(da S. Giunta, tesi di dottorato)
SL 17915
Si potrebbe trattare di un genitivo dorico o di un nominativo dorico senza sigma; vi sono casi in cui il nome è l’abbreviazione
di Χαρίλα-ος 287.
Il bollo di Santa Restituta ha caratteri filiformi e precisi e presenta lettere di altezza uniforme; quello di Camarina ha
la X e la A in nesso.
Il bollo è documentato a Napoli, su anfore greco italiche, nella versione XAPIΛA, da un contesto di fine III - inizi II
secolo a.C., e XAPIΛ, da un contesto di prima metà II secolo a.C. 288. Poiché il contesto di provenienza dei campioni
di Napoli è di fine III inizi/prima metà del II secolo a.C., si potrebbe trattare in quel caso di anfore tipo V/VI-VI. Sempre
a Napoli, il nome Xαρίλης compare nelle iscrizioni di alcuni sepolcreti 289.
Bolli XAPIΛA sono attestati, oltre che a Ischia, anche a Camarina e a Pech Maho 290, con caratteri e matrici differenti.
L’analisi mineralogica effettuata sull’esemplare da Santa Restituta (247318) consente di collocarlo nel gruppo IIIb.
Il campione di anfora da Pech Maho con questo bollo (AMP 618), probabilmente riferibile ad un’anfora più recente,
analizzato chimicamente, risulta marginale.
Località
Ischia - S. Restituta
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
ΧΑΡΙΛΑ I B.228 (247318) 247318
Gr. IIIb
Immagine
I B.228
estratto

160 c a p i to l o v
Napoli - scavi Metropolitana
ΧΑΡΙΛΑ
Tipo V/VI - VI (?)
Camarina
ΧΑΡΙΛΑ
(con XA in nesso)
Pech Maho
ΧΑΡΙΛΑ
Retrogrado
XAPIΛEΩ
CAM 28.3.84
PM F 40 C.I.91 AMP 618
Fine cluster
CAM 28.3.84
PM F 40 C.I.91
Il bollo è apposto su di un’ansa da scarico Gosetti; le prime tre lettere non sono in monogramma. La iota e la lambda
(a base larga) sono collegate nella parte bassa, l’omega è più piccola delle altre lettere, come spesso riscontrato nei
bolli trovati a Ischia, e si trova nella parte più alta del cartiglio.
Si potrebbe trattare di un genitivo (desinenza ionica), al pari di Χάρμεω (si veda oltre).
Il nome Χαρίλεως, dialetto calcidese 291, documentato da un graffito su una patera a vernice nera (Χαριλεω εμι) da
Berlino, forse di provenienza campana 292, ricorre anche su monete argentee di Napoli (datate tra il 325 e il 280 a.C.
oppure al 300-280 a.C.) 293.
Come detto precedentemente, il collegamento tra il nome apposto sulle monete e il Charilaos, princeps civitatis che
favorì il passaggio di Neapolis ai Romani nel 326 a.C., è stato già proposto 294.
Iscrizioni dipinte di Napoli datate alla seconda metà del I secolo a.C. - inizio I d.C. documentano il nome Χαρίλης 295.
L’unico campione sottoposto ad analisi di laboratorio (ISC 696-scarico Gosetti) da Ischia, appartiene al gruppo D di
probabile origine locale.
Località
Ischia - scarico Gosetti
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
ΧΑΡΙΛΕΩ II B.60 (A 15) ISC 696
Gr. D
Analisi
mineral.
Immagine
II B.60
estratto

* Bollo XAPIΛA, XAPIΛEΩ
XAPM, XAPME, XAPMΗΣ
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 161
Un unico bollo XAPME da scarico Gosetti, visto agli inizi della ricerca, non è più reperibile. I bolli raccolti in questo
gruppo potrebbero appartenere a personaggi e produzioni diverse, anche se la somiglianza di alcuni di essi
(come ad esempio quelli di Selinunte, Eraclea, Monte Iato 296 - XAPME - oppure quelli di Gela/Manfria e Selinunte
- XAPMHΣ -) fa pensare che si tratti, almeno in alcuni casi, della stessa produzione. XAPME potrebbe essere un genitivo
Χάρμε(ω), senza omega finale (da Χάρμης -?- nome maschile documentato per intero su anfore greco italiche
tipo IV a Gela) oppure essere una desinenza al nominativo del dialetto ionico (?). Oppure potrebbe rappresentare
l’associazione di due nomi abbreviati/sigle, XAP e ME 297. A Napoli è nota l’iscrizione Xάρμη Φιλίου 298. Su monete di
bronzo napoletane (del periodo 320-280 a.C.) sono attestate le sigle XAP (in monogramma, come appare su alcuni
bolli) e ME (in nesso) (in associazione al simbolo del grappolo d’uva e della foglia di vite) 299.
Non è chiaro quali siano i rapporti tra i numerosi bolli documentati in diversi centri della Sicilia, talora con matrici un
po’ diverse e se si tratti di abbreviazioni dello stesso nome (Χαρμης ?). Se così fosse, si potrebbe pensare che anche
il bollo successivo XAPMEΩ (per ora tenuto separato anche per la fattura differente), forse un genitivo, sia collegabile
a questo gruppo che comprenderebbe diverse troncamenti di uno stesso nome (Χάρμ, Χάρμης, Χάρμε(ω),
Χάρμεω). Al Museo di Palermo sono conservate anse di anfore probabilmente da Selinunte bollate XAPMHΣ 300,
XAPME 301 e XAPM 302. Un altro bollo, conservato sempre a Palermo, è XAPMA, forse un genitivo dorico 303.
Tipologia delle anfore: tipo IV (con bollo XAPMHΣ a Manfria da una fattoria abitata tra il 337 e il 310 a.C.) 304, tipo
V o V/VI (XAPM[--], relitto della Tour Fondue) 305 (tav. 20).
Analisi: le anfore di Gela e Manfria (GL 24, MNF 1) hanno una composizione mineralogica molto simile a quella delle
ceramiche del gruppo mineralogico I di Ischia.
Località
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Ischia - scarico Gosetti
XAPME Non è più reperibile
Selinunte (?) - Museo di Palermo
ΧΑPME
47890
Retrogrado
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Do c u m e n tat o a:
– Napoli (XAPIΛ, XAPIΛA, Febbraro,
Giampaola, Atlante c.s.);
– Filicudi F (XAPI, su anfora associata ad
anfore bollate ΓΑΡ/ΠAP corona M; Olcese,
studi in corso);
– Selinunte (XAPII e XAPIΛA visionato direttamente
nei magazzini del museo);
– Licata - Monte S. Angelo (XAPIΛ (?) visionato
direttamente nei magazzini del
museo);
– Gela (XAPI, S. Giunta, studio in corso e
cap. VIII, p. 289);
– Camarina (XAPIΛA, con XA in nesso,
inedito visionato direttamente nel museo
di Camarina);
– Pech Maho (XAPIΛA visionato direttamente
nei magazzini del museo).
Immagine
47890
(disegno da Salinas 1884, p. 329, n. 142)
estratto

162 c a p i to l o v
XAPMHΣ
Retrogrado
XAPM
Retrogrado
Località
Eraclea Minoa
XAPME
Retrogrado
Gela, Gela - Manfria
XAPMHΣ
Retrogrado
Tipo IV
Relitto Tour Fondue
XAPM[--] (?)
Retrogrado
Tipo V o V/VI
47783
47830
47854
649
GL 24
1989
s.n. inv.
[XAP ?] ME Ω + kantharos
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
GL 24
Gr. I
MNF 1
Gr. I
Immagine
47783
47830
47854
649
(da De Miro 1958, fig. 50 n. 18)
MNF 1
(disegno da Joncheray 1989, fig. 2)
estratto
Questo bollo è documentato tra i materiali dello scarico Gosetti 306 e la sua probabile lettura è possibile grazie ad un
esemplare di Cartagine, rinvenuto tra i materiali del porto 307, apparentemente molto simile a quello di Ischia.
Se è esatta l’integrazione [XAP] ME Ω, si potrebbe trattare del genitivo del dialetto ionico del nome Χάρμης 308. Il bollo da scarico
Gosetti conserva l’immagine di un piccolo kantharos dopo l’omega; il kantharos ricorre anche su monete argentee di Neapolis
(ad esempio quelle con sigla XA o XAPI, la cui cronologia è compresa tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C. 309).
35 bolli XAPMEΩ anche senza monogramma sono stati recentemente rinvenuti durante gli scavi della metropolitana
di Napoli su anfore tipo IV, in contesti di III secolo a.C. (Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.).

i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 163
Negli esemplari di Ischia XAP potrebbe essere in monogramma (come nell’esemplare di Cartagine), ME è in nesso
(come nelle sigle su alcune monete di bronzo di Neapolis, datate tra il 320 e il 280 a.C. 310, che riportano le stesse
abbreviazioni) e l’omega precede la rappresentazione del vaso.
Tipologia delle anfore: è sconosciuta; dai rinvenimenti di Napoli si ricava che il bollo XAPMEΩ è apposto su anfore
tipo IV 311.
Analisi: l’anfora analizzata da Ischia appartiene all’insieme chimico F.
Località
Ischia - scarico Gosetti
[ΧΑP]ME (in nesso) Ω +
kantharos
Napoli - scavi Metropolitana
XAPMEΩ
tipo IV
Cartagine
XAP (in monogramma) ME
(in nesso) Ω
* Bollo XAPMEΩ
Nr. catalogo /
Nr. inventario
II B.61 (s.n. inv.)
II B.62 (A 71)
Analisi
chimica
ISC 697
Insieme F
Analisi
mineral.
Do c u m e n tat o a:
Immagine
II B.62
(da Wolff 1986 a)
– Napoli (Febbraro, Giampaola, Atlante
c.s.);
– Selinunte (Salinas 1884, pp. 328-292),
distrutta durante la prima guerra punica;
– Selinunte (?) (Museo di Palermo, nn.
47890, 47783, 47830, 47854);
– Eraclea Minoa (ΧΑPME, De Miro 1958,
pp. 279-285, n. 18, fine IV - inizi III);
– Agrigento (XAPMHΣ, Garozzo 2000, p.
571);
– Gela (XAPMHΣ retrogrado, Adamesteanu,
Orlandini 1960, p. 206 n. 15 fig. 9;
S. Giunta, studio in corso e cap. VIII, p.
289);
– Manfria (XAPMHΣ), distrutta nel 310
(Adamesteanu 1958, p. 307), n. 1989;
– Tour Fondue (Dangréaux 1993-96);
– Cartagine (Wolff 1986 a, p. 148, fig. 9).
estratto

164 c a p i to l o v
ΩΙΟΩ
Il bollo, non più reperibile, è riferito forse a un nome osco scritto con caratteri greci.
A Ischia e in altri siti sono documentati alcuni bolli con la terminazioni in -ίω (μαίω, ad esempio), bolli che potrebbero
corrispondere - ma si tratta di un’ipotesi - a un genitivo in -ω.
Ad Aleria è documentato ΝιΩ, seguito dal simbolo dell’anforina, da una tomba datata al 300-275 a.C. 312. Su di un’anfora
greco italica da Eraclea Minoa compare un bollo ΝΟιΩ (?) (EM 15, gruppo mineralogico IIIb), attestato anche
ad Antibes 313.
Località
Ischia - scarico Gosetti
ΩΙΟΩ
Retrogrado
Nr. catalogo /
Nr. inventario
II B.64 (A 54)
BOLLI IN LATINO SU GRECO ITALICHE
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
Tra i pochi bolli in latino documentati a Ischia si è deciso di trattare solo quello relativo a Tr.Loisio, riservando la pubblicazione
degli altri ad un articolo a parte.
TR. LOISIO
estratto
Il prenome è osco Trebios, seguito da un gentilizio osco Loisios.
Seppius Loesius è meddix tuticus di Capua alla fine del III secolo a.C. 314. I Trebii (Traebii) sono spesso attestati a
Pompei in iscrizioni osche 315.
A Ischia sono documentate tre matrici diverse che contengono il nome Trebio: TR (latino), TΡE e ΞEN TΡE, in greco.
Le anfore greco italiche (tipo VI) che recano questo bollo in caratteri latini hanno avuto un’ampia circolazione, anche
se la loro cronologia precisa è ancora incerta. Il bollo è attestato, tra gli altri, a Trapani, Erice, Monte S. Giuliano,
Licata, Siracusa, Taranto, Cartagena (nella seconda metà dell III secolo a.C.) 316, Cartagine 317.
Per una ricostruzione completa della circolazione del nome e delle problematiche ad esso collegate, si rimanda alla
bibliografia precedente 318.
Tipologia dell’anfora: tipo VI (Ischia, scarico Gosetti) (tav. 21).
Analisi: per la prima volta sono state sottoposti ad analisi di laboratorio (chimiche e mineralogiche) bolli di Trebio
Loisio da diverse località del Mediterraneo (Ischia, Marsala, Erice, Sagunto), analisi che hanno confermato quanto
era emerso da una prima analisi macroscopica: si tratta di anfore che hanno una stessa composizione chimica e
mineralogica e, di conseguenza, con tutta probabilità, una stessa origine.
Per quando riguarda la localizzazione dell’area di produzione delle anfore con questo bollo è possibile rilevare, in
base alle analisi chimiche, che si tratta di un piccolo sottogruppo che si separa sia dal gruppo D (Ischia) che dall’insieme
E (Golfo di Napoli ?) e che comprende anche uno dei bolli TPE sottoposti ad analisi (ISC 691, scarico Gosetti).
Allo stato attuale della ricerca non è possibile localizzare con precisione l’area effettiva di origine, che parrebbe non
essere Ischia.
I campioni sono stati visionati al microscopio da più specialisti con opinioni non sempre concordi. Si tratta di
argille differenti da quelle dei gruppi di riferimento noti (ad esempio Cales, Dugenta, Minturno e nell’Ager Falernus)
(G. Thierrin Michael) accostabili genericamente alle argille del Golfo di Napoli, in modo particolare alle
ceramiche da cucina attribuite a Cuma (secondo il parere di I. Iliopoulos, ma in base a confronti per ora solo
bibliografici, si veda il capitolo VI).

Località
Ischia - scarico Gosetti
TR. LOISIO
[TR. LOI]SIO
Tipo VI
II B.73 esposto al museo di
Villa Arbusto
Erice
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 165
Nr. catalogo /
Nr. inventario
II B.72 (s.n. inv.)
II B.73 (= II A.20) (239119)
II B.74 (SG 343)
Analisi
chimica
ISC 693
Sottogruppo
insieme E
ISC 695
Sottogruppo
insieme E
TR. LOISIO 106 ISC 784
Sottogruppo
insieme E
Marsala (necropoli di Lilibeo?)
TR. LOISIO MR 4495 ISC 786
Sottogruppo
insieme E
Lilibeo-collezione Whitaker
TR. LOISIO nr. 30
Analisi
mineral.
ISC 693
Gr. IV
ISC 695
Gr. IV
MR 4495
Gr. IV
Immagine
II B.73
II B.74
106
(disegno da Pepoli 1885, tav. III.1)
MR 4495
(da Garozzo 2000, tav. C.2)
estratto

166 c a p i to l o v
Località
Eraclea Minoa
[ ].LOISIO AG.S. 3860
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Sagunto
TR. LOISIO SAG 1
Gr. IV
Do c u m e n tat o a:
– Pompei (Arthur 1982, p. 31, nota 14);
– Taranto (Viola 1885, p. 283);
– Hipponion (Will 1982, p. 350; inoltre su di una tegola da
Monteleone, CIL X, 2, 8041.58);
– Kaulonia (Orsi 1914, pp. 892, 895);
– Segesta (Garozzo 1999, p. 296 n. 7);
– Erice (Pepoli 1885, tav. III, 1; Pellegrini 1887, pp. 286-287,
nn. 697-706; Platania 1994, p. 292; CIL X, 8051.21b-c);
– Trapani (CIL X, 8051.21a);
– Lilibeo-collezione Whitaker (Garozzo 2000, p. 572);
– Marsala-necropoli di Lilibeo (visionato direttamente nel museo
Baglio Anselmi, probabilmente si tratta di quello già edito
dalla Brugnone 1986, pp. 109 e 110 nn. 14, 15, tav. XXI.15);
– Entella (Garozzo 1999, pp. 296-297, n. 7.133;
Immagine
AG.S. 3860
SAG 1
(da Araneguì Gasco 1995, fig. 1)
– Eraclea Minoa (inedito, visionato direttamente nei magazzini
del museo);
– Licata (CIL X, 8051.21d; Platania 1994, p. 293);
– Gela (Carita 1972, p. 152, n. 20);
– Siracusa (Orsi 1891, p. 385);
– Marsiglia, La Cloche (Tchernia 1986, pp. 50-51, nota 28);
– Relitto di Port Vendres (Liou, Pomey 1985, pp. 547-551);
– Relitto Mallorca (Liou, Pomey 1985, p. 551, nota 17);
– Sagunto (Araneguì Gasco 1995, pp. 247-248, fig. 1);
– Cartagena (Martín Camino 1996, pp. 11, 20; García Sánchez
1997, p. 259);
– Cartagine (Delattre 1885, p. XIX, n. 93.);
– Alessandria (Will 1982, p. 350; van der Mersch 1994, p. 168);
– Elis (Lepeniotis 1991, p. 384; van der Mersch 1994, p. 168
- non è chiaro se ci sia veramente);
– Rodi (Will 1982, p. 350; Brugnone 1986, p. 110).
estratto

EMBLEMI
Fiaccola
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 167
Su un bollo di Santa Restituta sembra intravedersi una fiaccola simile a quelle documentate su anfore rinvenute a
Eraclea Minoa 319 e a Erice 320. La fiaccola, portata da una figurina interpretata come Artemide che corre, appare anche
su didrammi argentei di Neapolis (datati tra il 325 e il 280 a.C.) 321.
È possibile che il simbolo, se letto correttamente, rappresenti la λαμπάς e sia da collegare a cerimonie e/o agoni,
come quelli napoletani, così come già ipotizzato per il bollo con la corona (si veda supra). Ciò costituirebbe una prova
ulteriore del collegamento tra alcune anfore greco italiche e gli agoni 322.
In realtà, anche altre produzioni anforiche recano il bollo che rappresenta la fiaccola; è il caso, tra gli altri, delle anfore
rodie, i cui bolli con la fiaccola sono stati talora messi in collegamento con alcuni culti 323.
Località
Ischia - S. Restituta
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Fiaccola I B.241 (1560 -A-)
III (?)
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
I B.241
Bollo circolare impresso profondamente come il bollo ΔI, reca all’interno tre trattini con tratto orizzontale perpendicolare,
simili a T rovesciate. Potrebbe forse anche trattarsi di un ΠTI.
Non è chiaro se i segni siano un’indicazione numerica (ταρακὺισμα = la somma ripetuta 3 volte di T = 300) e possano
fare riferimento in qualche modo alla capacità 324.
Località
Ischia - S. Restituta
Nr. catalogo /
Nr. inventario
III I B.242 (A 40 - AR 185)
Anforine
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
I B.242
estratto
Il bollo gemma raffigurante l’anfora è attestato a Santa Restituta su tre anse (una delle quali viene dalla fornace 3)
ed è documentato anche su pesi da telaio.
Due esemplari, inoltre, recano una A che sovrasta l’anforina (come in alcuni contenitori da Gela-Manfria).

168 c a p i to l o v
Un’ansa di anfora da scarico Gosetti è invece bollata con due anfore di modulo diverso.
La consuetudine di bollare alcune anfore con il simbolo dell’anfora è nota nel mondo greco 325.
I bolli con anforine si trovano in diversi contesti, ad esempio a Selinunte 326 e al Museo di Palermo 327, a Gela - Manfria
328 e a Licata - Monte S. Angelo.
Tipologia dell’anfora: tipo IV (Gela, Manfria) (tav. 21).
Analisi: l’unico esemplare sottoposto ad analisi (da Gela - Manfria) risulta attribuibile al gruppo mineralogico I.
Località
Ischia - S. Restituta
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Anforina + A I B.236 (M 8-1560-B-AR 176)
I B.237 (AR 123)
I B.238 (AR 182)
I B.239 (M 83/1560c-AR 175)
I B.240 (M 33)
Ischia - scarico Gosetti
Due anforine II B.69 (SG 183)
Gela - Manfria
Anforina + A
Tipo IV
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
1990 MNF 2
Gr. I
Immagine
I B.236
I B.239
II B.69
MNF 2
estratto

Selinunte
Anforina
Località
Pentagramma
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 169
Nr. catalogo /
Nr. inventario
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
(da Salinas 1884, p. 328, n. 250)
Pentagramma impresso entro bollo circolare sul collo di un’anfora che assomiglia al tipo V, mentre l’orlo ricorda più il
tipo IV. Sul collo ci sono due abbreviazioni graffite EY e TY (Museo di Villa Arbusto) che potrebbero essere un augurio
329 oppure l’abbreviazione di un nome (εὐτύχης, ad esempio, attestato anche a Napoli 330).
Il pentagramma, considerato come trademark dal Johnston 331, si ritrova su anfore da Nuceria attribuite ad Ischia
e datate alla fine del VII/inizi VI secolo a.C. oppure su di un’anfora MGS II 332. Questo simbolo è di sovente graffito
anche su ceramica a vernice nera - ad esempio sul fondo di uno skyphos a vernice nera tipo Morel 4360, da località
Trinità a Sorrento 333 -.
Appare anche su coppe in ceramica campana e in ceramica comune rinvenute ad Aleria da tombe di inizio III secolo
a.C. Ciò ha fornito l’occasione agli autori di riconsiderare il valore del simbolo 334; si ritiene che esso abbia conosciuto
una grande diffusione nell’oriente cretese fenicio e che venisse utilizzato con valore apotropaico, anche su coppe
etrusche e campane in ceramica a vernice nera. Il pentagramma fa parte infatti dei bolli della ceramica etrusco campana
ed è frequente sulle monete italiche di III secolo a.C. (Napoli, Cales, Aesernia, Teanum). Appare su monete di
Napoli e altre città campane nella prima metà del III secolo 335.
I pitagorici lo adottarono come simbolo della salute, fatto che potrebbe collegarsi ai graffiti forse bene auguranti della
nostra anfora 336. Lo stesso simbolo si trova su una tegola di Selinunte 337.
Tipologia anfora: IV/V (Ischia, scarico Gosetti) (tav. 21).
Località
Ischia - scarico Gosetti
Tipo IV/V
Esposto al museo di Villa
Arbusto
Selinunte
Tegola
Nr. catalogo /
Nr. inventario
II B.70 (= II A.9) (239118)
Analisi
chimica
Analisi
mineral.
Immagine
II B.70
(da Salinas 1884, p. 327, n. 65)
estratto

170 c a p i to l o v
NOTE
1 Garozzo 2003, pp. 566-567.
2 In altri casi il segno + viene interpretato come una semplificazione
della lettera φ, Larfeld 1914, p. 270.
3 Jehasse, Jehasse 1973, tav. 142, n. 1322, tomba 70.
4 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
5 Viola 1885, p. 277 n. 147.
6 Si veda van der Mersch 1994, p. 162 e IG XIV n. 2393, 77.
7 Marquez Villora, Molina Vidal 2005, p. 335, datato alla seconda
metà del III inizi II a.C.; García Sánchez 1997, p. 260,
con altri confronti.
8 Martín Camino 1996, p. 11.
9 Dubois 1995, p. 158; Fraser, Matthews 1997, p. 43; van der
Mersch 1994, p. 162.
10 Campagna 2000, p. 474 n. 73.
11 Garozzo 2000, p. 569.
12 IG XIV p. 599, n. 2403, 4.
13 Olmer 2003, p. 23.
14 Long et al. 2003, Long, Volpe c.s., Long et al., Aiac 2008 c.s.
15 Sambon 1903, p. 189, n. 630.
16 Garozzo 2000, tav. XCIX.2.
17 De Miro 1958, fig. 50 n. 15.
18 Olmer 2003, p. 23.
19 Recueil de timbres II, p. 27 n. 506.
20 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
21 IG XIV, p. 599, 2403,5; Gallo 1966, p. 372 n. 23.
22 Lo stesso nome è documentato su bolli di anfore ellenistiche
da Eraclea Pontica, Monachov 2003, p. 341. Diversi
bolli APIΣTOKPATEΥΣ sono segnalati come provenienti da
Taranto (considerati come rodii), Calatafimi e Cagliari; nel
caso di Taranto il bollo è circondato da quattro stelle, IG XIV,
n. 2393, 123; Viola 1885.
23 Per il nome, Fraser, Matthews 1997, p. 62.
24 Manacorda 1989, p. 445; van der Mersch 1994, p. 163.
25 Meligunis Lipara II, p. 332; Cavalier, Brugnone 1986, p.
221 n. 14; Libertini 1921, p. 221.
26 Marquez Villora, Molina Vidal 2005, p. 162.
27 Garcίa Sánchez 1999, p. 236 n. 31, la K è resa come C.
28 Sambon 1903, nn. 430, 473-475, 588, 628-629, 640-641,
647. Non è possibile stabilire se parte dei bolli di questo
gruppo siano in qualche modo da collegare alla fratria degli
Άρισταιοι di Napoli.
29 Viola 1885, p. 278 n. 151.
30 Johnston 1979, p. 244, tipo 9E; p. 41.
31 IG XIV, p. 599, 2403 n. 6.
32 Viola 1885, p. 277.
33 CIL X, 2, p. 845, 8042, 18 = 31.
34 Pepoli 1885, tav. V, 3.
35 Pithekoussai I, tomba 66, tav. 40, 66.
36 CIL X, I, 2392.
37 Nn. inv. 47850, 47857, 47858.
38 Un tratto verticale visibile dopo la lettera omicron, già notato
anche su di un esemplare di Ischia, potrebbe corrispondere
al tratto verticale della K o ad una I oppure corrispondere
al tratto di chiusura del cartiglio.
39 Dubois 1995, p. 90.
40 Museo di Palermo, n. inv. 47858 (ΑΡιΣTΟΚ ?).
41 Fraser, Matthews 1997, p. 242 da Illiria Apollonia, II secolo
a.C. (SEG XXXVI, 558). Kιρρός era uno dei tre colori del vino
usato anche in medicina, come ricorda il medico Mnésithéos
di Atene nel III secolo a.C., Salviat 1986, p. 177.
42 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
43 Brugnone 1986, p. 104. Su anfore olearie da Brindisi è
attestato il bollo [AC]KΛHΠIAΔΟΥ (Palazzo 1992, p. 129).
44 Per il bollo di Lattes, letto [---]CEΛΗ e datato dalla stratigrafia
al periodo -175/-150, Lattara 14, p. 70. Recueil de
timbres II, p. 54 n. 606.
estratto
45 Recueil de timbres II, p. 112 n. 808.
46 RE II, p. 1683; CIG I, 1186.
47 Si veda oltra la scheda di ΓAP/ΠAP corona M. Meno probabile
il collegamento del bollo con il nome di una pianta,
Άσκληπιάς, chiamata così in onore di Esculapio e utilizzata
per fini medici. RE II, p. 1685.
48 Pithekoussai I, p. 135, tav. XXIIId, tav. n. 38 per il disegno
dell’anfora, n. 40 per il disegno bollo.
49 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
50 IG XIV, 2393, 179.
51 Per Segesta Garozzo 1999, p. 313; per il relitto Sanguinaires
A, Alfonsi Gandolfo 1997.
52 Van der Mersch 1994, p. 164.
53 Pepoli 1885, p. 21 e tav. II.
54 Viola 1885, p. 278 n. 152.
55 Martίn Camino 1996, pp. 15 e seguenti.
56 Van der Mersch 1994, p. 164, con ulteriori attestazioni in
Sicilia di queste forme.
57 Sambon 1903, nn. 470, 492, 497 e 538; Cantilena et al.
1986, serie 41, 42.
58 Gabrici 1913, p. 666, sepoltura CCXX.
59 De Miro 1958, fig. 49, g e fig. 50.
60 Archelogia subacquea 2, p. 63; per il relitto si veda il cap.
VII.
61 Buchner 1949-50, p. 7.
62 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
63 Per il relitto si veda il cap. VII.
64 Come proposto da van der Mersch 1994, p. 174.
65 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s. Devo le informazioni
orali anche alla cortesia di L. Pugliese.
66 Fraser, Matthews 1997, p. 96. Uno dei nomi che inizia con
Γαρ è Γαρτύδας, attestato a Crotone nel IV secolo a.C.
67 Cantilena 1985 e Cantilena et al. 1986, serie 68.
68 Sambon 1903, nn. 473 e 474.
69 Crowther 1989, pp. 100 e 102.
70 Feste legate a Diotimo che aveva condotto una flotta ateniese
a Neapolis, Tim. 566 J. fr. 98, da Schol. in Lyc. 732; Lyc. 732-
737; Beloch 1890, p. 57; per i Sebastà Miranda 1985 e 2007.
71 Stazio, Silvae III, 5, 70; Id. IV, 8, 50-51.
72 Valavanis 1986.
73 Si veda il cap. IX.7.
74 CIL X, 2, p. 845, 8042, 18 = 31.
75 Per le Dr. 1A di Bibracte, Laubenheimer Rodriguez 1991,
p. 83, nn. 179-180, figg. 132-133; per il materiale di Cipro,
Meyza 2004, p. 274, figg. 2 e 3.
76 Recueil de timbres II, p. 116 n. 823.
77 Johnston 1979, fig. 8 x.
78 Guarducci 1987, p. 81.
79 Fraser, Matthews 1997, p. 99.
80 Miranda 1995, n. 151.
81 Monachov 2003, p. 341.
82 Johnston 1979, p. 32.
83 Glaucia Popili, CIL X, 1, 3790; Glaucus, sempre da Capua,
CIL X, 1, 4122.
84 Sambon 1903, pp. 179-180 e 320, n. 816 (moneta attestata
a Nola, intorno al 340 a.C. ?); il Garrucci considera che
si tratti forse del nome di un magistrato, Garrucci 1885, pp.
83-84 n. 31.
85 Lejeune 1976, pp. 87 e 131 (n. 158).
86 Sambon 1903, p. 185, p. 232 n. 482.
87 Fraser, Matthews 1997, p. 108.
88 Monachov 2003, p. 341.
89 Progetto Immensa Aequora, studi in corso da parte di chi
scrive.
90 Sambon 1903, p. 191, n. 724.
91 Il bollo ΔI potrebbe essere anche associato al nome impresso
su di una stele locale, ΔIOΔΩΡΩ, Pithekoussai I, p.
139, tomba 125 (ellenistica, riusata).

92 Pithekoussai I, p. 125, tav. 45.
93 Johnston 1979, p. 29.
94 Bargagliotti, Cibecchini 1998, fig. 3.4, indicata però come
ΔA nel testo.
95 Campagna 2000, p. 468, n. 52; tav. IV, g.
96 Salinas 1884, n. 312.
97 “in colle S. Salvatoris”, IG XIV p. 594, n. 589 b.
98 Sambon 1903, nn. 441, 447, 448, 452, 470, 556; Cantilena
et al. 1986: 326-317/310 a.C. e 317/310-300 a.C., serie
24, 32-33, 40-42.
99 Blanck 1978, p. 96; van der Mersch in Archeologia subacquea
2, pp. 61 e 63.
100 Martín Camino 1996, p. 15.
101 Il bollo di Cartagena è simile ad un bollo inedito da Monte
S. Angelo di Licata, conservato al museo di Licata, visionato
direttamente.
102 IG XIV, p. 575 n. 219.
103 S. Giunta, in corso di studio e cap. VIII, p. 289.
104 Sambon 1903, n. 642. Inoltre su monete argentee datate
al 325-280 a.C. (Sambon 1903, nn. 437, 438, 440; Cantilena
et al. 1986, serie 11-17) compare ΔιΟΦΑΝоΥΣ.
105 Pepoli 1885, tav. V. n. 10.
106 Viola 1885, p. 275 n. 130.
107 Leiwo 1994, p. 190.
108 Sambon 1903, nn. 582, 615.
109 Dubois 1995, p. 13. Tale segno sarebbe ottenuto dal samek
fenicio (Russo 2005, p. 70).
110 Bollo visionato direttamente, ha un tratto molto chiaro
dopo la omicron, IG XIV, p. 577 n. 257 “non Rhodiae fabricae”,
Salinas 1884, p. 329.
111 De Miro 1958, p. 282, n. 24.
112 Di Paola Avolio 1829, tab. 3, 17; bollo visionato diretta-
mente.
113 Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 360, n. 11.
114 Lo si ritrova anche su anfore ellenistiche da Eraclea Pontica
anche se, in questo caso, si tratta con tutta probabilità di
un’omonimia (Monachov 2003, p. 342).
115 Sull’altra ansa compare TY, si veda oltre.
116 Johnston 1979, pp. 41 e 139.
117 Sambon 1903, pp. 231-232, nn. 477, 483-485; Breglia
1949, pp. 227-228.
118 Cantilena et al. 1986, serie 60-62, e 55-56.
119 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
120 Cantilena et al. 1986, serie 55.
121 Per il digamma a parentesi quadre, Dubois 1995, p. 13.
122 È documentato forse anche su di un’ansa di anfora greco
italica di Pech Maho (n. inv. PM 1452).
123 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
124 N. inv. 48040.
125 Salomies 1987, p. 95 n. 57 (VEL/VOLTA/VO(LTIUS?),
nome etrusco. Molti sono i nomi che potrebbero corrispondere
a questa abbreviazione, anche il nome Volturnum attribuito da
Livio a Capua (IV, 37). Volturnum è un toponimo di nomi etruschi
Vel, Velthur, Velthurna dal dio Vel, Velthur; Capua potrebbe aver
avuto due nomi Capua-Volturnum perché fondata dalla gens
Capia e consacrata al dio Vel, Heurgon 1942, p. 153.
126 Poccetti 1979, p. 175 n. 230, il nome ritorna anche in Vel.
Xaies di una coppa da Capua. Un graffito Velius è attestato
sotto il piede di un aryballos dei Musei di Berlino, Poccetti
1979, p. 178 n. 234.
127 Garrucci 1885, pp. 37 e 90; Sambon 1903, p. 414, n.
1064.
128 Garcίa Sánchez 1997, p. 264, Garcίa Sánchez 1998, pp.
234-235.
129 Alcuni frammenti hanno impasto più grossolano degli altro,
con ingubbiatura verdina.
130 Per il prenome osco vibyo, Lejeune 1976, p. 102.
estratto
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 171
131 Sambon 1903, p. 262 n. 638; Id. p. 189, dove l’abbreviazione
è ascritta all’osco IBI -Vibius.
132 Sambon 1903, n. 489.
133 Olcese 2007, p. 65; si veda anche il cap. III, tabella III.2
di questo volume.
134 Si veda il cap. III, tabella III.2.
135 Meligunis Lipara II, pp. 102, 332, tav. 28; Cavalier, Brugnone
1986, tav. XLIX, a, b, c.
136 Informazione M. Palacyzk.
137 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
138 IG XIV, p. 578 n. 261.
139 De Miro 1958, pp. 279-285, fig. 50 n. 13.
140 Criscuolo 1982, p. 133, n. 199.
141 Miranda 1990, pp. 28-29, n. 12.
142 Phretarchos in RE, Suppl. X, 1965.
143 Miranda 1990, p. 29 n. 13.
144 Miranda 1995, II, p. 173 n. 90.
145 Dubois 2002, II, p. 114, n. 60.
146 IG II 2 , 9116; devo l’informazione a M. Nocita.
147 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
148 Dubois 1995, pp. 28-29 che riporta le ipotesi di Johnston
a proposito dell’iscrizione.
149 Brugnone 1986, p. 108 n. 11a-b.
150 Martίn Camino 1996, p. 15; Marquez Villora, Molina Vidal
2005, p. 336 n. 370.
151 Cavalier, Brugnone 1986, p. 229 e tav. XXXVI c.
152 Ipotesi formulata dalla Guarducci, Guarducci 1969, p. 499,
ripresa dalla Brugnone, Cavalier, Brugnone 1986, p. 229.
153 Marquez Villora, Molina Vidal 2005, p. 336 n. 370.
154 Garcίa Sánchez 1997, p. 259.
155 Breglia 1952 b, p. 50; Taliercio Mensitieri 1987, p. 161,
nota 2; si veda anche la tabella IV.2.
156 Pepoli 1885, p. 45.
157 IG XIV, p. 601, 2405.17.
158 Buchner 1949-50, pp. 4 e seguenti. Inoltre sulla stele
di una tomba da Napoli (via Arena della Sanità) è attestata
uniscrizione con il nome Λουκία (Leiwo 1994, p. 84).
159 Sambon 1903, nn. 468, 483.
160 Russo 2005, p. 47.
161 Guarducci 1967, p. 392.
162 IG XIV, 696 da Salerno; van der Mersch 1994, p. 69.
163 Si vedano anche gli elenchi del Lejeune, Lejeune 1976,
p. 88 (MAI( ); gen. MAIE[ìs]).
164 Van der Mersch 1994, p. 169.
165 Cassola 1986, p. 69; Maiuri 1946, p. 164 con bibliografia
precedente; Sartori 1953, p. 56.
166 Dubois 1995, p. 22.
167 Van der Mersch 1994, p. 172.
168 Bollo visionato direttamente.
169 Jehasse, Jehasse 1973, p. 194 n. 357.
170 Il bollo, visto negli anni ‘90, non è più reperibile.
171 Pithekoussai I, p. 135 e tav. 45 (tomba 123, bollo retrogrado,
AK in legatura).
172 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
173 Lindhagen 2006, p. 55.
174 Brugnone 1986, p. 111, tav. XXIV nr. 16.
175 Budetta, comunicazione al convegno Sorrento e la penisola
sorrentina (Sorrento 2007).
176 Sambon 1903, pp. 418-419, n. 1074.
177 Cassola 1986, p. 70; Vetter 1953, p. 133, 200 a 5.
178 Castrén 1975, p. 186; Sogliano 1898.
179 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
180 Monti 1968, p. 55 fig. 16.
181 Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 352 fig. 11 n. 3.
182 Buchner 1997, p. 162, con bibliografia e discussione
sulle testimonianze di questo nome a Napoli, dove compare
nelle pitture dell’ipogeo dei Cristallini, Miranda 1995; Poccetti
1979, p. 184.

