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Tertulliano interprete di Valentino - Saggio III Athene Noctua

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Numero<br />

<strong>III</strong><br />

<strong>Athene</strong> <strong>Noctua</strong><br />

I nostri saggi<br />

<strong>Tertulliano</strong> <strong>interprete</strong> <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong><br />

Di<br />

Federico Della Sala<br />

www.<strong>Athene</strong>noctua.it


A Martina Femia


In<strong>di</strong>ce<br />

Introduzione .............................................................................................VI<br />

Capitolo primo - La speculazione valentiniana<br />

1.1. Introduzione allo Gnosticismo..........................................................10<br />

1.2. I tratti <strong>di</strong>stintivi della gnosi valentiniana ..........................................13<br />

1.3. Il sistema valentiniano ......................................................................17<br />

1.4. Il meccanismo dei due <strong>di</strong>spositivi in <strong>Valentino</strong>................................29<br />

Capitolo secondo – <strong>Tertulliano</strong> tra ortodossia e montanismo<br />

2.1. Vita, opere e contesto storico............................................................35<br />

2.2. Il periodo protocattolico: il De Praescriptione Haereticorum...........40<br />

2.3. Il periodo pre – montanista e l’Adversus Valentinianos...................52<br />

2.4. La conversione al montanismo .........................................................74<br />

Conclusioni ..............................................................................................79<br />

Bibliografia..............................................................................................82<br />

3


Introduzione<br />

La storia del cristianesimo non è unitaria ed omogenea, bensì è un processo<br />

articolato e tortuoso, caratterizzato da profonde controversie <strong>di</strong> cui le eresie, ad<br />

esempio, sono evidenti manifestazioni. E’ possibile affermare che la storia del<br />

cristianesimo si articola nel rapporto tra il dono gratuito della Grazia e la facoltà<br />

del libero arbitrio, sicché anche le più ra<strong>di</strong>cali risposte teologiche debbono<br />

riconoscere, pure in minima parte, anche l’elemento opposto, che viene sempre e<br />

comunque accolto, anche se in modo subor<strong>di</strong>nato, <strong>di</strong> modo ché, chi opterà per<br />

l’onnipotenza <strong>di</strong>vina, dovrà riconoscere il ruolo relativo anche alla libertà<br />

dell’in<strong>di</strong>viduo mentre chi opterà per il libero determinarsi della creatura non potrà<br />

misconoscere il ruolo relativo della Grazia <strong>di</strong> Dio.<br />

Le ricerche teologiche dei cristiani del II secolo d.C. erano tutte in<strong>di</strong>rizzate e<br />

finalizzate alla soluzione del <strong>di</strong>lemma che esiste nel rapporto tra Grazia e libero<br />

arbitrio. Il protocattolicesimo cercava <strong>di</strong> conseguire un precario equilibrio tra<br />

tra<strong>di</strong>zione giudaico – cristiana e novità escatologica, subor<strong>di</strong>nando la novità<br />

carismatica all’interpretazione legalista <strong>di</strong> continuità tra Antico e Nuovo<br />

testamento. Al contrario gnosticismo e marcionismo evidenziavano la violenta<br />

opposizione tra vangelo <strong>di</strong> Grazia e antica legge giudaica, irrigidendo il dualismo<br />

spirituale in dualismo ontologico.<br />

Quanto appena esposto è rintracciabile e confermato in uno dei rapporti<br />

polemici più intensi del II secolo d.C. : quello <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> <strong>interprete</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Valentino</strong>. <strong>Tertulliano</strong>, come vedremo in seguito, si erige ad alfiere <strong>di</strong><br />

un’ortodossia cristiana profondamente critica nei confronti dell’eresia gnostica.<br />

<strong>Tertulliano</strong>, lettore attento <strong>di</strong> Ireneo, scrive l’Adversus Valentinianos con l’intento<br />

<strong>di</strong> irridere i temi della speculazione valentiniana. La cristologia valentiniana, il<br />

dualismo che sottostà all’intero sistema ontologico, la ra<strong>di</strong>calizzazione<br />

dell’elezione e il senso apocalittico sono i temi principali <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong> che<br />

<strong>Tertulliano</strong> interpreta e critica con maggior vigore.<br />

Prima <strong>di</strong> definire i termini <strong>di</strong> questa controversa relazione è opportuno<br />

introdurre il concetto <strong>di</strong> doppio <strong>di</strong>spositivo che permette <strong>di</strong> comprendere più a<br />

fondo la paradossalità del dono <strong>di</strong> Grazia e del rapporto <strong>di</strong> questo con il libero<br />

VI


arbitrio. Focault e Deleuze prima e Agamben 1 dopo, definiscono ‹‹<strong>di</strong>spositivo››<br />

quel meccanismo concettuale capace <strong>di</strong> operare anche a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo dal suo<br />

innesto e <strong>di</strong> agire impersonalmente anche senza la coscienza dei soggetti<br />

praticanti. Il cristianesimo si fonda quin<strong>di</strong> su due <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>spositivi: il primo,<br />

escatologico, kenotico, carismatico, è emblematico della prospettiva paolina 2 .<br />

Questo primo <strong>di</strong>spositivo annuncia il nuovo regno <strong>di</strong> Dio, che mette in crisi, quasi<br />

sconfessando, la <strong>di</strong>mensione culturale tra<strong>di</strong>zionale. Il Dio che si palesa nel<br />

messaggio del Cristo non è più il “Dio tremendo dell’antico testamento”, bensì è<br />

buono e giu<strong>di</strong>cante. La speranza escatologica porta con sé un forte principio<br />

anarchico e sovvertitore <strong>di</strong> ogni or<strong>di</strong>ne tra<strong>di</strong>zionale. La fede stessa è incentrata su<br />

un messianismo kenotico <strong>di</strong> “un messia alla rovescia” che da Figlio <strong>di</strong> Dio muore<br />

sulla Croce. L’avvento del Nuovo Regno per effusione carismatica dello Spirito<br />

Santo porta alla nuova alleanza tra il Dio che dona la sua Grazia e un nuovo<br />

popolo pronto ad abbandonarsi nella gratuità del suo dono. Il secondo <strong>di</strong>spositivo,<br />

definibile come archeo – ontologico e politico, evidenzia un’anima<br />

completamente <strong>di</strong>versa del cristianesimo. La speranza <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> carità, la<br />

gratuità del dono non possono qui che ibridarsi con la cultura greco – romana per<br />

appoggiarsi su una tra<strong>di</strong>zionale ristrutturazione religiosa capace <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>re il<br />

<strong>di</strong>rompente kerygma originario. L’intreccio <strong>di</strong> questi due <strong>di</strong>spositivi<br />

assolutamente inscin<strong>di</strong>bili e bisognosi l’uno dell’altro, nonostante le loro nature<br />

<strong>di</strong>fferenti, caratterizza la molteplicità delle risposte teologiche offerte dai cristiani<br />

del II secolo d.C. . I due <strong>di</strong>spositivi, lungi dall’essere concepiti come ra<strong>di</strong>calmente<br />

stabili, producono una perenne oscillazione sicché anche l’assolutizzazione <strong>di</strong> uno<br />

dei due <strong>di</strong>spositivi conserverà comunque, seppur ri<strong>di</strong>mensionato e subor<strong>di</strong>nato,<br />

anche il secondo <strong>di</strong>spositivo. Il rapporto tra dono <strong>di</strong> Grazia e libero arbitrio passa<br />

attraverso il meccanismo del doppio <strong>di</strong>spositivo cosicché maggiore sarà<br />

l’attenzione sulla gratuità del dono, maggiore risulterà l’importanza del<br />

<strong>di</strong>spositivo escatologico. Maggiore sarà l’interesse per il libero arbitrio e le facoltà<br />

<strong>di</strong> scelta degli in<strong>di</strong>vidui, maggiore sarà l’utilizzo del <strong>di</strong>spositivo archeo –<br />

ontologico. Eppur tuttavia anche la formulazione più ar<strong>di</strong>ta o in senso<br />

VII


escatologico, o in senso archeo – ontologico, non potrà mai fare a meno della<br />

rispettiva controparte.<br />

Ecco dunque che il gran<strong>di</strong>oso mito gnostico <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>, lungi dal<br />

rappresentare una mera esaltazione del solo <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico, come<br />

farebbero pensare l’imponente impianto ontologico, la filiazione <strong>di</strong>vina, la<br />

sud<strong>di</strong>visione in tre specie umane, è rappresentativo dell’alchimia dei due<br />

<strong>di</strong>spositivi. Ed anzi, paradossalmente, è proprio il <strong>di</strong>spositivo escatologico e<br />

carismatico ad essere esaltato nella gran<strong>di</strong>osa speculazione ontologica dei<br />

Valentiniani. Lo stesso <strong>Tertulliano</strong> può essere compreso solo alla luce <strong>di</strong> quanto<br />

sostenuto sino ad ora, sicché ad essere esaltato nella sua teologia è il <strong>di</strong>spositivo<br />

archeo – ontologico e politico, fondamentale per lo sviluppo della chiesa<br />

protocattolica. La sua svolta montanista, cui approdano le intransigenti posizioni<br />

moraliste da lui sostenute, rivelano, paradossalmente, l’impossibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>staccarsi<br />

proprio dal <strong>di</strong>spositivo escatologico. Scopo <strong>di</strong> questa tesi è analizzare il rapporto<br />

che <strong>Tertulliano</strong> instaura con la teoria valentiniana alla luce del meccanismo del<br />

doppio <strong>di</strong>spositivo. Utilizzando questa metodologia è possibile esaltare gli aspetti<br />

<strong>di</strong> questa appassionata controversia. È infatti in<strong>di</strong>spensabile osservare che se gli<br />

scritti neotestamentari sono soprattutto <strong>di</strong> carattere escatologico, la produzione del<br />

II secolo evidenzia una me<strong>di</strong>azione del kerygma originario. In questo periodo si<br />

assiste infatti ad una riduzione del potente messaggio cristiano. Tali riduzioni, che<br />

partono da prospettive assai <strong>di</strong>fferenti, me<strong>di</strong>ano eticamente, ontologicamente e<br />

legalisticamente il carismatico e l’escatologico. In particolare i padri apologeti<br />

iniziano a concepire la gratuità del dono in sostanziale continuità con l’Antico<br />

Testamento e il messaggio <strong>di</strong>rompente <strong>di</strong> Cristo viene riformulato culturalmente<br />

adattandolo alle categorie del mondo pagano per essere <strong>di</strong>ffuso rapidamente. Le<br />

risposte <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> e <strong>Valentino</strong>, seppur estremamente <strong>di</strong>fferenti l’una dall’altra,<br />

rappresentano al meglio questo delicato passaggio. Il pleroma valentiniano e la<br />

soluzione legalista <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> rispondono, <strong>di</strong>versamente, alla medesima<br />

necessità. Il fatto che la riduzione archeo – ontologica e politica <strong>di</strong> entrambe gli<br />

autori non elimini affatto la <strong>di</strong>pendenza dal kerygma primor<strong>di</strong>ale è la conclusione<br />

cui vuole approdare questa tesi. La necessità gnostica <strong>di</strong> utilizzare il <strong>di</strong>spositivo<br />

V<strong>III</strong><br />

archeo – ontologico non elimina affatto l’importanza del <strong>di</strong>spositivo escatologico.


La necessità <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, che dei Valentiniani è avversario <strong>di</strong>chiarato, <strong>di</strong><br />

utilizzare il <strong>di</strong>spositivo archeo - ontologico non elimina affatto il fondamento<br />

carismatico.<br />

IX


Capitolo primo<br />

La speculazione valentiniana<br />

10


1.1. Introduzione allo gnosticismo<br />

All’inizio dell’era cristiana e per tutti i due secoli precedenti la venuta <strong>di</strong><br />

Cristo, il mondo me<strong>di</strong>terraneo orientale è pervaso da un profondo fermento<br />

spirituale. La genesi stessa del cristianesimo e l’accoglienza del suo messaggio<br />

escatologico sono manifestazioni evidenti <strong>di</strong> tale agitazione. La crisi spirituale<br />

trovò la sua più ar<strong>di</strong>ta ed estrema rappresentazione nella moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> sètte<br />

gnostiche che iniziarono a svilupparsi e fiorire durante l’espansione cristiana.<br />

Ma cosa si intende per gnosticismo? Hans Jonas, uno dei maggiori stu<strong>di</strong>osi del<br />

movimento, nell’opera Lo gnosticismo definisce la gnosi in questi termini:<br />

“Il termine ‹‹gnosticismo›, che è stato assunto come termine collettivo per <strong>di</strong>segnare una<br />

molteplicità <strong>di</strong> dottrine settarie che sorsero all’interno o intorno al cristianesimo durante i primi<br />

due secoli della sua travagliata storia, deriva da gnosis, nome greco che significa ‹‹conoscenza››. Il<br />

significato <strong>di</strong> conoscenza nel senso <strong>di</strong> mezzo per raggiungere la salvezza o persino come forma<br />

della salvezza stessa, e la pretesa <strong>di</strong> possedere tale conoscenza nella propria formulazione<br />

dottrinale, sono caratteristiche comuni alle numerose sètte nella quali storicamente si espresse il<br />

movimento gnostico.” 3<br />

Una definizione <strong>di</strong> questo tipo spiega perché l’area gnostica possa essere<br />

ampliata o ridotta a seconda del criterio utilizzato. Allo stesso tempo è<br />

storicamente certo che i Padri della Chiesa considerarono lo gnosticismo come<br />

un’eresia cristiana. Da un lato essi si limitarono a confutare quelle posizioni<br />

dottrinarie, come il sistema valentiniano, che avevano adattato la figura del Cristo<br />

ad insegnamenti eterogenei precedenti, dall’altro cercarono <strong>di</strong> colpire quelle sètte,<br />

che avendo un comune fondamento giudaico potevano essere considerate come<br />

scomode competitrici. Il fatto che i Padri della Chiesa assimilarono da subito la<br />

portata del movimento gnostico alle eresie cristiane, non rende giustizia ad un<br />

movimento, che indubbiamente nasce sulla scia del cristianesimo, ma che in modo<br />

altrettanto evidente è frutto <strong>di</strong> un profondo processo <strong>di</strong> sincretismo religioso 4 .<br />

Gnosis significa conoscenza <strong>di</strong> Dio, <strong>di</strong> un Dio ra<strong>di</strong>calmente trascendente e non-<br />

conoscibile naturalmente. In questo senso la conoscenza gnostica è legata<br />

3 Hans Jonas, Lo gnosticismo, Società e<strong>di</strong>trice internazionale, Torino 1991. p. 52.<br />

4 Ivi, p. 53.<br />

11


all’esperienza escatologica della rivelazione, ora custo<strong>di</strong>ta nella dottrina sacra e<br />

segreta, grazie a cui viene tramandata; ma la conoscenza non è solo uno strumento<br />

teorico <strong>di</strong> trasmissione: è la stessa gnosi conoscitiva a mo<strong>di</strong>ficare la con<strong>di</strong>zione<br />

umana attuando la salvezza. In questo secondo senso la conoscenza ha anche, e<br />

soprattutto, funzione pratica perché essa stessa coincide con la salvezza 5 .<br />

Tuttavia è presente anche un rimando all’occidente greco come sarà<br />

evidenziato successivamente. Ciò che è stato qui sostenuto viene, ad esempio,<br />

colto anche da Spengler che, pur non occupandosi specificatamente <strong>di</strong><br />

gnosticismo, teorizza il singolare concetto <strong>di</strong> “pseudomorfismo”, secondo cui se<br />

un nuovo e <strong>di</strong>verso materiale cristallino viene ad occupare lo spazio - cavità - <strong>di</strong><br />

uno strato geologico costituito da cristalli <strong>di</strong>sintegrati, esso sarà inevitabilmente<br />

costretto a ricalcarne lo stampo e <strong>di</strong> conseguenza a prendere la forma del cristallo<br />

precede. In questo esempio il cristallo ormai <strong>di</strong>sintegrato che lascia la sua forma<br />

nello strato geologico è la tra<strong>di</strong>zione greca, mentre il nuovo cristallo formatosi<br />

nello stampo precedente è la nuova tra<strong>di</strong>zione orientale tipica del fermento<br />

spirituale dei primi due secoli d.C. 6 .<br />

È dunque evidente il sincretismo religioso su cui si innesta il principio<br />

gnostico. Da un lato esso è inseparabile dall’avvento escatologico del Cristo,<br />

dall’altro esso attinge al concetto <strong>di</strong> conoscenza mistica orientale pur rimanendo<br />

necessariamente incastrato all’interno dell’orizzonte ontologico greco. Ciò che qui<br />

deve essere evidenziato è la <strong>di</strong>pendenza della speculazione gnostica dal kerygma<br />

cristiano. Se è vero che lo gnosticismo utilizza parte del precedente “materiale<br />

filosofico” greco, è altrettanto vero che questa forma <strong>di</strong> conoscenza <strong>di</strong>pende e<br />

deve la sua origine al messaggio escatologico e carismatico. <strong>Valentino</strong> e i<br />

Valentiniani sono i più ar<strong>di</strong>ti sostenitori <strong>di</strong> questo meccanismo. Prima <strong>di</strong><br />

analizzare nello specifico il sistema valentiniano è opportuno definire meglio<br />

l’intreccio gnostico tra l’escatologia del kerygma e l’ontologizzazione “platonica”.<br />

Ciò è possibile esaminando il dualismo che caratterizza il grande mito<br />

valentiniano: se è vero che il sistema <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong> <strong>di</strong>pende maggiormente dalla<br />

tensione escatologica, il risultato dualistico cui approda è paradossalmente in<br />

5 Ivi. pp. 54 – 55.<br />

6 Ivi, p. 57.<br />

12


<strong>di</strong>saccordo con il monoteismo professato da Cristo, ma in continuità con<br />

l’eccedenza del dono. La teologia <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, nonostante <strong>di</strong>penda<br />

maggiormente dalla tensione archeo-ontologica, giunge al monoteismo in<br />

paradossale continuità con il kerygma primor<strong>di</strong>ale.<br />

Possiamo definire il dualismo come il “limite” teologico che <strong>di</strong>vide il<br />

protocattolicesimo dalle correnti gnostiche. Il primo utilizza il <strong>di</strong>spositivo archeo-<br />

ontologico per approdare all’escatologia monoteista, il secondo, al contrario,<br />

adopera il <strong>di</strong>spositivo escatologico-carismatico per giungere ad un dualismo<br />

ontoteologico.<br />

1.2. I tratti <strong>di</strong>stintivi della gnosi valentiniana<br />

<strong>Valentino</strong> nacque nel II secolo d.C. ; l’esatta data <strong>di</strong> nascita e il luogo<br />

rimangono assolutamente incerti. È possibile che <strong>Valentino</strong> sia nato o a Cartagine<br />

o a Phrebonis, in Egitto. Sappiamo però che si trasferì ad Alessandria d’Egitto che<br />

era un importante centro <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione della filosofia ellenistica neo e me<strong>di</strong>o<br />

platonica. Intorno al 140 – 160 d.C. soggiornò a Roma dove <strong>di</strong>venne <strong>di</strong>acono nel<br />

periodo dei pontificati <strong>di</strong> papa Ignino e Aniceto. Venne espulso dalla chiesa<br />

cattolica per la prima volta nel 143 sotto il pontificato <strong>di</strong> Pio I. Morì a Cipro<br />

probabilmente intorno al 165 d.C. dal momento che <strong>Tertulliano</strong> cita un’opera <strong>di</strong><br />

<strong>Valentino</strong> uscita post mortem e databile 175 d.C. circa. Che l’insegnamento <strong>di</strong><br />

<strong>Valentino</strong> si sia <strong>di</strong>ffuso durante il principato <strong>di</strong> Antonio Pio, che assunse l’impero<br />

nel 138, è attestato dalla notizia <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> nel De Praescriptione<br />

Haereticorum 7 . <strong>Valentino</strong> e la sua scuola rappresentano il culmine della<br />

speculazione gnosticismo del II secolo d.C. . Il tratto <strong>di</strong>stintivo <strong>di</strong> questa corrente<br />

gnostica è costituito dal tentativo <strong>di</strong> porre l’origine delle tenebre, e quin<strong>di</strong><br />

l’origine della frattura dualistica dell’essere, all’interno della <strong>di</strong>vinità stessa. Da<br />

questa frattura dualistica prende origine la trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong>vina, che avrà termine solo<br />

grazie al modello salvifico <strong>di</strong> cui si fanno portavoce i Valentiniani. Nella sua<br />

declinazione più ra<strong>di</strong>cale lo gnosticismo valentiniano si trova a dover affrontare la<br />

<strong>di</strong>fficile convivenza tra dualismo platonico e unicità della <strong>di</strong>vinità. Anche la<br />

nascita della materia va dunque spiegata in termini <strong>di</strong> storia <strong>di</strong>vina e, più<br />

7 <strong>Tertulliano</strong>, Contro gli eretici, Città Nuova E<strong>di</strong>trice, Roma 2002. p. 36.<br />

13


precisamente, in termini <strong>di</strong> errore o fallimento <strong>di</strong>vini. Proprio questo dualismo<br />

ra<strong>di</strong>cale è la minaccia più grande per la chiesa protocattolica. Il dualismo<br />

valentiniano, esattamente come quello marcionita, malgrado rappresentino<br />

un’esasperazione teologica <strong>di</strong> carattere ellenista del kerygma originario,<br />

testimoniano, paradossalmente, un tentativo <strong>di</strong> fedeltà ad alcuni dei temi<br />

neotestamentari. Negli gnostici il dualismo evidenzia l’eccedenza del dono <strong>di</strong>vino<br />

fino al punto che la stessa elezione <strong>di</strong>venta intimità ontologica con la <strong>di</strong>vinità.<br />

Da questo punto <strong>di</strong> vista la conoscenza assume uno stato ontologico <strong>di</strong> rilievo,<br />

che va molto oltre la semplice importanza morale. La conoscenza riceve nella<br />

dottrina valentiniana un fondamento metafisico tale da costituire l’unico e<br />

sufficiente veicolo <strong>di</strong> salvezza. La salvezza <strong>di</strong> ogni singola anima <strong>di</strong>viene così un<br />

evento cosmico garantito da una solida base metafisica. Per tale motivo ogni<br />

illuminazione in<strong>di</strong>viduale me<strong>di</strong>ante la conoscenza gnostica è in grado <strong>di</strong> annullare<br />

metafisicamente il prodotto materiale dell’ignoranza. L’integrazione dell’Io<br />

in<strong>di</strong>viduale nel regno <strong>di</strong>vino è quin<strong>di</strong> importante non solo per l’in<strong>di</strong>viduo che<br />

beneficia <strong>di</strong> tale assunzione, ma <strong>di</strong>viene emblematico <strong>di</strong> un processo cosmico <strong>di</strong><br />

reintegrazione della stessa sostanza <strong>di</strong>vina andata perduta ed inquinata dalla<br />

creazione materiale ad opera dell’ignoranza 8 .<br />

Con la pretesa che la propria speculazione fornisca le basi per la conoscenza<br />

mistica in<strong>di</strong>spensabile per raggiungere la salvezza, i Valentiniani, come ci<br />

tramanda Ireneo, potevano, respingendo tutto il rituale misterioso e sacramentale<br />

cattolico, affermare:<br />

“Non si deve compiere il mistero del potere ineffabile e invisibile per mezzo delle cose visibili<br />

e corruttibili della creazione, né quello degli esseri impensabili e immateriali per mezzo delle cose<br />

sensibili e corporee. La salvezza perfetta è la conoscenza stessa dell’ineffabile grandezza: perché<br />

essendo venuti attraverso l’Ignoranza, il Difetto e la Passione, tutto il sistema generato<br />

dall’Ignoranza è <strong>di</strong>ssolto dalla conoscenza. […] per mezzo della conoscenza l’uomo interiore,<br />

spirituale, è salvato perciò a noi è sufficiente la conoscenza dell’essere universale questa è la vera<br />

salvezza.” 9<br />

8 Ivi, pp. 191-192.<br />

9 Ibidem.<br />

14


Questa è la grande ‹‹equazione pneumatica›› del pensiero valentiniano:<br />

l’evento umano in<strong>di</strong>viduale della conoscenza salvifica è l’equivalente opposto<br />

dell’evento pre-cosmico dell’ignoranza <strong>di</strong>vina, e nel suo effetto redentivo<br />

appartiene intimamente al medesimo or<strong>di</strong>ne ontologico.<br />

Appare dunque chiaro che i due punti essenziali della gnosi <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong><br />

corrispondono al duplice obiettivo della speculazione valentiniana : da una parte<br />

quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare il motivo intrinseco, assolutamente interno, della tragica<br />

degenerazione <strong>di</strong>vina senza introdurre alcun agente esterno, dall’altra parte <strong>di</strong><br />

giustificare la gnosi stessa come conoscenza elettiva destinata solo a coloro che<br />

sono ontologicamente spirituali. Malgrado l’imponente mitizzazione speculativa, i<br />

due aspetti ora evidenziati appaiono in paradossale continuità con l’annuncio <strong>di</strong><br />

grazia. Per ciò che concerne la trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong>vina i Valentiniani traducono in eoni,<br />

trascendenti, decaduti, rivelati, assunti, la dottrina della giustificazione. Rispetto il<br />

secondo punto il mito valentiniano è ancor più ra<strong>di</strong>cale. Il dono <strong>di</strong> grazia subisce<br />

un processo <strong>di</strong> ontologizzazione tale che l’evento gratuito <strong>di</strong>viene eterno. L’uomo<br />

spirituale, in quanto fatto della stessa sostanza trascendente del Padre e del Figlio,<br />

è naturalmente graziato, eletto e redento.<br />

Prima <strong>di</strong> analizzare in dettaglio il sistema valentiniano è però opportuno fare<br />

almeno due precisazioni essenziali per contestualizzare lo gnosticismo<br />

valentiniano. È fondamentale ricordare che <strong>Valentino</strong> è l’unico degli Gnostici che<br />

ebbe tutta una serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>scepoli conosciuti per nome, tra cui i più noti sono<br />

Tolomeo, Eracleone e Marco. Lo sviluppo <strong>di</strong> una vera e propria scuola <strong>di</strong><br />

formazione valentiniana è confermata sia da Ireneo che da <strong>Tertulliano</strong> che parlano<br />

appunto <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong> e dei ‹‹Valentiniani››. Tolomeo, Eracleone e Marco furono<br />

effettivamente dei capiscuola ed insegnarono le loro versioni della dottrina<br />

valentiniana. La <strong>di</strong>vergenza, ed in alcuni casi la <strong>di</strong>scordanza, dalla dottrina<br />

valentiniana <strong>di</strong>mostrata dai capiscuola successivi è <strong>di</strong> fatto connaturata ed insita<br />

nel metodo speculativo adottato da <strong>Valentino</strong> stesso. Gli sviluppi continuamente<br />

<strong>di</strong>fferenti della dottrina originaria sono tali che le poche fonti <strong>di</strong>rette ed in<strong>di</strong>rette<br />

<strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sponiamo, altro non sono che molteplici rielaborazioni e versioni della<br />

seconda generazione valentiniana. Ad esempio, solo della dottrina <strong>di</strong> Pleroma<br />

sono <strong>di</strong>sponibili almeno sette versioni riportate o riferite da Ireneo, Ippolito,<br />

15


Epifanio e Teodoro. Proprio Ireneo ironicamente nota che: ‹‹Ogni giorno ciascuno<br />

<strong>di</strong> loro inventa qualche cosa <strong>di</strong> nuovo, e nessuno è considerato perfetto se non è<br />

produttivo in tal senso›› 10 .<br />

Questo problema porta alla seconda precisazione in<strong>di</strong>spensabile prima <strong>di</strong><br />

introdurre il sistema valentiniano. La sovrabbondanza <strong>di</strong> versioni della medesima<br />

teoria implica anche l’estrema problematicità a rintracciare le fonti che si rifanno<br />

alla versione originale ed autentica <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>. La dottrina e il nome <strong>di</strong><br />

<strong>Valentino</strong> compaiono in molteplici testimonianze dell’epoca come nell’Apocrifo<br />

<strong>di</strong> Giovanni o nel Vangelo della Verità, che secondo alcuni stu<strong>di</strong>osi è stato redatto<br />

proprio da <strong>Valentino</strong>. È però opportuno riferirsi soprattutto all’opera critica <strong>di</strong><br />

Ireneo <strong>di</strong> Lione, uno dei principali Padri della Chiesa 11 . Ireneo nasce a Smirne nel<br />

130 d.C. e muore a Lione nel 202 d.C. . La sua opera principale è l’ Adversus<br />

haereses, “Contro le eresie”, in cui il Vescovo <strong>di</strong> Lione sviluppa un’approfon<strong>di</strong>ta<br />

critica allo gnosticismo valentiniano, confutando, ad esempio, l’esistenza <strong>di</strong> due<br />

Cristi, uno <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>vina e l’altro <strong>di</strong> natura umana, il possesso ontologico della<br />