172 c a p i to l o v
183 IG XIV, 718 = Miranda 1990, 5 e Miranda 1995, pp. 141,
146, 165. Buchner 1997, p. 165.
184 Basile 2004-05, pp. 259-262.
185 N. inv. 48050.
186 Garcίa Sánchez 1998, p. 232, n. 5.
187 Per il significato della sigla ΔH, si veda il cap. IV.7.
188 Cavalier, Brugnone 1986, nn. 61-62, per cui è proposto
un confronto con un bollo mutilo da Reggio; Pepoli 1885, p.
46.
189 Lepeniotis 1991, Taf. II, Abb. 5.
190 Bertucchi 1992, p. 163, NY legate con Y che sormonta la
N, come documentato anche sulle monete napoletane.
191 Lattara 14, p. 69, n. 326, contesto datato al 250-175
a.C.
192 Sambon 1903, p. 191, n. 736.
193 Sambon 1903, p. 254, nn. 709 e 754.
194 Maiuri 1946, p. 164; Cassola 1986, p. 69 che data l’iscrizione
al III secolo a.C..
195 Salomies 1987, p. 41.
196 Diod. Sic. XVI, 18-19, Miranda 1995, pp. 30-31, Miranda
1990, p. 30 con bibliografia; il nome è documentato in una
iscrizione su piccolo bue in ceramica verniciata di nero, datato,
forse erroneamente, al I secolo a.C. e su di una lastra di
marmo di fine I secolo a.C. - inizio I secolo d.C. (Leiwo 1994,
pp. 163-164; Miranda 1995, p. 66 n. 142).
197 Livio VIII, 25, 9-11, Pugliese Carratelli 1952, p. 260.
198 SEG XVI, 630, non viene indicato se il sigma è lunato.
199 Jannoray 1955, p. 327.
200 Jannoray 1955, p. 327.
201 IG XIV, p. 585 n. 390.
202 IG XI 4, 1244, 1245 e 1246; devo l’informazione a M. Nocita;
Nocita 2003, p. 103.
203 CIL I2 , 1595.
204 CIL I2 , 1595.
205 Il nome è presente nel CIL X,1, 3488, da Miseno.
206 Con altri bolli tra cui, APΣT o APIΣT, 1613.
207 Si veda il cap. IV.6.
208 Garozzo 1999, p. 314, n. 46, fig. 172.
209 Pepoli 1885, p. 47.
210 Castrén 1975, p. 201.
211 Secondo la Guarducci, in età ellenistica, il secondo tratto
verticale della Π tende ad allungarsi fino ad eguagliare il primo,
Guarducci 1987, p. 84.
212 Russo 2005, p. 70.
213 IG XIV, 2393, 577 b - interpretato Παριον in base a un
bollo trovato ad Akrai; Pellegrini 1887, p. 279 n. 631.
214 Campagna 2000, p. 470 n. 56: bollo ΠA(ΓΡ) di difficile
integrazione e lettura.
215 Gallo 1966, p. 376.
216 De Miro 1958, p. 281 n. 10.
217 Cantilena et al. 1986, serie 70, 317/310-300 a.C.; Sambon
1903, n. 465, 325-280 a.C.
218 Jannoray 1955, pp. 352-353, nota 4, ipotizza che siano
delle imitazioni locali; Solier, Sanmarti 1978, p. 39.
219 Russo 2005, p. 70.
220 Lattara 14, p. 70 n. 328, contesto datato al 175-150 a.C.
221 Fraser, Matthews 1997, p. 353.
222 Cassola 1986, p. 44.
223 Sambon 1903, p. 228 n. 465; Cantilena et al. 1986, serie
70.
224 Pithekoussai I, tomba 48, tav. 45.
225 Fraser, Matthews 1997, p. 380.
226 Lindhagen 2006, p. 55.
227 IG XIV, 2403, 18; Gallo 1966, p. 376, n. 77.
228 IG XIV, p. 205 n. 756.
229 CIL X, 1648.
230 Guarducci 1987, pp. 81-82.
231 N. inv. PM 54 c, A 34, Museo di Pech Maho.
estratto
232 Non è dato di sapere se si tratti dell’abbreviazione di un
nome - il nome osco Βίοτος ? -.
233 Lawall, Colloque Athènes 2010, abstracts p. 11.
234 Si tratta forse di una variante dei Satrii, attestata anche
nella Pompei pre-romana, Castrén 1975, pp. 216-217, nn.
355 e 356.
235 Tra i rappresentanti della gens dei Valeri ci sono un C. Valerius
Saturus (CIL VIII, 18696) un M. Valerius Saturus (CIL
VIII, 15041) e un Valerius Saturus (CIL VIII, 3947, 4106).
236 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
237 Un’anfora intera, sporadica, dal territorio di Eraclea Minoa,
tipo V/VI, inedita, visionata direttamente, reca un bollo
non ben leggibile che potrebbe essere un altro ΣIM; la sua
composizione mineralogica, però, non corrisponde a quelle
delle anfore di Ischia/Golfo di Napoli (EM 8, si veda il cap. VI
e fig. VIII.4g).
238 Fraser, Matthews 1997, p. 395.
239 Calvet 1972, p. 104; per l’anfora di Cartagine, SEG 1938,
nn. 853-855.
240 Napoli (Miranda 1995, n. 169); Capri (IG XIV, 901); Pompei
(N.Sc. 1936, p. 347, n. 279).
241 Pithekoussai I, p. 125, tav. 45.
242 Leiwo 1994, p. 200; Miranda 1995, p. 84 n. 165; Buchner
1997, p. 168.
243 Van der Mersch 1994, p. 176.
244 CIL VIII, 22639, 146.
245 Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 356 fig. 2 n. 3.
246 Sambon 1903, p. 229 n. 472: sulla stessa moneta si ritrova
XA in nesso; Cantilena et al. 1986, serie 19 (317/310 - 300
a.C.).
247 Castrén 1975, pp. 224-225, n. 388: Staii; n. 390: Statii,
entrambi gentilizi sabellici.
248 Campanile 1994, p. 560.
249 Salinas 1884, p. 329; IG XIV, 2393, 571.
250 Schulze 1966, pp. 62 e 338; M. Tintorius Kalendinus, Capua
CIL VI, 3559.
251 Miranda 1995, vol II, pp. 65-66; Salomies 1987, pp. 34-
35.
252 Castrén 1975, p. 229.
253 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
254 RE, VI A, 2 1973, sv Trebius, Salomies 1987, p. 94, Miranda
1995, iscrizioni nn. 109, 116, 152, 173, 174, 174 bis;
Fraser Matthews 1997, pp. 434-435.
255 Göransson 2007, pp. 130, 133.
256 Miranda 1995, n. 173.
257 Baslez 1996.
258 Baslez 1996, p. 221 n. 22.
259 Van der Mersch 1994, p. 176.
260 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
261 Giunta, in corso di studio (si veda anche il cap. VIII).
262 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
263 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
264 Lettura e commento mi sono stati suggeriti da F. Corda-
no.
265 Pepoli 1885, p. 48 e tav. VII.
266 Garozzo 1999, p. 317.
267 Casa 2, zona 11-4, 4, 11052, García Sánchez 1997, p.
263, n. 8, letto meglio in García Sánchez 1998, p. 233.
268 Cavalier, Brugnone 1986, p. 242, tav. LIVd.
269 Calvet 1972, p. 54 fig. 119.
270 Sambon 1903, nn. 630-632.
271 Sambon 1903, nn. 605-606, 699-700.
272 Sambon 1903, nn. 737, 749, 758.
273 A Napoli è documentato il nome Χαιρέας, Miranda 1995,
nn. 94 e 109.
274 Dubois 1995, p. 57, Collezione del Conte di Siracusa; secondo
il Dubois il nome è molto attestato nell’epigrafia dell’Eubea
e la trascrizione può essere Χαιρίου oppure Χαιρίω.

275 Sambon 1903, p. 191, p. 273, nn. 722, 761.
276 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
277 IG XIV, p. 599, 2403 n. 20.
278 Olcese 2004, p. 183, 1962, PM 363 F 34.
279 Cantilena et al. 1986: 317/310-300 e 300-280 a.C.
280 Sambon 1903, p. 228, nn. 466-468.
281 Cantilena et al. 1986, serie 94 fase IB, 300-280 a.C.
282 Sambon 1903, tra 320 e 280 a.C., n. 634.
283 Sambon 1903, pp. 182-183; Breglia 1952 b, p. 27; Storia
di Napoli I, p. 258.
284 Lamour, Mayet 1980, n. 13, esposto nel Museo di Ensérune.
285 Amar, Liou 1984, p. 157.
286 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
287 Fraser, Matthews 1997, p. 473.
288 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.
289 Miranda 1995, nn. 151 e 180, datate tra il I secolo a.C.
e il I d.C.
290 Magazzini del Museo, PM. F40C.1.91.
291 Cassola 1986, p. 74.
292 Cassola 1986, p. 74; per la patera conservata a Berlino,
Furtwängler 1885, p. 735 n. 2611.
293 Sambon 1903, p. 229 n. 469 (tra il 325-280 a.C.), Rutter
(a cura di) 2001 (300-275), Cantilena et al.1986 (300-280)
serie 80.
294 Si veda la nota 283.
295 Miranda 1995, nn. 151, 180.
296 Comunicazione di M. Palaczyk (K 11422): il bollo XAPME
retrogrado è compreso tra un caduceo e la rappresentazione
di un’anfora.
297 Alla stregua di ΠΑΡ/ΓΑΡ corona με oppure di ΠΑΡμε.
Molto meno probabile l’ipotesi di un nome associato ad una
unità di misura (metretes)
298 IG XIV, 817. Miranda 1995, n. 181.
299 Sambon 1903, p. 261 n. 634.
300 Nn. inv. 47783 e 47830, con cartiglio con doppia cornice.
301 XAPME retrogrado 47890 è probabilmente lo stesso bollo
ritratto in Salinas 1884, p. 329 n. 142.
302 N. inv. 47854.
303 N. inv. 47782.
304 Adamesteanu 1958, p. 307.
305 Dangréaux 1993-96.
306 Si tratta di due campioni non più reperibili.
estratto
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 173
307 Wolff 1986 a, p. 148, fig. 9. L’anfora è attribuita dalla Grace
alla Sicilia.
308 L’uso del dialetto è da collegare forse alla colonizzazione
euboica.
309 Sambon 1903, n. 467: 325-280 a.C.; Cantilena et al.
1986: 317/310-280 a.C.; si veda la tabella 2 del cap. IV.
310 Sambon 1903, n. 634.
311 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.; Pugliese, studio in
corso.
312 Jehasse, Jehasse 1973, p. 194 n. 357.
313 Van der Mersch 1994, p. 172.
314 Livio XXVI, 6, 13, Storia di Napoli I, p. 274; Manacorda
1981.
315 Castrèn 1975, p. 230.
316 Martín Camino 1996, p. 11.
317 CIL I, 425.
318 Van der Mersch 1994, p. 168; vedere inoltre bibliografia
sotto la carta.
319 De Miro 1958, fig. 51 n. 33.
320 Pepoli 1885, tav. I.
321 Sambon 1903, p. 230 n. 473.
322 Si veda il cap. IV, par. IV.9.
323 Dobosz, Colloque Athènes 2010.
324 Larfeld 1914, p. 295.
325 Koehler 1982.
326 Salinas 1884, p. 328 n. 250.
327 Nn. inv. 47823, 47777.
328 Materiali del magazzino, 1990, anfora tipo IV.
329 Su di una kotyle dell’VIII secolo a.C. da Lacco Ameno
è presente un graffito diversamente interpretato come
εύπότ’εμ[ί] (“sono gradevole da bere”) oppure come ευ
ποτερ[ιον] (“buon vaso a bere”), Dubois 1995, p. 30, con
bibliografia.
330 IG XIV, p. 218 n. 826.16.
331 Johnston 1979, p. 88, tipo 38A (vasi a figure nere, di cui
uno da Vulci vicino al pittore Priamo, uno della maniera del
pittore Antimene e un altro vicino al pittore Euphileto).
332 Tagliamonte 2010.
333 Russo 2005, p. 69.
334 Jehasse, Jehasse 1973, p. 555.
335 Breglia 1952b, p. 49.
336 Jehasse, Jehasse 1973, p. 556.
337 Salinas 1884, p. 327 n. 65.

174 c a p i to l o v
Tav. 15
ANΔP ANΔPΩ
TIPO IV – Aleria TIPO V-V/VI – Ischia TIPO V/VI – Mellita
APIΣTOK APIΣ APICT
TIPO III (?) – Ischia - S. Restituta TIPO IV – Ischia - scarico Gosetti TIPO VI
Ischia - necropoli di S. Montano
APIΣT ● KIP - APIΣT ● XAP
TIPO III – Ischia - S. Restituta TIPO III o III/IV – Ischia - S. Restituta
Tav. 15: Associazione tra bolli e tipi di anfore greco italiche di Ischia e di altri siti.
estratto

Tav. 16
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 175
ACKΛH BIΩ
TIPO VI – Ischia - necropoli di S. Montano TIPO V – Secca di Capistello
ΓAP/ΠAP corona M ΓΛAYK
TIPO IV – Ischia - scarico Gosetti
TIPO IV – Filicudi F TIPO IV – Ischia - S. Restituta
Tav. 16: Associazione tra bolli e tipi di anfore greco italiche di Ischia e di altri siti.
estratto

176 c a p i to l o v
Tav. 17
ΔI ΔIΩ, ΔIΩN
TIPO IV/V - V (?)
Ischia - scarico Gosetti
TIPO V – Secca di Capistello TIPO V – Gela
[Δ]IONY
TIPO IV/V - V (?) – Ischia - scarico Gosetti
EYΞ, EYΞENO[?]
TIPO V – Secca di Capistello TIPO IV o IV/V – Eraclea Minoa
Tav. 17: Associazione tra bolli e tipi di anfore greco italiche di Ischia e di altri siti.
estratto

Tav. 18
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 177
EΛ ZΩ
Ischia - S. Restituta
TIPO IV – Ischia - S. Restituta Filicudi F TIPO IV – Filicudi F
MAMAPKOY ΞEN
TIPO III – Ischia - S. Restituta TIPO IV – Ischia - S. Restituta
TIPO IV – Ischia - S. Restituta
ΠAP
TIPO IV (?) – Ischia - S. Restituta TIPO V – Secca di Capistello
Tav. 18: Associazione tra bolli e tipi di anfore greco italiche di Ischia e di altri siti.
estratto

178 c a p i to l o v
Tav. 19
ΠAPH ΠOP
TIPO V – Secca di Capistello TIPO V – Secca di Capistello
ΣATYPOY (o ΣATYP • V ?) ΣIM, ΣIMIA
TIPO V – Ischia - scarico Gosetti TIPO V/VI – Meloria A
TINΘ
TIPO IV – Ischia - S. Restituta
Tav. 19: Associazione tra bolli e tipi di anfore greco italiche di Ischia e di altri siti.
estratto

Tav. 20
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 179
TPE [ ]YTΩ / ΩTY (?) ΦΙΛΙΠΠOY
TIPO IV – Gela TIPO III/IV – Ischia - scarico Gosetti TIPO VI
XAPI XAPM, XAPMΗΣ
Ischia – necropoli di S. Montano
TIPO IV – Filicudi F TIPO IV – Gela-Manfria TIPO V o V/VI – Tour Fondue
Tav. 20: Associazione tra bolli e tipi di anfore greco italiche di Ischia e di altri siti.
estratto

180 c a p i to l o v
Tav. 21
TR.LOISIO A con anforina Pentagramma
TIPO VI – Ischia - scarico Gosetti TIPO IV – Gela-Manfria TIPO IV/V – Ischia - scarico Gosetti
Tav. 21: Associazione tra bolli e tipi di anfore greco italiche di Ischia e di altri siti.
estratto

i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 181
Tabella V.1. I bolli di Ischia: tipologia delle anfore e siti/relitti di attestazione
Legenda: ISC S. R.: Ischia, Santa Restituta; ISC S. G.: Ischia, scarico Gosetti; ISC N.: Ischia, necropoli e altri siti; FF: relitto Filicudi
F; SC: relitto della Secca di Capistello.
ELENCO BOLLI
(l’asterisco indica
bolli su laterizi)
TIPOLOGIA SITI/RELITTI DI ATTESTAZIONE
Tipo III Tipo IV Tipo V Tipo VI ISC ISC ISC Napoli FF SC Gela Altro
S. R. S. G. N
A 2 1
ANΔPΩ X
(ANΔP)
X
(V o V/VI)
1 X
(tipo IV ?)
Taranto; Solunto: ANΔP; Erice
(?); Selinunte; Camarina;
Aleria: ANΔP (tipo IV); Pech
Maho; Cartagine: ANΔP;
Mellita
estratto
ANT 2
ANTAΛΛ X
X
1 2 Lipari-Portinenti (tipo IV o V);
(IV o V) (IV o V)
Erice; Lilibeo; Ensérune
ANTA 1 Monte Iato; Lilibeo; Eraclea
Minoa; Lattes; Ensérune; Ampurias;
Ullastret; Cartagine
AΠΟΛ 2 X
AP 4 2
AP * 1
APIC 1 Erice
ΑΡIΣ X 5 (3+2 1 Velia: API*; Taranto: API;
mutili)
Licata-Monte S. Angelo
APICT X X 1 1
ΑΡΣT o ΑΡIΣT 5 1 X
(ARIST*)
ΑΡIΣTO X X
3 1 Puteoli (ARISTO); Selinunte
(III o IV) (III o IV)
(?): APIΣTO / APIΣTOI /
APIΣTOK (?)
[A]PICTO 1
APIΣTOK X X (?) 18 Selinunte (?); Eraclea Minoa
ΑΡ[I]ΣΤOΚΡΑΤΕOΣ 1
ΑΡΙΣΤOKP[ ] 1
APIΣΤ●ΚΙΡ X 3
APIΣΤ ● XAP 4
APIΣΤ ● X [ ] 1
APIΣΤ ● [ ] X (III o
III/IV)
2
ACKΛΗ X 1 1 X
Tarquinia; Monte Iato; Erice;
(ACKΛΗΠI -
Lilibeo; Ensérune(?); Ampu-
tipo VI)
rias; Sagunto
ΒΑΡ[Ι] X 2 1 Monte Iato; Erice; Segesta;
Lilibeo; Siracusa; relitto Sanguinaires
A (tipo VI)
BI X
1 X
X (BIΩ-
BIΩ: Taranto; Monte Iato;
(BIΩ)
(BIΩ?)
tipo V)
Erice; Camarina; Palazzolo
Acreide; Cartagena; Cartagine
BPEMONO[Σ] 1 Eraclea Minoa: BPEM (?)[ ]
BPI 2
ΒΡΙCΩΝ 1
BPYTA[ ] (?) 1
[Γ/Π]AP corona M X 1 2 X X
Monte Iato; Selinunte (?);
(tipo IV) (tipo IV)
Licata-Monte S. Angelo
ΓΛΑΥ 1
ΓΛΑΥ * 1
ΓΛΑΥΚ 3
[ ]AYK X 1
ΓΛΑΥΚOΣ 1
ΓΛΑ[ ] 2
ΓΝΑΙ[ ]Y 1
ΓN[ ] (?) 1
ΔΑΜΑ 6
ΔH * 3
ΔΙ X (V e IV/V-
1 2 X (graffito) X (ΔIΩ- X (ΔIΩN- Reggio Calabria; Lipari-Por-
V ?)
tipo V) tipo V) tinenti: titulus pictus; Erice:
ΔIΩN; Selinunte; Eraclea Minoa:
ΔIΩ[ ]; Agrigento: ΔIΩN;
relitto Torre della Meloria:
titulus pictus; Cartagena:
ΔIΩ; Cartagine: ΔIΩ
ΔΙ * 3 Licata*
ΔΙ[ ] 1
Δ[ΙΟΝΥ] o
X
X
1 ΔιΟΝΥCO: Taranto; Monte S.
Δ[ΙΟΝΥCO] (?)
(IV o V: (IV o V:
Giuliano; Erice; Licata-Monte
ΔιΟΝΥCO) ΔιΟΝΥCO)
S. Angelo; Camarina (tipo
IV o V?)
[Δ]ΙΟΝΥ X
X
2 ΔιΟΝΥCO: Taranto; Monte S.
(IV o V: (IV/V-V?)
Giuliano; Erice; Licata-Monte
ΔιΟΝΥCO)
S. Angelo; Camarina (tipo
IV o V?)
[Δ]ΙΟΝΥCΟ[Δ?] X
X
1 ΔιΟΝΥCO: Taranto; Monte S.
(IV o V: (IV o V:
Giuliano; Erice; Licata-Monte
ΔιΟΝΥCO) ΔιΟΝΥCO)
S. Angelo; Camarina (tipo
IV o V?)

182 c a p i to l o v
ELENCO BOLLI
(l’asterisco indica
bolli su laterizi)
TIPOLOGIA SITI/RELITTI DI ATTESTAZIONE
Tipo III Tipo IV Tipo V Tipo VI ISC ISC ISC Napoli FF SC Gela Altro
S. R. S. G. N
EM[ ] * 1
ΕΠΙΓΕ 2
EP * 1
ΕΥΞΕΝΟ[?] X
(IV o IV/V:
EΥΞεΝΩ)
X
(EΥΞεΝΩ)
ΕΥΞΕΝΟΥΑΡΙ X 1 X
(tipo V)
ΕΛ X X
1
14 1 X
(tipo IV)
1 X
(EΥΞεΝΩ-
tipo V)
X Selinunte: EΥΞεΝΩ/
(EΥΞεΝΩ?) EΥΞεΝOI; Eraclea Minoa:
EΥΞεΝΩ (tipo IV o IV/V);
Licata: EΥΞεΝY
Selinunte (?) (tipo III?)
estratto
IBI * 1 Eraclea Minoa, anfora:
IBIΩ (?)
ZOIΛ X (?) 11 X
(tipo IV?)
Eraclea Minoa; Siracusa
ZΩ X 32 3 X
X Velia*; Monte Iato: ZΩI; Cal-
(tipo IV)
tabellotta; Poggio Marcato
di Agnone; Licata-Monte S.
Angelo
ZΩ * 1
HPAKΛ 1
ΘΕΩΝ 1
ΙΕΡΩ X
1 Lipari-Porinenti: IEPΩN*; Lili-
(V-VI)
beo; Cartagena (tipo V-VI)
IΣ 1
ΚΑΡΠΟΥ 1
ΛOYΔH * 1
ΛOYKIOY * 1
MAIΩ 2
MAK (?) 1
ΔH MAK * 1
MAKKOY X 1 X
(MAKKOΣ o
MAKKΩΣ -
tipo VI)
ΜΑΜΑΡΚΟΥ X 1 1 X (MAMAP) Monte Iato; Selinunte (?):
[MA]MAPKΩ (?)
ΔHMAMAP * 2 2
ΔHMΠ (?) * 1
MEA 1
ΔHMO EΛ
(o ΔHMO EA) *
1
ΝΥΜΦΟΔΑΙΟΥ 1
ΝΥΜΦΩΝ 1
ΝΥ [ ] * 1
ΔHNYMΠO * 3
ΔHNYΨI * 1 Ensérune, anfora: NYMΨIOC
(tipo IV?)
ΞΕΝ X 16 1 Selinunte (?)
ΞEN TPE 8 Segesta: ΞENTII; Selinunte
(?)
ΞΕΝΩΝ 1
OBI * 1 1
ΔH OBI * 1
ΠΑΡ X X 35 5 X
Velia*; Lipari-Portinenti:ΠA[T]
(tipo V)
P o ΠA[Γ]P; Erice; Eraclea
Minoa: ΠAPME
ΠΑΡΗ X 1 X
Roghi 1 (Panarea) (?) (tipo
(tipo V)
V)
ΠΕΛ (o Δ) 1
ΠI[-]IΠ (?) 1
ΠOP o ΠOY (?) X 2 X (?)
(tipo V)
ΠOP * 1
ΠΥΘΕ 2
ΣΑΤΥΡOY
(o ΣΑΤΥΡ●V ?)
X 1
CΤΑ[ ] 1
ΣTA * 2
CΤΑΤΙ 1
TAXIO 1
TINΘ X 15 1 Selinunte
[TI]NΘΩ (?) 1
ΤΡΕ X 1 2 X
X Solunto; Segesta; Seli nunte;
(tipo IV?)
(tipo IV) Sciacca; Cal tabellotta; Eraclea
Minoa; Poggio Marcato
di Agnone; Licata-Monte S.
Angelo; Cartagine; Euesperides
TP * 1
ΦΙ 1
ΦΙΛΙΠΠΟΥ X 1 Erice; Segesta; Mas Castellar
Pontós

ELENCO BOLLI
(l’asterisco indica
bolli su laterizi)
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 183
TIPOLOGIA SITI/RELITTI DI ATTESTAZIONE
Tipo III Tipo IV Tipo V Tipo VI ISC ISC ISC Napoli FF SC Gela Altro
S. R. S. G. N
estratto
ΧΑΙΡΙ 4 Eraclea Minoa; Licata-Monte
S. Angelo
XAP X 1 (?) 2 X
Velia*; Segesta; Lilibeo;
(tipo IV)
Eraclea Minoa; golfo di Fos;
Ensérune; Pech Maho; Mar
Nero; Alessandria
ΧΑΡΙΛΑ X 1 X
Selinunte; Licata-Monte S.
(V/VI -
(tipo V/V-
Angelo (?): XAPIΛ; Camari-
VI?)
VI?)
na; Pech Maho
ΧΑΡΙΛΕΩ 1
ΧΑΡΜΕ [Ω +
X
X
2 X
X Selinunte (?): XAPM / XAPkantharos]
(XAPMHΣ (V o V/VI:
(XAPMEΩ-
(XAPMHΣ) ME / XAPMHΣ; Eraclea
e XAPM[--])
tipo IV)
Minoa: XAPME; Agrigento:
XAPMEΩ)
XAPMHΣ; Manfria (tipo IV):
XAPMHΣ; relitto Tour Fondue:
XAPM[--] (?) (tipo V o V/
VI); Cartagine: XAPMEΩ
ΔHXA[P] (?)* 1
ΔHMXAP [ ] * 1
XPH[ ] 1
ΩΙΟΩ (?) 1
[A]NT (?) 1
[?TP]EBIΩ X 1 X
(tipo IV)
Erice (?); Eloro (?)
N[ ] 1
Σ[ ] o M[ ] 1
[ ]EΔ 1
[ ]IΣ (?) 1
[?]NY 1
[ ]Σ X 1
[ ]ΥΤΩ / ΩΤΥ (?) X
(III/IV)
1
(?) + A * 1
ancora * 1
A con anforina 3
anfora (o cratere?) 1
anforina 1
2 anforine 1
fiaccola 1
pentagramma X
(IV/V)
1
III o ΠTI (?) 1
2 linee intersecate
da una linea verticale
1
ANTIORO 1
M. ANTERIO 1
Q. ANTRO 1
CAM 1
TR. LOISIO X 3 X Pompei; Taranto; Hipponion;
Kaulonia; Segesta; Erice;
Trapani; Lilibeo; Entella; Eraclea
Minoa; Licata; Siracusa;
Marsiglia-La Cloche; relitto
Port Vendres; relitto Mallorca;
Sagunto; Cartagena; Cartagine;
Alessandria; Elis (?); Rodi
Tot. 258 91 12

Carta geologica dell’isola di Ischia.
estratto

CAPITOLO VI
I dati delle analisi di laboratorio
VI.1. Materiali e metodi
L’idea di indagare le ceramiche di Ischia con i metodi archeometrici è nata nel corso di interessanti discussioni con
Maurice Picon, che si è occupato delle ceramiche a vernice nera di Napoli e del Golfo.
Le analisi di laboratorio effettuate sulle anfore, oggetto di questo capitolo, fanno parte di un programma di analisi
di laboratorio più ampio che ha coinvolto numerose classi ceramiche di epoche diverse rinvenute nell’area
di Santa Restituta, per un totale di 118 analisi chimiche e 104 mineralogiche, i cui risultati complessivi verranno
presentati nel volume in corso di preparazione.
Lo studio archeometrico ha avuto due obiettivi principali che rientrano nel campo di studio delle “determinazioni di
origine”:
• la caratterizzazione delle ceramiche di produzione locale nel corso delle epoche,
• l’individuazione di ceramiche di importazione.
Per quanto riguarda le anfore greco italiche, l’indagine effettuata mirava a stabilire se i contenitori ritrovati a Lacco
Ameno, nelle officine di Santa Restituta e nello scarico Gosetti, fossero stati prodotti localmente e a caratterizzarli.
Le officine del Golfo di Napoli coinvolte nella produzione delle anfore greco italiche furono probabilmente diverse e
la ricerca in corso è mirata a definirne l’articolazione e le modalità produttive nel corso del tempo. A questo proposito
va ricordato che aree limitrofe possono aver condiviso il patrimonio artigianale/epigrafico e aver prodotto ceramiche
dalle caratteristiche analoghe. In realtà, una prima tornata di analisi effettuate in alcuni siti della Campania settentrionale
interna e del Lazio meridionale sembra dimostrare che le produzioni ceramiche di quelle zone sono distinguibili
da quelle di Ischia con i metodi mineralogici 1 e, in qualche caso, anche con quelli chimici.
Il lavoro avviato a Ischia è stato la base di un progetto più ampio, finanziato dal Ministero della Ricerca, cioè la
creazione di un database dei dati archeologici e archeometrici delle ceramiche prodotte in Italia centro-meridionale 2;
inoltre ha dato luogo a una serie di approfondimenti nelle aree di produzione di anfore e ceramica (in Lazio e Campania)
e alla revisione dei carichi di quei relitti che si ipotizzano provenire dalla Campania e, più in generale, dall’area
tirrenica centrale.
VI.1.1. Analisi di laboratorio su ceramiche a Ischia prima di questo lavoro
estratto
L’archeometria può dare un apporto determinante alla individuazione e alla caratterizzazione delle ceramiche locali;
consente inoltre il collegamento di reperti ceramici a possibili aree di origine, soprattutto se si hanno a disposizione
gruppi di riferimento (= ceramiche prodotte con certezza in un luogo e che sono state analizzate). I gruppi di
riferimento infatti facilitano il confronto delle composizioni tra reperti di origine incerta e i materiali ceramici di cui si
conosce l’origine.
Il tentativo di determinazione di origine in laboratorio delle anfore trovate nei siti di consumo e sui relitti, in passato,
non sempre ha dato risultati soddisfacenti: le caratteristiche di composizione delle argille dell’area compresa tra
l’Etruria meridionale e la Campania sono spesso simili 3 e non sempre si dispone di gruppi di riferimento relativi ai
centri di produzione 4.
Ischia è stata oggetto già in passato di alcune indagini archeometriche sulle ceramiche. Un primo tentativo è stato
condotto nel 1986 da Deriu, Buchner e Ridgway. Il metodo utilizzato è la spettroscopia di Mössbauer e lo scopo è
quello di differenziare le ceramiche di epoca geometrica prodotte localmente da quelle importate 5.
Più o meno nello stesso periodo sono state effettuate le prime verifiche con i metodi chimici (XRF) da parte di
M. Picon che, grazie alla collaborazione di J.-P. Morel, ha affrontato in laboratorio il problema della produzione di
ceramica a vernice nera a Ischia e a Napoli, procedendo ad una prima serie di analisi chimiche sulle ceramiche
fini dei due centri 6.
Poche analisi mineralogiche effettuate da G. Abbas su frammenti di anfore e laterizi da Ischia hanno permesso di
individuare in alcune anfore recuperate dellisola foraminiferi (del tipo delle bolivine) e spicules di echinodermi 7. Da

186 c a p i to l o v i
ulteriori analisi effettuate sempre dallo stesso autore su alcune ceramiche da Cuma è emerso che i due siti (Pithecusa
e Cuma) presentano facies ceramiche differenti, perché il degrassante più grossolano è diverso 8. Lo studio
di Abbas ha mostrato buone prospettive di avanzamento per l’utilizzo dei clinopirosseni della provincia magmatica
campana quali marcatori di provenienza delle anfore.
Metodi di laboratorio sono stati utilizzati per cercare di distinguere le anfore fenicie da quelle locali 9 di tipo B (tomba
281 e 287): “the provenance from ancient Pithekoussai is confirmed by many fragments of lava with feldspathic crystals
and biotite on a glassy round mass. The microscope test recorded presence of original clay, surely illite, well
known at Ischia”.
VI.1.2. Le indagini effettuate nel corso del progetto
estratto
Considerata l’importanza di Ischia quale centro di produzione di ceramica nel corso del tempo, è stato effettuato
un ampio screening analitico sulle ceramiche di diverse fasi cronologiche, partendo dagli scarti di fornace e dalla
materia prima, come l’argilla ritrovata nei pressi della fornace n. 1, quella proveniente dalle alture poste sopra Casamicciola
10.
I metodi di laboratorio utilizzati sono le analisi chimiche (XRF) e le analisi mineralogiche (microscopio a luce polarizzata
su sezione sottile), metodi entrambi già impiegati con successo per numerosi studi di caratterizzazione e
determinazione di origine 11.
Le indagini di laboratorio utilizzate, incrociate tra loro, consentono:
1) la caratterizzazione delle materie prime,
2) il confronto tra materia prima e reperti,
3) la creazione di eventuali gruppi di reperti dalle composizioni simili,
4) il legame tra composizioni delle ceramiche e una possibile area geologica di produzione.
Le analisi chimiche sono mirate a conoscere la composizione chimica delle argille con cui è stata fabbricata la ceramica,
a stabilire gruppi di materiali con la stessa composizione e a individuarne l’origine 12. Il metodo utilizzato, la
fluorescenza a raggi X (XRF), è da tempo impiegato per lo studio in laboratorio della ceramica romana ed esistono
già numerosi dati di riferimento 13, indispensabili per poter fare delle attribuzioni.
Nel caso del Golfo di Napoli, dati di confronto vengono da indagini effettuate da M. Picon nel laboratorio di Lyon e
da precedenti ricerche. Una prima parte di analisi chimiche sulle ceramiche di Ischia è stata effettuata da chi scrive
a Berlino, presso l’Arbeitsgruppe Archäometrie della Freie Universität Berlin, una seconda e più cospicua serie
presso il Laboratorio CNRS di Lione, con la collaborazione di M. Picon e V. Thirion Merle 14, grazie al finanziamento
della Thyssen Stiftung di Bonn. Un’ultima tranche di analisi è stata realizzata recentemente a Roma nell’ambito del
progetto Firb “Immensa Aequora” 15.
Gli scarti di fornace, in verità non molto abbondanti nell'area di Santa Restituta, e i campioni di argilla, ammassata
nei pressi della fornace 1, hanno fatto da guida nel tentativo di caratterizzare in laboratorio la ceramica di produzione
locale.
I dati ottenuti dall’effettuazione delle analisi chimiche sono stati rielaborati con metodi di statistica semplice e multivariata
e i risultati sono rappresentati sotto forma di cluster o diagramma ad albero. Sono stati individuati più gruppi
tra il materiale di Santa Restituta (ad esempio quelli della ceramica a vernice nera, uno dei quali probabilmente napoletano)
e, all’interno delle anfore greco italiche, si sono isolati gruppi, sottogruppi e insiemi 16.
In un secondo momento, per confronto, le indagini di laboratorio sono state estese a ceramiche e anfore (soprattutto
greco italiche) rinvenute in diversi centri del Mediterraneo.
Le analisi mineralogiche, più indicate per lo studio delle ceramiche a impasto grossolano (come le anfore, i laterizi o
le ceramiche da cucina), sono state impiegate per caratterizzare le ceramiche dal punto di vista mineralogico.
L’apporto principale delle analisi mineralogiche è stato quello di favorire il collegamento dei gruppi creati con l’analisi
chimica ad aree di origine circoscritta; in modo particolare è stato possibile attribuire alla produzione Ischia/Golfo di
Napoli la gran parte delle anfore greco italiche rinvenute a Ischia e a Napoli e, di conseguenza, collegare a questa
zona i bolli impressi sulle loro anse, spesso frammentarie, rinvenuti anche in altri siti dell’area tirrenica.
Il risultato intermedio delle analisi è quello di avere ottenuto la caratterizzazione della maggior parte delle ceramiche
rinvenute a Ischia e la costituzione di alcuni gruppi di riferimento, pertinenti a ceramiche dell’epoca della colonizzazione
e al periodo compreso tra il IV e il II secolo a.C.
Come spesso succede, l’effettuazione di un progetto analitico così ampio, oltre a produrre risultati importanti, ha
anche generato una serie di quesiti nuovi che sono stati affrontati solo marginalmente: il rapporto tra le ceramiche
di Ischia e quelle di Napoli e di altri centri del Golfo è certamente uno dei più importanti, che merita approfondimenti
futuri.

VI.1.3. Le argille di Ischia e il vulcanismo campano 17
Dal punto di vista del vulcanismo, la Campania è divisa in tre parti 18:
estratto
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 187
1) Campi Flegrei, caratterizzati da accumuli di tufi piroclastici gialli.
2) Ischia, dove affiorano le trachiti alcaline e i trachifonoliti. In genere questo vulcanismo è più alcalino di quello
dei Campi Flegrei e produce rocce effusive con minerali sodici (sodalite, egirina, augite egirinica).
3) Somma/Vesuvio che, confrontata con i precedenti, è caratterizzato attualmente da magma potassici con leucite.
Gli studi di A. Rittmann negli anni ’30 e le osservazioni di G. Buchner danno informazioni imprescindibili sulla situazione
delle argille di Ischia (fig. a p. 184).
I giacimenti argillosi utilizzati in epoca antica si trovano soprattutto sulle pendici settentrionali dell’Epomeo, sopra
Casamicciola. L’argilla non si trova in superficie ma è coperta da depositi sabbiosi e da frane, per cui per poterla recuperare
è necessario scavare delle gallerie. Così Buchner descrive le argille di Ischia: “Le argille sono sovrapposte
al tufo verde dell’Epomeo e contengono avanzi di fauna marina, specie di gusci di molluschi e foraminiferi, appartenenti
senza esclusione a specie tuttora viventi nel Mediterraneo. Si tratta cioè di depositi di fango marino, formatisi
quando il tufo dell’Epomeo era sommerso per una profondità calcolabile all’incirca intorno a un centinaio di metri, e
costituiti principalmente da cenere vulcanica dilavata dallo stesso tufo” 19.
E in un altro testo 20 le notizie sono ancora più specifiche: “Alfred Rittmann (1930) ha dimostrato che l’Epomeo non è
il rudere di un vulcano centrale, come finora si è ritenuto, ma un horst vulcano-tettonico sollevato. Il tufo dell’Epomeo,
tuttavia, non è di formazione sottomarina, ma rappresenta una ignimbrite, vale a dire un deposito di nubi ardenti di
formazione subaerea, successivamente sprofondato e in seguito nuovamente sollevato.
La giacitura degli strati di argilla - che qui ci interessa per le implicazioni che ne derivano per il loro sfruttamento
industriale - si presenta in modo piuttosto complesso. Il horst del Monte Epomeo è colpito da un sistema di faglie
a gradini variamente inclinate, in modo che gli strati di argilla plastica si trovano oggi a altezze che vanno da una
cinquantina di metri (alla base orientale del Monte Tabor) fino a circa 700 metri sulla cresta dell’Epomeo tra Pietra
del Cantariello e Pietra d’Acqua, senza relazione tra l’altezza attuale dei depositi e la profondità marina in cui si sono
formati. La situazione è ulteriormente complicata per il fatto che il sollevamento dell’horst è stato interrotto da periodi
di stasi prolungata, durante i quali si formarono spiagge con ciottoli arrotondati di trachite e, in corrispondenza con
queste, depositi di sabbie fini di tufiti non plastiche con fauna di basso fondo litorale, molto diversa da quella che si
trova nelle argille plastiche formatesi in acque più profonde. Le differenti proprietà delle argille ischitane per quanto
riguarda il loro impiego industriale (di cui si dirà più sotto) possono essere dovute quindi alla circostanza che le stesse
si sono formate a profondità e in condizioni diverse. Per giunta, i giacimenti di argilla non sono quasi mai esposti
in superficie, ma sono generalmente coperti da una spessa coltre costituita da depositi sabbiosi di slittamenti marini
(“correnti di torbida”) formatesi durante il sollevamento, cui si aggiungono frane di crollo di origine subaerea composte
da frammenti del tufo verde dell’Epomeo. Un’idea della complicata giacitura dei depositi di argilla possono dare
le sezioni schematiche della stratigrafia del versante settentrionale dell’Epomeo, pubblicate da Rittmann. I giacimenti
più consistenti e in passato sfruttati per l’industria figulina si trovano nella parte orientale delle pendici settentrionali
dell’Epomeo, sulle colline sopra Casamicciola (regione Carusiello, Buceto, Ervaniello, Fasaniello, Campomanno,
ecc.) tra ca. 100 e 500 m. s.l.d.m.
In età recente le fornaci si trovarono lungo la costa in località Perrone, nel territorio di Casamicciola, che si prestava
particolarmente allo scopo, allora fuori dal paese, ma vicino al suo margine orientale. Una falda freatica di
acqua dolce, raggiungibile con pozzi, forniva l’acqua indispensabile per la preparazione e lavorazione dell’argilla,
la costa a bassa falesia permetteva di ancorare le barche direttamente sotto le officine per il carico dei prodotti
da spedire in terraferma (come ho potuto osservare ancora personalmente negli anni 1930), mentre la zona era
anche il più possibile vicina ai giacimenti sulle colline sopra Casamicciola. La difficoltà maggiore era rappresentata
proprio dal rifornimento della materia prima locale che, per le condizioni appena descritte, doveva essere scavata
faticosamente in cunicoli sotterranei e trasportata poi a dorso di mulo per poco agevoli sentieri fino al luogo di
lavorazione”.
C. Haller descrive come si procedeva all’estrazione dell’argilla: “… le territoire de Casamice est miné, dans toutes
les directions, de glaisières abandonnées ou nouvellement exploitées. On y procède de la manière suivante. Le
mineur commence par se mettre d’accord avec le propriétaire du terrain pour le prix que doit valoir chaque charge
de glaise. Ensuite le premier se met à essaver le terrain, creusant des puits, jusqu’à ce qu’il rencontre la glaise, qui
ordinairement, à douce ou quince pieds de profondeur [ca. 3-5 m.], forme des filons à-peu-près horizontaux. Le
mineur le suit, en pratiquant des galéries, qui vont au zigzac, à demi-hauter d’homme, quelque fois à une distance
asséz considerable” 21.

188 c a p i to l o v i
Poiché ormai da molti decenni l’escavazione dell’argilla non viene più praticata procurarsi campioni freschi della
stessa è diventata un’impresa oltremodo difficile. Preziose sono perciò le notizie che il dotto locale Francesco De
Siano riferisce circa i diversi tipi di argilla ischitana e le loro differenti qualità tecniche 22. Conviene riportare per intero
le sue parole: “Della medesima se ne distinguono varie specie secondo il colore e consistenza, cioè bianchiccio,
citrina e lutea. Le due prime sono meno correnti; la terza è molto tenace e glutinosa; questa e la seconda specie
sono marziali, ma molto più la lutea, la quale si osserva carica di piccolissime particelle di ferro risplendenti a guisa
del letten, o sia argilla vitrescens metallicis particulis mixta del Wallerio.... Questa terza specie è la più stimata da’
lavoranti; ma non si può assolutamente mettere in opera senza mischiarla con la più dolce della sabbia, altrimenti si
fende al fuoco. Di questa che chiamiamo creta forte e della seconda specie, si servono per la fabbrica di vasi; della
prima meno corrente si servono per fare i mattoni; …”.
Già prima, però, alcuni autori si erano occupati di questo argomento.
“Creta locus abundat, doliaque ex ea conficiebant, quemadmodum hoc tempore creta non ad vasa, sed ad lateres,
quibus Neapolitanae Urbis plateae sternuntur, conficiendos utimur, atque in scopulo, qui Gigantis dicitur, ardentes
fornaces figolorum usui extant” scrive Giulio Cesare Capaccio, nelle Historiae Neapolitanae del 1771 23.
Un testo del 1783 ricorda che l’argilla da Ischia veniva trasportata a Napoli: “Oggidì non solamente una tal fabbrica
è in vigore nella marina di Casamicciola, ma dalla creta non lavorata se ne trasporta una grande quantità in Napoli
dove viene destinata allo stesso fine” 24.
Altre informazioni si ricavano dal testo dell’Ultramontano 25: “… l’argilla predomina nella maggior parte delle terre
miste di Ischia, ed anche la creta, la vera terra da vasaio, vi si trova in abbondanza. Da tempo immemorabile, si è
fabbricata un’immensa quantità di vasellame nell’isola, che deve appunto il nome Pithaecusae ai grandi vasi chiamati
Pithos dai Greci che avevano colonizzato l’isola. Questa specie di industria è presentemente concentrata nel territorio
di Casamiccia, in cui vi è maggior abbondanza di creta, che viene estratta da tanti secoli che il suolo vi è forato
dappertutto come una spugna. È opportuno fare qui osservare che la creta di Casamiccia contiene spesso piccoli
frammenti di pietra pomice e di altri corpi ugualmente vulcanici, ma nessun pezzo di lava compatta, il che sembra
indicare che questa creta provenga da una specie di tufo vulcanico. Inoltre, i letti di questa terra da vasaio sono
sempre nel mezzo di masse di ceneri solidificate… e mai fra strati di lava. È da notarsi, che le lave di Ischia, anche
quelle dell’Arso, contengono spesso frammenti di feldspato del tutto conservati: sembra che questi, come anche il
quarzo, la mica e lo schoerl, eruttati durante le esplosioni vulcaniche, restino del tutto insensibili all’azione del fuoco
e non subiscano alcun deterioramento.” 26
Si è già detto di come il Capaccio nelle Historiae Neapolitanae del 1771 ricordi, a proposito di Pithecusa, la presenza
di “ardentes fornaces figulorum”.Tutta la zona da Casamicciola a Lacco Ameno, in particolare quella costiera, era
destinata alla produzione della ceramica; le ultime fornaci, ancora visibili negli anni trenta a Perrone, scomparvero
durante la costruzione della strada litoranea (anno 1933-34) (fig. III.2, capitolo III). Fornaci erano attive nella zona
prospiciente il mare e a ogni fornace corrispondeva, sulla costa rocciosa, una scala intagliata nella pietra che agevolava
l’imbarco delle ceramiche 27.
Casamicciola, grazie alla presenza di giacimenti di argilla nel suo territorio, ha una tradizione importante nella fabbricazione
della ceramica; il D’Aloysio, nel 1757, ricorda, parlando di Casamicciola, “quel sito, in cui gli Artefici de’ vasi
di creta dimorano colle loro officine e che da essi vien detto: le Piazze” 28.
L’Ultramontano delinea, nel 1822, la situazione della attività artigianale ceramica a Casamicciola: “ Le barche di Casamiccia
esportano inoltre tutto il vasellame, le tegole e i mattoni che vi producono, ed anche una grande quantità
di terra ad uso delle fabbriche di maiolica della Capitale. L’argilla e la ceramica di Casamiccia, formano insieme un
ramo d’industria che apporta non meno di trentamila ducati all’anno a questo Comune…il territorio di Casamiccia è
scavato, in tutte le direzioni, da cave di argilla abbandonate oppure utilizzate da poco tempo. Vi si procede nel seguente
modo: il minatore comincia con il mettersi d’accordo con il proprietario del terreno sul prezzo da stabilire per
ogni carico di argilla, e comincia poi a saggiare il terreno scavando alcuni pozzi, finchè non si incontra l’argilla che, di
solito, ad una profondità di dodici o quindici piedi, forma filoni quasi orizzontali. Il minatore li segue praticando gallerie
a zig zag, a mezza altezza d’uomo, talora anche per lunghi percorsi. Spesso abbiamo notato, nelle vigne, cedimenti
di terreno causati da crolli di vecchie miniere esaurite… Le fornaci di Casamiccia sono situate in riva al mare, presso
lo sbocco del ruscello che proviene dai Bagni” 29.
VI.1.4. Le argille di Ischia utilizzate a Napoli ? Un tema ricorrente
estratto
Per le analisi di laboratorio delle ceramiche di Ischia si rimanda ai testi di V.Thirion Merle, G. Montana e I.
Iliopoulos.

i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 189
Grazie a tali analisi è stato possibile arrivare a una caratterizzazione delle ceramiche dell’isola 30; pare assodato che
la produzione a Ischia sia stata ininterrotta nel corso del tempo. Più complessa è la situazione di Napoli. Gli archeologi
vorrebbero poter separare le produzioni ceramiche di Ischia da quelle di Napoli.
Dai dati della bibliografia specialistica si evince che, nella Baia di Pozzuoli e in quella prospiciente la città di Napoli,
non ci sono argille marine fossilifere di età quaternaria, adatte per la realizzazione di ceramiche, mentre queste argille
sono abbondanti a Ischia, la cui fama nella produzione di vasellame ceramico è nota.
A Napoli, però, sono venuti alla luce scarichi di ceramica a vernice nera che in parte è già stata pubblicata e sottoposta
ad analisi 31; inoltre, nei recenti scavi della Metropolitana sono stati trovati scarti di ceramica comune e di anfore,
che attestano la lavorazione della ceramica in periodi diversi 32. L’ipotesi della presenza a Napoli di officine ceramiche
era stata già considerata da tempo, anche se si pensava piuttosto ad una lavorazione locale di argille provenienti
da Ischia. Va precisato che l’utilizzo di metodi di laboratorio, di per sé, non può confermare o smentire l’idea che, in
antico, l’argilla di Ischia venisse trasportata a Napoli e lì lavorata.
In questa ricerca si è cercato di rispondere alla domanda se a Napoli siano state prodotte anfore greco italiche (e
quale fosse il rapporto tra queste anfore e quelle di Ischia), quesito che ha impiegato molto del nostro tempo e che
è stato risolto solo in parte. Per studi archeometrici risolutivi è necessario poter contare su dati geologici relativi alle
argille delle diverse aree, dati di cui disponiamo attualmente solo in minima parte per il Golfo di Napoli 33.
VI.1.5. I risultati delle analisi di laboratorio effettuate
estratto
Le analisi mineralogiche
Sono state effettuate 62 analisi mineralogiche sulle anfore greco italiche di Ischia, studiate al microscopio polarizzatore
in fasi diverse e da più studiosi 34, nell’ambito di un progetto che ha preso in considerazione diverse classi
ceramiche dall’epoca della colonizzazione fino al tardo antico.
In un primo tempo, un numero ridotto di sezioni sottili è stato esaminato da G. Thierrin Michael 35. Successivamente
una consistente serie di sezioni sottili di Ischia è stata letta da G. Montana, a cui si devono le considerazioni
del paragrafo VI.3 e alcune schede di dettaglio o raggruppate per “famiglie” di bolli (catalogo IVA e IVB alla fine
del volume).
Nell’ultima parte della ricerca tutte le sezioni di Ischia (della vecchia e della nuova serie) sono state riconsiderate
e interpretate da I. Iliopoulos 36 (paragrafo VI.4) che ha messo in connessione i dati di Ischia con quelli raccolti nel
frattempo in altri centri della Campania, del Lazio e della Sicilia, nell’ambito del progetto Immensa Aequora. Sempre
a I. Iliopoulos si deve un primo tentativo di lettura di dati mineralogici in relazione a quelli chimici. Quest’ultima fase
del lavoro è la più completa (i risultati sono riassunti nelle tabella VI.3 e VI.4).
È emerso che le anfore di Ischia contengono quasi esclusivamente inclusioni vulcaniche (la cui grandezza è compresa
tra mm 0,1 e mm 0,8, mediamente tra mm 0,3 e mm 0,4) e hanno una matrice carbonatica con microfossili. La
percentuale di rocce corrisponde più o meno alla percentuale dei minerali vulcanici isolati, tra cui prevale nettamente
il sanidino rispetto ai clinopirosseni 37. Tra i frammenti di roccia vulcanica prevale la pomice e la massa di fondo è
vetrosa, con fenocristalli di clinopirosseno o plagioclasi, talora con microliti di plagioclasi. I campioni si distinguono
tra loro per la frequenza delle inclusioni e per la distribuzione delle inclusioni di taglia differente.
L’argilla dei mattoni analizzati è la stessa delle anfore ma con inclusioni più grandi e grossolane, con sabbia vulcanica
probabilmente aggiunta.
L’argilla prelevata dall’area dei forni presenta una matrix carbonatica e pochi microfossili, le inclusioni sono costituite
da grossi grani vulcanici (roccia, sanidino, plagioclasi e clinopirosseni) 38.
Le analisi chimiche
Sono state effettuate 68 analisi chimiche sulle anfore di Ischia 39, interpretate in una prima fase da M. Picon e, successivamente,
da V. Thirion Merle. I risultati dell’analisi chimica sono riuniti nella tabella VI.2 che contiene, nell’ordine
del dendrogramma, i campioni di anfore greco italiche, suddivise nei gruppi/insiemi riconosciuti, mentre la tabella
VI.1 contiene anche i dati epigrafici.
Il gruppo D, molto probabilmente locale, è in realtà molto più grande e comprende anche ceramica geometrica e
alcune ceramiche comuni prodotte a Ischia.
L’insieme E, i cui contorni ancora sfuggono e la cui origine non è definita, potrebbe comprendere la produzione di
Napoli e/o di più siti del Golfo; l’insieme F, per ora di incerta definizione ma vicino al precedente, è stato caratterizzato
grazie alle analisi mineralogiche 40.
Un gruppetto a parte, infine, comprende tutti i campioni analizzati di anfore bollate con il bollo di Trebio Loisio,
anche quelle rinvenute a Erice e a Marsala 41. Sono necessarie ulteriori verifiche ma, attualmente, le analogie più
stringenti dal punto di vista mineralogico sono possibili con i dati archeometrici editi della ceramica da cucina di
Cuma 42.

190 c a p i to l o v i
Tabella VI.1: Elenco dei campioni ordinati secondo i risultati dellanalisi chimica (cluster delle fig. VI.2).
Nr. Analisi chimica Bollo Analisi mineralogica Luogo di rinvenimento
Gruppo D
ISC 734 TINΘ X S. Restituta
ISC 739 Priva di bollo S. Restituta
ISC 747 ΠAP X S. Restituta
ISC 740 Priva di bollo S. Restituta
ISC 741 Priva di bollo S. Restituta
ISC 728 Puntale privo di bollo S. Restituta
ISC 736 APIΣT● [ ] (?) X S. Restituta
ISC 746 Puntale privo di bollo S. Restituta
ISC 731 Priva di bollo S. Restituta
ISC 735 [ ] Σ X S. Restituta
ISC 733 Priva di bollo S. Restituta
ISC 729 Puntale privo di bollo S. Restituta
ISC 748 ΠAP S. Restituta
ISC 773 Priva di bollo S. Restituta
ISC 651 ΓΛΑΥΚ S. Restituta
ISC 653 ΔAMA S. Restituta
ISC 650 ΞENTPE X S. Restituta
ISC 652 [?ΤΡ]EBIΩ S. Restituta
ISC 643 APIΣTOK S. Restituta
ISC 654 ZOIΛ S. Restituta
ISC 644 Doppio ΑΡΙΣΤO X S. Restituta
ISC 646 TINΘ S. Restituta
ISC 640 [ ]AΥΚ X S. Restituta
ISC 648 EΛ X S. Restituta
ISC 647 [ ]EΛ S. Restituta
ISC 743 Puntale privo di bollo S. Restituta
ISC 749 ΠAP X S. Restituta
ISC 694 TPE X S. Restituta
ISC 750 Priva di bollo S. Restituta
ISC 635 APICT X S. Restituta
ISC 642 ΞΕΝ X S. Restituta
ISC 730 Priva di bollo S. Restituta
ISC 737 Priva di bollo S. Restituta
ISC 732 Priva di bollo S. Restituta
ISC 696 XAPIΛΕΩ Scarico Gosetti
ISC 744 Puntale privo di bollo S. Restituta
ISC 745 Puntale privo di bollo S. Restituta
ISC 637 TINΘ X S. Restituta
ISC 639 AP X S. Restituta
ISC 684 Q.ANTRO X S. Restituta
ISC 619 ΑΡΣT o ΑΡIΣT X S. Restituta
ISC 638 ZΩ X S. Restituta
ISC 621 ΞEN TPE X S. Restituta
ISC 611 Argilla X S. Restituta
Insieme E
ISC 710 [ ]YTΩ / ΩTY (?) X Scarico Gosetti
ISC 708 ΔI X Scarico Gosetti
ISC 738 Priva di bollo X S. Restituta
ISC 692 ΞΕΝΩ[Ν] Scarico Gosetti
ISC 709 ΣΑTYPOY o ΣΑTYP●V X Scarico Gosetti
ISC 689 [AN]TAΛΛ Scarico Gosetti
Insieme F
ISC 687 [Γ/Π]ΑΡ corona M X Scarico Gosetti
ISC 686 ΠAPH X Scarico Gosetti
estratto

i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 191
Nr. Analisi chimica Bollo Analisi mineralogica Luogo di rinvenimento
ISC 711 [Δ]IONY Scarico Gosetti
ISC 697 XAPME [Ω + kantharos] Scarico Gosetti
ISC 712 ΓΝΑΙ[ ]Υ X Scarico Gosetti
ISC 690 ANT X Scarico Gosetti
Sottogruppo insieme E (bolli Tr. LOISIO)
ISC 695 [TR. LOI]SIO X Scarico Gosetti
ISC 691 TPE X Scarico Gosetti
ISC 693 TR. LOISIO X Scarico Gosetti
Marginali
ISC 685 Priva di bollo S. Restituta
ISC 742 Priva di bollo S. Restituta
ISC 645 TINΘ S. Restituta
ISC 688 ΧΑΡ Scarico Gosetti
ISC 634 Priva di bollo S. Restituta
ISC 636 Priva di bollo S. Restituta
ISC 649 ΒΑ[ΡΙ] X S. Restituta
L’impasto delle anfore del gruppo D, locale, è di colore beige rosato, più o meno intenso (esternamente Munsell 5YR
8/3-8/4; in frattura marroncino tendente al rosato 7.5 YR 7/4-6/4 YR), con abbondanti inclusioni vulcaniche di colore
nero lucido, visibili a occhio nudo.
La tav. 10bis mette a confronto gli impasti di anfore greco italiche di siti diversi della Campania.
In breve i risultati delle analisi sono così riassumibili:
• Le ceramiche rinvenute a Lacco Ameno in diverse aree e pertinenti ad epoche differenti sono state caratterizzate
chimicamente e mineralogicamente, partendo dal confronto con l’argilla rinvenuta nell’area dei forni e con
gli scarti di fornace.
Sull’isola abbondano le argille calcaree che hanno offerto la materia prima per la fabbricazione delle anfore
greco italiche a cui è stato aggiunto del degrassante intenzionale (sabbia), ma esistono anche argille silicee,
utilizzate per fabbricare alcune anfore (SR 1473/ISC 648 e ISC 749).
• Chimicamente sono stati individuati gruppi (D) ed insiemi (E ed F). D è locale; il degrassante di questo gruppo
è diverso da quello degli insiemi E/F (più fine e di altra dimensione) 43.
Un gruppetto a parte, distinto sia con le analisi chimiche che con quelle mineralogiche (gruppo IV), comprende
tutti i campioni di anfore provenienti da diversi siti del Mediterraneo bollate con lo stesso bollo in caratteri latini
(TR. LOISIO).
• Dal punto di vista mineralogico, le ceramiche di Ischia sottoposte ad analisi (gruppo chimico D) sono ben distinguibili
da quelle dei siti analizzati per confronto nel corso del progetto Immensa Aequora e in altri studi; in
particolare si differenziano dalle ceramiche prodotte a Minturno, Mondragone, Capua, Cales, Cuma, Sorrento,
Paestum 44.
• La distinzione in laboratorio tra le anfore rinvenute a Ischia e quelle recuperate a Napoli è attualmente possibile
solo grazie all’incrocio di dati diversi.
• Le anfore greco italiche di alcuni relitti datati tra la fine del IV e il III secolo a.C. (Filicudi F e Secca di Capistello)
e altre rinvenute in alcuni siti di consumo della Sicilia sono state attribuite agli insiemi E/F (Golfo Napoli) e, in
parte minore, al D (Ischia).
VI.2. Les analyses chimiques: les resultats (V. Thirion Merle)
estratto
Suite aux fouilles du quartier artisanal situé sous l’église Santa Restituta à Lacco Ameno d’Ischia et à la découverte
de plusieurs fours et d’un grand nombre de céramiques de types très divers, les questions de détermination d’origine
et de distinction entre productions locales et importations se sont évidemment posées. Pour tenter d’y répondre plusieurs
séries d’analyses ont été entreprises.

192 c a p i to l o v i
Dans un premier temps les analyses ont principalement concerné les céramiques à vernis noir, les amphores grécoitaliques,
et les céramiques culinaires. Il s’agissait alors de vérifier pour ces différentes catégories de céramiques
l’existence possible d’une production locale - et en ce qui concerne les céramiques à vernis noir de la comparer aux
productions de Campanienne A des ateliers napolitains.
Mais en raison des difficultés rencontrées lors de l’identification des productions locales 45, l’échantillonnage a dû être
complété. On s’est alors intéressé aux céramiques à décor de vernis noir (également appelée céramique à décor
géométrique), dans la mesure où ces céramiques semblaient bien être une production locale, probablement la plus
ancienne d’Ischia. D’autres céramiques, très vraisemblablement locales, ont également été prises en considération:
céramiques architecturales, bassins, poids et autres céramiques communes.
Nous présentons ici la partie des résultats qui concernent uniquement les amphores puisqu’il s’agit du thème de cet
ouvrage. Les autres catégories de céramiques seront abordées dans la publication qui leurs sera dédiée (à paraître).
VI.2.1. Méthodes d’analyse chimique et de traitement statistique
estratto
Les analyses chimiques ont été réalisées au laboratoire de Berlin (Arbeitsgruppe Archäometrie de la Freie Universität
Berlin) et également au laboratoire d’Archéométrie et d’Archéologie de Lyon (UMR 5138, Université de Lyon -
CNRS).
La méthode d’analyse utilisée, que ce soit à Berlin ou à Lyon, est l’analyse par fluorescence X en dispersion de
longueur d’onde, méthode d’analyse globale permettant de déterminer les constituants chimiques présents dans la
pâte. Au laboratoire d’archéométrie de Lyon, vingt-quatre éléments chimiques sont ainsi déterminés et les résultats
de cette analyse chimique sont exprimés en pourcentages d’oxyde pour les constituants majeurs et en partie par
million de métal pour les éléments traces. Il s’agit pour les éléments majeurs du calcium (CaO), fer (Fe 2O 3), titane
(TiO 2), potassium (K 2O), silicium (SiO 2), aluminium (Al 2O 3), magnésium (MgO), manganèse (MnO), sodium (Na 2O)
et phosphore (P 2O 5) et pour les éléments traces du zirconium (Zr), strontium (Sr), rubidium (Rb), zinc (Zn),chrome
(Cr), nickel (Ni), lanthane (La), baryum (Ba), vanadium (V), cérium (Ce), yttrium (Y), thorium (Th), plomb (Pb) et
cuivre (Cu).
La méthode de traitement statistique des données d’analyse qui a ensuite été utilisée est une méthode de classification
qui a pour objectif la constitution de groupes de céramiques de composition similaire.
Il s’agit d’une classification ascendante hiérarchique ou analyse de grappe utilisant le calcul de distances euclidiennes,
les données chimiques centrées réduites et fusion en affinité moyenne non pondérée, (aussi appelée analyse
de grappes en affinité moyenne non pondérée sur données centrées réduites). Elle consiste à mesurer la différence
de composition de chaque exemplaire par rapport aux autres grâce à un calcul de distances euclidiennes. Les deux
exemplaires les plus ressemblants sont alors regroupés pour former un «pseudo échantillon» de composition correspondant
à la moyenne des 2 échantillons qui le forment, puis ce pseudo-échantillon de composition moyenne
est comparé aux autres exemplaires, et ainsi de suite par itérations successives on regroupe les exemplaires les
plus ressemblants. On utilise les données centrées réduites et non les données brutes de façon à donner un poids
identique aux constituants majeurs et aux éléments en traces 46.
Le résultat de la classification se schématise par un dendrogramme (fig. VI.1 47) où chaque échantillon céramique est
représenté par un trait vertical à la base du graphique. Lorsque deux de ces traits sont réunis par une barre horizontale
cela marque une ressemblance entre les compositions des deux échantillons correspondants. Cette barre sera
positionnée d’autant plus bas par rapport à la base du graphique que la ressemblance entre les deux échantillons
sera forte. Ces deux échantillons sont alors fusionnés en un «pseudo échantillon», représenté par une barre unique,
de composition moyenne. On recalcule ensuite les ressemblances existant entre ce «pseudo échantillon» et les céramiques
restantes. Ce sont alors les 2 échantillons ou «pseudo échantillons» les plus ressemblants qui fusionnent
à leur tour et qui sont remplacés par un nouveau «pseudo échantillon». Ce processus se répète jusqu’à l’obtention
d’un «pseudo échantillon» unique rassemblant tous les échantillon à classifier. Sur ce dendrogramme apparaissent
alors des groupes d’échantillons de compositions d’autant plus similaires qu’ils seront reliés à bas niveau. Tout
échantillon rattaché à une hauteur relativement élevée à l’un ou l’autre de ces groupes aura une faible probabilité
d’en faire partie.
Puis ce sont ces différents groupes que l’on doit confronter avec les données archéologiques et géochimiques.
Cette méthode permet une représentation simple des relations de ressemblances entre individus, mais elle ne
nous abstient pas de la compléter par un examen détaillé et approfondi des données individuelles de composition.

Fig. VI.1: Cluster di tutte le ceramiche di Ischia sottoposte ad analisi chimica (XRF).
estratto
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 193

194 c a p i to l o v i
VI.2.2. Les résultats des analyses chimiques des céramiques d’Ischia
L’étude ayant porté sur l’ensemble des catégories céramiques retrouvées sur Ischia, une première classification
ascendante hiérarchique réalisée sur 17 éléments chimiques (Ca, Fe, Ti, K, Si, Al, Mg, Mn, Zr, Sr, Rb, Zn, Cr, Ni,
Ba, V et Ce) est représentée par la fig. VI.2. Elle rassemble des exemplaires analysés des différentes catégories
de céramiques recueillies sous l’église Santa Restituta à Lacco Ameno d’Ischia dans la zone des fours et d’autres
découverts sur le Monte Vico au Scarico Gosetti mais également pour comparaison des exemplaires représentant
les productions napolitaines de campanienne A (au total 192 échantillons). Elle fait apparaître plusieurs groupes
marqués de A à E. Les groupes A à C concernent les céramiques à vernis noir et les céramiques culinaires et
seront donc traités dans un volume ultérieur puisque l’on va s’intéresser ici uniquement aux amphores, thème de
cet travail.
VI.2.3. Les productions locales
estratto
Le groupe D, qui apparaît sur la seconde partie de la grappe, est un groupe relativement important auquel vient
se rattacher l’ensemble E sur la droite. On trouve dans ce groupe une grande diversité de catégories de céramiques:
céramiques communes (bassins, poids…), céramiques à décor géométrique de vernis noir datant de la fin du
8 ème - 7 ème av. J.-C., amphores gréco-italiques portant des timbres ou non, terres cuites architecturales. Il comporte
également une argile prélevée dans la zone des fours de Santa Restituta (ISC 611) ainsi qu’un certain nombre de
céramiques surcuites (3 amphores gréco-italiques ISC 730, 737, 750, 3 céramiques à décor géométrique ISC 609,
610 et 767 et 4 céramiques non définissables ISC 623 à 626).
D’après la constitution de ce groupe, à savoir la diversité des céramiques rencontrées, la présence de l’argile et des
déchets de cuisson, on est amené à penser que ce groupe représente les compositions des productions locales.
D’autant plus que la quasi-totalité des céramiques à décor géométrique de vernis noir - catégorie de céramiques
très fortement représentée sur le site de Santa Restituta et qui serait la production la plus ancienne d’Ischia - se
retrouvent dans ce groupe.
Néanmoins le groupe D n’est pas un groupe très homogène, certains éléments chimiques présentent une variabilité
importante, tels le calcium, le potassium, le strontium, le zinc et le vanadium. On rappellera que ce groupe rassemble
à la fois des céramiques fines 48 et des amphores et sur une période chronologique assez large - de la fin du 8 ème
siècle avant notre ère jusqu’au 2 ème siècle avant notre ère.
Cela peut aussi être le reflet de l’hétérogénéité des gisements d’argiles sur Ischia. Les argiles d’Ischia sont des
argiles volcaniques probablement reprises dans des formations de plages et résultant d’altérations fumeroliennes
qui peuvent avoir agi très différemment d’un point à un autre, pouvant permettre des séparations sur de très courtes
distances. Or si les gisements d’argile sont de petite taille, on peut avoir formation de groupes ou sous-groupes
liée à des conditions particulières telles que le lieu d’approvisionnement en argile, la période, le propriétaire de
l’atelier…
Il est certain que la validité de ce groupe nécessiterait d’être assurée par des analyses pétrographiques des exemplaires
le constituant, surtout en ce qui concerne le matériel amphorique. Ce qui a en partie été fait, mais sur un trop
petit nombre d’exemplaires.
A ce groupe D vient se rattacher sur la droite un ensemble (appelé ensemble E) qui se scinde en deux. Une première
partie comprend 3 céramiques communes (CAM 780 à 782) et 1 céramique à décor géométrique (ISC 618), la seconde
comprend 14 amphores gréco-italiques toutes timbrées. On parlera plutôt d’ensemble pour E plutôt que de
groupe dans la mesure où les échantillons qui le constituent présentent des variations de composition relativement
importantes, qui pourraient être le reflet d’origines diverses.
Même si la composition chimique des amphores de l’ensemble E est assez proche de celles du groupe D, elle s’en
distingue notamment sur les teneurs en chaux - les amphores E sont en général plus calcaires que la majorité des
amphores de D - mais également sur les teneurs en strontium (Sr), baryum (Ba), magnésium (Mg), et manganèse
(Mn) (éléments souvent liés à la phase calcaire) beaucoup plus élevées par rapport au groupe D, mais aussi sur les
teneurs en vanadium (V) plus élevées pour les amphores de E. On notera également que deux exemplaires de E
(ISC 695 et ISC 693) ont aussi des teneurs plus élevées en alumine (tabella VI.2).
On se pose alors la question de l’origine de ces amphores, représentent-elles une production locale ou s’agit-il d’amphores
importées ?
Il faut revenir un instant sur la constitution même de cet ensemble. En effet, les amphores de E présentent plusieurs
particularités qui les distinguent des amphores du groupe D. Premièrement, elles n’ont pas été trouvées dans la zone
des fours sous l’église Santa Restituta comme l’ensemble des céramiques du groupe D, mais dans un dépotoir, le
Scarico Gosetti sur le Monte Vico situé à quelques centaines de mètres de Santa Restituta, à l’exception toutefois de
l’exemplaire ISC 738, amphore trouvée dans la zone des fours. Deuxièmement, elles portent toutes des timbres qui
sont plus rares sur l’île, différents également de ceux des amphores du groupe D. Et pour finir, elles ont la particu

estratto
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 195
larité d’être parfois de forme plus récente par rapport aux autres amphores gréco-italiques retrouvées dans la zone
des fours de Santa Restituta.
Ces différences par rapport aux amphores du groupe D pourraient expliquer les variations de composition. On peut
en effet se demander si il n’a pas pu y avoir un changement en approvisionnement en argile pour la fabrication des
amphores de E dans la mesure où elles sont plus récentes. Comme on l’a déjà souligné les gisements d’argile sur
Ischia sont assez hétérogènes et il se peut donc que les différences qui apparaissent soient liées aux gisements d’argile
ce qui pourrait alors être en faveur d’une production locale de certaines des amphores gréco-italiques du Scarico
Gosetti. Mais il ne faut pas oublier qu’Ischia est un site portuaire avec tous les risques d’importations de céramiques
étrangères que cela suppose.
Il faut souligner que trois amphores découvertes dans le scarico Gosetti s’insèrent dans le groupe D, il s’agit d’ISC
694, ISC 696 et ISC 710 (ces 3 amphores portent 3 marques différentes). Pour ISC 696 et ISC 694, ne s’agissant que
de fragments, il est difficile de dire si elles sont plus récentes ou non. Ce sont surtout leurs marques (TPE pour ISC
694, XAPIΛEΩ pour ISC 696) qui font supposer qu’elles pourraient être plus récentes que les amphores de Santa
Restituta.
Les comparaisons effectuées avec les productions des différents ateliers d’amphores gréco-italiques et Dressel 1
connus de la côte thyrénienne, qui constituent 11 groupes de référence (Rosignano, Albinia et Cosa en Etrurie septentrionale,
Fondi, Minturnes et Garigliano dans le sud du Latium, Mondragone, Falerne intérieur, Cales et Dugenta
dans le nord de la Campanie ainsi que les amphores estampillées Eumachi de production pompéienne) 49, n’ont pas
été concluantes. Nous avons utilisé, pour ces comparaisons, la méthode des distances de Mahalanobis. Seule une
amphore de l’ensemble E, l’exemplaire ISC 712, pourrait avoir des affinités avec le groupe de Mondragone. Mais
on ne saurait attribuer cet échantillon à ce groupe sur la seule base des données chimiques, d’autant plus que les
compositions de Mondragone sont très dispersées 50.
La caractéristique majeure des amphores de l’ensemble E réside dans les timbres qu’elles portent. Or ces timbres,
rares sur l’île d’Ischia, se retrouvent sur des amphores découvertes sur différents sites méditerranéens. Il semblait
donc intéressant de comparer les amphores de ces sites avec celles mises au jour à Ischia, même si l’origine de ces
amphores demeure encore incertaine. Des amphores gréco-italiques découvertes sur les sites d’Ensérune et Pech
Maho en Gaule, à Lipari et en Sicile ont donc été intégrées à notre étude, ainsi que des exemplaires découverts à
Naples lors de fouilles récentes.
Nous avons alors fait une nouvelle classification ne prenant en compte que le matériel amphorique du groupe D,
celui de l’ensemble E, le matériel amphorique issu des découvertes récentes de Naples, ainsi que les amphores des
différents sites énumérés ci-dessus. Il s’agit de la classification de la fig. VI.2.
Il ressort de cette grappe que les amphores du groupe D forment un groupe vraiment à part. Seule une amphore
découverte à Lipari (ISC 774) se place dans ce groupe mais en position assez marginale, de plus l’examen de la
composition chimique de cette amphore nous incite à être prudent quant à son attribution au groupe D et par conséquent
à une production ischitaine.
On observe également la formation d’un petit groupe en début de grappe (allant de ISC 695 à ENS 17) particulièrement
intéressant car il est constitué de 8 amphores dont 4 portent la marque TR.LOISIO et une la marque
TRE (pour les 3 autres, nous n’avons pas de traces de timbre sur le tesson analysé). Deux de ces amphores
portant la marque TR. LOISIO ont été découvertes à Ischia dans le scarico Gosetti (il s’agit des exemplaires
ISC 693 et ISC 695, exemplaires «marginaux» de l’ensemble E) et les deux autres en Sicile à Marsala et Erice.
Les autres amphores proviennent des sites de Lipari et d’Ensérune. Ce petit groupe d’amphores se distingue
principalement par des teneurs en alumine (Al 2O 3) et manganèse (MnO) nettement plus élevées. Souvent une
origine campanienne ou sicilienne a été avancée pour ces amphores marquées TR.LOISIO sans arriver à une
attribution précise. Les analyses dont nous disposons pour l’instant ne nous permettent pas d’attribuer ces
échantillons aux productions d’Ischia dans la mesure où elles se distinguent des compositions que l’on peut,
sans trop de risques, considérer comme locales (Groupe D). De plus, d’après les analyses pétrographiques
réalisées sur les exemplaires ISC 693 et ISC 695, ces amphores probablement n’auraient pu être fabriquées
avec une argile d’Ischia.
Quant aux autres amphores découvertes sur les différents sites précités, elles sont très difficiles à attribuer. On peut
tout de même signaler que les exemplaires AMN 2 AMN 4 et AMN 7 découverts à Naples et ENS 14 et 15 mis au
jour à Ensérune ont des compositions similaires à certaines des amphores découvertes à Ischia qui font partie de
l’ensemble E, d’où la formation de ce petit groupe, noté F sur la fig. VI.2. Ce qui signifie que ces amphores ont vraisemblablement
une origine commune, que l’on ne peut préciser pour l’instant dans la mesure où il ne nous a pas été
possible d’établir avec certitude une origine locale pour les amphores d’Ischia de l’ensemble E.