Salvezza e riaffermando l’unicità <strong>di</strong> Dio e la finitezza delle sue creature.<br />

Il delirio del mito gnostico viene combattuto a favore dell’armonia tra Grazia e<br />

Legge, tra fede e libertà razionale e responsabile. Nel corso <strong>di</strong> tutta l’opera è<br />

chiaro l’intento <strong>di</strong> arginare il pericolo gnostico che, nel II secolo d.C. ,<br />

rappresentava una concreta minaccia per le comunità protocattoliche. La<br />

speculazione valentiniana era emblematica del rischio spirituale che poteva<br />

portare un’eresia con un impianto dottrinale solido e ben articolato, capace <strong>di</strong><br />

affascinare molti cristiani. La confutazione messa in atto da Ireneo cerca <strong>di</strong> colpire<br />

lo gnosticismo sul terreno delle Sacre Scritture e della teologia. Questo aspetto è<br />

fondamentale perché proprio la ra<strong>di</strong>cale polemica <strong>di</strong> Ireneo sui temi teologici ha<br />

permesso alla dottrina <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong> <strong>di</strong> arrivare quasi intatta sino ai giorni nostri.<br />

Successivamente anche <strong>Tertulliano</strong>, che attinge a piene mani dall’ Adversus<br />

haereses per conoscere la gnosi valentiniana, finisce per contrastare e contestare<br />

<strong>Valentino</strong> sui medesimi temi teologici trattati da Ireneo anche se, come vedremo<br />

approfon<strong>di</strong>tamente in seguito, in modo profondamente <strong>di</strong>verso. Per analizzare la<br />

10 Ivi, pp. 194 -195.<br />

11 Ibidem.<br />

16


speculazione valentiniana è quin<strong>di</strong> preferibile rimanere fedeli alla ricostruzione <strong>di</strong><br />

Ireneo.<br />

1.3. Il sistema valentiniano<br />

I misteri ancestrali dei primor<strong>di</strong> vengono introdotti da queste parole solenni:<br />

‹‹Lo spirito in<strong>di</strong>struttibile saluta gli in<strong>di</strong>struttibili! A voi svelo segreti senza nome,<br />

ineffabili, sopracelesti, che non possono essere compresi […] dagli esseri<br />

inferiori›› 12 . Già dall’inizio è palese l’aura misteriosa ed esoterica che caratterizza<br />

la produzione gnostica dei Valentiniani. In che cosa consiste questa dottrina<br />

assolutamente elitaria e segreta?<br />

Nelle altezze invisibili e senza nome c’è un perfetto Eone preesistente. Questo<br />

viene definito con molteplici nomi: Pre – principio, Progenitore, Padre. Questo<br />

Eone conserva molti dei tratti dell’Uno teorizzato da Plotino nelle Ennea<strong>di</strong>.<br />

Questo eterno Eone, assolutamente unico, incorruttibile, totalmente trascendente e<br />

sussistente per sé stesso, ovvero non generato da nessun altro Eone. <strong>Valentino</strong><br />

chiama questo principio primo Bythos (dal greco Βυθός), Abisso. Nessuno può<br />

comprenderlo e per innumerevoli eternità rimane nel più profondo riposo. Con lui,<br />

e più precisamente dentro <strong>di</strong> lui, è presente un’Ennoia chiamata a seconda delle<br />

versioni Grazia o Silenzio (dal greco Σιγὴν). Per i Valentiniani si tratterebbe del<br />

principio femminile interno alla sostanza primor<strong>di</strong>ale. È altamente probabile che<br />

l’Ennoia come principio femminile sia introdotto da <strong>Valentino</strong> per giustificare la<br />

successiva generazione degli Eoni. D’altro canto il fatto <strong>di</strong> inserire un principio<br />

femminile all’interno <strong>di</strong> Bythos garantisce l’assoluta unicità del pre – principio<br />

senza far venir meno l’assoluta e perfetta compattezza dell’essere 13 . Dall’altra,<br />

come vedremo successivamente, è proprio la generazione <strong>di</strong> Abisso e Silenzio a<br />

produrre la frattura dualistica tra Pleroma e mondo esterno.<br />

Bythos -Abisso-, ormai stanco <strong>di</strong> non poter essere ammirato se non da sé<br />

stesso, pensò <strong>di</strong> proiettare fuori <strong>di</strong> sé tutte le cose, che vennero gettate sottoforma<br />

<strong>di</strong> seme nel grembo <strong>di</strong> Silenzio. Essa concepì e generò Nous, la mente (in greco<br />

nous è emblematico del principio maschile): l’unico Eone in tutto simile ed eguale<br />

12 Hans Jonas, Lo gnosticismo, Società e<strong>di</strong>trice internazionale, Torino 1991. pp. 195 – 196.<br />

13 Ibidem.<br />

17


al Padre, nonché il solo a comprendere la sua assoluta grandezza. Insieme a Nous<br />

venne generata anche Aletheia, Verità, rappresentativa del secondo principio<br />

femminile. Abisso e Silenzio, Mente e Verità costituiscono la prima Tetrade<br />

fondamentale del Pleroma o regno <strong>di</strong>vino.<br />

Nous, comprendendo imme<strong>di</strong>atamente il proposito con cui era stato generato,<br />

assieme ad Aletheia originò una terza coppia <strong>di</strong> Eoni: Logos e Vita,<br />

rispettivamente padre <strong>di</strong> tutte le cose venute dopo <strong>di</strong> lui e forma – madre <strong>di</strong> tutto il<br />

Pleroma 14 . Da loro <strong>di</strong>scende un’altra sizigia o coppia <strong>di</strong> Eoni: l’Uomo e la Chiesa.<br />

Tutti insieme costituiscono la prima Ogdoade originaria. Questi Eoni, prodotti per<br />

la gloria del Padre, vollero, a loro volta, celebrarlo con proprie creazioni ed<br />

emanazioni. Da Logos e Vita si generarono altri <strong>di</strong>eci Eoni supplementari, mentre<br />

da uomo e Chiesa <strong>di</strong>scesero do<strong>di</strong>ci Eoni, cosicché la somma complessiva <strong>di</strong> questi<br />

con l’Ogdoade , costituisce una famiglia perfetta <strong>di</strong> trenta Eoni sud<strong>di</strong>visi in<br />

quin<strong>di</strong>ci coppie. La pienezza della perfezione <strong>di</strong>vina è così compiuta ed il Pleroma<br />

definitivamente costituito.<br />

Tralasciando i particolari <strong>di</strong> questo processo generativo è qui importante<br />

sottolineare almeno un punto fondamentale che costituisce la base della<br />

successiva crisi del Pleroma. Il primo decisivo aspetto è che il Pleroma, pur<br />

rappresentando la perfezione del regno <strong>di</strong>vino non deve essere concepito ed<br />

interpretato come un insieme omogeneo; piuttosto, esso è definito e costituito da<br />

una molteplicità totalmente <strong>di</strong>spiegata <strong>di</strong> caratteristiche <strong>di</strong>vine, or<strong>di</strong>nate<br />

gerarchicamente dal grado più alto a quello più basso 15 . Solo L’Unigenito Nous<br />

ha la capacità <strong>di</strong> esplorare la grandezza del Padre, essendo <strong>di</strong>rettamente generato<br />

da lui. Per tutti gli altri Eoni, Abisso rimane assolutamente invisibile e<br />

incomprensibile. Tutti gli Eoni sanno dell’esistenza <strong>di</strong> Abisso, ma solo Nous ha la<br />

possibilità <strong>di</strong> ammirarlo completamente. Ai restanti Eoni non è concessa questa<br />

possibilità.<br />

Proprio in virtù <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>fferenza conoscitiva Nous desidera comunicare la<br />

grandezza del Padre anche ai livelli inferiori della gerarchia, ma viene<br />

prontamente zittito da Silenzio per volontà stessa <strong>di</strong> Abisso, che vuole condurli<br />

14 Ivi, p. 197.<br />

15 Ibidem.<br />

18


alla conoscenza me<strong>di</strong>ante un processo <strong>di</strong> ricerca. Così facendo gli Eoni<br />

desiderano ardentemente <strong>di</strong> poterlo conoscere e <strong>di</strong> rintracciare finalmente la ra<strong>di</strong>ce<br />

senza principio.<br />

“In verità il Tutto era alla ricerca <strong>di</strong> Colui dal quale essi provenivano. Ma il tutto era in Lui,<br />

quell’Uno Incomprensibile, Inconcepibile, che è superiore ad ogni pensiero.” 16<br />

Proprio nell’ardente desiderio <strong>di</strong> una conoscenza inaccessibile risiede il<br />

principio della crisi del Pleroma. La sua perfezione deriva dall’armonia<br />

dell’or<strong>di</strong>ne gerarchico in cui ogni parte osserva scrupolosamente i propri limiti. Il<br />

desiderio e la passione, sviluppatesi nelle vette più alte della gerarchia, prossime<br />

al Nous, <strong>di</strong>scesero fino a penetrare Sophia, l’ultima Ennoia generata nel Pleroma.<br />

Sophia impazzì completamente, in apparenza per amor <strong>di</strong> conoscenza, ma in<br />

verità per la folle presunzione <strong>di</strong> superare i propri limiti nel tentativo <strong>di</strong> conoscere<br />

l’essenza. La passione coincide dunque con la ricerca angosciosa del Padre.<br />

Tuttavia Sophia fallì in questo tentativo estremo cadendo in <strong>di</strong>sgrazia ed in<br />

agonia. Essendo penetrata per brama <strong>di</strong> conoscenza nelle profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> Abisso,<br />

Sophia avrebbe corso il rischio <strong>di</strong> essere completamente assorbita nell’essere<br />

generale. Per salvare Sophia e la stabilità del Pleroma intervenne Horos, il Limite.<br />

Il Limite trattenne Sophia, riportandola in sé, convincendola dell’inconoscibilità<br />

del Padre.<br />

La passione e il successivo ristabilimento <strong>di</strong> Sophia si concretizzano in un<br />

effetto che si estende anche al <strong>di</strong> fuori del Pleroma. L’entità informe, che ha fatto<br />

nascere nell’impossibile tentativo <strong>di</strong> cogliere il Padre è l’oggettivazione della sua<br />

componente passionale. Alla vista <strong>di</strong> questa sua morbosa creazione, Sophia è<br />

scossa da <strong>di</strong>verse emozioni: angoscia, paura, sorpresa, pentimento. Anche queste<br />

emozioni, chiaramente dannose per l’equilibrio del Pleroma, vengono incorporate<br />

nell’uniformità ed espulse oltre il Limite del Pleroma 17 .<br />

La prima Sophia viene così definitivamente purificata e consolidata dal Limite<br />

all’interno del regno <strong>di</strong>vino. La sua intenzione e le sue emozioni, una volta<br />

16 Ivi, p. 198.<br />

17 Ivi, p. 199.<br />

19


<strong>di</strong>venute effettive, non possono essere annullate in quanto prodotto <strong>di</strong>vino. In tal<br />

modo viene a generarsi una seconda Sophia, inferiore perché cacciata fuori dalla<br />

perfezione del Pleroma dal Limite. Questo complesso intreccio espulso e separato<br />

è una sostanza spirituale ipostatizzata che rimane tuttavia priva <strong>di</strong> forma essendo<br />

‹‹un aborto prodotto senza concepimento›› 18 .<br />

Come è stato precedentemente espresso l’importanza della speculazione<br />

valentiniana risiede soprattutto nella portata dualistica delle sue tesi. È dunque<br />

opportuno considerare con estrema cura l’importanza <strong>di</strong> Horos, il Limite, e del<br />

suo meccanismo dualistico che segue l’acca<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> Sophia.<br />

Dall’analisi del dramma <strong>di</strong>vino e del potenziale crollo del sistema del Pleroma,<br />

appare evidente la doppia funzione <strong>di</strong> Limite: una stabilizzante, l’altra separatrice.<br />

Nel primo caso Horos è chiamato Croce, nel secondo Limite. Le due funzioni<br />

sono esercitate anche in due luoghi <strong>di</strong>fferenti del sistema valentiniano. La Croce è<br />

il limite che <strong>di</strong>vide Abisso dal resto degli Eoni. La Croce delimita l’ingenerato dal<br />

generato e mantiene gli Eoni separati dall’essenza in cui potrebbero rischiare <strong>di</strong><br />

perdersi. È qui che la Croce incontra Sophia nel cieco e <strong>di</strong>sperato tentativo <strong>di</strong><br />

conoscere Abisso ed è qui che Sophia viene ricondotta al livello gerarchico che le<br />

spetta. Horos è però anche il Limite che separa e tutela il Pleroma da quello che<br />

esiste all’esterno, cioè la sostanza passionale espulsa per salvaguardare il regno<br />

<strong>di</strong>vino dal rientro <strong>di</strong> un’eventuale perturbazione esterna. Come vedremo in<br />

seguito, con il procedere del dramma <strong>di</strong>vino il Limite acquisisce anche la funzione<br />

<strong>di</strong> confine tra Pleroma e Cosmo. Non è comunque casuale che Horos faccia la sua<br />

comparsa solo dopo la vicenda <strong>di</strong> Sophia 19 . È anzi proprio a causa <strong>di</strong> questa<br />

anomalia che si rileva un cambiamento decisivo avvenuto nell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>vino<br />

introducendo la funzione del Limite.<br />

“Il Pleroma non possiede più la sua integrità semplicemente e senza contrasto, ma soltanto in<br />

opposizione ad una negatività posta all’esterno. Tale negatività è il residuo <strong>di</strong> una perturbazione<br />

18 Ibidem.<br />

19 Ivi, p. 200.<br />

20


che attraverso la conversione della Sophia e la separazione che ha implicato, si è ipostatizzata<br />

come regno positivo a sé.” 20<br />

Per tale motivo il Limite non era concepito nella creazione originaria del<br />

pleroma, ma si è reso necessario come principio <strong>di</strong> consolidamento<br />

successivamente alla crisi <strong>di</strong>vina. La necessità del Limite è quin<strong>di</strong> l’ennesima<br />

ra<strong>di</strong>calizzazione del dualismo che caratterizza l’intero sistema valentiniano ben<br />

prima della comparsa <strong>di</strong> Horos.<br />

L’ignoranza che generò Sophia all’interno del Pleroma, nonché la produzione,<br />

anche se espulsa, della materia informe, preoccupava gli Eoni che rimproveravano<br />

costantemente Sophia per il suo sbaglio. Per ristabilire l’armonia spirituale<br />

all’interno della famiglia <strong>di</strong>vina, gli Eoni pregano il Padre <strong>di</strong> creare un’altra<br />

coppia formata da Cristo e da Spirito Santo. Questa ulteriore coppia ha duplice<br />

funzione: da un lato quella <strong>di</strong> completare la missione del Limite ristabilendo una<br />

vera serenità all’interno del Pleroma, dall’altro quello <strong>di</strong> prendersi cura del<br />

residuo informe che, nonostante sia esterno al limite, preoccupava gli Eoni. Cristo<br />

è quin<strong>di</strong> l’unico Eone che ha una missione sia interna al Pleroma sia esterna,<br />

all’estremo confine del limite. All’interno ristabilisce la serenità richiesta dagli<br />

Eoni, all’esterno è chiamato a dare forma all’informe. Per prima cosa Cristo<br />

illumina gli Eoni sull’inconoscibilità del Padre. Cristo dona loro la gnosi,<br />

or<strong>di</strong>nandoli così nei ranghi loro inizialmente assegnati, <strong>di</strong> modo che la<br />

consapevolezza dell’unità spirituale e la comprensione delle loro <strong>di</strong>versità non<br />

permetta il sorgere <strong>di</strong> aspirazioni in<strong>di</strong>viduali 21 .<br />

Quale frutto <strong>di</strong> questa unione e della riacquisita consapevolezza, gli Eoni, tutti<br />

insieme danno vita ad un prodotto <strong>di</strong>vino ad<strong>di</strong>zionale, non in coppia: Gesù, nel<br />

quale è simbolizzata l’unità riconquistata. Questo nuovo e solitario Eone deve:<br />

“[…]portare nella sua persona la Pienezza al <strong>di</strong> fuori nel Vuoto, in cui il residuo della<br />

perturbazione passata, nel frattempo formato da Cristo, attende ancora la salvezza.” 22<br />

20 Ibidem.<br />

21 Ivi, p. 201.<br />

22 Ibidem.<br />

21


Infatti, inizialmente è Cristo che si prende cura della sostanza residuale ed<br />

informe. Per ristabilire la pace nel Pleroma egli è necessariamente costretto ad<br />

operare anche sulla ‹‹triste con<strong>di</strong>zione dell’aborto e l’angoscia della sua colpevole<br />

madre››. L’intenzione e il desiderio <strong>di</strong> Sophia, ormai espulsi dal Pleroma e<br />

separati da esso, <strong>di</strong>ventano un nuovo essere personale e ugualmente <strong>di</strong>vino:<br />

Sophia inferiore o Achamoth.<br />

Cristo, <strong>di</strong>steso sulla Croce (limite esterno del Pleroma), per mezzo del potere<br />

<strong>di</strong>vino impartisce a questa sostanza una forma. L’operazione così svolta porta alla<br />

creazione <strong>di</strong> una sostanzialità, ma non vi è ancora traccia né <strong>di</strong> conoscenza né <strong>di</strong><br />

un cosmo formato ed organizzato. Cristo, dopo aver svolto questo compito, torna<br />

infatti nel Pleroma lasciando viva in Achamoth la consapevolezza della sua<br />

separazione dal regno <strong>di</strong>vino e il desiderio in lei ardente <strong>di</strong> raggiungerlo.<br />

Cristo, una volta svolto il suo compito, non deve più abbandonare il posto<br />

all’interno della gerarchia <strong>di</strong>vina e visto che l’imperfetta Achamoth non può<br />

<strong>di</strong>venire perfetta se non tramite un permanente accoppiamento spirituale, la sua<br />

formazione sul limite esterno della Croce, rappresenta tutto quello che Cristo può<br />

fare per lei.<br />

Divenuta cosciente per mezzo della formazione <strong>di</strong> Cristo, Sophia inferiore -<br />

Achamoth - si mette <strong>di</strong>speratamente alla ricerca della luce perduta che non può<br />

raggiungere, perché il Limite le impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> entrare nel Pleroma. Achamoth è<br />

quin<strong>di</strong> costretta a rimanere nell’oscurità esterna in preda a tutte le sofferenze<br />

esistenti. Sophia inferiore - Achamoth -, malgrado si trovi all’esterno del perfetto<br />

regno spirituale, ripete, al suo livello, la scala <strong>di</strong> emozioni che sua madre provò<br />

all’interno del Pleroma, con l’importante <strong>di</strong>fferenza che ora ‹‹tali passioni<br />

assumono la forma <strong>di</strong> stati definitivi <strong>di</strong> essere e come tali possono <strong>di</strong>ventare la<br />

sostanza del mondo›› 23 . La generazione del mondo avviene dunque per una<br />

soli<strong>di</strong>ficazione psichico – materiale delle emozioni provate da Sophia inferiore.<br />

Questo punto del dramma <strong>di</strong>vino è forse uno dei più <strong>di</strong>battuti anche all’interno<br />

della sètta valentiniana:<br />

23 Ivi, p. 203.<br />

22


“Quanto questo punto fosse fondamentale nella speculazione dei Valentiniani è <strong>di</strong>mostrato<br />

dalla considerazione del numero <strong>di</strong> varianti in cui la scala <strong>di</strong> passioni è stata sviluppata e dai<br />

rispettivi corrispondenti assegnati a ciascuna <strong>di</strong> esse in termini <strong>di</strong> ‹‹sostanza››. Il fatto stesso che la<br />

correlazione tra emozioni ed elementi non è stata fissata nei particolari ma varia da autore ad<br />

autore, e forse anche nel pensiero <strong>di</strong> un medesimo autore, mostra quanto si sia a più riprese<br />

me<strong>di</strong>tato su tale soggetto.” 24<br />

Dopo che Sophia inferiore ha provato tutte le passioni, supplichevole cerca la<br />

luce <strong>di</strong> Cristo. Questo, impossibilitato ad abbandonare nuovamente il Pleroma, si<br />

accorda con gli altri Eoni per mandare Gesù come consorte della Sophia esteriore,<br />

per curarla dalle passioni e <strong>di</strong>ssuaderla dalla folle ricerca del Cristo. Con lui<br />

<strong>di</strong>scendono anche gli angeli, emanati da Gesù come scorta <strong>di</strong>vina nella <strong>di</strong>scesa<br />

verso l’esterno. Passato il Limite, Gesù incontra Sophia inferiore -Achamoth -<br />

<strong>di</strong>sperata nelle quattro primitive passioni: il timore, l’angoscia, la confusione e la<br />

supplica. Gesù cura Achamoth donandole la gnosi, la conoscenza, separando da<br />

lei le passioni, senza commettere l’errore <strong>di</strong> Cristo, abbandonando le emozioni a<br />

loro stesse come era avvenuto precedentemente nella vicenda <strong>di</strong> Sophia superiore.<br />

Le passioni, che non possono essere annullate in quanto prodotto effettivo della<br />

<strong>di</strong>vinità inferiore, vengono soli<strong>di</strong>ficate da Gesù in sostanze in<strong>di</strong>pendenti.<br />

Con l’avvento <strong>di</strong> Gesù il meccanismo dualistico che sottostà alla struttura<br />

valentiniana viene ad<strong>di</strong>rittura ra<strong>di</strong>calizzato. L’apparizione del Salvatore da un lato<br />

permette la liberazione <strong>di</strong> Sophia inferiore -Achamoth- dalle sue sofferenze,<br />

dall’altra si erige a fondamento <strong>di</strong> tutte le cose esterne. Gesù rende possibile ‹‹in<br />

potenza›› la susseguente creazione demiurgica. Da affezioni incorporee<br />

abbandonate da Cristo, Gesù trasforma le passioni in materia, impartendo loro la<br />

capacità <strong>di</strong> entrare in composizione formando i corpi 25 . Questa<br />

“materializzazione” della sostanza incorporea espulsa avviene secondo due<br />

<strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>rettrici: da un lato si forma una sostanza maligna, proveniente dalle<br />

passioni, dall’altro viene generata una seconda sostanza, benigna, derivante dal<br />

processo <strong>di</strong> conversione e preghiera.<br />

24 Ibidem.<br />

25 Ivi, p. 205.<br />

23


Dall’unione <strong>di</strong> Achamoth, ormai purificata, e Gesù origina un nuovo frutto<br />

spirituale a loro somiglianza da cui deriva l’elemento pneumatico nel mondo<br />

inferiore.<br />

Come abbiamo già notato esiste una forte correlazione tra passioni <strong>di</strong>vine e<br />

generazione elementare. Generalmente i Valentiniani concordano che dalla<br />

conversione si genera l’anima del mondo, il Demiurgo e tutto ciò che <strong>di</strong> psichico<br />

esiste in natura. Dalle passioni derivano, in gra<strong>di</strong> e misure <strong>di</strong>fferenti a seconda<br />

delle versioni, tutti gli elementi materiali del cosmo. In conclusione è possibile<br />

constatare che dall’esperienza <strong>di</strong> Sophia inferiore prendono origine tre tipi <strong>di</strong><br />

essenze: dalla passione deriva la materia, dalla conversione l’anima e dall’avvento<br />

del Salvatore Gesù lo pneuma. Quest’ultima essenza non può essere quin<strong>di</strong><br />

soggetta ad alcun processo generativo da parte <strong>di</strong> Sophia inferiore, dal momento<br />

che deriva dalla <strong>di</strong>scesa dell’Eone Gesù nello spazio extra – pleromatico. Perciò<br />

Sophia si impegna a formare solo l’essenza psichica, prodotta nell’atto della sua<br />

conversione.<br />

Come è stato precedentemente osservato da Sophia inferiore -Achamoth- non<br />

deriva solo l’essenza psichica, ma anche il Demiurgo, padre e re <strong>di</strong> tutte le cose<br />

psichiche e materiali. È infatti il Demiurgo ad aver creato il cosmo, guidato, pur<br />

non sapendolo, dalla madre Sophia. Il Demiurgo crea sette cieli al <strong>di</strong> sopra dei<br />

quali egli risiede. In questo senso il Demiurgo viene definito dai Valentiniani<br />

anche come il ‹‹Luogo del mezzo›› 26 in quanto si trova in una posizione<br />

interme<strong>di</strong>a tra la Sophia inferiore e il mondo terreno da lui formato. Risulta qui<br />

doveroso ricordare che in altre versioni valentiniane ‹‹Luogo del mezzo›› sta ad<br />

in<strong>di</strong>care la posizione interme<strong>di</strong>a della Sophia inferiore situata tra il Pleroma, da<br />

cui è tenuta fuori, e il Demiurgo, suo figlio e re delle cose materiali.<br />

Il Demiurgo valentiniano conserva quasi tutti i tratti del ‹‹Dio del mondo››<br />

delle altre sètte gnostiche. Egli è assolutamente ignorante nel senso che ignora<br />

completamente non solo l’esistenza del Pleroma, ma ad<strong>di</strong>rittura l’esistenza della<br />

Sophia inferiore, sua madre. L’ignoranza del Demiurgo viene però enfatizzata dai<br />

Valentiniani anche sotto un altro aspetto: la creazione del Demiurgo non è frutto<br />

<strong>di</strong> una qualche forma <strong>di</strong> conoscenza, anzi egli è assolutamente inconsapevole <strong>di</strong><br />

26 Ivi, p. 206.<br />

24


tutto quanto. Il Demiurgo che qui viene descritto è assolutamente ‹‹pazzo, e non<br />

sa quello che fa e quello che produce›› 27 .<br />

Proprio sulla sua estrema ignoranza poggia la seconda caratteristica che il<br />

Demiurgo valentiniano con<strong>di</strong>vide con le altre interpretazioni gnostiche: l’orgoglio<br />

e la presunzione <strong>di</strong> essere l’unico e supremo Dio. Però, necessitando <strong>di</strong> una<br />

correzione rivelativa, il Demiurgo viene illuminato dalla gnosi grazie<br />

all’intervento della madre e tramite la sua conoscenza viene portato alla scoperta e<br />

alla consapevolezza <strong>di</strong> ciò che c’è ed è sopra <strong>di</strong> lui. Tuttavia il Demiurgo conserva<br />

per sé il mistero del Padre e degli Eoni del Pleroma non comunicandolo ai suoi<br />

profeti. Se ciò avviene per decisione <strong>di</strong> Sophia inferiore o meno non è specificato<br />

in nessuna delle fonti, tanto che anche Ireneo rimane dubbioso nell’analisi <strong>di</strong><br />

questo punto. Quel che risulta evidente è che Sophia inferiore deve per questo<br />

motivo ricorrere ad un agente esterno al mondo e della sua stessa specie <strong>di</strong>vina.<br />

Come nel caso del limite, anche qui è presente la necessità <strong>di</strong> una creazione ad<br />

hoc per la risoluzione della trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong>vina. L’incarnazione degli Eoni <strong>di</strong> Cristo e<br />

<strong>di</strong> Gesù porta alla creazione demiurgica del Gesù storico 28 . Prima <strong>di</strong> analizzare la<br />

funzione del Gesù storico all’interno del processo salvifico che pone fine alla<br />

trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong>vina, è opportuno soffermarsi su alcuni aspetti del sistema valentiniano<br />

circa la generazione del cosmo e il Demiurgo.<br />

La creazione del mondo ad opera del Demiurgo introduce il grosso problema se<br />

vi sia o meno un’esposizione platonica celata <strong>di</strong>etro l’impianto gnostico. Il fatto<br />

che lo gnosticismo utilizzi, al pari dei Padri della Chiesa, gli strumenti filosofici<br />

offerti dal patrimonio greco, non implica affatto che questo riutilizzo coincida tout<br />

court con l’idea greca a cui si riferisce. È plausibile che <strong>Valentino</strong> conosca il<br />

sistema filosofico platonico ed è altrettanto plausibile che da esso ne tragga<br />

ispirazione. Rimane comunque evidente come pur ispirandosi a Platone, il<br />

Demiurgo valentiniano sia profondamente <strong>di</strong>verso dal corrispettivo platonico per<br />

scopo, natura e rilevanza. Su quest’aspetto risulta fondamentale l’analisi critica <strong>di</strong><br />

Ireneo che cerca <strong>di</strong> affrontare la delicata questione del rapporto tra Platone e<br />