196 c a p i to l o v i
Fig. VI.2: Cluster delle anfore greco italiche di Ischia e di altre località.
estratto

i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 197
Tabella VI.2: Valori chimici (XRF) delle anfore di Ischia, Napoli e altri siti nell’ordine della cluster della fig. VI.2. Per lo scioglimento
delle sigle si veda la cluster a fianco. Le analisi chimiche sono di proprietà del progetto Immensa Aequora.
CaO Fe 2O 3 TiO 2 K 2O SiO 2 Al 2O 3 MgO MnO Na 2O P 2O 5 Zr Sr Rb Zn Cr Ni La Ba V Ce
% ppm
ANFOrE - grUPPO D
ISC 734 5,88 6,14 0,731 3,76 61,68 17,87 1,97 0,1006 1,46 0,24 245 264 198 108 99 49 55 302 123 116
ISC 739 5,49 6,19 0,741 3,74 61,66 18,18 2,05 0,1081 1,44 0,23 240 257 192 102 91 51 54 307 107 115
ISC 747 5,92 5,85 0,711 3,92 61,70 17,62 2,08 0,0946 1,61 0,33 242 266 190 98 98 45 58 328 115 112
ISC 740 5,17 6,34 0,758 3,67 61,41 18,66 2,06 0,1075 1,45 0,22 242 240 187 107 98 56 51 289 107 116
ISC 741 5,51 6,29 0,747 3,83 61,09 18,18 2,11 0,0920 1,57 0,41 248 249 200 126 107 52 50 302 115 113
ISC 728 6,35 5,99 0,724 3,57 62,08 17,37 2,15 0,0895 1,30 0,22 244 249 179 109 94 48 48 298 112 110
ISC 736 7,26 6,03 0,720 3,58 60,79 17,45 2,17 0,0931 1,52 0,22 244 301 170 114 98 50 45 315 103 101
ISC 746 6,79 5,99 0,716 3,67 60,95 17,57 2,15 0,0974 1,67 0,22 240 294 183 128 96 47 44 338 123 110
ISC 731 6,28 6,09 0,730 3,69 61,35 17,79 2,00 0,0872 1,60 0,23 244 282 187 99 95 51 50 334 121 102
ISC 735 6,87 5,78 0,695 3,77 61,49 17,23 2,04 0,0929 1,60 0,27 245 279 183 97 88 46 46 317 124 104
ISC 733 7,81 6,12 0,727 3,64 59,67 17,81 2,09 0,1018 1,65 0,21 242 307 175 95 94 47 47 329 125 110
ISC 729 8,36 5,79 0,684 3,92 59,98 17,07 2,09 0,0996 1,56 0,27 249 295 177 110 94 45 48 312 121 96
ISC 748 6,82 5,55 0,672 3,91 61,58 16,65 2,60 0,1059 1,76 0,20 245 246 183 127 96 49 52 339 112 108
ISC 773 5,13 5,58 0,693 3,48 64,14 16,79 2,01 0,0949 1,66 0,24 264 272 173 107 93 54 52 347 94 116
ISC 651 5,30 5,61 0,702 3,78 62,79 17,37 2,03 0,0897 1,92 0,40 228 233 163 114 94 39 58 286 90 100
ISC 653 5,28 5,30 0,674 3,86 63,61 16,88 1,95 0,1001 2,01 0,33 221 242 156 115 90 39 49 315 85 99
ISC 650 7,68 5,50 0,695 3,89 60,50 17,29 2,06 0,0924 1,92 0,34 214 255 157 108 87 38 47 267 98 99
ISC 652 7,98 5,54 0,687 3,74 60,86 16,74 2,19 0,1015 1,89 0,27 222 277 149 105 94 41 49 293 88 101
ISC 643 7,19 5,82 0,721 3,77 60,82 17,34 2,17 0,0924 1,85 0,23 217 260 158 110 96 41 54 304 90 93
ISC 654 8,97 5,34 0,683 3,89 59,02 17,43 2,12 0,1015 2,15 0,30 224 274 154 93 89 37 48 278 102 94
ISC 644 6,53 5,66 0,705 3,84 61,30 17,70 1,91 0,0987 2,01 0,25 230 268 164 89 87 39 46 316 101 109
ISC 646 6,27 5,49 0,694 4,16 60,59 18,22 2,02 0,1044 2,22 0,23 222 265 170 98 87 37 48 266 102 106
ISC 640 6,52 5,78 0,713 3,69 61,72 17,40 2,12 0,1040 1,64 0,30 203 245 166 89 90 48 53 325 81 107
ISC 648 5,76 6,11 0,746 3,78 60,93 18,25 2,15 0,0927 1,93 0,25 219 238 163 106 99 44 47 287 84 100
ISC 647 8,01 5,77 0,710 3,83 59,65 17,65 2,12 0,1210 1,87 0,26 211 253 158 128 95 41 47 281 97 106
ISC 743 9,67 5,55 0,655 3,92 59,18 16,80 2,02 0,1031 1,67 0,27 239 298 180 94 83 39 46 310 93 112
ISC 749 8,29 5,56 0,662 3,89 60,63 16,84 1,98 0,0936 1,63 0,25 231 271 181 97 88 43 41 336 103 106
ISC 694 6,93 5,53 0,669 3,67 62,46 16,65 2,03 0,1255 1,50 0,28 248 270 173 101 86 47 51 328 105 109
ISC 750 8,67 5,55 0,689 3,58 60,41 16,97 2,16 0,1095 1,51 0,17 270 317 182 89 78 39 53 413 121 125
ISC 635 5,54 6,04 0,747 3,85 61,85 17,77 2,09 0,0950 1,77 0,26 214 224 162 134 97 54 53 290 75 98
ISC 642 4,53 5,67 0,713 4,01 61,52 19,11 1,85 0,0956 2,20 0,30 217 221 135 87 91 49 57 294 81 93
ISC 730 11,26 5,53 0,661 3,27 58,87 16,07 2,41 0,0944 1,48 0,19 236 349 164 84 86 42 50 325 119 108
ISC 737 13,43 5,62 0,654 3,15 56,75 15,89 2,50 0,0935 1,38 0,38 220 346 152 93 90 41 41 306 117 99
ISC 732 13,35 5,23 0,611 3,37 57,69 14,86 2,47 0,0914 1,83 0,34 228 372 130 99 82 39 44 332 100 94
ISC 696 9,82 5,42 0,629 4,03 58,66 16,93 2,17 0,1094 1,87 0,20 197 352 153 93 81 36 42 372 116 94
ISC 744 9,09 5,24 0,622 3,97 60,97 15,76 1,98 0,0936 1,87 0,25 233 331 162 91 79 42 45 359 86 92
ISC 745 11,12 5,58 0,659 4,04 58,39 15,80 2,28 0,0888 1,60 0,28 222 328 168 113 93 42 38 349 118 96
ISC 637 10,52 5,22 0,654 3,64 59,12 16,65 2,20 0,0910 1,72 0,19 196 220 156 90 90 43 60 262 95 105
ISC 639 8,89 5,44 0,696 3,34 60,98 16,66 1,95 0,0950 1,43 0,53 201 257 161 82 104 45 42 295 116 91
ISC 684 8,12 6,45 0,753 2,95 60,68 17,24 2,47 0,0969 0,80 0,27 201 312 150 114 112 58 44 326 117 94
ISC 774 (L) 6,71 7,02 0,781 3,10 59,45 17,99 2,74 0,1117 1,60 0,32 230 347 126 86 97 46 40 422 163 79
ISC 619 6,04 5,23 0,660 4,33 61,67 17,84 1,79 0,0990 2,10 0,23 199 257 167 61 80 41 48 290 79 85
ISC 638 6,49 4,78 0,612 4,47 61,71 17,25 1,82 0,1080 2,43 0,35 197 243 168 89 75 39 46 314 81 90
ISC 621 8,33 4,95 0,616 4,39 58,93 17,11 2,55 0,1230 2,50 0,51 186 255 143 59 70 37 46 274 90 104
INsIEME E
ISC 710 7,46 6,32 0,753 3,47 59,85 17,21 2,65 0,1051 1,59 0,38 242 372 167 104 95 47 51 500 144 106
ISC 779 (L) 7,46 6,14 0,734 3,49 60,31 17,25 2,52 0,1143 1,51 0,26 245 426 174 110 85 47 63 559 137 108
ISC 777 (L) 5,11 6,16 0,745 3,69 62,29 17,20 2,55 0,0992 1,71 0,24 245 412 180 102 90 52 55 554 135 102
ISC 776 (L) 7,48 6,69 0,762 3,68 60,06 16,05 3,06 0,1185 1,62 0,27 230 376 178 107 106 48 53 469 143 104
AMN 5 10,27 6,07 0,702 3,78 57,17 16,97 2,49 0,1011 1,94 0,29 235 443 170 89 88 41 50 576 121 99
AMN 8 10,15 6,15 0,709 3,78 57,13 16,67 2,94 0,1095 1,85 0,30 228 484 163 91 90 40 49 613 129 103
ISC 708 9,90 5,91 0,696 3,70 57,69 16,81 2,68 0,1032 2,02 0,29 236 449 162 106 88 36 48 600 124 102
ENS 16 (E) 10,76 6,22 0,736 3,43 56,71 16,79 2,73 0,1058 1,81 0,49 233 455 155 97 96 42 52 697 134 97
AMP 613 (P) 11,03 5,98 0,697 3,50 57,19 16,60 2,64 0,1038 1,74 0,30 230 617 154 102 92 40 45 697 104 100
AMN 6 10,60 5,75 0,679 3,69 58,38 15,67 2,85 0,1005 1,80 0,29 241 453 159 79 90 42 46 570 103 95
ISC 782 (S) 10,01 5,90 0,696 3,85 57,87 16,90 2,49 0,1103 1,67 0,27 240 499 155 90 83 35 51 854 139 94
ISC 738 11,45 6,19 0,706 3,43 56,28 16,04 3,26 0,1075 2,03 0,31 228 483 150 92 99 41 52 590 117 103
AMN 3 11,51 6,23 0,715 3,46 56,31 16,20 3,13 0,1077 1,75 0,40 236 415 155 94 100 43 45 481 140 101
AMN 1 12,25 6,10 0,694 3,48 55,68 16,54 2,94 0,0958 1,81 0,23 224 419 166 100 91 40 45 478 141 102
ENS 13 (E) 11,40 6,36 0,745 3,15 56,74 16,36 3,04 0,1057 1,58 0,32 232 397 150 109 106 45 53 556 119 101
AMN 9 12,69 6,64 0,733 3,13 55,56 15,78 3,27 0,1023 1,67 0,24 218 390 148 88 99 43 47 415 166 101
ISC 785 (S) 10,60 6,25 0,719 3,47 57,02 16,28 3,24 0,1025 1,71 0,37 219 546 129 99 96 43 54 811 144 91
ISC 692 9,48 6,96 0,777 3,59 56,23 17,42 3,19 0,1376 1,74 0,29 226 392 162 112 104 44 53 462 161 107
ISC 709 10,25 6,68 0,756 3,68 54,98 17,97 2,86 0,1215 2,22 0,27 236 435 156 105 102 44 61 544 144 111
ISC 689 9,35 6,59 0,755 3,29 57,00 17,30 3,18 0,1123 1,89 0,30 244 471 146 97 95 41 59 642 137 119
estratto

198 c a p i to l o v i
CaO Fe 2O 3 TiO 2 K 2O SiO 2 Al 2O 3 MgO MnO Na 2O P 2O 5 Zr Sr Rb Zn Cr Ni La Ba V Ce
% ppm
AMP 616 (P) 10,41 6,79 0,797 3,01 55,77 17,41 3,28 0,1231 1,84 0,35 246 481 121 91 108 48 51 679 138 110
ISC 775 (L) 10,02 5,41 0,721 2,70 60,13 16,23 2,27 0,1266 1,97 0,21 224 554 155 102 86 41 61 506 112 99
INsIEME F
ISC 687 9,96 5,94 0,699 3,45 58,38 16,99 2,56 0,1122 1,46 0,24 258 427 172 98 84 40 57 616 127 116
ENS 15 (E) 9,52 6,08 0,722 3,49 57,91 17,36 2,53 0,1003 1,77 0,29 254 436 171 101 90 41 58 632 125 111
ISC 686 9,74 6,11 0,712 3,59 57,90 17,44 2,45 0,1179 1,51 0,23 256 393 172 101 79 43 60 503 136 116
ENS 14 (E) 9,10 6,20 0,714 3,58 58,37 17,15 2,29 0,1012 1,75 0,56 263 383 162 101 90 42 59 453 120 110
AMN 4 8,02 5,99 0,723 3,53 59,95 17,26 2,41 0,0931 1,51 0,33 260 386 172 94 92 45 56 491 119 111
ISC 711 9,64 6,40 0,741 3,46 58,21 16,56 2,47 0,1213 1,96 0,25 257 376 163 102 90 40 62 479 146 116
ISC 697 9,67 6,23 0,727 3,33 58,39 17,17 2,67 0,0973 1,28 0,24 231 391 171 104 96 48 46 477 114 107
ISC 712 10,77 6,12 0,724 3,29 57,61 16,63 2,55 0,1036 1,76 0,26 238 363 160 101 95 45 52 402 125 106
ISC 690 9,27 6,24 0,720 3,53 57,17 17,77 2,85 0,1179 1,87 0,27 232 423 156 101 89 43 55 524 134 108
AMN 2 8,71 6,41 0,710 3,44 58,39 16,92 3,10 0,0986 1,60 0,44 234 391 148 98 88 47 53 449 128 102
AMN 7 9,64 6,04 0,708 3,58 58,21 16,83 2,52 0,1440 1,87 0,26 225 407 160 91 87 44 48 504 120 103
sOTTOgrUPPO INsIEME E (bOLLI Tr. LOIsIO)
ISC 695 7,98 6,41 0,727 3,72 57,19 19,32 2,40 0,1394 1,71 0,19 253 369 198 115 94 50 62 580 130 118
ISC 786 (S) 8,33 6,60 0,746 3,60 56,84 19,40 2,50 0,1456 1,44 0,19 252 349 190 109 97 53 61 608 137 118
ISC 691 8,01 6,38 0,730 3,73 57,40 18,01 2,61 0,1246 1,52 1,26 253 425 180 112 96 44 56 608 132 109
ISC 780 (L) 6,38 6,50 0,777 3,35 60,12 18,76 2,18 0,1266 1,40 0,20 280 356 189 96 89 51 67 617 135 115
ISC 781 (L) 6,83 6,40 0,736 3,69 59,35 18,03 2,57 0,1593 1,79 0,23 247 424 168 127 101 57 70 491 131 115
ISC 693 8,98 7,11 0,801 3,14 55,73 19,16 3,08 0,1398 1,38 0,26 229 406 174 104 105 55 53 673 163 102
ISC 784 (S) 9,31 6,96 0,784 3,50 55,31 19,26 2,79 0,1549 1,45 0,26 243 441 171 100 99 51 57 763 140 107
ENS 17 8,68 7,21 0,790 3,87 54,79 19,21 3,11 0,1418 1,68 0,26 245 483 194 117 113 52 60 821 162 118
ISC 778 (L) 7,15 7,61 0,836 3,54 58,78 16,80 3,04 0,1360 1,59 0,31 249 457 176 117 108 44 54 533 182 107
FINE CLUsTEr
AMP 614 (P) 11,23 5,68 0,805 2,81 59,34 15,89 2,48 0,1240 1,23 0,18 354 569 179 98 120 42 62 453 118 117
AMP 615 (P) 10,05 5,72 0,762 3,01 59,17 17,31 2,28 0,1016 1,25 0,13 328 378 182 92 91 38 61 560 119 107
ISC 787 13,31 6,56 0,785 2,66 56,54 15,12 3,09 0,1561 1,38 0,20 291 378 140 90 117 34 40 437 128 117
AMP 617 (P) 8,22 7,00 0,848 3,69 57,08 17,37 2,88 0,1434 2,25 0,28 246 444 144 180 98 40 58 750 131 104
ISC 783 (S) 11,89 8,43 0,849 3,04 55,20 14,77 3,90 0,1310 1,18 0,40 215 447 134 107 132 47 56 582 234 99
AMP 618 (P) 12,23 7,05 0,762 2,68 56,89 14,63 3,79 0,1158 1,37 0,24 224 590 125 118 121 49 51 809 155 97
ENS 18 (E) 12,94 5,80 0,746 3,28 55,94 16,63 2,63 0,2938 1,29 0,23 389 449 196 84 93 37 58 616 127 136
VI.2.4. Premières conclusions
estratto
Beaucoup de questions restent toujours en suspens concernant les productions céramiques ischitaines, autres que les
amphores. Mais concernant les productions d’amphores gréco-italiques, elles sont bien avérées à Ischia pour la période
la plus ancienne avec les amphores faisant partie du groupe D. En revanche, il est plus difficile d’affirmer que les productions
plus récentes (amphores de l’ensemble E), dont des exemplaires similaires d’un point de vue typologique et par les
timbres qu’elles portent ont été retrouvés sur différents sites du pourtour méditerranéen, sont elles aussi ischitaines.
Parvenus à ce point des analyses des productions avérées ou supposées d’Ischia, il apparaît clairement que les
analyses chimiques ne permettent plus d’avancer et de répondre aux questions d’attributions.
Or cela peut assez facilement s’expliquer par la représentativité, pour toute l’île d’Ischia, des analyses effectuées sur
le matériel des ateliers de Santa Restituta. S’il est certain que cette représentativité est très bonne pour la période du
début de la colonisation, les 8 ème, 7 ème et 6 ème siècle avant notre ère, elle est beaucoup moins sûre pour les périodes
plus récentes. En effet, la proximité du site d’implantation de la première colonisation grecque et du site d’atelier de
Santa Restituta rend probable que cette zone ait été, à cette époque, la seule zone d’ateliers de tradition grecque de
l’île. Mais cette situation n’a certainement pas duré, surtout pour les amphores. L’extension des zones vinicoles à Ischia
n’a pas dû manquer de provoquer l’ouverture de nombreux autres ateliers d’amphores, à proximité des vignobles, et
non à proximité de l’acropole grecque (cette dispersion s’observe aussi pour d’autres artisanats, celui des métaux par
exemple). Ainsi, le groupe de référence de Santa Restituta, satisfaisant pour les périodes géométrique et archaïque,
ne l’est certainement plus guère à la fin du 3 ème et au début du 2 ème s. avt J.-C., lorsque vont se développer nombre
d’ateliers d’amphores gréco-italiques, probablement dans le Golfe de Naples et ailleurs sur la côte thyrénienne.
Sans doute est-ce l’origine des difficultés d’attribution à Ischia d’une fraction importante des amphores gréco-italiques
ischitaines, difficultés renforcées par le développement du vignoble en divers points du golfe de Naples, entraînant
l’ouverture d’autres ateliers.
Pour surmonter ces difficultés, il faudrait pouvoir étudier les faciès géochimiques des céramiques des principaux sites
antiques de l’île. Mais il s’agit là d’une opération lourde, aux résultats incertains car il faudrait également y inclure les principaux
sites antiques du golfe de Naples. Ce qui demeure faisable en théorie, mais beaucoup plus difficile en pratique.
C’est à ce point que la recherche pétrographique est utile et même irremplaçable, surtout pour les amphores grécoitaliques
qui ont des affinités de composition avec l’atelier de Santa Restituta, (en priorité les amphores de l’ensem

i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 199
ble E), mais ne peuvent lui être rattachées par la chimie. L’étude des caractéristiques pétrographiques peut souvent
apporter des éléments de réponse complémentaires.
VI.3. La prima serie di analisi mineralogiche sulle anfore di Ischia (g. Montana) 51
Di seguito vengono commentati i risultati dello studio petrografico condotto su anfore greco italiche, consistito nell’osservazione
di sezioni sottili al microscopio polarizzatore 52. La tavv. 22-25 rappresentano le microfoto delle sezioni
sottili delle anfore studiate.
La maggior parte dei reperti analizzati (23) è stata rinvenuta negli scavi effettuati ad Ischia - Lacco Ameno; un gruppo
di 9 campioni proviene da Napoli - scavi della metropolitana; un consistente numero di reperti proviene da siti di
scavo ubicati in altre regioni, in particolare in Sicilia (7). Inoltre, sono stati presi in considerazione, come termine di
confronto, i seguenti materiali: campioni da relitti di navi affondate in prossimità delle coste francesi (1); mattoni dalla
struttura di una delle fornaci del sito di scavo a S. Restituta-Ischia (2). Infine, per un raffronto di massima con gli
impasti ceramici caratteristici della parte centro-orientale della Sicilia, le osservazioni sono state estese anche a un
laterizio prelevato negli scavi di Camarina (Ragusa) e un frammento di anfora da Licata (Agrigento).
Per la gran parte di questi reperti anforici sono state compilate delle schede, allegate nel catalogo finale (cat. IV),
contenenti i dettagli delle osservazione petrografiche con la relativa documentazione fotografica. Si rimanda inoltre
al testo di I. Iliopoulos che ha continuato le indagini [nota redazionale].
VI.3.1. Considerazioni geolitologiche a sostegno della manifattura ceramica di Ischia
Trachiti alcaline e trachiti sono le rocce che predominano tra le vulcaniti dell’isola di Ischia, mentre fonoliti e rocce
subvulcaniche olocristalline o plutoniche (dicchi) sono da considerare prodotti relativamente più rari 53. Le trachiti
alcaline presentano, in sezione sottile, una tipica tessitura fluidale dove i microliti sanidinici costituiscono più dei
4/5 (80%) della massa fondamentale. Sono presenti anche microliti di augite, biotite e, come accessori, magnetite
e apatite. I fenocristalli sono rappresentati in grande prevalenza dal sanidino e, in misura relativamente minore, da
clinopirosseno 54. Le vulcaniti ischitane mostrano tessitura trachitica fino a vitrofirica. Sono ricche in fenocristalli di
feldspato alcalino, plagioclasio, oltre a clinopirosseno e biotite, tra i minerali colorati. Sporadicamente è presente
anche olivina. Ad Ischia il “tufo verde” predomina su tutti gli altri materiali, fra i quali le lave, che formano la minima
parte. I prodotti della III fase eruttiva (55000-33000 BP), che ha formato i depositi di tufo verde del Monte Epomeo,
possiedono i seguenti valori medi: CaO = 1,44%; Na 2O = 4,91%; K 2O = 6,61% (calcolati in base ai dati riportati da
Vezzoli (a cura) 1988). L’ignimbrite densa e saldata del Monte Epomeo è formata da abbondante pomice porfirica
vescicolata, xenoliti (trachiti alcaline e trachibasalti) e cristalli singoli (felspato alcalino e biotite) dispersi in una scarsa
matrice vitrica 55. Il tufo verde del Monte Epomeo è attraversato anche da numerosi dicchi di lava orientati E-W e
spessi al massimo 150 m (tra cui troviamo anche rocce subvulcaniche o plutoniche come sieniti e monzoniti).
Nell’Isola di Ischia sono presenti, oltre ai ben noti prodotti vulcanici (per lo più classificabili come trachiti alcaline e trachiti),
anche depositi marini quaternari datati al Calabriano e caratterizzati da una fauna fossile calcarea più o meno abbondante
56. Tali depositi consistono in: argille, spesso intimamente mescolate ai prodotti del disfacimento del tufo verde, depositate
in acqua relativamente profonda; argille sabbiose depositate in acqua poco profonda nelle zone litorali; sabbie ricche
in fossili subrecenti. I fossili sono essenzialmente costituiti (all’85%) da molluschi (gasteropodi 54%; lamellibranchi 31%)
quindi da foraminiferi (9%). Il restante 6% è rappresentato da echinodermi, celenterati, scafopodi, alghe, vermi e briozoi.
Le argille contengono in grande prevalenza foraminiferi, mentre sono poco frequenti o rari gli organismi di maggiori dimensioni
(bivalvi e gasteropodi). Questi ultimi sono invece molto più abbondanti nelle argille sabbiose e nelle sabbie 57.
Le argille rappresentano essenzialmente il risultato dell’alterazione del “tufo verde”che costituisce la massa principale
del Monte Epomeo quando questo era sommerso dal mare per circa un centinaio di metri. I depositi argillosi si trovano
in sede nelle parti alte dell’Epomeo, ma anche a quote più basse, fra le masse franate sui pendii settentrionali.
Pertanto, i banchi di argilla plastica non sono quasi mai affioranti ma sono generalmente coperti da una spessa coltre
costituita da depositi di torbida (di natura sabbiosa) cui si aggiungono frane e smottamenti di origine subaerea composte
da frammenti del tufo verde dell’Epomeo 58. I giacimenti di argilla più consistenti erano estratti a mezzo cunicoli
sotterranei ubicati nel settore orientale delle falde settentrionali del Monte Epomeo, sulle colline sopra Casamicciola.
Sono molte le testimonianze sul loro intenso sfruttamento nei secoli passati da parte dell’industria figulina locale 59.
VI.3.2. Le anfore di Ischia
estratto
La maggior parte delle anfore trovate ad Ischia presentano similarità nelle caratteristiche composizionali e tessiturali
del degrassante tali da poter essere considerate manifatture prodotte a partire da una specifica materia prima con
la medesima tecnologia.

200 c a p i to l o v i
I campioni anforici 1493, SR 1832, ISC 621, ISC 621bis, ISC 637, SR 1509/ISC 638, ISC 639, ISC 642, A 9/ISC
644, ISC 686, ISC 708, A 13/ISC 738, ISC 749, SR 1473/ISC 648, SR 1803, A 12, 247204 sono caratterizzati da un
impasto in cui una componente sabbiosa (con taglia medio-grossolana) di natura solo vulcanica è stata mescolata
ad un’argilla fossilifera. Infatti, la distribuzione dimensionale del degrassante presenta una bimodalità molto distintiva
e vistosa (classazione iatale). Lasciando ritenere come assai verosimile l’ipotesi che la frazione sabbiosa più
grossolana sia stata deliberatamente aggiunta dal ceramista. La prima classe modale è costituita dal silt grossolano
(0,04-0,06 mm) e dalla sabbia molto fine (0,06-0,125 mm), la seconda è rappresentata dai clasti con diametro entro
l’intervallo della sabbia media (0,25-0,5 mm). Da sporadici a rari i granuli con dimensioni superiori a 0,5 mm. L’addensamento
del degrassante varia dal 15 al 25%.
Per ciò che concerne la composizione del degrassante, nella componente vulcanica, in genere, i costituenti monomineralici
felsici (sanidino e plagioclasio) prevalgono su femici (clinopirosseno verde, biotite) e ossidi opachi. I
frammenti di lava, per lo più a tessitura trachitica o vitrofirica con microfenocristalli di feldspato alcalino sono (di
solito) subordinati al complesso dei minerali felsici. I costituenti accessori più comuni sono anfibolo alcalino, olivina,
frammenti litici subvulcanici (sienitoidi), nefelina, sodalite, titanite.
Sono del tutto assenti i costituenti di natura detritica a composizione quarzoso-feldspatica.
La frazione molto fine del degrassante (ancora identificabile ad ingrandimenti convenzionali) è essenzialmente formata
da feldspato alcalino e minuti cristalli di mica bianca.
La massa di fondo appare in genere otticamente inattiva (isotropa). I macropori (in genere intorno al 10-15% areale),
di forma irregolare o da impronta, hanno dimensioni molto variabili e non mostrano orientamenti preferenziali. Sono
in genere comuni e talora abbondanti i micritic clots (grumi di calcite microcristallina in questo caso originati dalla
parziale decomposizione dei microfossili calcarei termica seguita da ricarbonatazione).
Sussistono tutti gli elementi per costituire un gruppo petrografico di riferimento: 1) si trova nell’isola, come visto in
precedenza, argilla idonea alla manifattura ceramica; 2) la composizione del degrassante sabbioso sopra descritta
risulta pienamente compatibile con la litologia dei prodotti vulcanici affioranti nell’isola di Ischia e in particolare quelli
nell’area del Monte Epomeo; 3) l’osservazione delle sezioni sottili relative a due mattoni prelevati dalle fornaci di
Santa Restituita (R 611 e R 613), certamente foggiati con materia prima locale, conferma esattamente la composizione
(qualità e proporzioni relative) della sabbia presente in tutte le anfore greco italiche sopra elencate; 4) esiste
un’ampia documentazione storica a riprova della millenaria tradizione figulina ischitana.
VI.3.3. Anfore da siti di confronto
estratto
Nove campioni di anfore greco italiche (NNA 1, NNA 2, NNA 3, NNA 4, NNA 5, NNA 6, NNA 7, NNA 8, NNA 9), provenienti
da scavi effettuati durante la realizzazione della metropolitana di Napoli (per conto della Soprintendenza
archeologica di Napoli), sono stati caratterizzati petrograficamente per verificare eventuali differenze (nell’impasto)
con il gruppo di probabile produzione ischitana.
L’addensamento risulta compreso tra 10 e 20% (tra 10 e 15%: NNA 1, NNA 3, NNA 4, NNA 5, NNA 6, NNA 9; > 15%
NNA 2, NNA 7, NNA 8). Il maximum grain size (MGS) risulta sempre inferiore ad 1 mm. Il degrassante sabbioso risulta
essere modestamente classato, con distribuzione che, il più delle volte, appare spiccatamente bimodale. Infatti
possono essere distinte due classi modali: la prima comprende i granuli con dimensione del silt grossolano e della
sabbia molto fine (0,04-0,1 mm); la seconda è rappresentata dai granuli della sabbia media (0,25-0,5 mm). La sabbia
fine (0,125-0,25 mm) è, di solito, relativamente meno abbondante delle classi granulometriche sopraccitate, mentre
la sabbia grossolana (> 0,5 mm) è da sporadica a rara. Costituiscono un’eccezione alla sopradescritta caratterizzazione
tessiturale i campioni NNA 5 e NNA 4 in cui la sabbia fine è ben rappresentata ed è più abbondante della sabbia
media, pertanto, nel caso di questi due campioni, la distribuzione può essere meglio definita come seriale.
Dal punto di vista composizionale, la componente più fine è formata da minute lamelle di mica bianca, feldspato alcalino,
quarzo monocristallino (granuli angolosi) e da micritic clots o pori da impronta, derivanti dalla decomposizione
di microfossili calcarei. La frazione del degrassante a grana medio-grossolana vede, costantemente, la prevalenza di
frammenti di sanidino con habitus da anedrale ad euedrale (talora geminato). Componenti da abbondanti a comuni
risultano essere il clinopirosseno (verde o incolore), i frammenti litici di natura vulcanica (per lo più caratterizzati da
microliti di sanidino a tessitura fluidale ma sono presenti anche frammenti con microfenocristalli di plagioclasio), il
vetro vulcanico a vario grado di vescicolazione ed il plagioclasio. Da sporadici a rari sono biotite, anfibolo alcalino,
frammenti litici subvulcanici (agglomerati di cristalli di feldspato alcalino), ossidi opachi e feldspatoidi.
Il campione NNA 1 si distingue dagli altri per la massa di fondo vetrificata, ricca di pori da impronta e di colore verdastro,
tipica degli impasti carbonatici cotti a temperatura molto elevata. Al contrario, il campione NNA 2 risulta essere
relativamente meno cotto degli altri ed in ogni caso si distingue per la presenza di una componente calcarea particolarmente
abbondante, rappresentata da microfossili parzialmente decomposti e micritic clots, per lo più concentrata
nella frazione sabbiosa molto fine e siltosa, ma individuata anche nella classe dimensionale della sabbia media.

i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 201
Alla luce di quanto rilevato, i reperti sopradescritti possiedono caratteristiche petrografiche del tutto assimilabili a quelle
individuate nelle anfore greco italiche prodotte ad Ischia, ossia un degrassante sabbioso costituito da una abbondante
componente vulcanica e riconducibile a lave di tipo trachitico mescolato ad una componente calcarea, generalmente
subordinata, rappresentata esclusivamente da microfossili (per lo più foraminiferi). Molto rara (uno o due granuli e peraltro
in poche sezioni) o del tutto assente la tipica componente sedimentaria detritica (quarzo monocristallino subarrotondato,
quarzo policristallino, selce, frammenti litici derivanti da rocce cristalline acide, frammenti litici carbonatici) che
invece caratterizza in modo più o meno marcato, insieme a quella vulcanica, i depositi argillosi del litorale tirrenico. Anche
in questo caso, pertanto, sembrerebbe verosimile l’impiego, anche nelle fornaci napoletane, delle argille di Ischia
che, come già visto, possiedono tali peculiarità. Proprio la presenza dei microfossili calcarei, concentrati soprattutto
nella frazione sabbiosa molto fine e siltosa, farebbe escludere con un accettabile margine di sicurezza l’utilizzo, per la
manifattura di questi reperti, delle argille colluviali eventualmente disponibili nell’area flegrea.
VI.3.4. Le anfore trovate ad Ischia ma non prodotte nelle fornaci locali
Sono soltanto 5 (su 23) le anfore analizzate portate alla luce ad Ischia ciò nondimeno con caratteristiche composizionali
tali da non potere, con certezza, essere attribuite alla sopradescritta produzione ischitana. Si tratta dei campioni
247303/ISC 684, SG 279/ISC 687, ISC 693, ISC 695 e CAM-A 40.
Tra essi, soltanto l’anfora con bollo CAM non può essere, con assoluta sicurezza, collocata neanche in ambito
regionale (area litorale campano-laziale) in quanto, nel degrassante sabbioso, risulta completamente assente la
componente vulcanica e, al contrario, sono appieno predominanti frammenti litici e granuli monomineralici attribuibili
a rocce metamorfiche di alto grado. Tale peculiarità, circoscritta al contesto geo-litologico italiano, potrebbe lasciar
considerare come attendibile per tale campione un’ipotesi di manifattura in ambito Calabro-Peloritano.
Per i restanti reperti vengono proposte differenti ipotesi sulle possibili località di manifattura, questa volta con certezza
collocate in ambito regionale.
ISC 695 e ISC 693 risultano contraddistinti da una componente vulcanica molto più abbondante della frazione detritica
di natura quarzoso-feldspatica, oltre che dalla peculiare predominanza dei frammenti litici (con pasta di fondo
vetrosa e microfenocristalli di feldspato alcalino; oppure, con tessitura intergranulare composti da plagioclasio, clinopirosseno
e minerali opachi e, infine, a tessitura microporfirica con plagioclasio e leucite) e del vetro vulcanico (anche
ad alto grado di vescicolazione) sui granuli monomineralici (sanidino, clinopirosseno verde, plagioclasio, biotite,
anfibolo bruno, granato melanitico).
VI.3.5. Le anfore da alcuni siti siciliani
Si tratta di 7 campioni provenienti da: Selinunte (SL 1993, SL 13920/ISC 785, SL 13921/ISC 782, SL 17915/ISC 783);
Licata (PMA 89); Eraclea Minoa (EM 1); Marsala (MR 4495/ISC 786).
Le analisi petrografiche consentono di affermare con certezza che per 6 campioni su 7 è da escludere la possibilità di
una loro manifattura in terra siciliana. Le anfore SL 13920/ISC 785, SL 13921/ISC 782, SL 17915/ISC 783, EM 1 sono
state prodotte sicuramente ad Ischia/Goldo di Napoli in quanto presentano caratteristiche tessiturali e composizionali
del tutto analoghe a quelle precedentemente descritte per il gruppo delle anfore ischitane. I campioni SL 1993 e MR
4495/ISC 786 provengono senz’altro dall’area litorale campano-laziale. In particolare, in base alla composizione e
al rapporto di abbondanza tra degrassante vulcanico e degrassante non vulcanico potrebbe essere ipotizzata, con
somma cautela, una provenienza da Fondi per SL 1993 e da Falerno per MR 4495/ISC 786 60 [la continuazione delle
analisi ha permesso di arrivare a dati diversi, nota redazionale; si veda la tabella VI.3].
L’anfora PMA 89 è l’unica per cui, almeno teoricamente, non può essere esclusa l’ipotesi di una produzione siciliana.
Infatti, la completa assenza di componente vulcanica (di qualsiasi tipo) e, nel contempo, la presenza nel degrassante
di frammenti litici di natura metamorfica (unitamente ad una notevole frequenza dei costituenti silico-clastici più
comuni), potrebbe indurre a collocare un eventuale centro di produzione locale nella fascia costiera tirrenica nordorientale
sovrastata dai M.ti Nebrodi o dai M.ti Peloritani.
VI.3.6. Le anfore da alcuni relitti
È stato sottoposto ad analisi un campione di anfora greco italica proveniente dal relitto della Tour Fondue (TF 1). Per
questo è possibile proporre con un buon margine di sicurezza la manifattura di Ischia/Golfo di Napoli. Si veda anche
il testo di I. Iliopoulos nel paragrafo successivo.
VI.3.7. Alcuni confronti: esempi di impasti ceramici prodotti nella sicilia centro-meridionale
estratto
Nel tentativo di distinguere le manifatture ceramiche campane da quelle siciliane sono stati analizzati anche un laterizio
proveniente da Camarina e un’anfora da Licata.