<strong>Valentino</strong>:<br />

27 Ivi, p. 207.<br />

28 Ibidem.<br />

25


“Quando il Demiurgo volle inoltre imitare anche la natura senza limiti, esterna, infinita e senza<br />

tempo dell’Ogdoade superiore (gli otto Eoni originari del Pleroma), ma non poteva esprimere la<br />

loro immutabile eternità, essendo egli stesso un prodotto dell’imperfezione, incarnò la loro eternità<br />

in tempi, epoche e gran numero <strong>di</strong> anni, nell’illusione che con la quantità <strong>di</strong> tempi avrebbe potuto<br />

rappresentare la loro infinità. Così gli sfuggì la verità e seguì la falsità. Perciò la sua opera passerà<br />

quando i tempi saranno compiuti.” 29<br />

Il problema temporale espresso in questo passo rimanda con tutta evidenza al<br />

ben più celebre brano del Timeo <strong>di</strong> Platone dove il filosofo ateniese descrive la<br />

creazione del tempo come ‹‹l’immagine mutevole dell’eternità›› 30 . Il fatto che lo<br />

gnosticismo si formi in quel vuoto lasciato dalla tra<strong>di</strong>zione greca non deve<br />

ingannare sulla profonda <strong>di</strong>fferenza che <strong>di</strong>stingue la struttura gnostica da quella<br />

platonica. Lo spirito dell’imitazione valentiniana è assolutamente <strong>di</strong>ssimile<br />

dall’originale platonico sia per struttura che per fine. Se il rimando al Timeo è<br />

infatti evidente, sono altrettanti i punti <strong>di</strong> estrema <strong>di</strong>versità. Il Demiurgo platonico<br />

è assolutamente consapevole, re del mondo e del cosmo mentre il corrispettivo<br />

valentiniano si trova in una posizione me<strong>di</strong>ana tra Pleroma e mondo terreno che<br />

crea solo dopo una rivelazione gratuita della madre Sophia, comunque esterna al<br />

Pleroma. Che il Demiurgo platonico si basi su un forte dualismo è fur <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scussione, il corrispettivo valentiniano ra<strong>di</strong>calizza il dualismo fino ad esaltare il<br />

senso apocalittico del mito gnostico: il Demiurgo valentiniano è infatti costretto a<br />

perire insieme all’intero cosmo materiale alla fine dei tempi. La creazione<br />

demiurgica è, in <strong>Valentino</strong>, il peggiore degli inganni. Il Demiurgo crea l’illusoria<br />

trappola dell’Eden, un cosmo assolutamente materiale e psichico, da cui lo<br />

gnostico si allontana perché gratuitamente graziato e redento. Lo gnostico, al<br />

contrario, rappresenta proprio quel principio anarchico e sovvertitore <strong>di</strong> ogni<br />

or<strong>di</strong>ne e gerarchia che spezza l’illusione della creazione demiurgica per rivelare la<br />

gran<strong>di</strong>osa trascendenza del Pleroma.<br />

Tornando al sistema valentiniano è ora opportuno affrontare l’ultimo passaggio<br />

del mito gnostico; quello della Salvezza. Le tre essenze presenti in natura sono <strong>di</strong><br />

29 Ibidem.<br />

30 Ivi, p. 210.<br />

26


or<strong>di</strong>ne materiale, psichico e spirituale, ma come è stato analizzato<br />

precedentemente, solo le prime due potevano essere formate da Sophia inferiore<br />

dal momento che lo pneuma è della sua stessa natura e <strong>di</strong>scende grazie all’avvento<br />

dell’Eone Gesù. Questa essenza entra e attraversa il mondo materiale tramite la<br />

creazione del Demiurgo, che soffia ed instilla all’interno dell’uomo materiale<br />

l’elemento psichico. L’elemento pneumatico, che la Madre aveva prodotto dalla<br />

visione degli angeli e dall’unione con l’Eone Gesù, non poteva essere conosciuto<br />

dal Demiurgo in quanto sostanza superiore alla propria natura. Sophia inferiore<br />

decide quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> depositarlo segretamente nel Figlio. Per mezzo <strong>di</strong> una produzione<br />

inconsapevole il seme spirituale viene depositato nell’anima e nel corpo per essere<br />

qui protetto fino a quando non <strong>di</strong>viene sufficientemente maturo per ricevere il<br />

Logos. Lo pneuma, per così <strong>di</strong>re, alberga nel mondo preformandosi in vista<br />

dell’effettiva formazione per mezzo della gnosi. È precisamente questo lo scopo<br />

segreto che Sophia inferiore si propone <strong>di</strong> raggiungere tramite la creazione<br />

demiurgica.<br />

La gnosi viene infine portata sulla terra, unicamente per gli uomini spirituali<br />

capaci <strong>di</strong> accoglierla, dal Gesù storico. A questo punto è interessante notare come<br />

la passione del Gesù storico sia in realtà un grande stratagemma cosmico. La<br />

passione reale è infatti il dramma fra Sophia superiore e inferiore. La passione<br />

celeste è ciò che ha reso necessaria la salvezza, non ciò che positivamente ha<br />

portato alla salvezza. Come è assolutamente apparente la passione <strong>di</strong> Gesù, così è<br />

solo un inganno il peccato originale dell’anima umana. L’unico reale peccato,<br />

prima del tempo e del mondo, è quello dell’Ennoia Sophia, persuasa <strong>di</strong><br />

comprendere Abisso, nonché causa sovvertitrice dell’intero or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>vino. La<br />

creazione del cosmo e dell’uomo sono passaggi necessari e propedeutici alla<br />

restaurazione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>vino e non una creazione benevola del Dio. L’oggetto<br />

della salvezza è la <strong>di</strong>vinità stessa, il suo scopo l’armonia celeste 31 .<br />

La salvezza finale ha luogo solo quando tutti gli elementi pneumatici hanno<br />

raggiunto la gnosi, perfezionandosi. Solo allora questi spiriti, ormai spogliati<br />

dell’anima e della carne, torneranno con la Madre nel Pleroma che <strong>di</strong>viene ‹‹la<br />

camera nuziale dove ha luogo il matrimonio della Sophia con Gesù e quello degli<br />

31 Ivi, p. 211.<br />

27


spiriti con gli angeli››. Con ciò la perfezione è definitivamente stabilita e la<br />

violazione originaria completamente riparata. Materia ed anima, espressioni <strong>di</strong><br />

quella tragica caduta <strong>di</strong>vina, organizzate nella creazione cosmica del Demiurgo,<br />

cessano così <strong>di</strong> esistere.<br />

“Come l’ignoranza <strong>di</strong> una persona, nel momento che essa viene a conoscere scompare<br />

spontaneamente; come la tenebra si <strong>di</strong>ssolve all’apparire della luce, così anche la Deficienza si<br />

<strong>di</strong>ssolve <strong>di</strong> fronte al fatto della Pienezza. Quin<strong>di</strong> da quel momento in poi, la Forma non è più<br />

apparente, ma scompare nella fusione con l’Unità – perché ora le loro opere sono <strong>di</strong>venute uguali<br />

l’una all’altra – nel momento in cui l’Unità perfeziona gli spazi.” 32<br />

È qui opportuno soffermarsi tanto sulla figura del Gesù storico sia sulla<br />

sud<strong>di</strong>visione in tre classi umane. Nel Cristo crocifisso, sofferente e morente, viene<br />

rivelato il segreto del Dio trascendente <strong>di</strong> grazia. Il mito valentiniano coincide con<br />

la rivelazione che “nulla <strong>di</strong> ciò che è umano è estraneo al Dio che ama”. È il Dio a<br />

generare il Figlio, donato agli uomini gratuitamente per chiamarli alla verità<br />

trascendentale, salvandoli dall’inganno demiurgico. Il dualismo teologico che<br />

percorre tutto il sistema valentiniano porta ad un’antropologia <strong>di</strong>visiva che separa<br />

gli uomini in tre <strong>di</strong>fferenti classi. L’opposizione neotestamentaria tra gli uomini<br />

pervasi dallo Spirito Santo e gli uomini naturali viene esasperata nel sistema<br />

valentiniano ove la natura pneumatica definisce una classe <strong>di</strong> uomini eletti e<br />

redenti in quanto della stessa sostanza <strong>di</strong>vina del Dio. La salvezza è quin<strong>di</strong><br />

predestinata per onnipotente volontà del Dio <strong>di</strong> grazia con cui lo gnostico<br />

con<strong>di</strong>vide ontologicamente la filialità. Ecco la grande <strong>di</strong>fferenza che preoccupa i<br />

Padri della Chiesa protocattolica: la Salvezza, essendo predestinata, viene<br />

raggiunta in<strong>di</strong>pendentemente dall’osservanza dei precetti morali. L’obbe<strong>di</strong>enza a<br />

leggi morali viene concepita dai Valentiniani come un’esteriore osservanza <strong>di</strong><br />

precetti vali<strong>di</strong> solo all’interno del para<strong>di</strong>gma demiurgico, illusorio ed ingannevole.<br />

Inoltre, se l’uomo materiale rappresenta la miserabile nu<strong>di</strong>tà corporea destinata<br />

alla morte, l’uomo psichico è invece identificato con la più elevata proprietà <strong>di</strong><br />

questa stessa creatura materiale, perennemente sospeso tra il nulla della materia e<br />

32 Ivi, p. 212.<br />

28


l’impossibilità <strong>di</strong> raggiungere la trascendenza dell’uomo spirituale o pneumatico.<br />

L’uomo psichico esercita la sua libertà nell’atto <strong>di</strong> fede, ma il libero arbitrio viene<br />

qui declassato a forza me<strong>di</strong>ana rivolta verso l’altezza del Pleroma che non può<br />

comprendere perché limitato dalla sua sessa natura inferiore e corporea. La fede<br />

stessa viene degradata a relazione imperfetta e parziale, nonché ancora limitata<br />

legalisticamente all’interno dell’ingannevole cosmo demiurgico. La fede cerca il<br />

Dio <strong>di</strong> grazia senza avere mai la capacità <strong>di</strong> coglierlo e, soprattutto, <strong>di</strong> accoglierlo<br />

in quanto sua filiazione. La gnosi è quin<strong>di</strong> grazia rivelativia che re<strong>di</strong>me l’uomo<br />

pneumatico e rivela la profonda intimità con la generosità del Padre. Lo gnostico<br />

assume così i tratti dell’anarchico libero in quanto conosce la trappola della<br />

finitezza e della creaturalità, illusorie ed alienanti subor<strong>di</strong>nazioni demiurgiche<br />

negatrici della filialità stessa con Dio.<br />

“Il cristiano uscito dal battesimo sorride superiore a tutto, capace <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzare il mondo,<br />

libero perché ormai riunito a quel pleroma <strong>di</strong> grazia, che ontologicamente gli appartiene.”<br />

1.3. Il meccanismo dei due <strong>di</strong>spositivi in <strong>Valentino</strong><br />

L’analisi sin qui svolta dell’intero sistema valentiniano rientra, come mostrato<br />

all’inizio <strong>di</strong> questa ricerca, nel più vasto movimento gnostico. Sono molti i temi<br />

trattati dai Valentiniani, che tornano con decisa frequenza anche nelle altre<br />

dottrine gnostiche dell’epoca. <strong>Valentino</strong> e la sua speculazione rappresentano però<br />

il tentativo più audace ed estremo <strong>di</strong> questo movimento. L’intero impianto<br />

ontologico, la minuzia con cui sono descritti i passaggi della trage<strong>di</strong>a e della<br />

salvezza <strong>di</strong>vina, la complessa struttura cosmogonia e cristologia, nonché<br />

l’immensa elaborazione simbolica sono testimonianza del monumentale sforzo<br />

che i Valentiniani fecero per creare un sistema religioso, indubbiamente<br />

complesso, ma assai solido e sviluppato.<br />

Non è un caso che <strong>Valentino</strong> e la sua scuola vengano imme<strong>di</strong>atamente presi <strong>di</strong><br />

mira dalle chiese apostoliche che proprio in quel momento andavano<br />

espandendosi all’interno dell’impero romano. Lo gnosticismo <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong><br />

rappresenta per i Padri della Chiesa il tentativo più pericoloso dell’eresia <strong>di</strong><br />

29


conquistare ampie fette <strong>di</strong> cristiani colti, affascinati dai segreti della teoria e dal<br />

gran<strong>di</strong>oso apparato che la compone 33 .<br />

L’avversione dei Padri della Chiesa, come quella <strong>di</strong>mostrata da Ireneo prima e<br />

da <strong>Tertulliano</strong> dopo, non è solo emblematica <strong>di</strong> un rischio, quello eretico,<br />

tangibile ed effettivo. Il problema che costoro rilevano nel mito gnostico<br />

valentiniano è una questione <strong>di</strong> ben più vasta portata, che riguarda gli gnostici in<br />

particolare ed il cristianesimo primitivo in generale. La speculazione valentiniana<br />

è presa come esempio lampante <strong>di</strong> un rischio più grande: l’escatologia,<br />

sovvertitrice <strong>di</strong> ogni or<strong>di</strong>ne, è qui ontologicamente estremizzata. Il dualismo<br />

ontoteologico valentiniano non può che essere apertamente osteggiato dalla<br />

teologia protocattolica e dai padri apologeti. È infatti innegabile che <strong>Valentino</strong> e le<br />

sètte gnostiche, che in linea generale rappresenta, fanno abbondante uso <strong>di</strong> un<br />

sistema ontologico sofisticato ed imponente, ma questo ha senso solo alla luce<br />

della rivelazione storica del Cristo morto sulla croce e del kerygma originario. Il<br />

messaggio escatologico, carismatico, kenotico del Cristo storico irrompe nella<br />

storia degli uomini con una potenza <strong>di</strong>rompente. Il movimento gnostico si<br />

sviluppa a partire dall’acca<strong>di</strong>mento storico della venuta <strong>di</strong> Cristo. A <strong>di</strong>fferenza del<br />

cristianesimo del II secolo d.C. però il mito gnostico rimane, paradossalmente,<br />

legato ed in continuità con i maggiori temi del cristianesimo primitivo<br />

caratterizzato da una profonda escatologia . Il complesso intreccio che sta alla<br />

base dello gnosticismo non implica che il kerygma originario venga imbrigliato<br />

all’interno <strong>di</strong> una struttura archeo – ontologica, piuttosto questo risulta rafforzato<br />

ed esaltato proprio in virtù dell’apparato ontoteologico.<br />

In effetti come si evince dalla valutazione del sistema valentiniano, al termine<br />

del processo <strong>di</strong> salvezza, l’importanza dell’avvento escatologico <strong>di</strong> Gesù viene<br />

ad<strong>di</strong>rittura estremizzato in un intimità ontologica e filiale dello gnostico con il Dio<br />

<strong>di</strong> grazia. La stessa gnosi, lungi dall’essere un mero strumento conoscitivo, viene<br />

innalzata a strumento redentivo ed elettivo. La stessa struttura valentiniana, che si<br />

fonda sulla caduta <strong>di</strong>vina a causa <strong>di</strong> un peccato avvenuto nel regno delle <strong>di</strong>vinità,<br />

porta ad una conclusione paradossalmente in continuità con quella contenuta nel<br />

33 <strong>Tertulliano</strong>, Contro gli eretici, Città Nuova E<strong>di</strong>trice, Roma 2002. p. 16.<br />

30


kerygma originario, dove si palesa un Dio assolutamente buono e generoso che<br />

dona gratuitamente un figlio <strong>di</strong>vino, redentore e salvatore.<br />

Se l’avvento <strong>di</strong> Cristo annuncia la venuta <strong>di</strong> un Nuovo regno <strong>di</strong> Dio, la<br />

speculazione valentiniana, pur inserendo il peccato in una gran<strong>di</strong>osa trage<strong>di</strong>a<br />

<strong>di</strong>vina interna al Pleroma, ra<strong>di</strong>calizza il kerygma tramite il dualismo ontologico e<br />

la <strong>di</strong>visione degli uomini in pneumatici, gli eletti del Nuovo regno, psichici, dotati<br />

del solo libero arbitrio, e materiali, che scompariranno con tutta la materia a<br />

seguito dell’apocalisse e della ritrovata armonia all’interno del Pleroma.<br />

Insomma, l’evento <strong>di</strong> grazia non viene affatto negato dai Valentiniani, eppure<br />

ontologizzato nel gran<strong>di</strong>oso mito gnostico, dunque paradossalmente proclamato<br />

come fondamento del mistero <strong>di</strong> Dio e della rivelazione <strong>di</strong> Cristo. E’ opportuno<br />

fare un’altra precisazione circa la metodologia utilizzata dai Valentiniani. Che lo<br />

gnosticismo sia un risultato sincretico <strong>di</strong> più componenti è dato certo. Che gli<br />

gnostici riprendano l’originaria nozione giudaica <strong>di</strong> elezione appare<br />

sufficientemente chiaro, ma il fatto che questa venga assolutizzata fino alla<br />

filialità con Dio, provoca un movimento teogonico che genera un Figlio – Uomo,<br />

non solo persino carnale, ma ad<strong>di</strong>rittura fragile, peccatore, mortale. Dall’altro lato<br />

però la nozione <strong>di</strong> grazia viene inserita in un para<strong>di</strong>gma dualistico tale da risultare<br />

ad<strong>di</strong>rittura separata, e quin<strong>di</strong> consumata all’interno <strong>di</strong> un sistema che rimane<br />

platonico o neoplatonico.<br />

La novità del dono finisce per coincidere con la riscoperta della propria filialità<br />

con Dio e della propria natura “sovrastorica”, sicché l’eversiva gratuità <strong>di</strong> grazia<br />

<strong>di</strong>viene reminescenza platonica, ricordo della propria nascosta identità. La<br />

conseguenza <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> questa relazione tra platonismo e gnosticismo ha portato i<br />

Padri della Chiesa ad avvalorare l’idea che non solo gli gnostici avessero <strong>di</strong>storto<br />

il messaggio <strong>di</strong> Cristo nelle loro speculazioni mitologiche, ma che questo risultato<br />

fosse stato ottenuto anche con gli strumenti che la filosofia greca e pagana aveva<br />

donato loro. <strong>Tertulliano</strong> in particolare è assai critico su questo punto e, come<br />

vedremo in seguito, non nasconde una profonda avversione nei confronti della<br />

filosofia colpevole <strong>di</strong> aiutare i Valentiniani nella loro <strong>di</strong>struzione del messaggio<br />

originale <strong>di</strong> Gesù 34 . Al <strong>di</strong> là delle critiche che gli apologeti rivolsero agli gnostici,<br />

34 <strong>Tertulliano</strong>, Contro gli eretici, Città Nuova E<strong>di</strong>trice, Roma 2002. pp. 35 – 37.<br />

31


è qui importante sottolineare proprio il delicato intreccio dei due <strong>di</strong>spositivi<br />

esposti in precedenza. Lungi dal <strong>di</strong>storcere il kerygma primitivo, i Valentiniani si<br />

collocano in estrema continuità con la logica eversiva del dono, con il senso<br />

escatologico e apocalittico dei primi scritti neotestamentari, nonché con<br />

l’avversione a qualsiasi or<strong>di</strong>ne gerarchicamente costituito. Il dualismo ontologico<br />

su cui si struttura l’intero sistema valentiniano enfatizza l’avversione escatologica,<br />

anarchica, carismatica del Dio gratuito del Nuovo Testamento.<br />

Si potrebbero fare altri innumerevoli esempi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze sostanziali tra<br />

dottrina valentiniana e cristianesimo, ma quello che a questo punto è importante<br />

sottolineare è lo stretto legame che intercorre tra i due <strong>di</strong>spositivi e la speculazione<br />

valentiniana, per poi confrontare, solo in seconda battuta, questo risultato con il<br />

<strong>di</strong>fferente intreccio proposto dai Padri della Chiesa e, nello specifico, da<br />

<strong>Tertulliano</strong>. È stato osservato come la storia del cristianesimo poggi sul<br />

meccanismo del doppio <strong>di</strong>spositivo, kenotico-carismatico da un lato, archeo –<br />

ontologico dall’altro: dopo una prima fase neotestamentaria, povera<br />

filosoficamente e teologicamente, sul finire del II secolo d.C. si è reso necessario<br />

l’utilizzo del <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico. <strong>Valentino</strong> e <strong>Tertulliano</strong>, gli gnostici<br />

e i padri apologeti, utilizzano entrambe il <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico e<br />

politico, ma le risposte cui approdano sono profondamente <strong>di</strong>fferenti, come<br />

<strong>di</strong>versi sono gli scopi che determinano queste risposte. Così, malgrado la<br />

mitizzazione speculativa ontoteologica cui i Valentiniani sottopongono il<br />

kerygma, essi sono da considerarsi in paradossale continuità con l’annuncio <strong>di</strong><br />

grazia escatologico e carismatico. In <strong>Valentino</strong> si assiste ad una paradossale<br />

ontologizzazione del dono <strong>di</strong> grazia in cui il <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico<br />

s’intreccia con la <strong>di</strong>rompente forza del <strong>di</strong>spositivo escatologico e carismatico.<br />

Come è stato osservato in precedenza il meccanismo dei due <strong>di</strong>spositivi prevede<br />

l’inscin<strong>di</strong>bilità dell’uno dall’altro: malgrado subor<strong>di</strong>nato, un <strong>di</strong>spositivo non potrà<br />

mai annullare l’altro. Ciò risulta evidente anche nel sistema valentiniano dove<br />

questa continua e paradossale oscillazione tra l’eversione della grazia e il libero<br />

determinarsi dell’uomo è un tratto <strong>di</strong>stintivo <strong>di</strong> tutto il sistema teologico.<br />

È chiaro che i Valentiniani, rimanendo in continuità con la novità escatologica,<br />

pre<strong>di</strong>ligano l’onnipotenza del Dio <strong>di</strong> grazia rispetto al libero arbitrio, ma questo,<br />

32


lungi dall’essere misconosciuto, <strong>di</strong>viene fondamento, pur me<strong>di</strong>ato e subor<strong>di</strong>nato,<br />

dell’uomo psichico. In conclusione il mito speculativo gnostico traduce in eoni la<br />

dottrina della giustificazione, ra<strong>di</strong>calizzandone il dualismo e affiancando una<br />

cristologia elaborata e complessa.<br />

Se in <strong>Valentino</strong> l’accento è posto sul <strong>di</strong>spositivo escatologico e sull’importanza<br />

della gratuità del dono <strong>di</strong> grazia, pur utilizzando anche il <strong>di</strong>spositivo archeo –<br />

ontologico per la creazione del grande mito speculativo, in <strong>Tertulliano</strong> il <strong>di</strong>scorso<br />

cambia ra<strong>di</strong>calmente. Come <strong>Valentino</strong> anche <strong>Tertulliano</strong> si cimenta con la<br />

problematicità del rapporto tra dono <strong>di</strong> grazia e libero arbitrio, ma le risposte cui<br />

approda portano a risultati completamente <strong>di</strong>versi da quelli ora esposti in<br />

riferimento al sistema valentiniano. <strong>Tertulliano</strong> è uno dei padri apologeti più<br />

rilevanti della storia della Chiesa tanto che lo sviluppo del concetto <strong>di</strong> trinità si<br />

deve al suo imponente lavoro teologico. La sua proposta, in<strong>di</strong>spensabile per la<br />

formazione della chiesa protocattolica, non solo <strong>di</strong>fferisce da quella <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>,<br />

ma vi si oppone su più fronti. Preme qui sottolineare come tale opposizione non è<br />

caratterizzata da una mera avversione teologica, ma, al contrario, evidenzia ancora<br />

una volta la molteplicità d’intrecci dei due <strong>di</strong>spositivi. Se l’avversione <strong>di</strong><br />

<strong>Tertulliano</strong> si riducesse ad un <strong>di</strong>fferente impianto teologico, si rischierebbe <strong>di</strong> non<br />

rendere giustizia a questa appassionata <strong>di</strong>sputa, molto più profonda in quanto<br />

tocca i delicati temi della relazione tra grazia e libero arbitrio, della continuità tra<br />

Antico e Nuovo Testamento, del rapporto con l’escatologia e il carisma del<br />

kerygma e del sistema ontoteologico utilizzato.<br />

Il ra<strong>di</strong>cale dualismo marcionita e valentiniano, l’escatologia portata sino alla<br />

filialità ontologica con la <strong>di</strong>vinità, il senso apocalittico ed eversivo, nonché la non<br />

curanza dei precetti morali sono i maggiori temi cui <strong>Tertulliano</strong> de<strong>di</strong>ca aspre<br />

critiche e cerca <strong>di</strong> confutare. La novità del kerygma originario viene<br />

ri<strong>di</strong>mensionata e pensata in sostanziale continuità con l’Antico Testamento, il<br />

senso apocalittico ed elettivo viene me<strong>di</strong>ato in favore dell’importanza della Chiesa<br />

in quanto struttura gerarchica e depositaria della verità <strong>di</strong> Dio, l’anarchia del<br />

messaggio primor<strong>di</strong>ale viene limitata legalisticamente all’interno <strong>di</strong> un ristretto<br />

numero <strong>di</strong> precetti ed obblighi morali. È dunque chiaro come <strong>Tertulliano</strong>, almeno<br />

in una prima fase, ponga l’accento sul <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico e politico,<br />

33


pur non eliminando il corrispettivo escatologico. Il libero arbitrio <strong>di</strong>viene<br />

fondamentale in quanto immagine e somiglianza della <strong>di</strong>vinità, a scapito<br />

dell’onnipotente volontà <strong>di</strong> Dio, ri<strong>di</strong>mensionata e relativizzata. Con queste<br />

premesse la relazione con i Valentiniani non può che risultare problematica. Certo<br />

non è possibile affermare che nella produzione teologica <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong><br />

l’escatologia e il carisma primitivo siano del tutto scomparsi. Indubbiamente essi<br />

sono subor<strong>di</strong>nati all’urgenza legalistica, ma nient’affatto svaniti.<br />

È chiaro che lo scopo principale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, in quanto Padre apologeta, sia<br />

<strong>di</strong>fendere la Chiesa e la sua tra<strong>di</strong>zione. È altrettanto evidente che questa <strong>di</strong>fesa<br />

poggi su una proposta teologica decisamente ri<strong>di</strong>mensionata rispetto<br />

all’entusiasmo eversivo della produzione neotestamentaria. Il fatto che<br />

<strong>Tertulliano</strong>, sulla scia <strong>di</strong> Ireneo e Giustino, proponga una teologia del libero<br />

arbitrio, della continuità tra legge e grazia, della <strong>di</strong>sciplina pedagogica e morale,<br />

non implica che la <strong>di</strong>mensione escatologica risulti completamente assente. In<br />

<strong>Tertulliano</strong> la Legge è già grazia e non rivela, come per gli gnostici, un’identità<br />

<strong>di</strong>vina sovrastorica. La legge è grazia perché educa progressivamente la creatura<br />

ad una profonda intimità con Dio. La legge, offerta una prima volta ad Adamo e<br />

da lui smarrita, viene donata una seconda volta con la rivelazione <strong>di</strong> grazia <strong>di</strong><br />

cristo. Inoltre grazie al libero arbitrio la creatura può scegliere se obbe<strong>di</strong>re o meno<br />

alla Legge, può decidere se volgersi al bene o al male.<br />

Certamente il libero arbitrio è un limite all’eccedenza del dono e <strong>di</strong>stingue<br />

nettamente il credente <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, impegnato pedagogicamente in una<br />

<strong>di</strong>sciplina salvifica capace <strong>di</strong> re<strong>di</strong>merlo definitivamente, dall’eletto valentiniano,<br />

poco attento a qualsiasi <strong>di</strong>sciplina perché già ontologicamente in possesso della<br />

Salvezza. Tuttavia, seppur ri<strong>di</strong>mensionato, l’orizzonte escatologico non è<br />

assolutamente scomparso: il libero arbitrio rimane il dono supremo che Dio ha<br />

concesso alla sua immagine creata, la sola degna <strong>di</strong> riflettere la potenza del Dio<br />

creatore. La forza della ragione è tale che la creatura può servirsene persino per<br />

emanciparsi dalla stessa <strong>di</strong>vinità. La grazia <strong>di</strong> Dio è dunque certamente ridotta, ma<br />

nient’affatto eliminata.<br />

34


2.1. Vita e contesto storico:<br />

Capitolo secondo<br />

<strong>Tertulliano</strong> tra ortodossia e montanismo<br />

Quinto Settimo Fiorente <strong>Tertulliano</strong> nacque tra il 155 d.C. e il 160 d.C. a<br />

Cartagine. Dalle fonti e dalle testimonianze pare che il padre fosse centurione al<br />

servizio del proconsole d’Africa. <strong>Tertulliano</strong> ebbe un’educazione assolutamente<br />

romana, stu<strong>di</strong>ando lettere e sviluppando una buona conoscenza retorica e<br />

giuri<strong>di</strong>ca. Prima del 197 d.C., alcuni sostengono ad<strong>di</strong>rittura nel 190 d.C. , si<br />

convertì dal paganesimo al cristianesimo, <strong>di</strong>ventando prete. Circa a metà della sua<br />

vita si allontanò dal cristianesimo cattolico per avvicinarsi al montanismo, <strong>di</strong> cui<br />

entrò a far definitivamente parte intorno al 213 d.C. 35 .<br />

All’interno della sètta dei montanisti pare che <strong>Tertulliano</strong> <strong>di</strong>venne ben presto<br />

figura <strong>di</strong> rilievo e personaggio <strong>di</strong> spicco tanto da creare una propria corrente<br />

all’interno del movimento religioso. <strong>Tertulliano</strong> morì circa nel 230 d.C. ma le<br />

fonti sono scarse e le testimonianze <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>. Quello che sappiamo <strong>di</strong> lui proviene<br />