202 c a p i to l o v i
Negli impasti dei due campioni K 11 (da Camarina) ed L 11 (da Licata), prodotti certamente nella Sicilia centromeridionale,
risultano totalmente assenti i minerali e i frammenti litici di natura vulcanica ascrivibili all’attività eruttiva
quaternaria che ha caratterizzato la fascia costiera medio-tirrenica. In particolare, si tratta, in entrambi i casi, di
impasti derivanti da argille marine terziarie, estremamente ricche in microfossili calcarei e con una consistente componente
detritica di natura quarzoso-feldspatica. Tra i componenti a composizione non calcarea predomina il quarzo
monocristallino, presente in tutte le classi dimensionali, ma particolarmente abbondante nella frazione sabbiosa
relativamente più grossolana. Altri costituenti detritici meno comuni sino a sporadici o rari sono: plagioclasio, feldspato
potassico (ortoclasio con alterazione sericitica), mica, quarzo policristallino, selce e frammenti di quarzarenite.
Un’associazione mineralogica di tal tipo appare ben compatibile con i depositi neogenici (argille, argille sabbiose ed
areniti) estesamente affioranti nella Sicilia centrale sino a toccare l’avampaese ibleo.
VI.4. Le nuove analisi mineralogiche sulle anfore greco italiche di Ischia e dei siti di confronto
(I. Iliopoulos)
L’ampliamento delle analisi ad altri campioni di anfore greco italiche ha consentito di approfondire i dati a disposizione
ottenuti nello studio di G. Montana; in particolare la microscopia ottica ha permesso l’individuazione di quattro
gruppi petrografici maggiori e di sei sottogruppi (le foto delle sezioni che rappresentano i gruppi sono riunite nella
tav. 26).
Inoltre si sono riscontrati alcuni campioni con caratteristiche petrografiche peculiari, tali da permettere di classificarli
come loners, cioè campioni singoli, ognuno dei quali ha proprie caratteristiche petrografiche non condivise con nessuno
dei gruppi maggiori individuati.
VI.4.1. Il gruppo mineralogico I (A 9, A 12, IS 2, IS 5, IS 9, IS 39, IS 40, ISC 621-621bis, ISC 635, ISC 637, ISC 639,
ISC 642, ISC 650, ISC 694, ISC 734, ISC 735, ISC 736, ISC 747, ISC 749, SR 131, SR 133, SR 1473, SR 1509, SR
1641, SR 1803, SR 1832, 1493, 247204, R 611)
L’impasto di questo gruppo (tav. 26a) denota una distribuzione areale bimodale. La frazione fine mostra dimensioni
che variano tra il silt medio e il silt grossolano con la mode intorno a 0,02-0,04 mm, mentre i clasti che costituiscono
quella grossolana cadono dimensionalmene nella classe granulometrica della sabbia medio grossolana (0,4-0,8
mm). Il rapporto c:f:v 0.0625 61 risulta tra il 15:86:

i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 203
Sottogruppo IIb (A 13, A 44, AR 194)
I campioni che fanno parte di questo sottogruppo mostrano le stesse caratteristiche petrografiche di quelle descritte
per il sottogruppo IIa, ad esclusione della distribuzione dimensionale del degrassante che risulta bimodale (tav. 26c).
Inoltre tra le due classi dimensionali è più rappresentata quella grossolana.
Sottogruppo IIc (A 10, IS 4, IS 6)
Si tratta di un sottogruppo molto simile al sottogruppo IIa, ma con una presenza molto ristretta del componente
calcareo (tav. 26d). Questa caratteristica si mostra molto più evidente nella frazione fine, ma si osserva anche nella
frazione siltosa, dove i calcarei compatti risultano da subordinati a rari. Al contrario la frazione siltosa appare molto
più arricchita in lamelle di mica bianca rispetto ai campioni del sottogruppo IIa.
Anche se è possibile stabilire questi sottogruppi a causa delle caratteristiche petrografiche sopracitate, essi si possono
considerare come risultati di piccole variazioni nelle ricette che hanno seguito i ceramisti antichi e anche nelle temperature
massime ottenute durante la cottura dei manufatti, che però appartengono probabilmente alla stessa unità operativa.
VI.4.3. Il gruppo mineralogico III
estratto
Anche il gruppo mineralogico III è stato suddiviso in tre sottogruppi (per le stesse motivazioni che hanno portato alla
suddivisione del precedente), che vengono analizzati di seguito.
Sottogruppo IIIa (IS 7, SG 265, SG 284)
Questo gruppo (tav. 26e) è caratterizzato da una distribuzione areale bimodale, in cui ognuna delle due frazioni è
molto meglio assortita rispetto a quelle che si sono individuate nel gruppo I (cioè il loro spettro granulometrico risulta
molto ristretto). La frazione grossolana cade dimensionalmente nella sabbia medio-grossolana (0,25 - 1 mm), mentre
la frazione fine non supera il silt grossolano (0,04-0,06 mm). Il rapporto c:f:v 0.0625 risulta intorno al 25:75:

204 c a p i to l o v i
Sottogruppo FIL Ia (FF 3, FF 1770/1, FF 17705)
Questo gruppo, anche se condivide molte delle caratteristiche descritte per il gruppo II di Ischia-Golfo di Napoli,
mostra delle piccole particolarità composizionali che ci obbligano a formare un gruppo a parte (tav. 27a). Si tratta
di un impasto a pasta di fondo calcarea, con scarsa classazione che talvolta si avvicina ad essere bimodale. L’addensamento
del degrassante risulta intorno al 20-25 %. La dimensione delle inclusioni varia tra il silt grossolano a
sabbia media e una coda nella classe granulometrica di sabbia grossolana (mode intorno a 0,05 mm). Dal punto di
vista composizionale, come differenza significativa dal gruppo II di Ischia-Golfo di Napoli, si può notare la presenza
di olivina che si osserva in tutti i campioni di questo gruppo. Un’altra particolarità composizionale è la presenza di
calcite spatica anziché micritica.
La similarità di questo gruppo con il gruppo II (a, b, c) di Ischia-Golfo di Napoli indica che probabilmente si tratta di
una sua variante.
Sottogruppo FIL Ib (FF 2, FF 7, FF 17689)
Nei campioni più cotti la componente calcarea risulta estensivamente decomposta (tav. 27b).
VI.4.6. Il gruppo FIL II (ceramiche comuni del relitto Filicudi F) (FF 4, FILF 1, FILF 2, FILF 3)
Il gruppo FIL II è chiaramente diverso da tutti i campioni che provengono dal golfo di Napoli e sono esaminati in
questo studio (tav. 27c). La pasta di fondo risulta significativamente micacea e otticamente attiva. Il degrassante sabbioso
si mostra molto ben classato e cade dal punto di vista dimensionale nella classe granulometrica della sabbia
fine (0,125 - 0,25 mm) con la mode intorno a 0,14 mm. La distribuzione dimensionale è caratterizzata da una ratio
c:f:v0.01 =30:60:10. La porosità risulta allungata e orientata parallelamente alla superficie esterna del reperto ceramico.
Dal punto di vista composizionale, è predominante il quarzo angoloso. I feldspati alcalini (pertite), i plagioclasi,
i frammenti vulcanici e i clinopirosseni (per lo più incolori) sono da abbodanti a subordinati. I frammenti vulcanici
mostrano una variabilità notevole, includendo frammenti basaltoidi, trachitoidi ma anche riolitoidi. In quantità subordinate
si osservano frammenti di vetro vulcanico di colore marrone, che spesso risulta ricco in fenocristalli di clinopirosseno
e biotite. Talvolta si notano dei frammenti di vetro vulcanico ricco in pori e ben saldato, mentre in quantità
minore si riscontrano frammenti di vetro senza inclusioni. Rari ma onnipresenti risultano i frammenti di argillite (clay
pellets) arrotondati e di selce. È da sottolineare l’assenza assoluta del componente calcareo.
La provenienza di questo gruppo dalla zona del golfo di Napoli non può essere totalmente esclusa, ma deve essere
identificata con un’area più remota rispetto a quelle che hanno dato la materia prima per le produzioni principali del
Golfo di Napoli, cioè i gruppi I, II e III (ma anche il IV) di Ischia-Golfo di Napoli.
VI.4.7. Campioni “loners” (= “isolati”)
Tra i campioni esaminati sono individuati anche alcuni campioni che presentano caratteristiche composizionali e tessiturali
incompatibili con quelle riportate per i gruppi sopra elencati. Si tratta dei campioni IS 3, IS 8, IS 41, 247303,
CAM, T 1038, NNA 7, MAd 1, GL 2, GL 3, GL 8, GL 22, PMA 3, PMA 89, EM 2, EM 4, EM 5, EM 8, EM 16 62.
Campione NNA 7
Questo campione si separa dagli altri campioni provenienti da Napoli e assegnati al gruppo petrografico II a causa
della sua assai scarsa classazione (tav. 27d). Inoltre le dimensioni degli inclusi arrivano a tenori più alti rispetto a
quelli riscontrati negli altri gruppi stabiliti per Ischia-Golfo di Napoli, avvicinandosi di più a quelli del gruppo I.
VI.4.8. I risultati delle analisi mineralogiche effettuate sulle anfore di alcuni siti della sicilia
estratto
Una serie di campioni provenienti da alcuni siti della Sicilia sono stati confrontati con i campioni di riferimento di
Ischia, Napoli e di diversi siti dell’Italia tirrenica centro meridionale, in corso di studio nell’ambito del progetto Immensa
Aequora.
Sono stati studiati 15 campioni prelevati a gela (GL 1-6, GL 8, GL 19-24, GL 26, GL 34, tav. 28a-g), i quali in gran
parte (~66%) sono assegnati ai gruppi petrografici stabiliti per l’area Ischia-Golfo di Napoli. Si tratta di un totale di
10 campioni a loro volta suddivisi nei vari gruppi petrografici individuati in quella zona: 3 campioni sono assegnati al
gruppo I (GL 4, 19, 24), 3 al gruppo IIa (GL 5, 21, 26), 3 al gruppo IIb (GL 1, 6, 20) e 1 campione mostra delle somiglianze
significative con il gruppo IIIb (GL 34). I restanti 5 campioni (~33%), tranne uno (GL 23), mostrano caratteristiche
petrografiche non compatibili con la geologia di questa zona e, in base alla loro composizione, si può ipotizzare
una loro provenienza dalla Sicilia nord orientale (GL 22), da Pyrgi (GL 3) e dalla Grecia (GL 2, GL 8) 63.
Il campione GL 23 mostra delle caratteristiche abbastanza simili con l’area di Ischia, ma a causa di alcune differenze
(quali il colore dell’impasto, la significativa quantità di microfossili, l’orientamento di alcuni degli inclusi, come per

i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 205
esempio le miche e il sanidino, parallelamente alle superfici esterne del reperto ceramico) si è preferito considerarlo
non tipico della zona di Ischia-Golfo di Napoli.
Due campioni da Manfria (MNF 1-2, tav. 28h), nelle vicinanze di Gela, si attribuiscono al gruppo petrografico I
dell’area di Ischia-Golfo di Napoli.
I campioni di Licata, tranne Monte S. Angelo, presentano una situazione un po’ diversa da quella delineata per i siti
dell’area costiera meridionale della Sicilia. Dei campioni che sono stati prelevati a Licata (2 campioni, L 2 e L 11,
tav. 31a-b) e a Poggio Marcato di Agnone (3 campioni, PMA 2, PMA 3, PMA 89, tav. 31e-f), soltanto 2 possono
essere assegnati ai gruppi petrografici stabiliti per l’area di Ischia-Golfo di Napoli (L 2 e PMA 2), mentre per i restanti
3 campioni (1 da Licata - L 11 - e 2 da Poggio Marcato di Agnone - PMA 3 e PMA 89), può essere ipotizzata, in base
alla loro composizione mineropetrografica, una provenienza dalla Sicilia interna. I campioni da Monte s. Angelo (2
esemplari, MSA 1-2, tav. 31c-d) sono entrambi attribuiti ai gruppi petrografici di Ischia-Golfo di Napoli.
16 campioni sono stati prelevati da anfore di Eraclea Minoa (EM 1-16, tav. 29) e ricalcano la situazione registrata
a Gela. La maggior parte di essi (~66 %) sono assegnati ai gruppi petrografici che sono stati stabiliti per l’area di
Ischia-Golfo di Napoli (EM1, EM 3, EM 6, EM 7, EM 9-15), mentre i restanti 5 campioni (~33%) mostrano delle similarità
petrografiche con i gruppi petrografici individuati nel Lazio meridionale (Minturno - EM 2 e EM 4), in Campania
(Mondragone - EM 8) e in Etruria meridionale (Pyrgi - EM 5 e EM 16).
Andando verso la parte occidentale della costa sud della Sicilia, a selinunte (SL 1-4, SL 1993, SL 13920/ISC 785, SL
13921/ISC 782, SL 17915/ISC 783, tav. 30), la maggior parte dei campioni esaminati (5 su 8 campioni) presentano
un fabric petrografico compatibile con quello stabilito nell’area di Ischia-Golfo di Napoli (SL 2, SL 4, SL 13921/ISC
782, SL 17915/ISC 783, SL 13920/ISC 785), mentre 3 campioni sono attribuiti ai gruppi petrografici di Pyrgi (SL 1),
Minturno (SL 1993) e Mondragone (SL 3) (analisi realizzate nel progetto Immensa Aequora).
Per quanto riguarda i siti della parte interna della Sicilia (a nord della parte sud-costiera), per il contesto di Monte
Adranone (MAd 1-2, tav. 32c-d) 1 campione è attribuito al gruppo petrografico IIa di Ischia-Golfo di Napoli (MAd 2)
e 1 mostra somiglianze con il fabric petrografico rilevato nei campioni di Mondragone (MAd 1), mentre per i 2 campioni
da Caltabellotta (CLTB 1-2, tav. 32a-b) una provenienza dall’area di Ischia-Golfo di Napoli sembra quella più
verosimile.
Per la gran parte dei campioni esaminati dai contesti archeologici ubicati nella parte sud orientale o orientale della
Sicilia è stato possibile rilevare una loro compatibilità con la geologia della Sicilia. I 4 campioni esaminati da Camarina
(K 2-4, K 11, tav. 32e-g) sono caratterizzati dalla presenza di inclusioni la cui origine può essere rintracciata nella
parte nord orientale o nord occidentale della Sicilia. Soltanto per 1 campione (K 2) ci sono prove, di tipo composizionale,
di una provenienza dall’area di Ischia-Golfo di Napoli, ma la sua attribuzione ai gruppi già stabiliti per quella
zona deve essere esclusa. Per quanto riguarda l’unico esemplare considerato da Naxos (NX 1, tav. 32h), a grandi
linee, si può ipotizzare una sua origine siciliana.
VI.4.9. Alcune osservazioni sui risultati delle analisi mineralogiche e chimiche
estratto
I campioni assegnati al gruppo I mostrano delle differenze di tipo composizionale e tessiturale rispetto a quelli che
si attribuiscono ai gruppi II e III. L’ipotesi di una provenienza da una zona più remota per gli ultimi due gruppi petrografici
resta abbastanza attendibile. Al contrario, le differenze osservate tra i campioni riuniti nei gruppi (e i loro sottogruppi)
II e III si riferiscono per lo più a delle caratteristiche tessiturali, mentre il loro carattere composizionale risulta
molto simile (ad esclusione del sottogruppo IIIb, per il quale la spiccata presenza di minerali opachi deve essere
riconsiderata più in dettaglio). L’ipotesi di una loro provenienza simile sembra abbastanza attendibile.
Si deve sottolineare che al gruppo IIa è stato assegnato pure uno scarto di fornace campionato dallo scarico di fornace
scavato nella zona di Napoli. Inoltre, la maggioranza dei campioni prelevati da relitti sono stati attribuiti a questi due
gruppi (II e III) e soltanto sporadicamente si sono riscontrati campioni assegnati al gruppo I. Per il gruppo IV, anche se le
differenze del tipo composizionale con i campioni dei gruppi II e III non sono così tanto marcate, la loro diversità del tipo
di tessitura risulta molto evidente e va anche accompagnata alla differenza composizionale che si nota nella matrice
argillosa, che risulta molto micacea e ricca in ferro, senza nessun contributo della componente calcarea.
ll gruppo I si considera come ischitano, tenendo conto che i campioni classificati in questo gruppo sono quasi esclusivamente
recuperati a Ischia e provengono da unarea di produzione. Al contrario campioni con questo fabric non si
trovano nella zona di Napoli (o soltanto pochi?). Questa potrebbe essere un’ulteriore indicazione per la provenienza
ischitana di tali campioni.
Il fabric petrografico dei campioni classificati nel gruppo I presenta delle differenze sia composizionali sia tessiturali
rispetto ai fabric petrografici dei campioni assegnati ai gruppi II e III. In tal senso risulta molto probabile che in questi
ultimi siano raggruppate ceramiche realizzate in una zona diversa da quella che ha prodotto i campioni del gruppo
I. Questa zona potrebbe essere o vicino a quella che ha dato i campioni assegnati a gruppo I o anche in un’area più
remota, come per esempio la zona di Napoli o nelle sue vicinanze, o alternativamente in entrambe le zone, una più

206 c a p i to l o v i
locale (a Ischia) e un’altra più remota (forse vicino a Napoli). Le prove per quest’ultima ipotesi, almeno di tipo direttamente
petrografico, purtroppo non emergono. Si possono soltanto fare delle ipotesi più concrete se si considerano
anche i dati chimici. Infatti una prima lettura dei dati chimici mostra un carattere nettamente discriminante per almeno
due degli elementi chimici: il calcio e lo stronzio. I valori medi di questi due elementi nei due gruppi principali (gruppi
I e IIa) sono:
i) campioni del Gruppo petrografico I: CaO = 8,45% e Sr = 254 ppm
ii) campioni del Gruppo petrografico IIa recuperati a Ischia: CaO = 9,26% e Sr = 410 ppm
iii) campioni del Gruppo petrografico IIa recuperati a Napoli: CaO = 10,91% e Sr = 429 ppm
(Le considerazioni per la chimica sono basate sui campioni: ISC 621, 637, 639, 644 e 749 per il gruppo petrografico
I; ISC 686, 687, 708 e 710 per il gruppo petrografico IIa per i campioni prelevati ad Ischia; NNA 1, 2, 3, 5, 6, 8, 9 per
il gruppo petrografico IIa per i campioni prelevati a Napoli).
Le considerazioni che emergono sono le seguenti:
1. Lo Sr risulta molto più basso per i campioni assegnati al gruppo I. Questo è probabilmente da mettere in relazione
all’assenza del clinopirosseno in questi campioni, come risulta dall’analisi petrografica. Questo minerale, come quello
che si trova nel vulcanismo alcalino della provincia romana ma anche delle zone più a sud, porta un significativo
tenore di questo elemento in tracce.
2. Lo Sr mostra un tenore simile nei altri due “gruppetti chimici” e questo va d’accordo con la presenza significativamente
più alta del clinopirosseno in entrambi i gruppetti chimici, come risulta dall’analisi petrografica.
3. Il contenuto di CaO nei campioni del gruppo petrografico IIa risulta più alto rispetto al gruppo petrografico I. I campioni
trovati ad Ischia e classificati nel gruppo IIa mostrano un valore di CaO molto più simile a quello che si osserva
nei campioni del gruppo petrografico I (differenza di 0,81%), rispetto al valore che mostrano i campioni del gruppo IIa
trovati a Napoli (differenza di 2,46%). Il poco CaO in più che porta l’aggiunta del clinopirosseno (insieme a quello dello
Sr già considerato) può dare una prima spiegazione per questa piccola differenza di Ca, che si nota nei campioni
prelevati ad Ischia e classificati petrograficamente come IIa rispetto a quelli proprio Ischitani (gruppo I). Per i restanti
campioni (quelli prelevati a Napoli), però, la differenza nel calcio è significativamente alta per attribuirla soltanto alla
presenza elevata di clinopirosseno. Come alternativa si ipotizza l’uso di un’argilla composizionalmente diversa per
la manifattura di questi campioni.
4. Rimane però aperta la possibilità che anche queste anfore si producessero ad Ischia ma con l’uso di un’argilla
diversa da quella utilizzata per il gruppo I. La presenza di scarti di fornace a Napoli non sembra provare tale ipotesi.
L’esportazione dell’argilla da Ischia verso Napoli è un’altra ipotesi da considerare. Se una tale ipotesi va accettata,
l’assenza di campioni con simile chimismo nei dintorni di Ischia emerge come problematica. Se esportavano argilla
da Ischia, perché non veniva esportata quella già usata per i campioni ischitani? E se alla fine c’era veramente un’argilla
di questo tipo a Ischia, ed è vero che la esportavano verso Napoli, perché non si trovano anche delle ceramiche
ischitane realizzate con questo tipo di argilla?
Quindi, l’ipotesi di una produzione di ceramiche del fabric petrografico IIa in due diverse zone (e probabilmente anche
contemporaneamente), delle quali una può essere quella di Ischia e l’altra più vicino a Napoli, rimane quella più
probabile, sulla base dei dati a disposizione.
Per quanto riguarda i gruppi petrografici stabiliti per i campioni dal relitto di Filicudi, si può ipotizzare una provenienza dalla
stessa zona dei gruppi I, II e III per il gruppo FIL I, mentre il gruppo FIL II, che comprende la ceramica da cucina, deve
considerarsi tra quelli più incompatibili con i gruppi stabiliti finora dal Golfo di Napoli (si veda anche la tabella VII.1).
Tabella VI.3. Assegnazione dei campioni ai gruppi petrografici stabiliti (I. Iliopoulos).
sigla gruppo
petrografico
gruppo
Chimico
A 9 (ISC 644) Gruppo I Gruppo D
A 12 Gruppo I
IS 2 Gruppo I
IS 5 Gruppo I
IS 9 Gruppo I
IS 39 (ISC 640) Gruppo I Gruppo D
IS 40 Gruppo I (?)
ISC 621 Gruppo I Gruppo D
ISC 621bis Gruppo I Gruppo D
ISC 635 Gruppo I Gruppo D
ISC 637 Gruppo I Gruppo D
Note
Ischia
estratto

estratto
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 207
sigla gruppo gruppo Note
petrografico Chimico
ISC 639 Gruppo I (?) Gruppo D Con piccole differenze, soprattutto a causa della dimensione dei clasti
più grossolani (risulta più bassa del solito)
ISC 642 Gruppo I Gruppo D
ISC 650 Gruppo I Gruppo D
ISC 694 Gruppo I Gruppo D
ISC 734 Gruppo I Gruppo D
ISC 735 Gruppo I Gruppo D
ISC 736 Gruppo I Gruppo D
ISC 747 Gruppo I Gruppo D
ISC 749 Gruppo I Gruppo D
SR 131 Gruppo I (?)
SR 133 Gruppo I
SR 1473 (ISC 648) Gruppo I Gruppo D
SR 1509 (ISC 638) Gruppo I Gruppo D
SR 1641 (ISC 619) Gruppo I Gruppo D
SR 1803 Gruppo I
SR 1832 Gruppo I
1493 Gruppo I
247204 Gruppo I In omogeneità areale intensa per il degrassante sabbioso
R 611 Gruppo I (?)
IS 1 Gruppo IIa
ISC 686 Gruppo IIa Insieme F
ISC 708 Gruppo IIa Insieme E
SG 268 (ISC 710) Gruppo IIa Insieme E
SG 279 (ISC 687) Gruppo IIa Insieme F
SG 279 - A 50 (ISC 687) Gruppo IIa Insieme F
SG 281 (ISC 712) Gruppo IIa Insieme F
A 13 (ISC 738) Gruppo IIb Insieme E
A 44 Gruppo IIb
AR 194 Gruppo IIb
A 10 Gruppo IIc
IS 4 Gruppo IIc
IS 6 Gruppo IIc
IS 7 (ISC 691) Gruppo IIIa Sottogruppo
insieme E
SG 265 (ISC 709) Gruppo IIIa Insieme E
SG 284 Gruppo IIIa
A 32 Gruppo IIIb
A 33 Gruppo IIIb
ISC 649 Gruppo IIIb Fine cluster
247317 Gruppo IIIb
247318 Gruppo IIIb
A 20 Gruppo IIIc Ricco in scorie nere con inclusioni di feldspati
A 53a Gruppo IIIc
A 53b Gruppo IIIc
ISC 690 Gruppo IIIc (?) Insieme F Ricco in scorie nere con inclusioni di feldspati
SG 292 Gruppo IIIc Ricco in scorie nere con inclusioni di feldspati
SR 191 Gruppo IIIc Ricco in scorie nere con inclusioni di feldspati
ISC 341 Gruppo IV
ISC 693 Gruppo IV Sottogruppo
insieme E
ISC 695 Gruppo IV Sottogruppo
insieme E
IS 3 LONER (?) Probabilmente da Ischia-Golfo di Napoli (vicino al Gruppo II)
IS 8 LONER Probabilmente da Ischia-Golfo di Napoli (vicino al Gruppo IIIa)
IS 41 LONER Simile a campioni da Cales o Pontelatone (Progetto Immensa Aequora)
247303 (ISC 684) LONER Gruppo D Simile a campioni da Mondragone (Progetto Immensa Aequora)
CAM (A 40) LONER Simile a dati di riferimento della Sicilia nord occidentale (I. Iliopoulos)

208 c a p i to l o v i
estratto
sigla gruppo gruppo Note
petrografico Chimico
T 1038 LONER Simile a campioni da Fondi (Progetto Immensa Aequora)
Napoli
NNA 1 (AMN 1) Gruppo IIa Insieme E
NNA 2 (AMN 2) Gruppo IIa Insieme F
NNA 4 (AMN 4) Gruppo IIa Insieme F
NNA 5 (AMN 5) Gruppo IIa Insieme E
NNA 6 (AMN 6) Gruppo IIa Insieme E
NNA 8 Gruppo IIa
NNA 9 (AMN 7) Gruppo IIa Insieme F
1807 Gruppo IIa
1859/2 Gruppo IIa
1859/4 Gruppo IIa
1859/13 Gruppo IIa
1863/1 Gruppo IIa
1863/6 Gruppo IIa
NNA 7 LONER Assomiglia al gruppo II ma con classazione molto più scarsa e
dimensione dei clasti più grandi.
Filicudi F (relitto)
FF 3 Gruppo FIL Ia Con classazione scarsa e pasta calcarea
FF 1770/1 Gruppo FIL Ia Con classazione scarsa e pasta calcarea
FF 17705 Gruppo FIL Ia Con classazione scarsa e pasta calcarea
FF 2 Gruppo FIL Ib Con classazione scarsa
FF 7 Gruppo FIL Ib Con classazione scarsa
FF 17689 Gruppo FIL Ib Con classazione scarsa
FF 4 Gruppo FIL II Non riportabile ai gruppi noti di Ischia
FILF 1 Gruppo FIL II Non riportabile ai gruppi noti di Ischia
FILF 2 Gruppo FIL II Non riportabile ai gruppi noti di Ischia
FILF 3 Gruppo FIL II Non riportabile ai gruppi noti di Ischia
FF 5 Gruppo IIa
FF 6 Gruppo IIa
FF 17697 Gruppo IIa
FF 17700 Gruppo IIa
FF 1 Gruppo IIb
FF 11025 Gruppo IIb
FILF 4 Gruppo IIb
secca di Capistello (relitto)
SC 12870 Gruppo I
SC 8 Gruppo IIa
SC 12393 Gruppo IIa
SC 12852 Gruppo IIa
SC 12858 Gruppo IIa
SC 12859 Gruppo IIa
SC 12867 Gruppo IIa
SC 12872 Gruppo IIa
SC 12873 Gruppo IIa
SC 12874 Gruppo IIa
gela (CL)
GL 4 Gruppo I
GL 19 Gruppo I
GL 24 Gruppo I Pasta di fondo troppo calcarea rispetto agli altri campioni del gruppo
I
GL 5 Gruppo IIa
GL 21 Gruppo IIa
GL 26 Gruppo IIa
GL 1 Gruppo IIb
GL 6 Gruppo IIb
GL 20 Gruppo IIb

estratto
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 209
sigla gruppo gruppo Note
petrografico Chimico
GL 34 Gruppo IIIb
GL 2 LONER Grecia, Sicilia ?
GL 3 LONER Simile a campioni da Pyrgi (Progetto Immensa Aequora)
GL 8 LONER Grecia, Sicilia ?
GL 22 LONER Simile a dati di riferimento della Sicilia nord occidentale (I. Iliopoulos)
GL 23 Ischia-Golfo di Napoli ? molto ricco in foraminiferi
gela-Manfria (CL)
MNF 1 Gruppo I
MNF 2 Gruppo I
Licata (Ag)
L 2 Gruppo IV Simile a campioni da Cuma?
L 11 Simile a dati di riferimento della Sicilia nord occidentale (I. Iliopoulos)
Poggio Marcato di Agnone (Ag)
PMA 2 Gruppo IIa
PMA 3 LONER Simile a dati di riferimento della Sicilia nord orientale (I. Iliopoulos)
PMA 89 LONER Simile a dati di riferimento della Sicilia nord orientale (I. Iliopoulos)
Monte s. Angelo di Licata (Ag)
MSA 1 Gruppo I
MSA 2 Gruppo IIa
Eraclea Minoa (Ag)
EM 7 Gruppo I
EM 11 Gruppo I
EM 13 Gruppo I
EM 1 Gruppo IIa
EM 9 Gruppo IIa
EM 10 Gruppo IIa
EM 12 Gruppo IIb
EM 14 Gruppo IIIb
EM 15 Gruppo IIIb
EM 3 Gruppo IIIc
EM 6 Gruppo IIIc
EM 2 LONER Simile a campioni da Minturno (Progetto Immensa Aequora)
EM 4 LONER Simile a campioni da Minturno (Progetto Immensa Aequora)
EM 5 LONER Simile a campioni da Pyrgi (Progetto Immensa Aequora)
EM 16 LONER Simile a campioni da Pyrgi (Progetto Immensa Aequora)
EM 8 LONER Simile a campioni da Mondragone (Progetto Immensa Aequora)
(simile a 247303 (ISC 684), ma leggermente più fine)
selinunte (TP)
SL 2 Gruppo IIa
SL 4 Gruppo IIb
SL 13921 (ISC 782) Gruppo IIIa ? Insieme E
SL 17915 (ISC 783) Gruppo IIIb Fine cluster
SL 13920 (ISC 785) Gruppo IIIc Insieme E
SL 1 Simile a campioni da Pyrgi (Progetto Immensa Aequora)
SL 3 Simile a campioni da Mondragone (Progetto Immensa Aequora)
SL 1993 Simile a campioni da Minturno (Progetto Immensa Aequora)
Monte Adranone (Ag)
MAd 1 LONER Simile a campioni da Mondragone (Progetto Immensa Aequora)
MAd 2 Gruppo IIa
Caltabellotta (Ag)
CTLB 2 Gruppo I
CTLB 1 Gruppo IIa
Camarina (rg)
K 2 Composizionalmente simile a Ischia-Golfo di Napoli ma con differenze
tessiturali significative.

210 c a p i to l o v i
estratto
sigla gruppo gruppo Note
petrografico Chimico
K 3 Simile a dati di rierimento della Sicilia nord orientale (I. Iliopoulos)
K 4 Simile a dati di rierimento della Sicilia nord orientale (I. Iliopoulos)
K 11 Simile a dati di rierimento della Sicilia nord occidentale (I. Iliopoulos)
Naxos (ME)
NX 1 Simile a dati di riferimento della Sicilia (Siracusa?) (I. Iliopoulos)
Lipari-Portinenti (ME)
LP 1 (ISC 777) Gruppo IIa Insieme E
LP 2 (ISC 779) Gruppo IIa Insieme E
LP 3 (ISC 776) Gruppo IIIa? Insieme E
LP 4 (ISC 774) Gruppo IIIb Gruppo D
Marsala/Lilibeo (TP)
MR 4495 (ISC 786) Gruppo IV Sottogruppo Simile a campioni da Cuma?
insieme E
Nave di Marsala Punta scario (relitto)
MR 1 Gruppo IIa
MR 5 Gruppo IIIa
MR 6 Gruppo IV Simile a campioni da Cuma?
MCB 1 Simile a campioni da Pyrgi (Progetto Immensa Aequora)
MR 2 Simile a campioni da Pyrgi (Progetto Immensa Aequora)
MR 3 Impasto campano
MR 4 Impasto campano
MR 7 Ceramica fine, Grecia?
MR 8 Campania ?
Terrasini b (relitto)
TER 2 Gruppo IIa
TER 7 Gruppo IIIa
TER 1 Simile a campioni da Mondragone (Progetto Immensa Aequora)
TER 4 Simile a campioni da Mondragone (Progetto Immensa Aequora)
TER 5 Simile a campioni da Pyrgi (Progetto Immensa Aequora)
TER 6 Simile a campioni da Mondragone (Progetto Immensa Aequora)
TER 8 Simile a campioni da Pyrgi (Progetto Immensa Aequora)
TER 9 Simile a campioni da Mondragone (Progetto Immensa Aequora)
TER 11 Simile a campioni da Pyrgi (Progetto Immensa Aequora)
TER 12 Impasto campano ?
spagna - sagunto
SAG 1 Gruppo IV
spagna - bon Capò (relitto)
ES 1 Gruppo IIa
ES 2 Gruppo IIa
ES 3 Gruppo IIa
ES 4 Gruppo IIa
ES 5 Gruppo IIa
ES 6 Gruppo IIa
Francia - Tour Fondue (relitto)
TF 1 Gruppo IIb
Francia - Tour d’Agnello (relitto)
TA 3025 Non
Esclusivamente costituito de materia prima finissima (argillosa), pieno
classificabile
di pori vescicolari e con comuni microfossili calcarei (molluschi)

NOTE
1 È ciò che emerge dall’intenso lavoro di confronto effettuato
da I.Iliopoulos nell’ambito del progetto Immensa Aequora.
2 Progetto Immensa Aequora, www.immensaaequora.org.
3 Ricq de Bouard et al. 1989, p. 257. T. Mannoni, ad esempio,
ha da tempo sottolineato come nell’area compresa tra la Toscana
meridionale e la Campania settentrionale siano molte le
aree interessate da vulcani quaternari e le argille di quelle zone
siano caratterizzate dalla presenza degli stessi minerali (augite
e sanidino idiomorfi, biotite, lapilli vetrosi e frammenti di roccia
trachitica, Mannoni 1984). Anche se ricerche successive sembrano
aprire spiragli interessanti e poter giungere a una migliore
caratterizzazione e distinzione delle ceramiche di alcune aree
(Thierrin Michael 1992), è indubbio che, in mancanza dei dati
sui centri di produzione, è solo l’incrocio di dati diversi - storici,
tipologici, epigrafici e archeometrici - che consente di circoscrivere
la zona di origine delle anfore che hanno circolato.
4 Gruppi di riferimento sono stati pubblicati nell’ambito del
lavoro della Thierrin Michael nel 1992; dati nuovi sono stati
ottenuti nel corso del progetto Immensa Aequora.
5 I metodi utilizzati sono solo parzialmente comparabili.
6 Morel, Picon 1994.
7 Abbas 1999, p. 60, la ricerca ha avuto come oggetto le
anfore ionio-massaliote.
8 Abbas inedito, p. 62.
9 Durando 1998.
10 I dati completi saranno inseriti nel volume successivo.
11 Per questi argomenti si rimanda a Picon 1984b; per una
panoramica generale sui problemi di determinazione di origine
della ceramica, Olcese 1993 e 2006.
12 Olcese 1993 e 2006, per la bibliografia.
13 Si vedano in modo particolare i numerosi contributi di
M. Picon.
14 Le analisi sono state finanziate in gran parte dalla Thyssen
Stiftung di Bonn, in una prima fase come completamento
della tesi di abilitazione di chi scrive discussa presso la Freie
Universität di Berlino, poi come ricerca sulle aree di produzione
ceramica dell’Italia tirrenica. Le analisi chimiche e mineralogiche
comprese nel capitolo sono di proprietà del progetto
Immensa Aequora a cura di chi scrive.
15 Le nuove analisi chimiche sono state effettuate con la collaborazione
del CNR/IGG. Si veda il sito www.immensaaequora.org
e Olcese 2010.
16 Con la definizione “insieme” si vogliono indicare materiali
che, per mancanza di dati, non è ancora possibile definire
come gruppo e che potrebbero in realtà comprendere reperti
di più siti/aree.
17 Le notizie riportate di seguito sono finalizzate esclusivamente
all’introduzione del tema delle analisi di laboratorio e
non hanno certo la pretesa di esaustività. Per i testi di riferimento
si veda la nota successiva.
18 Per il vulcanismo campano, si vedano tra gli altri Joron
et al. 1987, Di Girolamo et al. 1991, Abbas 1999, Vallario (a
cura di) 2001.
19 Pithekoussai I, p. 32.
20 Buchner 1994, pp. 17 e seguenti.
21 Haller 1822 (Tommaselli 2005), p. 135.
22 De Siano 1801, p. 23.
23 Capaccio 1771, p. 180.
24 Andria 1783, p. 79.
25 Haller 1822 (Tommaselli 2005), p. 61.
26 Haller 1822 (Tommaselli 2005), p. 64.
27 Niola Buchner 1965, p. 65.
28 D’Aloysio 1757, libro IV, p. 311.
29 Haller 1822 (Tommaselli 2005), p. 112.
30 Ulteriori dati archeometrici saranno pubblicati nel secondo
volume in corso di preparazione.
31 Accorona et al. 1985, Laforgia 1986, Morel 1986a, Morel,
Picon 1994.
32 Febbraro, Giampaola 2009.
33 Si rimanda ai singoli testi dei colleghi nei paragrafi successivi
e per analisi già edite dei materiali del Golfo di Napoli
estratto
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 211
si vedano i testi di Picon e Schneider in Ceramica romana e
archeometria; Olcese et al. 1996.
34 G.Thierrin Michael in Olcese et al. 1996; G. Montana in
questo volume; G. Abbas ha effettuato alcune analisi mineralogiche
di confronto nell’ambito di una ricerca sulle anfore
ionio-massaliote, Abbas 1999.
35 Olcese et al. 1996.
36 Dell’Università di Patrasso, che ha preso in carico l’interpretazione
delle sezioni sottili del progetto Immensa Aequora
sulle aree di produzione ceramica in area tirrenica centrale.
37 Thierrin Michael in Olcese et al. 1996, p. 18.
38 La descrizione è di G. Thierrin, in Olcese et al. 1996, p. 19.
39 Queste analisi vanno ad aggiungersi a quelle effettuate
sulle altre classi ceramiche, già concluse, che saranno inserite
nel volume in corso di preparazione.
40 Si veda il testo di Iliopoulos.
41 ISC 695, ISC 786 (Marsala), ISC 691, ISC 780 (Lipari),
ISC 781 (Lipari), ISC 693, ISC 784 (Erice), ENS 17.
42 Grifa et al. 2009.
43 Nei diversi articoli i gruppi/insiemi sono stati denominati in
modo diverso e la tabella che segue ha lo scopo di facilitare
l’equiparazione delle definizioni.
Le fasi della ricerca archeometrica: le denominazioni dei gruppi
Olcese et. al. 1996 Olcese 2004 Olcese 2007 Olcese 2010
Gr. chim.1 (vernice
nera)
Insieme chim.2
(vernice nera)
Gr. chim.3 (anfore) Gr. chim.1 Gr. chim. D Gr. chim. D/Gr.
(anfore) (anfore) min.I (anfore)
Gr. chim.2 Insieme chim. Insieme chim.
(anfore) E-F (anfore) E-F/Gr. min.II-III
(anfore)
44 Per questo sito i campioni di riferimento sono ancora pochi
e ricerche future potrebbero modificare i dati attualmente
in nostro possesso.
45 Olcese et al. 1996.
46 Pour plus de détails sur les méthodes de calcul, voir Picon
1984a ou D’Anna et al. 2003.
47 Les resultats des analyses chemiques concernates les autres
classes céramiques seront publiées dans le livre à paraître.
48 Parmi les céramiques à décor géométrique, on peut noter
que quelques-unes ont des taux de CaO assez élevés, qu’elles
présentent en moyenne des taux de fer et de vanadium
assez élevés. Néanmoins les céramiques à décor géométriques
présentent des compositions très voisines de celles des
amphores gréco-italiques.
49 Thierrin Michael 1992.
50 Thierrin Michael, Galetti 1996.
51 Nota redazionale: il testo è relativo alla prima fase di ricerca
e non ha potuto tenere conto dell’avanzamento dello studio.
52 Vedere anche i cataloghi IVA e IVB alla fine del volume.
53 Rittmann, Gottini 1980; Vezzoli (a cura di) 1988.
54 Rittmann, Gottini 1980.
55 Vezzoli (a cura di) 1988.
56 Rittmann 1930; Rittmann, Gottini 1980.
57 Rittmann, Gottini 1980, pp. 234-235.
58 Rittmann, Gottini 1980.
59 Buchner 1994. Si veda il testo riportato nel par. VI.I.3.
60 Nota redazionale: la continuazione delle analisi ha permesso
di arrivare a precisare tali risultati grazie al confronto
con i dati del progetto Immensa Aequora. Si vedano il par.
VI.4 e la tabella VI.3 di I. Iliopoulos.
61 c = componente grossolano (>0,0625 mm); f = componente
fine (

212 c a p i to l o v i
Tav. 22
sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia (par. VI.3)
1 2
3 4
5 6
estratto
Tav. 22: Microfoto delle sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia: 1. anfora greco italica con bollo AP (ISC 639, cat. I B.8);
2. anfora greco italica con bollo APIΣTO (A 9/ISC 644, cat. I B.21); 3. anfora greco italica con bollo APIΣT●XAP (247204, cat. I
B.49); 4. anfora greco italica con bollo [Γ/Π]AP corona M (SG 279/A 50 - ISC 687, cat. II B.18); 5. anfora greco italica con bollo
ΓΛAYK (1493, cat. I B.62); 6. anfora greco italica con bollo ΔI (ISC 708, cat. II B.22). Dimensione 0,5 mm; nicols incrociati (foto
G. Montana - sezioni sottili di proprietà del progetto Immensa Aequora).