<strong>di</strong>rettamente dai suoi innumerevoli scritti. Proprio dall’analisi <strong>di</strong> questi testi è<br />

possibile descrivere <strong>Tertulliano</strong> come figura assai complessa e poliedrica.<br />

<strong>Tertulliano</strong> non può infatti essere definito né filosofo, né asceta, né retore 36 . La<br />

peculiarità <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> è quella <strong>di</strong> percepire, facendo propri, molti fra questi<br />

aspetti, senza peraltro abbracciarne uno in maniera totalitaria e definitiva. È però<br />

possibile affermare con certezza che tutta la sua produzione ha carattere polemico<br />

e apologeta. <strong>Tertulliano</strong>, fin dalla sua conversione al cristianesimo, si colloca su<br />

posizioni profondamente moraliste e sviluppa un pensiero chiaramente ortodosso<br />

ed intransigente. La polemica apologetica e anti - eretica viene affrontata da<br />

<strong>Tertulliano</strong> in modo singolare, <strong>di</strong>stinguendosi anche per questo motivo dagli altri<br />

Padri della Chiesa. La sua intolleranza nei confronti <strong>di</strong> gnostici ed eretici lo porta<br />

a strutturare l’opera apologetica su vari e <strong>di</strong>fferenti piani: ora giuri<strong>di</strong>co, ora<br />

satirico – letterario, senza mai affrontare l’avversario sul piano prettamente<br />

35 Il pensiero <strong>di</strong> Q.S.F. <strong>Tertulliano</strong>, a cura <strong>di</strong> P. Zama, R. Barabba E<strong>di</strong>tore, Lanciano 2010. p. 5.<br />

36 Ivi, p. 7.<br />

35


teologico. Questa personalissima scelta, lungi dal celare una eventuale e presunta<br />

ignoranza <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> in materia teologica, è frutto <strong>di</strong> un pensiero consapevole<br />

e apertamente polemico che nega sin dal principio all’avversario il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>battere su un piano conoscitivo che giuri<strong>di</strong>camente - secondo <strong>Tertulliano</strong> -, non<br />

gli appartiene. Questo punto verrà affrontato successivamente in maniera più<br />

dettagliata. allo stato attuale serve unicamente a sottolineare ed evidenziare<br />

l’assoluta specificità del pensatore cartaginese.<br />

Il fatto che <strong>Tertulliano</strong> sia un personaggio assolutamente poliedrico trova<br />

giustificazione seguendo due <strong>di</strong>rettrici: la prima che indaga il contesto storico nel<br />

quale egli vive e si forma, la seconda che analizza le vicende personali dell’autore<br />

evidenziando tre singoli, <strong>di</strong>fferenti momenti: quello cristiano, pre – montanista ed<br />

infine definitivamente montanista.<br />

Per ciò che riguarda il primo aspetto è d’obbligo la contestualizzazione storica<br />

<strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. Come detto in precedenza il II secolo d.C. è un periodo <strong>di</strong> grande<br />

fermento spirituale. Il cristianesimo non è stato ancora accettato come religione<br />

avente <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> culto nell’impero romano, ciò nonostante vive un periodo <strong>di</strong><br />

relativa tolleranza. La parte orientale dell’impero romano, nello specifico le<br />

regioni dell’Egitto, Palestina e Siria, sono pervase da un profondo rinnovamento<br />

anche dal punto <strong>di</strong> vista culturale: il vento dell’ellenizzazione soffia ora dal vicino<br />

Oriente verso le regioni del me<strong>di</strong>terraneo orientale; la filosofia neo e me<strong>di</strong>o<br />

platonica si <strong>di</strong>ffonde rapidamente nelle scuole e nelle classi colte della<br />

popolazione; la vicenda <strong>di</strong> Cristo, lungi dall’essere un fenomeno isolato<br />

all’interno della piccola comunità cristiana, agita la gran parte della popolazione<br />

orientale dell’impero. In questo periodo storico apparentemente caotico, ma<br />

culturalmente e spiritualmente estremamente produttivo, come testimoniano il<br />

fiorire <strong>di</strong> scuole, dottrine e sètte, la comunità cristiana, inizialmente perseguitata,<br />

cerca <strong>di</strong> formare una propria e solida struttura 37 .<br />

<strong>Tertulliano</strong> nasce in un contesto dove il tentativo cristiano <strong>di</strong> dare una struttura<br />

capillare alla propria comunità ha già portato alla creazione e formazione <strong>di</strong><br />

importanti chiese come quella Romana e, appunto, quella cartaginese. Inoltre non<br />

è un dato da sottovalutare il fatto che sul finire del II secolo d.C. la religione<br />

37 Hans Jonas, Lo gnosticismo, Società e<strong>di</strong>trice internazionale, Torino 1991, p. 51.<br />

36


cristiana sia ormai ampiamente <strong>di</strong>ffusa e strutturata in maniera autonoma.<br />

Nonostante <strong>Tertulliano</strong> operi solo qualche decennio dopo la morte <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>,<br />

ciò non implica che il contesto non sia già sufficientemente cambiato. Le chiese<br />

apostoliche, che fin da principio si proclamavano autentiche ed uniche <strong>di</strong>scendenti<br />

degli apostoli e del messaggio <strong>di</strong> Gesù, debbono, sul finire del secolo, combattere<br />

contro il pullulare <strong>di</strong> eresie e movimenti gnostici, originatisi dalla scia del<br />

cristianesimo. Non è quin<strong>di</strong> casuale che i primi Padri apologeti, prima ancora <strong>di</strong><br />

convincere e tentare <strong>di</strong> convertire i romani pagani, abbiano il <strong>di</strong>chiarato intento <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fendere la religione cristiana, nella sua forma più autentica 38 . La missione<br />

apologetica dei Padri della chiesa è dunque paradossalmente rivolta soprattutto<br />

verso coloro che sono già cristiani, che vanno messi in guar<strong>di</strong>a dal pericolo eretico<br />

e gnostico ancor prima che dalla persecuzione pagana.<br />

Le posizioni ortodosse, moraliste ed intransigenti dei Padri della chiesa<br />

evidenziano solo la necessità <strong>di</strong> tutelare un patrimonio conquistato e che a fatica si<br />

stava erigendo. <strong>Tertulliano</strong>, che occupa un posto importante tra i Padri apologeti,<br />

non è estraneo a questo contesto e tutta la sua produzione è volta ad una strenua e<br />

serrata <strong>di</strong>fesa del cristianesimo con tutti gli strumenti e i mezzi necessari. Questo<br />

può spiegare il motivo che porta <strong>Tertulliano</strong> ad essere figura assolutamente<br />

poliedrica e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile collocazione. Egli, forse meglio <strong>di</strong> altri, riassume con la<br />

sua opera, lo strenuo tentativo <strong>di</strong> rintracciare ed utilizzare tutti gli strumenti<br />

<strong>di</strong>sponibili atti a creare un’apologia perfetta. La passione giuri<strong>di</strong>ca, l’attenzione<br />

letteraria e teatrale, lo stu<strong>di</strong>o delle dottrine degli avversari gnostici, l’adesione al<br />

montanismo e l’avversione alla filosofia sono tutti tratti espressione <strong>di</strong> una chiara<br />

volontà apologeta volta ad affinare tutte le proprie conoscenze , il proprio sapere<br />

per la <strong>di</strong>fesa dell’autentico cristianesimo.<br />

Anche le vicende personali della vita <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> concorrono alla definizione<br />

<strong>di</strong> persona poliedrica ed allo steso tempo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile collocazione. In effetti è<br />

possibile schematizzare la vita <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> in tre perio<strong>di</strong>: il primo, dal 197 d.C.<br />

al 207 d.C. circa, è il periodo <strong>di</strong>chiaratamente cristiano; il secondo, dal 207 d.C. al<br />

212 – 213 d.C. circa, coincide con il primo contatto con la sètta montanista e il<br />

terzo, dal 213 d.c. fino al 220 d.C. circa, corrisponde alla definitiva adesione al<br />

38 <strong>Tertulliano</strong>, Contro le eresie, Città nuova e<strong>di</strong>trice, Roma 2002. pp. 15 – 16.<br />

37


montanismo 39 . Occorre specificare che questo costante avvicinamento al<br />

montanismo, ed il conseguente abbandono delle posizioni cristiane, è frutto della<br />

medesima missione apologetica che <strong>Tertulliano</strong> intende perseguire. Il passaggio<br />

da cristianesimo a montanismo non deve essere quin<strong>di</strong> letto ed interpretato come<br />

una frattura spirituale, ma come un iter coerente verso una apologia del messaggio<br />

<strong>di</strong> Gesù sempre più ra<strong>di</strong>cale e polemica nei confronti <strong>di</strong> eretici e gnostici.<br />

Il nemico principale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> è Marcione, fautore <strong>di</strong> un dualismo ra<strong>di</strong>cale,<br />

ma anche la scuola valentiniana che, come è stato spiegato precedentemente,<br />

costituisce il tentativo più audace ed, allo stesso tempo riuscito, della speculazione<br />

gnostica, viene apertamente criticata. E’ opportuno evidenziare che ai tre perio<strong>di</strong><br />

della vita <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, cui si è appena fatto riferimento, corrispondono anche tre<br />

<strong>di</strong>versi meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> apologia e <strong>di</strong> critica. Nella prima fase <strong>Tertulliano</strong> combatte<br />

l’avversario valentiniano sul piano giuri<strong>di</strong>co, negando loro alcun <strong>di</strong>ritto sulle<br />

Sacre Scritture 40 . L’intera opera De Praescriptione Haereticorum è basata su<br />

questo tipo <strong>di</strong> confutazione. L’idea <strong>di</strong> fondo che anima questo primo periodo è che<br />

l’economia neotestamentaria, lungi dall’essere interpretata come novità eversiva<br />

ed escatologica, venga interpretata come “buon consiglio”; monito suasivo che<br />

esorto l’uomo a rivolgere il proprio libero arbitrio verso il bene. La grazia viene<br />

così fatta <strong>di</strong>pendere dalla capacità etica umana, subor<strong>di</strong>nando il messaggio<br />

kerygmatico ad una vera e propria <strong>di</strong>sciplina morale legalisticamente intesa. Il<br />

dono supremo <strong>di</strong> Dio è aver concesso il libero arbitrio alla creatura umana, fatta<br />

così a sua immagine e somiglianza. Si può quin<strong>di</strong> comprendere come l’intento <strong>di</strong><br />

<strong>Tertulliano</strong> sia profondamente <strong>di</strong>verso da quello <strong>di</strong> Marcione e <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>. Il<br />

<strong>di</strong>spositivo escatologico viene ri<strong>di</strong>mensionato e subor<strong>di</strong>nato, senza per questo<br />

scomparire, a quello archeo – ontologico e politico. Nello stesso periodo infatti,<br />

<strong>Tertulliano</strong> sviluppa una ‹‹trinitas animae››, interpretabile moralmente e non<br />

ontologicamente, proprio opponendosi ai Valentiniani. Ad essere qui esaltato è<br />

l’elemento psichico, unico e naturale strumento umano capace tanto <strong>di</strong> avere fede,<br />

quanto <strong>di</strong> volgersi al bene. La stessa critica ra<strong>di</strong>cale del dualismo marcionita e<br />

valentiniano passa per una dura critica antiplatonica che <strong>di</strong>mostra l’immensa<br />

39 Il pensiero <strong>di</strong> Q.S.F. <strong>Tertulliano</strong>, a cura <strong>di</strong> P. Zama, R. Barabba E<strong>di</strong>tore, Lanciano 2010. pp.<br />

10 – 11.<br />

40 <strong>Tertulliano</strong>, Contro le eresie, Città nuova e<strong>di</strong>trice, Roma 2002. pp. 10 – 11.<br />

38


conoscenza e abilità teologica <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. La rivelazione salvifica si risolve<br />

nell’adesione ad una ferrea <strong>di</strong>sciplina morale, in una continua esortazione<br />

pedagogica alla libertà <strong>di</strong> scelta umana, fino ad adeguarsi al suo modello eterno e<br />

<strong>di</strong>vino.<br />

Il Dio <strong>di</strong> grazia valentiniano e marcionita rivelava la sua natura come<br />

eccedenza eversiva a qualsiasi or<strong>di</strong>ne, il Dio protocattolico <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong><br />

armonizza grazia e giustizia, dono e legge, rivelazione ed educazione. Risulta<br />

evidente la profonda <strong>di</strong>fferenza che <strong>di</strong>stingue <strong>Tertulliano</strong> da <strong>Valentino</strong>: il<br />

<strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico non porta affatto ad un’esaltazione dei temi<br />

escatologici e neotestamentari. La sistematica razionalizzazione del dono <strong>di</strong> grazia<br />

evidenzia anzi la subor<strong>di</strong>nazione <strong>di</strong> questa al libero arbitrio; la grazia <strong>di</strong> Dio viene<br />

certamente ridotta, ma nient’affatto eliminata.<br />

Il <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico che <strong>Tertulliano</strong> utilizza non elimina la<br />

rilevanza <strong>di</strong> quello carismatico: la bontà <strong>di</strong> Dio è tale che fa persino violenza a sé<br />

stessa, ritirandosi dalla sua funzione <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce per amore della sua creatura, anche<br />

a costo <strong>di</strong> apparire impotente o severo. In conclusione la proposta protocattolica <strong>di</strong><br />

<strong>Tertulliano</strong> si basa sull’importanza della libertà <strong>di</strong> coscienza dell’in<strong>di</strong>viduo<br />

<strong>di</strong>mostrando così come la grazia non contrad<strong>di</strong>ce affatto la Legge dell’Antico<br />

testamento, ma, anzi, la compie dal momento che il dono deve perfezionarsi<br />

nell’esercizio della <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede.<br />

Nella fase pre – montanista <strong>Tertulliano</strong> scrive l’Adversus Valentinianos.<br />

Questo scritto, che verrà analizzato in dettaglio, è utile non solo per comprendere<br />

il passaggio <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> dal cristianesimo al montanismo, ma soprattutto per<br />

comprendere nel dettaglio l’interpretazione della dottrina valentiniana. La<br />

struttura dell’Adversus Valentinianos si rifà quasi completamente all’ Adversus<br />

haereses <strong>di</strong> Ireneo da Lione. Le tematiche trattate e l’analisi del sistema<br />

valentiniano si ispirano con estrema chiarezza allo scritto <strong>di</strong> Ireneo, ma<br />

<strong>Tertulliano</strong> sviluppa una propria metodologia critica colpendo i Valentiniani con<br />

gli strumenti della satira, dell’ironia e della letteratura 41 <strong>di</strong>etro cui si cela un<br />

imponente critica teologica. Proprio nell’adozione <strong>di</strong> questo metodo polemico è<br />

possibile rilevare il cambiamento a livello spirituale che porta <strong>Tertulliano</strong> ad<br />

41 Giuliano Chiapparini, <strong>Valentino</strong> gnostico e platonico, Vita e pensiero, Milano 2012. p. 29.<br />

39


avvicinarsi al montanismo. L’ortodossia e l’intransigenza morale del periodo<br />

protocattolico non scompaiono affatto, ma anzi vengono riproposti con maggior<br />

vigore <strong>di</strong>etro la pungente satira teologica che ispira tutta l’opera.<br />

In un terzo momento <strong>Tertulliano</strong> si converte definitivamente alla sètta<br />

montanista, caratterizzata tanto dalle posizioni intransigenti professate dal<br />

teologo cartaginese, quanto da una maggior tendenza escatologica rispetto alla<br />

proposta protocattolica. La conversione al montanismo, in continuità con le<br />

posizione moralistiche sostenute con veemenza del teologo cartaginese, è<br />

l’inevitabile esito “<strong>di</strong> un’opzione rigoristica sempre più ra<strong>di</strong>calizzatasi”. La<br />

<strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede cui <strong>Tertulliano</strong> approda nei due perio<strong>di</strong> precedenti <strong>di</strong>viene la<br />

premessa teologica per un recupero della <strong>di</strong>mensione escatologica e carismatica<br />

prima subor<strong>di</strong>nata. Questo aspetto verrà analizzato in dettaglio successivamente,<br />

ci basti qui notare che le opere <strong>di</strong> esaltazione del martirio come il De fuga in<br />

persecuzione e le opere più moraliste come il De Monogamia o il De pu<strong>di</strong>cizia<br />

evidenziano un inevitabile riavvicinamento al para<strong>di</strong>gma escatologico –<br />

carismatico 42 , senza tuttavia eliminare l’idea <strong>di</strong> una rigida <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede.<br />

L’intera produzione <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, de<strong>di</strong>cata alla <strong>di</strong>fesa del cristianesimo contro le<br />

eresie, porta come conseguenza paradossale alla conversione al montanismo, dove<br />

ad essere ripreso è il <strong>di</strong>spositivo kenotico ed escatologico, e ad essere subor<strong>di</strong>nato,<br />

ma nient’affatto eliminato, quello archeo – ontologico. Occorre quin<strong>di</strong> analizzare<br />

tutte e tre le fasi dell’interpretazione polemica dell’opera <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong> per cogliere<br />

il lento e paradossale cambiamento della posizione <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>.<br />

2.2. Il periodo protocattolico: il De Praescriptione Haereticorum:<br />

Il termine “eresia” proviene dal greco hairesis che sta ad in<strong>di</strong>care la “scelta<br />

personale” <strong>di</strong> una determinata dottrina. L’eresia è quin<strong>di</strong> la scelta <strong>di</strong> una dottrina<br />

religiosa all’interno dell’insegnamento cristiano. Gli eretici insegnano dunque una<br />

dottrina che non è quella della Chiesa e conseguentemente che non è nemmeno<br />

quella <strong>di</strong> Cristo, perché solo la Chiesa possiede la conoscenza del kerygma<br />

primor<strong>di</strong>ale.<br />

42 Elémire Zolla, I mistici dell’occidente vol.I, Adelphi, Milano 2010. p. 264.<br />

40


<strong>Tertulliano</strong> de<strong>di</strong>ca l’intera vita a smascherare e combattere le eresie interne ed<br />

esterne al cristianesimo. Nella fase della sua vita che va dal 197 d.C. al 207 d.C.<br />

circa, <strong>Tertulliano</strong> è un convinto ed ortodosso sostenitore della Chiesa. Nell’opera<br />

De Praescriptione Haereticorum l’autore sostiene che l’insegnamento cristiano<br />

della chiesa derivi <strong>di</strong>rettamente dagli apostoli e da Cristo per tra<strong>di</strong>zione 43 . Si tratta<br />

<strong>di</strong> un insegnamento che risale alle origini ed è comune a tutte le Chiese. Pertanto<br />

siccome le Chiese hanno origine apostolica, sono tra loro sorelle come accade tra<br />

la Chiesa <strong>di</strong> Roma e quella <strong>di</strong> Cartagine, tra quella <strong>di</strong> Atene e <strong>di</strong> Efeso. Lo scopo<br />

fondamentale dell’opera è quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere l’unione delle Chiese a partire dalla<br />

loro tra<strong>di</strong>zione apostolica.<br />

Che cosa sia la tra<strong>di</strong>zione cristiana è una riflessione che si sviluppa già nei<br />

secoli precedenti a <strong>Tertulliano</strong>, ma solo con lui si approda ad una definizione<br />

organica e complessiva, essenziale per tutta la patristica del II secolo d.C. . Gran<br />

parte dell’opera De Praescriptione Haereticorum è incentrata sulla <strong>di</strong>fesa della<br />

tra<strong>di</strong>zione contro l’eresia e lo gnosticismo valentiniano. L’intera confutazione<br />

poggia su un assunto teorico fondamentale: la verità dell’insegnamento non può<br />

essere in possesso <strong>di</strong> chi ignora o, peggio, <strong>di</strong>storce la tra<strong>di</strong>zione. Prima <strong>di</strong><br />

<strong>Tertulliano</strong> anche Ireneo nell’ Adversus haereses aveva teorizzato l’esistenza <strong>di</strong><br />

una tra<strong>di</strong>zione squisitamente apostolica che sta alla base e determina la veri<strong>di</strong>cità<br />

dell’insegnamento 44 .<br />

“Dunque, la tra<strong>di</strong>zione degli apostoli, che è stata manifestata in tutto il mondo, la possono<br />

vedere in ogni chiesa coloro che vogliono vedere la verità, e noi possiamo enumerare nelle varie<br />

chiese quei vescovi che sono stati istituiti dagli apostoli, e le loro successioni fino ai nostri<br />

tempi.” 45<br />

La tra<strong>di</strong>zione coincide quin<strong>di</strong> con la trasmissione dell’autentica parola <strong>di</strong> Dio.<br />

La fede è stata trasmessa dagli apostoli ai vescovi e ai loro successori. Ecco<br />

palesarsi il secondo aspetto della tra<strong>di</strong>zione: essa <strong>di</strong>scende dagli apostoli fino ai<br />

43 <strong>Tertulliano</strong>, Contro le eresie, Città nuova e<strong>di</strong>trice, Roma 2002. pp. 6 – 7.<br />

44 Giuliano Chiapparini, <strong>Valentino</strong> gnostico e platonico, Vita e pensiero, Milano 2012. p. 46.<br />

45 <strong>Tertulliano</strong>, Contro le eresie, Città nuova e<strong>di</strong>trice, Roma 2002. p. 7.<br />

41


vescovi. In una chiesa attraversata da <strong>di</strong>verse correnti eterogenee e colpita dalle<br />

eresie, bisogna essere in grado <strong>di</strong> orientarsi in<strong>di</strong>viduando chi conserva<br />

autenticamente la parola e la fede in Dio. La stretta connessione temporale tra<br />

apostoli e vescovi permette che il messaggio cristiano si conservi, trasmettendosi<br />

intatto, per successione.<br />

<strong>Tertulliano</strong> riprende la riflessione <strong>di</strong> Ireneo sopra descritta, ma il tema assume<br />

nella sua trattazione una <strong>di</strong>fferente rilevanza. <strong>Tertulliano</strong> non è il primo apologeta<br />

a formulare una dottrina organica e complessiva sulla tra<strong>di</strong>zione, ma a <strong>di</strong>fferenza<br />

<strong>di</strong> Ireneo, inserisce il concetto <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione all’interno <strong>di</strong> un sistema chiaramente<br />

giuri<strong>di</strong>co. Egli ha quin<strong>di</strong> cercato <strong>di</strong> dare una valenza giuri<strong>di</strong>ca al concetto <strong>di</strong><br />

tra<strong>di</strong>zione. <strong>Tertulliano</strong> riprende a piene mani la formulazione <strong>di</strong> Ireneo circa<br />

l’importanza della successione apostolica dei vescovi, utilizzando però lo<br />

strumento tecnico – giuri<strong>di</strong>co della ‹‹praescriptio›› o prescrizione, termine che<br />

compare già nel titolo dell’opera facendo così chiaro riferimento al <strong>di</strong>ritto<br />

romano 46 .<br />

Pertanto è necessario spiegare che cosa sono giuri<strong>di</strong>camente le prescrizioni e<br />

fino a che punto tale norma legale entri nel <strong>di</strong>scorso religioso dell’autore,<br />

soprattutto per ciò che concerne la violenta polemica contro i Valentiniani.<br />

Nel <strong>di</strong>ritto romano, il pretore incaricato dell’amministrazione giuri<strong>di</strong>ca, e<br />

quin<strong>di</strong>, della preparazione del processo, inviava al giu<strong>di</strong>ce la cosiddetta<br />

‹‹formula››, la quale conteneva le con<strong>di</strong>zioni in<strong>di</strong>spensabili e necessarie cui<br />

attenersi per il regolare svolgimento del processo. Questo proce<strong>di</strong>mento prende<br />

nome <strong>di</strong> ‹‹intentio›› tramite cui, per l’appunto, si “intendeva” un processo.<br />

All’interno <strong>di</strong> questo quadro giuri<strong>di</strong>co le ‹‹Praescriptiones›› erano delle clausole<br />

che potevano essere utilizzate tanto dall’accusato, quanto dall’accusatore, per<br />

favorire la propria posizione. Il loro intento è quello <strong>di</strong> sollevare delle obiezioni,<br />

<strong>di</strong> modo che un nuovo principio giuri<strong>di</strong>co si opponesse a quello dell’‹‹intentio›› 47 .<br />

Una delle prescrizioni più utilizzate in epoca romana era la ‹‹longi temporis<br />

praescriptio›› ovvero la “prescrizione dovuta alla lunghezza del tempo trascorso”;<br />

essa permetteva a colui che possedeva qualche bene, a parer <strong>di</strong> altri in modo<br />

46 Ivi, p. 11.<br />

47 Ibidem.<br />

42


illegale, <strong>di</strong> respingere l’azione giuri<strong>di</strong>ca qualora egli avesse posseduto tale bene<br />

per un determinato periodo <strong>di</strong> tempo fissato dalla legge.<br />

<strong>Tertulliano</strong> utilizza proprio la norma della ‹‹longi temporis praescriptio›› per<br />

applicarla alla polemica antieretica e anti – valentiniana. L’argomento che<br />

<strong>Tertulliano</strong> intende affrontare, ricorrendo all’espe<strong>di</strong>ente delle prescrizioni, è il<br />

seguente: a chi spetta legittimamente il possesso delle scritture? Agli eretici o agli<br />

ortodossi? La grande <strong>di</strong>fferenza d’intenti e proponimenti con Ireneo sta proprio in<br />

questa formulazione giuri<strong>di</strong>ca. Prima <strong>di</strong> affrontare gli eretici sul piano religioso e<br />

teologico, <strong>Tertulliano</strong> intende, sin da principio, <strong>di</strong>mostrare che essi non hanno<br />

<strong>di</strong>ritto alcuno <strong>di</strong> basarsi sulle Sacre Scritture. Per questo motivo <strong>Tertulliano</strong> insiste<br />

molto sull’anteriorità cronologica della Grande Chiesa in opposizione alla recente<br />

fioritura gnostica. L’anteriorità temporale della Chiesa apostolica rispetto alle<br />

sètte eretiche e alla scuola valentiniana non si risolve solo in un mero dato<br />

cronologico; essa ha soprattutto valore storico e valenza giuri<strong>di</strong>ca, perché<br />

testimonia tanto l’esistenza della tra<strong>di</strong>zione cristiana quanto, soprattutto, il suo<br />

legittimo possesso delle Scritture. Le chiese apostoliche e non quelle eretiche sono<br />

le <strong>di</strong>rette depositarie della verità e del messaccio <strong>di</strong> Cristo. Solo in questo modo<br />

<strong>Tertulliano</strong> può trasformare la polemica con gli eretici, da dottrinale come è in<br />

Ireneo, in <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> carattere storico e giuri<strong>di</strong>co.<br />

L’utilizzo del concetto <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione e l’impiego dello strumento giuri<strong>di</strong>co sono<br />

aspetti importanti su cui vale la pena soffermarsi. Il fatto che <strong>Tertulliano</strong> attinga a<br />

piene mani dal <strong>di</strong>ritto romano testimonia quanto sia rilevante l’impianto legalista<br />

della sua teologia. Precedentemente è stato espresso come la facoltà del libero<br />

arbitrio si strutturi in una vera e propria <strong>di</strong>sciplina pedagogica <strong>di</strong> fede.<br />

L’utilizzo dello strumento giuri<strong>di</strong>co sottolinea come questa tendenza archeo –<br />

ontologica sia in<strong>di</strong>spensabile anche nella polemica antignostica. Il fatto stesso che<br />

<strong>Tertulliano</strong> utilizzi la longi temporis praescriptio per definire una tra<strong>di</strong>zione<br />

cristiana <strong>di</strong>mostra come la forma giuri<strong>di</strong>ca, più che essere concepita come<br />

strumento della confutazione, sia invece una necessità <strong>di</strong> carattere teologico. Il<br />

concetto stesso <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione ripropone quel tentativo <strong>di</strong> armonizzare grazia e<br />

legge cui si faceva riferimento precedentemente. Il kerygma viene me<strong>di</strong>ato e<br />

ri<strong>di</strong>mensionato, pensato in continuità con la legge dell’Antico testamento.<br />