Tav. 23
sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia (par. VI.3)
7 8
9 10
11 12
estratto
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 213
Tav. 23: Microfoto delle sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia: 7. anfora greco italica con bollo EYXENO[ ] (A 10, cat.
II B.29); 8. anfora greco italica con bollo EYΞENOYAPI (A 20, cat. II B.30); 9. anfora greco italica con bollo EΛ (SR 1473/ISC
648, cat. I B.79); 10. anfora greco italica con bollo ZΩ (SR 1509/ISC 638, cat. I B.122); 11. anfora greco italica con bollo ZΩ (SR
1803, cat. I B.123); 12. anfora greco italica con bollo ΞEN (ISC 642, cat. I B.141). Dimensione 0,5 mm; nicols incrociati (foto G.
Montana - sezioni sottili di proprietà del progetto Immensa Aequora).

214 c a p i to l o v i
Tav. 24
sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia (par. VI.3)
13 14
15 16
17 18
estratto
Tav. 24: Microfoto delle sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia: 13. anfora greco italica con bollo ΞENTPE (ISC 621, cat.
I B.159); 14. anfora greco italica con bollo ΞENTPE (SR 1832, cat. I B.157); 15. anfora greco italica con bollo ΠAP (ISC 749, cat.
I B.172); 16. anfora greco italica con bollo ΠAPH (ISC 686, cat. II B.51); 17. anfora greco italica con bollo TINΘ (ISC 637, cat. I
B.213); 18. anfora greco italica con bollo TPE (IS 7/ISC 691, cat. II B.56). Dimensione 0,5 mm; nicols incrociati (foto G. Montana -
sezioni sottili di proprietà del progetto Immensa Aequora).
nella pagina accanto:
Tav. 25: Microfoto delle sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia: 19. anfora greco italica con bollo XAIPI (247317, cat. I
B.224); 20. anfora greco italica con bollo XAIP[I] (?) (A 33, cat. I B.225); 21. anfora greco italica con bollo XAI[ ] (A 32, cat. I B.226);
22. anfora greco italica con bollo XAPIΛA (247318, cat. I B.228); 23. anfora greco italica tipo VI con bollo TR. LOISIO (ISC 693,
cat. II B.73); 24. anfora greco italica con bollo [TR. LOI]SIO (ISC 695, II B.74); 25. Orlo di anfora greco italica tipo IV (A 12, cat. I
A.20); 26. frammento di anfora greco italica tipo V/VI-VI (A 13/ISC 738,cat. I A.36). Dimensione 0,5 mm; nicols incrociati (foto G.
Montana - sezioni sottili di proprietà del progetto Immensa Aequora).

Tav. 25
sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia (par. VI.3)
19 20
21 22
23 24
25 26
estratto
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 215

216 c a p i to l o v i
Tav. 26
I gruppi mineralogici delle anfore greco italiche di Ischia (par. VI.4)
a b
c d
e f
g h
estratto

Tav.27
relitto Filicudi F, Napoli (par. VI.4)
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 217
a b
Filicudi F Filicudi F
c d
Filicudi F Napoli
estratto
nella pagina accanto:
Tav. 26: Microfoto delle sezioni sottili dei gruppi mineralogici delle anfore greco italiche di Ischia: (a) gruppo I: campione ISC 642
(cat. I B.141); (b) sottogruppo IIa: campione 1859/13 (Napoli); (c) sottogruppo IIb: campione AR 194 (cat. I B.60); (d) sottogruppo
IIc: campione A 10 (cat. II B.29); (e) sottogruppo IIIa: IS 7/ISC 691 (cat. II B.56); (f) sottogruppo IIIb: A 33 (cat. I B.225); (g) sottogruppo
IIIc: A 20 (cat. II B.30); (h) gruppo IV: campione ISC 693 (cat. II B.73). Larghezza immagine ca. 5,2 mm; nicols incrociati
(foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà del progetto Immensa Aequora).
Tav. 27: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto: (a) gruppo FIL Ia (Filicudi F): campione FF
1770/1; (b) gruppo FIL Ib (Filicudi F): campione FF 17689; (c) gruppo FIL II (Filicudi F): campione FILF 3; (d) “loner”: campione
NNA 7 (Napoli). Larghezza immagine ca. 5,2 mm; nicols incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà del progetto Immensa
Aequora).

218 c a p i to l o v i
Tav. 28
gela, Manfria (par. VI.4)
a b
Gela Gela
c d
Gela Gela
e f
Gela Gela
g h
Gela Manfria
estratto

Tav. 29
Eraclea Minoa (par. VI.4)
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 219
a b
c d
e f
estratto
nella pagina accanto:
Tav. 28: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto della Sicilia (gela - GL- e Manfria - MNF):
(a) campione GL 4; (b) campione GL 5; (c) campione GL 20 (d) campione GL 34; (e) campione GL 22; (f) campione GL 3; (g) campione
GL2; (h) campione MNF 2. Larghezza immagine ca. 5,2 mm; nicols incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà
del progetto Immensa Aequora).
Tav. 29: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto della Sicilia (Eraclea Minoa): (a) campione
EM 11; (b) campione EM 9; (c) campione EM 14 (d) campione EM 6; (e) campione EM 2; (f) campione EM 5. Larghezza immagine
ca. 5,2 mm; nicols incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà del progetto Immensa Aequora).

220 c a p i to l o v i
Tav. 30
selinunte (par. VI.4)
a b
c d
e f
g h
estratto

Tav. 31
Licata, Monte s. Angelo di Licata, Poggio Marcato di Agnone (par. VI.4)
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 221
a b
Licata Licata
c d
Monte S. Angelo di Licata Monte S. Angelo di Licata
e f
Poggio Marcato di Agnone Poggio Marcato di Agnone
estratto
nella pagina accanto:
Tav. 30: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto della Sicilia (selinunte): (a) campione SL
2; (b) campione SL 4; (c) campione SL 13921 (d) campione SL 13920; (e) campione SL 17915; (f) campione SL 1; (g) campione
SL 3; (h) campione SL 1993. Larghezza immagine ca. 5.2 mm; nicols incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà del
progetto Immensa Aequora).
Tav. 31: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto della Sicilia (Licata - L -, Monte s. Angelo
di Licata - MSA -, Poggio Marcato di Agnone - PMA): (a) campione L 2; (b) campione L 11; (c) campione MSA 1 (d) campione
MSA 2; (e) campione PMA 3; (f) campione PMA 89. Larghezza immagine ca. 5.2 mm; nicols incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni
sottili di proprietà del progetto Immensa Aequora).

222 c a p i to l o v i
Tav. 32
Caltabellotta, Monte Adranone, Camarina, Naxos (par. VI.4)
a b
Caltabellotta Caltabellotta
c d
Monte Adranone Monte Adranone
e f
Camarina Camarina
g h
Camarina Naxos
estratto

Tav. 33
relitto Terrasini b (par. VI.4)
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 223
a b
c d
e f
estratto
nella pagina accanto:
Tav. 32: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto della Sicilia (Caltabellotta - CLTB -, Monte
Adranone - MAd -, Camarina - K -, Naxos - NX): (a) campione CLTB 2; (b) campione CLTB 1; (c) campione MAd 1 (d) campione
MAd 2; (e) campione K 2; (f) campione K 3; (g) campione K 11; (h) campione NX 1. Larghezza immagine ca. 5.2 mm; nicols
incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà del progetto Immensa Aequora).
Tav. 33: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto della Sicilia (relitto Terrasini b): (a) campione
TER 2; (b) campione TER 7; (c) campione TER 1 (d) campione TER 6; (e) campione TER 5; (f) campione TER 12. Larghezza
immagine ca. 5.2 mm; nicols incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà del progetto Immensa Aequora).

224 c a p i to l o v i
Tav. 34
relitto della secca di Capistello e nave di Marsala Punta scario (par. VI.4)
a b
Secca di Capistello Secca di Capistello
c d
Marsala / Punta Scario Marsala / Punta Scario
e f
Marsala / Punta Scario Marsala / Punta Scario
g h
Marsala / Punta Scario Marsala / Punta Scario
estratto
Tav. 34: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto della Sicilia (relitto della secca di Capistello
- SC -, nave di Marsala Punta scario - MR, MCB): (a) campione SC 12870; (b) campione SC 12858; (c) campione MR 1 (d)
campione MR 5; (e) campione MR 6; (f) campione MCB 1; (g) campione MR 4; (h) campione MR 7. Larghezza immagine ca. 5.2
mm; nicols incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà del progetto Immensa Aequora).

Tabella VI.4: Dati riassuntivi delle analisi chimiche e mineralogiche su anfore e laterizi di Ischia.
Legenda: AC: analisi chimica, AM: analisi mineralogica
Nr.
Analisi/ nr.
Inventario
1493
(1493)
(AR 28)
247303 vedere IsC 684
247204
(247204)
247317
(247317)
(SR 188)
247318
(247318)
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 225
AC AM Classe/Forma/Tipo Descrizione/bollo n.
catalogo
X
Gr. I
X
Gr. I
X
Gr. IIIb
IsCHIA
Anfora greco italica Ansa con bollo ΓΛAYK I B.62
Anfora greco italica Ansa con frammento di spalla con bollo
ΑΡΙΣΤ● ΧΑΡ
I B.49
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo XAIPI I B.224
estratto
X
Gr. IIIb
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo XAPIΛA I B.228
A 9 vedere IsC 644
A 10
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΕΥΞΕΝΟ[?] II B.29
(A 10)
Gr. IIc
A 12
X Anfora greco italica tipo IV Frammento di orlo I A.20
(A 12)
Gr. I
A 13 vedere IsC 738
A 20
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΕΥΞΕΝΟΥΑΡΙ II B.30
(A 20)
Gr. IIIc
A 32
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΧΑΙ[ ] I B.226
(A 32)
Gr. IIIb
A 33
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΧΑΙΡ[Ι] (?) I B.225
(A 33)
(56)
Gr. IIIb
A 40
X X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo CAM I B.246
(A 40T.L.)
(CAM)
Loner
A 44
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΠOP o I B.202
(A 44)
Gr. IIb
ΠOY (?)
A 53a
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo MAK (?) II B.39
(A 53)
Gr. IIIc
A 53b
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo IΣ II B.36
(A 53 bis)
Gr. IIIc
Ar 194
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo [Γ/Π]AP I B.60
(AR 194)
Gr. IIb
corona M
CAM vedere A 40
Is 1 X
Gr. IIa
Anfora greco italica Ansa completa con bollo XPH[ ] II B.63
Is 2
X Anfora greco italica Ansa completa con bollo [ ]IΣ (?) II B.66
(A 6)
Gr. I
Is 3 X Anfora greco italica tipo V Anfora completa con bollo sull’ansa
III B.1
Loner (?) o V/VI
ANΔPΩ
(= III A.1)
Is 4
X Anfora greco italica tipo VI Collo con orlo, anse e spalla con bollo III B.3
(166510)
Gr. IIc
ACKΛH
(= III A.2)
Is 5 X
Gr. I
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΔI [ ] I B.76
Is 6 X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo
II B.19
Gr. IIc
[ΓAP/ΠAP] corona M
Is 7 vedere IsC 691
Is 9 X
Gr. I
Anfora greco italica Puntale I A.52
Is 39 vedere IsC 640
Is 40 X Anfora greco italica tipo III Frammento di orlo con parte di collo e ansa I B.46
Gr. I (?)
con bollo ΑΡΙΣΤ● KI
(= I A.1)
Is 41 X
Loner
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo CTA [ ] I B.205
IsC 619 X
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo APΣT o APIΣT I B.17
(SR 1641-A) Gr. D (sr 1641)
Gr. I

226 c a p i to l o v i
Nr.
Analisi/ nr.
Inventario
IsC 621
(1507)
IsC 621bis
(1507)
AC AM Classe/Forma/Tipo Descrizione/bollo n.
catalogo
X
Gr. D
IsC 634 X
Fine cluster
IsC 635 X
Gr. D
IsC 636 X
Fine cluster
IsC 637 X
(247297)
(M 263)
Gr. D
IsC 638 X
(SR 1509) Gr. D
IsC 639
(SR 130)
(AR 55)
IsC 640
(247302)
IsC 641
(TR 4)
IsC 642
(247182)
IsC 643
(247200)
(AR 33)
IsC 644
(247201)
(SR 170)
(A 9)
IsC 645
(247292)
IsC 646
(M 249)
(247296)
IsC 647
(M 86)
(AR 101)
IsC 648
(247235)
(SR 1473)
(A 16)
IsC 649
(SR 1508)
IsC 650
(M 158 bis)
IsC 651
(247298)
(SR 58)
(SR 172)
IsC 652
(M 88)
IsC 653
(247185)
(M 207)
IsC 654
(SR 173)
(247170)
X
Gr. D
X
Gr. D
X
Fine cluster
X
Gr. D
X
Gr. D
X
Gr. D
X
Fine cluster
X
Gr. D
X
Gr. D
X
Gr. D
X
Fine cluster
X
Gr. D
X
Gr. D
X
Gr. D
X
Gr. D
X
Gr. D
X
Gr. I
X
Gr. I
X
Gr. I
X
Gr. I
X
(sr 1509)
Gr. I
X
Gr. I (?)
X
(Is 39)
Gr. I
X
Gr. I
X
(A 9)
Gr. I
X
(sr 1473)
Gr. I
X
Gr. IIIb
X
Gr. I
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΞEN TPE I B.159
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΞEN TPE I B.159
Anfora greco italica tipo VI Orlo e parte del collo I A.39
Anfora greco italica tipo III Frammento di ansa e di orlo con bollo I B.15
APICT
(= I A.6)
Anfora greco italica Scarto I A.53
Anfora greco italica tipo IV Orlo, collo e frammento di ansa con bollo
doppio TINΘ
Anfora greco italica Frammento di ansa con attacco alla spalla
con bollo ZΩ
I B.213
(= I A.12)
I B.122
Anfora greco italica Ansa con attacco alla spalla con bollo AP I B.8
Anfora greco italica tipo IV Frammento di orlo con parte di collo e di
ansa con bollo [ ]AΥΚ
I B.64
(= I A.16)
Laterizio Frammento di coppo con bollo ΔΗΜΑΜΑΡ I Teg.6
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΞEN I B.141
Anfora greco italica forse di
tipo III
Anfora greco italica tipo
III o IV
Ansa completa con bollo APIΣTOK I B.34
Spalla con attacco dell’ansa con bollo
doppio ΑΡΙΣΤO
I B.21
(= I A.10)
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo TINΘ I B.219
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo TINΘ I B.207
Anfora greco italica
probabilmente tipo III o IV.
Anfora greco italica
probabilmente di tipo IV.
Frammento di ansa con bollo [ ]ΕΛ I B.90
Ansa intera con bollo EΛ I B.79
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΒΑ[ΡΙ] I B.55
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΞΕΝ ΤΡΕ I B.158
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΓΛAYK I B.61
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo [?TP]ΕΒΙΩ I B.231
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΔΑΜΑ I B.70
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΖΟΙΛ I B.94
estratto

Nr.
Analisi/ nr.
Inventario
IsC 684
(247303)
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 227
AC AM Classe/Forma/Tipo Descrizione/bollo n.
catalogo
X
Gr. D
X
(247303)
Loner
Anfora greco italica (?) Frammento di ansa con bollo Q.ANTrO I B.245
estratto
IsC 685 X
Fine cluster
Anfora greco italica tipo VI Anfora intera priva di bollo I A.40
IsC 686 X
X Anfora greco italica Frammento di spalla con bollo ΠAPH II B.51
(SG 276) Insieme F Gr. IIa
IsC 687 X
X Anfora greco italica tipo IV Ansa con attacco al collo e orlo con bollo II B.18
(SG 279) Insieme F (sg 279,
[Γ/Π]ΑΡ corona M
(= II A.3)
(A 50)
sg 279-A
50)
Gr. IIa
IsC 688 X
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo XAP II B.59
(A 28) Fine cluster
IsC 689 X
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo [AN]TAΛΛ II B.6
(SG 283) Insieme E
IsC 690 X
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ANT II B.2
(A 31)
(V 5)
Insieme F Gr. IIIc (?)
IsC 691 X
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo TPE II B.56
(AG Go 63) Sottogruppo (Is 7)
insieme E Gr. IIIa
IsC 692 X
Insieme E
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΞΕΝΩ[Ν] II B.45
IsC 693 X
X Anfora greco italica tipo VI Orlo, collo e ansa con bollo Tr.LOIsIO II B.73
(239119) Sottogruppo
insieme E
Gr. IV
(= II A.20)
IsC 694 X
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo TPE I B.222
(SR 1808) Gr. D Gr. I
IsC 695 X
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo [TR. LOI]SIO II B.74
(SG 343) Sottogruppo
insieme E
Gr. IV
IsC 696 X
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΧΑΡΙΛΕΩ II B.60
(A 15) Gr. D
IsC 697 X
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΧΑΡΜΕ [Ω + II B.61
Insieme F
kantharos]
IsC 708 X
X Anfora greco italica tipo Frammento di orlo con parte di collo e ansa II B.22
(SGo 28,11) Insieme E Gr. IIa IV/V -V (?)
con bollo ΔI
(= II A.11)
IsC 709 X
X Anfora greco italica tipo V Orlo, collo e ansa con bollo ΣATYPOY II B.52
(SG 265) Insieme E (sg 265)
Gr. IIIa
(o ΣATYP●V ?)
(= II A.13)
IsC 710 X
X Anfora greco italica tipo Orlo, collo e ansa con bollo [ ]YTΩ / ΩTY (?) II B.67
(SG 268) Insieme E (sg 268)
Gr. IIa
III/IV
(= II A.1)
IsC 711 X
Anfora greco italica tipo Frammento di orlo con parte di collo e di II B.24
(A 77) Insieme F
IV/V -V (?)
ansa con bollo [Δ]ΙΟΝΥ
(= II A.12)
IsC 712 X
X Anfora greco italica Ansa completa con bollo ΓΝΑΙ[ ]Υ II B.20
(SG 281) Insieme F (sg 281)
Gr. IIa
IsC 728 X
Anfora greco italica tipo IV Puntale I A.32
Gr. D
o V (?)
IsC 729 X
Anfora greco italica tipo IV Puntale I A.33
Gr. D
o V (?)
IsC 730 X
Anfora greco italica tipo IV Scarto di orlo I A.26
(A 11) Gr. D
o IV/V
IsC 731 X
Anfora greco italica Frammento di spalla I A.45
(A 10) Gr. D
IsC 732 X
Gr. D
Anfora greco italica Frammento di spalla I A.46
IsC 733 X
Anfora greco italica tipo IV Collo con parte di orlo e attacco dell’ansa I A.18
(A 5) Gr. D

228 c a p i to l o v i
Nr.
Analisi/ nr.
Inventario
IsC 734
(A 8)
(AR 11 bis)
AC AM Classe/Forma/Tipo Descrizione/bollo n.
catalogo
X
Gr. D
IsC 735 X
Gr. D
IsC 736 X
(A 4) Gr. D
IsC 737 X
(A 1) Gr. D
IsC 738 X
(A 13) Insieme E
X
Gr. I
X
Gr. I
X
Gr. I
X
(A 13)
Gr. IIb
Anfora greco italica tipo IV Frammento di orlo con parte di collo e ansa
con bollo TINΘ
I B.210
(= I A.13)
Anfora greco italica tipo IV Orlo con parte di collo e di ansa con bollo I B.235
[ ]Σ
(= I A.19)
Anfora greco italica tipo III Frammento di orlo, collo e ansa con bollo I B.54
o III/IV
ΑΡΙΣΤ ● [ ] (?)
(= I A.7)
Anfora greco italica tipo
III o IV
Scarto di orlo I A.9
Anfora greco italica tipo V/
VI - VI
Orlo, collo e attacco delle anse I A.36
estratto
IsC 739 X
Anfora greco italica tipo IV Frammento di orlo I A.21
(13-1) Gr. D
IsC 740 X
Gr. D
Anfora greco italica Frammento di spalla I A.47
IsC 741 X
Gr. D
Anfora greco italica Frammento di collo I A.43
IsC 742 X
Fine cluster
Anfora greco italica Frammento di collo I A.44
IsC 743 X
Gr. D
Anfora greco italica Puntale I A.48
IsC 744 X
Gr. D
Anfora greco italica Puntale I A.49
IsC 745 X
Gr. D
Anfora greco italica Puntale I A.50
IsC 746 X
Gr. D
Anfora greco italica Puntale I A.51
IsC 747 X
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΠΑΡ I B.173
(AR 85) Gr. D Gr. I
IsC 748 X
Anfora greco italica tipo Frammento di orlo, parte del collo e
I B.194
(247227) Gr. D
IV (?)
dell’ansa con bollo ΠΑΡ
(= I A.23)
IsC 749 X
X Anfora greco italica tipo IV Ansa e orlo con bollo ΠAP I B.172
(A 7) Gr. D Gr. I
(= I A.15)
IsC 750 X
Anfora greco italica Scarto di corpo I A.54
(1588) Gr. D
IsC 773 X
Gr. D
Anfora greco italica Frammento di orlo I A.42
IsC 787
(1461)
X Anfora Dressel 1 Frammento di orlo e collo con bollo ANTIO rO I B.244
sg 265 vedere IsC 709
sg 268 vedere IsC 710
sg 279 vedere IsC 687
sg 279 - A 50 vedere IsC 687
sg 281 vedere IsC 712
sg 284
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo XAP II B.58
(SG 284)
(A 27)
Gr. IIIa
sg 292
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ACKΛΗ II B.13
(SG 292)
Gr. IIIc
sr 131
X Anfora greco italica tipo Frammento di orlo, parte del collo e
I B.35
(SR 131)
(247195)
Gr. I (?) III (?)
dell’ansa con bollo ΑΡΙΣΤOK
(= I A.3)
sr 133
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΑΡΙΣΤ● KIP I B.45
(SR 133)
(247198)
Gr. I
sr 191
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo AN[T]AΛΛ I B.3
(SR 191)
Gr. IIIc
sr 1473 vedere IsC 648
sr 1509 vedere IsC 638

Nr.
Analisi/ nr.
Inventario
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 229
AC AM Classe/Forma/Tipo Descrizione/bollo n.
catalogo
sr 1641 vedere IsC 619
sr 1803
X
(SR 1803)
Gr. I
sr 1832
X
(1832)
Gr. I
T. 1038 X
Loner
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ZΩ I B.123
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΞΕΝΤΡΕ I B.157
Anfora greco italica tipo VI Collo con orlo, un’ansa e parte del corpo,
privo di bolli
III A.3
NAPOLI - sCAVI DELLA METrOPOLITANA
Anfora greco italica tipo
IV (?)
Frammento di ansa con bollo TPE 1807
Anfora greco italica tipo IV Bollo Γ/ΠAP corona M 1859/2
estratto
1807 X
Gr. IIa
1859/2 X
Gr. IIa
1859/4 X
Gr. IIa
Anfora greco italica tipo IV Bollo Γ/ΠAP corona M 1859/4
1859/13 X
Gr. IIa
Anfora greco italica tipo IV Bollo Γ/ΠAP corona M 1859/13
1863/1 X
Gr. IIa
Anfora greco italica tipo IV Bollo Γ/ΠAP corona M 1863/1
1863/6 X
Gr. IIa
Anfora greco italica tipo IV Bollo Γ/ΠAP corona M 1863/6
1863/8 X
Gr. IIa
/
AMN 1 X
X Anfora greco italica forse Frammento di parete /
Insieme E (NNA 1)
Gr. IIa
tipo VI
AMN 2 X
X Anfora greco italica tipo V Bollo EYΞENOY API /
Insieme F (NNA 2)
Gr. IIa
AMN 3 X
X Ceramica comune Scarto di parete /
Insieme E (NNA 3)
AMN 4 X
X Anfora greco italica tipo Scarto /
Insieme F (NNA 4)
Gr. IIa
III-IV
AMN 5 X
X Anfora greco italica forse Frammento di parete /
Insieme E (NNA 5)
Gr. IIa
tipo VI
AMN 6 X
X Anfora greco italica tipo VI Frammento di collo /
Insieme E (NNA 6)
Gr. IIa
AMN 7 X
X Anfora greco italica tipo VI Frammento di collo /
Insieme F (NNA 9)
Gr. IIa
o di passaggio
AMN 8 X
Insieme E
Anfora greco italica tipo VI Collo /
AMN 9 X
Insieme E
Anfora greco italica tipo VI Scarto con bollo illeggibile /
NNA 1 vedere AMN 1
NNA 2 vedere AMN 2
NNA 4 vedere AMN 4
NNA 6 vedere AMN 6
NNA 7 X Anfora greco italica tipo VI Frammento di orlo /
Loner o di passaggio
NNA 8 X
Gr. IIa
Anfora greco italica tipo VI Bollo ACKΛHΠI /
NNA 9 Vedere AMN 7

SUMMARY
C. van der Mersch held, with good reason, that the archaeology of the territory had not provided, up until now, many
clear data about the world of Campanian wine between the Fourth and Third centuries B.C. Similarly, J. P. Morel
and A. Tchernia emphasized that certain aspects related to the production of wine in Third century B.C. Campania
are not clear. In particular, the identity of the producers, that of the sellers, and the role played by Rome are not well
understood 1.
The study of the material culture of Ischia and the comparison with that of Naples offers, through the aid of laboratory
analyses, preliminary data on the production and trade of wine in the Gulf of Naples. It also provides data on the initial
phases of Roman economic expansion in the western Mediterranean.
Ancient Greco-Italic amphorae, which are the particular subject of this study, act as important indicators of the economic
and commercial situations from the end of the Fourth to the Third centuries B.C. This was the moment when
Rome turned her attention south, and extended her influence to Neapolis and the Gulf, acting as a stabilizer in the
Tyrrhenian Sea. During this period, Neapolis, taking advantage of her alliance with Rome following the Foedus Aequum
of 326 B.C., saw her foreign trade relations increase notably, a fact evidenced also by coinage and the increase
in activity at the Neapolitan mint 2.
Some results of the study carried out at Ischia are covered in the following pages, in the form of preliminary notes.
They await further development to give them a more exhaustive interpretation, with the hope that the arguments
gleaned from them might be picked up and developed by specialists from different fields. Indeed, questions emerge
from this study that require further development and new investigations that are not limited to data from the study of
material culture.
IX.1 Greco-Italic Amphorae at Ischia and in the Gulf
estratto
There are many areas involved in the production of wine along the Tyrrhenian coast of Italy, and, as one might imagine,
there have been many efforts in recent years to shed light on them. The importance of Campania and of the Gulf
of Naples, in particular, being the point of origin for Greco-Italic amphorae – and of high quality wine above all – which
enjoyed wide circulation, becomes more and more clearly defined already between the end of the Fourth and first half
of the Third centuries B.C. The Gulf of Naples itself represents a unique type of enclave over the centuries, thanks
to its favourable climate, the fertility of its land, its strategic position, and its artisanal tradition, which had remained
strong since the time of its colonization. Pithecusae, in particular, known for its fertility, was at the centre of the most
intense currents of trade, being rightly defined as “the gateway to the rich Tyrrhenian traffic” 3.
Ischia’s eukarpia was noted by ancient sources 4, and the island wielded significant influence in wine production all
the way up to recent times, at least until the 1940s. Amphora production has been attributed to the island since the
most ancient periods; the increase in research on structures related to wine production on the island is bringing new
data to light 5. It is not unreasonable to suppose that amphora production continued at Ischia from the Archaic Period
up until the late Ancient Period, although with some periods of interruption 6. More generally, all types of Greco-Italic
amphorae, from types II to VI 7, were produced in the Gulf of Naples. The production might have even increased starting
in the second half of the Fourth century B.C., owing to the spread of the Aminea vine 8.
At Naples, vines were cultivated on the hills of the city, and the winemaking traditions of the Gulf, probably emerging
from Euboean colonization, as the cult of Dionysus and the onomastics related to wine suggest, remained alive
and present 9. In the Fourth and Third centuries B.C., specialized arboreal cultivation was widespread not only in the
coastal regions of Campania, but also in the area of Benevento and Volturno 10.
The relationship between Ischia and Naples emerged clearly from the study of Ischian pottery, as well as from
sources claiming a connection between the two centres. On-going research will better clarify whether the first phase
of production, related to ancient Greco-Italic types III and IV, identified in the kilns of Santa Restituta, might also
involve Neapolitan workshops, as certain deposits found recently during the excavation of the Metro might seem to
indicate 11. Other elements might emerge from the new studies to further clarify the administrative and economic relations
that existed between Naples and Ischia during the Fourth and Third centuries B.C.

436 s u m m a r y
IX.2. The Artisans’ Quarter of Santa Restituta and Greco-Italic Amphorae
The artisans’ quarter of Santa Restituta at Lacco Ameno, which already existed during the colonial period, was renovated
and expanded, probably in the second half of the Fourth century B.C. This expansion included the creation of
new kilns for the production of pottery, bricks and amphorae 12.
The position of the kilns, in the confines of the protected bay and not far from both the sea and the hills where the
vines were cultivated, nor even distant from the clay fields, fits into a logistical “pattern” of production that has already
been identified, also in the Hellenistic Age, even in other areas, such as some of the islands of Greece 13.
Greco-Italic amphorae are prevalent in the area of Santa Restituta and the fragments that have been analyzed belong
to types II, IV, V and VI 14. However, most of the finds consist of fragmentary stamped handles, often unidentifiable
as precise types; materials from other sites, at which the same stamps are found on amphorae of recognizable
typology, help to identify these finds 15.
The amphorae have stamps in Greek: in some cases they are the same stamps recorded at Neapolis 16 and at other
sites around the Mediterranean (Aleria, Gela and Punic Sicily, as well as North Africa), besides those found on the
wreck known as Filicudi F, discovered in the waters of the Aeolian islands 17.
Research on certain stamps common to the Italic territory – for example, ΛΟΥΚΙΟΥ, ΓΝΑΙ[Ο]Υ, and ΙΒΙΩ – still needs to
be clarified; it must be determined whether they belong to Oscan or even Latin individuals who wrote in Greek. Indeed,
these stamps might indicate the arrival of the Romans in the Greek “system of productions” of the Gulf of Naples.
IX.3. Ischia and/or Naples? The results of laboratory analyses
estratto
The presence of similar amphorae at Ischia and Naples, oftentimes with the same stamps, has opened the way for a
new conclusion, based on archaeological and laboratory findings 18: either the amphorae were produced at both sites,
or they were transported from one, to another. Not much is known about the relationship between the island and
Naples in this period, although this is certainly not the place to reopen the discussion about the Ischia’s belonging to
Naples, which is generally agreed upon, or about the eventual administrative consequences of such a connection.
Chemical and mineralogical analyses, carried out in successive phases since the 90s, have found that the material
composition of the amphorae found at Ischia and Naples are distinguishable from those found in other geographic
areas of Campania (for example, they are not confused with those found in the area of Vesuvius, or that of North-
Central Campania) 19.
Chemical analyses of the amphorae at Ischia reveal the existence of groups and subgroups that indicate production
at multiple workshops. One of these, Group D, can be attributed to Ischia, on the basis of archaeological and laboratory
findings.
The other chemical sets, labelled E and F 20, which could include material from multiple workshops, contain samples
from amphorae found at Naples (discovered during the excavation of the Metro) as well as those found in other parts
of the Mediterranean, mostly from the deposit at Gosetti, and a few samples from Santa Restituta. On the basis of
the chemical data alone, sets E and F are not attributable to a definite location in the Gulf of Naples. However, if the
chemical data are taken in light of the archaeological evidence (the vessels were found in the area of Palazzo Nicola
Amore, which has been identified by the excavators as a production site) 21, along with the results of the mineralogical
analyses, it is possible to conclude with more certainty that groups E – F are products of Neapolis and/or other
sites on the Gulf.
Mineralogical analyses have been fundamental, since they supported the connection between the chemical groups
and their possible sites of origin. They also allowed some amphorae, found at their sites of consumption and disposal,
to be attributed to Campania and the Gulf of Naples.
The mineralogical compositions of the amphorae from chemical groups E and F are comparable to the material of
those from Ischia, although the temper has different sized particles 22.
The mineralogical analysis has led to a subdivision of the amphorae found at Ischia, Naples and other centres, into
four major petrographic groups 23, of which the first is definitely attributable to Ischia. The second and third are similar
in respect to their compositions, although they have different textures. Since the subgroup IIa contains a piece from
a kiln found at Naples, it is possible to hypothesize that it is a group of pottery produced at Neapolis, though with the
reservations already expressed earlier 24. The fourth group has a composition similar to groups II and III, but should
probably be attributed to another area besides either Ischia or Naples. It could be located in the Gulf and may, although
it is not certain, come from Cuma 25.
Most of the samples found on the Aeolian islands have been assigned to groups II and III, and are generally identifiable
as being from the Gulf of Naples, along with a few from the first group (which corresponds to production identified
as Ischian).

s u m m a r y 437
On the basis of the first analyses, therefore, the amphorae that were circulated, more than those from Ischia, where
some stamped vessels, found also in Sicily, dating to the Fourth and Third centuries B.C., might be attributable to
the Gulf of Naples in general and, perhaps, to Naples herself. However, the question of the origin of the clay used to
make them is still open. The geological data tell us that clays, compatible with some of the mineral groups identified
by analyzing the amphorae, have been found at Ischia. The lack of thorough study on these clays, however, impedes,
for now, the drawing of a full picture of the primary materials available on the island, where deposits of clay used in
ancient times might exist, however different from those drawn upon by potters for the production of the amphorae
found in the kilns of Santa Restituta.
On the other hand, the geological situation at Naples does not favour local production of amphorae like those analyzed,
which were made from sedimentary clays 26.
The discovery of fragments of black glazed pottery in the area of Corso Umberto and Vico San Marcellino along with
fragments of late Ancient and high Medieval periods in Piazza Nicola Amore, where fragments of more recent Greco-
Italic pottery were also found, document, however, the activity of workshops, probably active in the area confined by
the fortifications of Neapolis and the sea, which continued for a long time 27.
We do not know, therefore, with what materials the amphorae of Naples were made. The hypothesis that clay was
transported from Ischia to Naples, developed in the past, and documented in more recent times – in the 1500s, for
example 28 – is possible, but cannot be verified in the laboratory 29.
IX.4. Stamps on Greco-Italic Amphorae found at Ischia
estratto
The epigraphic documentation from the amphorae found at Ischia is of much interest, since it tells us about the organization
of production and the economic and social realities on the island in the Hellenistic Age. The understanding
of stamps from this period is much more limited than that of stamps found in Greece, where the phenomenon seems
to change its meaning from centre to centre 30. The studies carried out at numerous sites in Greece of the Hellenistic
Age have provided the first points of reference for the interpretation of stamps in the Gulf of Naples, with hypotheses
that will need to be verified and expanded by future research.
We do not know when the practice of stamping Greco-Italic amphorae might have first begun at Ischia and, more generally,
in Campania 31: in the area of the kilns, stamps have been found on types III, III/VI, and IV, so from the second
half of the Fourth century and in the first decades of the III century B.C. More than three hundred have been found
that bear Greek (some of probable Ionico-Euboean origin) and Oscan names, written in Greek. It seems evident that
the practice of stamping is connected to the wine trade, which was carried out through the sea.
In some cases, the names are progressively truncated, a phenomenon possibly tied to the internal organization of
the production, whose exact significance is still unknown 32.
At times the names in the stamps on the amphorae are the same that accompany the bricks (see chapter IV.7), in
some cases preceded by the abbreviation ΔΗ; it is not clear if it indicates “state” production of pottery and/or bricks
or production on behalf of the state, depending on how the abbreviation is interpreted 33.
Free letters or monograms impressed on the amphorae from Ischia seem, in some cases, to correspond with those
that appear on the coins of Neapolis from the Fourth and Third centuries B.C. If this is not a coincidence of similar
names, as is possible, they might be referring to public figures, perhaps magistrates. If this were so, the phenomenon
might be an indication of an organized system of production and a series of decisions aimed at exercising control
over vessels, territorial production, and even the trade of quality goods, such as wine. Otherwise, it could be the result
of measures carried out to guarantee the quality and/or content of production, as some scholars have proposed 34.
The debate in this field is very animated and, unfortunately, the available data for Ischia and the Gulf are not definite
enough to indicate which of the two hypotheses is closer to the truth.
It is not known why Greco-Italic amphorae were stamped, and it enters into a wider debate on the stamping of amphorae
in general, a process justified by various factors, depending on geographic factors and the period in question
35. Hypothetically, one might imagine that it was a phenomenon caused by circumstances similar to those that
brought about, in a previous period, the stamping of amphorae at Chios in 430 B.C., perhaps because of an Athenian
law on weights and measurements 36.
The situation at Thasos 37 (411/410 B.C.) informs us of the existence of fiscal regulations and legislative documents
aimed at controlling the production and trade of wine on the island. These included:
1) a fiscal program that levied some taxes on the production of wine.
2) the protection of wine producers against the merchants.
3) the maintenance of rigorous control over the coasts and territorial waters.
Other laws, perhaps on fiscal matters, have also been theorized for the Greek island, which might have involved the
involved the production of containers.