43


La necessità giuri<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere la tra<strong>di</strong>zione cattolica evidenzia anche la<br />

necessità teologica <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>mensionare l’escatologica all’interno della tra<strong>di</strong>zione<br />

gerarchica della Chiesa. La novità del regno <strong>di</strong> Dio viene armonizzata nella<br />

tra<strong>di</strong>zione della chiesa cristiana.<br />

Il motivo per cui <strong>Tertulliano</strong> utilizza lo strumento giuri<strong>di</strong>co è chiaramente<br />

spiegato anche dallo stesso autore. Affrontare gli eretici e i Valentiniani sul piano<br />

teorico e dottrinale poteva, potenzialmente, aprire il rischio <strong>di</strong> una <strong>di</strong>scussione<br />

infinita e fine a sé stessa dal momento che la Grande Chiesa e le sètte minori non<br />

avrebbero mai accettato l’una i presupposti degli altri 48 . Era quin<strong>di</strong> urgente ed<br />

in<strong>di</strong>spensabile introdurre uno strumento metodologico esterno alla <strong>di</strong>scussione<br />

teorica-dottrinale, ma non in<strong>di</strong>pendente da essa; metodo che <strong>Tertulliano</strong>, educato<br />

sin da giovane alla conoscenza giuri<strong>di</strong>ca, non poteva che trovare nel <strong>di</strong>ritto<br />

romano. Per <strong>Tertulliano</strong> è dunque evidente che il metodo della prescrizione è<br />

sufficiente a tutelare la Chiesa dalla minaccia eretica, la quale viene<br />

semplicemente espulsa da ogni <strong>di</strong>battito interno al cristianesimo. Tuttavia il finale<br />

dell’opera contrad<strong>di</strong>ce questa apparente certezza e rimette in <strong>di</strong>scussione la<br />

vali<strong>di</strong>tà aprioristica della prescrizione 49 .<br />

<strong>Tertulliano</strong> ammette infatti che in successive opere dovrà trattare caso per caso<br />

le varie sètte eretiche e gnostiche. Quest’ultima promessa d’intenti viene poi<br />

effettivamente portata a termine negli anni seguenti con la stesura delle opere<br />

contro Ermogene, Marcione e <strong>Valentino</strong>.<br />

Sono però due i temi che vale la pena approfon<strong>di</strong>re nel contesto del De<br />

Praescriptione Haereticorum. Il primo aspetto concerne l’inizio del rapporto<br />

conflittuale con i Valentiniani. <strong>Tertulliano</strong>, che come abbiamo <strong>di</strong>mostrato in<br />

precedenza è un attento lettore <strong>di</strong> Ireneo, conosce, <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente,<br />

la sètta dei Valentiniani. Il fatto stesso che sul finire dell’opera affermi <strong>di</strong> voler<br />

scrivere delle opere polemiche contro l’eretico <strong>Valentino</strong>, testimonia che già nella<br />

prima fase della sua produzione <strong>Tertulliano</strong> conosce la speculazione valentiniana<br />

e sa altrettanto bene che i risultati <strong>di</strong> questo sistema non possono che portare ad<br />

una <strong>di</strong>chiarata ostilità.<br />

48 Ivi, p. 15.<br />

49 Ivi, p. 92.<br />

44


È quin<strong>di</strong> indubbio che già nella prima fase della sua produzione <strong>Tertulliano</strong><br />

conoscesse i pericoli concreti della <strong>di</strong>ffusione dello gnosticismo valentiniano e<br />

conoscesse altrettanto bene la profonda <strong>di</strong>fferenza teologica che ispira la proposta<br />

<strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>, troppo eversivo e settario per la chiesa protocattolica. Pare quin<strong>di</strong><br />

probabile che dopo la stesura del De Praescriptione Haereticorum <strong>Tertulliano</strong><br />

cercasse <strong>di</strong> accrescere la propria conoscenza della dottrina valentiniana per<br />

addentarsi nella polemica con maggior vigore. Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Ireneo, nemico giurato<br />

<strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>, ha permesso a <strong>Tertulliano</strong> <strong>di</strong> affinare la propria conoscenza e con<br />

essa la portata critica e polemica. Come vedremo in seguito, la genesi dell’<br />

Adversus Valentinianos deve indubbiamente tanto alla precedente opera <strong>di</strong> Ireneo,<br />

ma il fatto che l’opera <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> si collochi nel periodo pre – montanista<br />

dell’autore, porta ad interpretazioni e critiche assai <strong>di</strong>fferenti. Per <strong>di</strong>mostrare che il<br />

rapporto conflittuale tra <strong>Tertulliano</strong> e <strong>Valentino</strong> abbia inizio già nel primo periodo<br />

cristiano, è utile analizzare i seguenti passi del De Praescriptione Haereticorum.<br />

“Che la filosofia è la materia della sapienza terrena, <strong>interprete</strong> temeraria della natura e della<br />

<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong>vina. Pertanto, le eresie stesse sono subor<strong>di</strong>nate dalla filosofia. Dalla filosofia<br />

derivano gli eoni e non so che forme infinite <strong>di</strong> numero e la triade dell’uomo secondo <strong>Valentino</strong>:<br />

era stato filosofo platonico.” 50<br />

Questo è il primo passo del De Praescriptione Haereticorum in cui viene citato<br />

<strong>di</strong>rettamente <strong>Valentino</strong>. Ed inoltre gli aspetti importanti del brano sono molteplici<br />

e tra loro collegati. Il primo dato che conferma come l’analisi della speculazione<br />

valentiniana da parte <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> sia solo nella sua fase embrionale è la<br />

presenza <strong>di</strong> “non so che forme infinite”. <strong>Tertulliano</strong> onestamente afferma che non<br />

<strong>di</strong>spone ancora <strong>di</strong> tutte le nozioni sul sistema valentiniano, dati che, come<br />

vedremo successivamente, verranno analizzati uno ad uno nell’opera successiva<br />

dell’ Adversus Valentinianos.<br />

Un secondo aspetto <strong>di</strong> cruciale importanza è il nesso evidentissimo tra filosofia<br />

ed eresia. Il passo in questione compare nel VII capitolo dell’opera. Il fatto che<br />

una constatazione così forte compaia già nelle prime pagine dell’opera introduce<br />

50 Ivi, pp. 35 – 36.<br />

45


un secondo tema fondamentale del De Praescriptione Haereticorum: la definitiva<br />

condanna della filosofia come strumento dell’eresia. Dire che <strong>Tertulliano</strong> rigetta<br />

completamente la filosofia non è però del tutto corretto. <strong>Tertulliano</strong> da giovane<br />

aveva stu<strong>di</strong>ato tanto il <strong>di</strong>ritto quanto la filosofia ed è inesatto affermare che la<br />

filosofia venga criticata e definitivamente abbandonata. Da buon romano anche<br />

<strong>Tertulliano</strong> si avvicina, pur non convenendo su molti aspetti, allo stoicismo come,<br />

<strong>di</strong>mostrano i suoi trattati sulla materialità dell’anima. La filosofia criticata da<br />

<strong>Tertulliano</strong> è piuttosto la filosofia platonica che nel II secolo d.C. vive un periodo<br />

<strong>di</strong> importante ripresa e <strong>di</strong>ffusione nelle filosofie neo e me<strong>di</strong>o platoniche.<br />

“Dalla filosofia deriva il <strong>di</strong>o <strong>di</strong> Marcione, un <strong>di</strong>o migliore del nostro grazie alla sua mitezza:<br />

era un <strong>di</strong>o proveniente dallo stoicismo. E perché si <strong>di</strong>ca che l’anima perisce, si osserva Epicureo; e<br />

perché si neghi la ricostruzione della carne, si attinge all’insegnamento unanime <strong>di</strong> tutti i filosofi; e<br />

quando si pone la materia sullo stesso piano <strong>di</strong> Dio, è la dottrina <strong>di</strong> Zenone; e quando si introduce<br />

qualche nozione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>o <strong>di</strong> fuoco, interviene Eraclito.” 51<br />

Da questo secondo passo risulta chiaro l’atteggiamento assolutamente<br />

ortodosso <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. La sua polemica si sviluppa non solo sul piano teorico,<br />

ma anche su quello sintattico. Si noti infatti che quando la parola “<strong>di</strong>o” è<br />

affiancata ad una teoria filosofica essa compare in minuscolo, mentre quando<br />

questa viene accostata al Dio della Grande Chiesa essa compaia in maiuscolo.<br />

Ancora:<br />

“[…] donde il male, e perché il male? E donde l’uomo, e in qual modo? E la questione che non<br />

molto tempo fa propose <strong>Valentino</strong>: done Dio? Si capisce, dall’enthymesis e dall’ectroma. Povero<br />

Aristotele! Ha insegnato loro la <strong>di</strong>alettica, architetta nel costruire e nel <strong>di</strong>struggere, versipelle nelle<br />

affermazioni, forzata nelle ipotesi, incomprensibile nelle argomentazioni, produttrice <strong>di</strong> contese,<br />

molesta anche a se stessa, pronta a riesaminare tutto per paura <strong>di</strong> aver trascurato del tutto qualche<br />

punto.” 52<br />

51 Ivi, pp. 36 – 37.<br />

52 Ibidem.<br />

46


<strong>Tertulliano</strong> fa qui riferimento all’enthymesis e all’ectroma che sono due termini<br />

tecnici della dottrina valentiniana. Precisamente il Demiurgo proviene<br />

dall’enthymesis, la saggezza esterna al Pleroma, mentre l’ectroma è l’aborto<br />

espulso oltre il Limite. Il fatto che <strong>Tertulliano</strong> ne faccia brevemente riferimento è<br />

testimone del fatto che i due aspetti citati lo abbiano colpito in negativo. Non a<br />

caso ai Padri della Chiesa la teoria del Demiurgo appare come una pericolosa<br />

duplicazione del Dio da cui deriva un’altrettanto rischiosa duplicazione qualitativa<br />

del Cristo. È qui evidente una prima grande critica <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne teologico.<br />

<strong>Tertulliano</strong>, che come è stato espresso in precedenza sostiene la continuità tra Dio<br />

<strong>di</strong> grazia e Dio della legge, non può accettare le posizioni dualistiche degli<br />

gnostici. Il dualismo valentiniano è così ra<strong>di</strong>cale da proporre l’esistenza <strong>di</strong> due<br />

Cristi, uno storico ed incarnazione materiale del secondo, pneumatico ed interno<br />

al Pleroma. <strong>Tertulliano</strong> professa l’unicità <strong>di</strong> Dio e combatte il dualismo marcionita<br />

tanto quello valentiniano, sconfessando qualsiasi frattura ontologica sostenuta<br />

dagli eretici.<br />

In questo passo viene anche sviluppata la polemica alla <strong>di</strong>alettica aristotelica,<br />

utilizzata dagli eretici come strumento assolutamente retorico e ridondante per<br />

convincere, tramite ragionamenti vuoti, della vali<strong>di</strong>tà delle proprie dottrine.<br />

“Cercate e troverete, infatti, non deve essere interpretato senza un metodo razionale. Ma il<br />

significato <strong>di</strong> questa frase <strong>di</strong> Cristo si basa su tre punti: sul contenuto, sulla circostanza e sul modo.<br />

Sul contenuto, nel senso, cioè, che si consideri che cosa si debba cercare, sì da considerare quando;<br />

sul modo, sì da considerare fino a che punto può giungere un’interpretazione. Pertanto bisogna<br />

cercare quello che Cristo ha insegnato, vale a <strong>di</strong>re, per tutto il tempo che tu non lo abbia trovato,<br />

vale a <strong>di</strong>re, finché tu non lo abbia trovato. E una volta che tu hai cominciato a credere, tu lo hai<br />

trovato. […] Dove sarà, infatti, un termine della ricerca? Dove sarà il punto fisso del credere?<br />

Presso <strong>Valentino</strong>?” 53<br />

Questo passo merita <strong>di</strong> essere analizzato in dettaglio perché rappresenta la<br />

chiave <strong>di</strong> lettura dell’intero De Praescriptione Haereticorum. Questo brano<br />

definisce l’oggetto della ricerca per l’autentico cristiano. Seguendo il consiglio del<br />

Cristo ‹‹cercate e troverete››, <strong>Tertulliano</strong> cerca <strong>di</strong> salvare la ricerca da una<br />

53 Ivi, p. 43.<br />

47


condanna totale come avvenuto per la filosofia. Per questo <strong>Tertulliano</strong> insiste sul<br />

fatto che, arrivati ad un certo punto, la ricerca si debba fermare, trovando così<br />

l’oggetto della sua ricerca. L’oggetto della ricerca cristiana è la fede nel<br />

messaggio del Cristo; non vi è nulla <strong>di</strong> più prezioso che si debba andare a<br />

ricercare oltre. Pertanto la ricerca termina nel momento in cui essa approda ad una<br />

coscienza <strong>di</strong> fede. <strong>Tertulliano</strong> sviluppa una metodologia <strong>di</strong>chiaratamente razionale<br />

che termina nella fede cristiana.<br />

La ricerca della conoscenza viene quin<strong>di</strong> ri<strong>di</strong>mensionata nella scoperta della<br />

fede. Inutile riba<strong>di</strong>re che la conoscenza gnostica si basa su posizione<br />

completamente opposte come sta ad in<strong>di</strong>care l’ironica domanda conclusiva del<br />

passo. Come si affermava precedentemente, l’atto <strong>di</strong> fede per <strong>Tertulliano</strong> ha una<br />

rilevanza <strong>di</strong> prim’or<strong>di</strong>ne rispetto a quanto sostenuto da <strong>Valentino</strong>. Come si evince<br />

dal passo citato l’approdo alla <strong>di</strong>mensione spirituale della fede avviene tramite un<br />

percorso razionale e <strong>di</strong> scelta in<strong>di</strong>viduale. È chiaro come a prevalere sia il libero<br />

arbitrio umano, mentre l’avvento escatologico <strong>di</strong> grazia risulti ri<strong>di</strong>mensionato,<br />

senza per questo scomparire. Il dono escatologico <strong>di</strong> grazia coincide con la bontà<br />

<strong>di</strong> un Dio che, gratuitamente e per mezzo della rivelazione <strong>di</strong> Cristo, offre alla sua<br />

creatura la potenza della libertà <strong>di</strong> scelta. Il libero arbitrio è dunque il dono che<br />

Dio ha concesso alla sua immagine creata, la sola degna <strong>di</strong> riflettere la potenza del<br />

creatore stesso. Per questo <strong>Tertulliano</strong> sottolinea più volte l’importanza <strong>di</strong> porre<br />

un limite alla propria ricerca, limite che, a suo <strong>di</strong>re, non è affatto presente nella<br />

speculazione gnostica. La presenza <strong>di</strong> un limite razionale permette <strong>di</strong> approdare<br />

alla <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> fede.<br />

È qui teorizzato un primo abbozzo <strong>di</strong> quella “<strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede” cui si faceva<br />

riferimento poc’anzi. Il fatto che la libertà <strong>di</strong> determinarsi sia un dono <strong>di</strong>vino non<br />

porta, come avviene per gli gnostici, né ad una filialità con Dio né ad una<br />

Salvezza ontologicamente posseduta. In <strong>Tertulliano</strong> Dio creatore e uomo creato<br />

non sono affatto posti sul medesimo piano ontologico. Il fatto che la ricerca debba<br />

limitarsi per giungere all’atto <strong>di</strong> fede testimonia <strong>di</strong> una <strong>di</strong>fferenza qualitativa tra<br />

<strong>di</strong>vinità e creato. L’uomo possiede la libertà <strong>di</strong> scelta per volontà <strong>di</strong>vina, ma<br />

questa, proprio perché finita, limitata nella creatura, deve abbandonarsi in un atto<br />

<strong>di</strong> pura fede nella rivelazione.<br />

48


Da questo momento e per quasi tutto il resto dell’opera, <strong>Tertulliano</strong> sviluppa la<br />

sua confutazione giuri<strong>di</strong>ca a partire dal metodo delle prescrizioni fino ad arrivare<br />

alla formulazione del concetto <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione apostolica e Grande Chiesa. In questa<br />

parte centrale non sono presenti particolari riferimenti a <strong>Valentino</strong>, ma agli eretici<br />

in generale. <strong>Valentino</strong> viene menzionato solo una volta insieme a Marcione nel<br />

seguente frammento:<br />

“In qualunque modo si sia errato, tuttavia l’errore ha regnato per tutto il tempo che non vi<br />

furono le eresie. La verità aspettava dunque <strong>di</strong> essere liberata dai Valentiniani e dai Marcioniti!<br />

Nel frattempo, era errata l’evangelizzazione, errata le fede, errato il modo in cui migliaia e<br />

migliaia furono battezzati […]. Dove era allora <strong>Valentino</strong>, seguace del platonismo? Sì, perché è<br />

noto che essi non furono tanto antichi […].” 54<br />

Questo passo è interessante sia dal punto <strong>di</strong> vista teologico che da quello<br />

letterario. <strong>Tertulliano</strong> sta qui sostenendo l’ipotesi della tra<strong>di</strong>zione apostolica<br />

contro la recente speculazione gnostica. L’idea che la grande Chiesa sia anteriore<br />

al fiorire delle sètte eretiche, avvalora la tesi giuri<strong>di</strong>ca circa il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> possesso<br />

sulle Sacre Scritture. La risoluzione giuri<strong>di</strong>ca del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> possesso sulle Sacre<br />

Scritture proietta il ben più rilevante tema della tra<strong>di</strong>zione cristiana a livello<br />

teologico. Qui preme analizzare il concetto <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione in riferimento al<br />

meccanismo dei due <strong>di</strong>spositivi. Nella produzione neotestamentaria, caratterizzata<br />

da una forte escatologica, un concetto <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione è <strong>di</strong>fficilmente rintracciabile.<br />

L’accento viene piuttosto posto sul tema dell’elezione e sul nuovo ed imminente<br />

regno che spetta agli eletti graziati e gratuitamente redenti. Ben <strong>di</strong>versa è l’idea <strong>di</strong><br />

<strong>Tertulliano</strong> che sente la necessità archeo – ontologica e politica <strong>di</strong> giustificare e<br />

<strong>di</strong>fendere la Chiesa madre <strong>di</strong> tutti i fedeli.<br />

Lo scopo <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> è quello <strong>di</strong> affermare una tra<strong>di</strong>zione che leghi<br />

in<strong>di</strong>ssolubilmente la parola redentrice del kerygma alla missione terrena della<br />

Chiesa. È chiaro che in quest’ottica venga <strong>di</strong>sperso il senso anarchico del<br />

messaggio primor<strong>di</strong>ale, sovvertitore <strong>di</strong> ogni or<strong>di</strong>ne e gerarchia. Anzi è proprio<br />

l’apologia dell’or<strong>di</strong>ne della Chiesa ed essere sviluppato come punto essenziale ed<br />

54 Ivi, p. 66.<br />

49


in<strong>di</strong>spensabile. Da sottolineare che anche rispetto a questo tema la <strong>di</strong>alettica tra i<br />

due <strong>di</strong>spositivi non produce una mera assolutizzazione <strong>di</strong> uno dei due. Il<br />

<strong>di</strong>spositivo escatologico e carismatico ne risulta certamente me<strong>di</strong>ato e<br />

ristrutturato, ma non scompare affatto. Anzi è proprio l’avvento <strong>di</strong> Cristo e la<br />

<strong>di</strong>ffusione del suo messaggio agli apostoli ad essere la necessaria base della<br />

tra<strong>di</strong>zione che <strong>Tertulliano</strong> si impegna a <strong>di</strong>fendere.<br />

L’aspetto rilevante in questo passo è però l’uso dell’ironia, ad<strong>di</strong>rittura del<br />

sarcasmo, per l’esposizione della propria teoria. Questo dato è da tenere presente<br />

per ciò che riguarda la produzione del successivo Adversus Valentinianos.<br />

Sul finire del trattato <strong>Tertulliano</strong> utilizza il principio <strong>di</strong> anteriorità per colpire<br />

giuri<strong>di</strong>camente i Valentiniani:<br />

“Oltre a queste considerazioni mi servo, per il mio intento, anche <strong>di</strong> un esame delle dottrine<br />

degli eretici, <strong>di</strong> quelle che esistettero allora al tempo degli apostoli e che furono dagli apostoli<br />

smascherate e condannate. […] Insegnando a Timoteo, condanna anche coloro che proibiscono le<br />

nozze: questa è la dottrina <strong>di</strong> Marcione e <strong>di</strong> Apelle, suo seguace. Ugualmente, si rivolge contro<br />

coloro che <strong>di</strong>cevano che la resurrezione era già avvenuta: questo lo <strong>di</strong>chiarano i Valentiniani su se<br />

stessi. E quando l’apostolo accenna a delle genealogie infinite, vi si riconosce <strong>Valentino</strong>, secondo<br />

il quale quel non so quale Eone, dotato <strong>di</strong> un nome inau<strong>di</strong>to e molteplice, genera dalla sua grazia il<br />

senso e la Verità, e questi analogamente procreano da sé il Verbo e la Vita, quin<strong>di</strong> anche questi<br />

generano l’Uomo e la Chiesa.” 55<br />

In questo passo <strong>Tertulliano</strong> fa riferimento ad una parte della produzione<br />

neotestamentaria <strong>di</strong> Paolo. Nello specifico egli si riferisce alla prima epistola ai<br />

Corinti, alla prima lettera a Timoteo e alla lettera ai Galati. In questi scritti Paolo<br />

affronta molti temi cruciali del cristianesimo primitivo, da quello dei matrimoni e<br />

della verginità a quello circa le ritualità necessarie per la celebrazione<br />

dell’eucaristia, ma non solo. Paolo sviluppa anche i temi circa la legge, la<br />

redenzione e la resurrezione. Riferendosi al materiale neotestamentario <strong>di</strong> Paolo,<br />

<strong>Tertulliano</strong> cerca <strong>di</strong> creare una relazione temporale tra le nuove eresie e i pericoli<br />

cui metteva in guar<strong>di</strong>a l’apostolo. Così come esiste una tra<strong>di</strong>zione che lega Cristo,<br />

gli apostoli e la Chiesa, così esiste una continuità ideale anche tra i nemici <strong>di</strong><br />

55 Ivi, pp. 73 – 75.<br />

50


quest’ultima. Marcione, <strong>Valentino</strong> e Apelle rappresentano, in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti,<br />

questa continuità tra l’antico e il nuovo. Le accuse che <strong>Tertulliano</strong> muove agli<br />

eretici e agli gnostici sono già rintracciabili, secondo il teologo cartaginese, negli<br />

ammonimenti paolini.<br />

È curioso notare come i testi cui si riferisce <strong>Tertulliano</strong> sono tutti caratterizzati<br />

da una marcata tensione escatologica, mentre, come si è visto, in <strong>Tertulliano</strong><br />

questa viene decisamente rivisitata. <strong>Valentino</strong> viene poi citato più volte con fare<br />

sarcastico e accostato più volte a Marcione. L’ultimo frammento meritevole <strong>di</strong><br />

attenzione è il seguente:<br />

“L’uno ha sconvolto le Scritture <strong>di</strong> proprio pugno, l’altro ha sconvolto il senso con la sua<br />

interpretazione. Infatti, anche se <strong>Valentino</strong> apparentemente lascia intatto il testo scritturale <strong>di</strong> cui si<br />

serve, non ha assalito la verità con un ingegno meno astuto <strong>di</strong> Marcione. Chè Marcione<br />

<strong>di</strong>chiaratamente e apertamente si è servito non della penna ma del coltello, poiché ha fatto strage<br />

delle Scritture per adattarle al suo sistema. <strong>Valentino</strong>, invece, le ha risparmiate, poiché non ha<br />

adattato le Scritture al suo sistema, ma ha escogitato un sistema adattato alle Scritture.” 56<br />

Il passo risulta importante perché <strong>Tertulliano</strong> non solo pone una <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

genere tra l’eresia marcionita e l’eresia valentiniana, ma perché lo fa proprio a<br />

partire dal rapporto che gli eretici hanno con le Scritture. Effettivamente<br />

<strong>Valentino</strong> non interviene <strong>di</strong>rettamene sulle Sacre Scritture mo<strong>di</strong>ficandone la<br />

struttura o il messaggio <strong>di</strong> fondo. Egli crea piuttosto un sistema mitologico e<br />

ontoteologico che conserva molti aspetti escatologico-carismatici. <strong>Valentino</strong>, a<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Marcione, non mo<strong>di</strong>fica né “pugnala” le scritture; stando a<br />

<strong>Tertulliano</strong> si rende piuttosto colpevole <strong>di</strong> aver creato un sistema scorretto capace<br />

<strong>di</strong> adattarsi alla verità sacra contenuta nei testi 57 . Il fatto che il “nemico giurato” <strong>di</strong><br />

<strong>Tertulliano</strong> sia Marcione non implica che anche i Valentiniani vengano criticati<br />

aspramente. L’avversione <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> non è data solo dal fatto che <strong>Valentino</strong><br />

crei un sistema ontoteologico profondamente <strong>di</strong>verso dal sistema proposto dalla<br />

chiesa protocattolica, ma che i Valentiniani utilizzavano alcuni testi<br />

neotestamentari come conferma delle proprie affermazioni circa la natura <strong>di</strong> Dio,<br />

56 Ivi, p. 83.<br />

57 Ibidem.<br />

51


del Pleroma e <strong>di</strong> Cristo. Il ricorso alle scritture non si limita all’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong><br />

semplici coincidenze numerologiche, ma prende consistenza in un’imponente<br />

esegesi allegorica.<br />

Il fatto che i Valentiniani non utilizzino testi sacri, ma si limitino ad adattare le<br />

loro teorie ad essi tramite l’esegesi allegorica, sembrerebbe estrometterli dalla<br />

grande confutazione giuri<strong>di</strong>ca eretta da <strong>Tertulliano</strong>. Certamente l’autore del De<br />

Praescriptione Haereticorum vede in questo sistema <strong>di</strong> adattamento un atto<br />

giuri<strong>di</strong>co illecito <strong>di</strong> appropriazione dei medesimi testi sacri cristiani, tuttavia la<br />

posizione valentiniana, opposta a quella marcionita, è forse meritevole per<br />

<strong>Tertulliano</strong> <strong>di</strong> ulteriori approfon<strong>di</strong>menti come <strong>di</strong>chiara nella conclusione del suo<br />

trattato: ‹‹Ma ora noi abbiamo terminato <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere in generale contro tutte le<br />

eresie […].Per quel che resta, risponderemo ad alcuni anche su questioni<br />

particolari, se la grazia <strong>di</strong> Dio ce lo permetterà›› 58 .<br />

È qui teorizzata, in fase embrionale, la stesura dell’Adversus Valentinianos che<br />

caratterizzerà il periodo pre – montanista <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>.<br />

2.3. Il periodo pre – montanista e l’Adversus Valentinianos<br />

L’Adversus Valentinianos <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, composto attorno al 206 d.C., è<br />

costituito da una libera trasposizione <strong>di</strong> una parte consistente dell’Adversus<br />

Haereses 59 . <strong>Tertulliano</strong> utilizza quasi esclusivamente il materiale messo a<br />

<strong>di</strong>sposizione da Ireneo, ma stila un libello polemico in<strong>di</strong>rizzato ai Valentiniani<br />

segnato da una critica ironico – sarcastica <strong>di</strong>etro cui si articola una attenta e<br />

me<strong>di</strong>tata confutazione teologica.<br />

L’intento <strong>di</strong>chiarato non è solo quello <strong>di</strong> evidenziare gli sbagli della dottrina<br />

valentiniana e correggerli, piuttosto è quello <strong>di</strong> denunciare l’insensatezza<br />

dell’intero sistema e nello specifico alcuni aspetti ra<strong>di</strong>cali cui porta la<br />

speculazione proposta da <strong>Valentino</strong>. L’Adversus Valentinianos è caratterizzato<br />

dall’esasperazione degli aspetti che più si prestano ad ottenere una caricatura della<br />

speculazione valentiniana 60 , ma l’intento è <strong>di</strong>chiaratamente teologico. Rispetto al<br />

De Praescriptione Haereticorum, <strong>Tertulliano</strong> approfon<strong>di</strong>sce il mito gnostico<br />

58 Ivi, p. 92.<br />

59 Giuliano Chiapparini, <strong>Valentino</strong> gnostico e platonico, Vita e pensiero, Milano 2012. p. 29.<br />

60 Ivi, p. 47.<br />

52


colpendo con gli strumenti della satira e del sarcasmo proprio gli aspetti <strong>di</strong><br />

maggior rilievo teologico.<br />

I capitoli introduttivi dell’opera <strong>di</strong>mostrano come l’autore <strong>di</strong>sponga anche <strong>di</strong><br />

altre fonti oltre a quella <strong>di</strong> Ireneo, ma il loro utilizzo è raro, se non in alcuni<br />

preziosi passaggi.<br />

Lungo tutta l’opera emergono a più riprese gli echi <strong>di</strong> un <strong>di</strong>battito non ancora<br />

sopito circa la natura eretica del Valentinismo. Come è stato già evidenziato<br />

precedentemente in riferimento al De Praescriptione Haereticorum, <strong>Tertulliano</strong> è<br />

assolutamente convinto che il sistema valentiniano rappresenti lo sviluppo del<br />

“seme dell’eresia” che già aveva condannato l’apostolo.<br />

L’Adversus Valentinianos risale ad un periodo in cui le ansie ortodosse <strong>di</strong><br />

<strong>Tertulliano</strong> non lo avevano già spinto troppo al <strong>di</strong> là delle posizioni<br />

protocattoliche, pur simpatizzando, benché non ne facesse ancora parte, per il<br />

montanismo; sètta a cui aderì definitivamente solo intorno al 213 d.C. circa. Il<br />

fatto che l’Adversus Valentinianos si collochi nel periodo pre – montanista <strong>di</strong><br />

<strong>Tertulliano</strong> è <strong>di</strong>mostrabile anche grazie a due riferimenti cronologici rintracciabili<br />

<strong>di</strong>rettamente nel testo. Nell’opera viene menzionato ‹‹Proclo, nostro››,<br />

identificabile con il Proclo presente nell’opera antimontanista del presbitero<br />

romano Gaio, La Ricerca e che compare anche nella testimonianza <strong>di</strong> Eusebio 61 .<br />

Un secondo dato cronologico è rintracciabile nel capitolo se<strong>di</strong>cesimo, in cui viene<br />

menzionata l’opera Adversus Hermogenem, scritta da <strong>Tertulliano</strong> sul finire del<br />

periodo protocattolico. Di conseguenza l’Adversus Valentinianos è sicuramente<br />

successivo al tale periodo.<br />

In quest’opera <strong>Tertulliano</strong> preferisce spingere la sua confutazione teologica<br />

fino a mettere a nudo le assur<strong>di</strong>tà dell’impianto valentiniano, ri<strong>di</strong>colizzandolo. È<br />

lo stesso <strong>Tertulliano</strong> ad illustrare questa <strong>di</strong>chiarazione d’intenti: ‹‹Se riusciremo a<br />

suscitare qualche volta il riso, otterremo lo scopo: molte cose son degne <strong>di</strong> essere<br />

smentite così, perché non siano adornate da serietà›› 62 . Del resto, la sètta<br />

valentiniana si basa su un insegnamento esoterico che estremizza il piano<br />

escatologico tramite un marcato dualismo ontoteologico, inoltre, i componenti<br />

61 Riley M.T., Q.S.Fl. <strong>Tertulliano</strong> Adversus Valentinianos,Text, translation and commentary,<br />

Dissertation, Stanford University 1971.<br />

62 Fredouille J., Tertullien, Contre les Valentiniens, Paris 1980. pp. 91 – 92.<br />

53


della sètta sia lasciavano spesso andare a comportamenti <strong>di</strong>s<strong>di</strong>cevoli poiché<br />

convinti <strong>di</strong> essere già ontologicamente salvati e redenti per filialità con Dio, ed è<br />

quin<strong>di</strong> naturale che <strong>Tertulliano</strong> guar<strong>di</strong> con estremo sospetto alle loro dottrine, in<br />

così evidente contrasto con l’orizzonte teologico dell’apologista. Il fatto che<br />

<strong>Tertulliano</strong> preferisca deridere l’avversario per confutarlo teologicamente è<br />

supportato anche da altre nitide affermazioni dell’autore. Nel sesto capitolo<br />

dell’opera <strong>Tertulliano</strong> svela che il libello è in realtà un ‹‹ludus ante pugnam›› 63 ,<br />

una finta scaramuccia come quelle dei gla<strong>di</strong>atori prima del vero e sanguinoso<br />

scontro.<br />

L’intento <strong>di</strong> deridere l’avversario implica che la struttura dell’opera si basi<br />

anche su un sistema retorico e letterario oltre che dottrinale e teologico.<br />

Escludendo i capitoli 1 – 6, in cui <strong>Tertulliano</strong> utilizza una forma proemiale, il<br />

resto dell’opera si struttura in una concitata, a tratti ad<strong>di</strong>rittura violenta, narrazione<br />

del sistema valentiniano. Occorre fare però due importanti precisazioni.<br />

Per prima cosa si deve sottolineare il fatto che l’Adversus Valentinianos non è<br />

un’opera in<strong>di</strong>rizzata <strong>di</strong>rettamente agli gnostici, ma alle comunità cristiane della<br />

Grande Chiesa. L’intento è quin<strong>di</strong> quello <strong>di</strong> convincere, per mezzo della retorica e<br />

del sarcasmo, il maggior numero <strong>di</strong> cristiani a <strong>di</strong>ffidare dell’insegnamento della<br />

scuola valentiniana.<br />

Del resto, e questo è il secondo punto da tenere in considerazione, la derisione<br />

teologica qui utilizzata può, in una certa misura, preannunciare la conversione al<br />

montanismo come conseguenza settaria cui portano le posizioni moralistiche – in<br />

questo caso ad<strong>di</strong>rittura violentemente sarcastiche – <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. Il fatto che la<br />

<strong>di</strong>sputa <strong>di</strong> carattere teologico sui gran<strong>di</strong> temi del mito valentiniano vengano<br />

proposti con gli strumenti della retorica e del sarcasmo, oltre ad evidenziare una<br />

scelta “strategica” circa il metodo <strong>di</strong> confutazione, possono lasciar intravedere<br />

anche l’imminente svolta montanista. È certamente riduttivo spiegare la<br />

conversione <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> unicamente in base ad una scelta <strong>di</strong> carattere letterario<br />

ed anzi l’estremizzazione <strong>di</strong> una simile ipotesi non renderebbe giustizia al<br />

percorso spirituale dell’autore cartaginese. È però possibile ipotizzare che anche la<br />

63 Ibidem.<br />

54


scelta letteraria sia una delle conseguenze dell’avvicinamento <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> al<br />

montanismo.<br />

Un’ipotesi <strong>di</strong> questo tipo, senza avere la pretesa <strong>di</strong> essere esaustiva, può aiutare<br />

a capire in che misura le posizioni intransigenti <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> appro<strong>di</strong>no alla<br />

conversione montanista. L’intera opera, che verrà analizzata <strong>di</strong> seguito, oltre a<br />

sviluppare i temi della controversia, offre dunque anche un’ipotesi per spiegare<br />

questa conversione. Con la successiva adesione alla sètta montanista <strong>Tertulliano</strong> si<br />

de<strong>di</strong>cherà in modo nuovo ai temi della resurrezione della carne e del martirio,<br />

abbandonando l’aspra critica contro l’eresia e contro <strong>Valentino</strong>. L’Adversus<br />

Valentinianos è quin<strong>di</strong> l’opera maggiore per comprendere tanto l’avversione<br />

ortodossa <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> allo gnosticismo, quanto il suo lento ed inesorabile<br />

percorso verso una <strong>di</strong>mensione sempre più marcatamente escatologica, prima<br />

meno rilevante nel periodo protocattolico.<br />

Non deve quin<strong>di</strong> stupire che dopo l’Adversus Valentinianos <strong>Tertulliano</strong> non<br />

metta più mano alla confutazione valentiniana, come non deve stupire che<br />

l’esempio più alto della polemica antivalentiniana è rappresentato proprio<br />

dall’esperimento letterario e retorico dell’Adversus Valentinianos stesso. La vera<br />

novità rispetto ad Ireneo coincide con la trasposizione in declamazione del testo<br />

dell’Adversus Haereses 64 . La veemenza polemica <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> necessita <strong>di</strong> una<br />

narrazione convulsa basata sulla ricerca della ‹‹brevitas›› come frase coincisa e<br />

pregnante. <strong>Tertulliano</strong> espone il mito valentiniano come se stesse sollecitando la<br />

reazione <strong>di</strong> un pubblico immaginario, quasi si trattasse <strong>di</strong> un’opera teatrale in cui<br />

il dramma <strong>di</strong> Sophia viene riletto con l’ironia prepotente e violenta dell’autore. La<br />

serietà del dramma <strong>di</strong>vino <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>, <strong>di</strong>venta qui strumento <strong>di</strong> una satira<br />

spietata. <strong>Tertulliano</strong> riesce così nella novità <strong>di</strong> introdurre la satira, la teatralità e la<br />

polemica retorica all’interno del contesto teologico e dottrinale della chiesa del II<br />

secolo d.C.<br />

Inoltre il fatto che l’autore metta alla berlina i propri avversari gnostici<br />

evidenzia una tendenza solo apparentemente marginale. Se in precedenza, con la<br />

stesura del De Praescriptione Haereticorum, <strong>Tertulliano</strong> si era addentrato nella<br />

polemica antivalentiniana con gli strumenti giuri<strong>di</strong>ci del <strong>di</strong>ritto romano per negare<br />

64 Giuliano Chiapparini, <strong>Valentino</strong> gnostico e platonico, Vita e pensiero, Milano 2012. p. 47.<br />

55


la legittimità del possesso delle Scritture, nell’Adversus Valentinianos, egli<br />

raggiunge il risultato, ancor più ra<strong>di</strong>cale, <strong>di</strong> questa tendenza legalista e moralista<br />

che procede <strong>di</strong> pari passo al suo avvicinamento al montanismo.<br />

Per <strong>di</strong>mostrare ciò è opportuno svolgere un’analisi comparata <strong>di</strong> alcuni<br />

frammenti dell’Adversus Haereses e dell’Adversus Valentinianos, in modo da<br />

rendere emblematica questa tendenza evidenziando i punti <strong>di</strong> maggior tensione tra<br />

la speculazione valentiniana e l’impianto teologico <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. Nei successivi<br />

frammenti ad essere enfatizzato è proprio il <strong>di</strong>fferente modo in cui i due<br />

<strong>di</strong>spositivi s’intrecciano nei due autori.<br />

Nel tentativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare quanto sostenuto sino ad ora si farà <strong>di</strong>retto<br />

riferimento al secondo capitolo dell’opera <strong>Valentino</strong> gnostico e platonico in cui<br />

l’autore, Giuliano Chiapparini, riporta la traduzione <strong>di</strong> Rousseau-Doutreleau<br />

dell’Adversus Haereses <strong>di</strong> Ireneo e all’opera Tertullien, Contre les Valentiniens <strong>di</strong><br />

J. Fredouille dove è riportata la traduzione francese dell’Adversus Valentinianos.<br />

Sono <strong>di</strong> seguito riportati i passi più rappresentativi <strong>di</strong> ciò che è stato affermato<br />

sino ad ora:<br />

S1.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 28-29:<br />

I Valentiniani affermano che i luoghi altissimi, che non si possono osservare né descrivere,<br />

esiste un certo Eone perfetto, che viene prima <strong>di</strong> ogni cosa: chiamiamo costui sia Pre - Padre sia<br />

Pre - Inizio sia Bythòs. 65<br />

S1.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 92-93:<br />

Primo fra tutti, il poeta romano Ennio parlò semplicemente <strong>di</strong> “gran<strong>di</strong>ssimi cenacoli del cielo”<br />

in quanto l’espressione in<strong>di</strong>cava un luogo assai elevato oppure perché aveva letto in Omero che<br />

Giove pranzava lì. Ma gli eretici è sorprendente quante altezze delle altezze ed elevatezza delle<br />

elevatezze abbiano sospese in alto e spinte sempre più su e sviluppate in lungo e in largo per dare<br />

una <strong>di</strong>mora ad ognuno dei loro dei. Anche per il nostro creatore dovrebbero essere stati <strong>di</strong>sposti dei<br />

“cenacoli” enniani sottoforma <strong>di</strong> una piccola abitazione. Dato che questi appartamenti instabili,<br />

<strong>di</strong>stribuiti a ciascun <strong>di</strong>o, sono costruiti uno sull’altro e sono raggiungibili attraverso tante scale<br />

quante sono le eresie, è sorto un universo <strong>di</strong> appartamenti in affitto. Tutti questi piani collocati non<br />

so dove nei cieli, si potrebbero confondere con il condominio <strong>di</strong> Felicle. Lì nella soffitta più in alto<br />

abita anche il <strong>di</strong>o Valentiniani. Lo chiamano, in quanto sostanza, Eone perfetto; mentre in quanto<br />

65 Ivi, p. 61.<br />

56


persona Pre - Padre e Pre - Inizio, e pure Bythòs, termine che non si adatta per nulla a chi abita<br />

così in alto. 66<br />

Come risulta dalla comparazione dei due passi, <strong>Tertulliano</strong> inserisce un’ampia<br />

<strong>di</strong>vagazione, prettamente ironica nei confronti della tendenza dei Valentiniani a<br />

collocare le <strong>di</strong>vinità in cieli sempre più alti e trascendenti. La successiva<br />

immagine degli “appartamenti instabili e vacillanti” rende, in modo sarcastico<br />

l’idea dell’instabilità metodologica che <strong>Tertulliano</strong> rileva nel sistema valentiniano.<br />

Il fatto che l’autore africano sia, <strong>di</strong>versamente da Ireneo, concentrato anche a<br />

denigrare l’avversario valentiniano è confermato anche dal singolare riferimento<br />

al ‹‹condominio <strong>di</strong> Felicle›› 67 , con cui si allude ad un enorme stabile costruito da<br />

un certo Felicle a Roma nella zona tra il Pantheon e la Colonna Aurelia sul finire<br />

del II secolo d.C. . La notizia della costruzione <strong>di</strong> questo “grattacielo<br />

dell’antichità” sembra si sia <strong>di</strong>ffusa velocemente in tutto l’impero, tanto da entrare<br />

nell’immaginario collettivo dei citta<strong>di</strong>ni romani.<br />

L’immagine suggestiva qui evocata offre un primo spunto <strong>di</strong> critica teologica.<br />

Vi è qui un netto rifiuto dell’astrazione metafisica, della fuga nel puramente<br />

astratto e trascendente. Per <strong>Tertulliano</strong> il dono <strong>di</strong> grazia ha un peso rilevante nella<br />

misura in cui esso viene donato all’uomo pronto ad accoglierlo razionalmente e<br />

che, tramite il libero arbitrio, è capace <strong>di</strong> amministrarlo legalisticamente<br />

all’interno <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede. Rimane quin<strong>di</strong> netta la separazione tra il Dio<br />

e l’uomo che accoglie il suo dono. Per <strong>Tertulliano</strong>, contrariamente, gli gnostici<br />

identificano Dio e creatura in un vero e proprio delirio che <strong>di</strong>vinizza l’uomo fino a<br />

concepirlo come della medesima sostanza del Padre. L’esasperazione<br />

trascendentale, che in <strong>Valentino</strong> determina la natura elettiva degli gnostici, per<br />

<strong>Tertulliano</strong> <strong>di</strong>viene misconoscimento della <strong>di</strong>stanza che separa Dio e creatura e<br />

che sola permette <strong>di</strong> spiegare la gratuità del dono.<br />

S6.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 32-33:<br />

[…]questi eoni, prodotti per mostrare la gloria del Padre, intendono anch’essi recare gloria al<br />

Padre con qualcosa <strong>di</strong> proprio, producono produzioni a coppie: il Logos e la Vita, dopo Uomo e<br />

66 Ivi, p. 62.<br />

67 Ibidem.<br />

57


Chiesa, producono altri <strong>di</strong>eci eoni, i cui nomi <strong>di</strong>cono siano i seguenti: Bythios e Mescolanza, Mai -<br />

Vecchio e Unione, Auto - Cresciuto e Voluttà, Mai - Mosso e Commistione, Unigenito e Felicità.<br />

Questi sono <strong>di</strong>eci eoni che <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> essere stati prodotti da Logos e Vita. 68<br />

S7.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 96-99:<br />

[…]a questo punto mi trovo costretto ad illuminare, a partire da un’adeguata esemplificazione,<br />

che cosa comportino questi nomi: nelle scuole <strong>di</strong> Cartagine c’era un retore latino del tutto insulso,<br />

<strong>di</strong> nome Stella del Mattino. Mentre parlava <strong>di</strong> un uomo coraggioso, <strong>di</strong>sse: “Vengo a voi, citta<strong>di</strong>ni<br />

illustrissimi, dalla battaglia insieme con la mia vittoria, insieme con la vostra esultanza,<br />

accresciuto <strong>di</strong> importanza, pieno <strong>di</strong> gloria, baciato dalla Fortuna, pronto per il più grande trionfo”.<br />

E subito gli allievi gridarono: “A servizio <strong>di</strong> Stella del Mattino, evviva!”. Hai sentito parlare <strong>di</strong><br />

Fortunata, Hedonè, Achinetos e Theletos: grida “A servizio <strong>di</strong> Tolomeo, evviva!”. Questo sarà<br />

quell’arcano Pleroma, pienezza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>vinità sud<strong>di</strong>visa in trenta parti. Potremmo vedere quali<br />

siano le caratteristiche <strong>di</strong> questi numeri, dei quattro, otto, do<strong>di</strong>ci. Nel frattempo col numero trenta<br />

viene a mancare tutta quanta la fecon<strong>di</strong>tà: negli eoni la forza, la capacità e il desiderio <strong>di</strong> procreare<br />

sono stati castrati, quasi non rimanessero ancora altre combinazioni <strong>di</strong> numero e qualche altro<br />

nome da giar<strong>di</strong>no d’infanzia. Perché, infatti, non vengono procreati anche cinquanta o cento?<br />

Perché non si sentono nominare anche delle “Balie–pulisciculetto o dei Fratelli-<strong>di</strong>-latte”? 69<br />

Bisogna evidenziare come il passo <strong>di</strong> Ireneo, volutamente trascritto solo<br />

parzialmente per non riproporre per esteso il sistema valentiniano analizzato in<br />

precedenza, è decisamente più attento all’esposizione <strong>di</strong> questa dottrina. Appare<br />

evidente la volontà <strong>di</strong> Ireneo <strong>di</strong> descrivere puntualmente l’esagerata gerarchia<br />

delle coppie <strong>di</strong>vine. <strong>Tertulliano</strong>, al contrario, Ripropone un’ironica critica<br />

teologica volta a colpire, anche personalmente, i Valentiniani.<br />

L’obiettivo polemico principale è criticare Tolomeo, uno dei capiscuola della<br />

sètta valentiniana. <strong>Tertulliano</strong>, con il solito sarcasmo, paragona Tolomeo al retore<br />

‹‹Stella del Mattino›› 70 . Fredouille suggerisce che, il modo migliore per tradurre il<br />

nome nel linguaggio moderno, sia ‹‹Fosforo›› 71 , ma una simile interpretazione<br />

non renderebbe giustizia all’ironia dell’autore che accosta l’insulsaggine <strong>di</strong> questo<br />

retore al nome altisonante, al fine <strong>di</strong> poter denigrare il caposcuola valentiniano.<br />

68 Ivi, p.69.<br />

69 Ivi, pp. 71 – 72.<br />

70 Ibidem.<br />

71 Ibidem.<br />

58


Inoltre sul finire del passo, <strong>Tertulliano</strong> abbandona il piano dell’ironia per<br />

lasciarsi andare ad una retorica invettiva, atta a sminuire, anche volgarmente,<br />

l’intero sistema. L’effettivo problema della dottrina numerologica 72 e della sua<br />

estensione viene, attraverso questa violenta e pungente derisione, nient’affatto<br />

banalizzato, ma anzi colpito duramente. <strong>Tertulliano</strong>, che come è stato osservato<br />

più volte è il nemico principale <strong>di</strong> Marcione, non accetta la l’opposizione tra<br />

Vangelo <strong>di</strong> grazia e Legge al punto da farli marcionamente <strong>di</strong>pendere da due<br />

<strong>di</strong>vinità nettamente <strong>di</strong>fferenti. Una critica simile viene mossa anche rispetto al<br />

sistema valentiniano colpevole <strong>di</strong> scindere in un’infinità <strong>di</strong> Eoni l’unicità <strong>di</strong> Dio.<br />

Per <strong>Tertulliano</strong> Dio è unico e il monoteismo che egli propone non prevede né<br />

<strong>di</strong>fferenze qualitative tra Antico e Nuovo testamento, come è nel caso <strong>di</strong><br />

marcione, né esasperati sistemi numerologici emblematici <strong>di</strong> una complessa<br />

filiazione <strong>di</strong>vina, come avviene nella dottrina valentiniana.<br />

S19.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 40-41:<br />

[…](Narrano) che essa, essendosi impiegata in un’impresa impossibile e irrealizzabile, partorì<br />

un essere senza forma <strong>di</strong> natura femminile quale era in grado <strong>di</strong> partorire. 73<br />

S19.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 100-103:<br />

[…] dopo tentativi inutili e dopo aver perso la speranza, essa cambiò d’aspetto; per il pallore,<br />

credo, per la consunzione e l’incuria. A <strong>di</strong>re il vero si doleva del fatto che le era stato negato il<br />

Padre non meno certamente <strong>di</strong> averlo perduto. Perciò, in quella tristezza da sé sola, senza il<br />

concorso del marito, restò incinta e partorì una femmina. Ciò ti sorprende? Anche ad una gallina è<br />

toccato <strong>di</strong> partorire da sé, ma si <strong>di</strong>ce pure che esistono soltanto avvoltoi femmine. 74<br />

Ireneo e <strong>Tertulliano</strong> si stanno qui riferendo alla passione e trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Sophia,<br />

incapace <strong>di</strong> comprendere il Padre e per questo motivo caduta in <strong>di</strong>sgrazia. Anche<br />

in questo caso risulta palese la <strong>di</strong>versa metodologia critica proposta da i due Padri<br />

della Chiesa. Il primo, ancora una volta, cerca <strong>di</strong> attenersi ad un modello sobrio<br />

per un’analisi dettagliata ed esaustiva capace <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare l’inconsistenza e la<br />

falsità della dottrina gnostica.<br />

72 Ibidem.<br />

73 Ivi, p. 84.<br />

74 Ivi, p. 85.<br />

59


Il secondo, non meno interessato <strong>di</strong> Ireneo a <strong>di</strong>mostrare teologicamente<br />

l’inganno valentiniano, irride l’avversario gnostico con l’introduzione <strong>di</strong> metafore<br />

ed immagini pittoresche e folcloristiche come avviene con il simpatico, ed allo<br />

stesso tempo inusuale, esempio della gallina a cui è toccato partorire da sé in<br />

solitu<strong>di</strong>ne. Questo frammento è meritevole d’attenzione perché <strong>Tertulliano</strong>, in<br />

questo frangente, porta all’estremo la propria satira e comicità proprio in<br />

concomitanza con il momento <strong>di</strong> massima tragicità del sistema valentiniano.<br />

È qui interessante evidenziare, oltre alla critica dottrinale, l’aspetto letterario<br />

teatrale che caratterizza l’opera. L’espe<strong>di</strong>ente satirico <strong>di</strong> invertire il picco <strong>di</strong><br />

massima tragicità della speculazione valentiniana con una breve e irridente battuta<br />

è, forse, uno dei più riusciti dell’intera opera.<br />

S27.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 44-45:<br />

[…](Spiegano) che, dopo che essa fu relegata all’esterno del Pleroma degli eoni e sua Madre fu<br />

ricollocata accanto al proprio compagno, <strong>di</strong> nuovo Unigenito produsse un’altra coppia secondo la<br />

previdente preveggenza del Padre, affinché nessuno degli eoni fosse sottoposto a delle passioni<br />

come lei, cioè Cristo e Spirito Santo. 75<br />

S27.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 104-105:<br />

Pertanto, dopo l’esilio Enthymesis e il ritorno <strong>di</strong> sua madre Sophia presso il compagno, <strong>di</strong><br />

nuovo quel tal Monoghenes, quel Nous del tutto tranquillo, dato che a partire da una provvida<br />

preoccupazione del Padre doveva consolidare tutto quanto ed il Pleroma andava rafforzato se non<br />

fissato, affinché un sommovimento <strong>di</strong> quel genere non potesse sopravvenire nuovamente, mise alla<br />

luce una nuova coppia, Cristo e Spirito Santo, che considererei del tutto indecorosa visto che è<br />

composta da due maschi. O Spirito Santo sarà una femmina ed il maschio viene penetrato dalla<br />

femmina? 76<br />

E’ evidente che si fa riferimento alla generazione della coppia Cristo e Spirito<br />

Santo. In questo passo <strong>Tertulliano</strong> rimane fedele alla narrazione analitica <strong>di</strong> Ireneo<br />

se non per l’ultima uscita finale polemica e squisitamente moralista. Dopo aver<br />

criticato la presunta omosessualità dei due eoni Valentiniani, <strong>Tertulliano</strong> utilizza<br />

pesantemente il sarcasmo con riman<strong>di</strong> volgari a sfondo sessuale. L’autore<br />

75 Ivi, p. 93.<br />

76 Ivi, p. 94.<br />

60


probabilmente ignora il fatto che Spirito nella lingua ebraica è, invece, <strong>di</strong> genere<br />

femminile 77 . Al <strong>di</strong> là degli aspetti puramente letterari, questo passo è importante<br />

per almeno un’altro motivo. Qui, come in altri passi, risulta evidente<br />

l’intransigenza etico – morale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>.<br />

Il teologo cartaginese risolve il dono <strong>di</strong> grazia e la novità del Vangelo nella<br />

riproposizione <strong>di</strong> quella legge che sola può garantire la libertà umana. Questa<br />

<strong>di</strong>sciplina salvifica esposta da Cristo per “reformare et inluminare” la Lgge, e<br />

nient’affatto per abrogarla, si risolve in una maturazione morale dell’in<strong>di</strong>viduo.<br />

Sono da leggere in questi termini tutti i trattati teologici che <strong>Tertulliano</strong> de<strong>di</strong>ca<br />

alla monogamia, al martirio, al pentimento come il De spectaculis, il De<br />

exhortatione castitatis, il De corona o il De Monogamia e tanti altri. È dunque<br />

chiara l’idea teologica che si cela <strong>di</strong>etro all’accusa della presunta omosessualità<br />

dei due Eoni Valentiniani.<br />

S34.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 48-49:<br />

[…] il quale è in<strong>di</strong>cato anche col nome <strong>di</strong> Salvatore, Cristo e Logos, in base al nome <strong>di</strong> suo<br />

Padre, e il Tutto, a motivo del fatto che esiste grazie a tutti gli eoni; inoltre (afferma che) in suo<br />

onore come guar<strong>di</strong>e del corpo furono emessi per lui anche degli angeli uguali per nascita. 78<br />

S34.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 108-111:<br />

Lo chiamano Sotèr, Cristo e Discorso, dalla denominazione paterna, e, infine, Tutto, in quanto<br />

conosciuto con il meglio <strong>di</strong> ognuno: Cornacchia <strong>di</strong> Esopo, Pandora <strong>di</strong> Esiodo, Pasticcio <strong>di</strong> Accio,<br />

Mistura <strong>di</strong> Nestore, Miscellanea <strong>di</strong> Tolomeo. Quanto più facile sarebbe stato, per questi tanto vacui<br />

inventori <strong>di</strong> nomi, chiamarlo Centone <strong>di</strong> Pancarpo prendendo spunto da certi buffoni osci. Inoltre<br />

per adornare anche dal <strong>di</strong> fuori una così importante statuina, come guar<strong>di</strong>e del corpo producono<br />

per lei degli angeli <strong>di</strong> egual genere: se si intende uguali fra loro, si può accettare; ma se li si<br />

intende della stessa sostanza <strong>di</strong> Sotèr, in che cosa egli potrà essere superiore alle guar<strong>di</strong>e del corpo<br />

dato che sono uguali a lui? 79<br />

Con la consueta vivacità, <strong>Tertulliano</strong> offre in questo passo riguardante la<br />

creazione dell’eone Gesù due immagini satiriche tra le più riuscite <strong>di</strong> tutta l’opera.<br />

La narrazione analitica <strong>di</strong> Ireneo non viene mo<strong>di</strong>ficata, ma arricchita da<br />

77 Ibidem.<br />

78 Ivi, p. 102.<br />

79 Ivi, p. 103.<br />

61


<strong>Tertulliano</strong>. Viene riproposta la polemica contro Tolomeo, caposcuola<br />

valentiniano, ironicamente complice <strong>di</strong> aver descritto il suo Gesù con l’ausilio<br />

delle atellane, comme<strong>di</strong>e originariamente recitate in <strong>di</strong>aletto osco. <strong>Tertulliano</strong> non<br />

solo <strong>di</strong>pinge il Gesù valentiniano con i tratti <strong>di</strong> un personaggio teatrale e comico,<br />

ma lo ricollega anche al ‹‹sigillarium›› 80 , statuetta raffigurante una <strong>di</strong>vinità,<br />

solitamente venduta nei mercati <strong>di</strong> Roma in occasione delle feste Sigillari o dei<br />

Saturnali. <strong>Tertulliano</strong> usa il termine in senso ovviamente <strong>di</strong>spregiativo suggerendo<br />

l’accostamento dell’elenco <strong>di</strong> denominazioni degli Eoni Valentiniani a quello,<br />

peraltro caotico e confusionario <strong>di</strong> un mercato romano dove sono esposte<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente statuette <strong>di</strong> vacue <strong>di</strong>vinità pagane.<br />

Aspetto teologicamente pregnante, già affrontato nel corso <strong>di</strong> questa indagine,<br />

è la critica che <strong>Tertulliano</strong> rivolge alla filialità <strong>di</strong>vina della speculazione<br />

valentiniana. Come detto in precedenza, il rapporto filiale non solo nega l’abisso<br />

che <strong>di</strong>vide Dio e creature, ma entra ad<strong>di</strong>rittura in errore, come nel caso degli<br />

angeli qui segnalato da <strong>Tertulliano</strong>. Se gli angeli rappresentano un grado inferiore<br />

della gerarchia <strong>di</strong>vina valentiniana come possono essere della medesima sostanza<br />