438 s u m m a r y
estratto
Because the introduction – or increase – of stamping at Ischia (and at Naples too?) seems to coincide with the signing
of the Foedus between the Romans and Neapolitans in 326 B.C., there could be a link between the two events,
as has been hypothesized for the minting of Neapolitan coins, in the same period 38.
One wonders then – although we are always speaking hypothetically – whether the Foedus between the Romans
and Neapolitans of 326 B.C., which opened up new trade opportunities, might not have included among its effects a
reorganization (for fiscal purposes?), with forms of control and/or guarantee also for containers and/or foodstuffs, as
happened with the coinage.
If this were the case, it would be easier to understand the phenomenon of “chain-reaction” build up in production and
artisanal activity concerning pottery and metals, with the organization (or reorganization) of pottery workshops and
the Neapolitan mint, already following on the treaty of 326 B.C. Elsewhere there is no shortage of examples of this
type in more recent times: the foedus signed in 229 B.C. between Athens and Rome, for example, brought about the
reorganization of mining and coin minting at Athens 39.
As for the stamped amphorae, Grace supposed that the appearance of seals, for example, (which indicate those whom
the author defines as “duoviri” on the stamps of Cnidus) might be connected with the entity of tax collection and the
reorganization of the Roman province of Asia at the end of the Second and the beginning of the First centuries B.C. 40
IX.5. Greco-Italic Amphorae: a trace of the productive system of Ischia and the Gulf of Naples in
the Hellenistic Age
The wine trade, and above all that of the ‘quality’ wines, may be at the root both of great profits and of the need
for rules, controls, and state regulation, sometimes in the form of “protectionism” 41. As the study of Greek wine, for
example that of Thasos, has shown 42, it brought about new fiscal measures: on the island, but also in other centres
that were at once port cities and centres of wine production, from the Fifth century on, there existed a class of vinetenders,
owners or renters, with settlements equipped for wine production, and another class of merchants, possessing
capital, who were dedicated to maritime trade 43.
The most useful data for the reconstruction of a “system of production” come from the study of structures involved
in production and material culture, and from an investigation of stamps; furthermore, these data can also come from
cross examination of epigraphic, archaeological, and archaeometric data.
The situation on Ischia emerges clearly, and that of Naples is currently under study by the responsible Superintendency.
The available data, subject to minor alterations thanks to the results of the investigation of the finds from the
excavations in the Metro, demonstrate the presence of Greco-Italic amphorae at the two sites, with similar characteristics
(types IV, V and VI – these last ones making up a modest percent of those found at Pithecusae and being
decisively predominant at Neapolis, where the remains of kilns have also been documented).
As much as the comparison of the finds from the two sites is only preliminary 44, certain stamps seem to be present
at both Ischia and Naples, a few in higher percentage and with a variety of sources, some more evident in one site
than in the other.
On-going laboratory tests will contribute to shedding light more clearly on the characteristics of the amphorae produced
at Neapolis 45, and might even verify the existence of a “institutional” system of production, analogous and
parallel at the two sites, dependent on customs/common laws, and which referred to the same figures, perhaps
public ones. Such a scenario could be similar to that described throughout some Greek islands in the Hellenistic
Age, for example, Rhodes; the studies of Empereur and Picon showed, thanks to the use of laboratory analysis, that
in multiple sites on the island and on the mainland (the so-called “Perea”), or moreover in the integrated territories
“institutionally” dominated by Rhodes, amphorae were produced according common morphological characteristics
(for example, the amphorae with “champignon” rims or the Dressel 4 type), for the purpose of holding the product at
the centre of the common economic system: Rhodian wine 46.
The example of the “insular economy” of Thasos at the end of the Fifth century B.C., moreover, was chosen by Raviola
to describe the relationship between Neapolis and Pithecusae 47: Thasos was a polis that controlled the commercial
traffic in the narrow space between the island and the mainland, levying taxes on goods and passengers, and, as a
protectionist measure, forbidding the import of foreign wine between Mt. Athos and the cape of Pacheius 48.
Pithecusae, situated on a commercial route that had been busy for centuries, is an example of an “insular economy,”
probably similar to Thasos, based also on trade. In the Hellenistic Age, the island was, as it had been since the second
half of the Fifth century B.C., the “peraia” of Neapolis, which offered it the potential for an economic boom 49; the
organization of production on the island and that of the mainland, which also turned around the axis of wine production,
seem, in the end, to coincide.

s u m m a r y 439
Finally, G. Finkielsztejn’s recent studies of amphorae and their stamps in the Hellenistic Age in Greece offer interesting
points of reflection, which deserve further elaboration in future research 50. The author demonstrated how a relation
might have existed in the Greek mind of the Hellenistic Age between the practice of coinage, that of weights and measures,
and that of the manufacture of amphorae (through their stamps), as expressions of guarantee on the part of the
city administration. The Greeks referred to units of measure (étalons) for sekomata, weights, and, hypothetically, the
same even for amphorae, which were perhaps used by multiple cities that formed a koiné and traded together 51.
The amphorae with triangular or champignon rims, produced in the South-East Aegean between the Fourth and Third
centuries, offer an example for reference 52. The adoption of the same form of amphora in multiple centres of production
in a single region could be a sign recognizing the shared decision of a given “unit” of volume on the part of the
members of the community 53; this agreement was, perhaps, the result of a common policy on commercial relations
in the Mediterranean between the end of the Fourth and the beginning of the Third centuries B.C.
It may not be a coincidence if, even in the Gulf of Naples, the Greco-Italic amphora was adopted at the end of the
Fourth/beginning of the Third century B.C., an amphora which, even with its specific forms, resembles the Greek à lèvre
en “champignon.” The choice of amphora types IV and V by many production centres in the Gulf (as analyses seem to
indicate) could therefore provide – although it must be verified – a sign that similar receptacles were being adopted in
the same area.
IX.6. Production Centres in Campania and in Areas of the Southern Tyrrhenian 54
The investigations carried out at Ischia should be expanded also to other sites in the Gulf, for example the peninsula
of Sorrento, Pompeii and the area of Cuma 55, in order to identify eventual local production centres. Further research
would also be necessary in the area between Southern Lazio and Northern Campania, in the area of Capua and
Piscinola 56 (close to Sessa Aurunca), for example.
The first laboratory analyses carried out on the amphorae from some sites 57 have determined that the mineralogical
compositions of the Greco-Italic amphorae are different from those amphora from Ischia and the Gulf of Naples.
As one might have predicted, there existed other centres of production in Northern Campania and Southern Lazio,
about with little is currently known. These initial data leave the hypothesis open that local production of amphorae can
perhaps be connected to the wine from that area 58.
Much further south, production sites were probably active also in Calabria: the production site at Locri, Centocamere,
is notable 59. C. van der Mersch included Hipponion among the centres of Greco-Italic amphora production. The Greco-
Italic amphora type IV from Hipponion is actually engraved on the coins of the period between 330 and 220 B.C. 60 A
preliminary examination of this vessel 61 concluded that it is actually not a “canon” Greco-Italic amphora type IV; the end
is different from that of amphorae from Campania, for example, and recalls moreover amphorae produced in Greece or
local imitations of the same. The fabric, moreover, is different from that of amphorae produced in the Gulf.
As for the production centres in Sicily, the absence of focused studies prevents us from drawing a definite image of
the system of manufacture of Greco-Italic amphorae there 62. Some were probably located in the South of the island:
one of these was Selinunte, where a quick recognition of the storage 63 sites made it possible to identify, among the
materials from the acropolis, some remains of a Greco-Italic kiln. There are numerous fragments of types IV and
V in small modules, whose light-colored fabric is distinguishable from those from Campania and is apparently very
similar to that of some containers discovered in Baglio del Viaggatore. The fact that Sicilian production has not been
identified with clarity could be caused by a lack of study, but may also derive from the fact that wine production was
“irrelevant” in this period, as Manganaro put it, in relation to imported wine, from Rhodes for example 64.
At Gela, Greco-Italic amphorae from Campania (Gulf of Naples) have been documented, a fact that emerge in this
same study (see chapter VIII).
Some Greco-Italic amphorae from Camarina (fig. VIII.9a) have a different fabric from those from Campania, as was
confirmed in the initial mineralogical analyses that were carried out 65. Also at Camarina, however, amphorae and
stamps have been documented that were imported from Campania (fig. VIII.9e-h).
Some areas of Southern Etruria, in which there have been found Greco-Italic amphorae - for example the area of
Pyrgi/Caere, and, maybe, also the area of Tarquinia - deserve concentrated investigations 66.
IX.7. Amphorae, Stamps and Games
estratto
There are few stamps with images on the Greco-Italic amphorae found at Ischia. The first stamp found showed a
symbol (a stylized wreath; it is not clear whether it is olive or grain), placed between a truncated monogrammed
named (ΓΑΡ/ΠΑΡ) and the letter Μ 67; the other stamp, ΧΑΡΜΕΩ, is followed by a depiction of a small kantharos 68
(fig. chapter IV.2).

440 s u m m a r y
The Filicudi F wreck included a large quantity of type IV amphorae, stamped with a crown (in some cases, it seemed
evident that the stamps read “ΓΑΡ”) 69. Amphorae with similar stamps were found at Naples, during the Metro excavations
in a context dated to between the end of the Fourth and beginning of the Third centuries B.C. 70
Finally, an apparently very similar stamp appears, although sporadically, in some sites in Sicily, including Selinunte 71
and Monte Sant’Angelo (Licata) 72; the shapes are, however, sometimes different 73, in some cases because of purposeful
production, and in others because of sloppy work.
The mineralogical analyses carried out on the amphorae from Ischia, Naples, and the finds from the Filicudi F wreck
with the wreath stamp reveal the use of similar raw materials and, consequently, a common origin or one limited to
the same geological area. This revelation, however, leaves open the possibility that the same type of amphora, with
a similar stamp, might be manufactured in multiple centres of the same area 74.
The wreath stamp itself has also opened an interesting course of research, one that should be developed in the future,
related to the eventual connection between the amphorae and the Neapolitan games 75. The amphorae marked
with this stamp, found at Naples, come, in fact, from the recent excavations at Piazza Nicola Amore, where a temple
and a large portico 76 were also found. The site was used, during the Augustan and Imperial periods, for the quinquennial
isolympic games, the Sebastà, founded in 2 B.C. in honour of the emperor Augustus 77.
It has been hypothesized that the area used as the “games quarter” played a similar role in the preceding period,
and coincided with the area where the games in honour of the siren Parthenope were held 78. The Sebastà, in fact,
were probably held as a substitution of the ancient festivals, during which the lampadedromia was performed, a race
with votive torches in honour of Parthenope 79. According to G. Pugliese Carratelli, the Neapolitans preserved the
lampadophoriae over the years 80. The competition was perhaps related to those races held in Greece, at Athens, for
example, and which held religious and public significance, tied to fire and seasonal harvests 81. The votive torch was
carried in the races that took place during these festivals 82; the competition was won not by the fastest athlete but by
the one who was able to carry the flame to its destination 83: the significance was, therefore, that of the transport of
the flame, of the renewal of the fire itself, rather than of an exercise of speed 84.
The official awarding of wreaths to the victors of the matches (in the case of the Sebastà, it was a wreath of grain) 85
took place during the main festivities, on the occasion of the games 86.
Figures, running with torches in their hands, are depicted on Neapolitan didramma 87 (fig. IV.7g) and refer directly
to the games 88. Nike, crowning the androcephalous bull (which symbolizes Acheloos), appears on one side of didramma
from the end of the Fourth century and in the first 20 years of the Third century B.C.; the other side shows
the siren Parthenope, who represents the city 89. One wonders therefore if there might be a connection between the
Greco-Italic amphorae marked with the crown stamp 90, datable to the same period, and the city cults or the context
of these finds in the recent excavations at Naples.
The pattern in these data should be studied in detail, since it may allow for the reconstruction of a system of “references”
tied to the social and religious life of the city. Some inscriptions provide indirect reports about the games at
Naples; a stone found in the city, now lost but dated to the Hellenistic Age, reported the name of a victor in the Pythian
Games, Ζωίλος 91, who, perhaps entirely by chance, has the same name that appears on many stamps from Greco-
Italic amphorae from Santa Restituta, Naples and the Filicudi F wreck 92.
On-going research by the Soprintendenza dei Beni Archeologici could determine whether it is correct to conjecture that
amphora production was connected with the sanctuary and the local games 93, as has already been documented in
other areas, even in different periods 94, or if the amphorae with the wreath stamp were intended to mark a special event.
An example of such a situation comes from a limited series of stamped amphorae produced at Samos, whose manufacture
Grace has already connected to festivals celebrated on the island in 322 B.C. for the return of the Samians 95.
One might also think – although we are still in the realm of hypothesis, all of which must be verified – that the amphorae
might have been given as a prize, in keeping with the stylized wreath 96. We know that there were 140 Panathenaic
amphorae full of oil reserved for the victors in the four-horse chariot race 97, a rather substantial prize that might
have led either the victor or the producer to put them up for sale and export them to other places 98.
At Athens, it was the city itself that ordered the amphorae from the workshops and charged the archons with their production;
if the situation in the Gulf of Naples was the same, the markings on the amphorae could preserve the memory
of these activities and the individuals – magistrates and/or manufacturers – who were themselves involved.
IX.8. Figures, Greco-Italic Amphorae, and Wine in the Gulf of Naples
estratto
What role did the Neapolitan elites and the influential Roman families play in the wine trade? C. van der Mersch
already wondered “faut il considérer EYΞENOΣ, Γ. ’Aρίστων, Tr. Loisio et autres Στάιος Τράγων comme de producteurs/négociants
campaniens ? C’est possible ma pas entièrement sur.” 99

estratto
s u m m a r y 441
Following this question, which involves both products and producers from various periods – the amphorae marked
with EYΞENOΣ (type V) and those from Tr. Loisio (types V/VI and VI) do not have the same date – comes van der
Mersch’s answer, which considers the aristocracy of Campania as being implicated in the production of wine 100. The
growing importance of Campania in the years preceding the Punic Wars has already been emphasized “dont la richesse
agricole s’affirmait, dont les vins s’exportaient de plus en plus.” 101
The influence and economic success that the elites of Campania had already achieved in the Third century B.C. must
have been high if the Punic Wars are seen as connected to the defense of the interests and expansionist pretexts of
the upper classes in Campania: Lancel remarks in regard to this idea that the Atilii of Campania held the consulship
seven times between 267 and 245 B.C. 102
The placement of the some of the finds of Greco-Italic amphorae from the Third century in the Gulf of Naples, which
has been confirmed by mineralogical analyses, is significant, like the Tour Fondue and the Bon Capò 103, maybe even
the Meloria A, in the evidence for the distribution of wine from Campania, probably from Naples, in the Northwest part
of the Mediterranean and along the routes that led to France and the Iberian Peninsula. To this can be added much
more evidence that has only been partially verified in the laboratory 104.
It is useful to reconsider and connect the available typological, epigraphic an archaeometric data, in order to try to
flush out at least some of figures involved in the “enterprising economic class of Naples,” about which E. Lepore has
written on multiple occasions 105.
The names of these figures, listed below (either whole or abbreviated), appeared on amphorae of types IV and V,
whose compositions are compatible with the clays of Ischia and, more generally, the Gulf of Naples 106. They are
mostly made up of Greeks, perhaps members of the founding elites of Neapolis, and also of Oscans 107; these figures
might have held public offices (magistrates?) and been both involved in the production and trade of a wide range of
wine and, in some cases, also commissions connected to the games.
Thanks to the combination of textual evidence and historical data, the list has grown in respect to past years 108, when
few figures emerged from the study of Greco-Italic vases (Trebio Loisio, in particular, with stamps in the Latin alphabet,
pressed onto more recent Greco-Italic vases).
ΑΝΔΡΩΝ: the name, which is probably referred to by some abbreviations, appears on amphorae of type IV and V from Ischia and
at Naples (where it appears on a brace perhaps meant for manufacture) 109 , and at Aleria and Mellita (Sabratha). The examples
found at Ischia and Selinunte, having been subjected to analysis, are attributed to the Gulf of Naples 110 .
ΑΝΔΡΩΝOΣ: this figure, whose name is given in the genitive, is quite probably connected to the former, from whom he has been
separated on account of the different type of amphorae. The name is found on Greco-Italic amphorae of type VI, which seem to
have been circulated in different parts of the western Mediterranean, perhaps already in the first half of the Third century B.C. 111
The vessel on which the stamp from Selinunte was impressed (it is probably one of the more recent Greco-Italic amphorae) 112
may have originated in the Gulf of Naples.
ACKΛH, if it refers to a person, is perhaps an abbreviation of the name Άσκληπιάδης. At Naples, in the digs on the Metro, many
of the Greco-Italic amphorae are marked with the stamps ACKΛ, ACKΛHΠI, ACKΛHΠIA 113 , which are progressively truncated;
their presence, united in the fact that the name Άσκληπιάδης is fairly common and well documented in Campania, could indicate
a local or regional production, as the mineralogical analyses seem to confirm. The stamps in question are affixed to Greco-Italic
vases of type VI; in the case of the example found in the Necropolis of San Montano, the amphorae was whole, in a context containing
coins, dated to the end of the Third/beginning of the Second centuries B.C. 114 The amphorae with these stamps seem to
have been circulated fairly widely, and arrived at various regions of the western Mediterranean.
EYΞENOΣ, a fairly widespread name, has been documented on some amphorae from Ischia 115 and Naples, as well as from the
Secca di Capistello wreck, in the Aeolian islands (Type V). Other reported finds in Sicily have been found at Gela, in contexts
that predate the destruction of 282 B.C. 116 (contexts in which other stamps, that also appear at Ischia, have been found); these
stamps are also found at Selinunte, Licata and Heraclea Minoa. The stamps appear on types IV, or IV/V, and/or IV/V. 117 All of the
amphorae with this stamp that have been analyzed fall into mineralogical groups from the Gulf of Naples. 118
The mark EYΞ also appears on silver didrachmae from Naples from between 317 and 310 – 300 B.C., as well as 300 – 280 B.C.
In light of this fact, we can conjecture, albeit cautiously, that the amphorae and the coins are referencing the same figure.
ZOIΛOΣ is one of the names mostly attributed to the amphorae found at Pithecusae; the stamps appear mostly in truncated form
(ΖΩ), which has been documented also at Naples, on a find from the Filicudi F wreck (the only intact type IV amphora) 119 . This
stamp is present in Sicily at, among other places, Monte Sant’Angelo (Licata), Poggio Marcato di Agnone and at Gela, destroyed
in 282 B.C. 120 If these are all the same stamp, the destruction of the city points to a terminus for both the stamp and the amphorae
of type IV; the analyses have confirmed that in almost all cases, these amphorae come from the Gulf of Naples.
The name seems to be spread around the area of Naples: an inscription from the late Hellenistic Age, found in the city, mentions
a Ζωίλος Ζωίλου 121 , who had recovered the position of φρήταρχος, that is the head of a phratry 122 . Another stone from Naples,
also datable to the Hellenistic Age, names a Ζωίλος as a winner of the Pythian games 123 . The name Ζωíλος Ζωíλου κυμαιος
appears on a tomb inscription from Athens, dated to the Fourth century B.C. 124

442 s u m m a r y
ΧΑΡ, appearing on amphorae (in some cases of type IV) probably produced in the Gulf of Naples, is found on numerous samples
from Naples and elsewhere. It is not certain if it may be connected to the stamps ΧΑΡΙ, ΧΑΡΙΛΑ, ΧΑΡΙΛΕΩ 125 , which are also
documented at both Ischia and Naples, and perhaps is connected to Charilaos, recorded in original sources at one of the principes
civitatis, who handed Neapolis over to the Romans in 326 B.C. The abbreviation ΧΑΡΙ returned to Neapolitan coins in series 71,
dated to the period between 300 and 280 B.C.
XAPMΗΣ, XAPMEΩ, XAPME: it is not certain if these names refer to the same person, given once in the nominative, and again in
the genitive 126 . The stamp has been found in the form “XAPMEΩ” multiple times at Naples (in respect to the few stamps found at
Ischia), where it is also recorded in the inscription Χάρμη Φιλίου 127 and, at least once, on a stamp found at Carthage.
The initials XAP (in monogram)/ME are present on Neapolitan silver coins in the 93 (as well as 94?) series, dated to 300/280 B.C.
The stamps XAPMH, XAPMHΣ are also found on amphorae found in Sicily; two examples from Gela (with the stamp, XAPMHΣ on
a Greco-Italic amphora type IV), are attributable to Ischia/Gulf of Naples, based on the mineralogical analyses 128 .
MEΓ, which appears on amphorae of type IV from the Filicudi F wreck (attributed to the Gulf of Naples) and perhaps at Erice
(Eryx), is not currently interpretable. It could be, although it must still be proven, an abbreviation of the name MEΓAKΛΗΣ. Greco-
Italic amphorae of type V with stamps interpreted, although hypothetically, as MEΓAKΛΗΣ have been found at Lipari and at Tell
Sukas in Syria 129 .
The name is fairly rare, and appears also in the dedicatory inscription on a votive offering found in the artisan quarter of Santa
Restituta 130 , besides on inscriptions from Capri.
MAIΩ, an Oscan name that appears at Ischia on two fragmented handles, is also, perhaps totally by coincidence, the name of one
of the two archons who raised a fortified wall in the area of Monte Vico 131 . The Greek inscription from Lacco, now lost, reported
by Cassola to date to the Third century 132 , named a Μάιος Πάκυλλου 133 .
NYΨI, connected with the name Νύμψιος, which derives from the Oscan Niumsis/ Νυμψις, has been documented at Ischia on
an inscription said to be from Lacco, today lost. The name is often seen also at Naples 134 and perhaps could be connected to the
Nymphius princeps civitatis 135 , who, with Charilaos, supported the entry of the Romans into Naples 136 .
ΤΡΕ has been documented at Ischia, Naples and in numerous sites in Sicily, although it impossible to know if the they refer to the
same person (and it is important to remember that it is an abbreviation, not a whole name). Nevertheless, mineralogical analyses
allow us to tie most of such stamps (even many of those found in Sicily) to the Gulf of Naples.
ΤΡΕΒΙΟΣ has been found in the form ΤΡΕΒΙΩ on stamps from Greco-Italic amphorae of type IV from Naples (in contexts dated
from the end of the Fourth century to the beginning of the Third century B.C.) 137 and, in fewer numbers, from Ischia. Τρεβιος, son
of Zωίλος (one of the most common names on the stamps from Pithecusae), has been documented at Naples in the hypogeum
of the Cristallini belonging to the gens Trebia 138 .
Among the names of those who placed a dedication on the sanctuary at Delos around the middle of the Third century B.C., there
is a Trebius, a wood seller 139 , a fact that sheds light on the nature of the goods carried by Italic mercatores towards the East.
Some stamps are in Latin 140 ; recent investigations on the Greco-Italic vases bearing these stamps are still on going.
TREBIO LOISIO is undoubtedly the figure connected to the Greco-Italic amphorae that garnered the most attention for the wide
range of their distribution 141 . His name, written in Latin, is tied to amphorae of type VI that circulated wide and far, not just in the
western Mediterranean.
There is much discussion about the origin of the amphorae stamped with the name Trebio Loisio, and the question is not completely
resolved; however, thanks to archaeometric analyses carried out for this study, it seems that their place of origin is the
same and should be located in Campania, perhaps near the Gulf of Naples (probably not at Ischia, nor at Naples).
IX.9. Greco-Italic Amphorae and Black Glaze Pottery
estratto
The studies that have been carried out confirm that there are multiple points of contact between the production of
Greco-Italic amphorae and that of black glaze pottery from Campania 143. At Ischia, both classes of pottery may have
been produced 144.
The remains of black glaze pottery workshops have been found at Naples (Corso Umberto and Vico San Marcellino)
145; fragments of Greco-Italic amphorae discovered recently by archaeologists from the Soprintendenza come
from the area of Piazza Nicola Amore, which is located near Corso Umberto 146.
The bulk of the most ancient finds indicate how the two classes might have often circulated together, coming from the
same areas/centres of production 147. The export that begins at the Gulf of Naples, therefore, combines agricultural
and artisanal products, in a “duo” that will become “exemplary” 148 in the following period, when the type VI amphora
would circulate along with Campanian type A pottery.
However, the Greco-Italic amphora type IV already circulated before – an example is given in a find from the Filicudi F
wreck – with forms of black glaze pottery such as the skyphos or the kylix, forms dated between the end of the Fourth
and the beginning of the Third centuries B.C. and produced in different centres around Campania and Magna Grecia
(Capua, Sorrento, Paestum, just to give a few examples) but also in Sicily.

estratto
s u m m a r y 443
Amphora type V – such as the one found on the wreck at Capistello – is associated with forms of archaic black glaze
pottery (cup, fishplate, lamp with a high foot) 149 found also in the kilns at Santa Restituta.
Finally, Greco-Italic amphorae, like the black glaze pottery of the Gulf of Naples, seem to have been produced mostly
for sea-trade 150. Some new points of connection between the two classes emerge, although it is still to be verified,
from the analyses of certain stamps. Many Greco-Italic amphorae from Ischia (type IV) bear the stamp ΠΑΡ 151; black
glazed ceramic cups of Lamboglia types 26 and 27, dated to the Third century B.C., found at Pech Maho and at Ensérune,
have the same stamp, although the letters are different and located between the rays of a star, impressed on
the centre of the base of the cup, alternating around the points 152 (fig. IX.1).
It is possible that these are coincidences – also because we do not know with certainty if the pottery originates in
Campania or rather from local copies – but faint traces of markings (common ones?) and a recurring symbolism on
coins and stamps show through, whose meaning, which still must be investigated, could hold particular (public or
religious?) significance.
IX.10. The Circulation of Ancient Greco-Italic Amphorae from the Gulf of Naples and an On-Going
Project
What can be inferred from the available archaeological and archaeometric data concerning the circulation of ancient
Greco-Italic amphorae from the Gulf of Naples?
1) Wine from the Gulf of Naples 153 (and the amphorae in which it was transported) – studies carried out have managed
to isolate it from other areas in Campania – was produced and circulated at the beginning of the Third century
B.C. (and also at the end of the Fourth) 154. It was evidently a high quality wine, intended for mostly maritime
trade and was transported in containers regulated through their stamps. The finds from two shipwrecks, found in
the waters of the Aeolian islands, the Filicudi F and the Secca di Capistello 155, serve as an example of the wide
range of distribution. It could be a coincidence, but the few groups found that pertain to the period between the end
of the Fourth century and the first half of the Third, made up of Greco-Italic amphorae (types IV and V), originate
in the Gulf of Naples 156. The distribution of products from Campania intensified, as noted, in the following period,
perhaps also following the multiplication of pottery production sites 157.
2) The transport of agricultural goods, in this phase, went along with the that of artisanal ceramic products, as the
body of finds from the Aeolian digs show 158.
3) The archaeological and archaeometric investigation conducted on the find from the Filicudi F wreck and that of the
Secca di Capistello (end of the Fourth – beginning of the Third centuries B.C.) leads one to think that amphorae,
those probably manufactured at various sites in the Gulf of Naples, travelled together, departing or transferring at
Naples, which was a possible sites of (re)distribution for products in that area. The circulation took place mainly in
the coastal areas, but, in some cases, it took place also at inland sites (in Sicily, for example), as the study of the
stamps showed.
4) The majority of the amphorae of type IV 159 that were circulated seems to be mostly attributable to the Gulf of
Naples, and stamped in Greek 160.
The amphorae of type V may rather reflect a more articulated production system that involved different areas
(the Gulf of Naples, Northern Campania, Southern Lazio, Southern Etruria - ? -, and Sicily). The stamps are in
Greek 161, and a few in Latin 162, the latter being mostly found on type V/VI.
Some Greco-Italic amphorae of type VI 163, for example those stamped with ACKΛH or TR. LOISIO, with various
origins (mineralogical group IV), can be attributed to the Gulf of Naples, although probably not to Ischia 164.
5) Attributing Greco-Italic amphorae, as well as some stamps, to the Gulf of Naples, a fact made possible by laboratory
analysis, makes it easier to reconstruct the pattern of distribution for “Neapolitan” wine in the Southern Tyrrhenian,
Sicily, and even North Africa, a century before the exporting “boom” of products from Campania, which
is usually placed after the Second Punic War 165. It is an under-studied phenomenon that often goes hand in hand
with the circulation of black glazed pottery, which Morel, in his first works defined as the “archaic” and/or “primitive”
pottery of Campania 166, which was documented, for example, in the Punic sites of Western Sicily, but also in
the North-West Mediterranean, at Ensérune in Southern France, at Aleria in Corsica, and in North Africa 167. At the
current stage of research, it is not possible to determine the exact areas of origin of these types of pottery, except
in certain cases. The distribution of Calean black figure ware in the Third century B.C., or example (“Byrsa class

444 s u m m a r y
166,” attributed to an atelier from Cales, or perhaps more precisely, workshop from Southern Campania, based on
research by M. Picon) 168, documented at Carthage and Lilybaeum at the beginning of the Third century B.C. 169,
begins to emerge more clearly.
There are a few Sicilian sites, such as Gela, Selinunte, Camarina, or Liparis that preserve documentation of this
early ceramics trade – of amphorae and black glazed ware – that have pronounced similarities, whose origins
are already determined, thanks in part to laboratory analyses. At Gela, for instance, the majority of Greco-Italic
vases, stamped in Greek, that were subjected to laboratory tests during the course of this study were found to
have originated in either Ischia or the Gulf of Naples 170.
Other contexts, such as the oppida of Pech Maho, or Ensérune in Southern France, or even Aleria in Corsica offer
further data on the circulation of production from Campania in the Third century 171.
Other recent studies have revealed the existence of black glazed pottery that has been called, perhaps incorrectly,
“Campanian type A from the Third Century,” in numerous sites on the Iberian peninsula, probably dating from 250
B.C. on, and have raised a debate (still open today) on the dating of this class of pottery and interpretation of its
presence 172. The study of some (carefully selected) Mediterranean contexts, should allow for the collection of
other data in support of the first evidence, and determine the actual amount of these early finds.
Moreover, by intensifying research on areas of production, it will be possible to one day to identify the centres of
export for various phases of production and highlight the preferential relationships between areas of production
and areas of consumption 173.
6) In the most ancient phase of distribution of vessels from the Gulf of Naples, it seems that the route that led to
Sicily, and perhaps also North Africa, went through Capo Lilibeo. And it was Sicily that, as they say, return many
important data, which should be taken in relation with locally-produced amphorae (about which little is known) or
with those imported from other areas (such as the “Corinthian” B and Punic amphorae) 174.
Punic centres, or those under Punic influence, (Eryx, Lilybaeum, Selinunte) and some in the interior (Caltabellotta,
Monte Adranone 175, or Monte Iato) were points of arrival and sorting of wine and other products packed into amphorae
from the Gulf between the end of the Fourth and the Third centuries B.C.; that is, these activities coincide
with the period immediately following the third treaty between Rome and Carthage (306 B.C.).
In some sites (for example, at Monte Adranone) Campanian and Osco-Campanian coins 176 have been found,
which have been connected by Breglia to mercenaries from Campania on the island, who were there as part of the
build up to the First Punic War and the advance of Pyrrhus (278), in which the army moved out of Campania 177.
In light of data from material culture, perhaps, the third Romano-Carthaginian treaty can be better understood 178:
the Sicilian markets were closed to Rome, and there was a desire to limit the distribution of products – perhaps
even those from the workshops in the Gulf of Naples and in Campania in general – of businessmen who were
pushing for an invasion of the markets controlled by Carthage. And as F. Sartori wrote, “it is not purely coincidence
that Neapolitan businessmen, working in multiple, diverse markets, were considered by their trade “partners” as,
above all, Romans” 179.
The clues that come from the amphorae and the black glazed pottery seem to document that the early commercial
entrance by products from the Gulf of Naples may have already begun in North Africa, in Tunisia and Libya
(perhaps at Mellita and Sabratha, for example) 180.
7) The distribution of products from Campania in the following period, from about the middle of the Third century
B.C., is better understood, such as in the example of Sicily, when, following the capture of Agrigento (262) and
that of Lilybaeum (241), Roman traffic in the direction of the South Mediterranean increased 181.
New archaeometric investigations have allowed us to attribute even Greco-Italic amphorae, sometimes stamped
in Greek, to the Gulf of Naples; these are part of the bodies of finds whose chronology can be traced to the middle
of the Third century B.C. and perhaps even later: the Tour Fondue in Southern France, Bon Capò and, probably,
also the finds from Meloria 182.
IX.11. Ischia, Neapolis and Rome
estratto
The study of Greco-Italic amphorae from Ischia and Naples, particularly the oldest of these, contributes to our understanding
of the relationships that were being created between Rome, Neapolis, and the Gulf at the end of the Fourth
century, and throughout the Third.
As Lepore already hypothesized, the exploit and organization of the Pithecusan artisanship presupposed “economic
capacities that were larger than local ones, through investment capital and the possibility for transport and distribution

estratto
s u m m a r y 445
of the traded product. Only a merchant and trader class such as that of Neapolis, with her shipyards, her ships, and
her organization, could have explained this phenomenon” 183.
The Foedus Aequum between Naples and Rome in 326 B.C. made Naples, as a city, foederata 184; the territory was
independent and could mint coins, although the city had to make her navy available in case of need, a clause fulfilled
during the First Punic War, when Neapolis provided naval contingents 185.
Rome, for her part, in her southward expansion, beginning in 340 B.C. became a participant in commercial ventures
and interests in Campania and Magna Graecia 186; essentially, Rome’s intention to place at least a part of the Greek
world “under protection” emerges already in the treaty with Taranto (ca. 303) 187.
As Cassola clarified, what mattered to the Romans was not so much the subjugation of Naples and Capua - for example
- but rather to guarantee collaboration with a world rich in industrial activity and open to the sea 188. The economic
end of this agreement resulted from the monetary system, which was modeled on that of Naples, and which must
have helped to penetrate the areas controlled by Neapolis 189.
During her advance, Rome entered into contact with some important areas for wine production on the Tyrrhenian 190.
Various authors hold that, between the Fourth and the Third centuries, in the area that lies between Capua and the
Gulf of Naples, forms of agricultural exploitation began that led to a “structured” system of wine production 191, and
that the food products being exported were those from the newly controlled areas, among with are also some sites
from the Gulf of Naples and Campania 192.
Some open questions concern the economy and production of wine: should the distribution of products from the Gulf
of Naples be interpreted in terms of the arrival of the Romans in Campania or should it be attributed to the activities
of Neapolis 193?
According to Morel “c’est Rome, et non pas Naples (non plus qu’aucune autre cité de la Grand Grèce) qui parmi les
villes d’Italie manifeste le plus d’initiative et rencontre le plus de succès dans l’exportation de céramiques vers le
pays de la Méditerranée occidentale” 194. For C. van der Mersch, the beginning of the production of “Roman” wine in
Campania should be dated to between the period of creation of the ager falernus and the First Punic War 195. Such a
production would have been desired and controlled by the influential Roman elites who were already present in the
period of the foedus, and whose interests coincided with those of the powerful Campanian families 196.
Based on the first data available to us, which are however relative to the study of material culture, while Rome carried
her path of conquest southward and beyond (the construction of the Via Appia, for military purposes but also for the
purposes of improving relations between Rome and Capua, took place in 312-310 B.C.), the products of the Gulf of
Naples and pottery from Campania made their way into the Southern Tyrrhenian markets, and in some cases further
north, such as Aleria, in Corsica 197.
Wine production and the artisanal tradition of pottery manufacture were part of the realities of Ischia and Naples,
even before the arrival of the Romans 198, when both sectors were reorganized and expanded.
E. Lepore, produced fundamental writing during the 1950s on the history of Naples in the Hellenistic Age. Despite the
fact archaeological data available to him were sparse, his writings reveal acute intuitions, confirmed by study of the
finds from Ischia and also by recent findings at Naples 199.
The scholar underscored the “very relevant industrial activity at Pithecusae, as at Neapolis” being tied to “fairly large
local economic capacities,” to the activities of the mint and to the high level of development - which he defined as
“industrial” - of artisan ceramics. These determined “relationships equal to other centres and markets in the Hellenistic
world, while they further illuminate the technical and cultural influence that the ‘city’ managed to hold over
even Rome” 200. Naples preserved her institutions and use of the Greek language for a long time after 326 B.C., but
also after she obtained citizenship, such that some historians have held that there was never a true “Romanization”
there 201.
Following the pact of alliance with Rome that united influential Roman families with the leaders of Naples - that is, the
Greek merchant class - the Gulf of Naples, found itself in a privileged position of economic development and growth
in the trade and artisan sectors, thanks to the loyalty the Neapolitans demonstrated to the Romans 202. The port of
Naples was one of the important harbour installations of the Fourth century and the first half of the Third century
B.C. 203 The effort to dredge the harbour floor, brought to light by recent research on the part of the Soprintendenza
Archeologica di Napoli, testifies to the intense use of the harbour basin in the years following Naples’ entrance into
the Roman sphere of influence 204.
Beginning in the Fourth century, and for over a hundred years, “Naples was, in full luxuriance and without rivalry or
limitations, a centre of economic gravity for Campania and also the Western Mediterranean… The moneyed classes
found themselves at full liberty for economic initiatives, which transformed into merchant activities. The Hellenistic
city revolved around the port and her commercial activities were not only import and transport, but also the export of,
for example, pottery produced thanks to the clay from Pithecusae” 205.
In reality, we now know that the trade activities revolved around not only fine ceramics, but also, very probably,
amphorae and their contents, wine, which was certainly of high quality and was produced for wide circulation 206.

446 s u m m a r y
estratto
There are many figures, whose names, both Greek and Oscan, appear on amphorae from Ischia and Naples. These
figures, who were involved in the production and distribution of “Neapolitan” and Gulf wine, helped shed light on the
social and economic reality of an area that is still not well understood.
While Rome strengthened her position, once more relying heavily on a partner of broad commercial capacities – as
she had already done in the North with Caere – Naples, thanks to her new alliance and the contributions of Ischia,
acquired a higher standard of living and expanded.
Ultimately, therefore, the production and circulation of wine from the Gulf of Naples, in the period following Rome’s
entrance onto the scene, could be read as an outcome of the situation and the result of a prevailing synergy also in
the economic environment 207.
Neapolis received compensation for her eximia fides, profiting from the roads that had been opened for the Roman
armies through her merchants and navy. Roma deftly took advantage of the economic and manufacturing potentials
in the area of Neapolis, and inserted herself into distribution and trades routes that were already established by
Naples. She made them her own, “structured” them and organized them (starting with the mint and coinage), thus
complying with the demands of the negotiatores, who were perhaps already strong enough to shift Roman policy at
the end of the Fourth and in the first half of the Third century B.C. 208
Following the Foedus, maritime trade became the de facto realm of Greeks from Neapolis 209, who made up the
merchant class, whereby “friendship with the Romans meant peaceful relations with friendly poleis in the Tyrrhenian
basin, and the return of traffic, perhaps even industrial production, in a position of privilege and respect towards other
Italic and Greek competitors, for example the Tarentini, without the need share any advantage with them” 210.
What is certain is that in the last two decades of the Fourth century B.C. and in the first part of the Third, a series of
clues – the renovations in the artisan quarter of Lacco Ameno, the production of new amphorae, the “Greco-Italics,”
the introduction or expansion of a system of “stamping,” and a new series of coins – speak of a transformed economic
and social reality that goes hand in hand with the entrance of the Romans onto the scene. This should not be taken to
mean that the fact that the Romans were entering an already existing network of economic and commercial relations,
which was created by the Neapolitans themselves, is irrelevant. And it is that very commerce of Neapolis, over the
course of centuries, that deserves to be investigated further.
In the following phase, around the middle of the Third century B.C. and in the second half of the century, amphorae
from the Gulf of Naples, types V and V/VI, stamped in Greek, are retraceable even to the finds recovered along the
routes that led to the North-West Mediterranean, along the French and Iberian coasts (in the case of the finds at Tour
Fondue, Bon Capò, and perhaps even Meloria) 211; the circle of activity was appreciably enlarged.
After the Punic Wars, the situation changed: vineyards extended to various areas of Campania and along the Tyrrhenian
coast, a phenomenon that explains the activities of new workshops that sprung up around the wine-growing
areas. The phenomenon of the dispersion of artisan activity can be seen also in other forms of artisanship, for example
in the fabrication of metals.
At Naples, the new coinage ceased 212, and, along the Tyrrhenian coast, the activities of new centres of production of
amphorae, which grew alongside, and in some cases supplanted those of the Gulf, intensified.
Wine and amphorae, the Greco-Italic type VI, still produced at Neapolis 213, now arrived also from other workshops,
distributed over a wider area of the Tyrrhenian strip. For this reason, distinguishing between the works of different
centres, even in the laboratory, is even more complex.

NOTES
1 See van der Mersch 2001, p. 189, with bibliography (note
327); see also the papers of J-P. Morel and A. Tchernia (e.g.
Morel 1986, with bibliography) and the contributions of Lepore,
Johannowski, Cassola and, more recently, of Zevi, Mele
and De Caro to the debate on the economic/commercial situation
in the Gulf of Naples during the Hellenistic Age.
2 For the social and economic history of Neapolis, see Lepore
1952; Id. in Storia di Napoli I. For the coinage of Neapolis,
see Cantilena et al. 1986.
3 Raviola 1995, p. 122.
4 Strabo V, IV.9; Mele 1986 and 2000.
5 See chapter II.
6 Graeco-Italic amphorae type II have not yet been found,
neither is it clear if type VI was produced or not.
7 For the production of MGS II amphorae in Naples see Febbraro,
Giampaola, Atlante forthcoming; Tagliamonte 2010
(the latter is a MGS II amphora, with a graffito inscribed before
firing, found in Vico Equense and attributed to the area
of Pompei or, less likely, of Pontecagnano).
8 Mele 1986, pp. 360-361; Aminaea, in RE I, II, pp. 1835-
1837.
9 Mele 1986, pp. 360-361; Mele 2000.
10 Cerchiai 1995, p. 201. The existence of wine production
has already been documented in the Archaic Period in the region
of Stabiae and in the area of Deserto di S. Agata dei due
Golfi in the Sorrentine peninsula, Cerchiai 1995, p. 137.
11 Under study by L. Pugliese and S. Febbraro.
12 Data on urban development in Campania at the end of
the 4th Century have also been collected for the Sarno Valley
and Pompeii (De Caro 1986); the latter becomes part of the
civitates foederatae of the Roman Republic. The new excavations
have brought to light some kilns under the Casa dei
Cubicoli, which were maving bricks for roofs (Pesando 2010,
p. 244 with bibliography).
13 For the case of Rhodes (but also of Thasos and Cnidos),
see Empereur, Picon 1986, pp. 124-125; Picon, Garlan
1986.
14 The conditions in which the excavations took place did not
yield new data on the chronology of Graeco-Italic amphorae.
15 For instance, the stamp “ΖΩ” is well attested at Ischia but
only on fragmentary handles; however, it has been possible
to link it to MGS type IV, thanks to an unbroken amphora from
the cargo of the Filicudi F shipwreck (see chapters III, VII).
16 See chapters IV and V.
17 It is a complete set of amphorae MGS type IV with some
stamps that correspond to those of Ischia and Neapolis; see
Chapter VII.
18 The material from Naples comes from recent excavations
for the new city subway, which have been mentioned several
times in this volume (Giampaola 2009 and Febbraro, Giampaola
2009). As for laboratory analyses on the materials of
Neapolis, 14 chemical analyses and 7 mineralogical analyses
on amphorae samples have already been carried out,
thanks to D. Giampaola, S. Febbraro and L. Pugliese, with
whom I initiated a project for research and comparison (Febbraro
et al. forthcoming a, b).
19 Picon 1988, p. 255.
20 The latter are not actual groups, see the contribution of V.
Thirion Merle in chapter VI.
21 The area yielded no kilns, but a significant amount of ceramic
wasters (Febbraro, Giampaola 2009).
22 The ceramics from groups E and F have a finer texture
and different dimensions compared to those from Ischia.
23 See the contribution of I. Iliopoulos in chapter VI.
24 See chapter VI.1.4.
s u m m a r y 447
25 See I. Iliopoulos’ contribution in chapter VI. The samples
of amphorae with the stamps Trebio Loisio have been hypothetically
attributed to Cuma, based on the comparison with
cooking ware found at the site, and on mineralogical data
provided in Grifa et al. 2009.
26 According to the results of mineralogical analyses, some
amphorae from Naples and from the Aeolian shipwrecks
were probably manufactured with a mixture of different clays
(I. Iliopoulos, personal communication).
27 Febbraro et al. c.s. a, b; Febbraro, Giampaola 2009; Carsana
et al. 2007 (contribution on the pottery of the Late Antiquity
and Early Medioeval Age).
28 Buchner 1994, p. 22.
29 See chapter VI.
30 Garlan 1993, p. 184.
31 Archaic amphorae found at Ischia bear no stamps (Di
Sandro 1986); an MGS II amphora from Vico Equense bears
a graffito inscribed before firing (Tagliamonte 2010).
32 See chapter IV, par. IV.5.
33 See chapter IV; Garlan 2001; Raviola 1995, p. 118; Small
2006, p. 192.
34 In some cases the abbreviations, whose meaning is unclear,
may be indications of capacity. See chapter IV.
35 Garlan 2000, with bibliography.
36 Garlan 2000, p. 169.
37 Garlan, Introduction (www.archweb.cimec.ro); Garlan
2000 p. 171; Salviat 1986.
38 The hypothesis was first suggested by 1952b and recently
accepted by Cantilena et al. 1986; see chapter IV.
39 For the figures, see www.snible.org/Coins/hn/Attica.html,
Athenian Coins of the “New Style”; Thompson 1961, p. 32 ff.;
the names of two magistrates appear on silver coins of the
Athenian “New Style” , the first one in the form of a monogram,
together with symbols and sometimes with the name
of a third magistrate. The presence of some letters has been
linked to the lunar year during which the coins were minted.
40 Grace, Savvatianou 1970, p. 322; Grace 1971.
41 Salviat 1986, p. 183 ff. describes a series of measures
aimed at protecting the wine of Thasos that, according to him,
benefited from an exemption, while other wines – such as
those produced in the coastal regions of Thracia – were probably
not allowed to be loaded on Thasian ships.
42 Salviat 1986, p. 181. The contribution illustrates the case of
Thasos and some laws that are recorded in written sources.
43 Salviat 1986, p. 182 and note 66.
44 Thanks to the courtesy of Drs. Giampaola, Febbraro and
Pugliese.
45 Same as the case of mineralogical group II, see the contribution
of I. Iliopoulos, chapter VI, par. VI.4.
46 Empereur, Picon 1986, p. 112 ff.; Empereur, Tuna 1989,
pp. 287-292.
47 Raviola 1995, p. 340, p. 120 ff.
48 Raviola 1995, p. 123 and note 75; for Thasos, Salviat
1986, p. 183; Garlan 1999 b, with bibliography.
49 Raviola 1995, p. 122-124 in which the terms of the comparison
and differences are clarified, since in the case of Naples
and Ischia the mainland was the principal administrative
centre. This hypothesis implies that in the period considered,
Fourth to Third Cent. BC, Ischia belonged to Naples. In this
regard, see note 28 of Chapter I.
50 See chapter IV.
51 Garlan 2000, pp. 76-78; Finkielsztejn 2006, p. 28.
52 See the studies of Empereur, Picon and Lawall (reported
by Finkielsztejn).
53 Finkielsztejn 2002 and 2006.
54 The results presented in the paragraph are only prelimi-
nary.
estratto

448 s u m m a r y
55 The production of amphorae in Sorrento in a later period
is documented by the presence of Dr. 2/4 amphorae wasters,
Russo 1999; Olcese, Atlante c.s.; in Cuma the production
of cooking wares and other vessels is known also thanks to
laboratory analyses, Grifa et al. 2009.
56 See chapter VIII, par. VIII.2.
57 Project Immensa Aequora, www.immensaaequora.org.
58 The amphorae of Piscinola, which I was able to examine
directly, thanks to the courtesy of Drs. Ruggi d’Aragona and
De Filippis, are currently being investigated by A. De Filippis.
59 Barra Bagnasco 1995, p. 78, with bibliography.
60 Van der Mersch 1994, p. 75; Enotri e Brettii in Magna Gre-
cia, p. 23.
61 Exposed in the Museum of Vibo Valentia; I was able to
examine it directly thanks to the courtesy of Drs. A.M. Rotella
and M.T. Iannelli.
62 Preliminary data on Sicily (see chapters VII and VIII) are
the result of a series of direct investigations since 2002 in
many archaeological sites on the island, aimed at the identification
of pottery that is likely of Campanian origin.
63 Thanks to the cooperation of the Soprintendenza Archeologica
di Trapani.
64 Manganaro 1980, pp. 428-429.
65 Fabrics are red-coloured with pale beige, sometimes pale
greenish surfaces.
66 Data from investigations carried out within the Project Immensa
Aequora.
67 For this stamp, see the related file in the Catalogue in
chapter V.
68 This stamp is attested at Ischia, Naples and Carthage.
See the related file in the Catalogue.
69 See chapter VII and the related file in chapter V.
70 Febbraro et al. forthcoming a, b; Febbraro, Giampaola,
forthcoming. The Graeco-Italic amphorae of Naples are being
investigated by L. Pugliese.
71 C. Albore Livadie in Archeologia subacquea 2, p. 91, interpreted
as PAOM.
72 It is a rectangular scroll in which the first letters are abraded
and unreadable, while the crown and M, typical of this
stamp, are visible (based on direct checks in the Museum of
Licata). Barra Bagnasco 1989, pl. XXXVII, no. 24.
73 The stamps of Ischia and of the Filicudi F have an alpha
with a broken bar while those of Naples have a straight bar.
74 If it were indeed so, it would confirm a willingness to refer
to the same figures. See chapters V (and the files related
to the mentioned stamps), VI (laboratory analysis) and VII
(shipwrecks).
75 A first hint in Olcese, in 2007; the topic was discussed with
L. Pugliese, who is courrently studying the Graeco-Italic amphorae
of Naples. As far as the games are concerned, evidence
has been found at Ischia for the participation of a girl
from Pithecusa in the games during Imperial times (Buchner
1952, p. 408; Monti 1980, p. 219 ff., fig. 100). The information
comes from an inscription once walled in the Church of Santa
Restituta, later removed and now located in the courtyard of
the church. Seia Spes is celebrated in the inscription, who
in the year of the 39th Italide (154 AD), had won by taking
part in the competitions reserved for sons / daughters of the
judges. Without further explanation and referring to a forthcoming
publication of the inscription in Notizie degli Scavi, G.
Buchner considered it unlikely that the inscription came from
the island, believing that it had instead come from Naples.
However, it is not possible to exclude the theory that the inscription
came from Lacco Ameno, as suggested by the fact
that it was originally placed within the walls of the Church of
Santa Restituta.
estratto
76 Giampaola 2009, p. 40; Febbraro, Giampaola 2009; Bragantini
et al. forthcoming.; Cavalieri Manasse, Roncella forthcoming.
77 For the Sebastà, Geer 1935; Miranda De Martino 2007.
78 Giampaola 2009, p. 40; Febbraro, Giampaola 2009.
79 Lycofrone 720-721, Scholia to Lycofrone, 732-737; Wecklein
1873; RE XII, 1 pp. 569-576; Zevi 1986; Raviola 1995, p.
55 ff.; Mele 2007, p. 260 ff., with bibliography; according to
Mele, they were instituted around 452 B.C. (Timeo 566 J fr.
98 from Scholia to Lycofrone 732).
80 Pugliese Carratelli 1952, p. 253; Miranda De Martino
2007, p. 209. These feasts, which were connected to Ceres,
allegedly had esoteric elements, Napoli 1959, p. 141.
81 Brelich 1969; Mele 2007, p. 261. Races with torches, silent
lampadedromiae, were held in Neapolis in honor of Demeter
Actaea, the goddess of Neapolis, in this regard Giangiulio
1986, p. 140 and Breglia Pulci Doria’s intervention at the conclusion
of the same article.
82 Statius, Silvae III, 5, 70; IV, 8, 50-51; Capasso 1892, p.
212 ff.
83 Feasts in honor of Dionysus, in Athens, also included ceremonies
related to the new wine (rites in which wine and water
were mixed), as well as feasts called Lampteria or Lampter,
which included carrying torches at night to the sanctuary of
Dionysus, Robertson 1993, p. 228.
84 Wecklein 1873, p. 446.
85 Crowther 1989, p. 100.
86 Mommsen 1898, p. 72.
87 Coins sometimes bear acronyms apparently similar to
those attested on amphora stamps (see chapter IV.8.2 on
this subject).
88 Sambon 1903, nn. 473, 474, 482, 579, 466 (Artemide with
torch), Strabone, V, IV, 7. See chapter IV, 9.
89 Cantilena et al. 1986, with bibliography; Zevi 1986.
90 The same question can be asked with regard to the amphora
stamped with a torch attested at Santa Restituta, fig.
IV. 2,e.
91 Miranda 1990, p. 29 n. 13.
92 See chapter V.
93 Olcese 2007.
94 An example is the situation at Locri (Costabile 1987 and
Costabile, Alfaro Giner 1992) and other centres of Southern
Italy. For stamped amphorae connected to the sanctuary of
Delos, see Grace, Savvatianou 1970; Grace 1971, p. 65.
95 Grace 1971, p. 65; during that event, a religious rite took
place on the beach next to the Heraion, with the purification
of the cult statue.
96 Crowns were awarded as prizes in musical contests in the
Games of Olympia, Delfi, Isthmia and Nemea; in Athens “material”
prizes such as olive oil were awarded. Oil was used for
physical exercises, Bentz 1998, p. 12 ff., with bibliography.
97 Valavanis 1986, p. 455, estimates a content of 35-40 litres
ca. for each amphora.
98 Valavanis 1986, p. 455; Bentz 1996 and Th. Mommsen
before him had already listed the prizes for victory, on the
basis of Aristotle (Mommsen 1898, pp. 76-77). According to
Valavanis, Panathenaic amphorae assigned to winners could
be sold by the winner himself and exported, as their presence
outside Greece (e.g. in Etruria) suggests. is the The information
found in a Scholiast of Pindar is important (Nem. X 64 a.),
according to which the exportation of Athen’s oil was forbidden
to all but the winners of Panathenaic Games, Valavanis
1986, p. 455.
99 Van der Mersch 1994, p. 145.
100 Van der Mersch 2001, p. 187.
101 Lancel 1992 p. 382 ff.
102 Lancel 1992, p. 383; Heurgon 1969, p. 344.
103 See chapter VI (table VI.3).

104 A mineralogical analysis on a sample of an amphora type
MGS V-V/VI from the Terrasini B shipwreck, with the Latin
graffito L. AIMILIO inscribed before firing, has shown a fabric
composition similar to that of the amphorae of the Gulf of Naples
(fig. VII.23b). Data from the project Immensa Aequora.
For the Terrasini shipwreck, Purpura 1974; Giustolisi 1975.
105 See the contribution in Storia di Napoli I, p. 248.
106 The following list of names summarizes available information
on some stamps; see also chapter V.
107 Some funerary inscriptions from Neapolis have identical
names to those that appear on amphorae stamps, Leiwo
1994; Miranda 1990 e 1995 (see e.g. the Ipogeo dei Cristallini);
although these could also be homonymies.
108 See the files in chapter V, with bibliography.
109 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.. I was able to directly
examine the brace (which I believe was aimed at separating
the amphorae in kilns) thanks to the courtesy of Drs. Febbraro
and Pugliese.
110 See chapters V for the stamps and VI for laboratory analyses
(mineralogical groups II and III).
111 Martín Camino 1996, p. 11; according to the data collected
at Cartagena, the MGS type VI already existed in the
first half of the 3 rd Cent. B.C. (if it has not to be interpreted as
a type V/VI).
112 Mineralogical group IIb.
113 Febbraro, Giampaola, Atlante forthcoming.
114 See the catalogue of the necropolis of San Montano, III.
B3 and the file in chapter V.
115 Which does not come from the kiln area; see the catalogues
at the end of the volume.
116 Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 360 n. 11 (interpreted
as YΞEΛO).
117 See chapter V.
118 Mineralogical groups IIa e IIIc.
119 It is generally agreed that the shipwreck can be dated to
around the end of the 4 th Century B.C. and the beginning of
the following century.
120 For the circulation of the stamp in Sicily see the related
file in chapter V.
121 Miranda 1990, pp. 28-29, n. 12.
122 Phretarchos in RE, Suppl. X.
123 Miranda 1990, p. 29 n. 13; Kaibel identified Ζωίλος with
a figure also known from another inscription, while on the
other hand, Miranda suggests either a different person or a
case of homonymy.
124 IG II 9116.
125 For the stamps see the related files in chapter V.
126 See the related files in chapter V.
127 IG XIV, 917.
128 Analyses have been carried out on vessels from Gela
and Manfria (see chapter VI).
129 Campagna 2000, p. 468 n. 52, text p. 455; Riis (Ed) 1979,
p. 56 fig. 186-188.
130 Buchner 1949-50, pp. 4 ff. The dedication, in Greek, is
to Aristaeus from Megakles, the Roman, son of Lucius. Tha
name Megakles, as noted by Buchner, appears in one inscription
from Naples and in one found in Capri. The stamp ΛΟΥ
has been attested on some bricks from Pithecusa; Loukios
is the name of the father of Megakles in the dedication to
Aristaeus.
131 Maiuri 1946, p. 164; for the stamp ΜΑΙΩ, van der Mersch
1994, p. 169.
132 Cassola 1986, p. 69, with bibliography.
133 IG XIV 894.
134 Miranda 1990, p. 30 with bibliography; the name is attested
in an inscription on a small black painted ceramic ox,
dated (perhaps incorrectly) to the First century BC, and on a
estratto
s u m m a r y 449
marble slab from the First Century BC (Miranda 1995, p. 66
n. 142).
135 See the file in chapter V. A Νύψιος Νεαπολίτης served
as commander of the mercenaries under Dionysius I, Miranda
1995, pp. 30-31.
136 Among the dedications of the Third Cent. BC in the Serapieion
C of Delos, some are those of Agathon of Nympsios
Petelinos, who rebuilt the ceiling of the temple, Nocita 2003,
p. 103.
137 Febbraro, Giampaola, Atlante, forthcoming.
138 Miranda 1995, n. 173; for the gens Trebia, Leiwo 1994,
p. 60, who refers the opinion of Gabrici and cites the contribution
of Salomies 1987, pp. 94-95 with regard to the geographical
diffusion of the name.
139 Baslez 1996, p. 221 n. 22.
140 Sporadic.
141 See the file and the map in chapter V.
142 See chapter VI and the related file in chapter V. Chemical
analyses have been carried out by M. Picon, who has suggested
that the clays come from a volcanic area (the eastern
part of Sicily or the region of Naples): Picon, personal comunication
and Morel 1986 a, note 206, with the results of the
laboratory analyses carried out by Picon.
143 The association between Campanian type A pottery and
late Graeco-Italic amphorae in the 2nd Cent. BC has been
often stressed (e.g. Morel 1981).
144 For Ischian black-glazed pottery, see Olcese et al. 1996
(brief summary of the results of chemical analyses); the subject
will be discussed in the forthcoming volume.
145 For the pottery dump at Corso Umberto: Accorona et al.
1985; Laforgia 1986; Morel 1986 a; Morel, Picon 1994; on
Vico San Marcellino, Laforgia 1997; Soricelli et al. 1994.
146 Febbraro, Giampaola 2009.
147 The shipwrecks of Secca di Capistello and Filicudi F seem
to confirm this hypothesis. For the circulation of Graeco-Italic
amphorae and black-glazed pottery in Catalogna during the
second half of the 3rd Cent. B.C., see Cibecchini, Principal
2002.
148 Morel 2009, p. 77; Cibecchini 2004.
149 see chapter VII.
150 No targeted research has been carried out, but it seems
from initial examinations that they are not widely spread in
the towns of inner Campania.
151 See chapter V.
152 Solier, Sanmarti 1978, pp. 37-42; abbreviations with similar
characters are attested on obols found in Marseille, although
their chronology is uncertain, p. 38-39. The star, albeit
with a different number of points (the 8 pointed star cam after
6 and 4 pointed stars), occurs noticeably on Neapolitan coins
depicting Apollo, dating to the period between 315 BC and
295 BC, Breglia 1952b p. 41.
153 The definition includes the production of Ischia and of Neapolis
and perhaps of other sites. Not much is known about
the situation of the area of Neapolis; before 326, the Chora of
Neapolis, except the islands, was quite small and measured
17 km2 , Cassola 1986, p. 59.
154 Some scholars believe that the production of Roman
wine in Campania began only in the second quarter of the 2nd Century BC, Carandini, 1989, p. 113. According to A. Mele
the production and circulation of Campanian wine started in
the Fifth Century BC, Mele 1986, pp. 360-361.
155 See chapter VII.
156 The shipwreck Roghi 1 has to be added to the list of shipwrecks
mentioned in chapter VII; its amphorae are similar
(in one case bearing the stamp ΠΑΡΗ, which was already
known from the shipwreck of the Secca di Capistello).
157 See Morel 2009, p. 77.

450 s u m m a r y
158 Unfortunately it is not presently possible to attribute the
black-glazed pottery from the shipwreck to a particular area
with much certainty: these forms are very common in Magna
Graecia and Sicily, and no analyses have been carried out
on the materials from the shipwreck, which are nevertheless
intact. Analyses on rather similar pottery from the necropolis
of Lipari have produced varied results (Campania, Sicily, unidentified
areas).
159 One was also recovered in the waters of Paestum and
could be an imported product. Amphorae of MGS type IV,
whose origin could coincide with the area of discovery, are
also attested in northern Campania, in Ostia and in some
sites in southern Etruria.
160 the productions of Sicily are less visible in these early
phases, which has been briefly discussed in paragraph IX.6
and should be investigated more thoroughly.
161 See chapter III.2.3.
162 For example, the amphora MGS type V/VI with the graffito
L. AIMILIO inscribed before firing from the Terrasini shipwreck
(for which see chapter VII.3.1 of this volume), which
proved to belong to the group IIa, perhaps from the Gulf of
Naples; or the MGS type V amphora, found the shipwreck of
Marsala, stamped with M. VAL [---] (sample MCB1), which is
similar to the amphorae found in southern Etruria, in Pyrgi, for
example. On this subject see the contribution of I. Iliopoulos
in Chapter VI.
163 MGS type VI has not been examined exhaustively.
164 See chapter VI, par. VI.4.4 in particular.
165 See for example the data from Carthage, Bechtold 2007
a. A somewhat different situation from the one shown by recent
excavations seems to emerge from the ceramic materials
of the port, Wolff 1986 a, b.
166 See for example Morel 1980 a, p. 102. The author attributes
this production to Ischia, from the Fourth to the Third
Cent. BC (“A primitive”) and from 280-220 BC (“A archaic”)
respectively.
167 In Sicily, the “archaic” Campanian type A pottery is documented
among “early” imports from different areas of Campania,
which along with “Calenan” pottery attests to the existance
of direct relations between different areas of Campania
with Punic Sicily and North Africa. See in this regard
Bechtold 1999, for Lilybaeum; Bechtold 2007 a. For blackglazed
pottery of Carthage, Chelbi 1992.
168 Morel, Picon 1994; Morel 1998, p. 246. For the presence
of the pottery from Cales in Carthage (class Byrsa 661) see
Pedroni 2001, Bechtold 2007b.
169 Bechtold 2007 b, p. 26 and p. 30 ff.
170 See chapter VIII.
171 See chapter VIII; data from ongoing studies.
172 Arqueo Mediterrània 4, see the contribution of J.-P. Morel
(Morel 1998) and that of J. Principal Ponce specifically.
173 At present, unfortunately, it is still very difficult to attribute
Campanian ceramics to specific areas of production. Recent
publications, however, have shed light on the pottery of major
sites (at Capua, for example, where black-glaze ceramics
and common wares from the communal cemetery were published,
Benassai 2004) and opened new horizons for future
research on the material culture of the Hellenistic period in
Campania.
174 Future investigations should take into account the quantities
of different products and compare them; it would be
particularly important to refine the identification and characterization
of the amphorae of Sicilian origin, already partially
identified by present research (those of Selinunte or Eraclea
Minoa, for example).
175 See chapter VIII.1.
176 Fiorentini 1998; De Miro, Fiorentini 1982-83.
estratto
177 Breglia 1952b, pp. 90 ff.; they are quadrigati found in
Selinunte, which was destroyed in 250 BC (deadline for the
dating of the hoards discovered). The Campanian military
emigration assumed a permanent character in Sicily, as revealed
by several studies, Tagliamonte 1999 and 2006, with
earlier bibliography; see in the same volume in the contribution
of M. De Cesare.
178 The Treaty of 348 BC between Rome and Carthage already
hinted at maritime interests not only in the Tyrrhenian
Sea, but in the western Mediterranean in general. For the
Roman – Carthage treaties, Scardigli 1991.
179 Sartori 1976, p. 92.
180 Caputo 1959; Bisi 1969-70; Morel 1980 b; De Miro,
Fiorentini 1977 (for the Graeco-Italic amphora p. 42 fig. 57,
tomb 5).
181 Van der Mersch 1994, pp. 128-130; van der Mersch
2001, p. 191.
182 See chapter VII and chapter VI for laboratory analyses.
183 Lepore 1952, p. 313.
184 Cicero Pro Balb. 55; for the institutions of Neapolis, De
Martino 1952.
185 Polybius I 20 14.
186 Musti 1988, pp. 531-537; the author points out – note 20
p. 535 – that evidence of this is given by the Romano-Campanian
coin production, although it is unclear if they were
made for domestic or international circulation.
187 Musti 1988, p. 537. This treaty implied the delimitation of
a sphere of interests for which Capo Lacinio was the boundary
point.
188 Cassola 1962, p. 121 ff.
189 For the coinage of Neapolis, Breglia 1952 a e b, Cantilena
et al. 1986; Taliercio Mensitieri 1987.
190 Van der Mersch 2001, p. 187.
191 Van der Mersch 2001, p. 189 n. 324. In this regard F. De
Martino believes that the schematic view should be corrected,
according to which a major agrarian transformation, with
more profitable crops, such as vineyards and olive groves,
was only possible after the war with Hannibal and the subsequent
afflux of slaves, De Martino 1991, p. 201.
192 Van der Mersch 2001, p. 192.
193 This hypothesis seems to be accepted by Lepore, History
of Naples, p. 253. For the function of Campania and of
Naples and Ischia, Lepore 1952, p. 312-313; Purcell 1985, p.
5 note 19; Hesnard et al. 1989 p. 31.
194 Morel 1986 a, p. 335. The author refers to the production
and circulation of the ceramics of the Atelier des petites
estampilles that are widely spread in the western Mediterranean
between the late Fourth and the early / mid Third Cent.,
almost in parallel with the first productions of amphorae of
Gulf of Naples.
195 Van der Mersch 2001, p. 190.
196 Frederiksen 1984, p. 232; van der Mersch 2001, p. 190.
197 The materials from Aleria actually reveal the presence of
pottery from different areas, as already pointed out by Jehasse
(Jehasse, Jehasse 1973 and 2001).
198 Van der Mersh connects part of the production of Graeco-
Italic amphorae MGS type II to Southern Campania, van der
Mersch 1994, p. 69. Recent research revealed that the production
of the type II is also attested in Naples, Febbraro,
Giampaola, Atlante, c.s.
199 E. Lepore in Storia di Napoli I, pp. 241 ff.; Lepore 1952.
200 E. Lepore in Storia di Napoli I, p. 253.
201 De Martino 1952, p. 340.
202 Lepore 1952.
203 Frederiksen 1984, p. 225.
204 De Caro, Giampaola 2004; De Caro 2005, p. 658; Giampaola
2009, p. 41.
205 E. Lepore in Storia di Napoli I, pp. 239 ff.

206 It is also possible that the amphorae contained other
products, as reported by the archaeologists who recovered
the amphorae from the shipwreck of Secca di Capistello,
which also contained grapes, pistachios, olives and fibers of
unknown origin.
207 See the contributions of Breglia and Lepore and Morel
1986 a, p. 348, with bibliography.
208 Musti 1988, p. 535. The author also points out that the
possibility of a commercial outlet from the Roman policy of
expansion into the South only materializes in the last dec-
estratto
s u m m a r y 451
ades of the Third and particularly of the Second Centuries
BC, with a turning point in the creation of the Portoria Venalicium
of Capua and Puteoli in 199 BC.
209 Zevi 2004, p. 819.
210 Lepore in Storia di Napoli I, p. 234, cites Dionysius of
Halicarnassus, XV 5,2.
211 See chapter VII.
212 Breglia 1952 a, p. 299.
213 Febbraro, Giampaola 2009.

sommario
Presentazione, di S. De Caro. ...............................................................p. 7
Préface, di A. Tchernia .....................................................................p. 9
capitolo i. Obiettivi, difficoltà e limiti di una ricerca. ...........................................p. 11
estratto
capitolo ii. il vino di ischia ................................................................p. 17
II.1. Viti e vino a Ischia ..................................................................p. 17
II.2. Due modelli di coltivazione della vite a Ischia .............................................p. 19
II.3. Le evidenze archeologiche relative alla produzione del vino a Ischia: i palmenti ..................p. 20
Vendemmia a Ischia (A. Maiuri) ...........................................................p. 22
capitolo iii. le anfore greco italiche antiche di ischia. .........................................p. 25
III.1. Le fornaci di Santa Restituta e le anfore greco italiche .....................................p. 25
III.2. Alcuni dati sulla tipologia delle anfore greco italiche di Ischia e del Golfo di Napoli . ...............p. 31
III.2.1. Tipo van der Mersch III = ISCHIA/GOLFO DI NAPOLI III ................................p. 32
III.2.2. Tipo van der Mersch IV = ISCHIA/GOLFO di NAPOLI IV ................................p. 32
III.2.3. Tipo van der Mersch V = ISCHIA/GOLFO DI NAPOLI V ................................p. 34
III.2.4.Tipo V/VI-VI = ISCHIA/GOLFO DI NAPOLI V/VI-VI .....................................p. 37
III.3. Tecnologia di fabbricazione delle anfore rinvenute a Ischia ..................................p. 38
III.4. Le anfore greco italiche di Ischia in rapporto a quelle di Napoli: qualche osservazione preliminare ...p. 40
III.5. Qualche elemento di cronologia per le anfore greco italiche antiche di Ischia e del Golfo di Napoli ...p. 41
III.5.1. Contemporaneità di attestazione del tipo IV e del tipo V e loro associazione con altri tipi anforici .......p. 41
III.5.2. Tipi e bolli in alcuni contesti datati del Mediterraneo ...................................p. 41
III.5.3. Associazione di anfore greco italiche e ceramica a vernice nera: l’evidenza dei relitti eoliani ....p. 42
III.6. Le anfore greco italiche tipo V e V/VI e la cronologia di alcuni relitti: problemi aperti ..............p. 43
capitolo iV. i bolli e la bollatura ............................................................p. 65
IV.1. La bollatura delle anfore in età ellenistica a Ischia: quali contatti con la situazione della Grecia? .....p. 65
IV.1.1. Gli studi di Y. Garlan ............................................................p. 65
IV.1.2. Gli studi di G. Finkielsztejn .......................................................p. 66
IV.2. I bolli sulle anfore greco italiche rinvenute a Ischia. ........................................p. 67
IV.3 L’elenco dei bolli sulle anfore di Lacco Ameno. ............................................p. 69
IV.4. Bolli e tipi anforici a Ischia ...........................................................p. 72
IV.5. I troncamenti progressivi .............................................................p. 72
IV.6. La combinazione di nomi. ............................................................p. 72
IV.7. La DEMOSIA KERAMIS e la bollatura dei laterizi a Ischia ...................................p. 73
IV.8. Sigle su anfore e monete: una traccia per una possibile interpretazione della bollatura nel Golfo di Napoli ? . p. 76
IV.8.1. Sigle su monete e anfore ........................................................p. 76
IV.8.2. Le monete di Neapolis e i bolli delle anfore del Golfo di Napoli ...........................p. 77
IV.9. Anfore, emblemi e agoni .............................................................p. 78
capitolo V. I nomi attestati sui bolli delle anfore greco italiche di Ischia e del Golfo di Napoli:
confronti nel mediterraneo occidentale e dati di laboratorio. ....................................p. 91
Capitolo Vi. i dati delle analisi di laboratorio ................................................p. 185
VI.1. Materiali e metodi .................................................................p. 185

estratto
VI.1.1. Analisi di laboratorio su ceramiche a Ischia prima di questo lavoro .......................p. 185
VI.1.2. Le indagini effettuate nel corso del progetto. ........................................p. 186
VI.1.3. Le argille di Ischia e il vulcanismo campano. ........................................p. 187
VI.1.4. Le argille di Ischia utilizzate a Napoli ? Un tema ricorrente .............................p. 188
VI.1.5. I risultati delle analisi di laboratorio effettuate .......................................p. 189
VI.2. Les analyses chimiques: les resultats (V. Thirion Merle) ...................................p. 191
VI.2.1. Méthodes d’analyse chimique et de traitement statistique ..............................p. 192
VI.2.2. Les résultats des analyses chimiques des céramiques d’Ischia. .........................p. 194
VI.2.3. Les productions locales ........................................................p. 194
VI.2.4. Premières conclusions .........................................................p. 198
VI.3. La prima serie di analisi mineralogiche sulle anfore di Ischia (G. Montana). ....................p. 199
VI.3.1. Considerazioni geolitologiche a sostegno della manifattura ceramica di Ischia ..............p. 199
VI.3.2. Le anfore di Ischia. ............................................................p. 199
VI.3.3. Anfore da siti di confronto ......................................................p. 200
VI.3.4. Le anfore trovate ad Ischia ma non prodotte nelle fornaci locali .........................p. 201
VI.3.5. Le anfore da alcuni siti siciliani ...................................................p. 201
VI.3.6. Le anfore da alcuni relitti. .......................................................p. 201
VI.3.7. Alcuni confronti: esempi di impasti ceramici prodotti nella Sicilia centro-meridionale .........p. 201
VI.4. Le nuove analisi mineralogiche sulle anfore greco italiche di Ischia e dei siti di confronto (I. Iliopoulos) ...p. 202
VI.4.1. Il Gruppo mineralogico I ........................................................p. 202
VI.4.2. Il Gruppo mineralogico II .......................................................p. 202
VI.4.3. Il Gruppo mineralogico III . ......................................................p. 203
VI.4.4. Il Gruppo mineralogico IV .......................................................p. 203
VI.4.5. Il Gruppo FIL I (anfore del relitto Filicudi F) .........................................p. 203
VI.4.6. Il Gruppo FIL II (ceramiche comuni del relitto Filicudi F) ...............................p. 204
VI.4.7. Campioni “loners” (= “isolati”) ....................................................p. 204
VI.4.8. I risultati delle analisi mineralogiche effettuate sulle anfore di alcuni siti della Sicilia ..........p. 204
VI.4.9. Alcune osservazioni sui risultati delle analisi mineralogiche e chimiche. ...................p. 205
Capitolo Vii. La circolazione delle anfore greco italiche antiche: i risultati preliminari delle verifiche
archeologiche e archeometriche effettuate su alcuni relitti del Mediterraneo occidentale ...........p. 231
VII.1. I relitti eoliani: Il relitto Filicudi F e il suo carico ..........................................p. 231
VII.1.1. Le anfore ...................................................................p. 232
VII.1.2. I bolli. ......................................................................p. 232
VII.1.3. La ceramica a vernice nera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 236
VII.1.4. La ceramica comune . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 238
VII.1.5. Le analisi di laboratorio sulle ceramiche del Filicudi F: i risultati preliminari ................p. 238
VII.2. I relitti eoliani: il relitto della Secca di Capistello e il suo carico ..............................p. 241
VII.2.1. Le anfore ...................................................................p. 241
VII.2.2. I bolli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 244
VII.2.3. La ceramica a vernice nera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 245
VII.2.4. Le analisi di laboratorio sulle ceramiche della Secca di Capistello: i risultati preliminari. ......p. 246
VII.3. Altri relitti di III secolo a.C. con anfore greco italiche tipo IV e V nel Mediterraneo occidentale. .....p. 248
VII.3.1. Sicilia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 248
VII.3.2. Toscana e Lazio. .............................................................p. 254
VII.3.3. Francia. ....................................................................p. 256
VII.3.4. Spagna. ....................................................................p. 256
Capitolo Viii. anfore greco italiche antiche in alcuni siti della sicilia e del mediterraneo occidentale:
i risultati preliminari delle verifiche archeologiche e archeometriche ............................p. 265
VIII.1 Sicilia ..........................................................................p. 265
VIII.2. Campania ......................................................................p. 277
VIII.3. Lazio .........................................................................p. 277
VIII.4. Francia ........................................................................p. 277
VIII.5. Altre aree. ......................................................................p. 280
VIII.6. La circolazione delle anfore greco italiche di Ischia/Golfo di Napoli: osservazioni conclusive preliminari. p. 280
Le anfore greco italiche in alcuni contesti di Gela (S. Giunta). ...................................p. 288

capitolo iX. Appunti sull’economia del Golfo di Napoli in età ellenistica:
i dati delle anfore greco italiche antiche ....................................................p. 293
IX.1. Anfore greco italiche a Ischia e nel Golfo . ..............................................p. 293
IX.2. Il quartiere artigianale di Santa Restituta e le greco italiche .................................p. 294
IX.3. Ischia e/o Napoli? I dati di laboratorio. .................................................p. 294
IX.4. La bollatura delle anfore greco italiche rinvenute a Ischia ..................................p. 295
IX.5. Le anfore greco italiche: una traccia della situazione produttiva di Ischia e del Golfo di Napoli
in età ellenistica ......................................................................p. 296
IX.6. Centri di produzione in Campania e in alcune aree nel Tirreno meridionale ....................p. 297
IX.7. Anfore, bolli e agoni ...............................................................p. 297
IX.8. Personaggi, anfore greco italiche e vino del Golfo di Napoli ................................p. 298
IX.9. Anfore greco italiche e ceramica a vernice nera ..........................................p. 300
IX.10. La circolazione delle greco italiche antiche del Golfo di Napoli e un progetto in corso ...........p. 301
IX.11. Ischia, Neapolis e Roma ..........................................................p. 302
cataloghi.....................................................................................p. 311
Introduzione ai cataloghi .................................................................... p. 312
Catalogo IA. Fornaci di Santa Restituta. Anfore greco italiche: reperti diagnostici ....................p. 313
Catalogo IB. Fornaci di Santa Restituta. Anfore greco italiche e laterizi: i bolli .......................p. 325
Catalogo IIA. Scarico Gosetti / Monte Vico. Anfore greco italiche: reperti diagnostici .................p. 377
Catalogo IIB. Scarico Gosetti / Monte Vico. Anfore greco italiche e laterizi: i bolli ....................p. 385
Catalogo IIIA. Necropoli di San Montano e altri siti di Ischia. Anfore greco italiche: reperti diagnostici ....p. 403
Catalogo IIIB. Necropoli di San Montano e altri siti di Ischia. Anfore greco italiche e laterizi: i bolli .......p. 407
Cataloghi IVA e IVB. Schede delle analisi mineralogiche (G. Montana) ..........................p. 411
Summary ....................................................................................p. 435
estratto
Foto a colori dei bolli e degli impasti .......................................................p. 453
Bibliografia ............................................................................p. 475