<strong>di</strong> Sotèr?<br />

S59.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 64-65:<br />

[…] e non fu in grado <strong>di</strong> raggiungerla in quanto impe<strong>di</strong>ta dal Limite. Inoltre che in<br />

quell’occasione il Limite, impedendola nel suo slancio irruente in avanti, esclamò: “I-a-o”; da<br />

questa circostanza <strong>di</strong>cono che sia sorto il nome “I-a-o”. Poiché non era stata in grado <strong>di</strong><br />

oltrepassare il Limite per il fatto che si trovava unita strettamente con la passione, e poiché era<br />

stata lasciata fuori da sola, sia stata sottoposta ad ogni genere <strong>di</strong> passione, molteplice per genere e<br />

aspetto […]. 81<br />

S59.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 114-115:<br />

Tuttavia ci provò e forse l’avrebbe raggiunta, se il medesimo Horos, che era arrivato tanto<br />

opportunamente per la madre <strong>di</strong> costei, non fosse accorso tanto inopportunamente per la figlia,<br />

così da gridarle pure contro: ‹‹Iaò!››, come se <strong>di</strong>cesse ‹‹Occhio, gente! ›› oppure ‹‹In nome <strong>di</strong><br />

Cesare! ››. Perciò si trova “Iao” nei loro scritti. Così, impe<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> proseguire e non essendo in<br />

grado <strong>di</strong> superare in volo la Croce, cioè Horos, dato che non aveva interpellato il Laureolus <strong>di</strong><br />

80 Ibidem.<br />

81 Ivi, p. 128.<br />

62


Catullo, come un donna abbandonata, dato che era implicata in quella sua passione molteplice e<br />

intricata, prese ad essere afflitta ad ogni sua manifestazione: […]. 82<br />

Entrambi i frammenti si riferiscono all’improvvisa comparsa del Limite<br />

all’interno del Pleroma valentiniano. Nel passo, <strong>Tertulliano</strong> rimane<br />

profondamente fedele all’esposizione <strong>di</strong> Ireneo. Tuttavia, al <strong>di</strong> là della consueta<br />

ironia tipica della narrazione <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, sono inoltre presenti due allusioni<br />

sarcastiche celate nell’impianto simbolico del sistema valentiniano sopra<br />

riportato. Il primo aspetto si riferisce al termine ‹‹Iaò›› che per i Valentiniani<br />

rappresentava ben più <strong>di</strong> una semplice esclamazione letteraria. Probabilmente<br />

‹‹Iaò›› 83 rappresentava una vera e propria formula nel contesto segreto e<br />

misterioso della dottrina. Questo è supportato dal fatto che Ireneo non sembra<br />

cogliere questo aspetto, mentre <strong>Tertulliano</strong> non solo coglie la forma simbolica<br />

dell’esclamazione, ma la ironizza, trasformandola in un’esclamazione <strong>di</strong> carattere<br />

militare quasi se il Limite valentiniano esclamasse a Sophia ‹‹altolà! ››.<br />

In secondo luogo <strong>Tertulliano</strong> menziona Laureolus 84 , una delle opere più<br />

conosciute del mimografo Catullo. La trama <strong>di</strong> questa comme<strong>di</strong>a si sviluppava<br />

intorno alla figura <strong>di</strong> un protagonista che finisce miseramente sulla croce. È chiaro<br />

che <strong>Tertulliano</strong> in questo modo deride uno dei capisal<strong>di</strong> della dottrina<br />

valentiniana, quello del limite inteso come Croce, ovvero come <strong>di</strong>fesa<br />

impenetrabile del Pre - Principio o Abisso.<br />

S77.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 78-81:<br />

Pertanto, <strong>di</strong>cono che egli è Padre e Dio <strong>di</strong> quanto si trova fuori dal pleroma, dal momento che è<br />

l’artefice <strong>di</strong> tutte le cose, sia psichiche sia iliche; (spiegano), infatti, che egli, dopo aver separato le<br />

due entità, che erano mescolate assieme, e dopo aver prodotto dei corpi a partire da elementi non<br />

corporei, fece sia le realtà celesti sia le realtà terrene; (aggiungono) che il Demiurgo delle realtà<br />

iliche e psichiche, <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong> destra e <strong>di</strong> sinistra, leggere e pesanti, <strong>di</strong> quelle che tendono verso<br />

l’alto e <strong>di</strong> quelle che tendono verso il basso; infatti, <strong>di</strong>cono che il Demiurgo abbia costituito sette<br />

cieli, sopra i quali si trova […]. 85<br />

82 Ivi, p. 129.<br />

83 Ivi, p. 130.<br />

84 Ibidem.<br />

85 Ivi, p. 155.<br />

63


S77.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 122-125:<br />

Poiché sento <strong>di</strong>re che le immagini <strong>di</strong> quei tre sono così importanti, chiedo: non vuoi ora che io<br />

sorrida delle immagini del loro assai stravagante pittore? Del fatto che Achamoth, che è una<br />

femmina, sia immagine del Padre? Che il Demiurgo, ignaro della Madre e ancor più del Padre, sia<br />

immagine <strong>di</strong> Nous, cui il Padre non era affatto sconosciuto? Che gli angeli, che sono dei servi,<br />

siano raffigurazioni <strong>di</strong> padroni? Ciò è come <strong>di</strong>pingere un mulo, prendendo a modello un asino, e<br />

ritrarre Tolomeo, prendendo a modello <strong>Valentino</strong>. Comunque, il Demiurgo, collocato fuori dai<br />

confini del Pleroma, nella vergognosa solitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un esilio eterno, fondo una nuova provincia,<br />

cioè questo mondo, dopo aver eliminato la commistione e dopo aver separato le due <strong>di</strong>verse<br />

componenti <strong>di</strong> quella sostanza, che era stata espulsa, cioè delle realtà psichiche e iliche. A partire<br />

da elementi incorporei struttura dei corpi, pesanti e leggeri, che vanno verso l’alto e volgono in<br />

basso, celesti e terreni. Quin<strong>di</strong> porta a compimento quella scena composta da sette cieli ponendovi<br />

sopra il suo trono. 86<br />

<strong>Tertulliano</strong>, <strong>di</strong>stinguendosi in questo excursus da Ireneo, definisce la natura<br />

assolutamente contrad<strong>di</strong>ttoria della dottrina appena illustrata. Achamoth, pur<br />

essendo femmina, rappresenta un maschio, il Demiurgo, pur non conoscendo né la<br />

Madre né il Padre, rappresenta nel mondo esterno proprio Nous, l’unico che<br />

conosce il Padre ed infine gli angeli, che <strong>Valentino</strong> specifica essere delle guar<strong>di</strong>e<br />

del corpo con funzioni servili, sono della medesima sostanza <strong>di</strong> chi li comanda.<br />

<strong>Tertulliano</strong> nota che Achamoth, il Demiurgo e gli angeli rappresentano in modo<br />

deformato il Padre, Nous e gli altri eoni. In questo passo risulta evidente la<br />

polemica antiplatonica <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. Egli fa <strong>di</strong>pendere il dualismo gnostico<br />

<strong>di</strong>rettamente dal dualismo platonico tra l’anima che, in quanto puramente<br />

immateriale, partecipa della <strong>di</strong>vinità e corpo, materiale, inatten<strong>di</strong>bile e mortale. Lo<br />

stesso dualismo platonico si riflette anche nella cristologia del mito speculativo<br />

valentiniano sicché Achamoth, il Demiurgo e gli angeli finiscono per<br />

rappresentare, dualisticamente ed in grado inferiore, il Padre, Nous e gli altri Eoni.<br />

S61.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 66-67:<br />

Dicono che questo è stato il modo per comporre e portare all’esistenza la materia grezza, dalla<br />

quale è composto questo mondo. Infatti, tutta l’anima del mondo e del Demiurgo ha tratto la<br />

propria origine da quel ritorno, mentre le cose rimanenti hanno avuto inizio da quella paura e da<br />

86 Ivi, p. 156.<br />

64


quel dolore. Infatti, dalle lacrime <strong>di</strong> essa è derivato tutto ciò che <strong>di</strong> umido esiste, dal riso tutto ciò<br />

che è luminoso, dal dolore e dalla sorpresa gli elementi corporei del mondo. 87<br />

S61.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 114-117:<br />

Suvvia! Ora imparino i Pitagorici, sappiano gli Stoici e Platone stesso da dove la materia, che<br />

essi pretendono non sia nata abbia tratto origine ed esistenza in vista <strong>di</strong> tutta l’attuale struttura del<br />

mondo; e ciò non lo escogitò nemmeno Mercurio, il famoso Trismegisto, maestro <strong>di</strong> tutti coloro<br />

che stu<strong>di</strong>ano la natura. Hai sentito del ritorno, un genere particolare <strong>di</strong> passione; si afferma che da<br />

esso sia formata tutta l’anima <strong>di</strong> questo mondo e anche del Demiurgo stesso, cioè del nostro Dio.<br />

Hai sentito della sofferenza e del timore; da essi ha avuto inizio tutto il resto; infatti, dalle lacrime<br />

<strong>di</strong> Enthymesis sono derivati tutti gli elementi liqui<strong>di</strong>. 88<br />

I due passi si riferiscono entrambe ad un tema rilevante come quello della<br />

generazione della materia. Per i Valentiniani la materia non era eterna, ingenerata,<br />

innata, come invece ritenevano i neopitagorici, gli stoici e i me<strong>di</strong>o - platonici.<br />

Anzi, come è stato rilevato nel capitolo precedente, la materia viene a generarsi a<br />

seguito <strong>di</strong> una trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong>vina all’interno del Pleroma. Se per Marcione la<br />

creazione del mondo è un vero e proprio inganno pensato dal Dio dell’Antico<br />

Testamento, per i Valentiniani la generazione della materia è opera del Demiurgo,<br />

parzialmente ignaro, in quanto la madre Sophia gli tiene nascosto l’elemento<br />

pneumatico che egli adopera inconsapevolmente nella sua produzione. È<br />

importante notare come anche <strong>Tertulliano</strong> sia persuaso che i Valentiniani<br />

identifichino nella figura del Demiurgo il Dio dell’Antico Testamento.<br />

Effettivamente, come afferma Chiapparini nella sua indagine, il dualismo<br />

valentiniano presuppone che vi sia un <strong>di</strong>vino, Abisso, contrapposto al Dio<br />

dell’Antico Testamento, inteso come “<strong>di</strong>abolico demiurgo cosmico” 89 . La somma<br />

<strong>di</strong>vinità non può operare <strong>di</strong>rettamente a contatto con il mondo, ma ciò è anzi<br />

compito <strong>di</strong> una <strong>di</strong>vinità minore. Sorge qui l’innovativa ed inau<strong>di</strong>ta scissione tra il<br />

Dio <strong>di</strong> Abramo e il Dio <strong>di</strong> Gesù Cristo. Il primo presiede alla formazione del<br />

mondo, ma appare limitato ed imperfetto, il secondo si rivela come buono ed<br />

eccedente.<br />

87 Ivi, p. 132.<br />

88 Ibidem.<br />

89 Ivi, p. 350.<br />

65


C’è qui da osservare che se da un lato questo ra<strong>di</strong>cale dualismo porta ad una<br />

svalutazione del Demiurgo, dall’altro lato egli mantiene comunque i tratti<br />

dell’or<strong>di</strong>ne e della giustizia che ne fanno un vero e proprio esecutore della volontà<br />

superiore. Inoltre l’inconsapevolezza del Demiurgo valentiniano è garanzia della<br />

sua innocenza ed esclude ontologicamente la possibilità che esso si ribelli alla<br />

volontà del Pleroma.<br />

S97.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 90-91:<br />

Peraltro,<strong>di</strong>cono che fra i tre elementi esistenti, quello ilico, che chiamano anche <strong>di</strong> sinistra,<br />

viene necessariamente <strong>di</strong>strutto, per il fatto che non è in grado <strong>di</strong> accogliere nessun soffio <strong>di</strong><br />

incorruttibilità; affermano, invece, che l’elemento psichico, che definiscono anche <strong>di</strong> destra, dal<br />

momento che sta in mezzo fra quello spirituale e quello ilico, va dalla parte verso cui si è pur<br />

mostrato proclive […]. 90<br />

S97.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 132-133:<br />

Così pure assegnano un esito <strong>di</strong>fferente per ognuna: per quella materiale, cioè carnale, che<br />

chiamano anche <strong>di</strong> sinistra, (ritengono che) sia indubbia la <strong>di</strong>struzione; invece, per quella psichica,<br />

che chiamano anche <strong>di</strong> destra, (affermano) che il destino è dubbio, dal momento che oscilla fra<br />

materiale e quella spirituale ed è destinata dalla parte verso cui si è inclinata <strong>di</strong> più […] 91<br />

Questi due passi si riferiscono alle tre nature umane teorizzate ed esposte nel<br />

sistema valentiniano. Nei due passi non ci sono sostanziali <strong>di</strong>fferenze tra Ireneo e<br />

<strong>Tertulliano</strong>. È qui interessante soffermarsi però sulla descrizione dell’uomo<br />

psichico. Come si evince dal passo <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> l’uomo psichico si trova a metà<br />

strada tra il destino apocalittico dell’uomo materiale e l’uomo spirituale,<br />

ontologicamente redento perché della medesima sostanza della <strong>di</strong>vinità. L’uomo<br />

psichico è inoltre emblematico del libero arbitrio tant’è che è capace <strong>di</strong> inclinarsi<br />

tanto verso “destra”, quanto verso “sinistra”, ovvero tanto verso il bene, quanto<br />

verso il male. Come è stato osservato più volte nel corso <strong>di</strong> questa analisi anche<br />

nel momento in cui l’accento è posto sulla gratuità del dono <strong>di</strong> grazia, il libero<br />

determinarsi dell’uomo, seppur subor<strong>di</strong>nato, mantiene un ruolo relativo. Questo<br />

90 Ivi, p. 186.<br />

91 Ivi, p. 187.<br />

66


passo evidenzia perfettamente quanto sostenuto ora. <strong>Valentino</strong>, che<br />

indubbiamente sostiene con maggior vigore l’onnipotenza del Dio <strong>di</strong> grazia, non<br />

elimina la libertà umana, ma subor<strong>di</strong>na il libero arbitrio a funzione me<strong>di</strong>ana tipica<br />

dell’uomo psichico. Dal passo si evince chiaramente che il libero arbitrio<br />

valentiniano non è affatto teologicamente eliminato, ma solo ri<strong>di</strong>mensionato<br />

all’interno delle tre stirpi umane. Gli uomini psichici, tra i quali i Padri della<br />

Chiesa, possono accedere alla salvezza, ma ad un rango inferiore. Tale accesso è<br />

inoltre garantito solo tramite una buona condotta etica. La <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede<br />

teorizzata da <strong>Tertulliano</strong> è certo molto <strong>di</strong>versa, ma è interessante notare come,<br />

seppur in misura minima, anche <strong>Valentino</strong> inserisca il libero arbitrio all’interno<br />

del mito gnostico. Chiaramente gli uomini psichici, per timor <strong>di</strong> Dio, approdano<br />

ad una fede “semplice” malgrado si attengano ad una <strong>di</strong>sciplina salvifica, al<br />

contrario degli uomini spirituali che accedono alla conoscenza perfetta.<br />

S102.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 132-133:<br />

Dicono anche che egli non ha assunto in sé nemmeno una piccola quantità dell’elemento<br />

materiale grezzo; infatti, affermano che la materia grezza non è adatta ad accogliere la salvezza. 92<br />

S102.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 134-135:<br />

Invece, in lui non ci fu nulla <strong>di</strong> materiale, perché è estraneo alla salvezza, come se egli fosse<br />

stato necessario ad altri piuttosto che a quanti hanno bisogno <strong>di</strong> salvezza; e tutto ciò col risultato,<br />

rendendo la nostra con<strong>di</strong>zione carnale estranea a Cristo, <strong>di</strong> privarla anche <strong>di</strong> ogni speranza <strong>di</strong><br />

salvezza. 93<br />

Questi due passi sono teologicamente molto rilevanti. Sia Ireneo che<br />

<strong>Tertulliano</strong> riportano il fatto che per i Valentiniani la resurrezione non contempla<br />

la materia, il corpo. Effettivamente <strong>Valentino</strong> nega con forza la resurrezione della<br />

carne dal momento che questa è frutto <strong>di</strong> una degenerazione <strong>di</strong> un errore <strong>di</strong>vino.<br />

La materia resta dunque esclusa anche nel Salvatore, composto <strong>di</strong> sostanza<br />

psichica e spirituale. I Valentiniani erano infatti convinti che il <strong>di</strong>vino non potesse<br />

mescolarsi intimamente con la materia. Gli eletti Valentiniani si salvano tornando<br />

all’unità del Pleroma in quanto spirituali e non certamente perché materiali. Il<br />

92 Ivi, p. 194<br />

93 Ibidem.<br />

67


corpo viene visto platonicamente come “prigione”, come mero involucro entro cui<br />

la sostanza spirituale cresce fino a maturazione. La stessa passione <strong>di</strong> Cristo viene<br />

spiegata partendo da tali presupposti. Nell’Adversus Valentinianos è infatti<br />

spiegato come la parte spirituale <strong>di</strong> Cristo si <strong>di</strong>stacchi dal corpo prima<br />

dell’incontro con Pilato. La parte “eonica” ormai <strong>di</strong>staccata permette a Cristo <strong>di</strong><br />

non soffrire la passione terrena, materiale ed imperfetta. A <strong>Tertulliano</strong> preme<br />

sottolineare questo punto poiché propone una teologia completamente opposta.<br />

Per <strong>Tertulliano</strong> non solo l’anima è materiale, ma nella resurrezione a<br />

resuscitare è anche la materia, il corpo. Il Padre apologeta de<strong>di</strong>ca un intero trattato<br />

alla resurrezione della carne. Il fatto che <strong>Tertulliano</strong> non con<strong>di</strong>vida affatto le<br />

posizioni valentiniane è riba<strong>di</strong>to dal paragrafo successivo dove il padre africano<br />

riba<strong>di</strong>sce il concetto appena esposto: ‹‹quin<strong>di</strong> là in primo luogo quegli uomini<br />

stessi, cioè gli interiori, vengono spogliati: esser spogliati significa deporre le<br />

anime, <strong>di</strong> cui si erano rivestiti, e restituirle al loro Demiurgo››.<br />

<strong>Tertulliano</strong> sostiene l’idea che la carne sia uno dei pilastri della salvezza. Egli<br />

infatti afferma che: ‹‹se l'anima <strong>di</strong>venta tutta <strong>di</strong> Dio è la carne che glielo rende<br />

possibile! La carne vien battezzata, perché l'anima venga mondata; la carne viene<br />

unta, perché l'anima sia consacrata; la carne viene segnata della croce, perché<br />

l'anima ne sia <strong>di</strong>fesa; la carne viene coperta dall'imposizione delle mani, perché<br />

l'anima sia illuminata dallo Spirito; la carne si nutre del corpo e del sangue <strong>di</strong><br />

Cristo, perché l'anima si sazi <strong>di</strong> Dio››.<br />

D’altra parte <strong>di</strong>fficilmente <strong>Tertulliano</strong> potrebbe sostenere una tesi <strong>di</strong>fferente.<br />

La necessità archeo-ontologica e politica <strong>di</strong> definire una <strong>di</strong>sciplina salvifica<br />

contempla non solo una rigi<strong>di</strong>tà spirituale, ma anche uno sforzo fisico, corporeo;<br />

dunque materiale. L’accrescimento spirituale della <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede passa anche<br />

per una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> prova. Il Dio <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> ama i suoi figli mettendoli alla<br />

prova, temprandoli e in questa rigida <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede anche il corpo fa la sua<br />

parte guadagnando, al pari dell’anima, anch’essa materiale, la resurrezione.<br />

D’altro canto una <strong>di</strong>sciplina senza sforzo, fisico e spirituale, farebbe sì che la<br />

bontà <strong>di</strong>vina cessi d’essere un dono autentico, <strong>di</strong>ventando piuttosto elezione<br />

fortuita, casuale, violenta ed impersonale redenzione.<br />

68


S105.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 92-95:<br />

Sostengono, invece, che essi in tutto e per tutto verranno salvati, non a motivo della propria<br />

condotta, ma per il fatto <strong>di</strong> essere spirituali <strong>di</strong> natura. Come, infatti, l’elemento choico non è in<br />

grado <strong>di</strong> partecipare della salvezza, così a sua volta l’elemento spirituale non è in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

subire <strong>di</strong>struzione, qualunque possa essere stato il genere <strong>di</strong> azione in cui si siano trovati<br />

coinvolti. 94<br />

S111.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 142-143:<br />

Tuttavia, costoro riven<strong>di</strong>chino pure la loro nobile razza in base a una vita in balia delle passioni<br />

e al compiacimento per le proprie cattive azioni; assecondano Achamoth con questi loro errori, dal<br />

momento che anch’essa si fa strada commettendone. Infatti, presso costoro si insegna anche che,<br />

poiché si devono onorare le coppie superne, va praticato e celebrato sempre il mistero dell’unione<br />

con una compagna, cioè una donna. 95<br />

Molto interessanti sono anche questi due passi perché offrono una<br />

testimonianza della condotta <strong>di</strong> vita dei Valentiniani. Nei precedenti passi è stata<br />

evidenziata l’avversione <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> ad una troppo forzata eccedenza del dono;<br />

un’eccedenza tale da risultare ad<strong>di</strong>rittura causale ed impersonale redenzione. Ad<br />

una simile idea <strong>Tertulliano</strong> oppone la fede come <strong>di</strong>sciplina.<br />

Il fatto che gli gnostici si sentissero degli eletti in profonda intimità con Dio,<br />

tanto da essere della medesima sostanza del Padre, apriva loro ad una salvezza che<br />

<strong>Tertulliano</strong> stesso definisce come “dovuta”, ontologicamente e spiritualmente<br />

certa. Una simile con<strong>di</strong>zione portava i Valentiniani ad assumere anche<br />

atteggiamenti amorali dal momento che le azioni terrene non avrebbero mai<br />

inficiato la loro Salvezza.<br />

La <strong>di</strong>stanza teologica da <strong>Tertulliano</strong> è quin<strong>di</strong> immensa. Sostenendo una vera e<br />

propria <strong>di</strong>sciplina pedagogica <strong>di</strong> fede, <strong>Tertulliano</strong> propone un atteggiamento<br />

perennemente esortativo che porta il fedele a scegliere il giusto per non cadere in<br />

peccato. L’impianto rigido e legalista cui sottopone la pratica <strong>di</strong> fede porta a un<br />

moralismo intransigente e severo. L’entusiasmo escatologico dei Valentiniani<br />

giustifica solo parzialmente la <strong>di</strong>ssolutezza <strong>di</strong> alcuni componenti della sètta. Come<br />

94 Ivi, p. 198<br />

95 Ivi, p. 205.<br />

69


vedremo successivamente i montanisti, veri e propri entusiasti “folli <strong>di</strong> Dio”,<br />

propongono, contrariamente agli gnostici, una ferrea <strong>di</strong>sciplina morale in<br />

sostanziale continuità con quanto affermato dall’ortodosso <strong>Tertulliano</strong>.<br />

S120.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 102-103:<br />

Ci sono, peraltro, coloro che <strong>di</strong>cono che egli ha prodotto pure Cristo, suo figlio, ma chiamato<br />

anche Cristo psichico; spiegano che <strong>di</strong> costui egli ha parlato per mezzo dei profeti; che è costui che<br />

è passato attraverso Maria, come l’acqua passa attraverso un canale. 96<br />

S120.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 134-137:<br />

Adesso do conto <strong>di</strong> Cristo nel quale certuni inseriscono Gesù con tanta spigliatezza quanta è<br />

quella con cui introducono il seme spirituale nella componente psichica con un soffio,<br />

inventandosi un non so qual ripieno sia per gli uomini sia per i loro dei; affermano che anche il<br />

Demiurgo possiede un suo Cristo, figlio naturale e, quin<strong>di</strong>, psichico, prodotto da lui stesso,<br />

annunciato per mezzo dei profeti […]. 97<br />

I due testi si riferiscono alla presenza nel sistema Valentiniani <strong>di</strong> due Cristi,<br />

uno <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>vina, l’altro <strong>di</strong> natura psichica e corporea, creato dal Demiurgo e<br />

presentatosi al mondo nella persona del Gesù storico morto sulla croce. Nel corso<br />

<strong>di</strong> quest’analisi è stato trattato più volte il tema del dualismo gnostico; è chiaro<br />

che anche l’esistenza <strong>di</strong> due Cristi sia una conseguenza del dualismo ra<strong>di</strong>cale<br />

proposto da <strong>Valentino</strong>. In ogni caso è qui opportuno soffermarsi su un aspetto del<br />

dualismo che sino ad ora era stato descritto solo marginalmente: quello<br />

dell’esegesi allegorica e neotestamentaria. <strong>Tertulliano</strong>, poco dopo il passo<br />

riportato, scrive che:<br />

“Invece, fu sottoposto alla passione il Cristo psichico e corporeo, formato per riprodurre il<br />

Cristo che sta in alto, cioè quello che, nel dare ad Achamoth una formazione relativa all’essere e<br />

non relativa alla conoscenza, aveva trovato appoggio nella Croce, cioè in Horos. Così costringono<br />

tutto in immagini, evidentemente Cristiani immaginari pure loro stessi.” 98<br />

96 Ivi, p. 220<br />

97 Ivi, p. 221<br />

98 Ivi, p. 226.<br />

70


È qui chiaro il dualismo valentiniano che evidenzia la simmetria tra la<br />

passione storica <strong>di</strong> Cristo e la passione spirituale dell’Eone Cristo, posto sul limite<br />

Horos, o Croce, per illuminare Sophia. Quello che è importante sottolineare, oltre<br />

al dualismo, più volte preso in considerazione, è l’esegesi allegorica valentiniana.<br />

Nel De Praescriptione Haereticorum <strong>Tertulliano</strong> aveva affermato che i<br />

Valentiniani, <strong>di</strong>versamente da Marcione, non “pugnalavano” le Sacre Scritture,<br />

ma, piuttosto, le utilizzavano per confermare le loro dottrine false ed eretiche.<br />

Questa constatazione confuta sul piano dell’esegesi il sistema valentiniano. Solo<br />

dopo l’analisi <strong>di</strong> alcuni passi dell’Adversus Valentinianos è però possibile cogliere<br />

l’importanza teologica <strong>di</strong> questa critica.<br />

Come risulta sufficientemente chiaro dall’analisi <strong>di</strong> questo passo e degli altri<br />

prima riportati, accanto alla presenza <strong>di</strong> significative connessioni filosofiche è da<br />

sottolineare anche la fondamentale componente cristiana della riflessione<br />

valentiniana. L’utilizzo delle Scritture da parte dei Valentiniani è un aspetto<br />

davvero rilevante, a maggior ragione se si considera che l’esegesi valentiniana si<br />

concentra su testi che sarebbero stati poi riconosciuti come canonici dai Padri<br />

della Chiesa. Come osserva attentamente <strong>Tertulliano</strong> i Valentiniani sono dei<br />

“cattivi” esegeti perché solo apparentemente usano i tesi <strong>di</strong> Paolo e <strong>di</strong> Giovanni<br />

per ricavarne contenuti teologici. È anzi vero l’esatto contrario: i <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong><br />

<strong>Valentino</strong> partono da una dottrina predefinita cercando <strong>di</strong> rintracciare delle<br />

conferme nelle Sacre Scritture. L’esegesi valentiniana, che <strong>Tertulliano</strong> bolla<br />

semplicemente come eretica e falsa, rimane tuttavia un aspetto interessante <strong>di</strong><br />

quell’intreccio ontoteologico ed escatologico che caratterizza la speculazione<br />

gnostica. Se è possibile affermare che il sistema valentiniano si basa su una<br />

visione creazionista e su una concezione <strong>di</strong> Dio come trascendente, al punto da<br />

subor<strong>di</strong>nare la Scrittura alla dottrina predefinita, è anche possibile sostenere che<br />

tale subor<strong>di</strong>nazione non <strong>di</strong>pende interamente da una necessità dottrinale, ma anche<br />

da una tensione escatologica.<br />

L’esegesi valentiniana è dunque parte integrante sia del meccanismo<br />

ontoteologico che caratterizza l’imponente mito gnostico, sia della ricerca<br />

escatologica a cui questo sistema mira. Secondo i Valentiniani l’esegesi allegorica<br />

permette <strong>di</strong> confermare teologicamente il proprio sistema ontologico, ma, al<br />

71


tempo stesso, <strong>di</strong> creare una stabile relazione con gli scritti neotestamentari e <strong>di</strong><br />

carattere escatologico.<br />

Il confronto tra questi passi dell’Adversus Haereses e dell’Adversus<br />

Valentinianos ha <strong>di</strong>mostrato ciò che si è sostenuto ed affermato sin da principio.<br />

In effetti, al <strong>di</strong> là delle <strong>di</strong>fferenze metodologiche, il confronto tra Ireneo e<br />

<strong>Tertulliano</strong>, entrambi interpreti della dottrina valentiniana, permette <strong>di</strong> delineare<br />

con maggior chiarezza la complessa <strong>di</strong>alettica tra <strong>di</strong>spositivo escatologico e<br />

<strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico che si palesa <strong>di</strong>etro l’ironia, la comicità, la critica<br />

teologica e la tagliente invettiva <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. Il montanismo, sètta a cui aderirà<br />

pochi anni dopo la stesura <strong>di</strong> questo trattato polemico – sarcastico, ha già<br />

indubbiamente influito sulle posizioni teologiche <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. L’aspra critica<br />

nei confronti della speculazione valentiniana e il deliberato utilizzo del metodo<br />

appena esposto fanno presagire una svolta assolutamente inaspettata, eppure<br />

inevitabile, verso una <strong>di</strong>mensione maggiormente escatologica. L’Adversus<br />

Valentinianos non solo permette <strong>di</strong> cogliere il grande intreccio che anima la<br />

controversia tra <strong>Tertulliano</strong> e i Valentiniani, ma consente <strong>di</strong> stabilire un’ipotesi<br />

circa la conversione dell’apologeta al montanismo. Se in <strong>Valentino</strong> l’orizzonte<br />

escatologico viene sviluppato all’interno <strong>di</strong> un gran<strong>di</strong>oso sistema ontoteologico,<br />

nella proposta apologeta <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> l’entusiasmo escatologico viene me<strong>di</strong>ato<br />

all’interno della <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede. Se <strong>Valentino</strong> mantiene l’eccedenza del dono <strong>di</strong><br />

grazia, estremizzandola in un dualismo ra<strong>di</strong>cale, <strong>Tertulliano</strong> preferisce<br />

salvaguardare il libero arbitrio, fatto ad immagine <strong>di</strong> Dio, concependolo in<br />

sostanziale continuità con la legge. Sarebbe però scorretto pensare che <strong>Valentino</strong> e<br />

<strong>Tertulliano</strong> si limitino ad assolutizzare uno dei due <strong>di</strong>spositivi. Se è vero che<br />

l’escatologia valentiniana è decisamente più presente che in <strong>Tertulliano</strong>, non si<br />

può <strong>di</strong>re che il <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico e politico ne esca completamente<br />

svilito. Esso è sicuramente subor<strong>di</strong>nato, ma nient’affatto eliminato. <strong>Valentino</strong><br />

riconosce un ruolo relativo anche al libero arbitrio che, seppur insufficiente, è<br />

sostanzialmente la qualità posseduta dall’uomo psichico. Inoltre il fatto che i<br />

Valentiniani avessero fondato una scuola dove venivano insegnate le dottrine<br />

segrete apre ad una forma, seppur primitiva e subor<strong>di</strong>nata alla novità elettiva della<br />

gnosi, <strong>di</strong> organizzazione gerarchica. Lo stesso si può <strong>di</strong>re anche <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>: se<br />

72


è vero che egli sviluppa una teologia protocattolica fondata sul libero arbitrio,<br />

sulla <strong>di</strong>sciplina salvifica, sulla trinità morale e sulla risoluzione della grazia nella<br />

legge, è altrettanto vero che il <strong>di</strong>spositivo escatologico e carismatico non ne esce<br />

completamente svilito. Esso è sicuramente subor<strong>di</strong>nato, ma nient’affatto<br />

eliminato. La grazia <strong>di</strong> Dio, seppur razionalizzata e legalizzata in una <strong>di</strong>sciplina<br />

pedagogica <strong>di</strong> fede che educa il libero arbitrio, compare ancora con una certa<br />

insistenza nella novità escatologica della Chiesa Madre e nell’infinito amore della<br />

<strong>di</strong>vinità, capace <strong>di</strong> ritirarsi dalla sua funzione <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce pur <strong>di</strong> donare la libertà<br />

alle sue creature. Questa <strong>di</strong>alettica complessa emerge con evidenza nell’<br />

dell’Adversus Valentinianos dove la teologia <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> si confronta con quella<br />

valentiniana.<br />

Per ciò che concerne l’eventuale relazione tra l’Adversus Valentinianos e la<br />

conversione al montanismo l’analisi si fa più complessa. Come è stato ricordato<br />

precedentemente si tratta solo <strong>di</strong> un’ipotesi capace <strong>di</strong> spiegare solo parzialmente la<br />

grande svolta spirituale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. L’idea che qui sostenuta è che l’Adversus<br />

Valentinianos offra l’esempio più ar<strong>di</strong>to dell’intransigenza teologica <strong>di</strong><br />

<strong>Tertulliano</strong>. Ciò non vuol <strong>di</strong>re che non esistano opere caratterizzate da una<br />

maggior intransigenza morale e da una ra<strong>di</strong>cale ortodossia; l’Adversus<br />

Valentinianos offre però l’esempio critico più veemente e vibrante, ove le rigide<br />

posizioni <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> vengono esasperate dal registro linguistico e dallo stile.<br />

Solo in questo senso l’espe<strong>di</strong>ente letterario <strong>di</strong>viene testimone <strong>di</strong> una ra<strong>di</strong>cale<br />

ortodossia, in alcuni tratti ad<strong>di</strong>rittura esasperata ed irriverente. Come si è cercato<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare nell’analisi dell’opera la scelta letteraria non nasconde affatto la<br />

gran<strong>di</strong>osa critica teologica <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. È possibile che proprio nel serrato<br />

confronto con la dottrina valentiniana, <strong>Tertulliano</strong> sviluppi una certa attenzione a<br />

quell’orizzonte escatologico che sino ad allora aveva subor<strong>di</strong>nato al gran<strong>di</strong>oso<br />

impianto ontoteologico ed ortodosso.<br />

Per essere più chiari, è possibile ipotizzare che proprio la satira a sfondo<br />

teologico applicata da <strong>Tertulliano</strong> abbia portato l’autore a confrontarsi con i temi<br />

escatologici e carismatici esposti da <strong>Valentino</strong> e che proprio questo contatto così<br />

vibrante ed intenso abbia spinto <strong>Tertulliano</strong> ad una <strong>di</strong>fferente rielaborazione del<br />

materiale escatologico.<br />

73


2.4. La conversione al montanismo:<br />

Il montanismo fu un movimento religioso che si sviluppò nel II secolo d.C. , in<br />

concomitanza con la <strong>di</strong>ffusione del cristianesimo. Il nome deriva da quello del suo<br />

fondatore Montano; questi sosteneva <strong>di</strong> avere visioni profetiche e <strong>di</strong> parlare per<br />

voce dello Spirito Santo. Il montanismo appare come un movimento <strong>di</strong> resistenza<br />

escatologica rispetto alla razionalità ontoteologica e all’istituzionalizzazione del<br />

kerygma proposto dai Padri apologeti e dalla corrente protocattolica. Il<br />

montanismo ripropone l’eccedenza eversiva della grazia, l’abbandono del vecchio<br />

mondo e delle sue strutture corrotte, l’imminente ed estatico ritorno escatologico<br />

alla fine dei tempi; lo stesso Montano affermava <strong>di</strong> avere spesso visioni profetiche<br />

sull’imminente ritorno in terra <strong>di</strong> Cristo. Questo movimento religioso ebbe la sua<br />

massima espansione proprio nel II secolo d.C., nell’epoca in cui visse per<br />

l’appunto <strong>Tertulliano</strong>. Seppur tra i Padri della Chiesa vi fossero teologi ortodossi<br />

che avevano <strong>di</strong>chiarato eretico tale movimento, in linea generale veniva tollerato<br />

dalle chiese protocattoliche.<br />

Il montanismo non sviluppò una vera e propria dottrina religiosa; il movimento<br />

poggiava sugli stessi fondamenti dell’esperienza cristiana mo<strong>di</strong>ficandone tuttavia<br />

precetti e comportamenti. Questa rappresenta una delle gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze che<br />

contrad<strong>di</strong>stingue il montanismo dalle altre correnti eretiche. I contrasti con il<br />

cristianesimo sorsero perché i montanisti proponevano una libertà assoluta come<br />

<strong>di</strong>retta fruizione <strong>di</strong> Dio. La chiesa gerarchicamente istituzionalizzata veniva<br />

quin<strong>di</strong> concepita come mero inganno <strong>di</strong> potere. Un altro motivo <strong>di</strong> contrasto era<br />

costituito dalla partecipazione femminile ai riti religiosi. Per i montanisti le donne<br />

non solo potevano partecipare al rito comune, ma spesso erano fondamentali nelle<br />

rivelazioni e nelle profezie. Questo secondo punto è confermato ed avvalorato dal<br />

fatto che due tra i più importanti profeti montanisti erano donne: Massimilia e<br />

Priscilla.<br />

L’unico vero punto <strong>di</strong> contrasto dottrinale si basa quin<strong>di</strong> sull’importanza<br />

dell’estasi. I montanisti erano convinti che i loro profeti, una volta entrati in estasi,<br />

profetizzassero per bocca del Verbo, ne derivano, conseguentemente, verità in<br />

grado <strong>di</strong> integrare l’insegnamento apostolico. Il <strong>di</strong>spositivo kenotico e cristiano<br />

74


trova nei montanisti la sua formulazione più ra<strong>di</strong>cale. I montanisti vengono<br />

descritti come dei veri e propri “folli <strong>di</strong> Dio”, capaci <strong>di</strong> rinnegare patria, famiglia,<br />

chiesa pur <strong>di</strong> abbandonarsi con entusiasmo nel dono redentivo <strong>di</strong> grazia. Per i<br />

montanisti non esiste più nessuna struttura rassicurante e <strong>di</strong> identificazione se non<br />

all’interno dell’annuncio liberatorio dello Spirito Santo. È evidente quin<strong>di</strong><br />

l’opposizione dei montanisti al protocattolicesimo,: opposizione che porta alla<br />

denuncia delle chiese in quanto negatrici della gioia carismatica dell’annuncio e in<br />

quanto struttura legalizzata che svuota l’imminente nascita del Regno <strong>di</strong> Dio.<br />

All’ortodossia morale proposta dai padri apologeti viene opposta così<br />

l’eccedenza escatologia, l’ascetismo e l’esperienza estatica. Ciò appare evidente<br />

se si analizzano le posizioni dei montanisti rispetto ai temi del peccato,<br />

matrimonio e martirio 99 .<br />

I <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Montano sono assolutamente persuasi, in contrasto con le<br />

posizioni protocattoliche, che il peccato equivale alla rinuncia del dono <strong>di</strong> Grazia.<br />

A coloro che lasciavano la grazia <strong>di</strong>vina non era concessa alcuna forma <strong>di</strong><br />

redenzione, in contrasto con l’idea protocristiana che consente ai pentiti <strong>di</strong> essere<br />

redenti dalla chiesa stessa. Per ridurre al minimo la possibilità <strong>di</strong> peccare, i<br />

montanisti adottavano rime<strong>di</strong>, in alcuni casi estremi ed intransigenti; ad esempio<br />

praticando la castità, evitando i secon<strong>di</strong> matrimoni e, delle volte, ad<strong>di</strong>rittura i<br />

primi. Osservavano perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>giuno; non accettavano nella sètta chi<br />

commetteva peccati quali omici<strong>di</strong>o o adulterio e denunciavano violentemente<br />

coloro che fuggivano dalle persecuzione. Nei confronti <strong>di</strong> quest’ultimo aspetto,<br />

alcuni <strong>di</strong> essi giungevano ad<strong>di</strong>rittura a lodare il martirio come forma <strong>di</strong> coraggio<br />

estremo e presa <strong>di</strong> coscienza della propria e totale subor<strong>di</strong>nazione al kerygma<br />

originario.<br />

Il fulcro del montanismo è lo spirito millenarista 100 e profetico; l’idea<br />

costantemente sottolineata nei vari rituali religiosi dell’imminente ritorno <strong>di</strong> Gesù<br />

sulla terra alla fine dei tempi. L’attesa per il ritorno del Figlio porta in sé<br />

l’inevitabile conseguenza della totale svalutazione del mondo storico, destinato, <strong>di</strong><br />

99 Gaetano Lettieri, Il nodo cristiano, E<strong>di</strong>zioni Carocci, Roma 2009. pp. 124 - 126<br />

100 Ivi, p. 127.<br />

75


li a poco, a scomparire definitivamente. Le intolleranti posizioni moralistiche sono<br />

motivate e giustificate dal millenarismo montanista.<br />

Come detto in precedenza <strong>Tertulliano</strong> aderisce al montanismo intorno al 213<br />

d.C. circa. Secondo <strong>di</strong>verse fonti <strong>Tertulliano</strong> non impiegò molto a <strong>di</strong>ventare figura<br />

<strong>di</strong> spicco della sètta, tanto che pare abbia creato un movimento autonomo, i<br />

tertullianisti, che sopravvissero come sètta autonoma sino ai tempi <strong>di</strong> Agostino.<br />

Le principali opere del periodo montanista <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> ricalcano le<br />

fondamentali tematiche della sètta, descritte sopra. Per ciò che riguarda il tema del<br />

martirio <strong>Tertulliano</strong> scrive il De fuga in persecutione e rispetto al matrimonio il<br />

De Monogamia e il De pu<strong>di</strong>citia. Altra opera interessante <strong>di</strong> questo periodo è il<br />

De pallio, scritto in cui <strong>Tertulliano</strong> <strong>di</strong>chiara le ragioni che lo hanno portato alla<br />

conversione montanista, abbandonando la chiesa protocattolica.<br />

Le motivazioni riportate nel De pallio sono in realtà riprese in quasi tutti gli<br />

scritti <strong>di</strong> questo periodo. È quin<strong>di</strong> importante soffermarsi sul motivo <strong>di</strong> questa<br />

conversione. Precedentemente è stato <strong>di</strong>mostrato come <strong>Tertulliano</strong> faccia parte <strong>di</strong><br />

quei Padri apologeti che risposero alle gran<strong>di</strong> correnti dualistiche del II secolo<br />

d.C. . La proposta <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, sulla scia <strong>di</strong> Ireneo e <strong>di</strong> altri padri, è quella <strong>di</strong><br />

me<strong>di</strong>are l’orizzonte escatologico. L’accento viene posto sulla <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede e<br />

sul libero arbitrio e ad essere relativizzato è proprio la gratuità del dono. Con la<br />

conversione al montanismo <strong>Tertulliano</strong> approda a conclusioni paradossalmente<br />

opposte alle precedenti. Come è stato possibile questo improvviso ritorno<br />

escatologico? L’Adversus Valentinianos può forse aiutare a spiegare questo<br />

delicato passaggio. Come si rileva da quest’opera lo posizioni moralistiche <strong>di</strong><br />

<strong>Tertulliano</strong> sono estremizzate al punto <strong>di</strong> sfociare in una vera e propria invettiva<br />

satirico – teologica. Come è stato appena osservato il montanismo, pur non<br />

con<strong>di</strong>videndo con il protocattolicesimo la struttura archeo – ontologica e politica,<br />

ha in comune con la teologia <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> la rigi<strong>di</strong>tà e l’intransigenza sul piano<br />

morale. È dunque possibile che le posizioni moralistiche del periodo ortodosso <strong>di</strong><br />

<strong>Tertulliano</strong> vengono estremizzate al punto tale da assistere ad un ritorno<br />

dell’orizzonte escatologico. La nuova <strong>di</strong>alettica che si viene a formare tra i due<br />

<strong>di</strong>spositivi può essere l’esito settario della stessa intransigente <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede,<br />

ora ra<strong>di</strong>calizzato, proposta da <strong>Tertulliano</strong> nel precedente periodo ortodosso. I<br />

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nemici del teologo cartaginese non sono più solo gli eretici Valentiniani, ma la<br />

stessa chiesa protocattolica. È pur vero che <strong>Tertulliano</strong> continua a chiamare la<br />

Chiesa con l’appellativo <strong>di</strong> Madre, ma è altrettanto innegabile la polemica nei<br />

confronti della gerarchia ecclesiastica e clero, colpevoli <strong>di</strong> non aver colto la vera<br />

essenza del kerygma cristiano e <strong>di</strong> praticare quei comportamenti, negati dal<br />

movimento montanista. È inoltre possibile ipotizzare che la conversione al<br />

montanismo non sia emblematica solo dell’esito settario a cui porta la rigida<br />

<strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede. Come appare dall’analisi dell’Adversus Valentinianos,<br />

<strong>Tertulliano</strong> è sempre stato attento a come l’orizzonte escatologico e le tematiche<br />

neotestamentarie influenzassero le risposte teologiche tanto dei suoi avversari,<br />

quanto degli altri Padri apologeti. È dunque plausibile sostenere che la<br />

conversione al montanismo rappresenti un riavvicinamento al piano escatologico<br />

senza, però, che una simile svolta possa decadere nel dualismo marcionita e nel<br />

mito speculativo gnostico. Il riavvicinamento alle tematiche neotestamentarie,<br />

come evidenziano gli scritti montanisti sul martirio, sull’estasi, sui profeti, non<br />

mettono affatto in crisi i due capisal<strong>di</strong> teologici che <strong>Tertulliano</strong> aveva <strong>di</strong>feso<br />

strenuamente nella sua produzione spiccatamente protocattolica: l’unicità <strong>di</strong> Dio e<br />

la necessità <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sciplina pedagogica <strong>di</strong> fede. Il montanismo offre quin<strong>di</strong> a<br />

<strong>Tertulliano</strong> la possibilità <strong>di</strong> avvicinarsi ad una <strong>di</strong>mensione kenotica, escatologica e<br />

carismatica senza mettere in <strong>di</strong>scussione le sue conquiste ontoteologiche. I<br />

montanisti, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Marcione, sono monoteisti e, a <strong>di</strong>fferenza dei<br />

Valentiniani, mantengono una rigida <strong>di</strong>sciplina salvifica.<br />

Altro aspetto interessante è il fatto che <strong>Tertulliano</strong> applica, una volta convertito<br />

al montanismo, la stessa metodologia polemica dell’Adversus Valentinianos nei<br />

suoi nuovi scritti critici. Nelle opere montaniste <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> balza subito<br />

all’occhio l’irriverenza e l’ironia contro preti e vescovi dell’epoca. Appare<br />

doveroso evidenziare il fatto che anche nella svolta montanista la <strong>di</strong>alettica tra i<br />

due <strong>di</strong>spositivi non porta alla scomparsa del <strong>di</strong>spositivo archeo . ontologico. Che<br />

l’accento venga ora posto sul piano escatologico e carismatico non implica<br />

l’annullamento del secondo <strong>di</strong>spositivo che, seppur subor<strong>di</strong>nato, rimane<br />

comunque presente. La produzione teologica circa i matrimoni, il martirio, la<br />

monogamia testimoniano che la <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede non è nient’affatto scomparsa,<br />

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ma, tutt’al più, riconvertita all’interno <strong>di</strong> una nuova <strong>di</strong>mensione escatologica. Il<br />

fatto che trattati come il De pu<strong>di</strong>cizia o il De fuga in persecuzione vengano scritti<br />

in concomitanza ai trattati, in parte perduti, sull’estasi non fa che avvalorare<br />

questa ipotesi. Certo la svolta montanista non permette certo <strong>di</strong> accostare<br />

<strong>Tertulliano</strong> all’escatologia esasperata ed eretica <strong>di</strong> Marcione e <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>. Il<br />

dono gratuito <strong>di</strong> Dio rimane comunque fruibile soltanto quando l’uomo è capace<br />

<strong>di</strong> educarsi razionalmente verso il bene. In questo senso il modello del martire,<br />

miles cristiano proprio perché incapace della violenza del miles romano, evidenzia<br />

tanto la necessaria freddezza razionale della <strong>di</strong>sciplina salvifica, quanto<br />

l’in<strong>di</strong>spensabile ascetismo escatologico.<br />

L’analisi sino qui svolta del percorso spirituale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> evidenzia quanto<br />

sostenuto nella tesi iniziale. L’analisi <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> offre la possibilità <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mostrare la paradossale e complessa <strong>di</strong>alettica tra i due <strong>di</strong>spositivi nonché<br />

l’intrigato intreccio che ne deriva. La <strong>di</strong>sputa teologica con <strong>Valentino</strong> offre la<br />

possibilità <strong>di</strong> indagare come le risposte dei cristiani del II secolo d.C. siano tra<br />

loro profondamente <strong>di</strong>fferenti. È proprio l’appassionata controversia qui esposta<br />

che permette <strong>di</strong> evidenziare con maggior chiarezza il complicato intreccio dei<br />

<strong>di</strong>spositivi che sottostà ed influenza la teologia <strong>di</strong> entrambe gli autori. La <strong>di</strong>sputa<br />

con <strong>Valentino</strong> permette inoltre <strong>di</strong> abbozzare, in tal senso, un’ipotesi sulla<br />

successiva conversione al montanismo, <strong>di</strong>mostrando non solo la paradossalità che<br />

caratterizza il rapporto tra dono <strong>di</strong> grazia e libero arbitrio, <strong>di</strong>spositivo<br />

escatologico-carismatico e <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico, ma anche come questa<br />

<strong>di</strong>alettica provochi una perenne oscillazione in uno o nell’altro senso. Se nella<br />

prima fase della sua vita <strong>Tertulliano</strong> legalizza l’eccedenza <strong>di</strong> grazia in una<br />

<strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede capace <strong>di</strong> educare il libero arbitrio, al termine della sua vita, con<br />

l’adesione al montanismo, questa stessa <strong>di</strong>sciplina è ora la base necessaria in vista<br />

dell’imminente avvento del Regno <strong>di</strong> Dio, annunciato dai profeti montanisti e<br />

comunicato dallo Spirito Santo durante l’estasi.<br />

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Conclusioni<br />

L’analisi del sistema valentiniano, del percorso spirituale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>,<br />

nonché la valutazione, per quanto possibile approfon<strong>di</strong>ta della relazione che<br />

intercorre tra i due autori, può essere emblematica della complessità e della<br />

molteplicità delle risposte teologiche dei cristiani del II secolo d.C..<br />

L’appassionata relazione tra <strong>Valentino</strong> e <strong>Tertulliano</strong> non può che aiutare a<br />

comprendere l’intricato nodo sui cui si articola l’intera storia del cristianesimo. Il<br />

tentativo protocattolico <strong>di</strong> conseguire un precario equilibrio tra tra<strong>di</strong>zione<br />

giudaico – cristiana e novità escatologica, subor<strong>di</strong>nando la novità carismatica<br />

all’interpretazione legalista <strong>di</strong> continuità tra Antico e Nuovo testamento, passa per<br />

un tortuoso processo. La produzione teologica <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> si fa testimone <strong>di</strong><br />

questa <strong>di</strong>fficoltà. La <strong>di</strong>alettica tra ontoteologia ed escatologia non si esaurisce in<br />

un netto e statico sistema dottrinale. Nella figura <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> ciò è risultato<br />

chiaramente evidente sia in relazione al periodo protocattolico dell’autore, sia in<br />

riferimento al successivo periodo montanista.<br />

Al contrario gnosticismo e marcionismo evidenziavano la violenta<br />

opposizione tra vangelo <strong>di</strong> Grazia e antica legge giudaica, irrigidendo il dualismo<br />

spirituale in dualismo ontologico. Anche in questo caso però è da osservare come<br />

a prevalere sia la continua oscillazione tra meccanismo ontoteologico ed orizzonte<br />

carismatico – escatologico. Nemmeno la risposta valentiniana si esaurisce in una<br />

netta presa <strong>di</strong> posizione, ma, al contrario, si articola in una costante <strong>di</strong>alettica tra i<br />

due <strong>di</strong>spositivi-<br />

È stato infatti documentato e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrato come <strong>Valentino</strong> sia il<br />

rappresentante più ar<strong>di</strong>to <strong>di</strong> un intero movimento, quale quello gnostico, basato<br />

tanto sull’estremizzazione del <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico, quanto su una<br />

ripresa ra<strong>di</strong>cale dell’orizzonte escatologico, apocalittico e carismatico. Il kerygma<br />

primor<strong>di</strong>ale non viene affatto abolito dall’impalcatura ontologica gnostica. La<br />

salvezza, ad esempio, rimanere strettamente connessa al messaggio kenotico <strong>di</strong><br />

Cristo ed anzi viene escatologicamente estremizzata in un possesso non solo<br />

spirituale, ma ad<strong>di</strong>rittura ontologico.<br />

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L’analisi <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, attento <strong>interprete</strong> <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>, offre invece la<br />

possibilità <strong>di</strong> indagare la <strong>di</strong>alettica del doppio <strong>di</strong>spositivo a partire da presupposti<br />

<strong>di</strong>fferenti. La sud<strong>di</strong>visione in tre fasi della vita religiosa dell’autore cartaginese<br />

descrive il suo travagliato percorso spirituale che partendo da posizioni ortodosse<br />

e protocattoliche termina nell’adesione al montanismo. Lo stu<strong>di</strong>o delle questioni<br />

teologiche proposte da <strong>Tertulliano</strong>, nonché l’analisi degli strumenti utilizzati nelle<br />

<strong>di</strong>verse opere, partendo da quelli giuri<strong>di</strong>ci e retorici, evidenzia la complessità<br />

dell’intreccio tra i due <strong>di</strong>spositivi. L’analisi del percorso spirituale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong><br />

offre la possibilità <strong>di</strong> soffermarsi su almeno due aspetti rilevanti.<br />

Il primo punto su cui soffermarsi è il rapporto tra ontoteologia ed escatologia<br />

nella produzione protocattolica. È indubbio che l’escatologia venga<br />

ri<strong>di</strong>mensionata all’interno <strong>di</strong> un sistema ontoteologico che mira ad armonizzare le<br />

componenti più sovversive del kerygma, ma, come risulta dall’analisi svolta,<br />

l’escatologia non viene affatto annullata. Anzi, proprio l’interpretazione<br />

tertullianea della speculazione valentiniana offre una pietra <strong>di</strong> paragone per<br />

<strong>di</strong>mostrare come <strong>Tertulliano</strong> siamo comunque attento ai risvolti escatologici ed è<br />

questo il secondo aspetto fondamentale. La <strong>di</strong>alettica tra le due forze sino a qui<br />

descritte raggiunge in <strong>Tertulliano</strong> picchi <strong>di</strong> indubbio interesse analitico. La<br />

conversione al montanismo rappresenta in tal senso un marcato riavvicinamento al<br />

para<strong>di</strong>gma kerygmatico ed escatologico, prima subor<strong>di</strong>nato, senza tuttavia scadere<br />

nelle gran<strong>di</strong>ose correnti dualistiche del II secolo d.C. . Con la conversione al<br />

montanismo <strong>Tertulliano</strong> può mantenere il rigido sistema <strong>di</strong>sciplinare proposto nel<br />

periodo protocattolico, ma, al tempo stesso, può riprendere le tematiche<br />

neotestamentarie prima marginali. Non solo, il montanismo rappresenta in questo<br />

senso la risposta più ar<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> mantenere vive le basi escatologiche senza far venir<br />

meno i capisal<strong>di</strong> della teologia protocattolica. Se è indubbiamente vero che<br />

l’ascetismo, l’esaltazione del martirio, l’attenzione per l’estasi e le profezie sono<br />

tratti <strong>di</strong>stintivi della sètta montanista, è altrettanto vero che l’enfasi escatologica<br />

non sconfina né nel dualismo marcionita né nel mito gnostico valentiniano.<br />

La conversione al montanismo è una conseguenza settaria dell’intransigenza<br />

morale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, ma è anche emblematica <strong>di</strong> una tendenza <strong>di</strong> avvicinamento<br />

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ad una <strong>di</strong>mensione maggiormente escatologica che non metta in <strong>di</strong>scussione né<br />

l’unicità <strong>di</strong> Dio, né la <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede.<br />

Lo scopo della tesi, partendo dalla presentazione della speculazione <strong>di</strong><br />

<strong>Valentino</strong> e dall’interpretazione <strong>di</strong> questa operata da <strong>Tertulliano</strong>, non è solo quello<br />

<strong>di</strong> esporre ed analizzare l’intensa e polemica relazione tra i due, ma <strong>di</strong> poter<br />

asserire come in fine le conclusioni complesse e peraltro <strong>di</strong>fferenti a cui giungono<br />

i due autori, siano emblematiche <strong>di</strong> una <strong>di</strong>alettica comune ad entrambe, pur<br />

articolandosi in modo <strong>di</strong>verso nelle proposte dei due autori.<br />

Il Cristianesimo ha bisogno contemporaneamente <strong>di</strong> entrambi i due <strong>di</strong>spositivi<br />

e la sua storia si basa e fonda sul funzionamento <strong>di</strong> questo meccanismo, che<br />

poggia sull’intreccio fra il <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico e quello kenotico –<br />

escatologico. Il rapporto tra dono <strong>di</strong> Grazia e libero arbitrio passa attraverso il<br />

meccanismo del doppio <strong>di</strong>spositivo cosicché <strong>Valentino</strong> e <strong>Tertulliano</strong><br />

rappresentano, in mo<strong>di</strong> profondamente <strong>di</strong>fferenti, le possibili risposte a questo<br />

delicato problema.<br />

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